Sentenze recenti innovazioni condominio

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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Bergamo, Sezione Quarta Civile, in persona del Giudice Unico dott. Cesare Massetti, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile n. 1164/2022 del Ruolo Generale promossa con atto di citazione ritualmente notificato e posta in decisione all'udienza del 28 marzo 2023 da (...), rappresentata e difesa dall'Avv.to (...) del Foro di Bergamo, procuratore anche domiciliatario, giusta procura speciale alla lite allegata all'atto introduttivo del giudizio ATTRICE contro CONDOMINIO (...), in persona dell'amministratore Studio (...) s.r.l., rappresentato e difeso dall'Avv.to (...) del Foro di Bergamo, procuratore anche domiciliatario, giusta procura speciale alla lite allegata alla comparsa di costituzione e di risposta CONVENUTO In punto: impugnazione di deliberazione dell'assemblea di condominio. CONCLUSIONI Dell'attrice Come in foglio inviato per via telematica. Del convenuto Come in foglio inviato per via telematica. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione ritualmente notificato (...) conveniva in giudizio avanti l'intestato Tribunale il Condominio (...), impugnando le deliberazioni dell'assemblea in data 14 aprile 2021 e 14 luglio 2021 per i seguenti motivi: 1) mancanza di corretta informativa ai condomini, assoluta indeterminatezza dell'ordine del giorno, omessa delibera circa la natura e la tipologia degli interventi da eseguire, delibera su oggetto inesistente e/o non indicato nell'ordine del giorno, inammissibile delega a terzi soggetti circa l'individuazione degli interventi da realizzare, mancata specificazione analitica dei soggetti incaricati (violazione dell'art. 66 att. c.c.); 2) innovazioni voluttuarie vietate; 3) mancata esplicitazione del criterio di riparto della spesa ovvero, in subordine, approvazione a maggioranza di un criterio di riparto della spesa difforme da quello legale; 3) delibera 14.4.2021: nullità/annullabilità per avvenuta partecipazione di soggetto estraneo non autorizzato; 4) delibera 14.7.2021: mancata costituzione del fondo obbligatorio ex art. 1135 co. 1 n. 4 c.c... Chiedeva, pertanto, la declaratoria di nullità e/o l'annullamento delle suddette deliberazioni. Costituendosi in giudizio il Condominio (...) contestava in toto gli assunti avversari. Si opponeva, pertanto, all'accoglimento della domanda. Concessa la sospensiva, la causa non veniva, poi, istruita. Precisate le conclusioni come in epigrafe riportate, all'udienza del 28 marzo 2023 passava in decisione. MOTIVI DELLA DECISIONE Va premesso che: - l'assemblea del 14 aprile 2021 (doc.4 attrice) ha deliberato di incaricare il geom. (...) a presentare un'offerta da parte della soc. di (...) per lo sbrigo delle indagini preliminari che in linea di massima si aggireranno a circa Euro 600/700 oltre cassa ed iva di legge per ogni unità immobiliare. Tale assemblea era stata convocata (doc. 3 attrice) per esame preventivi e delibera incarico per la stesura del progetto esecutivo e per tutte le pratiche necessarie per l'accesso da parte del condominio alle detrazioni fiscali di cui al decreto legge 19 maggio 2020 n. 34 (superbonus 110%); - l'assemblea del 14 luglio 2021 (doc.6 attrice) ha deliberato di incaricare il geom. (...) per lo sbrigo delle indagini preliminari e la stesura della diagnosi di fattibilità al costo di circa Euro 600/700 oltre cassa ed iva di legge per ogni unità immobiliare. Tale assemblea era stata convocata (doc. 5 attrice) per esame e delibera per incarico circa la stesura della diagnosi di fattibilità e per tutte le pratiche necessarie per l'accesso da parte del condominio alle detrazioni fiscali di cui al decreto legge 19 maggio 2020 n. 34 (superbonus 110%). Ciò premesso, la domanda è fondata. In ordine alla prima assemblea, quella del 14 aprile 2021, la deliberazione è nulla sotto due profili: 1) mancanza di elementi essenziali; 2) mancata costituzione del fondo speciale obbligatorio. La mancanza di elementi essenziali produce la nullità della deliberazione (Cass. S.U. n. 9839/2021: "In tema di condominio degli edifici, l'azione di annullamento delle delibere assembleari costituisce la regola generale, ai sensi dell'art. 1137 c.c., come modificato dall'art. 15 della l. n. 220 del 2012, mentre la categoria della nullità ha un'estensione residuale ed è rinvenibile nelle seguenti ipotesi: mancanza originaria degli elementi costitutivi essenziali, impossibilità dell'oggetto in senso materiale o giuridico - quest'ultima da valutarsi in relazione al "difetto assoluto di attribuzioni" -, contenuto illecito, ossia contrario a "norme imperative" o all'"ordine pubblico" o al "buon costume". Pertanto, sono nulle le deliberazioni con le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i generali criteri di ripartizione delle spese previsti dalla legge o dalla convenzione, da valere per il futuro, trattandosi di materia che esula dalle attribuzioni dell'assemblea previste dall'art. 1135, nn. 2) e 3), c.c., mentre sono meramente annullabili le deliberazioni aventi ad oggetto la ripartizione in concreto tra i condomini delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni adottate in violazione dei criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione stessi, trattandosi di deliberazioni assunte nell'esercizio di dette attribuzioni assembleari, cosicché la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza previsto dall'art. 1137, comma 2, c.c.". Conforme Cass. n. 4806/2005). Nella fattispecie concreta detta mancanza è dovuta al fatto che il (...) non viene individuato (la scelta è stata inammissibilmente demandata allo stesso geom. (...)) nonché al fatto che il concetto di "sbrigo delle indagini preliminari" è assolutamente generico e indeterminato. La deliberazione de qua non è meramente programmatica, ma ha un contenuto decisorio, giacché viene dato incarico ad un professionista e viene previsto un esborso di spesa per i condomini, sia pure approssimativo ("circa"). Pertanto, la stessa è senz'altro "impegnativa" per il condominio. Di qui, tra l'altro, la sussistenza dell'interesse ad agire (Cass. n. 6128/2017: "Il condomino che intenda impugnare una delibera dell'assemblea, per l'assunta erroneità della disposta ripartizione delle spese, deve allegare e dimostrare di avervi interesse, il quale presuppone la derivazione dalla detta deliberazione di un apprezzabile pregiudizio personale, in termini di mutamento della sua posizione patrimoniale"). Giusto o sbagliato che sia, un importo di spesa è stato previsto, ed è sicuro che, aggirandosi sugli Euro 600,00=/700,00=, incida sulla situazione economica del condomino. La mancata costituzione del fondo speciale obbligatorio altrettanto produce la nullità della deliberazione (Cass. n. 16953/2022: "In tema di condominio, l'art. 1135, comma 1, n. 4, c.c., imponendo l'allestimento anticipato del fondo speciale di importo pari all'ammontare dei lavori, configura una ulteriore condizione di validità della delibera di approvazione delle opere di manutenzione straordinaria dell'edificio; è, dunque, dal testo di tale deliberazione assembleare che deve necessariamente emergere il prezzo dei lavori, al cui importo occorre che equivalga quello del fondo speciale nella prima ipotesi di cui all'art. 1135, comma 1, n. 4, c.c., non potendo, viceversa, trarsi implicitamente dall'importo del fondo in concreto costituito quale sia l'ammontare delle spese necessarie". Conforme Cass. n. 9388/2023). Ratio della norma di cui all'art. 1135 co. 1 n. 4 c.c. è quella di garantire sia il terzo creditore, sia i condomini virtuosi. Infatti, la costituzione di una provvista scongiura il rischio che i condomini virtuosi debbano sostenere la spesa anche per quelli morosi. Si tratta, dunque, di una norma imperativa. Nella fattispecie concreta il fondo non è stato istituito, nè dal punto di vista materiale, nè dal punto di vista meramente contabile. La tesi del Condominio, secondo cui la costituzione del fondo speciale obbligatorio non era necessaria perché nessun contratto di appalto è stato presentato e/o stipulato, non è condivisibile. Infatti, il fondo va costituito anche per gli steps preliminari al contratto di appalto, se ed in quanto comportino una spesa, come è nel caso di specie. Tanto più che non è detto che lo "sbrigo delle indagini preliminari" avrebbe, poi, necessariamente condotto alla stipula di un contratto d'appalto. A nulla evidentemente rileva il fatto che il geom. (...) fin qui non abbia chiesto alcun compenso. Infatti, se egli avesse svolto l'attività per cui era stato conferito l'incarico, prima o poi avrebbe dovuto essere pagato. Dall'analisi del testo della deliberazione non si evince affatto quanto si legge nella comparsa conclusionale del convenuto, ossia che l'attività sarebbe stata prestata a titolo gratuito, laddove il Condominio avesse deciso di non procedere con i lavori (p. 3: "Inutile dire che nel caso in cui lo studio di fattibilità non fosse stato confermato, nessuna spesa, così, sarebbe stata addebitata al Condominio"). Al contrario vi è un incarico e vi è una spesa. Meno che meno può avere importanza, al fine del vaglio circa la validità della deliberazione, il successivo proposito del tecnico di non chiedere nulla al Condominio "per l'attività svolta fino ad ora" (doc. 2 convenuto). Infatti, l'obbligatorietà della costituzione del fondo non può essere valutata ex post. A nulla infine rileva la circostanza che non sia stato effettuato un riparto. Infatti, la spesa è stata - sia pure erroneamente -deliberata, per unità anziché per millesimi, ragione per cui un ulteriore riparto, secondo il modus procedendi operato, non era affatto necessario. In ordine alla seconda assemblea, quella del 14 luglio 2021, la deliberazione è nulla sotto il profilo della mancata costituzione del fondo speciale obbligatorio. Sul punto è sufficiente il rinvio alle considerazioni illustrate in ordine alla precedente deliberazione. S'aggiunge soltanto che la nullità qui è ancora più evidente, dato che l'assemblea ha deliberato, oltre allo "sbrigo delle indagini preliminari', anche la "stesura della diagnosi di fattibilità', sempre a titolo oneroso. Di qui, in forza del principio della ragione più liquida, la declaratoria di nullità di entrambe le deliberazioni. Le spese di mediazione e di lite seguono la soccombenza e possono liquidarsi in complessivi Euro 3.887,00= (di cui Euro 500,00= per le mediazioni ed Euro 3.387,00= per la lite), oltre ad anticipazioni documentate (contributo unificato, marca da bollo, spese di notifica), a spese generali nella misura del 15 %, ad iva e cpa e alle successive occorrende. La causa non necessita di alcuna istruttoria orale, in quanto le circostanze rilevanti ai fini della decisione sono tutte documentali. P.Q.M. Il Tribunale, ogni diversa istanza eccezione e deduzione disattesa, definitivamente pronunciando: - dichiara la nullità delle deliberazioni assembleari impugnate; - condanna il convenuto a rifondere all'attrice le spese di lite e di mediazione, liquidate in complessivi Euro 3.887,00= (di cui Euro 500,00= per le mediazioni ed Euro 3.387,00= per la lite), oltre ad anticipazioni documentate (contributo unificato, marca da bollo, spese di notifica), a spese generali nella misura del 15%, ad iva e cpa e alle successive occorrende. Così deciso in Bergamo il 22 giugno 2023. Depositata in Cancelleria il 22 giugno 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni - Presidente Dott. ORILIA Lorenzo - Consigliere Dott. MOCCI Mauro - Consigliere Dott. ROLFI Federico - Consigliere Dott. CAPONI Remo - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 2036-2018 proposto da: (OMISSIS), rappresentato e difeso dall'avvocato (OMISSIS), domiciliato in (OMISSIS) presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS); - ricorrente - contro SUPERCONDOMINIO VIA (OMISSIS), rappresentato e difeso dall'avvocato (OMISSIS), domiciliato in (OMISSIS) presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS); -controricorrente- nonche' (OMISSIS); - intimata - avverso la sentenza della CORTE DI APPELLO DI BARI n. 917 DEL 2017 depositata il 13/07/2017. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/05/2023 dal consigliere REMO CAPONI. Lette le osservazioni del P.M., nella persona del sostituto procuratore generale, FULVIO TRONCONE, che ha concluso per il rigetto del ricorso. FATTI DI CAUSA Nel 2000 (OMISSIS) e (OMISSIS), separatamente, adivano il Tribunale di Trani (Sezione distaccata di Molfetta), per l'annullamento della delibera condominiale del 2000 con cui il Supercondominio di via (OMISSIS) aveva "revocato" un'esenzione dalle spese di esercizio e di consumo accordata di fatto a taluni condomini distaccatisi dall'impianto centralizzato di riscaldamento. Antefatti: nel 1989, due dei condomini avevano proposto la cessazione del servizio centralizzato di riscaldamento entro il 1992, senza prospettare le modalita' di trasformazione in impianti unifamiliari. Nel 1991 uno dei due condomini deliberava di compiere il distacco entro qualche mese. Viceversa, nel 1992 il Supercondominio decideva di proseguire nell'utilizzazione dell'impianto esistente. Nel 1993 i tre amministratori dei condomini concordavano di negare distacchi unilaterali intimando a chi si era gia' distaccato di riprendere a pagare interamente le quote per le spese del riscaldamento centralizzato. Seguono circa sette anni in cui tale intimazione non riceve seguito (nei confronti degli attori), finche' nel 2000, con la delibera impugnata, l'assemblea del Supercondominio decideva di non agire per il saldo delle spese pregresse, ma si determinava a non tollerare piu' in futuro esenzioni da parte dei condomini nel frattempo distaccatisi. In primo e in secondo grado le domande attoree venivano rigettate. Su ricorso in cassazione di (OMISSIS), Cass. 8727/2014 annullava la sentenza di appello sotto il profilo dell'omesso rilievo del litisconsorzio necessario processuale in relazione ad (OMISSIS) che non aveva partecipato al giudizio di appello, mentre dichiarava assorbito il secondo motivo di ricorso con il quale (OMISSIS) denunciava la violazione dell'articolo 1123 comma 2 e 3 c.c. Riassunto il processo in sede di rinvio, la Corte di appello rigettava l'appello e confermava di nuovo la pronuncia di primo grado di rigetto dell'impugnazione della delibera condominiale. Ricorre in cassazione (OMISSIS) con tre motivi, illustrati da memoria. Resiste il Supercondominio con controricorso. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. - In seguito alla l. n. 220 del 2012, il tema al centro del presente ricorso (il distacco di singoli condomini dall'impianto centralizzato di riscaldamento) riceve una distinta disciplina nell'articolo 1118 comma 4 c.c., che pero' non si applica ratione temporis alla presente controversia, in quanto instaurata anteriormente. 2. - Con il primo motivo si denuncia che il Supercondominio abbia errato nel ripartire le spese del riscaldamento centralizzato, che serve i singoli condomini in maniera diversa, cosicche' le spese sono da ripartire in proporzione dell'uso che ciascun condomino puo' farne (si denuncia violazione dell'articolo 1123 comma 2 e 3 c.c.). Inoltre, si censura che, al fine di rinunziare all'uso del riscaldamento centralizzato e di usufruire di un corrispondente sgravio di spese, il ricorrente sia stato gravato dell'onere di provare - attraverso informazione preventiva corredata da documentazione tecnica - che dal suo distacco dall'impianto di riscaldamento centralizzato non derivino notevoli squilibri o aggravi di spesa per gli altri condomini. Infatti, il criterio legale di ripartizione delle spese si fonda sul beneficio che dalle cose comuni puo' derivare ad ogni condomino, quando esse sono destinate a servire in maniera diversa, ossia e' basato sulla proporzione dell'uso che ciascuno e' posto in grado di fare. Cio' al fine di evitare l'indebito arricchimento dei condomini che beneficiano della cosa comune e vedano poi le spese ripartite anche a carico dei condomini che non ne possano usufruire. Nel caso di specie, e' da tenere conto che il ricorrente, abitante all'ul-timo piano dell'edificio, non poteva piu' usare il servizio di riscaldamento centralizzato a causa della corrosione delle diramazioni terminali. Infine, si censura che la Corte di appello, pur accertando che e' possibile un'opera di risanamento, non abbia rilevato la mancata previsione nella delibera impugnata di un intervento di riparazione del servizio di riscaldamento, affinche' tutti i condomini potessero trarne identicamente beneficio. Il primo motivo e' inammissibile. Esso non coglie la ratio decidendi, che e' fondamentalmente la seguente: l'obbligo del condomino di contribuire alle spese necessarie non solo alla conservazione, ma anche al godimento delle parti comuni dell'edificio, alla prestazione dei servizi nell'interesse comune e alle innovazioni deliberate dalla maggioranza trova la sua fonte nella comproprieta' delle parti comuni dell'edificio (articolo 1123 comma 1 c.c.). Ne segue che la semplice circostanza che l'impianto centralizzato di riscaldamento non eroghi sufficiente calore non puo' giustificare un esonero dal contributo, neanche per le sole spese di esercizio, poiche' il condomino non e' titolare di una pretesa a una prestazione sinallagmatica nei confronti del condominio e quindi non puo' sottrarsi dal contribuire alle spese allegando la mancata o insufficiente erogazione del servizio (cfr. per tutte Cass. SU 10492/1996, richiamata espressamente dalla sentenza, p. 14), essendo ben altri gli strumenti che l'ordinamento mette a disposizione per reagire all'inerzia manutentiva del condominio (in questo senso, cfr. anche le osservazioni del P.M.). A cio' si aggiunge che nel caso di specie "la prova orale (...) non ha (...) confermato la situazione d'irreversibile degrado che a dire del (OMISSIS) l'aveva indotto a distaccarsi dall'impianto centralizzato. Invero nella comunicazione del 22/06/1991 egli ha denunciato solo la difettosita' degli sfiatatoi dell'impianto. Le testimonianze (...) hanno fatto riferimento esclusivamente a fenomeni di corrosione e ruggine, ma (...) non emerge affatto che fosse impossibile un'agevole opera di risanamento" (p. 14). Inoltre, prosegue la Corte, non vi e' prova di insufficienza del potere di riscaldamento. Viceversa, i passi della sentenza aggrediti dal ricorrente costituiscono mere argomentazioni di rincalzo (che indubbiamente avrebbero trovato una collocazione migliore alla fine della motivazione). In conclusione, il primo motivo e' inammissibile. 3. - Con il secondo motivo si denuncia che la Corte di appello abbia errato nell'interpretare l'accordo intervenuto di fatto tra le parti sul distacco dal riscaldamento centralizzato dopo le deliberazioni dei singoli condomi'ni e la mancata realizzazione degli interventi di manutenzione sulle diramazioni terminali (si deduce violazione degli articoli 1322, 1362, 1366 c.c.). Si censura che la controversia sia stata inquadrata invece nell'ambito della disciplina ex l. 10-1991 (sul risparmio energetico e le fonti rinnovabili) concernente le maggioranze assembleari necessarie per l'installazione degli impianti unifamiliari, omettendo di rilevare che i condomini avevano tollerato per sette anni il mancato pagamento da parte degli attori delle spese relative all'uso del riscaldamento centralizzato per poi asserire contraddittoriamente che non avevano avuto consapevolezza dell'intervenuta adozione di criteri diversi. Si era cosi' perfezionato per fatti concludenti un accordo di scambio tra il mancato intervento di manutenzione e il mancato risarcimento dei danni all'appartamento, da un lato, e, dall'altro lato, la concessione del distacco dall'impianto di riscaldamento centralizzato (ne sarebbe un indizio anche il termine "revoca" impiegato nella delibera impugnata). Il secondo motivo e' infondato. La Corte di appello ben richiede l'unanimita' dei consensi per l'accordo derogatorio delle regole legislative di ripartizione delle spese e ben invoca a tale proposito Cass. 7884/1991. Secondo tale pronuncia, la disciplina della ripartizione delle spese condominiali puo' essere modificata da una nuova convenzione, la quale richiede il consenso di tutti i condomini, che puo' essere espresso anche per facta concludentia, consistenti in un comportamento dal quale possa inequivocabilmente desumersi, alla stregua del senso comune, una volonta' determinata, indirizzata ad uno specifico contenuto. Assume in questo contesto un carattere persuasivo anche il caso di specie sotteso a Cass. 7884/1991. Si trattava di un'applicazione di mutati criteri di ripartizione delle spese condominiali, distesasi lungo un arco di tempo pluriennale, in cui non si e' ravvisata la consapevolezza del mutamento dei criteri e delle relative tabelle millesimali, cosicche' si e' esclusa la formazione di un nuovo accordo per fatti concludenti. A completamento dell'argomentazione, la Corte di appello di Bari osserva che le delibere programmatiche relative alla cessazione del riscaldamento centralizzato non costituiscono prova della consapevolezza da parte dei condomini del distacco dal riscaldamento centralizzato operato da (OMISSIS) ne' indice inequivoco della loro volonta' di mutare la ripartizione delle spese di gestione. In conclusione, essendo la statuizione della Corte territoriale conforme a diritto, il secondo motivo e' rigettato. 4. - Con il terzo motivo si denuncia che la Corte di appello abbia violato l'articolo 1136 c.c., sul quorum per la validita' delle deliberazioni, con riferimento alla decisione adottata nel 1993 dagli amministratori responsabili dei tre plessi condominiali di negare distacchi unilaterali e di riservarsi di agire nei confronti di chi si era gia' distaccato. Anche questo motivo e' infondato. Il ricorrente mostra di fraintendere un passo di Cass. 8727/2014, poiche' attribuisce alla predetta pronuncia di cassazione con rinvio gia' intervenuta nel presente giudizio una statuizione di erroneita' del mancato rilievo dell'accordo per fatti concludenti tra (OMISSIS) e il Condominio, laddove invece la Corte aveva semplicemente riferito un'affermazione del ricorrente nell'esporre il secondo motivo di ricorso (poi assorbito). Dal chiarimento dell'equivoco segue che le indicazioni di Cass. 8727/2014 non sono state affatto disattese dalla Corte di appello. Inoltre e infine, la decisione adottata nel 1993 dai responsabili dei plessi condominiali e' semplicemente esecutiva della delibera del 1992 con cui il Supercondominio si era determinato a continuare a usare l'impianto di riscaldamento centralizzato. Fuori luogo e' l'invocazione della necessita' di una delibera condominiale. In conclusione, il terzo motivo e' rigettato e, con esso, e' rigettato il ricorso nel suo complesso. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo. Inoltre, ai sensi Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un'ulteriore somma pari al contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell'articolo 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio in favore del controricorrente, che liquida in Euro 4.000, oltre a Euro 200 per esborsi, alle spese generali, pari al 15% sui compensi e agli accessori di legge. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera del ricorrente, di un'ulteriore somma pari al contributo unificato previsto per il ricorso, se dovuto.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di ROMA QUINTA SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Fabiana Corbo ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 60544/2016 promossa da: ..... (C.F. ...), con il patrocinio dell'Avv....... e dell'Avv......., elettivamente domiciliato in Via ... in ROMA presso il difensore Avv......., giusta delega in atti ATTORE contro Società ... (C.F. ...) con il patrocinio degli Avv.ti ...... e ...... presso il cui studio è elettivamente domiciliata in Piazza ... in ROMA, giusta delega in atti CONVENUTA Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Con atto di citazione notificato in data 19.8.2016, ... conveniva in giudizio la Società ..., premettendo di avere diritto all'uso dell'ascensore privato della società medesima ex art. 1121 c.c. e così precisando le proprie conclusioni: "Voglia l'Illu.mo Tribunale adito, ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione disattese: 1)in via principale, fermo il diritto del Sig. ... alla partecipazione ai sensi dell'art. 1121, comma terzo, c.c. ai vantaggi dell'innovazione consistente nell'ascensore installato nello stabile di ... - diritto affermato in maniera irretrattabile dalla Corte d'Appello di Roma con la sentenza n. 1047 del 4 marzo 2003 - resa inter partes e passata in giudicato, determinare il contributo dovuto dal Sig. ... in favore della Società ..., ai fini della suddetta partecipazione ai vantaggi dell'innovazione, sulla base dei criteri indicati nel presente atto, o in subordine, secondo i criteri che Codesto Ill.mo Giudice riterrà congrui e applicabili al caso di specie; 2) in via di ulteriore subordine, accertare e dichiarare il diritto del Sig. ... alla partecipazione ai sensi dell'art. 1121, comma terzo, c.c. ai vantaggi dell'innovazione consistente nell'ascensore installato nello stabile di . e, conseguentemente, determinare il contributo dovuto dal Sig.. in favore della Società ..., ai fini della suddetta partecipazione ai vantaggi dell'innovazione, sulla base dei criteri indicati nel presente atto o, in subordine, sulla base dei criteri che Codesto Ill.mo Giudice riterrà congrui e applicabili al caso di specie. In via istruttoria, parte attrice chiede disporsi consulenza tecnica d'ufficio al fine di determinare il costo dell'originale installazione e l'attuale stato dell'ascensore al fine di determinare il contributo dovuto dal Sig. ... ai fini della partecipazione ai vantaggi dell'innovazione consistente nell'ascensore installato nello stabile ... ". Instauratasi la lite, si costituiva la Società ..., eccependo come vi fossero due sentenze passate in giudicato che precludevano l'ammissibilità della domanda attorea, oltre che il suo accoglimento, e chiedendo, pertanto, l'integrale rigetto della domanda avversaria, concludendo, a sua volta, come segue: "1) Rigettare le domande del signor. in quanto infondate in fatto ed in diritto per le ragioni tutte sopra esposte; 2) Con vittoria delle spese di lite". In data 11 maggio 2017 si celebrava la prima udienza di comparizione delle parti davanti a questo Giudice; il giudizio veniva quindi rinviato al 24 maggio 2018 con termini ex art.183 c.p.c. VI comma. In data 6 luglio 2018 il nuovo Giudice incaricato, dottoressa Pigozzo, si riservava di decidere sulle istanze istruttorie. A scioglimento della riserva, il Giudicante, con provvedimento del 18 luglio 2018, rinviava la causa, ritenendola matura per la decisione, per la precisazione delle conclusioni al 3 ottobre 2019. L'udienza, per ragioni di ruolo, veniva poi rinviata al 14 febbraio 2020. Riassegnata a questo Giudicante, nel frattempo rientrata in ruolo, la causa, con provvedimento del 2.10.2019, veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni alla data del 14.2.2020. Il g.o.t. delegato per ragioni di ufficio, in virtù di provvedimento presidenziale del 4.12.2019, alla trattazione, Dottor ..., disponeva, melius re perpensa, la CTU sollecitata dall'attore. In data 14 luglio 2021 si svolgeva, con modalità di trattazione scritta, l'udienza di esame della CTU nel frattempo espletata, e la causa veniva rinviata al 15 settembre 2021 per la precisazione delle conclusioni, sempre con modalità di trattazione scritta. Le parti precisavano le conclusioni ed il Giudicante rinviava la causa per la discussione orale ex art. 281 sexies c.p.c. alla data del 23 novembre 2021, con termini per il deposito di note conclusionali fino a dieci giorni antecedenti l'udienza. Con ordinanza del 27.9.2021 il g.o.t. Dottor ..., letta l'istanza formulata da parte attrice, rimetteva la causa all'udienza dell'11.1.2022, da tenersi in presenza, per chiarimenti del CTU. In seguito all'istanza di parte convenuta, tuttavia, rimetteva gli atti al giudice togato delegante ritenendo il giudizio "complesso e di non facile soluzione". Questo giudice, dopo aver già rilevato che il predetto giudice onorario aveva istruito la causa e già liquidato il c.t.u., lette le nuove istanze delle parti, con ordinanza del 7.1.2022, riconosciuta espressamente la prevalenza dell'interesse manifestato dalle parti alla sollecita definizione del giudizio e tenuto del fatto che la causa era stata già rinviata per precisazione delle conclusioni, fissava al 25.2.2022 l'udienza di precisazione delle conclusioni, da tenersi in via telematica, concedendo alle parti termine sino al 20.2.2022 per il deposito di note telematiche. Lo stesso Giudice, viste le note depositate dalle parti e la specifica richiesta ivi formulata da parte attrice (che invocava una nuova udienza in presenza), assegnava alle parti termine sino al 26.4.2022 per lo scambio delle sole comparse conclusionali, fissando, contestualmente la discussione della causa per l'udienza del 20.5.2022. Tanto premesso, la domanda non può essere accolta. Deve ricordarsi che l'ascensore è espressamente previsto tra le parti comuni dell'edificio ex art. 1117 c.c. n. 3 poiché destinato per la sua funzione al godimento di tutti i condomini: la presunzione di condominialità di tale impianto è fondata, quindi, sulla relazione strumentale necessaria fra lo stesso e l'uso comune (Cass. n. 3624/2005). Ciò significa che, in quanto parte comune, è sempre consentito ai singoli condomini l'utilizzo dell'ascensore nei limiti dettati dall'art. 1102 c.c. che impongono che non ne venga alterata la destinazione né sia impedito agli altri condomini di farne uguale uso secondo il loro diritto, nel rispetto, altresì, delle regole eventualmente stabilite dal regolamento di condominio, ove esistente, che possono anche vietare usi particolari (ad es. trasporto di materiale edilizio; montacarichi; ecc.), quando gli stessi risultino dannosi per la conservazione dell'impianto o di ostacolo all'utilizzazione del servizio da parte degli altri condomini (in relazione alle frequenze giornaliere, alla durata e all'eventuale orario di esercizio del suddetto uso). Occorre precisare, però, che l'ascensore condominiale è da considerarsi di proprietà comune quando lo stesso sia originariamente installato nell'edificio al momento della sua costruzione, a meno che il contrario non risulti dal titolo. Qualora, invece, venga installato successivamente per iniziativa di tutti o (come nel caso di specie) parte dei condomini, ovvero da uno solo dei condomini, esso appartiene in proprietà al condomino o ai condomini che lo hanno impiantato a loro spese, "purché sia fatto salvo il diritto degli altri di partecipare in qualunque tempo ai vantaggi della innovazione, contribuendo nelle spese di esecuzione dell'impianto ed in quelle di manutenzione dell'opera" (Cass. n. 20902/2010). L'installazione del nuovo ascensore rientra nella materia delle innovazioni, da adottarsi con le maggioranze richieste dall'art. 1136 c.c. (richiamato dall'art. 1120 c.c.), che, anche laddove comportino l'utilizzo delle parti comuni ad opera di una parte d ei condomini, sono da ritenersi non lesive "dei diritti all'uso ed al godimento delle parti comuni da parte di ciascun condomino ai sensi dell'art. 1120, 2° co., c.c., considerato che il concetto di inservibilità espresso nel citato articolo va interpretato come sensibile menomazione dell'utilità che il condomino ritraeva secondo l'originaria costituzione della comunione" (Cass. n. 10445/1998) e non solo nel semplice disagio subito in ragione del mutamento, insito nello stesso concetto di innovazione, ma costituito da una concreta inutilizzabilità della cosa comune in base alla sua naturale fruibilità (Cass. n. 18334/2012); con la conseguenza che "devono ritenersi consentite quelle innovazioni che, recando utilità a tutti i condomini tranne uno, comportino per quest'ultimo un pregiudizio limitato e che non sia tale da superare i limiti della tollerabilità" (Cass. n. 10445/1998). Per cui "la limitazione, per alcuni condomini, della originaria possibilità di utilizzazione delle scale e dell'andito occupati dall'impianto di ascensore collocato a cura e spese di altri condomini, non rende l'innovazione lesiva del divieto posto dall'art. 1120 secondo comma c.c., ove risulti che dalla stessa non derivi, sotto il profilo del minor godimento della cosa comune, alcun pregiudizio, non essendo necessariamente previsto che dalla innovazione debba derivare per il condomino dissenziente un vantaggio compensativo" (Cass. n. 9033/2001; n. 4152/1994). Se l'installazione di un ascensore nell'atrio non è da considerarsi innovazione gravosa e limitazione all'utilizzo della cosa comune (Cass. n. 20902/2010), è invece da considerarsi non consentita quella che comporta un danno alla proprietà individuale del singolo condomino. Perciò la Corte di Cassazione ha ritenuto innovazione vietata l'installazione di un ascensore che, pur effettuata nell'interesse generale dei comunisti fosse lesiva dei diritti di un condomino sulle parti di sua proprietà esclusiva, comportando una limitazione alla visuale dalle finestre della proprietà privata, stabilendo la nullità della delibera assembleare, pur adottata con le maggioranze richieste (Cass. n. 24760/2013). Non costituiscono, invece, innovazioni, gli interventi tesi all'adeguamento o all'ammodernamento dell'impianto dell'ascensore secondo le normative, ma attengono all'aspetto funzionale dello stesso. La giurisprudenza ha, infatti, ribadito che per rientrare nel campo delle innovazioni, l'opera deve consistere in modificazioni di entità tale da incidere sull'aspetto quantitativo e qualitativo della struttura, alterandone la precedente destinazione; per cui la sostituzione di ascensore già esistente con uno nuovo non ne muta la destinazione, costituendo una modifica attinente alla funzionalità dello stesso; viceversa l'installazione ex novo di un ascensore precedentemente non esistente è da qualificarsi innovazione (Cass. n. 5975/2004). La Corte di Cassazione (con sentenze n. 5975 del 2004 e n. 3264 del 2005), ha stabilito che l'installazione "ex novo" di un ascensore in condominio, così come anche il prolungamento della corsa dello stesso (le cui spese, vanno ripartite a norma dell'articolo 1123 codice civile, proporzionalmente al valore della proprietà di ciascun condomino), rappresenta un'innovazione che può essere deliberata dall'assemblea condominiale con le maggioranze di cui all'articolo 1136 del codice civile, oppure direttamente realizzata con il consenso di tutti i condomini, così divenendo l'impianto di proprietà comune. Se la modificazione materiale della cosa comune, conseguente alla realizzazione o al prolungamento dell'ascensore, non sia stata approvata in assemblea, può essere eseguita a spese di uno o di una parte di condomini, salvo il diritto degli altri di partecipare ai vantaggi dell'innovazione, contribuendo nelle spese di esecuzione e di manutenzione dell'opera. L'ascensore, che viene installato dopo la costruzione dell'edificio, su iniziativa di parte dei condomini, non rientra nella proprietà comune di tutti i condomini, ma sarà in proprietà di coloro che l'hanno impiantato a proprie spese. Si tratta di una comunione parziale dei proprietari dell'ascensore, distinta dal condominio stesso, fino a quando tutti i condomini non abbiano deciso di parteciparvi. Infatti l'articolo 1121, comma 3, codice civile, prevede la possibilità per gli altri condomini, di aderire successivamente, divenendo partecipi della comproprietà dell'opera, con l'obbligo di pagarne proporzionalmente le spese di esecuzione, aggiornate al valore attuale. Tanto chiarito, la domanda dell'attore muove dal presupposto della esistenza di un proprio diritto all'utilizzo dell'ascensore di proprietà esclusiva della ... . Tale pretesa si fonda sul presupposto che l'ascensore sia stato realizzato su parti di proprietà comune e che, quindi, sia applicabile la normativa sulle innovazioni di cui agli articoli 1120 e 1121 c.c. Sulla scorta di tale presupposto, parte attrice ritiene, quindi, di potere obbligare la convenuta ... a concedere il diritto all'utilizzo dell'ascensore secondo modalità e costi da determinare "ex art.1121 c.c., ovvero