Sentenze recenti azione di rivendicazione

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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BONI Monica - Presidente Dott. BIANCHI Michele - Consigliere Dott. LIUNI Teresa - Consigliere Dott. CALASELICE Barbara - Consigliere Dott. CURAMI Micaela S - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sui ricorsi proposti da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 16/05/2022 della CORTE APPELLO di MILANO; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. MICAELA SERENA CURAMI; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. GUERRA MARIAEMANUELA, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi. RITENUTO IN FATTO 1.Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Milano ha confermato la condanna, resa dal Tribunale di Milano all'esito di giudizio abbreviato, in data 3 marzo 2021, nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS) - oltre che nei confronti di (OMISSIS), non appellante -, alla pena di due mesi di reclusione e 150,00 Euro di multa, pena sospesa e non menzione, ed ha parzialmente riformato la decisione di primo grado nei confronti di (OMISSIS), disponendo la conversione L. n. 689 del 1981, ex articolo 53 della pena inflitta in primo grado (due mesi di reclusione ed Euro 150,00 di multa) in Euro 6.000,00 di multa, per il concorso nel delitto aggravato di compimento di manifestazioni usuali del disciolto partito fascista (articoli 110, 112 c.p., comma 1, n. 1, Decreto Legge 26 aprile 1993, n. 122, articolo 2 convertito con modificazioni dalla L. 25 giugno 1993, n. 205). Da entrambe le sentenze di merito, pienamente convergenti in punto di ricostruzione del fatto, emergeva che in data (OMISSIS), in occasione del centenario dei "(OMISSIS)", un gruppo di giovani sfilavano a piedi con una rosa in mano da (OMISSIS) a (OMISSIS), dove srotolavano uno striscione di circa 7 metri recante la scritta "(OMISSIS)", seguita dal simbolo del Blocco Studentesco, dietro al quale si posizionavano i componenti del gruppo, mentre sul davanti si collocava uno di loro (identificato nel coimputato separatamente giudicato (OMISSIS)) il quale gridava "Per la nascita dell'idea" e i presenti rispondevano tre volte con il grido "Eia Eia Alala'", alzando il braccio destro teso con in mano una rosa. L'identificazione degli imputati era stata possibile grazie alla visione del filmato postato sulla pagina facebook del gruppo giovanile (OMISSIS). Essendo pacifica e incontroversa l'attribuzione della condotta nella sua materialita' agli imputati, la Corte di appello confermava la rilevanza penale del fatto e la correttezza della qualificazione giuridica ai sensi della L. n. 205 del 1993, articolo 2 (c.d. legge Mancino); richiamando la piu' recente giurisprudenza di questa Corte (Sez. 1, n. 3806 del 19/11/2021, Rv. 282500), la Corte territoriale sottolineava la concreta pericolosita' della condotta: il corteo, composto da una dozzina di persone, si era dipanato nelle vie del centro storico cittadino, di potenziale accesso ad un numero indiscriminato di persone; la pubblica ostentazione di gesti e simboli dell'ideologia fascista, in un contesto rievocativo e celebrativo della nascita del (OMISSIS), accompagnata dal grido di incitamento proprio delle squadre d'azione, doveva ritenersi concretamente idonea alla propaganda e diffusione di idee fondate sulla superiorita' o sull'odio razziale ed etnico e sulla violenza, e quindi alla compromissione della ordinata e pacifica convivenza civile. La videoripresa della manifestazione pubblica e la sua pubblicazione sulla pagina facebook del gruppo giovanile (OMISSIS) con la didascalia "23 marzo 1919-23 marzo 2019 -(OMISSIS) -Rose e striscioni per la fondazione dei (OMISSIS). Noi da cent'anni marmo contro la palude", corredata da un post con cui il movimento motivava l'iniziativa non in termini di sterile nostalgismo bensi' di vera e propria dichiarazione di intenti contribuiva, secondo la Corte' territoriale, a delineare la concretizzazione della lesione del bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice, stante l'espressa ed inequivoca finalita' di divulgazione e proselitismo. 2. Ricorrono (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), Gianluca' (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS), a mezzo dei rispettivi difensori. 3. (OMISSIS), con ricorso a firma dell'avv. (OMISSIS), denuncia: 3.1 Con il primo motivo, violazione di legge e illogicita' della motivazione. Pur avendo correttamente riconosciuto che il contestato delitto e' a pericolo concreto, la Corte territoriale ha omesso di accertare se nel caso specifico il bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice abbia corso un effettivo pericolo. Il reato in contestazione non risulta integrato: gli imputati non hanno posto in essere un saluto fascista, essendosi limitati ad alzare il braccio con in mano una rosa; la Corte di merito non ha fornito adeguata motivazione in ordine alla percezione da soggetti terzi di tale gesto quale saluto fascista; nello stesso senso il motto "Eia Eia Alala'" non risulta riconoscibile dalla maggior parte della popolazione come espressione dei valori del regime fascista. La condivisione del post su facebook non puo' costituire elemento a carico del ricorrente (OMISSIS), difettando la prova che egli abbia condiviso le videoriprese pubblicate sul social. 3.2. Con il secondo motivo, il difetto di motivazione. La Corte di appello, nel procedere a conversione della pena detentiva precedentemente inflitta nella corrispondente pena pecuniaria ai sensi della L. n. 689 del 1981, articolo 53, comma 2 ha applicato il valore giornaliero di Euro 100,00 di multa per ciascun giorno di reclusione, omettendo di motivare le ragioni del discostamento dal minimo di Euro 75, come risultante a seguito dell'intervento della Corte Costituzionale con sentenza n. 28 del 2022. 4. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS), con unico atto a firma dell'Avv. (OMISSIS), denunciano: 4.1. Con unico motivo, violazione di legge ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) con riferimento alla L. n. 205 del 1993, articolo 2 nella parte in cui considera i fatti contestati come manifestazioni esteriori usuali del disciolto partito fascista. Dopo avere richiamato la piu' recente giurisprudenza di questa Corte (sez. 1, n. 7904/22 del 12 ottobre 2021), osserva la difesa ricorrente come la norma incriminatrice di cui alla L. n. 205 del 1993, articolo 2 non possa trovare applicazione con riferimento a cerimonie meramente commemorative di gruppi politici risalenti nel tempo, ma solo in presenza di organizzazioni "oggi" esistenti ed operanti nel momento in cui si perfezionano i fatti illeciti: la commemorazione del centenario dalla fondazione del movimento dei "(OMISSIS)", organizzazione. del passato, ben distinta dal (OMISSIS), non integra il citato reato. Neppure la condotta potrebbe essere riqualificata ai sensi della L. 20 giugno 1952, n. 645, articolo 5 (c.d. legge Scelba), reato di pericolo concreto, stante l'inoffensivita' del fatto, inidoneo ad alimentare proselitismo dell'ideologia fascista in grado di mettere in serio pericolo l'ordine democratico dello Stato. 5. Il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, M. Guerra, ha fatto pervenire richieste scritte con le quali ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso proposto dall'avv. (OMISSIS) nell'interesse di (OMISSIS) e' inammissibile: la sentenza di condanna di primo grado e' passata in giudicato, non avendo il predetto imputato, ne' personalmente ne' tramite il difensore, proposto appello avverso la sentenza di condanna emessa a suo carico dal Tribunale di Milano il 3 marzo 2021. Il ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS) deve pertanto essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi e' ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita'", si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. 2. Il primo motivo di ricorso proposto da entrambe le difese ricorrenti puo' essere trattato congiuntamente in quanto con esso viene richiesto l'annullamento dell'impugnata sentenza sotto il profilo, sia pure con diverse angolazioni, della mancata configurabilita' nel caso di specie del contestato reato di cui alla L. n. 205 del 1993, articolo 2. Va subito chiarito come questa Corte condivide la disamina effettuata nell'impugnata sentenza dalla Corte territoriale, che, richiamando la recente sentenza di questa Corte di legittimita', sez. 1, n. 3806 del 19/11/2021, Rv. 282500, ha correttamente riconosciuto che il reato di cui all'articolo 2 c.d. legge Mancino e' un reato a pericolo concreto, al, pari, come gia' ampiamente riconosciuto da consolidata giurisprudenza, del diverso reato di cui alla L. 20 giugno 1952, n. 645, articolo 5. 3. La tematica evocata nel ricorso proposto dall'avv. (OMISSIS) inerente l'interferenza del contestato delitto con la diversa fattispecie di cui all'articolo 5 c.d. legge Scelba non risulta essere stata sollevata neppure in atto di gravame, innanzi ai giudici di merito, che infatti non hanno affrontato la tematica. Trattandosi, tuttavia, di questione attinente l'esatta qualificazione giuridica del fatto, questa Corte non puo' esimersi dall'analizzare l'aspetto, dovendosi sin d'ora affermare che risulta corretta nel caso di specie la contestazione di cui alla L. n. 205 del 1993, articolo 2. Nonostante la similitudine tra le condotte e l'identita' di sanzione, le due fattispecie sono tra loro nettamente distinte: l'articolo 2 c.d. legge Mancino e' diretto a sanzionare manifestazioni esteriori ed ostentazione di simboli ed emblemi di organizzazioni precipuamente dedite alla discriminazione razziale, mentre l'articolo 5 c.d. legge Scelba e' diretto a reprimere le medesime condotte materiali di ostentazione, relative pero' ad emblemi e simboli del disciolto partito fascista, a prescindere da connotazioni discriminatorie. A differenza della L. n. 205 del 1993, articolo 2 la L. n. 645 del 1952, articolo 5 e' stato oggetto di plurime questioni di legittimita' costituzionale sotto il profilo dell'ipotizzato contrasto con l'articolo 21 Cost.. Con le sentenze n. 1 del 1957, n. 74 del 1958 e n. 15 del 1973, il Giudice delle Leggi ha fornito univoche indicazioni interpretative affermando che con la fattispecie in esame, non si punisce una mera manifestazione del pensiero, bensi' solo quella forma di manifestazione del pensiero funzionalmente collegabile alla ricostituzione del partito fascista, in relazione al momento ed all'ambiente in cui sono compiute, attentando concretamente alla tenuta dell'ordine democratico e dei valori ad esso sottesi. Quindi, l'apologia del fascismo e le manifestazioni fasciste sono punite esclusivamente ove creino il, concreto pericolo di ricostituzione del partito fascista; e la giurisprudenza di questa Corte si e' allineata a tali indicazioni, ricostruendo i delitti in esame quali reati di pericolo concreto. Il tratto distintivo tra le due fattispecie in esame e', stato conseguentemente, per lungo tempo, affrontato dalla giurisprudenza di legittimita' sul presupposto che la distinzione delle stesse discendesse dalla qualificazione in termini di pericolo astratto del delitto di cui alla legge Mancino e di pericolo concreto del reato di cui alla legge Scelba. L'ostentazione di emblemi fascisti ha portato alla condanna per articolo 5 c.d. legge Scelba quindi in quei casi in cui si e' ritenuto che la condotta posta in essere ponesse in concreto pericolo la tenuta democratica del paese.: sentenza sez. I, 4 ottobre 1982 n. 11943, Loi; sentenza sez. I, 25 marzo 2014 n. 37577, imp. Bonazza e altro; piu' recentemente la suprema Corte ha confermato la decisione del Tribunale del Riesame che, nel ritenere legittimo il sequestro di alcuni beni, ha ravvisato il fumus delitti L. 20 giugno 1952, n. 645, ex articolo 5 nelle manifestazioni esteriori di carattere fascista, nell'organizzazione di una squadra di militanti, nella predisposizione di armi improprie, nell'uso della violenza contro avversari politici, nonche' nella esplicita rivendicazione del predominio territoriale ed ideologico, quale metodo di lotta politica (Sez. 5, n. 36162 del 18/04/2019, Alberga,,Rv. 277526). Numerosi sono stati i casi trattati dalla Cassazione in cui l'ostentazione di gesti e simboli fascisti hanno portato alla condanna in via definitiva ai sensi dell'articolo 2 legge Mancino. Con la sentenza Sez. 3, n. 37390 del 10/07/2007, la Cassazione ha ritenuto che il fatto di chi, in occasione di un incontro calcistico, sventoli un drappo tricolore recante, nella parte bianca, l'emblema del fascio littorio non da' luogo, mancando la condizione costituita da un pericolo per le istituzioni democratiche, alla configurabilita' di alcuno dei reati previsti dalla L. 20 giugno 1952 n. 645, ma rientra nelle previsioni della L. n. 205 del 1993, articolo 2, comma 1. Analogamente questa Corte, con sentenza Sez. 1, n. 25184 del 04/03/2009, Rv. 243792 - 01, in relazione al compimento del "saluto romano" prima dell'inizio di un incontro calcistico, ha affermato che l'imputato e' stato correttamente condannato dalle corti di merito perche' ha compiuto una manifestazione esteriore - il saluto fascista - propria o usuale di organizzazioni, associazioni o gruppi di cui alla L. n. 205 del 1993, la quale, nel contesto e nell'ambiente in cui era stata compiuta, era non solo idonea a provocare adesioni e consensi tra le numerose persone presenti, ma era inequivocamente diretta a favorire la diffusione di idee fondate sulla superiorita' o sull'odio razziale od etnico. Con la sentenza sez. I, 8 marzo 2016 n. 20450, De Sabbata, inedita, la Cassazione ha respinto il ricorso proposto da sette soggetti condannati L. n. 205 del 1993, ex articolo 2, comma 1 per avere, durante un incontro di calcio, levato il saluto romano per tutta la durata dell'inno nazionale: tale gesto e' stato ritenuto integrare l'ipotesi di reato prevista dalla legge Mancino perche' diretto a favorire la diffusione di idee fondate sulla superiorita' o sull'odio razziale. Piu' recentemente questa suprema Corte, Sez. I, con sentenza n. 21409 del 23 marzo 2019, ha ritenuto che il cosiddetto "saluto romano" o "saluto fascista" (nella specie accompagnato dall'espressione "presenti e ne siamo fieri") e' una manifestazione esteriore propria o usuale di organizzazioni o gruppi indicati nel Decreto Legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, nella L. 25 giugno 1993, n. 205 ed inequivocabilmente diretti a favorire la diffusione di idee fondate sulla superiorita' o sull'odio razziale o etnico; il reato di cui alla L. n. 205 del 1993, articolo 2 e' stato qualificato dalla Cassazione come reato di pericolo astratto. La sentenza Sez. 1, n. 3806 del 19/11/2021 ha affermato che il reato di cui alla L. n. 205 del 1993, articolo 2, che sanziona le manifestazioni esteriori, suscettibili di concreta diffusione, di simboli e rituali dei gruppi o associazioni che propugnano idee discriminatorie o razziste, si differenzia da quello di cui alla L. 26 giugno 1952, n. 645, articolo 5 che' richiede che le medesime condotte siano idonee a determinare il pericolo concreto di riorganizzazione del disciolto partito fascista, ponendosi in rapporto di specialita' con il primo; in motivazione la Corte ha chiarito anche ‘che "La selezione tra norma generale e norma speciale opera, dunque, a livello di concretezza del pericolo che, nel caso della legge Scelba, riguarda la ricostituzione del partito fascista, mentre, nel caso della L. n. 205 del 1993, abbraccia ogni concreto pericolo di diffusione di idee basate sulla discriminazione, l'odio razziale ecc., sicche', ove manchi il pericolo di ricostituzione del partito fascista, la pubblica manifestazione simbolica della ideologia fascista deve essere apprezzata quale violazione della L. n. 203 del 1993, articolo 2". Su quest'ultimo punto si distingue invece la sentenza Sez. 1, n. 7904 del 12/10/2021, per cui non sussiste rapporto di specialita' fra il reato di cui alla L. 25 giugno 1993, n. 205, articolo 2 che incrimina le manifestazioni esteriori, suscettibili di concreta diffusione, di simboli e rituali dei gruppi o associazioni che propugnano nell'attualita' idee discriminatorie o razziste, e quello di cui alla L. 26 giugno 1952, n. 645, articolo 5 come modificato dalla L. 22 maggio 1975, n. 152, articolo 11 che sanziona il compimento, in pubbliche riunioni, di manifestazioni simboliche usuali o di gesti evocativi del disciolto partito fascista, non sussistendo un rapporto di necessaria continenza tra le due fattispecie, caratterizzate da un diverso ambito applicativo. Scrive in motivazione la Corte (pag. 7) che "cio' che caratterizza la fattispecie incriminatrice di cui al Decreto Legge n. 122 del 1993, articolo 2 e' proprio il nesso funzionale con organizzazioni o gruppi esistenti oggi, il che inevitabilmente ricade sul fronte della connotazione di pericolosita'. Qui il reato puo' ritenersi di pericolo presunto essenzialmente in ragione della indefettibile correlazione con il gruppo che attraverso quel particolare simbolo fa, oggi, una reale attivita' di incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali". Entrambe le sentenze da ultimo citate concordano nel ritenere sussistenti motivi di interferenza tra le due norme incriminatrici. D'altronde l'analisi dei precedenti mostra come stessi comportamenti sono stati qualificati sia ai sensi dell'articolo 2 c.d. legge Mancino che dell'articolo 5 c.d. legge Scelba. 4. Ebbene riprendendo le fila del discorso, ritiene questa Corte che correttamente la Corte d'appello di Milano abbia, con la sentenza impugnata, riconosciuto che il reato di cui alla L. n. 205 del 1993, articolo 2 sia un reato a pericolo concreto. La concretezza o meno del pericolo rileva sul piano della necessaria piattaforma probatoria necessaria per addivenire ad un a pronuncia di condanna. Ove il reato sia di pericolo concreto, infatti, sara' necessario un giudizio prognostico ex ante in concreto: il giudice, dunque, utilizzando la piu' ampia base conoscitiva possibile, si dovra' riportare al momento dell'azione e stabilire se, data quell'azione, era probabile (non essendo sufficiente la mera possibilita') la lesione del bene giuridico tutelato. Ebbene, si e' detto che l'articolo 2 legge Mancino sanziona le manifestazioni esteriori, suscettibili di concreta diffusione, dei simboli e rituali dei gruppi o associazioni che propugnano idee discriminatorie. Il bene giuridico tutelato e' quindi certamente l'ordine pubblico in senso materiale, inteso come il buon assetto e il regolare andamento del vivere civile, quale insieme di condizioni per una pacifica e ordinata convivenza civile, a cui corrispondono, nella collettivita', la opinione e il senso della tranquillita' e della sicurezza; il bene giuridico tutelato dalla norma va anche individuato nel principio di dignita' della persona, come diritto fondamentale o inviolabile dell'uomo a non subire discriminazioni, e dunque legittima la repressione di idee che contribuiscono alla costruzione di rapporti sociali di esclusione, che trova il suo fondamento nell'articolo 3 Cost.; cio' si desume anche dall'inserimento, con la riforma attuata con Decreto Legislativo 1 marzo 2018 n. 21, della fattispecie prevista dalla L. n. 654 del 1975, articolo 3 all'interno del codice penale (articolo 604-bis c.p.) e precisamente nel Titolo XII relativo ai "delitti contro la persona". La necessita' di assicurare il contemperamento dei principi di pari dignita' e di non discriminazione con quello di liberta' di espressione di cui all'articolo 21 Cost. implica la necessita', anche per il reato di cui all'articolo 2 legge Mancino, di accertare la concreta pericolosita' del fatto. In questo caso la carica offensiva e la pericolosita' della condotta riposa sulla condizione che la condotta sia realizzata "in pubbliche riunioni", ovvero in ambito accessibile in modo continuativo e libero ad un numero indeterminato di persone, o comunque in luogo aperto al pubblico, e sul fatto che l'esibizione di simboli che si richiamano alle suddette associazioni implica di per se' un'adesione a detti principi e l'invito a terzi di aderire a loro volta a dette idee. Il bene giuridico tutelato dall'articolo 5 della legge Scelba va rinvenuto nella sicurezza dell'ordinamento costituzionale e l'ordine democratico, il cui assetto viene messo in pericolo per effetto della diffusione delle idee del disciolto partito fascista. 5. Ritiene il Collegio di dover aderire all'orientamento che nega il rapporto di specialita' tra le due norme: oltre che in relazione al bene giuridico tutelato, dal raffronto strutturale tra i reati in esame emerge che gli stessi si distinguono anche in relazione alla natura dell'organizzazione di cui la condotta costituisce manifestazione tipica: l'articolo 5 della legge del 1952, riferendosi alle manifestazioni "usuali del disciolto partito fascista", rimanda al movimento fascista come storicamente manifestatosi nella realta' politica italiana, mentre la Legge del 1993, articolo 2 punisce chiunque, in pubbliche riunioni, compia manifestazioni esteriori od ostenti emblemi o simboli propri o usuali delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi di cui alla L. 13 ottobre 1975, n. 654, articolo 3 (oggi articolo 604-bis c.p.), ovvero "ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi", prestandosi quindi a reprimere manifestazioni esteriori che siano riconducibili ad una qualsiasi organizzazione caratterizzata dalle finalita' indicate. La L. n. 205 del 1993, articolo 2 punisce quindi chi compie manifestazioni esteriori di gruppi o movimenti attualmente esistenti, identificati per il fatto di perseguire finalita' razziste, nei quali e' solo eventuale il richiamo al fascismo (storicamente considerato), funzionale all'affermazione di idee di intolleranza e discriminazione. Deve pertanto escludersi che tra le due norme sia ravvisabile un rapporto di specialita' ai sensi dell'articolo 15 c.p.. La verifica comparativa tra le due norme rivela un diverso bene giuridico protetto: da un lato l'attentato all'ordinamento democratico e dall'altro l'ordine pubblico in senso materiale. e, nel senso sopra specificato, la dignita' della persona; entrambi beni di rilevanza collettiva ma distinti ed autonomi. Uno e' un reato contro la personalita' dello stato; l'altro tutela l'individuo. Diversa, nel senso piu' sopra specificato, la condotta: ostentazione di simboli del disciolto partito fascista da un lato, ostentazione di simboli di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi di cui alla L. 13 ottobre 1975, n. 654, articolo 3 esistenti nell'attualita', dall'altro. Il mancato riconoscimento di un rapporto di specialita' tra le due norme non esclude che esse presentino aspetti di convergenza fattuale: le "manifestazioni usuali" del fascismo storico ben possono essere riprese nell'attualita' da movimenti di ispirazione neofascista, che le impiegano come veicolo dei propri ideali di superiorita' e odio razziale. 6. Ebbene, cio' premesso, osserva questa Corte come la Corte territoriale abbia fatto buon governo dei principi sopra indicati avendo ravvisato, correttamente, la concreta pericolosita' della condotta nel fatto che il corteo sviluppatosi il (OMISSIS), composto da una dozzina di persone, si dipanava nelle vie del centro storico di Milano di potenziale accesso ad un numero indiscriminato di persone: la pubblica ostentazione di gesti e simboli dell'ideologia fascista in un contesto rievocativo e celebrativo della nascita del movimento come quello in esame, accompagnata dal grido di incitamento (Eia Eia Alala) proprio delle squadre d'azione, macchiate di delitti efferati in nome di quella ideologia, e' stata apprezzata come concretamente idonea, con valutazione' ex ante, alla propaganda di diffusione di idee fondate sulla superiorita' o sull'odio razziale ed etnica e sulla violenza, e quindi alla compromissione dell'ordinata pacifica convivenza civile che invera il rischio tipico del delitto in esame. Corretta e' la qualificazione normativa dei fatti addebitati: sussistono tutti gli elementi di contesto richiesti per fondare il concreto pericolo che gli usi fascisti ostentati nel corso della commemorazione in luogo pubblico, diffusa sulle reti sociali, assumessero l'idoneita' a favorire la diffusione dell'ideologia fascista e nazista o comunque fondata sulla superiorita' o l'odio razziale o etnico. E' quindi corretto il giudizio espresso in sentenza di pericolosita' in concreto della condotta e di offensivita' della stessa, In quanto pubblica e con ostentazione di emblemi di un'organizzazione si' del passato ma con addentellati inequivoci a gruppi del presente che di tale ideologia fanno manifesto. Lo scopo di divulgazione e proselitismo (evidentemente ancorato a gruppi attuali) e' stato nel caso di specie ritenuto comprovato dal contenuto del post pubblicato sulla pagina facebook di (OMISSIS): "Questa azione non vuole essere sterile nostalgismo ma vera e propria dichiarazione di intenti...Mentre gli antifascisti 2.0 tentano di fermare in tutti i modi una forza che non vogliono e non possono capire, noi continuiamo a costruire sulle macerie, lavorando nelle strade e nelle scuole". . Priva di pregio appare l'argomentazione difensiva contenuta nel ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS), per cui non vi sarebbe prova della condivisione da parte dell'imputato del video postato su facebook. La condotta incriminata e' infatti rappresentata dall'aver partecipato al corteo dipanatosi da (OMISSIS) a (OMISSIS), con le modalita' sopra descritte: la pubblicazione del video con la didascalia ed il post di cui si e' detto costituiscono la necessaria chiave di lettura della manifestazione effettuata. D'altronde, come correttamente osservato dalla Corte territoriale, l'effettuazione delle riprese e' stata certamente condivisa da tutti i manifestanti, in quanto l'intera operazione propagandistica evidenzia una chiara ed accurata preparazione, come dimostrato dalla predisposizione di un lungo striscione, e del fatto che i giovani manifestanti recassero tutti in mano una rosa. Se quindi non vi e' dubbio che l'occasione della manifestazione fosse quella di commemorare il centenario della fondazione dei "(OMISSIS)", il contesto in cui essa e' avvenuta esprime la finalita' di divulgazione e proselitismo che concretizza la lesione del bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice. 7. Del pari dev'essere respinto il secondo motivo di ricorso avanzato dalla difesa nell'interesse di (OMISSIS): con esso il ricorrente si duole del criterio di ragguaglio utilizzato dalla Corte territoriale nell'operare la sostituzione della pena inflitta con la corrispondente pena pecuniaria L. n. 689 del 1981, ex articolo 53, comma 2. In particolare la Corte di appello di Milano, in accoglimento di specifico motivo di gravame sollevato dalla difesa (OMISSIS), sostituiva la pena inflitta in primo grado all'imputato pari a due mesi di reclusione ed Euro 150,00 di multa, utilizzando, quale valore di ragguaglio, il valore giornaliero di 100 Euro, di poco superiore al minimo costituito da 75 Euro, e molto al di sotto della media rispetto al massimo risultante dalla moltiplicazione per dieci di 75 Euro, ai sensi della L. n. 689 del 1981, articolo 53 come risultante a seguito dell'intervento della Corte Costituzionale con sentenza 1 febbraio 2022 n. 28, evidenziando che "non sussistono ragioni che inducano a ritenere che non possa essere onorata". Tale valutazione, non specificatamente contestata in ricorso, non e' censurabile - in sede di legittimita'. Ne' va sottaciuta la circostanza che l'atto di appello con cui il difensore chiedeva alla Corte territoriale la sostituzione della pena detentiva in pena pecuniaria L. n. 689 del 1981, ex articolo 53, comma 2 e' datato 23 maggio 2021: la domanda di sostituzione e' stata quindi avanzata in momento anteriore alla sentenza della Corte Costituzionale, del 1 febbraio 2022, allorquando il criterio di ragguaglio era normativamente fissato in Euro 250. 8. Al rigetto dei ricorsi proposti nell'interesse di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) consegue la condanna dei predetti ricorrenti al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso di (OMISSIS), che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Rigetta i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che condanna al pagamento delle spese processuali.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. AGOSTINACCHIO Luigi - Presidente Dott. BORSELLINO Maria Dani - Consigliere Dott. ARIOLLI Giova - rel. Consigliere Dott. CERSOSIMO Emanuele - Consigliere Dott. SARACO Antonio - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 04/03/2021 della CORTE APPELLO di BOLOGNA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere GIOVANNI ARIOLLI; letta la requisitoria del Pubblico Ministero; Ricorso trattato con contraddittorio scritto ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020 articolo 23, comma 8, e del successivo Decreto Legge n. 198 del 2022 articolo 8. RITENUTO IN FATTO (OMISSIS), ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna del 4/03/2021 che ha confermato la condanna inflitta al ricorrente dal Tribunale di Bologna in ordine al delitto di imbrattamento aggravato. Al riguardo, deduce: 1. vizio di motivazione con riguardo all'affermazione di responsabilita' e, in particolare, alla presenza dell'imputato al momento dell'imbrattamento. Si lamenta che, mentre era stata accertata la presenza dell'imputato all'interno del cortile della facolta', nulla invece era stato provato con riguardo alla presenza dell'imputato all'interno degli uffici del dipartimento presi successivamente di mira e, in particolare, del gruppo di dieci persone che era stato indicato da un teste come materialmente responsabile dell'opera di imbrattamento. Ne' poteva assumere valenza individualizzante il fatto che il ricorrente, al di sotto della felpa nera, portava una maglia bianca risultata, dalla visione dei fotogrammi, indossata da uno degli autori, in quanto tutto il gruppo ripreso all'interno dell'istituto era travisato e indossava felpe nere. Posto che il capo di imputazione circoscriveva l'accusa mossa a titolo di concorso ai soli soggetti presenti al momento dell'esecuzione materiale dell'imbrattamento, nessuna valenza potevano assumere i riferimenti argomentativi a fasi antecedenti al fatto materiale; 2. violazione di legge in ordine alla corretta applicazione dell'articolo 110 c.p. e, in particolare, sulla prova relativa alla relazione causale tra la condotta accertata a carico dell'imputato e la condotta di imbrattamento. Considerato che l'imputato non compariva tra gli esecutori materiali del gesto illecito, non essendo presente sul luogo e al momento dell'esecuzione della condotta materiale, neppure poteva asseverarsi il suo coinvolgimento sulla scorta di avere partecipato ad un piano operativo concordato, desunto dall'acquisto del materiale utilizzato nel corso della protesta per erigere un muro davanti all'ingresso degli uffici dei professori verso i quali si indirizzava la protesta; invero, tra gli oggetti acquistati al medesimo ascrivibili non vi era la bomboletta spray utilizzata per imbrattare, con la conseguenza che non poteva affatto escludersi che l'azione illecita fosse stata poi il gesto di un terzo, commesso all'insaputa dell'imputato; con la conseguenza che, anche laddove l'imputato fosse stato, in ipotesi, collocato all'interno dell'istituto tra coloro che partecipavano alla protesta (consistita nell'erezione di "un simulacro di muro"), non solo la sua presenza non avrebbe assunto valenza causale ai fini dell'imbrattamento, ma sarebbe sfornita di dolo; 3. violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al diniego delle attenuanti generiche. Si era fatto riferimento al ruolo di organizzatore, riferito pero' alla condotta di cui al capo a) per la quale l'imputato era stato assolto; alla sistematica dedizione a fatti di violenza avverso la proprieta' pubblica e privata sulla scorta di tre precedenti, non avvedendosi che si trattava di condanna assai risalenti nel tempo (tanto che il P.M. non aveva contestato la recidiva); parimenti, proprio in ragione del lungo tempo trascorso dai precedenti, privo di alcuna continenza era il riferimento all'assenza di valenza special preventiva delle precedenti condanne. L'esiguita' del danno commesso (pari ad Euro 306,00 quanto alla scritta), il ruolo comunque secondario svolto, avrebbero consentito di concedere le attenuanti generiche e di infliggere la sola pena pecuniaria; 4. violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla scelta di infliggere la pena detentiva anziche' pecuniaria. La censura attiene all'assenza di rilievo degli elementi sopra evidenziati che la Corte d'appello aveva richiamato anche quali indici ostativi ai fini dell'esclusione dell'alternativa pena pecuniaria; 5. violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata applicazione della causa di non punibilita' di cui all'articolo 131-bis c.p.. A corredo dei vizi sopra indicati militava quanto in precedenza osservato sub 3 e 4. 2. Il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto procuratore generale Senatore Vincenzo, con requisitoria del 15/02/2023, ha concluso per l'annullamento della sentenza impugnata "perche' e' insufficiente la prova che l'imputato abbia commesso il fatto". 3. Con nota di conclusioni in data 16/03/2023, la difesa del ricorrente ha insistito per l'accoglimento dei motivi di ricorso e, in subordine, per la declaratoria di prescrizione del reato. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso non e' fondato, dovendosi, invece, accogliere l'eccezione di prescrizione. 1-2. I primi due motivi, articolati in punto di affermazione di responsabilita', possono trattarsi unitariamente e risultano infondati, in quanto al coinvolgimento dell'imputato al gesto di imbrattamento aggravato puo' giungersi valorizzando gli argomenti spesi dalla sentenza del Tribunale che, unitamente a quelli contenuti nella sentenza impugnata, consentono di escludere i paventati vizi di legittimita' e, in particolare, la frattura logica denunciata nel ricorso a proposito della conseguenzialita' tra gli eventi spie' hanno caratterizzato l'iniziativa di protesta ed il ruolo in quel frangente assuntovricorrente. I giudici di merito hanno, infatti, operato una lettura unitaria degli eventi consistiti tanto nell'erezione del muro di contenimento per impedire l'accesso alle stanze dei professori presi di mira, quanto nell'imbrattamento delle pareti operato con le scritte in vernice - in ragione dell'assenza di soluzione di continuita' dell'agire riunito del gruppo, della stretta contiguita' dei luoghi interessati e del fatto che entrambe le azioni fossero state espressione dell'unica causale di protesta. Se, dunque, il contesto che muove l'agire illecito del gruppo e' finalisticamente unitario, nessuna illogicita' sconta la sentenza impugnata per aver ricavato dalla presenza dell'imputato, non certo equivoca in quanto riconosciuto quale membro del gruppo in occasione dell'ingresso e dall'uscita dal dipartimento ove avvennero i fatti (in tal senso le precise affermazioni del teste della Digos su cui si sofferma il Tribunale), un indice grave, preciso e concordante del consapevole coinvolgimento nell'organizzazione dell'unitario ordito di protesta da attuarsi anche mediante comportamenti illeciti che hanno reso quella finalita' sanzionabile penalmente. Ne' risulta decisivo - al fine di scardinare la catena logica seguita dai giudici di merito - il fatto che sia stato accertato che l'imputato acquisto' solo cio' che era necessario per erigere il muro (al quale venne anche apposto del filo spinato) e non la bomboletta spray utilizzata per imbrattare, in quanto anche la primaria condotta era finalizzata a commettere un reato (violenza privata non verificatasi per l'assenza del docente) e, dunque, il successivo versamento di spray sulle pareti, proprio adiacenti alla stanza presa di mira, avendo eguale natura, non risulta affatto un evento di carattere "distonico" che interrompe la finalistica sequela valorizzata dalla sentenza impugnata. Del resto, la successiva rivendicazione del gesto, senza distinzioni di sorta, ad opera del collettivo capeggiato dal ricorrente, costituisce, per come precisato dal Tribunale, un ulteriore elemento di saldatura che rende del tutto recessivo il dato negativo costituito dal fatto che resta una zona d'ombra - intermedia rispetto a quelle di entrata ed ingresso ove il ricorrente e' presente secondo la precisa testimonianza di un teste di polizia giudiziaria che lo conosce - delle scale che conducevano alla stanza del docente e dell'area antistante. Con la conseguenza che l'affermazione del Tribunale - secondo cui una ricostruzione che vede l'imputato stazionare in una sorta di "limbo" senza salire a quella stanza e' da ritenersi "grottesca" - risulta scevra dai vizi di motivazione nuovamente agitati dalla difesa col presente ricorso e ritenuti non decisivi dalla Corte territoriale. Non si e' trattato, quindi, di far derivare dalla carica di direzione ricoperta dall'imputato una sorta di responsabilita' di posizione, ma di ricavarne il coinvolgimento sulla base di precisi elementi di fatto che, prescindendosi dalla materiale esecuzione da parte di lui della scritta, sono dimostrativi di una previa intesa tra tutti i correi, rafforzata dalla sua presenza al momento del fatto, le cui modalita', di carattere dimostrativo e continenti all'obiettivo avuto di mira, sono logicamente paternita' di tutti coloro che vi hanno preso parte. 3-4. Manifestamente infondati sono i motivi in punto di trattamento sanzionatorio e in ordine al mancato riconoscimento della causa di non punibilita' di cui all'articolo 131-bis c.p.. L'esistenza di reiterati precedenti penali ben puo' costituire un indice di disvalore a cui il giudice del merito puo' fare ricorso al fine di negare le circostanze attenuanti generiche. La circostanza che si tratti di precedenti datati, per come allegato dalla difesa, non ne elide affatto la valenza ostativa, in quanto la Corte di merito ha anche posto l'accento sull'inettitudine special-preventiva di tali condanne. In relazione a tale affermazione non si rilevano i vizi di legittimita' evidenziati dalla difesa, in quanto si tratta di precedenti in relazione a due dei quali (per cui riporto' condanna alla reclusione) l'imputato ha beneficiato della sospensione condizionale della pena. Pertanto, la ricaduta nel reato - seppur a distanza di anni - puo' essere apprezzata dal giudice del merito quale indice di un percorso negativo sopito, ma non definitivamente abbandonato. E tanto, dunque, a prescindere dal richiamo al ruolo organizzativo assunto dal ricorrente, per come ricavato dal Tribunale in ragione sia dell'acquisto di parte del materiale che doveva servire allo scopo che del ruolo rivestito all'interno del gruppo che poi ha rivendicato l'azione. Con la conseguenza che anche il profilo relativo alla mancata concessione della causa di non punibilita' di cui all'articolo 131- bis c.p. si sottrae ai vizi di legittimita' denunziati. 5. Al rigetto del ricorso, stante il valido formarsi del rapporto processuale, consegue l'estinzione del reato per prescrizionermaturata nel corso del giudizio di legittimita', per come eccepito anche dalla difesa del ricorrente nella nota di conclusioni. Il reato, infatti, si e' consumato il 15/07/2014; il termine massimo di prescrizione di anni sette e mesi sei risulta interamente decorso, in assenza di sospensioni, il 15/01/2022. Va, pertanto, annullata senza rinvio la sentenza impugnata perche' il reato e' estinto per prescrizione. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perche' il reato e' estinto per prescrizione.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DI STEFANO Pierluigi - Presidente Dott. COSTANZO Angelo - Consigliere Dott. VILLONI Orlando - Consigliere Dott. GIORDANO Emilia - rel. Consigliere Dott. DI NICOLA T. Paola - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: 1. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 2. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 3. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 4. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 5. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 6. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 7. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 8. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 9. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 10. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 11. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 12. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 06/04/2022 della Corte di appello di Caltanissetta; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa GIORDANO Emilia Anna; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. LETTIERI Nicola che ha concluso chiedendo il rigetto di tutti i ricorsi; uditi, per le parti civili, i difensori avvocato (OMISSIS), in difesa della Confederazione Italiana del Lavoro Camera Del Lavoro e in qualita' di sostituto processuale dell'avvocato (OMISSIS) in difesa della Confederazione Generale Italiana del Lavoro, che si associa alla richiesta per la conferma delle statuizioni civili e deposito delle conclusioni e nota spese; l'avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e F.A.I Antiracket (OMISSIS) si associa alle richieste del PG, chiede l'inammissibilita' o in subordine il rigetto dei ricorsi, deposita conclusioni e nota spese; uditi, per i ricorrenti, l'avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS); l'avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS); l'avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS); l'avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche', in qualita' di sostituto processuale dell'avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS) e dell'avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS) e (OMISSIS); l'avvocato (OMISSIS), sostituto processuale dell'avvocato (OMISSIS) in difesa di (OMISSIS); l'avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS); l'avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS) e (OMISSIS) i quali insistono per l'accoglimento dei motivi di ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) impugnano la sentenza con la quale la Corte di appello di Caltanissetta ne ha confermato la condanna, con la diminuente del rito abbreviato, alla pena ritenuta di giustizia per i reati rispettivamente ascritti. Secondo le sentenze di merito, convergenti, a meno di aspetti del tutto marginali, nella ricostruzione dei fatti lungo una comune linea interpretativa, i risultati delle indagini hanno consentito di enucleare la esistenza di due associazioni a delinquere, una di stampo mafioso che si riconosce nella (OMISSIS) e l'altra dedicata alla commissione di reati in materia di sostanze stupefacenti, operanti in (OMISSIS) e altri comuni della provincia di Caltanissetta. Il capo dell'associazione mafiosa e' stato individuato in (OMISSIS) che, gia' condannato per omicidio, associazione mafiosa e altri reati di mafia, nel gennaio 2014 era tornato in liberta' riprendendo in mano le redini dell'associazione mafiosa e governando il gruppo dedito al traffico di droga coadiuvato, nel ruolo direttivo, dal fratello (OMISSIS), scarcerato qualche mese dopo (e nei confronti del quale si procede separatamente). La sentenza di primo grado ha individuato i connotati di stabilita', la struttura organizzativa e il programma criminoso dell'associazione di stampo mafioso, di cui al capo A), descrivendone le modalita' operative, mutuate dalla struttura madre "(OMISSIS)" e connotate dall'impiego della forza di intimidazione e delle conseguenti condizioni di assoggettamento ed omerta' che ne derivano. La struttura mafiosa era volta, secondo tale ricostruzione, alla commissione di delitti di vario genere e, in particolare, alla commissione di reati in materia di stupefacenti, attraverso la collegata struttura di cui al capo B) della rubrica, ma anche in ambiti diversi, mediante l'imposizione ai titolari di esercizi commerciali dell'acquisto di prodotti necessari per le loro attivita' dalle ditte create da (OMISSIS) e il reinvestimento in altre lecite attivita' dei proventi dei traffici e guadagni illeciti. Sono dunque connessi al reato associativo, i reati di estorsione e tentata estorsione, ma anche alcuni episodi intimidatori volti a creare il condizionamento per le successive imposizioni economiche, contestati a (OMISSIS) ai capi C), D), H) I) L), R) T), reati in materia di armi (capo S), e quelli di intestazione fittizia e autoriciclaggio sub capi HHH), in) e KKK). In relazione al reato associativo sub capo A) sono contestate le aggravanti di associazione armata (articolo 416-bis c.p., comma 4) e quella di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 6 per avere gli associati finanziato, in tutto o in parte, le attivita' economiche da controllare o controllate con il prezzo, il prodotto o il profitto di delitti. Le violente modalita' di imposizione che connotano le condotte estorsive, volte alla imposizione delle forniture del (OMISSIS), integrano la ricorrenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. sotto l'aspetto dell'impiego del metodo mafioso, nonche' la inequivoca direzione delle condotte al finanziamento delle attivita' dell'associazione, finalita' che appare ravvisabile anche in relazione ai reati di intestazione fittizia e alla gestione del traffico di droga, attraverso un gruppo di persone (tra i ricorrenti, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)) preposte alla gestione dei covi - ben tre ove venivano custodite droga e armi - e alle operazioni di acquisto della droga sui mercati disponibili (il napoletano, ma anche (OMISSIS)) (fra questi, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)). Anche con riguardo al reato associativo di cui al capo B) i giudici di merito hanno individuato e descritto le caratteristiche di stabilita' e la organizzazione di una struttura dedita all'acquisto, stoccaggio e smistamento dello stupefacente in favore di una vasta rete di acquirenti preposti alla vendita al dettaglio, settore nel quale erano attivi i ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS) (che non rispondono del reato associativo sub capo A). I ricorrenti contatti, personali e telefonici, oggetto di osservazione e intercettazione, fra i correi; l'utilizzo di un sistema di comunicazioni telefoniche con terminologia convenzionale; l'utilizzo di un sistema di schermatura, attraverso le intestazioni fittizie dei conti - operazione, questa, alla quale era inteso, in particolare, (OMISSIS) - costituiscono tutti elementi sintomatici della esistenza di una rodata struttura operativa, ancillare e servente rispetto alla struttura mafiosa, dedita alla commissione di reati in materia di stupefacenti, contestati ad alcuni ricorrenti, in particolare a (OMISSIS) (ai capi RR), SS), ad (OMISSIS), ai capi BB), DD), FF), GG), JJ), MM), al (OMISSIS), al capo NN. Questi, al capo QQ), (OMISSIS), ai capi W), TT) e VV) rispondono anche dei reati in materia di armi e relativa ricettazione. 2. Tutti i ricorrenti, con motivi sintetizzati ai sensi dell'articolo 173 disp. att. c.p.p. nei limiti strettamente indispensabili ai fini della motivazione, chiedono l'annullamento della sentenza impugnata denunciandone vizi di violazione di legge, processuale e sostanziale, e cumulativi vizi di motivazione. In particolare: 2.1 (OMISSIS) classe (OMISSIS) denuncia: Motivo 1: violazione di legge penale (articolo 416-bis c.p. e Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74) ed erronea interpretazione delle risultanze processuali, principalmente conversazioni aventi contenuto criptico e ricalcate sulla presenza del ricorrente nel cd. covo di via (OMISSIS) in quanto punto di approvvigionamento dello stupefacente. La saltuaria presenza dell'imputato in tale abitazione non giustifica razionalmente la condanna in mancanza di elementi dai quali inferire il contenuto degli incontri con riferimento all'oggetto ed allo scopo dei contatti con gli imputati (OMISSIS), (OMISSIS) e altri imputati anche tenuto conto che il ricorrente, assuntore di stupefacenti, si recava in via (OMISSIS) per acquisti a titolo personale. La Corte ha valorizzato, con riferimento alle conversazioni n. 2239 de118/04/2017 e 1159 del 18/2/2017 elementi generici, non riconducibili a sostanze stupefacenti; circostanze ambigue, come la sua presenza in via Tucidide, giustificata dal fatto che ivi si trovavano le abitazioni della madre e di un cugino del ricorrente. Quindi gli elementi valorizzati non consentono di individuare la condotta partecipativa e il contributo del ricorrente al reato associativo; Motivo 2: violazione di legge e vizio di motivazione per la mancata riqualificazione del reato ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, non essendo stato accertato il quantitativo degli approvvigionamenti in modo da ritenerlo cospicuo piuttosto che di modica entita'; 2.2 (OMISSIS) denuncia: Motivo n. 1: violazione di legge (articolo 111 Cost., articolo 125 c.p.p., comma 3, articoli 192, 533 c.p.p. e articolo 546 c.p.p., comma 1) e nullita' della sentenza che consiste nella mera trasposizione del contenuto dell'ordinanza di applicazione della misura cautelare, in assenza di confronto con i motivi di impugnazione e che, pertanto, si risolve in una motivazione apparente, in punto di responsabilita' dell'imputato; Motivo n. 2: cumulativi vizi di motivazione in ordine alla responsabilita' dell'imputato con riferimento alla sua partecipazione consapevole all'associazione di stampo mafioso, contestata al capo A) e sussistenza delle ritenute aggravanti. La sentenza impugnata, in linea con quella di primo grado, si affanna nella ricostruzione della "storicita'" del gruppo mafioso operante nella citta' di (OMISSIS) ma non compie un'accurata disamina della sussistenza, nel caso concreto, della esplicazione, in relazione ai cd. reati fine contestati, del metodo mafioso che costituisce l'in se del reato di cui all'articolo 416-bis c.p.. Difetta, nel caso in esame, qualsiasi elemento di collegamento tra l'associazione, oggetto di indagine, e la (OMISSIS) o le associazioni che l'avevano preceduta sul territorio di interesse e manca la prova della condotta di partecipazione del ricorrente, a lungo detenuto e nuovamente raggiunto dalla misura nel presente procedimento e destinatario di una sentenza irrevocabile (la n. 26 del 2019) che ha escluso proprio l'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. agganciata alle dichiarazioni, ritenute non credibili, degli stessi collaboratori, oggi, viceversa, ritenuti tali. Difetta, in relazione allo stesso reato associativo, la prova che si trattava di una struttura che si avvaleva del metodo mafioso. Le condotte accertate attraverso le intercettazioni, di cui non vengono specificamente analizzati i contenuti comunicativi, non sono idonee ad inferirne il contributo partecipativo che viene ricondotto alla presenza dell'imputato nel covo di via (OMISSIS) (frequentato in ragione delle sue amicizie extraconiugali), presenza che ne denota, al piu', rispetto alla droga ivi sequestrata, una fattispecie di connivenza non punibile e valorizzandone i rapporti con il cugino (OMISSIS), ovvero attraverso il coinvolgimento nei reati fine, ascritti ad altri imputati essendo del tutto neutri i contenuti dei suoi controlli in loro compagnia. L'altro pilastro della ricostruzione accusatoria si fonda sulle dichiarazioni dei collaboratori, (OMISSIS) e (OMISSIS), gia' ritenuti non attendibili nella sentenza indicata e di (OMISSIS), estraneo, per sua stessa ammissione, alle frequentazioni degli (OMISSIS). Tali dichiarazioni, con riguardo all'imputato, non hanno trovato riscontri nella frequentazione dei capi della cosca ma solo in quella del cugino e di altri presunti appartenenti. Nessun elemento rinvia, quanto all'imputato, ad episodi ulteriori e diversi da quelli in materia di stupefacenti. Insussistenti anche le aggravanti armata (articolo 416-bis c.p., comma 4) in mancanza di un collegamento funzionale della disponibilita' di armi con i reati oggetto dell'associazione e quella di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 6. Non vi e' in atti alcun riferimento ad attivita' economiche, ascrivibili all'imputato, collegabili finanziariamente a reddito guadagni derivanti dall'attivita' dell'associazione; Motivo n. 3: violazione di legge e mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza dell'aggravante di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articoli 14, 15 e 16. La Corte di appello, in forza del bilanciamento tra le circostanze, non ha motivato la sussistenza di tali aggravanti, dalle quali discendono pesanti conseguenze in sede di esecuzione. Nel caso in esame, in forza della sottoposizione dell'imputato a regime detentivo, il decreto di applicazione della sorveglianza speciale (emesso il 5 luglio 2000 e che si dice notificato a 19 anni dai fatti), e' rimasto "sospeso" e, pertanto, non era produttivo degli effetti giuridici presupposto dell'aggravante e, comunque, non era stato rinotificato dopo la scarcerazione; Motivo n. 4: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla partecipazione al reato associativo di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, peraltro insussistente non essendo comprovati gli elementi strutturali tipici di tale reato. Nel caso in esame ricorrono solo elementi negativi (mai operati sequestro, se non quello del covo di via (OMISSIS); mai sono stati sentiti gli acquirenti; mai e' stata individuata il tipo di sostanza; le perquisizioni si sono rivelate sempre negative; non e' provata la esistenza di una piazza di spaccio e nessun elemento in positivo coinvolge il ricorrente nella supposta attivita' di gestione dello spaccio; nessun elemento denota la sussistenza di un comune profitto). Generici sono gli elementi che, attraverso le intercettazioni, coinvolgono il ricorrente e, al piu', riconducibili ad una mera connivenza non punibile. Insussistenti sono le aggravanti di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. che richiede la consapevolezza dell'apporto a favore dell'associazione e quella del numero di persone nonche' della disponibilita' di armi. (OMISSIS), cugino del ricorrente e gia' condannato per reati di armi, in relazione a quelle rinvenute nel covo di via (OMISSIS), ha escluso il coinvolgimento nei fatti del ricorrente; Motivo n. 5: con riferimento al reato contestato al capo RR) (Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4, articolo 80, comma 2) la condanna del ricorrente non e' fondata su elementi si prova che ne denotino il coinvolgimento nella gestione del covo, quindi la disponibilita' dello stupefacente in esso rinvenuto in occasione dell'arresto di (OMISSIS), reo confesso, che ne ha escluso il coinvolgimento nei fatti. E', comunque, insussistente, non essendo provato il superamento del valore soglia di 4000 volte rispetto al valore drogante, della droga rinvenuta (kg. 52 di hashish) che e' risultata contenere principio attivo pari a gr. 15,077 ca. Ne' ricorrono i presupposti per la contestazione dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1, c.p.; Motivo n. 6: violazione di legge e vizio di motivazione sulla ritenuta sussistenza del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, e correlate aggravanti, ascrittogli al capo SS) della rubrica; Motivo n. 7: violazione di legge (L. n. 895 del 1967, articoli 2, 4 e 7 e L. n. 110 del 1975, articolo 23, commi 1, 3, 4) in relazione ai reati contestati ai capi W) e TT) tenuto conto dei principi sentenza delle Sezioni unite che hanno escluso il concorso materiale e formale tra i reati indicati, in presenza di armi comuni da sparo e clandestine. Anche in tale caso la condanna dell'imputato, al confronto con le dichiarazioni del (OMISSIS) che ne ha escluso ogni coinvolgimento nei fatti, e' immotivata. Illegittima per violazione di legge la contestazione dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis. 1 c.p.; Motivo n. 8: erronea applicazione della legge penale (articolo 648 c.p.) in relazione al reato di cui al Capo UU). La condanna dell'imputato, al confronto con le dichiarazioni del (OMISSIS) che ne ha escluso ogni coinvolgimento nei fatti, e' immotivata. Non e' comunque, provata la impossibilita' di ripristinare il numero seriale dell'arma; Motivo n. 9: violazione di legge per mancata sussunzione del fatto di cui al capo B) nella fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, in assenza di indici significativi della maggiore gravita' del reato; Motivo n. 10: cumulativi vizi di motivazione sula mancato giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti; Motivo n. 11: violazione di legge e vizio di motivazione sulla misura di aumento della pena per la continuazione fra reati, in relazione a quelli contesati ai capi A), W), RR) SS), TT) UU). Infine e' erronea all'applicazione della pena base che dovrebbe far riferimento, quanto al reato sub A) alla pena prevista in relazione a condotte dal 2012 al 2015 e tenuto conto che la fine delle indagini risale al 2017/2018. L' (OMISSIS) e' detenuto dai primi mesi del 2018 e non ci sono ulteriori elementi che ne collocano la sua presenza al di fuori dell'episodio di via (OMISSIS) (del 2017 e dell'arresto, nel 2018, per altro procedimento. Non sussistono, quindi, elementi per applicare una pena successiva al 2015, se non la fictio iuris della contestazione della permanenza. 2.3 (OMISSIS) denuncia: Motivo n. 1: nullita' della sentenza ex articolo 521 c.p.p. per la diversita' del fatto tra le condotte oggetto di contestazione (delitto di autoriciclaggio di cui al capo KKK) e intestazione fittizia, capo JJJ) quanto alla individuazione del tempus commissi delicti e della condotta erroneamente ricondotta, quanto al delitto JJJ), alla costituzione della societa' (OMISSIS) (avvenuta il 29 settembre 2014) e all'intervento di (OMISSIS) e (OMISSIS) e (OMISSIS) nella gestione della stagione invernale 2015/2016. Il tempus commissi delicti (prossimo e successivo al 29/09/2014) non coincide con quello per cui vi e' stata dichiarazione di responsabilita'; analogo vizio inficia la contestazione sub capo KKK; Motivo n. 2: erronea applicazione dell'articolo 512-bis c.p. perche' il delitto di autoriciclaggio non e' ricompreso tra i reati che possono essere agevolati attraverso il reato di intestazione fittizia. Sul punto la motivazione e' contraddittoria attribuendo ai concorrenti la partecipazione nel reato proprio e trascurando che, anche nel frangente relativo alla gestione della stagione 2015/2016, l'imputato aveva, comunque, investito propri capitali; Motivo n. 3: erronea applicazione dell'articolo 648-ter c.p. a carico dell'imputato, reato proprio perche' presuppone in capo a chi lo commette, la precedente commissione di reati da cui originano i proventi delittuosi riciclati). La Corte ha ritenuto configurabile, in relazione a tale fattispecie, il concorso dell'extraneus pur non essendo acclarata la provenienza delittuosa dei capitali investiti. La conversazione del 18 novembre 2015 (n. 8044) denota, inoltre, che non vi fu alcun investimento di capitali dal momento che (OMISSIS) incaricava (OMISSIS) di riferire al (OMISSIS) che non poteva emettere l'assegno e che voleva tirarsi fuori dalla vicenda. E' contraddittoria la valutazione della prova in relazione al contenuto delle conversazioni del 16/10/2015 e 19/5/2016. 2.4 (OMISSIS) denuncia: Motivo n. 1:: violazione di legge e cumulativi vizi di motivazione in ordine alla partecipazione del ricorrente all'associazione (OMISSIS) di cui al capo A) frutto della erronea valutazione delle dichiarazioni rese da (OMISSIS) che, esterno alla (OMISSIS), non poteva essere ritenuto attendibile sulla portata delle sue accuse che necessitavano di adeguato riscontro esterno anche in relazione al contributo partecipativo che non puo' essere fatto discendere dalla mera affiliazione, alla quale rinviano, quanto a (OMISSIS), le dichiarazioni del collaboratore. In relazione a tali dichiarazioni, in merito gli atti incendiari ed all'episodio ritorsivo in danno di (OMISSIS), fatti per i quali procedeva l'autorita' giudiziaria ordinaria, non e' spiegata in sentenza la veste del dichiarante (OMISSIS), che sarebbe stato presente ai fatti e, soprattutto, quale vizio di travisamento della prova, la Corte di merito non ha eseguito il debito confronto fra le dichiarazioni di (OMISSIS) (secondo il quale l'attentatore era una sola persona, (OMISSIS) che si trovava a bordo di una smart) e il frame sviluppato a pag. 440 dell'ordinanza cautelare, dal quale si rileva la presenza di piu' persone e che l'autovettura utilizzata non e' una Smarticolo In poche parole, la prova a carico del ricorrente si risolve nella mera indicazione del (OMISSIS) che lo individua come affiliato del clan; Motivo n. 2: violazione di legge e vizio di motivazione per la ritenuta sussistenza delle aggravanti di cui all'articolo 461-bis c.p., comma 2, in mancanza di elementi di riscontro al dictum del collaboratore. Il ruolo del ricorrente viene agganciato all'episodio della rissa presso il locale (OMISSIS) che vide coinvolto (OMISSIS), ma la cui frase rivela la mancanza di obbedienza interna al clan correlata al ruolo dell'imputato. Ne' la Corte individua ulteriori iniziative assunte dall'imputato. Anche gli alti episodi indicati dalla Corte sono neutri agli effetti della dimostrazione del ruolo verticistico dell'imputato quale quello in danno di (OMISSIS), rispetto al quale e' evidenziata la indifferenza dell'imputato; cosi' e' fallace l'argomentazione della Corte ricondotta all'episodio di aggressione ad alcuni operi della (OMISSIS). In caso di esclusione di siffatta aggravante si impone il ricalcolo della pena; Motivo n. 3: violazione di legge in relazione all'applicazione dell'aggravante di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 71 perche' l'imputato non e' mai stato effettivamente sottoposto alla misura di prevenzione: difetta, quindi, il presupposto per l'applicazione di detta aggravante; Motivo n. 4: violazione di legge e cumulativi vizi di motivazione in merito all'episodio del danneggiamento del Bar (OMISSIS) di cui al capo C). E' erronea la conclusione della Corte di appello in merito alla valutazione del danneggiamento al Bar (OMISSIS) e la Corte ha trascurato la valutazione delle dichiarazioni rese da (OMISSIS) che collegavano i fatti con riferimento all'acrimonia che il dichiarante poteva nutrire verso l'imputato dal momento che l'attivita' dell'imputato non era in concorrenza con quella del (OMISSIS) ma lo era quella del bar (OMISSIS), supportato dal (OMISSIS); Motivo n. 5: violazione di legge e vizio di motivazione nella ricostruzione in fatto in relazione al reato di estorsione di cui al capo D) in conseguenza della erronea interpretazione del contenuto della conversazione n. 1833 del 4/01/2019 tenuto conto che l'imputato non fece alcuna richiesta ai fratelli (OMISSIS) di acquisire prodotti che egli stesso commercializzava. La sentenza non valorizza i motivi di acrimonia nutriti dai denuncianti verso l'imputato per effetto del crollo del loro giro di affari dopo che l'imputato si era inserito nelle attivita' di vendita di alcolici e bibite; Motivo n. 6: violazione di legge e vizio di motivazione sulla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione ai reati di tentata estorsione aggravata e detenzione e porto di armi oggetto di contestazione ai capi H) ed I) in danno del bar (OMISSIS) e della pasticceria (OMISSIS). La Corte sviluppa le sue argomentazioni su mere impressioni o congetture (l'esito delle comparazioni balistiche su alcune armi appartenenti al (OMISSIS)) ed omette di valutare che nessun ordine era stato impartito dal (OMISSIS) e il contenuto delle captazioni, n. 45 del 24/3/2017 in cui (OMISSIS) parla con il padre che gli dice di lasciar perdere (OMISSIS) e della conversazione di (OMISSIS) che esterna alla figlia il sospetto che l'attentato fosse stato determinato dalla consegna delle immagini del sistema di sorveglianza in ordine a un tentato furto. Non e' motivata la ritenuta sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416.bis.1 c.p.; Motivo 7: violazione di legge e vizio di motivazione per la mancata valutazione, in punto di giudizio di attendibilita', delle dichiarazioni rese da (OMISSIS) che costituiscono la base probatoria del reto di cui al capo L). La Corte non ha verificato il plausibile movente del dichiarante avesse voluto tenere indenne da responsabilita' il fratello e non ha debitamente valutato le dichiarazioni della persona offesa che parlo' di insistenze (e non di minacce) dell'imputato. Anche in tal caso e' omessa la motivazione sulla sussistenza dell'aggravante speciale; Motivo n. 8: omessa motivazione sulla sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. in relazione al reato sub capo R); Motivo n. 9: violazione di legge e motivazione apparente sulla sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1. c.p. in relazione ai reati di cui ai capi S) e R), ricondotti dal Tribunale del Riesame ad un ambito familiare ed avendo pertanto escluso la finalita' di agevolazione dell'associazione; Motivo n. 10: violazione di legge e vizio di motivazione nonche' travisamento della prova, in relazione alla configurabilita' del reato di trasferimento fraudolento di valori di cui al capo JJJ): l'imputato non aveva motivo di ritenere che potesse essere applicata nei sui confronti la misura della sorveglianza speciale atteso che quella che gli era stata applicata con sentenza del 28 maggio 1999 nonche' la liberta' vigilata applicatagli con sentenza del 17 marzo erano state revocate dal Tribunale di Sorveglianza in data 6 marzo 2014 e 24 settembre 2015. Quanto ai reati di cui ai capi M) e KKK) la Corte omette di valutare le dichiarazioni di (OMISSIS) che ha riferito che, nel periodo in contestazione, il locale era gestito da persone diverse dal ricorrente ( (OMISSIS) e (OMISSIS)) e non dal (OMISSIS). Omessa e' la motivazione sulla sussistenza dell'aggravante dell'agevolazione mafiosa. Motivo n. 11: violazione di legge e cumulativi vizi di motivazione in ordina alla partecipazione del ricorrente all'associazione di cui al capo B) frutto della erronea valutazione delle dichiarazioni rese dal (OMISSIS) che sono prive di riscontri esterni che non rinvengono dalle conversazioni intercettate a carico dell'imputato indicate a pag. 16 e ss. - e dalle quali non emerge ne' la univoca riconducibilita' all'imputato ne' la Corte esamina ragioni per le quali i riferimenti alla carta di cui alle conversazioni intercettate possano far riferimento a stupefacenti; Motivo n. 12: violazione di legge per mancata sussunzione del fatto contestato al capo B), nella fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, in assenza di indici significativi della maggiore gravita' del reato; Motivo n. 13: violazione di legge e cumulativi vizi di motivazione per la mancata applicazione della continuazione esterna con i fatti di cui alla sentenza del 17 marzo 2000, per il reato di omicidio aggravato L. n. 203 del 1990, ex articolo 7 commesso il (OMISSIS) e alla sentenza del 28 maggio 1999 che ne attesta la partecipazione all'associazione (OMISSIS), clan (OMISSIS)- (OMISSIS) gia' nel lontano 1991. A fronte della richiesta in tal senso del procuratore generale sono illogiche le considerazioni della Corte che ha ritenuto carente la dimostrazione dell'unicita' del disegno criminoso valorizzando la discontinuita' temporale tenuto conto della risalente adesione alla (OMISSIS) del ricorrente, rispetto alla quale non ha mai receduto. Il difensore ha depositato una memoria alla quale allega la sentenza del Tribunale di Gela del 6 aprile 2022, intervenuta nel rito ordinario, con la quale a (OMISSIS), che versava nella medesima situazione di fatto, e' stata riconosciuta la continuazione esterna con le sentenze indicate sub motivo n. 13. Il difensore ha chiesto la esclusione, ai sensi dell'articolo 80 c.p.p., della costituita parte civile FAI, Antiracket (OMISSIS) Associazione (OMISSIS)" essendo intervenuta la cancellazione della predetta associazione dall'elenco dele Associazioni e Fondazioni antiracket e antiusura della Prefettura di Caltanissetta, come appreso dai giornali. Insiste sui motivi di ricorso e, in particolare sul motivo relativo alla contestazione del reato sub capo D), parti offese (OMISSIS), e con riferimento ai restanti reati. 2.5 (OMISSIS) denuncia: Motivo n. 1: violazione di legge e cumulativi vizi di motivazione per la ritenuta partecipazione del ricorrente all'associazione (OMISSIS) di cui al capo A) frutto della erronea valutazione delle prove e della generalizzazione di rapporti dell'imputato con il cugino, (OMISSIS), o di rapporti commerciali leciti (la vendita di un auto e non la vendita di armi o stupefacenti, equivocando sul tenore della conversazione n. 330 del 20/09/2016) con (OMISSIS) e con (OMISSIS), una sola conversazione (n. 889 del 3/10/2016) e generalizzando la rilevanza degli elementi di prova che rinviano ai reati in materia di stupefacenti. La Corte di merito ha sopravvalutato la valenza di tali elementi incorrendo, cosi', anche nel vizio di violazione del canone dell'oltre ogni ragionevole dubbio che deve connotare la valutazione, ai fini di condanna e che, con riguardo al reato associativo, postula l'accertamento della condivisione e contributo consapevole al programma associativo. Non emergono, dal compendio intercettativo, riferimenti degli altri imputati al ricorrente; il (OMISSIS) non fa riferimento alcuno dall'imputato che, prima delle descritte conversazioni, era "estraneo" a qualsiasi indagine e che e' scomparso, dopo tali intercettazioni, dalle investigazioni. La Corte di merito non ha valorizzato, incorrendo nel vizzo di violazione di legge in relazione all'articolo 192 c.p., comma 2, nessuno degli elementi a favore operando una lettura frammentaria e funzionale alla condanna dell'imputato; Motivo n. 2: violazione di legge e cumulativi vizi di motivazione per la ritenuta partecipazione del ricorrente all'associazione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 contestata al capo B). Anche in tale caso sono stati generalizzati gli sporadici contatti dell'imputato con (OMISSIS) e con (OMISSIS) per inferirne che egli gestisse il covo di via (OMISSIS). Contrasta con le conclusioni la unicita' dell'episodio oggetto di accertamento; la esistenza di un rapporto familiare del ricorrente con (OMISSIS); la unicita' del contatto con (OMISSIS). Motivo n. 3: erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione per la ritenuta sussistenza, con riguardo ai reati di cui ai capi B), NN), PP), QQ) dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. per le ragioni innanzi esposte: Motivo n. 4: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza del reato di cui all'articolo 648 c.p. in relazione alla detenzione di armi, sub capo QQ). E' frutto della generalizzazione che connota la motivazione di tutta la sentenza impugnata la prova del coinvolgimento dell'imputato nella detenzione delle armi ritrovate nel covo di via (OMISSIS). Le conclusioni della Corte di appello, come per le altre imputazioni, contrastano con lo stato di minorata abilita' fisica dell'imputato; non sono stati svolti accertamenti sulle impronte presenti sulle stesse; l'unicita' dell'episodio che lo coinvolge nella presenza nel covo; valorizzando la captazione ambientale (quella del 20/09/2016 n. 33) rispetto alla quale non vi certezza della riconducibilita' all'imputato; Motivo n. s: violazione di legge, con riferimento al reato sub capo PP) che, non compare nel decreto di citazione in appello, pur essendo motivata, a riguardo (pagg. 137, 243 e ss.) la responsabilita' del ricorrente. Tale carenza inficia di nullita' la sentenza impugnata. 2.6 (OMISSIS) denuncia: Motivo 1: violazione di legge e mancanza di motivazione (ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), articolo 121 c.p.p. e articolo 125 c.p.p., comma 3) per omesso esame della memoria difensiva depositata all'udienza del 6/04/2022; Motivo 2: violazione di legge e omessa motivazione sul motivo di appello che denunciava l'apoditticita' della sentenza di primo grado in quanto risultato della mera traslazione dell'ordinanza di applicazione della misura cautelare; la Corte di appello non ha fornito adeguata motivazione al motivo di appello traslando, nella propria motivazione, quella di primo grado; Motivo 3: violazione di legge e vizio di motivazione sulla ritenuta configurabilita' del concorso tra reati in relazione alle contestazioni associative di cui ai capi A) e B). La Corte di merito ha esaminato superficialmente le censure difensive ed ha sviluppato una motivazione "cumulativa" della responsabilita' degli imputati. Con i motivi aggiunti, in riferimento a tale motivo, premesso che all'imputato viene addebitata, con effetto sulla contestazione di entrambi i reati associativi, la gestione dei covi di via (OMISSIS) e via (OMISSIS), evidenzia che difettano gli elementi della sussistenza del reato associativo sub capo B), che presenta elementi specializzanti rispetto al reato di cui all'articolo 416-bis c.p. e, in particolare, della consapevolezza, in capo all'imputato, che il traffico fosse gestito dall'associazione mafiosa e quindi la consapevolezza di contribuire alla realizzazione delle finalita' tipiche. I locali erano frequentati da persone di famiglia. Difetta, inoltre, la prova dell'affiliazione al clan mafioso. Motivo 4: violazione di legge e vizio di motivazione sulla ritenuta configurabilita' della condotta partecipativa del ricorrente con riferimento ade entrambi i reati. La Corte, con motivazione apparente, struttura la condotta partecipativa sulla mera frequentazione con alcuni imputati senza confrontarsi anche con il contenuto delle conversazioni intercettate che, invece, denotano l'estraneita' del ricorrente al contesto associativo; valorizzando l'elenco degli ingressi del ricorrente allo stabile di via (OMISSIS) e il contenuto allusivo o criptico di altre conversazioni. La Corte trascura che l'imputato non si confrontava con imputati diversi da (OMISSIS) e (OMISSIS); Motivo 5: apparenza della motivazione sulla sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis. 1 c.p. in ragione dell'applicazione e bilanciamento delle generiche, aggravante ricostruita sulla mera appartenenza all'associazione mafiosa laddove la giurisprudenza richiede un quid pluris e, comunque, mutuandone le caratteristiche da quelle del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 con motivazione circolare e senza adeguata giustificazione logica; Motivo n. 6: violazione di legge e vizio di motivazione sul bilanciamento delle circostanze attenuanti generiche con la recidiva specifica reiterata e infraquinquennale che residua dalla esclusione delle rimanenti aggravanti e dosimetria della pena. Con i motivi aggiunti censura, altresi', l'eccessivo aumento di pena per la continuazione esterna in primo grado, tenuto conto della stessa natura dei reati e della misura di aumento per la continuazione interna e allega le note difensive gia' depositate all'udienza in appello del 5 aprile 2022. 2.7 (OMISSIS) denuncia: Motivo n. 1: violazione di legge e cumulativi vizi di motivazione in ordina alla partecipazione del ricorrente all'associazione (OMISSIS) di cui al capo A) frutto della erronea valutazione delle dichiarazioni rese dal (OMISSIS) che, esterno alla (OMISSIS), non poteva essere ritenuto attendibile sulla portata delle sue accuse e che necessitavano di adeguato riscontro esterno anche in relazione al contributo partecipativo che non puo' essere fatto discendere dalla mera affiliazione, alla quale rinviano le dichiarazioni del (OMISSIS) quanto al ricorrente. Tali dichiarazioni, in merito gli atti incendiari ed all'episodio ritorsivo in danno di (OMISSIS), fatti per i quali procedeva l'autorita' giudiziaria ordinaria, non e' spiegata in sentenza la veste del dichiarante (OMISSIS), che sarebbe stato presente ai fatti e, soprattutto, il dato rileva quale vizio di travisamento della prova, la Corte non ha proceduto al confronto fra le dichiarazioni di (OMISSIS) (secondo il quale l'attentatore era una sola persona, (OMISSIS) che si trovava a bordo di una smart) e il frame sviluppato a pag. 440 dell'ordinanza cautelare, dal quale si rileva la presenza di piu' persone a che l'autovettura utilizzata non e' una Smarticolo In poche parole, la prova a carico del ricorrente si risolve nella mera indicazione del (OMISSIS) che lo individua come affiliato del clan; Motivo n. 2: violazione di legge e vizio di motivazione per la ritenuta sussistenza delle aggravanti armata (articolo 416-bis c.p., comma 4) in mancanza di un collegamento funzionale della disponibilita' di armi con i reati oggetto dell'associazione: la Corte ha erroneamente valorizzato il contenuto di un'unica conversazione (8228 del 19/06/2016) che fa riferimento al coinvolgimento del ricorrente in una diatriba che lo opponeva, unitamente a (OMISSIS) e (OMISSIS), a (OMISSIS) ma la conversazione nulla dice sulla disponibilita' di un'arma da parte dell'imputato comprovando, anzi che il ricorrente alla ricerca di un'arma. Analoghi vizi inficiano la ritenuta sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416 bis c.p., comma 6: non vi e' in atti alcun riferimento ad attivita' economiche, ascrivibili all'imputato, collegabili finanziariamente a reddito guadagni derivanti dall'attivita' dell'associazione; Motivo n. 3: violazione di legge e cumulativi vizi di motivazione in ordine alla partecipazione del ricorrente all'associazione di cui al capo B) frutto della erronea valutazione delle dichiarazioni rese dal (OMISSIS) che sono prive di riscontri esterni che non rinvengono dalle conversazioni intercettate a carico dell'imputato indicate a pag. 9- e dalle quali non emerge alcun collegamento funzionale agli interessi del gruppo da parte dell'imputato. La sentenza impugnata non spiega in maniera convincente le ragioni per cui l'imputato non potesse ritenersi "autonomo" nella gestione dello spaccio e si rifugia dietro inesistenti massime di esperienza a fronte dei numerosi procedimenti penali presso la Procura di Gela riconducibili ad iniziative di spacciatori autonomi, anche a fronte dell'investimento di consistenti capitali. Non chiariscono il coinvolgimento del ricorrente nell'associazione le dichiarazioni dei collaboratori, (OMISSIS) e (OMISSIS) e lo iato temporale fra le conversazioni intercettate (alcune riferite al 2012, altre al 2016) e' significativo della mancanza di continuita' temporale fra le condotte. La sentenza impugnata incorre nel vizio di omessa pronuncia con riferimento al contenuto dell'ordinanza cautelare emessa nel procedimento penale n. 1455/2014, annullata dal Tribunale del riesame che escludeva, contrariamente all'affermazione che la zona (OMISSIS) costituisse la zona di spaccio del ricorrente, la gravita' indiziaria a carico del (OMISSIS). Ulteriore dato oggetto di travisamento e' rilevabile in relazione al provvedimento con il quale veniva disposta, a favore del (OMISSIS), la restituzione di somme sequestrategli in occasione del suo ferimento, il (OMISSIS), dato, questo, erroneamente valorizzato come riscontro anche in primo grado a carico del ricorrente. La sentenza impugnata non motiva la configurabilita' dell'aggravante dell'associazione armata, se non in termini apodittici e quella di cui all'articolo 416-bis. 1 c.p. e, comunque, omettendo il confronto con i motivi di appello sul punto; Motivo n. 4: violazione di legge per la mancata riqualificazione dei fatti ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1, reato che maggiormente si confa' alla individuazione del ricorrente come pusher per conto della (OMISSIS); Motivo n. 5 violazione di legge in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, per mancata sussunzione del fatto, nella fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, in assenza di indici significativi della maggiore gravita' del reato; Motivo n. 6 violazione di legge e cumulativi vizi di motivazione per la mancata applicazione della continuazione esterna con i fatti di cui alle sentenze del 9 aprile 2003; 14 marzo 2006 e 18 giugno 2003 (tutte di uffici minorili). A fronte della richiesta in tal senso del procuratore generale sono illogiche le considerazioni della Corte che ha ritenuto carente la dimostrazione dell'unicita' del disegno criminoso valorizzando la discontinuita' temporale tra i fatti tenuto conto che il ricorrente non ha commesso reati comuni ma solo tali reati che, con riferimento alle sentenze 28/2003 e 12/2006 sono aggravate dalla finalita' di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. a favore della (OMISSIS) a comprova della continuita' e unitarieta' dell'adesione dell'imputato alla (OMISSIS) anche da minorenne e senza soluzione di continuita', un elemento questo che prevale sull'apparente discontinuita' della condotta, riconducibile anche alle vicende cautelari che lo hanno visto coinvolto; Motivo n. 6: violazione di legge e vizio di motivazione nella determinazione del trattamento punitivo calibrato sul ruolo di partecipe con la pena di anni quindici di reclusione pur essendo stato escluso il ruolo di promotore, organizzatore e capo del gruppo dedito allo spaccio. La pena e' incongrua e immotivata perche' non calibrata attraverso indici personologici. Il difensore ha depositato una memoria alla quale allega la sentenza del Tribunale di (OMISSIS) del 6 aprile 2022, intervenuta nel rito ordinario, con la quale per (OMISSIS) e' stata riconosciuta la continuazione esterna con le sentenze indicate sub motivo n. 6. Ha chiesto la esclusione, ai sensi dell'articolo 80 c.p.p., della costituita parte civile FAI, Antiracket (OMISSIS) Associazione (OMISSIS)" essendo intervenuta la cancellazione della predetta associazione dall'elenco dele Associazioni e Fondazioni antiracket e antiusura della Prefettura di Caltanissetta, come appreso dai giornali. 2.8 (OMISSIS) denuncia: Motivo 1: violazione di legge, articolo 15 c.p. e del divieto di ne bis in idem sostanziale poiche' la medesima condotta di cassiere e/o gestore della movimentazione di un conto nella disponibilita' di (OMISSIS) e' oggetto di contestazione si in relazione al reato sub capo A), articolo 416-bis c.p. che di quello sub capo B), Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74. E' erronea e generica la motivazione sul punto della sentenza impugnata; Motivo 2: violazione di legge, in relazione all'articolo 603 c.p.p., comma 3 per la mancata risposta della Corte di Appello sulla richiesta di acquisizione di una prova decisiva, l'acquisizione della documentazione bancaria. Il giudizio di colpevolezza e' stato espresso sulla base del contenuto delle captazioni ma non e' stata acquisita la documentazione bancaria, afferente alla gestione del conto per accertare operazioni riconducibili all'imputato; Motivo 3: violazione di legge, ai fini della configurabilita' della condotta associativa di cui all'articolo 416-bis c.p. ricostruita sulla stregua di conversazioni intercettate valorizzandone, oltre alla gestione del conto, la partecipazione a spedizione punitive ricostruite sulla base di intercettazioni intercorse non il capo dell'associazione, (OMISSIS), ma solo con (OMISSIS). L'ordinanza cautelare aveva evidenziato che altri contatti non risultavano dai brogliacci e solo una decina erano intervenuti con (OMISSIS) sono valorizzati anche nella sentenza che, impropriamente, ne enfatizza numero e contenuto per inferirne la messa a disposizione del ricorrente; in presenza del contenuto ambiguo e della mancanza di riscontri, con riferimento alla partecipazione dell'imputato alla spedizione punitiva presso il (OMISSIS). Rileva che alcuno dei collaboratori ha fatto riferimento all'imputato come partecipe dell'associazione e, quindi, la carenza di elementi fattuali dai quali inferne la partecipazione all'associazione; Motivo n. 4: violazione di legge e vizio di motivazione perla mancata qualificazione del fatto come concorso esterno. La risposta della Corte di appello al rilievo difensivo non si confronta con i principi in materia tenuto conto dei modesti elementi che denoterebbe il coinvolgimento dell'imputato nelle attivita' della consorteria mafiosa; Motivo n. 5: violazione di legge e vizio di motivazione sulla ritenuta configurabilita' del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 in carenza di elementi idonei a denotarne il contributo associativo. Oltre alle incertezze sulla effettiva titolarita' e gestione del conto non si conoscono la destinazione del conto; mancano prove del suo collegamento con il capoclan e solo 4 operazioni sono individuate come sospette. Le condotte dell'imputato, contestate come in attuale permanenza, si arrestano, come da intercettazioni al 6 novembre 2015; Motivo n. 6: violazione di legge e' vizio di motivazione per la mancata riqualificazione del reato ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, non essendo stato accertato il quantitativo degli approvvigionamenti in modo da ritenerlo cospicuo e non di modica entita'; Motivo n. 7: violazione di legge e vizio di motivazione erronea applicazione dei criteri in materia di determinazione della pena, per insussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. e mancata applicazione dele circostanze attenuanti generiche. 2.9 (OMISSIS) denuncia: Motivo n. 1: violazione di legge, in relazione all'articolo 649 c.p.p. e al divieto di bis in idem sostanziale in relazione alla contestazione di concorso fra i reati di cui ai capi A), articolo 416-bis c.p. e capo B), Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, in carenza di elementi che rinviano, quanto al reato sub capo B), ad una fattispecie associativa potendo le condotte, in mancanza di prova dell'affectio societatis, ricondursi a episodi di spaccio, inidonei a configurare la fattispecie associativa. E' carente la prova della compartecipazione dell'imputato ad entrambe le compagini e, aspetto sottolineato con i motivi nuovi, la prova delle circostanze di fatto riconducibili agli elementi costitutivi dei due reati sottolineando come sia comune ad entrambi i reati associativi, la funzione di tutela del medesimo bene giuridico, riconducibile all'ordine pubblico; Motivo n. 2: violazione di legge penale sostanziale (articolo 416-bis c.p.). La sentenza impugnata, mera "riedizione" di quella di primo grado, ne condivide l'impostazione valorizzando episodi (l'atto ritorsivo in danno di (OMISSIS); l'episodio occorso presso il locale (OMISSIS); la conversazione tra il ricorrente e (OMISSIS) del 19/06/2016) inidonee a configurare gli elementi costitutivi del reato. Il primo episodio e' stato oggetto di diverso procedimento penale che non ne ha acclarato il movente ritorsivo e la connessione con finalita' agevolativa dell'associazione; ne e' incerta - perche' riportata solo dal collaboratore (OMISSIS), la presenza dell'imputato essendo smentite le dichiarazioni dalle risultanze, attestate dal sistema di videoripresa, sull'auto utilizzata. Sono equivoche le asserite affermazioni dell'imputato (intercettazione del 26/04/2016) che rinviano a tale fatto. La esistenza di rapporti di parentela con le persone che vi sono coinvolte esclude che possa conferirsi valenza indiziaria all'episodio (OMISSIS). Non sono conferenti i contatti del ricorrente con i coimputati che non trovano riscontro nei tabulati. Irrilevante l'ulteriore contenuto della conversazione del 19/04/2016 sui propositi di minaccia e tentato omicidio di (OMISSIS): si tratta di mero proposito e, come tale, irrilevante. Non sono acquisiti elementi positivi: il ricorrente non partecipa ne' al summit del 10/05/2016 ne' a quello del 1/12/2016 e sono carenti, se rapportati alla persona del ricorrente elementi che rinviano al contributo partecipativo ed alla consapevolezza dell'agente sul carattere mafioso del contesto nel quale si inseriscono suoi contatti personali, giustificati anche rapporti di parentela: non ricorrono, pertanto, gli indici di mafiosita' imposti dalla giurisprudenza; Motivo 3: violazione di legge sulla ritenuta configurabilita' delle aggravanti di cui all'articolo 416-bis c.p., commi 4 e 5, configurati con criteri di automaticita' rispetto alla natura mafiosa del gruppo. Con i motivi nuovi evidenzia che la sentenza impugnata nulla dice in merito alla concreta possibilita' di conoscenza, da parte del ricorrente, della disponibilita' delle armi che, peraltro, la sentenza impugnata riconduce al personale esclusiva disponibilita' dei partecipi che detenevano le armi stesse; Motivo n. 4: violazione di legge in relazione alla sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 6. La sentenza impugnata ha "enfatizzato" l'attivita' economica svolta da (OMISSIS) ma non reca alcun riferimento al reinvestimento delle utilita' procurate dalle attivita' illecite, che costituisce l'elemento indefettibile dell'aggravante, richiesto dalla giurisprudenza. Rileva, con i motivi nuovi che la sentenza impugnata non riesce a far transitare sulla posizione del ricorrente il contenuto dell'aggravante in parola che la giurisprudenza ha configurato non in termini di finanziamento di singole iniziative economiche ma in un intervento in strutture produttive dirette a prevalere, nel territorio di insediamento, su altre che offrano servizi. I giudici di merito hanno valorizzato, sulla base di criteri presuntivi, (piuttosto che in applicazione di massime costituenti fatto notorio) la mera appartenenza al sodalizio per inferirne la sussistenza dell'aggravante in capo all'agente in assenza di una verifica delle dimensioni delle attivita' economiche acquisite o sostenute attraverso le risorse illecite; Motivo n. 5: violazione di legge penale con riferimento alla configurabilita' della condotta partecipativa al reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74. Il ricorrente non e' stato coinvolto in altre indagini ((OMISSIS)) che si sono intersecate con le indagini del presente procedimento e che nell'ultima, vedono il ricorrente ancora sottoposto a procedimento penale per detenzione di stupefacenti costituiti da droghe leggere, la somma sequestrata in tale occasione, gli e' stata restituita. La Corte valorizza le dichiarazioni del (OMISSIS) prive di riscontri, non potendo ritenersi tali gli esiti della descritta indagine. Difettano le prove di un contributo partecipativo e la Corte non spiega la riconducibilita' degli elementi acquisiti alla fattispecie associativa, piuttosto che alla ricorrenza di concorso del ricorrente nel reato continuato di cessione; Motivo n. 6: violazione di legge, per la mancata riqualificazione del fatto si sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6. Le argomentazioni della Corte di merito sono, a tale riguardo, insufficienti. Motivo n. 7: violazione di legge per la mancata riqualificazione del fatto sub capo B) nel reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, tenuto conto dell'esito della perquisizione de 25/05/2016; violazione di legge in relazione alla ritenuta sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. in relazione al reato sub capo B), risultato di automatismo applicativo e non essendo ravvisabile nella condotta il metodo mafioso; Motivo n. 8: violazione di legge in relazione al diniego di applicazione delle circostanze attenuanti generiche: e' inadeguata ad assolvere l'onere motivazione in relazione ai criteri di cui all'articolo 133 c.p. il riferimento alla congruita' della pena. In data 11 marzo 2023 sono pervenuti "Motivi Nuovi" in sostanza reiterativi di quelli in atti. 2.10 (OMISSIS) denuncia: Motivo n. 1: violazione di legge e mancanza di motivazione (ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), articolo 121 c.p.p. e articolo 125 c.p.p., comma 3) per omesso esame della memoria difensiva depositata all'udienza del 6/04/2022; Motivo n. 2: violazione di legge e omessa motivazione sul motivo di appello che denunciava l'apoditticita' della sentenza di primo grado in quanto risultato della mera traslazione dell'ordinanza di applicazione della misura cautelare; la Corte di appello non ha fornito adeguata motivazione al motivo di appello traslando, nella propria motivazione, quella di primo grado; Motivo 3: violazione di legge e vizio di motivazione sulla ritenuta configurabilita' del concorso tra reati in relazione alle contestazioni associative di cui ai capi A) e B). La Corte di merito ha esaminato superficialmente le censure difensive ed ha sviluppato una motivazione "cumulativa" della responsabilita' degli imputati. Con i motivi aggiunti, in riferimento a tale motivo, premesso che all'imputato viene addebitata, con effetto sulla contestazione di entrambi i reati associativi, la gestione dei covi di via (OMISSIS) e via (OMISSIS), evidenzia che difettano gli elementi della sussistenza del reato associativo sub capo B), che presenta elementi specializzanti rispetto al reato di cui all'articolo 416-bis c.p. e, in particolare, della consapevolezza, in capo all'imputato, che il traffico fosse gestito dall'associazione mafiosa e quindi la consapevolezza di contribuire alla realizzazione delle finalita' tipiche. I locali erano frequentati da persone di famiglia. Difetta, inoltre, la prova dell'affiliazione al clan mafioso. Motivo 4: violazione di legge e vizio di motivazione sul punto della ritenuta configurabilita' della condotta partecipativa dell'imputato sia al clan camorristico che all'associazione dedita al traffico di stupefacenti: impropriamente la Corte ha valorizzato le dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS); ha ritenuto erroneamente sintomatica del contributo partecipativo la conversazione n. 2149 del 22/10/2016 nel corso della quale l'imputato prendeva le distanze dal duo (OMISSIS)- (OMISSIS) e valorizzato la conversazione intrattenuta dal ricorrente con (OMISSIS) nel corso della quale i due commentavano la diatriba tra (OMISSIS) e (OMISSIS). La sentenza non considera che l'imputato aveva preso le distanze dalla gestione dei covi di via (OMISSIS) e di via (OMISSIS). Non e' chiarito, perche' rimasto sconosciuto, il contenuto della presunta partecipazione del ricorrente a summit mafiosi; Motivo n. 5: apparenza della motivazione sulla sussistenza delle aggravanti di cui all'articolo 416-bis.1 c.p.; articolo 416-bis c.p., comma 6 e Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 71; Motivo n. 6: vizio di motivazione sull'applicazione delle circostanze attenuanti generiche che, escluse quelle speciali, andavano applicate con prevalenza sulla recidiva contestata e dosimetria della pena. 2.11 (OMISSIS) denuncia: 1. Motivo n. 1: cumulativi vizi di motivazione e vizio di violazione di legge (articolo 192 c.p.p. e articolo 416-bis c.p.) per la ritenuta sussistenza della condotta di partecipazione e adesione al programma associativo, anche sotto il profilo soggettivo sulla base del contenuto di intercettazioni telefoniche prive dei caratteri di chiarezza, decifrabilita' dei significati, assenza di ambiguita', viceversa tali da comportare il ragionevole dubbio sulla sussistenza dei presupposti materiale e giuridico del reato associativo. Il ricorrente esamina, in particolare, il contenuto delle conversazioni intercettate che fanno riferimento alla vicenda di (OMISSIS) - valorizzata per inferirne la partecipazione del ricorrente alla vita criminale della consorteria prendendo le difese del (OMISSIS), coinvolto in una rissa in occasione della quale (OMISSIS) era intervenuto in difesa del (OMISSIS), figliastro di (OMISSIS)). Il ricorrente denuncia il travisamento dei fatti nella interpretazione del contenuto della conversazione del 12 agosto 2014 durante la quale il ricorrente aveva lamentato il disinteresse di (OMISSIS), fratello (OMISSIS), mostrandosi deluso perche' la vicenda riguardava il "nipote" e palesando il timore di subire ritorsioni a causa del suo intervento e non a titolo di partecipazione alle vicende della consorteria: la conclusione della sentenza impugnata e' vieppiu' contraddetta dal proseguo della motivazione in cui si attribuisce rilievo ad altri aspetti parimenti contraddittorio quali la partecipazione dello (OMISSIS) ai preparativi per l'azione punitiva contro (OMISSIS) quale ritorsione per il ferimento di (OMISSIS). Rileva il ricorrente che i giudici del merito hanno affasciato le conversazioni intercettate (quella del 24 aprile 2016 nel corso della quale il ricorrente rassicurava l' (OMISSIS) sull'approntamento di un auto) con un equivoca conversazione intercettata in ambientale il 27 aprile 2016 - nel corso della quale il ricorrente rassicurava il suo interlocutore sul suo attivismo che arbitrariamente viene posta in correlazione con la pregressa intercettazione telefonica e con altra, intercettata il 26 aprile 2016 dalla quale sembra emergere (ma si tratta di conversazione fortemente disturbata) che il ricorrente si rechi a far visita al (OMISSIS) in ospedale, in nome della coesione del gruppo. Analoga erroneita' di interpretazione connota la lettura della conversazione del 7 maggio 206, in stretto dialetto gelese, e la arbitraria valorizzazione dei contatti del ricorrente con (OMISSIS) (oltre 1300 dal 23 agosto 2014 al 22 agosto 2015) e poi cessati e che andrebbero depurati di quelli solo in apparenza riferibili all'imputato che, in alcune occasioni, aveva prestato l'apparecchio ad altra persona e da quelli ascrittigli sol perche' il loquente viene chiamato con il nome (OMISSIS); valorizzando le dichiarazioni di (OMISSIS) inferendone che l'espressione "camminare" debba essere intesa come condotta partecipativa che, per altri, il (OMISSIS) ha, invece, indicato come "(OMISSIS)". Lo stesso collaboratore ha precisato che l'imputato si era poi allontanato dal (OMISSIS) per spacciare, attivita' che il ricorrente non svolgeva per conto ma con il beneplacito della (OMISSIS). Da qui il travisamento delle dichiarazioni del (OMISSIS). La Corte di appello, trascurando i rilievi difensivi, non aveva valorizzato l'attentato intimidatorio subito al (OMISSIS) (il (OMISSIS)) su mandato del (OMISSIS) come ritorsione per il mancato acquisto dei prodotti venduti dal (OMISSIS); essere stata vittima di intimidazioni mafiose anche la famiglia del ricorrente, il fratello (OMISSIS), in relazione alla gestione della discoteca (OMISSIS). Alcun elemento positivo di partecipazione al reato emerge a carico del ricorrente che e' estraneo ai summit mafiosi connessi alla gestione della plastica, perche' mai presente alle conversazioni intercettate; ne e' del tutto casuale la presenza a casa di (OMISSIS), immortalata dalle telecamere, perche' si era recato a casa di questi per consegnargli delle chiavi. Infine, in conversazioni intercettate fra altri soggetti ( (OMISSIS) e (OMISSIS)), cosi' nella conversazione del Di Maggio, risulta che i loquenti si interrogano sul se sia "(OMISSIS)"; Motivo 2: cumulativi vizi di motivazione e vizio di violazione di legge (articolo 192 c.p.p. e Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74) per la ritenuta sussistenza della condotta di partecipazione e adesione al programma associativo, anche sotto il profilo soggettivo sulla base del contenuto di intercettazioni telefoniche. La Corte ha valorizzato, per inferirne il contributo associativo del ricorrente, la semplice disponibilita' anche dello (OMISSIS) dell'utenza telefonica utilizzata nelle conversazioni con (OMISSIS), pur prescindendo dal contenuto delle conversazioni intercettate, ed il contenuto di conversazioni, quella del 31 marzo 2012 con il (OMISSIS), in assenza della individuazione dei soggetti ai quali si fa riferimento (il (OMISSIS)) e da intercettazioni ambientali dalle quali non emerge la esistenza di un vincolo permanente e di elementi che denotassero l'interno comune e strutturato (a tal riguardo segue elenco delle conversazioni); Motivo 3: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla interpretazione del contenuto della conversazione del 8 novembre 2015, intervenuta con (OMISSIS), valorizzata quale fondamento probatorio del reato di detenzione e porto di armi sub capo V) per l'impropria identificazione della persona di cui si parla nella conversazione con (OMISSIS), arrestato, per possesso di armi, il 23 ottobre 2014. Violazione di legge, articolo 192 c.p., comma 2, connota anche l'interpretazione della conversazione del 15 luglio 2016 per mancanza di chiarezza del contenuto: in realta' (OMISSIS) non aveva un'arma ma era interessato ad acquistarne una; Motivo n. 4: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla interpretazione delle conversazioni intercettate, in realta' prive dei connotati di chiarezza e decifrabilita' dei significativi e impropriamente ricondotte ad attivita' di spaccio, in relazione ai capi BB) ambientale del 7 dicembre 2016 intercorsa con (OMISSIS); in relazione al capo DD), conversazioni del 6 e 7 maggio 2016, per presunte cessioni a favore di (OMISSIS); in relazione al capo FF) conversazione del 6 ottobre 2014, con (OMISSIS); in relazione al capo GG) le intercettazioni, in ambientale, del 24 novembre 2014, intervenute con (OMISSIS); apparenza di motivazione per la mancata esclusione delle aggravanti di cui all'articolo 416-bis. 1 c.p. per i reati di cui all'articolo 73, comma 5 cit. ricondotta alla mera appartenenza al clan mafioso; alla mancata applicazione delle attenuanti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5 e articolo 74, comma 6, escluse, in presenza di droga parlata, sol perche' lo stupefacente era destinato al successivo spaccio e dei connotati, minimali, dell'attivita' di spaccio, descritti con i motivi di appello e rudimentalita' dell'associazione; Motivo 5: apparenza della motivazione connota anche la ritenuta sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. e dell'aggravante armata, ricostruite su quella della mafiosita' del gruppo e in mancanza di prova della "costante e non episodica" disponibilita' di armi che non e' suffragata dal mero risultato positivo delle perquisizioni dovendosi provare la destinazione delle armi alla realizzazione delle finalita' associative. 