Sentenze recenti green pass

Ricerca semantica

Risultati di ricerca:

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO La Corte d'Appello di Brescia, Sezione Lavoro, composta dai Sigg.: Dott. Antonio MATANO - Presidente rel. Dott. Giuseppina FINAZZI - Consigliere Dott. Silvia MOSSI - Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile promossa in grado d'appello con ricorso depositato in Cancelleria il 22.09.2022 iscritta al n. 222/2022 R.G. Sezione Lavoro e posta in discussione all'udienza collegiale del 06.04.2023 da (...), rappresentato e difeso dall'avv. Ma.Ro. del foro di Verona, domiciliataria giusta delega in atti. RICORRENTE APPELLANTE contro MINISTERO DELL'ISTRUZIONE in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura dello Stato Distrettuale di Brescia. RESISTENTE APPELLATO In punto: appello a sentenza n. 118 del 2022 del Tribunale di Mantova. FATTO E DIRITTO Con sentenza n. 118 del 29.6.2022 il Tribunale di Mantova, giudice del lavoro, ha respinto il ricorso di (...), docente presso l'Istituto Scolastico "Giovanni Falcone" di Asola (MN), nei confronti del MIUR, volto ad accertare l'illegittimità del provvedimento di sospensione emesso dal Dirigente Scolastico il 10.1.2022 "e per prosecutio quello emanato dallo stesso Dirigente in data 21.9.2021". A settembre 2021 il docente, che non aveva esibito la certificazione verde COVID-19 (green pass) per accedere al lavoro, come previsto dall'art. 9 D.L. n. 52 del 2021, era stato sospeso dal servizio una prima volta sino al 31.12.2021. Entrato in vigore il D.L. n. 172 del 2021, che aveva esteso al personale della scuola l'obbligo vaccinale già introdotto per il personale sanitario, era stato nuovamente sospeso dall'1.1.2022 al 15.6.2022. Ritenuta l'illegittimità della sospensione, ha domandato in giudizio la condanna del MIUR alla reintegrazione nel posto di lavoro con pagamento degli stipendi a far data dalla sospensione, oltre al risarcimento dei danni morali ed esistenziali previa, se del caso, disapplicazione della normativa italiana in contrasto con quella europea e/o previa rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimità costituzionale degli art.li 1 e 2 del D.L. n. 172 del 2021 conv. in L. n. 2 del 2022 con riferimento agli art.li 4, 32 e 36 Cost. Preliminarmente, il Tribunale ha respinto l'eccezione di carenza di interesse ad agire per essere venuta meno la sospensione dal servizio a seguito dell'entrata in vigore del D.L. n. 24 del 24 marzo 2022, atteso che la riammissione in servizio non incideva sulla pretesa relativa al pagamento degli stipendi a decorrere dal gennaio 2021 e al risarcimento dei danni. Era infondata anche l'eccezione di inammissibilità del ricorso per violazione del principio del ne bis idem, formulata dal MIUR sul presupposto che il ricorrente con un precedente giudizio aveva già impugnato il Provv. del 23 settembre 2021 (giudizio definitosi in senso sfavorevole al lavoratore): nel presente giudizio il ricorrente aveva impugnato il Provv. del 10 gennaio 2022 e quindi, quantomeno con riferimento al periodo successivo al gennaio 2022, non sussisteva alcuna violazione del giudicato. Il primo giudice, richiamandosi a buona parte della giurisprudenza di merito, ha ritenuto che l'obbligo vaccinale costituiva in realtà un onere al fine dello svolgimento dell'attività lavorativa e che la sospensione irrogata al lavoratore rappresentava un legittimo rifiuto della prestazione da parte del datore di lavoro, normativamente tipizzato, cui conseguiva la sospensione del sinallagma contrattuale e del pagamento della retribuzione; ha disatteso, inoltre, tutte le doglianze del ricorrente relative alla pretesa inefficacia del vaccino e alla pretesa disparità di trattamento tra soggetti vaccinati e non vaccinati; infine, ha ritenuto non rilevanti i rilievi formulati circa l'omesso consenso informato. Il lavoratore ha proposto appello e contestando tutti i capi della decisione sulla base di una pluralità di motivi ne ha chiesto la riforma. Il MIUR si è costituito eccependo che per effetto delle sentenze n. 14, 15 e 16 del 2023 della Corte costituzionale, che hanno dichiarato infondate o inammissibili tutte le questioni sollevate dalla giurisprudenza richiamata dalla difesa del lavoratore, era venuto meno l'interesse di quest'ultimo alla decisione e che comunque l'appello era infondato. Ribadiva che la sospensione di cui al Provv. 23 settembre 2021 è stata oggetto del precedente giudizio definito dal Tribunale di Mantova con sentenza n. 28/22, passata in giudicato, che ha respinto il ricorso proposto dal lavoratore. All'esito della discussione, la causa è stata decisa come da dispositivo letto in udienza. E' opportuna qualche precisazione in fatto. Con un primo provvedimento emesso dal Dirigente scolastico in data 23.9.2021 l'odierno appellante era sospeso dal rapporto di lavoro e dallo stipendio sino al 31.12.2021 (termine allora fissato per la cessazione dello stato di emergenza), in forza dell'art. 9-ter D.L. n. 52 del 2021, conv. in L. n. 87 del 2021, perché non in possesso della certificazione verde COVID-19 per avvenuta vaccinazione, o per avvenuta guarigione, o per test antigenico/molecolare negativo (c.d. green pass base) che il personale scolastico doveva possedere ed esibire. Con un precedente ricorso avanti il Tribunale di Mantova il lavoratore ha impugnato la sospensione e il giudizio è stato definito con sentenza di rigetto n. 28/22 passata in giudicato. Con provvedimento emesso il 10.1.2002 il lavoratore era sospeso dal 1 gennaio al 15 giugno 2022 per inosservanza dell'obbligo vaccinale ex art. 4-ter D.L. n. 44 del 2021, introdotto dal D.L. n. 172 del 2021, conv. in L. n. 3 del 2022, norma che ha esteso al personale della scuola l'obbligo vaccinale già introdotto dall'art. 4 D.L. n. 44 del 2021 per il personale sanitario. Peraltro, la sospensione dal servizio per inosservanza dell'onere vaccinale è venuta meno per effetto dell'entrata in vigore del D.L. n. 24 del 24 marzo 2022, conv. in L. n. 52 del 2022, che, oltre a prevedere (artt. 6 e 7) la graduale eliminazione del green pass (sia quello base, ossia da vaccinazione, guarigione o test negativo, sia quello rafforzato, ossia da vaccinazione o guarigione), ha previsto all'art. 8 una nuova disciplina dell'obbligo vaccinale per il personale scolastico, in forza della quale: - il vaccino è indispensabile per le attività didattiche; - il lavoratore non vaccinato è utilizzato in attività di supporto e ha diritto alla retribuzione; - tutto il personale scolastico per accedere alla scuola deve avere il green pass base e in caso di mancato possesso è assente ingiustificato, al massimo sino al 30 aprile 2022, senza diritto alla retribuzione, ma con conservazione del posto e senza sanzioni disciplinari. Con ricorso depositato il 2.4.2022 (quando era già in vigore la nuova normativa del D.L. n. 24 del 2022), il lavoratore ha impugnato entrambi i provvedimenti di sospensione. Ora, per il primo ogni questione è coperta dal giudicato. Per il secondo, occorre precisare che, sebbene sulle questioni di causa ha certamente inciso l'entrata in vigore del D.L. n. 24 del 2022, tuttavia permane comunque l'interesse alla decisione quanto meno sino al 30.4.2022. In diritto, è opportuna una breve sintesi, per quanto di interesse nella presente fattispecie, delle norme principali di riferimento. Come noto, il D.L. n. 44 del 2021 ha introdotto l'obbligo di sottoposizione alla vaccinazione per Covid-19 per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario "in considerazione della situazione di emergenza epidemiologica da SARS-CoV-2, fino alla completa attuazione del piano di cui all'articolo 1, comma 457, della L. 30 dicembre 2020, n. 178, e comunque" inizialmente "non oltre il 31 dicembre 2021, al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell'erogazione delle prestazioni di cura e assistenza". In particolare, l'art. 4, comma 1, stabilisce che "la vaccinazione costituisce requisito essenziale per l'esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative rese dai soggetti obbligati", mentre il comma 2 dispone che "solo in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale, la vaccinazione di cui al comma 1 non è obbligatoria e può essere omessa o differita". Nell'iniziale formulazione dell'art. 4 era inoltre previsto al comma 6 che l'adozione dell'atto di accertamento da parte dell'azienda sanitaria locale del mancato adempimento dell'obbligo vaccinale determinava la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicavano contatti interpersonali o comportavano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARSCoV-2. Successivamente, il D.L. n. 44 del 2021 è stato modificato dal D.L. n. 172 del 26 novembre 2021 che: 1) ha prorogato la durata dell'obbligo vaccinale sino ai sei mesi successivi al 15 dicembre 2021; 2) ha disposto che l'atto di accertamento dell'inadempimento adottato dall'ordine professionale territorialmente competente ha natura dichiarativa e non disciplinare e comporta l'immediata sospensione dall'esercizio delle professioni sanitarie con la precisazione che "per il periodo di sospensione non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominati" (art. 4, comma 5); 3) ha limitato l'obbligo di adibire a mansioni anche diverse ai soli lavoratori ai quali a causa dell'accertato pericolo per la salute la vaccinazione debba essere omessa o differita (art. 5, comma 7); 4) ha esteso l'obbligo vaccinale ad altre categorie di lavoratori, tra cui il personale scolastico del sistema nazionale di istruzione (art. 4 ter), ribadendo anche per tale personale che "per il periodo disospensione, non sono dovuti la retribuzione né altro compenso oemolumento, comunque denominati" (art. 4 ter, comma 3). La durata dell'obbligo vaccinale, originariamente stabilita sino alla completa attuazione del piano vaccinale e, comunque, entro il 31 dicembre 2021, è stata poi prorogata dal legislatore al 15 giugno 2022 e poi ancora al 31 dicembre 2022; questo termine è stato da ultimo anticipato all'1novembre 2022 con il D.L. n. 162 del 31 ottobre 2022. Così richiamate le principali norme di riferimento nel caso di specie, occorre rilevare che quasi tutte le questioni già sottoposte dal B. al vaglio del Tribunale e reiterate in appello sono state risolte dalle pronunce n. 14, 15 e 16 del 9.2.2023 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato infondate o inammissibili le questioni di illegittimità costituzionale (sollevate proprio con le ordinanze richiamate nel ricorso d'appello) della normativa emergenziale che ha imposto l'obbligo vaccinale per gli esercenti le professioni sanitarie, estendendolo, in forza delle modifiche apportate al D.L. n. 44 del 2021 da parte del D.L. n. 172 del 2021, ad altre categorie di lavoratori, tra cui quelli del settore scolastico (in particolare, la sentenza n. 15 si è occupata anche dell'art. 4 ter del D.L. n. 44 del 2021, in relazione a dipendenti del MIUR che, come nel caso di specie, erano destinatari di provvedimenti di sospensione dal lavoro, adottati tra il mese di dicembre 2021 e il mese di gennaio 2022 per mancato adempimento dell'obbligo vaccinale). Proprio alla luce delle citate pronunce della Corte Cost. risultano infondati i seguenti motivi del gravame: 1) il primo motivo, con cui l'appellante censura la sentenza per non avere esaminato la questione della legittimità dell'obbligo vaccinale introdotto dal D.L. n. 44 del 2021 per i sanitari, poi esteso, tra gli altri, al personale della scuola con il D.L. n. 172 del 2021; 2) il secondo motivo, con cui l'appellante critica la decisione del giudice per avere ritenuto l'efficacia della vaccinazione ai fini della prevenzione dall'infezione e della trasmissione del virus; 3) il terzo motivo, con cui critica il Tribunale per avere escluso il contrasto tra la normativa applicata e la Carta Costituzionale nonché con il diritto eurounitario (di quest'ultimo profilo si dirà oltre); 4) il quarto motivo, con cui l'appellante lamenta le statuizioni contenute in sentenza circa la rilevanza del consenso informato. In particolare, con riferimento ai primi tre motivi, che possono esaminarsi congiuntamente in quanto strettamente connessi, si osserva quanto segue. In ordine alla legittimità dell'imposizione da parte del legislatore dell'obbligo di sottoposizione a vaccino o a un trattamento di tipo sanitario, la Corte costituzionale del 2023 ha sostanzialmente ribadito l'orientamento costante della medesima giurisprudenza costituzionale che ritiene che l'obbligo rimandi all'art. 32 Cost., che postula il necessario contemperamento del diritto alla salute del singolo con il coesistente interesse della collettività (v. sent. n. 5 del 2018, n. 258 del 1994). In particolare, secondo la costante giurisprudenza costituzionale l'imposizione di un obbligo vaccinale o trattamento sanitario può ritenersi compatibile con l'art. 32 Cost. in presenza dei seguenti presupposti: 1) se il trattamento sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri; 2) se vi sia "la previsione cheesso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato, salvo che per quelle sole conseguenze, che, per la loro temporaneità e scarsa entità, appaiano normali di ogni intervento sanitario e, pertanto, tollerabili"; 3) se nell'ipotesi di danno ulteriore alla salute del soggetto sottoposto al trattamento obbligatorio - ivi compresa la malattia contratta per contagio causato da vaccinazione profilattica - sia prevista comunque la corresponsione di una "equa indennità" in favore del danneggiato (sentenza n. 258 del 1994 e nello stesso senso sentenza n. 5 del 2018). Nell'ambito del contemperamento degli interessi contrapposti del singolo e della collettività, inoltre, l'imposizione di un trattamento sanitario obbligatorio trova giustificazione nel principio di solidarietà (art. 2 Cost.) che rappresenta la base della convivenza sociale in forza del quale "ciascuno può essere obbligato, restando così legittimamente limitata la sua autodeterminazione, a un dato trattamento sanitario, anche se questo comporti un rischio specifico" (v. sent. n. 107 del 2012). Ne consegue, in termini generali, che il legislatore che impone un obbligo vaccinale, dovendo compiere un contemperamento tra interesse individuale e interesse collettivo, deve necessariamente effettuare una scelta che avviene nell'esercizio della sua discrezionalità politica e che è sindacabile dall'autorità giudiziaria solo nei limiti della ragionevolezza e proporzionalità dell'intervento normativo. Ebbene, la Corte costituzionale nelle pronunce in esame, ha ritenuto che la scelta del legislatore di introdurre l'obbligo vaccinale per la prevenzione dell'infezione da Sars.Cov-2, prima per gli esercenti le professioni sanitarie e poi (per quel che qui rileva) per il personale scolastico, nel bilanciamento dell'interesse individuale e di quello della collettività, sia del tutto ragionevole e proporzionata. In primo luogo, la previsione dell'obbligo vaccinale, nei limiti temporali e soggettivi sopra richiamati, è stata ritenuta ragionevole in quanto sorretta dalle indicazioni delle competenti Autorità nazionali e sovranazionali alla luce della gravità della situazione del momento. Va ricordato, in estrema sintesi, che : - l'OMS, con la dichiarazione del 30 gennaio 2020, ha valutato l'epidemia da Covid-19 come un'emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale e, con la dichiarazione dell'11 marzo 2020, ha valutato la situazione sanitaria come "pandemia"; - il Consiglio dei Ministri ha dichiarato, con Delib. del 31 gennaio 2020, lo stato di emergenza sanitaria sul territorio nazionale per sei mesi, successivamente prorogati con vari provvedimenti; - in forza dell'intervento pubblico e della ricerca scientifica sono stati approntati in tempi rapidi vari vaccini finalizzati a contrastare la diffusione del virus; - le conclusioni di AIFA, dell'ISS e del Segretariato generale del Ministero della Salute convergono tutte sulla natura non sperimentale e sulla efficacia e idoneità del vaccino anti Covid-19. Nello specifico, l'ISS ha attestato che i vaccini anti Covid- 19 attualmente in uso nella campagna vaccinale in Italia, non sono sperimentali in quanto "regolarmente immessi in commercio dopoavere completato l'iter per determinarne qualità, sicurezza ed efficacia". Come attestato dall'AIFA, tali vaccini sono "oggetto di autorizzazioni all'immissione in commercio condizionate (CMA) sulla base di un protocollo preesistente e già utilizzato in passato in ambito europeo per una serie di medicinali destinati a soddisfare un elevato bisogno terapeutico insoddisfatto". Sull'efficacia dei vaccini, l'ISS ha chiarito che "anche se l'efficacia vaccinale non è pari al 100%, ma del resto nessun vaccino ha una tale efficacia, l'elevata circolazione del virus SARS-COV-2 rende comunque rilevante la quota di casi prevenibile". In particolare, la sentenza n. 14 ha ribadito l'efficacia dei vaccini affermando che "deve ritenersi che le autorità scientifiche attestino concordemente la sicurezza dei vaccini per la prevenzione dell'infezione da SARS-CoV-2 oggetto di CMA e la loro efficacia nella riduzione della circolazione del virus (come emerge dalla diminuzione del numero dei contagi, nonché del numero di casi ricoverati, in area medica e in terapia intensiva, e dall'entità dei decessi associati al SARS-CoV-2 relativi al periodo che parte dall'inizio della campagna di vaccinazione di massa risalente a marzo-aprile 2021)". Quanto al profilo della sicurezza, l'AIFA ha attestato l'assoluta attendibilità del sistema di raccolta dati, basato sulla farmacovigilanza passiva, sostenendo anche che la CMA "certifica che la sicurezza, l'efficacia e la qualità dei medicinaliautorizzati nel caso specifico del vaccino, sono comprovate e che i benefici sono superiori ai rischi"; sempre AIFA, affrontando la criticità degli eventi avversi, ha evidenziato che alla base della segnalazione dell'evento avverso vi è il solo criterio temporale che tuttavia è condizione necessaria, ma non sufficiente a stabilire un nesso causale fra vaccinazione ed evento e che "le reazioni avverse gravi hanno una frequenza da rara a molto rara e non configurano un rischio tale da superare i benefici della vaccinazione". Analoga conclusione sulla sicurezza del vaccino ha formulato l'ISS anche tenuto conto dei dati dell'EMA. Stando così le cose, la Corte costituzionale ha ritenuto che la scelta del legislatore circa l'introduzione dell'obbligo vaccinale per alcune categorie di soggetti, ossia quelli più a rischio di contagio e anche quelli più a rischio di diffusione del contagio medesimo, non è affatto irragionevole in quanto "sorretta dalle indicazioni delle competenti Autorità nazionali e sovranazionali alla luce della gravità della situazione che la vaccinazione era destinata ad affrontare" (v. Corte. cost. sent. n. 15/2023), a fronte di un virus respiratorio altamente contagioso diffuso in tutto il mondo, caratterizzato da rapidità e imprevedibilità del contagio (v. sent. Corte cost. n. 14/ 2023). Orbene, le considerazioni circa l'efficacia e la ragionevolezza dei vaccini valgono non solo per il personale sanitario, ma anche per il personale della scuola, considerato, da un lato, l'essenzialità del servizio scuola e l'esigenza primaria di ripristinare la frequenza nelle classi dopo il periodo della c.d. didattica a distanza (DAD) imposto dall'epidemia, dall'altro, la necessità di prevenire il rischio di diffusione del virus, particolarmente alto nell'ambiente scolastico caratterizzato dalla presenza in luoghi chiusi di gruppi di persone (docenti, studenti, personale amministrativo). In altre parole, la medesima esigenza della riduzione della circolazione del virus vale anche con riferimento all'estensione dell'obbligo vaccinale al personale scolastico. La misura adottata dal legislatore, inoltre, risponde a criteri di proporzionalità: non vi erano a quel tempo misure altrettanto adeguate rispetto allo scopo prefissato dal legislatore di fronteggiare la pandemia e, in particolare, non costituiva una valida alternativa al vaccino la sottoposizione periodica a test diagnostici dell'infezione. Come rilevato dalla Corte Cost., infatti, i test diagnostici "dovendo essere effettuati con una cadenza particolarmente serrata (e cioè ogni due o tre giorni), avrebbero avuto costi insostenibili e avrebbero comportato un intollerabile sforzo per il sistema sanitario, già impegnato nella gestione della pandemia, tanto a livello logistico-organizzativo, quanto per l'impiego di personale. D'altro canto, l'esito del test non è immediatamente disponibile rispetto al momento della sua effettuazione: esso, pertanto, nasce già "obsoleto", posto che l'esito può essere già stato superato da un contagio sopravvenuto nel frattempo, con il fisiologico rischio della presenza nei luoghi di cura di soggetti inconsapevolmente contagiati" (v. sent. n. 14/2023). Sempre sotto il profilo della proporzionalità, poi, il sacrificio della sospensione dal servizio imposto dal legislatore, con reintegro al momento del venir meno dell'inadempimento dell'obbligo, non eccede quanto necessario per il raggiungimento dello scopo pubblico della riduzione della circolazione del virus: in questi termini si è espressa la Corte Cost. che in tema ha valorizzato i termini di durata dell'obbligo vaccinale, rilevando che lo stesso ha avuto una durata predeterminata, via via modificata dal legislatore in base all'andamento dell'emergenza sanitaria, essendo il legislatore addirittura giunto ad anticiparne la cessazione, appena la situazione epidemiologica l'ha consentito; sia l'intensità e gli effetti della sospensione, trattandosi, come noto, di una sospensione del rapporto di lavoro senza alcuna conseguenza sul piano disciplinare. In definitiva, la normativa che imponeva all'odierno appellante di sottoporsi al vaccino anti Sars-Cov. 2, completandone l'intero ciclo, risulta conforme ai principi della Costituzione. Le censure in materia di illegittimità dell'obbligo vaccinale e di inefficacia della vaccinazione ai fini della prevenzione dall'infezione e dalla trasmissione del virus Sars-Covid 2, non hanno pertanto ragion d'essere. Per quanto riguarda l'asserito contrasto della normativa sull'obbligo vaccinale anche con il diritto comunitario, vale la pena rammentare che il ricorrente aveva affermato che il datore di lavoro, sospendendolo dalla prestazione lavorativa, l'avrebbe discriminato in violazione del divieto sancito dall'art. 3 comma 7 del Regolamento UE n. 953/21, secondo il quale "il rilascio di certificati di cui al paragrafo 1 del presente articolo non comporta una discriminazione basata sul possesso di una specifica categoria di cui agli art,, 5,6,7" (ossia delle certificazioni da vaccinazione, da guarigione e da tampone); ha aggiunto che, poiché il divieto di discriminazione deriva direttamente da un regolamento europeo, esso, come tale, deve essere immediatamente applicato agli Stati membri ai sensi dell'art. 288 del TFUE con conseguente disapplicazione della norma italiana, stante la supremazia del diritto europeo evidenziando che, oltretutto, lo stesso art. 9, comma 9, del D.L. n. 52 del 2021 conv. in L. n. 87 del 2021 in tema di certificazioni verdi ha espressamente previsto che "le disposizioni dei commi da 1 a 8 continuano ad applicarsi ove compatibili con i regolamenti UE 2021/953 e 2021/954". Ha poi sostenuto che la discriminazione dei lavoratori attuata attraverso la chiesta della certificazione verde da Covid-19 di cui all'art. 9 D.L. n. 52 del 2021 si pone in contrasto con il considerando n. 36 del Regolamento europeo 953/21 secondo cui "è necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate, per esempio per motivi medici, perché non rientrano nel gruppo di destinatari per cui il vaccino anti COVID-19 è attualmente somministrato o consentito, come bambini, o perché non hanno ancora avuto la opportunità di essere vaccinate o hanno scelto di non essere vaccinati". Sostiene, infine, la violazione diretta dell'art. 3 della CEDU, integrata nel diritto europeo, secondo il quale "nell'ambito della medicina edella biologia devono essere in particolare rispettati il consenso libero e informato della persona interessata", e la violazione dei basilari principi europei di proporzionalità, cautela e salvaguardia, oltre che di quello fondamentale di libertà di scelta alla vaccinazione come sancita anche dallo stesso Reg. UE 953/21. Anche questi rilievi sono infondati e debbono essere disattesi. Occorre, invero, rammentare, come già precisato nella sentenza di primo grado, che la strada della disapplicazione della normativa interna per contrasto con il diritto eurounitario, auspicata dall'appellante, non è perseguibile. Secondo l'art. 51 della CDFUE, infatti, l'obbligo di promuovere l'applicazione delle disposizioni della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione è limitato all'attuazione delle competenze dell'Unione, tra le quali non rientra l'intervento sanitario in tema di vaccinazioni obbligatorie regolato dalla normativa degli stati membri. Tanto è stato ricordato di recente nella sent. n. 7045 del 2021 del Consiglio di Stato, richiamata anche nella sentenza impugnata, là dove è stato affermato che: "Vi è ragione anzitutto di dubitare che l'art. 3 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione sia applicabile in una materia come questa, inerente all'intervento sanitario delle autorità nazionali e, nello specifico, alle vaccinazioni obbligatorie, che non rientra propriamente ed "esclusivamente nell'attuazione del diritto dell'Unione", come prevede l'art. 51 della Carta stessa nel fissare i limiti della propria applicazione, ma è riservata alla discrezionalità dei singoli Statiseppure nel coordinamento, quanto alla profilassi internazionale (art. 117, comma secondo, lett. q), Cost.), con il diritto e le istituzioni dell'Unione per l'uniforme attuazione, in ambito nazionale, di programmi elaborati in sede internazionale e sovranazionale - v., sul punto, Corte cost., 12 marzo 2021, n. 37 -, perché tanto la Corte di Giustizia UE - v., ex plurimis, Corte di Giustizia UE, 5 ottobre 2010, in C-400/10 ed e ad., 28 novembre2019, inC653/19 -, quanto la Corte costituzionale - v., ex plurimis, la sentenza dell'11 marzo 2011, n. 80 - hanno più volte ribadito che la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione può essere invocata come parametro di costituzionalità soltanto nel caso in cui la fattispecie, oggetto di legislazione interna, sia disciplinata da una norma del diritto europeo diversa da quelle della Carta e non già da sole norme nazionali prive di ogni legame con tale diritto". In altri termini, il giudice nazionale non può nella fattispecie disapplicare la normativa nazionale contrastante con la CDFUE, poiché la materia delle vaccinazioni obbligatorie non rientra nell'attuazione del diritto dell'Unione. Quanto, poi, al presunto contrasto tra normativa nazionale che impone la certificazione da vaccinazione per l'accesso al luogo di lavoro nei confronti del personale sanitario e il Regolamento UE n. 953/2021, la tesi è infondata. Il Regolamento (UE) 2021/953, in realtà, detta norme a livello europeo per il rilascio, la verifica ed l'accettazione di certificati relativi non solo alla vaccinazione, ma anche ai test e alla guarigione da Covid-19, al fine di agevolare la libera circolazione da parte dei loro titolari, e afferma che la vaccinazione non costituisce una condizione preliminare per l'esercizio del diritto alla libera circolazione; in particolare, vieta la discriminazione della certificazione da tampone rapido antigenico rispetto a quella da vaccinazione (o da guarigione), perché essi sono scientificamente equivalenti ed impone agli Stati membri di accettare alle stesse condizioni le diverse certificazioni, come tipizzate nel medesimo Regolamento agli artt. 3, 5, 6, 7; ciò, peraltro, vale ai soli finidell'esercizio del diritto di libera circolazione o per l'utilizzo di servizi di trasporto transfrontalieri e non già ai fini del diritto allavoro di cui si controverte in questa sede. Ne deriva che il Regolamento non è applicabile al caso di specie in cui l'appellante lamenta il trattamento discriminatorio derivante dalla esclusione dal luogo di lavoro per mancato adempimento dell'obbligo vaccinale. Neppure rileva, in senso contrario, la previsione del comma 8 dell'art. 9 del D.L. 22 aprile 2021, n. 52 (come modificato dal D.L. n. 195 del 2021) , secondo cui "le disposizioni dei commi da 1 a 8 continuano ad applicarsi ove compatibili con i regolamenti (UE) 2021/953 e 2021/954". Tale disposizione si riferisce, infatti, ai primi otto commi dell'art. 9 del D.L. n. 52 del 2021, ossia alle disposizioni normative che disciplinano soltanto le certificazioni verdi (certificazioni comprovanti lo stato di avvenuta guarigione o di avvenuta vaccinazione ovvero l'effettuazione di un test diagnostico); essa non richiama, invece, il successivo art. 9 bis, avente ad oggetto l'impiego delle certificazioni verdi Covid 19 e le restrizioni per l'accesso a determinati servizi o attività di cui si discute nel presente giudizio. Infine, anche il richiamo al considerando n. 36, avente l'obiettivo di tutelare la circolazione dei cittadini in ambito europeo, è improprio. Il testo del considerando afferma che "è necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate" e che pertanto "il possesso di un certificato di vaccinazione o di un certificato di vaccinazione che attesti l'uso di uno specifico vaccino anti Covi-19 non dovrebbe costituire una condizione preliminare per l'esercizio del diritto di liberacircolazione o per l'utilizzo di servizi di trasporto transfontalieri", in tal modo chiarendo che gli stati membri non dovrebbero fare in modo che il certificato di vaccinazione costituisca condizione per circolare tra gli Stati Europei o per utilizzare mezzi di trasporto transfrontalieri. Ancora una volta, si capisce, in estrema sintesi, che i vincoli derivanti dal Regolamento hanno ad oggetto la libertà di circolazione tra i Paesi Europei e non attengono affatto al tema delle restrizioni discendenti dal mancato possesso della certificazione verde da vaccinazione per l'accesso al luogo di lavoro, tema questo che viene in discussione in questa sede. Ne consegue l'infondatezza anche della censura relativa al contrasto tra normativa italiana e diritto europeo. Con l'ultimo motivo del gravame, l'appellante critica la decisione del giudice di primo grado per avere ritenuto infondate le doglianze relative al consenso informato, perché svincolate dal caso concreto. In dettaglio, insiste nel criticare il sistema che non prevede un'anamnesi pre-vaccinale e lamenta l'irrazionalità delle norme che non hanno escluso la necessità di raccogliere il consenso informato nei confronti di chi è sottoposto all'obbligo vaccinale. Anche tali questioni, per quanto qui possano valere, visto che il ricorrente non si è sottoposto alla terza dose del vaccino e quindi nei suoi confronti non si è posto un problema di prestazione o meno del consenso informato, sono state risolte dalla Corte Cost. nelle pronunce sopra richiamate. Per quanto riguarda la mancanza nel nostro sistema di un'anamnesi pre-vaccinale, la Corte nella sent. n. 14/2023, ha ritenuto l'infondatezza della questione rilevando che "di norma la pratica vaccinale in Italia non