Sentenze recenti inadempimento contrattuale

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  • Il mancato adempimento di una parte contrattuale non può essere invocato dalla controparte per sottrarsi all'esecuzione della propria prestazione, salvo che l'inadempimento sia di rilevanza tale da giustificare la risoluzione del contratto. Ove le prestazioni siano scindibili, l'eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. può paralizzare solo la richiesta della controprestazione relativa alla parte della prestazione non eseguita, ma non quella riguardante la porzione di prestazione già eseguita, che non sia stata restituita né offerta in restituzione. Nell'ambito di un contratto di compravendita con consegne ripartite, il creditore che agisce per la risoluzione, il risarcimento del danno o l'adempimento deve provare la fonte negoziale del suo diritto e il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere di provare i fatti estintivi o modificativi dell'altrui pretesa. Tuttavia, in caso di denuncia di inadempienze reciproche, il giudice deve procedere ad una valutazione comparativa dei comportamenti delle parti, tenendo conto non solo dell'elemento cronologico, ma anche del rapporto di causalità e proporzionalità esistente tra le prestazioni inadempiute e della incidenza sulla funzione economico-sociale del contratto.

  • Il mancato adempimento dell'obbligo di pagamento del prezzo pattuito per l'acquisto di un bene mobile costituisce grave inadempimento contrattuale, che legittima il venditore a rifiutare la consegna della documentazione necessaria per il trasferimento della proprietà, anche in assenza di una espressa previsione in tal senso. Tuttavia, il venditore non può esimersi dall'adempiere alla propria obbligazione di consegnare la documentazione necessaria per il trasferimento della proprietà, in quanto l'eccezione di inadempimento contrattuale presuppone la proporzionalità tra i reciproci inadempimenti delle parti. Pertanto, il giudice, nel valutare la gravità dei rispettivi inadempimenti, deve effettuare un giudizio di comparazione tra gli stessi, tenendo conto dell'equilibrio complessivo del contratto. Qualora il mancato pagamento del prezzo da parte dell'acquirente risulti più grave rispetto all'omessa consegna della documentazione da parte del venditore, quest'ultimo può legittimamente rifiutarsi di adempiere la propria obbligazione, senza incorrere in responsabilità contrattuale. In tal caso, la domanda dell'acquirente volta ad ottenere la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno deve essere rigettata.

  • Il mancato adempimento degli obblighi contrattuali, in particolare di quelli relativi al rispetto delle norme lavoristiche, previdenziali e assistenziali, legittima la parte committente all'applicazione delle penali previste dal contratto e alla risoluzione dello stesso per inadempimento, senza che ciò comporti l'obbligo di pagamento delle fatture emesse dal fornitore inadempiente. Infatti, il creditore che agisce per la risoluzione contrattuale o per il risarcimento del danno deve solo provare la fonte del proprio diritto e il termine di scadenza, mentre grava sul debitore l'onere di dimostrare l'avvenuto, esatto adempimento. Pertanto, in presenza di gravi e reiterati inadempimenti contrattuali, comprovati dalla documentazione e dalle risultanze istruttorie, il mancato pagamento delle fatture da parte della committente è giustificato dall'applicazione della clausola risolutiva espressa e dalla compensazione con il maggior credito vantato per le penali contrattuali.

  • Il contratto di distribuzione in esclusiva impone al fornitore l'obbligo di vendere i prodotti contrattualmente previsti esclusivamente al distributore designato, senza poter nominare altri venditori per la distribuzione nel territorio concordato. La violazione di tale patto di esclusiva da parte del fornitore, attraverso la vendita diretta a terzi dei medesimi prodotti, legittima il distributore a sollevare l'eccezione di inadempimento contrattuale ai sensi dell'art. 1460 c.c. Tuttavia, tale eccezione non è idonea a paralizzare integralmente il credito del fornitore per le prestazioni eseguite, in quanto il rifiuto di adempimento del distributore deve trovare giustificazione in un rapporto di corrispettività e interdipendenza tra le prestazioni non adempiute, senza contrastare con il dovere di buona fede. Pertanto, il giudice è tenuto a procedere alla riduzione ad equità, ai sensi dell'art. 1384 c.c., della penale prevista contrattualmente per la violazione del patto di esclusiva, limitandola all'importo corrispondente al prezzo di listino dei prodotti oggetto delle singole vendite non autorizzate, senza applicare l'ulteriore penale fissa di Euro 10.000,00 per ogni violazione, in quanto manifestamente eccessiva. Infine, il mancato raggiungimento del quantitativo minimo annuo di acquisti previsto contrattualmente non legittima il fornitore a pretendere il risarcimento del danno da lucro cessante, ma gli attribuisce soltanto il diritto potestativo di sciogliere il vincolo di esclusiva.