2.12 (OMISSIS) denuncia: Motivo n. 1: violazione di legge (Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 e articolo 416-bis c.p.), erronea applicazione della legge processuale e vizi di motivazione nell'apprezzamento delle risultanze processuali, le conversazioni captate (in particolare le conversazioni 2229 del 28/11/2015) interpretate in maniera illogica e fuorviante, ai fini della configurabilita' del reato ascrittogli al capo B) avendo ritenuto l'imputato erroneamente a disposizione del sodalizio criminoso della (OMISSIS) finalizzato al narcotraffico e direttamente coinvolto nei traffici e nella gestione del covo di Via (OMISSIS). Non si confronta, la sentenza impugnata, con le obiezioni difensive sul punto dell'interesse del ricorrente in merito all'arresto di (OMISSIS), sconosciuto al (OMISSIS); al linguaggio deferente verso lo (OMISSIS), in quanto suo datore di lavoro; alla genericita' dei riferimenti a pantaloni, patate e o altro erroneamente ricondotti a stupefacenti. E' stato travisato dalla Corte il contenuto delle conversazioni 37447 del 19/03/2016 e 4095 del 26 agosto 2016 e nessun elemento ne denota il contributo partecipativo all'associazione. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) in relazione all'aggravante di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2022, articolo 71, che va eliminata nonche' nei confronti di (OMISSIS) con riferimento al reato di cui alla L. n. 895 del 1967, articoli 2 e 7, come contestato al capo W), relativamente alla detenzione di arma comune da sparo perche' assorbito in quello di detenzione di arma clandestina oggetto di contestazione al capo TT) riqualificando, altresi', la condotta di detenzione di munizioni ai sensi dell'articolo 697 c.p. aggravato ai sensi dell'articolo 416-bis.1 c.p. con rinvio, per la rideterminazione della pena in relazione tale reato contravvenzionale alla Corte di Assise di Caltanissetta. Sono inammissibili nel resto i ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS). La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, nei confronti di (OMISSIS), in relazione al reato di cui all'articolo 648-ter c.p. riqualificato ai sensi dell'articolo 648-bis c.p.. Il ricorso di (OMISSIS) deve essere rigettato nel resto. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, in relazione al reato di cui al capo A), nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), per non avere commesso il fatto, con rideterminazione della pena, per ciascun imputato, come di seguito precisato. I ricorsi dei predetti imputati devono essere dichiarati inammissibili nel resto. Sono inammissibili i ricorsi proposti da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). 2.E' generico il primo motivo del ricorso di (OMISSIS) e il secondo motivo dei ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS) che denunciano la illegittimita' della sentenza impugnata in quanto mera riedizione, analogamente a quella di primo grado, dell'ordinanza di applicazione della misura di custodia cautelare e per carenza dell'esame dei motivi specifici devoluti al giudice dell'impugnazione. Ma tale rilievo e' anche manifestamente infondato. La sentenza impugnata ha correttamente disatteso le censure difensive proposte con riferimento alla "duplicazione" nella sentenza di primo grado dell'ordinanza cautelare evidenziandone la completa e analitica disamina delle prove e della loro interconnessione, non essendo invece necessaria, ai fini dell'osservanza dell'obbligo di motivazione, l'originalita' della scrittura, nozione alla quale sembrano riferirsi le deduzioni difensive. La sentenza impugnata, a propria volta, si sottrae, anche dal punto di vista stilistico, ai rilievi difensivi sol che si rifletta sul dato che i giudici di appello hanno efficacemente riassunto (in poco piu' di 150 pagine) la molto piu' ponderosa sentenza di primo grado, attraverso un'operazione selettiva che ha specificamente individuato, in fatto e in diritto, il nucleo delle contestazioni e delle condotte ascritte a ciascun imputato, nonche' i motivi di appello sugli specifici punti ma, soprattutto, sul dato che, in ragionato confronto critico con le censure difensive, la Corte di merito ha proceduto alla specifica analisi della posizione di ciascun imputato pervenendo a conclusioni logiche e corrette dal punto di vista giuridico sula base di precisi elementi in fatto dei quali con i ricorsi le difese propongono una lettura alternativa e parcellizzata, come meglio si dira' in prosieguo. La sentenza impugnata, pertanto, si sottrae a rilievi ed eccezioni involgenti la denuncia del vizio di omessa motivazione, motivazione apparente ovvero omesso esame dei rilievi difensivi oltre a porsi sul piano oggettivo della tecnica redazionale, come documento del tutto autonomo e nel quale sono confluiti gli esiti, selezionati con riferimento alla posizione di ciascun appellante, delle attivita' di polizia necessari ai fini della ricostruzione della responsabilita' degli imputati. E' altresi', manifestamente infondato il motivo comune di ricorso proposto dal (OMISSIS) e (OMISSIS), ribadito anche con la memoria depositata in vista dell'odierna udienza e concernente l'omesso esame della memoria difensiva depositata all'udienza del 6 aprile 2022, in quanto si trattava di censure reiterative di quelle proposte e compiutamente esaminate sicche' non rileva che a tale memoria non sia stato dato specifico risalto. Va, infine, precisato, in relazione alla denuncia del vizio di motivazione apparente, che propongono su specifici punti anche i motivi di altri ricorrenti, che tale vizio (che, come noto, si risolve in vizio di violazione di legge perche' la motivazione e', in tal caso, inesistente) e' sussistente solo quando la motivazione sia del tutto avulsa dalle risultanze processuali o si avvalga di argomentazioni di puro genere o di asserzioni apodittiche o di proposizioni prive di efficacia dimostrativa, cioe', in tutti i casi in cui il ragionamento espresso dal giudice a sostegno della decisione adottata sia soltanto fittizio e percio' sostanzialmente inesistente (Sez. 5, n. 9677 del 14/07/2014, dep. 2015, Vassallo, Rv. 263100). In generale lo sviluppo della sentenza di appello, soprattutto quando conforme a quella di primo grado e questa sia non meramente compilativa delle risultanze processuali ma, a propria volta, risultato di un dialettico confronto con gli argomenti difensivi nell'analisi del risultato di prova, non comporta che i giudici siano tenuti a compiere un'analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze, spieghino, in modo logico ed adeguato, le ragioni del convincimento, dimostrando che ogni fatto decisivo e' stato tenuto presente, si' da potersi considerare implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata. Ai fini della rilevanza del vizio di omessa motivazione e' indispensabile, e i ricorsi sono, invece, generici, che sia prospettata e dimostrata la rilevanza e decisivita', sull'esito della decisione, dell'omesso esame o specifica confutazione di argomentazioni difensive. Ne consegue la manifesta infondatezza, alla luce della complessiva motivazione dispiegata dalla Corte di territoriale (alle pagg. 197 e ss., descrivendo le modalita' e finalita' delle condotte illecite dell'imputato in quanto capo del clan) dei motivi di ricorso (motivi nn. 6, 7, 8, 9) proposti da (OMISSIS) nella parte in cui deduce la mancanza di motivazione sulla sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. in relazione ai reati-fine dei quali e' stato ritenuto responsabile. 3. Ritiene il Collegio, replicando l'iter seguito dalla Corte di merito perche' razionale e funzionale ai poteri di controllo rimessi alla Corte di Cassazione a fronte di motivi di ricorso che in buona parte riproducono (anche dal punto di vista grafico) i motivi di appello, che sono condivisibili le conclusioni alle quali i giudici di merito sono pervenuti sia nell'inquadramento in diritto che nelle implicazioni pratiche che sono state tratte sui temi devoluti. Si tratta di conclusioni in buona parte ineccepibili perche' corrispondenti ai consolidati principi elaborati, nelle specifiche materie, dalla giurisprudenza di legittimita' ed ai piu' recenti aggiornamenti che, su alcuni temi controversi, sono vi via intervenuti. Le risultanze processuali valorizzate dai giudici di merito, con decisioni conformi, discendono dal contenuto delle intercettazioni telefoniche, analizzate anche attraverso il contributo dei verbalizzanti che avevano effettuato le operazioni di ascolto e svolto indagini a riscontro, e dalle dichiarazioni rese da (OMISSIS), un affiliato dell'associazione mafiosa (OMISSIS), incaricato di compiti manuali e subalterni che, pertanto, aveva conoscenze limitate delle dinamiche interne e dei rapporti fra i componenti del gruppo. Seguendo lo schema logico della sentenza impugnata appare opportuno esaminare i temi comuni posti dai ricorsi sul tema della valutazione delle dichiarazioni dei collaboratori e della prova derivante da operazioni di intercettazione passando, poi, all'esame specifico dei motivi di ciascun ricorrente dopo avere esaminato le strutture associative di cui ai capi A) e B), sia con riferimento agli elementi costitutivi di ciascuna e delle rispettive aggravanti sia dei rapporti tra le fattispecie che i giudici del merito hanno ritenuto tra loro in continuazione, ai sensi dell'articolo 81 c.p., comma 2, individuando il reato piu' grave in quello di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74. 4. Sono manifestamente infondati i motivi di ricorso (motivo n. 1, (OMISSIS); motivi n. 1 e 3, (OMISSIS); motivo 4, (OMISSIS); motivo 5, (OMISSIS)) che denunciano vizio di violazione di legge in relazione all'articolo 192 c.p.p. nella valutazione delle dichiarazioni di (OMISSIS) . Nella sentenza impugnata e' sviluppata una premessa metodologica corretta ed in linea con i principi giurisprudenziali da ultimo richiamati nella sentenza a Sezioni Unite di questa Corte che ha operato una compiuta ricognizione del percorso argomentativo del giudice del merito sulle tappe che contrassegnano il procedimento di ricostruzione e valutazione delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Si fa riferimento al principio secondo cui nella valutazione della chiamata in correita' o in reita', il giudice, ancora prima di accertare l'esistenza di riscontri esterni, deve verificare la credibilita' soggettiva del dichiarante e l'attendibilita' oggettiva delle sue dichiarazioni, precisando che tale percorso valutativo non deve muoversi attraverso passaggi rigidamente separati, in quanto la credibilita' soggettiva del dichiarante e l'attendibilita' oggettiva del suo racconto devono essere vagliate unitariamente, non indicando l'articolo 192 c.p.p., comma 3, alcuna specifica tassativa sequenza logico-temporale (Sez. U, Sentenza n. 20804 del 29/11/2012, dep. 2013, Aquilina, Rv. 255145). Specifiche, in risposta alle deduzioni difensive dei singoli imputati, sono state le osservazioni con le quali la Corte di appello, in linea con le conclusioni del giudice dell'udienza preliminare, ha proceduto alla verifica di attendibilita' delle dichiarazioni di (OMISSIS), sia per quanto concerne l'associazione di cui al capo A), riguardanti l'operativita' del sodalizio e il ruolo dei singoli imputati, che il reato associativo di cui al capo B) procedendo, di volta in volta, al confronto con ulteriori evidenze di prova (le intercettazioni telefoniche o le risultanze dei servizi di videoripresa). Con argomentazioni logiche e ineccepibili i giudici del merito hanno valutato l'attendibilita' delle dichiarazioni esaminando anche la concreta incidenza, su tale giudizio, di marginali incongruenze di cui sono state fornite ragionevoli spiegazioni. Tanto e' a dirsi con riferimento alla ricostruzione da parte di (OMISSIS) del ferimento del (OMISSIS), attuato dal clan in chiave ritorsiva rispetto a quello di (OMISSIS), e in merito all'autovettura utilizzata per l'attentato che il dichiarante aveva detto essere stata una smarticolo La Corte di appello (v. pag. 196) ha, infatti, giustificato il motivo di confusione del (OMISSIS) evidenziando che questi aveva indicato un tipo di auto, effettivamente in uso al (OMISSIS) e che, anche a fronte della contestazione che l'auto era di tipo diverso, aveva insistito nel suo ricordo con atteggiamento che non era sintomatico di precostituzione dell'accusa, di malafede o di inattendibilita' ma di mera imprecisione del racconto e nel quale un dato noto al dichiarante era stato sovrapposto ad altro. Sono, dunque, da respingersi perche' generiche e manifestamente infondate quelle censure con le quali i ricorrenti hanno contestato un non corretto modo di procedere dei giudici del merito e l'inosservanza, in generale, della normativa e dei principi giurisprudenziali. Rimane ovviamente da valutare - e solo a questo piu' ristretto ambito vanno ricondotti i rilievi difensivi che saranno di seguito esaminati - l'avvenuto rispetto, per ogni posizione, dei criteri di valutazione correttamente enunciati e la rispondenza a logica delle operate valutazioni. 5. Un tema che sotto diverse prospettazioni, ritorna nei ricorsi e' quello della denuncia di violazione di legge (articolo 192 c.p.p.) in relazione all'applicazione delle coordinate normative che sovraintendono alla valutazione delle intercettazioni telefoniche e che, nel procedimento in esame, riproducono contatti tra gli imputati inerenti all'organizzazione dele attivita' connesse ad operazioni di acquisto, occultamento e organizzazione delle cessioni di droga. Secondo i ricorrenti tali risultanze necessitano di riscontri esterni, ma si tratta di una conclusione non condivisibile. E', invero, risalente l'affermazione che le dichiarazioni auto ed etero accusatorie registrate nel corso di attivita' di intercettazione regolarmente autorizzata hanno piena valenza probatoria e, pur dovendo essere attentamente interpretate e valutate, non necessitano degli elementi di corroborazione previsti dall'articolo 192 c.p.p., comma 3, (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263714). Le ulteriori censure difensive, inerenti alla chiarezza delle conversazioni intercettate, sono formulate in termini generici e non si confrontano con la ricostruzione dei giudici di merito che, viceversa, ne hanno confermato la chiarezza e la decifrabilita' dei significati e assenza di ambiguita', di modo che la ricostruzione del significato delle conversazioni non lasci margini di dubbio sul significato complessivo della conversazione. A ben vedere, le cesure difensive a tal riguardo, di seguito richiamate, lungi dal denotare la manifesta illogicita' del ragionamento probatorio, si risolvono nella richiesta di una valutazione alternativa, preclusa alla Corte di legittimita', sul merito delle risultanze di prova anche nella parte in cui attaccano il contenuto delle conversazioni intercettate con riferimento alla ricostruzione degli episodi minatori ed estorsivi ascritti agli imputati e, in particolare, a (OMISSIS). 6. Sono manifestamente infondati i motivi di ricorso sulla sussistenza e configurabilita' del reato associativo di cui all'articolo 416-bis c.p. contestato al capo A). Val bene esaminare, in via del tutto preliminare, il motivo di ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS) che propone un criterio interpretativo erroneo ai fini della configurabilita' del reato di cui all'articolo 416-bis c.p.. Il ricorrente, infatti, sulla scia delle problematiche interpretative che hanno riguardato la individuazione dei requisiti necessari ai fini della configurabilita' del reato associativo in relazione alle cd. nuove mafie - concetto riferibile anche a cellule associative di mafie cd. storiche radicatesi in ambienti lontani e diversi da quelle di tradizionale e risalente operativita' - ha riportato la giurisprudenza di questa Corte in materia. In realta' le sentenze che hanno esaminato la problematica hanno richiamato l'interprete ad una ricostruzione degli elementi costitutivi di tali gruppi associativi che richiede la dimostrazione dell'imprescindibile connotato dell'avvalersi del metodo mafioso; quindi, della prova che il sodalizio faccia effettivo, concreto, attuale e percepibile uso - ancorche' non necessariamente con metodi violenti o minacciosi - della suddetta forza. E' noto che il delitto di associazione per delinquere di tipo mafioso e' un reato a struttura mista che, rispetto al mero dato dell'organizzazione di una pluralita' di persone accomunate dalla volonta' di perseguire le finalita' illecite indicate dalla norma, si avvale, per il perseguimento dei suoi scopi, della condizione di assoggettamento e quella di omerta' cumulate fra loro le quali siano entrambe conseguenza della forza di intimidazione del vincolo associativo da cui derivano causalmente, aspetti, questi, che segnano la differenziazione di detta ipotesi criminosa dal delitto associativo puro. Per completare il quadro di riferimento giurisprudenziale in materia, tenuto conto delle particolarita' che emergono dalla concreta vicenda e della sicura affiliazione alla "(OMISSIS)" di (OMISSIS) attestata dalla sua condanna, va altresi' precisato che anche il tema della valenza dell'affiliazione ad un'associazione di tipo mafioso - oggetto di controversa interpretazione ai fini della ricostruzione del contributo partecipativo - e' stato affrontato e deciso dalle Sezioni Unite di questa Corte che hanno affermato che la condotta di partecipazione ad associazione di tipo mafioso si caratterizza per lo stabile inserimento dell'agente nella struttura organizzativa dell'associazione, idoneo, per le specifiche caratteristiche del caso concreto, ad attestare la sua "messa a disposizione" in favore del sodalizio per il perseguimento dei comuni fini criminosi (Sez. U, n. 36958 del 27/05/2021, Modaffari, Rv. 281889). In conclusione, l'affiliazione rituale puo' costituire grave indizio della condotta partecipativa, ove la stessa risulti, sulla base di consolidate e comprovate massime d'esperienza e degli elementi di contesto che ne evidenzino serieta' ed effettivita', espressione di un patto reciprocamente vincolante e produttivo di un'offerta di contribuzione permanente tra affiliato ed associazione. La struttura associativa descritta al capo A) della rubrica e' univocamente riconducibile ad una categoria concettuale non perfettamente sovrapponibile al fenomeno delle cc.dd. "nuove mafie": nel caso in esame, infatti, e le sentenze dei giudici del merito non hanno mancato di sottolineare questo dato, si e' in presenza dell'accertamento di operativita' di un clan gia' tradizionalmente operante (la (OMISSIS)) nell'area gelese che aveva acquisito nuova e intensa operativita' in forza del ritorno sulla scena di (OMISSIS) che, dopo diciannove anni di detenzione in carcere, era tornato in liberta'. La giurisprudenza ha precisato che, in questo caso, quando oggetto del giudizio sia l'accertamento relativo alla ricorrenza di nuova formazione in rapporto di continuita' con una cosca storica, oggetto di passati accertamenti irrevocabili, puo' prescindersi da specifici accertamenti in ordine all'esteriorizzazione del metodo mafioso solo in presenza di univoci elementi che dimostrino che la formazione oggetto di indagine sia priva di reali elementi di novita' (nei programmi, nella comunanza dei territori oggetto di azione, nella coincidenza dei soggetti coinvolti), e, come tale, continui ad operare su un determinato territorio, replicando o, comunque, sfruttando, un contesto riconducibile all'alveo dell'articolo 416-bis c.p., comma 3. L'affermazione si accompagna alla precisazione che tanto piu' e' sfumata l'indagine sull'effettivo ricorso ad attivita' o metodi improntati all'intimidazione e conseguente assoggettamento ed omerta', tanto piu' rigoroso e solida deve risultare acquisizione probatoria dimostrativa delle caratteristiche strutturali del sodalizio (Sez. 2, n. 38831 del 17/09/2021, Cicciu', Rv. 282199). L'accertamento giudiziale, in tal caso, ad avviso del Collegio, deve concentrarsi sulla verifica della capacita' intimidatoria del gruppo in quanto tale, non potendosi desumere la stessa dalla sola fama criminale del singolo associato. La sentenza di primo grado (pag. 19) ha descritto la struttura associativa sub capo A), indicata come "(OMISSIS)" gelese individuandone i requisiti strutturali sussumibili nel reato di cui all'articolo 416-bis c.p., innanzi precisati, desunti dalle modalita' operative della consorteria nel campo del traffico degli stupefacenti e nel controllo delle attivita' lecite, attraverso le estorsioni, e descrivendo altresi' la penetrazione di (OMISSIS) nel tessuto produttivo cittadino, aspetti che efficacemente denotano la vocazione al controllo del territorio attraverso la particolare intimidazione che promana dal vincolo associativo non solo del singolo ma del gruppo a questi facente capo. L'organizzazione, secondo la ricostruzione dei giudici di merito, aveva a disposizione un vero e proprio esercito (circa 500 leoni), giovani pronti a tutto per affermare l'egemonia del clan sul territorio, come rivelato da (OMISSIS) nel corso di una delle intercettazioni in carcere dove si trovava ristretto. La consorteria - prosegue la sentenza di primo grado - si rendeva responsabile di una seriale attivita' estorsiva messa in atto facendo pure ricorso a danneggiamenti incendiari e finalizzata a dare progressivo sviluppo ad iniziative commerciali che intraprendeva a mezzo di alcune societa' intestati a compiacenti prestanome e anche a donne degli stessi capomafia, societa' operanti nel settore della distribuzione di prodotti per la ristorazione (piatti e bicchieri di plastica nonche' materiale per il confezionamento), di prodotti alimentari (fornitura di cornetti imposta a bar ed esercizi pubblici di (OMISSIS)), nei settori della organizzazione di eventi in discoteca e in quello immobiliare. Anche la sentenza impugnata (pag. 1 e ss.) ha passato in rassegna numerosi episodi e spedizioni punitive in danno di componenti del clan o di gruppi avversi e si tratta di un aspetto che acquista rilevanza ai fini della ricostruzione della struttura operativa e della individuazione dei suoi componenti, come si dira' esaminando il coinvolgimento di alcuni dei ricorrenti nella ritorsione in danno di (OMISSIS) o' (OMISSIS), in quanto rivelatore dell'appartenenza al sodalizio - e ha illustrato alcuni episodi che registravano l'intervento di (OMISSIS) per risolvere questioni tra privati cittadini, anche sostituendosi alle autorita' di polizia, come quando alcuni cittadini si rivolgevano al vertice del clan o ai suoi uomini piu' vicini per il recupero di beni, aspetto, questo, di rilievo proprio ai fini della individuazione della incidenza della consorteria, attraverso il ricorso al metodo mafioso, nel territorio sfruttando la fama criminale e facendo ricorso a metodi violenti solo quando strettamente necessario. A questo riguardo sono descritti numerosi episodi che rivestono particolare importanza, ai fini della ritenuta sussistenza del reato associativo, perche' denotano la esteriorizzazione, nel contesto cittadino di riferimento, del potere mafioso al pari delle condotte estorsive (numerose e contestate ai capi C), D) I), L), che saranno nel prosieguo oggetto di analisi), anche queste di particolare rilevanza perche' emblematiche del controllo esercitato sulle attivita' economiche. La sentenza di primo grado (pag. 23) ha precisato come le intercettazioni avessero comprovato la esistenza di un'organizzazione composita nella quale accanto a soggetti che militavano nell'ala cd. criminale - quella che continuava ad essere predominante, occupandosi del traffico di droga; di estorsioni mediante danneggiamento, incendi e traffico di armi - potesse individuarsi un'ala prettamente imprenditoriale, facente a (OMISSIS), interessata all'esercizio di attivita' in vari settori economici anche in forza di imprese intestate a prestanome - all'imputato sono ascritti i reati "tipici" di tale modalita' operativa ai capi HHH), JJJ), KKK) - commessi comunque avvalendosi della forza di intimidazione che promana dal vincolo associativo funzionale a eliminare ogni forma di concorrenza nonche' ad imporre anche in maniera estremamente violenta la propria presenza sul territorio. L'associazione mafiosa capeggiata da (OMISSIS) si poneva, secondo la sintesi compiuta dai giudici del merito, in linea di continuita' con la risalente (OMISSIS) di cui aveva ereditato l'ambito di riferimento territoriale e le modalita' operative proseguendone ed attualizzandone, con il ricorso al metodo mafioso, le attivita' illecite nel settore degli stupefacenti e del controllo delle attivita' economiche. I giudici del merito hanno infatti descritto come si fosse formato, in anni risalenti, il gruppo della (OMISSIS) costituito da soggetti (cosiddetti posati) che non volendo piu' prendere ordine dai carismatici mafiosi di "cosa nostra" avevano deciso di dare vita ad una nuova organizzazione criminale speculare e contrapposta alla mafia tradizionale, che pero' ne replicava le modalita' organizzative, per esempio attraverso le affiliazioni degli adepti. E, tale organizzazione dopo una contrapposizione armata con "(OMISSIS)" era stata, infine, riconosciuta dagli stessi vertici di "(OMISSIS)" che avevano posto fine alla contrapposizione armata stimola stipulando con gli irriducibili nemici accordi finalizzati ad impedire la ripresa della mattanza che aveva contrassegnato gli anni 80 del secolo scorso. I collaboratori escussi avevano riferito come la (OMISSIS) fosse divenuta un'unica famiglia con quella di "(OMISSIS)" dovendo esserci tra loro fratellanza in modo da evitare il deflagrare di sanguinose faide. Raggiunta la pax mafiosa (la cd. pace di Riesi, nell'anno 1991), le due organizzazioni mafiose avevano continuato ad assicurarsi il controllo delle attivita' imprenditoriali e, mutuando modelli organizzativi istituzionali, avevano garantito il coordinamento delle rispettive attivita' istituendo una sorta di sala operativa, volta ad ottimizzare le energie e a dividere equamente i profitti. Emblematica, in questo senso, la vicenda denunciata dagli imprenditori di gelesi operativi nel settore della raccolta dei rifiuti che avevano dovuto ripetutamente versare a "(OMISSIS)" e (OMISSIS), operanti sinergicamente, ingenti somme di denaro, come accertato nel processo penale per tale fatto. Secondo la ricostruzione dei giudici di merito, nell'associazione (OMISSIS), per effetto della detenzione di alcuni esponenti di rilievo, fra questi l'odierno ricorrente, (OMISSIS), e la collaborazione di altri, si fosse determinato un vuoto di potere e come, una volta recuperata la liberta', (OMISSIS) aveva avviato sia azioni vendicative nei confronti di coloro che avevano contribuito all'arresto di uomini della consorteria e riaggregato nel gruppo sia coloro che gia' operavano all'interno del sodalizio, come (OMISSIS) e (OMISSIS), attivi nel settore degli stupefacenti sia persone, via via rimesse in liberta', tra i quali (OMISSIS), cugino di (OMISSIS), pure questo sodale, tutti operanti nel traffico di droga, rimasto fiorente nel corso degli anni, attivita', queste, ricostruite attraverso le intercettazioni disposte dopo pochi mesi dalla rimessione in liberta' di (OMISSIS) che avevano portato alla scoperta di tre basi logistiche (in via (OMISSIS); via (OMISSIS) e via (OMISSIS) della citta' di (OMISSIS)) dove venivano rinvenute droga e armi. Conclusivamente, la prospettiva esegetica a base della sentenza impugnata e di quella di primo grado e' condivisibile e corretta, perche' in linea con la cornice di riferimento ai fini della individuazione degli elementi strutturali del reato di cui all'articolo 416-bis c.p.. Con chiarezza gia' la sentenza di primo grado ha descritto una struttura nella quale erano individuabili i requisiti tipici del reato di cui all'articolo 416-bis c.p., disegno criminoso unitario; forza di intimidazione e, correlativamente, condizione di assoggettamento e omerta', dei quali la struttura associativa si avvaleva per il perseguimento delle finalita' e gli obiettivi dell'associazione, senza "acquietarsi" degli aspetti che, in linea di continuita' con il passato, ne denotavano la derivazione dal gruppo nel quale, prima del lungo periodo di carcerazione, aveva militato (OMISSIS), aspetto âââEurošÂ¬Ã‹Å"che pure non e' irrilevante ma che si salda alle piu' recenti acquisizioni in modo da escludere ogni automatismo nella sovrapposizione tra gruppi criminali egemoni nel territorio solo in forza della coincidenza dei soggetti coinvolti (nel caso (OMISSIS)) e fondato sull'avvalersi, in concreto, all'attualita' e nella percezione esterna, del metodo mafioso e con riferimento al periodo temporale oggetto di contestazione ai singoli imputati. 6.1. I ricorrenti (motivo 4 ricorso (OMISSIS); ma anche motivo 2 del ricorso (OMISSIS) e motivo 5, ricorso (OMISSIS)) hanno dedotto l'erronea applicazione dell'aggravante dell'associazione armata, di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 4. I giudici del merito, sulla scorta del rinvenimento di armi nella base logistica di via (OMISSIS) (sub capo W e PP), e degli episodi di danneggiamento con armi, contestati ai capi H), I), L), S) hanno fatto corretta applicazione dell'aggravante poiche' tale circostanza, di natura oggettiva, e' configurabile a carico di ogni partecipe che sia consapevole del possesso di armi da parte degli associati o lo ignori per colpa, accertamento per il quale assume rilievo anche il fatto notorio della stabile detenzione di tali strumenti di offesa da parte del sodalizio mafioso, riconducibile all'associazione mafiosa "(OMISSIS)" (cfr. Sez. 2, n. 50714 del 07/11/2019, Caputo, Rv. 278010), in forza dei descritti connotati storici di tale associazione, descritti al punto che precede, ma attualizzati dalle metodologie che, ripreso il controllo dell'organizzazione, (OMISSIS) aveva pienamente ripristinato. 6.2. Sono manifestamente infondati i motivi di ricorso (motivo 4, ricorso (OMISSIS); motivo 3 ricorso (OMISSIS); motivo 2, ricorso (OMISSIS)) che denunciano l'erronea applicazione dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 6. Anche con riferimento a detta aggravante, sulla scorta delle attivita' economiche intraprese da (OMISSIS) nelle quali si registrava anche il diretto coinvolgimento di altri sodali e della massima di esperienza enunciata nella giurisprudenza di questa Corte, e' stata correttamente ritenuta sussistente la circostanza aggravante di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 6, che si configura ove le attivita' economiche di cui gli associati intendano assumere o mantenere il controllo siano finanziate in tutto o in parte con il prezzo, il prodotto o il profitto di delitti. Anche questa aggravante, come quella armata, ha natura oggettiva e va riferita all'attivita' dell'associazione e non necessariamente alla condotta del singolo partecipe, il quale, nel caso di associazioni cd. storiche come mafia, camorra e âââEurošÂ¬Ã‹Å"ndrangheta, ne risponde per il solo fatto della partecipazione, ascritta a (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), dato che, appartenendo da anni al patrimonio conoscitivo comune che dette associazioni operano nel campo economico utilizzando ed investendo i profitti di delitti che tipicamente attuano in esecuzione del suo programma criminoso, un'ignoranza al riguardo in capo ad un soggetto che sia ad alcuna di tali associazioni affiliato e' inconcepibile (Sez. 2, n. 23890 del 01/04/2021, Aieta, Rv. 281463). 7. Sono manifestamente infondati i motivi di ricorso sviluppati da numerosi ricorrenti che, oltre alla insussistenza del contributo partecipativo, che sara' esaminato trattando le singole posizioni, contestano la configurabilita' del reato associativo di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, in relazione al reato di cui al capo B). Sono chiare le coordinate che delineano i requisiti della sussistenza del reato associativo per distinguerlo dal fenomeno del concorso nelle operazioni di acquisto, anche reiterate. L'esistenza di un'associazione a delinquere dedita al traffico di sostanze stupefacenti non puo' essere dedotta da un unico episodio, seppure rilevante, di acquisto di sostanze stupefacenti per la cessione a terzi, il quale puo' costituire indizio ma non prova piena dell'accordo finalizzato alla commissione di una pluralita' indistinta di reati in materia di stupefacenti (Sez. 4, n. 36341 del 15/05/2014, Savasta e altri, Rv. 260268) ne' l'attivita' di reiterate condotte di spaccio puo', da sola, costituire prova dell'integrazione del reato associativo, rappresentando al piu' indice sintomatico dell'esistenza dell'associazione, che pero' va accertata con riferimento all'accordo tra i sodali, alla struttura organizzativa ed alle affectio societatis (Sez. 6, n. 24379 del 04/02/2015, Bilacaj e altri, Rv. 264177). Con maggiore precisione questa Corte ai fini della configurabilita' del reato associativo ne ha descritto i requisiti imprescindibili nel senso che e' necessario: a) che almeno tre persone siano tra loro vincolate da un patto associativo (sorto anche in modo informale e non contestuale) avente ad oggetto un programma criminoso nel settore degli stupefacenti, da realizzare attraverso il coordinamento degli apporti personali; b) che il sodalizio abbia a disposizione, con sufficiente stabilita', risorse umane e materiali adeguate per una credibile attuazione del programma associativo; c) che ciascun associato, a conoscenza quantomeno dei tratti essenziali del sodalizio, si metta stabilmente a disposizione di quest'ultimo (Sez. 6, n. 7387 del 03/12/2013, dep. 2014, Pompei, Rv. 258796). Non esistono seri motivi per non concordare con le riportate enunciazioni di principio che, tuttavia, vanno coordinate con i reiterati arresti di questa Corte in materia di reati associativi che precisano come l'associazione penalmente rilevante non richieda necessariamente formalita' costitutive, divisione formale dei ruoli, organigramma imponente, strutture specificamente dedicate. Appare sufficiente, a questo fine, rammentare il principio secondo cui, per la configurabilita' dell'associazione dedita al narcotraffico non e' richiesta la presenza di una complessa e articolata organizzazione dotata di notevoli disponibilita' economiche, ma e' sufficiente l'esistenza di strutture, sia pure rudimentali, deducibili dalla predisposizione di mezzi, per il perseguimento del fine comune, create in modo da concretare un supporto stabile e duraturo alle singole deliberazioni criminose, con il contributo dei singoli associati (Sez. 6, n. 46301 del 30/10/2013, Corso e altri, Rv. 258165). In ogni caso, si afferma, l'associazione per delinquere e' un fatto materiale, con precise connotazioni strutturali, al quale si connettono pertinenti profili soggettivi e i cui profili di prova, involgono la individuazione di un patto e che questo abbia ad oggetto un determinato programma criminoso, da perseguire attraverso il coordinamento di singoli apporti personali. E', dunque, il patto che genera un vincolo e spetta al giudice, ai fini della pronuncia di condanna, l'accertamento del fatto in tutti gli elementi essenziali, come avvenimento storico definito e per cio' stesso distinto da fenomeni contigui - come il concorso di persone nel reato - e da situazioni penalmente irrilevanti e il giudizio di condanna presuppone l'accertamento del fatto in tutti gli elementi essenziali, come avvenimento storico. Sulla base di tali coordinate in diritto sono corrette le conclusioni alle quali sono pervenuti i giudici del merito applicandole al fenomeno descritto dal (OMISSIS) e sulla scorta delle risultanze delle operazioni di intercettazioni telefoniche e dei controlli che avevano condotto, nel volgere di pochi mesi, alla individuazione e sequestro di tre covi utilizzati dall'associazione per custodirvi droga e armi, in aggiunta ad esiti che documentano i contatti, anche telefonici e gestiti attraverso il ricorso a modalita' comunicative convenzionali e criptiche, fra i coimputati. Si tratta del sequestro di quasi 13 chilogrammi di marijuana e hashish, di una pistola cal. 7,65 e di una pistola con matricola abrasa, rinvenuti il g. 8 luglio 2016 nell'immobile di via (OMISSIS); del sequestro eseguito il l'8 novembre 2016 nell'immobile di via (OMISSIS), ove venivano rinvenuti 52 chilogrammi di hashish, 920 gr. di cocaina e una pistola con matricola abrasa (i fatti sono oggetto di contestazione ai capi NN), PP) e QQ) a (OMISSIS) e (OMISSIS) e ai capi RR), SS), TT) e UU) a (OMISSIS)); del sequestro in data 7 giugno 2017 di altra droga, rivenuta nell'immobile di via (OMISSIS), nella disponibilita' del coimputato (OMISSIS), immobile descritto come "luogo di incontro dei sodali e di spaccio di stupefacenti, ove venivano tagliati e confezionati". La sentenza impugnata (pag. 43) descrive anche il sistema economico adottato per il pagamento (uso di carte prepagate e poste pay; il coinvolgimento di un commercialista, (OMISSIS), al quale era attribuito il compito di creare un sistema di fatture, per coprire e giustificare le movimentazioni economiche facenti capo al (OMISSIS) e a (OMISSIS), separatamente processati; l'esistenza di una cassa comune). E' stato oggetto di particolare analisi nelle sentenze di merito, il sistema di acquisto e approvvigionamento della droga che viene ricostruito a partire dall'anno 2012 attraverso le risultanze delle operazioni di intercettazioni telefoniche che documentavano i contatti delle persone preposte, per conto della (OMISSIS), al reperimento delle sostanze stupefacenti attraverso vari e variegati canali: la sentenza impugnata, a questo riguardo, sintetizza quella di primo grado enucleando i passaggi nei quali sono coinvolti gli odierni ricorrenti, in particolare (OMISSIS) e (OMISSIS), ricostruendo anche le "specifiche" operazioni di acquisto e rifornimento e cessione. I due imputati sono stati individuati come il particolare anello di congiunzione tra l'associazione mafiosa e quella preposta alla gestione della droga. Le risultanze probatorie consentono di ritenere acquista la prova della esistenza di una stabile organizzazione, fotografata negli anni 2016 e 2017 con riferimento proprio alla individuazione di elementi strutturali inequivoci (i covi; il sistema per il pagamento), che qualificano l'aspetto organizzativo della struttura non le mere operazioni di rifornimento che pure sono significative e rilevanti, ai fini che ci occupano, quando, come nel caso in esame, la loro reiterazione nel tempo e ricorrenza, denotano la esistenza di una struttura che ne dirige e regola la dinamica, al di la' del variabile e contingente coinvolgimento dei singoli. Resta solo da aggiungere che, ai fini della ricostruzione del consapevole partecipativo, la partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di stupefacenti e' un reato a forma libera, la cui condotta costitutiva puo' realizzarsi in forme diverse, purche' si traduca in un apprezzabile contributo alla realizzazione degli scopi dell'organismo, posto che in tal modo si verifica la lesione degli interessi salvaguardati dalla norma incriminatrice (Sez. 3, n. 35975 del 26/05/2021, Caterino, Rv. 282139). A prescindere dalle modalita' di realizzazione del contributo (se ad esempio intervenuto nella fase di fornitura; nelle operazioni di acquisto; nelle altre operazioni connesse allo stoccaggio, conservazione e smercio) cio' che rileva e' che la condotta denoti un rilevante apporto causale al raggiungimento del fine di profitto perseguito dall'organizzazione, effettuato con la consapevolezza di fare parte di un gruppo dedito ad attivita' in materia di stupefacenti ed avvalendosi continuativamente delle sue risorse. 7.1. Le evidenze innanzi descritte (in particolare, gli esiti delle perquisizioni e sequestro eseguiti presso i covi di via (OMISSIS), e via (OMISSIS)) rendono manifestamente infondati i motivi di ricorso con i quali i ricorrenti contestano la ritenuta sussistenza della circostanza aggravante, di natura oggettiva, prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 4. Va - in premessa - ricordato che per la sussistenza dell'aggravante in questione, diversamente da quella analoga, ipotizzata dall'articolo 416-bis c.p., comma 4, e' richiesta unicamente la disponibilita' di armi e non anche la correlazione tra queste ultime e gli scopi perseguiti dall'associazione criminosa (cfr. Sez. 5, n. 11101 del 04/02/2015, Platania, Rv. 262714), con la conseguenza che e' sufficiente la consapevolezza, da parte del partecipe, che l'associazione sia armata, perche' gli sia imputabile l'aggravante dell'articolo 74, comma 4, Decreto del Presidente della Repubblica cit.. Cionondimeno tale aggravante puo' essere riconosciuta in capo ai partecipi del sodalizio solo se puo' postularsi una loro colpevolezza anche in relazione a tale aspetto, che richiede, in base a quanto previsto dall'articolo 59 c.p., comma 2, quantomeno un coefficiente di prevedibilita' concreta da parte loro della disponibilita' delle armi da parte dell'associazione (Sez. 6, n. 49458 del 21/10/2015, Arianiello, Rv. 266041). I Giudici del merito, con ineccepibili argomentazioni, sono pervenuti a ritenere sussistente l'aggravante in esame sottolineando la natura funzionale della detenzione delle armi alla struttura e organizzazione del traffico di droga e al coinvolgimento dei singoli imputati in attivita' collegate alla presenza e gestione dei covi, come si seguito precisato. 7.2. Il motivo diretto a confutare la sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. in relazione al reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, sub capo B), comune alla maggior parte degli imputati che hanno avanzato, al riguardo, rilievi per lo piu' sovrapponibili, e' manifestamente infondato. L'aggravante in esame richiede che la condotta illecita sia posta in essere al fine specifico di favorire l'attivita' dell'associazione di tipo mafioso, sicche' alla oggettiva agevolazione della consorteria mafiosa determinata dalla condotta incriminata deve accompagnarsi il cosciente ed univoco intendimento del soggetto agente di agire proprio per il raggiungimento di tale specifico fine agevolatore (indirizzando ad esso la sua condotta): in buona sostanza non e' sufficiente la sola mera realizzazione di un contributo oggettivamente utile per l'operativita' del sodalizio mafioso. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno concluso la risalente discussione sulla natura dell'aggravante in esame affermandone la natura soggettiva trattandosi di aggravante che inerisce ai motivi a delinquere e precisando che tale aggravante si comunica al concorrente nel reato che, pur non animato da tale scopo, sia consapevole della finalita' agevolatrice perseguita dal compartecipe (Sez. U., n. 8545 del 19/12/2019, dep. 2020, Chioccini, Rv. 278734). A precisazione di tale connotato hanno rilevato come la forma aggravata in esame esige che l'agente deliberi l'attivita' illecita nella convinzione di apportare un vantaggio alla compagine associativa: e' necessario pero', affinche' l'aggravante non sia priva di offensivita', che tale rappresentazione si fondi su elementi concreti, inerenti, in via principale, all'esistenza di un gruppo associativo avente le caratteristiche di cui all'articolo 416-bis c.p. ed alla effettiva possibilita' che l'azione illecita si inscriva nelle possibili utilita', anche non essenziali al fine del raggiungimento dello scopo di tale compagine, secondo la valutazione del soggetto agente, non necessariamente coordinata con i componenti dell'associazione. Trattandosi invero di un'aggravante che colpisce la maggiore pericolosita' di una condotta, ove finalizzata all'agevolazione, e' necessario che la volizione che la caratterizza possa assumere un minimo di concretezza, anche attraverso una mera valutazione autonoma dell'agente, che non impone un raccordo o un coordinamento con i rappresentanti del gruppo e, soprattutto, non prevede che il fine rappresentato sia poi nel concreto raggiunto, pur essendo presenti tutti gli elementi di fatto, astrattamente idonei a tale scopo. Tale finalita', inoltre, non deve essere esclusiva, ben potendo accompagnarsi ad esigenze egoistiche quali, ad esempio, la volonta' di proporsi come elemento affidabile al fine dell'ammissione al gruppo o qualsiasi altra finalita' di vantaggio, assolutamente personale, che si coniughi con l'esigenza di agevolazione. La ricostruzione del motivo a delinquere in tal senso - si osserva - non e' mai esclusiva, poiche' plurimi possono essere gli stimoli all'azione; quel che rileva e' che tra questi sussistano elementi che consentono di ravvisare anche quello valutato necessario dalla norma incriminatrice essenziale alla configurazione del dolo intenzionale, La ricostruzione ermeneutica impone quindi un approccio alla fattispecie, che vada al di la' della classificazione formale, e l'intenzione dell'agente deve assumere una connotazione oggettiva, esplicitando gli effetti della condotta e comprende anche elementi di carattere obiettivo, "quali misuratori della specifica offensivita', e quali garanzie di un ordinamento che, per necessita' costituzionale, deve rimanere distante dai modelli del diritto penale dell'intenzione e del tipo d'autore" (Sez. 6, n. 28009 del 15/05/2014, Alberto, Rv. 260077). Ebbene: la consapevolezza di operare nell'ambito di un unico gruppo per il raggiungimento dello scopo comune, costituito dalla possibilita' di realizzare un sufficientemente tranquillo svolgimento dei traffici di droga in determinate zone e dal conseguimento da tali traffici. - per ciascuno degli imputati, come di seguito precisato - di un profitto seppure diversificato, e il diretto collegamento di ciascuno dei ricorrenti nelle operazioni di reperimento, acquisto e successivo smercio costituiscono elementi correttamente vagliati ai fini della ravvisabilita' della circostanza aggravante in questione e sulla base di elementi che dimostrano come il contributo oggettivamente agevolatore sia stato realizzato al fine specifico di favorire il detto sodalizio sulla base di rapporti diretti, continui e consolidati sia con i vertici dei sodalizi - nel caso (OMISSIS) - che con i soggetti preposti al reperimento della droga. Non solo, dunque, per gli imputati che erano anche affiliati al clan mafioso, come (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) ma anche per gli imputati che avevano con il clan rapporti consolidati e fiduciari essendo addetti proprio al reperimento, pagamento, conservazione e stoccaggio della droga ( (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) o in ragione dei compiti svolti quali addetti alla distribuzione dello stupefacente, come (OMISSIS) e (OMISSIS). 7.3. Le risultanze delle operazioni di perquisizione e sequestro; la capacita' finanziaria (nella sentenza impugnata sono descritte, per un breve periodo, operazioni di acquisto accendenti ad oltre 140.000,00 Euro; la diversificazione delle fonti di acquisto; l'ampio bacino di rifornimento su (OMISSIS)) sono ontologicamente incompatibili con l'applicazione alla fattispecie in esame della fattispecie incriminatrice prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 74, comma 6, configurabile a condizione che i sodali abbiano programmato esclusivamente la commissione di fatti di lieve entita', predisponendo modalita' strutturali e operative incompatibili con fatti di maggiore gravita' e che, in concreto, l'attivita' associativa si sia manifestata con condotte tutte rientranti nella previsione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, (Sez. 6, n. 1642 del 09/10/2019, dep. 2020, Degli Angioli, Rv. 278098). 7.4. La centralita' del descritto elemento organizzativo, descritto al punto 7. che precede, e' ostativa alla configurabilita' nei fatti accertati di condotte sussumibili nella fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, commessa in concorso e continuata, allegata da taluni dei ricorrenti. L'elemento differenziale tra l'ipotesi associativa Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ex articolo 74 e quella del concorso ai sensi dell'articolo 110 c.p. e articolo 73 del citato Decreto del Presidente della Repubblica risiede, infatti, principalmente nell'elemento organizzativo, in quanto la condotta punibile a titolo di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti non si riduce ad un semplice accordo delle volonta' (sul cui deficit probatorio si attarda la difesa di molti ricorrenti che allegano la mancanza di prova del pactum sceleris) ma consiste in un quid pluris, che si sostanzia nella predisposizione di una struttura organizzata stabile che consenta la realizzazione concreta del programma criminoso (Sez. 6, n. 27433 del 10/01/2017, Avellino, Rv. 270396). Da qui la infondatezza evidente dei motivi della difesa che attaccano le corrette - perche' rispondenti a logica e coordinate in diritto- conclusioni dei giudici del merito. 8. I ricorrenti (OMISSIS) (motivo n. 3), (OMISSIS) (motivo 1), (OMISSIS) (motivo n. 3) e (OMISSIS) (motivo n. 1) denunciano violazione di legge in relazione al divieto di bis in idem per la ritenuta configurabilita', in presenza di un medesimo fatto, del concorso formale tra i reati di cui ai capi A) e B): in buona sostanza, i ricorrenti sostengono che, in presenza dello stesso fatto materiale sono stati condannati per due fattispecie di reato. La Corte di appello di Caltanissetta ha esaminato (pag. 158 e ss.) il tema della configurabilita' e compatibilita' dei reati associativi di cui al capo A) - il reato di cui all'articolo 416-bis c.p., commi 2, 4, 5 e 6 ascritto a (OMISSIS), (OMISSIS), con il ruolo di capo del clan, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) e al capo B), Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, commi 1, 2, 3 e 4, ascritti ai medesimi ricorrenti (oltre che ad altri soggetti, in entrambi i casi e, in particolare, quanto al reato sub capo B, nel presente procedimento a (OMISSIS) e (OMISSIS)). In particolare, nel capo sub A) (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) vengono individuati come sodali di fiducia di (OMISSIS) (e del fratello (OMISSIS)) in quanto collaboravano per lo sviluppo dell'illecito commercio di droga riferito al clan sotto gli ordini e le direttive dei capi clan e assicuravano il controllo della gestione delle attivita' economiche gestite dal clan in vari settori, edilizia, fornitura di prodotti da bar e, fra questi, la gestione della discoteca (OMISSIS), collaborando anche alla partecipazione di atti di intimidazione e a spedizioni punitive volte ad assicurare la manifesta presenza del clan. Quanto a (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), ne e' evidenziato il ruolo di partecipi al clan in ordine al traffico organizzato di droga perche' fornivano il proprio contributo concorrendo nella gestione dei covi "(OMISSIS)" di via (OMISSIS) e via (OMISSIS) utilizzati dall'associazione mafiosa per la custodia di droga e armi a disposizione del clan. Quanto al (OMISSIS), gli viene contestata la collaborazione al clan oltre che in ordine al traffico di droga, al rafforzamento della associazione gestendo la movimentazione bancaria di un conto nella disponibilita' di (OMISSIS) (capo del clan, separatamente giudicato) per finanziare le attivita' illecite, fra cui il traffico di droga, oltre la partecipazione a spedizioni punitive. Il reato associativo sub capo A), e' contestato come commesso in (OMISSIS) e altri comuni della provincia di (OMISSIS) in permanenza almeno fino a maggio 2019. Al capo B) vengono piu' puntualmente descritte le attivita' di collaborazione svolte nel settore degli stupefacenti in particolare, il (OMISSIS) con ruolo di dirigente e organizzatore della struttura adibita allo spaccio con l'apporto di (OMISSIS), viene individuato come l'organizzatore delle forniture attraverso (OMISSIS) fino alla rimessione in liberta', il 27 gennaio 2014, di (OMISSIS); allo (OMISSIS) quello di partecipe essendosi occupato di acquisto della droga su varie piazze alla distribuzione e anche allo spaccio, nel periodo di gestione di (OMISSIS); quanto a (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), ne e' evidenziato il ruolo di partecipi al clan concorrendo nella gestione dei covi "(OMISSIS)" di via (OMISSIS) e via (OMISSIS) utilizzati dall'associazione mafiosa per la custodia di droga e armi a disposizione del clan; (OMISSIS) quale partecipe coinvolto nella traffico di droga sull'asse (OMISSIS) e cassiere della (OMISSIS); (OMISSIS), quale partecipe, perche' coinvolto nella spaccio e consegna. Il reato associativo sub capo B), e' contestato come commesso in (OMISSIS) e altri comuni della provincia di (OMISSIS) in permanenza almeno fino a maggio 2019 e, quanto a (OMISSIS) dal 2014 in permanenza almeno fino a maggio 2019. La sentenza impugnata ha ritenuto compatibile il concorso fra i due reati associativi, escludendo la violazione del divieto di bis in idem, mancando, nel rapporto tra le due fattispecie associative, piena coincidenza degli elementi costitutivi "in quanto la contestata associazione di cui all'articolo 416-bis c.p. persegue scopi criminosi - quale ad es. il controllo da acquisire anche attraverso metodi intimidatori, di alcuni settori commerciali nel territorio di (OMISSIS) - del tutto diversi dal traffico di stupefacenti, che costituisce un ambito di operativita' in se', autonomamente strutturato ma organico all'associazione". In tale ipotesi, rileva la Corte di appello, correttamente vengono applicati i principi del concorso formale e, a tal riguardo, ha richiamato principi affermati nella giurisprudenza di questa Corte secondo cui e' configurabile il concorso tra un'associazione di stampo mafioso e un'associazione per delinquere dotata di un'autonoma struttura organizzativa che, avvalendosi del contributo di sodali anche diversi dai soggetti affiliati al sodalizio mafioso, persegua un proprio programma delittuoso (nella specie, traffico di sostanze stupefacenti), dalla cui attuazione discende il concomitante conseguimento dell'interesse del clan (Sez. 2, n. 41736 del 09/04/2018, M, Rv. 274077). La Corte di appello ha richiamato altro ricorrente principio secondo cui i reati di associazione per delinquere, generica o di stampo mafioso, concorrono con il delitto di associazione per delinquere dedita al traffico di sostanze stupefacenti, anche quando la medesima associazione sia finalizzata alla commissione di reati concernenti il traffico degli stupefacenti e di reati diversi (Sez. 6, n. 46301 del 30/10/2013, Corso, Rv. 258163). In conclusione, e' stato ritenuto configurabile il concorso formale tra il reato associativo sub capo A) e quello sub capo B) e la conseguente punibilita' degli imputati per entrambi i reati dal momento che il programma del sodalizio mafioso (sub capo A) abbraccia sia il traffico di stupefacenti che altri reati. I due reati sono stati poi unificati ai sensi dell'articolo 81 c.p., comma 2, ricorrendo la continuazione e il trattamento punitivo e' stato individuato in quella previsto per il reato, piu' gravemente punito, di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74. Secondo la tesi difensiva, invece, per i ricorrenti (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) la condotta che viene in rilievo, nelle due contestazioni, e' la medesima ed e' quella relativa al supporto fornito al gruppo che si occupava di spaccio che, tuttavia, viene addebitata ai ricorrenti anche come condotta partecipativa al reato associativo sub capo A). La prospettazione difensiva, ad avviso del Collegio, e' fondata non emergendo, rispetto agli elementi addebitabili a ciascun ricorrente ai fini della partecipazione all'associazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti, indici ulteriori di partecipazione anche all'associazione mafiosa. Ne consegue l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata in relazione al reato sub capo A) ascritto ai predetti imputati, con formula per non avere commesso il fatto e conseguente rideterminazione della pena. Per tali ricorrenti i motivi relativi alla contestazione delle aggravanti sub articolo 416-bis c.p., commi 4 e 6, sono assorbiti. Nella prospettiva della Corte di merito, ha assunto rilievo, ai fini della individuazione dell'idem factum, il rapporto tra fattispecie legali, escludendo, in applicazione dei principi di cui all'articolo 15 c.p., che si versi in ipotesi di concorso apparente bensi' in presenza di concorso formale di reati in quanto nel rapporto tra le due fattispecie manca la piena coincidenza degli elementi costitutivi ed essendo volte alla tutela di beni giuridici differenti. Piu' complessa l'analisi condotta nella sentenza di primo grado strutturata, ai fini del concorso tra fattispecie, sul concreto apporto dei singoli (pagg. 1024). In particolare, in fatto, tale sentenza ha rilevato che: - i due sodalizi erano riconducibili alla medesima reggenza dei fratelli (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); - era ravvisabile una parziale, ma importante sovrapposizione fra i soggetti attivi nell'una e nell'altra consorteria, fra i quali (OMISSIS) e (OMISSIS) cui vengono attribuiti compiti organizzativi sia nel settore della droga che in quelli del controllo delle attivita' economiche o delle azioni di carattere intimidatorio; - l'attivita' del riciclaggio dei proventi derivanti dal traffico di droga come dimostrato dai flussi finanziari gestiti sul conto di (OMISSIS); - la circostanza che nelle basi logistiche di via (OMISSIS) e Via (OMISSIS) destinati alla custodia dello stupefacente - in cui erano coinvolti (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) - sono state rinvenute anche le armi a disposizione della "(OMISSIS)", evidentemente affidate alla custodia dei predetti indagati in quanto organici al sodalizio; - la circostanza che (OMISSIS) gestisse la movimentazione di un conto corrente bancario riconducibile a (OMISSIS) e non solo per finanziare gli approvvigionamenti di droga sul mercato catanese ma per qualsivoglia esigenza del capomafia; - i membri del gruppo dedito agli stupefacenti mostravano il chiaro assoggettamento gerarchico ai fratelli (OMISSIS). La sentenza di primo grado ha valorizzato, in particolare, l'accertata custodia, nei medesimi covi, di droga e armi, la cui custodia era diretta ad agevolare l'operativita' dell'associazione mafiosa. Rileva il Collegio che, tuttavia, le sentenze in esame non hanno esaminato il tema posto dalla difesa sotto la prospettiva del ne bis in idem connesso all'esame del concorso formale alla stregua dei principi recati dalla sentenza della Corte costituzionale n. 200 del 2016. Secondo le Sezioni Unite di questa Corte, ai fini della preclusione connessa al principio del ne bis in idem, l'identita' del fatto sussiste quando vi sia corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona (Sez. U, n. 34655 del 28/6/2005, P.G. in proc. Donati ed altro, Rv. 231799). Si tratta di un'affermazione indiscussa alla quale ha aderito anche la giurisprudenza costituzionale con la richiamata sentenza n. 200 del 31 maggio 2016 che ha dichiarato illegittimita' costituzionale dell'articolo 649 c.p.p. limitatamente alla parte in cui esclude la medesimezza del fatto di reato per la sola circostanza che ricorra un concorso formale di reati tra res indicata e res iudicanda, per contrasto con l'articolo 4 del Protocollo n. 7 alla CEDU, che vieta invece di procedere nuovamente quando il fatto storico e' il medesimo. Rispetto alla esegesi svolta dai giudici del merito l'eccezione proposta dai ricorrenti va esaminata tenuto conto della nozione di idem factum e dei suoi criteri di individuazione. Come ben evidenziato nella sentenza del Giudice delle leggi, ai fini dell'applicazione dell'articolo 81 c.p., l'interprete deve, infatti, prioritariamente sciogliere il nodo dell'eventuale concorso apparente delle norme incriminatrici, nel quale vengono in rilievo gli elementi del fatto materiale giuridicamente rilevanti, e, fra questi, l'evento del reato, concetto, questo, che possiede un'accezione non meramente empirica ed in cui assume rilievo anche l'interesse giuridico tutelato. Tale operazione non esaurisce l'esame dell'interprete ai fini dell'applicazione del divieto di bis in idem anche nell'ipotesi in cui si sia in presenza di fattispecie penali che, sul piano astratto, si pongono in concorso formale tra loro. Il punto controverso nella giurisprudenza di legittimita' - al di la' della nitidezza dell'affermazione di principio contenuto nella risalente sentenza Donati - e posto alla base della sentenza della Corte Costituzionale del 2016, si gioca, in particolare, sulla incidenza dell'evento naturalistico e/o giuridico del reato e dell'interesse giuridico oggetto di tutela nell'ordinamento sulla nozione di idem factum e, quindi, nel discernimento, del rilievo (del limite) della qualificazione giuridica (l'idem legale) rispetto alla nozione storico-naturalistica alla quale rinvia la nozione di idem factum, inequivocabilmente posta a base del Protocollo a n. 4 alla CEDU. Orbene, la pronuncia del Giudice delle leggi ha riscontrato l'erroneita' dell'opinione prevalente nella giurisprudenza che concentra l'attenzione sulla dimensione giuridica del fatto e consente la celebrazione di un nuovo giudizio nei confronti dello stesso imputato quando siano differenti le norme giuridiche che lo incriminano, dando luogo ad un'ipotesi di concorso formale. Sulla base delle sollecitazioni provenienti dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo (Grande Camera, 10/2/2009, Zolotoukhine contro Russia), la Corte costituzionale ha quindi ribadito la necessita' di prendere in considerazione il fatto naturalistico nella sua materialita' e concretezza, da individuarsi in base alle coordinate spazio-temporali della sua commissione. Il Giudice delle leggi ha osservato che: "Il fatto storico-naturalistico rileva, ai fini del divieto di bis in idem, secondo l'accezione che gli conferisce l'ordinamento, perche' l'approccio epistemologico fallisce nel descriverne un contorno identitario dal contenuto necessario. Fatto, in questa prospettiva, e' l'accadimento materiale, certamente affrancato dal giogo dell'inquadramento giuridico, ma pur sempre frutto di un'addizione di elementi la cui selezione e' condotta secondo criteri normativi. Non vi e', in altri termini, alcuna ragione logica per concludere che il fatto, pur assunto nella sola dimensione empirica, si restringa all'azione o all'omissione, e non comprenda, invece, anche l'oggetto fisico su cui cade il gesto, se non anche, al limite estremo della nozione, l'evento naturalistico che ne e' conseguito, ovvero la modificazione della realta' indotta dal comportamento dell'agente. E' chiaro che la scelta tra le possibili soluzioni qui riassunte e' di carattere normativo, perche' ognuna di esse e' compatibile con la concezione dell'idem factum. Questo non significa che le implicazioni giuridiche delle fattispecie poste a raffronto comportino il riemergere dell'idem legale. Esse, infatti, non possono avere alcun rilievo ai fini della decisione sulla medesimezza del fatto storico. Ad avere carattere giuridico e' la sola indicazione dei segmenti dell'accadimento naturalistico che l'interprete e' tenuto a prendere in considerazione per valutare la medesimezza del fatto". Si trae dalle affermazioni della Corte costituzionale la conseguenza che, sebbene non riconosciuto espressamente dalla lettera della Costituzione, il principio del ne bis in idem sia "immanente alla funzione ordinante cui la Carta ha dato vita, perche' non e' compatibile con tale funzione dell'ordinamento giuridico una normativa nel cui ambito la medesima situazione giuridica possa divenire oggetto di statuizioni giurisdizionali in perpetuo divenire. Nel diritto penale, la Corte Costituzionale ha da tempo arricchito la forza del divieto, proiettandolo da una dimensione correlata al valore obiettivo del giudicato (sentenze n. 6 e n. 69 del 1976, n. 1 del 1973 e n. 48 del 1967) fino a investire la sfera dei diritti dell'individuo, in quanto "principio di civilta' giuridica" (ordinanza n. 150 del 1995; inoltre, sentenze n. 284 del 2003 e n. 115 del 1987), oltretutto dotato di "forza espansiva" (sentenza n. 230 del 2004), e contraddistinto dalla natura di "garanzia" personale (sentenza n. 381 del 2006)". Proseguendo nella disamina dei principi e del loro bilanciamento, la Corte ha inoltre osservato come "le sempre opinabili considerazioni sugli interessi tutelati dalle norme incriminatrici, sui beni giuridici offesi, sulla natura giuridica dell'evento, sulle implicazioni penalistiche del fatto e su quant'altro concerne i diversi reati, oggetto dei successivi giudizi, non si confanno alla garanzia costituzionale e convenzionale del ne bis in idem e sono estranee al nostro ordinamento" concludendo "in definitiva l'esistenza o no di un concorso formale tra i reati oggetto della res iudicata e della res iudicanda e' un fattore ininfluente ai fini dell'applicazione dell'articolo 649 c.p.p., una volta che questa disposizione sia stata ricondotta a conformita' costituzionale, e l'ininfluenza gioca in entrambe le direzioni, perche' e' permesso, ma non e' prescritto al giudice di escludere la medesimezza del fatto, ove i reati siano stati eseguiti in concorso formale. Ai fini della decisione sull'applicabilita' del divieto di bis in idem rileva infatti solo il giudizio sul fatto storico". Riconducendola all'ipotesi classica dell'articolo 649 c.p.p. (in presenza, cioe' di un giudicato) E, con chiarezza, rispetto alla situazione rimessa al giudizio, concludeva nei senso che l'autorita' giudiziaria "sara' tenuta a porre a raffronto il fatto storico, secondo la conformazione identitaria che esso abbia acquisito all'esito del processo concluso con una pronuncia definitiva, con il fatto storico posto dal pubblico ministero a base della nuova imputazione. A tale scopo e' escluso che eserciti un condizionamento l'esistenza di un concorso formale, e con essa, ad esempio, l'insieme degli elementi indicati dal rimettente nel giudizio, principale quali la natura del reato; il bene giuridico tutelato; l'evento in senso giuridico". E', dunque, alla luce di tali coordinate che devono essere esaminate le argomentazioni svolte nella sentenza impugnata in risposta alle deduzioni difensive soprattutto nella parte in cui sono stati richiamati risalenti principi giurisprudenziali che devono essere attualizzati sulla scorta di questa nuova cornice che, al di la' di incertezze pure segnalate dalla dottrina, costituisce un imprescindibile punto di arrivo del sistema nella individuazione dell'idem factum come fatto storico, che va accertato, in riferimento alla singola posizione dell'imputato, con riferimento alle specifiche contestazioni potendo, invece, sicuramente escludersi l'idem factum in presenza di contestazioni di condotte che abbiano diversa perimetrazione temporale. Una simile evenienza, che sarebbe ostativa ex se all'applicazione del divieto di bis in idem, deve certamente escludersi, con riguardo alla posizione degli imputati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), con riferimento ai quali, i fatti oggetto di addebito nelle due contestazioni per reato associativo si concentrano (e coincidono) con le attivita' poste in essere negli anni 2015 e seguenti, oggetto di intercettazione. I giudici di appello hanno valorizzato, al fine di scongiurare il rischio di una inammissibile duplicazione di processo per i medesimi fatti, la diversita' dei ben giuridici oggetto dei reati ed hanno insistito sulla configurabilita' del concorso tra un'associazione di stampo mafioso e un'associazione per delinquere che, avvalendosi del contributo di sodali affiliati al sodalizio mafioso, persegue un programma delittuoso, imperniato sul traffico di stupefacenti, dalla cui attuazione discende il concomitante conseguimento dell'interesse del clan non potendo configurarsi la violazione del ne bis in idem, mancando, nel rapporto tra le due fattispecie associative, piena coincidenza degli elementi costitutivi. Ma non si tratta di una conclusione valida in generale e in astratto. Diversamente e' a dirsi, invece, quando, come nel caso in esame con riferimento ai ricorrenti (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), si registra una piena coincidenza e corrispondenza tra la condotta materiale oggetto di addebito, quali componenti dell'associazione dedita allo spaccio, e quella partecipativa degli imputati al reato associativo di cui al capo A), condotte materiali, storiche e fattuali perfettamente sovrapponibili. In tal caso si seguirebbe un approccio formalistico e si assumerebbe a parametro dell'idem factum una nozione astratta dell'evento limitandosi ad affermare che le condotte ledono beni giuridici non coincidenti anche perche' la tutela del bene salute, che rientra nello spettro di tutela della previsione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, si accompagna, anche in tale fattispecie incriminatrice, alla tutela del bene ordine pubblico. I fatti ricostruiti nella loro concreta dimensione fenomenica e materiale posti a base della dichiarazione di responsabilita' degli imputati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) non possono essere sussunti, ostandovi il divieto di bis in idem, nel reato sub capo A) non emergendo ulteriori indici della partecipazione al reato di mafia, ma esclusivamente in relazione al reato di cui al capo B) avendo fornito, come di seguito precisato, un apprezzabile e consapevole contributo al conseguimento delle finalita' tipiche dell'organizzazione intesa allo spaccio ancorche' asservita alla realizzazione del profitto a vantaggio dell'associazione mafiosa, aspetto, questo, che rientra nel focus soggettivo e oggettivo dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p.. Deve, infine, precisarsi che gli altri ricorrenti, anche in fattispecie apparentemente simili a quella di ricorrenti innanzi indicati, non hanno specificamente posto il tema della violazione del bis in idem limitandosi a contestare la configurabilita' dei reati e la sussunzione delle condotte accertate nelle fattispecie incriminatrici, anche contestandone il concorso, senza porre specificamente il tema della violazione di legge, in relazione all'articolo 649 c.p.p. che, pertanto, in applicazione principio devolutivo dell'impugnazione, non e' stata oggetto di esame. 9.Con riguardo ai motivi di ricorso che investono il trattamento sanzionatorio, perche' eccessivo; al diniego di applicazione delle circostanze attenuanti generiche; al giudizio di bilanciamento tra circostanze ordinarie e alla misura dell'aumento a titolo di continuazione fra reati prospettati sotto plurimi aspetti quali il vizio di violazione di legge, in relazione agli articoli 62-bis, 81 e 133 c.p., nonche' il vizio di motivazione, anche per omesso esame delle deduzioni difensive a riguardo, va, in generale, rilevato che si tratta della denuncia di vizi che involgono un profilo della regiudicanda, rimesso all'esclusivo apprezzamento del giudice di merito e sottratto a scrutinio di legittimita' quando risulti sorretto da esauriente e logica motivazione. Nel caso della sentenza in esame la motivazione risulta incentrata sul complessivo giudizio di gravita' dei fatti, i negativi precedenti penali, plurimi ed anche specifici, a carico degli imputati e, infine, il giudizio negativo sulla loro personalita', quale evincibile dai fatti e dalla loro dinamica, il piu' delle volte perdurante nel tempo e, dunque espressiva di un piu' elevato giudizio di pericolosita' sociale collegato alla capacita' a delinquere di ciascuno. Puo' ritenersi, pertanto, che la Corte territoriale ha fatto buon governo delle regole rimesse all'apprezzamento del giudice del merito nell'esercizio del potere sanzionatorio effettuando una globale valutazione del fatto e della personalita' dell'imputato, esprimendo sul punto una ragionata motivazione che non e' inficiata sol perche' il giudice non abbia preso in considerazione tutti i parametri indicati dall'articolo 133 c.p. purche', come nel caso in esame, abbia valorizzato anche aspetti soggettivi che orientano la scelta del trattamento punitivo. Al confronto con tali argomenti appaiono meramente assertivi, in chiave di pretesa minore gravita' del fatto, i motivi di ricorso che denunciano la eccessivita' della pena, ovvero la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, soffermandosi ora sull'"asprezza" del trattamento sanzionatorio ora evocando il contributo modesto o talvolta marginale, o addirittura lieve prestato al sodalizio ora il contenuto arco temporale dell'adesione al gruppo ora il comportamento processuale enucleando parametri di valutazione che non possiedono maggiore e o migliore efficacia dimostrativa della capacita' a delinquere degli imputati rispetto a quelli valorizzati dai giudici del merito. 10. Le posizioni dei singoli ricorrenti. 10.1. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile. I motivi di ricorso che contestano il giudizio di responsabilita' sono generici e consistono nella mera riproduzione dei motivi di impugnazione che la Corte di merito ha compiutamente esaminato facendo corretta applicazione delle coordinate ermeneutiche (descritte al punto 7. del Considerato in diritto) ai fini della configurabilita' del consapevole contributo partecipativo del ricorrente al reato associativo di cui al capo B). In particolare, non hanno fondamento le censure che contestano la "cripticita'" delle conversazioni intercettate e la erronea valutazione della "presenza", asseritamente saltuaria, del ricorrente nella base logistica di via (OMISSIS) e di quella di via (OMISSIS), presenze collegate, nella prospettazione difensiva, all'acquisto di stupefacenti dei quali il ricorrente e' assuntore e alla circostanza che egli si recava in via (OMISSIS) perche' ivi abitano i congiunti. La Corte di merito (pag. 172 e ss.) ha evidenziato come il ricorrente abbia fatto riferimento (cosi' con il ricorso) ad un'unica conversazione (in questa sede si tratta di due conversazioni del 18 febbraio 2017 e 8 aprile 2017) isolandole pero' dall'intero compendio intercettativo che comprende numerose conversazioni (a partire dal 27 settembre 2016) affatto riconducibili alla "mera frequentazione fra congiunti", con il cugino, (OMISSIS), o a frequentazioni con (OMISSIS) e (OMISSIS) determinate dall'acquisto di droga per uso personale. Risulta corretta l'affermazione della Corte di merito secondo la quale il ricorso al linguaggio criptico, immediatamente chiaro ai loquenti, denota il carattere illecito dell'oggetto delle conversazioni che devono essere correlate le une alle altre e con gli altri elementi acquisiti per inferirne il contenuto che, per quanto concerne i frequenti rapporti e contatti fra il ricorrente e i sodali dell'associazione, (OMISSIS) e (OMISSIS), preposti alle attivita' di organizzazione dello spaccio, non appare sovrapponibile a lecite attivita' occultando, viceversa, la gestione di affari illeciti ne' tale contenuto rimanda a mere operazioni di acquisto di droga da parte del ricorrente quanto piuttosto al suo coinvolgimento nelle operazioni di procacciamento della droga, consegna ai correi e, in altre circostanze, cessione a terzi. Ad affari illeciti inequivocabilmente rimanda la conversazione, intervenuta con (OMISSIS) il 18 febbraio 2017 nel corso della quale (OMISSIS) rimproverava il ricorrente per il ritardo ma gli raccomandava, con una certa insistenza - si precisa in sentenza - di stare attento e farsi un giro con un chiaro significato di controllare attivita' di polizia in corso e, cosi', ulteriori conversazioni e contatti con (OMISSIS) che ruotano intorno ad incontri per scambi di "cose" portate da (OMISSIS) al (OMISSIS); il coinvolgimento dell' (OMISSIS) in operazioni di "preventivi"; appuntamenti presso il "covo" (cosi' testualmente nelle conversazioni) e, infine, a dimostrazione della conoscenza, da parte del ricorrente, del sistema di gestione dei flussi facenti capo all'associazione, il contenuto della conversazione del 10 aprile 2017 che la Corte di appello legge in una a quella dell'8 aprile 2017 e dalle quali emerge il contrappunto mostrato dall'imputato in merito all'arrivo e ritardo di (OMISSIS), che gestiva i flussi del conto corrente in uso all'associazione, atteggiamento incompatibile con le asserite operazioni di acquisto di droga per uso personale. Ne' e' provata una causale lecita sottostante ai rapporti finanziari con il (OMISSIS). 10.1.1. Anche il secondo motivo di ricorso e' manifestamente infondato poiche' la sentenza impugnata, con riferimento alla qualificazione giuridica del fatto ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, ha evidenziato, rispetto alla deduzione difensiva che non era accertato il quantitativo degli approvvigionamenti di droga, che era, invece, accertata la capacita' di approvvigionamento continuo e sistematico di sostanze stupefacenti in piu' zone della Sicilia ed anche fuori da tale regione (in Campania), modalita' incompatibile con una organizzazione volta alla commissione di fatti di lieve entita'. 10.2. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio nei confronti di (OMISSIS) in relazione all'aggravante di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2022, articolo 71, che va eliminata, nonche' con riferimento al reato di cui alla L. n. 895 del 1967, articoli 2 e 7, come contestato al capo W), relativamente alla detenzione di arma comune da sparo perche' assorbito in quello di detenzione di arma clandestina oggetto di contestazione al capo TT) riqualificando, altresi', la condotta di detenzione di munizioni ai sensi dell'articolo 697 c.p. aggravato ai sensi dell'articolo 416-bis.1 c.p. con rinvio, per la rideterminazione della pena in relazione tale reato contravvenzionale alla Corte di Assise di Caltanissetta. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile nel resto. 10.2.1. Il secondo motivo di ricorso, di cui si e' (sopra al p. 6) denunciato l'errore metodologico con conseguente declaratoria di manifesta infondatezza e' anche generico perche' riproduce motivi di impugnazione che la Corte di merito, in linea con le valutazioni compiute nella sentenza di primo grado, ha compiutamente esaminato facendo corretta applicazione delle coordinate ermeneutiche (descritte al punto 7. del Considerato in diritto) ai fini della configurabilita' del consapevole contributo partecipativo del ricorrente al reato associativo di cui al capo A). Va solo precisato che, diversamente che per gli altri imputati in relazione ai quali e' stato esaminato il tema della violazione del divieto di ne bis in idem, il ricorrente non ha specificamente proposto tale motivo. Anche ai fini dell'esame del vizio di violazione di legge, il ricorso deve, infatti, essere specifico non essendo sufficiente, a connotarlo in termini di specificita', il mero richiamo al capo della decisione (nella specie, la condanna per il reato di cui al capo A) ma necessario il riferimento alle norme di legge che si assumono violate. La condanna del ricorrente per il reato associativo di cui al capo A) e' pienamente giustificata in ragione del suo contributo strutturato sulle condotte in materia di stupefacenti, traffico nel quale il ricorrente era versato. Il ricorrente ha evidenziato come, rispetto ad una contestazione che parte dall'anno 2012, non ne viene registrato alcun contributo fattivo tenuto conto del periodo di detenzione subito; che, in altro processo, e' stata esclusa a suo carico l'aggravante di cui all'articolo 416-bis. 1 c.p. contestatagli sulla base delle stesse dichiarazioni, valorizzate nella sentenza impugnata, dei pentiti. Il ricorrente, infine, ritiene che sia irrilevante la sua presenza nel "covo" di via (OMISSIS), giustificata dalle sue frequentazioni extra coniugali e non configurabile il coinvolgimento nei reati-fini dell'associazione, perche' sussumibili in una forma di connivenza non punibile o, comunque, estranei al suo contributo. La Corte di appello (pagg. 161 e ss.) pur dando atto della genericita' dei motivi di impugnazione, per il mancato confronto con le evidenze di prova illustrate nella sentenza di primo grado, ha ricostruito i colloqui (intercettati) del ricorrente intercorsi con (OMISSIS) e (OMISSIS) e ne ha ricostruito il rapporto a doppio filo con il (OMISSIS), rapporto che consente di approfondire, e conferire maggiore significato, alla presenza del ricorrente nel covo di via (OMISSIS) dove era in corso una intensa attivita' illecita che, secondo la sentenza impugnata, preoccupava (OMISSIS) che si riprometteva di parlare della cosa con (OMISSIS). La Corte di merito ha esaminato, inoltre, i rapporti del ricorrente con (OMISSIS), meglio descritti in prosieguo, riconducibili ad attivita' in materia di stupefacenti di cui il (OMISSIS) era fornitore e cessionario, non mancando di evidenziare che effettivamente (OMISSIS) non fa riferimento al ricorrente come partecipe del reato associativo, discrasia spiegata con il fatto che (OMISSIS) non aveva conoscenza, per la brevita' e caratteristiche della sua partecipazione dell'organigramma associativo, ma non certificativa della mancata partecipazione del ricorrente all'associazione stessa, secondo l'interpretazione proposta con il ricorso. Si sono illustrate ai punti 6.1. e 6.2 del Considerato in diritto le ragioni che hanno giustificato, secondo le corrette argomentazioni dei giudici del merito, la sussistenza delle aggravanti di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 4 e 6, con ragioni pienamente estensibili al ricorrente che, del resto, frequentava il covo di via (OMISSIS) dove, in esito alla irruzione dell'8 novembre 2016, venivano rinvenute droga e armi (una pistola cal. 7,65 e munizioni), argomento che refluisce anche in punto di responsabilita' del reato di cui al capo A) potendo ricondursi all'imputato la gestione del "covo" e di quanto in esso rinvenuto. 10.2.2. Il quarto motivo di ricorso e' generico e manifestamente infondato. Si sono illustrate, al punto 7. del Considerato in diritto, le ragioni per le quali la Corte di merito, con corrette argomentazioni giuridiche, ha ritenuto sussistente il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, in presenza della esistenza (comprovata dalle intercettazioni; dei servizi di osservazione; delle risultanze delle operazioni di perquisizione e sequestro) di una struttura operativa alla quale era riconducibile una seriale e continuativa attivita' di reperimento, acquisto, stoccaggio e vendita di stupefacenti, associazione alla quale e' riconducibile il contributo partecipativo dell'imputato piuttosto che l'ipotesi della "connivenza non punibile", allegata in ricorso. Infatti, la Corte (pag. 167) ha valorizzato i contatti del ricorrente con (OMISSIS) e, a comprova del contributo partecipativo dell'imputato, ha evidenziato la conversazione dell'8 ottobre 2016, in cui (OMISSIS), fratello di (OMISSIS), lamentava il comportamento di questi e di (OMISSIS) e il ricorrente lo rassicurava dicendogli che "avrebbe provveduto a metterli a posto". "Ricompaiono", osserva la sentenza di appello, "il linguaggio e le gerarchie tipiche dell'organizzazione mafiosa in cui l'imputato occupava un posto di rilievo tanto da poter intervenire su persone collocate ad un piu' basso livello dell'organizzazione piramidale". Inoltre, la Corte ne ha descritto il commento in occasione della perdita della droga, sequestrata nel covo di via (OMISSIS), sul mancato pagamento di questo dovuto al (OMISSIS), al quale il ricorrente si riprometteva di "rifilare un bel tappo" non pagandogli quanto ancora dovuto, proposito che ne esprimeva non solo la consapevolezza della perdita della droga ma la gestione, in prima persona, delle implicazioni di tale vicenda e dei suoi costi economici. Al di la' della sinteticita' della motivazione della Corte in merito alle aggravanti (del numero delle persone, coinvolte nel reato associativo sub capo B) e dell'automatica sussistenza anche dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. (in tal senso la sentenza impugnata a pag. 168) la ricostruzione svolta al punto 7.2 del Considerato in diritto e gli elementi in fatto illustrati nella sentenza impugnata danno pienamente conto della sussistenza degli elementi che integrano l'aggravante dell'agevolazione mafiosa a carico dell'imputato, ritenuto responsabile anche del reato di cui al capo A) e a pieno titolo coinvolto, con un ruolo affatto marginale, nella gestione del covo e nella rivendicazione delle conseguenze connesse alla perdita della droga. Manifestamente infondato il motivo di ricorso sub 9, con il quale il ricorrente censura la mancata riqualificazione del fatto ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6. A tal riguardo e' sufficiente richiamare le considerazioni svolte al punto 7.3 del Considerato in diritto, immediatamente applicabili all'imputato in ragione degli elementi quantitativi del traffico che concernono i reati ascrittigli ai capi RR) e SS). 10.2.3. (OMISSIS) risponde, altresi', del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4 e articolo 80 (capo RR); del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 (capo SS) e dei reati in materi di armi (contestati ai capi W), TT e UU) che fanno riferimento al rinvenimento di droga (52 chilogrammi di hashish; 920,2 gr. di cocaina; una pistola semiautomatica, con matricola abrasa, marca "Attila fleg" e 16 cartucce di vario genere nonche' materiale di taglio e confezionamento) in occasione della perquisizione eseguita l'8 novembre 2016 nel cd. covo di via (OMISSIS). A queste contestazioni fanno riferimento, in punto di responsabilita', configurabilita' dei reati e delle aggravanti, i motivi di ricorso sviluppati sub 5), 6) 7) e 8), motivi che involgono problematiche comuni e che, pertanto, possono essere trattati congiuntamente. Le prospettazioni difensive svolte dal ricorrente a confutazione del giudizio di colpevolezza per la riconducibilita' del possesso di droga (hashish e cocaina) e armi (l'occasionale presenza dell'imputato presso il covo, dovuta alla necessita' di riparare in un immobile per gestire le sue relazioni extraconiugali; la circostanza che (OMISSIS) lo avesse scagionato dall'essere correo nella detenzione) si risolvono in inammissibili motivi volti a contrastare le argomentazioni con le quali i giudici di merito hanno gia' disatteso le tesi della difesa escludendo che la presenza del ricorrente nel covo di via (OMISSIS) fosse tutt'altro che occasionale e la credibilita' del (OMISSIS), che lo ha scagionato. La sentenza impugnata ha evidenziato che l'irruzione era stata preceduta da osservazioni, durate circa una settimana, che constatavano la ricorrente presenza dell'imputato nel covo (v. pag. 878 della sentenza di primo grado in piu' occasioni, perlomeno il 31 ottobre, occasione in cui apre, con le chiavi in suo possesso, il portone dello stabile; il 2 novembre; il 3 novembre, anche in piu' occasioni, sempre utilizzando la chiave in suo possesso per aprire il portone e portando in mano un vasetto che sembrava contenere mannitolo; il 5, 6 e 7 novembre). Le valutazioni della Corte di merito, lungi dal connotarsi come manifestamente illogiche, sono precise, con riferimento alle circostanze di fatto che hanno accertato la ricorrente presenza dell'imputato nel covo di cui il ricorrente propone una diversa e alternativa lettura con un'operazione che non e' sperimentabile in questa sede anche tenuto conto che il legame di parentela dell'imputato con (OMISSIS) finisce con il condizionarne, in senso negativo, il giudizio di attendibilita'. Ma e' esaustiva, a smentita della riduttiva versione che il ricorrente propone, la circostanza che, come si e' anticipato trattando le sue argomentazioni difensive in relazione al reato associativo, l'imputato "rivendica", rovesciandole a danno del (OMISSIS), le conseguenze economiche negative della perdita della droga, un'operazione che puo' compiere solo il soggetto che ne aveva la disponibilita' e corrispondente al suo potere dispositivo. I motivi di ricorso che contestano la sussistenza delle aggravanti (quella di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80 in relazione al reato di cui al capo RR) e quella di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. per tutti i reati sono manifestamente infondati. L'applicazione dell'aggravante, nel caso in esame, a prescindere dall'ampiezza del superamento del valore soglia, appare pienamente giustificata, in relazione alla obiettiva gravita' del fatto, a fronte del numero davvero imponente di dosi (281.044) che potevano estrarsi dall'hashish caduto in sequestro. Sull'aggravante della finalita' agevolativa di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. si rinvia, fermi i requisiti per la configurabilita' dell'aggravante innanzi illustrati, alle circostanze di fatto ed alla intervenuta condanna, per il ricorrente, in relazione al reato di cui al capo A). Non hanno fondamento giuridico, le deduzioni difensive sulla configurabilita' e sussistenza del reato di cui all'articolo 648 c.p., fattispecie che e' ritenuta pacificamente sussistente in presenza di arma abrasa poiche' il possesso di un'arma clandestina integra di per se' la prova del delitto di ricettazione, poiche' l'abrasione della matricola, che priva l'arma medesima di numero e dei contrassegni di cui alla L. 18 aprile 1975, n. 110, articolo 11, essendo chiaramente finalizzata ad impedirne l'identificazione, dimostra, in mancanza di elementi contrari, il proposito di occultamento del possessore e la consapevolezza della provenienza illecita dell'arma (Sez. 1, n. 37016 del 28/05/2019, Spina, Rv. 276868). 10.2.4. E' fondato il motivo di ricorso sub 7, in merito al reato di detenzione dell'arma comune da sparo, ascritto al ricorrente al capo W), in applicazione della regula iuris secondo cui il reato di cui alla L. n. 895 del 1967, articoli 2 e 7 come sostituiti dalla L. n. 497 del 1974, articoli 10 e 14, deve ritenersi assorbito in quello di detenzione di arma clandestina, di cui alla L. 18 aprile 1975, n. 110, articolo 23, commi 1 e 3, per il quale e' intervenuta condanna al capo sub TT). Ne consegue la riqualificazione della detenzione delle munizioni indicata al capo W) ai sensi dell'articolo 697 c.p., aggravato ex articolo 416-bis 1, c.p. con rinvio per la rideterminazione della pena per detto reato, come ritenuto, ad altra Sezione della Corte di appello di Caltanissetta. Deve rilevarsi che la sentenza impugnata ha ricondotto a mesi uno di reclusione l'aumento di pena per il reato di cui al capo W), valorizzando anche la natura clandestina dell'arma, mentre per ciascuno dei reati sub capi RR), SS) e TT) ha determinato, per ciascuno, la pena di giorni dieci di reclusione. La pena per il reato contravvenzionale deve, pertanto, essere rideterminata con un'operazione che, involgendo una operazione di carattere discrezionale, non puo' essere compiuta da questa Corte. 10.2.5. E' fondato, ma in concreto privo di rilevanza sulla determinazione della pena il terzo motivo di ricorso. All'imputato sono state applicate, con giudizio di equivalenza, a meno che con l'aggravante ad effetto speciale di cui all'articolo 416-bis.1 c.p., le circostanze attenuanti generiche. La Corte di merito (pag. 169) ha ritenuto irrilevanti le aggravanti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80 in relazione alla detenzione dell'hashish e quella di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 71, non esaminandone la sussistenza perche' la questione era assorbita e sul rilievo che il giudizio di equivalenza andava confermato con riferimento alle circostanze non contestate (il Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80, in relazione alla detenzione di cocaina; quelle di cui all'articolo 416-bis c.p., commi 4 e 6, oltre alla recidiva specifica, reiterata e infraquinquennale). Premesso che, su piano ontologico, altra cosa, rispetto al giudizio di bilanciamento, e' la valutazione della sussistenza o meno di una circostanza aggravante, l'aggravante di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 71, non potrebbe ritenersi correttamente applicata in carenza dell'esame del motivo di impugnazione con il quale il ricorrente ne contestava la sussistenza. Ma, come anticipato, si tratta di un rilievo superato dall'operazione di determinazione della pena poiche' la Corte di merito (cfr. pag. 169) ha escluso la predetta aggravante (irrilevanti, le ragioni corrette o meno di tale affermazione) confermando il giudizio di bilanciamento "solo" con le residue aggravanti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80, in relazione alla detenzione di cocaina; quelle di cui all'articolo 416-bis c.p., commi 4 e 6, oltre alla recidiva specifica, reiterata e infraquinquennale. 10.2.6. Gli ulteriori rilievi difensivi, sulla mancata applicazione della prevalenza delle generiche; determinazione della pena per il reato sub capo A) e aumento per la continuazione (motivi sub 10) sono manifestamente infondati. Le argomentazioni della Corte di merito - l'oggettiva gravita' della condotta sub capo SS) per la tipologia e qualita' della droga detenuta (gr. 920 di cocaina); le considerazioni sulla personalita' criminologica dell'imputato, in ragione dei suoi precedenti; la misura di pena applicata in aumento per il capo A) (contenuta in mesi 5) di reclusione) non consentono di ritenere che il giudice abbia fatto malgoverno dei poteri discrezionali riconosciutigli dall'articolo 133 c.p. e men che mai che sia stata applicata la pena, prevista per la partecipazione all'associazione armata dopo l'aumento per le condotte successive al 2015. 10.3. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio nei confronti di (OMISSIS), in relazione al reato di cui agli articoli 110, 648-ter.1 c.p. riqualificato ai sensi dell'articolo 648-bis c.p.. Il ricorso di (OMISSIS) deve essere rigettato nel resto. 10.3.1 Non e' fondata ed e' stata correttamente impostata nella sentenza impugnata (pag. 180 e ss.) la censura del ricorrente sulla pretesa diversita' dei fatti contestatigli ai capi JJJ), relativo alla intestazione fittizia della societa' (OMISSIS) (costituita il 29 settembre 2014) e le condotte di autoriciclaggio (articolo 648-ter.1 c.p.) ascrittegli al capo KKK). Il tema, cosi' come proposto, e' estraneo alla fattispecie processuale della diversita' del fatto e rimanda, invece, alla valutazione delle risultanze probatorie acquisite attraverso le operazioni di intercettazioni telefoniche, eseguite nel periodo 6 ottobre 2015/19 maggio 2016, che sono effettivamente successive alla costituzione della societa' (OMISSIS) s.r.l.s. di cui era formalmente unico titolare (al 100% delle quote) (OMISSIS), figlio del ricorrente e amministratrice la moglie del ricorrente ( (OMISSIS)). Le conversazioni intercettate sono, tuttavia, utili per comprovare l'operazione di ingresso, nel capitale della societa' gia' costituita nel 2014, di (OMISSIS) e (OMISSIS) e le attivita' di gestione della discoteca (OMISSIS), riconducibili sia all'odierno ricorrente che a (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) nel periodo autunno/inverno 2015. (OMISSIS) (e non il figlio, titolare formale delle quote societarie) e' l'autore dei contatti funzionali alle operazioni necessarie per realizzare l'ingresso occulto dei (OMISSIS) nel capitale sociale della (OMISSIS) s.r.l. ed e' il soggetto che aveva perfetta conoscenza della identita' dei soci e delle loro caratteristiche soggettive e, quindi, pienamente consapevole che le operazioni svolte erano funzionali a celare l'ingresso dei soci nel capitale sociale al fine di eludere l'applicazione di misure di prevenzione patrimoniale. In poche parole, l'imputato s(e' adoperato per portare a termine le operazioni di ingresso di nuovi soci nella societa' del figlio, gia' operativa, lasciandone immutata la titolarita' formale in capo a (OMISSIS) che acquistava, cosi' il ruolo di soggetto interposto. La sentenza impugnata, a questo fine, ha riprodotto le conversazioni intercettate che documentano le operazioni di trasferimento di denaro verso l'imputato finalizzate all'ingresso nel capitale sociale: di rilievo, ai fini che ci occupano, quella del 16 ottobre 2015, nel corso della quale, dopo alcune conversazioni in cui si discuteva espressamente della regolarizzazione cartolare della societa', (OMISSIS) comunicava a (OMISSIS) l'avvenuta consegna del denaro all'imputato. Questa e' solo la prima di una serie di conversazioni dalle quali emergono le richieste di consegna di denaro, per partecipare alla titolarita' della societa' e, infine, anche alla gestione, richieste avanzate da (OMISSIS) a (OMISSIS) e da questi "girate" a (OMISSIS). Rileva la Corte di appello come non si sia trattato di un investimento ingente e, del resto, le questioni ben presto insorte fra (OMISSIS) e i fratelli (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), avevano riguardato i mancati stellari introiti che gli investitori si erano immaginati e che non trovavano corrispondenza negli incassi effettivi. Le questioni culminavano nell'aggressione a mano armata consumata da (OMISSIS) ai danni di (OMISSIS), riprodotta nella conversazione intercettata il 19 maggio 2016 (pagg. 216 e ss. della sentenza impugnata). La conversazione segue quelle, di cui e' spesso autore (OMISSIS), sui mancati introiti (sperati) dalla gestione della discoteca e la pretesa di (OMISSIS) di avere in restituzione le somme sborsate. Nel corso della conversazione del 19 maggio 2016, (OMISSIS) intimava a (OMISSIS) di fargli avere indietro i soldi perche' aveva un assegno in scadenza aggiungendo che, se fosse andato protestato, lo avrebbe distrutto e gli avrebbe sparato quattro colpi. Premesso che il reato di trasferimento fraudolento di valori di cui all'articolo 512-bis c.p., funzionale all'operazione di ingresso dei fratelli (OMISSIS) nella societa' (OMISSIS) s.r.l. cosi' schermata, ha natura istantanea con effetti permanenti, il reato e' configurabile non solo in fase di creazione ab origine di una societa' ma anche nel caso di operazioni economiche volte a realizzare una modifica della compagine sociale attraverso il conferimento di capitali, compagine in cui subentra un nuovo soggetto. Le operazioni di intercettazione documentano inequivocabilmente, il riferimento al subingresso nelle quote societarie - ovviamente mascherato e non dichiarato - di (OMISSIS) e (OMISSIS), con perfetta sovrapposizione alla contestazione, che reca l'indicazione della commissione del fatto in epoca prossima e successiva al 29 settembre 2014, data di costituzione della societa', e sino al novembre 2015. Come noto, il delitto di trasferimento fraudolento di valori di cui all'articolo 512-bis c.p. non ha natura di reato plurisoggettivo improprio, ma rappresenta una fattispecie a forma libera in cui la condotta di concorso puo' realizzarsi attraverso forme variegate: nel caso in esame, l'imputato, che non era il titolare interposto del bene, ha fornito il suo contributo consapevole alla consumazione del reato occupandosi delle operazioni funzionali alla realizzazione dell'ingresso, schermato, dei (OMISSIS) nella titolarita' della societa' (che restava formalmente intestata al figlio e non modificata) al fine di eludere misure ablatorie delle quali i (OMISSIS) potevano essere destinatari. Anche se le successive operazioni commerciali risultanti dalle intercettazioni, che attengono alla normale dinamica societaria nelle quali il ricorrente e' pure coinvolto, non sono direttamente riferibili alla commissione del reato, ormai perfezionatosi, esse sono nondimeno rilevanti a comprova dell'effettivita' dell'ingerimento del (OMISSIS) nella gestione dell'attivita' economica facente capo alla societa', per come si evince dai contatti frequenti con (OMISSIS) per seguire l'organizzazione delle serate danzanti, e che corrispondono all'esercizio effettivo dei poteri gestori derivanti dalla partecipazione alla societa'. 10.3.2. Da tanto consegue anche la infondatezza del secondo motivo di ricorso proposto da (OMISSIS) poiche' appaiono pienamente integrati, attraverso le descritte condotte sorrette dal necessario coefficiente psicologico, tutti gli elementi costitutivi del reato al cui perfezionamento non osta che l'imputato avesse comunque investito nell'iniziativa proprie somme. 