prevede un coinvolgimento nel triage del medico di medicina generale o del pediatra di libera scelta. Come esposto nella richiamata nota del Segretariato generale del Ministero della salute, le vaccinazioni previste dai calendari vaccinali regionali sono in genere eseguite, salvo talune eccezioni che qui non rilevano, presso i servizi di vaccinazione delle aziende sanitarie locali o provinciali delle varie regioni da parte degli operatori di sanità pubblica (medici igienisti, assistenti sanitari, infermieri). Di norma, dunque, il medico di medicina generale non assolve un ruolo primario nella valutazione dell'eleggibilità di un assistito a unavaccinazione, anche in relazione alle vaccinazioni contemplate in via ordinaria nel Piano nazionale di prevenzione vaccinale. Questa valutazione compete, infatti, ai medici vaccinatori, che sono all'uopo adeguatamente formati e che assumono la decisione di procedere o meno con la vaccinazione dell'interessato". Non rileva poi neppure l'omessa predisposizione di accertamenti in fase di triage pre-vaccinale, in quanto il personale sanitario che esegue la vaccinazione è tenuto a verificare la presenza di eventuali controindicazioni o precauzioni prima di somministrare il vaccino, secondo un protocollo standardizzato che prevede una serie di precise e semplici domande cui, se del caso, possono seguire eventuali approfondimenti. Inoltre, la Corte cost. ha anche confutato il rilievo del rimettente relativo alla mancata somministrazione di test pre-vaccinali non essendo prevista l'effettuazione di simili test prima della vaccinazione "in quanto non esiste alcuna evidenza che supporti l'utilità di un loro utilizzo esteso a tutti i candidati alla vaccinazione". Infine, deve ritenersi infondato pure il rilievo dell'appellante avente ad oggetto la mancata esclusione del consenso informato da parte della normativa per i soggetti sottoposti all'obbligo del vaccino. Come ritenuto dalla Corte Cost. nella sent. n. 14/2023, la natura obbligatoria del vaccino anti Covid 19 non esclude la necessità di raccogliere il consenso informato, che viene meno solo nei casi espressamente previsti dalla legge, come disposto dall'art. 1 della L. n. 219 del 2017 secondo la quale "nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge". Ed infatti, pur a fronte del carattere obbligatorio del vaccino, il singolo ha comunque la possibilità di scegliere se adempiere o meno con assunzione, nella seconda ipotesi, delle conseguenze di legge ed ove opti, invece, per l'adempimento dell'obbligo vaccinale il consenso è pur sempre finalizzato ad autorizzare la materiale inoculazione del vaccino nel pieno rispetto del consenso informato "quale condizione per la liceità di qualsivoglia trattamento sanitario che trova fondamento nell'autodeterminazione, nelle scelte che riguardano la propria salute, intesa come libertà di disporre del proprio corpo, diritti fondamentali della persona sanciti dagli artt. 2,13,32 Cost. e dagli artt. 1,2 e 3 della Carta dei diritti fondamentali dell'unione Europea" (v. sent. n. 14). In conclusione, l'appello è infondato. La complessità delle questioni trattate, l'esistenza di orientamenti non omogenei della giurisprudenza di merito e, soprattutto, l'intervento decisivo delle pronunce della Corte costituzionale in pendenza del presente grado di giudizio rappresentano motivi analoghi a quelli "gravi ed eccezionali" previsti dall'art. 92 c.p.c., interpretato in conformità a Costituzione, che giustificano l'integrale compensazione delle spese del grado (cfr. la Corte cost. n.77/2018, che, tra l'altro, quando ha esemplificato questi motivi gravi ed eccezionali, ha fatto proprio riferimento al caso di pronunce in materia incostituzionalità della norma applicabile alla fattispecie di causa). Il Collegio dà atto, ai fini del pagamento del contributo previsto dall'art. 1, co. 17, L. n. 228 del 2012, che l'appello è stato integralmente rigettato. P.Q.M. respinge l'appello avverso la sentenza n. 118/22 del Tribunale di Mantova e compensa le spese del grado. Così deciso in Brescia il 6 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 20 giugno 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DI STEFANO Pierluigi - Presidente Dott. COSTANZO Angelo - Consigliere Dott. VILLONI Orland - rel. Consigliere Dott. COSTANTINI Antonio - Consigliere Dott. DI GERONIMO Paolo - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), n. (OMISSIS); (OMISSIS), n. (OMISSIS); avverso la sentenza n. 1976/22 del G.i.p. Tribunale di Velletri del 28/09/2022; letti gli atti, i ricorsi e la sentenza impugnata; udita la relazione del consigliere Orlando Villoni; letta la requisitoria scritta del pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Francesca Romana Pirrelli, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi. RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza impugnata, il Tribunale di Velletri, in accoglimento delle rispettive richieste concordate con il Pubblico Ministero, ha applicato nei confronti di (OMISSIS) la pena principale di cinque anni di reclusione e quelle accessorie dell'interdizione dai pubblici uffici e dell'incapacita' di contrattare con la Pubblica Amministrazione per la stessa durata in ordine a plurimi episodi di corruzione (articoli 319, 320 e 321 c.p.), peculato (articoli 81 cpv. e 314 c.p.) e falso (articoli 110, 479 e 493 c.p.) nonche' la pena, condizionalmente sospesa, di cinque mesi e dieci giorni di reclusione nei confronti di (OMISSIS) in ordine al delitto di cui agli articoli 110, 479 e 493 c.p. commesso in concorso con il primo (fattispecie di simulazione da parte di medico convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale dell'inoculazione di dose vaccinale contro il SARS CoV-2 al fine di far conseguire al privato, dietro indebita remunerazione, la certificazione di avvenuta vaccinazione). 2. Avverso la sentenza hanno proposto distinti ricorsi per cassazione i suddetti imputati, deducendo i motivi di seguito riassuntivamente esposti. 3. (OMISSIS). 3.1. Contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione svolta ai fini della irrogazione della pena accessoria di cui all'articolo 317-bis c.p., comma 2. Con la sentenza impugnata e' stata inflitta al ricorrente la pena accessoria di cui all'articolo 317-bis c.p., comma 2, per il periodo di cinque anni, nonostante la possibilita' di irrogarla da un minimo di un anno fino alla misura massima di cinque. La durata deve essere fissata discrezionalmente dal giudice facendo riferimento ai parametri di cui all'articolo 133 c.p.. Ebbene nel caso in esame il giudicante ha omesso di procedere ad una valutazione complessiva della fattispecie, tenendo conto solo della gravita' del reato e non anche di altri elementi, quali la resa di dichiarazioni ampiamente confessorie da parte dell'imputato nonche' la piena collaborazione con gli organi inquirenti. 3.2. Erronea applicazione dell'articolo 81 cpv. c.p. nell'applicazione degli aumenti di pena a titolo di continuazione rispetto al reato assunto come piu' grave. 4. (OMISSIS). Violazione dell'articolo 448 c.p., comma 2-bis, in ordine alla circostanza che il fatto descritto in imputazione e relativo al concorso del privato nel rilascio di una falsa certificazione verde (c.d. Green Pass) e' stato erroneamente sussunto nel delitto di concorso in falso ideologico in atto pubblico in luogo della corretta qualificazione giuridica di concorso in falsita' ideologica in certificato, punibile ai sensi dell'articolo 481 c.p.. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso proposto da (OMISSIS) e' infondato e deve essere rigettato. Premessa l'astratta ammissibilita' del primo motivo di doglianza, in quanto concernente un punto della decisione estraneo al patto convenuto tra le parti e ratificato dal giudice (Sez. U, n. 21368 del 26/09/2019, dep. 2020, Savin, Rv. 279348), va rilevato che nell'applicare la pena accessoria nel massimo edittale, il giudice ha ritenuto di privilegiare il parametro della gravita' del reato (articolo 133 c.p., comma 1) ritenendolo prevalente rispetto al profilo della capacita' a delinquere del colpevole (comma 2), in particolare omettendo, secondo la censura difensiva, di considerarne la condotta collaborativa e la confessione. Secondo il ricorrente tale valutazione si porrebbe in contrasto con quella, di carattere maggiormente esauriente, postulata da due precedenti di questa Corte di legittimita' (Sez. 6, n. 19108 del 16/02/2021, F., Rv. 281560 e Sez. 6 n. 16508 del 27/05/2020 non mass.) In realta' sono numerosi anche gli arresti interpretativi che ritengono sufficiente, ai fini dell'esercizio del potere discrezionale del giudice di determinare il trattamento sanzionatorio, il mero richiamo ad uno dei vari parametri di cui all'articolo 133 c.p.. Nel caso di specie il giudice ha ritenuto di dare risalto alla "serieta' e pervicacia della condotta violativa", nel senso che il ricorrente ha fatto piu' volte mercimonio della sua funzione pubblica per consentire ai privati il conseguimento della cd. certificazione verde (Green Pass) vaccinale e tanto appare bastevole ai fini della valutazione di competenza. E' sufficiente, infatti, che il giudicante dimostri di avere considerato e sottoposto a disamina gli elementi enunciati nella norma dell'articolo 133 c.p. e gli altri dati significativi, apprezzati in modo logico e coerente rispetto a quelli di segno opposto (tra molte v. Sez. 1, n. 17494 del 18/12/2019 Defilippi, Rv. 279181 in tema di bilanciamento di circostanze) per non incorrere nel denunciato vizio di motivazione. Risulta, invece, inammissibile il secondo motivo di ricorso concernente la pretesa violazione dell'articolo 81 c.p. in tema di determinazione degli aumenti di pena a titolo di continuazione, in quanto precluso dall'articolo 448 c.p., comma 2-bis. 2. L'unico motivo di impugnazione formulato dalla ricorrente (OMISSIS), anch'esso in astratto ammissibile, risulta, pero', manifestamente infondato, alla luce della ormai costante giurisprudenza di questa Corte di cassazione sedimentatasi sullo argomento. E' stato, infatti, ripetutamente affermato il principio secondo cui in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, la possibilita' di ricorrere per cassazione deducendo, ai sensi dell'articolo 448 c.p.p., comma 2-bis, l'erronea qualificazione giuridica del fatto contenuto in sentenza e' limitata ai soli casi di errore manifesto, configurabile quando tale qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza e senza margini di opinabilita', palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione (Sez. 2, n. 14377 del 31/03/2021, PG c. Paolino, Rv. 281116) ovvero nei casi in cui sussiste l'eventualita' che l'accordo sulla pena si trasformi in un accordo sui reati (Sez. 6, n. 15009 del 27/11/2012, dep. 2013, Bisignani, Rv. 254865), con conseguente inammissibilita' dell'impugnazione che denunci errori valutativi in diritto che non risultino evidenti dalla con (OMISSIS)zione (Sez. 5, n. 33145 del 08/10/2020, PG c Cari, Rv. 279842). Non v'e' evidentemente motivo di discostarsi da tali coordinate ermeneutiche nel caso adesso in esame, in cui la diversa qualificazione giuridica proposta rispetto a quella affidata alla con (OMISSIS)zione e su cui si e' consolidato l'accordo sulla pena, concerne pur sempre una ipotesi di falsita' ideologica, circostanziata unicamente dal fatto di manifestarsi in un atto avente la preminente funzione di certificazione. 3. Al rigetto dell'impugnazione di (OMISSIS) segue, come per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; alla dichiarazione di inammissibilita' di quella proposta da (OMISSIS) seguono condanna alle spese ed al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende che si reputa equo liquidare nella misura di tremila Euro. P.Q.M. Rigetta il ricorso di (OMISSIS), che condanna al pagamento delle spese processuali. Dichiara inammissibile il ricorso di (OMISSIS), che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI TORRE ANNUNZIATA Sezione Penale in composizione monocratica e nella persona della dott.ssa Maria Ausilia Sabatino, all'udienza del 29 marzo 2023 ha pronunciato e pubblicato, mediante lettura del dispositivo e dei contestuali motivi, la seguente SENTENZA nei confronti di (...), nato a S. (B.) in data (...), residente e domiciliato ex art. 161 c.p.p. (come da verbale in atti del 19.11.2021) in P. (N.) alla via S. n. 7. Libero - già dichiarato assente Difeso di fiducia dall'Avv. An.Nu. del Foro di Nola (come da nomina in atti del 19.11.2021). IMPUTATO in ordine: al reato p. e p. dall'art. 256 comma 1 lettera a e comma 2 D.Lgs. n. 152 del 2006 perché, in qualità di titolare dell'omonima ditta individuale con sede in P. alla via (...), depositava in modo incontrollato, all'interno di un locale della sopranominata ditta, rifiuti non pericolosi (scarti di tessuti) in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione prevista. Condotta in particolare consistita: - Nell'abbandonare e depositare in modo incontrollato, in una stanza di mt. 3X10, i rifiuti suddetti contenuti in n. 71 socchi neri del peso cadauno di Kg,50 per un totale di Kg. 3.550,00. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 14 luglio 2022 Emissione del decreto di citazione diretta, con il quale l'imputato è stato tratto a giudizio per rispondere del reato a lui ascritto in rubrica. 16 novembre 2022 Preliminarmente il Tribunale, constatata la regolarità della notifica dell'atto introduttivo del giudizio all'imputato, regolarmente citato e non comparso, ne ha dichiarato l'assenza. Quindi il difensore dell'imputato, regolarmente munito di procura speciale a tal fine, ha formulato istanza di definizione del processo nelle forme del rito abbreviato condizionato all'acquisizione di produzione documentale, riservandosi di produrre tale documentazione debitamente elencata alla successiva udienza. Il Tribunale, nulla osservando il P.M., in accoglimento della richiesta difensiva, ha disposto procedersi nelle forme del rito premiale prescelto dall'imputato, ha acquisito il fascicolo del PM ed ha rinviato il processo per consentire alla difesa di produrre i documenti posti a condizione della richiesta di rito alternativo. 29 marzo 2023 All'odierna udienza la Difesa ha prodotto la documentazione anticipata, e segnatamente: - contratto di appalto prelievo e smaltimento rifiuti 2018, 2019 e 2021: - registro carico scarico prot. (...) + pagamento bollettino con data certa: - ft antecedenti il sopralluogo per lo smaltimento rifiuti in fibre tessili. Il Tribunale, all'esito, ha invitato le parti a formulare le rispettive conclusioni, come in epigrafe riportate, sulle quali si è ritirato in camera di consiglio, decidendo all'esito come da dispositivo e contestuali motivi letti e pubblicati in udienza. MOTIVI DELLA DECISIONE Le risultanze istruttorie in atti non consentono di ritenere dimostrata la prospettazione accusatoria nei confronti dell'odierno imputato, il quale deve essere mandato assolto, perché il fatto non sussiste. Dagli atti d'indagine legittimamente utilizzabili ai fini della decisione alla luce del rito premiale prescelto dall'imputato (in particolare dalla c.n.r. prot. n. (...) del 20.11.2021 redatta dai militari del Nucleo Operativo, Sezione Operativa - 2a Squadra del gruppo di Torre Annunziata), nonché dalle emergenze documentali acquisite e sopra riportate, il fatto storico oggetto del presente procedimento può essere così ricostruito. In data 19 novembre 2021, i militari della Guardia di Finanza del gruppo di Torre Annunziata, nell'ambito di un servizio di controllo finalizzato alla ricerca e repressione delle violazioni in materia di lavoro sommerso, sicurezza sui posti di lavoro e corretto trattamento dei rifiuti di lavoro, effettuavano un accesso presso i locali della ditta individuale (...), siti in P. alla via G. I. n. 492. All'atto dell'accesso i militari operanti constatavano che vi erano n. 11 lavoratori extracomunitari, tutti in possesso di regolare permesso di soggiorno, regolarmente assunti e muniti di green pass, che espletavano regolarmente la propria attività lavorativa. La ricognizione dei locali dell'opificio permetteva, inoltre, di accertare che nello stesso si stava svolgendo il confezionamento di abiti, alcuni dei quali già ultimati e pronti per l'immissione in commercio, altri in fase di lavorazione. In una parte attigua rispetto all'opificio, in una stanza di mt. 3x10, separata da una vetrata e da una porta in allumino, veniva tuttavia accertato che erano stati collocati rifiuti (scarti di tessuti) contenuti in n. 71 sacchi neri dal peso cadauno di circa 50 kg., per un totale di kg. 3.550,00. L'imputato, a fronte della specifica richiesta degli operanti, non era in grado di esibire i documenti la cui tenuta è obbligatoria ai sensi della normativa vigente, in particolare: 1) registro carico e scarico rifiuti; 2) regolare contratto di appalto di prelievo, smaltimento e recupero rifiuti stipulato con ditta specializzata (quello esibito risultava scaduto da oltre un anno, essendo stato stipulato in data 08.10.2019 e scaduto in data 07.10.2020); 3) recenti fatture e/o certificato CER afferenti al regolare smaltimento dei rifiuti effettuato nell'ultimo periodo (l'ultima fattura relativa al prelievo di rifiuti risaliva al 19.09.2020). In ragione di quanto emerso nel corso dell'accesso, i militari operanti procedevano al sequestro del locale e dei rifiuti tessili ivi rinvenuti, nominando l'imputato custode giudiziario degli stessi. Tanto premesso in punto di fatto, le risultanze dell'istruttoria dibattimentale non consentono di ritenere certamente dimostrata la realizzazione da parte dell'imputato di una condotta riconducibile alla fattispecie incriminatrice di cui all'art. 256 del T.U. Ambiente. In punto di diritto si osserva che in tema di gestione dei rifiuti, il reato cui all'art. 256, comma 2, D.Lgs. n. 152 del 2006, pur avendo in comune con l'illecito amministrativo previsto dall'art. 255, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 152 del 2006 le condotte di abbandono, deposito incontrollato e immissione, si trova con tale ultima norma in rapporto di specialità in ragione delle peculiari qualifiche soggettive rivestite dai suoi destinatari che possono essere solo i titolari di imprese o i responsabili di enti. (Cfr. Cass., pen., sez. III, 23.1.2020, n. 15324, fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la condanna del legale rappresentante di una società di demolizione che aveva collocato materiale qualificabile come rifiuti in un'area adiacente al capannone adibito a luogo di rottamazione). Tale differente incriminazione si giustifica in virtù del qualificato ruolo di responsabilità nella gestione dei rifiuti connesso alla loro attività, essendo invece prevista per i soggetti comuni la sola sanzione amministrativa ex art. 255, D.Lgs. n. 152 del 2006. (Cfr. Cass., pen., sez. III, 12.6.2008, n. 37282). Invero, l'illecito di cui al comma 2 dell'art. 256 D.Lgs. n. 152 del 2006 risulta strutturato come reato proprio e rappresenta il completamento ideale della fattispecie sanzionata in via amministrativa dall'art. 255 comma 1, il cui spettro applicativo abbraccia, invece, tutte le ipotesi in cui le medesime condotte delineate dal citato art. 256, comma 2, siano poste in essere da un qualunque soggetto privato. È evidente, quindi, che le peculiari qualifiche soggettive (art. 256 comma 2) rivestano nell'ambito della fattispecie in esame il ruolo di elemento specializzante rispetto alla ipotesi di cui al precedente art. 255 comma 1, che, peraltro, si apre proprio con la clausola di riserva "fatto salvo quanto disposto dall'art. 256, comma 2". Di tal che, qualora la condotta tipizzata sia posta in essere da un soggetto qualificato, il giudice dovrà procedere, in virtù del principio generale di cui all'art. 9 L. n. 689 del 1981, all'applicazione della norma penale, avente carattere di specialità rispetto a quella che prevede l'illecito amministrativo, infliggendo la sanzione penale alternativa dell'ammenda o dell'arresto, se trattasi di rifiuti non pericolosi, o congiunta se pericolosi. (Cfr. Cass., pen., sez. III, 22.2.2012, n. 11595). Nel caso di specie, la qualifica soggettiva richiesta dalla norma appare sussistente, in quanto l'imputato è risultato essere, sulla scorta del materiale probatorio acquisito, il titolare dell'omonima ditta individuale con sede legale in P. alla via S. n. 7. Ciò posto, giova sottolineare che, in tema di reati ambientali, la contravvenzione di deposito di rifiuti, prevista dal comma 2 dell'art. 256 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, ha natura permanente, perché la condotta riguarda un'ipotesi di deposito "controllabile" cui segue l'omessa rimozione nei tempi e nei modi previsti dell'art. 183, comma 1, lett. b), del d.lgs. citato, la cui antigiuridicità cessa con lo smaltimento, il recupero o l'eventuale sequestro; il reato di abbandono incontrollato di rifiuti ha invece natura istantanea con effetti permanenti, in quanto presuppone una volontà esclusivamente dismissiva dei rifiuti che, per la sua episodicità, esaurisce i propri effetti al momento della derelizione. (Cfr. Cass., pen., sez. III, 22.11.2017, n. 6999). Allorché il deposito degli stessi manchi dei requisiti fissati dall'art. 6, lett. m), D.Lgs. n. 22 del 1997 (ora art. 183 D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152) per essere qualificato quale temporaneo, si realizza a seconda dei casi: a) un abbandono ovvero un deposito incontrollato sanzionato, secondo i casi, dagli artt. 50 e 51, comma 2, del citato D.Lgs. n. 22 del 1997 (ora sostituiti dagli artt. 255 e 256, comma 2, D.Lgs. n. 152 del 2006); b) un deposito preliminare, necessitante della prescritta autorizzazione in quanto configura una forma di gestione dei rifiuti; c) una messa in riserva in attesa di recupero, anch'essa soggetta ad autorizzazione quale forma di gestione dei rifiuti. Per le ultime due ipotesi la mancanza di autorizzazione è sanzionata ex art. 51, comma 1, D.Lgs. n. 22 del 1997 (ora art. 256, comma 1, D.Lgs. n. 152 del 2006). (Cfr. Cass., pen., sez. III, 11.10.2006, n. 39544). In particolare, per quanto concerne l'ipotesi di cui alla lettera c), il reato di deposito incontrollato è integrato anche dalla violazione della normativa regolamentare sulla "messa in riserva" (D.M. 5 febbraio 1998, modificato dal D.M. 5 aprile 2006, n. 186), attesa l'esigenza di conservare separatamente i rifiuti dalle materie prime e dal prodotto finito. (Cfr. Cass. pen., sez. III, 29.1.2009, n. 9851, fattispecie di deposito incontrollato di rifiuti plastici, in parte ammassati all'interno di locali ed in parte esposti agli agenti atmosferici, stoccati unitamente a materiale semilavorato ed a prodotti finiti della lavorazione). Orbene, pacifica la natura di "rifiuto non pericoloso" dei materiali rinvenuti, trattandosi di scarti provenienti dalla lavorazione di tessuti, occorre inquadrare la fattispecie in una delle tre categorie previste in tema di deposito di rifiuti: deposito temporaneo, deposito preliminare, deposito incontrollato. La S.C. ha precisato che si ha deposito temporaneo, come tale lecito, quando i rifiuti sono raggruppati, in via temporanea ed alle condizioni previste dalla legge, nel luogo della loro produzione; si ha deposito preliminare o stoccaggio, che richiede l'autorizzazione o la comunicazione in procedura semplificata, quando non sono rispettate le condizioni previste dall'art. 6 lett. m) D.Lgs. n. 22 del 1997 (ora art. 183 D.Lgs. n. 152 del 2006) per il deposito temporaneo di rifiuti; si ha invece deposito incontrollato o abbandono di rifiuti, quando il raggruppamento di essi viene effettuato in luogo diverso da quello in cui i rifiuti sono prodotti, e fuori della sfera di controllo del produttore: tale ultima condotta è sanzionata penalmente, se posta in essere da soggetti titolari di impresa o da responsabili di enti, mentre è sanzionata in via amministrativa, quando sia effettuata da persone fisiche diverse da quelle precedentemente indicate. (Cass. Sez. F, n. 33791 del 21/08/2007 - dep. 03/09/2007, Cosenza e altri, Rv. 237585). In applicazione dei criteri suesposti, nella fattispecie in parola deve ritenersi configurata un'ipotesi di deposito temporaneo. Il deposito temporaneo, infatti, descritto dall'art. 183, lett. bb), D.Lgs. n. 152 del 2006, è il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo i cui gli stessi sono prodotti, non può riguardare rifiuti prodotti da terzi ma solo propri, deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche. Sono previsti, inoltre, limiti quantitativi (massimo 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi) e temporali (tre mesi ed un anno se la quantità massima annua prodotta non supera il limite quantitativo dei 30 metri cubi) entro i quali i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento. Tali limiti consentono al produttore di scegliere, in alternativa, di contenere il quantitativo di rifiuti entro un certo volume, superato il quale deve recuperarli o smaltirli, oppure di effettuare tali operazioni, indipendentemente dal quantitativo raggiunto, con cadenza trimestrale. In ogni caso, il deposito non può avere durata superiore ad un anno. L'osservanza di tutte le condizioni previste dalla legge per il deposito temporaneo solleva il produttore dagli obblighi previsti dal regime autorizzatorio delle attività di gestione. La giustificazione del minor rigore serbato dal legislatore con riguardo al deposito temporaneo deve, infatti, essere individuata nella circostanza che il rispetto dei limiti quantitativi e temporali (nonché delle altre condizioni di legge) garantisce un'adeguata tutela dell'ambiente poiché i rifiuti rimangono comunque nella sfera di controllo del produttore. Dalla disamina delle condizioni richieste dalla legge per il deposito temporaneo emerge che, nella fattispecie in parola, tale speciale disciplina debba trovare applicazione. Difatti, in assenza di elementi ulteriori forniti dalla pubblica accusa, non può ritenersi che nel caso di specie siano stati superati i limiti quantitativi (peraltro più elevati, trattandosi di rifiuti non pericolosi) entro i quali i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento. Nella documentazione in atti, invero, non vi è alcun riferimento al volume dei rifiuti ma solo al loro peso, dato questo irrilevante ai fini dell'applicazione della normativa in questione. Risulta altresì rispettata la condizione del raggruppamento dei rifiuti per categorie omogenee, appartenendo tutti i rifiuti rinvenuti nei locali dell'opificio alla stessa categoria degli scarti di attività tessile; invero, le contestazioni mosse dagli operanti attenevano unicamente al rispetto degli obblighi formali di tenuta della documentazione imposta dal T.U. ambiente Parimenti non può dirsi integrata la violazione dei limiti temporali entro i quali il produttore è tenuto a recuperare o smaltire i rifiuti. Al riguardo, va evidenziato che l'imputato esibiva una fattura relativa al prelievo di rifiuti del 19.09.2020, attestante il pregresso smaltimento di analoghe tipologie di rifiuti, ed un contratto di appalto, prelievo e smaltimento di rifiuti in precedenza stipulato con ditta autorizzata e scaduto in data 07.10.2020. Considerato che l'accesso dei militari avveniva in data 19.11.2021, dunque a distanza temporale di poco più di un anno dal pregresso smaltimento, non può escludersi (anche alla luce del principio del favor rei) che i rifiuti tessili rinvenuti nei locati dell'opificio fossero stati prodotti e depositati esclusivamente nei dodici mesi precedenti al sopralluogo e, dunque, che l'imputato, al momento dell'accertamento, fosse ancora in termini per procedere alle operazioni di recupero o di smaltimento. Del resto, la documentazione prodotta dalla difesa corrobora in pieno tale convincimento, dal momento che include fatture emesse in epoca antecedente e prossima all'accertamento; difesa che, del resto, ha rappresentato in sede di discussione l'esigenza, per gli operatori commerciali, di accorpare previamente una discreta mole di rifiuti prima del trasporto vero e proprio e ritualmente autorizzato: e tanto in ragione di costi e delle tariffe applicati. Tale giustificazione appare plausibile sia rispetto alla situazione di fatto constatata dagli operanti (sacchi ordinatamente disposti in un deposito dell'azienda, contenenti materiati omogenei identificati in scarti da lavorazione tessile) sia rispetto alle prove documentati acquisite, attestanti tutte la gestione dell'attività di impresa condotta dall'imputato nel pieno rispetto della legge. Appare degna di nota, inoltre, la circostanza che il prevenuto, successivamente all'accertamento, abbia proceduto alla rimozione ed allo smaltimento dei rifiuti in conformità alla normativa vigente tramite ditta autorizzata ((...) S.r.l., come accertato dai militari della Guardia di Finanza con verbale in atti del 8.04.2022). Da tali risultanze, quindi, è possibile dedurre che i rifiuti in parola integrino un "deposito temporaneo", da intendersi come raggruppamento di rifiuti effettuati nel luogo della loro produzione, prima della raccolta. Alla stregua delle considerazioni che precedono, deve dunque ritenersi che la condotta posta in essere dall'imputato non possa integrare l'elemento materiale del reato a lui contestato. Pertanto, non è possibile pervenire ad una affermazione della penale responsabilità del prevenuto, che deve essere mandato assolto perché il fatto non sussiste. Va infine disposto il dissequestro dell'area ove la stessa fosse ancora soggetta a vincolo di indisponibilità. P.Q.M. Letti gli artt. 438 e 530, comma 2, c.p.p. assolve (...) dal reato a lui ascritto in rubrica perché il fatto non sussiste. Dispone il dissequestro di quanto ancora eventualmente sottoposto a vincolo di indisponibilità. Motivi contestuali. Così deciso in Torre Annunziata il 29 marzo 2023. Depositata in Cancelleria il 29 marzo 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quinta ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 9594 del 2022, proposto da Formez Pa, Commissione Interministeriale Ripam, Presidenza del Consiglio dei Ministri- Dipartimento per la funzione pubblica, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (...); contro Consorzio Di., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Da. Li., Fr. Sb., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Da. Li. in Roma, via (...); Dr. s.r.l., non costituita in giudizio; Fi. Ro. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Pa. Fr., Ca. Me., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Er. s.p.a. e Me. s.r.l., in persona dei legali rappresentanti pro-tempore, rappresentate e difese dagli avvocati An. Cl., Do. Gr., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio An. Cl. in Roma, via (...); per la riforma della sentenza in forma semplificata del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Prima n. 14938/2022, resa tra le parti. Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Consorzio Di., della Fi. Ro. s.r.l., di Er. s.p.a. e di Me. s.r.l.; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 marzo 2023 il Cons. Giuseppina Luciana Barreca e uditi per le parti gli avvocati Sb., Gr., l'avvocato dello Stato Ad., e Ca. per delega di Fr.; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha accolto il ricorso proposto dalle società Er. s.p.a. e Me. s.r.l. contro Formez PA - Centro Servizi, Assistenza, Studi e Formazione per l'Ammodernamento delle p.a. e Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica e nei confronti del Consorzio Di., per l'annullamento del bando di gara pubblicato sulla GUUE il 6 luglio 2022 e sulla GURI n. 79 dell'8 luglio 2022, con cui Formez PA ha indetto una procedura aperta per l'affidamento del servizio integrato (global service) per l'organizzazione di concorsi pubblici da espletare sul territorio nazionale, nonché per l'annullamento di tutti gli atti di gara e in particolare del disciplinare di gara e del capitolato tecnico e, ancora, del protocollo del 15 aprile 2021 del Dipartimento della funzione pubblica, oltre che dell'aggiudicazione al Consorzio Di. e degli atti precedenti e successivi, tra cui le comunicazioni di esecuzione anticipata e la comunicazione di conclusione delle verifiche di legge. 1.1. Il tribunale ha respinto l'eccezione preliminare di difetto di legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio - Dipartimento della funzione pubblica. 1.2. Nel Me., ha dato atto che col primo motivo di ricorso (rubricato: Violazione degli artt. 3, 41 e 97 della Costituzione; degli artt. 29, 30, 32, 63, 72, 76, 79 e 83 del d.lgs. 50/2016; del nuovo Protocollo per lo svolgimento di concorsi pubblici di cui all'ordinanza del 20.5.2022 del Ministero della salute; degli artt. 1 e 3 della legge 241/1990; del d.lgs. 33/2013; del principio di libera concorrenza e di massima partecipazione, trasparenza, proporzionalità, par condicio e non discriminazione; eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà e violazione del principio di proporzionalità, irragionevolezza, difetto d'istruttoria e di motivazione, travisamento, sviamento, ingiustizia manifesta) le ricorrenti avevano lamentato che la disciplina di gara sarebbe stata preordinata a risolversi in favore dell'unico soggetto che si sarebbe potuto aggiudicare la procedura così come congegnata dal Formez, in quanto impostata su requisiti di partecipazione del tutto sproporzionati e inconferenti rispetto alle prestazioni oggetto dell'appalto e non previsti "così dettagliatamente e specificatamente da alcuna normativa vigente (neppure da quella anticontagio COVID), anzi in contrasto con la stessa normativa anticovid e, precisamente, con il nuovo Protocollo per lo svolgimento di concorsi pubblici di cui all'Ordinanza 20 maggio 2022 del Ministero della salute". 1.2.1. Decidendo sul detto motivo, nonché sui motivi aggiunti correlati, il tribunale ha premesso che le ricorrenti avevano puntualmente indicato quelli tra i requisiti di partecipazione che, a loro avviso, avrebbero determinato "per un verso, l'impossibilità di presentare un'offerta" e, per altro verso, "l'effetto di individuare quale aggiudicatario il Consorzio controinteressato (com'è, peraltro, avvenuto a fronte della ricezione di un'unica offerta)". 1.2.2. I requisiti oggetto di contestazione erano quelli richiesti dal capitolato tecnico al punto 1.1. nn. 2, 5 e 6, in cui si era previsto che "I comprensori immobiliari destinati a sede concorsuale (o aree concorsuali) dovranno, oltre che assicurare l'integrale applicazione di tutte le iniziative e delle misure necessarie ai sensi della normativa in tema di sicurezza e salute sul luogo di lavoro, avere i seguenti requisiti: (...) 2. Essere ubicati fuori dai centri urbani; (...) 5. una superficie complessiva adeguata al numero di candidati convocati per ogni regione; lo svolgimento delle prove avverrà in aule concorsuali attigue tra loro e poste in un unico piano fuori terra e, altresì, collegate tra loro e con adeguata areazione naturale (compatibilmente con le condizioni climatiche esterne); 6. altezza minima delle aule concorsuali non inferiore a 6 metri". Detti requisiti trovavano corrispondenza, secondo le ricorrenti, in quella che indicavano come appendice tecnica di un "protocollo" del 15 aprile 2021, contestualmente impugnato. 1.3. Tenuto conto delle previsioni del disciplinare di gara e del punto 1.1. del capitolato tecnico riportate in sentenza, il tribunale ha ritenuto "l'assenza di vincolatività dei 'requisiti delle aree concorsualà previsti nell'appendice del Protocollo del 15.4.2021". Ha quindi affermato che il "protocollo" che l'amministrazione ha reputato vincolante costituiva una direttiva tecnica che la stessa amministrazione aveva riformato mediante l'adozione del "nuovo" Protocollo di cui all'ordinanza del Ministro della salute del 25 maggio 2022, mancante delle specificazioni dei requisiti dimensionali che, in definitiva, avevano precluso la partecipazione delle ricorrenti. Di qui la condivisione dell'assunto di queste ultime in Me. all'assoluto difetto di istruttoria e di motivazione sull'individuazione "di questi nuovi criteri arbitrari non individuati dal CTS, ma spontaneamente dal Dipartimento della Funzione pubblica e dal Formez (come palesa l'illegittimo e impugnato Protocollo interno del 15 aprile 2021) senza dare alcuna evidenza scientifica o di altro tipo circa la loro impellente necessità e infungibilità " (come detto in sentenza, riportando la censura di cui al ricorso introduttivo). 1.4. Il tribunale ha perciò annullato l'aggiudicazione disposta in data 13 settembre 2022. Non è stata invece accolta la domanda di dichiarazione di inefficacia del contratto stipulato con il Consorzio Di., in considerazione dell'interesse correlato alla necessità di espletare le procedure concorsuali già programmate (come dimostrato dallo stato di esecuzione dell'affidamento), nonché dell'impossibilità delle ricorrenti di conseguire l'aggiudicazione, non avendo presentato domanda di partecipazione. 1.4.1. I restanti motivi del ricorso introduttivo e i motivi aggiunti di cui al ricorso depositato il 7 ottobre 2022 sono rimasti sostanzialmente assorbiti; i motivi aggiunti di cui al ricorso depositato il 27 ottobre 2022 sono stati dichiarati improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse. 1.4.2. Le spese processuali sono state compensate per la complessità delle questioni esaminate. 2. Il Formez PA e la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica hanno proposto appello con tre motivi. Il Consorzio Di. e la Fi. Ro. s.r.l. si sono costituiti prestando adesione all'appello. Il Consorzio ha riproposto, ai sensi dell'art. 101, comma 2, c.p.a., le difese e le eccezioni non esaminate in sentenza. La Fi. Ro. ha precisato di essersi tardivamente costituita in primo grado, dopo che la causa era stata riservata per la decisione con sentenza in forma semplificata all'esito dell'udienza camerale, poiché non era a conoscenza di tale riserva di decisione. Le società ricorrenti in primo grado, Er. e Me., si sono costituite per resistere all'appello ed hanno riproposto con la memoria di costituzione notificata i motivi assorbiti e quelli dichiarati improcedibili in primo grado, sia ai sensi dell'art. 101, comma 2, c.p.a., sia, ove ritenuto necessario, con appello incidentale. 2.1. All'udienza del 2 marzo 2023 la causa è stata discussa e assegnata a sentenza, previo deposito di memoria delle società appellate Er. e Me. (con la quale hanno proposto eccezione di inammissibilità dell'appello per difetto di interesse e per difetto di specificità dell'impugnazione) e di memorie di replica degli appellanti Formez e Presidenza del Consiglio - DFP. Il Consorzio Di. e la Fi. Ro. hanno depositato, a loro volta, memorie e repliche. 3. Vanno preliminarmente esaminate le eccezioni di inammissibilità dell'appello. 3.1. Con la prima si deduce la carenza di interesse al gravame perché dalla documentazione versata in atti dall'amministrazione si evince che questa ha redatto ed indetto una nuova procedura di gara che "ha tenuto conto dei principi prescritti dal TAR" e che si è conclusa in pendenza del presente appello. Pertanto, non avendo tempestivamente impugnato la sentenza e non avendone chiesto la sospensione dell'esecutività, ma avendo anzi indetto tale nuova procedura di gara, l'amministrazione avrebbe mostrato "acquiescenza" alla decisione di primo grado. 3.1.1. L'eccezione è infondata. La Presidenza del Consiglio - Dipartimento della funzione pubblica ed il Formez PA non avevano interesse a richiedere in via cautelare la sospensione dell'esecutività della sentenza di primo grado, considerato il rigetto della domanda di dichiarazione di inefficacia del contratto, che ha consentito l'esecuzione completa del servizio oggetto dell'affidamento. Di qui anche, contrariamente a quanto assumono le società appellate, la totale carenza di interesse all'impugnazione in capo al Consorzio Di., che ha regolarmente eseguito l'appalto oggetto di gara. La pubblicazione di una nuova procedura di affidamento da parte di Formez non attiene infatti alla rinnovazione della procedura oggetto del presente giudizio, ma ad altra analoga, relativa all'organizzazione di altri concorsi pubblici nell'anno 2023. Il dato di fatto è sufficiente ad escludere che si possa configurare la denunciata "acquiescenza" dell'amministrazione alle statuizioni della sentenza di primo grado. L'appello è volto a sostenere la legittimità dell'azione amministrativa nell'indizione della procedura di gara contestata dalle ricorrenti ed è in re ipsa l'interesse all'impugnazione della sentenza favorevole a queste ultime, se non altro al fine di scongiurarne l'azione risarcitoria. 3.2. Con la seconda eccezione si deduce la mancata specifica impugnazione di tutti i capi della sentenza, con conseguente genericità dell'impugnazione e violazione degli artt. 101 e 40 c.p.a. In particolare, secondo le società ricorrenti in primo grado, sarebbe mancata la critica specifica dell'affermazione del tribunale in punto di difetto di istruttoria e di motivazione sui requisiti di partecipazione contestati. 3.2.1. L'eccezione è infondata. La lettura del ricorso in appello non lascia alcun margine di dubbio sulla critica rivolta a tutti i punti e capi della decisione impugnata. In particolare, il secondo e il terzo motivo d'appello attengono proprio alla netta, ma sintetica, affermazione del primo giudice di accoglimento della censura delle ricorrenti di carenza di istruttoria e di motivazione in ordine ai requisiti di partecipazione contestati. Per come si dirà nel prosieguo, gli appellanti hanno svolto ampie argomentazioni volte a censurare la ratio decidendi della sentenza appellata, esclusivamente basata sull'asserito contrasto tra il capitolato tecnico e l'ordinanza ministeriale del 25 maggio 2022. Ogni altra deduzione di parte appellata - in specie riguardo alla mancata dimostrazione da parte appellante di un'effettiva attività istruttoria propedeutica all'individuazione delle specifiche tecniche e riguardo alla mancanza di motivazione in ordine alla ragionevolezza e congruità delle specifiche imposte dalla legge di gara - attiene al Me. della controversia ed è estranea alla previsione dell'art. 101, comma 1, c.p.a.. 3.3. Pertanto l'appello è ammissibile, dovendo essere respinte le eccezioni sollevate dalle società appellate. 4. Col primo motivo di gravame si censura la sentenza nella parte in cui ha giudicato illegittima la scelta delle amministrazioni di indicare negli atti di gara come "requisiti delle aree concorsuali" i medesimi requisiti di cui al "protocollo interno" del 15 aprile 2021 (quali riportati nell'appendice tecnica), poiché il tribunale ha ritenuto che tale "protocollo" fosse stato sostituito dal "nuovo" Protocollo per lo svolgimento dei concorsi pubblici, emanato dal Ministro della salute, con ordinanza del 25 maggio 2022, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 126 del 31 maggio 2022, e che l'entrata in vigore dell'ordinanza avrebbe privato di "vincolatività " quanto previsto nell'appendice al "protocollo" del 15 aprile 2021. Gli appellanti sostengono che la statuizione è il risultato di un errore logico-sistematico in relazione alla natura, titolarità e portata degli atti citati in sentenza. Il motivo è fondato. 4.1. Il contenuto e la successione degli atti rilevanti ai fini della decisione vanno ricostruiti come segue. 4.1.1. A causa della nota emergenza sanitaria determinata dalla diffusione del virus COVID-19, con D.P.C.M. 14 gennaio 2021, art. 1 (Misure urgenti di contenimento del contagio sull'intero territorio nazionale), comma 10, lett. z) era sospeso lo svolgimento delle prove preselettive e scritte delle procedure concorsuali pubbliche, con eccezione di quelle ivi indicate, con la precisazione che le prove selettive dei concorsi banditi dalle pubbliche amministrazioni si sarebbero potute tenere "previa adozione di protocolli adottati dal Dipartimento della funzione pubblica e validati dal Comitato tecnico-scientifico di cui all'articolo 2 dell'ordinanza 3 febbraio 2020, n. 630 del Capo del Dipartimento della Protezione civile". Ai sensi di tale disposizione, era adottato un protocollo del Dipartimento della funzione pubblica del 3 febbraio 2021, validato dal Comitato tecnico scientifico (CTS). In seguito, con decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, successivamente convertito con modificazioni dalla legge 28 maggio 2021, n. 76, all'articolo 10, comma 9, veniva disposto che dal 3 maggio 2021 era consentito lo svolgimento delle procedure selettive "in presenza" dei concorsi banditi dalle pubbliche amministrazioni nel rispetto di linee guida validate dal Comitato tecnico-scientifico di cui all'ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile 3 febbraio 2020, n. 630, e successive modificazioni. Risulta dagli atti che, in attuazione di tale previsione del decreto legge, all'epoca in corso di conversione, nonché tenendo conto dei Protocolli già emanati in forza dei precedenti D.P.C.M.: - con nota della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica prot. DFP 0025239-P del 15 aprile 2021, rivolta a tutte le amministrazioni pubbliche, era diffuso il Protocollo per lo svolgimento dei concorsi pubblici, esaminato e validato dal Comitato tecnico scientifico nella seduta del 29 marzo 2021, recante la disciplina delle "modalità di organizzazione e gestione delle prove selettive delle procedure concorsuali pubbliche tali da consentirne lo svolgimento in presenza in condizioni di sicurezza rispetto al rischio di contagio da COVID-19", con l'obiettivo di "fornire indicazioni volte alla prevenzione e protezione dal rischio di contagio da COVID-19 nell'organizzazione e la gestione delle prove dei concorsi banditi dalle pubbliche amministrazioni"; - in pari data (15 aprile 2021), era diffuso un altro atto dello stesso Dipartimento della funzione pubblica (prot. DFP 0025080-P), avente come unico destinatario il Formez, recante, in "appendice", le specifiche tecniche elaborate dai competenti uffici del Dipartimento, che avrebbero dovuto essere previste negli atti di gara per l'affidamento del servizio di global service per l'organizzazione dei concorsi pubblici. 4.1.2. Successivamente, col decreto legge 30 aprile 2022, n. 36 (Ulteriori misure urgenti per l'attuazione per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza - PNRR), entrato in vigore il 1° maggio 2022 e convertito con modificazioni dalla legge 29 giugno 2022, n. 79, all'art. 3 (Riforma delle procedure di reclutamento del personale delle pubbliche amministrazioni), sono state, tra l'altro, riformate le previsioni in tema di protocolli per lo svolgimento dei concorsi pubblici. In particolare, il citato art. 3, comma 7, ha disposto che competente ad aggiornare i protocolli per lo svolgimento dei concorsi pubblici in condizioni di sicurezza sarebbe stato, per il futuro, il Ministro della salute, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione, avvalendosi del potere di ordinanza "in materia di ingressi nel territorio nazionale e per la adozione di linee guida e protocolli connessi alla pandemia di Covid-19" di cui all'art. 10 bis del d.l. n. 52 del 2021, convertito dalla legge n. 87 del 2021. In attuazione di tale normativa sopravvenuta, è stato approvato il nuovo Protocollo per lo svolgimento dei concorsi pubblici di cui all'ordinanza del Ministro della salute del 25 maggio 2022, adottata su proposta del Ministro della pubblica amministrazione (pubblicata nella G.U. Serie Generale n. 126 del 31 maggio 2022). 4.2. L'ordinanza richiama in premessa il "Protocollo per lo svolgimento dei concorsi pubblici" emanato il 15 aprile 2021 dal Dipartimento della funzione pubblica e all'art. 1 ne prevede la sostituzione col documento recante la medesima denominazione ("Protocollo per lo svolgimento dei concorsi pubblici") parte integrante dell'ordinanza ministeriale. Il Protocollo richiamato nell'ordinanza del 25 maggio 2022 è quello di cui alla nota prot. DFP 0025239-P del 15 aprile 2021, avente appunto la denominazione di cui sopra ed indirizzato, così come l'ordinanza, a tutte le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Risulta con ciò smentito per tabulas quanto affermato in sentenza sul fatto che l'amministrazione (vale a dire, il Formez), nel recepire negli atti di gara le indicazioni della precedente nota prot. n. 0025080-P, avrebbe ritenuto ancora vincolante "una direttiva tecnica che la stessa Amministrazione ha riformato". La "riforma" (o meglio la sostituzione) ha direttamente riguardato il Protocollo per lo svolgimento dei concorsi pubblici di cui alla nota DFP 0025239-P del 15 aprile 2021. Per come si evince dal confronto, contenuto nella sentenza, tra i requisiti prescritti dall'ordinanza del 25 maggio 2022 e quelli prescritti dalla nota DFP 0025080 del 15 aprile 2021, il tribunale sembra, invece, avere riferito l'effetto sostitutivo espressamente disposto dall'ordinanza del Ministro della salute alla nota indirizzata al Formez piuttosto che al Protocollo di cui alla nota prot. n. 0025239-P. Conferma di ciò si rinviene nel fatto che quest'ultima, indirizzata invece a tutte le amministrazioni, non è mai citata in sentenza, né con l'indicazione del numero di protocollo, né con la specificazione del titolo o dei contenuti. 4.3. Chiariti i fatti, occorre comunque verificare se - in disparte le dette imprecisioni della sentenza - l'entrata in vigore dell'ordinanza del Ministro della salute del 25 maggio 2022, per di più richiamata al punto 1.1. del capitolato tecnico, abbia comunque potuto avere l'effetto di privare di "vincolatività " i "requisiti delle aree concorsuali" previsti nell'appendice della nota prot. n. 0025080 del 15 aprile 2021, tanto da rendere illegittimi gli atti di gara che quei requisiti richiedevano per la partecipazione alla procedura aperta indetta con bando pubblicato nel luglio 2022. 4.3.1. In proposito è corretta la deduzione degli appellanti che la nota del Dipartimento della funzione pubblica n. 25239-P del 15 aprile 2021 e l'ordinanza del Ministro della salute del 25 maggio 2022 sono atti amministrativi generali che hanno il medesimo contenuto, cioè la disciplina di massima delle modalità di organizzazione e di gestione delle prove selettive pubbliche, ed il medesimo obiettivo di fornire indicazioni di massima volte alla prevenzione e protezione del rischio di contagio da Covid - 19 nello svolgimento di tali prove. In sintesi, entrambe contengono il Protocollo per lo svolgimento dei concorsi pubblici, previsto, in via generale per le pubbliche amministrazioni, dalla normativa vigente nei diversi periodi, sopra specificata. 4.3.2. Invece, la nota del Dipartimento della funzione pubblica n. 25080-P, pur se indicata negli scritti di causa come "protocollo", non reca questa denominazione né nell'oggetto (genericamente individuato come "Svolgimento dei concorsi pubblici") né nella parte espositiva o nell'appendice. Piuttosto, la nota diretta al Formez, dopo avere richiamato il Protocollo per lo svolgimento dei concorsi pubblici, operante in via generale, è finalizzata a richiedere all'Istituto di procedere all'acquisizione del global service ivi descritto, conformemente alla normativa vigente in tema di contratti pubblici, "secondo le specifiche tecniche, sviluppate in base all'esperienza dei nostri (n. d.r. del Dipartimento della funzione pubblica) Uffici e contenute nell'Appendice allegata". Si tratta di un atto, tutt'al più applicativo del primo Protocollo del 15 aprile 2021, ma avente la (diversa) finalità di stabilire i requisiti tecnici da assicurare da parte degli operatori economici aspiranti agli affidamenti che il Formez avrebbe dovuto bandire in relazione ai concorsi da organizzare per conto del Dipartimento della funzione pubblica. 4.4. Operando su due piani distinti, è da escludere che l'adozione del nuovo Protocollo del Ministro della salute del maggio 2022 abbia reso, di per sé, "non vincolanti" le specifiche tecniche contenute nell'appendice alla nota del DFP del 15 aprile 2021, n. 25080-P. In proposito valgano le considerazioni di cui appresso. 4.4.1. In linea di principio, il rapporto tra previsioni generali e previsioni di dettaglio richiede che queste ultime avrebbero dovuto essere coerenti con le prime. Tale coerenza imponeva che, nell'organizzazione dei concorsi pubblici, dovessero essere assicurate quanto meno le condizioni minime di sicurezza dettate dall'atto generale, cioè dal Protocollo per lo svolgimento dei concorsi pubblici, via via vigente, ma non comportava affatto il divieto di prevedere, per la partecipazione alla gara per l'affidamento del relativo servizio (global service), delle specifiche tecniche più stringenti, purché adeguate e proporzionate all'oggetto dell'appalto. Ribadito il costante insegnamento giurisprudenziale per il quale l'individuazione dei requisiti di partecipazione alle procedure di evidenza pubblica è attività ampiamente discrezionale, ne va tratta la conseguenza che se è vero che, di regola, la stazione appaltante è libera di imporre requisiti più severi anche di quelli previsti per via normativa, legislativa o regolamentare (così, di recente, Cons. Stato, V, 15 novembre 2022, n. 10020), a maggior ragione deve ritenersi che i detti requisiti possano essere più puntuali e anche più rigorosi di quelli contenuti in protocolli amministrativi a contenuto tecnico, sempreché, nell'adozione di tali più stringenti specifiche tecniche, finalizzate al raggiungimento dei medesimi obiettivi di protezione sanitaria previsti dal protocollo generale, siano rispettati i principi di proporzionalità e ragionevolezza. Pertanto, nel caso di specie, non solo è da ritenersi che fosse rimessa al Formez la previsione di requisiti di partecipazione volti ad assicurare condizioni di sicurezza sanitaria in linea con quelle fissate dal Protocollo ministeriale, ma deve altresì escludersi che i contenuti di quest'ultimo costituiscano un parametro di giudizio della proporzionalità e della ragionevolezza dei requisiti di partecipazione richiesti in concreto, tale cioè da doversi considerare sproporzionate o irragionevoli le specifiche tecniche indicate in capitolato solo perché più stringenti di quelle contemplate nel Protocollo per lo svolgimento dei concorsi pubblici in generale. Nel settore dei servizi di organizzazione dei concorsi pubblici, ferma restando l'ampia discrezionalità dell'amministrazione appaltante, il sindacato di legittimità sui requisiti di partecipazione non può prescindere dalla valutazione della tipologia e del numero dei concorsi programmati, del numero dei potenziali candidati, dei tempi di espletamento delle prove selettive, oltre che, ovviamente, nello specifico, dell'andamento della situazione epidemiologica da Covid-19. 4.4.2. La legge di gara è stata congegnata dal Formez in modo da rispettare il rapporto tra gli atti amministrativi come sopra delineato. In osservanza di quanto previsto dall'art. 68, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016 ("Le specifiche tecniche indicate al punto 1 dell'allegato XIII sono inserite nei documenti di gara e definiscono le caratteristiche previste per lavori, servizi o forniture"), il disciplinare di gara ha infatti precisato che le forniture e i servizi oggetto dell'affidamento "presentano caratteristiche standardizzate di prestazione e sono per loro natura strettamente vincolate a precisi e inderogabili standard tecnici. Tali standard tecnici sono stati determinati a priori nel capitolato tecnico. Il parametro per l'applicazione del criterio del minor prezzo sarà costituito dal costo complessivo della postazione costituito dalla somma dei costi unitari a giornata di una postazione comprensivo dei costi di tutti i servizi di cui al capitolato tecnico articolato per sede unica e su più sedi". Il capitolato tecnico (che, l'art. 23, comma 15, del d.lgs. n. 50 del 2016, per i servizi, qualifica come "descrittivo e prestazionale, comprendente le specifiche tecniche, l'indicazione dei requisiti minimi che le offerte devono comunque garantire (...)") al punto 1.1., ha poi previsto che "Al fine di consentire lo svolgimento in sicurezza dei concorsi pubblici da parte delle Amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e s.m.i., gli stessi devono svolgersi nel rispetto del nuovo Protocollo per lo svolgimento dei concorsi pubblici emanato con ordinanza del 25 maggio 2022 del Ministro della salute - pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 126 del 31-5-2022 - che sostituisce il Protocollo del 15 aprile 2021 del Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri.". La lettura combinata di dette previsioni, riportate in sentenza, non conduce affatto ad affermare la prevalenza del Protocollo di cui all'ordinanza ministeriale, bensì la necessità del rispetto delle indicazioni da questa fornite per la prevenzione e protezione del rischio di contagio da Covid-19 nell'organizzazione e nella gestione delle prove concorsuali. Nel predisporre il capitolato di gara Formez si sarebbe perciò dovuta attenere a tali indicazioni, ferma restando la discrezionalità nella definizione delle caratteristiche tecniche richieste, di cui al già menzionato art. 68, comma 1, del codice dei contratti pubblici, che limita la discrezionalità della stazione appaltante stabilendo che esse debbano essere collegate all'oggetto dell'appalto e proporzionate al suo valore e ai suoi obiettivi. 4.5. Dal momento che Formez ha sostanzialmente ribadito i requisiti tecnici fissati nella nota prot. n. 25080-P del 15 aprile 2021 (salvo qualche modifica non rilevante ai fini della decisione), la sentenza di primo grado si sarebbe dovuta occupare di tali requisiti organizzativi e prestazionali, entrando nel Me. dell'attività della stazione appaltante nella predisposizione del capitolato tecnico e nel Me. del suo contenuto, l'una e l'altro specificamente censurati dalle ricorrenti. L'erroneo riferimento alla sola ordinanza ministeriale del maggio 2022 vizia la decisione e comporta l'accoglimento del primo motivo di appello. 5. Col secondo motivo si censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto le scelte dell'amministrazione carenti di attività istruttoria e di motivazione, solo perché le specifiche tecniche imposte dal capitolato di gara non coincidevano con le indicazioni di massima dell'ordinanza ministeriale. Il motivo, per quanto detto sopra, è fondato e va accolto. 5.1. Analogamente è a dirsi per il terzo motivo di appello col quale si censura la mancata valutazione, da parte del primo giudice, della fondatezza, proporzionalità e ragionevolezza dei requisiti richiesti e contestati dalle società ricorrenti in prime cure. 5.2. L'accoglimento di entrambi i motivi di gravame comporta tuttavia che vadano esaminate le corrispondenti censure di queste ultime società, così come riproposte col primo dei motivi di cui alla memoria di costituzione del 16 dicembre 2022. 6. Va detto, in primo luogo, della censura di carenza di istruttoria e di motivazione, perché, secondo le ricorrenti originarie, i contestati requisiti urbanistici e strutturali delle aule di concorso sarebbero stati imposti dal Dipartimento della funzione pubblica senza alcuna istruttoria, senza preventiva validazione da parte del Comitato tecnico scientifico e senza dare evidenza scientifica o di altro tipo circa la loro impellente necessità e infungibilità . 6.1. In altro giudizio tra le stesse parti (iscritto in appello col n. 10230/21 r.g.), riguardante una diversa procedura di gara per la quale erano richiesti gli stessi requisiti qui contestati, questa Sezione V, con ordinanza collegiale del 3 agosto 2022 n. 6812, ha disposto attività istruttoria, al fine di ottenere chiarimenti ed informazioni, tra le altre, sulle seguenti circostanze: l'attività istruttoria che ha preceduto l'elaborazione del protocollo DFP n. 25080 del 15 aprile 2021, anche riguardo ad eventuali interlocuzioni intrattenute con organi ausiliari, ivi compreso il CTS, e la specifica valutazione, nel contesto di detta attività istruttoria, delle ragioni giustificatrici dei requisiti imposti, in riferimento sia alla situazione pandemica contingente che alle esigenze dell'amministrazione riguardanti il concorso de quo. Nel primo grado del presente giudizio è stata prodotta la relazione istruttoria redatta dal Dipartimento della funzione pubblica in esecuzione di detta ordinanza. La relazione istruttoria ha chiarito il contesto nel quale è stato adottato il Protocollo n. 25239 del 15 aprile 2021, evidenziando come sia stato predisposto sulla base di "costanti interlocuzioni" con il Comitato Tecnico Scientifico (CTS) e come il "protocollo" di cui alla nota n. 25080 ne abbia costituito una specificazione e sia stato destinato al Formez perché istituto organizzatore dei concorsi. Le critiche delle società ricorrenti secondo cui il protocollo n. 25080 non sarebbe stato preceduto da adeguata istruttoria non colgono nel segno perché tendono a parcellizzare l'attività istruttoria complessiva che ha condotto le amministrazioni interessate all'adozione dei due atti, aventi le caratteristiche sopra ampiamente descritte. L'adozione della nota di cui al prot. n. 25080 del 15 aprile 2021 da parte del Servizio per l'organizzazione e la logistica del Dipartimento della funzione pubblica costituisce sviluppo e puntualizzazione delle previsioni generali del Protocollo, da parte dell'unità organizzativa competente a dettare i requisiti specifici e dettagliati per il corretto svolgimento delle procedure concorsuali. Per la predisposizione di tali specifiche tecniche non era necessario il compimento di un'ulteriore istruttoria con il coinvolgimento di altri organi od uffici, considerate le competenze, tecniche giuridiche ed amministrative, del Servizio che le ha elaborate. 