Sentenze recenti azione revocatoria

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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SARNO Giulio - Presidente Dott. ACETO Aldo - Consigliere Dott. LIBERATI Giovanni - Consigliere Dott. GAI Emanuela - Consigliere Dott. SCARCELLA Alessio - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS) SRL; (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 17/03/2022 della CORTE APPELLO di NAPOLI; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere ALESSIO SCARCELLA; letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale BALDI FULVIO, che ha chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi; lette le memorie difensive, unitamente alle relative conclusioni scritte, depositate telematicamente dall'Avv. (OMISSIS) per il ricorrente (OMISSIS) e dall'Avv. (OMISSIS) per il ricorrente (OMISSIS) SRL, il cui legale rappresentante e' il sig. (OMISSIS). RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza pronunciata il 17 marzo 2022 dalla Corte d'Appello di Napoli, e' stata confermata la sentenza del GUP del Tribunale di Napoli Nord del 18 febbraio 2021, che ha condannato (OMISSIS) alla pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione, oltre alle pene accessorie di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 12 per il reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 11, contestatogli quale legale rappresentante e liquidatore della (OMISSIS) SRL, disponendo la confisca dei beni ai sensi dell'articolo 12bis del D. Lgs 74/2000 di proprieta' del (OMISSIS) s.r.l. 2. Avverso la sentenza impugnata nel presente procedimento, il predetto unitamente alla societa' Gruppo Immobiliare LS s.r.l. hanno proposto separati ricorsi per cassazione, rispettivamente, l'Ente terzo interessato, a mezzo del difensore cassazionista anche quale procuratore speciale ed, il Rullo, a mezzo del difensore fiduciario cassazionista, deducendo complessivamente tre motivi, di seguito sommariamente indicati. 2.1. Deduce, con l'unico motivo di ricorso, il terzo interessato, (OMISSIS) s.r.l. (il cui legale rappresentante e' il sig. Vittorio Rullo), il vizio di violazione di legge in relazione agli articoli 12bis n. 74/00, 7 CEDU e 8, §§ 1, 7 e 9 della direttiva n. 2014/42, letto in combinato disposto con l'articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea nonche' l'inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullita' quale l'articolo 104bis disp. att. c.p.p. In estrema sintesi, richiamati i principi sovranazionali a cui il giudice ordinario e' tenuto a conformarsi e incontestate le circostanze fattuali proprie del presente giudizio, il ricorrente censura la sentenza impugnata per aver il giudice di merito applicato la confisca, violando il suo diritto alla partecipazione al processo, consumatosi in assenza dell'avviso al terzo come prescritto dall'articolo 104bis disp. att. c.p.p., per aver considerato tale mancanza come una mera irregolarita', non essendo il terzo parte processuale. Una simile conclusione, oltre a violare le norme di cui sopra, si porrebbe in contrasto con lo stesso indirizzo che la Corte di legittimita', chiamata a pronunciarsi su un caso analogo, in cui pero' l'esercizio dell'azione penale era avvenuto prima dell'entrata in vigore dell'articolo 104bis disp. att. c.p.p., avrebbe fornito per fattispecie posteriori al 6 aprile 2018 sancendo la necessita' della citazione del terzo. Secondo l'impostazione del (OMISSIS) s.r.l., come l'omessa notifica del decreto di citazione alla parte offesa determina l'inopponibilita' delle 2,/, statuizioni nei confronti della persona offesa, la disposta confisca non sarebbe opponibile a chi non e' stato messo in condizione di partecipare al processo e quindi da considerare tamquam non esset. Infine, qualora la Suprema Corte dovesse ritenere fondata l'impostazione fornita dal giudice territoriale, la societa' ricorrente chiede di sollevare la questione di legittimita' costituzionale della norma di cui si discute per possibile violazione delle norme in apertura richiamate. 2.2. Deduce il ricorrente Rullo, con il primo motivo di ricorso, il vizio di violazione di legge in relazione all'articolo 11 Decreto Legislativo n. 74 del 2000 quanto all'elemento oggettivo e soggettivo del reato nonche' per la mancanza di motivazione in ordine ai motivi di appello. In particolare, quanto all'elemento oggettivo, nel caso di specie non sarebbe possibile configurare ne' la simulazione (atteso che la societa' (OMISSIS) S.r.l. ha effettivamente venduto, ad un prezzo congruo, i beni al (OMISSIS) s.r.l. con conseguente estinzione dei suoi debiti nei confronti di Banca Intesa e tale (OMISSIS) senza alcun guadagno del prevenuto), ne' la fraudolenza della vendita, che avrebbe invece seguito lo schema della delegazione di pagamento ex articolo 1269 c.c.. Inoltre, il debito tributario non sarebbe nemmeno certo e reale avendo (OMISSIS), intervenuta nel 2014 nella procedura esecutiva iniziata nel 2012 dinanzi al giudice dell'esecuzione, rinunciato ad insistere nell'azione con conseguente dichiarazione di estinzione della procedura esecutiva e cancellazione dell'ipoteca. Quindi, siccome la norma incriminatrice richiede che la condotta del soggetto agente renda inefficace la procedura di riscossione coattiva, nel caso che ci occupa la riscossione coattiva non avrebbe comunque potuto aver luogo per la mancata notifica della cartella di pagamento e per la rinuncia alla procedura esecutiva di (OMISSIS) in sede civile. In ogni caso, anche disattendendo l'impostazione difensiva, andrebbe comunque esclusa la sussistenza dell'elemento psicologico del reato, essendo stato eseguito il pagamento di un debito vero e reale per il quale era in corso un giudizio di esecuzione dinanzi al G.E.. 2.3. Deduce il ricorrente Rullo, con il secondo motivo di ricorso, il vizio di violazione di legge in relazione all'articolo 62bis c.p. e correlato vizio di motivazione per omessa valutazione, al fine del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, del mancato incremento del patrimonio dell'imputato a favore, invece, di (OMISSIS) e (OMISSIS), soggetti che non hanno alcun vincolo di parentela o amicizia con il (OMISSIS). 3. In data 7.03.2023, il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato la propria requisitoria scritta, chiedendo l'inammissibilita' dei ricorsi. Il P.G. ritiene il primo motivo dedotto dall'imputato attinente al merito della vicenda poiche' fa leva sull'assenza di simulazione della vendita mentre il diniego delle generiche adeguatamente motivato. Il ricorso del terzo interessato sarebbe, invece, infondato perche' condivisibile la conclusione della mera irregolarita' della mancata citazione degli stessi terzi, non rivestendo essi stessi la qualifica di parte processuale. 4. In data 3.04.2023 e 4.04.2023, le difese dei ricorrenti hanno fatto pervenire separate memorie con relative conclusioni scritte. In particolare, l'Avv. (OMISSIS) per il ricorrente si e' riportato preliminarmente ai motivi di ricorso e si e' concentrato in particolar modo sull'impossibilita' di considerare come fraudolenta la condotta posta in essere dal suo assistito anche alla luce della relazione governativa di presentazione del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 11 in cui si affermava espressamente "non devono considerarsi penalmente rilevanti tutti gli atti di disposizione che possano comportare un depauperamento, ma soltanto quelli connotati da una componente oggettiva di inganno, di artificio o di falsa rappresentazione della realta'" non ricorrenti nel caso di specie per quanto argomentato nel ricorso (assenza di vincolo di parentela con i creditori soddisfatti; pendenza della procedura esecutiva in sede civile). Ha quindi insistito per l'annullamento dell'impugnata sentenza senza rinvio con assoluzione di Biagio Rullo con la formula fatto non sussiste, ovvero, fatto non costituisce reato, ovvero, in via subordinata, per l'annullamento con rinvio dell'impugnata sentenza. Quanto alla difesa dell'Ente, l'Avv. (OMISSIS), richiama il motivo di ricorso, insistendo per l'accoglimento anche alla luce della circostanza per cui il provvedimento ablatorio e' stato inflitto alla societa' acquirente e non ai due creditori privati i quali, in caso di conferma della condanna di (OMISSIS), otterrebbero un ingiustificato arricchimento, favoriti in danno all'Agenzia dell'Entrate il cui credito non sarebbe stato tenuto in adeguata considerazione da (OMISSIS) s.r.l., con violazione della par condicio creditorum. Dunque, ha chiesto a questa Corte l'annullamento dell'impugnata sentenza, limitatamente alla confisca dei beni di proprieta' del ricorrente (OMISSIS) s.r.l., con restituzione dei beni all'avente diritto. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I ricorsi, trattati cartolarmente Decreto Legge n. 137 del 2020 e successive modifiche ed integrazioni, ex articolo 23, comma 8, sono inammissibili. 2. In sintesi, per meglio chiare le ragioni dell'approdo cui e' pervenuto il collegio, e' utile un seppur sintetico inquadramento della vicenda, alla luce delle soprattutto delle doglianze di vizi motivazionali della sentenza che, all'evidenza, appaiono prive di pregio. 3. La responsabilita' penale di (OMISSIS) e' stata affermata preliminarmente dal GUP del Tribunale di Napoli Nord, il quale all'esito del giudizio abbreviato richiesto, condannava il ricorrente alla pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione per il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento d'imposte di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 11 poiche' sulla base degli elementi emersi la societa' di cui l'imputato era liquidatore e legale rappresentante risultava debitrice dell'Erario dell'importo di Euro 920.850,12. In particolare, il giudice di prime cure valorizzava la fraudolenza della vendita da parte della Societa' (OMISSIS) s.r.l., avvenuta con atto notarile del 6 maggio 2015 al prezzo dichiarato di Euro 390.000,00, delle unita' immobiliari costituite dall'intero complesso edilizio in corso di costruzione e da destinarsi ad uso residenziale e dall'intera porzione di fabbricato anch'esso edilizio in corso di costruzione e da destinarsi ad uso residenziale al (OMISSIS) s.r.l. che vede nella compagine sociale anche la suocera e la nipote del prevenuto per una quota rispettivamente pari al 10% e 90%. Il GUP ha ravvisato il fine ultimo dell'alienazione nella diminuzione della garanzia patrimoniale cosi' da rendere inefficace, anche parzialmente, l'attivita' recuperatoria dell'Amministrazione finanziaria, ragion per cui disponeva altresi' la confisca Decreto Legislativo n. 74 del 2000, ex articolo 12bis dei beni alienati. Contro la decisione di primo grado proponeva appello l'imputato deducendo la nullita' della confisca disposta in violazione dell'articolo 104bis disp. att. c.p.p. e chiedendo nel merito l'assoluzione per insussistenza del fatto per la nullita' delle notifiche delle cartelle esattoriali e dei connessi provvedimenti tributari; l'assoluzione perche' il fatto non costituisce reato per assenza dell'elemento psicologico della fattispecie contestata; in via subordinata la concessione delle circostanze attenuanti generiche con conseguente riduzione della pena e la sostituzione della pena detentiva con le pene alternative. Contestualmente, la Societa' (OMISSIS) s.r.l. trasmetteva un'istanza in cui lamentava la nullita' della decisione adottata all'esito del processo di primo grado per il mancato avviso ex articolo 104bis disp. att. c.p.p. della celebrazione dello stesso a lei in qualita' di intestataria degli immobili oggetto di confisca. La Corte di Appello di Napoli, disattendendo tutte le richieste difensive e qualificato il mancato avviso al terzo estraneo in termini di mera irregolarita', confermava la sentenza di primo grado cui seguiva la proposizione dei ricorsi qui in esame. 4. Tanto premesso in fatto, puo' muoversi dall'esame del ricorso del terzo interessato, (OMISSIS) S.r.l., che come, anticipato, e' inammissibile. 4.1. Sul punto, infatti, si ritiene di dover dare continuita' al principio risalente della giurisprudenza di legittimita', piu' volte ribadito, richiamato nella pronuncia impugnata per cui, in tema di confisca, l'eventuale mancata citazione, nel giudizio di cognizione, del terzo interessato al provvedimento ablatorio, ai sensi dell'articolo 104-bis disp. att. c.p.p., comma 1-quinquies integra una mera irregolarita', considerato che il sistema di garanzie, previsto dall'articolo 178 c.p.p., e' riservato alle sole parti processuali, ne' e' prevista alcuna facolta' del terzo di costituirsi, ove non citato. (Sez. 2, n. 38855 del 28/09/2021, Rv. 282196 - 01; Sez. 6, n. 26346 del 09/05/2019, Rv. 276382; Sez. 1, n. 16806 del 21/04/2010, Rv. 247072; Sez. 6, n. 803 del 02/03/1999, Rv. 214780 - 01). In particolare, nella piu' recente pronuncia, intervenuta dopo l'entrata in vigore dell'articolo 104bis avvenuta nel 2018, e' stato altresi' affrontato il tema del rispetto dei principi sovranazionali, richiamati dello stesso ricorrente, in accordo ai quali questa Corte, nella sua composizione piu' autorevole ha chiarito, in una pronuncia emessa in tema di lottizzazione abusiva, che le questioni relative alla conformita' della confisca al principio di protezione della proprieta' di cui all'articolo 1 del Prot. n. 1 CEDU, come interpretato dalla pronuncia della Grande Camera della Corte EDU del 28 giugno 2018, (OMISSIS) S.r.l. contro Italia possono essere proposte dagli interessati al giudice dell'esecuzione, anche chiedendo la revoca della misura e che, in tale fase, al fine di compiere l'accertamento richiesto, il giudice gode di ampi poteri istruttori ai sensi dell'articolo 666 c.p.p., comma 5, (Sez. U, n. 13539 del 30/01/2020, Perroni, Rv. 278870 - 04, conformi: Sez. 3, n. 50363 del 29/10/2019, Rv. 277940; Sez. 3, n. 58444 del 04/10/2018, Rv. 275459); i terzi possono altresi' agire nel giudizio di merito cautelare, prima della definitivita' del provvedimento ablativo quando la confisca sia preceduta da sequestro (Sez. 2, n. 53384 del 12/10/2018, Rv. 274242 - 01; Sez. 6, n. 8268 del 19/01/2018, Rv. 272229; Sez. U, n. 48126 del 20/07/2017, Rv. 270938 - 01). 4.2. I principi appena richiamati sono condivisi anche dalla stessa sentenza (Sez. 2, n. 45105 del 04/07/2019) che la difesa della (OMISSIS) s.r.l. adduce a sostegno della sua tesi per cui la Corte di legittimita' avrebbe sancito la necessita' della citazione dei terzi interessati dal provvedimento di sequestro finalizzato alla confisca nel procedimento di cognizione. In realta', scrive la Seconda Sezione: "(...) l'articolo 104 bis disp. att. c.p.p. tutela specificamente la posizione dei terzi interessati dal provvedimento di sequestro finalizzato alla confisca ex articolo 240 bis c.p. prevedendo che gli stessi debbano necessariamente essere citati nel procedimento di cognizione che ha ad oggetto l'accertamento della responsabilita' e cio' perche' tale e' la sede naturale per l'accertamento del presupposto della fittizia intestazione che i terzi possono contestare", per poi proseguire escludendo la sussistenza di un qualsiasi diritto del terzo interessato dal provvedimento ablatorio inizialmente disposto in forza dell'articolo 240bis c.p. onde evitare l'estensione dei giudizi di impugnazione a soggetti non coinvolti dall'accertamento del giudice di primo grado. 4.3. Per quanto fin qui premesso non si ravvisa quindi alcun vulnus nella tutela del terzo destinatario del provvedimento ablatorio, a maggior ragione se si tiene in debito conto il fatto che la questione era gia' stata affrontata dal primo giudice il quale, partendo della lettera del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 12bis per cui "..e' sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato..", affermava come la (OMISSIS) s.r.l. non poteva essere ritenuta soggetto agente in buona fede poiche', richiamati i principi di diritto al fine della configurabilita' di questa ipotesi, indicava una serie di evenienze (quali in particolare: l'atto costitutivo della societa' acquirente dinanzi a cui firmavano come soci (OMISSIS) ma anche (OMISSIS) e (OMISSIS), rispettivamente suocera e nipote dell'imputato; la cessione delle quote della (OMISSIS) S.r.l. per Euro 18.000,00 da (OMISSIS) a (OMISSIS), da cui desumere la vendita sostanzialmente del prevenuto a se' stesso; l'anomalia delle sottoscritte modalita' di pagamento dei manufatti con l'operazione triangolare per cui la (OMISSIS) s.r.l. avrebbe potuto pagare il debito della parte venditrice o con le modalita' note alle parti o con gli ordinari mezzi di pagamento o ancora mediante i modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall'adempimento previsti dalla legge), che ne escludevano la posizione di terzo estraneo in buona fede. 5. L'inammissibilita' del ricorso del terzo interessato per manifesta infondatezza non consente peraltro il formarsi di un valido rapporto d'impugnazione e preclude, pertanto, la possibilita' di rilevare e dichiarare ammissibile la questione di legittimita' costituzionale prospettata in subordine dalla difesa (Sez. 6, n. 22439 del 15/05/2008, Rv. 240513 - 01). 6. Parimenti inammissibile e' il ricorso di (OMISSIS). 6.1. Occorre premettere che il giudice territoriale ha confermato, condividendo l'analisi e la valutazione degli elementi di prova, la sentenza di primo grado, ponendo questa Corte dinanzi a una c.d. doppia conforme, potendo il giudice di legittimita', nell'analisi dell'iter motivazionale, far riferimento ad entrambe le motivazioni posto che le due strutture motivazionali si saldano cosi' da formare un unico complessivo corpo argomentativo (Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992, Rv. 191229-01). 7. Tanto premesso, con il primo motivo la difesa deduce la mancanza dell'elemento oggettivo e soggettivo previsto dalla norma incriminatrice. Come e' noto, al fine di integrare l'illiceita' penale, non e' sufficiente che gli atti siano oggettivamente finalizzati a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva, ma e' necessario che gli stessi si caratterizzino altresi' per la loro natura simulatoria o, cio' che rileva nel caso in esame, fraudolenta. Ai sensi del Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articolo 11 gli atti dispositivi compiuti dall'obbligato, oggettivamente idonei ad eludere l'esecuzione esattoriale, hanno natura fraudolenta allorquando siano connotati da elementi di artificio, inganno o menzogna tali da rappresentare ai terzi una riduzione del patrimonio non corrispondente al vero, cosi' mettendo a repentaglio o, comunque, rendendo piu' difficoltosa la procedura di riscossione coattiva (Sez. 3, n. 35983 del 17/09/2020, Rv. 280372 - 01). La necessita' di individuare questo quid pluris nella condotta dell'agente e' stata sottolineata dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n. 12213 del 16/03/2018, Rv. 272171 - 01) che, nell'ambito di una piu' ampia riflessione sul concetto di atti simulati o fraudolenti che rilevano per l'integrazione del delitto di cui all'articolo 388 c.p., norma il cui schema risulta richiamato dal Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 11 hanno affermato che sarebbe in contrasto con il principio di legalita' una lettura della norma che facesse coincidere il requisito della natura fraudolenta degli atti con la loro mera idoneita' alla riduzione delle garanzie del credito, per cui, in quest'ottica, puo' essere ritenuto penalmente rilevante solo un atto di disposizione del patrimonio che si caratterizzi per le modalita' tipizzate dalla norma, non potendosi in definitiva far coincidere la natura simulata dell'alienazione o il carattere fraudolento degli atti con il fine di vulnerare le legittime aspettative dell'Erario. Quanto al debito tributario (di cui i ricorrenti contestano la certezza), e' appena il caso di rilevare, che l'esecuzione esattoriale non configura un presupposto della condotta illecita ma e' prevista solo come evenienza futura che la condotta tende (e deve essere idonea) a neutralizzare. Ai fini della perfezione del delitto e' sufficiente la semplice idoneita' della condotta a rendere inefficace (anche solo parzialmente) la procedura di riscossione - idoneita' da apprezzare con giudizio ex ante - e non anche l'effettiva verificazione di tale evento (tra le tante, Sez. 3, n. 13233 del 24/02/2016, Rv. 266771 - 01; Sez.3, n. 36290 del 18/05/2011, Rv. 251076; Sez. 3, n. 14720 del 09/04/2008, Rv. 239970; Sez. 5, n. 7916 del 26/02/2007, Rv. 236053, e Sez. 3, n. 17071 del 18/05/2006, Rv. 234322). Ne discende il fatto che, nella specie, la chiusura della procedura esecutiva non determina il venir meno del fumus del reato perche' ai fini della sua sussistenza non si richiede una previa azione di recupero da parte dell'amministrazione finanziaria (tra le altre, Sez. 3, n. 39079 del 09/04/2013, Rv. 256376). 7.1. Non rileva, dunque, il merito della pretesa ma il sol fatto che essa possa essere astrattamente esercitata. E' noto, infatti, che l'Amministrazione Finanziaria, diversamente da qualunque altro soggetto, puo' agire direttamente per il soddisfacimento della propria pretesa senza dover attendere il provvedimento di un giudice ovvero l'accertamento giudiziario della pretesa stessa che potrebbe anche rivelarsi successivamente infondata. Coerentemente non appartiene alla fattispecie penale il requisito della fondatezza della pretesa (Sez. 3, n. 19989 del 10/01/2020, Rv. 279290 - 01), essendo sufficiente la prospettiva del mancato pagamento delle imposte quale movente dell'azione e l'idoneita' della condotta a rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva. 7.2. Alla luce di tali premesse ermeneutiche, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente - che sul punto omette di confrontarsi con gli argomenti addotti da entrambi i giudici di merito, chiedendo in realta' una rivalutazione del fatto, preclusa ai giudici di legittimita' (Sez. 1, n. 3385 del 09/03/1995, Rv. 200705 - 01) -, la motivazione della sentenza impugnata appare adeguata, non manifestamente illogica, contraddittoria o mancante, giustificando sia la natura fraudolenta del comportamento che la natura simulata dell'atto posto in essere dal (OMISSIS). Quanto a quest'ultimo profilo i giudici sottolineano che in data 1 agosto 2019 il Fallimento (OMISSIS) S.r.l. proponeva nei confronti della societa' contraente, (OMISSIS) s.r.l., un'azione revocatoria fallimentare volta ad ottenere la dichiarazione di inefficacia dell'alienazione in quanto vendita simulata compiuta ai danni della massa dei creditori, ottenendo la riacquisizione dei beni al patrimonio del fallito. Il GUP prima e la Corte territoriale poi pongono l'accento sulla cronologia degli atti che cela l'intenzionalita' e la preordinazione delle operazioni ai danni dei creditori: nel 2012 il Rullo cedeva alla nipote, (OMISSIS), le sue quote della (OMISSIS) S.r.l., parte acquirente della vendita oggetto del capo di imputazione avvenuta nel 2015; pochi mesi dopo la (OMISSIS) s.r.l. veniva messa in liquidazione e poi cancellata dal registro delle imprese. Il tutto svolto con la piena consapevolezza del debito che la stessa societa' aveva nei confronti dell'Erario, visto l'intervento di (OMISSIS) nella procedura esecutiva. Ed anche a voler accedere alla prospettazione difensiva, rileva la Corte d'appello partenopea, secondo cui le parti avrebbero utilizzato lo schema della delegazione di pagamento in favore dei due creditori, uno ipotecario e l'altro pignoratizio, e' indiscutibile che mediante l'operazione realizzata i beni oggetto della transazione venivano sottratti al patrimonio del debitore con detrimento della garanzia patrimoniale nonche' della preferenza accordata dalla legge al credito tributario (pag. 8-9 sentenza C.d.A.). Dinanzi a questo inter logico motivazionale, la doglianza si presenta generica e aspecifica e pertanto inammissibile in sede di legittimita'. 7.3. Deve, invero, essere ribadito che e' inammissibile il ricorso per cassazione quando manchi l'indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'atto di impugnazione, che non puo' ignorare le affermazioni del provvedimento censurato, senza cadere nel vizio di aspecificita', che conduce, ex articolo 591 c.p.p., comma 1, lettera c), all'inammissibilita' del ricorso (tra le tante: Sez. 1, n. 39598 dell'11/10/2004, Rv. 230634 - 01). In altri termini, deve considerarsi inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli gia' dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 42046 del 14/10/2019, Rv. 277710 - 01). 8. Infine, inammissibile perche' manifestamente infondato e' il secondo motivo del ricorso di (OMISSIS). 8.1. Sul punto e' sufficiente richiamare le ragioni che entrambi i giudici hanno posto a fondamento del diniego delle circostanze attenuanti generiche ed, in particolare, l'assenza di elementi valutabili positivamente a cui si deve aggiungere, secondo la Corte territoriale, "l'intensita' del dolo dimostrata attraverso l'ideazione delle complesse operazioni compiute unitamente all'entita' del pregiudizio cagionato all'Erario". Tanto basta per ritenere la motivazione priva di vizi, atteso che la sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai fini dell'articolo 62-bis c.p. e' oggetto di un giudizio di fatto e puo' essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, non sindacabile in sede di legittimita', purche' non contraddittoria e congruamente motivata, neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell'interesse dell'imputato (Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, Rv. 242419 - 01; Sez. 6, n. 36382 del 04/07/2003, Rv. 227142 - 01) poiche' e' ormai pacifico che il giudice non e' tenuto a considerare tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma e' sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 3, n. 2233 del 20/01/2022, Rv. 282693; Sez. 3, n. 23055 del 23/4//2013, Rv. 256172). 9. I ricorsi devono essere pertanto dichiarati inammissibili, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3000 ciascuno in favore della Cassa delle Ammende, non potendosi escludere profili di colpa nella loro proposizione. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BONI Monica - Presidente Dott. FIORDALISI Domenico - Consigliere Dott. CENTOFANTI Frances - rel. Consigliere Dott. RUSSO Carmine - Consigliere Dott. FILOCAMO Fulvio - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: 1. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 2. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 3. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 23/02/2022 della Corte di assise di appello di Milano; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere Dr. Francesco Centofanti; udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Ceniccola Elisabetta, che ha chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS) e rigettarsi il ricorso di (OMISSIS); udito il difensore delle parti civili (OMISSIS) e (OMISSIS), avvocato (OMISSIS), che ha chiesto la conferma della sentenza impugnata e la liquidazione delle spese; udito il difensore dell'imputato (OMISSIS), avvocato (OMISSIS), che ha chiesto l'accoglimento del ricorso; udito il difensore dell'imputato (OMISSIS), avvocato (OMISSIS), anche in sostituzione dell'avvocato (OMISSIS), che ha chiesto l'accoglimento del ricorso; udito il difensore dell'imputato (OMISSIS), avvocato (OMISSIS), anche in sostituzione dell'avvocato (OMISSIS), che ha chiesto l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di assise di appello di Milano confermava la decisione dibattimentale di primo grado, con cui (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) erano stati dichiarati colpevoli di concorso nell'omicidio premeditato di (OMISSIS), nel porto e nella detenzione delle due armi clandestine impiegate per l'agguato (una pistola Makarov, calibro 9X18, e una Beretta, calibro 9X21), nonche' nella ricettazione della seconda arma, come anche dell'autovettura Opel Corsa usata nella medesima occasione; ed erano stati condannati, ciascuno, alla pena principale dell'ergastolo, previo riconoscimento della continuazione tra i reati. 2. L'omicidio di (OMISSIS) si consumava il (OMISSIS), tra le ore 18.35 e le 18.40, nell'area box del condominio sito in (OMISSIS), dove la vittima abitava. Costui, come risultava dalle riprese di videosorveglianza, era appena rincasato a bordo della sua automobile, e al suo seguito, a brevissima distanza temporale, era riuscito ad introdursi nell'area box il menzionato veicolo Opel Corsa, di provenienza furtiva. Dal veicolo era disceso l'assassino, che aveva esploso, in progressivo avvicinamento alla vittima, nel frattempo uscita a sua volta dall'automobile, e in rapida successione, undici colpi di arma da fuoco; molti dei quali uditi anche da testimoni presenti in esterno. I primi due colpi erano stati sparati dalla pistola Makarov, munita di silenziatore, ed avevano mancato l'obiettivo; gli altri nove dalla pistola Beretta, di provenienza furtiva, mentre il malcapitato cercava invano protezione, rientrando in macchina. Otto colpi andavano a bersaglio. All'arrivo delle forze dell'ordine, (OMISSIS) giaceva ormai cadavere nella sua stessa vettura, con il motore e la radio accesi e la portiera lato guida aperta. L'Opel Corsa quindi si allontanava, ma l'occhio delle telecamere, e alcuni testimoni, riuscivano a rilevarne la targa immortalandone il conducente. Alcune decine di minuti dopo l'omicidio, l'Opel Corsa cadeva nuovamente nel raggio di osservazione dei sistemi di videosorveglianza, nel territorio del contiguo comune di (OMISSIS). Alle ore 19.28 il veicolo giungeva nei pressi del bar (OMISSIS), dinanzi al quale il medesimo conducente, come tale chiaramente riconoscibile dall'abbigliamento, dopo esserne disceso si incontrava con altri due uomini; quel conducente si identificava nell'odierno imputato (OMISSIS), sul punto reo confesso in questo processo. Le persone da lui incontrate erano l'odierno imputato (OMISSIS), riconosciuto dagli investigatori alla semplice visione delle immagini, siccome pluripregiudicato, e l'odierno imputato (OMISSIS), pacificamente identificato in prosieguo. (OMISSIS) era poco prima disceso, a sua volta, da una Mercede SW, parcheggiata nelle vicinanze. I tre uomini interloquivano brevemente. (OMISSIS) faceva quindi ingresso nel locale, seguito, dopo poco, dagli altri due. La loro permanenza nel bar si protraeva pochi minuti. All'uscita, (OMISSIS) e (OMISSIS) si intrattenevano ancora, per qualche tempo, a confabulare in esterno; poi (OMISSIS), separatosi dal coimputato, tornava verso la sua vettura con una borsa in mano, che prima non aveva con se', e la riponeva all'interno del veicolo. La Mercedes ripartiva in direzione del Naviglio della Martesana, ossia del luogo ove, due giorni piu' tardi, saranno rinvenute, su segnalazione di un passante, le armi dell'omicidio. L'Opel Corsa sara' invece ritrovata parcheggiata al civico 11 di (OMISSIS), giuntavi, come da videoriprese, alle ore 21.55. 3. Il furto della Opel Corsa risaliva al 18 settembre 2019, era avvenuto a Brescia ed era stato consumato, o comunque intermediato, da tale Salvatore Sirchia. L'automobile, l'8 ottobre 2019, era stata consegnata da Sirchia a (OMISSIS) e a (OMISSIS). I due imputati avevano, lo stesso giorno, ricondotto la vettura a (OMISSIS), per affidarla nei giorni successivi a (OMISSIS), che l'avrebbe custodita sino al momento del suo uso criminale. La ricostruzione si basava su dati di geolocalizzazione, sull'analisi di flussi telefonici e, in parte, su riprese di videosorveglianza. Il (OMISSIS) (OMISSIS), a bordo della sua autovettura Mercedes, e di una Fiat 500, intestata alla moglie, compiva ampi e ripetuti sopralluoghi in zona, comprendenti l'abitazione della vittima e' il citato (OMISSIS). A Cernusco sul Naviglio si trovavano, quel giorno, anche gli altri due imputati. Sopralluoghi e pedinamenti risalivano, peraltro, alle settimane precedenti. La ricostruzione era resa possibile dall'incrocio di dati di telefonia cellulare, da videoriprese e dai rilievi dell'apparato GPS, installato sulla stessa Fiat 500. Il giorno dell'omicidio, (OMISSIS), alle ore 17.05 la Mercedes usciva da (OMISSIS), con a bordo (OMISSIS), seguita dalla Opel Corsa, condotta da (OMISSIS). Iniziava, di seguito, il pedinamento finale della vittima, effettuato dalle due vetture in ordine invertito, culminato nell'omicidio. Eseguito il quale, la Mercedes rimaneva nei paraggi, come a controllare la buona riuscita del piano, per poi dirigersi verso l'area di parcheggio del bar (OMISSIS). Anche questa ricostruzione poggiava sulle immagini di videosorveglianza. 4. Il 3 novembre 2019 era comparsa su un organo di stampa la notizia che l'autore dell'omicidio fosse stato ripreso dalle telecamere e che le indagini procedevano spedite. Da allora gli imputati ponevano in essere una serie di condotte, quali la sostituzione delle schede telefoniche dell'apparato cellulare di (OMISSIS), la cessione a terzi della vettura a bordo della quale (OMISSIS) si era sino a qual momento spostato in zona, la concertazione di comuni dichiarazioni sui rispettivi ruoli e movimenti, interpretate dai giudici di merito come altrettanti tentativi di inquinamento probatorio. (OMISSIS) e (OMISSIS) erano tratti in arresto il 19 novembre 2019, colpiti da ordinanza di custodia cautelare con l'accusa di omicidio. In pari data era posto in custodia cautelare anche (OMISSIS), ma solo per ricettazione e violazione della normativa penale sulle armi. Dai colloqui in carcere tra (OMISSIS) e i suoi familiari gli investigatori traevano elementi di un suo consapevole coinvolgimento nel fatto di sangue, per il quale (OMISSIS) era formalmente incriminato il (OMISSIS). Nel corso delle indagini preliminari, e poi nell'esame dibattimentale, (OMISSIS) ammetteva di essere l'esecutore materiale dell'omicidio, su riferita istigazione di (OMISSIS); l'unica persona, a dire del dichiarante, ad avere una reale motivazione all'azione, correlata a presunti comuni traffici usurari della vittima. (OMISSIS) si sarebbe fatto trascinare da (OMISSIS), allo scopo di essere riammesso nel grande giro del traffico degli stupefacenti. (OMISSIS) negava, invece, il contributo concorsuale di (OMISSIS), suo convivente. 5. Il giudice di primo grado riteneva la concorrente responsabilita' di tutti gli imputati in ordine ai reati in rubrica. A carico di (OMISSIS), alla confessione, seppure minimizzatrice, e alle videoriprese andava aggiunto il rinvenimento delle sue tracce biologiche sul luogo dell'omicidio, sulla vittima e sulla Opel Corsa. Quanto a (OMISSIS), il primo giudice riteneva che l'omicidio fosse stato con lui preventivamente concordato e fosse stato eseguito con il suo apporto. Erano provati i plurimi viaggi a Cernusco sul Naviglio tra il (OMISSIS), proprio nei posti frequentati dalla vittima, al preciso scopo di rintracciarla e pedinarla. Il giorno 16 ottobre, (OMISSIS) era rimasto nei pressi, mentre il correo eseguiva l'omicidio. Apparivano poi rilevanti le vicende immediatamente successive al delitto. (OMISSIS) si era recato al bar Belladonna per incontrare il correo e ricevere da lui le armi, onde trafugarle. I rapporti tra (OMISSIS) e (OMISSIS), un tempo amicali, si erano bruscamente guastati, e la vittima aveva gia' notato e rimarcato, come avrebbe poi testimoniato sua figlia, l'atteggiamento minaccioso che l'imputato aveva, da qualche tempo, assunto nei suoi confronti. Vi era, infine, la chiamata in correita', assolutamente genuina, del sicario. Quanto a (OMISSIS), a suo carico stavano il ruolo svolto nel procacciamento della Opel Corsa; il coinvolgimento nei sopralluoghi e nei pedinamenti dei giorni antecedenti il crimine; il suo arrivo a (OMISSIS), il giorno (OMISSIS), assieme al convivente. In relazione al giorno seguente, (OMISSIS) si era spostato nel luogo dove abitava (OMISSIS), a (OMISSIS), in contemporanea con la partenza dell'altro per (OMISSIS). (OMISSIS) era presente, vicino a (OMISSIS), allorche' questi, dopo l'omicidio, era stato inquadrato dalle telecamere dell'area parcheggio davanti al (OMISSIS), in attesa di (OMISSIS). (OMISSIS) era presente, e si era ripetutamente interfacciato con (OMISSIS) (e mosso assieme a lui) nei cinquanta minuti successivi, in cui era stato messo a punto il piano per disfarsi delle armi e della Opel. (OMISSIS) aveva affiancato in modo determinante il convivente, e sia quest'ultimo che il mandante avevano accettato il suo contributo. Dopo il delitto, (OMISSIS) aveva assunto comportamenti diretti a nascondere le tacce della sua compartecipazione criminosa. Il giudice di primo grado reputava l'omicidio premeditato, perche' ampiamente studiato e organizzato in precedenza. 6. L'impianto motivazionale della sentenza di primo grado era integralmente condiviso dal giudice di appello. Quanto ai profili sostanziali della vicenda, e anzitutto alla posizione di (OMISSIS), la Corte distrettuale rilevava come la chiamata in correita' di (OMISSIS) fosse soggettivamente credibile, intrinsecamente attendibile e valesse, essa, come riscontro ai solidi elementi a carico aliunde formatisi. Il movente individuale, che aveva mosso la mano del mandante (ma anche compartecipe materiale, come (OMISSIS) doveva ritenersi), non era noto, e il giudice di appello non riteneva trattarsi di movente connesso all'usura. Il quadro probatorio rimaneva inossidabile a prescindere. L'imputato non aveva effettuato alcuna valida allegazione a sua discolpa; le sue difese consistevano in meri paralogismi, in un'ostinata e insostenibile negatoria e in silenzi eloquenti. Era poi certo che fosse stato lui a disfarsi delle armi. Non vi era alcuna ricostruzione alternativa dell'occorso, offerta dall'imputato quanto al suo ruolo, che potesse essere presa realmente in considerazione. La premeditazione del suo agire era innegabile. La condotta dell'imputato non era riducibile a mero favoreggiamento. (OMISSIS) concorreva altresi', all'evidenza, nei reati satellite, mentre il trattamento sanzionatorio appariva congruo. Rispetto a (OMISSIS), la Corte distrettuale ricordava come il perno della strategia difensiva dell'imputato ruotasse sulla pretesa sua inconsapevolezza del disegno omicida; benche' presente in tutti i momenti strategici, la tesi era quella secondo cui l'imputato sarebbe stato in realta' disinteressato all'agire di (OMISSIS) (suo compagno, ma anche suo datore di lavoro e munifico protettore), lo avrebbe seguito per noia, si sarebbe finanche spesso assopito in sua compagnia perche' tossicomane. Si tratterebbe di tesi offensiva dell'intelligenza dell'ascoltatore, secondo la sentenza impugnata. (OMISSIS) certamente era stato il primattore dell'omicidio, e delle condotte delittuose prodromiche e contestuali, ma era impensabile ridurre l'imputato al ruolo di mero automa, quando, in talune fasi, egli aveva dato all'azione impulso agevolatore rilevante (tenuto anche conto che (OMISSIS) neppure aveva la patente di guida). La corretta lettura delle captazioni in carcere confermerebbe il consapevole coinvolgimento di (OMISSIS), da ritenere esteso ai reati concorrenti, con l'impossibilita' di ridurre il ruolo di questo imputato a quello di mero favoreggiatore e con grado di partecipazione concorsuale nient'affatto di minima importanza. Rispetto a (OMISSIS), la Corte di secondo grado, superata un'eccezione di natura processuale, confermava l'aggravante della premeditazione e il diniego delle attenuanti generiche, respingendo integralmente anche quest'ultimo gravame. 7. Avverso la sentenza di secondo grado (OMISSIS) propone ricorso per cassazione, con il ministero dell'avvocato (OMISSIS). Il ricorso e' articolato in otto motivi, preceduti da una sinossi riepilogativa. Sono stati depositati motivi aggiunti. Si espongono, di seguito, gli uni e gli altri, per i fini e nei limiti di cui all'articolo 173 disp. att. c.p.p.. 7.1. Primo motivo. Violazione di legge processuale. La sentenza impugnata, in tesi resa al termine di un dibattimento velocemente celebrato, rapidamente confezionata, conforme a quella di primo grado solo nell'esito decisorio, avrebbe totalmente pretermesso la disamina del "motivo zero" dell'atto di appello, sul presupposto, erroneo e inconferente, che si trattasse di motivo intrinsecamente generico. Il motivo conteneva, viceversa, deduzioni puntuali, cogliendo, nell'agire dell'imputato, vero o presunto, aspetti inconciliabili con le normali logiche di chi stia realmente programmando od organizzando un omicidio. Vero era che (OMISSIS) si era mosso con la Fiat 500, ben sapendo che vi era installato il GPS, e aveva sempre percorso strade sorvegliate da note telecamere, come il vero colpevole non avrebbe fatto. Implausibile risultava, poi, che il vero colpevole potesse avere assoldato un sicario riconoscibile e maldestro, e potesse essersi esposto, egli stesso, oltre ogni misura e in modo tanto goffo. La sentenza impugnata muoverebbe, dunque, da una preconcetta opinione di colpevolezza, si porrebbe al di fuori di una giusta contrapposizione dialettica rispetto alle obiezioni della difesa, disconoscerebbe i relativi diritti e quelli dell'imputato (tra cui il diritto al silenzio, che farebbe tutt'uno con la presunzione di innocenza). 7.2. Secondo motivo. Violazione di legge processuale. Il giudice di secondo grado avrebbe, a torto, ritenuto la legittimazione ad causam delle parti civili, familiari della vittima, anche rispetto ai reati satellite. 7.3. Terzo motivo, ripreso dal primo motivo aggiunto. Violazione di legge processuale. La sentenza impugnata non farebbe buon governo delle risultanze probatorie e attingerebbe arbitrariamente elementi a carico dall'ordinanza custodiale, anziche' dalla svolta istruttoria dibattimentale. La motivazione giudiziale sarebbe apparente, perche' inidonea a rappresentare le effettive ragioni alla base della reiezione dei motivi di appello; sarebbe internamente contraddittoria, e neppure in linea con quella di primo grado, nella valutazione, indebitamente frazionata, dell'attendibilita' dell'imputato (OMISSIS); sarebbe sul punto anche manifestamente illogica. La chiamata in correita', proveniente da (OMISSIS), soggetto non credibile e scarsamente attendibile per le ragioni nei motivi ripercorse (la stessa Pubblica accusa lo avrebbe considerato tale), sarebbe priva di autosufficienza dimostrativa, ne' sarebbe corredata dai necessari riscontri esterni. 7.4. Quarto motivo, ripreso dal primo motivo aggiunto. Inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e violazione del canone dell'oltre ragionevole dubbio. La pronuncia di colpevolezza, resa indifferentemente a titolo di concorso materiale e morale (oltre l'impostazione accusatoria e quella accolta dal primo giudice), violerebbe i canoni valutativi della prova indiziaria, non oltrepassando quella "terra di mezzo" nella quale la molteplicita' apparente degli elementi non raggiungerebbe la soglia di evidenza e tranquillita' dimostrativa. Sarebbe cosi' anche negata la presunzione d'innocenza. Gli indizi sarebbero insufficienti. Mancherebbe un valido movente. Illogici sarebbero i comportamenti dell'imputato ricorrente, prima, dopo e durante il delitto, e come tali essi andrebbero revocati in dubbio. Non vi sarebbe certezza sul disfacimento delle armi, da lui in ipotesi realizzato. Non si registrerebbero contatti tra (OMISSIS) e gli altri due pretesi correi sino al giorno prima dell'omicidio. Non sarebbe stato effettuato alcun serio vaglio delle opzioni ricostruttive alternative, riportanti alla concorrente attivita' di usura dei coimputati, alla pregressa conoscenza tra loro e la vittima, alle attivita' di sopralluogo loro esclusivamente riferibili. Non sarebbe rilevabile alcun contributo all'azione di tipo materiale, da parte dell'imputato. 7.5. Quinto motivo. Inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione, in relazione al rilievo della premeditazione (la cui contestazione, si rammenta, rese impossibile la celebrazione del giudizio abbreviato). Il preteso mandato ad uccidere sarebbe di incerta collocazione temporale e spaziale, nonche' del tutto generico. I reati strumentali non vedrebbero il ricorrente coinvolto. La proclamata fermezza nel tempo del proposito criminoso non avrebbe riscontro probatorio. Il piano omicida sarebbe stato variato all'ultimo, perche' (OMISSIS) aveva riferito che la vittima avrebbe dovuto in origine essere uccisa per strada. Le modalita' dell'omicidio sarebbero state dunque improvvisate, e al piu' si potrebbe parlare di preordinazione, in mancanza dei requisiti ideologico e cronologico della ravvisata aggravante. 7.6. Sesto motivo. Inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione, in relazione alla mancata derubricazione, in linea gradata, nel reato di favoreggiamento personale, almeno quanto al capo B). Al riguardo, la sentenza impugnata risulterebbe completamente carente di motivazione. Ne' potrebbero addursi, a giustificazione, pretese mancate allegazioni, che non equivarrebbero alla confessione dell'omicidio, ne' dialoghi carcerari privi di significativita'. 7.7. Settimo motivo. Inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione, in relazione alla ritenuta integrazione dei reati satellite. La condanna sarebbe in proposito fondata sulle inattendibili dichiarazioni a carico rese da (OMISSIS), sullo svilimento del ruolo del coimputato (OMISSIS), sulla rilevazione di inesistenti nessi di causalita', sul fraintendimento della nozione giuridica di detenzione di arma penalmente rilevante. Ancor piu' scarna, e censurabile, sarebbe la motivazione sulla ricettazione dell'autovettura. 7.8. Ottavo motivo, ripreso dal secondo motivo aggiunto. Inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione, in ordine al diniego delle attenuanti generiche e alla misura della pena. La sentenza impugnata non avrebbe preso in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o enucleabili dagli atti, ma si sarebbe limitata a fare riferimento, in termini falsati, alla personalita' dell'imputato, ponendo alla base del mancato riconoscimento del beneficio la gravita' dei fatti senza un adeguato discernimento tra le posizioni processuali dei coimputati, omettendo cosi' anche la necessaria valutazione d'insieme e la ponderazione di dati favorevolmente rilevanti. 8. Ricorre altresi' per cassazione (OMISSIS), con il ministero degli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS). Il ricorso e' articolato in tre motivi, preceduti da ampia illustrazione dell'antefatto processuale e che di seguito si espongono, per i fini e nei limiti di cui all'articolo 173 disp. att. c.p.p.. 8.1. Primo motivo. Violazione di legge processuale. Dopo la notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari, di cui all'articolo 415-bis c.p.p., avvenuta il 16 settembre 2020, la difesa aveva chiesto per via telematica, il giorno successivo, copia degli atti di indagine, rimanendo in attesa della fissazione, da parte della segreteria del Pubblico ministero, del relativo appuntamento presso l'ufficio, cosi' come previsto, in relazione all'emergenza epidemiologica allora esistente, da apposita Circolare del Capo dell'ufficio giudiziario. Non avendo ricevuto riscontro, il difensore si era comunque recato presso l'ufficio stesso di Procura, il 25 settembre 2020, ritirando le copie. Secondo la menzionata circolare, il termine di venti giorni, concesso dall'articolo 415-bis, comma 3per lo svolgimento di attivita' difensive, o per la richiesta al Pubblico ministero di effettuazione di investigazioni suppletive o di assunzione dell'interrogatorio, sarebbe dovuto rimanere sospeso nelle more della fissazione dell'appuntamento. Essendo questo mancato, la sospensione deve ritenersi operativa, ora per allora, nel periodo intercorrente tra il 17 e il 25 settembre 2020; con la conseguenza che la richiesta di interrogatorio, avanzata il 14 ottobre 2020, doveva dirsi tempestiva, e con la conseguenza ulteriore che, prima dell'espletamento dell'atto, non avrebbe potuto, a pena di nullita', essere avanzata la richiesta di rinvio a giudizio, a norma dell'articolo 416 c.p.p., comma 1. L'interrogatorio risultava bensi' effettuato, a seguito di invito a presentarsi notificato il 15 ottobre 2020, ma la richiesta di rinvio a giudizio era stata gia' presentata il 12 ottobre, incorrendo essa dunque nella sanzione di invalidita'. Il vizio era stato vanamente eccepito dinanzi al G.u.p., e l'eccezione era stata ritualmente riproposta in entrambi i gradi di merito. La sentenza impugnata aveva errato nel disattenderla per l'ennesima volta. Sarebbe infatti insostenibile la tesi che la Circolare in esame non potesse derogare alle norme del codice, relative ai termini processuali; ammettere cio' costituirebbe un pericoloso arresto, perche' dovrebbero considerarsi tardive, in tutti i processi, le attivita', contemplate dall'articolo 415-bis, comma 3, prorogate a norma di Circolare, sul cui utile compimento le difese potrebbero avere confidato. Ne' sarebbe conferente al tema il rilievo della sentenza impugnata circa l'inesistenza, nel processo odierno, di pregiudizio alcuno al diritto di difesa, stante l'interrogatorio comunque raccolto. La questione posta atteneva, piuttosto, alla formale invalidita' dell'azione penale esercitata nel periodo di moratoria, antecedente il compimento dell'atto. 8.2. Secondo motivo. Violazione di legge e vizio di motivazione, sul rilievo dell'aggravante della premeditazione. Ad escluderla, nella specie, varrebbero elementi plurimi, quali la mancanza di un piano preciso di azione, l'assenza di cautele nella sua esecuzione, l'improvvisazione nella scelta del luogo, la dinamica omicida, l'assenza di un dolo di durata. 8.3. Terzo motivo. Violazione di legge e vizio di motivazione, sul diniego delle attenuanti generiche. (OMISSIS) avrebbe reso dichiarazioni importanti, a carico proprio e altrui, fornendo informazioni in precedenza del tutto ignote (anche con riferimento ai giri di usura della vittima, su cui poi la Procura della Repubblica non avrebbe indagato). Illogica sarebbe la decisione di negargli il beneficio per non aver coinvolto anche l'ulteriore coimputato, quando l'atteggiamento tenuto apparirebbe quale chiaro segnale di resipiscenza. 9. Ricorre altresi' per cassazione (OMISSIS), con il ministero dell'avvocato (OMISSIS). Il ricorso e' articolato in sei motivi, preceduti da un riepilogo dell'antefatto processuale e che di seguito si espongono, per i fini e nei limiti di cui all'articolo 173 disp. att. c.p.p.. 9.1. Primo motivo. Violazione di legge processuale e vizio di motivazione. La sentenza impugnata avrebbe travisato il narrato di (OMISSIS), che non si sarebbe limitato ad evidenziare il rapporto empatico con il coimputato, ma avrebbe descritto il ruolo subalterno di quest'ultimo, assunto in cambio di ospitalita' e mantenimento. (OMISSIS) avrebbe comunque escluso di aver mai messo il ricorrente a parte degli scopi dei viaggi a (OMISSIS). I filmati delle videocamere dimostrerebbero l'estraneita' di (OMISSIS) rispetto alle condotte dei coimputati, a partire dalla consumazione dell'omicidio; la Corte del gravame si sarebbe rifiutata di vederli integralmente, essendosi concentrata su poche slides da essi estratte. 