Sentenze recenti estorsione

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  • Il reato di estorsione, quale reato plurioffensivo, lede non solo l'interesse patrimoniale della vittima, ma anche la sua libertà e integrità fisica e morale. Pertanto, ai fini della configurabilità dell'attenuante del danno di speciale tenuità di cui all'art. 62, n. 4, c.p., occorre una valutazione globale del pregiudizio subito dalla persona offesa, considerando non solo l'entità del danno patrimoniale, ma anche gli effetti dannosi connessi alla lesione dei beni personali, come la sofferenza fisica e morale patita dalla vittima. Solo ove il danno complessivo possa ritenersi di speciale tenuità, è possibile applicare la suddetta attenuante, la cui valutazione è riservata al giudice di merito e non sindacabile in sede di legittimità, se immune da vizi logici e giuridici.

  • Il reato di maltrattamenti in famiglia si configura quando l'agente pone in essere, in modo abituale, una serie di atti di vessazione, prevaricazione, intimidazione e offesa della dignità della persona offesa, tali da creare in quest'ultima uno stato di prostrazione e sofferenza, anche in assenza di lesioni fisiche, e da rendere particolarmente dolorosa la convivenza. L'elemento soggettivo del reato è integrato dal dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di sottoporre il soggetto passivo a tali sofferenze in modo continuo e abituale, senza che sia necessario il dolo specifico di infliggere intenzionalmente tali sofferenze. Il reato di estorsione si configura quando l'agente, mediante violenza o minaccia, costringe la persona offesa a compiere atti di disposizione patrimoniale a proprio vantaggio, limitandone in modo considerevole la libertà di autodeterminazione, anche quando utilizza mezzi leciti e azioni astrattamente consentite, purché lo scopo mediato sia quello di coartare l'altrui volontà. Tali reati, se commessi in modo abituale e con unità di intento, possono essere unificati dal vincolo della continuazione, con conseguente applicazione di un trattamento sanzionatorio unitario, salvo il riconoscimento di eventuali circostanze attenuanti, come la diminuita capacità di intendere e volere dell'imputato.

  • Il delitto di estorsione si realizza quando l'agente, mediante minaccia o intimidazione, costringe la vittima a consegnare denaro o altre utilità, anche di modico valore, sottraendole alla sua libera disponibilità e determinandone un ingiusto danno patrimoniale, a prescindere dalla finalità di beneficenza o liberalità che l'agente intendesse perseguire. La limitata entità della somma estorta non esclude la configurabilità del reato di estorsione, in quanto il danno patrimoniale sussiste comunque per il soggetto passivo, il quale viene privato della disponibilità di quelle risorse, indipendentemente dalla loro destinazione. Pertanto, il fatto che le somme siano state richieste a soggetti, come i parroci, solitamente inclini a elargizioni gratuite, non incide sulla natura estorsiva della condotta, in quanto la dazione di denaro a seguito di minaccia o intimidazione non può essere considerata una liberalità spontanea. Il delitto di estorsione, dunque, si realizza ogniqualvolta l'agente, mediante violenza o minaccia, costringa la vittima a consegnare denaro o altre utilità, sottraendole alla sua libera disponibilità e determinandone un ingiusto danno patrimoniale, a prescindere dall'entità della somma estorta e dalla finalità perseguita dall'agente.

  • Il delitto di estorsione si configura quando l'agente, mediante minaccia, costringe la vittima a consegnare una somma di denaro o altra utilità patrimoniale, realizzando così un ingiusto profitto. La condotta estorsiva si consuma nel momento in cui la vittima, a causa della costrizione subita, effettua la consegna del denaro o dell'utilità richiesta, a prescindere dall'intervento successivo delle forze dell'ordine che procedono all'arresto dell'autore e alla restituzione del bene alla persona offesa. Ciò che rileva ai fini della configurabilità del reato è lo stato di costrizione in cui versa la vittima al momento della consegna, indipendentemente dalle ragioni soggettive che l'hanno indotta ad aderire alla pretesa estorsiva. Perché il fatto possa qualificarsi come estorsione e non come esercizio arbitrario delle proprie ragioni, è necessario che la condotta minacciosa assuma una forza intimidatoria tale da andare oltre il ragionevole intento di far valere un preteso diritto, trasformandosi in una condotta finalizzata al conseguimento di un profitto ingiusto. In tal caso, la coartazione della volontà della vittima assume i caratteri dell'ingiustizia, configurando il delitto di estorsione.

