Sentenze recenti intelligenza artificiale

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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Sesta ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 6812 del 2022, proposto da Sm. An. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Ma. Bi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Ministero dello Sviluppo Economico Dir. Gen per i Servizi di Comunicaz. Elettr. di Radiodiffusione e Postali Divisione V, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (...); nei confronti Ra. St. Ce. Soc. Coop, non costituito in giudizio; per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Prima n. 01105/2022, resa tra le parti, per l'annullamento del provvedimento di esclusione dai contributi per l'anno 2019 del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione in favore delle emittenti televisive e radiofoniche locali. Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dello Sviluppo Economico; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 aprile 2023 il Cons. Davide Ponte, udito per la parte appellante l'avvocato Ma. Bi.; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO Con l'appello in esame la società odierna parte appellante impugnava la sentenza n. 1105 del 2022 del Tar Lazio, recante il rigetto dell'originario ricorso, proposto dalla stessa società avverso la nota ministeriale del 29 ottobre 2019 con cui è stata dichiarata inammissibile la domanda presentata per i contributi relativi all'anno 2019, nonché tutti gli atti successivi connessi, fra cui la determinazione di approvazione della graduatoria provvisoria in data 10 febbraio 2020 ed il rigetto del reclamo; veniva altresì chiesto l'accertamento del diritto alla partecipazione al bando per l'erogazione dei contributi. Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, parte appellante formulava i seguenti motivi di appello: - sulla erroneità della sentenza laddove, rigettando il I motivo del ricorso di prime cure, non ha apprezzato la violazione degli artt. 4 comma 2 e 6 comma 1 lett c) del DPR n. 146/2017), 3, 41, 42 e 97, Cost., 3, 6, 7, 8, 9 e 10, L. 7 agosto 1990, n. 241, nonché diversi profili di eccesso di potere, per la sussistenza del requisito concernente la presenza di giornalisti dipendenti nell'esercizio precedente; - analoghi vizi in relazione al rigetto del secondo motivo di ricorso, dedotto avverso il sistema informativo automatico che non ha correttamente calcolato la media dei dipendenti. Il Ministero si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell'appello. Alla pubblica udienza del 13 aprile 2023 la causa passava in decisione. DIRITTO 1. La delibazione in ordine ai motivi di appello dedotti avverso la sentenza impugnata impone un breve excursus ricostruttivo della fattispecie controversa. In proposito, la ricostruzione, anche del quadro regolatorio, posta a base della sentenza impugnata appare in definitiva pacifica, risultando nella sostanza controversa l'interpretazione e l'attuazione delle previsioni applicate. 1.1 La società appellante, che esercita l'attività di radiodiffusione locale mediante l'emittente radiofonica Ra. Ci. Br. nella Regione Sicilia, presentava istanza per l'ottenimento dei contributi del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione in favore delle emittenti televisive e radiofoniche locali, di cui al d.P.R. numero 146 del 2017 per l'anno 2019. 1.2 Con la nota impugnata del 29 ottobre 2019, prot. 64727, il Ministero odierno appellato comunicava alla ricorrente l'inammissibilità della domanda per l'ottenimento dei contributi per l'anno 2019 poiché, pur soddisfacendo il requisito del numero dipendenti/giornalisti, per l'annualità in corso (2019) non risultava, invece, soddisfatto il requisito del numero dei dipendenti/giornalisti riferito all'esercizio precedente (2018) così come previsto dall'art. 4, comma 2, del D.P.R. n. 146/2017. 2. Così riassunto l'iter procedurale controverso, al fine di una corretta disamina delle censure dedotte occorre ribadire il quadro normativo rilevante per l'oggetto di giudizio. 2.1 Il d.P.R. 23 agosto 2017 n. 146, in attuazione dell'articolo 1, comma 163, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, disciplina i criteri di riparto e le procedure di erogazione delle risorse dell'esercizio finanziario 2016 presenti sull'apposito capitolo di bilancio del Ministero dello Sviluppo Economico e, per gli anni successivi, della quota delle risorse del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione, di cui all'articolo 1, comma 160, lettera b), della predetta legge n. 208 del 2015, assegnata al Ministero stesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 4, della legge 26 ottobre 2016, n. 198, in favore delle emittenti televisive e radiofoniche locali. 