10.3.3. E', inoltre, accertato dalle conversazioni innanzi riportate che l'imputato ha ricevuto dai fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS) e impiegato nel finanziamento della societa' e nella gestione delle attivita' economiche facenti capo alla (OMISSIS) s.r.l. somme di denaro, per lo piu' in contante o costituite da assegni sottoscritti da altre persone, derivanti dalle illecite attivita' dei fratelli (OMISSIS) in quanto provento dei guadagni di traffico di stupefacenti o altre attivita' illecite, illecite attivita' alle quali l'imputato era estraneo, come precisato fin dal capo di imputazione. Tale condotta integra, piuttosto che il concorso nel delitto di autoriciclaggio, ascrivibile a (OMISSIS) che, nella partecipazione alla societa' aveva investito i guadagni derivatigli dalle illecite attivita' svolte con il traffico di droga ed estorsioni, il reato di riciclaggio previsto dall'articolo 648-ter c.p.. Il reato di cui all'articolo 648-ter.1 c.p. e' un delitto a forma libera realizzabile attraverso condotte caratterizzate da un tipico effetto dissimulatorio e finalizzate ad ostacolare l'accertamento o l'astratta individuabilita' dell'origine delittuosa del denaro, dei beni o delle altre utilita' che si intendono occultare. E' un reato proprio, attribuibile, cioe' al soggetto che abbia commesso il reato presupposto, fonte degli illeciti guadagni poi reinvestiti. Si e', tuttavia, discusso in ordine alla qualificazione giuridica della condotta posta in essere dal soggetto extraneus (ovvero che non abbia commesso, ne' concorso a commettere, il delitto non colposo presupposto), il quale abbia fornito un contributo concorsuale causalmente rilevante alla condotta di autoriciclaggio posta in essere dal soggetto intraneus. (ovvero che abbia commesso o concorso a commettere il delitto non colposo presupposto). E', questo, un tema controverso al quale la giurisprudenza di questa Corte ha dato una risposta non univoca, come precisato anche nella sentenza impugnata. Il Collegio ritiene di aderire all'orientamento secondo cui in tema di autoriciclaggio, il soggetto che, non avendo concorso nel delitto-presupposto non colposo, ponga in essere la condotta tipica di autoriciclaggio o contribuisca alla realizzazione da parte dell'autore del reato - presupposto delle condotte indicate dall'articolo 648-ter.1 c.p., risponde di riciclaggio e non di concorso nel delitto di autoriciclaggio essendo questo configurabile solo nei confronti dell'intraneus. (Sez. 2, n. 17235 del 17/01/2018, Tucci, Rv. 272652). Risolutivo, nel percorso ermeneutico tracciato da tale decisione ai fini della qualificazione giuridica della condotta, il rilievo che per il soggetto che non abbia preso parte al reato-presupposto, ed abbia successivamente posto in essere una condotta lato sensu riciclatoria (tipica, ex articolo 648-ter.1 c.p., od anche atipica), agendo in concorso con l'intraneus chiamato a rispondere di autoriciclaggio sarebbe sottoposto ad un trattamento punitivo meno severo ma, soprattutto, il rilievo che la condotta dell'extraneus, che pacificamente prima della introduzione del reato di autoriciclaggio si riteneva integrasse il delitto di cui all'articolo 648-ter c.p. sarebbe sostanzialmente abrogata. D'altro canto, prima dell'introduzione dell'articolo 648-ter.1 c.p. nessun dubbio era mai stato nutrito con riferimento alla configurabilita' del reato previsto e punito dall'articolo 648-bis c.p. in casi nei quali l'autore del delitto-presupposto, pur non punibile, avesse fornito un contributo rilevante alla condotta tipica del riciclatore extraneus; ed, invero, il concorso nell'attivita' riciclatoria del soggetto responsabile del reato presupposto e', secondo l'id quod plerumque accidit, ordinario (essendo naturale che la predetta attivita' illecita venga generalmente ordita su impulso e nell'interesse di quest'ultimo); Le operazioni di intercettazione documentano che il ricorrente ha ricevuto le somme di denaro, funzionali a realizzare il subingresso nelle quote societarie, di (OMISSIS) e (OMISSIS), e altre somme per la gestione della societa', condotte integrano quella di riciclaggio essendo pienamente consapevole della provenienza delle somme dalle attivita' illecite di (OMISSIS). L'operazione di qualificazione giuridica, sulla base di questi elementi di fatto ben noti all'imputato, non comporta lesione dei diritti di difesa ne' la modifica del trattamento punitivo che, del resto, il ricorrente non ha contestato. 10.4. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio nei confronti di (OMISSIS) in relazione all'aggravante di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2022, articolo 71, aggravante che va eliminata senza che da tale modifica derivi la necessita' di procedere alla revisione del trattamento punitivo. Il ricorso di (OMISSIS) e', nel resto, inammissibile perche' proposto per motivi generici sia per aspecificita', in quanto non si confrontano con la ricostruzione delle risultanze probatorie compiuta nella sentenza impugnata sia perche' meramente riproduttivo di argomentazioni, sulla configurabilita' dei reati e del contributo del ricorrente, sia perche' propone, di tali risultanze, una rivalutazione essenzialmente di merito, in assenza di evidenti illogicita' della motivazione della sentenza impugnata che alle pagg. 187 e ss. ha puntualmente esaminato tutte le deduzioni difensive. Anche le ulteriori argomentazioni difensive svolte con la memoria ex articolo 611 c.p.p. replicano i medesimi vizi quando non sono indeducibili, come quella che concerne la richiesta di esclusione della parte civile F.A.I.- Antiracket (OMISSIS) Associazione (OMISSIS) in quanto priva di qualsiasi evidenza documentale a sostegno. 10.4.1. Il primo motivo di ricorso e' generico e manifestamente infondato. Il ricorso si concentra sul giudizio di inattendibilita' delle dichiarazioni rese da (OMISSIS), aspetto sul quale, in aggiunta alle argomentazioni sviluppate al punto 4. del Considerato in diritto, va solo rilevato che la Corte di merito ha precisamente circoscritto la rilevanza del contributo dichiarativo del (OMISSIS) evitando di generalizzarne la valenza (al ruolo dell'imputato, per es. o ad aspetti che esulavano da quelli che il (OMISSIS) aveva descritto per avervi preso parte) e valorizzandoli con riferimento alla diretta conoscenza del dichiarante la cui partecipazione a episodi specifici (l'attentato incendiario al bar "(OMISSIS)") ha trovato precisi riscontri nelle dichiarazioni rese dal titolare dell'esercizio, (OMISSIS), "divenuto" cliente del (OMISSIS) a seguito delle insistenti richieste dell'imputato. Correttamente, poi, la Corte di appello ha ritenuto irrilevante che per taluni degli episodi oggi addebitati al ricorrente abbia proceduto, in fase di indagini, l'autorita' giudiziaria ordinaria, iter affatto incompatibile con il procedere delle acquisizioni investigative, anche attraverso le operazioni di intercettazioni e la loro pubblicazione in fasi successive. Ne' possono ascriversi a mendacio aspetti del racconto del (OMISSIS) non collimanti con la riproduzione (oggettiva) dell'evento del ferimento di (OMISSIS) ricondotte a marginali discrasie che non inficiano il giudizio di attendibilita' o la ricostruzione dei fatti e la loro ascrivibilita' agli autori materiali o individuabili come mandanti ( (OMISSIS) non era presente ne' al ferimento di (OMISSIS) ne' alla spedizione punitiva in danno di (OMISSIS)): la sentenza impugnata, sulla scorta delle intercettazioni e, in particolare di quella del 25 aprile 2016, ha ricostruito, attraverso la viva voce dell'imputato, sia la sua presenza presso l'ospedale dove era stato ricoverato (OMISSIS) che le successive iniziative intraprese per ritorsione, contro il (OMISSIS). 10.4.2. Anche il secondo motivo di ricorso, relativo alla ritenuta sussistenza della qualificata condotta di direzione del sodalizio ascritta all'imputato - che e' in realta' figura autonoma di reato e non circostanza aggravante della condotta di partecipazione di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 1 - e' caratterizzato da strutturale indeterminatezza e genericita': il ricorrente esamina le risultanze processuali offrendone una valutazione riduttiva con riferimento agli episodi (la rissa presso il locale "(OMISSIS)" in cui era rimasto coinvolto (OMISSIS); l'episodio " (OMISSIS)" l'aggressione agli operai (OMISSIS)), ma omette il confronto con le complessive argomentazioni della Corte di appello che ha contestualizzato la rissa al locale "(OMISSIS)" come un vero e proprio scontro tra "personaggi" appartenenti a diversi clan mafiosi e ha valorizzato l'interesse mostrato dal (OMISSIS) (conversazione del 16 novembre 206 intervenuta con (OMISSIS)) volto a conoscere esattamente quali fossero state le parole pronunciate da (OMISSIS) (negate dal (OMISSIS)) secondo cui (OMISSIS) ne aveva contestato l'autorita' (...a mia un minni futti i (OMISSIS)), la reazione violenta dell'imputato e le successive iniziative (la convocazione di uno dei partecipi, (OMISSIS)) per conoscere la dinamica della rissa e dispiegare un intervento volto alla riportare la calma, anche a costo di qualche "schiaffo". Non e' manifestamente illogica la conclusione che, in relazione a tale ultimo episodio, trae la sentenza impugnata quando osserva che (OMISSIS), in forza della propria autorevolezza e carisma aveva organizzato un incontro per comporre un confitto, riportando cosi' la calma tra i corrissanti, il che corrisponde proprio al ruolo di un capo ed ai poteri che questi esercita nella vita del gruppo criminale e rapporto tra partecipi e tra costoro e i terzi. La sentenza impugnata ha esaminato anche le ulteriori deduzioni difensive che sottolineavano la estraneita' del ricorrente ad una vicenda che aveva coinvolto il nipote, (OMISSIS) (il fatto sorprende anche (OMISSIS) che, invece, era intervenuto a difesa dello (OMISSIS)) e, anche in tale caso, i giudici di merito hanno evidenziato come, a prescindere dalle concrete ragioni che avevano determinato il disinteresse di (OMISSIS), cio' che rilevava era la "sorpresa" dei sodali per il suo mancato intervento che era proprio quello che si attendeva dal capo del gruppo. E, evidenziano i giudici, non si trattava di interventi attesi per il risalente carisma del (OMISSIS) - che, invece, in altri episodi, non immediatamente riconducibili a fatti di mafia come l'aggressione a utenti della strada, per questioni di traffico; l'aggressione agli operai della (OMISSIS) interviene rivelando un tratto caratteriale, violento e autoritario - ma proprio di interventi funzionali e corrispondenti a quelli del capo del clan, perfettamente sovrapponibili a quelli esercitati in occasione del ferimento di (OMISSIS), per conoscerne le ragioni e apprestare i rimedi. Le conclusioni dei giudici di merito che hanno individuato in (OMISSIS) il "capo" dell'associazione ne hanno descritto il ruolo direttivo sulla base di corretti presupposti fattuali e di ineccepibili argomentazioni giuridiche poiche' "capo" e' non solo il vertice dell'organizzazione, quando questo esista, ma anche colui che abbia incarichi direttivi e risolutivi nella vita del gruppo criminale e nel suo esplicarsi quotidiano in relazione ai propositi delinquenziali realizzati (Sez. 2, n. 7839 del 12/02/2021, Serio, Rv. 280890). La riconducibilita' a (OMISSIS) del ruolo di capo dell'organizzazione ma anche dominus delle ditte utilizzate per la fornitura di merce consente, infine, di ricondurre all'imputato la circostanza aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. sia con riferimento alla finalita' agevolativa del clan che del metodo mafioso, contestata in relazione a tutti i reati-fine ascritti a (OMISSIS) ai capi da C) a T), aggravanti imputabili al ricorrente sia dal punto di vista soggettivo che oggettivo in quanto le condotte sono volte immediatamente al rafforzamento del suo potere e idonee, in concreto, a evocare, nei confronti dei consociati, la forza intimidatrice tipica dell'agire mafioso funzionale a una piu' agevole e sicura consumazione del reato. Con riferimento alle condotte estorsive, non e' superfluo richiamare le dichiarazioni rese da (OMISSIS), persona offesa del reato sub capo L), reato commesso il (OMISSIS), secondo le quali si era diffusa, tra i commercianti di (OMISSIS), "la voce che se prendevi il materiale che (OMISSIS) ti proponeva non si andava incontro a incendi, o danneggiamenti di altra natura": una voce notoria ma evocata di volta in volta attraverso le "proposte" di fornitura avanzate dall'imputato o da suoi emissari ai titolari di esercizi commerciali interessati, quali (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) o suggerita dai coevi attentati con esplosione di colpi di arma da fuoco contro i negozi (persone offese (OMISSIS) e (OMISSIS)). 10.4.3. Il motivo di ricorso che contesta il giudizio di colpevolezza in relazione al reato di tentata estorsione di cui al capo C) - in danno di (OMISSIS), titolare della pasticceria "(OMISSIS)" - si sviluppa attraverso valutazioni di puro merito perche' imperniate sul giudizio di attendibilita' delle dichiarazioni di (OMISSIS), animato da acrimonia, si sostiene, contro il ricorrente, perche' la ditta del (OMISSIS) riforniva un concorrente del (OMISSIS), il bar (OMISSIS). Le dichiarazioni del (OMISSIS), al quale l'imputato aveva tentato di imporre la fornitura dei prodotti di confezionamento che (OMISSIS) gia' acquistava con un buon prezzo presso altri rivenditori accompagnate dalle parole "cu mangia assai s' affuca" sono state del tutto logicamente valorizzate come un avvertimento con una portata intimidatoria ben colta dal (OMISSIS), che conosceva anche lo spessore criminale e mafioso del (OMISSIS). Inconferente, rispetto alla fattispecie in esame, la denuncia del vizio di travisamento della prova dichiarativa ovvero omesso esame delle deduzioni difensive, in merito al verbale di sommarie informazioni del (OMISSIS), nel quale sarebbe incorsa la sentenza impugnata, vizio smentito dalla precisa ricostruzione in fatto sia del contenuto dichiarativo del (OMISSIS) che del denunciato profilo di "concorrenza", che i giudici del merito non hanno ricondotto al rapporto (OMISSIS)- (OMISSIS), ma proprio alla ditta (OMISSIS) sulla base del rapporto di frequentazione dell'imputato con (OMISSIS), titolare del bar (OMISSIS), come riferito dal (OMISSIS). Vi e', dunque, piena corrispondenza tra il senso probatorio della dichiarazione, quale ricostruito in sentenza, e il contenuto complessivo della dichiarazione stessa. 10.4.4. Anche le censure difensive in merito alla motivazione con la quale la Corte di appello ha confermato il giudizio di colpevolezza in relazione al reato di estorsione di cui al capo D), in danno di (OMISSIS) e (OMISSIS), titolari del bar Milano, per imporre loro l'acquisto di prodotti di pasticceria presso la (OMISSIS) di (OMISSIS) in cui lavorava (OMISSIS), cognato di, (OMISSIS), si sviluppano attraverso valutazioni di puro fatto perche' imperniate sul giudizio di attendibilita' delle dichiarazioni sottoposte ad attento scrutinio dalle sentenze di merito che hanno, altresi', ricostruito l'iter della dichiarazioni rese dai (OMISSIS) valorizzando, a comprova dell'attendibilita' sulle intimazioni ricevute, il contenuto delle intercettazioni. Solo a fronte di tali contestazioni i (OMISSIS) avevano ammesso di avere subito le pressioni del ricorrente che, con atteggiamento deciso e tale da non ammettere obiezioni o repliche, aveva imposto la propria fornitura, facendo, cosi', valere il proprio carisma mafioso con connotazioni della condotta correttamente sussunte nell'aggravante del metodo mafioso ritenute idonee, in concreto, a evocare, nei confronti delle persone offese, poi costituitesi parti civili, la forza intimidatrice tipica dell'agire mafioso. 10.4.5 E' generico il motivo di ricorso sub 6) che contesta la motivazione con o' la quale e' stato confermato il giudizio di colpevolezza di (OMISSIS) in relazione ai reati di tentata estorsione aggravata e detenzione porto di armi contestati ai capi H) ed I) in danno, rispettivamente, di (OMISSIS), titolare del bar (OMISSIS) e di (OMISSIS), titolare della pasticceria (OMISSIS), individuando nel ricorrente il mandate del danneggiamento, mediante esplosione di colpi d'ama da fuoco, delle vetrine dei negozi materialmente eseguito, e con la stessa arma, da (OMISSIS). In entrambi i casi, le vittime dei danneggiamenti, (OMISSIS) e (OMISSIS), riconducono alla fornitura dei prodotti il movente dei danneggiamenti. La (OMISSIS), in particolare, conversando con la figlia, non manca di ricondurre il danneggiamento alla visita di (OMISSIS) che, nei giorni precedenti, le aveva proposto l'acquisto di vassoi e altri prodotti, cioe' i prodotti commercializzati dal (OMISSIS), circostanza che la stessa aveva, invece, taciuto agli inquirenti. Contiguita' temporale e comuni modalita' sono stati, nella immediatezza, evidenziati anche da (OMISSIS) nelle conversazioni intercettate e nelle quali fa velato riferimento all'acquisto di forniture: si tratta degli stessi elementi che, senza evidenti cadute logiche, anche i giudici del merito hanno valorizzato, unitamente alla identita' dell'esecutore materiale, per ricondurre ad unico mandante, (OMISSIS), i due episodi, conclusioni genericamente contestate dal ricorso che propone una inammissibile lettura frazionata e decontestualizzata delle conversazioni suggerendo la individuazione di una pista alternativa. 10.4.6. E' generico e manifestamente infondato il motivo di ricorso sub 7) che contesta la motivazione in punto di condanna per i reati di danneggiamento seguito da incendio e estorsione aggravata in danno del bar "(OMISSIS)" (capo L) sulla scorta delle dichiarazioni rese da (OMISSIS), che, su mandato di (OMISSIS), era stato esecutore materiale di un atto intimidatorio (l'incendio del laboratorio del bar) e dalla persona offesa dal reato, (OMISSIS) che aveva descritto come, dopo l'atto intimidatorio, (OMISSIS) fosse tornato alla carica per la fornitura di prodotti di plastica, alfine commissionatagli. Non aveva mancato, (OMISSIS), poi costituitosi parte civile, di riferire che, nel frattempo si era diffusa, tra i commercianti di (OMISSIS), "la voce che se prendevi il materiale che (OMISSIS) ti proponeva non si andava incontro a incendi, o danneggiamenti di altra natura". Anche a questo riguardo, le valutazioni delle convergenti dichiarazioni di (OMISSIS) e del (OMISSIS) offrono una solida base indiziaria correttamente valorizzata e che rimanda immediatamente alla condotta estorsiva e alle aggravanti del metodo e dell'agevolazione mafiosa. 10.4.7 E' Manifestamente infondato il motivo di ricorso sub 8 che contesta la mancanza di motivazione in relazione all'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. per il reato sub capo R), il reato di tentata violenza privata in danno di (OMISSIS): la struttura della motivazione della sentenza impugnata e le argomentazioni svolte alle pagg. 208 e ss. esimevano dalla replica, per ciascuno dei reati sovrapponibili nella loro dinamica intimidatoria - sulla sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p.. 10.4.8. E' aspecifica la censura del ricorrente sulla mancata esclusione dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. in relazione ai reati di cui ai capi S), reati in materia di armi, e T), minaccia aggravata, perche' trattasi di reati commessi in un contesto familiare il che', secondo la prospettazione del ricorrente, escluderebbe, come gia' opinato dal Tribunale del riesame che aveva escluso l'aggravante, la finalita' agevolativa dell'associazione. La Corte di appello, con argomentazioni prive di illogicita', ha ritenuto configurabile nelle modalita' della condotta per le sue particolari connotazioni (clandestinita'; uso di arma; aggressione all'abitazione personale della vittima e conseguente carica intimidatoria della condotta), il metodo mafioso con conseguente irrilevanza della finalita' agevolativa verso l'associazione, contestata con il ricorso. 10.4.9. Il motivo 9 del ricorso, in relazione ai reati di cui all'articolo 512-bis c.p. (capo HHH, relativo alla fittizia attribuzione di proprieta' delle ditte individuali (OMISSIS), (OMISSIS) s.r.l.s e (OMISSIS) s.r.l.s; DJ) fittizia attribuzione della titolarita' della societa' (OMISSIS) s.r.l.; KKK), articolo 648-ter.1 c.p., in relazione al reinvestimento di capitali illeciti nella societa' (OMISSIS) s.r.l.s.) e' complessivamente indeterminato, generico perche' articolato in fatto e manifestamente infondato. Le sentenze di merito hanno esaminato (cfr. la sintetica ricostruzione a pag. 209 della sentenza impugnata) la vicenda costitutiva delle ditte e delle societa' con attribuzione della titolarita' in capo a (OMISSIS), coniuge del ricorrente. Ma, come ben osservato, era riconducibile a (OMISSIS) solo la veste formale delle societa' poiche', invece, era proprio (OMISSIS) ad occuparsi della reale attivita' economica: ne sono buon esempio, secondo i giudici di merito, le condanne per i reati estorsivi e le condotte di danneggiamento che dimostrano la politica di espansione commerciale seguita di (OMISSIS) e il contenuto delle intercettazioni, sia di quelle con gli operai incaricati di consegne che quelle che ne comprovano l'ingerimento nelle operazioni di fatturazione: emblematica quella del 21 novembre 2018 in cui l'imputato e' pronto ad avvedersi di un errore nella fatturazione ad un panificio, piuttosto che al (OMISSIS). Ma di interesse, a questi fini, anche il contenuto di quella del 21 agosto 2015 nella quale il ricorrente comunicava a (OMISSIS) di essere soddisfatto di un affare appena concluso e contabilizzava in 27/28 locali quelli gia' acquisiti, quindi le conversazioni nel corso delle quali l'imputato rivendica il successo delle iniziative imprenditoriali che va allestendo. Il ricorrente contesta il giudizio di responsabilita' sul rilievo che, essendogli state revocate la misura di prevenzione e la misura di sicurezza della liberta' vigilata all'atto della lunga carcerazione subita, non temeva ulteriori iniziative giudiziarie a suo carico: ma, come gia', rilevato nella sentenza impugnata, si tratta di un rilievo manifestamente infondato. Il reato di cui all'articolo 512-bis c.p. sorretto dal dolo specifico, puo' essere commesso anche da chi non sia ancora sottoposto a misure di prevenzione patrimoniali e ancora prima che il relativo procedimento sia iniziato, occorrendo solo, ai fini della configurabilita' del dolo specifico di eludere le disposizioni di legge in materia di prevenzione patrimoniale, che l'interessato possa fondatamente presumere l'avvio di detto procedimento (Sez. 5, n. 1886 del 07/12/2021, Delli Carri, Rv. 282645), evento che, osserva la Corte di appello, le condanne non solo per il reato di omicidio ma soprattutto per quello di cui all'articolo 416-bis c.p. rendevano tutt'altro che imprevedibile all'esito della scarcerazione dal momento che la lunga detenzione aveva solo escluso l'attualita' del giudizio di pericolosita' sociale. Era, viceversa, indispensabile per l'imputato l'occultamento di tutte le sue iniziative economiche che avrebbero, dopo la lunga detenzione, immediatamente creato sospetti, in mancanza dello svolgimento di lecita attivita' lavorativa, sulla provenienza delle somme investite. Le operazioni di intercettazioni telefoniche, eseguite nel periodo 6 ottobre 2015/19 maggio 2016, che sono effettivamente successive alla costituzione della societa' (OMISSIS) s.r.l.s. di cui era formalmente unico titolare (al 100% delle quote) (OMISSIS), figlio di (OMISSIS) e amministratrice la moglie di questi comprovano l'operazione di ingresso, nel capitale della societa' del ricorrente e del fratello (OMISSIS), gestite attraverso (OMISSIS), direttamente con (OMISSIS). Si tratta di conversazioni che documentano proprio le operazioni di trasferimento di denaro finalizzate all'ingresso nel capitale sociale: di rilievo, in tal senso, quella del 16 ottobre 2015, nel corso della quale dopo alcune conversazioni in cui si discuteva espressamente della regolarizzazione cartolare della societa' e (OMISSIS) comunicava a (OMISSIS) l'avvenuta consegna del denaro a (OMISSIS). Un'operazione riconducibile anche all'odierno ricorrente che, in mancanza degli introiti che si era ripromesso di conseguire, e' autore diretto della minaccia (documentata dalla intercettazione del 19 maggio 2016) con la quale intimava a (OMISSIS) di fargli avere indietro i soldi perche' aveva un assegno in scadenza aggiungendo che, se fosse andato protestato, lo avrebbe distrutto e gli avrebbe sparato quattro colpi. Irrilevante, dunque, rispetto al thema probandum, la circostanza, riferita da (OMISSIS), che dal 2014 al 2015 la discoteca era "gestita" da (OMISSIS) e dal figlio (OMISSIS), tanto piu' che oggetto di queste iniziative economiche era la gestione di eventi "stagionali". La sentenza impugnata ha analizzato (cfr. pag. 211) specifiche evidenze di prova (il contenuto della conversazione del 22 febbraio 2017, intervenuta con (OMISSIS) ma anche altre conversazioni con clienti e con incaricati della consegna) attraverso le quali ha esaminato - strutturandone la configurabilita' rispetto alle condotte in esame - la ricorrenza del metodo mafioso che il ricorrente contesta con affermazioni indeterminate e meramente evocative del vizio di omessa motivazione. Per tale aspetto, si rinvia a quanto gia' precisato al punto 10.4.2 che precede. 10.4.10. Sono generiche e versate in fatto le censure difensive sulla sussistenza della prova della partecipazione del ricorrente al reato di cui al capo B). Il ricorrente contesta il giudizio di attendibilita' formulato sulle dichiarazioni rese da (OMISSIS) - che lo ha indicato come capo della "(OMISSIS)" anche in relazione ai traffici di stupefacenti pur evidenziandone il ruolo "defilato" che manteneva - e deduce che le conversazioni che lo vedono interessato come loquente non sono significative di un suo diretto inserimento nel traffico di droga e che non sono univocamente a lui riconducibili altri riferimenti, evincibili dalle conversazioni intercorse fra soggetti diversi anche quando evocano il nome di (OMISSIS), dal momento che non ne viene indicato il cognome. Quanto al (OMISSIS) vanno richiamate le osservazioni svolte al punto 4. del Considerato in diritto posta la precisazione che il contenuto delle sue dichiarazioni ha trovato riscontro significativo sia nella ricostruzione delle triangolazioni dei rapporti dell'imputato con gli altri ricorrenti, preposti alla gestione diretta del settore nel quale, effettivamente, il ricorrente non appare direttamente coinvolto (non viene, ad es. mai notato nei pressi dei covi) sia nel contenuto delle conversazioni e nella lettura sinottica e incrociata della conversazioni intercettate e dei messaggi che le hanno precedute e accompagnate. La Corte di appello (pag. 222) ha descritto l'operazione di acquisto di droga effettuata il 24 ottobre da parte di (OMISSIS) e (OMISSIS) recatisi a Palermo per perfezionare l'acquisto, preceduta dai contatti con i quali (OMISSIS) conveniva l'incontro con (OMISSIS) e accompagnata, durante il viaggio a Palermo e al rientro, da numerose conversazioni nelle quali (OMISSIS) si informava del viaggio e del suo esito. Uno schema che viene replicato, preceduto dalle chiamate di (OMISSIS) e seguito dalla visita a casa di (OMISSIS), in occasione di altro viaggio a Catania presso (OMISSIS), effettuato il 28 novembre 2014. Sulla scorta della significativita' di questi elementi ne risulta consolidata l'interpretazione dei giudici di appello secondo cui (OMISSIS) al quale, piu' volte i correi avevano fatto riferimento nel corso delle conversazioni, fosse proprio l'imputato e si tratta di conversazioni rilevanti per la inerenza dei riferimenti al traffico di droga. In tal senso e' stato valorizzato il riferimento di (OMISSIS) alla fine della carta nel corso della telefonata con (OMISSIS) del 19 marzo 2015; il riferimento al ricorrente ( (OMISSIS), nel corso della conversazione del 22 ottobre 2016 tra (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), in cui (OMISSIS) contesta a (OMISSIS), rispetto al prezzo di vendita della droga, che proprio (OMISSIS) lo aveva autorizzato e che ora detta condizioni diverse; quella del 7 novembre 2016 in cui (OMISSIS) lamenta con (OMISSIS), entrambi erano gestori del covo di via (OMISSIS), che si stava esagerando e che la cosa doveva essere segnalata a (OMISSIS) che e' poi univocamente individuabile come il ricorrente nella conversazione (del 30 settembre 2016) quando i due ne evocano le gesta criminali consistite nell'aggressione degli operai della (OMISSIS). Non occorre aggiungere altro rispetto alle valutazioni con le quali, al punto 7.3 del Considerato in diritto, e' stata ritenuta correttamente esclusa dalla Corte di appello la configurabilita' nei fatti, cosi' come accertati, della fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, disattendendo, cosi', il motivo di ricorso sub 12. 10.4.11. Sono ineccepibili le argomentazioni con le quali la Corte di appello ha respinto la richiesta di applicazione della continuazione esterna tra i fatti del presente procedimento e quelli oggetto delle sentenze del 17 marzo 2000 (relativa al reato di omicidio) e del 28 maggio 1999 con le quali il ricorrente era stato condannato per il reato di cui all'articolo 416-bis c.p. in relazione alla partecipazione alla (OMISSIS). La Corte di appello ha valorizzato il lungo iato temporale tra le risalenti condanne e i fatti odierni, inframmezzati dalla lunga detenzione durata diciannove anni, ed ha ritenuto che la "costante e mai interrotta partecipazione al fenomeno mafioso" cui fa riferimento il difensore non costituisca indice univoco e apprezzabile del medesimo disegno criminoso piuttosto che espressione di una personalita' delinquenziale, incline alla commissione di reati, tanto sul corretto presupposto che l'identita' del disegno criminoso comporta una unitaria deliberazione, sin dall'inizio, per conseguire un determinato fine. La Corte di appello ha richiamato un principio secondo cui ai fini della configurabilita' del vincolo della continuazione tra reati di associazione per delinquere di stampo mafioso non e' sufficiente il riferimento alla tipologia del reato ed all'omogeneita' delle condotte, ma occorre una specifica indagine sulla natura dei vari sodalizi, sulla loro concreta operativita' e sulla loro continuita' nel tempo, al fine di accertare l'unicita' del momento deliberativo e la sua successiva attuazione attraverso la progressiva appartenenza del soggetto ad una pluralita' di organizzazioni ovvero ad una medesima organizzazione (Sez. 6, n. 51906 del 15/09/2017, Carpentieri, Rv. 271569). Alla stregua di tale principio non puo' essere valorizzata l'operativita' nel medesimo ambito territoriale ma vanno altresi' considerate le modifiche intervenute nel tempo quanto alla compagine sociale ed al programma delinquenziale, per effetto di circostanze contingenti ed occasionali, non preventivabili al momento dell'iniziale affiliazione del ricorrente e che, con riferimento ai fatti per i quali si procede, sono approdati all'ingerimento dell'imputato nel traffico di sostanze stupefacenti. Come si e' evidenziato al punto 3. del Considerato in diritto, la "(OMISSIS)" gelese alla quale aveva aderito l'imputato era stata coinvolta in una vera e propria guerra di mafia con "(OMISSIS)" e nel corso degli anni ne sono mutate compagini, progetti e finalita' di volta in volta perseguite e il ritorno sulla scena dell'imputato ha coinciso non solo con una riaggregazione dei vecchi esponenti ma con una "rinnovata" riorganizzazione di cui sono esempio l'immissione di nuove leve; lo sviluppo del traffico di sostanze stupefacenti e, soprattutto il "nuovo volto", versato nel settore imprenditoriale, che (OMISSIS) si e' dato inserendosi di prima mano nel settore produttivo: un programma delinquenziale concreto che nulla aveva a che fare con le modalita' della partecipazione del ricorrente alla vecchia "(OMISSIS)" alla quale si riferiscono le risalenti condanne e che trova ulteriore e insuperabile conferma sul rilievo che non e' provato che tale settore rientrasse nel focus della condotta di partecipazione del ricorrente alla vecchia "(OMISSIS)". E' superfluo aggiungere che e' irrilevante la circostanza che per il fratello altro giudice del merito abbia, invece, ritenuto sussistente la continuazione cd. esterna. 10.4.11. E' fondato, ma in concreto privo di rilevanza sulla determinazione della pena il terzo motivo di ricorso che concerne la ritenuta sussistenza dell'aggravante di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 71, sulla cui condizione di applicabilita' la Corte di merito non si e' pronunciata. Premesso che, su piano ontologico, altra cosa, rispetto al giudizio di bilanciamento, e' la valutazione della sussistenza o meno di una circostanza aggravante, l'aggravante di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 71, non potrebbe ritenersi correttamente applicata in carenza dell'esame del motivo di impugnazione con il quale il ricorrente ne contestava la sussistenza. Ma, come anticipato, si tratta di un motivo superato dalle modalita' della determinazione della pena poiche' la Corte di merito (cfr. pag. 269) ha escluso la gia' menzionata aggravante (irrilevanti, le ragioni corrette o meno di tale affermazione) e, correggendo il calcolo della pena, ha individuato in quella di anni 24 di reclusione la pena inflitta all'imputato e applicato l'aumento per la sola circostanza ad effetto speciale di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. oltre all'aumento per la continuazione fra reati di fatto. Tale aggravante va, pertanto, solo formalmente esclusa. 10.5. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, in relazione al reato di cui al capo A) nei confronti di (OMISSIS) per non avere commesso il fatto, con rideterminazione della pena come di seguito precisato. Il ricorso e' inammissibile nel resto. 10.5.1. E' manifestamente infondato il motivo di ricorso con il quale il ricorrente denuncia la nullita' della sentenza impugnata sul rilievo che, nel decreto di citazione notificatogli in appello, non compariva la indicazione del capo PP) che, per vero, e' omesso anche nella intestazione della sentenza impugnata. La nullita' del decreto di citazione al giudizio di appello e' integrata, per espressa previsione, solo dalla omessa indicazione degli atti rilevanti ai fini della vocatio in iudicium (articolo 601 c.p.p., comma 6 in rel. all'articolo 429 c.p.p., comma 1, lettera f)). In ogni caso la carenza di tale indicazione non e' idonea ad integrare alcuna violazione dei diritti di difesa qualora l'enunciazione dei fatti e delle circostanze ascritte all'imputato, rilevanti ai fini della decisione, possa essere desunta dal contenuto complessivo della motivazione come, nel caso in esame, evincibile dalla intestazione della sentenza di primo grado; dalla motivazione di tale sentenza e dal dispositivo di conferma della sentenza emesso dalla Corte di appello. 10.5.2. E' fondato il primo motivo di ricorso relativo ai cumulativi vizi di motivazione che inficiano la condanna del ricorrente per il reato associativo di cui al capo A) e che, in assenza di ulteriori elementi che ne denotino la partecipazione al sodalizio mafioso appare ricalcata su quella di partecipazione all'associazione dedita allo smercio di sostanze stupefacenti senza la individuazione di altri elementi che denotino la partecipazione dell'imputato anche alla "(OMISSIS)". 10.5.3. Il secondo motivo di ricorso e', invece, generico e manifestamente infondato. La Corte di appello (cfr. pag. 242 della sentenza impugnata) ha ricostruito a carico dell'imputato l'episodio del 7 luglio 2016, quando il ricorrente disabile e alla guida dell'autovettura munita di dispositivi atti a consentire la guida a portatori di handicap, sopraggiungeva in via (OMISSIS) dove il cugino e coimputato, (OMISSIS), scendeva dall'auto con la quale era a propria volta giunto sul posto e prelevava dall'auto del (OMISSIS) un sacco che veniva poi portato presso il covo dove, il giorno successivo, veniva sequestrato. Il sacco risultava contenere oltre dodici chilogrammi di hashish e una pistola, cal. 7,65, fatti, questi, oggetto delle contestazioni ascritte all'imputato ai capi NN) (la detenzione dello stupefacente), PP), relativo alla detenzione dell'arma avente matricola abrasa, QQ), relativamente al reato di ricettazione dell'arma clandestina. Nel covo veniva rinvenuta anche un'altra arma, la cui detenzione non e' ascritta al ricorrente. Sono state, inoltre, intercettate le conversazioni del ricorrente con (OMISSIS). Il convergente risultato di prova ha fondato le conclusioni della Corte di ritenere (OMISSIS) partecipe dell'associazione anche perche' il contenuto dei dialoghi intrattenuti dal ricorrente con (OMISSIS), in cui si faceva frequente riferimento alla vendita di una punto a favore di altro soggetto e di cui non sono stati trovati riscontri documentali, e' stato ritenuto univocamente riconducibile alla cessione della droga nella quale si era interposto l'odierno imputato, che l'aveva consegnata al (OMISSIS). Grava, infine, sull'imputato, il contenuto di una conversazione del 20 settembre 2016 nel corso della quale (OMISSIS) si rammaricava con il (OMISSIS) per la perdita di due pistole aggiungendo che, con quello che aveva fatto, voleva garantirsi una base economica, ma che gli era andata male. La sentenza impugnata ha evidenziato che, a prescindere dal riferimento alle due pistole trovate in via (OMISSIS), il ricorrente lamentasse l'esito negativo di tutta l'operazione nella quale era stato coinvolto, operazione il cui esito negativo (val bene ricordarlo) ritorna anche nelle conversazioni altri imputati, come (OMISSIS), che fa riferimento proprio alla impossibilita' di pagare il (OMISSIS) (e alla sua intenzione di addebitare a questi il costo dell'operazione) di quanto fornito, visto quanto successo. Le descritte evidenze - di cui il ricorrente fornisce una lettura alternativa, ma indimostrata sulla causale lecita dei suoi rapporti con (OMISSIS) - non rendono manifestamente illogica la conclusione della Corte sul coinvolgimento dello (OMISSIS) nell'operazione di fornitura della droga, funzionale, attraverso le descritte modalita' del trasporto con un'auto speciale, ad evitare i controlli di polizia ma ritenuta non occasionale sulla scorta degli ulteriori elementi che denotano i rapporti del ricorrente con il cugino, (OMISSIS) e con (OMISSIS). 10.5.4. Sono aspecifiche, e ricostruite come direttamente derivanti dalla mancanza di elementi significativi sul coinvolgimento dell'imputato nel gruppo associativo viceversa accertato, le censure di cui al motivo sub 3 che contestano la sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis. 1 c.p. in relazione ai reati di cui ai capi B), NN), PP) e QQ). 10.5.5. Tendono ad una alternativa valutazione delle risultanze di merito i rilievi del ricorrente sul coinvolgimento nella detenzione della pistola rinvenuta proprio nel sacco consegnato presso il covo di via (OMISSIS), come innanzi ricostruita e sulla scorta della individuazione del ricorrente come la persona impegnata nella conversazione del 20 settembre 2016 con (OMISSIS), contestata in termini meramente assertivi, nonche' sulla configurabilita' del reato di cui all'articolo 648 c.p. in presenza di arma avente matricola abrasa poiche' il possesso di un'arma clandestina integra di per se' la prova del delitto di ricettazione (Sez. 1, n. 37016 del 28/05/2019, Spina, Rv. 276868). 10.5.6. L'annullamento della statuizione di condanna, in relazione al capo A) impone la rideterminazione della pena alla quale puo' procedere questa Corte elidendo, rispetto alla immutata pena base che, con giudizio di bilanciamento delle circostanze aggravanti ordinarie e aumento per quella ad effetto speciale di cui all'articolo 416-bis. 1 c.p. e' stata determinata in anni otto, mesi dieci e giorni venti di reclusione, l'aumento praticato per la continuazione con il reato di cui all'articolo 416-bis c.p. e, quindi, la pena di mesi sei e giorni dieci di reclusione. La pena finale, con l'aumento per la continuazione dei residui reati e la diminuente del rito e' quella di anni sei, mesi uno e giorni ventitre' di reclusione. 10.6. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, in relazione al reato di cui al capo A) nei confronti di (OMISSIS) per non avere commesso il fatto, con rideterminazione della pena come di seguito precisato. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile nel resto. 10.6.1. E' fondato, alla stregua dei rilievi esposti al punto 8. del Considerato in diritto, il primo motivo di ricorso relativo alla denuncia del vizio di violazione di legge, per violazione del divieto di bis in idem, in relazione al reato associativo di cui al capo A) poiche' la condotta ascrittagli, in assenza di ulteriori elementi che ne denotino la partecipazione al sodalizio mafioso, appare ricalcata su quella di partecipazione all'associazione dedita allo smercio di sostanze stupefacenti. 10.6.2. E', invece, manifestamente infondato, oltre che aspecifico nella sua formulazione, il quarto motivo di ricorso in merito alla valutazione della prova della partecipazione del ricorrente al reato di cui al capo B): la Corte di appello esclusa la rilevanza della "mancata "conoscenza, da parte di (OMISSIS), delle attivita' dell'associazione in merito al traffico di stupefacenti ha, invece, valorizzato quale sintomatica del consapevole apporto dell'imputato al sodalizio criminoso dedito al traffico di droga e capeggiato da (OMISSIS) il contenuto della conversazione del 7 novembre 2016 (intercorsa tra il ricorrente e (OMISSIS)) nel corso della quale il (OMISSIS) segnala la necessita' di dire o, comunque, far sapere a " (OMISSIS)" che si stava esagerando, cosa che, alle insistenze del (OMISSIS), (OMISSIS) sosteneva avrebbe fatto nel pomeriggio e prospettando che, comunque, sarebbe stato opportuno "spostarsi o scendere", con evidenti riferimenti ad una diversa modalita' di organizzazione delle attivita' di conservazione della droga. A comprova della solidita' del rapporto del ricorrente con (OMISSIS) e rilevanza del ruolo del ricorrente, con argomentazioni privi di evidenti vizi logici, la sentenza impugnata ha altresi' valorizzato le numerose visite del ricorrente anche al covo di via (OMISSIS), luogo di custodia della droga e il contenuto di altra conversazione del 22 settembre 2016, intrattenuta con (OMISSIS) in cui i due conversanti discutono di guadagno che, ragionevolmente, la Corte ha ricondotto ai proventi delle attivita' illecite in cui i due erano coinvolti. Al di la' del denunciato tenore criptico del contenuto delle conversazioni sono eloquenti, nel descritto complessivo quadro probatorio che ne chiarisce i riferimenti, secondo le logiche conclusioni che ne trae la sentenza impugnata, le risultanze che comprovano la presenza del ricorrente nella base logistica; i suoi rapporti con (OMISSIS); i contatti con (OMISSIS) e il rapporto con (OMISSIS), descritto al punto che precede trattando la posizione del (OMISSIS) in occasione del trasporto del sacco (contenente droga e pistola nel covo di via (OMISSIS)), elementi che rinviano univocamente alla conoscenza dei sodali e a contatti funzionali ad allestire e organizzare, la base logistica in vista delle attivita' di cessione e, quindi, elementi che efficacemente denotano l'inserimento del ricorrente nel contesto associativo. 10.6.3. Logicamente ineccepibile e completa nella ricostruzione dei presupposti di atto, da qui la infondatezza del motivo di ricorso n. 5, la motivazione della sentenza impugnata sull'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p., che residua anche dopo la esclusione della colpevolezza del ricorrente dal reato di cui al capo A), come illustrato al punto 7.2 del Considerato in diritto. 10.6.4. Non e' suscettibile di censura il mancato giudizio di prevalenza delle pur concesse circostanze attenuanti generiche in relazione al negativo giudizio sulla personalita' del ricorrente evincibile dai suoi precedenti, motivazione, questa, adeguata a giustificare la scelta punitiva anche con riferimento all'aumento per la continuazione, in anni quattro e mesi due di reclusione, pienamente rapportato alla gravita' dei fatti. 10.6.5. L'annullamento della statuizione di condanna, in relazione al capo A) impone la rideterminazione della pena alla quale puo' procedere questa Corte elidendo, rispetto alla immutata pena base che, con giudizio di bilanciamento delle circostanze aggravanti ordinarie e aumento per quella ad effetto speciale di cui all'articolo 416-bis. 1 c.p. e' stata determinata in anni otto, mesi dieci e giorni venti di reclusione, l'aumento praticato per la continuazione con il reato di cui all'articolo 416-bis c.p. e, quindi, la pena di mesi sei e giorni dieci di reclusione. La pena finale, con l'aumento per la continuazione dei residui reati e la diminuente del rito e' quella di anni undici e mesi dieci di reclusione. 10.7. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile perche' proposto per motivi generici sia per aspecificita', in quanto non si confrontano con la ricostruzione delle risultanze probatorie compiuta nella sentenza impugnata, sia perche' propone, di tali risultanze, una rivalutazione di merito, in assenza di evidenti illogicita' della motivazione della sentenza impugnata che alle pagg. 187 e ss. ha puntualmente esaminato tutte le deduzioni difensive. I giudici di appello, in risposta alle deduzioni difensive, hanno sviluppato un'argomentazione corretta da punto di vista giuridico esaminando l'aspetto del contributo partecipativo dell'imputato sia al reato associativo sub capo A) che di quello ascrittogli al capo B). Anche le ulteriori argomentazioni difensive svolte con la memoria ex articolo 611 c.p.p. replicano i medesimi vizi quando non sono indeducibili, come quella che concerne la richiesta di esclusione della parte civile F.A.I.- Antiracket (OMISSIS) Associazione (OMISSIS) che e' indimostrata limitandosi a evocare, ai fini della dedotta carenza di legittimazione, mere notizie di stampa. 10.7.1. In particolare, con riferimento al reato di cui al capo A), il primo motivo di ricorso si concentra sul giudizio di inattendibilita' delle dichiarazioni rese da (OMISSIS), aspetto sul quale, in aggiunta alle argomentazioni sviluppate al 4 del Considerato in diritto, va solo rilevato che la Corte di merito ha precisamente circoscritto la rilevanza del contributo dichiarativo del (OMISSIS) evitando di generalizzarne la valenza (al ruolo dell'imputato, per es.). Il ricorrente ha insistito sulla circostanza che le risultanze del sistema di videoripresa in atti avevano "smentito" le dichiarazioni del (OMISSIS) in merito all'aggressione di (OMISSIS), alla identificazione dell'attentatore ( (OMISSIS)) che si sarebbe trovato a bordo di una smart risultando, invece, la presenza di piu' persone e l'utilizzazione di una vettura diversa. Le specifiche valutazioni sul punto ad opera della Corte di merito, che non ha mancato di confrontarsi con tale contrasto, escludono che, con riferimento all'esercizio dei poteri discrezionali del giudice nella valutazione della prova, possa venire in rilievo il vizio di travisamento della prova, dedotto dal ricorrente, che e' nozione precisa riconducibile al senso intrinseco della singola dichiarazione assunta e quello che il giudice ne abbia inopinatamente tratto ed e' pertanto da escludere che integri il suddetto vizio un presunto errore nella valutazione del significato probatorio della dichiarazione medesima (Sez. 5, n. 9338 del 12/12/2012, dep. 2013, Maggio, Rv. 255087). Significativamente, invece, quale prova della condotta di partecipazione al reato associativo sub capo A), la Corte di appello ha valorizzato a carico del ricorrente le iniziative intraprese dai correi per l'immediata ritorsione contro l'autore del suo ferimento, individuato in (OMISSIS) e univocamente ritenute espressive della solidarieta' che si instaura tra i componenti di un sodalizio, nel caso mafioso. 10.7.2. Anche il secondo motivo di ricorso, relativo alla ritenuta sussistenza dell'aggravante armata di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 4, e di quella di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 6, e' versato in fatto in quanto sollecita, al fin di escludere la sussistenza dell'aggravante, la rilettura di una conversazione intercettata (del 19 giugno 2016) sulla disponibilita' o meno di un'arma da parte dell'imputato in occasione dell'aggressione di (OMISSIS). Ma il motivo di ricorso e' anche manifestamente infondato poiche', come si e' anticipato al punto 6.1 del Considerato in diritto, l'aggravante armata non postula che l'arma sia nella specifica disponibilita' del singolo partecipe. Sull'aggravante di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 6, si rinvia, invece, a quanto precisato nella parte generale (6.2 del Considerato in diritto) non essendo allegato elementi ulteriori dal ricorrente. 10.7.3. Il terzo e quarto motivo di ricorso possono essere esaminati congiuntamente. Il ricorrente sostiene che e' stato ritenuto responsabile del reato associativo di cui al capo B) solo sulla scorta delle dichiarazioni rese da (OMISSIS) . Tali dichiarazioni non sono state riscontrate e i giudici del merito non hanno esaminato le risultanze processuali (le intercettazioni telefoniche; il suo coinvolgimento in attivita' di spaccio; l'enorme iato temporale delle stesse intercettazioni) omettendo anche la valutazione dell'ordinanza cautelare intervenuta in altro procedimento (e poi annullata) che ne indicava la zona di spaccio nel quartiere (OMISSIS) e la circostanza, incompatibile con la sua condotta partecipativa, che in occasione del suo ferimento gli era stata sequestrata una somma di denaro, perche' sospetta di provenire da spaccio, poi restituitagli. Il ricorso prosegue con la indicazione di tutti gli elementi ostativi all'affermazione del suo coinvolgimento nell'attivita' di spaccio quali la mancata presenza intorno ai covi e il contenuto delle conversazioni che non ne denotano la condivisione dello spaccio ma, al piu', meri contatti con alcuni dei coimputati. Le modalita' di valutazione del compendio indiziario proposte nel ricorso non possono essere seguite perche' decontestualizzate e perche' non si confrontano con il tenore e contenuto della contestazione neppure con riferimento alla sua perimetrazione temporale che viene indicata come risalante all'anno 2012 e ricostruite sulla base delle dichiarazioni dei collaboratori (OMISSIS) e (OMISSIS) e sulle risultanze di operazioni di intercettazioni anche precedenti quelle disposte nel presente procedimento, dopo la scarcerazione di (OMISSIS). Le dichiarazioni del (OMISSIS), sul fatto che (OMISSIS) si rifornisse da (OMISSIS), un fornitore operante in Sicilia dal napoletano, suo territorio di provenienza, e in commercio anche con esponenti di "(OMISSIS)" per cessioni di droga, hanno trovato riscontro nel contenuto delle coeve intercettazioni (risalenti al 21 aprile 2012 a seguire) e nella circostanza che proprio in una di queste, (OMISSIS), contrattando l'acquisto di una partita di droga, dal (OMISSIS), facesse riferimento a tale (OMISSIS) (individuato in (OMISSIS)): un elemento correttamente valorizzato come sintomatico del fatto che il ricorrente non agisse per suo conto ma in rappresentanza della (OMISSIS). Non era stata quella ora indicata l'unica operazione conclusa dal ricorrente che, anche in occasione di altra operazione (del 23 aprile 2012) aveva fatto riferimento alla necessita' di rifornimento dei "carusi" e l'interesse dell'imputato (conversazione del 28 aprile 2012) a venire a conoscenza della tipologia di droga che (OMISSIS) aveva consegnato a "(OMISSIS)". Le conversazioni intercettate, che consentono anche di individuare pacificamente l' (OMISSIS) in (OMISSIS) (in quanto contattato direttamente dal (OMISSIS) per avere il numero di telefono del (OMISSIS)) si sono susseguite per alcuni mesi e sono emblematiche, secondo la logica inferenza che ne hanno tratto i giudici merito che ne hanno esaminato il contenuto in piu' occasioni riferito ad interessi di terzi soggetti anche contrapposti al (OMISSIS), ad interventi del ricorrente funzionali a reperire droga per la "(OMISSIS)" e non per la sua autonoma attivita' di pusher, un ruolo confermato dal (OMISSIS) (intercettazione del 19 maggio 2012) quando ricostruiva le sue attivita' di rifornimento a due famiglie e a due capi zona, parlando dei problemi di questa sua attivita' e indicando uno dei due in (OMISSIS) (che e' poi il nome di battesimo del ricorrente) e precisandone modalita' di incontro e conoscenza (in un carcere nel quale era detenuto lo zio di (OMISSIS), cioe' (OMISSIS)), riscontrate dalle indagini svolte. La Corte di merito ha esaminato anche le risultanze processuali, relative ai procedimenti richiamati dalla difesa, ma ne ha disatteso le conclusioni favorevoli al ricorrente sul rilievo che la restituzione della somma sequestrata il (OMISSIS), in occasione del controllo che aveva portato in effetti al sequestro di droga materialmente detenuta dal solo (OMISSIS), non aveva tenuto conto delle risultanze delle intercettazioni che, viceversa, comprovavano il contatto fra i due come finalizzato ad una cessione a favore dell'odierno ricorrente. Cosi' la ragione della disponibilita' della somma sequestrata al (OMISSIS) in occasione del ferimento, era stata oggetto di spiegazione alternativa, che il ricorrente si era peritato di formulare nel relativo procedimento, laddove le intercettazioni documentavano l'allestimento di "spiegazioni" che, non irragionevolmente, la Corte ha ritenuto false confermando, cosi', il sospetto della provenienza illecita. Ne' risultano manifestamente illogiche, sulla base di tali elementi processualmente acquisiti, le conclusioni della Corte di appello nella parte in cui hanno valorizzato i contatti telefonici e personali intercorsi con (OMISSIS), gestore di uno dei covi ove erano custoditi droga e armi. Sono manifestamente infondati, sulla scorta di quanto si e' illustrato ai punti 7.1 e 7.2 del Considerato in diritto, i motivi di ricorso sulla "apoditticita'" della motivazione della sentenza impugnata sulle aggravanti dell'associazione armata e di quella di cui all'articolo 461-bis.1. c.p. (motivo 3, in fine) vieppiu' alla luce del ruolo del ricorrente in entrambi i gruppi nonche' i motivi di ricorso - motivi 4 e 5-meramente assertivi, sulla configurabilita' nei fatti del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73. Le evidenze di prova non comprovano il ruolo di pusher ma, come si e' illustrato, quello di procacciatore di stupefacenti per conto della "(OMISSIS)" ne' che si versi in ipotesi di associazione esclusivamente finalizzata alla commissione di fatti lievi. 10.7.5. Manifestamente infondato il motivo che contesta la determinazione della pena in anni quindici di reclusione perche' non coincidente con il minimo edittale. La Corte di merito ha, infatti, "personalizzato" il giudizio proprio richiamando specifici indici attitudinali e criminologici dell'imputato evidenziandone il ruolo "centrale" calibrato sulla sua "serieta'" espressa in un settore centrale dell'associazione mafiosa quale quello di procurare la droga da immettere sul mercato. 10.7.6. Ineccepibili anche le argomentazioni con le quali la Corte di appello ha disatteso la richiesta di continuazione fra i fatti oggetto del presente giudizio e le precedenti condanne non ravvisando elementi significativi del medesimo disegno fra i vecchi fatti di spaccio e il reato associativo sul rilievo che la medesima indole dei reati non e' da se dimostrativa dell'unicita' e anteriorita' dell'ideazione che, invero, appare del tutto priva di una base ragionevole tenuto conto che, diversamente dai casi in cui tale unificazione viene riconosciuta, nel caso in esame occorrerebbe presumere che, gia' al momento in cui, da minore, cedeva droga, l'imputato si prefiggeva di far parte dell'associazione (OMISSIS) e di quella dedita allo spaccio, poi delineatasi nelle sue componenti soggettive e dinamiche associative, a enorme distanza dai fatti commessi dall'imputato. 10.8. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, in relazione al reato di cui al capo A) nei confronti di (OMISSIS), per non avere commesso il fatto in accoglimento del primo motivo di ricorso nel quale sono assorbiti il terzo, quarto e settimo motivo di ricorso, e rideterminazione della pena come di seguito precisato. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile nel resto. 10.9.1. E' manifestamente infondato il secondo motivo di ricorso che denuncia la mancata risposta della Corte di appello in relazione alla richiesta di acquisizione di una prova decisiva, costituita dalla documentazione bancaria. Nel giudizio abbreviato d'appello le parti sono titolari di una mera facolta' di sollecitazione del potere di integrazione istruttoria, esercitabile dal giudice "ex officio" nei limiti della assoluta necessita' ai sensi dell'articolo 603 c.p.p., comma 3, atteso che in sede di appello non puo' riconoscersi alle parti la titolarita' di un diritto alla raccolta della prova in termini diversi e piu' ampi rispetto a quelli che incidono su tale facolta' nel giudizio di primo grado. (Sez. 2, n. 5629 del 30/11/2021, Granato, Rv. 282585): ne' sono evincibili contraddizioni o carenze di motivazione tali che la stessa mancanza di motivazione si traduce in un vulnus del giudizio in tema di responsabilita' fondato su dati evincibili dalle intercettazioni che ne rivelano il fattivo contributo in una delle operazioni economiche di interesse del sodalizio. 10.8.2. E' fondato, alla stregua dei rilievi esposti al punto 8. del Considerato in diritto, il quarto motivo di ricorso relativo al vizio di violazione di legge derivante dalla violazione del divieto di bis in idem, in relazione al reato associativo di cui al capo A) poiche' la condotta ascrittagli, in assenza di ulteriori elementi che ne denotino la partecipazione al sodalizio mafioso, appare ricalcata su quella di partecipazione all'associazione dedita allo smercio di sostanze stupefacenti. Restano assorbiti gli ulteriori motivi di ricorso sull'aggravante di detto reato (motivo sub 5). 10.8.3. Lo stesso motivo, invece, e' manifestamente infondato, oltre che aspecifico nella sua formulazione, in merito alla prova della partecipazione del ricorrente al reato di cui al capo B). Le argomentazioni difensive sono volte ad un'alternativa ricostruzione e rivalutazione degli elementi di prova. La Corte di merito ha valorizzato la disponibilita' dell'imputato a rendersi titolare del conto corrente e una delle operazioni ricostruite (cfr. pag. 271 della sentenza impugnata) e' inequivocabilmente ricondotto all'operazione di acquisto di droga nelle operazioni intercorse con il (OMISSIS). Il 28 novembre 2014. Plurimi sono anche gli elementi valorizzati che inquadrano il ricorrente come persona di fiducia di (OMISSIS) (separatamente giudicato) uomo di vertice del clan con il quale il ricorrente e' impegnato in alcune conversazioni che ne documentano l'attivita' di capo della squadretta di picchiatori a disposizione dei fratelli (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) (la Corte di merito richiama il contenuto, chiaro, delle conversazioni del 21 settembre 2015, 21 e 22 settembre 2015). 10.8.4. Sono ineccepibili, da qui la infondatezza del motivo di ricorso n. 6, le argomentazioni della sentenza impugnata sulla impossibilita' di configurare il reato associativo ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, come precisato al punto 7.3 del Considerato in diritto e sulla sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. che residua anche dopo la esclusione della colpevolezza del ricorrente dal reato di cui al capo A), come illustrato al punto 7.2 del Considerato in diritto. 10.8.5. L'annullamento della statuizione di condanna, in relazione al capo A) impone la rideterminazione della pena alla quale puo' procedere questa Corte elidendo, rispetto alla immutata pena base che, con giudizio di bilanciamento delle circostanze aggravanti ordinarie e aumento per quella ad effetto speciale di cui all'articolo 416-bis. 1 c.p. e' stata determinata in anni tredici e mesi quattro, l'aumento praticato per la continuazione con il reato di cui all'articolo 416-bis c.p. e, quindi, la pena di mesi sei e giorni dieci di reclusione. La pena finale, con l'aumento per la continuazione dei residui reati e la diminuente del rito e' quella di anni otto, mesi dieci e giorni venti di reclusione. 10.9. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, in relazione al reato di cui al capo A) nei confronti di (OMISSIS) per non avere commesso il fatto, con rideterminazione della pena come di seguito precisato. Il ricorso e', nel resto, inammissibile. La posizione del ricorrente, in relazione al reato sub capo A) e' stata esaminata al punto 8 del Considerato in diritto, a cui si rinvia, in accoglimento del primo motivo di ricorso. Restano, pertanto, assorbiti i motivi sub 2,3 e 4. 10.9.1 Il motivo di ricorso sub 5), relativo alla condanna per il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 e' generico e manifestamente infondato. La sentenza di appello, che rinvia alle comuni posizioni di (OMISSIS) e (OMISSIS), ne ha evidenziato il ruolo emerso in occasione dell'episodio di ritorsione verso (OMISSIS), a seguito dell'aggressione a (OMISSIS), cugino del ricorrente che, come precisa la sentenza impugnata (pag. 239) rientrava nella sfera di controllo del cugino. Il rapporto di parentela con la vittima del ferimento, tenuto conto dei sodali che concorrono alla organizzazione della e' stata correttamente ritenuta espressive della solidarieta' che si instaura tra i componenti del sodalizio e dell'attivita' che in esso il ricorrente svolgeva. A pag. 96 i giudici di appello nel illustrano l'inserimento nel settore dello spaccio documentato sia dall'inserimento dell'imputato nell'indagine, denominata (OMISSIS), che nelle intercettazioni del periodo 15 maggio/26 giugno 2016, elemento che si salda al contributo dichiarativo di (OMISSIS), che lo ha indicato come partecipe. 10.9.2. Ineccepibile, da qui la infondatezza del motivo di ricorso n. 6, la motivazione della sentenza impugnata sulla impossibilita' di configurare il reato associativo ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, evocata dal ricorrente ma non configurabile in relazione ad una organizzazione che, come quella in esame, si occupava del rifornimento su piu' piazze e movimentava i quantitativi caduti in sequestro in occasione delle perquisizioni dei covi. 10.9.3. Non e' suscettibile di censura il mancato giudizio di prevalenza delle pur concesse circostanze attenuanti generiche in relazione al negativo giudizio sulla personalita' del ricorrente evincibile dai suoi precedenti, motivazione, questa, adeguata a giustificar e la scelta sanzionatoria. 10.9.4. L'annullamento della statuizione di condanna, in relazione al capo A) impone la rideterminazione della pena alla quale puo' procedere questa Corte elidendo, rispetto alla immutata pena base che, con giudizio di bilanciamento delle circostanze aggravanti ordinarie e aumento per quella ad effetto speciale di cui all'articolo 416-bis. 1 c.p. e' stato determinato in tredici e mesi quattro, l'aumento praticato per la continuazione con il reato di cui all'articolo 416-bis c.p. e, quindi, la pena di mesi sei di reclusione. La pena finale, con l'aumento per la continuazione dei residui reati e la diminuente del rito e' quella di anni otto, mesi dieci e giorni venti di reclusione. 10.10. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, in relazione al reato di cui al capo A) nei confronti di (OMISSIS) per non avere commesso il fatto, con rideterminazione della pena, come di seguito precisato. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile nel resto. 10.10.1. E' fondato, alla stregua dei rilievi esposti al punto 8. del Considerato in diritto, il quinto motivo di ricorso relativo al vizio di violazione di legge derivante dalla violazione del divieto di bis in idem, in relazione al reato associativo di cui al capo A) poiche' la condotta ascrittagli, in assenza di ulteriori elementi che ne denotino la partecipazione al sodalizio mafioso, appare ricalcata su quella di partecipazione all'associazione dedita allo smercio di sostanze stupefacenti. Restano assorbiti gli ulteriori motivi di ricorso sull'aggravante di detto reato. Lo stesso motivo, invece, e' manifestamente infondato, oltre che aspecifico nella sua formulazione, in merito alla prova della partecipazione del ricorrente al reato di cui al capo B): la Corte esclusa la rilevanza della "mancata "conoscenza, da parte di (OMISSIS), delle attivita' dell'associazione in merito al traffico di stupefacenti ha, invece, valorizzato quale sintomatica del consapevole apporto dell'imputato al sodalizio criminoso capeggiato da (OMISSIS) e dedito al traffico di droga il contenuto della conversazione del 22 ottobre 2016 (intercorsa tra il ricorrente e (OMISSIS)) spiegando come il contenuto della conversazione non fosse espressivo di una presa di distanza da (OMISSIS) ma fosse relativo ad una discussione sul prezzo al quale l'imputato avrebbe dovuto attenersi nella vendita, "regola" che ne denota la piena conoscenza della dinamiche interne al gruppo e, pertanto, espressiva della sua partecipazione. Il ricorrente propone una lettura alternativa del contenuto della conversazione intercettata che la Corte di merito ha ricostruito adeguatamente offrendone una spiegazione logica e in linea con il suo tenore letterale. 10.10.2. Sono ineccepibili, da qui la infondatezza del motivo di ricorso n. 6, le argomentazioni della sentenza impugnata sulla impossibilita' di configurare il reato associativo ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, come precisato al punto 7.3 del Considerato in diritto e sulla sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. che residua anche dopo la esclusione della colpevolezza del ricorrente dal reato di cui al capo A), come illustrato al punto 7.2 del Considerato in diritto. 10.10.3. Non e' suscettibile di censura il mancato giudizio di prevalenza delle pur concesse circostanze attenuanti generiche in relazione al negativo giudizio sulla personalita' del ricorrente evincibile dai suoi precedenti, motivazione, questa, logica e concludente ai fini della motivazione della scelta punitiva. 10.10.4. L'annullamento della statuizione di condanna, in relazione al capo A) impone la rideterminazione della pena alla quale puo' procedere questa Corte elidendo, rispetto alla immutata pena base che, con giudizio di bilanciamento delle circostanze aggravanti ordinarie e aumento per quella ad effetto speciale di cui all'articolo 416-bis. 1 c.p. e' stata determinata anni tredici e mesi quattro di reclusione, l'aumento praticato per la continuazione con il reato di cui all'articolo 416-bis c.p. e, quindi, la pena di mesi sei e giorni dieci di reclusione. La pena finale, con l'aumento per la continuazione dei residui reati e la diminuente del rito e' quella di anni otto, mesi dieci e giorni venti di reclusione. 10.11. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile perche' proposto per motivi generici e manifestamente infondati. Il primo motivo di ricorso, per contestare il giudizio di responsabilita' del reato associativo sub capo A), propone una inammissibile rilettura delle conversazioni intercettate, di contenuto chiaro anche quando in dialetto gelese - afferma la sentenza impugnata - e di cui viene proposta una lettura ineccepibile, dal punto di vista logico, nella ricostruzione degli episodi, e della loro valenza, ai fini della ritenuta condotta partecipativa quale quello che registra il coinvolgimento nell'aggressione e ferimento di (OMISSIS), per ritorsione e vendetta a seguito di quello di (OMISSIS). A questo riguardo la Corte di appello (pag. 281 e ss. della sentenza impugnata) ha valorizzato il contenuto delle conversazioni intercettate il 24 e 27 aprile 2016 (questa omessa nella ricostruzione difensiva) leggendole in sequenza temporale e con preciso riferimento al contenuto (che e', dunque chiaro), valorizzandone a capacita' dimostrativa ai fini della prova del reato associativo poiche' il contenuto delle conversazioni non va limitato al coinvolgimento del ricorrente nel procacciamento dell'auto (documentato dalla conversazione del 24 aprile) ma anche al condiviso progetto ritorsivo in danno del (OMISSIS) quale emerge dalla "rivendicazione" che, in chiave polemica con l'atteggiamento di (OMISSIS) (che dice di armarsi e partire, rimanendo fuori dalle operazioni) l'odierno ricorrente ha fatto nella conversazione del 27 aprile 2016: Ne' depotenzia la valenza del suo impegno a favore del gruppo la circostanza che nell'anno 2016 si fosse ormai consumato il rapporto personale con (OMISSIS). I giudici di appello hanno, infatti, rilevato come a partire dal 22 agosto 2015 non fossero stati piu' registrati contatti telefonici (prima addirittura frenetici e interrotti, si precisa in sentenza, per questioni di donne e tradimenti), una interruzione che "spiega" le ragioni di acrimonia verso (OMISSIS), registrate anche in occasione della vicenda (OMISSIS) per la quale (OMISSIS) contestava a (OMISSIS) il mancato intervento a favore del nipote, ma non anche quelli di solidarieta' mafiosa di cui e' emblematica la vicenda del ferimento del (OMISSIS) e del suo coinvolgimento nella "punizione" ritorsiva. Emblematica della rilevanza di tale vicenda per l'associazione ed il vincolo di solidarieta' mafiosa che collegava gli imputati, la circostanza che (OMISSIS) assicurasse la sorveglianza al degente e i contatti personali con (OMISSIS) intrattenuti dal ricorrente anche dopo il ferimento ma anche i timori connessi alla collaborazione dei (OMISSIS) (le cui dichiarazioni, secondo il ricorrente, avevano determinato le perquisizioni che avevano comportato il sequestro di una somma a casa dello stesso (OMISSIS)). Sostiene il ricorrente che la Corte ha equivocato le dichiarazioni di (OMISSIS) che, in contrapposizione ad altri soggetti indicati come "(OMISSIS)", si era limitato a indicarlo come una persona che "camminava" con gli (OMISSIS). L'espressione non e' di per se' significativa della portata che il ricorrente vi collega. Come si e' detto, la Corte di merito ha ricostruito l'evoluzione del rapporto dell'imputato con (OMISSIS) passato da un intenso rapporto di frequentazione, risalente agli anni 2014 e 2105, alle condotte estorsive subite dallo (OMISSIS) (al (OMISSIS), capo H, reato commesso il (OMISSIS), ascritto a (OMISSIS)) e dal fratello, (OMISSIS) (si tratta del reato di tentata violenza privata ascritto a (OMISSIS) al capo R), commesso a dicembre 2018). Una evoluzione, riconducibile all'equilibrio dei poteri a proprio favore imposto da (OMISSIS) e che non smentisce la comune affiliazione del ricorrente alla "(OMISSIS)" perlomeno negli anni dal 2014 al 2016, periodo a cui si riferisce la vicenda (OMISSIS), le conversazioni intercettate e in parallelo con il coinvolgimento dello (OMISSIS) nella gestione del parcheggio della discoteca (OMISSIS). Emblematico il commento al riguardo di (OMISSIS) che, secondo la ricostruzione della sentenza impugnata, a chi gli faceva notare la gelosia o invidia dello (OMISSIS), rispondeva che questi aveva potuto aprire il (OMISSIS). 10.10.1. Anche il secondo motivo di ricorso, che si dilunga nell'analisi delle conversazioni irrilevanti ai fini della prova del reato di partecipazione all'associazione dedita allo spaccio, e' generico e manifestamente infondato. Gia' la Corte di appello (pag. 285 della sentenza impugnata) ha indicato il ricorso dell'imputato come un chiaro esempio di impugnazione generica perche' concentrato sulla tesi degli acquisti per uso personale che lo (OMISSIS) avrebbe fatto e sul contenuto equivoco dei riferimenti nelle conversazioni intercettate a prodotti alimentari aveva, invece, trascurato che il compendio probatorio valorizzato fin dalla sentenza di primo grado ne delineava a i rapporti con i fornitori di droga del clan, (OMISSIS) e (OMISSIS), nell'anno 2012, sull'asse (OMISSIS), nel quale erano inseriti anche (OMISSIS) e (OMISSIS); nel periodo successivo, anno 2014, sull'asse (OMISSIS), con forniture assicurate da (OMISSIS) Traina, operazioni nelle quali veniva parimenti registrato il coinvolgimento di (OMISSIS) e dei fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS) e, sempre nell'anno 2014, con forniture da Catania, attraverso (OMISSIS), compagno di detenzione di (OMISSIS) e per conto del quale, come emissario, agiva il cugino, (OMISSIS). Sempre all'anno 2014 risalivano i contatti del ricorrente per forniture di cocaina da (OMISSIS) e di acquisti, attraverso il canale ragusano, da (OMISSIS) e da (OMISSIS), operante sulla piazza di Niscemi: le correlative complesse operazioni sono state esaminate nella sentenza di primo grado (che ha dedicato un corposo capitolo alla ricostruzione delle attivita' in materia di stupefacenti) ma che sono state sintetizzate, trattando la posizione dei singoli imputati che rispondono del reato associativo, anche nella sentenza di appello (alle pagg. 280 e ss). Come si e' detto esaminando la posizione di (OMISSIS), la Corte di appello ha valorizzato il contenuto di risalenti intercettazioni (effettuate fin dall'anno 2012) dalle quali emergeva il ruolo del ricorrente nelle trattative per la fornitura di droga agli "(OMISSIS)": inequivoco, secondo la sentenza impugnata il contenuto della trattativa sul prezzo della droga evincibile dalla conversazione intercettata il 2 aprile 2012 nel corso della quale (OMISSIS) si dice preoccupato della situazione conflittuale che sembrava delinearsi tra la "(OMISSIS)" (equiparata agli scissionisti napoletani) e "(OMISSIS)" e le conversazioni del 13 aprile 2012 nel corso delle quali, prima parlando con il ricorrente poi con altro interlocutore, (OMISSIS) lamenta il ritardo nei pagamenti. Dalle conversazioni del 24 ottobre 2014 emergono, invece, i contatti del ricorrente con (OMISSIS) in un contesto nel quale chiaramente (OMISSIS), che si trovava in auto con (OMISSIS), indicava lo scopo del viaggio in quello di prendere dell'hashish con una operazione che era preceduta da scambio di messaggi e incontri con (OMISSIS) e seguita direttamente da (OMISSIS) che si informava dei movimenti del ricorrente. (OMISSIS) viene chiaramente indicato da (OMISSIS) come suo emissario nei contatti con (OMISSIS) (conversazione del 12 novembre 2014) e la sentenza impugnata ricostruisce almeno tre viaggi del ricorrente a Catania per fornirsi di droga (oltre a quello del 22 novembre il viaggio del 27 novembre e 12 dicembre): anche in relazione a tali viaggi la sentenza impugnata descrive i contatti preliminari con il fornitore, gestiti da (OMISSIS); il viaggio, giustificato, in termini criptici, da operazioni del tutto inconferenti con la finalita' effettiva e il cui raggiungimento era comprovato da conversazioni successive che indicavano la natura della merce trattata (in occasione del viaggio del 12 dicembre e' proprio ricorrente ad affermare che e' in possesso di un tipo di sostanza, indicata come "pongo" cioe' un tipo di hashish, di provenienza marocchina molto morbido e facilmente modellabile), operazioni che, evidenzia la sentenza impugnata, venivano seguite dai fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS). In parallelo, ma con modalita' sovrapponibili che registravano, in alcune operazioni, la presenza di (OMISSIS) e (OMISSIS), i viaggi a Catania, presso (OMISSIS), per procurarsi sostanza stupefacente tipo cocaina. Si tratta delle conversazioni del 22 dicembre 2014, 18 gennaio e 25 gennaio 2015 che registrano in alcune occasioni anche la presenza di (OMISSIS), operazioni proseguite anche nei mesi estivi del 2016 e nell'autunno 2016. Nell'estate e autunno del 2015 (conversazioni del 23 agosto 2015; 19 settembre e 18 novembre 2015) sono intercettate le conversazioni intercorse con (OMISSIS) il cui oggetto e' sempre relativo a questioni di droga con relativi rifornimenti e pagamenti e rilevanti perche' dal loro contenuto (al netto di quelle relative agli appuntamenti e modalita' di contatti) rileva per il riferimento a peso, qualita' e prezzo della droga (particolarmente significativa, in questo senso la conversazione del 23 agosto 2015 illustrata a pag. 295 della sentenza impugnata di inequivoco contenuto). Non meno chiari i contatti del ricorrente, intercettati nell'anno 2017, con (OMISSIS), uno dei personaggi centrali nell'organizzazione dello spaccio a (OMISSIS) e piu' volte arrestato per spaccio di droga. Un compendio probatorio che rende del tutto priva di fondamento la richiesta di sussumere i fatti nella fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6. Pienamente sussistenti, invece, le aggravanti dell'associazione armata e di quella di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. alla luce delle descritte evidenze di prova e delle coordinate in diritto, tracciate ai punti 7.2 e 7.3 del Considerato in diritto. 10.11.2. Sono generiche le argomentazioni difensive svolte con il motivo n. 4 in relazione ai reati in materia di stupefacenti contestati ai capi BB), Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1, riferito all'acquisto da (OMISSIS) di un non meglio precisato quantitativo di cocaina, in Catania e (OMISSIS) il 6 dicembre 2016; DD), Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1, in relazione all'acquisto di un non meglio precisato quantitativi di cocaina da (OMISSIS) reato commesso in (OMISSIS); FF) Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1, accertato in (OMISSIS); GG) Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1, in concorso con (OMISSIS), per la detenzione illecita di un non meglio precisato quantitativo di droga al fine di cessione, condotta accertata in (OMISSIS) il 24 novembre 2014. La ricostruzione dei fatti (alle pagg. 296 e ss. della sentenza impugnata) e' stata sviluppata secondo una modalita' che individua, per ciascun reato, il contenuto delle correlative intercettazioni telefoniche o ambientali, di cui il ricorrente contesta la chiarezza e decifrabilita' del significato con argomentazioni che si rivelano generiche e che, premessa per ciascuna, la perfetta ricostruzione del contenuto (oggetto di pressoche' riproduzione testuale nella sentenza impugnata) sono, in realta', volte ad una alternativa ricostruzione del contenuto. Cosi', con riferimento al capo BB) la sentenza impugnata (pag. 292) riporta la conversazione, intercettata in ambientale tra il ricorrente e (OMISSIS) nel corso della quale si riferisce ad un pezzo che sembra "neve" e ne decanta la qualita' precisando di averla ricevuta, il giorno primo da (OMISSIS); quanto al capo DD) la sentenza impugnata ripercorre il contenuto delle conversazioni intercorse il 6 e 7 maggio 2016 con (OMISSIS) sull'appuntamento convenuto e modalita' di prelievo dell' (OMISSIS) attraverso i "carusi"; i contatti con (OMISSIS) e il riferimento a consegne di the e fattura che sono immediatamente evocativi di uno scambio il cui tenore non puo' che rinviare alla merce di cui il 6 ottobre 2014 l'imputato si interessava e, cioe' cocaina di cui l'imputato doveva liberarsi prima di un controllo (questo con riferimento al capo FF). I motivi di ricorso, con riferimento agli ulteriori reati sub capi GG), 3)), MM) sono apodittici e si limitano ad una generica censura di vizio di motivazione della sentenza impugnata. Il descritto contesto di acquisto e consistenza giustifica la conclusione della Corte di appello di non poter sussumere i fatti nella fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5 ma anche la mancata esclusione dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. sub specie di agevolazione dell'associazione mafiosa nella quale, come precisato, era parte integrante il ricorrente. 10.11.4 Il ricorrente censura l'affermazione di responsabilita' in relazione al reato sub capo V) per illecita detenzione di armi non meglio identificate, condotta accertata in epoca antecedente al 8 novembre 2015: anche con riguardo a tale motivo di ricorso la censura difensiva si risolve in una inammissibile richiesta di lettura alternativa della conversazioni intercettate (quella del 25 luglio 2016 che va posta in relazione ad una pregressa conversazione con (OMISSIS)) di cui la sentenza impugnata ha fornito una valutazione logica e coerente con il contenuto delle conversazioni stesse. 10.11. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile. I motivi di ricorso che contestano il giudizio di responsabilita' in ordine al reato sub capo B) sono generici e consistono nella mera riproduzione dei motivi di appello che la Corte di merito, in linea con le valutazioni compiute nella sentenza di primo grado, ha compiutamente esaminato facendo corretta applicazione delle coordinate ermeneutiche (descritte al punto 7.1 del Considerato in diritto) ai fini della configurabilita' del consapevole contributo partecipativo del ricorrente al reato associativo. In particolare, non hanno fondamento le censure che contestano la "cripticita'" delle conversazioni intercettate e la erronea valutazione della "presenza", asseritamente saltuaria, del ricorrente nella base logistica di via (OMISSIS), genericamente contestate allegando la interpretazione "illogica e fuorviante" delle conversazioni che lo coinvolgono. La Corte di merito (pag. 304 e ss.) ha evidenziato come il ricorrente abbia fatto riferimento solo ad alcune delle conversazioni intercettate (quelle del 18 febbraio 2017 e 8 aprile 2017) isolandole pero' dall'intero compendio intercettativo che ha consentito di ricostruire la partecipazione del ricorrente al viaggio a (OMISSIS), collegato all'acquisto di droga, partecipazione emersa non solo dal contenuto della conversazione intercettata il 1 dicembre 2015 - e che denota la partecipazione anche di altri soggetti smentendo, cosi', la tesi difensiva che il ricorrente si rapportava solo con (OMISSIS), suo datore di lavoro - ma anche quella del 3 dicembre 2015 - in ambientale, presenti oltre al ricorrente (OMISSIS) e (OMISSIS)- in cui e' chiaro l'oggetto dell'acquisto (sette pani di hashish) convenuto con l'interlocutore e da quella del 19 marzo 2016 da cui risulta che il ricorrente accettava la richiesta dello (OMISSIS) di mettersi addosso la droga per occultarla. Il ricorrente propone, di tale conversazione, una lettura "depotenziata" evadendo, pero' il significato che l'incombente sottendeva. Le intercettazioni comprendono numerose conversazioni (a partire dal 27 settembre 2016) affatto riconducibili alla "mera frequentazione fra congiunti", con (OMISSIS), suo cugino, o a frequentazioni con (OMISSIS) e (OMISSIS), riconducibili all'acquisto di droga per uso personale. Appare corretta l'affermazione della Corte di merito secondo la quale il ricorso al linguaggio criptico, immediatamente chiaro ai loquenti, denota il carattere illecito dell'oggetto delle conversazioni che devono essere correlate le une alle altre e con gli altri elementi acquisiti per inferirne il contenuto che, per quanto concerne i frequenti rapporti e contatti fra il ricorrente e i sodali dell'associazione, (OMISSIS) e (OMISSIS), non appare sovrapponibile a lecite attivita' occultando, viceversa, la gestione di affari illeciti. Ne' tale contenuto rimanda a operazioni di acquisto di droga da parte del ricorrente quanto piuttosto al suo coinvolgimento nelle operazioni di procacciamento della droga, consegna ai correi e, in altre circostanze, cessione a terzi, attivita' stabilmente svolte e, pertanto, funzionali al raggiungimento delle finalita' dell'associazione con la piena consapevolezza da parte dell'imputato di concorrere alla realizzazione delle finalita' del gruppo stesso. 11. Alla inammissibilita' dei ricorsi proposti da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma, liquidata come in dispositivo, a favore della Cassa delle Ammende. Segue alla conferma della sentenza, la condanna (OMISSIS) e (OMISSIS) al pagamento delle spese sostenute dalle parti civili Confederazione generale italiana del lavoro e Confederazione generale Camera del Lavoro della provincia di Caltanissetta che liquida in complessivi Euro 3686 oltre accessori di legge; la condanna (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) al pagamento delle spese sostenute dalla parte civile FAI antiracket (OMISSIS) che liquida in complessivi Euro 3686 oltre accessori di legge; la condanna di (OMISSIS) al pagamento delle spese sostenute dalle parti civili (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) che liquida in complessivi Euro 3686 oltre accessori di legge. Compensa per il resto le spese nei confronti delle parti civili, tenuto conto del parziale esito assolutorio. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) in relazione alla aggravante di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 71, aggravante che elimina. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) con riferimento al reato di cui alla L. n. 895 del 1967, articoli 2 e 7 come contestato al capo W) relativamente al reato di detenzione di arma comune da sparo, reato da ritenersi assorbito in quello di detenzione di arma clandestina di cui alla L. n. 110 del 1975, articolo 23, commi 1 e 3, di cui al capo TT) e riqualifica la detenzione delle munizioni ai sensi dell'articolo 697 c.p. aggravato ai sensi dell'articolo 416-bis.1 c.p. con rinvio per rideterminazione della pena per tale ultimo reato, come ritenuto, ad altra sezione della corte di appello di Caltanissetta. Dichiara inammissibili nel resto i ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS). Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) riqualificato il reato di cui al capo KKK) come reato p. e p. dall'articolo 648-bis c.p. Rigetta nel resto il suo ricorso. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) in relazione al reato di cui al capo A) per non avere commesso il fatto e, per l'effetto, elimina la pena di mesi sei di reclusione e, con la diminuente del rito, determina la pena finale in anni sei, mesi uno e giorni ventitre' di reclusione. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) in relazione al reato di cui al capo A) per non avere commesso il fatto e, per l'effetto, elimina la pena di mesi sei di reclusione e, con la diminuente del rito, determina la pena finale in anni undici e mesi dieci di reclusione. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) in relazione al reato di cui al capo A) per non avere commesso il fatto e, per l'effetto, elimina la pena di mesi sei di reclusione e, con la diminuente del rito, determina la pena finale in anni otto, mesi dieci e giorni venti di reclusione. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) in relazione al reato di cui al capo A) per non avere commesso il fatto e, per l'effetto, elimina la pena di mesi sei di reclusione e, con la diminuente del rito, determina la pena finale in anni otto, mesi dieci e giorni venti di reclusione. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) in relazione al reato di cui al capo A) per non avere commesso il fatto e, per l'effetto, elimina la pena di mesi sei di reclusione e, con la diminuente del rito, determina la pena finale in anni otto, mesi dieci e giorni venti di reclusione. Dichiara inammissibili nel resto i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Dichiara inammissibili i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Condanna (OMISSIS) e (OMISSIS) al pagamento delle spese sostenute dalle parti civili CGIL Confederazione Generale Italiana del Lavoro e CGIL Confederazione generale - Camera Del Lavoro della Provincia di Caltanissetta che liquida in complessivi Euro 3686 oltre accessori di legge. Condanna (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) al pagamento delle spese sostenute dalla parte civile F.A.I Antiracket (OMISSIS) che liquida in complessivi Euro 3686 oltre accessori di legge. Condanna (OMISSIS) al pagamento delle spese sostenute dalle parti civili (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) che liquida in complessivi Euro 3686 oltre accessori di legge. Compensa per il resto le spese nei confronti delle parti civili.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. APRILE Ercole - Presidente Dott. AMOROSO Riccardo - Consigliere Dott. ROSATI Martino - rel. Consigliere Dott. SILVESTRI Pietro - Consigliere Dott. TRIPICCIONE Debora - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nata a (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 25/10/2022 del Tribunale di Catanzaro; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Martino Rosati; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Senatore Vincenzo, che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. (OMISSIS) e' attualmente sottoposta ad indagini ed in stato di custodia cautelare in carcere per il delitto di maltrattamenti verso sua sorella (OMISSIS), alla quale il Tribunale per i minorenni ha affidato la cura e la custodia dei suoi figli minori. Attraverso il proprio difensore, l'indagata impugna l'ordinanza del Tribunale di Catanzaro del 25 ottobre scorso, che ha respinto la sua istanza di riesame avverso il provvedimento applicativo di quella misura cautelare personale. Le ragioni di doglianza sono le seguenti: I) violazione di legge e vizi di motivazione in punto di gravita' indiziaria, perche' gli episodi aggressivi sarebbero stati soltanto due, concentrati nell'arco di un paio di settimane e determinati dalla rivendicazione dell'indagata della possibilita' di vedere i propri figli, senza, percio', alcun intento di sopraffazione verso la sorella; peraltro, in una di tali occasioni, le violenze sarebbero state reciproche tra loro; infine, il Tribunale avrebbe dovuto valutare con maggiore attenzione la credibilita' della sorella, poiche' testimone interessata, ed anzi, a rigore, coindagata in procedimento connesso, in quanto denunciata a sua volta dalla ricorrente per i comportamenti aggressivi verso di lei; II) nullita' dell'ordinanza cautelare genetica, ai sensi dell'articolo 292 c.p.p., comma 2-ter, per l'omessa considerazione di elementi a favore dell'indagata, e cioe' della denuncia da lei sporta ed appena ricordata, che la polizia giudiziaria non avrebbe nemmeno trasmesso al Pubblico ministero; "aberrante" - testuale - e manifestamente infondata sarebbe la motivazione con la quale il Tribunale del riesame ha respinto la relativa eccezione, rilevando che detta denuncia non era stata prodotta dalla difesa neppure in sede d'interrogatorio, quando invece sarebbe stato obbligo degli organi investigativi acquisirla agli atti del procedimento; III) violazione di legge e vizi di motivazione in punto di esigenze cautelari e di esclusiva adeguatezza della custodia in carcere, poiche' si tratta di persona incensurata o quasi e di fatti commessi in epoca remota, percio' non potendosi ritenere concreto ed attuale il pericolo di reiterazione criminosa; inoltre, l'ordinanza omette di motivare sulla prospettazione difensiva alternativa della custodia domiciliare, eventualmente anche con il controllo elettronico, presso l'abitazione del padre, sita in un comune distante oltre quindici chilometri dalla casa della sorella. 2. Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta, concludendo per l'inammissibilita' del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Manifestamente infondato, nonche' semplicemente reiterativo di identica doglianza gia' rassegnata al Tribunale del riesame, e' il secondo motivo, la cui trattazione e' tuttavia pregiudiziale, contestandosi con esso la validita' gia' del provvedimento applicativo della misura. E' sufficiente osservare, sul punto, che e' indiscusso che l'elemento favorevole evocato dalla difesa non fosse stato riversato negli atti del procedimento e, comunque, non fosse stato portato all'attenzione del Giudice per le indagini preliminari: il quale, dunque, giammai avrebbe potuto valutarlo ai fini della decisione sulla richiesta cautelare avanzatagli dal Pubblico ministero. Correttamente, dunque, il Tribunale ha rilevato che sarebbe stato onere della difesa - oltre che suo diritto - produrlo al giudice, magari fondandovi una richiesta di revoca o modifica della misura in corso, non potendo invece essa dolersi dell'omessa valutazione, da parte del giudicante, di un dato probatorio a lui ignoto. 2. E' fondato, invece, il primo motivo di ricorso, in tema di gravita' indiziaria, con conseguente assorbimento della residua doglianza sulle esigenze cautelari e sulla scelta della misura. Vanno ribaditi, in proposito, alcuni principi consolidati, con cui questa Corte ha definito il perimetro applicativo della fattispecie, sotto il profilo obiettivo e subiettivo. 2.1. Quanto al primo aspetto, deve rammentarsi che integra il reato di maltrattamenti in famiglia la condotta di chi infligge abitualmente vessazioni e sofferenze, fisiche o morali, ad un'altra persona, creando un clima di abituale sopraffazione ed imponendole un regime di vita persecutorio o umiliante. Deve trattarsi, cioe', di atti non sporadici od espressivi di un atteggiamento di contingente aggressivita' derivante da situazioni particolari, occorrendo invece una persistente azione vessatoria idonea a ledere la personalita' della vittima (tra moltissime altre, Sez. 6, n. 4935 del 23/01/2019, M., Rv. 274617; Sez. 6, n. 6126 del 09/10/2018, dep. 2019, C., Rv. 275033; Sez. 6, n. 37019 del 27/05/2003, Caruso, Rv. 226794). Non e' necessario, tuttavia, che tali condotte vengano poste in essere per un tempo prolungato, essendo sufficiente la loro ripetizione, anche se in un limitato contesto temporale, e non rilevando che, durante lo stesso, siano riscontrabili nella condotta dell'agente periodi di normalita' e di accordo con il soggetto passivo (Sez. 3, n. 6724 del 22/11/2017, Decreto Legge n., Rv. 272452). Ne' e' indispensabile che lo stato di inferiorita' psicologica della vittima si traduca in una situazione di completo abbattimento, potendo consistere anche in un avvilimento generale conseguente alle vessazioni patite, che, in presenza di soprusi abituali, non puo' ritenersi di per se' escluso da sporadiche reazioni vitali ed aggressive, poiche' la riduzione della vittima a succube dell'agente non e' elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice (Sez. 6, n. 809 del 17/10/2022, dep. 2023, P., Rv. 284107; Sez. 3, n. 46043 del 20/03/2018, C., Rv. 274519; Sez. 6, n. 19922 del 07/02/2019, G., non mass.). 2.2. Riguardo, poi, all'elemento psicologico, se e' vero che il dolo del reato di maltrattamenti non implica l'intenzione di sottoporre la persona offesa ad una serie di sofferenze fisiche e morali in modo continuo e abituale, occorre comunque la consapevolezza e la volonta' dell'agente di persistere in un'attivita' vessatoria, e cioe' obiettivamente idonea ad determinare nel destinatario di essa una condizione di mortificazione non semplicemente episodica (tra molte: Sez. 3, n. 1508 del 16/10/2018, dep. 2019, C., Rv. 274341; Sez. 6, n. 16836 del 18/02/2010, M., Rv. 246915). 3. Cosi' tracciato il campo di applicazione della fattispecie, la motivazione del provvedimento impugnato si rivela indiscutibilmente carente e, dunque, insoddisfacente. 3.1. Dalla ricostruzione dei fatti ivi contenuta, invero, non si comprende anzitutto quanti siano stati gli episodi aggressivi, se, cioe', soltanto quelli del 4, 6 e 21 settembre, ovvero se ve ne siano stati degli altri, "ogni qual volta (la persona offesa) usava recarsi presso l'abitazione della madre" (come si legge in fondo a pag. 2 dell'ordinanza); ne' emerge se si sia trattato di accessi d'ira estemporanei, in ipotesi determinati da incontri puramente occasionali, oppure se gli stessi abbiano rappresentato gli epifenomeni acuti di un atteggiamento dell'indagata abitualmente conflittuale ed aggressivo verso la sorella. Non si capisce, a dire il vero, neppure se nello stesso stabile condominiale fossero situate non solamente le abitazioni delle due sorelle, ma anche quella dei loro genitori, ne' se invece questi ultimi abitassero in case distinte, come parrebbe evincersi dal ricorso. Ne' e' chiaro, infine, perche' il Tribunale non lo specifica, se l'indagata si trovasse ristretta agli arresti domiciliari presso l'abitazione della madre o presso la propria (dalla quale si e' quindi allontanata per aggredire la sorella). Si tratta, nell'a'mbito di una condotta aggressiva manifestatasi soltanto per un arco di tempo estremamente ristretto, di aspetti di fatto essenziali per capire se essa abbia assunto la forma di una persistente azione vessatoria idonea a ledere la personalita' della vittima, imponendole un regime di vita persecutorio o umiliante, oppure si sia trattato di atti sporadici, slegati tra loro, anche nella rappresentazione e nella volizione dell'indagata, ed espressivi di un atteggiamento di contingente aggressivita' derivante da situazioni particolari, ovvero l'occasionale incontro con la sorella affidataria dei suoi figli e probabilmente, ai suoi occhi, usurpatrice di un suo diritto. 3.2. Peraltro, in presenza, come nel caso in esame, di persone legate da rapporto di stretta parentela, ma adulte e - almeno cosi' parrebbe - con propri e distinti nuclei familiari autonomi da quello comune d'origine, l'esatta individuazione della situazione relazionale tra loro esistente risulta essenziale anche per poter ravvisare la persistenza, tra le medesime, di quei vincoli affettivi e di quelle aspettative solidaristiche, che indeboliscono la capacita' reattiva delle vittime dei conflitti intrafamiliari (o in situazioni "para-familiari") e ne giustificano, conseguentemente, la tutela rafforzata predisposta dall'articolo 572, c.p.. Questa Corte ha gia' avuto modo di affermare, infatti, che, in tema di maltrattamenti in famiglia, la semplice esistenza di un rapporto parentale tra l'autore e l'offeso non e' sufficiente per la configurabilita' del reato, il quale non puo' ravvisarsi ove risulti la disgregazione dell'originario nucleo familiare, per essere stato definitivamente interrotto ogni rapporto tra le parti (Sez. 6, n. 19839 del 07/04/2022, G., Rv. 283465; in termini, pure Sez. 6, n. 8145 del 15/01/2020, S., Rv. 278358, la quale si e' altresi' soffermata sul requisito - alternativo al vincolo familiare formale - della "convivenza" tra soggetto attivo e vittima, comunque escludendolo nell'ipotesi - semmai configurabile nel caso in rassegna - di mera condivisione di parti comuni dell'edificio nel quale ciascuna delle parti disponga di un autonomo appartamento). 4. L'ordinanza impugnata dev'essere, pertanto, annullata, con rinvio al giudice di merito, perche' integri la motivazione sugli aspetti evidenziati, valutando nella sua discrezionalita' le emergenze istruttorie disponibili, ma conformandosi a principi di diritto quind'innanzi richiamati. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Catanzaro, competente ai sensi dell'articolo 309 c.p.p., comma 7. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'articolo 94 disp. Att. c.p.p., comma 1-ter.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CAPOZZI Angelo - Presidente Dott. GALLUCCI Enrico - Consigliere Dott. ROSATI Martino - rel. Consigliere Dott. VIGNA M.Sabina - Consigliere Dott. SILVESTRI Pietro - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: 1. (OMISSIS), nata a (OMISSIS); 2. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 3. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 4. (OMISSIS), nata a (OMISSIS); nella qualita' di genitore responsabile del minore (OMISSIS); avverso il decreto del 07/07/2022 della Corte di appello di Napoli; letti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Martino Rosati; Ietta la requisitoria scritta del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Andrea Venegoni, che ha concluso per l'inammissibilita' o il rigetto dei ricorsi. RITENUTO IN FATTO 1. Con il decreto impugnato, la Corte d'appello di Napoli, ad eccezione che per un immobile, ha confermato la confisca di beni immobili, prodotti finanziari e polizze assicurative nella disponibilita' del defunto (OMISSIS), ed intestati o pervenuti per successione ereditaria a sua moglie (OMISSIS) e ad altri familiari, ritenendo il predetto (OMISSIS), soggetto indiziato di appartenenza al clan di "camorra" guidato da tale (OMISSIS) ed operante in (OMISSIS), in un periodo che va dal 1985 al 2011. 2. Ricorre per cassazione, tramite il proprio difensore, (OMISSIS), sulla base di due motivi. 2.1. Il primo consiste nella violazione di legge per difetto di motivazione in punto di congruenza del periodo di manifestazione della pericolosita' sociale dell'indiziato con quello di acquisizione al patrimonio dei beni confiscati. La difesa lamenta l'erroneo impiego - nella relativa indagine patrimoniale condotta dal perito nominato dalla Corte d'appello e da quest'ultima posta a fondamento della propria decisione - di una metodologia valevole semmai per il soggetto indiziato, ma non per un terzo interessato, come la (OMISSIS): la quale era titolare di un patrimonio ereditato dalla sua famiglia d'origine e di risorse economiche proprie, avendo sempre svolto attivita' lavorative lecite che hanno prodotto un'elevata redditivita'. 2.2. Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione del principio di non contraddizione dell'ordinamento giuridico. La decisione impugnata, infatti, si porrebbe in contrasto con la sentenza del Tribunale di (OMISSIS), che, pur giudicando (OMISSIS), colpevole di partecipazione all'anzidetta cosca camorristica, aveva disposto in suo favore il dissequestro e la restituzione dei medesimi beni oggetto della presente confisca e, in quel procedimento giudiziario, sottoposti a sequestro a norma del Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12-sexies, conv. dalla L. n. 356 del 1992. Il Tribunale, valutando si sostiene - un compendio probatorio piu' ampio e non settoriale, com'e' invece quello del giudice della prevenzione, era pervenuto all'affermazione della provenienza lecita di quei beni, pur in presenza di un giudizio di colpevolezza per il reato associativo, avendo concluso - sulla base di una consulenza tecnica e della testimonianza di una funzionaria di banca - che il (OMISSIS), era persona "sicuramente benestante". Deve ritenersi contraria alla legge, pertanto, la rivendicazione, da parte della Corte d'appello, del potere di autonoma valutazione di quelle risultanze probatorie ai fini del diverso giudizio di prevenzione. 3. Ha proposto ricorso anche la difesa di (OMISSIS), per due motivi. 3.1. Il primo consiste nella violazione dei presupposti applicativi della misura, sotto diversi profili. 