Sentenze recenti azione di riduzione

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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 218 del 2022, integrato da motivi aggiunti, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Sa. Lo. e Gi. Li. Mo., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Ministero della Difesa (Brigata Alpina "Julia" - 8° Reggimento Alpini), in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Trieste, domiciliataria ex lege in Trieste, piazza (...); Per quanto riguarda il ricorso introduttivo: per l'annullamento dell'ALLEGATO "B" - foglio prot.-OMISSIS- a firma del Comandante del Reggimento Col. -OMISSIS- notificato al ricorrente a mani in data 04/04/2022; per il risarcimento dei danni subiti in conseguenza del provvedimento sopra citato nonché dell'allegato "D" (a firma del Comandante del Reggimento Col. -OMISSIS- alla comunicazione -OMISSIS- dd. 21/12/2021; ivi compreso l'invito a produrre la documentazione relativa all'obbligo vaccinale; di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguenziale, ove lesivo o allo stato non conosciuto; nonché per l'accertamento del diritto del ricorrente a percepire la retribuzione ed ogni altro compenso o emolumento, comunque denominati, relativamente al periodo di sospensione o, in via gradata, del diritto a percepire la metà degli assegni a carattere fisso e continuativo secondo le disposizioni del Codice dell'Ordinamento Militare e per la relativa condanna dell'Amministrazione a corrispondere tali somme quale risarcimento del danno subito dal ricorrente in conseguenza dei provvedimenti sopra citati; nonché per l'accertamento del diritto del ricorrente a vedersi riconosciuti, per il periodo di sospensione, la maturazione di classi e scatti economici, la maturazione della licenza ordinaria, gli effetti pensionistici, gli accantonamenti contributivi, i trattamenti fissi e continuativi, gli assegni accessori, i compensi indennitari e l'accertamento della validità del periodo di sospensione ai fini dello svolgimento delle attribuzioni specifiche/periodi di comando richiesti per l'avanzamento; nonché per la condanna dell'Amministrazione, ex art. 30 c.p.a., al risarcimento in forma specifica del danno ingiusto subito dal ricorrente derivante dall'illegittimo esercizio dell'attività amministrativa in via equitativa ritenuta di giustizia; previa, ove necessario, disapplicazione dell'art. 2 del Decreto Legge n. 172 del 26.11.2021, convertito in Legge n. 3 del 21.01.2022, recante "Misure urgenti per il contenimento dell'epidemia da COVID-19 e per lo svolgimento in sicurezza delle attività economiche e sociali"; previa, ove necessario, remissione alla Corte Costituzionale della questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 del decreto legge n. 172 del 26.11.2021, convertito in legge n. 3 del 21.01.2022; Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati dal signor -OMISSIS- il 21/6/2023: per l'annullamento - del decreto di detrazione dell'anzianità di grado -OMISSIS-, notificato l'11/04/2023, emesso dal Ministero della Difesa, Direzione Generale per il Personale Militare, a firma del Dirigente dott. -OMISSIS-; - di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguenziale, ove lesivo o allo stato non conosciuto; nonché per la condanna dell'Amministrazione al pagamento della perdita economica subita dal ricorrente a seguito della detrazione di anzianità decretata e degli effetti derivanti dall'illegittimo esercizio dell'attività amministrativa in via equitativa ritenuta di giustizia; Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 marzo 2024 la dott.ssa Manuela Sinigoi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. Con ricorso introduttivo notificato il 19 aprile 2022 e depositato il successivo giorno 18 maggio 2022, il ricorrente, C.le Magg. C.a. dell'Esercito italiano effettivo alla Compagnia Comando Supporto Logistico - 8° Reggimento Alpini di Venzone (UD), ha impugnato l'atto in epigrafe compiutamente indicato, con cui è stata disposta nei suoi confronti la sospensione dal diritto di svolgere l'attività lavorativa per inosservanza dell'obbligo vaccinale e, conseguentemente, decurtata la sua retribuzione nel periodo di sospensione. Il ricorrente ha dedotto le seguenti censure: 1) Violazione ed errata applicazione degli artt. 885 - 877 - 878 - 893 - 914 -915 - 916 - 917 - 920 - 922 - 936 e 1352 del Codice dell'Ordinamento militare, decreto legislativo n. 66 del 15.03.2010 - incompetenza - violazione ed errata applicazione dell'art. 4 della legge n. 17 del 25.01.1982 e dell'art. 4 della legge n. 97 del 27.03.2001 - violazione del decreto legge 127/2021 - violazione del decreto legge n. 44/2021 - violazione della legge n. 76/2021 - violazione della legge n. 106/2021 - violazione dei principi di imparzialità e proporzionalità - illogicità ed ingiustizia manifesta; 2) Illegittimità costituzionale del decreto legge n. 172 del 26.11.2021, convertito in legge n. 3 del 21.01.2022, per violazione degli artt. 2 - 3 - 4 - 13 - 32 - 35 - 36 - 117 della Costituzione - violazione degli artt. 3, 21 e 52 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea - violazione dell'art. 14 della Convenzione dei diritti dell'uomo - violazione dell'art. 1 del Protocollo addizionale n. 12 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali - violazione dell'art. 8 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea - violazione del regolamento UE 953/2021 - violazione della dichiarazione di Helsinki - violazione art. 500 del d.lgs. n. 297/1994 (T.U. della scuola) e dell'art. 82 del d.P.R. n. 3/1957. Ha indi chiesto: a) l'annullamento del provvedimento impugnato, previa eventuale rimessione alla Corte Costituzionale delle questioni di legittimità costituzionale prospettate; b) l'accertamento del diritto a percepire la retribuzione ed ogni altro compenso o emolumento relativamente al periodo di sospensione; c) in via gradata, l'accertamento del diritto a percepire la metà degli assegni a carattere fisso e continuativo secondo le disposizioni del d.lgs. n. 66/2010; d) in ogni caso, la condanna dell'Amministrazione al risarcimento in forma specifica del danno ingiusto. 2. L'Amministrazione si è costituita in giudizio in resistenza al ricorso. 3. Con l'ordinanza -OMISSIS-del 23 marzo 2023 questo T.A.R. ha sospeso il giudizio nell'attesa della pronuncia della Corte di Giustizia dell'Unione Europea nella causa C-765/2021 su questione pregiudiziale. 4. Con ricorso per motivi aggiunti notificato il 9 giugno 2023 e depositato il successivo 21 giugno 2023, il ricorrente ha gravato, chiedendone l'annullamento, il decreto di detrazione dell'anzianità di grado nel frattempo emesso dall'Amministrazione, denunciandone l'illegittimità per: 1) Violazione dell'art. 4 ter del decreto legge n. 44/2021 convertito in legge n. 76 del 28.05.2021 - eccesso di potere per errore nei presupposti - violazione dei principi di buon andamento e imparzialità dell'azione amministrativa; 2) Violazione delle disposizioni in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze armate - violazione degli articoli 2251 bis, 2251 ter, 2251 quater, 2251 sexies, 2252, 2252 bis, 2252 ter, 2253, 2253 bis, 2253 ter, 2253 quater, 2253 quinquies, 2253 sexsies, 2253 septies, 2254 bis, 2254 ter, 2254 quater, 2255, 2255 bis, 2255 ter, 2256 del d.lgs. n. 66/2010 - violazione del decreto legislativo n. 94 del 29.05.2017 - violazione del decreto legislativo n. 173 del 27.12.2019 - eccesso di potere per errore nei presupposti - violazione dei principi di buon andamento e imparzialità dell'azione amministrativa. 5. Il 5 settembre 2023 ha presentato apposita istanza di fissazione dell'udienza per la prosecuzione del giudizio e, poi, con atto in data 18 marzo 2024 ha chiesto il passaggio della causa in decisione senza discussione. 6. All'udienza pubblica del giorno 20 marzo 2024 la causa è passata in decisione. 7. Il ricorso è fondato solo in minima parte. Per il resto è, in parte, inammissibile e, in parte, infondato. 8. Le censure relative all'illegittimità della disposta sospensione dal servizio sono inammissibili. Dall'esame degli atti risulta infatti che con atto -OMISSIS- del 21 dicembre 2021, spedito per la notifica al ricorrente in data 23 dicembre 2021 e da questi ricevuto il successivo 30 dicembre 2021 (doc. 007 - fascicolo Ministero in data 31/05/2024), è stato accertato l'inadempimento dell'obbligo vaccinale ed è stata disposta a carico del medesimo la sospensione dall'attività lavorativa, senza conseguenze disciplinari, con i correlati effetti di legge. Come da preliminare rilievo formulato con l'ordinanza collegiale n. -OMISSIS- e ribadito all'odierna udienza ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 73, comma 3, c.p.a., l'effetto lesivo della sfera giuridica del ricorrente, in ragione della sospensione dal servizio, si era già manifestato il 21 dicembre 2021 (rectius il 30 dicembre 2021); sicché era quell'atto a dover essere immediatamente impugnato, cosa che invece non è avvenuta. Con l'atto del 31 marzo 2022, impugnato con il presente ricorso, l'Amministrazione ha solamente operato una ricognizione del periodo di sospensione, quantificando l'effettiva durata della sospensione dal servizio già in precedenza disposta. Per la parte in cui si ribadisce la già disposta sospensione ed i suoi effetti, l'atto ricognitorio impugnato non presenta alcuna novità ; ne consegue la natura meramente confermativa dell'atto in parte qua (cfr. T.A.R. Piemonte, n. 196/2024). Le censure che in questa sede contestano in sé l'istituto della sospensione sono quindi inammissibili per carenza d'interesse. 9. Quanto alle restanti questioni di merito, in buona parte infondate, questo Collegio condivide in toto le argomentazioni sviluppate dal T.A.R. Lombardia, Brescia, nella sentenza n. 940/2023 che devono qui intendersi richiamate. 9.1. Nello specifico del primo motivo di ricorso, quanto alla censura d'incompetenza del Comandante di Corpo ad adottare l'atto ricognitivo del periodo di sospensione, è sufficiente ribadire che l'art. 4-ter, comma 2, del d.l. 44/2021, prevede che il rispetto dell'obbligo vaccinale sia assicurato, per il personale del comparto difesa e sicurezza, da "i responsabili delle strutture in cui presta servizio il personale", nel senso chiarito dal T.A.R. Lombardia, Brescia, n. 940/2023 ("La competenza di cui alla disposizione appena citata si riferisce ad " assicurare il rispetto dell'obbligo" di vaccinazione: questo significa, con tutta evidenza, non solo accertare i casi di inosservanza di tale obbligo, ma anche applicare la sospensione dal lavoro che la legge prevede come conseguenza di tale inosservanza, perché il rispetto di un qualsivoglia obbligo viene assicurato anche applicando le conseguenze sfavorevoli che l'ordinamento prevede per il caso di inosservanza. Peraltro la legge prevede che la sospensione sia automatica e contestuale all'accertamento dell'inosservanza dell'obbligo vaccinale: il 3° comma dell'art. 4 ter cit. dispone infatti che " L'atto di accertamento dell'inadempimento determina l'immediata sospensione dal diritto di svolgere l'attività lavorativa, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro" . Pertanto il titolare del potere di accertamento può senza dubbio dichiarare l'avvenuta sospensione dal lavoro del pubblico dipendente, con un atto che è meramente ricognitivo dell'effetto prodotto ex lege, e non costitutivo"). 9.2. L'ulteriore censura relativa alla violazione dell'art. 893, comma 2, del d.lgs. n. 66/2010 ("Il rapporto di impiego può essere interrotto, sospeso o cessare solo in base alle disposizioni del presente codice") è inammissibile, perché essa attiene, a ben vedere, ad un vizio che doveva essere dedotto con la tempestiva impugnativa del presupposto decreto di sospensione dal servizio. La censura è comunque manifestamente infondata "perché è nozione istituzionale che un atto avente forza di legge, quale il decreto legge che ha introdotto l'obbligo di vaccinazione anti-Covid per alcune categorie di lavoratori, ben può derogare a una fonte di pari rango, qual è il codice dell'ordinamento militare. Che poi la norma derogatoria, giustificata dall'emergenza pandemica, sia collocata all'interno del medesimo codice oppure in un corpus normativo distinto, non ha nessuna incidenza sulla legittimità e sull'efficacia della norma medesima. Peraltro la scelta di non collocare la norma all'interno del c.o.m. risulta del tutto ragionevole, considerando sia il carattere temporaneo della stessa, collegata alla durata della pandemia, sia il fatto che l'obbligo vaccinale è stato previsto con identica disciplina, in un corpus normativo unitario, anche per altre categorie di dipendenti pubblici estranei all'ordinamento militare" (T.A.R. Lombardia, Brescia, n. 940/2023). 9.3. La censura relativa alla violazione dell'art. 920 del d.lgs. n. 66/2010 ("Al militare durante la sospensione dall'impiego compete la metà degli assegni a carattere fisso e continuativo. Agli effetti della pensione, il tempo trascorso in sospensione dal servizio è computato per metà ") è fuori fuoco atteso che essa non tiene conto né si confronta con quanto previsto dalla norma speciale derogatoria. L'art. 4-ter, comma 3, del d.l. n. 44 del 2021, come convertito, introdotto dall'art. 2 del d.l. n. 172 del 2021, come convertito, dettava precise disposizioni sulle modalità di accertamento della violazione dell'obbligo vaccinale e sulle sue esatte conseguenze, prevedendo al riguardo che "... L'atto di accertamento dell'inadempimento determina l'immediata sospensione dal diritto di svolgere l'attività lavorativa, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro. Per il periodo di sospensione, non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominati". Si osserva, peraltro, che le ipotesi in cui è prevista la corresponsione di emolumenti al personale sospeso dall'impiego (art. 82 del d.P.R. 3/1957, art. 920 del d.lgs. 66/2010) si correlano a vicende (procedimenti penali o disciplinari pendenti) che "procedono in modo autonomo ed insensibile, rispetto alla volontà dell'incolpato o dell'imputato di poterne bloccare lo svolgimento (per l'effetto, dimostrandosi giustificata l'erogazione di alcune provvidenze, quali la corresponsione di parte degli assegni a carattere fisso e continuativo e dell'assegno alimentare); laddove la persistenza della sospensione dal diritto all'erogazione della prestazione lavorativa (e della percezione degli emolumenti a fronte di essa spettanti) consegue a fatto "proprio", volontariamente posto in essere dal dipendente (obbligato a vaccinarsi) e dal medesimo liberamente rimuovibile, in ogni momento, per effetto del mero assolvimento del comportamento doveroso di cui trattasi" (cfr. T.A.R. Lazio, n. 4914/2022). Come ha chiarito la Corte costituzionale nella sentenza n. 14/2023 (al paragrafo 13.2) a proposito della norma analoga valevole per il personale sanitario, la sospensione dal lavoro prevista dall'art. 4 ter del d.l. 44/2021 non è una sanzione, ma è "una conseguenza calibrata, in termini di sacrificio dei diritti dell'operatore sanitario, che sia strettamente funzionale rispetto alla finalità perseguita di riduzione della circolazione del virus. E ciò tanto in termini di durata, posto che... il legislatore ha introdotto, sin dall'inizio, una durata predeterminata dell'obbligo vaccinale, modificandola, costantemente, in base all'andamento della situazione sanitaria, giungendo ad anticiparla appena la situazione epidemiologica lo ha consentito; quanto in termini di intensità, trattandosi di una sospensione del rapporto lavorativo, senza alcuna conseguenza di tipo disciplinare, e non di una sua risoluzione". Del tutto generica è poi la deduzione che "alle categorie di soggetti obbligati per legge alla somministrazione del vaccino in oggetto avrebbe dovuto essere rilasciata una apposita prescrizione medica che, invece, come noto, non viene rilasciata da alcun medico curante derivandone anche da tale circostanza l'illegittimità del provvedimento di sospensione oggi impugnato", atteso che l'obbligo di vaccinazione discendeva direttamente dalla legge, senza necessità di ulteriori intermediazioni. In ogni caso il vizio attiene all'originario provvedimento sospensivo. 10. Il secondo motivo è in buona parte inammissibile e precisamente nella parte in cui con esso la parte ricorrente ha dedotto l'illegittimità della disposta sospensione per la violazione di parametri costituzionali e internazionali; censure che, tuttavia, andavano rivolte al provvedimento col quale la sospensione era stata disposta. 10.1. Quanto alle conseguenze patrimoniali, connesse in effetti agli specifici provvedimenti qui gravati, si rileva quanto segue. 10.1.1. Quanto agli aspetti concernenti il riconoscimento di un assegno alimentare, sotto il profilo della legittimità costituzionale dell'art. 4-ter, comma 3, del d.l. n. 44 del 2021, la Corte Costituzionale ha già esaminato la questione, ritenendola infondata, anche sotto il profilo della proporzionalità e ragionevolezza (cfr. par. 14 della sentenza n. 15/2023). 10.1.2. Fatto salvo quanto si osserverà in seguito (pt. 10.1.4), anche la dedotta violazione dell'art. 36 Cost. risulta manifestamente infondata atteso che "la situazione di temporanea impossibilità della prestazione lavorativa in cui si viene a trovare il dipendente che non abbia adempiuto all'obbligo vaccinale deriva pur sempre da una scelta individuale di quest'ultimo e non da un fatto oggettivo. Nondimeno il legislatore, proprio nel rispetto della eventuale scelta del lavoratore di non attenersi all'obbligo vaccinale, si è limitato a prevedere la sospensione del rapporto di lavoro, disciplinando la fattispecie alla stregua di una impossibilità temporanea non imputabile. Di conseguenza, poiché la prestazione offerta dal lavoratore che non si è sottoposto all'obbligo vaccinale non è conforme al contratto, come integrato dalla legge, è certamente giustificato il rifiuto della stessa da parte del datore di lavoro e lo stato di quiescenza in cui entra l'intero rapporto è semplicemente un mezzo per la conservazione dell'equilibrio giuridico-economico del contratto" (così la richiamata sentenza n. 15/2023). 10.1.3. Le altre censure proposte (violazione dell'obbligo vaccinale in oggetto rispetto all'art. 32 della Costituzione e le questioni relative al consenso libero e informato della persona interessata) erano da dedursi con l'impugnativa del provvedimento del dicembre 2021, ormai consolidatosi. Non giova alla ricorrente nemmeno il richiamo alla sentenza della Corte di Giustizia C-765/2021 che ha giudicato irricevibile il rinvio pregiudiziale sottopostole dal Tribunale di Padova. La ricorrente, nella sua memoria depositata in giudizio il 16 febbraio 2024, enfatizza un unico passaggio motivazionale della pronuncia del giudice europeo ("il rilascio di dette autorizzazioni condizionate non comporta, in quanto tale, alcun obbligo, in capo ai destinatari potenziali di tali vaccini, di farsi somministrare questi ultimi, tanto più che il giudice del rinvio non ha esplicitamente posto l'interrogativo se le persone assoggettate all'obbligo vaccinale previsto all'articolo 4 del decreto-legge n. 44/2021 fossero obbligate ad assumere unicamente i vaccini oggetto delle suddette autorizzazioni condizionate" (punto 36) senza cogliere che l'argomento è stato speso per rilevare che non era stata adeguatamente chiarita dal giudice rimettente la rilevanza del parametro del diritto Ue invocato. D'altra parte la stessa pronuncia sul punto chiarisce senza equivoci che "Di conseguenza, in assenza di qualsiasi spiegazione da parte del giudice del rinvio circa i motivi per cui esso mette in discussione la validità delle autorizzazioni all'immissione in commercio condizionate nonché circa quelli relativi all'eventuale nesso tra, da un lato, la validità di tali autorizzazioni e, dall'altro, l'obbligo vaccinale contro la COVID-19 previsto all'articolo 4 del decreto legge n. 44/2021, si deve giudicare che la presente domanda di pronuncia pregiudiziale non soddisfa i requisiti ricordati al punto 31 della presente sentenza per quanto riguarda la prima questione" (punto 37). 10.1.4. L'impugnazione merita, invece, di essere accolta, laddove rivolta alle conseguenze pregiudizievoli ulteriori rispetto alla privazione della retribuzione o di altro compenso o emolumento, fatte derivare dal Ministero intimato e compendiate nel provvedimento del 31 marzo 2022 e, poi, in quello del 22 giugno 2022, gravato col ricorso per motivi aggiunti. L'art. 4-ter, comma 3, del d.l. 1 aprile 2021, n. 44 legittima, invero, durante la sospensione dal servizio, unicamente la privazione della retribuzione o compenso o emolumento (in termini T.A.R. Lombardia - Milano, sez. I, 2 gennaio 2023, n. 16; T.A.R. FVG, sez. I, 27 febbraio 2023, n. 74; T.A.R. Sicilia - Palermo, sez. III, 6 giugno 2023, n. 1877; T.A.R. Lombardia - Milano, sez. V, 21 novembre 2023, n. 2750). Depone, invero, in tal senso, oltre al pacifico dato testuale, la circostanza, correttamente evidenziata dal ricorrente, che il legislatore, con riguardo ai casi di sospensione dal servizio per motivi penali e disciplinari, si è preoccupato di disciplinare specificamente le conseguenze che ne derivano sotto il profilo economico e giuridico, nel mentre, nel caso specifico, nulla ha disposto sul punto, essendosi limitato a stabilire che "L'atto di accertamento dell'inadempimento determina l'immediata sospensione dal diritto di svolgere l'attività lavorativa, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro. Per il periodo di sospensione, non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominati". In parte qua, il ricorso va, pertanto, accolto e, per l'effetto, annullati i provvedimenti gravati laddove viziati. Ne deriva l'obbligo per l'Amministrazione intimata di conformarsi sul punto alla presente decisione e di disporre in merito, adottando ogni necessario atto e/o provvedimento. 11. Le domande di accertamento (i trattamenti fissi e continuativi, gli assegni accessori, i compensi indennitari) e di condanna dell'amministrazione al risarcimento del danno sono del tutto generiche e, pur proposte, non sono state adeguatamente e analiticamente dedotte nel corpo del ricorso. 12. In conclusione, alla luce delle suesposte considerazioni, il ricorso e il ricorso per motivi aggiunti vanno accolti nei sensi e limiti dianzi evidenziati. Il ricorso introduttivo, per il resto, deve essere, in parte, dichiarato inammissibile e, in parte, rigettato. 13. Le spese di lite, per la novità di alcune delle questioni esaminate, possono essere compensate. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso e sul ricorso per motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li accoglie nei sensi e limiti evidenziati in motivazione e, per l'effetto, annulla il provvedimento prot.-OMISSIS- (in parte qua) e il provvedimento n. -OMISSIS- 22/06/2022. Per il resto, dichiara il ricorso introduttivo in parte inammissibile e in parte lo respinge. Compensa le spese di lite. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e all'articolo 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all'articolo 2-septies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate. Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 20 marzo 2024 con l'intervento dei magistrati: Carlo Modica de Mohac - Presidente Manuela Sinigoi - Consigliere, Estensore Daniele Busico - Primo Referendario

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania Sezione Terza ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 1554 del 2021, integrato da motivi aggiunti, proposto da Impresa Individuale "Ma. An.", in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati An. Br., Al. La Gl., Va. Br., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio En. Bo. in Napoli, via (...); contro Regione Campania, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Be. Dell'I. (avvocatura regionale), con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; nei confronti Vi. D'A. ed altri, Azienda Agricola De Ma. S.r.l. - Società Agricola ed altre, non costituiti in giudizio; La Fo. Società Agricola S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ro. Ma., Gi. Sa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'annullamento A)per quanto riguarda il ricorso introduttivo: a) del decreto dirigenziale della Regione Campania n. 21 del 27.1.2021, pubblicato sul B.U.R.C. n. 11 dell'1.2.2021, con il quale è stata approvata la Graduatoria Unica Regionale Definitiva del "Programma di Sviluppo Rurale Campania 2014-2020. Misure non connesse alla superficie e/o animali. Misura 5 - Tipologia di intervento 5.1.1. Azione A "Riduzione dei danni da avversità atmosferiche sulle colture e del rischio di erosione in ambito aziendale", nella parte in cui la domanda di sostegno presentata dalla ricorrente è stata graduata al 14° posto complessivo e ricompresa nell'elenco delle "domande ammissibili ma non finanziabili per esaurimento della dotazione finanziaria del bando", con il punteggio complessivo di 54 punti; b) del verbale dell'U.O.D. Servizio Territoriale Provinciale di Avellino della Giunta Regionale della Campania del 21.11.2019, a firma del Tecnico Istruttore che ha esaminato la domanda di sostegno presentata dalla ricorrente, contenente la "proposta" di attribuzione del punteggio, rilasciato in sede di accesso agli atti, nonché, ove e per quanto occorra, anche della nota di trasmissione dello stesso Ufficio prot. n. 0185673 del 7.4.2020; c) dell'atto dell'Autorità di Gestione - Regione Campania (prot.AGEA.ASR.2019.1760177 del 25.11.2019), contenente la "check list istruttoria della domanda di sostegno" presentata dalla ricorrente, rilasciato in sede di accesso agli atti; d) di ogni altro provvedimento e/o verbale assunto dall'Autorità di Gestione - Regione Campania, con i quali si sarebbe provveduto all'attribuzione del punteggio alla domanda di sostegno presentata dalla ricorrente, nonché di tutta l'eventuale e ulteriore documentazione che fosse stata posta a fondamento della decisione di non assegnarle l'ulteriore punteggio di 15 punti per il sub-criterio di selezione di cui all'articolo 11 del bando di attuazione (ad oggetto la "superficie aziendale a rischio rispetto alla SAU aziendale (la SAU è rilevata dal fascicolo aziendale)", atti non conosciuti, con espressa riserva di motivi aggiunti; e) di ogni altro provvedimento regionale che sia, eventualmente, intervenuto dopo la pubblicazione del bando di attuazione del 2019 e che abbia fissato una nuova, diversa e più stringente modalità di attribuzione del punteggio per il sub-criterio di selezione in oggetto, atto non conosciuto, con espressa riserva di motivi aggiunti; f) di ogni altro atto istruttorio che sia stato, comunque, assunto nel corso dell'esame e della valutazione della domanda di sostegno presentata dalla ricorrente, atto non conosciuto, con espressa riserva di motivi aggiunti; g) ove e per quanto occorra, della nota dell'U.O.D. Servizio Territoriale Provinciale di Avellino della Giunta Regionale della Campania prot. n. 0157567 dell'11.3.2020, di parziale riscontro all'istanza di accesso agli atti presentata dalla ricorrente; h) ove e per quanto occorra, del decreto dirigenziale della Regione Campania n. 11 del 31.1.2020, con il quale è stata approvata la Graduatoria Provinciale Provvisoria delle domande di sostegno per la Provincia di Avellino; i) ove e per quanto occorra, del bando di attuazione della tipologia di intervento 5.1.1. - Azione A e dei relativi allegati, approvato con decreto dirigenziale della Regione Campania n. 29 del 4.3.2019, poi rettificato e integrato con successivo decreto dirigenziale n. 35 del 6.3.2019, nella parte in cui, all'articolo 11, dovesse eventualmente essere letto e/o interpretato nel senso che il punteggio di 15 punti, ivi previsto per il sub-criterio di selezione (ad oggetto la "superficie aziendale a rischio rispetto alla SAU aziendale (la SAU è rilevata dal fascicolo aziendale)" avrebbe potuto essere attribuito soltanto alle domande di sostegno che avessero proposto opere e/o interventi specificamente finalizzati alla "riduzione dei danni da grandine sulle produzioni agrarie"; j) di tutti gli atti presupposti, connessi, collegati e conseguenziali; nonché per l'accertamento del diritto della ricorrente a vedere la sua domanda di sostegno classificata al 6° posto complessivo della graduatoria regionale e ricompresa nell'elenco delle "domande ammissibili e finanziabili", con il punteggio complessivo corretto di 69 punti; B) Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati il 16/7/2021: 1) del decreto dirigenziale n. 170 del 17.5.2021, assunto dalla Direzione Generale per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali della Giunta Regionale della Campania - Settore Territoriale Provinciale di Avellino, pubblicato sul B.U.R.C. n. 51 del 24.5.2021, con il quale sono stati rettificati gli elenchi già allegati al precedente D.D. n. 21 del 27.1.2021 e, segnatamente, l'elenco regionale definitivo delle "domande ammissibili e finanziabili" (allegato 1), l'elenco regionale definitivo delle "domande ammissibili e non finanziabili per esaurimento della dotazione finanziaria del bando" (allegato 2), l'elenco regionale definitivo delle "domande non ammissibili a valutazione" (allegato 3) e l'elenco regionale definitivo delle "domande non ammissibili per mancato raggiungimento punteggio minimo" (allegato 4), nella parte in cui la domanda di sostegno presentata dalla ricorrente è stata, ora, graduata all'11° posto complessivo e ricompresa nell'elenco delle "domande ammissibili e non finanziabili per esaurimento della dotazione finanziaria del bando" (allegato 2), sempre con il punteggio di 54 punti; 2) dell'elenco delle "domande ammissibili e non finanziabili per esaurimento della dotazione finanziaria del bando" (allegato 2), nella parte in cui la domanda di sostegno dell'azienda "La Ru. - Società agricola semplice" è stata classificata al 3° posto con il punteggio complessivo di 74 punti; 3) dei provvedimenti e dei verbali assunti dall'Autorità di Gestione - Regione Campania, con i quali, anche in sede di riesame, la domanda di sostegno dell'azienda "La Ru. - Società agricola semplice" è stata valutata ammissibile e finanziabile, invece che essere esclusa ovvero giudicata non ammissibile a valutazione; 4) di ogni altro atto istruttorio che sia stato, comunque, assunto nel corso dell'esame e della valutazione della domanda di sostegno presentata dall'azienda "La Ru. - Società agricola semplice"; 5) dell'elenco delle "domande ammissibili e non finanziabili per esaurimento della dotazione finanziaria del bando" (allegato 2), nella parte in cui la domanda di sostegno dell'azienda "Fu. Ma." è stata classificata al 5° posto con il punteggio complessivo di 68 punti; 6) dei provvedimenti e dei verbali assunti dall'Autorità di Gestione - Regione Campania, con i quali, anche in sede di riesame, la domanda di sostegno dell'azienda "Fu. Ma." è stata valutata ammissibile e finanziabile, invece che essere esclusa ovvero non ammissibile a valutazione; 7) di ogni altro atto istruttorio che sia stato, comunque, assunto nel corso dell'esame e della valutazione della domanda di sostegno presentata dall'azienda "Fu. Ma."; 8) ove e per quanto occorra, delle note dirigenziali prot. n. 2021.0157706 del 23.3.2021 e prot. n. 2021.018806 del 2.4.2021, con le quali è stata disposta e comunicata l'attività di verifica della regolarità di attribuzione del punteggio delle domande di sostegno, richiamate nell'anzidetto decreto dirigenziale regionale n. 170/2021; 9) ove e per quanto occorra, della proposta di rettifica della Graduatoria Unica Regionale Definitiva (già approvata con D.D. n. 21 del 27.1.2021) di cui alla nota dirigenziale prot. n. 2021.0256803 del 12.5.2021. Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Vista l'ordinanza cautelare n. 830 del 29.4.2021; Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Campania e de La Fo. Società Agricola S.r.l.; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 maggio 2024 la dott.ssa Maria Barbara Cavallo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1.Con ricorso notificato il 30.3.2021 l'impresa "Ma. An." (in seguito: l'Impresa An.) ha impugnato i provvedimenti indicati in epigrafe, contestando l'attribuzione di un punteggio errato e non utile per l'ammissione nella graduatoria dei progetti finanziabili in relazione alla tipologia di bando regionale al quale ha partecipato. Espone di aver presentato la domanda di sostegno per la misura/tipologia di intervento 5.1.1. del P.S.R. Campania 2014-2020 (che ha acquisito il numero 94250097212 e il protocollo AGEA.ASR.2019.0395283 del 6.5.2019), con la quale ha chiesto un contributo complessivamente pari ad Euro 214.561,48. Il riferimento è al bando Azione A (e relativi allegati) avente ad oggetto "riduzione dei danni da avversità atmosferiche sulle colture e del rischio di erosione in ambito aziendale", poi rettificato e integrato con successivo decreto dirigenziale n. 35 del 6.3.2019. L'art. 5 del bando prevede che la tipologia di intervento sostiene la realizzazione di investimenti aziendali destinati alla: - riduzione dei danni da grandine sulle produzioni agrarie attraverso il finanziamento di interventi aziendali tesi a dotare le aziende di impianti di rete antigrandine; - prevenzione del rischio di dissesto idrogeologico del suolo attraverso il finanziamento di opere di ingegneria naturalistica (quali ad esempio: viminate, fascinate, palizzate, ecc.) e/o canali di scolo, tese alla prevenzione del rischio di erosione e dissesti localizzati, che potrebbero verificarsi a seguito di avversità atmosferiche". La domanda della ricorrente è stata valutata come ammissibile e inserita nella graduatoria provinciale provvisoria per la Provincia di Avellino approvata con decreto dirigenziale della Regione Campania n. 11 del 31.1.2020, con punteggio di 54 punti e non già dei 69 punti ipotizzati, in quanto non sono stati attribuiti i 15 punti relativo all'obiettivo B "prevenzione dei danni da grandine sulle produzioni agrarie" IC21955, in quanto la regione ha ritenuto che nel progetto di investimento non è previsto nessun intervento che giustifica l'attribuzione di tale punteggio. Pertanto, tale domanda non è rientrata nell'ambito delle domande finanziabili, ma è stata, invece, classificata al 14° posto complessivo della graduatoria regionale definitiva e ricompresa nell'elenco delle "domande ammissibili ma non finanziabili per esaurimento della dotazione finanziaria del bando"), laddove con il punteggio che ritiene di meritare si sarebbe classificata al sesto posto complessivo della graduatoria regionale definitiva (con 69 punti) e, quindi, la sua domanda sarebbe ampiamente rientrata tra quelle "ammissibili e finanziabili" (che, invero, sono in tutto pari a 10). 2. L'Impresa An. ha quindi impugnato i provvedimenti per i seguenti motivi. Con un primo ordine di censure, ritiene illegittima la mancata attribuzione dei 15 punti previsti per il criterio A2) di cui all'art. 11 del bando, in quanto, nell'ambito del più ampio criterio o principio di selezione del "maggior rischio", dovevano essere assegnati, in misura fissa e automatica, 15 punti per il sub-criterio in oggetto che era riferito al parametro generale della "superficie aziendale a rischio rispetto alla Sau aziendale (la Sau è rilevata dal fascicolo aziendale)" e corrispondeva all'ipotesi specifica della "SAU rischio/SAU aziendale totale > 30%". Il bando prevedeva che "per SAU aziendale a rischio si intende la somma delle SAU a vite, fruttiferi, floricole e ortive in campo pieno presenti in azienda", consentendo, in tal modo, di computare tutte le superfici colturali delle aziende agricole che avrebbero presentato la domanda di sostegno, e la ricorrente, avendo dimostrato che la superficie aziendale soggetta a rischio (e, cioè alle "avversità atmosferiche sulle colture", così come si legge all'art. 2, comma 1, del bando di attuazione) era superiore al 30% della superficie aziendale totale, avrebbe dovuto beneficiare in automatico del punteggio. Nel caso di specie, la superficie in questione era superiore al 65%, ma il punteggio non sarebbe stato attribuito dalla Regione in quanto l'azienda non avrebbe posto in essere alcun intervento per la riduzione dei danni da grandine, e ciò in quanto tale obbligo non era imposto dal bando (non vi era alcun obbligo per la ricorrente di presentare un progetto che, oltre alle opere di ingegneria naturalistica effettivamente proposte per la mitigazione del rischio idrogeologico e dell'erosione del suolo, comprendesse anche reti o impianti antigrandine). La ricorrente prospetta che il criterio del maggior rischio fosse ricollegabile soltanto alle caratteristiche intrinseche dei terreni e delle superfici aziendali dell'impresa agricola proponente a seconda di un minore o maggiore grado di rischio, sia ai fini del dissesto idrogeologico (sub-criterio A1), prendendosi in considerazione il parametro della "ubicazione della maggior parte della superficie aziendale oggetto di intervento" all'interno delle aree a rischio o pericolosità come classificate nei Piani per l'Assetto Idrogeologico (cd. PSAI), sia ai fini della prevenzione dei danni alle produzioni agricole (sub-criterio A2), prendendosi in considerazione, in tal caso, il parametro della "superficie aziendale a rischio rispetto alla SAU aziendale", come rilevata dal fascicolo aziendale dell'impresa. 3. Si è costituita la Regione Campania, insistendo per il rigetto del ricorso alla luce della corretta interpretazione da dare al bando. 4. Si è costituita La Fo. Società Agricola srl, in qualità di controinteressata, chiedendo il rigetto del ricorso. 5. Con ordinanza 830 del 2021 (non gravata in appello) questa Sezione ha respinto l'istanza di sospensione cautelare dei provvedimenti impugnati. 6. Con motivi aggiunti notificati il 16.7.2021, Impresa An. ha impugnato il decreto dirigenziale n. 170 del 17.5.2021, con il quale sono stati rettificati in autotutela gli elenchi già allegati al precedente D.D. n. 21 del 27.1.2021 nella parte in cui la domanda di sostegno presentata dalla ricorrente è stata, ora, graduata all'11° posto complessivo e ricompresa nell'elenco delle "domande ammissibili e non finanziabili per esaurimento della dotazione finanziaria del bando" (allegato 2), sempre con il punteggio di 54 punti. Oltre a proporre censure di illegittimità derivata, ha altresì impugnato tale elenco nella parte in cui la domanda di sostegno dell'azienda "La Ru. - Società agricola semplice" è stata classificata al 3° posto con il punteggio complessivo di 74 punti, invece che essere esclusa ovvero giudicata non ammissibile a valutazione e nella parte in cui la domanda di sostegno dell'azienda "Fu. Ma." è stata classificata al 5° posto con il punteggio complessivo di 68 punti, invece che essere esclusa ovvero non ammissibile a valutazione. Infatti, a seguito di una complessiva rivalutazione delle richieste di riesame, la graduatoria è stata riformulata, e sono state ammesse anche aziende in un primo tempo escluse, mentre altre lo sono state definitivamente. Impresa An. ha mantenuto il punteggio di 54 collocandosi all'11 posto della graduatoria, che ha sancito la finanziabilità delle prime otto imprese classificate. Per tale motivo, essa ha chiesto l'annullamento della graduatoria con riguardo a due domande di due imprese che la precedono, per essere prive dei requisiti di partecipazione, e precisamente: a)la domanda di sostegno dell'azienda "La Ru. - Società agricola semplice", per la quale la Regione Campania aveva inizialmente rilevato eccepito la mancanza del parere della competente Autorità di Bacino e, quindi, la non ammissibilità dell'istanza, che sarebbe stata riammessa illegittimamente in quanto il permesso di costruire - rilasciato dal Comune di (omissis) (BN) sul progetto esecutivo oggetto dell'istanza non è stato preceduto dall'acquisizione del preventivo parere dell'Autorità di Bacino dei Fiumi Liri Garigliano e Vo.; b)la domanda di sostegno dell'azienda "Fu. Ma.", per la quale la Regione Campania aveva eccepito una serie di gravi criticità e anomalie e, quindi, la non ammissibilità dell'istanza, che avrebbe dovuto rimanere esclusa dalla graduatoria e non poteva esservi riammessa, perché mancante del necessario parere dell'Ente Parco Regionale del (omissis), che non risulta acquisito; inoltre il progetto, alla data di presentazione della domanda di sostegno (3.5.2019) non era munito di tutte le necessarie autorizzazioni, pareri e nullaosta previsti dalla normativa vigente, in quanto la C.I.L.A. per gli interventi previsti è stata riconosciuta conforme dal Comune di (omissis) (BN) soltanto in data 7.8.2020 e, in ogni caso, in relazione a tale titolo edilizio, era stato tardivamente acquisito sia il parere della Soprintendenza che risulta, invero, datato 24.9.2019, sia l'autorizzazione paesaggistica comunale n. 01/2019 che risulta datata 3.10.2019 e, cioè, ben oltre la data di presentazione della domanda di sostegno e, quindi, ampiamente fuori termine, Poiché la dotazione finanziaria del bando di attuazione è pari all'importo complessivo di Euro 1.250.492,79 (art. 4 del bando: doc. n. 8 della produzione del 14.4.2021) e poiché, per effetto della esclusione delle due aziende "La Ru. - Società agricola semplice" e "Fu. Ma.", il nuovo importo complessivo ammesso a contributo, sempre per le prime otto domande di sostegno, sarebbe, invece, pari ad Euro 1.080.949,22, vi sarebbe ampiamente la capienza anche per finanziare l'intera domanda di sostegno della ricorrente, in quanto Euro 1.080.949,22 (che è la somma totale delle prime otto domande) + Euro 160.000,00 (che è l'importo della domanda dell'impresa "An. Ma.") arriverebbe a un totale di euro 1.240.949,22. 7. In vista del merito, la Regione, che aveva depositato una memoria in risposta ai motivi aggiunti di parte ricorrente, ha depositato un ulteriore atto difensivo. Anche il ricorrente ha depositato memoria di replica. 8. All'udienza del 7 maggio 2024, la causa è passata in decisione. 9. Il ricorso principale va respinto. Già con ordinanza cautelare n. 830/2021 questa Sezione aveva chiarito che la specifica ragione di non attribuzione del punteggio aggiuntivo richiesto (15 punti), con la conseguente collocazione tra le domande ammissibili ma non finanziabili, fosse la mancata presentazione di misure specifiche per la "riduzione dei danni da grandine". Tale motivazione del provvedimento regionale va considerata legittima, per effetto del raffronto tra Bando relativo alla Misura de quo (doc. 8 prod. ricorrente) e domanda presentata dalla impresa ricorrente (doc. 10 prod. ricorrente), posto che: a)il Bando della Misura 5, Tipologia di Intervento 5.1.1 azione A "Riduzione dei danni da avversità atmosferiche sulle colture e del rischio di erosione in ambito aziendale" (approvato con successivo DRD n. 29 del 04/03/2019) espressamente stabilisce (art. 2 - "Obiettivi e finalità ", pag. 3) che "gli investimenti previsti con l'azione A della presente tipologia d'intervento sono tesi alla: a) riduzione dei danni da grandine sulle produzioni agrarie attraverso il finanziamento di interventi aziendali tesi a dotare le aziende di impianti di reti antigrandine; b) prevenzione del rischio di dissesto idrogeologico del suolo rilevabili in ambito aziendale attraverso l'attivazione, nelle aree a rischio o pericolo idro-geologico elevato/molto elevato (...) di sistemazioni idraulico - agrarie, attuate con tecniche di ingegneria naturalistica (quali ad esempio: viminate, fascinate, palizzate etc.), tese alla prevenzione del rischio di erosione e dissesti localizzati"; b)il suddetto Bando, all'art. 8, stabilisce che le spese ammissibili al sostegno sono esclusivamente: i) reti antigrandine e relativi impianti; ii) opere di ingegneria naturalistica (quali, ad esempio, viminate, fascinate, palizzate) e/o le opere di canali di scolo; iii) spese generali, nei limiti dell'importo della spesa ammessa (es. onorari per tecnici e consulenti); c)in base all'art. 11 la valutazione dei progetti avviene secondo parametri di valutazione esposti in una griglia ancorata a quattro principi tra i quali il primo, quello del maggior rischio (che vale complessivamente 40 punti) è stato a sua volta suddiviso in due parti (A1 e A2) corrispondenti a due obiettivi (A1 -obiettivo a) prevenzione del dissesto idrogeologico; A2 obiettivo b) prevenzione dei danni sulle produzioni agrarie) che non sono in alcun modo alternativi tra loro, sicchè i richiedenti ben potevano presentare progetti di investimento che riguardassero ambedue le tipologie di "prevenzione"; d)nella domanda di partecipazione della impresa ricorrente, il "Quadro E - Piano degli interventi" (pag. 4) prevede una Sezione I dedicata ai " Dati dell'intervento", che corrisponde alla Azione per la quale è stata presentata la domanda ("Azione A: riduzione dei danni da avversità atmosferiche sulle colture e del rischio di erosione in ambito aziendale", corrispondente a una spesa complessiva con IVA di euro 261.765,00 e a un contributo totale richiesto di euro 171.649,19) e successivamente una Sezione II dedicata ai " Dati del sottointervento" che, per come è stata compilata dall'impresa ricorrente, ne comprende solamente due: un primo (pag. 4), con codice 0002, "prevenzione del rischio di dissesto idrogeologico del suolo", per una spesa con IVA pari a euro 237.968,22, e un contributo pari a 156.044,74; un secondo (pag. 5) con Codice 0003 - "spese generali", per una spesa con IVA pari a euro 23.796,78 e contributo richiesto pari a euro 15.604,45; e) nel Quadro F (Riepi Voci di Spesa Richieste) (pag. 7) il primo Sottointervento viene descritto come " costruzione, acquisizione, incluso il leasing, o miglioramento di beni immobili"; 9.1. Il Collegio ritiene che da quanto sopra illustrato emerga con assoluta chiarezza che gli obiettivi A1) e A2) relativi al primo criterio di selezione, sono stati sviluppati dalla Impresa attraverso misure di investimento relative al solo criterio A1 (prevenzione dissesto) ma non al criterio A2 (prevenzione danni), corrispondenti a loro volta rispettivamente il primo alle misure di tipo b) dell'art. 2 del bando stesso (sistemazioni idraulico - agrarie, attuate con tecniche di ingegneria naturalistica), il secondo alle misure di tipo a) dell'art. 2 (reti antigrandine), anche se, nella redazione della griglia, tali misure-obiettivo risultano invertite, presumibilmente per una svista dei redattori alla quale non può essere attribuita alcuna rilevanza, stante il tenore letterale inequivocabile dell'art. 2 del bando in relazione agli artt. 8 e 11. Pertanto, da un lato appare corretta la mancata attribuzione del punteggio massimo, pari a punti 15, di cui al criterio di selezione "Maggior rischio" A2), art. 11 del bando, rubricato "obiettivo b) prevenzione dei danni sulle produzioni agrarie", mancando la richiesta di un sottointervento avente ad oggetto specificamente le " reti antigrandine"; dall'altro, non è condivisibile la tesi di parte ricorrente, circa l'attribuzione di 15 punti in virtù del solo rapporto percentuale tra SAUrischio/SAU totale (che invece è un mero criterio di calcolo) - svincolando il sub criterio A2 dagli interventi finalizzati al perseguimento dell'obiettivo B) - "prevenzione dei danni sulle colture agrarie presenti in azienda", anche perché si finirebbe per valutare due volte un medesimo elemento (estensione della SAU a rischio) rispetto allo stesso obiettivo A). 9.2. Anche la circostanza, prospettata dalla ditta, di aver conseguito una valutazione positiva per tutti gli elementi riportati nella check list istruttoria del 25.11.2019, non è rilevante. Infatti, si condivide la tesi fatta propria dalla Regione nella memoria difensiva per cui l'"esito positivo" al requisito "l'intervento di realizzazione di impianti di rete antigrandine ricade nel territorio regionale" è frutto di un errore materiale del tecnico istruttore, al quale non è stato, infatti, attribuito punteggio. Tale requisito era indicato con il codice EC 14372 ("L'intervento di realizzazione di impianti di reti antigrandine ricade nel territorio regionale") e avrebbe dovuto essere valutato come " non pertinente" in quanto il progetto di investimento della ricorrente non contempla alcuna opera tesa alla realizzazione di impianti di rete antigrandine, ma solo opere di ingegneria naturalistica. E infatti, il diverso requisito indicato con il codice EC 14376 - "Gli interventi per la realizzazione delle opere di ingegneria naturalistica e/o canali di scolo ricadono nelle aree a rischio o pericolo idrogeologico individuate dai Piani Stralcio di Assetto Idrogeologico" - è stato correttamente valutato "POSITIVO" in quanto le aree oggetto d'intervento ricadono in aree a rischio o pericolosità elevato molto elevato R4/P4. La circostanza, allora, pure dedotta nel ricorso, circa la valutazione positiva che nella check list è stata data al requisito EC 14372 - è ininfluente rispetto ai punteggi attribuiti alla ricorrente in ragione del tipo di investimento proposto, sulla base della griglia valutativa di cui all'art. 11 del bando di misura. Ciò è confermato dai documenti prodotti in giudizio dalla Regione nel 2024: il Dirigente STP di Avellino, con nota n. 222603 del 26/04/2021 (prod. regione del 29.2.2024), disponeva in autotutela la riapertura dell'istruttoria tesa alla verifica e alla correttezza dei punteggi attribuiti in sede di valutazione della domanda di sostegno, bar code n. 94250097212, presentata dalla ricorrente. A seguito della succitata istruttoria, al requisito indicato con il codice EC 14372 il tecnico istruttore ha inserito l'esito "NON PERTINENTE", generando la check list di istruttoria n. AGEA.ASR.2021.0596201 del 04/05/2021 e confermando il punteggio 54 (cfr. deposito del 29.2.2024). 10. Vanno respinti anche i motivi aggiunti. La ricorrente lamenta l'illegittimità dell'ammissione alla procedura selettiva di due domande di sostegno - presentate dalle aziende "La Ru." e "Fu. Ma.. In particolare, quanto alla domanda presentata dalla ditta "La Ru.", si afferma che la stessa non avrebbe dovuto essere ammessa in ragione dell'assenza del parere preventivo dall'Autorità di Bacino dei Fiumi Li. - Ga. e Vo. rispetto al permesso di costruire rilasciato dal Comune di (omissis) (BN). 10.1. Tale prospettazione non può essere accolta. Va premesso che la Regione ha più volte evidenziato che la causa oggetto del presente giudizio presenta gli stessi motivi della causa che vede come ricorrente l'impresa individuale "Az. di Ce. Ca." (RG 1555/2021) fissata per la trattazione sempre davanti a questa Sezione e che parte dei documenti sono depositati in quel giudizio, che vede evocati in giudizio gli stessi controinteressati. Dai documenti dell'istruttoria congiunta An. / Ce., emerge che dopo una iniziale reiezione della domanda, la Commissione regionale ha svolto istruttoria per appurare se fosse necessario o meno il "Parere dell'Autorità di Bacino", chiedendo chiarimenti allo stesso Comune di (omissis). L'UTC dell'Ente Locale, con nota del 11.01.21, prot. n. 270 (depositata nel fascicolo RG 1555/2021), ha fornito i chiarimenti richiesti spiegando che le opere assentite (previste nel progetto presentato con la domanda di sostegno) rientrassero nella casistica descritta dall'art. 3, comma 2, lettere F) e G) delle Norme di Attuazione del PsAI-Rf (Piano stralcio per l'assetto idrogeologico) approvato dall'Autorità di Bacino competente (Li. - Ga. e Vo.): il permesso di costruire n. 3624 del 02.05.19 rilasciato alla ditta "La Ru. Società Agricola semplice" era stato rilasciato in deroga al parere preventivo dall'Autorità di Bacino (Li. - Ga. e Vo.), così come previsto dalla citata normativa. A mente di quest'ultima, infatti, "Al fine del raggiungimento degli obiettivi di cui al comma 1 è vietata qualunque trasformazione dello stato dei luoghi, sotto l'aspetto morfologico, infrastrutturale ed edilizio tranne che si tratti di: (...) F) interventi atti all'allontanamento delle acque di ruscellamento superficiale e che incrementano le condizioni di stabilità dell'area in frana; G) opere di bonifica e sistemazione dei movimenti franosi.." Pertanto, la Commissione ha accolto l'istanza di riesame presentata dalla ditta "La Ru." e ha ritenuto ammissibile la relativa domanda di contributo, posizionandosi al 3° posto della Graduatoria Unica Regionale Rettificata con DRD n. 170 del 17/05/2021, per una spesa ammessa di Euro.189.183,50 con contributo pari a un importo di Euro 149.850,05 e un punteggio totale di 74 (a fronte di un punteggio calcolato dalla ditta in autovalutazione pari a punti 89). 11. Stesso discorso per la posizione della ditta "Fu. Ma.", la cui domanda, a detta della ricorrente, avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile ai sensi dell'art. 12, numero 9, del bando di selezione per: a)mancanza del necessario parere dell'Ente Parco Regionale del (omissis); b)non essere il progetto munito di tutte le necessarie autorizzazioni, pareri e nullaosta previsti dalla normativa vigente, "in quanto la C.I.L.A. è stata riconosciuta conforme dal Comune di (omissis) (BN) soltanto in data 7.8.2020 e, in ogni caso, in relazione a tale titolo edilizio, sono stati tardivamente acquisito sia il parere della Soprintendenza datato 24.9.2019, sia l'autorizzazione paesaggistica comunale n. 01/2019 datata 3.10.2019 e, cioè, ben oltre la data di presentazione della domanda di sostegno e, quindi, ampiamente fuori termine". 11.1. Si condividono le prospettazioni della difesa regionale (sempre con riferimento ai documenti versati nel fascicolo RG 1555/2021), la quale ha prospettato che all'esito dell'istruttoria avviata per effetto delle controdeduzioni della ditta, veniva appurato che la mancanza del Parere del Parco Regionale Del (omissis) non poteva determinare l'esclusone della ditta stessa in quanto, come risultava dal Fascicolo Aziendale SIAN, sezione "Territorio"- "Particelle ricadenti in zone speciali", l'area oggetto di intervento (riportata in catasto terreni: Comune di (omissis) -Foglio n. (omissis) - P.lle n. (omissis)) non ricadeva nell'Area Parco Regionale del (omissis). Tale circostanza è confermata anche dalla nota prot.n. 1698/2021 dell'Ente Parco del Taburno. Quanto alla assunta violazione del paragrafo 12 del bando da parte della ditta Fu. per avere la stessa ottenuto l'Autorizzazione Cila, il parere della Soprintendenza e l'autorizzazione paesaggistica comunale successivamente alla presentazione della domanda di sostegno, anche in tal caso la riapertura dell'istruttoria - con acquisizione di informazioni dall'UTC del Comune di (omissis) in merito alla conformità della C.I.L.A. n. 1525/2019 e alla preventiva acquisizione del parere dell'Autorità di Bacino - consentiva di appurare che il progetto esecutivo della Ditta era corredato della tempestiva richiesta di Cila, depositata al Comune di (omissis) prima della presentazione della domanda di sostegno (C.I.L.A. Prot. n. 1525 del 03/04/2019, per esecuzione lavori di "Riduzione dei danni del rischio di erosione in ambito aziendale in agro del Comune di (omissis) - in catasto Foglio (omissis) mappale n ° (omissis)"). Pertanto, anche in questo caso, la Commissione Provinciale, nella seduta del 19/01/2021, ha accolto l'istanza di riesame della ditta Fu. e la relativa domanda di aiuto è risultata ammissibile al contributo, collocandosi al 5° posto della Graduatoria Unica Regionale Rettificata con DRD n. 170 del 17/05/2021, per una spesa ammessa di Euro 186.898,21 e un contributo di Euro 149.518,57 con un punteggio totale di 68. 12. In conclusione, non essendovi più capienza di fondi, persiste l'impossibilità di assegnare il contributo alla Impresa An.. 13. Il ricorso e i motivi aggiunti sono dunque respinti. Le spese seguono il criterio della soccombenza. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania Sezione Terza, definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li rigetta. Condanna l'Impresa individuale " Ma. An." al pagamento delle spese processuali in favore delle parti costituite, che liquida in euro 2000,00 in favore della Regione Campania e euro 1000,00 in favore de La Fo. Società Agricola s.r.l. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 7 maggio 2024 con l'intervento dei magistrati: Anna Pappalardo - Presidente Maria Barbara Cavallo - Consigliere, Estensore Rosalba Giansante - Consigliere