9.2. Secondo motivo. Vizio di motivazione e travisamento della prova. L'(OMISSIS), giorno della consegna della Opel da parte di Sirchia, non sarebbe stato (OMISSIS) a contattare costui, ma (OMISSIS), tramite il telefono cellulare di (OMISSIS). In cio' si anniderebbe l'errore di aver ritenuto il ricorrente concorrente nella ricettazione della vettura, e, per questo tramite, compartecipe delle attivita' prodromiche all'omicidio. Il ricorrente non avrebbe viceversa saputo delle finalita' alle quali l'automobile era destinata. In (OMISSIS), il giorno della consegna della vettura, e successivamente nel corso dei sopralluoghi, (OMISSIS) e (OMISSIS) si sarebbero mossi separatamente l'uno dall'altro, come dimostrerebbero i dati di geolocalizzazione dei terminali telefonici, se interpretati senza forzature (enfatizzanti contiguita' di durata momentanea) e veri e propri travisamenti. Quanto al giorno dell'omicidio, la lettura dei filmati offerta dalla difesa, circa i contatti tra il ricorrente e i coimputati, era radicalmente diversa dalla prospettazione accusatoria. La sentenza impugnata non si sarebbe adeguatamente confrontata con essa. L'atteggiamento di (OMISSIS), che aveva tenuto il telefono acceso per l'intera giornata (a differenza di (OMISSIS)), rivelava la sua totale inconsapevolezza di quanto accaduto e, antecedentemente, in procinto di accadere. Le intercettazioni ambientali in carcere, che il motivo riesamina, dimostrerebbero, semmai, l'innocenza del ricorrente. I viaggi a (OMISSIS) sarebbero stati intesi come diretti alla organizzazione dell'omicidio, ma si tratterebbe di un'illazione sfornita di base probatoria; molteplici sarebbero le relazioni parentali e amicali di (OMISSIS) in quel luogo, che ne giustificavano la trasferta (e, con lui, quella del ricorrente). Mera illazione sarebbe anche quella di ritenere la cointeressenza del ricorrente nel settore degli stupefacenti (in cui si anniderebbe la ragione che avrebbe portato (OMISSIS) sulla via dello specifico crimine). La sentenza impugnata avrebbe omesso di valorizzare una serie di elementi probatori, capaci di avallare le prospettazioni difensive in questione, salvo addebitare al ricorrente, ingiustamente, di non averle adeguatamente illustrate e dimostrate. 9.3. Terzo motivo. Violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione all'esclusione dell'attenuante della partecipazione di minima importanza. Tale il suo apporto andrebbe comunque giudicato, in assenza di alcuna sua connotazione realmente agevolatrice e considerato che il ricorrente si era comunque limitato a fare da autista per il suo datore di lavoro, con efficienza causale ridottissima. 9.4. Quarto motivo. Violazione di legge, in relazione alle imputazioni di detenzione e porto di arma clandestina. Il ricorrente non avrebbe mai avuto l'autonoma disponibilita' delle armi medesime, anzi neppure le avrebbe mai viste. 9.5. Quinto motivo. Violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione al diniego delle attenuanti generiche, negate su presupposti malfermi. Non sarebbero stati adeguatamente vagliati i criteri orientatori, di cui all'articolo 133 c.p.. L'imputato aveva tutto il diritto di difendersi. La sua compartecipazione al crimine avrebbe avuto, in ogni caso, carattere meno intenso. Le sue condizioni anteatte di vita, ingiustamente derise, dovevano piuttosto servire a mitigare la sua responsabilita'. 9.6. Sesto motivo. Violazione di legge, in ordine alla premeditazione, rilevata senza che vi fosse la prova che (OMISSIS) fosse in alcun modo coinvolto nel progetto criminoso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I ricorsi teste' illustrati meritano distinta disamina, a far capo da quello avanzato dall'imputato (OMISSIS), il cui primo motivo risulta manifestamente infondato, generico e complessivamente inammissibile. 1.1. La sentenza impugnata, nonostante dichiari di non prendere in specifica considerazione il motivo di appello, numerato come "motivo zero", a suo dire privo di specifica valenza censoria, affronta comunque, nel corpo della motivazione, il tema fondamentale in esso sviluppato, per come ripreso dal ricorrente con il mezzo di annullamento ora in valutazione. La difesa dell'imputato aveva mosso alla ricostruzione giudiziale degli accadimenti obiezioni, la cui logica faceva essenzialmente leva sulle modalita' avventate e maldestre del loro svolgimento, tali da rendere, in tesi, quella ricostruzione per cio' solo implausibile. Cosi' formulate, tali obiezioni sono state giudicate tutt'altro che irresistibili, posto che la penale responsabilita' dell'agente rispetto al fatto ascrittogli non si giudica certo, ne' si misura, alla stregua della piu' o meno accorta abilita' di esecuzione, e neppure della maggiore o minore capacita' di sfuggire alla successiva identificazione. Il giudice di appello, nelle quasi novanta pagine di motivazione, ha correttamente ritenuto gli argomenti difensivi in esame meri paralogismi, inidonei a scagionare il ricorrente dalla paternita' e dagli effetti delle condotte, che il compendio probatorio avesse dimostrato a lui riconducibili. Come da questa Corte ripetutamente affermato (Sez. 4, n. 5396 del 15/11/2022, dep. 2023, Lakrafy, Rv. 284096-01; Sez. 5, n. 6746 del 13/12/2018, dep. 2019, Curro', Rv. 275500-01; Sez. 1, n. 27825 del 22/05/2013, Caniello, Rv. 256340-01; Sez. 6, n. 20092 del 04/05/2011, Schowick, Rv. 250105-01), il dovere di motivazione e' adempiuto, ad opera del giudice del merito, attraverso la valutazione globale delle deduzioni delle parti e delle risultanze processuali, non essendo necessaria da parte sua la partita disamina dei motivi di gravame nella loro stretta consecuzione, se appaiano spiegate le ragioni che hanno determinato il convincimento e si dimostri di aver tenuto presente ogni fatto saliente. Essendo cio' nella specie palesemente avvenuto, devono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive oggetto del motivo non espressamente confutato. 1.2. Le critiche ulteriori, sviluppate nel motivo di ricorso in disamina, sull'operato preconcetto della Corte distrettuale, e sul disconoscimento di diritti e prerogative difensive, appaiono del tutto astratte ed assertive. 2. Il secondo motivo e' inammissibile, sotto un duplice concorrente profilo. Esso difetta, da un lato, di concreto interesse, considerata l'entita' simbolica del risarcimento richiesto dalle parti civili, pari ad un Euro, e loro conseguentemente accordato. In ogni caso, il motivo e' manifestamente infondato, posto che, ai fini della legittimazione alla costituzione di parte civile per l'esercizio dell'azione risarcitoria, e' sufficiente che il preteso danneggiato prospetti la potenziale derivazione dai fatti criminosi di un pregiudizio, giuridicamente apprezzabile, alla sua sfera di interessi, (Sez. 3, n. 18518 del 11/01/2018, S., Rv. 273647-01), indipendentemente dalla titolarita' del bene giuridico protetto mediante l'incriminazione di quei fatti. La legittimazione alla costituzione, in rapporto a tuti i reati di cui in rubrica, appare giustificata alla luce di tale assorbente rilievo. 3. I motivi terzo e quarto, tra loro connessi e congiuntamente esaminabili, sono infondati. 3.1. Occorre avvertire, in premessa, che la prova di responsabilita', valutata dalla Corte distrettuale a carico di (OMISSIS), riveste essenzialmente natura storico-rappresentativa, e non logico-indiziaria; circostanza che mette fuori gioco l'applicazione dell'articolo 192 c.p.p., comma 2, del quale, al pari dei connessi principi, il ricorrente ha specificamente invocato la violazione. La prova e' infatti integrata da risultanze obiettive, costituite da filmati di videocamere, rilievi GPS, contatti telefonici, che costituiscono la base dimostrativa fondamentale del giudizio reso. Tale compendio probatorio, e la relativa valutazione, sono attinti solo marginalmente dalle censure dedotte nei motivi, che non riescono, in ogni caso, ad infirmarne la stringente capacita' esplicativa. Basti dire che e' stato evidenziato nella sentenza impugnata che (OMISSIS), il giorno dell'omicidio, si mosse di concerto con (OMISSIS), partendo da casa propria, in funzione di una consumazione delittuosa che era stata largamente organizzata in precedenza tramite sopralluoghi e pedinamenti. L'automobile, su cui infine monto' il sicario, e' quella che (OMISSIS) aveva ricevuto e custodito nei giorni precedenti. (OMISSIS) rimase in prossimita' della casa della vittima, durante tutto il tempo dell'esecuzione e quello immediatamente successivo. (OMISSIS) si incontro' nuovamente con il sicario al bar (OMISSIS), qui ricevette le armi e le trafugo'. A definire quest'ultimo aspetto, e questo soltanto, concorre in effetti un'evidenza logica, peraltro difficilmente confutabile. (OMISSIS) riceveva dal sicario una borsa, al bar (OMISSIS) ove si era dato con lui appuntamento, subito dopo l'omicidio; e si era diretto, con essa, direttamente verso il corso fluviale, che e' il luogo di successivo ritrovamento delle armi medesime. La deduzione che queste fossero nella borsa contenute e' dunque strettamente consequenziale. Il coinvolgimento dell'imputato, nella fase organizzativa e realizzativa dell'omicidio, e' scolpito da tale consecuzione di eventi, eloquenti oltre ogni ragionevole dubbio. 3.2. Ad integrare la prova diretta sta poi la specifica e circostanziata chiamata in correita' di (OMISSIS), che intesta a (OMISSIS), altresi', l'ideazione dell'omicidio. Essa rappresenta, come giustamente osservato dalla Corte distrettuale, un dato probatorio dichiarativo di riscontro; importante, ma propriamente di riscontro. La Corte distrettuale non ha mancato di saggiare e attestare la credibilita' soggettiva e l'attendibilita' intrinseca di tale narrato, reiterato al dibattimento. Le confutazioni dal ricorrente al riguardo mosse non appaiono persuasive, scontrandosi esse, in questa sede - oltre che con l'evidenza del quadro probatorio, cui le dichiarazioni dell'esecutore materiale danno corroborazione - con i limiti del sindacato di legittimita' sulla motivazione. Tra le doglianze proponibili quale mezzo di ricorso non rientrano, infatti, quelle relative alla valutazione della prova dichiarativa, ancorche' implicanti la connessa previa indagine sull'affidabilita' della deposizione o del contributo narrativo acquisito al processo, fatto salvo il controllo che il ricorrente puo' demandare a questa Corte sulla congruita' e logicita' del ragionamento giudiziale (Sez. 5, n. 51604 del 19/09/2017, D'Ippedico, Rv. 271623-01; Sez. 2, n. 20806 del 05/05/2011, Tosto, Rv. 250362-01; Sez. 4, n. 8090 del 25/05/1981, Amoruso, Rv. 150282-01). Tale controllo, opportunamente esercitato, e' appagante nell'esito, perche' riflette, anche sul punto, e quindi circa il carattere puntuale e verificabile della chiamata, e circa l'assenza di emergenti sentimenti di malanimo, astio o rancore, l'esistenza di una trama argomentativa analitica, esaustiva e convincente. Ne' coglie nel segno la censura di indebita valutazione frazionata del narrato del dichiarante, non creduto nella parte diretta a scagionare il terzo correo, (OMISSIS). Per costante giurisprudenza di legittimita', infatti, siffatta valutazione frazionata delle dichiarazioni confessorie, ed accusatorie da chiamata in correita', e' legittima quando, come nella specie, le parti del racconto ritenute veritiere reggano alla verifica giudiziale del riscontro e non sussista interferenza fattuale e logica - ossia un rapporto di causalita' necessaria, o di imprescindibile antecedenza logica - con quelle giudicate inattendibili, tale da minare la credibilita' complessiva e la plausibilita' dell'intero racconto (Sez. 5, n. 25940 del 30/06/2020, M., Rv. 280103-01; Sez. 6, n. 25266 del 03/04/2017, Polimeni, Rv. 270153-01; Sez. 1, n. 40000 del 10/07/2013, Pompita, Rv. 256917-01). Sono abbastanza chiare, del resto, le ragioni di vicinanza personale, che hanno influenzato e orientato la narrazione di (OMISSIS) rispetto a (OMISSIS); il diverso apprezzamento di essa in questa parte appare piu' che giustificato. 3.3. A ragione, la Corte distrettuale ha anche evidenziato l'inesistenza di alcuna reale chiave di lettura alternativa offerta dal ricorrente in ordine alle risultanze sopra emerse, in termini di materialita' di evento criminoso e di condotte ad esso propedeutiche e successive, e non in termini di astratte causali delittuose. Data, dunque, la totale persuasivita' del quadro probatorio, anche l'individuazione del preciso movente, che abbia spinto (OMISSIS) ad ordinare di uccidere (OMISSIS), diventa momento processuale non decisivo. L'assenza di un'accertata causale dell'azione omicida e' infatti irrilevante ai fini dell'affermazione della penale responsabilita', allorche' vi sia comunque la prova dell'attribuibilita' dell'azione all'imputato; ne' il mancato accertamento del movente puo' risolversi nell'affermazione probatoria di assenza di dolo del delitto di omicidio, o, tanto meno, di assenza di coscienza e volonta' dell'azione (Sez. 5, n. 22995 del 03/03/2017, M., Rv. 270138-01; Sez. 1, n. 31449 del 14/02/2012, Spaccarotella, Rv. 254143-01; Sez. 1, n. 6514 del 27/04/1998, Chiarello, Rv. 210710-01). Ferme restando le dichiarazioni intercettate dei congiunti della vittima, che attestano della compromissione dei rapporti con l'imputato dopo decenni di frequentazione, per uno sgarbo fatto a (OMISSIS), che aveva minacciato (OMISSIS) di ucciderlo. 3.4. Resta da confutare un ultimo aspetto sviluppato nei motivi in disamina, relativo alla corrispondenza tra accusa e sentenza. In proposito, occorre ricordare che non ricorre un'ipotesi di mutamento della contestazione qualora l'imputato, cui sia stato addebitato di essere l'autore materiale del reato, venga riconosciuto responsabile a titolo di concorso morale in esso, non comportando tale modificazione una trasformazione essenziale dell'accusa, ne' potendo cio' provocare alcuna menomazione del diritto di difesa, poiche' la partecipazione materiale al reato necessariamente implica un'adesione anche ideale alla sua realizzazione (Sez. 5, n. 15556 del 09/03/2011, Bruzzese, Rv. 250180-01; Sez. 1, n. 42993 del 25/09/2008, Pipa, Rv. 241825-01; Sez. 5, n. 7638 del 17/01/2007, Cammarata, Rv. 235786-01). Senza considerare che la riconduzione dell'azione omicida all'impulso di (OMISSIS), all'attivita' di pianificazione da lui impostata e agli accordi a tal fine presi con il mandatario, e' perfettamente contenuta nell'imputazione. 4. Il quinto motivo, in tema di premeditazione, e' manifestamente infondato. L'aggravante richiede, per costante insegnamento (da ultimo, Sez. 1, n. 37825 del 29/04/2022, Tiscornia, Rv. 283512-01), il radicamento e la persistenza costante, per apprezzabile lasso di tempo, nella psiche del reo del proposito delittuoso, sintomo di piu' accentuata colpevolezza, e si distingue dalla mera preordinazione, la quale si esaurisce nell'apprestamento dei mezzi minimi, necessari all'esecuzione, e solo nella fase a quest'ultima immediatamente precedente. Nel caso di specie, la decisione omicida, lo studio delle occasioni e opportunita' per metterla in atto, l'organizzazione accurata dei mezzi e la predisposizione meticolosa delle modalita' esecutive sono di gran lunga anteriori rispetto alla consumazione. Cio' si ricava dalla minuta ricostruzione dell'antefatto delittuoso, offerta dalla sentenza impugnata. Da essa risulta che lo studio delle abitudini della vittima e l'organizzazione delle modalita' dell'agguato iniziarono alcune settimane prima della consumazione. L'anteriore procacciamento della vettura Opel Corsa, rubata con largo anticipo rispetto all'omicidio e sistemata in posizione strategica in attesa di impiego, convalida la preventiva, e ben ponderata, programmazione dell'azione letale. L'oggetto di quest'ultima e' rimasto, sin dall'inizio, ben fermo ed eventuali contingenti modifiche dello schema di esecuzione, indotte da variabili in tale fase insorte, non escludono l'aggravante (v., a contrario, Sez. 1, n. 47880 del 05/12/2011, Zhang Yong, Rv. 251409-01). Sussistono dunque appieno gli elementi costitutivi della premeditazione (cronologico e ideologico: cfr. Sez. U, n. 337 del 18/12/2008, dep. 2009, Antonucci, Rv. 241575-01), non potendosi dubitare, rispetto a (OMISSIS), ne' dell'apprezzabile intervallo temporale tra l'insorgenza del proposito criminoso e l'attuazione di esso, tale da consentire una ponderata riflessione circa l'opportunita' del recesso, ne' che tale risoluzione criminosa sia rimasta ferma nel suo animo fino alla commissione del crimine; e dovendo per contro essere esclusa l'esistenza di fattori sopraggiunti, in grado da neutralizzare la speciale sintomaticita' delle circostanze sopra ricordate. Ne', infine, sussiste incompatibilita' fra il mancato accertamento dell'esatto movente dell'omicidio di causa e la ricorrenza dell'aggravante in parola, che, dimostrata a prescindere, e' stata legittimamente ritenuta sussistente (v. Sez. 1, n. 7948 del 25/05/1992, Trainito, Rv. 191243-01). 5. Il sesto e il settimo motivo, tra loro connessi e congiuntamente esaminabili, sono infondati. Nell'esistenza di un'adeguata prova di responsabilita' dell'imputato, a titolo di concorso, nei reati a lui ascritti, come in rubrica qualificati, e nella corrispondente compiuta illustrazione, sta anche la motivazione dell'impossibilita' di riconoscere il mero favoreggiamento personale. La sentenza impugnata non appare, al riguardo, affatto carente. E la responsabilita' per concorso e' stata correttamente affermata anche quanto al porto e alla detenzione delle armi, nonche' alla ricettazione dell'autovettura Opel Corsa. Quanto alle armi, alla luce di quanto esposto occorre ragionare nella logica di un omicidio premeditato, nella cui programmazione l'ideatore aveva certamente inserito il procacciamento dei mezzi di esecuzione e ne aveva previsto l'impiego. I reati, a tali condotte connessi, gli appartengono anzitutto dal lato psichico. (OMISSIS) ha comunque concorso nella detenzione e nel porto anche dal lato materiale, allorche' ha preso in consegna le armi al Bar (OMISSIS), acquisendone cosi' tra l'altro, e per apprezzabile lasso di tempo, l'autonoma disponibilita', per poi abbandonarle lungo il (OMISSIS). E cio' ha fatto non per decisione estemporanea, compatibile con un'ipotesi di mero ausilio post delictum, ma in esecuzione di un'accurata e preventiva pianificazione. Anche l'autovettura si inserisce in quest'ultima, avendo i correi valutato anticipatamente l'opportunita' di disporre, per sferrare l'aggressione mortale, di un mezzo di locomozione a loro non intestato, ne' riferibile, e ne hanno dunque commissionato il furto secondo le modalita' ampiamente descritte dalla sentenza impugnata. Il ricevimento dell'automobile di provenienza furtiva, ad opera di (OMISSIS), e' certificato dalle videoriprese e non pare sul punto consentita alcuna discussione ulteriore. 6. L'ottavo motivo, in tema di attenuanti generiche, e' infondato. Occorre ricordare che, in materia, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione e' insindacabile in sede di legittimita', purche' sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'articolo 133 c.p., considerati ragionevolmente preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione (Sez. 3, n. 1913 del 20/12/2018, dep. 2019, Carillo, Rv. 275509-03; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269-01; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, Rv. 265826-01; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899-01). Al riguardo, la sentenza impugnata ineccepibilmente argomenta quanto a (OMISSIS), mediante puntuale richiamo a specifici indici ostativi. Questi sono tanto di natura oggettiva, stante la gravita' della condotta, quanto, e soprattutto, di tipo individuai-soggettivo. La sentenza impugnata, muovendo dal ruolo di primo piano rivestito dall'imputato, specialmente nella fase ideativa del crimine, rimarca l'elevata e non comune capacita' a delinquere, testimoniata dalla lunga antecedente carcerazione, rimasta priva di qualsivoglia efficacia rieducativa e neppure accompagnata da segnale alcuno di resipiscenza. La sentenza impugnata ha considerato, al cospetto, recessivo ogni altro pur prospettato elemento. La motivazione su punto appare perfettamente appagante. 7. L'intero ricorso (OMISSIS) e', all'esito, respinto. Segue la condanna del ricorrente, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali. 8. Viene ora in considerazione il ricorso (OMISSIS), e - di esso - anzitutto il primo motivo, di ordine processuale. Trattasi di motivo infondato. 8.1. La Circolare del Procuratore della Repubblica, in esso evocata a giustificazione della rimodulazione dei termini di cui all'articolo 415-bis c.p.p., non possiede, in realta', la capacita' di innovare le previsioni del codice, o di derogarvi. Essa e' fonte subordinata alla legge, non abilitata ad introdurre ipotesi di sospensione di termini, che non siano dalla legge previste o autorizzate. Viene in considerazione, come norma prossima alla fattispecie in scrutinio, il Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18, articolo 83, conv. dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, il quale - passata la prima fase di emergenza epidemiologica - ha consentito, al comma 7, ai Capi degli uffici giudiziari di disporre tra l'altro, nel periodo compreso tra il 12 maggio e il 30 giugno 2020, "la limitazione dell'accesso del pubblico agli uffici (stessi), garantendo comunque l'accesso alle persone che debbono svolgervi attivita' urgenti" (lettera a), nonche' "la regolamentazione dell'accesso ai servizi, previa prenotazione, anche tramite mezzi di comunicazione telefonica o telematica, curando che la convocazione degli utenti sia scaglionata per orari fissi, nonche' l'adozione di ogni misura ritenuta necessaria per evitare forme di assembramento" (lettera c). In disparte la non prorogata vigenza di queste disposizioni, al tempo delle attivita' processuali qui in rilievo, la normativa primaria non autorizzava in alcun modo quella regolamentare ad incidere sul decorso dei termini processuale (la sospensione automatica dei quali si e' avuta solo nella ricordata prima fase dell'emergenza, conclusa maggio 2020). Il compimento degli atti urgenti, ossia degli atti correlati a termini in scadenza, era assicurato, del resto, direttamente dal citato Decreto Legge n. 18 del 2020, articolo 83, comma 7, lettera a); mentre il Decreto Legge 19 maggio 2020, n. 34, articolo 221, comma 3, conv. dalla L. 17 luglio 2020, n. 77, pro tempore vigente (v. Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 1, conv. dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176), assicurava il deposito telematico degli atti di parte e delle istanze difensive. E la stessa menzionata Circolare permetteva, in via strumentale, la consultazione telematica del fascicolo di indagine. 8.2. Stante la "incompetenza" della Circolare richiamata ad incidere sui termini processuali, questi restavano quelli regolati dall'articolo 415-bis c.p.p., comma 3, sicche' la richiesta di interrogatorio, presentata in questo procedimento oltre il ventesimo giorno dal ricevimento dell'avviso di conclusione delle indagini, appare tardiva e incapace di condizionare i successivi atti di impulso processuale. La richiesta di rinvio a giudizio, che ne prescindeva, deve dunque considerarsi rituale. A scongiurare il paventato pericolo che una tale interpretazione possa invalidare, ex post, attivita' difensive compiute a termine (indebitamente prorogato, e invece) scaduto, a seguito del riposto affidamento sulla sua legittima protrazione, soccorrono gli istituti generali dell'ordinamento processuale, e in particolare quello della restituzione nel termine ai sensi dell'articolo 175 c.p.p., comma 1, che puo' essere invocata anche a sanatoria di attivita' processuali gia' compiute. Una questione di tal fatta non si pone, in concreto, con riferimento al processo odierno, rimanendo l'interrogatorio in se' perfettamente valido anche se reso oltre le scansioni temporali indicate, in funzione di solo avanzamento processuale, dall'articolo 415-bis c.p.p.. 8.3. Resta cosi' assorbita la questione ulteriore, posta dal Procuratore generale requirente, se l'eventuale nullita' della richiesta di rinvio a giudizio potesse essere comunque sanata, ai sensi dell'articolo 438 c.p.p., comma 6-bis, dalla richiesta di accesso al rito abbreviato gia' avanzata dall'imputato (OMISSIS), non accolta a fronte di reato punibile con l'ergastolo. 9. Il secondo motivo del ricorso (OMISSIS), in tema di premeditazione, e' infondato. In proposito valgono sostanzialmente le considerazioni spese al paragrafo 4, che precede. Anche rispetto a (OMISSIS) il dolo di premeditazione sussiste e la vicenda omicidiaria odierna ne rappresenta pressoche' un caso di scuola. L'obiettivo decorso del tempo tra ideazione ed esecuzione assume, in tale vicenda, particolare significato ai fini dell'integrazione della componente squisitamente soggettiva dell'aggravante, in quanto il dato e' accompagnato dal rilievo di una preparazione assai anticipata (non importa se in parta maldestra) delle modalita' e dei mezzi del piano criminoso, solo marginalmente adattato alle contingenze verificatesi all'atto della consumazione. Le censure del ricorrente su questi aspetti s'infrangono con le evidenze probatorie di causa, che egli contrasta solo assertivamente. E' dunque rinvenibile quel dolo di lunga durata, espressivo della persistente tenacia del proposito criminoso, di cui il distacco temporale costituisce espressione univoca. La persistenza dolosa arricchisce, cosi', il dato oggettivo del tempo trascorso, integrando adeguatamente i presupposti di cui all'articolo 577 c.p., comma 1, n. 3). 10. Fondato risulta, invece, il terzo motivo. Ferme le argomentazioni in diritto svolte, a proposito delle attenuanti generiche, al paragrafo 6, che precede, occorre considerare in via complementare che esse svolgono una possibile funzione di mitigazione della pena da infliggere (sul punto giurisprudenza costante di legittimita': esemplificativamente, Sez. 1, n. 12624 del 12/02/2019, Dulan, Rv. 275057-01; Sez. 1, n. 46568 del 18/05/2017, Lamin, Rv. 271315-01; Sez. 5, n. 7562 del 17/01/2013, La Selva, Rv. 25471601), ogniqualvolta emergano, anche nel raffronto comparativo tra la posizione dei vari imputati, condizioni che possano giustificare, rispetto ad uno o piu' di loro, l'attenuazione e/o differenziazione del trattamento sanzionatorio. Le condotte delittuose rivestono immutata gravita' anche rispetto al ricorrente (OMISSIS), e tuttavia il Collegio reputa che la sua posizione avrebbe meritato piu' attenta ed equilibrata valutazione nell'ottica in discorso, alla luce della prestata collaborazione con l'Autorita' inquirente e giudiziaria che appare riduttivo indicare come di mero stile. Con i limiti pur derivanti dalla parzialita' di essa (che comunque e' stata, in tali termini, recepita e validata), le dichiarazioni dell'imputato hanno arricchito non irrisoriamente il quadro probatorio e segnano, anche rispetto al passato criminale, un momento di possibile cesura. Nel negare aprioristicamente la circostanza, la sentenza impugnata e' incorsa in una petizione di principio che ne infirma la logica tenuta. Al riguardo si impone un approfondimento, che viene demandato al giudice di rinvio, nella piena salvaguardia del suo ambito di discrezionale e motivata valutazione. 11. La sentenza impugnata deve essere pertanto annullata, rispetto a (OMISSIS), limitatamente al diniego delle attenuanti generiche, ai fini di un nuovo giudizio sul punto. Il ricorso e' respinto nel resto. 12. Viene cosi' in considerazione il ricorso (OMISSIS). Il primo e il secondo motivo, tra loro connessi e congiuntamente esaminabili, sono infondati. La sentenza impugnata appare esaustiva e convincente anche nell'ampia parte dedicata alla posizione di tale ricorrente. 12.1. Il suo coinvolgimento nella fase preparatoria e di organizzazione dell'omicidio, e nei crimini ad esso correlati, e' anzitutto svelata dalle videoriprese e dai rilievi GPS, le cui risultanze mostrano (OMISSIS) costantemente affiancato al sicario, e in sinergica collaborazione con il mandante, in tutti i momenti salienti della tragica vicenda, dal procacciamento dell'Opel Corsa; ai ripetuti sopralluoghi e pedinamenti, destinati alla messa a punto delle modalita' esecutive; all'incontro conclusivo, immediatamente posteriore alla consumazione, al (OMISSIS) Belladonna. Trattasi di coinvolgimento che, nella prospettiva del giudice di secondo grado, resta avvalorato dal tenore dei dialoghi intercettati nell'istituto penitenziario di patita detenzione cautelare. A fronte di tali dati probatori, esaustivamente valorizzati dal giudice di merito, il ricorrente formula contestazioni sull'esatta interpretazione dei dati GPS e sul significato delle conversazioni intercettate in carcere; e, sotto altro e parallelo verso, svolge considerazioni critiche nel solco dell'avvenuta assunzione, da parte sua, di un ruolo sempre passivo ed inconsapevole, anche connesso al suo stato di salute e ad una condizione di sudditanza psicologica dal suo convivente. 12.2. Occorre tuttavia rammentare - a confutazione - che, in sede di legittimita', perche' sia ravvisabile la manifesta illogicita' della motivazione ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), e' necessario che la ricostruzione dei fatti prospettata dall'imputato, che intenda far valere l'esistenza di un ragionevole dubbio sulla sua colpevolezza, contrastante con il procedimento argomentativo seguito dal giudice, sia inconfutabile e non rappresenti soltanto un'ipotesi alternativa a quella ritenuta nella sentenza impugnata, dovendo il dubbio sulla corretta ricostruzione del fatto-reato nei suoi elementi oggettivo e soggettivo fare riferimento ad elementi sostenibili, cioe' desunti dai dati acquisiti al processo, e non meramente ipotetici o congetturali (tra le molte, Sez. 2, n. 3817 del 09/10/2019, dep. 2020, Mannile, Rv. 278237-01), o addirittura contrastanti, come nella specie, con precise risultanze. Ne' il principio dell'"oltre ragionevole dubbio", di cui e' menzione nell'articolo 533 c.p.p., comma 1, nel testo riformulato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, ha mutato la natura del sindacato della Corte di cassazione sulla motivazione, che non puo' essere utilizzato per valorizzare e rendere decisiva la duplicita' di ricostruzioni alternative del medesimo fatto, eventualmente emerse in sede di merito e segnalate dalla difesa, una volta che tale duplicita' sia stata oggetto di attenta disamina da parte del giudice di appello, giacche' la Corte di legittimita' e' chiamata ad un controllo sulla persistenza o meno di una motivazione effettiva per mezzo di una valutazione unitaria e globale dei singoli atti e dei motivi di ricorso su di essi imperniati, non potendo la sua valutazione sconfinare nel merito (tra le molte, Sez. 2, n. 29480 del 07/02/2017, Cammarata, Rv. 270519-01). Non puo' allora che darsi atto della piena adeguatezza argomentativa della sentenza impugnata, nella parte in cui essa prende in specifica considerazione la chiave interpretativa minimalista offerta dal ricorrente, a proposito della sua presenza e del suo ruolo, screditandone con plausibile ragionamento la credibilita' razionale. Le reiterate obiezioni sul punto assumono sapore inammissibilmente confutativo di circostanze di fatto gia' inappuntabilmente apprezzate e valutate in sede di merito. 12.3. Quanto all'interpretazione del dato tecnico, di localizzazione o captazione, e' noto che la materia implica questioni di mero fatto, rimesse all'esclusiva competenza del giudice di merito, il cui apprezzamento non puo' essere sindacato in sede di legittimita' se non nei limiti della manifesta irragionevolezza della motivazione (Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, Gregoli, Rv. 282337-01; Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, D'Andrea, Rv. 268389-01; Sez. 6, n. 46301 del 30/10/2013, Corso, Rv. 258164-01), qui francamente non emergente. E si puo' allora concludere che la sentenza impugnata, nel disegnare il ruolo partecipativo dell'imputato negli accadimenti di causa, e nel sottolinearne la valenza agevolatrice e rafforzatrice in chiave concorsuale, non e' incorsa in alcun errore di diritto, vizio di motivazione o travisamento della prova, tenuto conto che quest'ultimo postula l'apprezzamento errato di un risultato probatorio incontestabilmente diverso da quello immediatamente emergente dagli atti, e dunque un errore di natura revocatoria al quale e' estraneo ogni discorso confutativo sul significato della prova o di mera contrapposizione dimostrativa (Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, Dos Santos, Rv. 283370-01; Sez. 3, n. 39729 del 18/06/2009, Belluccia, Rv. 244623-01; Sez. 5 n. 39048 del 25/09/2007, Rv. 238215), rilevabile invece dalla lettura dell'atto di impugnazione. 13. Il terzo motivo del ricorso (OMISSIS) e' manifestamente infondato. Il duraturo affiancamento ai sodali, assicurato dal ricorrente (che guidava, quando era assieme a (OMISSIS), al posto di lui, finanche sprovvisto di patente di guida), protratto oltre la stessa consumazione dell'omicidio, rende logica l'esclusione dell'attenuante del contributo concorsuale di minima partecipazione, ex articolo 114 c.p., tenuto conto che essa puo' essere riconosciuta, per giurisprudenza consolidata (da ultimo, Sez. 6, n. 34539 del 23/06/2021, I., Rv. 281857-01), non gia' per il solo fatto di una minore efficacia causale dell'attivita' del concorrente, ma solo quando il contributo dato si sia concretizzato in una partecipazione del tutto marginale, ossia di efficacia causale cosi' lieve rispetto all'evento da risultare trascurabile nell'economia generale dell'iter criminoso. Il motivo, peraltro, e' in larga parte eccentrico rispetto al tema posto, perche' calibrato piu' sull'esclusione della compartecipazione criminosa in genere, che sul rilievo negativo della specifica attenuante. 14. Il quarto motivo e' manifestamente infondato, perche' (OMISSIS) risponde dei reati di porto e detenzione di arma comune da sparo a titolo di concorso morale, che assai difficilmente potrebbe essere negato, nel contesto dato. Trattavasi di un omicidio antecedentemente programmato e studiato, e da compiersi appunto a mano armata. La realizzazione, conforme al piano, riconduce all'imputato la paternita' ideale dei crimini in quest'ultimo ricompresi. 15. Fondato risulta, anche rispetto a (OMISSIS), il motivo concernente le attenuanti generiche, quinto della serie. A maggior ragione, rispetto a tale imputato, e al ruolo ancillare da lui assunto nella vicenda, poteva sussistere l'esigenza di una personalizzazione del trattamento sanzionatorio, conforme ai principi esposti nel paragrafo 10. La sentenza impugnata e' certamente analitica nell'esame, improntato a particolare rigore, delle ragioni sfavorevoli, a suo dire preponderanti. L'analisi comparativa con le eventuali emergenze di segno contrario non appare tuttavia impeccabile, se si guarda alla obiettiva svalutazione di una biografia penale sino ad oggi immune da condanne definitive e alla obiettiva negativa enfatizzazione di scelte e strategie processuali che l'imputato era comunque nel diritto di assumere. Anche in questo caso si impone un approfondimento, che viene nuovamente demandato al giudice di rinvio, nella piena salvaguardia del suo ambito di discrezionale e motivata valutazione. 16. La sentenza impugnata deve essere pertanto annullata, rispetto a (OMISSIS), limitatamente al diniego delle attenuanti generiche, ai fini di un nuovo giudizio sul punto. Il ricorso e' respinto nel resto. 17. Alla reiezione di tutti i motivi di ricorso, diversi da quelli relativi alle attenuanti generiche, consegue la condanna dei ricorrenti alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalle costituite parti civili, che, tenuto conto dell'impegno defensionale profuso, si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) limitatamente al diniego delle attenuanti generiche con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di assise di appello di Milano. Rigetta nel resto i ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS). Rigetta il ricorso di (OMISSIS) che condanna al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, gli imputati alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili (OMISSIS) e (OMISSIS), che liquida in complessivi Euro 6.500,00 oltre accessori di legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. VESSICHELLI Maria - Presidente Dott. CATENA Rossella - Consigliere Dott. Scarl INI Enrico V. S. - Consigliere Dott. BELMONTE Maria Teresa - Consigliere Dott. CANANZI Francesc - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 21/01/2022 della CORTE APPELLO di ROMA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere CANANZI FRANCESCO; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore GIORDANO LUIGI che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso; udito l'avvocato (OMISSIS), che ha illustrato i motivi di ricorso e ha insistito per l'accoglimento dello stesso. RITENUTO IN FATTO 1. La Corte di appello di Roma, con sentenza emessa il 21 gennaio 2022, riformava, solo quanto alla riduzione delle pene accessorie fallimentari, la decisione del G.u.p. del Tribunale capitolino che in sede di giudizio abbreviato aveva accertato la responsabilita' penale di (OMISSIS) e, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti del danno di particolare gravita' e della pluralita' di fatti di bancarotta, lo aveva condannato alla pena di anni due di reclusione, con sospensione condizionale. (OMISSIS), amministratore unico dal 16.7.2009 al 2.6.2012 della societa' (OMISSIS) S.p.A. dichiarata fallita dal Tribunale di Roma in data (OMISSIS), e' stato ritenuto responsabile in ordine ai seguenti capi di imputazione: a) bancarotta fraudolenta impropria per aver cagionato con dolo e per effetto di operazioni dolose il fallimento della societa', attraverso due operazioni, avvenute la prima in data 6 luglio 2011, con la stipula di contratto di affitto di ramo d'azienda, per il quale si obbligava a corrispondere a titolo di canone annuale la somma di Euro 180.000,00 oltre IVA a (OMISSIS) S.p.a., societa' in liquidazione e che versava all'epoca in conclamato stato di decozione tanto che veniva dichiarata fallita dal Tribunale di Vicenza il successivo 17 ottobre 2011; la seconda operazione interveniva quattro mesi dopo, il 16 novembre 2011, e consisteva nell'acquisto dell'impianto fotovoltaico installato sul suddetto sito produttivo da parte della (OMISSIS) S.r.l., societa' comunque riconducibile alla proprieta' della (OMISSIS) in liquidazione, al prezzo di Euro 2.615.627,69 oltre IVA, che veniva corrisposto mediante l'accollo del mutuo chirografario dell'importo originario di Euro 3.477.360,00 concesso dalla la (OMISSIS), da rimborsare entro il 31.12.2022 attraverso n. 153 rate mensili, di importo variabile tra gli Euro 25.500,00 ed Euro 27.000,00, i cui ricavi (crediti da energia elettrica) pero' venivano ceduti dalla (OMISSIS) S.p.A. in liquidazione all'ente bancario. Tali operazioni venivano valutate gravemente antieconomiche e determinanti il dissesto della societa', in quanto la (OMISSIS) subiva poi il sequestro dell'impianto fotovoltaico da parte dell'autorita' giudiziaria di Vicenza, nonche' un'azione revocatoria da parte della curatela della medesima (OMISSIS); b) bancarotta fraudolenta per distrazione consistente in prelievi ingiustificati dalle casse sociali quali "restituzioni finanziamento socio", prelievi bancari allo sportello, oltre che attraverso l'utilizzo di carta di credito per spese personali, per un importo complessivo pari ad Euro 307.139,54, nell'arco temporale dal 11 novembre 2011 al 28 giugno 2012, in prossimita' del fallimento e allorquando la societa' versava in stato di conclamato dissesto; c) ulteriori operazioni dolose cagionanti il fallimento, consistenti nella sistematica omissione di versamenti fiscali e contributivi, sottraendosi sin dall'inizio dell'attivita' sociale al pagamento delle imposte sui redditi e/o sul valore aggiunto per complessivi Euro 496.711,71 e procurandosi cosi' di fatto un'artificiosa competitivita' di mercato; d) bancarotta fraudolenta documentale, per omessa tenuta delle scritture contabili obbligatorie, quali il libro soci, libro inventari, bilanci per gli anni 2011, 2012, 2013, nonche' conti mastro e schede contabili per il periodo 2012-2013, allo scopo di procurare a se' o ad altri un ingiusto profitto ovvero di recare pregiudizio ai creditori, rendendo cosi' impossibile la ricostruzione del patrimonio. 2. Il ricorso per cassazione proposto nell'interesse di (OMISSIS) consta di due motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall'articolo 173 disp. att. c.p.p.. 3. Il primo motivo deduce violazione degli articoli 121, 438, 442 c.p.p. e vizio di motivazione, in relazione alla mancata acquisizione di una memoria difensiva. La Corte di appello avrebbe errato, sia nel non censurare la mancata acquisizione della consulenza di parte, oggetto della richiesta di rito abbreviato condizionato rigettata dal Gup, suscettibile di acquisizione anche nella fase precedente l'ammissione del rito speciale; sia anche per non aver acquisito l'elaborato nel corso del giudizio di appello. Per altro, avendo la Corte di appello disatteso la doglianza con una motivazione contraddittoria, affermando astrattamente la possibilita' di acquisire la memoria âEuroËœse contenente argomentazioni di carattere tecnico sul significato probatorio di dati processuali presenti in atti', non provvedendovi poi, pur risultando la stessa rispondente a tali caratteristiche. 4. Il secondo motivo deduce violazione degli articoli 125 e 192 c.p.p. L.Fall., articolo 216, comma, 223, commi 1 e 2, n. 2, L.Fall., articolo 217, nonche' vizio di motivazione, in ordine alla omessa riqualificazione delle condotte in bancarotta semplice. Il ricorrente lamenta che la Corte di appello non abbia dato conto della prova del dolo, offrendo una motivazione che configura al piu' la colpa cosciente, dalla quale deriverebbe la richiesta riqualificazione. Quanto alle due operazioni di acquisizione cagionanti il fallimento, la Corte di appello non avrebbe motivato in ordine al dolo eventuale, in ossequio ai criteri richiesti dalla giurisprudenza di legittimita', nonche' in ordine al palese rischio di revoca delle predette operazioni, a seguito del fallimento della cedente (OMISSIS), non prevedibile ex ante, non valutando altresi' l'assenza di esperienza imprenditoriale dell'imputato, la durata limitata della attivita' quale amministratore, l'assenza di altri operazioni rischiose, il fine di incremento dei ricavi con l'impianto fotovoltaico, il danno procurato allo stesso imputato. Quanto alle condotte di presunti prelievi ingiustificati e all'omissione dei versamenti fiscali, la Corte territoriale non avrebbe tenuto in conto, in violazione di legge, che l'omesso versamento non aveva determinato il depauperamento, in quanto forma di finanziamento dell'attivita' sociale, qualora non si fosse verificata l'imprevedibile difficolta' conseguente al sequestro dell'autorita' giudiziaria vicentina, avendo 1Santich per altro restituito circa 80mila Euro a fronte di prelievi per 43mila Euro, rinunciando al compenso a lui spettante, quale amministratore, di circa 50mila Euro per l'attivita' svolta da gennaio a giugno del 2012. Quanto alla bancarotta fraudolenta documentale, la Corte non avrebbe valutato come non siano imputabili al ricorrente le condotte successive alla dismissione della carica di amministratore, ne' avrebbe dato conto del dolo specifico e generico richiesto per le due condotte di bancarotta documentale contestate, dal che avrebbe dovuto conseguire la riqualificazione in bancarotta documentale semplice. 5. Il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale, ha depositato requisitoria e conclusioni scritte - ai sensi del Decreto Legge n. 127 del 2020, articolo 23 comma 8, - ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso, in quanto manifestamente infondato il primo motivo e versato in fatto il secondo. 6. Il ricorso e' stato trattato con l'intervento delle parti, a seguito di tempestiva richiesta del difensore del ricorrente, ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8, disciplina prorogata sino al 31 dicembre 2022 per effetto del Decreto Legge n. 105 del 202, articolo 7, comma 1, la cui vigenza e' stata poi estesa in relazione alla trattazione dei ricorsi proposti entro il 30 giugno 2023 dal Decreto Legislativo 10 ottobre 2022, articolo 94 come modificato dal Decreto Legge 31 ottobre 2022, n. 162, articolo 5-duodecies, convertito con modificazioni dalla L. 30 dicembre 2022, n. 199. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' parzialmente fondato, in relazione alle condotte contestate ai capi a) e d), infondato nel resto. 2. Quanto al primo motivo, corretta e' la valutazione della Corte di appello in relazione alla doglianza relativa all'omessa acquisizione da parte del Gup, in sede di richiesta di giudizio abbreviato condizionato, della memoria contenente la stima delle emergenze contabili tratte dalle risultanze probatorie. L'imputato, dopo il rigetto della richiesta di giudizio abbreviato condizionato, accedeva al rito "puro". E bene, pacifico e' il principio per cui e' preclusa all'imputato - che dopo il rigetto della richiesta di rito abbreviato condizionato abbia optato per il rito abbreviato "secco" - la possibilita' di contestazione successiva della legittimita' del provvedimento di rigetto, in quanto la sua opzione per il procedimento senza integrazione probatoria e' equiparata al mancato rinnovo "in limine litis", ai sensi dell'articolo 438 c.p.p., comma 6, della richiesta di accesso al rito subordinata all'assunzione di prove integrative (Sez. 2, n. 13368 del 27/02/2020, Ruggiero, Rv. 278826 - 01; Sez. 1, n. 37244 del 13/11/2013, dep. 2014, Altamura, Rv. 260532 - 01; Sez. 3, n. 27183 del 05/06/2009, Fabbricini, Rv. 248477 - 01). Pertanto in fondato e' il primo profilo di doglianza. Quanto al secondo profilo, la censura riguarda l'omessa acquisizione della consulenza di parte quale memoria: la Corte di appello per un verso evidenzia che non era stata avanzata richiesta di rinnovazione istruttoria ex articolo 603 c.p.p., comma 3, con l'atto di appello, che censurava solo la decisione del Gup di rigetto dell'istanza di rito abbreviato condizionato. Premesso quanto in precedenza evidenziato sugli effetti dell'accesso al rito non condizionato, non e' censurabile la mancata acquisizione da parte della Corte di appello anche perche' in sintonia con il principio per il quale nel giudizio di appello, avverso la sentenza emessa all'esito del giudizio abbreviato non condizionato, l'assunzione di nuove prove e' possibile solo qualora queste non si riferiscano a circostanze di fatto anteriori al processo e conosciute dall'imputato, trattandosi altrimenti, di prove che avrebbero dovuto formare oggetto di una richiesta di giudizio abbreviato condizionato ad integrazione probatoria da sottoporre al relativo vaglio di ammissibilita' (Sez. 5, n. 33870 del 07/04/2017, Crescenzo, Rv. 270474 - 01; conf. N. 49324 del 2016 Rv. 268363 - 01). Quanto alla richiesta di acquisizione dell'elaborato tecnico, richiesto solo in sede di conclusioni, la Corte con motivazione corretta e logica rigetta l'istanza: infatti, nel giudizio di appello, la consulenza tecnica non puo' essere introdotta ed acquisita come memoria ex articolo 121 c.p.p. (Sez. 2, n. 10968 del 18/12/2018, dep. 13/03/2019, Picchiottino, Rv. 275769 - 01, in una fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la decisione dei giudici di merito di non prendere in considerazione il contributo del consulente di parte, contenuto in una "memoria tecnica" allegata all'atto di appello, in assenza di richiesta di rinnovazione istruttoria). Ne' la motivazione e' illogica, come invece deduce il motivo, in quanto il riferimento alla "esposizione di argomentazioni di carattere tecnico sul significato probatorio di dati processuali gia' presenti in atti" non puo' intendersi come relativo a una consulenza tecnica, come esplicitamente invece qualifica la memoria la Corte territoriale, dato il carattere tecnico valutativo, aggiuntivo e non riepilogativo di elementi probatori, come emerge dallo stesso ricorso, in quanto âEuroËœstima' delle risultanze. Infine, non e' stata dedotta dal ricorrente la decisivita' della memoria. Per la denuncia dell'omessa valutazione di memorie difensive, pena la genericita' del motivo di impugnazione, va dedotta la decisivita' del contenuto della memoria per la ricostruzione del fatto (fra le altre, Sez. 5, Sentenza n. 24437 del 17/01/2019, Armeli, Rv. 276511, in motivazione, la Corte ha precisato che l'omessa valutazione di memorie difensive non costituisce causa di nullita' della decisione, ma puo' unicamente incidere sulla tenuta logico-giuridica della motivazione). Il motivo e' pertanto manifestamente infondato e per altro generico. 3. Quanto al secondo motivo, concentrato sul dolo delle condotte contestate, va osservato quanto segue. 3.1 In premessa va ricordato quanto alle operazioni dolose che hanno cagionato il fallimento che, come ha chiarito la giurisprudenza di legittimita', devono comportare un depauperamento non giustificabile in termini di interesse per l'impresa, laddove la nozione di "operazione" postula una modalita' di pregiudizio patrimoniale discendente non gia' direttamente dall'azione dannosa del soggetto attivo (distrazione, dissipazione, occultamento, distruzione), bensi' da un fatto di maggiore complessita' strutturale riscontrabile in qualsiasi iniziativa societaria implicante un procedimento o, comunque, una pluralita' di atti coordinati all'esito divisato. Quanto all'elemento psicologico: "esaurisce l'onere probatorio dell'accusa la dimostrazione della consapevolezza e volonta' della natura "dolosa" dell'azione, costitutiva dell'"operazione", a cui segue il dissesto, in una con l'astratta prevedibilita' dell'evento scaturito per effetto dell'azione antidoverosa, non essendo necessarie, ai fini dell'integrazione dell'elemento soggettivo, la rappresentazione e la volonta' dell'evento fallimentare (Sez. 5, n. 17690 del 18/02/2010, Cassa Di Risparmio Di Rieti S.p.a., Rv. 247313; Sez. 5, n. 38728 del 03/04/2014, Rampino, Rv. 26220701; Sez. 5, n. 2905 del 16/12/1998, Carrino G ed altri, Rv. 21261301). Inoltre si e' affermato che in tema di bancarotta fraudolenta impropria, nell'ipotesi di fallimento causato da operazioni dolose non determinanti un immediato depauperamento della societa', la condotta di reato e' configurabile quando la realizzazione di tali operazioni si accompagni, sotto il profilo dell'elemento soggettivo, alla prevedibilita' del dissesto come effetto della condotta antidoverosa (Sez. 5, n. 45672 del 01/10/2015, Lubrina, Rv. 265510 - 01). 