3.1.1. Anzitutto, per quel che riguarda la delimitazione del periodo di pericolosita'. (OMISSIS), e' stato riconosciuto colpevole di partecipazione all'associazione camorristica dal 2003 al 2007, secondo la contestazione elevatagli nel gia' citato processo tenutosi dinanzi al Tribunale di Avellino e conclusosi con la sentenza del 2011. La Corte d'appello, nel decreto oggetto d'impugnazione, ha pero' ritenuto di retrodatare la sua appartenenza a quel sodalizio al 1985, sulla base dell'episodio relativo al rinvenimento, in quell'epoca, presso la sua abitazione, di armi, munizioni ed un'autovettura blindata intestata ad una societa' della moglie del capo-clan, da cio' desumendo l'esistenza, gia' allora, di un rapporto fiduciario tra costoro. Obietta la difesa che tale fatto non puo' reputarsi sintomatico di una gia' esistente partecipazione del (OMISSIS), alla consorteria, non potendo escludersi che si fosse trattato di un puro atto di cortesia, espressione, al piu', di contiguita' ideologica al fenomeno mafioso, di condivisione culturale o di mera frequentazione con soggetti inseriti in quei contesti, che non valgono ad integrare l'appartenenza richiesta dalla legge. 3.1.2. In secondo luogo, il ricorrente contesta il giudizio di sproporzione tra il valore dei beni confiscati ed i redditi leciti del nucleo familiare. L'indagine peritale su cui la decisione si fonda presenterebbe, infatti, plurime criticita', in quanto: si estende incomprensibilmente ad un periodo che va dal 1977 al 2017, estremamente piu' ampio di quello oggetto d'interesse; si fonda sulle dichiarazioni reddituali anteriori al 1998, di cui il perito non spiega come sia venuto in possesso; utilizza criteri di natura esclusivamente presuntiva, come i parametri Istat; e, infine, ha trascurato di compiere qualsiasi accertamento sul tenore di vita della famiglia (OMISSIS), in realta' assai modesto. Inoltre, il decreto impugnato ha omesso di considerare che (OMISSIS) e sua moglie svolgevano regolarmente attivita' economica lecita, ed altresi' che la (OMISSIS), proveniva da famiglia benestante. In dettaglio, poi, il ricorso esamina le risultanze patrimoniali che giustificherebbero gli acquisti degli immobili. 3.2. Con il secondo motivo, il ricorso lamenta la violazione dell'articolo 649, c.p.p., in relazione alla citata sentenza del Tribunale di Avellino del 2011, rilevando l'identita' degli elementi probatori, e non solo dei fatti, oggetto dei due giudizi. 4. Hanno proposto un unico ricorso comune (OMISSIS) e (OMISSIS), quest'ultima nella qualita' di genitore responsabile del minore (OMISSIS), lamentando: 4.1. la violazione del "ne bis in idem" e comunque del principio di non contraddizione dell'ordinamento giuridico, in termini pressoche' identici a quanto dedotto dalla (OMISSIS); 4.2. l'assenza di pericolosita' di (OMISSIS), nel periodo ritenuto dalla Corte d'appello, com'e' dimostrato dall'aver quegli ottenuto nel 1989 il nulla osta della Questura di Napoli all'acquisto di un fucile; 4.3. l'assenza di sproporzione tra il valore dei beni confiscati ed i redditi lecitamente maturati, in quanto: a) il clan (OMISSIS), ha cominciato ad operare dal 2003 e (OMISSIS) e' stato ritenuto partecipe ad esso dal 2004, sicche' dev'essere cosi' delimitato il periodo di ritenuta pericolosita'; b) l'azienda ortofrutticola del (OMISSIS) e di sua moglie, come dimostrato con la consulenza tecnica di parte, ha prodotto redditi rilevanti e, seppur in parte non dichiarati al Fisco, ha beneficiato per questi del c.d. "condono tombale", dovendo percio' gli stessi essere tenuti in considerazione ai fini che qui interessano; c) la perizia d'ufficio e' erronea, perche': si fonda su valutazioni giuridiche, che non le competono; non ha considerato i proventi delle gestioni commissariale dell'azienda; ha applicato in modo errato gli indici Istat sul costo della vita; ha utilizzato dati fiscali non disponibili, e quindi non verificabili; d) la documentazione prodotta dalla difesa, seppur parziale, e' sufficiente per ritenere assolto l'onere di allegazione su di essa gravante. 5. Ha depositato requisitoria scritta il Procuratore generale, concludendo per l'inammissibilita' o il rigetto di tutti i ricorsi. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Nessuno dei ricorsi puo' essere ammesso. Per spiegarne la ragione, e' utile richiamare di seguito alcuni principi ormai consolidati nella giurisprudenza di questa Corte, che si attagliano alle doglianze, per lo piu' sostanzialmente comuni, dei ricorrenti. 2. Anzitutto debbono essere ribaditi i limiti del sindacato della Corte di cassazione. A norma del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 10, comma 3, (che ha peraltro sostanzialmente recepito quanto gia' in precedenza disposto dalla L. 27 dicembre 1956, n. 1423, articolo 4, richiamato dalla L. 31 maggio 1965, n. 575), articolo 3-ter, comma 2, il ricorso per cassazione avverso il decreto reso dalla Corte di appello in materia di misure di prevenzione e' consentito esclusivamente per violazione di legge.4 Per effetto di tale precisa scelta normativa, di sicura compatibilita' costituzionale (vds. Sez. 2, n. 2566 del 19/12/2014, Rv. 261954, che ha dichiarato manifestamente infondata la relativa questione), e' esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimita' l'ipotesi dell'illogicita' manifesta della motivazione, di cui all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), potendosi invece denunciare con il ricorso solamente il caso di motivazione inesistente o meramente apparente, poiche' qualificabile come violazione dell'obbligo di provvedere con decreto motivato, imposto al giudice d'appello dal medesimo articolo 10, comma 2, (in questi termini, sebbene con riferimento alla disciplina previgente, tuttavia sostanzialmente identica, per tutte, Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246; Sez. 1, n. 6636 del 07/01/2016, Rv. 266365). Ipotesi, quella della motivazione inesistente od anche soltanto apparente del provvedimento, che ricorre quando il decreto ometta del tutto di confrontarsi con un elemento potenzialmente decisivo prospettato da una parte, il quale, singolarmente considerato, sia tale da poter determinare un esito opposto del giudizio (cosi', tra molte altre, Sez. 6, n. 33705 del 15/06/2016, Rv. 270080). 3. Va poi riaffermato il principio di autonomia del procedimento di prevenzione da quello di cognizione, nient'affatto arbitrariamente richiamato dalla Corte d'appello. In tal senso, basti ricordare gia' Sez. U, n. 18 del 03/07/1996, Simonelli, Rv. 205261, la quale, in applicazione di tale principio e nella materia, che qui rileva, della criminalita' mafiosa, ha escluso che finanche una sentenza di assoluzione del proposto dal delitto di cui all'articolo 416-bis, c.p., possa avere rilevanza assorbente e pregiudiziale nel procedimento di prevenzione, nel quale gli indizi di affiliazione ad un clan mafioso e l'indimostrata liceita' dell'appartenenza dei beni possono essere desunti anche dagli stessi fatti storici in ordine ai quali e' stata esclusa la configurabilita' di illiceita' penale ovvero da altri, acquisiti o autonomamente desunti nel giudizio di prevenzione; sempre che - ha precisato la giurisprudenza successiva - non sia stata emessa una sentenza irrevocabile di assoluzione, che abbia negato in radice la sussistenza del fatto che assume rilevanza ai fini del giudizio prognostico (cosi', fra altre: Sez. 5, n. 48090 del 08/10/2019, Ruggeri, Rv. 277908; Sez. 2, n. 11846 del 19/01/2018, Carnovale, Rv. 272496). Corollario di tale principio, anch'esso correttamente individuato dalla Corte di merito, e' l'inoperativita' di un divieto di bis in idem, in senso proprio, tra procedimento penale e procedimento di prevenzione, diversi essendone i presupposti: l'applicazione di una misura di prevenzione, infatti, trova giustificazione in una condizione personale di pericolosita' dell'individuo, che e' desumibile anche da fatti non costituenti illecito, laddove la sanzione penale presuppone la colpevole realizzazione di un fatto di reato (per tutte: Sez. 6, n. 44608 del 06/10/2015, Cincinnato, Rv. 265056; Sez. 6, n. 32715 del 16/07/2014, Muia', Rv. 261444). Tra le statuizioni dei due procedimenti, dunque, per la generale esigenza di non contraddizione dell'ordinamento, puo' ravvisarsi esclusivamente una relazione di preclusione processuale: la quale, tuttavia, opera solamente a condizione che sussista identita' del compendio probatorio e del thema decidendum, con riguardo sia all'oggetto che ai presupposti di esso, poiche' il predicato di liceita' di un determinato bene e' inscindibilmente collegato alla disciplina normativa relativa all'oggetto di causa, sicche' non e' preclusa una successiva verifica di tale condizione in relazione ad altro istituto giuridico, fondato su requisiti normativi diversi (Sez. 6, n. 7072 del 14/07/2021, dep. 2022, Zummo, Rv. 283462; v. pure Sez. 1, n. 20476 del 11/02/2013, Capriotti, Rv. 255383; Sez. 1, n. 27147 del 11/03/2016, Costa, Rv. 267057, in motivazione). 4. Infine dev'essere rammentato cosa deve intendersi per "appartenenza" ad associazione mafiosa. Tale e' la condotta che, sebbene non riconducibile alla partecipazione, si sostanzi in un'azione, anche isolata, ma comunque funzionale agli scopi associativi, rimanendone al di fuori, invece, le situazioni di mera contiguita' o di vicinanza al gruppo criminale (Sez. U, n. 111 del 30/11/2017, Gattuso, Rv. 271512). Piu' specificamente, le Sezioni unite hanno spiegato che l'"appartenenza ad un'associazione mafiosa richiede una situazione di contiguita' all'associazione, che risulti funzionale agli interessi della struttura criminale, nel senso che il proposto deve offrire un "contribuito fattivo" alle attivita' ed allo sviluppo del sodalizio criminoso", rimanendone al di fuori, invece, la mera contiguita' ideologica, la comunanza di cultura mafiosa o la riconosciuta frequentazione personale con soggetti coinvolti nel sodalizio: vale a dire tutte quelle situazioni - si legge sempre in motivazione - di "mera collateralita' che non si sostanzi in sintomi di un apporto individuabile alla vita della compagine"; apporto che - deve tuttavia ribadirsi puo' essere limitato anche soltanto a situazioni episodiche e ad esigenze associative circoscritte (in questi termini, piu' di recente, Sez. 6, n. 49750 del 04/07/2019, Diotallevi, Rv. 277438). 5. Cosi' delimitato il quadro normativo di riferimento, va esclusa anzitutto la lamentata violazione del divieto di bis in idem o, piu' correttamente, di una preclusione processuale rispetto alla sentenza del Tribunale di Avellino del 2011. Rileva il decreto impugnato - senza che il ricorso contraddica specificamente sul punto - che, anzitutto, quel giudicato non ha esplicitato le ragioni sottese al dissequestro, essendosi limitato ad osservare che (OMISSIS), fosse persona "sicuramente benestante" (stando a quanto si legge nel ricorso della (OMISSIS)), senza tuttavia soffermarsi sulla origine lecita o meno di tale sua condizione patrimoniale. In secondo luogo, se gia' soltanto si pensa alla perizia disposta dalla Corte d'appello in questo procedimento, che rappresenta la pietra angolare della decisione impugnata e che certamente non era tra gli atti su cui si e' fondata la decisione del Tribunale di Avellino, si coglie all'evidenza come sensibilmente diversa fosse la piattaforma probatoria dei due procedimenti. Nessun insanabile contrasto tra le rispettive decisioni puo', dunque, ravvisarsi. 6. Nessuna violazione di legge si rileva anche per quel che riguarda la retrodatazione dell'appartenenza del (OMISSIS) al clan (OMISSIS) e, quindi, la congruenza cronologica tra manifestazione di pericolosita' ed addizioni patrimoniali. Il carattere altamente fiduciario dell'affidamento della custodia dell'autovettura blindata utilizzata dal capo-cosca, peraltro celata da (OMISSIS) unitamente ad un fucile ed a munizioni di vario calibro per pistola, si presenta indiscutibile, ed altrettanto lo e' la sussunzione di tale condotta nella nozione di contribuito fattivo e funzionale agli interessi della struttura criminale, ancorche' limitato soltanto a situazioni episodiche, che vale - secondo la ricordata "sentenza Gattuso" - ad integrare la appartenenza al sodalizio. Del resto, le obiezioni difensive - ovvero la natura di pura cortesia di tale atto od il rilascio al (OMISSIS), qualche anno dopo, di un nulla-osta all'acquisto di un'arma mirano semmai a censurare la linearita' logica della deduzione della Corte d'appello, e quindi, al piu', un vizio di motivazione, comunque non rilevabile in questa sede. 7. Tal ultima osservazione vale anche per le doglianze proposte da tutti i ricorsi in tema di sproporzione tra il valore dei beni staggiti ed i redditi lecitamente prodotti dal nucleo familiare (OMISSIS) - (OMISSIS). Le censure formulate nei confronti dei risultati della perizia disposta dalla Corte d'appello replicano, in sintesi, quelle gia' rassegnate dalle difese in quella sede ed alle quali il perito ha risposto, punto per punto, con le sue controdeduzioni e con una perizia integrativa, riportate alle pagine da 22 a 30 del decreto. Al di la', dunque, della carenza di documentazione giustificativa e del carattere puramente presuntivo di larga parte dei dati reddituali allegati dai difensori, che il perito ha puntualmente evidenziato, quelle dei ricorrenti costituiscono deduzioni di puro merito ed afferenti, semmai, al percorso argomentativo della decisione: come tali, percio', sottratte al sindacato della Corte di cassazione. Val la pena solamente osservare, in diritto, l'infondatezza del principale argomento difensivo: quello, cioe', della provenienza da "nero" fiscale della provvista utilizzata per gli acquisti dei beni confiscati, tuttavia successivamente legittimata mediante il c.d. "condono tombale". Sul punto, a prescindere dal rilievo sull'effettivo perfezionamento o meno della relativa procedura (vds. pagg. 34 s., decreto), e' sufficiente rammentare che al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 24, comma 1, stabilisce espressamente che "il proposto non puo' giustificare la legittima provenienza dei beni adducendo che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego dell'evasione fiscale". In tema di confisca di prevenzione, dunque, la sproporzione tra i beni posseduti e le attivita' economiche del proposto non puo' essere giustificata adducendo proventi da evasione fiscale, atteso che le disposizioni sulla confisca mirano a sottrarre alla disponibilita' dell'interessato tutti i beni che siano frutto di attivita' illecite o ne costituiscano il reimpiego, senza distinguere se tali attivita' siano o meno di tipo mafioso (cosi', Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260244). Tanto dicasi anche nel caso di violazioni fiscali condonate, poiche' l'adesione al condono produce solo una regolarizzazione tributaria, ma non esclude l'illiceita' dei proventi (Sez. 2, n. 14346 del 13/03/2018, Barbagallo, Rv. 272376). 8. Tutti i ricorrenti - ai sensi dell'articolo 616, c.p.p. - debbono, dunque, essere condannati alla rifusione delle spese del procedimento ed al pagamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, non ravvisandosi una loro assenza di colpa nella determinazione della causa d'inammissibilita' (vds. Corte Cost., sent. n. 186 del 13 giugno 2000). Considerando la manifesta assenza di pregio degli argomenti addotti, si ritiene equo fissare detta somma in tremila Euro per ognuno di essi. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DIOTALLEVI Giovanni - Presidente Dott. VERGA Giovanna - rel. Consigliere Dott. DE SANTIS Anna Maria - Consigliere Dott. NICASTRO Giuseppe - Consigliere Dott. CERSOSIMO Emanuele - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 13/04/2022 della CORTE APPELLO di VENEZIA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere VERGA GIOVANNA; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COCOMELLO ASSUNTA; Il Proc. Gen. conclude per l'inammissibilita' del ricorso. udito il difensore: L'avvocato (OMISSIS) in difesa di REGIONE VENETO IN PERSONA DEL PRESIDENTE P.T. dopo il dibattimento si riporta alle memorie scritte e deposita conclusioni e nota spese. L'avvocato (OMISSIS) in difesa di (OMISSIS) dopo il dibattimento si riporta al ricorso e chiede l'accoglimento. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza in data 13/04/2022 la Corte d'appello di Venezia ha confermato la sentenza del tribunale di Vicenza che l'11/3/2021 aveva condannato (OMISSIS) in relazione ai reati di cui ai capi 10) (Violazione degli articoli 110, 337, 369 e 610 aggravati ex articolo 416 bis.1 c.p.p.), 11) (violazione degli articoli 81 capoverso, 110, 629, 416 bis.1 c.p.) 12) (violazione degli articoli 110, 337, 339, 610 e 416 bis. 1), 16) e 19) (violazione della legge sulle armi, il capo 19) aggravato ex articolo 416 bis.1). 2. Avverso la sentenza (OMISSIS) ha presentato ricorso per Cassazione. 2.1. Con i motivi sub 1), 2), 3) e 4) il ricorrente contesta, sotto diverse angolature, la sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416 bis.1 c.p. (intesa come metodo mafioso) ritenuta con riguardo ai capi 10, 11, 12 e 19. Sostiene che la Corte d'appello non ha fatto buon governo degli insegnamenti della giurisprudenza di legittimita' nell'affermare la sussistenza della circostanza oggettiva del metodo mafioso. Evidenzia che la forza di intimidazione deve essere manifestata e percepita. Rileva che la forza intimidatrice presuppone un'organizzazione stabile. Richiama sul punto sentenze della Corte di Cassazione e sottolinea come le emergenze fattuali del caso di specie si discostino dai principi esposti. Sottolinea come non risulta in atti e come non si e' mai latci' giudizialmente accertata l'appartenenza del ricorrente ad un consesso di âEuroËœndrangheta. Anzi dal processo emerge la non appartenenza del 1Multari ad associazione a delinquere di stampo mafioso. Rileva comunque che la motivazione concernente la sussistenza dell'aggravante appare contraddittoria con le premesse in diritto esposte e che nel caso di specie i giudici di merito hanno riconosciuto l'aggravante in argomento sul presupposto di un pregiudizio fondato sulla provenienza geografica del prevenuto. Lamenta un travisamento delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia (OMISSIS) e (OMISSIS) dalle quali non emerge che il (OMISSIS) abbia mai preso parte a consorterie di rango mafioso. Lamenta inoltre che la motivazione del provvedimento impugnato e' carente degli argomenti necessari a spiegare l'iter logico in forze del quale si e' ritenuto di disattendere le tesi difensive espresse nei motivi di gravame in ordine alla inesistenza della aggravante del metodo mafioso. Lamenta anche l'insussistenza dell'elemento psicologico del dolo specifico con riguardo all'aggravante in esame 2.2. Con il motivo sub 5) deduce erronea applicazione dell'articolo 337 c.p. in relazione al capo 10) dell'imputazione. Sostiene non condivisibile quanto affermato dai giudici del merito circa la circostanza che la semplice richiesta di documenti possa essere considerata una minaccia idonea ad ostacolare l'attivita' del pubblico ufficiale. Rileva che per la configurabilita' del reato occorre che vi sia non solo la prospettazione di un male ingiusto ma anche un comportamento attivo e concretamente idoneo ad opporsi all'atto di ufficio. Evidenzia peraltro che non vi e' stato un clima intimidatorio considerato che la visita dell'immobile si e' svolta regolarmente e il pubblico ufficiale dopo la visita ha affermato di aver rimproverato i due fratelli (OMISSIS) dimostrando cosi' di non essere stato intimidito. 2.3. Con il motivo sub 6) lamenta travisamento della prova con riguardo il coinvolgimento del ricorrente nel reato di cui al capo 10). Evidenzia come l'istruttoria dibattimentale abbia confermato come il ricorrente non fosse presente a tutte le fasi della condotta. 2.4. Con il motivo sub 7) deduce omessa motivazione in riferimento alla sussistenza dell'elemento psicologico del dolo specifico del reato di resistenza a pubblico ufficiale in relazione al capo 10). Sottolinea come nel caso di specie il (OMISSIS) non si era palesato quale pubblico ufficiale ne' vi erano circostanze da cui desumere che il (OMISSIS) fosse consapevole di tale qualifica. 2.5. Con il motivo sub 8) deduce travisamento della prova con riguardo al coinvolgimento del ricorrente nella condotta di violenza privata. Sottolinea come non sia dato comprendere quale sia la condotta ascrivibile all'imputato, condotta che non ha impedito al custode giudiziario e all'agente immobiliare di accedere all'abitazione del fratello e prenderne visione. 2.6. Con il motivo sub 9) deduce travisamento della prova con riguardo al coinvolgimento del ricorrente nella condotta estorsiva di cui al capo 11). Sostiene che non vi e' prova del suo concorso, considerato anche che in tale periodo si trovava all'estero. Sottolinea come non vi e' altresi' prova, al di la' di ogni ragionevole dubbio, di un comportamento minaccioso in grado di intimidire le persone offese e coartarne in tal modo la volonta'. Viene altresi' evidenziata la mancanza della finalita' di trarre un profitto consistente, secondo il capo di imputazione, nell'ottenere la rivendita dell'immobile a prezzo inferiore a quello di stima e nel bloccare la procedura di sgombero, considerato che non sembra esserci alcun vantaggio in capo al presunto occupante dell'immobile posto che lo stesso non avrebbe avuto nulla da guadagnare da un'ulteriore vendita dell'immobile stesso a terzi. Nei fatti e' pacifico che l'immobile non e' stato rivenduto al (OMISSIS) o a chi per lui. 2.7. Con il motivo sub 10) violazione di legge e vizio della motivazione con riguardo il coinvolgimento del (OMISSIS) nella condotta di violenza privata di cui al capo 12). Rileva che le parti offese non parlavano neppure l'italiano e quindi non potevano avere capito quello che era stato loro proferito. Non e', pertanto, sostenibile che si siano intimoriti nel sentire una frase che laddove pronunciata non avrebbero neppure compreso. 2.8. Con il motivo sub 11) travisamento della prova con riguardo al coinvolgimento del (OMISSIS) nella condotta di resistenza pubblico ufficiale di cui al capo 12). Lamenta che lo stesso pubblico ufficiale ha ammesso di non aver ricevuto minacce di alcun tipo e che, comunque, la visita dell'immobile e' stata puntualmente compiuta. 2.9. Con il motivo sub 12) omessa motivazione in relazione alla sussistenza dell'elemento psicologico del dolo specifico con riguardo al reato di resistenza a pubblico ufficiale di cui al capo 12). Sostiene che il (OMISSIS) non si era palesato quale pubblico ufficiale e che non erano emerse circostanze da cui desumere che il (OMISSIS) fosse consapevole della qualifica. 2.10. Con il motivo sub 13) travisamento della prova circa il coinvolgimento del ricorrente nella condotta di detenzione e di armi di cui al capo 16). 2.11. Con il motivo sub 14) violazione dell'articolo 133 cod. per omessa indicazione dei criteri legali ai quali la Corte si e' attenuta nella scelta tra il minimo e il massimo della pena edittale. 2.12. Con il motivo sub 15) omessa declaratoria di prescrizione dei reati di cui ai capi 11) e 19). 3. Il ricorrente ha presentato motivi aggiunti con i quali non solo ha ulteriormente argomentato con riguardo ai motivi principali ma ha anche rappresentato come durante il suo periodo di detenzione oltre a soffrire di diverse patologie sia stato anche affetto da covid 19 (cfr. all. 1). Sostiene che tale circostanza, che risulta pacificamente dalla documentazione medica in atti, fa emergere una chiara violazione dei diritti di difesa dell'imputato durante il processo di primo grado. Difatti, nonostante la malattia contratta, il processo a carico del (OMISSIS) e' proseguito comunque anche senza la partecipazione dell'imputato. In diverse occasioni, peraltro, lo stesso ha dichiarato di non poter partecipare alle udienze. Tale circostanza, interpretata come una rinuncia dal Tribunale, era in realta' la prospettazione di un legittimo impedimento dell'imputato. Rileva che si tratta di una questione di nullita' che e' stata rappresentata anche in sede di discussione in appello e ritenuta generica. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' palesemente inammissibile perche' reierato e aspecifico. 2. Il ricorrente si e' limitato in larga parte e nella sostanza a riprodurre, pressoche' testualmente, le stesse doglianze, gia' considerate dalla Corte d'appello ai limiti dell'inammissibilita', senza coinvolgere la motivazione offerta sul punto dalla sentenza impugnata, in una effettiva ed autonoma critica impugnatoria, finendo, per questa via, per formulare censure in concreto prive del requisito della specificita'. Con riguardo al motivi sub 1), 2), 3) e 4) deve rilevarsi che ricorre l'aggravante del metodo mafioso (aggravante oggettiva) quando l'agente o gli agenti, pur senza essere partecipi o concorrere in reati associativi, pongono in essere una condotta idonea ad esercitare una particolare coartazione psicologica - non necessariamente su una o piu' persone determinate, ma, all'occorrenza, anche su un numero indeterminato di persone, conculcate nella loro liberta' e tranquillita' con i caratteri propri dell'intimidazione derivante dall'organizzazione criminale della specie considerata. In tal caso non e' necessario che l'associazione mafiosa, costituente il logico presupposto della piu' grave condotta dell'agente, sia in concreto precisamente delineata come entita' ontologicamente presente nella realta' fenomenica; essa puo' essere anche semplicemente presumibile, nel senso che la condotta stessa, per le modalita' che la distinguono, sia gia' di per se' tale da evocare nel soggetto passivo l'esistenza di consorterie e sodalizi amplificatori della valenza criminale del reato commesso. Le sentenze di merito hanno sottolineato come il (OMISSIS) e i suoi correi nel realizzare i reati di cui ai capi 10), 11) e 12) hanno agito con modalita' tipicamente mafiose. In particolare la sentenza di primo grado ha indicato, alle pagine da 37 a 43, con argomenti rimasti inconfutati, le condivisibili ragioni, riprese dalla Corte d'appello, secondo le quali i mezzi e le modalita' delle condotte, la gestualita', il contenuto delle frasi erano oggettivamente tali da richiamare alla mente del soggetto passivo la forza intimidatrice tipicamente mafiosa del vincolo associativo si' che la vittima era indotta ad adeguarsi al volere dell'aggressore e ad abbandonare ogni intenzione di opporsi proprio per il timore di gravi ritorsioni. Si e' trattato di un comportamento che indebolisce la capacita' di resistenza della vittima, che scema man mano che acquisisce la consapevolezza di trovarsi di fronte ad un soggetto che ha alle spalle un manipolo di individui disposti a sostenerlo, aiutarlo, vendicarlo, sicche' anche l'aiuto che puo' prestargli lo Stato si appalesa inadeguato rispetto agli scopi della difesa. Le doglianze formulate dall'imputato sul punto, meramente assertive del vizio denunciato, sono all'evidenza prive del necessario contenuto di specificita' richiesto, a pena di inammissibilita', dagli articoli 581 e 591 c.p.p., in ragione del mancato confronto argomentativo con la specifica motivazione dedicata alla sussistenza della contestata aggravante nelle sentenze di primo e secondo grado. Non si e' trattato, come vorrebbe far credere il ricorrente, di pregiudizi legati all'accento dell'imputato, al suo cognome, ma di omesso confronto con il fatto che il metodo utilizzato per la consumazione dei delitti in parola e' sussumibile nella disposizione dell'articolo 416 bis.1 c.p.. I giudici di merito hanno fatto corretta applicazione del principio di diritto in materia secondo cui la superiorita' numerica, la presenza di guardaspalle, l'ostentazione della disponibilita' di armi, la rivendicazione della pretesa di controllare un territorio, nel caso di specie anche dei Carabinieri e di imporre la propria volonta', l'evocazione dell'intervento di terzi al proprio soldo, sono elementi sufficienti a configurare l'aggravante che non presuppone necessariamente l'esistenza di un'associazione di tipo mafioso ne' la prova che l'autore dei fatti appartenga a tale associazione. 3. Con i motivi sub 5), 6), 8), 9), 10) e 11) il (OMISSIS) ha riproposto le tesi difensive gia' sostenute in sede di merito e disattese dal Tribunale prima e dalla Corte d'appello poi. Al riguardo giova ricordare che nella giurisprudenza di questa Corte e' stato enunciato, e piu' volte ribadito, il condivisibile principio di diritto secondo cui e' inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni gia' discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. E deve inoltre evidenziarsi che il primo giudice aveva affrontato e risolto le questioni sollevate dalla difesa seguendo un percorso motivazionale caratterizzato da completezza argomentativa e dalla puntualita' dei riferimenti agli elementi probatori acquisiti e rilevanti; di tal che, trattandosi di conferma della sentenza di primo grado, i giudici di seconda istanza, a fondamento del convincimento espresso, legittimamente hanno richiamato anche la motivazione addotta dal Tribunale, senza peraltro mancare di ricordare i passaggi piu' significativi dell'iter argomentativo seguito dal primo giudice e di fornire autonome valutazioni a fronte delle deduzioni dell'appellante: e' principio pacifico in giurisprudenza quello secondo cui, nel caso di doppia conforme, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruita' della motivazione. Quanto alla ricostruzione probatoria dei singoli episodi criminosi, entrambi i giudici di merito hanno condiviso la narrazione delle varie vicende con un comune apparato argomentativo, caratterizzato da linearita' espositiva e congruita' logica. Il quadro probatorio attinente alla consumazione dei singoli delitti, nei termini analiticamente illustrati con dovizia di dettagliati riferimenti, imputazione per imputazione, risulta saldamente ancorato a un ampio ed esauriente coacervo di elementi di prova. Vengono posti in rilievo per ciascun episodio gli esiti delle operazioni investigative e l'inequivoco tenore delle deposizioni testimoniali delle persone offese, il cui contenuto appare chiaro con puntuale riferimento alle accuse formulate. I giudici di merito, dopo avere preso in esame e disatteso ogni argomento richiamato dalla difesa per destrutturare l'impianto accusatorio, hanno tratto il concorde convincimento della responsabilita' del ricorrente. Evidente e' la manifesta infondatezza delle doglianze in punto di responsabilita', posto che l'intero tessuto argomentativo delle sentenze di merito muove attorno alla ricostruzione dei fatti offerta dagli elementi probatori valutati nel loro complesso ed appare percio' insindacabile in sede di legittimita'. La sentenza di primo grado, che e' ampia ed esplicita nella identificazione delle condotte e dei relativi autori, imputazione per imputazione, viene ripetutamente richiamata da quella di appello, per relationem e a integrazione, quanto alla enunciazione dei fatti contestati. 4. Con riguardo ai reati di resistenza a pubblico ufficiale le sentenze di merito offrono una lettura dei fatti perfettamente coerente con il principio incontroverso nella giurisprudenza di legittimita' per cui, ai fini dell'integrazione del delitto di minaccia o di resistenza a pubblico ufficiale, di cui agli articoli 336 e 337 c.p., non e' necessaria una minaccia diretta o personale, essendo invece sufficiente l'uso di qualsiasi coazione, anche morale, ovvero una minaccia anche indiretta, purche' sussista la idoneita' a coartare la liberta' di azione del pubblico ufficiale, si' che la pubblica funzione ne risulti impedita o ostacolata (Cass., Sez. 6, n. 49468 del 18/11/2015, Calamia, Rv. 266241; Sez. 6, n. 7482 del 03/12/2007, dep. 2008, Di Prima, Rv. 239014; Sez. 1, n. 5757 del 21/11/1986, dep. 1987, Carella, Rv. 175921). Nel caso di specie la sentenza da' atto che la pubblica funzione e' stata concretamente ostacolata dal contegno minaccioso osservato dall'imputato, che ha vanificato la programmata visita con la prima coppia di visitatori interessata a vedere l'immobile, essendo del tutto irrilevante che successivamente (OMISSIS) sia potuto entrare da solo. Deve aggiungersi quanto al dolo richiesto per la configurazione del reato che il tenore delle minacce pronunciate dal (OMISSIS), il momento stesso in cui le stesse sono state proferite all'arrivo di (OMISSIS) e della coppia di cittadini indiani presso l'immobile da visitare, il contesto in cui la condotta illecita si e' realizzata, nell'ambito di una procedura esecutiva che aveva raccolto la ferma opposizione di (OMISSIS), correttamente hanno portato il giudice di merito a ritenere di non avere dubbi circa la piena coscienza e volontarieta' della stessa. Analoghe considerazioni valgono per l'episodio che ha visto coinvolto l'avvocato (OMISSIS), custode giudiziario dell'immobile, nell'ambito della procedura esecutiva che lo interessava. E' evidente che l'azione illecita e' stata preordinata per impedire o ostacolare il compimento di un atto strettamente collegato allo svolgimento di tale compito, ben potendosi qualificare come tale la visita dell'immobile da parte del custode insieme ai soggetti interessati a partecipare alla successiva asta. 5. Cosi' come con riguardo al reato di cui all'articolo 610 c.p., la Corte territoriale ha coerentemente ritenuto l'appello privo di portata confutatoria rispetto alla fondata ricostruzione di primo grado perche' i due cittadini indiani hanno perfettamente compreso il tenore e il contenuto della minaccia tant'e' che si sono allontanate e hanno rinunciato alla visita. In questa sede il ricorrente reitera analoghe doglianze senza alcun confronto argomentativo con le persuasive motivazioni dei giudici di merito. 6. Con il motivo sub 13) il ricorrente, sotto le spoglie di un asserito travisamento probatorio chiede una generica inammissibile rivisitazione del materiale istruttorio finalizzata ad assecondare una versione dei fatti diversa da quella posta a fondamento della decisione impugnata, estranea al giudizio di legittimita'. L'appellante risponde del reato di cui ha il capo 16 a titolo di concorso morale. Le armi sono state rinvenute nel corso delle due perquisizioni effettuate nei confronti dei figli, ma si tratta di armi sulle quali (OMISSIS) aveva una signoria piena e rispetto alle quali ha dato le disposizioni oggetto delle intercettazioni ambientale che hanno consentito di accertare che l'imputato aveva ordinato di spostarle e di occultarle il luogo diverso da quello in cui lui le aveva lasciate 7. Inammissibile siccome generica e' la doglianza sulla entita' della pena, la quale e' stata inflitta con congruo richiamo alla condotta concreta ed alla personalita' dell'agente. 8. In sintesi, il ricorso e' inammissibile, perche' proposto per ragioni non consentiti in sede di legittimita', poiche' il ricorrente si e' limitato a sollecitare una rivalutazione del materiale probatorio acquisito e valutato conformemente dai due giudici del merito, e comunque prive della necessaria specificita' (ex articolo 581 c.p.p., comma 1, lettera C)), poiche' il ricorrente reitera piu' o meno pedissequamente doglianze gia' esaminate ed incensurabilmente disattese dalla Corte di appello. 9. Inammissibile e' anche la richiesta di prescrizione dei reati di cui ai capi 11) e 19). Considerata la sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416 bis.1 c.p. l'estorsione contestata al capo 11) e accertata come commessa nel 2002 alla data della sentenza della Corte d'appello non era prescritta e non lo e' tuttora. Come indicato nella sentenza della Corte d'appello il fatto di cui al capo 19) (L. n. 895 del 1967, articoli 4 e 7 come riqualificato dal Gup in udienza preliminare detenzione databile 30/11/2006) stante l'aggravante di cui all'articolo 416 bis.1, considerate anche le sospensioni pari a 78 giorni in primo grado e 44 in appello, non era prescritto alla data della sentenza della Corte d'appello e non lo e' tuttora. Comunque l'inammissibilita' del ricorso impedisce la declaratoria di prescrizione successivamente intercorsa. 10. L'inammissibilita' del ricorso principale si estende ai motivi aggiunti. 11. Alla declaratoria di inammissibilita' consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3000,00 in favore della Cassa delle Ammende. L'imputato deve essere condannato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile Regione Veneto, liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3000,00 in favore della cassa delle Ammende. Condanna, inoltre, l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile Regione Veneto che liquida in complessivi Euro 3800,00 oltre accessori di legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. TARDIO Angela - Presidente Dott. LIUNI Teresa - rel. Consigliere Dott. TALERICO Palma - Consigliere Dott. RUSSO Carmine - Consigliere Dott. MELE Maria E. - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS) avverso la sentenza del 15/09/2021 della CORTE ASSISE APPELLO di BARI; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. TERESA LIUNI; udito il Procuratore generale, Dott. COCOMELLO ASSUNTA, la quale ha chiesto il rigetto del ricorso; L'avv. (OMISSIS), difensore dell'imputato, conclude riportandosi ai motivi di ricorso ed insistendo per l'accoglimento; l'avv. (OMISSIS), codifensore dell' (OMISSIS), conclude insistendo per l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 15/9/2021 la Corte di Assise di appello di Bari ha confermato la sentenza del GUP del Tribunale in sede che, a seguito di giudizio abbreviato, aveva condannato (OMISSIS) alla pena di venti anni di reclusione per l'omicidio di (OMISSIS), commesso su mandato di (OMISSIS), approfittando della condizione di generalizzato assoggettamento all'affermazione violenta della volonta' del (OMISSIS) nel contesto criminale di Altamura, e per le connesse violazioni in materia di armi (detenzione e porto della pistola semiautomatica cal. 9 x 21); fatti accertati in (OMISSIS). Con recidiva reiterata, specifica, infraquinquennale. 2. Avverso tale sentenza ricorrono per cassazione, con atti distinti, i difensori dell'imputato, avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS), deducendo violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all'affermazione di responsabilita' per i delitti in contestazione, nonche' per la ritenuta aggravante ex articolo 416-bis.1 c.p.. 2.1. La prima censura rileva l'assenza di prova diretta del coinvolgimento dell' (OMISSIS) nell'omicidio, trattandosi di un processo indiziario, i cui elementi non sarebbero stati valutati correttamente alla stregua dei principi posti dall'articolo 192 c.p.p. e dall'elaborazione giurisprudenziale. Sostiene il ricorrente che la valenza indiziante dell'elemento noto, invece di essere il risultato del ragionamento probatorio, e' stata assunta a premessa. Alla luce di questo ribaltamento, il ricorrente ha proceduto ad una rilettura degli elementi valorizzati nell'impugnata sentenza al fine di confermare la responsabilita' dell'imputato: in quest'ottica e' stato riesaminato l'alibi" ritenuto falso dai giudici del merito, con rivendicazione della plausibilita' dell'allontanamento dell' (OMISSIS) per timore di ricevere - proprio il giorno dell'omicidio - un ordine di carcerazione per una condanna definitiva per rapina. Inoltre, si indica una duplice violazione dell'articolo 63 c.p.p. per le dichiarazioni rese nel verbale di sommarie informazioni del 25/6/2014 (allegato al ricorso) in cui l'imputato veniva sentito come persona informata sui fatti in relazione all'omicidio del (OMISSIS), procedimento allora iscritto contro ignoti, dopo essere stato trovato dai Carabinieri fuori dall'abitazione in cui avrebbe dovuto essere durante le ore notturne, quindi in costanza di evasione. In tale verbale veniva chiesto conto all' (OMISSIS) del suo allontanamento volontario, affermando i Carabinieri - nell'informativa del 22/9/2016 - che la giustificazione da lui resa nell'occasione si era rivelata inattendibile e non veritiera. Anche nel merito, il ricorrente ritiene che la valutazione negativa della Corte di secondo grado sia stata giustificata in modo illogico, laddove aveva osservato che altre volte l' (OMISSIS) era stato raggiunto da ordini di esecuzione senza avere palesato alcun timore: nella specie, pero', si trattava di una pesante condanna per rapina aggravata. Si ripercorre anche la versione del rifugio dell'imputato nella tenda da campeggio sulla spiaggia di (OMISSIS) per rivendicarne la veridicita'. Vengono sottoposte a critica le dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS), il quale aveva parlato di un incontro a (OMISSIS) con l' (OMISSIS), che gli aveva consegnato una pistola che lui aveva distrutto: secondo il ricorrente, gli elementi assunti dai giudici di merito a riscontro delle propalazioni di detto collaboratore non sono dotati di alcuna validita', ne' e' logica l'affermazione per cui l'errata indicazione dell'arma - una pistola calibro 7, invece dell'accertata calibro 9x21 - sarebbe attribuibile ad errore del (OMISSIS), persona non esperta di armi. La illogicita' della motivazione riguardante l'arma e' rafforzata dai rilievi in ordine alla deposizione del teste oculare (OMISSIS), il quale aveva indicato con certezza una pistola di colore nero, mentre il (OMISSIS) l'aveva descritta come una pistola dorata o argentata. Anche per il (OMISSIS), l'impugnata sentenza ha invocato la possibilita' che il teste potesse aver sbagliato ad indicare il colore. Ancora, si sottopone a critica l'argomento della frequentazione da parte di (OMISSIS) dell'abitazione del (OMISSIS), senza tenere in considerazione il fatto che detta abitazione era frequentata da numerosissime persone, elemento che intacca fortemente la gravita' dell'indizio. Di seguito ci si sofferma sulle caratteristiche fisiche del killer, descritte dal (OMISSIS) e da (OMISSIS) (moglie del (OMISSIS)), per ricavarne la non corrispondenza con quelle dell' (OMISSIS); parimenti per il colore degli occhi dell'omicida, contraddittoriamente descritti dapprima neri e poi blu dalla figlia di cinque anni del (OMISSIS). Viene riesaminato il tema del sopralluogo effettuato il giorno (OMISSIS) - dopo l'avviso di accertamenti irripetibili ricevuto da (OMISSIS) in qualita' di indagato - da (OMISSIS) e (OMISSIS), al fine di verificare se nella zona dell'omicidio fossero collocate telecamere: a detta del ricorrente, il dato e' sganciato dalla vicenda omicidiaria in esame, in quanto gia' in altre occasioni i due avevano condotto sopralluoghi nella medesima zona. Peraltro, l'informazione dell'avviso ricevuto dall' (OMISSIS) non poteva essere stata appresa dai familiari in occasione di una visita in carcere, non risultando dalle videoregistrazioni di tali visite quella asseritamente avvenuta il (OMISSIS). Si passa ad analizzare gli spostamenti dell'autovettura dell' (OMISSIS), una Daewoo Matiz bianca, come descritti da (OMISSIS), padre della moglie del defunto (OMISSIS), nel (OMISSIS), a distanza di quasi due anni dai fatti. Ci si sofferma sulla tematica del compenso che il (OMISSIS) avrebbe dovuto corrispondere all' (OMISSIS) per l'omicidio del (OMISSIS), rivendicato dal fratello (OMISSIS) ma sempre negato dal (OMISSIS) per avere il ricorrente "fatto l'infame", osservando la difesa che manca ogni prova che la somma pretesa riguardasse l'omicidio, potendo invece essere correlata al mondo degli stupefacenti, in cui entrambi operavano. Infine, si torna sul movente dell'omicidio, individuato in una partita di droga tagliata male e causa di un diverbio tra il (OMISSIS) ed il (OMISSIS), oltre che dei rapporti di debito-credito tra i due. Il ricorrente critica per illogicita' l'individuato movente, osservando che il custode della marijuana nonche' il responsabile del taglio maldestro non era il (OMISSIS), bensi' il (OMISSIS), sicche' risulta illogico che siffatta situazione potesse giustificare addirittura un omicidio. In aggiunta a tali elementi di valutazione, il secondo ricorso ha criticato l'affermazione dell'impugnata sentenza per cui sarebbe circostanza non decisiva la non riconducibilita' all' (OMISSIS) delle tracce biologiche individuate su un guanto di lattice rinvenuto su un pianerottolo dello stabile in cui era stato commesso l'omicidio. Il rilievo che detto guanto era stato trovato al piano superiore rispetto all'abitazione della vittima, quindi non sulla via di fuga, non e' dirimente, anzi e' indicativo del fatto che il killer si fosse ivi appostato in attesa del rientro a casa del (OMISSIS). 2.2. Il secondo motivo di ricorso si focalizza sull'aggravante ex articolo 416 bis.1 c.p., ritenuta sussistente dai giudici di merito in quanto la condotta era stata integrata all'evidente fine di affermare la supremazia del mandante (OMISSIS) sulla piazza di spaccio di Altamura e si rivelava sintomatica del fine di dimostrare agli altri spacciatori e ai clienti in debito che era necessario adempiere le obbligazioni assunte. Secondo il ricorrente, invece, tale motivazione e' illogica, in quanto (OMISSIS) ... era gia' il gestore incontrastato del traffico di droga, senza alcuna concorrenza; inoltre, il fine di spaventare i clienti che indugiavano a pagare e' rimasto privo di evidenze, sicche' la giustificazione del riconoscimento dell'aggravante risulta astratta e scollegata dalle emergenze processuali. A tali osservazioni, il secondo ricorso ha aggiunto che le evocate modalita' plateali dell'agguato non sono rispondenti alla realta', in quanto l'omicidio era stato commesso all'interno dell'abitazione del (OMISSIS), ne' la ritenuta efferatezza nell'esecuzione e' un parametro indicativo della mafiosita' dell'azione. 2.3. Quanto all'esclusione delle circostanze attenuanti generiche, tale statuizione e' censurabile, dovendosi invece valorizzare che (OMISSIS) era nato e cresciuto in un contesto socio-ambientale degradato, contornato da modelli negativi che ne avevano influenzato le scelte devianti, circostanze che avrebbero potuto giustificare la concessione delle invocate attenuanti. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' complessivamente infondato, pur presentando svariati profili di inammissibilita' per la riproposizione di argomentazioni di natura fattuale e rivalutativa che non considerano effettivamente la portata della ricostruzione concordemente effettuata dai giudici di merito. 1.1. Preliminarmente si precisa che ci si trova al cospetto della conferma nei medesimi termini della sentenza di condanna pronunciata in primo grado, cioe' di una cosiddetta "doppia conforme". Tale costruzione postula che il vizio di motivazione deducibile e censurabile in sede di legittimita' sia soltanto quello che - a presidio del devolutum - discende dalla pretermissione dell'esame di temi probatori decisivi, ritualmente indicati come motivi di appello e trascurati in quella sede (Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, S., Rv. 277758; Sez. 5, n. 1927 del 20/12/2017, dep. 2018, Petrocelli e altri, Rv. 272324; Sez. 2, n. 10758 del 29/01/2015, Giugliano, Rv. 263129; Sez. 5, n. 2916 del 13/12/2013, dep. 2014, Dall'Agnola, Rv. 257967); o anche manifestamente travisati in entrambi i gradi di giudizio (Sez. 2, n. 5336 del 09/01/2018, L. e altro, Rv. 272018). Al di fuori di tale perimetro, resta precluso il rilievo del vizio di motivazione secondo la nuova espressione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), nel caso di adeguata valutazione conforme nei gradi di merito del medesimo compendio probatorio. Deve altresi' ribadirsi che nei casi di doppia conforme, le motivazioni delle sentenze di merito convergono in un apparato motivazionale integrato e danno luogo ad un unico complessivo corpo decisionale (Sez. 2 n. 37295 del 12/06/2019, Rv. 277218), che in tali termini deve essere assunto anche nella denuncia dei vizi di legittimita', nei limiti della loro rilevanza. Nel caso in esame, l'indagine di legittimita' deve dunque limitarsi al vaglio della correttezza del procedimento sotto i profili della completezza di valutazione del compendio probatorio e dell'assenza di manifesto travisamento delle prove. Infine, in ordine alle critiche rivolte alla valutazione di elementi probatori, giova ricordare che trattasi di terreno interdetto alla verifica di legittimita', che puo' riguardare soltanto il corretto e completo apprezzamento del materiale probatorio sotto il profilo indicato e l'assenza di manifesto travisamento delle prove. E sul punto, le argomentazioni espresse dalla Corte di appello risultano corrette ed esaustive. 2. Cio' premesso, iniziando l'esame della doglianza di natura processuale riguardante l'inutilizzabilita' del verbale di sommarie informazioni del 25/6/2014 perche' assunte senza assistenza difensiva, si evidenzia che di tale criticita' non vi e' traccia nei motivi di gravame, che pure si occupano diffusamente del tema dell'alibi falso, sicche' ricorre la causa di inammissibilita' prevista dall'articolo 606 c.p.p., comma 3, trattandosi di una violazione di legge non dedotta con i motivi di appello (e fuori dai casi previsti dagli articoli 569 e articolo 609 c.p.p., comma 2). Peraltro, osserva questa Corte che le informazioni tratte da quel verbale non hanno svolto alcun decisivo ruolo nell'affermazione di responsabilita' dell'imputato, la cui perdurante assenza dall'abitazione nei giorni immediatamente successivi all'omicidio era conclamata dalla denuncia di scomparsa sporta dal padre dell' (OMISSIS) in data 18/6/2014 presso i Carabinieri di Altamura. Inoltre, l'apprestamento dell'alibi falso era manifestato dalle intercettazioni ambientali nel carcere di Bari, dalle quali emergeva che (OMISSIS) suggeriva agli interlocutori i termini del suo alibi, segnalando loro che aveva utilizzato una tenda da campeggio, di cui i familiari pero' non ricordavano affatto l'esistenza. 3. Passando ad esaminare le critiche - sostanzialmente riproduttive dei motivi di gravame - sulla ricostruzione della vicenda e sull'affermazione della responsabilita' dell'imputato, si rileva che l'impostazione del ricorso, in entrambi gli atti in cui esso si e' sviluppato, e' stata quella di parcellizzare ed isolare ogni indizio e contestare il significato da esso assunto nell'ambito della complessiva ricostruzione, cosi' tentando di vanificare il ragionamento probatorio correttamente seguito nelle sentenze di merito. Risulta invece che giudici di ambo i gradi abbiano fatto corretta applicazione dei principi dettati in tema di prova indiziaria, dando conto nella motivazione dei risultati acquisiti e dei criteri adottati. A quest'ultimo riguardo, va ribadita la metodologia di validazione del ragionamento indiziario, sintetizzabile nei seguenti termini: la valutazione della prova indiziaria si svolge in due fasi, consistenti, la prima, nell'esame dei singoli elementi indiziari per apprezzarne la certezza e l'intrinseca valenza indicativa e, la seconda, nell'esame globale di quegli elementi ritenuti certi per verificare se la relativa ambiguita' di alcuno di essi, isolatamente considerato, possa risolversi in una visione unitaria, tale da consentire comunque l'attribuzione del fatto illecito all'autore (Sez. 1, n. 1790 del 30/11/2017, dep. 2018, Mangafic, Rv. 272056), secondo il criterio dell'alto grado di credibilita' razionale, sussistente anche qualora le ipotesi alternative, pur astrattamente formulabili, siano prive di qualsiasi concreto riscontro nelle risultanze processuali ed estranee all'ordine naturale delle cose e della normale razionalita' umana (Sez. 1, n. 8863 del 18/11/2020, dep. 2021, S., Rv. 280605). Sulla base di tale indicazione ermeneutica, si passeranno di seguito in rassegna i principali snodi toccati dal ricorso, individuando quelli che presentano qualche attinenza con tematiche di legittimita', alla luce del vizio lamentato e dei limiti di apprezzamento imposti dalla ricorrenza della doppia conforme. 3.1. Nessuna manifesta illogicita' della motivazione e' rinvenibile nel giudizio di falsita' dell'alibi opposto dell' (OMISSIS) per il suo repentino e prolungato allontanamento dall'abitazione proprio a ridosso dell'omicidio del (OMISSIS). La Corte territoriale, seguendo la traccia del primo giudice, ha passato in rassegna gli elementi che (OMISSIS) aveva illustrato a sostegno del suo allontanamento da casa, durato dalla mattina del 16 giugno - quando aveva ricevuto un invito a presentarsi presso la stazione dei Carabinieri di Altamura, che riteneva poter essere collegato alla notificazione di un ordine di carcerazione fino al momento del suo rintraccio, avvenuto il 25 giugno 2014. E' stata rilevata la pretestuosita' di tale ragione di fuga, tenuto conto che l'imputato aveva gia' subito l'esecuzione di altre condanne che non avevano determinato la stessa reazione; inoltre, il fratello (OMISSIS) aveva riferito che (OMISSIS) aveva detto che in quel periodo si era recato in una imprecisata masseria tra (OMISSIS), e la moglie (OMISSIS) aveva rappresentato che la famiglia (OMISSIS) non aveva disponibilita' di tende da campeggio. A cio' fa da contrappunto l'intercettazione ambientale di un colloquio in carcere del 14/7/2014, in cui (OMISSIS), parlando con il fratello (OMISSIS) e la cognata (OMISSIS), rievocava in termini suggestivi una tenda di quattro o cinque anni fa, tutta bucata dai tufi, che fu da lui gettata nel mare. Infine, il collaboratore di giustizia (OMISSIS) aveva riferito che (OMISSIS), dopo l'omicidio di (OMISSIS), si era rifugiato a (OMISSIS), in casa della cugina, che all'epoca abitava alle spalle della Polizia. Tale riferimento era stato verificato ed era risultato fondato: invero la cugina (OMISSIS) si era trasferita il 12 giugno 2014 in un appartamento sito nei pressi del Commissariato di (OMISSIS). Orbene, la valutazione di falsita' di simile alibi, assunta dai giudici di ambo i gradi, non puo' essere qui rimessa in discussione, trattandosi di un apprezzamento tipicamente di merito che e' stato motivato in termini concordi e logici. Correttamente, poi, l'alibi falso e' stato valutato come indizio a carico, in correlazione con il momento iniziale dell'allontanamento da casa dell' (OMISSIS), a ridosso dell'omicidio: sul punto, l'esegesi di legittimita' e' in tal senso orientata (Sez. 1, n. 18118 del 11/02/2014, Pg in proc:. Marturana, Rv. 261993), sicche' i giudici di merito hanno valorizzato tale elemento, convergente insieme agli altri a costituire un quadro di gravita' indiziaria seria e univoca. La censura sul punto e' reiterativa e in fatto e, dunque, inammissibile. 3.2. Anche le doglianze in ordine all'individuato movente risentono della natura prettamente fattuale e confutativa del relativo motivo. Tale movente era da ricondursi ad una discussione occorsa nel pomeriggio del giorno dell'omicidio tra (OMISSIS) da un lato e (OMISSIS) e (OMISSIS) dall'altro, perche' quest'ultimo aveva tagliato male una partita di marijuana di competenza di (OMISSIS) e (OMISSIS), oltre che collegato ai rapporti di debito-credito tra costoro per i traffici comuni in materia di sostanze stupefacenti. I giudici di merito hanno illustrato gli elementi del loro convincimento, riportando dati oggettivi tratti dalle captazioni telefoniche ed ambientali, nonche' dando conto del motivo per cui si era esclusa la pista ricollegabile agli albanesi. Anche le sommarie informazioni rese da (OMISSIS), moglie del defunto (OMISSIS), avevano avvalorato la pista della discussione attinente ad un quantitativo di "erba" affidato in custodia a (OMISSIS) e da costui mischiata maldestramente; il cognato della vittima, (OMISSIS), aveva riferito che alle ore 18.30 del (OMISSIS) aveva visto in (OMISSIS) (OMISSIS) "arrabbiatissimo", il quale gli aveva detto di avere litigato "con un altro pezzo di merda". Secondo la vedova, il marito era rientrato a casa "tutto arrabbiato", dopo avere detto che sarebbe andato da (OMISSIS) per risolvere la faccenda. Nessuna delle osservazioni ripetitive ed in fatto opposte nei ricorsi supera la soglia per dare luogo ad un vizio di motivazione rilevante nei termini sopra descritti nel caso di doppia conforme, sicche' anche detto motivo - diretto a smentire il movente individuato - deve ritenersi inammissibile. 3.3. Di nessuna utilita' appaiono i rilievi esposti sul guanto rinvenuto al piano superiore dell'abitazione della vittima, non contenente tracce biologiche dell'imputato, da ritenersi un dato neutro. Alla stregua della ricostruzione accolta in entrambe le sentenze, l'attentatore era persona che conosceva l'abitazione del (OMISSIS) e le sue abitudini, il che coincide con la figura di (OMISSIS), abitante nell'appartamento del primo piano dello stesso condominio. Anche tale contiguita' abitativa e' stata ritenuta un indizio a carico, essendosi l'omicida diretto senza indugio verso la camera da letto, ove si trovava la vittima, con la figlioletta di cinque anni, la quale - dalle intercettazioni - risultava avere notato gli occhi blu dell'attentatore, sebbene travisato da una maschera nera. A dire della moglie del (OMISSIS), tra tutti i frequentatori della loro abitazione soltanto (OMISSIS) aveva gli occhi blu (dato, quest'ultimo, evincibile anche dai rilievi fotosegnaletici dell'imputato). 4. Qualche osservazione richiede il punto dell'arma utilizzata per l'agguato in quanto non soltanto si registra un contrasto cromatico tra l'indicazione offerta dal testimone oculare (OMISSIS), che aveva descritto una pistola nera, rispetto a quanto riferito dal collaboratore (OMISSIS) che indicava una pistola dorata o argentata, ma vi e' anche una discrepanza da parte di quest'ultimo che aveva indicato un'arma di calibro 7, a lui consegnata dall' (OMISSIS) affinche' la distruggesse, mentre dagli accertamenti balistici era emerso l'uso di una pistola calibro 9x21. La Corte territoriale ha specificato che nelle intercettazioni si parla di varie armi, non coincidenti con quella usata per l'omicidio, e piu' di una era difettosa, non soltanto l'arma del delitto, ma anche quella detenuta dall' (OMISSIS) e acquistata dal (OMISSIS) ma non ancora pagata. E' a questa pistola che si riferiva (OMISSIS), in un'intercettazione del dicembre 2014, chiedendosi quando ( (OMISSIS)) l'avrebbe pagata, e non a quella usata nell'agguato, che a quell'epoca era stata gia' distrutta e dispersa dal (OMISSIS). Detta pistola non e' stata mai ritrovata, come e' prassi per le armi usate negli omicidi. Cio' chiarito, i giudici di appello hanno attribuito al fatl:o che (OMISSIS) non fosse un esperto di armi il suo erroneo riferimento ad una pistola calibro 7, ritenendo plausibile che egli potesse anche avere sentito dai mass media tale catalogazione; inoltre,era anche ben possibile che - sebbene inesperto di armi il (OMISSIS) fosse riuscito a "tagliare" la pistola e a gettarla in un torrente, attivita' che non richiede alcuna competenza specifica in materia di armi. Infine, in merito alla discrepanza cromatica, la Corte ha ritenuto da un canto che il teste oculare (OMISSIS) - pietrificato al momento dell'agguato - abbia potuto accomunare il colore nero della pistola al travisamento dell'aggressore, descritto "tutto nero"; d'altro canto, potrebbe essere stato il collaboratore (OMISSIS) ad essersi sbagliato ad indicare un'arma dorata o argentata, rendendo le sue propalazioni a distanza di molto tempo dalla vicenda. Anche tali motivazioni non risultano manifestamente illogiche e trovano spiegazione alle discrepanze, peraltro non di decisivo significato, che la difesa ha enfatizzato in merito all'individuazione dell'arma del delitto. In conclusione, la censura riguardante il punto dell'arma deve essere rigettata. 5. Entrambi i difensori hanno tacciato di manifesta illogicita' la ritenuta sussistenza dell'aggravante ex articolo 416 bis.1 c.p.. La censura e' manifestamente infondata. 5.1. E' noto che l'aggravante in esame si esplica in due direttrici distinte: come agevolazione mafiosa in favore di un'organizzazione criminale rispondente a tale connotazione, e come metodo mafioso, ponendosi l'accento sulle modalita' della condotta illecita. In termini generali - quanto alla forma dell'agevolazione dell'associazione mafiosa - secondo la giurisprudenza consolidata, trattasi di aggravante di natura soggettiva, essendo incentrata sulla particolare motivazione a delinquere e sulla specifica direzione finalistica del dolo, con i corollari che ne derivano in ordine alla comunicabilita' al concorrente nel reato. Con riferimento al metodo mafioso, l'aggravante e' riconoscibile nel caso in cui le modalita' esecutive della condotta siano idonee, in concreto, ad evocare nei confronti dei consociati la forza intimidatrice tipica dell'agire mafioso, quand'anche quest'ultima non sia direttamente indirizzata sui soggetti passivi, ma risulti comunque funzionale a una piu' agevole e sicura consumazione del reato. 5.2. Nella specie, l'aggravante in discorso e' stata riconosciuta dai giudici del merito con precipuo riferimento al metodo mafioso, alla stregua di un corretto ragionamento giuridico, saldamente fondato sulle evidenze probatorie. Le argomentazioni hanno fatto leva sulla particolare efferatezza dell'omicidio, condotto con modalita' eclatanti, direttamente nell'abitazione della vittima, al cospetto della moglie e dei figli minori, addirittura alla presenza della bambina di cinque anni che era sul letto insieme al padre. L'omicidio era anche funzionale alla riaffermazione del ruolo primario del (OMISSIS) nell'ambiente dello spaccio di sostanze stupefacenti ad Altamura, diretto a rammentare ad acquirenti ed intermediari la necessita' di una pronta soluzione dei debiti contratti per l'acquisto ed il consumo della droga. Al riguardo, le sentenze citano le pertinenti fonti intercettive che danno dimostrazione di cio'. 5.3. Nessuna illogicita' manifesta e' rinvenibile nel punto motivazionale in esame. I giudici hanno congruamente illustrato la ricorrenza di un metodo delittuoso senz'altro qualificabile ai sensi della contestata aggravante speciale: l'indubbia platealita' dell'agguato - condotto addirittura all'interno dell'abitazione e al cospetto dell'intera famiglia - non esauriva la carica di gravita' dell'azione, che risiedeva anche nella eco che simile omicidio avrebbe avuto per i soggetti gravitanti nel mondo dello spaccio. Pertanto, puo' affermarsi che ricorre in pieno il senso della riconosciuta aggravante, individuabile nella funzione di creare nella vittima una condizione di assoggettamento, come riflesso del prospettato pericolo di trovarsi a fronteggiare le istanze prevaricatrici di un gruppo criminale mafioso, piuttosto che di un criminale comune (Sez. 5, n. 14867 del 26/01/2021, Marciano', Rv. 281027), nonche' concretizzatasi in un comportamento oggettivamente idoneo ad esercitare una particolare coartazione psicologica sulle persone, con i caratteri propri dell'intimidazione derivante dall'organizzazione criminale evocata (Sez. 6, n. 21342 del 02/04/2007, Mauro, Rv. 236628). 6. L'ultima censura riguarda la negazione delle circostanze attenuanti generiche. Anch'essa e' all'evidenza inammissibile, per la sua natura rivalutativa ed essenzialmente di merito. 6.1. I giudici di ambo i gradi hanno negato che ricorressero elementi passibili di valutazione positiva, non soltanto per l'indubbia gravita' dei delitti in esame, ma anche con riferimento alla personalita' dell'imputato, del quale si e' sottolineata la dedizione al crimine fin da tempi remoti, tanto da riconoscere rilievo alla contestata recidiva qualificata (ritenuta concretamente priva di effetto sanzionatorio per il concorso di due aggravanti ad effetto speciale). Le generiche considerazioni difensive sulle condizioni di svantaggio sociale dell'imputato non possono condurre in questa sede ad alcun utile risultato, alla stregua della natura del giudizio di legittimita'. 6.2. In termini generali, l'esegesi di legittimita' sul tema in esame afferma che la concessione delle attenuanti generiche deve essere fondata sull'accertamento di situazioni idonee a giustificare un trattamento di speciale benevolenza in favore dell'imputato; ne consegue che, quando la relativa richiesta non specifica gli elementi e le circostanze che, sottoposte alla valutazione del giudice, possano convincerlo della fondatezza e legittimita' dell'istanza, l'onere di motivazione del diniego dell'attenuante e' soddisfatto con il solo richiamo alla ritenuta assenza dagli atti di elementi positivi su cui fondare il riconoscimento del beneficio (Sez. 3, n. 9836 del 17/11/2015, clep. 9/3/2016, Piliero, Rv. 266460; Sez. 3, n. 54179 del 17/07/2018, Rv. 275440). E peraltro, nel caso in esame, la motivazione del diniego e' stata ben piu' articolata del mero rilievo dell'inesistenza di indici positivamente apprezzabili a fondamento delle invocate attenuanti ex articolo 62-bis c.p., soprattutto da parte del giudice di primo grado. 7. in conclusione, il ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS) deve essere respinto, con le conseguenze di legge in ordine all'imputazione delle spese processuali, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p.. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MESSINI D'AGO. P. - Presidente Dott. BORSELLINO M. Danie - Consigliere Dott. PELLEGRINO Andrea - Consigliere Dott. CIANFROCCA P. - rel. Consigliere Dott. COSCIONI Giuseppe - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sui ricorsi proposti nell'interesse di (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nata a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nata a (OMISSIS); avverso il decreto della Corte di appello di Bologna dell'1.3.2022; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Pierluigi Cianfrocca; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Tomaso Epidendio, che ha concluso per il rigetto del ricorso di (OMISSIS) e l'inammissibilita' di ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). RITENUTO IN FATTO 1. Con decreto del 30.8.20218, su proposta del PM, il Tribunale di Reggio Emilia aveva applicato ad (OMISSIS) la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, con obbligo di dimora nel comune di residenza per anni tre, ed aveva disposto la confisca di una molteplicita' di beni, avendo ritenuto la pericolosita' generica del predetto quale desumibile dai precedenti penali e di polizia; il sequestro, prima, e la confisca, poi, avevano interessato anche beni intestati alla figlia del proposto e, per quel che interessa in questa sede, alla di lui convivente (OMISSIS), allo zio di costei, (OMISSIS), ed alla di lei madre (OMISSIS); 2. avverso il decreto del Tribunale avevano proposto appello (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS): la Corte di appello di Bologna, all'esito della impugnazione, aveva parzialmente riformato il provvedimento gravato revocando il sequestro e la confisca di sette unita' immobiliari di proprieta' di (OMISSIS); di alcuni conti correnti bancari, titoli e libretti di deposito intestati a (OMISSIS) e/o alla stessa (OMISSIS); di talune somme di denaro trovate nella diretta disponibilita' di (OMISSIS); di polizze vita, conti correnti e relativi titoli intestati a (OMISSIS); di quasi tutti i beni mobili rinvenuti all'interno del bar (OMISSIS) e all'interno degli immobili sopra elencati; aveva confermato nel resto il provvedimento appellato; 3. con sentenza n. 21045 del 2020, accogliendo i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) (oltre che di (OMISSIS)), la VI Sezione di questa Corte ha annullato il decreto della Corte di appello di Bologna cui ha rinviato per nuovo esame sia quanto al profilo della pericolosita' ritenuta a carico del proposto che quanto alla correlativa confisca dei beni; 4. la Corte di appello di Bologna, con il decreto dell'1.3.2022, in (ulteriore) parziale riforma del provvedimento del Tribunale, ha revocato il sequestro e confisca dei gioielli e degli altri valori contenuti nelle due cassette di sicurezza disponendone la restituzione a (OMISSIS) in cui favore ha anche restituito previa revoca della confisca - la autovettura Porche 911; ha inoltre confermato la misura di prevenzione personale a carico di (OMISSIS) e le confische delle autovetture e delle somme di denaro oltre che degli orologi (con le eccezioni indicate in dispositivo); 5. ricorrono nuovamente per cassazione (OMISSIS) da un lato e (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), dall'altro deducendo: 5.1 (OMISSIS), con ricorso a firma degli Avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS): 5.1.1 violazione di legge - insussistenza della qualifica soggettiva di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 1, lettera b), - inidoneita' degli elementi di prova relativi a procedimenti ancora in indagini preliminari ad integrare il requisito degli ‘elementi di fatto' su cui fondare il giudizio di pericolosita' generica - insussistenza del requisito della abitualita' in assenza di un pregresso accertamento in sede penale: rileva che la Corte di appello ha ritenuto che gli "elementi di fatto" evocati dal Decreto Legislativo n. 159 del 2011 articolo 1, comma 1, lettera b), possano essere desunti anche da procedimenti penali ancora in corso nella fase delle indagini preliminari laddove la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 24 del 2019, aveva ben chiarito come siffatta interpretazione non sia consentita avuto riguardo alla differente locuzione utilizzata dal legislatore rispetto a quanto stabilito nell'articolo 4 TUA in punto di pericolosita' ‘qualificata'; richiama, a tal proposito, alcune decisioni di questa Corte relative, per l'appunto, a misura di prevenzione personale adottate, come nel caso di specie, sulla base di risultanze investigative mai o non ancora avallate da una sentenza di condanna; sottolinea che, nel caso in esame, gli elementi valutati dai giudici di merito ai fini della applicazione della misura di prevenzione personale non hanno al momento ancora comportato l'esercizio dell'azione penale; aggiunge che il principio di non contraddizione dell'ordinamento porta ad escludere che possano essere utilizzati, in sede di prevenzione, risultanze investigativa che non potrebbero trovare ingresso nel processo penale quali, in particolare, le intercettazioni telefoniche inutilizzabili ai sensi dell'articolo 270 c.p.p. nella ‘versione' precedente la riforma; 5.1.2 violazione di legge sub specie di motivazione apparente o inesistente i - insussistenza della qualifica soggettiva di cui al Decreto Legislativo 159 del 2011, articolo 1, lettera b), - mancanza di abitualita': ribadita la nozione di ‘abitualita'' quale recepita dalla norma sopra indicata, richiama le considerazioni svolte dalla Corte di Cassazione nella sentenza di annullamento di cui la Corte territoriale, in sede di rinvio, non avrebbe fatto buon governo finendo per sorreggere la propria decisione con una motivazione meramente apparente in quanto riferita ad elementi di mero sospetto ed alle medesime suggestioni che avevano portato all'annullamento della prima decisione; rileva che la stessa Corte di appello ha dato atto che il (OMISSIS) si approvvigionava attraverso canali pienamente leciti aggiungendo, nel contempo, che la attivita' di captazione aveva consentito di portare alla luce un commercio di orologi di origine delittuosa perche' ricettati o contraffatti; segnala, tuttavia, che nessuna delle intercettazioni evocate nel provvedimento, ma non riportate nel loro contenuto, fornisce indizi solidi di provenienza delittuosa dei beni oggetto di compravendita o contrattazione da parte del (OMISSIS) e, a tal proposito, riporta vari passi del decreto impugnato in cui alla affermazione fatta dalla Corte non corrisponde il richiamo ad alcuna conversazione ma, nemmeno, la indicazione del RIT di riferimento; rileva che l'affermazione secondo cui il periodo oggetto della attivita' di captazione rappresenterebbe un ‘campione' della prassi illecita protrattasi per anni e' una mera ed irragionevole forzatura dimostrata dalla stessa difficolta' riscontrata dalla Corte territoriale nell'individuazione del ‘dies a quo' della pericolosita' ascritta al proposto che e' stato fissato nel 2012 laddove, tuttavia, nessun episodio specifico e' stato indicato per il periodo compreso tra il 2012 ed il 2016 mentre per i procedimenti penali del 2016 e del 2018 nessuna determinazione e' stata al momento adottata dal PM; aggiunge che la Corte ha indicato, quale riscontro alla attivita' illecita del (OMISSIS), l'emissione di fatture per operazioni inesistenti denunziando la inconsistenza ovvero la sostanziale mancanza di motivazione sui relativi presupposti; 5.1.3 violazione di legge - insussistenza della qualifica soggettiva di cui al Decreto Legislativo 159 del 2011, articolo 1, lettera b), - mancata individuazione della esistenza di proventi derivanti dagli asseriti traffici delittuosi: segnala che nessun accertamento risulta nel decreto impugnato circa i proventi o redditi illeciti derivanti dalle attivita' delittuose e richiama, a tal proposito, la considerazione svolta dalla Corte di appello a pag. 27 da cui risulterebbe che l'attivita' del (OMISSIS) era gestita in perdita di esercizio; 5.1.4 violazione di legge con riguardo Decreto Legislativo 159 del 2011, articoli 1, 4 e 16, - mancanza della necessaria correlazione tra la ritenuta pericolosita' sociale e l'acquisizione dei beni confiscati: richiamato il principio di ‘correlazione temporale' tra il periodo di manifestazione della ravvisata pericolosita' e quello dell'acquisto dei beni confiscati, rileva che la Corte di appello ha individuato nel 2012 la data di inizio di tela periodo finendo, tuttavia, per confiscare i saldi attivi di tre conti correnti accesi, rispettivamente, nel 1996, nel 2010 e nel 2011 e, pertanto, in un periodo antecedente; 5.1.5 violazione di legge con riguardo Decreto Legislativo 159 del 2011, articoli 1, 4 e 16, - mancanza della necessaria correlazione tra la ritenuta pericolosita' sociale e l'acquisizione del bene confiscato: segnala che il principio di correlazione temporale giustifica la richiesta di annullamento della confisca di quei beni di cui non sia stato possibile accertare il momento di acquisizione, con particolare riferimento a quelli rinvenuti nell'immobile di via (OMISSIS), affermazione questa che aveva portato la I Sezione della Corte di appello di Bologna a revocare la confisca di gran parte di essi salvo, poi, contraddittoriamente, confermare il provvedimento impugnato unitamente alla soma di Euro 1.274.742 rinvenuta, in contanti, presso il medesimo immobile; segnala che il giudice del rinvio ha tentato di aggirare la criticita' segnalata con una motivazione meramente apparente ma, di fatto, inesistente, finendo per supporre che essi siano stati ricevuti o acquistati tra il 2012 ed il 2016 nonostante lo stesso perito del Tribunale non avesse potuto fornire elementi in tal senso, dal momento che la stessa Corte di appello aveva dato conto della attivita' del (OMISSIS), che era andata avanti per decenni; 5.2 (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), con ricorso a firma degli Avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS): violazione di legge con riguardo Decreto Legislativo 159 del 2011, articoli 1, 4 e 16, - mancanza della necessaria correlazione tra la ritenuta pericolosita' sociale e l'acquisizione del bene confiscato: rilevano che la Corte di appello, nonostante le indicazioni promananti dalla sentenza di rinvio, ha omesso qualsiasi disamina sulla necessaria correlazione temporale tra il manifestarsi della pericolosita' del proposto e l'acquisto dei beni appartenenti ai terzi interessati, limitandosi, in termini apodittici, a sostenere che il (OMISSIS) e' un soggetto che vive abitualmente dei proventi di traffici delittuosi; sottolinea che (OMISSIS) e (OMISSIS) non appartengono a nessuna delle categorie indicate nel Decreto Legislativo 159 del 2011, articolo 19; richiamano le considerazioni svolte dalla S.C. nella sentenza rescindente rilevando, in primo luogo, come le captazioni evocate siano del 2018 non comprendendosi, cosi', come potessero comprovare una pericolosita' sociale risalente anni addietro; ne', aggiungono, il fatto di aver presentato dichiarazioni Iva e denunce dei redditi utilizzando fatture attive intestate a soggetti che non avevano corrisposto i compensi ivi indicati, ha arrecato alcun pregiudizio patrimoniale all'Erario essendo inoltre illogico ritenere che tale condotta sia stata utile a coprire gli illeciti fiscali commessi dal proposto; sottolineano che l'unico ‘fatto' emerso era legato alla denunzia del furto di un monile prodotto in serie e che era stato riconosciuto tra quelli sequestrati a (OMISSIS) ma che costei possedeva da anni tanto che la stessa Corte ne ha disposto la restituzione; segnalano che nessuna indagine era mai stata effettuata sulla relazione esistente tra i beni confiscati ai terzi e l'ipotetico investimento operato dal proposto con capitali frutto di evasione fiscale; precisano che tali considerazioni riguardano (OMISSIS) per l'unico bene che non le e' stato ancora restituito e, a maggior ragione, per gli altri due terzi interessati, (OMISSIS) e (OMISSIS); 5.2.2 violazione di legge con riferimento all'articolo 26 Decreto Legislativo 159 del 2011 - mancanza di prove relative ai singoli beni di proprieta' di terzi interessati: rilevano che la pubblica accusa non ha fornito prova della proprieta' del proposto relativamente ai beni sequestrati ai terzi interessati e, in particolare, ai fratelli (OMISSIS); segnalano che il rapporto tra il (OMISSIS) e l' (OMISSIS) e' stato collocato temporalmente nell'arco di tre mesi tra il marzo ed il giugno del 2016; aggiungono che la Corte ha apoditticamente e senza alcun elemento oggettivo di riscontro, affermato che il (OMISSIS), avesse la disponibilita' di una stanza da letto gia' utilizzata dalla madre dei due (OMISSIS), sita nell'abitazione di (OMISSIS), non essendo tuttavia risultato che egli ne conservasse la chiave e non rilevando che avesse cercato rifugio dallo zio della moglie; segnalano che la somma di Euro 445.000 era stata occultata dal (OMISSIS), nella canna fumaria del camino situato nella sala da pranzo non essendo significativo che egli avesse depositato titoli di credito o assegni nella stanza che era stata della (OMISSIS) e da molti anni utilizzata come magazzino da tutti i familiari; rilevano la falsita' della affermazione secondo cui nell'appartamento fossero presenti due casseforti essendovene solo una le cui chiavi (OMISSIS) aveva consegnato alla sorella (OMISSIS), per ragioni di cautela legate anche all'eta' avanzata; aggiungono che i giudici di merito avevano gia' ritenuto di pertinenza di (OMISSIS) la somma di Euro 175.000 e, per pari importo, di pertinenza della (OMISSIS), risultando percio' perfettamente coerente la rivendicazione, da parte di (OMISSIS), della somma di Euro 300.000 circa, rappresentata dai risparmi dell'attivita' del bar ristorante; insistono, percio' nella revoca della confisca in favore di (OMISSIS) con riferimento ai beni specificamente indicati, (OMISSIS) e di (OMISSIS); 6. la Procura Generale aveva trasmesso la requisitoria scritta per l'udienza precedente cui si e' riportata nella requisitoria trasmessa per l'udienza del 25.1.2023: nell'occasione, la Procura aveva richiamato l'orientamento della Corte sull'autonomia valutativa del giudice della prevenzione rispetto ai presupposto per l'affermazione della responsabilita' penale; segnala che, nel caso di specie, il ricorso non indica alcuna pronuncia assolutoria che sia di ostacolo alla affermazione della pericolosita' generica; sottolinea che nemmeno la sentenza della Corte Costituzionale, richiamata dalla difesa, ha potuto snaturare il rapporto tra giudizio penale e giudizio di prevenzione postulando la necessita' di una sentenza di condanna definitiva; quanto al requisito della abitualita', rileva che il ricorso non si confronta con le articolate considerazioni svolte dalla Corte di appello finendo per sollecitare una rivalutazione degli elementi acquisiti, non consentita in questa sede; segnala che analoga considerazione va fatta con riguardo ai proventi derivanti da traffici delittuosi mentre il quarto motivo confonde il momento della accensione del conto corrente con quello della accumulazione patrimoniale illecita; segnala, ancora, come il quinto motivo non si confronti con la motivazione spesa dalla Corte territoriale; stessa considerazione, infine, muove con riguardo ai ricorsi dei terzi interessati; 7. la difesa di (OMISSIS), ha trasmesso una ampia memoria difensiva in cui prende posizione sulle considerazioni svolte dalla Procura Generale: rileva, quanto alle osservazioni svolte sul primo motivo, che la Procura Generale inverte la prospettiva in cui si e' mosso il ricorso e che si fonda sulla interpretazione "tassativizzante" della Corte Costituzionale circa la impossibilita' di fondare la pericolosita' generica su meri indizi richiedendosi una valutazione operata in sede penale ancorche' non di condanna contenente, comunque, un accertamento del fatto e della sua commissione da parte del proposto; ribadisce che il giudizio di pericolosita' non puo' invece fondarsi su risultanze investigative versate in procedimenti ancora in fase di indagini preliminari; richiama, sotto il profilo della abitualita', la sentenza di annullamento riferita ai piu' recenti episodi aggiungendo che la difesa, diversamente da quanto opinato dal PG, si e' confrontata con le argomentazioni in fatto contenute nel decreto segnalandone la natura meramente indiziaria; aggiunge che il reiterato richiamo, operato dalla Corte, alle conversazioni telefoniche, risulta in realta' generico in quanto privo di specificita' con conseguente ricaduta sulla precisione dei fatti cui esse si e' ritenuto facessero riferimento; ribadisce che quelli emersi sono dei meri sospetti di una attivita' delittuosa risalente non essendo nemmeno possibile individuare nel 2012 il termine da cui far decorrere la pericolosita'; segnala che, in ogni caso, l'emissione di fatture per operazioni inesistenti non integra ne' il delitto di cui all'articolo 8 ne' quello di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 4; 8. la difesa di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) ha trasmesso, a sua volta, una altrettanto ampia memoria difensiva: richiama, in primo luogo, la sentenza di annullamento quanto al profilo della correlazione temporale tra manifestazione di pericolosita' del proposto e acquisizioni patrimoniali suscettibili di ablazione; aggiunge che ne' (OMISSIS) ne' (OMISSIS) rientrano tra i soggetti indicati nel Decreto Legislativo 159 del 2011, articolo 26, insistendo sulla necessita' di una prova specifica sulla esistenza di condotte delittuose generatrici di profitti illeciti tra le quali, peraltro, non rientra l'evasione fiscale ovvero la emissione di fatture per operazioni inesistenti; sottolinea come la pericolosita' del proposto andrebbe, semmai, fatta decorrere dal 2018, con ogni conseguenza sulla ablazione dei beni di proprieta' dei ricorrenti; richiama le difese svolte con il ricorso circa la disponibilita', in capo al (OMISSIS), della stanza dell'appartamento di (OMISSIS) ove sono stati rinvenuti una serie di beni e valori oggetto di sequestro e, poi, di confisca; riepilogano, dunque, i beni di cui ciascun ricorrente rivendica la proprieta' e la restituzione. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS) e', complessivamente, infondato; quelli proposti nell'interesse dei terzi interessati sono, invece, inammissibili perche' articolati su censure non consentite in questa sede.di 1. Il ricorso di (OMISSIS) Il provvedimento impugnato e' stato adottato dalla Corte di appello di Bologna a seguito dell'annullamento, con rinvio, del decreto con cui lo stesso ufficio, in data 4.7.2019, pur in parziale modifica di quello del Tribunale, ne aveva sostanzialmente confermato l'impianto, sia quanto alla affermata pericolosita' sociale di (OMISSIS), nei cui confronti era stata adottata la misura della sorveglianza speciale, con obbligo di dimora nel comune di residenza, per anni tre, ed era stata disposta la confisca di una serie di beni (somme di denaro, autovetture, saldi attivi di conti correnti) sia direttamente riferibili al (OMISSIS), che, pur intestati a terzi, ritenuti cio' non di meno nella sua diretta e sostanziale disponibilita'. 1.1 La VI Sezione di questa Corte, con sentenza n. 21045 dell'8.4.2020., aveva infatti ravvisato, nel provvedimento impugnato sia dal proposto che dai terzi interessati, l'esistenza di profili di violazione di legge con riguardo, in particolare, all'accertamento dei presupposti della ritenuta pericolosita' sociale del (OMISSIS), nei cui confronti non era intervenuta alcuna sentenza irrevocabile di condanna per fatti delittuosi riconducibili al novero di quelli evocati del Decreto Legislativo 159 del 2011, articolo 1, comma 1, lettera b). La sentenza rescindente, in particolare, aveva osservato che "il requisito della pericolosita' generica non puo' essere desunto dal mero status di evasore fiscale seriale, in quanto, per stabilire se il proposto viva abitualmente con i proventi dell'attivita' delittuosa, occorre considerare la struttura dei reati commessi, assumendo rilievo le sole condotte generatrici di un profitto e non anche quelle meramente dirette ad evitare il pagamento di imposte riferite a redditi lecitamente prodotti"; aveva spiegato che "il fenomeno sottostante all'evasione fiscale che non e' sovrapponibile automaticamente alla nozione di persona abitualmente dedita a traffici delittuosi e che viva abitualmente, anche in parte, con i proventi di attivita' delittuose e sia, quindi, sottoponibile alle misure di prevenzione"; per altro verso, aveva sostenuto che non "... assolve alla descritta necessita' interpretativa la pendenza, in fase di indagini, di procedimenti penali a carico del proposto poiche', in tale evenienza, l'accertamento rimesso al giudice in materia di prevenzione non puo' limitarsi alla constatazione della esistenza della iscrizione della notizia di reato ma deve consistere nella individuazione e valorizzazione di quegli elementi di fatto suscettibili di integrare il presupposto dell'accertamento ovvero l'abitualita' della commissione di delitti ed enuclearne gli indici rivelatori del fatto illecito sia nella sua materialita' che nella sua dimensione temporale. In relazione agli episodi". In definitiva, quindi, l'annullamento era stato disposto in relazione alla ritenuta inadeguatezza della individuazione dei presupposti per affermare la pericolosita' sociale del proposto, mai attinto da condanne tali da poter ritenere che egli vivesse del provento di attivita' delittuose, non riconducibile ad una sia pur sistematica pratica di evasione fiscale. 1.2 Ritiene il collegio che il decreto della Corte di appello di Bologna, qui in verifica, abbia ovviato ai rilievi mossi dalla sentenza rescindente ed abbia, in sede di rinvio, operato un vaglio accurato dei presupposti per la adozione della misura personale come di quella patrimoniale. 1.3 E' infatti appena il caso di ribadire che nel procedimento di prevenzione, alla stregua di quanto gia' disposto dalla L. 27 dicembre 1956, n. 1423, articolo 4, richiamato dalla L. 31 maggio 1965, n. 575, articolo 3-ter, comma 2, e, oggi, dal Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 10, comma 3, e articolo 27, comma 2, il ricorso per cassazione e' ammesso soltanto per violazione di legge; ne consegue che e' esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimita' l'ipotesi dell'illogicita' manifesta ovvero della contraddittorieta' della motivazione, di cui all'articolo 606 c.p.p., lettera e), potendosi denunciare con il ricorso, poiche' qualificabile come violazione dell'obbligo di provvedere con decreto motivato imposto al giudice d'appello, esclusivamente il caso di motivazione inesistente o meramente apparente (cfr, Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246 - 01, laddove, in motivazione, la Corte ha ribadito che non puo' essere proposta come vizio di motivazione mancante o apparente la deduzione di sottovalutazione di argomenti difensivi che, in realta', siano stati presi in considerazione dal giudice o comunque risultino assorbiti dalle argomentazioni poste a fondamento del provvedimento impugnato; conf., piu' recentemente, Sez. 2 -, n. 20968 del 06/07/2020, Noviello, Rv. 279435 - 01, in cui la Corte ha chiarito che nel procedimento di prevenzione, anche il vizio di travisamento della prova per omissione ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), e' estraneo al procedimento di legittimita', a meno che il travisamento non abbia investito plurime circostanze decisive totalmente ignorate ovvero ricostruite dai giudici di merito in modo talmente erroneo da trasfondersi in una motivazione apparente o inesistente, riconducibile alla violazione di legge). Altro aspetto su cui, anche alla luce dei rilievi operati nella sentenza di annullamento e, poi, nel ricorso e nelle memorie difensive, e' opportuno soffermarsi, e' quello relativo al rapporto tra la misura di prevenzione e l'accertamento di fatti rilevanti ai fini del giudizio di pericolosita' e che sia intervenuto in sede penale. Ed anche sotto questo aspetto vale la pena ricordare come sia risalente, nella giurisprudenza di questa Corte, la affermazione secondo cui, tra il procedimento di prevenzione ed il processo penale, sussistono profonde differenze funzionali e strutturali, essendo il secondo ricollegato ad un determinato fatto reato ed il primo riferito ad una valutazione di pericolosita'; sicche', la reciproca autonomia dei due processi spiega gli interventi del legislatore per regolare i punti di possibile interferenza, abbandonando originarie sovrapposizioni e, di seguito, regole atipiche di pregiudizialita' per pervenire, da ultimo, alla configurazione di ambiti di totale autonomia, salva l'opportuna disposizione di coordinamento e di economia investigativa (cfr., Sez. 1, n. 5786 del 21/10/1999, Castelluccia; Rv. 215117 - 01; conf., Sez. 1, n. 5522 del 03/11/1995, Repaci, Rv. 203027 01, in cui la Corte aveva che il procedimento di prevenzione e' autonomo rispetto a quello penale, perche' nel primo si giudicano condotte complessive, ma significative della pericolosita' sociale; nel secondo si giudicano singoli fatti da rapportare a tipici modelli di antigiuridicita', sicche' nel procedimento di prevenzione il giudice e' legittimato a servirsi di elementi probatori e indiziari tratti dai procedimenti penali, prescindendo dalla conclusione alla quale il giudice e' pervenuto facendosi carico di individuare le circostanze di fatto rilevanti accertate in sede penale, e rivalutarle nell'ottica del giudizio di prevenzione). E', inoltre, noto il percorso di riflessione che e' stato intrapreso dalla giurisprudenza anche alla luce dalle sollecitazioni provenienti soprattutto in ambito convenzionale, e che ha trovato un importante momento di sintesi nella sentenza n. 24 del 2019 della Corte Costituzionale, che ha riguardato, in particolare, il profilo della determinatezza della fattispecie descrittiva della pericolosita' "generica", vagliata in un'ottica garantistica e di interpretazione convenzionalmente orientata. Ed era stato proprio il giudice delle leggi a ricordare, nell'occasione, che "nell'ambito di questa interpretazione tassativizzante, la Corte di cassazione - in sede di interpretazione del requisito normativo, che compare tanto nella lettera a) quanto nella lettera b) del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 1, degli "elementi di fatto" su cui l'applicazione della misura deve basarsi - fa infine confluire anche considerazioni attinenti alle modalita' di accertamento in giudizio di tali elementi della fattispecie. Pur muovendo dal presupposto che "il giudice della misura di prevenzione puo' ricostruire in via totalmente autonoma gli episodi storici in questione - anche in assenza di procedimento penale correlato - in virtu' della assenza di pregiudizialita' e della possibilita' di azione autonoma di prevenzione" (Cass., n. 43826 del 2018), si e' precisato: che non sono sufficienti meri indizi, perche' la locuzione utilizzata va considerata volutamente diversa e piu' rigorosa di quella utilizzata dal Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 4, per l'individuazione delle categorie di cosiddetta pericolosita' qualificata, dove si parla di "indiziati" (Cass., n. 43826 del 2018 e n. 53003 del 2017); che l'esistenza di una sentenza di proscioglimento nel merito per un determinato fatto impedisce, alla luce anche del disposto dell'articolo 28, comma 1, lettera b), che esso possa essere assunto a fondamento della misura, salvo alcune ipotesi eccezionali (Cass., n. 43826 del 2018); che occorre un pregresso accertamento in sede penale, che puo' discendere da una sentenza di condanna oppure da una sentenza di proscioglimento per prescrizione, amnistia o indulto che contenga in motivazione un accertamento della sussistenza del fatto e della sua commissione da parte di quel soggetto (Cass., n. 11846 del 2018, n. 53003 del 2017 e n. 31209 del 2015)". Va tuttavia chiarito che l'intervento della Corte Costituzionale era stato sollecitato, ed e' intervenuto, in ordine al profilo della sufficiente determinatezza delle ipotesi e categorie di pericolosi "generici", come normativamente disegnate dal legislatore; e' per l'appunto in questa prospettiva che e' stata richiamata, dai giudici delle leggi, la giurisprudenza di questa Corte in punto di interpretazione "tassativizzante" di tali categorie, nell'ottica della ricerca di uno standard di "legalita'" (che si e' ritenuto di poter qualificare come "alta") in grado di garantire la prevedibilita' delle conseguenze derivanti dalla consumazione di condotte suscettibili di evocare le predette categorie. La Corte Costituzionale ha percio' chiarito che "... nell'esaminare... se la giurisprudenza della Corte di cassazione della quale si e' poc'anzi dato conto sia riuscita nell'intento di conferire un grado di sufficiente precisione, imposta da tutti i parametri costituzionali e convenzionali invocati, alle fattispecie normative in parola, occorre subito eliminare ogni equivoca sovrapposizione tra il concetto di tassativita' sostanziale, relativa al thema probandum, e quello di cosiddetta tassativita' processuale, concernente il quomodo della prova. Mentre il primo attiene al rispetto del principio di legalita' al metro dei parametri gia' sopra richiamati, inteso quale garanzia di precisione, determinatezza e prevedibilita' degli elementi costitutivi della fattispecie legale che costituisce oggetto di prova, il secondo attiene invece alle modalita' di accertamento probatorio in giudizio, ed e' quindi riconducibile a differenti parametri costituzionali e convenzionali - tra cui, in particolare, il diritto di difesa di cui all'articolo 24 Cost. e il diritto a un "giusto processo" ai sensi, assieme, dell'articolo 111 Cost. e dall'articolo 6 CEDU - i quali, seppur di fondamentale importanza al fine di assicurare la legittimita' costituzionale del sistema delle misure di prevenzione, non vengono in rilievo ai fini delle questioni di costituzionalita' ora in esame". Di qui la ulteriore precisazione secondo cui "... non sono, dunque, conferenti in questa sede i pur significativi sforzi della giurisprudenza - nella perdurante e totale assenza, nella legislazione vigente, di indicazioni vincolanti in proposito per il giudice della prevenzione - di selezionare le tipologie di evidenze (genericamente indicate nelle disposizioni in questione quali "elementi di fatto") suscettibili di essere utilizzate come fonti di prova dei requisiti sostanziali delle "fattispecie di pericolosita' generica" descritte dalle disposizioni in questa sede censurate: requisiti consistenti - con riferimento alle ipotesi di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 1, lettera a), - nell'essere i soggetti proposti "abitualmente dediti a traffici delittuosi" e - con riferimento alla lettera b) - nel vivere essi "abitualmente, anche in parte, con i proventi di attivita' delittuose"". Si e' percio' ritenuto che, proprio alla luce della evoluzione della giurisprudenza successiva alla sentenza "De Tommaso", sia possibile assicurare, in via interpretativa, una lettura sufficientemente precisa della fattispecie di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 1 lettera b), con specifico riferimento alla categoria di "coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attivita' delittuose" e che va intesa come "... espressiva della necessita' di predeterminazione non tanto di singoli "titoli" di reato, quanto di specifiche categorie di delitto". E, come pure precisato dai giudici delle leggi, le "categorie delittuose" che possono essere assunte a presupposto per la adozione della misura di prevenzione, sono poi suscettibili di concretizzarsi, nel caso di specie esaminato dal giudice, in virtu' del triplice requisito - da provarsi sulla base di precisi "elementi di fatto", di cui si dovra' dare conto puntualmente nella motivazione (articolo 13 Cost., comma 2,) - per cui deve trattarsi di a) delitti commessi abitualmente (e dunque in un significativo arco temporale) dal soggetto, b) che abbiano effettivamente generato profitti in capo a costui, c) i quali a loro volta costituiscano - o abbiano costituito in una determinata epoca - l'unico reddito del soggetto, o quanto meno una componente significativa di tale reddito. Traendo le fila del discorso, rileva il collegio che i principi convenzionali e costituzionali che hanno guidato il progressivo evolversi della giurisprudenza, hanno imposto la adozione di criteri interpretativi in grado di garantire degli standard di legalita' "alta", quanto alla individuazione delle condotte e dei comportamenti da cui possano conseguire provvedimenti di prevenzione di natura personale o patrimoniale. Ed e' in quest'ottica che, correttamente, si e' ribadito - anche in sede costituzionale - come la premessa per la adozione di tali provvedimenti non sia l'accertamento di "delitti", terreno piu' propriamente di competenza del giudice penale, ma di "elementi di fatto" da cui possa desumersi che il proposto viva abitualmente, anche in parte, del provento di attivita' delittuose (cfr., articolo 1, lettera b), cit.). Ecco, allora, che l'avvertita esigenza di uno "standard" di legalita' "alta", finisce con il riflettersi non tanto sulle modalita' di accertamento quanto, piuttosto, sull'oggetto della verifica operata dal giudice della prevenzione e che deve essere focalizzato, per l'appunto, sull'esistenza di "elementi di fatto" suscettibili di essere individuati e ricostruiti con adeguata precisione e puntualita'. Il tema si intreccia, tuttavia, e come accennato, con quello del quomodo dell'accertamento, dal momento che e' certamente possibile, per il giudice della prevenzione, prendere atto dell'esistenza di un giudicato penale, relativo ad un "fatto" coincidente con una fattispecie delittuosa e per cui sia intervenuta una condanna passata in giudicato; in tal caso, infatti, gli "elementi di fatto" sono direttamente evincibili dalla sentenza che ha riconosciuto la loro conformita' alla fattispecie di reato per cui e' intervenuta la condanna. Ma, come e' stato piu' volte ribadito, l'accertamento "pieno" del fatto ben puo' essere contenuto, ed essere quindi desunto, da una pronuncia che, in sede penale, abbia tuttavia dovuto constatare la intervenuta prescrizione del reato; e' appena il caso di richiamare, a tal proposito, ed in ambito prettamente penale, il disposto di cui agli articoli 578 e 578bis c.p.p. ma, anche, ed in termini piu' attinenti che ci occupa del tema introdotta dal Decreto Legislativo 150 del 10 ottobre 2022, articolo 578ter, c.p.p.. Non e' questa la sede per affrontare l'esame della norma di nuovo conio, essendo sufficiente rilevare essa, a ben guardare, sia la diretta e piu' emblematica espressione della autonomia del procedimento di prevenzione rispetto al procedimento penale e, nel contempo, sia assolutamente esplicita nel ribadire come il giudice della prevenzione ben possa utilizzare le risultanze di un procedimento penale, non esitato in una sentenza di condanna, per individuare e ricostruire gli "elementi di fatto" su cui fondare la diagnosi di pericolosita' generica nei termini sopra indicati. Permangono percio' tutte le condizioni per ribadire e riaffermare ancora in questa occasione la persistente validita' del principio secondo cui, in tema di misure di prevenzione, il giudice, attesa l'autonomia tra procedimento penale e procedimento di prevenzione, puo' valutare autonomamente i fatti accertati in sede penale, al fine di giungere ad un'affermazione di pericolosita' generica del proposto Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159, ex articolo 1, comma 1, lettera b), non solo in caso di intervenuta declaratoria di estinzione del reato o di pronuncia di non doversi procedere, ma anche a seguito di sentenza di assoluzione ai sensi dell'articolo 530, comma 2, c.p.p., ove risultino delineati con sufficiente chiarezza e nella loro oggettivita' quei fatti che, pur ritenuti insufficienti - nel merito o per preclusioni processuali - per una condanna penale, ben possono essere posti alla base di un giudizio di pericolosita' (cfr.. Sez. 2, n. 4191 del 11/01/2022, Staniscia, Rv. 282655 - 01; Sez. 2 -, n. 33533 del 25/06/2021, Avorio, Rv. 281862 - 01; Sez. 2 -, n. 25042 del 28/04/2022, Amandonico, Rv. 283559 - 03 in cui la Corte ha ribadito che giudizio di prevenzione e' funzionale a valutare la condizione di pericolosita' sociale del prevenuto e non presuppone un compiuto accertamento della responsabilita' penale, affermando tale principio in una fattispecie in cui il giudizio di pericolosita' era stato fondato sulla valutazione di atti di indagine e non su sentenze di condanna o, anche, di proscioglimento). E' tuttora possibile, insomma, ribadire che nel procedimento di prevenzione il giudice puo' pur sempre valorizzare elementi probatori e indiziari tratti dai procedimenti penali e procedere ad una nuova ed autonoma valutazione dei fatti ivi accertati, purche', naturalmente, dia atto in motivazione delle ragioni per cui essi siano da ritenere sintomatici della attuale pericolosita' del proposto (cfr., Sez. 2, n. 26774 del 30/04/2013, Chianese, Rv. 256819 - 01; Sez. 6, n. 4668 del 08/01/2013, Parmigiano, Rv. 254417 - 01; Sez. 5, n. 1968 del 31/03/2000, Mannone, Rv. 216054 - 01). 