  • Il mancato adempimento di una parte contrattuale, dovuto all'impossibilità di esecuzione per fatto imputabile alla stessa parte creditrice, non può legittimare la risoluzione del contratto né il risarcimento del danno a carico della parte inadempiente. Il creditore che non abbia collaborato diligentemente per consentire l'esecuzione della prestazione dovuta dal debitore non può pretendere l'adempimento o la risoluzione del contratto, essendo tenuto a sopportare le conseguenze del proprio inadempimento. Il principio di buona fede contrattuale impone alle parti di cooperare lealmente per il raggiungimento dello scopo negoziale, sicché l'inerzia o l'ostacolo frapposto dal creditore all'adempimento del debitore determina l'impossibilità sopravvenuta della prestazione per fatto imputabile al creditore stesso, escludendo la responsabilità del debitore. Pertanto, il mancato completamento di un'opera edilizia per l'impossibilità di ottenere la necessaria sanatoria urbanistica, dovuta all'inerzia del promittente venditore nell'attivare la relativa procedura, non può legittimare la risoluzione del contratto né il risarcimento del danno a carico del promissario acquirente che abbia iniziato i lavori con regolare denuncia di inizio attività.

  • Il contratto di appalto è un contratto a prestazioni corrispettive in cui l'appaltatore si obbliga, verso il corrispettivo di un prezzo, a eseguire a regola d'arte un'opera o un servizio a favore del committente. L'appaltatore è tenuto ad adempiere diligentemente le obbligazioni assunte, nel rispetto dei termini e delle modalità convenute, e il committente è obbligato al pagamento del corrispettivo pattuito. L'exceptio inadimpleti contractus può essere legittimamente opposta solo quando il rifiuto di adempiere è finalizzato a stimolare la controparte all'adempimento e non già a mascherare la propria inadempienza. Il mancato riscontro da parte del committente alla disponibilità manifestata dall'appaltatore di procedere alle necessarie riparazioni per eliminare i vizi denunciati integra un comportamento contrario al dovere di buona fede e correttezza, che non consente al committente di paralizzare la pretesa creditoria dell'appaltatore. Pertanto, il committente che non abbia consentito all'appaltatore di intervenire per eliminare i vizi lamentati non può opporre l'eccezione di inadempimento contrattuale per sottrarsi al pagamento del corrispettivo dovuto per le opere eseguite.

  • Il termine contrattuale per l'adempimento, pur non essendo essenziale, può assumere rilevanza ai fini della risoluzione del contratto per inadempimento, qualora il ritardo nell'esecuzione della prestazione da parte del debitore si traduca in un inadempimento di non scarsa importanza, tale da far venir meno l'interesse del creditore alla prosecuzione del rapporto. Tuttavia, in assenza di elementi che inequivocabilmente dimostrino la volontà delle parti di ritenere perduta l'utilità economica del contratto per il decorso infruttuoso del termine, il ritardo nell'adempimento costituisce un inadempimento temporaneo e non definitivo, non idoneo a giustificare la risoluzione del contratto. Pertanto, la valutazione della gravità dell'inadempimento, ai fini della risoluzione, deve essere effettuata dal giudice di merito, tenendo conto della natura e dell'oggetto del contratto, nonché del comportamento complessivo delle parti, senza che sia necessaria la previa costituzione in mora del debitore, qualora il termine per l'adempimento sia stato fissato presso il domicilio del creditore.

  • Il mancato adempimento di una prestazione principale prevista in un contratto, anche se di modesta entità, può integrare un grave inadempimento idoneo a giustificare la risoluzione del contratto, qualora la prestazione ineseguita risulti essenziale per il raggiungimento dello scopo contrattuale e non sia stata preventivamente autorizzata dalla controparte. Pertanto, il giudice, nel valutare la gravità dell'inadempimento ai fini della risoluzione contrattuale, deve verificare non solo l'entità oggettiva della prestazione non eseguita, ma anche la sua rilevanza rispetto all'interesse della parte non inadempiente, nonché l'assenza di un consenso della stessa alla diversa modalità di esecuzione. L'onere della prova dell'avvenuto adempimento grava sul debitore convenuto, il quale deve dimostrare di aver eseguito esattamente la prestazione dovuta, senza poter invocare circostanze impeditive non preventivamente concordate con il creditore.