3.2 Tanto premesso, rileva questa Corte come la sentenza impugnata renda conto in modo corretto e non manifestamente illogico delle ragioni per le quali fosse prevedibile per (OMISSIS) che dalle operazioni sub capo c), di omesso versamento di quanto dovuto in sede fiscale e previdenziale, potesse conseguisse il rischio del dissesto, non altrettanto deve rilevarsi in ordine alla congruita' della motivazione del dolo per la condotta contestata al capo a). 3.3 Quanto alle condotte di evasione fiscale e previdenziale sub capo c), che si ebbero fin dall'inizio della amministrazione di (OMISSIS), l'operazione dolosa ben puo' avere carattere omissivo e consistere nell'omesso versamento delle imposte dovute dalla societa'. La L.Fall., articolo 223, comma 2, n. 2, configura una ipotesi di bancarotta fraudolenta impropria che prevede il fallimento come danno di evento del reato nel quale, a differenza della bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, devono quindi sussistere il nesso eziologico fra la condotta dolosa e il fallimento (Sez. 5, n. 12945 del 25/02/2020, Mora, Rv. 279071 - 01; Sez. 5, n. 17690 del 18/02/2010, Cassa di Risparmio di Rieti, Rv. 247314 - 01). Quanto alla condotta si tratta di reato a forma libera, integrato da condotta attiva o omissiva, costituente inosservanza dei doveri rispettivamente imposti ai soggetti indicati dalla legge, fra i quali l'amministratore: la fattispecie si realizza non solo quando la situazione di dissesto trovi la sua causa nelle condotte o operazioni dolose ma anche quando esse abbiano aggravato la situazione di dissesto che costituisce il presupposto oggettivo della dichiarazione di fallimento (in tal senso, Sez. 5, n. 40998 del 20/05/2014, Concu, Rv.262188, secondo cui sussiste il delitto di bancarotta fraudolenta previsto dalla L.Fall., articolo 223, comma 2, n. 2, anche quando le operazioni dolose dalle quali deriva il fallimento della societa' non comportano una diminuzione algebrica dell'attivo patrimoniale, ma determinano comunque un depauperamento del patrimonio non giustificabile in termini di interesse per l'impresa). In sostanza, l'amministratore ha un obbligo di fedelta' nei confronti della societa', cosicche' ogni violazione di questo obbligo integra, sussistendone le altre condizioni, un'operazione dolosa ai sensi della L.Fall., articolo 223, comma 2, n. 2, che puo', pertanto, consistere nel compimento di qualunque atto intrinsecamente pericoloso per la salute economica e finanziaria della impresa e, quindi, anche in una condotta omissiva produttiva di un depauperamento non giustificabile in termini di interesse per l'impresa. La circostanza che la condotta si sostanzi in operazioni dolose evidenzia, come anticipato, come roperazione' sia termine semanticamente piu' ampio della âEuroËœazione', intesa come mera condotta attiva, e ricomprende l'insieme delle condotte, attive od omissive, coordinate alla realizzazione di un piano (Sez. 5, n. 43562 del 11/06/2019, Vigna, Rv. 277125 - 01). A fronte di tale situazione la Corte territoriale in modo corretto rileva, in sintonia con l'orientamento consolidato di questa Corte, che le operazioni dolose di cui alla L.Fall., articolo 223, comma 2, n. 2, ben possono consistere nel sistematico inadempimento delle obbligazioni fiscali e previdenziali, frutto di una consapevole scelta gestionale da parte degli amministratori della societa', da cui consegue il prevedibile aumento della sua esposizione debitoria nei confronti dell'erario e degli enti previdenziali (Sez. 5, n. 24752 del 19/02/2018, De Mattia, Rv. 273337 - 01; conf. n. 12426 del 2014 Rv. 259997 - 01, n. 29586 del 2014 Rv. 260492 - 01, n. 47621 del 2014 Rv. 261684 - 01, n. 15281 del 2017 Rv. 270046 - 01; nello stesso senso Sez. 5,. n. 22765 del 18/02/2021, Rossin, n. m.). Pertanto, quanto al profilo oggettivo del delitto sub capo c), l'omesso adempimento dei debiti tributari e previdenziali per quasi 500mila Euro, avendo la Corte di merito evidenziato (sentenza, par. 4 pag. 7) come tali inadempienze abbiano contribuito, aggravandola, alla situazione di dissesto. 3.4 In ordine al profilo soggettivo, va previamente evidenziata la distinzione fra le "operazioni dolose" cagionanti il fallimento e l'aver cagionato "con dolo" il fallimento della societa'. E' proprio l'elemento soggettivo che distingue le due condotte nel senso che la locuzione âEuroËœcon dolo' implica che ai sensi dell'articolo 43 c.p., il fallimento deve essere previsto e voluto dall'agente come conseguenza della sua azione od omissione. Si deve trattare di dolo diretto (Sez. 5, 14/01/1985, Gerli; Sez. 1 25/04/1990, De Sena Plunkett; da ultimo Sez. 5., n. 22765, 18/02/2021, Rossin). Nel fallimento conseguente a operazioni dolose, invece, esso e' solo l'effetto, dal punto di vista della causalita' materiale, di una condotta volontaria, ma non intenzionalmente diretta a produrre il dissesto fallimentare, anche se il soggetto attivo dell'operazione ha accettato il rischio che esso si verifichi. Sez. 5, Rossin, ha affermato in caso in tutto analogo a quello in esame, di condotte omissive tributarie, che "non e' necessaria la volonta' diretta a provocare il dissesto, essendo sufficiente la consapevolezza di porre in essere un'operazione che, concretandosi in un abuso o in un'infedelta' nell'esercizio della carica ricoperta o in un atto intrinsecamente pericoloso per la salute economico finanziaria della societa', determini l'astratta prevedibilita' della decozione". Si tratta, dunque, di una fattispecie a dolo generico. La Corte di merito anche correttamente valuta (fol. 7) non adeguata la giustificazione dell'imputato, relativamente alla finalita' di impiegare quanto non versato all'erario per pagare fornitori e dipendenti, giustificazione valutata generica perche' smentita dalle altre risultanze. In vero, le operazioni illecite, ad un primo impatto, paiono destinate non gia' a diminuire, bensi' ad incrementare (sia pure contra ius) il patrimonio sociale, ma il fallimento e' riconducibile ad esse, sul piano degli effetti di medio periodo e in ragione della crescita esponenziale del debito (Sez. 5, n. 47621 del 25/09/2014, Prandini, in motivazione), poiche', una volta scoperte, determinano ineludibilmente l'applicazione delle relative sanzioni. Deve ritenersi che correttamente in questo caso la Corte di merito abbia ritenuto sussistente il dolo delle condotte, quindi la volonta' cosciente di evasione del fisco, e congruo il giudizio di prevedibilita' dell'aggravamento della situazione debitoria (sempre fol. 7) in coerenza con il principio per cui "le specifiche connotazioni delle operazioni dolose offrono fondamento al giudizio di prevedibilita' dell'emersione delle operazioni stesse e, di conseguenza, dell'attivazione delle iniziative risarcitorie e/o sanzionatorie destinate a sfociare nel depauperamento e, quindi, nel dissesto della societa'" (Sez. 5, n. 45672 del 01/10/2015, Lubrina, in motivazione). 3.5 Diversamente risulta non adeguata la motivazione in ordine al dolo della condotta contestata al capo a), alla luce dei principi indicati in premessa, risultando fondato il motivo di censura. La Corte di appello evidenzia (fol. 5) come (OMISSIS) fosse alla prima esperienza imprenditoriale, avesse acquisito una societa' di diritto estero modesta, trasformandola da societa' a responsabilita' limitata in societa' per azioni, con un notevole aumento di capitale, essenzialmente per compiere le due operazioni contestate al capo a): quella di affitto del ramo di azienda della (OMISSIS) gia' in liquidazione, che sarebbe stata dichiarata fallita appena quattro mesi dopo la stipula del contratto da parte di (OMISSIS), che era stata preceduta dalla modifica il mese precedente dell'oggetto sociale della (OMISSIS), esteso alle attivita' nel settore delle materie plastiche, ambito proprio del ramo di azienda acquisito; nonche', la seconda operazione, avvenuta il 16 novembre 2011, dopo che il 17 ottobre 2011 era stato dichiarato il fallimento della (OMISSIS), consistente nella acquisizione dell'impianto fotovoltaico istallato sul capannone della (OMISSIS), oggetto di distrazione da parte della stessa alla (OMISSIS) Spa e poi alla (OMISSIS) Spa, cessioni tutte del 2011, fino all'acquisto da parte di (OMISSIS) del 16 novembre 2011. La Corte di appello ha richiamato la circostanza che le operazioni effettuate da (OMISSIS) sarebbero inserite nel programma distrattivo della (OMISSIS), cosicche' le acquisizioni da parte della (OMISSIS) furono eseguite con notevoli oneri e con il rischio palese di revoca e di provvedimenti giudiziari a tutela delle ragioni del fallimento (OMISSIS), gia' in stato di decozione all'atto della prima operazione e gia' fallita al momento della seconda, dopo i passaggi distrattivi alle societa' intermedie. A fronte di cio', pero', la Corte di appello chiarisce anche che pur se (OMISSIS) non era stato coinvolto come concorrente esterno nella bancarotta per distrazione del fallimento (OMISSIS), le condotte poste in essere dall'attuale ricorrente siano connotate da fraudolenza, e da carenza di interesse della societa' amministrata dallo stesso, potendo dalle stesse solo trarsi aggravamenti della esposizione debitoria. La Corte territoriale rileva anche come l'affare non avesse le caratteristiche di convenienza se non apparente, in quanto (OMISSIS) aveva ceduto alla banca tutti i crediti ottenuti con la produzione di energia elettrica, relativi agli incentivi per la produzione dell'impianto fotovoltaico (fol. 7): tale affermazione emergeva dalla dichiarazione dell'amministratore giudiziario (OMISSIS). A ben vedere, proprio alla luce dei principi evidenziati in precedenza, relativamente al dolo che deve sostenere le operazioni dolose cagionanti il fallimento, la motivazione della Corte di appello risulta contraddittoria e incompleta. Se per un verso non vi sono elementi per ritenere che (OMISSIS) abbia concorso nella distrazione dei beni in danno del ceto creditorio di (OMISSIS), non si puo' trarre la prova del dolo e della prevedibilita' del fallimento dalla sola circostanza che (OMISSIS) sarebbe fallita dopo quattro mesi, senza avere prova che (OMISSIS) ne avesse consapevolezza, come anche avesse contezza che della cessione dei crediti da energia elettrica prodotta in favore dell'istituto di credito. In sostanza, non e' comprovato che, riguardo a tale condotta, (OMISSIS) abbia violato gli obblighi di fedelta', non abbia effettivamente promosso le operazioni con autentica finalita' di incremento dei ricavi della societa' grazie all'impianto fotovoltaico, ne' viene considerato il danno procurato allo stesso imputato, che evidentemente, escluso il concorso dell'extraneus nella condotta distrattiva di (OMISSIS), e dunque la consapevolezza del pericolo di sequestro e revoca dei beni acquisiti, dimostrerebbe esclusivamente una condotta negligente e imprudente, come evidenzia il ricorrente. In sostanza manca una valutazione ex ante, ponendosi nella posizione di (OMISSIS), della anti doverosita' della condotta posta in essere e della prevedibilita' del dissesto come conseguenza delle due operazioni acquisitive contestate. Pertanto, quanto al dolo del capo a) la sentenza va annullata con rinvio. 3.6 Anche per il dolo richiesto per la bancarotta documentale contestata al capo d) la motivazione della Corte di appello e' estremamente generica. Il Gup aveva ritenuto sussistente il dolo generico, evidentemente riferendosi alla bancarotta documentale prevista dall'articolo 216, comma 1, n. 2, seconda parte. Invece la Corte di appello, a fronte del motivo specifico al fol. 15 dell'atto di appello, che censura il dolo generico, vira verso il dolo specifico previsto dalla bancarotta documentale fraudolenta, fattispecie prevista questa dalla prima parte della norma citata. Premesso che e' ben possibile la contestazione alternativa dei delitti di bancarotta fraudolenta documentale per sottrazione, distruzione o occultamento di scritture contabili, per la cui sussistenza e' necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, e di fraudolenta tenuta delle stesse, che integra una ipotesi di reato a dolo generico, non determinando tale modalita' alcun vizio di indeterminatezza dell'imputazione (Sez. 5, n. 8902 del 19/01/2021, Tecchiati, Rv. 280572 - 01), nel caso di specie viene contestata l'omessa tenuta dei libri contabili. Tale condotta, come noto, deve essere ricondotta nell'alveo di tipicita' della bancarotta documentale âEuroËœspecifica' atteso che la norma incriminatrice, punendo la tenuta della contabilita' in modo tale da rendere relativamente impossibile la ricostruzione dello stato patrimoniale e del volume d'affari dell'imprenditore, a "fortiori" ha inteso punire anche colui che non ha istituito la suddetta contabilita', anche solo per una parte della vita dell'impresa. Si e' peraltro costantemente precisato come cio' non consenta, ai fini dell'individuazione dell'elemento soggettivo, di ricondurre la condotta di omessa tenuta a quella di irregolare tenuta, dovendosi invece ritenere che l'omessa tenuta della contabilita' interna integri gli estremi del reato di bancarotta documentale fraudolenta solo qualora si accerti che scopo dell'omissione sia quello di recare pregiudizio ai creditori, ovvero di procurare a se' o ad altri un ingiusto profitto, che altrimenti risulterebbe impossibile distinguere tale fattispecie da quella analoga sotto il profilo materiale, prevista dalla L.Fall., articolo 217 e punita sotto il titolo di bancarotta semplice documentale (Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, Martinenghi, Rv. 279838 - 01; Sez. 5, n. 25432 del 11 aprile 2012, De Mitri e altri, Rv. 252992). 3.7 Il dolo richiesto per la sussistenza del reato in tal caso non e' dunque, come correttamente affermato dalla sentenza impugnata, quello generico sufficiente a supportare la condotta di tenuta fraudolenta, bensi' quello specifico che caratterizza il falso contabile per omessa istituzione delle scritture descritto nella prima parte dell'incriminazione in oggetto. E pero' la motivazione impugnata, riguardo al punto di censura specifico, risulta sostanzialmente apparente e assertiva, come rileva il ricorrente, in quanto, non basta richiamare la connessione con le altre condotte di bancarotta, rinvio per altro depotenziato alla luce di quanto osservato in ordine al capo a), in quanto data la peculiarita' della vicenda vanno esplicitate le ragioni per le quali l'omessa istituzione di quelle specifiche scritture, indicate nella contestazione, fosse finalizzata - logicamente e anche cronologicamente, tenuto conto dell'evolversi delle vicende societarie e del momento in cui si rende consistente l'esposizione debitoria e si concretizza la crisi - a pregiudicare il ceto creditorio o ad avvantaggiare ingiustamente se stesso o altri (Sez. 5, n. 4134 del 22/09/2016, dep. 2017, Perego, Rv. 269475 - 01). Pertanto anche in ordine al capo d), per carenza di motivazione, la sentenza va annullata con rinvio. 3.8 Invece il motivo va ritenuto inammissibile quanto al capo c), relativo alla distrazione, quanto al profilo oggettivo, genericamente censurato, in quanto la motivazione resa dalla Corte di merito (fol. 8) rende conto, con corretto riferimento ai principi giurisprudenziali consolidati, come le condotte contestate fossero di natura distrattiva, in relazione alle âEuroËœrestituzioni finanziamento socio' e ai prelievi per spese personali. Per altro, in ordine alla censura sul profilo soggettivo, la Corte di merito applica correttamente il principio per cui il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione e' reato di pericolo (ex multis Sez. 5, n. 11633 del 8 febbraio 2012, Lombardi Stronati, Rv. 252307), nel senso che, essendo l'oggetto della tutela identificabile nell'interesse dei creditori all'integrita' dei mezzi di garanzia, la L.Fall., articolo 216 prende in considerazione non solo la sua effettiva lesione dovuta al cagionamento di un danno al ceto creditorio - che non e' elemento costitutivo della fattispecie tipizzata e che invero rileva esclusivamente ai fini della configurabilita' dell'aggravante di cui al comma 1 del successivo articolo 219 - bensi' anche il pericolo conseguente alla mera possibilita' che questo si verifichi. Pertanto, sul versante dell'elemento soggettivo del reato, il dolo necessario per la configurabilita' della bancarotta patrimoniale per distrazione e' quello generico - il che nel caso in esame lo distingue dal dolo richiesto per la bancarotta documentale specifica e dal dolo richiesto per le operazioni dolose, dove la prevedibilita' ha ad oggetto il fallimento - e integrato dalla volonta' di distaccare il bene oggetto di distrazione dal patrimonio della fallita nella prevedibilita' del pericolo che tale operazione puo' determinare per gli interessi dei creditori. In altri termini e' sufficiente che la condotta di colui che pone in essere o concorre nell'attivita' distrattiva sia assistita dalla consapevolezza che le operazioni che si compiono sul patrimonio sociale siano idonee a cagionare un danno ai creditori, senza che sia necessaria l'intenzione di causarlo o che la finalita' di determinarlo colori il dolo del reato come specifico (Sez. 5, n. 9807 del 13 febbraio 2006, Caimmi ed altri, Rv. 234232). Pertanto il motivo e' manifestamente infondato sul punto. 4. Ne consegue l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Roma in ordine ai capi a) e d), nei termini indicati, per nuovo giudizio, che provvedera' all'applicazione dei richiamati principi di diritto e alla rideterminazione del trattamento sanzionatorio se del caso. Nel resto i motivi sono complessivamente infondati e vanno quindi rigettati. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla condotta sub a) e a quella sub d) con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Roma. Rigetta nel resto il ricorso.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. VESSICHELLI Maria - Presidente Dott. DE GREGORIO Eduardo - Consigliere Dott. MICCOLI Grazia R. A. - Consigliere Dott. BORRELLI Paola - Consigliere Dott. FRANCOLINI Giovanni - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 12/07/2021 della CORTE APPELLO di MILANO; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere GIOVANNI FRANCOLINI; uditi in pubblica udienza il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione PERLA LORI, che ha chiesto il rigetto del ricorso, e per il ricorrente l'avvocato (OMISSIS), che ha chiesto di rimettere il procedimento alle Sezioni Unite e ha insistito per l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 12 luglio 2021 la Corte di appello di Milano, a seguito del gravame interposto nell'interesse di (OMISSIS), ha confermato la pronuncia in data 16 febbraio 2021 con la quale il Tribunale di Milano aveva affermato la responsabilita' dello stesso imputato - quale amministratore di fatto della fallita (OMISSIS) s.r.l. - per i delitti a lui ascritti di bancarotta fraudolenta patrimoniale (per distrazione, avente ad oggetto un'autovettura di marca (OMISSIS) nonche' in ragione della cessione dei contratti di affidamento in gestione e affitto di azienda indicati in imputazione; e per dissipazione, con riguardo alla sottoscrizione dei contratti di leasing di due veicoli di marca (OMISSIS) e (OMISSIS); cfr. rispettivamente nn. 2, 5 e 6 della rubrica), preferenziale (n. 3) e impropria da operazioni dolose (n. 4) e lo aveva condannato alla pena di cinque anni di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali e di mantenimento in carcere durante la custodia cautelare, con le pene accessorie di legge, ivi comprese fallimentari (queste ultime irrogate per la medesima durata della pena principale). 2. Avverso la sentenza di secondo grado il difensore dell'imputato ha proposto ricorso per cassazione, formulando nove motivi (di seguito enunciati, nei limiti di cui all'articolo 173, comma 1, disp. att. c.p.p.). 2.1. Con il primo motivo sono state prospettate - sub specie dell'articolo 606, comma 1, lettera c) ed e), c.p.p. - la violazione degli articoli 3, 24, 111 Cost., 216, 219 e 223 L. Fall., 62, 63, 64, 191, 195, 526 c.p.p., 6 Carta E.D.U., 47 e 48 Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, nonche' - sub specie dell'articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), c.p.p. - la violazione dell'articolo 2639 c.c. in relazione all'attribuzione all'imputato della qualifica di amministratore di fatto della societa' fallita (e della conseguente responsabilita' penale per i fatti in imputazione) sulla scorta delle dichiarazioni inutilizzabili rese al curatore dal teste (OMISSIS) e dall'indagato di reato connesso (OMISSIS), versate nella relazione ex articolo 33 L.F. e oggetto di testimonianza indiretta da parte dello stesso curatore. La difesa ha chiesto di riponderare l'orientamento giurisprudenziale - richiamato dalla sentenza impugnata e fondato su Corte Cost. n. 136 del 27 aprile 1995 (che, a sua volta, si era discostata da Corte Cost. n. 69 del 14 marzo 1984, resa in relazione alla disciplina dell'abrogato codice di procedura penale) - secondo il quale possono essere poste a fondamento della decisione del giudice penale le dichiarazioni raccolte dal curatore nel corso della procedura fallimentare (e compendiate nella relazione ex articolo 33 cit., che non costituirebbe una notitia criminis) senza dare gli avvisi di cui agli articoli 63 e 64 c.p.p. e senza che operi il divieto di testimonianza de relato in ordine a esse. Tale opzione ermeneutica dovrebbe oggi essere disattesa in considerazione delle modifiche all'articolo 33, commi 1 e 4, L.F. (che rispettivamente prevedono, nel testo novellato dall'articolo 3 Decreto Legislativo n. 12 settembre 2007, n. 169, che il curatore nella relazione debba rappresentare anche "quanto puo' interessare ai fini delle indagini preliminari in sede penale"; e, nel testo novellato dall'articolo 29 Decreto Legislativo n. 9 gennaio 2006, n. 5, secondo cui copia della relazione, nel suo testo integrale, va trasmessa al pubblico ministero - opzione normativa confermata dall'articolo 130 del Codice della crisi di impresa), le quali dimostrano il legame tra l'attivita' di indagine e la relazione del curatore (che puo' costituirne l'avvio) e dovrebbero condurre a negarne la natura di documento ex articolo 234 c.p.p. (nel presupposto che essa si sia formata al di fuori del procedimento penale); la relazione del curatore dovrebbe, invece, essere assimilata a un atto di indagine almeno per l'identita' di ratio (tanto che, nella specie, dalla stessa consta che gli accertamenti del curatore si sono svolti in consapevole parallelo con quelli del Pubblico ministero). In tal senso deporrebbe pure il principio costituzionale del giusto processo (come interpretato proprio in tema di dichiarazioni accusatorie da Sez. U, n. 33583 del 26/03/2015, Lo Presti, Rv. 264479 - 01). Pertanto, al riguardo dovrebbe pervenirsi alle medesime conclusioni cui - facendo applicazione dell'articolo 220 d. att. c.p.p. - si e' giunti per le verifiche svolte dalla Guardia di finanza (cfr. Sez. U., n. 45477 del 28/11/2001, Raineri, Rv. 220291 - 01); e cio' anche in virtu' di un'interpretazione conforme ai principi posti - sulla scorta degli articoli 47, comma 2, e 48 C.D.F.U.E. - dalla Corte di giustizia dell'Unione Europea (Grande Sezione - del 2 febbraio 2021 - C-481/19) che (compulsata a seguito di rinvio pregiudiziale da parte della Corte costituzionale) ha correlato il diritto al silenzio e le relative garanzie processuali non al tipo del procedimento originario (amministrativo, ispettivo, di vigilanza) ma all'eventuale collegamento di esso con il procedimento penale (come rilevato pure dalla Consulta nel provvedimento reso successivamente alla pronuncia del Giudice Europeo (cfr. Corte Cost., ord. n. 117 del 06/03/2019). Qualora non si accedesse a questa esegesi, e' stato chiesto di sollevare questione di legittimita' costituzionale degli articoli 62, 63, 64, 191, 195, 526 c.p.p., per contrasto con gli articoli 3, 24 e 111 Cost., nonche' in relazione agli articoli 6 Carta E.D.U., 47 e 48 C.D.F.U.E. e 117 Cost. In secondo luogo, e' stata denunciata l'inutilizzabilita' dell'apporto dichiarativo, sempre veicolato dal curatore, del coindagato (OMISSIS), il quale in dibattimento si e' avvalso della facolta' di non rispondere. Sotto tale profilo, la sentenza impugnata avrebbe erroneamente disatteso il gravame nel presupposto che l'esame del (OMISSIS) non fosse stato chiesto dalla difesa, non considerando che - a seguito della sua ammissione - la prova dichiarativa de qua era entrata nel patrimonio cognitivo di tutte le parti (tanto che la rinuncia della sola parte che l'aveva addotta non avrebbe consentito la revoca in parte qua del provvedimento ammissivo) e, dunque, il ricorrente poteva ragionevolmente fare affidamento sulla sua escussione (sia pure in controesame). 2.2. Con il secondo motivo sono stati denunciati la violazione degli articoli 216, 219, 223 L.F. e 2639 c.c. ed il vizio di motivazione (articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), c.p.p.) in ordine all'attribuzione all'imputato del ruolo di amministratore di fatto della fallita. Tale qualifica si sarebbe, infatti, fondata soltanto sugli elementi gia' indicati nel primo motivo e, nel resto, sarebbe stata tratta illogicamente (e in violazione dei consolidati principi posti dalla giurisprudenza) da dati formali (come la carica di socio fondatore e la partecipazione al capitale sociale) senza indicare in quali attivita' si sarebbe tradotto l'esercizio continuativo e significativo dei poteri gestori. Ancora: - si sarebbe attribuito rilievo alle dichiarazioni dell'avv. (OMISSIS), nonostante esse siano state raccolte dal curatore al telefono e senza la previa identificazione dell'interlocutore (profilo rispetto al quale il gravame sarebbe stato disatteso con una motivazione apparente), quantunque per la riforma in peius di una sentenza sia necessario il contatto diretto con la fonte di prova e quantunque il (OMISSIS) abbia riportato di aver cessato i rapporti professionali con il ricorrente nel 2012 (ossia anteriormente ai fatti di cui il (OMISSIS) e' stato ritenuto responsabile); e si sarebbe pure riconosciuta rilevanza, in maniera illogica, al rinvenimento di documentazione della fallita (neppure specificata dal teste di polizia giudiziaria) in casa e sulla vettura del ricorrente (all'esito di perquisizione), senza considerare che il (OMISSIS) e' stato socio dell'ente, nonche' alla designazione, da parte dell'imputato, dell'amministratore che sarebbe succeduto al figlio (peraltro non nel 2016 ma nel 2013) confondendo i poteri connessi allo status di socio con i poteri gestori; - sarebbe stata omessa la motivazione sugli elementi di prova dimostrativi dell'insussistenza della qualifica gestoria in capo al ricorrente, emersi dalle deposizioni del curatore, dell'imputato in procedimento connesso (OMISSIS) e dei testi (OMISSIS) (cui si sarebbe attribuito un interesse che ne minerebbe la credibilita', in quanto dipendente di una societa' riconducibile alla moglie e alla figlia del (OMISSIS), a differenza invece dell'avv. (OMISSIS) ritenuto credibile nonostante un suo debito verso la societa' e il suo tentativo di insinuazione al passivo), (OMISSIS) (cessionario delle quote della (OMISSIS) s.r.l.), (OMISSIS) (commercialista della fallita); - sarebbero state illogicamente apprezzate le dichiarazioni di (OMISSIS) (nipote del (OMISSIS)), valorizzando il ruolo a lui attribuito dall'imputato in una societa' distinta dalla fallita. 2.3. Con il terzo motivo - sub specie dell'articolo 606, comma 1, lettera b), c) ed e), c.p.p. - sono stati prospettati la violazione degli articoli 216, comma 1, n. 1, 219, 223, comma 1, L. Fall., 533, comma 1, c.p.p., in relazione alla ritenuta responsabilita' dell'imputato per la distrazione del veicolo (OMISSIS) (n. 2 della rubrica), quantomeno sotto il profilo della sussistenza dell'elemento soggettivo. La motivazione, in particolare, non avrebbe argomentato rispetto alle allegazioni difensive secondo cui: - l'acquisto del veicolo rientrava nell'oggetto sociale della fallita (come riportato dall'imputato di reato connesso (OMISSIS)); - esso non ha avuto luogo in periodo di dissesto, illogicamente collocato nel 2015 sulla scorta delle affermazioni congetturali del curatore nonche' trascurando quanto rappresentato dal consulente prof. (OMISSIS) (segnatamente, con riguardo alla consistenza illo tempore del capitale sociale), profilo che minerebbe l'iter argomentativo del provvedimento impugnato, il quale ha confuso distinti temi di prova e non ha neppure considerato le conseguenze patite dalla societa' a seguito della perdita delle proprie disponibilita' (pari a Euro 605.000) collocate presso (OMISSIS) (con la successiva revoca dei fidi) ne' che lo stesso curatore ha indicato la causa dello stato di crisi della societa' non nelle operazioni ritenute illecite in contestazione ma nella sua scarsa redditivita'. L'erronea collocazione cronologica dello stato di crisi dell'impresa avrebbe imposto una congrua motivazione sulla sussistenza del dolo della distrazione (e sull'esclusione quantomeno di un ragionevole dubbio che ricorresse) in conformita' ai principi posti in tema dalla giurisprudenza (cfr. in particolare Sez. 5, n. 17819 del 24/03/2017, Palitta, Rv. 269562 - 01) al fine di scongiurare una forma occulta di responsabilita' oggettiva (da ravvisarsi quando, come nella specie, si ritiene sufficiente la mera sussistenza del fatto, anziche' motivare in ordine alla concreta idoneita' dell'operazione a porre in pericolo la garanzia per i creditori e all'effettiva prevedibilita' di esso) e l'equiparazione della conoscibilita' alla conoscenza (che ricondurrebbe nell'area del dolo condotte assistite da colpa). 2.4. Con il quarto motivo, richiamando quanto gia' dedotto con il terzo motivo, sono stati assunti la violazione degli articoli 216, comma 1, n. 1, e comma 3, 223, comma 1, L.F. e il vizio di motivazione (articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), c.p.p.) in ragione della mancata qualificazione del fatto di cui al n. 2 della rubrica come bancarotta preferenziale, senza alcuna argomentazione e, in particolare, nonostante il prezzo della vettura sia stato compensato con un credito che (OMISSIS) (figlio del ricorrente) vantava verso la fallita (e non sia stato compiuto alcun accertamento sulla sussistenza dei "debiti diversi" della societa') e senza confrontarsi con quanto rassegnato dal consulente prof. (OMISSIS). 2.5. Con il quinto motivo - sub specie dell'articolo 606, comma 1, lettera b), c) ed e), c.p.p. - sono stati prospettati la violazione degli articoli 216, 219, 223 L. Fall., 533, comma 1, c.p.p. e il vizio di motivazione, in relazione alla ritenuta responsabilita' dell'imputato per il delitto di bancarotta preferenziale (n. 3 della rubrica). Ad avviso della difesa, non si sarebbe considerato che la societa' fallita e quelle che ne hanno pagato i debiti ((OMISSIS) s.r.l. e (OMISSIS) s.r.l.) - come rassegnato dal consulente prof. (OMISSIS) - non costituivano un gruppo di fatto ma operavano nell'ambito di un contratto di affiliazione e che nella specie hanno avuto luogo delegazioni di pagamento (secondo quanto previsto nei contratti stipulati tra i medesimi soggetti) al fine di evitare per la fallita il rischio correlato al mancato pagamento dei fornitori, relative proprio a beni e servizi nonche' a prestazioni di lavoro dipendente sottratti alla revocatoria fallimentare ex articolo 67, comma 3, L.F. ed eseguiti nell'ottica della continuita' aziendale (come rappresentato dall'imputato di reato connesso (OMISSIS)), profilo che la sentenza impugnata non ha considerato - neppure nell'ottica della sussistenza di un ragionevole dubbio - nonostante, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimita' (cfr. Sez. 5, n. 18528 del 02/03/2020, Mazza, n. m.) - rilevi sotto il profilo della sussistenza del prescritto dolo specifico. 2.6. Con il sesto motivo sono stati prospettati la violazione dell'articolo 223, comma 2, L.F. e il vizio di motivazione pure a causa del travisamento della prova (articolo 606, comma 1, lettera b), ed e), c.p.p.), in relazione all'affermazione di responsabilita' dell'imputato per il delitto di bancarotta impropria da operazioni dolose (n. 4 della rubrica) anche sotto il profilo soggettivo. La Corte territoriale si sarebbe limitata a confermare le valutazioni del Tribunale, cosi' rendendo una motivazione apparente che non avrebbe considerato ne' il compendio probatorio ne' le doglianze espresse con l'atto di appello in punto di prevedibilita' dello stato di dissesto, aspetto rispetto al quale - come gia' esposto - non si sarebbe tenuto conto del fatto che nel 2016 il capitale sociale non era intaccato e che solo nel 2017 sarebbero emerse criticita' a causa dell'imprevedibile perdita delle attivita' collocate presso (OMISSIS) (elementi che deponevano per il difetto della astratta prevedibilita' del dissesto quale conseguenza delle operazioni in imputazione) e, dunque, omettendo (come gia' la sentenza di primo grado) di argomentare su profili decisivi in ordine alla sussistenza del dolo, a meno di non attrarre nell'ambito del fatto doloso condotte eventualmente assistite dalla colpa. 2.7. Con il settimo motivo sono stati addotti la violazione degli articoli 216, comma 1, n. 1, 219, 223, comma 1, L.F. e il vizio di motivazione (articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), c.p.p.), ad avviso della difesa pure apparente, in relazione alle operazioni di dismissione di attivita' della societa' fallita senza corrispettivo (descritte al n. 5 della rubrica) per cui il (OMISSIS) e' stato ritenuto responsabile di bancarotta fraudolenta per distrazione; e, in via subordinata, per la mancata qualificazione del fatto come bancarotta preferenziale, senza motivare sul punto. Quanto alla cessione del contratto di affidamento in gestione (alla (OMISSIS) s.r.l.), si sarebbe trattato di un contratto atipico (avente ad oggetto la creazione di un spazio di vendita all'interno di un ipermercato) per cui sarebbe legittima la stipula con scrittura privata (alla luce di quanto chiarito dalla risoluzione del Ministero dello Sviluppo economico n. 103791 del 3 maggio 2012) e per cui non era previsto il pagamento di alcuna indennita' per l'avviamento, atteso pure che non era previsto il trasferimento di licenze, come confermato sostanzialmente dal curatore che sul valore della cessione si e' espresso in termini congetturali; inoltre, la Corte di appello non avrebbe tenuto conto di quanto esposto dal consulente della difesa in ordine all'insussistenza dell'avviamento. Ancora, difetterebbe la prova che non sia stato pagato il corrispettivo relativo alle merci cedute, profilo rispetto al quale - a fronte delle fatture offerte in produzione - il curatore si sarebbe espresso in termini del tutto ipotetici. Con riferimento alla risoluzione del contratto di affitto di ramo di azienda (stipulato con la (OMISSIS) s.r.l.), mancherebbe la motivazione rispetto alle doglianze avanzate con l'atto di appello e relative alla successiva formalizzazione di essa con atto notarile, al fatto che il contratto si sia risolto per la morosita' della (OMISSIS) s.r.l. e nessuna posta risultasse indennizzabile (sia per il mancato pagamento dei canoni sia per l'assenza di un incremento della clientela e del fatturato dell'affittuaria), risultando del tutto congetturale la sussistenza dell'avviamento affermata dal curatore; sarebbe stata travisata la prova per omissione, poiche' non si sarebbe tenuto conto del documentato pagamento delle merci giacenti al momento della risoluzione del contratto e degli altri cespiti, oltre che del mancato pagamento dei canoni di affitto (causa di risoluzione anticipata del contratto). Inoltre, lo stesso curatore, nella propria relazione integrativa (del 7 ottobre 2019) avrebbe esposto che le fatture (per la vendita del magazzino dei supermercati) sono state onorate con compensazione e, dunque, con pagamenti preferenziali. 2.8. Con l'ottavo motivo sono stati denunciati la violazione degli articoli 216, 219, 223, comma 1, L.F. e il vizio di motivazione (articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), c.p.p.), ad avviso della difesa pure apparente, in relazione all'affermazione di responsabilita' dell'imputato per bancarotta fraudolenta per dissipazione (n. 6 della rubrica), avente ad oggetto il leasing di due veicoli. La sentenza impugnata - nonostante l'oggetto sociale della fallita contemplasse pure il commercio di autoveicoli - avrebbe affermato che le operazioni in discorso sarebbero inconferenti e avrebbero gravato sulla situazione economica e finanziaria dell'ente, ma non si sarebbe confrontata con le argomentazioni difensive con le quali si era dato conto dei vantaggi fiscali correlati alle operazioni nonche' del noleggio delle vetture dalla fallita a (OMISSIS) s.r.l. (con la conseguente produzione di reddito); e non avrebbe motivato compiutamente sulla sussistenza del fatto. 2.9. Con il nono motivo sono stati prospettati la violazione degli articoli 62-bis, 132 e 133 c.p. e il vizio di motivazione (articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), c.p.p.), in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e alla mancata riduzione della pena (fino al minimo edittale), che la Corte di appello avrebbe giustificato con una motivazione apparente e senza argomentare compiutamente rispetto agli elementi favorevoli dedotti dalla difesa. CONSIDERATO IN DIRITTO Il quinto e il settimo motivo di ricorso - rispettivamente relativi ai reati di cui ai capi 3 e 5 della rubrica - sono fondati, nei termini che si esporranno; il nono motivo e' assorbito; nel resto il ricorso e' nel complesso infondato. 1. Il primo motivo, relativo alla platea di elementi probatori sui quali fondare l'attribuzione al ricorrente della qualifica di amministratore di fatto della societa' fallita, e' nel complesso infondato. 1.1. Anzitutto, la difesa ha perorato il superamento dell'orientamento secondo cui la decisione del giudice penale puo' fondarsi sulle dichiarazioni raccolte dal curatore nel corso della procedura fallimentare senza dare gli avvisi di cui agli articoli 63 e 64 c.p.p., riportate nella relazione ex articolo 33 L.F. e senza che operi il divieto di testimonianza de relato. In effetti, questa Corte ha in piu' occasioni osservato che "in tema di prova documentale, le relazioni e gli inventari redatti dal curatore fallimentare sono sicuramente ammissibili in ogni caso e non solo quando siano ricognitivi di una organizzazione aziendale e di una realta' contabile, atteso che gli accertamenti documentali e le dichiarazioni ricevute dal curatore costituiscono prove rilevanti nel processo penale, al fine di ricostruire le vicende amministrative della societa'"; tanto che: - e' corretto l'inserimento della relazione diretta al giudice delegato nel fascicolo del dibattimento "in quanto il principio di separazione delle fasi non si applica agli accertamenti aventi funzione probatoria, preesistenti rispetto all'inizio del procedimento o che appartengano comunque al contesto del fatto da accertare"; - "certamente (...) possono essere veicolate attraverso lo scritto del curatore i contributi di conoscenza forniti dalle persone che lo stesso ha avuto modo di ascoltare e le cui parole ha verbalizzato" (Sez. 5, n. 24781 del 08/03/2017, Corrieri, Rv. 270599 - 01; cfr. pure Sez. 5, n. 39001 del 09/06/2004, Canavini, Rv 229330); - "le dichiarazioni rese dal fallito al curatore non sono soggette alla disciplina di cui all'articolo 63, comma 2, c.p.p., che prevede l'inutilizzabilita' delle dichiarazioni rese all'autorita' giudiziaria o alla polizia giudiziaria, in quanto il curatore non rientra tra dette categorie di soggetti e la sua attivita' non e' riconducibile alla previsione di cui all'articolo 220 disp. att. c.p.p. che concerne le attivita' ispettive e di vigilanza" (Sez. 5, n. 12338 del 30/11/2017 - dep. 2018, Castelletto, Rv. 272664 - 01); - ed e' ammessa testimonianza indiretta del curatore (cfr. Sez. 5, n. 32388 del 03/03/2015, Setti, Rv. 264255 - 01; Sez. 5, n. 4164 del 06/10/2014, dep. 2015, Cardilli, Rv. 262172 - 01; Sez. 5, n. 15218 del 18/01/2011, Consonni, Rv. 249959 - 01). Tuttavia, la giurisprudenza - tenuto conto dei principi costituzionali e di quelli posti dalla Corte E.D.U.: - ha pure chiarito che, da una parte, e' vero che "se le persone che il curatore ha esaminato rivestono il ruolo di indagati o imputati nel medesimo procedimento e in procedimento connesso o collegato, il principio della liberta' della prova va coordinato col diritto, riconosciuto all'imputato, di essere giudicato in base a prove controllabili e verificabili nel contraddittorio processuale, attraverso la potenziale partecipazione all'esame e al controesame di tutte le parti processuali", poiche' "la colpevolezza dell'imputato non puo' essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si e' sempre volontariamente sottratto all'esame da parte dell'imputato o del suo difensore (articolo 526 c.p.p.)"; ma dall'altra, e' parimenti vero "che il principio del contraddittorio non ha carattere assoluto ma e' rimesso alla discrezionalita' della parte, la quale puo' scegliere liberamente le prove da introdurre e da escutere nel processo, con la conseguenza che non puo' dolersi della mancata assunzione o escussione di prove non richieste" (pertanto, in quest'ottica e' stata affermata la piena utilizzabilita', quale prova a carico dell'imputato, della testimonianza indiretta del curatore fallimentare sulle dichiarazioni accusatorie rese da un coimputato non comparso al dibattimento, e trasfuse dallo stesso curatore nella relazione redatta ai sensi dell'articolo 33 L. F., allorche' l'imputato o il suo difensore non abbiano chiesto l'esame del predetto coimputato; Sez. 5, n. 24781/2017, cit., che rimanda sul punto pure Corte EDU, 20/4/2006, Carta c. Italia; cfr. altresi', tra le altre, Sez. 5, n. 13060 del 08/02/2017, Meluzio, Rv. 270596 - 01; Sez. 5, n. 20090 del 17/04/2015, Fiorentino, Rv. 263819 - 01; Sez. 5, n. 3885 del 09/12/2014, Tusa, Rv. 262230 - 01); - ed ha puntualizzato che, "se le persone che il curatore ha esaminato rivestono il ruolo di indagati o imputati nel medesimo procedimento e procedimento connesso o collegato, tali dichiarazioni vanno valutate alla luce del comma 3 dell'articolo 192 c.p.p., in quanto non puo' certo essere il "filtro" consistente nell'intervento del curatore quel che puo' valere a far derogare dalla predetta regola di valutazione" (giacche' "diversamente ragionando, si giungerebbe alla conclusione - ovviamente paradossale - che, se un soggetto imputato o indagato di reato connesso o collegato o del medesimo reato opera una chiamata in correita' davanti al giudice, si deve fare applicazione del comma 3 dell'articolo 192 del codice di rito, se - viceversa - tali dichiarazioni vengono rese al curatore, esse sarebbero valutabili ex se. Ma l'apparente paradosso si supera se solo si distingue tra acquisibilita' (della relazione) e valutazione (del suo contenuto)" (Sez. 5, n. 20090/2015, cit.). Tale orientamento deve essere qui ribadito in quanto gli elementi addotti dal ricorrente non ne consentono il superamento (fermo restando che in questa sede deve farsi riferimento ratione temporis alla disciplina posta dalla L. Fall., che ha trovato applicazione nella specie, ossia all'ordito normativo anteriore all'entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 12 gennaio 2019, n. 14, recante il Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, non occorrendo qui dilungarsi sul raffronto tra quest'ultima e la disciplina previgente). In primo luogo, non depone nel senso perorato dalla difesa il disposto: dell'articolo 33, comma 1, L. Fall., nella parte in cui prevede che il curatore, nella relazione particolareggiata al giudice delegato al fallimento esponga pure "quanto puo' interessare anche ai fini delle indagini preliminari in sede penale"; e del comma 4 dello stesso articolo, che prevede la trasmissione di "copia della relazione, nel suo testo integrale, (...) al pubblico ministero". Invero, il curatore che, "per quanto attiene all'esercizio delle sue funzioni, e' pubblico ufficiale" (articolo 30 L. Fall.), non diviene - ne' per tale qualita' ed il correlato obbligo di denuncia (cfr. articoli 361 c.p. e 331 s. c.p.p.), ne' perche' e' espressamente chiamato dalla legislazione speciale a includere nella sua relazione, indirizzata al giudice delegato (e non anche al pubblico ministero, quantunque a questo debba essere trasmessa integralmente) - un soggetto che svolge quelle attivita' ispettive e di vigilanza nel corso delle quali, qualora emergano indizi di reato, "gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale sono compiuti con l'osservanza delle disposizioni del codice" di rito penale (articolo 220 d. att. c.p.p.). La norma appena citata non si applica ad ogni soggetto investito di un munus publicum gravato dall'obbligo di denuncia che non puo' essere equiparato ex se a un organo di indagine e, segnatamente, alla polizia giudiziaria. Piuttosto, come si trae proprio dalla pronuncia delle Sezioni Unite richiamata dal ricorso (e, per vero, da quelle successive delle Sezioni semplici), l'ari 220 cit. disciplina le ipotesi in cui ricorra un "rapporto istituzionalizzato di sovraordinazione gerarchica tra organo ispettore e titolare della posizione di soggezione" (Sez. U, n. 45477 del 28/11/2001, Raineri, Rv. 220291 - 01, resa con riguardo all'attivita' dell'ispettore del lavoro, che ha argomentato anche alla luce della giurisprudenza costituzionale; cfr. pure Sez. 3, n. 3207 del 02/10/2014 - dep. 2015, Calabrese, Rv. 262010 - 01, relativa alle dichiarazioni rese all'ispettore di un istituto previdenziale; Sez. 3, n. 31223 del 04/06/2019, Di Vico, Rv. 276679 - 01, in tema di verifica fiscale della Guardia di Finanza). Difatti, l'ordito normativo che e' venuto in rilievo nel caso in esame impone di confermare - come gia' chiarito dalla Corte costituzionale - che la procedura fallimentare non e' "preordinata alla verifica di una notitia criminis" (Corte Cost. n. 136 del 20/04/ 1995), in quanto al curatore e' attribuita la "gestione della procedura", al fine di liquidare il patrimonio fallimentare (cfr. articolo 31, comma 1, L. Fall.: "il curatore ha l'amministrazione del patrimonio fallimentare e compie tutte le operazioni della procedura sotto la vigilanza del giudice delegato e del comitato dei creditori, nell'ambito delle funzioni ad esso attribuite"). E che, pur potendo procedere all'audizione del fallito, il curatore deve darvi corso non - come la polizia giudiziaria o l'autorita' amministrativa dotata di poteri ispettivi - al fine di accertare illeciti (e segnatamente un illecito penale) bensi' al fine di richiedere le informazioni o chiarimenti occorrenti "ai fini della gestione" (articolo 49 L. Fall.), funzionali al quid della sua attivita' propria del curatore, appena indicata. E anche in tale ottica viene in rilievo l'obbligo imposto al fallito dall'articolo 49 L.F. (oltre a quello di comunicare al curatore ogni cambiamento della propria residenza o del proprio domicilio - cfr. articolo 49, comma 1, cit.) di presentarsi anche al curatore, per l'appunto se occorrono informazioni o chiarimenti ai fini della gestione. Ragion per cui esso non e' atto a fondare quel rapporto gerarchico istituzionalizzato che, in ossequio a quanto chiarito dalle Sezioni Unite, determina l'applicazione dell'articolo 220 d. att. c.p.p., ne' - come condivisibilmente rilevato in dottrina in relazione ai limiti del diritto al silenzio del fallito - un potere di coercizione tale (nonostante la sanzione penale prevista dall'articolo 220 L.F. per il caso di mancato rispetto dell'obbligo di cui all'articolo 49, comma 2, cit.) da imporre al fallito un obbligo di collaborazione correlato (come in altri ordinamenti) a veri e propri "poteri obbligatori" atti a snaturare la riferita funzione del curatore e, dunque, a conferirgli una posizione sovraordinazione (cfr. Sez. 5, n. 38431 del 17/05/2019, Giavara, Rv. 277342 - 01). In quest'ottica, allora, non giova al ricorrente la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione Europea e della Corte costituzionale - richiamata nell'atto di impugnazione - per l'appunto relativa al tema del diritto al silenzio, in particolare del soggetto al quale la CONSOB, nell'esercizio delle proprie funzioni di vigilanza, contesti un abuso di informazioni privilegiate e alle sanzioni poste dall'articolo 187-quinquesdecies del Decreto Legislativo n. 24 febbraio 1998 n. 58, nella parte in cui sanziona la mancata ottemperanza nei termini alle richieste della stessa Commissione ovvero la causazione di un ritardo nell'esercizio delle sue funzioni (poi, in effetti, dichiarato in parte qua costituzionalmente illegittimo: cfr. Corte Cost. n. 84 del 30/04/2021). Il Giudice Europeo - investito di una questione pregiudiziale dalla Corte costituzionale ai sensi dell'articolo 267 TFUE (Corte Cost., ord. n. 117 del 06/03/2019) vagliando il disposto dell'articolo 14, paragrafo 3, della direttiva 2003/6/CE e l'articolo 30, paragrafo 1, lettera b), del regolamento Direttiva 2003/6/CE, alla stregua degli articoli 47 e 48 della Carta DFUE e dall'articolo 6 della Carta EDU, come interpretato dalla Corte di Strasburgo ha evidenziato che "la protezione del diritto al silenzio mira a garantire che, in una causa penale, l'accusa fondi la propria argomentazione senza ricorrere ad elementi di prova ottenuti mediante costrizione o pressioni, in spregio alla volonta' dell'imputato"; "tale diritto risulta violato, segnatamente, in una situazione in cui un sospetto, minacciato di sanzioni per il caso di mancata deposizione, o depone o viene punito per essersi rifiutato di deporre (Corte Giust. UE - Grande Sezione, 02/02/2021, DB - Consob, C-481/19). E tuttavia ha rilevato pure che "il diritto al silenzio non puo' giustificare qualsiasi omessa collaborazione con le autorita' competenti, qual e' il caso di un rifiuto di presentarsi ad un'audizione prevista da tali autorita' o di manovre dilatorie miranti a rinviare lo svolgimento dell'audizione stessa" e, quel che e' dirimente, ha argomentato in relazione ai casi in cui nei confronti del soggetto in discorso venga svolta "un'indagine (...) dall'autorita' competente", ossia di "procedure di accertamento di illeciti amministrativi, (...) suscettibili di sfociare nell'inflizione di sanzioni amministrative presentanti carattere penale" (ivi; cfr. pure Corte Cost. n. 84/2021, cit., resa all'esito della detta questione pregiudiziale che, con pari chiarezza, ha fatto riferimento - a proposito del diritto al silenzio e delle relative sanzioni - "alla persona fisica la quale, richiesta di fornire informazioni alla CONSOB nel quadro dell'attivita' di vigilanza svolta da quest'ultima e funzionale alla scoperta di illeciti e alla individuazione dei responsabili, ovvero - a fortiori nell'ambito di un procedimento sanzionatorio formalmente aperto nei suoi confronti, si sia rifiutata di rispondere a domande, formulate in sede di audizione o per iscritto, dalle quali sarebbe potuta emergere una sua responsabilita' per un illecito amministrativo sanzionato con misure di carattere punitivo, o addirittura una sua responsabilita' di carattere penale"; ed ha ribadito che "il diritto al silenzio non giustifica comportamenti ostruzionistici che cagionino indebiti ritardi allo svolgimento dell'attivita' di vigilanza della CONSOB, come il rifiuto di presentarsi ad un'audizione prevista da tali autorita', ovvero manovre dilatorie miranti a rinviare lo svolgimento dell'audizione stessa", ne' "potrebbe legittimare l'omessa consegna di dati, documenti, registrazioni preesistenti alla richiesta della CONSOB, formulata ai sensi dell'articolo 187-octies, commi 3 e 4, del Decreto Legislativo n. 58 del 1998"). Tanto che, piu' di recente, la Corte EDU (adita da un soggetto cui, nell'ambito di un procedimento tributario, era stata irrogata una sanzione pecuniaria di carattere sostanzialmente penale correlata all'evasione, fondata anche sui documenti che egli aveva dapprima rifiutato di offrire e che aveva consegnato a seguito di un'ingiunzione da parte del giudice civile che, se non ottemperata, avrebbe determinato l'irrogazione di sanzioni pecuniarie), - come puntualmente osservato dalla dottrina - ha chiarito al riguardo che la tutela apprestata dall'articolo 6, par. 2, della Carta EDU deve riferirsi alle autoincriminazioni scaturenti da forme di coercizione o di pressione, poiche' esso e' correlato al dovere dell'accusa di soddisfare l'onere della prova senza avvalersi di elementi ottenuti in violazione del diritto dell'accusato di rimanere in silenzio, e in particolare attiene alle informazioni che (in seno a un procedimento penale o al di fuori di esso, ma passibili di utilizzo poi nel primo) non possono trarsi in forza di alcuna forma di costrizione del soggetto de quo a fornire un contributo all'incriminazione (Corte EDU, Sez. 4, 04/10/2022, De Lege' c. Paesi Bassi). In sintesi, le pronunce in discorso attengono a un soggetto che versa in una posizione ben distinta da quella del fallito che - si ribadisce - ha l'obbligo di presentarsi allorche' allorche' occorra richiedergli le informazioni o i chiarimenti occorrenti solo "ai fini della gestione"; il che vale a fortiori per gli altri soggetti escussi dal curatore. E alla luce di quanto esposto non ricorrono i presupposti per sollevare la questione di legittimita' ipotizzata dalla difesa, di cui non puo' affermarsi la non manifesta infondatezza, ne' - in mancanza di una questione di diritto che ha dato luogo o possa dar luogo a un giurisprudenziale al riguardo per investire le Sezioni Unite (come richiesto nel corso della discussione). 