  • Il reato di estorsione si configura quando la richiesta di denaro o altra utilità è accompagnata da minacce o violenze tali da determinare una coartazione della volontà della persona offesa, che non ha ragionevoli alternative se non sottostare alle pretese dell'agente, le quali risultano ingiuste e prive di tutela giuridica. Ciò si verifica anche quando la richiesta di denaro è formulata da un soggetto diverso dal titolare del diritto, purché le modalità della condotta siano tali da assumere il carattere dell'ingiustizia, andando oltre il mero esercizio di una pretesa creditoria. La desistenza volontaria dal reato di estorsione tentata è esclusa quando l'agente abbia già posto in essere gli atti idonei a realizzare l'evento, senza aver compiuto alcuna condotta attiva per impedirne il verificarsi, potendo semmai configurarsi, ove ne ricorrano i presupposti, la diminuente del recesso attivo. L'elemento soggettivo del reato di estorsione è integrato dal dolo generico, essendo sufficiente la coscienza e volontà di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno.

  • Il reato di estorsione si configura quando la condotta di violenza o minaccia, diretta a procurare un ingiusto profitto, sia sorretta da un'unica e continua determinazione criminosa, senza interruzioni o desistenze nella volontà dell'agente, indipendentemente dalla pluralità di atti esecutivi posti in essere. Pertanto, pur in presenza di molteplici atti di minaccia o violenza, si ha un unico reato di estorsione, unificabile con il vincolo della continuazione, qualora gli stessi siano finalizzati al conseguimento di un medesimo risultato illecito e siano caratterizzati dalla contestualità e dalla permanenza della volontà criminosa. La consumazione del reato di estorsione si realizza con l'effettiva consegna del bene o della somma di denaro estorta, anche quando l'intervento delle forze dell'ordine ne impedisca il definitivo conseguimento da parte dell'agente. La riqualificazione giuridica del fatto, da tentativo a consumazione del reato, non viola il principio di correlazione tra accusa e sentenza né i principi di matrice convenzionale in punto di prevedibilità, purché l'imputato abbia avuto ampia possibilità di difendersi su tutti gli elementi oggetto dell'addebito.

  • In tema di estorsione realizzata in forma plurisoggettiva, il delitto deve considerarsi consumato e non solo tentato allorché la cosa estorta (nella specie, una somma di denaro) venga consegnata dal soggetto passivo ad un intermediario, in seguito assolto, atteso che la lesione dell'interesse protetto coincide con la compromissione della libertà di autodeterminazione della vittima in ambito patrimoniale da cui deriva un ingiusto profitto con altrui danno, non occorrendo la materiale acquisizione della autonoma disponibilità del bene da parte dell'estorsore, né rilevando l'assenza di responsabilità dell'intermediario.

  • Il reato di estorsione si configura quando l'agente, mediante violenza o minaccia, costringe la vittima a consegnargli una somma di denaro o altra utilità, al fine di procurarsi un ingiusto profitto, nella consapevolezza dell'ingiustizia della propria pretesa. Ciò si distingue dal reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, in cui l'agente agisce nella ragionevole opinione della legittimità della sua pretesa, anche se in concreto essa risulti infondata, al solo fine di soddisfare un diritto che potrebbe formare oggetto di azione giudiziaria. Pertanto, il dolo di estorsione può essere desunto dalla particolare veemenza della condotta violenta o minacciosa, idonea a esprimere la volontà di sopraffazione dell'agente, a prescindere dalla natura, lecita o illecita, del credito vantato. Inoltre, ai fini del riconoscimento dell'attenuante del risarcimento del danno, è necessario che tale riparazione sia avvenuta integralmente prima dell'inizio del giudizio.

  • Il reato di estorsione si configura quando il soggetto agente, mediante violenza o minaccia, costringe la persona offesa a consegnare denaro o altra utilità, anche se solo temporaneamente e sotto il controllo delle forze dell'ordine, al fine di conseguire un ingiusto profitto. L'elemento psicologico del reato sussiste anche quando l'agente prospetti di comunicare notizie riservate idonee a creare un danno alla vittima, a prescindere dalla riferibilità della richiesta di denaro ad un preteso risarcimento di un danno. La circostanza che la persona offesa si rivolga alle autorità di polizia costituisce di per sé un elemento significativo dell'idoneità della condotta dell'autore a costringere il soggetto passivo, salvo che la difesa non dimostri specificamente che la vittima non ha subito l'efficacia intimidatoria della violenza o minaccia e non è stata costretta ad omettere o fare alcunché. Il reato di estorsione, pertanto, si configura anche quando l'intervento delle forze dell'ordine impedisce il perfezionamento della condotta criminosa, essendo sufficiente il conseguimento, anche solo temporaneo, della disponibilità del denaro o dell'utilità oggetto della richiesta estorsiva.