  • Il mancato adempimento degli obblighi contrattuali da parte del committente, quale il ritardo nell'ottenimento dei necessari titoli abilitativi e l'omesso pagamento del corrispettivo dovuto all'appaltatore per i lavori eseguiti, costituisce inadempimento grave che legittima la risoluzione del contratto di appalto, con conseguente condanna del committente al pagamento dell'importo dovuto per le prestazioni effettivamente rese, oltre interessi. Spetta al committente l'onere di provare l'avvenuto adempimento o l'impossibilità di adempiere per causa a lui non imputabile, mentre l'appaltatore deve limitarsi a provare la fonte negoziale del proprio diritto e il relativo termine di scadenza. In caso di reciproci inadempimenti, il giudice deve procedere ad una valutazione unitaria e comparativa delle condotte inadempienti, al fine di individuare quale sia l'inadempimento principale cui attribuire la risoluzione, tenendo conto dei rapporti di causalità e proporzionalità tra le prestazioni inadempiute e della loro incidenza sulla funzione economico-sociale del contratto.

  • Il grave inadempimento contrattuale di una parte, consistente nel mancato rispetto dei termini concordati per la consegna di un bene essenziale all'adempimento del contratto, nonostante la possibilità di effettuare un minimo aggiustamento poco oneroso, legittima la pronuncia di risoluzione parziale del contratto da parte del giudice. L'eccezione di inadempimento sollevata dalla parte inadempiente, oltre ad essere tardiva, non può giustificare la sua condotta, in quanto il mancato pagamento di quanto dovuto per le modifiche apportate al bene non costituisce un inadempimento tale da legittimare il rifiuto della prestazione principale. Inoltre, al momento in cui la parte inadempiente ha sollevato l'eccezione, il contratto si era già risolto a seguito della diffida della controparte. Il giudice, nel determinare il risarcimento del danno, deve tenere conto delle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio, anche se la parte inadempiente ne abbia invocato i risultati, laddove permangano gravi difetti del bene consegnato e il mancato rispetto dei termini concordati per la consegna.

  • Il contratto di appalto disciplina i rapporti tra committente e appaltatore, stabilendo i termini per l'esecuzione dei lavori e le conseguenze del ritardo o dell'inadempimento. Tuttavia, la clausola contrattuale che prevede un tetto massimo al compenso dell'appaltatore in caso di ritardo nell'ultimazione dei lavori non si estende all'ipotesi di mancata consegna dell'opera e abbandono del cantiere da parte dell'appaltatore, configurando in tal caso un inadempimento contrattuale. In tale evenienza, il committente ha diritto al risarcimento del danno, che deve essere commisurato all'effettivo lavoro svolto dall'appaltatore, senza che questi possa pretendere il compenso originariamente pattuito. L'onere della prova circa l'inadempimento e il danno subito grava sul committente, il quale deve fornire idonea documentazione a sostegno delle proprie pretese risarcitorie. Le fatture commerciali, in assenza di quietanza o analoga annotazione di avvenuto pagamento, non costituiscono prova del pagamento delle somme fatturate, ma al più un indizio dello stesso, la cui valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito.

  • Il contratto di appalto privato è un contratto a prestazioni corrispettive in cui le obbligazioni assunte dalle parti sono interdipendenti. L'inadempimento di una parte, per essere rilevante ai fini dell'eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c., deve essere di non scarsa importanza e tale da alterare il nesso di interdipendenza tra le prestazioni, a prescindere dalla rilevanza economica dell'inadempimento stesso. Tuttavia, la valutazione della gravità dell'inadempimento ai fini della risoluzione del contratto ex art. 1455 c.c. deve essere effettuata in modo oggettivo, senza un confronto comparatistico tra i reciproci inadempimenti. Nell'ambito di un contratto di appalto, il mancato rispetto di specifiche tecniche concordate, come la marca e la potenza dei motori o il diametro delle ventose, può integrare un inadempimento di non scarsa importanza, legittimando l'eccezione di inadempimento della parte adempiente. Ove tale inadempimento sia accertato, il giudice può disporre la compensazione delle spese processuali in considerazione della soccombenza reciproca delle parti. Inoltre, in caso di condanna al pagamento di somme, il creditore ha diritto agli interessi moratori previsti dalla normativa speciale sui ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, anche in assenza di espressa richiesta.

  • Il delitto di frode in pubbliche forniture di cui all'art. 356 c.p. richiede, oltre all'inadempimento contrattuale, l'utilizzo di espedienti fraudolenti o ingannevoli volti a far apparire l'esecuzione del contratto conforme agli obblighi assunti. Pertanto, gli inadempimenti devono essere valutati nell'ottica della malafede contrattuale, verificando l'intensità della mancata esecuzione di specifiche pattuizioni negoziali essenziali e l'utilizzo di artifici per celare la mancanza o l'inadeguatezza delle prestazioni rispetto ai fini e agli interessi perseguiti. Il mero inadempimento contrattuale, senza tali elementi di frode, è insufficiente a integrare la fattispecie delittuosa. Il giudice deve quindi indicare puntualmente i parametri da cui desumere il carattere decisivo degli inadempimenti e il modo in cui le carenze rilevate si intersechino con gli aspetti essenziali degli obblighi contrattuali assunti dall'imputato.