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quinta ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 5539 del 2023, proposto da Sa. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Vi.Do., Al.Ce., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Al.Ce. in Roma, via (...); contro Comune di Venezia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati An.Ia., Gi.Ro.Ch., Fi.Ar., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (...); nei confronti Agenzia delle Entrate, Agenzia delle Entrate - Riscossione, Associazione Italiana Compagnie Aeree Lo.Fa. - Ai., Wi.Ai.Hu. Ltd., Wi.Ai.Ma. Ltd., Ea.Ai. Company Ltd., Ry.Da., Vo. S.L., non costituite in giudizio; Enac - Ente Nazionale per L'Aviazione Civile, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ma.Di.Gi., El.Pa.Re., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Autorità di Regolazione dei Trasporti, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (...); Ib.It.Bo. Airline Representatives, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ma.Gi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (...); sul ricorso numero di registro generale 5632 del 2023, proposto da Associazione Italiana Compagnie Aeree Lo.Fa. - Ai., Ea.Ai. Company Limited, Ry.Da., Vo. S.L., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dall'avvocato Gi.Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Comune di Venezia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati An.Ia., Gi.Ro.Ch., Fi.Ar., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; nei confronti Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (...); Agenzia delle Entrate - Riscossione, Sa. S.p.A., Autorità di Regolazione dei Trasporti - Art, Wi.Ai.Hu. Ltd., Wi.Ai.Ma. Ltd., Associazione Ibar - Italian Board Airline Representatives, non costituite in giudizio; Enac - Ente Nazionale per L'Aviazione Civile, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato El.Pa.Re., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per la riforma: quanto al ricorso n. 5539 del 2023: della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (sezione Prima) n. 00868/2023, resa tra le parti; quanto al ricorso n. 5632 del 2023: della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (sezione Prima) n. 00868/2023, resa tra le parti; Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Venezia e di Presidenza del Consiglio dei Ministri e di Ministero dell'Economia e delle Finanze e di Ministero dell'Interno e di Enac - Ente Nazionale per L'Aviazione Civile e di Autorità di Regolazione dei Trasporti e di Ib.It.Bo. Airline Representatives e di Comune di Venezia e di Presidenza del Consiglio dei Ministri e di Ministero dell'Economia e delle Finanze e di Ministero dell'Interno e di Enac - Ente Nazionale per L'Aviazione Civile; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 novembre 2023 il Cons. Diana Caminiti e uditi per le parti gli avvocati Do., Ce., Ar., e Ci. in dichiarata delega di Di.Gi.. Ma., Ar., e Ci.in dichiarata delega di Di.Gi.; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO Sa. S.p.A., gestore dell’aeroporto di Venezia, e l’Associazione Italiana Compagnie Aeree Lo.Fa. - Ai., associazione sindacale senza scopo di lucro che rappresenta gli interessi dei vettori aerei associati, rientranti nella c.d. categoria delle low fares, unitamente alle compagnie aeree Ea.Ai. Company Limited, Ry.Da., Vo. S.L., con autonomi ricorsi iscritti rispettivamente al n. ruolo, R.G. n. 5539/2023 e al n. R.G. n. 5632/2023, hanno interposto appello avverso la sentenza del Tar per il Veneto, sez. prima, 20 giugno 2023, n. 868, con cui sono stati respinti i ricorsi riuniti, da esse rispettivamente proposti, iscritti al n. R.G. 244/2023 e n. R.G. 395/2023, avverso delibera del Consiglio Comunale della Città di Venezia n. 75 del 23 dicembre 2022 concernente l'approvazione del Bilancio di previsione per gli esercizi finanziari 2023-2025, pubblicata dal 23 dicembre 2022 al 7 febbraio 2023, immediatamente eseguibile, nella parte in cui dispone di istituire un'addizionale comunale sui diritti aeroportuali d'imbarco a partire dal 1° aprile 2023 ed avverso i relativi atti presupposti. L’istituzione dell’addizionale comunale de qua da parte dell’Ente comunale ha fatto seguito ad un accordo, denominato “Patto per Venezia” (anch’esso oggetto di impugnativa), finalizzato al riequilibrio strutturale finanziario del bilancio di previsione, stipulato - in forza dell’art. 43, commi 2, 3 e 8 del d.l. n. 50 del 2022 - tra il Comune di Venezia e la Presidenza del Consiglio dei Ministri. 2.1. L’indicato disposto normativo consente che i comuni sede di Città Metropolitana (come nel caso del Comune di Venezia), caratterizzati da “un debito pro capite superiore ad euro 1.000 sulla base del rendiconto dell'anno 2020 definitivamente approvato e trasmesso alla BDAP al 30 giugno 2022” (art. 43, comma 8, d.l. n. 50 del 2022), possano avviare, su proposta del Ministero dell’Economia e delle Finanze e all’esito della verifica dei requisiti da parte di un Tavolo tecnico appositamente istituito, un percorso di riequilibrio strutturale del bilancio comunale per mezzo dell’adozione delle misure di cui all’art. 1, comma 572, lettere da a) ad i), della legge n. 234 del 2021, fra le quali è previsto l’incremento dell’addizionale comunale all’IRPEF e un’addizionale comunale sui diritti di imbarco portuale e aeroportuale. Nel caso in cui fosse deliberata l’addizionale sui diritti di imbarco (fino ad un massimo di 3 euro), è previsto come l’incremento dell’addizionale IRPEF non possa superare lo 0,4%. Nel ricordato “Patto per Venezia”, il Comune ha assunto l’impegno di istituire - limitatamente al periodo compreso tra il 2023 e il 2042, in cui dovrà essere ripianato il disavanzo - l’addizionale comunale sui diritti di imbarco portuale e aeroportuale nei confronti di ogni passeggero nella misura di 2,50 euro fino al 2031, con una progressiva diminuzione, fino a 0,80 euro, per il periodo dal 2038 al 2042. 2.2. Con la deliberazione impugnata (su conforme proposta emendativa della Giunta) veniva peraltro stabilito che, limitatamente ai diritti di imbarco portuale, l’addizionale sarebbe stata istituita con un successivo atto e comunque a decorrere dal 1° gennaio 2026. Di conseguenza, l’addizionale, contestata in questa sede, risulta attualmente prevista per i soli imbarchi aeroportuali. Sa. s.p.a., società concessionaria dell’aeroporto “Marco Polo” di Venezia, ha pertanto impugnato innanzi al Tar per il Veneto, unitamente agli atti presupposti, la indicata deliberazione consiliare n. 75 del 23 dicembre 2022, nella parte in cui istituisce l’addizionale sui diritti di imbarco valevole negli aeroporti presenti sul territorio comunale. 3.1. Nel ricorso di prime cure - iscritto al n. R.G. 244 del 2023 - Sa. ha sostenuto che l’introduzione dell’addizionale, il cui onere economico viene fatto gravare sul passeggero, allorché acquista il biglietto presso il vettore (che, quale sostituto d’imposta, è poi tenuto a riversarne l’importo all’erario), comporterebbe la riduzione dell’attrattività dello scalo veneziano con grave danno per l’indotto che gravita attorno all’infrastruttura aeroportuale. 3.2. A sostegno del gravame ha articolato, in sei motivi, le seguenti censure: 1) Violazione dell’art. 3, comma 2, l. 212/2000 (Statuto del Contribuente); la deliberazione istitutiva dell’addizionale sui diritti d’imbarco sarebbe illegittima nella parte in cui avrebbe fissato la decorrenza dell’obbligo tributario per la data del 1° aprile 2023, senza tenere conto che, ai sensi dell’art. 3, comma 2 della l. n. 212 del 2000, la scadenza degli adempimenti posti a carico del contribuente non può essere fissata anteriormente al sessantesimo giorno dalla data della loro entrata in vigore o dell'adozione dei provvedimenti di attuazione. Detto termine, nel caso esaminato, avrebbe dovuto decorrere dalla comunicazione ai vettori e all’International Air Transport Association (IATA) da parte di ENAC e, in ogni caso, dalla determinazione delle modalità di riscossione del tributo (rectius: delle modalità di versamento all’Erario da parte dei vettori); 2) Violazione e falsa applicazione degli artt. 43, d.l. 50/2022 conv. con mod. in l. 91/2022 e dell’art. 1, comma 572, l. 234/2021. Difetto di motivazione e di istruttoria. Violazione della risoluzione ICAO 22/09/2020; il Comune non avrebbe adeguatamente motivato in merito alle ragioni per le quali l’addizionale sui diritti d’imbarco è stata introdotta quale misura di risanamento, in luogo delle altre previste dalla normativa; 3) Illegittimità della delibera consiliare n. 75 del 2022 per eccesso e sviamento di potere in violazione dei principi di proporzionalità, imparzialità e trasparenza dell’azione amministrativa (art. 1, l. 241/1990 e s.m.i.) nonché eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà e ingiustizia manifeste, difetto di motivazione e istruttoria, sviamento; in continuità con la precedente censura, la ricorrente censurava la scelta di introdurre una rilevante misura impositiva applicabile, per numerose annualità, ai soli passeggeri partenti dallo scalo veneziano, ritenendola irragionevole, discriminatoria e squilibrata, in quanto i soggetti passivi del tributo sarebbero privi di “collegamento con il ripiano del disavanzo del Comune di Venezia”. Si osservava che l’Amministrazione si sarebbe determinata ad introdurre l’(ulteriore) addizionale sui diritti d’imbarco, dopo avere preso atto della difficoltà di riscuotere il contributo di accesso al centro storico di Venezia (punto 28 della deliberazione impugnata), il quale, tuttavia, sarebbe dovuto gravare su tutti i turisti che effettivamente fanno ingresso nella città, utilizzandone in modo massivo i servizi, diversamente da quanto si verificherebbe, il più delle volte, per l’utenza aeroportuale. Altrettanto irragionevole e discriminatoria sarebbe inoltre la scelta di non applicare il tributo, almeno in questa prima fase, agli imbarchi portuali; 4) Eccesso di potere, irragionevolezza della Delibera - Violazione del principio del legittimo affidamento; la deliberazione sarebbe inoltre illegittima nella parte in cui richiederebbe l’esazione del tributo a tutti i passeggeri in partenza dal 1° aprile 2023, indipendentemente dalla data di acquisto del titolo di viaggio, senza quindi escludere dalla sua sfera applicativa i passeggeri che abbiano acquistato il biglietto precedentemente a tale data; 5) Difetto di istruttoria e violazione delle garanzie partecipative e del contraddittorio procedimentale anche in relazione all’art. 2 lett. e) del d.lgs. n. 250 del 1997. Perplessità e irragionevolezza della motivazione; l’introduzione dell’addizionale sarebbe illegittima, in quanto non sarebbe stata preceduta da alcuna consultazione con l’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile (ENAC), competente riguardo all’”istruttoria degli atti concernenti tariffe, tasse e diritti aeroportuali” (art. 2, lett. e, d.lgs. n. 250 del 1997) e con la ricorrente, in quanto soggetto deputato alla riscossione del tributo; 6) Illegittimità costituzionale dell’art. 43 commi 2, 3 e 8 del d.l. n. 50 del 2022 nonché dell’art. 1, comma 572 della l. n. 234/2021 (nella parte in cui consente ai Comuni sede di capoluogo di città metropolitane di istituire un incremento dell’addizionale comunale sui diritti di imbarco aeroportuale per passeggero da destinare al ripiano del disavanzo comunale) con riferimento agli artt. 3, 41, 53, 97 e 117 Cost. e, in via derivata, illegittimità della delibera del Consiglio Comunale n. 75 del 23.12.2022; la ricorrente rilevava l’illegittimità costituzionale della disciplina di cui la contestata introduzione del tributo costituiva attuazione, osservando come l’istituzione di un’ulteriore addizionale sui diritti d’imbarco aeroportuali si ponesse in violazione principi costituzionali di ragionevolezza, di capacità contributiva e progressività del sistema tributario, nonché di leale collaborazione (art. 3, 41, 53, 97 e 117 Cost.). La deliberazione impugnata risulterebbe inoltre viziata “per la violazione degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea” per mancato coinvolgimento degli enti interessati (in contrasto con la direttiva 2009/12/CE, art. 6, par. 2, recepita dal d.l. n. 1 del 2012). 3.3. Con motivi aggiunti Sa. contestava sotto ulteriore profilo la legittimità della deliberazione istitutiva del tributo, in quanto il presupposto tavolo tecnico si sarebbe tenuto il 20 ottobre 2022, ossia oltre il termine di legge, individuato dall’art. 43, comma 3, d.l. n. 50 del 2022, nel 30 settembre 2022. Con il secondo ricorso, l’Associazione Italiana Compagnie Aeree Lo.Fa. - Ai., associazione sindacale senza scopo di lucro che rappresenta gli interessi dei vettori aerei associati, rientranti nella c.d. categoria delle low fares, già intervenuta ad adiuvandum nel giudizio promosso da Sa., ha del pari impugnato la delibera de qua, istitutiva dell’indicata addizionale comunale, unitamente alle compagnie aeree innanzi indicate, articolando analoghi motivi di gravame, ovvero deducendo: 1) Illegittimità costituzionale dell’art. 43, commi 2, 3 e 8, del d.l. 17 maggio 2022, n. 50, nonché dell’art. 1, comma 572, della l. 30 dicembre 2021, n. 234, con riferimento agli artt. 3, 41, 53, 97 e 117 della Costituzione e, in via derivata, illegittimità della Deliberazione del Consiglio Comunale della Città di Venezia n. 75 del 23 dicembre 2022. Violazione del principio della capacità contributiva e della progressività del sistema tributario; Violazione dell’art. 43, comma 3, d.l. n. 50/2022, convertito con modificazioni dalla l n. 91/2022; III. Violazione dell’art. 3, comma 2, l. 212/2000; Violazione e falsa applicazione degli artt. 43, d.l. 50/2022 e dell’art. 1, comma 572, l. 234/2021. Difetto di motivazione e di istruttoria. Violazione della risoluzione ICAO 22/09/2020; Violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della L. n. 241/1990. Eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà e ingiustizia manifeste, difetto di motivazione e istruttoria, sviamento, disparità di trattamento. Violazione del principio del legittimo affidamento. Violazione dell’art. 97 della Costituzione. Il Comune di Venezia, nel costituirsi in prime cure in ambedue i giudizi, ha controdedotto in ordine a ciascun profilo di censura, insistendo per il rigetto dei ricorsi ed eccependo in via preliminare il difetto di interesse a ricorrere in capo a Sa.. L’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile, del pari costituito in entrambi i giudizi, ha fatto presente di avere “comunicato al vettore nazionale l’avvenuta introduzione dell’addizionale sui diritti d’imbarco istituita al Comune di Venezia, ai fini della successiva notifica ai vettori operanti presso lo scalo di Venezia, ritenendo la medesima applicabile, ai sensi dell’art. 3, co. 2, l. 212/2000, a partire dal giorno 30.05.2023”, data determinata in seguito all’istruttoria - conclusa il 31 marzo 2023 - condotta ai sensi dell’art. 2, d.lgs. n. 250 del 1997, lett. e), e dell’art. 2, lett. t) del proprio Statuto (p. 4 della memoria depositata il 21 aprile 2023). In merito a tale comunicazione il Comune ha obiettato che la decorrenza dell’applicazione dell’addizionale prescinderebbe dall’interposizione attuativa di ENAC, e che essa coinciderebbe con la data stabilita dalla deliberazione consiliare di approvazione del bilancio di previsione, rispettosa del termine indicato dall’art. 3 della legge n. 212 del 2000. La sentenza del Tar ha respinto tutte le censure, affermando preliminarmente che la decorrenza, dal 1 aprile 2023, è da riferirsi alla data di acquisto del biglietto, come successivamente precisato dal Comune, e non alla data del volo, per cui ha rigettato anche la censura riferita alla necessità della dilazione temporale. Sa., con il ricorso iscritto al n. R.G. 5539 del 2023, ha impugnato la sentenza di prime cure, formulando avverso la stessa, in cinque motivi, le seguenti censure: I) Sul primo motivo di ricorso: erroneità della sentenza - omessa pronuncia Illegittimità della Delibera CC Venezia 75/2022: violazione e falsa applicazione dell’art. 3, co. 2, l. 212/2000 (Statuto del Contribuente); II) Sul secondo, terzo, quarto e quinto motivo di ricorso: erroneità della sentenza - Omessa pronuncia - Illegittimità della Delibera impugnata: Violazione e falsa applicazione degli artt. 43, d.l. 50/2022 conv. con mod. in l. 91/2022 e dell’art. 1, comma 572, l. 234/2021. Difetto di motivazione e di istruttoria. Violazione della risoluzione ICAO 22/09/2020; III) Ancora sul quinto motivo di ricorso: Erroneità della sentenza - Illegittimità della Delibera: Difetto di istruttoria e violazione delle garanzie partecipative e del contraddittorio procedimentale anche in relazione all’art. 2 lett. e) del d.lgs. n. 250 del 1997. Perplessità e irragionevolezza della motivazione; IV) Sulla violazione del termine per la conclusione dell’istruttoria (motivo aggiunto); V) Sulla questione di legittimità costituzionale: Erroneità della sentenza: illegittimità costituzionale dell’art. 43 commi 2, 3 e 8 del d.l. n. 50 del 2022 nonché dell’art. 1, comma 572 della l. n. 234/2021 (nella parte in cui consente ai Comuni, sede di capoluogo di città metropolitane di istituire un incremento dell’addizionale comunale sui diritti di imbarco aeroportuale per passeggero da destinare al ripiano del disavanzo comunale) con riferimento agli artt. 3, 41, 53, 97 e 117 Cost. e, in via derivata, illegittimità della delibera del Consiglio Comunale n. 75 del 23.12.2022. 9.1. Sa. ha pertanto concluso in via principale per l’annullamento della sentenza di prime cure e per l’effetto per l’annullamento della delibera del Consiglio Comunale della Città di Venezia n. 75 del 23 dicembre 2022, nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguenziale, ed in via subordinata per la rimessione della questione di costituzionalità del d.l. n. 50 del 2022 nonché dell’art. 1, comma 572 della L. n. 234/2021, come rassegnate in atti. Analoghi motivi di appello sono stati formulati con il ricorso iscritto al n. R.G. 5632 del 2023 dall’Associazione italiana Compagnie Aeree Lo.Fa. - Ai. e dalle compagnie aeree in epigrafe indicate. 10.1. Segnatamente, con tale atto, sono stati formulati, in quattro motivi di appello, le seguenti censure: I) Error in iudicando ed omessa pronuncia. Violazione dell’art. 3, comma 2, l. 212/2000; II) Error in iudicando. Violazione e falsa applicazione degli artt. 43, d.l. 50/2022 e dell’art. 1, comma 572, l. 234/2021. Difetto di motivazione e di istruttoria. Violazione della risoluzione ICAO 22/09/2020; III) Error in iudicando. Violazione dell’art. 43, comma 3, d.l. n. 50/2022, convertito con modificazioni dalla l n. 91/2022, in ragione del fatto che il Tavolo Tecnico ha concluso la propria istruttoria all’esito della riunione del 20 ottobre 2022 e quindi, oltre il termine del 30 settembre fissato dall’anzidetta disposizione di legge; IV) Error in iudicando ed omessa pronuncia. Illegittimità costituzionale dell’art. 43, commi 2, 3 e 8, del d.l. 17 maggio 2022, n. 50, nonché dell’art. 1, comma 572, della l. 30 dicembre 2021, n. 234, con riferimento agli artt. 3, 41, 53, 97 e 117 della Costituzione e, in via derivata, illegittimità della Deliberazione del Consiglio Comunale della Città di Venezia n. 75 del 23 dicembre 2022. Violazione del principio della capacità contributiva e della progressività del sistema tributario. 10.2. Anche l’Associazione italiana Compagnie Aeree Lo.Fa. - Ai. e le compagnie appellanti hanno pertanto concluso in via principale per la riforma della sentenza di prime cure e per l’effetto per l’annullamento della delibera del Consiglio Comunale della Città di Venezia, n. 75 del 23 dicembre 2022, ed in via subordinata per la rimessione della questione di costituzionalità rassegnata in atti. Il Comune di Venezia, costituitosi in entrambi i giudizi, ha preliminarmente reiterato l’eccezione relativa all’inammissibilità del ricorso di prime cure azionato da Sa. innanzi al Tar per il Veneto, per carenza di interesse, assorbita dal primo giudice sul rilievo dell’infondatezza del ricorso, evidenziando che la delibera oggetto di impugnativa introdurrebbe un adempimento gravante primariamente sui vettori, chiamati ad applicare una maggiorazione pari a 2,50 euro sui biglietti venduti a partire dall’1.4.2023, mentre il coinvolgimento di Sa. riguarderebbe unicamente la fase successiva di periodica rendicontazione e riversamento di quanto riscosso all’Amministrazione. 11.1. Nel merito ha insistito per il rigetto di entrambi gli appelli. IBAR - Italian Board Airline Representatives, associazione dei vettori aerei, operanti in Italia, costituita nel 1960, cui è stato notificato il ricorso in appello da parte di Sa., in qualità di interveniente, ha aderito alle conclusioni dell’appellante Sa. s.p.a.. Le amministrazioni statali evocate in giudizio e l’Enac si sono costituiti con atti di mero stile in entrambi i giudizi. Le parti hanno rinunciato all’istanza cautelare all’udienza camerale del 18 luglio del 2023, in vista della fissazione del merito degli appelli per l’udienza pubblica del 30 novembre 2023. Nelle more della celebrazione di tale udienza, il Comune di Venezia ha prodotto documenti e sia le parti appellanti che il Comune di Venezia hanno prodotto articolate memorie difensive, insistendo nei rispettivi assunti. 15.1. In particolare il Comune ha evidenziato e documentato per un verso come, nonostante l’adozione della delibera oggetto di impugnativa, si sia registrato un incremento dei collegamenti dall’Aeroporto di Venezia da parte di diverse compagnie aeree, e per altro verso come negli ultimi anni si sia assistito ad un aumento crescente del costo dei biglietti aerei, per lo più correlato ai servizi aggiuntivi offerti. 15.2. Ha inoltre evidenziato come della documentazione prodotta - segnatamente Masterplan 2023-2037 - sia evincibile l’impatto che il traffico aereo genera, tra gli altri, sulle infrastrutture, servizi e ambiente del Comune di Venezia. 15.3. Le parti appellanti hanno replicato sull’irrilevanza di quanto addotto e documentato nell’odierno grado di appello da parte del Comune. DIRITTO Il presente contenzioso ha ad oggetto la delibera del Consiglio Comunale della Città di Venezia n. 75 del 23 dicembre 2022, concernente l'approvazione del Bilancio di previsione per gli esercizi finanziari 2023-2025, nella parte in cui dispone di istituire un'addizionale comunale sui diritti aeroportuali d'imbarco a partire dal 1° aprile 2023, oggetto di contestazione da parte di Sa. s.p.a. (d’ora in poi anche semplicemente Sa.), dall’Associazione Italiana Compagnie Aeree Lo.Fa. - Ai. (in seguito anche solamente Associazione), e dalla compagnie aeree Wi.Ai.Hu. Ltd., Wi.Ai.Ma. Ltd., Ea.Ai. Company Ltd., Ry.Da., Vo. S.L. (di seguito anche compagnie aeree). A fronte della sentenza di rigetto del Tar, le ricorrenti, con separati atti di appello, hanno reiterato le censure formulate in primo grado, contestando i passaggi motivazionali della sentenza di prime cure. Ciò posto, occorre preliminarmente procedere alla riunione dei ricorsi in epigrafe indicati, ai sensi dell’art. 96 comma 1 c.p.a., in quanto proposti avverso la medesima sentenza. Prima di passare alla disamina dei motivi di appello e delle eccezioni preliminari di rito giova peraltro ripercorrere l’excursus normativo e procedimentale che ha condotto all’adozione della delibera gravata in prime cure. 19.1. Il d.l. n. 50/2022 (c.d. decreto aiuti), convertito con modificazioni dalla l. n. 91/2022, ha previsto, all’art. 43, misure di riequilibrio finanziario di province, città metropolitane e comuni capoluogo di provincia. La norma distingue: i) misure destinate a enti per i quali è in corso l’applicazione della procedura di riequilibrio ai sensi dell’art. 243-bis del d.lgs. 267/2000 o che si trovano in stato di dissesto finanziario ai sensi dell’art. 244 del medesimo decreto (comma 1); ii) misure finalizzate al riequilibrio finanziario dei comuni capoluogo di provincia che hanno registrato un disavanzo pro-capite superiore a 500 euro sulla base del disavanzo risultante dal rendiconto 2020 definitivamente approvato (comma 2); iii) misure rivolte ai comuni sede di città metropolitana “con un debito pro-capite superiore a 1000 euro, sulla base del rendiconto dell’anno 2020 definitivamente approvato... che intendano avviare un percorso di riequilibrio strutturale” (comma 8). 19.2. Con riferimento a tale terza fattispecie, che è quella attivata dal Comune di Venezia, la procedura è disciplinata mediante rinvio al comma 2, che prevede la sottoscrizione di un accordo con il Presidente del Consiglio dei Ministri o suo delegato, su proposta del Ministero dell’economia e delle finanze, nel quale “il comune si impegna, per il periodo nel quale è previsto il ripiano del disavanzo, a porre in essere, in tutto o in parte, le misure di cui all’articolo 1, comma 572, della legge n. 234 del 2021”. La conclusione dell’accordo è preceduta dalla verifica delle misure proposte dai comuni interessati da parte di un tavolo tecnico istituito presso il Ministero dell’interno, il quale “considerata l’entità del disavanzo da ripianare, individua anche l’eventuale variazione, quantitativa e qualitativa, delle misure proposte dal comune interessato per l’equilibrio strutturale del bilancio” (art. 43, comma 3, del d.l. 50/2022). 19.3. Con nota prot. n. 18343 del 18.7.2022 il Ministero dell’interno - Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali, ha comunicato al Comune di Venezia l’avvenuta istituzione del suddetto tavolo tecnico, invitando l’ente - qualora intenzionato ad avvalersi delle procedure previste dal citato art. 43 del d.l. 50/2022 - a proporre entro il 31.7.2022 le misure finalizzate alla sottoscrizione dell’accordo di riequilibrio strutturale (doc. 1 fasc. primo grado Comune di Venezia; al fascicolo di primo grado del Comune di Venezia si riferiscono i successivi allegati, ove non diversamente precisato). 19.4. In riscontro a tale missiva, il Sindaco del Comune di Venezia ha proposto l’istituzione di una addizionale comunale sui diritti di imbarco portuale e aeroportuale per passeggero fino a 3 euro, in considerazione del contesto descritto nell’allegata relazione a firma del Direttore dell’Area Economia e Finanza (nota PG 342430 del 29.7.2022 - doc. 2 fasc. primo grado). 19.5. Su richiesta del Ministero dell’interno, il Comune di Venezia ha successivamente trasmesso, per l’esame da parte del tavolo tecnico, i prospetti contenenti la quantificazione delle entrate attese dall’applicazione delle misure proposte e la conseguente verifica degli equilibri di bilancio per effetto dell’applicazione di tali misure (nota PG 387323 del 31.8.2022 - doc. 3 fasc. primo grado). I prospetti sono stati accompagnati da una nota esplicativa del Direttore dell’Area Economia e Finanza nella quale è stata ribadita la situazione di importante riduzione delle entrate, a fronte della quale l’Amministrazione si era vista costretta, sia in sede di approvazione del bilancio di previsione 2022, sia in sede di assestamento, all’adozione di misure straordinarie per la copertura della spesa corrente. 19.5.1. L’Amministrazione ha quindi ipotizzato l’attuazione di una misura consistente nell’applicazione dell’addizionale pari a 2,50 euro ad una platea di 5.600.000 passeggeri stimati l’anno, per un totale di 14.000.000 fino al 2031, con una progressiva diminuzione dell’importo negli anni successivi, fino a 0,80 euro a decorrere dall’anno 2038 (v. ancora doc. 3 fasc. primo grado). 19.6. Nell’ambito delle interlocuzioni con il Ministero dell’interno, è stata inoltre condivisa la possibilità di valorizzare, quale indicatore funzionale al monitoraggio dell’accordo e della misura in riduzione dell’addizionale, l’eventuale formazione di un avanzo libero nella gestione corrente. 19.7. La proposta del Comune di Venezia è stata esaminata nella seduta del tavolo tecnico del 20.10.2022, che ha concluso l’istruttoria con esito positivo. 19.8. In data 23-25.11.2022 è stato quindi sottoscritto, tra Presidenza del Consiglio dei Ministri e Comune di Venezia, l’accordo denominato “Patto per Venezia” (doc. 5 fasc. primo grado e doc. 32 fasc. primo grado, completo di firme) per la formalizzazione delle misure destinate ad assicurare il riequilibrio strutturale, nel quale: - l’Amministrazione comunale si è impegnata all’attuazione di una politica di gestione del debito orientata ad una sua progressiva e costante diminuzione, tenendo conto degli investimenti programmati nell’ambito delle iniziative correlate al PNRR (punto 1); - è stata prevista l’attivazione di una addizionale comunale sui diritti di imbarco portuale e aeroportuale per passeggero pari a 2,50 euro a persona a decorrere dal 2023 e fino al 2031, con una graduale diminuzione a partire dal 2032, fino ad euro 0,80 dal 2038 al 2042 (come da tabella ivi riportata: punto 2); - è stata considerata l’eventualità della formazione di un avanzo libero di gestione ed il suo impatto in riduzione sulla misura programmata (punti 4 e 5); - è stata prevista la facoltà del Comune di Venezia di proporre, previa deliberazione del Consiglio comunale, una diversa rimodulazione delle misure da adottare, con conseguente aggiornamento del cronoprogramma (punto 6). 19.9. Con deliberazione del Consiglio comunale n. 75 del 23.12.2022 (doc. 6 fasc. primo grado), in sede di approvazione del bilancio di previsione per gli esercizi finanziari 2023-2025, il Comune di Venezia ha quindi istituito la citata addizionale comunale, prevedendo una diversa articolazione temporale per quella sui diritti di imbarco aeroportuale e quella sui diritti di imbarco portuale. Con riferimento alla prima fattispecie è stata infatti sancita la sua applicazione a partire dal 1 aprile 2023, mentre con riguardo all’addizionale sui diritti di imbarco portuale è stata prevista l’applicazione dall’1.1.2026, “in considerazione degli effetti del d.l. n. 103/2021, convertito dalla legge n. 125/2021, che hanno determinato una situazione di mutabilità logistica e incerto andamento relativamente a transiti e approdi delle grandi navi passeggeri con effetti la cui durata ad oggi non è prevedibile”. 19.10. In data 13.1.2023 l’Assessore al Bilancio del Comune di Venezia ha dunque comunicato all’Amministratore Delegato di Sa. S.p.A., gestore dell’aeroporto di Venezia, l’avvenuta istituzione della citata addizionale, invitando la società a concordare un incontro finalizzato a definire le modalità di accertamento, liquidazione e riscossione dell’entrata, attività spettanti per legge e per prassi consolidata alle società concessionarie di aeroporti. 19.11. Nelle more, l’Amministrazione comunale, in attuazione della DCC n. 75/2022, ha precisato che l’addizionale comunale sui diritti di imbarco aeroportuale dovrà essere applicata ai biglietti venduti a partire dal 1° aprile 2023, al fine di garantire l’effettività del diritto di rivalsa accordato dalla normativa di settore ai vettori (doc. 18 fasc. primo grado). 19.12. L’avvenuta istituzione dell’addizionale comunale è stata comunicata, in data 20.2.2023 all’Enac (doc. 19 fasc. primo grado) e alla Iata (doc. 20 fasc. primo grado) e in data 13.2.2023 all’Autorità di regolazione trasporti (doc. 21 e 22 fasc. primo grado). 19.13. Parallelamente, in data 1.3.2023, il Comune di Venezia ha sollecitato l’Enac a dare riscontro dell’avvenuta comunicazione ai vettori dell’istituzione dell’addizionale, al fine di consentire il tempestivo avvio dell’attività di riscossione (doc. 23 fasc. primo grado). Sennonché l’Enac - precisando che l’aggiornamento dei sistemi di biglietteria necessario per rendere esigibile la nuova addizionale comunale “avviene a seguito di una notifica effettuata per il tramite del vettore nazionale di riferimento previa apposita comunicazione da parte dell’ENAC, non essendo contemplata, da quadro normativo vigente e dalla prassi consolidatasi sin dall’istituzione della prima addizionale comunale alcuna azione diretta dei Comuni nei confronti dei Vettori” - ha chiesto al Comune di trasmettere copia di tutti gli atti istruttori che hanno preceduto l’istituzione dell’addizionale, “al fine di verificare e condividere la procedura adottata”. In pendenza del giudizio di primo grado, l’Enac, con nota del 31.3.2023, ha comunicato al Comune di aver “completato l’istruttoria necessaria per inviare la comunicazione alla IATA per l’aggiornamento degli importi relativi agli oneri accessori alle tariffe aeree” (doc. 34 fasc. primo grado). Sempre l’Enac, con ulteriore nota del 31.3.2023, indirizzata a ITA e per conoscenza, tra gli altri, anche al Comune di Venezia, ha comunicato ai vettori l’avvenuta istituzione dell’addizionale comunale sui diritti di imbarco ai sensi dell’art. 43, co. 2 e 8 del d.l. n. 50/2022, affermando che “l’addizionale di che trattasi sarà esigibile per i biglietti venduti dal 30 maggio p.v.” e ciò in ragione del fatto che la notifica (da parte dell’Enac) ai vettori rappresenterebbe “un provvedimento di attuazione della disposizione istitutiva del tributo da cui far decorrere il [...] termine di 60 giorni (n. d.r. fissato dall’art. 3, co. 2 della L. n. 212/2000)”. Ciò posto, quanto ai presupposti normativi e ai passaggi procedimentali aventi ad oggetto la delibera oggetto di impugnativa in prime cure, in limine litis va delibata l’eccezione di difetto di interesse a ricorrere in capo all’appellante Sa., reiterata in questa sede dal Comune di Venezia, in quanto assorbita dal giudice di prime cure con la sentenza di rigetto oggetto di gravame. Infatti, come noto, l’esame delle questioni preliminari deve precedere la valutazione del merito della domanda (Cons. Stato, Ad. Plen., 7 aprile 2011, n. 4), salve esigenze eccezionali di semplificazione che possono giustificare l'esame prioritario di altri aspetti della lite, in ossequio al superiore principio di economia dei mezzi processuali (Cons. Stato, Ad. plen., 27 aprile 2015, n. 5); inoltre l'ordine di esame delle questioni pregiudiziali di rito non rientra nella disponibilità delle parti (Cons. Stato, Ad. Plen., 25 febbraio 2014, n. 9). La norma positiva enucleabile dal combinato disposto degli artt. 76, co. 4, c.p.a. e 276, co. 2, c.p.c., impone infatti di risolvere le questioni processuali e di merito secondo l'ordine logico loro proprio, assumendo come prioritaria la definizione di quelle di rito rispetto a quelle di merito, e fra le prime la priorità dell'accertamento della ricorrenza dei presupposti processuali (nell'ordine, giurisdizione, competenza, capacità delle parti, ius postulandi, ricevibilità, contraddittorio, estinzione), rispetto alle condizioni dell'azione (tale fondamentale canone processuale è stato ribadito anche da Cons. Stato Ad. Plen. 3 giugno 2011, n. 10). 20.1. Segnatamente l’amministrazione comunale sostiene che Sa. non avrebbe interesse al presente giudizio in quanto il suo coinvolgimento riguarderebbe soltanto la fase di rendicontazione e riversamento all’Amministrazione di quanto riscosso a titolo di addizionale comunale, conseguendone che la Deliberazione del Comune di Venezia impugnata non arrecherebbe nessun pregiudizio alla odierna appellante. 20.2. L’eccezione, ad avviso del collegio, è infondata. Ed invero, alla luce di quanto innanzi precisato, non può che evidenziarsi come risulti dagli atti che Sa. sia il soggetto direttamente tenuto all’espletamento dell’attività di riscossione dell’addizionale, secondo quanto del resto richiesto dall’ente locale. Infatti, lo stesso Comune veneziano, con nota del 13 gennaio 2023 comunicava a Sa. la necessità di definire congiuntamente «le modalità applicative con riferimento all’addizionale comunale introdotta con la citata deliberazione», rendendosi dunque necessario stipulare un accordo per la disciplina della gestione amministrativa e finanziaria finalizzata alla riscossione e al versamento dell’entrata in questione, comprese le attività correlate e complementari, gravando pertanto la concessionaria dell’aeroporto di tali attività. Peraltro è la stessa deliberazione C.C. impugnata che ha attribuito ai gestori aeroportuali l’onere della riscossione e del riversamento al Comune, delegando alla Giunta l’approvazione di appositi accordi (con la concessionaria dell’aeroporto) per la disciplina di tale attività (cfr. p. 27 del dispositivo della delib. C.C. 75 impugnata). 20.3. Inoltre, a prescindere da tali superiori rilievi, come replicato da Sa. all’eccezione formulata dal Comune, al di là dell’attività di riscossione e dei relativi costi, Sa. è altresì direttamente interessata dall’incremento dell’addizionale sui diritti d’imbarco oggetto di impugnativa per la circostanza che, con la sua entrata in vigore, l’aeroporto Marco Polo di Venezia è diventato il più caro d’Italia (l’incremento dell’addizionale di 2.50 euro va infatti aggiunto ai 6.50 euro già vigenti, per un totale di 9,00 euro). A ciò consegue pertanto il lamentato effetto lesivo - da valutarsi ex ante al momento dell’adozione della delibera, secondo un criterio di consequenzialità logica e non ex post, con conseguente irrilevanza di quanto dedotto e documentato nell’odierno grado di appello dal Comune di Venezia circa l’aumento dei voli presso l’aeroporto di Venezia, pur dopo l’adozione della misura - riferito al pericolo di abbandono o riduzione dei voli da e per l’Aeroporto Marco Polo, con un evidente impatto sul numero dei passeggeri che transitano per il sedime aeroportuale e, conseguentemente, sulle strategie del gestore aeroportuale. Ciò posto, nell’esaminare i motivi di appello, non avendo le parti appellanti vincolato i motivi in senso vincolante per il giudice, secondo il noto arresto di cui alla sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 5 del 2015, ad eccezione dell’ultimo motivo, relativo alla dedotta illegittimità costituzionale dell’art. 43 commi 2, 3 e 8 del d.l. n. 50 del 2022, nonché dell’art. 1, comma 572 della l. n. 234/2021, formulati in via subordinata rispetto ai precedenti motivi, il collegio esaminerà le censure in ordine logico, avuto in particolare riguardo alla maggiore satisfattività delle stesse rispetto agli interessi fatti valere dalle parti appellanti. In tale ottica ritiene il collegio che l’esame delle censure articolate in entrambi gli appelli al primo motivo, in quanto riferite alla mera decorrenza dell’addizionale di cui è causa, possa essere postergato alla disamina degli ulteriori motivi, del pari formulati in via principale, in quanto riferiti alla stessa legittimità dell’istituzione dell’indicata misura, con possibilità pertanto di assorbimento in caso di ritenuta fondatezza degli stessi. Il secondo motivo di appello articolato da Sa., nonché l’analogo secondo motivo di appello formulato dall’Associazione e dalle compagnie aeree, volti a contestare la sentenza di prime cure, nei punti in cui ha disatteso le censure di difetto di motivazione e di istruttoria, sono fondati nel senso di seguito precisato. 23.1. Il giudice di prime cure, nel disattendere i motivi formulati dalle odierne appellanti, ha in primo luogo osservato come la delibera oggetto di impugnativa non necessitasse di motivazione in quanto atto generale, richiamando a sostegno di tale conclusione una sentenza di questo Consiglio di Stato (Cons. Stato, Sez. III, 12 febbraio 2020, n. 1111), che così ha qualificato un atto di approvazione del calendario nazionale delle corse negli ippodromi (par. 14.1 della sentenza), nonché altro pronunciamento di questa Sezione, (Cons. St., Sez. V, 10 luglio 2003, n. 4117), relativa alla non necessità di motivazione dell’intervallo d’imposta fra il minimo ed il massimo, laddove nell’ipotesi di specie viene in rilievo la decisione, fra le varie scelte lasciate dalla normativa innanzi indicata alla discrezionalità dell’ente locale, della stessa istituzione dell’addizionale di cui è causa. Inoltre, secondo il giudice di prime cure, il merito della scelta operata dall’amministrazione comunale - reso sulla scorta del parere del tavolo tecnico - sarebbe inconfutabile (par. 14.2 della sentenza), così come inconfutabili sarebbe l’iscrizione delle poste del bilancio di previsione dell’ente e le disposizioni volte a individuare le risorse destinate a dare copertura alle voci di spesa (14.3). Per quanto specificamente concerne poi l’art. 43, comma 8, d.l. n. 50/2022, la procedura prescinderebbe dall’accertamento di una situazione di astratto pareggio formale, ovvero dalla presenza di un avanzo o disavanzo transitorio e, nella specie, la deliberazione impugnata sufficientemente chiarirebbe i presupposti atti a giustificare l’introduzione dell’addizionale (ossia, l’entità del debito pro capite e l’instaurazione del percorso di riequilibrio strutturale) (parr. 14.5 - 14.7 della sentenza). Infine, tale misura non sarebbe né irragionevole né discriminatoria, in quanto il Comune avrebbe esigenza di reperire le risorse per sopperire alle esternalità negative, generate dall’aeroporto, e rientrerebbe nella discrezionalità del legislatore la scelta di destinazione del gettito (parr. 14.8 - 14.9). Le statuizioni di prime cure sono state sottoposte a critica dalle odierne appellanti, che hanno reiterato le censure di difetto di istruttoria e di motivazione articolate in prime cure, evidenziando l’erroneità della motivazione resa al riguardo dal primo giudice. Nell’esaminare tali censure giova peraltro richiamare l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale nel giudizio amministrativo l'art. 101 c.p.a. (d.lgs. n. 104/2010) - che fa riferimento a "specifiche censure contro i capi della sentenza gravata" - deve essere coordinato con il principio di effetto devolutivo dell'appello, in base al quale è rimessa al giudice di secondo grado la completa cognizione del rapporto controverso, con integrazione - ove necessario - della motivazione della sentenza appellata e senza che rilevino, pertanto, le eventuali carenze motivazionali di quest'ultima (ex multis Cons. Stato, sez. V, 26 aprile 2021, n. 3308; 17 gennaio 2020, n. 430; 13 febbraio 2017, n. 609). 25.1. Ciò posto, vanno in primo luogo disattese le censure formulate da Sa., su cui il primo giudice si è pronunciato in maniera implicita, rinviando per un verso alla completezza dell’istruttoria svolta dal tavolo tecnico e per altro verso alla finalità della misura, volte a contestare, sia pure sotto il profilo del difetto di istruttoria, avuto riguardo anche alla perizia prodotta in prime cure, la stessa sussistenza dei presupposti per il ricorso alla misura de qua. 25.2. Nella richiamata relazione di parte si afferma infatti che “dall’andamento del risultato di amministrazione dell’ultimo triennio si evince come non sussistono le esigenze per il riequilibrio strutturale” (v. pg. 14 dell’atto di appello). Il riferimento è alla situazione di avanzo che il perito di parte ha indicato con riferimento agli anni 2020, 2021 e 2022” (punto 5 del doc. 5 del fasc. di primo grado di Sa.). Il rilievo è privo di fondamento, in quanto, come innanzi precisato, condizione per l’attivazione della procedura di cui ai commi 2 e 8 dell’art. 43 del DL 50/2022 e dunque per l’applicazione dell’addizionale comunale oggetto di causa è l’esistenza di un “debito pro-capite superiore ad euro 1.000 sulla base del rendiconto dell’anno 2020 definitivamente approvato e trasmesso alla BDAP al 30 giugno 2022” (co. 8 del cit. art. 43) 25.2.1. La procedura prevista dall’art. 43, commi 2 e 8 del d.l. n. 50/2022 pertanto, come evidenziato nelle difese del Comune: (i) è compatibile con una situazione di avanzo di amministrazione, altrimenti il legislatore avrebbe limitato tale strumento ai soli enti in disavanzo (laddove il comma 8 del citato art. 43 si riferisce ai comuni con debito pro-capite superiore a euro 1.000 “che intendano avviare un percorso di riequilibrio strutturale”); (ii) è compatibile con una transitoria assenza di disavanzo, siccome finalizzata al raggiungimento di un equilibrio duraturo. Per contro fondate sono le censure di difetto di motivazione e di istruttoria articolate del pari nel secondo motivo da entrambe le parti appellanti, con i separati ricorsi, nel senso di seguito precisato. 26.1. Il primo giudice ha al riguardo in primo luogo affermato che la delibera comunale oggetto di impugnativa, in quanto atto generale, si sottrae all’obbligo di motivazione, ex art. 13 l. 241/90. 26.2. L’assunto, ad avviso del collegio, non è condivisibile, dovendo aderirsi a quell’orientamento giurisprudenziale, richiamato dalle parti appellanti, secondo il quale, anche per gli atti a carattere generale aventi carattere composito sussiste un obbligo motivazionale che è conseguenza diretta dei fondamentali principi di legalità e buon andamento di cui all’art. 97 della Costituzione (ex multis T.A.R. Piemonte, Sez. I, n. 101/2020; in termini Cons. Stato, Sez. V, nn. 5729/2019, 1162/2019, 539/2022). Secondo tale condivisibile orientamento i provvedimenti che costituiscono e disciplinano la tariffa per la gestione dei rifiuti (e dunque in materia tributaria), “pur avendo natura di atti generali... hanno un contenuto composito, in parte regolamentare e in parte provvedimentale (con particolare riferimento al costo del servizio e la determinazione della tariffa.... le agevolazioni... le modalità di riscossione... etc.) che non può intuitivamente sfuggire a qualsiasi forma di controllo e che non può essere sottratto all’obbligo della motivazione, se non al costo di rinnegare i principi fondamentali di legalità, imparzialità e buon andamento, i quali, ai sensi dell’ar.t 97 della Cost. devono caratterizzare l’azione amministrativa”. Pertanto anche tali provvedimenti, in base alla richiamata giurisprudenza, non si sottraggono alle censure di difetto di istruttoria e di motivazione. Ciò posto, avuto riguardo altresì alla motivazione contenuta nella sentenza di prime cure circa la sufficiente indicazione contenuta negli atti gravati dei presupposti giuridici e fattuali per il ricorso all’indicata misura, occorre ripercorrere l’iter istruttorio, con il correlativo supporto motivazionale, che ha portato all’adozione della delibera n. 77 del 23 dicembre 2022, oggetto di impugnativa in prime cure, avendo le parti appellanti censurato la sentenza del Tar, laddove ha ritenuto l’Amministrazione esonerata dal motivare le proprie scelte di istituire l’addizionale sui diritti di imbarco aeroportuale, senza peraltro alcuna considerazione, né motivazione delle ragioni per cui non aveva considerato alcuna delle altre opzioni consentite dalla legge per il raggiungimento del medesimo risultato e senza dare evidenza dei dati che la rendevano maggiormente coerente con la ratio perseguita e idonea al risanamento del disavanzo. 27.1 Ciò posto, giova precisare che la delibera oggetto di impugnativa, che è l’atto terminale del procedimento che ha portato all’istituzione dell’addizionale de qua, risulta così motivata: “Richiamato l’articolo 43, comma 8 del decreto legge n. 50/2022 convertito con legge 15.7.2022 n, 91 che consente ai comuni sede di città metropolitana, con un debito pro-capite superiore ad euro 1.000,00 sulla base del rendiconto dell’anno 2020, di attivare le procedure di cui ai commi 2, 3 e 6 del medesimo articolo; Dato atto che in esito alla procedura di verifica tecnica di direzione ministeriale, di cui al comma 3 dell’articolo 43 del decreto legge n. 50/2022 è stato sottoscritto tra i soggetti, con le modalità e i termini previsti dalla norma, l’accordo di cui all’art. 43 comma 2 del medesimo decreto, che prevede l’attuazione della misura di cui all’articolo 1, comma 572, lettera a) della L. 234/2021 relativamente all’addizionale sui diritti di imbarco portuale e aeroportuale; Considerato che il recepimento delle misure accordate dal Tavolo tecnico ministeriale ai sensi della richiamata normativa costituisce prescrizione sostanziale per l’efficacia dell’accordo; Preso atto che ai sensi del punto 6 dell’accordo, il Comune di Venezia può, “previa deliberazione del Consiglio Comunale, proporre una diversa modulazione delle misure da adottare e aggiornare, di conseguenza, il cronoprogramma”; Ritenuto pertanto: -quanto all’addizionale sui diritti di imbarco aeroportuale, in considerazione dei tempi tecnici di avvio, di procede con l’istituzione e con l’applicazione a decorre dal 1° aprile 2023; -quanto all’addizionale sui diritti di imbarco portuale, in considerazione degli effetti del D.L. n. 103/2021, convertito dalla legge n. 125/2021, che hanno determinato una situazione di mutabilità logistica e incerto andamento relativamente a transiti ed approdi delle grandi navi passeggeri con effetti la cui durata ad oggi non è prevedibile, di prevedere l’istituzione con successivo atto a decorrere dal 1° gennaio 2026; Ritenuto quindi di procedere con l’istituzione, a decorrere dal 1° aprile 2023, dell’addizionale comunale sui diritti di imbarco aeroportuale nella prescritta misura di euro 2,50 dal 2023 al 2031, e progressivamente diminuita negli importi indicati a decorrere dal 2032 e fino al 2042, fatta salva diversa modulazione, previa deliberazione del Consiglio Comunale, ai sensi del punto 6 dell’accordo; Dato atto che, in applicazione della normativa vigente (tra le altre L. 324/1976, D.Lgs. 250/1997, L. 350/2003) e della prassi esecutiva di altri enti, le modalità di riscossione di detta addizionale saranno definite con appositi accordi con i soggetti interessati da approvarsi a cura della Giunta Comunale; Richiamato il regolamento per “L’istituzione e la disciplina del Contributo di accesso, con qualsiasi vettore, alla Città antica del Comune di Venezia e alle altre isole minori della laguna”, approvato con deliberazione di Consiglio Comunale n. 11 del 26.02.2019 e successive modifiche; Dato atto che, a seguito modifiche legislative intervenute, è attualmente all’esame degli organi consiliari la proposta di deliberazione n. 1032/2022 ad aggetto: “Regolamento per l’istituzione e la disciplina del contributo di accesso, con o senza vettore, alla Città Antica del Comune di Venezia e alle altre isole minori della laguna, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1, comma 1129 della legge n. 145 del 30/12/2018”; Ritenuto quindi necessario sospendere l’efficacia del regolamento per “L’istituzione e la disciplina del Contributo di accesso, con qualsiasi vettore, alla Città antica del Comune di Venezia e alle altre isole minori della laguna”, approvato con deliberazione di Consiglio Comunale n. 11 del 26.02.2019 e successive modifiche”. 27.2. Peraltro occorre considerare anche le motivazioni emergenti dagli atti presupposti rispetto all’indicata delibera, da intendersi richiamati per relationem nella stessa. 27.3. Infatti, come innanzi precisato, l’articolo 43, comma 8, del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2022, n. 91, consente ai comuni sede di città metropolitana e ai comuni capoluoghi di provincia con un debito pro capite superiore a euro 1.000 sulla base del rendiconto dell’anno 2020 definitivamente approvato e trasmesso alla BDAP entro il 30 giugno 2022, di avviare un percorso di riequilibrio strutturale attraverso la sottoscrizione di un accordo con il Presidente del Consiglio dei ministri o suo delegato, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, accordo pertanto costituente il necessario presupposto della delibera impugnata. 27.4. L’Accordo tra lo Stato ed il Comune di Venezia depositato in atti, denominato Patto per Venezia, la cui sottoscrizione è stata subordinata alla verifica, da parte del Tavolo tecnico appositamente istituito presso il Ministero dell’Interno, ai sensi del citato art. 43 d.l. n. 50 del 2022, delle misure proposte dai comuni interessati ai fini dell’equilibrio strutturale del bilancio, scelte tra quelle previste all’articolo 1, comma 572, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, a sua volta, nel rinviare al resoconto della seduta del 20 ottobre 2022 del Tavolo tecnico, precisa che dalle risultanze di tale tavolo è emerso che, nonostante il comune di Venezia abbia registrato nel triennio 2019-2021 un consistente avanzo libero, questo sia stato determinato da eventi straordinari e non ricorrenti e che, nel contempo, il Comune aveva rappresentato significative riduzioni di entrata, legate in via principale al fenomeno turistico, evidenziando come allo stato attuale non vi fossero indicazioni che consentissero di considerare tali entrate transitorie. La rigidità del bilancio, derivante dall’attuale livello di indebitamento e da quello da contrarre per garantire la realizzazione di nuovi investimenti correlati al PNRR, si ripercuoterebbe infatti sul mantenimento degli equilibri finanziari che, in assenza di misure straordinarie, rischierebbe di compromettere la qualità e di rivedere al ribasso la quantità dei servizi erogati. 27.5. A sua volta la nota del Comune di Venezia PG 342430 del 29/7/2022, con cui si è comunicato al Ministero dell’Interno l’intenzione di avvalersi della previsione di cui all’art. 43, comma 8, del decreto legge 7 maggio 2022, ovvero l’atto di impulso all’istituzione dell’addizionale de qua, rappresenta in primo luogo il percorso virtuoso dell’Amministrazione comunale che, a partire dal 2015, aveva intrapreso un’importante opera di risanamento finanziario, con azzeramento del disavanzo e riduzione dell’indebitamento. 27.5.1. Peraltro, nella nota stessa si precisa che “Nonostante tali risultati, l’impatto del debito sugli equilibri di bilancio, anche in considerazione di operazioni derivate comportanti differenziali negativi significativi, continua ad essere importante. Nel 2021, infatti, a titolo di rimborso quote capitale, interessi, accantonamenti per rimborso prestito obbligazionario bullet, differenziali swap ed oneri pluriennali il Comune di Venezia ha assunto impegni per euro 29.919.641,85. In una situazione di normalità, la dinamica del debito sarebbe stata tale da poter essere gestita, pur con qualche dovuta attenzione, all’interno di un quadro di bilancio prospetticamente in sostanziale equilibrato ed in tale contesto il Comune aveva programmato l’accensione di nuovo debito a supporto della realizzazione, con i fondi del PNRR, di un’opera strategica per il territorio che manca di strutture sportive di primissimo livello quali è innegabile debbano essere presenti in una città capoluogo di città metropolitana. In tale contesto, infatti, il Comune ha avviato la realizzazione di una importante area sportiva, con stadio e Ar., per un investimento di circa 280 mln. di cui 1/3 con fondi PNRR, 1/3 con fondi propri già disponibili e 1/3 con ricorso ad indebitamento, che quindi risulta essere funzionale al perseguimento di tale importante obiettivo. Si rappresenta, peraltro, che la scelta dell’amministrazione di ricorrere a nuovo debito dopo che dal 2015 in poi il nuovo debito assunto è stato pari ad euro 6.000.000,00, è stata effettuata nella consapevolezza che nonostante tale nuova accensione, il debito complessivo avrebbe comunque proseguito la dinamica di tendenziale decrescita. L’evoluzione della situazione congiunturale sta invero comportando una diversa valutazione sull’incidenza del peso del debito che, ancorché come detto in tendenziale diminuzione anche in presenza del nuovo debito da contrarre, rischia di mettere a repentaglio la capacità dell’amministrazione di garantire l’erogazione dei servizi essenziali. La Città di Venezia, infatti, sta registrando una difficoltà nel vedere le entrate ritornare al livello prepandemico. In un contesto di generale ripresa del turismo, infatti, i dati del comune segnano tutt’ora un livello significativamente lontano rispetto ai valori del 2019. A titolo di esempio, infatti, le entrate per accesso alla zona traffico limitato bus turistici, che nel 2019 hanno generato entrate per oltre 20 mln., a giugno 2022 hanno registrato un valore del 54% inferiore rispetto all’analogo mese del 2019; le entrate accertate a titolo di imposta di soggiorno (che nel 2019 hanno comportato accertamenti per oltre 37 mln.) sono state nel secondo trimestre 2022 del 10% inferiori rispetto all’analogo periodo del 2019. Tale situazione se confermata rischia di portare il Comune in una situazione di tendenziale squilibrio anche per le annualità successive al 2022, anno nel quale in sede di assestamento di bilancio si è dovuto ricorrere alla procedura di riequilibrio di bilancio ai sensi di quanto previsto dall’articolo 193 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ipotizzando quindi la necessità di dover ricorrere ripetutamente a tale procedura, subordinatamente all’emergere di risorse utili allo scopo, al fine di garantire il mantenimento degli standard di servizio attualmente in essere, che in assenza di tali possibili risorse potrebbero dover essere rivisti al ribasso. In tale contesto, quindi, al fine di rendere maggiormente sostenibili gli oneri del debito sul bilancio dell’ente e quindi continuare a garantire i livelli di servizio, la proposta di istituzione di una addizionale comunale sui diritti di imbarco portuale e aereoportuale per passeggero fino a euro 3 potrebbe quindi concorrere al completamento del percorso di riequilibrio avviato nel 2015. I dati di traffico dell’aereoporto Marco Polo di Tessera dell’anno 2019 evidenziano un numero di partenze pari 5.775.658 (fonte Enac - Dati di traffico 2019). In considerazione dell’attuale situazione si ipotizza un dato a regime comunque prudenzialmente non superiore a 5.500.000, per un importo a bilancio pari a euro 16.500.000,00 (in caso di importo pari ad euro 3) che rappresentano circa il 50% degli attuali oneri sul debito. Per i dati di imbarco portuale, l’attuale situazione della crocieristica veneziana non consente di effettuare valutazioni attendibili e quindi, allo stato, non si considera tale possibile entrata”. Ciò posto, avuto riguardo alle risultanze degli indicati passaggi procedimentali, con la correlativa motivazione, ritiene il collegio che la sentenza di prime cure non sia condivisibile nel punto in cui ha ritenuto che l’Amministrazione fosse esonerata dal motivare le proprie scelte di istituire l’addizionale sui diritti di imbarco aeroportuale, senza alcuna considerazione né motivazione sulle ragioni per cui non aveva considerato alcuna delle altre opzioni consentite dalla legge (il richiamato comma 572 l. 234/2021 ne prevede ben 15) per il raggiungimento del medesimo risultato, gravando i soli passeggeri che si imbarcano a Venezia, anziché ricorrere, anche in parte, alle altre misure che potevano essere assunte per far fronte allo squilibrio strutturale del Comune. Ed invero, né nella proposta del dirigente dei Servizi finanziari del Comune, né nel verbale del tavolo tecnico, né nell’accordo (c.d. Patto per Venezia), né infine nella delibera istitutiva dell’addizionale de qua, secondo quanto innanzi riportato, compare alcuna considerazione sulla possibilità di ricorrere in tutto o in parte alle altre misure consentite dal legislatore. 28.1. Come correttamente evidenziato dalle parti appellanti, la circostanza che, ai sensi del combinato disposto dei commi 2 e 8 dell’art. 43, d.l. n. 50/2022, il legislatore abbia autorizzato il Comune a porre in essere le misure di cui all’art. 1, comma 572, l. n. 234/2021 non esonera l’amministrazione dal motivare in ordine alle ragioni per le quali era stata adottata l’addizionale comunale sui diritti di imbarco, in luogo delle altre previste, anche dando evidenza dei dati che la rendevano maggiormente coerente con la ratio perseguita e idonea al risanamento del disavanzo, avuto riguardo anche alle ragioni di tale disavanzo. 28.1.1. Come innanzi precisato dall’istruttoria non risulta che l’Amministrazione abbia effettuato alcuna valutazione non solo circa la possibilità di adottare le ulteriori misure di cui al citato comma 572 dell’art. 1 della l. n. 234/2021, ma anche sulla opportunità di incrementare l’addizionale comunale all’Irpef, che avuto riguardo ad un interpretazione costituzionalmente orientata del disposto normativo, sarebbe stata probabilmente più coerente, avuto riguardo alla motivazione sottesa ai richiamati atti, in quanto applicata nei confronti dei cittadini del Comune di Venezia, ossia dei soggetti direttamente interessati al risanamento finanziario dell’Ente e alle finalità sottese alla misura imposta, avuto in particolare riguardo alla circostanza che, come emergente dalla suddetta Relazione Tecnica del Comune, innanzi richiamata, che ha dato impulso all’avvio del procedimento, l’Ente ha provveduto all’accensione di un nuovo debito per la realizzazione, in parte con i fondi del PNRR, di una “importante area sportiva, con stadio e Ar.”, ovvero un’area destinata in particolare alla fruizione della cittadinanza. Peraltro, come evidenziato dall’Associazione e dalla compagnie aeree appellanti, la scelta di adottare un’addizionale comunale sui diritti aeroportuali è stata adottata dal Comune di Venezia sulla base dei soli dati di traffico dell’Aeroporto relativi all’anno 2019 (forniti da ENAC), senza tenere conto dei dati aggiornati, relativo al successivo biennio, inciso, come noto, in modo significativo dall’emergenza pandemica e senza pertanto considerare che il settore aereo era risultato gravemente colpito dagli effetti della pandemia da Covid-19. 29.1. Sotto questo profilo non appaiono convincenti le difese comunali con le quali si è evidenziato che, al contrario di quanto addotto da parte appellante, nello stesso documento richiamato dalle parti appellanti si sarebbe precisato che: “I dati di traffico dell’aereoporto Marco Polo di Tessera dell’anno 2019 evidenziano un numero di partenze pari 5.775.658 (fonte Enac - Dati di traffico 2019). In considerazione dell’attuale situazione si ipotizza un dato a regime comunque prudenzialmente non superiore a 5.500.000, per un importo a bilancio pari a euro 16.500.000,00 (in caso di importo pari ad euro 3) che rappresentano circa il 50% degli attuali oneri sul debito” (nota del Comune di Venezia PG 342430 del 29.7.2022, prodotta dal Comune sub doc. 2 nel fasc. primo grado). Ed invero proprio detto riferimento rende palese come l’istruttoria sia stata condotta avendo riguardo non ai dati aggiornati all’epoca di adozione della delibera, ma ad una mera stima prudenziale fondata sui dati del 2019 comunicati da ENAC. 29.2. Deve pertanto ritenersi condivisibile, avuto riguardo al calo dei voli aerei determinato dall’emergenza Covid, quanto dedotto dall’Associazione e dalle compagnie aeree appellanti secondo le quali, qualora il Comune avesse utilizzato i dati ENAC disponibili alla data di adozione della Deliberazione, ossia quelli per le annualità 2020 e 2021, avrebbe potuto agevolmente rilevare un flusso dei passeggeri nettamente inferiore rispetto al 2019. 