secondo la libera determinazione del Giudicante, ovvero secondo le risultanze della CTU richiesta". La disciplina invocata dall'attore è, infatti, applicabile non già ai beni di proprietà esclusiva di un condomino realizzati all'interno della sua proprietà privata, bensì a quei beni realizzati su parti condominiali ex artt.1120 e 1121 c.c. La circostanza che l'impianto di cui trattasi sia un bene privato e realizzato su parti private, è stata tuttavia già accertata in via definitiva in un provvedimento giudiziale passato in giudicato, e documentalmente dimostrata dalla parte convenuta che ha prodotto la sentenza n. 3980/93 di questo Tribunale. Detta sentenza è stata emessa nel giudizio promosso da ... e ... (danti causa di ...) per ottenere il riconoscimento dell'ascensore come bene comune ex art. 1117 c.c. ed il loro diritto di utilizzarlo quali condomini. Sul punto questo Tribunale ha accertato che l'impianto ascensore è privato e risulta costruito su parti di proprietà esclusiva (n.d.r. di ...), come si legge alla pagina due della su richiamata sentenza. L'assunto logico su cui si fonda la conclusione del Tribunale è proprio il disconoscimento dell'applicabilità al caso dell'art. 1117 c.c. (e dunque dei successivi artt.1120 e 1121 c.c.), e del correlativo riconoscimento di una pura e semplice proprietà privata, come tale disciplinata dagli artt. 832 e s.s. c.c. dell'impianto ascensore. Tale pronuncia, ai sensi dell'art. 2909 c.c., esplica la propria efficacia nei confronti degli aventi causa delle parti del processo e quindi anche dell'odierno attore (quale avente causa di ... e ...): i principi in essa affermati non sono più rivedibili, in base al principio per cui res iudicata pro veritate habetur. L'attore, pertanto, non può oggi invocare l'art. 1121 c.c. ed agire per vedere accertato il proprio diritto alla fruizione successiva dell'ascensore, poiché tale domanda contrasta con l'accertamento, avvenuto giudizialmente in via definitiva della proprietà esclusiva dell'impianto e della sua ubicazione su parti non comuni. L'attore, in verità, propone la stessa domanda sul mero presupposto di un inciso della sentenza della Corte di Appello di Roma n. 1047 del 4 marzo 2003 (v.si all. 8 fasc. parte attrice), chiamata a pronunciarsi sull'impugnazione della sentenza del Tribunale di Roma, 4 sez. bis del 3 agosto 2001 n. 29522 che aveva rigettato l'opposizione proposta dalla Immobiliare avverso l'esecuzione promossa con atto di precetto ...ed ..., avente per oggetto la consegna della chiave del cancelletto di accesso all'ascensore per cui oggi e causa. L'inciso in questione e quello di cui a pag. 5 di detta sentenza, dove la Corte usa l'espressione "in quanto condomini": si tratta, tuttavia, all'evidenza, di un mero inciso, slegato dall'intera motivazione, ed anzi in contrasto con la stessa: la Corte, infatti, parte dal presupposto dell'accertata "proprietà esclusiva dell'ascensore in capo alla ... e del diritto dei ... all'uso dello stesso alle condizioni di cui alla citata scrittura del 3 aprile 1965", riconoscendo come su tale aspetto si sia già formato il "giudicato", ribadendo che "il diritto al godimento dell'ascensore, concesso dai ... agli originari stipulanti, era un diritto personale, tant'è che nel caso di vendita" -spiega la Corte- "dell'appartamento dei ... a terzi questi ultimi avrebbero dovuto concordare con i ... la loro partecipazione al servizio e all'uso, stabilendone le modalità e gli oneri", per affermare, poi, la carenza di legittimazione dei ... a "procedere in via esecutiva per eseguire la sentenza che riconosceva il diritto al godimento personale in capo ai loro danti causa all'uso dell'ascensore con le modalità contemplate nella scrittura privata in atti", e rilevando come da una corretta interpretazione della predetta scrittura privata non poteva che discendere l'affermazione dell'intrasmissibilità di quel diritto personale di uso. Il decisum risulta conforme e coerente rispetto all'intero iter logico e motivazionale della sentenza, basato sull'affermazione della natura obbligatoria di quel diritto di uso riconosciuto ai danti causa dell'odierno attore, incompatibile con la natura reale e con la disciplina civilistica di cui all'art. 1121 c.c. e cristallizzata da un giudicato invalicabile, anche per la Corte di Appello che si è occupata dell'opposizione all'esecuzione. Quel mero richiamo alla qualità di "condomini" -status che verosimilmente rivestivano gli appellanti - ma rispetto ai beni comuni e non certo rispetto all'ascensore (accertato in via definitiva come di proprietà esclusiva e insistente su proprietà esclusiva), trattandosi di edificio condominiale- rappresenta, all'evidenza, un lapsus calami, una nota stonata nell'ambito del limpido ragionamento della Corte, che non avrebbe potuto, e dovuto, fondare una nuova azione giudiziale tesa a rimettere in discussione, ancora una volta, i principi coperti da giudicato. Ciò, tuttavia, come si evince dalle sentenze prodotte dalle parti, non esclude la possibilità per l'attore di fruire dell'impianto, sulla base, però, non di un diritto ex lege, ma solo di un nuovo accordo tra le parti; non, dunque, sulla base dell'invocata normativa codicistica, non applicabile al caso di specie per le ragioni esposte nelle pronunce già richiamate e passate in giudicato. La stessa sentenza n. 1047/03 della Corte di Appello di Roma richiamata dall'attore, del resto, ha ribadito che ... ha diritto all'uso dell'ascensore subordinatamente al raggiungimento di un accordo con i proprietari esclusivi di esso, come dato chiaramente leggere alla pagina 5 del provvedimento. L'assunto logico per cui la Corte ha emesso la sentenza è dunque, anche in tal caso, il disconoscimento dell'applicabilità al caso di specie degli artt. 1117 e 1121. c.c., in favore della libertà di iniziativa economica della ..., come sancita dall'art. 41 Cost. La Corte d'Appello, peraltro, cita espressamente (pagina 3) il giudicato formatosi con la sentenza del Tribunale di Roma n. 3980/93 e sui principi in essa affermati fonda il ragionamento che conduce all'esclusione di un diritto di fruizione dell'impianto basato sulla disciplina del condominio. Come correttamente ricordato dalla parte convenuta, la Corte di Cassazione, anche a Sezioni Unite, ha da tempo chiarito che qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l'accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe le cause, formando la premessa logica indispensabile alla statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo (Cass. Civ. 24434/2009, conforme a Sez. Un. 26482/2007). Per tali ragioni, la domanda va rigettata. Le spese di lite, comprese quelle della c.t.u. (già liquidate con separato provvedimento) seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così pronuncia: rigetta la domanda. Condanna parte attrice a rimborsare alla parte convenuta le spese di lite che si liquidano in euro 7.616,00 per compensi, oltre rimborso forfettario spese generali al 15% ed i.v.a. e c.p.a. come per legge. Pone le spese di c.t.u., come già liquidate, definitivamente a carico di parte attrice. Roma, 19 giugno 2023. Depositata in Cancelleria il 19 giugno 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO CORTE D'APPELLO DI CAGLIARI SEZIONE DISTACCATA DI SASSARI La Corte, composta dai sigg. Magistrati Dott. Maria Teresa Spanu Presidente Dott. Cinzia Caleffi Consigliere Dott. Cristina Fois Consigliere - relatore ha pronunciato la seguente: SENTENZA nella (...)sa civile di 2°grado iscritta al n. 13 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell'anno 2020, promossa da (...) (c.f. (...)), rappresentato e difeso, anche disgiuntamente tra loro, dall'Avv. (...), come da procura in atti; APPELLANTE CONTRO Condominio (...) - Alghero - già via (...), in persona dell'amministratore in carica sig. (...), rappresentato e difeso dall'Avv. (...), come da procura in atti; APPELLATO oggetto: condominio Conclusioni delle parti: Per l'appellante: "1) ogni avversa istanza, eccezione, deduzione, conclusione respinta; - in via (...)telare: 2) sospendere l'efficacia esecutiva dell'ordinanza appellata ex art. 283 c.p.c. per i motivi meglio esposti in narrativa; - in via principale: 3) riformare interamente l'ordinanza appellata per i motivi meglio sopra esposti e per l'effetto: - in via preliminare, dichiarare improcedibile l'avverso ricorso per mancato esperimento del tentativo di mediazione ovvero, in subordine, sospendere la procedura con invito alle parti a provvedere ad effettuare il tentativo di mediazione; - nel merito, rigettare le avverse domande perché infondate in fatto e in diritto, per le ragioni meglio esposte in narrativa; 4) con vittoria di spese e competenze di lite dei due gradi di giudizio; - in via subordinata, previa conversione del rito in ordinario, con fissazione di udienza ex art. 183 c.p.c. ovvero con modalità equipollenti tali da ripristinare le garanzie difensive delle parti violate in primo grado: 5) ogni avversa istanza, eccezione, deduzione, conclusione respinta; 6) riformare interamente l'ordinanza appellata per i motivi sopra esposti e per l'effetto: - nel merito, rigettare l'avverso ricorso perché infondato in fatto e in diritto, per le ragioni meglio esposte in narrativa; 7) con vittoria di spese e competenze di lite dei due gradi di giudizio" Per l'appellata: "Ogni contraria istanza, eccezione e deduzione respinte; 2) confermarsi l'ordinanza emessa in data 11/12/2019 dal Tribunale di Sassari all'esito del procedimento n. 727/2019 e per l'effetto condannarsi (...) alla demolizione dell'opera edilizia realizzata senza autorizzazione del condominio, con rimessione in pristino stato della facciata dell'edificio condominiale; 3) Con vittoria di spese e compensi del presente grado di giudizio da determinarsi secondo i parametri di cui al DM 55/2014." MOTIVI IN FATTO E DIRITTO Il Condominio di Alghero, Via (...), in persona dell'amministratore in carica, conveniva in giudizio con rito sommario dinanzi al Tribunale di Sassari il condomino (...), allegando l'illegittimità delle opere realizzate dal (...) senza l'autorizzazione dell'assemblea nell'immobile di sua proprietà, consistite della parziale chiusura in muratura del balcone dell'appartamento, domandandone la riduzione in pristino. Ad avviso del condominio l'intervento realizzato nel balcone di proprietà esclusiva si poneva infatti in contrasto sia con il regolamento condominiale - che vietava qualsiasi modifica del fabbricato che ne pregiudicasse le strutture portanti e/o l'aspetto architettonico nonché la chiusura di balconi e terrazze - che con gli artt. 1121 e 1122 c.c. che vietano le modifiche che pregiudicano il decoro architettonico dell'edificio. Il (...) si costituiva in giudizio ed eccepiva in via pregiudiziale l'improcedibilità della domanda per omesso esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione, nel merito respingeva le avverse allegazioni. Negava, infatti, che l'intervento eseguito sul balcone di proprietà esclusiva, peraltro autorizzato dalle competenti autorità amministrative e paesaggistiche e conforme alla più recente legislazione del Piano Casa, alterasse l'aspetto architettonico del palazzo. Il tribunale, senza dar corso ad ulteriore attività istruttoria, con ordinanza in data 11/12/2019, ritenuto inutile l'esperimento della mediazione a fronte della inconciliabile contrapposizione di interessi tra le parti, accoglieva la domanda proposta dal Condominio e ordinava al (...) la rimessione in pristino della facciata mediante demolizione dell'opera realizzata. Il primo giudice riteneva infatti che l'opera, pacificamente non autorizzata dall'assemblea, alterasse l'estetica del fabbricato laddove ampliava i volumi riducendo i vuoti dei balconi, ed era in ogni caso contraria all'art. 11 del regolamento condominiale contrattuale che vietava qualsiasi modifica senza autorizzazione dell'assemblea, indipendentemente dal pregiudizio estetico. Avverso l'ordinanza ha proposto appello il (...): con il motivo sub i) ha reiterato l'eccezione d'improcedibilità per omesso esperimento del tentativo di mediazione e la richiesta di conversione del rito; ii) nel merito, ha contestato la natura illegittima dell'opera realizzata con riferimento all'aspetto e al decoro architettonico del fabbricato. Ha resistito il condominio, concludendo per l'integrale conferma della sentenza con vittoria delle spese di lite. La causa, istruita con documenti e consulenza tecnica d'ufficio, all'udienza indicata è stata trattenuta in decisione sulle conclusioni delle parti in epigrafe trascritte, previa assegnazione di termini per lo scambio di scritti conclusionali. Con i primi due motivi l'appellante reitera, in rito, la violazione della disciplina sulla mediazione obbligatoria e dell'art.702 ter c.p.c. sulla conversione del rito sommario in rito ordinario, sollecitando a tale ultimo proposito la concessione di termini per il deposito di memorie ex art. 183 c.p.c. Ebbene, nessuna delle due censure è meritevole di accoglimento, nel senso che alla regressione del giudizio, addirittura ad una fase precedente alla sua stessa proposizione alla quale lo riporterebbe l'invocata statuizione d'improcedibilità, osta il fatto che sulla controversia si sono ormai svolte ben due fasi di merito, così che la sua regressione dinanzi al mediatore sarebbe in contrasto con la stessa ratio deflattiva del contenzioso che ha ispirato la legge sulla mediazione obbligatoria. A maggior ragione nel giudizio d'appello, nel quale la mediazione è solo facoltativa. Secondo Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 25155 del 10/11/2020 "in tema di mediazione obbligatoria ex art. 5, comma 1-bis, del D.Lgs. n. 28 del 2010, il preventivo esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda, ma l'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza; ove ciò non avvenga, il giudice d'appello può disporre la mediazione, ma non vi è obbligato, neanche nelle materie indicate dallo stesso art. 5, comma 1-bis, atteso che in grado d' appello l'esperimento della mediazione costituisce condizione di procedibilità della domanda solo quando è disposta discrezionalmente dal giudice, ai sensi dell'art. 5, comma 2". Allo stesso modo, la mancata conversione del rito sommario in rito ordinario non è motivo di rinvio del giudizio in primo grado con concessione di termini per le memorie previste dall'art. 183 co. 6 c.p.c.. Non è un caso che alla sommaria istruzione e trattazione del rito sommario ex art. 702 bis faccia da pendant proprio la possibilità per il giudice d'appello di ammettere nuovi mezzi istruttori quando li ritenga indispensabili per la decisione, con un sostanziale recupero in appello della fase istruttoria compressa nel primo grado. Che è esattamente quanto accaduto nel caso di specie, stante l'espletamento in appello di ctu per verificare l'impatto dell'opera realizzata dal (...) sull'aspetto e sul decoro architettonico dell'edificio. Nel merito, con il motivo sub iii) il (...) censura la valutazione di illegittimità dell'ampliamento compiuta dal Tribunale sia con riferimento alle norme del codice civile in materia di innovazioni che alle norme del regolamento. Il motivo è fondato per le ragioni di seguito indicate. La chiusura in muratura realizzata dal (...) di una porzione del terrazzo non riguarda infatti esclusivamente la proprietà individuale, ma nella misura in cui altera l'estetica del fabbricato incide anche su un bene comune e incontra certamente il limite dell'art. 1122 c.c.. Nel caso di specie la possibilità di apportare modifiche alle proprietà individuali con ripercussioni sui beni comuni è anche disciplinata espressamente dall'art. 11 del regolamento. Che è la norma invocata dal Condominio a sostegno della radicale illegittimità del manufatto, riconosciuta anche dal tribunale in sentenza. Il primo giudice, senza entrare nel merito della tipologia d'intervento eseguito dal (...) e del suo impatto con l'aspetto e il decoro architettonico dell'edificio, ha ritenuto infatti che vi fosse nel regolamento un espresso divieto contrattuale, pertanto impegnativo per tutti i condomini per il solo fatto del richiamo del regolamento condominiale contenuto nei rispettivi atti di acquisto, violato dal fatto in sé della realizzazione dell'opera, indipendentemente da un giudizio di valore condotto alla stregua dei concetti di aspetto e decoro architettonico. Ora, tale soluzione non convince la Corte per una duplice ragione. Se l'art. 11 reg. dovesse essere inteso come espressione di un divieto di apportare qualsiasi modifica nelle singole proprietà individuali, inciderebbe sul contenuto del diritto di proprietà e costituirebbe pertanto un peso sostanziale riconducibile alla figura delle servitù, con le quali condividerebbe il particolare regime formale, anche ai fini dell'opponibilità ai terzi acquirenti. Non è contestato infatti che il (...) abbia acquistato l'appartamento da Fara Antonietta e non dall'originario costruttore. Al riguardo la giurisprudenza della Corte di Cassazione è ormai assestata (cfr. da ultimo Cass. Sez. 2 -, Sentenza n. 24526 del 09/08/2022) nel ritenere che "la previsione, contenuta in un regolamento condominiale convenzionale, di limiti alla destinazione delle proprietà esclusive, incidendo non sull'estensione ma sull'esercizio del diritto di ciascun condomino, va ricondotta alla categoria delle servitù atipiche e non delle obbligazioni "propter rem", difettando il presupposto dell'"agere necesse" nel soddisfacimento d'un corrispondente interesse creditorio; ne consegue che l'opponibilità di tali limiti ai terzi acquirenti va regolata secondo le norme proprie delle servitù e, dunque, avendo riguardo alla trascrizione del relativo peso, mediante l'indicazione, nella nota di trascrizione, delle specifiche clausole limitative, ex artt. 2659, comma 1, n. 2, e 2665 c.c., non essendo invece sufficiente il generico rinvio al regolamento condominiale" (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 21024 del 18/10/2016). Sul punto non sfugge alla Corte che, oltre a non essere stata prodotta la nota di trascrizione del regolamento, nella nota di trascrizione dell'atto di compravendita intercorso tra il (...) e la Fara l'unico limite alla proprietà esclusiva espressamente indicato è quello di destinazione dell'immobile ad uso diverso da quello previsto nel regolamento, non anche il divieto di apportare qualsiasi modifica alla proprietà individuale, compresa la chiusura di balconi e terrazze dell'edificio. Da ciò consegue che la relativa limitazione, contenuta nel regolamento, ma non espressamente trascritta, non potrebbe essere opposta al terzo acquirente per mancanza di forma. A tale rilievo non osta, poi, il fatto che la parte abbia sollevato la relativa eccezione soltanto in appello. Come affermato dalla Cassazione (cfr per tutte Cass. sentenza n. 6769 del 19/03/2018) "la questione relativa alla mancata trascrizione in un'apposita nota di una clausola del regolamento di condominio contenente limiti alla destinazione delle proprietà esclusive, ed alla conseguente inopponibilità di tali limiti ai terzi acquirenti, non costituisce oggetto di un'eccezione in senso stretto, quanto di un'eccezione in senso lato, sicché il suo rilievo non è subordinato alla tempestiva allegazione della parte interessata, ma rimane ammissibile indipendentemente dalla maturazione delle preclusioni assertive o istruttorie". In realtà la clausola del regolamento, lungi dall'imporre uno specifico peso reale sulle singole proprietà individuali, non fa che ribadire il generale principio codicistico che le modifiche apportate alla proprietà individuale sono consentite nei limiti in cui non pregiudicano la staticità del fabbricato (ipotesi chiaramente esclusa nel caso in oggetto) nonché l'aspetto (art. 11 reg.) e il decoro architettonico dell'edificio (art. 1121 c.c.). Secondo Cass. sent. n. 14607/2012 "in tema di condominio è illegittimo l'uso particolare o più intenso del bene comune, ai sensi dell'art. 1102 c.c., ove si arrechi pregiudizio al decoro architettonico dell'edificio condominiale". "Aspetto" e "decoro" architettonico sono dunque i parametri alla cui stregua condurre l'indagine sul carattere consentito o vietato dell'opera realizzata dal (...), pacificamente consistita nell'ampliamento dei volumi dell'appartamento (secondo il vigente Piano Casa) mediante chiusura in muratura di una porzione del balcone dell'unità immobiliare. Ora, da un'indagine puramente visiva delle fotografie prodotte dal condominio e allegate alla ctu la modifica apportata dal (...) si presenta perfettamente mimetizzata, a maggior ragione se si ha riguardo alla disomogeneità tra vuoti e pieni derivante dal posizionamento delle tende solari nelle altre logge presenti in facciata. Inoltre, ad annullare quasi completamente l'impatto visivo della modifica contribuisce la conservazione della balaustra del balcone con muretto in laterizi rossi e ringhiera in ferro per l'intera lunghezza, mentre l'apertura della porta finestra è stata sostituita dalla finestra dell'ampliamento, così che ad uno sguardo puramente frontale del prospetto, come raffigurato dal ctu a pag. 10 dell'elaborato, l'ampliamento è difficilmente individuabile. Si tratta delle medesime conclusioni cui è arrivato il ctu. L'ausiliario della Corte, dopo aver ricostruito il tessuto urbano-periferico nel quale si inserisce il fabbricato condominiale ed evidenziato che la parete interessata dalla modifica prospetti su uno stretto vicolo chiuso, di viabilità esclusivamente locale (al servizio delle sei unità edilizie presenti), e la modifica, peraltro interessante il primo piano, non sia immediatamente visibile per chi transita sulla via, in quanto coperto dal muro di confine e dalla sovrastante siepe di recinzione, ha escluso qualsiasi incidenza negativa sia sul contesto paesaggistico che sull'aspetto architettonico dell'edificio. A tale ultimo riguardo, che è anche quello che maggiormente interessa in questa sede, l'architetto Dettori, con argomentazioni immuni da vizi logici, che si condividono pienamente, ha escluso un'apprezzabile incidenza dell'intervento sull'aspetto architettonico dell'edificio, facendo osservare come l'opera non crei alcun momento di rottura o disarmonia dell'estetica del fabbricato, nella quale s'inserisce perfettamente grazie alle attenzioni progettuali adottate: materiali e cromatismi dell'ampliamento sono uniformi rispetto a quelli presenti nel resto dell'edificio e sono stati evitati accuratamente materiali dissonanti; il nuovo volume risulta arretrato di 20 cm. rispetto al filo esterno della facciata, facendo percepire in questo modo invariata la grande apertura della loggia e mantenendo pertanto invariata la logica compositiva e formale del prospetto laterale; l'eventuale presenza di una tenda solare verticale (peraltro già esistenti negli appartamenti soprastanti e nella restante porzione del balcone del (...)) maschererebbe del tutto l'ampliamento rendendo analoga la loggia del (...) alle restanti logge (cfr. relazione c.t.u.). Alla luce di tali considerazioni l'opera, rispettosa dell'aspetto e del decoro architettonico dell'edificio, costituisce legittimo uso della cosa comune ai sensi dell'art. 1102 c.c. con conseguente infondatezza della domanda di riduzione in pristino proposta dal condominio. Le spese di lite, liquidate nei parametri medi dello scaglione di riferimento, seguono la soccombenza e sono pertanto poste a carico del condominio. PQM la Corte definitivamente decidendo, in riforma dell'ordinanza pronunciata ai sensi dell'art. 702 ter c.p.c. dal Tribunale di Sassari in data 11 dicembre 2019 nel procedimento iscritto al n. 727/2019 R.G., 1) rigetta la domanda proposta dal Condomino di Alghero, Via (...); 2) condanna il Condomino di Alghero, Via (...), alla rifusione in favore dell'appellante delle spese di entrambi i gradi del giudizio, che liquida in complessivi Euro 7.616 ed Euro 9.991 per compensi professionali, rispettivamente del primo e del secondo grado del giudizio, oltre spese di ctu nella misura liquidata, spese esenti e accessori di legge. Così deciso in Sassari, nella camera di consiglio del 25 maggio 2023. Depositata in Cancelleria il 31 maggio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di PAVIA SEZIONE TERZA CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice Andrea Francesco Forcina ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. r.g. 5431/2021 promossa da: (...) (c.f. (...)) con il patrocinio dell'avv. (...) PARTE ATTRICE contro (...) (cf. (...)) con il patrocinio dell'avv. (...) PARTE CONVENUTA CONCLUSIONI DI PARTE ATTRICE Per tutto quanto esposto in atti e a verbale, previa individuazione del valore delle proprietà immobiliari residenziali e pertinenziali rispettivamente di proprietà dell'attore e della convenuta meglio descritte nelle premesse dell'atto introduttivo del presente giudizio (dovendosi ritenere qui ritrascritte le identificazioni catastali ivi citate- docc. 2, 3, 4, 5), determinare le corrispondenti quote millesimali che competono a ciascun condomino su enti, spazi e parti comuni condominiali del fabbricato cui appartengono, con particolare riguardo alla corte comune, secondo la ripartizione effettuata ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 1117 bis c.c. e 1123 c.c..B) Accertare e dichiarare che la tettoia in ferro e la scala a chiocciola meglio descritte nella narrativa dell'atto introduttivo del presente giudizio sono state realizzate dalla convenuta in assenza delle necessarie autorizzazioni amministrative. Per l'effetto, ritenuto in ogni caso che detti manufatti: (a) alterano la destinazione degli ambiti comuni sui quali rispettivamente sporgono e insistono, (b) non sono funzionali alla destinazione appunto comune di detti ambiti e (c) impediscono il libero, pacifico e integrale godimento degli stessi da parte dell'attore, condannare la Signora (...) a provvedere alla immediata rimozione dei medesimi a proprie cura e spese esclusive. C) Condannare altresì la convenuta, per i medesimi motivi citati al capoverso B) che precede, a provvedere alla immediata rimozione a propria cura e spese di ogni ulteriore manufatto, opera e costruzione da lei realizzato su sedime comune (giardino) in assenza delle necessarie autorizzazioni amministrative e titolo abilitativo, in particolare il garage/ripostiglio da lei utilizzato, come accertato in corso di causa mediante l'espletamento di CTU. D) In tutti i casi, con vittoria di spese e competenze del presente giudizio. CONCLUSIONI DI PARTE CONVENUTA Voglia l'Ill.mo Tribunale di Pavia, contrariis rejectis, così giudicare: Nel merito: A) In merito alla richiesta redazione di tabelle millesimali di Gestione delle parti comuni del compendio immobiliare di cui si tratta e svolta al punto A) delle conclusioni di cui all'atto di citazione introduttivo del presente giudizio, porre le competenze del nominando CTU a carico delle odierne Parti sulla base dei millesimi di gestione che andranno ad essere accertati. B) Respingere la domanda svolta dall'attore al punto B) delle conclusioni del suo atto di citazione introduttivo del presente giudizio (e ribadita in memoria ex art183 VI comma n. 1 c.p.c. attorea) e volta ad ottenere la condanna della convenuta sig.ra (...) alla demolizione dei manufatti scala a chiocciola esterna e tettoia in ferro di cui in narrativa del presente atto, poiché domanda di condanna alla demolizione assolutamente inammissibile per i motivi meglio svolti in atti, e comunque, perché domanda assolutamente infondata in fatto ed in diritto, sempre per i motivi meglio eccepiti ed opposti in atti; C) Respingere la domanda svolta dall'attore al punto C) della sua memoria ex art. 183 VI comma n. 1 c.p.c. e relativa al manufatto (rimessa (garage) poiché la stessa assolutamente tardiva (ed avverso la quale si ribadisce la non accettazione del contraddittorio e comunque domanda inammissibile per i motivi meglio svolti in atti, oltre che domanda assolutamente infondata in fatto ed in diritto, sempre per i motivi meglio eccepiti ed opposti in atti; Comunque: Con integrale rifusione e competenze del Giudizio. In via istruttoria e fermo restando l'esclusione dell'inversione dell'onere della prova incombente sull'attore in relazione alle da lui asserite violazioni alle disposizioni di cui agli artt. 1102 c.c. e 1120 c.c. da parte della sig.ra (...) si chiede di essere ammessi alla prova orale con i seguenti testimoni sig. (...) residente a Garlasco (PV), frazione San Biagio via (...); Sig. (...) residente in Garlasco frazione San Biagio via (...); sig. (...) residente in Sant'Albino Mortara (PV), (...), sig. (...) residente in Milano, via (...) sui seguenti capitoli. 1) Vero che a far tempo dal maggio dell'anno 2019 e sino ad oggi il sig. (...) ha provveduto alla manutenzione del giardino dell'edificio residenziale con accesso da via (...) ove si trova l'unità immobiliare di proprietà della sig.ra (...) e l'unità immobiliare di proprietà del sig. (...)? 2) Vero che nell'incontro tenutosi fra il sig. (...) e la sig.ra (...) in data 28 maggio 2019 alle ore 17,30 circa presso il compendio immobiliare sito in Garlasco via (...) il sig. (...) prima di approvare il preventivo per la sistemazione del giardino redatto dalla Cooperativa (...) pretendeva che la sig.ra (...) provvedesse alla demolizione della scala a chiocciola esterna e della tettoia in ferro che le si rammostra? CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE 1. (...) ha convenuto in giudizio (...) allegando: - di essere proprietario di un'unità immobiliare ad uso abitativo sita al civico 9 della via (...) in Frazione San Biagio nel comune di Garlasco composta da un piano seminterrato e un piano fuori terra; - che l'immobile di cui sopra è inserito in un fabbricato di tre piani (un piano seminterrato e due fuori terra) nel quale la convenuta è proprietaria dell'unità posta al primo piano; - che le proprietà delle parti condividono spazi ad uso comune ma essendo state le stesse nel passato in capo ad una sola parte non esiste una tabella regolante la ripartizione delle spese condominiali; - che la convenuta è anche proprietaria di una tettoia e di una scala a chiocciola che sono prive di qualsiasi titolo abilitativo, oltre ad alterare l'estetica dell'edificio, e ledono il libero, pacifico ed integrale godimento da parte dell'attore dei beni comuni; - nella memoria n. 1 depositata ai sensi dell'art. 183 sesto comma cod. proc. civ. l'esistenza nel cortile di una rimessa garage utilizzata in via esclusiva dalla convenuta. 1.1. Si è costituita in giudizio la convenuta eccependo il difetto di legittimazione processuale della parte attrice in relazione alla domanda di demolizione dei manufatti in quanto quest'ultima sarebbe una prerogativa della pubblica amministrazione e contestando la sussistenza di qualsivoglia limitazione delle facoltà di godimento di parte attrice. Parte convenuta non si è però opposta alla domanda dell'attore circa la predisposizione di una tabella millesimale volta a regolare il riparto delle spese di gestione del compendio comune. 2. Venendo proprio a tale ultima questione si evidenzia che le parti anche nei loro scritti conclusivi hanno dichiarato di accettare la tabella millesimale predisposta dal ctu nominato in corso di causa ed allegata alla relazione definitiva (cfr. allegato n. 2 relazione ctu). Pertanto, si deve affermare che ai sensi dell'art. 1123 cod. civ. le spese di gestione del condominio in essere tra le odierne parti processuali devono essere ripartite in base alla tabella millesimale predisposta dal ctu ed allegata sub n. 2 alla sua relazione definitiva. 3. In ordine alla legittimazione attiva di parte attrice ad ottenere la demolizione delle opere indicate nei suoi atti processuali in quanto edificate in violazione della normativa urbanistica si osserva che la disposizione dell'art. 7 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (ora, art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001), in base alla quale l'esecuzione di interventi edilizi in assenza, totale difformità o variazione essenziale della concessione (ora, permesso) importa l'ordine di demolizione da parte dell'autorità comunale, opera ai fini della repressione dell'illecito e, quindi, esclusivamente nel rapporto pubblicistico tra proprietario e responsabile dell'abuso, da un lato, ed amministrazione deputata al controllo del territorio, dall'altro, mentre non attribuisce al comproprietario dell'immobile un credito al ripristino del bene nei confronti di altro comproprietario (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 18823 del 31/10/2012). Pertanto, parte attrice non può ottenere la demolizione dei beni a servizio della proprietà della convenuta soltanto perché non in regola con la normativa urbanistica. 3.1. L'attore ha comunque chiesto la rimozione dei beni dianzi descritti invocando la disciplina di cui all'art. 1102 cod. civ. e perché lesivi del decoro condominiale. 3.1.1. Quanto a quest'ultimo aspetto si evidenzia che le opere oggetto di contestazione erano già esistenti all'epoca in cui l'odierno attore è divenuto proprietario e fanno parte dell'edificio da molto tempo; si vuole, pertanto, sostenere che le stesse non costituendo delle innovazioni non sono soggette alla disciplina di cui all'art. 1120 cod. civ. che appunto vieta quelle che sono lesive del decoro architettonico dell'edificio. 3.1.2. l'art. 1102 cod. civ. stabilisce che ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso. La nozione di pari uso della cosa comune che ogni compartecipe, nell'utilizzare la cosa medesima, deve consentire agli altri non va intesa nel senso di uso identico perché l'identità nello spazio o addirittura nel tempo potrebbe importare il divieto per ogni condomino di fare della cosa comune un uso particolare e a proprio esclusivo vantaggio; ne deriva che per stabilire se l'uso più intenso da parte di un condomino venga ad alterare il rapporto di equilibrio fra i partecipanti al condominio - e perciò da ritenersi non consentito a norma dell'art. 1102 cod. civ. - non deve aversi riguardo all'uso fatto in concreto di detta cosa da altri condomini in un determinato momento, ma a quello potenziale in relazione ai diritti di ciascuno (Cass. Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 11870 del 06/05/2021; Sez. 2 -, Ordinanza n. 9278 del 16/04/2018; Sez. 2, Sentenza n. 22341 del 21/10/2009). Ne consegue che, quando sia prevedibile che gli altri compartecipi non faranno un pari uso della cosa comune, la modifica apportata alla stessa da un condomino deve ritenersi legittima, atteso che, in una materia nella quale è consentita la massima espansione dell'uso, il limite al godimento di un condomino si riscontra negli interessi degli altri, che costituiscono impedimento alla modifica soltanto se sia ragionevole prevedere che altri comproprietari vogliano accrescere il pari uso cui hanno diritto (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8808 del 30/05/2003). Applicando tale quadro interpretativo al caso di specie si osserva che per ottenere la rimozione dei beni di parte convenuta occorre che dall'attività istruttoria sia emerso il potenziale uso che l'attore potrebbe fare in relazione agli spazi comuni occupati dalla convenuta onde verificare se l'uso più intenso operato da quest'ultima impedisca quello potenziale dell'attore. Ciò implica, innanzitutto, l'individuazione delle aree comuni occupate dalla convenuta. In relazione alla tettoia il ctu ha specificato che il bene e "la relativa struttura di sostegno appoggiano in parte sul balcone di proprietà della convenuta, in parte sul muro perimetrale dell'edificio" che ai sensi dell'art. 1117 cod. civ. costituisce un bene comune. Si deve evidenziare che parte attrice non ha neppure in minima parte allegato circostanze di fatto dalle quali dedurre che l'area di muro perimetrale occupata dalla struttura di sostegno della tettoia possa essere oggetto di un suo uso più intenso e in cosa potrebbe consistere questo uso. Stessa considerazione vale per la scala a chiocciola e la rimessa garage. Dalla consulenza emerge che questi ultimi due beni insistono sul cortile comune; la scala a chiocciola, invero, come emerge dalle relative rappresentazioni fotografiche, insiste anche sul muro perimetrale dell'edificio. Tuttavia, anche rispetto a questi manufatti parte attrice non ha minimamente allegato quale potrebbe essere l'uso più intenso che egli potrebbe fare dell'area comune occupata ovvero non ha dimostrato che un pari uso da parte sua risulti impedito. Non può, infatti, trascurarsi che l'intero castello argomentativo dell'attore si fonda sulla deduzione per la quale un uso esclusivo del bene comune è semplicemente impedito; tuttavia, per quanto finora motiva, tale argomentazione non è condivisibile. In definitiva, la domanda di parte attrice volta ad ottenere la rimozione dei manufatti attribuiti a parte convenuta deve essere rigettata. 