2.2 L'art. 5 del d.P.R. articola il procedimento in diverse fasi: la presentazione ed istruttoria delle domande, la pubblicazione di una graduatoria provvisoria, a cui possono seguire eventuali reclami e rettifiche, nonché la pubblicazione della graduatoria definitiva; al comma 2 rinvia, inoltre, ad un decreto del Ministro dello Sviluppo Economico "le modalità di presentazione con procedura telematica delle domande e la documentazione da presentare". 2.3 Il successivo art. 6 detta i criteri per l'attribuzione dei contributi, rappresentati, con particolare riferimento alle emittenti radiofoniche, dal numero medio di dipendenti (lett. a), dal numero medio di giornalisti dipendenti (lett. b), dal totale dei ricavi maturati nell'anno precedente per la vendita di spazi pubblicitari (lett. d), nonché dal totale dei costi sostenuti nell'anno precedente per spese in tecnologie innovative (lett. e). 2.4 In attuazione del predetto art. 5 veniva emanato il d.m. 20 ottobre 2017, avente ad oggetto le "Modalità di presentazione delle domande per i contributi alle emittenti radiofoniche e televisive locali" per le annualità 2016 e 2017. 2.6 Dall'esame del quadro normativo rilevante emerge come il criterio per l'attribuzione dei punteggi fosse quello individuato dal d.P.R. 146/2017, sia in termini gerarchici di forza normativa, sia in termini funzionali, in quanto il successivo d.m. 20 ottobre 2017 aveva valenza attuativa del primo e riguardava le modalità di presentazione ed il contenuto della domanda, in termini da intendersi come logicamente coerenti con il d.P.R. attuato. 2.7 La controversia si concentra sull'interpretazione della previsione relativa alla lettera b) predetta, che così individua il criterio controverso: "b) numero medio di giornalisti dipendenti (professionisti, pubblicisti e praticanti) effettivamente applicati all'attività di fornitore di servizi media audiovisivi o di emittente radiofonica per la regione e il marchio/palinsesto oggetto della domanda, occupati nel biennio precedente iscritti al relativo albo o registro, come risultanti dalla presentazione del riepi delle posizioni iscritte presso l'INPGI e per i pubblicisti che hanno optato per il mantenimento dell'iscrizione previdenziale presso l'INPS. Sono inclusi nel calcolo i lavoratori part-time e quelli con contratto di apprendistato. Per i giornalisti in cassa integrazione, con contratti di solidarietà e per quelli a tempo parziale e, nel caso in cui il medesimo soggetto presenti una pluralità di domande per più marchi/palinsesti diversi dal primo o diffusi in più di una regione, si tiene conto delle percentuali di impegno contrattuale in termini di ore effettivamente lavorate. In via transitoria, per le domande relative agli anni 2016 e 2017, il punteggio è quantificato sul numero medio dei giornalisti dipendenti effettivamente dedicati ai servizi media audiovisivi o all'emittenza radiofonica per la regione e per il marchio/palinsesto oggetto della domanda nell'anno di competenza del contributo e nell'anno precedente". In particolare, il rigetto della domanda di parte appellante riguardava quest'ultima previsione transitoria, in quanto il requisito del numero dipendenti/giornalisti, soddisfatto per l'annualità in corso (2019) non risultava, invece, soddisfatto se riferito all'esercizio precedente (2018). 2.8 Dall'analisi delle risultanze di causa emerge come la società avesse assunto i seguenti soggetti per l'anno 2018: il dipendente giornalista/pubblicista, sig. Lu. Sa., assunto con contratto dal 20 gennaio 2018 all'11ottobre 2018; il sig. Br. Sc., assunto con contratto dal 10 ottobre 2018. 2.8.1 Nella prospettazione posta a base del provvedimento impugnato, risulta scoperto il periodo dal 01-01-2018 al 19-01-2018, superiore alla frazione di quindici giorni mensili, secondo il criterio di calcolo di cui alla Tabella 1 di cui all'art. 6, comma 1, lettera c) del medesimo dPR 146 cit. 2.8.2 Nella prospettazione appellante il criterio sarebbe soddisfatto attraverso il calcolo anche dei giorni lavorati ad ottobre dal Saitta, nonché attraverso le ore di straordinario non conteggiate. 