29.3. Né in senso contrario rileva, secondo quanto innanzi precisato nell’esaminare l’eccezione preliminare sollevata dal Comune circa l’interesse a ricorrere di Sa., l’aumento dei voli aerei per il periodo successivo alla data di adozione della delibera, quale documentato dal Comune nelle more della celebrazione dell’udienza pubblica, dovendosi avere riguardo ai dati esistenti al momento dell’adozione dell’atto gravato e che avrebbero dovuti essere presi in considerazione in sede istruttoria. Parimenti non condivisibile è la motivazione della sentenza di prime cure, relativa alla delibazione di cui al terzo motivo di diritto del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, sollevato da Sa. e dell’analogo motivo formulato dall’Associazione e dalle compagnie nel quinto motivo, con cui le ricorrenti avevano lamentato la mancata disamina in sede istruttoria della proporzionalità della misura adottata. 30.1. In particolare Sa. aveva dedotto come immotivatamente il Consiglio Comunale avesse deciso di adottare l’addizionale comunale, in misura oltremodo squilibrata e gravosa per i passeggeri dell’aeroporto Marco Polo, che nella stragrande maggioranza dei casi (il 96% dei passeggeri non sono veneziani e il 53% non hanno Venezia come destinazione principale) non hanno alcun collegamento con il ripiano del disavanzo del Comune di Venezia, senza nemmeno considerare una qualche riduzione della spesa o un’altra delle tante opzioni offerte dal comma 572 dell’art. 1 della l. 234/2021, per giungere al risultato del riequilibrio strutturale. Al riguardo il Tar si è limitato a evidenziare - senza che vi fosse alcun riscontro motivazionale in atti - come l’aeroporto generi un sovraccarico sulle infrastrutture cittadine, «dando luogo a esternalità negative che il Comune è evidentemente tenuto a fronteggiare reperendo adeguate risorse finanziarie» (par. 14.8 della sentenza). Né al difetto di istruttoria e motivazione sotto questo profilo può sopperire la documentazione sopravvenuta, depositata nel presente grado di giudizio dal Comune di Venezia - e segnatamente il Masterplan 2023-2037 - dalla quale, in tesi del Comune, sarebbe evincibile l’impatto che il traffico aereo genera, tra gli altri, sulle infrastrutture, servizi e ambiente del Comune di Venezia. 30.2. Inoltre, come evidenziato dall’Associazione e dalla Compagnie aeree, e non contestato dal Comune, introducendo l’addizionale comunale sui diritti di imbarco aeroportuali pari ad euro 2,50 - ossia stabilita nella misura quasi massima, considerato che l’art. 43, comma 3 del d.l. n. 50/2022 stabilisce che “l’addizionale comunale sui diritti di imbarco portuale e aeroportuale non può essere superiore a 3 euro per passeggero” - la tassazione per chi parte dall’Aeroporto di Venezia passa da Euro 6,50 ad Euro 9,00, divenendo così la più elevata d’Italia. 30.3. A tal riguardo non può negarsi che l’incremento per passeggero, considerato il prezzo medio dei biglietti aerei, e in particolare le tariffe applicate dalle compagnie low cost, quali i Vettori appellanti, sia proporzionalmente eccessivo; esso, infatti, è quantificabile tra il 4% e il 7% della tariffa media di una low fares per un biglietto di sola andata. Né in senso contrario rileva quanto dedotto e documentato in questa fase dal Comune circa l’aumento del costo dei biglietti negli ultimi anni, sia perché trattasi di circostanza successiva alla delibera oggetto di impugnativa, sia perché correlato, come del resto ammesso dal Comune, all’offerta di servizi aggiuntivi opzionabili dal cliente e non all’acquisto del biglietto base, secondo le note politiche tariffarie delle compagnie low cost. 30.4. Né il difetto di proporzionalità della misura può essere ovviato, come ritenuto dal primo giudice, in ragione del “meccanismo di adeguamento previsto dal Patto per Venezia” il quale “consente pur sempre la rimodulazione nel tempo dell’addizionale anche nel caso di contrazione o aumento dei traffici, imponendo in particolare all’Ente di disporne la riduzione nel caso di “formazione di un avanzo libero [...] di importo superiore alle entrate derivanti dall’addizionale comunale sui diritti di imbarco portuale e aeroportuale accertate nell’anno di riferimento aumentate del 50%” (cfr. par. 14.7 della Sentenza). Ed invero occorre evidenziare innanzitutto, come non sia prevista alcuna rimodulazione dell’addizionale nel caso di “contrazione o aumento dei traffici” ed in secondo luogo come la censurata sproporzione della misura introdotta dalla Deliberazione non può essere attenuata dalle clausole contenute nel Patto per Venezia c.d. “di salvaguardia”, che subordinano una non definibile diminuzione dell’addizionale comunale sui diritti di imbarco portuale ed aeroportuale a futuri ed incerti eventi, nell’an e nel quando, condizionati in particolare ad una eventuale formazione di un determinato avanzo libero. 30.5. Il Comune di Venezia ha quindi adottato una misura che, in quanto non preceduta da una congrua istruttoria e motivazione in ordine alle alternative prese in considerazione dalla norma e delle cause che avevano causato l’indebitamento (cfr la indicata realizzazione degli impianti sportivi a beneficio dei cittadini di Venezia solo parzialmente finanziata con i fondi PNRR), non resiste, al contrario di quanto ritenuto dal primo giudice, alle articolate censure, che hanno ben posto in evidenza anche la non proporzionalità della misura e la sua incidenza su persone (i passeggeri in partenza da Venezia) che verosimilmente potrebbero non essere né cittadini veneziani, né turisti in visita a Venezia - a differenza dei soggetti incisi dalla tassa di ingresso a Venezia - ma magari cittadini veneti che periodicamente si imbarcano dall’aeroporto di Venezia e che pertanto alcun beneficio potrebbero ricevere dai servizi resi dal Comune di Venezia, non potendosi annettere, in senso contrario, come innanzi precisato, alcun rilievo alla documentazione prodotta nel presente grado di appello. (Masterplan 2023-2037). 30.5.1. Nella sostanza pertanto la misura de qua, in quanto non supportata da congrua motivazione ed istruttoria, finirebbe per connotarsi come un contributo di solidarietà in favore del Comune di Venezia, fondato sulla sola occasionalità dell’utilizzo dello scalo aeroportuale di Venezia. 30.6. Né risulta condivisibile - avuto riguardo ai dedotti vizi di difetto di istruttoria e di motivazione, nonché di mancata valutazione della proporzionalità della misura e di ricorso ad altre possibili forme di ripianamento, alla stregua delle possibilità di scelta concesse dalla normativa - quanto dedotto nelle difese del Comune di Venezia, circa il fatto che l’istituzione dell’addizionale comunale prevista dal citato art. 43 non sarebbe altro che una attuazione della previsione contenuta in una norma di rango primario, la cui rispondenza alla valutazione di adeguatezza è stata compiuta a monte da un Tavolo tecnico istituito presso il Ministero dell’interno, nonché sul rilievo che la delibera in questione rappresenterebbe un atto doveroso, la cui adozione è necessaria al fine di rispettare gli impegni assunti con lo Stato. 30.7. Ed invero deve aversi riguardo, come innanzi precisato, alle alternative rimesse dalla normativa primaria alla scelta discrezionale dell’Amministrazione, in alcun modo valutate in sede procedimentale, e segnatamente, né nell’atto di impulso del Comune, né in sede di tavolo tecnico preordinato all’adozione dell’Accordo per Venezia, né infine nella delibera gravata, per cui alcun automatismo è ravvisabile rispetto alla previsione normativa. Ed invero, sebbene l’art. 43 del d.l. n. 50/2022, come osservato dal Comune nella propria memoria, non preveda alcuna gerarchia tra le misure in concreto adottabili, resta fermo che l’Amministrazione era tenuta a fornire le motivazioni sottese alla decisione adottata a fronte della pluralità di scelte consentite dalla normativa primaria. 30.7.1. Intese in questi termini le censure sono pertanto fondate, senza che sia configurabile un inammissibile sindacato delle scelte di merito dell’Amministrazione, rimanendosi nell’alveo delle censure di difetto di motivazione e di istruttoria anche relativamente alla proporzionalità della misura, con possibilità pertanto di riesercizio del potere da parte dell’Amministrazione, nel rispetto dei vincoli conformativi derivanti da questo decisum. Le indicate censure di difetto di motivazione e di istruttoria, in quanto di carattere assorbente, renderebbero superfluo la disamina delle ulteriori censure. Le stesse peraltro verranno sommariamente affrontate solo per esigenze di completezza. Non fondate appaiono al riguardo le censure, del pari contenute nel secondo motivo degli appelli riuniti, relative alla connessione fra l’adozione della gravata delibera e la decisione sulla sospensione della tassa di accesso a Venezia. 33.1. Dalla lettura della DCC 75/2022 si evince infatti che il Regolamento per l’istituzione e la disciplina del contributo di accesso è stato approvato con DCC n. 11/2019 e che, a seguito di modifiche normative che avevano inciso radicalmente sul presupposto del contributo stesso, era all’esame degli organi consiliari la nuova bozza di provvedimento, circostanza impeditiva dell’applicazione del regolamento già approvato, senza che ciò potesse implicare alcuna “rinuncia” dell’Amministrazione alla riscossione del contributo, le cui poste sono state iscritte nel bilancio di previsione (cfr. la nota integrativa al bilancio di previsione 2023 - 2025, pag. 18, nella quale si precisa che “Con l’art. 12, comma 2 ter del decreto legge 30 dicembre 2021, n. 228, convertito con modificazioni dalla legge 15 febbraio 2022, n. 15, peraltro, è stata introdotta una dirimente modifica alla norma sopra richiamata, prevedendo l’applicabilità del contributo per l’accesso alla Città antica e alle altre isole minori della laguna, anche senza vettore. Considerato che la suddetta novella impone una modifica regolamentare in materia... allo scopo di provvedere al necessario ri-allineamento conformativo tra norma di legge e disciplina secondaria di esecuzione della stessa, mediante la formulazione di una proposta di ristrutturazione generale dell’impianto regolamentare, si rappresenta che, ad oggi, la proposta di approvazione del nuovo regolamento, con l’abrogazione del precedente è all’esame del Consiglio comunale e, conseguentemente, l’avvio è subordinato alla conclusione dell’iter consiliare...” - doc. 28 fasc. primo grado del Comune di Venezia). 33.2. Parimenti infondata è la censura, fondata sulla irrazionalità della scelta volta a postergare l’entrata in vigore dell’addizionale comunale de qua con riferimento agli imbarchi portuali, in quanto il Comune nella delibera impugnata ha considerato debitamente le difficoltà create agli operatori portuali dal decreto governativo sul blocco all’ingresso delle c.d. grandi navi al Porto di Venezia, attraverso il bacino di S. Marco e il canale della Giudecca, rinviando al 2026 l’applicazione dell’addizionale ai passeggeri che si imbarchino sulle navi del Porto di Venezia. La circostanza che il Comune non abbia per contro considerato che nel periodo Covid il traffico aeroportuale sia diminuito, pertanto, non vale ex se ad inficiare la scelta ragionevolmente compiuta circa il differimento dell’entrata in vigore della misura con riferimento agli imbarchi portuali, posto che in ogni caso, con riferimento tanto agli imbarchi portuali - per cui è previsto il differimento dell’entrata in vigore dell’imposta - che con riguardo a quelli aereoportuali, l’addizionale è stata fissata nella misura di euro 2,50, per cui alcun beneficio potrebbero ricavare le appellanti dalla pari decorrenza dell’imposta con riferimento agli imbarchi portuali, ovvero a partire dal 1 aprile 2023. Parimenti infondato è il terzo motivo di appello formulato da Sa., volto ad evidenziare l’illegittimità dell’indicata misura per il mancato coinvolgimento dell’Enac e della stessa Sa., posto che la normativa di rango primario (art. 43 del d.l. n. 50 del 2022 che rinvia all’art. 1 comma 572 l. m. 243 del 2021) non prevede alcun coinvolgimento di detti soggetti e che pertanto occorrerebbe semmai sollevare questione di costituzionalità dell’indicata normativa, laddove la stessa Sa. ha formulato solo in via subordinata la questione di legittimità costituzionale. Ed invero, come correttamente sul punto osservato dal primo giudice, la competenza dell’Enac in materia di atti concernenti tariffe, tasse e diritti aeroportuali risulta circoscritta alla sola “istruttoria [...] per l'adozione dei conseguenti provvedimenti del Ministro dei trasporti e della navigazione” (art. 2, comma 1, lett. e del d.lgs. n. 250 del 1997), fattispecie che non appare sovrapponibile o analoga a quella in esame, vertendosi in questo diverso caso dell’istituzione dell’addizionale sul diritto d’imbarco da parte dell’Amministrazione comunale in forza della speciale procedura, prevista dall’art. 43, del d.l. n. 50 del 2022 e diretta al riequilibrio finanziario dell’ente. Infine infondata è la censura contenuta nel quarto motivo, formulato da Sa., e nel terzo motivo, articolato dall’Associazione e dalle compagnie aeree appellanti, fondata sul rilievo che il Tavolo Tecnico aveva concluso la propria istruttoria all’esito della riunione del 20 ottobre 2022 e quindi, oltre il termine del 30 settembre fissato dall’anzidetta disposizione di legge, trattandosi all’evidenza di un termine ordinatorio in funzione acceleratoria e non di un termine decadenziale. 35.1. È infatti principio consolidato quello secondo il quale “un termine è perentorio soltanto qualora vi sia una previsione normativa che espressamente gli attribuisca questa natura, ovvero quando ciò possa desumersi dagli effetti, sempre normativamente previsti, che il suo superamento produce (quali, ad esempio, una preclusione o una decadenza [...]). Ove manchi un’espressa indicazione circa la natura del termine o gli specifici effetti dell’inerzia, deve aversi riguardo alla funzione che lo stesso in concreto assolve nel procedimento, nonché alla peculiarità dell’interesse pubblico coinvolto. Naturale corollario di tale ricostruzione è che in mancanza di elementi certi per qualificare un termine come perentorio, per evidenti ragioni di favor, esso deve ritenersi ordinatorio” (Cons. Stato, 22.1.2020, n. 537. In senso analogo, Cons. Stato, 6.6.2017, n. 2718). Il primo motivo di appello, per contro, in quanto riferito alla sola decorrenza dell’applicazione dell’addizionale de qua, deve intendersi assorbito, avuto riguardo alle evidenziate ragioni di accoglimento degli appelli riuniti, maggiormente satisfattive degli interessi delle parti. In conclusione l’appello va accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, va accolto il ricorso di primo grado, con conseguente annullamento degli atti impugnati. 37.1. Le questioni sopra vagliate esauriscono la vicenda sottoposta all'esame del Collegio, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., Sez. II, 22 marzo 1995, n. 3260, e, per quelle più recenti, Cass. civ., Sez. V, 16 maggio 2012, n. 7663, e per il Consiglio di Stato, Sez. VI, 18 luglio 2016, n. 3176). Gli argomenti di difesa non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso. Sussistono nondimeno eccezionali e gravi ragioni, avuto riguardo alla complessità delle questioni sottese, per compensare integralmente fra le parti le spese di lite. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), riunisce preliminarmente gli appelli come in epigrafe proposti e, definitivamente pronunciando, li accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso di primo grado, con conseguente annullamento degli atti impugnati. Compensa le spese di lite Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 novembre 2023 con l'intervento dei magistrati: Diego Sabatino - Presidente Stefano Fantini - Consigliere Elena Quadri - Consigliere Gianluca Rovelli - Consigliere Diana Caminiti - Consigliere, Estensore L'ESTENSORE IL PRESIDENTE Diana Caminiti Diego Sabatino IL SEGRETARIO

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE composta da: Presidente: Augusto Antonio BARBERA; Giudici : Franco MODUGNO, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI, ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 494, 495 e 496, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025), promosso dalla Regione autonoma Sardegna con ricorso notificato il 27 febbraio 2023, depositato in cancelleria il 28 febbraio 2023, iscritto al n. 9 del registro ricorsi 2023 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell’anno 2023. Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell’udienza pubblica del 19 marzo 2024 il Giudice relatore Angelo Buscema; uditi gli avvocati Massimo Luciani e Sonia Sau per la Regione autonoma Sardegna e l’avvocato dello Stato Giammario Rocchitta per il Presidente del Consiglio dei ministri; deliberato nella camera di consiglio del 19 marzo 2024. Ritenuto in fatto 1.– Con ricorso iscritto al n. 9 del registro ricorsi 2023 la Regione autonoma Sardegna ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 494 e 495, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 197 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025), nella parte in cui non riconosce, nel triennio 2023-2025, alla stessa Regione autonoma Sardegna adeguate risorse per garantire un completo ed efficace sistema di collegamenti aerei da e per il territorio regionale, per violazione del principio di ragionevolezza ex art. 3 della Costituzione, del principio di «leale collaborazione» ex artt. 5 e 117 Cost., degli artt. 81, 116, 117, terzo comma, 119 e 136 Cost.; degli artt. 3, 7 e 8 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), anche in relazione all’art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione) e all’art. 1, comma 837, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)». L’art. 1, commi 494, 495 e 496, della legge n. 197 del 2022 violerebbe altresì gli artt. 3 e 23 Cost. e il principio di legalità, in uno con quello di ragionevolezza. La ricorrente ritiene altresì costituzionalmente illegittimo l’art. 1, comma 496, della legge n. 197 del 2022 – nella parte in cui non prevede che le modalità e i criteri per l’utilizzo del fondo di cui al comma 494 siano stabilite «previa intesa con le Regioni interessate» o, in via del tutto subordinata, «sentite le Regioni interessate» – per violazione del principio di leale collaborazione ex artt. 5 e 117 Cost.; dell’art. 117, terzo comma, Cost., degli artt. 3, 7 e 8 dello statuto speciale, anche in relazione all’art. 1, comma 837, della legge n. 296 del 2006. 2.– Assume la difesa regionale che l’art. 1, commi 494 e 495, della legge n. 197 del 2022, anzitutto, violerebbe l’art. 119 Cost., in quanto il legislatore statale avrebbe disatteso l’obbligo di approntare adeguate risorse per superare gli svantaggi derivanti dalla condizione d’insularità. Evidenzia che la revisione costituzionale apportata con la legge costituzionale 7 novembre 2022, n. 2 (Modifica all’articolo 119 della Costituzione, concernente il riconoscimento delle peculiarità delle Isole e il superamento degli svantaggi derivanti dall’insularità) avrebbe riconosciuto la peculiarità delle isole e l’obbligo per lo Stato di prevedere misure effettive per rimuovere gli svantaggi derivanti dall’insularità, con la conseguenza che rimedi solo formali e apparenti determinerebbero la violazione dell’art. 119 Cost. Assume ancora la ricorrente che, tenuto conto della finalità solidaristica e perequativa dell’art. 119 Cost., tra gli enti che compongono la Repubblica non potrebbe che essere lo Stato ad assumere il compito di rimuovere gli svantaggi derivanti dall’insularità, soprattutto nei confronti di una regione, come nel caso di specie, il cui territorio insulare coincide con quello regionale. Inoltre, lo stesso art. 119 Cost., al quinto comma, attribuirebbe allo Stato il compito – sostanzialmente analogo a quello previsto nel sesto comma – di destinare risorse aggiuntive ed effettuare interventi speciali in favore di determinati comuni, province, città metropolitane e regioni per promuoverne lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale; per tale motivo, non potrebbe che essere lo Stato il soggetto tenuto ad attivarsi per approntare le risorse necessarie a superare lo svantaggio derivante dall’insularità. L’illegittimità costituzionale dei commi 494 e 495 dell’art. 1 della legge n. 197 del 2022 per violazione dell’art. 119 Cost. sarebbe desumibile da elementi sintomatici, quali: la differenza tra le somme stanziate dalla disposizione impugnata e il contributo di finanza pubblica imposto alla Regione autonoma Sardegna (differenza che costituirebbe elemento sintomatico dell’irragionevolezza e dell’insufficienza dello stanziamento); l’aver stabilito l’entità delle risorse da destinare alla rimozione degli svantaggi dell’insularità senza una specifica istruttoria consensuale (o, quantomeno, partecipata). Inoltre, evidenzia la Regione che il legislatore statale, già con l’art. 27 della legge n. 42 del 2009, aveva stabilito che le regolazioni economico-finanziarie dei rapporti fra lo Stato e le regioni autonome dovessero contemplare anche l’impatto della condizione di insularità, mentre un’adeguata e complessiva stima dei relativi costi e del loro impatto sull’autonomia finanziaria della Regione autonoma Sardegna non sarebbe stata ancora effettuata, né sarebbe stato ancora emanato il dPCm di cui al comma 1-bis dell’art. 22 della legge n. 42 del 2009, come modificato dall’art. 15 del decreto-legge 10 settembre 2021, n. 121 (Disposizioni urgenti in materia di investimenti e sicurezza delle infrastrutture, dei trasporti e della circolazione stradale, per la funzionalità del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, del Consiglio superiore dei lavori pubblici e dell’Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali) convertito, con modificazioni, nella legge 9 novembre 2021, n. 156. Infine, l’accordo tra il Governo e la Regione autonoma Sardegna in materia di finanza pubblica del 14 dicembre 2021 avrebbe previsto, agli artt. 3 e 4, l’attribuzione alla Regione di un contributo, per gli anni 2021 e 2022, «a titolo di concorso alla compensazione degli svantaggi strutturali derivanti dalla condizione di insularità», insufficiente e destinato a essere integrato sulla scorta di quanto emerso dai lavori del tavolo tecnico istituito dal precedente accordo tra il Governo e la Regione autonoma Sardegna del 7 novembre 2019. Il rapporto tra l’esigua somma stanziata nei commi impugnati e quella attribuita sulla base dei predetti accordi confermerebbe che lo Stato si sarebbe sottratto dall’obbligo costituzionale di rimuovere gli svantaggi derivanti dall’insularità di cui all’art. 119 Cost. 2.1.– L’art. 1, commi 494 e 495, della legge n. 197 del 2022 violerebbe altresì il principio di leale collaborazione sancito dagli artt. 5 e 117 Cost., in quanto il contributo previsto dalle impugnate disposizioni sarebbe stato determinato dopo che lo Stato aveva interrotto i lavori del tavolo tecnico, sottraendosi a un’istruttoria consensuale, sostanzialmente respingendo ogni tentativo collaborativo della Regione. E del resto, le suddette disposizioni non richiamano alcun momento di confronto tra lo Stato e la Regione. 2.2.– Sarebbe violato anche il principio di ragionevolezza ex art. 3 Cost., attesa l’esiguità e l’inidoneità delle risorse previste a perseguire le finalità stabilite dallo stesso legislatore statale. La somma stanziata, pari a 5 milioni di euro per l’anno 2023 e a 15 milioni di euro a decorrere dal 2024 per le regioni insulari, non potrebbe essere utilmente impiegata in un’azione di sistema per compensare lo svantaggio derivante dall’insularità (anche solo per l’ambito del trasporto aereo), pur volendo sommare tali importi al contributo di 100 milioni di euro previsto dall’accordo tra il Governo e la Regione autonoma Sardegna in materia di finanza pubblica del 14 dicembre 2021. L’insufficienza degli stanziamenti si coglierebbe anche in ragione degli attuali costi per il finanziamento degli obblighi di servizio pubblico per il collegamento aereo, la cui stima finanziaria annua, secondo i calcoli dell’Assessorato ai trasporti della Regione autonoma Sardegna, indicherebbe un fabbisogno che oscilla tra i 170 e i 200 milioni di euro. In ogni caso, rimarrebbe inattuabile la finalità indicata dalla legge statale di «garantire un completo ed efficace sistema di collegamenti aerei […] da e per la Sardegna» a tutela della «mobilità dei cittadini residenti nel territorio […] della Sardegna» (sul punto viene richiamata la sentenza di questa Corte n. 6 del 2019). 2.3.– L’esiguità delle risorse previste dai commi 494 e 495 dell’art. 1 della legge n. 197 del 2022 ridonderebbe nella lesione dell’autonomia finanziaria regionale, garantita dagli artt. 7 e 8 dello statuto speciale. La Regione subirebbe lo svantaggio derivante dall’insularità sia in termini di costi, sia in termini di minore gettito erariale provocato dalla depressione del reddito prodotto sul territorio regionale. 2.4.– L’insufficienza delle risorse stanziate dalle disposizioni impugnate comporterebbe anche l’irragionevole compressione della competenza legislativa concorrente di cui all’art. 117, terzo comma, Cost. in materia di «coordinamento della finanza pubblica» e «grandi reti di trasporto e di navigazione». La difesa regionale lamenta un pregiudizio nell’esercizio della competenza legislativa nelle predette materie in conseguenza del mancato stanziamento delle risorse necessarie a far fronte agli svantaggi derivanti dalla condizione di insularità, che influirebbe direttamente sulle indicate materie. 2.5.– L’art. 1, commi 494 e 495, della legge n. 197 del 2022 inciderebbe altresì negativamente sulla competenza legislativa primaria in materia di «turismo [e] industria alberghiera» ex art. 3, primo comma, lettera p), dello statuto speciale, direttamente incisa dagli interventi in materia di trasporto e continuità territoriale. 2.6.– L’art. 3 dello statuto della Regione autonoma Sardegna sarebbe violato dalle disposizioni impugnate anche in relazione all’art. 1, comma 837, della legge n. 296 del 2006 – il quale prevede che «[a]lla regione Sardegna sono trasferite le funzioni relative al trasporto pubblico locale (Ferrovie Sardegna e Ferrovie Meridionali Sarde) e le funzioni relative alla continuità territoriale»: in forza del cosiddetto “principio del parallelismo”, ex art. 6 dello statuto speciale, la devoluzione di competenze amministrative comporterebbe anche la correlata competenza legislativa (sul punto è richiamata la sentenza di questa Corte n. 51 del 2006). 2.7.– Per lo stesso motivo, i predetti commi 494 e 495 dell’art. 1 della legge n. 197 del 2022 violerebbero l’art. 116 Cost., avendo determinato lo svilimento della sfera di autonomia costituzionalmente riconosciuta alle regioni a statuto speciale. 2.8.– Le disposizioni indicate si porrebbero in contrasto con gli artt. 81 e 136 Cost., anche in riferimento al principio di leale collaborazione ex artt. 5 e 117 Cost. In particolare, sarebbe violato l’art. 81 Cost., in quanto il legislatore statale si sarebbe sottratto all’obbligo di disporre a un prioritario intervento finanziario in ossequio al principio di equilibrio dinamico di bilancio (è richiamata sul punto ancora la sentenza n. 6 del 2019). Le medesime disposizioni avrebbero poi sostanzialmente protratto l’efficacia di una norma già dichiarata costituzionalmente illegittima con la sentenza n. 6 del 2019 (sono citate le sentenze di questa Corte n. 215 del 2021 e n. 252 del 2017), ponendosi così in contrasto con l’art. 136 Cost. Gli impugnati commi 494 e 495 violerebbero, infine, il principio di leale collaborazione per essersi il legislatore statale discostato dal punto di equilibrio negli interessi e nelle attribuzioni costituzionali delle parti elaborato dalla giurisprudenza costituzionale. 3.– La ricorrente lamenta inoltre la violazione dell’art. 1, commi 494, 495 e 496, della legge n. 197 del 2022 in riferimento agli artt. 3 e 23 Cost. per lesione del principio di legalità, in uno con quello di ragionevolezza. In primo luogo, sarebbero state parificate situazioni e circostanze oggettivamente diverse, senza offrire alcun criterio ragionevole e proporzionato per il distinto trattamento delle due Regioni insulari, le quali rappresenterebbero realtà differenti quanto a estensione territoriale, popolazione e distanza dalle aree più sviluppate del Paese, presentando caratteristiche geografiche, economiche, demografiche e sociali del tutto specifiche. Inoltre, il legislatore statale avrebbe stanziato il fondo senza delimitare adeguatamente la discrezionalità dell’amministrazione ai fini del riparto del finanziamento tra le due circoscrizioni regionali. Sotto questo profilo, la ricorrente richiama l’orientamento della giurisprudenza costituzionale secondo cui la riserva di legge contenuta nell’art. 23 Cost. avrebbe carattere “relativo”, cosicché la legge non potrebbe limitarsi a conferire un potere regolativo attraverso una “norma in bianco”, dovendo invece individuare «sufficienti criteri direttivi e traccia[re] le linee generali della disciplina» (è citata la sentenza di questa Corte n. 269 del 2017). Non sarebbe dunque sufficiente che il legislatore individui la finalità del contributo tramite «un principio-valore, senza una precisazione, anche non dettagliata, dei contenuti e modi dell’azione amministrativa» (è richiamata ancora la sentenza n. 269 del 2017). L’impiego del contributo previsto dalle disposizioni in esame sarebbe, ad avviso della ricorrente, sostanzialmente rimesso all’arbitrio del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, che dovrebbe rispettare un solo limite: impiegarlo per il trasporto aereo da e per la Sardegna e da e per la Sicilia. 4.– La ricorrente lamenta, infine, l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 496, della legge n. 197 del 2022 per violazione del principio di leale collaborazione ex artt. 5 e 117 Cost., e degli artt. 117, terzo comma, Cost., 3, 7 e 8 dello statuto speciale, anche in relazione all’art. 1, comma 837, della legge n. 296 del 2006. 4.1.– Tale disposizione attribuisce al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, la competenza a stabilire modalità e criteri per l’utilizzo del fondo introdotto dal comma 494 impugnato, prevedendo che tale competenza sia esercitata, lamenta la ricorrente, senza alcuna forma di suo coinvolgimento, né delle regioni interessate, estromettendole dal relativo processo decisionale. In tal modo il comma 496 si porrebbe in contrasto con il principio di leale collaborazione ex artt. 5 e 117 Cost. 4.2.– L’impugnato comma 496, intersecherebbe, anzitutto, la competenza legislativa concorrente della Regione autonoma Sardegna nelle materie «coordinamento della finanza pubblica», «grandi reti di trasporto e di navigazione» e «porti e aeroporti civili», violando l’art. 117, terzo comma, Cost., applicabile alla Regione ricorrente ex art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione). 4.3.– La stessa disposizione impatterebbe, altresì, sull’autonomia finanziaria regionale, garantita dagli artt. 7 e 8 dello statuto speciale, e su competenze primarie direttamente incise dalla disciplina del servizio di trasporto aereo, come quelle in materia di «turismo [e] industria alberghiera» (art. 3, primo comma, lettera p, dello statuto di autonomia), nonché sulla competenza amministrativa attribuita dallo Stato alla Regione con l’art. 1, comma 837, della legge n. 296 del 2006 nella materia «continuità territoriale», che, in virtù dell’art. 6 dello statuto speciale, comporterebbe anche la titolarità della correlata competenza legislativa. Si sarebbe dunque in presenza di una concorrenza di competenze statali e regionali per cui dovrebbero essere garantite adeguate forme di coinvolgimento a salvaguardia delle competenze regionali incise. Il coinvolgimento della Regione sarebbe necessario anche ove si ammettesse che la disciplina in esame trovi giustificazione nell’attrazione in sussidiarietà, ai sensi dell’art. 118, primo comma, Cost. Anche nella suddetta ipotesi, il legislatore statale non avrebbe potuto sottrarsi all’obbligo di coinvolgere la Regione autonoma Sardegna, nella forma dell’intesa, e nel rispetto del principio di leale collaborazione, soprattutto in considerazione del fatto che criteri e modalità di ripartizione del fondo sono demandate a un decreto ministeriale. In via subordinata, ove si ritenesse non necessaria la previsione dell’intesa, il coinvolgimento delle regioni interessate dovrebbe essere garantito almeno nella forma del parere. 5.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, si è costituito in giudizio chiedendo che le questioni siano dichiarate non fondate. Premette l’Avvocatura che la condizione di insularità sarebbe stata affrontata nell’ambito del tavolo tecnico istituito in attuazione degli accordi in materia di finanza pubblica del 7 novembre 2019 e del 14 dicembre 2021, prendendo in considerazione sia il ritardo della dotazione infrastrutturale, sia la compensazione degli extra costi permanenti sostenuti dai cittadini sardi e dalle imprese, a causa della discontinuità territoriale della Regione. Per il finanziamento delle infrastrutture necessarie ad attutire il divario infrastrutturale era istituito, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, il Fondo perequativo infrastrutturale, con una dotazione complessiva di 4,6 miliardi di euro per gli anni dal 2022 al 2033 (100 milioni di euro per il 2022, 300 milioni di euro per ciascun anno dal 2023 al 2027, 500 milioni di euro per ciascun anno dal 2028 al 2033). Oltre al Fondo perequativo infrastrutturale sarebbero stati predisposti anche altri strumenti finanziari in aggiunta alle risorse ordinariamente stanziate nel bilancio dello Stato: il Piano nazionale di ripresa e resilienza, il Piano nazionale complementare, il Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC), i fondi strutturali europei (in particolare, il Fondo europeo di sviluppo regionale). Gli interventi previsti dall’art. 1, commi da 494 a 496, della legge n. 197 del 2022, oggetto di impugnativa, avrebbero previsto un contributo aggiuntivo facente parte di un insieme di azioni finalizzate alla perequazione infrastrutturale. La difesa statale osserva inoltre, in relazione al quantum dello stanziamento, che l’intervento normativo in oggetto riguarderebbe il solo settore del trasporto aereo, cosicché la valutazione di adeguatezza dovrebbe essere riferita alla specifica finalità del fondo e tenendo conto dell’intero ammontare dei trasferimenti a sostegno dell’isola. Peraltro, con riguardo allo specifico settore del trasporto aereo, i fondi di cui all’impugnato comma 494 non costituirebbero le uniche risorse statali trasferite alla Regione, in quanto il legislatore statale avrebbe previsto, in varie occasioni, diversi finanziamenti per gli oneri di servizio pubblico sardi. Con il decreto-legge 25 novembre 2015, n. 185 (Misure urgenti per interventi nel territorio), convertito, con modificazioni, in legge 22 gennaio 2016, n. 9, è stato previsto, all’art. 10, uno stanziamento di 30 milioni di euro per il 2015 al fine di garantire un completo ed efficace sistema di collegamenti aerei e, con la delibera CIPE n. 54 del 1° dicembre 2016, sono state destinate alla Regione risorse pari a 90 milioni di euro per sostenere gli oneri del servizio pubblico sulle rotte sarde. Inoltre, il legislatore statale, nel prevedere il trasferimento in capo alla Regione delle funzioni relative alla continuità territoriale, avrebbe stabilito con l’art. 1, comma 840, della legge n. 296 del 2006, che i relativi oneri sarebbero posti a carico dello Stato per gli anni 2007, 2008 e 2009, e solo a partire dall’annualità 2010 a carico della Regione. Quanto evidenziato consentirebbe di superare le censure di illegittimità costituzionale delle disposizioni impugnate sotto i diversi profili dedotti dalla ricorrente, per non aver considerato la parzialità dell’intervento ivi previsto. La difesa statale ritiene inoltre inconferente il richiamo alla sentenza di questa Corte n. 6 del 2019, in quanto la fattispecie ivi esaminata era diversa da quella odierna. Quanto, infine, alle censure di illegittimità costituzionale del comma 496 per violazione del principio di leale collaborazione, l’Avvocatura generale osserva che, nell’approntare lo schema del decreto di ripartizione delle risorse, sarebbero state sentite le regioni interessate e, pertanto, la violazione del principio di leale collaborazione non sarebbe ravvisabile. La partecipazione delle regioni nel procedimento relativo all’emanazione del decreto attuativo consentirebbe di superare anche le censure di irragionevolezza della disciplina in relazione alla mancata individuazione dei criteri per differenziare le destinatarie del contributo. 6.– L’associazione “per l’Insularità” ha depositato, in qualità di amicus curiae, opinione scritta – ammessa con decreto presidenziale del 13 febbraio 2024 – nella quale è stata evidenziata la necessità che lo Stato destini risorse adeguate per garantire un completo ed efficace sistema di collegamenti aerei da e per le Regioni insulari e che le modalità e i criteri per l’utilizzo del fondo di cui al comma 494 siano stabilite «previa intesa con le Regioni interessate» o in via del tutto subordinata «sentite le Regioni interessate». L’associazione ricalca gli argomenti della ricorrente e sollecita la Corte a sollevare dinanzi a sé la questione di legittimità costituzionale dell’art. l, commi 806 e 807, della legge n. 197 del 2022 – nella parte in cui, nell’istituire il «[f]ondo nazionale per il contrasto degli svantaggi derivanti dall’insularità» (art. 1, comma 806), non riconosce alla Regione Siciliana, come alla Regione autonoma Sardegna, adeguate risorse per garantire l’avvio della rimozione degli svantaggi derivanti dell’insularità (art. 119, sesto comma, Cost.) – e dell’art. 11 della legge n. 197 del 2022, e della relativa Tabella A), in parte qua, per violazione del principio di ragionevolezza ex art. 3 Cost. e degli artt. 81, 117, primo comma, e 119, sesto comma, Cost., in relazione al principio di coesione di cui agli artt. 174, 175 e 349 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, nonché degli artt. 14, 17, 36 e 38 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello lo statuto della Regione siciliana), convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2. 7.– Con memoria depositata in prossimità dell’udienza, la ricorrente ha ribadito le conclusioni già rassegnate e ha replicato alle argomentazioni della parte resistente. La difesa regionale ha fatto presente che, nelle more del giudizio, è intervenuto l’art. 7-quater, comma 1, della legge 27 novembre 2023, n. 170 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 settembre 2023, n. 132), il quale prevede che «[i]l fondo di cui all’articolo 1, comma 494, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, è rifinanziato nella misura di 8 milioni di euro per l’anno 2023». Ha poi precisato che, con decreto del 26 settembre 2023, n. 241 del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono stati stabiliti le modalità e i criteri di utilizzo del fondo di cui all’art. 1, commi 494, 495 e 496 della legge n. 197 del 2022, e che nell’adozione di detto decreto sono state sentite le Regioni interessate. La stessa difesa ritiene, tuttavia, che il fatto che vi sia stata una prassi virtuosa di interlocuzione tra le parti non sanerebbe il vizio delle disposizioni impugnate, al quale si potrebbe porre rimedio solo con una sentenza “additiva di meccanismo”, atta a ricondurre l’impiego del fondo sui binari del principio di leale collaborazione tra Stato e regioni. Ad avviso della Regione, inoltre, la previsione del fondo non costituirebbe esecuzione degli accordi bilaterali Stato-Regione autonoma Sardegna in merito al superamento degli svantaggi relativi all’insularità (ai sensi dell’art. 1, comma 867, della legge n. 160 del 2019), né rappresenterebbe uno strumento di attuazione del novellato art. 119 Cost. La ricorrente ha infine evidenziato, con riferimento alla delibera CIPE n. 54 del 2016 relativa ai FSC 2014-2020, che le risorse stanziate non coprirebbero l’intero fabbisogno della continuità territoriale aerea. Tale delibera avrebbe ad oggetto solamente gli oneri del servizio pubblico dei vettori del settore aereo, e comunque il riparto del FSC non potrebbe rappresentare uno strumento normativo idoneo a dare attuazione all’art. 119 Cost., in quanto difetterebbe di una precisa previsione di legge che renda obbligatoria tale linea d’intervento e che imponga al CIPE di stanziare risorse adeguate. Considerato in diritto 1.– Con il ricorso indicato in epigrafe la Regione autonoma Sardegna ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 494, 495 e 496, della legge n. 197 del 2022, in riferimento a plurimi parametri costituzionali, suddividendole in tre gruppi. Il comma 494 stabilisce che: «[i]n attuazione dell’articolo 119 della Costituzione, al fine di riconoscere le peculiarità delle isole e promuovere le misure necessarie a rimuovere gli svantaggi derivanti dall’insularità, è istituito nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un fondo per garantire un completo ed efficace sistema di collegamenti aerei da e per la Sicilia e da e per la Sardegna, con una dotazione di 5 milioni di euro per l’anno 2023 e di 15 milioni di euro a decorrere dall’anno 2024». Il comma 495 stabilisce che: «[i]l fondo di cui al comma 494 è destinato al finanziamento di interventi per la mobilità dei cittadini residenti nel territorio della Sicilia e della Sardegna». Il comma 496 prevede che: «[c]on decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono stabiliti le modalità e i criteri per l’utilizzo del fondo di cui al comma 494». 1.1.– Il primo gruppo di censure riguarda l’art. 1, commi 494 e 495, della legge n. 197 del 2022 ai sensi dei quali, ad avviso della ricorrente, per il triennio 2023-2025, non sarebbero riconosciute alla Regione autonoma Sardegna adeguate risorse per garantire un completo ed efficace sistema di collegamenti aerei da e per la Sardegna, così determinando la violazione del principio di ragionevolezza ex art. 3 Cost., del principio di «leale collaborazione» ex artt. 5 e 117 Cost., degli artt. 81, 116, 117, terzo comma, 119 e 136 Cost., nonché degli artt. 3, 7 e 8 dello statuto speciale, anche in relazione all’art. 27 della legge n. 42 del 2009 e all’art. 1, comma 837, della legge n. 296 del 2006. 1.2.– Il secondo gruppo di censure riguarda l’art. 1, commi 494, 495 e 496, della legge n. 197 del 2022 per violazione degli artt. 3 e 23 Cost., con riguardo ai principi di legalità e di ragionevolezza. 1.3.– Il terzo gruppo di censure è rivolto all’art. 1, comma 496, della medesima legge, nella parte in cui non prevede che le modalità e i criteri per l’utilizzo del fondo siano stabiliti «previa intesa con le Regioni interessate» o, in via subordinata, «sentite le Regioni interessate», violando in tal modo il principio di «leale collaborazione» di cui agli artt. 5 e 117 Cost.; l’art. 117, terzo comma, Cost., nonché gli artt. 3, 7 e 8 dello statuto speciale, anche in relazione all’art. 1, comma 837, della legge n. 296 del 2006. Prima di procedere all’esame delle singole censure occorre precisare che la ricorrente non chiede la caducazione delle disposizioni impugnate bensì invoca una pronuncia additiva, che imponga al legislatore statale di riconoscere alla Regione adeguate risorse per garantire un completo ed efficace sistema di collegamenti aerei da e per la Sardegna e di prevedere il suo coinvolgimento al fine di stabilire i criteri di ripartizione delle risorse. 2.– L’art. 1, commi 494 e 495, della legge n. 197 del 2022 violerebbe anzitutto l’art. 119 Cost., in quanto il legislatore statale avrebbe disatteso l’obbligo di approntare risorse adeguate per superare gli svantaggi derivanti dalla condizione d’insularità. La ricorrente sostiene che l’illegittimità costituzionale dei predetti commi per violazione dell’art. 119 Cost. sarebbe desumibile da elementi sintomatici, quali la differenza tra le somme stanziate dalle disposizioni impugnate e il contributo di finanza pubblica imposto alla Regione autonoma della Sardegna nonché la determinazione dell’ammontare del contributo senza una specifica istruttoria, consensuale o partecipata, volta a stabilire l’entità delle risorse necessarie a rimuovere gli svantaggi derivanti dall’insularità. 2.1.– La ricorrente afferma, altresì, che l’art. 1, commi 494 e 495, della legge n. 197 del 2022 violerebbe il principio di leale collaborazione sancito dagli artt. 5 e 117 Cost. in quanto il contributo ivi previsto sarebbe stato determinato senza alcuna forma di coinvolgimento delle regioni interessate. 2.2.– Le disposizioni in esame violerebbero anche il principio di ragionevolezza ex art. 3 Cost. in quanto l’esiguità del contributo e la sua conseguente inidoneità, rispetto alle effettive necessità per sostenere il sistema economico-sociale sardo, si tradurrebbero nella non ragionevolezza della stessa normativa. Tale vizio si coglierebbe anche in forza della contraddittorietà tra gli stanziamenti e la specifica finalità indicata dalla legge di «garantire un completo ed efficace sistema di collegamenti aerei […] da e per la Sardegna» a tutela della «mobilità dei cittadini residenti nel territorio». 2.3.– L’esiguità delle risorse approntate dalle disposizioni impugnate ridonderebbe altresì sull’autonomia finanziaria regionale, garantita dagli artt. 7 e 8 dello statuto speciale, in quanto la Regione subirebbe gli effetti negativi relativi agli svantaggi derivanti dall’insularità, sia in termini di costi sopportati per sopperire a tali svantaggi, sia in termini di minore gettito erariale derivante dagli effetti di depressione del reddito prodotto sul territorio regionale, che comporterebbero una minore compartecipazione alle entrate erariali. 2.4.– L’insufficienza delle risorse stanziate dalle predette disposizioni comporterebbe anche una non ragionevole compressione della competenza legislativa concorrente in materia di «coordinamento della finanza pubblica» e «grandi reti di trasporto e di navigazione» di cui all’art. 117, terzo comma, Cost. La Regione lamenta un pregiudizio nell’esercizio della competenza legislativa nelle predette materie derivante dal fatto che lo Stato non avrebbe provveduto a stanziare le risorse necessarie a far fronte agli svantaggi conseguenti alla condizione di insularità. 2.5.– L’art. 1, commi 494 e 495, della legge n. 197 del 2022 inciderebbe altresì sulla competenza legislativa primaria nella materia «turismo e industria alberghiera» di cui all’art. 3, primo comma, lettera p), dello statuto speciale. Le disposizioni impugnate inciderebbero inoltre sulla competenza amministrativa attribuita alla Regione dall’art. 1, comma 837, della legge n. 296 del 2006 nella materia «continuità territoriale» e sulla relativa potestà legislativa regionale in forza del cosiddetto “principio del parallelismo” di cui all’art. 6 dello statuto speciale. 2.6.– Sarebbe violato anche l’art. 116 Cost., in quanto la normativa in esame determinerebbe uno svilimento della sfera di autonomia costituzionale riconosciuta alla Regione dallo statuto speciale. 2.7.– L’art. 1, commi 494 e 495, della legge n. 197 del 2022 violerebbe, altresì, gli artt. 81 e 136 Cost., anche in riferimento al principio di leale collaborazione ex artt. 5 e 117 Cost. Quanto all’art. 81 Cost., il precetto costituzionale sarebbe violato perché il legislatore statale si sarebbe sottratto all’obbligo di disporre un prioritario intervento finanziario in ossequio al principio di equilibrio dinamico di bilancio. Con riferimento all’art. 136 Cost., la Regione lamenta il mancato adempimento di quanto stabilito nella sentenza di questa Corte n. 6 del 2019 con la quale era stato imposto allo Stato di procedere a una ragionevole e proporzionata quantificazione degli oneri derivanti dallo svantaggio per il regime di insularità al fine di dare sollecita applicazione alle disposizioni statutarie e costituzionali che garantiscono l’autonomia della ricorrente. Le disposizioni in esame determinerebbero la violazione del giudicato costituzionale, avendo sostanzialmente protratto l’efficacia di una norma già dichiarata costituzionalmente illegittima. 3.– La Regione autonoma Sardegna ha impugnato inoltre l’art. 1, commi 494, 495 e 496, della legge n. 197 del 2022, per violazione degli artt. 3 e 23 Cost. con riguardo ai principi di ragionevolezza e legalità. Asserisce la ricorrente che, in primo luogo, con i commi impugnati sarebbero state parificate situazioni e circostanze oggettivamente diverse senza offrire alcun criterio ragionevole e proporzionato per il distinto trattamento delle due Regioni insulari, le quali rappresenterebbero realtà differenti quanto all’estensione territoriale, alla popolazione e alla distanza dalle aree più sviluppate del Paese e presenterebbero caratteristiche geografiche, economiche, demografiche e sociali del tutto specifiche. Inoltre, il legislatore statale, con le disposizioni impugnate, non avrebbe delimitato adeguatamente la discrezionalità dell’amministrazione circa il riparto del finanziamento tra le due circoscrizioni regionali. Su questo specifico aspetto la ricorrente richiama la giurisprudenza costituzionale secondo cui la riserva di legge ex art. 23 Cost. avrebbe carattere “relativo” e la legge non potrebbe limitarsi a conferire un potere regolativo attraverso una “norma in bianco”, dovendo invece individuare sufficienti criteri direttivi e tracciare le linee generali della disciplina (è richiamata la sentenza di questa Corte n. 269 del 2017). 4.– La Regione autonoma Sardegna ha impugnato infine l’art. 1, comma 496, della legge n. 197 del 2022 per violazione del principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 117, terzo comma, Cost. nonché degli artt. 3, 7 e 8 dello statuto speciale anche in relazione all’art. 1, comma 837, della legge n. 296 del 2006. 4.1.– L’art. 1, comma 496, attribuisce al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e della finanze, la competenza a stabilire modalità e criteri per l’utilizzo del fondo introdotto dal comma 494, prevedendo che tale competenza sia esercitata senza alcuna forma di coinvolgimento delle regioni interessate ed estromettendo quindi la Regione ricorrente dal relativo processo decisionale in violazione del principio di leale collaborazione ex artt. 5 e 117 Cost. 4.2.– Il comma 496, inoltre, omettendo di fornire qualsiasi indicazione sulla ripartizione delle somme tra la Regione Siciliana e la Regione autonoma Sardegna e sulle modalità del loro impiego intersecherebbe la competenza legislativa concorrente della ricorrente nelle materie «coordinamento della finanza pubblica», «grandi reti di trasporto e di navigazione» e «porti e aeroporti civili», tutte presidiate dall’art. 117, terzo comma, Cost., applicabile alla medesima Regione ai sensi dell’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001. 4.3.– La disposizione impugnata violerebbe, altresì, l’autonomia finanziaria regionale, garantita dagli artt. 7 e 8 dello statuto speciale. Sostiene la difesa regionale, con riguardo alle risorse stanziate ai sensi del novellato art. 119 Cost., che gli squilibri dovuti alla condizione d’insularità dovrebbero essere tenuti in debito conto nella determinazione degli spazi finanziari da riconoscere alla Regione nell’ambito delle regolazioni economico-finanziarie con lo Stato, con il coinvolgimento dell’ente territoriale. 4.4.– Da ultimo, la Regione autonoma Sardegna afferma che la disposizione in esame violerebbe la propria competenza legislativa nella materia «turismo [e] industria alberghiera» (art. 3, primo comma, lettera p, dello statuto di autonomia), direttamente incisa dalla disciplina del servizio di trasporto aereo, e quella nella materia «continuità territoriale» attribuita alla Regione autonoma Sardegna dall’art. 1, comma 837, della legge n. 296 del 2006, per effetto del principio del parallelismo sancito dall’art. 6 dello statuto speciale. 5.– In via preliminare occorre valutare l’ammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale alla luce della giurisprudenza di questa Corte. 5.1.– La censura promossa nei confronti dell’art. 1, commi 494 e 495, della legge n. 197 del 2022 in riferimento all’art. 119 Cost., anche in relazione all’art. 27 della legge n. 42 del 2009, è inammissibile per insufficiente motivazione. La Regione si limita ad affermare genericamente che il legislatore statale, ai sensi dell’art. 27 della legge n. 42 del 2009, avrebbe dovuto contemplare l’impatto della propria condizione insulare oltre che quella della Regione Siciliana mentre lo Stato si sarebbe sottratto «arbitrariamente agli obblighi derivanti dall’art. 119 Cost.», in quanto una stima complessiva dei costi e dei loro effetti sull’autonomia finanziaria della ricorrente non sarebbe stata ancora effettuata e le risorse stanziate dalle disposizioni impugnate non sarebbero sufficienti né adeguate. La ricorrente, tuttavia, non fornisce una compiuta dimostrazione del pregiudizio patito. In particolare, non considera il complesso dei contributi e dei finanziamenti disposti dalla legislazione statale per rimuovere gli svantaggi derivanti dall’insularità e neppure tiene conto che il fondo e le risorse di cui ai commi 494 e 495 sono destinati unicamente al finanziamento di interventi per la mobilità aerea dei cittadini residenti nel territorio siciliano e sardo. Questa Corte è costante nel ritenere che sul ricorrente grava l’onere di provare l’irreparabile pregiudizio lamentato ritenendo quindi inammissibili le questioni di legittimità costituzionale in cui si denunci la violazione dell’autonomia finanziaria e i principi contenuti nell’art. 119 Cost. a causa dell’inadeguatezza delle risorse a disposizione delle regioni, senza puntuali riferimenti a dati più analitici relativi alle entrate e alle uscite (in tal senso, sentenze n. 63 del 2024, n. 83 del 2019 e n. 5 del 2018). La genericità e l’insufficienza della motivazione circa l’asserito contrasto delle disposizioni impugnate con i parametri evocati comporta, per costante orientamento di questa Corte, l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale (ex multis, sentenza n. 171 del 2021). 5.2.– Anche la censura promossa nei confronti dell’art. 1, commi 494 e 495, della legge n. 197 del 2022 in riferimento al principio di ragionevolezza sancito dall’art. 3 Cost. si palesa inammissibile per carente ricostruzione del quadro normativo (sentenza n. 84 del 2022). La Regione, difatti, nel lamentare l’irragionevolezza delle disposizioni impugnate non fornisce una completa ricostruzione del complessivo quadro normativo di riferimento, in particolare, come evidenziato dalla difesa statale, non considera che, per il recupero del divario infrastrutturale tra le diverse aree geografiche del territorio nazionale, determinato anche dall’insularità, sono previste, oltre a quelle attribuite dalle disposizioni impugnate, ulteriori risorse quali, tra le altre, quelle stanziate nel Fondo perequativo infrastrutturale, nel Piano nazionale complementare, nel Fondo per lo sviluppo e la coesione, nei Fondi strutturali europei e nel Piano nazionale di ripresa e resilienza. Alla luce dell’esigenza – più volte ribadita da questa Corte (tra le altre, sentenze n. n. 83 del 2019 e n. 205 del 2016) – di non considerare gli interventi legislativi che incidono sull’assetto finanziario degli enti territoriali in maniera atomistica, ma nel contesto delle altre disposizioni di carattere finanziario, la lacunosa ricostruzione del composito quadro normativo e del complesso dei contributi e finanziamenti previsti dalla normativa statale determina l’inammissibilità della questione (ex multis, sentenza n. 63 del 2024). 5.3.– Anche le questioni di legittimità costituzionale promosse nei confronti dei commi 494, 495 e 496 dell’art. 1 della legge n. 197 del 2022, in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost. e agli artt. 3, primo comma, lettera p), 7 e 8 dello statuto speciale, anche in relazione all’art. 1, comma 837, della legge n. 296 del 2006, sono inammissibili per carenza di motivazione. La Regione non motiva in alcun modo la lesione dei parametri costituzionali evocati limitandosi ad affermare in modo generico e assertivo che le disposizioni in esame violerebbero l’art. 117, terzo comma, Cost. per irragionevole compressione della competenza legislativa concorrente nelle materie «coordinamento della finanza pubblica» e «grandi reti di trasporto e di navigazione», nonché della sfera di autonomia regionale garantita dagli artt. 7 e 8 dello statuto speciale e della competenza legislativa primaria nella materia «turismo [e] industria alberghiera» di cui all’art. 3, primo comma, lettera p), dello statuto di autonomia, altresì per violazione delle competenze nella materia «continuità territoriale» attribuite alla Regione dall’art. 1, comma 837, della legge n. 296 del 2006 e dall’art. 6 dello statuto speciale. In conseguenza della genericità e insufficiente motivazione circa l’asserito contrasto delle disposizioni impugnate con i parametri evocati, anche queste censure, alla luce della già richiamata giurisprudenza costituzionale, sono inammissibili (sentenze n. 68 del 2024 e n. 217 del 2022). 5.4.– Considerazioni analoghe valgono per la censura promossa nei confronti dell’art. 1, commi 494 e 495, della legge n. 197 del 2022, in riferimento all’art. 116 Cost., per violazione della sfera di autonomia costituzionalmente garantita alle regioni a statuto speciale. Anche con riguardo a questa censura la ricorrente si limita ad affermare che le disposizioni impugnate violerebbero la propria sfera di autonomia, senza tuttavia fornire adeguata motivazione e soprattutto senza spiegare in che modo l’attribuzione delle risorse prevista dalle disposizioni impugnate possa inficiare l’autonomia della Regione a statuto speciale. La genericità e insufficienza della motivazione sull’asserita violazione del parametro costituzionale evocato determina l’inammissibilità della censura. 5.5.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 494 e 495, della legge n. 197 del 2022 promossa in riferimento all’art. 81 Cost. con riguardo al principio di equilibrio del bilancio è anch’essa inammissibile. La Regione si limita ad affermare che il legislatore statale si sarebbe «sottratto all’obbligo di disporre un prioritario intervento finanziario in ossequio al principio di equilibrio dinamico di bilancio», senza chiarire in che modo le risorse attribuite dalle disposizioni impugnate possano determinare la violazione dell’evocato parametro costituzionale. La censura non raggiunge la «soglia minima di chiarezza e di completezza» e pertanto deve essere dichiarata inammissibile (ex plurimis, sentenze n. 123 del 2022, n. 176, n. 95, n. 52 e n. 42 del 2021; nello stesso senso, sentenza n. 125 del 2023). 6.