4. In relazione al riparto delle spese di lite si osserva che la mancata opposizione della convenuta alla stesura delle tabelle millesimali comporta che per questa parte del giudizio le spese debbano essere compensate; non è stato, infatti, dimostrato che la mancata adozione delle medesime tabelle nella fase stragiudiziale sia dipesa da una condotta colposa della convenuta. Il rigetto della domanda di demolizione comporta la condanna dell'attore al pagamento delle spese di lite. In definitiva, le spese processuali devono essere compensate nella misura del 50%; la restante parte delle spese deve essere posta a carico di parte attrice e viene liquidata nel dispositivo secondo i parametri medi del D.M. n. 55 del 2014 calcolati per tutte le fasi processuali, tenuto conto della misura prevista per le cause aventi un valore compreso tra 26.000 e 52.000 euro non essendo il valore della causa determinabile. 3.1. Le spese di ctu devono essere compensate al 50%; la restante parte deve essere posta a carico di parte attrice. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, così dispone: - accerta e dichiara che la ripartizione delle spese di gestione del condominio costituito dagli immobili oggetto di causa avvenga sulla base della tabella millesimale predisposta dal ctu ed allegata alla sua relazione sub n. 2; - rigetta la domanda di parte attrice volta alla rimozione dei manufatti attribuiti a parte convenuta ed insistenti sul bene comune; - condanna parte attrice a rimborsare alla convenuta le spese di lite, che si liquidano, al netto della indicata compensazione, in Euro 3.808 per compensi professionali, oltre spese generali pari al 15% dei compensi, c.p.a., nonché i.v.a., se prevista, secondo le aliquote di legge. Pavia, 3 maggio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE D'APPELLO DI ROMA SEZIONE SETTIMA CIVILE così composta: dr. Maria Rosaria Rizzo - Presidente dr. Paola Agresti - Consigliere relatore dr. Maria Speranza Ferrara - Consigliere riunita in camera di consiglio, ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile in grado di appello iscritta al n. 2597 del ruolo generale degli affari contenziosi dell'anno 2016, assunta in decisione all'udienza del 14.12.2022, vertente TRA (...) srl ( P.I. (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore; elettivamente domiciliato in Roma, Via (...) presso lo studio dell'avv. Ca.Ro. (c.f. (...)), che lo rappresenta e difende per procura in calce all'atto di citazione in appello APPELLANTE E RICORRENTE IN RIASSUNZIONE E (...) (c.f. (...)), nella qualità di erede di (...), elettivamente domiciliata in Roma, Viale (...), presso lo studio dell'avv. Ma.Ma. (c.f. (...)), che la rappresenta e difende per procura rilasciata su foglio separato in calce alla comparsa di costituzione e risposta a seguito di riassunzione; APPELLATA E INTIMATA IN RIASSUNZIONE (...) (c.f. (...)), già amministratore di sostegno del beneficiario deceduto, dott. (...), elettivamente domiciliato in Roma, viale delle Milizie n. 138 presso lo Studio dell'Avv. Ma.Ma. (cod. fisc. (...)), che la rappresenta e difende in virtù di procura in calce alla comparsa di costituzione in riassunzione; APPELLATO E INTIMATO IN RIASSUNZIONE OGGETTO: appello contro la sentenza n. 744/2016 resa in data 29.03.2016 dal Tribunale Ordinario di Roma RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione in appello ritualmente notificato il (...) srl ( di seguito per brevità solo (...) ) ha proposto appello avverso la sentenza n. 744/2016, pubblicata in data 29.03.2016, resa dal Tribunale Ordinario di Roma - nel giudizio di primo grado recante n. R.G.: 27500/2013 promosso da (...) in qualità di amministratore di sostegno di beneficiario (...) nei confronti del medesimo appellante. I fatti di causa sono così riportati nella sentenza impugnata: "Con ricorso ex art. 447 bis c.p.c. (...), in qualità di amministratore di sostegno del beneficiario (...), premesso che quest'ultimo è proprietario di un ampio locale, con destinazione d'uso commerciale, con ingresso da via M. n. 56 e n.56/a in (...); che in data 1.5.01 è stato sottoscritto tra (...) e (...) s.r.l. un contratto di locazione dei locali di via M. n. 56 e n. 56/a in (...); che la conduttrice, in difetto di assenso sottoscritto del locatore ed in violazione dell'art. 9 del contratto di locazione, ha eliminato i servizi igienici per realizzarvi una parte della cucina, ha scavato e realizzato nel sottoscala dell'immobile locatole un grande vano abusivo, al posto del preesistente terrapieno, poi collegato al locale tramite una porta; che la conduttrice ha cancellato, ridipingendo con più strati le pareti del locale, i 13 affreschi a firma del pittore "(...)", di notevole pregio e di rilevante valore, per cui gli stessi sono irrecuperabili; che la conduttrice, nel corso del rapporto contrattuale, ha ripetutamente ceduto i locali in questione a terzi, senza autorizzazione del locatore e mai per atto scritto; che attualmente il locale è occupato, sine titulo, da (...) s.r.l.; chiese al Tribunale Civile di Roma dichiarasse risolto il contratto di locazione per grave inadempimento del conduttore con ordine al (...) s.r.l. di rilasciare gli immobili di proprietà del (...), ed in subordine dichiarasse risolto il contratto di locazione per finita locazione per la data del 30.4.13 o comunque per la data di scadenza fissata dalla legge con ordine al (...) s.r.l. di rilasciare gli immobili di proprietà del (...), con la condanna del conduttore (...) S.r.l. al risarcimento dei danni subiti (da quantificarsi tramite ctu o in difetto in via equitativa), equivalenti ai costi necessari per il ripristino del locale nel preventivo stato locativo, de1 tempo necessario per l'esecuzione dei lavori e dell'impossibilità di locare a terzi l'immobile fino al completamento dei lavori tenuto conto dell'impossibilità di ripristinare i trompe l'oeil esistenti nel locale. Il ricorrente chiese, altresì, la condanna di (...) s.r.l., in persona del suo amministratore pro tempore, occupante sine titulo, a rilasciare gli immobili di proprietà del (...). Con vittoria di spese e compenso di causa da distrarre in favore dai difensori antistatari. Con decreto del 10.5.13 venne fissata 1'udienza di discussione del ricorso. Si costituì in giudizio (...) s.r.l., in persona legale rappresentante (...), chiedendo il rigetto della domanda attrice perché infondata in fatto ed in diritto e della richiesta di risarcimento dei danni perché non provata e generica. Con vittoria di spese e compensi del giudizio, da distrarsi in favore del difensore, antistatario. Il ricorso non è stato notificato a (...) s.r.l. All'udienza del 14.1.16, sulle conclusioni delle parti, il giudice decideva la causa come da dispositivo redatto su foglio a parte". All'esito del giudizio il Tribunale adito ha così deciso: "definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da (...), in qualità di amministratore di sostegno del beneficiario (...), contro (...) s.r.l., in persona del legale rappresentante (...), nonché sulle eccezioni e deduzioni di quest'ultima, disattesa ogni altra istanza, cosi provvede: a) dichiara 1a risoluzione del contratto di locazione inter partes dell'immobile sito in R., via M. n. 56 e n. 56/A, con decorrenza dal 1.5.01, per inadempimento della resistente; b) condanna la resistente al rilascio in favore del ricorrente dell'immobile anzidetto; c) condanna la resistente al pagamento in favore del ricorrente, a titolo di risarcimento dei danni subiti a causa del suo inadempimento contrattuale, della somma di Euro 10.000,00 oltre IVA nella misura di legge ed oltre l'importo della sanzione pecuniaria da corrispondere al Comune di Roma per la sanatoria, sotto il profilo urbanistico , della realizzazione del nuovo vano tramite rimozione del terrapieno; d) rigetta nel resto la domanda attrice; e) condanna la resistente al rimborso in favore del resistente delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 5.335,00 di cui Euro 500,00 per esborsi ed Euro 4.835,00 per compensi oltre IVA e CAP come per legge,con loro distrazione in favore dell'Avv. Ma.Ma., dichiaratosi antistatario; f) pone a carico della resistente le spese di ctu, come determinate in atti". Il Tribunale, a fondamento della decisione, ha posto le seguenti considerazioni: "La domanda attrice, come conclusivamente formulata in via principale nelle note difensive del ricorrente, è fondata e va quindi accolta, peraltro parzialmente. Ed invero va ritenuto che "l'art. 1585 n. 1, nel sancire l'obbligo del conduttore di servirsi della cosa locata per l'uso determinato in contratto, implica che il diritto di godimento non è illimitato, ma va esercitato entro l'ambito delle singole e specifiche facoltà che risultano in modo espresso dalle condizioni pattizie o che, comunque, si desumono, anche in modo indiretto, dalle circostanze esistenti al momento della stipula della convenzione contrattuale (...). Ne consegue che la violazione del suddetto obbligo ovvero l'abuso del conduttore nel godimento del bene locato può sostanziarsi in innovazioni e modifiche strutturali che si traducano , in ogni caso, in condotte abusive e lesive di concreti interessi del locatore, idonee ad alterare l'equillbrio economico-giuridico del contratto in danno del locatore, con conseguente configurabilità di una gravità dell'inadempimento del conduttore in ordine al predetto obbligo e la correlata legittimità della declaratoria di risoluzione giudiziale del contratto locatizio (...). Ed in caso di abuso del conduttore nel godimento della cosa locata deve essere apprezzata l'importanza del suo inadempimento ai fini della pronuncia di risoluzione del contratto, accertando se l'incidenza delle opere realizzate sia tale da alterare l'originaria consistenza dell'immobile e da costringere, al termine della locazione, il locatore proprietario, che ne intende accettare le modifiche apportate dai conduttore, ad effettuare onerosi lavori per ripristinare le condizioni originarie dell'immobile locato e valutando gli effetti di queste modifiche, anche con riguardo all'interesse del locatore alla conservazione dell'immobile nello stato originario manifestato nel contratto di locazione con specifica clausola diretta a vietare al conduttore qualsiasi modifica, anche migliorativa, senza il consenso del locatore (...). Orbene, nella specie, nel contratto di locazione commerciale con decorrenza dal 1.5.01, le parti contraenti (...) e (...) s.r.l. hanno pattuito (il che si evince dalla sua clausola n. 9) che "ogni aggiunta che non possa essere tolta in qualunque momento senza danneggiare i locali ed ogni altra innovazione non potrà essere fatta dal conduttore, senza preventivo consenso scritto del proprietario". È in atti la copia di autorizzazione di (...) (in data 5.4.2001) al (...) s.r.l. per l'esecuzione lavori di manutenzione straordinaria descritti nella relazione tecnica dell'ing. (...) (lavori ritenuti necessari dal conduttore per rendere agibili, quale farmacia, i locali siti nell'immobile di Via M. n. 56-56/A, oggetto del contratto di locazione inter partes con decorrenza dal 1.5.01). E dalla copia in atti della relazione tecnica dell'ing. (...) del 5.4.01 si evince che le opere da eseguire nei locali siti in R., via M. n. 56 e n. 56/A sono: spostamento e/o demolizione di tramezzi, chiusura di una scala di comunicazione col piano interrato e ristrutturazione di un'altra, demolizione e rifacimento di pavimenti, rivestimenti ed infissi interni ed esterni, demolizione e rifacimento di pavimenti, rivestimenti ed infissi interni ed esterni, demolizione e rifacimento dell'impianto idrico, elettrico, di condizionamento e di riscaldamento, demolizione e rifacimento dei bagni e delle vetrine, sostituzione di infissi interni ed esterni, posa in opera di arredi interni ed opere varie di rifinitura (controsoffitti, tinteggiature, cornici, ecc.). il ctu, nella sua relazione peritale in atti (condivisibile nelle sue considerazioni e conclusioni, perché esenti da censura di sorta e nulla ostando a contrario), ha evidenziato i lavori riscontrati nell'immobile in questione, che sono del tutto diversi da quelli autorizzati dal (...) in data 5.4.01. infatti il ctu assume che l'immobile, oggetto del contratto di locazione fra le parti, ha subito alcune trasformazioni successive alla data di inizio della locazione. In particolare, secondo il ctu, risulta un ampliamento del piano interrato nella zona corrispondente all'originario cortile interno al fabbricato, con conseguente aumento della superficie interna di circa 45 mq., con l'inserimento della scala centrale che collega i due bagni al piano interrato e la soprastante scala (accessori che erano ubicati in prossimità dell'ingresso su via (...)) ed è stato inserito un montacarichi di collegamento tra l'attuale cucina al piano interrato ed il banco del bar al piano terra. E nello stato attuale (per quanto riscontrato dal ctu), essendo stato reso comunicante il piano interrato dell'immobile con un'adiacente altra unità in cui sono ubicati i bagni a servizio dell'attività, l'immobile concesso in locazione risulta all'interno della propria superficie sprovvisto di servizi igienici. Ciò posto è indubbio che con l'esecuzione dei lavori anzidetti (abusivi, perché realizzati senza il preventivo consenso scritto del proprietario, di cui, infatti, non vi è riscontro documentale in atti), la resistente ha posto in essere innovazioni e modifiche dell'immobile locato tali da alterare la sua originaria consistenza e da costringere il locatore proprietario (ove non intenda accettare le modifiche apportate dal conduttore), ad effettuare onerosi lavori per ripristinare le condizioni originarie dell'immobile locato. Né è contestabile che le modifiche apportate dalla resistente all'immobile locato sono lesive dell'interesse del locatore (odierno ricorrente) alla sua conservazione nello stato originario, avendo il locatore manifestato nel contratto di locazione tale interesse con 1a specifica clausola (n. 9) diretta a vietare al conduttore qualsiasi modifica, anche migliorativa, senza il suo consenso. Va, quindi, ritenuto che l'inadempimento della resistente alla sua obbligazione di non poter eseguire ogni aggiunta (che non possa essere tolta in qualunque momento senza danneggiare i locali) ed ogni altra innovazione, senza il preventivo consenso scritto del proprietario, è grave, onde è legittima la declaratoria di risoluzione giudiziale del contratto di locazione inter partes. E, pertanto, in accoglimento della domanda attrice va dichiarata la risoluzione del contratto di locazione inter partes, per inadempimento del conduttore, e la resistente (...) s.r.l. va condannata al rilascio in favore del ricorrente dell'immobile locato, sito in R., Via M. n. 56 e n. 56/A. Il conduttore (odierna resistente) (...) s.r.l. va, altresì, condannato al risarcimento dei danni subiti dal ricorrente a causa del suo inadempimento contrattuale e quantificati nell'importo dei costi necessari per il ripristino dell'immobile locato nel preventivo stato locativo. Importo quantificabile in Euro 10.000,00 oltre IVA nella misura di legge (di cui Euro 5.000,00 oltre IVA quanto all'intervento relativo al nuovo vano, Euro 1.000,00 oltre IVA quanto alla chiusura del varco fra l'immobile locato ed altra unità immobiliare di diversa proprietà, ed Euro 4.000,00 oltre IVA quanto al ripristino della dotazione di servizi igienici preesistenti alla locazione, secondo le indicazioni del ctu), oltre l'importo della sanzione pecuniaria da corrispondere al Comune di Roma per sanare, sotto il profilo urbanistico, la realizzazione del nuovo vano tramite rimozione del terrapieno. Quanto alla domanda risarcitoria dei danni lamentati dal ricorrente per il tempo necessario per l'esecuzione dei lavori di ripristino dell'immobile nel preventivo stato locativo e per la sua impossibilità di locare a terzi l'immobile sino al completamento dei lavori, va rilevato che non è stato offerto alcun utile riscontro probatorio incontrovertibile dell'importo dei danni stessi, onde la domanda va rigettata. Del pari non può quantificarsi l'importo del danno lamentato dal ricorrente per il ripristino dei trompe l'oeil esistenti nel locale, onde la sua domanda risarcitoria al riguardo formulata va rigettata. L'accoglimento della domanda attrice di declaratoria di risoluzione del contratto di locazione per inadempimento del conduttore assorbe e supera la domanda subordinata del ricorrente, come conclusivamente formulata nelle sue note difensive. Alla stregua delle suesposte considerazioni resta superata ogni altra questione e domanda (anche istruttoria, su cui non si sia provveduto, perché non rilevante) prospettata dalle parti, ritenendosi rinunciate dal ricorrente le domande, già formulate nell'atto introduttivo del presente giudizio e non ribadite nelle sue note difensive. Le spese sostenute dal ricorrente nel presente giudizio seguono la soccombenza della resistente e sono liquidate come da dispositivo, con loro distrazione in favore dell'Avv. (...), dichiaratosi antistatario. Si pongono a carico della resistente le spese di ctu, come determinate in atti. Nel dispositivo il rimborso delle spese di lite è disposto erroneamente in favore del resistente". Avverso la predetta sentenza ha proposto appello (...) s.r.l., per i motivi che verranno di seguito esaminati, e ha rassegnato le seguenti conclusioni. " -accertare e dichiarare l'inefficacia e la nullità della sentenza per mancata identificazione dell'immobile e del termine ad adempiere. nel merito -in riforma delle sentenza impugnata: accertare e dichiarare la nullità della sentenza impugnata per le ragioni di cui in atto con ogni conseguenza di legge. In conseguenza ordinare la restituzione dell'importo già pagato di Euro 24.635,00 oltre interessi. -con vittoria di spese e compensi di giudizio da distrarsi in favore del procuratore antistatario ". Si è costituito l'appellato (...), nella qualità di amministratore di sostegno del beneficiario (...), con comparsa di costituzione depositata in data 26 maggio 2016, con la quale ha rassegnato le seguenti conclusioni. "Si chiede che la Corte di Appello adita (...) - rigetti il gravame ex adverso promosso, in quanto inammissibile, infondato in fatto e in diritto e sfornito di prova, confermando in toto la sentenza di primo grado. Con vittoria di spese e compenso, oltre spese forfettarie, CA e IVA come per legge". Rigettata con ordinanza riservata in data 12.7.2016 la richiesta di sospensione della esecuzione della sentenza appellata, la causa, all'udienza del 6 settembre 2016, veniva rinviata per precisazione delle conclusioni ed a seguito di vari rinvii d'ufficio, con ordinanza in data 13 luglio 2022, il Collegio dichiarava interrotto il processo in ragione del decesso di (...). Con ricorso in data 6 ottobre 2022, l'appellante (...) riassumeva la causa e, con D.P. in data 7 ottobre 2022, veniva fissata l'udienza del 14 dicembre 2022 per la prosecuzione del giudizio. Con comparsa a seguito di riassunzione, si costituiva in giudizio (...), quale erede di (...) (originario appellato). Con ulteriore e separata comparsa in data 10.11.2022 si è, altresì, costituito in giudizio (...) limitandosi a dichiarare che con il decesso di (...) l'amministrazione di sostegno è stata chiusa, e chiedendo l'estromissione dal giudizio. All'udienza del 14 dicembre 2022, la causa è stata, quindi, trattenuta in decisione, con la concessione dei termini di legge per il deposito delle conclusionali e delle repliche. In via pregiudiziale si rileva che l'eccezione di inammissibilità dell'appello ai sensi dell'art. 348-bis c.p.c. resta assorbita dalla presente decisione nel merito, cui il Collegio è addivenuto, non essendo apparsa l'impugnazione del (...) palesemente infondata all'esame sommario dei motivi di gravame compiuto in limine litis. Sempre in via pregiudiziale deve rilevarsi l'infondatezza della eccezione di inammissibilità dell'appello principale, ex art. 342 c.p.c., dovendosi, viceversa, ritenere i motivi di appello sufficientemente specifici e meritevoli di esame nel merito. In proposito occorre richiamare la recente ordinanza della Suprema Corte (Cass. ord. n. 13535/18) che nel ribadire quanto già in precedenza affermato dalle sezioni Unite (Cass S U, n. 27199/17) ha rilevato come l'art. 342 c.p.c. (nel testo post riforma del 2012) deve essere interpretato nel senso che l'impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l'utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, ovvero la trascrizione totale o parziale della sentenza appellata, tenuto conto della permanente natura di "revisio prioris instantiae" del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata. Passando esame del merito con il primo motivo di gravame, rubricato "Nullità della sentenza per mancata/errata identificazione dell'immobile de quo, nonché della mancata indicazione del termine ad adempiere", viene prospettata una duplice censura. Anzitutto, l'appellante si duole della mancata identificazione dell'immobile in controversia per mancata indicazione dei dati catastali dell'immobile oggetto di rilascio (foglio, particella, reddito dominicale, confini), che non consentirebbe di verificare l'effettiva corrispondenza fra il comando contenuto nella sentenza e l'immobile oggetto di causa, rendendo il titolo stesso invalido. Sotto altro profilo si lamenta la mancata indicazione della data di rilascio dell'immobile, e quindi del termine ad adempiere, rendendo incerta l'azione stessa in violazione del diritto di tutela giurisdizionale. Il motivo è privo di pregio e va disatteso. La mancata indicazione in sentenza dei dati catastali dell'immobile è circostanza priva di alcun rilievo dal momento che il bene è ampiamente descritto in sentenza, è chiaramente e precisamente identificato nel contratto di locazione in atti e nella CTU espletata in I grado, tanto è vero che, come risulta anche dagli allegati verbali di accesso ( cfr doc. n.4), la mancata specifica dei dati catastali non ha ingenerato dubbio alcuno nell'identificazione del bene né da parte dell'ufficiale giudiziario, né da parte dell'esecutato che mai alcuna specifica contestazione ha sollevato in ordine alla corrispondenza tra il bene oggetto di esecuzione e quello oggetto della pronuncia di condanna al rilascio. Da ciò consegue che deve ritenersi che il titolo abbia sufficientemente descritto l'immobile da rilasciare, e che quest'ultimo sia stato correttamente individuato in sede esecutiva. Peraltro secondo la Suprema Corte "ai fini esecutivi, un bene è certo e quindi suscettibile di consegna mediante esecuzione forzata, non solo quando sia precisamente determinato, ma anche quando esso sia agevolmente determinabile alla stregua degli elementi fissati dal titolo e non siano dall'obbligato mosse contestazioni specifiche in ordine alla corrispondenza tra il bene oggetto dell'esecuzione e quello oggetto della pronuncia di condanna" ( Cass. n. 2931/1974 ). Parimenti alcun rilievo riveste la mancata indicazione del termine per il rilascio, dovendosi intendere il titolo immediatamente eseguibile, salva la possibilità di ottenere una pronuncia di inibitoria, nel caso di specie rigettata, come sopra specificato in difetto dei presupposti. Con il secondo motivo di gravame l'appellante deduce l'erronea valutazione da parte del primo Giudice dell'importanza dell'inadempimento in violazione degli artt. 1453, 1455, 1564, c.c., con la conseguente erronea pronuncia di risoluzione del contratto. Afferma in proposito l'appellante la scarsa rilevanza oggettiva dell'inadempimento, atteso che il danno subìto è stato quantificato in Euro 10.000,00 a fronte del canone annuale, sempre corrisposto, pari a Euro 136.641,00, che gli interventi realizzati possono essere sanati mediante l'acquisizione di un titolo autorizzativo, che il conduttore ha sempre mantenuto diligentemente l'immobile in buono stato. Anche tale motivo non coglie nel segno e va disatteso. Come rilevato dal Giudice di prime cure l'art. 9 del predetto contratto prevede espressamente che "il conduttore dichiara di aver esaminato i locali affittati e di averli trovati adatti al proprio uso, in buono stato di manutenzione ed esenti da difetti che possano influire sulla salute di chi vi svolge l'attività e si obbliga a riconsegnarli alla scadenza del contratto nello stesso stato". In esso viene, altresì, precisato "Ogni aggiunta che non possa essere tolta in qualunque momento senza danneggiare i locali ed ogni altra innovazione non potrà essere fatta dal conduttore, senza preventivo consenso scritto del proprietario ... Il conduttore è autorizzato a sua cura, spese e responsabilità alla esecuzione dei lavori necessari per il migliore godimento dei locali previa autorizzazione degli organi tutori e del condominio ove necessario e notizia al locatore". L'art. 14, prevede, altresì, espressamente che "... l'inadempienza da parte del conduttore di uno dei patti contenuti in questo contratto produrrà, ipso jure, la sua risoluzione". E' stato, altresì, accertato dal consulente tecnico in primo grado che il conduttore, in violazione delle predette norme contrattuali, senza autorizzazioni da parte del locatore, e senza effettuare alcuna corretta pratica amministrativa ha realizzato diverse modifiche strutturali. In particolare ha rimosso un terrapieno, formando un vano al piano interrato di circa 45 mq, con la conseguente necessità di realizzazione di un solaio tra il piano terra e il piano interrato, che grava sui muri maestri del Condominio e l'apertura di vani di passaggio per accedere al nuovo vano, ottenuti rimuovendo le murature di contenimento a scarpa, appartenenti al condominio, sottostanti le bocche di lupo, che davano aria e luce al piano interrato. Ha soppresso i bagni, privando l'immobile locato di servizi igienici, sebbene di categoria catastale (...) e destinato, secondo l'autorizzazione comunale a pubblico esercizio. Ha, poi messo in comunicazione il bene locato con altra unità immobiliare di proprietà della conduttrice, quindi praticando un'apertura nel muro portante, che appartiene al Condominio e mettendo in comunicazione dei vani appartenenti a condomìni diversi in quanto la cantina, ove si trovano i bagni attuali, ha accesso da un condominio differente. Ha infine cancellato ridipingendo, con più strati, le pareti del locale, alcuni "trompe l'oeil" (13 affreschi) a firma dei pittori dei fratelli "(...)". Da ciò discende che, come rilevato dal primo Giudice, la violazione del divieto di aggiunte e innovazioni in difetto di consenso da parte del locatore, ai sensi dell' art. 9 del contratto di locazione, sicuramente integrano l'inadempimento colpevole della società conduttrice l'immobile, in violazione del sinallagma contrattuale ex art. 1455 c.c. e dell' obbligazione principale del conduttore di "prendere in consegna la cosa e osservare la diligenza del buon padre di famiglia nel servirsene per l'uso determinato nel contratto ..." ex art. 1587, n. 1, c.c. Deve, quindi, ritenersi corretta la pronuncia di risoluzione del contratto di locazione per fatto e colpa del conduttore. L'appello deve essere, quindi, integralmente rigettato. Quanto alle spese processuali, alla luce dell'esito del giudizio, esse vanno poste integralmente a carico dell'appellante, in applicazione del principio della soccombenza e si liquidano in favore dell' appellata (...), nei valor medio- bassi, attesa la relativa semplicità delle questioni giuridiche affrontate, come nel dispositivo ai sensi dell'art. 4, comma 1 del D.M. n. 55 del 2014 (valore della causa: indeterminato rilevante, 5 scaglione da Euro 52.000,00 ad Euro 260.000,00, con esclusione della fase istruttoria non svolta in appello). Viceversa con riguardo a (...) occorre rilevare che la sua citazione in giudizio a seguito del decesso di (...) è stata effettuata per mera litis denuntiatio, atteso che nessuna domanda è stata effettuata nei suoi confronti, pertanto non v'è luogo a provvedere sulle relative spese processuali. Trattandosi di causa iscritta a ruolo dopo il 30 gennaio 2013 va dato atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte dell' appellante, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l'appello, ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012, n. 228. P.Q.M. la Corte, definitivamente pronunciando, sull'appello proposto dal (...) s.r.l. nei confronti di (...), quale erede di (...), e di (...), avverso la sentenza n. 744/2016, del Tribunale Ordinario di Roma, così provvede: 1) rigetta l'appello; 2) condanna l'appellante (...) s.r.l. al pagamento delle spese di lite, in favore dell'appellata (...), quale erede di (...), che si liquidano in complessivi Euro 6.500,00, per compensi professionali, oltre spese generali nella misura forfettaria del 15% ed accessori di legge; 3)dichiara il (...) s.r.l. tenuto al versamento dell'ulteriore somma pari all'ammontare del contributo unificato dovuto ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater D.P.R. n. 115 del 2012. 4)nulla per le spese fra (...) e l'appellante. Così deciso in Roma il 21 marzo 2023. Depositata in Cancelleria il 28 marzo 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Sesta ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 887 del 2019, proposto da Ma. Gi. Fa., Mo. Ma., rappresentate e difese dagli avvocati St. Vi., Ma. Te. Gr., Gi. Pa. Da., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio St. Vi. in Roma, via (...); contro Comune di Massa, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Fr. Pa., Ma. Pe., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio Do. Ia. in Roma, corso (...); nei confronti Re. Bu., Em. Bu., rappresentati e difesi dagli avvocati Da. Ca., An. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana Sezione Terza n. 1416/2018, resa tra le parti; Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Massa e dei sigg. Re. e Em. Bu.; Visti tutti gli atti della causa; Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.; Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 23 gennaio 2023 il Cons. Roberta Ravasio e uditi per le parti gli avvocati Ma. Pe., An. Ma. e Gi. Pa. Da. in collegamento da remoto attraverso videoconferenza, con l'utilizzo della piattaforma Mi. Te.; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO 1. Fa. Ma. Gi. ed altri sono proprietari di quattro unità immobiliari costituenti porzioni di un fabbricato quadrifamiliare, sito in comune di Massa, via (omissis), e situato in area destinata a vincolo di rispetto cimiteriale dal PRG approvato con d.m. n. 1807 del 31.3.1972. 2. Il fabbricato in questione veniva realizzato nel 1984 tramite demolizione del preesistente fabbricato e ricostruzione di un nuovo edificio, in assenza del titolo edilizio richiesto; pertanto, con ordinanza del 12/03/1984 il Sindaco ordinava la sospensione dei lavori e la demolizione di quanto già realizzato. Nonostante l'adozione dell'ordinanza in questione, in data 13/03/1984 i Vigili Urbani accertavano che i lavori erano stati ultimati. 3. I quattro proprietari presentavano istanza di condono relativamente a ciascuno dei manufatti di loro proprietà, ai sensi dell'art. 35 della l. n. 47/1985; le istanze, tuttavia, non avevano seguito, a causa del mancato rispetto del termine di cui al 2° comma della stessa disposizione. 4. Successivamente presentavano nuove istanze di condono ai sensi dell'art. 39 della l. n. 724/1994. 5. Il Comune di Massa respingeva tali domande con le determinazioni n. 3861, 3865, 3866, 3854 del 14.9.2011, ritenendo che le opere non potessero essere sanate a causa dell'esistenza del vincolo cimiteriale di cui all'art. 338 del r.d. 27 luglio 1934 n. 1265. 6. Tutti i provvedimenti di diniego venivano impugnati dai rispettivi interessati innanzi al TAR Toscana. 7. Nelle more dei giudizi il Comune di Massa avviava l'iter per il riesame delle istanze di condono, e con successive determinazioni del 12.10.2017 il dirigente del settore Pianificazione del Territorio ed Edilizia Privata del Comune di Massa, sulla scorta della nuova istruttoria svolta, confermava il precedente rigetto dell'istanza di sanatoria e comunicava l'avvio del procedimento finalizzato all'adozione dei conseguenti provvedimenti sanzionatori. 8. Tutti i provvedimenti di conferma venivano impugnati innanzi al TAR con motivi aggiunti. 9. Con sentenza n. 1416/2018 il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana - Sez. III, previa riunione dei quattro ricorsi, li respingeva e pertanto confermava i provvedimenti di diniego di condono. 10. La signora Ma. Gi. Fa., in qualità di proprietaria di due delle unità immobiliari, e la figlia, signora Mo. Ma. Mo., in qualità di utilizzatrice di una di esse, hanno proposto appello. 11. Si è costituito in giudizio il Comune di Massa eccependo l'irricevibilità, inammissibilità o improcedibilità dell'appello, riproponendo l'eccezione di improcedibilità del ricorso per motivi aggiunti promosso dalla sig.ra Fa. in quanto non tempestivamente depositato, ed in ogni caso insistendo per l'infondatezza dell'appello. 12. I signori Bu. Re. e Bu. Em. hanno proposto appello incidentale avverso la medesima sentenza. 13. Il Comune di Massa si è costituito in giudizio per resistere anche all'appello incidentale, eccependone l'inammissibilità, irricevibilità e improcedibilità e comunque la sua infondatezza. 14. La causa è stata chiamata per la discussione in occasione dell'udienza straordinaria del 23.01.2023, in occasione della quale è stata trattenuta per la decisione. DIRITTO 15. Preliminarmente occorre esaminare l'eccezione di inammissibilità sollevata dal Comune di Massa relativamente ai motivi aggiunti presentati in primo grado da Fa. Ma. Gi., aventi ad oggetto gli atti con cui il Comune di Massa ha confermato il diniego alle quattro istanze di condono. 15.1 Il Comune sostiene che essi siano tardivi, in quanto notificati in data 12.12.2017 e depositati in data 25.01.2018. 15.2 L'appellante ritiene che l'eccezione sia inammissibile in quanto avrebbe dovuto essere sollevata mediante appello incidentale avverso il capo di sentenza che l'ha respinta, e sostiene che il deposito sia tempestivo come emerge dalla documentazione in atti. In ogni caso ad avviso dell'appellante il provvedimento impugnato con motivi aggiunti sarebbe meramente confermativo del diniego originario e pertanto l'eventuale tardività sarebbe irrilevante ai fini della decisione. 15.3 Quanto all'ammissibilità dell'eccezione sollevata con la memoria di costituzione si osserva che l'art 101 co. 2 c.p.a. prevede espressamente la possibilità, per le parti diverse dall'appellante, di riproporre le eccezioni non esaminate dal giudice di primo grado, e ciò con memoria da depositarsi, a pena di decadenza, entro il termine per la costituzione in giudizio. La proposizione dell'appello incidentale, pertanto, è necessaria solo qualora il giudice di primo grado si sia espressamente pronunciato sull'eccezione sollevata in primo grado respingendola (sul punto si veda la pronuncia di cui alla sentenza di questo Consiglio di Stato, sez. V, 24/01/2013, n. 456: "La pura e semplice riproposizione nel giudizio di appello, mediante memoria, delle eccezioni in rito già espressamente disattese dal primo giudice è inammissibile, in difetto del necessario appello incidentale avverso i capi di sentenza che le hanno respinte, atteso che la facoltà di mera riproposizione dell'eccezione è accordata, dall'art. 101 comma 2 c. proc. amm., solo rispetto alle eccezioni "assorbite" o comunque "non esaminate", e non anche per quelle esplicitamente respinte, che possono essere sottoposte al giudice di secondo grado solo proponendo un formale atto di appello avverso la pronuncia reiettiva"). Nel caso di specie il giudice di primo grado non si è espressamente pronunciato sul punto, quindi l'eccezione è stata ritualmente riproposta dal Comune con la comparsa di costituzione in giudizio. 