2.9 In dettaglio, la richiamata Tabella, nel fornire la specificazione applicativa dei criteri sui dipendenti, statuisce che il numero medio di dipendenti delle tipologie di cui alle lettere a) e b) del biennio si calcola in proporzione al numero di mesi nei quali ciascun lavoratore ha prestato servizio. Si considera mese intero la frazione superiore a quindici giorni di calendario. 2.10 Orbene, nel caso di specie manca effettivamente la copertura per il mese di gennaio, in cui la prestazione è avvenuta per soli undici giorni. Né è utilizzabile il periodo di dieci giorni di ottobre, sia perché riguardante un altro mese, sia in quanto comunque insufficiente, essendo inferiore ai quindi giorni. Né è utilizzabile il lavoro straordinario, in quanto non riferibile a periodi diversi da quelli di vigenza del relativo contratto. 3. In linea generale, nell'interpretazione di un bando trovano applicazione le norme in materia di contratti, e anzitutto i criteri letterale e sistematico previsti dagli artt. 1362 e 1363 cod. civ. 3.1 Le preminenti esigenze di certezza connesse allo svolgimento delle procedure concorsuali di assegnazione di contributi, analogamente a quelle di selezione dei partecipanti ad una procedura di evidenza pubblica, impongono di ritenere di stretta interpretazione le clausole del bando stesso: ne va perciò preclusa qualsiasi lettura che non sia in sé giustificata da un'obiettiva incertezza del loro significato letterale; per cui, secondo la stessa logica, sono comunque preferibili, a garanzia dell'affidamento dei destinatari, le espressioni letterali delle varie previsioni, affinché la via del procedimento ermeneutico non conduca a un effetto, indebito, di integrazione delle regole di gara aggiungendo significati del bando in realtà non chiaramente e sicuramente rintracciabili nella sua espressione testuale. 3.2 Orbene, nel caso di specie va quindi garantita la prevalenza al dato letterale del regolamento e delle norme applicative allegate, da cui emerge, nei termini predetti, l'assenza, seppur per pochi giorni, del numero medio di dipendenti. 4. A fronte di ciò nessun rilievo può essere mosso avverso la procedura automatizzata, seguita dalla p.a., la quale ha preso atto ed applicato, coerentemente al dato letterale del regolamento, un criterio predeterminato. Come già evidenziato dalla giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. ad es. sentenza n. 8472 del 2019) il ricorso a strumenti informatici nelle procedure amministrative costituisce una modalità agevolata di istruttoria, senza che il singolo strumento - per quanto qualificabile in termini di intelligenza artificiale - possa, da un lato, derogare alle regole normative ed ai criteri posti a presupposto della singola procedura e, dall'altro lato, essere sottratto alla trasparenza nonché alla imputabilità all'amministrazione procedente. Quest'ultima è chiamata a verificare la correttezza del funzionamento dello strumento istruttorio utilizzato e la relativa coerenza agli obiettivi ed alle regole dettate, in coerenza al principio di legalità, per l'esercizio del potere in esame. E nel caso di specie l'amministrazione ha correttamente verificato come l'applicazione fatta dallo strumento automatizzato sia stata coerente ai criteri predeterminati normativamente. I criteri non sono dettati dallo strumento informatico ma dalla norma; e la relativa attuazione, rimessa per ragioni di economia e di speditezza ad un sistema automatizzato, è soggetta alla verifica da parte del decisore amministrativo, cui è imputata la relativa scelta. 5. Alla luce delle considerazioni che precedono l'appello va pertanto respinto. Sussistono giusti motivi, a fronte della complessità del procedimento e del dato normativo, per compensare le spese del presente grado di giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 aprile 2023 con l'intervento dei magistrati: Hadrian Simonetti - Presidente Alessandro Maggio - Consigliere Davide Ponte - Consigliere, Estensore Giovanni Gallone - Consigliere Marco Poppi - Consigliere