– Ciò posto, nel procedere ad esaminare il merito delle restanti censure, questa Corte, avvalendosi della facoltà di decidere l’ordine delle questioni di legittimità costituzionale da affrontare (sentenze n. 120 del 2022, n. 260 del 2021, n. 246 del 2020 e n. 258 del 2019), ritiene di valutare primariamente quella promossa nei confronti dell’art. 1, commi 494 e 495, della legge n. 197 del 2022 in riferimento all’art. 136 Cost., per violazione del giudicato costituzionale formatosi nella sentenza n. 6 del 2019. Tale censura, infatti, «riveste carattere di priorità logica rispetto alle altre» in quanto «attiene all’esercizio stesso del potere legislativo, che sarebbe inibito dal precetto costituzionale di cui si assume la violazione» (sentenze n. 245 del 2012 e n. 350 del 2010). Nel merito la questione di legittimità costituzionale non è fondata. Sin da epoca risalente, la giurisprudenza costituzionale non ha mancato di sottolineare il significato della norma contenuta nell’art. 136 Cost., sulla quale poggia il sistema delle garanzie costituzionali in quanto toglie immediatamente efficacia alla norma costituzionalmente illegittima (ex plurimis, sentenza n. 57 del 2019). Nel chiarire la portata dell’art. 136, primo comma, Cost., questa Corte ha affermato che la violazione del giudicato costituzionale sussiste non solo laddove il legislatore intenda direttamente ripristinare o preservare l’efficacia di una norma già dichiarata costituzionalmente illegittima, ma ogniqualvolta una disposizione di legge intenda mantenere in vita o ripristinare, sia pure indirettamente, gli effetti della struttura normativa che aveva formato oggetto della pronuncia di illegittimità costituzionale. Pertanto, il giudicato costituzionale è violato non solo quando è adottata una disposizione che costituisce una mera riproduzione di quella già ritenuta lesiva della Costituzione, ma anche quando la nuova disciplina mira a perseguire e raggiungere, anche se indirettamente, esiti corrispondenti (ex multis, sentenza n. 256 del 2020). Difatti, l’efficacia preclusiva, nei confronti del legislatore, del giudicato costituzionale riguarda ogni disposizione che intenda mantenere in piedi o ripristinare, sia pure indirettamente, gli effetti di quella struttura normativa che aveva formato oggetto della pronuncia di illegittimità costituzionale, ovvero che ripristini o preservi l’efficacia di una norma già dichiarata costituzionalmente illegittima (sentenze n. 57 del 2019 e n. 5 del 2017). Nel caso deciso con la predetta sentenza n. 6 del 2019, l’art. 1, comma 851, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020), è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui, nel triennio 2018-2020 e nelle more della definizione dell’accordo di finanza pubblica, non riconosceva alla Regione autonoma Sardegna adeguate risorse per consentire una fisiologica programmazione delle funzioni regionali. Con le disposizioni sottoposte al vaglio di costituzionalità nell’odierno giudizio, il legislatore statale ha invece previsto l’attribuzione di risorse destinate a un limitato intervento settoriale nel campo del trasporto aereo; intervento che peraltro si aggiunge ad altre misure (Fondo perequativo infrastrutturale, Piano nazionale complementare, Fondo per lo sviluppo e la coesione, Fondi strutturali europei, Piano nazionale di ripresa e resilienza) finalizzate alla rimozione degli svantaggi derivanti dall’insularità. Non vi è dunque una «mera riproduzione» della normativa dichiarata costituzionalmente illegittima e neppure la realizzazione, in modo indiretto, di esiti corrispondenti (ex multis sentenza n. 250 del 2017), e pertanto le disposizioni in esame non risultano lesive del giudicato costituzionale. 7.– Vanno ora prese in esame le questioni di legittimità costituzionale promosse nei confronti dei commi 494, 495 e 496 dell’art. 1 della legge n. 197 del 2022 in riferimento agli artt. 5 e 117 Cost., con riguardo al principio di «leale collaborazione», e agli artt. 3, 7 e 8 dello statuto speciale, anche in relazione all’art. 1, comma 837, della legge n. 296 del 2006. Le questioni non sono fondate. La ricorrente ha impugnato le disposizioni in esame nella parte in cui non prevedono il coinvolgimento della Regione nella determinazione del quantum da attribuire e nella definizione dei criteri e delle modalità di erogazione del contributo. Questa Corte ha più volte affermato la necessità di applicare il principio di leale collaborazione nelle ipotesi in cui lo Stato preveda un finanziamento, con vincolo di destinazione, che incida su materie di competenza legislativa regionale residuale o concorrente. È stato altresì specificato che la necessità del parere o dell’intesa si ravvisa principalmente in due evenienze: in primo luogo, quando vi sia un intreccio (ovvero una interferenza o concorso) di competenze legislative che non permetta di individuare un «ambito materiale che possa considerarsi nettamente prevalente sugli altri» (sentenze n. 114 del 2022 e n. 71 del 2018; in senso analogo, sentenze n. n. 40 del 2022, n. 104 del 2021, n. 74 e n. 72 del 2019 e n. 185 del 2018); in secondo luogo, nei casi in cui la disciplina del finanziamento trovi giustificazione nella cosiddetta attrazione in sussidiarietà della stessa allo Stato, ai sensi dell’art. 118, primo comma, Cost. (ex plurimis, sentenze n. 123, n. 114 e n. 40 del 2022, n. 71 e n. 61 del 2018). Nelle predette ipotesi, ai fini della salvaguardia delle competenze regionali, la legge statale deve prevedere strumenti di coinvolgimento delle regioni nella fase di attuazione della normativa, nella forma dell’intesa o del parere, in particolare quanto alla determinazione dei criteri e delle modalità del riparto delle risorse destinate agli enti territoriali (da ultimo, sentenze n. 179, n. 123 e n. 114 del 2022). La ricorrente sostiene che le disposizioni in esame inciderebbero sulla competenza legislativa concorrente nelle materie «coordinamento della finanza pubblica», «grandi reti di trasporto e di navigazione» e «porti e aeroporti civili», oltre che sull’autonomia finanziaria regionale garantita dagli artt. 7 e 8 dello statuto speciale e sulle competenze primarie connesse alla disciplina del servizio di trasporto aereo, come «turismo [e] industria alberghiera» (art. 3, primo comma, lettera p, dello statuto di autonomia). La normativa in esame inciderebbe, inoltre, su competenze amministrative che lo Stato, con l’art. 1, comma 837, della legge n. 296 del 2006, ha attribuito alla medesima Regione nella materia «continuità territoriale»; competenza, quest’ultima, che, in virtù dell’art. 6 dello statuto speciale, comporterebbe la titolarità della correlata competenza legislativa, la quale sarebbe egualmente incisa dalle disposizioni impugnate. 7.1.– Al fine di valutare se sussista la lesione del principio di leale collaborazione nell’istituzione di un fondo statale destinato a finanziare uno specifico settore, occorre, per costante giurisprudenza costituzionale, verificare anzitutto a quale ambito materiale afferisce il fondo, la cui natura va esaminata con riguardo «all’oggetto, alla ratio e alla finalità» della norma che lo prevede (sentenze n. 78 del 2020 e n. 164 del 2019). Nella fattispecie in esame, la finalità del fondo è quella di garantire un completo ed efficace sistema di collegamenti aerei da e per la Sicilia e da e per la Sardegna; la ratio della normativa impugnata consiste nel riconoscimento della peculiarità delle isole e nella promozione delle misure per rimuovere gli svantaggi derivanti dall’insularità; l’oggetto riguarda il finanziamento di interventi per la mobilità dei cittadini residenti nel territorio delle due isole. A ben vedere, l’intervento finanziario delineato dall’art. 1, commi 494, 495 e 496, della legge n. 197 del 2022, si configura come un intervento statale “speciale”, finalizzato a promuovere la riduzione degli svantaggi derivanti dall’insularità ai sensi dell’art. 119 Cost., da inquadrare nell’ambito di “aiuti sociali”, ai sensi dell’art. 107, paragrafo 2, lettera a), TFUE – il quale stabilisce che sono compatibili con il mercato interno gli aiuti concessi dagli Stati a carattere sociale concessi ai singoli consumatori, a condizione che siano accordati senza discriminazioni determinate dall’origine dei prodotti – e dell’art. 51 del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione del 17 giugno 2014, che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione degli artt. 107 e 108 TFUE da attuare attraverso un contributo sul prezzo del biglietto, fino ad esaurimento delle risorse finanziarie disponibili, per le rotte di collegamento tra gli aeroporti situati in Sicilia e in Sardegna e gli aeroporti situati all’interno dello spazio economico europeo, a favore dei soggetti residenti nei territori delle due regioni che maggiormente subiscono gli svantaggi derivanti dall’insularità. È questo, dunque, il contesto in cui devono essere considerate le disposizioni impugnate. Si tratta di interventi riconducibili a una duplice direttrice: a) promuovere, nell’ambito degli aiuti di Stato compatibili con il diritto dell’Unione europea, misure finalizzate a rimuovere gli svantaggi derivanti dall’insularità; b) attribuire, nell’ambito di tali misure, un contributo per la mobilità aerea dei cittadini residenti nelle due isole che maggiormente subiscono detti svantaggi. 7.2.– Tanto premesso, le questioni promosse nei confronti dell’art. 1, commi 494, 495 e 496, della legge n. 197 del 2022, non sono fondate. Il finanziamento previsto dalle disposizioni impugnate – che consiste in un contributo sul prezzo del biglietto che i cittadini residenti nel territorio siciliano e sardo sostengono per i collegamenti aerei tra aeroporti situati nelle due regioni e aeroporti situati all’interno dello Spazio economico europeo – è ascrivibile alla competenza legislativa esclusiva dello Stato di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), nella materia «perequazione delle risorse finanziarie». L’intervento statale pertanto non incide sulle competenze regionali evocate dalla ricorrente nella materia «coordinamento della finanza pubblica», «grandi reti di trasporto e di navigazione», «porti e aeroporti civili», «turismo [e] industria alberghiera» e neppure incide sull’autonomia finanziaria della Regione. Da ciò discende che, non sussistendo, in relazione alle disposizioni impugnate, quell’inestricabile intreccio di competenze statali e regionali (sentenza n. 78 del 2020) che in altre occasioni ha condotto questa Corte ad affermare la necessità della leale collaborazione, risulta non fondata la censura svolta in tal senso dalla Regione. Peraltro, nelle premesse del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze n. 241 del 2023 di attuazione delle disposizioni impugnate, si dà atto che le determinazioni assunte sono state adottate con il coinvolgimento della Regione Siciliana e della Regione autonoma Sardegna. Non è quindi ravvisabile la violazione del principio di leale collaborazione e va pertanto dichiarata la non fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale promosse nei confronti dei commi 494, 495 e 496 dell’art. 1 della legge n. 197 del 2022. 8.– L’art. 1, commi 494, 495 e 496, della legge n. 197 del 2022 è stato impugnato anche in riferimento agli artt. 3 e 23 Cost. con riguardo al principio di legalità, in uno con quello di ragionevolezza. Occorre pertanto verificare se sia irragionevole l’istituzione di un fondo da destinare al finanziamento di interventi per la mobilità dei cittadini residenti nel territorio della Sardegna e della Sicilia, tenuto conto che la definizione dei criteri di ripartizione delle risorse è effettuata con decreto interministeriale. Con riguardo al principio di ragionevolezza va innanzitutto ricordato che la giurisprudenza costituzionale ha desunto dall’art. 3 Cost. un canone di razionalità, in relazione al quale, per valutare la legittimità costituzionale di una legge, è necessario svolgere un sindacato di conformità a criteri di coerenza logica, teleologica e storico-cronologica (sentenza n. 86 del 2017). Il principio di ragionevolezza, per costante giurisprudenza di questa Corte, risulta leso quando si accerti l’esistenza di una irrazionalità intra legem, intesa come contraddittorietà intrinseca tra la complessiva finalità perseguita dal legislatore e la disposizione espressa dalla norma censurata. Tuttavia, non ogni incoerenza o imprecisione di una normativa può venire in questione ai fini dello scrutinio di costituzionalità, consistendo il giudizio di ragionevolezza in un apprezzamento di conformità tra la regola introdotta e la causa normativa che la deve assistere che, quando è disgiunto dal riferimento ad un tertium comparationis, può trovare ingresso solo se l’irrazionalità o l’iniquità delle conseguenze della norma sia manifesta e irrefutabile (ex plurimis, sentenze n. 195 del 2022, n. 6 del 2019 e n. 86 del 2017). Per le disposizioni di cui ai commi 494, 495 e 496 non è ravvisabile alcuna intrinseca contraddittorietà tra la complessiva finalità perseguita dal legislatore – «riconoscere le peculiarità delle isole e promuovere le misure necessarie a rimuovere gli svantaggi derivanti dall’insularità» – e l’istituzione di un fondo «per garantire un completo ed efficace sistema di collegamenti aerei da e per la Sicilia e da e per la Sardegna», destinato «al finanziamento di interventi per la mobilità dei cittadini residenti nel territorio della Sicilia e della Sardegna». Con riguardo all’asserita violazione del principio di legalità, posto che è inconferente il riferimento all’art. 23 Cost., non può essere condiviso quanto sostiene la ricorrente, secondo cui le disposizioni in esame avrebbero conferito al Governo un potere regolativo con una norma “in bianco”. Le disposizioni impugnate non sono composte da un precetto indeterminato, avendo il legislatore statale specificato in modo chiaro e preciso le finalità del fondo (interventi per la mobilità aerea), l’ammontare delle risorse da destinare agli obiettivi predefiniti, i soggetti destinatari dei contributi (i cittadini residenti nelle due Regioni insulari) e lo strumento attraverso il quale devono essere stabiliti i criteri e le modalità di assegnazione delle risorse (decreto interministeriale). Anche sotto questo profilo, dunque, la questione di legittimità costituzionale non è fondata. per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE 1) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 494 e 495, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025), promossa, in riferimento all’art. 119 della Costituzione, in relazione all’art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione), dalla Regione autonoma Sardegna, con il ricorso indicato in epigrafe; 2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 494 e 495, della legge n. 197 del 2022, promossa, in riferimento al principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., dalla Regione autonoma Sardegna, con il ricorso indicato in epigrafe; 3) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 494, 495 e 496, della legge n. 197 del 2022, promossa in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost. e agli artt. 3, primo comma, lettera p), 7 e 8 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Regione Sardegna), anche in relazione all’art. 1, comma 837, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)», dalla Regione autonoma Sardegna, con il ricorso indicato in epigrafe; 4) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 494 e 495, della legge n. 197 del 2022, promossa, in riferimento all’art. 116 Cost., dalla Regione autonoma Sardegna, con il ricorso indicato in epigrafe; 5) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 494 e 495, della legge n. 197 del 2022, promossa, in riferimento all’art. 81 Cost., dalla Regione autonoma Sardegna, con il ricorso indicato in epigrafe; 6) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 494 e 495, della legge n. 197 del 2022, promossa, in riferimento all’art. 136 Cost., dalla Regione autonoma Sardegna, con il ricorso indicato in epigrafe; 7) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 494, 495 e 496, della legge n. 197 del 2022, promosse in riferimento agli artt. 5 e 117, terzo comma, Cost., con riguardo al principio di leale collaborazione, e agli artt. 3, 7 e 8 dello statuto speciale anche in relazione all’art. 1, comma 837, della legge n. 296 del 2006, dalla Regione autonoma Sardegna, con il ricorso indicato in epigrafe; 8) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 494, 495 e 496, della legge n. 197 del 2022, promossa in riferimento agli artt. 3 e 23 Cost., dalla Regione autonoma Sardegna, con il ricorso indicato in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 marzo 2024. F.to: Augusto Antonio BARBERA, Presidente Angelo BUSCEMA, Redattore Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROSI Elisabetta - Presidente Dott. BORSELLINO Maria Daniela - Consigliere Dott. CIANFROCCA Pierluigi - Consigliere Dott. AIELLI Lucia - rel. Consigliere Dott. FLORIT Francesco - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso il provvedimento della Corte d'appello di Venezia del 25/2/2021; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; preso atto che il procedimento viene trattato con contraddittorio scritto ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8, convertito nella L. 18 dicembre 2020, n. 176 (cosi' come modificato per il termine di vigenza dal Decreto Legge 30 dicembre 2021, n. 228, articolo 16 convertito nella L. 25 febbraio 2022, n. 15); udita la relazione del consigliere Lucia Aielli; letta la requisitoria con la quale il Sostituto procuratore generale Molino Pietro, ha l'inammissibilita' del ricorso; letta la memoria difensiva dell'avv. (OMISSIS) per (OMISSIS). RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza emessa il 25 marzo 2022 la Corte di appello di Venezia confermava parzialmente la decisione con la quale il primo giudice, in esito al giudizio abbreviato, aveva condannato (OMISSIS) e (OMISSIS) alla pena ritenuta di giustizia, per plurimi delitti di falso, riciclaggio, ricettazione e truffa. In particolare la Corte d'appello ha escluso la recidiva per (OMISSIS) e, riconosciuta ad entrambi gli imputati la circostanza attenuante di cui all'articolo 648 bis c.p., comma 3, ritenuta prevalente sull'aggravante di cui all'articolo 648 bis c.p., comma 2, ha rideterminato la pena in anni 3, mesi 3 di reclusione ed Euro 1.200,00 di multa. 2. Propone ricorso (OMISSIS), a mezzo del proprio difensore, chiedendo l'annullamento della sentenza in ragione dei seguenti motivi: 2.1. Violazione della legge penale e vizio di motivazione in ordine alla individuazione del giudice territorialmente competente. Deduce il ricorrente che la Corte d'appello di Venezia ha ritenuto che la questione della competenza fosse stata correttamente risolta dal giudice di primo grado avendo riguardo alle emergenze "allo stato degli atti", valorizzando pero' l'inciso, contenuto nel capo di imputazione "In Rovigo", senza considerare che anche in base a tale assunto, il procedimento avrebbe dovuto radicarsi in Bologna come indicato nella originaria richiesta di rinvio a giudizio, prima della declaratoria di incompetenza pronunciata dal Tribunale di Bologna o, in subordine, presso il Tribunale Santa Maria Capua Vetere luogo dove e' collocato l'ufficio di procura che per primo ha iscritto la notizia di reato nell'apposito registro. 2.2. Violazione della legge penale in relazione alle fattispecie di reato contestato. Difetterebbe a parere del ricorrente, l'elemento oggettivo delle ipotesi contestate posto che la sentenza di condanna e' fondata su asseriti documenti acquisiti in originale, invero mai entrati a far parte del fascicolo processuale avendo la Corte di merito ritenuto che il certificato di proprieta' del veicolo oggetto di riciclaggio e truffa, fosse stato falsificato utilizzando un modulo originale "in bianco", oggetto di furto in danno della societa' (OMISSIS) s.r.l. quando invece il certificato di proprieta' dell'autovettura, secondo quanto prospettato dalla difesa, poteva essere stato fotocopiato e la falsita' avere riguardato la copia con la conseguenza di non poter ravvisare il delitto di riciclaggio. 2.3. Violazione di legge processuale (articolo 603 c.p.p.), mancata assunzione di prova decisiva e contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione. Lamenta la difesa che proprio in base a quanto affermalo dalla p.o.: Della Valle Pasquale che aveva riferito di avere gli originali "quelli falsi ", la Corte d'appello avrebbe dovuto procedere alla rinnovazione dell'istruzione dibattimentale mediante audizione della persona offesa e l'acquisizione dei piu' volte citati documenti in originale e non ritenere incontestato e pacifico che il certificato di proprieta' fosse stato falsificato utilizzando e riempiendo un modulo originale in bianco oggetto di furto. 2.4.Violazione di legge e mancanza di motivazione in relazione alla sussistenza dell'elemento soggettivo del reato di riciclaggio, poiche' dall'istruttoria non era emerso il momento in cui (OMISSIS) era venuto a conoscenza dei precedenti passaggi dell'auto, con la conseguenza che egli avrebbe dovuto rispondere del delitto di ricettazione e non di riciclaggio, non essendo certo che la compilazione dei documenti fosse avvenuta, da parte del ricorrente, dopo la ricezione dell'auto. 2.5. Violazione di legge processuale (articolo 603 c.p.p.) e mancata assunzione di prova decisiva riferita alla mancata acquisizione del certificato cronologico dell'autovettura. La richiesta istruttoria formulata in sede di appello sarebbe stata erroneamente respinta perche' ritenuta meramente esplorativa. 2.6. Violazione di legge, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione. La Corte d'appello ha erroneamente ritenuto sussistente il delitto di riciclaggio senza considerare che la condotta di falsificazione intervenuta sui documenti abbinati all'autovettura, era inidonea ad ostacolare l'individuazione della provenienza delittuosa del mezzo anche in considerazione del fatto che la targa ed il numero di telaio dell'auto, non avevano subito modificazioni. 2.7. Violazione di legge e mancanza di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza del delitto di riciclaggio, posto che la finalita' della falsificazione sarebbe stata quella di truffare la p.o. e non di ostacolare l'individuazione della provenienza delittuosa dell'autovettura. 2.8. Violazione di legge e mancanza di motivazione in relazione alla questione prospettata con l'atto di appello circa la inconfigurabilita' del delitto di riciclaggio, in relazione alla condotta di mancata restituzione del bene, costituente un mero inadempimento civilistico. 2.9. Violazione di legge e mancanza della motivazione. La Corte d'appello non avrebbe risposto al rilievo censorio riguardante la sentenza di primo grado siccome fondata sulla sentenza di condanna a carico di (OMISSIS), a detta della difesa inutilizzabile, non essendo stata ritualmente acquisita e contenente elementi di contrasto con quanto affermato da (OMISSIS) in dibattimento circa l'individuazione del delitto presupposto. 2.10 Violazione di legge e mancanza della motivazione in relazione alla richiesta di rinnovazione della prova testimoniale di (OMISSIS) che avrebbe potuto riferire sulla provenienza della documentazione relativa alla BMW tg. (OMISSIS). 2.11. Violazione di legge e mancanza di motivazione in relazione al motivo con il quale era stata eccepita l'inutilizzabilita' delle dichiarazioni del (OMISSIS) il quale era stato interrogato su fatti oggetti di altro procedimento penale in cui era coinvolto, senza avere certezza che detto procedimento fosse concluso in via definitiva. 2.12. Aggiunge con il successivo motivo che l'inutilizzabilita' delle dichiarazioni del (OMISSIS) discenderebbe anche dal fatto che egli e' stato sentito senza l'assistenza del difensore di fiducia ex articolo 210 c.p.p., comma 3, a nulla rilevando che questi fosse assistito da un difensore d'ufficio. 2.13 Con questo motivo ci si duole della condanna per il delitto di ricettazione e di riciclaggio, in violazione del principio di specialita'. 2.14. L'ulteriore motivo attiene alla violazione di legge e omessa motivazione in relazione alla questione della inconfigurabilita' del delitto di falso avendo la condotta avuto ad oggetto documenti che non avevano le sembianze dell'originale dell'atto ossia carta di circolazione e certificato di proprieta'. 2.15 Ci si duole, poi, della ritenuta attendibilita' della p.o. le cui dichiarazioni, per vari motivi, non sarebbero credibili. 2.16 In considerazione delle perplessita' avanzate dalla difesa circa la credibilita' della p.o., la Corte d'appello avrebbe dovuto procedere all'audizione del teste (OMISSIS), oltre che della p.o.. 2.17. Con il successivo motivo si censura la sentenza per avere la Corte di merito ridotto la pena in misura inferiore ad un terzo pur avendo riconosciuto l'attenuante di cui all'articolo 648 bis c.p.. 2.18. Con l'ultimo motivo si deducono vizi di violazione di legge in relazione agli articoli 81, 133, 648, 640, 477 e 482 c.p.; mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione. Il ricorrente pone questioni circa l'entita' della pena irrogata a titolo di continuazione, affermando incidentalmente, che i reati di falso e truffa erano prescritti al momento della pronuncia di appello e che la Corte nulla avrebbe detto sugli aumenti praticati a tiolo di continuazione. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I motivi tutti sono inammissibili perche' reiterativi di doglianze prospettate in appello adeguatamente superate dal giudice di secondo grado oltre che manifestamente infondati. 2. Nella sentenza impugnata non e' ravvisabile alcuna violazione di legge ne' sussistono i denunciati vizi della motivazione. 3. Il ricorrente ha, in larga parte riproposto, anche testualmente, i motivi di appello, disattesi dalla Corte territoriale con corretti argomenti giuridici, in esito ad una incensurabile ricostruzione del fatto operata da entrambi i giudici di merito, peraltro sulla base di alcune pacifiche e non contestate circostanze. 3.1. In primo luogo la Corte d'appello ha ritenuto infondata la questione della incompetenza territoriale del Tribunale di Rovigo, sollevata dal ricorrente ed in questa sede riproposta, evidenziando come nel caso in esame l'individuazione del giudice competente fosse stata correttamente risolta, ex articolo 16 c.p.p., avendo riguardo alla disamina degli elementi fattuali emergenti allo stato degli atti e cioe' tenendo conto del luogo di consumazione del delitto piu' grave di riciclaggio di cui al capo A), indicato nel capo di imputazione. Come questa Corte ha gia' avuto modo di affermare (Sez. 1, Sentenza n. 36336 del 23/07/2015 Rv. 264539), la questione della competenza territoriale va affrontata, facendo riferimento all'imputazione formulata dal pubblico ministero, a meno che la stessa non contenga rilevanti errori macroscopici ed immediatamente percepibili (con riferimento alla competenza per connessione: Sez. 1, n. 11047 del 24/02/2010 Rv. 246782). Il che nel caso di specie non puo' dirsi, in quanto la Corte di merito ha considerato che in tema di riciclaggio, ai fini della determinazione della competenza territoriale, il reato realizzato con condotte frammentarie e progressive, affidate a plurimi soggetti che apportino il loro contributo in tempi e luoghi diversi, deve considerarsi consumato ove si realizza il primo atto, ancorche' costituente un segmento della condotta tipica (Sez. 2, n. 38105 del 08/04/2021, Rv. 282019) per cui, nel caso di specie, escluso che il primo atto fosse stato compiuto a Verona, luogo in cui i documenti erano stati consegnati falsificati o in Padova, luogo che compare sui documenti falsificati, essendo rimasto sconosciuto il luogo in cui in cui la contraffazione dei documenti era avvenuta, date le peculiari caratteristiche delle operazioni di riciclaggio descritte nelle imputazioni, considerato il collegamento tra le distinte attivita' di falsificazione dei documenti abbinati alla autovettura BMW X6 drive tg. (OMISSIS) e di vendita della stessa, ai fini della individuazione del giudice competente, si e' fatto riferimento alla regola suppletiva di cui all'articolo 9 c.p.p. e cioe' al giudice dell'ultimo luogo in cui e' avvenuta una parte dell'azione o dell'omissione, ne consegue che correttamente si e' ritenuto che la competenza si fosse radicata in Rovigoiluogo in cui era avvenuta la consegna dell'auto ed il pagamento di parte del prezzo. 3.2. Nel merito, poi, la Corte territoriale, ha puntualmente risposto ai rilievi censori. A fronte di una ricostruzione del tutto logica scaturente e dedotta dalle risultanze processuali, la prospettazione difensiva di una spiegazione alternativa e diversa, appare, nel complesso, affidata ad una indicazione meramente probabilistica priva di elementi di concreta probabilita' e di specifica possibilita', dovendosi ricordare che l'accadimento alternativo deve risultare concretamente probabile alla stregua, appunto, delle acquisizioni processuali e non basato su ipotesi astratte, incapaci di inficiare o caducare le conclusioni cui concordemente sono pervenuti i giudici di merito. Cosi' con riguardo alla asserita inconducenza degli accertamenti svolti sui documenti abbinati all'autovettura perche' relativi a fotocopie e non agli originali, la Corte di merito ha sottolineato l'irrilevanza dell'acquisizione degli originali, poiche', in base a quanto riferito dal teste Felloni e dalla documentazione prodotta dal P.M., risultava con certezza che il certificato di proprieta' dell'autovettura BMW era stato falsificato utilizzando e riempiendo un modulo originale "in bianco", oggetto di furto in danno della societa' (OMISSIS) s.r.l. nel 2007. 3.3. Con argomentazione logica, coerente con i dati processuali, la Corte di merito ha poi risposto alla doglianza difensiva riguardante la presunta assenza di consapevolezza da parte del ricorrente della provenienza illecita dell'autovettura e la decisivita' della prova, asseritamente pretermessa, di acquisire il certificato cronologico dell'autovettura rimarcando che il motivo addotto, era puramente congetturale poiche' dalla documentazione in atti risultava come ultimo proprietario della vettura (OMISSIS), soggetto condannato per l'appropriazione indebita quando invece proprietaria legittima era la societa' di leasing (OMISSIS), e tale falsificazione era stata posta in essere dai correi al fine di commercializzare l'auto occultandone l'illecita provenienza. 3.4. Destituiti di fondamento anche i rilievi di cui ai punti 6. e 7 con i quali si contesta la motivazione laddove ha ritenuto sussistente il delitto di riciclaggio pur in assenza di operazioni di alterazione del telaio o della targa del veicolo. Va ricordato infatti che il testo dell'articolo 648 bis c.p., accanto alla condotta di "trasferimento" e di "sostituzione", prevede anche la condotta del compimento di "altre operazioni, in modo da ostacolare l'identificazione" della provenienza delittuosa del bene. Il legislatore, in tal modo, ha voluto colpire tutte le condotte utilizzabili ("altre operazioni") per il riciclaggio, purche' abbiano la caratteristica di "ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa" del bene, tanto che si puo' affermare che sia proprio quest'ultima idoneita' lesiva il nucleo centrale della fattispecie criminosa, quello che consente la riconducibilita' della fattispecie concreta all'ipotesi astratta formulata dalla norma. Nel caso di specie, pur non essendovi stata un'alterazione materiale dell'autoveicolo, e' stato accertato che l'imputato era in possesso di false carte di circolazione e di falsi documenti identificativi del mezzo, in tal modo ostacolando, come esattamente rilevano i giudici di merito, l'accertamento della provenienza delittuosa in caso di controlli su strada che non avessero avuto a disposizione la possibilita' di interrogare gli archivi informatici per la verifica dei dati falsamente forniti (Sez. 2, n. 11895 del 17/02/2009, Rv. 244379). 3.5. Manifestamente infondato e' anche il motivo con il quale si e' sostenuta la insussistenza dell'elemento oggettivo costituito dal concreto ostacolo alla identificazione della provenienza delittuosa del bene, in relazione al quale il criterio da seguire e' quello della idoneita' ex ante della condotta: "cio' significa che l'interprete, postosi al momento di effettuazione della condotta, deve verificare sulla base di precisi elementi di fatto se in quel momento l'attivita' posta in essere aveva tale astratta idoneita' dissimulatoria e cio' indipendentemente dagli accertamenti successivi e dal disvelamento della condotta illecita che non costituisce mai automatica emersione di una condizione di non idoneita' della azione per difetto di concreta capacita' decettiva" (cosi' Sez.2, n. 16059 del 18/12/2019, Rv. 279407; Sez. 2, n. 36121 del 24/05/2019, Rv. 276974; Sez. 2, n. 16908 del 05/03/2019, Rv. 276419). Si evince, infatti, dal dato testuale della norma (la' dove si parla di ostacolare) e dall'elaborazione giurisprudenziale di questa Corte, che integra il reato di riciclaggio il compimento di operazioni volte non solo a impedire in modo definitivo, ma anche a rendere difficile l'accertamento della provenienza del denaro, dei beni o delle altre utilita', cosicche' neppure rileva che le operazioni realizzate fossero tracciabili, in quanto l'obiettivo illecito ben puo' essere realizzato anche attraverso condotte che non escludono affatto l'accertamento o l'astratta individuabilita' dell'origine delittuosa del bene, dal momento che queste ultime evenienze non costituiscono l'evento del reato (Sez. 2, n. 23774 del 13/07/2020, Rv. 279586; Sez. 5, n. 21925 del 17/04/2018, Rv. 273183; Sez. 2, n. 26208 del 09/03/2015, Rv. 264369). 3.6. Quanto ai motivi di ricorso di cui ai punti 8, 9, 10, 11 e 12, dalla lettura integrata delle sentenze di merito (pag. 8 e 9 della sentenza di primo grado e pag. 8 della sentenza di appello), risulta che il giudice di merito ha vagliato sia la sussistenza del delitto presupposto (la provenienza illecita della BMW), sia il profilo della utilizzabilita' delle dichiarazioni del teste (OMISSIS) rese con l'assistenza del difensore d'ufficio non essendosi presentato quello di fiducia per il quale la norma di cui all'articolo 210 c.p.p., comma 3, che disciplina le modalita' dell'esame del teste assistito, non prevede avvisi ad hoc. 3.7. Sul motivo n. 13, imperniato sulla violazione del principio di specialita' avendo la Corte ravvisato, sia il delitto di riciclaggio, sia quello di ricettazione, occorre richiamare la giurisprudenza di legittimita' che da tempo ritiene ammissibile il concorso fra la ricettazione ed il riciclaggio nell'ipotesi in cui in un unico contesto temporale, il soggetto riceva una pluralita' di cose di provenienza delittuosa, appartenenti ad una stessa persona, rendendosi responsabile con riferimento ad alcune di esse del reato di cui all'articolo 648 c.p., con riferimento ad altre di quello di cui all'articolo 648 bis c.p., per la presenza di una pluralita' di eventi giuridici e quindi di diversi reati. La Corte nell'occasione ha avuto modo di precisare che non si versa in ipotesi di concorso apparente di norme, ricorrendo diversi reati commessi con riferimento a beni diversi (Sez. 6, n. 1472 del 02/11/1998, Rv. 213449; Sez. 2, n. 11024 del 12/11/2019, Rv. 278514). 3.8. Parimenti manifestamente infondato il motivo n. 14 con cui si deduce la irrilevanza del falso perche' relativo a fotocopie: la doglianza riproduce pedissequamente il motivo proposto in appello sul quale la Corte ha diffusamente motivato evidenziando come la falsificazione fosse avvenuta mediante la compilazione del modulo originale "in bianco" oggetto di furto e la formazione della copia de'tatto aveva assunto l'apparenza di un atto originale, tanto che l'autovettura era stata acquistata da (OMISSIS) il quale, confidando nella genuinita' della documentazione, aveva commercializzato il veicolo (Sez. U, n. 35814 del 28/03/2019, Rv. 276285). 3.9. Generica e reiterativa e' la questione relativa all'integrazione del delitto di truffa ed alla attendibilita' della p.o.: la Corte di merito correttamente ha valutato la testimonianza di (OMISSIS) sulla base degli ordinari criteri di valutazione della prova proveniente dalla persona offesa, che escludono qualsiasi specifica limitazione, salvo il piu' penetrante e attento vaglio di credibilita' connesso all'interesse processuale di cui ella e' portatrice nel caso di costituzione di parte civile; in tale direzione la Corte territoriale ha dato adeguatamente atto, del vaglio di credibilita' al quale e' stata sottoposta la deposizione della persona offesa con motivazione in fatto immune da vizi di legittimita',fornendo anche adeguata spiegazioni delle asserite contraddizioni o apori'e denunciate dalla difesa (pag. 9) e per questo motivo ha ritenuto superflua l'audizione del teste (OMISSIS). 3.10. Per quanto attiene al trattamento sanzionatorio, destituita di fondamento e' la doglianza difensiva riguardante la carenza di motivazione circa la riduzione della pena in misura inferiore ad un terzo; la Corte di merito ha mitigato la pena riconoscendo all'imputato l'attenuante di cui all'articolo 648 bis c.p., comma 3, in regime di prevalenza sull'aggravante di cui all'articolo 648 bis c.p., non essendo il giudice vincolato alla riduzione della pena nella misura di un terzo secco, ma potendo intervenire con riduzione fino ad un terzo ex articoli 65 e 69 c.p.. 3.11. Manifestamente infondato e quindi inammissibile e', infine, il motivo di ricorso con cui si lamenta violazione di legge (articolo 606 c.p.p., lettera b), in relazione agli articoli 81, 133, 648, 640, 477 e 482) e vizio di motivazione, per non avere la Corte d'appello motivato in merito ai singoli aumenti di pena operati a titolo di continuazione, affermando, incidentalmente, che i reati di truffa e falso erano prescritti prima della sentenza di appello. Osserva il collegio che con riguardo all'aumento operato per la continuazione, la Corte ha adeguatamente motivato indicando il reato piu' grave e la pena base nonche' l'entita' dell'aumento (1 mese di reclusione ed Euro 100 di multa per ciascun reato posto in continuazione) (pag.:11). Sul punto si deve ricordare che in tema di continuazione non sussiste obbligo di specifica motivazione per ogni singolo aumento, essendo sufficiente indicare le ragioni a sostegno della quantificazione della pena-base, vieppiu' quando non e' possibile dubitare del rispetto del limite legale del triplo della pena base ex articolo 81 c.p., comma 1, in considerazione della misura contenuta degli aumenti di pena irrogata, come nel caso di specie i (Sez. 5, n. 32511 del 14/10/2020, Rv. 279770). Va anche precisato che il ricorrente, non ha dedotto con specifico motivo l'estinzione dei reati di truffa e falso per prescrizione, con la conseguenza che la stessa, in ossequio all'indirizzo esegetico tracciato dalle Sezioni Unite Ricci, (12602/2015, Rv.266818) secondo cui "l'inammissibilita' del ricorso per cassazione preclude la possibilita' di rilevare d'ufficio, ai sensi dell'articolo 129 c.p.p., l'estinzione del reato per prescrizione, maturata in data anteriore alla pronuncia di appello, ma non rilevata ne' eccepita in quella sede e neppure dedotta con i motivi di ricorso", non puo' essere rilevata d'ufficio. Alla stregua delle considerazioni che precedono deve dichiararsi l'inammissibilita' del ricorso cui consegue ex articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000, in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento elle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROSI Elisabetta - Presidente Dott. BORSELLINO Maria Daniela - Consigliere Dott. CIANFROCCA Pierluigi - rel. Consigliere Dott. AIELLI Lucia - Consigliere Dott. FLORIT Francesco - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto nell'interesse di: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); contro la sentenza della Corte di appello di Napoli del 15.11.2022; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Pierluigi Cianfrocca; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Molino Pietro, che ha concluso per il rigetto del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. La Corte di Appello di Salerno, in data 15.1.2021, aveva confermato la sentenza con cui, il 12.7.2019, il Tribunale di Vallo della Lucania aveva riconosciuto (OMISSIS) responsabile del delitto di cui all'articolo 319-quater c.p. e, con le circostanze attenuanti generiche, lo aveva condannato alla pena di anni 4 di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali ed alla interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni 5; 2. in data 14.9.2021, la Corte di Cassazione, adita su iniziativa dell'imputato, ha annullato la sentenza della Corte partenopea cui aveva rinviato per nuovo giudizio; 3. la Corte di appello di Napoli, con sentenza del 15.11.2022, giudicando in sede di rinvio, ha riqualificato la condotta ascritta al (OMISSIS) ai sensi dell'articolo 318 c.p. ed ha percio' riformato la sentenza di primo grado condannando l'imputato alla pena di anni 2 di reclusione; 4. ricorre nuovamente per cassazione il (OMISSIS) tramite i propri difensori: 4.1 con ricorso sottoscritto dall'Avv. (OMISSIS) deduce: 4.1.1 violazione ed errata applicazione degli articoli 125 e 627 c.p.p. in relazione all'articolo 318 c.p.: rileva che la Corte di appello di Napoli ha reiterato l'errore in cui era caduta quella di Salerno, soffermandosi sulla qualificazione giuridica della condotta senza acquisire la deposizione del teste oculare (OMISSIS) che, come segnalato dal giudice di legittimita', era stata indebitamente pretermessa ed era decisiva sulla causale della dazione della somma da parte del (OMISSIS) le cui dichiarazioni predibattimentali erano state acquisite sul consenso delle parti ma erano state valutate in senso opposto dalle due sentenze di appello; segnala, tuttavia, la apoditticita' della conclusione cui e' pervenuta la sentenza qui impugnata nell'attribuire valenza adesiva alla proposta corruttiva alla mera consegna di una somma di denaro senza accertarne la causale; 4.1.2 violazione ed errata applicazione dell'articolo 125 c.p.p. e articolo 323-bis c.p. quanto alla omessa applicazione della attenuante del fatto di lieve entita': rileva che la Corte di appello ha omesso di vagliare il motivo di gravame circa la configurabilita' della attenuante, giustificata dalla risibilita' della somma e della iniziativa assunta dallo stesso (OMISSIS) quando la procedura di notifica era gia' stata avviata; 4.1.3 violazione ed errata applicazione dell'articolo 163 c.p.: richiama la motivazione con cui la Corte territoriale ha negato il beneficio della sospensione condizionale della pena evidenziandone la illogicita' dal momento che le dichiarazioni cui i giudici hanno fatto riferimento erano state rese dal coimputato (OMISSIS), presunto corruttore che, in dibattimento, si e' avvalso della facolta' di non rispondere; sottolinea come le presunte condotte pregresse non erano mai state oggetto di accertamento e che, in ogni caso, l'intervenuto pensionamento del (OMISSIS) esclude ogni possibile reiterazione; 4.2 con ricorso sottoscritto dall'Avv. (OMISSIS) deduce: 4.2.1 violazione e falsa applicazione degli articoli 323-bis e 131-bis c.p.: riportata la motivazione della sentenza di annullamento, segnala come la Corte di appello del rinvio abbia ritenuto la somma versata non esigua ed evidenzia come tale giudizio sia di fatto disarticolato rispetto alla realta' richiamando, a tal proposito, il codice etico dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni ed il limite di 150 Euro ivi indicato e che puo' essere assunto come parametro di giudizio di carattere piu' generale; rileva, ancora, come la Corte non abbia motivato sulla richiesta di applicazione della causa di non punibilita' di cui all'articolo 131-bis c.p. che era stata perorata anche con la produzione di una memoria ex articolo 121 c.p.p.; 4.2.2 violazione e falsa applicazione dell'articolo 4 c.p., comma 2: rileva che, nel determinare la pena, la Corte di appello ha fatto riferimento a quella stabilita per il delitto di cui all'articolo 318 c.p. dalla novella del 2019 laddove il fatto ascritto al (OMISSIS) risale al febbraio del 2018 per cui avrebbe dovuto applicare la forbice edittale delineata dalla L. n. 69 del 2015; 5. la Procura Generale ha trasmesso la requisitoria scritta ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8 concludendo per il rigetto del ricorso stante la infondatezza di tutti i motivi articolati sia in punto di responsabilita' che di trattamento sanzionatorio. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso a firma dell'Avv. (OMISSIS) e' fondato come sono fondati il secondo ed il terzo motivo del ricorso a firma dell'Avv. (OMISSIS) il cui primo motivo, invece, e' inammissibile. 1. La Corte di Appello di Salerno, in data 15.1.2021, aveva confermato la sentenza con cui, il 12.7.2019, il Tribunale di Vallo della Lucania aveva riconosciuto (OMISSIS) responsabile del delitto di cui all'articolo 319-quater c.p. e, con le circostanze attenuanti generiche, lo aveva condannato alla pena di anni 4 di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali ed alla interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni 5. Al (OMISSIS), in particolare, si addebitava di avere indotto, nella sua qualita' di ufficiale giudiziario in servizio presso l'U.n. e.p. di quel Tribunale, (OMISSIS) a corrispondergli la somma di cinquanta Euro a garanzia ed a fronte del buon esito della notifica di un pignoramento mobiliare da questi richiesto a quell'ufficio. 2.1 Contro la predetta sentenza era stato proposto ricorso per cassazione articolato su quattro motivi: il primo motivo incentrato sulla circostanza secondo cui la Corte territoriale si sarebbe fondata sulle dichiarazioni predibattimentali del (OMISSIS), acquisite in dibattimento sull'accordo delle parti dopo che questi, in qualita' di coimputato, si era avvalso della facolta' di non rispondere, con conseguente violazione dell'articolo 111 Cost. e articolo 6 CEDU; il secondo motivo sull'avere valorizzato, senza il conforto dei necessari riscontri, le interessate e contrastanti dichiarazioni del (OMISSIS) rese prima ed al di fuori del dibattimento avendo costui in un primo tempo dichiarato di aver spontaneamente consegnato la somma al (OMISSIS) ma, nel successivo interrogatorio reso quale indagato, e con l'assistenza del proprio difensore, di esservi stato da costui costretto; sulla pretermissione della testimonianza resa da tale (OMISSIS), funzionario del medesimo U.n. e.p., che aveva riferito di aver udito parlare (OMISSIS) e (OMISSIS), nell'occasione, di anticipazione delle spese per il pignoramento; il terzo motivo era incentrato sulla qualificazione giuridica del fatto come induzione indebita anziche' come corruzione, poiche' non sarebbe stato l'imputato ad indurre il (OMISSIS) alla dazione della somma, bensi' quest'ultimo ad averlo preventivamente ed autonomamente cercato, in tal modo manifestando una volonta' corruttiva insorta prim'ancora di qualsiasi contatto con il pubblico agente; il quarto motivo lamentava, infine, il mancato riconoscimento dell'attenuante di cui all'articolo 323-bis, c.p., e, infine, della causa non punibilita' per particolare tenuita' del fatto, ai sensi dell'articolo 131-bis c.p.. 2.2 La VI Sezione di questa Corte, esaminando il ricorso, aveva giudicato infondato il primo motivo. Nell'affrontare, invece, congiuntamente, il secondo ed il terzo motivo, aveva in primo luogo richiamato "... quello che e' un principio ormai consolidato dell'analisi differenziale tra le fattispecie che qui rilevano: ovvero che anche il reato d'induzione indebita, oltre a quello di concussione, si distingue dalle fattispecie corruttive, in quanto entrambi i primi due illeciti sono qualificati da una condotta di prevaricazione abusiva del funzionario pubblico, idonea, a seconda dei contenuti che assume, a costringere o ad indurre alla dazione o alla promessa indebita l'extraneus, il quale, per effetto di tale condotta abusiva, si viene comunque a trovare in posizione di soggezione; l'accordo corruttivo, invece, presuppone la "par conditio contractualis" ed evidenzia l'incontro assolutamente libero e consapevole delle volonta' delle parti" aggiungendo che "... l'elemento differenziale che orienta verso la fattispecie induttiva - o verso la concussione, nei casi di maggiore compressione dell'autodeterminazione dell'extraneus - va, dunque, individuato nella posizione di preminenza in concreto dell'agente pubblico e nell'abuso della stessa da parte del medesimo nella relazione coi il privato interlocutore, che, di conseguenza, viene a trovarsi in una condizione soggezione psicologica, per effetto della quale si determina alla dazione o alla promessa non dovute" essendo compito del giudice quello di accertare "... se l'abuso del pubblico agente abbia avuto come diretta conseguenza l'azione del privato, considerando comunque che la condotta di prevaricazione puo' derivare, nel caso concreto, anche dallo squilibrio di posizione tra il primo ed il secondo, sempre che quest'ultimo acceda all'illecita pattuizione condizionato dal timore di subire un pregiudizio in conseguenza dell'esercizio dei poteri pubblicistici e non per mero calcolo utilitaristico, versandosi, in tal caso, nella corruzione". Tanto premesso, aveva fatto presente che "... gli elementi di fatto valorizzati dalla sentenza impugnata non consentano di sussumere con certezza la condotta dell'imputato nell'induzione ex articolo 319-quater c.p." in quanto "... il versamento di una somma di denaro da parte del privato, la rimessione della relativa quantificazione alla volonta' dello stesso ("fai tu" gli avrebbe detto l'imputato), l'avvenuta corresponsione di somme "extra" anche in analoghe occasioni precedenti, l'ingiustificabilita' della dazione in relazione allo stato della procedura (pag. 8, sent.) non possono considerarsi, infatti, circostanze univocamente sintomatiche di un abuso della posizione di preminenza del pubblico ufficiale, ben potendo conciliarsi anche con un patto tra pari, strumentale, nelle intenzioni del privato, ad ottenere una corsia preferenziale nell'evasione della propria pratica" atteso che "... proprio la verificazione di precedenti situazioni analoghe, non emergendo dalla sentenza impugnata che ad occuparsi delle relative incombenze in quell'ufficio dovesse essere necessariamente l'imputato, si presterebbe agevolmente ad essere letta come la spia di una relazione di tipo corruttivo intessuta con il (OMISSIS)". La Corte aveva segnalato che "... l'unico elemento che potrebbe far declinare verso l'induzione, conferendo luce diversa ed univoca anche agli altri, sarebbe quello per cui il ricorrente, nel relazionarsi col (OMISSIS), "aveva alimentato i suoi dubbi in ordine alle difficolta' di notificare il pignoramento" (testuale, pag. 8, sent.): laddove pretestuosa, infatti, tale allegazione dell'imputato ben potrebbe essere stata in grado di condizionare l'interlocutore, facendogli sorgere il timore di subire comunque un pregiudizio" precisando che "... tuttavia, dalla sentenza impugnata non e' possibile evincere come, nel concreto, quei dubbi siano stati "alimentati" e, considerando il labile e non lineare confine tra le due fattispecie, sovente legato anche a mere sfumature del comportamento dell'agente, tale aspetto merita di essere meglio descritto - e, se del caso, approfondito - dai giudici di merito". La sentenza impugnata era stata percio' annullata con rinvio alla Corte di appello di Napoli "... affinche', nel rispetto dei principi di diritto dianzi evidenziati, rivaluti se la condotta dell'imputato configuri il delitto di induzione indebita di cui all'articolo 319-quater c.p., ovvero altre fattispecie di reato" ritenendo assorbite le doglianze relative "... al trattamento sanzionatorio ed alla connessa non punibilita' per particolare tenuita' del fatto". 3. La Corte di appello di Napoli, in sede di rinvio, ha richiamato brevemente l'episodio del 2.2.2018 evidenziando come il giudizio, all'esito dell'annullamento, avesse ad oggetto esclusivamente la qualificazione giuridica del fatto in termini di induzione indebita ovvero la sua riconducibilita' ad altra e differente ipotesi delittuosa. Ha dunque richiamato il criterio distintivo tra la fattispecie della corruzione e quella della induzione indebita ed ha fatto presente come, dalle dichiarazioni del (OMISSIS), non trapelasse un atteggiamento di prevaricazione tanto che era stato lo stesso (OMISSIS) ad immaginare che, anche sulla scorta di passate esperienze, il (OMISSIS) avrebbe potuto agevolarlo offrendogli una somma di denaro. Quanto al trattamento sanzionatorio, ha ritenuto di far riferimento al minimo edittale che era stato quello gia' applicato dal giudice di prime cure nella precedente fase riconoscendo, altresi', la riduzione massima per le circostanze attenuanti generiche e motivando sul diniego della sospensione condizionale della pena. 4.1 Va preliminarmente chiarito che il tenore della decisione rescindente non lascia margini di dubbio sull'ambito della valutazione riservata alla Corte di appello di rinvio cui era stato dato mandato di rivalutare "... se la condotta dell'imputato configuri il delitto di induzione indebita di cui all'articolo 319-guater, c.p., ovvero altre fattispecie di reato" ritenendo assorbite le doglianze relative "... al trattamento sanzionatorio ed alla connessa non punibilita' per particolare tenuita' del fatto". Non e' pertanto discutibile che ogni questione relativa alla ricostruzione in fatto fosse stata ormai superata, con la conseguente inammissibilita', in questa sede, del primo motivo del ricorso a firma dell'Avv. (OMISSIS) che e', ancora, incentrato su censure attinenti non gia' la "direzione" della proposta di dazione di una somma di denaro, ma sulla inadeguatezza della motivazione concernente la sua "causale". 4.2 E' invece fondato il secondo motivo del ricorso a firma dell'Avv. (OMISSIS), prioritario in ordine logico rispetto agli altri, avendo evidentemente errato la Corte di appello nell'applicare la pena stabilita per il delitto di cui all'articolo 318 c.p. dalla novella del 2019 laddove il fatto ascritto al (OMISSIS) risale al febbraio del 2018, ragion per cui avrebbe dovuto farsi riferimento alla forbice edittale delineata dalla L. n. 69 del 2015 quando il "range" era quello da 1 a 6 anni di reclusione (rispetto a quello da 3 ad 8 anni di reclusione solo successivamente introdotto). La sentenza va dunque annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli che provvedera' a rideterminare il trattamento sanzionatorio alla luce della disciplina vigente al momento del fatto. Nel far questo, la Corte territoriale dovra' evidentemente considerare anche i motivi di ricorso che erano stati ritenuti assorbiti dalla sentenza di annullamento e, in particolare, quelli aventi ad oggetto la denegata applicazione della causa di non punibilita' di cui all'articolo 131-bis c.p. ovvero della attenuante di cui all'articolo 323-bis c.p., oggetto del quarto motivo del ricorso e gia' devolute con il terzo ed il quarto motivo di appello (cfr.,, a tal proposito, per tutte, Sez. 6, n. 49750 del 04/07/2019, Diotallevi, Ftv. 277438 - 01, in cui la Corte ha spiegato che la cognizione del giudice del rinvio riguarda il nuovo esame non solo del profilo censurato, ma anche delle questioni discendenti dalla sua rivalutazione secondo un rapporto di interferenza progressiva ed assorbite dal tenore della pronuncia di annullamento). E' evidente, infatti, che la rimodulazione della pena alla luce del previgente regime edittale che, in definitiva, "fotografa" il disvalore allora attribuito a quel genere di condotta dal legislatore, imporra' comunque di riformulare il giudizio sulla sua speciale tenuita' (e, dunque, sulla sussistenza dei presupposti per un proscioglimenti ai sensi dell'articolo 131-bis c.p., su cui la Corte dovra' motivare con specifico riferimento alle emergenze fattuali ostative alla sua applicazione) ovvero, in alternativa, sulla possibilita' di ritenere il fatto "lieve" ai sensi dell'articolo 323-bis c.p.. Alla valutazione operata in astratto dal legislatore, infatti, deve aggiungersi - e non potra' essere trascurata - quella "in concreto" gia' operata dalla stessa Corte di appello di Napoli che, nel giudizio di rinvio, come gia' accennato in precedenza, aveva ritenuto di poter contenere la pena nel minimo edittale ulteriormente diminuito nella misura massima per effetto delle pure riconosciute circostanze attenuanti generiche. P.Q.M. annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FERRANTI Donatella - Presidente Dott. SERRAO Eugenia - Consigliere Dott. ESPOSITO Aldo - Consigliere Dott. BELLINI Ugo - Consigliere Dott. CAPPELLO Gabriella - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 18/11/2022 del TRIB. LIBERTA' di REGGIO CALABRIA; svolta la relazione dal Consigliere GABRIELLA CAPPELLO; udito l'Avvocato generale Pasquale FIMIANI, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso; udito l'avvocato (OMISSIS) del foro di ROMA in difesa di (OMISSIS), anche in sostituzione dell'avvocato (OMISSIS) del foro di PALMI, il quale ha insistito per l'accoglimento del ricorso, chiedendo la rimessione della questione inerente all'articolo 416 bis.1 c.p. alle SS.UU.. RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza pronunciata a norma dell'articolo 309 codice di rito, il Tribunale di Reggio Calabria ha confermato l'ordinanza con la quale il GIP del Tribunale cittadino aveva applicato a (OMISSIS) la misura della custodia cautelare in carcere in quanto gravemente indiziato dei reati di cui ai capi 1), 2), 4), 5), 6) 7) e 8) della contestazione provvisoria (partecipazione a un'associazione per delinquere di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, commi 1, 2 3 e 4, reato aggravato ai sensi degli articoli 61 bis e 416 bis.1 c.p. e piu' reati fine ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, anch'essi aggravati ai sensi degli articoli 61 bis e 416 bis.1 c.p. (concorso in importazioni di ingenti quantitativi di cocaina)). 