1.4 Tanto premesso, e prima di dar conto di come, a parere del collegio, la Corte di appello, con il provvedimento qui impugnato, abbia sopperito ai rilievi mossi dalla sentenza di annullamento, e' opportuno replicare all'eccezione sollevata dalla difesa in ordine alla inutilizzabilita' dei risultati dell'attivita' di intercettazione effettuata nell'ambito di altri procedimenti: va ribadito, a tal proposito, il consolidato orientamento di questa Corte (ovviamente maturato nel regime dettato dal previgente testo dell'articolo 270 c.p.p.) secondo cui i limiti di utilizzabilita' dei risultati delle intercettazioni nei procedimenti diversi da quelli in cui sono state disposte non valgono in riferimento al procedimento di prevenzione, proprio (e, si potrebbe dire, ancora una volta) in ragione della sua autonomia rispetto a quello penale (cfr., Sez. 5, n. 37659 del 28/05/2008, Simonetta, Rv. 241944 - 01; conf., piu' recentemente, tra le non massimate, Sez 5, n. 31613 del 12.10.2020, Di Palma). D'altra parte, la stessa sentenza di annullamento (cfr., pag. 11), lungi dal rilevarne la inutilizzabilita', aveva anzi invitato il giudice del rinvio ad "... analizzare... il contenuto dei due controlli di polizia e verificare la solidita' del quadro indiziario che ne conseguiva alla luce delle intercettazioni telefoniche e delle indagini in corso..." (cfr., dalla motivazione della sentenza rescindente). Ed e', a ben guardare, proprio cio' che la Corte di appello di Bologna ha fatto: il provvedimento qui impugnato, infatti, ha operato e dato conto della "compiuta analisi degli atti di indagine" delle Procure di Reggio Emilia e di Livorno che, a suo avviso, avevano fanno "emergere la dedizione abituale a traffici delittuosi del (OMISSIS)" (cfr., pag. 23 del decreto in verifica) e, in particolare, avevano portato alla acquisizione di gravi indizi per i delitti di ricettazione e di riciclaggio; ha richiamato le risultanze del proc. 1396/18 instaurato ad Ancona con una attivita' di captazione delle conversazioni telefoniche protrattasi per tre mesi; ma, anche, del proc. 3731/16 derivante da una parallela indagine per fatti di corruzione in atti giudiziari, svolta con il ricorso ad attivita' di intercettazione per un mese (marzo-aprile del 2016) "nel quale emergono, con prepotenza, gli stessi reati di ricettazione, di riciclaggio e fiscali" (cfr., ivi, pag. 23). I giudici (OMISSIS) hanno inoltre evocato il proc. 2726/18 RGNR relativo sull'episodio del 28 maggio 2018, ovvero l'inseguimento della Fiat 500 condotta dal (OMISSIS), il successivo rinvenimento di denaro contante (Euro 10.000) abbandonato da uno degli occupanti datosi alla fuga, ed i 18.000 Euro trovati nella auto, insieme ad una collanina in oro. Era emerso che il passeggero datosi alla fuga era tale (OMISSIS), nomade, pregiudicato, che, dall'ascolto delle conversazioni intercettate, si era acclarato aver ricevuto 75.000 Euro per l'acquisto di quattro diamanti (del valore di 300.000 Euro) frutto di un furto in un appartamento, all'esito di una trattativa direttamente "monitorata" dagli investigatori; sempre con riguardo a questo episodio, la Corte di appello ha richiamato alcune conversazioni, giudicate particolarmente emblematiche della consapevolezza, in capo al (OMISSIS), della origine delittuosa dei diamanti (cfr., pag. 24: "... se li avesse avuto addosso... era fatta... ero rovinato... denuncia per ricettazione") che, tuttavia, dopo aver ottenuto una certificazione di purezza e di autenticita', erano stati messi al sicuro nelle mani di un gioielliere amico del proposto (cfr., ivi). I giudici del rinvio hanno inoltre ripercorso gli esiti del controllo del 23 giugno 2018 da parte dei c.c. di Livorno, cui gli operanti erano peraltro pervenuti non in maniera casuale ma grazie all'ascolto delle conversazioni intrattenute all'interno della autovettura Jaguar del proposto, il quale si era recato a Livorno insieme all'amico (OMISSIS) per vendere due orologi di valore, gioielli e 800 swatch che il (OMISSIS), aveva addosso e che, ad un eventuale controllo di polizia, avrebbe dovuto dire essere i suoi (cfr., ivi, pag. 25). Ed e' stato proprio alla luce delle conversazioni intercettate che la Corte di appello, con valutazione esente da rilievi suscettibili di essere dedotti in questa sede, ha potuto rivalutare quei medesimi fatti nonostante la intervenuta archiviazione della notizia di reato da parte del GIP di Livorno e la conseguente restituzione dei beni in sequestro; a tal proposito, infatti, ha richiamato in maniera puntuale il contenuto delle intercettazioni (come sintetizzate nei brogliacci) e congruamente considerate, nel loro tenore, sintomo della "indefessa attivita' di commercio di preziosi e di orologi di provenienza delittuosa, molto lucrativa per il (OMISSIS)" (cfr., pag. 25). A testimonianza della risalenza, nel tempo, della attivita' del (OMISSIS), ha inoltre richiamato un episodio, analogo, risalente al novembre del 2007 occorso in Modena con procedimento, anche in tal caso, verosimilmente archiviato ma che, alla luce delle nuove risultanze investigative, suscettibile di essere letto in una diversa prospettiva. La Corte di appello ha quindi richiamato le risultanze dei tre mesi di intercettazioni, eseguite tra il 19.3.2018 ed il 16.6.2018, che avevano consentito di dar conto del consolidato e risalente rapporto del (OMISSIS) con l' (OMISSIS), il quale rivestiva un ruolo centrale nella "catena della rivendita dei gioielli rubati nel nord Italia" (cfr., ivi, pag. 26), testimoniato sia dalla intercettazione del 15.4.2016 che dalle stesse parole del (OMISSIS) il quale affermava di conoscerlo da cinquant'anni; analogo consolidato rapporto, secondo le risultanze evidenziate dalla Corte di appello, era inoltre quello del (OMISSIS) con tale (OMISSIS), di (OMISSIS), pluripregiudicato per delitti contro il patrimonio ed intermediario nell'acquisto dei diamanti di cui alla vicenda del (OMISSIS); e, ancora, simile era il rapporto dell'odierno ricorrente con tale (OMISSIS), a sua volta pluripregiudicato per delitti contro il patrimonio, cui il proposto si era rivolto (progr. 20, int. nel proc. (OMISSIS)) per l'acquisto di un diamante ma, anche, per gli oggetti di cui alla conversazione dell'(OMISSIS) la cui origine delittuosa e' stata congruamente desunta dal tenore del dialogo ("... a quelli li' gli faccio cambiare tutto dopo io, dai..."); altro "interlocutore" del (OMISSIS) e' stato individuato, dalla Corte, in tale (OMISSIS), anch'egli pluripregiudicato per delitti contro il patrimonio e per ricettazione (cfr., ivi, pag. 27) Ulteriori elementi sono stati evidenziati dai giudici di merito con riguardo alla vendita di "falsi perfetti" (cfr., ivi, pag. 27) ed alla indefessa attivita' di vendita di preziosi in quel di Montecarlo nel corso del 2016 (cfr., ivi) e che aveva consentito alla GdF di stimare in Euro 1.678.500 il denaro "movimentato" dal (OMISSIS) in solo mese del 2016 a fronte di un volume annuo di affari dichiarato per 40/45.000 Euro tra il 2009 ed il 2015. Sono stati inoltre richiamati gli elementi che avevano consentito di risalire alla attivita' di acquisto di preziosi da parte di privati in difficolta' ma, anche, i rapporti con l'orefice Prampolini per la creazione di false garanzie per orologi di cui, proprio per questa ragione, si doveva ritenere la origine evidentemente illecita (cfr., ivi, pag. 28). In definitiva, la Corte di appello, all'esito della ricognizione delle risultanze delle attivita' di indagine che avevano variamente attinto il proposto, benche' non sfociate in sentenze di condanna, ha tuttavia potuto concludere nel senso della "... sistematica perpetrazione, da parte dei (OMISSIS), dei delitti di ricettazione e di falso, e la correlata frode nell'esercizio del commercio, oltre che di riciclaggi, rilevanti al fine del giudizio di pericolosita', perche' produttivi di profitti e unica fonte di redditi ed integranti per certo l'abitualita'" (cfr., ivi, pagg. 28-29). Ha affermato che l'attivita' di captazione, pur limitata ad un periodo di tre mesi nel corso del 2018 e di un mese nel corso del 2016, aveva cio' non di meno consentito di gettare luce su "... una prassi illecita protratta per anni, la cui proiezione nel lungo periodo ben puo' spiegare l'ingente fortuna accumulata" (cfr., ivi, ancora, pag. 29) e, per altro verso, fondare una diagnosi di "abitualita'" nelle condotte delittuose produttive di reddito, a sua volta "coperto" attraverso una "parvenza" di attivita' ufficiale di procacciatore d'affari, regolarmente registrata, e supportata dalla emissione di false fatture in favore di soggetti che avevano sistematicamente negato di avere avuto rapporti con il proposto, soggetti inesistenti, evasori totali, o ditte cessate; in tal modo, ha osservato la Corte di appello, il proposto aveva nel tempo commesso anche una serie di reati fiscali (del Decreto Legislativo 74 del 2000, articoli 4 e 8) certamente suscettibili di essere considerati ai fini della pericolosita' "generica" del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, (ex articolo 1, comma 1, lettera b), cfr., in tal senso, tra le tante, Sez. 1 -, n. 20160 del 16/11/2021, Bonaffini, Rv. 283089 - 01, in cui la Corte ha affermato che colui che e' dedito in modo continuativo a condotte di evasione degli obblighi fiscali presenta una forma di pericolosita' sociale che lo colloca nella categoria di cui al Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159, articolo 1, comma 1, lettera b), sicche' i beni a lui derivanti dal reinvestimento della provvista finanziaria illecitamente realizzata possono essere oggetto di confisca, in quanto provento di delitto; conf. Sez. 2, n. 13566 del 19/02/2019, Maccione, Rv. 275771 - 01; Sez. 1, n. 53636 del 15/06/2017, Gargano, Rv. 272167 - 01). In altri termini, secondo la Corte di appello, le risultanze dei procedimenti del 2016 e del 2018 hanno fornito la prova del "modus operandi" del (OMISSIS), nell'esercizio della sua attivita' commerciale di preziosi e di orologi di lusso di origine illecita, commercializzati ovviamente "in nero" e con la "copertura" di una attivita' ufficiale "comprovata" attraverso la altrettanto sistematica attivita' di emissione di fatture per operazioni inesistenti. La incessante e lucrosa attivita' in tal modo svolta dal (OMISSIS) era stata, secondo la Corte, evidenziata anche dagli esiti della attivita' di perquisizione e sequestro disposti nel proc. pen. 3731/2016 RGNE RE, seguito dal sequestro di prevenzione e confisca di beni preziosi negli appartamenti di via (OMISSIS) per un valore complessivo di Euro 2.192.000 e di orologi da polso, (107 autentici e 20 falsi), per un valore complessivo di Euro 2.199.485, oltre che Euro 1.200.000 di Euro in contanti detenuti senza alcuna giustificazione. Il collegamento diretto tra la attivita' di commercio "illegale" di beni preziosi di origine illecita e la sua "schermatura" con quella di procacciatore di affari, ha consentito, inoltre, alla Corte di appello di individuare - con argomentazione non incongrua e, comunque, ancora una volta non certo "apparente" - il dies a quo della pericolosita' del proposto nella "... prima annualita' della accertata dichiarazione fraudolenta" (cfr., pag. 34) ritenendo appurato che "... quanto meno dal 2012 il (OMISSIS), commerciasse in preziosi ed orologi di lusso di provenienza delittuosa (provento di furto o di contraffazione), compisse attivita' dirette ad occultarne la provenienza, ed altro ancora, come sopra dimostrato, secondo le consuete modalita'" aggiungendo che "tale attivita' era fonte di profitti all'origine dei suoi guadagni, sua fonte di reddito atteso che si e' dimostrato che e' stato dimostrato che l'attivita' di procacciatore di affari era di mera facciata" (cfr., ancora, ivi, pag. 35). A fronte di tali considerazioni, rileva il collegio che i rilievi difensivi articolati nel secondo e nel terzo motivo del ricorso proposto nell'interesse del (OMISSIS), non possono attingere profili di violazione di legge ma, semmai, ed a tutto voler concedere, di incongruita' o inadeguatezza della motivazione, non suscettibili di essere dedotti in questa sede nemmeno "sub specie" di motivazione "apparente" o "inesistente". 1.5 Una volta individuato il dies a quo della insorgenza della pericolosita' e, ai fini della "perimetrazione temporale" finalizzata alla individuazione dei beni acquisiti in quell'arco temporale, i giudici del rinvio hanno ragionevolmente concluso nel senso che quelli attinti dalla misura patrimoniale risalissero agli ultimi anni (ovvero in data non antecedente al 2012), tenuto conto del loro numero e della loro natura, in quanto oggetto di una attivita' di commercio continuativa e proseguita anche ad onta dei sequestri intervenuti nel tempo e che da' conto del carattere attuale della pericolosita' del proposto, certamente a suo avviso tale al momento del deposito della richiesta del PM. La Corte di appello ha valorizzato, in definitiva, la "continua movimentazione di denari e di preziosi" (cfr., ivi, pag. 35), testimoniata dalla stima operata dalla GdF in un solo mese del 2016, per concludere nel senso che quanto appreso nell'occasione fosse stato oggetto non gia' di una risalente provvista, quanto di una attivita' di commercio "... indefessa di beni e denari, che non rimanevano certo a lungo nella sua disponibilita', avuto riguardo al giro di affari enorme a lui riferibile" (cfr., ivi). Lo stesso dicasi, naturalmente, per quanto attiene ai saldi dei conti correnti che, sia pur accesi in anni antecedenti al 2012, avevano riguardato, com'e' ovvio, le somme ivi confluite da ultimo. Anche sotto questo profilo, percio', il provvedimento impugnato risulta sorretto da una motivazione non certamente apparente e che lo sottrae ai rilievi consentiti in questa sede. 2. I ricorsi dei terzi interessati Passando ai ricorsi dei terzi interessati, e' necessario, in primo luogo, puntualizzare che costoro, in quanto intestatari di beni ritenuti invece nella disponibilita' del proposto, sono legittimati esclusivamente a dedurre l'effettiva titolarita' e la proprieta' dei beni sottoposti a vincolo, assolvendo al relativo onere di allegazione, non essendo, invece, titolati a sostenere che il bene sia di effettiva proprieta' del proposto, essendo del tutto estraneo ad ogni questione giuridica relativa ai presupposti per l'applicazione della misura nei confronti di quest'ultimo - quali la condizione di pericolosita', la sproporzione fra il valore del bene confiscato ed il reddito dichiarato, nonche' la provenienza del bene stesso - e che solo costui puo' avere interesse a far valere (cfr., in tal senso, tra le altre, Sez. 5, n. 333 del 20/11/2020, Icardi, Rv. 280249 01; Sez. 6 -, n. 7469 del 04/06/2019, Hudorovic, Rv. 278454 03; Sez. 2, n. 31549 del 06/06/2019, Simply soc. coop., Rv. 277225 - 04). Le censure articolate nel primo motivo del ricorso dei terzi interessati e', percio', inammissibile. Tanto premesso, il collegio rileva che la Corte di appello ha tuttavia argomentato, in termini non censurabili in questa sede, circa la sostanziale riferibilita' ad (OMISSIS), dei beni attinti dalla misura patrimoniale ed intestati a (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Quanto a (OMISSIS), peraltro, la Corte di appello ha correttamente evocato la presunzione di cui al Decreto Legislativo 159 del 2011, articolo 26 che, e' pur opportuno ribadirlo, in continuita' con il regime normativo previgente (cfr., della L. n. 575 del 1965, articolo 2-ter, comma 13,), stabilisce una vera e propria presunzione relativa di fittizieta' della intestazione di beni o valori che sia intervenuta, in un determinato arco di tempo, in favore di quelle particolari categorie di soggetti. A conforto della effettiva valenza della presunzione e' infatti sufficiente richiamare le considerazioni svolte dalle SS.UU. "De Angelis" del (OMISSIS): in quella occasione fu chiarito che "... previsione e' disgiunta rispetto a quella delineata nel comma 1, nel senso che alla portata generale di quest'ultima, valida per tutti i casi di interposizione fittizia, segue l'articolazione di un duplice meccanismo di presunzioni iuris tantum, operanti in relazione ad evenienze specificamente individuate dal legislatore sulla base di predeterminati limiti di ordine soggettivo e temporale, ovvero modulati sulla considerazione della peculiare tipologia dell'atto (intestazione gratuita o fiduciaria)"; fu precisato che "... sulla base di tali presunzioni, si introduce un'inversione dell'onere della prova a carico del terzo, intestatario formale, che deve dimostrare il carattere reale, non fittizio, dell'atto di disposizione, deducendo la fonte dei mezzi di pagamento o della capacita' reddituale idonea a giustificare l'acquisto con risorse proprie e commisurate al valore del bene" sicche' "... se la prova e' fornita, la confisca non puo' essere pronunciata perche' il bene deve reputarsi appartenere effettivamente al terzo (anche se il proposto puo' subire, comunque, la confisca per equivalente); se la prova non e' fornita, il giudice ordina la confisca, perche' il bene si presume del proposto, e dichiara la nullita' dell'atto di trasferimento". In definitiva, sempre secondo la pronuncia sopra richiamata, "... l'articolo 26, comma 2, lettera a)... introduce nel sistema un'ulteriore presunzione, dotata di propria autonomia, che se, da un lato, non fa venire meno quella prevista dal Decreto Legislativo cit. articolo 19, comma 3, - relativa a determinate figure soggettive (coniuge, figli e coloro che, nell'ultimo quinquennio, hanno convissuto con il proposto) per le quali continua ad essere previsto l'obbligo delle indagini patrimoniali -, dall'altro lato, si estende su una piu' ampia platea di soggetti (l'ascendente, i parenti entro il sesto grado e gli affini entro il quarto), per i quali sono presunte iuris tantum le operazioni intervenute a qualunque titolo, gratuito ovvero oneroso, entro un arco temporale definito nei due anni antecedenti la presentazione della proposta"; conclusivamente "... il meccanismo presuntivo - che nel caso degli atti a titolo oneroso si estende ai parenti sino al sesto grado ed agli affini sino al quarto, mentre per gli atti a titolo gratuito o fiduciario si applica nei confronti di tutti, anche dei terzi estranei - operi in deroga alla disposizione di cui all'articolo 24 Decreto Legislativo cit., ove in linea generale si prevede che incombe sull'accusa l'onere di provare, sulla base di elementi fattuali connotati dai requisiti della gravita', precisione e concordanza, la sussistenza della disponibilita' dei beni in capo al proposto" (cfr., Sez. U, n. 12621 del 22/12/2016, De Angelis, Rv. 270081 - 01). Altrettanto opportuno, inoltre, ribadire che, ai fini della confisca, non e' necessaria la prova della derivazione del bene da attivita' illecite essendo sufficiente, a fondare la adozione del provvedimento, l'esito del giudizio di sproporzione. Detto questo, il collegio rileva come la Corte di appello abbia motivato con riguardo alla posizione della (OMISSIS), (cfr., pagg. 39-40), cui, peraltro, ha restituito la Porche 911 perche' acquistata in data antecedente il 2012 e, dunque, al di fuori del "perimetro temporale" della pericolosita' laddove, per le altre autovetture, ha invece evocato gli esiti della attivita' di intercettazione che consentivano di ricondurle alla diretta disponibilita' del (OMISSIS); analogamente, la Corte ha provveduto per quanto concerne i gioielli custoditi nelle cassette di sicurezza e ivi gia' presenti nel 2007. I giudici (OMISSIS) hanno inoltre restituito una serie di beni a (OMISSIS) ed allo stesso (OMISSIS), rispettivamente madre e zio della (OMISSIS); in particolare, con riguardo al (OMISSIS), hanno restituito all'istante quattro orologi rinvenuti nella cassaforte del ripostiglio attiguo alla sua camera da letto giudicandoli, per questa ragione, di sua pertinenza cosi' come la somma di Euro 4.750 giudicati incassi "in nero" del bar (OMISSIS); diversamente, invece, e con decisione che, sorretta da motivazione certamente non apparente, hanno fatto per quanto concerne gli orologi e i due gioielli rinvenuti nella stanza da letto gia' occupata dalla madre del proposto, sul rilievo secondo ivi erano stati rinvenuti decine di assegni riferibili certamente al (OMISSIS) e la somma di 445.000 non rivendicata dal (OMISSIS) ed altre decine di gioielli ed orologi, aggiungendo che da quella stanza si poteva accedere al sottotetto con la cassaforte riferibile al proposto. Le censure articolate dalle difese dei terzi interessati nel secondo motivo di ricorsi sono, percio', inammissibili in quanto incentrate su rilievi "di merito" ovvero, comunque, semmai, su vizi di motivazione non suscettibili di essere dedotti in questa sede. 3. Il rigetto del ricorso di (OMISSIS) comporta la condanna di quest'ultimo al pagamento delle spese processuali; l'inammissibilita' dei ricorsi dei terzi interessati ne comporta la condanna, oltre che al pagamento delle spese processuali, anche della somma - che si stima equa - di Euro 3.000 ciascuno, in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. dichiara inammissibili i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Rigetta il ricorso di (OMISSIS) che condanna al pagamento delle spese processuali.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. VILLONI Orlando - Presidente Dott. GIORDANO Emilia An - rel. Consigliere Dott. DE AMICIS Gaetano - Consigliere Dott. TRIPICCIONE Debora - Consigliere Dott. DI GIORVINE Ombretta - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sui ricorsi proposti da: Procuratore generale presso la Corte di appello di Palermo; nel procedimento a carico di: (OMISSIS), nato il (OMISSIS); (OMISSIS), nato il (OMISSIS); (OMISSIS), nato il (OMISSIS); (OMISSIS), nato il (OMISSIS); (OMISSIS), nato il (OMISSIS); e da: (OMISSIS), nato il (OMISSIS); avverso la sentenza del 15/03/2022 della Corte di Assise di appello di Palermo; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere GIORDANO Emilia Anna; sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale LETTIERI Nicola che ha concluso chiedendo il rigetto di entrambi i ricorsi; sentito, per la parte civile " (OMISSIS)", l'avvocato (OMISSIS) che insiste per l'accoglimento del ricorso del Procuratore generale e deposita conclusioni e nota spese; sentiti per (OMISSIS), l'avvocato (OMISSIS); per (OMISSIS), l'avvocato (OMISSIS); per (OMISSIS), l'avvocato (OMISSIS); per (OMISSIS), l'avvocato (OMISSIS) in qualita' di sostituto processuale dell'avvocato (OMISSIS), i quali hanno insistito per la declaratoria di inammissibilita' o rigetto del ricorso del procuratore generale;. sentito, per l'imputato per (OMISSIS) l'avvocato (OMISSIS) che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso del Procuratore Generale e l'accoglimento del ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS). RITENUTO IN FATTO 1. La Corte di Assise di appello di Palermo, con la sentenza indicata in epigrafe; - ha confermato l'assoluzione di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) dal reato di cui all'articolo 416-bis c.p., per avere fatto parte, con ruoli direttivi e apicali gli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS), dell'associazione mafiosa nigeriana (OMISSIS), meglio descritta al capo 1), gruppo costituito dalla propaggine italiana della (OMISSIS) operante a livello nazionale (Zone) in stretto contatto con il vertice nigeriano, che autorizzava la nomina dei predetti dirigenti, agendo in contatto con gli altri vertici nigeriani, Europei e mondiali nonche' con i capi dei forum locali stanziati in altre citta', fra i quali quello di Palermo; gli altri quali partecipi (ruolo meglio descritto al capo 2) dell'organizzazione (OMISSIS) promuovendone le attivita' illecite consistenti nel compimento di delitti contro la vita, l'incolumita' individuale, la liberta' personale e il patrimonio, per acquisire in modo diretto o indiretto il controllo delle attivita' economiche, ad esempio in materia di riscossione crediti, controllo e sfruttamento della prostituzione e del traffico di stupefacenti, avvalendosi della forza di intimidazione e della condizione di assoggettamento e omerta' che ne deriva, reati commessi in Palermo, Napoli e altre citta' e in tutto il territorio nazionale sino alla data odierna; - ha riformato la sentenza di primo grado nei confronti di (OMISSIS) condannandolo alla pena di anni trenta di reclusione. In particolare, in accoglimento dell'appello del Pubblico Ministero, ha ritenuto sussistente l'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1. c.p., sotto il profilo dell'essersi avvalso delle condizioni mafiose per tutti i reati; ha riqualificato il reato di sequestro di persona (articolo 605 c.p.) in quello di cui all'articolo 630 c.p.; ha ritenuto, altresi', sussistenti (richiamando le contestazioni ascritte all'imputato) le aggravanti della premeditazione e del nesso teleologico, in relazione al reato di lesioni pluriaggravate; il nesso teleologico con riferimento al reato pluriaggravato di violenza sessuale di gruppo, reati commessi in (OMISSIS) in danno di (OMISSIS). La Corte, qualificato come sequestro di persona a scopo di estorsione il reato sub capo 4) ha determinato in anni 25 di reclusione, la pena base; pena aumentata di anni 8 e mesi quattro (ossia un terzo) ex articolo 416-bis.1. c.p.; di mesi due di reclusione ex articolo 112 c.p., n. 1; di mesi tre di reclusione per il reato di lesioni aggravate; di anni tre di reclusione per il reato di violenza sessuale di gruppo. In applicazione dei criteri moderatori di cui all'articolo 64 c.p., comma 2, articolo 66 c.p., n. 1 e articolo 78 c.p., comma 1, n. 1, la Corte di Assise di appello ha determinato la pena finale in anni trenta di reclusione. 2. Chiedono l'annullamento della sentenza impugnata, con motivi di seguito sintetizzati ai sensi dell'articolo 173 disp. att. c.p.p., nei limiti strettamente indispensabili ai fini della motivazione, il Procuratore generale presso la Corte di Appello di Palermo e l'imputato (OMISSIS). 3. Il Procuratore generale presso la Corte di appello di Palermo denuncia violazione di legge per erronea applicazione della legge penale, in relazione alla ritenuta insussistenza del reato associativo di cui all'articolo 416-bis c.p.. Il Procuratore generale, dopo avere richiamato alcune sentenze della Corte di Cassazione, conclude nel senso che la giurisprudenza italiana ha affermato la natura mafiosa di gruppi italiani riconducibili all'associazione denominata (OMISSIS) e rileva che la sentenza impugnata, pur avendo riconosciuto la riconducibilita' del sodalizio oggetto del processo alla (OMISSIS), posto che entrambe le articolazioni, nazionale e locale, cui partecipavano gli imputati erano legate alla casa madre nigeriana, dalla quale mutuavano le rigide regole interne, la distinzione di ruoli, i rituali di affiliazione e disciplinari, ha escluso che la nuova articolazione facente capo agli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS) e la sua costola palermitana avessero realizzato, nel contesto di riferimento, una capacita' intimidatrice effettiva e obiettivamente riscontrabile, funzionale alla realizzazione delle finalita' programmatiche. E' erronea, secondo il ricorrente, la pretesa necessita' di riscontrare una effettiva esteriorizzazione della forza intimidatrice nel contesto di riferimento che non si confronta con la riconosciuta natura dell'organizzazione. Nel caso in esame, chiarito come in tutte le pronunce emesse in Italia con riferimento alla (OMISSIS) e' stato sempre riconosciuto che l'operativita' concreta del sodalizio integra tutti i profili di finalizzazione della consorteria previsti dalla norma, non puo' non riconoscersi il carattere mafioso dell'associazione oggetto del presente processo che si e' avvalsa della forza di intimidazione che contraddistingue il sodalizio (OMISSIS) e un esempio del quale si rinviene nella condanna (riqualificato ai sensi dell'articolo 630 c.p., il reato di sequestro di persona) nei confronti di (OMISSIS) in relazione al quale e' stata, peraltro, riconosciuta, con la sentenza impugnata l'aggravante del metodo mafioso per le condotte tenute in danno di (OMISSIS). Analogo rilievo assumono altri reati ascritti a membri della (OMISSIS) come il tentato omicidio nei confronti di (OMISSIS), membro di un cult- rivale, e l'estorsione, aggravata dal metodo mafioso, ascritta a (OMISSIS). 4. (OMISSIS) denuncia: 4.1 erronea applicazione della legge processuale (articoli 192, 530, 533 e 603, comma 3-bis) e sostanziale (articoli 605 e 630 c.p.) e vizio di motivazione nella riqualificazione ai sensi dell'articolo 630 c.p. del reato di sequestro di persona di cui all'articolo 605 c.p., ritenuto in primo grado, in danno (OMISSIS), in assenza della rinnovazione delle dichiarazioni rese dal collaborante (OMISSIS) e dalla teste (OMISSIS), moglie di (OMISSIS), ritenute prove decisive ai fini della reformatio in peius. Premette il ricorrente che la escussione in appello del collaborante (OMISSIS) e' stata limitata al tema di prova relativo al reato associativo e che, proprio tali dichiarazioni, sia pure ritenute non attendibili quanto alla sussistenza del reato associativo, sono state, viceversa ritenute (pag. 79) attendibili in ordine alla causale (estorsiva) del sequestro di (OMISSIS), vittima di una spedizione punitiva perche' ritenuto responsabile della sparizione di una partita di cocaina del peso di circa mezzo chilo. Analogamente, in assenza di rinnovazione istruttoria, la Corte di Assise di appello ha ritenuto decisive, perche' a riscontro di quelle di (OMISSIS), le dichiarazioni rese dalla moglie della persona offesa che aveva smentito l'addotto movente passionale e confermato la richiesta estorsiva pervenutale dalla (OMISSIS); 4.2 violazione di norme processuali (articoli 192, 530, 533 e 603, comma 3-bis) e vizio di motivazione anche per travisamento della prova e carenza di motivazione rafforzata in relazione alla valutazione delle dichiarazioni di (OMISSIS) e (OMISSIS) e sulla ritenuta sussistenza della causale estorsiva in relazione al sequestro di persona in danno di (OMISSIS). I rilievi del ricorrente si incentrano, in particolare, sulle dichiarazioni rese da (OMISSIS) evidenziando che la motivazione della Corte, in relazione ai reati di cui ai capi 1) e 2), in alcuni passaggi dubbiosi sull'attendibilita' delle dichiarazioni rese da (OMISSIS) e su aspetti relativi allo "scaglionamento" della prova dichiarativa del dichiarante, perviene, poi, al giudizio di attendibilita' quando si passa alla ricostruzione della specifica vicenda relativa al "sequestro" del (OMISSIS) e a fronte della "unitarieta'" ontologica del contesto ostativa alla frazionabilita' della valutazione del dichiarato e del contrasto con altri elementi, in particolare le ridotte dimensioni dell'abitazione teatro della cerimonia di giuramento, in relazione al reato sub capo 1). La Corte ha violato le regole poste dall'articolo 192 c.p.p. e dalla giurisprudenza di legittimita' sul giudizio di attendibilita' perche' (OMISSIS) ha riferito fatti appresi de relato, da (OMISSIS), imputato di reato connesso che, a propria volta, le aveva apprese dai giornali, aspetto che la Corte di merito avesse trascurato limitandosi a richiamare la sentenza di condanna di questi e degli autori materiali che, pero', aveva ritenuto configurabile il reato di cui all'articolo 605 c.p. che accreditava il movente passionale del sequestro (la relazione sentimentale di (OMISSIS) con la compagna di (OMISSIS), (OMISSIS)). In sintesi, la ricostruzione del movente estorsivo si fonda solo sulle dichiarazioni di (OMISSIS); e' stata smentita dalla vittima che non aveva neppure riconosciuto come partecipe del commando (OMISSIS) (che aveva un ruolo di primo piano nella gang (OMISSIS) palermitana) tenuto conto che la sentenza impugnata esclude che alcun componente di tale gruppo abbia partecipato alla vicenda. La Corte di assise di appello ha smentito la ricostruzione del movente fornita dalla vittima (condivisa dalla sentenza di primo grado); si e' concentrata sul narrato di (OMISSIS), privo di riscontri e su una parte del racconto di (OMISSIS) (la richiesta di una somma, ricevuta da (OMISSIS)) e trascurando che la causale indicata da (OMISSIS) era quella di risarcire (OMISSIS) per i soldi che la donna aveva speso per (OMISSIS); ha valorizzato le generiche dichiarazioni della vittima, in merito ad un suo precedente arresto per spaccio; 4.3 violazione di legge e vizio di motivazione sull'attribuibilita' soggettiva della condotta al ricorrente. La Corte di Assise di appello non si e' confrontata con i motivi di gravame nei quali si evidenziava che il ricorrente, peraltro senza certezza, era stato indicato presente solo quale autore della violenza sessuale subita dalla persona offesa e che non era certamente presente al "prelievo" della vittima o al suo trattenimento nell'appartamento dove era stato seviziato. La sentenza impugnata ricostruisce unitariamente la vicenda (dichiarando assorbita la violenza sessuale nel sequestro) ma inevitabilmente cumula la responsabilita' dei singoli imputati accomunandone il ruolo che, invece, il capo di imputazione aveva descritto con precisa attribuzione dei singoli segmenti della condotta a ciascun agente. Le conclusioni della sentenza impugnata sono contraddittorie anche tenuto conto della intervenuta assoluzione dell'imputato dal reato sub capo 1); 4.4 violazione di legge e vizio di motivazione sulla ritenuta partecipazione del ricorrente alla violenza sessuale di gruppo confermando con motivazione contraddittoria la certezza della individuazione fotografica - reiterata in dibattimento - da parte della persona offesa a fronte dell'affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, del carattere dubbioso della individuazione fotografica che invece, nel corso delle iniziali dichiarazioni (rese nell'anno 2014) la persona offesa aveva indicato in due sole persone - fra le quattordici presenti - non essendo stato in grado di riferire agli inquirenti ulteriori caratteristiche fisiche degli autori dei fatti; 4.5 violazione di legge e vizio di motivazione sul mancato assorbimento del delitto di sequestro di persona in quello di violenza sessuale; l'errore della sentenza impugnata, che motiva laconicamente sul punto, discende dal rilievo attribuito alla causale (insussistente) estorsiva e non tiene conto della prova della specifica condotta di partecipazione ascritta all'imputato nel corso della complessa dinamica; 4.6 erronea applicazione della legge penale in relazione agli articoli 581, 604 e 605 c.p.p., 6 CEDU 24, articoli 11 e 117 Cost. e articoli 192 e 597 c.p.p. e vizio di motivazione sulla mancata dichiarazione di inammissibilita' dell'appello del Pubblico ministero relativamente all'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. perche' meramente assertivo sul punto; 4.7 violazione di legge e vizio di motivazione, anche con riferimento alla regola di cui articolo 133 c.p.p., in relazione alla ritenuta sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1, c.p. e per carenza di motivazione rafforzata con riferimento alla sussistenza del metodo mafioso, che richiede chiara esteriorizzazione del metodo, concentrando l'attenzione su aspetti quali la modalita' della condotta, il numero dei partecipanti, la tipologia dell'aggressione (tutte giustificate da altre aggravanti) e omettendo di confrontarsi con la sentenza di primo grado, che, invece, aveva escluso il metodo mafioso, e con la stessa motivazione della propria sentenza che ha escluso la sussistenza di ogni articolazione dell'associazione mafioso nigeriana operante a Palermo; 4.8 erronea applicazione della legge penale in relazione agli articoli 581, 604 e 605, c.p.p., 6 CEDU 24, articoli 11 e 117 Cost., articoli 192 e 597 c.p.p. e vizio di motivazione sulla mancata dichiarazione di inammissibilita' dell'appello del Pubblico ministero relativamente all'aggravante della premeditazione, contestata solo con riferimento alle lesioni e, invece, "estesa" a connotare, attraverso congetture, tutta la vicenda; 4.9 violazione di legge e vizio di motivazione sulla mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche; 4.10 violazione di legge, articoli 81 e 133 c.p. e vizio di mancanza di motivazione in punto di aumento di pena per il reato di cui all'all'articolo 609 octies c.p.. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso del Procuratore generale deve essere dichiarato inammissibile. Il ricorso di (OMISSIS) e' fondato con riferimento al delitto di cui all'articolo 630 c.p. ed alle aggravanti come ritenute e, pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di Assise di appello di Palermo. Tale ricorso va, nel resto, rigettato. 2. Il ricorso del Procuratore generale e' manifestamente infondato, con riferimento alla individuazione degli elementi costitutivi del reato di cui all'articolo 416-bis c.p. ed ai presupposti di fatto che ne sorreggono l'incedere argomentativo che neppure si confronta con la motivazione della sentenza impugnata che, sulla base di una puntuale ricostruzione delle risultanze di prova, ha fatto corretta applicazione dei principi di questa Corte nella materia della configurabilita' del reato associativo di tipo mafioso con riguardo a cellule di associazioni di tipo mafioso operanti a livello locale, variamente denominate, e, nel caso di associazioni riconducibili alla mafia nigeriana strutturate, secondo la ricostruzione accusatoria, sia a livello nazionale (denominata Zone) che in ambito territoriale (denominate Forum) e delle quali facevano parte, (OMISSIS) e (OMISSIS), responsabili a livello nazionale del (OMISSIS) e gli altri imputati quali partecipi e organizzatori della cellula palermitana e (OMISSIS) anche di quella napoletana. 2.1 Il ragionamento dell'accusa, volendolo schematizzare, si articola in due affermazioni: che l'organizzazione (OMISSIS), di cui gli imputati facevano parte e che aveva creato in Italia un'associazione di carattere culturale diretta da (OMISSIS) e (OMISSIS), costituiva una diretta derivazione del (OMISSIS) (ovvero una mera struttura di facciata) e che, in quanto articolazione di un sodalizio criminale mafioso preesistente, applicando gli indici giurisprudenziali della cd. mafia delocalizzata, tale gruppo era ex se sussumibile nel paradigma di cui all'articolo 416-bis c.p., anche in difetto della commissione di reati-fine e della esteriorizzazione della forza intimidatrice. Secondo la Procura ricorrente emergeva dagli atti, segnatamente dalle dichiarazioni di numerosi collaboratori, il collegamento del gruppo con la casa-madre nigeriana, (OMISSIS), dalla quale la nuova articolazione mutuava le caratteristiche. Essendo provata tale immedesimazione, non era, pertanto, necessario dare prova di un contributo, direttivo o partecipativo, dei singoli, mediante la commissione di reati-fine, all'organizzazione cui erano affiliati svolgendo, peraltro gli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS), un comprovato ruolo egemonico nell'organizzazione (OMISSIS). Il Procuratore generale ha richiamato la giurisprudenza di questa Corte che ha affermato la natura mafiosa dell'associazione (OMISSIS) e di sue articolazioni locali (nazionali e territoriali indicate come Zone e Forum) evidenziandone i tratti mafiosi con riferimento sia alla struttura che prevede riti di affiliazione e ruoli ben delineati dalla normativa interna; l'uso di termini o stemmi simbolici; il ricorso a forme di saluto tipiche e riunioni segrete, caratterizzate da rituali di affiliazioni o disciplinari, riservate ai membri sia con riferimento alle modalita' operative del gruppo espressive della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo, della condizione di assoggettamento e omerta' che ne consegue. Il gruppo (OMISSIS), operante in varie citta' italiane fra le quali Torino, Brescia, Verona e Napoli era volto alla gestione e controllo delle attivita' economiche non solo illecite e, fra queste il controllo delle attivita' connesse al traffico di stupefacenti e alla prostituzione. Di particolare rilevanza, in tale prospettiva esegetica, le sentenze che si sono occupate del gruppo torinese della (OMISSIS) - culminate nella sentenza del 5 maggio 2010 della Corte di cassazione- gruppo che era risultato al centro di vere e proprie contrapposizioni a carattere armato con altri cult- (fra i quali il gruppo Eiye) per il controllo delle comunita' nigeriane, attraverso la intimidazione dei connazionali per conseguirne obbedienza ed omerta'; per placare, a chiamata e anche dietro corrispettivo, controversie e dissidi e utilizzando liti e aggressioni, spesso motivate da pretesti banali o perpetrate per punire l'eventuale rifiuto di aderire al gruppo, operazioni che si realizzavano anche attraverso ritorsioni trasversali ai danni di congiunti rimasti in territorio nigeriano. Ulteriori sentenze, sia in sede cautelare che di decisione definitiva, hanno convalidato la natura mafiosa del gruppo (OMISSIS). A fronte di tale inquadramento, secondo il ricorrente, la Corte ha errato nel non ritenere configurabile il reato associativo, pur essendo stata provata la riconducibilita' dell'associazione oggetto del processo alla (OMISSIS) attraverso le fotografie che ritraggono gli imputati ostentare simboli tipici del cult- (il numero 7; il basco nero; i colori; il saluto tipico, a braccia incrociate ammesso solo per i membri); i riti e affiliazioni, di cui hanno parlato i collaboratori di giustizia; i messaggi di rivendicazione di appartenenza rinvenuti sui cellulari; gli atti violenti compiuti per affermare la propria supremazia da (OMISSIS). In conclusione, in forza dei precedenti (riferibili alla cellula torinese, in particolare) deve ritenersi che l'associazione (OMISSIS) e' una associazione mafiosa; che in Italia e a Palermo e' stata costituita ed e' operante una cellula facente capo alla casa madre nigeriana (OMISSIS), cellula costituita, governata e diretta dagli imputati, (OMISSIS) e (OMISSIS); che, secondo lo schema concettuale impiegato per le cd. mafie storiche, deve ritenersi configurabile il reato associativo di cui all'articolo 416-bis c.p. con riferimento ad una cellula territoriale (la cd. "locale", secondo le mafie storiche e, in particolare, la ndrangheta), anche a prescindere dalla esteriorizzazione della forza intimidatrice e della commissione di reati fine, quando ne emerga il collegamento con la casa madre e l'adozione di un comune modulo organizzativo (distinzione dei ruoli; rituali di affiliazione; imposizione di rigide regole interne; sostegno ai sodali in carcere, per limitarsi a quelli maggiormente evidenti) che denotino i tratti distintivi del predetto sodalizio, lasciando presagire il pericolo per l'ordine pubblico. Sostiene il ricorrente, premesso che non e' necessaria la dimostrazione della esteriorizzazione del metodo mafioso e fermo il carattere mafioso della (OMISSIS) alla quale faceva capo il gruppo palermitano, che risultano dagli atti processuali, e sono stati erroneamente valutati dalla Corte di appello, i "connotati finalistici " della condotta associativa cultista che emergono sia dalle dichiarazioni di piu' collaboratori e testimoni che dalle intercettazioni a carico della confraternita Eiye (durante le quali i membri si mostravano soddisfatti per la emarginazione delle componenti del gruppo (OMISSIS) a seguito delle iniziative giudiziarie in altre citta'), connotati che emergono dalla capacita' di controllare le dinamiche sociali del gruppo. Erronea e' anche l'ulteriore affermazione della Corte di merito (che nel caso in esame non si sia in presenza di reati fine) sotto un duplice profilo che, cioe', la commissione di reati fine non e' requisito indispensabile per la configurabilita' del reato associativo e perche', nel caso in esame, tali reati fine sono stati commessi e ne e' esempio la intervenuta conferma della condanna per (OMISSIS) nel presente procedimento e ulteriori episodi violenti a Palermo riconducibili a membri della (OMISSIS) quali il tentato omicidio di (OMISSIS), membro di un cu/t opposto e l'estorsione aggravata in danno di (OMISSIS) da parte di (OMISSIS), comprovate dalle condanne irrevocabili in atti. 2.2 Come anticipato, e' erronea la premessa in diritto del ragionamento seguito dal Procuratore ricorrente che risolve in un inammissibile automatismo il tema della configurabilita' del delitto di cui all'articolo 416-bis c.p. nel caso di un'articolazione territoriale di un'organizzazione mafiosa straniera (in particolare nigeriana), peraltro gia' radicatasi in Italia. Come noto, il tema della esteriorizzazione del metodo mafioso e' stato piuttosto controverso nella giurisprudenza di questa Corte e si e' posto sia con riferimento al fenomeno cd. delle nuove mafie che di cellule associative di mafie storiche radicatesi in ambienti lontani e diversi da quelli tradizionali ma e' stato risolto nel senso che la concreta - e non solo potenziale - capacita' di intimidazione del sodalizio di stampo mafioso costituisce pacificamente requisito intrinseco ed ineliminabile rispetto alla stessa possibilita' di inquadrare un fatto associativo in seno al paradigma delineato dall'articolo 416-bis c.p., cosicche' la differente declinazione della questione relativa alla esteriorizzazione del metodo mafioso va in realta' semplicemente ricondotta alla due distinte forme con cui l'esperienza giudiziaria ha evidenziato il manifestarsi all'esterno del citato fenomeno della delocalizzazione. Piu' precisamente, qualora il nuovo aggregato si caratterizzi come un fatto autonomo ed originale, pur proponendosi di mutuare dalle mafie "storiche" i moduli organizzativi ed operativi che delle stesse sono proprie, dovra' essere necessariamente acquisita ex novo la prova di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie prevista e punita dall'articolo 416-bis c.p. e, quindi, anche, della manifestazione all'esterno della capacita' d'intimidazione propria del metodo mafioso: un principio, questo, affermato, come si e' detto, con riferimento alle cd. nuove mafie. Per contro, ove si sia in presenza dell'articolazione periferica di una mafia tradizionale, "in stretto rapporto di dipendenza o, comunque, in collegamento funzionale con la casa madre", sara' sufficiente la dimostrazione di univoci elementi significativi dell'anzidetto collegamento funzionale ed organico perche' l'organismo delocalizzato sia percepito come proiezione dell'associazione base, conosciuta e riconosciuta per la forza criminale di cui e' portatrice e concreta espressione. E' solo il caso di aggiungere che il collegamento funzionale ed organico con la casa-madre di cui si e' appena detto, secondo la giurisprudenza, oltre ad essere oggettivo, deve essere percepibile all'esterno e, come tale, all'esterno riconoscibile, solo cosi' essendo possibile pervenire a quella che si e' precedentemente definita la proiezione della capacita' intimidatoria dell'associazione base: a significare, cioe', l'irrilevanza di una relazione fra i due organismi che rimanga circoscritta in seno agli interna corporis della consorteria che ne rappresenta la mera filiazione. Il che risulta in linea con la piu' accreditata tesi dottrinaria, che configura il delitto di associazione per delinquere di tipo mafioso come reato a struttura mista, onde rimarcare l'esigenza di un elemento ulteriore, rispetto al mero dato dell'organizzazione di una pluralita' di persone accomunate dalla volonta' di perseguire le finalita' illecite indicate dalla norma, che segna la differenziazione di detta ipotesi criminosa dal delitto associativo puro. Da qui, in definitiva, la conclusione che l'associazione di tipo mafioso ha natura di reato di pericolo in quanto gia' la mera esistenza del sodalizio pone di per se' a rischio i beni giuridici protetti dalla norma incriminatrice, con particolare riguardo all'ordine pubblico, all'ordine economico ed alla libera partecipazione dei cittadini alla vita politica, ma cio' non consente di ritenere sufficiente ad integrare il reato la mera capacita' potenziale del gruppo criminale di esercitare la forza intimidatoria, occorrendo invece che il sodalizio faccia effettivo, concreta, attuale e percepibile uso ancorche' non necessariamente con metodi violenti o minacciosi - della suddetta forza. (Sez. 6, n. 18125 del 22/10/2019, dep. 2020, Bolla, Rv. 279555). Per completare il quadro di riferimento giurisprudenziale in materia, tenuto conto delle particolarita' che emergono dalla concreta vicenda, va altresi' precisato che anche il tema della valenza dell'affiliazione ad un'associazione di tipo mafioso - oggetto di controversa interpretazione ai fini della ricostruzione del contributo partecipativo - e' stato affrontato e deciso dalle Sezioni Unite di questa Corte che hanno affermato che la condotta di partecipazione ad associazione di tipo mafioso si caratterizza per lo stabile inserimento dell'agente nella struttura organizzativa dell'associazione, idoneo, per le specifiche caratteristiche del caso concreto, ad attestare la sua âEuroËœmessa a disposizione' in favore del sodalizio per il perseguimento dei comuni fini criminosi (Sez. U, n. 36958 del 27/05/2021, Modaffari, Rv. 281889). Con riferimento alla portata dell'affiliazione si e' precisato che l'affiliazione rituale puo' costituire grave indizio della condotta partecipativa, ove la stessa risulti, sulla base di consolidate e comprovate massime d'esperienza e degli elementi di contesto che ne evidenzino serieta' ed effettivita', espressione di un patto reciprocamente vincolante e produttivo di un'offerta di contribuzione permanente tra affiliato ed associazione. Anche in caso di affiliazione rituale la verifica del giudice passa attraverso la valutazione di indici quali la qualita' dell'adesione ed il tipo di percorso che l'ha preceduta, la dimostrata affidabilita' criminale dell'affiliando, la serieta' del contesto ambientale in cui la decisione e' maturata, il rispetto delle forme rituali, con riferimento, tra l'altro, ai poteri di chi propone l'affiliando, di chi lo presenta e di chi officia il rito, la tipologia del reciproco impegno preso e la misura della disponibilita' pretesa od offerta: una valutazione, dunque, in concreto, che consente di materializzare il concetto di "messa a disposizione". 2.3 La Corte di Assise di appello, sulla base delle descritte coordinate in diritto, ha confermato la sentenza di assoluzione di primo grado che aveva ritenuto necessario di dover verificare gli elementi raccolti nella duplice prospettiva di accertare non la esistenza di "un'associazione mafiosa nigeriana denominata (OMISSIS)" ma la perdurante sussistenza di un'organizzazione mafiosa operante a livello locale (Palermo, in particolare) e nazionale (con particolare riguardo agli imputati 4 e 5). Un'operazione ricostruttiva complessa che ha implicato la individuazione, nella ricostruzione della supposta organizzazione mafiosa oggetto di indagini, dei connotati di mafiosita' che i giudici del merito hanno condotto in una duplice direzione sia di ricostruire un rapporto di dipendenza o, comunque, di collegamento funzionale del gruppo facente capo a (OMISSIS) e (OMISSIS) con la casa madre (OMISSIS) nigeriana percepibile all'esterno e, come tale, all'esterno riconoscibile sia della capacita' intimidatoria del gruppo operante in Italia. La prospettiva esegetica a base della sentenza di primo grado e' condivisibile. Con perspicacia e chiarezza i giudici di primo grado hanno precisato che, ai fini della sussistenza del reato associativo di cui all'articolo 416-bis c.p. non sono individuabili nelle cd. mafie straniere i requisiti di storicita' propri delle mafie tradizionali, il che' impone l'accertamento (e, quindi la prova rigorosa) degli elementi strutturali tipici del reato di cui all'articolo 416-bis c.p. (disegno criminoso unitario; forza di intimidazione e, correlativamente, condizione di assoggettamento e omerta') della struttura oggetto di indagine, accertamento che, escludendo ogni automatismo, la sentenza di primo grado ha svolto in ogni direzione, concentrando, nella descritta prospettazione ermeneutica la propria verifica anche sugli aspetti di collegamento, personale degli imputati o della struttura, con la cd. casa madre nigeriana e verificandone, ove presenti, la valenza indiziaria - non esaustiva - nella descritta chiave ricostruttiva. L'analisi svolta nella sentenza impugnata, per verificare la sussistenza dei requisiti di cui all'articolo 416-bis c.p. in relazione al gruppo facente capo agli imputati (OMISSIS), divenuto capo della Zone Nazionale e, successivamente di (OMISSIS), si e' confrontata criticamente sia con i rilievi del pubblico ministero appellante che con le conclusioni dei giudici di primo grado che erano pervenuti all'assoluzione degli imputati. Come anticipato, secondo l'impostazione dei giudici di primo grado, considerata la mancanza nella mafia in contestazione dei requisiti di storicita' propri delle mafie tradizionali, occorreva dimostrare, evitando operazioni di semplificazione probatoria e senza alcun salto logico giuridico, che in ambito palermitano e in territorio italiano operasse una articolazione unitaria dell'associazione riattivata e contraddistinta da un unitario programma criminoso, con le caratteristiche di mafiosita', tanto piu' che gli imputati avevano "rivendicato" di essere membri del (OMISSIS), un'associazione autonoma, avente propria struttura e autonomo atto costitutivo rispetto alla (OMISSIS), secondo una linea difensiva che contrastava la tesi accusatoria secondo cui vi era piena identita' con la (OMISSIS) e, quindi, il suo precipitato, che, cioe', il nuovo gruppo operasse in stretto rapporto di dipendenza o, comunque, in collegamento funzionale con la casa madre (OMISSIS). Tale questione di identita' (prospettata dai collaboratori) o autonomia (allegata dagli imputati) era stata oggetto di specifico esame gia' in primo grado, e risolta negativamente dai primi giudici valorizzando, oltre alle dichiarazioni rese dai testi indotti dalla difesa sentiti in dibattimento, la inattendibilita' dei dichiaranti, la intrinseca insufficienza degli elementi descrittivi ai fini della individuazione di un collegamento funzionale tra le due associazione e la carenza di riscontri pur non potendosi escludere che, tra gli associati alla (OMISSIS) vi fosse una "frangia" di (OMISSIS). I giudici di primo grado non avevano ritenuto convincenti, perche' generiche, le dichiarazioni rese dai collaboratori. In particolare, osservavano, non solo poteva dubitarsi dell'attendibilita' di (OMISSIS) (perche' interessato a conseguire benefici come collaboratore) ma soprattutto perche' le sue dichiarazioni risultavano deficitarie proprio sul punto della sussistenza di una struttura unitaria e della sua pervasivita' nel contesto nigeriano palermitano e italiano. Quanto alle dichiarazioni rese da (OMISSIS) e da (OMISSIS), avevano evidenziato gli aspetti che incidevano sull'attendibilita' intrinseca dei dichiaranti (per la spontaneita', genesi e progressione accusatoria) che ne avevano contrassegnato l'iter dichiarativo. Avevano, altresi', esaminato la cerimonia del 6/7 luglio 2013, che secondo (OMISSIS) era stato un vero e proprio rito di affiliazione, e, secondo le dichiarazioni rese da (OMISSIS) e (OMISSIS), una festa della comunita' nigeriana, escludendo che, per lo stesso numero di persone coinvolte e modalita' di organizzazione, si fosse trattato di rito di iniziazione-fidelizzazione. Soprattutto, la Corte di assise aveva escluso che vi fosse prova del coinvolgimento degli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS) in attivita' illecite (spaccio, attivita' connesse allo sfruttamento della prostituzione) a Palermo o su piu' ampia scala e, quindi, ritenuto insussistenti le finalita' illecite dell'organizzazione che i collaboratori avevano descritto in termini astratti, ne' i messaggi valorizzati dall'Accusa denotavano la riconducibilita' agli imputati di una sorta di egemonia territoriale sulla comunita' nigeriana, aspetto quel quale anche le dichiarazioni dei collaboratori si erano dimostrate vaghe e indeterminate. Esponenti della comunita' nigeriana di Palermo avevano escluso conflitti tra i cult Eiye e (OMISSIS) in quella citta' (riferiti, invece dai collaboratori) e, anzi, l'ambasciatore nigeriano aveva aggiunto che, dopo un risalente conflitto, proprio davanti a lui i vari cuit si erano riappacificati e analoghe dichiarazioni aveva reso il capo della confraternita Eiye di Palermo. Si erano risolte in vicende personali sia il tentato omicidio in danno di (OMISSIS) (commesso dal collaboratore (OMISSIS), che per questo fatto e' stato irrevocabilmente condannato) e cosi' l'episodio della violenza sessuale di gruppo in danno di (OMISSIS). Secondario, essendosi dimostrata la insussistenza di un programma criminoso unitario, era il tema della esteriorizzazione del metodo mafioso, conclusione che refluiva nella trattazione della posizione di (OMISSIS). 2.4 La Corte di assise di appello ha disposto un'articolata rinnovazione istruttoria e, all'esito di una puntuale illustrazione delle prove e del risultato che ne consegue, e' pervenuta alla conferma della sentenza di assoluzione, inquadrando correttamente il tema di prova che, con riferimento agli elementi strutturali del reato di cui all'articolo 416-bis c.p. non e' costituito dalla esistenza di una mafia nigeriana riconducibile alla struttura della (OMISSIS) ma dall'esistenza e operativita' in Italia di una specifica struttura associativa (quella oggetto dei capi di imputazione 1 e 2) cioe' una struttura nazionale, capeggiata da (OMISSIS) e (OMISSIS) e una cellula palermitana e napoletana alla quale aderivano operando in Palermo gli altri imputati e (OMISSIS), in Napoli. La Corte di Assise di appello, in linea con la premessa posta dai giudici di primo grado, ha correttamente ritenuto che i fenomeni esogeni alla criminalita' organizzata italiana rendono necessario un accertamento sul carattere mafioso del gruppo associativo che non si risolve nella verifica di un mero collegamento funzionale con la casa madre - nel caso peraltro insussistente - ma di un accertamento, senza scorciatoie probatorie o automatismi di sorta, oggettivo sulla percepibilita' all'esterno della capacita' intimidatoria dell'associazione costituita in Italia per verificare se, rispetto al mero dato dell'organizzazione di una pluralita' di persone accomunate dalla volonta' di perseguire le finalita' illecite indicate dalla norma incriminatrice, sia sussistente - il che segna la differenziazione di detta ipotesi criminosa dal delitto associativo puro - la concreta capacita' del gruppo criminale di esercitare la forza intimidatoria, ancorche' non necessariamente con metodi violenti o minacciosi. Importanza centrale nella ricostruzione della Corte di Assise di appello riveste la valutazione delle "nuove" dichiarazioni rese da (OMISSIS) - acquisite con la rinnovazione disposta ai sensi dell'articolo 603-comma bis c.p.p. - e analisi del cd. rito di iniziazione svoltosi a Verona il 6/7 luglio 2013. La Corte di appello ha evidenziato che neppure le nuove dichiarazioni avevano consentito di superare le contraddizioni (anche a confronto con il racconto di (OMISSIS) e (OMISSIS)) della ricostruzione dell'evento, la cui sussistenza - qualora ne fosse stata comprovata la natura di rito di affiliazione - avrebbe avuto obiettiva rilevanza, ancorche' non esaustiva, ai fini della configurabilita' del reato. La Corte di Assise di appello ha altresi' esaminato la questione della progressione accusatoria dei dichiaranti (per ciascuno e al confronto fra loro), non risolta dalle acquisizioni probatorie in appello che avevano confermato le dinamiche investigative, i contatti in carcere tra i dichiaranti e valorizzato il progressivo "aggiustamento" (ben descritto dal giudice di primo grado) delle dichiarazioni dei collaboratori. Soprattutto, ai fini della sussistenza del reato di cui all'articolo 416-bis c.p., l'analisi della Corte si e' concentrata nella individuazione non solo di un'organizzazione di persone ma sulla ricostruzione della vis promanante dal sodalizio capace di generare l'assoggettamento e l'omerta', e che, come anticipato, il ricorrente Procuratore generale risolve nella riconducibilita' della struttura associativa facente capo a (OMISSIS) e (OMISSIS) (l'associazione culturale (OMISSIS), che secondo le dichiarazioni di (OMISSIS) era una nuova etichetta della preesistente associazione mafiosa (OMISSIS)) occorrendo, viceversa, la presenza di un elemento ulteriore, rispetto alle regole interne e di protocolli, anche violenti e condivisi, che regolano l'appartenenza al gruppo, di un elemento indefettibile elemento costituito dal metodo mafioso praticato e seguito dall'associazione per la realizzazione del programma associativo, metodo percepibile e riconoscibile all'esterno. La giurisprudenza ha riconosciuto che il reato di associazione di tipo mafioso e' configurabile con riferimento a sodalizi criminosi a matrice straniera che, pur non avendo l'indiscriminato controllo del territorio sul quale operano, siano in grado di esercitare la forza di intimidazione nei confronti degli appartenenti ad una comunita' etnica ivi insediata, avvalendosi di metodi tipicamente mafiosi e della forza di intimidazione che promana dal vincolo associativo, a nulla rilevando che la percezione di tale potere criminale non sia generalizzata nel territorio di riferimento (Sez. 6, n. 37081 del 19/11/2020, Abnsklem, Rv. 280552). La decisione ora richiamata e' stata resa proprio con riferimento ad un'organizzazione mafiosa nigeriana e la Corte ha ritenuto che la mancanza di attitudine del sodalizio ad estendere la sua capacita' di intimidazione nella comunita' nazionale e l'acquisizione di un potere impositivo sulla sola comunita' nigeriana non escludessero il connotato della "nnafiosita'", ribadendo l'attenzione sulla necessita' di concentrare l'attenzione non sulla mera commissione di reati-fine o sui connotati dei gruppi mafiosi territoriali italiani (ponendosi cosi' in una prospettiva di assimilazione fuorviante) ma, in linea con la previsione della fattispecie incriminatrice di cui all'articolo 416-bis c.p., che indica tra i fini del gruppo anche quello dell'acquisizione di vantaggi ingiusti, nella prospettiva di individuare la connotazione mafiosa anche nella finalita' di controllare egemonicamente le comunita' presenti sul territorio, indirizzandole anche al fine di conseguire vantaggi di predominio personale. Se terreno elettivo di tale controllo sono (possono) essere le attivita' illecite (individuate, in base alle esperienze giudiziarie per le associazioni criminali nigeriane, nel controllo delle attivita' di spaccio di stupefacenti e prostituzione) non va escluso che possono essere individuati come elementi valorizzabili ai fini della individuazione di un gruppo mafioso, metodi volti alla creazione di un sistema impositivo e di controllo della popolazione straniera, attraverso la intimidazione e l'assoggettamento omertoso quali il generale assoggettamento della popolazione nigeriana presente in un determinato contesto territoriale, costretta a subire le prevaricazioni dei membri del cult; l'ingerimento negli affari privati; le contrapposizioni armate tra appartenenti a cult diversi, anche al di fuori della gestione delle attivita' illecite: aspetti, questi, che, in concreto, sono stati individuati come peculiari dei gruppi mafiosi oggetto delle sentenze che hanno affermato in passato la natura mafiosa del cult (OMISSIS) (la risalente sentenza torinese, innanzi citata, ma anche altre decisioni rese da questa Corte in fase cautelare) e del cult Eiye. In questa logica, tuttavia, appare fuori fuoco (perche' relativa ad altri aspetti) il richiamo del ricorrente alla sentenza n. 14225 del 13/01/2021 che affronta un tema affatto coincidente con quello oggetto del presente procedimento e, cioe', quello della contestualita' (non necessaria) tra la consumazione di reati a base violenta, idonei a ingenerare timore, e le condotte di partecipazione, affermazione, questa, che presuppone la dimostrazione del carattere mafioso del gruppo. Nel caso che ci occupa, la sentenza della Corte di Assiste di appello richiamate le descritte coordinate giurisprudenziali in materia, tratteggiate nel pgf. 2.2. del considerato in diritto - ha escluso che le dichiarazioni dei collaboratori, incentrate essenzialmente sulla descrizione di aspetti meramente formali dell'articolazione italiana quale costola della casa madre nigeriana, siano sufficienti ai fini della prova della sussistenza di un'associazione di tipo mafioso. Soprattutto, ha escluso (cfr. pag. 45) la asserita sovrapponibilita' dell'associazione (OMISSIS) - cioe' l'associazione facente capo agli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS) - alla (OMISSIS), dichiarata illegale in Nigeria. A questo fine, e non illogicamente, la Corte di merito ha richiamato le decisioni della Corte Suprema Nigeriana che ha riconosciuto il diritto della (OMISSIS) ad associarsi e riunirsi e le dichiarazioni dei testi della difesa (avvocati patrocinanti di tale associazione in tutto il mondo, anche davanti ai Tribunali inglesi), elementi di valutazione, questi, rispetto ai quali sono state ritenute recessive le dichiarazioni dei collaboratori (inficiate da progressione accusatoria e tra loro contrastanti) sulla identita' delle due strutture ((OMISSIS) e (OMISSIS)), ma anche il contenuto di messaggi (riferibili a Collins Silvester) o riportati in chat, che non sono riconducibili agli imputati. Si tratta, infatti, secondo la Corte di merito, di commenti che non possono essere ricondotti modalita' operative, non altrimenti dimostrate, dell'associazione (OMISSIS). Men che mai sono stati accertati (cfr. pag. 60 della sentenza impugnata) flussi economici con la casa-madre nigeriana (OMISSIS) del gruppo presieduto da (OMISSIS); contatti di questi con capi operanti in altre Zone, non essendo generalizzabile in tal senso il contenuto di una conversazione del predetto con un soggetto non identificato che gli comunicava di essere stato arrestato a Benin City e rilasciato dietro pagamento di una somma di denaro. In tale contesto, la Corte di merito ha evidenziato che neppure sono stati chiariti scopi e finalita' della cd. cellula palermitana, rimanendone oscuri i settori illeciti di interesse che non sono stati meglio precisati da (OMISSIS) e dall'altro collaboratore; il vantaggio che i componenti avrebbero potuto trarre dal sodalizio a fronte della commissione di molteplici e numerosi reati-fine che contrassegnano l'andamento dei processi a carico di membri della (OMISSIS) operanti in altre zone, potendo, cosi', escludere che il vantaggio della cellula palermitana (e della Zone nazionale) potesse individuarsi nell'apparire e affermarsi come gruppo egemone della comunita' nigeriana palermitana. Non e' stata, inoltre, delineata l'attivita' illecita facente capo direttamente ai capi del gruppo (anche alla luce dei loro certificati penali); non ne risulta il coinvolgimento in fatti svoltisi in altre zone ne' risultano essersi svolti cruenti o comunque violenti scontri fra cult nella citta' di Palermo dopo una remota fase ne' violente recrudescenze cultiste specie dopo un incontro di pacificazione promosso dall'ambasciatore nigeriano a seguito dell'episodio del tentato omicidio di (OMISSIS) (quello di cui risponde il collaboratore (OMISSIS)) scontri che (a parte le dichiarazioni dei collaboranti) non hanno comunque lasciato traccia nel contesto palermitano e che neppure il predetto collaboratore (l'autore del tentato omicidio) ha meglio esplicitato, escludendo, anzi, che quello che lo ha coinvolto sia un episodio riconducibile al conflitto tra gruppi. Non e' stata ricondotta dal dichiarante al gruppo l'attivita' di (OMISSIS) di intermediazione finanziaria, anche in tal caso (OMISSIS) precisava che si trattava di attivita' individuale (si svolgeva da solo). La sentenza impugnata (pag. 56) ha anche "spiegato" la vicenda della estorsione in danno di (OMISSIS) riconducibile al contesto di sfruttamento della prostituzione (la vittima frequentava una prostituta e l'imputato pretendeva il pagamento di un prezzo esoso, poi ridotto a mille Euro) e, ragionevolmente, anche al confronto con tali concrete modalita' del fatto illecito, ha spiegato l'iniziativa dell'imputato come un fatto isolato e personale nel quale la rivendicazione di appartenenza ad un cult, neppure specificato, risultava funzionale a "piegare" piu' facilmente la volonta' della vittima. I giudici di appello hanno dedicato particolare attenzione ricostruttiva proprio alla vicenda oggetto delle contestazioni ascritte all'imputato (OMISSIS) in cui e' parte offesa (OMISSIS) rispetto alla quale e' stata sottolineata l'appartenenza del solo (OMISSIS), alla (OMISSIS). I fatti, secondo la Corte di merito, non sono riconducibili ad una iniziativa collettiva ma al solo imputato (OMISSIS), soggetto dalla personalita' violenta al quale si erano rivolti, in forza dei rapporti di affari nel settore degli stupefacenti, (OMISSIS) e (OMISSIS) ed ai quali non si propaga (in assenza di altri elementi) l'appartenenza di (OMISSIS) al gruppo (OMISSIS). L'adozione di simbolismi condivisi con la (OMISSIS) - che rinviano alla storia di liberazione degli schiavi - e l'impiego di metodi violenti ai danni degli associati per la risoluzione di contrasti interni non sono di per se sufficienti a connotare l'associazione (OMISSIS) come "mafiosa" come pure i riferimenti all'apparenza ad un clan, che emergono dalle conversazioni intercettate. Nella parte finale della sentenza impugnata (da pag. 65 e ss.) e' stato esaminato l'aspetto del collegamento del supposto gruppo palermitano nigeriano con l'associazione mafiosa Cosa Nostra e, segnatamente, il clan (OMISSIS), sulla base del dato dichiarativo di alcuni collaboratori, non specificamente contestato con il ricorso, che hanno escluso che il clan "riconoscesse" un'altra associazione mafiosa nigeriana operante sul territorio di Palermo e avente pari levatura mafiosa ammettendo, invece, che loro associazione si avvaleva, come manovalanza, di cittadini nigeriani e che a sgarri di singoli spacciatori hanno ricondotto episodi di pestaggio o allontanamento dal quartiere. Le conclusioni, raggiunte sulla scorta di un'analitica disamina del materiale probatorio - che non e' stato oggetto di specifica confutazione, visto il tenore del ricorso del Procuratore generale- non possono dunque essere inficiate sul rilievo che altri membri dell'associazione, per il processo svoltosi con il rito abbreviato, sono stati condannati anche per il reato di cui all'articolo 416-bis c.p., conclusione che non si confronta - ribadendo un inammissibile modulo di semplificazione probatoria - con gli elementi raccolti e analizzati nel corso del giudizio. In conclusione, il ricorso del Procuratore generale deve essere dichiarato inammissibile ribadendo che, con riferimento a sodalizi criminosi a matrice straniera, ai fini della qualificazione ai sensi dell'articolo 416-bis c.p. non e' sufficiente la ricostruzione di collegamenti con la cd. casa madre, non potendosi applicare a tali sodalizi i criteri delle cd. mafie storiche, ma, in linea con i requisiti previsti per le cd. nuove mafie, e' necessario accertare se il sodalizio: a) abbia conseguito fama e prestigio criminale, autonomi e distinti da quelli personali dei singoli partecipi, in guisa da esser capace di conservarli anche nel caso in cui questi ultimi fossero resi innocui; b) abbia in concreto manifestato capacita' di intimidazione, ancorche' non necessariamente attraverso atti di violenza o di minaccia, nell'ambito oggettivo e soggettivo, pur eventualmente circoscritto, di effettiva operativita'; c) abbia manifestato una capacita' di intimidazione effettivamente percepita come tale ed abbia conseguentemente prodotto un assoggettamento omertoso nel "territorio" in cui l'associazione e' attiva (cfr. Sez. 6, n. 18125 del 22/10/2019, dep. 2020, Bolla, Rv. 279555, riferita alle cd. per le cd. nuove ed autonome formazioni criminali). 3. Il ricorso di (OMISSIS), relativamente ai motivi riconducibili alla intervenuta modifica, in accoglimento dell'appello del procuratore generale, della sentenza di primo grado e, quindi, con riferimento ai motivi di cui ai punti 4.1, 4.2 e 4.7 e' fondato, alla stregua delle precisazioni che seguono. Gli ulteriori motivi di ricorso devono essere rigettati perche' infondati, ai limiti della manifesta evidenza, e da tali motivi, per ragioni di chiarezza sistematica, deve partire l'esame della posizione processuale del ricorrente (OMISSIS). 4. La Corte di Assise di appello, in accoglimento dell'appello del Pubblico Ministero, ha ritenuto comprovato il movente estorsivo del sequestro di persona, lesioni e violenza sessuale di gruppo in danno di (OMISSIS) sulla base delle dichiarazioni rese da (OMISSIS), riscontrate, quanto alla richiesta di consegna della somma evidentemente a titolo di riscatto, si dice, da quelle della moglie di (OMISSIS), (OMISSIS). La sentenza impugnata ha, altresi', esaminato l'appello dell'imputato dando atto che non era contestata la dinamica degli accadimenti criminosi ma l'affermazione di responsabilita' dell'imputato che aveva, in particolare, contestato la sua individuazione come persona presente ai fatti. A tal riguardo, la sentenza impugnata e quella di primo grado costituiscono un unicum, reciprocamente integrantesi, ai fini della ricostruzione dei fatti materiali, della presenza dell'imputato e del suo contributo concorsuale rispetto ai quali deve essere esaminata la fondatezza dei motivi di ricorso di cui ai punti 4.3, 4.4, 4.5, 4.9 e 4.10. Tali motivi si rivelano generici in quanto diretti ad una rivalutazione del merito sulla scorta della rilettura delle fonti di prova, in primo luogo le dichiarazioni della vittima, (OMISSIS), proponendo una lettura frammentaria e scomposta di una vicenda che ha avuto un andamento a violenza ingravescente ed evidentemente organizzato, a prescindere dalla qualificazione giuridica del sequestro della vittima e della sua causale. I motivi di ricorso sono, inoltre, infondati. La Corte di Assise di appello, facendo corretta applicazione dei criteri di valutazione delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, che non necessitano di riscontri (e che nel caso in esame sono anche riscontrate da elementi esterni di significativo peso probatorio quali i referti medici) ha evidenziato, in risposta ai rilievi difensivi sull'attendibilita' della individuazione del ricorrente, che la persona offesa, fin dalle prime fasi dell'indagine, aveva descritto la persona che "dirigeva" le operazioni, indicandolo altresi' come autore della violenza sessuale e descrivendolo come un uomo "grosso" (e che la Corte di assise aveva precisato essere imponente). I giudici di merito hanno precisato che la persona offesa aveva confermato la individuazione fotografica (sia nella fase delle indagini preliminari che in dibattimento), qui individuando la persona riconosciuta tra tutti gli imputati in (OMISSIS) (mi pare che e' lui che la foto, pero' non sono cento per cento). Come noto l'individuazione fotografica effettuata nel corso delle indagini preliminari, confermata dal testimone che nel corso dell'esame dibattimentale abbia dichiarato di avere compiuto la ricognizione informale, costituisce, in base al principio di non tassativita' dei mezzi di prova, un accertamento di fatto liberamente apprezzabile dal giudice, la cui affidabilita' dipende dall'attendibilita' del teste e della deposizione da questi resa, attendibilita' che, nel caso in esame, la difesa contesta con argomenti che si rivelano generici. La sentenza impugnata, infatti, quanto alle incertezze palesate dalla persona offesa nel corso della individuazione in aula, ha rilevato - e non pare argomento illogico, men che mai manifestamente tale - che il lungo tempo trascorso poteva avere inciso sulla capacita' della persona offesa a individuare di persona l'imputato, incertezze che non inficiavano l'individuazione fotografica effettuata a ridosso dei fatti. Ne' rileva, quale indizio di mancanza di attendibilita', la incapacita' della persona offesa di individuare, rispetto al numero di 14 o 15 persone che avevano preso parte ai fatti, solo alcuni di loro e, fra questi, l'imputato trattandosi di un argomento in fatto che non depriva di valenza indiziaria e di affidabilita' la individuazione "positiva". La sentenza impugnata ha esaminato anche le dichiarazioni di (OMISSIS) che ha riferito fatti appresi e narratigli durante la comune detenzione con (OMISSIS) - uno degli autori materiali del sequestro e del suo epilogo e irrevocabilmente condannato - e ha spiegato le ragioni del ritenuto giudizio di attendibilita' del dichiarante su tale specifico aspetto evidenziando come la conoscenza de relato della dinamica trovava perfetta corrispondenza nel racconto della persona offesa ed aveva avuto un prologo (l'incontro diretto con la vittima e con (OMISSIS) da parte di (OMISSIS)). 4.1 Le censure difensive si appuntano, altresi', sulla ricostruzione cumulativa della vicenda - dal prelievo della vittima presso l'abitazione di (OMISSIS); al suo accompagnamento e detenzione, prima presso un piccolo ristorante africano e poi presso un appartamento, luogo delle sevizie - contestando il fondamento di tale ricostruzione "unitaria", in contrasto con la segmentazione del capo di imputazione nel quale vengono, per ciascuno, descritte le singole condotte. Anche tale rilievo e' infondato: la ricostruzione della Corte, sulla base costituita dalle dichiarazioni rese dalla persona offesa e della presenza del ricorrente a quanto accaduto nell'appartamento - le minacce che (OMISSIS) aveva subito; il pestaggio e poi la violenza sessuale - ha fondato la motivazione in merito alla partecipazione concorsuale di (OMISSIS) sulle dichiarazioni rese dalla persona offesa che, con icastica espressione, aveva indicato l'imputato come la persona "responsabile di loro", precisando che l'imputato aveva interrotto il pestaggio, al quale non aveva preso parte diretta, ordinando di accompagnare la vittima in bagno, luogo della violenza sessuale. Una espressione (responsabile di loro) che ne descrive il ruolo non solo nella violenza ma anche la regia nella fase di trattenimento e delle preliminari operazioni di prelievo, che ne costituivano il necessario antefatto e che non e' travolta, perche' inficiata da contraddittorieta' o incompatibilita' logica, dall'assoluzione dell'imputato dal reato associativo perche' il contributo concorsuale alla specifica vicenda costituisce altro rispetto al presunto ruolo dell'imputato (OMISSIS) nel gruppo organizzato palermitano della (OMISSIS). Anche a tal riguardo le valutazioni della Corte di Assise di appello, lungi dal denotare contraddittorieta' o manifesta illogicita', sono giuridicamente ineccepibili - avendo individuando il contributo concorsuale dell'agente che non si esaurisce in quello materiale e diretto alla singola azione, potendo assumere quello della direzione e rafforzamento del proposito delittuoso dei correi. Incensurabile, altresi', la positiva valutazione di (OMISSIS): le dichiarazioni della parte lesa, sottolinea la sentenza impugnata, proprio perche' strutturate rigorosamente nella illustrazione di fatti, non rivelano intenti calunniosi o il proposito di accrescere la responsabilita' dell'imputato trascinandolo in ogni segmento della condotta illecita, essendo, invece, quello proprio del giudice inferire dai fatti la loro qualificazione giuridica, anche in termini di contributo causale ad un'azione collettiva. 4.2 E' manifestamente infondato il motivo di ricorso che censura il mancato assorbimento nel reato di violenza sessuale di gruppo di quello di sequestro di persona, a prescindere dalla qualificazione giuridica di quest'ultimo. Le conclusioni dei giudici di appello si fondano sulla corretta e coerente applicazione dei principi di questa Corte secondo cui il delitto di sequestro di persona concorre con quello di violenza sessuale di gruppo, allorquando la privazione della liberta' di movimento della vittima si protrae oltre il tempo strettamente necessario al compimento degli atti di violenza sessuale, a nulla rilevando che l'impedimento ad allontanarsi sia precedente, contestuale o successivo allo svolgersi delle violenze (Sez. 3, n. 967 del 26/11/2014, dep. 2015, P, Rv. 261638). Come anticipato, tale conclusione appare ineccepibile poiche', rispetto al tema della qualificazione costruita sull'elemento intenzionale che contraddistingue il reato di cui all'articolo 630 c.p. rispetto al sequestro di persona, viene strutturata in relazione al connotato oggettivo della condotta e delle sue modalita' esecutive. 4.3 E' incensurabile in questa sede, il diniego di applicazione delle circostanze attenuanti generiche in presenza di motivazione esente da evidenti illogicita', anche considerato il principio affermato da questa Corte secondo cui non e' necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma e' sufficiente che faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (fra le tante, Sez. 2, n. 3609 del 18/1/2011, Sermone, Rv. 249163). Nel caso in esame la Corte di Assise di appello, condividendo le valutazioni del giudice di primo grado e a fronte di rilievi dell'appellante del tutto generici (perche' ricostruiti sulla funzione dell'istituto in esame e in carenza di individuazione di elementi di fatto suscettibili di positivo apprezzamento ai fini dell'applicazione delle circostanze attenuanti generiche), ha denegato l'applicazione delle attenuanti generiche valorizzando il gravissimo disvalore dei fatti commessi, caratterizzati da crudelta' ed efferata violenza nonche' dall'indubbio ruolo apicale svolto nella vicenda: si tratta di valutazioni che prescindono dalla qualificazione giuridica del fatto ascritto all'imputato al capo 4) (il sequestro di persona) e che appaiono saldamente ancorate al contributo partecipativo del ricorrente alla violenza sessuale di gruppo, di cui e' stato autore materiale, il fatto piu' efferato a prescindere, quindi, dal disvalore giuridico e dall'entita' della pena edittale piu' grave, sulla quale il giudice deve calibrare quella da infliggere in concreto. 4.4 E' manifestamente infondato anche il motivo di ricorso che denuncia vizio di motivazione sulla misura di aumento della pena per effetto della continuazione con riguardo al reato di violenza sessuale di gruppo. La Corte di Assise di appello, che ha determinato per il reato di cui all'articolo 609-octies c.p. la pena di anni tre di reclusione (si tenga presente che, in primo grado, tale reato era stato ritenuto piu' grave e individuato a base del trattamento punitivo), ha fatto corretta applicazione della regola di giudizio secondo la quale in tema di reato continuato, il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato piu' grave e stabilire la pena base, deve anche calcolare e motivare l'aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, Pizzone, Rv. 282269). Un obbligo di motivazione che e' stato precisato nel senso che il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena e' correlato all'entita' degli stessi e deve essere tale da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati; che risultino rispettati i limiti previsti dall'articolo 81 c.p. e che non si sia operato surrettiziamente un cumulo materiale di pene. Tale onere motivazionale e' stato, pertanto, implicitamente assolto, nella impossibilita' di affermare l'esattezza di una pena secondo criteri matematici, attraverso l'obiettivo aumento minimale della pena in relazione alla misura di quella base (determinata in anni venticinque di reclusione), senza che siano stati violati gli indici di proporzionalita', senza incorrere nella violazione di criteri di cui all'articolo 81 c.p. o scadere nel cumulo materiale di pene. 5.Sono infondati i motivi di ricorso, sub 4.6 e 4.8, che denunciano violazione di legge per la asserita inammissibilita' dell'appello interposto dal Pubblico Ministero per genericita' ed indeterminatezza. Si tratta di motivi meramente assertivi. Premesso che la sentenza impugnata riporta le conclusioni della difesa di (OMISSIS) che aveva chiesto il rigetto del ricorso del Pubblico Ministero, rileva il Collegio che l'atto di impugnazione proposto dal Pubblico Ministero (depositato il 19 giugno 2020) rispetta i principi a cui deve farsi riferimento nella valutazione del requisito della specificita' dei motivi di appello, ormai consolidati e trasfusi nella disciplina recata dall'articolo 581 c.p.p., comma 1 lettera d). Nella fattispecie, l'appello del P.M. appare connotato da specificita', confutando nel merito sia la riqualificazione della condotta di cui al capo 4) della rubrica (si deve ricordare che era in origine contestato il reato di cui all'articolo 630 c.p. e le aggravanti di cui all'articolo 416-bis.1. c.p. oltre a quella della premeditazione) compiuta dalla sentenza di primo grado, con argomentazioni che non solo riproducono, per evidente finalita' di autosufficienza e di sintesi, le dichiarazioni di (OMISSIS) ma che ne esaminano la incidenza, sulla scorta dei parametri di lettura costituiti dall'articolo 192 c.p.p., sul risultato di prova che ne deriva attraverso il confronto con quelle rese dalla parte lesa, riduttive, secondo la prospettazione accusatoria. Ne' va trascurato che era oggetto di impugnazione anche l'assoluzione dal reato associativo sicche', anche dalla confutazione di tale conclusione del giudice di primo grado, traevano ulteriore forza le argomentazioni dell'appellante nella parte in cui chiedeva la rivalutazione del ruolo e del contributo di (OMISSIS), anche ai fini del riconoscimento delle aggravanti. 6.E', invece, fondato, con le precisazioni che seguono, il primo motivo di ricorso di (OMISSIS) che denuncia vizio di violazione di legge, in relazione all'articolo 603 c.p.p., comma 3-bis e articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera d), in conseguenza della mancata assunzione nel dibattimento di secondo grado delle dichiarazioni rese da (OMISSIS) e (OMISSIS) diversamente valutate dal giudice di appello ai fini della riqualificazione, in senso peggiorativo, del reato di sequestro di persona in quello di sequestro di persona a scopo di estorsione, capo 4) dell'imputazione. Va ricordato che l'obbligo di rinnovazione istruttoria di cui all'articolo 603 c.p.p., comma 3-bis e' stato introdotto ad opera della L. 23 giugno 2017, n. 103 positivizzando un obbligo che la giurisprudenza di legittimita' aveva progressivamente introdotto, in attuazione della giurisprudenza sovranazionale, nei casi di overturning sfavorevole cioe' di modifica in appello di sentenza di assoluzione in primo grado. La giurisprudenza di legittimita', in particolare, aveva progressivamente calibrato l'obbligo di rinnovazione (esteso anche alle pronunce rese in esito a giudizio abbreviato e alle statuizioni civili con la sentenza Patalano del 19 gennaio 2017) in applicazione della cd. regola Dasgupta, la prima decisione delle Sezioni Unite che, in presenza di ribaltamento della pronuncia assolutoria in appello, aveva stabilito che, in tale evenienza, il giudice di appello, investito della impugnazione del pubblico ministero con cui si adduca una erronea valutazione delle prove dichiarative non puo' riformare la sentenza impugnata, affermando la responsabilita' penale dell'imputato, senza avere proceduto a rinnovare l'istruzione dibattimentale attraverso l'esame dei soggetti che abbiano reso dichiarazioni sui fatti del processo, ritenute decisive ai fini del giudizio assolutorio di primo grado (Sez. U, n. 27620 del 28/04/2016, Dasgupta, Rv. 267487). E' controversa nella giurisprudenza di questa Corte l'applicazione dell'obbligo di rinnovazione dell'attivita' istruttoria ai casi in cui il giudice di appello, in presenza di appello del Pubblico Ministero, abbia diversamente qualificato il fatto, in senso peggiorativo. Accanto all'affermazione generale che, in tal caso, il giudice di appello, non e' tenuto a procedere alla rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale (Sez. 3, n. 973 del 28/11/2018, dep. 2019, S, Rv. 274571) altre decisioni, mutuandolo dalla regula iuris della sentenza Dasgupta, hanno enunciato il principio che il giudice di appello ha l'obbligo di rinnovazione della prova dichiarativa ai fini della riforma "contra reum" della decisione di primo grado anche nel caso di riqualificazione giuridica dell'ipotesi delittuosa ritenuta dal giudice di primo grado ed in relazione alla quale la sentenza riformata aveva comunque espresso un giudizio di colpevolezza dell'imputato (Sez. 1, n. 53601 del 02/03/2017, Dantese, Rv. 271638). Per altre decisioni, invece, in tal caso, e' sufficiente il ricorso alla motivazione rafforzata che, tenendo conto delle valutazioni del primo giudice, sia stata in grado di superarle persuasivamente (Sez. 2, n. 38823 del 25/06/2019, Esposito, Rv. 277094). Ritiene il Collegio che, nell'ipotesi in cui non si sia in presenza di mera diversa riqualificazione del medesimo fatto ma nel caso di diversa qualificazione giuridica del fatto, in senso peggiorativo, direttamente conseguente alla difforme valutazione della prova dichiarativa sulla ricostruzione del fatto ritenuta decisiva dal giudice di appello, sussiste non solo il dovere di motivazione rafforzata ma l'obbligo di escutere nuovamente i dichiaranti in applicazione del canone di giudizio dell'oltre ogni ragionevole dubbio e del diritto alla prova, non essendo sufficiente ed esaustivo, per escludere la necessita' della rinnovazione istruttoria, il rilievo che, in tal caso, la sentenza riformata avesse gia' espresso un giudizio di colpevolezza dell'imputato. A questa conclusione indirizzano i principi sviluppati nella sentenza Patalano e nella sentenza Dasgupta. Le Sezioni Unite (Dasgupta e Patalano) hanno evidenziato che il dovere del giudice di appello, in vista di un ribaltamento del proscioglimento in condanna, di rinnovare, anche d'ufficio, l'esame delle fonti di prova dichiarative ritenute decisive discende non tanto e non solo dalla necessita' di una interpretazione adeguatrice rispetto ai principi della CEDU, come espressi dalla Corte di Strasburgo, ma, prima ancora, dal rispetto del criterio "generalissimo" ispiratore della decisione del giudice penale, che implica l'obbligo di escludere che possa reputarsi superato il dubbio ogniqualvolta, di fronte ad una diversa valutazione della prova dichiarativa che conduca ad un risultato peggiorativo nei confronti dell'imputato, il giudice di appello non abbia provveduto, in attuazione dei canoni di oralita' e immediatezza, alla rinnovazione della istruttoria dibattimentale dinanzi a se', nei casi di difforme valutazione delle dichiarazioni ritenute decisive dal primo giudice ai fini dell'assoluzione. In particolare, la sentenza Patalano ha affermato che "il canone dell'oltre ogni ragionevole dubbio", inserito nell'articolo 533 c.p.p., comma 1 dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, pretende che, in mancanza di elementi sopravvenuti, l'eventuale rivisitazione in senso peggiorativo compiuta in appello sia sorretta da argomenti dirimenti e tali da evidenziare oggettive carenze od insufficienze della decisione assolutoria, che deve, quindi, rivelarsi, a fronte di quella riformatrice, non piu' sostenibile, neppure nel senso di lasciare aperti residui ragionevoli dubbi sull'affermazione di colpevolezza. Sempre con riferimento alla sentenza assolutoria in primo grado, la sentenza Dasgupta ha precisato che la regola dell'"oltre ogni ragionevole dubbio" pretende percorsi epistemologicamente corretti, argomentazioni motivate circa le opzioni valutative della prova, giustificazione razionale della decisione, standards conclusivi di alta probabilita' logica che si saldano alle regole sul giusto processo e con il diritto alla prova, come espressione del diritto di difesa. Tale decisione evidenzia come il risultato valutativo del giudice si innesti su un percorso complesso che esige una "simmetria" operativa tra l'assunzione e la valutazione della prova dichiarativa decisiva e, quindi, la rinnovazione anche d'ufficio della istruttoria dibattimentale attraverso l'esame dei soggetti che hanno reso dichiarazioni decisive. Un percorso, questo, ricalcato dalla sentenza Patalano proprio per valorizzare, con riferimento al rito abbreviato e, quindi, in un procedimento cartolare, la necessita' della rinnovazione istruttoria, in ossequio ai principi di oralita' e contraddittorio. Ad avviso del Collegio, sulla base di tali argomentazioni, l'esigenza del superamento del ragionevole dubbio appare strettamente correlata all'oralita' nella riassunzione delle prove rivelatesi decisive dovendo fondarsi la valutazione del giudice su prove direttamente assunte nel contraddittorio: la motivazione, anche rafforzata del giudice di appello, nel caso di una valutazione meramente cartolare del materiale probatorio a disposizione del primo giudice, contiene in se' l'implicito dubbio ragionevole determinato dall'avvenuta adozione di decisioni contrastanti sulla base del medesimo contenuto dichiarativo, dubbio che puo' ragionevolmente essere superato solo attraverso una concreta variazione della base cognitiva utilizzata dal giudice d'appello, unitamente ad una corrispondente "forza persuasiva superiore" della relativa motivazione, quando il meccanismo della rinnovazione possa essere attivato in relazione ad una prova. L'applicazione del criterio epistemologico e sistematico, suggerita dalla sentenza Dasgupta e ribadita dalla sentenza Patalano, rileva non solo nel caso di overturning sfavorevole - e dell'obbligo positivizzato dall'articolo 603 c.p.p., comma 3-bis, in presenza di assoluzione in primo grado e condanna in appello - ma anche nel caso di diversa qualificazione giuridica del fatto in senso sfavorevole in diretta conseguenza della prova dichiarativa per la rilevanza che, in tal caso, involge la ricostruzione del fatto (inteso nelle sue componenti tradizionali di condotta, elemento soggettivo ed evento). Tale operazione non si risolve, come nel caso di mera riqualificazione giuridica del fatto, solo nell'apprezzamento delle implicazioni giuridiche delle risultanze di prova, ma comporta la ricostruzione degli elementi strutturali del reato, quindi della colpevolezza dell'agente: in questa ipotesi la rinnovazione dell'istruttoria, ai sensi dell'articolo 603 c.p.p., comma 3, (e non dell'articolo 603 c.p.p., comma 3-bis, che fa esclusivo riferimento alla sentenza di condanna che segue quella di proscioglimento), e' imposta dalla necessita' di una giustificazione legale e razionale della decisione di appello attraverso il superamento di ogni ragionevole dubbio improntata al metodo dell'oralita' e del contraddittorio nella formazione della prova. Un obbligo che va posto in relazione con i meccanismi di funzionamento propri delle ordinarie regole di ammissione della prova, indicate dall'articolo 603 c.p.p., comma 1 e comma 3, nel giudizio di appello, regole che disciplinano i poteri del giudice di appello e che valorizzano il ricorso al metodo dell'oralita' nelle specifiche ipotesi della non decidibilita' allo stato degli atti (comma 1), ovvero della assoluta necessita' di provvedere ex officio - quindi anche a prescindere dalla richiesta di parte che, pure, nel caso in esame vi e' stata, come di seguito precisato - all'integrazione del quadro probatorio (comma 3). E non vi e' necessita' piu' cogente di quella in cui il giudice di appello debba procedere alla rivalutazione del fatto ai fini della sua qualificazione giuridica come diretta conseguenza della diversa valutazione della prova dichiarativa decisiva. Nel delimitare la portata dell'obbligo di rinnovazione alla sola ipotesi di ribaltamento conseguente all'applicazione della regola contenuta nel nuovo l'articolo 603 c.p.p., comma 3-bis il legislatore ha inteso attribuire al libero convincimento del giudice di appello la possibilita' di esercitare poteri discrezionali di rinnovazione in situazioni diverse, differenziandone i contenuti e graduandone, al contempo, l'intensita' con riferimento alle diverse evenienze disciplinate nei primi tre commi dell'articolo 603 c.p.p., positivizzando una regola in una situazione particolarmente controversa nella giurisprudenza, ma affatto limitata a tale ipotesi che non ha derogato la generale necessita' della rinnovazione che puo' ricorrere nei casi piu' disparati e non ex ante individuabili e riducibili a elencazioni tassative. 6.1 Nel caso in esame la riqualificazione giuridica del fatto, in particolare con riferimento al reato di cui al capo 4), ma con effetti a cascata sul punto della ritenuta configurabilita' dell'aggravante di cui all'articolo 416.bis.1. c.p. e della premeditazione (entrambe escluse in primo grado), non si e' risolta nella mera operazione di riqualificazione giuridica della vicenda che aveva riguardato (OMISSIS), ma e' stata compiuta sulla base del diverso apprezzamento della prova dichiarativa, in particolare le dichiarazioni rese da (OMISSIS), che il giudice di primo grado aveva diversamente valutato sul punto specifico della causale del sequestro di persona, apprezzamento che ha connotato il sequestro di (OMISSIS) in termini ben piu' gravi, come sequestro di persona a scopo di estorsione, con la conseguente rideterminazione del trattamento sanzionatorio. In particolare (cfr. pag. 194 della sentenza di primo grado) la Corte di assise esaminando e confrontando il racconto della vittima e quello reso da (OMISSIS) (che, vale ricordarlo, aveva appreso i fatti da (OMISSIS), che vi aveva preso parte, che per tale episodio ha riportato condanna irrevocabile durante una comune detenzione) aveva precisato che il racconto della vicenda, coincidente nella descrizione della complessa dinamica che aveva avuto (il sequestro della persona offesa dapprima presso l'abitazione di (OMISSIS); poi presso un piccolo bar/ristorante africano ove (OMISSIS) era stato condotto contro la sua volonta'; di nuovo presso l'abitazione di (OMISSIS)) e, anzi talmente preciso, quello del (OMISSIS) da avere condotto alla individuazione del locale che gli inquirenti avevano potuto identificare solo grazie alle dichiarazioni del collaboratore e che era stato poi riconosciuto dalla parte lesa, era risultato divergente proprio con riferimento al movente o causale del sequestro rispetto a quella ricostruito dalla vittima. La Corte di Assise aveva, infatti, rilevato che univoche e reiterate (a partire dal momento in cui veniva sentito presso il Pronto Soccorso; passando attraverso la denuncia) erano state le dichiarazioni della persona offesa sulla causale dell'aggressione individuata nel rapporto sentimentale che questi aveva riallacciato con la connazionale (OMISSIS), moglie di (OMISSIS), e con una ricostruzione che aveva trovato aliunde riscontro (le dichiarazioni rese da (OMISSIS) e da (OMISSIS)). Per contro, a fronte della conoscenza indiretta della vicenda, la ricostruzione della causale indicata da (OMISSIS), era rimasta priva di riscontri processuali: tale casuale rinviava ad un intervento di (OMISSIS) non gia' a titolo individuale ma quale rappresentane della (OMISSIS) palermitana e riconduceva la punizione di (OMISSIS) ad un traffico di droga ed all'appropriazione di una partita di circa mezzo chilo di droga in danno di (OMISSIS), della moglie di questi, (OMISSIS), e di (OMISSIS) (la fonte di (OMISSIS)) che avevano coinvolto (OMISSIS) per il recupero della somma e al quale sarebbe spettata una percentuale. La Corte di assise aveva ritenuto sproporzionato e ambiguo l'intervento di (OMISSIS) e di altri soggetti (appartenenti a cu/t diversi, come Sammson Obas Alaye), coinvolgimento che, invece, si spiegava con il coinvolgimento a titolo personale di (OMISSIS). La Corte di assise, infine, aveva ritenuto sostanzialmente neutri i dati desumibili dai tabulati e, in particolare quelli relativi ai contatti registrati, proprio il giorno del sequestro di (OMISSIS), tra la moglie di questi, (OMISSIS), e (OMISSIS) e le dichiarazioni di (OMISSIS) sulla richiesta di una somma di denaro ricevuta nella fase finale del sequestro, una richiesta, tuttavia, ritenuta "eccentrica" rispetto alla somma riportata nel capo di imputazione e inconciliabile con essa, in pratica a fronte del valore della droga sparita venivano chiesti alla donna, per riavere il marito, una somma di tre/quattro mila Euro. 6.2 La Corte di Assise di appello ha ritenuto comprovato il movente estorsivo sulla base delle dichiarazioni rese da (OMISSIS), valorizzando, altresi', le dichiarazioni di (OMISSIS). Rileva il Collegio, che con memoria del 17 ottobre 2020, il Pubblico Ministero aveva chiesto la rinnovazione dell'istruttoria mediante la escussione di (OMISSIS), escussione che aveva ad oggetto "la conoscenza, da parte del collaboratore, dei reati - anche diversi da quelli associativi - commessi dai membri del sodalizio ai danni di (OMISSIS), oggetto di contestazione nel presente processo....". All'udienza del 11 gennaio 2021 l'avvocato (OMISSIS), difensore di (OMISSIS) su delega dell'avvocato La (OMISSIS), si era opposta alla escussione osservando che, qualora la Corte avesse ammesso la escussione di (OMISSIS) avrebbe chiesto di acquisire anche le sentenze a carico di questi per il reato di tentato omicidio e aveva prodotto ulteriori sentenze di questa Corte. Con ordinanza del 11 febbraio 2021 la Corte di Assise di appello aveva ammesso la escussione di (OMISSIS) (e di altri) ritenendo tali prove dichiarative decisive, esaminandole - per come si evince con chiarezza dalla motivazione nella prospettiva della loro rilevanza per la pronuncia della decisione assolutoria, in altre parole ai fini del reato associativo. Sta di fatto che, in appello era stato, nuovamente, escusso sia (OMISSIS) (che aveva insistito sulla sua ricostruzione del movente "sentimentale", e che, secondo la ragionevole ricostruzione dei giudici di merito non aveva potuto ammettere l'altro movente riconducibile alla "perdita" di una consistente partita di droga, pena il coinvolgimento in tale reato) che (OMISSIS) (sentito all'udienza del 2 marzo 2021) senza che ne' il Procuratore generale ne' le altre parti sviluppassero l'esame sul tema di prova costituito dall'aggressione di (OMISSIS). Ritiene il Collegio, applicando alla fattispecie in esame le descritte coordinate positive e giurisprudenziali illustrate al punto 5 che precede, che la sentenza impugnata non abbia fatto buongoverno della regola processuale di cui all'articolo 603 c.p.p., comma 3, in relazione all'articolo 546 c.p.p. per la mancata escussione del collaboratore (OMISSIS), sollecitata anche dal Pubblico Ministero, le cui dichiarazioni, all'esito di una diversa valutazione, sono state poste a fondamento della decisione di riqualificazione, in senso peggiorativo, del fatto sulla scorta di una motivazione che, peraltro, non risolve in maniera esaustiva e lineare - quindi in maniera rafforzata - il nucleo centrale della questione che la Corte di appello avrebbe dovuto esaminare e che era costituito non dalla ricostruzione della vicenda materiale (il sequestro di persona di (OMISSIS)) ma della sua causale, aspetto, questo che incide sull'elemento strutturale del reato, come ritenuto dai giudici di appello. 