1.2. Quanto, invece, alla denunciata inutilizzabilita' di quanto rassegnato dal coindagato (OMISSIS), che in dibattimento si e' avvalso della facolta' di non rispondere, e riportato dal curatore, e' sufficiente osservare che: - "in tema di ricorso per cassazione, e' onere della parte che eccepisce l'inutilizzabilita' di atti processuali (...), pena l'inammissibilita' del ricorso per genericita' del motivo, (...) chiarirne altresi' l'incidenza sul complessivo compendio indiziario gia' valutato, si' da potersene inferire la decisivita' in riferimento al provvedimento impugnato" (Sez. 6, n. 1219 del 12/11/2019 - dep. 2020, Cocciadiferro, Rv. 278123 - 01; Sez. 6, n. 49970 del 19/10/2012, Muia', Rv. 254108 - 01); - il motivo in esame non ha chiarito in che termini le dichiarazioni in discorso possano minare in parte qua l'iter della sentenza impugnata; - peraltro, come si evincera' piu' compiutamente da quanto si esporra' nel prosieguo (cfr. in particolare il par. 2), il narrato del (OMISSIS) (riportato dal curatore) non ha una portata decisiva sulla logicita' e congruita' dell'argomentazione in forza della quale e' stata attribuita a (OMISSIS) la qualita' di amministratore di fatto. 2. Il secondo motivo e' nel complesso infondato. La Corte territoriale, espressamente condividendo quanto gia' ritenuto dal Tribunale, ha indicato piu' elementi di cui, in maniera che non puo' dirsi manifestamente illogica, ha ravvisato la convergenza nel senso dell'attribuzione al ricorrente della qualita' di amministratore di fatto della societa' fallita. In particolare, ha fatto riferimento all'evoluzione della compagine sociale (osservando come (OMISSIS), socio fondatore - unitamente al figlio - e titolare dell'80% delle quote sociali nonche' amministratore unico della societa', abbia ceduto le proprie partecipazioni nel 2013 (nell'imminenza dell'irrevocabilita' di una condanna per bancarotta fraudolenta, con la conseguente applicazione nei suoi confronti delle pene accessorie fallimentari), purtuttavia scegliendo il nuovo amministratore; al suo ruolo gestorio nelle altre societa' partecipate da lui e dai suoi stretti familiari (ossia i figli e la moglie), riconducibili dunque al medesimo centro di interessi (che il curatore ha indicato come un gruppo societario), ivi comprese quelle in cui non era titolare di quote sociali, come riportato dal nipote (OMISSIS) (salumiere nominato amministratore di una di esse, la (OMISSIS) s.r.l.), chiarendo le ragioni per cui ha attribuito alla teste (OMISSIS) (dipendente di una societa' partecipata dalla moglie e dalla figlia del ricorrente), un interesse a rendere "dichiarazioni deresponsabilizzanti in favore dell'imputato" e, purtuttavia, osservando che ella aveva dato conto del fatto che (OMISSIS) (nonostante il ruolo di mero dipendente operante nel "settore cd food") si presentasse insieme a (OMISSIS) (ossia colui che lo stesso (OMISSIS) aveva indicato come soggetto da nominare amministratore della fallita) nel luogo in cui veniva esercitata l'attivita' di vendita di mobili (relativa a un diverso ramo d'azienda) dalla societa' partecipata dalla moglie e dalla figlia del ricorrente ((OMISSIS) s.r.l.s.)- che aveva "proseguito" l'attivita' della Distribuzione Italia s.r.l., gia' riferibile a (OMISSIS) e ai suoi familiari - per consegnare documentazione del nuovo ente; richiamando ancora la deposizione dell'avvocato (OMISSIS) e, quanto al periodo piu' recente (e, dunque, successivo al periodo in cui era cessato il rapporto professionale tra l'avvocato (OMISSIS) e il (OMISSIS)), l'esito della perquisizione eseguita all'atto dell'esecuzione della misura cautelare disposta nel presente procedimento, che ha consentito il rinvenimento nella disponibilita' di (OMISSIS) di documentazione della fallita (compresi alcuni estratti conto) nella quale non aveva piu' alcun ruolo, neppure come socio. Si tratta di un iter argomentativo che, pur non considerando la deposizione dell'imputato di reato connesso (OMISSIS) (cfr. retro, par. 1), che non puo', dunque, qui essere sindacato, atteso che: - la motivazione della sentenza di appello "e' del tutto congrua se il giudice abbia confutato gli argomenti che costituiscono l'ossatura dello schema difensivo dell'imputato, e non una per una tutte le deduzioni difensive della parte, ben potendo, in tale opera, richiamare alcuni passaggi dell'iter argomentativo della decisione di primo grado, quando appaia evidente che tali motivazioni corrispondano anche alla propria soluzione alle questioni prospettate dalla parte" (Sez. 6, n. 1307 del 29/09/2002, Delvai, Rv. 223061 - 01), poiche' "il giudice d'appello non e' tenuto a rispondere a tutte le argomentazioni svolte nell'impugnazione, giacche' le stesse possono essere disattese per implicito o per aver seguito un differente iter motivazionale o per evidente incompatibilita' con la ricostruzione effettuata" (Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015, Cammarota, Rv. 262575 - 01); - la mancanza, l'illogicita' e la contraddittorieta' della motivazione, come vizi addotti nel giudizio di legittimita', devono essere "di spessore tale da risultare percepibili ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimita' al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purche' siano spiegate in modo logico ed adeguato le ragioni del convincimento senza vizi giuridici" (Sez. 2, n. 46288 del 28/06/2016, Musa, Rv. 268360 01, che rimanda a Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794; Sez. U., n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074; Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260); - ragion per cui esso non puo' dirsi inficiato o incompleto solo perche' la Corte territoriale non ha analiticamente confutato le allegazioni difensive relative ai testi a discarico (dalle cui dichiarazioni non si trarrebbe l'esercizio di poteri gestori da parte di (OMISSIS)) in quanto, per l'appunto, la sentenza impugnata ha indicato - si ribadisce, in maniera non manifestamente illogica - i dati sulla scorta dei quali e' pervenuta a conclusioni contrarie; ne' il medesimo iter puo' dirsi utilmente censurato per il tramite del diverso apprezzamento di merito degli elementi in atti che nel resto il ricorso finisce per devolvere irritualmente in questa sede (Sez. 2, n. 46288/2016, cit.). Ancora, non puo' giovare a (OMISSIS) quanto dedotto in ordine alla portata probatoria delle dichiarazioni dell'avvocato (OMISSIS), profilo rispetto al quale il ricorso difetta anzitutto di specificita'. Difatti, fermo restando - come gia' retro rilevato - che e' consentita la testimonianza de relato del curatore (oltre che l'utilizzabilita' delle dichiarazioni dei soggetti escussi trasfuse nella relazione redatta ai sensi dell'articolo 33 L. Fall.), quanto all'identita' del (OMISSIS) - quale soggetto sentito dal curatore - il ricorso ha prospettato meri dubbi in via del tutto assertiva, non essendo peraltro previste ex se formalita' per l'assunzione delle informazioni che il curatore puo' riportare (tanto che la giurisprudenza ha pure ritenuto "utilizzabile, quale prova a carico dell'imputato, la testimonianza indiretta del curatore fallimentare sulle dichiarazioni accusatorie rese con una missiva da un coimputato non comparso in dibattimento e trasfuse dallo stesso curatore nella relazione redatta ai sensi dell'articolo 33 della legge fallimentare": Sez. 5, n. 32388/2015, cit.). E', infine, del tutto inconducente - non essendo stata nella specie riformata, bensi' confermata, la sentenza di primo grado, il riferimento - pure contenuto nel ricorso, alla necessita' di un esame diretto delle fonti a carico. 3. Il terzo e il quarto motivo, rispettivamente relativi alla contestata distrazione di un'autovettura (OMISSIS) e alla mancata qualificazione del fatto come bancarotta preferenziale, sono inammissibili in quanto manifestamente infondati e perche' non si confrontano compiutamente con la motivazione. Contrariamente a quanto assunto dal ricorrente, la Corte di merito ha dato conto della prospettazione del consulente della difesa (segnatamente esponendo analiticamente gli elementi gia' valorizzati dal Tribunale), in particolare evidenziando come quest'ultimo, in relazione al 2015, anno in cui si colloca il fatto in imputazione, avesse rappresentato che la societa' fallita (pur non essendo in dissesto) versasse in una situazione di crisi; ha rimarcato gli ingenti debiti tributari da essa non onorati a quel tempo; ed ha evidenziato come: il veicolo in discorso sia stato venduto a pochi mesi dall'acquisto, per un prezzo inferiore a quello della compera, a (OMISSIS) (figlio del ricorrente); il prezzo non sia stato pagato bensi' compensato l'anno successivo con una posta contabile ("debiti diversi") la cui effettiva consistenza il curatore non ha potuto accertare (essendo stata anzi rilevata la riduzione della medesima posta contabile, negli anni, in ragione di scritture contabili estranee ad essa, peraltro genericamente annotate "a nome (OMISSIS)") e la cui genesi neppure il consulente di parte ha saputo indicare se non in via ipotetica (per l'appunto ipotizzando che si trattasse di conferimenti); e proprio in ragione di tali ha ritenuto irrilevante che nell'oggetto sociale della fallita rientrasse la vendita di veicoli. Si tratta di un'argomentazione con evidenza congrua, che ha compiutamente disatteso le censure difensive, in maniera logica e conforme alla giurisprudenza di questa Corte, segnatamente - alla luce di quanto denunciato dal ricorso - in relazione alla sussistenza anche del prescritto elemento soggettivo del delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, avendo i Giudici di merito indicato gli elementi in forza dei quali hanno ravvisato "indici di fraudolenza" e in particolare (âEuroËœ"irriducibile estraneita' del fatto generatore dello squilibrio tra attivita' e passivita' rispetto a canoni di ragionevolezza imprenditoriale, necessari a dar corpo, da un lato, alla prognosi postuma di concreta messa in pericolo dell'integrita' del patrimonio dell'impresa, funzionale ad assicurare la garanzia dei creditori, e, dall'altro, all'accertamento in capo all'agente della consapevolezza e volonta' della condotta in concreto pericolosa" (Sez. 5, n. 38396 del 23/06/2017, Sgaramella, Rv. 270763 - 01). Ne deriva che la Corte di merito, avendo escluso che il credito della societa' fallita relativo al prezzo dell'automobile sia stato realmente estinto per compensazione con un credito vantato dall'acquirente (come esposto, ritenuto insussistente), ha a chiare lettere indicato le ragioni per cui non ha ravvisato gli estremi della bancarotta preferenziale. Il che priva di decisivita', al fine della tenuta della motivazione, le ulteriori considerazioni pure svolte dalla sentenza impugnata a proposito dell'imputazione in discorso. 4. Il quinto motivo, relativo alla delitto di bancarotta preferenziale contestato al n. 3 della rubrica (con riguardo al pagamento dei debiti della fallita da parte delle societa' (OMISSIS) s.r.l. e (OMISSIS) che in tal modo hanno estinto i propri debiti verso la prima), e' fondato nei limiti che seguono che seguono. "Per pacifico arresto giurisprudenziale, ai fini della configurabilita' del reato di bancarotta preferenziale e' necessaria la violazione della par condicio creditorum, che consiste nell'alterazione dell'ordine, stabilito dalla legge, di soddisfazione dei creditori"; e, "in tema di bancarotta preferenziale, l'esclusione dall'azione revocatoria dei pagamenti di beni e dei servizi effettuati nell'esercizio dell'attivita' di impresa nei termini d'uso, ai sensi dell'articolo 67, comma 2, lettera a), R.d 16 marzo 1942, n. 267, riguarda solo la soggezione ai rimedi di natura civilistica approntati a tutela della massa dei creditori, si' da non rendere penalmente lecite le corresponsioni compiute in violazione della parita' di trattamento dei creditori o dell'ordine di preferenza accordato per legge ad alcuni di essi" (Sez. U, n. 28910 del 28/02/2019, Suraci, Rv. 276286 - 03), ragion per cui le argomentazioni difensive non costituiscono utile censura rispetto alla ritenuta sussistenza dell'elemento oggettivo del reato, neppure allorche' richiamano l'istituto della delegazione di pagamento (che, per vero, pure nell'ottica civilistica costituisce un pagamento anomalo assoggettabile a revocatoria fallimentare ex articolo 67, comma 1, n. 2, L. Fall.: cfr. Sez. 6 civ., ord. n. 21585 del 07/07/2022, A. contro F.). Tuttavia, la Corte territoriale non ha in alcun modo argomentato in ordine alla sussistenza dell'elemento soggettivo del reato, nonostante quanto prospettato sul punto con l'atto di appello. Difatti, "in tema di bancarotta preferenziale, l'elemento soggettivo del reato e' costituito dal dolo specifico, consistente nella volonta' di recare un vantaggio al creditore soddisfatto, con l'accettazione della eventualita' di un danno per gli altri secondo lo schema del dolo eventuale; ne consegue che tale finalita' non e' ravvisabile allorche' il pagamento sia volto, in via esclusiva o prevalente, alla salvaguardia della attivita' sociale o imprenditoriale ed il risultato di evitare il fallimento possa ritenersi piu' che ragionevolmente perseguibile" (Sez. 5, n. 54465 del 05/06/2018, M., Rv. 274188 - 01; cfr. pure Sez. 5, n. 16983 del 05/03/2014, Liori, Rv. 262904 - 01, e Sez. 5, n. 18528 del 02/03/2020, Mazza, n. m.). Si impone, allora, in parte qua l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata. 5. Il sesto motivo - inerente all'affermazione di responsabilita' dell'imputato per il delitto di bancarotta impropria da operazioni dolose (n. 4 della rubrica), segnatamente con riferimento alla sussistenza dell'elemento soggettivo - e' inammissibile. I Giudici di merito hanno evidenziato come gia' dal 2012 la societa' fallita abbia omesso sistematicamente l'adempimento del proprie obbligazioni fiscali e previdenziali e come cio' abbia determinato un debito ingentissimo (per una somma superiore a Euro 1.600.000, cui ha fatto seguito peraltro una tardiva insinuazione al passivo per oltre Euro 600.000), rispetto a un passivo di circa Euro 2.900.000; e da cio' hanno tratto in piena conformita' alla giurisprudenza di questa Corte - che in piu' occasione ha chiarito come proprio nella condotta in discorso possano individuarsi le operazioni incriminate dall'articolo 223, comma 2, L. Fall., non soltanto la sussistenza dell'elemento oggettivo del reato (Sez. 5, n. 45672 del 01/10/2015, Lubrina, Rv. 265510; Sez. 5, n. 47621 del 25/09/2014 - dep. 18/11/2014, Prandini, Rv. 261684; Sez. 5, n. 29586 del 15/05/2014, Belleri, Rv. 260492; Sez. 5, n. 12426 del 29/11/2013 - dep. 2014, Beretta, Rv. 259997; Sez. 5, n. 17690 del 18/02/2010, (OMISSIS) S.p.a., Rv. 247313 - 4 - 5), ma anche di quello soggettivo correttamente indicato nella "consapevolezza e volonta' della natura "dolosa" dell'azione, costitutiva dell'"operazione", a cui segue il dissesto, in uno con l'astratta prevedibilita' dell'evento scaturito per effetto dell'azione antidoverosa" che, secondo la giurisprudenza dominante, costituisce una "eccezionale ipotesi di fattispecie a sfondo preterintenzionale"; cfr. Sez. 5, n. 11956 del 07/12/2017 - dep. 2018, Motta, Rv. 272846 - 01; Sez. 5, n. 45672/2015, cit.; Sez. 5, n. 38728 del 3/4/2014, Rampino, Rv.262207) -, traendo proprio dall'elevatissimo importo dei debiti sistematicamente non onorati nel tempo (e del conseguente incrementarsi di essi per accessori e sanzioni) e ancor piu' dal fatto che essi costituissero ampia parte dell'esposizione dell'ente, la prevedibilita' del dissesto come effetto della condotta antidoverosa. Tale puntuale argomentazione non puo' dirsi utilmente censurata per il tramite degli elementi di fatto, irritualmente dedotti in questa sede dalla difesa, relativi alla capienza patrimoniale della societa' nel 2016 e all'impossibilita' di esigere la somma - pari a complessivi Euro 605.000, ben inferiore al detto debito verso i creditori pubblici - gia' destinata a impeghi bancari ed esposta nel bilancio del 2017. 6. Il settimo motivo - relativo all'affermazione della responsabilita' di (OMISSIS) per bancarotta distrattiva con riferimento alle operazioni di dismissione di attivita' della societa' fallita senza corrispettivo (indicate al n. 5 della rubrica) e, in via subordinata, alla mancata qualificazione del fatto come bancarotta preferenziale - e' fondato nei limiti di seguito chiariti. La Corte territoriale ha ritenuto infondato il gravame attribuendo rilievo decisivo al fatto che, per il tramite delle operazioni in discorso, nell'imminenza del fallimento, quando il dissesto era conclamato e irreversibile, la fallita sia stata privata del complesso aziendale, ossia "di una fondamentale porzione di ricchezza e della possibilita' di perseguire utilmente l'oggetto sociale" senza alcuna adeguata contropartita, cosi' creando pregiudizio ai creditori. Vero e' che sussiste il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale "anche in presenza di un'iniziativa economica in se' legittima, che si riferisca ad una impresa in stato pre-fallimentare", e produca "riflessi negativi per i creditori" (Sez. 5, n. 24024 del 01/04/2015, Bellachioma, Rv. 263943 - 01, relativa alla cessione di un ramo di azienda di un'impresa in stato fallimentare, effettuata per un prezzo corrispondente alla differenza algebrica tra attivita' e passivita' del ramo di azienda ma che, per la sua esiguita', aveva reso la cedente priva di beni e della possibilita' di proseguire utilmente l'attivita', con conseguente sottrazione di ogni garanzia per i crediti non compresi nel trasferimento). Tuttavia, nel caso di specie la sentenza impugnata ha affermato che le fatture emesse dalla societa' fallita in favore della "societa' subentranti" (segnatamente, relative alla vendita del magazzino) siano state "saldate mediante compensazioni contabili", in alcun modo specificate nonostante quanto allegato sul punto con l'atto di appello. Il che ha incidenza non solo in ordine alla sussistenza del delitto in contestazione ma anche in ordine alla corretta qualificazione sub specie iuris del fatto (atteso che "in tema di reati fallimentari, la cessione di azienda, che comporti la sola impossibilita' per la fallita di proseguire la propria attivita', integra una delle ipotesi previste dall'articolo 223, comma 2, n. 2 L.F. e non il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale, occorrendo, a tale fine, che la cessione avvenga a prezzo incongruo o a condizioni idonee a ledere il patrimonio della fallita": Sez. 5, n. 5991 del 10/01/2023, Parenti, Rv. 284249 - 01; cfr. pure Sez. 5, n. 533 del 14/10/2016, dep. 2017, Zaccaria, Rv. 269019). Dunque, anche in ordine al delitto in discorso la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio. 7. L'ottavo motivo, relativo alla bancarotta fraudolenta per dissipazione (n. 6 della rubrica) avente ad oggetto i contratti di leasing di due veicoli (OMISSIS) e (OMISSIS), e' inammissibile perche' manifestamente infondato allorche' denuncia che la motivazione sarebbe apparente e nel resto e' generico. Invero: - a fronte dell'iter argomentativo della decisione impugnata, che: ha osservato come la stipula dei contratti relativi alle vetture - in un momento in cui l'impresa gia' versava in stato di dissesto (tanto che stava dismettendo i propri punti vendita) - non potesse ricondursi all'oggetto sociale dell'ente (il commercio di autovetture), cui i mezzi non sono mai stati destinati (e anzi una di esse era l'auto in uso all'imputato); ed ha evidenziato come dalla sottoscrizione dei contratti sia derivata l'assunzione di ulteriori obbligazioni per la fallita (rappresentando che gia' il primo Giudice aveva osservato come il noleggio dei mezzi da parte della fallita alla (OMISSIS) s.r.l.s. - sempre riconducibile a (OMISSIS) - fosse avvenuto per importi inferiori rispetto a quelli che invece la fallita ha corrisposto alle societa' che avevano concesso i mezzi in locazione finanziaria); - la difesa ha prospettato - oltre all'apparenza della motivazione che, con evidenza, non ricorre in ragione di quanto appena esposto - che la Corte territoriale non avrebbe considerato che, come dedotto con il gravame, le operazioni in discorso avrebbero prodotto vantaggi fiscali, profilo in relazione al quale il ricorso fa apodittico rimando all'atto di appello (cfr. Sez. 3, n. 8065 del 21/09/2018 - dep. 2019, C., Rv. 275853 - 02; Sez. 3, n. 35964 del 04/11/2014 - dep. 2015, B., Rv. 264879 - 01) e, allorche' ha richiamato gli importi versati da (OMISSIS) s.r.l. alla fallita per il godimento dei veicoli, non si e' confrontato con la motivazione (cfr. Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584 - 01) che - si e' appena riportato - ha rilevato come gli importi riscossi dalla fallita fossero inferiori a quelli da essa dovuti per il leasing. 8. Il nono motivo, che attiene al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e all'irrogazione di una pena superiore al minimo, e' assorbito. 9. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente ai capi 3 e 5, con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Milano; e il ricorso deve essere rigettato nel resto. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente ai capi 3 e 5 con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Milano. Rigetta nel resto il ricorso.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SABEONE Gerardo - Presidente Dott. GUARDIANO Alfredo - Consigliere Dott. SESSA Renata - Consigliere Dott. PILLA Egle - Consigliere Dott. SGUBBI Vincenzo - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS) SRL; avverso la sentenza del 14/10/2021 della CORTE APPELLO di PALERMO; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. VINCENZO SGUBBI; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. ODELLO LUCIA, che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata relativamente all'aggravante dell'articolo 219 L.F. e al trattamento sanzionatorio; rigetto nel resto. uditi i difensori: l'avvocato (OMISSIS) chiede l'accoglimento del ricorso; l'avvocato (OMISSIS) si riporta ai motivi di ricorso e insiste per l'accoglimento dello stesso; richiama la maturata prescrizione. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 14/10/2021 la Corte di appello di Palermo ha ridotto nei confronti degli imputati la durata delle pene accessorie fallimentari, per il resto confermando la decisione del Tribunale di Termini Imerese che aveva condannato per bancarotta fraudolenta patrimoniale, aggravata ai sensi dell'articolo 219, comma 1, L. Fall., (OMISSIS) e (OMISSIS) per fatti inerenti la s.r.l. (OMISSIS), dichiarata fallita il (OMISSIS), alla cui compagine sociale essi erano estranei (l'amministratore di (OMISSIS) s.r.l., (OMISSIS), e' stato giudicato in diverso procedimento per i medesimi fatti di bancarotta; e' stato invece giudicato nel medesimo procedimento, in primo grado, per altro reato, come si dira'). In favore degli imputati sono state riconosciute le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante. In estrema sintesi: la (OMISSIS) s.r.l., societa' costituita nel 1994 per gestire un albergo, in data 24/04/2003 cedeva alle societa' anonime lussemburghesi (OMISSIS) e (OMISSIS) s.a. le quote di maggioranza (pari all'85% del capitale) da essa detenute nella societa' (OMISSIS) s.r.l., societa' quest'ultima proprietaria del predetto immobile adibito ad albergo. Secondo il consulente del pubblico ministero, il valore delle quote cedute era superiore a 4 milioni di Euro, a fronte di un prezzo di cessione di 99.000 Euro, mentre secondo il consulente della difesa il reale valore era di circa 118.000 Euro e dunque non lontano dal prezzo realmente incassato. Tale rilevante differenza di valutazione si fonda su un dato essenziale: (OMISSIS) aveva un debito di circa 10 milioni di Euro nei confronti di (OMISSIS), e di tale debito, secondo il consulente della difesa, doveva tenersi conto, riducendo corrispondentemente il valore attribuito alla societa' venduta. Al contrario, poiche' il debito di (OMISSIS) era stato oggetto di accollo (non liberatorio) da parte di (OMISSIS) s.r.l., la quale pero' aveva siglato in data 1 agosto 2002 una transazione con (OMISSIS) che avrebbe comportato la rinuncia di quest'ultima a circa meta' del credito, il consulente tecnico del pubblico ministero - la cui valutazione e' stata condivisa dalla Corte di appello - ha determinato in tale ridotta misura il debito di (OMISSIS) (posto che il pagamento dell'importo previsto nella transazione, da parte di (OMISSIS), se fosse stato effettuato, avrebbe liberato Touring), corrispondentemente elevando il valore delle quote. Nel 2007 (due anni dopo il fallimento di (OMISSIS), di cui si discute), (OMISSIS), che aveva nel frattempo proceduto (il 1 luglio 2005) ad un aumento di capitale ritenuto fittizio, sotto la guida dell'amministratore (OMISSIS) e con il concorso del (OMISSIS) nella qualita' di presidente del consiglio di amministrazione di (OMISSIS) s.r.l. che contestualmente acquisiva una rilevante quota di partecipazione in (OMISSIS), vendeva il complesso alberghiero alla (OMISSIS), che lo cedeva in locazione, con diritto di riscatto, alla societa' (OMISSIS) s.r.l.. 2. Hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati, affidandosi ad un unico atto sottoscritto dall'avvocato (OMISSIS). Ha proposto ricorso, con atto sottoscritto dall'avvocato Spada, anche (OMISSIS) s.r.l., citata come responsabile civile a fronte della costituzione di parte civile dei due soci originari di (OMISSIS) s.r.l., persone offese di una truffa ipotizzata a carico del solo (OMISSIS) ed oggetto, in primo grado, di pronuncia di proscioglimento per prescrizione (sicche' nessuna pronuncia in favore delle parti civili e' stata resa in primo grado; le stesse sono state ovviamente assenti anche nel giudizio di secondo grado, al quale ha tuttavia preso parte il responsabile civile). 2.1. Il primo motivo del ricorso degli imputati (ed il secondo del ricorso del responsabile civile) deduce mancata assunzione della prova decisiva costituita dalla perizia contabile, ritenuta necessaria per la corretta valutazione alla data del 24 aprile 2003 delle quote cedute da (OMISSIS) s.r.l. alle societa' lussemburghesi, nonche' vizio di motivazione su tale fondamentale aspetto: per un verso la Corte di appello avrebbe valorizzato dichiarazioni confuse del consulente tecnico del pubblico ministero e per altro verso avrebbe del tutto apoditticamente omesso di confrontarsi sia con il calcolo elaborato dal consulente difensivo (senza sottoporre quel consulente a confronto con quello del pubblico ministero, chiamato invece a deporre dinanzi alla Corte di appello, e senza procedere a perizia per sciogliere il dubbio) sia con il dato di notevole rilevanza rappresentato dalla decisione del curatore fallimentare di non agire in revocatoria, segno della ritenuta legittimita' dell'operazione. 2.2. Il secondo motivo del ricorso degli imputati (e il primo motivo del responsabile civile) deduce violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo all'aggravante prevista dall'articolo 219, comma 1, L. Fall., ed osservano che il fallimento si e' chiuso in attivo, sicche' la motivazione della Corte di appello sarebbe tautologica nel momento in cui afferma che il danno dei creditori e' rilevante in quanto "se la (OMISSIS) s.r.l. non fosse fallita, avrebbero potuto essere pagati regolarmente, senza insinuarsi nella procedura concorsuale per dividere le sole risorse recuperate": essa, infatti, collegherebbe l'aggravante alla mera esistenza di una procedura fallimentare. In ogni caso, la Corte di appello non avrebbe nemmeno evidenziato quale sia stato il danno patrimoniale subito dai creditori concorsuali. 2.3. Con il terzo motivo, ciascuno dei ricorsi deduce violazione di legge penale e vizio di motivazione inerente il concorso degli imputati: (OMISSIS) non sarebbe stato amministratore della (OMISSIS) all'epoca dei fatti mentre (OMISSIS), in qualita' di presidente del consiglio di amministrazione di una societa' solida come (OMISSIS) s.r.l. (analoga considerazione vale comunque anche per (OMISSIS), in quanto amministratore della medesima societa'), si sarebbe limitato ad offrirsi di prendere in leasing il complesso immobiliare, garantendo cosi' alla (OMISSIS) - che versava in cattive condizioni - la possibilita' di vendere l'immobile ottenendo il relativo prezzo, operazione alla quale la (OMISSIS), acquirente, non avrebbe accondisceso se non grazie all'intervento, appunto, di un soggetto solido come (OMISSIS): cio' sarebbe stato anche confermato dal consulente tecnico del pubblico ministero. 2.4. Con l'ultimo motivo gli imputati deducono violazione di legge con riferimento al mancato giudizio di prevalenza delle riconosciute circostanze attenuanti generiche. In ogni caso, eccepiscono la prescrizione del reato. RITENUTO IN DIRITTO 1. Il ricorso del responsabile civile e' inammissibile in quanto proposto da soggetto non legittimato ai sensi dell'articolo 591 c.p.p., comma 1, lettera a), perche' privo di interesse. In sede di discussione del primo giudizio, le parti civili depositarono le proprie conclusioni, ma il Tribunale, pronunciando sentenza di non doversi procedere per il reato in relazione al quale era evidentemente intervenuta la costituzione (vale a dire, la truffa contestata al solo (OMISSIS)), non ha disposto alcuna condanna in favore delle parti civili. Il processo e' proseguito su appello dei soli (OMISSIS) e (OMISSIS), condannati per bancarotta, in assenza di pretese civilistiche. Non vi e' dunque alcuna possibilita' che il responsabile civile, in questo processo, sia chiamato a rispondere per i fatti degli imputati ai sensi dell'articolo 185 c.p., comma 2, in quanto non e' stata pronunciata condanna di questi ultimi al risarcimento del danno. 2. Passando all'esame del ricorso degli imputati, preliminarmente occorre osservare che e' infondata la tesi secondo la quale il reato sarebbe in ogni caso prescritto. La data di consumazione corrisponde a quella della sentenza dichiarativa del fallimento, pronunciata il (OMISSIS). 2.1. Secondo la disciplina in vigore al momento della commissione del fatto, il termine ordinario di prescrizione era di quindici anni. Infatti, l'articolo 157 c.p., comma 1, n. 2, prevedeva che si prescrivessero in quindici anni i reati puniti con pena massima non inferiore ai dieci anni di reclusione e il comma 3 del medesimo articolo richiamava l'articolo 69 c.p. anche ai fini del calcolo della prescrizione: in altri termini, nel caso di specie, si doveva tener presente la pena massima per il reato oggetto di pronuncia (anni dieci di reclusione), senza diminuzioni per le circostanze attenuanti ne' aumenti per le aggravanti, dal momento che i giudici di merito hanno applicato le circostanze attenuanti generiche in regime di equivalenza. La pena massima pari a dieci anni collocava il reato nella "fascia" contraddistinta da un termine ordinario di prescrizione pari a quindici anni. A seguito degli atti interruttivi, la prescrizione poteva poi essere aumentata fino alla meta'. Dunque, tenuto conto degli atti interruttivi, il termine di prescrizione calcolato secondo la disciplina vigente all'epoca del fatto corrisponderebbe a ventidue anni e sei mesi (al netto degli eventuali periodi di sospensione). 2.2. Appare evidentemente piu' favorevole agli imputati il regime introdotto dalla L. 5 dicembre 2005, n. 251, che prevede che il termine ordinario di prescrizione coincida con il massimo della pena edittale stabilita dalla legge (nel rispetto comunque dei minimi previsti dall'articolo 157 c.p., comma 1), considerate le circostanze aggravanti ad effetto speciale e non tenendosi conto, invece, delle circostanze attenuanti; e che tuttavia stabilisce, per soggetti non gravati da recidiva qualificata, in un quarto e non piu' nella meta' l'aumento del termine a seguito degli atti interruttivi. Nel caso di specie, dunque, si deve considerare la pena massima per il reato contestato, ivi compreso il massimo aumento previsto per l'aggravante ad effetto speciale di cui all'articolo 219, comma 1, L. Fall.: termine ordinario e' percio' quello di quindici anni (dieci anni corrispondenti al massimo edittale, aumentato della meta', cioe' nella massima misura prevista per l'aggravante). Tale termine va aumentato di un quarto in ragione degli atti interruttivi, fino a diciotto anni e nove mesi. 3. Il primo motivo e' inammissibile, anzitutto, nella parte in cui lamenta la mancata assunzione della perizia, intesa quale prova decisiva (articolo 606 c.p.p., comma 1 lettera d). Come e' stato chiarito dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione, "la mancata effettuazione di un accertamento peritale (nella specie sulla capacita' a testimoniare di un minore vittima di violenza sessuale) non puo' costituire motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera d), in quanto la perizia non puo' farsi rientrare nel concetto di prova decisiva, trattandosi di un mezzo di prova "neutro", sottratto alla disponibilita' delle parti e rimesso alla discrezionalita' del giudice, laddove l'articolo citato, attraverso il richiamo all'articolo 495 c.p.p., comma 2, si riferisce esclusivamente alle prove a discarico che abbiano carattere di decisivita'" (Sez. U, n. 39746 del 23/03/2017, A., Rv. 270936; v. anche Sez. 6, n. 43526 del 03/10/2012, Ritorto, Rv. 253707; Sez. 4, n. 14130 del 22/01/2007, Pastorelli, Rv. 236191; Sez. 4, n. 4981 del 05/12/2003, dep. 2004, Ligresti, Rv. 229665; Sez. 5, n. 12027 del 06/04/1999, Mandala', Rv. 214873). 4. Con il medesimo motivo i ricorrenti lamentano anche vizio di motivazione in ordine alla questione, che la Corte di appello ha correttamente ritenuto "il punto nodale della vicenda" (pagina 8, ultimo capoverso, della sentenza impugnata), inerente la valutazione delle quote di (OMISSIS) cedute il 24/04/2003. Pure questa doglianza e' manifestamente infondata e dunque inammissibile. Va ricordato che compito della Corte di cassazione non e' quello di rivalutare, per la terza volta, le prove assunte, ma solo di verificare se il testo del provvedimento sia manifestamente carente di motivazione e/o di logica, senza poter opporre alla logica valutazione degli atti effettuata dal giudice di merito una diversa ricostruzione, magari altrettanto logica (cfr. Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260 e Sez. U, n. 16 del 19/06/1996, Di Francesco, Rv. 205621). Le conclusioni prese, sul punto specifico, dalla Corte di appello sono tutt'altro che illogiche rispetto alle premesse: lungi dal trarre la prova della distrazione (e della sua entita') da vicende successive intercorse tra persone giuridiche diverse (la transazione avvenuta nel 2007 tra (OMISSIS) e (OMISSIS) s.r.l.), la Corte non ha sottostimato un elemento decisivo (quale i ricorrenti ritengono essere la decisione del curatore fallimentare di non agire in revocatoria) ne' omesso di confrontarsi con le conclusioni del consulente difensivo, ne' giudicato fideisticamente attendibili, senza motivazione, le conclusioni di un consulente del pubblico ministero. La motivazione della sentenza impugnata e' perfettamente logica, invece, allorche' valorizza la circostanza che, essendosi (OMISSIS) accollata il debito di (OMISSIS) ed avendo concluso una transazione con (OMISSIS), in quel momento e alle condizioni date era del tutto ragionevole tener conto di quel valore ai fini della valutazione delle quote di (OMISSIS), posto che il pagamento del debito da parte di (OMISSIS) avrebbe anche liberato quest'ultima. La. Corte ha fornito corretta lettura della clausola sub B della transazione (che prevedeva solo la riclassificazione del credito, e non invece l'automatica risoluzione, a seguito del pagamento della prima rata: l'atto e' allegato sub 1 al ricorso degli imputati) e non vi e' contraddizione, rispetto alle premesse, nel prendere atto che, una volta risultata (OMISSIS) inadempiente, la transazione e' stata risolta e, pertanto, le pretese di (OMISSIS) hanno avuto ad oggetto l'intero credito. Percio', non e' corretto dire che la Corte non abbia considerato la tesi del consulente della difesa, tesi che ha ritenuto di superare con congrua motivazione, ne' che abbia fondato le proprie valutazioni esclusivamente sulle dichiarazioni rese da uno dei consulenti del P.M. dinanzi a se': la Corte ha invero valorizzato gli elaborati di entrambi i consulenti del P.M., richiamati anche dalla prima decisione (si veda pag. 7, ultimo capoverso, della sentenza impugnata). Inoltre, la Corte ha giudicato irrilevante la decisione del curatore fallimentare di non procedere a revocatoria e anche di tale giudizio ha fornito giustificazione: la valutazione del curatore, infatti, "prescinde dagli specifici accertamenti compiuti dai consulenti tecnici, i quali erano stati incaricati di approfondire l'analisi delle complessive vicende della societa' e di determinare il valore economico del suo patrimonio" (pagg. 9-10 della sentenza). Non mancato confronto con un dato decisivo, come lamentano i ricorrenti, bensi' motivazione attendibile e logica. 5. Il motivo inerente il concorso di (OMISSIS) e (OMISSIS) nei fatti ascritti all'amministratore e' infondato, perche' palesemente versato in fatto. I ricorrenti sollecitano inammissibilmente la Corte ad una rivalutazione delle prove, per trarre dagli elementi esposti una conclusione diversa da quella fatta propria dalla Corte di appello, la quale ha invece giustificato in modo non palesemente incongruo la sussistenza del concorso dai rapporti personali tra (OMISSIS) e (OMISSIS), dalle tempistiche relative all'appropriazione dell'albergo da parte dei due imputati, dal ruolo indispensabile del (OMISSIS) quale amministratore di (OMISSIS) (non certo al momento della cessione delle quote, ma nel momento in cui sono stati svolte le operazioni successive, tra il 2005 e il 2007), dalla circostanza che la societa' del (OMISSIS) abbia regolato il debito di (OMISSIS) alle stesse condizioni originariamente pattuite da (OMISSIS), dal valore dell'azienda passata rapidamente nelle mani di (OMISSIS) e (OMISSIS). 6. Infondato e' il motivo relativo alla circostanza aggravante contestata. Correttamente i ricorrenti citano una significativa sentenza di questa Sezione (Sez. 5, n. 48203 del 10/07/2017, Meluzio, Rv. 271274), richiamata anche dalla Corte di appello di Palermo: sentenza che ha precisato quale sia l'interpretazione preferibile dell'articolo 219, comma 1, L. Fall., evidenziando come sia stato superato il piu' risalente orientamento che ancorava la sussistenza della fattispecie circostanziale in esame alla sola entita' del passivo (Sez. 5, n. 5927 del 21/11/1989, dep. 1990, Piras, Rv. 184139). Infatti, l'orientamento oggi consolidato ritiene che, mentre la bancarotta fraudolenta patrimoniale e' reato di pericolo e non richiede - nell'azione del fallito - la dimostrazione di un danno reale ai creditori, essendo integrata anche soltanto con la mera messa in pericolo degli interessi creditori senza necessita' di un effettivo pregiudizio, questo - ove sussistente in termini di rilevante gravita' puo' integrare l'aggravante in esame (Sez. 5, n. 11633 del 08/02/2012, Lombardi Stronati, Rv. 252307). Ai fini dell'applicazione dell'articolo 219 L. Fall., "la valutazione del danno va effettuata con riferimento non all'entita' del passivo o alla differenza tra attivo e passivo, bensi' alla diminuzione patrimoniale cagionata direttamente ai creditori dal fatto di bancarotta; pertanto, il giudizio relativo alla particolare tenuita' - o gravita' - del fatto non si riferisce al singolo rapporto che passa tra fallito e creditore ammesso al concorso, ne' a singole operazioni commerciali o speculative dell'imprenditore decotto, ma va posta in relazione alla diminuzione non percentuale ma globale - che il comportamento del fallito ha provocato nella massa attiva che sarebbe stata disponibile per il riparto, ove non si fossero verificati gli illeciti" (Sez. 1, n. 12087 del 10/10/2000, Di Muni, Rv. 217403; conf. Sez. 5, n. 8690 del 27/04/1992, Bertolotti, Rv. 191565). L'articolo 219 L.F. "in funzione aggravante o attenuante considera il danno patrimoniale, il quale, ancorche' misurato al tempo del fallimento, e' solo quello che consegue ai fatti di bancarotta" (Sez. 5, n. 15613 del 05/12/2014, dep. 2015, Geronzi). Tale orientamento si e' poi consolidato ribadendo il principio di diritto in forza del quale, in tema di reati fallimentari, l'entita' del danno provocato dai fatti configuranti bancarotta patrimoniale va commisurata al valore complessivo dei beni che sono stati sottratti all'esecuzione concorsuale, piuttosto che al pregiudizio sofferto da ciascun partecipante al piano di riparto dell'attivo, ed indipendentemente dalla relazione con l'importo globale del passivo (Sez. 5, n. 49642 del 02/10/2009, Olivieri, Rv. 245822; conf. Sez. 5, n. 8037 del 03/06/1998, Urso, Rv. 211637; Sez. 5, n. 13285 del 18/01/2013, Pastorello, Rv. 255063). Affermazione, quest'ultima, che e' stata appunto puntualizzata nel senso che la circostanza aggravante puo' essere integrata anche in presenza di un danno derivante dal fatto di bancarotta che, pur essendo, in se' considerato, di rilevante gravita', rappresenti una frazione "non rilevante" del passivo globalmente considerato (Sez. 5, n. 48203 del 10/07/2017, Meluzio, Rv. 271274, gia' citata). Cosi' riepilogato brevemente lo sviluppo della giurisprudenza di legittimita' intervenuto sul tema fino alle fondamentali riflessioni svolte dalla ricordata sentenza Meluzio, la conclusione si potrebbe sintetizzare nel senso che, mentre il delitto di bancarotta patrimoniale e' reato di pericolo, l'aggravante in parola richiede una valutazione del danno; sicche' l'orientamento piu' risalente incorreva nella contraddizione di obliterare tale ultimo dato e, correlando il giudizio sulla sussistenza dell'aggravante all'entita' del passivo, di ritenere sussistente anche la circostanza - cosi' come il reato - in presenza di un mero pericolo. Il passaggio che i ricorrenti svolgono, pero', e' ancora ulteriore ed e' errato, perche' manifestamente in contrasto con l'orientamento ormai consolidato nella prospettiva ribadita e puntualizzata dalla sentenza Meluzio. Essi, cioe', vorrebbero "misurare" la sussistenza dell'aggravante rispetto all'esito del fallimento, laddove invece la circostanza accede ad un reato che si consuma proprio al momento del fallimento. Come e' stato chiarito da altra sentenza di questa Sezione (Sez. 5, n. 4228 del 28/09/2021, dep. 2022, Mantellassi, non massimata), "la successiva attivita', diretta alla collaborazione con gli organi fallimentari nonche' all'esito del riparto... non (puo') incidere sulla sussistenza della circostanza di cui all'articolo 219 Legge fall., considerato che questa va valutata, quanto alla entita' del danno patrimoniale... al tempo della dichiarazione di fallimento". La Corte di appello ha fatto buon governo dei principi sin qui ricordati e, sul punto, la motivazione e' esente da censure. La sussistenza della circostanza aggravante e' stata correlata, infatti, alla cessione a prezzo vile (Euro 99.000), meno di due anni prima del fallimento, di quote di una societa' che valevano invece oltre 4 milioni di Euro. Correttamente la Corte di appello ha considerato anche l'ammontare ingente del passivo della societa' fallita (pari ad Euro 1.519.741 Euro). Dunque, una singola operazione ha avuto l'effetto di ridurre di alcuni milioni di Euro le risorse a disposizione della massa attiva: milioni di Euro che avrebbero dovuto rappresentare il corretto prezzo di cessione delle quote di (OMISSIS), e dunque la somma che (OMISSIS) avrebbe dovuto incassare, in funzione di garanzia dei propri creditori sociali. Tutto cio' ha portato ad un fallimento il cui passivo e' stato comunque ingente, anche se di importo notevolmente inferiore all'importo della distrazione, il che ulteriormente conferma il giudizio di gravita' del danno da questa direttamente provocato: la ricordata cessione, di rilievo economico notevole, ha avuto l'effetto di depauperare immediatamente la massa attiva della societa' fallita. Cio' che sia eventualmente accaduto in seguito, nell'ambito della procedura fallimentare, e' estraneo alla valutazione che era richiesta ai giudici di merito in ordine alla ravvisabilita', nei fatti di bancarotta ritenuti provati, dell'aggravante contestata. 7. Inammissibile e' l'ultimo motivo, inerente il giudizio di comparazione tra le circostanze. La Corte di cassazione a Sezioni Unite ha avuto modo di affermare, infatti, che le statuizioni sul punto, "implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimita' qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione" (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, Contaldo, Rv. 245931 - 01): motivazione congrua, resa dalla Corte di appello a pagina 12 della sentenza impugnata, che valorizza la gravita' dei fatti, le reiterate operazioni fraudolente e l'assenza di ravvedimento come elementi a sostegno di un giudizio di mera equivalenza dell'aggravante sulle attenuanti generiche, riconosciute solo in ragione dell'incensuratezza. 8. Alla declaratoria di inammissibilita' dei ricorsi consegue, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma, ritenuta congrua, di Euro tremila alla Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi degli imputati e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Dichiara inammissibile il ricorso del responsabile civile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SABEONE Gerardo - Presidente Dott. PISTORELLI Luca - Consigliere Dott. DE MARZO Giuseppe - Consigliere Dott. CUOCO Michele - Consigliere Dott. FRANCOLINI Giovanni - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 18/10/2021 della CORTE APPELLO di LECCE; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. GIOVANNI FRANCOLINI; letta la requisitoria scritta presentata - ex Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8, conv. con modif. dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176 - dal Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione Dr. LETTIERI NICOLA, che ha chiesto il rigetto del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza in data 18 ottobre 20221 la Corte di appello di Lecce, all'esito del gravame interposto da (OMISSIS), in parziale riforma della pronuncia resa il 18 aprile 2016 dai Tribunale di Brindisi, esclusa la circostanza aggravante di cui all'articolo 219, comma 2, n. 2, L. Fall., ha rideterminato in mitius la pena principale e le pene accessorie fallimentari irrogate all'imputato per il delitto bancarotta fraudolenta per distrazione. 