15.3.1 In ogni caso "Nel processo amministrativo, ai sensi dell'art. 35 c.p.a., la tardività della notifica e del deposito del ricorso è questione rilevabile d'ufficio; la tardività del ricorso di primo grado è rilevabile d'ufficio anche nel giudizio di appello, atteso che il cit. art. 35 non pone limitazioni al rilievo d'ufficio in grado di appello, a differenza di quanto dispongono gli artt. 9 e 15, rispettivamente per la questione di giurisdizione e per la questione di competenza" (Consiglio di Stato sez. IV, 16/06/2015, n. 2974); pertanto anche la mancanza di appello incidentale sul punto non preclude al giudice l'esame della relativa eccezione. 15.4 Nel merito l'eccezione non è fondata. Dalla documentazione depositata in giudizio dal Comune di Massa emerge infatti che la prima notifica dei motivi aggiunti è avvenuta, nei confronti degli Avv. Pa. e Ia., in data 12.12.2017 alle ore 11.45 (cfr. doc. 15 del Comune di Massa), mentre il deposito è avvenuto solamente in data 25.01.2018. Tuttavia dalla documentazione prodotta da Fa. Ma. Gi. emerge che il deposito è avvenuto per la prima volta in data 09.01.2018 e non è stato registrato dal sistema a causa di un problema tecnico. 16. Nel merito, il primo motivo dell'appello principale si articola in diverse censure in parte coincidenti con quelle sollevate con il secondo ed il terzo motivo dell'appello incidentale dei signori Bu.. Similmente il secondo ed il terzo motivo dell'appello principale hanno tenore ana al primo motivo dell'appello incidentale e pertanto devono essere esaminati congiuntamente. 17. Preliminare dal punto di vista logico è l'esame della prima censura sollevata con il primo motivo dell'appello principale, relativo all'illegittimità della riunione disposta dal TAR. 17.1 Il TAR ha disposto la riunione dei ricorsi sulla base della "evidente connessione soggettiva e oggettiva" fra gli stessi. 17.2 Le appellanti principali sostengono che tale riunione sia stata illegittima in quanto i ricorsi, oltre ad essere distinti dal punto di vista soggettivo - in quanto presentati da soggetti diversi -, hanno ad oggetto diverse porzioni immobiliari, la cui sanabilità avrebbe dovuto essere esaminata singolarmente dal giudice di primo grado. Ed invero, l'esame unitario dell'intero fabbricato avrebbe impedito al TAR di rendersi conto della legittimità delle opere eseguite dalle appellanti Fa. Ma. Gi. e Ma. Mo., dal punto di vista della volumetria realizzata. 17.3 Il motivo non è fondato. 17.3.1. L'intervento è consistito nella demolizione di un fabbricato preesistente e nella sua ricostruzione, pertanto deve essere considerato, ai fini della applicazione della normativa edilizia e urbanistica, quale intervento unitario, che in tale unitarietà non viene alterato per il solo fatto che all'interno dell'immobile di nuova costruzione siano state ricavate quattro unità abitative. La natura unitaria dell'intervento è inoltre confermata dai verbali di sopralluogo dei vigili del fuoco del 1984. 17.3.2. Le norme urbanistiche ed edilizie applicabili al fondo devono quindi essere applicate fabbricato, che del resto, per quanto si evince dalla documentazione depositata in corso di causa, ha natura condominiale, per il fatto che tutte le quattro unità immobiliari di proprietà esclusiva hanno le medesime parti comuni, escludendosi anche un regime di super-condominio. Non v'è, quindi, alcun ragione perché le unità immobiliari di proprietà della signora Fa. debbano essere considerate separatamente dalle altre due, ai fini dell'applicazione della normativa urbanistica ed edilizia. 17.3.3. Erronea è anche l'affermazione di parte appellante secondo cui " i condoni devono essere rilasciati per i singoli abusi". La Sezione ha più volte avuto modo di precisare che "la valutazione dell'abuso edilizio presuppone una visione complessiva e non atomistica delle opere realizzate: non è dato scomporne una parte per negare l'assoggettabilità ad una determinata sanzione demolitoria, in quanto il pregiudizio arrecato al regolare assetto del territorio deriva non da ciascun intervento a sé stante bensì dall'insieme delle opere nel loro contestuale impatto edilizio e nelle reciproche interazioni. L'opera edilizia abusiva va infatti identificata con riferimento all'immobile o al complesso immobiliare, essendo irrilevante il frazionamento dei singoli interventi avulsi dalla loro incidenza sul contesto immobiliare unitariamente considerato" (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 24 novembre 2022 n. 10358). 18. Il secondo ed il terzo motivo d'appello principale ed il primo motivo d'appello incidentale possono essere esaminati unitamente in quanto tutti relativi all'eventuale formazione del silenzio assenso sull'istanza di condono. 18.1 Il TAR ha ritenuto che l'esistenza di un vincolo di inedificabilità assoluta (vincolo di rispetto cimiteriale) fosse ostativa alla formazione del silenzio assenso ai sensi della l. 47/85. Ad avviso del giudice di primo grado, inoltre, anche il mancato pagamento delle "somme eventualmente dovute a conguaglio" impedirebbe la formazione di un silenzio significativo sulle istanze presentate dagli appellanti. 18.2 Gli appellanti sostengono che il limite alla formazione del silenzio assenso in presenza di un vincolo di inedificabilità assoluta, previsto dall'art. 35, comma 18, della legge n. 47/1985, non sussista in relazione alle istanze presentate ai sensi della l. 724/1994. L'art. 39, comma 4, della l. n. 724/1994 ammetterebbe infatti la possibilità della formazione del silenzio assenso sulla domanda di condono anche in presenza dei predetti vincoli di inedificabilità . 18.2.1 Sul punto le appellanti principali aggiungono che il vincolo di rispetto cimiteriale nell'area in questione è di fatto inesistente, trattandosi di una delle vie principali del centro abitato ove sorgono diverse costruzioni. Il vincolo, inoltre, sarebbe stato di recente modificato con l'atto del Consiglio del Comune di Massa del 25.4.2018 n. 39 che avrebbe ridotto la fascia di rispetto cimiteriale. Anche per tale motivo il Comune avrebbe dovuto effettuare un contemperamento degli interessi in gioco, alla luce del considerevole lasso di tempo trascorso tra la realizzazione delle opere ed il provvedimento di diniego. 18.2.2 Quanto al mancato pagamento delle somme dovute a conguaglio, tutti gli appellanti ritengono che il provvedimento amministrativo sia contraddittorio in quanto non indica a che titolo tali somme sarebbero state dovute dai richiedenti; sotto tale profilo, dunque, i provvedimenti impugnati sarebbero viziati per difetto di motivazione. Il provvedimento, inoltre, sarebbe illegittimo in parte qua in quanto l'amministrazione non ha mai richiesto agli istanti di versare somme di denaro a titolo di conguaglio. 18.3 Il motivo non è fondato. 18.3.1. La giurisprudenza del Consiglio di Stato è unanime nel ritenere che il limite alla formazione del silenzio assenso previsto dall'art. 35, comma 18, della legge n. 47/1985 operi anche in relazione alle istanze di condono presentate ai sensi della l. 724/1994 (Cfr. Consiglio di Stato sez. VI, 02/07/2018, n. 4033: "In materia di condono di manufatti su aree soggette a vincoli, il silenzio formatosi per decorso dei termini sulla istanza di regolarizzazione edilizia non equivale mai ad assenso"). La presenza di un vincolo di inedificabilità assoluta e la preesistenza dell'opera rispetto al vincolo impediscono dunque la formazione del silenzio assenso sulle istanze di condono, con assorbimento degli ulteriori motivi relativi a tale aspetto. 18.3.2 Le affermazioni delle appellanti principali, secondo le quali il vincolo sarebbe "di fatto inesistente" non hanno alcun rilievo: se ed in quanto il vincolo esiste, esso deve essere rispettato. L'eventuale presenza, nell'area vincolata, di altri immobili non ha alcuna rilevanza al fine di determinare la non opponibilità del vincolo: infatti, o si tratta di immobili legittimamente realizzati, in epoca anteriore al vincolo, o in epoca posteriore in presenza di una situazione legittimante; oppure si tratta di immobili realizzati abusivamente o sulla base di titoli illegittimi, che dovranno essere come tali sanzionati e la cui esistenza, in ogni caso, non giustifica affatto la tolleranza e la reiterazione di abusi della medesima natura: si rammenta, a tale proposito, che in generale il vizio di eccesso di potere per contraddittorietà nell'agire dell'amministrazione non può essere invocato utilmente quando la situazione o l'atto assunti a termine di paragone siano illegittimi, e si pretenda di farne discendere il mantenimento di una identica situazione, ugualmente illegittima. 18.3.3. Il fatto, poi, che con deliberazione del 2019 il Consiglio Comunale abbia determinato la modificazione dell'area soggetta al vincolo cimiteriale, riducendola, non ha alcuna rilevanza, posto che si tratta di decisione assunta in epoca ben posteriore alla realizzazione dell'immobile, nonché alla adozione dei dinieghi di condono oggetto del giudizio, il che preclude di tenerne conto, in ossequio al principio tempus regit actum. 18.3.3 Infine il decorso del tempo non è sufficiente a far sorgere un affidamento alla conservazione delle opere che sia meritevole di tutela. In primo luogo va rilevato che il Comune ha più che tempestivamente rilevato l'abusività dell'intervento, sospendendo i lavori e ordinando la demolizione con ordinanza del 12/03/1984, ragione per cui non può essersi formato alcun affidamento legittimo circa la legittimità dell'intervento e circa la possibilità di mantenere il fabbricato; in ogni caso, poi, in presenza di un vincolo di inedificabilità, qual è il vincolo cimiteriale, l'attività dell'amministrazione assume natura vincolata, non lasciando un tale vincolo alcun margine di discrezionalità, sicché non v'è spazio per valutazioni espressive di un contemperamento delle esigenze pubblicistiche con quelle del proprietario dell'immobile abusivo. 19. Con il primo motivo dell'appello principale e con il secondo, terzo e quarto motivo dell'appello incidentale si denuncia la violazione dell'art 338 co. 5 e 7 del Regio Decreto 27 luglio 1934, n. 1265 così come modificato dall'articolo 28 della l. n. 166/2002; si denuncia, inoltre, omessa pronuncia, da parte del TAR, sul punto in questione. 19.1 Il TAR ha ritenuto inapplicabile il co. 7 dell'art 338 della citata disposizione, che dispone che "All'interno della zona di rispetto per gli edifici esistenti sono consentiti interventi di recupero ovvero interventi funzionali all'utilizzo dell'edificio stesso, tra cui l'ampliamento nella percentuale massima del 10 per cento e i cambi di destinazione d'uso, oltre a quelli previsti dalle lettere a), b), c) e d) del primo comma dell'articolo 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457.". Ad avviso del giudice di primo grado, infatti, le opere realizzate dagli appellanti hanno comportato un ampliamento del precedente fabbricato superiore al 10%, ed in ogni caso le parti non hanno assolto all'onere della prova sulle stesse gravante di dimostrare la precedente consistenza delle opere edilizie. Al contrario, l'amministrazione ha dimostrato, tramite la documentazione prodotta, che l'incremento di volume è stato superiore al 10%. La norma, inoltre, sarebbe inapplicabile ratione temporis in quanto "nel caso di sopravvenienza di un vincolo di protezione, l'Amministrazione competente ad esaminare l'istanza di condono deve tenere conto di tale vincolo a prescindere dall'epoca d'introduzione dello stesso" (cfr. sentenza impugnata, penultimo capoverso). 19.2 Gli appellanti ritengono che l'abuso realizzato sia ammissibile in zona di rispetto cimiteriale in quanto si sarebbe compendiato in un intervento di recupero del precedente manufatto con ampliamento di volume in misura inferiore al 10%. Rispetto alla volumetria del precedente fabbricato. Il TAR avrebbe operato una lettura parziale ed erronea della documentazione in atti, non rilevando che le dimensioni dell'immobile demolito e poi ricostruito si evincerebbero dai rilievi effettuati nel 1937, e non già dalle cartografie risalenti al 1910. Ciò emergerebbe dai documenti n. 5 e 6 depositati nel ricorso presentato dalla sig. Fa. e n. 3 dei motivi aggiunti nonché dai documenti n. 3 e 6 del ricorso Bu., dalla relazione tecnica in atti e dal documento n. 17 del Comune. In definitiva, ad avviso degli appellanti, l'aumento di volumetria rispetto al fabbricato preesistente sarebbe pari al 2,54%. 19.2.1 L'art 338 co. 7, come modificato, sarebbe inoltre pacificamente applicabile ratione temporis in applicazione del principio tempus regit actum. 19.2.2 Gli abusi realizzati, inoltre, sarebbero ammessi anche dal co. 5 dell'art 338 del Regio Decreto 27 luglio 1934, n. 1265, che così dispone: "Per dare esecuzione ad un'opera pubblica o all'attuazione di un intervento urbanistico, purchè non vi ostino ragioni igienico-sanitarie, il consiglio comunale può consentire, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell'area, autorizzando l'ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici. La riduzione di cui al periodo precedente si applica con identica procedura anche per la realizzazione di parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati, attrezzature sportive, locali tecnici e serre". 19.2.3 Ad avviso delle appellanti principali, inoltre, parte delle opere non rientrerebbe nella zona di rispetto cimiteriale. 19.3. Per quanto riguarda la possibilità di ritenere il vincolo cimiteriale non opponibile, il Collegio osserva quanto segue. 19.3.1. L'art. 338 del R.D. n. 1265/1934 stabilisce, al comma 1, il divieto "di costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell'impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge". All'ultimo comma, come sostituito dall'art. 28 della L. n. 166/2002, in vigore dal 3 agosto 2002, la norma prosegue affermando che "All'interno della zona di rispetto per gli edifici esistenti sono consentiti interventi di recupero ovvero interventi funzionali all'utilizzo dell'edificio stesso, tra cui l'ampliamento nella percentuale massima del 10 per cento e i cambi di destinazione d'uso, oltre a quelli previsti dalle lettere a), b), c) e d) del primo comma dell'articolo 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457". 19.3.2. Questa ultima norma, come noto, definiva gli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistenti: nessuno, tra gli interventi edilizi previsti dall'art. 31 della L. n. 457/78, contemplava esplicitamente la demolizione e ricostruzione. Va rilevato, in particolare, che l'art. 31, lett. d), definitiva interventi di "ristrutturazione edilizia "quelli rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, la eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti": tale norma è stata interpretata dalla giurisprudenza nel senso che "la nozione di ristrutturazione edilizia, comprende anche gli interventi consistenti nella demolizione e successiva ricostruzione di un fabbricato, purché tale ricostruzione sia fedele, cioè dia luogo ad un immobile identico al preesistente per tipologia edilizia, sagoma e volumi, dovendo essere altrimenti l'intervento qualificato come di nuova costruzione (Consiglio di Stato; Sez. IV, 9 luglio 2010, n. 4462; Sez. IV, 5 ottobre 2010 n. 7310; Sez. IV, sentenza 10 agosto 2011, n. 4765, Sez. IV, sentenza 4 giugno 2013, n. 3056; di recente, con riferimento sempre al periodo di vigenza della legge 457 del 1978, Sez. II, 18 maggio 2020, n. 3153)." (Cons. Stato, Sez. II, n. 721 del 2 febbraio 2022). 19.3.3. Con l'entrata in vigore del D.P.R. n. 380/2001 l'art. 3, comma 1, lett. d) ha sostanzialmente recepito tale principio, includendo tra gli interventi di ristrutturazione edilizia anche quelli "consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica", in tal modo facendo rientrare nella categoria della ristrutturazione edilizia anche la ricostruzione del fabbricato "fedele" nella volumetria e nella sagoma, non necessariamente anche nella tipologia. 19.3.4. E' stato solo con le modifiche introdotte dal D.L. n. 69/2013 che è venuto meno l'obbligo di conservare la sagoma dell'edificio preesistente, negli interventi di ristrutturazione edilizia attuati attraverso la demolizione di un fabbricato preesistente e la ricostruzione. 19.3.5. Si deve ancora precisare che l'art. 338, u.c., del R.D. n. 1265/1934, laddove allude a interventi di "ampliamento nella percentuale massima del 10 per cento", evidentemente si riferisce agli interventi di ampliamento all'esterno della sagoma di un fabbricato che viene conservato, interventi che l'art. 3, comma 1, lett. e.1.) del D.P.R. n. 38072001 classifica quali interventi di nuova costruzione: questa tipologia di ampliamento suppone che il fabbricato oggetto di ampliamento non venga demolito. In presenza di un intervento di demolizione seguito da ricostruzione occorre valutare se sussistano le ulteriori condizioni necessarie per poterlo qualificare quale ristrutturazione edilizia: diversamente l'intervento deve qualificarsi quale nuova costruzione, che impegna una volumetria pari a quella dell'intero nuovo edificio, e non solo quella dell'eventuale volumetria maggiore rispetto a quella dell'edificio preesistente. 19.3.6. La modifica introdotta dalla L. 166/2002 nel corpo dell'art. 338 del R.D. n. 1265/1934 deve essere letta tenendo conto delle considerazioni che precedono nonché della lettera della nuova previsione, che riferisce gli interventi consentiti solo agli "edifici esistenti", per consentirne il recupero o il miglior godimento (cfr. Consiglio di Stato sez. VI, 03/03/2022, n. 1510): è dunque evidente che gli interventi di nuova costruzione consentiti dalla norma in esame sono solo quelli attuati per ampliamento di fabbricati che vengano mantenuti e modificati nella sagoma, e comunque con un incremento volumetrico massimo del 10%. Nessuna altra ipotesi di nuova costruzione è consentita dalla norma in esame, ragione per cui la demolizione totale seguita da ricostruzione risulta consentita solo nella misura in cui sussistano le condizioni per qualificarla quale intervento di recupero sub specie di "ristrutturazione edilizia". 19.3.7. L'intervento abusivo realizzato nel caso di specie si è compendiato nella demolizione totale di un fabbricato risalente ai primi decenni del XX secolo seguita dalla ricostruzione di un edificio di tipo moderno, che nulla a che vedere, dal punto di vista architettonico e della sagoma, con quello preesistente. Ne consegue che il suddetto intervento, sia al momento in cui veniva posto in essere, sia nel momento in cui venivano presentate le domande di condono, sia, nel momento in cui venivano adottati i dinieghi di condono impugnati (2011) non poteva qualificarsi quale intervento di ristrutturazione edilizia, non essendo l'edificio ricostruito "fedele" né simile nella sagoma a quello preesistente: basta prendere visione delle fotografie in atti per rendersi conto di ciò . 19.3.8. Peraltro non può sottacersi il fatto che la L. 166/2002, benché promulgata in epoca successiva alla emanazione del D.P.R. n. 380/2001, nel modificare l'art. 338 u.c. del R.D. n. 1265/1934, ha fatto rinvio alle definizioni degli interventi di recupero edilizio di cui all'art. 31 della L. n. 457/78, e non già alle analoghe definizioni contenute all'art. 3 del D.P.R. n. 380/2001. Ne consegue che ai fini specifici dell'applicazione del citato art. 338 il rinvio alle definizioni degli interventi di recupero edilizio non è un rinvio "dinamico" alle varie definizioni degli interventi edilizi succedutesi nel tempo, ma è un rinvio "statico" alle definizioni contenute nell'art. 31 della L. n. 457/78, secondo cui - come si è visto - la demolizione totale di un edificio seguita da ricostruzione poteva qualificarsi come ristrutturazione edilizia solo se l'edificio ricostruito fosse "fedele" a quello demolito. 19.3.9. Alla luce delle considerazioni che precedono è priva di rilevanza l'indagine finalizzata a stabilire se la volumetria del nuovo edificio, oggetto dei dinieghi di condono, sia, o meno, superiore del 10% rispetto alla volumetria dell'edificio preesistente. La verifica di tale parametro sarebbe stata rilevante, se l'edificio preesistente fosse stato conservato, ristrutturato e ampliato verso l'esterno della sagoma originale; la totale demolizione dell'edificio preesistente, seguita dalla ricostruzione di un edificio che nulla ha a che vedere, dal punto di vista della sagoma e dello stile architettonico, con quello demolito, impedisce di qualificare l'intervento in parola quale ristrutturazione edilizia, conseguendo da ciò che l'intervento abusivo si qualifica come nuova costruzione tout court, vietata come tale in zona soggetta a vincolo cimiteriale, e certamente non inclusa nelle deroghe al divieto previste dall'art. 338, u.c., del R.D. n. 1265/1934. 19.3.10. Né le appellanti possono giovarsi della previsione di cui all'art. 338, comma 5, del R.D. n. 1265/1934, posto che tale norma contempla la possibilità, per l'amministrazione comunale, di deliberare la riduzione della zona di rispetto solo per dare corso alla realizzazione di un'opera pubblica o di un "intervento urbanistico", cioè un intervento in grado di incidere sull'assetto urbanistico del territorio comunale: non è dunque consentita la riduzione della zona di rispetto per consentire di dare corso a singoli interventi edilizi In ogni caso la riduzione della zona di rispetto deve essere assistita dal parere favorevole dell'autorità sanitaria e deve essere preventivamente approvata dal consiglio comunale. 19.3.11. E' possibile che la riduzione della fascia di rispetto che le appellanti riferiscono essere stata deliberata nel 2019 si fondi sulla previsione testé esaminata; si tratta però, come già precisato, di circostanza irrilevante, in quanto pacificamente sopravvenuta a tutti i fatti e a tutti gli atti rilevanti per il presente giudizio. 19.3.12. In conclusione, sul punto della applicabilità al caso di specie dell'art. 338, u.c., del R.D. n. 1265/1934, la sentenza di primo grado va confermata, con motivazione sostitutiva: all'intervento abusivo, oggetto delle domande di condono, deve essere opposto il vincolo cimiteriale, non essendo compreso tra gli interventi consentiti in deroga al generale divieto di costruire nella zona di rispetto cimiteriale. Trattandosi, in tal caso, di diniego che comporta inedificabilità assoluta, il Comune non era tenuto ad effettuare alcuna valutazione particolare, circa la compatibilità della costruzione con il vincolo, risultando il diniego di condono atto, in tal senso, necessitato. 19.4. Per quanto riguarda la circostanza che le opere abusive in parte non sarebbero incluse nella zona di vincolo cimiteriale, il Collegio osserva trattarsi di circostanza non veritiera. 19.4.1. Premesso e ricordato che il fabbricato oggetto di causa è stato realizzato sul fondo censito catastalmente al Foglio (omissis), mapp. (omissis), si evince chiaramente, confrontando la mappa catastale con la cartografia del vincolo di cui alla tavola 2 allegata alla delibera di c.c. n. 39/2018 (prodotta in appello dalle appellanti), che esso era interamente, e abbondantemente, compreso nella fascia di rispetto di 100 metri, e che anche a seguito della riduzione della fascia di rispetto a 50 metri esso fabbricato ci risulta compreso per 4/5, circa. 19.4.2. Tenuto conto che la citata delibera di C.C. n. 39/2018 è sopravvenuta ai fatti di causa, la censura va respinta in quanto il fabbricato, all'epoca in cui il Comune di Massa si determinava sulle istanze di condono, era interamente incluso nella fascia di rispetto. 20. Le considerazioni che precedono esauriscono la trattazione di tutti i motivi di appello principale e incidentale e ne giustificano il respingimento. 21. La peculiarità e parziale novità delle questioni trattate giustifica, tuttavia, la compensazione delle spese del presente grado di giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull'appello principale e sull'appello incidentale, proposto da Bu. Em. e Bu. Re., li respinge. Compensa tra tutte le parti le spese del presente giudizio d'appello. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 gennaio 2023, celebrata in videoconferenza ai sensi del combinato disposto degli artt. 87, comma 4 bis, c.p.a. e 13 quater disp. att. c.p.a., aggiunti dall'art. 17, comma 7, d.l. 9 giugno 2021, n. 80, recante "Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per l'efficienza della giustizia", convertito, con modificazioni, dalla l. 6 agosto 2021, n. 113, con l'intervento dei magistrati: Luigi Massimiliano Tarantino - Presidente FF Oreste Mario Caputo - Consigliere Giordano Lamberti - Consigliere Davide Ponte - Consigliere Roberta Ravasio - Consigliere, Estensore

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MANNA Felice - Presidente Dott. SCARPA Antonio - Consigliere Dott. GIANNACCARI Rossana - Consigliere Dott. ROLFI Federico - rel. Consigliere Dott. BESSO MARCHEIS Chiara - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso iscritto ai n. 28835/2017 R.G. proposto da: ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8-bis. (OMISSIS), e (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato PAOLO PANARITI, rappresentati e difesi degli avvocati BIAGIO MONTELEONE, e DIEGO MONTELEONE; - ricorrenti - contro (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) LTD, elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato GREGORIO CRITELLI, rappresentati e difesi dall'avvocato SIRONI EMANUELA; - controricorrenti - e contro CONDOMINIO (OMISSIS); - intimato - avverso la SENTENZA della CORTE D'APPELLO MILANO n. 3471/2017 depositata il 24/07/2017; Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del giorno 19 ottobre 2022 dal Consigliere Dott. Federico Rolfi; lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DELL'ERBA Rosa Maria, che ha concluso per l'accoglimento del primo motivo di ricorso ed il rigetto dei restanti motivi. FATTI DI CAUSA 1. Gli odierni ricorrenti - assieme ad altri condomini del CONDOMINIO (OMISSIS) - impugnarono innanzi il Tribunale di Milano la Delib. assunta all'assemblea straordinaria 25 luglio 2013, avente ad oggetto l'accettazione dell'impegno della societa' (OMISSIS) s.r.l. di eseguire a propria esclusiva cura e spese una serie di opere sullo stabile dello stesso CONDOMINIO (OMISSIS), nell'ambito di una piu' ampia serie di lavori che interessavano gli enti cortilizi. In detta Delib., in particolare, era stato conferito ad una "commissione di condomini" il mandato di procedere alla stesura dell'accordo con a menzionata societa' - peraltro in conformita' alle indicazioni contenute in due missive inoltrate dalla stessa (OMISSIS) s.r.l. - rimettendo all'amministratore del condominio la sottoscrizione finale dell'intesa. Gli originari attori dedussero la nullita' o annullabilita' della Delib., in quanto la medesima avrebbe, tra l'altro: a) consentito delle vere e proprie innovazioni alle parti comuni, in violazione delle maggioranze contemplate dall'articolo 1136 c.c. e dall'articolo 5 del Regolamento condominiale; b) disposto in favore della (OMISSIS) s.r.l. in via esclusiva di porzioni di cortile del condominio; c) creato una servitu' di passaggio a carico del condominio. Costituitosi il CONDOMINIO (OMISSIS) per resistere alla domanda, il Tribunale di Milano rigetto' integralmente le domande degli attori. 2. Avverso detta decisione proposero appello i soli (OMISSIS), e (OMISSIS), chiedendo, in principalita' la declaratoria di cessazione della materia del contendere - a seguito dell'adozione di una nuova Delib. 12 febbraio 2014 - e, in subordine, insistendo nella domanda di declaratoria della nullita' o annullabilita' della Delib. 25 luglio 2013, sulla scorta dei motivi gia' formulati in primo grado e riproposti nei motivi di gravame. Rimasto contumace il CONDOMINIO (OMISSIS), intervennero invece in giudizio gli odierni controricorrenti, nell'allegata veste di condomini del medesimo condominio, opponendosi all'accoglimento del gravame. La Corte ambrosiana respinse integralmente l'appello, gravando gli appellanti delle spese di lite, osservando, in particolare, che: la domanda volta a conseguire la dichiarazione di cessazione della materia del contendere doveva ritenersi sia inammissibile perche' tardivamente formulata - in quanto la circostanza dell'adozione della Delib. successiva avrebbe potuto e dovuto essere dedotta gia' nel giudizio di primo grado - sia infondata, non potendosi ritenere -anche per l'incompletezza dei profili dedotti - che la successiva Delib. avesse revocato o privato di efficacia le statuizioni contenute nella Delib. originariamente impugnata; ammissibile doveva ritenersi l'intervento in appello dei singoli condomini, dal momento che oggetto della controversia era una Delib. concernente sia il godimento delle cose comuni sia l'allegata attribuzione a terzi di vari diritti sulle parti comuni condominiali; infondate erano le contestazioni concernenti nello specifico la veste di condomini di (OMISSIS), (OMISSIS) e la (OMISSIS) LTD, non avendo gli appellanti addotto elementi probatori idonei ad escludere tale veste; doveva escludersi che la Delib. avesse privato l'assemblea delle proprie prerogative, dal momento che il mandato alla commissione di condomini non concedeva a quest'ultima alcun margine di discrezionalita', avendo l'assemblea gia' esaminato ed approvato un dettagliato capitolato di lavori descritto dalla (OMISSIS) s.r.l.; parimenti doveva ritenersi infondata la tesi degli appellanti che qualificavano detti lavori come innovazioni, corretta apparendo la qualificazione degli interventi come manutenzione straordinaria, da cio' derivando l'inapplicabilita' delle previsioni in tema di maggioranze necessarie per la regolarita' delle delibere aventi ad oggetto innovazioni; da escludersi, infine, era la fondatezza della tesi per cui la Delib. impugnata avesse disposto dei diritti dei condomini sulle parti comuni, non potendosi evincere dal testo delle delibere alcuna statuizione in tal senso. 3 Per la cassazione di tale decisione hanno proposto ricorso (OMISSIS) e (OMISSIS). Resistono con controricorso (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) LTD. Il CONDOMINIO (OMISSIS) e', invece, rimasto intimato. 4. Il ricorso e' stato trattato in Camera di consiglio, in base alla disciplina dettata dal Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8-bis, come inserito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, senza l'intervento del Procuratore Generale e dei difensori delle parti, non avendo nessuno degli interessati fatto richiesta di discussione orale. 5. Con ordinanza interlocutoria assunta all'esito della Camera di consiglio del 19 ottobre 2022 questa Corte, rilevato che il giudizio era stato originariamente introdotto in primo grado non solo dagli odierni ricorrenti ma anche da altri attori ( (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)), i quali non risultavano invece avere interposto appello avverso la sentenza del Tribunale di Milano ed evidenziato che non emergeva agii atti ne' che tali attori originari fossero stati evocati nel giudizio d'appello, ne' che nei confronti dei medesimi fosse stata disposta l'integrazione del contraddittorio, ha sollevato d'ufficio la questione preliminare della nullita' del giudizio d'appello per mancata integrazione del contraddittorio. Conseguentemente, applicato il disposto di cui all'articolo 384 c.p.c., comma 3, ha assegnato alle parti ed al Pubblico Ministero termine di giorni sessanta per il deposito in cancelleria di osservazioni, riservando all'esito la decisione. 6. Nei termini assegnati ricorrenti e controricorrenti hanno provveduto al deposito di memorie di osservazioni. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Il ricorso e' affidato a sei motivi 1.1. Con il primo motivo si deduce, in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione degli articoli 344, 100 c.p.c., articolo 75 c.p.c., comma 3, nonche' articolo 2697 c.c.. Il ricorso censura la decisione impugnata sia nella parte in cui essa ha ritenuto ammissibile l'intervento dei condomini nel giudizio di appello sia nella parte in cui ha disatteso le specifiche contestazioni concernenti la veste di condomini di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) LTD. Quanto al primo profilo, il ricorso, invocando precedenti di questa Corte, argomenta che, concernendo la controversia il mero godimento delle cose comuni e non profili incidenti sui diritti dei singoli condomini, unico soggetto legittimato a resistere in giudizio era il Condominio, e non i singoli condomini, il cui intervento dovrebbe quindi ritenersi inammissibile. Quanto al secondo profilo, il ricorso si duole della erronea inversione degli oneri probatori che sarebbe stata affermata dalla Corte territoriale nel momento in cui ha affermato che erano gli appellanti a dover provare l'assenza della veste di condomini dei tre intervenuti e non - come invece e' da ritenersi corretto - che erano gli intervenuti a dover provare, a fronte delle contestazioni ex adverso, la propria veste di condomini. 1.2. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione dell'articolo 345 c.p.c. e articolo 2377 c.c., in relazione al rigetto della domanda di declaratoria della cessazione della materia del contendere. Si duole il ricorso del fatto che la Corte territoriale abbia ritenuto non rilevabile d'ufficio - bensi' soggetta ad eccezione di parte, e quindi a preclusione processuale - la sopravvenuta cessazione della materia del contendere. Nel merito, poi, il ricorso, procedendo ad una comparazione delle due delibere, viene a dedurre nuovamente che la Delib. 12 febbraio 2014, ha revocato la precedente Delib. oggetto dell'impugnazione. 1.3. Con il terzo motivo si deduce, in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione dell'articolo 1137 c.c., comma 2, in relazione agli articoli 5 e 21 del regolamento condominiale contrattuale. Il motivo di ricorso critica la decisione impugnata nella parte in cui la stessa ha ritenuto di escludere la natura di innovazioni, o quantomeno di modifiche, degli interventi previsti nei lavori oggetto dell'offerta della (OMISSIS) s.r.l. e, conseguentemente, della Delib. impugnata. Dalla qualificazione degli interventi quantomeno come modifiche - se non innovazioni - il ricorso desume la necessita' che la Delib. impugnata venisse adottata con le maggioranze qualificate contemplate dal regolamento condominiale, nella specie non raggiunte. 1.4. Con il quarto motivo si deduce, in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione dell'articolo 1108 c.c., comma 3 e articolo 1139 c.c.. Lamenta il ricorso che la Corte territoriale non abbia valorizzato la documentazione allegata alle proposte della (OMISSIS) s.r.l., da cui si dovrebbe evincere che la suddetta societa' veniva a collegare l'esecuzione dei lavori all'attribuzione della proprieta' di una parte del cortile comune. Tale attribuzione, argomenta il ricorso, avrebbe dovuto essere deliberata dai condomini all'unanimita', da cio' derivando la violazione degli articoli 1108 e 1139 c.c., ritenuta erroneamente insussistente dalla Corte territoriale. Il ricorso contesta, ulteriormente, il carattere gratuito degli interventi offerti dalla (OMISSIS) s.r.l., in quanto gli stessi sarebbero stati in realta' mirati a demolire alcune strutture del CONDOMINIO (OMISSIS), in modo da elidere a violazione delle distanze legali provocata dalla stessa (OMISSIS) s.r.l. mediante la realizzazione di un edificio su terreno antistante. 1.5. Con il quinto motivo si deduce, in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione dell'articolo 1135 c.c., n. 4. Il ricorso si duole del fatto che la Corte territoriale abbia escluso la violazione dell'articolo 1135 c.c., n. 4, in relazione alla decisione, adottata nella Delib. impugnata, di rimettere ad una commissione di condomini il compito di redigere il documento relativo all'intesa con (OMISSIS) s.r.l.. Tale decisione, argomenta il ricorso, avrebbe invece privato l'assemblea condominiale del proprio potere di deliberare sul contenuto del contratto. Il motivo di ricorso, poi, evidenzia che l'effettivo contenuto di tale intesa si sarebbe in seguito rivelato difforme rispetto a quanto prospettato nell'assemblea condominiale, al punto da indurre l'amministratore a non procedere alla sottoscrizione della bozza predisposta dalla commissione di condomini. 