  • Il reato di estorsione si configura quando l'agente, mediante minaccia di un male ingiusto, costringe la vittima a consegnare denaro o altre utilità, a prescindere dalla concreta realizzabilità della minaccia o dalla sua effettiva pericolosità. Ciò che rileva è l'effetto coercitivo esercitato sulla vittima, che viene indotta a compiere un atto contrario alla propria volontà per evitare il male prospettato, anche se questo sia solo immaginario e non corrisponda a una reale capacità dell'agente di concretizzarlo. Pertanto, la condotta dell'imputato che, prospettando alla vittima il rischio di perdere definitivamente un bene sottrattole, la costringe a consegnare denaro per riottenerne la restituzione, integra il reato di estorsione e non quello di truffa, essendo irrilevante che l'imputato non avesse effettivamente il controllo del bene rubato. Ai fini della configurabilità dell'aggravante del concorso di più persone nel reato di estorsione, è sufficiente che risulti accertata la partecipazione di almeno cinque soggetti, a prescindere dall'esito del giudizio nei confronti di ciascuno di essi, essendo irrilevante che alcuni siano stati assolti o non imputati nel medesimo procedimento. La condizione di incensurato e il limitato apporto dell'imputato non sono di per sé sufficienti a giustificare il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, qualora la gravità della condotta e l'elevata capacità a delinquere dell'imputato inducano il giudice a negare il beneficio.

  • Il delitto di estorsione si configura quando un soggetto, mediante violenza o minaccia, costringe altri a consegnare una somma di denaro o altra utilità, procurandosi così un ingiusto profitto. La fattispecie sussiste anche quando l'importo estorto sia di modesta entità, in quanto il requisito del danno patrimoniale si realizza in presenza di qualsiasi pregiudizio economico sine causa, ancorché lieve. Qualora la condotta estorsiva sia reiterata nei confronti di più vittime, anche in tempi ravvicinati, si configura una pluralità di episodi di estorsione consumata o tentata, eventualmente unificabili sotto il vincolo della continuazione, in ragione delle modalità di realizzazione e dell'elemento temporale. La recidiva e il diniego delle circostanze attenuanti generiche possono essere legittimamente riconosciuti in presenza di una peculiare intensità del dolo, desumibile dalla reiterazione degli episodi criminosi, che denota un aggravamento della pericolosità sociale dell'imputato. Inoltre, l'aggravante delle più persone riunite è configurabile quando la condotta estorsiva sia stata posta in essere da due o più soggetti, attivi sia nella fase della richiesta di pagamento che della consegna del denaro.

  • Il reato di estorsione si configura quando, mediante minaccia o violenza, si costringe taluno a consegnare indebitamente una somma di denaro o altra utilità, realizzando così un ingiusto profitto patrimoniale. La condotta estorsiva è integrata anche quando le richieste di denaro siano accompagnate da comportamenti intimidatori, anche se non esplicitamente minacciosi, tali da ingenerare nella vittima il timore di subire conseguenze pregiudizievoli in caso di rifiuto. Ai fini della configurabilità del reato, è irrilevante che le somme richieste siano qualificate dalla vittima come "prestiti", essendo sufficiente che la consegna del denaro sia stata determinata dalla costrizione esercitata dai soggetti agenti. Il dolo dell'estorsione sussiste quando l'agente abbia agito con la consapevolezza dell'ingiustizia del profitto conseguito, derivante dall'arbitrarietà della propria pretesa e dall'inesistenza di un proprio diritto a ottenerlo. Inoltre, la circostanza aggravante delle più persone riunite ricorre quando la condotta estorsiva sia stata realizzata da almeno due soggetti, anche se uno di essi abbia svolto un ruolo meramente accessorio o di mera presenza, in quanto tale comportamento può comunque aver contribuito a rafforzare l'effetto intimidatorio nei confronti della vittima. Infine, la determinazione della pena, ivi compreso il diniego delle circostanze attenuanti generiche, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il cui esercizio non è censurabile in sede di legittimità se non in caso di manifesta illogicità o irragionevolezza.