2. Secondo quanto emerge dall'ordinanza impugnata, il compendio probatorio e' in prevalenza costituito dal contenuto di comunicazioni scambiate giovandosi di un sistema criptato, ma anche da intercettazioni, dagli esiti del controllo dei tabulati telefonici, dalle geolocalizzazioni, da riprese video e da attivita' di riscontro della polizia giudiziaria. In premessa, il Tribunale ha rigettato la doglianza difensiva, riproposta in ricorso, inerente alla utilizzabilita' delle citate comunicazioni (che si sostanziano in una messaggistica scambiata su una piattaforma chiamata (OMISSIS)) trasmesse dall'autorita' giudiziaria francese. Il sistema, com'e' ormai emerso in altri procedimenti, consente lo scambio di comunicazioni mediante uso di cripto-telefonini, modificati in modo da garantirne la inviolabilita' (consentendo, cioe', di disattivarne la geolocalizzazione, i servizi Google, il Bluetooth, la fotocamera e quant'altro possa generare rischi di captazione). Il Tribunale ha descritto il sistema precisando che il materiale probatorio rappresentato da queste chat era stato acquisito in forza di specifici O.E.I. emessi dal pubblico ministero procedente. Ha, poi, richiamato le origini dell'indagine che aveva consentito a law enforcement agencies (squadre composte dalle polizie francese, belga e olandese) di violare la piattaforma criptata, il cui utilizzo si arrestava infatti nel marzo 2021, allorquando si era diffusa la notizia dell'avvenuta violazione. Gli esiti dell'indagine presupposta (quella, cioe', condotta dalle squadre investigative sopra citate sulla piattaforma utilizzata dai dispositivi controllati) avevano poi permesso di acquisire e analizzare milioni di messaggi scambiati ed e' in questo contesto che si inserisce l'indagine condotta dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria. La polizia giudiziaria operante, infatti, analizzando il traffico telefonico storico delle celle abitualmente abbinate alle utenze "ufficiali" in uso agli indagati, aveva individuato alcuni PIN collegati alla citata piattaforma criptata (avendo gli inquirenti appurato che, proprio in concomitanza della divulgazione della notizia che quella applicazione non era piu' sicura, l'attivita' dei dispositivi associati a quella piattaforma era stata sospesa). Di qui l'iniziativa investigativa del pubblico ministero procedente di inviare a stretto gin appositi O.E.I. all'AG francese, a partire dal 13 aprile 2021, aventi uno specifico oggetto, ben descritto nell'ordinanza impugnata: la trasmissione dei messaggi gia' decifrati riferibili alle comunicazioni che avevano riguardato i PIN d'interesse, conservate in un server che, a sua volta, la stessa autorita' richiesta (Tribunal judicial de Paris) aveva acquisito ai sensi dell'articolo 706-102-1 del codice di rito penale francese, cioe' a seguito di richiesta di accesso a dati conservati in un sistema informatico (vedi note alle pagg. 7-8 della ordinanza impugnata). Pertanto, secondo il Tribunale, i singoli O.E.I. non avevano avuto ad oggetto l'acquisizione dell'esito di intercettazioni, disposte su ordine di quell'AG francese specificamente richiesta (cioe' il citato Tribunale di Parigi), di un flusso di comunicazioni in atto al momento della acquisizione autorizzata dal Tribunale di Parigi, bensi' l'acquisizione di dati informatici gia' decriptati, conservati in un server e riferibili a scambi di comunicazioni (messaggi, video, foto) gia' avvenute. Il Tribunale del riesame, poi, ha ripercorso le fasi dell'acquisizione del materiale informatico, rinviando al contenuto degli ordini emessi, richiamando, ai fini della utilizzabilita' interna, il protocollo descritto nell'articolo 234 bis c.p.p., e - stante la natura di dati non pubblici - ha ritenuto integrato il necessario consenso del titolare di essi, identificandolo nel soggetto che ne poteva disporre in maniera autonoma, vale a dire l'autorita' giudiziaria francese trasmittente che li deteneva legittimamente. Ribadito, poi, il principio per il quale le regole cli acquisizione probatoria sono quelle del Paese membro dell'Unione Europea richiesto e non quelle del Paese richiedente, ha richiamato la giurisprudenza formatasi sulle attivita' d'indagine intraprese dallo Stato estero, rispetto alle quali ha ritenuto il limite invalicabile della non violazione di norme inderogabili e dei principi fondamentali del nostro ordinamento, precisando che essi non coincidono, tuttavia, con il complesso delle regole dettate dal nostro codice di rito, spettando a chi eccepisce una incompatibilita' l'onere di dimostrarla, essendo precluso all'autorita' richiedente un vaglio sulla legittimita' delle modalita' esecutive dell'atto, ove non sia indicata una specifica modalita' nella richiesta, a maggior ragione allorquando l'atto d'indagine sia stato gia' compiuto nel corso di autonome iniziative dell'autorita' straniera. Inoltre, per quel giudice, dalla mancata conoscenza di dati relativi alla decriptazione della messaggistica, non potrebbe ipso facto inferirsi l'alterazione del dato originale, poiche' il relativo algoritmo non muta in alcun modo il contenuto del dato, evenienza che, nella specie, era stata peraltro prospettata in termini astratti e, quindi, ipotetici. Inconferente, poi, e' stato ritenuto il rinvio della difesa a un precedente di questa stessa sezione (sez. 4, n. 32915/2022, Lori): secondo il ragionamento rinvenibile nell'ordinanza impugnata, infatti, in quel diverso caso (pur inerente a messaggistica scambiata sulla piattaforma (OMISSIS)), era stato censurato il provvedimento del PM cli rigetto dell'ostensione alla difesa della documentazione riferibile alle comunicazioni criptate, consegnate tramite Europol e non direttamente dall'autorita' giudiziaria dello Stato estero, come nel caso di specie, nel quale il materiale informatico era stato trasmesso dal Tribunale di Parigi. Il Tribunale ha rilevato che in atti erano versati tutti i documenti inviati dall'autorita' francese in risposta ai singoli O.E.I. e depositati i provvedimenti genetici con i quali l'AG francese aveva disposto l'acquisizione della messaggistica, emergendo da essi il richiamo alle norme procedurali relative alla acquisizione di dati informatici (gia' presenti), riferibili alla piattaforma (OMISSIS), esaminate dal Tribunale di Reggio Calabria e riportate nella nota sopra richiamata. Nella ordinanza si e', infine, ribadito che, nel contesto della cooperazione penale tra Paesi membri UE, vige la presunzione di legittimita' in ordine all'attivita' di acquisizione dei dati trasmessi, precisandosi al contempo che gli stessi sono sempre sottoposti alle regole processuali e sostanziali proprie del Paese richiedente. In merito alla identificazione degli indagati, quali users dei singoli PIN associati ai dispositivi, il Tribunale ha dato atto di quanto esposto nella informativa circa il metodo utilizzato: si era accertato, infatti, che alcuni indagati erano utilizzatori di cripto-telefonini per scambio di messaggistica sulla piattaforma (OMISSIS), ove ogni user e' identificato con un PIN, al quale e' a sua volta associato un nickname coincidente con il nomignolo, con il quale gli indagati venivano chiamati durante le conversazioni intercettate. Cosi', muovendo dall'analisi dei riferimenti operati dagli stessi utilizzatori dei dispositivi (soprannomi/nomignoli, nome e cognome, particolari di vita o accadimenti attribuiti a determinati soggetti), era stato possibile associare PIN e nickname a ciascun indagato, anche grazie ai riscontri di polizia operati sull'oggetto dei riferimenti di volta in volta fatti dai soggetti interessati. Quanto a (OMISSIS), egli e' stato identificato come user dei PIN 7NS74S e PUCNL9, con nickname "Berlino". L'identificazione era avvenuta incrociando plurimi dati: in una intercettazione telematica del 12/11/2020, (OMISSIS) aveva fornito numerose notizie a tal fine utili, dicendo al (OMISSIS) che "Berlino" era un tale " (OMISSIS)" che viveva a Goia Tauro e, in risposta, il (OMISSIS) ne indicava il cognome " (OMISSIS)", facendo riferimento a un episodio - l'incendio di un peschereccio - che era stato riscontrato al pari dei dati anagrafici. L'abbinamento del nickname cosi' attribuito all'indagato al PIN (OMISSIS) era avvenuto grazie al servizio di geolocalizzazione delle utenze certamente riferibili al predetto, avendo tale accertamento consentito di seguire l'utilizzatore in relazione agli appuntamenti e alle distanze percorse, assolutamente compatibili con i dati ricavati dal contenuto delle chat scambiate con quel PIN. Quanto, invece, all'associazione con il PIN (OMISSIS), l'utilizzatore era lo stesso del PIN di cui si e' gia' detto, perche' vi era continuita' nell'uso dello stesso nickname "(OMISSIS)", esclusa ogni possibilita' di omonimia, stanti le stesse affermazioni dell'utilizzatore (Sono (OMISSIS) nuovo contatto), che aveva inviato il nuovo PIN usando il precedente. Gli elementi identificativi raccolti sull'utilizzatore di tale secondo PIN sono peraltro rappresentati da riferimenti di analogo tenore di quelli che avevano consentito di associare all'indagato anche il primo PIN (natante incendiato al quale si era riferito (OMISSIS) per far comprendere in modo criptico all'interlocutore (OMISSIS) il luogo dove il (OMISSIS) effettivamente si trovava). Cio' premesso, il Tribunale ha ritenuto sussistente un grave quadro indiziario della intraneita' del (OMISSIS) al sodalizio di cui al capo 1) della incolpazione provvisoria, ma anche in ordine ai singoli reati-fine, rilevando, quanto alla prima, che gli elementi acquisiti avevano consentito di accertare, anche mediante il monitoraggio delle singole importazioni, il modus operandi del gruppo. Pertanto, muovendo proprio dai reati fine, il Tribunale ha effettuato una ricostruzione di ciascun episodio, sulla scorta degli elementi acquisiti, esposti nell'ordinanza, anche attraverso la trascrizione di alcune comunicazioni, ritenute di pregnante significato. In particolare, ha descritto le singole operazioni di c.d. esfiltrazione dal porto di Gioia Tauro delle partite di cocaina provenienti dal Sudamerica, per le quali si rinvia alle pagg. da 13 a 14 dell'ordinanza impugnata, dando conto di un modus operandi ripetitivo e collaudato, in forza del quale l'organizzazione importatrice si rivolgeva a uno dei gruppi criminali (due dei quali attivi in Gioia Tauro e Palmi) per la esfiltrazione della droga da quel porto; a loro volta, i gruppi criminali incaricati definivano i dettagli delle operazioni, assegnando il "lavoro" a vere e proprie "squadre" di operai portuali infedeli, che provvedevano a interferire sugli ordinari turni lavorativi, onde garantire la loro presenza all'arrivo della droga; a costoro spettava di trasferire la droga dal container arrivato a quello di uscita che veniva, poi, prelevato tramite impiego di altre compagini criminali che avevano lo specifico compito di ritirare il carico mediante mezzi pesanti, sfruttando le attivita' di aziende compiacenti (nell'ordinanza viene efficacemente descritto il movimento dei containers che venivano affiancati e coperti dall'alto per scongiurare la possibilita' di controlli, cosicche' il trasbordo avveniva in modo indisturbato e coperto). Tale complessa organizzazione era semplificata e, in un certo senso, improvvisata, per carichi piccoli, richiedendo invece particolare programmazione per quelli grossi. In tale schema, (OMISSIS), in cooperazione con (OMISSIS) e (OMISSIS), era uno dei soggetti preposti all'uscita della droga dal porto di Gioia Tauro e alla consegna della stessa nei luoghi indicati dai vertici associativi, previa individuazione del container da impiegare per occultare i carichi esfiltrati, oltre a provvedere alla materiale contraffazione del sigillo da apporre al container utilizzato per l'uscita. Quanti agli elementi gravemente indizianti il concorso dell'indagato nei singoli reati scopo, gli stessi sono stati esposti alle pagg. da 15 a 20 dell'ordinanza impugnata e ad esse si rinvia per comodita' espositiva. In quelle pagine, peraltro, sono stati riportati stralci di conversazioni ritenute piu' pregnanti ai fini dimostrativi della condotta di reato di volta in volta considerata, in relazione alle diverse operazioni di esfiltrazione poste in essere e alle cessioni che l'incolpazione riconduce all'indagato (trattasi, specificamente, del recupero di due delle originarie quattro partite di cocaina, di cui al capo 2), il giorno 22/11/2020, in cui il ruolo dell'indagato e' stato quello di curare il trasporto fuori dall'area portuale; della cessione all'indagato di Kg. 20 di cocaina, da parte dei fratelli SCIGLITANO, l'acenti parte dei carichi esfiltrati, capo 4); della cessione di parte di tale quantitativo a (OMISSIS), capo 5), e a due soggetti non identificati in due separate occasioni, capi 6) e 7); nonche' del concorso nell'operazione descritta nel capo 8), unitamente ai co-indagati (OMISSIS) e (OMISSIS)). Il Tribunale, in conclusione, ha ritenuto che gli elementi disponibili consentissero di affermare l'esistenza di una organizzazione dedita al narcotraffico, le condotte superando il mero concorso nel reato, per convergere in un agire finalizzato all'interesse comune del gruppo, in virtu' di un intreccio di rapporti, contatti e incontri tra sodali, incaricati di svolgere ciascuno un proprio ruolo, avendo costoro agito in un arco temporale apprezzabile, in un contesto associativo che disponeva di provviste economiche consistenti e mezzi impiegati per far giungere in Italia ingenti carichi di droga, attraverso un vincolo stabile e duraturo e la programmazione di un numero indeterminato di importazioni. L'accordo iniziale era indicativo di una particolare pervicacia criminale, una capacita' organizzativa supportata da una trama di contatti e cautele denotanti estrema professionalita' e non comune capacita' di movimentare poderosi carichi di cocaina, grazie all'appoggio di "squadre" di portuali infedeli e di soggetti operanti all'interno degli uffici dell'amministrazione doganale o portuale. In tale contesto, e' stato possibile distinguere i singoli livelli dell'organizzazione criminosa: a livello apicale vi erano coloro che coordinavano le operazioni, rapportandosi con i narcotrafficanti esteri e i committenti, individuando i containers e coordinando infine le attivita' di dettaglio; a livello sottostante, un piu' nutrito gruppo di partecipi, ognuno con un proprio ruolo (accertare i tempi degli sbarchi, individuare i containers di uscita, provvedere alla contraffazione dei sigilli e alle esfiltrazioni, fare da tramite tra vertici e operai infedeli). Il gruppo era poi dotato di mezzi (cripto telefonini e radiotrasmittenti, utilizzati dai sodali per comunicare tra di loro). Quanto all'indagato, il Tribunale ha ritenuto che le sue condotte assumessero indubbia valenza indicativa della intraneita' al sodalizio, egli facendo parte della collaudata "squadra", avendo manifestato il suo interesse per la buona riuscita delle importazioni dal Sud America, essendosi prodigato per essa nella piena consapevolezza di interagire con altri associati, nel contesto di una strutturata organizzazione criminale. Ha, poi, ritenuto la gravita' indiziaria anche in ordine alle due aggravanti, quella della transnazionalita' e quella mafiosa, reputando sussistente la prima, alla luce delle modalita' dell'approvvigionamento della droga, cioe' tramite autonomi gruppi attivi nel settore, come ha ritenuto di ricavare dai quantitativi trasportati e dall'organizzazione del trasporto, il carico contenendo anche il sigillo clonato da sostituire una volta scaricata la droga. Quanto all'altra aggravante, ha rilevato il difetto di interesse, posto che la sua contestazione non avrebbe riverberato alcun effetto sul regime cautelare, tenuto conto del titolo dei reati contestati. Infine, quanto alle esigenze cautelari, il Tribunale le ha ravvisate in quella di cui all'articolo 274 c.p.p., lettera a), avuto riguardo alla necessita' di un approfondimento dei fatti e di altri eventuali episodi e alla necessita' di individuare correi e altri partecipi, esigenze che potrebbero essere frustrate dall'occultamento di tracce dell'attivita' illecita e dalla concertazione di linee difensive, tenuto anche conto della messa in atto di accorgimenti in tal senso anche durante lo svolgimento dell'attivita' criminosa (il rinvio e' all'utilizzo dei cripto-telefonini e delle radiotrasmittenti); ma anche nel pericolo attuale e concreto di reiterazione criminosa, rinviando, da un lato, alla gravita' delle modalita' della condotta, dimostrative del fatto che il (OMISSIS), ove non ristretto, potrebbe porre in essere reati della stessa specie; dall'altro, alla sua personalita', egli essendosi reso disponibile, attraverso un sistema collaudato e non occasionale, ad importare quantitativi non esigui di cocaina avvalendosi di canali illeciti esteri. Ha, inoltre, valorizzato la pervicacia dell'indagato, non arrestatosi neppure a fronte dei controlli delle forze dell'ordine, ritenendo la misura piu' afflittiva l'unica in grado di scongiurare la reiterazione di analoghe condotte, risolutivamente rinviando alla doppia presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della sola misura inframuraria, in difetto di elementi di segno contrario. 3. L'indagato ha presentato tre distinti atti di ricorso, due dei quali a firma dell'avv. (OMISSIS), l'altro a firma dell'avv. (OMISSIS). 3.1. I ricorsi a firma dell'avv. (OMISSIS). 3.1.1. Con un primo ricorso, questo difensore ha formulato quattro motivi. Con il primo, ha dedotto violazione di legge penale e processuale penale con riferimento alla condotta di partecipazione alla associazione criminosa di cui al capo 1) dell'incolpazione provvisoria. L'indagato avrebbe avuto rapporti con il solo (OMISSIS) e il Tribunale non avrebbe preso in considerazione le osservazioni difensive formulate con una memoria, attribuendo un ruolo associativo non confermato dagli elementi indiziari raccolti, egli non essendo titolare e neppure dipendente di una ditta di trasporti, ne' avendo mai contraffatto sigilli sui containers. Con il secondo, ha dedotto vizio della motivazione, nella specie di manifesta illogicita' per omessa valutazione della memoria difensiva: la difesa aveva evidenziato che, secondo l'ipotesi accusatoria, l'indagato, oltre a svolgere un ruolo associativo nelle operazioni di esfiltrazione, sarebbe stato anche interessato ad approvvigionarsi di droga da cedere ai suoi clienti, ma in tal modo non sarebbe possibile comprendere quale sia l'effettivo contributo del predetto al sodalizio, emergendo una sola occasione (quella di cui al capo 2), durante la quale egli si sarebbe limitato a chiedere informazioni sul carico, interessamento peraltro finalizzato ad accaparrarsene una parte, senza neppure conoscere l'identita' del committente. Egli, peraltro, era comparso solo dopo la conclusione delle operazioni di esfiltrazione, non comprendendosi neppure a quale dei due gruppi, contestati nel medesimo capo d'incolpazione, apparterrebbe. Inoltre, il suo PIN non era inserito nelle chat di gruppo, la sua presenza essendo limitata all'acquisto di parte del carico di droga e neppure consta una spiegazione, sia pur in termini logico-giuridici, della sua consapevolezza di agire in forza di un vincolo associativo, egli dovendo, al contrario, di volta in volta, avviare trattative per acquistare parte della droga, cio' che, secondo la difesa, dimostrerebbe l'assenza di un accordo stabile, la sua condotta non avendo superato il livello del rapporto sinallagmatico-contrattuale. Con un terzo motivo, ha dedotto violazione della legge penale e processuale penale con riferimento alla valutazione della gravita' indiziaria per il capo 2), rilevando che in maniera contraddittoria i giudici territoriali avrebbero ritenuto l'indagato interessato all'affare, ma non utilmente coinvolto in esso, neppure a livello morale potendosi configurare un contributo, atteso che quello attribuito all'indagato non avrebbe alcuna efficacia etiologia rispetto alle operazioni di fuoriuscita del carico, la data di contestazione del 22 novembre 2020 rientrando pienamente nell'arco temporale descritto nel capo 4). Infine, con un quarto motivo, ha dedotto violazione di legge quanto al capo 8), anche per omessa valutazione della memoria difensiva, essendo emerso che l'indagato voleva carpire informazioni per un successivo acquisto. 3.1.2. Con l'altro ricorso, lo stesso difensore ha formulato un motivo unico, con il quale ha dedotto violazione di legge penale e processuale penale con riferimento all'aggravante mafiosa, rilevando che la stessa ordinanza genetica non recherebbe una chiara enunciazione del percorso logico, in base al quale l'indagato avrebbe favorito plurime cosche storiche di âEuroËœndrangheta, essendo emerse solo notizie di conoscenze personali e occasionali di singoli soggetti, egli essendo risultato addirittura inviso a COPELLI, referente apicale di una delle cosche, tenuto anche conto della esiguita' dell'arco temporale nel quale i fatti s'inseriscono. 3.2. Ricorso a firma dell'avv. (OMISSIS). Questo difensore ha formulato tre motivi. Con il primo, ha dedotto inosservanza di norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilita' con riferimento alle chat acquisite attraverso gli ordini Europei di indagine, rilevando che trattasi, nella specie, di vere e proprie intercettazioni, apprese dall'AG richiesta nel momento in cui le chat venivano create nel cripto-telefonino del mittente e trasmesse a quello del destinatario, momento nel quale il messaggio viene registrato. Richiama le caratteristiche di quella piattaforma, per rilevare che quel sistema non contempla la memorizzazione della messaggistica, unico sistema per captare i messaggi essendo quello di operare nel momento del loro transito. Assume che a seguito dell'OEI, l'Autorita' giudiziaria richiesta avrebbe eseguito la "mission", effettuando ricerche e procedendo alla estrazione delle conversazioni riguardanti gli IMEI oggetto del singolo O.E.I. associati ai due PIN d'interesse con riferimento all'indagato. Ma i dati di conoscenza sarebbero parziali, limitati alla attivita' di estrazione eseguita dalla polizia francese, il che non consentirebbe di conoscere la durata dell'attivita' di captazione, i termini iniziali e finali, le modalita', la polizia delegata, la presenza o meno di un'autorizzazione da parte dell'Autorita' giudiziaria francese, il che renderebbe il dato intercettativo inutilizzabile, il vizio genetico non potendo essere superato dal fatto che la prova proviene da uno Stato estero. Con un secondo motivo, ha dedotto violazione di legge con riferimento al rinvio al protocollo di cui all'articolo 234 bis c.p.p.: il difensore lamenta la condizione di ignoranza sull'attivita' posta in essere dalle autorita' francesi, essendo rimasta sconosciuta quella della polizia francese intesa ad abbinare i numeri IMEI identificativi dei cripto-telefonini ai PIN d'interesse, trattandosi di messaggi criptati, rispetto ai quali nulla e' dato conoscere sull'algoritmo utilizzato per la decrittazione. Il deducente, poi, rinvia a un precedente di questa di legittimita' del 2022 per inferirne la necessita', ai fini del rispetto delle prerogative difensive, della disponibilita' dei dati inerenti alle modalita' di acquisizione dei dati di cui si discute. Con il terzo motivo, infine, la difesa ha dedotto vizio motivazionale quanto alla ritenuta gravita' indiziaria di una partecipazione dell'indagato al sodalizio. Le risultanze, secondo il deducente, non darebbero conto di un ruolo associativo dell'indagato, gli stessi elementi valorizzati dal Tribunale dimostrando il dedotto deficit probatorio, non avendo quei giudici attribuito un ruolo specifico all'indagato, delineato in maniera complessa, facendo riferimento alle operazioni di esfiltrazione, al manifestato interesse a comprare una parte del carico esfiltrato, alla consegna della droga una volta portata fuori dall'area portuale, fatti pero' non sorretti da idonea gravita' indiziaria. 4. L'avv. (OMISSIS) ha depositato motivi aggiunti, con i quali ha sviluppato i motivi 1) e 2) del ricorso, con riferimento alla violazione del principio del contraddittorio, anche alla luce delle decisioni gia' assunte da questa Corte di legittimita' in analoghi procedimenti che si pongono in contrasto con il precedente di cui sopra (sez. 4 Lori del 2022). Osserva, inoltre che, nella specie, il mancato accesso ai dati relativi alla acquisizione delle chat avrebbe ripercussioni sul controllo della linea di custodia dei dati stessi, la tesi recepita dai pronunciamenti che si discostano dal precedente suindicato facendo riferimento a un dato probabile e non certo, rinvenibile in un elaborato depositato in altro procedimento. Sotto altro profilo, si contesta l'assunto della inattaccabilita' dell'algoritmo impiegato, siccome priva di supporto scientifico. Ancora, si rileva l'impossibilita' di una verifica in concreto della genuinita' ed integrita' dei dati e delle modalita' di acquisizione degli stessi - coperte, come consentito dalla disciplina nazionale dello Stato che ha materialmente eseguito l'attivita' di captazione (la Francia), da segreto di Stato. In conclusione, chiede a questa Corte di valutare la rimessione della questione alle Sezioni Unite, stante il rilevato contrasto, osservando che molte Corti Europee hanno gia' sollevato questione pregiudiziale davanti alla Corte del Lussemburgo in relazione alla stessa vicenda e con riferimento agli articoli 6 e 31 della Direttiva UE 2014/41, sollecitando pertanto questa Corte a operare analogamente. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso va rigettato. 2. Il primo tema da esaminare riguarda la questione inerente alla utilizzabilita' delle chat scambiate su piattaforma (OMISSIS), oggetto del primo motivo a firma dell'avv. (OMISSIS), sviluppato anche con i motivi aggiunti. 3. Il motivo e' infondato. La questione e' stata prospettata, non gia' in relazione alla violazione del disposto di cui all'articolo 309 c.p.p., comma 5, ("Il presidente cura che sia dato immediato avviso all'autorita' giudiziaria procedente la quale, entro il giorno successivo, e comunque non oltre il quinto giorno, trasmette al tribunale gli atti presentati a norma dell'articolo 291, comma 1, nonche' tutti gli elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta alle indagini"), essendo incontestato che la misura e' stata emessa alla luce del compendio riversato in sede di riesame. Pertanto, non e' in discussione, in questa sede, la sussistenza di una violazione idonea a far scattare la sanzione processuale prevista dal comma 10 della norma richiamata. 3.1. Cio' posto, venendo al punto cruciale della doglianza difensiva" occorre effettuare una premessa di tipo generale e di inquadramento normativo. Intanto, il PM ha agito nell'ambito dei poteri previsti nel Capo I del Titolo III (Procedura attiva) del Decreto Legislativo 21 giugno 2017, n. 108, contenente le norme di attuazione della direttiva 2014/41/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, relativa all'ordine Europeo d'indagine penale. Il pubblico ministero non ha richiesto all'autorita' giudiziaria dell'altro Stato membro UE di procedere a un atto d'indagine, ma ha agito ai sensi dell'articolo 45 del decreto citato (Richiesta di documentazione inerente alle telecomunicazioni), ai limitati fini di chiedere la trasmissione di documentazione acquisita, non gia' d'iniziativa dell'autorita' richiedente, ma in possesso di quella richiesta con l'O.E.I. che l'aveva ottenuta in forza di una propria autonoma iniziativa, nel corso di un diverso procedimento pendente in quel Paese. Occorre, inoltre, chiarire la natura dell'ordine di cui si discute. Si tratta di uno strumento inteso a implementare le esistenti forme di cooperazione penale nell'ambito dell'Unione, in coerenza con le linee poste dalla direttiva recepita: esso rientra nella cooperazione giudiziaria in materia penale di cui all'articolo 82, paragrafo 1, TFUE, che si fonda sul principio di riconoscimento reciproco delle sentenze e delle decisioni giudiziarie. Tale principio, che costituisce la "pietra angolare" della cooperazione giudiziaria in materia penale, e' a sua volta fondato sulla fiducia reciproca nonche' sulla presunzione relativa che gli altri Stati membri rispettino il diritto dell'Unione e, in particolare, i diritti fondamentali (CGUE, 11 novembre 2021, Gavanozov, in C-852/19, in cui al § 54, la Corte del Lussemburgo ha operato un richiamo alla sentenza 8 dicembre 2020, Staatsanwaltschaft Wien (Ordini di bonifico falsificati), C-584/19, punto 40). Nell'ambito di un procedimento riguardante un ordine Europeo di indagine, la garanzia di tali diritti spetta cosi' in primo luogo allo Stato membro di emissione, che si deve presumere rispetti il diritto dell'Unione e, in particolare, i diritti fondamentali riconosciuti da quest'ultimo (v., per analogia, sentenza del 23 gennaio 2018, Piotrowski, C-367/16, punto 50, richiamata al § 55). La direttiva 2014/41, inoltre, si basa sul principio dell'esecuzione dell'ordine Europeo di indagine. Il suo articolo 11, paragrafo 1, lettera f), consente alle autorita' di esecuzione di derogare a tale principio, in via eccezionale, a seguito di una valutazione caso per caso, qualora sussistano seri motivi per ritenere che l'esecuzione dell'ordine Europeo di indagine sarebbe incompatibile con i diritti fondamentali garantiti, in particolare, dalla Carta (CGUE C-852/19 cit. § 59). 3.2. Possiamo affermare, dunque, che la previsione di tale strumento si correla all'esigenza di assicurare un meccanismo efficace, di carattere generale, rispettoso del principio di proporzione (posto dall'undicesimo Considerando della direttiva), e sua volta collegato a quello del reciproco riconoscimento e della fiducia nel rispetto del diritto dell'Unione (di cui al sesto Considerando) da parte degli Stati membri e che, comunque, deve assicurare il rispetto dei diritti fondamentali (dodicesimo Considerando). In tale cornice, si inseriscono l'articolo 2 della direttiva, secondo cui "Gli Stati membri eseguono un OEI in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alla presente direttiva" e l'articolo 9, secondo cui "L'autorita' di esecuzione riconosce un OEI, trasmesso conformemente alle disposizioni della presente direttiva, senza imporre ulteriori formalita' e ne assicura l'esecuzione nello stesso modo e secondo le stesse modalita' con cui procederebbe se l'atto d'indagine in questione fosse stato disposto da un'autorita' dello Stato di esecuzione, a meno che non decida di addurre uno dei motivi di non riconoscimento o di non esecuzione ovvero uno dei motivi di rinvio previsti dalla presente direttiva". Pertanto, l'ordine Europeo di indagine deve aver ad oggetto una prova acquisibile nello Stato di emissione e deve essere eseguito in conformita' di quanto previsto nello Stato di esecuzione per il compimento di un analogo atto di acquisizione probatoria, potendosi peraltro presumere il rispetto di tale disciplina e dei diritti fondamentali, salvo concreta verifica di segno contrario (sez. 6, n. 48330 del 25/10/2022, Borrelli, Rv. 284027, in motivazione, in fattispecie analoga a quella all'esame). Tale ricostruzione dello strumento di cooperazione penale all'esame e' del tutto coerente, peraltro, con i principi affermati dalla corte del Lussemburgo in ordine alla Direttiva 41/2014/UE: essa, infatti, ha lo scopo, come risulta dai considerando da 5 a 8, di sostituire il quadro frammentario e complesso esistente in materia di acquisizione di prove nelle cause penali aventi dimensione transfrontaliera e tende, mediante l'istituzione di un sistema semplificato e piu' efficace basato su un unico strumento denominato "ordine Europeo di indagine", a facilitare e ad accelerare la cooperazione giudiziaria al fine di contribuire a realizzare l'obiettivo assegnato all'Unione di diventare uno spazio di liberta', sicurezza e giustizia, fondandosi sull'elevato livello di fiducia che deve esistere tra gli Stati membri. A tal riguardo, emerge in particolare dai considerando 2, 6 e 19 di detta direttiva che l'ordine Europeo di indagine e' uno strumento che rientra nella cooperazione giudiziaria in materia penale di cui all'articolo 82, paragrafo 1, TFUE, il quale e' fondato sul principio del riconoscimento reciproco delle sentenze e delle decisioni giudiziarie. Tale principio, che costituisce la "pietra angolare" della cooperazione giudiziaria in materia penale, e' esso stesso fondato sulla fiducia reciproca nonche' sulla presunzione relativa che gli altri Stati membri rispettino il diritto dell'Unione e, in particolare, i diritti fondamentali. In tale contesto, l'articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2014/41 definisce l'ordine Europeo di indagine come una decisione giudiziaria emessa o convalidata da un'autorita' giudiziaria di uno Stato membro al fine di far eseguire uno o piu' atti di indagine specifici in un altro Stato membro al fine di acquisire prove, conformemente a tale direttiva, comprese quelle gia' in possesso delle autorita' competenti dello Stato membro di cui trattasi ((GC) C-584/19 - Staatsanwaftschaft Wien, §§ 39-41). 3.3. Nel caso all'esame (come, del resto, in quello esaminato dal giudice di legittimita' nel precedente da ultimo richiamato), l'ordine Europeo di indagine deve solo dar conto dello specifico oggetto della prova, essendo rimessa allo Stato di esecuzione, con le modalita' previste in quell'ordinamento, la concreta acquisizione della prova da trasferire. E, nella specie, la richiesta ha riguardato la "Acquisizione di informazioni o di prove gia' in possesso dell'autorita' di esecuzione", con riferimento alle chat, ai files, agli audio e ai video inerenti ai PIN degli users del sistema (OMISSIS) d'interesse per la presente indagine. Tali prove e' indiscusso siano state gia' acquisite dal Tribunal judiciaire de Paris autonomamente e non su richiesta dell'ufficio di Procura procedente nel nostro Paese. E' altrettanto certo, poi, per quanto efficacemente evidenziato nel provvedimento impugnato, che l'autorita' richiesta non ha ottenuto quei dati in forza di un'autorizzazione a procedere a intercettazioni di flussi in corso (il punto e' analiticamente e ampiamente spiegato nell'ordinanza censurata, nella quale si e' dato anche atto delle regole processuali interne, attivate dal Tribunale francese, nonche' spiegato il riferimento al periodo di "4 mesi" indicato nei provvedimenti giudiziari francesi, indicativo non gia' di un'acquisizione di dato dinamico, ma della validita' dell'autorizzazione con riferimento ai singoli accessi per l'acquisizione dei dati conservati nel server). Si e' trattato, dunque, di acquisire una prova statica, gia' presente, non soggetta ad una procedura dinamica di acquisizione. L'Autorita' francese, dunque, in questo caso come in quello nella diversa sede esaminato, si e' resa garante del rispetto delle procedure dello Stato di esecuzione (la Francia), avendo il Tribunale del riesame dato atto che dalla documentazione trasmessa era dato verificare la modalita' di acquisizione e conservazione dei dati da parte dell'Autorita' giudiziaria francese. 3.4. A fronte di tale premessa, non puo' non rilevarsi come la censura difensiva si fondi su un errato presupposto. La difesa ritiene esistente un potere di vaglio della legittimita' del procedimento di acquisizione della documentazione di che trattasi in capo all'autorita' decidente italiana, ma l'argomento e' smentito dal contesto normativo di riferimento e dalla natura dello strumento investigativo utilizzato. La critica difensiva sconta l'omesso, effettivo confronto con quanto opportunamente precisato dal Tribunale che, in piu' passaggi della motivazione censurata, ha sottolineato il distinguo rispetto al precedente di questa sezione richiamato dalla difesa (sez. 4, n. 32915/2022, Lori), nel quale era stata scrutinata una questione processuale parzialmente diversa (avente sempre a oggetto la messaggistica acquisita attraverso l'accesso ai servers di (OMISSIS)): in quella sede, infatti, la difesa aveva formulato espressa istanza di accesso al pubblico ministero per avere la disponibilita', tra l'altro, anche della "documentazione" (comprensiva dei tiles) consegnata da un organo di indagine, quale EUROPOL, a seguito dell'accesso ai server di (OMISSIS), con indicazione delle modalita' di acquisizione da parte di quella polizia. Situazione, dunque, non sovrapponibile a quella in esame, nella quale la Procura di Reggio Calabria ha chiesto la trasmissione di documenti che erano gia' stati autonomamente acquisiti dal giudice francese. Pertanto, deve ritenersi corretto l'incedere argomentativo dei giudici del riesame allorquando richiamano il principio generale di presunzione di legittimita' delle prove acquisite dall'autorita' giudiziaria di un altro Stato membro dell'Unione Europea: si e' gia' affermato, infatti, che l'utilizzazione degli atti trasmessi mediante rogatoria attiva, non e' condizionata ad un accertamento da parte del giudice italiano concernente la regolarita' delle modalita' di acquisizione esperite dall'autorita' straniera, in quanto vige la presunzione di legittimita' dell'attivita' svolta e spetta al giudice straniero la verifica della correttezza della procedura e l'eventuale risoluzione di ogni questione relativa alle irregolarita' lamentate nella fase delle indagini preliminari (in tal senso, sez. 3, n. 1396 del 12/10/2021, dep. 2022, Torzi, in cui in motivazione si rinvia anche a sez. 5, n. 1405 del 16/11/2016, dep. 2017, Ruso, Rv. 269015 01; a sez. 2, n. 24776 del 18/5/2010, Mutari, Rv. 247750 - 01; e a sez. 1, n. 21673 del 22/1/2009, Pizzata, Rv. 243796 - 01; ma anche a sez. 5, n. 45002 del 13/7/2016, Crupi, Rv. 268457 - 01, in cui si e' ritenuta la utilizzabilita' della documentazione di atti compiuti autonomamente da autorita' straniere in un diverso procedimento penale all'estero - anche al di fuori dei limiti stabiliti dall'articolo 238 c.p.p. e articolo 78 disp. att. c.p.p., con il solo limite che tale attivita' non sia in contrasto con norme inderogabili e principi fondamentali, i quali, pero', non si identificano necessariamente con il complesso delle regole dettate dal nostro codice di rito, spettando inoltre a chi eccepisca tale incompatibilita' l'onere di dare la prova di essa, proprio in un caso in cui la richiesta aveva riguardato l'acquisizione di documentazione, come nella specie, e non l'esecuzione, da parte dell'autorita' straniera, di un atto di acquisizione probatoria). In conclusione, va ribadito quanto gia' affermato da questa Corte di legittimita' e da questa stessa sezione, piu' in generale: il diritto straniero e' un fatto e spetta a chi eccepisce il difetto di compatibilita' delle norme di quell'ordinamento con quelle interne dimostrarne il contenuto, e cio' tanto piu' laddove si tratti, come nel caso di specie, del diritto di un Paese membro dell'Unione Europea (sez. 4, n. 19216 del 6/11/2019, dep. 2020, Ascone, Rv. 274296, principio affermato in materia di intercettazioni, ma ancor piu' valido nel caso di acquisizione di documentazione). 3.5. Una volta riaffermato che la messaggistica di che trattasi non costituisce esito di captazione di conversazioni durante il flusso dinamico delle stesse, bensi' acquisizione di dati informatici direttamente utilizzabili a fini di prova (vedi, in motivazione, sez. 1, n. 34059 del 1/7/2022, Mo/isso), corretto e' il riferimento alla norma interna alla stregua della quale il materiale e' stato ritenuto utilizzabile: in altre decisioni, questa Corte ha gia' confermato l'avvenuta individuazione proprio nell'articolo 234 bis c.p.p. (introdotto dal Decreto Legge 18 febbraio 2015, n. 7, articolo 2, comma 1 bis, convertito, con modificazione, nella L. 17 aprile 2015, n. 43), a mente del quale "E' sempre consentita l'acquisizione di documenti e dati informatici conservati all'estero, anche diversi da quelli disponibili al pubblico, previo consenso, in quest'ultimo caso, del legittimo titolare". Il Tribunale, nell'ordinanza impugnata, ha affrontato la questione sotto il profilo della esistenza di un valido consenso all'acquisizione, trattandosi di dati non pubblici, detenuti dal Tribunale di Parigi che ne poteva legittimamente disporre. Orbene, una volta chiarita la natura dei dati acquisiti, e' rispetto ad essa che va verificata, ai fini della successiva utilizzabilita' nel presente procedimento, la legittimita' della loro apprensione con lo strumento azionato (nella specie, l'ordine di indagine emesso dal pubblico ministero). I dati acquisiti sono pienamente utilizzabili anche sotto tale profilo. In plurime decisioni di questa Corte, ormai, si e' riconosciuta l'applicabilita', ai casi come quello all'esame, della disposizione di cui all'articolo 234 bis c.p.p., stante la natura di documento del dato acquisito (come sopra chiarita), ritenuto il consenso all'acquisizione da parte del "legittimo titolare" di quei documenti o dati conservati all'estero, da intendersi come soggetto che di quei documenti o di quei dati poteva disporre: requisito in presenza del quale (in alternativa all'ipotesi di documento di pubblico dominio) e' pienamente legittimo il compimento di un'attivita' di acquisizione diretta di documentazione all'estero e che, invece, se assente, avrebbe reso necessaria l'attivazione di procedure di cooperazione giudiziaria internazionale (sez. 6, n. 18907/21, Civale, cit., in motivazione). Nella specie, i dati non sono stati richiesti a un detentore privato (per esempio, la (OMISSIS) che gestiva, prima della sua violazione da parte di polizie straniere, la piattaforma della quale si discute), ma ad un'autorita' giudiziaria che, nell'ambito di un diverso e autonomo procedimento, li aveva acquisiti dal server ove i dati stessi erano stati immagazzinati nell'ambito di altra indagine avente ad oggetto proprio la violazione di quella piattaforma (resa pubblica nel marzo del 2021). Rispetto a tale ricostruzione, pertanto, pare del tutto improprio parlare di consenso, dovendosi piuttosto verificare se, rispetto alla norma interna, chi ha trasmesso i dati ne potesse legittimamente disporne. E la risposta non puo' che essere positiva, sempre nei limiti del vaglio di coerenza con i principi fondamentali del nostro ordinamento, poiche' l'attivita' di acquisizione si e' addirittura svolta sotto la direzione di un giudice (il Tribunale di Parigi). In ogni caso, l'eventuale difetto del mancato consenso della societa' di gestione del server non configurerebbe la violazione di una norma inderogabile o di un principio fondamentale del nostro ordinamento, trattandosi di norma processuale interna, che non si identifica necessariamente con i principi fondamentali del nostro ordinamento (sul punto sez. 5, n. 45002 del 13/7/2016, Crupi, Rv. 268457, cit.). In realta', non assume rilevanza, in questa sede, la questione se quei dati siano stati acquisiti dalla magistratura francese ex post o in tempo reale (quindi come "dati freddi" o come "flussi di comunicazioni"). Infatti, quando la magistratura italiana chiese di ottenere quei dati e (a maggior ragione) quando quei dati le furono trasmessi, i flussi di comunicazione non erano certamente piu' in corso. La situazione non era dissimile, dunque, da quella che si verifica quando viene acquisito ex post un flusso di comunicazioni, scritte o per immagini, memorizzato sulla memoria di un apparecchio telefonico. In questi casi, la giurisprudenza ha costantemente ritenuto che la disciplina degli articoli 266 e ss. c.p.p. non possa trovare applicazione essendo destinata ad operare solo con riferimento a flussi di comunicazioni in atto (sez. 5, n. 1822 del 21/11/2017, Parodi, Rv. 272319; sez. 3, n. 29426 del 16/4/2019, Molitemo, Rv. 276358; sez. 6, n. 22417 del 16/3/2022, Sgromo, Rv. 283319). 3.6. In definitiva, deve rilevarsi che la misura e' stata emessa sulla scorta della documentazione posta nella disponibilita' della difesa, con pieno rispetto dunque delle regole del contraddittorio e delle prerogative difensive. Essa e' costituita da atti richiesti all'autorita' giudiziaria francese che li aveva autonomamente acquisiti secondo le regole processuali proprie di quello Stato membro. La verifica del rispetto delle norme inderogabili e dei principi fondamentali del nostro ordinamento e' stata operata dal Tribunale che, oltre ad avere richiamato in nota (vedi pagg. 7 e 8 della ordinanza impugnata) le norme processuali penali francesi, ha precisato che l'apprensione di quei dati era stata disposta dall'autorita' giudiziaria e non da un organo di polizia, in maniera coerente con il principio fondamentale posto dall'articolo 15 della nostra Costituzione. 3.7. Neppure puo' essere accolta la sollecitazione della difesa, contenuta nei motivi aggiunti, a rimettere la decisione alle Sezioni unite per asserito, esistente contrasto in punto utilizzabilita' dei dati dei quali si discute, essendosi gia' sopra chiarita la diversita' del contesto fattuale nel quale si e' inserito il precedente di questa Sezione (sentenza Lori del 2022) ed evidenziato il consolidarsi dell'orientamento seguito dalle altre sezioni e da questa stessa sezione sui punti al vaglio nel presente procedimento. Allo stesso modo, non puo' esser recepita la sollecitazione a promuovere questione pregiudiziale davanti alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, ai sensi dell'articolo 267 TFUE. Sul punto, deve intanto premettersi che, nel giudizio di cassazione, non sussistono i presupposti per il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'Unione Europea ai sensi del citato articolo, ove la parte si limiti a censurare direttamente l'incompatibilita' con il diritto Euro-unitario delle conseguenze di fatto derivanti dall'interpretazione del diritto interno, senza sollecitare un'esegesi generale e astratta della normativa nazionale ritenuta incompatibile con quella Europea (sez. 6, n. 44436 del 4/10/2022, Pa/amara, Rv. 28415101); e va pure ribadito che l'interpretazione fornita dalla CGUE dell'articolo 267, comma 3 TFUE, laddove prevede l'obbligo del rinvio per il giudice di ultima istanza, e' nel senso che non v'e' obbligo di rimettere in via pregiudiziale le questioni relative all'interpretazione delle norme comunitarie alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea quando il giudice nazionale abbia constatato che la questione non sia pertinente ne' rilevante, che la disposizione comunitaria abbia gia' costituito oggetto di interpretazione e che la corretta applicazione del diritto comunitario si imponga con tale evidenza da non lasciar adito a ragionevoli dubbi (sez. 3, n. 33101 del 07/06/2022, Prandini, Rv. 283519-02; sez. 4, n. 32899 del 8/1/2021, Casta/do, Rv. 281997). 3.7.1. Cio' posto, questa Corte ha fugato i dubbi interpretativi opposti a difesa e ritiene, pertanto, di non dover sollevare la questione pregiudiziale sollecitata. Nella specie, i quesiti proposti dalla difesa attengono all'interpretazione dell'articolo 6 della direttiva UE 2014/41, che indica quali debbano essere le "condizioni di emissione e trasmissione di un OEI" e, secondo il deducente, dovrebbe chiedersi alla Corte di Giustizia "se un ordine Europeo di indagine (in prosieguo: l'"OEI") volto all'acquisizione di prove gia' in possesso dello Stato di esecuzione (nel caso di specie: la Francia) debba essere emesso da un giudice, se, in base alla normativa dello Stato di emissione (nel caso di specie: l'Italia), la raccolta delle prove che ne costituisce la base avrebbe dovuto essere ordinata dal giudice in un caso interno analogo". Il quesito non e' pertinente, ne' rilevante nel caso in esame. Come gia' chiarito, i dati acquisiti dal pubblico ministero italiano mediante OEI sono qualificabili come "dati freddi" ai sensi dell'articolo 234 bis c.p.p. e l'ordinamento interno non richiede che l'acquisizione di questo tipo di dati debba essere ordinata da un giudice. Dovrebbe chiedersi, in subordine, "se cio' trovi applicazione quantomeno nel caso in cui lo Stato di esecuzione abbia eseguito la misura di cui trattasi nel territorio dello Stato di emissione con l'obiettivo di mettere successivamente i dati ottenuti a disposizione delle autorita' inquirenti dello Stato di emissione interessate ai dati ai fini dell'esercizio dell'azione penale" e "se un OEI mirante all'acquisizione di prove debba sempre essere emesso da un giudice (o da un organismo indipendente non coinvolto nelle indagini penali), senza tener conto delle norme nazionali in materia di competenza dello Stato di emissione, qualora la misura riguardi gravi ingerenze in diritti fondamentali di rango elevato". I quesiti si ispirano a quelli sottoposti alla CGUE dal Landgericht Berlin il 24 ottobre 2022 (causa C-670/22, come risulta anche dagli allegati alla memoria contenente i motivi aggiunti). Quella autorita', infatti, dovendo utilizzare elementi di prova acquisiti con OEI emessi dal pubblico ministero tedesco ed eseguiti dalla magistratura francese, aventi ad oggetto dati analoghi, ha investito la Corte di Giustizia ai sensi dell'articolo 267 TFUE. Non e' chi non veda come, in quella diversa sede, la questione pregiudiziale sia stata sollevata alla luce delle norme processuali dell'ordinamento tedesco, avendo l'autorita' tedesca peraltro prospettato che le attivita' eseguite dallo Stato di esecuzione avevano avuto ab origine l'obiettivo di mettere successivamente a disposizione delle autorita' inquirenti dello Stato di emissione i dati ottenuti. Pertanto, anche tale quesito e' irrilevante nel caso all'esame, nel quale la magistratura italiana ha chiesto di acquisire i risultati di attivita' di indagine autonomamente svolte dalla magistratura francese e gia' esaurite alla data dell'emissione degli OEI. 3.7.2. Ma la questione e' irrilevante anche con riferimento all'autorita' di emissione dell'OEI. La difesa ha omesso di considerare che, in base all'articolo 2 della Direttiva 2014/41/UE, l'OEI puo' essere emesso indifferentemente da "un giudice, un organo giurisdizionale, un magistrato inquirente o un pubblico ministero competente nel caso interessato"; oppure da autorita' non giudiziarie, ma competenti a svolgere indagini nell'ambito dei procedimenti penali e a disporre l'acquisizione di prove in conformita' del diritto nazionale, sebbene, in tal caso, l'ordine debba essere convalidato da un'autorita' giudiziaria che sara' considerata autorita' d'emissione ai fini della trasmissione dell'ordine stesso. Nella specie, l'OEI e' stato emesso da un pubblico ministero italiano, quindi da un magistrato indipendente da altri poteri dello Stato, stante lo statuto disegnato dalla nostra Carta fondamentale. Trattasi, dunque, di un magistrato certamente rientrante nell'elenco sopra richiamato, contenuto nella citata Direttiva, non ponendosi, dunque, per il nostro ordinamento, neppure astrattamente, l'esigenza di una verifica di coerenza sotto tale profilo. Sul punto, pare peraltro utile osservare come la Corte del Lussemburgo abbia addirittura statuito che l'articolo 1, paragrafo 1, e l'articolo 2, lettera c), della direttiva 2014/41 devono essere interpretati nel senso che rientra nelle nozioni di "autorita' giudiziaria" e di "autorita' di emissione", ai sensi delle disposizioni sopra citate, il pubblico ministero di uno Stato membro o, piu' in generale, la procura di uno Stato membro, indipendentemente dal rapporto di subordinazione legale che potrebbe esistere tra tale pubblico ministero o tale procura e il potere esecutivo di tale Stato membro, e dall'esposizione di detto pubblico ministero o di detta procura al rischio di essere soggetti, direttamente o indirettamente, ad ordini o istruzioni individuali da parte del predetto potere (vedi C-584/19, citata). 3.7.3. Quanto, poi, ai residui quesiti, gli stessi ineriscono piu' specificamente alla problematica del c.d. affidavit interstatale, ricavabile dall'articolo 6, § 1, lettera a) della piu' volte menzionata Direttiva, dubitando il ricorrente della compatibilita' della disciplina dello Stato richiesto (la Francia che ha opposto il segreto di stato sulle attivita' di captazione) con il nostro ordinamento, per impossibilita' di verificare quanto trasmesso. In tale prospettiva, il ricorrente ha sollecitato di proporre la questione se: - l'articolo 6, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2014/41 osti a un OEI volto al trasferimento di dati gia' disponibili nello Stato di esecuzione (la Francia) derivanti da un'intercettazione di telecomunicazioni - in particolare, dati relativi al traffico e all'ubicazione, nonche' registrazioni dei contenuti delle comunicazioni - qualora, in primo luogo, l'intercettazione effettuata dallo Stato di esecuzione riguardi tutti gli utenti di un determinato indirizzo di comunicazione, in secondo luogo, venga richiesto, tramite l'OEI, il trasferimento dei dati relativi a tutti gli indirizzi utilizzati sul territorio dello Stato di emissione e, in terzo luogo, non vi fossero indizi concreti della commissione di gravi reati da parte di detti singoli utenti al momento in cui e' stata disposta ed eseguita la misura di intercettazione ne' al momento dell'emissione dell'OEI; - l'articolo 6, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2014/41 osti a tale OEI qualora l'integrita' dei dati ottenuti grazie alla misura di intercettazione non possa essere verificata dalle autorita' dello Stato di esecuzione a causa dell'assoluta riservatezza dei dati; - l'articolo 6, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2014/41 osti a un OEI volto al trasferimento di dati di telecomunicazione gia' in possesso dello Stato di esecuzione (la Francia), qualora la misura di intercettazione di detto Stato alla base della raccolta dei dati sarebbe stata illegittima ai sensi del diritto dello Stato di emissione (l'Italia) in un caso interno analogo; - in subordine, cio' valga almeno allorche' lo Stato di esecuzione abbia effettuato l'intercettazione sul territorio dello Stato di emissione e nell'interesse di quest'ultimo. Premesso che i due ultimi quesiti sono del tutto de-assiali rispetto al thema decidendum, nella specie non avendo avuto l'OEI ad oggetto la richiesta di acquisizione di una prova da parte dello Stato richiesto, ma solo la trasmissione di una prova gia' acquisita da quel Paese che neppure e' stata acquisita al fine di metterla poi a disposizione dello stato richiedente, anche i primi due sono comunque irrilevanti, introducendo questioni non pertinenti e imponendosi la corretta applicazione del diritto unionale con tale evidenza da non lasciar adito a ragionevoli dubbi. Nella specie, infatti, la Procura della Repubblica di Reggio Calabria non ha chiesto alla Autorita' giudiziaria francese la trasmissione di dati relativi a tutti citi indirizzi utilizzati sul territorio italiano da una generalita' di utenti non individuata, bensi' la trasmissione di dati transitati su utenze riferibili ad alcuni specifici PIN, nell'ambito di un procedimento penale nel quale erano gia' emersi concreti indizi di reato. Quando gli OEI furono emessi, infatti, erano gia' in corso per quei reati operazioni di intercettazione regolarmente autorizzate dall'autorita' giudiziaria italiana. Il secondo quesito inerisce al controllo della integrita' dei dati trasmessi e, sul punto, pare sufficiente un rinvio a quanto gia' esposto a proposito delle censure, ritenute infondate, al ragionamento dei giudici territoriali, le chat essendo state trasmesse su supporto informatico dal Tribunale di Parigi che ne ha attestato la genuinita' della catena di custodia. 3.7.4. Anche gli ulteriori quesiti mancano l'obiettivo di introdurre dubbi in ordine alla corretta applicazione della Direttiva n. 41/2014, come implementata nel nostro ordinamento. La difesa, invero, continua a reiterare un erroneo approccio metodologico, omettendo di considerare il sistema delineato dalla Direttiva stessa, come sopra gia' ampiamente ricordato, opponendo un ipotetico abbassamento del livello delle garanzie difensive che, tuttavia, il legislatore sovranazionale ha debitamente preso in carico, disegnando uno strumento, come l'OEI, che presuppone l'osservanza delle garanzie dell'indagato e il rispetto del principio del giusto processo, anche mediante un rinvio, nei considerando, agli arti:. 48 e 52 della Carta di Nizza (considerando 12) e alle direttive 2010/64/UE, 2012/13/UE e 2013/48/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio che riguardano i diritti procedurali nei procedimenti penali (considerando 15). Il legislatore Europeo, peraltro, ha richiamato l'obbligo del rispetto dei diritti fondamentali e dei principi giuridici fondamentali, sanciti dall'articolo 6 TUE e dei diritti, delle liberta' e dei principi sanciti nella Carta (considerando 18), ma ha anche precisato che, nonostante la creazione di uno spazio di liberta', di sicurezza e di giustizia nell'Unione si fondi sulla fiducia reciproca e su una presunzione di conformita', da parte di tutti gli Stati membri, al diritto dell'Unione e, in particolare, ai diritti fondamentali, si tratta di una presunzione solo relativa che implica che, in caso vi siano seri motivi per ritenere che l'esecuzione di un atto di indagine richiesto in un OEI comporti la violazione di un diritto fondamentale e che lo Stato di esecuzione venga meno ai suoi obblighi in materia di protezione dei diritti fondamentali riconosciuti nella Carta, l'esecuzione dell'OEI dovrebbe essere rifiutata (considerando 19). In tale prospettiva, l'articolo 11, §1, lettera f), della Direttiva costituisce l'autorita' di esecuzione garante della compatibilita' dell'OEI con gli obblighi dello Stato di esecuzione ai sensi dell'articolo 6 TUE e della Carta, cosicche' deve ritenersi che in tale Stato si impone il controllo del rispetto dei diritti fondamentali e degli altri diritti processuali della persona sottoposta a indagini o imputata, con possibilita' di un controllo sulla decisione (mezzi di impugnazione). Nella specie, i dati sono stati forniti dal Tribunale di Parigi e, pertanto, nella acquisizione degli stessi e' intervenuta una autorita' giurisdizionale. A fronte di cio', la denuncia della violazione delle garanzie fondamentali dell'indagato o dell'imputato da parte delle autorita' dello Stato di esecuzione dinanzi all'autorita' dello Stato di emissione dell'OEI non puo' tradursi nella mera enunciazione dell'ipotesi, ma deve avere contenuto puntuale e adeguato corredo dimostrativo, requisiti non soddisfatti nel caso all'esame. 3.7.5. Infine, la difesa ha formulato dei dubbi anche con riguardo all'articolo 31 alla interpretazione dell'articolo 31, §§ 1 e 3, direttiva UE 2014/41, chiedendo porsi questione se: - una misura correlata con l'accesso clandestino ad apparecchiature terminali volta ad ottenere dati relativi al traffico, all'ubicazione e alle comunicazioni di un servizio di comunicazione via Internet costituisca un'intercettazione di telecomunicazioni ai sensi dell'articolo 31 della direttiva 2014/41; - la notifica di cui all'articolo 31, paragrafo 1, della direttiva 2014/41 debba essere sempre trasmessa a un giudice o se cio' valga quantomeno quando, in base al diritto dello Stato notificato (l'Italia), la misura prevista dallo Stato di intercettazione (la Francia) potrebbe, in un caso interno analogo, essere ordinata solo da un giudice; - ove l'articolo 31 della direttiva 2014/41 miri anche alla protezione dei diritti dei singoli utenti dei servizi di telecomunicazioni interessati, detta protezione si estenda anche all'utilizzo dei dati ai fini dell'esercizio dell'azione penale nello Stato notificato (l'Italia) e, in caso affermativo, detta finalita' sia equiparata alla finalita' ulteriore di proteggere la sovranita' dello Stato membro notificato. La questione e' irrilevante. L'autorita' giudiziaria italiana non ha chiesto l'esecuzione di intercettazioni, ne' e' stata richiesta in tal senso. Pertanto, non sussistono dubbi interpretativi sul punto specifico. Infine, non vi e' alcun dubbio da dirimere "sulle conseguenze giuridiche di una disciplina che pare aver legittimato, sulla scorta del principio di affidavit interstatale, l'acquisizione di prove in violazione del diritto dell'Unione". Si deve ribadire, infatti, che la premessa secondo la quale i dati trasmessi dalla Francia siano stati acquisiti in violazione del diritto dell'Unione non ha ricevuto in atti alcun riscontro. Pertanto, irrilevanti sono i rimanenti quesiti proposti dalla difesa con i motivi aggiunti. 