6.2. Resta pertanto da verificare se le specifiche di gara, già inserite negli atti di gara delle procedure indette nell'anno 2021 e nei primi mesi dell'anno 2022, avrebbero dovuto essere modificate perché era frattanto entrato in vigore il "nuovo" Protocollo ministeriale. Orbene, dal confronto tra il Protocollo di cui alla nota del DFP 25239-P del 15 aprile 2021 ed il Protocollo di cui all'ordinanza ministeriale del 25 maggio 2022 si evince che sono rimasti invariati i "requisiti delle aree concorsuali" (disponibilità di un'adeguata viabilità e di trasporto pubblico locale; dotazione di ingressi riservati ai candidati, distinti e separati tra loro per consentirne il diradamento, in entrata e in uscita dall'area; disponibilità di aree riservate al parcheggio dei candidati con particolari esigenze - portatori di handicap, immunodepressi etc.; disponibilità di sufficiente area interna con adeguata areazione naturale - compatibilmente con le condizioni climatiche esterne), a cui fanno capo le contestate specifiche tecniche della necessaria ubicazione fuori dai centri urbani, nonché della superficie complessiva adeguata al numero dei candidati convocati per ogni regione e dello svolgimento delle prove in aule concorsuali attigue tra loro e poste in unico piano fuori terra e, altresì, collegate tra loro. Inoltre, i "requisiti dimensionali delle aule" sono stati modificati dal "nuovo" Protocollo soltanto per il necessario rispetto della distanza interpersonale di 1 metro, in luogo della misura di metri 2,25 precedentemente prevista, essendo rimaste identiche le indicazioni (permettere un elevato livello di aerazione naturale, anche alternandosi con aerazione meccanica; garantire volumetrie minime di ricambio d'aria per candidato) a cui fa capo il requisito contestato relativo alla altezza minima delle aule concorsuali non inferiore a 6 metri. Risulta evidente che - se si fa eccezione per la riduzione della distanza interpersonale di sicurezza e quindi della misura di distanziamento tra le postazioni operative e l'area di transito (recepita nel capitolato tecnico) - sono rimaste immutate le regole minime di tutela sanitaria, alle quali il DFP, prima, ed il Formez, poi, si sono riferiti per elaborare le specifiche tecniche della nota prot. n. 25080-P e dei diversi capitolati di gara, ferme restando peraltro, all'epoca dell'ordinanza ministeriale (maggio 2022) e della predisposizione del bando di gara (giugno 2022), l'imprevedibilità dell'evoluzione della situazione epidemiologica (secondo quanto dato atto nella stessa ordinanza, a valere quanto meno fino al dicembre 2022) e la permanente obbligatorietà di alcune delle misure di prevenzione (uso di mascherine, igiene delle mani, areazione dei locali, limitazione degli assembramenti, pur essendo venuto meno l'obbligo del tampone negativo al Covid - 19, la verifica del c.d. green pass e della temperatura corporea). 6.2.1. A ciò si aggiunga che, come sottolineano le appellanti e le parti controinteressate Consorzio Di. e Fi. Ro., l'esperienza maturata nei mesi precedenti nell'organizzazione di moltissimi concorsi (dei quali sono stati depositati gli atti già nel primo grado di giudizio) aveva dimostrato l'utilità delle misure messe in atto non solo per limitare i rischi di contagio, ma anche per svolgere le prove concorsuali garantendo efficienza organizzativa e tempestività dei risultati. Questi ultimi obiettivi risultano vieppiù rilevanti dopo l'entrata in vigore della normativa di cui al d.l. n. 36 del 30 aprile 2022, contenente "Ulteriori misure urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)", tra cui la conferma dell'impianto organizzativo delle procedure di selezione nelle pubbliche amministrazioni dell'anno precedente (concorsi RIPAM di rilievo nazionale, cioè concorsi per la RIqualificazione della Pubblica AMministrazione, per la gran parte molto partecipati; la diffusione della digitalizzazione integrata; la semplificazione delle procedure e la riduzione della loro durata; l'assistenza del DFP e/o del Formez; la tendenziale identità delle procedure concorsuali indette dalle diverse amministrazioni) anche in vista dell'attuazione del PNRR. 6.3. Alla stregua di quanto sopra Formez PA ha trasmesso con nota del 21 giugno 2022 il capitolato tecnico qui in contestazione con il relativo documento esplicativo al Dipartimento della funzione pubblica, senza che si possa dire essere mancata adeguata attività istruttoria o che i requisiti richiesti ivi indicati fossero contrastanti con le previsioni dettate dal Protocollo del Ministero della salute. Va perciò escluso che le previsioni del capitolato di gara oggetto del ricorso di primo grado fossero abnormi già solo per le modalità di elaborazione, così come sostenuto dalle società ricorrenti in primo grado. 7. Sempre col primo motivo della memoria di costituzione, le medesime società hanno riproposto in appello l'ulteriore censura concernente l'irragionevolezza e la sproporzione dei requisiti richiesti, ritenuti non necessari, non infungibili ed eccessivi, in sostanza diretti a favorire il Consorzio Di.. I requisiti contestati sono i seguenti: a) l'ubicazione fuori dai centri urbani; b) i requisiti strutturali e dimensionali delle aule, quali la superficie complessiva adeguata al numero di candidati convocati per ogni regione; l'adiacenza delle aule, poste in unico piano fuori terra e, altresì, collegate tra loro e con adeguata aerazione naturale; c) l'altezza minima (non inferiore a 6 metri). 7.1. Quanto ai requisiti, strutturali dimensionali e urbanistici, dei locali destinati ad ospitare le commissioni di concorso e i candidati - come detto, richiesti da Formez negli atti di altre procedure di selezione degli operatori economici cui affidare il servizio integrato di organizzazione e gestione di concorsi pubblici, parimenti impugnati dinanzi al giudice amministrativo, con censure analoghe a quelle oggetto del presente contenzioso - questa Sezione ha già riconosciuto che si tratta di requisiti organizzativi e prestazionali "elevati", ma "pur sempre riconducibili ad esercizio di discrezionalità amministrativa e comunque mai oggetto di contestazione in termini di manifesta incongruità o di palese erroneità " (Cons. Stato, V, 12 gennaio 2023, n. 431 e n. 433). Nella motivazione di entrambe le sentenze si evidenzia "come tali misure strategiche (decentramento regionale), strutturali (altezze e distanze) ed urbanistiche (parcheggi adeguati nonché localizzazione extraurbana) si rivelino nel loro insieme senz'altro idonee ad assicurare una efficace gestione delle prove concorsuali nel rispetto delle esigenze sanitarie ed emergenziali legate al COVID". 7.2. Inoltre, l'istruttoria compiuta nel distinto giudizio di appello con la citata ordinanza n. 6812/2022 ha consentito di riscontrare la razionalità e la proporzionalità delle scelte compiute dal DFP e dal Formez, già desumibili dalla descrizione dei requisiti contenuta nella legge di gara che ne prescriveva il possesso (cfr. in tal senso anche Cons. Stato, V, n. 431 e 433 del 2023 cit.), inducendo ad escludere che fossero stati giustificati soltanto mediante motivazione postuma in corso di giudizio. 7.3. Più nello specifico, quanto al requisito delle aule attigue su un unico piano fuori terra e collegate tra loro, nella relazione depositata dal Dipartimento è stata evidenziata l'incompatibilità della distanza di sicurezza tra candidati (fissata in m. 2,25 in modo che ciascun candidato avesse un'area disponibile di almeno 4,5 mq.), all'epoca imposta dal protocollo n. 23259, "con aule di concorso poste su più piani fuori terra, ove le vie di esodo verticali (scale) possono avere, secondo il Codice di prevenzione incendi, larghezza di 1200 mm in ambiti di affollamento > 1000 occupanti a mente del DM 3 agosto 2015". Negli scritti di parte appellante, si chiarisce che, successivamente, pur essendo stata ridotta ad un metro la distanza interpersonale, la disposizione delle aule di concorso su più piani fuori terra è stata reputata incompatibile con quanto prescritto dal d.m. 3 agosto 2015 (c.d. codice di prevenzione incendi), secondo una valutazione tecnica degli uffici competenti che non risulta manifestamente errata. A quanto sopra si aggiunga che nella relazione del DFP si è altresì sottolineata la funzionalità delle aule "attigue e collegate fra loro" per agevolare le modalità operative delle prove e la vigilanza da parte della commissione esaminatrice e degli addetti. 7.3.1. La ragionevolezza della spiegazione non è inficiata dalle alternative prospettate dalla difesa di Er. e Me. nella memoria conclusiva (in sintesi, aule più piccole e/o poste su più piani e/o distaccate ovvero modulazione delle tempistiche e delle modalità organizzative del concorso, quanto all'entrata e l'uscita dei candidati), in quanto tali alternative sono espressione della sovrapposizione delle valutazioni delle società ricorrenti rispetto al giudizio discrezionale delle amministrazioni interessate. 7.4. Quanto al requisito dell'altezza massima delle aule non inferiore a 6 metri, il Dipartimento ha indicato una serie di ragioni giustificatrici della scelta, tra cui non trascurabile appare quella delle "indicazioni sugli impianti di ventilazione/climatizzazione in strutture comunitarie non sanitarie e in ambienti domestici in relazione alla diffusione del virus SARS-CoV-2", contenute nel Rapporto ISS Covid 19 n. 33/2020, il quale "raccomanda -per le unità di trattamento aria - la verifica della posizione della presa d'aria esterna e, nella specie, che essa venga posta ad una quota superiore di almeno 3 metri rispetto ad eventuali serramenti o bocche di espulsione". Ne è risultato che si è tenuto conto di ciò anche ai fini della preferenza delle amministrazioni - del tutto ragionevole e coerente con le esigenze sopra dette, ma per la verità comprensibile anche in periodi non connotati da impellenti emergenze sanitarie - a tenere le prove di concorso in grandi spazi al chiuso, tra cui in via principale gli impianti sportivi di notevoli dimensioni. Giova sottolineare che il sistema di aereazione delle aule di concorso, introdotto col Protocollo del 2021, mediante la richiesta di "permettere un elevato livello di aerazione naturale, anche alternandosi con aerazione meccanica" e "garantire volumetrie minime di ricambio d'aria per candidato", è stato replicato testualmente nel Protocollo del 2022. 7.4.1. Evidente è perciò la non pertinenza dei rilievi contrari delle società ricorrenti che tengono conto separatamente della disciplina degli impianti di ventilazione/climatizzazione e delle dimensioni degli impianti sportivi, laddove il ragionamento delle amministrazioni è chiaramente volto a supportare la scelta discrezionale di spazi sufficientemente ampi per ospitare il numero elevatissimo di concorrenti stimati, tra i quali certamente adatti erano gli impianti sportivi, oltre che gli spazi fieristici. 7.5. Infine, la previsione di ubicazione al di fuori dei centri urbani è oltremodo ragionevole, a prescindere dall'emergenza sanitaria, ogniqualvolta si tratti di organizzare concorsi per i quali è previsto un numero talmente alto di candidati da essere comunemente definiti "maxi-concorsi", onde evitare il blocco del traffico nelle aree urbane, in specie delle grandi città metropolitane, nonché contenere il pur necessario impiego di personale della polizia municipale o di forze dell'ordine per la gestione della viabilità . 7.5.1. Riscontro di quanto appena detto si rinviene nella direttiva del 26 febbraio 2002 del Dipartimento della funzione pubblica, che già all'epoca invitava le amministrazioni ad adottare "(...) nel caso di concorsi con notevole partecipazione di candidati, ogni misura utile a garantire il sereno svolgimento delle prove, nonché ad evitare qualunque forma di detrimento per la cittadinanza, anche ad esempio utilizzando idonee strutture site al di fuori dei grandi centri urbani". 7.5.2. La contrapposta argomentazione della memoria delle ricorrenti (secondo cui "la presenza delle sedi concorsuali all'interno dei centri urbani consente ai candidati di raggiungere i locali in molti modi differenti e impiegando meno tempo e questo equivale a limitare i contatti. (...)") può tutt'al più costituire un argomento da ponderare in sede di valutazione delle possibili opzioni e dei rispettivi pro e contro, nell'ambito del bilanciamento di interessi, il cui esito, tuttavia, non può che essere rimesso alla discrezionalità dell'amministrazione. 7.6. In definitiva, tutti i requisiti contestati appaiono in linea con le finalità perseguite dall'amministrazione e con le caratteristiche dell'attività oggetto dell'affidamento, tenuto conto delle esigenze di celerità di svolgimento dei concorsi pubblici e di tutela della salute di tutti i soggetti coinvolti, oltre che della necessaria rispondenza ad altre esigenze pubbliche primarie, quali il regolare andamento delle procedure concorsuali e la tutela dell'ordine e della sicurezza stradali nei centri urbani. 7.7. D'altronde, è rimasto indimostrato che l'unica finalità perseguita dall'amministrazione nell'imporre i requisiti fin qui esaminati sia stata quella di alterare la par condicio dei concorrenti. Sussiste piuttosto un rapporto di ragionevole proporzionalità tra mezzi impiegati e fine perseguito, senza che sia stata fornita la concreta dimostrazione di posizione di effettivo monopolista del settore in capo a Digicontest, ossia di unico soggetto in possesso di taluni requisiti organizzativi e prestazionali. Come già osservato nei citati precedenti giurisprudenziali, la censura delle società ricorrenti si risolve, nei suoi presupposti, in una critica alla struttura del relativo mercato: profilo questo che, quand'anche fondato, come affermato nella sentenza di questo Consiglio di Stato, III, 17 novembre 2020 n. 7138 "non potrebbe comunque (...) comportare come conseguenza la fondatezza della pretesa ad un ridimensionamento del potere dell'amministrazione di disegnare la legge di gara, predisposta in funzione dei ragionevoli e proporzionati obiettivi di cura dell'interesse pubblico, per correggere eventuali deficit concorrenziali del settore". La sentenza n. 7138/2020 ha inoltre chiarito (richiamando la sentenza del 12 febbraio 2020, n. 1076) che: "nella dialettica fra tutela della concorrenza e perseguimento dell'interesse pubblico primario l'amministrazione gode di un'ampia discrezionalità nella selezione dell'oggetto (e delle caratteristiche tecniche) dell'appalto, in funzione degli standards organizzativi e di efficienza delle relative prestazioni (in tesi anche molto elevati, purché non irragionevoli), dovendo l'offerta adattarsi alla domanda e non viceversa". Ed ancora che: "A partire alla sentenza della Corte di Giustizia, 17 settembre 2002, in causa C-513/99, è acquisito il principio per cui la tutela della concorrenza nel settore dei contratti pubblici implica anche la capacità dell'impresa di stare sul mercato offrendo prodotti competitivi per soddisfare una domanda pubblica qualificata, in relazione ai sottostanti interessi della collettività (secondo la logica del contratto pubblico come strumento a plurimo impiego). La positivizzazione di tale principio è scolpita nella direttiva 2014/24/UE laddove si prevede, con riferimento alle capacità tecniche e professionali, che "le amministrazioni aggiudicatrici possono imporre requisiti per garantire che gli operatori economici possiedano le risorse umane e tecniche e l'esperienza necessarie per eseguire l'appalto con un adeguato standard di qualità " (art. 58, paragrafo 4), confermando l'impostazione secondo la quale la pubblica amministrazione ha interesse ad incentivare la partecipazione alle gare di soggetti particolarmente qualificati, che garantiscano elevati standard qualitativi al fine di svolgere al meglio le prestazioni oggetto di gara. (....) La rilevanza della tutela della salute, sottesa alla previsione di livelli di competenza tecnica e standard qualitativi così elevati... consentono.... l'introduzione di un requisito proporzionato alla prestazione che si intende acquisire, nonché al perseguimento dell'interesse pubblico ad essa sotteso. A tale scopo, all'Amministrazione è garantita un'ampia discrezionalità nell'individuazione dei requisiti tecnici, ancorché più severi rispetto a quelli normativamente stabiliti, purché la loro previsione sia correlata a circostanze giustificate e risulti funzionale rispetto all'interesse pubblico perseguito. In ragione di ciò, il sindacato del giudice amministrativo deve limitarsi alla verifica del rispetto dei principi di proporzionalità, ragionevolezza e non estraneità rispetto all'oggetto di gara (ex plurimis: Cons. Stato, sez. III, 07/07/2017, n. 3352; Cons. Stato, V, 26 luglio 2017, n. 3105; Cons. Stato, Sez. V, 4 gennaio 2017, n. 9; Cons. Stato, V, 8 settembre 2008, n. 3083; VI, 23 luglio 2008, n. 3655)". Pertanto: "il punto di equilibrio del sistema non è dato, sulla base dell'argomentazione sopra richiamata, dal numero di concorrenti operanti sul mercato in grado di offrire il prodotto richiesto (uno, ovvero tre), ma dall'esistenza o meno di una ragionevole e proporzionata esigenza del committente pubblico che giustifica la domanda di un prodotto offerto solo da poche imprese (in tesi, anche da una soltanto: come nel caso esaminato dalla sentenza della Corte di Giustizia, 17 settembre 2002, in causa C-513/99)". In altri termini: "l'interesse pubblico alla tutela della concorrenza portato dalla normativa sui contratti pubblici è funzionale comunque alla tutela dell'interesse dell'amministrazione all'acquisizione di beni o servizi destinati a soddisfare le specifiche esigenze della collettività di cui essa è attributaria, come definite nella lex specialis di gara. (....) La natura del procedimento di evidenza pubblica come sede nella quale vengono create artificialmente le condizioni di concorrenza non deve infatti far perdere di vista la funzione del procedimento medesimo, che è quella, pur in un contesto concorrenziale, di acquisire beni e servizi maggiormente idonei a soddisfare l'interesse pubblico specifico portato dall'amministrazione aggiudicatrice". In questa stessa direzione: "Il sindacato ammissibile si incentra dunque sulla proporzionalità e ragionevolezza della scelta della stazione appaltante". Ai detti principi si è attenuta l'amministrazione nel caso di specie (come affermato già da Cons. Stato, nn. 431 e 433 del 2023 cit., la cui motivazione sul punto è stata sopra riportata), considerato il preminente interesse pubblico a reperire sul mercato di riferimento servizi di elevato livello qualitativo, di cui si è ampiamente detto. 7.8. Il primo dei motivi riproposti da Er. e Me. va quindi complessivamente respinto. 8. Col secondo motivo riproposto ai sensi dell'art. 101, comma 2, c.p.a., Er. e Me. denunciano un'asserita "inversione procedimentale" delle fasi di gara (consistente nella previa individuazione del "sistema fieristico italiano" come unico destinatario dell'iniziativa pubblica, a scapito degli operatori economici estranei e quindi in violazione della concorrenza); inversione, dimostrata dal fatto che il Ministro della funzione pubblica aveva comunicato nell'audizione in Commissione affari costituzionali del Senato il 27 aprile 2021 che per l'organizzazione dei concorsi pubblici si era "pensato alle fiere, al sistema fieristico italiano. Anche per una ragione opportunistica (...)" e dal fatto che il Consorzio Di., per il tramite della consorziata Dr., aveva siglato da tempo un "Accordo Nazionale AEFI (Enti Fiera) per disporre di spazi in esclusiva". Il motivo non merita favorevole apprezzamento. 8.1. Le dichiarazioni rese nell'audizione in Commissione affari costituzionali del Senato in data 27 aprile 2021 dall'allora Ministro della funzione pubblica hanno natura meramente politica. Esse risultano inidonee ad anticipare gli esiti di una procedura di gara, quale quella in oggetto, che sarebbe stata indetta con la modalità della procedura aperta a tutti gli operatori economici, con bando pubblicato oltre un anno dopo l'audizione parlamentare. Una volta indetta la procedura di gara, è da ritenere che questione decisiva per il giudizio non sia un'asserita, inesistente, "inversione procedimentale" (nemmeno astrattamente configurabile riguardo ad affidamenti disposti a distanza di più di un anno), quanto la legittimità della procedura con particolare riguardo all'individuazione dei requisiti di partecipazione (di cui si è ampiamente detto). 8.2. Quanto alle cennate, ma nient'affatto comprovate, conseguenze dell'accordo in essere tra Dr. e Fi. Ro., va premesso che l'assunto delle società ricorrenti secondo cui non avrebbero potuto partecipare alla gara in r.t.i. o in subappalto o stringendo accordi commerciali è rimasto del tutto sfornito di prova. Piuttosto, Fi. Ro. ha sottolineato in giudizio, senza essere smentita dalle ricorrenti, di non aver avuto alcuna richiesta da parte di queste ultime di ottenere la disponibilità degli spazi fieristici (pur concedibili in uso a terzi, secondo altra affermazione di Fi. Ro., non confutata e non irrealistica, considerata la destinazione dei locali della Fiera). Ove, poi, obiettivo della società Er. fosse quello di utilizzare i locali di proprietà (già in passato adibiti all'espletamento di prove concorsuali), essi sarebbero dichiaratamente privi di gran parte dei requisiti di ubicazione e dimensionali richiesti. 8.3. Quest'ultimo dato è dirimente ai fini della risoluzione della presente controversia (così come lo è stato per le altre analoghe: cfr. Cons. Stato, V, n. 433/2023 cit.), anche in chiave di c.d. "prova di resistenza", poiché comporta la mancanza di interesse a coltivare ulteriori motivi di censura incentrati su altrettante condizioni di partecipazione o su asseriti profili di inadeguatezza dell'offerta del Consorzio aggiudicatario. 8.4. Il secondo dei motivi riproposti da Er. e Me. va quindi respinto. 9. I restanti motivi riproposti sono inammissibili per carenza di interesse perché attengono a vizi dell'aggiudicazione per asserita mancanza dei seguenti requisiti in capo al Consorzio Di.: - alcune delle sedi indicate nell'offerta del Consorzio sarebbero carenti dei requisiti logistici richiesti dalla legge di gara (motivo sub III); - con la domanda di partecipazione il Consorzio avrebbe omesso di indicare l'impresa mandataria e le parti del servizio o le percentuali che sarebbero state svolte dalle consorziate (motivo sub IV); - il PASSOE prodotto dal Consorzio non sarebbe valido (motivo sub V). 9.1. I motivi, già oggetto di ricorso per motivi aggiunti depositato in primo grado, sono inammissibili per la mancata partecipazione alla gara delle società ricorrenti. Questa infatti costituisce "condizione legittimante" ai fini della impugnazione sia della legge di gara, sia degli esiti della stessa, atteso che "la regola generale è quella per cui soltanto colui che ha partecipato alla gara è legittimato ad impugnare l'esito della medesima, in quanto soltanto a quest'ultimo è riconoscibile una posizione differenziata" (in termini, Cons. Stato, Ad. Plen., 26 aprile 2018 n. 4 e id., 25 febbraio 2014, n. 9). Una volta affermata la legittimità dei requisiti di partecipazione dei quali le ricorrenti erano prive, le censure oggetto dei motivi in esame non possono farsi rientrare in alcuna delle eccezioni individuate dalla giurisprudenza, che riguardano: la indizione in sé della gara; la carenza di qualsivoglia confronto concorrenziale; la natura assolutamente escludente di alcune clausole del bando di gara. Invero, oltre al fatto che, nella prospettiva di una nuova gara, l'amministrazione sarebbe stata legittimata a reiterare la disciplina oggetto delle contestazioni delle ricorrenti, nel caso di specie tale prospettiva è comunque venuta meno essendo stato completamente eseguito l'affidamento e le ricorrenti non potrebbero vantare nemmeno un interesse al risarcimento per equivalente perché totalmente mancanti di chance di aggiudicazione. 9.2. I motivi terzo, quarto e quinto riproposti in appello da Er. e Me. vanno quindi dichiarati inammissibili. 10. In conclusione, l'appello del Formez PA e della Presidenza del Consiglio - Dipartimento della funzione pubblica va accolto. Vanno complessivamente respinti i motivi riproposti in appello da Er. e Me., restando così definitivamente assorbite le eccezioni riproposte ex art. 101, comma 2, c.p.a. dal Consorzio Di.. Per l'effetto, in totale riforma della sentenza di primo grado, va respinto il ricorso proposto in primo grado dalle società Er. e Me.. 11. Sussistono giusti motivi di compensazione delle spese di entrambi i gradi di giudizio per la complessità e la novità delle questioni giuridiche affrontate. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, esaminati e respinti i motivi riproposti dalle società appellate Er. e Me. ai sensi dell'art. 101 c.p.a., in riforma della sentenza di primo grado, respinge il ricorso introduttivo e i ricorsi per motivi aggiunti proposti da tali ultime società . Compensa interamente tra tutte le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 marzo 2023 con l'intervento dei magistrati: Rosanna De Nictolis - Presidente Valerio Perotti - Consigliere Stefano Fantini - Consigliere Giovanni Grasso - Consigliere Giuseppina Luciana Barreca - Consigliere, Estensore

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FIDELBO Giorgio - Presidente Dott. GIORDANO Emili - rel. Consigliere Dott. VIGNA Maria Sabi - Consigliere Dott. SILVESTRI Pietro - Consigliere Dott. D'ARCANGELO Fabrizio - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sui ricorsi proposti da: 1. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 2. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 07/10/2022 del Tribunale di Venezia; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere Emilia Anna Giordano; letta la requisitoria del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Alessandro Cimmino che ha concluso per il rigetto dei ricorsi; letta la memoria depositata dall'avvocato Nicola Mele nell'interesse di (OMISSIS); letti i motivi nuovi e la memoria presentati dall'avvocato Arrigo Tiziano Zorzan nell'interesse di (OMISSIS). RITENUTO IN FATTO 1. (OMISSIS) e (OMISSIS) propongono ricorso per l'annullamento dell'ordinanza del Tribunale di Venezia che ha respinto l'appello avverso l'ordinanza del 16 agosto 2022 con la quale era stata applicata, per la durata di mesi sei, la misura interdittiva della sospensione di un pubblico ufficio, rispettivamente, di agente di polizia, con il grado di brigadiere capo, di (OMISSIS) e di medico di base per (OMISSIS) che e' sottoposto ad indagini in relazione ai reati di cui agli articoli 479, 314 e 319 c.p., commessi dal (OMISSIS) contestati al sanitario per attivita' svolte in connessione alla mancata somministrazione del vaccino COVID a sette pazienti risultati beneficiari del rilascio del green pass (articolo 476 c.p.), distruggendo il vaccino (articolo 314 c.p.) e ricevendo, in almeno due occasioni, un compenso indebito per l'illecita attivita' svolta. A meno del delitto di corruzione, analoghi reati sono stati contestati al (OMISSIS), beneficiario di una delle somministrazioni realizzata mediante inoculazione di una dose di vaccino non corrispondente a quelle prescritte dalle direttive AIFA per il conseguimento di avvenuta vaccinazione. 2.Con i motivi di ricorso, di seguito sintetizzati ai sensi dell'articolo 173 disp. att. c.p.p. nei limiti strettamente indispensabili ai fini della motivazione. 2.1 (OMISSIS) denuncia: 2.1.1 violazione di legge in relazione alla Cost., articoli 111 e 125, comma 3 c.p.p.. L'ordinanza impugnata si riporta, motivando per relationem, a quella del giudice per le indagini sui presupposti legittimanti l'adozione della misura. Omette, inoltre, il confronto critico con le argomentazioni difensive sul punto delle risultanze dell'indagine sierologica che, a distanza di tempo, attestava come l'indagato presentasse ancora anticorpi superiori alla media; 2.1.2 violazione di legge e vizio di motivazione sul punto della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza sia in relazione al reato di falso, genericamente motivato con rinvio alla misura genetica che del reato di peculato rispetto al quale la motivazione e' omessa limitandosi alla mera contestazione del reato, fatta discendere da quello di falso e smentito dall'analisi sierologica; 2.1.3 violazione di legge e vizio di motivazione sulla ritenuta sussistenza di esigenze cautelari in carenza di elementi che ne denotino attualita' e concretezza e strutturata sulle funzioni pubbliche del ricorrente, peraltro erroneamente ricondotte alla funzione di operante presso il nucleo radiomobile dal momento che il ricorrente e' in servizio presso il Comando Carabinieri. Anche per tale aspetto i giudici del riesame non hanno esaminato le deduzioni difensive e le risultanze dell'analisi sierologica ricostruendo, in chiave ipotetica e sulla base delle mere funzioni svolte dall'indagato, il pericolo di reiterazione che deve, invece, essere strutturato sulla base di elementi di valutazione che diano conto della sua attualita' e concretezza. 2.2 (OMISSIS) denuncia: 2.2.1 violazione di legge in relazione agli articoli 292, comma 2, lettera c) e 125, comma 3 c.p.p.. L'ordinanza impugnata si riporta, motivando per relationem, a quella del giudice per le indagini dei presupposti legittimanti l'adozione della misura. Omette, inoltre, il confronto critico con le argomentazioni difensive sul punto del rispetto delle direttive AIFA nella somministrazione minima del vaccino; al numero dei tamponi eseguiti e alla circostanza che, a distanza di tempo, l'indagato (OMISSIS) presentasse ancora anticorpi; 2.2.2 cumulativi vizi di motivazione sulla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari: e' del tutto generico il ritenuto pericolo di recidiva trasposto a qualunque attivita' della pubblica funzione del ricorrente tenuto conto del decorso del tempo, dello stato di incensuratezza e del superamento della normativa COVID. Il pericolo di reiterazione si fonda su elementi astratti e non si confronta con la necessita' della valutazione in concreto e all'attualita' delle esigenze cautelari; 2.2.3 violazione di legge e vizi di motivazione sul punto della ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. L'ordinanza impugnata ha valorizzato elementi indiziari (l'anomalo aumento del numero dei pazienti; dei tamponi eseguiti; le sommarie informazioni di colleghi che risolvono in dicerie e pettegolezzi da bar) e attribuito importanza, in siffatto contesto, alle risultanze delle intercettazioni che non si confrontano con le dichiarazioni rese dall'imputato che aveva spiegato le ragioni delle somme incassate dalle pazienti (corrispettivo dei kit loro venduti), quanto alla corruzione; e la insussistenza di violazioni riconducibili alla somministrazione dei vaccini seguendo le prescrizioni dell'AIFA in merito alla somministrazioni di dosi minimali e alla necessita' di fare uscire dalle siringhe le bolle d'aria. E' erronea la ricostruzione del Tribunale, che omette l'esame di tale premessa. Tanto cio' e' vero che, a distanza di tempo, il paziente (OMISSIS) presentava anticorpi in misura superiore al minimo previsto; 2.2.4 violazione di legge (articolo 275 c.p.p.) per abnormita' e sproporzione della misura interdittiva applicata vieppiu' tenuto conto che tale misura si cumula a quella degli arresti domiciliari gia' applicata all'indagato. CONSIDERATO IN DIRITTO 1.I ricorsi sono inammissibili. 