2. Avverso la sentenza di secondo grado e' stato proposto ricorso per cassazione nell'interesse dell'imputato, articolando un unico motivo (di seguito esposto nei limiti di cui all'articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1) con il quale - richiamando l'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c) ed e), in relazione all'articolo 216, comma 1, articolo 219, comma 2, n. 2, articolo 223, comma 1, n, 1, L. Fall., articoli 125 e 192 c.p.p. - si e' dedotto che l'imputato sarebbe stato ritenuto responsabile del delitto in imputazione in forza di una motivazione del tutto mancante e comunque manifestamente illogica o contraddittoria e, piu' in particolare, nonostante: - siano stati prodotti nuovi elementi di prova, sopravvenuti alla sentenza di primo grado, relativi a pagamenti eseguiti dalla fallita (OMISSIS) s.r.l. in via transattiva, che il curatore del fallimento aveva invece ritenuto sospetti; -per quel che attiene all'elemento soggettivo, l'imputato - in particolare, quale liquidatore della fallita - attraverso transazioni (quali quelle gia' menzionate) avesse integralmente estinto le passivita' in maniera legittima (tanto che esse non sono state oggetto di azione revocatoria) anteriormente alla notifica delle cartelle esattoriali da parte di Equitalia, aventi ad oggetto crediti erariali (ragion per cui i detti pagamenti non potevano ritenersi in danno di un creditore che non era esistente); - i crediti in discorso (relativi a pretese erariali successive a verifiche fiscali) posti a fondamento dell'istanza di fallimento della (OMISSIS) s.r.l., come risulterebbe dagli atti acquisiti in dibattimento, sono stati oggetto di pronuncia del Giudice tributario che, successivamente alla sentenza dichiarativa di fallimento e alla decisione sul reclamo avverso di essa, ha annullato gli avvisi di accertamento impugnati dagli amministratori della fallita relativi ai crediti in discorso. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso e' inammissibile. 1. L'impugnazione: - lungi dal muovere compiute censure di legittimita' alla sentenza impugnata ha allegato taluni elementi di fatto che nell'ottica difensiva avrebbero dovuto condurre ad una pronuncia liberatoria, senza dedurre effettivamente (e, comunque, con la necessaria specificita') un travisamento della prova (cfr. Sez. 2, n. 46288 del 28/06/2016, Musa, Rv. 268360 - 01) ed avendo, anzi, la Corte di merito vagliato gli elementi in discorso, negando ad essi capacita' rappresentativa ai fine dell'esclusione della responsabilita' dell'imputato; - e nel resto ha erroneamente parametrato la sussistenza dell'elemento soggettivo del delitto di bancarotta per distrazione alla volonta' di pregiudicare altri creditori (segnatamente, il creditore che ha proposto istanza di fallimento), profilo estraneo al prescritto dolo generico (cfr. Sez. U, n. 22474 del 31/03/2016, Passarelli, Rv. 266805; Sez. 5, n. 38396 del 23/06/2017 Sgaramella, Rv. 270763 01); ed ha finito col prospettare un sindacato dei presupposti per rendere la sentenza dichiarativa di fallimento, non consentito al giudice penale (Sez. 5, n. 21920 del 15/03/2018, Sebastianutti, Rv. 273188 - 01). 2. Ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende, atteso che l'evidente inammissibilita' dell'impugnazione impone di attribuirgli profili di colpa (cfr. Corte Cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, Failla, Rv. 267585 - 01). P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. TARDIO Angela - Presidente Dott. BIANCHI Michele - Consigliere Dott. CENTOFANTI Francesco - rel. Consigliere Dott. APRILE Stefano - Consigliere Dott. MAGI Raffaello - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: 1. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 2. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 3. (OMISSIS), nato ad (OMISSIS); 4. (OMISSIS), nata a (OMISSIS); avverso la sentenza del 17/11/2021 della Corte di assise di appello di Bari; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. CENTOFANTI Francesco; udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. TAMPIERI Luca, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilita' dei ricorsi proposti dagli imputati (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) e il rigetto del ricorso proposto dall'imputata (OMISSIS); udito il difensore delle parti civili costituite, avvocato ITALIANO Luca, che ha chiesto il rigetto dei ricorsi, con il favore delle spese di lite; uditi i difensori degli imputati, avvocato STERI Stefania per (OMISSIS), avvocati SPIGARELLI Valerio e DI PAOLA Carmine per (OMISSIS), avvocato SANTANGELO Francesco per (OMISSIS), che hanno chiesto l'accoglimento dei rispettivi ricorsi. RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di assise di appello di Bari confermava integralmente la decisione del G.u.p. del locale Tribunale, resa in rito abbreviato, con cui: - (OMISSIS) e (OMISSIS) erano stati dichiarati colpevoli dei delitti di omicidio premeditato in danno di (OMISSIS), di porto e detenzione illegali dell'arma comune da sparo contestualmente impiegata (una pistola, calibro 3.80), nonche' di ricettazione dell'autovettura utilizzata allo stesso fine (una Fiat Bravo), ed erano stati condannati, previo riconoscimento della continuazione, alla pena principale finale di trent'anni di reclusione ciascuno; - (OMISSIS) era stata dichiarata colpevole dei medesimi delitti di omicidio, e di porto e detenzione illegali di arma comune da sparo, uniti in continuazione, ed era stata condannata alla pena principale finale di trent'anni di reclusione; - (OMISSIS) era stato dichiarato colpevole dei medesimi delitti di omicidio, premeditazione esclusa, e di porto e detenzione illegali di arma comune da sparo, uniti in continuazione, nonche' del reato di furto aggravato dell'autovettura, e, con le attenuanti generiche equivalenti, era stato condannato alla pena principale complessiva di quattordici anni e otto mesi di reclusione e centoquattro Euro di multa. 2. (OMISSIS), gia' sentimentalmente legato a (OMISSIS), era stato ucciso il (OMISSIS), sul piazzale antistante il suo luogo di lavoro, mediante esplosione di plurimi colpi di arma da fuoco che lo avevano attinto mortalmente. 3. (OMISSIS) era, da principio, reo confesso dell'azione materiale. 3.1. Stando al suo racconto, l'imputato si sarebbe determinato al crimine di sua iniziativa, per punire la vittima che, con la decisione di interrompere la relazione sentimentale con (OMISSIS), avrebbe causato un clima di "tensione e depressione" in famiglia, essendo (OMISSIS) madre della convivente di (OMISSIS). Questi avrebbe, dunque, agito autonomamente da (OMISSIS), dalla quale non avrebbe ricevuto alcun mandato. (OMISSIS) avrebbe agito di concerto con (OMISSIS). Entrambi avrebbero deciso, inizialmente, di prendere la vittima a bastonate. (OMISSIS) avrebbe in seguito suggerito di procedere alla gambizzazione della vittima e avrebbe procurato l'arma. (OMISSIS) aveva poi dichiarato di avere sparato - da bordo dell'automobile rubata tempo addietro da (OMISSIS), al dichiarante fornita e guidata, nel frangente, da (OMISSIS) - con il braccio teso verso terra, e di aver subito inaspettatamente il rinculo dell'arma, di cui avrebbe perso il dominio per imperizia. In prospettazione difensiva, l'esplosione dei colpi sarebbe avvenuta a raffica, e cio' anche a causa del malfunzionamento della pistola. La distanza di tiro sarebbe stata non ravvicinata, come si desumerebbe dalle relazioni balistiche. Non vi sarebbe stata dunque intenzione di uccidere. 3.2. Secondo la Corte territoriale, non si era viceversa verificata alcuna esplosione a raffica. I colpi, infatti, avevano attinto la vittima al fianco e all'ascella, e poi al petto allorche' (OMISSIS) era piegato per l'insulto ricevuto. I colpi erano stati sparati anche da tergo, in direzione del capo, e avevano attinto il collo. Tale segmento di azione poteva essere quello iniziale, frutto di iniziativa a sorpresa dell'aggressore, o quello di coda, realizzato mentre (OMISSIS), rialzatosi, cercava ormai di fuggire. In ogni caso, la sequenza di fuoco dimostrava come la vittima avesse avuto il tempo di ruotare su stessa, o, in alternativa, come lo sparatore avesse percorso un certo tragitto, sull'autovettura, mentre sparava. Si era di fronte ad un'azione di fuoco portata avanti in rapida progressione, ma non ad un'unica sventagliata. La distanza di tiro era ravvicinata (pari a un metro, come dichiarato da (OMISSIS)) e le relazioni balistiche non avrebbero affatto smentito tale dato, mentre la consulenza autoptica dimostrava come l'agente avesse sparato i colpi diretti al fianco e al capo con traiettoria orizzontale, e verso il basso quello diretto all'ascella solo perche' la vittima si stava gia' accasciando. (OMISSIS) aveva dunque sparato per uccidere, altrimenti si sarebbe limitato ad esplodere un colpo solo. 3.3. La Corte territoriale respingeva, per l'effetto, il motivo di appello, diretto alla riqualificazione del fatto come omicidio preterintenzionale. La Corte stessa dichiarava invece inammissibile, perche' privo di connessione funzionale con i capi e i punti della sentenza attinti dai motivi principali, il motivo nuovo, con cui si era invocata l'assoluzione dell'imputato per non aver commesso il fatto, ai sensi quantomeno dell'articolo 530 c.p.p., comma 2. La Corte territoriale riteneva la premeditazione, essendo emersa - dalle ammissioni di (OMISSIS), riscontrate da immagini di videosorveglianza l'effettuazione di ripetuti sopralluoghi, da parte degli esecutori materiali, sul luogo del crimine, una settimana prima dell'omicidio, nel pomeriggio del giorno precedente e la mattina del giorno stesso. La volizione era dunque adeguatamente risalente e il proposito criminoso si era radicato, resistendo alle controspinte. 4. Per la Corte di assise di appello, (OMISSIS) doveva ritenersi, diversamente da quanto riferito da (OMISSIS), giudicato anche sul punto inattendibile, la mandante dell'omicidio. A costei era riferibile anzitutto l'effettivo movente, legato alla cessazione, certa e definitiva, della relazione extraconiugale con la vittima, decisa da quest'ultima, ma dalla donna, dotata di personalita' particolarmente possessiva, mai accettata. In occasione di precedenti contrasti tra i due amanti, nel 2016, (OMISSIS) aveva gia' commissionato una spedizione punitiva ai danni di (OMISSIS), dando ordine di far incendiare la sua villa al mare in (OMISSIS). Il progetto criminoso, rivelato dai coimputati (OMISSIS) e (OMISSIS), sarebbe rimasto poi inattuato, in quanto coloro che erano stati incaricati di portarlo a termine avevano subito un controllo di polizia che li aveva indotti a desistere. (OMISSIS), divenuto collaboratore di giustizia, ritenuto perfettamente credibile e attendibile dalla Corte di merito, aveva dichiarato agli inquirenti, quanto all'omicidio odierno, di aver appreso da (OMISSIS) - ancor prima che (OMISSIS) fosse ucciso - che (OMISSIS) aveva incaricato (OMISSIS) stesso, in cambio della somma di cinquemila Euro, di procedere all'eliminazione fisica di (OMISSIS). Analoghe rivelazioni (OMISSIS) aveva effettuato, prime di rendere dichiarazioni agli inquirenti, ai propri congiunti, e in particolare alla moglie, come risultava da intercettazioni telefoniche ed ambientali, ritualmente disposte nel momento in cui erano emersi i primi indizi del coinvolgimento dell'imputato nelle vicende di causa. Ad essere intercettato era stato, in prosieguo, e in carcere, anche (OMISSIS), e anche in tali colloqui carcerari con i congiunti erano emersi riferimenti al ruolo di (OMISSIS) come mandante. In tali colloqui (OMISSIS) aveva sostenuto di aver rivelato anticipatamente a (OMISSIS) i dettagli dell'azione delittuosa in quanto (OMISSIS) aveva fornito l'automobile. Per le sue specifiche modalita' e circostanze, rappresentate da (OMISSIS) e richiamate da (OMISSIS), il mandato non avrebbe avuto finalita' di intimidazione, ma finalita' assassine. Il proposito criminoso di (OMISSIS), gia' da tempo in nuce, avrebbe assunto decisivo vigore a far tempo dagli ultimi contatti telefonici con (OMISSIS), finalizzati a riallacciare la relazione sentimentale, protrattisi sino al 17 aprile 2017. L'organizzazione dell'agguato, la predisposizione di uomini e mezzi, il conferimento ai sicari di un solido bagaglio conoscitivo (circa le abitudini della vittima, i suoi orari di lavoro, i suoi turni) non lasciavano dubbi in ordine agli elementi costitutivi della premeditazione, cronologico e ideologico, in capo all'imputata. 5. Quanto alla posizione di (OMISSIS), che guidava l'automobile rubata da (OMISSIS), e aveva garantito a (OMISSIS) copertura e via di fuga, la Corte di merito dava atto che (OMISSIS) aveva in verita' dichiarato di avere saputo, proprio da (OMISSIS), poche ore prima della sparatoria, che il piano messo in atto ai danni di (OMISSIS) era solo quello di spaventarlo, allo scopo di indurlo a riprendere la relazione sentimentale. La morte di (OMISSIS), in base a quanto rivelato da (OMISSIS) a (OMISSIS) ad omicidio avvenuto, sarebbe stata causata dall'errore di mira, e dall'imperizia, di (OMISSIS). Osservava pero' il giudice di appello che (OMISSIS) aveva anche riferito che (OMISSIS), nel raccontargli quest'ultima circostanza, aveva assunto un tono ridanciano. Inoltre (OMISSIS), a colloquio in carcere con la moglie, intercettato, aveva escluso di avere sparato lui, ma non aveva fatto riferimento alcuno alla circostanza che (OMISSIS) fosse morto per mero accidente, mentre una siffatta evenienza, di assoluto rilievo, non sarebbe stata ragionevolmente taciuta nell'occasione, tanto piu' che (OMISSIS) era consapevole di essere ascoltato dagli investigatori. (OMISSIS) sarebbe stato animato, in ultima analisi, dall'intento di ridimensionare l'accaduto e alleggerire la propria posizione. L'ipotesi dell'errore di mira e dell'imperizia non aveva dunque, per il giudice di appello, alcun fondamento. I risalenti sopralluoghi, che rivelano anche rispetto a (OMISSIS) la natura premeditata dell'azione, non si sposavano, del resto, con l'intenzione di impartire una mera lezione. (OMISSIS) e (OMISSIS), come dal secondo dichiarato, avevano agito a volto scoperto e anche tale dato indicava che (OMISSIS), altrimenti in grado di riconoscerli, dovesse morire. Andava quindi esclusa, per la Corte di merito, la responsabilita' di (OMISSIS) al piu' lieve titolo previsto dall'articolo 116 cpv. c.p.. 6. Quanto a (OMISSIS), l'appello aveva ad oggetto il riconoscimento della speciale attenuante di cui al Decreto Legge 13 maggio 1991, n. 152, articolo 8, conv. dalla L. 12 luglio 1991, n. 203, e la prevalenza delle concesse attenuanti generiche sulle aggravanti e sulla recidiva. L'attenuante speciale non poteva applicarsi, per il giudice di appello, non procedendosi per reati di matrice mafiosa. La prevalenza delle generiche era invece preclusa dalla recidiva reiterata, che non poteva essere in concreto disapplicata. 7. Avverso la sentenza di secondo grado (OMISSIS) propone ricorso per cassazione, con il ministero dell'avvocato Santangelo Francesco. Il ricorso e' articolato in dieci motivi, che cosi' si riassumono per i fini e nei limiti di cui all'articolo 173 disp. att. c.p.p.. 7.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione. Sostiene la difesa che il motivo nuovo di appello andasse considerato ammissibile. L'appello principale, vertente sulla qualificazione giuridica del fatto, da ricondurre alla fattispecie dell'omicidio preterintenzionale, sarebbe stato, altresi', implicitamente funzionale ad escludere la responsabilita' dell'imputato a titolo di concorso, non essendo possibile la compartecipazione nel reato di piu' persone a titoli soggettivi diversi. Tale tema implicito risulterebbe connesso a quello oggetto del motivo nuovo. Il giudice a quo avrebbe inoltre violato il principio, secondo cui non sarebbero da considerare memorie mere gli atti che avessero posto questioni ulteriori rispetto a quelle sollevate nell'atto principale di impugnazione. L'ammissibilita' del motivo nuovo avrebbe dovuto, in ogni caso, essere affermata ai sensi dell'articolo 587 c.p.p., in quanto la coimputata (OMISSIS) aveva contestato la sua responsabilita' a titolo di concorso e le relative censure non avevano natura strettamente personale. 7.2. Con i motivi dal secondo al settimo, passibili di illustrazione congiunta, il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione, anche per travisamento della prova, in ordine all'affermata sua responsabilita' a titolo di dolo omicida diretto, con specifico riferimento alla replicazione e direzione dei colpi; alla distanza tra sparatore e vittima; al malfunzionamento dell'arma; alla circostanza di avere (OMISSIS) agito a volto scoperto. La replicazione dei colpi costituirebbe elemento non decisivo, mentre la loro direzione sarebbe stata quella dall'alto verso il basso, e il diverso convincimento del giudice a quo, al riguardo, sarebbe frutto di travisamento omissivo della consulenza di parte. La distanza tra sparatore e vittima sarebbe stata di almeno nove metri, e il diverso convincimento del giudice a quo sarebbe contraddetto dalle evidenze scientifiche e istruttorie, tra cui la morfologia dei fori di ingresso dei proiettili e la posizione della vittima, a proposito delle quali si registrerebbero travisamento per falsificazione e illogicita' di motivazione. L'esplosione dei colpi a raffica, e il malfunzionamento dell'arma, sarebbero stati esclusi in maniera totalmente assertiva. Gli imputati avrebbero indossato un cappello e uno scaldacollo per alterare il loro aspetto e la negazione del travestimento sarebbe frutto di travisamento istruttorio ulteriore. Senza contare che il fatto di agire a volto scoperto testimonierebbe, semmai, la volonta' di intimorire meramente la vittima, e al massimo di ferirla, non importando tali comportamenti il rischio di carcerazioni di grave entita'. 7.3. Con l'ottavo motivo il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione, anche per travisamento della prova, in ordine alla qualificazione giuridica del fatto. La direzione finalistica della condotta andava ricostruita con giudizio ex ante, non ex post. Per ritenere la volonta' omicida sarebbe stato necessario che l'imputato si fosse rappresentato, in termini di alta probabilita', la morte della vittima, e cio' era da escludere in base alle risultanze probatorie correttamente valutate. La volonta' dell'agente sarebbe stata quella di ledere, spaventando previamente la vittima, non di ucciderla, neppure in via eventuale. La vittima sarebbe morta per l'imperizia dello sparatore, non avvezzo all'uso delle armi. 7.4. Con il nono motivo il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione, anche per travisamento della prova, in ordine alla ritenuta aggravante della premeditazione. Anche a ritenere il dolo diretto, l'aggravante andrebbe esclusa, non coincidendo essa con il mero apprestamento dei mezzi necessari per la realizzazione dell'omicidio. Nella specie, risulterebbe preponderante l'occasionalita' del momento. Il passaggio all'azione sarebbe stato scelto dal solo (OMISSIS), in quanto (OMISSIS) non avrebbe partecipato all'ultimo sopralluogo, e la circostanza non sarebbe comunicabile al concorrente che non l'abbia fatta specificamente propria. 7.5. Con il decimo motivo il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione, anche per travisamento della prova, in ordine al diniego delle attenuanti generiche. 8. Ricorre altresi' per cassazione l'imputata (OMISSIS), con il ministero dell'avvocato Di Paola Carmine. Nel motivo unico di ricorso, illustrato da successiva memoria, riassunto per i fini e nei limiti di cui all'articolo 173 disp. att. c.p.p., si deduce violazione di legge e vizio di motivazione. 8.1. Assume la ricorrente che, a suo carico, sarebbero state giudizialmente valutati elementi di prova non conducenti. Non esisterebbero anzitutto, diversamente da quanto sostenuto nelle sentenze di merito, intercettazioni telefoniche, mentre quelle ambientali sarebbero scarsamente pregnanti, anche perche' orientate ad arte dai colloquianti, e in particolare da (OMISSIS). Per parte sua l'imputata, monitorata per mesi, non avrebbe fornito alcun elemento utile a corroborare il fondamento dell'accusa mossale. Nessun testimone sarebbe stato, poi, in grado di fornire apporti significativi alla conoscenza dei fatti. La chiamata in correita' di (OMISSIS) sarebbe gravemente deficitaria. 8.2. Osserva a quest'ultimo proposito la ricorrente che (OMISSIS) era dichiarante de relato da (OMISSIS), a sua volta de relato da (OMISSIS), che mai l'avrebbe associata alla vicenda criminosa. La chiamata indiretta in correita' da parte di (OMISSIS) proverrebbe da un soggetto totalmente inaffidabile e intrinsecamente inattendibile, perche' le sue dichiarazioni sarebbero state dirette a mascherare il suo coinvolgimento diretto nella fasa esecutiva del crimine. (OMISSIS) avrebbe reso dichiarazioni, allorche' sarebbe stato gia' a conoscenza del narrato di (OMISSIS), riprodotto nell'ordinanza di custodia cautelare a suo carico. Le dichiarazioni, provenienti da soggetto totalmente inaffidabile, sarebbero prive di autonomia e spontaneita', oltre che scarsamente collimanti, in tanti passaggi ricostruttivi, con quelle di (OMISSIS). (OMISSIS) collegherebbe l'azione delittuosa ai danni di (OMISSIS) ad un interesse personale e diretto di (OMISSIS), ma escluderebbe di aver intrattenuto contatti diretti con la pretesa mandante, che si sarebbe relazionata solo con (OMISSIS). Diversamente da quanto sostenuto da (OMISSIS), il quale aveva riferito di aver saputo da (OMISSIS) che (OMISSIS) avesse promesso la somma di cinquemila Euro direttamente a (OMISSIS) stesso; questi avrebbe infatti affermato di essere stato ingaggiato proprio ed esclusivamente da (OMISSIS), dietro la promessa del predetto compenso, e non gia' per commettere il crimine, ma solo per fornire vettura e pistola. (OMISSIS) avrebbe infine smentito totalmente tale ultima circostanza, pur nel contesto di una narrazione nel complesso totalmente inverosimile. 8.3. Nella ricostruzione del movente, e nell'attribuzione a (OMISSIS) di un'indole possessiva ed aggressiva, e della paternita' delle pregresse azioni ritorsive, la sentenza impugnata sarebbe totalmente travisante, come il motivo di ricorso mira a dimostrare ripercorrendo, in chiave critica, il costituto probatorio. Il rapporto sentimentale tra (OMISSIS) e (OMISSIS) si sarebbe sempre svolto secondo una dinamica peculiare, mai piatto, mai scontato, e non sarebbe stato affatto al capolinea. 9. Nell'interesse dell'imputata (OMISSIS) sono stati depositati tempestivi motivi nuovi, sottoscritti dall'avvocato Spigarelli Valerio. In essi sono denunciati la violazione di legge e il vizio di motivazione. Nel loro svolgimento si insiste sull'inesistenza di elementi di riscontro esterno al narrato, doppiamente de relato, di (OMISSIS), sulla carenza di adeguata verifica della sua attendibilita', alla stregua dei principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimita', nonche' sul travisamento omissivo della prova. 10. Ricorre altresi' per cassazione l'imputato (OMISSIS), con il ministero dell'avvocato Pandalone Rosa. Nel motivo unico di ricorso si deduce violazione di legge e vizio di motivazione. La decisione impugnata non farebbe corretta applicazione dell'istituto codicistico del concorso anomalo, di cui all'articolo 116 cpv. c.p., e sarebbe priva di un adeguato percorso argomentativo, a sostegno della sua esclusione. La pattuizione della somma di cinquemila Euro, a ricompensa dell'azione delittuosa, sarebbe indimostrata, come pure l'atteggiamento ridanciano che (OMISSIS) avrebbe assunto nel riferire dell'accaduto a (OMISSIS). (OMISSIS) avrebbe sempre dichiarato che lo scopo dell'azione fosse quello di gambizzare la vittima. (OMISSIS) avrebbe confermato la circostanza. Il fatto che sul posto fossero state presenti telecamere non varrebbe a smentire l'assunto. (OMISSIS), inoltre, avrebbe agito con le sembianze occultate. 11. Ricorre infine per cassazione l'imputato (OMISSIS), con il ministero dell'avvocato Luceri Sergio. Nel motivo unico di ricorso si deduce violazione di legge. Il contesto del crimine sarebbe stato, infatti, di stampo mafioso, a prescindere dalla formale contestazione della pertinente aggravante. L'attenuante Decreto Legge n. 152 del 1991, ex articolo 8 sarebbe stata dunque valutabile in favore del ricorrente. 12. L'imputato (OMISSIS) ha in seguito rinunciato al ricorso, con atto personalmente sottoscritto, trasmesso ai sensi dell'articolo 123 c.p.p., comma 1, e pervenuto a questa Corte in data 30 maggio 2022. E' successivamente pervenuta, stesso tramite, dichiarazione di revoca della rinuncia, datata 11 ottobre 2022, con contestuale nomina di nuovo difensore di fiducia, in persona dell'avvocato Steri Stefania. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso (OMISSIS), dalla cui disamina e' opportuno muovere in corretta prospettiva logico-espositiva, e' infondato in ogni sua prospettazione, e lo e' anzitutto nel suo primo motivo. A confutazione del quale, occorre considerare che, per giurisprudenza consolidata, i motivi nuovi proposti a sostegno dell'impugnazione di merito (ma lo stesso principio varrebbe per quella di legittimita') debbono avere ad oggetto, a pena di inammissibilita', i capi e i punti della decisione enunciati nell'atto di impugnazione originario, a norma dell'articolo 581 c.p.p., comma 1, lettera a), per tali intendendosi, rispetto a ciascuno dei reati ascritti all'impugnante, le statuizioni suscettibili di autonoma considerazione (Sez. U, n. 4683 del 25/02/1998, Bono, Rv. 210259-01; Sez. 6, n. 5447 del 06/10/2020, dep. 2021, Paun, Rv. 280783-01; Sez. 5, n. 4184 del 20/11/2014, Giannetti, Rv. 26218001). A tal fine, costituiscono senza meno statuizioni autonome e distinte la questione relativa alla qualificazione soggettiva del fatto in termini di dolo o di preterintenzione, nel presente caso unicamente investita dall'appello originario, e quella inerente la materiale e volontaria commissione del fatto medesimo; questione, quest'ultima, differente e prodromica, che con l'appello iniziale (OMISSIS) non aveva sollevato e che risulta da lui introdotta, per la prima volta, con il motivo nuovo di gravame. Ove la condotta posta in essere dall'autore materiale, in accoglimento dell'appello originario, fosse stata ricondotta nell'alveo della preterintenzione, e ove anche cio' avesse mutato il titolo di responsabilita' dei concorrenti (sul presupposto, invero dibattuto, dell'inammissibilita' di un concorso criminoso caratterizzato da coefficienti psicologici eterogenei), non per questo sarebbe tornata in discussione, per alcuno di essi, l'affermazione di responsabilita' penale, in se' considerata; quel che si sarebbe modificato, per l'imputato, ed eventualmente per i suoi correi, sarebbe stata soltanto la cornice giuridica in cui detta responsabilita' si sarebbe collocata. Il motivo nuovo di appello, diretto all'esclusione della responsabilita', e' stato cosi' dichiarato giustamente inammissibile dal giudice territoriale, che non ha affatto confuso, nel caso di specie, l'atto integrativo d'impugnazione con la semplice memoria, ma ha solo contrastato l'inaccettabile pretesa dell'imputato di ampliare il devolutum oltre i confini segnati dal citato articolo 581 c.p.p., comma 1, lettera a). Ne' il motivo nuovo di appello poteva considerarsi ammissibile ai sensi dell'articolo 587 c.p.p., disposizione che prevede l'estensione, all'imputato non impugnante sul punto, degli effetti favorevoli derivanti dall'accoglimento del motivo, non esclusivamente personale, dedotto dal coimputato (evenienza certamente non verificatasi), ma non implica l'estensione, da un coimputato all'altro, dei motivi di impugnazione, con conseguente dovere da parte del giudice di esaminarli anche rispetto al secondo (Sez. 6, n. 21739 del 29/01/2016, Tarantini, Rv. 266917-01; Sez. 1, n. 44319 del 30/09/2014, Gargiulo, 23/10/2014, Rv. 261697-01), o anche solo di consentire, alla loro stregua, la proposizione di motivi nuovi altrimenti preclusi. 2. I motivi successivi del ricorso (OMISSIS), dal secondo al settimo, sono tra loro connessi, e debbono pertanto formare oggetto di trattazione congiunta, perche' essi confutano, a vario titolo, l'accertamento e l'apprezzamento della dinamica omicida, operato in sede di merito, tramite la rivisitazione del materiale istruttorio e la serrata critica della conclusiva valenza probatoria degli elementi che lo compongono. 2.1. Secondo il tradizionale insegnamento di questa Corte, accertamenti e apprezzamenti siffatti, che sostanziano il giudizio ricostruttivo e valutativo di spettanza del giudice di merito, cui questi sia pervenuto attraverso l'esame delle prove, sorretto da adeguata argomentazione, esente da errori logici e giuridici, sono sottratti al sindacato di legittimita' e non possono essere investiti dalla censura di difetto o contraddittorieta' della motivazione solo perche' contrari agli assunti del ricorrente (Sez. 4, n. 87 del 27/09/1989, dep. 1990, Bianchesi, Rv. 182961-01). Tra le doglianze proponibili quali mezzi di ricorso non rientrano dunque salvo sempre il controllo sulla congruita' e logicita' del ragionamento giudiziale quelle relative alla valutazione delle prove, specie se implicanti la soluzione di contrasti testimoniali, la connessa indagine sull'attendibilita' delle deposizioni, come pure delle relazioni tecnico-peritali, ovvero la scelta tra divergenti versioni ed interpretazioni (Sez. 5, n. 51604 del 19/09/2017, D'Ippedico, Rv. 271623-01; Sez. 2, n. 20806 del 05/05/2011, Tosto, Rv. 250362-01; Sez. 4, n. 8090 del 25/05/1981, Amoruso, Rv. 150282-01). 2.2. Cio' premesso, la sentenza impugnata ha ricostruito l'azione di fuoco sulla base di deduzioni logiche, saldamente ancorate alle risultanze peritali, vagliate in corretta chiave critico-valutativa e motivatamente recepite, a discapito delle osservazioni tecniche di matrice difensiva, prese peraltro in specifica considerazione ma adeguatamente confutate. La Corte di assise di appello ha spiegato dunque, su tale base, le valide ragioni che l'hanno indotta a ritenere che lo sparatore fosse collocato in prossimita' del luogo in cui erano stati rinvenuti i bossoli, e la vittima si trovasse al suo immediato cospetto, distante dal luogo di ritrovamento dell'ogiva, il cui posizionamento non era significativo nella ricostruzione dell'accadimento, come non lo era la morfologia dei fori d'ingresso dei proiettili nel corpo della vittima. La Corte di merito ha poi dato il giusto risalto alla replicazione dei colpi, osservando, in base alla geometria del movimento dello sparatore e della vittima, ricavabile dall'elaborato peritale, che l'esplosione di essi in rapida successione non fosse dovuta ad inceppamento o malfunzionamento dell'arma, quanto piuttosto ad un'azione di pressione e rilascio consecutivi del grilletto, sintomatica di effettiva padronanza della situazione da parte dell'agente. Il giudice di appello ha anche ricostruito, in modo impeccabile, l'avvenuto direzionamento dei colpi verso parti vitali del corpo della vittima, attinta ulteriormente mentre si accasciava al suolo. Il medesimo giudice ha infine dato ragionevole credito alle dichiarazioni di (OMISSIS), secondo cui entrambi gli esecutori materiali avevano agito a volto scoperto; dichiarazioni di certo non contraddette dalla circostanza, su cui insiste in particolare il settimo motivo, dell'uso da parte loro di indumenti, quali cappello e scaldacollo, idonei tuttavia a vestire (e occultare alla vista) parti del corpo diverse dal viso. 2.3. La sentenza impugnata, nel trarre le menzionate conclusioni di ordine probatorio, non e' incorsa dunque in alcun errore di diritto, vizio di motivazione o travisamento istruttorio, tenuto conto che quest'ultimo postula l'apprezzamento falsato di un risultato probatorio incontestabilmente diverso da quello immediatamente emergente dagli atti, e dunque un errore di natura revocatoria al quale e' estraneo ogni discorso confutativo sul significato della prova o di mera contrapposizione dimostrativa (Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, Dos Santos, Rv. 283370-01; Sez. 3, n. 39729 del 18/06/2009, Belluccia, Rv. 244623-01; Sez. 5 n. 39048 del 25/09/2007, Rv. 238215), rilevabile invece dalla lettura dei motivi di impugnazione in scrutinio, insuscettibili, conclusivamente, di favorevole apprezzamento. 3. E' sulla base delle acquisizioni, passate teste' in rassegna, che deve essere valutato l'ottavo motivo del ricorso (OMISSIS), diretto a censurare il ritenuto carattere doloso dell'azione omicida. Trattasi di motivo infondato. Il criterio distintivo tra l'omicidio volontario e l'omicidio preterintenzionale risiede, come noto, nell'elemento psicologico, nel senso che nell'ipotesi della preterintenzione la volonta' dell'agente e' diretta a percuotere o a ferire la vittima, con esclusione assoluta di ogni previsione e accettazione dell'evento morte, mentre nell'omicidio volontario la volonta' dell'agente e' costituita dall'animus necandi, ossia dalla volonta' di uccidere nelle sue gradazioni di dolo intenzionale, diretto o eventuale; il suo accertamento e' rimesso alla valutazione di elementi oggettivi desunti dalle concrete modalita' della condotta (Sez. 5, n. 11946 del 09/01/2020, Caciula, Rv. 278932-01; Sez. 1, n. 4425 del 05/12/2013, Cutrufello, Rv. 259014-01; Sez. 5, n. 36135 del 26/05/2011, S., Rv. 25093501), quali i mezzi usati, la direzione e l'intensita' dei colpi, la distanza del bersaglio, la parte del corpo attinta, le situazioni di tempo e di luogo che abbiano favorito l'agire cruento (Sez. 1, n. 28175 del 08/06/2007, Marin, Rv. 23717701). L'elemento psicologico del dolo omicida e' stato, nella specie, inappuntabilmente ricavato da indici rivelatori di tal fatta. (OMISSIS), come sottolineato dalla sentenza impugnata, era intenzionato ad uccidere la vittima, avendo impiegato contro di lei un mezzo ad alta intensita' lesiva come un'arma da fuoco, avendo esploso suo tramite ripetuti colpi, avendolo fatto da distanza assai prossima al bersaglio, avendo mirato a parti vitali del corpo. Da tali elementi, compiutamente e sinergicamente valutati, la sentenza impugnata ha tratto il logico convincimento della volonta' omicida diretta. Se (OMISSIS), come affermato da lui stesso e da (OMISSIS), avesse voluto solo spaventare e intimidire, avrebbe al piu' esploso in aria i colpi; se avesse voluto gambizzare la vittima, avrebbe agito di conseguenza, evitando di spararle ripetutamente contro ed evitando di colpire organi vitali. Il ragionamento giudiziale appare stringente, tenuto conto degli elementi, dalla Corte territoriale opportunamente soppesati, che screditano la tesi dell'imputato, facente perno sull'intervenuto discontrollo del suo comportamento in quel frangente; tesi implausibilmente sostenuta anche dal complice che lo affiancava. Risulta palese che le dichiarazioni rese al riguardo da quest'ultimo, contrastanti con vere e proprie evidenze probatorie, siano state mosse soltanto dall'intenzione di rendere meno gravosa la posizione processuale di entrambi. Ne' l'inquadramento della volonta' colpevole al di fuori della descritta prospettiva dolosa potrebbe basarsi sull'asserita circostanza dell'avere gli esecutori materiali agito a volto travisato, in quanto tale circostanza trova puntuale smentita in atti, secondo quanto gia' osservato. Muovendo proprio dall'evidenza contraria, la Corte territoriale ha correttamente derivato dalla mancata adozione di precauzioni, realmente idonee ad impedire l'individuazione dei predetti esecutori, un indice ulteriore della loro precisa intenzione di uccidere. L'obiezione, secondo la quale gli agenti avessero invece necessita' di farsi riconoscere, per il migliore conseguimento del fine intimidatorio, e' stata confutata dal giudice di merito con la pertinente osservazione che costoro non erano visibilmente coinvolti nelle vicende sentimentali che facevano da movente all'azione, sicche' la possibilita' di una loro identificazione non avrebbe potuto lanciare alla vittima alcun preciso segnale orientativo di condotte future. 4. Il nono motivo del ricorso (OMISSIS), che tratta il tema della premeditazione, al pari dei precedenti non e' fondato. La premeditazione richiede, per costante insegnamento (Sez. 1, n. 37825 del 29/04/2022, Tiscornia, Rv. 283512-01; Sez. 1, n. 5147 del 14/07/2015, dep. 2016, Scanni, Rv. 266205-01; Sez. 1, n. 3082 del 05/03/1996, Travagnin, Rv. 204299-01), il radicamento e la persistenza costante, per apprezzabile lasso di tempo, nella psiche del reo del proposito delittuoso, sintomo di piu' accentuata colpevolezza, e si distingue dalla mera preordinazione, la quale si esaurisce nell'apprestamento dei mezzi minimi, necessari all'esecuzione, e solo nella fase a quest'ultima immediatamente precedente. I caratteri dell'azione criminosa, da (OMISSIS) organizzata e portata a compimento, deponenti nella prima direzione, appaiono ben descritti dalla sentenza impugnata, che al riguardo adeguatamente valorizza la sintomaticita' della risalente causale e la scelta, apprezzabilmente anticipata, del tempo e del luogo di esecuzione, nonche' la predisposizione accurata dei relativi mezzi. Non si puo' sensatamente parlare, nella vicenda di causa, di occasionalita' del momento di consumazione, che era stato, al contrario, studiato e preparato con ogni cura. (OMISSIS) riconduce l'ideazione dell'omicidio alla propria autonoma iniziativa, ma tale dato non rinnega l'esistenza di un significativo intervallo temporale tra l'insorgenza del proposito criminoso e l'attuazione di esso, tale da consentire quella ponderata riflessione circa l'opportunita' del recesso, in cui, per pacifica opinione, e' ravvisabile l'elemento cronologico, costitutivo dell'aggravante. In tale lasso di tempo, in cui rimase ferma la risoluzione criminosa, a riprova dell'ulteriore elemento costitutivo della circostanza, piu' propriamente di natura psicologica, l'imputato si procuro', nei modi descritti, l'automobile e l'arma, osservo' le abitudini della vittima ed effettuo' altresi' preventive ricognizioni nel luogo ove l'agguato sarebbe dovuto avvenire (i sopralluoghi risalgono alla sera precedente l'omicidio e sono documentati dalle riprese delle telecamere di videosorveglianza, che inquadrano ripetutamente la Fiat Bravo). L'intenzione di uccidere, come il mancato travisamento del volto plasticamente rivela, era nella genesi del piano criminale. Una volta esclusa l'imperizia dell'attentatore, non residua alcun indizio, che non sia meramente labiale, di un'intervenuta decisione repentina, che abbia segnato l'innalzamento del grado di offesa. Sicche' il dolo di premeditazione, ampiamente risultante dagli atti, e' propriamente quello di natura omicida. 5. Infondato risulta, infine, il decimo motivo del ricorso (OMISSIS). In materia di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione e' insindacabile in sede di legittimita', purche' sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'articolo 133 c.p., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549-02; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269-01; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, Rv. 265826-01; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899-01). Al riguardo la sentenza impugnata inappuntabilmente argomenta, mediante puntuale richiamo a specifici indici ostativi, oggettivi e soggettivi, rappresentati dalla gravita' della condotta (l'aver cagionato la morte di un uomo, al solo dichiarato fine di rasserenare la propria compagna e ritrovare una tranquillita' familiare) e dalla pessima personalita' dell'imputato (che, dopo aver rilasciato una minimizzatrice confessione, l'ha sostanzialmente pretermessa, tornando ad invocare una pronuncia di assoluzione da ogni responsabilita'). L'intero impianto della sentenza impugnata, del resto, ragionatamente confuta la deduzione, ripresa dal motivo, secondo cui l'esito letale sarebbe frutto di una situazione, influenzata da fattori cinematici esterni (la velocita' della vettura, la sua brusca frenata, la disordinata traiettoria dei proiettili), sostanzialmente sfuggita di mano all'imputato. Il profilo, di puro fatto, non puo' essere in questa sede ridiscusso, ai fini dell'invocata mitigazione del trattamento sanzionatorio ex articolo 62-bis c.p.. 6. Il ricorso (OMISSIS) deve essere respinto, alla luce delle complessive argomentazioni che precedono. A tale esito segue, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali. 7. Viene a questo punto in considerazione il ricorso (OMISSIS), come integrato dai motivi aggiunti. Esso appare fondato, nei termini e limiti seguenti. 7.1. La sentenza impugnata pone essenzialmente a base della riconosciuta colpevolezza dell'imputata, quale mandante, la chiamata in correita' di (OMISSIS), de relato da (OMISSIS), in tesi corroborata da intercettazioni ambientali separatamente operate ai danni di entrambi, ristretti in carcere, e ulteriormente avvalorata dall'esistenza di un solido e comprovato movente. 7.2. Occorre allora in questa sede scrutinare, su sollecitazione della ricorrente, la correttezza dei criteri di valutazione della suddetta chiamata, alla stregua dei principi sul tema ripetutamente affermati dalla giurisprudenza di legittimita', secondo cui il giudice di merito deve anzitutto verificare la credibilita', o attendibilita' intrinseca, del dichiarante, valutando la sua personalita', le sue condizioni socio-economiche e familiari, il suo passato, i suoi rapporti con i chiamati in correita' e le ragioni che lo hanno indotto alla confessione e all'accusa dei coautori e complici; deve anche verificare, non necessariamente attraverso passaggi argomentativi rigidamente separati, l'attendibilita' c.d. estrinseca delle dichiarazioni rese, valutandone l'obiettiva consistenza e le caratteristiche, avendo riguardo, tra l'altro, alla loro spontaneita' e autonomia, alla loro precisione, alla completezza della narrazione dei fatti, alla loro coerenza e costanza; deve, da ultimo, verificare l'esistenza di riscontri esterni di natura individualizzante ("gli altri elementi di prova" di cui e' menzione nell'articolo 192 c.p.p., comma 3), onde trarne la necessaria e definitiva conferma del costrutto accusatorio (ex pluribus, Sez. 4, n. 34413 del 18/06/2019, Khess, Rv. 276676-01; Sez. 2, n. 21171 del 07/05/2013, Lo Piccolo, Rv. 255553-01; Sez. 6, n. 16939 del 20/12/2011, dep. 2012, De Filippi, Rv. 252630-01; Sez. 5, n. 31442 del 28/06/2006, Salinitro, Rv. 235212-01). In caso di chiamata diretta in correita', e' sufficiente che l'attendibilita', intrinseca ed estrinseca, sia apprezzata con riferimento alla personalita' delinquenziale del soggetto ed alla completezza, precisione, coerenza interna e ragionevolezza dell'accusa; per la dichiarazione indiretta, invece, e' necessaria, per la sua composita natura, una piu' complessa e rigorosa verifica, dovendo essere anche accertati i rapporti personali fra il confidente e il dichiarante, per inferirne dati sintomatici della corrispondenza al vero della confidenza in se', e dovendosi quindi estendere la valutazione di affidabilita' alla fonte primaria, per saggiare la bonta' del suo contributo narrativo (Sez. 5, n. 4144 del 09/10/1996, Mannolo, Rv. 206338-01). L'accusa de relato richiede, quindi, un'indagine piu' approfondita e penetrante, estesa all'accertamento della veridicita' sostanziale del narrato primario. In presenza di un'accusa de relato, qualora la persona alla quale il dichiarante abbia fatto riferimento abbia taciuto al riguardo, ovvero abbia fornito una versione dei fatti contrastante, il giudice di merito puo' ritenere attendibile la dichiarazione de relato, non esistendo nel codice alcuna formale gerarchia tra fonti dichiarative e ponendosi una diversa soluzione in contrasto con il principio del libero convincimento del giudice, ma tale risultato puo' attingere solo all'esito di una valutazione improntata a speciale cautela, previa scelta critica e motivata della versione da privilegiare (Sez. 6, n. 38064 del 05/06/2019, Pisani, Rv. 277062-01; Sez. 3, n. 529 del 02/12/2014, dep. 2015, N., Rv. 261793-01; Sez. 3, n. 2010 del 30/11/2007, dep. 2008, Vitiello, Rv. 238626-01). Quanto al necessario riscontro esterno, e' evidente che la duplice chiamata, diretta ed indiretta, ancorche' eventualmente convergente, sia strutturalmente incapace di autoriscontrarsi, difettando in tal caso il requisito dell'autonomia genetica delle dichiarazioni a carico, vale a dire la loro derivazione da fonti di informazione diverse (Sez. U, n. 20804 del 29/11/2012, dep. 2013, Aquilina, Rv. 255143-01; Sez. 1, Sentenza n. 41238 del 26/06/2019, Vaccaro, Rv. 27713401). Sara' necessario acquisire per altra via - anche attraverso chiamate in reita' o correita' ulteriori, purche' indipendenti dalla prima, in quanto non frutto di intese fraudolente, e adeguatamente convergenti in relazione a circostanze rilevanti del thema probandum - i necessari elementi di corroborazione. Nella ricerca del riscontro, il movente del crimine puo' certamente assumere una sua rilevanza. La giurisprudenza di legittimita' insegna che, nella valutazione della prova, la causale del delitto, pur non costituendo elemento a carico autosufficiente, puo' costituire elemento di corroborazione individualizzante ad una chiamata in correita', in se' dotata dei requisiti di credibilita' ed attendibilita', sempreche' la causale sia precisamente connotata nei suoi elementi circostanziali e sia oggetto di rigorosa argomentazione in correlazione alle propalazioni che deve avvalorare (Sez. 1, n. 31205 del 23/10/2020, Fortuna, Rv. 279790-01; Sez. 2, n. 43311 del 17/07/2013, Barbaro, Rv. 256966-01; Sez. 2, n. 10967 del 17/12/2004, dep. 2005, Romito, Rv. 231028-01). E' altrettanto vero, specularmente, che la causale in tanto puo' fungere da fattore catalizzatore e rafforzativo della valenza degli elementi a carico posti a fondamento del giudizio di penale responsabilita', in quanto questi ultimi, all'esito dell'apprezzamento analitico e nel quadro di una valutazione globale di insieme, si presentino, anche in virtu' della chiave di lettura offerta dal movente, chiari, precisi e convergenti per la loro univoca significazione. Ne consegue che il movente non puo' costituire elemento che consenta di superare le discrasie di un quadro probatorio che appaia intrinsecamente debole e di per se' non convincente (Sez. U, n. 45276 del 30/10/2003, Andreotti, Rv. 226094-01; Sez. 1, n. 813 del 19/10/2016, dep. 2017, Lin, Rv. 269287-01; Sez. 1, n. 17548 del 20/04/2012, Sorrentino, Rv. 252889-01). 7.3. Tornando a questo punto al contenuto della sentenza impugnata, il Collegio rileva come da essa si ricavi che (OMISSIS), nei plurimi interrogatori resi nel procedimento penale, abbia sempre affermato di avere appreso da (OMISSIS) che fosse stata l'imputata (OMISSIS) ad ordinare a quest'ultimo - con la promessa (poi, a dire di (OMISSIS), non mantenuta) di un compenso di cinquemila Euro - di sparare a (OMISSIS). La sentenza impugnata fa poi idoneo riferimento alle intercettazioni ambientali, riferibili al dichiarante (OMISSIS), che avvalorano e rendono credibile che questi ricevette da (OMISSIS), prima ancora che il crimine fosse commesso, confidenze di tal fatta. La sentenza impugnata, nel fare riferimento ulteriore alle dichiarazioni rese da (OMISSIS) nel procedimento penale, ne svaluta genericamente il rilievo (affermando la natura strumentale e minimizzatrice della sua confessione, limitata ai soli aspetti gia' emersi e che non avrebbero potuto essere negati), ma e' totalmente silente sulla circostanza, opportunamente evidenziata dalla ricorrente, e in effetti di centrale importanza per la definizione della posizione di quest'ultima, che in dette dichiarazioni (OMISSIS) colleghi si' l'azione delittuosa contro (OMISSIS) ad un interesse personale e diretto della donna (collegamento risultante anche dalle intercettazioni ambientali ai danni del dichiarante), ma neghi di avere conoscenza propria e autonoma del mandato omicida, della cui esistenza avrebbe appreso non dalla viva voce di (OMISSIS), ma, indirettamente, dallo stesso (OMISSIS). E' quest'ultimo che si sarebbe rivolto a (OMISSIS), chiedendogli di procurare la vettura e la pistola, ed e' a (OMISSIS) che (OMISSIS) attribuisce l'assunzione dell'impegno economico (i citati cinquemila Euro) nei propri confronti, in cambio dell'apprestamento di mezzi materiali che sarebbero dovuti servire a commettere l'agguato. Le menzionate ultime dichiarazioni risultano dai verbali di interrogatorio, reso da (OMISSIS) al Pubblico Ministero il 19 marzo 2019, e sono allegate, come documento 19, al ricorso (OMISSIS). Nel tralasciarle, la sentenza impugnata e' incorsa in un travisamento omissivo della prova dichiarativa, decisivo ai fini della valutazione dell'attendibilita' di (OMISSIS), che, quale coimputato dei medesimi reati, rappresenta anche l'unica vera fonte di prova rappresentativa a carico della ricorrente. La sentenza impugnata non si interroga se sia attendibile la versione consegnata da (OMISSIS) a (OMISSIS) in sostanziale concomitanza con gli eventi di causa, circa il conferimento diretto del mandato delittuoso da (OMISSIS) a (OMISSIS), o se lo sia maggiormente la versione "processuale" di quest'ultimo, in base alla quale egli sarebbe stato compulsato da (OMISSIS) e sarebbe stato (OMISSIS) ad ingaggiarlo nell'impresa in cambio di un compenso economico, lasciando sullo sfondo intravedere il coinvolgimento di (OMISSIS) nell'affare criminoso. Ove fosse maggiormente affidabile questa seconda versione, la chiamata in correita' di (OMISSIS) si atteggerebbe, essa stessa, come chiamata de relato, sotto alcuni aspetti addirittura solo implicita, e il giudice di merito sarebbe stato tenuto a saggiarne autonomamente la tenuta, opportunamente raffrontandola con il narrato di (OMISSIS), che, per parte sua, ha sempre scagionato (OMISSIS) e ha altresi' negato di aver promesso a (OMISSIS) corrispettivi in denaro per il suo apporto. La sentenza impugnata e' in definitiva viziata, quanto alla valutazione di attendibilita' estrinseca delle dichiarazioni di (OMISSIS), anche in rapporto al loro difetto di coerenza e costanza nel tempo. Il movente omicida, in capo a (OMISSIS), e' invero dotato di una sua interna plausibilita', avendo la Corte territoriale esaurientemente illustrato i plurimi indizi che ne sorreggono la configurabilita', dalla crisi della relazione sentimentale tra la donna e il suo partner, al temperamento opprimente e possessivo di lei, gia' in passato mandante di un grave atto intimidatorio ai danni di (OMISSIS), e autrice di rinnovate minacce. Occorre tuttavia ribadire che, in tema di prova del mandato omicida, il movente, slegato da una base probatoria primaria sufficientemente solida e convincente, non e' elemento di per se' capace di fondare la condanna, conservando esso sempre un margine di ambiguita', e potendo svolgere solo la funzione di chiave di lettura degli altri elementi di prova a carico dell'imputato. Allorche' questi ultimi appaiano intrinsecamente deficitari, per strutturali carenze argomentative di ordine valutativo, non puo' la pretesa causale rappresentare un sicuro elemento di conferma del coinvolgimento ideale nell'omicidio di un soggetto, solo perche' questi sia risultato concretamente interessato all'eliminazione fisica della vittima. 