4. Il secondo motivo del ricorso a firma dell'avv. (OMISSIS) e' parimenti infondato. La difesa censura l'omessa conoscenza dell'algoritmo utilizzato per la decriptazione della messaggistica acquisita, la doglianza dovendosi correlare al tema, invero prospettabile in termini meramente ipotetici, della corrispondenza del dato originale con quello trasmesso. La censura non coglie nel segno perche' confonde il tema della genuinita' del dato decrittato con quello della garanzia di integrita' della catena di custodia. Sotto il primo profilo, pare opportuno ribadire quanto gia' chiarito in altre decisioni di questa Corte di legittimita': l'attivita' di acquisizione di dati in giacenza (definiti freddi) o l'intercettazione di dati telematici in transito permette l'acquisizione, qualora il messaggio telematico sia criptato mediante un impiego di un algoritmo o di una chiave di cifratura e trasformato in un mero dato informatico, di una stringa informatica composta da un codice binario. In questo caso - come si e' gia' detto - l'intelligibilita' del messaggio e' subordinata all'attivil:a' di decriptazione che presuppone la disponibilita' dell'algoritmo che consente di trasformare il codice binario in un contenuto dimostrativo, ma ogni messaggio cifrato e' inscindibilmente accoppiato alla sua chiave di cifratura, sicche' la sola chiave esatta produrra' una decifratura corretta, dovendosi escludere che possa decifrarne una parte corretta e una non corretta; ne' vi sono possibilita' che una chiave errata possa decrittare il contenuto, anche parziale, del codice umano contenuto (sez. 1, n. 6364 del 13/10/2022, clep. 2023, Calderon, Rv. 283998, in motivazione, ma anche sez. 1, n. 6363, Minichino, n. m., in pari data). Del tutto pertinente, pertanto, e' il rinvio operato dal Tribunale ai principi gia' affermati da questa Corte di legittimita' con riferimento alle intercettazioni di flussi comunicativi, essendo gia' stato chiarito, sia pur con riferimento alla decriptazione della messaggistica con sistema Blackberry (quindi, "pin to pin" e non "end to end", come nella specie) che l'uso dell'algoritmo esclude la possibilita' di alterazioni o manipolazioni dei testi captati, in quanto, secondo la scienza informatica, ne consente la fedele riproduzione, salvo l'allegazione di specifici e concreti elementi di segno contrario (sez. 4, n. 30395 del 21/4/2022, Chianchiano, Rv. 283454; sez. 6, n. 14395 del 27/11/2019, dep. 2020, Testa, Rv. 275534). Trattasi di principi che, senza alcuna contraddittorieta' del ragionamento giustificativo che su di essi si fondi, come denunciato a difesa, possono applicarsi al caso all'esame, restando indifferente la distinzione tra messaggistica gia' acquisita e captazione di flussi di comunicazione. Del resto, proprio in tema di messaggistica scambiata con sistema cifrato " (OMISSIS)" e "ENCROCHAT", si e' pure affermato che la decriptazione delle conversazioni e delle comunicazioni e' attivita' distinta dalla captazione, tali dati costituendo rappresentazioni comunicative incorporate in una base materiale con un metodo digitale, ovvero dati informatici che hanno consentito la intelligibilita' del contenuto di stringhe redatte secondo il sistema binario (sez. 6, n. 18907 del 20/4/2021, Civale, Rv. 281819, in motivazione; sez. 1, nn. 6363 e 6364 del 13/10/2022, dep. 2023, cit.). 5. Il terzo motivo del ricorso a firma dell'avv. (OMISSIS) e tutti i motivi dei due atti di ricorso a firma dell'avv. (OMISSIS) sono manifestamente infondati. Premesso che il ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento del Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimita', in relazione alla peculiare natura del giudizio e ai suoi limiti, la sola verifica delle censure inerenti alla adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l'apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze gia' esaminate dal giudice di merito (sez. 2, n. 27866 del 17/6/2019, Mazzelli, Rv. 276976), va affermata la inammissibilita' del motivo di ricorso che censuri l'erronea applicazione dell'articolo 192 c.p.p., comma 3, se e' fondato su argomentazioni che si pongono in confronto diretto con il materiale probatorio, e non, invece, sulla denuncia di uno dei vizi logici, tassativamente previsti dall'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), riguardanti la motivazione della sentenza di merito in ordine alla ricostruzione del fatto (sez. 6, n. 13442 del 8/3/2016, De Angelis, Rv. 266924; sez. 2, n. 38676 del 24/5/2019, Onofri, Rv. 277518; Sez. U, n. 29541 del 16/7/2020, Filardo, Rv. 280027). Nella specie, oltre a rilevarsi l'assenza della denunciata violazione di legge che si risolve sostanzialmente nella censura del percorso motivazionale seguito dai giudici territoriali, va considerata la natura del materiale probatorio esaminato dai giudici del merito, per ribadire il principio consolidato (sia pur in materia di intercettazioni) per il quale la interpretazione e la valutazione del contenuto di conversazioni costituisce questione di fatto, rimessa all'esclusiva competenza del giudice di merito, il cui apprezzamento non puo' essere sindacato in sede di legittimita' se non nei limiti della manifesta illogicita' ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite (sez. 3, n. 44938 del 5/10/2021, Gregoli, Rv. 282337). La ricostruzione della associazione e' avvenuta alla stregua degli elementi riversati nella ordinanza impugnata, dai quali il Tribunale ha tratto l'esistenza degli elementi costitutivi del reato associativo, tratteggiandone i connotati e la convergenza verso un obiettivo comune del gruppo, dando conto del ruolo del (OMISSIS) all'interno di quest'ultimo, ponendo in risalto elementi fattuali ricavabili anche dalle modalita' di consumazione di alcuni reati fine, ritenuti espressione del modus operandi del gruppo. I deducenti, di contro, si sono limitati a fornire una lettura alternativa delle emergenze fattuali, preclusa in questa sede, deputata unicamente al rilievo di violazioni di legge, tuttavia inesistenti, o di incongruita' motivazionali smentite pero' dalla esaustivita' e logicita' delle argomentazioni spese nell'ordinanza impugnata. In realta' le doglianze difensive (anche quelle veicolate con memoria) sono state esaminate dal Tribunale che, nel darne atto, vi ha replicato, contrariamente a quanto asserito nel secondo motivo di ricorso a firma dell'avv. (OMISSIS), ritenendole inidonee a scalfire la gravita' degli elementi indiziari raccolti. Cosicche' deve escludersi l'asserito "silenzio" motivazionale in ordine a quanto dedotto con tale memoria, aggiungendosi peraltro che - in sede di legittimita' - non e' censurabile il silenzio su una specifica deduzione prospettata con il gravame, quando risulti che la stessa sia stata disattesa dalla motivazione complessivamente considerata (sez. 1 n. 27825 del 22/5/2013, Caniello, Rv. 256340; sez. 5 n. 6746 del 13/12/2018, dep. 2019, Curro', Rv. 275500). Inoltre, va ricordato, quanto al ruolo associativo, che non vi e' alcuna contraddittorieta' nel ragionamento in base al quale si e' ritenuto, sulla scorta delle informazioni ricavate dagli scambi tra gli indagati, che il (OMISSIS), non solo era stato impegnato nella fase della esfiltrazione che, come analiticamente indicato nella ordinanza, avveniva con un articolato modus operandi, applicato a operazioni ripetitive e della stessa specie, avvalendosi di squadre di portuali e di altri operatori infedeli, presupponendo, dunque, una piena consapevolezza dell'asservimento al sodalizio; ma era stato coinvolto anche nella fase del trasporto fuori dall'area portuale, senza che il suo interesse ad accaparrarsi una parte della droga possa esser letto per cio' solo in maniera contraddittoria rispetto alla disponibilita' manifestata con riferimento a fasi precedenti dell'operazione. Cio' che e' necessario, infatti, e' che i rapporti tra i soggetti che interagiscono in tale contesto si traducano in forme di interazione nell'ambito di un gruppo organizzato e non di relazioni di tipo diretto ed immediato, prive di riferimenti al ruolo esponenziale dei predetti per conto della consorteria (sez. 3, n. 9036 del 31/1/2022, Santoro, Rv. 282838). In tal senso, assume rilievo anche il coinvolgimento in un solo reato-fine, allorquando le connotazioni della condotta dell'agente, consapevolmente servitosi dell'organizzazione per commettere il fatto, ne rivelino, secondo massime di comune esperienza, un ruolo nelle dinamiche operative del gruppo criminale (sez. 3, n. 36381 del 9/5/2019, Cruzado, Rv. 276701-06), ruolo che si atteggi specificamente, in funzione delle dinamiche operative e della crescita criminale dell'associazione (sez. 6, n. 1343 del 4/11/2015, dep. 2016, Policastri, Rv. 265890; n. 50965 del 2/12/2014, D'Aloia, Rv. 261379). 6. Infine, e' infondato il motivo formulato con l'ulteriore ricorso dell'avv. (OMISSIS). Quanto all'aggravante mafiosa, infatti, va premesso che, per la sua configurabilita', non e' richiesta la sussistenza di una compagine mafiosa o camorristica di riferimento, non solo quando e' contestato l'utilizzo del metodo mafioso, ma anche quando e' addebitata la finalita' agevolativa, anche se, in questa seconda evenienza, occorre che lo scopo sia quello di contribuire all'attivita' di un'associazione operante in un contesto di matrice mafiosa, in una logica di contrapposizione tra gruppi ispirati da finalita' di controllo del territorio con le modalita' tipiche previste dall'articolo 416 bis c.p. (sez. 2, n. 27548 del 17/5/2019, Ga//e//i, Rv. 276109-01). Nella specie, il Tribunale ha descritto la fase della "committenza" dei lavori di esfiltrazione da parte dell'organizzazione criminale importatrice che si rivolge a uno dei gruppi criminosi (due dei quali operativi in Gioia Tauro e Palmi), al fine di organizzare le operazioni di esfiltrazione della droga dal porto, sino alla fase della consegna della droga nel luogo indicato dalla committenza. In ogni caso e risolutivamente, ai fini della valutazione dell'interesse all'annullamento, deve rilevarsi che, confermato il grave quadro indiziario nei termini di cui alla incolpazione provvisoria (ivi compresa l'aggravante speciale della transnazionalita' di cui all'articolo 61 bis c.p., non contestata dalla difesa), la legittimita' della misura non puo' ricondursi all'eventuale difetto dei presupposti di detta aggravante, stante l'assenza di ripercussioni sull'an o sul quomodo della cautela (sez. 3, n. 20891 del 18/6/2020, Piccirillo, Rv. 279508) anche quanto alla riduzione dei termini di fase della misura in atto (sez. 3, n. 36731 del 17/4/2014, Inzerra, Rv. 260256). Pertanto, anche sotto tale profilo, la Corte non ritiene esistenti dubbi interpretativi o questioni sulle quali si delinei un contrasto che impongano di accogliere la sollecitazione difensiva. 7. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e la trasmissione degli atti alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROSI Elisabetta - Presidente Dott. BORSELLINO Maria Daniela - Consigliere Dott. CIANFROCCA Pierluigi - rel. Consigliere Dott. AIELLI Lucia - Consigliere Dott. FLORIT Francesco - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto nell'interesse di: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); contro la sentenza della Corte di appello per i Minorenni di Messina del 7.7.2022; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Pierluigi Cianfrocca; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Molino Pietro, che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso; uditi gli Avv.ti (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), che hanno concluso per l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. La Corte di appello per i Minorenni di Messina ha confermato la sentenza con cui, in data 11.5.2022, il GUP presso il Tribunale per i Minorenni di quella stessa citta' aveva riconosciuto l'odierno ricorrente responsabile dei reati di rapina pluriaggravata in concorso, lesioni pluriaggravate in concorso e porto ingiustificato di oggetto atto alla offesa alla persona per cui, ritenuto il vincolo della continuazione tra le diverse violazioni di legge, con la diminuente per la minore eta' stimata equivalente alle aggravanti contestate sul delitto di cui al capo a), applicata infine la riduzione per la scelta del rito, lo aveva condannato alla pena finale di anni 4 di reclusione ed Euro 1.200 di multa con confisca e distruzione di quanto in giudiziale sequestro; 2. ricorre per cassazione il difensore dell'imputato deducendo: 2.1 violazione di legge e difetto di motivazione in relazione al combinato disposto degli articoli 125, 192 e 533 c.p.p. e articoli 110, 628, 582 e 585 c.p., L. n. 110 del 1975, articolo 4: rileva che la sentenza impugnata non fa altro che riproporre l'apparato motivazionale di quella di primo grado senza alcun elemento di novita' in relazione alle censure articolate con l'atto di appello cui i giudici della Corte messinese non hanno fornito risposta dando luogo, percio', ad una decisione che e' suscettibile, sotto questo profilo, di censura in sede di legittimita'; tanto premesso, rileva che la sentenza impugnata ha condiviso il valutazione di attendibilita' della deposizione della persona offesa sulla scorta, tuttavia, di un ragionamento di tipo meramente assertivo, frutto di un atteggiamento di tipo fideistico, oltre che cumulativo, concernente, cioe', sia il ricorrente che il correo; segnala che, a fronte del riconoscimento informale operato dalla vittima, la sentenza non ha risposto alla censura difensiva circa la impossibilita' di escludere che il (OMISSIS) avesse riconosciuto in foto non gia' l'autore del delitto quanto colui che pensava fosse l'accompagnatore del (OMISSIS) in quanto da costui impropriamente evocato; segnala che, a fronte delle dichiarazioni del (OMISSIS), secondo cui il (OMISSIS), durante il viaggio in auto, aveva interloquito con tale " (OMISSIS)", le evidenze documentali dei tabulati davano conto di contatti intercorsi esclusivamente con tale (OMISSIS); rileva, ancora, la illogicita' della affermazione della Corte di appello secondo cui i contatti tra il (OMISSIS) ed il ricorrente avrebbero potuto passare anche attraverso altri canali di comunicazione e non necessariamente per telefono; rileva, ancora, che la aggressione del (OMISSIS) e' avvenuta tra le 23.15 e le 23.20 laddove la telefonata tra il (OMISSIS) ed il ricorrente era delle 23.30,52, dati contrastanti con quelli riportati nella sentenza impugnata che ha collocato la rapina tra le 23,33 e le 23,36, al solo fine di poter "collocare" il giovane sul posto, ma senza tener conto che gia' in precedenza il (OMISSIS) aveva chiamato la fidanzata per raccontarle quanto gli era accaduto; sottolinea come l'omessa considerazione di questo dato finisce per inficiare l'intero ragionamento dal momento che il solo aggancio della cella telefonica non puo' dimostrare la partecipazione al delitto ma, al piu', la presenza all'interno dell'area, piuttosto estesa, coperta dalla stessa; rileva, ancora, che il (OMISSIS) era stato rintracciato a casa della nonna dove aveva riferito di aver passato la notte perche' in stato febbrile e dove, inoltre, non erano stati trovati gli indumenti descritti dal (OMISSIS) ne' il bracciale che si nota al polso del soggetto che brandiva la mazza e che la motivazione della sentenza impugnata e', sul punto, meramente congetturale; 2.2 vizio di motivazione in relazione agli articoli 62-bis e 133 c.p., manifesta illogicita' in ordine al ricorso delle circostanze attenuanti generiche: segnala come non sia consentito motivare sul diniego delle attenuanti generiche operando una valutazione di tipo "collettivo" trattandosi di elementi che permettono di individualizzare il trattamento sanzionatorio con riguardo alla personalita' del singolo ed alla concretezza del fatto laddove la gravita' del reato non e' di per se' di ostacolo al loro riconoscimento; 3. la Procura Generale, nonostante la tempestiva e rituale richiesta di discussione orale avanzata dalla difesa, ha trasmesso la requisitoria scritta ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8 concludendo per l'inammissibilita' del ricorso che, a suo avviso, si risolve nella riproposizione delle stesse censure formulate in sede di appello, senza tuttavia confrontarsi con le ragioni, non manifestamente illogiche, poste dalla Corte territoriale a fondamento della decisione e finendo per introdurre critiche di merito e non consentite proposte di rilettura, peraltro smentite dalle chiare evidenze in atti. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso e' inammissibile in quanto articolato su censure o manifestamente infondate o, comunque, non consentite in questa sede. 1. L'odierno ricorrente era stato tratto a giudizio ed e' stato riconosciuto responsabile, nei due gradi di merito ed all'esito di un conforme apprezzamento delle medesime emergenze investigative (utilizzabili in forza della opzione per il rito abbreviato), del delitto di rapina pluriaggravata in concorso (con il maggiore di eta' (OMISSIS)) perpetrata in danno di tale (OMISSIS) della cui autovettura i due, usando violenza e minaccia nei confronti della vittima, si erano appropriati; secondo la ricostruzione proposta dalla pubblica accusa e condivisa nelle due sentenze di merito, il (OMISSIS), dopo aver trascorso il pomeriggio a casa del (OMISSIS), dove si trovava avendo una relazione con la figlia della compagna di questi, alla sera si era fatto accompagnare sino a (OMISSIS) ma, durante il tragitto, aveva contattato il ricorrente sicche', ivi giunti, aveva estratto le chiavi dal dispositivo di accensione del veicolo tentando di scaraventare il (OMISSIS) fuori dall'auto riuscendoci infine con l'aiuto del complice, giunto nel frattempo brandendo un bastone con cui aveva colpito la persona offesa consentendo di portare a termine l'azione. 1.1 Il GUP aveva ricostruito l'episodio richiamando le dichiarazioni rese dal (OMISSIS) il quale aveva coinvolto il ricorrente da lui riconosciuto nel giovane che, all'altezza del distributore, aveva raggiunto il (OMISSIS) e dove, per l'appunto, era accorso per dar man forte al complice brandendo un bastone con cui lo aveva colpito e scaraventato fuori dell'abitacolo. Il (OMISSIS), secondo quanto esposto nella sentenzia di primo grado, aveva riconosciuto il ricorrente "... specificando di averlo gia' visto in diverse occasioni in compagnia del primo, dal momento che era un amico del (OMISSIS) medesimo" (cfr., dalla sentenza primo grado). Il primo giudice aveva inoltre evidenziato che dai tabulati del telefono in uso al (OMISSIS) erano risultate sette chiamate in uscita verso l'utenza in uso al ricorrente (alle 23.30, alle 23,50, alle 23,51, alle 1,12) e, inoltre, la foto, scattata alle 23,24 del 6.10.2021, del bastone con il quale il (OMISSIS) aveva sostenuto essere stato colpito. 1.2 Con l'atto di appello la difesa aveva insistito sul fatto che, dall'esame dei tabulati, era emerso che il (OMISSIS), nel tragitto sino a Messina, diversamente da quanto riferito dal (OMISSIS), aveva interloquito non gia' con il ricorrente ma con tale (OMISSIS) conseguente inattendibilita' del (OMISSIS) che aveva riferito di contatti con il giovane; aveva dunque evidenziato che il riconoscimento operato dalla vittima era stato frutto di suggestione (dovuta al fatto di conoscere il ricorrente come amico del (OMISSIS)) trattandosi di un episodio accaduto di notte e durato pochi istanti e, in particolare, come testimoniato dalle parole della fidanzata del (OMISSIS), avvenuto tra le 23,15 e le 23.20, antecedentemente ai contatti telefonici tra i due; la difesa aveva ancora insistito sull'alibi" del ragazzo e sul fatto che, dalla perquisizione, non era stato rinvenuto nulla di utile. 1.3 Ritiene il collegio che la Corte di appello abbia fornito una risposta congrua ed esaustiva ai rilievi difensivi che ha disatteso con motivazione esente da profili di manifesta illogicita' e, invece, puntualmente ancorata alle emergenze istruttorie specificamente richiamate. Ha infatti condiviso le conclusioni del primo giudice giudicando le parole del (OMISSIS) pienamente affidabili avendo egli fornito una ricostruzione coerente, minuziosa e puntuale dell'episodio; ha escluso potesse dubitarsi del riconoscimento, tenuto conto che si trattava di persona gia' conosciuta spiegandosi in tal modo perche', nonostante la repentinita' dell'episodio (comunque durato "qualche minuto": cfr., pag. 9), il (OMISSIS) fosse stato sicuro della identificazione del complice del (OMISSIS). I giudici di appello hanno valorizzato la chiamata della durata di 12 secondi intercorsa tra (OMISSIS) ed il ricorrente alle 23.30,52 quando i due si trovavano all'interno di "celle" differenti risultando percio' corroborata la affermazione del (OMISSIS) il quale aveva udito il (OMISSIS) rivolgersi al ricorrente dicendogli "... fatti vedere la'. Muoviti. Stiamo arrivando". Con argomentazione immune da vizi ed anzi del tutto lineare, la Corte di appello ha potuto "correggere" l'errore in cui era incorso il (OMISSIS) nell'indicare l'orario dell'episodio che, invece, era stato possibile individuare con precisione con quello corrispondente alle foto rinvenute dell'abitacolo della vettura rinvenute nel telefono del (OMISSIS) e scattate alle 23,36 e 23,38 laddove la chiamata alla (OMISSIS) era intervenuta, come da costei riferito in via approssimativa, "verso le 23,30" (cfr., pag. 6). I giudici di merito hanno inoltre fornito una spiegazione non meramente congetturale del mancato rinvenimento di "contatti" tra i due imputati nel corso della serata, sottolineando che, nonostante la loro assidua frequentazione, non ve ne era traccia alcuna nemmeno nei giorni antecedenti. Altrettanto lineare, in quanto fondata su un dato fattuale non contrastato dalla difesa, e' la considerazione relativa alla assenza di immagini, riprese dalla videocamera di sorveglianza installata all'ingresso dello stabile, che avessero immortalato il ricorrente in uscita o in entrata dalla abitazione della nonna (ove, la mattina, sarebbe stato rinvenuto dagli operanti intervenuti a seguito della denunzia del (OMISSIS)). Diversamente da quanto opinato dalla difesa, non vi e' dunque spazio alcuno per il ventilato "travisamento" della prova poiche' la Corte di appello ha preso in esame tutte le emergenze istruttorie e, sulla scorta dei rilievi difensivi, ha potuto tuttavia argomentare sulla solidita' del quadro accusatorio, corroborato da un "doppio" riconoscimento operato dal (OMISSIS) al quale, dopo la individuazione dei contatti con l' (OMISSIS), era stato sottoposto un ulteriore album fotografico con l'effige di quest'ultimo che egli, tuttavia, aveva escluso trattarsi del complice del (OMISSIS) nuovamente invece riconosciuto per l'odierno ricorrente. Altrettanto incensurabile e' la motivazione articolata sul trattamento sanzionatorio avendo la Corte territoriale congruamente argomentato sulla personalita' del giovane e sulla sua condotta processuale: a tale ultimo proposito, vale la pena di ricordare che l'imputato non puo' essere penalizzato, con il diniego delle circostanze attenuanti generiche, a causa della scelta (legittima) di non presentarsi al processo ovvero di difendersi anche in maniera decisa e persino puntigliosa dalle accuse che gli vengano mosse; e' anche vero, tuttavia, che altrettanto legittima e' la motivazione con cui, da questa condotta, ed in mancanza di altri elemento positivamente valutabili, il giudice affermi di non poter ricavare alcun elemento favorevole per il loro riconoscimento (cfr., sul punto, Sez. 2, n. 28388 del 21.4.2017, Leo). P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalita' e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52 in quanto imposto dalla legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CATENA Rossella - Presidente Dott. DE MARZO Giuseppe - Consigliere Dott. SESSA Renata - Consigliere Dott. PILLA Egle - Consigliere Dott. BRANCACCIO Matilde - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 10/05/2022 della CORTE APPELLO di GENOVA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere MATILDE BRANCACCIO; udito il Sostituto Procuratore Generale MARIA FRANCESCA LOY che ha concluso chiedendo l'inammissibilita' dei ricorsi; udito il difensore degli imputati, l'avv. (OMISSIS), il quale si riporta ai motivi nuovi gia' depositati ed insiste nell'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Viene in esame la sentenza della Corte d'Appello di Genova, che, in parziale riforma della decisione del GIP del Tribunale di Savona, emessa all'esito di rito abbreviato, ha riqualificato il reato ascritto a (OMISSIS) e (OMISSIS) nell'ipotesi di tentato furto aggravato in abitazione ai danni di (OMISSIS) (capo a, inizialmente contestato come delitto consumato), confermando nel resto la condanna per il connesso reato di tentato sequestro di persona aggravato nei confronti della vittima (capo b) e per l'ulteriore tentativo di furto in abitazione ai danni di (OMISSIS) (capo c); nei confronti degli imputati sono state concesse le attenuanti generiche e la circostanza di cui all'articolo 62 c.p., comma 1, n. 6, in forma equivalente alle aggravanti contestate ed alla recidiva ex articolo 99 c.p., comma 4. La sentenza d'appello ha ritenuto di confermare la dosimetria sanzionatoria. 2. Avverso il provvedimento in esame hanno proposto ricorso gli imputati in data 23.9.2022, tramite il difensore di fiducia, deducendo un unico motivo di censura, incentrato sulla nullita' della sentenza d'appello, avuto riguardo alla determinazione della misura della pena finale, violativa del divieto di reformatio in peius, poiche': - si e' ritenuto di non operare alcuna riduzione della pena inflitta per il reato continuato, nonostante la riqualificazione della fattispecie sub a) da furto in privata dimora consumato in un'ipotesi tentata; - non si e' rimodulata la continuazione criminosa, considerando piu' grave reato quello di cui al capo b), vale a dire il tentativo di sequestro di persona ai danni della vittima piuttosto che quello del tentativo di furto di cui al capo a), omettendo qualsiasi risposta al motivo specifico d'appello proposto. 2.1. In data 16 marzo 2023 i ricorrenti hanno depositato motivi aggiunti con i quali chiedono che venga dichiarata l'estinzione del reato di cui al capo b) - tentato sequestro di persona - alla luce della nuova procedibilita' su istanza di parte di esso, derivata dall'entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 150 del 2022, e tenuto conto della dichiarazione di rinuncia alla costituzione di parte civile, manifestata, sin dal primo grado di giudizio (cfr. pag. 3 della sentenza del GIP), espressamente nella quietanza sottoscritta dalla persona offesa, che si e' dichiarata ivi soddisfatta di ogni pretesa. La difesa ritiene che tale quietanza integri quel comportamento incompatibile con la volonta' di persistere nella querela contemplato nell'articolo 152 c.p., comma 2, ed evidenzia come, secondo le Sezioni Unite Chiasserini, la remissione di querela determini l'estinzione del reato anche in caso di ricorso inammissibile. I ricorrenti si richiamano all'orientamento di legittimita' secondo cui integra remissione tacita di querela la sottoscrizione di atto di quietanza con accettazione di una somma e rinuncia ad ogni azione civile e penale (Sez. 4, n. 13204 del 18/1/2022). Inoltre, traendo spunto dalla giurisprudenza di legittimita' che, quando interviene una modifica normativa sulla procedibilita' a querela di un reato, ritiene la persistente costituzione di parte civile idonea a determinare la piena sussistenza dell'istanza di punizione e, conseguentemente, della condizione di procedibilita', i ricorrenti chiedono che, in un'ottica di favor rei, debba trovare applicazione nella fattispecie un principio speculare: la mancata costituzione di parte civile, ab initio, come precisa scelta espressa in quietanza in cui la persona offesa, ritenendosi soddisfatta di ogni pretesa, ha rinunciato a costituirsi ed a qualsivoglia azione, integra quel comportamento incompatibile "con la volonta' di persistere nella querela", contemplato dalla norma dettata dall'articolo 152 c.p., comma 2. Nel caso di specie, l'importo di Euro 1000 e' stato effettivamente versato in data 06.05.2019 e, pertanto, la dichiarazione della persona offesa (che la difesa ha allegato) rileva ai fini della valutazione dell'istituto della remissione extraprocessuale tacita della querela ex articolo 152 c.p., quale fatto assolutamente inequivoco ed incompatibile con la volonta' di persistere nella querela e nell'istanza di punizione. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' inammissibile. Gli imputati sono stati condannati per due condotte di tentato furto aggravato in abitazione, ai danni di due donne, nonche' per il sequestro di persona della vittima del primo dei due furti, contestato al capo a), nel corso del quale aveva chiuso dall'esterno la porta dell'abitazione della vittima impedendole di uscire. 2. Quanto alla prima delle due obiezioni difensive contenute nell'unico motivo di censura, se ne rileva la manifesta infondatezza. Il ricorrente contesta la mancata riduzione della pena inflitta per il reato continuato, nonostante la riqualificazione della fattispecie sub a), da furto in privata dimora consumato nella sua corrispondente ipotesi tentata. Tuttavia, la Corte d'Appello ha evidenziato, proprio con riguardo al trattamento sanzionatorio, che la sentenza di primo grado aveva erroneamente fatto riferimento alla pena base, applicando la riduzione prevista per il furto tentato, nonostante la configurazione del reato come consumato cui il Tribunale era giunto, sicche' - verificata positivamente, da parte del Collegio, tale circostanza - ha reputato congrua tale determinazione, adeguata alla gravita' del reato, pur sempre connotato, anche nella forma tentata, da evidente scaltrezza e da assenza di scrupoli nei confronti della vittima anziana, nella cui abitazione i ricorrenti si erano introdotti con l'inganno; si e' ritenuto, infine, che la dosimetria gia' indicata in 4 anni di reclusione e 1.200 Euro di multa, in primo grado per il delitto tentato. La motivazione si mostra priva di iati argomentativi e perfettamente corrispondente ai canoni logici richiesti dalla pacifica giurisprudenza di questa Corte regolatrice per sostenere le ragioni del trattamento sanzionatorio indicato dal giudice di merito. 3. La seconda obiezione introdotta dal ricorso eccepisce la mancata rimodulazione della continuazione criminosa, considerando piu' grave reato quello di cui al capo b), vale a dire il tentativo di sequestro di persona ai danni della vittima. Il motivo e' inammissibile perche' privo di interesse, come appare evidente dalla constatazione che i ricorrenti invocano una soluzione di calcolo sanzionatorio per il reato continuato a loro piu' sfavorevole, come sarebbe quella di rideterminare la misura della continuazione criminosa partendo da una pena base riferita ad un editto piu' elevato nel massimo - quello per l'ipotesi di maggior gravita' del sequestro di persona, pari ad otto anni di reclusione - piuttosto che da quella effettivamente utilizzata come base per il calcolo della pena ex articolo 81 cpv. c.p. (il tentativo di furto aggravato in privata dimora, che prevede una pena massima, ai sensi dell'articolo 56 c.p. e articolo 624-bis c.p., comma 3, pari a 7 anni e sei mesi di reclusione). 4. Quanto ai motivi aggiunti, pur essendo esatto che il Decreto Legislativo n. 150 del 2022, entrato in vigore il 31.12.2022, ha determinato la modifica del regime di procedibilita' del delitto di sequestro di persona, da reato perseguibile d'ufficio a reato procedibile a querela, e' errato l'altro presupposto in base al quale si invoca l'estinzione del reato, vale a dire l'esistenza di una remissione tacita di querela in relazione al reato di cui al capo b). Infatti, la dichiarazione di rinuncia alla costituzione di parte civile ad opera della persona offesa dal reato, (OMISSIS), che la difesa ritiene sia stata manifestata, sin dal primo grado di giudizio, espressamente nella quietanza sottoscritta dalla persona offesa, che si e' dichiarata ivi soddisfatta di ogni pretesa, non puo' essere ritenuta tale. Ne' tantomeno tale quietanza integra quel comportamento incompatibile con la volonta' di persistere nella querela contemplato nell'articolo 152 c.p., comma 2, che pure la giurisprudenza di legittimita' ritiene possa configurare una remissione tacita di querela (Sez. 4, n. 13204 del 18/1/2022, Ottaviani, Rv. 282935). Infatti, integra remissione tacita di querela la sottoscrizione di un atto di quietanza con accettazione di una somma di denaro a saldo e stralcio di ogni pretesa, con rinuncia ad ogni azione civile e penale, trattandosi di manifestazione della volonta' del querelante di non persistere nell'istanza punitiva. Nel caso di specie, a prescindere dalle considerazioni in punto di diritto riguardo a tale opzione ermeneutica, deve preliminarmente rilevarsi che la quietanza depositata dalla difesa come proveniente dalla persona offesa dia atto soltanto della ricezione dell'importo di 500 Euro, a parziale soddisfacimento della complessiva somma di 1.500 Euro cui sarebbe conseguito il soddisfacimento delle pretese risarcitorie e la dichiarata volonta' di non costituirsi parte civile. La successiva elargizione della residua somma di 1000 Euro, invece, e' attestata solo da un ordine di bonifico, di cui si ignora se sia andato a buon fine, se sia stato ricevuto dalla vittima del reato e se, quindi, in ultima analisi, abbia costituito la base fattuale per poter ritenere la volonta' di rimettere tacitamente la querela. L'insussistenza dei caratteri concreti di configurabilita' della remissione tacita di querela enunciati dall'opzione ermeneutica predetta, rende inutile, quindi, l'osservazione difensiva secondo cui non vi e' stata, corrispondentemente, costituzione di parte civile nel corso del processo, a conferma della invocata "quietanza". Ne' puo' aderirsi alla tesi del ricorrente, secondo cui la mancata costituzione di parte civile lascerebbe intendere l'assenza di querela, ragionando specularmente all'opzione consolidata nella giurisprudenza di legittimita', che vuole che la costituzione di parte civile, coltivata anche successivamente all'entrata in vigore di discipline che incidano sulla procedibilita' d'ufficio, implichi volonta' querelatoria (cfr., in tema Sez. U, n. 40150 del 21/6/2018, Salatino, in motivazione; nonche' Sez. 2, n. 28305 del 18/6/2019, Mumlek, Rv. 276540; Sez. 5, n. 43478 del 19/10/2001, Cosenza, Rv. 220259). 5. Alla declaratoria d'inammissibilita' dei ricorsi segue, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti che lo hanno proposto al pagamento delle spese processuali nonche', ravvisandosi profili di colpa relativi alla causa di inammissibilita' (cfr. sul punto Corte Cost. n. 186 del 2000), al versamento, a favore della Cassa delle Ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 3.000 P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SABEONE Gerardo - Presidente Dott. CANANZI Frances - rel. Consigliere Dott. SCORDAMAGLIA Irene - Consigliere Dott. CUOCO Michele - Consigliere Dott. CARUSILLO Elena - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 17/12/2021 della CORTE APPELLO di TRENTO; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere FRANCESCO CANANZI; udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale ODELLO LUCIA, che ha chiesto rigettarsi i ricorsi; udite le conclusioni dell'avvocato (OMISSIS), anche in sostituzione dell'avvocato (OMISSIS), nella qualita' di difensore e procuratore delle parti civili (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS) udito l'avvocato (OMISSIS) nell'interesse dei ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS), che ha illustrato i motivi dei ricorsi e ne ha chiesto l'accoglimento. RITENUTO IN FATTO 1. La Corte di appello di Trento, con la sentenza emessa il:17 dicembre 2021, confermava la condanna di (OMISSIS), mentre riformava la sentenza mandando assolta (OMISSIS), entrambi condannati in primo grado dal Tribunale di Trento per il reato di violenza privata (capo a - articolo 610 c.p.), turbativa violenta del possesso di cose immobili (capo b - articolo 634 c.p.), nonche' per mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice (capo c - articolo 388 c.p.), condotte tutte relative alla condotta di aver parcheggiato l'autovettura lungo la strada di accesso al condominio cosi' da "impedire il passaggio degli altri autoveicoli" e da costringere "i residenti a tollerare l'impossibilita' di raggiungere la loro abitazione con i veicoli di proprieta'", con la predetta violenza turbando il pacifico possesso del diritto di passo sulla predetta strada, nonche' sottraendosi all'esecuzione degli obblighi conseguenti al provvedimento inibitorio della autorita' giudiziaria civile del Tribunale di Trento del 5 febbraio 2019, proseguendo nella condotta di parcheggio predetta. 2. Il ricorso per cassazione proposto nell'interesse di (OMISSIS) consta di sette motivi, quello proposto nell'interesse di (OMISSIS) di due motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall'articolo 173 disp. att. c.p.p.. 3. Il primo motivo del ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS) deduce violazione dell'articolo 610 c.p., avendo la Corte di merito ritenuto configurabile il delitto di violenza privata pur avendo affermato non l'impossibilita', bensi' la prova del disagevole o malagevole passaggio a seguito della riduzione della ampiezza della carreggiata conseguente al parcheggio dell'auto del ricorrente nella stradina di accesso al condominio, per un ampio arco di tempo. Lamenta il ricorrente che il delitto di violenza privata richieda un evento ulteriore, rispetto a quello in esame, da rinvenirsi nella limitazione della liberta' di movimento del soggetto passivo che deve condurre alla impossibilita' dell'accesso o del recesso e non solo alla natura disagevole degli stessi, con una difficolta' di manovra che la giurisprudenza di legittimita' escludeva integrasse il delitto contestato. Pertanto, tenendo in conto che cio' che era contestata nell'imputazione era l'impossibilita' di accesso, non rileverebbe la natura disagevole dello stesso ne' l'impossibilita' circoscritta ai soli "mezzi piu' grandi", come indicato nella impugnata sentenza. 4. Il secondo motivo deduce violazione dell'articolo 15 c.p.. La Corte di appello avrebbe errato nel ritenere configurabile il delitto di violenza privata a fronte della contestazione, al capo b), del reato di turbativa violenta di possesso, risultando dall'imputazione le due condotte assolutamente sovrapponibili, anche per il rinvio fattuale della seconda alla prima quanto alla violenza in concreto esercitata. Dovrebbe, pertanto, prevalere la specialita' del delitto previsto dall'articolo 634 c.p. in quanto, a differenza di quanto ritenuto dalla Corte territoriale e secondo quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimita', possono concorrere i reati solo se la violenza privata sia funzionale a una limitazione diversa da quella prevista dalla turbativa di possesso, il che nel caso in esame non e', cosicche', in forza dell'articolo 15 c.p., e' configurabile il solo delitto di turbativa violenta di possesso, sussistendo un caso di concorso apparente di norme. 5. Il terzo motivo deduce violazione dell'articolo 388 c.p., comma 2, in quanto la Corte di appello avrebbe erroneamente ritenuto configurata la condotta che implica l'elusione del provvedimento del giudice civile, non la inosservanza dello stesso. In vero il Giudice civile del Tribunale di Trento aveva disposto l'immediata rimozione dell'autovettura, nonche' il divieto per il futuro del parcheggio. La norma incriminatrice richiederebbe la natura simulata o fraudolenta e non sarebbe sufficiente il mero inadempimento, tranne che nel caso in cui il provvedimento sia ineseguibile senza la collaborazione dell'obbligato. Nel caso in esame il ricorrente evidenzia come la Corte di appello abbia incentrato la sussistenza della condotta - ai sensi dell'articolo 388 c.p. - esclusivamente nell'omessa rimozione dell'autovettura, non anche per le condotte future, cosicche', essendo la condotta esclusivamente inerte e l'autovettura suscettibile di rimozione coattiva, senza la necessita' della collaborazione dell'obbligato, non risulterebbe configurabile il reato in esame. 6. Il quarto motivo deduce violazione dell'articolo 388 c.p., comma 2, per aver ritenuto sussistente il delitto prima della comunicazione formale all'obbligato del provvedimento del giudice civile e dell'intimazione a adempiere. Tanto il querelante (OMISSIS), quanto i Giudici di merito, hanno ritenuto la condotta sussistente per la sola violazione del provvedimento del giudice del 5 febbraio 2019, consumatasi lo stesso giorno e il giorno seguente, 6 febbraio 2019, come attestato dalle fotografie dell'autovettura parcheggiata ancora alle ore 7.23, mentre invece (OMISSIS) inoltrava a (OMISSIS) a mezzo whatsapp l'intimazione ad adempiere alle ore 10.00, dopo averlo avvisato dell'esito del giudizio possessorio il giorno precedente in via informale. Erra la Corte di appello allorche' ritiene non necessaria la comunicazione formale del provvedimento del giudice civile secondo le regole del relativo rito, per poter poi ritenere integrata la condotta (successiva) di cui all'articolo 388 c.p.. La Corte di merito non ha valutato che difetta la "messa in esecuzione" del provvedimento del giudice civile, non risultando sufficiente la comunicazione informale. 7. Il quinto motivo lamenta vizio di motivazione in ordine al reato dell'articolo 388 c.p. indicato al capo c), in quanto la Corte territoriale avrebbe in modo manifestamente illogico tratto la piena conoscenza del provvedimento del giudice civile da parte di (OMISSIS) gia' a seguito della comunicazione informale ricevuta dal difensore, limitata al solo esito del procedimento, mentre del contenuto specifico (OMISSIS) non ebbe contezza se non alle ore 10.00 del 6 febbraio 2019, con la trasmissione della ordinanza di rimozione dell'auto. In sostanza la Corte di appello incorrerebbe in un salto logico, oltre che in un travisamento per contraddizione con gli atti del processo, che negano la sicura e piena conoscenza del provvedimento del giudice civile se non all'atto della comunicazione formale della ordinanza. 8. Il sesto motivo lamenta la violazione dell'articolo 131-bis c.p. in quanto la Corte non avrebbe riconosciuto la tenuita' della condotta in ordine al capo c), pur avendo (OMISSIS) rimosso l'autovettura subito dopo la comunicazione formale del provvedimento. Errata sarebbe la motivazione impugnata in quanto la Corte avrebbe riconosciuto l'abitualita' della condotta riferendosi alla unica finalita', alla pluralita' di illeciti e dell'arco temporale degli stessi, confondendo la nozione di abitualita' con quella di continuazione, ben potendo coesistere il vincolo dell'articolo 81 c.p., comma 2, con l'applicazione dell'articolo 131-bis c.p., a fronte per altro di una condotta consumata in un solo giorno. 9. Il settimo motivo lamenta vizio di motivazione quanto all'an e al quantum della condanna al risarcimento dei danni. La Corte di appello aveva confermato la sentenza di primo grado che condannava l'imputato al risarcimento del danno da liquidarsi in sede civile, oltre che al versamento di Euro 6000,00 (pari a Euro 2000,00 per ogni reato) a titolo di provvisionale per il danno morale, in favore di ciascuna delle quattro parti civili. Lamenta il ricorrente che non era stata offerta alcuna motivazione quanto alla ragione del risarcimento ne' alla quantificazione della provvisionale, non potendo bastare per il primo che il danno sia in re ipsa, risultando necessaria una motivazione adeguata da parte del giudice di merito secondo l'orientamento di legittimita'. 10. Quanto al ricorso nell'interesse di (OMISSIS), il primo motivo lamenta la violazione degli articoli 240, 388, 634 e 612 c.p. in quanto la ricorrente, assolta in secondo grado per non aver commesso il fatto, subiva la conferma della confisca dell'autovettura a lei intestata. Premette (OMISSIS) la propria legittimazione a ricorrere in quanto non estranea al processo, ma estranea al reato, sussistendo uno specifico interesse a ricorrere per ottenere la restituzione dell'autovettura, avendola affidata al compagno (OMISSIS) solo per il parcheggio. In sostanza, (OMISSIS) risulterebbe estranea al reato e titolare sostanziale e formale dell'autovettura, della quale avrebbe la piena disponibilita', dal che la violazione dell'articolo 240 c.p.. 11. Il secondo motivo di ricorso lamenta omessa motivazione in ordine alla confisca dell'autovettura, che e' stata confermata pur a fronte della assoluzione della (OMISSIS), senza aver ritenuto ne' la fittizieta' della intestazione dell'autovettura, ne' la mala fede della (OMISSIS), ne' valutando la occasionale strumentalita' del bene al reato, che invece si presta a un uso lecito, con improbabilita' del ripetersi della condotta illecita in caso di disponibilita' riacquistata. 12 L'avvocato (OMISSIS), nella qualita' di difensore e procuratore delle parti civili (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS) 13. Il ricorso e' stato poi trattato con l'intervento delle parti, a seguito di tempestiva richiesta da parte dell'avvocato (OMISSIS), ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8, disciplina prorogata sino al 31 dicembre 2022 per effetto del Decreto Legge n. 105 del 2021, articolo 7, comma 1, la cui vigenza e' stata poi estesa in relazione alla trattazione dei ricorsi proposti entro il 30 giugno 2023 dal Decreto Legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, articolo 94 come modificato dal Decreto Legge 31 ottobre 2022, n. 162, articolo 5-duodecies convertito con modificazioni dalla L. 30 dicembre 2022, n. 199. 14. Le parti hanno concluso come indicato in epigrafe. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso nell'interesse di (OMISSIS) e' inammissibile, quello per (OMISSIS) parzialmente fondato. 2. Il primo e il secondo motivo del ricorso nell'interesse di (OMISSIS), strettamente connessi, vanno trattati unitariamente. 2.1 Quanto al primo motivo, deve rilevarsi come la sentenza impugnata per un verso accolga la censura della difesa, che aveva evidenziato come la condotta di violenza privata fosse stata indebitamente estesa, al di la' della contestazione, dal primo giudice anche alla rimozione del corrimano che impediva ai pedoni di poter muoversi lungo la strada in condizione di innevamento. D'altro canto, pero' la Corte di appello conferma la sentenza impugnata in ordine al delitto di violenza privata essendo stato accertato che la permanenza della vettura sulla stradina di accesso al condominio rendeva disagevole il passaggio veicolare per le autovetture utilitarie, impossibile per autovetture di dimensione maggiore, o anche per automezzi di piu' ampia dimensione di terzi che dovessero avere necessita' di accedere nell'interesse dei condomini. Nonche' altrettanto impossibile risultava la percorrenza per i mezzi spazzaneve, al verificarsi di precipitazioni nevose, cosi' come l'accumulo di neve ai lati della strada, con al presenza della autovettura parcheggiata da parte del (OMISSIS), rendeva ancora piu' ridotta la sede stradale percorribile, di fatto rendendo impossibile il passaggio. La Corte rilevava poi come la situazione descritta ebbe a permanere dal 2018 sino all'ordinanza emessa dal giudice civile all'esito del giudizio possessorio, cosicche' il disagio e l'impossibilita' di accesso, nei termini descritti, risultavano patiti dai residenti del condominio senza soluzione di continuita' con conseguente protrazione della limitazione della liberta' di movimento. 2.2 Le censure difensive si appuntano sul tema della necessita' che la condotta contestata implichi l'impossibilita' di accesso e non solo il disagio, ma non si confrontano con quella parte della motivazione che descrive appunto l'impossibilita' per l'accesso al condominio per ogni mezzo di dimensione superiore a quello di una utilitaria. A ben vedere il motivo, da questo punto di vista, risulta aspecifico. Difatti e' inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi non specifici, ossia generici ed indeterminati, che ripropongono le stesse ragioni gia' esaminate e ritenute infondate dal giudice del gravame o che risultano carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione (Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012 - dep. 16/05/2012, Pezzo, Rv. 253849), al piu' con l'aggiunta di espressioni che contestino, in termini meramente assertivi ed apodittici, la correttezza della sentenza impugnata, laddove difettino di una critica puntuale al provvedimento e non prendano in considerazione, per confutarle in fatto e/o in diritto, le argomentazioni in virtu' delle quali i motivi di appello non sono stati accolti (Sez. 6 n. 23014 del 29/04/2021, B., Rv. 281521). 2.3 Ad ogni buon conto, il richiamo del ricorrente alla circostanza che l'evento del delitto di violenza privata, nel caso in esame, sarebbe da identificarsi esclusivamente nella impossibilita' all'accesso e al recesso, risulta infondato. A ben vedere la giurisprudenza richiamata in ricorso ha a che fare con ipotesi di impossibilita' di accesso, il che non vuol dire che il delitto non sia integrato da ogni altra e piu' tenue limitazione della liberta' di autodeterminazione della persona offesa. Si e' infatti evidenziato come per la configurazione del reato di violenza privata debba essere influenzato in modo significativo il processo di libera determinazione della volonta' della persona offesa, tanto da indurla a un comportamento diverso da quello che altrimenti avrebbe tenuto in piena liberta': pertanto si e' affermato che integra il delitto di violenza privata la condotta di colui che parcheggi la propria autovettura dinanzi a un fabbricato in modo tale da bloccare il passaggio impedendo l'accesso alla parte lesa, o comunque il movimento, considerato che, ai fini della configurabilita' del reato in questione, il requisito della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l'offeso della liberta' di determinazione e di azione (cosi' Sez. 5, n. 1913 del 16/10/2017, dep. 2018, Andriulo, Rv. 272322 - 01, che richiama: Sez. 5, n. 8425 del 20/11/2013 - dep. 2014, Iovino, Rv. 259052; Sez. 5, n. 21779 del 17/05/2006, P.G. in proc. Brugger, Rv. 234712; Sez. 5, n. 40983 del 18/10/2005, Siracusa, Rv. 232459; Sez. 5, n. 603 del 18/11/2011, dep. 2012, Lombardo, Rv. 252668). Orbene, non vi e' dubbio che l'accesso disagevole costituisca una limitazione alla liberta' del condomino che voglia percorrere la strada con la propria autovettura, che deve essere solo utilitaria, il che costituisce una ulteriore limitazione alla libera volonta', come anche che non puo' fare accedere mezzi di dimensione maggiore per ragioni di servizio per la propria abitazione. D'altro canto, la norma incriminatrice non richiede che vi sia, in conseguenza della violenza, l'impossibilita' assoluta da parte della persona offesa di esercitare la propria liberta' di autodeterminazione, tanto che e' stato ritenuto configurabile il reato di cui all'articolo 610 c.p. per la condotta di colui che, azionando a distanza il meccanismo di blocco di un cancello elettrico, impedisce alla persona offesa di uscire con la propria autovettura dalla zona garage del condominio, costringendola a scendere dal veicolo e a staccare la corrente elettrica per neutralizzare la chiusura a distanza del cancello al fine di varcare l'accesso carraio dello stabile (Sez. 2, n. 46786 del 24/10/2014, Borile, Rv. 261051 - 01); o anche per l'agente che con la violenza tipica delle manovre spericolate impedisca alla parte offesa di proseguire regolarmente la sua marcia (Sez. 5, n. 44016 del 17/11/2010, Gullo, Rv. 249146 - 01, in riferimento alla condotta di chi si affianchi ad altra vettura, sorpassandola e sterzando bruscamente, costringendo l'altro automobilista a cambiare direzione di marcia al fine di impedire una collisione, che certamente non impedisce il proseguire la marcia ma ne condiziona la liberta' di movimento; la predetta sentenza richiama Sez. 1, 26/09/2002, n. 32001; Sez. 5, 09/01/1985, n. 2545). Per altro, e' stato anche affermato come integri il delitto di violenza privata la condotta preordinata a rendere anche solo disagevole una lecita modalita' di esplicazione del diritto della persona offesa, quale e' nel caso in esame il diritto di passaggio verso il condominio (Sez. 5, n. 1053 del 06/10/2021, dep. 13/01/2022, Rv. 282467 - 01, nella fattispecie relativa alla sostituzione, da parte degli imputati, contro la volonta' del proprietario e dell'affittuario, della serratura di una delle due porte di accesso alle scuderie di un'azienda agricola). Se il bene tutelato dalla norma incriminatrice e' la liberta' morale, intesa come possibilita' di autodeterminarsi spontaneamente, senza essere costretti a "fare, tollerare o omettere qualche cosa", ne consegue che non solo la perdita ma anche la riduzione significativa della capacita' di determinarsi e agire secondo la propria volonta' integra il delitto di violenza privata. 2.4 Pertanto, il motivo e' infondato, integra il delitto di violenza privata la condotta di colui che parcheggi la propria autovettura sulla strada di accesso a un fabbricato in modo da rendere non impossibile, ma anche solo significativamente disagevole l'accesso alla persona offesa, considerato che, ai fini della configurabilita' del reato in questione, il requisito della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente della liberta' di determinazione e di azione la persona offesa nell'esercizio del proprio diritto di passaggio. 2.5 Quanto al secondo motivo di ricorso, lo stesso e' precluso. Infatti, il sesto motivo di appello, unico dedicato al capo b), non ha posto previamente la censura ora in esame, in violazione di quanto e' prescritto a pena di inammissibilita' dall'articolo 606 c.p.p., comma 3, bensi' ha ritenuto che non fosse sussistente il delitto contestato in quanto difetterebbe la violenza alla persona. Si tratta di censura assolutamente diversa da quella ora proposta. Va, pertanto, rilevato come secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, deve ritenersi sistematicamente non consentita la proponibilita' per la prima volta in sede di legittimita' oltre che per le violazioni di legge (per le quali cfr. espressamente articolo 606 c.p.p., comma 3) anche di uno dei possibili vizi della motivazione con riferimento ad elementi fattuali richiamabili, ma non richiamati, nell'atto di appello, con riferimento ad un capo e ad un punto della decisione gia' oggetto di appello (cosi' Sez. 2, n. 32780 del 13/07/2021, De Matteis, Rv. 281813; Sez. 2, n. 19411 del 12/03/2019, Furlan, Rv. 276062, in motivazione; in senso conforme, ex plurimis, v. Sez. 2, n. 34044 del 20/11/2020, Tocco, Rv. 280306; Sez. 3, n. 27256 del 23/07/2020, Martorana, Rv. 279903; Sez. 3, n. 57116 del 29/09/2017, B., Rv. 271869; Sez. 2 2, n. 29707 del 08/03/2017, Galdi, Rv. 270316; Sez. 2, n. 8890 del 31/01/2017, Li Vigni, Rv. 269368). 3. Quanto al terzo, quarto e quinto motivo, da trattarsi congiuntamente in quanto relativi a violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al capo c), la Corte di appello ha ritenuto che (OMISSIS) avesse avuto contezza del contenuto dell'ordinanza il giorno 5 settembre 2019 tramite il proprio difensore (OMISSIS) e la prova fotografica allegata dalle parti civili comprovasse che il giorno successivo l'autovettura non fosse stata ancora rimossa. 3.1 A ben vedere i motivi terzo e quarto sono preclusi, per le ragioni indicate al par. 2.5 che precede, in quanto l'atto di appello censurava, con il motivo settimo, solo il difetto dell'elemento soggettivo, rispondente al tema posto dall'attuale quinto motivo. In particolare, va premesso che a fronte della contestazione nella quale si fa riferimento all'articolo 388 c.p. genericamente, senza indicare se si verta in tema di comma 1 o comma 2, i giudici del merito optano per la condotta di elusione del comma 2, in quanto nessun riferimento sussiste nella imputazione in ordine alle condotte fraudolente o simulate, trattandosi di provvedimento cautelare in tema di proprieta' e possesso, come previsto dal comma 2. D'altro canto, a fronte dell'attuale riferimento alle condotte elusive, i motivi di appello non censuravano sul punto l'opzione operata dal Giudice di primo grado, ne' tanto meno lamentavano, come fa oggi in modo precluso per le menzionate ragioni il ricorrente, l'assenza di prova quanto alla natura fraudolenta o simulata delle condotte, richiesta invece dal comma 1. 3.2 Il quinto motivo e' invece fondato. La Corte di appello non rende conto della circostanza che (OMISSIS) avesse saputo del provvedimento nella sua interezza, con piena conoscenza del correlato obbligo di rimozione immediata dell'autovettura e delle penali previste per ogni giorno di ritardo, riferendo solo che il ricorrente avesse avuto conoscenza - per averlo egli stesso riferito in sede di interrogatorio - dell'esito "negativo" del procedimento possessorio. La difesa ha allegato, in ossequio al principio di autosufficienza, il messaggio del 6 febbraio 2019 ore 9.25 inviato dall'avvocato (OMISSIS) al suo assistito (OMISSIS), nel quale il legale comunica a mezzo whatsapp che il difensore di controparte aveva mandato una intimazione ad adempiere al provvedimento possessorio "ovvero che tu non parcheggi piu' la vettura all'interno della linea gialla oltre naturalmente al pagamento delle spese legali", allegando poi il provvedimento del giudice civile. Pertanto, da tale documentazione emerge che solo in quel momento (OMISSIS) avrebbe avuto contezza degli obblighi conseguenti. 3.3 E bene, in relazione all'articolo 388 c.p., comma 2, accede questo Collegio all'orientamento per cui ai fini della configurabilita' del reato di mancata esecuzione dolosa di provvedimento cautelare del giudice civile non si presuppone, "come condizione di punibilita', la previa notifica del medesimo provvedimento alla persona che deve osservarlo, nel senso che non ne e' richiesta la conoscenza legale ma quella (...) di fatto piena" (Sez. 6, n. 36010 del 29/02/2012, Cimo', Rv. 253370 - 01; contra Sez. 6, n. 314 del 07/11/2003, dep. 2004, Borghi, Rv. 229940 - 01), dovendo ritenersi sufficiente che vi sia stata una richiesta di adempimento (o una messa in mora) anche informale, purche' si tratti di intimazione che sia precisa e non equivoca, rigorosamente provata e non semplicemente supposta (Sez. 6, n. 51218 del 01/07/2014, Carletti, Rv. 261665 - 01; Sez. 6, n. 5129 del 11/03/1999, Nossing, Rv. 213678 - 01; Sez. 6, sent. 2559 del 27.10.93, Masi; Sez. 6, sent. 6042 del 13.6.96, Sapienza; Cass. VI, sent. 9441 del 20.10.97, Perri). 3.4 Nel caso in esame la motivazione si palesa manifestamente illogica, perche' per un verso afferma la conoscenza del contenuto del provvedimento da parte di (OMISSIS) dal giorno 5 settembre, per altro verso riferisce che (OMISSIS) avesse avuto solo contezza "dell'esito" del procedimento possessorio, potendo cosi' intendersi solo che avesse avuto contezza che la propria tesi era stata disattesa, senza che cio' volesse significare che avesse avuto conoscenza completa del contenuto del provvedimento, consistente nell'obbligo di rimozione e del pagamento delle penali in caso di trasgressione. A ben vedere la valorizzazione operata dalla Corte di merito della falsita' delle dichiarazioni rese da (OMISSIS) in ordine alla rimozione intervenuta il giorno 5 (e non il giorno 6, come ha accertato la Corte di appello), collide con il principio dello ius defendendi, a meno di comprovarsi che si verta in tema di alibi fallito, perche' maliziosamente preordinato e smentito. In vero (OMISSIS) riferisce di avere ricevuto notizia solo "dell'esito negativo del giudizio possessorio" e di essere rimasto in attesa dell'invio del provvedimento, che effettivamente risulta inviato il giorno seguente, come comprovato dalla difesa: in tal senso spettera' alla Corte di appello valutare con motivazione congrua se (OMISSIS) con la prima comunicazione del giorno 5 settembre avesse avuto contezza anche dell'obbligo di rimozione dell'auto e della penale prevista, perche' solo in tal caso poteva essere ritenuto obbligato a provvedere a un immediato adempimento. Pertanto, va disposto l'annullamento della sentenza sul punto in ordine al capo c) e la Corte di merito provvedera' in ossequio ai principi di diritto enunciati. 4. In ordine al sesto motivo, sempre relativo al capo c), risulta assorbito da quello che precede, riguardando comunque il reato previsto dall'articolo 388 c.p.. 5. In ordine al settimo motivo, la Corte di appello ha confermato la condanna generica al risarcimento del danno e quella al pagamento della provvisionale. Il motivo e' in parte precluso e per altro manifestamente infondato. Quanto alla condanna generica, nessuna doglianza in sede di appello era stata formulata in quanto il motivo n. 11 riguardava solo la provvisionale. Ne consegue la natura preclusa dell'odierno motivo sul punto, oltre che la sua manifesta infondatezza in quanto aderisce questo Collegio all'orientamento prevalente per cui per la condanna generica non e' necessaria la prova della concreta esistenza di danni risarcibili, essendo sufficiente l'accertamento della potenziale capacita' lesiva del fatto dannoso e dell'esistenza di un nesso di causalita' tra questo e il pregiudizio lamentato, desumibile anche presuntivamente (Sez. 4, n. 32899 del 08/01/2021, Castaldo Rv. 281997 - 21; conf. N. 28216 del 2020 Rv. 279625 - 01, N. 4761 del 2020 Rv. 278306; contra N. 16765 del 2020 Rv. 279418 - 14). In merito alla condanna alla provvisionale, corretta e' la motivazione della Corte territoriale, al fol. 24 e s. della sentenza, in sintonia con il consolidato insegnamento di questa Corte per cui non e' impugnabile con ricorso per cassazione la statuizione pronunciata in sede penale e relativa alla concessione e quantificazione di una provvisionale, trattandosi di decisione di natura discrezionale, meramente delibativa e non necessariamente motivata, per sua natura insuscettibile di passare in giudicato e destinata ad essere travolta dall'effettiva liquidazione dell'integrale risarcimento (ex multis Sez. 2, Sentenza n. 44859 del 17/10/2019, Tuccio, Rv. 277773; Sez. 3, n. 18663 del 27/01/2015, D. G., Rv. 263486). Ne consegue la natura preclusa e manifestamente infondata del motivo. 6. I due motivi del ricorso nell'interesse di (OMISSIS) vanno trattati congiuntamente. La ricorrente e' stata assolta in secondo grado, mentre dell'autovettura a lei intestata e' stata confermata la confisca. Il Giudice di primo grado aveva ritenuto confiscarsi l'autoveicolo, con la condanna anche della (OMISSIS). Cio' in sintonia con il principio per cui ai fini dell'applicazione della confisca facoltativa di cui all'articolo 240 c.p., comma 1, e' necessario l'accertamento di un nesso di strumentalita' in concreto tra la cosa ed il commesso reato, in ragione delle specifiche caratteristiche della prima e delle modalita' e circostanze di commissione del secondo, senza che siano richiesti requisiti di "indispensabilita'", volti a configurare un rapporto causale diretto ed immediato tra l'una e l'altro, tale per cui la prima debba apparire come indispensabile per l'esecuzione del secondo (Sez. 2, n. 10619 del 24/11/2020 dep. 18/03/2021, Fortuna, Rv. 280991 - 01). L'elemento di novita' e' l'assoluzione per non aver commesso il fatto della (OMISSIS), rispetto alla quale la Corte di appello fa conseguire solo la revoca delle statuizioni civili in suo danno, ma nulla argomenta in ordine alla conferma della confisca. Ebbene, va qui richiamato il principio per cui in tema di misure cautelari reali, il terzo rimasto estraneo al processo, formalmente proprietario del bene gia' in sequestro, di cui sia stata disposta con sentenza la confisca, puo' chiedere al giudice della cognizione, prima che la pronuncia sia divenuta irrevocabile, la restituzione del bene e, in caso di diniego, proporre appello dinanzi al tribunale del riesame (Sez. U, n. 48126 del 20/07/2017, Muscari, Rv. 270938 - 01: in motivazione la Corte ha affermato che, qualora venga erroneamente proposta opposizione mediante incidente di esecuzione, questa va qualificata come appello e trasmessa al tribunale del riesame). In vero il sistema di controlli tassativamente previsto con i mezzi di impugnazione tipici per le misure cautelari, infatti, considerati i termini di impugnazione e le cadenze temporali ivi stabilite, e' teso a stabilire una tutela idonea, effettiva ed efficace, anche quanto a tempestivita', per la parte nei confronti il sequestro e' stato disposto ed a scongiurare il pericolo che la decisione divenga nel frattempo irrevocabile. Pertanto, deve rilevare questa Corte come, depositata la sentenza di secondo grado in data 9 febbraio 2022, i motivi di impugnazione proposti sul punto non possono ora essere convertiti, ai sensi dell'articolo 568 c.p.p., comma 5, in richieste di riesame, essendo il ricorso per cassazione depositato oltre il termine per la proposizione del riesame, ai sensi dell'articolo 324 c.p.p., comma 1. Ovviamente, nella qualita' di terzo, la (OMISSIS) potra' esperire i rimedi previsti in sede di esecuzione, a seguito della irrevocabilita' della confisca. 7. Nulla va disposto allo stato per le spese processuali richieste dalle parti civili, dovendo provvedersi al definitivo, non avendo le stesse concluso in relazione alla (OMISSIS) ma solo al (OMISSIS), per il quale vi e' stato parziale accoglimento del ricorso nei termini indicati. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), limitatamente al capo c) dell'imputazione, con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Bolzano. Rigetta il ricorso del (OMISSIS) nel resto. Spese nei confronti delle parti civili al definitivo. Dichiara inammissibile il ricorso di (OMISSIS) Giovanna (OMISSIS)