1.6. Con il sesto motivo si deduce, in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione dell'articolo 1117-ter c.c.. Si duole il ricorso del fatto che la Corte territoriale abbia escluso che il contenuto della Delib. venisse a determinare un mutamento della destinazione d'uso di parti comuni condominiali. In senso contrario il ricorso deduce che dalla bozza di accordo successivamente trasmessa dalla (OMISSIS) s.r.l. era possibile desumere che l'esecuzione delle opere ivi previste avrebbe determinato una modifica della destinazione d'uso di parti comuni condominiali, da cio' derivando che l'assemblea era stata convocata con modalita' non rispettose del disposto dell'articolo 1117-ter c.c.. 2. Ritiene questa Corte di esaminare preliminarmente il profilo rilevato d'ufficio nella propria ordinanza interlocutoria, presentando il medesimo carattere assorbente. Come gia' evidenziato nell'ordinanza teste' richiamata, il presente giudizio e' stato introdotto in primo grado non solo dagli odierni ricorrenti ma anche da altri attori ( (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)), i quali non hanno invece interposto appello avverso la sentenza del Tribunale di Milano. Parimenti, non emerge ne' che tali attori originari siano stati evocati nel giudizio d'appello, ne' che nei confronti dei medesimi sia stata disposta l'integrazione del contraddittorio; Questa Corte ha reiteratamente affermato il principio per cui l'obbligatorieta' dell'integrazione del contraddittorio nella fase dell'impugnazione, al fine di evitare giudicati contrastanti nella stessa materia e tra soggetti gia' parti del giudizio, sorge non solo quando la sentenza di primo grado sia stata pronunciata nei confronti di tutte le parti tra le quali esiste litisconsorzio necessario sostanziale e l'impugnazione non sia stata proposta nei confronti di tutte, ma anche nel caso del cosiddetto litisconsorzio necessario processuale, quando l'impugnazione non risulti proposta nei confronti di tutti i partecipanti al giudizio di primo grado, sebbene non legati tra loro da un rapporto di litisconsorzio necessario, sempre che si tratti di cause inscindibili o tra loro dipendenti (articolo 331 c.p.c.), nel qual caso la necessita' del litisconsorzio in sede di impugnazione e' imposta dal solo fatto che tutte le parti sono state presenti nel giudizio di primo grado, con la conseguenza che, in entrambe le ipotesi, la mancata integrazione del contraddittorio nel giudizio di appello determina la nullita' dell'intero procedimento di secondo grado e della sentenza che lo ha concluso, rilevabile d'ufficio anche in sede di legittimita' (Cass. Sez. 6 - L, Ordinanza n. 8790 del 29/03/2019 - Rv. 653392 - 01; Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 26433 del 08/11/2017 - Rv. 646163 - 01; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 1535 del 26/01/2010 - Rv. 611192 - 01). Nella specifica materia dell'impugnazione delle delibere assembleari, questa Corte ha in passato affermato, in aderenza all'orientamento assolutamente prevalente della dottrina, che in tema di condominio, sebbene la legittimazione ad impugnare una deliberazione assembleare competa individualmente e separatamente agli assenti e ai dissenzienti (nonche' ai presenti e consenzienti, senza limiti di tempo, quando si verte in tema di nullita') e ognuno possa esercitare l'azione verso il condominio rappresentato dall'amministratore, senza necessita' di chiamare in causa gli altri, tuttavia se la decisione viene resa nei confronti di piu' condomini, che abbiano agito in uno stesso processo, tutti sono parti necessarie nei successivi giudizi di impugnazione, poiche' per tutti deve potere fare stato soltanto la pronuncia finale, dandosi altrimenti luogo all'eventualita' di giudicati contrastanti, con l'affermazione della legittimita' della deliberazione per alcuni e della sua invalidita' per altri (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 13331 del 06/10/2000 - Rv. 540848 - 01). Piu' di recente il principio e' stato confermato da questa Corte con ben due pronunce. In entrambe (Cass. Sez. 2 - Ordinanza n. 22370 del 26/09/2017 -Rv. 645558 - 01; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2859 del 12/02/2016 -Rv. 639108 - 01) e' stato affermato che l'impugnativa di una Delib. assembleare proposta da una pluralita' di condomini determina una situazione di litisconsorzio processuale tra gli stessi, fondato sulla necessita' di evitare eventuali giudicati contrastanti in merito alla legittimita' della deliberazione, sicche', ove la sentenza che ha statuito su tale impugnativa venga appellata da alcuni soltanto di tali condomini, il giudice di secondo grado deve disporre, ex articolo 331 c.p.c., l'integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri, quali parti di una causa inscindibile. Tale approdo non puo' neppure ritenersi in contrasto con il principio della ragionevole durata del processo, come invece sostengono i controricorrenti nella propria memoria di osservazioni ex articolo 384 c.p.c.. Al riguardo, infatti, e' sufficiente richiamare quanto da questa Corte (Cass. Sez. U., Sentenza n. 14124 del 11/06/2010 - Rv. 613660 - 01) gia' da tempo chiarito, e cioe': che "la durata ragionevole del processo, cosi' come prevista e tutelata dall'articolo 111 Cost., a seguito dell'entrata in vigore della L. Cost. 18 ottobre 2001, n. 5, non puo' prescindere dalla sussistenza del giusto processo"; che "la valutazione della sussistenza dei requisiti di ragionevole durata del processo presuppon(e) che il processo sia un processo giusto"; che "il principio della durata ragionevole del processo non esclude affatto, sussistendo le ipotesi e i presupposti (...), l'esigenza di disporre l'integrazione del contraddittorio in ossequio al giusto processo"; che "detta integrazione di per se' non puo' comunque configurare causa di durata irragionevole del processo stesso". 4. Alla stregua dei richiamati principi, non avendo la Corte di Appello di Milano ordinato, ai sensi dell'articolo 331 c.p.c., l'integrazione del contraddittorio nei confronti dei soggetti che, pur non essendo appellanti, erano stati parte nel giudizio di primo grado, la sentenza impugnata risulta nulla e va cassata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano, affinche' provveda all'integrazione del contraddittorio. 5. Il giudice di rinvio provvedera' anche in ordine alle spese relative al presente giudizio di legittimita'. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, e rinvia alla Corte d'appello di Milano, in diversa composizione, anche per la regolazione e la liquidazione delle spese del giudizio di legittimita'.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MANNA Felice - Presidente Dott. SCARPA Antonio - Consigliere Dott. GIANNACCARI Rosanna - rel. Consigliere Dott. BESSO MARCHEIS Chiara - Consigliere Dott. ROLFI Federico V. A. - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 25711/2017 R.G. proposto da: (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato AURELI MICHELE, ( (OMISSIS)) che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato BRUSCIA PIETRO, ( (OMISSIS)); - ricorrente - contro CONDOMINIO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato CALDERARA GIANLUCA, ( (OMISSIS)) che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato MALACARNE SILVIA, ( (OMISSIS)); - controricorrente - avverso SENTENZA di CORTE D'APPELLO SEZ.DIST. DI BOLZANO n. 86/2017 depositata il 24/06/2017; Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/10/2022 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI. FATTI DI CAUSA Con atto di citazione notificato il 28.11.2011, (OMISSIS) cito' in giudizio il "Condominio (OMISSIS)" in (OMISSIS) per chiedere l'annullamento della Delib. condominiale assunta all'assemblea 24 ottobre 2011 nella parte in cui era stato approvato il rendiconto consuntivo per l'esercizio (OMISSIS), con particolare riferimento alla suddivisione delle spese di rifacimento dell'ascensore. Sostenne l'attore che il regolamento di condominio non contemplava l'ipotesi della sostituzione dell'ascensore, riferendosi l'articolo 7, comma 2, lettera e) alla sola ipotesi della "manutenzione, riparazione ed esercizio degli ascensori", ragione per la quale andavano applicati i criteri di riparto previsti dall'articolo 1124 c.c., posto che la tabella ascensore faceva riferimento alla sola altezza di ciascun piano, ossia ad uno solo dei due criteri indicati in via concorrente dall'articolo 1124 c.c. Il Tribunale di Bolzano respinse la domanda sul presupposto che il rifacimento dell'ascensore costituisse non innovazione ma manutenzione straordinaria ed applico' l'articolo 7, lettera e) del regolamento, che, a differenza dell'articolo 7, lettera a), si riferiva specificamente ai criteri di riparto delle spese per gli ascensori. (OMISSIS) propose appello, deducendo che il regolamento non aveva natura contrattuale e che l'articolo 7, lettera e) non prevedeva l'ipotesi della sostituzione dell'ascensore, non trattandosi di manutenzione del bene comune, sicche' doveva trovare applicazione l'articolo 1124 c.c. Si costitui' il condominio per resistere alla domanda. La Corte d'Appello di Trento rigetto' l'appello. In primo luogo, la corte di merito rilevo' che il primo giudice aveva ritenuto che il regolamento avesse natura contrattuale e, poiche' nessuna delle parti aveva impugnato la sentenza su tale punto, si era formato il giudicato. Quanto al rifacimento dell'ascensore, si trattava non di innovazione ma di intervento di manutenzione straordinaria, disciplinato dal regolamento del condominio e segnatamente dall'articolo 7, lettera e), il quale prevede che " le spese per la manutenzione riparazione ed esercizio degli ascensori saranno ripartiti tra i potenziali usufruenti secondo il piano divisionale redatto dal perito compilatore della tabella millesimale". Non si applicava, invece, l'articolo 7, lettera a) che si riferiva a "scale, soffitti e solai" e non agli ascensori. Avverso tale provvedimento propone ricorso in Cassazione (OMISSIS) sulla base di nove motivi. Il condominio (OMISSIS) resiste con controricorso. In prossimita' dell'udienza, il controricorrente ha depositato memorie illustrative. Il Procuratore Generale nella persona del Dott. Alessandro Pepe ha chiesto il rigetto del ricorso. RAGIONI DELLA DECISIONE Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli articolo 329 c.p.c., comma 2, articolo 342 c.p.c., commi 1 e 2, articoli 324, 99, 115 c.p.c., articoli 2909, 2730, 2733, 2735 c.c., articoli 228, 229 c.p.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3, per avere la corte di merito erroneamente ritenuto che si era formato il giudicato interno sulla natura contrattuale del regolamento condominiale in quanto la statuizione contenuta nella sentenza di primo grado non era stata impugnata. Tale statuizione, secondo il ricorrente, non costituirebbe un capo autonomo di sentenza, suscettibile di formare oggetto di giudicato interno perche' non risolverebbe una questione controversa e non avrebbe un'autonomia decisoria. Considerato che la natura eventualmente contrattuale del regolamento sarebbe favorevole al condominio, l'affermazione che si trattasse di regolamento non contrattuale costituirebbe una confessione stragiudiziale o comunque una circostanza non contestata. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la nullita' della sentenza per contrasto con l'articolo 112 c.p.c. in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 4" perche' la Corte d'appello avrebbe avere ritenuto coperta da giudicato interno la natura non contrattuale del regolamento, decidendo oltre i limiti della domanda. Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la "violazione e falsa applicazione articolo 115 c.p.c.; principio judex iuxta alligata et probata iudicare debet", dell'articolo 2697 c.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3, in quanto sarebbe stato onere del ricorrente provare l'origine assembleare del regolamento e perche' la Corte distrettuale non avrebbe considerato il fatto non contestato circa la natura non contrattuale del regolamento condominiale. Con il quarto motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli articolo 12 preleggi, degli articolo 115 c.p.c., articoli 1124, 1136 e 1138 c.c., degli articoli 2730, 2733 c.c., articolo 229 c.p.c. e articolo 735 c.c., nonche' dell'articolo 7, lettera e), del Regolamento di Condominio, in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3; la censura ripropone gli argomenti, gia' esposti nei precedenti motivi. Il ricorrente ritiene di non dover provare che il regolamento fosse di origine non contrattuale perche' si tratterebbe di circostanza pacifica che non provenisse dall'unico originario proprietario dell'edificio ed accettato dai singoli acquirenti ma che trovasse la fonte nell'assemblea. Sarebbe errata, pertanto, l'affermazione della Corte di merito secondo cui il regolamento "parrebbe" di natura contrattuale nonostante fosse privo firma e data in quanto tale circostanza deporrebbe nel senso dell'approvazione del regolamento in assemblea, indipendentemente dall'espresso richiamo nei titoli di proprieta'. Tali clausole avrebbero la natura di clausole di stile, usualmente inserite in tutti gli schemi di regolamento di condominio. Con il quinto motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell'articolo 1124 c.c., comma 1; dell'articolo 7, lettera e), del Regolamento di Condominio; degli articoli 12 e 14 preleggi; degli articoli 1362, 1363, 1364, 1366 c.c., degli articoli 1120 e 1121 c.c. in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3; il ricorrente contesta l'affermazione della corte di merito secondo cui il regolamento di condominio, sia contrattuale che assembleare, possa introdurre deroghe all'articolo 1124 c.c., salvo che non si tratti di innovazioni previste dall'articolo 1120 c.c. e 1121 c.c. Nel caso di specie, peraltro l'articolo 7, lettera e) del regolamento di condominio si riferirebbe all'ipotesi di manutenzione dell'ascensore e non all'ipotesi di sostituzione dell'ascensore, in relazione al quale andrebbe applicato l'articolo 7, lettera a), che, pur riferendosi alle scale andrebbe esteso agli ascensori, secondo l'interpretazione analogica adottata dalla giurisprudenza. Con il sesto motivo di ricorso, si deduce la nullita' della sentenza, ai sensi dell'articolo 112 c.p.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 4, per non avere la Corte d'appello pronunciato sulla domanda proposta dal (OMISSIS), volta ad ottenere l'annullamento della delibera assembleare in quanto l'articolo 7, lettera e) del regolamento non si riferirebbe alle ipotesi di sostituzione dell'ascensore. Con il settimo motivo di ricorso, si deduce il vizio di motivazione in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 5 perche' la Corte d'appello, utilizzando argomenti dubitativi ed affermazioni incerte, avrebbe reso una motivazione apparente e non congrua. Con l'ottavo motivo di ricorso, si deduce la nullita' della sentenza, ai sensi dell'articolo 112 c.p.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 4, per non avere la corte di merito pronunciato sulla domanda con la quale era stata chiesta la mancata inclusione, nel regolamento condominiale, delle spese di rifacimento dell'ascensore in quanto il regolamento prevederebbe le spese di manutenzione, riparazione ed esercizio. Con il nono motivo di ricorso, si censura la sentenza della Corte d'appello per "violazione e falsa applicazione dei principi generali dell'ordinamento; degli articoli 12 e 14 preleggi; dell'articolo 1124, 2730 e 2735 c.c.; degli articoli 1362, 1363, 1364, 1366 c.c. in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3" perche' la Corte di merito avrebbe interpretato il regolamento in modo contrario alla volonta' dei condomini, che non avrebbero tra le spese di manutenzione anche il caso di sostituzione dell'ascensore. I motivi, che per la loro connessione vanno trattati congiuntamente, sono infondati ma la motivazione deve essere corretta ai sensi dell'articolo 384 c.p.c. Il giudicato interno non si forma sulle affermazioni contenute nella sentenza che costituiscano argomentazioni fattuali o giuridiche ma sui capi della decisione risolutivi di questioni controverse che, dotate di propria individualita' ed autonomia, integrino una decisione del tutto indipendente (Cassazione civile sez. I, 15/12/2021, n. 40276; Cass. 21556/2017). Ne consegue che non puo' dirsi formato il giudicato interno sulla natura contrattuale o meno del regolamento condominiale, trattandosi di argomento funzionale alla decisione sulla domanda di annullamento della delibera assembleare, che costituisce il capo della decisione su cui si e' formato il giudicato. Parimenti, la natura non contrattuale del regolamento condominiale non puo' costituire confessione stragiudiziale, ne' fatto non contestato perche' sostenuto da entrambe le parti. La confessione puo' essere resa e avere ad oggetto solo fatti obiettivi che cadono sotto la percezione del confitente, ma non puo' riguardare ne' la qualificazione giuridica di un fatto ne' l'effetto che la legge fa conseguire a una determinata azione. Parimenti, il principio di non contestazione opera rispetto ai fatti costitutivi, modificativi o estintivi del diritto azionato e non anche in relazione alle valutazioni di carattere giuridico, che sono affidate al giudice. Cio' posto la corte di merito, ha, in primo luogo, tratteggiato la distinzione tra "regolamento contrattuale" (proveniente dall'unico originario proprietario dell'edificio successivamente caduto in condominio ed accettato dai singoli acquirenti nel contratto d'acquisto o con atto separato), "regolamento contrattuale di origine interna" (adottato in sede assembleare con consenso totalitario) e "regolamento assembleare (adottato con la maggioranza prevista dall'articolo 1138 c.c.). I regolamenti condominiali, qualunque sia la natura, possono derogare ai criteri di riparto delle spese previsti dagli articoli 1123 c.c. e 1124 c.c. Il regolamento contrattuale puo' derogare alla disciplina codicistica, con esclusione delle ipotesi richiamate dall'articolo 1138 c.c., comma 4, tra le quali non rientrano i criteri di riparto delle spese di cui agli articoli 1123 c.c. e 1124 c.c. L'articolo 1123 c.c., nel disciplinare i criteri di ripartizione delle spese necessarie per la conservazione ed il godimento delle parti comuni, prevede espressamente che i condomini possano adottare una "diversa convenzione". Quanto all'articolo 1124 c.c., che stabilisce i criteri per la manutenzione e sostituzione delle scale (nella formulazione, applicabile ratione temporis anteriore alla riforma della L. n. 220 del 2012), la giurisprudenza di questa Corte e' pacifica nell'affermare l'applicazione, in via analogica, dell'articolo 1124 c.c. agli ascensori e, conseguentemente, esclude che si tratti di norma inderogabile attraverso un accordo tra condomini (Cass.2883/99 e Cass. 5479/91). Anche nel regolamento di natura assembleare e' possibile introdurre modifiche al sistema legale di ripartizione delle spese, qualora, ai sensi dell'articolo 1123 c.c., si tratti di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, secondo la proporzione dell'uso che ciascuno puo' fare, sicche' e' anche legittima la deroga assembleare all'articolo 1124 c.c., laddove, pur senza considerare millesimi di proprieta', si basi sul maggiore o minore uso fattone dai condomini. Nel caso di specie, il "regolamento contrattuale di origine interna" nascente dall'approvazione unanime di tutti i condomini, deroga all'articolo 1124 c.c., in quanto l'articolo 7, lettera e) stabilisce il riparto delle spese ascensore in base al solo criterio della "proporzionale altezza di ciascun piano al suolo", abbandonando l'altro criterio, stabilito in via concorrente, in ragione della meta', dall'articolo 1124 c.c. ovvero quello del "valore dei singoli piani o porzione di piano". Ne' rileva la circostanza che si trattasse di sostituzione dell'ascensore e non di mera manutenzione. La giurisprudenza di questa Corte e' consolidata nell'affermare, nella vigenza della disciplina antecedente alla riformulazione dell'articolo 1124 c.c., ratione temporis applicabile, che a differenza dell'installazione "ex novo" di un ascensore in un edificio in condominio (le cui spese vanno suddivise secondo l'articolo 1123 c.c., ossia proporzionalmente al valore della proprieta' di ciascun condomino, quelle relative alla manutenzione e ricostruzione dell'ascensore gia' esistente vanno ripartite ai sensi dell'articolo 1124 c.c. (Cass. Civ., Sez. II, 4.9.2017, n. 20713, non massimata; Cass. 25.3.2004, n. 5975; Cass. Civ., Sez. II, 17.2.2005, n. 3264). Come tutti i criteri legali di ripartizione delle spese condominiali, anche quello di ripartizione delle spese di manutenzione e sostituzione degli ascensori puo' essere derogato, ma la relativa convenzione modificatrice della disciplina legale di ripartizione deve essere contenuta o nel regolamento condominiale (che percio' si definisce "di natura contrattuale"), o in una deliberazione dell'assemblea che venga approvata all'unanimita', ovvero col consenso di tutti i condomini (Cass. Sez. II, 4.8.2016, n. 16321; Cass. Civ., Sez. II, 17.1.2003, n. 641; Cass. Civ., Sez. II, 19.3.2010, n. 6714) Nel caso di specie, nell'ambito dell'attivita' interpretativa riservata al giudice di merito, la Corte di merito ha ritenuto applicabile l'articolo 7, lettera e) del regolamento condominiale, che disciplina le "spese per la manutenzione, riparazione ed esercizio degli ascensori", ritenendo che la norma si riferisse specificamente alle spese riguardanti l'ascensore laddove l'articolo 7, lettera a) del regolamento regola le spese di manutenzione, sia ordinaria che straordinaria, delle scale, dei soffitti e dei solai. Come osservato dal Procuratore Generale la "ricostruzione" e' una forma di manutenzione straordinaria e anche di riparazione perche' non altera la destinazione del bene ascensore, e, attraverso la sostituzione rende funzionante e nuovo il bene stesso. E' stata quindi correttamente utilizzata, ai fini del riparto delle spese, la tabella ascensore allegata al regolamento condominiale. Vanno, infine, disattese le censure attinenti all'errata interpretazione del regolamento contrattuale, trattandosi di interpretazione plausibile alla quale il ricorrente intende sostituire una diversa interpretazione a lui piu' favorevole, senza contestare la violazione dei criteri ermeneutici. Del tutto insussistente sono le censure relative alla nullita' della sentenza per violazione dell'articolo 112 c.p.c., sotto i diversi profili di mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato ed ultrapetizione, avendo la Corte di merito pronunciato sulla domanda di annullamento della delibera. Il ricorso va pertanto rigettato. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita', che liquida in Euro 5000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da' atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE D'APPELLO DI MILANO Sezione Terza Civile nelle persone dei seguenti magistrati: dr.ssa Irene Formaggia Presidente dr.ssa Maura Caterina Barberis Consigliere rel. dr.ssa Maria Carla Rossi Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. r.g. 2680/2021 promossa in grado d'appello da (...) (C.F: (...)) rappresentato e difeso dell'Avv. (...) ed elettivamente domiciliato in Milano presso lo studio sito in (...), come da procura in atti. - appellante - contro CONDOMINIO DI MILANO, (...), (C.F: (...)) - appellato contumace - OGGETTO: appello avverso la sentenza resa nel procedimento recante n. R.G. 13492/2020 dal Tribunale di Milano n. 6022/2021 pubblicata in data 06.07.2021 e notificata in data 20.07.2021, in materia di "Comunione e condominio, impugnazione di delibera assembleare - spese condominiali". CONCLUSIONI: per (...): "Voglia l'Ecc.ma Corte d'Appello adita, contrariis reiectis: - IN VIA PREGIUDIZIALE E CA UTELARE sospendere e/o revocare la provvisoria esecutorietà della sentenza n. 6022/2021, pubblicata il 06/07/2021, Repert. n. 5947/2021 del 08/07/2021, resa dal Tribunale di Milano, Sezione Tredicesima Civile, Giudice Dott. Pietro Paolo Pisani, nel giudizio rubricato al n. di R.G. 13492/2020, notificata in data 20.07.2021, ivi impugnata per i motivi tutti meglio dedotti nel presente atto; - NEL MERITO accogliere per i motivi tutti dedotti in narrativa il proposto appello e, per l'effetto, in riforma della sentenza n. 6022/2021, pubblicata il 06/07/2021, Repert. n. 5947/2021 del 08/07/2021, resa dal Tribunale di Milano, Sezione Tredicesima Civile, Giudice Dott. Pietro Paolo Pisani, nel giudizio rubricato al n. di R.G. 13492/2020, accogliere le conclusioni avanzate in prime cure nel merito e in via principale che qui si riportano: "previa ogni necessaria declaratoria in fatto e in diritto, nel merito - accertare e dichiarare l'annullamento e/o la nullità della delibera assunta all'esito dell'Assemblea del Condominio di (...) in Milano del 16.11.2017 in relazione ai punti VI. (e VIII.) impugnati, per tutti i motivi esposti in narrativa; - il tutto con vittoria di onorari, 15% di spese generali, spese e accessori come per legge", con richiesta di dichiarare tardivo ed inammissibile l'intervento ad adiuvandum del condomino (...). Con ogni più ampia riserva di ulteriormente dedurre e produrre. Con vittoria di spese e onorari anche del presente giudizio di appello" RAGIONI DI FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE La presente controversia prende origine dalla impugnativa, proposta dal Sig. (...), della delibera assembleare del Condominio di (...), dinanzi al Giudice di Pace di Milano, per la sua asserita nullità e/o annullabilità con riferimento ai punti n. VI e VIII del suo O.d.g. aventi ad oggetto rispettivamente la decisione di: "affittare l'ex canna di caduta rifiuti al locale (...) per Euro 1.200,00 all'anno affinché possa inserirvi una canna fumaria" e di approvare "il conto consuntivo 2016/2017 per Euro 131.816,17 e la sua ripartizione". Iscritto il procedimento a ruolo con il n. R.G. 25626/2018, si costituiva in giudizio il Condominio di Viale Papiniano, 57 (d'ora innanzi solo "Condominio") e spiegava intervento il singolo condomino (...), ad adiuvandum del Condominio. Il Giudice di Pace di Milano, con sentenza n. 12412/2019, dichiarava la propria incompetenza per materia in favore del Tribunale di Milano e concedeva all'attore il termine di legge per la riassunzione della causa. L'attore provvedeva ritualmente alla riassunzione del giudizio solo nei confronti del Condominio, chiedendo in ogni caso dichiararsi l'inammissibilità dell'intervento spiegato dal condomino (...) e riproponendo solo la domanda relativa al punto VI dell'O.d.g. assembleare. Il Condominio, tempestivamente costituitosi, contestava tutto quanto ex adverso dedotto ed eccepito, in quanto ritenuto infondato in fatto ed in diritto, chiedendone l'integrale rigetto. All'esito della prima udienza venivano rigettate le richieste di mezzi istruttori e ritenuta la causa matura per la decisione, precisate le conclusioni, la causa veniva rinviata ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c. con termine per il deposito di note conclusionali. A seguito dei depositi e della discussione orale il Giudicante pronunciava la sentenza n. 6022/2021 con cui rigettava tutte le domande dell'attore; condannava lo stesso a corrispondere al convenuto Condominio le spese e competenze di lite e di mediazione, liquidate in Euro.4.000,00 per compensi, oltre alle spese generali nella misura del 15% dei compensi ed a cpa e Iva di legge. Noè Ambrogio proponeva appello chiedendo la riforma della sentenza impugnata, come da conclusioni riportate in epigrafe, citando in giudizio sia il Condominio che ad (...) (a quest'ultimo notificando l'atto d'appello personalmente). Il Condominio non si costituiva, al pari di (...): dichiarata la loro contumacia e la causa matura per la decisione, la causa veniva trattenuta in decisione con concessione dei termini ordinari per il deposito degli scritti difensivi finali. Con unico motivo di appello, articolato in più punti, l'appellante censura l'inclusione della fattispecie de qua nelle materie in cui sarebbe ammissibile una deliberazione condominiale assunta a maggioranza semplice a norma dell'art. 1102 c.c. In particolare, secondo la prospettazione di parte appellante, il Giudice di prime cure non avrebbe considerato che la 'condotta caduta rifiuti' rappresenta un bene comune potenzialmente funzionante, anche se non utilizzata per la chiusura temporanea degli sportelli. Il suo diverso utilizzo (allocazione di una canna fumaria) rientrerebbe pertanto nelle modifiche previste dall'art. 1120 c.c. e, pertanto, approvabili solo con le maggioranze di cui all'art. 1136 c.c., vale a dire due terzi del valore del condominio: il Tribunale avrebbe d'altronde trascurato il fatto che la modifica renderebbe impossibile l'utilizzo del bene comune da parte di qualsiasi condomino (essendo il kebab (...) estraneo al condominio), il pregiudizio da ciò derivante alla sicurezza dello stabile (alla luce al disposto dell'art. 1117 ter c.c., ultimo comma che vieta le modificazioni delle destinazioni d'uso che possono recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato o che ne alterino il decoro architettonico, considerato che la delibera era stata assunta senza che fossero state nemmeno indicate le caratteristiche della canna fumaria) e la contrarietà di quanto autorizzato con la delibera all'art. 5 del regolamento condominiale (divieto di occupazione degli enti comuni, anche in via temporanea). In via preliminare, va rilevato come la sentenza di primo grado non sia stata resa nei confronti di (...). Questo, come si è detto, era infatti intervenuto ad adiuvandum del Condominio nella prima fase (avanti il Giudice di Pace) del giudizio di primo grado, senza che la causa fosse poi stata riassunta nei suoi confronti avanti al Tribunale (come ben possibile, non trattandosi di litisconsorte necessario): ne discende l'irrilevanza della irrituale notifica dell'atto d'appello eseguita allo stesso personalmente, mentre la revoca della sua dichiarazione di contumacia è la conseguenza necessaria del difetto della sua qualità di parte. Nel merito, è opportuno innanzitutto ricordare che "costituisce innovazione ex art. 1120 cod. civ. non qualsiasi modificazione della cosa comune, ma solamente quella che alteri l'entità materiale del bene operandone la trasformazione, ovvero determini la trasformazione della sua destinazione, nel senso che detto bene presenti, a seguito delle opere eseguite una diversa consistenza materiale, ovvero sia utilizzato per fini diversi da quelli precedenti l'esecuzione delle opere. Ove invece, la modificazione della cosa comune non assuma tale rilievo, ma risponda allo scopo di un uso del bene più intenso e proficuo, si versa nell'ambito dell'art. 1102 cod. civ., che pur dettato in materia di comunione in generale, è applicabile in materia di condominio degli edifici per il richiamo contenuto nell'art. 1139 cod. civ." (Cass. n. 945 del 2013; Cass. n. 240 del 1997; Cass. n. 2940 del 1963). Il contenuto della delibera in oggetto non consiste nell'approvazione di innovazioni o nell'impedimento al diritto dei condomini di beneficiare del servizio comune di smaltimento dei rifiuti attraverso la condotta in questione, in quanto tale servizio risulta ormai dismesso da diversi anni, in virtù di precedente delibera condominiale mai impugnata e di conseguente sigillatura delle aperture per lo scarico dei rifiuti. Pertanto, può dirsi rientrante nella competenza dell'assemblea il potere di deliberare a maggioranza la destinazione di un bene comune, allo stato in alcun modo utilizzato e di cui è stata definitivamente abbandonata la funzione originaria. La locazione per l'inserimento di una canna fumaria è del tutto rispettosa del principio di uso paritetico dei beni comuni, assicurando a tutti i condomini la percezione del canone di affitto pari ad euro 1.200,00, da suddividersi fra gli stessi: tutto ciò in difetto di qualsiasi possibilità di uso diverso prospettata dall'appellante. L'art.5 del Regolamento condominiale, poi, attiene all'ipotesi di mera occupazione da parte di chiunque di aree comuni, all' evidenza diversa da quella in cui tale occupazione avvenga sulla base di un titolo autorizzativo proveniente dalla stessa assemblea condominiale. Quanto alla paventata pericolosità dell'installazione della canna fumaria nel cavedio adibito al servizio rifiuti, è evidente che a ciò il conduttore debba procedere nel rispetto delle regole dell'arte e delle norme legali e regolamentari vigenti, cosicché tale condizione deve considerarsi automaticamente inserita nel contratto. L'appello deve pertanto essere respinto: la contumacia dell'appellato esclude qualsiasi statuizione in punto di spese processuali. P.Q.M. La Corte d'Appello di Milano, definitivamente pronunciando sull'appello proposto da (...) avverso la sentenza del Tribunale di Milano n. 6022/2021 pubblicata in data 6 luglio 2021, così provvede: - Dichiara non costituito il rapporto processuale con (...) e revoca la sua dichiarazione di contumacia; - rigetta l'appello; - nulla per le spese; - dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico di parte appellante, dell'ulteriore importo pari al contributo unificato versato ex. art. 13 comma 1 quater DPR 30.05.2002 n. 115. Così deciso in Milano il 20 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MANNA Felice - Presidente Dott. SCARPA Antonio - Consigliere Dott. GIANNACCARI Rossana - rel. Consigliere Dott. BESSO MARCHEIS Chiara - Consigliere Dott. ROLFI Federico - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso 24065-2017 proposto da: (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso da se' stesso; - Ricorrente - contro CONDOMINIO VIA (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall'avvocato (OMISSIS); - Controricorrente - avverso la SENTENZA n. 383-2016 della CORTE DI APPELLO di PERUGIA, depositata il 27/08/2016; Udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 19/10/2022, dal Consigliere ROSSANA GIANNACCARI. FATTI DI CAUSA 1.Il giudizio trae origine dall'impugnazione della delibera condominiale del 30.10.2007 proposta, innanzi al Tribunale di Perugia, da (OMISSIS) nei confronti del Condominio Via (OMISSIS). 1.1.L'opponente dedusse che nel corso dell'assemblea del 30.10.2007, il condomino (OMISSIS), a seguito di malore, si faceva sostituire dalla condomina (OMISSIS), socia accomandataria della societa' (OMISSIS) S.a.s., societa' amministratrice del condominio e destinataria, proprio in virtu' delle delibere assembleari assunte nella suddetta riunione, di un importo pari al 2,5% del costo dei lavori deliberati nell'occasione. 1.2.La (OMISSIS), in veste di segretaria-condomina delegata, esprimeva in sede assembleare voto favorevole ai fini dell'esecuzione dei lavori in appalto. 1.3.L'opponente dedusse che non poteva tenersi conto del voto di (OMISSIS), su delega del condomino (OMISSIS) perche' la predetta si trovava in conflitto di interesse. 1.4.Con successiva delibera del 7.3.2008, il condominio confermava la delibera del 30.10.2007. 1.5.Il giudice di primo grado dichiaro' la cessazione della materia del contendere e compenso' le spese di lite per 1/3 a carico del condominio e 2/3 a carico dell'attore. 1.6.La sentenza venne confermata dalla Corte d'appello di Perugia. 1.7.Secondo la Corte d'appello, le opere deliberate, la demolizione e rifacimento delle gronde e la demolizione ed il rifacimento del muro a confine, non costituivano innovazioni ma opere di straordinaria manutenzione. L'adozione della delibera di conferma era stata quindi correttamente adottata con la maggioranza prevista dall'articolo 1136, comma II c.c. e detta maggioranza sussisteva anche a prescindere dal voto del (OMISSIS), assunto in conflitto di interessi. 2.Per la cassazione della sentenza d'appello ha proposto ricorso (OMISSIS) sulla base di quattro motivi. 2.1.Il Condominio Via (OMISSIS) ha resistito con controricorso 2.2.In prossimita' dell'udienza il controricorrente ha depositato memorie illustrative. 2.3.Il Procuratore Generale nella persona del Dott. Alessandro Pepe ha chiesto il rigetto del ricorso. RAGIONI DELLA DECISIONE 1.Con il primo motivo di ricorso, si deduce la nullita' della sentenza per omessa pronuncia su un motivo di censura avente ad oggetto l'errata verbalizzazione del numero dei presenti e dei votanti, ai fini della validita' del quorum costitutivo e deliberativo. In subordine, il ricorrente denuncia la medesima violazione sotto il profilo della violazione degli articoli 1136 e 1137 c.c. in relazione all'articolo 360, 1 comma, n. 3, c.p.c.. 2.Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell'articolo 67 disp att. C.p.c., degli articoli 2373 c.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la Corte di merito incidentalmente presunto che il (OMISSIS) fosse a conoscenza che la delegata (OMISSIS) era socia della societa' amministratrice. 3.Con il quarto motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell'articolo 67 disp att. C.p.c., degli articoli 2729 c.comma 3 c.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la Corte di merito erroneamente presunto che il (OMISSIS) fosse a conoscenza che la delegata fosse socia della societa' amministratrice. 3.1.I motivi, che per la loro connessione vanno esaminati congiuntamente, sono, in parte inammissibili e, in parte infondati. 3.2. In primo luogo, il ricorrente non allega se la questione sull'errata verbalizzazione del numero dei presenti e dei votanti fosse stata proposta in primo grado e riproposta in appello o se fosse un ulteriore argomento per evidenziare il mancato raggiungimento del quorum deliberativo per le innovazioni. 3.3.In tal caso, non sussiste il vizio di omessa pronuncia avendo la Corte d'appello affermato che, anche senza conteggiare i millesimi appartenenti al (OMISSIS), la delibera risultava assunta con un numero di condomini rappresentanti la meta' dell'edificio ed a maggioranza semplice. 3.4.Detta affermazione e' errata in diritto e la motivazione deve essere corretta, ai sensi dell'articolo 384 c.p.c.. 3.5.La Corte di merito ha affermato che la maggioranza che aveva approvato la delibera impugnata reggerebbe anche all'annullamento del voto del (OMISSIS), in conflitto di interessi, trattandosi di opere di straordinaria amministrazione. 3.6.La questione giuridica mal risolta dalla Corte d'appello e' la seguente: se, nel condominio negli edifici, nel caso di conflitto di interessi tra il condominio e taluni partecipanti, le maggioranze costituenti il quorum costitutivo e deliberativo debbano essere calcolate con riferimento a tutti i condomini ed al valore dell'intero edificio. 3.7.Questa Corte ha affermato che le maggioranze necessarie per approvare le delibere sono inderogabilmente quelle previste dalla legge in rapporto a tutti i partecipanti ed al valore dell'intero edificio, sia ai fini del "quorum" costitutivo sia di quello deliberativo, compresi i condomini in potenziale conflitto di interesse con il condominio, i quali possono (e non debbono) astenersi dall'esercitare il diritto di voto, ferma la possibilita' per ciascun partecipante di ricorrere all'autorita' giudiziaria in caso di mancato raggiungimento della maggioranza necessaria per impossibilita' di funzionamento del collegio (Cass. Civ., Sez.II, 28.9.2015, n. 19131; Cassazione civile sez. II, 30/01/2002, n. 1201 3.8.E' stato osservato che, in tema di condominio negli edifici, l'ipotesi del potenziale conflitto di interessi tra il condominio ed i singoli partecipanti non e' regolata., ne' puo' essere applicato in via analogica l'articolo 2733 c.c. dettato in tema di societa' di capitali in quanto il ricorso all'analogia suppone il riscontro di una medesima ratio, che non e' ravvisabile tra le societa', aventi personalita' giuridica e la peculiarita' dell'istituto del condominio. 3.9.Le argomentazioni svolte nelle citate sentenze fanno riferimento al rapporto esistente tra gestione delle cose comuni e fruizione delle proprieta' esclusive ed a diversita' strutturale del funzionamento delle assemblee nelle societa' di capitali e di quelle condominiali. 3.10.Nel condominio non esiste un fine gestorio autonomo: la gestione delle cose, degli impianti e dei servizi comuni non mira a conseguire uno scopo proprio del gruppo e diverso da quello dei singoli partecipanti. 3.11.La gestione delle cose, degli impianti e dei servizi comuni e' strumentale alla loro utilizzazione e godimento individuali e, principalmente, al godimento individuale dei piani o delle porzioni di piano in proprieta' solitaria. 3.12.Tutto cio' si riflette, anzitutto, sul conflitto di interessi, posto che per il sorgere del conflitto tra il condominio ed il singolo condomino e' necessario che questi sia portatore, allo stesso tempo, di un duplice interesse: uno come condomino ed uno come estraneo al condominio e che i due interessi non possano soddisfarsi contemporaneamente, ma che il soddisfacimento dell'uno comporti il sacrificio dell'altro. 3.13.Inoltre, nel condominio degli edifici, il quorum deliberativo - come quello costitutivo - e' determinato con riferimento sia all'elemento personale (i condomini partecipanti all'assemblea), sia all'elemento reale (il valore di ciascun piano o porzione di piano rispetto all'intero edificio, espresso in millesimi). 3.14.Da nessuna norma si prevede che, ai fini della costituzione dell'assemblea o delle deliberazioni, non si tenga conto di alcuni dei partecipanti al condominio e dei relativi millesimi. 3.15.In materia di societa' di capitali, oltre l'ipotesi disciplinata dall'articolo 2373 cit., si prevedono altri casi nei quali il socio non puo' esercitare il diritto di voto (articolo 2344 comma 4 c.c.); peraltro, si prevedono anche casi in cui le azioni, per le quali il diritto di voto e' sospeso, sono computate nel capitale ai fini del calcolo delle quote richieste per la costituzione e per le deliberazioni dell'assemblea (articolo 2357 ter comma 2 c.c.). 3.16.Per contro, in tema di condominio negli edifici - posto che, in caso di conflitto di interessi, al condomino sia vietato esercitare il diritto di voto - non si contempla nessuna ipotesi nelle quali, ai fini dei quorum costitutivo e deliberativo, non si debba tener conto di tutti i partecipanti e di tutte le quote e nelle quali le maggioranze possano modificarsi in meno. 3.17.Al contrario, avuto riguardo alla funzione strumentale del principio maggioritario, in ragione della tutela dei diritti dei singoli sulle parti comuni e della garanzia del godimento delle unita' immobiliari in proprieta' solitaria, non sembra corretto applicare i principi elaborato in tema di societa' di capitali. 3.18.Ne consegue che, alla stregua dei principi sopra enunciati, non e' corretta l'affermazione della Corte di merito secondo cui il voto della delegata (OMISSIS) non andava computato, per essere stato espresso in una situazione di conflitto di interessi, ne', conseguentemente, che fosse necessaria la prova di resistenza della delibera senza il calcolo di quel voto. 2.Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione dell'articolo 1120 c.c., per avere la Corte distrettuale ritenuto che non costituisse innovazione il rifacimento delle gronde dell'edificio e del muro di confine. 3.1.Il motivo e' infondato. 2.2.In tema di condominio di edifici costituisce innovazione ai sensi dell'articolo 1120 c.c. non qualsiasi modificazione della cosa comune, ma solamente quella che alteri l'entita'' materiale del bene operandone la trasformazione ovvero determini la trasformazione della sua destinazione, nel senso che detto bene presenti, a seguito delle opere eseguite, una diversa consistenza materiale ovvero sia utilizzato per fini diversi da quelli precedenti l'esecuzione delle opere (Cass. Civ., Sez. II, Sez. 2 -, 04/09/2017, n. 20712; Cass. Civ., Sez. II, 29.8.1998, n. 8622) 2.3.Le modificazioni che invece mirano a potenziare o a rendere piu' comodo il godimento della cosa comune o ne lasciano immutate la consistenza e la destinazione non possono definirsi innovazioni nel senso suddetto. 2.4.Secondo l'accertamento della corte di merito, non costituiva innovazione la sostituzione delle gronde consdominiali in cemento, demolite e sostituite con gronde in lamiera a sbalzo di identica dimensione ed il rifacimento del muro di confine. 3.Il ricorso va pertanto rigettato. 3.1.Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo. 3.2.Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente di un importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese di lite che liquida in Euro 5000,00 ed Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge, iva e cap come per legge. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente di un importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO CORTE D'APPELLO DI ROMA SETTIMA SEZIONE La Corte D'Appello di Roma, 7 SEZIONE, in persona dei magistrati: Dottor Franco Petrolati - Presidente Dr.ssa Assunta Marini - Consigliere Avv. Paolo Caliman - Giudice Aus. Rel. ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di II grado tra (...) SRL (c.f. 0 (c.f. (...)) con sede in V. alla Via V. n.20, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, per mandato in calce al ricorso in appello, dall'Avv. Em.Lo. (c.f. (...)), presso il cui studio in Viterbo alla Via (...), pec emiliolopoi (...); Appellante Ricorrente C/ (...) SRL (c.f. (...)), con sede in R. alla Via A. S. n.10, in persona del legale rapp.te pro tempore (...), rappresentata e difesa in I Grado dall'Avv. St.Ol. (c.f. (...) ); Appellato Resistente Contumace RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con sentenza n. 837/2018, procedimento iscritto al RG. 1751/2015, il Tribunale di Viterbo ha emesso il seguente dispositivo: "P.Q.M. disattesa ogni contraria istanza, eccezione o deduzione anche istruttoria, definitivamente pronunciando così provvede: accoglie le domande proposte dalla (...) SRL con il ricorso introduttivo del presente giudizio; dichiara la risoluzione del contratto stipulato in data 01.06.2001 tra la (...) SRL e la (...) SRL per inadempimento di quest'ultima ;condanna la (...) SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, al rimborso, in favore di (...) SRL, della somma di Euro 30.000,00 oltre agli interessi legali dalla domanda al saldo nonché' alla refusione delle spese del giudizio, che liquida nel complessivo importo di Euro 6.786,00, di cui Euro 786,00 per esborsi ed Euro 6.000,00 per onorario di difesa, oltre I.V.A e CPA come per legge. Condanna la (...) SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, al versamento all'entrata del bilancio dello Stato, ex comma 4 bis dell'art. 8 D.L. n. 28 del 2010, di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio. Si dà atto che al termine dell'odierna udienza è stata data lettura integrale del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione e che le parti sono state avvertite che la sentenza emessa si intende pubblicata immediatamente per via telematica. Così deciso in Viterbo il 23/05/2018 f.to. Il Giudice di Viterbo. La vicenda che ha dato origine al giudizio ha avuto il seguente svolgimento: Con ricorso ex art. 447 bis c.p.c. la (...) SRL conveniva in giudizio la (...) SRL per non aver ottemperato agli obblighi assunti in relazione al contratto di locazione stipulato tra le parti in data 01.06.2011 e precisamente: a) agli orari di apertura e chiusura dell'attività previsti dal Regolamento interno del Centro Commerciale La Palma; b) all'uso appropriato del parcheggio che la (...) utilizzava a proprio piacimento invece di destinarlo ad uso della clientela; c) ad un corretto uso del piazzale il cui manto stradale risultava usurato a causa del transito dei pullman che portavano in loco i turisti cinesi e che di fatto impedivano l'accesso agli avventori del Centro commerciale e causavano la rottura del cancello d'ingresso; d) all'utilizzo improprio di alcuni locali dell'immobile (quale ad es. la ex sala giochi adibita a magazzino per accatastare le merci); e) all'utilizzo di spazi in maniera impropria avendo la (...) trasformato gli stessi in servizi igienici senza autorizzazione nonché al posizionamento non appropriato del serbatoio dell'acqua. Si costituiva in giudizio il convenuto concludendo per il rigetto della avversa domanda contestando ogni singola deduzione di controparte e depositando documentazione a conforto. Espletata prova testimoniale ed effettuata CTU la causa andava in decisione all'udienza del 23.05.2018. Seguiva la discussione orale e la lettura del dispositivo. Seguiva sentenza gravata. Avverso detta sentenza proponeva appello la (...) srl, come in atti, contestandola e chiedendo la riforma sotto vari profili con vittoria delle spese del doppio grado. Nessuno si costituiva per la (...) srl , come in atti. La causa è stata trattenuta in decisione all'udienza del 01.02.2023, all'esito della trattazione scritta, ai sensi degli artt. 437 e 447 bis c.p.c., con riserva di legge. L'appellante ha formulato i seguenti motivi: 1) Travisamento degli esiti della c.t.u. ... Violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e ss., 1455 e 1564 c.c. Deduce l'appellante che il motivo d'appello attiene all'errata interpretazione del contratto ed all'assenza dei presupposti per una sentenza costitutiva della risoluzione per inadempimento; sottolinea inoltre che la c.t.u. conduce ad esiti diversi rispetto a quelli fatti propri dal tribunale: viene contestato dalla locatrice l'uso improprio della fogna per l'installazione, mai autorizzata dalla proprietà, di tre nuovi servizi igienici che, considerando il notevole afflusso di avventori, sottopongono l'impianto ad una pressione eccessiva; mentre il c.t.u. alla pagina 9 della sua perizia deduce l'inidoneità dell'impianto fognario realizzato per non essere lo stesso allacciato all'impianto fognario comunale. Ne è vera l'asserzione di mancata autorizzazione all'installazione dei tre servizi igienici in quanto all' articolo 5 del contratto di locazione la conduttrice, (...) srl, veniva autorizzata a compiere alcune opere atte a completare le rifiniture dell'immobile. 2) Carenza di legittimazione attiva della (...) s.r.l. a richiedere il rispetto del regolamento di condominio. Travisamento delle circostanze di fatto per la quantificazione del danno in via equitativa. Deduce l'appellante che il motivo d'appello attiene all'inesistenza degli inadempimenti ed alla carenza di legittimità della (...) s.r.l. nel farli valere. 3) Carenza di prova per la condanna al risarcimento del danno nella misura di Euro 30.000,00 in via equitativa. La Corte così ragiona In ordine al primo motivo osserva il Collegio che in fatto i tre nuovi servizi igienici sono stati eseguiti nel 2015 (diffida (...) srl del 04.05.2015) e non immediatamente dopo la stipula del contratto di locazione (giugno 2011) con cui la locatrice autorizzava la (...) srl al solo completamento delle finiture dell'immobile non ancora realizzate. Lo stesso contratto di locazione richiamato dalla conduttrice prevede all'articolo 9 che "La conduttrice di obbliga a non apportare modifiche, innovazioni, addizioni, migliorie, trasformazioni, forature, installazione d'impianti sulle vetrine o nelle strutture metalliche se non con il preventivo consenso scritto della locatrice e con l'osservanza delle prescrizioni, delle modalità e cautele del caso e sotto la sorveglianza, ove ritenuto opportuno, della locatrice medesima". In mancanza di tale consenso la realizzazione dei tre nuovi servizi igienici deve ritenersi in violazione degli obblighi contrattuali e quindi costituisce inadempimento della conduttrice. Osserva inoltre che la (...) s.r.l. ha locato il ristorante in un Centro commerciale impegnandosi di fatto, come previsto dall'art. 7 del contratto di locazione, al rispetto della relativa disciplina e con delle evidenti restrizioni rispetto a quelli collocati nell'ambito dell'area comunale. L'appellante ha eccepito la carenza di legittimazione della (...) s.r.l. a richiedere il rispetto del regolamento di condominio; tale eccezione va disattesa trattandosi di un obbligo a carattere reale assunto dal conduttore con la stipula di apposita clausola nel contratto di locazione. La Suprema Corte con sentenza n. 11383/2006 ritiene che il locatore, a fronte del reiterato inadempimento del conduttore ad un obbligo stabilito nel regolamento di condominio, ha lo strumento giuridico per rendere possibile il conseguimento, nelle proprie mani, della disponibilità del locale, attraverso la richiesta, in via giudiziaria, della risoluzione del contratto di locazione, mettendo, quindi, in atto un comportamento idoneo a favorire l'osservanza della norma regolamentare. La Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione (Sent. n. 11383/2006) ha stabilito quindi che il locatore, a fronte del reiterato inadempimento del conduttore all'osservanza del regolamento condominiale richiamato dal contratto di locazione, ha lo strumento giuridico per riottenere la disponibilità dell'immobile chiedendo la risoluzione del contratto. Il motivo va quindi disatteso. Essendoci la prova della violazione del Regolamento di Condominio del Centro Commerciale, assunta attraverso i testimoni, la produzione fotografica nonché quella acquisita in sede di c.t.u., per l'utilizzo pressoché esclusivo dell'area adibita a sosta delle auto dirette al Centro Commerciale da parte dei numerosi pullman diretti esclusivamente al locale Ristorante della (...) srl, con conseguente danneggiamento del manto a copertura dell'area sosta, del cancello d'ingresso ( quesito 3 c.t.u.) e della violazione dell'orario di chiusura dell'area sosta ove venivano parcheggiati camion e pullman i per l'intera notte, va confermata la sentenza di primo grado per la dichiarazione di risoluzione del contratto per inadempimento della conduttrice. In ordine al motivo d'appello sulla quantificazione del danno, lo stesso può quantificarsi nelle spese necessarie allo svuotamento della fossa biologica (fattura della (...) del 30.01.2016 per Euro 300,00) utilizzata dalla (...) sia per lo scarico dei tre servizi igienici realizzati che per l'utilizzo dei reflui del ristorante e nelle spese di rimessa in pristino del cancello d'ingresso all'area sosta e del rifacimento del relativo manto stradale, come da preventivi esibiti agli atti e non contestati, per un totale di Euro 15.000,00. Il risarcimento del danno va quindi, in riforma dell'impugnata sentenza, quantificato in Euro 15.000,00, rispetto al maggior importo quantificato dal Tribunale in via equitativa in Euro 30.000,00, il tutto oltre interessi come per L. dal 23 maggio 2018 deposito della sentenza di primo grado. Le spese seguono la maggiore soccombenza della parte appellante, confermandosi quelle del primo grado mentre per il secondo grado, attesa la contumacia della parte appellata, non vi è luogo a provvedere. P.Q.M. La Corte d'Appello, definitivamente pronunciando sull'appello proposto da (...) SRL avverso la sentenza del Tribunale di Velletri n. 837/2018 così provvede: 1) In parziale accoglimento dell'appello ed in parziale riforma della sentenza gravata, capo tre del dispositivo, condanna parte appellante, come in atti, al risarcimento del danno a favore della (...) srl, come in atti, nella misura di Euro 15.000,00 oltre interessi legali dal 23.05.2018 al soddisfo in modifica di quella di Euro 30.000,00 liquidata dal Tribunale, fermo il resto. 2) Nulla a provvedere per le spese del secondo grado; si confermano quelle del primo grado. Così deciso in Roma l'8 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 16 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MANNA Felice - Presidente Dott. CARRATO Aldo - Consigliere Dott. FALASCHI Milena - Consigliere Dott. SCARPA Antonio - rel. Consigliere Dott. AMATO Cristina - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso 4983-2018 proposto da: CONDOMINIO (OMISSIS), rappresentato e difeso dall'avvocato (OMISSIS); - ricorrente - contro CONDOMINIO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS); - controricorrente - avverso la sentenza n. 1432/2017 del TRIBUNALE di TORINO, depositata il 16/03/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/12/2022 dal Consigliere ANTONIO SCARPA. viste le conclusioni motivate, ai sensi del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8-bis, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, formulate dal P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale BASILE TOMMASO, il quale ha chiesto il rigetto del ricorso. FATTI DI CAUSA Il Condominio (OMISSIS) ha proposto ricorso, articolato in due motivi, ai sensi dell'articolo 348 ter c.p.c., comma 3, avverso la sentenza n. 1432/2017 del Tribunale di Torino, depositata il 16 marzo 2017. La Corte d'appello di Torino, con ordinanza comunicata il 4 dicembre 2017, aveva dichiarato l'inammissibilita' dell'appello proposto dal Condominio (OMISSIS) ai sensi dell'articolo 348 bis c.p.c.. Resiste con controricorso il Condominio (OMISSIS) di Torino. Il giudizio ha ad oggetto l'opposizione al decreto ingiuntivo per la riscossione di spese condominiali dell'importo di Euro 10.743,75, coma da bilancio preventivo 2013, intimato dal Condominio (OMISSIS) di Torino al Condominio (OMISSIS). Con l'opposizione proposta, il Condominio (OMISSIS) aveva "negato di essere condomino del Condominio (OMISSIS)" e di non essere percio' tenuto al pagamento della somma ingiunta. Il Tribunale di Torino affermo' che "non vi e' alcuna preclusione a che un Condominio, caratterizzato dall'esistenza (di) proprieta' comuni, sia a propria volta un condomino di un piu' ampio Condominio caratterizzato dalla presenza di parti dello stabile comune sia al primo Condominio che di altri condomini". Il Tribunale diede a tal fine rilievo al "regolamento del Condominio (OMISSIS)", accettato dagli acquirenti, che all'articolo 4 riconosce ai Condomini di (OMISSIS) la comproprieta' del 50% della rampa al civico n. (OMISSIS) di (OMISSIS) e del cortile a cielo aperto messo al piano interrato primo". Ancora, la sentenza di primo grado fece riferimento alle due "scritture ricognitive" del 22 dicembre 1998 e del 22 aprile 1999. Anche l'articolo 3, lettera b) del regolamento avrebbe confermato la "doppia natura della superficie scoperta". Pertanto, secondo il giudice di primo grado, "una parte comune del Condominio (OMISSIS)", cioe' l'area che funge sia da cortile dello stabile sia da pavimento del primo piano interrato ove si trovano le autorimesse, sarebbe al contempo "parte comune del fabbricato del Condominio di (OMISSIS)". Nello stesso senso si spiegherebbe, secondo il Tribunale di Torino, l'articolo 9 del regolamento del Condominio (OMISSIS), che prevede la ripartizione tra le sole unita' immobiliari ricadenti nei Condomini di (OMISSIS), di (OMISSIS) e di via (OMISSIS) le rispettive spese. La sentenza di primo grado affermo', infine, che la deliberazione assembleare del 24 aprile 2013, su cui fondava il decreto ingiuntivo, non era stata tempestivamente impugnata ai sensi dell'articolo 1137 c.c. dal Condominio (OMISSIS). La Corte d'appello di Torino ha poi dichiarato inammissibile l'appello ai sensi dell'articolo 348 bis c.p.c., ribadendo l'asserto che, alla luce dei documenti prodotti, il Condominio (OMISSIS) risulti in parte compreso nel Condominio (OMISSIS). Il ricorso e' stato deciso in camera di consiglio procedendo nelle forme di cui al Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8-bis, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176. Il ricorrente ha presentato memoria. MOTIVI DELLA DECISIONE 1.Il primo motivo del Condominio (OMISSIS)Corso Francia(OMISSIS)353(OMISSIS) lamenta l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, nonche' la violazione e falsa applicazione degli articoli 1117, 1123, 1125, 1135, 1362, 1363 e 1367 c.c. La censura espone che le tabelle millesimali dei condomini in lite non contemplano quote spettanti al condominio autorimesse. Si illustrano le regole sul funzionamento del cd. supercondominio e si ribadisce che il Condominio (OMISSIS) non e' condomino del Condominio (OMISSIS). Il secondo motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 1100, 1104, 1117, 1123, 1135, 1137, 1138, 1362, 1363 e 1367 c.c., nonche' degli articoli 112 e 115 c.p.c., ed ancora la "insufficiente motivazione". La complessa censura, che si sviluppa da pagina 19 a pagina 30 del ricorso, contesta l'esistenza di un "rapporto di natura reale" tra il Condominio (OMISSIS) e il Condominio (OMISSIS) e si sofferma sulla struttura del complesso immobiliare, sempre per escludere che potesse essere emesso nei confronti del condominio delle autorimesse un decreto ingiuntivo ai sensi dell'articolo 63 disp. att. c.c. in favore del Condominio (OMISSIS), per carenza della qualita' di "condomino". I due motivi, giacche' connessi, verranno esaminati congiuntamente. 2. Il controricorrente sostiene che il ricorso e' inammissibile o comunque infondato, atteso che: e' invalida la Delib. dell'assemblea del Condominio (OMISSIS) di autorizzazione al promovimento del ricorso per cassazione; e' percio' invalida la procura speciale rilasciata dall'amministratore; non sono stati indicati i motivi di appello che hanno portato alla declaratoria di inammissibilita' ai sensi dell'articolo 348 bis c.p.c.; sussiste l'inammissibilita' del motivo ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 agli effetti dell'articolo 348 ter c.p.c., comma 4; vengono dedotte dal ricorrente questioni di fatto; in ogni caso il Condominio (OMISSIS) ben poteva avvalersi dello strumento di cui all'articolo 63 disp. att. c.c. nei confronti del Condominio (OMISSIS), facendo questo parte del primo in forza della comproprieta' di una rampa e di un cortile, come dimostra la documentazione prodotta. 3. Devono dapprima affrontarsi le eccezioni del controricorrente. 3.1. Innanzitutto, la necessita' dell'autorizzazione o della ratifica assembleare per la costituzione in giudizio dell'amministratore va riferita soltanto alle cause che esorbitano dalle attribuzioni dell'amministratore, ai sensi dell'articolo 1131 c.c., commi 2 e 3, L'amministratore di condominio non ha allora necessita' di autorizzazione o ratifica dell'assemblea per proporre opposizione a decreto ingiuntivo avente ad oggetto il pagamento preteso nei confronti del condominio da un terzo creditore (cfr. Cass. Sez. 2, 03/08/2016, n. 16260). Parimenti, in tali controversie l'amministratore del condominio puo' impugnare la sentenza sfavorevole senza la preventiva autorizzazione dell'assemblea, sicche' nessuna rilevanza hanno i rilievi del controricorrente sulla autorizzazione a proporre il ricorso per cassazione contenuta nella Delib. assemblea 31 gennaio 2018 del Condominio (OMISSIS) e sulla conseguente procura rilasciata dall'amministratore. Ancor piu' recisamente, il controricorrente non ha legittimazione alcuna a far valere vizi di annullabilita' della deliberazione assembleare autorizzativa del Condominio (OMISSIS). Nella memoria presentata ai sensi dell'articolo 378 c.p.c. il Condominio (OMISSIS) di (OMISSIS) ha comunque richiamato la deliberazione assembleare del 13 luglio 2022 prodotta con la memoria di nomina del nuovo difensore del 21 ottobre 2022. 3.2. Opera effettivamente la previsione d'inammissibilita' del ricorso per cassazione, di cui all'articolo 348 ter c.p.c., comma 4, che esclude che possa essere impugnato ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 il provvedimento di primo grado allorche' sia pronunciata l'inammissibilita' dell'appello ai sensi dell'articolo 348 bis c.p.c.. 3.3. Nella vigenza del testo dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non e' comunque piu' configurabile il vizio di insufficiente o contraddittoria motivazione della sentenza, restando denunciabile per cassazione la nullita' della stessa per violazione dell'articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, nei casi di "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", "motivazione apparente", "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile". 3.4. Il ricorso per cassazione proposto dal Condominio (OMISSIS)Corso Francia(OMISSIS)353(OMISSIS) avverso la sentenza di primo grado adempie al requisito di ammissibilita' di cui all'articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 3, facendo espressa menzione (pagina 12 e seguenti) dei motivi di appello e della motivazione dell'ordinanza ex articolo 348-bis c.p.c.. 3.5. I due motivi di ricorso indicano tredici norme di diritto come violate o falsamente applicate, ai fini del vizio previsto dall'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, senza peraltro dedurre con riguardo a ciascuna di esse specifiche argomentazioni, intese a dimostrare in qual modo determinate affermazioni, contenute nella sentenza gravata, debbano ritenersi in contrasto con ciascuna delle norme individuate dal ricorrente come regolatrici della fattispecie. Spetta non di meno a questa Corte, nell'esercizio del potere di qualificazione in diritto della domanda definita e dei fatti comunque accertati nelle fasi di merito, per come esposti nel ricorso per cassazione e nella stessa sentenza impugnata, verificare la fondatezza della questione nei due motivi di ricorso, con riguardo particolare alla legittimazione di un "supercondominio" ad intimare all'amministratore di un condominio in esso compreso un decreto ingiuntivo per la riscossione dei contributi relativi alla conservazione delle parti comuni ad entrambi. 3.6. Devono ancora farsi altre due premesse argomentative. 3.6.1. Avendosi riguardo a giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, potrebbe rilevare il principio secondo cui il giudice puo' sindacare tanto la nullita' dedotta dalla parte o rilevata d'ufficio della deliberazione assembleare posta a fondamento dell'ingiunzione, quanto l'annullabilita' di tale deliberazione, a condizione che quest'ultima sia dedotta in via d'azione, mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell'atto di citazione, ai sensi dell'articolo 1137 c.c., comma 2, e non in via di eccezione (Cass. Sez. Unite, 14/04/2021, n. 9839). Nel caso in esame, il Tribunale di Torino ha proprio evidenziato che la deliberazione assembleare del 24 aprile 2013, su cui fondava il decreto ingiuntivo, non era stata tempestivamente impugnata ai sensi dell'articolo 1137 c.c. dal Condominio (OMISSIS). Cio' che e' tuttavia messo in discussione in causa non e' la validita' della deliberazione di ripartizione delle spese su cui fonda il decreto ingiuntivo opposto, sotto il profilo della violazione dei criteri di suddivisione previsti dalla legge o dalla convenzione ex articolo 1123 c.c., quanto la legittimazione passiva del Condominio (OMISSIS) rispetto all'ingiunzione di pagamento ex articolo 63 disp. att. c.c. domandata dal Condominio (OMISSIS). 3.6.2. Peraltro, nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, la questione dell'appartenenza, o meno, di una o piu' unita' immobiliare di proprieta' esclusiva ad un condominio edilizio, ovvero della titolarita' comune o individuale di una porzione dell'edificio, in quanto inerente all'esistenza del rapporto di condominialita' ex articolo 1117 c.c., puo' formare oggetto di un accertamento meramente incidentale, funzionale alla decisione della sola causa sulla pretesa di pagamento delle spese, ma privo - in assenza di esplicita domanda di una delle parti ai sensi dell'articolo 34 c.p.c. - di efficacia di giudicato in ordine all'estensione dei diritti reali dei singoli, svolgendosi il giudizio, ai sensi dell'articolo 1130 c.c., n. 3) e articolo 1131 c.c., nei confronti dell'amministratore del condominio, senza la partecipazione, quali legittimati passivi, di tutti i condomini in una situazione di litisconsorzio necessario (cosi' da ultimo Cass. Sez. 2, 28/03/2022, n. 9976, non massimata; arg. anche da Cass. Sez. 2, 22/11/2021, n. 35794; Cass. Sez. 6 - 2, 21/02/2020, n. 4697; si veda altresi' Cass. 18/04/2003, n. 6328, proprio in fattispecie di "condominio autonomo" del piano destinato ad autorimesse; Cass. Sez. 2, 01/04/1999, n. 3119). Cio' comporta che l'accertamento della contemporanea appartenenza di parti comuni al Condominio (OMISSIS) ed al Condominio di (OMISSIS), che il Tribunale di Torino ha compiuto nel presente giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, non travalica l'interesse relativo a questa causa e non puo' percio' influire altresi' su liti diverse insorte o che insorgeranno fra le stesse parti. 3.7. Torna ora utile richiamare il consolidato orientamento giurisprudenziale (formatosi con riguardo a fattispecie cui, come quella in esame, non era applicabile ratione temporis la disciplina normativa poi introdotta dalla L. n. 220 del 2012, mediante l'articolo 1117-bis c.c. e articolo 67 disp. att. c.c., commi 3 e 4), secondo il quale il cosiddetto supercondominio viene in essere "ipso iure et facto", ove il titolo non disponga altrimenti, in presenza di beni o servizi comuni a piu' condomini autonomi, dai quali rimane, tuttavia, distinto; sicche' il potere degli amministratori di ciascun condominio di compiere gli atti indicati dagli articoli 1130 e 1131 c.c. e' limitato alla facolta' di agire o resistere in giudizio con riferimento ai soli beni comuni all'edificio amministrato e non a quelli facenti parte del complesso immobiliare composto da piu' condomi'ni, che deve essere gestito attraverso le deliberazioni e gli atti assunti dai propri organi, quali l'assemblea di tutti i proprietari e l'amministratore del supercondominio, ove sia stato nominato (Cass. Sez. 2, 20/12/2021, n. 40857; Cass. Sez. 2, 28/01/2019, n. 2279; Cass. Sez. 2, 26/08/2013, n. 19558). 3.8. Questa Corte, con la recente ordinanza Cass. Sez. 2, 22/07/2022, n. 22954 (non massimata), decidendo in analoga fattispecie, ha cosi' affermato che "legittimati passivi al pagamento delle quote relative ai beni avvinti da un vincolo supercondominiale sono i singoli condomini e non i condomini". 3.8.1. Tale conclusione va certamente ribadita. 3.8.1.1. L'articolo 1118 c.c. vincola ciascun condomino all'obbligo di contribuire alle spese per la partecipazione alle spese per la conservazione delle parti comuni. L'articolo 1123 c.c., comma 1, pone a carico dei condomini, in misura proporzionale al valore della proprieta' di ciascuno, le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza. L'articolo 68 disp. att. c.c. dispone che, ove non precisato dal titolo ai sensi dell'articolo 1118, per gli effetti indicati dagli articoli 1123, 1124, 1126 e 1136 c.c., il valore proporzionale di ciascuna unita' immobiliare e' espresso in millesimi in apposita tabella allegata al regolamento di condominio. Il vigente articolo 67 disp. att. c.c., comma 3 prevede, infine, quando i partecipanti al supercondominio siano piu' di sessanta, la designazione di un rappresentante all'assemblea per ciascun condominio, ma soltanto per la gestione ordinaria delle parti comuni ai distinti condominii e per la nomina dell'amministratore, e non dunque con compiti generali di rappresentanza sostanziale e processuale dei partecipanti al singolo condominio. 3.8.1.2. In presenza di un "supercondominio", ovvero di piu' condominii di unita' immobiliari o di edifici che abbiano parti comuni ai sensi dell'articolo 1117 c.c., trovano applicazione le disposizioni di cui al Libro Terzo, Titolo VII, capo II, del codice civile. Ne consegue che ciascun condomino e' obbligato a contribuire alle spese per la conservazione e per il godimento delle parti comuni e per la prestazione dei servizi comuni a piu' condominii di unita' immobiliari o di edifici in misura proporzionale al valore millesimale della proprieta' del singolo partecipante, sicche' l'amministratore del supercondominio puo' ottenere un decreto di ingiunzione per la riscossione dei contributi, ai sensi dell'articolo 63 disp. att. c.c., comma 1 unicamente nei confronti di ciascun partecipante, mentre e' esclusa un'azione diretta nei confronti dell'amministratore del singolo condominio in rappresentanza dei rispettivi condomini e per l'importo globale delle somme individualmente dovute da questi ultimi, come avvenuto nella specie con il decreto ingiuntivo intimato dal Condominio (OMISSIS) al Condominio (OMISSIS). 4. Va pertanto enunciato il seguente principio: in presenza di un "supercondominio", ciascun condomino e' obbligato a contribuire alle spese per la conservazione e per il godimento delle parti comuni e per la prestazione dei servizi comuni a piu' condominii di unita' immobiliari o di edifici in misura proporzionale al valore millesimale della proprieta' del singolo partecipante, sicche' l'amministratore del supercondominio puo' ottenere un decreto di ingiunzione per la riscossione dei contributi, ai sensi dell'articolo 63 disp. att. c.c., comma 1 unicamente nei confronti di ciascun partecipante, mentre e' esclusa un'azione diretta nei confronti dell'amministratore del singolo condominio in rappresentanza dei rispettivi condomini per il complessivo importo spettante a questi ultimi. 