  • Il reato di estorsione si configura quando un soggetto, mediante minaccia o violenza, costringe il debitore a pagare il proprio debito nelle mani di un terzo estraneo al rapporto obbligatorio, senza alcuna garanzia di effetto liberatorio. In tal caso, l'intervento del terzo estraneo, estrinsecatosi con violenza o minaccia, integra il reato di estorsione, a prescindere dalla titolarità del preteso diritto da parte del soggetto agente. L'elemento soggettivo del reato di estorsione sussiste quando il soggetto agisce con la coscienza e la volontà di ottenere un ingiusto profitto, a prescindere dalla fondatezza della pretesa economica avanzata. Inoltre, ai fini dell'accertamento dell'elemento psicologico del reato, essendo la volontà ed i moti dell'animo interni al soggetto, essi non sono desumibili che attraverso le loro manifestazioni esteriori e sintomatiche della condotta, la cui valutazione è riservata in via esclusiva al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa valutazione delle risultanze processuali.

  • Il reato di estorsione si configura quando la minaccia o la violenza sono dirette a costringere la vittima a compiere un'azione che consenta all'autore del reato di ottenere un profitto ingiusto, mentre il reato di maltrattamenti in famiglia si caratterizza per la serialità delle condotte aggressive finalizzate alla prostrazione psicofisica della vittima, a prescindere dall'ottenimento di un profitto. Pertanto, la qualificazione giuridica del fatto deve essere effettuata sulla base della valutazione della direzione soggettiva della minaccia e della violenza, essendo l'estorsione connotata dalla finalità di conseguire un ingiusto profitto e il maltrattamento dalla serialità delle condotte aggressive volte alla soggezione della vittima. Ove manchi la specifica finalizzazione dell'azione violenta all'ottenimento di un profitto ingiusto, la condotta deve essere inquadrata nella fattispecie residuale della violenza privata.

  • Il reato di estorsione si configura quando la richiesta di denaro, anche se fondata su una pretesa creditoria, è avanzata con modalità che esulano dall'esclusiva finalità dell'esercizio della pretesa stessa, assumendo il carattere di ingiustizia. Ciò si verifica quando la richiesta è accompagnata da minacce o violenze, anche se poste in essere da soggetti terzi rispetto al creditore, che perseguono propri fini sovrapposti a quelli del creditore. In tali casi, la condotta è penalmente rilevante ai sensi dell'art. 629 c.p. (estorsione), a prescindere dall'esistenza di un effettivo credito, essendo sufficiente che la richiesta di denaro sia stata avanzata con modalità coercitive. Inoltre, la mera presenza del concorrente sul luogo della consumazione dell'estorsione, purché non casuale, è idonea a configurare il concorso nel reato, in quanto costituisce motivo di rafforzamento del proposito criminoso del materiale autore. Infine, nel valutare la congruità della pena, oltre al danno patrimoniale cagionato, deve tenersi conto anche della lesione arrecata alla sfera personale della vittima, in particolare quando questa versi in condizioni di minorazione fisica o psichica.

  • Il reato di estorsione si configura quando, mediante minaccia, l'agente costringe la vittima a consegnargli un bene o a compiere un atto di disposizione patrimoniale, procurandosi così un ingiusto profitto. La minaccia deve essere idonea a suscitare nella vittima un fondato timore per la propria o altrui incolumità, tale da annullarne la libertà di autodeterminazione. Perché il reato sia integrato, è sufficiente che la vittima sia costretta a compiere l'atto di disposizione patrimoniale, a prescindere dall'effettivo conseguimento del profitto da parte dell'agente. Inoltre, la simulazione di un reato, al fine di occultare il precedente delitto di estorsione e assicurare l'impunità, integra il reato di simulazione di reato. Tuttavia, per i concorrenti nel reato di ricettazione, l'assenza di prova del dolo esclude la loro responsabilità, essendo necessario che essi abbiano avuto consapevolezza della provenienza illecita del bene. Infine, la recidiva, quale espressione di maggiore pericolosità sociale, può essere riconosciuta anche in concorso con l'istituto della continuazione, in quanto quest'ultima non comporta l'ontologica unificazione dei diversi reati, ma una mera "fictio iuris" a fini di temperamento del trattamento sanzionatorio.

  • Il delitto di estorsione si configura quando, a seguito di una iniziale pretesa di adempimento di un credito effettuata con minaccia o violenza nei confronti del debitore, seguano ulteriori violenze e minacce di terzi estranei verso il nucleo familiare del debitore, trasformando così l'iniziale pretesa arbitraria in una richiesta estorsiva, a prescindere dalle modalità di manifestazione della minaccia e dalla diversità dei soggetti autori delle violenze rispetto al creditore. In tali casi, la condotta si sviluppa attraverso una serie di atti, diretti e indiretti, distaccati nel tempo ma volti a piegare la volontà della vittima, configurando un'unica fattispecie di tentativo di estorsione, purché sia ravvisabile la permanente e continua volontà di perseguire l'evento criminoso, senza interruzioni, desistenze o quant'altro che ne interrompano la contestualità sul piano della volontà. La semplice presenza sul luogo dell'esecuzione del reato, palesando chiara adesione alla condotta dell'autore del fatto, può essere sufficiente ad integrare gli estremi della partecipazione criminosa, fornendo all'autore principale stimolo all'azione e un maggiore senso di sicurezza.