8. In accoglimento dell'impugnazione proposta da (OMISSIS), la sentenza impugnata deve essere annullata nei suoi confronti, con rinvio ad altra sezione della Corte di assise di appello di Bari per piu' approfondita lettura critica del valore della chiamata in correita' riferibile al coimputato (OMISSIS), e per rinnovata globale valutazione dell'intero quadro probatorio a carico; cio' anche alla luce degli ulteriori rilievi critici in tema di convergenza e tenuta del medesimo, incluso il giudizio di soggettiva credibilita' delle fonti dichiarative, investito da censure che allo stato sono da considerare, in questa sede, assorbite. 9. Il ricorso (OMISSIS), che si passa ad esaminare, e' infondato. A confutarlo basta il rilievo che, se anche il piano iniziale degli esecutori materiali fosse stato soltanto quello di minacciare la vittima, o di attentare alla sua incolumita' sparando solo per gambizzare (e fosse stato inaspettatamente variato in extremis da (OMISSIS)), come la sentenza impugnata per vero ineccepibilmente esclude, il dato potrebbe influire semmai sulla premeditazione omicida (che il ricorrente non coinvolge, pero', nella sua censura), mentre non sarebbe decisivo nell'auspicata direzione del riconoscimento, rispetto a (OMISSIS), del concorso anomalo di cui all'articolo 116 cpv. c.p.. Questa Corte, esprimendosi nel suo massimo Consesso, ha infatti ammonito che l'espressa adesione del concorrente ad un'impresa criminosa, consistente nella produzione di un evento gravemente lesivo dell'incolumita' personale altrui, mediante il necessario e concordato impiego di micidiali armi da sparo, implichi comunque il consenso preventivo all'uso cruento e illimitato delle medesime, da parte di colui che sia stato designato come unico esecutore; con la conseguenza che ricorre un'ipotesi di concorso ordinario, a norma dell'articolo 110 c.p., anche rispetto al preteso concorrente nolente, non applicandosi l'articolo 116 cpv. c.p., nell'aggressione consumata con uso di tali armi, e in relazione all'evento letale che ne sia poi derivato, oggetto dei gia' preventivati e prevedibili sviluppi, quantunque concretamente riconducibile alla scelta esecutiva dello sparatore sulla base di una valutazione della contingente situazione di fatto, la quale rientri, comunque, nel novero delle possibilita' astrattamente prefigurate in sede di accordo criminoso come concretamente suscettibili di accadere, e come tali accettate, almeno a titolo di dolo eventuale (Sez. U, n. 337 del 18/12/2008, dep. 2009, Antonucci, Rv. 241574-01; sez. 1, n. 12610 del 07/03/03, Benigno). In caso di preventivata gambizzazione della vittima, sfociata invece nella sua morte, il concorrente non esecutore, anche in mancanza di prova certa in lui dell'animus necandi, risponde pertanto di omicidio a pieno titolo sulla base del solo presupposto - ragionevole, probabile e che il ricorrente, nel caso di specie, specificamente non contrasta - di avere consapevolmente accettato il rischio che le gravi lesioni programmate potessero trasmodare in omicidio. 10. Il ricorso (OMISSIS) deve essere conseguentemente respinto. A tale esito segue, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali. 11. Il ricorso (OMISSIS) deve essere invece dichiarato inammissibile, per intervenuta rinuncia, valida ed irrevocabile. L'intervenuta rinuncia e' valida, perche' effettuata dell'imputato interessato personalmente e di suo pugno (tra le molte, Sez. 2, n. 5378 del 05/12/2014, dep. 2015, Preiti, Rv. 262276-01). Trattandosi, poi, di atto processuale di natura negoziale, abdicativo e recettizio, la revoca di esso e' consentita solo finche' l'atto stesso non sia pervenuto all'attenzione dell'Autorita' competente (Sez. 5, n. 18714 del 22/04/2022, B., Rv. 283164-01; Sez. 6, n. 23848 del 11/04/2013, Serrano Caceres, Rv. 255671-01; Sez. 2, n. 25020 del 17/05/2012, Vasile, Rv. 25307801). Nella specie, la revoca della rinuncia deve ritenersi priva di qualunque effetto in quando tardivamente effettuata, essendo stata la rinuncia previamente acquisita al fascicolo processuale. All'inammissibilita' del ricorso segue, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali e - per i profili di colpa correlati all'irritualita' dell'impugnazione (Corte Cost., sentenza n. 186 del 2000) - di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte e rinunciate, si stima equo determinare in cinquecento Euro. 12. L'esito del giudizio di cassazione importa, infine, la condanna dei ricorrenti (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalle costituite parti civili, che, tenuto conto dell'impegno defensionale profuso, si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di assise di appello di Bari. Dichiara inammissibile il ricorso di (OMISSIS), che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro cinquecento in favore della Cassa delle ammende. Rigetta i ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS), che condanna al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, i ricorrenti (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili, che liquida in favore di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) in complessivi Euro 6000,00, oltre accessori di legge, e in favore di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) in complessivi Euro 6000,00, oltre accessori di legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DI NICOLA Vito - Presidente Dott. GALTERIO Donatell - Consigliere Dott. CERRONI Claudio - Consigliere Dott. LIBERATI Giovan - rel. Consigliere Dott. SEMERARO Luca - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), NATO A (OMISSIS); (OMISSIS) SRL; avverso l'ordinanza del 25/07/2022 del TRIB. LIBERTA' di BERGAMO; udita la relazione svolta dal Consigliere LUCA SEMERARO; lette le conclusioni del PG STEFANO TOCCI; Il Proc. Gen. conclude per l'inammissibilita' del ricorso; lette le conclusioni del difensore; Il difensore avv. Francesco Rossini ha depositato una memoria, anche in replica alle argomentazioni del Procuratore generale. Ricorso trattato ai sensi del Decreto Legge n. 137 DEL 2020 ex articolo 23, comma 8. RITENUTO IN FATTO 1. Con l'ordinanza del 25 luglio 2022 il Tribunale del Riesame di Bergamo ha confermato il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bergamo il 25 giugno 2022 nei confronti di (OMISSIS) e di (OMISSIS) s.r.l. di convalida del sequestro preventivo disposto d'urgenza dal Pubblico ministero. Il Tribunale del riesame ha ritenuto sussistenza il fumus del reato ex articolo 11 Decreto Legislativo n. 74 del 2000 ascritto a (OMISSIS), quale legale rappresentante di (OMISSIS) s.r.l., per avere - al fine di sottrarsi al pagamento dell'Iva per Euro 219.754,00 (anno 2018) e per Euro 236.083,00 (anno 2019), relative al PVC redatto dal Nucleo Guardia di Finanza di (OMISSIS) e notificato all' (OMISSIS) il data 14 ottobre 2021; di imposte per Euro 639.260,00 (avviso di accertamento notificato a (OMISSIS) il 8 giugno 2020) e di sanzioni per Euro 1.078. 751,00, relative alle attivita' di polizia giudiziaria - alienato simulatamente i beni di (OMISSIS) s.r.l., al fine di sottrarli alla procedura di riscossione; l'indagato ha affittato il ramo di azienda relativo all'intera attivita' economica svolta dalla societa' (distributore di benzina e bar) con contratto del 26 gennaio 2022 alla neo costituita (OMISSIS) s.r.l., per un canone mensile di Euro 2.000, spostando di fatto l'intero fatturato di (OMISSIS) s.r.l. alla nuova societa'. Il Giudice per le indagini preliminari nel convalidare il sequestro preventivo del Pubblico ministero, ha disposto il sequestro preventivo diretto nei confronti di (OMISSIS) s.r.l., ovvero, in caso di incapienza, il sequestro preventivo per equivalente nei confronti di beni di proprieta' o anche solo nella disponibilita' di (OMISSIS) (comprensivi delle quote di partecipazione societaria nella (OMISSIS) s.r.l. fittiziamente intestate a terzi) fino alla concorrenza del valore dei canoni percepiti da (OMISSIS) s.r.l. in forza del contratto di affitto di azienda stipulato in data 26 Gennaio 2022. Ha, altresi', disposto il sequestro preventivo dei citati valori nonche' dell'azienda coincidente con l'impianto di distribuzione di carburanti ubicato in (OMISSIS), ritenendo che l'azienda oggetto del contratto di affitto stipulato da (OMISSIS) s.r.l. costituisca il profitto del reato da confiscare ai sensi dell'articolo 12-bis Decreto Legislativo n. 74 del 2000 e prima di quel momento sequestrabile. 2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'indagato e della societa'. Nella prima parte del ricorso si ricostruisce l'iter del procedimento, con riferimento al decreto del Pubblico ministero del 21 giugno 2022 della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo di sequestro preventivo d'urgenza ed alla convalida emessa dal Giudice per le indagini preliminari il 25 giugno 2022, ai motivi di riesame ed alle argomentazioni dell'ordinanza impugnata. 2.1. Con il primo motivo si deduce la violazione del Decreto Legislativo n. 74 del 2000 articolo 11. Con il riesame si contesto' la sussistenza del reato Decreto Legislativo n. 74 del 2000 ex ART. 11 perche' con il contratto di affitto di azienda i beni sarebbero, comunque, rimasti di proprieta' di (OMISSIS) s.r.l. e, quindi, sarebbero stati aggredibili dall'Erario. Non si sarebbe verificato lo svuotamento patrimoniale di (OMISSIS) s.r.l. Erroneo sarebbe anche il riferimento, effettuato dal Tribunale del Riesame, di dover esperire l'azione revocatoria; nel caso di contratto di affitto di azienda l'Erario potrebbe direttamente aggredire i beni del beneficiario senza necessita' di tale azione; non sarebbe stata pregiudicata l'attivita' di riscossione dell'Amministrazione finanziaria. Sarebbe congetturale ed apodittica la motivazione che ha ritenuto che con l'affitto di azienda sarebbero state sottratte all'esecuzione erariale le disponibilita' liquide derivante dall'attivita' aziendale, entrate nella titolarita' della societa' affittuaria (OMISSIS) s.r.l., non essendo affatto certo che con la prosecuzione in proprio dell'attivita' aziendale la (OMISSIS) s.r.l. avrebbe generato liquidita' aggredibile da parte dell'Amministrazione finanziaria, tenuto conto anche del perdurante trend negativo. La societa' ricorrente ha incassato i canoni di affitto da parte della societa' affittuaria che sono aggredibili da parte dell'Erario. Sul punto, il Tribunale del riesame avrebbe osservato che nessun pagamento sarebbe avvenuto fino alla data del sequestro preventivo e che il primo pagamento del canone sarebbe avvenuto solo dopo aver acquisito consapevolezza della misura cautelare. Il Tribunale del riesame non avrebbe valutato che il decreto di sequestro preventivo, pur essendo stato emesso il 26 aprile 2022, e' stato notificato ed eseguito il 20 giugno 2022. 2.2. Con il secondo motivo si deduce la violazione dell'articolo 12-bis Decreto Legislativo n. 74 del 2000. Erroneamente il Giudice per le indagini preliminari ed il Tribunale del riesame avrebbero individuato nell'azienda oggetto del contratto di affitto il profitto di reato sequestrabile ex articolo 321, comma 2, c.p.p. Non sarebbe stato indicato dai provvedimenti di merito, neppure approssimativamente, il valore dell'azienda concessa in affitto; l'azienda e', poi, ancora di proprieta' di (OMISSIS) s.r.l.: non sarebbe stata sottratta alla garanzia dei crediti dell'Amministrazione finanziaria. Nella parte in cui il Tribunale del riesame ha fatto riferimento alle disponibilita' liquide che verrebbero sottratte all'esecuzione erariale e che, invece, il sequestro impedirebbe che entrino nella titolarita' dell'affittuaria (OMISSIS) s.r.l., il Tribunale del riesame sembrerebbe far riferimento al sequestro disciplinato dall'articolo 321, comma 1, c.p.p., misura diversa da quella richiesta dal Pubblico Ministero e disposta dal Giudice per le indagini preliminari. 2.3. Il difensore ha depositato una memoria, anche in replica alle argomentazioni del Procuratore generale, riprendendo le argomentazioni del ricorso e chiedendo l'annullamento dell'ordinanza impugnata. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Oggetto della richiesta di restituzione, che concretizza l'interesse ad impugnare, e' l'azienda, di cui si contesta che sia sottoponibile a sequestro finalizzato alla confisca. Rispetto a tale richiesta, il ricorso proposto da (OMISSIS), in proprio quale indagato, e' inammissibile per carenza di interesse, non avendo egli diritto alla restituzione. In ogni caso, all'indagato risultano essere state sottoposte a sequestro preventivo solo le quote della (OMISSIS)i s.r.l. che sarebbero fittiziamente intestate a (OMISSIS), pari a 9000 Euro. Non sono proposte questioni relative al sequestro di tali quote sociali, poiche' il ricorso e' incentrato sulla sequestrabilita' dell'azienda. Pertanto, il ricorso da (OMISSIS), in proprio, deve essere dichiarato inammissibile. Ai sensi dell'articolo 616 c.p.p. si condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 3.000,00, determinata in via equitativa, in favore della Cassa delle Ammende, considerato che non vi e' ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita'. 2. Il primo motivo del ricorso di (OMISSIS) s.r.l. e' manifestamente infondato. 2.1. L'articolo 11 del Decreto Legislativo n. 74 del 2000 sanziona chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte, per un ammontare complessivo superiore a Euro 50.000,00, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni, idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva. 2.1.1. Come affermato da Sez. 3, sentenza n. 3011 del 05/07/2016, Di Tullio, Rv. 268798, attraverso l'incriminazione della condotta prevista dall'articolo 11 del Decreto Legislativo n. 74 del 2000 il legislatore ha inteso evitare che il contribuente si sottragga al suo dovere di concorrere alle spese pubbliche creando una situazione di apparenza tale da consentirgli di rimanere nel possesso dei propri beni fraudolentemente sottratti alle ragioni dell'Erario. Cfr. sul punto anche Sez. 3, n. 36290 del 18/05/2011, Cualbu, Rv. 251077, secondo cui l'oggetto giuridico del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte non e' il diritto di credito del fisco, bensi' la garanzia generica data dai beni dell'obbligato, potendo quindi il reato configurarsi anche qualora, dopo il compimento degli atti fraudolenti, avvenga comunque il pagamento dell'imposta e dei relativi accessori. La norma punisce due distinte condotte: l'alienazione simulata ed il compimento di atti fraudolenti. Per quanto qui interesse, per atto fraudolento (cfr. Sez. 3, n. 3011 del 05/07/2016, Di Tullio, Rv. 268798,) deve intendersi qualsiasi atto che, non diversamente dalla alienazione simulata, sia idoneo a rappresentare ai terzi una realta' (la riduzione del patrimonio del debitore) non corrispondente al vero, mettendo a repentaglio o comunque rendendo piu' difficoltosa l'azione di recupero del bene in tal modo sottratto alle ragioni dell'Erario. Secondo il costante indirizzo della giurisprudenza, il delittole' joi reato di pericolo concreto; in ossequio al principio di offensivita', si deve valutare l'idoneita' ex ante dell'atto a mettere in pericolo la garanzia patrimoniale del debito erariale. La diminuzione della garanzia puo' essere anche solo parziale, non necessariamente totale (Sez. 3, n. 6798 del 16/12/2015, dep. 2016, Arosio, Rv. 266134), purche' effettivamente in grado di mettere a rischio l'esazione del credito. La condotta puo' essere posta in essere con ogni atto di disposizione del patrimonio che abbia la sua causa nel pregiudizio alle ragioni creditorie dell'Erario. Il carattere fraudolento di determinate operazioni negoziali presuppone che l'attivita' fraudolenta sia nascosta attraverso lo schermo formale di attivita' o documenti apparentemente regolari (Sez. 3, n. 40319 del 2016, Scandiani) o l'adozione di un atto formalmente lecito - come l'alienazione di un bene - pero' caratterizzato da una componente di artificio o di inganno (Sez. 3, n. 25677 del 16/5/2012, Caneva, Rv. 252996). 2.1.2. Orbene, la giurisprudenza ha gia' affermato che il reato ex articolo 11 Decreto Legislativo n. 74 del 2000 si possa concretizzare con l'affitto di azienda ove risulti che si tratti di un atto fraudolento; cfr. Sez. 3, n. 40319 del 16/06/2016, Scandiani, in motivazione. Afferma tale sentenza che la natura del delitto in esame come fattispecie di pericolo non impone che dall'atto apparentemente dispositivo consegua una effettiva erosione nell'area di garanzia dei crediti erariali costituita dal patrimonio del debitore, essendo sufficiente che si determini la semplice probabilita', da valutare al momento del compimento dell'atto stesso, che l'attivita' recuperatoria dell'Amministrazione finanziaria possa essere impedita. Anche Sez. 3, n. 31944 del 18/06/2015, Scocco, non massimata in motivazione, ha affermato che il reato ex articolo 11 Decreto Legislativo n. 74 del 2000 si possa concretizzare con l'affitto di azienda. 2.1.3. Il motivo non si confronta con gli elementi di fatto che il Tribunale del riesame ha indicato nelle pagine 9 e 10 per indicare che l'affitto di azienda sia solo apparente e che di fatto la gestione dell'azienda sia ancora effettuata da (OMISSIS). Il motivo non si confronta con la motivazione anche nella parte in cui sono stati indicati gli utili di esercizio ricavati dalla gestione dell'azienda data in affitto alla (OMISSIS)i s.r.l. Si tratta di circostanza di fatto che dimostrano che mediante l'affitto di azienda la societa' ricorrente e' stata privata dei suoi beni produttivi di utili, durante la durata dell'affitto, rispetto ad un canone ritenuto irrisorio rispetto ad essi. 2.2. Il secondo motivo e' infondato. 2.2.1. Il Tribunale del riesame ha risposto alla questione dedotta con la memoria - se l'azienda costituisca il profitto del reato - richiamando il costante orientamento della giurisprudenza (cfr. Sez. 3, n. 10214 del 22/01/2015, Chiarolanza, Rv. 262754) per cui il profitto, confiscabile anche nella forma per equivalente, del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte di cui all'articolo 11 del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, va individuato nella riduzione simulata o fraudolenta del patrimonio del soggetto obbligato e, quindi, consiste nel valore dei beni idonei a fungere da garanzia nei confronti dell'amministrazione finanziaria che agisce per il recupero delle somme evase costituenti oggetto delle condotte artificiose considerate dalla norma. Il profitto, pertanto, non va individuato nell'ammontare del debito tributario rimasto inadempiuto. Il Tribunale del riesame ha, pertanto, ritenuto che oggetto del sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta sia l'azienda, quale valore dei beni idonei a fungere da garanzia nei confronti dell'amministrazione finanziaria, essendo irrilevante il mancato passaggio di proprieta', poiche' i beni risultano, quanto meno formalmente, nella disponibilita' di un altro soggetto giuridico, per quanto apparente. 2.3. Pertanto, il ricorso deve essere rigettato. Ai sensi dell'articolo 616 c.p.p. si condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso della (OMISSIS) srI e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dichiara inammissibile il ricorso di (OMISSIS) che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BONI Monica - Presidente Dott. MAGI Raffaello - Consigliere Dott. ALIFFI Francesco - Consigliere Dott. CAPPUCCIO Daniele - Consigliere Dott. TOSCANI Eva - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS) S.R.L.; avverso l'ordinanza del 13/04/2022 del TRIB. LIBERTA' di ASTI; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa TOSCANI EVA; sentite le conclusioni dell'Avvocato Generale, Dott. GAETA PIETRO, che conclude chiedendo il rigetto del ricorso; udito il difensore; E' presente l'avvocato (OMISSIS) del foro di TORINO in difesa di: (OMISSIS) S.R.L. che conclude chiedendo l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con l'ordinanza in preambolo il Tribunale di Asti, giudicando in sede di rinvio su annullamento di questa Corte in data 13 gennaio 2022, investito dell'impugnazione ex articolo 324 c.p.p. proposta dalla "terza interessata" (OMISSIS) s.r.l., ha confermato il decreto con cui il Giudice per le indagini preliminari della stessa citta' aveva disposto, ai sensi dell'articolo 321 c.p.p., comma 1, il sequestro preventivo c.d. impeditivo dell'immobile sito in (OMISSIS), di proprieta' della stessa (OMISSIS) s.r.l.. La misura cautelare reale trova titolo nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale concernente un'operazione distrattiva che ha interessato il medesimo immobile; reato commesso, tra gli altri, da (OMISSIS), quale amministratore della (OMISSIS) spa (di seguito (OMISSIS)), societa' dichiarata fallita il (OMISSIS). Il provvedimento ablativo si fonda sul rilievo che la libera disponibilita' di quel bene, da considerarsi pertinente al reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, puo' aggravare o protrarre le conseguenze del reato. 2. Ricorre (OMISSIS) s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore (OMISSIS), tramite il difensore e procuratore speciale, e nell'unico, articolato motivo, deduce violazione dell'articolo 627 c.p.p. e articolo 125 c.p.p., comma 3. Premette la societa' ricorrente che la sentenza rescindente aveva posto in evidenza l'assoluta carenza della motivazione sul periculum in mora, essendo stato ritenuto errato il riferimento, svolto dal Tribunale nel provvedimento annullato, al pericolo che il bene, oggetto di distrazione, potesse "consolidarsi" nel patrimonio del soggetto terzo; cio' perche' (OMISSIS) S.r.l. e' la formale proprietaria del bene e non v'era alcuna possibilita' di "consolidazione", inteso detto termine in senso civilistico, del bene nel patrimonio della societa' che gia' ne dispone in base ad un diritto reale piu' ampio ed esteso, quale e' appunto il diritto di proprieta'. Sostiene, quindi, il ricorrente che il giudice del rinvio, nel tentativo di integrare la motivazione in punto di pericolo che la libera disponibilita' in capo ad (OMISSIS) dell'immobile potesse aggravare o protrarre le conseguenze del reato di bancarotta ovvero agevolare la commissione di altri reati, avrebbe fatto riferimento a evenienze astratte, quali la "possibilita'" che l'attuale societa' proprietaria del bene vendesse sottocosto l'immobile e che tale scelta potesse essere in tal senso condizionata dall'indagato (OMISSIS), unico socio di (OMISSIS) S.r.l. e padre dell'amministratore di detta societa'. Si tratta - giusta la tesi del ricorrente - di circostanze non solo meramente ipotetiche, ma addirittura smentite da dati obiettivi: considerato, invero, che (OMISSIS) e' subentrata nel contratto di leasing nel 2009 e che ha riscattato il bene nel 2016, considerato ancora che (OMISSIS) e' stata dichiarata fallita il (OMISSIS), non risulta che (OMISSIS) - ne' dal momento del riscatto del bene, ne' dal fallimento della (OMISSIS) - abbia intrattenuto alcuna trattativa, ricevuto offerte o comunque intrattenuto trattative per la vendita dell'immobile. Di qui, l'assenza di concretezza e attualita' del periculum in mora. 3. L'Avvocato Generale, con requisitoria orale nella quale si e' riportato alle conclusioni scritte depositate il 15 settembre 2022, ha prospettato il rigetto del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' fondato per le ragioni di cui appresso. 2. Non e' superfluo preliminarmente ricordare come il provvedimento di sequestro preventivo s'inserisce in una piu' ampia vicenda che vede la sottoposizione a indagine di ben undici soggetti, tra i quali (OMISSIS), ritenuto sia l'amministratore (prima di diritto, poi di fatto) e il proprietario (possedendo la maggioranza del pacchetto azionario) della fallita (OMISSIS) spa, sia l'amministratore e il proprietario di (OMISSIS) s.r.l. (ora formalmente rappresentata da (OMISSIS)). Gli addebiti provvisori per reati fallimentari si collegano al fallimento della (OMISSIS) spa, dichiarato il (OMISSIS) su istanza del pubblico ministero. In particolare l'odierno sequestro trova titolo in un'ipotesi di bancarotta fraudolenta patrimoniale che (sulla scorta della relazione del curatore e in base agli esiti della consulenza disposta dal pubblico ministero) i giudici di merito ricostruiscono nei seguenti termini: - nel mese di novembre 2004 la (OMISSIS) concludeva un contratto di locazione finanziaria volto all'acquisto del compendio immobiliare sito in (OMISSIS) (che forma oggetto del sequestro qui in esame), al prezzo di Euro 2.682.000,00 oltre Iva. Nel mese di gennaio 2009 interveniva una modifica nel contratto di leasing che stabiliva in Euro 3.048.000,00 il prezzo dell'immobile; - la (OMISSIS) versata una rata iniziale di 450.000,00 Euro, corrispondeva cinquantadue canoni mensili (pari a complessivi Euro 1.110.000,00) sino al mese di marzo 2009, allorquando residuavano sessantasette canoni mensili da 27.000,00 Euro l'uno; - il 7 marzo 2009, durante l'assemblea dei soci di (OMISSIS), (OMISSIS) (proprietario del 96% del pacchetto azionario e presidente del CdA) rappresentava che la societa' stava patendo la crisi del comparto, poiche' molti clienti di rilievo (Iveco, BMW e Samro) avevano dimezzato gli ordini di acquisto, evidenziava la necessita' di abbattere i costi fissi di struttura mediante la cessione del contratto di locazione finanziaria alla societa' (OMISSIS) s.r.l., in modo da ottenere un risparmio di spesa pari 26.000,00 Euro mensili; - cosi', il 12 marzo 2009, il contratto di locazione finanziaria relativo all'immobile di via (OMISSIS) era ceduto, al prezzo di 141.000,00 Euro, da (OMISSIS) ad (OMISSIS) s.r.l. (societa' il cui capitale sociale e' posseduto al 100% da (OMISSIS), che in quel momento ne risulta anche formalmente l'amministratore); tuttavia a sopportare i successivi costi del canone mensile di leasing non era (OMISSIS), bensi' (OMISSIS), dato che, a distanza di appena due mesi, e segnatamente il 15 maggio 2009, (OMISSIS) concede in locazione a (OMISSIS) quel medesimo immobile, concordando un canone mensile di 27.000,00 Euro al mese (vale a dire un importo esattamente corrispondente a quello dei canoni di leasing che, a seguito della cessione di contratto, (OMISSIS) doveva versare alla concedente); (OMISSIS), inoltre, si accollava tutte le imposte relative all'immobile, comprese quelle gravanti sul proprietario, per un importo complessivo calcolato in Euro 205.576,90; - nel 2016 (OMISSIS), versando il prezzo di riscatto di 152.400,00 Euro, diventa proprietaria del bene immobile del valore di tre milioni di Euro, a fronte dell'esborso complessivo di un decimo del suo valore (Euro 141.000,00 + 152.400,00 Euro). 3. Il Giudice del rinvio ha dapprima richiamato le argomentazioni del Giudice per le indagini preliminari, avallate dalla sentenza rescindente, in punto di fumus commissi delicti, ribadendo che, andando alla sostanza dell'operazione in contestazione, era agevole rilevare - secondo gli elementi raccolti dalla pubblica accusa, illustrati ampiamente nel decreto di sequestro e ripresi dal Tribunale - che il bene immobile oggetto di sequestro (del valore di circa tre milioni di Euro) era stato fatto uscire dai patrimonio di (OMISSIS), che tuttavia ne aveva sostenuto integralmente i costi di acquisto, versando sia la maxi rata iniziale, sia tutti i canoni di leasing (direttamente alla concedente fino al mese di marzo 2009 e poi tramite (OMISSIS) che formalmente le era subentrata nel contratto). Per tale via, nei 2016, al termine del leasing, (OMISSIS) (vale a dire un'altra societa' riferibile comunque a (OMISSIS)) si era trovata proprietaria di un immobile del valore di tre milioni di Euro, a fronte di un esborso di meno di trecentomila Euro, pari a un decimo del valore del bene, esborso che si appalesava incongruo gia' al momento della cessione del contratto di leasing a (OMISSIS) ad (OMISSIS). Inoltre (OMISSIS), una volta acquisita la proprieta' formale del bene nel 2016, grazie al pagamento del prezzo sostenuto quasi per intero dalla fallita (OMISSIS), aveva continuato a beneficiare dei canoni di locazione che (OMISSIS) aveva proseguito a versare, sovente in via anticipata, negli anni 2016, 2017, 2017, 2018 e 2019, per il godimento di un bene che doveva essere suo, drenando cosi' ulteriori risorse in proprio favore, ai danni di (OMISSIS). In sostanza, tramite un artificio negoziale, il bene immobile di cui si discute era uscito dal patrimonio della societa' fallita - che, di fatto, lo aveva acquistato e cosi' sottratto alla garanzia dei creditori. 4. Cio' chiarito, Il Tribunale ha ritenuto di poter rinvenire il periculum in mora sulla scorta del "prezzo basso cui lo stesso e' stato acquistato, che consentirebbe di rivenderlo a un importo molto inferiore al suo valore, ottenendo un guadagno, sia il fatto che l'indagato (OMISSIS), autore, secondo la ricostruzione indiziaria, della distrazione contestata, sia anche unico socio di (OMISSIS), con indubbia possibilita' di condizionare le scelte dell'amministratore delegato (OMISSIS), tra l'altro sua prossima congiunta". Cosi' facendo, tuttavia, il Giudice del rinvio ha nuovamente omesso di assolvere al mandato della sentenza rescindente che aveva ammonito sulla necessita' di integrare, in punto di periculum, l'impianto motivazionale del Giudice per le indagini preliminari, e ha del tutto negletto il principio consolidato in sede di legittimita' secondo il quale "In tema di sequestro preventivo impeditivo, il periculum in mora deve presentare i requisiti della concretezza e attualita' e richiede che sia dimostrata con ragionevole certezza l'utilizzazione del bene per la commissione di ulteriori reati o per l'aggravamento o la prosecuzione di quello per cui si procede" (Sez. 6, n. 56446 del 07/11/2018, Deodati, Rv. 274778; Sez. 6 n. 18183 del 23/11/2017, Polifroni e altro, Rv. 272928). Difatti - ricordato per incidens l'obiettivo di evitare il pericolo della dispersione di beni attinenti alla bancarotta puo' essere perseguito attraverso altri efficaci strumenti quali, sussistendone i presupposti, il sequestro finalizzato alla confisca e l'azione revocatoria - se il pericolo enunciato nel provvedimento di sequestro preventivo impeditivo e' quello di una possibile alienazione del bene da parte di (OMISSIS), lo stesso - in quanto ancorato agli elementi di fatto che quest'ultima potrebbe vendere l'immobile sottocosto e cio' nonostante realizzare un guadagno, atteso il prezzo vile di acquisto, nonche' ai rapporti parentali tra l'indagato e l'amministratore di (OMISSIS) - non si appalesa ne' concreto, ne' attuale: l'alienazione del bene da parte di (OMISSIS) e' meramente asserita, senza l'indicazione di dati obiettivi (ad esempio conferimento mandato a vendere e a stimare il bene, ovvero ancora l'esistenza di trattative in corso), sicche' resta confinata nella sfera delle possibilita' astratte; analoghe considerazioni valgono per l'evocato ruolo condizionante di (OMISSIS) sull'amministratore di (OMISSIS), laddove - avuto riguardo al tempo, di ben cinque anni, trascorso tra il riscatto del bene e il provvedimento di sequestro e di un anno e sei mesi dal fallimento di (OMISSIS) - il dato obiettivo e', invece, che entrambi i soggetti hanno serbato un atteggiamento assolutamente neutro che relega ad un ambito meramente congetturale comportamenti eventuali e futuri, irrilevanti in questa sede. 5. Conclusivamente, in ragione di tale vulnus, la motivazione dell'ordinanza impugnata si sostanzi in argomentazioni in punto di periculum in mora non riferite a ben individuati elementi neppure indiziari. Ne', a fronte di accertamenti che non fanno risultare alcuna condotta irregolare della societa' (OMISSIS), neanche a livello di sospetto, risulta alcuna possibilita' di giungere, in sede di ulteriore giudizio di rinvio, ad affermare l'esistenza del periculum, sicche' l'ordinanza impugnata dev'essere annullata senza rinvio, con la restituzione del bene all'avente diritto. P.Q.M. Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata ed ordina la restituzione del bene sequestrato all'avente diritto.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SABEONE Gerardo - Presidente Dott. PISTORELLI Luca - Consigliere Dott. DE MARZO Giuseppe - rel. Consigliere Dott. SESSA Renata - Consigliere Dott. FRANCOLINI Giovanni - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 19/10/2021 della CORTE APPELLO di L'AQUILA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. GIUSEPPE DE MARZO; lette: a) le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore generale, Dott. Mastroberardino Paola, la quale ha chiesto l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata, per non essere stato accertato il presupposto dell'estensione del fallimento al socio illimitatamente responsabile; b) le conclusioni scritte dell'imputato, il quale ha insistito per l'accoglimento del ricorso e, in subordine, si e' associato alle conclusioni del P.G.. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 19 ottobre 2021 la Corte d'appello di L'Aquila ha confermato la decisione di primo grado che aveva condannato alla pena di giustizia (OMISSIS), avendolo ritenuto responsabile del reato di bancarotta fraudolenta distrattiva, contestatagli, quale socio illimitatamente responsabile della (OMISSIS) s.n.c., fallita in data (OMISSIS), per avere donato alle proprie figlie due unita' immobiliari. 2. Nell'interesse dell'imputato e' stato proposto ricorsi per cassazione, affidato ai motivi di seguito enunciati nei limiti richiesti dall'articolo 173 disp. att. c.p.p.. 2.1. Con il primo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione alle contraddittorie e generiche conclusioni della Corte territoriale, che, per un verso, aveva riconosciuto che "non era proprio evidente", all'epoca delle donazioni dei due immobili, lo stato di insolvenza e, per altro verso, aveva ritenuto chiara la sussistenza di una situazione non meglio precisata di difficolta' economica della societa', peraltro desunta da una personale valutazione del contenuto della dichiarazione dei redditi dell'anno 2009, senza confrontarsi con gli altri dati probatori che rivelavano il sostanziale equilibrio gestionale e la capacita' dell'impresa di produrre reddito. 2.2. Con il secondo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione alla ritenuta sussistenza dell'elemento soggettivo del reato, tenuto conto, oltre che dei rilievi esposti nel primo motivo, anche del fatto che, ne' prima ne' dopo l'atto di donazione, non risultavano essere presenti creditori sociali e personali del (OMISSIS) e che la cessione degli immobili era avvenuta nell'ambito di un procedimento di separazione personale tra coniugi. In questa prospettiva, si aggiunge che: a) erroneamente la Corte d'appello aveva valorizzato il fatto che le donatarie, ossia soggetti estranei all'imputato, nel 2012, avessero conferito i beni in trust; b) assertivamente aveva affermato che gli immobili donati costituissero gli unici beni posti a garanzia dei creditori sociali. 2.3. Con il terzo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, con riguardo alla sussistenza della condotta di cui all'articolo 216, comma 1, L. Fall., deducendo un vizio argomentativo in ordine al delitto di bancarotta fraudolenta impropria da operazioni dolose. 3. Sono state trasmesse, ai sensi del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, l'articolo 23, comma 8, conv. con L. 18 dicembre 2020, n. 176: a) le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore generale, Dott.ssa Paola Mastroberardino, la quale ha chiesto l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata, per non essere stato accertato il presupposto dell'estensione del fallimento al socio illimitatamente responsabile; b) le conclusioni scritte dell'imputato, il quale ha insistito per l'accoglimento del ricorso e, in subordine, si e' associato alle conclusioni del P.G.. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I tre motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente per la loro stretta correlazione. Ora, il terzo, non perspicuo motivo e' del tutto inammissibile, dal momento che non e' stata contestata la bancarotta di cui all'articolo 223, comma 2, n. 1 e 2, L. Fall., non ne risultano indicati gli elementi costitutivi e, del resto, neppure il ricorrente - come e' evidente, attesa l'assenza di qualunque interesse sul punto ne deduce l'esistenza. Si tratta di considerazioni che, al netto di rilievi sviluppati nei primi due motivi, appaiono prive di qualunque aggancio alla realta' processuale. Cio' posto, i primi due motivi sono fondati. Va, in primo luogo, rilevato, in ragione della sua logica pregiudizialita', che la questione, sollevata dal P.G., dell'estensione del fallimento al socio illimitatamente responsabile ha carattere di assoluta novita', non essendo stata introdotta con l'atto di appello, sebbene la sentenza di primo grado avesse dato atto dell'intervenuta dichiarazione di fallimento in proprio ai sensi dell'articolo 147 L. Fall.. E, tuttavia, posto che si discute degli atti dispositivi del patrimonio individuale del socio illimitatamente responsabile, l'atto di appello aveva prospettato, in termini specifici, una serie di questioni concernenti: a) il regolare svolgimento, all'epoca delle donazioni, dell'attivita' imprenditoriale, quale documentato dall'esistenza di commesse, dai persistenti affidamenti bancari, dal regolare soddisfacimento delle pretese creditorie, dalla diminuzione delle passivita' tributarie; b) l'esistenza di altri beni immobili della societa' (da apprezzare al momento della donazione; e, al riguardo, dalla sentenza di primo grado emerge che, ancora in sede di gestione della procedura concorsuale, erano esistenti vari beni mobili e, certamente, un bene immobile); c) le peculiari vicende personali nelle quali si erano inseriti gli atti di donazione. Rispetto a tali rilievi, tutti astrattamente idonei ad incidere sulla fraudolenza che deve necessariamente caratterizzare la condotta distrattiva e il correlato elemento psicologico (v., per tutte, Sez. 5, n. 38396 del 23/06/2017, Sgaramella, Rv. 270763 - 0), la sentenza impugnata offre una risposta effettivamente priva di univocita', in quanto: a) trae elementi valutativi dall'atto di citazione con il quale e' stata esercitata l'azione revocatoria nei confronti del (OMISSIS) e delle figlie, ossia da un atto di parte, indicando un unico dato documentale - la dichiarazione dei redditi riferita all'anno fiscale 2008 - e un unico dato contabile - l'esposizione debitoria - che, in se', rappresenta un elemento neutro, se non correlato alle entrate, alla capacita' dell'impresa di produrre reddito, all'esistenza di altri beni della societa'; b) distingue in termini assertivi uno stato di dissesto non sussistente da una non argomentata situazione di difficolta' economica; c) valorizza il fatto che si trattasse di atti concernenti gli unici beni del (OMISSIS), ossia un elemento che, ancora una volta, va letto alla luce della situazione economica e patrimoniale della societa' all'epoca delle donazioni; d) sottolinea la costituzione nel 2012 di due trust da parte delle figlie del (OMISSIS), che rappresenta un dato da apprezzare dopo avere affrontato i profili, oggettivi e soggettivi, della contestata distrazione nel 2008 e valorizzando i non scontati elementi idonei a correlare la condotta delle figlie, che potrebbe anche essere sorretta da personali finalita', con gli interessi del padre. Ne discende che la sentenza impugnata va annullata con rinvio alla Corte d'appello di Perugia per nuovo giudizio. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Perugia.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SABEONE Gerardo - Presidente Dott. MICCOLI Grazia R. A - rel. Consigliere Dott. CAPUTO Angelo - Consigliere Dott. TUDINO Alessandra - Consigliere Dott. BORRELLI Paola - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 29/06/2021 della Corte di Appello di Brescia; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Miccoli Grazia Rosa Anna; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Epidendio Tomaso, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; lette le note conclusive a firma del difensore del ricorrente, avv. (OMISSIS), che ha chiesto l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 29 giugno 2021, la Corte d'appello di Brescia ha confermato la pronunzia di primo grado, con la quale (OMISSIS), quale amministratore unico della (OMISSIS) srl, dichiarata fallita in data (OMISSIS), era stato ritenuto responsabile del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale distrattiva. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, con atto sottoscritto dal difensore di fiducia ed articolato nei motivi qui di seguito sintetizzati a norma dell'articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1. 2.1. Con il primo motivo il ricorrente denunzia violazione di legge e vizi motivazionali, nonche' travisamento della prova testimoniale, con riferimento all'affermazione di responsabilita'. In particolare, il ricorrente sostiene che non e' sussistente la condotta distrattiva a causa dell'assenza di prova della "uscita dei beni" dalla societa' per finalita' non aziendali, poiche' essi erano stati consegnati, a titolo di compensazione di fatture, alla societa' fornitrice (OMISSIS) srl. L'imputato aveva fornito al curatore le indicazioni della ditta alla quale aveva ceduto i beni e aveva rappresentato le ragioni della cessione, assolvendo cosi' all'onere di allegazione gravante sullo stesso, tanto che alcuni beni erano stati oggetto di azione revocatoria. Quanto allo stampo TRC a due impronte, come emerge dalla documentazione prodotta dalla difesa, il bene era stato consegnato alla societa' (OMISSIS) s.r.l. per il conseguimento di un fine sociale; esso, peraltro, non era mai entrato in possesso della societa' fallita, essendo "transitato" dalla societa' costruttrice " (OMISSIS)" a quella che lo aveva in uso per conto della (OMISSIS). Anche relativamente alle altre condotte distrattive, aggiunge il ricorrente che deve considerarsi mancante l'elemento soggettivo richiesto dalla fattispecie, giacche' l'imputato aveva consegnato tutti i beni in suo possesso e fornito informazioni utili al recupero degli altri, cosi' dimostrando la sua massima collaborazione e la volonta' di riconsegnare gli stessi beni alla curatela. Per quanto attiene alle poste attive indicate nel n. 2 del capo di imputazione, sostiene il ricorrente che la Corte territoriale ha proposto una differente interpretazione degli atti di indagine e della deposizione del curatore, tenendo conto del periodo relativo al primo semestre 2012, periodo non esaminato dal Tribunale, che, conformemente al capo di imputazione, aveva circoscritto la propria disamina al 31 dicembre 2011. In effetti, sarebbe incerta la prova dichiarativa acquisita e conseguentemente la motivazione della sentenza sarebbe viziata anche per travisamento e perche' basata su mere presunzioni. In merito alla destinazione della cassa e dei prelievi con carta di credito, il ricorrente sostiene che la Corte di appello ha utilizzato argomentazioni viziate da travisamento della prova, mentre i dati relativi agli importi spesi, ove ben interpretati, avrebbero consentito di pervenire a una compiuta giustificazione in termini di compatibilita' con le finalita' aziendali. 2.2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta il mancato riconoscimento dell'attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuita'. La Corte avrebbe dovuto considerare esclusivamente il danno direttamente arrecato dalla condotta distrattiva al netto degli importi ascrivibili ai costi della societa'. 2.3. Con il terzo motivo di ricorso e' contestata la mancata concessone delle attenuanti generiche. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso va rigettato. 2. Il primo motivo di ricorso e' nel suo complesso infondato. 2.1. La Corte territoriale, facendo specifico riferimento alle risultanze processuali, ha risposto con argomentazioni congrue, non manifestamente illogiche ed esenti da vizi di travisamento alle analoghe deduzioni difensive proposte con l'atto di appello, con le quali, sostanzialmente, la difesa dell'imputato aveva sostenuto che i beni oggetto della contestata distrazione erano stati destinati a finalita' aziendali e che, comunque, l' (OMISSIS) aveva messo la curatela in condizione di recuperare gli stessi beni, indicandone l'esatta collocazione. Va, in proposito, premesso che la prova della distrazione o dell'occultamento dei beni della societa' dichiarata fallita e' desumibile dalla mancata dimostrazione, da parte dell'amministratore, della destinazione dei beni suddetti, poiche' la responsabilita' dell'imprenditore per la conservazione della garanzia patrimoniale verso i creditori e l'obbligo di verita', penalmente sanzionato, gravante L.F. ex articolo 87, sul fallito interpellato dal curatore circa la destinazione dei beni dell'impresa, giustificano l'apparente inversione dell'onere della prova a carico dell'amministratore della societa' fallita, in caso di mancato rinvenimento di beni aziendali o del loro ricavato (Sez. 5, n. 8260 del 22/9/2015, Aucello, Rv. 267710; Sez. 5, n. 11095 del 13/2/2014, Ghirardelli, Rv. 263740; Sez. 5, n. 22894 del 17/4/2014, Zanettin, Rv. 255385; Sez. 5, n. 7048 del 27/11/2008, dep. 2009, Bianchini, Rv. 243295). Tuttavia, il giudice non puo' ignorare l'affermazione dell'imputato di aver impiegato i beni non rinvenuti per finalita' aziendali o di averli restituiti all'avente diritto, in assenza di una chiara smentita emergente dagli elementi probatori acquisiti, quando le informazioni fornite alla curatela, al fine di consentire il rinvenimento dei beni potenzialmente distratti, siano specifiche e consentano il recupero degli stessi ovvero l'individuazione della effettiva destinazione (Sez. 5, n. 17228 del 17/01/2020, Costantino, Rv. 279204; Sez. 5, n. 19896 del 07/03/2014, Ranon, Rv. 259848). Nella specie la Corte territoriale non ha affatto ignorato le affermazioni dell'imputato ma ha evidenziato (riportando anche le dichiarazioni del curatore) che l' (OMISSIS), alla richiesta di indicazione della destinazione dei beni risultanti dal libro cespiti ammortizzabili, "dimostro' "un'assoluta indisponibilita' nei confronti della curatela al punto che, visto che non adempiva alle...richieste" il curatore stesso si fece "rilasciare una dichiarazione nella quale lui si impegnava entro una certa data....a consegnare i beni e a fornire le documentazioni probatorie attestanti dove fossero questi beni". Secondo il curatore, pero', l'imputato non consegno' piu' nulla" (pagg. 7 e 8 della sentenza; si veda anche pag. 13, nella parte in cui la Corte di appello ha negato le attenuanti generiche). Nella sentenza si legge ancora che, in effetti, a quella dichiarazione segui' la consegna di alcuni beni, che pero' non sono oggetto di contestazione della distrazione; poi, nella sentenza si argomenta specificamente in ordine ai singoli beni oggetto di distrazione, con motivazione puntuale, riferita sia alle risultanze processuali che alle deduzioni difensive (pagg. 8 e 9). E, quanto all'elemento soggettivo del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, va ricordato che e' costituito dal dolo generico, per la cui sussistenza non e' necessaria la consapevolezza dello stato di insolvenza dell'impresa, ne' lo scopo di recare pregiudizio ai creditori, essendo sufficiente la consapevole volonta' di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte (Sez. U, n. 22474 del 31/03/2016, Rv. 266805). 2.2. Specifiche, articolate e non manifestamente illogiche sono pure le argomentazioni della sentenza in ordine alla distrazione di somme di denaro (pagg. 9 - 12), mentre sul punto le deduzioni difensive sono versate in fatto e non si apprezzano i vizi di travisamento della prova come denunziati nel ricorso, che, peraltro, non indica quale sia l'errore idoneo a disarticolare l'intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per l'essenziale forza dimostrativa dell'elemento frainteso o ignorato, fermi restando il limite del "devolutum" in caso di cosiddetta "doppia conforme" e l'intangibilita' della valutazione nel merito del risultato probatorio; invero, dal ricorso non emergono i descritti connotati di decisivita' e rilevanza, risolvendosi le censure proposte nell'enucleazione di minime incongruenze, che non incidono sulla completezza e linearita' della sentenza impugnata complessivamente valutata (ex multis, Sez. 5, n. 48050 del 02/07/ 2019, S., Rv. 277758). Insomma, nella specie non ricorre un caso di travisamento delle prove, giacche' la disposizione di cui all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e) fa riferimento alla contraddittorieta' della motivazione che risulti non dal testo del provvedimento impugnato, ma "da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame". Quest'ultima condizione, direttamente prescrittiva dell'onere di specifica indicazione degli atti dei quali si deduce il travisamento, non si riduce tuttavia a tale aspetto procedurale, ma presuppone, altresi', che la contraddittorieta' intercorra fra le conclusioni del provvedimento e gli atti indicati. Ne segue logicamente che l'errore deducibile in questa prospettiva, in quanto apprezzabile attraverso l'indicazione di atti singoli e determinati, deve cadere sul dato significante costituito dalla circostanza di fatto riportata quale contenuto dell'elemento di prova, per la cui rilevabilita' in questa sede e' necessaria la specifica indicazione dell'atto da cui l'elemento risulta - e non sul significato attribuibile allo stesso (Sez. 5, n. 18542 del 21/01/2011, Carone, Rv. 250168). L'errore deducibile ricorre, quindi, solo nei casi in cui il giudice di merito abbia fondato il proprio convincimento su un determinato elemento che si riveli insussistente o, per come esposto nel provvedimento impugnato, incontestabilmente diverso da quello reale, ovvero abbia trascurato un elemento esistente e decisivo, in modo da sollecitare un intervento del giudice di legittimita' nel senso non di una reinterpretazione degli elementi valutati dal giudice di merito, ma della verifica sulla sussistenza e sul contenuto di detti elementi (Sez. 2, n. 47035 del 03/10/2013, Giugliano, Rv. 257499; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Minervini, Rv. 253099; Sez. 5, n. 39048 del 25/09/2007, Casavola, Rv. 238215). Pertanto, ove le censure consistano - come nel caso in esame - solo nell'esposizione di valutazioni sul significato probatorio degli elementi di prova considerati, la situazione denunciata non puo' essere ricondotta nel vizio di travisamento (Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, S, Rv. 27775801; Sez. 5, n. 9338 del 12/12/2012, Maggio, Rv. 255087; Sez. 3, n. 46451 del 07/10/2009, Carella, Rv. 245611), perche' le argomentazioni difensive non scalfiscono la congruenza logica del complesso motivazionale delle sentenze di merito in ordine alla condotta distrattiva ascritta all' (OMISSIS). In particolare, quanto alle distrazioni delle "poste attive" indicate sub n. 2 del capo d'imputazione, la Corte territoriale ha fatto specifico riferimento alle risultanze dell'estratto conto bancario e di altra documentazione contabile persuasivamente ritenuta affidabile, integrando e correggendo anche l'analisi fatta dal Tribunale e valutando dettagliatamente le deduzioni difensive afferenti alle giustificazioni sui prelievi, confutate con motivazione sufficiente, lineare e non manifestamente illogica (si vedano, in particolare, pagg. 10-12 della sentenza impugnata). 