2.11 primo e secondo motivo di ricorso nell'interesse di (OMISSIS) sono declinati in fatto e manifestamente infondati nella parte in cui il ricorrente censura il ricorso alla cd. motivazione per reltionem dell'ordinanza impugnata. Osserva il Collegio che il Tribunale, pur richiamando le risultanze in fatto dell'ordinanza impositiva, derivanti dal contenuto dell'intercettazione che riproduceva la "trattativa" condotta dal ricorrente con il medico sulle modalita' somministrazione del vaccino ai fini del rilascio del green pass (pag. 9 e 10 dell'ordinanza impugnata), ha criticamente esaminato, e ritenuto recessivo, il risultato delle indagini sierologiche che il ricorrente ha richiamato in piu' passaggi argomentavi del ricorso e della memoria per censurare sia la gravita' degli elementi indiziari, sul piano della ricostruzione in fatto che la configurabilita' dei reati di falso e peculato, in relazione alla procedura di rilascio del cd. green pass - necessario all'indagato perche' impostogli anche dall'amministrazione di appartenenza - sia per contrastare il giudizio di sussistenza delle esigenze cautelari. Va rilevato che le provvisorie imputazioni ascritte al (OMISSIS) ai capi a) e b) (per concorso in falso e peculato, sono speculari alle contestazioni di cui ai capi h) e i) ascritte, nella medesima ordinanza impositiva e nel provvedimento impugnato, al sanitario coindagato e, pertanto, non assumono alcun rilievo le presunte carenze argomentative sulla sussistenza degli elementi in fatto e, sulla configurabilita' dei reati di falso e peculato che il Tribunale ha ricostruito trattando la posizione del sanitario ed evidenziando, accanto alle cd. false vaccinazioni (quelle cioe' in cui non era stato somministrato ai pazienti alcun farmaco) quelle vaccinazioni che, come per il (OMISSIS), avevano comportato la somministrazione di una dose minimale di vaccino. A questo riguardo il Tribunale ha evidenziato come l'indagato, dopo avere a lungo insistito per ottenere il rilascio della certificazione senza la somministrazione del vaccino spendendo anche la propria qualifica per rassicurare il medico, divenuto piu' accorto e sospettoso per i controlli amministrativi e temendo di essere sottoposto a indagini tecniche quali intercettazioni ambientali e telefoniche, aveva, a fronte delle resistenze oppostegli dal medico affatto rassicurato dalle sue funzioni, accettato che gli venisse somministrata una dose minore e insistendo, durante la inoculazione, proprio per la somministrazione di una dose minima (butta dai, via via). Nell'ordinanza impugnata e' ben spiegato come, le direttive impartite per il rilascio della certificazione verde - conseguente alla compilazione dell'attestazione della compiuta vaccinazione- prevedevano la somministrazione di dosi precise del farmaco. 2.1. Quanto alle esigenze cautelari il Tribunale ha rilevato che la sostanziale ammissione degli addebiti non attenua il giudizio di disvalore della sua condotta connesso al conseguimento di un vantaggio personale, anche attraverso il conseguimento di una propria reale o supposta utilita', quale quella della mancata inoculazione del vaccino anti-Covid che il ricorrente ha tentato in ogni modo di perseguire. Si tratta di argomenti immuni da vizi logico-giuridici in questa Sede deducibili, attese le peculiari modalita' di commissione dei fatti in contestazione e della corretta valorizzazione attribuita ai profili attinenti alla specifica natura delle funzioni pubblicistiche dell'indagato, da questi spese a prescindere dal concreto ruolo rivestito nell'amministrazione di appartenenza e della cessazione dell'emergenza connessa alla pandemia. La spiccata propensione al falso, nella quale l'indagato era radicato in ragione di suoi personali convincimenti sull'opportunita' della somministrazione del vaccino; la insistenza palesata al medico anche rassicurandolo, ne caratterizzano in chiave negativa il giudizio sulla personalita' ed evidenziano il rischio di recidiva nel compimento di attivita' connesse al proprio ruolo, pericolo che non e' correlato allo svolgimento di specifiche funzioni ma, in generale, allo svolgimento di attivita' pubblicistica, come agente di polizia. 3.Anche il ricorso proposto da (OMISSIS) e' inammissibile e non aggiungono elementi di valutazione idonei a superare tale conclusioni le argomentazioni, meramente reiterative, svolte con la memoria anche a valere come motivi nuovi con allegata documentazione fra cui la richiesta di archiviazione per il reato di favoreggiamento in omicidio intervenuta a favore del ricorrente e una certificazione che attesta la chiusura di studi medici limitrofi a quelli del dottor (OMISSIS). A carico dello (OMISSIS) sono state valorizzate le risultanze delle operazioni di intercettazione telefonica ed ambientale eseguite dopo che erano emersi evidenti indici di anomalia del numero di tamponi dichiarati dal sanitario (a fronte del modesto numero di quelli acquistati) e del passaggio di pazienti verso lo studio del professionista. In relazione a quattro episodi in contestazione e' risultata, attraverso le conversazioni intercettate, la falsita' della certificazione conseguita dai pazienti in carenza di somministrazione del vaccino mentre da altre conversazioni emerge che l'indagato, divenuto sospettoso per i procedimenti gia' avviati a suo carico, era divenuto estremamente attento nella modulazione dei trattamenti (inoculandone una parte minimale) per assecondare i cc.dd. pazienti NO VAX, per i quali approntava l'attestazione ricevendo, in alcuni casi, il compenso per l'illecita attivita' svolta a loro favore (si tratta dei retati di corruzione contestati ai capi e) e g). (OMISSIS), come anticipato trattando la sua posizione, era proprio uno di quei pazienti che, dopo una lunga trattativa, aveva convenuto l'inoculazione di una dose minimale di vaccino seguita dall'attestazione di compiuta vaccinazione ai fini del rilascio del green pass. In questi casi l'attestazione era falsa poiche' la dose somministrata era inferiore a quella prevista e prescritta dalle raccomandazioni dell'AIFA, funzionali all'attestazione di avvenuta vaccinazione. 3.1. I motivi di ricorso che censurano la mancanza di autonomia del provvedimento impugnato e l'omesso esame delle deduzioni difensive sono manifestamente infondati su entrambi gli aspetti evidenziati dal ricorrente. Il primo nella premessa in diritto poiche' l'ordinanza cautelare adottata dal tribunale del riesame non richiede, a pena di nullita', l'autonoma valutazione dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari, in quanto tale requisito e' previsto dall'articolo 292, comma 2, c.p.p. con riguardo alla sola decisione adottata dal giudice che emette la misura inaudita altera parte, essendo funzionale a garantire l'equidistanza tra l'organo requirente che ha formulato la richiesta e l'organo giudicante (Sez. 1, n. 8518 del 10/09/2020, dep. 2021, Galletta Giuseppe Antonio, Rv. 280603). Il secondo in fatto perche', invece, il Tribunale ha esaminato le deduzioni difensive, disattendendole con argomentazioni logiche e coerenti che il ricorrente sminuisce sollecitando un diverso apprezzamento degli elementi indiziari che compongono il quadro accusatorio, aspetto, questo che costituisce oggetto del quarto motivo di ricorso. 3.2. Rileva il Collegio che l'ordinanza impugnata dopo avere evidenziato dati, questi si' generici (l'anomalo aumento del numero dei pazienti; dei tamponi eseguiti; le stesse dichiarazioni dei colleghi medici che segnalavano il passaggio di loro pazienti in carico al dottor (OMISSIS) a fronte del rifiuto di emettere la certificazione di esenzione senza esigenze mediche giustificative) e' passata ad esaminare le risultanze delle operazioni di intercettazione che "riproducono" i contatti del sanitario con i pazienti in occasione della "falsa" somministrazione dei vaccini (perche' mai eseguita) e della somministrazione di una dose minima di vaccino a seguito di trattative (ne e' un caso tipo quello descritto a proposito del (OMISSIS)). Con questi elementi di prova il ricorso, ma anche la memoria difensiva, non si confrontano seriamente proponendo una lettura depotenziata degli elementi chiaramente evincibili dal tenore e dal contenuto delle conversazioni intercettate e del risultato di prova che ne consegue e sollecitando una rilettura delle risultanze in linea con le giustificazioni dell'indagato sulla causale delle dazioni; sulle modalita' di somministrazione del vaccino; sull'osservanza delle raccomandazioni dell'AIFA e sui risultati delle indagini sierologiche del (OMISSIS). In definitiva, a fronte di un congruo ed esaustivo apprezzamento del risultato delle intercettazioni il ricorrente non ha individuato passaggi o punti della decisione tali da inficiare la complessiva tenuta del discorso argomentativo delineato dal Tribunale, ma vi ha genericamente contrapposto una lettura alternativa, facendo leva sul diverso apprezzamento di profili di merito non dirimenti e, comunque, gia' puntualmente vagliati in sede di riesame. 3.3. Il terzo e quinto motivo di ricorso sulla insussistenza delle esigenze cautelari e sulla abnormita' e sproporzione della misura interdittiva sono manifestamente infondati. Va rilevato che al ricorrente risulta applicata sia la misura degli arresti domiciliari che quella interdittiva, e che dalla premessa dell'ordinanza impugnata si evince che l'appello proposto concerneva la sola applicazione della misura interdittiva (e non anche il riesame avverso la misura degli arresti domiciliari) e che l'indagato aveva, altresi', proposto appello avverso l'ordinanza che aveva rigettato la richiesta di revoca/sostituzione della misura cautelare. A carico di del ricorrente il Tribunale ha ravvisato la sussistenza delle esigenze di cui all'articolo 274, comma 1, lettera c) c.p.p. a nulla rilevando che la eliminazione degli obblighi correlati alla pandemia esclude la reiterazione proprio di quelle condotte connesse al rilascio e conseguimento dei certificati vaccinali. Le argomentazioni svolte in merito alla concretezza e attualita' delle esigenze non sono illogiche avendo il Tribunale bene evidenziato che le attivita' connesse alla pandemia sono state solo l'occasione per commettere reati che il ricorrente puo' reiterare in qualunque momento poiche' il sanitario, in relazione alle attivita' di medico di base, e' tenuto a rilasciare in piu' circostanze certificazioni mediche e che la scaltrezza e assecondamento delle volonta' dei pazienti che l'indagato ha mostrato, verso il pagamento di un corrispettivo, ne denotano in termini negativi la personalita' incline a commettere reati per l'utilita' propria e dei pazienti. Cosi' inquadrata dal giudice della cautela la condotta del ricorrente, per la sua reiterazione anche a fronte dell'emergere di sospetti sulla sottoposizione a indagini, non appaiono fondati i rilievi difensivi sulla carenza e, comunque, vizi di motivazione dell'ordinanza impugnata in punto di esigenze cautelari e adeguatezza della misura per la necessita' di rapportare il pericolo di reiterazione di condotte dello stesso genere, rispetto a condotte che, sia pure in forma rudimentale, sono state strutturate e reiterate nel tempo. Da qui il ritenuto maggior spessore del concreto e attuale pericolo di reiterazione di condotte delittuose contro la pubblica amministrazione valutato dal Tribunale non solo alla stregua della situazione di pandemia, ormai pervenuta ad una fase di regressione, perlomeno nelle sue piu' devastanti conseguenze, ma, piu' in generale, al ruolo che, nell'interesse pubblicistico, svolge l'indagato e rispetto al quale, proprio l'interdizione dell'attivita' lavorativa, costituisce la misura piu' adeguata a evitare il pericolo di reiterazione rispetto ad una misura custodiale (quella degli arresti domiciliari) che non e' oggetto dell'odierna impugnazione. In tema di reati contro la pubblica amministrazione, infatti, questa Corte ha affermato che il principio di proporzionalita' comporta che, ove il periculum libertatis venga individuato nel rischio di abuso dei pubblici poteri o della qualita', il giudice debba preventivamente verificare l'adeguatezza della misura della sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio, essendo questa espressamente preordinata alla finalita' cautelare che si intende prevenire (Sez. 6, n. 40529 del 14/10/2021, Zappala, Rv. 282181). 4. Per le ragioni esposte i ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS) devono essere dichiarati inammissibili e i ricorrenti devono essere condannati al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila con favore della Cassa delle Ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI GENOVA IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA SECONDA SEZIONE Dr.ssa Cinzia Perroni All'udienza del 22/02/2023 ha pronunciato e pubblicato, mediante lettura del dispositivo e della motivazione, la seguente SENTENZA Motivazione contestuale nel procedimento penale contro (...) nato in (...) il (...) - Codice Unico Individuo (CUI) (...) dimorante in V. I. del R., 3/1 G. Difeso di fiducia dall'avv. Fe.PE. del Foro di Genova (nomina difensore dì fiducia del 08/08/2022 depositata in Cancelleria il 09/08/2022) (in data 09/02/22 il GIP applica la misura della custodia in carcere eseguita il 12/02/2022; dal 13/05/2022 sottoposto alla misura degli AADD; dal 14/08/2022 sottoposto alla misura dell'obbligo di dimora in Genova e all'obbligo di presentazione alla PG) SOTTOPOSTO A OBBLIGHI - PRESENTE IMPUTATO del reato p. e p. dagli artt. 99 c. 4. 624 e 625 c. 1 n. 4 e c. 3, art. 61 n, 5 c.p. perché, al fine di trame profitto per sé, si impossessava del portafogli e della somma di Euro 3.000 in esso custodita sottraendoli a (...) (classe (...)), che li deteneva all'interno della sua borsa. In particolare, dopo aver convinto la donna ad acquistare una rosa, la distraeva e la confondeva girandole intorno senza alcun motivo, approfittando di un momento di distrazione per sottarle il portafoglio dalla borsa. Fatto aggravato perché commesso con destrezza e profittando di condizioni di persona, con riferimento all'età, di minorata difesa. In Rapallo (GE) commesso il 4 dicembre 2021 Con la recidiva reiterata specifica infraquinquennale. MOTIVAZIONE Con decreto emesso in data 28.04.2022 il Pubblico Ministero presso questo Tribunale disponeva la citazione diretta a giudizio di (...) per rispondere del reato di furto pluriaggravato ai danni di (...), nelle circostanze di fatto e di diritto meglio descritte in rubrica, commesso a Rapallo (GE) il 04.12.2021, e con la contestazione della recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale. All'udienza del 15.09.2022 il Giudice (dott.ssa Pa.) rigettava l'istanza di applicazione della pena formulata dal Difensore dell'imputato, all'uopo munito di procura speciale, con il consenso del Pubblico Ministero, e contestualmente rilevando la propria incompatibilità rimetteva il processo dinnanzi al Giudice tabellarmente competente. All'udienza del 30.11.2022, alla presenza dell'imputato, questo Giudice dichiarava aperto il dibattimento ed ammetteva le prove richieste dalle parti; indi, su accordo delle parti, venivano acquisite al fascicolo per il dibattimento le annotazioni degli operanti di p.g. (...), (...), (...), (...), (...), con conseguente rinuncia alla loro audizione. In data 13.01.2023 il Difensore dell'imputato depositava in cancelleria l'atto di remissione di querela effettuata dalla persona offesa, unitamente ad una dichiarazione in cui ella forniva la spiegazione della scelta, essenzialmente dovuta al proprio stato di salute, dì non volere più che si procedesse nei confronti dell'imputato. All'udienza del 15.02.2023 veniva escusso il teste dell'accusa, il sovrintendente (...) in servizio presso il Commissariato di Rapallo, e su accordo delle parti, venivano acquisite la querela presentata dalla persona offesa presso il Commissariato di Rapallo il 06.12.2021 e il verbale delle sommarie informazioni testimoniali da lei rese il 10.12.2021 sempre presso il Commissariato di Rapallo, con contestuale rinuncia alla sua audizione; indi si svolgeva l'esame dell'imputato. A questo punto, dichiarata conclusa l'istruttoria dibattimentale, si procedeva alla discussione, al termine della quale il processo veniva aggiornato per le repliche all'udienza del 22.02.2023. All'odierna udienza, dunque, questo Giudice, udite le conclusioni delle parti, all'esito della camera di consiglio, pronunciava sentenza dando lettura in aula del dispositivo e della contestuale motivazione. Il presente procedimento trae origine dalla querela presentata in data 06.12.2021 presso il Commissariato di P.S. di Rapallo da (...), che all'epoca aveva ottantasei anni. Ella rappresentava come il giorno 04.12.2021, mentre passeggiava in compagnia del marito (n.1931) e di una parente (n.1937) per (...), veniva avvicinata in via C., all'altezza della Porta delle Saline, da un venditore di fiori ambulante, di nazionalità straniera, magro, vestito di scuro e con un cappellino in testa, il quale tentava a più riprese di venderle una rosa. La (...), mossa a compassione, decideva di acquistarne una e, al fine di prelevare la moneta per pagarla, apriva la cerniera della propria borsa ove erano custoditi sia il portamonete sia il portafogli, in cui vi erano 1.300,00 euro oltre ai propri documenti. Una volta corrisposta la moneta all'uomo, la (...) decideva di cambiare la rosa acquistata con una di un altro colore. A quel punto il venditore iniziava a girarle intorno e, con insistenza, la invitava a prendere la rosa che preferiva, generando in lei un po' di confusione. Prelevata dal sacco in cui erano contenuti i fiori la rosa prescelta, la donna si dirigeva verso Piazza (...); giunta all'ingresso della chiesa ivi ubicata, apriva nuovamente la propria borsa al fine di estrarre il green pass e, immediatamente, si accorgeva della mancanza del portafogli. Al che ipotizzava che ad averglielo sottratto fosse stato proprio il venditore di rose, poiché tra il loro incontro e il momento in cui si avvedeva della mancanza del portafogli era trascorso un breve lasso di tempo; inoltre, nel tragitto percorso fino alla chiesa non aveva incontrato nessun altro. Tale supposizione veniva suffragata dal fatto che il venditore di fiori, anch'egli giunto in Piazza (...) e avvistato dalla persona offesa, non appena ella si metteva a urlare che non trovava più il portafogli, si dileguava. Tornata presso il Commissariato di P.S. di Rapallo il giorno 10.12.2021 al fine di rendere sommarie informazioni testimoniali, la (...) riconosceva nelle immagini ritraenti l'accaduto che le venivano rammostrate, tratte dal sistema di videosorveglianza dell'albergo (...), l'uomo che le aveva venduto la rosa e quindi sottratto il portafogli. Successivamente, nell'ambito dell'attività di ricerca dell'autore del fatto, in data 18.12.2021 in Via Della L. a R., l'Assistente Capo (...) e l'Agente (...) si imbattevano in un uomo di origini nord africane, venditore di rose, sedicente, il quale affermava di chiamarsi (...) e teneva i fiori in un sacco azzurro. Condotto, dapprima, in Commissariato a Rapallo e, poi, presso il GPRS di Chiavari al fine di procedere alla sua identificazione mediante rilievi dattiloscopici e fotografici, i predetti operanti appuravano che l'uomo era irregolare sul territorio dello Stato e aveva tra i vari precedenti di polizia anche uno per reato analogo a quello subito dalla (...), commesso in data 9.12.2020. A questo punto, in data 21.12.2021 l'Assistente Capo Coordinatore (...) procedeva a redigere un'annotazione in cui venivano raffrontate le immagini del giorno del furto (04.12.2021), estrapolate dalle telecamere del sistema di videosorveglianza del Comune di Rapallo e dell'hotel (...), con quelle del giorno dell'identificazione di (...) (18.12.2021), estrapolate dalle telecamere del Commissariato di Rapallo. Da tale raffronto emergeva come si trattasse della stessa persona: in primo luogo, "la corporatura, l'altezza e la conformazione del padiglione auricolare sono perfettamente compatibili tra le due foto"; inoltre, "in entrambe le foto si nota che l'abbigliamento, a differenza del cappellino, è lo stesso: infatti scarpe, jeans e giubbotto sono gli stessi così come l'anello e il bracciale indossati nella mano sinistra sono i medesimi" (cfr. annotazione (...)). L'analisi delle suddette immagini veniva compiuta altresì dal Sovrintendente (...), il quale, sentito nel corso del dibattimento, confermava che il presunto autore del furto ai danni della (...) e (...) indossavano gli stessi abiti e sembravano essere la stessa persona. Giova, a questo punto, rilevare come, nel corso delle indagini, alla luce del grave quadro indiziario come sopra delineato, su richiesta del P.M., il GIP presso questo Tribunale ha emesso in data 09.02.2022 ordinanza di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere; misura che con ordinanza in data 13.05.2022 veniva sostituita con gli arresti domiciliari, a loro volta sostituiti con ordinanza in data 10.08.2022 con la misura dell'obbligo di dimora in Genova con divieto di lasciare l'abitazione dalle ore 20 alle ore 7 e con l'obbligo di presentazione quotidiana alla P.G., misure tuttora in atto. Infine, nel corso del proprio esame in sede dibattimentale, l'imputato ammetteva l'addebito, precisando di avere preso il portafogli della (...) con facilità, in quanto ella lo aveva riposto male nella borsa e, quindi, stava per cadere a terra. Egli, a giustificazione del proprio comportamento, spiegava di essere senza lavoro e di avere bisogno di soldi per mantenere i suoi tre figli. Tuttavia, nei mesi successivi, resosi conto di avere sbagliato, ha provveduto a restituire l'intera somma contenuta nel portafogli alla legittima proprietaria, per un totale di 1.300,00 euro. Quest'ultima affermazione risulta confermata dalla copia dei due Vaglia Postali versati in atti dal Difensore dell'imputato, dai quali si evince che in data 25.03.2022 sono stati versati alla persona offesa 800,00 euro, mentre i restanti 500,00 euro sono stati corrisposti in data 16.06.2022. Così ricostruiti i fatti, appare provata al di là di ogni ragionevole dubbio la penale responsabilità dell'imputato in ordine al reato ascrittogli. Al netto della sua confessione, infatti, sussistono molteplici elementi che consentono di riconoscere in (...) l'autore del furto patito dalla (...). In primo luogo, va escluso che la persona offesa possa avere smarrito autonomamente il portafogli o che lo stesso non fosse custodito nella borsa che portava a tracolla il giorno dell'incontro con il venditore di rose. Tale circostanza, già affermata dalla (...) in sede di querela, trova preciso riscontro nei fotogrammi estrapolati dalle telecamere del sistema di videosorveglianza del Comune di Rapallo e dell'hotel (...), in cui si nota l'ambulante intento a riporre un oggetto di colore beige, compatibile con le dimensioni e la foggia di un portafogli, nel sacco azzurro in cui teneva le rose. Peraltro, la stessa persona offesa, nel rendere sommarie informazioni testimoniali, ha identificato tale oggetto nel proprio portafogli. In particolare, la donna dichiarava: "Riconosco l'uomo e ho riconosciuto senza ombra di dubbio il mio portafogli grigio-beige di colore chiaro che nelle immagini che mi avete mostrato il venditore di rose tiene in una mano mentre siamo fermi alla Porta delle Saline, ho visto che l'uomo subito dopo lo ha nascosto sotto il mazzo dei fiori" (cfr. verbale SIT (...)). Acclarato che il portafogli sia stato sottratto da colui che ha venduto la rosa alla persona offesa, inoltre, nessun dubbio sussiste circa il fatto che la persona raffigurata nei fotogrammi in questione sia (...): la comparazione di questi con le immagini estrapolate dalle telecamere del Commissariato di Rapallo il giorno in cui vi è stato condotto per l'identificazione (18.12.2021) non lascia incertezze sul fatto che si tratti della stessa persona. In entrambi i casi si nota un uomo dalla carnagione scura e con la medesima corporatura, il quale indossa giubbotto, pantaloni e scarpe identiche per forma, colore, marca e modello. Ancora più significativa appare la coincidenza tra il braccialetto e l'anello dell'anulare sinistro, che appaiono identici nelle due foto. A tutto ciò deve aggiungersi il fatto che il N.E.I. sia stato sorpreso dagli operanti proprio a Rapallo, mentre vendeva fiori, i quali erano contenuti in un sacco azzurro, esattamente come quello immortalato il giorno del furto (cfr. l'annotazione a firma A V.). Pertanto, la confessione resa in dibattimento non fa altro che rafforzare ulteriormente un quadro probatorio già di per sé minuzioso, esauriente e privo di contraddizioni o lacune, dal quale si evince che il giorno 04.12.2021 sia stato proprio (...) ad impossessarsi, sottraendolo alla (...), del portafogli, al fine di trarne profitto. La sussistenza del dolo specifico richiesto dall'art. 624 c.p., oltre che dalle condizioni di vita dell'imputato (soggetto senza lavoro costretto a ricavare le risorse economiche necessarie al proprio sostentamento dai proventi di un'attività saltuaria e poco redditizia come la vendita di fiori per strada), si apprezza dalle sue stesse parole. Egli, nel corso del proprio esame, ha spiegato di essersi impossessato del portafogli della (...), in quanto bisognoso di soldi, necessari al mantenimento dei suoi tre figli. Dunque, anche sotto il profilo dell'elemento soggettivo, la fattispecie incriminatrice di cui all'art. 624 c.p. risulta pienamente integrata. Nonostante la difesa dell'imputato deponga nel senso della loro insussistenza, si ritengono, al contrario, integrate sia l'aggravante di avere commesso il fatto con destrezza (art. 625, n. 4, c.p.) sia l'aggravante di avere profittato di condizioni di persona, con riferimento all'età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa (art. 61, n. 5, c.p.). Per quanto concerne la prima, è opportuno richiamare il noto principìo elaborato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, a mente del quale: "La circostanza aggravante della destrezza di cui all'art. 625 cod. pen., comma 2, n. 4, richiede un comportamento dell'agente, posto in essere prima o durante l'impossessamento del bene mobile altrui, caratterizzato da particolare abilità, astuzia o avvedutezza, idoneo a sorprendere, attenuare o eludere la sorveglianza sul bene stesso; sicché non sussiste detta aggravante nell'ipotesi di furto commesso da chi si limiti ad approfittare di situazioni, dallo stesso non provocate, di disattenzione o di momentaneo allontanamento del detentore dalla cosa" (Cassazione Penale, Sezioni Unite, 12 luglio 2017 n. 34090). Orbene, nella vicenda occorsa alla (...), è ben possibile ravvisare un comportamento del N.E.I. caratterizzato da peculiare abilità e scaltrezza ed idoneo ad eludere la sorveglianza sul portafogli sottratto: la persona offesa, infatti, ha riferito che il venditore di rose, ricevuto il corrispettivo per quella acquistata e nell'intento di proporgliene altre, le si muoveva intorno con insistenza, generando in lei un po' di confusione2. Pertanto, non è possibile sostenere che l'imputato si sia limitato ad approfittare di un autonomo calo di attenzione della (...), non provocato dalla propria condotta; viceversa, risulta evidente che siano state proprio la sua insistenza e la sua abilità nell'avvicinarsi alla borsa a distrarre la donna, la quale non si è accorta che l'uomo le stava sfilando il portafogli dalla borsa. Pertanto, appare pienamente integrata la circostanza aggravante di avere commesso il fatto con destrezza. Appare altrettanto correttamente contestata l'aggravante della cd. minorata difesa in ragione dell'età della persona offesa. La dinamica dell'azione, invero, mostra come l'imputato di fatto non abbia dovuto vincere alcuna resistenza dell'anziana donna. Ciò, senz'altro, è in parte riconducibile, come sopra evidenziato, alla particolare abilità e rapidità che egli ha mostrato nell'appropriarsi del portafogli; per altro verso, tuttavia, la facilità con cui sono state vinte le difese della (...) denota la sua peculiare vulnerabilità, senza dubbio derivante dalla scarsa lucidità e prontezza di riflesso connesse all'età avanzata. Lei stessa, rivelando la sua scarsa comprensione di ciò che stava accadendo, ha dichiarato: "Io non capivo il motivo delle sue attenzioni e il fatto che continuasse a starmi addosso visto che avevo già comprato una rosa, ma non mi sono resa conto che in quel momento mi stava derubando" (cfr. Sit (...)). Nel senso che ad integrare 1'aggravante della cd. minorata difesa sia sufficiente anche solo l'età della persona offesa, purché siano evidenziati gli elementi che abbiano in concreto ostacolato la pubblica o privata difesa, milita il prevalente orientamento giurisprudenziale, secondo cui: "la commissione del reato in danno di soggetto ottuagenario è idonea ad integrare, anche in difetto di ulteriori circostanze di tempo, di luogo o di persona, la circostanza aggravante della cosiddetta "minorata difesa", ma è sempre necessario che la pubblica o privata difesa ne siano rimaste in concreto ostacolate e che non ricorrano circostanze ulteriori, di natura diversa, idonee a neutralizzare il predetto effetto" (Cass. n. 4273/2022). Si ritiene che il principio appena richiamato trovi applicazione nella vicenda in esame: l'età della persona offesa ha giocato un ruolo determinante nell'incapacità di contrastare l'azione delittuosa che stava subendo. Dapprima ella è stata facilmente mossa a compassione e convinta a comprare una rosa, al fine di dare un aiuto economico al venditore ambulante; indi, nel momento in cui si è adoperata per cercare il portamonete, non si è accorta del fatto che l'uomo ha notato il portafogli e, probabilmente, si è anche dimenticata di richiudere la borsa, rendendone più agevole la sottrazione. Quindi, alla luce degli elementi evidenziati, appare ragionevole ritenere che una persona più giovane avrebbe senz'altro prestato una maggiore attenzione, soprattutto nel momento in cui un estraneo le si fosse avvicinato e avesse iniziato a girarle attorno con insistenza, con ciò impedendo al malintenzionato di sfilarle il portafogli o, perlomeno, rendendo più difficoltoso il compimento dell'azione. A tal proposito, merita di essere rammentato come, al fine del riconoscimento dell'aggravante in parola, la Suprema Corte abbia altresì statuito che "è altrettanto vero che occorre accertare, con giudizio controfattuale se, astrattamente, la condotta criminosa avrebbe avuto le medesime probabilità di successo se fosse stata posta in essere in danno di persona non anziana ovvero se detta condotta sia stata agevolata dalla scarsa lucidità e dalla sostanziale incapacità della vittima di orientarsi nella comprensione degli avvenimenti secondo criteri di normalità" (Sez. 2, n. 35997 del 23/09/2010, (...), in motivazione). In definitiva, si reputa che l'età della (...) abbia inciso sulla realizzazione del furto da parte del N.E.I., il quale, approfittando della sua minore capacità di ostacolare le aggressioni ai propri beni, ha facilmente sottratto il portafogli dalla sua borsa. Ciò rilevato, la difesa dell'imputato, anche per l'ipotesi in cui venisse riconosciuta la sussistenza delle circostanze aggravanti contestate, ha chiesto la pronuncia di una sentenza di non doversi procedere nei suoi confronti per essersi il reato estinto a causa della remissione di querela effettuata dalla (...) in data 03.01.2023 e depositata in cancelleria il 13.01.2023. Sul punto, occorre premettere che all'epoca del fatto il delitto contestato fosse procedibile d'ufficio: l'art. 624, co. 3, c.p., invero, recitava: "il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra una o più delle circostanze di cui agli articoli 61, n. 7, e 625". Nel caso di specie, dunque, essendo stata contestata l'aggravante di cui all'art. 625, co. 1, n. 4, c.p., non vi era bisogno della querela della persona offesa per poter procedere nei