6.3 Il gia' rilevato vizio di violazione di legge, come precisato, con riferimento all'articolo 603 c.p.p., comma 3, si intreccia con quello della mancanza di motivazione rafforzata della sentenza impugnata, oggetto del secondo motivo di ricorso proposto da (OMISSIS). La sentenza impugnata, infatti, a fronte del formulato giudizio di inattendibilita' e progressione accusatoria delle dichiarazioni di (OMISSIS) con riferimento al reato associativo di cui ai capi 1) e 2), non ha spiegato le ragioni per le quali, invece, tali rilievi potessero ritenersi superati rispetto alle dichiarazioni relative alla vicenda (OMISSIS) giustificando, cosi', la scelta di una valutazione frazionata, ammissibile nel caso in cui non esista un'interferenza fattuale e logica fra la parte del narrato ritenuta non attendibile e le rimanenti parti che siano intrinsecamente attendibili; non ha spiegato, inoltre, attraverso argomenti dotati di forza persuasiva superiore, le ragioni per le quali potessero assurgere a rango di riscontro delle dichiarazioni di (OMISSIS), che ha riferito fatti appresi "de relato", il contenuto dei tabulati e delle dichiarazioni di (OMISSIS); ne' le ragioni per le quali la ricostruzione contenuta nella sentenza irrevocabile di condanna per taluni dei protagonisti (in primo luogo (OMISSIS), fonte di (OMISSIS)) possedesse valenza recessiva rispetto alle conclusioni raggiunte con la difforme valutazione raggiunta in appello, nella parte in cui, in primo grado, la sentenza della Corte di Assise si era allineata alle conclusioni del giudizio abbreviato. 7. La carenza di motivazione, in presenza del rilevato vizio di completezza ed esattezza dei dati informativi forniti dal processo per il concorrente vizio di violazione di legge, derivante dalla mancata rinnovazione dell'istruttoria mediante l'esame di (OMISSIS), sul movente dell'operazione in danno di (OMISSIS), e in presenza di prova acquisibile comporta l'annullamento con rinvio della decisione impugnata rimettendo alla Corte di merito, nell'esercizio dei poteri discrezionali che le competono in relazione al compendio probatorio, anche la valutazione della necessita' di escussione di (OMISSIS) la cui rinnovazione non era stata richiesta dal Pubblico Ministero, tenuto conto della valutazione del contenuto di tali dichiarazioni che ha compiuto la sentenza impugnata. 8. Le argomentazioni fin qui svolte investono anche la ritenuta sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. e della premeditazione che sono in diretta connessione con la ricostruzione del fatto e con la rivalutazione delle dichiarazioni rese da (OMISSIS). P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso del Procuratore generale. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) limitatamente al delitto di cui all'articolo 630 c.p. e alle aggravanti come ritenute e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di Appello di Palermo. Rigetta nel resto il ricorso.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SABEONE Gerardo - Presidente Dott. Scarl INI Enrico V. S. - Consigliere Dott. MASINI Tiziano - rel. Consigliere Dott. PISTORELLI Luca - Consigliere Dott. CIRILLO Pierangelo - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 04/05/2022 della CORTE APPELLO di MESSINA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere TIZIANO MASINI; Il procedimento e' stato trattato in forma cartolare, ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, e del Decreto Legge 30 dicembre 2021, n. 228, articolo 16, comma 1, convertito dalla L. 25 febbraio 2022, n. 15. Il Procuratore Generale presso questa Corte di Cassazione Dott.ssa Maria F. Loy ha depositato conclusioni scritte, con cui ha chiesto dichiararsi la inammissibilita' del ricorso. Il difensore della parte civile ha inoltrato nota delle spese e conclusioni per conto di (OMISSIS) e (OMISSIS). RITENUTO IN FATTO Con ricorso ritualmente depositato, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), hanno impugnato per cassazione la sentenza della Corte d'appello di Messina del 4 maggio 2022, che: in parziale riforma delle sentenze del tribunale di Messina del 23 settembre 2021 e del 18 ottobre 2021, sull'appello promosso dal Procuratore Generale e da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), ha dichiarato la (OMISSIS) ed (OMISSIS) colpevoli dei reati loro rispettivamente ascritti ai capi 1), 3) e 4) del proc. 426/19 R.G.T. (5698/16 R.G.N. R.) e, ritenuta la continuazione con il reato di cui al capo a) del proc. 143/21 R.G.T., in esso assorbito il reato di cui al capo 2) del proc. 426/19 R.G.T. di cui sopra, ha rideterminato la pena, con i doppi benefici per entrambi; ha confermato la sentenza di condanna di primo grado - per il reato sub a) del proc. n. 143/21 R.G.T. - nei confronti di (OMISSIS); ha condannato gli imputati al pagamento delle spese processuali - (OMISSIS) e la (OMISSIS), per entrambi i gradi di giudizio ed (OMISSIS) a quelle del secondo grado - ed (OMISSIS) e (OMISSIS), anche al risarcimento del danno in favore della parte civile (OMISSIS), da liquidarsi in separata sede" nonche' al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio in favore di essa parte civile, oltre agli accessori di legge; ha condannato, infine, tutti gli imputati alla rifusione delle spese processuali sostenute dalla /j parte civile (OMISSIS), oltre accessori di legge. I ricorrenti hanno articolato 7 motivi di impugnazione. 1.Con un primo motivo, eccepiscono l'inammissibilita' dell'appello del Procuratore Generale per violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1 lettera c) dell'articolo 581 e dell'articolo 597 c.p.p., per difetto di specificita' ed inosservanza del principio devolutivo. 2.Con un secondo motivo, i ricorrenti lamentano che la Corte d'appello, in accoglimento dell'impugnazione del Procuratore generale nel procedimento n. 426/19 R.G.T., avrebbe disatteso lo sbarramento di cui all'articolo 649 c.p.p., a causa della medesimezza dei fatti oggetto delle imputazioni rispetto a quella del procedimento n. 143/21 R.G.T., e che in ogni caso la motivazione della sentenza impugnata sarebbe viziata da contraddittorieta' per "travisamento della prova". La Corte territoriale ha ritenuto trattarsi di fatti diversi, ma lo ha tratto, erroneamente, dall'esame "letterale" dei capi d'imputazione, omettendo di rilevare che gli accadimenti sono i medesimi, dal punto di vista fattuale e temporale, a prescindere dalla loro qualificazione giuridica. 3.Con un terzo motivo, i ricorrenti si dolgono della violazione dell'articolo 606 c.p.p., lettera e), in relazione all'intervenuta condanna per il reato di violenza privata sub 1) del proc. 426/19 R.G.T., non emergendo riscontri esterni dell'attendibilita' della querela e della testimonianza di (OMISSIS). 4.Con un quarto motivo, il ricorso deduce violazione dell'articolo 606 c.p.p., lettera e), in relazione all'articolo 582 c.p., contraddittorieta' e travisamento della prova, in quanto le lesioni non sarebbero assistite da un certificato medico, non sarebbero state denunciate nell'immediatezza dei fatti alla polizia intervenuta e, al piu', si tratterebbe di percosse - assorbite dall'imputazione di esercizio arbitrario delle proprie ragioni - giustificate da una reazione dell' (OMISSIS) a fronte di un illegittimo tentativo di video-filmatura posto in essere da (OMISSIS) con il telefono cellulare. 5.Con un quinto motivo, si deduce violazione dell'articolo 606 c.p.p., lettera e), in relazione all'articolo 612 c.p., contraddittorieta' e travisamento della prova, in quanto il teste (OMISSIS), della pattuglia intervenuta avrebbe riferito di aver appreso, al momento dell'intervento, soltanto di una lite e non di minacce. 6.Con un sesto motivo, i ricorrenti lamentano violazione dell'articolo 606 lett.e) c.p.p. in relazione all'articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera e), e riportano alcuni brani del proprio atto di appello avverso la sentenza di primo grado del tribunale di Messina per i fatti del proc. 143/21 R.G.T., che li aveva condannati, in concorso, per il reato di cui all'articolo 393 c.p., confermata dalla Corte d'appello. 7.Con il settimo ed ultimo motivo, i ricorrenti si dolgono della violazione dell'articolo 606 c.p.p., lettera e), in relazione all'articolo 393 c.p.p., per contraddittorieta' e travisamento della prova. La Corte territoriale avrebbe dovuto fare applicazione dell'orientamento giurisprudenziale secondo il quale l'arbitrarieta' della condotta - elemento essenziale della fattispecie di ragion fattasi - deve essere esclusa quando essa rappresenti una reazione repentina all'altrui condotta illegittima, finalizzata esclusivamente alla reintegrazione della propria condizione di possesso. E tanto si era verificato nel caso di specie, ove i comportamenti attribuiti agli imputati si erano realizzati nel frangente in cui il (OMISSIS), stava manipolando il muretto funzionale ad ostruirne il passaggio, a cui avevano diritto. RITENUTO IN DIRITTO Il ricorso e' inammissibile, in quanto generico e manifestamente infondato. 1.Quanto al primo motivo, osservano i ricorrenti che il tribunale di Messina - a riguardo del procedimento penale n. 5698/16 R.G.N. R. e 426/19 R.G.T. - aveva dichiarato non doversi procedere in relazione alle imputazioni ivi formulate nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS), ai sensi dell'articolo 649 c.p.p. perche' fatti gia' giudicati nell'ambito del procedimento penale n. 143/21 R.G.T. relativo all'incolpazione di esercizio arbitrario delle proprie ragioni in concorso mediante violenza sulle cose e alle persone, ascritto, appunto, anche ad (OMISSIS) e (OMISSIS). Il pubblico ministero - secondo la prospettazione dei ricorrenti - si sarebbe limitato ad opporre che il primo giudice non si fosse peritato di acquisire la sentenza di primo grado e si fosse "accontentato" della produzione di un esemplare dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari ex articolo 415 bis c.p.p., contenente un'imputazione provvisoria; e che - qualora avesse preso contezza della imputazione contenuta in sentenza - si sarebbe avveduto che tra i fatti ascritti agli imputati, a prescindere dalla loro qualificazione giuridica, non vi era assoluta identita', atteso che - nel processo nel quale era stata pronunciata l'improcedibilita' - era stato contestato anche il delitto di lesioni personali ai danni di (OMISSIS) - che non figurava tra le persone offese del procedimento penale n. 143/21 R.G.T. definito con sentenza di condanna oggetto dell'appello degli imputati (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS). L'inammissibilita' dell'appello del pubblico ministero - secondo gli argomenti spesi nel ricorso per cassazione - deriverebbe dal fatto che nel giudizio di appello del proc. (OMISSIS) R.G.T. "i documenti prodotti...erano esattamente quelli di cui alla sentenza di condanna" del proc. (OMISSIS) R.G.T. e, di conseguenza, tale constatazione produrrebbe l'effetto di attribuire un "difetto di specificita'" all'impugnazione del pubblico ministero, che non avrebbe "esplicitato le ragioni per cui il Giudice" avrebbe errato nel "ritenere il precedente giudicato". Affermano, inoltre, i ricorrenti - a riguardo del secondo motivo di appello del pubblico ministero - che quest'ultimo avrebbe censurato solo l'assoluzione per il capo 4) dell'imputazione del procedimento penale n. 426/19 R.G.T., limitandosi ad esaltare la presenza di (OMISSIS), in veste di persona offesa dal reato - diversa da quelle del padre (OMISSIS), e (OMISSIS), indicate come tali nel proc. 143/21 R.G.T. - e, pertanto, i confini del "devolutum" avrebbero dovuto essere circoscritti, dalla Corte d'appello, all'esame della sola imputazione di lesioni personali, attribuita ad (OMISSIS) ai danni di (OMISSIS). In proposito, mette conto ricordare l'orientamento di questa Corte, scolpito da Sez. U, Sentenza n. 8825 del 27/10/2016 Cc. (dep. 22/02/2017) Rv. 268822 - 01,Galtelli, secondo il quale "l'appello, al pari del ricorso per cassazione, e' inammissibile per difetto di specificita' dei motivi quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata, fermo restando che tale onere di specificita', a carico dell'impugnante, e' direttamente proporzionale alla specificita' con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato". Ebbene, dal momento che la "ratio decidendi" della sentenza appellata era rappresentata esclusivamente dalla declaratoria di improcedibilita' per un assunto, precedente giudicato sui medesimi fatti - a cui evidentemente si riferiscono tutti i "capi" contestati nel proc. 426/19 R.G.T. - correttamente i motivi dell'appello del Procuratore Generale si sono concentrati sulla confutazione del relativo ed unico "punto" della medesima, limitato alle argomentazioni esposte a fondamento del giudizio di identita' dei fatti oggetto delle contestazioni formulate nei due distinti procedimenti penali (cfr. Cass. sez. unite,27/5/16 n. 6903, Aiello e altro). La massima giurisprudenziale citata dai ricorrenti a pag.4 del ricorso conferma, in effetti anziche' contrastarla - la linearita' ed inappuntabilita' della tecnica redazionale del requirente. Sorte non dissimile merita l'esame dell'obiezione difensiva fondata sugli effetti devolutivi dell'impugnazione dell'accusa, che si assume contenuti all'imputazione del capo 4) del proc. 426/19 R.G.T., in quanto gli argomenti spesi sul punto dall'appellante devono interpretarsi come compiuta illustrazione delle ragioni di doglianza avverso l'erroneita' della sentenza di primo grado, che si e' arrestata al rilievo di natura formale, senza entrare nel merito della fondatezza delle accuse sulla scorta dell'esistenza di un presunto ostacolo derivante dal giudicato sui medesimi fatti storici. Il motivo e' dunque manifestamente infondato, anche nella parte in cui si duole di un insussistente vizio di specificita' dell'appello del pubblico ministero che proverrebbe dalla "coincidenza contenutistica" degli atti dei due fascicoli, affermazione per un verso del tutto generica ed esplorativa e per altro verso per nulla pertinente alla soluzione della questione posta. 2.Quanto al secondo motivo di ricorso, si lamenta, nella sostanza, che il giudice di secondo grado avrebbe omesso di statuire l'"assorbimento" delle condotte contestate nel procedimento n. 426/19 R.G.T. nell'imputazione di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, in concorso, con violenza sulle cose e alle persone, contestata ai 3 imputati nel proc. 143/21 R.G.T., trattandosi di processi riuniti in grado d'appello su istanza del loro difensore. A sostegno della tesi, i ricorrenti hanno richiamato alcuni "segmenti" delle deposizioni testimoniali di (OMISSIS) e di (OMISSIS), che dimostrerebbero l'assoluta identita' dei fatti contestati nei due procedimenti penali, sia pure qualificati diversamente dal punto di vista giuridico. Ancora, anche se la Corte d'appello ha sottolineato che le persone offese dei reati contestati nei due procedimenti penali sono parzialmente diverse - nel proc. n. 426/19 R.G.T. vi e' (OMISSIS), vittima del reato di violenza privata attribuito a (OMISSIS) e dei reati di minaccia e di lesioni personali attribuiti ad (OMISSIS), mentre nel proc. n. 143/21 R.G.T. e' stato contestato, alla (OMISSIS), ad (OMISSIS) ed (OMISSIS), il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni in concorso e le persone offese, oltre a (OMISSIS), sono i di lei genitori (OMISSIS) e (OMISSIS) - tale argomentazione non influirebbe sull'operativita' del giudicato, perche' vi sarebbe comunque corrispondenza storico-naturalistica dei fatti e non ne rileverebbe la diversa qualificazione giuridica. Orbene, osserva questa Corte che la sentenza impugnata ha dichiarato l'assorbimento del reato contestato a capo 2) del proc. 426/19 - danneggiamento del cancello d'ingresso della proprieta' di (OMISSIS) e (OMISSIS) - nell'addebito del proc. (OMISSIS). Ha invece ritenuto - in modo del tutto condivisibile - che le condotte contestate ai capi 1),3) e 4) del proc. (OMISSIS) siano diverse ed ulteriori rispetto a quelle oggetto dell'imputazione di esercizio arbitrario delle proprie ragioni. Se e' vero che "ai fini della preclusione connessa al principio "ne bis in idem", l'identita' del fatto sussiste quando vi sia corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona" (Cass. sez. U, n. 34655 del 28/6/05), e' evidente che la condotta contestata al capo 1) del proc. (OMISSIS) a (OMISSIS) violenza privata ai danni di (OMISSIS), che non e' comproprietaria dell'immobile dei genitori e ne era soltanto ospite, alla quale e' stato impedito di varcarne il cancello a causa del posizionamento del veicolo altrui - e' diversa da quella a lei addebil:ata nel capo a) del proc. 143/21, che non la comprende e che - a specifico riguardo della persona offesa (OMISSIS) - investe l'aggressione materialmente operata da (OMISSIS) per averle carpito il telefono cellulare che aveva tra le mani. Sono diverse le condotte di cui ai capi 3) e 4) del proc. 426/19 rispetto a quella contestata nel procomma 143/21: quella del capo 3), in quanto l'accusa e' di minacce gravi ai danni di (OMISSIS) e riguarda il solo (OMISSIS), mentre il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni - nella specie contestato ai 3 imputati - e' connotato dal requisito di fattispecie della "violenza" e, quanto alle minacce, esse investono differenti persone offese; quella del capo 4), perche' il reato contestato ad (OMISSIS) e' quello di lesioni personali in danno di (OMISSIS) e la malattia cagionata alla vittima costituisce un "quid pluris" rispetto alla piu' generale estrinsecazione di energia fisica che caratterizza la "violenza", elemento costitutivo del delitto di ragion fattasi contestato nel proc. (OMISSIS)1. In tal senso e', del resto, la giurisprudenza di legittimita', secondo cui "nel reato di Esercizio arbitrario delle proprie ragioni restano assorbiti solo quei fatti che, pur costituendo di per se stessi reato, rappresentano elementi costitutivi del primo: tali sono il danneggiamento, rispetto all'ipotesi di cui all'articolo 392 c.p., e le minacce o le semplici percosse, rispetto all'ipotesi di cui all'articolo 393 stesso codice. Se la violenza eccede tali limiti, i reati in tal modo commessi danno luogo ad autonome responsabilita' penali, concorrenti eventualmente col reato di ragion fattasi, ove sussista il dolo specifico proprio di quest'ultimo." (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 2425 del 07/12/1988 Ucl. (dep. 19/02/1990) Rv. 183405 - 01; V mass n 178535; Conf mass n 146729; Conf mass n 146208; Conf mass n 137310). Il motivo e' dunque manifestamente infondato. L'esame dei restanti motivi di ricorso - tutti a loro volta manifestamente infondati - puo' essere accomunato dalla premessa secondo la quale - come da costante insegnamento di questa Corte - SS.UU. 30.4.97, Dessimone - l'indagine di legittimita' sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato - per espressa volonta' del legislatore -a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilita' di verificare l'adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si e' avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. La illogicita', quale vizio denunciabile, deve essere evidente, cioe' di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimita' al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purche' siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (SS.UU. cit.)." Nel giudizio di cassazione sono precluse - a meno che non si rivelino fattori di manifesta illogicita' della motivazione del provvedimento impugnato - la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacita' esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (cfr., tra le piu' recenti, Sez. 6, n. 5465 del 4/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601; Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, Musso, Rv. 265482). E ancora, a riguardo del giudizio di attendibilita' dei testimoni "Non e' sindacabile in sede di legittimita', salvo il controllo sulla congruita' e logicita' della motivazione, la valutazione del giudice di merito, cui spetta il giudizio sulla rilevanza e attendibilita' delle fonti di prova, circa contrasti testimoniali o la scelta tra divergenti versioni e interpretazioni dei fatti" (Sez. 5, Sentenza n. 51604 del 19/09/2017 Ud. (dep. 13/11/2017) Rv. 271623 - 01, D'Ippedico e altro; conf. N. 8090 del 1981 Rv. 150282 - 01, N. 20806 del 2011 Rv. 250362 - 01). 3.Quanto, piu' specificamente, al terzo motivo di ricorso, sostengono i ricorrenti che la foto prodotta dalla persona offesa (OMISSIS) non costituirebbe riscontro esterno dell'attendibilita' della querela, in quanto la stessa imputata, (OMISSIS), ha ammesso di aver posizionato la propria auto davanti al cancello d'ingresso dell'abitazione degli antagonisti, a causa dell'ostruzione della strada di accesso alla propria dimora e, contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte di merito, non sarebbe stato possibile fare retromarcia e liberare lo spazio davanti al cancello, come ha confermato il teste (OMISSIS), nel corso del dibattimento di primo grado; il teste (OMISSIS), della pattuglia della polizia intervenuta nell'immediatezza dei fatti, ha riferito di non aver visto autoveicoli in loco e la circostanza contrasterebbe con quanto dichiarato dalla Venuti, che ha invece dichiarato che l'auto della (OMISSIS) sarebbe rimasta sul posto per un paio d'ore. Ebbene, osserva questa Corte che, con motivazione piana ed immune da vizi logici, la Corte territoriale ha ritenuto attendibili, in quanto altresi' riscontrate dai rilievi fotografici e dalla certificazione medica, le dichiarazioni della persona offesa (OMISSIS) a riguardo dei reati di violenza privata, minacce e lesioni personali commessi ai suoi danni nel procedimento n. (OMISSIS). La deposizione dell'operante di polizia (OMISSIS), rappresenta, a sua volta - e contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti - una conferma della possibilita' di spostare il veicolo lasciato dalla (OMISSIS) davanti al cancello della casa dei vicini, tanto che - all'atto del suo intervento, successivo al maturare del culmine dei fatti denunciati - non c'erano mezzi che ostruissero il percorso. 4. Per quanto attiene al quarto motivo di ricorso, la Corte di merito ha dato conto dei contenuti della certificazione medica relativa alle lesioni arrecate a (OMISSIS), - che illustra l'esistenza di ecchimosi sul braccio della vittima - ed e' circostanza irrilevante che in quel frangente quest'ultima, in un contesto di evidente autodifesa, stesse filmando con il telefono cellulare l'azione altrui. 5.Parimenti - con riferimento al quinto motivo - non e' rilevante che gli agenti di polizia non abbiano udito minacce, in quanto e' pacifico che il loro intervento sia avvenuto nella fase L dell'esaurimento dell'alterco. 6.Quanto al sesto motivo, i ricorrenti censurano Ila sentenza della Corte d'appello che, nel confermare il giudizio di primo grado, avrebbe "fornito una chiave di lettura alternativa" che non contrasterebbe con quella proposta da essi ricorrenti, i cui motivi di appello non sarebbero stati scrutinati; non sarebbero state colte, in particolare, le discrasi'e tra le testimonianze delle parti civili Venuti e (OMISSIS), anche a riguardo della presenza dell' (OMISSIS), di cui (OMISSIS), non ha riferito. Orbene, il collegio rileva, in proposito, che la Corte d'appello ha esplicitato, con motivazione esauriente e per nulla illogica o contraddittoria, le ragioni che persuadono dell'attendibilita' complessiva delle versioni rese dalle parti civili, che si riscontrano reciprocamente sul nucleo essenziale dei fatti oggetto del processo, dando evidenza della marginalita' dei residui profili di ipotetica difformita' dei loro contenuti. Con specifico riferimento, poi, all'affermazione della responsabilita' concorsuale di (OMISSIS), e' consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimita' che " in tema di concorso di persone nel reato, anche la semplice presenza sul luogo dell'esecuzione del reato puo' essere sufficiente ad integrare gli estremi della partecipazione criminosa quando, palesando chiara adesione alla condotta dell'autore del fatto, sia servita a fornirgli stimolo all'azione e un maggiore sensosicurezza" (Sez. 2, Sentenza n. 50323 del 22/10/2013 Ud. (dep. 13/12/2013) Rv. 257979 - 01, Aloia e altri. Conf.: N. 4805 del 1997 Rv. 207582 - 01). E' evidente, ad una semplice lettura delle sentenze di merito, che (OMISSIS), abbia quantomeno - e a tutto concedere - contribuito a rafforzare il proposito criminoso della moglie e del figlio Paolo nell'incedere dei comportamenti che hanno integrato il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni (es. dichiarazioni Venuti, pag.4 sent. primo grado proc. (OMISSIS) R.G.T. "... (OMISSIS), mi rincorreva...mi rincorreva con i cani, perche' lui era presente prima...l'hanno chiamato, e' intervenuto..."). 7.Sconta difetto di specificita' - in uno con la sua manifesta infondal:ezza - il settimo motivo, che si poggia sulla pretesa insussistenza del requisito di fattispecie dell'"arbitrarieta'" elemento costitutivo del delitto di ragion fattasi - per avere, gli imputati, legittimamente e contestualmente reagito ad un'azione di spoglio altrui. I ricorrenti si soffermano, in particolare, sul "grave travisamento della prova" che emergerebbe dall'affermazione secondo la quale gli imputati avrebbero potuto disporre di un congruo lasso di tempo per far valere i propri diritti dinanzi all'autorita' giudiziaria, sul presupposto che il muretto, munito di fotocellula, costruito dai (OMISSIS), non fosse stato eretto nel pomeriggio del giorno dell'alterco, ma fosse gia' esistente da tempo e che la fotografia prodotta dalla difesa ritraente (OMISSIS), che armeggiava sul manufatto - non fosse di valenza decisiva, essendo emerso che il muretto era stato colpito e danneggiato da un automezzo pesante nel corso della mattinata stessa. In definitiva, secondo la difesa dei ricorrenti, le fotografie allegate alla querela del proc. 143/21 R.G.T., acquisite agli atti del fascicolo del dibattimento, dimostrerebbero che "dopo la riparazione" ad opera del (OMISSIS), il muretto era "stato implementato di una serie di tre mattoni in testa", tali da non consentire all'autovettura della (OMISSIS), di svoltare verso la di lei abitazione. La ricostruzione sarebbe stata avallata dal consulente tecnico della difesa degli imputati, ing. (OMISSIS), che ha illustrato l'avvenuta modificazione dello stato dei luoghi, idonea ad ostacolare irrimediabilmente il transito dei veicoli. Osserva il collegio che - in relazione alle accuse di cui al capo a) del proc. 143/21 - si e' in presenza di una c.d. doppia conforme sulla responsabilita', di tal che "ai fini del controllo di legittimita' sul vizio di motivazione, ricorre la cd. "doppia conforme" quando la sentenza di appello, nella sua struttura argomentativa, si salda con quella di primo grado sia attraverso ripetuti richiami a quest'ultima sia adottando gli stessi criteri utilizzati nella valutazione delle prove, con la conseguenza che le due sentenze possono essere lette conGiuntamente costituendo un unico complessivo corpo decisionale" (Cass. pen., sez. II, 12.06.2019 - dep. 6.09.2019, n. 37295, rv. 27218); e ancora "nel caso di cosiddetta "doppia conforme', il vizio del travisamento della prova, per utilizzazione di un'informazione inesistente nel materiale processuale o per omessa valutazione di una prova decisiva, puo' essere dedotto con il ricorso per cassazione ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti, con specifica deduzione, che il dato probatorio asseritamente travisato e' stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado"(cfr. Cass. sez.3,28/9/22 n. 45537, M.; Conformi: N. 7986 del 2017 Rv. 269217 - 01, N. 4060 del 2014 Rv. 258438 - 01, N. 19710 del 2009 Rv. 243636 - 01, N. 5615 del 2014 Rv. 258432 01, N. 5223 del 2007 Rv. 236130 - 01). La sentenza della Corte territoriale - allineandosi, sul punto, a quella di primo grado - afferma, per un verso, che l'esclusione del requisito dell'arbitrarieta', nel delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, e' possibile solo con riferimento alla "violenza sulle cose", adottata per difendere l'esercizio di un proprio diritto nel godimento della "res", sempre che la "reazione" avvenga nell'immediatezza del fatto lesivo e non si tratti di "compossesso" (Cas. Sez. 5, n. 23493 del 2014); mentre, nel caso in esame, il delitto contestato e' quello di cui all'articolo 393 c.p., comma 2, - esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone e alle cose. Aggiunge, peraltro, la sentenza impugnata come in ogni caso l'ostacolo creato dal muro "de quo" fosse esistente da tempo pregresso, circostanza che avrebbe escluso l'invocabilita' della causa di giustificazione dell'esercizio di un diritto e avrebbe imposto di ricorrere all'autorita' giudiziaria con l'azione di rivendicazione o con le previste azioni a tutela del possesso. I ricorrenti non si confrontano con gli argomenti della sentenza impugnata, non solo a riguardo della prova, non fornita, della titolarita' esclusiva del possesso sulla porzione della strada di accesso alla loro proprieta' - oggetto dello spoglio ma anche a riguardo delle modalita' della condotta - consistita in atti di violenza e minaccia alle persone - limitandosi ad una elencazione di massime giurisprudenziali, anche molto risalenti nel tempo, peraltro compatibili con il percorso ricostruttivo delle sentenze di merito. I ricorrenti sostengono, ancora, di aver agito "in continenti", ovvero nel momento in cui (OMISSIS), stava costruendo il muretto, asseritamente "implementato di una serie di tre mattoni in testa", senza tuttavia adeguatamente misurarsi con l'affermazione, contenuta in sentenza - fondata sulle richiamate risultanze processuali, sulla inconcludenza dei rilievi fotoaereogrammetrici del consulente della difesa e sulla centralita' e convergenza delle deposizioni di (OMISSIS) e (OMISSIS), - secondo le quali il muretto munito di fotocellula fosse gia' stato realizzato da tempo - e sulla decisivita' del dato secondo cui l'intervento manutentivo operato nel pomeriggio di quel giorno da (OMISSIS) fosse la conseguenza di un danneggiamento provocato, nel corso della mattinata, dal transito di un automezzo pesante. Peraltro, il motivo di ricorso si palesa manifestamente infondato, in quanto sono gli stessi ricorrenti a riconoscere - contraddittoriamente - che il muretto gia' esisteva prima del pomeriggio del giorno dei fatti, come si legge a pagg. 21 e 22 del ricorso con riferimento all'assunto "prolungamento" del manufatto ("implementato da una serie di tre mattoni in testa") - evidentemente gia' presente - che avrebbe ristretto la "luce" del passaggio dei veicoli. 8.Non puo' essere accolta la richiesta di rifusione delle spese legali, come da nota del difensore di parte civile, in quanto "nel procedimento che si svolge dinanzi alla Corte di cassazione in camera di consiglio nelle forme previste dagli articoli 610 e 611 c.p.p., quando il ricorso dell'imputato viene dichiarato, per qualsiasi causa, inammissibile, ne va disposta la condanna al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile, anche se i motivi di ricorso da lui proposti riguardino esclusivamente la pena inflitta, purche' la domanda di restituzione o risarcimento del danno sia stata accolta in sede di merito e, in sede di legittimita', la stessa parte civile abbia effettivamente esplicato, nei modi e nei limiti consentiti, un'attivita' diretta a contrastare la pretesa dell'imputato per la tutela dei propri interessi" (Sez. U, Ordinanza n. 5466 del 28/01/2004 Cc., Gallo; cfr. anche Cass. sez.6,28/4/22 n. 28615, Landi; Cass. sez.5, 31/1/22 n. 19177, Musso). Nel caso in esame, il contributo della parte civile si e' risolto nella presentazione delle conclusioni e della nota spese, senza articolare alcun apporto, fattivo e concreto, idoneo a contrastare le pretese degli imputati. 9.Ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., stanti le cause dell'inammissibilita', che non consentono di escluderne la colpa, i ricorrenti - oltre al pagamento delle spese processuali - devono essere condannati al pagamento della somma di Euro 31)00 a favore della Cassa delle ammende ciascuno. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3000 in favore della Cassa delle ammende. Nulla sulle spese tra le parti.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. TARDIO Angela - Presidente Dott. FIORDALISI Domenico - Consigliere Dott. POSCIA Giorgio - Consigliere Dott. DI GIURO Gaetano - rel. Consigliere Dott. LANNA Angelo Valer - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 01/12/2022 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA; udita la relazione svolta dal Consigliere GAETANO DI GIURO; lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona dell'Avvocato generale presso la Corte di cassazione Pietro Gaeta, che ha chiesto l'annullamento dell'ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Roma dell'1 dicembre 2022 (depositata il 19 dicembre 2022) resa nei confronti di (OMISSIS), con rinvio per un nuovo esame. RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza emessa in data 1 dicembre 2022, depositata il 19 dicembre 2022, il Tribunale di sorveglianza di Roma ha rigettato il reclamo proposto nell'interesse di (OMISSIS) avverso il decreto del Ministro della giustizia del 4 maggio 2022, che aveva disposto nei suoi confronti, ai sensi dell'articolo 41-bis, comma 2, L. 26 luglio 1975, n. 354 (d'ora in poi Ord. pen.), come modificato dall'articolo 2 L. 23 dicembre 2002, n. 279, e, da ultimo, dall'articolo 24 L. 15 luglio 2009, n. 94, la sospensione dell'applicazione di regole trattamentali e di istituti penitenziari ordinari, specificamente enunciati, demandando al Direttore dell'istituto di pena, ove il detenuto era ristretto, di adottare "le misure di elevata sicurezza interna ed esterna (...) necessarie a prevenire contatti con l'organizzazione eversiva di appartenenza o di attuale riferimento, interazione con altri detenuti appartenenti alla medesima associazione ovvero ad altre ad essa alleate, secondo le disposizioni dell'Amministrazione penitenziaria", e di richiedere alle Autorita' giudiziarie competenti, in relazione ai singoli fatti della posizione giuridica, "l'autorizzazione alla sottoposizione al visto di controllo di tutta la corrispondenza telegrafica ed epistolare, in partenza ed in arrivo". 1.1. L'ordinanza, premettendo ampi riferimenti alla sua situazione detentiva, rappresentava, in particolare, che il reclamante: - era ristretto in carcere dal 14 settembre 2012, in espiazione della pena di anni dodici, mesi tre e giorni dieci di reclusione, determinata con provvedimento di cumulo, emesso in data 11 dicembre 2019 dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Ferrara, che aveva unificato le condanne definitive per i reati di attentato per finalita' terroristiche o di eversione, porto illegale di armi, furto, istigazione a delinquere e danneggiamento, con decorrenza pena dal 14 settembre 2012 e fine pena al 23 dicembre 2024; - era in stato detentivo anche in relazione a titolo non definitivo, essendo stato attinto dall'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino in data 26 luglio 2016, confermata dal Tribunale del riesame di Torino con ordinanza del 28 settembre 2016, divenuta definitiva a seguito della sentenza del 21 febbraio 2017 della Corte di cassazione che aveva rigettato il ricorso della difesa; - per detti ultimi reati era stato condannato a venti anni di reclusione con sentenza emessa dalla Corte di assise di Torino il 24 aprile 2019, confermata dalla Corte di assise di appello di Torino con sentenza emessa il 24 novembre 2020; - anche detta sentenza era divenuta irrevocabile, in quanto la Corte di cassazione, con sentenza n. 38184 del 6 luglio 2022, aveva rigettato il ricorso proposto dalla difesa e, in accoglimento di quello del Procuratore generale presso la Corte di appello di Torino, aveva annullato la sentenza impugnata in conseguenza della disposta riqualificazione del reato contestato ex articolo 422 c.p. al capo f) dell'imputazione originaria nella fattispecie di cui all'articolo 285 c.p., con rinvio alla Corte di assise di appello di Torino per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio; - dalle indicate sentenze era stato riconosciuto capo e organizzatore di un'associazione con finalita' di terrorismo, ai sensi dell'articolo 270-bis c.p., e responsabile per concorso in attentati per finalita' di terrorismo, strage ex articolo 285 c.p. (come riqualificato il fatto contestato ai sensi dell'articolo 422 c.p.), violazione della legge sulle armi, istigazione a delinquere e altro. 1.2. L'ordinanza rilevava che il decreto ministeriale oggetto di reclamo, sulla base degli elementi emersi dall'istruttoria (consistita nell'acquisizione delle informazioni fornite dalla Procura della Repubblica - Direzione Distrettuale antimafia presso il Tribunale di Torino, con note del 10 dicembre 2020 e del 4 aprile 2022, dalla Direzione Nazionale antimafia con nota del 16 febbraio 2021, dalla Digos - Questura di (OMISSIS) con nota del 2 dicembre 2020 e dagli organismi centrali delle Forze dell'ordine), aveva applicato ad (OMISSIS), detenuto per fatti di reato previsti dal primo periodo del comma 1 dell'articolo 4-bis Ord. pen., il regime detentivo speciale in ragione della sua particolare concreta pericolosita' e della sua capacita' di mantenere contatti con esponenti tuttora liberi dell'organizzazione eversiva di appartenenza. Esponeva, quindi, i contenuti di detto decreto, descrittivi degli esiti delle svolte attivita' investigative e dell'analisi della documentazione prodotta, procedendo dalla ricostruzione della nascita della (OMISSIS) (d'ora in poi (OMISSIS)), costituita nel 2003, "come organizzazione orizzontale (...) non verticistica, ma basata su patto di mutuo appoggio e percio' informale", da vari gruppi di ideologia anarchica - chiamati anche "gruppo dei fondatori", gia' operanti da anni in diverse zone d'Italia - con finalita' terroristiche ed eversive tese alla distruzione dello Stato e del capitale. Indicava, inoltre, i documenti, riportati nel decreto, che avevano segnato la costituzione e lo sviluppo dell'associazione, e segnatamente il documento costitutivo "(OMISSIS)", diffuso nel 2003 contestualmente al primo attentato rivendicato con la sigla (OMISSIS), commesso nel dicembre 2003 a (OMISSIS) in danno di (OMISSIS), allora presidente dell'UE, e il documento "(OMISSIS)", diffuso nel 2006, dopo alcuni descritti attentati commessi con utilizzo di pacchi bomba e ordigni esplosivi contro obiettivi istituzionali e civili, e redatto come "verbale" di un incontro tra otto delegati dei c.d. gruppi fondatori, che avevano individuato "una sorta di comitato direttivo centrale", con funzioni di programmazione e direzione strategica rispetto alle single cellule, e avevano previsto un coordinamento tra le diverse cellule e una certa conoscenza tra i diversi membri. Rappresentava, poi, gli eventi successivi, annotati nel decreto, relativi all'indicata associazione e all'assunzione da parte della stessa di una dimensione internazionale nel 2011 con la costituzione della (OMISSIS) - (OMISSIS) (d'ora in poi (OMISSIS)), che esprimeva "una sorta di cartello" tra le diverse cellule della (OMISSIS) operanti in numerose nazioni, tra cui Grecia, Spagna, Argentina, Inghilterra, Indonesia e Messico, e il compimento, da parte di detta associazione, di attentati di natura terroristica estremamente pericolosi per l'incolumita' dei cittadini, oggetto di accertamenti giudiziari, e volti a intimorire la popolazione e a costringere le istituzioni all'adozione di determinati provvedimenti. L'ordinanza rimarcava, inoltre, quanto rappresentato nel decreto circa le ragioni della sottoposizione di (OMISSIS) al regime detentivo differenziato, correlate agli esiti delle recenti indagini circa l'attuale operativita' dell'organizzazione, il ruolo di capo e organizzatore rivestito dallo stesso nell'associazione di appartenenza, la sua pericolosita' attestata dai reati ascrittigli di attentato e strage, il suo costante collegamento con i sodali all'esterno e l'assiduita' delle sue comunicazioni, tramite i richiamati scritti e opuscoli clandestini, con le realta' anarchiche all'esterno del circuito carcerario, volte alla riproposizione di tematiche rivoluzionarie, alla identificazione di obiettivi strategici, alla formulazione di proposte organizzative e allo stimolo ad azioni dirette di attacco alle istituzioni, raccolti da cellule o individualita' e tradotti in attentati di diversa entita' e difficolta' organizzativa. 1.3. Il Tribunale, che ripercorreva le ragioni di censura svolte con il reclamo, che denunciava l'insussistenza dei presupposti di cui al comma 2 dell'articolo 41-bis Ord. pen., perveniva dai rilievi argomentati sulla sussistenza e sull'attuale operativita' dell'associazione criminale (OMISSIS) alla conclusione della correttezza della valutazione effettuata al riguardo dal provvedimento ministeriale impositivo del regime detentivo speciale. Di detto provvedimento sottolineava anche la legittimita' quanto ai concorrenti profili della pericolosita' di (OMISSIS), del suo ruolo apicale nell'ambito della indicata organizzazione e della sua capacita' di mantenere collegamenti con la stessa anche durante la detenzione; richiamava e illustrava i presupposti applicativi dell'articolo 41-bis Ord. pen., la natura della sospensione, totale o parziale, in esso normativizzata, dell'applicazione "delle regole di trattamento e degli istituti previsti" dallo stesso ordinamento penitenziario, e la finalita' della tipizzata gestione penitenziaria differenziata in rapporto alle esigenze di ordine e di sicurezza, e ravvisava la riconducibilita' dei fatti ascritti al predetto (OMISSIS) nella previsione normativa di cui all'articolo 4-bis, comma 1, primo periodo, Ord. pen., specificamente evocato nell'articolo 41-bis, comma 2, Ord. pen. per individuarne i possibili (detenuti o internati) destinatari. Evidenziava, conclusivamente, che, in considerazione delle esposte ragioni preventive e di sicurezza, le limitazioni detentive imposte - avuto riguardo anche alla inidoneita' del regime detentivo ordinario ad assicurare una netta soluzione del concreto rischio di una continuita' di comportamenti del detenuto, orientati all'esercizio del ruolo apicale nell'ambito dell'associazione di appartenenza, e a "neutralizzare il rafforzamento e la perpetuazione del vincolo associativo e ogni situazione che possa comportare anche la stessa percezione di rapporti ancora attivi con accoliti in liberta' (...)", e apprezzata la rilevata assenza di alcun segno di ravvedimento o di dissociazione - apparivano conformi allo scopo di prevenzione e di sicurezza, implicato dalla previsione normativa, a fronte di un "profilo elevatissimo di pericolosita' sociale". 2. Avverso detta ordinanza propone ricorso per cassazione, a mezzo del difensore di fiducia, (OMISSIS), deducendo, con unico motivo, violazione di legge, ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), in riferimenti agli articoli 41-bis, comma 2, Ord. pen. e 125 c.p.p.. 2.1. Secondo il ricorrente, che richiama le coordinate ermeneutiche del controllo di legittimita' affidato alla Corte di cassazione, la motivazione dell'ordinanza e' solo apparente, ovvero svolta "tramite considerazioni inconferenti e stereotipate rispetto alle principali argomentazioni difensive, integranti le controdeduzioni sottoposte tramite il reclamo alla cognizione dei giudici", con riguardo alla perdurante vitalita' e, quindi, all'attuale operativita' dell'associazione per la quale egli e' stato condannato. Richiamati gli elementi valorizzati nel decreto ministeriale per sostenere l'attualita' della (OMISSIS) e riprese le controdeduzioni difensive devolute con il reclamo per destrutturare giuridicamente i detti elementi, il ricorrente rileva che l'unica sentenza, che ha ritenuto raggiunta la prova in ordine alla sussistenza della (OMISSIS) quale associazione inquadrabile nella fattispecie di cui all'articolo 270-bis c.p., e' quella emessa il 24 aprile 2019 dalla Corte di assise di Torino, allegata al ricorso, e confermata dalla Corte di assise di appello di Torino in data 24 novembre 2020, nell'ambito del processo c.d. Scripta Manent, e aggiunge che, tuttavia, la stessa sentenza ha introdotto una serie di precisazioni volte a evidenziare come l'individuato elemento strutturale associativo si collochi all'interno di un piu' ampio "metodo (OMISSIS)" con finalita' insurrezionali. Rileva a tale proposito - ripercorrendo i singoli passaggi della sentenza - che l'indicata sentenza, tra l'altro, ha affermato che: a) l'acronimo (OMISSIS) identifica sia una sigla-metodo ("(OMISSIS)-metodo") che non integra la fattispecie di cui all'articolo 270-bis c.p., sia una vera e propria associazione ("(OMISSIS)-associazione"), che "opera e si nasconde all'interno del piu' ampio fenomeno (OMISSIS)-metodo" (p. 121-123 della sentenza); b) tale associazione e' dotata di un organismo centrale, promuove il metodo insurrezionale e coordina l'azione delle singole cellule che compongono la sua struttura di base; c) il modello propagandato da esso ricorrente - secondo cui l'organizzazione della sovversione si compendierebbe esclusivamente nel metodo dell'informalita' e della fluidita' della federazione anarchica, cio' che consentirebbe ai soggetti che rifuggono da strutture formalizzate, o addirittura a sconosciuti, di attuare, di iniziativa, attentati e di rivendicarli "in adesione al metodo (OMISSIS)" - non era corrispondente alla reale consistenza del fenomeno e risultava abile camuffamento teso a occultare la piu' limitata, ancorche' esistente, struttura associativa; d) tale nucleo associativo risultava composto quantomeno dai sottoscrittori del c.d. documento fondativo della (OMISSIS) (vale a dire, il documento "(OMISSIS)" del 2003, sottoscritto dal c.d. "gruppo dei fondatori", quali rappresentanti delle quattro cellule "(OMISSIS)/(OMISSIS) e affini (occasionalmente spettacolare)", "(OMISSIS)/(OMISSIS)", "(OMISSIS)/(OMISSIS)"; "(OMISSIS)/(OMISSIS)"), i quali si erano impegnati, sottoscrivendo, ad aggiungere alla loro sigla identitaria l'acronimo (OMISSIS) nelle future rivendicazioni (p. 111-112 della suddetta sentenza). Ad avviso del ricorrente, la ricostruzione tratta dalla sentenza della Corte di assise rappresenta "la lente prospettica tramite la quale vagliare il requisito dell'attualita'" operativa dell'associazione, posto che, proprio alla luce di essa, non ogni fatto puo' essere ascritto, secondo la distinzione prospettata dagli stessi giudici, alla "(OMISSIS)-associazione" piuttosto che alla "(OMISSIS)-metodo", e come, per ricondurre i singoli episodi criminosi all'attivita' dell'associazione sovversiva (OMISSIS), sarebbe necessaria, in dipendenza e a ragione della suddetta impostazione giudiziale, la rivendicazione "da parte di una sigla storica ovvero tramite un acronimo che prosegue nel tempo". Il ricorrente denuncia, quindi, che i cinque attentati compiuti tra il 2016 e il 2022 (ai danni del Tribunale di Civitavecchia il 12 gennaio 2016; ai danni della Caserma dei carabinieri di (OMISSIS) il (OMISSIS); ai danni (OMISSIS) il (OMISSIS); ai danni del (OMISSIS), con invio di un pacco esplosivo presso la sede amministrativa; ai danni della societa' (OMISSIS), con invio di u'n pacco esplosivo all'amministratore delegato il (OMISSIS)), valorizzati nel decreto ministeriale a fondamento dell'affermata attualita' della (OMISSIS), non risultano rivendicati dalle c.d. "sigle storiche" dei gruppi fondatori, ne' da una sigla comunque riutilizzata e mantenuta nel tempo, e che, pertanto, il mero utilizzo della sigla (OMISSIS) non e' dimostrativo della prosecuzione dell'attivita' associativa, dovendo, invece, detti reati, in difetto delle connotazioni specifiche individuate dalla Corte di assise di Torino, essere ricondotti alla "ipotesi di non associazione". Il Tribunale di sorveglianza, pur investito della cognizione di detti argomenti difensivi, supportati documentalmente e sottoposti alla sua cognizione a mezzo del reclamo, della successiva memoria difensiva e dell'intervento orale in udienza, ha eluso le tematiche censurate, apprezzando il mero utilizzo della sigla (OMISSIS) come dimostrativo dell'attivita' dell'associazione e rinvenendo un attestato di tale operativita' nei "piu' recenti attentati rivendicati con la sigla (OMISSIS)-(OMISSIS) e menzionati nella nota Digos del 22/11/2022", gia' valorizzati nel decreto ministeriale, senza considerare che la sentenza della Corte di assise di Torino aveva ritenuto non provata l'esistenza di una struttura associativa (OMISSIS)-(OMISSIS) di natura internazionale. 2.2. Ulteriore integrale difetto di motivazione dell'ordinanza impugnata, opposto dal ricorrente, attiene all'omessa considerazione di altri argomenti difensivi inerenti alla incorsa erronea valorizzazione - al fine della dimostrazione della perdurante vitalita' della (OMISSIS) e del collegamento con essa di (OMISSIS) - di due procedimenti penali, relativi alle operazioni "Bialystok" e "Sibilla". Ad avviso del ricorrente, il Tribunale di sorveglianza, con riguardo alla prima operazione, ha solo rimarcato un passaggio argomentativo della sentenza n. 9935 del 2021 della Corte di cassazione, che aveva annullato l'ordinanza, resa in sede di riesame, dal Tribunale di Roma, laddove si e' affermato che il gesto criminoso realizzato presso la Caserma dei carabinieri di (OMISSIS), in data (OMISSIS), ha integrato "ragionevolmente un momento attuativo della strategia elaborata dal (OMISSIS)", prescindendo dal citare la circostanza, pur documentata con la produzione del dispositivo della sentenza de'lla Corte di assise di Roma del 29 settembre 2022, della sopravvenuta assoluzione degli imputati dal reato di cui all'articolo 270-bis c.p. e della correlata esclusione dell'esistenza, presso il centro sociale (OMISSIS), di una cellula eversiva affiliata alla (OMISSIS). Ne' e' pertinente, al fine della dimostrazione della sua pericolosita', secondo l'opposta analisi del ricorrente, l'operata valorizzazione della c.d. "operazione Sibilla". Il Tribunale, invero, mentre ha richiamato il disposto annullamento con rinvio, in sede di legittimita', dell'ordinanza del Tribunale di Perugia, che aveva annullato quella del Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale per il reato di istigazione a delinquere, ha omesso di confrontarsi con il dato, rilevante e dirimente in punto di dimostrazione della perdurante attivita' della (OMISSIS), del rigetto da parte dello stesso Giudice, nel medesimo procedimento, del teorema accusatorio della pubblica accusa circa l'esistenza di un'associazione, ex articolo 270-bis c.p., presso il (OMISSIS) anarchico di (OMISSIS), affiliata alla (OMISSIS), e a lui connessa, dal punto di vista ideologico, per il tramite della rivista (OMISSIS). 2.3. L'ordinanza del Tribunale di sorveglianza, nello sviluppo argomentativo del ricorrente, e' incorsa in ulteriore violazione di legge, per avere esplicato un percorso giustificativo della decisione basato su una carente ovvero meramente apparente valutazione delle ragioni, sottoposte alla sua cognizione con il reclamo, in relazione ai propri collegamenti con l'organizzazione criminale di appartenenza e alla loro pericolosita' e attualita', avendo ritenuto che "il 41-bis sia applicabile per impedire i collegamenti tra il detenuto e soggetti che, anche astrattamente partecipi in passato della medesima associazione di appartenenza del detenuto, in difetto di prova della perdurante vitalita' della stessa, non possono piu' essere considerati associati, bensi' ex appartenenti alla medesima". Il Tribunale, pretermettendo le controdeduzioni difensive, o considerandole in termini generici e autoreferenziali, in ordine alla stigmatizzata valorizzazione di scritti e messaggi da lui inviati all'esterno durante la sua detenzione, espressamente valutati come istigatori nel decreto ministeriale, ha finito con il confermare l'ipotesi che il regime carcerario differenziato sia stato "illegittimamente attivato, in quanto (...) utilizzato per interrompere e impedire al (OMISSIS) di continuare a esternare il proprio pensiero politico, ovvero per sanzionare l'istigazione o comunque il proselitismo, e pertanto per arginare un pericolo che poteva diversamente essere contenuto tramite strumenti allo scopo proporzionati, meno invasivi e meno limitativi". La violazione di legge investe, oltre alla omessa considerazione delle censure, aventi "valenza invalidante rispetto alla legittima attivazione del regime detentivo differenziato", anche l'operata equiparazione da parte del Tribunale della sua attivita' comunicativa, "inviata quale contributo personale alle assemblee o ai giornali anarchici e poi, altrettanto pubblicamente, divulgata da questi ultimi attraverso il web", ai c.d. "pizzini", ovvero ai messaggi criptici veicolati dal detenuto all'esterno, spesso attraverso parenti, sfruttando le occasioni di contatto inframurario ed esterno tipicamente connesse a un ordinario regime detentivo. In tal modo, il Tribunale, pur in presenza di comunicazione, non veicolata in maniera occulta ovvero segreta, ma "apertamente diffusa all'esterno in incertam personam, ovvero destinata non agli associati bensi' a soggetti gravitanti nella c.d. galassia anarchica", ne' ha chiarito la compatibilita' dello strumento detentivo disposto con la modalita' di manifestazione del pensiero invece attuata e "assolutamente antitetica ed inconciliabile rispetto a quella che viene fisiologicamente sanzionata tramite il 41-bis", ne' ha considerato, avallando l'incorso vizio del decreto ministeriale, che vi e' stata un'estensione in malam partem del "perimetro applicativo del 41-bis ad impedire al piu' la perpetrazione del reato di istigazione", e non a recidere i collegamenti tra il detenuto e l'associazione eversiva di appartenenza in linea con la ratio normativa. Se, quindi, secondo il ricorrente, l'obiettivo effettivamente perseguito dal decreto ministeriale e' stato quello di impedire che egli comunicasse con l'esterno "al fine di presuntivamente evitare che (...) istigasse soggetti che non fanno parte di alcuna associazione, ma che come singoli, nell'ambito della (OMISSIS)-metodo potrebbero compiere attentati con finalita' di terrorismo", esso si sarebbe potuto raggiungere attraverso strumenti normativi idonei allo scopo, senza l'adozione delle restrizioni di cui al comma 2-quater dell'articolo 41-bis Ord. pen.. Con riguardo a detto profilo, neppure si e' considerato che i documenti elencati nell'ordinanza (alle pagg. 22-25), e giudicati sintomatici dell'attualita' e della pericolosita' dei suoi collegamenti con l'organizzazione criminale di appartenenza, risalgono a periodi nei quali egli non era oggettivamente sottoposto a censura, come evidenziato dallo stesso Ministro nel decreto applicativo, e che, pertanto, "l'argomento utilizzato dal Tribunale per superare il problema della proporzionalita' dell'istituto, il piu' afflittivo di tutto l'ordinamento penitenziario, rispetto allo scopo perseguito, risulta meramente assertivo ed ellittico, ovvero elusivo della censura difensiva. 3. L'udienza camerale di trattazione del ricorso, iscritto nel ruolo generale della Corte di cassazione in data 11 gennaio 2023, fissata, ex articolo 611 c.p.p., per il 20 aprile 2023, e' stata anticipata, su istanze del difensore fondate sulle condizioni di salute del ricorrente, con provvedimenti del Presidente della Sezione Prima penale del 27 gennaio e del 2 febbraio 2023, ritualmente comunicati, dapprima al 7 marzo 2023 e successivamente al 24 febbraio 2023. 4. In data 3 febbraio 2023 il ricorrente ha depositato memoria, ai sensi dell'articolo 611, comma 1, c.p.p., con la quale insiste sull'accoglimento dei motivi di ricorso e per l'annullamento dell'ordinanza impugnata. In particolare, reitera il riferimento all'intervenuta assoluzione degli imputati, in relazione all'operazione "Bialystok", dal reato di cui all'articolo 270-bis c.p., e quindi all'esclusione giudizialmente accertata dell'esistenza presso il centro sociale (OMISSIS) di una cellula eversiva affiliata alla (OMISSIS), ai partecipi della quale egli avrebbe potuto impartire direttive dal carcere, allegando la sentenza della Corte di assise di Roma del 29 settembre 2022, depositata il 13 dicembre 2022, e quindi in data successiva al deposito del ricorso per cassazione, oltre che della stessa ordinanza impugnata. Lamenta che il Tribunale di sorveglianza non si e' confrontato, considerandolo tamquam non esset, con il dispositivo di detta pronuncia assolutoria e con il dato che i soggetti anarchici - con cui egli, secondo l'ordinanza impugnata, intrattiene relazioni - non solo non fanno parte della medesima associazione del detenuto, ma non fanno parte di alcuna associazione. 5. L'Avvocato generale ha depositato, in data 8 febbraio 2023, requisitoria scritta, con la quale, svolti ampi richiami all'ordinanza impugnata, emessa in data 1 dicembre 2022, al ricorso e alle deduzioni e censure svolte, e puntualizzate fondamentali coordinate ermeneutiche in punto di diritto, rappresenta l'inammissibilita' e comunque la manifesta infondatezza delle censure inerenti al preteso difetto di motivazione dell'ordinanza impugnata o alla sua apparenza in ordine alla perdurante esistenza e operativita' della compagine associativa (OMISSIS), cui appartiene (OMISSIS), essendo la motivazione non soltanto effettiva, ma completa e immune da ogni censura; sottolinea, poi, la inconcludenza delle osservazioni difensive relative all'esito delle due vicende parallele, riguardanti le operazioni Bialystok e Sibilla; evidenzia, infine, la fondatezza delle censure difensive riguardanti la denunciata apparenza della motivazione dell'ordinanza impugnata in ordine alla dimostrazione dei collegamenti di (OMISSIS) con l'organizzazione criminale di appartenenza, evocando le direttrici logico-argomentative dell'ordinanza, che illustra, ed enunciando le ragioni della condivisa fondatezza delle censure difensive sul punto essenziale della carenza di fattualita' in ordine ai momenti di collegamento con l'associazione, e conclude per l'annullamento dell'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio, in relazione al profilo pertinente alle censure di cui alla seconda parte del ricorso difensivo. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso, in presenza di motivi in parte inammissibili e in parte infondati, deve essere rigettato. 2. Si premette in diritto che, ai sensi del vigente comma 2 dell'articolo 41-bis Ord. pen., "quando ricorrano gravi motivi di ordine e di sicurezza pubblica, anche a richiesta del Ministro dell'interno, il Ministro della giustizia ha (...) la facolta' di sospendere, in tutto o in parte, nei confronti dei detenuti o internati per taluno dei delitti di cui al primo periodo del comma 1 dell'articolo 4-bis, o comunque per un delitto che sia stato commesso avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare l'associazione di tipo mafioso in relazione ai quali vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con un'associazione criminale, terroristica o eversiva, l'applicazione delle regole di trattamento e degli istituti previsti dalla presente legge che possano porsi in concreto contrasto con le esigenze di ordine e di sicurezza. La sospensione comporta le restrizioni necessarie per il soddisfacimento delle predette esigenze e per impedire i collegamenti con l'associazione di cui al periodo precedente (...)". 2.1. Il contenuto testuale di detta previsione, e del contesto normativo in cui la stessa e' inserita, e' conseguito a due interventi riformatori che hanno inciso sul testo originario, aggiunto, nell'articolo 41-bis (introdotto nell'ordinamento penitenziario con la rubrica "situazioni di emergenza" con L. 10 ottobre 1986, n. 663), dal Decreto Legge 8 giugno 1992, n. 306, in tema di contrasto alla criminalita' mafiosa, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 1992, n. 356, con termine di efficacia temporalmente limitato e prorogato da ultimo fino al 31 dicembre 2002 con Decreto Legge 24 novembre 2000, n. 341, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 gennaio 2001, n. 4. Il primo intervento riformatore, attuato con L. 23 dicembre 2002, n. 279, ha istituzionalizzato la previsione normativa, abrogando le norme "a tempo", e con esse l'eccezionalita' e la temporaneita' dell'istituto, che ha introdotto definitivamente nel sistema, riscrivendone la disciplina e prevedendo la durata anche delle possibili proroghe, e, attraverso l'incremento del catalogo dei delitti indicati nel primo periodo del comma 1 dell'articolo 4-bis Ord. pen., ha del pari ampliato l'area dei destinatari del regime differenziato, individuati per relationem a detta norma. Il secondo intervento riformatore, attuato con L. 15 luglio 2009, n. 94, ha confermato la stabilita' in ambito normativo del regime di cui all'articolo 41-bis Ord. pen., e, mentre ha tipizzato le restrizioni collegate al regime detentivo differenziato, che ha reso tassative e obbligatorie, riducendo la discrezionalita' ministeriale nella individuazione delle misure conseguenti alla sospensione del trattamento ordinario del detenuto, ha ampliato l'ambito di operativita' del regime differenziato. Fermo restando, invero, il richiamo individualizzante dei destinatari all'articolo 4-bis, comma 1 - intanto ulteriormente modificato per effetto del Decreto Legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito con modificazioni dalla L. 23 aprile 2009, n. 38, che, novellandolo, ha anche aggiunto i commi 1-bis, 1-ter, 1-quater e 1-quinqies - ha confermato l'inclusione nel comma 1 (gia' operata nel 2002), e tra gli altri, oltre che dei delitti di associazione mafiosa, dei delitti commessi per finalita' di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza, prevedendone altri; ha specificamente aggiunto nel testo dell'articolo 41-bis, comma 2, all'operato rinvio il riferimento di chiusura, introdotto da "comunque", a ogni delitto "che sia stato commesso avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare l'associazione di tipo mafioso"; ha confermato il criterio di selezione dei destinatari del provvedimento sospensivo, gia' previsto con la riforma del 2002, concernente la presenza di "elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con un'associazione criminale, terroristica o eversiva" e la limitazione della sospensione dell'applicazione delle regole di trattamento e degli istituti penitenziari alle restrizioni necessarie per "il soddisfacimento delle (...) esigenze (di ordine e di sicurezza)" e "per impedire i collegamenti con l'associazione (criminale, terroristica o eversiva)". 2.2. Gli interventi normativi, che hanno introdotto e modificato nel tempo il regime penitenziario differenziato, sono stati oggetto di ripetute analisi da parte della Corte costituzionale, intervenuta con quattro sentenze interpretative di rigetto (n. 349 del 1993, n. 410 del 1993, n. 351 del 1996 e n. 376 del 1997) sia sul contenuto e sui limiti dei provvedimenti ministeriali sia sulla loro sindacabilita' da parte del giudice ordinario, a tutela dei diritti e del trattamento dei detenuti in materia penitenziaria, nel silenzio del diritto positivo dell'epoca, che non prevedeva espressamente la necessita' della motivazione ne' richiamava specifici meccanismi di controllo. La Corte costituzionale, rimarcata l'inviolabilita' dei diritti fondamentali della persona, perche' costituzionalmente protetti, quale limite al potere discrezionale dell'Autorita' amministrativa di inasprire le modalita' di espiazione della pena detentiva, ha riconosciuto che la tutela contro tale inasprimento era da individuare nello stesso ordinamento penitenziario, e segnatamente nell'articolo 14-ter Ord. pen., individuato come norma applicabile a tutti i regimi detentivi fondati su forme qualificate di pericolosita'. Mediante il reclamo era ritenuto, in tal modo, consentito di provocare un sindacato giurisdizionale da parte della' magistratura di sorveglianza sulle determinazioni dell'amministrazione, per riscontrare, a tutela dei diritti dei detenuti, la sussistenza dei presupposti per l'adozione del provvedimento e il rispetto dei limiti posti dalla legge e dalla Costituzione in ordine al suo contenuto, si' che "eventuali misure illegittime, lesive dei diritti del detenuto", avrebbero dovuto "essere a questi fini disattese, secondo la regola generale per cui il giudice dei diritti applica i regolamenti e gli atti dell'amministrazione solo in quanto legittimi" (sentenza n. 351 del 1996). La giurisprudenza di legittimita', interpretando in senso restrittivo tali indicazioni esegetiche, mentre ha ribadito il necessario controllo sulla legittimita' del decreto ministeriale applicativo, avuto riguardo alla sua natura amministrativa e alla sua incidenza sui diritti soggettivi del detenuto, ha escluso il potere giudiziale di integrazione e modificazione rispetto a singole prescrizioni imposte, ammettendo la mera possibilita' di disporne la revoca a fronte del riscontro della carenza delle ragioni giustificative (tra le altre, Sez. 1, n. 7226 del 19/12/1997, dep. 1998, Di Giacomo, Rv. 209469; Sez. 1, n. 3890 del 27/06/1995, Minichini, Rv. 202437; Sez. 1, n. 2625 del 28/04/1995, Farinella, Rv. 201479; Sez. 1, n. 4251 del 04/10/1994, Greco, Rv. 199482). 2.3. I principi di tutela affermati dalla giurisprudenza sono stati recepiti dalle normative di modifica, a partire dalla L. 7 gennaio 1998, n. 11, che ha aggiunto nell'articolo 41-bis Ord. pen., dopo il comma 2, il comma 2-bis, prevedendo la competenza a decidere sui reclami avverso "i provvedimenti del Ministro di grazia e giustizia emessi a norma del comma 2" del "tribunale di sorveglianza avente giurisdizione sull'istituto cui il condannato, l'internato o l'imputato e' assegnato", alla L. n. 279 del 2002 che ha delineato un procedimento di reclamo modellato sulle "forme previste dagli articoli 666 e 678 del codice di procedura penale", precisando nel neo-introdotto comma 2-sexies l'ambito del potere cognitivo di detto tribunale, da esplicarsi "sulla sussistenza dei presupposti per l'adozione del provvedimento e sulla congruita' del contenuto dello stesso rispetto alle esigenze di cui al comma 2", in correlazione al potere discrezionale, attribuito al Ministro della giustizia dal comma 2-quater nella scelta delle misure ritenute necessarie e sufficienti per soddisfare le esigenze di sicurezza poste a fondamento del potere di sospensione, e limitato, come ogni potere discrezionale, ai mezzi necessari a perseguire le finalita' previste dalla legge. Alla novellazione del testo dell'articolo 41-bis Ord. pen., la giurisprudenza di legittimita', allineandosi alle osservazioni della Corte costituzionale (ord. n. 417 del 23/12/2004), ha adeguato le proprie posizioni, pretendendo dall'ordinanza del tribunale di sorveglianza che avesse deciso sul reclamo dell'interessato una "autonoma congrua motivazione in ordine alla permanenza attuale dei pericoli per l'ordine e la sicurezza che le misure medesime mirano a prevenire" e tanto anche in riferimento al decreto ministeriale di proroga, nella ribadita Inammissibilita' del ricorso a "motivazioni apparenti o stereotipe, inidonee a giustificare in termini di attualita' le misure disposte" (tra le altre, Sez. 1, n. 15283 del 4/4/2006 Orefice, Rv. 234844; Sez. 1, n. 22721 del 26/03/2013, Di Grazia, Rv. 256495). La L. n. 94 del 2009, n. 94, dando un esito finale al modello che si era andato delineando, ha, tra l'altro, attribuito la competenza a decidere sul reclamo al solo tribunale di sorveglianza di Roma, indipendentemente dal focus custodiae, sulla base di specifiche ragioni sistematiche correlate all'intento di evitare "orientamenti giurisprudenziali eterogenei da parte dei diversi tribunali" (come da scheda del Servizio studi del Senato sul d.D.L., contenente "Disposizioni in materia di sicurezza pubblica", in Atti Senato, XVI leg., stamp. 733-B, maggio 2009, n. 127, p. 195 ss.), e, novellando il precedente comma 2-sexies, ha eliminato, dall'oggetto del sindacato di merito sul decreto ministeriale,- il controllo sulla congruita' del contenuto del provvedimento applicativo rispetto alle esigenze di ordine e di sicurezza, di cui al comma 2, da esercitarsi, invece, con riduzione dei poteri dell'organo decidente, solo "sulla sussistenza dei presupposti per l'adozione del provvedimento". La limitazione del controllo spettante al tribunale di sorveglianza solo sui presupposti, e non anche sui contenuti quanto alla loro "congruita'" rispetto alle esigenze di ordine e di sicurezza, e' sul piano sistematico in linea con lo spirito della riforma, che ha anche investito il primo capoverso del comma 2-quater, relativo all'elenco delle restrizioni concernenti vari aspetti della vita carceraria, sostituendo all'espressione "puo' comportare" l'altra "prevede", implicante, per effetto dell'introduzione di un elenco tassativo delle restrizioni, una forte riduzione della discrezionalita' ministeriale nella indicazione delle misure conseguenti alla sospensione del trattamento ordinario dei detenuti. 2.4. La restrizione del controllo sul decreto ministeriale spettante al Tribunale di sorveglianza di Roma (ferma restando quella dei singoli magistrati di sorveglianza, aventi giurisdizione sull'istituto di pena in cui il detenuto si trova, sui reclami in ordine alle specifiche limitazioni imposte e sulla loro concreta applicazione) e' stata oggetto di interpretazione costituzionalmente orientata da parte della giurisprudenza costituzionale e di legittimita'. In particolare la Corte costituzionale, richiesta di pronunciarsi sulla legittimita' della nuova formulazione dell'indicato comma 2-sexies, ha disatteso le censure di incostituzionalita' per contrasto con gli articoli 13, comma 2, 24, comma 1, e 113, commi 1 e 2, Cost., offrendo, con le ordinanze n. 220 e 313 del 2009 e con le sentenze n. 266 del 2009 e n. 190 del 2010, un'interpretazione sistematica della nuova norma, risultante dalle modificazioni normative succedutesi negli anni, nel contesto dei vari istituti dell'ordinamento penitenziario. Ha rimarcato "la scomparsa del riferimento testuale al controllo sulla congruita' dei mezzi rispetto ai fini" da parte del tribunale di sorveglianza, investito del reclamo avverso il decreto ministeriale, conseguente alla contrazione della discrezionalita' ministeriale, nella individuazione delle misure conseguenti alla sospensione del trattamento ordinario del detenuto, con l'introduzione di un elenco tassativo di prescrizioni limitative, espressivo di una valutazione originaria della loro congruita' rispetto al fine perseguito della tutela dell'ordine e della sicurezza pubblici. Ha annotato il mantenimento nel corpo normativo del, non soppresso, rimedio previsto per il controllo sulla legittimita' del contenuto dell'atto dall'articolo 14-ter, esperibile sempre dal detenuto a tutela dei suoi diritti soggettivi, e ha ribadito che l'intervento giudiziale del tribunale di sorveglianza, chiamato a pronunciarsi sul reclamo, continua a riguardare le condizioni di applicazione del regime detentivo speciale e la funzionalita' della sua imposizione al perseguimento delle finalita' previste dalla disciplina normativa. 2.5. Dal canto suo, la Corte di cassazione ha evidenziato che "la scomparsa del riferimento testuale al controllo sulla congruita' dei mezzi rispetto ai fini (...) non ha certamente eliminato il controllo di legittimita' sul contenuto dell'atto in relazione all'eventuale violazione di diritti soggettivi del detenuto", si' che "un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'articolo 41-bis Ord. pen. consente di affermare che, pur dopo le modifiche introdotte (...) ad opera della L. n. 94 del 2009, il controllo di legalita', da parte del Tribunale di sorveglianza, sui presupposti del provvedimento impositivo o di proroga del regime differenziato continua ad essere fondato sui principi enunciati dalla giurisprudenza costituzionale e da quella di legittimita'", successiva alla riforma (Sez. 1, n. 22721 del 26/03/2013, Di Grazia, Rv. 256495), anche aggiungendo che dalla perdurante esistenza e utilizzabilita' del rimedio generale previsto dall'articolo 14-ter Ord. pen., quale strumento di garanzia giurisdizionale per tutti i detenuti, accanto a quello previsto dall'articolo 41-bis, deriva che, laddove "la sottoposizione ad una delle prescrizioni correlate al regime differenziato, in virtu' degli specifici contenuti del decreto di sottoposizione (pur se derivanti dalla previsione tipica di legge), risulti contrastante con i diritti fondamentali del detenuto (ad esempio il diritto alla salute) resta ferma la possibilita' di accoglimento del reclamo su tale specifico aspetto, il che (...) rassicura circa la permanenza di un margine di flessibilita' del trattamento derivante dalla verifica giurisdizionale del rapporto tra contenuto della prescrizione ed esigenze di tutela dei diritti del soggetto recluso" (Sez. 1, n. 44149 del 19/04/2016, Sarcone, Rv. 268294). Sez. 1, n. 44149 del 19/04/2016, citata, pronunciandosi su ricorso avverso ordinanza reiettiva del reclamo avverso decreto ministeriale di sottoposizione al regime differenziato, ha anche escluso la sussistenza, in tale contesto interpretativo, dei parametri della rilevanza e della non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale della disciplina normativa di cui all'articolo 41-bis Ord. pen., come in atto realizzata, in relazione agli articoli 117 Cost. e 3 Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo; avendo anche il quadro della giurisprudenza costituzionale (tra le altre, Corte Cost. n. 190 del 2010) e sovranazionale (tra le altre, Riina c. Italia, n. 43575/09, del 19/03/2013, § 27; Enea c. Italia, n. 74912/01, del 17/09/2009; Madonia c. Italia, n. 1273/06, del 22/09/2009; Campisi c. Italia, n. 24358/02, § 38, del 11/07/2006; Gallico c. Italia, n. 53723/00, § 29, del 28/06/2005; Van der Ven c. Paesi Bassi, n. 50901/99 del 04/02/2003) gia' ribadito la compatibilita' strutturale tra l'adozione di un regime carcerario differenziato (dettato dalla necessita' di neutralizzare l'allarme sociale derivante dal mantenimento da parte del detenuto di relazioni con l'esterno del carcere) e i contenuti della citata norma convenzionale, avuto riguardo alla natura temporanea della misura, all'esistenza per il detenuto di spazi minimi e incomprimibili di relazionalita', tali da escludere il completo isolamento sociale, e al controllo giurisdizionale sulle ragioni giustificatrici del provvedimento originario e delle eventuali sue proroghe e sulla tipologia delle limitazioni imposte in rapporto al margine di tutela insopprimibile dei diritti individuali e delle particolari condizioni del detenuto. L'indicato percorso interpretativo, cadenzato da conformi arresti, si esprime nel consolidato principio secondo cui, anche a seguito delle modifiche introdotte dalla L. n. 94 del 2009, il controllo demandato al tribunale di sorveglianza sul decreto di applicazione, oltre che su quello, che qui non rileva, di proroga, del regime di detenzione differenziato, attiene al rispetto delle norme di legge, costituenti il parametro del giudizio espresso nel decreto ministeriale, e ai profili attinenti alla relativa motivazione "in riferimento alle circostanze di fatto valutate, come desunte dalle fonti compulsate, per riscontrare la valenza e l'idoneita' rappresentativa della capacita' del soggetto sottoposto di mantenere collegamenti con la criminalita' organizzata e della sua pericolosita' sociale ed assicurare il collegamento funzionale tra prescrizioni imposte e la tutela delle esigenze di ordine e di sicurezza" (Sez. 1, n. 18434 del 23 aprile 2021, Mule', Rv. 281361; Sez. 7, n. 19290 del 10/03/2016, Giuliano, Rv. 267248). 2.6. Il tribunale di sorveglianza deve, quindi, alla stregua ‘di detto condiviso principio, apprezzare la ricorrenza dei presupposti applicativi del decreto ministeriale, come rappresentati dalla motivazione che li esprime, ancorando il vaglio giudiziale demandatogli alla rappresentata situazione personale del detenuto e alle motivate ragioni della sua reale e attuale pericolosita' sociale nella forma specifica della capacita' di mantenere collegamenti con l'associazione criminale di appartenenza. Tale capacita', che impone una valutazione dinamica e, per certi aspetti, prognostica del mantenimento dei contatti, anche in costanza di detenzione ordinaria, con la realta' criminale di provenienza, in linea con la finalita' preventiva e inibitoria insita nell'adozione del regime differenziato nella fase di esecuzione della pena gia' di per se' afflittiva e limitativa della liberta', evade dal giudicato di condanna (che riguarda l'appartenenza statica del condannato all'associazione criminosa) e non richiede un accertamento della perdurante condizione di associato (che presupporrebbe l'accertamento di un effettivo contributo del detenuto all'attivita' del gruppo e di una reiterazione della condotta illecita). Essa, invece, implica una verifica dell'esistenza di elementi che fondino, sulla base di concrete inferenze logiche tratte dalla natura dei reati ascritti, dal ruolo svolto dal detenuto nell'organizzazione, dalla perdurante operativita' della stessa e dall'assenza di segnali dissociativi, la ragionevole presunzione del mantenimento, in regime carcerario ordinario, di contatti con gli esponenti liberi dell'organizzazione ovvero "con i soggetti potenziali veicoli di informazioni o potenziali ricettori di ordini", e giustifichino, in una fase anticipata di tutela, la riduzione e regolamentazione degli stessi contatti "allo scopo di evitare ogni possibile "influenza" sugli accadimenti esterni e cio' in rapporto ad una valida massima di esperienza - elevata a parametro normativo di conformazione del trattamento carcerario - che valorizza come dato fondante proprio la pregressa adesione, con particolare intensita', ad un sistema di valori deviante, capace di alterare in profondita' il sistema delle relazioni sociali in un dato territorio" (in tal senso, Sez. 1, n. 44149 del 19/04/2016, Sarcone, citata), e da porsi come sicuro pericolo per l'ordine e la sicurezza pubblica. Nella stessa linea interpretativa si e' ulteriormente ribadito che la sussistenza di collegamenti con un'associazione criminale, terroristica o eversiva, richiesta dall'articolo 41-bis Ord. pen., "non deve essere dimostrata in termini di certezza, essendo necessario e sufficiente che essa possa essere ritenuta ragionevolmente probabile sulla scorta dei dati conoscitivi acquisiti" (Sez. 1, n. 20986 del 23/06/2020, Farao, Rv. 279221). 3. Si rileva ulteriormente in diritto, ai fini della corretta delimitazione dei poteri del collegio nella fattispecie concreta, che l'ambito del sindacato devoluto alla Corte di cassazione, nei casi di applicazione del regime differenziato di cui all'articolo 41-bis Ord. pen (di "durata pari a (OMISSIS)", ai sensi del comma 2-bis) ovvero di proroga ("per successive periodi, ciascuno pari a due anni", ai sensi del medesimo comma 2-bis), e' segnato dal successivo comma 2-sexies, a norma del quale il ricorso per cassazione avverso l'ordinanza del tribunale di sorveglianza di (OMISSIS) unico ufficio competente a decidere sul reclamo presentato dal destinatario del provvedimento applicativo o prorogato (ex comma 2-quinquies), come gia' rilevato - puo' essere proposto solo per violazione di legge. La verifica in sede di legittimita' dell'ordinanza del tribunale di sorveglianza, che decide sul reclamo avverso il decreto ministeriale, non era prevista nell'originario testo del comma 2-bis nell'articolo 41-bis Ord. pen., inserito dalla L. n. 11 del 1998 con il limitato riferimento, gia' detto, all'istituto del reclamo al tribunale di sorveglianza, ed era operata in applicazione del principio costituzionale, dettato dall'articolo 111 Costituzione, alla cui stregua "contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla liberta' personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, e' sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge". La previsione del ricorso per cassazione e' stata, in seguito, operata dalla L. n. 279 del 2002 con il limitato riferimento nel neo-introdotto comma 2-sexies alla censura della violazione di legge, in seguito confermato, negli stessi termini, dalla L. n. 94 del 2009. 3.1. La limitazione dei motivi di ricorso alla sola violazione di legge, per consolidate regulae iuris (affermate da Sez. U, n. 25080 del 28/5/2003, Pellegrino, Rv. 224611; riprese da Sez. 1, n. 449 del 14/11/2003, dep. 2004, Ganci, Rv. 226628 con riferimento specifico al tema del regime carcerario; riaffermate nel tempo con riferimento a plurimi istituiti, accomunati dalla previsione che il ricorso per cassazione e' ammesso esclusivamente per violazione di legge; ribadite da Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692, e da Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246, e riprese da ultimo da Sez. 6, n. 21525 del 18/06/2020, Mule', Rv. 279284, e da Sez. 5, n. 1861 del 28/10/2021, dep. 2022, Raggi, Rv. 282539), e' da intendere nel senso che controllo affidato al giudice di legittimita' e' riferito, oltre che all'inosservanza di disposizioni di legge sostanziale e processuale, alla mancanza o alla mera apparenza di motivazione, riconducendosi in tale vizio, integrante la violazione dell'articolo 125 c.p.p. che impone l'obbligo della motivazione nei provvedimenti giurisdizionali, tutti i casi nei quali la motivazione stessa risulti graficamente assente ovvero quelli piu' frequenti nei quali la motivazione sia del tutto priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicita', al punto da essere meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice di merito per ritenere giustificata l'applicazione o la proroga del regime detentivo differenziato, ovvero quando le linee argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici da fare rimanere oscure le ragioni che hanno giustificato la decisione. 3.2. A differenza, pertanto, della gia' descritta verifica demandata al tribunale di sorveglianza, che e' organo giurisdizionale di merito, il sindacato da svolgersi in sede di legittimita' ha limitati margini d'intervento, non potendo trovare ingresso ragioni di censura afferenti al materiale probatorio, alla correttezza della sua valutazione ovvero alla logicita' del procedimento inferenziale che ha condotto alla decisione, a profili eventuali di illogicita' o contraddittorieta' della motivazione, e dovendo, invece, esplicarsi, in aderenza alla previsione normativa, si' come intesa senza contrasti, in ordine alla legalita' della decisione impugnata, in riferimento ai parametri normativi che regolano il procedimento e la materia e alla presenza di una motivazione reale ed effettiva. Il limite al sindacato di legittimita', cosi' regolamentato in sede di trattamento penitenziario differenziato, comporta altresi' l'impossibilita' di rilevare l'omessa enunciazione delle ragioni per le quali il tribunale di sorveglianza non abbia ritenuto rilevanti taluni argomenti o la documentazione prodotta dalla difesa, sempre che i dati assunti a fondamento della decisione siano sufficienti a sostenerla e non risultino intrinsecamente apparenti o fittizi (Sez. 1, n. 37351 del 06/05/2014, Trigila, Rv. 260805). 4. Procedendo, alla luce di tali coordinate ermeneutiche, all'esame delle doglianze devolute con il ricorso per cassazione, deve rilevarsi, quanto al primo profilo evidenziato dal ricorrente, che non sono meritevoli di accoglimento le censure difensive che attengono alla mancanza o all'apparenza della motivazione dell'ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Roma in ordine alla perdurante esistenza e operativita' della compagine associativa (OMISSIS) e all'appartenenza ad essa del ricorrente. Su tali punti l'ordinanza impugnata appare immune da qualsiasi vizio, e in particolare da quelli che, nel perimetro delineato dalla richiamata previsione normativa, sono riconducibili alla violazione della legge processuale in ragione della mancanza di motivazione non apparente, ma reale ed effettiva. 4.1. Il Tribunale di Sorveglianza, invero, ha proceduto, con corretta interpretazione ed esatta applicazione dei principi di diritto in materia, come interpretati dalla giustizia costituzionale e di legittimita', alla verifica, con esito positivo, delle condizioni giustificative del decreto ministeriale, evidenziando gli elementi sui quali e' stata fondata la valutazione della legittimita' e fondatezza dell'applicazione della misura in oggetto. Il Tribunale, che ha sottoposto a vaglio critico, in alcun modo solo apparente, il contenuto del decreto ministeriale reclamato, cui ha rinviato, e i dati nello stesso rappresentati, ha richiamato i plurimi elementi di fatto disponibili, che ha sintetizzato, soffermandosi, innanzitutto, sul tema pertinente alla vitalita' e alla struttura dell'organizzazione di appartenenza del ricorrente, e alle condotte delittuose allo stesso ascritte, senza prescindere dal rispondere congruamente agli opposti rilievi. 4.2. L'ordinanza, si' come sintetizzato sub 1.1. del "ritenuto in fatto", ha rilevato, invero, nello scrutinare il decreto ministeriale reclamato, che la sussistenza della struttura associativa di cui (OMISSIS) e' stato ritenuto partecipe con ruolo di capo e organizzatore e la sua perdurante operativita' sono state ricondotte all'analitica ricostruzione offerta dalle sentenze, che, nell'ambito del processo c.d. Scripta Manent, si sono soffermate sulla responsabilita', che hanno ritenuto, dell'indicato (OMISSIS) in ordine al reato associativo di cui all'articolo 270-bis cod. pen pronunciate dalla Corte di assise di Torino e dalla Corte di assise di appello di Torino, rispettivamente il 24 aprile 2019 e il 24 novembre 2020, nonche' dalla sentenza, che le ha rese definitive sul punto, n. 38184 del 6- luglio 2022 della Seconda sezione penale della Corte di cassazione. In particolare, ha evidenziato che, alla data del decreto ministeriale (4 maggio 2022), (OMISSIS) per detto procedimento, definito nei due gradi di merito con condanna alla pena di anni venti di reclusione e non ancora definitivo, era in stato detentivo perche' attinto da ordinanza di custodia cautelare in -carcere emessa il 26 luglio 2016 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino, divenuta irrevocabile il 21 febbraio 2017, dopo l'esaurimento dei mezzi di impugnazione consentiti (riesame e ricorso per cassazione). Ha rappresentato, si' come sintetizzato sub 1.2., che il decreto ministeriale, specificatamente descrivendo i dati fattuali emersi dall'attivita' investigativa e dalla documentazione acquisita anche di natura processuale, aveva dato ampio conto della nascita della (OMISSIS), costituita nel 2003 "come organizzazione orizzontale (...) non verticistica", del fatto che la stessa era "basata su patto di mutuo appoggio e percio' informale", e della circostanza che a formarla erano stati vari gruppi di ideologia anarchica, operanti da anni in diverse zone d'Italia con finalita' terroristiche ed eversive tese alla distruzione dello Stato e del capitale, e chiamati anche "gruppo dei fondatori". Lo stesso decreto aveva indicato - ha annotato il Tribunale -, a conforto della svolta analisi ricostruttiva della costituzione dell'associazione e del suo sviluppo, gli atti che documentavano detti momenti, quali il documento costitutivo "(OMISSIS)", risalente al 2003 e contestuale al primo attentato rivendicato con la sigla (OMISSIS), commesso nel dicembre 2003 a (OMISSIS) in danno di (OMISSIS), allora presidente dell'UE, e il documento "(OMISSIS)... dicembre 2006", temporalmente collocato nel 2006, preceduto da alcuni descritti attentati commessi contro obiettivi istituzionali e civili a mezzo di pacchi bomba e ordigni esplosivi. Il secondo documento, redatto con la veste di "verbale" di un incontro tra otto delegati dei c.d. gruppi fondatori, e contenente un bilancio delle attivita' della (OMISSIS), un elenco delle azioni rivendicate dalle sigle aderenti al cartello eversivo e considerazioni sui risultati dell'attivita' svolta e sulla programmata crescita dell'organizzazione, aveva anche individuato "una sorta di comitato direttivo centrale", con funzioni di programmazione e direzione strategica rispetto alle single cellule, prevedendo un'attivita' di coordinamento delle singole cellule e una certa conoscenza tra i diversi membri. Nell'ordinanza si e' anche dato conto, sintetizzando piu' ampi riferimenti contenuti nel decreto ministeriale, di ulteriori eventi riferiti all'indicata associazione, apertasi nel 2011 a una dimensione internazionale con la costituzione della (OMISSIS)-(OMISSIS), ritenuta espressiva di "una sorta di cartello" tra le diverse cellule della (OMISSIS) operanti in numerose nazioni, Europee ed extra-Europee. 4.3. Il Tribunale, replicando ai rilievi difensivi oggetto del reclamo ampiamente illustrato nei suoi contenuti, ha rimarcato, con articolate e ragionate argomentazioni in alcun modo solo apparenti, che, se era possibile convenire con la difesa sul fatto che, in sede cautelare e in sede di cognizione, pronunce definitive avevano in passato escluso l'inquadramento della (OMISSIS) come associazione eversiva ex articolo 270-bis c.p. per la insussistenza di elementi dimostrativi dell'attuazione in concreto della struttura federativa delineata nel documento "(OMISSIS)" e per l'inconciliabilita' della sussistenza di una struttura organizzata con le indicazioni teoriche di (OMISSIS), ideologo della (OMISSIS), contrario a vincoli e gerarchie, non altrettanto poteva essere affermato, contrariamente a quanto rappresentato dalla difesa, a seguito di due interventi della Corte di cassazione con sentenza n. 21686 del 22 aprile 2008 e n. 46340 del 4 luglio 2013 e soprattutto alla luce delle richiamate sentenze della Corte di assise di Torino del 24 aprile 2019 e della Corte di assise di appello di Torino del 24 novembre 2020, che ha confermato la condanna di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) per il delitto di cui all'articolo 270-bis c.p.. Evidenziando che, con dette sentenze, sulla base di elementi probatori diversi e ulteriori rispetto ai precedenti giudicati e di reati fine, tra cui l'attentato all'amministratore delegato di (OMISSIS) ing. (OMISSIS) ascritto a (OMISSIS), si era pervenuti alla concorde affermazione della sussistenza dell'associazione (OMISSIS) e quindi della fattispecie incriminatrice di cui all'articolo 270-bis c.p., il Tribunale ha argomentativamente annotato che in esse si era chiarito che, rispetto all'organizzazione fluida, fondata su gruppi di affinita' e priva di struttura e sigla, teorizzata da (OMISSIS), (OMISSIS), gia' dalla fine degli anni ‘90, si era dichiarato favorevole a "una diversa articolazione delle forme di lotta, che comprendesse delle rivendicazioni, delle sigle e una "organizzazione specifica""; ha aggiunto, nell'operato confronto con le ragioni del reclamo, che le indicate sentenze avevano rappresentato il riferimento dell'acronimo (OMISSIS) sia alla sigla-metodo (OMISSIS), che richiamava l'idea della non-associazione di tipo (OMISSIS)*, sia alla vera associazione (OMISSIS), che, oltre a promuovere il metodo, aveva un organismo centrale e una struttura di base composta dalle singole cellule, la cui azione coordinava; ha, inoltre, precisato che nelle sentenze di merito, valorizzate nel decreto ministeriale, si era anche segnalato che l'associazione, attraverso "la volontaria ambiguita' circa la reale connotazione della (OMISSIS)", poteva fruire del "beneficio aggiuntivo", rappresentato dal contributo spontaneo di terzi, che rifuggivano da strutture organizzate, e si era concluso - in esito all'analisi dei documenti programmatici della (OMISSIS), gia' richiamati, e a specifici reati scopo, esecutivi delle linee programmatiche, tratte da detti documenti - nel senso dell'esistenza di "un organismo unitario, strutturato, sovrastante rispetto alle persone e ai gruppi che ne fanno parte e che la partecipazione del singolo all'associazione si estende ben oltre il solo momento dell'azione". L'ordinanza impugnata, in risposta alle doglianze difensive, ‘oltre a riaffermare il dato della sussistenza della (OMISSIS)-associazione, ne ha anche rimarcato la perdurante operativita', evocando sia i reati scopo giudicati con pronuncia di condanna nel processo c.d. Scripta Manent, confermata in sede di legittimita' anche in ordine alla permanenza dell'associazione, sia gli ulteriori attentati realizzati tra il 2016 e il 2022, inseriti, per tematiche e obiettivi, "sul solco tracciato da (OMISSIS) e dalla (OMISSIS)-(OMISSIS) con l'azione compiuta ai danni dell'ing. (OMISSIS) (rivendicata a nome (OMISSIS)-(OMISSIS)-(OMISSIS))". 4.4. Le censure difensive, che ripetono in questa sede di legittimita' le osservazioni e deduzioni, gia' enunciate in sede di merito con il reclamo, circa la contestata sussistenza e persistenza dell'associazione (OMISSIS), risultano superate dall'ordinanza impugnata con le ragionate considerazioni svolte nell'esercizio del controllo di legalita' del decreto ministeriale reclamato, spettante al Tribunale di sorveglianza, attraverso i pertinenti riferimenti ai predetti esiti giudiziali che ne hanno confermato la correttezza del contenuto, e segnatamente alla riconosciuta esistenza, ai sensi dell'articolo 270-bis c.p. e in termini di definitivita', di un'associazione eversiva di matrice anarchica insurrezionale, contestata e ritenuta fino ad epoca prossima all'applicazione in data 4 maggio 2022 del regime carcerario speciale. In tal senso, in linea anche con quanto rappresentato nella requisitoria scritta, deve ribadirsi che la contestazione della condotta associativa come "tutt'ora permanente" ne comporta l'ancoraggio della consumazione fino alla data di emissione del dispositivo della sentenza della Corte di assise di Torino accertativa dello stesso reato, e quindi fino al 24 aprile 2019 (data di emissione della sentenza di primo grado, poi depositata il 21 ottobre 2019), del tutto prossima alla richiesta ex articolo 41-bis Ord. pen., avanzata in data 10 dicembre 2020 dal Procuratore della Repubblica di Torino, anche volendo prescindere dalla riconducibilita' alla stessa associazione di reati scopo piu' recenti, sui quali il Tribunale si e' in ogni caso espressamente pronunciato in senso affermativo. Tali censure, con incursioni di merito ovvero denunciando illogicita' e incongruenze motivazionali, ostacolate le une e le altre dalla limitazione normativa del sindacato di legittimita', si risolvono nella prospettazione di una diversa - e non consentita in questa sede - ricostruzione storica dei dati fattuali e di un diverso apprezzamento delle risultanze processuali rispetto a quella operata nella competente sede di merito. Esse, in diffusa contrapposizione argomentativa, si spingono inoltre fino all'analisi critica dei contenuti delle sentenze di merito, pretendendo di trarre dalle stesse, ripresi in via preliminare gli argomenti relativi alla distinzione tra (OMISSIS)-metodo e (OMISSIS)-associazione, criteri nelle stesse non indicati, riferiti all'evocata necessita' che la rivendicazione degli attentati piu' recenti per essere effettivamente riconducibile all'attivita' della (OMISSIS)-associazione (piuttosto che alla estemporaneita' della (OMISSIS)-metodo) dovesse provenire da parte di una sigla "storica" dei gruppi fondatori o tramite un acronimo "che prosegue nel tempo". 4.5. Ne' apportano elementi favorevoli alla tesi difensiva dell'integrale difetto o di mera apparenza della motivazione dell'ordinanza impugnata i rilievi svolti al riguardo degli esiti dei procedimenti penali relativi alle operazioni "Bialystok" e "Sibilla". I fatti oggetto del primo procedimento, sui quali il ricorrente ha insistito anche a mezzo della memoria difensiva depositata in questa sede di legittimita', sono stati, invero, apprezzati dal Tribunale di sorveglianza, che - con corretti argomenti correlati alla documentazione cautelare richiamata e in particolare alla sentenza n. 9935/2021 della Corte di cassazione, che ha annullato quella emessa in sede di riesame - ha rilevato che il gesto criminoso realizzato presso la Caserma dei Carabinieri di (OMISSIS) aveva integrato ragionevolmente, secondo le stesse affermazioni della sentenza di legittimita', "un momento attuativo della strategia elaborata da (OMISSIS)", senza affermare che i fatti ascritti in quel procedimento agli indagati potessero essere ricondotti direttamente alla (OMISSIS)-associazione. La circostanza dedotta che il Tribunale avrebbe omesso di citare la circostanza della sopravvenuta assoluzione di alcuni imputati, in quella vicenda, dalla contestazione di aver costituito una cellula eversiva avente natura associativa ai sensi dell'articolo 270-bis c.p. presso il centro sociale (OMISSIS), documentata peraltro dinanzi al Tribunale con la produzione del solo dispositivo della sentenza della Corte di assise di Roma del 29 settembre 2022, non incide pertanto sulla valutazione dell'esistenza dell'associazione criminosa (OMISSIS), ne' tantomeno su quella pertinente alla sua permanenza. Neppure puo' ritenersi incidente sulla motivazione, al punto da renderla assente o apparente, il riferimento fatto dal ricorrente all'omesso confronto del Tribunale con l'epilogo della ‘vicenda Sibilla', espresso dalla sentenza n. 42535 del 22 giugno 2022 della Sezione Prima penale della Corte di cassazione che ha annullato con rinvio, per carenza argomentativa rilevante, l'ordinanza emessa il 14 dicembre 2021 dal Tribunale del riesame di Perugia, che, a sua volta, aveva annullato la misura cautelare adottata dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Perugia nei confronti di (OMISSIS), ritenendo insussistente la gravita' indiziaria in ordine al reato di cui all'articolo 414 c.p. Tale procedimento, invero, era relativo al solo delitto di istigazione a delinquere, e non alla partecipazione di (OMISSIS) ad associazione sovversiva risultata insussistente. Ne' agli indagati, in ordine ai quali e' stata esclusa la carenza indiziaria per il reato associativo, era contestata la partecipazione all'associazione-(OMISSIS). 5. Non possono neppure trovare accoglimento perche' infondate o non consentite le censure difensive che attengono alla carente ovvero meramente apparente motivazione dell'ordinanza impugnata in ordine alla contestata sussistenza dei collegamenti di (OMISSIS) con l'organizzazione criminale di appartenenza e alla loro pericolosita' e attualita', mentre non appaiono condivisibili al riguardo le osservazioni svolte dall'Avvocato generale, che, comunque, non ha esitato a sottolineare "l'estrema delicatezza e difficolta' del crinale che il Tribunale di Sorveglianza era chiamato ad attraversare in un'ipotesi ermeneutica del tutto inedita, e quasi di ‘confine', di possibile applicazione del regime detentivo speciale". 