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quarta ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 5813 del 2022, proposto dalla società Ps. Ve. Lu. Ho. S.à r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Fa. Ar., Ni. Mo. e Gi. Lu. Za., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell'avvocato Ni. Mo. in Roma, via (...); contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via (...); la Presidenza della Repubblica, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio; e con l'intervento di ad opponendum: della società B.F. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati An. Zo. e Gi. Ve., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, piazza di (...); per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio Sezione prima n. 4486 del 13 aprile 2022, resa tra le parti. Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri; Visto l'atto di intervento della società B.F. s.p.a.; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 dicembre 2022 il Cons. Luca Lamberti e viste le conclusioni delle parti presenti, o considerate tali ai sensi di legge, come da verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. La controversia attiene ad una fattispecie di esercizio del potere governativo di veto ad un'acquisizione societaria, ai sensi del d.l. n. 21 del 2012. 1.1. Più in particolare, con decreto in data 21.10.2021, adottato su conforme deliberazione del Consiglio dei Ministri in data 19.10.2021, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha vietato l'acquisizione, da parte della società di diritto svizzero Sy. Cr. Pr. AG, dell'intero capitale sociale della società di diritto olandese Ve. B.V. e delle sue controllate, ivi incluse quelle con sede in Italia. 1.2. La società Sy. Cr. Pr. AG è una delle quattro principali business unit di cui si compone il gruppo societario facente capo alla società di diritto svizzero Sy. AG, a sua volta controllata dalla multinazionale cinese Ch., costituente una SOE (State-Owned Enterprise) della Repubblica Popolare Cinese. Il gruppo Sy. è attivo nel campo agricolo, di cui è uno dei maggiori player mondiali, con interessi in oltre 100 Paesi. 1.3. La società di diritto olandese Ve. B.V. controlla direttamente o indirettamente, tra l'altro, cinque società con sede in Italia, ossia le società Su. Se. Co. s.p.a. ed altri, tutte a vario titolo attive nel settore sementiero: il capitale sociale della società Ve. B.V. è interamente detenuto dalla società di diritto lussemburghese PS. Ve. Lu. Ho. S.à r.l., a sua volta controllata da un fondo di private equity statunitense. 1.4. Oggetto dell'operazione, che vede come soggetto interessato all'acquisto la società Sy. Cr. Pr. AG e come soggetto interessato all'alienazione la società PS. Ve. Lu. Ho. S.à r.l., è l'intero capitale sociale della società Ve. B.V.: l'operazione è stata notificata congiuntamente dalle interessate alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per il Coordinamento Amministrativo in data 05.07.2021. 1.5. Eseguita l'istruttoria, coordinata dal Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali, la pratica è giunta all'attenzione del Consiglio dei Ministri nella seduta del 19.10.2021, che ha ritenuto di non autorizzare l'operazione. 2. La società PS. Ve. Lu. Ho. S.à r.l. (di seguito Ve.) ha radicato ricorso avanti il T.a.r. per il Lazio, evocando in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri e la Presidenza della Repubblica ed avanzando quattro ordini di censure, così sintetizzabili: a1) difetto di entrambe le condizioni alla cui contestuale sussistenza è ex lege subordinato il legittimo esercizio del potere di veto. In particolare, assenza del carattere strategico delle attività delle società italiane del gruppo Ve. e, comunque, strutturale incapacità della relativa acquisizione (di carattere, peraltro, estero su estero) di determinare una "situazione eccezionale, non disciplinata dalla normativa nazionale ed europea di settore, di minaccia di grave pregiudizio per gli interessi pubblici relativi alla sicurezza e al funzionamento delle reti e degli impianti e alla continuità degli approvvigionamenti" (art. 2, comma 3, d.l. n. 21 del 2012) nel campo agroalimentare, perché le società italiane del gruppo: i) detengono una quota del mercato professionale nazionale dei semi pari solo all'1%; ii) non svolgono alcuna attività di produzione di semi, né di sviluppo e ricerca, limitandosi alla commercializzazione all'ingrosso ed alla distribuzione dei semi prodotti da terzi; iii) non sono titolari di diritti di privativa industriale o di proprietà intellettuale; iv) non possiedono i terreni dove i semi vengono coltivati; v) lavorano prevalentemente nel mercato hobbistico, di cui, oltretutto, detengono non più del 20-25% a livello nazionale; a2) mancata formulazione di una motivazione rafforzata