5. Conseguono l'accoglimento del ricorso, nonche' la cassazione della sentenza impugnata in relazione alla censura accolta, con rinvio, ai sensi dell'articolo 383 c.p.c., comma 4, alla Corte d'appello di Torino in diversa composizione, la quale pronuncera' sull'appello tenendo conto dei rilievi svolti ed uniformandosi all'enunciato principio, e provvedera' anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d'appello di Torino, in diversa composizione.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MANNA Felice - Presidente Dott. CARRATO Aldo - Consigliere Dott. FALASCHI Milena - Consigliere Dott. SCARPA Antonio - rel. Consigliere Dott. AMATO Cristina - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso 8179-2018 proposto da: (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall'avvocato (OMISSIS); - ricorrente - contro CONDOMINIO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS); - controricorrente - avverso la sentenza n. 464/2017 della CORTE D'APPELLO di MILANO, depositata il 07/02/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/12/2022 dal Consigliere SCARPA ANTONIO; viste le conclusioni motivate, ai sensi del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8-bis, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, formulate dal P.M. in persona della Sostituta Procuratore Generale DE RENZIS LUISA, la quale ha chiesto il rigetto del ricorso. FATTI DI CAUSA (OMISSIS) ha proposto ricorso avverso la sentenza n. 464/2017 della Corte d'appello di Milano, depositata il 7 febbraio 2017. Il ricorso e' articolato in motivi che sono connotati da aggettivi numerali ordinali dal "primo" al "tredicesimo", ma che poi sono in gran parte suddivisi a loro volta in sottoparagrafi contraddistinti con le lettere in ordine alfabetico. Resiste con controricorso il Condominio di via (OMISSIS). La sentenza n. 464/2017 e' stata pronunciata dalla Corte d'appello di Milano quale giudice di rinvio a seguito della sentenza di cassazione n. 19798 del 2014. La sentenza del 19 settembre 2014, n. 19798, resa da questa Corte, decise sul ricorso, all'epoca strutturato in soli quattro motivi, proposto da (OMISSIS) contro la sentenza n. 1815 pronunciata dalla Corte d'appello di Milano il 27 giugno 2007. Il giudizio ebbe origine nel 2002 e consiste nella impugnazione della deliberazione 7 marzo 2002 approvata dall'assemblea del Condominio di via (OMISSIS). La (OMISSIS) domando' di dichiarare non validamente costituita l'assemblea, convocata per deliberare in materia di interventi straordinari di manutenzione concernenti il corpo principale dell'edificio, giacche' nel calcolo dei quorum si era invece indebitamente tenuto conto anche dei millesimi di proprieta' relativi alle unita' immobiliari adibite ad autorimesse, costituenti un corpo separato e distinto; venne domandato dall'attrice di dichiarare inoltre l'invalidita' della delibera assunta in tale assemblea in materia di approvazione di interventi straordinari riguardanti facciate, balconi, tetto, velette ed accessori dell'edificio, della delibera in materia di nomina e compensi del direttore dei lavori e del coordinatore della sicurezza, della delibera sui compensi dell'amministratore, ed ancora delle delibera in tema di approvazione del piano finanziario, di ripartizione delle spese straordinarie e di modalita' di pagamento, e di apertura di un nuovo conto corrente relativo alla gestione dei fondi concernenti le opere straordinarie. La causa fu decisa in primo grado nel senso della cessazione della materia del contendere quanto alla domanda di invalidita' delle delibere in tema di ripartizione delle spese, riapprovate da successiva assemblea, e per il resto nel senso della infondatezza. Il gravame proposto dalla condomina (OMISSIS) fu respinto dalla Corte d'appello di Milano con la sentenza del 27 giugno 2007. Quanto, in particolare, alla doglianza relativa alla invalida costituzione dell'assemblea, la decisione d'appello trovo' fondamento sul presupposto della vigenza di un regolamento condominiale contrattuale, predisposto dalla cooperativa originaria proprietaria unica dell'edificio, poi richiamato nel primo atto di alienazione che opero' il frazionamento dell'edificio ed infine depositato presso un notaio. A tale regolamento la Corte di Milano riconobbe efficacia al fine di individuare le cose comuni e di disciplinare la ripartizione delle spese di manutenzione delle stesse. Quanto, peraltro, alla censura relativa alla esclusione del carattere innovativo degli interventi manutentivi, i giudici di secondo grado osservarono che si era trattato, piuttosto, di opere manutenzione straordinaria, che percio' non richiedevano il quorum qualificato previsto per le innovazioni e che erano state valutate necessarie dall'assemblea. I giudici dell'appello negarono pure che fossero ravvisabili i lamentati vizi di incompletezza della verbalizzazione delle attivita' assembleari, riferendosi l'appellante a dettagli della discussione non determinanti. La sentenza n. 19798 del 2014 di questa Corte dapprima escluse che sussistesse un vizio di motivazione della decisione di appello, la quale aveva dichiaratamente provveduto ad integrare la motivazione della sentenza di primo grado sia con riferimento alla ritenuta natura convenzionale del regolamento condominiale, sia con riguardo all'andamento dell'assemblea condominiale contestato dalla ricorrente, come al denunciato stato di degrado delle parti comuni del fabbricato condominiale in questione. Venne invece accolto il primo motivo del ricorso per cassazione, inerente alla natura del regolamento di condominio, affermandosi il principio che il regolamento di condominio, predisposto dall'originario unico proprietario dell'edificio, vincola chi abbia acquistato le singole unita' immobiliari successivamente alla sua predisposizione purche' richiamato ed approvato nei singoli atti di proprieta', in modo da far parte per relationem del loro contenuto. Non poteva percio' essere opponibile a tutti i condomini il regolamento oggetto di causa, depositato presso uno studio notarile e che non risultava neppure trascritto nel registro di cui all'articolo 1138 c.c., comma 3, secondo la formulazione ratione temporis applicabile. La sentenza n. 19798 del 2014 preciso' che restava "assorbito dall'accoglimento del primo motivo l'esame del terzo e del quarto, con i quali si deducono vizi della verbalizzazione delle deliberazioni assembleari in questione ed incompletezza del verbale", cassando cosi' la sentenza impugnata "in relazione al motivo accolto". La sentenza n. 464/2017 resa dalla Corte d'appello di Milano nel giudizio di rinvio ha comunque rigettato l'appello proposto da (OMISSIS) ed ha "confermato la sentenza della Corte d'appello di Milano n. 1815/2007", e cioe' la sentenza cassata. La sentenza di rinvio chiarisce in motivazione che "(l)a appellante in riassunzione ha precisato le conclusioni come sopra riportate, indicate nell'atto di appello... chiedendo che la Corte, in applicazione del principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione, accolga le medesime conclusioni gia' avanzate con l'atto di appello proposto avverso la sentenza di primo grado". La Corte di Milano ha quindi osservato che "le conclusioni avanzate dall'appellante in riassunzione non sono coerenti con la statuizione della Corte di Cassazione, il cui dictum l'appellante in riassunzione non ha preso in alcun modo in considerazione, facendo rinvio generale e generico alle conclusioni dell'atto di appello che ha portato alla pronuncia della sentenza cassata". Quale effetto della pronuncia di cassazione, secondo i giudici del rinvio, la sentenza di secondo grado doveva ritenersi "passata in giudicato con riferimento alla integrazione della motivazione della sentenza del Tribunale da parte della Corte di appello in relazione alla natura contrattuale del regolamento condominiale, oggetto del secondo motivo di ricorso". Per il resto, dice la sentenza ora impugnata, "l'appellante in riassunzione non ha espressamente riproposto le questioni ritenute assorbite dalla Corte di cassazione (con riferimento ai motivi tre e quattro, relativi alla validita' delle delibere assembleari)", ma "si e' limitato ad un richiamo generico alle conclusioni avanzate con l'atto di appello che ha portato alla pronuncia cassata", con conseguente passaggio in giudicato anche delle questioni ritenute assorbite dalla Corte di cassazione. L'unico oggetto del giudizio di rinvio, secondo la sentenza impugnata, era percio' dato dalle "ricadute che sulle questioni sottoposte alla Corte ha la affermata inopponibilita' a (OMISSIS) del regolamento condominiale"; tali ricadute si limitavano, tuttavia, alla necessaria applicazione dei criteri legali di ripartizione delle spese, ai sensi dell'articolo 1123 c.c. e seguenti, criteri comunque correttamente applicati nelle delibere impugnate, "sia pure facendo riferimento ad un unico condominio, non essendo piu' qui in discussione... la natura (ritenuta) unitaria del condominio, ne' la validita' delle delibere assembleari in relazione al carattere innovativo (ritenuto non sussistente) degli interventi deliberati, ne' infine in relazione alla chiarezza delle deliberazioni (ritenuta sussistente), essendo queste questioni tutte non espressamente riproposte in sede di rinvio". Il ricorso e' stato deciso in camera di consiglio procedendo nelle forme di cui al Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8-bis, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176. La ricorrente ha presentato memoria. MOTIVI DELLA DECISIONE La memoria ex articolo 378 c.p.c. presentata dalla ricorrente, corredata anche dalla produzione di nuovi documenti, riferisce di un'assemblea condominiale svolta in data 23 aprile 2018 e delle contestazioni che hanno fatto seguito a cio' che venne deliberato in quella sede, cosi' trascendendo dalla funzione propria di tale atto, che e' quella di illustrare e chiarire le ragioni giustificatrici dei motivi debitamente enunciati nel ricorso e non gia' di integrarli; del pari la allegata documentazione e' preclusa dall'articolo 372 c.p.c., tendendo a dimostrare la fondatezza dei motivi di ricorso ovvero circostanze di fatto sopravvenute. I. Il primo, il secondo ed il terzo motivo del ricorso di (OMISSIS) sono cosi' rubricati: Primo motivo (da pag. 9 a pag. 13). A) violazione e/o falsa applicazione degli articoli 161, 166 e 182 c.p.c., nonche' dell'articolo 350 c.p.c., comma 2, in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 4 - (i) per omessa verifica della costituzione in giudizio del condominio; (ii) per omessa verifica della regolare costituzione in giudizio del condominio; (iii) per omessa verifica della regolare costituzione del giudizio; B) violazione e/o falsa applicazione degli articoli 82, 125 e 182 c.p.c. in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4: (i) per omessa pronuncia sulla inammissibilita' della costituzione in giudizio del condominio per assoluto difetto della rappresentanza processuale; (ii) per omessa pronuncia sulla inesistenza giuridica della procura alle liti e della rappresentanza tecnica; (iii) per omessa pronuncia sulla inesistenza giuridica dell'atto di costituzione in giudizio; Secondo motivo (da pag. 16 a pag. 18). A) violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 112 c.p.c. in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 - (i) sotto il profilo della violazione di norme di diritto in tema di motivazione del provvedimento; (ii) in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per la non corrispondenza tra chiesto e pronunciato; B) violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4 in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e n. 5 - (i) per l'omesso esame di un fatto storico principale, risultante dalla sentenza e dagli atti processuali, che ha costituito oggetto di discussione tra le parti e che ha carattere decisivo (articolo 360 c.p.c., n. 5); (ii) sotto il profilo del contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e della motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile in conseguenza dell'omesso esame di cui sopra (articolo 360 c.p.c., n. 4); C) violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 112 c.p.c., e articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4 in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 - (i) sotto il profilo della non corrispondenza tra chiesto e pronunciato (articolo 112 c.p.c.); (ii) sotto il profilo del contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e della motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile in conseguenza dell'omesso esame di cui sopra (articolo 132 c.p.c., comma 2). Terzo motivo (da pag. 18 a pag. 21). A) violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 112 c.p.c. in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 - sotto il profilo della non corrispondenza tra chiesto e pronunciato; B) violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4 in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 - per omesso esame di un fatto storico principale, la cui esistenza risulta dagli atti processuali, che ha costituito oggetto di discussione e ha carattere decisivo; C) violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 - sotto il profilo del contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e della motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile in conseguenza dell'omesso esame di cui sopra. 1.1. Questi primi tre motivi vanno rigettati in quanto: connotati da diffusi profili di inammissibilita' ai sensi dell'articolo 366 c.p.c., comma 1, nn. 4) e 6); deducono questioni nuove, senza specificare quando e come le stesse fossero state utilmente allegate nei pregressi gradi; denunciano la nullita' della sentenza impugnata, per violazione dell'articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e dell'articolo 118 disp. att. c.p.c., mentre la stessa contiene le argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni, in fatto e in diritto, della decisione, come conferma la contemporanea proposizione, nei restanti motivi, della denuncia della violazione di numerose norme di diritto; deducono altrimenti violazioni attinenti all'integrita' del rapporto processuale relative a fasi precedenti al primo giudizio innanzi alla Corte di cassazione, non dedotte con quel ricorso o comunque non rilevate da questa Corte nella sentenza n. 19798 del 2014, e pertanto non piu' deducibili nel giudizio di rinvio e nel successivo di legittimita'; allegano vizi nella costituzione del condominio, che al piu' avrebbero comportato la dichiarazione di contumacia di quest'ultimo e non l'invalidita' della sentenza, e che comunque non considerano che non occorre l'autorizzazione o la ratifica dell'assemblea per le cause che rientrano nelle attribuzioni dell'amministratore, quali, come nella specie, quelle attinenti all'esecuzione delle delibere assembleari, ex articolo 1130 c.c., n. 1. 2. Deve ora passarsi all'esame del quarto, del quinto, dell'ottavo e del nono motivo di ricorso, in quanto gli stessi appaiono suscettibili di assicurare la piu' immediata decisione del ricorso. II.1. Tali motivi sono rubricati come di seguito si riporta: Quarto motivo (da pag. 21 a pag. 23). violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 394 c.p.c., comma 3, in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 - in merito alla dichiarata inammissibile modifica delle conclusioni, in sede di udienza di precisazione delle stesse, rispetto a quelle svolte dall'appellante nell'atto introduttivo di citazione in riassunzione. Quinto motivo (da pag. 23 a pag. 24). violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 394 c.p.c., comma 3, in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 - relativa alla dichiarata mancata considerazione, da parte dell'appellante, del dictum rispetto alle conclusioni formulate con l'atto di riassunzione. Ottavo motivo (da pag. 28 a pag. 30). violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 394 c.p.c., comma 3, in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 - in merito alla presunta mancata riproposizione delle questioni assorbite. Nono motivo (da 30 a pag. 33). A) violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 384 c.p.c., comma 2, in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 - relativo alla infedele esecuzione, da parte del Giudice del rinvio, dei compiti affidati dalla Suprema Corte con la pronuncia n. 19798/14; B) violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 384 c.p.c., comma 2, in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 - per mancato rispetto del decisum e per aver operato in ambito eccedente i confini dei poteri decisionali. 2.2. Il controricorrente deduce che le censure sono inammissibili o comunque infondate. 2.3. Il quarto, il quinto, l'ottavo e il nono motivo di ricorso sono fondati nei sensi di cui in motivazione. La sentenza n. 19798 del 2014 di questa Corte, come visto, pronunciando sul secondo motivo di ricorso, escluse che sussistesse un vizio di motivazione della decisione di appello sia con riferimento alla ritenuta natura convenzionale del regolamento condominiale, sia con riguardo all'andamento dell'assemblea condominiale contestato dalla ricorrente, come al denunciato stato di degrado delle parti comuni del fabbricato condominiale in questione; accolse, invece, il primo motivo del ricorso per cassazione, pervenendo alla decisione che non fosse opponibile a tutti i condomini il "regolamento contrattuale" oggetto di causa; infine, dichiaro' "assorbito dall'accoglimento del primo motivo l'esame del terzo e del quarto, con i quali si deducono vizi della verbalizzazione delle deliberazioni assembleari in questione ed incompletezza del verbale". 2.4. Va considerato che il giudice di rinvio, nel riesaminare le questioni che la pronuncia di cassazione ha dichiarato assorbite, alla stregua della pregiudizialita' logica di quelle per le quali ha accolto il ricorso, non puo' porre in discussione i principi e le ragioni su cui si fonda tale declaratoria (cfr. Cass. Sez. 2, 23/03/2022, n. 18578, non massimata; Cass. Sez. Unite, 12/02/1987, n. 1543; Cass. Sez. L, 25/05/2001, n. 7176; Cass. Sez. 3, 28/06/1997, n. 5800). Nella specie, evidentemente, la Corte di cassazione ritenne assorbite le questioni poste nel terzo e nel quarto motivo, attinenti ai vizi di validita' delle deliberazioni assembleari, non gia' perche' le questioni con essi prospettate si presentavano incondizionatamente irrilevanti, al fine della decisione della controversia, in seguito all'accoglimento del primo motivo, ma perche' tali questioni potevano diventare rilevanti soltanto in relazione ad uno dei prevedibili esiti del giudizio di rinvio, conseguente alla cassazione della sentenza impugnata per il motivo accolto (si veda Cass. Sez. 3, 06/06/2006, n. 13259). 2.5. Alla luce di tale premessa, la Corte di Milano, quale giudice di rinvio, avrebbe comunque dovuto pronunciarsi sulle questioni poste nel terzo e nel quarto motivo di ricorso, rimasti assorbiti, ed attinenti alla validita' delle deliberazioni assembleari impugnate, pur sempre alla stregua della pregiudizialita' logica di quella, per la quale era stato accolto il ricorso, attinente alla accertata inopponibilita' del regolamento contrattuale (le cui disposizioni, pertanto, non potevano spiegare effetto sia nella verifica della regolare costituzione dell'assemblea, sia nella ripartizione delle spese). La sentenza di rinvio ha tuttavia spiegato che l'atto di riassunzione di (OMISSIS) chiedeva genericamente di accogliere le conclusioni gia' avanzate con l'atto di appello proposto avverso la sentenza di primo grado, senza espressamente riproporre le questioni, ritenute assorbite dalla Corte di cassazione, inerenti alla validita' delle delibere assembleari, e limitandosi ad esaminare il profilo della ripartizione delle spese. La Corte di Milano ha poi ritenuto inammissibili le modifiche operate in sede di precisazione delle conclusioni. 2.6. La decisione impugnata non puo' dirsi conforme all'orientamento di questa Corte. La riassunzione della causa - a seguito di cassazione della sentenza - dinanzi al giudice di rinvio instaura indubbiamente un processo chiuso, nel quale e' preclusa alle parti, tra l'altro, ogni possibilita' di proporre nuove domande, eccezioni, nonche' conclusioni diverse - salvo che queste, intese nell'ampio senso di qualsiasi attivita' assertiva o probatoria, siano rese necessarie da statuizioni della sentenza della Cassazione - ed il giudice di rinvio ha gli stessi poteri del giudice di merito che ha pronunciato la sentenza annullata. Conseguentemente, nel giudizio di rinvio non possono essere proposti dalle parti, ne' presi in esame dal giudice, motivi di impugnazione diversi da quelli che erano stati formulati nel giudizio di appello conclusosi con la sentenza cassata e che continuano a delimitare, da un lato, l'effetto devolutivo dello stesso gravame e, dall'altro, la formazione del giudicato interno. E' vero che, in sede di giudizio di rinvio, il giudice e' obbligato a pronunciare sulle questioni dichiarate assorbite dalla sentenza di cassazione soltanto se esse siano state espressamente riproposte davanti a lui, restando altrimenti coperte da giudicato (Cass. Sez. 3, 22/11/2018, n. 30184; Cass. Sez. L, 24/10/2013, n. 24093; Cass. Sez. 1, 08/01/2007, n. 90). La riproposizione delle questioni davanti al giudice di rinvio deve avvenire, evidentemente, con l'atto di riassunzione o con la comparsa di risposta con la quale la parte interessata si costituisce nel giudizio riassunto davanti al giudice di rinvio, mentre e' inammissibile se formulata soltanto all'udienza di precisazione delle conclusioni. Tuttavia, l'atto di riassunzione ex articolo 392 c.p.c., notificato il 21 ottobre 2015 da (OMISSIS), chiedeva al giudice di rinvio, "in applicazione del principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte n. 19798/2014", di "accogliere le domande formulate dall'odierna attrice nel procedimento R.G. n. 2869/2004". Nell'udienza di precisazione delle conclusioni (OMISSIS) riporto' poi le richieste di declaratoria di invalidita' delle delibere adottate dall'assemblea del 7 marzo 2022. Ora, questa Corte, ad esempio, ha affermato che, in forza del principio della disponibilita' dell'oggetto del processo, anche in sede di riassunzione innanzi al giudice di rinvio la parte puo' limitare le proprie domande e cosi' restringere il potere-dovere di pronuncia del giudice stesso, non riproponendo una o alcune di quelle formulate nella precedente fase di merito, ma cio' nel caso in cui tali domande, la cui valida proposizione nella fase antecedente al giudizio di rinvio abbia formato oggetto di positivo riscontro da parte dalla Corte di cassazione, non sia stata specificamente inclusa nell'elenco dettagliato e analitico delle varie domande formulate (Cass. Sez. L, 03/11/1997, n. 10753). Pare inevitabile fornire diversa soluzione al caso in cui la parte in sede di riassunzione richiami "tutte" le domande formulate nella precedente fase di merito. La condotta della (OMISSIS) (la quale, come si e' visto, nell'atto di riassunzione richiamava le domande che avevano contraddistinto la sua posizione processuale nel procedimento in cui fu pronunciata la sentenza cassata, chiedendo al giudice di rinvio di pronunciarsi su di esse alla stregua della pregiudizialita' logica della regola dettata dal principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione), valutata complessivamente, lasciava, dunque, emergere una inequivoca volonta' di insistere (anche) sulle questioni dichiarate assorbite dalla sentenza di cassazione, se non al costo di rimettere in discussione la ragioni stesse su cui si era fondata la declaratoria di assorbimento contenuta nella pronuncia di cassazione. Fermo, allora, il dovere di pronuncia dei giudici di rinvio sulle domande riproposte dalla (OMISSIS) con richiamo alla azione oggetto delle precedenti fasi del processo, e' compreso nell'altrettanto doveroso compito di tali giudici ritenere preclusi da tale richiamo i motivi di impugnazione diversi da quelli che erano stati formulati dapprima nel giudizio di appello conclusosi con la sentenza cassata e poi nel giudizio di cassazione, rientrando nelle questioni dichiarate assorbite, concorrendo i rispettivi motivi di gravame alla formazione progressiva del giudicato, al quale tende il processo (indicativamente, Cass. Sez. 2, 28/02/1972, n. 594; Cass. Sez. 1, 21/02/2007, n. 4096; Cass. Sez. 6 - 5, 04/04/2011, n. 7656). Su tale profilo si sofferma attentamente il controricorso, nelle pagine 14 e seguenti, ma l'accurata ricostruzione dei giudicati interni che si assumono formatisi ai sensi dell'articolo 329 c.p.c., comma 2, non puo' coinvolgere le questioni rientranti nei motivi dichiarati assorbiti dalla sentenza di cassazione n. 19798 del 2014, altrimenti disconoscendosi sostanzialmente lo stesso rapporto di assorbimento allora ravvisato da questa Corte. 3. Il sesto, il settimo, il decimo, l'undicesimo, il dodicesimo ed il tredicesimo motivo di ricorso sono rubricati come di seguito si riporta: Sesto motivo (da pag. 24 a pag. 26). A) violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 384 c.p.c., comma 2, in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 - infedele esecuzione del dictum da parte della Corte territoriale in ordine alla natura del regolamento condominiale; B) violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione all'articolo 360, comma 1, n. 4 - sotto il profilo del contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e della motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile. Settimo motivo (da pag. 26 a pag. 28). A) violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 112 c.p.c. in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 - in merito alla violazione del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato relativamente alla natura unitaria del condominio; B) violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4 in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 - sotto il profilo del contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e della motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile. Decimo motivo (da pag. 33 a pag. 35). A) violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 112 c.p.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 - per mancata declaratoria d'ufficio di invalida costituzione dell'assemblea straordinaria del 7.03.2002 in relazione alla natura non convenzionale del regolamento condominiale; B) violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 112 c.p.c. in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 - per omessa pronuncia sulla domanda di cui al precedente punto A). Undicesimo motivo (da pag. 35 a pag. 37) A) violazione e/o falsa applicazione del 112 c.p.c. in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 -per mancata declaratoria d'ufficio della nullita' della delibera di approvazione dei lavori straordinari in relazione alla: (i) natura non convenzionale del regolamento condominiale; (ii) violazione dei diritti individuali; B) violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 112 c.p.c. in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 - per omessa pronuncia sulla domanda di cui al precedente punto A). Dodicesimo motivo (pag. 37). A) violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 112 c.p.c. in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 - per mancata declaratoria d'ufficio della nullita' e/o annullabilita' e/o inefficacia delle delibere di approvazione della DD.LL., di approvazione del coordinatore della sicurezza, di approvazione del compenso per la DD.LL., di approvazione del compenso del coordinatore della sicurezza e dell'amministratore in relazione alla: (i) natura non convenzionale del regolamento condominiale; (ii) violazione dei diritti individuali; B) violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 112 c.p.c. in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 - per omessa pronuncia sulla domanda di cui al precedente punto A. Tredicesimo motivo (da pag. 37 a pag. 38). A) violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 112 c.p.c. in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 - per mancata declaratoria d'ufficio di nullita' e/o annullabilita' e/o inefficacia della delibera di approvazione dell'apertura di un nuovo conto corrente per le opere straordinarie in relazione alla: (i) natura non convenzionale del regolamento condominiale; (ii) violazione dei diritti individuali; B) violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 112 c.p.c. in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 - per omessa pronuncia sulla domanda di cui al precedente punto A). III.1. Il sesto, il settimo, il decimo, l'undicesimo, il dodicesimo ed il tredicesimo motivo di ricorso rimangono assorbiti dall'accoglimento del quarto, del quinto, dell'ottavo e del nono motivo di ricorso. In sostanza, tali censure investono tutte le questioni di invalidita' delle deliberazioni assembleari, questioni sulle quali il giudice di rinvio non si e' pronunciato in virtu' dal rilievo pregiudiziale che esse non fossero state espressamente riproposte nell'atto di riassunzione. Cio', in realta', ad esclusione del punto attinente alle "ricadute" della "inopponibilita' a (OMISSIS) del regolamento condominiale", con riguardo alle quali la Corte di Milano ha affermato che i criteri legali di ripartizione delle spese risultavano comunque correttamente applicati nelle delibere impugnate, "sia pure facendo riferimento ad un unico condominio, non essendo piu' qui in discussione... la natura (ritenuta) unitaria del condominio, ne' la validita' delle delibere assembleari in relazione al carattere innovativo (ritenuto non sussistente) degli interventi deliberati, ne' infine in relazione alla chiarezza delle deliberazioni (ritenuta sussistente), essendo queste questioni tutte non espressamente riproposte in sede di rinvio". Nel sesto motivo di ricorso (pagina 26), (OMISSIS) sostiene, peraltro, che la "ripartizione delle spese straordinarie" non era stata neppure "oggetto del giudizio della Corte d'appello e delle domande avanzate in quella sede". In dipendenza della cassazione della sentenza impugnata per l'accoglimento dei motivi attinenti al dovere di pronunciare sulle domande riproposte dalla (OMISSIS), nei limiti dell'oggetto del processo sottratti alla formazione progressiva del giudicato e dei profili rimasti assorbiti nella sentenza di cassazione, l'esame delle ulteriori questioni oggetto del sesto, settimo, decimo, undicesimo, dodicesimo e tredicesimo motivo di ricorso va, quindi, rimesso al giudice di rinvio, salva l'eventuale ricorribilita' per cassazione avverso la successiva sentenza che affronti tali questioni. IV. Conseguono l'accoglimento, nei sensi di cui in motivazione, del quarto, del quinto, dell'ottavo e del nono motivo di ricorso, il rigetto del primo, del secondo e del terzo motivo, l'assorbimento del sesto, del settimo, del decimo, dell'undicesimo, del dodicesimo e del tredicesimo motivo di ricorso e la cassazione della sentenza impugnata in relazione alla censure accolte, con rinvio alla Corte d'appello di Milano in diversa composizione, la quale riesaminera' la causa tenendo conto dei rilievi svolti ed uniformandosi ai richiamati principi, e provvedera' anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il quarto, il quinto, l'ottavo e il nono motivo di ricorso, rigetta il primo, il secondo e il terzo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti motivi, cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d'appello di Milano, in diversa composizione.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO CORTE DI APPELLO DI CATANZARO SEZIONE PRIMA CIVILE Procedimento n. 507/2019 R.G. La Corte di Appello, riunita in camera di consiglio con modalità telematiche e così composta: dott. Antonio Rizzuti - (Presidente); dott.ssa Beatrice Magarò - (Consigliere); dott.ssa Anna Maria Torchia - (Consigliere); ha pronunciato la presente SENTENZA Nella causa civile n. 507/2019 del ruolo generale degli affari civili contenziosi, avente ad oggetto oneri condominiali, vertente tra: 1) (...), nata a Fi. il (...) (codice fiscale (...)), rappresentata e difesa, come da procura rilasciata a margine dell'atto introduttivo del primo grado di giudizio, dall'avv. Ma.Mi., elettivamente domiciliata in Catanzaro, alla via (...), presso il suo studio professionale; Appellante. e 2) Condominio di via (...) di C. (codice fiscale (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore; (...) (codice fiscale (...)); (...) (codice fiscale (...)), (...) (codice fiscale (...)); I.C. (codice fiscale (...)); C.I. (codice fiscale (...)); (...) (codice fiscale (...)), (...) (codice fiscale (...)) e (...) (codice fiscale (...)). Appellati non costituiti in giudizio. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 1. Il giudizio dinnanzi al Tribunale civile di Catanzaro Con atto di impugnazione di delibera assembleare, notificato il 20.3.2013, (...), proprietaria di alcune unità abitative nel Condominio di via C. n. 13 di C., conveniva il suddetto Condominio dinanzi al Tribunale civile di Catanzaro, chiedendo, in via preliminare, la sospensione dell'esecutività della delibera condominiale del 19.2.2013 e, nel merito, la declaratoria di nullità ovvero l'annullamento della delibera condominiale medesima rispetto al primo (in parte qua), secondo, terzo e quarto punto dell'ordine del giorno e, in subordine, la condanna del Condominio al risarcimento dei danni derivanti dal mancato risparmio fiscale, tenendo altresì indenne la (...) da qualsiasi esborso. In particolare, l'attrice - dopo avere premesso che l'assemblea di condominio, in seconda convocazione, aveva deliberato sui primi quattro punti posti all'ordine del giorno, concernenti, rispettivamente: 1) l'approvazione del bilancio consuntivo per l'anno 2012 ed il relativo piano di riparto delle spese; 2) la nomina dell'amministratore; 3) l'approvazione del bilancio preventivo per l'anno 2013 ed il relativo piano di riparto delle spese; 4) l'esame della nota dell'avv. (...) e le determinazioni da intraprendere (in ordine alla lamentata attività abusiva della (...), consistita nell'installare un contatore dell'(...) su di una parete condominiale); e che l'assemblea aveva approvato i punti 1, 2 e 4, con voto contrario della (...), mentre aveva omesso di nominare l'amministratore, per ritenuto difetto del quorum necessario, in ordine al punto n. 2 - affermava che la delibera assembleare impugnata fosse invalida sotto diversi profili. Sosteneva, segnatamente, che: 1) con riguardo al punto primo dell'ordine del giorno, l'amministratore di condominio aveva fatto eseguire lavori di natura straordinaria all'impianto elettrico, senza alcuna preventiva autorizzazione, integrando la violazione della disposizione normativa di cui all'art. 1135, comma IV, c.c., sicché la relativa determinazione assembleare, nella parte in cui aveva approvato il rendiconto dei lavori indicati come "messa a norma impianto elettrico 2012", inserito capziosamente come voce di spesa nel riparto consuntivo della gestione ordinaria del 2012, doveva ritenersi illegittima; del resto, la (...) non era stata in grado di constatare l'effettività del problema e di scegliere ditte e preventivi ed aveva, altresì, perso la possibilità di accedere ai benefici fiscali, cosicché aveva diritto ad essere sollevata dall'esborso della somma pari ad Euro 30,69 e, al contempo, ad ottenere il risarcimento per il mancato sgravio fiscale del 50%, di cui avrebbe potuto beneficiare; 2) quanto, invece, al secondo punto dell'ordine del giorno della delibera, avente ad oggetto la nomina di un nuovo amministratore, la delibera stessa era, anche sotto questo aspetto, invalida, giacché, nel caso di specie, la mancata nomina del nuovo amministratore aveva trovato causa nell'uso distorto del criterio della maggioranza; infatti, l'assemblea non avrebbe dovuto deliberare facendo applicazione del criterio normativo richiesto dall'art. 1136 c.c., atteso che, nel caso del Condominio convenuto, un 1/3 dei condomini, ossia (...) e (...), deteneva 618 millesimi e, quindi, la maggioranza assoluta dei millesimi, ma non delle teste, con la conseguenza che tutti gli altri condomini non avrebbero potuto raggiungere almeno la metà del valore dell'edificio; quindi, avrebbe dovuto prevalere la maggioranza assoluta dei millesimi e, di conseguenza, avrebbe dovuto considerarsi valida la nomina ad amministratore del dott. (...); 3) in riferimento al terzo punto dell'ordine del giorno, avente ad oggetto l'approvazione del bilancio preventivo, la relativa determinazione assembleare doveva ritenersi invalida, giacché detta attività non rientrava tra le competenze dell'amministratore uscente e non ricandidatosi, dovendo quest'ultimo provvedere, esclusivamente, alla gestione ordinaria; 4) infine, in merito al quarto punto dell'ordine del giorno, l'assemblea aveva illegittimamente deliberato che venisse formulata all'(...) la richiesta di spostamento del contatore di proprietà della (...) dalla facciata dell'edificio condominiale, prendendo in esame, esclusivamente, la nota dell'avv. (...), presentata per conto del condomino (...); lo spostamento del contatore, in realtà, costituiva attività illegittima, poiché la (...), in qualità di condomina, aveva il diritto di utilizzare i beni comuni, comprese le facciate esterne dell'edificio, senza impedire il pari uso degli altri condomini, come, del resto, avveniva, essendo presenti sulle facciate comuni parabole e tubature del gas; oltretutto, la posizione di detto contatore era stata decisa dall'(...), proprietario del contatore medesimo, sulla base dei protocolli interni del suddetto ente; discendeva che la delibera doveva essere annullata anche sotto questo aspetto ovvero, in subordine, quanto meno, doveva essere riconosciuta l'esenzione della (...) da eventuali costi di rimozione o di nuova installazione. Concludeva come sopra indicato (cfr. l'atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado). Instaurato il contraddittorio, si costituiva nel giudizio, con comparsa di costituzione e risposta del 6.5.2013, il C.D.V.C. n. 13 di C., in persona dell'amministratore e legale rappresentante pro tempore, il quale chiedeva, preliminarmente, il rigetto dell'istanza di sospensione formulata dall'attrice e, in via principale, la declaratoria di inammissibilità della domanda della (...), con condanna della stessa al risarcimento dei danni per vere intentato una lite temeraria, ai sensi dell'art. 96 c.p.c.. Il Condominio, in particolare, sosteneva che: 1) la messa a norma degli impianti elettrici era necessaria a garantire la sicurezza degli impianti stessi, sicché l'amministratore non poteva certamente sottrarsi a tali adempimenti, considerato, per di più, che aveva agito nell'esercizio dei poteri conferitigli dalla legge, potendo, in virtù della previsione normativa di cui all'art. 1130 c.c., svolgere attività in ordine all'uso delle cose comuni e alla prestazione dei servizi nell'interesse comune; peraltro, l'intervento di messa a norma dell'impianto era stato, più volte, sollecitato dagli stessi condomini e non costituiva, quindi, una sua personale iniziativa; la domanda risarcitoria, formulata dall'attrice per la mancata fruizione dello sgravio fiscale, era del tutto pretestuosa, considerati i costi necessari e l'esiguità del risparmio sulla quota di parte attrice, dell'ammontare pari ad Euro 30,69; 2) quanto alla contestazione relativa alla mancata nomina di nuovo amministratore, la relativa delibera era da considerarsi valida, attesa l'osservanza del criterio normativo di cui all'art. 1136, comma quarto, c.c.; 3) in ordine, invece, alla eccepita illegittimità dell'approvazione del bilancio preventivo per l'anno 2013, presentato all'assemblea dall'amministratore uscente, quest'ultimo, in ragione dell'istituto della prorogatio, doveva garantire la continuità dell'amministrazione sino alla nomina di un nuovo amministratore, con la conseguenza che la delibera di approvazione del bilancio preventivo del 2013 era valida; 4) infine, con riguardo alla eccezione sollevata dalla (...), avente ad oggetto la illegittimità dello spostamento del contatore dell'impianto fotovoltaico di sua pertinenza, la relativa delibera era stata adottata in ottemperanza alle maggioranze ed alle prescrizioni previste dalla legge; in particolare, il contatore era stato posto, dalla (...), del tutto arbitrariamente, sulla facciata condominiale, ossia in assenza di autorizzazione dei condomini e di delibera assembleare; del resto, la realizzazione dell'impianto e il posizionamento del contatore, rientrando tra le innovazioni, soggiacevano alla disciplina di cui all'art. 1120 c.c.. Premesso questo, il Condominio riteneva altresì che sussistevano i presupposti per la condanna dell'attrice al risarcimento dei danni per lite temeraria, ai sensi dell'art. 96 c.p.c., considerata la pretestuosità della domanda avanzata dalla stessa e l'esiguità dell'importo che le era stato richiesto, quale quota per i lavori condominiali effettuati. Concludeva come sopra trascritto (cfr. la comparsa di costituzione e risposta del Condominio). Successivamente, con ordinanza del 1.10.2013, depositata in cancelleria in pari data, il Tribunale sospendeva l'esecuzione della Delib. del 19 febbraio 2013, limitatamente al punto quarto dell'ordine del giorno, relativo allo spostamento del contatore dell'(...), ritenendo sussistente il rischio di pregiudizio grave e irreparabile. Con la medesima ordinanza, concedeva i termini per la presentazione delle memorie di cui all'art. 183, comma VI, c.p.c. (cfr. l'ordinanza citata). Con le suddette memorie, le parti ribadivano e precisavano le proprie argomentazioni e, in particolare, con la memoria ex art. 183, comma VI, n. 2, c.p.c., (...), depositata nuova documentazione ad integrazione della precedente e formulava richiesta di espletamento della c.t.u. tecnica; mentre il Condominio, dal canto suo, con la memoria di cui all'art. 183, comma VI, n. 3, c.p.c., contestava la rilevanza della documentazione prodotta dalla (...), sebbene valorizzando, a suo favore, le rappresentazioni fotografiche dalla stessa allegate (cfr. le memorie citate). All'udienza del 24.10.2014, parte attrice depositava, quale documento sopravvenuto, la delibera assembleare del 10.10.2014, per mezzo della quale non aveva trovato conferma la nomina dell'amministratore uscente, rilevando che l'assemblea versava in situazione di stallo, per cui formulava al giudice richiesta di pronunciarsi in favore della prevalenza del criterio della maggioranza assoluta o, comunque, di emettere pronuncia in ordine alla nomina dell'amministratore. Il Tribunale, rilevato che il procedimento per la nomina di amministratore aveva carattere di volontaria giurisdizione e ritenuta sufficientemente istruita la causa, fissava l'udienza per la precisazione delle conclusioni (cfr. l'ordinanza del 24.10.2014). Quindi, dopo che la causa era stata assegnato in decisione all'udienza del 22.4.2016 e, poi, rimessa sul ruolo, all'udienza del 20.7.2018, veniva, definitivamente, trattenuta in decisione (cfr. gli atti del giudizio di primo grado). 2. La sentenza del Tribunale di Catanzaro, emessa all'esito del giudizio di primo grado Con sentenza n. 1421 del 2018, emessa il 26.7.2018 e pubblicata il 30.7.2018, nell'ambito del procedimento iscritto al n. di r.g.a.c. 1153/2013, il Tribunale di Catanzaro così definiva il giudizio di primo grado: rigettava la domanda proposta da (...) e condannava quest'ultima al rimborso delle spese legali in favore del Condominio di via (...). In particolare, il Tribunale affermava che l'azione intrapresa da (...) nei confronti del Condominio per invalidare la delibera condominiale del 19.2.2013 non era fondata e doveva, pertanto, essere respinta. In particolare, il giudice rilevava, quanto al punto numero uno dell'ordine del giorno, che stato approvato dall'assemblea in modo legittimo, dato che la messa a norma degli impianti elettrici costituiva, certamente, attività inderogabile e urgente, ai sensi dell'art. 1135 c.c., oltre che sollecitata, per di più, dai condomini stessi, cosicché l'amministratore di condominio non poteva sottrarsi alla sua esecuzione. Parimenti, a giudizio del Tribunale, la decisione di cui al punto numero due dell'ordine del giorno era stata presa correttamente, facendo applicazione del criterio normativo, sicché la nomina del nuovo amministratore non poteva perfezionarsi, per mancato raggiungimento del quorum necessario. Quanto alla contestazione sollevata dall'attrice in ordine alla decisione dell'assemblea sul terzo punto dell'ordine del giorno (relativo alla approvazione del bilancio preventivo per l'anno 2013), il giudice ne rilevava l'infondatezza, considerato che i poteri dell'amministratore uscente erano prorogati in attesa della nomina di un nuovo amministratore. Infine, con riguardo all'ultima contestazione sollevata dalla (...) rispetto al punto numero quattro dell'ordine del giorno (avente ad oggetto lo spostamento dalla parete condominiale del contatore dell'(...) collegato all'impianto fotovoltaico della (...)), il Tribunale affermava che parte attrice non aveva provato quanto genericamente asserito "in merito all'obbligatorietà della collocazione del contatore sul lastrico solare e non su altra parte dell'edificio". Inoltre, il giudice di primo grado rigettava la domanda di parte attrice avente ad oggetto il rimborso di quanto pagato a seguito dell'approvazione della delibera e la relativa domanda di risarcimento del danno. Infine, regolava le spese di lite secondo il criterio della soccombenza, rilevando, peraltro, che non sussistevano i presupposti per accogliere la domanda del Condominio di condanna della (...) al risarcimento del danno per avere intentato una lite temeraria, ai sensi dell'art. 96 c.p.c., in quanto generica e priva di riscontro probatorio. 3. Il giudizio di impugnazione dinanzi alla Corte di Appello di Catanzaro Avverso la sentenza n. 1421/2018, emessa il 26.7.2018 e pubblicata il 30.7.2018, del Tribunale civile di Catanzaro, proponeva impugnazione davanti a questa Corte di Appello (...), con atto di citazione notificato il 4.3.2019 al procuratore del Condominio costituito nel giudizio di primo grado ed ai singoli condomini, chiedendo, in parziale riforma della sentenza impugnata e previa sospensione della sua provvisoria esecutorietà, di annullare la delibera condominiale del 19.2.2013 in relazione all'intero quarto punto dell'ordine del giorno (relativo allo spostamento del contatore (...) dal muro condominiale). Segnatamente, l'odierna appellante - dopo avere descritto lo svolgimento del procedimento di primo grado di giudizio e rilevato, al fine di evidenziare la parziale cessazione della materia del contendere, che, nelle more, da un lato, a seguito della modifica dell'art. 1129 c.c., era venuta meno la necessità di nominare un amministratore del condominio, trattandosi di condomini in numero inferiore a otto; dall'altro, il Tribunale di Catanzaro, appositamente adito per la nomina giudiziale dell'amministratore, aveva rigettato la domanda, rilevando l'illegittimità della prorogatio dei poteri del precedente amministratore - precisava che intendeva prestare acquiescenza ad alcuni capi della sentenza e che era suo interesse appellare, esclusivamente, la decisione del Tribunale in merito al punto numero quattro dell'ordine del giorno della delibera assembleare impugnata, relativa allo spostamento del contatore dell'(...), nonché il capo di sentenza concernente la regolazione delle spese del primo grado di giudizio. Chiarito questo, precisava che: era proprietaria esclusiva del lastrico solare del palazzo di cui si tratta, oltre che di altri lastrici solari, sui quali aveva installato pannelli solari secondo le norme vigenti, per il cui utilizzo, tuttavia, occorreva un autonomo contatore che l'(...) aveva installato all'esterno del palazzo, posizionandolo sulla parete laterale dell'edificio condominiale; tuttavia, l'avv. (...), per conto del condomino tale (...), aveva inviato una nota all'amministratore e alla (...), lamentando l'installazione dei pannelli fotovoltaici sul lastrico solare e il posizionamento del relativo contatore sul muro del palazzo; per questa ragione, l'amministratore aveva inserito, al quarto punto dell'ordine del giorno dell'assemblea di condominio del 19.2.2013, proprio l'esame della nota del suddetto avvocato e delle determinazione da assumere; quindi, nell'ambito dell'assemblea del 19.2.2013, la (...) era intervenuta personalmente e producendo, anche, dichiarazioni scritte, al fine di affermare il suo diritto di utilizzare le parti comuni dell'edificio, al pari di tutti gli altri condomini, senza arrecare, chiaramente, alcun pregiudizio; all'esito dell'assemblea, era stata deliberata, a maggioranza e con il voto contrario della (...), la decisione di chiedere all'(...) di effettuare lo spostamento di detto contatore dal muro condominiale, posizionandolo nella proprietà esclusiva dell'odierna appellante, dando mandato all'amministratore per attivare la relativa procedura. L'appellante, quindi, lamentava, in primo luogo, il travisamento dei fatti da parte del Tribunale, giacché, contrariamente a quanto ritenuto, il contatore non era posizionato sul lastrico solare, bensì sulla facciata esterna laterale dell'edificio condominiale (per come, del resto, risultava evidente dalle fotografie prodotte in allegato alla memoria ex art. 183, comma sesto, n. 2 c.p.c.), sicché la (...), diversamente da quanto affermato dal giudice, non aveva alcun onere di prova in ordine alla obbligatorietà della collocazione del contatore sul lastrico solare. Premesso questo, l'odierna appellante ribadiva le ragioni di merito dell'impugnazione della delibera condominiale, con cui era stato deciso lo spostamento del contatore, adducendo, in sintesi, che: il posizionamento dello stesso sul muro esterno del Condominio non creava alcun disagio ovvero problema di sorta al bene comune, poiché aggettava sulla proprietà privata dell'interessata, sicché l'unico utilizzo della (...) era consistito nell'impiego del muro esterno condominiale; tale uso, oltre ad essere del tutto lecito, non determinava l'esclusione del godimento di altri condomini; oltretutto, detto specifico posizionamento era stato imposto dall'(...), in ottemperanza ai protocolli interni, ed era il più conveniente, giacché doveva essere visibile e raggiungibile dall'(...), indipendentemente dalla presenza della (...) che risiedeva a Pisa; per di più, dalla previsione normativa di cui all'art. 1102 c.c. poteva agevolmente evincersi che l'apposizione dei contatori costituiva applicazione pratica di detta norma; in definitiva, l'uso della cosa comune, da parte della (...), era avvenuto nell'esercizio dei poteri e nel rispetto dei limiti stabiliti dall'art. 1102 c.c., sicché l'apposizione del contatore doveva ritenersi legittima; discendeva, allora, che la delibera impugnata era illegittima, non avendo, peraltro, neppure, offerto indicazioni in ordine alla proprietà esclusiva della (...) ove avrebbe dovuto essere posizionato il contatore. Inoltre, la (...) censurava la sentenza del Tribunale di Catanzaro, anche, sotto il profilo della regolazione delle spese legali del giudizio di primo grado, atteso che il giudice, a suo dire, aveva erroneamente ritenuto l'attrice soccombente, a seguito di una erronea interpretazione dei fatti ed all'omesso esame dei documenti prodotti in merito alla decisione sul punto quattro dell'ordine del giorno, presa dall'assemblea di condominio con la delibera impugnata. Inoltre, secondo l'odierna appellante, anche in relazione agli altri capi della sentenza (concernenti i primi tre punti all'ordine del giorno, non più oggetto di controversia), in realtà, il giudice non si era avveduto della cessata materia del contendere, derivante dalla modifica normativa apportata all'art. 1129 c.c. e dall'ordinanza del Tribunale resa nell'ambito del procedimento di volontaria giurisdizione, avente ad oggetto la nomina dell'amministratore del Condominio, sicché - avendo la (...) impugnato la delibera condominiale al fine di far cessare la prassi dell'ex amministratore di scegliere, a discapito dei condomini, imprese di sua fiducia - una volta cessato dalla carica l'amministratore, era venuto meno anche l'interesse alla decisione, fatta eccezione per la parte riguardante la delibera dell'assemblea di condominio sul punto quattro dell'ordine del giorno. Concludeva, quindi come trascritto in epigrafe (cfr. l'atto di appello). Nessuno si costituiva per gli appellati. All'udienza del 15.10.2019, la Corte di Appello, sciogliendo la riserva presa in ordine alla verifica del contraddittorio e alla istanza di parte appellante di sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza impugnata, ai sensi dell'art. 283 c.p.c., accertava, da un lato, l'integrità del contraddittorio - avendo l'appellante notificato l'atto di appello tanto al procuratore del Condominio costituito nel giudizio di primo grado, quanto ai singoli condomini - e dichiarava, dall'altro lato, inammissibile l'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza impugnata, giacché era volta alla sospensione non già della pronuncia contenuta nella sentenza stessa, ma della delibera di assemblea (cfr. l'ordinanza citata). Nel frattempo, verificatasi la nota emergenza sanitaria, connessa alla diffusione del virus Covid-19, venivano adottate le norme volte a contenere tale diffusione, tra cui quelle di natura processuale, contenute, essenzialmente, nell'art. 83 del D.L. n. 18 del 2020, per come convertito in legge e modificato e, successivamente, nell'art. 221, comma 4, del D.L. n. 34 del 2020. Pertanto, l'udienza di precisazione delle conclusioni, fissata, da ultimo, per il 21.6.2022, veniva tenuta mediante trattazione scritta (con il deposito di note con modalità telematiche, prima dell'udienza fissata), secondo le disposizioni di cui all'art. 221, comma 4, del D.L. n. 34 del 2020, nel frattempo entrato in vigore, a norma del quale il giudice può disporre che le udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti siano sostituite dal deposito telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni, previa comunicazione alle parti, almeno trenta giorni prima della data fissata per l'udienza, che la stessa è sostituita dallo scambio di note scritte e assegnazione alle parti stesse di un termine fino a cinque giorni prima della predetta data per il deposito delle note scritte, salva la facoltà di ciascuna delle parti di presentare istanza di trattazione orale entro cinque giorni dalla comunicazione del provvedimento, cosicché, con decreto del Presidente di sezione, veniva disposta la trattazione della causa tramite deposito in via telematica di note scritte. All'udienza del 21.6.2022, dunque, la causa veniva assegnata a sentenza, con la concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali ed eventuali note di replica (cfr. gli atti del giudizio di appello). MOTIVI DELLA DECISIONE Occorre preliminarmente dichiarare la contumacia del Condominio di via (...), 13 e dei singoli condomini, (...) ed altri, che, sebbene ritualmente citati in giudizio, non si sono costituiti. In particolare, deve considerarsi regolare la notificazione nei confronti del Condominio, appellato principale, avvenuta presso il procuratore costituito del giudizio di primo grado. In effetti, anche volendo ipotizzare che, a seguito della modifica dell'art. 1129 c.c., sia cessata l'efficacia della nomina dell'amministratore non confermato nell'incarico (trattandosi di condominio con non più di otto condomini e, come, tale, non obbligato a nominare un amministratore ex art. 1129 c.c., nel testo attualmente vigente), devono applicarsi i consolidati principi giurisprudenziali sulla ultrattività del mandato difensivo, con la conseguenza che la notificazione dell'appello deve considerarsi regolare e che sarebbe stato onere del procuratore del Condominio rilevare, con formale dichiarazione in udienza o da notificare all'altra parte, l'eventuale causa di interruzione, conseguente alla cessazione dell'incarico dell'amministratore (cfr., ad esempio, Cass. sez. II, n. 27302/2020). Ad ogni modo, l'appellante ha proceduto a notificare l'appello, anche, ai singoli condomini, in tal modo, sanando ogni ipotetico difetto di contraddittorio. Premesso questo, appare opportuno, preliminarmente, illustrare la trattazione scritta dell'udienza di precisazione delle conclusioni e chiarire l'oggetto del giudizio di appello. 1. La trattazione scritta dell'udienza di precisazione delle conclusioni Come già esposto nella illustrazione dello svolgimento del processo, l'udienza di precisazione delle conclusioni del 21.6.2022 si è svolta con trattazione scritta (ossia mediante il deposito, con modalità telematiche, di apposite note delle parti contenenti istanze e conclusioni), ai sensi dell'art. 221, comma 4, del D.L. n. 34 del 2020, contenente disposizioni volte a contenere gli effetti della diffusione del virus "Covid 19". 2. L'oggetto del giudizio di appello Richiamata la trattazione relativa allo svolgimento del processo e, in particolare, il contenuto della sentenza di primo grado ed i motivi di appello, è opportuno evidenziare che l'oggetto del giudizio di appello è costituito, essenzialmente: 1) dalla questione della invalidità o meno della delibera assembleare del 19.2.2013, limitatamente alle decisione dell'assemblea condominiale, in ordine al punto numero quattro dell'ordine del giorno, relativo allo spostamento dalla parete esterna dell'edificio condominiale del contatore dell'(...), collegato all'impianto fotovoltaico della (...), avendo il Tribunale rigettato l'impugnazione della delibera con decisione censurata dalla (...); 2) dalla regolamentazione delle spese del primo grado di giudizio, poste dal Tribunale a carico dell'odierna appellante con decisione dalla stessa contestata; 3) dalla regolamentazione delle spese del presente grado di giudizio. Non sono stati oggetto di impugnazione e, quindi, sono da considerarsi passati in giudicato, invece, i seguenti capi di sentenza: a) la statuizione in ordine alle contestazioni della medesima delibera dell'assemblea condominiale concernenti il punto numero uno dell'ordine del giorno (relativo all'approvazione dei lavori di messa in sicurezza degli impianti elettrici); b) la statuizione resa in ordine alle contestazioni sollevate in merito al punto due dell'ordine del giorno, afferente alla nomina di un nuovo amministratore di condominio; c) la statuizione resa in ordine alle contestazioni sollevate al punto numero tre dell'ordine del giorno, afferente all'approvazione del bilancio preventivo dell'anno 2013, presentato dall'amministratore uscente e non ricandidatosi; d) la statuizione resa in ordine alla domanda di parte attrice volta al rimborso delle spese sostenute per la realizzazione dei lavori di manutenzione degli impianti elettrici ed alla relativa domanda di risarcimento del danno. 3. Il merito. Conviene trattare le questioni sollevate con l'appello (ossia la domanda di annullamento della delibera assembleare del 19.2.2013, limitatamente alla decisione relativo al punto n. 4 dell'ordine del giorno, e la regolamentazione delle spese del giudizio di primo grado) separatamente. 3.1. Sulla domanda di annullamento della delibera assembleare del 19.2.2013, limitatamente al numero quattro dell'ordine del giorno Come già illustrato nel corso dello svolgimento del processo, (...) si duole della decisione del Tribunale di Catanzaro, nella parte in cui ha rigettato la domanda dell'attrice, avente ad oggetto l'annullamento della delibera condominiale del 19.2.2013, limitatamente al punto numero quattro dell'ordine del giorno, afferente allo spostamento del contatore dell'(...) (collegato all'impianto fotovoltaico appartenente alla (...)) e collocato sulla parte esterna condominiale, sulla base di un'erronea ricostruzione ed interpretazione dei fatti di causa e degli elementi probatori prodotti in giudizio. Il motivo di appello proposto dalla (...) è fondato e merita l'accoglimento, dovendosi sul punto riformare la sentenza del Tribunale di Catanzaro per i motivi di seguito esposti. In primo luogo, appare opportuno osservare che, per come è pacifico e, del resto, documentato (cfr., in particolare, la documentazione fotografica prodotta e la nota dell'avv. (...), presa in esame nel corso della riunione assembleare del 19.2.2013), il contatore dell'(...), collegato agli impianti fotovoltaici dell'odierna appellante, contrariamente a quanto affermato dal giudice di primo grado, è collocato su una parete esterna dell'edificio condominiale e non già sul lastrico solare - peraltro, di esclusiva proprietà della (...) - sul quale sono posti, invece, i pannelli dell'impianto, collegati al contatore oggetto di contestazione. Consegue che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di primo grado, la (...) non aveva l'onere di provare l'obbligatorietà del posizionamento del contatore sul lastrico solare, giacché la domanda, proposta da quest'ultima nel giudizio di primo grado, era volta a dimostrare, piuttosto, l'illegittimità dello spostamento dalla parete condominiale, per come deliberato dall'assemblea. Chiarito questo in ordine alla ricostruzione del fatto, l'appello, nella parte in cui, lamenta la mancata declaratoria di invalidità della delibera condominiale nella parte in questione, deve essere accolto. In effetti, il Condominio di via (...), costituitosi nel primo grado di giudizio, non ha offerto alcun elemento probatorio a sostegno della pretesa lesione del decoro architettonico dell'edificio ovvero della sua stabilità o sicurezza rispetto al collocamento del contatore sulla facciata esterna, non essendo sufficiente, a tal fine, la nota, presa in esame nell'ambito della riunione assembleare, dell'avv. (...), inviata per conto del condomino tale (...) - allegata in atti - poiché espressiva di una mera preoccupazione personale che non trova, tuttavia, riscontro obiettivo e non è in grado di giustificare, quindi, la determinazione scaturita dall'assemblea del 19.2.2013. Né le rappresentazioni fotografiche prodotte in giudizio dalla (...) e valorizzate dal Condominio allo scopo di provare la necessità dello spostamento del contatore (cfr. la memoria ex art. 183, comma IV, n. 3), hanno valenza dimostrativa in ordine alla lesione del decoro architettonico o alla stabilità dell'edificio, dando semplicemente contezza del posizionamento del contatore, peraltro, con limitato ingombro, sulla parte inferiore di una parete laterale esterna dell'edificio, all'interno di un'apposita vetrata di limitato spessore e con cornice di colore analogo a quello del fabbricato. In definitiva, il posizionamento del contatore usato dalla (...), oltre a non impedire l'uso delle parete condominiale agli altri condomini a fini analoghi, non risulta comportare rischi per la stabilità o la sicurezza del fabbricato né incongruenze rispetto allo stile del fabbricato (alquanto semplice) o disarmonie architettoniche rispetto alla fisionomia dell'edificio, cosicché tale collocamento del contatore non costituisce attività illecita ovvero arbitraria, rientrando, al contrario, nella facoltà, riconosciuta al condomino dall'art. 1102 c.c., di uso della cosa comune. Peraltro, dall'esame degli elementi acquisti nel corso del giudizio di primo grado, non sono state riscontrate neppure prescrizioni regolamentari, tese a vietare ovvero imporre un determinato tipo di uso dei beni comuni. Infine, al contrario di quanto sostenuto dal Condominio nel corso del giudizio di primo grado, il posizionamento del contatore sulla parete condominiale non costituisce, ai sensi dell'art. 1120 c.c., una innovazione e, quindi, non necessita di una preventiva autorizzazione assembleare, atteso che, come noto, l'innovazione consiste in opere di trasformazione in grado di incidere sull'essenza della cosa comune, alterandone l'originaria funzione e destinazione; caratteristiche queste che, per nozioni di logica ed esperienza, non possono essere ricondotte al mero posizionamento di un contatore su di una parete condominiale. Peraltro, occorre osservare, sotto il profilo del vizio da cui è affetta la delibera condominiale - limitatamente alla parte oggetto di contestazione - che la stessa è annullabile ai sensi dell'art. 1137 c.c., non ravvisandosi, invece, un vizio di nullità. Sotto questo profilo, secondo un principio ormai consolidatosi in seno alla giurisprudenza di legittimità, in tema di condominio degli edifici, l'azione di annullamento delle delibere assembleari costituisce la regola generale, ai sensi dell'art. 1137 c.c., mentre la categoria della nullità ha un'estensione residuale ed è rinvenibile nelle seguenti ipotesi: mancanza originaria degli elementi costitutivi essenziali, impossibilità dell'oggetto in senso materiale o giuridico - quest'ultima da valutarsi in relazione al "difetto assoluto di attribuzioni" -, contenuto illecito, ossia contrario a "norme imperative" o all'"ordine pubblico" o al "buon costume" (cfr. in particolare Cass. civ., s.u., n. 9839 del 2021). Ebbene, con specifico riguardo al caso di specie, dal verbale della Delib. del 19 febbraio 2013 si evince che l'assemblea ha deliberato di "dare mandato all'amministratore di notificare all'(...) la richiesta di spostamento del contatore relativo al fotovoltaico chiedendo che questo venga installato nella proprietà esclusiva della (...)" (cfr. verbale allegato in atti). Dunque, l'assemblea condominiale ha deliberato nell'ambito delle attribuzioni conferitele dalla legge in ordine all'uso dei beni comuni - considerata la collocazione del contatore in contestazione sulla parete condominiale - operando, quindi, non in carenza di potere (escludendo un determinato uso da parte di un condomino della cosa comune, senza disporre un divieto assoluto di tale uso), ma, piuttosto, esercitando detto potere in modo distorto, atteso che il mero posizionamento di un contatore sulle pareti esterne dell'edifico rientra nelle facoltà del condomino, in ordine alla migliore e razionale utilizzazione della cosa comune, ai sensi dell'art. 1102 c.c. Premesso quanto esposto, dall'accoglimento del motivo di appello proposto da (...) discende l'annullamento della delibera condominiale del 19.2.2013 limitatamente al punto numero quattro dell'ordine del giorno. 3.2. Sulla regolazione delle spese legali del primo grado di giudizio. Come già esposto, (...) censura la sentenza del Tribunale di Catanzaro anche in ordine al capo relativo alla regolazione delle spese legali del primo grado di giudizio. Secondo l'appellante, il giudice di primo grado ha erroneamente condannato l'attrice al rimborso delle spese legali in favore del Condominio, in ragione della errata ricostruzione e interpretazione del fatto, in particolare, in relazione al punto numero quattro della delibera impugnata. Inoltre, a suo dire, la condanna alle spese sarebbe ingiusta, anche, in ordine agli altri capi della sentenza, giacché il giudice non si è avveduto della cessata materia del contendere derivante dalla modifica normativa apportata all'art. 1129 c.c. e dall'ordinanza del Tribunale resa nell'ambito del procedimento di volontaria giurisdizione, avente ad oggetto la nomina dell'amministratore del Condominio, sicché - avendo la (...) impugnato la delibera condominiale, al fine di far cessare la prassi dell'ex amministratore di scegliere, a discapito dei condomini, imprese di sua fiducia - una volta cessato dalla carica l'amministratore, era venuto meno anche l'interesse alla decisione, fatta eccezione per il punto quattro dell'ordine del giorno ed alla relativa parte della delibera impugnata. La censura è fondata limitatamente al primo aspetto, atteso che l'accoglimento dell'appello in ordine alla parte di delibera condominiale avente ad oggetto il punto n. 4 dell'ordine del giorno comporta una reciproca, per quanto parziale, soccombenza delle parti che giustifica una corrispondente parziale compensazione delle spese di lite (si cui v. infra). Quanto al secondo aspetto, la censura non merita l'accoglimento. In effetti, l'odierna appellante ha limitato la sua impugnazione, esclusivamente, alla statuizione della sentenza di primo grado resa in ordine alle contestazioni sollevata sul punto numero quattro dell'ordine del giorno oggetto della Delib. del 19 febbraio 2013, più volte citata, senza, quindi, impugnare anche le altre statuizioni di rigetto rese dal giudice di primo grado, con la conseguenza che, rispetto a queste ultime, la soccombenza (ossia il rigetto nel merito della sua domanda) si è cristallizzata ed è cosa giudicata. Peraltro, anche volendo trascurare tale assorbente circostanza, deve escludersi che la cessazione dell'incarico dell'amministratore del condominio abbia determinato la cessazione della materia del contendere, atteso che l'impugnazione della delibera condominiale, prescindendo dalla intenzioni soggettive e dagli scopi reconditi della (...), aveva ad oggetto determinate statuizioni dell'assemblea di condominio, la cui efficacia non è certo venuta meno (l'approvazione del bilancio consuntivo per l'anno 2012 ed il relativo piano di riparto delle spese; la mancata nomina di un nuovo amministratore; l'approvazione del bilancio preventivo per l'anno 2013 ed il relativo piano di riparto delle spese). Premesso questo, la prevalente soccombenza di (...) (in relazione a tre importanti decisioni della assemblea di condominio sul totale di quattro) giustifica, in parziale riforma del capo si sentenza sul punto, la compensazione, nella misura di un quarto, delle spese legali del primo grado di giudizio, già liquidate dal Tribunale nell'intero, con condanna di (...) al rimborso, in favore del Condominio di Via (...), dei restanti tre quarti. 3. Sulle spese del presente grado di giudizio. Con riguardo alle spese del giudizio d'appello, la parziale reciproca soccombenza delle parti (della (...) in ordine alla pronuncia sulle spese del giudizio di primo grado) giustifica la compensazione tra le parti nella misura di un terzo delle spese legali del presente grado di giudizio, con condanna del Condominio appellato al rimborso dei restanti 2/3 nei confronti dell'appellante, in virtù della prevalente soccombenza. Tenuto conto del valore della controversia e della concreta attività difensiva svolta, oltre che dei parametri della tariffa forense (D.M. n. 55 del 2014 e D.M. n. 37 del 2018), le spese del presente grado di giudizio sono liquidate, nell'intero, in complessivi Euro 690,00 per onorari (euro 150,00 per la fase di studio della controversia; Euro 150,00 per la fase introduttiva; Euro 180,00 per fase istruttoria e di trattazione ed Euro 210,00 per la fase di decisione), nonché in Euro 147,10 per spese vive documentate, oltre accessori di legge. Quanto ai rapporti processuali con i singoli condomini, rimasti estranei, personalmente, alla controversia (riguardate il condominio nel suo complesso), le spese processuali del giudizio di appello possono essere compensate per intero. Conseguono le statuizioni di cui al dispositivo. P.Q.M. La Corte di Appello di Catanzaro, definitivamente pronunciando, sull'appello proposto da (...), avverso la sentenza n. 1421/2018, emessa dal Tribunale civile di Catanzaro in data 26.7.2018 e pubblicata in data 30.7.2018, all'esito del procedimento n. 1153/2013 r.g.a.c., disattesa ogni altra istanza, eccezione o domanda, in parziale riforma della sentenza impugnata, così provvede: - dichiara la contumacia del Condominio di via (...) di C. e di (...) ed altri; - annulla la delibera condominiale del 19.2.2013, limitatamente alla decisione sul punto numero quattro dell'ordine del giorno; - compensa per un quarto le spese del primo grado di giudizio, liquidate nell'intero dal Tribunale, e condanna (...) al pagamento, in favore del Condominio di via (...) di C., dei residui tre quarti; - compensa nella misura di un terzo le spese del presente grado di giudizio, liquidate nell'intero in Euro 690,00 per onorari ed Euro 147,10 per spese vive, oltre accessori di legge, e condanna il Condominio di via (...) di C. al rimborso dei restanti due terzi nei confronti di (...); - compensa per intero le spese del giudizio di appello quanto rapporti processuali relativi ai singoli condomini sopra indicati. Così deciso in Catanzaro il 19 dicembre 2022. Depositata in Cancelleria il 5 gennaio 2023.

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