5.1. L'ordinanza impugnata ha analizzato il tema devoluto nell'ultima parte della motivazione (p. 19-26), all'evidenza correlata alla prima parte e segnatamente: - ai passaggi espositivi che hanno richiamato il contenuto del decreto ministeriale che ha valorizzato il ruolo rivestito da (OMISSIS) nell'associazione di appartenenza quale "capo e organizzatore", la "pericolosita' dallo stesso dimostrata in occasione dei reati di attentato e di strage di cui si e' reso responsabile" e l'assiduita' delle comunicazioni dello stesso con le realta' anarchiche all'esterno del circuito carcerario attraverso gli scritti diffusi negli ultimi (OMISSIS), pubblicati su siti o riviste on line, nei quali si continuano'"a riproporre con forza le tematiche rivoluzionarie, fomentando i soggetti piu' predisposti alle azioni violente a sollecitare la commissione di attentati, e a sostenere ed esaltare le cellule anarchiche ed insurrezionaliste che hanno commesso atti criminali"; - ai punti sviluppati in diritto che hanno evidenziato che "il carattere di misura di prevenzione che caratterizza tale regime detentivo (e) richiede che tali aspetti (collegamenti con associazione criminale) sussistano in termini di "pericolo" e non di effettivi contatti avuti con l'esterno da parte del detenuto, eventualita' quest'ultima che dimostrerebbe il clamoroso fallimento della misura applicata", e hanno rimarcato che "gli indici da cui desumere la capacita' del detenuto di mantenere i collegamenti (...) sono stati tipizzati, seppure non in forma esaustiva, dalla novella del 2009 che ha codificato i criteri enucleati dalla giurisprudenza", quali "il profilo criminale, la posizione rivestita all'interno dell'associazione, la perdurante operativita' del sodalizio, la sopravvenienza di nuove incriminazioni e il tenore di vita dei familiari del sottoposto"; - agli snodi argomentativi che hanno sottolineato che "privo di rilievo e' poi il dato pure valorizzato nel reclamo dell'assenza di altri soggetti - oltre (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) - condannati quali partecipi alla (OMISSIS)", e hanno aggiunto che e' "di chiara evidenza che vi siano partecipi ancora ignoti ed in liberta'", che cio' e' chiarito dalla Corte di assise di appello di Torino - nella sentenza del 24 novembre 2020, gia' citata - nel richiamare la consulenza del perito balistico del Pubblico ministero ("tutti i reati scopo sono stati per la loro complessita' certamente commessi con la partecipazione e il contributo di altri soggetti allo stato mai identificati (...)") e che "lo stesso attentato all'ing. (OMISSIS), in realta', diversamente da quanto affermato dai due autori, (OMISSIS) e (OMISSIS), ha certamente richiesto indagini volte ad identificare e localizzare l'obiettivo, studiarne le abitudini e i tragitti, il reperimento di armi ed ulteriori operazioni necessariamente realizzate con l'ausilio di persone non identificate". Il Tribunale di sorveglianza, nella parte dell'ordinanza in cui si e' soffermato specificamente, come da rubrica del relativo paragrafo, "sulla pericolosita' di (OMISSIS), sul suo ruolo apicale nell'ambito dell'associazione (OMISSIS) e sulla capacita' di mantenere collegamenti con detta organizzazione", ha proceduto dal riconoscimento del ruolo del medesimo di capo e organizzatore della (OMISSIS)-associazione, con finalita' di terrorismo ex articolo 270-bis c.p., operato, come gia' illustrato, dalla sentenza della Corte di assise di Torino, nel processo di cui si e' piu' volte detto, sostanzialmente confermata dalla Corte di assise di appello e, in data 6 luglio 2022, dalla Corte di cassazione, che ha affermato, con efficacia di giudicato, la responsabilita' del predetto anche in ordine a diversi reati scopo (e in particolare attentati per finalita' terroristiche o di eversione dell'ordine democratico di cui all'articolo 280 c.p., a mezzo di ordigni esplosivi/incendiari, e porto di detti ordigni). 5.2. Ha sottolineato, poi, il Tribunale come l'attualita' dei collegamenti di (OMISSIS) con l'associazione criminale di appartenenza fosse "resa evidente dalle dichiarazioni di "appartenenza" alla (OMISSIS)", provenienti dallo stesso, rinnovate in sede dibattimentale nel corso del processo Scripta manent e anche nelle fasi di merito di questo procedimento, nonche' dai documenti da lui scritti in pendenza di detenzione e destinati ai compagni anarchici in liberta', giudicati dimostrativi non solo dell'attualita' ma anche della pericolosita' dei collegamenti. Tali documenti, il cui contenuto, sintetizzato nella segnalazione della Digos di (OMISSIS), e' richiamato nell'ordinanza e ancor prima nel decreto ministeriale, sono: a) l'intervista pubblicata sulla rivista "(OMISSIS)" in tre parti, dal 2018 al 2020, dal titolo: "(OMISSIS)- (OMISSIS)"; b) l'articolo "L'autismo degli insorti", pubblicato, nel mese di giugno 2018, sulla rivista clandestina "(OMISSIS)" n. 9; c) lo scritto dal titolo "Contributo per l'assemblea del 9 giugno 2019 a Bologna", veicolato in rete internet da alcuni blog anarchici in occasione della riunione di coordinamento svoltasi il 9 giugno 2019 a Bologna presso il circolo anarchico Tribolo; d) lo scritto dal titolo "Contributo per le giornate anti carcerarie a Bure", redatto in occasione della iniziativa promossa dalla compagine anarchica francese, tenutosi nella localita' francese di Bure dal 2 all'8 marzo 2020, su tematiche varie (quali No borders, anti nucleare e anti carcerario); e) il contributo fornito, in occasione del dibattito sulla lotta contro il nucleare, veicolato in data 8 marzo 2021 sul portale telematico libertario "(OMISSIS)"; f) lo scritto dal titolo "Proposta per un nuovo manifesto anarchico", pubblicato sullo stesso portale telematico "(OMISSIS)" il 4 maggio 2021. Con riguardo a detti documenti, contenenti esaltazione dell'azione violenta, diretta e distruttiva, piu' incisiva rispetto alle iniziative dimostrative (presidi, occupazioni, danneggiamenti) e capace di mettere in pericolo con forza e concretezza la vita delle persone e di diffondere il terrore, l'ordinanza, con rilievi non privi di ragionata coerenza e ampiamente esplicativi del percorso argomentativo svolto in rapporto ai rilievi e alle deduzioni difensive, fatte oggetto del proposto reclamo, ha rimarcato che nessuna efficacia deterrente era "con ogni evidenza" conseguita alle diverse condanne, pur inflitte al reclamante per il reato di istigazione a delinquere commesso in relazione ai suoi scritti, pervenendo al rilievo conclusivo - escluso gia' nel decreto ministeriale che le affermazioni di (OMISSIS) si limitassero al mero proselitismo - della infondatezza, sotto tale profilo, della tesi difensiva, alla cui stregua, il Ministro della giustizia avrebbe utilizzato "il regime differenziato (...) per fine diverso da quello cui e' predisposto". Di rilievo dirimente era al riguardo ritenuta dal Tribunale, che in tal senso ha risposto alla doglianza del reclamante, la circostanza che lo stato detentivo carcerario non aveva allo stesso impedito, atteggiandosi' come punto di riferimento, di indicare ai sodali liberi "linee programmatiche e obiettivi da colpire", anche rilasciando, senza autorizzazione, una serie di interviste che avevano coperto un lungo arco temprale. Nella verifica svolta sulla legittimita' del contenuto dell'atto ministeriale che ha disposto la misura e che ha dato conto del grande seguito goduto da (OMISSIS) nell'ambiente anarco-insurrezionalista, l'ordinanza, condividendone l'analisi, ha evidenziato che erano di significativo conforto a quanto gia' rappresentato "le campagne di solidarieta' attivate nei suoi confronti nel corso di tutta la sua carcerazione e sino alla data odierna (...) caratterizzatesi per essere particolarmente pervicaci nel corso del processo Scripta Manent e nel corso del presente procedimento e che in non rare occasioni si (erano) tradotte in atti di violenza ed in fatti costituenti reato", richiamando in via esemplificativa l'invio di un plico esplosivo al Pubblico ministero del processo Scripta Manent e l'invio di pacco esplosivo all'Amministratore delegato di (OMISSIS), espressamente dedicato a (OMISSIS), tra gli altri episodi indicati nella nota della Digos di (OMISSIS) del 22 novembre 2022. 5.3. Secondo il Tribunale, che, in esito alle svolte considerazioni, ha apprezzato la valutazione del decreto ministeriale, argomentativamente condivisa, "(...) certamente lo status detentivo ordinario, anche in regime di alta sicurezza, non consente di contrastare adeguatamente l'elevato rischio di comportamenti orientati all'esercizio da parte del (OMISSIS) del suo ruolo apicale nell'ambito dell'associazione di appartenenza", e ha puntualizzato che una netta soluzione di tale continuita' si poneva come atto necessario, riscontrando ulteriormente la legittimita' dell'atto amministrativo in rapporto alle ragioni di sicurezza evocate a suo fondamento, "per neutralizzare il rafforzamento e la perpetuazione del vincolo associativo e ogni situazione che possa comportare anche la stessa percezione di rapporti ancora attivi con accoliti in liberta', anche veicolata, in regime ordinario, da altri soggetti ristretti". Tali elementi, in valutazione sinergica con il profilo criminale del detenuto, il suo coinvolgimento nelle attivita' principali dell'associazione criminale (OMISSIS) e il suo ruolo verticistico in detta associazione di riferimento in perdurante operativita', erano in definitiva dimostrativi - come ritenuto in sede amministrativa e riaffermato in sede giurisdizionale - del concreto pericolo ovvero della qualificata capacita' di (OMISSIS) "di riprendere pienamente i vincoli associativi, pur dall'interno del carcere, e di veicolare all'esterno e con autorevolezza disposizioni criminali ove lo stesso venisse ricollocato nel circuito ordinario". Ne' risultava, ha aggiunto l'ordinanza, "a fronte di questo profilo elevatissimo di pericolosita' sociale (...) alcun segno concreto di ravvedimento o di dissociazione del detenuto", che, anzi, aveva dimostrato di non avere intrapreso un percorso di revisione critica, giudicando, nell'esercizio del controllo demandatole, giustificate "in considerazione delle ragioni preventive e di sicurezza richiamate" e "conformi a legge e idonee al risultato perseguito" le limitazioni imposte con il regime detentivo differenziato funzionali all'interruzione del "flusso di contatti". 5.4. Gli argomenti svolti, che esprimono il compiuto vaglio critico del contenuto del decreto ministeriale reclamato, cui l'ordinanza ha rinviato, e la coerente illustrazione dei dati nello stesso rappresentati, che l'ordinanza ha sintetizzato, sono correlati e vanno letti unitamente alle precisazioni - sopra riportate - di cui alla prima parte dell'ordinanza, in cui sono riprese soprattutto, e ne costituiscono parte integrante, le argomentazioni svolte dalla Corte di assise di Torino sull'associazione sovversiva e quelle contenute nella sentenza di secondo grado resa nello stesso processo Scripta Manent, richiamate anche dal decreto ministeriale e passate, altresi', al vaglio della sentenza resa in sede di legittimita', intervenuta successivamente al decreto ministeriale di applicazione del regime differenziato, ma prima dell'ordinanza in esame, che la richiama. Detta sentenza, emessa il 6 luglio 2022, ha reso definitiva, tra l'altro, la condanna di (OMISSIS) per associazione sovversiva, evidenziando come, a fronte della mancata descrizione del modus operandi dell'associazione criminosa disciplinata dall'articolo 270-bis c.p., costante fosse l'orientamento della giurisprudenza di legittimita' - richiamando a tale riguardo Sez. 1, n. 36816 del 27/10/2020, Cropo, e altre pronunce - nel ritenere sufficienti anche organizzazioni "rudimentali", strutture "fluide" e "a rete" caratterizzate da "cellule territoriali" che operano talvolta in totale autonomia rispetto ad altri gruppi, con i quali pure condividono la medesima ideologia e il medesimo generico programma criminoso, con contatti reciproci fisici, telefonici o informatici anche meramente discontinui e sporadici, sempre che l'associazione, al di la' della condivisione di un'astratta ideologia, si proponga effettivamente il compimento di atti di violenza per il perseguimento dei propri scopi. La sentenza di appello, di cui la sentenza di legittimita' ha illustrato i passaggi argomentativi riferiti all'appartenenza associativa di (OMISSIS), apprezzandone la non manifesta illogicita' e la correttezza giuridica, ha, invero, sottolineato che: - sia (OMISSIS) che la convivente (OMISSIS), fin dagli anni novanta dello scorso secolo, hanno manifestato pubblicamente, attraverso scritti pubblicati su riviste e piu' recentemente anche su siti internet, in parte riprodotti in sentenza, la loro presa di posizione ideologica in favore di una organizzazione combattente "strutturata", seppure non gerarchicamente, prendendo nettamente le distanze dal modello della (OMISSIS) indicato dall'ideatore (OMISSIS), basato sulla informalita' e su forme di contestazione non aderenti a modelli di lotta armata organizzata; - tale modello di lotta armata era stato poi trasfuso in documenti programmatici ("(OMISSIS)", "(OMISSIS)" e "(OMISSIS)"), che risultavano avere accompagnato e orientato le vicende dell'anarco-insurrezionalismo lottarmatista, costituendo rispettivamente il momento programmatico iniziale (2003), la manifestazione a distanza di qualche anno della continuita' operativa e dei contatti stabili tra le formazioni fondatrici (2007) e, infine, l'espressione di una scelta collettiva di internazionalizzazione (2011); - le indicate manifestazioni del pensiero erano da collegare a fatti specifici, non soltanto relativi ai reati scopo in ordine ai quali (OMISSIS) era stato condannato, ma anche ad altri attentati che di quelle linee programmatiche di lotta armata piu' aggressive erano esecuzione (come l'esplosione di due ordigni nelle vicinanze dell'abitazione (OMISSIS) di (OMISSIS)); - non doveva essere, inoltre, sottovalutata la complessita' di talune azioni, che certamente avevano richiesto l'operare coordinato di piu' persone, per lo piu' mai identificate; - tali vicende erano dimostrative dell'esistenza di una struttura organizzata della quale (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) erano stati ritenuti partecipi e indicati come componenti del "comitato direttivo" in grado di pianificare ed eseguire simili azioni e di rendere effettivo il progetto anarchico di lotta armata. 5.5. Non sussiste in detto sviluppo decisionale alcuna violazione della normativa di riferimento, non avendo la previsione dell'articolo 41-bis, comma 2, Ord. pen., contrariamente agli infondati rilievi difensivi, una elettiva ovvero fisiologica applicazione per determinati tipi di associazione criminale. Si e' evidenziato in diritto che esso rinvia per la individuazione dei delitti, per i quali i detenuti o internati sono sottoponibili al regime penitenziario differenziato, al primo periodo del comma 2 dell'articolo 4-bis Ord. pen., che nel suo contenuto letterale fa espresso riferimento, tra gli altri, ai "delitti commessi con finalita' di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza (...)". Ne', laddove lo stesso comma 2 aggiunge che in relazione ai richiamati delitti vi devono essere "elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con un'associazione criminale, terroristica o eversiva", si indicano ragioni selettive degli elementi che possano dimostrare tali collegamenti, non riducibili sotto alcun profilo a messaggi criptici o ai cd "pizzini", che vorrebbero evocare, in tesi difensiva, limitazioni oggettive del testo normativo, che non le autorizza. 5.6. L'ordinanza impugnata, ripresa nei suoi snodi espressivi, non presenta neppure assenza e/o apparenza motivazionale, per le quali soltanto - e' essenziale ribadirlo - in questa sede si puo' intervenire. Si deve, in particolare, giudicare in detta prospettiva inammissibile la censura difensiva che attiene alla contestata rilevanza degli scritti di cui si e' detto - indicati anche nella requisitoria scritta "di sicura e grave valenza istigatrice, delineando, anche nell'estrema durezza semantica che li veicola, un "agire comunicativo" (nel senso originario di tale espressione) del tutto antitetico alle regole essenziali di convivenza sociale - ai fini della dimostrazione della capacita' di collegamento di (OMISSIS) con i sodali esterni dell'associazione. Il ricorrente ha messo in discussione con il reclamo, reiterando, poi, i rilievi svolti nel ricorso per cassazione, che gli indicati documenti recassero direttive criminose concrete per gli adepti esterni dell'associazione, al di la' dell'operato proselitismo verso forme estreme per "azioni esemplari, distruttive (...) e meno simboliche contro uomini e donne al servizio del potere", ovvero dell'invito allo scontro "armi in pugno con il sistema", della rivendicazione e del vanto di "aver colpito nella carne ‘viva' uno dei maggiori responsabili del nucleare in Italia" e dell'approvazione di azioni contro "strutture del potere" (come da citazioni estrapolate dagli stessi scritti in questione), e che, dunque, potesse ipotizzarsi l'effettivo pericolo dell'utilizzazione dei canali carcerari ordinari finalizzata a sollecitare condotte criminose concrete. A tale riguardo va, in primo luogo, osservato che la finalita' eminentemente "preventiva" della disciplina di cui all'articolo 41-bis Ord. pen., tesa ad impedire l'instaurazione e/o il mantenimento di contatti tra il soggetto recluso ed il contesto ambientale di provenienza, di cui si e' detto, consente l'adozione del provvedimento anche in rapporto alla ragionevole probabilita' che tali contatti "7 dato il pregresso livello di inserimento nel contesto associativo - vengano realizzati, ove il soggetto sia posto in regime ordinario. In tal senso appare esaustiva e corretta, diversamente da quanto dedotto nella requisitoria scritta che denuncia la mancata individuazione di elementi fattuali invece evidenziati, la motivazione dell'ordinanza impugnata che ha individuato il pericolo di collegamenti del ricorrente con l'associazione di provenienza sulla base di univoci elementi fattuali, non contestabili per essere rappresentati sulla base di dati certi in atti, e ravvisati nella reiterata affermazione di appartenenza associativa e nel ruolo verticistico di (OMISSIS), accertato con sentenza passata in giudicato, nell'ambito di un'associazione, del pari definitivamente accertata, che propugna espressamente il metodo di lotta armata e che ha, tra i propri specifici fini, l'ideazione, la predisposizione e la diffusione di materiale di propaganda ideologica insurrezionalista lottarmatista. Sono pertanto inconsistenti le doglianze di mancanza della motivazione, che non colgono nel segno neppure nell'ottica della correttezza del contenuto del decreto ministeriale, che, in contrasto con la ratio della sua previsione alla luce del parametro normativo di riferimento, avrebbe inteso impedire al ricorrente l'esternazione di un pensiero politico o sanzionare istigazione e proselitismo, traducendosi tali censure nell'opposizione di una diversa e alternativa lettura delle risultanze valorizzate dal Tribunale di sorveglianza sulla base di elementi fattuali, non suscettibili di rivalutazione in sede di legittimita' e a maggior ragione nell'ambito dei piu' ristretti limiti consentiti dall'articolo 41-bis Ord. pen.. 5.7. Il ricorrente, inoltre, non ha in alcun modo manifestato segni di dissociazione e anzi ha continuato con i suoi scritti fino ad' epoca recente a propugnare il metodo di lotta armata, sottolineando anche la nascita della (OMISSIS)-(OMISSIS) e valorizzando la dimensione internazionale raggiunta da parte della stessa; ovvero esaltando l'anarchismo diverso da quello "classico" e connotato da azioni che mettono in pericolo la vita degli uomini e donne del potere, soprattutto se rivendicate con sigle costanti nel tempo; o ancora inneggiando ad attentati come quello ai danni della Stazione dei carabinieri di (OMISSIS) o dell'amministratore delegato dell'(OMISSIS) ing. (OMISSIS), e ribadendo l'affermazione di non essersi pentito dell'azione, personalmente commessa, che aveva portato al ferimento di quest'ultimo. Tali forti espressioni, reiterate e rinforzate attraverso modalita' diffusive di conoscenza, sono state sottolineate nell'ordinanza impugnata, in linea con il decreto ministeriale, come espressive di evidente pericolosita' del loro autore, che, con gli stessi mezzi - si e' puntualizzato - potrebbe continuare ad essere, in termini autorevoli, per gli accoliti in liberta', se sottoposto a regime ordinario, punto di riferimento e fonte di indicazione delle linee programmatiche criminose e degli obiettivi da colpire. E' rilevante in tal senso ribadire il richiamo specifico fatto dal Tribunale di sorveglianza al punto della sentenza della Corte di assise di Torino in cui e' argomentativamente rappresentato il corretto riferimento dell'acronimo (OMISSIS) a due realta' profondamente diverse, sigla-metodo (OMISSIS) che richiama (pur discostandosene per la presenza di rivendicazioni firmate con un medesimo acronimo) l'idea della non-associazione di tipo (OMISSIS)*, e la vera associazione (OMISSIS) (contestata e ascritta a (OMISSIS)), che ha un organismo centrale, propugna il metodo e coordina le cellule che costituiscono la struttura di base. Nel contempo e' opportunamente segnalata nell'ordinanza l'incorsa volontaria ambiguita' circa la reale connotazione della (OMISSIS), che, mentre costituisce un'efficace strategia protettiva contro la temuta e spesso citata "repressione", presenta per coloro che ne sono partecipi un peculiare vantaggio, poiche', per la sua dichiarata informalita' e fluidita', e' aperta ad anarchici che non accetterebbero strutture formalizzate, oltre che a soggetti sconosciuti che, in adesione al metodo-(OMISSIS), attuano in modo autonomo attentati, poi rivendicati attingendo a tale sigla, finendo l'associazione anche con il beneficiare del contributo spontaneo prestato da terzi agenti come "lupi solitari", che ne ampliano la portata operativa e la stessa struttura logistica. Ne' tale analisi e' suscettibile di alternativa interpretazione, come si assume nel ricorso, in vista di eliderne l'efficacia dimostrativa, mediante il tentativo di rileggere la stessa sentenza, ormai definitiva, che il Tribunale, con coordinato approccio argomentativo ha letto e valorizzato nei suoi passaggi motivazionali nel procedere al vaglio critico del decreto reclamato. Non puo' in alcun modo avallare un'alternativa lettura la Corte di legittimita', che non e' abilitata a compiere rivisitazioni di merito del materiale probatorio anche quando il sindacato consentitole non sia normativamente delimitato, come nella specie. 5.8. Inconferente e', infine, il rilievo difensivo secondo cui il riferimento all'inidoneita' delle censure applicate in regime ordinario non e' pertinente alla vicenda detentiva di (OMISSIS). Dallo stesso decreto ministeriale si trae che il ricorrente non e' mai stato sottoposto ad alcun provvedimento di censura della corrispondenza fin dal 17 novembre 2017, come da nota, in data 26 maggio 2020, della Direzione della Casa circondariale di (OMISSIS). Tuttavia, il riferimento alle censure cui il detenuto sarebbe stato sottoposto in carcere - che potrebbe essere relativo ad epoca antecedente al novembre 2017 successiva al maggio 2020 o, comunque, rappresentare un mero refuso del provvedimento - non risulta elemento decisivo nell'economia della motivazione e la sua eventuale infedele rappresentazione non e' tale, in coerenza con il criterio di resistenza, da disarticolare il costrutto argomentativo, che poggia sulla circostanza assorbente dei contenuti dei documenti scritti da (OMISSIS) durante la detenzione e delle condanne a lui inflitte in relazione agli stessi. Esso, peraltro, e' superato dalle ragioni sottese nell'ordinanza alla esclusa idoneita' anche dello status detentivo in regime di alta sicurezza, la valutazione della cui applicabilita' e proporzionalita' al caso concreto e' comunque estranea alla sede giurisdizionale, a "contrastare adeguatamente l'elevato rischio di comportamenti orientati all'esercizio da parte del (OMISSIS) del suo ruolo apicale nell'ambito dell'associazione di appartenenza" e a "neutralizzare il rafforzamento e la perpetuazione del vincolo associativo e ogni situazione che possa comportare anche la stessa percezione di rapporti ancora attivi con accoliti in liberta', anche veicolata, in regime ordinario, da altri soggetti ristretti". Comunque, non vertendo su un elemento decisivo, il lamentato travisamento integrerebbe un mero vizio motivazionale, come tale non denunciabile in questa sede. 6. Il ricorso, proposto per motivi in parte infondati e in parte inammissibili, deve essere nel suo complesso rigettato. Al rigetto che si dispone segue per legge, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FERRANTI Donatella - Presidente Dott. VIGNALE Lucia - rel. Consigliere Dott. D'ANDREA Alessandro - Consigliere Dott. CIRESE Marina - Consigliere Dott. NOCERA Andrea - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nata ad (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 06/04/2022 della CORTE APPELLO di PERUGIA; udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. LUCIA VIGNALE; lette le conclusioni del PG che ha chiesto il rigetto del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza del 6 aprile 2022, la Corte di Appello di Perugia ha rigettato la domanda tempestivamente formulata da (OMISSIS) per la liquidazione dell'equa riparazione dovuta ad ingiusta sottoposizione a misura cautelare privativa della liberta' personale dal 16 giugno 2012 al 12 giugno 2013 (custodia in carcere dal 13 giugno 2012 al 28 febbraio 2013, poi arresti domiciliari). 2. La misura cautelare fu disposta con ordinanza del G.i.p. del Tribunale di Perugia del 9 giugno 2012 per la ritenuta sussistenza di gravi indizi dei seguenti reati: - articolo 270 bis c.p., commi 1 e 2, per avere fatto parte di un'associazione con finalita' di terrorismo ed eversione dell'ordine democratico avente base in Perugia, da qualificare come organizzazione anarco-insurrezionalista dedita alla pratica delle azioni dirette, quali imbrattamento di immobili, danneggiamento, minacce gravi, vilipendio della Repubblica e delle sue istituzioni (capo A) della richiesta di rinvio a giudizio, capo E) della imputazione provvisoria); - articoli 110 e 81 cpv. c.p., articolo 61 c.p., n. 5, articolo 635 c.p., commi 1 e 2, n. 3, in relazione all'articolo 625 c.p., comma 7, articolo 639 c.p., comma 2, articolo 663 c.p., comma 2, L. 22 maggio 1974, n. 152, articolo 5, come modificato dalla L. 31 luglio 2005, n. 155, Decreto Legge 15 dicembre 1979, n. 625, articolo 1, convertito nella L. 6 febbraio 1980 n. 15, per avere in concorso con altri, con l'utilizzo di copricapo nero per rendere difficoltoso il riconoscimento, danneggiato lo sportello bancomat di una banca con sede in (OMISSIS), rendendola inservibile; con l'aggravante di avere commesso il fatto su cosa esposta alla pubblica fede e destinata al pubblico servizio; affiggendo inoltre sul muro antistante un manifesto a firma "anarchici e solidali" dal titolo "corteo contro la guerra di occupazione in Libia"; con l'aggravante di avere commesso il fatto con finalita' di terrorismo e di eversione dell'ordine democratico (capo C) della richiesta di rinvio a giudizio, capo H) dell'imputazione provvisoria). Secondo l'impostazione accusatoria: il reato di cui al capo A) era stato commesso in epoca "antecedente e prossima al mese di (OMISSIS)" ed era in corso il (OMISSIS), quando fu emessa l'ordinanza cautelare; il reato di cui al capo C) era stato commesso il (OMISSIS). Il 17 gennaio 2014, (OMISSIS) fu prosciolta dall'imputazione di cui al capo A) con sentenza pronunciata dal G.u.p. del Tribunale di Perugia ai sensi dell'articolo 425 c.p.p. "perche' il fatto non sussiste". Con la medesima sentenza, il G.u.p. dichiaro' non luogo a procedere, "perche' l'azione penale non poteva essere esercitata per difetto di richiesta del Ministro della Giustizia", in relazione al reato di cui al capo B) della richiesta di rinvio a giudizio (articolo 110 c.p., articolo 81 c.p., comma 2, articolo 290 c.p., comma 1, articolo 663 c.p., comma 2, L. n. 152 del 1975, articolo 5, Decreto Legge n. 625 del 1979, articolo 1 per avere, in concorso con altri soggetti, col volto travisato per rendere difficoltoso il riconoscimento, affisso in (OMISSIS) un telo bianco con la scritta in spray "terrorista e' lo Stato solidarieta' agli anarchici", costituente vilipendio della Repubblica; per avere inoltre scritto con spray nero sul muro adiacente l'ingresso della mensa universitaria di (OMISSIS) "terrorista e' lo Stato liberta' per gli anarchici", da ritenere vilipendio della Repubblica, con l'aggravante di avere agito con finalita' di terrorismo e di eversione dell'ordine democratico). La sentenza e' divenuta irrevocabile il 6 marzo 2014. All'esito dell'udienza preliminare fu disposto, invece, il rinvio a giudizio per il reato di cui al capo C). (OMISSIS) e' stata prosciolta da questo reato con sentenza del 16 ottobre 2019 del Tribunale di Perugia perche', nelle more, era decorso il termine massimo di prescrizione e il reato era estinto ex articolo 157 c.p. Questa sentenza e' divenuta irrevocabile il 3 novembre 2020. 3. La Corte di appello di Perugia ha escluso il diritto alla riparazione osservando: - che la misura cautelare e' stata applicata, oltre che in relazione al capo A) dal quale la (OMISSIS) e' stata assolta nel merito, anche per un reato dichiarato estinto per prescrizione (capo C)); - che, "per lo meno nei limiti in cui tale reato legittimava il permanere della misura della custodia cautelare secondo il termine massimo di fase per esso consentito" (tre mesi, ex articolo 303 c.p.p., comma lettera a) n. 1), il diritto alla riparazione non sussiste; - che "l'aver commesso un fatto di danneggiamento in quel particolare contesto e forme, costituisce un fatto sicuramente doloso", e questo fatto ha "contribuito" all'adozione della misura cautelare "anche in relazione al piu' grave reato associativo"; - che l'aver intrattenuto contatti "con altri soggetti dell'ambiente anarchico", ponendo anche in essere specifiche azioni criminose, integra colpa grave concausale rispetto all'applicazione di misure cautelari; - che, scegliendo di avvalersi della facolta' di non rispondere, la (OMISSIS) ha rinunciato a far chiarezza sugli esatti contorni della propria attivita' ed anche questo comportamento - che, secondo la Corte territoriale, rileva a titolo di colpa grave - ha determinato il protrarsi della misura cautelare. 4. Contro l'ordinanza di rigetto della domanda di riparazione per ingiusta detenzione (OMISSIS) ha proposto tempestivo ricorso per mezzo del proprio difensore. Il ricorso consta di due motivi che di seguito si riportano nei limiti strettamente necessari alla decisione come previsto dal Decreto Legislativo 28 luglio 1989, n. 271, articolo 173, comma 1. 4.1. Col primo articolato motivo, la ricorrente deduce violazione di legge e vizi di motivazione. Sostiene che l'unico capo di imputazione che consentiva in concreto l'applicazione della custodia in carcere era quello di cui al capo A). Osserva che tale misura non avrebbe potuto essere applicata per il reato di cui al capo C) ostandovi la disposizione di cui all'articolo 275 c.p.p., comma 2 bis. Anche nel testo all'epoca vigente, infatti, questa disposizione vietava che potesse essere applicata la custodia in carcere se il giudice riteneva di poter sospendere condizionalmente la pena e la (OMISSIS) e' tuttora incensurata. Secondo la difesa, il diritto all'equa riparazione puo' essere riconosciuto anche quando risulti accertato con decisione irrevocabile che la misura era stata disposta senza che ne sussistessero le condizioni e deve esserlo, dunque, anche in un caso in cui si sia accertato che la pena avrebbe potuto essere condizionalmente sospesa. La ricorrente riferisce che l'ordinanza applicativa della misura fu confermata dal Tribunale per il riesame con ordinanza del 30 giugno 2012, ma questa ordinanza fu annullata con rinvio dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 27838 del 08/04/2013. In questa sentenza la Corte di legittimita' affermo' che la gravita' dei singoli episodi di danneggiamento ascritti alla (OMISSIS) non era stata adeguatamente motivata essendo stata desunta unicamente "dalla personale contiguita' della ricorrente" con (OMISSIS) e (OMISSIS), entrambi conclamati esponenti della federazione anarchica informale (FAI): circostanza insufficiente per ritenere che i singoli episodi di danneggiamento ascritti alla (OMISSIS), fossero stati da lei commessi "come appartenente ad una cellula perugina della citata associazione anarchica, avendo peraltro lo stesso provvedimento impugnato dato atto che in nessuno degli specifici episodi di danneggiamento (...) e' stata riscontrata un'esplicita rivendicazione da parte dell'associazione "FAI"" (cosi' testualmente pag. 4 della sentenza n. 27838). Secondo la difesa, sulla base di tale motivazione, l'aggravante prevista dal Decreto Legge n. 625 del 1979, articolo 1, avrebbe dovuto essere esclusa. Di conseguenza, difettavano le condizioni che, ai sensi dell'articolo 280 c.p.p., consentono l'applicazione della misura (il reato di cui all'articolo 635 c.p., commi 1 e 2 n. 3, nel testo vigente all'epoca dei fatti, era punito con pena detentiva non superiore nel massimo a tre anni). La difesa si duole che l'ordinanza impugnata abbia ritenuto di valorizzare il dato formale rappresentato dalla mancata esclusione dell'aggravante. Osserva che il Tribunale si e' limitato a dichiarare l'estinzione del reato per intervenuta prescrizione e che l'aggravante avrebbe dovuto essere esclusa gia' sulla base della decisione assunta dalla Cassazione in fase cautelare. Sotto diverso profilo, la difesa osserva che il G.u.p. ha escluso la partecipazione della (OMISSIS) ad una associazione avente finalita' eversive e censura l'ordinanza impugnata nella parte in cui valorizza la distinzione operata dal G.i.p. tra "mera finalita' eversiva/sovversiva" e finalita' "di tipo terroristico". A questo proposito la difesa sottolinea che il G.u.p. ha ritenuto non fosse possibile desumere dall'ideologia anarchica, che condivideva con i coimputati, la partecipazione della (OMISSIS) ad una associazione avente finalita' eversive operante in Perugia, quale e' quella contestata al capo A). La difesa sostiene, in sintesi, che l'ordinanza impugnata avrebbe attribuito alla (OMISSIS) una condotta eversiva che la sentenza di proscioglimento del G.u.p. ha espressamente escluso. La ricorrente sottolinea, inoltre, che non e' possibile individuare nel danneggiamento di cui al capo C), in relazione al quale e' stata sofferta privazione della liberta' personale, una condotl:a dolosa avente rilevanza causale rispetto alla ben piu' lunga privazione della liberta' personale conseguente alla ritenuta sussistenza del reato associativo, che e' stata esclusa con sentenza definitiva. 4.2. Col secondo motivo, la difesa si duole che la scelta difensiva consistita nell'essersi avvalsa della facolta' di non rispondere sia stai:a valutata quale condotta gravemente colposa ostativa al riconoscimento del diritto all'equa riparazione dell'ingiusta detenzione. Sottolineai che, cosi' argomentando, la Corte territoriale non ha tenuto conto del Decreto Legislativo 8 novembre 2021, n. 188 che ha modificato l'articolo 314 c.p.p., comma 1, e ha stabilito che "l'esercizio da parte dell'imputato della facolta' di cui all'articolo 64 c.p.p., comma 3, lettera b), non incide sul diritto alla riparazione di cui al primo periodo". La ricorrente sostiene che nessuna altra condotta, accertata nel corso del giudizio, puo' essere considerata causa della lunga privazione della liberta' personale sofferta. 5. Con requisitoria scritta il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione ha chiesto il rigetto del ricorso. Con memoria depositata il 7 febbraio 2023 l'Avvocatura dello Stato ha concluso per l'inammissibilita' o, in subordine, per il rigetto del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' infondato nei termini di seguito specificati. 2. Per miglior comprensione occorre ripercorrere brevemente la vicenda cautelare oggetto del presente giudizio. (OMISSIS) fu sottoposta a misura detentiva con ordinanza del (OMISSIS) (eseguita il 12 giugno 2012). Anche se l'ordinanza non lo chiarisce, la misura cautelare non puo' essere stata disposta per i reati di cui al capo G) dell'imputazione provvisoria (divenuto poi capo B)), perche' i titoli di reato non lo consentono. Anche nei motivi di ricorso, infatti si fa riferimento soltanto alle restanti imputazioni e, in particolare, ai capi A) e C) della richiesta di rinvio a giudizio (capi E) ed H) dell'imputazione provvisoria). Contro l'ordinanza del G.i.p. fu proposta istanza di riesame, respinta dal Tribunale di Perugia con ordinanza del 30 giugno 2012. All'esito del ricorso per Cassazione, tempestivamente proposto, questa ordinanza fu annullata con rinvio. La prima sezione penale di questa Corte, con sentenza n. 27838 del 8 aprile 2013 (depositata il 26 giugno 201:3), ritenne che la motivazione dell'ordinanza impugnata fosse carente perche' interamente incentrata sul riferimento all'associazione anarchica "FAI" (Federazione Anarchica Informale), "ritenuta associazione eversiva, resasi responsabile di vari episodi eversivi a livello nazionale", ancorche' alla (OMISSIS) non fosse stato contestato di essere partecipe di questa associazione, bensi' di aver partecipato, insieme a (OMISSIS) e (OMISSIS), ad altra associazione (promossa e organizzata da (OMISSIS), indicato in altro capo di imputazione come promotore e organizzatore anche della associazione FAI) "con finalita' di terrorismo e di eversione dell'ordine democratico, basata sul principio di corrispondenza tra teoria e prassi, avente base in Perugia" (cosi', testualmente, il capo E) dell'ordinanza, poi diventato capo A)). A differenza di quanto sostenuto dalla ricorrente, la sentenza di annullamento, non escluse la sussistenza cli un grave quadro inidiziario in relazione al reato di cui all'articolo 270 bis c.p. e neppure affermo' che l'aggravante dell'aver agito con finalita' di terrorismo e di eversione - contestata nel capo H) dell'ordinanza (poi diventato capo C)) - non poteva essere ritenuta sussistente. Rilevo', tuttavia, una carenza dli motivazione sottolineando che i collegamenti tra l'associazione della quale la (OMISSIS) era accusata di far parte e la FAI erano stati ritenuti sussistenti "unicamente sulla base della personale contiguita' della ricorrente con (OMISSIS) e (OMISSIS), entrambi conclamati esponenti dell'associazione anarchica anzidetta" e sottolineo' che tale contiguita' personale noni era da se sola sufficiente "per ritenere che i singoli episodi di danneggiamento, ascritti alla ricorrente" fossero stati da lei commessi "come appartenente ad una cellula perugina della citata associazione anarchica". Nel disporre l'annullamento, i giudici di legittimita' precisarono che, in sede di rinvio, il Tribunale di Perugia avrebbe dovuto esaminare il ricorso "in piena autonomia di giudizio (...) colmando le riscontrate carenze motivazionali". A seguito dell'annullamento, con decreto del 30 ottobre 2013, il Tribunale del riesame di Perugia, fisso' al 19 novembre 2013 l'udienza per la trattazione del ricorso. Dagli atti risulta che, gia' in data 12 giugno 2013, la (OMISSIS) era stata posta in liberta' perche' la misura cautelare era divenuta inefficace ai sensi dell'articolo 303 c.p.p., comma 1, lettera a) e, verosimilemnte per questo, il Tribunale per il riesame non si pronuncio' nel merito. Se ne desume che la difesa non fece valere - come avrebbe potuto - il persistente interesse alla decisione. Si ricorda in proposito: che, per giurisprudenza costante, l'interesse all'impugnazione di una misura cautelare personale dopo la sua cessazione e' ravvisabile ai fini dell'equa riparazione per l'ingiusta detenzione, in relazione all'accertamento della sussistenza delle condizioni di applicabilita' di cui agli articoli 273 e 280 c.p.p. (Sez. 5, n. 19334 del 18/01/2013, Rubino, Rv. 256497); che, in caso di provvedimento coercitivo emesse per una pluralita' di imputazioni, tale interesse e' ravvisabile "se si fa questione dell'accertamento della sussistenza delle condizioni di applicabilita' per tutti i titoli di reato per i quali la misura e' stata disposta" (Sez. 6, n. 47173 del 05/11/2013, Baris, Rv. 257268; Sez. 6, n. 27212 del 17/09/2020, Frasconi, Rv. 279618); che, alla luce della pronuncia della Corte di cassazione n. 27838/2013, una tal questione avrebbe potuto essere proposta. Alla luce delle considerazioni svolte si deve escludere che, nel caso di specie, trovi applicazione l'articolo 314 c.p., comma 2. Non e' stato accertato, infatti, con decisione irrevocabile che i provvedimenti che disposero e mantennero la misura cautelare siano stati adottati senza che sussistessero le condizioni di applicabilita' previste dagli articoli 273 e 280 c.p.p.. La sentenza pronunciata dal G.u.p. con riferimento al reato di cui all'articolo 270 bis c.p., pur avendo deciso sui medesimi elementi posti all'attenzione del giudice della cautela, non ne ha escluso la sussistenza, ne' il valore indiziario, ma li ha valutati inidonei ai fini del rinvio a giudizio ai sensi dell'articolo 425 c.p.p.. Il proscioglimento dall'imputazione di cui al capo A), peraltro, non comportava necessariamente l'esclusione dell'aggravante dell'aver agito con finalita' di terrorismo e di eversione, e il G.u.p. dispose il rinvio a giudizio per il reato aggravato cosi' come era stato contestato (articoli 110 c.p., articolo 61 c.p., n. 5, articolo 635 c.p., commi 1 e 2, n. 3, in relazione all'articolo 625, comma 7, Decreto Legge n. 625 del 1979, articolo 1). Si rammenta in proposito che, "in tema di riparazione per ingiusta detenzione, ai fini della configurabilita' dell'ingiustizia formale ex articolo 314 c.p.p., comma 2, e' necessario che l'illegittimita' del provvedimento che ha disposto la misura cautelare, in quanto adottato o mantenuto senza che sussistessero le condizioni di applicabilita' previste dagli articoli 273 e 280 c.p.p., risulti accertata con decisione irrevocabile che non puo' provenire dal giudice della riparazione, il quale non e' investito della questione, ma solo dal giudice cautelare, sollecitato tramite impugnazione, o dallo stesso giudice del merito" (Sez. 4, n. 5455 del 23/01/2019, Cotza, Rv. 275022; sull'argomento v. anche: Sez. 4, n. 639 del 11/05/1993, Franceschini, Rv. 196185). Nel caso in esame, il provvedimento cautelare non risulta essere stato definitivamente annullato all'esito di impugnazioni, ne' la sua illegittimita' e' stata accertata dal giudice di merito. 3. L'ordinanza impugnata sottolinea che il provvedimento cautelare e' stato adottato con riferimento a due capi di imputazione e che solo ir relazione ad uno di questi (capo A)) e' stata pronunciata sentenza di proscioglimento nel merito, atteso il reato di cui al capo C) e' stato dichiarato estinto per prescrizione. Cosi' argomentando la Corte territoriale ha fatto buon governo dei principi che regolano la materia. Secondo la giurisprudenza di legittimita', infatti, ove il provvedimento restrittivo della liberta' personale sia fondato su piu' contestazioni, il proscioglimento con formula non di merito anche da una sola di queste purche' autonomamente idonea a legittimare la compressione della liberta' impedisce il sorgere del diritto risultando irrilevante il pieno proscioglimento dalle altre imputazioni (Cfr. Sez. 4, n. 5621 del 16/10/2013, dep. 2014, Colucci, Rv. 258607; Sez. 4 n. 31393 del 18/04/2013, Lili, Rv. 257778). Nel caso in esame non e' controverso che la misura cautelare sia stata applicata non solo per i reati in relazione ai quali e' stata pronunciata sentenza di assoluzione nel merito, ma anche per il reato di danneggiamento aggravato dichiarato estinto per prescrizione. La circostanza che la pena edittale prevista per questo reato fosse superiore nel massimo ai tre anni di reclusione (la pena edittale massima di anni tre prevista, in allora, dall'articolo 635 c.p., comma 2, deve essere aumentata ad anni quattro e mesi sei per l'aggravante ad effetto speciale di cui al Decreto Legge n. 625 del 1979, articolo 1) fa si' che, in relazione ad esso, le condizioni che consentono l'applicazione di misure privative della liberta' personale fossero sussistenti. Come la Corte territoriale ha opportunamente osservato, pero', in ragione della pena edittale inferiore nel massimo a sei anni di reclusione, il reato di danneggiamento aggravato ai sensi del Decreto Legge n. 625 del 1979, articolo 1, non avrebbe consentito il protrarsi della misura senza l'emissione del provvedimento che dispone il giudizio, oltre i tre mesi dall'inizio dell'esecuzione. Nel caso di specie, dunque, la circostanza che la privazione della liberta' personale sia stata disposta anche per il reato di danneggiamento vale ad escludere il diritto all'equo indennizzo solo per il periodo compreso tra il 13 giugno 2012 e il 12 settembre 2012. 3.1. Nel contestare tali conclusioni la ricorrente osserva che il G.i.p. dispose l'applicazione della custodia in carcere (sostituita con gli arresti domiciliari solo il 28 febbraio 2013, dopo piu' di otto mesi di detenzione) in ragione della ritenuta esistenza di gravi indizi del reato associativo (reato dal quale la (OMISSIS) e' stata definitivamente assolta per insussistenza del fatto) e solo questo quadro indiziario rendeva le esigenze cautelari cosi') gravi da giustificare la misura custodiate. Sottolinea che una tal misura non sarebbe stata proporzionata riguardo a un danneggiamento, ancorche' aggravato, e che, con riferimento a questa condotta, non avrebbe potuto essere formulata una prognosi negativa circa la concedibilita' della sospensione condizionale. Cosi' argomentando la difesa sostiene che, quando il provvedimento restrittivo della liberta' e' fondato su piu' contestazioni e per alcune di queste il proscioglimento non e' avvenuto con formula di merito, il diritto alla riparazione puo' essere escluso solo dopo aver compiuto una nuova valutazione "ora per allora" al fine di verificare se le esigenze cautelari sarebbero state sussistenti in relazione ai reati per i quali non vi e' stato proscioglimento nel merito e che il giudice della riparazione dovrebbe valutare se per questi ultimi reati sarebbe stato possibile escludere la sospensione condizionale della pena. La tesi difensiva appare in contrasto con i principi di diritto che regolano l'istituto previsto dall'articolo 314 c.p.p. Si sostiene, infatti, che la Corte di appello avrebbe dovuto compiere un ragionamento di tipo congetturale, "scorporando" dall'ordinanza cautelare i reati oggetto di assoluzione nel merito, al fine di valutare se il reato poi dichiarato prescritto avrebbe giustificato in concreto, per la sua gravita', l'applicazione di misure cautelari. E' fin troppo evidente che tale valutazione non deve essere compiuta. Come gia' ricordato, infatti, nei casi previsti dall'articolo 314 c.p.p., comma 2, il giudice della riparazione deve verificare se, con decisione irrevocabile, sia stato accertato che la misura era stata disposta "senza che sussistessero le condizioni di applicabilita' previste dagli articoli 273 e 280", ma non deve valutare se sussistessero le esigenze cautelari di cui all'articolo 274 c.p.p.. Secondo la difesa, il giudice della riparazione avrebbe dovuto valutare, in via meramente ipotetica, se per il reato dichiarato prescritto, da se' considerato, sarebbe stato astrattamente concedibile il beneficio della sospensione condizionale, ma la tesi non ha pregio. Basta in proposito rilevare che tale valutazione, certamente non richiesta al giudice della riparazione, non puo' assumere rilievo ai sensi dell'articolo 314 c.p.p., comma 2, neppure quando la sospensione condizionale sia stata effettivamente concessa nel giudizio di cognizione. Questa Corte di legittimita', infatti, ha sottolineato in piu' occasioni che il diritto alla riparazione per ingiusta detenzione non sussiste quando, nell'ambito del subprocedimento cautelare, la prognosi sulla possibilita' di una futura sospensione condizionale della pena sia stata negativa, ma all'esito del giudizio di cognizione quel beneficio sia stato concesso (Sez. 4, n. 1862 del 07/01/2016, Scivoli, Rv. 265582; Sez. 4, n. 44830 del 22/10/2015, Raffaele, Rv. 264896; Sez. 4, n. 9211 del 16/10/2013, dep. 2014, Morreale, Rv. 259080). 4. Con riferimento alla contestazione di cui al capo C) la difesa ha sviluppato un ulteriore argomento. Ha osservato, infatti, che l'aggravante di cui dal Decreto Legge n. 625 del 1979, articolo 1 non e' mai stata accertata e che il proscioglimento per prescrizione, che richiede la verifica dell'inesistenza delle cause previste dall'articolo 129 c.p.p., comma 2 non implicava una specifica valutazione in ordine alla sussistenza della aggravante. Si obietta in proposito che, anche in presenza di un reato prescritto, l'ordinamento giuridico non impedisce all'imputato di perseguire l'interesse della riparazione del periodo di restrizione cautelare sofferto, perche' gli consente di rinunciare alla prescrizione ai sensi dell'articolo 157 c.p., comma 7. Compiendo una tal scelta la (OMISSIS) non avrebbe subito un irragionevole pregiudizio. Come sottolineato dalla sentenza Sez. 4, n. 5621 del 16/10/2013, dep. 2014, Colucci, Rv. 258607, infatti, l'esigenza di assicurarsi, comunque, un esito penalmente favorevole e quella di poter coltivare successivamente l'azione di ristoro per l'ingiusta detenzione non hanno "lo stesso rango valoriale" e se l'imputato, scientemente, decide di avvantaggiarsi dell'effetto estintivo della prescrizione, rinuncia alla possibilita' di ottenere una pronuncia assolutoria nel merito e, quindi, anche alla possibilita' di chiedere l'indennizzo per l'ingiusta detenzione: "un effetto (...) indesiderato ampiamente secondario rispetto al raggiunto primario obiettivo dell'esonero dalla penale responsabilita'". 5. Con riferimento al periodo di privazione della liberta' personale non imputabile al reato estinto per prescrizione, la Corte territoriale ha escluso il diritto all'equa riparazione ritenendo ostative, perche' concausali rispetto alla applicazione della misura e gravemente colpose, le seguenti condotte: l'aver scelto di avvalersi della facolta' di non rispondere rinunciando a "far chiarezza sugli esatti contorni" della propria attivita'; l'aver intrattenuto contatti con esponenti "dell'ambiente anarchico" ponendo in essere, in concorso con loro (in specie con (OMISSIS)) specifiche azioni illecite (tra queste il delitto di cui al capo C). 5.1. L'argomentazione secondo la quale la scelta di esercitare il diritto al silenzio potrebbe considerarsi gravemente imprudente o negligente e' censurabile. In passato la giurisprudenza di legittimita' si era orientata in tal senso, ma tale orientamento e' stato superato dall'intervento del legislatore che, col Decreto Legislativo 8 novembre 2021, n. 188, ha modificato l'articolo 314 c.p.p., comma 1 L'opzione legislativa e' chiara nel senso di adeguare la normativa nazionale alla Direttiva (UE) 2016/343 con specifico riferimento all'emanazione di norme comuni sulla protezione dei diritti "procedurali di indagati e imputati (considerando n. 10 e considerando n. 24 della Direttiva). Si e' stabilito, infatti, che "l'esercizio da parte dell'imputato della facolta' di cui all'articolo 64 c.p.p., comma 3, lettera b), non incide sul diritto alla riparazione di cui al primo periodo" e non puo' assumere, quindi, esclusivo rilievo al fine di ritenere sussistente una colpa grave ostativa al riconoscimento dell'indennizzo (Sez. 4, n. 8615 del 08/02/2022, Z., Rv. 283017; Sez. 4, n. 19621 del 12/04/2022, L., Rv. 283241). Ancorche' in vigore dal 14 dicembre 2021, la norma preclude la possibilita' di individuare nel silenzio serbato dall'imputato (pur se idoneo ad ingenerare la falsa apparenza di un reato) una colpa ostativa al riconoscimento del diritto alla liquidazione dell'equa riparazione. Impone dunque, anche con riferimento ai procedimenti in corso, di abbandonare ogni interpretazione di segno diverso. Sancisce, infatti, che il diritto al silenzio e' espressione di pri'ncipi fondamentali che coinvolgono, oltre alla presunzione di non colpevolezza (espressamene citata nel considerando n. 24 della citata Direttiva), anche il diritto di difesa e il diritto ad un processo equo (articolo 6 CEDU, articoli 24 e 111 Cost.) e, cosi' facendo, vincola l'interprete impedendogli di individuare profili di colpa nell'esercizio di un diritto di tale rilevanza. Per quanto esposto, il secondo motivo di ricorso e' fondato nella parte in cui si duole che l'esercizio del diritto al silenzio sia stato considerato ostativo al riconoscimento dell'equo indennizzo. Si deve tuttavia rilevare che, nell'economia complessiva dell'ordinanza, l'argomentazione viziata, non assume rilievo tale da condurre all'annullamento della decisione. Ed invero, quando il convincimento del giudice poggia su piu' ragioni distinte, ciascuna delle quali idonea a giustificare la decisione adottata, i vizi logici o giuridici relativi ad una sola di tali ragioni non inficiano la decisione poiche' essa trova adeguato sostegno negli altri motivi non affetti da quei vizi (sull'argomento di recente: Sez. 5, n. 37466 del 22/09/2021, Almi, Rv. 281877, ma l'indirizzo e' risalente nel tempo e consolidato: Sez. 5, n. 2128 del 13/1/1978, Bartomioli, Rv. 138077; Sez. 4, n. 216 del 02/05/1975, dep. 1976, Alba, Rv. 131797; Sez. 1, n. 604 del 02/05/1967, Solejam, Rv. 105773). 6. Fatta questa doverosa precisazione si deve esaminare la motivazione con la quale la Corte territoriale ha ritenuto concausale rispetto all'applicazione della misura, e gravemente colposa, la condotta consistita nell'aver intrattenuto rapporti con esponenti della federazione anarchica informale e con "altri soggetti dell'ambiente anarchico" ponendo contestualmente in essere condotte illecite. 6.1. Come noto, il giudizio per la riparazione dell'ingiusta detenzione e' connotato da totale autonomia rispetto al giudizio penale, perche' ha lo scopo di valutare se l'imputato, con una condotta gravemente negligente o imprudente, abbia colposamente indotto in inganno il giudice in relazione alla sussistenza dei presupposti per l'adozione di una misura cautelare. Ai fini dell'esistenza del diritto all'indennizzo, peraltro, puo' anche prescindersi dalla sussistenza di un "errore giudiziario", venendo in considerazione soltanto l'antinomia strutturale tra custodia e assoluzione, o quella funzionale tra durata della custodia ed eventuale misura della pena; con la conseguenza che, in tanto la privazione della liberta' personale potra' considerarsi "ingiusta", in quanto l'incolpato non vi abbia dato o concorso a darvi causa attraverso una condotta dolosa o gravemente colposa, giacche', altrimenti, l'indennizzo verrebbe a perdere ineluttabilmente la propria funzione riparatoria, dissolvendo la ratio solidaristica che e' alla base dell'istituto. (cosi' Sez. U., n. 51779 del 28/11/2013, Nicosia, Rv. 257606). Si tratta di una valutazione che va effettuata ex ante, ricalca quella eseguita al momento dell'emissione del provvedimento restrittivo, ed e' volta a verificare: in primo luogo, se dal quadro indiziario a disposizione del giudice della cautela potesse desumersi l'apparenza della fondatezza delle accuse, pur successivamente smentita dall'esito del giudizio; in secondo luogo, se a questa apparenza abbia contribuito il comportamento extraprocessuale e processuale tenuto dal ricorrente (cfr. Sez. U, n. 32383 del 27/05/2010, D'Ambrosio, Rv. 247663). L'autonomia tra il giudizio penale e il successivo giudizio per la riparazione dell'ingiusta detenzione e' stata piu' volte sottolineata dalla giurisprudenza di legittimita' e non solo dalle sentenze delle Sezioni Unite sopra richiamate. Si e' affermato in proposito: - che "il giudizio per la riparazione dell'ingiusta detenzione e' del tutto autonomo rispetto al giudizio penale di cognizione, impegnando piani di indagine diversi e che possono portare a conclusioni del tutto differenti sulla base dello stesso materiale probatorio acquisito agli atti, ma sottoposto ad un vaglio caratterizzato dall'utilizzo di parametri di valutazione differenti" (Sez. 4, n. 39500 del 18/06/2013, Trombetta, Rv. 256764); - che "in tema di riparazione per ingiusta detenzione il giudice di merito, per stabilire se chi l'ha patita vi abbia dato o abbia concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve valutare tutti gli elementi probatori disponibili, al fine di stabilire, con valutazione "ex ante" - e secondo un iter logico-motivazionale del tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito - non se tale condotta integri estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorche' in presenza di errore dell'autorita' procedente, la falsa apparenza della sua configurabilita' come illecito penale" (Sez. 4, Sentenza n. 3359 del 22/09/2016, dep.2017, La Fornara, Rv. 268952); - che "nel giudizio avente ad oggetto la riparazione per ingiusta detenzione, ai fini dell'accertamento della condizione ostativa del dolo o della colpa grave, puo' darsi rilievo agli stessi fatti accertati nel giudizio penale di cognizione, senza che rilevi che quest'ultimo si sia definito con l'assoluzione dell'imputato sulla base degli stessi elementi posti a fondamento del provvedimento applicativo della misura cautelare, trattandosi di un'evenienza fisiologicamente correlata alle diverse regole di giudizio applicabili nella fase cautelare e in quella di merito, valendo soltanto in quest'ultima il criterio dell'aldila' di ogni ragionevole dubbio" (Sez. 4, n. 2145 del 13/01/2021, Calzaretta,, Rv. 280246; nello stesso senso, Sez. 4, n. 34438 del 02/07/2019, Messina, Rv. 276859). L'affermazione secondo cui, nell'escludere il diritto alla riparazione per la ritenuta sussistenza di un comportamento doloso o gravemente colposo che abbia "dato causa" (o concorso a dar causa) alla privazione della liberta' personale, il giudice della riparazione deve attenersi a dati di fatto "accertati o non negati" nel giudizio di merito (Sez. U n. 43 del 13/12/1995 - dep. 1996, Sarnataro, Rv. 203636) e' coerente con questi principi. L'autonomia tra i due giudizi, infatti, esclude che il dolo o la colpa grave possano essere desunti da condotte che la sentenza di assoluzione abbia ritenuto non sussistenti o non sufficientemente provate (Sez. 4, n. 46469 del 14/09/2018, Colandrea, Rv. 274350; Sez. 4, n. 21598 del 15/4/2014, Teschio, non mass.; Sez. 4, n. 1573 del 18/12/1993, dep. 1994, Tinacci, Rv. 198491) e tuttavia, proprio perche' i due giudizi sono autonomi, il giudice della riparazione deve valutare autonomamente le emergenze processuali. Tale valutazione, che deve essere compiuta "ex ante", non puo' ignorare il quadro indiziario complessivamente emerso all'esito del giudizio, pur valutato inidoneo all'affermazione della penale responsabilita'. 6.2. La motivazione del provvedimento impugnato sviluppa, sotto il profilo logico, un ragionamento esaustivo e coerente con queste premesse, non contraddittorio e scevro dai vizi che gli vengono addebitati. La Corte territoriale ricorda, infatti, che, secondo quanto emerso dalle intercettazioni ambientali e confermato dalla sentenza di proscioglimento, la (OMISSIS) intratteneva stabili contatti con soggetti dell'ambiente anarchico, tra i quali - lo si deve ricordare - (OMISSIS) e (OMISSIS), indicati dalla Corte di cassazione, nella sentenza che annullava con rinvio l'ordinanza del Tribunale del riesame di Perugia, quali: "conclamati esponenti dell'associazione anarchica" FAI. L'ordinanza impugnata sostiene che, poiche' questi rapporti non si esaurirono nella libera manifestazione di una opinione politica, ma dettero luogo alla realizzazione di specifiche azioni illecite, determinarono l'apparenza della fondatezza delle accuse, pur successivamente smentita dall'esito del giudizio. L'argomentazione e' congrua e non diviene illogica o contraddittoria sol perche' le azioni illecite poste in essere dalla (OMISSIS) non ebbero carattere di particolare gravita'. La modestia del danno provocato, infatti, non esclude che tali condotte, unite alle frequentazioni sopra indicate, possano essere considerate gravemente imprudenti perche' tali da rendere prevedibile l'intervento dell'Autorita' giudiziaria e l'adozione di provvedimenti restrittivi. Le argomentazioni della Corte territoriale sul punto appaiono pienamente conformi al principio di autoresponsabilita', piu' volte richiamato in materia dalla giurisprudenza di legittimita', in ragione del quale la regola solidaristica sottesa al diritto all'equa riparazione, non puo' essere invocata in presenza di una condotta volta alla realizzazione di un evento voluto confliggente con una prescrizione di legge, ma neppure a fronte di una condotta consapevole che - valutata dal giudice della riparazione secondo le ordinarie regole di esperienza - sia tale da creare una situazione di allarme sociale che imponga l'intervento dell'Autorita' giudiziaria. E' pertanto, in questo senso, gravemente colposo quel comportamento che, pur non integrando il reato, ponga in essere - per grave negligenza, imprudenza, trascuratezza, inosservanza di leggi, regolamenti o norme disciplinari - una situazione tale da costituire una non voluta, ma prevedibile, ragione di intervento dell'autorita' giudiziaria che si sostanzi nell'adozione di un provvedimento restrittivo della liberta' personale o nella mancata revoca di uno gia' emesso (cfr. Sez. U, n. 43 del 13/12/1995, dep. 1996, Sarnataro, Rv. 203637). 7. Per quanto esposto il ricorso deve essere rigettato. Ne consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali. Non si ritiene di dover procedere alla liquidazione delle spese sostenute dal Ministero resistente cui conseguirebbe la condanna del ricorrente alla rifusione delle stesse. La memoria depositata, infatti, si limita a riportare principi giurisprudenziali in materia di riparazione per ingiusta detenzione senza confrontarsi con i motivi di ricorso sicche' non puo' dirsi che l'Avvocatura dello Stato abbia effettivamente esplicato, nei modi e nei limiti consentiti, un'attivita' diretta a contrastare la pretesa del ricorrente (sull'argomento, con riferimento alle spese sostenute nel giudizio di legittimita' dalla parte civile, cfr. Sez. U., n. 5466, del 28/01/2004, Gallo, Rv. 226716; Sez. 4, n. 36535 del 15/09/2021, A., Rv. 281923; Sez. 3, n. 27987 del 24/03/2021, G., Rv. 281713) P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SIANI Vincenzo - Presidente Dott. BIANCHI Michele - Consigliere Dott. CASA Filippo - Consigliere Dott. SANTALUCIA Giuseppe - Consigliere Dott. APRILE Stefano - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sui ricorsi proposti da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 07/03/2022 della CORTE d'APPELLO di MILANO; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere STEFANO APRILE; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore OLGA MIGNOLO, che ha concluso chiedendo: l'annullamento con rinvio per (OMISSIS), limitatamente alla recidiva e alla sospensione condizionale, con il rigetto nel resto; il rigetto dei ricorsi per (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). udito il difensore avv. MANELLI Simone Andrea, anche in sostituzione dell'avv. (OMISSIS), che conclude insistendo per l'accoglimento dei ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), riportandosi ai motivi. RITENUTO IN FATTO 1. Con il provvedimento impugnato, la Corte d'appello di Milano, in parziale riforma della sentenza pronunciata in data 14 settembre 2020 all'esito del giudizio abbreviato dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano, ha confermato la declaratoria di responsabilita' di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) per il concorso, fra loro e con altri soggetti non identificati, nel compimento di manifestazioni usuali della disciolto partito fascista (della L. 20 giugno 1952, n. 645 articolo 110 c.p., articolo 5, come modificato dalla L. 22 maggio 1975, n. 152, articolo 11), quali la "chiamata del presente" con il braccio destro e il palmo della mano rivolti verso l'alto, effettuando il "saluto romano", rideterminando in mesi uno di reclusione ed Euro 200 di multa la pena inflitta a (OMISSIS), esclusa la recidiva, nonche' confermando il trattamento sanzionatorio inflitto dal giudice di primo grado a ciascuno degli imputati nella misura di un mese e dieci giorni di reclusione ed Euro 300 di multa, esclusa la recidiva per (OMISSIS) e con la concessione dlel beneficio della non menzione a (OMISSIS) e (OMISSIS). 1.1. Con concorde valutazione di entrambi i giudici di merito e' stata affermata la responsabilita' degli imputati per il sopra richiamato delitto con riguardo al pericolo che, tramite la diffusione e il proselitismo delle idee fasciste, possa essere ricostituita una organizzazione fascista. In particolare, dopo il raduno in forma statica autorizzato dalla Questura di Milano - a seguito della congiunta richiesta di alcuni esponenti di Casapound, Forza Nuova e Lealta' e Azione - dinanzi alla chiesa dei (OMISSIS) e (OMISSIS) in occasione della commemorazione di (OMISSIS), nonche' di (OMISSIS), e (OMISSIS), il gruppo di oltre 1.000 manifestanti ha sfilato, in modo non autorizzato e dopo alcuni tafferugli con le forze dell'ordine che dovevano inibire proprio la violazione del provvedimento di ordine pubblico emesso dal Questore, nelle vie cittadine e sii e' definitivamente radunato in via (OMISSIS), (ove e' stato ucciso (OMISSIS) e si trova tuttora un murales commemorativo). Giunti sul posto, (OMISSIS) - giudicato separatamente - ha reiteratamente effettuato "la chiamata del presente" alla quale gli imputati e numerosi altri individui non identificati rispondevano in coro ripetutamente gridando "presente" e facendo contestualmente il "saluto romano". 2. Ricorrono gli imputati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), a mezzo dei rispettivi difensori. 3. (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), con l'avv. (OMISSIS), sviluppano sei motivi di ricorso. 3.1. Il primo motivo denuncia la violazione di legge, in riferimento alla fattispecie incriminatrice, e il vizio della motivazione perche' la giurisprudenza di legittimita' ha reiteratamente affermato la legittimita' dei comportamenti tenuti dagli imputati per commemorare i defunti (Sez. 1, n. 11038 del 02/03/2016 - dep. 2017, P.M. in proc. Goglio, Rv. 269753; Sez. 1, n. 8108/2018 del 14/12/2017; Sez. 1, n. 7904/2022 del 12/10/2021; Sez. 1, n. 28298/2017 del 20/07/2016). Del resto, uno degli odierni imputati ( (OMISSIS)) e' stato assolto per una condotta identica posta in essere quaFiche anno prima. Gli argomenti utilizzati dal giudice di merito, per affermare la sussistenza del pericolo di ricostituzione del disciolto partito fascista, sono illogici e si basano sul travisamento della realta' dei fatti. E', in particolare, apodittica l'affermazione secondo la quale la ricorrenza della commemorazione sia stata colta a pretesto per compiere manifestazioni fasciste: l'imputazione enuncia la finalita' commemorativa dell'omicidio di (OMISSIS), che ha destato e' tuttora desta profondo dolore e commozione nell'opinione pubblica a livello nazionale, sicche' e' illogico e fuorviante il riferimento alla mancanza di legame da parte dei manifestanti con la comunita' milanese. Del resto, la commemorazione riguarda "tre caduti vilmente uccisi" da avversari politici; (OMISSIS), in particolare, era un'esponente della Repubblica Sociale Italiana, medaglia d'oro al valor militare, che fu ucciso il 29 aprile 1945 da un gruppo di partigiani, ma si dimentica che il suo nome e' stato proposto per "un albero" nel "giardino dei giusti di San Siro", poiche' utilizzo' la propria autorita' per salvare moltissime persone dalle deportazioni. Il giudice di merito e' incorso in un travisamento del fatto la' dove sostiene che la commemorazione si sarebbe svolta e conclusa prima dell'episodio per il quale si procede, mentre l'imputazione non contempla una soluzione di continuita' tra la prima fase di commemorazione statica e la successiva in forma dinamica. 3.2. Il secondo motivo denuncia la violazione di legge, in riferimento agli articoli 2 e 5 c.p., e il vizio della motivazione con riguardo alla mancanza di consapevolezza del rilievo penale della condotta, poiche' l'oscillazione giurisprudenziale sulla rilevanza penale del fatto, oscillazione caratterizzata da un persistente contrasto, non consente agli imputati di comprendere l'illiceita' della propria condotta. 3.3. Il terzo motivo denuncia la violazione di legge, in riferimento all'articolo 62 c.p., n. 1, e il vizio della motivazione per non essere stata riconosciuta la circostanza attenuante di aver agito per motivi di particolare valore morale o sociale, trattandosi di una commemorazione funebre nella quale si e' espresso il senso religioso e la partecipazione umana degli imputati. 3.4. Il quarto motivo denuncia il vizio della motivazione con riguardo alla richiesta di concessione della sospensione condizionale a (OMISSIS). 3.5. Il quinto motivo denuncia la violazione di legge e il vizio della motivazione con riguardo alla mancata esclusione della recidiva per (OMISSIS), il quale e' gravato di alcuni antichi precedenti penali; per due condanne, del resto, si e' verificata l'estinzone del reato a seguito dell'esito positivo della sospensione condizionale. 3.6. Il sesto motivo denuncia la viollazione di legge e il vizio della motivazione con riguardo al minimo edittale della pena che, a norma dell'articolo 23 c.p., e' di quindici giorni di reclusione, mentre il giudice ha determinato la pena base in mesi due di reclusione, poi ridotti per il rito. E' illegittima anche la rideterminazione della pena pecuniaria in Euro 450 di multa, poiche' la forbice edittale e' compresa tra lire 200.000 e lire 500.000. 4. (OMISSIS) e (OMISSIS), con l'avv. (OMISSIS), sviluppano due motivi di ricorso sostanzialmente coincidente con i primi due motivi del ricorso nell'interesse degli altri tre imputati. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I ricorsi sulla responsabilita' sono nel complesso infondati, pur presentando alcune doglianze inammissibili; sono fondate unic:amente le censure sviluppate da (OMISSIS) in merito alla recidiva e da (OMISSIS) in merito alla sospensione condizionale. 2. La giurisprudenza di legittimita' che sii e' occupata dell'articolo 5 della legge Scelba ha sempre affermato che "il delitto di cui alla L. 20 giugno 1952, n. 645, articolo 5, (come modificato dalla L. 22 maggio 1975, n. 152, articolo 11) e' reato di pericolo concreto, che non sanziona le manifestazioni del pensiero e dell'ideologia fascista in se', attese le liberta' garantite dall'articolo 21 Cost., ma soltanto ove le stesse possano determinare il pericolo di ricostituzione di organizzazioni fasciste, in relazione al momento ed all'ambiente in cui sono compiute, attentando concretamente alla tenuta dell'ordine democratico e dei valori ad esso sottesi" (Sez. 1, n. 11038 del 02/03/2016 - dep. 2017, P.M. in proc. Goglio, Rv. 269753). Nella specie, relativa ad una cerimonia commemorativa di alcuni defunti militanti nella Repubblica Sociale Italiana R.S.I. e di formazioni politiche di destra in successive fasi storiche, la Corte di cassazione ha ritenuto immune da censure la sentenza di merito che aveva escluso che l'impiego del "saluto romano", l'intonazione della "chiamata del presente" e l'utilizzo della croce celtica avessero presentato alcuna concreta idoneita' offensiva nel quadro di un'interpretazione costituzionalmente orientata della norma incriminatrice, essendo rivolte esclusivamente ai defunti in segno di omaggio ed umana pieta'. Analogamente, si e' chiarito che "non e' la manifestazione esteriore in quanto tale ad essere oggetto di incriminazione, bensi' il suo venire in essere in condizioni di "pubblicita'" tali da rappresentare un concreto tentativo di raccogliere adesioni ad un progetto di ricostituzione" del partito fascista. Sez. 1, n. 37577 del 25/03/2014, Bonazza, Rv. 259826, ha, infatti, precisato che "il "saluto romano" e l'intonazione del coro "presente" durante una manifestazione integrano il reato di cui alla Legge 20 giugno 1952, n. 645, articolo 5, (come modificato dalla L. 22 maggio 1975, n. 152, articolo 11), per la connotazione di pubblicita' che qualifica tali espressioni esteriori, evocative del disciolto partito fascista, contrassegnandone l'idoneita' lesiva per l'ordinamento democratico ed i valori ad esso sottesi". Nella specie, relativa ad un incontro in memoria delle vittime delle Foibe, la Corte di cassazione ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale del citato L. 645 del 1952, articolo 5, per la perdurante attualita' dell'esigenza di tutela delle istituzioni democratiche, atta a legittimare limitazioni alla liberta' di espressione, secondo quanto previsto anche dall'articolo 10 della Convenzione Europea per i Diritti dell'Uomo. La necessaria concretezza del pericolo, in relazione al momento ed all'ambiente in cui sono compiute le manifestazioni esteriori, e dell'attentato alla tenuta dell'ordine democratico e dei valori ad esso sottesi caratterizzato dal pericolo di ricostituzione dell'ideologia fascista, costituiscono dei punti fermi nell'evoluzione giurisprudenziale di legittimita' che ha recentemente confermato la decisione del Tribunale del riesame che, nel ritenere legittimo il sequestro di alcuni beni, aveva ravvisato il fumus delicti della L. 20 giugno 1952, n. 645, ex articolo 5, nelle manifestazioni esteriori di carattere fascista, nell'organizzazione di una squadra di militanti, nella predisposizione di armi improprie, nell'uso della violenza contro avversari politici, nonche' nella esplicita rivendicazione del predominio territoriale ed ideologico, quale metodo di lotta politica" (Sez. 5, n. 36162 del 18/04/2019, Alberga, Rv. 277526). 2.1. Nessuna oscillazione, dunque, si coglie nella giurisprudenza di legittimita': ne' puo' dubitarsi di tale costante orientamento enumerando alcuni casi giudiziari (uno dei quali riguarda anche l'imputato (OMISSIS): Sez. 1, n. 8108/2018 del 14/12/2017; Sez. 1, Goglio, cit.; Sez. 1, n. 28298/2017 del 20/07/2016) nei quali e' stata confermata l'assoluzione dal delitto di cui all'articolo 5 della legge Scelba, poiche', in quei casi, l'accertamento di merito aveva escluso il raggiungimento della soglia di concreto pericolo richiesto dalla norma incriminatrice. 2.2. La giurisprudenza di legittimita' e', del resto, pienamente aderente all'insegnamento della Corte costituzionale, la quale ha chiarito che e' la "intenzione del legislatore, il quale, dichiarando espressamente di voler impedire la riorganizzazione del disciolto partito fascista, ha inteso vietare e punire non gia' una qualunque manifestazione del pensiero, tutelata dall'articolo 21 della Costituzione, bensi' quelle manifestazioni usuali del disciolto partito che, come si e' detto prima, possono determinare il pericolo che si e' voluto evitare.... La ratio della norma non e' concepibile altrimenti, nel sistema di una legge dichiaratamente diretta ad attuare la disposizione XII della Costituzione. Il legislatore ha compreso che la riorganizzazione del partito fascista puo' anche essere stimolata da manifestazioni pubbliche capaci di impressionare le folle; ed ha voluto colpire le manifestazioni stesse, precisamente in quanto idonee a costituire il pericolo di tale ricostituzione" (Corte costituzionale, sentenza n. 74 del 1958). Con questa interpretazione, coerente a quella che la Corte costituzionale ha dato nella sentenza n. 1 del 1957 in merito alla legge Scelba, articolo 4, la L. n. 645 del 1952, articolo 5, si inquadra perfettamente nel sistema delle sanzioni dirette a garantire il divieto posto dalla XII disposizione transitoria, ne' contravviene al principio dell'articolo 21 Cost., comma 1. Le manifestazioni di carattere simbolico e apologetico devono essere sostenute, per cio' che concerne il rapporto di causalita' fisica e psichica, dai due elementi della idoneita' ed efficacia dei mezzi rispetto al pericolo della ricostituzione del partito fascista, sicche' quando questi requisiti sussistono l'ipotesi di cui all'articolo 5 legge citata e' costituzionalmente legittima. Questo principio e', d'altra parte, fondato sulla stessa ratio legis che e' quella di evitare, attraverso l'apologia e le manifestazioni proprie del disciolto partito, il ritorno a qualsiasi forma di regime in contrasto con i principi e l'assetto dello Stato: tale ratio informa di se' ogni singola disposizione di cui si compone la L. 20 giugno 1952, n. 645. 2.3. Necessario corollario di tale costante interpretazione giurisprudenziale e', in effetti, l'irrilevanza della questione dell'errore sul precetto ex articolo 5 c.p.. La giurisprudenza ha da tempo chiarito che "l'esclusione di colpevolezza per errore di diritto dipendente da ignoranza inevitabile della legge penale puo' essere giustificata da un complessivo e pacifico orientamento giurisprudenziale che abbia indotto nell'agente la ragionevole conclusione della correttezza della propria interpretazione del disposto normativo. Ne consegue che in caso di giurisprudenza non conforme o di oscurita' del dettato normativo sulla regola di condotta da seguire non e' possibile invocare la condizione soggettiva di ignoranza inevitabile, atteso che, in caso di dubbio, si determina un obbligo di astensione dall'intervento, con l'espletamento di qualsiasi utile accertamento volto a conseguire la corretta conoscenza della legislazione vigente in materia" (Sez. 6, n. 6991 del 25/01/2011, Sirignano, Rv. 249451). Orbene, la giurisprudenza sulla penale rilevanza della condotta di cui alla L. n. 645 del 1952, articolo 5, e' granitica, si tratta di una norma chiara e univocamente interpretata, da moltissimi anni, senza che si sia mai registrata una oscillazione giurisprudenziale (tra le prime sentenze, si veda: Sez. 1, n. 3826 del 18/01/1972, Libanore, Rv. 121163; Sez. 2, n. 5689 del 17/11)1976 - dep. 1977, Cella, Rv. 135764; Sez. 2, n. 3929 del 02/12/1977, Venezia, Rv. 138514; Sez. 2, n. 581 del 10/10/1978 - dep. 1979, Campisi, Rv. 140857; Sez. 1, n. 11943 del 04/10/1982, Loi, Rv. 156667), sicche' difetta l'invocato presupposto che esista un complessivo e pacifico orientamento giurisprudenziale che abbia indotto nell'agente la ragionevole conclusione della correttezza della propria interpretazione del disposto normativo. Del resto, e' proprio la Carta costituzionale che, alla XII disposizione transitoria e finale, vieta la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista e stigmatizza, percio', la condotta posta in essere dagli imputati, sicche' non e' neppure in astratto ipotizzabile l'errore sul precetto. 2.4. Ulteriore necessario corollario e' l'impossibilita' di ravvisare, nella condotta di cui alla legge Scelba, articolo 5, la circostanza attenuante di cui all'articolo 62 c.p., n. 1. La giurisprudenza e' costantemente orientata ad affermare che i sentimenti di particolare valore morale e sociale non possono essere c:onfusi, agli effetti penali, con la estrinsecazione di determinate ideologie quando queste, non solo rappresentano l'orientamento contingente di singoli gruppi di cittadini, ma si distanziano per scopi e metodi dalla coscienza etica comune (Sez. 6, n. 9860 del 28/11/1978 - dep. 1979, Cambria, Rv. 143450), in quanto, piuttosto, devono trarre origine da valori avvertiti dalla prevalente coscienza collettiva (Sez. 6, n. 11878 del 20/01/2003, Vigevano, Rv. 224077). Deve, quindi, concludersi che, in considerazione del precetto costituzionale che, lungi dal riconoscere valore all'ideologia fascista, la osteggia e ne stigmatizza le manifestazioni, dette manifestazioni non rientrano nell'ambito di operativita' della circostanza attenuante. 3. Il primo motivo di ricorso, comune a tutti gli imputati, e' nel complesso infondato, pur contenendo numerose censure inammissibili poiche' generiche e versate in fatto, nella misura in cui sollecitano la Corte di legittimita' a sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito. 3.1. Cio' premesso, non e' consentita (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207945), ma e' comunque generica e insussistente, la deduzione del "travisamento del fatto" circa la natura bifasica dell'episodio che ha portato alla formulazione dell'imputazione. Il ricorso e' generico poiche' non si confronta con la specifica indicazione dei giudici di merito - rilevante per distinguere la prima fase, a carattere commemorativo, dalla seconda fase dotata di forza di suggestione, capacita' di proselitismo ed apologia - secondo la quale il gruppo di manifestanti si era riunito in forma statica e, poi, violando l'ordine del Questore e vincendo la resistenza delle forze dell'ordine, ha invaso le vie cittadine per raggiungere un diverso luogo della citta' dove sono state compiute le manifestazioni esteriori oggetto dell'imputazione. 3.2. La genericita' dei ricorsi si coglie in maniera plastica dalla mancanza di critica specifica alla ritenuta capacita' di suggestione e proselitismo - sia nei confronti dell'opinione pubblica presente nelle vie cittadine, sia degli altri partecipanti alla commemorazione che non hanno preso parte alle ostentazioni compiute dagli imputati - della condotta caratterizzata dal raduno, in forma di schiera paramilitare, di numerosi militanti che hanno posto in essere il rito dell'appello, altrimenti detto del "presente", secondo la descrizione contenuta nel dizionario di politica edito dal Partito nazionale fascista nel 1940. I ricorsi omettono completamente di confrontarsi con il significato ideologico, di comunanza d'intenti e di vitalita' delle azioni poste in essere dai "camerati" oggetto di commemorazione, che secondo i giudici di merito caratterizza il richiamato rito, dotato di particolare forza suggestiva e capacita' di convinzione ideologica, nonche' di palese ostentazione di una precisa e formale ritualita' fascista, carica di significati ideologici, e che manifesta una piena adesione a detti valori. 3.3. D'altra parte, il comportamento, non solo irrispettoso delle regole e dell'ordine legalmente dato dall'autorita' amministrativa, ma pure violento posto in essere dal gruppo di manifestanti - che, in violazione del provvedimento del Questore, ha fisicamente fronteggiato le forze dell'ordine, che dovevano impedire che la manifestazione invadesse la citta' e assumesse una funzione dinamica -, esprime, secondo la non illogica valutazione dei giudici di merito, una azione violenta ed eversiva che rende penalmente rilevante, poiche' concretamente idonea a far risorgere l'ideologia fascista, l'ostentazione dei simboli e dei comportamenti rituali di questa. I ricorsi, in particolare, non sono idonei a superare la motivazione del provvedimento impugnato che ha sottolineato, ai fini di evidenziare l'idoneita' a porre in pericolo il bene giuridico protetto, il comportamento tenuto nei confronti delle forze dell'ordine e del provvedimento del Questore che autorizzava la commemorazione statica, prescrivendo: "per motivi di ordine e di sicurezza pubblica... non dovranno essere tenuti comportamenti... che siano comunque evocativi del disciolto partito fascista". Si tratta, come hanno sottolineato i giudici di merito, di un ordine legalmente dato che fa specifico riferimento ai limiti logistici ed espressivi della commemorazione, sicche' la violazione dell'ordine, la violenza opposta alle forze di polizia e l'ostentazione dei comportamenti, specificamente vietati dal Questore, evocativi del disciolto partito fascista, sono stati non illogicamente qualificati, per la loro capacita' eversiva, come idonei a porre in concreto pericolo il bene giuridico protetto dalla norma costituzionale e dalla legge Scelba, che di essa e' attuazione. L'uso della forza fisica, della violenza verbale e la plateale violazione dell'ordine legalmente dato di svolgere la commemorazione in uno specifico luogo e senza tenere comportamenti evocativi del disciolto partito fascista, determinano, secondo la logica valutazione dei giudici di merito, il concreto pericolo, specificamente accertato con riguardo ai consociati presenti, che l'ostentazione di quei gesti e simboli vietati sia in grado di diffondere e divulgare nella societa' l'idea fondante dell'ideologia fascista, cosi' mettendo in pericolo l'ordinamento democratico. E' proprio l'affiancamento tra l'ostentazione dei simboli, l'uso della forza e della violenza e il disprezzo per le autorita' democratiche che determina, nella data circostanza, il concreto pericolo che l'ideologia fascista che le propugna trovi terreno fertile per riprendere forza e vigore per abbattere la societa' democratica. 3.4. Il rigetto dei sopra esaminati motivi di ricorso determina l'irrevocabilita' dell'affermazione di responsabilita' degli imputati. 4. Il motivo che denuncia la violazione di legge e il vizio della motivazione con riguardo al minimo edittale della pena detentiva e la rideterminazione della pena pecuniaria e' infondato. 4.1. Le censure sulla determinazione della pena detentiva base sono infondate poiche' il giudice di merito l'ha determinata in tre mesi di reclusione, ben al di sotto del medio edittale (un anno e sei mesi di reclusione), sicche', anche in considerazione del richiamo ai parametri legali e alle caratteristiche del fatto, la valutazione discrezionalmente compiuta va esente da critiche (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, Del Papa, Rv. 276288; Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015, Scaramozzino, Rv. 265283). 4.2. Quanto alla presunta illegalita' della pena pecuniaria, va premesso che il trattamento sanzionatorio e' stabilito dalla L. n. 645 del 1952, articolo 5, come modificato dalla L. 22 maggio 1975, n. 152 articolo 11. "Chiunque, partecipando a pubbliche riunioni, compie manifestazioni usuali del disciolto partito fascista ovvero di organizzazioni naziste e' punito con la pena della reclusione sino a tre anni e con la multa da duecentomila a cinquecentomila lire". La pena pecuniaria e' stata, in seguito, raddoppiata dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, articolo 113, comma 4, dovendosi fare riferimento alla data di entrata in vigore della L. n. 152 del 1975, che ha ridisegnato il trattamento sanzionatorio della fattispecie incriminatrice, sicche' e' attualmente fissata nella forbice da 206 a 516 Euro di multa. Da cio' discende che la pena base, determinata dal giudice di merito in Euro 450 di multa, non e' illegale. 5. E' fondato il motivo di (OMISSIS) che denuncia la violazione di legge e il vizio della motivazione con riguardo alla mancata esclusione della recidiva. Il ricorso contesta fondatamente che i giudici di merito, nell'applicare la recidiva, non abbiano espresso alcuna motivazione circ:a la accresciuta pericolosita' dell'imputato che giustifica l'incremento di pena (Sez. U, n. 5859 del 27/10/2011 - dep. 2012, Marciano', Rv. 251690; Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010, Calibe', Rv. 247838). 5.1. Nel colmare il vuoto motivazionale, il giudice di rinvio terra' pure presente che l'eventuale l'estinzione del reato, a seguito dell'esito positivo della sospensione condizionale in precedenza concessa, e' priva di rilievo, ai fini della recidiva, come costantemente insegna la giurisprudenza di legittimita' (ex multis: Sez. 3, n. 5412 del 25/10/2019 - dep. 2020, M, Rv. 278575). Il giudice di rinvio, colmata la lacuna motivazionale dianzi rilevata, procedera', se del caso, alla rideterminazione del trattamento sanzionatorio, restando diversamente preclusa qualunque questione sul trattamento sanzionatorio perche' non formulata con il ricorso per cassazione. 6. E' fondato il motivo di (OMISSIS), che denuncia il vizio della motivazione con riguardo alla richiesta di concessione della sospensione condizionale. Entrambi i giudici di merito, come correttamente denuncia il ricorso, hanno omesso qualsivoglia risposta alla richiesta di riconoscimento dell'invocato beneficio, sicche' la sentenza impugnata va annullata sul punto per colmare il rilevato vizio motivazionale. Nell'esaminare la richiesta difensiva, il giudice di rinvio terra' presente che la seconda concessione dell'invocato beneficio e' possibile, ma deve essere saldamente ancorata a una prognosi positiva. 7. Al rigetto del ricorso di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) consegue, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata da (OMISSIS) e (OMISSIS), limitatamente alla recidiva per il primo e alla sospensione condizionale per il secondo, con rinvio per nuovo giudizio su tali punti ad altra Sezione della Corte d'appello di Milano; rigetta nel resto i ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS). Rigetta i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) e li condanna al pagamento delle spese processuali.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DIOTALLEVI Giovan - Presidente Dott. MESSINI D'AGOSTINI Piero - Consigliere Dott. DE SANTIS A - rel. Consigliere Dott. BORSELLINO M. D. - Consigliere Dott. SGADARI Giusep - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: 1. (OMISSIS), n. a (OMISSIS); 2. (OMISSIS), n. a (OMISSIS); 3. (OMISSIS), n. a (OMISSIS); 4. (OMISSIS), n. a (OMISSIS); avverso la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Palermo l'11/12/2020; visti gli atti, la sentenza impugnata e i ricorsi; udita la relazione del Con. Dott.ssa DE SANTIS Anna Maria; udita la requisitoria del Sost. Proc. Gen., Dott. MARINELLI Felicetta, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi; uditi i difensori delle parti civili costituite, Avv. IMPELLIZZERI Valerio in sost. Dell'Avv. PIZZUTO Francesco; Avv. ROSSI Donatella in sostituzione dell'Avv. SCOZZARI Giuseppe e dell'Avv. LA VECCHIA Filomena, che hanno depositato conclusioni scritte e nota spese; uditi i difensori, Avv. BONSIGNORE Raffaele, anche in sostituzione dell'Avv. LUCIA Santo; Avv. D'ASCOLA Vincenzo Nico, Avv. REINA Antonino, anche in sostituzione dell'Avv. FIORELLO Lillo Giuseppe, i quali hanno illustrato i motivi, chiedendone l'accoglimento. RITENUTO IN FATTO 1. Con l'impugnata sentenza la Corte d'Appello di Palermo confermava la decisione del Tribunale di Agrigento che, in data 22/11/2018, aveva riconosciuto: - (OMISSIS), colpevole dei reati ascritti ai capi A) (articolo 416 bis c.p., escluse le condotte di interferenza elettorale), B) (articoli 56, 629 c.p., L. n. 203 del 1991, articolo 7) C), D), E) (violazioni in materia di armi ex L. n. 895 del 1967) con condanna alla pena finale di anni 17, mesi 6 di reclusione; - (OMISSIS), colpevole dei reati sub A) e B), con condanna alla pena finale di anni 14 e mesi 6 di reclusione; - (OMISSIS) colpevole dei delitti ascritti ai capi A) e B) della rubrica, con condanna alla pena di anni 13 e mesi 6 di reclusione; - (OMISSIS) colpevole del delitto contestato al capo F) (articolo 416 bis c.p.) e, ritenuta la continuazione con i reati di cui alle sentenze di condanna in data 15/10/97 della Corte di Assise di Appello di Palermo e 23/12/2009 della Corte di Appello di Palermo, entrambe irrevocabili, lo condannava alla pena complessiva di anni 22 di reclusione, piu' grave il delitto associativo sub F). 2. Hanno proposto ricorso per cassazione i difensori degli imputati, deducendo: L'Avv. SANTO Lucia nell'interesse di (OMISSIS). 2.1 la violazione dell'articolo 125 c.p.p., comma 3, e la mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione. Il difensore sostiene che la sentenza impugnata ha confermato l'appartenenza del ricorrente al sodalizio mafioso ascritto al capo A) con motivazione apparente, limitandosi a richiamare la sentenza di primo grado senza tener conto delle censure formulate con l'atto di appello e senza chiarire quali elementi di prova riscontrino l'assunto accusatorio. I giudici di merito hanno in particolare richiamato le sentenze acquisite al fascicolo processuale che provano l'esistenza e l'operativita' nell'agrigentino dell'associazione "(OMISSIS)", trascurando tuttavia che il ricorrente risulta essere stato coinvolto esclusivamente nel proc. (OMISSIS) + 77. Aggiunge il difensore che la Corte territoriale ha fatto mal governo dei principi che presidiano la valutazione della prova sostenendo, sulla base di massime d'esperienza, che il vincolo associativo a "(OMISSIS)" deve ritenersi di carattere indeterminato e non viene interrotto dai periodi di detenzione. Siffatta valutazione si discosta dai principi fissati dalla giurisprudenza di legittimita' a Sezioni Unite, avendo il massimo consesso con sentenza 27/5/2021 ribadito che la condotta di partecipazione ad associazione di tipo mafioso si sostanzia nello stabile inserimento nella struttura associativa e nella messa a disposizione per il perseguimento dei fini comuni. La difesa segnala che nella specie non esistono prove circa la partecipazione del (OMISSIS) alle attivita' del sodalizio mentre le indagini di P.g. collocano in epoca remota le frequentazioni del prevenuto con soggetti pregiudicati sicche' erra la sentenza impugnata laddove pretende di ricavare da un precedente giudiziario risalente nel tempo la prova della continuita' della partecipazione. Inoltre, il difensore segnala che la sentenza impugnata, al pari di quella di primo grado, in violazione del principio del favor rei ha irrogato la pena per il delitto ex articolo 416 bis c.p. come modificata dalla L. n. 69 del 2015 sebbene i fatti contestati siano antecedenti all'entrata in vigore della novella e ha pretermesso ogni elemento utile a storicizzare l'accusa con specifico riguardo all'uso della forza intimidatrice, alla sua diffusivita' e alla conseguente condizione di omerta' con la conseguenza che non puo' ritenersi, nella specie, raggiunto uno standard probatorio rispondente al canone dell'oltre ogni ragionevole dubbio con riferimento agli elementi costitutivi del delitto associativo. A fronte dell'insufficienza degli elementi probatori acquisiti i giudici di merito hanno preteso di far ridondare la supposta mafiosita' dell'imputato sull'attivita' economica del figlio e della di lui convivente nonostante tutti i testi escussi abbiano escluso minacce o condizionamenti in favore dell'agenzia (OMISSIS) e non risulti provato un fattivo e concreto interessamento del ricorrente all'attivita' riconducibile ai familiari ovvero un collegamento tra le modeste commesse affidate all'agenzia funebre e il metodo mafioso, non emergendo nulla di significativo dalla conversazioni intercettate. Anche con riguardo alla vicenda relativa alla discoteca (OMISSIS) una valutazione disancorata da pregiudizi avrebbe dovuto condurre a ritenere l'imputato come sottoposto a condizionamenti mafiosi piuttosto che come partecipe della consorteria. Aggiunge il ricorrente che i giudici di merito sono, altresi', incorsi in gravi violazioni del diritto di difesa vanificando l'esercizio della prova a discarico attraverso il rigetto della richiesta di esame di diversi testi ovvero negando la trascrizione mediante perizia di conversazioni captate, pur in presenza di incongruenze e difformita' tra quanto riportato nei brogliacci e i file audio-video e accreditando come attendibili le parti civili nonostante le contraddizioni emerse in fase dibattimentale, con particolare riguardo alle dichiarazioni del (OMISSIS) e alla figura del (OMISSIS) per come emersa dalla deposizione del Mar. (OMISSIS). Inoltre, sono state incongruamente svalutate le dichiarazioni rese dai testi della difesa che escludono interferenze illecite del ricorrente a favore dell'attivita' dei congiunti ne' si e' tenuto conto delle patologie invalidanti che affliggono il prevenuto. L'Avv. Bonsignore Raffaele nell'interesse di (OMISSIS). 3. La violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al capo B)- tentata estorsione aggravata, anche ai sensi della L. n. 203 del 1991, articolo 7. La difesa assume che la sentenza impugnata non ha fornito risposta alle specifiche doglianze dell'atto d'appello con riguardo alla circolarita' della prova, essendo stata desunta la prova relativa alla fattispecie estorsiva sub B) dalla circostanza che il ricorrente sia a capo della famiglia mafiosa operante in (OMISSIS) - fatto non dimostrato nell'odierno processo - e contemporaneamente presunta la partecipazione al sodalizio sub A) anche per effetto dei fatti contestati al capo B). Con riguardo all'addebito associativo il difensore segnala che nel capo d'imputazione sub A) si contesta al ricorrente di aver estorto danaro alle imprese operanti nel settore delle onoranze funebri allo scopo di ottenere il monopolio di detta attivita' d'impresa sul territorio. Siffatta condotta integra - a dire della difesa - la specifica fattispecie di reato di cui all'articolo 513 bis c.p. sebbene la Corte d'Appello abbia erroneamente ritenuto di non operare l'invocata riqualificazione del delitto di tentata estorsione nel tentativo del reato ex articolo 513bis c.p.. Tuttavia, la sentenza impugnata ha contraddittoriamente affermato in sede di confisca della ditta di (OMISSIS) che le pp.oo. avevano subito la "concorrenza" della famiglia (OMISSIS), fondando su detta evidenza la disposta ablazione. Assume ulteriormente il ricorrente che i giudici di merito hanno erroneamente ritenuto che le dichiarazioni accusatorie delle pp.oo. costituite parte civile non necessitano di riscontri, in contrasto con i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimita', sicche' deve ritenersi inficiata dalla violazione dell'articolo 192 c.p.p. la valutazione d'attendibilita' delle propalazioni degli offesi, in totale assenza di elementi di convalida, come nel caso dell'incendio dell'autovettura del (OMISSIS). Inoltre, elementi di riscontro non possono trarsi dalle dichiarazioni di (OMISSIS), gia' dichiarato inattendibile dal Tribunale di Agrigento, mentre con riferimento alla richiesta estorsiva di versamento di Euro 600,00 per ogni servizio funebre, i testi d'accusa (OMISSIS) e (OMISSIS) non hanno confermato di aver assistito alla richiesta del (OMISSIS) nei confronti delle pp.cc., le quali - secondo la difesa - dovevano essere ritenute, comunque, intrinsecamente inattendibili in considerazione dei rapporti intrattenuti con soggetti malavitosi e della concertazione delle dichiarazioni accusatorie nei confronti del prevenuto in occasione della convocazione presso gli Uffici della Squadra Mobile di Agrigento del 18/5/2012. La difesa censura, inoltre, l'interpretazione delle conversazioni telefoniche intervenute tra conversanti terzi, richiamandone la valenza meramente indiziante e la necessita' di riscontri, e sostiene che i giudici di merito hanno valorizzato dei colloqui (espressamente richiamati alle pagg. 20 e 21 del ricorso) i cui contenuti non si pongono in linea con le propalazioni delle pp.oo. giacche' non vi si rinviene cenno a richieste estorsive ne' a sentimenti di timore per effetto delle stesse ovvero a pressioni o intimidazioni finalizzate ad indirizzare l'utenza verso l'impresa di onoranze funebri familiare; 3.1 la violazione di legge e il vizio di motivazione con riguardo alle fattispecie in materia di armi contestate ai capi C), D), E) della rubrica (detenzione e porto illegale di due pistole dotate di caricatori e di una pistola mitragliatrice Mini Uzi - arma da guerra). Il difensore sostiene che la sentenza impugnata ha dato inopinato credito al contenuto di alcune - precisamente tre - conversazioni intercettate, tuttavia smentito dal mancato rinvenimento delle armi in contestazione e dal fatto che le pp.oo. non hanno mai fatto cenno al possesso di armi da parte del ricorrente; 3.2 la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al delitto associativo di cui al capo A). In particolare: -violazione dell'articolo 416 bis c.p., commi 1 e 2, con riguardo alla partecipazione al sodalizio con ruolo apicale in quanto la contestazione a carico del ricorrente fa riferimento ad una famiglia mafiosa operante sul territorio di (OMISSIS) e i giudici di merito non hanno chiarito se detta famiglia sia da ricondurre a "(OMISSIS)" o alla "(OMISSIS)". Aggiunge il difensore che con il precedente giudicato e' stata accertata l'appartenenza del ricorrente alla "(OMISSIS)" mentre nell'odierno processo la contestazione concerne l'appartenenza a "(OMISSIS)" quale capo di una non meglio precisata famiglia, senza alcuna indicazione riguardo gli altri partecipi, a parte i due coimputati. Secondo l'impugnante non puo' sostenersi che la precedente condanna possa avere una positiva refluenza nell'accertamento del reato associativo sub A), trattandosi di due consorterie diverse. Dopo aver richiamato l'elaborazione giurisprudenziale in materia di partecipazione, il difensore segnala che dal febbraio 1993, data di inizio della contestazione, al 2016, data d'emissione della richiesta di giudizio immediato, l'unica richiesta estorsiva, peraltro tentata, contestata al (OMISSIS) e' quella ascritta sub B). Quanto ai contatti con la famiglia mafiosa di (OMISSIS) e per essa con (OMISSIS), il difensore sostiene che la sentenza impugnata non ha documentato ne' altrimenti dimostrato alcun contratto tra il (OMISSIS) e il (OMISSIS) mentre con riguardo alla questione relativa alla regolarizzazione di un'attivita' di impresa la produzione documentale della difesa ha fatto emergere che il (OMISSIS) aveva prestato una somma di danaro al titolare della discoteca ubicata in (OMISSIS) e ne chiedeva la restituzione. Con riguardo alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS) la difesa evidenzia che, trattandosi di informazioni de relato, i giudici d'appello non avrebbero potuto farne alcun uso probatorio, come invece accaduto in violazione dell'articolo 195 c.p.p.. In conclusione, secondo il difensore i materiali processuali non sono idonei a provare la responsabilita' del ricorrente al di la' di ogni ragionevole dubbio sia con riguardo all'addebito associativo che alla condotta sub B); 3.3 la violazione di legge e il vizio di motivazione con riguardo alla ritenuta sussistenza delle aggravanti ex articolo 416 c.p., commi 4 e 6, sebbene non risulti provato il possesso di armi da parte del ricorrente e dei coimputati ne' il finanziamento di attivita' economiche con i proventi delle attivita' illecite associative; 3.4 la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio con particolare riguardo al diniego delle attenuanti generiche e alla misura degli aumenti effettuati a titolo di continuazione. Il difensore censura, altresi', la confisca della Ditta Agenzia Funebre (OMISSIS) in quanto contraddittoriamente giustificata con l'asserito compimento di atti di concorrenza con violenza e minaccia. Gli Avv.ti Barba Giuseppe e Reina Antonino nell'interesse di (OMISSIS). 