che giustifichi l'assunzione di una decisione distonica rispetto alle risultanze dell'istruttoria, giacché il gruppo di coordinamento si era dichiarato favorevole all'operazione con raccomandazioni e, nell'ambito dei relativi lavori, pure il Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza - DIS si era espresso favorevolmente, sia pure chiedendo l'imposizione di più incisive prescrizioni; la proposta di decisione finale formalizzata dal Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali suggeriva l'assenso con raccomandazioni o con prescrizioni, ma non menzionava affatto l'esercizio del potere di veto; a3) illegittimità, a monte, dell'art. 11, lett. c), D.P.C.M. n. 179 del 2020, in tesi generico, tautologico ed indeterminato, in violazione del principio di legalità ; b) errato richiamo agli artt. 6 e 9 D.P.C.M. n. 179 del 2020, perché le società del gruppo non svolgono attività di raccolta dati critici, né si occupano di intelligenza artificiale o, comunque, di tecnologie critiche, quali la machine learning; a tutto concedere, tali rilievi non sono emersi in istruttoria; c) violazione del principio di proporzionalità rispetto a scelte meno impattanti sull'autonomia privata e sul libero operare delle dinamiche di mercato, anche in considerazione dei precisi impegni assunti dall'acquirente in sede di notifica dell'operazione; d) mancanza del preavviso di rigetto. 3. Costituitasi in resistenza la sola Presidenza del Consiglio dei Ministri, con la sentenza indicata in epigrafe il T.a.r., ha così deciso: - ha disposto "l'estromissione dal giudizio, per carenza di legittimazione passiva, della Presidenza della Repubblica", evocata in giudizio dalla ricorrente; - ha respinto nel merito il ricorso; - ha compensato le spese di lite. 3.1. Il T.a.r., in particolare, ha così motivato la reiezione del ricorso (si fa riferimento, di seguito, all'indicazione delle censure operata supra, sub § 2): d) non sarebbe applicabile in subiecta materia l'art. 10-bis l. n. 241 del 1990, giacché "la notifica (dell'operazione) costituisce per l'impresa un vero e proprio obbligo, funzionale all'esercizio dei poteri di controllo spettanti allo Stato, e non è volta ad ottenere un bene della vita. Per tale ragione, nella notifica non è presente alcuna "richiesta" da parte della società interessata"; il procedimento, del resto, sarebbe azionabile anche d'ufficio; a-b) il provvedimento sarebbe espressione di "amplissima discrezionalità, in ragione della natura degli interessi tutelati, attinenti alla sicurezza nazionale"; si tratterebbe, dunque, di atto di alta amministrazione, come tale "sindacabile dal giudice amministrativo nei ristretti limiti della sussistenza di una manifesta illogicità ", nella specie non riscontrabile, atteso che il provvedimento non sarebbe in contrasto con la propedeutica istruttoria e sarebbe articolatamente motivato, posto che "risultano individuati gli asset strategici, rilevanti sotto il profilo dei fattori produttivi critici, delle tecnologie produttive e delle informazioni possedute"; peraltro, "nella fase istruttoria il compito del gruppo di coordinamento, che si avvale del contributo partecipativo delle amministrazioni coinvolte, affiancate dal Dipartimento della pubblica sicurezza, oltre che dell'apporto partecipativo dei soggetti interessati dall'operazione di acquisizione, è quello di raccogliere gli elementi di valutazione tecnica da sottoporre al Consiglio dei ministri in sede collegiale, che non è pertanto vincolato o comunque tenuto ad adottare una motivazione rafforzata nel caso vengano formulate in fase istruttoria proposte differenti rispetto all'esercizio del potere di veto"; non sarebbe neppure illegittimo l'art. 11, lett. c), del D.P.C.M. che, a monte, individua i settori economici suscettibili di uso del potere di veto, giacché "la tecnica redazionale adoperata per individuare gli asset nel settore agroalimentare rappresenta un adeguato compromesso tra la tutela della libertà di impresa e la garanzia della sicurezza nazionale e tiene conto dell'impossibilità di una catalogazione puntuale e minuta degli attivi strategici"; c) non sarebbe leso il principio di proporzionalità, giacché "il decreto contiene una giustificazione del tutto logica in ordine all'inutilità di imporre misure meno gravose del divieto dell'operazione, quali eventuali prescrizioni, in ragioni della circostanza, non controversa, che l'effettivo proprietario della società acquirente è il Governo cinese e della difficoltà di attuare misure di enforcement realmente efficaci in caso di inottemperanza alle prescrizioni imposte per il trasferimento dell'asset all'estero". 