3. Manifestamente infondato e' il motivo di ricorso con il quale si lamenta il diniego della attenuante di cui alla L.Fall., articolo 219, u.c.. La Corte territoriale ha valutato a tal fine il danno complessivamente cagionato alla massa creditoria del fallimento (pag. 14 della sentenza di appello). In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, e' incontroverso che la speciale tenuita' del danno, integrativa dell'attenuante di cui alla L. 16 marzo 1942, n. 267, articolo 219, comma 3, va valutata in relazione all'importo della distrazione, e non invece all'entita' del passivo fallimentare, dovendo aversi riguardo alla diminuzione patrimoniale determinata dalla condotta illecita e non a quella prodotta dal fallimento (Sez. 5, n. 52057 del 26/11/2019 Rv. 277658; Sez. 5, n. 19981 del 01/04/2019, Rv. 277243; Sez. 5, n. 12330 del 02/11/2017 -dep. 16/03/2018- Rv. 272663; Sez. 5, n. 5300 del 16/01/2008, Rv. 239118). Ne deriva che nella specie non si puo' fare riferimento al passivo fallimentare, bensi' al "danno" causato dalla condotta alla massa dei creditori, come correttamente ritenuto dai giudici di merito. 4. Il terzo motivo di ricorso, che contesta la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche, non e' consentito in sede di legittimita' ed e' manifestamente infondato in presenza (si veda pag. 13 della sentenza impugnata) di una motivazione esente da evidenti illogicita', anche considerato il principio affermato da questa Corte, secondo cui non e' necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma e' sufficiente che faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione. 5. Ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., si impone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ZAZA Carlo - Presidente Dott. CATENA Rossella - Consigliere Dott. GUARDIANO Alfredo - Consigliere Dott. SESSA Renata - rel. Consigliere Dott. BORRELLI Paola - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 23/04/2021 della CORTE APPELLO di TORINO; visti gii atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere RENATA SESSA; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore PERLA LORI che ha concluso chiedendo. Il P.G. conclude per l'inammissibilita' di entrambi i ricorsi. udito il difensore. L'avvocato (OMISSIS) del foro di VERBANIA si riporta agli atti gia' depositati e insiste per l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza deliberata in data 24.05.2015, il Tribunale di Verbania dichiarava (OMISSIS) e (OMISSIS), nelle rispettive qualita' di amministratore di fatto e amministratore unico, legale rappresentante, della (OMISSIS) s.r.l. - dichiarata fallita il (OMISSIS) - responsabili, in concorso, dei reati loro ascritti di bancarotta fraudolenta patrimoniale, per la distrazione di Euro 13.800,00, avvenuta in data 29.04.2011 dal c/c n. 26280 intestato alla fallita (capo A) dell'imputazione), e di bancarotta fraudolenta documentale per sottrazione/distruzione e tenuta delle scritture contabili residue in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio della societa' (capo B). Ritenuta la continuazione tra i reati ex articolo 81, cpv., c.p. e, riconosciute a entrambi le attenuanti generiche, il Tribunale condannava gli imputati alla pena di anni due e mesi due di reclusione. Assolveva altresi' i medesimi imputati perche' il fatto non sussiste dall'accusa, di cui al capo A), di bancarotta fraudolenta patrimoniale per la distrazione, con atto di cessione n. 5172 in data 25.10.2010, di ramo d'azienda, comprensivo di know-how, attrezzature, S.O.A. e avviamento, avvenuta in favore di (OMISSIS) s.r.l. al prezzo di Euro 25.000,00. 2. Investita dell'appello da parte di entrambi gli imputati, la Corte di Appello di Torino, con sentenza emessa il 23.04.2021, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, ha escluso a continuazione ordinaria applicando quella cd. fallimentare e rideterminato sia la pena principale che quelle accessorie in anni due di reclusione, concedendo a (OMISSIS) il beneficio della sospensione condizionale. 3. Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Torino, propongono ricorso per cassazione entrambi gli imputati, attraverso i propri difensori di fiducia, con distinti atti di impugnazione. 4. II ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS), a firma dell'Avv. (OMISSIS), articola quattro motivi. 4.1. Il primo motivo deduce la nullita' a regime intermedio della sentenza per inosservanza dell'articolo 23, comma 2, Decreto Legge 9 novembre 2020 n. 149 per omessa comunicazione al ricorrente delle conclusioni del Pubblico ministero. Si evidenzia che, come risulta dal verbale di udienza, (OMISSIS) nel settembre 2017 aveva revocato il mandato all'Avv. Silvia Paganessi del Foro di Verbania e in data 15.03.2021 il decreto di citazione a giudizio era notificato ai ricorrente e al difensore d'ufficio, Avv. (OMISSIS) del Foro di Torino; successivamente in data 23.03.2021, era comunicata telematicamente la nomina del nuovo difensore di fiducia (OMISSIS) che depositava in data 8.04.2021 motivi nuovi di appello. Le conclusioni della Procura generale, inviate in data 9.04.2021, al difensore del coimputato (OMISSIS), non venivano trasmesse ne' al difensore d'ufficio (OMISSIS) ne' al nuovo difensore (OMISSIS) che, comunque, trasmetteva in data 15.04.2021 le proprie conclusioni e riceveva, in data 23.04.2021, comunicazione del dispositivo della sentenza. Pertanto, sul punto la difesa eccepisce la nullita' a regime intermedio ai sensi dell'articolo 178, comma 1, lettera c) c.p.p. per violazione delle disposizioni concernenti l'intervento dell'imputato, dato che l'intervento, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimita', non e' nozione da intendersi restrittivamente solo nel senso di una presenza fisica nel procedimento, bensi' nel senso di una partecipazione attiva e cosciente dell'imputato, al quale va garantito l'effettivo esercizio dei suoi diritti e facolta', esercizio che non e' limitato dal carattere `cartolare' del procedimento. 4.2. Il secondo motivo deduce la mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera e) c.p.p. laddove la Corte di appello, stringatamente, senza considerare le eccezioni presentate con i motivi di gravame, anche aggiunti e adottando integralmente e acriticamente le deduzioni del Tribunale, attribuisce al ricorrente la qualifica di amministratore di fatto fondando il proprio convincimento sulla ritenuta conferma da parte di tutti i testi assunti in primo grado del ruolo congiunto di entrambi gli imputati in seno alla fallita. A tal proposito si contesta un'incompletezza della motivazione rispetto al thema decidendum con riferimento ai singoli punti decisivi sollevati in appello. Quanto alla qualifica di amministratore di fatto, premesso che la recente giurisprudenza di legittimita' ritiene che tale ruolo non debba individuarsi in rapporto solo alle qualifiche formali rivestite in ambito societario ovvero alla mera rilevanza degli atti posti in essere in adempimento della qualifica ricoperta, bensi' sulla base delle concrete attivita' dispiegate in riferimento alla societa', alla stregua di specifici indicatori (quali la diretta partecipazione alla gestione della vita societaria, la generalizzata identificazione nelle funzioni amministrative da prte dei dipendenti e dei terzi o l'intervento nella declinazione delle strategie d'impresa e nelle fasi nevralgiche dell'ente), si evidenzia che l'operato del ricorrente, che ricopre il ruolo formale di responsabile commerciale che attua politiche commerciali dell'azienda e puo' intervenire in trattative e stipula di accordi commerciali, e' da intendersi all'interno del perimetro delle sue competenze professionali. Sul punto, si eccepisce che la Corte territoriale non ha indicato, accertato e valutato gli eventuali indici rivelatori invece della qualifica soggettiva ipotizzata, ma si e' limitata ad adottare acriticamente gli indici della ristrettezza della compagine sociale, il grado di parentela delle socie e la costante presenza del ricorrente presso gli uffici della fallita, tutti elementi ritenuti espressione di "inequivoca signifi'cativita'" secondo il Tribunale e la cui rilevanza era stata contestata in appello. Inoltre, al fine di individuare ulteriori elementi indiziari si lamenta che il Tribunale, mediante un'operazione abnorme ripresa poi dalla Corte, ha interpretato in modo univoco e parziale le dichiarazioni rese a SIT dal Dott. (OMISSIS), commercialista della societa' solo per un breve lasso temporale - da meta' 2008 a fine 2009 a fronte di una societa' costituita nel 2004 e il cui amministratore e' sempre stato (OMISSIS) - che ha descritto le attivita' svolte da (OMISSIS) il cui esercizio non e' segno di attivita' gestoria; laddove peraltro nessun altro teste escusso ha potuto confermare che le mansione svolte in concreto dal ricorrente rientrassero nella (co)gestione della societa'. Al contrario la difesa ribadisce una serie di elementi elencati che escludono che (OMISSIS) abbia gestito la societa' fallita quali il ruolo pacificamente riconosciuto (anche dai testi (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) che lo individuano quale loro referente) di amministratore del coimputato (OMISSIS) e il fatto che il ricorrente non ha mai avuto alcuna delega operativa, formale o meno, che non si riferisse alla propria funzione di responsabile commerciale. 4.3. Il terzo motivo, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b) ed e) c.p.p., deduce erronea applicazione della legge penale nonche' mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione quanto alla ritenuta sussistenza del reato di cui al capo A) della rubrica laddove, la Corte di appello ha ritenuto che la perdurante attivita' e operativita' della fallita nel corso dell'anno 2011 o comunque successivamente alla cessione del ramo di azienda a (OMISSIS) costituisca mera congettura indimostrata, a fronte delle specifiche risultanze fattuali (indicate in appello). Si lamenta il malgoverno da parte della Corte territoriale del materiale probatorio richiamato puntualmente dalla difesa, dimostrativo dell'attivita' di consulenza svolta dopo la cessione del ramo, elemento provato dalle dichiarazioni rese dal curatore (a pag. 6 del verbale di udienza del 16.12.2014) che confermava le attivita' di recupero crediti e di potenziale ricerca di nuove opportunita' lavorative; attivita' esattamente rientranti nel ruolo formale di responsabile commerciale ricoperto dal ricorrente. Ad avviso della difesa, la Corte di appello, ritiene che la somma asseritamente corrispondente ai crediti vantati da (OMISSIS) per il lavoro prestato sia stata distratta dalle casse sociali, mediante valutazioni apodittiche e ignoranti le doglianze difensive. Del pari, si ritiene indimostrata dalla Corte la consapevolezza da parte del ricorrente del dissesto della fallita, posto che il compendio probatorio ha escluso in maniera netta un interessamento del ricorrente nella gestione amministrativa e contabile dato che (OMISSIS) ricopriva altre cariche. Sul punto, si rileva che, per costante giurisprudenza, in ipotesi di asserito concorso tra l'amministratore di fatto e quello di diritto, l'elemento soggettivo del concorso deve sorreggere ciascuna delle condotte di partecipazione, nella forma della coscienza e volonta', nonche' della consapevolezza di concorrere con altri al fatto di reato. 4.4. Il quarto motivo deduce erronea applicazione della legge penale nonche' mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione quanto alla ritenuta sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta documentale di cui al capo B) della rubrica perche', come indicato con le decisive e disattese doglianze di appello (espresse alle pag. 24 - 27 dell'atto di appello), non e' emerso dal processo alcun elemento da cui desumere la conoscenza da parte del ricorrente dello stato delle scritture contabili tenute dall'amministratore di diritto, dal quale attribuirgli la responsabilita' quantomeno a titolo di dolo eventuale. Sul punto si evidenzia che la concisa motivazione della Corte di appello che spende solo dodici righe per confermare l'addebito e' testualmente identica a quella resa dal Tribuna che ravvisava la sussistenza di "plurimi profili di incompletezza e irregolarita' attraverso il ricorso a espedienti tali da rendere del tutto opache le movimentazioni finanziarie dell'impresa". 5. Con p.e.c. del 17.11.2022 l'avv. (OMISSIS) ha fatto pervenire atto contenente motivi nuovi di appello. 6. Il ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS), a firma dell'Avv. (OMISSIS), articola quattro motivi. 6.1. Il primo motivo deduce violazione di legge ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b) del codice di rito, in riferimento agli articoli 216 e 223 L.F. e agli articoli 192, 533 e 546 c.p.p. per avere, la Corte di appello, ritenuto provato il reato di bancarotta fraudolenta documentale, in luogo del meno grave reato di bancarotta semplice, sulla base delle sole dichiarazioni del curatore fallimentare, in assenza di altri riscontri e in presenza di elementi di prova contrari, non debitamente valutati. La difesa, richiamando giurisprudenza di legittimita', osserva che gli elementi dai quali desumere la sussistenza del dolo, generico o specifico, nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale, generica o specifica, non possono coincidere con la scomparsa dei libri contabili o con la tenuta degli stessi in guisa tale da non rendere possibile la ricostruzione di patrimonio e movimenti perche' eventi fenomenici dal cui verificarsi dipende l'integrazione dell'elemento oggettivo del reato, ma debbono consistere in circostanze di fatto ulteriori dimostrative, nel caso della bancarotta cd. generica della consapevolezza che l'irregolare tenuta della documentazione e' in grado di arrecare pregiudizio, e, in quella cd. specifica, della finalita' di procurare a se' o ad altri un ingiusto profitto ovvero di recare pregiudizio ai creditori. A tal proposito, si contesta che la Corte di appello, non in linea con i principi giurisprudenziali in materia, ha ritenuto pacificamente accertata l'impossibilita' di ricostruire il patrimonio della fallita dall'omessa tenuta della contabilita' per gli anni 2010 e 2011 sino alla dichiarazione di fallimento e dai profili di incompletezza e irregolarita' per l'anno 2009, ravvisando la responsabilita' dell'imputato senza accertare l'elemento soggettivo del reato di bancarotta in capo al ricorrente e senza considerare appieno sia la testimonianza resa all'udienza del 16.12.2014 dai consulente di parte, il Dott. (OMISSIS), sia il quadro complessivo emerso dal processo da cui risulta che: - il consulente (OMISSIS) ha affermato (come da verbale a pag. 7 e 8) di aver esaminato durante le investigazioni difensive la documentazione agli atti della curatela, ricostruendo sia la situazione patrimoniale, illustrata al Tribunale, in base alla disciplina IAS e non OIC anche quanto all'avvenuto inserimento di immobile non tra le immobilizzazioni, ma tra i crediti, sia, in "modo significativo" (come da pag. 9 del verbale di trascrizione) il volume di affari, per il quale spiegava che: vi e' la presenza di note di credito numerate dato che l'uso dei programmi e' rigido e non consente un difetto di registrazione, mentre per il c/Fornitori terzi Italia trattasi di una prassi operativa operata nel settore commerciale; - il Tribunale (elemento neppure valutato dalla Corte) ha errato nei ravvisare un intento doloso nella movimentazione del conto del fornitore Anvil di MG dal quale emerge dapprima un debito di Euro 3.000,00 e un credito di Euro 20.559,00 riferito ad acconti dati che non si sono pero' concretizzati in altre operazioni a cagione dello sfavorevole andamento economico; - che la Corte travisando la testimonianza dibattimentale, ha ritenuto che lo stesso consulente (OMISSIS) riconosce la impossibilita' di ricostruire in maniera attendibile il movimento degli affari della societa'; - la contabilita' era stata tenuta sino al 31.12.2009 da due diversi studi di commercialisti e cio' non puo' non avere riflessi sull'elemento soggettivo in capo al ricorrente, il quale, benche' responsabile quale amministratore unico ben potrebbe essere chiamato a rispondere di meno grave - sempre dolosa fattispecie delittuosa; - la consegna della documentazione prodotta agli atti del processo dal commercialista della fallita (OMISSIS) a (OMISSIS) e' avvenuta inspiegabilmente in data 1.08.2011; - come emerso dall'istruttoria dibattimentale in primo grado (al contrario di quanto sostenuto dall'accusa e dalla curatela) non vi e' stata alcuna distrazione di ramo d'azienda del valore di mezzo milione circa; - i libri o le altre scritture contabili non sono stati sottratti distrutti o falsificati da parte del ricorrente; - (OMISSIS) ha collaborato fattivamente sin dall'inizio con il curatore fallimentare consegnando quanto in suo possesso e partecipando alle operazioni di inventario. 6.2. Il secondo motivo deduce violazione di legge in riferimento agli articoli 216 e 223 L. fall, 192, 533 e 546 c.p.p. per avere, la Corte di appello, ritenuto provato il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale mediante distrazione della somma di Euro 13.800,00 sulla base delle sole dichiarazioni del curatore fallimentare e del testimone Lumicisi, in assenza di altri riscontri e in presenza di elementi di prova contraria non debitamente valutati dai quali non emerge la illegittimita' del pagamento poiche' non risulta provata la qualifica di amministratore di fatto del coimputato (OMISSIS). In particolare, si evidenzia che il ricorrente ha sempre escluso che il coimputato (OMISSIS) abbia posto in essere attivita' di gestione, amministrazione o controllo di fatto della fallita avendo piuttosto sempre svolto quanto oggetto della sua attivita' lavorativa. La Corte non ha tenuto conto di una serie di elementi quali: il fatto che il curatore non ha eccepito nulla circa il pagamento al coimputato di Euro 22.200,00 per retribuzioni (che non sono state nemmeno oggetto di revocatoria fallimentare o altra azione giudiziaria); l'errata valutazione della S.O.A. da parte del curatore e il fatto che all'imputato era contestato di aver distratto con l'atto di cessione n. 5172 il ramo di azienda comprensivo di know-how, attrezzatura, S.O.A. per il valore di circa mezzo milione di Euro; e i compensi di Euro 13.800,00 riguardano pagamenti regolarmente effettuati ad (OMISSIS) come corrispettivo per la propria attivita' professionale svolta in seno alla societa'. Sul punto si osserva che la motivazione addotta dalla Corte di appello contrasta in maniera macroscopica con i fatti storici, con l'esito dell'istruttoria dibattimentale e con i documenti prodotti dalle parti private laddove ritiene sussistente la distrazione con riferimento al secondo episodio contestato considerando meramente congetturale l'allegazione difensiva per cui la percezione della somma di complessivi Euro 36.000,00 da parte di (OMISSIS) (avvenuta per Euro 13.800,00 in data 28.04.2011 e per Euro 22.200,00 in data 3.05.2011) e' avvenuta a titolo di retribuzione degli ultimi due anni ed e' stata corrisposta posticipatamente in p (OMISSIS)mita' del fallimento, nonche' omette di considerare che oggetto del capo di imputazione era la sola somma di Euro 13.800,00 e non i complessivi Euro 36.000,00. Si contesta ai giudici di merito, da un canto, di rilevare l'inoperativita' della societa' a partire dalla fine dell'anno 2009 (o comunque dalla cessione del ramo di azienda a (OMISSIS) s.r.l. nell'ottobre 2010) e la conseguente inspiegabilita' delle ragioni dell'erogazione dei compensi all' (OMISSIS) da parte del ricorrente e, d'altro canto, di riconoscere l'anomala motivazione resa in quanto i pagamenti erano sostanzialmente girati per l'incasso ad altro soggetto giuridico, in ogni caso senza prendere in considerazione che (OMISSIS) era un collaboratore - mai amministratore - della fallita regolarmente assunto a partire dall'anno 2005. A conferma della legittimita' dell'operazione si rileva altresi' che: la fallita continuava a operare svolgendo attivita' di consulenza anche in epoca successiva alla cessione del ramo di azienda e' elemento confermato anche dallo stesso curatore (OMISSIS) (a pag. 38 delle trascrizioni) e da (OMISSIS); il compenso di (OMISSIS) quale responsabile commerciale era di Euro 1.500,00 mensili che pote' percepire solo posticipatamente grazie al pagamento di alcuni clienti; il nuovo articolo 67, comma 3, L. fai. dispone espressamente che non sono soggetti ad azione revocatoria "i pagamenti dei corrispettivi per prestazioni di lavoro effettuate da dipendenti e altri collaboratori, anche non subordinati". Priva di pregio ad avviso della difesa e' anche la considerazione resa in primo grado circa l'"anomala movimentazione" della somma di Euro 13.800,00 in quanto il pagamento e la girata non presentano anomalie dato che nell'anno 2011 gli assegni circolari, in base alla normativa antiriciclaggio e alle disposizioni del M.E.F. erano liberamente trasferibili al di sotto della soglia di Euro 5.000,00. Infine si osserva che la Corte ha omesso di considerare che, secondo quanto riferito dal curatore, l' (OMISSIS), a differenza di tutti gli altri dipendenti e/o collaboratori, non aveva presentato domanda di ammissione al passivo del fallimento per crediti di lavoro. 6.3. Il terzo motivo deduce violazione di legge in riferimento agii articoli 216, 219, comma 2, n. 1), 223 L. fati. e 546 c.p.p. per aver ritenuto sussistente la circostanza aggravante di aver commesso piu' fatti di bancarotta senza motivare sul punto e senza considerare che le ipotesi di reato contestate al ricorrente si possono considerare in rapporto di âEuroËœalternativita' formale' tra loro, tale da ritenere il reato unico in quanto le condotte vengono poste in essere in immediata successione cronologica. Previo excursus circa l'origine della normativa fallimentare e la prevalente giurisprudenza di legittimita' che privilegia la concezione unitaria del reato di bancarotta, la difesa ritiene che la circostanza aggravante in questione non sussiste perche', attraverso un'interpretazione corretta e aderente alla logica di sistema, l'articolo 219, comma 2, n. 1), L.F. postula si' l'unificazione quod poenam di fatti-reato autonomi e non sovrapponibili tra loro in corrispondenza formale e funzionale alla categoria delle circostanze aggravanti, ma in realta' la connotazione strutturale della norma e' altra in quanto difetta il rapporto tra un fatto-base, il fatto di reato, e un fatto accessorio quale fatto della circostanza. Cio' premesso, nel caso in esame, il legislatore considera una pluralita' di fatti di bancarotta come una circostanza aggravante, ma i fatti sono tutti sullo stesso piano e ciascuno di essi delinea un'ipotesi delittuosa. Pertanto, non vi e' ragione di assegnare a uno o piu' di essi la funzione di circostanza, declassando condotte tipiche di determinate fattispecie incriminatrici a accadimento eventuale di altra fattispecie incriminatrice. Ad avviso della scrivente, il legislatore, ai sensi dell'articolo 219, comma 2, n. 1) L. Fall., disciplina nella sostanza un'ipotesi di concorso di reati autonomi e indipendenti che unifica fittiziamente agli effetti dell'individuazione del regime sanzionatorio del cumulo giuridico, facendo ricorso formalmente allo strumento tecnico della circostanza aggravante. Scelta ispirata all'esigenza di favor di mitigare le conseguenze sanzionatorie e di non pervenire a forme di repressione draconiana dei reati di bancarotta la cui pluralita' in un fallimento e' evenienza fisiologica. Sul punto si osserva che la circostanza aggravante in questione altro non e' che un'ipotesi di concorso di reati icasticamente definita da parte della dottrina come una sorta di âEuroËœcontinuazione fallimentare' regolamentata in deroga alla disciplina generale sul concorso di reati e sulla continuazione dato che l'ambito di operativita' della norma coincide con quello dell'articolo 81, cpv. c.p. Pertanto, la norma deve intendersi applicabile sia nel caso di reiterazione di fatti riconducibili alla medesima ipotesi di bancarotta sia in caso di commissione di piu' fatti tra quelli previsti dai precedenti articoli 216 e 217 L. Fall. Riguardo alla commissione di "piu' fatti" si evidenzia che ii dato testuale non e' univoco e, dunque, l'applicabilita' della circostanza alla pluralita' di fatti di bancarotta commessi, a prescindere se gli stessi siano contemplati nello stesso articolo o in articoli diversi, e' imposta dalla necessita' di privilegiare un'interpretazione costituzionalmente orientata della norma che diversamente, ove si ritenesse applicabile solo ai casi di concorso âEuroËœinterno', contrasterebbe con l'articolo 3 Cost. per disparita' del trattamento sanzionatorio perche' i casi di concorso âEuroËœesterno' tra fatti di bancarotta semplice e fraudolenta rientrerebbe nella sfera di operativita' dell'articolo 81 c.p.. In conclusione, si lamenta che il reato rimane logicamente unico nelle ipotesi contestate al ricorrente perche' le condotte poste in essere avvengono in immediata successione cronologica essendo piu' azioni naturalisticamente intese che si ricompongono in un'unica azione in senso giuridico, se sussiste contestualita' degli atti e unicita' del fine ovvero se, in via subordinata, sussiste continuita' cronologica tra l'asserita distrazione di Euro 13.800,00 e l'omessa e/o irregolare contabilita' dell'azienda, sorrette entrambe dall'unicita' del fine di distrarre denaro dalle casse della societa'. 6.4. Il quarto e ultimo motivo deduce violazione di legge ai sensi degli articoli 216, ultimo comma, I fall., 133 c.p. e 546 c.p.p. per avere, la Corte di appello, determinato la pena accessoria in assenza dei criteri indicati dall'articolo 133 c.p.. Si contesta la valutazione della Corte laddove ha applicato le pene accessorie per la durata della pena inflitta non considerando altro orientamento di legittimita', confermato dalla pronuncia a Sez. Unite âEuroËœSuraci', secondo cui, in tema di bancarotta fraudolenta, a seguito della pronuncia della Corte costituzionale con la sent. n. 222/2018, non necessariamente la pena accessoria deve essere parametrata alla stessa durata della pena principale ai sensi dell'articolo 37 c.p., ma deve essere determinata in concreto dal giudice in base ai criteri di cui all'articolo 133 c.p. in quanto la durata della pena potrebbe risultare, in concreto maggiore di quella della pena detentiva contestualmente inflitta, purche' entro il limite massimo di dieci anni. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. E' fondato il ricorso di (OMISSIS) limitatamente alla determinazione della durata delle pene accessorie fallimentari che sono state automaticamente quantificate in misura pari a quella principale senza farsi applicazione dei parametri di cui all'articolo 133 c.p.. Ed invero, secondo quanto stabilito da questa Corte a Sezioni Unite la durata delle pene accessorie per le quali la legge stabilisce, in misura non fissa, un limite di durata minimo ed uno massimo, ovvero uno soltanto di essi, deve essere determinata in concreto dal giudice in base ai criteri di cui all'articolo 133 c.p. e non rapportata, invece, alla durata della pena principale inflitta ex articolo 37 c.p. (in applicazione del principio, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza che aveva irrogato agli imputati le pene accessorie conseguenti al reato di bancarotta fraudolenta per il periodo fisso di dieci anni richiamando la sentenza della Corte costituzionale n. 222 del 2018). La natura oggettiva della censura - essendo state per entrambi gli imputati le pene accessorie fallimentari determinate in misura pari a quella principale senza esplicitazione motivazionale - consente di operare medesima valutazione e conclusione con riferimento alla posizione di (OMISSIS) (cui conseguira', per l'effetto estensivo, l'annullamento della sentenza impugnata, anche per lui, in parte qua). Nel resto i ricorsi sono entrambi infondati. 2.11 ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS). 2.1. Il primo motivo che deduce la nullita' a regime intermedio della sentenza per inosservanza dell'articolo 23, comma 2, Decreto Legge 9 novembre 2020 n. 149 per omessa comunicazione al ricorrente delle conclusioni del Pubblico ministero e' infondato. E' pacifico che, come dedotto con il ricorso per cassazione, il difensore dell'imputato non ha ricevuto la comunicazione delle conclusioni del P.G., il difensore ha trasmesso le proprie conclusioni, senza nulla eccepire, l'eccezione di nullita' e' stata sollevata per la prima volta con il ricorso per cassazione; e' altrettanto pacifico, risultando per tabulas, che le conclusioni rassegnate dal P.g.si limitavano a chiedere la conferma della sentenza di condanna, con condanna alle spese processuali. La giurisprudenza di legittimita' si e' ormai assestata sul principio per cui nel procedimento di appello la mancata comunicazione in via telematica delle conclusioni del pubblico ministero alla difesa dell'imputato, prevista dall'articolo 23-bis, comma 2, del Decreto Legge 28 ottobre 2020 n 137, convertito in L. 18 dicembre 2020 n. 176, integra un'ipotesi di nullita' di ordine generale a regime intermedio ai sensi dell'articolo 178, comma 1, lettera c) c.p.p. (cfr. per tutte, Sez. 5, n. 20885 del 28/04/2021, H., Rv. 281152 - 01; Sez. 6, n. 10216 del 03/03/2022, M., Rv. 283048), derivante dalla inosservanza delle disposizioni concernenti l'intervento dell'imputato (articolo 178, lettera c, c.p.p.) che si e' prodotta nella fase del "giudizio" di appello e che, pertanto, puo' essere sollevata tempestivamente con il ricorso per cassazione ex articolo 180 c.p.p.. Come questa Corte ha gia' avuto modo di puntualizzare in diverse occasioni, la nozione di "intervento dell'imputato" non puo' essere infatti restrittivamente intesa nel senso di mera presenza fisica dell'imputato nel procedimento, ma come partecipazione attiva e cosciente del reale protagonista della vicenda processuale, al quale deve garantirsi l'effettivo esercizio dei diritti e delle facolta' di cui lo stesso e' titolare: in particolare, del diritto di difesa (cfr. per tutte, Sez. 1, n. 4242 del 20/06/1997, Masone, Rv. 208597); il carattere "cartolare" della partecipazione e del contraddittorio cui la partecipazione e' funzionale che caratterizza la disciplina dettata dalla normativa sopra richiamata non impedisce, ma, al contrario, impone di ricondurre la disposizione violata nel novero delle fattispecie per le quali e' comminata la nullita' di ordine generale ex articolo 178 c.p.p. (Sez. 5, n. 20885/2021, cit.). Ebbene, se dunque la natura "cartolare" del giudizio rende di tipo "cartolare" la stessa partecipazione e il contraddittorio tra le parti, si potrebbe a tal punto ritenere che non sarebbe del tutto irragionevole trarre ulteriori conseguenze da cio', applicandosi al processo "cartolare" - che si risolve in una fictio dal punto di vista della presenza delle parti che rimangono invece fisicamente assenti - anche la norma di cui all'articolo 182, comma 2, c.p.p. poiche' la parte, sebbene non presente fisicamente, attraverso il meccanismo "cartolare", che simula quello in presenza garantendo sia pure per iscritto l'esplicazione di quel medesimo contraddittorio e diritto di difesa che si sarebbero esplicati in presenza fisica, ha in buona sostanza "assistito" all'atto nullo consistente nel caso di specie nella mancata comunicazione delle conclusioni del P.G. - equiparandosi la mancata comunicazione delle conclusioni al silenzio serbato in udienza dal P.G. (cfr. Sez. 4, n. 21066 del 05/05/2022, Rv. 283316 - 01 che sia pure limitatamente all'ipotesi della comunicazione delle conclusioni intervenuta in ritardo ha affermato che nel giudizio cartolare d'appello celebrato nel vigore della disciplina emergenziale pandemica, la difesa dell'imputato, cui siano state trasmesse in via telematica le conclusioni del procuratore generale tardivamente depositate, e' onerata, ex articolo 182 c.p.p., versandosi in ipotesi di nullita' a regime intermedio, della tempestiva relativa eccezione, dovendo detta parte, a seguito della trasmissione ad essa comunque avvenuta, considerarsi presente all'atto a norma dell'articolo 182 c.p.p.). Nel caso di specie, pero' a ben vedere, da un lato, le conclusioni rassegnate dal P.G. avevano un contenuto meramente di stile limitandosi a chiedere la conferma della condanna dell'imputato senza minimamente argomentare sulle ragioni di tale richiesta ne' confrontarsi coi motivi di appello, dall'altro, l'eccezione svolta col motivo in scrutinio si risolve nella mera lagnanza formale della mancata comunicazione delle conclusioni del P.G. senza indicare in cosa sarebbe consistita la lesione del diritto al contraddittorio e di difesa che sta alla base della dedotta nullita'. Come ha gia' avuto modo di osservare questa Corte con riferimento al caso di inerzia del pubblico ministero, la mancata formulazione delle conclusioni da parte della pubblica accusa non preclude alla difesa di formularne di proprie entro il quinto giorno antecedente l'udienza, atteso che tale diritto della difesa non sorge per effetto della comunicazione telematica delle conclusioni del pubblico ministero, ma preesiste ad essa e i diversi termini ai quali e' soggetto hanno solo la funzione di consentire la replica ad argomenti contrari alle tesi difensive eventualmente esposte dalla pubblica accusa (cfr. Sez. 6, n. 26459 del 25/5/2021, Iannone, rv. 282175). In particolare, nella pronuncia Iannone teste' indicata, si e' sottolineato che l'inerzia del procuratore generale non puo' essere ritenuta pregiudizievole per la difesa atteso che nulla obbliga il pubblico ministero a prendere posizione su tutte le questioni dedotte dai difensori delle parti (e si e' conseguentemente anche ritenuto che ai sensi dell'articolo 182, comma 1, c.p.p., la nullita' generale a regime intermedio conseguente alla mancata formulazione di conclusioni da parte del pubblico ministero nel giudizio di appello non possa essere validamente eccepita dalla difesa " che non ha interesse all'osservanza della disposizione violata"; a tale assorbente considerazione si e', in verita', aggiunta quella della applicabilita' del regime di deducibilita' di cui al comma 2 dell'articolo 182 c.p.p. e si e' concluso che in caso di inerzia del P.M. l'eccezione sollevata in sede di ricorso per Cassazione dal difensore dell'imputato oltre ad essere proposta da soggetto che non ha interesse al rispetto della disposizione violata e' anche tardiva). Cio' posto, se e' vero che invece nel caso in cui le conclusioni tempestivamente depositate dal pubblico ministero non siano state comunicate ai difensori delle altre parti, le parti private hanno interesse all'osservanza della disposizione violata e che la violazione possa essere fatta valere anche in sede di ricorso per Cassazione contro la sentenza pronunciata in grado di appello, e' altrettanto vero pero' che, fermo restando che il diritto della difesa di formulare le proprie conclusioni non sorge per effetto della comunicazione telematica delle conclusioni del pubblico ministero, ma preesiste ad essa e la conoscenza di quelle rassegnate da P.G. e' piuttosto funzionali alla formulazione di repliche agli argomenti contrari alle tesi difensive eventualmente esposti dalla pubblica accusa, per ritenersi quindi in tale ipotesi leso il diritto di difesa deve esservi stata una effettiva interlocuzione da parte del P.m. sull'oggetto del giudizio perche' ove questi si sia limitato a rassegnare le conclusioni - come nel caso di specie - con una mera formula di stile e la parte abbia comunque rassegnato le proprie conclusioni, non e' ravvisabile alcuna concreta lesione del diritto di difesa e quindi alcuna nullita' - in mancanza di specifica allegazione al riguardo. 2.2. Il secondo motivo nell'indicare gli elementi sulla base dei quali il giudice di merito avrebbe ricostruito la qualifica di amministratore di fatto di (OMISSIS), assumendone la scarsa valenza dimostrativa, finisce col segnalare indizi pregnanti in tal senso che peraltro si inseriscono nell'ambito di una ben piu' complessa articolazione argomentativo-ricostruttiva che da' pienamente conto del ruolo di fatto svolto dal ricorrente in seno alla societa' fallita, sicche' il motivo si presenta meramente reiterativo delle deduzioni gia' svolte in appello rispetto alle quali la corte territoriale aveva gia' fornito risposte esaurienti. La sentenza impugnata non si e' affatto limitata ad adottare acriticamente quali indici rivelatori la ristrettezza della compagine sociale, il grado di parentela delle socie e la costante presenza del ricorrente presso gli uffici della fallita, ma ha anche precisato che il ruolo congiunto svolto da (OMISSIS) e (OMISSIS) nell'amministrazione, sia pure da ciascuno con le proprie peculiarita', fosse confermato dalla lettura corale delle testimonianze che depone ampiamente in tal senso e come apparisse dei tutto evidente che avvalendosi il ricorrente della giovanissima figlia, insieme a (OMISSIS), fosse autore di vere e proprie iniziative imprenditoriali e gestorie (il riferimento e' in particolare alle dichiarazioni rese da (OMISSIS) - e non solo - commercialista di (OMISSIS) s.r.l. fino all'agosto 2009, che, come si legge nella sentenza di primo grado, espressamente richiamata in parte qua dalla sentenza impugnata, aveva riferito come ebbe rapporti con entrambi gli imputati, di essere stato contattato in particolare proprio da (OMISSIS) e di avere svolto l'incarico professionale a seguito di accordo verbale con "i rappresentanti della societa'" e di avere trattato esclusivamente con (OMISSIS) per le operazioni strettamente contabili e con entrambi "quando si trattava di decisioni da prendere in ordine all'operativita' dell'azienda" allorche' "i contatti avvenivano anche con il signor (OMISSIS) il quale era di fatto il promotore delle iniziative aziendali"; e al riguardo indicava anche gli specifici atti di iniziativa assunti dal ricorrente rispetto a vicende fondamentali inerenti alla vita e alle dinamiche societarie che non si' esaurirono affatto - a differenza di quanto assume il ricorso - in circoscritti ambiti di trattative e stipula di accordi commerciali). Sicche' il motivo e' anche manifestamente infondato nella parte in cui assume che non si sia tenuto conto dei parametri dettati da questa Corte in punto di "inequivoca significativita'" dei comportamenti assunti in concreto ai fini della attribuzione della qualifica di amministratore di fatto, laddove il rilascio di deleghe formali e' solo uno degli indici che possono concorrere a individuare l'amministrazione di fatto (cfr. Sez. 5, n. 41793 del 17/06/2016, Rv. 268273 - 01 che ha affermato che in tema di bancarotta fraudolenta, i destinatari delle norme di cui agli articoli 216 e 223 L. fai. vanno individuati sulla base delle concrete funzioni esercitate, non gia' rapportandosi alle mere qualifiche formali ovvero alla rilevanza degli atti posti in essere in adempimento della qualifica ricoperta), sicche' anche la mancata emersione di rapporti di (OMISSIS) con i funzionari bancari - coi quali evidentemente poteva interagire solo l'amministratore formale in assenza di deleghe a quello di fatto - non potrebbe giammai risolversi nel caso di specie in argomento a sostegno della tesi difensiva. 2.3.11 terzo motivo e' generico. Si deduce genericamente la perduranza dell'attivita' sociale anche dopo la cessione del ramo di azienda, che avrebbe giustificato lo svolgimento da parte di (OMISSIS) di consulenza nell'interesse della societa' e quindi la percezione da parte dello stesso della somma oggetto di incriminazione a tiolo di retribuzione (ne' si rivengono - a differenza di quanto si assume in ricorso - elementi specifici in tal senso alla pagina 21 dell'atto di appello richiamato in ricorso, ove e' presente la generica deduzione, reiterata col motivo in scrutinio, che attraverso i genericissimi contenuti di stralci delle deposizioni del ctp (OMISSIS) e del curatore, che non contengono neppure riferimenti al ricorrente, pretende di dimostrare lo svolgimento di attivita' lavorativa da parte dell'imputato in favore della societa'). Ne' potrebbe infine aggiungere alcunche' la deduzione sull'asserita mancanza di consapevolezza da parte del ricorrente del dissesto della fallita, non essendo richiesto tale elemento ai fini dell'integrazione della bancarotta patrimoniale (cfr. Sez. 5, n. 40981 del 15/05/2014, Rv. 261367 - 01 secondo cui in tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, oggetto del dolo non e' la consapevolezza del dissesto o la sua prevedibilita' in concreto, quanto la rappresentazione del pericolo che la condotta costituisce per la conservazione della garanzia patrimoniale e per la conseguente tutela degli interessi creditori), deduzione che fonda peraltro il suo assunto sulla estraneita' dell'imputato alla gestione amministrativa laddove essa, come si e' detto analizzando il motivo che precede, e' stata esclusa. 2.4. Il quarto motivo e' generico. La confermata piena partecipazione all'amministrazione societaria anche da parte di (OMISSIS), rende ragione anche della confermata sua partecipazione al reato di bancarotta fraudolenta documentale. Ed invero, come gia' sopra osservato, in tema di bancarotta fraudolenta, i destinatari delle norme di cui agli articoli 216 e 223 L.F. vanno individuati sulla base delle concrete funzioni esercitate, non gia' rapportandosi alle mere qualifiche formali ovvero alla rilevanza degli atti posti in essere in adempimento della qualifica ricoperta (cfr. Sez. 5, n. 41793 del 17/06/2016, Rv. 268273 - 01), sicche' la responsabilita' penale del ricorrente e' stata correttamente rapportata alle funzioni dal medesimo in concreto svolte; essendo emersa la sua partecipazione effettiva alla vita societaria al punto da riservargli la veste di amministratore di fatto, non puo' trovare spazio il motivo nei termini articolati che intende attribuire al solo amministratore formale l'obbligo della corretta tenuta delle scritture contabili laddove questo si ricollega alla carica di amministratore tout court, anche se solo di fatto esercitata. 3.11 ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS). 3.1. li primo motivo a sostegno della dedotta violazione dele norme che disciplinano la bancarotta fraudolenta documentale per tenuta in parte omessa e in parte inidonea a consentire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, di cui agli articoli 216 e 223 L. Fall., adduce in buona sostanza il travisamento delle risultanze processuali ed in particolare della testimonianza resa dal consulente di parte, Dott. (OMISSIS), enucleando soprattutto alla stregua di quest'ultima una serie di argomenti che vengono spesi nell'ottica di dimostrare l'assenza dell'elemento soggettivo del reato in questione e la configurabilita' al piu' dell'ipotesi della bancarotta semplice. Una siffatta modalita' di formulazione della censura e' pero' inammissibile, tendendo la sua impostazione ad ottenere da questa Corte la rivalutazione del compendio probatorio ossia un'operazione valutativa non consentita in sede di legittimita', facendo tra l'altro leva sul contenuto di una testimonianza - quella del c.t. - della quale si prospettano passaggi contenutivi - in alcuni casi contrassegnati anche da puntini sospensivi - estrapolandoli dal relativo contesto e messi insieme nell'ottica difensiva di comporsi un discorso argomentativo a sostegno della tesi avallata in ricorso; laddove nel caso di specie peraltro il consulente di parte avrebbe affermato che la ricostruzione sarebbe stata comunque possibile attraverso i mastrini' contabili mentre la condotta di bancarotta documentale ascritta non si esaurisce nella tenuta irregolare essendo risultata anche proprio omessa la contabilita' relativamente a due annualita'. A venire in rilievo nel discorso critico del ricorrente e' dunque il "significato" di vari dati probatori, laddove, come e' noto, il vizio di "travisamento della prova" vede circoscritta la cognizione del giudice di legittimita' alla verifica dell'esatta trasposizione nei ragionamento del giudice di merito del dato probatorio, rilevante e decisivo, per evidenziarne l'eventuale, incontrovertibile e pacifica distorsione, in termini quasi di "fotografia", neutra e a-valutativa, del "significante", ma non del "significato", atteso il persistente divieto di rilettura e di re-interpretazione nel merito dell'elemento di prova (Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, Dos Santos, Rv. 283370). Ne' potrebbe poi assumere rilievo la circostanza pure addotta dalla difesa secondo cui la contabilita' era stata. tenuta sino al 31.12.2009 da due diversi studi di commercialisti perche' secondo la giurisprudenza di questa Corte in tema di bancarotta fraudolenta documentale l'imprenditore e - nel caso di bancarotta cosiddetta impropria - gli amministratori, i direttori generali, i sindaci e i liquidatori, non vanno esenti da responsabilita' per il fatto che la contabilita' sia stata affidata ad un soggetto fornito di specifiche cognizioni tecniche (commercialista), dovendosi logicamente presumere che la contabilita' stessa sia stata redatta secondo le indicazioni date dai predetti soggetti, che restano, percio', sempre responsabili della tenuta di una regolare e veritiera contabilita' (cfr. tra tutte, Sez. 5, Sentenza n. 2055 del 15/12/1993 Ud. (dep. 19/02/1994), Rv. 197268 - 01). A norma degli articoli 2214 e 2392 c.c., l'imprenditore che esercita un'attivita' commerciale e' infatti obbligato, personalmente, alla regolare tenuta e conservazione dei libri e delle scritture contabili nella propria azienda. Egli puo' avvalersi dell'opera di un tecnico, sia esso un proprio dipendente o un libero professionista, ma resta sempre responsabile per l'attivita' da essi svolta nell'ambito dell'impresa. In caso di fallimento, quindi, risponde penalmente dell'attivita' e delle omissioni delle persone da lui incaricate che non hanno tenuto, in assoluto, o non hanno tenuto regolarmente i libri e le scritture contabili prescritte dalla legge. Il principio opera nel caso di inquadrabilita' della condotta sia in reati punibili per dolo o colpa (bancarotta semplice), sia in delitti punibili soltanto a titolo di dolo (bancarotta fraudolenta documentale). In tale ultima ipotesi, l'imprenditore non va esente da responsabilita' per aver affidato a un collaboratore le operazioni contabili, dovendosi presumere che i dati siano stati trascritti secondo le indicazioni e i documenti forniti dall'imprenditore medesimo. Trattasi, peraltro, di una presunzione "iuris tantum", che puo' essere vinta da rigorosa prova contraria (Sez. 5, Sentenza n. 709 del 01/10/1998 Ud. (dep. 19/01/1999) Rv. 212147 - 01). Nel resto il motivo prospetta aspetti per certi versi nuovi risultando dalla incontestata sintesi dei motivi di appello che il ricorrente in quella sede ebbe a dedurre che nel caso di specie difettasse il dolo di recare pregiudizio ai creditori laddove costituisce principio pacifico nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo cui con riferimento alla fattispecie della bancarotta fraudolenta documentale per tenuta irregolare e' sufficiente il dolo generico, non essendo necessario il dolo di recare pregiudizio ai creditori. Quanto poi all'ulteriore profilo denunciato si osserva che in tema di bancarotta fraudolenta documentale cd. âEuroËœgenerica', per la sussistenza del dolo dell'amministratore solo formale non occorre che questi si sia rappresentato ed abbia voluto gli specifici interventi da altri realizzati nella contabilita' volti ad impedire o a rendere piu' difficoltosa la ricostruzione degli affari della fallita, ma e' sufficiente che l'abdicazione agli obblighi da cui e' gravato sia accompagnata dalla rappresentazione della significativa possibilita' dell'alterazione fraudolenta della contabilita' e dal mancato esercizio dei poteri-doveri di vigilanza e controllo che gli competono (Sez. 5, n. 44666 del 04/11/2021, La Porta, Rv. 282280 - 01), laddove nel caso di specie al (OMISSIS) non e' stato attribuito il ruolo di mera testa di legno, avendo il giudice di merito affermato che i ricorrenti si presentavano entrambi, nei confronti dei terzi, come referenti della societa' precisando che il (OMISSIS) si occupava in particolare proprio delle questioni attinenti alla contabilita'. Peraltro nella pronuncia La Porta si afferma che cio' nondimeno, sul piano della prova, l'assunzione solo formale della carica costituisce pur sempre un importante indizio della configurabilita' del dolo richiesto per la sussistenza del reato menzionato e, in alcuni casi, le concrete circostanze in cui essa e' avvenuta, l'indizio puo' trasformarsi in prova diretta dell'elemento psicologico tipico. 3.2. Il secondo motivo e' manifestamente infondato. Esso nel contestare la veste di amministratore di fatto ritagliata nei confronti di (OMISSIS) non considera quanto emerso e descritto nelle conformi pronunce di merito che, come si e' gia' avuto modo di osservare analizzando il secondo motivo di ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS), convergono nel ravvisare la sussistenza di plurimi elementi sintomatici della posizione di fatto da questi rivestita; sicche' difettando il presupposto a cui' il ricorso ancora la contestazione afferente la condotta distrattiva (dall'assenza di tale qualifica si fa discendere la riconducibilita' dell'esborso al diverso ruolo di dipendente rivestito da (OMISSIS)), il motivo che si articola su di esso rimane privo di pregio. Nel resto il motivo e', da un lato, generico e reiterativo di doglianze gia' esposte ed adeguatamente vagliate dai giudici di merito che hanno dato compiutamente conto delle ragioni per le quali la somma versata in favore di (OMISSIS) non potesse essere ricondotta a compenso retributivo, qui nuovamente addotto a giustificazione dell'esborso sulla base di mere congetture e di assunti privi di effettivo fondamento (laddove peraltro, come appare ovvio, a nulla potrebbe rilevare l'eventuale mancata proposizione da parte del curatore della revocatoria fallimentare o di altra azione giudiziaria); e, dall'altro, impostato sul travisamento probatorio dedotto, inammissibilmente, mediante il riferimento a passaggi dichiarativi del curatore e del c.t. di parte, estrapolati dai piu' ampi contesti in cui essi si collocano. 