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CASA Filippo - Presidente Dott. FIORDALISI Domenico - Consigliere Dott. CENTOFANTI Francesco - Consigliere Dott. CENTONZE Alessandro - Consigliere Dott. FILOCAMO Fulvio - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: 1) (OMISSIS), nato il (OMISSIS); Avverso la sentenza emessa il 24/03/2022 dalla Corte di assise di appello di Roma; Sentita la relazione del Consigliere Alessandro Centonze; Sentite le conclusioni del Sostituto procuratore generale Giulio Romano, che ha chiesto l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata, limitatamente al trattamento sanzionatorio; il rigetto, nel resto, del ricorso; Sentite, nell'interesse delle parti civili (OMISSIS) ed (OMISSIS), le conclusioni dell'avvocato (OMISSIS), che ha concluso come da comparsa conclusionale e nota spese; Sentite, nell'interesse del ricorrente, le conclusioni degli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), che hanno chiesto l'accoglimento del ricorso. RILEVATO IN FATTO 1. Con sentenza emessa il 23 febbraio 2021 la Corte di assise di Roma giudicava (OMISSIS), colpevole dei reati ascrittigli ai capi A e B, unificati dal vincolo della continuazione, condannando l'imputato, riconosciuto il vizio parziale di mente e concesse le circostanze attenuanti generiche, ritenute equivalenti alle contestate aggravanti, alla pena di ventiquattro anni di reclusione. L'imputato (OMISSIS), inoltre, veniva condannato alle pene accessorie di legge, al pagamento delle spese processuali e al risarcimento del danno in favore delle parti civili costituite, (OMISSIS) ed (OMISSIS), da liquidarsi in separata sede processuale. Si disponeva, infine, a pena espiata, l'applicazione della misura di sicurezza dell'assegnazione a una casa di cura e custodia, da eseguirsi presso una residenza per l'esecuzione delle misure di sicurezza (R:E.M.S.), per un periodo di tre anni. 2. Con sentenza emessa il 24 marzo 2022 la Corte di assise di appello di Roma, pronunciandosi sull'impugnazione proposta da (OMISSIS), in riforma della decisione impugnata, rideterminava il trattamento sanzionatorio irrogato all'imputato in diciannove anni di reclusione. La sentenza di primo grado, nel resto, veniva confermata. 3. Da entrambe le sentenze di merito, che divergevano nei termini sanzionatori di cui si e' detto, emergeva che (OMISSIS), nel corso di una rapina commessa il (OMISSIS), all'interno dell'abitazione di (OMISSIS), ubicata a Tolfa, in Viale d'Italia n. 35, causava la morte della persona offesa, dopo averla sottoposta a una brutale aggressione. L'imputato, in particolare, aggrediva violentemente la vittima, provocandole fratture multiple al corpo, un'emorragia biparietale alla testa e un diffuso edema cerebrale, che, nell'immediatezza dei fatti, venivano accertate dal consulente tecnico del Pubblico ministero, il dottore (OMISSIS), che eseguiva l'esame cadaverico presso l'abitazione della persona offesa. La ricostruzione degli accadimenti criminosi, innanzitutto, si fondava sull'esame delle immagini estrapolate dalle telecamere di videosorveglianza installate nei luoghi frequentati da (OMISSIS), nelle ore che precedevano e seguivano l'omicidio di (OMISSIS), commesso il (OMISSIS), che consentivano di monitorare gli spostamenti dell'imputato e di individuarlo, fin dalla prima fase delle indagini preliminari, quale autore dei fatti di reato di cui ai capi A e B. Tale monitoraggio investigativo veniva eseguito, con il coordinamento della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Civitavecchia, dai militari della Compagnia dei Carabinieri di Civitavecchia, che, fin dal ritrovamento del cadavere di (OMISSIS), conducevano le indagini che portavano all'individuazione di (OMISSIS), quale autore dell'assassinio. Su queste attivita' investigative, nei giudizi di merito, venivano compiuta un'accurata istruttoria, che prendeva le mosse dall'escussione dei testi che avevano seguito le indagini, individuati in (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Questi elementi probatori, a loro volta, si ritenevano corroborati dalle testimonianze rese dai soggetti che conoscevano (OMISSIS) o lo avevano incontrato nelle ore che precedevano e seguivano l'omicidio di (OMISSIS). Tra queste testimonianze, nei giudizi di merito, si attribuiva peculiare rilievo probatorio alle dichiarazioni rese dai familiari della vittima - (OMISSIS) ed (OMISSIS), e dagli altri soggetti che avevano incontrato l'imputato nella giornata del (OMISSIS), individuati in (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Il compendio probatorio si riteneva ulteriormente corroborato dalle attivita' di captazione svolte nel corso delle indagini preliminari, che coinvolgevano i nuclei familiari dell'imputato e della persona offesa, che fornivano la conferma decisiva del coinvolgimento personale dell'imputato nell'omicidio di (OMISSIS). In questo, univoco, contesto probatorio, si riteneva che (OMISSIS), si era introdotto nell'abitazione di (OMISSIS) allo scopo di impadronirsi del denaro e degli oggetti preziosi custoditi dalla persona offesa. L'introduzione nell'abitazione della vittima avveniva grazie al fatto che i due soggetti si conoscevano, atteso che la madre dell'imputato, (OMISSIS), frequentava abitualmente la casa della persona offesa, con cui collaborava nello svolgimento delle faccende domestiche. Dopo essersi introdotto nell'abitazione della vittima, a causa della sua reazione inaspettata, l'imputato aggrediva la persona offesa, colpendola violentemente e provocandole le numerose lesioni personali che ne causavano il decesso. Nei giudizi di merito, inoltre, venivano svolte approfondite verifiche sulle condizioni di salute psichica di (OMISSIS), condotte, tra l'altro, dai consulenti tecnici di parte - il dottore (OMISSIS) e il professore (OMISSIS), che giungevano a conclusioni contrastanti - e dal perito nominato dalla Corte di assise di appello di Roma - il professore (OMISSIS) -, attraverso le quali si accertavano le condizioni di disagio psichico del ricorrente, ritenute rilevanti quale vizio parziale di mente, ai sensi dell'articolo 89 c.p. Attraverso tali verifiche psichiatriche e soprattutto di quella condotta nel processo di secondo grado dal professore (OMISSIS), che veniva integralmente condivisa dal Giudice di appello romano, si accertava che l'imputato era affetto da "un disturbo evitante di personalita' e da un disturbo paranoide di personalita'", aggravati dall'abuso di sostanze alcoliche e stupefacenti. I giudici di merito ritenevano, ulteriormente, che le condotte illecite di (OMISSIS), integravano una rapina aggravata dalla relazione di ospitalita' e dalla minorata difesa della vittima, dalla quale era derivata la commissione dell'omicidio, eseguito dall'imputato per assicurarsi l'impunita' dei suoi comportamenti locupletativi. Venivano, infine, esclusi gli elementi costitutivi dell'aggravante della premeditazione, mancando nel ricorrente la determinazione derivante da un progetto criminoso sedimentato nel tempo, finalizzato ad assassinare la vittima, essendo emerso che la persona offesa era stata uccisa sulla base di una decisione di natura estemporanea e non programmata preventivamente. Sulla scorta di questa ricostruzione degli accadimenti criminosi l'imputato (OMISSIS), veniva condannato alle pene di cui in premessa. 4. Avverso la sentenza di appello (OMISSIS), ricorreva per cassazione attraverso due distinti atti di impugnazione. 4.1. Con il primo atto di impugnazione, proposto dall'avvocato (OMISSIS), venivano articolati sei motivi di ricorso. Con il primo motivo si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, conseguenti al fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse esaustivamente conto delle ragioni che non consentivano di ricondurre l'assassinio di (OMISSIS) alla fattispecie dell'omicidio preterintenzionale ex articolo 584 c.p., la cui configurazione si imponeva alla luce della ricostruzione della sequenza degli accadimenti criminosi posta a fondamento delle decisioni di merito, che individuava, quale causa del decesso, l'aggressione perpetrata da (OMISSIS), nel corso della rapina commessa nell'abitazione della vittima. Con il secondo motivo si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione del provvedimento impugnato, conseguenti al fatto che la decisione in esame, a fronte delle specifiche censure difensive, aveva applicato erroneamente il disposto dell'articolo 438 c.p.p., comma 6-ter, omettendo di considerare il vizio parziale di mente riconosciuto a (OMISSIS) ex articolo 89 c.p., che imponeva di tenere conto delle sue gravi condizioni di salute e di concedere la riduzione di pena invocata nel suo interesse. Con il terzo motivo si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, conseguenti al fatto che la decisione in esame non dava esaustivo conto del trattamento sanzionatorio irrogato a (OMISSIS), che veniva censurato per la sua eccessivita' dosimetrica, che appariva disarmonica rispetto alle circostanze di tempo e di luogo in cui erano maturati gli accadimenti criminosi e alla condizione di disagio psichico dell'imputato, resa incontroversa dal riconoscimento del vizio parziale di mente ex articolo 89 c.p.; condizioni, queste, che imponevano la concessione delle attenuanti generiche in regime di prevalenza anziche' di equivalenza. Con il quarto motivo si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, conseguenti al fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse esaustivamente conto delle ragioni che imponevano di ritenere (OMISSIS), parzialmente capace di intendere e di volere al momento dell'aggressione di (OMISSIS), a fronte delle emergenze processuali, corroborate dalle verifiche psichiatriche eseguite nei giudizi di merito, che avevano accertato il grave disagio psichico dell'imputato, legittimando il riconoscimento del vizio totale di mente. Con il quinto motivo, prospettato in stretta correlazione con la doglianza precedente, si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, conseguenti al fatto che la decisione in esame non dava esaustivo conto delle ragioni che non consentivano di ritenere (OMISSIS), totalmente incapace di intendere e di volere al momento dell'uccisione di (OMISSIS), pur essendo incontroverso il suo stato di intossicazione cronica da sostanze alcoliche, stupefacenti e farmacologiche, dovuto allo stato di grave disagio psichico patito dall'imputato, per effetto del quale gli doveva essere riconosciuto il vizio totale di mente ex articolo 88 c.p.. Con il sesto motivo si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, conseguenti al fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse esaustivamente conto dell'applicazione a (OMISSIS), della misura di sicurezza dell'assegnazione a una casa di cura e custodia, da eseguirsi presso una R.E.M.S., per un periodo di tre anni, la cui irrogazione appariva in contrasto con gli esiti delle verifiche psichiatriche eseguite nei suoi confronti - con particolare riferimento agli accertamenti condotti dal professore (OMISSIS) e dal professore (OMISSIS) -, che avevano evidenziato la sottoposizione del ricorrente a un lungo periodo di recupero trattamentale, trascurato dalla Corte di assise di appello di Roma. Le considerazioni esposte imponevano l'annullamento della sentenza impugnata. 4.2. Con il secondo atto di impugnazione, proposto dall'avvocato (OMISSIS), veniva articolato un unico motivo di ricorso. Con questa doglianza, prospettata in termini sovrapponibili al primo motivo del ricorso dell'avvocato (OMISSIS), si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, conseguenti al fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse esaustivamente conto delle ragioni che non consentivano di ricondurre l'assassinio di (OMISSIS) all'omicidio preterintenzionale, la cui configurazione si imponeva alla luce della sequenza dell'aggressione, cosi' come ricostruita dalle stesse decisioni di merito, che individuavano, quale causa del decesso, l'azione estemporanea e non premeditata che si verificava nel corso della rapina di cui al capo B. Le considerazioni esposte imponevano l'annullamento della sentenza impugnata. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso proposto da (OMISSIS) veniva articolato in due distinti atti di impugnazione, che devono ritenersi infondati. 2. Occorre, innanzitutto, esaminare l'atto di impugnazione proposto dall'avvocato (OMISSIS), che veniva articolato in sei motivi di ricorso. 2.1. Deve ritenersi infondato il primo motivo, con cui si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, conseguenti al fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse esaustivamente conto delle ragioni che non consentivano di ricondurre l'assassinio di (OMISSIS) alla fattispecie dell'omicidio preterintenzionale, la cui configurazione si imponeva alla luce della ricostruzione della sequenza degli accadimenti criminosi posta a fondamento delle stesse decisioni di merito, che individuava, quale causa del decesso, l'aggressione perpetrata da (OMISSIS), nel corso della rapina commessa nell'abitazione della vittima. Osserva il Collegio che l'assunto processuale da cui muove la difesa del ricorrente - secondo cui le modalita' estemporanee e non premeditate con cui si era concretizzata l'aggressione mortale di (OMISSIS) in danno di (OMISSIS) non dimostravano l'esistenza di una volonta' omicida in capo all'imputato - e' smentito dalle emergenze probatorie, che, al contrario, impongono di ritenere pienamente condivisibile il percorso argomentativo seguito dalla Corte di assise di appello nell'escludere la configurazione dell'omicidio preterintenzionale invocato. Deve, invero, rilevarsi che l'assenza di univocita' dell'intento omicidiario perseguito dal ricorrente e dell'animus necandi indispensabile alla riqualificazione del reato di cui al capo A della rubrica ex articolo 584 c.p., risulta categoricamente smentita dagli esiti delle verifiche medico-legali condotte nel corso delle indagini preliminari dal dottore (OMISSIS), che, quale consulente tecnico del pubblico ministero, eseguiva l'ispezione cadaverica e l'autopsia sul corpo della persona offesa, ricostruendo la brutale sequenza omicida all'esito della quale veniva assassinata (OMISSIS), all'interno della sua abitazione, in termini tali da non consentire di ipotizzare l'accidentalita' del suo decesso. Si consideri, in proposito, che gli esiti delle verifiche tanatologiche condotte dal dottore (OMISSIS), consentivano di affermare che la sequenza criminosa, oggettivamente cruenta, all'esito della quale la vittima veniva uccisa, non permettevano di ipotizzare una mera accidentalita' dei numerosi colpi che le venivano sferrati da (OMISSIS). La furia omicida che aveva caratterizzato l'aggressione dell'imputato, del resto, e' dimostrata dal fatto che la forza aggressiva esercitata all'indirizzo della persona offesa le aveva causato fratture multiple al corpo, un'emorragia biparietale alla testa e un diffuso edema cerebrale, che ne avevano provocato il decesso immediato. Le conclusioni medico-legali alle quali giungeva il dottore (OMISSIS), dunque, consentivano alla Corte di assise di appello di Roma di trarre conferma delle modalita', come detto cruente, con cui si era sviluppata l'azione che aveva portato all'uccisione di (OMISSIS), che apparivano avvalorate dalle circostanze di tempo e di luogo che avevano dato origine alla sua aggressione da parte dell'imputato, nel corso della rapina commessa nell'abitazione della vittima. Da questo punto di vista, la diffusione delle aree corporee investite dall'azione di (OMISSIS), unitamente alla pluralita' delle fratture ossee e delle lesioni interne provocate alla vittima, costituiscono elementi sintomatici dell'univoca determinazione criminosa dell'imputato, che non consente di escludere l'animus necandi della sua condotta e che appare obiettivamente incompatibile con la possibilita' di un'aggressione estemporanea e occasionale, indispensabile per la configurazione dell'omicidio preterintenzionale, invocato dalla difesa del ricorrente ex articolo 584 c.p.. Occorre, dunque, ribadire che la ricostruzione della dinamica degli accadimenti omicidiari effettuata dalla Corte di assise di appello di Roma, in linea con le conclusioni alle quali era giunto il Giudice di primo grado, e' fondata su una valutazione ineccepibile del compendio probatorio, che la rendeva incompatibile con l'accidentalita' dell'azione mortale invocata dalla difesa di (OMISSIS) in funzione dell'applicazione della fattispecie dell'omicidio preterintenzionale di cui all'articolo 584 c.p.. Le emergenze probatorie, pertanto, impongono di escludere la possibilita' di ricondurre l'uccisione di (OMISSIS), alla fattispecie dell'omicidio preterintenzionale, invocata in contrasto con le risultanze processuali, che devono essere vagliate alla luce della giurisprudenza consolidata di questa Corte, che si conferma,. secondo cui: "L'elemento soggettivo del delitto di omicidio preterintenzionale non e' costituito da dolo e responsabilita' oggettiva ne' dal dolo misto a colpa, ma unicamente dal dolo di percosse o lesioni, in quanto la disposizione di cui all'articolo 43 c.p. assorbe la prevedibilita' di evento piu' grave nell'intenzione di risultato. Pertanto, la valutazione relativa alla prevedibilita' dell'evento da cui dipende l'esistenza del delitto "de quo" e' nella stessa legge, essendo assolutamente probabile che da una azione violenta contro una persona possa derivare la morte della stessa" (Sez. 5, n. 791 del 18/10/2012, dep. 2013, Palazzolo, Rv. 254386-01; si vedano, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 5, n. 44986 del 21/09/2016, Mule', Rv. 268299-01; Sez. 5, n. 40389 del 17/05/2012, Perini, Rv. 253357-01). Queste conclusioni, del resto, si rendono necessarie alla luce della giurisprudenza di questa Corte, che, nel distinguere l'omicidio volontario dall'omicidio preterintenzionale, invocato dalla difesa del ricorrente, afferma: "Il criterio distintivo tra l'omicidio volontario e l'omicidio preterintenzionale risiede nell'elemento psicologico, nel senso che nell'ipotesi della preterintenzione la volonta' dell'agente e' diretta a percuotere o a ferire la vittima, con esclusione assoluta di ogni previsione dell'evento morte, mentre nell'omicidio volontario la volonta' dell'agente e' costituita dall-animus necandi", ossia dal dolo intenzionale, nelle gradazioni del dolo diretto o eventuale, il cui accertamento e' rimesso alla valutazione rigorosa di elementi oggettivi desunti dalle concrete modalita' della condotta" (Sez. 1, n. 35369 del 04/07/2007, Zheng, Rv. 237685-01; si vedano, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 1, n. 4425 del 05/12/2013, dep. 2014, Cutrufello, Rv. 259014-01; Sez. 1, n. 25239 del 20/05/2001, Milici, Rv. 219434-01). Queste ragioni impongono di ritenere inammissibile il primo motivo di ricorso. 2.2. Deve ritenersi infondato il secondo motivo di ricorso, con cui si si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione del provvedimento impugnato, conseguenti al fatto che la decisione in esame, a fronte delle specifiche censure difensive, aveva applicato erroneamente il disposto dell'articolo 438 c.p.p., comma 6-ter, omettendo di considerare il vizio parziale di mente riconosciuto a Serdal (OMISSIS) ex articolo 89 c.p., che imponeva di tenere conto delle sue gravi condizioni di salute e di concedere la riduzione di pena invocata. Osserva il Collegio che l'assunto difensivo e' smentito dalle emergenze processuali, atteso che la Corte di assise di appello di Roma non concedeva a (OMISSIS) la diminuente di cui all'articolo 442 c.p.p., comma 2, sull'assunto processuale, ineccepibile, che il riconoscimento del vizio parziale di mente in favore dell'imputato, ai sensi dell'articolo 89 c.p., non comportava l'esclusione della condizione ostativa prevista dall'articolo 438, comma 1-bis, c.p.p.. Ne discende che, ai fini della determinazione del trattamento sanzionatorio irrogato a (OMISSIS), quantificato in diciannove anni di reclusione, non rilevava il riconoscimento del vizio parziale di mente in suo favore, che non faceva venire meno la condizione ostativa prevista dall'articolo 438, comma 1-bis, c.p.p., introdotto dall'articolo 1, comma 1, lettera a), L. n. 33 del 2019, che stabilisce: "Non e' ammesso il giudizio abbreviato per i delitti puniti con la pena dell'ergastolo". Queste conclusioni, del resto, sono in linea con la recente sentenza della Corte costituzionale 6 ottobre 2022, n. 207, che dichiarava "non fondate le questioni di legittimita' costituzionale dell'articolo 438, comma 1-bis c.p.p., come inserito dalla L. 12 aprile 2019, n. 33 articolo 1, comma 1, lettera a), (...), sollevate, in riferimento agli articoli 3, 27 e 32 Cost. (...)". Pertanto, l'esclusione della riduzione di pena richiesta in favore di (OMISSIS) appare pienamente rispettosa del combinato disposto articolo 89 c.p., articolo 438, comma 1-bis, 442 c.p.p., comma 2, che non consentiva la mitigazione sanzionatoria invocata. Le considerazioni esposte impongono di ribadire l'infondatezza del secondo motivo di ricorso. 2.3. Deve ritenersi inammissibile il terzo motivo di ricorso, con cui si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, conseguenti al fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse esaustivamente conto del trattamento sanzionatorio irrogato a (OMISSIS), che veniva censurato per la sua eccessivita' dosimetrica, che appariva disarmonica rispetto alle circostanze di tempo e di luogo nelle quali erano maturati gli accadimenti criminosi e alla condizione di disagio psichico dell'imputato, resa evidente dal riconoscimento del vizio parziale di mente ex articolo 89 c.p. Ne conseguiva che la peculiarita' delle condizioni di salute dell'imputato imponeva la concessione delle circostanze attenuanti generiche, pur riconosciute in favore dell'imputato, in regime di prevalenza anziche' di equivalenza. Osserva il Collegio che il trattamento sanzionatorio irrogato a (OMISSIS) risulta suffragato dalla ricostruzione compiuta dalla Corte di assise di appello di Roma, che si soffermava correttamente sulle connotazioni, oggettive e soggettive, dei reati contestati al ricorrente ai capi A e B, escludendo, sulla base di un giudizio dosimetrico ineccepibile, che fosse possibile attenuare la pena nella direzione invocata, tenuto conto della brutalita' dell'aggressione posta in essere in danno di (OMISSIS), con le modalita' su cui ci si e' soffermati nel paragrafo 2, cui si deve rinviare. Queste conclusioni, dunque, traevano origine da una verifica ineccepibile degli accadimenti criminosi, che teneva conto dell'elevato disvalore della vicenda criminosa e delle modalita', obiettivamente cruente, con cui le condotte illecite contestate ai capi A e B venivano commesse da (OMISSIS) in danno della persona offesa. Non e', pertanto, possibile censurare il percorso dosimetrico compiuto nella sentenza impugnata, tenuto conto dei parametri previsti dall'articolo 133 c.p., anche alla luce del fatto che la pena irrogata all'imputata era sensibilmente ridotto, nel giudizio di appello - venendo rideterminata in diciannove di reclusione -, sulla scorta di una rivalutazione complessiva del disvalore delle condotte illecite di (OMISSIS), rispettosa dei criteri di proporzionalita' e di adeguatezza del trattamento sanzionatorio. In questa, incontroversa, cornice, si consideri ulteriormente che il giudizio di comparazione circostanziale e' censurabile in sede di legittimita' solo laddove costituisca il risultato di un arbitrio dosimetrico o di un ragionamento illogico e non anche quando la soluzione adottata rappresenti l'espressione del potere discrezionale del giudice di merito, atteso che, come da ultimo ribadito da questa Corte, le statuizioni "relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimita' qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione (...)" (Sez. 2, n. 31543 dell'08/06/2017, Pennelli, Rv. 270450-01). Questo orientamento ermeneutico, del resto, si inserisce nel solco di un filone giurisprudenziale consolidato e risalente nel tempo, che e' possibile esplicitare richiamando l'arresto delle Sezioni Unite secondo cui: "Le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimita' qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell'equivalenza si sia limitata a ritenerla la piu' idonea a realizzare l'adeguatezza della pena irrogata in concreto" (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, Contaldo, Rv. 245931-01). Queste ragioni impongono di ribadire l'inammissibilita' del terzo motivo di ricorso. 2.4. Deve ritenersi infondato il quarto motivo di ricorso, con cui si si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, conseguenti al fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse esaustivamente conto delle ragioni che imponevano di ritenere Serdal (OMISSIS) parzialmente capace di intendere e di volere al momento dell'uccisione di (OMISSIS), a fronte delle emergenze processuali, corroborate dalle verifiche psichiatriche eseguite nei giudizi di merito, che avevano accertato il grave disagio psichico dell'imputato, legittimando il riconoscimento del vizio totale di mente. Osserva il Collegio che l'inquadramento delle questioni ermeneutiche sottese a questa doglianza impone il richiamo preliminare dell'orientamento ermeneutico affermatosi in seno alle Sezioni Unite nell'ultimo ventennio, che non ritiene l'imputabilita' una mera condizione psichica indispensabile per attribuire un reato all'agente, ma l'espressione della capacita' penale dell'imputato complessivamente valutabile alla luce del suo comportamento, nella convinzione che non puo' esservi colpevolezza senza piena consapevolezza delle proprie azioni delittuose. L'imputabilita', infatti, come evidenziato dalle Sezioni Unite, e' la condizione soggettiva indispensabile per affermare la responsabilita' penale dell'agente e presuppone l'accertamento di una condizione di rimproverabilita' verificabile processualmente, in relazione alla quale il percorso argomentativo seguito dalla Corte di assise di appello di Roma per giungere al riconoscimento del vizio parziale di mente in favore di (OMISSIS), ai sensi dell'articolo 89 c.p., deve ritenersi ineccepibile (Sez. U, n. 9163 del 21/05/2005, Raso, Rv. 230317-01). Attraverso questo percorso ermeneutico, che affonda le sue radici nella giurisprudenza di legittimita' affermatasi negli anni Ottanta del secolo precedente (Sez. 1, n. 4103 del 24/02/1986, Ragno, Rv. 172790-01), le Sezioni Unite ritenevano definitivamente superata la nozione tradizionale di infermita' mentale, reputandola una situazione di grave disagio psichico, che induce il soggetto in una condizione di alterazione di intensita' tale da fare escludere la sua capacita' di intendere e di volere o da farla scemare grandemente (Sez. U, n. 9163 del 21/05/2005, Raso, cit.). In questa prospettiva, non e' tanto la condizione di infermita' del soggetto attivo del reato a rilevare sul piano dell'accertamento giurisdizionale, quanto, piuttosto, lo stato di disagio mentale dell'individuo singolarmente inteso, che deve essere tale da incidere negativamente sulla capacita' di intendere e di volere dell'imputato (Sez. U, n. 9163 del 21/05/2005, Raso, cit.), la quale, a sua volta, deve essere intesa come la liberta' di autodeterminazione dell'agente, collegata eziologicamente alla condotta delittuosa oggetto di vaglio (Sez. 1, n. 35842 del 16/04/2019, Mazzeo, Rv. 276616-01; Sez. 1, n. 17853 del 17/02/2009, Broccatelli, Rv. 244538-01; Sez. 5, n. 8282 del 09/02/2006, Scarpinato, Rv. 233228-01). Ne discende che, prima di valutare la condizione di imputabilita' del soggetto attivo del reato, occorre individuare preliminarmente i "requisiti bio-psicologici che facciano ritenere che il soggetto sia in grado di comprendere e recepire il contenuto del messaggio normativo connesso alla previsione della sanzione punitiva"; ed e' solo sulla base di questa preliminare e indispensabile ricognizione nosografica che il giudice potra' provvedere all'individuazione delle "condizioni di rilevanza giuridica dei dati forniti dalle scienze empirico-sociali" sulle quali fondare le sue determinazioni processuali (Sez. U, n. 9163 del 21/05/2005, Raso, cit.). Tali conclusioni valgono a maggior ragione nelle ipotesi in cui viene riconosciuto il vizio parziale di mente dell'imputato, come nel caso di (OMISSIS), in ragione del fatto che, in questi casi, l'esistenza di una capacita' penale, sia pure residuale, rende indispensabile l'accertamento della ricorrenza degli elementi essenziali e circostanziali della fattispecie contestata, eseguito attraverso la verifica delle modalita' concrete di estrinsecazione del reato, valutate in correlazione alla condizione di disagio psichico dell'agente. 2.4.1. Tenuto conto di questi parametri ermeneutici, la motivazione della sentenza impugnata, in ordine alla verifica dell'imputabilita' di (OMISSIS) e all'elemento soggettivo dei reati ascrittigli ai capi A e B deve essere ritenuta congrua ed esente da discrasie motivazionali, fondandosi su una disamina ponderata degli elementi probatori acquisiti nel corso delle indagini preliminari e sull'assenza di dati nosografici dai quali desumere l'esistenza di condizioni patologiche tali prefigurare un'infermita' psichica rilevante ex articolo 88 c.p., modificando il giudizio posto a fondamento della sentenza di appello. La Corte di assise di appello di Roma, invero, escludeva correttamente che dalle verifiche peritali condotte dal professore (OMISSIS) - che era stato nominato nel giudizio di secondo grado per dirimere i contrasti maturati tra i consulenti tecnici di parte, il dottore (OMISSIS) e il professore (OMISSIS), - e dalla documentazione clinica acquisita al fascicolo del dibattimento, emergesse un disturbo della personalita' di gravita' tale da fare ritenere l'imputato totalmente incapace di intendere e di volere al momento della commissione del fatto ex articolo 88 c.p. Il percorso processuale attraverso cui si perveniva alla nomina del professor (OMISSIS), peraltro, appare esemplare, atteso che, nel giudizio di secondo grado, attesi i contrasti tra gli autorevoli consulenti tecnici di parte, induceva il Giudice di appello di Roma a compiere una verifica suppletiva sulle condizioni di salute psichicha di (OMISSIS), nominando un clinico noto nella comunita' scientifica internazionale. Si procedeva, in questo modo, nel rispetto della previsione dell'articolo 603 c.p.p., che consente al giudice, nel caso in cui la situazione processuale presenti effettivamente un significato incerto, di disporre ulteriori verifiche, sull'assunto che l'incombente espletato - probatorio o peritale - possa apportare un contributo considerevole e utile al processo, risolvendo i dubbi e consentendo una ricostruzione corretta degli accadimenti criminosi, sia sotto il profilo dell'elemento oggettivo sia il profilo dell'elemento soggettivo (Sez. 6, n. 20095 del 26/02/2013, dep. 09/05/2013, Ferrara, Rv. 256228-01; Sez. 3, n. 35372 del 23/05/2007, Panozzo, Rv. 237410-01; Sez. 3, n. 21687 del 07/04/2004, Novarese, Rv. 228920-01). Non puo', pertanto, non rilevarsi che sulla base delle verifiche psichiatriche condotte al professore Siani, che venivano integralmente recepite dal Giudice di appello romano, si accertava che l'imputato era affetto da "un disturbo evitante di personalita' e da un disturbo paranoide di personalita'", che non consentivano di ritenerlo pienamente capace di intendere e di volere al momento dell'uccisione di (OMISSIS). La condizione di grave disagio psichico di (OMISSIS), inoltre, era aggravata dall'abuso di sostanze alcoliche, stupefacenti e farmacologiche, reiterato nel tempo, che, pur scemando significativamente la capacita' di intendere e di volere dell'imputato, non poteva ritenersi idonea a configurare il vizio totale di mente previsto dall'articolo 88 c.p.. Veniva, quindi, esclusa la ricorrenza di una condizione di disagio psichico in capo a (OMISSIS), di intensita' e gravita' tali da elidere la sua capacita' di intendere e volere, come richiesto dalla giurisprudenza di legittimita', richiamata attraverso la confutazione delle deduzioni difensive, a loro volta supportate dalle conclusioni del professore (OMISSIS), che, pur pregevoli, venivano riproposte in sede di legittimita' senza alcun confronto, scientifico e processuale, con le conclusioni peritali rassegnate dal professore (OMISSIS), su cui si fondava la ricostruzione della condizione nosografica del ricorrente effettuata dalla Corte di assise di appello di Roma, nel rispetto dei parametri ermeneutici richiamati nel paragrafo 4, cui si rinvia. Questi elementi di giudizio non lasciavano spazio a dubbi di sorta in ordine all'atteggiamento psichico assunto dall'imputato (OMISSIS) nel momento in cui aggrediva (OMISSIS), tenuto conto dei dati bio-psicologici di cui la Corte territoriale romana disponeva nel caso in esame, che nella sentenza impugnata venivano correttamente correlati alle conclusioni peritali del professore (OMISSIS), alla luce dei quali si evidenziava l'inconsistenza nosografica delle deduzioni difensive sull'assenza della capacita' di intende're e di volere dell'imputato, che imponeva di ribadire la correttezza dell'inquadramento del disturbo psichico del ricorrente ex articolo 89 c.p.. 2.4.2. Le considerazioni esposte impongono di ribadire l'infondatezza del quarto motivo di ricorso. 2.5. Dall'infondatezza del quarto motivo discende l'infondatezza della quinto motivo di ricorso, con cui si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, conseguenti al fatto che la decisione in esame non dava esaustivo conto delle ragioni che non consentivano di ritenere (OMISSIS) totalmente incapace di intendere e di volere al momento dell'uccisione di (OMISSIS), pur essendo incontroverso il suo stato di intossicazione cronica da sostanze alcoliche, stupefacenti e farmacologiche, dovuto allo stato di grave disagio psichico dell'imputato, per effetto del quale gli doveva essere riconosciuto il vizio totale di mente ex articolo 88 c.p.. Non puo', in proposito, non ribadirsi, in linea con quanto si e' affermato nel paragrafo 2.4, cui si rinvia, che gli elementi acquisiti nei giudizi di merito, corroborati dagli esiti delle verifiche peritali condotte dal professore (OMISSIS), non lasciavano spazio a dubbi di sorta in ordine all'atteggiamento psichico assunto dall'imputato (OMISSIS) nel momento in cui aggrediva mortalmente (OMISSIS). Ne' e' possibile ritenere che le verifiche peritali compiute dal professore (OMISSIS) ex articolo 603 c.p. avessero trascurato la commistione tra i disturbi psichici dell'imputato e l'abuso di sostanze alcoliche, stupefacenti e farmacologiche, atteso che il perito affermava conclusivamente che il ricorrente era affetto da "un disturbo evitante di personalita' e da un disturbo paranoide di personalita'", aggravato dall'abuso di sostanze alcoliche e stupefacenti, che, pur reiterato nel tempo, non determinava una condizione di cronicita' dell'utilizzo di tali sostanze. Ne' sussistevano elementi da cui desumere che l'abuso di sostanze alcoliche e stupefacenti aveva determinato, in capo a (OMISSIS), una condizione irreversibile o comunque strutturale del disagio psichico, determinante per configurare una condizione di assenza di imputabilita' dell'imputato. Non v'e' dubbio, infatti, che per ritenere esclusa o anche solo diminuita l'imputabilita' dell'agente, l'intossicazione da sostanze alcoliche o stupefacenti deve essere caratterizzata da permanenza e irreversibilita', che sono da condizioni psichiche strutturali, che permangono indipendentemente dal rinnovarsi dell'assunzione delle sostanze adulteranti e che devono essere valutate con riferimento al momento in cui il fatto di reato e' stato commesso. Non si puo', in proposito, non richiamarsi la giurisprudenza consolidata di questa Corte, secondo cui: "L'intossicazione da alcool o da sostanze stupefacenti puo' influire sulla capacita' di intendere e di volere soltanto qualora, per il suo carattere ineliminabile e per l'impossibilita' di guarigione, provochi alterazioni psicologiche permanenti configurabili quale vera e propria malattia, dovendo escludersi dal vizio di mente di cui agli articoli 88 e 89 c.p. anomalie non conseguenti ad uno stato patologico" (Sez. 6, n. 47078 del 24/10/2013, R., Rv. 257333-01; si vedano, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 6, n. 25252 del 03/05/2018, B., Rv. 273389-01; Sez. 2, n. 44337 del 15/10/2013, C., Rv. 257521-01). Ne discende che, tenuto conto dei dati clinici acquisiti e delle conclusioni del professore (OMISSIS), la Corte di assise di appello di Roma riteneva che l'imputato, al momento del fatto, fosse solo parzialmente incapace di intendere e di volere, con la conseguente correttezza dell'inquadramento nosografico del disturbo psichico che lo affliggeva ai sensi dell'articolo 89 c.p.. Queste ragioni impongono di ritenere infondato il quinto motivo di ricorso. 2.6. Analogo giudizio di infondatezza deve essere espresso per il sesto motivo di ricorso, con cui si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, conseguenti al fatto che la decisione in esame non dava esaustivo conto dell'applicazione a (OMISSIS) della misura di sicurezza dell'assegnazione a una casa di cura e custodia, da eseguirsi presso una R.E.M.S., per un periodo di tre anni, la cui irrogazione appariva in contrasto con gli esiti delle verifiche psichiatriche eseguite nei suoi confronti - con particolare riferimento agli accertamenti condotti dal professore (OMISSIS) e dal professore (OMISSIS), che avevano evidenziato la sottoposizione del ricorrente a un lungo periodo di recupero trattamentale, trascurato dalla Corte di assise di appello di Roma. Non puo', in proposito, non ribadirsi, in linea con quanto si e' affermato nei paragrafi 2.4, 2.4.1 e 2.5, cui si deve rinviare, che gli elementi acquisiti nei giudizi di merito, corroborati dagli esiti delle verifiche peritali condotte dal professore (OMISSIS), non lasciavano spazio a dubbi di sorta in ordine all'atteggiamento psichico assunto da (OMISSIS) nel momento in cui aggrediva mortalmente (OMISSIS) e allo stato di disagio psichico in cui lo stesso versava; condizioni, queste, che imponevano di ritenere corretta l'applicazione della misura di sicurezza dell'assegnazione a una casa di cura e custodia, da eseguirsi presso una R.E.M.S., per un periodo di tre anni. La Corte di assise di appello di Roma, invero, sulla scorta di una valutazione ineccepibile delle emergenze processuali, riteneva opportuna l'applicazione a (OMISSIS) della misura di sicurezza dell'assegnazione a una casa di cura e custodia, eseguibile presso una R.E.M.S., sulla base di una verifica congrua sull'infermita' psichica del ricorrente e sulla sua pericolosita' sociale, eminentemente incentrata sugli accertamenti peritali svolti ex articolo 603 c.p.p., su cui ci si e' soffermati nel paragrafo 2.4.1, cui si deve rinviare ulteriormente. Pertanto, le emergenze processuali smentiscono le deduzioni difensive sull'incongruita' del percorso valutativo attraverso cui si era pervenuti all'applicazione della misura di sicurezza dell'assegnazione a una casa di cura e custodia, dovendosi ribadire che il trattamento sanzionatorio e' pienamente rispettoso degli esiti delle verifiche psichiatriche eseguite nei confronti di (OMISSIS), che davano conto sia della sua storia clinica - esaminata alla luce della documentazione medica acquisita agli atti, attraverso i medici curanti del ricorrente -, sia delle attivita' di recupero terapeutico, effettuate dopo l'arresto dell'imputato. Queste ragioni impongono di ribadire l'infondatezza del sesto motivo di ricorso. 2.7. Le considerazioni esposte nei paragrafi precedenti impongono di ritenere infondato l'atto di impugnazione proposto dall'avvocato (OMISSIS) nell'interesse dell'imputato (OMISSIS). 3. Analogo giudizio di infondatezza deve essere espresso per l'atto di impugnazione proposto dall'avvocato (OMISSIS), articolato in un unico motivo di ricorso. Con tale doglianza, prospettata in termini sovrapponibili al primo motivo del ricorso dell'avvocato (OMISSIS), si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, conseguenti al fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse esaustivamente conto delle ragioni che non consentivano di ricondurre l'assassinio di (OMISSIS) all'omicidio preterintenzionale, la cui configurazione si imponeva alla luce della sequenza dell'aggressione, cosi' come ricostruita dalle stesse sentenze di merito, che individuavano, quale causa del decesso, l'azione estemporanea e non premeditata che si verificava nel corso della rapina di cui al capo B. Si tratta, come detto, di una doglianza che, relativamente all'impossibilita' di configurare l'assassinio di (OMISSIS) quale omicidio preterintenzionale, ex articolo 584 c.p., veniva proposta in termini assimilabili a quelli vagliati nel paragrafo 2.1, in cui si e' passato in rassegna il primo motivo del ricorso proposto dall'avvocato (OMISSIS). Occorre, pertanto, rinviare al paragrafo 2.1 di questa sentenza per la compiuta ricognizione delle doglianze che vi sono sottese, senza che occorra soffermarsi ulteriormente sulle ragioni che ne impongono il respingimento, essendo sufficiente richiamare la giurisprudenza di legittimita' citata in tale ambito, sia in relazione alla configurazione dell'omicidio preterintenzionale (Sez. 5, n. 44986 del 21/09/2016, Mule', cit.; Sez. 5, n. 791 del 18/10/2012, dep. 2013, Palazzolo, cit.; Sez. 5, n. 40389 del 17/05/2012, Perini, cit.) sia in relazione alla differenziazione tra la fattispecie in esame e l'omicidio volontario (Sez. 1, n. 4425 del 05/12/2013, dep. 2014, Cutrufello, cit.; Sez. 1, n. 25239 del 20/05/2001, Milici, cit.; Sez. 1, n. 35369 del 04/07/2007, Zheng, cit.). Queste ragioni impongono di ritenere infondato l'atto di impugnazione proposto dall'avvocato (OMISSIS) nell'interesse dell'imputato (OMISSIS). 4. Le considerazioni esposte impongono di ribadire l'infondatezza del ricorso proposto dall'imputato (OMISSIS), con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Consegue, infine, a tali statuizioni la condanna dell'imputato (OMISSIS) alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili (OMISSIS) ed (OMISSIS), che si liquidano in complessivi 4.000,00 Euro, oltre accessori di legge. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili (OMISSIS) e (OMISSIS) che liquida in complessivi Euro 4.000,00, oltre accessori di legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DI SALVO Emanuele - Presidente Dott. FERRANTI Donatella - rel. Consigliere Dott. PEZZELLA Vincenzo - Consigliere Dott. RANALDI Alessandro - Consigliere Dott. NOCERA Andrea - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 23/02/2022 della CORTE APPELLO di VENEZIA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere DONATELLA FERRANTI. RITENUTO IN FATTO 1. (OMISSIS), tramite il suo difensore, propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia del 23.02.22 che - per quanto qui rileva - ha revocato le statuizioni civili a carico della imputata, in quanto la parte civile dopo la sentenza di primo grado aveva instaurato un giudizio civile in data 23.09.21, azionando in tale sede la medesima domanda risarcitoria, e ha confermato per il resto la sentenza di condanna del Tribunale di Vicenza del 6.06.2019, in relazione al reato di lesioni colpose ex articolo 590 c.p. in danno di (OMISSIS). 2.La vicenda processuale in disamina attiene alla responsabilita' colposa riconosciuta dalla Corte territoriale nei confronti del (OMISSIS), per aver procurato gravi lesioni/oltre all'indebolimento permanente della vista alla persona offesa, durante una partita di rugby in occasione della coppa italiana femminile (OMISSIS)(svoltasi in (OMISSIS) il (OMISSIS)). 2.1.In particolare, secondo la ricostruzione dei giudici di merito, durante la partita tra le squadre " (OMISSIS)" la "(OMISSIS)", nella fase successiva ad un placcaggio da parte della persona offesa, entrambe le giocatrici erano cadute a terra e l'imputata, che si trovava sopra, aveva alzato il braccio destro a squadra e aveva colpito con il gomito al volto l'avversaria, procurandole la frattura della parte inferiore mediale dell'orbita destra, con incarceramento del muscolo oculare, causandole lesioni che necessitavano di un ricovero ed un intervento chirurgico di riduzione della frattura del pavimento orbitario destro, scarcerazione del muscolo orbitario e ricostruzione della parete mediale con mash in titanio. La Corte territoriale ha ritenuto rilevante la circostanza che il fatto lesivo e' stato posto in essere subito dopo un placcaggio, Del tentativo dell'imputata di riprendere il gioco e di rialzarsi da terra; ha affermato che' ha colpito la persona offesa con una gomitata, violando la regola specifica sportiva e comunque esercitando una forza sicuramente sproporzionata ed esorbitante a quella strettamente necessaria per rimettersi in piedi. 2. Avverso la suddetta sentenza la ricorrente articola i motivi di seguito sinteticamente esposti. 2.1.Con il primo motivo lamenta violazione di legge in quanto gli atti non sono stati rinviati al giudice di primo grado competente per materia all'esito della riqualificazione effettuata dal giudice di primo grado in lesioni colpose. 2.2.Con il secondo motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata indicazione della regola cautelare specifica violata e al travisamento della prova testimoniale in quanto non e' certo che la gomitata sia stata sferrata e cio' alla luce di alcune dichiarazioni testimoniali specificatamente indicate (teste (OMISSIS) e l'Ispettore (OMISSIS) che ha visionato le videoriprese). Lamenta inoltre che erroenamente non e' stata ritenuta applicabile alla condotta dell'imputato la scriminante del c.d. "rischio consentito". in quanto non e' stata indicata la regola di gioco che l'imputata avrebbe violato. 2.3. Con il terzo motivo lamenta vizio motivazionale laddove e' stata esclusa l'applicazione delle attenuanti generiche sulla base di affermazioni apodittiche quali che l'imputata non avesse avuto intenzione di scusarsi, nonostante le richieste di incontro rivolte alla persona offesa e da quest'ultima sempre rifiutate; e inoltre che l'imputata avrebbe protratto i tempi del giudizio con un'istruttoria testimoniale inutile. 2.4. Con il quarto motivo deduce vizio di motivazione con riferimento al trattamento sanzionatorio superiore al minimo. 2.5. Con il quinto motivo violazione di legge in quanto e' stato escluso l'interesse ad appellare nei confronti dell'esclusione del responsabile civile da parte del giudice di primo grado, in quanto sono state revocate le statuizioni civili. 3. Il Procuratore generale, nella sua requisitoria scritta, ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile. CONSIDERATO IN DWITTO 1. I motivi dedotti - esaminabili congiuntamente, laddove attengono alla tematica della individuazione dei confini dell'area del penalmente rilevante in rapporto alla condotta lesiva dell'altrui integrita' fisica nell'ambito delle competizioni sportivep- non sono manifestamente infondati con particolare riferimento al secondo motivo. 2. Questa Corte anche recentemente ha affermato (Sez. 4 -, n. 8609 del 28/10/2021 Ud. (dep. 15/03/2022) Rv. 282764 - 02) che il principio secondo cui il "rischio consentito" e' quello accettato dall'atleta in relazione al rispetto delle regole tecniche per la pratica sportiva di riferimento, per cui la esorbitante violazione di tali regole ricondurrebbe la condotta antisportiva nell'area del penalmente rilevante, derivandone una lesione non previamente accettata dall'atleta, non risolve il problema di delineare i criteri giuridici da seguire per affermare se un Fatto lesivo commesso nel corso di un'attivita' sportiva sia concretamente una condotta tipica penalmente (e/o civilmente) rilevante. Si e' affermato, pertanto, che nell'analisi dell'eventuale responsabilita' dell'atleta per fatti dannosi commessi durante l'attivita' sportiva debba essere abbandonato l'orizzonte del cd. "rischio consentito" e dell'agente modello, foriero di eccessive incertezze nell'applicazione giudiziale, per approdare ai consueti criteri di accertamento della responsabilita' penale nei reati caratterizzati dall'evento: verifica oggettiva del fatto dannoso (azione e nesso causale) e configurabilita' della colpevolezza dell'agente, sotto il profilo della sussistenza del dolo o della colpa. L'attivita' sportiva, cosi' come altre attivita' umane potenzialmente pericolose, ma consentite per evidenti ragioni di utilita' sociale (si pensi all'attivita' medico-chirurgica), non si sottrae all'indagine di responsabilita' colposa (o dolosa) in caso di eventi lesivi della vita o dell'integrita' fisica delle persone, accaduti nel corso o in occasione del suo esercizio. In tale prospettiva, non serve ragionare in termini di:3criminante, atteso che l'attivita' sportiva costituisce di per se' un'attivita' lecita, rispetto alla quale i partecipanti accettano di correre determinati rischi, sempre che la loro integrita' fisica non sia da altri deliberatamente lesa o danneggiata colposamente a seguito della violazione di predeterminate regole cautelari. Per la colpa generica in particolare - ma anche per la colpa specifica, in caso di regole cautelari c.d. elastiche, in cui cioe' la regola non e' dettagliata ma e' determinata in base a circostanze contingenti - si tratta di applicare i consueti principi che caratterizzano la valutazione della colpevolezza colposa. In un recente arresto, e' stato efficacemente ribadito che in sede di accertamento della colpa il giudice deve indicare la regola cautelare violata preesistente al fatto, e quindi specificare quale sia - sulla base della diligenza, prudenza e perizia - in concreto ed "ex ante" il comportamento doveroso prescritto (Sez. 4, n. 32899 del 08/01/2021, Rv. 281997 - 17). La verifica della colpa sportiva non potra', insomma, prescindere dagli ordinari criteri stabiliti dall'articolo 43 c.p., in particolare riscontrando l'eventuale violazione della regola cautelare, generica o specifica, non corrispondente alla regola tecnico-sportiva in astratto applicabile. Ne discende che sono, per contro, illeciti quei comportamenti che non sono riconducibili al gioco, pur nelle sue espressioni pericolose, o perche' intenzionalmente diretti a procurare danno alla persona oppure perche', siccome in contrasto con il principio di lealta' sportiva, sono estranei all'ambito di applicazione delle regole del gioco - che quel principio presuppongono e sono quindi disciplinati dalle ordinarie regole di diligenza, dei quali costituiscono violazione. E' evidente, infatti, che per ciascun contesto indicato i singoli atleti faranno affidamento su atti degli avversari aventi caratteristiche e intensita' diverse (maggiore per i professionisti rispetto ai dilettanti, minore per gli allenamenti rispetto alle gare ecc.), cui potra' conseguire l'operativita' di una diversa regola cautelare pertinente alla situazione sportiva obiettivamente acclarata. Fondamentale e' la regola generale che impone agli atleti di improntare il proprio comportamento ai doveri di lealta' e correttezza sportiva nonche' di rispetto dell'avversario, che va pero' coordinata ai principi della colpevolezza colposa. Nell'accertamento della sussistenza della colpa non ha rilievo la entita' del danno procurato, poiche' oggetto della valutazione non sono le conseguenze dannose in quanto tali, bensi' le specifiche e obiettive modalita' della condotta dell'atleta, avuto riguardo alle caratteristiche dell'azione nell'ambito del contesto agonistico di riferimento. Nella valutazione della colpa sportiva assume centralita' l'analisi della situazione di fatto in rapporto al contesto e allo sviluppo dinamico dell'azione sportiva lesiva. 2.1.1 giudici di appello hanno fondato il giudizio di responsabilita' muovendo dalla ritenuta gratuita' dell'azione fallosa affermando che doveva ritenersi superato il rischio consentito dall'espletamento dell'attivita' sportiva specifica in quanto l'azione non era avvenuta in una fase di concitamento e comunque l'azione posta in essere con il gomito era sproporzionata come violenza rispetto alla necessita' di rialzarsi da terra mentre il corpo dell'avversaria era sotto di lei e che l'imputata ha sferrato una gomitata in violazione della regola sportiva regolamentare dell'attivita' agonistica. Ritiene il Collegio che si tratta di considerazioni generali che potrebbero valere per qualsiasi contesto agonistico, ma che non affrontano il nodo centrale della questione, che e' quello, appunto, di stabilire se nel caso concreto vi pi un comportamento colposo giuridicamente rilevante, in quanto commesso in violazione di una predeterminata regola cautelare, che nel caso non e' stata in alcun modo evocata ne' individuata dal Giudice del merito. Anzi nella sentenza di primo grado che ha derubricato il reato in lesioni colpose, si legge che il Giudice sportivo, dando atto che nemmeno da video e' individuabile l'esatto svolgimento dei fatti essendo visibile solo un movimento scomposto, ha scritto che "dalla memoria del Presidente della societa' (OMISSIS) si da' atto che la giocatrice (OMISSIS) (OMISSIS), essendo trattenuta a terra dalla giocatrice del (OMISSIS), si divincolava e nell'alzarsi colpiva accidentalmente la giocatrice del (OMISSIS) (OMISSIS)" (fol 8 setenza di primo grado) 3. Pertanto, sussistono i presupposti, discendenti dalla intervenuta instaurazione di un valido rapporto processuale di impugnazione, per rilevare e dichiarare le cause di non punibilita' a norma dell'articolo 129 c.p.p. maturate successivamente rispetto alla sentenza impugnata; nel caso di specie per rilevare d'ufficio l'intervenuta causa estintiva del reato per cui si procede, essendo spirato il termine di prescrizione massimo, di sette anni e mesi sei, secondo quanto previsto dal combinato disposto dell'articolo 157 e 161 c.p., il 15.09.2022. 