4. La violazione ed erronea applicazione dell'articolo 416 bis c.p. con riguardo alla ritenuta qualita' di partecipe in caso di precedente sentenza di condanna per fattispecie associativa; manifesta illogicita' della motivazione e violazione della L. n. 69 del 2015, articolo 5. I difensori, dopo aver richiamato il fatto che (OMISSIS) e' stato condannato con sentenza del 28/3/96 dalla Corte di Assise di Agrigento per partecipazione ad associazione mafiosa fino al febbraio 1993, segnalano che, secondo la sentenza impugnata, per dimostrare la consumazione del reato associativo per il periodo successivo al febbraio 1993 e fino al giugno 2016 non occorrerebbe provare ex novo la partecipazione, essendo sufficiente rinvenire elementi che attestino che l'agente, lungi dal recidere il vincolo, abbia persistito nell'inserimento nel sodalizio alla luce della natura tendenzialmente stabile ed indeterminata del vincolo associativo tra i partecipi a "(OMISSIS)". I difensori evidenziano che la tesi di una continuativa adesione del ricorrente al sodalizio e' stata censurata in fase cautelare dalla Corte di legittimita' con sentenza n. 26369/2017 ed identica piattaforma probatoria e' stata posta a base del giudizio di responsabilita' del prevenuto per l'addebito associativo. Secondo il ricorrente, la prova della condotta di partecipazione, alla stregua della giurisprudenza di legittimita', deve essere fornita dall'accusa con riguardo allo specifico arco temporale considerato dall'incolpazione mentre la pregressa sentenza di condanna per il delitto ex articolo 416 bis c.p. deve essere valutata unitamente ad altri elementi di prova significativi della protrazione della permanenza. Nella specie non e' sufficiente il riferimento al reato fine o la frequentazione di altri soggetti allo scopo di ritenere la perdurante intraneita' al sodalizio, dovendo darsi conto con motivazione adeguata del collegamento tra la precedente condanna per fattispecie associativa e il sodalizio a giudizio, considerando, altresi', che il rapporto filiale intercorrente tra il (OMISSIS) e il (OMISSIS) non e' univocamente decodificabile in termini associativi al pari dell'interesse mostrato per la gestione dell'impresa funebre. La verifica circa l'appartenenza del prevenuto al sodalizio sub A), secondo la difesa, e' del tutto generica e non storicizzata, come invece necessario, anche ai fini dell'individuazione della cornice sanzionatoria in concreto applicabile; 4.1 la violazione dell'articolo 416bis c.p., comma 4. La difesa sostiene che la Corte territoriale non ha indicato alcun elemento probatorio che deponga nel senso della consapevolezza da parte del ricorrente della disponibilita' di armi da parte dei presunti sodali mentre l'assunto circa la disponibilita' di armi da parte dell'associazione poggia su presunzioni e suggestioni criminologiche senza alcuna valorizzazione delle evidenze disponibili: 4.2 la violazione ed erronea applicazione dell'articolo 416bis c.p., comma 6, avendo i giudici di merito affermato la sussistenza dell'aggravante in assenza di concreti riscontri processuali senza fare cenno alcuno alla specifica posizione del ricorrente e al reimpiego dei proventi dell'attivita' del sodalizio in attivita' economiche, non potendo esaurirsi la dimostrazione della circostanza nel richiamo alla categoria del notorio, in contrasto con la giurisprudenza di legittimita' secondo cui, affinche' ricorra l'aggravante, non e' sufficiente la mera dimostrazione dell'affiliazione del gruppo locale a "(OMISSIS)", dovendo risultare il reinvestimento delle utilita' procurate dalle azioni criminose in strutture produttive dirette a prevalere nel territorio d'insediamento; 4.3 la violazione ed errata applicazione degli articoli 110, 629 c.p. in quanto la atipicita' della condotta attraverso la quale puo' dispiegarsi il concorso morale nel reato non esonera il giudice dall'individuare la condotta posta in essere dal concorrente e la incidenza causale nell'esecuzione della condotta materiale posta in essere da altri. I difensori sostengono che la Corte di merito ha individuato in (OMISSIS) l'esecutore materiale del tentativo di estorsione in danno di (OMISSIS) e (OMISSIS) pur affermando che la presenza di (OMISSIS) all'incontro presso il locale (OMISSIS) tra maggio-giugno2012 integra il concorso morale nel reato. La sentenza impugnata, tuttavia, non ha dato conto delle ragioni che hanno indotto i giudici territoriali a ritenere un concorso penalmente rilevante piuttosto che una connivenza non punibile; 4.4 la violazione della L. n. 203 del 1991, articolo 7 contestato al capo B, violazione del bis in idem sostanziale e motivazione apparente. Secondo il ricorrente la Corte di merito ha disatteso le censure difensive in ordine alla sussistenza dell'aggravante del metodo mafioso con motivazione apparente, propugnando un'interpretazione che valorizza l'appartenenza dell'autore del fatto al sodalizio criminoso ovvero il collegamento con contesti di criminalita' organizzata, degradando la circostanza ad aggravante ambientale. L'Avv. Prof. D'Ascola Nico nell'interesse di (OMISSIS). 5. La violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al delitto di tentata estorsione contestato al capo B). Il difensore, dopo aver richiamato il rigoroso scrutinio cui sono assoggettate le dichiarazioni della p.o. costituita parte civile, sostiene che la sentenza impugnata ha reso sul punto una motivazione di stile, trascurando di considerare la circolarita' delle dichiarazioni e il fatto che l'imputato, proprietario della tabaccheria all'interno della quale (OMISSIS) avrebbe consegnato a (OMISSIS) il conteggio dei funerali effettuati dalla ditta della quale era socio unitamente a (OMISSIS), a detta dei dichiaranti, non ha mai espresso condivisione dell'altrui iniziativa illecita e, secondo quanto riferito dal (OMISSIS), mantenne un atteggiamento passivo mentre egli interloquiva con il (OMISSIS). Secondo il difensore la motivazione dei giudici territoriali pecca d'illogicita' per aver basato la prova del contributo concorsuale del ricorrente al tentativo di estorsione sub B) sulla presenza del (OMISSIS) al momento della consegna del conteggio al (OMISSIS), trattandosi di un dato probatoriamente ambiguo che non si presta ad essere convalidato dall'intercettazione del 19/9/2013, i cui contenuti non valgono ad attestare il concorso morale o materiale nel reato ascritto. Deve, dunque, ritenersi che la sentenza impugnata ha dato una lettura erronea dell'articolo 110 c.p., in contrasto con il principio dell'irrilevanza penalistica della mera connivenza se non accompagnata da alcun comportamento concludente in rapporto di causalita' efficiente con le attivita' delittuose degli altri concorrenti morali o materiali. Nella specie, la prova del contributo del ricorrente riposa su dati incapaci di sorreggerla quale il risalente rapporto dell'imputato con (OMISSIS) e la consapevolezza dello spessore criminale del medesimo; 5.1 la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all'articolo 56 c.p., comma 3, non avendo i giudici territoriali fornito adeguata risposta con riferimento all'invocata applicabilita' della desistenza volontaria. Osserva la difesa che, contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, (OMISSIS) e il figlio nel mese di novembre 2012, mentre era ancora in corso l'iter criminis del delitto sub B), abbandonarono il piano delittuoso e decisero di aprire una propria autonoma ditta operante nel settore delle onoranze funebri; 5.2 la violazione di legge e il vizio della motivazione con riguardo alle aggravanti di cui all'articolo 628 c.p., comma 3 nn. 1 e 3, richiamate dall'articolo 629 c.p., comma 2. Il difensore lamenta che la sentenza impugnata non ha dedicato alcuno spazio all'appartenenza del (OMISSIS) ad un'organizzazione mafiosa sebbene l'aggravante debba ritenersi di natura soggettiva con conseguente impossibilita', ove riferita ai coimputati (OMISSIS), di comunicazione ex articolo 118 c.p. all'odierno ricorrente. Aggiunge il difensore che i giudici di merito non hanno fatto corretta applicazione dei principi fissati dalla giurisprudenza di legittimita' anche con riguardo all'aggravante delle piu' persone riunite, stante la genericita' della motivazione sul punto e l'assenza di elementi per ritenere la natura collettiva della richiesta estorsiva; 5.3 la violazione di legge e il vizio di motivazione con specifico riferimento all'articolo 416bis.1 c.p. Secondo il difensore la sentenza impugnata pecca di illogicita' nell'argomentare la sussistenza dell'aggravante sotto il profilo del metodo mafioso e dell'agevolazione. A detto riguardo segnala che la Corte d'appello ha trascurato ogni verifica circa la consapevolezza in capo all'imputato dell'estrazione mafiosa dei presunti beneficiari della condotta e ha omesso ogni riferimento alla concreta idoneita' agevolatrice della stessa a vantaggio dell'intera associazione di appartenenza dei prevenuti; 5.4 la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all'articolo 416bis c.p.. Osserva il difensore che risulta estremamente povero il compendio indiziario a sostegno dell'appartenenza del ricorrente al sodalizio sub A) e del tutto evanescenti gli indicatori di una qualsivoglia affectio societatis ovvero di una stabile messa a disposizione non gia' dei coimputati (OMISSIS) ma dell'intero sodalizio di cui gli stessi sarebbero state figure apicali. La episodicita' e la discontinuita' nel tempo delle vicende che hanno visto il coinvolgimento del ricorrente e la sua estraneita' alle attivita' economiche del (OMISSIS) imponevano di escluderne l'adesione al sodalizio in difetto di prova circa un apporto funzionale all'incremento delle capacita' del medesimo. Aggiunge il difensore che, pur avendone evocato i contenuti, la sentenza impugnata si e' discostata dai principi declinati da Sez. U. Mannino in tema di partecipazione, avendo i giudici territoriali ritenuto sufficiente a tal fine, quanto al ricorrente, la messa a disposizione dei locali del proprio esercizio commerciale per la formulazione delle minacce estorsive, la consegna delle somme di danaro richieste e gli incontri tra sodali, nella sostanza esaurendo la prova della partecipazione in quella del concorso nella tentata estorsione sub B) in assenza di emergenze ulteriori idonee a provare la stabilita' dell'apporto alla compagine e la incondizionata messa a disposizione per la realizzazione del programma associativo. Inoltre, secondo l'impugnante, la Corte di merito ha fatto malgoverno delle regole in tema di valutazione della prova indiziaria anche con riferimento alle intercettazioni in data 21 ottobre 2012 e 20 giugno 2013, dalle quali ha tratto il convincimento che il (OMISSIS) avesse materialmente percepito delle somme corrisposte dalle vittime delle richieste estorsive pur in assenza di certezza del dato indiziante. Illogica risulta, altresi', la lettura in chiave di intraneita' associativa del (OMISSIS) della vicenda relativa all'investimento effettuato da (OMISSIS) nella discoteca (OMISSIS) e l'indicazione da parte del (OMISSIS) della tabaccheria del ricorrente come luogo di possibili incontri; 5.5 la violazione di legge e il vizio di motivazione con riferimento all'articolo 416bis c.p., comma 4, poiche' la Corte di merito ha giustificato l'attribuzione dell'aggravante al prevenuto in quanto ritenuto partecipe non gia' della sola famiglia di (OMISSIS) bensi' dell'unitaria associazione denominata "(OMISSIS)", eludendo le censure difensive che segnalavano l'assenza di elementi in concreto dimostrativi della consapevolezza da parte dell'imputato della disponibilita' di armi in capo ai presunti sodali nell'interesse dell'associazione; 5.6 la violazione di legge e il vizio della motivazione con riferimento all'articolo 416bis c.p., comma 6. Il difensore sostiene che la sentenza impugnata e' incorsa in errore interpretativo laddove ha identificato la prova dell'aggravante ex articolo 416 bis c.p., comma 6, con quella del metodo mafioso, nella sostanza elevando ad elemento costitutivo cio' che il legislatore ha espressamente qualificato come elemento circostanziale. Aggiunge che i giudici d'appello non hanno fornito risposta ai rilievi difensivi circa l'assenza di dimostrazione di un nesso di derivazione causale tra il compimento di attivita' delittuose riferibili al programma associativo e il reimpiego dei relativi proventi in attivita' economiche. In particolare, assume il ricorrente che la sentenza impugnata non ha proceduto ad individuare gli esponenti mafiosi artefici del reinvestimento, le singole operazioni di reimpiego e le dimensioni delle attivita' economiche asseritamente inquinate, di cui gli associati intendevano assumere o mantenere il controllo; 5.7 la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al diniego delle attenuanti generiche e alla determinazione del trattamento sanzionatorio, avendo la Corte di merito omologato le posizioni dei singoli imputati, senza tener conto dell'eta' avanzata del prevenuto e del suo stato di incensuratezza e omesso di chiarire il procedimento di commisurazione della sanzione. Con motivi aggiunti depositati il 16/11/2022 il difensore di (OMISSIS) ha ulteriormente dedotto: 5.8 la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione agli articoli 56, 629 c.p. ad ulteriore approfondimento delle censure svolte nel primo motivo del ricorso principale in punto di responsabilita' concorsuale del (OMISSIS) per il delitto di tentata estorsione sub B). L'Avv. Fiorello Lillo nell'interesse di (OMISSIS). 6. La violazione dell'articolo 416bis c.p., commi 1, 2, 3, 4, 6. Secondo il difensore la sentenza impugnata e' incorsa in numerose incongruenze logiche nel vaglio del compendio probatorio acquisito in atti, che si riflettono nell'inquadramento dei fatti nella fattispecie ex articolo 416bis c.p.. Innanzitutto il ricorrente censura la valenza probatoria accordata alle intercettazioni delle conversazioni di (OMISSIS), cui il (OMISSIS) e' estraneo, nonostante l'assenza di contatti pregressi ed attuali tra l'imputato e il (OMISSIS), la dubbia identificazione del " (OMISSIS)" di cui si discorre nel prevenuto e l'assenza di riferimenti indizianti. Secondo la difesa anche la ricostruzione della vicenda relativa alla discoteca (OMISSIS) risulta sommaria, carente, non spiegando l'interesse che il (OMISSIS) avrebbe dovuto nutrire per detta attivita', e avulsa dal tenore delle intercettazioni richiamate. Sul punto la Corte di merito ha omesso di fornire risposta ai rilievi difensivi, rendendo una motivazione illogica e contraddittoria. I giudici territoriali, secondo il difensore, hanno incongruamente svalutato le doglianze difensive relative alla matrice squisitamente civilistica della vicenda relativa alla discoteca, gestita in locali sottoposti a sfratto, e hanno omesso di considerare che - secondo quanto emerge dalla conversazione intercettata, progr. 649 del 10/12/2012 tra (OMISSIS) e (OMISSIS), pretermessa dalla sentenza impugnata- la controversia era stata consensualmente risolta tra il (OMISSIS) e il non identificato (OMISSIS) con il pagamento di quanto dovuto. Aggiunge il difensore che sono rimaste ignorate anche le deduzioni difensive relative alla locazione dell'immobile gravato dalla procedura di sfratto ad altri soggetti per l'esercizio di un'attivita' commerciale, circostanza rilevante al fine di qualificare l'interesse riferito all'odierno ricorrente. Quanto al preteso ruolo apicale del (OMISSIS) nella famiglia mafiosa di (OMISSIS), affermato sulla base delle dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS), il difensore lamenta che la Corte territoriale non ha fornito adeguata risposta ai rilievi difensivi che segnalavano come le propalazioni del dichiarante avevano ad oggetto un arco temporale risalente e in alcun modo potevano confermare la permanenza del ricorrente in un ruolo apicale nel periodo oggetto di contestazione. Ne' la sentenza impugnata ha considerato che a favore dell'insussistenza di alcun ruolo del ricorrente nel sodalizio depone anche la conversazione progr. 266 del 24/11/2012 in cui (OMISSIS) riferisce a (OMISSIS) che a (OMISSIS) in quel momento la situazione era confusa. Aggiunge il difensore che i giudici territoriali hanno assertivamente affermato la sussistenza delle aggravanti di cui all'articolo 416bis c.p., commi 4 e 6 senza alcun accertamento in ordine alla disponibilita' da parte del sodalizio sub F) di armi e al reimpiego dei profitti delle attivita' associative; 6,1 la violazione di legge e il vizio di motivazione con riguardo all'applicazione della recidiva reiterata infraquinquennale, al riconoscimento delle attenuanti generiche e all'applicazione del minimo edittale. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Le censure formulate in relazione alla partecipazione associativa nell'interesse di (OMISSIS) sono destituite di giuridico fondamento, per taluni aspetti ai limiti dell'inammissibilita', avuto riguardo ai profili di genericita' che le connotano. Invero, le concordi sentenze di merito hanno ben chiarito, attraverso una ricognizione delle fonti giudiziarie acquisite, che il fenomeno della c.d. "(OMISSIS)", dopo una sanguinosa guerra di mafia, era stato nella sostanza riassorbito nei primi anni novanta per effetto della pax mafiosa conseguente alla repressione statale e alla massiccia collaborazione di esponenti di spicco del sodalizio, con coalizzazione dei gruppi criminali contrapposti in un'associazione unitaria. Hanno, altresi', precisato alla luce dei pregressi giudicati e in particolare delle acquisizioni di cui alla sentenza Alletto + 77 che la famiglia dominante il centro di (OMISSIS) era una propaggine delle famiglie confinanti di (OMISSIS). Non vi e', dunque, contrariamente a quanto assumono i difensori, alcuna ontologica incompatibilita' tra il giudicato di condanna per la fattispecie ex articolo 416 bis c.p. che ha interessato la posizione del prevenuto fino al 1993 e la contestazione odierna che concerne la partecipazione allo stesso sodalizio, denominato "(OMISSIS)", dalla data indicata e fino all'attualita', come da contestazione di cui al capo A), attesa l'accertata refluenza degli "(OMISSIS)" nell'organizzazione egemone. 1.1 Questa Corte con orientamento costante che merita continuita' ritiene che, ai fini della configurabilita' del delitto di partecipazione ad associazione mafiosa e con specifico riferimento alle c.d. mafie storiche, il vincolo associativo tra il singolo e l'organizzazione si instaura nella prospettiva di una futura permanenza in essa a tempo indeterminato e si protrae sino allo scioglimento della consorteria, potendo essere significativo della cessazione del carattere permanente del reato soltanto l'avvenuto recesso volontario, che, come ogni altra ipotesi di dismissione della qualita' di partecipe, deve essere accertato caso per caso in virtu' di condotta esplicita, coerente e univoca e non in base a elementi indiziari di incerta valenza (quali quelli della eta', del subingresso di altri nel ruolo di vertice e dello stabilimento della residenza in luogo in cui si assume non essere operante una famiglia di "(OMISSIS)") (Sez. 2, n. 25311 del 15/03/2012, Rv. 253070 - 01) ovvero nel caso di cessazione della consorteria criminale o ancora di esclusione del singolo associato mentre deve ritenersi privo di concludenza in proposito il sopravvenuto stato detentivo dell'imputato (Sez. 1, n. 46103 del 07/10/2014, Rv. 261272 - 01). Infatti, come in piu' occasioni sottolineato, la struttura delle associazioni espressioni delle mafie storiche - caratterizzata da complessita', (OMISSIS) legami tra gli aderenti e notevole spessore dei progetti delinquenziali a lungo termine - accetta il rischio di periodi di detenzione degli aderenti, soprattutto in ruoli apicali, alla stregua di eventualita' che, da un lato, attraverso contatti possibili anche in pendenza di detenzione, non ne impediscono totalmente la partecipazione alle vicende del gruppo ed alla programmazione delle sue attivita' e, dall'altro, non ne fanno venir meno la disponibilita' a riassumere un ruolo attivo alla cessazione del forzato impedimento (Sez. 2, n. 8461 del 24/01/2017, Rv. 269121 - 01). 1.2 Deve aggiungersi che la Corte di merito ha fatto nella specie corretta applicazione del principio secondo cui in tema di associazione a delinquere di stampo mafioso la condotta di partecipazione deve essere provata con puntuale riferimento al periodo temporale considerato dall'imputazione, sicche' l'esistenza di una sentenza di condanna passata in giudicato per lo stesso delitto in relazione ad un precedente periodo puo' rilevare solo quale elemento significativo di un piu' ampio compendio probatorio, da valutarsi nel nuovo procedimento unitamente ad altri elementi di prova dimostrativi della permanenza all'interno della associazione criminale (Sez. 2, n. 21460 del 19/03/2019, Rv. 275586; n. 7870 del 28/01/2020, Rv. 277962). Infatti, i giudici territoriali hanno dato atto (pag. 32) sulla base delle evidenze acquisite che il predominio dei (OMISSIS) nella zona di (OMISSIS) aveva subito una battuta di arresto in corrispondenza con lo stato di detenzione del capofamiglia, tanto che la p.o. (OMISSIS) era riuscita ad estromettere i figli del ricorrente dalla gestione della societa' di onoranze funebri ricorrendo alla protezione di (OMISSIS), cui a lungo aveva versato il pizzo, fino al (OMISSIS) allorche' il medesimo fu vittima di omicidio. L'immediata richiesta formulata dal prevenuto al (OMISSIS) (pag. 34) di destinare a lui la somma pagata a titolo di protezione al (OMISSIS) e le successive insistenti sollecitazioni perche' il figlio (OMISSIS) tornasse ad occuparsi della gestione della societa' (senza sostenerne gli oneri), accompagnate dalla rivendicazione del proprio ruolo di capo della famiglia di (OMISSIS) e da espresse minacce, sono state ritenute, con motivazione logica ed adeguata, espressive della riaffermazione di un ruolo dominante del (OMISSIS) nel settore delle estorsioni dopo l'uscita di scena del (OMISSIS), che aveva approfittato delle vicende giudiziarie del ricorrente per esautorarlo. 1.3 La Corte di merito ha adeguatamente scrutinato le doglianze difensive in questa sede riproposte in ordine alla ricorrenza nella vicenda contestata al capo B) degli estremi costitutivi della tentata estorsione, evidenziando come le modalita' del fatto impongano di escludere che le richieste del prevenuto possano trovare giustificazione nella necessita' di regolarizzare "i conti" dopo lo scioglimento della societa' di fatto, gia' imposta con metodologia mafiosa a (OMISSIS) e proseguita con il (OMISSIS), che aveva rilevato l'impresa, per alcuni anni, fino all'intervento risolutore del (OMISSIS). La cesura temporale tra le fasi ricostruite in sede di merito, il tenore e le modalita' delle richieste di danaro formulate dall'imputato, la pretesa di avere specifico conto dei funerali curati per stabilire l'importo del "pizzo" dovuto, il contesto di espressa intimidazione con riferimento al fatto che in caso di mancata soddisfazione sarebbe "finita male" e che la p.o. avrebbe dovuto essere grata del fatto che non era stata allontanata dal paese, di cui il (OMISSIS) rivendicava di essere "Sindaco", sono circostanze che danno congruo conto non solo della giuridica sussistenza dell'illecito sub B) ma di una fattiva ed illecita ingerenza del (OMISSIS), e per esso dei familiari, nelle attivita' economiche del comune di (OMISSIS) gia' sul finire degli anni novanta. 1.3.1 Anche le censure che concernono l'attendibilita' delle pp.oo. sono destituite di giuridico fondamento dal momento che i giudici d'appello hanno ampiamente argomentato l'attendibilita' intrinseca del (OMISSIS), evidenziandone la costanza e coerenza dichiarativa, il dettaglio narrativo, l'assenza di sostanziali contraddizioni nonche' la presenza di cospicui riscontri rivenienti in particolare dalle dichiarazioni di (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali-peraltro-avevano personalmente preso parte ad alcuni degli accadimenti riferibili all'estorsione sub B), come analiticamente esposto a pag. 40 e segg. La dettagliata valutazione operata dai giudici di merito delle fonti dichiarative acquisite rende irricevibili i rilievi difensivi al riguardo, i quali muovono dall'erroneo presupposto giuridico che le dichiarazioni delle pp.oo. costituite parti civili necessitino in maniera irrinunciabile di riscontri, pure nella specie esistenti e debitamente scrutinati. 1.3.2 Manifestamente infondate s'appalesano anche le doglianze relative alla valenza probatoria delle conversazioni intercettate, dal cui chiaro ed inequivoco tenore i giudici di merito hanno tratto elementi di conferma alla ricostruzione operata dai testi d'accusa. In particolare i giudici d'appello (pag. 45 e segg.) hanno persuasivamente confutato tutte le obiezioni difensive, spiegando le ragioni dell'iniziale titubanza di (OMISSIS) e (OMISSIS) a riferire dei fatti in loro danno all'atto della convocazione in Questura dopo l'omicidio di (OMISSIS), vicenda in ordine alla quale le pp.oo. hanno reso ampie dichiarazioni in contraddittorio. Hanno, inoltre, dato conto con motivazione priva di profili di manifesta illogicita' dell'apprezzamento operato in relazione alle dichiarazioni di (OMISSIS) e (OMISSIS), oggetto di un vaglio analitico al fine di confutarne la decisivita', accreditata dalla difesa, in ordine all'assenza di carattere estorsivo delle richieste di danaro formulate dall'imputato. 1.4 La Corte di merito ha, altresi', esaminato (pag. 57) la questione dell'alternativa qualificazione giuridica dell'addebito sub B) sollecitata dal ricorrente, e in questa sede riproposta, facendo leva sull'evocazione con riguardo al delitto associativo del fine di acquisire tramite l'estorsione "il monopolio della citata attivita' di impresa sul territorio", chiarendo che l'attivita' concorrenziale realizzata attraverso la ditta di (OMISSIS) (moglie di (OMISSIS)), operante nello stesso settore dei servizi funebri, si colloca nella fase finale della vicenda, quando i (OMISSIS), a fronte della resistenza dimostrata dalle pp.oo. a sottostare alle richieste estorsive e nel timore della collaborazione di (OMISSIS) e (OMISSIS) con la Polizia, avevano acquisito consapevolezza che, nonostante le intimidazioni, i due non avrebbero pagato il "pizzo" richiesto. Deve aggiungersi in punto di stretto diritto che questa Corte ha da tempo chiarito che il delitto di illecita concorrenza con violenza o minaccia concorre con il reato di estorsione, trattandosi di fattispecie preordinate alla tutela di beni giuridici diversi: la disposizione di cui all'articolo 513 bis c.p. ha come scopo la tutela dell'ordine economico e, quindi, del normale svolgimento delle attivita' produttive ad esso inerenti, mentre il reato di estorsione tende a salvaguardare prevalentemente il patrimonio dei singoli (Sez. 2, n. 5793 del 24/10/2013, dep. 2014, Rv. 258200; Sez. F, n. 45132 del 04/09/2014, Rv. 260789). La giurisprudenza di legittimita' ha ulteriormente precisato che la diversita' tra le fattispecie si misura valutando le modalita' con cui si esprime l'azione violenta: integra il delitto di cui all'articolo 513 bis c.p. la condotta tesa a sovvertire il normale svolgimento delle attivita' imprenditoriali attraverso comportamenti violenti che incidono direttamente sul funzionamento dell'impresa; si configura, invece, il delitto di estorsione nel caso in cui l'azione violenta si risolva in coazione fisica e psichica dell'imprenditore e non si traduca in una manipolazione violenta e diretta dei meccanismi di funzionamento dell'attivita' economica concorrente (Sez. 2, n. 53139 del 08/11/2016, Rv. 268640; Sez. 5, n. 40803 del 15/07/2022, Rv. 283758). 1.5 Risultano, dunque, destituite di fondamento le censure difensive in ordine agli addebiti ascritti ai capi A) e B) della rubrica, risultando la conferma di responsabilita' per l'addebito associativo adeguatamente presidiata dalle risultanze probatorie acquisite che depongono per l'ininterrotta partecipazione del ricorrente all'associazione mafiosa "(OMISSIS)" nella sua articolazione territoriale di (OMISSIS) anche successivamente al pregresso giudicato di condanna. Rilevano a tal fine sia la vicenda estorsiva in danno di (OMISSIS) e (OMISSIS) che gli antefatti della gestione (OMISSIS), che investono retrospettivamente l'illecita attivita' di controllo del territorio da parte del ricorrente, consentendo di datarla quantomeno a fine degli anni novanta. Inoltre, l'attualizzazione della condotta associativa e' stata argomentata anche sulla base di ulteriori indici, dotati di pregnanza indiziaria, quali la disponibilita' di consistenti somme in contanti, emergente dalla intercettazioni richiamate a pag. 60; i rapporti con altri esponenti mafiosi desumibili dalla vicenda della discoteca (OMISSIS) (pag.62); il comportamento carcerario del prevenuto con l'invio di direttive ai sodali mediante messaggi veicolati all'esterno; le dichiarazioni de relato del collaboratore (OMISSIS) (pag. 65) che appaiono allineate e coerenti con le ulteriori emergenze acquisite. A fronte della convergenza delle plurime fonti scrutinate risulta generico ed assertivo l'assunto difensivo in ordine alla pretesa circolarita' della prova, del tutto svincolato da un puntuale confronto dialettico con il percorso motivazionale della sentenza impugnata, come pure la denunzia dell'Avv. Lucia (pag. 7 ricorso) della violazione del diritto di difesa, non apprezzabile in difetto di specifiche deduzioni, ritualmente formulate e coltivate, in merito al rigetto della richiesta di assunzione di testi ovvero di trascrizione di conversazioni intercettate. 2. Parimenti inammissibili per genericita' e, comunque, manifestamente infondate risultano le censure di cui al secondo motivo del ricorso dell'Avv. Bonsignore in relazione ai capi C), D), ed E) in materia di armi. La Corte di merito ha confermato il giudizio di penale responsabilita' del ricorrente evidenziando il tenore esplicito delle conversazioni intercettate, dalle quali emerge la consegna da parte del prevenuto a (OMISSIS) di due pistole dotate di caricatori con invito all'interlocutore a pulirle accuratamente per cancellare eventuali impronte (progr. 1827 del 28/1/2013) nonche' l'esibizione a (OMISSIS) di un'arma da guerra (capo E) di cui il ricorrente indicava matricola, marca ("mini Uzi") e numero di colpi (progr. 2945 del 16/3/2013). La giurisprudenza di legittimita' con orientamento consolidato e costante ritiene che in materia di intercettazioni telefoniche costituisce questione di fatto, rimessa all'esclusiva competenza del giudice di merito, l'interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non puo' essere sindacato in sede di legittimita' se non nei limiti della manifesta illogicita' ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite (Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, Rv. 268389; Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, Rv. 282337), vizi nella specie non ravvisabili. 3. Deve negarsi pregio ai rilievi svolti nel quarto motivo del ricorso Bonsignore in punto di aggravanti associative. Quanto al comma 4 deve rilevarsi che, al di la' delle corrette affermazioni della Corte territoriale circa la natura oggettiva della circostanza e la notoria disponibilita' di armi dell'associazione "(OMISSIS)", alla luce delle considerazioni svolte sub 2) deve ritenersi provata anche la diretta disponibilita' di armi, talune di carattere micidiale, da parte del prevenuto a disposizione del nucleo criminale operante in (OMISSIS). 3.1 Quanto al reimpiego questa Corte ha chiarito che l'aggravante prevista dall'articolo 416-bis c.p., comma 6, ha natura oggettiva e va riferita all'attivita' dell'associazione in quanto tale e non necessariamente alla condotta del singolo partecipe, sicche' essa e' valutabile a carico di tutti i componenti del sodalizio di tipo mafioso, sempre che essi siano stati a conoscenza dell'avvenuto reimpiego di profitti delittuosi ovvero l'abbiano ignorato per colpa o per errore determinato da colpa (Sez. U, n. 25191 del 27/02/2014, Iavarazzo, Rv. 259589). Si e' ulteriormente precisato che, poiche' la circostanza aggravante va riferita all'attivita' dell'associazione e non necessariamente alla condotta del singolo partecipe, nel caso di associazioni cd. storiche come mafia, camorra e âEuroËœndrangheta, questi ne risponde per il solo fatto della partecipazione, dato che - appartenendo da anni al patrimonio conoscitivo comune che dette associazioni operano nel campo economico utilizzando ed investendo i profitti di delitti che tipicamente pongono in essere in esecuzione del programma criminoso un'ignoranza al riguardo in capo ad un soggetto che sia ad alcuna di tali associazioni affiliato e' insostenibile (Sez. 2, n. 23890 del 01/04/2021, Rv. 281463-02). Nella specie va rilevata la carenza di interesse del ricorrente alla deduzione giacche', secondo quanto emerge a pag. 162 della sentenza di primo grado, il Tribunale ha determinato la pena applicando la sola aggravante dell'articolo 416bis c.p., comma 4, senza operare l'aumento facoltativo ex articolo 63 c.p., comma 4, in presenza di piu' aggravanti ad effetto speciale, con la conseguenza che la circostanza contestata non ha avuto alcuna influenza nella commisurazione del trattamento sanzionatorio, attesa la quantificazione al minimo della pena base. Questa Corte ha in piu' occasioni evidenziato che e' inammissibile per carenza di interesse l'impugnazione dell'imputato volta a ottenere esclusivamente l'esclusione di una circostanza aggravante, quando i fatti posti a fondamento della stessa non siano stati in alcun modo valutati dal giudice in un'ottica di maggiore gravita' dell'addebito, dovendosi, in tal caso, escludere qualsiasi possibilita' di effetti pregiudizievoli per l'imputato (Sez. 5, n. 2649 del 30/09/2021, dep. 2022, Rv. 283250; Sez. 4, n. 20328 del 11/01/2017, Rv. 269942). V'e' da aggiungere, per debito di completezza, che anche a voler accedere alla prospettazione difensiva intesa a confinare la valutazione circostanziale alla specifica articolazione territoriale a giudizio non puo' trascurarsi che nella specie le risultanze processuali danno atto del risalente controllo dei (OMISSIS) dell'agenzia di onoranze funebri del (OMISSIS) e successivamente del (OMISSIS) nonche', infine, della apertura di una ditta operante nello stesso settore allo scopo di estromettere i concorrenti dal mercato, come ampiamente esposto in ordine alla disposta confisca dell'impresa (pag. 70 e segg.); della disponibilita' di danaro attendibilmente riveniente da attivita' illecite del sodalizio e del loro parziale reinvestimento anche nell'attivita' della discoteca (OMISSIS), vicende che dimostrano interventi in strutture produttive a fini monopolistici con l'apporto di capitali che configurano reinvestimento delle utilita' procurate dalle azioni criminose (Sez. 5, n. 9108 del 21/10/2019, Rv. 278796). 4. Inammissibili s'appalesano le doglianze in punto di diniego delle circostanze attenuanti generiche e dosimetria della pena, avendo la Corte territoriale disatteso i rilievi difensivi con congrua motivazione che ha richiamato in senso ostativo non solo la gravita' dei fatti a giudizio ma anche gli svariati precedenti penali che militano a carico del ricorrente, evidenziando come il trattamento sanzionatorio sia stato determinano al minimo edittale con contenuto aumento a titolo di continuazione e senza tener conto della contestata recidiva. 4.1 Quanto alla confisca dell'Agenzia funebre di (OMISSIS) la Corte di merito (pag. 69) ne ha evidenziato il carattere di impresa mafiosa, segnalandone con adeguata motivazione la riconducibilita' al ricorrente e la strumentalita' rispetto ai fini dell'associazione sulla base degli esiti captativi. 5. Il ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS) non merita accoglimento siccome infondato. Con il primo e terzo motivo, che possono essere congiuntamente esaminati in ragione delle interferenze che caratterizzano le doglianze esposte, i difensori fanno leva sull'annullamento disposto in fase cautelare in punto di continuativa adesione dell'imputato al sodalizio criminoso, sostenendo l'assenza di elementi espressivi della condizione di perdurante intraneita' al sodalizio mafioso e nel contempo degradando il tentativo di estorsione contestato sub B) a mera vicenda interna alla gestione di impresa familiare. 5.1 La Corte di merito, dopo aver richiamato la pregressa condanna per violazione dell'articoli 416bis c.p. inflitta al prevenuto dalla Corte di Assise di Agrigento il 28/3/1996 nel processo (OMISSIS), a sostegno della perdurante partecipazione del medesimo al sodalizio mafioso in contestazione ha evocato il concorso nella tentata estorsione sub B), evidenziando la sinergia operativa con il padre e segnalando che i (OMISSIS), soppiantati nel controllo delle estorsioni da (OMISSIS), in seguito all'omicidio di quest'ultimo ne avevano ripreso il controllo monopolistico. I giudici di merito hanno, altresi', rimarcato che l'imputato non era stato solo presente alle richieste estorsive formulate dal padre ma vi aveva partecipato attivamente. In proposito la p.o. (OMISSIS), come rammentato dai giudici territoriali a pag. 77, ha riferito che in occasione dell'incontro al bar (OMISSIS), tenutosi tra maggio e giugno 2012, (OMISSIS) spalleggiava il padre e insieme lo avevano minacciato asserendo che se non avesse soddisfatto le loro richieste sarebbe finita male. I giudici d'appello hanno osservato che anche la richiesta formulata dal prevenuto di riprendere in societa' il fratello (OMISSIS) rispondeva ad una logica estorsiva poiche', secondo quanto dichiarato dalla p.o., "non lavorando (OMISSIS) doveva dargli da mangiare lui, quindi era anche lui... molto duro perche' voleva che lo ritornassi con il fratello" in modo da consentirgli di percepire gli utili dell'attivita' pur senza partecipare alle spese, come gia' in precedenza accaduto. Sempre il (OMISSIS) ha riferito che l'imputato accompagno' il padre dal cognato (OMISSIS) al fine di esigere il pagamento di Euro 4800,00 per i funerali gia' effettuati, minacciandolo che altrimenti le cose si sarebbero messe male e aveva anche personalmente sollecitato la p.o. a corrispondere una percentuale in relazione a ciascuna onoranza, suggerendogli la possibilita' di aumentare i prezzi per far fronte alla richiesta. La piena condivisione da parte del ricorrente del progetto estorsivo risulta confermata, secondo quanto evidenziato dai giudici territoriali a pag. 80, dalle dichiarazioni di (OMISSIS), presente alla riunione presso il Bar (OMISSIS), il quale ha riferito che fu (OMISSIS) a sostenere con il (OMISSIS) che avrebbe dovuto ringraziarli per non averlo allontanato dall'agenzia funebre, minacciandolo con l'espressione "noi non bruciamo macchine ma facciamo altre cose" con evidente allusione alle ritorsioni cui le pp.oo. si sarebbero esposte in caso di rifiuto. (OMISSIS), moglie del (OMISSIS), ha dichiarato, dal canto suo, che nel febbraio/marzo 2012 l'imputato e il padre si recarono presso la sua abitazione pretendendo la corresponsione di 800,00 Euro per ogni funerale celebrato a (OMISSIS) e in quell'occasione il prevenuto aveva suggerito di aumentare i costi del servizio "perche' a (OMISSIS) comandavano loro". 5.2 La sentenza impugnata ha, inoltre, confermato il giudizio di attendibilita' di pp.oo. e testi d'accusa, analizzando in dettaglio i rilievi difensivi sul punto e disattendendoli sulla base dell'argomentata considerazione circa l'irrilevanza e marginalita' delle discrasie segnalate, del tutto inidonee a scalfire la credibilita' dei dichiaranti. V'e' da aggiungere a sostegno dello scrupoloso scrutinio dei giudicanti che il (OMISSIS) e il (OMISSIS) sono stati nuovamente esaminati in sede d'appello su sollecitazione difensiva ed hanno rappresentato che l'iniziale reticenza a denunziare i fatti a giudizio era conseguente al timore di ritorsioni da parte degli imputati. La sentenza impugnata ha, altresi', evidenziato che le dichiarazioni dei testi d'accusa trovano inequivoca conferma nelle intercettazioni tra il (OMISSIS) e la moglie di cui ai progressivi 260, 1062 e 1427 del giugno 2012, i cui contenuti sono stati richiamati a pag. 89; ha esposto le ragioni che sostanziano il giudizio di scarsa attendibilita' dei testi (OMISSIS) e (OMISSIS) nonche' dell'irrilevanza delle deposizioni dei testi (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), concludendo per una fattiva partecipazione del ricorrente alla condotta estorsiva contestata. Non hanno, dunque, pregio i rilievi difensivi intesi a confutare la sussistenza del concorso del prevenuto nell'illecito sul presupposto di un mero concorso morale, emergendo dalla motivazione rassegnata dai giudici di merito la prestazione di un concreto ed efficiente contributo materiale al reato, costituito da autonome sollecitazioni al pagamento richiesto e da attive interlocuzione con le pp.oo. anche in occasione degli incontri in cui il ricorrente si accompagnava al padre. 5.3 Anche l'invocata sussunzione delle condotte ascritte nel paradigma sanzionatorio dell'articolo 513bis c.p. e' stata disattesa dai giudici di merito sulla base di un'articolata e persuasiva motivazione. Oltre a richiamare quanto gia' in precedenza argomentato in ordine al concorso tra le fattispecie di illecita concorrenza ed estorsione, deve darsi atto che la Corte territoriale ha esaustivamente spiegato le ragioni che smentiscono la prospettazione difensiva, evidenziando il chiaro collegamento delle richieste di danaro con il "pizzo" in precedenza versato al (OMISSIS) e l'ostensione della pretesa anche nei confronti del (OMISSIS), estraneo ai pregressi rapporti tra il (OMISSIS) e i (OMISSIS). 5.4 Destituite di pregio s'appalesano le censure in ordine all'aggravante dell'uso del metodo mafioso ex articolo 416bis1 c.p., avendo la Corte territoriale congruamente rappresentato che la richiesta di pagamento di somme a titolo di tangente in relazione all'attivita' imprenditoriale svolta dalle pp.oo. unitamente alla spendita delle proprie credenziali criminali e alla rivendicazione del controllo del territorio costituiscono modalita' operative tipiche delle associazioni mafiose. La valutazione dei giudici di merito e' coerente con i principi costantemente affermati dalla giurisprudenza di legittimita', alla cui stregua e' configurabile la circostanza aggravante dell'utilizzo del metodo mafioso, di cui all'articolo 416-bis.1 c.p., nel caso in cui le modalita' esecutive della condotta siano idonee, in concreto, a evocare, nei confronti dei consociati, la forza intimidatrice tipica dell'agire mafioso, quand'anche quest'ultima non sia direttamente indirizzata sui soggetti passivi, ma risulti comunque funzionale a una piu' agevole e sicura consumazione del reato (Sez. 1, n. 38770 del 22/06/2022, Rv. 283637; Sez. 2, n. 36431 del 02/07/2019, Rv. 277033). 5.5 La sentenza impugnata ha tratto dal coinvolgimento del ricorrente nella vicenda estorsiva sub B) la prova della perdurante partecipazione del ricorrente al sodalizio a giudizio non mancando, tuttavia, di valorizzare a tal fine altre convergenti emergenze processuali. In particolare i giudici d'appello hanno evidenziato la conversazione di cui al progr. 517 del 20/6/2013, da cui emerge la disponibilita' da parte dell'imputato e del padre di cospicue somme di danaro in contanti di attendibile provenienza illecita, in parte custodite dal coimputato (OMISSIS), presso il quale i (OMISSIS) si recavano ad effettuare periodici prelievi; il diretto coinvolgimento del ricorrente nel tentativo di recupero delle somme investite nella discoteca (OMISSIS) e i contatti all'uopo intrattenuti con (OMISSIS) e l'Avv. (OMISSIS); l'interesse a conoscere gli esiti delle audizioni in corso da parte della P.g. nell'agosto del 2013, elementi che corroborano la conclusione di un attivo coinvolgimento del prevenuto nelle attivita' illecite del nucleo associativo mafioso operante in (OMISSIS), non potendosi condividere l'assunto difensivo che mira ad ascrivere le condotte dell'imputato a dinamiche di natura squisitamente familiare, sollecitando una rivalutazione del merito preclusa alla Corte adita a fronte di una motivazione connotata da completezza argomentativa e priva di aporie e frizioni logiche. 5.6 Quanto alle aggravanti associative, devono richiamarsi integralmente le considerazioni gia' svolte con riguardo alla posizione di (OMISSIS) non senza osservare con riguardo alla natura armata del gruppo che la pretesa inconsapevolezza del ricorrente (pag. 8 ricorso) stride con l'accertata disponibilita' di plurime armi, anche di carattere micidiale, da parte di (OMISSIS), peraltro gia' condannato in precedenza per violazioni dello stesso genere. Quanto alla circostanza di cui all'articolo 416bis c.p., comma 6 va ribadita anche con riguardo al prevenuto la carenza d'interesse alla deduzione, avendo il primo giudice espressamente escluso ogni considerazione dell'aggravante al fine del computo della pena (pag. 162)-. 6. Il primo motivo del ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS) revoca in dubbio la corretta valutazione delle emergenze probatorie in relazione al concorso nella fattispecie estorsiva sub B) e risulta infondato. La Corte di merito (pag. 100 e segg.) ha motivatamente ribadito la valutazione d'attendibilita' delle pp.oo. e ha rimarcato che, alla stregua delle dichiarazioni del (OMISSIS), corroborate dalla coniuge (OMISSIS) e dal socio (OMISSIS), (OMISSIS) aveva in piu' occasioni precisato che il danaro richiesto a titolo di "pizzo" doveva essere consegnato presso la tabaccheria di (OMISSIS) ove parimenti aveva richiesto fosse consegnato il "conto" dei funerali curati dall'agenzia delle pp.oo. In occasione della consegna dell'appunto redatto dal (OMISSIS) da parte del (OMISSIS), avvenuto presso l'esercizio del ricorrente e alla presenza del medesimo, (OMISSIS), accompagnato dal figlio, aveva strappato il biglietto asserendo che i conti li avrebbe fatti lui, pretendendo un incontro diretto con il (OMISSIS). La Corte territoriale ha, quindi, argomentato la piena consapevolezza del prevenuto circa la natura estorsiva delle richieste formulate dai (OMISSIS), in ragione del risalente rapporto fiduciario che legava il ricorrente a (OMISSIS) e traendo elementi di conferma all'assunto dall'analisi della conversazione progr. 2680 del 19/9/2013, nel corso della quale il (OMISSIS), dialogando con tale (OMISSIS), dimostrava piena conoscenza dell'iniziativa delittuosa del sodale ed esprimeva pesanti giudizi sul (OMISSIS), affermando che era iscritto nel "libro nero" dei (OMISSIS). 6.1 La valutazione della Corte d'appello circa la ravvisabilita' degli estremi del concorso nella condotta del prevenuto non presta il fianco a censura in quanto aderente alla costante giurisprudenza di legittimita' secondo cui la distinzione tra l'ipotesi della connivenza non punibile e il concorso nel delitto va ravvisata nel fatto che, mentre la prima postula che l'agente mantenga un comportamento meramente passivo, nel concorso di persone ex articolo 110 c.p. e' invece richiesto un consapevole contributo che puo' manifestarsi anche in forme che agevolino il proposito criminoso del concorrente, garantendogli una certa sicurezza o, anche implicitamente, una collaborazione sulla quale poter contare (Sez. 4, n. 34754 del 20/11/2020, Rv. 280244 - 02; Sez. 3, n. 34985 del 16/07/2015, Rv. 264454 - 01; Sez. 5, n. 2805 del 22/03/2013, dep. 2014, Rv. 258953-01). Nella specie la Corte di merito ha correttamente scrutinato la vicenda, dando conto del positivo contributo partecipativo del (OMISSIS) al reato, consistito nella chiara adesione alla condotta criminosa denotata dallo stimolo all'azione connessa alla prestazione dei propri locali, reputati sicuri, per l'interlocuzione con le pp.oo. Questa Corte ha, altresi', chiarito che si fuoriesce dai confini della mera connivenza non punibile quando vi sia stata una anticipata programmazione di attivita' di copertura, che abbia rafforzato il proposito degli esecutori del reato (Sez. 1, n. 32851 del 06/05/2008, Rv. 241233 - 01) poiche', come nella specie accaduto, ne risulta obiettivamente agevolata la consumazione dell'illecito, assicurando al complice una collaborazione che, anche se implicita, vale a rafforzarne la determinazione criminosa (Sez. 4, n. 21441 del 10/04/2006, Rv. 234569 - 01). 6.2 Destituita di pregio risulta anche la censura in ordine alla pretesa configurabilita' della desistenza volontaria, disattesa dalla Corte di merito sulla scorta di ampia e corretta motivazione (pag. 108 e segg.). La giurisprudenza di legittimita' ha in piu' occasioni precisato che in tema di estorsione va considerata integrata l'ipotesi tentata ed esclusa la desistenza quando la consegna della somma di denaro, costituente oggetto di una richiesta effettuata con violenza o minaccia, non abbia avuto luogo non per autonoma volonta' dell'imputato, bensi' per la ferma resistenza opposta dalla vittima (Sez. 2, n. 3793 del 11/09/2019, dep. 2020, Rv. 277969-01; n. 24166 del 20/03/2019, Rv. 276537-01; n. 41167 del 02/07/2013,Rv. 256728-01). Nella specie la Corte territoriale ha persuasivamente confutato la doglianza difensiva segnalando, con apprezzamento di fatto aderente agli esiti processuali e incensurabile in questa sede, che la scelta dei (OMISSIS) di aprire un'agenzia funebre a nome della (OMISSIS) consegui' al fallimento delle reiterate iniziative estorsive nei confronti delle pp.oo.. 6.3. Quanto alle aggravanti ex articolo 628 c.p., comma 3, n. 1 e 3, la Corte di merito ha disatteso le doglianze difensive con congrua motivazione, evidenziando l'integrazione dei presupposti di entrambe le circostanze. La difesa si e' in particolare soffermata sull'asserita insussistenza dell'aggravante delle piu' persone riunite, argomentando - tuttavia - sulla scorta di una ricostruzione fattuale della vicenda che non si confronta in termini puntuali con quella operata dai giudici di merito. Infatti, la sentenza impugnata (pag. 110) ha rimarcato che almeno alcune delle richieste estorsive hanno visto la sinergica intimidazione dei due (OMISSIS), evenienza atta a sostanziare la circostanza. La giurisprudenza di legittimita' ha in piu' occasioni precisato che ricorre l'aggravante delle piu' persone riunite -circostanza che potenzia l'efficacia dell'azione criminosa - in caso di simultanea presenza di almeno due compartecipi nel luogo e nel momento del fatto, non essendo invece necessario che gli stessi pongano in essere contestualmente il medesimo segmento della condotta tipica (Sez. 2, n. 8324 del 04/02/2022, Rv. 282785-01) e, con specifico riferimento a fattispecie estorsiva commessa utilizzando il metodo mafioso, ha sottolineato che la stessa e' configurabile quando sia riscontrata la simultanea presenza di non meno di due persone nel luogo e nel momento della realizzazione della violenza o della minaccia, in quanto solo in tal modo si verificano, in conformita' alla "ratio" della norma, quegli effetti fisici e psichici di maggior pressione sulla vittima che ne riducono la forza di reazione e giustificano l'applicazione dell'aumento della pen. (Sez. 2, n. 671 del 23/10/2019, dep. 2020, Rv. 277817-01). A tanto devesi aggiungere che la circostanza aggravante in discorso non richiede quale connotato soggettivo la consapevolezza della partecipazione di altri concorrenti nel numero sufficiente ad integrarla poiche' essa, concernendo le modalita' dell'azione, ha natura oggettiva e, conseguentemente, si comunica a tutti coloro che concorrono nel reato (Sez. 2, n. 31199 del 19/06/2014, Rv. 259987-01; n. 36926 del 04/07/2018, Rv. 273521 - 01). 6.4 I rilievi difensivi in punto di sussistenza dell'aggravante ex articolo 416 bis.1 c.p. sono inammissibili in quanto meramente reiterativi delle doglianze formulate in sede d'appello, debitamente scrutinate e motivatamente disattese dalla Corte territoriale a pag. 111. A tanto deve aggiungersi che il ricorrente e', inoltre, privo d'interesse alla doglianza poiche', come si legge a pag. 162 della sentenza di primo grado, il Tribunale di Agrigento non ha ritenuto "di computare ai fini della pena da infliggere la circostanza aggravante di cui al Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7" contestata agli imputati in relazione al capo B). 6.5 Ad esiti reiettivi deve pervenirsi in relazione alle censure che concernono l'addebito associativo articolate nel quinto motivo. La sentenza impugnata ha valorizzato al fine del giudizio di responsabilita' per il delitto sub A) oltre che la partecipazione alla condotta estorsiva in danno di (OMISSIS) e (OMISSIS) una serie di ulteriori emergenze, argomentandone la rilevanza in punto di condivisione degli interessi del sodalizio operante in (OMISSIS) da parte del ricorrente. In particolare, i giudici d'appello hanno richiamato le conversazioni di cui ai progressivi 132 del 21/10/2012 e 517 del 20/6/2013 a sostegno del ruolo dell'imputato di "cassiere" del gruppo, trattandosi di intercettazioni da cui emerge la disponibilita' di danaro affidatogli in custodia, assegnando particolare rilevanza al fatto che - secondo il prevenuto (conv. n. 517) - i (OMISSIS), che tenevano in casa parecchi soldi "tutti a cinquecento a cinquecento" e "hanno paura che gli si raffreddano", li avevano almeno in parte consegnati al ricorrente presso il quale effettuavano prelievi di somme in contanti. Hanno evidenziato il coinvolgimento del (OMISSIS) nelle operazioni di recupero della somma investita da (OMISSIS) nella discoteca (OMISSIS) che aveva generato un pericoloso contrasto con il coimputato (OMISSIS) ("ho voluto chiudere questa cosa per un semplice motivo... per non attaccare una guerra" - pag. 114 sent. app.) e sottolineato che la tabaccheria del ricorrente era a disposizione per gli incontri tra sodali. A detto riguardo i giudici territoriali hanno segnalato che l'esercizio era non solo luogo di ritrovo tra il (OMISSIS) e i (OMISSIS) ma era stato indicato da (OMISSIS) come luogo di una riunione riservata con "don" (OMISSIS) per dirimere i contrasti insorti con (OMISSIS) nonche' come luogo in cui uno dei figli avrebbe dovuto incontrare il fratello di un compagno di detenzione, prossimo alla scarcerazione, e latore di messaggi non trasmissibili nel corso dei colloqui con i congiunti. La natura illecita di siffatte comunicazioni, come evidenziato in sede di merito, emerge chiaramente dall'opposizione manifestata dai figli e in particolare da (OMISSIS) che intimava al congiunto di "non mandare niente, non mandare a nessuno, non parlare di niente con nessuno" perche', come chiariva la figlia (OMISSIS) "per adesso.. c'e' tanto movimento in giro" (interc. 30/3/2013, pagg. 116-117). La Corte d'appello ha altresi' evidenziato (pag. 117) che il (OMISSIS) nel corso delle indagini per l'omicidio (OMISSIS) riceveva presso la tabaccheria piu' persone appena sentite dagli inquirenti, veicolando le notizie ai familiari di (OMISSIS), che gliele rapportavano nel corso delle visite in carcere. Ulteriore dimostrazione dell'intraneita' alle vicende associative i giudici di merito l'hanno tratta dalla conversazione n. 1705 del 23/1/2013 che, oltre a contenere un espresso invito da parte di (OMISSIS) al prevenuto a "prendere un altro caricatore", si segnala, in un contesto discorsivo che attiene a logiche di contrapposizione tra gruppi, per l'invito del (OMISSIS) a stare calmi o meglio "stiamocene calmi", in cui la declinazione verbale smentisce l'alternativa lettura difensiva e attesta una comunanza d'interessi tra i due colloquianti. 6.5.1. Questa Corte ha in piu' occasioni chiarito che in materia di associazione di tipo mafioso, la prova della partecipazione puo' essere tratta da comportamenti concludenti quali l'essere posto a conoscenza dell'organigramma e della struttura organizzativa delle cosche della zona, dell'identita' dei loro capi e gregari, dei luoghi di riunione, degli argomenti trattati, nonche' l'essere stato ammesso a partecipare ad incontri deputati all'inserimento di nuovi sodali (Sez. 5, n. 25838 del 23/07/2020, Rv. 279597 - 02) e analogamente la qualifica di partecipe compete a chi si presti a raccogliere informazioni necessarie per attuare ritorsioni contro esponenti di sodalizi avversari o per stringere alleanze con altre cosche (Sez. 2, n. 10366 del 06/03/2020, Rv. 278590-01)o svolga attivita' di paciere per la composizione di contrasti interni al sodalizio (Sez. 3, n. 25994 del 22/07/2020, Rv. 279825 - 01). Nella specie non appare giuridicamente censurabile la valutazione della Corte territoriale che, sulla scorta di un'adeguata motivazione, ha ritenuto espressione di stabile adesione al gruppo mafioso reiterate e convergenti condotte attive consistite nel concorso nel delitto fine ascritto sub) B), nella prestazione non occasionale di supporto logistico al capo (OMISSIS) per le riunioni associative, nella funzione di collettore, custode e dispensatore di danaro di provenienza illecita del sodalizio nonche' di raccolta di informazioni sulle investigazioni in corso e loro veicolamento in carcere e, viceversa, di terminale delle direttive organizzative del capo detenuto. Trattasi, infatti, di condotte che integrano un apporto rilevante all'operativita' del sodalizio e all'attingimento degli scopi che lo caratterizzano secondo le direttrici ermeneutiche dettate dalla giurisprudenza di legittimita' in materia. 6.6 Anche le doglianze articolate nel sesto motivo in ordine alla sussistenza dell'aggravante associativa di cui all'articolo 416bis c.p., comma 4, e' destituita di pregio. Richiamate le argomentazioni gia' svolte in relazione alle posizione dei coimputati (OMISSIS), l'assunto difensivo dell'ascrizione al prevenuto della circostanza in forza di una mera presunzione e' privo di fondamento, atteso il richiamo della Corte territoriale ai contenuti della conversazione di cui al progr. 1705 del 23/1/2013 dai quali, secondo la logica lettura fornitane dai giudici di merito, emerge che il (OMISSIS) sollecitava il (OMISSIS) a prendere il caricatore di una pistola nell'ambito di un discorso afferente "logiche di contrapposizione armata". Che l'imputato abbia o meno aderito all'invito e' aspetto non dirimente ai fini che qui rilevano della consapevolezza da parte del sodale della disponibilita' di armi a servizio dei fini dell'associazione. Quanto all'aggravante del reimpiego articolo 416bis c.p., ex comma 6, oltre a richiamare le considerazioni reiettive svolte nel paragrafo sub 3), rileva il Collegio che il ricorrente non ha interesse alla deduzione al pari dei coimputati (OMISSIS) in quanto il giudice di primo grado nella determinazione della pena base per l'addebito associativo ha espressamente chiarito di aver considerato "la sola circostanza aggravante di cui all'articolo 416bis c.p., comma 4" senza operare alcun aumento ai sensi dell'articolo 63 c.p., comma 4. 6.7 Le conclusive censure in punto di diniego delle attenuanti generiche e dosimetria della pena sono manifestamente infondate, avendo i giudici d'appello esaustivamente chiarito le ragioni alla base del diniego delle circostanze ex articolo 62 bis c.p. e dato atto della congruita' del trattamento sanzionatorio, determinato dal primo giudice senza tener conto della recidiva e del criterio moderato dell'articolo 63 c.p., comma 4, in presenza di piu' aggravanti ad effetto speciale. 7. Il primo motivo del ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS) e' infondato, ai limiti dell'inammissibilita' laddove sollecita con osservazioni di merito una alternativa lettura delle intercettazioni telefoniche, preclusa in sede di legittimita' a fronte di una motivazione priva di aporie e frizioni logiche. 7.1 I giudici territoriali hanno ricostruito sulla base delle intercettazioni telefoniche la vicenda dell'investimento effettuato da (OMISSIS) nella discoteca (OMISSIS), insistente sul territorio di (OMISSIS), la quale aveva iniziato ad operare senza l'autorizzazione del (OMISSIS), posto ai vertici della famiglia mafiosa che controllava il territorio. Il primo giudice (pag. 157) ha sottolineato che non e' dato nutrire dubbi sull'identificazione dell'imputato quale soggetto al quale nei colloqui rilevanti fanno riferimento (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), indicandolo come colui che ha bloccato l'iniziativa imprenditoriale del (OMISSIS). Infatti, i suddetti conversanti fanno espresso cenno al nome e cognome del prevenuto ovvero lo identificano con il diminutivo di "(OMISSIS)" e il cognome, effettuando anche qualificati riferimenti allo stato di detenzione subito dal ricorrente nel periodo compreso tra settembre e meta' novembre 2012. L'affannosa ricerca da parte di (OMISSIS) di un contatto con il prevenuto, secondo l'argomentata ricostruzione dei giudici di merito, non trova spiegazione se non nel tentativo dello stesso di sanare l'assenza di preventiva autorizzazione ad operare in un territorio sottoposto al controllo di altra famiglia mafiosa e solo in detta ottica si giustifica il "passo indietro" del predetto con conseguente rinunzia all'investimento operato. La ricostruzione della vicenda accreditata dai giudici territoriali non e' contrastata dal richiamo della difesa alle vicende relative allo sfratto del gestore e all'interesse di altro imprenditore per il locale, le quali - come persuasivamente argomentato - si pongono ad un livello diverso rispetto agli interessi che qualificano l'interlocuzione del (OMISSIS) con gli emissari del (OMISSIS) in quanto, come segnalato dal Tribunale, non e' emerso ne' e' stato prospettato un interesse economico dell'imputato alla gestione del locale ne' qualsivoglia compartecipazione all'iniziativa. La natura e i fini della ricercata interlocuzione emergono con evidenza dalle conversazioni richiamate dal primo giudice a pag. 118 e segg., in particolare dall'ambientale del 6/12/2012 in cui, dialogando con (OMISSIS) a vicenda conclusa, (OMISSIS) rivendicava che "prima di mettere piede a (OMISSIS)" si era premurato di verificare "se dava disturbo o meno" e chiariva di aver "voluto chiudere questa cosa.. per un semplice motivo.. per non attaccare una guerra". L'esattezza della ricostruzione della vicenda emerge, altresi', con nitore dalle conversazioni del 16/1/2013, progr. 1537, tra (OMISSIS) e (OMISSIS) in cui il primo riferiva all'interlocutore della vicenda del (OMISSIS) e del fatto che l'apertura del locale era avvenuta senza previa autorizzazione del capo famiglia di (OMISSIS), e dalle ambientali n. 2011 e 2045 la prima delle quali, captata il 29/7/2013, vedeva l' (OMISSIS) illustrare quanto appreso dal (OMISSIS) a tale (OMISSIS) nel contesto di un discorso inerente la necessita' che il genero, il quale aveva acquistato un albergo-ristorante in (OMISSIS), conseguisse il benestare del ricorrente per evitare analoghi problemi. I giudici di merito hanno segnalato che il (OMISSIS) e' stato irrevocabilmente condannato per associazione di stampo mafioso con le sentenze della Corte di Assise di Appello di Palermo del 15/10/1997 e della Corte di Appello di Palermo del 23/11/2009, che ha riconosciuto il ruolo direttivo del ricorrente nella famiglia di (OMISSIS) fino al febbraio 2008, rimarcando come l'atteggiamento del (OMISSIS), impegnato ad ostentare il rispetto delle regole di "(OMISSIS)", attesti in maniera affidabile il perdurante ruolo del (OMISSIS) di capo della famiglia mafiosa di (OMISSIS). 7.2 Non sono rinvenibili travisamenti o manifeste illogicita' nell'interpretazione dei contenuti delle conversazioni intercettate, a differenza di quanto assume la difesa, giacche', ad esempio, con riguardo alla conversazione del 12/11/2012, progr. n. 2272, tra (OMISSIS) e (OMISSIS), evocata a pag. 7 del ricorso, gia' il primo giudice aveva segnalato che (OMISSIS) era stato detenuto in espiazione pena dal 29 settembre 2012 al 14 novembre seguente e di detta condizione vi e' traccia nell'intercettazione laddove (OMISSIS) riferiva all'interlocutore che "quello e' dentro". Anche le censure in ordine al ruolo apicale rivestito dal prevenuto appaiono infondate, avendo la Corte di merito adeguatamente argomentato, alla luce delle risultanze acquisite, il mantenimento da parte del ricorrente del ruolo dirigenziale della famiglia anche in epoca successiva al 2008, coerentemente con gli esiti processuali acquisiti in ordine al cursus honorum nel sodalizio mafioso, analiticamente ricostruito dal tribunale a pag. 76 e seguenti. I giudici d'appello hanno, inoltre, richiamato a sostegno della reiezione delle censure difensive sul punto le dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS), gia' capo della famiglia mafiosa di (OMISSIS) fino al luglio 2014 e ritenuto del tutto attendibile, il quale ha riferito di aver cercato per conto di (OMISSIS), esponente di spicco di " (OMISSIS)", un contatto con il (OMISSIS) tramite (OMISSIS) per acquisirne il consenso alla nomina del (OMISSIS) a capo della "provincia" agrigentina, sebbene l'incontro richiesto non si fosse concretizzato a seguito dell'arresto dello stesso (OMISSIS), circostanza direttamente rappresentativa dello spessore criminale del prevenuto, del credito riconosciutogli nell'ambito dell'associazione e della posizione verticistica nel territorio dominato dalla famiglia. 7.3 Inammissibili s'appalesano i rilievi circa la natura armata del sodalizio, che lamentano il mancato accertamento della disponibilita' di armi "desumibile, ad esempio, dai fatti di sangue commessi dal gruppo criminale" con riguardo all'articolazione di (OMISSIS). La difesa trascura di considerare che, oltre all'ampia argomentazione resa sul punto dalla Corte territoriale, le sentenze di merito danno conto del coinvolgimento del (OMISSIS) in fatti di sangue, avendo il medesimo, dopo l'omicidio dello zio (OMISSIS), gia' a capo della consorteria mafiosa, subito un attentato a mano armata nei primi anni novanta nel corso del quale rispose al fuoco attingendo uno degli autori e la consuetudine con le armi emerge anche dai precedenti penali del ricorrente, richiamati dalla Corte di merito alle pagg. 130 e 131. Alcun rilievo puo' riconnettersi al fatto che nell'odierno giudizio non siano emersi nei confronti del prevenuto elementi indizianti di reati commessi con l'uso di armi, dovendo aversi riguardo al fine della ricorrenza dell'aggravante alle specifiche connotazioni del sodalizio di cui l'imputato era a capo, che le emergenze processuali dimostrano coinvolto in lotte di potere sanguinarie, anche con il diretto coinvolgimento dell'imputato, che non puo' pertanto addure alcuna inconsapevolezza in proposito. 7.4 Allo stesso modo destituite di fondamento s'appalesano le censure in ordine all'aggravante del reimpiego, stante la carenza d'interesse alla deduzione, emergendo dalla sentenza di primo grado, pag. 164, che - nel concorso di piu' aggravanti ad effetto speciale - il Tribunale ha effettuato ex articolo 63 c.p., comma 4 esclusivamente l'aumento per la recidiva ex articolo 99 c.p., comma 4 e, in successione, quello a titolo di continuazione esterna per i fatti in precedenza irrevocabilmente giudicati con le sentenze della Corte d'Appello di Palermo in data 15/10/1997 e 23/12/2009. Deve, infatti, trovare applicazione nella specie il principio piu' volte affermato da questa Corte secondo cui e' inammissibile per carenza di interesse l'impugnazione dell'imputato volta esclusivamente ad ottenere l'esclusione di una circostanza aggravante, quando i fatti posti a suo fondamento non siano stati in alcun modo valutati dal giudice in un'ottica di maggiore gravita' dell'addebito, dovendo quindi escludersi qualsiasi possibilita' di effetti pregiudizievoli per l'imputato (Sez. 4, n. 20328 del 11/01/2017, Rv. 269942; Sez. 1, n. 43269 del 25/09/2019, Rv. 277144). 7.5 Inammissibili per manifesta infondatezza risultano anche le conclusive censure svolte nel secondo motivo in punto di sussistenza della recidiva, diniego delle attenuanti generiche e determinazione della pena, avendo la Corte di merito disatteso il gravame sul punto con congrua motivazione che ha dato conto dell'ingravescente pericolosita' del ricorrente denotata dal reato a giudizio alla luce della pregressa biografia criminale; dell'assenza di positivi elementi cui ancorare l'invocata mitigazione sanzionatoria ex articolo 62 bis c.p. nonche' della corretta applicazione dei parametri dosimetrici al fine della quantificazione del trattamento sanzionatorio. 8. Alla luce delle considerazioni che precedono i ricorsi, nel complesso infondati, debbono essere rigettati con condanna dei proponenti al pagamento delle spese processuali nonche' alla rifusione delle spese di assistenza e difesa in favore delle parti civili (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) S.a.s, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, gli imputati alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) s.a.s. che liquida in complessivi Euro 4.500,00, oltre accessori di legge, nonche' in favore di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) che liquida in Euro 3.686,00, oltre accessori di legge, per ciascuna posizione.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BONI Monica - Presidente Dott. FIORDALISI Domenico - Consigliere Dott. DI GIURO Gaetano - Consigliere Dott. MAGI Raffaello - Consigliere Dott. ALIFFI Francesco - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 03/06/2022 del TRIB. LIBERTA' di NAPOLI; udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. FRANCESCO ALIFFI; sentite le conclusioni del PG Dr. GAETA PIETRO che chiedendo il rigetto dei ricorsi. uditi i difensori: - avvocati MORRA SERGIO LINO del foro di NAPOLI e PERONE LEOPOLDO del foro di NAPOLI, in difesa di (OMISSIS), che hanno concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso. - avvocato DELLO IACONO DOMENICO del foro di SANTA MARIA CAPUA VETERE in difesa di (OMISSIS) che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso. - avvocato IMPRADICE SALVATORE del foro di NAPOLI in difesa di (OMISSIS) che ha concluso chiedendo l'annullamento del provvedimento impugnato. RITENUTO IN FATTO 1. il Tribunale di Napoli, adito ai sensi dell'articolo 309 c.p.p., ha confermato l'ordinanza con cui il G.i.p. aveva applicato la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), gravemente indiziati di avere commesso, nell'ambito di un'unica azione ed in concorso con (OMISSIS), i reati di omicidio ai danni di (OMISSIS), di tentato omicidio ai danni di (OMISSIS) nonche' le strumentali violazioni in materia di armi. L'azione omicidiaria era stata consumata all'interno di un locale terraneo, adibito a circolo, ubicato nel quartiere di (OMISSIS). (OMISSIS) era stato attinto in piu' parti del corpo da tre colpi di arma fuoco a carica unica; (OMISSIS) era stato ferito al braccio, 1.1. Secondo i giudici della cautela, costituiscono gravi indizi di colpevolezza le chiamate in correita' di (OMISSIS), figlio dell'indagato (OMISSIS), ed i riscontri, anche di natura individualizzante, che tali accuse avevano trovato nelle risultanze degli accertamenti compiuti nell'immediatezza, nelle dichiarazioni rese dalle persone infornate dei fatti o alla polizia giudiziaria o nel corso di colloqui intercettati, e nelle propalazioni di altri collaboratori di giustizia. (OMISSIS) ha riferito che l'azione omicidiaria era stata deliberata dal padre e da (OMISSIS), nell'ambito della contrapposizione per ottenere il predominio nel quartiere di (OMISSIS) tra il clan (OMISSIS), di cui il gruppo (OMISSIS) rappresentava una costola, ed il clan (OMISSIS)- (OMISSIS), di cui la vittima era un esponente di rilievo. Vi avevano preso parte (OMISSIS), (OMISSIS) ed il minorenne (OMISSIS). (OMISSIS) aveva operato di appoggio rimanendo in compagnia del dichiarante a bordo dell'autovettura Mercedes classe B, di colore dorato, rimasta in attesa davanti al portone del palazzo diverso da quello da dove erano entrati i killers (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali erano riusciti a farsi aprire i portoni di ferro posti a protezione del locale, utilizzato per smerciare al minuto dosi di stupefacente, con l'escamotage di fingersi acquirenti. In precedenza (OMISSIS) si era piu' volte recato, su ordine dei mandanti ed organizzatori, all'interno del circolo per acquistare stupefacente ed in tal modo acquisire le informazioni necessarie per l'esecuzione del piano omicidiario. 1.2. Nell'esaminare i rilievi difensivi l'ordinanza impugnata evidenzia che le piu' significative circostanze riferite da (OMISSIS) sulla dinamica e le modalita' esecutive dell'episodio sono state confermate dalle ulteriori evidenze investigative: - piu' persone avevano dichiarato che (OMISSIS) da quando era stato scarcerato utilizzava il circolo pe la vendita al dettaglio di stupefacenti; - i parenti delle vittime, in piu' conversazioni, avevano fatto riferimento alla presenza del veicolo in uso a (OMISSIS), la Mercedes dorata, nei pressi del circolo, in concomitanza con l'esecuzione dell'omicidio; - secondo gli accertamenti balistici, per freddare la vittima era stata utilizzata, una pistola calibro 38: - gli esecutori avevano dimostrato la pregressa conoscenza dello stato dei luoghi; - nel circolo, al momento dell'accesso dei killer, erano presenti due minorenni; - piu' testimoni oculari, oltre a riferire che la vittima si era accasciato sul divano, avevano riferito che uno degli esecutori materiali, gia' venuto nei giorni precedenti per rifornirsi di stupefacente da (OMISSIS), aveva chiesto un ulteriore partita di droga immediatamente prima che il suo accompagnatore esplodesse i colpi di pistola; - in piu' conversazioni intercettate gli interlocutori, a vario titolo imparentati con il (OMISSIS), avevano fatto riferimento alla circostanza che uno dei killer, indicato come il fratello di (OMISSIS), (OMISSIS), qualche giorno prima dell'agguato si era recato nel circolo per acquistare stupefacente. 1.3. Nella disamina delle singole posizioni ha osservato: - sul ruolo di mandante di (OMISSIS), la chiamata di correo di (OMISSIS) converge con le dichiarazioni accusatorie de relato di (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche' con alcune conversazioni dei familiari del (OMISSIS) intercettate in carcere nei giorni successivi all'omicidio; - quanto al ruolo di mandante di (OMISSIS), costituiscono riscontro alla chiamata di correo del figlio non le dichiarazioni de relato di (OMISSIS), eccessivamente generiche, ma le dichiarazioni captate dopo l'omicidio in cui i familiari della vittima descrivono un episodio di pubblica rivendicazione del fatto di sangue da parte del ricorrente. - sul ruolo di esecutore materiale di (OMISSIS), le dichiarazioni accusatorie di (OMISSIS) convergono con quelle del collaboratore (OMISSIS) che lo ha inserito tra le persone che componevano il commando. Le esigenze cautelari sono state ritenute idonee a giustificare la piu' afflittiva delle misure cautelari in considerazione della presunzione di cui all'articolo 275 c.p.p., comma 3, u.p., in concreto non superata da elementi di segno contrario dedotti dalle parti o desumibili dagli atti di accusa. Al contrario, dal certificato giudiziale degli indagati si evince che gli stessi nel periodo non breve trascorso dalla consumazione dei reati ipotizzati a loro carico hanno continuato a delinquere consumando reati di forte allarme sociale, anche tipici della criminalita' organizzata. 2. Ricorrono per cassazione, per il tramite dei rispettivi difensori di fiducia (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). 3. (OMISSIS) ha articolato tre motivi. 3.1. Con il primo chiede l'annullamento dell'impugnata ordinanza per violazione dell'articolo 125 c.p.p., articolo 192 c.p.p., commi 1 e 3, 27, e articolo 546 c.p.p.. Lamenta che il Tribunale, discostandosi dai principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimita' in materia di motivazione delle ordinanze di riesame cautelare e di gravita' indiziaria, abbia seguito un pecoroso argomentativo in piu' punti viziato, anche sotto il profilo del travisamento delle argomentazioni difensive versate nella memoria depositata in udienza. Secondo il ricorrente i Giudici del riesame, nel replicare alle censure sollevate dalla difesa, hanno fornito giustificazioni illogiche e incongruenti. Hanno ritenuto attendibile la versione del collaboratore (OMISSIS) sulla causale dell'omicidio quale reazione preventiva all'opposta intenzione di (OMISSIS) di scalzare il clan (OMISSIS), nonostante sia pacifico che il clan (OMISSIS) non avesse all'epoca la forza operativa necessaria per commettere azioni di tale portata, supponendo irragionevolmente che il dichiarate ignorasse la vera causale. Hanno superato l'evidente aporia in cui era incorso il collaboratore, laddove aveva parlato di ripetuti rinvii dell'agguato a causa della presenza nel circolo di soggetti diversi dalla vittima designata senza spiegare perche' l'azione fosse stata portata a termine in presenza di (OMISSIS) e di due bambini, ricorrendo alla tesi, del tutto indimostrata, della modifica della strategia in corso d'opera. Ha ignorato l'intrinseca illogicita' della narrazione di (OMISSIS) nella parte relativa al precedente accesso nel circolo di (OMISSIS) qualche ora prima dell'agguato, peraltro non riferito da alcuno dei testimoni oculari. Non ha adeguatamente valorizzato ne' alcune rilevanti omissioni presenti nella ricostruzione del collaboratore relativa alla fase esecutiva (la fuga piedi dei due esecutori), ne' le smentite provenienti dai testimoni oculari ( (OMISSIS) ed i minori non hanno riconosciuto (OMISSIS)) ne' alcune'evidenti criticita' (la scelta come killer del fidanzato della figlia di (OMISSIS) il quale, per di piu', si era gia' recato piu' volte nel locale). Ha trascurato le contraddizioni presenti nella narrazione relativa al recupero delle armi che sarebbe stata curata dallo stesso collaboratore e da (OMISSIS), nonostante nel commando fosse stato inserito un soggetto, (OMISSIS), non conosciuto come membro del clan che avrebbe potuto svolgere tale attivita' senza destare sospetti e comunque facendo correre meno rischi. Non e' stato ritenuto inverosimile l'invio di affiliati presso l'ospedale dove era ricoverato (OMISSIS)) nonostante l'elevata pericolosita' della condotta tale da esporre gli incaricati all'interesse investigativo della polizia giudiziaria, L'esistenza di un tregua momentanea tra il clan (OMISSIS) e (OMISSIS), da una parte, ed il clan (OMISSIS) - (OMISSIS), cessata a causa della consumazione dell'omicidio di (OMISSIS), e' una congettura smentita dal principale chiamante di correo. (OMISSIS) ha, infatti, indicato quale causale dell'omicidio la necessita' di adottare una difesa preventiva agli attacchi che potevano provenire dal gruppo (OMISSIS). Il Tribunale ha evitato di prendere posizione in ordine all'eventualita' prospettata dalla difesa che (OMISSIS) avesse potuto apprendere aliunde i fatti narrati, anche rielaborando notizie che si erano gia' diffuse al momento dell'omicidio o comunque rientranti nel patrimonio conoscitivo del clan di appartenenza. Il racconto di (OMISSIS), gia' particolarmente generico, e' rimasto privo di riscontri necessari a validarne l'attendibilita', Non hanno tale valenza le dichiarazioni dei collaboratori (OMISSIS) e (OMISSIS). (OMISSIS) ha reso dichiarazioni del tutto inattendibili per la presenza di circostanze di comprovata falsita' (l'omicidio e' collocato in estate pur essendo stato commesso ad Ottobre), oltre che per la mancata identificazione di tutte le sue fonti di conoscenza e per l'individuazione dell'identita' dei killer ( (OMISSIS) e (OMISSIS)) discordante da quella di (OMISSIS) ( (OMISSIS) e (OMISSIS)), a nulla rilevando la presunta intenzione della fonte primaria, (OMISSIS), di valorizzare il giovane (OMISSIS). (OMISSIS), per quanto si legge nel verbale in atti, si e' limitato a riferire di avere avuto la sensazione durate un dialogo con (OMISSIS) che quest'ultimo avesse inteso rivendicare la paternita' dell'omicidio. Che (OMISSIS) abbia indicato a (OMISSIS) elementi concreti e comunque tali da avvalorare l'asserita rivendicazione e' deduzione che non puo' trarsi dalla frase utilizzata nel verbale riassuntivo del pubblico ministero ("lasciandomi intendere"). Non possono essere annoverate tra i riscontri le conversazioni dei componenti della famiglia (OMISSIS) captate in carcere da cui si evince che nemmeno i piu' stretti congiunti della vittima avessero chiaro a quale sodalizio camorristico doveva essere ricondotta la paternita' del gesto, i colloquianti, peraltro, si limitano a riferire mere suggestioni personali o informazioni provenienti da voci circolanti nel pubblico senza fornire indicazioni chiare sul coinvolgimento di (OMISSIS), addirittura esplicitamente escluso nelle conversazioni captate per ultime, 3.2. Con il secondo motivo chiede l'annullamento dell'ordinanza per violazione degli articoli 192, 274 e 275 c.p.p.. Lamenta che il Tribunale abbia confermato il provvedimento impositivo della cautela sulla scorta di un percorso argomentativo sulle esigenze cautelari in piu' punti viziato. Le argomentazioni si pongono in aperto contrasto con i principi di recente affermati dalla giurisprudenza della Corte di cassazione in tema di lasso temporale intercorrente tra l'emissione della misura ed i fatti contestati in via provvisoria. Il Tribunale non ha esaustivamente motivato sulle ripercussioni di tale elemento sull'esistenza ed attualita' delle esigenze se non attraverso affermazioni generiche, vaghe ed inconferenti quale la persistenza della faida tra gruppi criminali, finendo per attribuire rilevanza decisiva ai precedenti penali ed ai carichi pendenti. 4. (OMISSIS) ha sviluppato due motivi. 4.1. Con il primo denunzia violazione di legge in relazione agli articoli 192 e 273 c.p.p. nonche' vizio di motivazione, anche sotto il profilo del travisamento della prova indiziaria, con particolare riferimento al ruolo di mandante. Il Tribunale, discostandosi dal percorso argomentativo seguito dall'ordinanza genetica, ha escluso che le dichiarazioni de relato rese dal collaboratore (OMISSIS) possano costituire idoneo riscontro individualizzante alla chiamata di correo di (OMISSIS) ed ha attribuito tale valenza alle conversazioni captate subito dopo l'omicidio, che, tuttavia non forniscono alcun contributo dimostrativo rispetto alla partecipazione di (OMISSIS) al reato con il ruolo di mandante. L'atteggiamento irriverente percepito dalla moglie della vittima durante la celebrazione del funerale non puo' essere equiparato ad una rivendicazione del ruolo di mandante dell'omicidio di (OMISSIS) o, peggio, ad una assunzione di responsabilita'. Le conversazioni intercettate in carcere tra familiari ed esponenti del clan (OMISSIS), come gia' rilevato dal G.ip., non contengono commenti riferiti alla persona di (OMISSIS), comunque indicativi del fatto che egli avesse deliberato l'omicidio, ma o evocano condotte aggressive riconducibili in generale alla sua famiglia o danno conto di mere supposizioni. La posizione di (OMISSIS), raggiunto da un'unica chiamata in correita' priva di riscontri, e' quindi sovrapponile a quella di (OMISSIS), la cui misura cautelare e' stata annullata dal Tribunale del riesame per insussistenza di gravi indizi di colpevolezza. Non possono essere utilizzate alla stregua di un riscontro individualizzante le dichiarazioni rese da (OMISSIS) in una delle conversazioni intercettate perche' travisate. La (OMISSIS), nell'indicare le persone presenti durante l'esecuzione dell'agguato, non ha affatto indicato (OMISSIS), posto che quest'ultimo e' conosciuto con l'appellativo di "(OMISSIS)" e non di "(OMISSIS)", che e' invece il diminutivo con cui e' chiamato l'altro interlocutore della conversazione. Si tratta travisamento decisivo avendo il Tribunale desunto dall'erronea interpretazione della conversazione la presenza del ricorrente il giorno e nel luogo dell'omicidio. 4.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge in relazione agli articoli 274 e 275 c.p.p. nonche' vizio di motivazione con riferimento alle esigenze cautelari. La presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari di cui all'articolo 275 c.p.p., comma 3, e' stata ritenuta operante nonostante il riconosciuto lasso temporale di piu' di dodici anni trascorsi dai fatti sul presupposto, rimasto pero' indimostrato, che la faida tra gruppi criminali nel territorio di (OMISSIS) sia ancora in corso e comunque ignorando che i precedenti penali di (OMISSIS) si arrestano all'anno 2011. 6. (OMISSIS) deduce un unico motivo per vizio di motivazione. Lamenta che il Tribunale abbia superato la pur riconosciuta divergenza delle dichiarazioni rese dai collaboratori (OMISSIS) e (OMISSIS) in ordine al ruolo che avrebbe svolto nella consumazione dell'omicidio (per (OMISSIS) ha operato come "staffettista", per il secondo come esecutore materiale) con argomentazioni erronee fondate sulla comune attribuzione, da parte di entrambi i dichiaranti, al (OMISSIS) della compartecipazione al fatto delittuoso in assenza di vaglio effettivo e penetrante del contenuto narrativo delle singole propalazioni ed in specie da quella, de relato, di (OMISSIS). E' stato trascurato che, secondo i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimita', il nucleo essenziale della propalazione ai fini della valutazione della convergenza delle plurime chiamate in correita', deve essere individuato in relazione allo specifico fatto materiale oggetto della narrazione, nella sua interezza e alla stregua del rilievo assegnatogli dal dichiarante. L'inconciliabilita' delle dichiarazioni di (OMISSIS) e (OMISSIS) non puo' dirsi, sul piano logico, risolto dall'affermazione che la fonte di conoscenza di (OMISSIS), (OMISSIS), non aveva alcun motivo di spiegare nel dettaglio i ruoli svolti dai singoli partecipi/posto che e' stata proprio la fonte ad attribuire a (OMISSIS) il ruolo di sparatore/ omettendo di citare (OMISSIS), che invece e' stato indicato quale sparatore insieme a (OMISSIS) da (OMISSIS), con dichiarazioni ritenute in sede di riesame cautelare attendibili e positivamente riscontrate dalle convergenti dichiarazioni accusatorie di altri collaboratori di giustizia. CONSIDERATO IN DIRITTO I ricorsi sono infondati per le ragioni di seguito illustrate. 1. Giova, innanzitutto, premettere che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, "il controllo di legittimita' sulla motivazione delle ordinanze di riesame dei provvedimenti restrittivi della liberta' personale e' diretto a verificare, da un lato, la congruenza e la coordinazione logica dell'apparato argomentativo che collega gli indizi di colpevolezza al giudizio di probabile colpevolezza dell'indagato e, dall'altro, la valenza sintomatica degli indizi. Tale controllo, stabilito a garanzia del provvedimento, non involge il giudizio ricostruttivo del fatto e gli apprezzamenti del giudice di merito circa l'attendibilita' delle fonti e la rilevanza e la concludenza dei risultati del materiale probatorio, quando la motivazione sia adeguata, coerente ed esente da errori logici e giuridici. In particolare, allorche' sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di 5 motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, esso puo' essere sindacato dalla Corte di legittimita' solo se risulti prima facie dal testo del provvedimento impugnato, "restando ad essa estranea la verifica della sufficienza e della razionalita' della motivazione sulle questioni di fatto"; al giudice di legittimita' spetta solo il compito di verificare se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l'hanno indotto ad affermare la gravita' del quadro indiziario a carico dell'indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l'apprezzamento delle risultanze probatorie"; (Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Mazzelli, Rv. 276976; Sez. 6, n. 49153 del 12/11/2015, Mascolo, Rv. 265244; Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, Siciliano, Rv. 261400; Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, Tiana, Rv. 255460; Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828). 2. Chiarite le coordinate del giudizio, possono passarsi in rassegna le censure dedotte dai singoli ricorrenti. 3. (OMISSIS). 3.1. Il primo motivo, laddove non implica apprezzamenti di merito non consentiti in questa sede nei termini chiariti in premessa, non e' fondato. L'apparato argomentativo sviluppato per giustificare la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza e' immune dalle denunciate criticita' logiche ed affronta in modo completo i rilievi difensivi peraltro, in larga parte incentrati su aspetti marginali delle dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS), dimostratesi altamente attendibili sul piano soggettivo perche' provenienti da persona che si era autoaccusata di un delitto gravissimo per il quale non era mai stato indagato, chiamando, per di piu', in causa alcuni suoi familiari. Il Tribunale (pagg. da 10 a 12) ha, in primo luogo, osservato che le dichiarazioni non avevano un contenuto ne' inverosimile ne' contraddittorio. Le riserve sulla consumazione dell'agguato per la presenza di terze persone all'interno del circolo dove operava (OMISSIS), erano state riferite dallo stesso collaboratore, il quale, pero', aveva, contestualmente, dato conto di una intensa attivita' preparatoria dell'agguato e di monitoraggio dei movimenti di (OMISSIS) da cui era emerso che lo stesso non era mai da solo. Non e' pertanto illogico sostenere che gli iniziali dubbi siano stati ad un certo punto superati una volta constatata l'impossibilita' di adottare precauzioni idonee a prevenire del tutto il paventato rischio di operare in presenza di soggetti diversi dalla vittima designata. I ripetuti accessi nel circolo di (OMISSIS), nei giorni e financo nelle ore che avevano preceduto l'esecuzione del piano omicidiario, per acquistare stupefacente e il suo ritorno nel medesimo locale con un altro soggetto, presentato come acquirente, non erano circostanze in grado di destare sospetti e mettere in allarme. E' abituale per i tossicodipendenti ripetere, anche nel giro di poche ore, gli acquisti dallo stesso fornitore e presentare a quest'ultimo, fortemente interessato ad ampliare la palea degli acquirenti, amici interessati alla medesima operazione. Il mancato riconoscimento di (OMISSIS) da parte di (OMISSIS) e de'" i bambini presenti all'interno del circolo non e' stato considerato dal Tribunale significativo perche' il primo aveva tenuto fin dall'inizio delle indagini un atteggiamento reticente, tanto da essere arrestato per favoreggiamento, mentre i secondi, a dire di un testimone oculare, al momento dell'ingresso dei killers erano inoegnati a giocare ad un videogioco. Del pari, e' stata esclusa, con apprezzamenti non manifestamenti illogici, la presenza nella ricostruzione propinata dal collaboratore di ulteriori criticita' in ordine al recupero delle armi, all'invio di affiliati presso l'ospedale, alla partecipazione quale esecutore materiale di (OMISSIS), ai rapporti tra il clan di appartenenza della vittima e quello degli indagati, definito in una fase di "momentanea tregua" bruscamente interrotta dall'assassinio di (OMISSIS) sulla scorta di precise indicazioni provenienti da dichiarazioni rese da una pluralita' di soggetti sentiti nell'immediatezza, e, infine, con riferimento alla causale. Il ricorrente continua ad opporre, prospettandole come piu' plausibili, i medesimi rilievi gia' confutati senza il necessario confronto critico con gli argomenti spesi dal provvedimento in verifica per superarli. Non si rinvengono incongruenze neanche nella disamina dei riscontri alla chiamata di correo operata da (OMISSIS) e segnatamente nella valutazione delle dichiarazioni rese dai collaboratori (OMISSIS) e (OMISSIS), giustificatamente considerate convergenti tra loro e con quelle di (OMISSIS), sul ruolo di mandante di (OMISSIS). L'ordinanza impugnata si e' curata non solo di precisare che (OMISSIS) aveva riferito informazioni apprese da piu' soggetti, di cui aveva indicato le generalita' o altri elementi che ne consentivano l'identificazione, a conoscenza dei fatti in ragione del ruolo apicale ricoperto nel clan (OMISSIS), oltre che dei rapporti di stretta parentela con le persone coinvolte, ma anche di spiegare le ragioni per cui non incideva sulla convergenza il dato pacifico che (OMISSIS) e (OMISSIS) avevano assegnato ad uno dei chiamati in causa, (OMISSIS), un ruolo apparentemente diverso: per (OMISSIS) aveva operato come "staffettista"; per (OMISSIS) come "esecutore". Al riguardo, l'ordinanza ha pertinentemente osservato che, fermo restando che entrambi i collaboratori avevano coinvolto (OMISSIS) nella fase esecutiva, la divergenza trovava razionale spiegazione nelle piu' approfondite conoscenze di (OMISSIS), presente durante l'esecuzione dell'omicidio di cui si era autoaccusato, e con il dichiarato intento della fonte di conoscenza principale di (OMISSIS), (OMISSIS), di privilegiare nella narrazione il ruolo svolto da alcuni soltanto degli esecutori - ossia gli affiliati a lui piu' vicini, (OMISSIS) e (OMISSIS), ed in particolare (OMISSIS), fidanzato della figlia - al fine di esaltarne nell'ambiente il contributo determinante per la riuscita del piano. Quanto alle dichiarazioni di (OMISSIS), i Giudici della cautela non hanno apoditticamente ridimensionato il significato dell'espressione utilizzata dal pubblico ministero nel verbale riassuntivo. Hanno, infatti, evidenziato, con ragionamento non manifestamente illogico, che alla luce del loro contenuto complessivo - chiaramente evocativo della trasmissione al teste de relato ( (OMISSIS)) da parte della fonte diretta ((OMISSIS)) di una informazione specifica e non solo ipotetica (la partecipazione di (OMISSIS) all'omicidio di patrizio (OMISSIS) su richiesta di (OMISSIS)) - nonche' delle specificazioni contenute in un successivo verbale, non vi era ragione di dubitare della indicazione da parte di ( (OMISSIS) di un ruolo di (OMISSIS) nella consumazione dell'omicidio - quello di mandante - del tutto sovrapponibile a quello indicato da (OMISSIS). Interamente versate in fatto sono le contestazioni sulla natura di riscontro delle conversazioni dei componenti della famiglia (OMISSIS) captate in carcere, peraltro limitata dal Tribunale alla cessazione del clima di tregua tra il clan (OMISSIS) ed il clan (OMISSIS) come conseguenza dell'attribuzione a quest'ultimo della responsabilita' in ordine all'omicidio di (OMISSIS). Il ricorrente pone a fondamento della censura una ricostruzione del significato delle conversazioni diversa ed alternativa rispetto a quella recepita dall'ordinanza, ricostruzione di cui, tuttavia, non contesta in modo specifico l'illogicita' (cfr. Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715 - 01). 3.2. Il secondo motivo, relativo alle esigenze cautelari, e' manifestamente infondato. Il ricorrente non si confronta con il (OMISSIS) contenuto dell'ordinanza impugnata che, lungi dall'affidarsi alla presunzione di cui all'articolo 275 c.p.p., comma 3, ha preso in considerazione il lasso temporale intercorso tra l'emissione della misura ed i fatti contestati, e lo ha correttamente considerato non incidente sull'attualita' del pericolo di reiterazione della condotta criminosa sulla base di elementi assai pregnanti quali i precedenti penali, i carichi pendenti e l'applicazione di misure custodiali per fatti, anche di rilevante allarme sociale, commessi dopo il 2009 e fino ad epoca recente. 4. (OMISSIS). 4.1. Il primo motivo, relativo all'utilizzazione quale riscontro individualizzante della chiamata di correo di (OMISSIS) delle conversazioni captate subito dopotartecipazione di (OMISSIS) al reato, non e' fondato. Il Tribunale senza dare spazio a congetture o supposizioni, ha attribuito valore confermativo delle accuse di (OMISSIS) a (OMISSIS) ad un fatto specifico ed individualizzante, oggetto di puntuale commento da parte degli interlocutori in una conversazione intercettata (quella tra (OMISSIS), il (OMISSIS) detenuto, (OMISSIS), vittima del tentato omicidio e la figlia (OMISSIS)) e della testimone (OMISSIS): la condotta di plateale schermo e derisione tenuta da (OMISSIS) durante i funerali di (OMISSIS). Tale condotta, notano i Giudici della cautela, con ragionamento non illogico, equivale ad una rivendicazione dell'omicidio, divenuta necessaria per evitare che, a causa del precedente periodo di tregua tra i clan, potessero sorgere dubbi sulla riconducibilita' ai (OMISSIS) dell'episodio delittuoso, talEincertezza, infatti, avrebbese inevitabilmente ridimensionato la portata del gesto quale atto di riaffermazione del controllo del territorio ai danni del clan di appartenenza della vittima. Si tratta di valutazione in linea con il principio consolidatosi nella giurisprudenza di questa Corte secondo cui i riscontri, dei quali necessita la chiamata in correita', possono essere costituiti da qualsiasi elemento o dato probatorio, sia rappresentativo che logico, a condizione che oltre ad essere indipendente abbia valenza individualizzante, dovendo cioe' riguardare non soltanto il fatto-reato, ma anche la riferibilita' dello stesso all'imputato, mentre non e' richiesto che i riscontri abbiano lo spessore di una prova "autosufficiente" perche', in caso contrario, la chiamata non avrebbe alcun rilievo, in quanto la prova si fonderebbe su tali elementi esterni e non sulla chiamata di correita' (da ultimo, cfr. Sez. 2, n. 35923 del 11/07/2019, Campo, Rv. 276744 - 01; Sez. 6, n. 45733 del 11/07/2018, Rv. 274151 - 01). E infondata anche la censura sul travisamento delle dichiarazioni rese da (OMISSIS) nella conversazione intercettata. Il Tribunale ha dato atto che la colloquiante, nell'indicare le persone presenti al cimitero che "si erano messe a ridere", aveva inizialmente indicato "(OMISSIS)"; nel prosieguo del dialogo tozeop, pero', si era corretta e, recependo l'indicazione proveniente dalla figlia, aveva definitivamente chiarito che la condotta oggetto di commento era stata tenuta non da "(OMISSIS)" ma da "(OMISSIS)", soprannome con il quale era conosciuto l'odierno ricorrente. 4.2. Il secondo motivo, relativo alle esigenze cautelari, e' manifestamente infondato. Al pari degli altri ricorrenti, (OMISSIS) non si confronta con il (OMISSIS) contenuto dell'ordinanza impugnata che, lungi dall'affidarsi alla presunzione di cui all'articolo 275 c.p.p. per il reato di omicidio senza prendere in considerazione il lasso temporale intercorso tra l'emissione della misura ed i fatti contestati, lo ha, invece, considerato non incidente sull'attualita' del pericolo di reiterazione della condotta criminosa sulla base dei precedenti penali per fatti, non solo di rilevante allarme sociale (la direzione di un'associazione dedita al narcotraffico, partecipazione di associazione camorristica con ruolo direttivo e tentato omicidio), ma per di piu' commessi in un arco temporale protrattosi per piu' di un decennio fino al dicembre 2011, epoca successiva all'episodio ascrittogli nel presente procedimento, quindi tali, nel loro complesso, da giustificare ampiamente la protrazione un giudizio di permanente pericolosita' sociale. 5. L'unico motivo denunziato da (OMISSIS) non e' fondato. Come gia' osservato esaminando la posizione di (OMISSIS), che ha sollevato la medesima questione, l'apparente divergenza delle dichiarazioni rese dai collaboratori (OMISSIS) e (OMISSIS) sul ruolo di (OMISSIS) e' stata giustificatamente considerata ininfluente sul rilievo che entrambi hanno comunque inserito l'accusato tra i partecipi all'esecuzione dell'omicidio: con maggiore precisione il chiamante in correita', in termini piu' sfumati il dichiarante de relato che aveva ricevuto dalla fonte diretta, il mandante (OMISSIS), informazioni, sempre riferite alla fase esecutiva, veridiche ma necessariamente piu' sommarie e fortemente condizionate dall'esigenza del confidente di esaltare il contributo degli affiliati a lui piu' vicini ossia (OMISSIS) e (OMISSIS). In quest'ottica si spiega anche il silenzio serbato sulla partecipazione di (OMISSIS), persona proveniente da (OMISSIS) e non coinvolta ne' nelle dinamiche familiari dei (OMISSIS) ne' inserita tra gli affiliati piu' vicini a questi ultimi. D'altra parte, la giurisprudenza di questa Corte ha ripetutamente affermato che le dichiarazioni accusatorie rese da due collaboratori di giustizia possono anche riscontrarsi reciprocamente, a condizione che si proceda comunque alla loro valutazione unitamente agli altri elementi di prova che ne confermino l'attendibilita', in maniera tale che sia verificata la concordanza sul nucleo essenziale del narrato, rimanendo quindi indifferenti eventuali divergenze o discrasie che investano soltanto elementi circostanziali del fatto, a meno che tali discordanze non siano sintomatiche di una insufficiente attendibilita' dei chiamanti stessi (da ultimo Sez. 1, n. 7643 del 28/11/2014, dep.2015, Villacaro Rv. 262309 - 01). 6. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; va disposta la trasmissione, a cura della Cancelleria, di copia del presente provvedimento al direttore dell'istituto penitenziario, ai sensi dell'articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

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