confronti dell'imputato. Il regime del furto aggravato, tuttavia, è stato modificato ad opera del D.Lgs. n. 150 del 2022, a partire dal 30 dicembre 2022. Il novellato art. 624, co. 3, c.p. estende la procedibilità a querela a tutte le ipotesi di furto, comunque aggravato, ad eccezione del caso in cui "la persona offesa è incapace, per età o per infermità, ovvero se ricorre taluna delle circostanze di cui all'art. 625, numeri 7, salvo che il fatto sia commesso su cose esposte alla pubblica fede, e 7 bis)". Pertanto, ad oggi il cd. furto con destrezza non è più procedibile d'ufficio ed è pacifica l'applicabilità della disposizione de qua anche a fatti di reato, per i quali non sia già divenuta irrevocabile la sentenza di condanna, antecedenti all'entrata in vigore della riforma, in virtù di quanto disposto dall'art. 2, co. 4, c.p. Orbene, nella vicenda in esame, se la tempestiva presentazione della querela da parte della (...) mette al riparo da un eventuale difetto di procedibilità ab origine, l'intervenuta remissione della stessa impone di scrutinare se la procedibilità d'ufficio resta intatta per altra ragione. A tal proposito, va evidenziato come, nel caso di specie, la riconosciuta condizione di minorata difesa, in relazione all'età, della (...) rilevi altresì ai fini della nozione di "incapacità per età" cui fa riferimento il nuovo testo dell'art. 624, co. 3, c.p. per escludere la procedibilità a querela del furto, comunque aggravato. Sul punto occorre registrare come la Relazione sulla "Riforma Cartabia" redatta dall'Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione (Rel. n. 2/2023) abbia evidenziato che "il riferimento all'"età", quale possibile causa (alternativa all'infermità) di incapacità senile della vittima, è ampiamente enucleato dalla giurisprudenza di legittimità ai fini del riconoscimento della circostanza aggravante della minorata difesa ex art. 61, n. 5, cod. pen., come novellata dalla L. n. 94 del 2009", con ciò richiamando la più recente e consolidata giurisprudenza in merito all'esclusione di un mero automatismo e alla necessità che sia sempre verificata l'incidenza nel caso concreto dell'età rispetto all'idoneità della persona offesa di comprendere l'azione delittuosa che sta subendo. Nella vicenda in esame, essendo stata appurata l'influenza dell'età avanzata della (...) in ordine alla possibilità di respingere, come una persona più giovane avrebbe più facilmente fatto, l'aggressione in corso al proprio bene, sembra integrata la citata nozione di "incapacità per età" utile a spostare il regime di procedibilità da quello a querela a quello d'ufficio. Di conseguenza, l'intervenuta remissione di querela non è in grado di arrestare il corso del procedimento e di impedire che nei confronti dell'imputato, essendo stata accertata al di là di ogni ragionevole dubbio la sua responsabilità in ordine al reato ascritto, sia pronunciata una sentenza di condanna. Ai fine del calcolo della pena, oltre alla circostanza attenuante di cui all'art. 62, n. 6, c.p. per avere restituito l'intera somma sottratta alla persona offesa, devono altresì essere riconosciute all'imputato le circostanze attenuanti generiche, in ragione del buon comportamento processuale, atteso che l'imputato ha reso confessione. Tali circostanze attenuanti, tuttavia, possono essere ritenute solo equivalenti alle aggravanti e alla recidiva reiterata come correttamente contestata. Per tutti questi motivi si ritiene equo infliggere a N.E.S. la pena di mesi dieci di reclusione ed Euro 400,00 di multa. Alla condanna alla pena principale segue di diritto la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali e di quelle di mantenimento durante la custodia cautelare. I plurimi precedenti penali sono ostativi alla concessione dei benefici di legge. Inoltre, tenuto conto delle modalità dell'azione delittuosa commessa ai danni di persona fragile, dei motivi a delinquere e delle condizioni personali dell'imputato, soggetto irregolare sul territorio dello Stato, senza ivi stabili riferimenti familiari (comprovati), sprovvisto di occupazione lavorativa, nonché gravato da numerosi precedenti penali anche specifici e per reati di evasione nonché recenti precedenti di polizia anch'essi specifici, non ritiene questo Giudice che vi siano le condizioni per la sostituzione della pena detentiva con le pene sostitutive di cui all'art. 20 bis c.p., non sussistendo sufficienti garanzie all'osservanza delle relative prescrizioni. P.Q.M. Visti gli artt. 533 - 535 c.p.p. DICHIARA (...) - C.U.I. (...) - responsabile del reato a lui ascritto e, riconosciute la circostanza di cui all'art. 62 n. 6 c.p. e le circostanze attenuanti generiche, valutate equivalenti alle aggravanti ed alla recidiva in contestazione, lo condanna alla. pena di mesi dieci di reclusione ed Euro 400,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali e quelle di mantenimento durante la custodia cautelare. Così deciso in Genova il 22 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 22 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI BRESCIA Sezione Lavoro, Previdenza e Assistenza obbligatoria in composizione monocratica e in funzione di Giudice del Lavoro, in persona della dott.ssa Isabella Angeli, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella controversia di primo grado promossa da (...) con l'avv. (...) - ricorrente contro (...) S.P.A. in persona del legale rappresentante pro tempore con gli avv. (...) - resistente Oggetto: Altre ipotesi All'udienza di discussione, i procuratori delle parti concludevano come da rispettivi atti. MOTIVI DELLA DECISIONE Con ricorso ex art. 414 c.p.c. (...) ha adito l'intestato Tribunale esponendo di essere stato assunto in data 8.6.1988 da Azienda Servizi Municipalizzati di Brescia - con la qualifica di operaio di secondo livello super, con orario di lavoro pari a 6 ore e 30 minuti al giorno per sei giorni alla settimana - e di essere transitato senza soluzione di continuità alle dipendenze di (...) S.p.a., a seguito di cessione di ramo d'azienda, con decorrenza dal 1.1.2008. Ha rappresentato, in particolare, di essere addetto alla movimentazione dei cassonetti stradali per la raccolta differenziata dei rifiuti, del loro trasporto e del conferimento negli impianti di destinazione; ha precisato di svolgere le proprie mansioni quale "mono operatore", a bordo di autocarri senza contatti con altri lavoratori o con soggetti terzi. Ha rappresentato, altresì, di essere stato allontanato dal luogo di lavoro dal 15.10.2021 al 16.1.2022, con sospensione della relativa retribuzione, per essersi rifiutato di esibire la certificazione verde prevista dal d.l. 127/2021 conv. l. 165/2021 (c.d. green pass). Ha aggiunto di non avere mai dichiarato di essere privo della certificazione stessa, ma di non aver ritenuto necessario adempiere a tale richiesta, non manifestando sintomi influenzali, indossando dispositivi di protezione (mascherina) e svolgendo la propria prestazione lavorativa senza contatti interpersonali. Ha sostenuto l'illegittimità della citata disposizione, foriera di ingiustificate discriminazioni tra i lavoratori muniti e quelli privi di green pass a prescindere dal loro stato di salute e dell'effettiva sussistenza di un pericolo per la sicurezza collettiva in ragione delle caratteristiche delle specifiche attività professionali. Ha dedotto che la normativa in esame, equiparando l'omessa esibizione del green pass all' assenza ingiustificata, con conseguente sospensione della retribuzione, risultava contraria a principi di rango costituzionale (artt. 1, 2, 3, 4, 13, 35, 36, 38,1 17 comma 1, Cost.) ed europeo (artt. 49 e 52 Carta dei Diritti Fondamentali dell'UE). Ha chiesto, dunque, previ i necessari accertamenti e la disapplicazione del d.l. 127/2021, la condanna di (...) S.p.a. al pagamento di tutti gli emolumenti di natura retributiva e contributiva relativi ai 53 giorni di sospensione dal lavoro, disposta in applicazione della normativa censurata. Con memoria ritualmente depositata si è costituita in giudizio (...) S.p.A., innanzitutto precisando che le giornate di assenza ingiustificata del lavoratore erano state 52 e non 53 e che, contrariamente a quanto dallo stesso sostenuto, le sue mansioni prevedevano anche un previo accesso ai locali aziendali (portineria, spogliatori, ufficio tecnico, magazzino, officina, piazzale) nonché ad utenze non domestiche della città ed impianti. Ha dedotto, in ogni caso, l'irrilevanza delle concrete modalità di svolgimento dell'attività, ai fini dell'applicazione dell'obbligo di green pass, a fronte della normativa ratione temporis applicabile, correttamente osservata per tutto il periodo in contesa. Ha sostenuto, infine, la legittimità del decreto legge contestato da controparte, in ragione dell'interesse collettivo tutelato nonché della circostanza che, al fine di ottenere la certificazione verde, non fosse necessario sottoporsi al alcun trattamento sanitario, ma fosse sufficiente un test antigenico rapido o molecolare (cd. tampone), senza alcuna compromissione della libertà di autodeterminazione. Ha chiesto, dunque, il rigetto integrale delle domande avversarie. Il ricorso non può essere accolto per le ragioni di seguito esposte. Come noto, l'art. 3 d.l. 127/2021 conv. l. 165/2021 ha introdotto l'art. 9-septies nel d.l. 52/2021 conv. l. 87/2021, con il quale è stato previsto, dal 15.10.2021 e sino al 31.12.2021 (data poi prorogata, dapprima al 31.03.2022 e poi al 30.04.2022) l'obbligo per chiunque svolgesse un'attività lavorativa nel settore privato, di possedere ed esibire su richiesta la certificazione verde COVID-19 di cui all'art. 9, comma 2, del medesimo decreto "ai fini dell'accesso ai luoghi in cui la predetta attività è svolta". La norma prevedeva altresì che il datore di lavoro fosse tenuto a verificare il rispetto delle prescrizioni e che nell'ipotesi di mancato possesso dell'attestazione da parte di alcuni dipendenti, gli stessi dovessero considerarsi "assenti ingiustificati" con conseguente sospensione dalla retribuzione e da ogni altro compenso ed emolumento, senza conseguenze disciplinari. Dalla mera lettura della disposizione citata si evince come la stessa fosse destinata a trovare applicazione con riferimento a tutti i lavoratori del settore privato, compreso quindi il (...). La normativa, infatti, ha introdotto una deroga solo per coloro che fossero stati esentati dalla somministrazione del vaccino, sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti dal Ministero della salute. Lo stesso ricorrente, d'altro canto, non ha negato di essere destinatario dell'obbligo di green pass, ma ha contestato la legittimità della norma laddove: - ha introdotto un dovere indiscriminato di possesso ed esibizione della certificazione, a prescindere dalle concrete modalità di svolgimento della prestazione lavorativa e dall'effettivo stato di salute del dipendente; - ha equiparato il mancato possesso del certificato ad un'assenza ingiustificata con sospensione della retribuzione, anche laddove il dipendente stesso si presentasse correttamente al lavoro senza sintomi influenzali. Ebbene, a fronte di tale quadro normativo, non si rilevano profili di illegittimità nella condotta della società. Invero, è pacifico che il datore di lavoro abbia rifiutato l'attività del (...) sulla base di disposizioni di rango primario che hanno reso impossibile la prestazione a carico del dipendente, nel periodo 15.10.2021-16.01.2022. Stante la natura sinallagmatica del rapporto tra le parti, correttamente (...) S.p.a. - sia ai sensi della normativa emergenziale sia secondo il generale principio di cui all'art. 1463 c.c. - si è rifiutata di versare alla controparte la retribuzione richiesta, che avrebbe integrato un indebito emolumento a fronte dell'assenza di controprestazione, per motivi non riconducibili alla destinataria della stessa. Sotto questo profilo, alcun rilievo assumono le argomentazioni di cui all'atto introduttivo del giudizio, relative alla presunta incompatibilità del d.l. 127/2021 con i principi di rango costituzionale ed europeo. Il datore di lavoro privato, infatti, non avrebbe certamente potuto violare consapevolmente una disposizione vincolante di rango primario, sulla base di una mera prospettazione di illegittimità della stessa, riammettendo in servizio il ricorrente non in possesso della certificazione verde obbligatoria. In altri termini, anche qualora si ritenessero fondate le censure del ricorrente relative alla normativa nazionale, non sarebbe comunque possibile qualificare come illegittima ora per allora la condotta datoriale ed in particolare l'omesso versamento della retribuzione al dipendente, a fronte della mancata percezione della prestazione lavorativa, rifiutata in ottemperanza alla legge vigente. Tanto è sufficiente a far ritenere infondate le domande di parte ricorrente. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, tenendo conto della natura e del valore della controversia nonché dell'assenza di istruttoria. P.Q.M. Definitivamente pronunciando ogni contraria istanza ed eccezione disattesa così provvede: respinge il ricorso; condanna (...) a rimborsare ad (...) S.p.a. le spese di lite, che si liquidano complessivamente in Euro 2.000, oltre a spese generali al 15%, IVA, CPA. Fissa il termine di 60 giorni per il deposito della sentenza. Sentenza provvisoriamente esecutiva. Così deciso in Brescia il 2 febbraio 2023. Depositata in Cancellaria l'11 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI FROSINONE Sezione Lavoro Il Tribunale di Frosinone, in funzione di Giudice del Lavoro, nella persona della dott.ssa Laura Laureti, nella causa tra: (...), ricorrente, rappresentata e difesa dall'avv. Laura Careri; E (...), in persona del legale rappresentante pro-tempore, resistente, rappresentata e difesa dagli avv.ti Fr.Ma. e Ma.Gi.; E REGIONE LAZIO, in persona del legale rappresentante pro-tempore, resistente, contumace; all'udienza del 24 gennaio 2023 ha emesso la seguente Sentenza FATTO E DIRITTO (...) ha convenuto in giudizio la (...) e la Regione Lazio e ha dedotto di essere invalido civile, affetto da cecità assoluta, e di lavorare da circa 37 anni alle dipendenze della Azienda convenuta con mansioni di centralinista. Ha esposto che ha sempre esercitato le proprie mansioni all'interno di un ufficio non accessibile al pubblico e che sin dal 2 agosto 2020 è stato adibito a svolgere il suo lavoro esclusivamente dalla propria dimora (in modalità smart working). Con comunicazione del 15.12.2021 il ricorrente è stato invitato dal datore di lavoro alla vaccinazione anti SarsCoV2. Ritenendo che il personale non sanitario non adibito a lavoro a contatto con il pubblico sia escluso dall'obbligo di vaccinazione, il ricorrente ha contestato l'invito della (...). Con successivo provvedimento prot. n. (...) del 9.2.2022 la Commissione per la verifica dell'obbligo vaccinale ha accertato l'inosservanza dell'obbligo da parte del (...) e la (...) con prot. (...) del 9.2.2022 ha disposto la sua sospensione dal lavoro e dalla retribuzione ai sensi dell'art. 4-ter del D.L. n. 44 del 2021. Il ricorrente ha impugnato il provvedimento di sospensione del 9.2.2022 per violazione dell'art. 2 D.L. n. 172 del 2021 (art. 4-ter co. 3 D.L. n. 44 del 2021), dell'art. 1 D.L. n. 1 del 2022, per inadempimento contrattuale del datore di lavoro e inesigibilità dell'obbligo vaccinale. Ha evidenziato l'illegittimità costituzionale dell'obbligo vaccinale per contrasto con gli artt. 2, 3, 19, 32, 36 e 117 della Costituzione, nonché del Codice di Norimberga, della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, del Patto internazionale sui diritti civili e politici e della Convenzione di Oviedo. Il sig. (...) ha quindi chiesto al Giudice di accertare l'illegittimità del provvedimento di sospensione del 9.2.2022 e di disapplicarlo e di condannare le resistenti al risarcimento del danno mediante pagamento in suo favore delle retribuzioni non corrisposte maturate dalla data di sospensione fino alla data di effettiva riammissione in servizio; ha chiesto altresì di condannare le resistenti alla regolarizzazione contributiva della sua posizione previdenziale per il periodo di illegittima sospensione e di computarlo come periodo di effettivo servizio anche ai fini della valutazione di punteggi e della anzianità lavorativa. Si è costituita la (...) e ha chiesto il rigetto della domanda in quanto infondata. In via preliminare la convenuta ha osservato che in data 21.4.2022, il provvedimento di sospensione del 9.2.2022 è stato revocato e il ricorrente è stato riammesso in servizio a seguito di invio di referto negativo e possesso di green pass (per guarigione in esito a contagio). Ha quindi chiesto di dichiarare l'inammissibilità/improcedibilità della domanda di revoca del provvedimento di sospensione del 9.2.2022 e di riammissione in servizio per cessazione della materia del contendere. Nel merito la (...) ha osservato di essersi conformata alla legge a suo tempo vigente che ha previsto l'obbligo vaccinale del ricorrente, in quanto lavoratore presso struttura sanitaria e ultracinquantenne; che la normativa non contempla il lavoro agile quale causa di esonero dall'obbligo vaccinale; che il legislatore ha demandato al datore di lavoro il compito di assicurare la puntuale e rigorosa applicazione delle norme in materia di obbligo vaccinale. La Regione Lazio, regolarmente citata, non si è costituita ed è stata dichiarata contumace. Alla udienza del 17 maggio 2022, la parte ricorrente ha confermato la revoca della sospensione dal servizio e dalla retribuzione e la sua riammissione al lavoro. Ha quindi aderito alla richiesta di cessazione della materia del contendere in relazione alla domanda di ripristino del rapporto di lavoro, mentre ha insistito con la domanda di risarcimento del danno e corresponsione delle retribuzioni omesse durante il periodo di illegittima sospensione. Sul contradditorio così instaurato, la causa ritenuta documentalmente istruita, è stata discussa e decisa con separata sentenza nel corso della odierna udienza. Per orientamento costante e consolidato della S.C. "La cessazione della materia del contendere presuppone che le parti si diano reciprocamente atto del sopravvenuto mutamento della situazione sostanziale dedotta in giudizio e sottopongano conclusioni conformi in tal senso al giudice" (Cass. SS.UU. n. 13969/2004, e nn. 16150/2010, 11931/2006; di recente Cass. n. 2063/2014). Inoltre "La cessazione della materia del contendere costituisce una fattispecie di estinzione del processo, creata dalla prassi giurisprudenziale, che si verifica quando sopravvenga una situazione che elimini la ragione del contendere delle parti, facendo venir meno l'interesse ad agire e a contraddire, e cioè l'interesse ad ottenere un risultato utile, giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l'intervento del giudice, da accertare avendo riguardo all'azione proposta e alle difese svolte dal convenuto" (Cass. 2567/2007 e 4714/2006). Nella specie sussistono i presupposti per la dichiarazione di cessata materia del contendere in relazione alla domanda di revoca della sospensione dal lavoro e riammissione in servizio. Il provvedimento di sospensione (impugnato) del 9.2.2022 è stato revocato e il ricorrente è rientrato in servizio dal 21.4.2022. Successivamente al deposito del ricorso (del 9.4.2022) è venuto meno l'interesse delle parti ad una pronuncia del Giudice di annullamento del Provv. del 9 febbraio 2022. Si ritiene poi fondata la domanda di accertamento della illegittima sospensione operata dalla azienda resistente. Il provvedimento di sospensione dal lavoro del 9.2.2022 e l'atto di accertamento dell'inadempimento dell'obbligo vaccinale richiamano l'art. 2 del D.L. 26 novembre 2021, n. 172, che ha introdotto l'art. 4-ter al D.L. n. 44 del 2021 sull'estensione dell'obbligo vaccinale, tra l'altro, al personale che opera nelle strutture sanitarie. L'art. 4-ter D.L. n. 44 del 2021 cit., nella versione applicabile ratione temporis, statuisce che: "Dal 15 dicembre 2021, l'obbligo vaccinale per la prevenzione dell'infezione da SARS-CoV-2 di cui all'articolo 3-ter, da adempiersi, per la somministrazione della dose di richiamo, entro i termini di validità delle certificazioni verdi COVID-19 previsti dall'articolo 9, comma 3, del D.L. n. 52 del 2021, si applica anche alle seguenti categorie:? c) personale che svolge a qualsiasi titolo la propria attività lavorativa nelle strutture di cui all'art. 8-ter del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, ad esclusione di quello che svolge attività lavorativa con contratti esterni, fermo restando quanto previsto dagli articoli 4 e 4-bis" (comma 1). I successivi commi 2 e 3 dispongono che "La vaccinazione costituisce requisito essenziale per lo svolgimento delle attività lavorative dei soggetti obbligati ai sensi del comma 1. I dirigenti scolastici e i responsabili delle istituzioni di cui al comma 1, lettera a), i responsabili delle strutture in cui presta servizio il personale di cui al comma 1, lettere b), c) e d), assicurano il rispetto dell'obbligo di cui al comma 1. Si applicano ledisposizioni di cui all'articolo 4, commi 2 e 7" (comma 2) e che "I soggetti di cui al comma 2 verificano immediatamente l'adempimento del predetto obbligo vaccinale ... Nei casi in cui non risulti l'effettuazione della vaccinazione anti SARS-CoV-2 o la presentazione della richiesta di vaccinazione nelle modalità stabilite nell'ambito della campagna vaccinale in atto, i soggetti di cui al comma 2 invitano, senza indugio, l'interessato a produrre, entro cinque giorni dalla ricezione dell'invito, la documentazione comprovante l'effettuazione della vaccinazione oppure l'attestazione relativa all'omissione o al differimento della stessa ai sensi dell'articolo 4, comma 2, ovvero la presentazione della richiesta di vaccinazione da eseguirsi in un termine non superiore a venti giorni dalla ricezione dell'invito, o comunque l'insussistenza dei presupposti per l'obbligo vaccinale di cui al comma 1. In caso di presentazione di documentazione attestante la richiesta di vaccinazione, i soggetti di cui al comma 2 invitano l'interessato a trasmettere immediatamente e comunque non oltre tre giorni dalla somministrazione, la certificazione attestante l'adempimento all'obbligo vaccinale. In caso di mancata presentazione della documentazione di cui al secondo e terzo periodo i soggetti di cui al comma 2 accertano l'inosservanza dell'obbligo vaccinale e ne danno immediata comunicazione scritta all'interessato. L'atto di accertamento dell'inadempimento determina l'immediata sospensione dal diritto di svolgere l'attività lavorativa, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro. Per il periodo di sospensione, non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominati. La sospensione è efficace fino alla comunicazione da parte dell'interessato al datore di lavoro dell'avvio o del successivo completamento del ciclo vaccinale primario o della somministrazione della dose di richiamo, e comunque non oltre il termine di sei mesi a decorrere dal 15 dicembre 2021". Gli artt. 4 e 4-bis, richiamati dall'art. 4-ter D.L. n. 44 del 2021 cit., prevedono l'obbligo vaccinale per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario (ossia coloro che esercitano professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione e la professione ostetrica), nonché per i lavoratori impiegati in strutture residenziali, socio-assistenziali e socio-sanitarie. L'art. 8-ter del D.Lgs. n. 502 del 1992, inoltre, fa riferimento alle strutture ospedaliere, sanitarie e socio-sanitarie la cui realizzazione è subordinata ad autorizzazione. L'obbligo vaccinale in esame è stato introdotto per prevenire e contenere la diffusione dell'infezione da virus SARS-Cov-2 al fine di tutelare la salute pubblica e in particolare i soggetti fragili. La sua imposizione comporta una limitazione di libertà personali costituzionalmente protette che si giustifica in ragione della situazione emergenziale all'epoca esistente, del dovere inderogabile di solidarietà sociale (art. 2 Cost.) e della salute come interesse della collettività (art. 32 Cost.), valori di pari rango costituzionale. La disciplina dell'obbligo vaccinale, dunque, è il risultato di un bilanciamento di interessi (individuali e collettivi) contrapposti e per questo, limitando fortemente libertà individuali in funzione della tutela della salute della collettività, va interpretata restrittivamente. Nella specie il ricorrente è dipendente della (...) con mansioni di centralinista. Ha dedotto di aver svolto la sua attività lavorativa in un ufficio non accessibile al pubblico e dal 2 agosto 2020 ha lavorato esclusivamente dalla propria abitazione nella modalità del lavoro agile (o smart working). Non è un sanitario, né è adibito a prestazioni a contatto con il pubblico. Né, alla data di entrata in vigore dell'obbligo vaccinale previsto dall'art. 4-ter in esame (15.12.2021), operava presso una struttura sanitaria o socio-sanitaria. Come osservato, l'art. 4-ter in esame ha introdotto l'obbligo vaccinale per il "personale che svolge a qualsiasi titolo la propria attività lavorativa nelle strutture di cui all'art. 8-ter del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502" ossia nelle strutture ospedaliere, sanitarie e socio-sanitarie, con esclusione dei collaboratori con contratti esterni e fermo restando l'obbligo vaccinale dei soggetti di cui all'art. 4 e 4-bis. Si ritiene che il ricorrente non rientri in alcuna delle categorie sopra descritte soggette all'obbligo vaccinale. Per un verso, non fa parte del personale sanitario in quanto svolge mansioni di centralinista; per l'altro, prestando attività lavorativa esclusivamente da casa già da agosto 2020, non opera presso una struttura dedicata all'assistenza e al ricovero dei pazienti, non ha contatti con il pubblico né con persone fragili o malate. Inoltre, la sospensione dal servizio non può essere comminata in ragione dell'inadempimento dell'obbligo vaccinale previsto per i lavoratori ultracinquantenni in quanto, in quest'ultima fattispecie, la norma non prevede la sospensione dal servizio quale conseguenza della mancata somministrazione del vaccino. Alla luce delle osservazioni descritte, si ritiene che sia illegittimo il provvedimento di sospensione dal lavoro del (...) del 9.2.2022, con conseguente condanna della (...) a pagare al ricorrente le retribuzioni maturate e non percepite nel periodo di illegittima sospensione. La (...) va altresì condannata a regolarizzare la posizione previdenziale del ricorrente e a considerare il periodo di sospensione come periodo di effettivo lavoro ai fini della valutazione di punteggi e della anzianità lavorativa. Il ricorso va quindi accolto per le ragioni descritte e ciò assorbe l'esame delle ulteriori censure formulate da parte attrice. Si ritiene di compensare le spese di lite tra le parti per la novità e complessità delle questioni trattate. Queste sono le ragioni della decisione in epigrafe. P.Q.M. Dichiara cessata la materia del contendere sulla domanda di revoca del provvedimento di sospensione del 9.2.2022 e di riammissione in servizio; Condanna la (...) resistente al pagamento, in favore del sig. (...), della retribuzione maturata durante il periodo di illegittima sospensione dal lavoro, oltre interessi come per legge, e di computarlo come periodo di effettivo servizio ai fini della valutazione di punteggi e della anzianità lavorativa; Condanna altresì la (...) resistente alla regolarizzazione contributiva della posizione previdenziale del ricorrente per il periodo di illegittima sospensione; Compensa le spese di lite. Così deciso in Frosinone il 24 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 24 gennaio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI AREZZO in composizione monocratica, in persona del giudice del lavoro, dott. Giorgio Rispoli, all'esito della discussione orale, ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo e della esposizione delle ragioni di fatto e di diritto (ai sensi dell'art. 429 c.p.c.) la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. 834/2022 r.g. promossa da (...) (c.f. (...)), rappresentata e difesa dall'avv. MO.CA., giusta procura in calce all'atto di citazione elettivamente domiciliato in Via (...) 53034 Colle di Val d'Elsa Italia presso il difensore avv. MO.CA. RICORRENTE nei confronti di (...) SPA (C.F. (...)), rappresentato e difeso dall'avv. TO.CR., giusta mandato a margine della comparsa di risposta ed elettivamente domiciliato presso il difensore avv. TO.CR. RESISTENTE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO (art. 132 comma II n. 4 c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c., come novellati dalla L. n. 69 del 2009 del 18.6.2009) Con ricorso depositato in data 25.10.2022, (...) agisce nei confronti di (...) S.p.a. chiedendo previo accertamento del corretto inquadramento del dipendente la condanna di parte resistente al pagamento in favore del ricorrente della somma di Euro 7.033,37 per differenze retributive, oltre permessi, maggiorazioni e differenze corrispondenti al nuovo livello per notturno, festività, ferie dalla data dell'assunzione, nonché la declaratoria dell'illegittimità della sospensione disposta con comunicazione del 28/04/2022 e per l'effetto disporre il pagamento della retribuzione prevista per il IV livello per i mesi dalla sospensione sino all'effettivo rientro, onerando il datore di lavoro degli adempimenti di legge per il nuovo rilascio del decreto di nomina prefettizio che consenta la riammissione in servizio del dipendente. A sostegno delle proprie richieste deduce che ha prestato e sta continuando a prestare la propria attività lavorativa alle dipendenze della resistente , come guardia particolare giurata, VI livello dal 7 maggio 2018, prima con contratto a tempo determinato, rinnovato con comunicazione datata 3/5/2019 e quindi, trasformato a tempo indeterminato a partire dal 22/09/2019; che sin dal momento dell'assunzione, ha svolto la propria mansione come "operatore di centrale", gestendo gli allarmi, reperendo aziende "consorziate" per l'intervento in loco, predisponendo contatti con i responsabili; che detta mansione è stata sempre svolta senza la dotazione dell'arma di ordinanza: ogni dipendente (anche inquadrato come guardia giurata) è stato assunto previa verifica dei requisiti necessari per il rilascio del solo decreto Prefettizio e mai è stato richiesto che fosse dotato obbligatoriamente del porto d'armi e, quindi, dell'arma di ordinanza; che il lavoro è proseguito senza particolari difficoltà sino al momento in cui è subentrata la normativa speciale per la gestione emergenziale epidemiologica; che ha scelto di non vaccinarsi e quando è divenuto obbligatorio il cd. green pass, in data 08/10/2021 ha chiesto di usufruire di un periodo di ferie. Quindi in data 01/11/2021, previo rifiuto dell'offerta aziendale di provvedere al pagamento per l'effettuazione dei tamponi obbligatori, è stato sospeso dalla prestazione e dallo stipendio; che ha accettato serenamente il provvedimento limitandosi a proporre lo svolgimento della prestazione in modo diverso, mediante smart working; che tale proposta è stata rifiutata dall'azienda "in considerazione della tipologia di lavoro e di mansioni"; che in quel periodo la resistente ha indetto una riunione con tutti i dipendenti (di cui è venuto a sapere solo ad inizio anno, mediante una telefonata del titolare di licenza della (...) stessa) nella quale sono stati informati che la resistente era stata autorizzata a dotarli dell'arma di ordinanza; che mediante comunicazione datata 28/01/2022 la resistente comunicava formalmente che l'Istituto era stato autorizzato a dotare i dipendenti di arma da fuoco e ricordava che il decreto prefettizio del ricorrente era in scadenza e quindi allegava la documentazione da riempire e restituire sottoscritta per il rinnovo del decreto e la richiesta di porto d'armi, oltre che effettuare le visite mediche; che detta comunicazione veniva riscontrata dal ricorrente che contestava l'obbligatorietà dell'arma e richiamava contestualmente gli obblighi/doveri assunti dalle parti con la stipula del contratto individuale di assunzione; che il rifiuto del dipendente di presentare richiesta di porto d'armi per svolgere la mansione sarebbe legittimo; che in base alle mansioni concretamente svolte dal ricorrente, secondo la declaratoria del CCNL applicabile, il livello spettante sarebbe il IV e non il V; che detto superiore inquadramento comporterebbe una differenza retributiva di Euro 7.033,37. Sulla scia di tali apporti conclude come da proprio atto introduttivo. Si costituisce ritualmente la parte resistente (...) S.p.a. chiedendo la reiezione della pretesa ex adverso formulata, in quanto asseritamente infondata in fatto e in diritto. Istruita in via esclusivamente documentale (stante la superfluità dell'istruttoria testimoniale richiesta per i motivi di cui infra) la causa viene discussa - e contestualmente decisa - all'udienza odierna. Il ricorso è infondato e deve essere respinto. Non risulta anzitutto accoglibile la domanda volta alla declaratoria dell'illegittimità della sospensione disposta con comunicazione del 28/04/2022 e al pagamento della retribuzione prevista per il IV livello per i mesi dalla sospensione sino all'effettivo rientro. Ciò in quanto, difetta nella fattispecie qualsivoglia offerta formale della prestazione, ad iniziativa del ricorrente, successiva al 28.04.2022 ed idonea a costituire in mora (...) S.p.a., circostanza né allegata né dedotta dall'odierno ricorrente. Tale mancanza determina l'infondatezza della relativa domanda, con conseguente assorbimento degli ulteriori profili di merito dedotti sul punto, in quanto l'art. 2094 c.c. prevede il principio di necessaria corrispettività fra prestazione di lavoro e retribuzione. Ne deriva che, in difetto di una valida offerta formale della propria prestazione lavorativa, è impossibile invocare l'eccezione d'inadempimento exart. 