3.1.In presenza di una causa di estinzione del reato, secondo quanto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez.U.n. 35490 del 28/05/2009 Ud. (dep. 15/09/2009) Rv. 244275 - 01) in caso di annullamento, il giudice del rinvio si troverebbe a dover dichiarare la immediata declaratoria della causa di estinzione del reato e cio' anche in presenza di una nullita' di ordine generale che, dunque, non puo' essere rilevata nel giudizio di legittimita', essendo l'inevitabile rinvio al giudice del merito incompatibile con il principio dell'immediata applicabilita' della causa estintiva, cosi' come precisato da Sez. Un. 28 novembre 2001 n. 1021/02, Cremonese, rv 220511. 4.Va pertanto dichiarato l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, per essere il reato estinto per prescrizione. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perche' il reato e' estinto per prescrizione.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. RAMACCI Luca - Presidente Dott. ACETO Aldo - Consigliere Dott. LIBERATI Giovanni - Consigliere Dott. NOVIELLO Giuseppe - rel. Consigliere Dott. MENGONI Enrico - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: Pubblico Ministero del tribunale di Milano; nel procedimento a carico di: (OMISSIS) nato a (OMISSIS); quale legale rappresentante di (OMISSIS) s.r.l.; avverso la ordinanza del 30/11/2022 del tribunale di Milano; udita la relazione svolta dal Consigliere Giuseppe Noviello; udite le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa Francesca Costantini che ha chiesto l'inammissibilita' del ricorso; udite le conclusioni del difensore dell'indagato (OMISSIS), avv.to (OMISSIS) che si e' riportato alla memoria in atti. RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza del 30 novembre 2022, il tribunale del riesame, adito ai sensi dell'articolo 322 bis c.p.p. dal Pubblico Ministero del medesimo tribunale, avverso l'ordinanza del relativo Gip, del 24.10.2022, con la quale era stata rigettata la richiesta di convalida di sequestro preventivo di urgenza e contestuale sequestro preventivo impeditivo, rigettava l'impugnazione. 2. Avverso tale ordinanza il Pubblico Ministero del tribunale di Milano ha proposto ricorso, deducendo cinque motivi di impugnazione. 3. Con il primo motivo, deduce l'erronea interpretazione dell'articolo 15 delle norme di attuazione del Piano delle regole del PGT del Comune di (OMISSIS) del 2012, con riferimento al concetto di cortile in esso richiamato. Si contesta l'affermazione per cui la predetta previsione, cosi' come formulata, non contenendo la definizione espressa di cortile, non avrebbe consentito di stabilire con certezza la nozione di "cortile" con la stessa adottata. Il tribunale, omettendo in tal modo di interpretare il predetto concetto di "cortile", sarebbe giunto alla predetta conclusione trascurando di applicare gli ordinari canoni di interpretazione delle norme, con particolare riguardo alla analisi del significato che il linguaggio comune e tecnico attribuiscono al termine "cortile", della portata delle pertinenti norme edilizie e urbanistiche del Comune di (OMISSIS), nel quadro dei criteri di individuazione del genus "cortile" elaborati dalla giurisprudenza. In tal modo, risulterebbe incomprensibile il percorso logico seguito dal collegio della cautela nella lettura del PGT di Milano e dei Regolamenti Edilizi del medesimo comune, in rapporto alla definizione di "cortile" rilevante nel caso di specie. 4. Con il secondo motivo, ha dedotto l'erronea interpretazione dell'articolo 9 del Regolamento edilizio del 2014 del Comune di (OMISSIS), laddove esso specifica i casi in cui, ai fini di una corretta applicazione degli articoli 13, 15 e 17 delle NTA del PGR, gli spazi non possono considerarsi cortili. In particolare, il tribunale avrebbe omesso di esaminare il citato articolo 9 in coordinamento con gli articoli 13, 15, e 17 del PGT del 2012 e con le altre norme del regolamento Comunale indicato, che definirebbero la funzione di cortile e sarebbero tutte tra loro complementari. 5. Con il terzo motivo, rappresenta l'erronea interpretazione dell'articolo 5 comma 24 delle N. T. del PGT del Comune di (OMISSIS), adottato e approvato nel 2019. Si contesta la tesi del tribunale del riesame secondo la quale l'articolo 5 comma 24 citato avrebbe modificato il significato della nozione di cortile, ai fini della applicazione del PGT e del Regolamento Edilizio, piuttosto che esplicitare, semplicemente, come invece ritenuto dal ricorrente, la portata della nozione medesima. Si sarebbe confusa la natura definitoria della suindicata previsione, con l'aspetto sostanziale della disciplina dettata in materia di "cortile" in ambito edilizio ed urbanistico. Disciplina invece rimasta sempre inalterata, tanto da essere stata pedissequamente riprodotta nel testo dell'articolo 21 comma 2 lettera b) N. A. del successivo Piano del Governo del Territorio approvato il 14.10.2019 ed entrato in vigore nel 2020. 6. Con il quarto motivo lamenta la violazione dell'articolo 12 comma 3 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 e dell'articolo 12 della legge della Regione Lombardia n. 12/2005. Si osserva che ai sensi delle predette norme, e senza che il tribunale abbia operato al riguardo alcun rilievo, essendo scattate le relative cd. "misure di salvaguardia" - posto che a fronte di un permesso di costruire del 16.12.2019, inerente il progetto originario, le NTA del nuovo PGT erano state adottate il 5.3.2019, e quindi approvate il 14.10.2019, con pubblicazione successiva dell'avviso di approvazione definitiva in data 5.2.2020 - il SUE del Comune di (OMISSIS) avrebbe dovuto sospendere la pratica, procedere alla verifica della cd. "doppia conformita'" e valutare quindi definitivamente la richiesta di permesso di costruire, inerente le opere in questione, solo all'indomani della entrata in vigore del nuovo piano. Sarebbe quindi erronea la tesi della legittimita' del primo permesso di costruire rilasciato e del successivo atto di variante essenziale, sulla scorta, come ritenuto dal tribunale di Milano, dell'articolo 5 delle disposizioni di attuazione del PGT del 2019, secondo il quale le definizioni di cui al predetto articolo "si applicano ai titoli edilizi presentati successivamente all'entrata in vigore del PGT...ad eccezione delle varianti anche essenziali ai titoli edili gia' validi ed efficaci a tale data per i quali continuano ad applicarsi le norme e definizioni previgenti..". Cio' in quanto le norme tecniche di attuazione non possono prevalere sulla norma di salvaguardia disposta dal legislatore statale. 7. Con il quinto motivo deduce la violazione dell'articolo 321 cod., proc. pen., contestando la tesi della assenza del periculum in mora in ragione della distanza intercorsa tra la data di inizio dei lavori e la data dell'esposto da cui scaturi' l'indagine, posto che lo stato avanzato dei lavori non sarebbe incompatibile con la funzione tipica del sequestro preventivo, a fronte di opera abusiva dalle rilevanti dimensioni, in grado di incidere sul carico urbanistico, con rischi per la salute e la vivibilita' dell'ambiente. 8. La difesa di (OMISSIS) ha depositato memoria con la quale ha condiviso le argomentazioni gia' redatte per iscritto dal Sostituto Procuratore Generale e ha insistito per la dichiarazione di inammissibilita' del ricorso proposto. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Si premette che la vicenda attiene - secondo quanto riassunto nell'atto di impugnazione - alla previa demolizione di due palazzine alte circa 12 metri, con costruzione, in luogo delle stesse, di un unico immobile alto piu' di 27 piani, autorizzato quale ristrutturazione edilizia per una superficie lorda di circa 3.300 mq., cui si aggiungeva, attraverso il rilascio di un permesso di costruire per nuova costruzione, un intervento per una superficie lorda di circa 155 mq, con superficie lorda finale di 3500 mq. circa. Viene in rilievo, in questa sede, la legittimita' dei titoli edilizi abilitativi rilasciati, non gia' sotto il profilo della relativa tipologia, di ristrutturazione (nozione, questa, da ultimo specificata da questa Corte con sentenza della sez. 3 -, n. 1670 del 06/10/2022 (dep. 18/01/2023) Rv. 284056 - 01) ovvero di "nuova opera", bensi' in relazione alla operativita', nel caso concreto, della nozione di "cortile" delineata dagli strumenti urbanistici locali, riguardo all'area di intervento edilizio in questione. Nel senso che la sussistenza o meno, nell'area interessata dalla edificazione, di una situazione di fatto riconducibile nell'ambito di concetto di "cortile", come rinvenibile alla luce di disposizioni di strumenti urbanistici applicabili, costituirebbe condizione determinante per ritenere o meno la preclusione per l'effettuazione dell'intervento edilizio assentito. 2.1 primi tre motivi, che riguardano l'analisi di NTA del PGT e di disposizioni del regolamento edilizio, tra loro omogenei, siccome inerenti la individuazione della nozione di "cortile", devono essere esaminati congiuntamente. 2.2. Il ricorrente innanzitutto lamenta l'erronea interpretazione delle citate previsioni, specificamente indicate in ricorso, in funzione della individuazione della nozione di cortile, da tenere presente per valutare la legittimita' dei titoli edilizi rilasciati rispetto alla situazione di fatto, siccome individuata, dallo stesso tribunale, come rilevante, per la determinazione della legittimita' dei titoli edilizi che hanno riguardato le opere in contestazione. E in tale prospettiva rappresenta come la lettura sistematica delle medesime previsioni condurrebbe a ricostruire un concetto di cortile riconducibile alle caratteristiche fattuali proprie dell'area in esame e, come tale, in grado di portare ad escludere, inficiando la validita' dei titoli abilitativi rilasciati per l'intervento edile contestato e per il quale si e' richiesto il sequestro, la legittimita' del relativo rilascio. 2,3. Si tratta di una censura inammissibile, in quanto si richiede la valutazione della corretta interpretazione delle disposizioni citate, non consentita in questa sede. Questa Suprema Corte, infatti, ha precisato che in tema di misure cautelari reali, costituisce violazione di legge deducibile mediante ricorso per cassazione soltanto l'inesistenza o la mera apparenza della motivazione, oltre che il vizio di violazione di legge, ma non anche l'affermata erronea interpretazione di un atto amministrativo, poiche' essendo relativa ad atti privi di carattere normativo rientra, ai sensi dell'articolo 325, comma 1, c.p.p., nella valutazione del fatto (in motivazione, Sez. 3 -, n. 14977 del 25/02/2022 Rv. 283035 - 01; Sez. 3, n. 37451 del 11/04/2017 Rv. 270543 - 01). E' pur vero che mentre le NTA di un Piano Urbanistico rientrano nel novero degli atti amministrativi, il cui sindacato incontra in questa sede i limiti anzidetti, diverso e' il caso del Regolamento Edilizio, atteso che (Cass. civ. Sez. 3, n. 6933 del 05/07/1999 Rv. 528289 - 01; Cass. S.U. 28.11.1994,n. 10124) esso sul piano contenutistico si distingue dagli atti e dai provvedimenti amministrativi, in quanto questi ultimi costituiscono espressione di una semplice potesta' amministrativa e sono diretti alla cura concreta di interessi pubblici, con effetti diretti nei confronti di una pluralita' di destinatari non necessariamente determinati nel provvedimento, ma determinabili; i regolamenti, invece, sono' espressione di una potesta' normativa attribuita all'amministrazione e secondaria rispetto a quella legislativa, e disciplinano, in astratto, tipi di rapporti giuridici mediante una regolazione attuativa o integrativa della legge, ma egualmente innovativa rispetto all'ordinamento giuridico esistente, con precetti che presentano, appunto, i caratteri della generalita' ed astrattezza. Rientrano, quindi, tra le fonti di diritto oggettivo di cui all'articolo 1 preleggi Il regolamento comunale, in particolare, si inquadra in quelli, tra le fonti oggettive del diritto, propri di enti pubblici non statali, e rimanda alle disp. gen. con particolare riferimento ai regolamenti " di altre autorita' " (distinte come tali dal Governo) disciplinati da "leggi particolari". Per esso, quindi, diversamente dalle NTA, non puo' escludersi in via generale il sindacato di questa Corte. Che tuttavia, nel caso di specie e' precluso, in quanto il ricorrente, nel prospettare il vizio di violazione di legge, solleva una complessiva e coordinata ricostruzione interpretativa, che include, accanto ad una norma regolamentare, anche previsioni di portata meramente amministrativa, quali quelle immediatamente prima richiamate integranti NTA. 2.4. Oltre ai predetti vizi di violazione di legge, il ricorrente ha anche dedotto, attraverso la complessiva elaborazione dei tre motivi qui in esame, il vizio di motivazione, in termini di apparenza e quindi inesistenza della stessa, come tale ammissibile in questa sede. Tale critica appare fondata. Il collegio della cautela ha richiamato la decisione del Gip laddove aveva sottolineato la sussistenza di caratteri "complessi ed indefiniti" della nozione di "cortile " in parola, ed ha quindi dichiarato di condividere tali rilievi, da una parte sostenendo altresi', l'irrilevanza, ai fini del decidere, del PGT approvato il 14.10.2019, cosi' da doversi circoscrivere l'analisi giuridica alle sole previsioni del PGT del 2012, dall'altra dissentendo dalla tesi del P.M. per cui sarebbe emersa, in ogni caso, con chiarezza, anche gia' solo attraverso le previsioni del PRG del 2012, la nozione urbanistica di "cortile", al contrario reputata dal tribunale delicata, complessa, articolata e controvertibile. Tanto che il collegio, alfine, conclude ribadendo che la "definizione dello spazio di interesse quale ‘cortile' risulta pertanto assai piu' complessa di quanto non prospetti l'accusa" (cfr. pag. 19). Si tratta, tuttavia, di una motivazione che, da una parte, al di la' della decisione finale di rigettare la richiesta di sequestro, reputando legittimi i titoli abilitativi rilasciati, esclude la rinvenibilita', nel caso concreto, di un "cortile" preclusivo degli interventi edili in contestazione ma non fornisce, in alcun modo, il concetto di "cortile" enucleabile dalle previsioni urbanistiche utilizzabili, e come tale parametrabile rispetto alla concreta area interessata dall'intervento edilizio; dall'altra, e a maggior ragione, omettendo in proposito ogni positiva quanto opportuna definizione di "cortile" (funzionale, nella stessa prospettiva dei giudici, per decidere in ordine all'accoglimento o meno della richiesta di sequestro) e, piuttosto, indugiando e limitandosi a sostenere esclusivamente la complessita' dell'articolazione di una nozione al riguardo, quale regola generale e astratta con cui confrontare di volta in volta i singoli casi concreti, incorre nella redazione di una motivazione apparente, in assenza della puntuale e esplicita enunciazione del percorso logico giuridico sotteso alle finale decisione di rigetto. Ed invero, la mera sottolineatura, tra l'altro, della complessita' ed incertezza della nozione di "cortile", la citazione, a conforto di tale rilievo, della intervenuta adozione di una Determina dirigenziale costitutiva di una "Commissione" per la formulazione di un parere sul punto e con riguardo ai vari casi concreti, la evidenziazione della sussistenza di pareri della difesa che avrebbero a buona ragione evidenziato, secondo il collegio della cautela, con riguardo al predetto concetto di cortile, un carattere "aperto" "multiforme" e "per nulla scontato", appaiono argomentazioni che, sia per la genericita' del richiamo a contributi tecnici, sia per l'assenza della illustrazione delle ragioni a supporto delle stesse, cosi' che le argomentazioni medesime del tribunale risultano essenzialmente assertive, sia per la scarsa o secondaria rilevanza, in ogni caso non illustrata, della strumentalita', a fini interpretativi, di una casistica amministrativa, sia per la carenza del ricorso a espliciti e puntuali criteri ermeneutici, denotano il raggiungimento di una conclusione, quale quella della insussistenza di un "cortile" e del rigetto dell'impugnazione, operata in assenza di una esistente e ben illustrata elaborazione interpretativa, coerente e comprensibile. In altri termini emerge, attraverso la mera evidenziazione della difficolta' nella elaborazione della nozione gia' piu' volte citata, l'abbandono di ogni reale sforzo interpretativo, posto che anche a fronte della piu' complessa previsione normativa e' dato alfine rinvenire, attraverso la analisi letterale e tutti gli altri noti criteri interpretativi della specifica previsione, il significato giuridico finale della stessa. Cosicche', come gia' prima osservato, si rinviene una motivazione apparente, quale e' quella che "non risponda ai requisiti minimi di esistenza, completezza e logicita' del discorso argomentativo su cui si e' fondata la decisione, mancando di specifici momenti esplicativi anche in relazione alle critiche pertinenti dedotte dalle parti",(Sez. 11, n. 4787 del 10/11/1993, Di Giorgio), ovvero quella in cui si dissimuli la totale mancanza di un vero e proprio esame critico degli elementi di fatto e di diritto su cui si fonda la decisione, o sia priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidonea a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U., n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov; nello stesso senso anche Sez. 4, n. 43480 del 30/09/2014, Giovannini, Rv. 260314). 4.Anche il quarto motivo e' fondato. Va precisato che il tema della rilevanza delle cd "misure di salvaguardia" nel caso in esame consegue alle argomentazioni introdotte dal tribunale del riesame, nella parte in cui individua la normativa da applicarsi rispetto al caso di specie (cfr. pag. 13 dell'ordinanza), per cui non emerge alcuna novita' in ordine alla censura dedotta dal ricorrente sul punto. 4.1.Deve altresi' premettersi, in proposito, che l'urbanistica e l'edilizia devono essere ricondotte alla materia "governo del territorio", di cui all'articolo 117, comma 3, Cost., materia di legislazione concorrente in cui lo Stato ha il potere di fissare i principi fondamentali, spettando alle Regioni il potere di emanare la normativa di dettaglio (da ultimo, Sentenza della Corte Costituzionale n. 102 del 29 maggio 2013; ordinanza della Corte Costituzionale n. 314 del 2012; sentenza n. 309 del 2011, cfr. anche sentenze n. 362 e n. 303 del 2003; Cass. Pen. (Sez. F - n. 46500 del 30/08/2018 Rv. 274173 - 01; Sez. 3, n. 30657 del 20/12/2016 Ud. (dep. 20/06/2017) Rv. 270210 - 01). 4.2. Quanto alle cd. "misure di salvaguardia" in materia di governo del territorio, va premesso che l'articolo 12, comma 3, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 stabilisce che: "In caso di contrasto dell'intervento oggetto della domanda di permesso di costruire con le previsioni di strumenti urbanistici adottati, e' sospesa ogni determinazione in ordine alla domanda. La misura di salvaguardia non ha efficacia decorsi tre anni dalla data di adozione dello strumento urbanistico, ovvero cinque anni nell'ipotesi in cui lo strumento urbanistico sia stato sottoposto all'amministrazione competente all'approvazione entro un anno dalla conclusione della fase di pubblicazione". 4.3. L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 2 del 2008 ha ritenuto che la disciplina sulle misure di salvaguardia di cui al citato articolo 12, comma 3, del Testo Unico edilizia, ha una valenza mista: edilizia, in quanto e' volta ad incidere sui tempi dell'attivita' edificatoria, ed urbanistica, in quanto finalizzata alla salvaguardia, in definiti ambiti temporali, degli assetti urbanistici in itinere e, medio tempore, dell'ordinato assetto del territorio. 4.4. Quanto al termine di durata delle misure di salvaguardia, stabilito dal legislatore e sopra indicato (tre anni dall'adozione dello strumento urbanistico, ovvero cinque anni nell'ipotesi in cui questo sia stato sottoposto all'amministrazione competente per la approvazione entro un anno dalla conclusione della fase di pubblicazione), come ribadito dalla Corte Costituzionale con la citata decisione n. 102/2013, esso esprime un principio di ragionevole temporaneita' delle misure di salvaguardia in esame, finalizzato alla salvaguardia degli assetti urbanistici in itinere, cui consegue, da una parte, l'impossibilita' della loro riduzione sul piano cronologico ma, anche, l'impossibilita' del loro ulteriore differimento temporale, ove irragionevole e arbitrario, e dunque il loro necessario rispetto in sede di normazione subordinata a quella legislativa nazionale e, se conforme, regionale, sul piano cronologico ed edilizio urbanistico, perche' finalizzata alla salvaguardia degli assetti urbanistici in itinere (cfr. pure Cons. Stato, Ad.Plen., 7 aprile 2008, n. 2). 4.5.Come gia' rilevato dalla Corte Costituzionale (Sentenza della Corte Costituzionale n. 102/2013 cit. e di recente, seppur incidentalmente, Sentenza n. 11 del 23/11/2021 - 25/11/2021), la ratio della normativa statale esprime l'intenzione del legislatore di evitare che la non ancora intervenuta approvazione da parte della Regione, o comunque di altra autorita' competente, di eventuali previsioni di non edificabilita' previste dal piano in vigore, consenta ai proprietari delle aree interessate di realizzare nuove costruzioni nel periodo intercorrente tra la predisposizione di un nuovo piano e l'approvazione di questo da parte della Regione, in tal modo eludendo, durante tale fase, le stesse previsioni contenute nel progettato nuovo piano. Il giudice delle leggi ha quindi opportunamente sottolineato che "l'adozione del piano, pertanto, ha funzione cautelativa nei riguardi di quei progetti che non si conformano allo stesso: consegue da cio' l'effetto di salvaguardia previsto dal comma 3 dell'articolo 12 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, e' strettamente collegato all'adozione del piano, cioe' dello strumento urbanistico modificativo della precedente previsione". In tal senso si e' espressa anche di recente la giurisprudenza amministrativa, laddove ha precisato che l'esigenza sottesa alle misure di salvaguardia "e' dunque di carattere conservativo e si identifica nella necessita' che le richieste dei privati - fondate su una pianificazione ritenuta non piu' attuale, in quanto in fieri, e quindi potenzialmente modificata - finiscano per alterare profondamente la situazione di fatto e, di conseguenza, per pregiudicare definitivamente proprio gli obiettivi generali cui invece e' finalizzata la programmazione urbanistica, rendendo estremamente difficile, se non addirittura impossibile, l'attuazione del piano in itinere" (cfr. Cons. Stato, sez. H 23 marzo 2020 n. 2012; Sez. IV, 20 gennaio 2014, n. 257). In altri termini, come precisato da questa Suprema Corte, si tratta di una normativa transitoria con finalita' meramente cautelare e di salvaguardia, volta a consentire che nelle more fra l'adozione e l'approvazione, la situazione dei luoghi non venga pregiudicata, rendendo vana la previsione del nuovo assetto del territorio, come concepito dal nuovo P.R.G., di cui vengono cosi' anticipati gli effetti (Sez. civ. 1 n. 19314 del 17/12/2003, Rv. 568998 - 01). Consegue, alla luce della previsione di cui al citato articolo 12, comma 3 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, secondo il quale "in caso di contrasto dell'intervento oggetto della domanda di permesso di costruire con le previsioni di strumenti urbanistici adottati, e' sospesa ogni determinazione in ordine alla domanda", che in tal caso, nel corso del procedimento di approvazione di un piano urbanistico o sue varianti, grava sull'amministrazione comunale competente l'onere di sospendere ogni determinazione sulla domanda di rilascio del permesso di costruire in attesa della definitiva approvazione del piano. Nel contempo, e' opportuno altresi' evidenziare che la predetta disposizione di cui all'indicato articolo 12 vale non semplicemente a sospendere l'iter amministrativo eventualmente gia' avviato, ma anche, "ad indurre le amministrazioni locali a definire tempestivamente l'iter procedimentale conseguente all'adozione degli strumenti urbanistici generali con il loro tempestivo invio agli organi deputati alla loro approvazione, correlando agli eventuali ritardi burocratici un regime di minor favore, volto, essenzialmente, ad evitare le strumentalizzazioni che un non sollecito esercizio dell'azione amministrativa renderebbe possibile e (con contenuti in certo modo sanzionatori delle spesso defatiganti lungaggini amministrative) a favorire una maggiore responsabilizzazione degli amministratori locali, in funzione anche, come cennato nella decisione di rimessione, dell'esigenza di tutelare il valore costituzionale della proprieta' e delle connesse facolta' edificatorie". (cfr.Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, sentenza n. 2 del 2008 cit.). Cosicche' appare privo di fondamento il rilievo, talvolta formulato, per cui eventuali deroghe alle misure di salvaguardia che mantengano ferme ed applicabili le disposizioni del precedente piano urbanistico anche per i titoli richiesti all'indomani dell'avvio della nuova procedura pianificatoria ancora in fieri, risponderebbero alla altrimenti non considerata esigenza di non lasciare il privato interessato alla merce' delle lentezze procedimentali della Pubblica Amministrazione. 4.6.Deve anche ricordarsi che, con sentenza della Corte Costituzionale n. 402 del 2007, si e' evidenziato che il Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 - in relazione a quanto disposto dall'articolo 1, comma 1, e dall'articolo 2 commi 1 e 3 del medesimo Decreto del Presidente della Repubblica n. - costituisce disciplina recante i principi fondamentali e generali in materia di attivita' edilizia(gia' richiamati in via generale e in premessa al paragrafo 4.1.), ai quali il legislatore regionale deve attenersi. Infatti, l'articolo 1, comma 1, del Testo Unico dell'edilizia, prevede che: "il presente testo unico contiene i principi fondamentali e generali e le disposizioni per la disciplina dell'attivita' edilizia"; i commi 1 e 3 dell'articolo 2, rispettivamente, stabiliscono che: "le regioni esercitano la potesta' legislativa concorrente in materia edilizia nel rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale desumibili dalle disposizioni contenute nel testo unico" e che "le disposizioni, anche di dettaglio, del presente testo unico, attuative dei principi di riordino in esso contenuti, operano direttamente nei riguardi delle regioni a statuto ordinario, fino a quando esse non si adeguano ai principi medesimi". L'articolo 2 citato poi, al comma 4, in una evidente progressione discendente circa la individuazione delle possibili fonti disciplinanti la materia edilizia, rappresenta che il Comuni nell'ambito della propria autonomia statutaria e normativa "disciplinano l'attivita' edilizia". 4.7.Puo' dunque evidenziarsi, in sintesi, alla luce di quanto sinora osservato, (cfr. anche Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza n. 3834 del 2005) che l'articolo 12 comma 3 citato, ha recepito i contenuti sostanziali dell'articolo unico della L. 3 novembre 1952, n. 1902 (Misure di salvaguardia in pendenza dell'approvazione dei piani regolatori), ed esprime il principio secondo cui le amministrazioni debbono definire in tempi congrui l'iter procedimentale conseguente all'adozione degli strumenti urbanistici generali con il loro tempestivo invio agli organi deputati alla loro approvazione e quello della limitazione di efficacia di titoli abilitativi in presenza di una pianificazione urbanistica in evoluzione, ed inoltre, la giurisprudenza Costituzionale (Sentenza n. 402 del 2007) ha riconosciuto espressamente all'articolo 12, comma 3, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 il valore di norma statale di principio in materia di governo del territorio, di cui all'articolo 117, comma 3, Cost. E' utile aggiungere, sempre in tema di normazione di principio di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, che il giudice delle leggi anche di recente ha precisato che la competenza legislativa concorrente non e' contraddistinta da una netta separazione di materie, ma dal limite "mobile" e "variabile" costituito dai principi fondamentali, limite che "e' incessantemente modulabile dal legislatore statale sulla base di scelte discrezionali, ove espressive di esigenze unitarie sottese alle varie materie" (sentenza n. 245 del 21 dicembre 2021, n. 68 del 2018, punto 12.1.1. del Considerato in diritto, che richiama le sentenze n. 16 del 2010 e n. 50 del 2005). 4.8.Quanto al caso in esame, la legge della Regione Lombardia appare in linea con la disciplina di cui al citato articolo 12, laddove all'articolo 13 comma 12 prevede che "nel periodo intercorrente tra l'adozione e la definitiva approvazione di atti di PGT si applicano le misure di salvaguardia in relazione a interventi, oggetto di domanda di permesso di costruire ovvero di denunzia di inizio di attivita' che risultino in contrasto con le previsioni degli atti medesimi". 4.9. Alla luce di quanto sinora osservato, va dunque va ribadito, come gia' precisato da questa Suprema Corte, che, in materia urbanistica, a seguito della adozione dei piani urbanistici, ovvero dal momento in cui l'organo amministrativo competente delibera formalmente il piano e lo pubblicizza, onde consentire la presentazione delle osservazione da parte dei soggetti interessati, entrano in vigore le misure di salvaguardia, con lo scopo di impedire che antecedentemente alla approvazione del piano vengano eseguiti interventi che compromettano gli assetti territoriali previsti dal piano stesso, cosi' che integrano la violazione dell'articolo 20 della L. 28 febbraio 1985 n. 47, ora articolo 44 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 6 giugno 2001 n. 380 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) gli interventi posti in essere dopo la adozione ed antecedentemente alla approvazione del piano ed eseguiti in contrasto con le misure di salvaguardia (Sez. 3, n. 37493 del 10/06/2003, Soluri, Rv. 226316). 5. Nel caso in esame, emerge dalla stessa ordinanza impugnata che mentre il primo permesso di costruire e' stato rilasciato il 16.12.2019 e la variante essenziale il 4 maggio 2021, il nuovo PGT era stato approvato due mesi prima del primo rilascio, ovvero il 14 ottobre 2019 (e adottato il 5.3.2019), per entrare poi in vigore il 5 febbraio 2020. Corretto e' quindi il rilievo critico proposto dal ricorrente - a fronte della notazione del tribunale della irrilevanza ai fini in esame, della nuova disciplina urbanistica ancora in fieri (cfr. pag. 12 della ordinanza), siccome meramente successiva ai titoli abilitativi di riferimento, pur nella ritenuta diversa portata della stessa in ordine alla nozione di "cortile" enucleabile dalla disciplina previgente -, posta la espressa disposizione di cui al citato articolo 12 comma 3 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 per cui "in caso di contrasto dell'intervento oggetto della domanda di permesso di costruire con le previsioni di strumenti urbanistici adottati, e' sospesa ogni determinazione in ordine alla domanda. La misura di salvaguardia non ha efficacia decorsi tre anni dalla data di adozione dello strumento urbanistico, ovvero cinque anni nell'ipotesi in cui lo strumento urbanistico sia stato sottoposto all'amministrazione competente all'approvazione entro un anno dalla conclusione della fase di pubblicazione". Ne' osta, come invece rilevato dal tribunale, la previsione di cui all'articolo 5 delle NTA per cui le definizioni di cui al predetto articolo "si applicano ai titoli edilizi presentati successivamente all'entrata in vigore del PGT...ad eccezione delle varianti anche essenziali ai titoli edili". Cio' in quanto le norme tecniche di attuazione del PGT non possono prevalere sulla norma di salvaguardia disposta dal legislatore statale, (e nel caso di specie' anche regionale), attesa la gerarchia delle fonti, anche nel quadro della peculiare rilevanza della normativa Statale in materia, di cui ai gia' citati articoli 1, comma 1, e 2 commi 1 e 3 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001. In altri termini, non puo' certamente ritenersi - come invece, nella sostanza consegue da quanto sostenuto in ordinanza - che ai sensi dell'articolo 5 punto 24 delle norme di attuazione del PGT del 2019, di rango subordinato alle citate disposizioni legislative e regionali, secondo il quale "...le definizioni contenute nel presente articolo...si applicano ai titoli edilizi presentati successivamente all'entrata in vigore del PGT (...) ad eccezione delle varianti anche essenziali ai titoli edilizi gia' validi ed efficaci a tale data, per i quali continuano ad applicarsi le norme e le definizioni previgenti", sia possibile derogare alle citate norme di salvaguardia, attraverso una previsione che, invero, mira a eludere ovvero porre nel nulla le stesse, procrastinando, rispetto a domande di titoli (e titoli rilasciati) successivi all'avvio della nuova pianificazione, l'efficacia di previsioni pregresse al nuovo PGT, sulla base della sola intervenuta adozione di titoli edilizi cui debbano seguire titoli in variazione essenziale, ovvero ritenendo di escludere potenziali contrasti sottolineando l'efficacia, ovvia, di disposizioni del nuovo PGT per i titoli successivi alla sua entrata in vigore. Cosi' surrettiziamente mirando a trascurare il senso e la disciplina delle misure di salvaguardia, quale e' la funzione cautelativa nei riguardi di quei progetti che non si conformino alla pianificazione urbanistica in fieri e finale. Ne' appare convincente, alla luce di quanto sinora illustrato, anche con riguardo ai limiti della pianificazione comunale rispetto ai principi fissati con Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, quella giurisprudenza amministrativa secondo cui, in base al principio della successione nel tempo delle norme, con l'approvazione di un nuovo Piano Regolatore, le disposizioni successivamente intervenute sostituiscono integralmente le precedenti prescrizioni del vecchio Piano riguardanti la zona medesima, e non possono essere disapplicate dallo stesso Comune, in favore di una "ultrattivita'" del precedente PRG cosi' sostituendosi integralmente alle precedenti disposizioni le quali non possono comunque conservare alcuna efficacia, salvo il caso di una specifica norma transitoria ah hoc. Tanto piu' che quest'ultima affermazione, nell'apparire contrastante, lo si ribadisce, con i principi e le ragioni sinora esposte, appare tradursi in una affermazione meramente incidentale, invero priva di ogni opportuna quanto adeguata argomentazione (cfr. in proposito Cons. Stato Sez. IV, Sent. (ud. 22/11/2011) 09-02-2012, n. 693). 6. Da ultimo, appare fondato anche il quinto motivo, essendo irrilevante - in se' - ai fini cautelari, il decorso del tempo tra l'inizio dei lavori e la data di esecuzione del sequestro e tantomeno lo stato avanzato dei lavori abusivi, alla luce del principio per cui e' ammissibile il sequestro preventivo di opere costruite abusivamente, anche nell'ipotesi in cui l'edificazione sia persino ultimata, fermo restando l'obbligo di motivazione del giudice, in tale ultimo caso, circa le conseguenze ulteriori sul regolare assetto del territorio rispetto alla consumazione del reato, derivanti dalla libera disponibilita' del bene (Sez. 3, n. 52051 del 20/10/2016 Rv. 268812 - 01). 7.Nessun ostacolo alla presente valutazione del ricorso proposto, in termini di questione esaminata dal collegio della cautela e non contrastata dal ricorrente, e' dato dal profilo psicologico inerente al fumus del reato in esame, atteso che non e' dato rinvenire alcuna puntuale ed esplicita valutazione da parte del tribunale sul punto (che, va ricordato, puo' assumere rilievo in sede cautelare reale solo ove emerga ictu oculi la buona fede dell'agente, la quale comunque, ove mai affrontata nel prossimo giudizio di rinvio, e' esaminabile pur sempre alla luce del quadro normativo emergente dalle considerazioni precedentemente sviluppate). E invero, a pag. 19 della ordinanza, il tribunale, piuttosto che argomentare sull'eventuale tematica della evidenza della buona fede sostiene solo che "i profili di colpa" "non si presentano con quella evidenza che l'accusa prospetta", e a pagina 21 ha solo osservato che la difesa "ha introdotto una serie di elementi di criticita'...tanto sotto il profilo oggettivo quanto sotto il profilo soggettivo" aggiungendo a tale ultimo riguardo, genericamente, la necessita' per il collegio di non poter trascurare le citate criticita'. 8.Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che la ordinanza impugnata debba essere annullata con rinvio per nuovo giudizio al tribunale del riesame di Milano. P.Q.M. annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al tribunale di Milano competente ai sensi dell'articolo 324, comma 5, c.p.p..

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. TARDIO Angela - Presidente Dott. FIORDALISI Domenico - Consigliere Dott. POSCIA Giorgio - Consigliere Dott. MAGI Raffaello - Consigliere Dott. MONACO Marco Maria - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D'APPELLO DI REGGIO CALABRIA; nel procedimento a carico di: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 16/05/2022 della CORTE ASSISE APPELLO di REGGIO CALABRIA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere RAFFAELLO MAGI; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore GIUSEPPINA CASELLA; Il PG conclude per l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente al giudizio di prevalenza; udito il difensore; L'avv. (OMISSIS) conclude chiedendo l'inammissibilita' del ricorso del PG. Terminata la discussione alle ore (OMISSIS) l'udienza viene temporaneamente sospesa. L'udienza riprende alle ore (OMISSIS). RITENUTO IN FATTO 1. Le decisioni di merito emesse nei confronti di (OMISSIS) sono rappresentate dalla sentenza emessa dalla Corte d'Assise di Reggio Calabria in data 28 giugno 2021 e dalla sentenza emessa dalla Corte d'Assise di Appello di Reggio Calabria in data 16 maggio 2022. 1.1 In primo grado e' stata affermata la penale responsabilita' di (OMISSIS), per l'omicidio della moglie (OMISSIS) e, esclusa l'aggravante dei futili motivi e riconosciuto lo stato di seminfermita' mentale - da ritenere equivalente all'aggravante del rapporto di coniugio-, l'imputato e' stato condannato alla pena di ventiquattro anni di reclusione con le pene accessorie di legge e l'applicazione, dopo l'espiazione della pena detentiva, della misura di sicurezza personale. 1.2. In secondo grado, in parziale riforma della sentenza di primo grado, e' stata riconosciuta la prevalenza alla circostanza attenuante di cui all'articolo 89 c.p. sull'aggravante del rapporto di coniugio con rideterminazione della pena in anni quattordici di reclusione. 2. La decisione di primo grado. 2.1 In data (OMISSIS), i Carabinieri hanno constatato il decesso di (OMISSIS), fatto pacificamente ammesso dal (OMISSIS). I fatti hanno avuto luogo all'interno di un patio pertinente all'abitazione coniugale nel corso di una discussione tra la (OMISSIS) ed il (OMISSIS), in seguito alla quale quest'ultimo aveva colpito ripetutamente la moglie al capo ed al collo con u n'accetta. La riconducibilita' dell'uccisione di (OMISSIS), al marito (OMISSIS) e le modalita' di esecuzione della condotta sono circostanze pacifiche, alla luce delle risultanze di prova generica e delle immediate ammissioni provenienti dal medesimo imputato, sin dalle prime fasi successive all'accaduto. 2.2 Dall'esame reso in udienza dall'imputato e dai numerosi contributi provenienti dai testimoni - tra i quali i figli della coppia - e' emerso che l'imputato sin dal 2017 aveva sviluppato un'ossessione destituita di qualsiasi fondamento circa il fatto che la moglie lo tradisse con tale (OMISSIS), (un cognato del figlio). L'uomo aveva sottoposto la donna a forme assolute di controllo, seguendola ovunque, chiudendola in casa, nella quale aveva finanche installato un impianto di videosorveglianza. La (OMISSIS), aveva sporto denuncia per maltrattamenti nei confronti del marito ed era andata a vivere per un periodo con la figlia a Londra. Entrambi i figli sottolineavano come l'uomo era stato anche in cura presso psichiatri ed abusasse spesso di psicofarmaci, precisando che aveva nel tempo nutrito anche altre forme ossessive, per esempio, nei confronti dei vicini. 2.3 La consulenza psichiatrica svolta dal consulente del PM aveva accertato in capo all'imputato una severa infermita' mentale che ne distorce l'organizzazione ideoaffettiva..., con patologia della paranoia. L'esperto concludeva per la forte probabilita' che il delitto fosse stato realizzato sotto la pressione di dinamiche interiori o di eventi emotigeni di inusuale intensita' (il soggetto sostiene di avere reagito ad un'aggressione) e che al momento del fatto la capacita' di intendere e di volere dell'imputato fosse parzialmente compromessa, ma non totalmente abolita, dal cedimento del controllo autoinibitorio delle condotte. La Corte perveniva, pertanto, a ritenere sussistente il vizio parziale di mente da parte dell'imputato al momento della consumazione del fatto, sottolineando come le conclusioni alle quali era giunto il consulente del P.M. fossero pienamente conformi a quelle esposte dal perito d'ufficio, nell'ambito del procedimento per maltrattamenti in famiglia precedentemente instaurato a carico del (OMISSIS) e trovassero conferma anche nelle valutazioni compiute da altri specialisti che avevano avuto in cura l'imputato. 2.4. Alla luce di tali risultanze, la Corte di primo grado escludeva la ravvisabilita' dell'aggravante dei motivi futili contestata all'imputato e, valutata la diminuente della seminfermita' mentale con criterio di equivalenza rispetto all'aggravante del rapporto di coniugio con la vittima, condannava il (OMISSIS) alla pena indicata in premessa ed alle pene accessorie previste per legge. 3. La decisione di secondo grado. 3.1 Avverso la sentenza di primo grado ha proposto appello l'imputato (OMISSIS). La Corte di secondo grado affronta in via preliminare l'eccezione di legittimita' costituzionale della previsione normativa di cui all'articolo 577, comma 1, n. 1, c.p. come modificato dalla L. n. 4 del 2018 nella parte in cui si prevede la pena dell'ergastolo nel caso di omicidio del coniuge, ritenendo infondata detta eccezione non ravvisando alcuna irragionevolezza o arbitrarieta' nella scelta operata in proposito dal legislatore. 3.2 Quanto alla richiesta di assoluzione dell'imputato per totale incapacita' di intendere e di volere al momento del fatto determinata da vizio totale di mente, la Corte ha disposto la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, con nuova escussione del consulente del PM. A fronte di quanto acquisito con riferimento ai profili da sottoporre a valutazione sui punto, la Corte ritiene superflua la richiesta difensiva di conferire perizia psichiatrica sul (OMISSIS) e reputa che le emergenze di prova consentano la formulazione di un giudizio di merito scevro da incertezze. La Corte, in accordo con i Giudici di primo grado, ritiene sussistente la parziale capacita' tanto di intendere quanto di volere dell'imputato, sottolineando quanto segue. E' pacifica la circostanza che l'imputato sia risultato affetto da una significativa patologia psichica con distorsioni ideative del pensiero e che assumesse farmaci antipsicotici, cosi' come confermato dalle note cliniche redatte dagli psichiatri delle due strutture carcerarie in cui l'uomo e' stato collocato dopo (231 l'accaduto, laddove si sottolinea che da parte del detenuto "emergono idee deliranti a contenuto paranoideo: il tema centrale del delirio e' quello dell'infedelta' della moglie fondato su deduzioni supportate da indizi interpretati come evidenze (i suoi disturbi intestinali sarebbero, a suo dire, la prova che la consorte ed il di lei amante tentavano di avvelenarlo)." Conformi sono le valutazioni operate dal consulente del PM e dal perito d'ufficio, nell'ambito del procedimento per maltrattamenti in famiglia precedentemente instaurato a carico del (OMISSIS), nelle quali si era concluso per la seminfermita' del soggetto rilevando che "il nucleo psicopatologico presentato dal paziente abbia inciso sostanzialmente sulla sua capacita' di comprendere il disvalore sociale delle proprie azioni e di autodeterminarsi in vista del compimento delle stesse, rendendolo parzialmente incapace di intendere e di volere". Dalle valutazioni operate dal consulente del PM emerge come l'imputato avesse compiuto l'omicidio in una fase in cui si era determinato un acting out, un corto circuito irrefrenabile, uno tsunami improvviso, con una compromissione delle facolta' (sul piano dell'assenza di freni inibitori) stimata come incidente all'85% sul quadro mentale. Sollecitato ad interloquire sulla questione nel rinnovato esame in fase di appello, il consulente ribadiva la propria convinzione che si fosse in presenza di una situazione nella quale il soggetto non versava in una condizione di "totale compromissione" delle proprie facolta', neppure sul versante della capacita' volitiva, posto che le condotte antecedenti e successive non possono definirsi come `disorganizzate'. 3.3 Circa la concessione all'imputato delle circostanze attenuanti generiche, la Corte non ritiene sussistenti le condizioni per la concessione di tale beneficio, rilevando la presenza a carico dell'imputato di altro procedimento penale per il reato di maltrattamenti in famiglia ai danni della moglie, sottoposta a forme spasmodiche ed opprimenti di controllo. Nessun rilievo viene attribuito alla confessione successiva al reato, anche a fronte dell'assenza di incertezze sulla riconducibilita' del delitto alla responsabilita' dello stesso. 3.4 La Corte di Assise di Appello, diversamente dai Giudici di primo grado, attribuisce tuttavia carattere di prevalenza all'attenuante di cui all'articolo 89 c.p. rispetto all'aggravante del rapporto di coniugio e limita al minimo il trattamento sanzionatorio a carico dell'imputato. Sul punto si afferma che non vi e' dubbio che l'entita' e la persistenza del grave disturbo psichico sofferto dal soggetto (assimilabile ad una forma lucida di delirio) abbiano assunto portata di tale rilievo ed incidenza da dover essere valutata con criterio di prevalenza rispetto all'aggravante del rapporto di coniugio esistente con la vittima. La Corte pertanto ridetermina la pena in quella di anni quattordici di reclusione (pena base di anni ventuno cosi' ridotta per la prevalenza della attenuante della semi-infermita'), ferme restando le restanti statuizioni. 4. L'atto di ricorso 4.1 Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Reggio Calabria, deducendo erronea applicazione di legge e vizio di motivazione. In particolare, ci si duole dell'applicazione del criterio di prevalenza dell'attenuante di cui all'articolo 89 c.p. sulla contestata aggravante del rapporto di coniugio con conseguente riduzione della pena da 24 a 14 anni di reclusione sulla base di un percorso motivazionale erroneo, contraddittorio e affetto da illogicita' manifesta. Il ricorrente rappresenta che l'organo giudicante ha riconosciuto il vizio parziale di mente in capo all'imputato negli stessi termini della sentenza di primo grado e ha confermato le risultanze dei vari esperti che hanno esaminato l'imputato ed ha recepito integralmente le conclusioni del consulente del PM, secondo il quale l'imputato aveva mantenuto, sia prima che dopo il delitto, un comportamento lucido e organizzato. A fronte di cio', si sostiene che il mutamento del giudizio di comparazione tra le circostanze di segno diverso, nel senso della prevalenza, non sarebbe giustificato. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso va dichiarato inammissibile perche' proposto per motivi non consentiti in sede di legittimita' e, in ogni caso, manifestamente infondati. 2. In diritto, va premesso che la comparazione tra le circostanze e' attribuzione tipica del giudizio di merito, sindacabile in sede di legittimita' solo nelle ipotesi di assenza o manifesta illogicita' della motivazione: le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimita' qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell'equivalenza si sia limitata a ritenerla la piu' idonea a realizzare l'adeguatezza della pena irrogata in concreto (ex multis Sez. U n. 10713 del 25.2-2010, rv 245931). 3. Ora, nel caso in esame, non e' dato scorgere alcuna illogicita' (men che mai arbitrio) nel ragionamento seguito dalla Corte di Assise d'Appello di Reggio Calabria. 3.1 Il giudizio di comparazione, per il vero, era stato espresso nella decisione di primo grado in termini di equivalenza, con riferimento alla ‘efferatezza' dell'azione omicidiaria, portata avanti senza alcuna titubanza. Tuttavia, e' proprio la considerazione del "grado elevato" della condizione patologica del (OMISSIS), (severa infermita' mentale con presenza di disturbo delirante tale da incidere sulla ideazione e sull'allentamento dei freni inibitori) ad aver diversamente orientato la scelta della Corte di secondo grado nel senso della prevalenza della circostanza attenuante di cui all'articolo 89 c.p.. Si tratta, pertanto, di un aspetto di sicuro rilievo, posto che le stesse modalita' di consumazione del reato (valorizzate nella decisione di primo grado) sono state influenzate dal severo quadro patologico, come confermato dal consulente in sede di rinnovazione parziale della istruttoria dibattimentale. 3.2 A fronte di tale assetto dimostrativo il PG ricorrente evoca la parte della decisione in cui e' stata esclusa la ricorrenza di una condizione di infermita' totale (che avrebbe condotto al proscioglimento), ma nel compiere simile prospettazione si confondono piani, a ben vedere, tra loro diversi. Gli indicatori di parziale capacita' (comportamenti antecedenti e successivi) che hanno consentito di escludere il vizio totale di mente non hanno, infatti, alcuna portata di ridimensionamento della severita' del disturbo psichico (specie sul fronte del ‘lucido delirio', dunque di una profonda alterazione della ideazione), il cui grado - secondo lo stesso consulente - poneva il soggetto in una condizione molto prossima a quella della infermita' totale (si veda l'affermazione, per quanto tratta dalla esperienza e solo esemplificativa, per cui secondo il consulente le faccolta' mentali del (OMISSIS), erano compromesse all'85%). E' pertanto frutto del legittimo esercizio del potere discrezionale del giudice del merito far rifluire il ‘ grado' della alterazione patologica nell'ambito del giudizio di comparazione tra le circostanze, nei modi espressi nella decisione impugnata, ed il ricorso, oltre a non individuare una reale contraddittorieta' dell'iter argomentativo, finisce con l'essere meramente assertivo. Va, pertanto, dichiarata la inammissibilita' dell'atto di ricorso, come da dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FERRANTI Donatella - Presidente Dott. DI SALVO Emanuele - rel. Consigliere Dott. VIGNALE Lucia - Consigliere Dott. ESPOSITO Aldo - Consigliere Dott. RICCI Anna Luisa Ange - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 05/05/2022 della CORTE APPELLO di MILANO; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere DI SALVO EMANUELE; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore ORSI LUIGI. RITENUTO IN FATTO 1. (OMISSIS) ricorre per cassazione avverso il provvedimento in epigrafe indicato, con cui e' stata dichiarata l'inammissibilita' dell'appello proposto dalla (OMISSIS) avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Milano in data 29/11/2021, con cui ella era stata condannata per il reato di cui agli articoli 56 e 624 c.p., articolo 625 c.p., n. 7. 2. La ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione, poiche' erroneamente la Corte d'appello ha ritenuto che l'appello fosse generico, in quanto era stata lamentata l'eccessivita' della pena inflitta e, in particolare, la mancata riduzione nella misura massima dei due terzi per il tentativo. Con i motivi d'appello la (OMISSIS) aveva evidenziato che il fatto non era grave, ponendo in luce le modalita', la natura e i mezzi della condotta, oltre alla minima entita' dei danni cagionati alla persona offesa e consistiti nella rottura di una sola confezione tra quelle prelevate dall'imputata. L'appellante aveva altresi' richiamato l'attenzione sulle dichiarazioni spontanee rese dalla (OMISSIS), degne di essere valutate non solo nell'ottica della concessione delle circostanze attenuanti generiche ma anche ai fini di una equilibrata dosimetria della pena, in considerazione altresi' dell'efficacia deterrente derivante dalla presente esperienza processuale e della formulabilita' di una prognosi favorevole in ordine alla futura astensione dalla commissione di ulteriori reati da parte dell'imputata. Dunque i motivi di doglianza formulati con l'atto d'appello erano sorretti da concrete argomentazioni in fatto e in diritto, non essendo necessario diffondersi in analitiche e particolareggiate disquisizioni sulle ragioni dell'invocata riforma, poiche' e' sufficiente l'identificabilita' dei punti cui si riferiscono le doglianze e l'enucleabilita' delle ragioni essenziali a fondamento delle censure. 3. Nella sua requisitoria scritta, il Procuratore generale presso questa Corte ha chiesto declaratoria di inammissibilita' del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Le doglianze formulate dal ricorrente sono fondate. Non puo', infatti, sostenersi che i motivi d'appello fossero generici. Al riguardo, occorre tener presente che l'articolo 581 c.p.p., lettera c), richiede l'indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono il petitum. Il requisito della specificita' dei motivi implica, a carico della parte, non solamente l'onere di dedurre le censure che intende muovere a uno o piu' punti determinati della decisione ma anche quello di indicare, in modo chiaro e preciso, gli elementi che sono alla base delle censure stesse, al fine di consentire al giudice dell'impugnazione di individuare i rilievi mossi e di esercitare il proprio sindacato (Cass., 18-10-1995, Arra, Rv. 203513). E' dunque necessaria una indicazione precisa delle ragioni di diritto e dei profili di fatto alla base della richiesta, in modo da permettere al giudice ad quem di controllare la correttezza dell'apparato giustificativo che sorregge la decisione impugnata (Cass. 9-5-1990, Rizzi; Cass., 14-5-1992, Genovese; Cass. 17-11-1993, Settecase, Rv. 196795). E' poi inammissibile l'impugnazione che non si confronti con la motivazione della sentenza impugnata e che non contenga alcuna confutazione delle argomentazioni formulate dal giudice a quo, concretandosi ed esaurendosi nella testuale riproposizione di argomenti difensivi gia' utilizzati nella precedente fase del giudizio, in una prospettiva del tutto avulsa dall'impianto giustificativo della pronuncia impugnata (Sez. 6, n. 27068 del 23-6-2011; Sez. 6 n. 18081 del 2011; Sez. 3, n. 16851 del 2010), si' da elidere la correlazione con la ratio decidendi del provvedimento gravato (Sez. 2, n. 6076 del 24-1-2012; Sez. 1, n. 19338 del 24-4-2008; Sez. 1, n., 16711 del 18-3-2008). In questa prospettiva, Sez. U, 27-10-2016, Galtelli, ha condivisibilmente stabilito che l'appello, al pari del ricorso per cassazione, e' inammissibile per difetto di specificita' dei motivi quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della sentenza impugnata. Tuttavia, il grado di specificita' dell'apparato argomentativo dell'atto d'impugnazione nonche' delle indicazioni e delle confutazioni di cui esso deve essere intessuto va modulato sulla complessita' dei lineamenti fattuali e giuridici della regiudicanda, della problematica attinta dai motivi di gravame e dell'impianto giustificativo della pronuncia impugnata. Ove la vicenda sub indice sia assai semplice, l'appello investa punti assai circoscritti della regiudicanda e l'apparato motivazionale della pronuncia impugnata non sia particolarmente ampio e articolato, i motivi di gravame ben possono essere formulati in termini sintetici e senza una illustrazione delle argomentazioni addotte particolarmente analitica, sempre che l'ambito del devolutum sia perimetrato con esattezza e la sostanza delle doglianze prospettate risulti individuata con sufficiente precisione. 2. Nel caso di specie, l'imputata, nell'atto di appello, ha lamentato l'eccessivita' della pena inflitta e chiesto l'irrogazione di una sanzione contenuta nei minimi, con riduzione di due terzi, come previsto, per l'ipotesi tentata, dall'articolo 56 c.p., controdeducendo a quanto rilevato, nella motivazione della sentenza di primo grado, dal Tribunale, il quale aveva sottolineato la gravita' del fatto, consistito nell'impossessamento di numerosi materiali elettrici, per un quantitativo di oltre 100 pezzi, del valore di Euro 580,85, e la capacita' a delinquere manifestata dall'imputata nell'episodio delittuoso sub iudice. Nell'atto di gravame, l'imputata ha sottolineato la natura, la specie e i mezzi dell'azione, la modesta entita' del danno cagionato alla persona offesa, consistito nella rottura di una sola confezione tra quelle prelevate dall'imputata, nonche' la condotta successiva al reato, avendo la (OMISSIS) ammesso l'addebito, aggiungendo di essersi trovata in difficili condizioni economiche e di aver compiuto l'azione delittuosa per cercare di adeguare l'impianto elettrico della propria abitazione, in cui dimoravano anche i suoi due bambini, mostrando anche disponibilita' al risarcimento del danno, sia pure nei limiti delle proprie ristrette possibilita' economiche. Trattasi di formulazioni sufficientemente specifiche per valicare, pur nella loro sinteticita', la soglia dell'ammissibilita', anche in considerazione della semplicita' del fatto oggetto della regiudicanda e del limitato ambito della devoluzione, circoscritta alla misura della pena, che non richiedevano ne' consentivano una maggiore elaborazione concettuale dei motivi di gravame ne' una piu' complessa articolazione dei rilievi critici rispetto alle ragioni poste a fondamento della sentenza impugnata. Tant'e' che la Corte d'appello, nella motivazione della pronuncia impugnata, e' entrata nel merito dei rilievi formulati dall'imputata, dimostrandone l'inconsistenza e l'inidoneita' ad infirmare la validita' dell'apparato argomentativo a supporto delle statuizioni contenute nella sentenza di primo grado: cio' che conferma come lo stesso giudice a quo abbia argomentato nell'ottica non tanto della genericita' quanto dell'infondatezza delle censure proposte, che, come e' noto, non costituisce un motivo di inammissibilita' ma di rigetto del gravame di merito. 3. Il provvedimento impugnato va dunque annullato senza rinvio, con conseguente trasmissione degli atti alla Corte d'appello di Milano, per l'ulteriore corso. P.Q.M. Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato e dispone trasmettersi gli atti alla Corte d'appello di Milano per l'ulteriore corso.

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