  • Il mancato rispetto del termine pattuito per l'esecuzione di un contratto di appalto privato, con conseguente ritardo nell'ultimazione dei lavori, comporta l'inadempimento dell'appaltatore, il quale è tenuto a restituire le somme già versate dal committente, detratto il valore dei materiali effettivamente consegnati e delle opere eseguite. L'onere di provare l'esatto adempimento o l'impossibilità di adempiere per causa non imputabile grava sull'appaltatore, mentre il committente deve solo dimostrare il titolo contrattuale e l'inadempimento. Il danno subito dal committente per l'inadempimento dell'appaltatore deve essere provato e quantificato, non potendo essere liquidato in via equitativa in assenza di elementi certi. Il mancato pagamento del corrispettivo da parte del committente non giustifica l'inadempimento dell'appaltatore, in assenza di una preventiva e infruttuosa richiesta di pagamento.

  • Il mancato pagamento del canone di locazione da parte del conduttore, in assenza di gravi motivi ostativi, costituisce inadempimento contrattuale di rilevante importanza tale da legittimare la risoluzione del contratto di locazione ai sensi dell'art. 1455 c.c., in quanto il pagamento del canone rappresenta l'obbligazione primaria e fondamentale del conduttore, la cui sospensione o ritardo incide in modo decisivo sull'economia complessiva del rapporto, determinando uno squilibrio del sinallagma funzionale. La valutazione della gravità dell'inadempimento non va commisurata solo all'entità del danno, ma anche alla rilevanza della violazione del contratto con riferimento alla volontà manifestata dalle parti, alla natura e finalità del rapporto, nonché al concreto interesse del locatore all'esatta e tempestiva prestazione. Pertanto, il mancato pagamento dei canoni di locazione, anche se successivamente sanato nel corso del giudizio, non esclude la possibilità di accertare la gravità dell'inadempimento del conduttore ai fini della risoluzione contrattuale, in particolare ove tale inadempimento sia stato preceduto da altri prolungati, reiterati e ravvicinati ritardi nel pagamento del canone medesimo, in violazione del principio di buona fede nell'esecuzione del contratto.

  • Il mancato pagamento di lavori eseguiti in esecuzione di un contratto, pur costituendo un inadempimento contrattuale, non integra automaticamente il reato di truffa aggravata ai sensi dell'art. 640 c.p. Affinché possa configurarsi tale fattispecie delittuosa, è necessario che il mancato pagamento sia preceduto e accompagnato da artifici e raggiri idonei a indurre in errore la controparte contrattuale, così da determinarne la stipula o l'esecuzione del contratto in modo diverso da quanto originariamente pattuito. La mera conoscenza, da parte della persona offesa, delle difficoltà economiche del debitore al momento della conclusione del contratto, esclude la sussistenza dell'elemento fraudolento richiesto per la configurazione del reato di truffa. Inoltre, l'attivazione di iniziative giudiziarie da parte del creditore per il recupero del proprio credito, anche in tempi prossimi all'inadempimento, dimostra l'assenza di un comportamento strumentale e fraudolento idoneo a integrare gli estremi della truffa, configurando piuttosto una mera inadempienza contrattuale. In tali ipotesi, la tutela del creditore deve essere ricercata nell'ambito del diritto civile e non in quello penale.

  • Il danno risarcibile per inadempimento contrattuale è limitato ai danni prevedibili al momento della conclusione del contratto, ai sensi dell'art. 1225 c.c., e deve essere provato dal creditore in termini di nesso di causalità immediata e diretta con la prestazione mancata. Il debitore non risponde di danni derivanti da inadempimenti di terzi soggetti non parti del contratto, né di danni non ragionevolmente prevedibili al momento dell'assunzione dell'obbligazione. Pertanto, la domanda di risarcimento danni per inadempimento contrattuale è infondata qualora il danno lamentato non sia direttamente conseguente all'inadempimento del debitore e non fosse ragionevolmente prevedibile al momento della conclusione del contratto. Analogamente, la domanda di manleva nei confronti del debitore inadempiente è inammissibile in assenza di un concreto ed attuale pregiudizio patrimoniale in capo al creditore, essendo fondata su un danno meramente ipotetico e futuro.

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