3.3. Il terzo motivo, che lamenta che la corte di appello abbia ritenuto sussistente la circostanza aggravante di aver commesso piu' fatti di bancarotta escludendo la continuazione ex articolo 81 c.p. erroneamente riconosciuta in primo grado - adducendo articolate ragioni in diritto, e' manifestamente infondato dal momento che e' la norma fallimentare di cui all'articolo 219 L.F. a prevedere la speciale disciplina della cd. continuazione fallimentare che non lascia spazio alcuno alle dissertazioni svolte in ricorso - prive di portata disarticolante sia in fatto che in diritto; non e' dubitabile che nel caso di specie si versi nel caso tipico della pluralita' dei piu' fatti di bancarotta essendosi ravvisati gli estremi sia della bancarotta fraudolenta documentale che di quella patrimoniale e che non ricorra quell'unicita' di reato, a cui si ancora l'impostazione difensiva, per essere le ipotesi contestate in "rapporto di alternativita' formale " (secondo cui il reato rimarrebbe logicamente unico nelle ipotesi contestate perche' "le condotte vengono poste in essere in immediata successione cronologica" essendo piu' azioni naturalisticamente intese che "si ricompongono in un'unica azione in senso giuridico, se sussiste contestualita' degli atti e unicita' del fine" ovvero se, in via subordinata, sussiste "continuita' cronologica tra l'asserita distrazione di Euro 13.800,00 e l'omessa e/o irregolare contabilita' dell'azienda, sorrette entrambe dall'unicita' del fine di distrarre denaro dalle casse della societa'"). D'altronde, secondo quanto hanno di recente affermato le Sezioni Unite di questa Corte - Sez. U, Sentenza n. 38402 del 15/07/2021, PG C/Magistri, Rv. 281973 - 01 - con riferimento al reato di omicidio aggravato ai sensi dell'articolo 576, comma 1, n. 5.1 c.p., commesso a seguito di quello di atti persecutori da parte dell'agente nei confronti della medesima vittima, l'unitarieta' del fatto non esclude affatto la sussistenza della circostanza aggravante quanto piuttosto l'autonoma rilevanza giuridica del reato di atti persecutori, che rimane in essa assorbito, ravvisandosi un reato complesso circostanziato ai sensi dell'articolo 84, comma 1, c.p.. 3.4. Il quarto e ultimo motivo sulle pene accessorie - fondato - e' stato in premessa gia' trattato. 4.Dalle ragioni sin qui esposte deriva che la sentenza impugnata deve essere annullata nei confronti di (OMISSIS) e, per l'effetto estensivo, ex articolo 587 del codice di rito, di (OMISSIS), limitatamente alla determinazione della durata delle pene accessorie fallimentari, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Torino; e che nel resto i ricorsi devono essere rigettati. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) e, per l'effetto estensivo, di (OMISSIS), limitatamente alla determinazione della durata delle pene accessorie fallimentari, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Torino. Rigetta i ricorsi nel resto.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SABEONE Gerardo - Presidente Dott. PISTORELLI Luca - Consigliere Dott. DE MARZO Giuseppe - Consigliere Dott. CUOCO Michele - rel. Consigliere Dott. FRANCOLINI Giovanni - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato ad (OMISSIS); avverso la sentenza del 14 giugno 2021, della Corte d'appello di Milano; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere CUOCO MICHELE; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale LETTIERI NICOLA, che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito il difensore, avv. (OMISSIS), che ha insistito per l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. (OMISSIS) e' stato originariamente tratto a giudizio per rispondere, nelle sue qualita' di presidente del consiglio d'amministrazione e, poi, di amministratore unico della (OMISSIS) s.r.l. (operante nel settore della produzione e commercio di prodotti elettronici e dichiarata fallita il (OMISSIS)), in concorso con il successivo amministratore, dei reati di bancarotta fraudolenta per dissipazione e distrazione (capi A e B), bancarotta fraudolenta documentale (capo D) e bancarotta impropria per operazioni dolose (capo C), nonche' dei connessi reati tributari di dichiarazione fraudolenta ed emissione di fatture per operazioni inesistenti (capi A) e B)), dichiarazione infedele (capo C)) e indebita compensazione di crediti (capo D)). All'esito del giudizio di primo grado, il Tribunale riteneva sostanzialmente provata la prospettazione accusatoria, assolvendo l'imputato dal solo reato di dichiarazione infedele e, limitatamente ad alcune condotte, da quello di emissione di fatture per operazioni inesistenti; lo condannava, invece, per tutte le residue imputazioni, previa dichiarazione della prescrizione per le condotte antecedenti al 2010, dei corrispondenti reati tributari. La Corte d'appello, invece, investita dell'impugnazione dell'imputato, ha confermato la sua responsabilita' penale per i soli fatti di bancarotta fraudolenta patrimoniale contestati ai capi A) e B), assolvendolo da tutti i reati tributari non ancora prescritti, nonche' dal reato di bancarotta fraudolenta documentale e dal reato di bancarotta impropria; rideterminava, conseguentemente, la pena inflitta. 2. Avverso tale decisione ricorre l'imputato, formulando quattro motivi di ricorso, dei quali i primi due afferenti al profilo della ritenuta responsabilita' per i residui reati concorsuali, il terzo afferente al trattamento sanzionatorio ed il quarto alle statuizioni civili. 2.1. Il primo motivo, formulato sotto i profili della violazione di legge e del vizio di motivazione, attiene alla condotta di distrazione, contestata al capo A) della rubrica, relativa alle maggiori somme (in ipotesi eccessive rispetto al valore di mercato) corrisposte a titolo di canone locazione in favore della societa' proprietaria dei locali aziendali, la (OMISSIS) s.r.l., partecipata al 99% dallo stesso (OMISSIS). Secondo la difesa, la valutazione di congruita' del canone pattuito (per 96.000 Euro l'anno) avrebbe imposto una valutazione in concreto del valore dell'immobile e non gia' un mero riferimento ai dati (astratti e generici) ricavabili dall'OMI. Tanto piu' che lo stesso locale sarebbe stato locato per un canone sicuramente piu' basso (circa 60.000 annui), ma in favore di un istituto di credito (contraente, quindi, maggiormente affidabile) e all'esito di una ristrutturazione, a carico dello stesso locatore, per oltre 300.000 Euro. D'altronde, la corte territoriale avrebbe omesso anche ogni riferimento sia alla concreta pericolosita' di tale condotta, sia, sotto il profilo soggettivo, all'effettiva consapevolezza dell'imputato di incidere (potenzialmente) sulle ragioni creditorie, alla luce di una potenziale successiva liquidazione. 2.2. Il secondo motivo, anche questo formulato sotto i profili della violazione di legge e del vizio di motivazione, attiene invece alla seconda condotta di bancarotta, relativa alla ritenuta distrazione dei diritti sull'automobile detenuta in leasing. Secondo la difesa, la motivazione alla luce della quale sarebbe stata ritenuta la penale responsabilita' del ricorrente sarebbe manifestamente illogica, in quanto affermerebbe, in modo del tutto apodittico, un pregiudizio per i creditori senza, tuttavia, indicare da quali elementi questo emergerebbe. La cessione del contratto di leasing favore della (OMISSIS) s.r.l., pur attribuendo il successivo diritto di riscatto avrebbe determinato, infatti, anche il trasferimento della complessiva posizione contrattuale e, quindi, l'obbligo di corrispondere i canoni residui. Cosicche' si sarebbe potuto parlare di distrazione solo ove fosse stato dimostrato il maggior residuo valore del bene. In concreto, invece, tale congruita' emergerebbe per tabulas alla luce della valutazione effettuata dalla stessa concessionaria, erroneamente ritenuta inattendibile dalla corte territoriale alla luce di una valutazione empirica ed essa stessa incongrua. D'altronde, la modulazione dei canoni e' stata operata, ex ante, proprio in funzione del residuo valore del bene, in modo tale da assicurare una sostanziale congruita' tra tale valore e l'eventuale riscatto esercitato dall'utilizzatore. La bonta' di tale ricostruzione, peraltro, emergerebbe indirettamente dalla stessa disciplina della legge fallimentare, contenuta nell'articolo 67, comma 3 (quanto alla revocabilita' delle somme pagate al conduttore) e 72-quater (quanto al subentro del curatore). Alla luce di tale normativa, nessuna somma sarebbe mai stata recuperabile dal curatore, anche ove tale contratto non fosse stato ceduto: le somme corrisposte a titolo di canone al conduttore non sarebbero, infatti, suscettibili di revocatoria, l'eventuale subentro avrebbe imposto al curatore il pagamento dei residui canoni e l'eventuale scioglimento (pur nelle facolta' della curatela) avrebbe condotto solo alla consegna del bene con diritto alla differenza tra la (eventuale) maggiore somma ricavata dalla liquidazione e il residuo credito in linea capitale. Ove vi fosse stata un'effettiva incongruita', il curatore, a fronte della prospettata "gratuita'" del contratto, avrebbe potuto (ed anzi dovuto) chiedere la revocatoria della cessione, azione in concreto non esercitata. Tutto cio' inciderebbe, secondo la difesa, sia sull'effettiva possibilita' di configurare una condotta distrattiva, sia sulla concreta consapevolezza in capo al ricorrente di un asserito pregiudizio subito dai creditori in conseguenza contestata cessione, conclusa, invece, secondo la difesa, nel loro stesso interesse, in ragione dell'esigenza di sollevare la societa', poi fallita, da un onere che non aveva risorse per affrontare. 2.3. Il terzo motivo attiene, invece, al profilo sanzionatorio e lamenta il mancato riconoscimento della causa di non punibilita' di cui all'articolo 131-bis c.p. e, comunque, dell'attenuante di cui alla L.Fall., articolo 219. 2.4. Il quarto, in ultimo, e' riferito alle statuizioni civili e lamenta l'incongruita' della provvisionale riconosciuta in favore della curatela, parte civile costituita. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il primo motivo e' parte inammissibile ed in parte manifestamente infondato. Appare opportuno premettere che le diverse condotte nelle quali si sviluppa la bancarotta fraudolenta patrimoniale sono (quanto meno quelle di dissimulazione occultamento, distrazione e dissipazione) diverse modalita' di aggressione allo stesso bene giuridico (rappresentato dall'interesse dei creditori alla conservazione della consistenza patrimoniale dell'imprenditore, destinata, dall'articolo 2740 c.c., a garanzia dei debiti contratti), singole modalita' di esecuzione alternative e fungibili di un solo reato (Sez: 5, n. 30442 del 22/06/2006, Preziosa). In questo contesto, mentre la dissipazione si concretizza nell'impiego dei beni in maniera distorta e fortemente eccentrica rispetto alla loro funzione di garanzia patrimoniale, per effetto di consapevoli scelte radicalmente incongrue rispetto alle effettive esigenze dell'azienda, avuto riguardo alle sue dimensioni e complessita', oltre che alle specifiche condizioni economiche ed imprenditoriali sussistenti (Sez. 5, Sentenza n. 7437 del 15/10/2020), la distrazione e' nozione di carattere residuale e si realizza in tutte ipotesi in cui l'imprenditore agisce perseguendo dolosamente un interesse proprio o di terzi estranei all'impresa, quindi con la coscienza e volonta' di porre in essere atti incompatibili con la salvaguardia del patrimonio aziendale ed in contrasto con l'interesse dei creditori alla conservazione delle garanzie patrimoniali. Cio' considerato, per come si e' detto, il capo A) attiene alla ritenuta distrazione conseguente alla pattuizione in favore della (OMISSIS) s.r.l. (societa' riconducibile allo stesso (OMISSIS), proprietaria dei locali aziendali della fallita) di un canone di locazione manifestamente incongruo. La corte territoriale, nel ritenere fondata la prospettazione accusatoria, ha dedotto la manifesta incongruenza del canone alla luce non solo delle quotazioni OMI (che, per quella tipologia di locali, indicavano un canone annuo massimo di Euro 63.360, inferiore del 35%-40% rispetto all'importo corrisposto annualmente da fallita), gia' di per se' indicative (in quanto fondate, in massima parte, su concreti dati empirici tratti dai rogiti e dai contratti stipulati per la singola tipologia di immobile in un dato periodo di riferimento), ma anche del canone pattuito per quel medesimo immobile dallo stesso (OMISSIS) con la Cassa di Risparmio di La Spezia, del tutto in linea con la forbice di valore desunta dalle quotazioni OMI (59.400 Euro, ridotto a 49.400 Euro per il primo anno). E sotto tale profilo ha poi dato atto anche: - dell'irrilevanza della giustificazione offerta dall'imputato (quanto alle ingenti spese sostenute dall'istituto di credito per la ristrutturazione dei locali, della quale avrebbe direttamente beneficiato la proprieta' dell'immobile in termini di aumento di valore, anche grazie la modifica della destinazione d'uso catastale) non solo perche' - ragionevolmente - giustificate dall'esigenza di adeguamento dei locali alle specifiche esigenze del conduttore, ma perche', ove anche necessari per ristrutturare l'immobile per le ordinarie esigenze d'uso, darebbero conto esse stesse della preesistente condizione dei locali (peraltro, alla luce delle dichiarazioni dello stesso (OMISSIS), pregiudicati da infiltrazioni d'acqua, dissesti strutturali della pavimentazione e da una impiantistica obsoleta e degradata): - dell'assenza di un valido supporto probatorio, anche in ragione dell'incongruita' della categoria catastale indicata, in ordine all'evocato incremento di valore dell'immobile conseguente al cambio di destinazione d'uso dell'immobile. Ebbene, atteso il principio della liberta' di convincimento del giudice e della insussistenza di un regime di prova legale, il presupposto della decisione e' costituito dalla motivazione che la giustifica. Ne consegue che il giudice puo' liberamente apprezzare il dato fattuale, purche' illustri le ragioni della scelta operata (anche in relazione alle altre prospettazioni che ha ritenuto di disattendere) in modo accurato attraverso un percorso logico congruo, che il giudice di legittimita' non puo' sindacare nel merito. A fronte delle analitiche argomentazioni in precedenza evidenziate, le deduzioni volte a contestare la valutazione di congruita' del canone (peraltro mera riproduzione di profili di censura gia' adeguatamente vagliati e disattesi dalla corte territoriale), si limitano a prospettare, senza evidenziare alcun profilo di manifesta illogicita' o di contraddittorieta', solo una diversa valutazione dei dati fattuali, alla luce di differenti criteri, ampiamente vagliati (e disattesi) dalla corte territoriale. Ed in quanto tali sono inammissibili. Il ricorrente, tuttavia, ha censurato la decisione anche sotto il profilo della sussistenza del reato, deducendo che la corte non avrebbe valutato la concreta pericolosita' della condotta e, parallelamente, la proiezione soggettiva di tale pericolosita' (in termini di consapevolezza del potenziale pregiudizio che dalla condotta posta in essere puo' discendere per le ragioni creditorie nell'ottica di una futura ed eventuale crisi imprenditoriale). Sotto tale profilo, appare opportuno premettere che, effettivamente, il reato in esame punisce non gia', sempre e indifferentemente, qualsiasi atto in diminuzione del patrimonio della societa' ma soltanto e tutti quelli che quell'effetto sono idonei a produrre in concreto, con esclusione, quindi, di tutte quelle operazioni o iniziative di entita' minima o comunque particolarmente ridotta e tali, soprattutto se isolate o realizzate quando la societa' era in bonis, da non essere capaci di comportare una alterazione sensibile della funzione di garanzia del patrimonio (Sez. 5, n. 35093 del 04/06/2014, P.G. in proc. Sistro, Rv. 261446). Cosicche', sotto il profilo motivazionale, la decisione di merito deve dar conto - oltre che della connotazione del fatto in termini di pericolo concreto - della riconoscibilita' del dolo generico sulla base di una puntuale analisi della fattispecie concreta in tutte le sue peculiarita', ricercando possibili (positivi o negativi) "indici di fraudolenza" necessari a dar corpo, da un lato, alla prognosi postuma di concreta messa in pericolo dell'integrita' del patrimonio dell'impresa funzionale ad assicurare la garanzia dei suoi creditori e, dall'altro, alla proiezione soggettiva di tale concreta messa in pericolo. Indici di fraudolenza rinvenibili, ad esempio, nella disamina del fatto distrattivo o dissipativo alla luce della condizione patrimoniale e finanziaria dell'impresa e della congiuntura economica in cui la condotta pericolosa per le ragioni del ceto creditorio si e' realizzata; nel contesto in cui l'impresa ha operato, avuto riguardo a cointeressenze dell'imprenditore o dell'amministratore rispetto ad altre imprese coinvolte nei fatti depauperativi; nella "distanza" (e, segnatamente, nell'irriducibile estraneita') del fatto generatore di uno squilibrio tra attivita' e passivita' rispetto a qualsiasi canone di ragionevolezza imprenditoriale (Sez. 5, n. 38396 del 23/06/2017, Sgaramella, Rv. 270763, in motivazione). Ebbene, sotto tale profilo, la corte territoriale ha dato atto tanto della congiuntura economica in cui la condotta pericolosa per le ragioni del ceto creditorio si e' realizzata (circa un mese prima del fallimento di (OMISSIS) e dopo la rinuncia alla domanda di concordato preventivo in bianco), quanto della partecipazione quasi totalitaria dello stesso (OMISSIS) nella (OMISSIS), beneficiaria delle condotte distrattiva e dissipative. E tanto e' sufficiente a dar conto dell'oggettivo carattere fraudolento dell'atto e della proiezione soggettiva di tale dato. 2. Il secondo motivo, afferente, per come si e' detto, alla cessione a titolo gratuito del contratto di locazione finanziaria avente per oggetto l'autovettura aziendale, e', invece, infondato. Appare opportuno premettere che, in linea generale, che il contratto di leasing e' un contratto sinallagmatico nel quale una parte concede ad un'altra parte il godimento di un bene, dietro corrispettivo di un canone periodico e con la facolta' di restituirlo al termine prefissato o di acquisirne la proprieta' dietro pagamento di una specificata somma residua. Cosicche', ricostruito in questi termini il sinallagma contrattuale, nel caso di cessione del contratto ad altro utilizzatore, il nocumento per la massa e' soltanto eventuale, in quanto si realizza soltanto se possa affermarsi che la prosecuzione del rapporto da parte del curatore avrebbe recato in concreto una risorsa economica positiva e non un onere (Sez. 5, n. 9427 del 03/11/2011, dep. 2012, Rv. 251996; Sez. 5, n. 3612/07 del 06/11/2006, Tralicci, Rv. 236043; Sez. 5, n. 30492 del 23/04/2003, Lazzarini, Rv. 227705). Sotto tale profilo, cio' che rileva e' la funzione economica sottesa alla regolamentazione contrattuale ed il concreto assetto degli interessi che ne emerge. Se il leasing e' orientato alla produzione di un effetto traslativo, la durata del contratto non e' commisurata alla vita economica del bene e il bene stesso, alla scadenza del contratto, conservando comunque una sua utilita' economica, avra' un valore maggiore rispetto al prezzo pattuito per l'opzione di acquisto, cosicche' - in assenza di corrispettivita' tra l'ammontare del canone e l'utilita' che ne deriva al conduttore - i canoni non costituiscono soltanto il corrispettivo del godimento, ma scontano, anche se parzialmente, il prezzo della res. Viceversa, nelle ipotesi in cui la finalita' traslativa assuma valenza marginale, essendo il leasing finalizzato prevalentemente a permettere il godimento del bene, i canoni pagati tendono a remunerare il concedente del valore economico consumato dal concessionario e il prezzo per l'opzione di acquisto finale sara' sostanzialmente congruente con il valore residuo del bene, con sostanziale corrispettivita' tra le prestazioni delle parti durante lo svolgimento del rapporto (Cass. civ. n. 5569 del 13/12/1989). Solo nella prima ipotesi la cessione (gratuita) del contratto potra' avere valenza concretamente distrattiva, in quanto permette al cessionario di godere (gratuitamente) del parziale pagamento della res (il cui prezzo e', di fatto, incorporato nelle singole rate) da parte dell'originario contraente. Nella seconda ipotesi, invece, la sostanziale corrispettivita' tra le prestazioni delle parti durante lo svolgimento del rapporto esclude, intrinsecamente, tale pcssibilita', essendo le rate modulate in funzione del solo godimento e commisurate alla progressiva svalutazione del bene. Cosicche' quanto pagato dal cedente e quanto gravante sul cessionario sara' sostanzialmente corrispondente ai rispettivi periodi di godimento del bene stesso. In sintesi, quindi, il leasing sara' di godimento se l'insieme dei canoni e' significativamente inferiore alla remunerazione del capitale investito nell'operazione di acquisto e concessione in locazione del bene e lascia non coperta una parte rilevante di questo capitale. Avra' funzione traslativa se l'insieme dei canoni remunera interamente il capitale impiegato e il prevedibile valore del bene alla scadenza del contratto sopravanza in modo non indifferente il prezzo di opzione. Tale circostanza emerge con certezza dalla motivazione offerta dalla corte territoriale, che ha ritenuto la natura distrattiva evidenziando l'indebito vantaggio goduto dalla cessionaria, che, accollatasi solo il pagamento delle rate mensili residue (per circa 30.000 Euro) e il (solo eventuale) costo del riscatto (fissato in Euro 18.334.03), avrebbe beneficiato dei precedenti esborsi effettuati da (OMISSIS) ed in particolare del pagamento della maxi rata iniziale, in forza del quale sarebbero stati calcolati i futuri importi delle rate e del canone di riscatto finale. In cio' valutando, compiutamente, l'effettiva funzione del contratto trasferito e, con essa, il prevedibile valore del bene in relazione al (pur significativo) prezzo di opzione. La prospettiva non muta neanche alla luce della facolta' riconosciuta al curatore dalla L.Fall., articolo 72-quater (di potersi sciogliere dal contratto e restituire il veicolo alla societa' concedente maturando il diritto ad ottenere la differenza tra il ricavato della liquidazione e il residuo credito in linea capitale), atteso che il pregiudizio patrimoniale (conseguente ad una cessione gratuita del contratto) e' dipendente dall'accertata della funzione (parzialmente traslativa) dello strumento negoziale e, quindi, alla luce dell'accertato residuo valore del bene. 3. Il terzo e' il quarto motivo sono, invece, inammissibili. Il terzo oltre ad essere genericamente formulato (limitandosi a prospettare la necessita' del riconoscimento della causa di non punibilita' e dall'attenuante invocate, senza supportare la richiesta da idonei argomenti in fatto ed in diritto). Il quarto e' intrinsecamente inammissibile in quanto la statuizione pronunciata in sede penale e relativa alla concessione e quantificazione di una provvisionale non e' ricopribile per cassazione, trattandosi di decisione di natura discrezionale, meramente delibativa e non necessariamente motivata, per sua natura insuscettibile di passare in giudicato e destinata ad essere travolta dall'effettiva liquidazione dell'integrale risarcimento (Sez. 2, Sentenza n. 44859 del 17/10/2019). Ciononostante, la curatela del fallimento, con memoria depositata il 30 novembre 2022, ha revocato la sua costituzione di parte civile. Conseguentemente, la sentenza impugnata deve essere annullata, ai soli effetti civili con conseguente revoca delle relative statuizioni. Invero, in caso di revoca della costituzione di parte civile nel giudizio di legittimita', la Corte di cassazione, investita del ricorso proposto dall'imputato, deve rilevare, anche d'ufficio, la sopravvenuta estinzione del rapporto processuale civile inserito nel processo penale ed annullare senza rinvio la sentenza in ordine alle statuizioni civili in essa contenute (Sez. 4, n. 3454 del 16/01/2019, Rv. 275195). 4. In conclusione, quindi, la sentenza impugnata deve essere annullata, senza rinvio, ai soli effetti civili (con conseguente revoca delle relative statuizioni). Il ricorso, invece, agli effetti penali, deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti civili e revoca la relativa condanna. Rigetta il ricorso agli effetti penali e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. RAMACCI Luca - Presidente Dott. SOCCI Angelo - rel. Consigliere Dott. LIBERATI Giovanni - Consigliere Dott. MACRI' Ubaldo - Consigliere Dott. ANDRONIO Alessandro - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sui ricorsi proposti da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 10/05/2022 del TRIBUNALE di NOCERA INFERIORE; udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. SOCCI ANGELO MATTEO; lettt conclusioni del PG Dr. Angelillis Ciro: "Annullamento con rinvio"; lette le conclusioni delll'Avv. (OMISSIS), nella memoria del 28/10/22: "annullamento dell'ordinanza impugnata". RITENUTO IN FATTO 1. Il Tribunale di Nocera Inferiore, in sede di giudice dell'esecuzione, con ordinanza del 10 maggio 2022 ha rigettato l'istanza di revoca o sospensione dell'ordine di sgombero del P.M. presso il Tribunale di Nocera Inferiore (del 22 novembre 2021, N. 14/2003 SIGE). 2. (OMISSIS) e (OMISSIS) propongono ricorso in cassazione, per i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1. 2. 1. Violazione di legge (Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 31, comma 9); omessa motivazione sulla specifica richiesta di dichiarazione di nullita' per omessa notifica dell'ordine di demolizione ai ricorrenti. Ai ricorrenti, eredi di (OMISSIS) (loro madre) che a sua volta avevo ricevuto il bene immobile, per successione, dal marito (OMISSIS) (destinatario dell'ordine di demolizione), non risulta mai notificato l'ordine di demolizione. L'interessato alla demolizione deve essere messo a conoscenza dell'ordine di demolizione per l'instaurazione del contraddittorio con l'autorita' procedente. Con la notifica dell'ingiunzione alla demolizione gli interessati avrebbero potuto individuare nel dettaglio (in relazione alla sentenza di condanna) le opere da demolire. Ha chiesto quindi l'annullamento della sentenza impugnata. 2. 2. La Procura Generale, Sost. Proc. Gen. Ciro Angelillis, ha chiesto l'annullamento con rinvio della decisione impugnata. 2. 3. Con successiva memoria i ricorrenti hanno rappresentato che con la sentenza Sez. 3, Sentenza n. 18990 del 23/02/2022 Cc. (dep. 13/05/2022) Rv. 283135, e' stato affermato il principio della necessita' della notifica agli eredi dell'ordine di demolizione; notifica mai avvenuta nel caso in giudizio. CONSIDERATO IN DIRITTO 3. Il ricorso risulta infondato, in quanto l'esecuzione e' iniziata nei confronti del condannato ( (OMISSIS)) e gli eredi (prima la moglie (OMISSIS) e poi i figli (OMISSIS) e (OMISSIS)) quali soggetti sopravvenuti non avevano diritto alla notifica (nuova notifica) dell'ordine di demolizione. Il principio di diritto, gia' espresso da questa Corte di Cassazione ("In tema di reati edilizi, l'ordine di demolizione delle opere abusive, in caso di morte del condannato, deve essere notificato all'erede o al suo avente causa, divenuti, nelle more, titolari di un diritto reale sul bene affinche' possa essere eseguito nei loro confronti", Sez. 3, Sentenza n. 18990 del 23/02/2022 Cc. - dep. 13/05/2022 - Rv. 283135 - 01), della necessita' della notifica dell'ordinanza di demolizione agli eredi dell'imputato deceduto non puo' trovare applicazione nell'ipotesi in odierno giudizio. In quanto, il principio sopra riportato potrebbe essere valido solo quando nessuna notifica dell'ordine di demolizione sia stata effettuata al responsabile dell'illecito. Infatti, nel caso deciso da Sez. 3, Sentenza n. 18990 del 23/02/2022 Cc. (dep. 13/05/2022) Rv. 283135 - 01, si rileva l'assenza di motivazione sulla notifica dell'ordine di demolizione e sulla esatta individuazione del responsabile dell'illecito e dell'attuale possessore dell'immobile ("l'ordine di demolizione di cui si discute, come da allegazioni al ricorso, non risulta essere stato notificato alla ricorrente, erede testamentaria di (OMISSIS), condannata nella sentenza (...) e sul punto nessuna motivazione e' stata spesa dal giudice dell'esecuzione, anzi l'ordinanza impugnata, erroneamente, indica la ricorrente (...) come il soggetto che era stato condannato con la sentenza"). Invece, "In tema di reati edilizi, l'esecuzione dell'ordine di demolizione, impartito dal giudice a seguito dell'accertata edificazione in violazione di norme urbanistiche, non e' escluso dall'alienazione del manufatto abusivo a terzi, anche se intervenuta anteriormente all'ordine medesimo. (In motivazione, la Corte ha evidenziato che l'ordine di demolizione, avendo carattere reale, ricade direttamente sul soggetto che e' in rapporto con il bene a prescindere dagli atti traslativi intercorsi, con la sola conseguenza che l'acquirente, se estraneo all'abuso, potra' rivalersi nei confronti del venditore a seguito dell'avvenuta demolizione)" (Sez. 3 -, Sentenza n. 45848 del 01/10/2019 Cc. (dep. 12/11/2019) Rv. 277266 - 01). La necessita' della notifica dell'ordine di demolizione, e della sentenza di condanna che lo contiene, deriva dal fatto che sul punto deve crearsi la conoscenza (da parte del responsabile o del successivo acquirente) dell'ordine di demolizione, per i diritti di difesa. Nel caso in giudizio, la sentenza e l'ordine di demolizione risultano notificati al responsabile e nessun rinnovo deve essere disposto agli attuali proprietari (per successione ereditaria) del bene da demolire. L'ordine di demolizione (che ha natura di sanzione amministrativa, di carattere reale, a contenuto ripristinatorio) potrebbe essere sospeso o annullato solo nelle ipotesi di provvedimenti dell'ente pubblico assolutamente incompatibili con la demolizione: "L'ordine di demolizione dell'opera abusiva, avendo natura di sanzione amministrativa di carattere reale a contenuto ripristinatorio, conserva la sua efficacia anche nei confronti dell'erede o dante causa del condannato o di chiunque vanti su di esso un diritto reale o personale di godimento, potendo essere revocato solo nel caso in cui siano emanati, dall'ente pubblico cui e' affidato il governo del territorio, provvedimenti amministrativi con esso assolutamente incompatibili. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto legittimamente eseguibile l'ordine di demolizione di immobile conferito, dall'erede dell'autore dell'abuso, in fondo patrimoniale, oggetto di successiva azione revocatoria esperita dai creditori)" (Sez. 3, Sentenza n. 42699 del 07/07/2015 Cc. (dep. 23/10/2015) Rv. 265193 - 01). 4. L'ordine di demolizione, infatti, ha come destinatario solo il condannato per l'abuso: "In tema di reati edilizi, l'ordine di demolizione ha come suo destinatario unicamente il condannato responsabile per l'abuso, sicche' e' illegittima l'estensione dell'obbligo di demolizione al proprietario del bene rimasto estraneo al processo penale, sul quale ricadono solo gli effetti della misura" (Sez. 3, Sentenza n. 4011 del 18/12/2020 Cc. (dep. 02/02/2021) Rv. 280916 - 01). Eventuali terzi (acquirenti, eredi o anche solo titolari di un contratto di locazione) subiscono la demolizione, disposta e iniziata nei confronti del responsabile, con la possibilita' di rivalersi civilmente nei confronti del condannato: "In tema di esecuzione dell'ordine di demolizione del manufatto abusivo, disposto ex L. 28 febbraio 1985, n. 47, articolo 7, non assume rilievo la circostanza che l'immobile oggetto della demolizione risulti locato a terzi, stante la possibilita' da parte del conduttore di ricorrere agli strumenti civilistici per fare ricadere in capo ai soggetti responsabili dell'attivita' abusiva gli eventuali effetti negativi sopportati in via pubblicistica" (Sez. 3, Sentenza n. 37051 del 08/07/2003 Cc. (dep. 29/09/2003) Rv. 226319 - 01). 5. Per completezza deve, infine, rilevarsi che l'ordinanza impugnata concerne l'ordine di sgombero del P.M. quale provvedimento meramente attuativo della demolizione, disposta con la sentenza; provvedimento impugnabile solo ed esclusivamente sotto il profilo dell'inesistenza del titolo e della sua indispensabilita' al fine di dare esecuzione al provvedimento di demolizione ("L'ordine di sgombero del pubblico ministero costituisce una modalita' di attuazione del decreto di sequestro preventivo emesso dal giudice ed e' sindacabile in sede esecutiva esclusivamente sotto il profilo dell'inesistenza del titolo e della sua indispensabilita' al fine di dare esecuzione al provvedimento giurisdizionale. (Nella specie, la Corte ha annullato il provvedimento del g.i.p. che, quale giudice dell'esecuzione, aveva sospeso l'ordine di sgombero per ragioni di opportunita' ed, in particolare, in base alla ritenuta modestia dell'abuso ed al minimo carico urbanistico)" (Sez. 3, Sentenza n. 45938 del 09/10/2013 Cc. (dep. 15/11/2013) Rv. 258312 - 01; vedi anche Sez. 3, Sentenza n. 30405 del 08/04/2016 Cc. (dep. 18/07/2016) Rv. 267586 - 0). Nel ricorso in cassazione i ricorrenti non contestano l'esistenza del titolo o la indispensabilita' dello sgombero per dare attuazione alla demolizione. 6. La questione del condono (non riproposta in sede di ricorso in cassazione) e' stata adeguatamente valutata dall'ordinanza impugnata che ha rilevato come lo stesso veniva presentato "per un immobile diverso rispetto a quello oggetto dell'ordine di demolizione". I ricorsi devono, quindi, essere respinti con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DE GREGORIO Eduardo - Presidente Dott. SOCCI Angelo Matteo - Consigliere Dott. SEMERARO Luca - rel. Consigliere Dott. GAI Emanuela - Consigliere Dott. NOVIELLO Giuseppe - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso a sentenza del 21/01/2019 della CORTE di APPELLO di ANCONA; Visti gli atti il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Maria Teresa BELMONTE Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore generale, Lettieri Nicola, che ha concluso per il rigetto del ricorso. Letta la ineinoria dell'avvocato (OMISSIS), difensore del ricorrente, che insiste per del ricorso, anche riportandosi ai motivi nuovi depositati il 23/09/2022. RITENUTO IN FATTO 1.Con la sentenza impugnata, resa in data 21/01/2019, la Corte di appello di Ancona, in parziale riforma della decisione del Tribunale di Fermo - che aveva dichiarato (OMISSIS) colpevole di plurimi fatti di bancarotta fraudolenta distrattiva (capi A e B, lettera a, b, c,) nonche' di irregolare tenuta delle scritture contabili ex articolo 217 L.F. (capo C) - ha assolto (âEuroËœimputato dalle condotte delittuose ascritte ai punti a) e b) del capo B) d'imputazione, perche' il fatto non sussiste, rideterminato le pene, principale e accessorie, per i residui fatti, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante ex articolo 219 c. 1. L.F., e revocato la confisca disposta dal primo Giudice. 2. Ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, con il ministero del difensore di fiducia, avvocato (OMISSIS), il quale svolge tre motivi. 2.1. Con il primo, denuncia violazione degli articoli 216 comma 1 L.F. e 43 c.p. e corre iati vizi della motivazione, contraddittoria o manifestamente illogica con riguardo all'affermazione di responsabilita' per il fatto sub A), relativo alla cessione della titolarita' della autorizzazione all'esercizio di attivita' di estrazione di materiali inerti dalla cava sita in (OMISSIS) del Comune di (OMISSIS) - principale attivita' della fallita Scaviter s.r.l., di cui il (OMISSIS) era stato Presidente del C.d.A. fino al fallimento dichiarato il (OMISSIS), in favore della societa' (OMISSIS) s.r.l. Unipersonale (neo societa' riconducibile alla famiglia del (OMISSIS), e gestita dalla cognata del ricorrente, (OMISSIS)), che rappresenta la continuazione della medesima attivita'. 2.1. L Va premesso che, secondo la prospettazione accusatoria, recepita dalla sentenza impugnata, la cessione di cui al capo A) sarebbe stata illecita, in quarto non risulterebbero ricompresi nel contratto di affitto di azienda, stipulato il 28/09/2012, per un valore commerciale presunto di Euro 1.380.041,20, anche i diritti di sfruttamento della cava, ne' di essi vi sarebbe traccia nella scrittura integrativa del 23/02/2013, con la quale la (OMISSIS) si e' accollata i debiti contratti dalla fallita con il Comune di (OMISSIS), che aveva posto tale condizione per autorizzare la voltura della concessione in favore di (OMISSIS). L'intento della fallita era stato, secondo la Corte di appello, quello di mettere in sicurezza il ramo di azienda di famiglia cedendolo ad altra compagine societaria comunque riconducibile ai suoi familiari ((OMISSIS)), immune dai debiti che gravavano sulla fallita, a un canone di affitto inferiore alla capacita' produttiva della cava, mentre, la mancata indicazione della autorizzazione negli atti indicati sarebbe stata preordinata a non consentire agli organi fallimentari di aggredire i diritti di sfruttamento della cava, proprio perche' non ricompresi nel contratto e, quindi, non suscettibili di recesso o di revocatoria. 2.1.2. Cio' posto, sostiene la Difesa che la Corte di appello e' incorsa in un duplice errore prospettico: in primo luogo, perche' non considera che, sul piano normativo, le concessioni amministrative sono incommerciabili, nel senso che e' consentito il sub ingresso nelle i'o cissioni soltanto unitamente alla cessione o all'affitto dell'azienda o del ramo aziendale che di essa e' titolare. Da qui, l'irrilevanza giuridica della omessa indicazione dell'attivita' di sfruttamento nel contratto di affitto di azienda, in quanto in esso necessariamente ricompresa, consentendo, ope legis, all'affittuario di conseguire la volturazione a proprio nome, in virtu' del principio di personalita' e intrasmissibilita' delle autorizzazioni ammMist-ative. 2.1.3. In secondo luogo, la Corte di appello ha considerato che la cessione del diritto di estrazione sarebbe avvenuta in assenza di corrispettivo, senza, tuttavia, confrontarsi con prezzo pattuito quale canone di affitto, assolutamente congruo per la massa dei creditori, erroneamente ritenendo che la stipula di un contratto di affitto di azienda in stato di nsolvenza a ridosso della crisi sia ex se idoneo a integrare un cistacco dei beni dal patrimonio, lesivo degli interessi dei creditori, giacche' corrisponde all'interesse di questi ultimi salvaguardare l'integrita' del patrimonio aziendale, tentando di mantenere l'impresa in attivita' laddove, come nel caso di specie, essa sia dotata di avviamento, che verra' destinato ali creditori. Viene richiamata la giurisprudenza civilistica secondo cui il contratto di affitto costituisce uno strumento per giungere alla cessione o al conferimento dell'azienda senza rischio della perdita di valori intrinseci, in primis, l'avviamento. 2.2. Con il secondo motivo, denuncia violazione degli articoli 533 c.p.p., 110 e 43 c.p., e 216 comma 1 n. 1 L.F., e correlati vizi della motivazione, anche per travisamento della prova circa la prova della sussistenza della distrazione e dell'elemento soggettivo del reato. 2.2.1. Premette la Difesa ricorrente la ricostruzione in fatto emersa dall'istruttoria dibattimentale, ovvero che la fallita - per fronteggiare la grave crisi del settore dell'edilizia del 2012 - costitui' la societa' (OMISSIS), alla quale cedette in fitto l'attivita' principale, costituita dall'esercizio della lavorazione e della produzione di materiali inerti e calcestruzzi, concedendo l'usufrutto degli automezzi aziendali e pattuendo un canone di 60.000 Euro annui, a cui si aggiunse, a seguito della scrittura privata integrativa del 13/01/2013, anche l'accollo dei debiti contratti dalla fallita con il Comune di (OMISSIS) Euro 38.556,559), contestualmente stabilendosi che "(OMISSIS) potesse utilizzare l'autorizzazione rilasciata originariamente dal Comune di (OMISSIS) a (OMISSIS) s.r.l.", come da voltura rilasciata, successivamente, nonche' il pagamento delle competenze professionali del direttore tecnico della cava, pari a Euro 11.625,00, impegni tutti onorati dalla (OMISSIS). 2.2.2. Cio' posto, contesta quanto affermato dalla Corte territoriale, ovvero che, in nessuna delle due scritture private, vi fosse riferimento alla cessione della attivita' di cava, invece, espressamente presente nel contratto integrativo; sarebbe, quindi, illogico affermare che âEuroËœoperazione risulta distrattiva indipendentemente dalla predetta circostanza e dal valore della attivita' di sfruttamento della cava, stante la natura di reato di pericolo concreto del delitto di bancarotta fraudolenta distrattiva, per cui si richiede la dimostrazione della effettiva offesa alla integrita' del patrimonio sociale, mentre, come dimostrato dai consulenti della Difesa, i contratti di affitto sono corretti e non dannosi per gli interessi dei creditori, tant'e' che lo stesso curatore aveva ritenuto congruo il prezzo pattuito per l'affitto, e ha rinunciato all'azione revocatoria e ad apprendere alla massa attiva la cava, a cio' autorizzato dal Comitato dei creditori e con il n. o. del Giudice delegato. 2.3. Con il terzo motivo, si eccepisce violazione degli articoli 62 bis, 69 e 133 c.p. in relazione agli articoli 521 e 522 c.p.p. e correlati vizi della motivazione, laddove a Corte di appello ha omesso di considerare prevalenti le circostanze attenuanti generiche rispetto alla aggravante contestata, fondandosi su elementi fattuali non contestati, in vi6azione del principio di correlazione tra accusa e decisione, e richiamando passaggi della sentenza di primo grado che essa stessa definisce eccentrica, finendo per rendere una motivaziene illogica e contraddittoria. 3. Con memoria del 23/09/2022, la Difesa ricorrente ha presentato motivi nuovi ex articolo 585 cod. prov. pen., con riguardo ai primi due motivi di ricorso, afferenti al delitto sub A). Ha esposto che la coimputata, (OMISSIS), giudicata con rito ordinario, e' stata assolta, con sentenza n. 566/2021 del Tribunale di Fermo, divenuta irrevocabile il 30/01/2022. Secondo, a predetta sentenza, allegata, l'intera operazione contestata al capo A) dell'imputazione ed assunta come distrattiva in realta' non e' altro che una normale operazione negoziale penalmente lecita. Conclude, quindi, per l'accoglimento del ricorso, con cassazione, senza rinvio, della sentenza impugnata per l'insussistenza del fatto. CONSIDERATO IN DIRITTO 1.I ricorso e' fondato, per quanto si dira', e la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Perugia. 2. Come premesso, secondo il ricorrente non sussisterebbero, nella specie, condotte distrattivi fraudolente sostenendosi la legittimita' della cessione, a una nuova societa', dei diritti di sfruttamento di una cava, costituente la principale attivita' della societa' fallita. 2.1. E' opportuno ricordare, con riguardo alle finalita' dell'operazione contestata al capo A), ed suo corretto inquadramento giuridico, che, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimita', il distacco del bene dal patrimonio dell'imprenditore poi fallito, in cui si concreta l'elemento oggettivo del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, puo' realizzarsi in qualsiasi forma e con qualsiasi modalita', non avendo incidenza su di esso la natura dell'atto negoziale con cui tale distacco si compie, ne' la possibilita' di recupero del bene attraverso l'esperimento delle azioni normativamente previste a favore degli organi concorsuali, in una prospettiva che attribuisce alla nozione di distrazione una funzione anche "residuale", tale da ricondurre ad essa qui: Nasi fatto diverso dall'occultamento, dalla dissimulazione, etc. determinante la fuoriuscite i del bene dal patrimonio del fallito che ne impedisca l'apprensione da parte degli organide fallimento (Sez. 5 n. 8431 del 01/02/2019 Rv. 276031). Inoltre, si ritiene che depauperamento, apprezzabile ai fini della configurazione del reato di cui all'articolo 216 L. Fall., vada; inteso come riferito ad una nozione giuridica di patrimonio in senso lato, comprensivo cioe' non solo dei beni materiali ma anche di entita' immateriali, fra cui ben puo rient are un'autorizzazione amministrativa allo sfruttamento di una cava, bene - questo - che puo' certamente concorrere alla formazione dell'attivo del compendio patrimoniale (mutatis mutandis, Sez. 5, n. 32469 del 16/04/2013; conf. Sez. 5, n. 57153 del 15/11/2018). 2.1.1. "r tal senso, pertanto, anche il contratto di affitto di azienda - e a maggior ragione, venendo al caso di specie, la cessione senza corrispettivo dei diritti di sfruttamento di una cava - attivita' principale della fallita - puo' connotarsi in modo da integrare una bancarotta per distrazione, e cio' tanto nel caso in cui l'affitto venga stipulato con canore incongrui o simulati (Sez. 5, n. 44891 del 09/10/2008, Rv. 241830), quanto in quello cui la stipula avvenga al preciso scopo di trasferire la disponibilita' dei beni societari ad altro soggetto giuridico in previsione del fallimento (Sez. 5, n. 46508 del 27 novembre 2008, Rv. 242614; Sez. 5, n. 3302 del 28 gennaio 1998, Rv. 209947; Sez. 5, n. 11207 del 29 ottobre 1993, Rv. 196456). 2.2. Va, per ora rammentato che la bancarotta fraudolenta per distrazione ha natura di reato di pericolo a dolo generico, per cui non ha incidenza la finalita' perseguita in via contingente dal soggetto, e neppure si richiede uno specifico intento di arrecare un pregiudizio economico ai creditori, essendo sufficiente la consapevolezza della mera possibilita' di danno che possa derivare alle ragioni creditorie, le quali, ovviamente, sono meno tutelate ove vi siano cessioni che richiedano azioni, come quella di cui all'articolo 80 comma 2 P: D n. 267/42 e succ. mod. e integr. o di tipo revocatorio. 2.3. Quesiti i principi - consolidati nella giurisprudenza di legittimita' - che hanno ispirato a decisione impugnata, e indotto la Corte territoriale a qualificare come distrattiva âEuro˜âEuroËœoperazione consistita nella cessione della titolarita' della autorizzazione allo sfruttamento del ia escavazione, alla luce di una pluralita' di circostanze che caratterizzavano la fattispecie concreta, costituite dal coinvolgimento del ricorrente - anche attraverso i familiari - nella gestione I entrambe le societa'; dalla protratta morosita' dell'affittuaria (v. pag. 13 della sentenza impugnata), valutata non tanto ex se, quanto in connessione alla precedente circostanza; dal trasferimento ad altra societa' gravitante nella stessa orbita gestionale dell'unico, nesso aziendale nella disponibilita' della fallita, con conseguente condanna di quest'ultima all'inattivita'. 3. Tuttavia, nella peculiare fattispecie, la sentenza impugnata si connota per alcuni travisamento, che dovranno essere ricomposti nel rinnovato giudizio di merito. 3.1. in primo luogo, la sentenza impugnata contiene un'evidente imprecisione, laddove afferma - sostenere la distrazione dell'attivita' di sfruttamento della cava, in quanto (Ndr: testo originale non comprensibile) non ricompresa nell'accordo di cessione - che, anche nel contratto integrativo stipulato in un secondo momento, rispetto a quello con cui veniva concesso in affitto alla societa' (OMISSIS) s.r.l. "l'esercizio dell'attivita' di lavorazione e produzione di materiali âEuroËœverti e calcestruzzi preconfezionati", non vi sarebbe alcun accenno alla autorizza. allo sfruttamento della cava. Cosicche', secondo la Corte di appello, deve senza mero escludersi che il negozio di cessione avesse avuto a oggetto anche l'attivita' maggiormente redditizia della cedente. 3 1.1. Nondimeno, dal contratto integrativo sottoscritto dalle due societa' il 22 gennaio 2012, allegato dalla difesa ricorrente, emerge come, invece, nella premessa, si riporti che "la (OMISSIS) srl e' titolare dell'autorizzazione per l'esercizio di una attivita' di cava n. 3671 del 23/1C 2009 rilasciata dal Comune di (OMISSIS) e succ. variante"; che la (OMISSIS) - Unipersonale, per il normale svolgimento dell'attivita', necessita dell'intestazione della suddetta autorizzazione comunale; che la (OMISSIS) s.r.l. stante il contingente periodo di crisi non riesce a svolgere normalmente la suddetta attivita' di cava. Segue, quindi, la stipula deHlaccordo integrativo relativo alla cessione alla (OMISSIS) s.r.l. Unipersonale della -titolarita' i:cil'autorizzazione prot. 3671 del 23/10/2009 all'esercizio dell'attivita' di cava...", voi con l'impegno della cessionaria "a corrispondere al Comune di (OMISSIS) gli oneri di cui alla legge -,.7oionale n. 71/1997 relativi alle annualita' 2011 e 2012", e le spese tecniche dovuIe data (OMISSIS) s.r.l. e non ancora pagate. Accordi pienamente rispettati dalla cessionaria. 3.2. Un ulteriore elemento di opinabilita' proviene dalla considerazione che la Corte di appello st.-13ra avere trascurato gli accertamenti svolti, durante la procedura fallimentare, dal (Ndr: testo originale non comprensibile) il quale aveva gia' conferito un incarico di consulenza tecnica, conclusosi nel senso del (Ndr: testo originale non comprensibile) congruita' del prezzo inizialmente stipulato per la cessione del ramo di azienda, anche a ricomprendervi la attivita' di cava. Tant'e' che il curatore rinunciava alla azione revocatoria della cessione dei diritti di cava, che non veniva, pertanto, appresa all'(Ndr: testo originale non comprensibile) no. 3.3. A fronte di tali elementi - gia' di per se' capaci di scardinare ragionevolmente il (Ndr: testo originale non comprensibile) argomentativo della sentenza impugnata, giacche' idonei a insinuare il dea corretta ricostruzione fattuale alla quale si e' informata la decisione impugnata - si agg ride la sopravvenienza costituita dalla sentenza emessa, all'esito del rito ordinario, nei confronti della coimputata (OMISSIS), e depositata in copia dalla Difesa, il cui (Ndr: testo originale non comprensibile) incrementa le segnalate perplessita' gia' emergenti dalla sentenza 4. 'epi.:go del presente scrutinio di legittimita', come premesso, e' l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Perugia, che, nel rinnovato giudizio, dovra' (Ndr: testo originale non comprensibile) le segnalate aporie. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte d'appello di Perugia.

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