1460 c.c. Del pari appare da respingersi la richiesta inerente al superiore livello d'inquadramento. Preme anzitutto al giudicante sottolineare la superfluità dell'istruttoria costituenda richiesta sul punto, in quanto è incontestato fra le parti che il ricorrente abbia svolto le esatte mansioni indicate in ricorso. Tuttavia ritiene il decidente che lo svolgimento di dette mansioni non appaia in concreto comparabile col superiore livello d'inquadramento reclamato per mancanza di una compiuta attività allegatoria di parte sul punto. Ed infatti, il CCNL applicato contiene - ai fini della descrizione delle mansioni e delle relative declaratorie - un richiamo al D.M. n. 269 del 2010, regolamento che non è stato prodotto dal ricorrente né dal resistente. Stante la natura amministrativa del decreto ministeriale non appare al giudicante possibile disporne l'acquisizione ex art. 421 c.p.c. (Cfr. Cass. Sez. Unite, 29.04.2009 n. 9441, Cass. - Sez. III Civ.2543/2019). In tal modo, tuttavia, parte ricorrente non ha in alcun modo fornito contezza delle ragioni e del perché le attività da lei svolte sarebbero riconducibili alla declaratoria del V livello rivendicato, non avendo allegato alcunché sui tratti distintivi tra le mansioni concretamente svolte e il livello d'inquadramento rivendicato e non avendo di conseguenza posto in risalto ciò che differenzia una declaratoria dall'altra e in particolare il necessario quid pluris del livello rivendicato. Alla luce del costante insegnamento giurisprudenziale, il procedimento logico-giuridico diretto alla determinazione dell'inquadramento di un lavoratore subordinato non può prescindere da tre fasi successive, cioè dall'accertamento in fatto delle attività lavorative in concreto svolte, dalla individuazione delle qualifiche e gradi previsti dal contratto collettivo di categoria e dal raffronto dei risultati di tali due indagini (Così, ex pluribus, Cass. 7.4.2016 n. 6762; Cass. 4.4.2016 n. 6496; Cass. 28.4.2015 n. 8589; Cass. 27.9.2010 n. 20272; Cass. 20.2.2004 n. 3446; Cass. 16.2.2005 n. 3069; Cass. 1.9.2004 n. 17561; Cass. 20.11.2000 n. 14981; Cass. 1.7.1998 n. 6446; Cass. 11.1.1990 n. 54, Cass. 21.8.1987 n. 6999). In altre parole, il lavoratore che agisca in giudizio per ottenere l'inquadramento in una qualifica diversa ha l'onere di allegare (e poi di provare) gli elementi posti a base della domanda e, in particolare, è tenuto ad indicare esplicitamente quali siano i profili caratterizzanti le mansioni di detta qualifica, raffrontandoli altresì espressamente e con precisione, con quelli concernenti le mansioni che egli deduce di avere concretamente svolto. A tale riguardo, tuttavia, "non basta dire: questi sono i compiti, questa è la disposizione contrattuale invocata, ma occorre esplicitare, e poi rendere evidente sul piano probatorio, la gradazione e l'intensità (per responsabilità, autonomia, complessità, coordinamento, ecc.) dell'attività corrispondente al modello contrattuale invocato, rispetto a quello attribuito trattandosi, in tema di mansioni, di livelli di valore inclusi in un particolare sistema professionale contrattuale a carattere piramidale. Nè può, a tal fine, sopperire l'intervento ufficioso del Giudice che non solo ignora i dati fattuali di riscontro, ma neppure può interferire con il principio fondante la regola processuale, che impone a colui che dice l'onere di allegare e di provare gli elementi complessivi posti a sostegno della domanda" (In tal senso Cass. n. 8025 del 2003). In presenza di siffatte carenze, pertanto, la domanda di parte ricorrente non può che essere disattesa. Alla luce di quanto prospettato, il ricorso deve essere respinto. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Il giudicante non rinviene ragioni per discostarsi dai parametri medi dello scaglione di valore di riferimento (cause di lavoro senza svolgimento d'istruttoria costituenda di valore compreso fra Euro 5.200,00 ed Euro 26.000,00). P.Q.M. L'intestato Tribunale, definitivamente decidendo in ordine alla controversia in epigrafe: 1. RESPINGE il ricorso; 2. CONDANNA parte ricorrente al pagamento - in favore della resistente - delle spese di lite, che liquida in Euro 4.200,00 per compensi, oltre contributo unificato se dovuto, spese generali nella misura del 15%, Iva e Cpa come per legge, da distrarsi in favore del procuratore antistatario ove richiesto. Così deciso in Arezzo il 18 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 18 gennaio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI AREZZO in composizione monocratica, in persona del giudice del lavoro, dott. Giorgio Rispoli, all'esito della discussione orale, ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo e della esposizione delle ragioni di fatto e di diritto (ai sensi dell'art. 429 c.p.c.) la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. 832/2022 r.g. promossa da (...) (c.f. (...) ), rappresentata e difesa dall'avv. MO.CA., giusta procura in calce all'atto di citazione elettivamente domiciliato in Via (...) 53034 Colle di Val d'Elsa Italia presso il difensore avv. MO.CA. RICORRENTE nei confronti di (...) SPA (C.F. (...)), rappresentato e difeso dall'avv. TO.CR., giusta mandato a margine della comparsa di risposta ed elettivamente domiciliato presso il difensore avv. TO.CR. RESISTENTE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO (art. 132 comma II n. 4 c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c., come novellati dalla L. 69 del 2009 del 18 giugno 2009) Con ricorso depositato in data 25.10.2022, (...) agisce nei confronti di (...) S.p.a. chiedendo previo accertamento del corretto inquadramento del dipendente la condanna di parte resistente al pagamento in favore del ricorrente della somma di Euro 6.926,41 per differenze retributive, oltre permessi, maggiorazioni e differenze corrispondenti al nuovo livello per notturno, festività, ferie dalla data dell'assunzione, nonché la declaratoria dell'illegittimità della sospensione disposta con comunicazione del 28/04/2022 e per l'effetto disporre il pagamento della retribuzione prevista per il IV livello per i mesi dalla sospensione sino all'effettivo rientro, onerando il datore di lavoro degli adempimenti di legge per il nuovo rilascio del decreto di nomina prefettizio che consenta la riammissione in servizio del dipendente. A sostegno delle proprie richieste deduce che ha prestato e sta continuando a prestare la propria attività lavorativa alle dipendenze della resistente , come guardia particolare giurata, VI livello dal 23 aprile 2018, prima con contratto a tempo determinato, rinnovato con comunicazione datata 17/10/2018 e quindi, trasformato a tempo indeterminato a partire dal 23/04/2019; che sin dal momento dell'assunzione, ha svolto la propria mansione come "operatore di centrale", gestendo gli allarmi, reperendo aziende "consorziate" per l'intervento in loco, predisponendo contatti con i responsabili; che detta mansione è stata sempre svolta senza la dotazione dell'arma di ordinanza: ogni dipendente (anche inquadrato come guardia giurata) è stato assunto previa verifica dei requisiti necessari per il rilascio del solo decreto Prefettizio e mai è stato richiesto che fosse dotato obbligatoriamente del porto d'armi e, quindi, dell'arma di ordinanza; che il lavoro è proseguito senza particolari difficoltà sino al momento in cui è subentrata la normativa speciale per la gestione emergenziale epidemiologica; che ha scelto di non vaccinarsi e quando è divenuto obbligatorio il cd. green pass, in data 08/10/2021 ha chiesto di usufruire di un periodo di ferie. Quindi in data 01/11/2021, previo rifiuto dell'offerta aziendale di provvedere al pagamento per l'effettuazione dei tamponi obbligatori, è stato sospeso dalla prestazione e dallo stipendio; che ha accettato serenamente il provvedimento limitandosi a proporre lo svolgimento della prestazione in modo diverso, mediante smart working; che tale proposta è stata rifiutata dall'azienda "in considerazione della tipologia di lavoro e di mansioni"; che in quel periodo la resistente ha indetto una riunione con tutti i dipendenti (di cui è venuto a sapere solo ad inizio anno, mediante una telefonata del titolare di licenza della (...) stessa) nella quale sono stati informati che la resistente era stata autorizzata a dotarli dell'arma di ordinanza; che mediante comunicazione datata 28/01/2022 la resistente comunicava formalmente che l'Istituto era stato autorizzato a dotare i dipendenti di arma da fuoco e ricordava che il decreto prefettizio del ricorrente era in scadenza e quindi allegava la documentazione da riempire e restituire sottoscritta per il rinnovo del decreto e la richiesta di porto d'armi, oltre che effettuare le visite mediche; che detta comunicazione veniva riscontrata dal ricorrente che contestava l'obbligatorietà dell'arma e richiamava contestualmente gli obblighi/doveri assunti dalle parti con la stipula del contratto individuale di assunzione; che il rifiuto del dipendente di presentare richiesta di porto d'armi per svolgere la mansione sarebbe legittimo; che in base alle mansioni concretamente svolte dal ricorrente, secondo la declaratoria del CCNL applicabile, il livello spettante sarebbe il IV e non il V; che detto superiore inquadramento comporterebbe una differenza retributiva di Euro 6.926,41. Sulla scia di tali apporti conclude come da proprio atto introduttivo. Si costituisce ritualmente la parte resistente (...) S.p.a. chiedendo la reiezione della pretesa ex adverso formulata, in quanto asseritamente infondata in fatto e in diritto. Istruita in via esclusivamente documentale (stante la superfluità dell'istruttoria testimoniale richiesta per i motivi di cui infra) la causa viene discussa - e contestualmente decisa - all'udienza odierna. Il ricorso è infondato e deve essere respinto. Non risulta anzitutto accoglibile la domanda volta alla declaratoria dell'illegittimità della sospensione disposta con comunicazione del 28/04/2022 e al pagamento della retribuzione prevista per il IV livello per i mesi dalla sospensione sino all'effettivo rientro. Ciò in quanto, difetta nella fattispecie qualsivoglia offerta formale della prestazione, ad iniziativa del ricorrente, successiva al 28.04.2022 ed idonea a costituire in mora (...) S.p.a., circostanza né allegata né dedotta dall'odierno ricorrente. Tale mancanza determina l'infondatezza della relativa domanda, con conseguente assorbimento degli ulteriori profili di merito dedotti sul punto, in quanto l'art. 2094 c.c. prevede il principio di necessaria corrispettività fra prestazione di lavoro e retribuzione. Ne deriva che, in difetto di una valida offerta formale della propria prestazione lavorativa, è impossibile invocare l'eccezione d'inadempimento ex art. 1460 c.c. Del pari appare da respingersi la richiesta inerente al superiore livello d'inquadramento. Preme anzitutto al giudicante sottolineare la superfluità dell'istruttoria costituenda richiesta sul punto, in quanto è incontestato fra le parti che il ricorrente abbia svolto le esatte mansioni indicate in ricorso. Tuttavia ritiene il decidente che lo svolgimento di dette mansioni non appaia in concreto comparabile col superiore livello d'inquadramento reclamato per mancanza di una compiuta attività allegatoria di parte sul punto. Ed infatti, il CCNL applicato contiene - ai fini della descrizione delle mansioni e delle relative declaratorie - un richiamo al D.M. n. 269 del 2010, regolamento che non è stato prodotto dal ricorrente né dal resistente. Stante la natura amministrativa del decreto ministeriale non appare al giudicante possibile disporne l'acquisizione ex art. 421 c.p.c. (Cfr. Cass. Sez. Unite, 29.04.2009 n. 9441, Cass. - Sez. III Civ. 2543/2019). In tal modo, tuttavia, parte ricorrente non ha in alcun modo fornito contezza delle ragioni e del perché le attività da lei svolte sarebbero riconducibili alla declaratoria del V livello rivendicato, non avendo allegato alcunché sui tratti distintivi tra le mansioni concretamente svolte e il livello d'inquadramento rivendicato e non avendo di conseguenza posto in risalto ciò che differenzia una declaratoria dall'altra e in particolare il necessario quid pluris del livello rivendicato. Alla luce del costante insegnamento giurisprudenziale, il procedimento logico-giuridico diretto alla determinazione dell'inquadramento di un lavoratore subordinato non può prescindere da tre fasi successive, cioè dall'accertamento in fatto delle attività lavorative in concreto svolte, dalla individuazione delle qualifiche e gradi previsti dal contratto collettivo di categoria e dal raffronto dei risultati di tali due indagini (Così, ex pluribus, Cass. 7.4.2016 n. 6762; Cass. 4.4.2016 n. 6496; Cass. 28.4.2015 n. 8589; Cass. 27.9.2010 n. 20272; Cass. 20.2.2004 n. 3446; Cass. 16.2.2005 n. 3069; Cass. 1.9.2004 n. 17561; Cass. 20.11.2000 n. 14981; Cass. 1.7.1998 n. 6446; Cass. 11.1.1990 n. 54, Cass. 21.8.1987 n. 6999). In altre parole, il lavoratore che agisca in giudizio per ottenere l'inquadramento in una qualifica diversa ha l'onere di allegare (e poi di provare) gli elementi posti a base della domanda e, in particolare, è tenuto ad indicare esplicitamente quali siano i profili caratterizzanti le mansioni di detta qualifica, raffrontandoli altresì espressamente e con precisione, con quelli concernenti le mansioni che egli deduce di avere concretamente svolto. A tale riguardo, tuttavia, "non basta dire: questi sono i compiti, questa è la disposizione contrattuale invocata, ma occorre esplicitare, e poi rendere evidente sul piano probatorio, la gradazione e l'intensità (per responsabilità, autonomia, complessità, coordinamento, ecc.) dell'attività corrispondente al modello contrattuale invocato, rispetto a quello attribuito trattandosi, in tema di mansioni, di livelli di valore inclusi in un particolare sistema professionale contrattuale a carattere piramidale .Nè può, a tal fine, sopperire l'intervento ufficioso del Giudice che non solo ignora i dati fattuali di riscontro, ma neppure può interferire con il principio fondante la regola processuale, che impone a colui che dice l'onere di allegare e di provare gli elementi complessivi posti a sostegno della domanda" (In tal senso Cass. n. 8025 del 2003). In presenza di siffatte carenze, pertanto, la domanda di parte ricorrente non può che essere disattesa. Alla luce di quanto prospettato, il ricorso deve essere respinto. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Il giudicante non rinviene ragioni per discostarsi dai parametri medi dello scaglione di valore di riferimento (cause di lavoro senza svolgimento d'istruttoria costituenda di valore compreso fra Euro 5.200,00 ed Euro 26.000,00). P.Q.M. L'intestato Tribunale, definitivamente decidendo in ordine alla controversia in epigrafe: 1. RESPINGE il ricorso; 2. CONDANNA parte ricorrente al pagamento - in favore della resistente - delle spese di lite, che liquida in Euro 4.200,00 per compensi, oltre contributo unificato se dovuto, spese generali nella misura del 15%, Iva e Cpa come per legge, da distrarsi in favore del procuratore antistatario ove richiesto. Così deciso in Arezzo il 18 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 18 gennaio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BELTRANI Sergio - Presidente Dott. CIANFROCCA Pierlui - Consigliere Dott. ARIOLLI G. - rel. Consigliere Dott. MINUTILLO TURTUR Marzia - Consigliere Dott. MONACO Marco M - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 25/07/2022 del TRIB. LIBERTA' di BARI; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. GIOVANNI ARIOLLI; udite le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto procuratore generale Dott. ORSI LUIGI, che ha chiesto il rigetto di ricorso; Il difensore, Avvocato (OMISSIS), con nota inviata in alla cancelleria il 10/01/2023, nel rappresentare l'impossibilita' sopravvenuta ad essere presente alla discussione orale, ha insistito per l'accoglimento dei motivi di ricorso. RITENUTO IN FATTO (OMISSIS) ricorre avverso l'ordinanza del Tribunale del riesame di Bari del 25/07/2022 che ha confermato la misura cautelare degli arresti domiciliari applicata al ricorrente dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Foggia, in ordine ai reati di cui agli articoli 110, 56 c.p. - articolo 628 c.p., commi 1 e 3, n. 1 e articoli 110, 582-585 in relazione all'articolo 576 c.p., n. 1. Con un unico motivo il ricorrente deduce "l'erronea applicazione di norma processuale - travisamento degli atti - carenza di motivazione". Si lamenta, anzitutto, che il Tribunale del riesame abbia travisato il contenuto dell'interrogatorio dell'indagato: - nella parte in cui spiegava le ragioni della sua presenza al momento dei fatti: contrariamente a quanto indicato dal Tribunale del riesame, l'indagato non aveva incontrato casualmente le altre persone coinvolte nella vicenda, bensi' si trovava con queste con cui aveva trascorso la prima parte della serata presso un ristorante con le rispettive mogli; - laddove aveva escluso che la persona offesa l'avesse potuto vedere, considerato che era stato lo stesso indagato a precisare che, dopo cena, si erano recati tutti insieme presso un bar con l'intenzione di bere qualcosa e che in quell'occasione la persona offesa che si trovava li' vicino non poteva non averlo notato (precisamente allorche' il ricorrente, fatto ingresso nel locale con gli altri, ne era poi uscito in quanto alcuni non avevano il green pass). Inoltre, si ribadisce l'estraneita' del ricorrente alla lite, considerato che il (OMISSIS), per come confermato dalla moglie nelle informazioni rese al difensore, aveva raggiunto l'auto del (OMISSIS) ove, pur avendo notato il tafferuglio, con questa permaneva in quanto il figlio piccolo, svegliato dalle urla della lite, cominciava a piangere. Il Tribunale del riesame non si era confrontato con tali dichiarazioni a discarico, limitandosi a ritenere non credibile la versione difensiva resa dal ricorrente, con cio' incorrendo nel vizio di omessa motivazione da cui ne derivava la nullita' dell'ordinanza impugnata ai sensi dell'articolo 292 c.p.p., comma 2-ter in riferimento all'articolo 327-bis c.p.p.. Inoltre, con riguardo alla valenza gravemente indiziaria delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, la difesa rileva come, in sede di prima denuncia, questa avesse riconosciuto con certezza come aggressore il (OMISSIS), ossia colui che lo colpiva al volto con dei pugni, indicando il (OMISSIS) solo come uno dei soggetti che era sopraggiunto unitamente agli altri a bordo di tre autovetture, non ricordando ne' il veicolo sul quale viaggiava, ne' se lo avesse aggredito, mentre sentita a sommarie informazioni dalla polizia giudiziaria a distanza di due mesi, aveva mutato la versione dei fatti, indicando con precisione anche l'indagato, unitamente ad altri, come uno di quelli che lo avevano colpito con calci e pugni mentre si trovava a terra. Rispetto a tale divergenza, non solo nulla era precisato nell'ordinanza genetica, ma lo stesso Tribunale del riesame rendeva una motivazione illogica, in quanto ne asseverava il coinvolgimento in ragione del fatto che i testi presenti avevano riferito di un'aggressione realizzata da piu' persone, omettendo anche di considerare che uno dei testi escussi ( (OMISSIS)) non aveva saputo precisare quanti dei soggetti facenti parte del gruppo a cui era unito l'indagato avevano preso parte alle azioni lesive. Infine, si era anche disatteso l'elemento fattuale costituito dalla particolare stazza del ricorrente, circostanza che avrebbe dovuto rimanere sin dall'inizio impressa nella memoria della persona offesa e che avrebbe certamente reso maggiormente possibile, laddove effettivamente l'aggressione sarebbe avvenuta ad opera di piu' soggetti, la sottrazione del cellulare. 2. Con nota di conclusioni trasmessa in data 10/01/2023, la difesa del ricorrente, nel segnalare l'impossibilita' di partecipare all'odierna udienza, ha insistito per l'accoglimento dei motivi di ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso e' fondato sotto il profilo del vizio di motivazione. 1. Alcuna motivazione e' anzitutto contenuta nel provvedimento impugnato circa la divergenza tra le dichiarazioni rese dalla persona offesa in sede di denuncia e quelle rilasciate, a distanza di quasi due mesi, in sede di sommarie informazioni alla polizia giudiziaria. Dalla ricostruzione della vicenda operata dal giudice del merito risulta, infatti, che il ricorrente sia stato per la prima volta riconosciuto quale uno degli aggressori soltanto in sede di sommarie informazioni, mentre nella prima denuncia la persona offesa, pur avendo visionato i fotogrammi estrapolati dai Carabinieri del filmato dalla stessa consegnato, lo ha indicato come presente all'accaduto per via di alcuni capi da questo indossati (giubbotto scuro e berretto da baseball), non ricordando se facesse parte del gruppo di persone che poi l'avevano aggredito. Al riguardo, il Tribunale del riesame, affermando che "non vi e' alcun motivo per dubitare delle dichiarazioni rese dalla persona offesa", ha offerto una motivazione tautologica ed apparente, omettendo in toto di indicare il percorso logico-argomentativo che ha portato a ritenere attendibile la seconda versione rispetto alla prima, anche in considerazione del rilievo difensivo attinente alla robusta corporatura dell'indagato che, distinguendolo marcatamente dagli altri partecipanti, aventi tra loro una simile struttura fisica, lo avrebbe reso riconoscibile. Ne', al riguardo, risulta sufficiente il generico richiamo a quanto dichiarato dagli altri due testi escussi, posto che l'ordinanza impugnata, seppur precisa che questi hanno riferito di piu' persone partecipanti all'aggressione e di avere al contempo subito calci e pugni dagli stessi soggetti allorche' intervennero a difesa dell'offeso, non chiarisce se costoro abbiano poi indicato quali tra gli indagati, una volta usciti dal locale, siano tornati indietro per aggredire la persona offesa e si siano scagliandosi anche contro di loro. Di conseguenza, seppur in tema di concorso di persone nel reato non e' necessario che tutti i concorrenti tengano l'azione tipica, potendo risultare sufficiente anche la semplice presenza, purche' non meramente casuale, sul luogo della esecuzione del reato, quando sia servita a fornire all'autore del fatto stimolo all'azione o maggior senso di sicurezza nel proprio agire, palesando chiara adesione alla condotta delittuosa (ex multis Sez. 2, n. 50323 del 22/10/2013, Aloia ed altri, Rv. 257979 - 01), occorre, pero', che di tale qualificata compartecipazione ed intento il giudice del merito fornisca congrua motivazione. 2. Inoltre, analogo vizio di motivazione e' dato ricavarsi anche con riguardo ai rilievi in forza dei quali si e', allo stato, esclusa l'attendibilita' della versione a discarico fornita dal ricorrente nel corso dell'interrogatorio di garanzia e dalla di lui moglie in sede di informazioni al difensore. Al riguardo, infatti, il Tribunale del riesame ha valorizzato un contrasto con le ragioni indicate dallo stesso indagato a motivo della presenza sui luoghi che, in realta', risultano frutto di travisamento per come allegato dal difensore che ha riprodotto nel ricorso il contenuto della parte di interesse dalla quale si evince che il (OMISSIS) non ha riferito di avere incontrato gli altri correi causalmente, ne' escluso che la persona offesa l'avesse potuto vedere, atteso che ha confermato che insieme agli altri si era poi volutamente recato dopo cena presso il bar ove poi sono accaduti i fatti, pur dichiarandosi estraneo alla lite una volta allontanatosi dal locale, in quanto recatosi con la moglie ed il figlio presso la sua autovettura, versione questa confermata dalla moglie al difensore nelle informazioni prodotte. 3. Ne', infine, risulta logicamente decisivo, quale elemento dimostrativo del coinvolgimento del ricorrente, il riferimento all'assenza, da parte di costui, di forme di dissuasione anche verbale, neanche successivamente ai fatti, condotta certamente riprovevole, ma di per se' riconducibile alla connivenza e non alla compartecipazione criminosa che, come noto, postula un contributo partecipativo - morale o materiale - alla condotta criminosa altrui, caratterizzato, sotto il profilo psicologico, dalla coscienza e volonta' di arrecare un contributo concorsuale alla realizzazione dell'evento illecito. 4. Va, pertanto, annullata l'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale del riesame di Bari. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Bari, competente ai sensi dell'articolo 309 c.p.p., comma 7.