  • Il delitto di estorsione si configura quando l'agente, con violenza o minaccia, coarta la volontà della vittima al fine di ottenere un ingiusto profitto, anche in presenza di una pretesa di ordine civilistico, qualora tale pretesa non sia tutelabile dinanzi all'autorità giudiziaria. Ciò in quanto l'esercizio della violenza o della minaccia, in tali casi, costituisce un mero pretesto per conseguire un vantaggio ingiusto, non potendo essere considerato come legittimo esercizio di un diritto. Pertanto, la condotta dell'agente deve essere valutata non solo in relazione alla sua opinione soggettiva, ma anche in base all'ordinamento giuridico che egli è tenuto ad osservare. Inoltre, la connotazione di una condotta come minacciosa e la sua idoneità a integrare il delitto di estorsione vanno valutate in relazione a concrete circostanze oggettive, quali la personalità sopraffattrice dell'agente, le circostanze ambientali in cui opera, l'ingiustizia della pretesa e le particolari condizioni soggettive della vittima, a prescindere dall'effettiva intimidazione subita dalla stessa. Infine, la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche può essere giustificata dalla negativa personalità dell'imputato, desumibile dalla rilevante mole dei suoi precedenti penali.

  • Il delitto di estorsione si configura quando la condotta di violenza o minaccia, finalizzata a costringere taluno a fare, omettere o tollerare qualcosa, sia diretta a procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno. L'ingiusto profitto non deve necessariamente avere natura economica, essendo sufficiente qualsiasi vantaggio non corrispondente a un diritto, anche se conseguito attraverso strumenti legali ma con uno scopo tipico diverso. La nozione di danno nel reato di estorsione ricomprende qualsiasi situazione che possa incidere negativamente sull'assetto economico del soggetto passivo, comprese la delusione di aspettative e le "chance" future di arricchimento o di consolidamento di interessi. Pertanto, la condotta di chi, mediante violenza o minaccia, impedisce all'offeso di esercitare la tutela del proprio credito, al fine di conseguire un profitto non spettante, integra pienamente il delitto di estorsione, non potendo essere riqualificata né in quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, né in quello di violenza privata, stante la natura sussidiaria di quest'ultima fattispecie.

  • Il reato di estorsione si configura quando l'agente, mediante minaccia di un male ingiusto, costringe la vittima a consegnare una somma di denaro o altra utilità, anche se il male minacciato non dipende direttamente dalla sua volontà, ma da quella di un terzo, purché l'agente si presenti come consapevole latore di una richiesta di natura estorsiva. Ciò si verifica anche quando l'agente, pur non essendo in grado di incidere concretamente sulla verificazione del male minacciato, prospetta alla vittima tale possibilità in modo tale da indurla a cedere alla richiesta per evitare il pregiudizio paventato. In tali ipotesi, il reato di estorsione sussiste anche se il male minacciato non era effettivamente realizzabile da parte dell'agente, essendo sufficiente che la vittima abbia agito per il timore di subire il danno rappresentatole come dipendente dalla volontà dell'agente o di persona a lui collegata. Pertanto, il reato di estorsione si configura quando l'agente, anche avvalendosi di un intermediario, prospetta alla vittima un male ingiusto come dipendente dalla sua volontà o da quella di un terzo con il quale agisce in concorso, inducendola così a consegnare una somma di denaro o altra utilità per evitare il pregiudizio paventato, a prescindere dalla concreta possibilità di realizzazione del male minacciato.

  • Il reato di estorsione si configura quando l'agente, mediante minaccia di un male ingiusto, costringe la vittima a consegnare una somma di denaro o altra utilità, a prescindere dalla concreta possibilità di realizzare la minaccia, essendo sufficiente che la stessa sia idonea a determinare nella vittima il timore di subire un danno. La qualificazione giuridica della condotta come estorsione e non come truffa aggravata non dipende dalla effettiva capacità dell'agente di porre in essere la minaccia, ma dall'idoneità della stessa a produrre un effetto coercitivo sulla vittima, tale da indurla a consegnare il denaro richiesto. Il giudice di merito gode di ampia discrezionalità nella determinazione della pena, che può essere sindacata in sede di legittimità solo in caso di manifesta illogicità o irragionevolezza, non essendo necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti, essendo sufficiente il riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti.

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