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI PESCARA RITO MONOCRATICO ORDINARIO (art. 544 e segg. c.p.p.) Il GIUDICE del TRIBUNALE di PESCARA - dott.ssa Daniela ANGELOZZI - alla pubblica udienza del giorno 09 gennaio 2023 ha pronunziato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente SENTENZA nei confronti di: (...) nato a A. (...) il (...), elettivamente domiciliato presso la propria residenza in S. B. del T., via E. n. 44 Libero - assente Difensore di fiducia Avv. An.St. del foro di Teramo IMPUTATO del reato (...) e (...) dall'art. 494 c.p., perché, al fine di procurarsi un vantaggio, consistito nell'accedere e cenare presso il ristorante "Pizzeria (...)" pur essendo privo della c.d. Certificazione Verde Covid-19 necessaria per l'accesso ai ristoranti come prescritto dalla normativa vigente in materia di contenimento del contagio Covid-19, sostituiva la propria persona esibendo al personale del suddetto ristorante il QR Code relativo alla Certificazione Verde del padre (...), in tal modo inducendo in errore il personale del ristorante sul fatto che fosse in possesso di regolare Certificazione Verde, e dunque legittimato ad accedere al ristorante, mentre in realtà ne era sprovvisto, in quanto non sottopostosi ad alcuna vaccinazione o tampone di controllo che ne autorizzasse il rilascio. MOTIVI DELLA DECISIONE Con decreto in data 9.6.2022 il Giudice per l'udienza preliminare del Tribunale di Pescara ha disposto il giudizio immediato per (...), a seguito di opposizione a decreto penale di condanna, per rispondere del reato trascritto in epigrafe. Alla udienza del 31.10.2022, dichiarata l'assenza dell'imputato, è stato revocato il decreto penale di condanna emesso dal Gip del Tribunale di Pescara n. 287/2022. Il difensore si è riportato alla precedente istanza presentata in sede di opposizione al decreto penale di condanna di applicazione pena ex art. 444 c.p.p., chiedendone l'accoglimento. Alla udienza del 28.11.2022 il Giudice ha rigettato la richiesta formulata ex art. 448 c.p.p., ritenendo la pena proposta effettivamente illegale. Quindi, con il consenso delle parti, si è data lettura degli atti contenuti nel fascicolo del P.m. Il P.m. ha quindi rinunciato a tutti i testi della propria lista. Quindi, alla udienza del 9.1.2023, sulle conclusioni delle parti, il Tribunale si è ritirato in camera di consiglio e ha pronunciato sentenza come da dispositivo e motivazione di cui è stata data lettura in aula. Dagli atti acquisiti con il consenso delle parti è emerso che in data 10.10.2021, alle ore 21.20, l'ispettore (...), insieme all'assistente capo (...) e all'agente (...), procedeva al controllo degli avventori del ristorante Pizzeria Ristorante (...) della certificazione verde covid 19. Durante il controllo, un uomo, di circa 40 anni, faceva visionare il codice QR relativo asseritamente al proprio green pass, ma che corrispondeva ad una persona ultrasettantenne. L'uomo veniva identificato per (...), nato a A. (...) il (...) (mediante patente di guida), mentre il green pass esibito riportava i dati di (...), nato il (...) genitore dello stesso. Tale condotta integra gli estremi del reato di tentativo dell'art. 494 c.p. il quale punisce chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto vantaggio (nel caso di specie, il vantaggio è costituito dall'accedere al ristorante), induce taluno in errore, sostituendo illegittimamente la propria all'altrui persona. La giurisprudenza ha affermato che "Il delitto di sostituzione di persona è configurabile nella forma del tentativo quando l'agente abbia usato uno dei mezzi fraudolenti previsti dall'art. 494 cod. pen. senza riuscire nell'altrui induzione in errore, che individua il momento consumativo del reato per il quale non è necessario l'effettivo raggiungimento del vantaggio perseguito dall'agente, attinente al coefficiente psicologico del reato" (Sez. 5 -, Sentenza n. 5432 del 18/12/2020 Ud. (dep. 11/02/2021 ) Rv. 280336 - 01). Tuttavia, l'imputato deve essere assolto ex art. 131 bis c.p. Il delitto per cui si procede è punito, nella forma consumata, con la reclusione fino ad un anno. Il comportamento non è abituale, considerato il casellario giudiziale dell'imputato dal quale lo stesso risulta incensurato. Non si ravvisa alcuno degli elementi previsti dal secondo comma dell'art. 131 bis c.p.c. che escludono la valutazione di particolare tenuità della condotta (avere agito per motivi abietti e futili, con crudeltà, adoperando sevizie, approfittando delle condizioni di minorata difesa della vittima o determinando, come conseguenza del reato, la morte o le lesioni gravissime di una persona). L'offesa al bene giuridico protetto deve essere considerata di particolare tenuità, e ciò in ragione delle modalità della condotta, che peraltro consentivano agli operanti di intuire la sostituzione immediatamente. Ne consegue che (...) debba essere assolto dal reato ascrittogli, ai sensi dell'art. 530, primo comma c.p.p.., perché non punibile per particolare tenuità del fatto ex art. 131 bis c.p. P.Q.M. Visto l'art. 530 c.p.p., assolve (...) dal reato a lui ascritto, qualificato ex art. 56/494 c.p., essendo non punibile per particolare tenuità del fatto ex art. 131 bis c.p. Così deciso in Pescara il 9 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 9 gennaio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. RAGO Geppino - Presidente Dott. DI PAOLA Sergio - Consigliere Dott. BORSELLINO Maria Daniela - Consigliere Dott. CIANFROCCA Pierluig - rel. Consigliere Dott. SGADARI Giuseppe - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto nell'interesse di: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); contro l'ordinanza del Tribunale di Ancona del 7-21.6.2022; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Pierluigi Cianfrocca; letta la requisitoria del PG che ha concluso per l'annullamento del provvedimento impugnato con rinvio. RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza dell'1.3.2022 il Tribunale di Ancona aveva confermato il provvedimento del GIP che aveva disposto, nei confronti di (OMISSIS), la misura cautelare degli arresti domiciliari ravvisando, a suo carico, gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di peculato e di falso ideologico in atto pubblico in quanto, quale medico convenzionato con il SSN ed autorizzato ad eseguire vaccinazioni anti-COVID, avrebbe in piu' occasioni omesso di somministrare il vaccino facendo tuttavia falsamente risultare l'avvenuta somministrazione; 2. avverso il suindicato provvedimento la difesa del (OMISSIS) aveva proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi concernenti il primo la effettiva gravita' della provvista indiziaria e, il secondo, la adeguatezza della misura adottata rispetto alle esigenze cautelari che ben avrebbero potuto essere tutelate con il ricorso ad una misura interdittiva; 3. la VI Sezione di questa Corte, con sentenza del 4.5.2022, ha accolto il ricorso quanto al secondo motivo ed ha annullato l'ordinanza impugnata rinviando percio' al medesimo Tribunale di Ancona, in diversa composizione, per un nuovo giudizio sul punto; 4. con il provvedimento qui impugnato il Tribunale, giudicando in sede di rinvio, ha sostituito la misura degli AA.DD. con quella della interdizione dall'esercizio della professione medica per la durata di mesi 12 dalla data dell'udienza; 5. ricorre nuovamente per cassazione il difensore del (OMISSIS) deducendo violazione di legge con riguardo agli articoli 274 e 275 c.p.p. quanto alla scelta della misura e difetto di motivazione in ordine alla assoluta assenza di esigenze cautelari: richiama la decisione rescindente e rileva come il Tribunale abbia inopinatamente limitato il suo vaglio alla scelta della misura non tenendo conto del mutamento del quadro normativo di riferimento come evidenziato nella memoria difensiva e nei motivi nuovi omettendo in tal modo di confrontarsi, come richiesto dalla Corte di Cassazione, con la specificita' del caso concreto; a tal proposito evidenzia che il Decreto Legge 24 marzo 2022, n. 24 ha reso sostanzialmente impossibile in quanto assolutamente inutile il ripetersi di condotte analoghe a quelle contestate avendo di fatto eliminato per la totalita' delle attivita' pubbliche (ad eccezione di quelle sanitarie) la necessita' di munirsi di "green pass"; segnala che non soltanto il Tribunale ha totalmente mancato di prendere in esame tale circostanza, pur evidenziata dalla difesa, ma ha anche incomprensibilmente fissato la durata della misura nel massimo; 6. il PG ha trasmesso la requisitoria scritta ai sensi del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8 concludendo per l'annullamento del provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale della Liberta' di Ancona; rileva, infatti, che l'ordinanza in esame, pur essendosi conformata alla decisione di annullamento, non ha tenuto conto del mutamento del quadro normativo sul Covid-19; 7. la difesa del (OMISSIS) ha trasmesso una memoria con cui, condividendo le conclusioni del PG, ribadisce come il DL 24 del 2022 abbia comportato la cessazione dello stato emergenziale con la cessazione dell'obbligo di "green pass" e la conseguente venuta meno di ogni e qualsivoglia esigenza cautelare a carico dell'indagato. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso e' fondato nei termini e per le ragioni di cui appresso. 1. Il Tribunale di Ancona, giudicando in fase rescissoria, ha premesso che, alla luce delle ragioni dell'annullamento, la propria valutazione non poteva attingere ne' il profilo della gravita' indiziaria e nemmeno quello della sussistenza di esigenze cautelari ma soltanto il giudizio di adeguatezza tenuto conto della specificita' del fatto. Tanto premesso, ha ritenuto che la misura interdittiva che inibisse all'imputato l'esercizio della professione fosse il presidio idoneo a tutelare le esigenze cautelari sulla cui esistenza ha ribadito non potersi discutere non avendo formato oggetto del rinvio. Ha sottolineato che anche l'unico precedente risultante a carico dell'indagato parrebbe legato alla sua attivita' professionale non potendo percio' militare, per una diversa risposta cautelare, anche l'esigenza di tutela della genuinita' della prova che non riveste i caratteri della concretezza oltre che riguardare i fatti per cui si procede. 2. Questa Corte ha condivisibilmente affermato che in tema di riesame di misure cautelari personali, il giudice del rinvio puo' prendere in considerazione gli elementi sopravvenuti al provvedimento cautelare nei limiti delle valutazioni espresse nel giudizio rescindente ed a condizione che i fatti nuovi, posti a base del rinnovato riesame, incidano sull'originaria legittimita' del titolo cautelare, potendo avere rilevanza, in caso contrario, solo nell'ambito di una autonoma richiesta di revoca o di modifica della misura cautelare (cfr., Sez. 2 -, Sentenza n. 22015 del 13/02/2019, Ricucci Stefano, Rv. 276652 - 01, in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la decisione del tribunale del riesame che aveva considerato estranee all'oggetto del giudizio di rinvio le deduzioni volte ad ottenere una rivalutazione del quadro indiziario, trattandosi di profilo che aveva superato il vaglio di legittimita' e, quindi, non pertinente alla rinnovata valutazione indicata nella pronuncia di annullamento; cfr., Sez. 6, Sentenza n. 2527 del 06/11/2003, Zorzi, Rv. 227894 - 01, resa, come nel nostro caso, in tema di appello avverso provvedimenti impositivi di misure cautelari, il giudice di appello ex articolo 310 c.p.p. dispone di un ampio potere cognitivo cosi' da poter prendere in considerazione fatti nuovi emersi dopo l'emissione - o il diniego di emissione - della misura cautelare precisando, peraltro, che a seguito di annullamento con rinvio, tale potere e' condizionato, oltre che dalle valutazioni espresse dalla Corte di legittimita' nel giudizio rescindente, dalla esigenza che i fatti nuovi posti a base del rinnovato appello non siano tali da comportare autonomamente un'istanza ex articolo 299 c.p.p.; cfr., nello stesso senso, Sez. 2, Sentenza n. 8854 del 09/02/2016, PM in proc. Vescovi, Rv. 266100 - 01). 3. Tanto premesso, si deve tuttavia prendere atto che il Tribunale, cui pure, con la memoria difensiva prodotta in sede di rinvio, era stata devoluta la questione relativa al venir meno delle esigenze cautelari ravvisabili nei confronti del (OMISSIS) a seguito della entrata in vigore del DL n. 24 del 2022, ha del tutto omesso di prendere posizione su tale profilo. Piu' volte questa Corte ha d'altra parte ribadito che integra il vizio di mancanza della motivazione la omessa valutazione nella sentenza impugnata delle allegazioni difensive che siano in astratto idonee ad incidere su una censura in grado di disarticolare in maniera decisiva il ragionamento su cui e' fondata la decisione impugnata (cfr., Sez. 2, Sentenza n. 10758 del 29/01/2015, Giugliano, Rv. 263129; Sez. 5, Sentenza n. 2916 del 13/12/2013, Dall'Agnola, Rv. 257967; Sez. 6, Sentenza n. 35918 del 17/06/2009, Greco, Rv. 244763; Sez. 5, Sentenza n. 6945 del 09/05/2000, Murante, Rv. 216765, secondo cui non e' precluso al giudice di legittimita' l'esame dei motivi di appello al fine di valutare la completezza dell'apparato argomentativo della sentenza di secondo grado con riferimento a specifiche doglianze formulate con i motivi di appello e dotate del requisito della decisivita'). Per altro verso, il provvedimento impugnato non e' corredato da alcuna motivazione sulla durata della misura interdittiva che e' stata tuttavia fissata nel massimo consentito dall'articolo 308 c.p.p., comma 2: laddove, invece, e' pacifico che proprio la flessibilita' della disciplina relativa al termine di durata prevista dall'articolo 308 c.p.p., comma 2, come novellato dalla L. 16 aprile 2015, n. 47, impone al giudice della cautela un onere di motivazione in merito al termine indicato nell'ordinanza, a maggior ragione qualora questo finisca con il coincidere con quello massimo legale (cfr., Sez. 5, Sentenza n. 4178 del 21/12/2016, Marino, Rv. 269091 - 01; Sez. 6, Sentenza n. 8617 del 11/02/2016, PM in proc. Macri', Rv. 265846 - 01). 4. Si impone, percio', l'annullamento della ordinanza con rinvio, per nuovo esame, al Tribunale di Ancona. P.Q.M. annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Ancona - Sezione per il Riesame delle Misure Cautelari Personali - per nuovo giudizio.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CASA Filippo - Presidente Dott. ROCCHI Giacomo - Consigliere Dott. TALERICO Palma - rel. Consigliere Dott. CALASELICE Barbara - Consigliere Dott. FILOCAMO Fulvio - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA Sul ricorso proposto da: (OMISSIS) nato a (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 18/01/2022 del GIP TRIBUNALE di PORDENONE; udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. PALMA TALERICO; lette le conclusioni del P.G., Dott. Epidendio Tomaso, che ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile con i conseguenti provvedimenti ex articolo 616 c.p.p.. RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza del 18 gennaio 2022, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pordenone, in funzione di giudice dell'esecuzione, revocava nei confronti di (OMISSIS) la sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilita', applicata alla predetta ai sensi dell'articolo 186 C.d.S., comma 9 bis con sentenza, emessa ex articolo 444 c.p.p., dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pordenone in data 19.9.2018, irrevocabile dal 2.11.2018, e, per l'effetto, detratta la pena corrispondente alle prestazioni svolte, ripristinava la pena residua di mesi tre, giorni diciotto di arresto ed Euro 1.334,00 di ammenda, oltre alle sanzioni accessorie disposte nella citata pronuncia. 2. Avverso detta ordinanza, il difensore della condannata, avvocato (OMISSIS), ha proposto ricorso per cassazione, formulando tre distinti motivi di impugnazione. 2.1. Con il primo motivo, la difesa ha dedotto "violazione dell'articolo 606 c.p.p., lettera b), c), d) ed e) in relazione al Decreto Legislativo n. 274 del 2000, articoli 56, 58 e Decreto Legislativo n. 285 del 1992, articolo 186, comma 9-bis, e s. m. e L. anche in relazione agli articoli 13 e 111 Cost.; mancanza e/o insufficiente motivazione riguardo alle cause che hanno impedito lo svolgimento dei L.P.U. non ritenute dal Giudice sufficienti; mancato apprezzamento e/o qualificazione del giustificato motivo previsto dall'articolo 186 C.d.S., comma 9 bis". Ha, in proposito, sostenuto che l'ordinanza impugnata non avrebbe fatto corretta applicazione della normativa di riferimento e non avrebbe sufficientemente motivato la propria decisione di ripristinare la pena detentiva a fronte dei dedotti motivi, entita' e circostanze della violazione. 2.2. Con il secondo motivo, la difesa ha dedotto "violazione dell'articolo 606, lettera b) ed e) in relazione agli articoli 3 e 111 Cost.". Secondo la difesa, la decisione impugnata, con la quale il Giudice dell'esecuzione ha ripristinato la pena detentiva nei confronti della (OMISSIS), soggetto il cui stato di salute metteva perlomeno in dubbio la capacita' lavorativa e/o l'attitudine fisica a svolgere lavori di pubblica utilita', avrebbe determinato un'evidente discriminazione: se un condannato e' in buono stato di salute potra' usufruire dei benefici di legge, mentre un condannato in cattive condizioni di salute o in condizioni tali da non potere svolgere un'attivita' lavorativa potra' subire la revoca delle sanzioni sostitutive. 2.3. Con il terzo motivo, la difesa ha prospettato "eccezione di illegittimita' costituzionale in relazione agli articoli 76 e/o 77 Cost., del Decreto Legislativo n. 274 del 2000, articoli 56 e 58, dell'articolo 186 C.d.S., comma 9-bis, dell'articolo 666 c.p.p., dell'articolo 163 c.p., nella parte in cui non viene previsto che il condannato, nel caso di revoca delle sanzioni sostitutive per violazione delle prescrizioni per giustificato motivo, possa ottenere la sospensione condizionale della pena nel caso di impossibilita' di effettuazione dei L.P.U. o comunque di ottemperare alle sanzioni sostitutive", nonche' "ulteriore eccezione di illegittimita' costituzionale in relazione agli articoli 76 e/o 77 Cost., del Decreto Legislativo n. 274 del 2000, articoli 56 e 58, dell'articolo 186 C.d.S., comma 9 bis, dell'articolo 666 c.p.p. nella parte in cui non viene previsto testualmente la possibilita' di chiedere e/o disporre la sospensione dei termini di svolgimento dei lavori in caso di violazioni poste in essere non per colpa del condannato; ulteriore violazione del principio di uguaglianza". 3. In data 10 giugno 2022, il difensore della condannata ha proposto "motivi nuovi". 3.1. Con il primo motivo, la difesa ha dedotto "violazione dell'articolo 606 c.p.p., lettera b), c), d) ed e) in relazione al Decreto Legislativo n. 274 del 2000, articoli 56 e 58, articolo 186 C.d.S., comma 9-bis, articolo 666 c.p.p.; abnormita' della pronuncia". Ha, in proposito, rilevato che la sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pordenone del 19.9.2018 aveva applicato alla (OMISSIS) una pena pecuniaria di Euro 30.000,00 di ammenda, in sostituzione della pena detentiva, oltre l'ammenda prevista dalla norma, ammettendo, poi, la predetta al beneficio della sostituzione della pena mediante lo svolgimento dei lavori di pubblica utilita', secondo le previsioni di cui all'articolo 186 C.d.S., comma 7; e ha sostenuto che, conseguentemente, l'ordinanza impugnata sarebbe abnorme avendo il Giudice dell'esecuzione erroneamente ripristinato la pena detentiva quale pena originaria, senza tenere conto che il giudice della cognizione l'aveva sostituita con quella pecuniaria. 3.2. Con il secondo motivo, la difesa ha dedotto violazione dell'articolo 606 c.p.p., lettera b) ed e), in relazione la L. n. 689 del 1981, articolo 53 e articolo 135 c.p., per avere la Corte Costituzionale, con sentenza n. 28 dell'1.2.2022, dichiarato l'illegittimita' dell'articolo 135 c.p. e, quindi, introdotto una riformulazione del valore giornaliero di ragguaglio fra pena pecuniaria e pena detentiva, riducendo ad Euro 75,00 al giorno il criterio di conversione. Ha aggiunto che tale ius superveniens, applicabile al caso di specie, avrebbe comportato che "la conversione di mesi 4 di arresto in Euro 30.000,00 di ammenda, operata all'epoca dal G.I.P. del Tribunale di Pordenone, avrebbe dovuto - se il Giudice che ha emesso l'ordinanza impugnata non avesse errato ripristinando la pena detentiva anziche' quella effettivamente irrogata - essere disposta dal Giudice dell'esecuzione quale criterio piu' favorevole per il reo, con un'ammenda cosi' rideterminata in Euro 9.0000,00, in luogo di quella originaria di Euro 30.000,00". 4. Con requisitoria scritta, il Procuratore generale di questa Corte, Dott. Tomaso Epidendio, ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile con l'adozione dei conseguenti provvedimenti ai sensi dell'articolo 616 c.p.p.. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' inammissibile per le ragioni di seguito illustrate. Il primo motivo di ricorso riproduce profili di censura gia' adeguatamente vagliati e disattesi dal Magistrato di sorveglianza con corretti argomenti giuridici, con i quali non si confronta. E in vero, l'ordinanza impugnata ha spiegato, con motivazione non manifestamente illogica, che la patologia dedotta dalla (OMISSIS), che secondo l'impostazione difensiva non le avrebbe impedito lo svolgimento del lavoro di pubblica utilita', era preesistente (il primo dei certificati risaliva, infatti, all'8.5.2019) rispetto al periodo compreso tra il 24.2.2020 e il 12.3.2020 in cui la condannata aveva effettuato alcune ore della prescritta attivita'. Ha aggiunto che: se anche per ipotesi tale patologia fosse sopravvenuta nel corso dell'esecuzione della pena, andava rilevato che la condannata non aveva mai, sino all'udienza di trattazione del procedimento dinnanzi al Magistrato di sorveglianza, chiesto la sospensione dei termini per potere svolgere le prestazioni lavorative a causa delle proprie condizioni di salute; in ogni caso, la documentazione prodotta non attestava l'inconciliabilita' tra la patologia in atto e lo svolgimento del lavoro di pubblica utilita'; l'esenzione dalla vaccinazione da COVID 2019 per ragioni mediche era stata solo chiesta dalla (OMISSIS), ma non era stato documentato l'esito della domanda; comunque, se anche si fosse dovuto ravvisare un ostacolo giuridico all'espletamento della prestazione da parte della condannata derivante dall'introduzione del c.d. green pass rafforzato, erano trascorsi quasi due anni dall'inizio della pandemia e la (OMISSIS) avrebbe avuto modo e tempo di completare le prestazioni dovute. 2. Detto argomentare e', a giudizio del Collegio, assolutamente adeguato e congruo a sorreggere la decisione impugnata e resiste alle censure difensive che, in parte, sono anche volte a prefigurare una rivalutazione e/o alternativa rilettura delle emergenze procedimentali. 3. Manifestamente infondati sono il secondo e il terzo motivo di ricorso. Come e' stato osservato dal Procuratore generale nella sua requisitoria, la denuncia di illegittimita' costituzionale delle norme di riferimento risulta basata su una rappresentazione dei fatti e su un'interpretazione delle disposizioni legislative che non sono quelle risultanti dall'ordinanza impugnata, essendo fuori dubbio che le condizioni di salute inconciliabili con lo svolgimento del lavoro di pubblica utilita' potrebbero integrare un "giustificato motivo" di mancato adempimento dello stesso. 4. L'inammissibilita' dei motivi principali del ricorso per cassazione travolge i motivi nuovi non potendo essere tardivamente sanato il vizio radicale dell'impugnazione originaria. 5. Alla declaratoria di inammissibilita' del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonche' - non escludendosi profili di colpa nella proposizione della impugnazione (cfr. Corte Cost. sent. n. 186 del 2000) - al versamento in favore della Cassa delle ammende della somma che la Corte determina nella misura congrua ed equa di Euro tremila. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DI STEFANO P. - Presidente Dott. CRISCUOLO Anna - Consigliere Dott. RICCIARELLI M. rel. Consiglie - N. 1104 Dott. DI NICOLA TRAVAGLINI Paol - Consigliere Dott. DI GERONIMO Paol - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposta da: (OMISSIS), nato il (OMISSIS); avverso l'ordinanza in data 04/04/2022 del Tribunale di Bari; visti gli atti, l'ordinanza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Dr. Massimo Ricciarelli; lette le conclusioni del Pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Lori Perla, che ha concluso per l'annullamento con rinvio. RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza del 4 aprile 2022 il Tribunale di Bari ha confermato in sede di appello cautelare quella del G.i.p. del Tribunale di Bari in data 12 gennaio 2022, con cui era stata respinta la richiesta di declaratoria di inefficacia della misura cautelare degli arresti domiciliari, applicata a (OMISSIS), in conseguenza della nullita' dell'interrogatorio di garanzia, svoltosi il 4 gennaio 2022, in assenza di uno dei difensori di fiducia, che non era stato fatto accedere per mancanza di green pass presso la (OMISSIS), dove si trovava l'indagato per lo svolgimento dell'interrogatorio. 2. Ha proposto ricorso (OMISSIS) tramite il suo difensore. Deduce violazione degli articoli 294, 302 e 420-ter c.p.p., articolo 178 c.p.p., comma 1, lettera c). Segnala che il co-difensore avv. (OMISSIS) aveva optato per la partecipazione all'interrogatorio di garanzia dalla postazione della Guardia di Finanza di (OMISSIS) e che tuttavia gli era stato impedito di accedere per mancanza di green pass, sebbene lo stesso non fosse ancora necessario per i difensori. Il difensore avv. (OMISSIS) aveva fatto presente cio' al giudice, che nondimeno aveva proseguito l'interrogatorio, sebbene l'avv. (OMISSIS) non avesse assunto la veste di sostituto dell'Avv. (OMISSIS). Richiama l'atto di appello presentato dall'Avv. (OMISSIS), nel quale si deduceva la nullita' dell'interrogatorio di garanzia, riguardante proprio detto difensore e da esso eccepibile nel primo atto successivo, a fronte dell'insussistenza dell'obbligo di green pass e dell'inconferenza, a fronte dell'opzione per l'assistenza presso la Tenenza della Guardia di Finanza, degli argomenti usati nell'ordinanza di rigetto dell'istanza, incentrati sulla possibilita' per il difensore di collegarsi da remoto dallo studio. Il Tribunale in sede di appello cautelare, pur riconoscendo la fondatezza di alcuni argomenti, aveva tuttavia fatto riferimento all'ipotesi di impedimento del difensore, quando nel caso di specie ricorreva un'ipotesi in cui al difensore era stato illegittimamente impedito di accedere, essendo dunque inconferente ogni richiamo alla disciplina dettata dall'articolo 420-ter c.p.p. e alla relativa giurisprudenza. 3. Il Procuratore generale ha inviato requisitoria, concludendo per l'annullamento con rinvio. 4. Il ricorso e' stato trattato, ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, commi 8 e 9, e successive proroghe, senza l'intervento delle parti. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso non e' fondato. 2. E' stato dato conto dai Giudici di merito del fatto che l'interrogatorio di garanzia di (OMISSIS) si e' svolto con la partecipazione di uno solo dei difensori di fiducia, Avv. (OMISSIS), in quanto all'altro difensore, Avv. (OMISSIS), privo di green pass, era stato impedito di accedere presso la Tenenza della Guardia di Finanza, dove si trovava l'indagato, luogo peraltro indicato anche nell'avviso inviato dal G.i.p. al fine di consentire ai difensori di scegliere le modalita' di partecipazione. Il Tribunale, pur avendo rilevato che non era ancora vigente, alla data del 4 gennaio 2022, l'obbligo dei difensori di munirsi di green pass, ha ritenuto che la mancata partecipazione fosse da reputare irrilevante, in quanto valutabile alla stregua di un qualsivoglia impedimento, riferito a procedimenti che si svolgano in camera di consiglio, per i quali non si impone il differimento dell'incombente. 3. Tale assunto e' erroneo. Posto che con riguardo all'interrogatorio di garanzia il difensore e' gravato dall'obbligo di intervenire, dovendosi comunque procedere all'incombente in caso di sua assenza, dovuta a cause a lui imputabili, assicurando la presenza di altro difensore, deve rilevarsi come, nel caso di specie, l'assenza dell'Avv. (OMISSIS) fosse dipesa da fattori estranei alla sua volonta', in quanto correlata alla mancata esibizione di green pass, tuttavia non ancora esigibile dai difensori alla data dell'interrogatorio. Cio' significa dunque che il difensore non era stato posto in concreto nelle condizioni per intervenire, alla stessa stregua di quanto avrebbe potuto derivare dalla mancata notifica del relativo avviso. Ne discende che, in mancanza di uno dei difensori di fiducia, l'interrogatorio di garanzia avrebbe dovuto considerarsi viziato da nullita'. 4. Tale nullita' non e' tuttavia inquadrabile tra quelle assolute, rilevabili anche d'ufficio in ogni stato e grado, non essendo applicabili i principi affermati dalle Sezioni Unite con riguardo al caso di indebita notifica a difensore d'ufficio ovvero di sostituzione con il difensore d'ufficio di difensore di fiducia non tempestivamente avvisato (Sez. U, n. 24630 del 26/03/2015, Maritan, Rv. 263598). Al contrario deve ritenersi che, nel caso di assenza di uno dei difensori di fiducia, tuttavia in presenza dell'altro, sia ravvisabile una nullita' inerente all'assistenza e rappresentanza dell'imputato/indagato, rilevante ai sensi dell'articolo 178 c.p.p., comma 1, lettera c), inquadrabile tra le nullita' generali di tipo intermedio, soggette alle sanatorie e preclusioni previste dagli articoli 182 e 183 c.p.p.. Si intende al riguardo richiamare non tanto una remota pronuncia delle Sezioni Unite in ordine al carattere intermedio della nullita' derivante dal mancato tempestivo avviso al difensore di fiducia ai fini dell'interrogatorio di garanzia (Sez. U, n. 2 del 26/03/1997, Procopio, Rv. 208269), principio che sembra smentito da quanto affermato dalla citata sentenza Maritan e da altra pronuncia delle Sezioni Unite in materia di differimento dell'udienza di convalida dell'arresto (Sez. U, n. 39414 del 30/10/2002, Arrivoli, Rv. 222554), quanto un principio consolidato, riguardante proprio il caso della nomina di due difensori e del mancato avviso ad uno di essi, situazione nella quale e' stata appunto ravvisata una nullita' generale di tipo intermedio, che, come tale, deve essere immediatamente dedotta dall'altro difensore presente, risultando altrimenti preclusa (Sez. U, n. 39060 del 16/07/2009, Aprea, Rv. 24488), cio' che e' stato specificamente ribadito in materia di interrogatorio di garanzia (Sez. 4, n. 28455 del 14/07/2022, Abbondante, Rv. 283423; Sez. 6, n. 17629 del 27/03/2008, Di Biasi, Rv. 239558). 5. Orbene, sulla scorta di tali premesse, deve rilevarsi che dalla lettura del verbale relativo all'interrogatorio di garanzia, svoltosi alla presenza del solo avv. (OMISSIS) (lettura consentita in quanto viene in rilievo un vizio riconducibile all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c: Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092), e' dato desumere che detto difensore aveva segnalato al G.i.p. la circostanza che all'altro difensore non era stato consentito di accedere e che pertanto non avrebbe potuto agire come suo sostituto, ma non aveva formulato una specifica, espressa eccezione di nullita' dell'interrogatorio, tale da imporre un'immediata presa di posizione del Giudice, che aveva dato corso all'interrogatorio. Poiche' la pur configurabile nullita' non ha formato oggetto di immediata eccezione, come incidentalmente rilevato anche dal G.i.p. nell'ordinanza con cui era stata respinta la richiesta di declaratoria inefficacia della misura cautelare, conseguente alla nullita' dell'interrogatorio, deve ritenersi che si sia determinata la preclusione di cui all'articolo 182 c.p.p., comma 2, dovendosi, peraltro, rilevare che l'eccezione compete alla parte, unitariamente intesa, e non inerisce ad una prerogativa del solo difensore non presente, nel caso di specie successivamente attivatosi. 6. In conclusione il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Ricerca rapida tra migliaia di sentenze
Trova facilmente ciò che stai cercando in pochi istanti. La nostra vasta banca dati è costantemente aggiornata e ti consente di effettuare ricerche veloci e precise.
Trova il riferimento esatto della sentenza
Addio a filtri di ricerca complicati e interfacce difficili da navigare. Utilizza una singola barra di ricerca per trovare precisamente ciò che ti serve all'interno delle sentenze.
Prova il potente motore semantico
La ricerca semantica tiene conto del significato implicito delle parole, del contesto e delle relazioni tra i concetti per fornire risultati più accurati e pertinenti.
Tribunale Milano Tribunale Roma Tribunale Napoli Tribunale Torino Tribunale Palermo Tribunale Bari Tribunale Bergamo Tribunale Brescia Tribunale Cagliari Tribunale Catania Tribunale Chieti Tribunale Cremona Tribunale Firenze Tribunale Forlì Tribunale Benevento Tribunale Verbania Tribunale Cassino Tribunale Ferrara Tribunale Pistoia Tribunale Matera Tribunale Spoleto Tribunale Genova Tribunale La Spezia Tribunale Ivrea Tribunale Siracusa Tribunale Sassari Tribunale Savona Tribunale Lanciano Tribunale Lecce Tribunale Modena Tribunale Potenza Tribunale Avellino Tribunale Velletri Tribunale Monza Tribunale Piacenza Tribunale Pordenone Tribunale Prato Tribunale Reggio Calabria Tribunale Treviso Tribunale Lecco Tribunale Como Tribunale Reggio Emilia Tribunale Foggia Tribunale Messina Tribunale Rieti Tribunale Macerata Tribunale Civitavecchia Tribunale Pavia Tribunale Parma Tribunale Agrigento Tribunale Massa Carrara Tribunale Novara Tribunale Nocera Inferiore Tribunale Busto Arsizio Tribunale Ragusa Tribunale Pisa Tribunale Udine Tribunale Salerno Tribunale Verona Tribunale Venezia Tribunale Rovereto Tribunale Latina Tribunale Vicenza Tribunale Perugia Tribunale Brindisi Tribunale Mantova Tribunale Taranto Tribunale Biella Tribunale Gela Tribunale Caltanissetta Tribunale Teramo Tribunale Nola Tribunale Oristano Tribunale Rovigo Tribunale Tivoli Tribunale Viterbo Tribunale Castrovillari Tribunale Enna Tribunale Cosenza Tribunale Santa Maria Capua Vetere Tribunale Bologna Tribunale Imperia Tribunale Barcellona Pozzo di Gotto Tribunale Trento Tribunale Ravenna Tribunale Siena Tribunale Alessandria Tribunale Belluno Tribunale Frosinone Tribunale Avezzano Tribunale Padova Tribunale L'Aquila Tribunale Terni Tribunale Crotone Tribunale Trani Tribunale Vibo Valentia Tribunale Sulmona Tribunale Grosseto Tribunale Sondrio Tribunale Catanzaro Tribunale Ancona Tribunale Rimini Tribunale Pesaro Tribunale Locri Tribunale Vasto Tribunale Gorizia Tribunale Patti Tribunale Lucca Tribunale Urbino Tribunale Varese Tribunale Pescara Tribunale Aosta Tribunale Trapani Tribunale Marsala Tribunale Ascoli Piceno Tribunale Termini Imerese Tribunale Ortona Tribunale Lodi Tribunale Trieste Tribunale Campobasso

Un nuovo modo di esercitare la professione

Offriamo agli avvocati gli strumenti più efficienti e a costi contenuti.