4. Ve. appella e ripropone criticamente le censure di prime cure. 4.1. La Presidenza del Consiglio dei Ministri si costituisce in resistenza. 4.2. Interviene ad opponendum la società di diritto italiano BF s.p.a., che rappresenta di avere interesse all'intervento in quanto, a suo tempo, ha effettuato una proposta di acquisto del capitale di Ve. B.V.. 4.3. All'esito della camera di consiglio del 28.07.2022 l'istanza cautelare svolta dall'appellante viene accolta ai soli fini della sollecita fissazione dell'udienza di merito. 4.4. In data 24.11.2022 Ve. deposita accordo con Sy. del 17.11.2022 per il prolungamento sino al 19.12.2022 dell'efficacia della cessione, al fine di dimostrare la persistenza dell'interesse all'acquisizione e, dunque, la procedibilità del giudizio. 4.5. In vista della trattazione del ricorso le parti depositano memorie: - la Presidenza del Consiglio dei Ministri e la società BF ribadiscono l'eccezione di inammissibilità dell'appello, sia perché Sy. non ha impugnato la sentenza del T.a.r. per il Lazio n. 4488 del 13.04.2022 che ne ha rigettato il parallelo ricorso avverso l'atto di veto (nel relativo giudizio, allibrato al n. 13655 del 2021, Ve. non era stata evocata né aveva preso parte quale interveniente), ciò che, in tesi, impedirebbe comunque la stipula dell'atto di vendita, bloccato dal veto oramai definitivo a carico dell'acquirente, sia perché "la PS. Ve. non ha provato che al momento della notifica dell'Appello lo SPA (ossia il contratto preliminare di vendita fra Sy. e Ve.) fosse ancora efficace tra le parti"; - Ve., a sua volta, sostiene l'inammissibilità intervento di BF perché, nella seconda fase della selezione privata curata dalla stessa Ve. per reperire un compratore, BF non avrebbe presentato un'offerta. 4.6. Il ricorso è stato trattato alla pubblica udienza del 15 dicembre 2022. 5. Il Collegio prende le mosse dalla questione pregiudiziale dell'ammissibilità dell'intervento svolto dalla società BF s.p.a.. 5.1. L'intervento è ammissibile. 5.2. Invero, la natura privata della procedura di selezione curata da Ve. ne determina la potenziale ripetizione o, comunque, la possibile rimodulazione anche in itinere - specie all'esito di una pronuncia giurisdizionale che confermi il veto all'operazione di acquisto da parte di Sy. - proprio perché retta dal diritto comune e non presidiata da rigide ed inderogabili disposizioni di diritto pubblico: ne consegue che BF ha un interesse sì indiretto e riflesso, ma pur sempre giuridicamente apprezzabile, all'esito del presente giudizio. 5.3. Peraltro, per principio generale l'inammissibilità dell'intervento consegue all'evidente dimostrazione dell'assenza dei relativi presupposti, dovendosi altrimenti ammettere l'intervento stesso, quale espressione del diritto di difesa costituzionalmente protetto. 5.4. Non può non rilevarsi, infine, che a quanto consta BF (soggetto imprenditoriale attivo nel settore agroalimentare) era già intervenuta ad opponendum in prime cure nel giudizio gemello n. 13655 del 2021 intentato avanti il T.a.r. da Sy., poi definito con sentenza di rigetto n. 4488 del 13.04.2022, in tal modo dimostrando di coltivare attivamente le proprie istanze. 6. Le eccezioni di inammissibilità dell'appello formulate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri (di seguito PCM) e da BF possono, invece, essere assorbite, considerata la complessiva infondatezza nel merito delle prospettazioni di Ve.. 7. Preliminarmente, il Collegio dà atto che, a seguito della proposizione dell'appello, è riemerso l'intero thema decidendum del giudizio di primo grado - che perimetra necessariamente il processo di appello ex art. 104 c.p.a. - sicché, per ragioni di economia dei mezzi processuali e semplicità espositiva, secondo la logica affermata dalla decisione dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 5 del 2015, verranno presi direttamente in esame gli originari motivi posti a sostegno del ricorso introduttivo (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, n. 1137 del 2020). 8. Ciò premesso, il Collegio non può non premettere la ricognizione della normativa applicabile, pur se ciò inevitabilmente appesantisce la trattazione. 8.1. Deve anzitutto menzionarsi il Regolamento (UE) 2019/452 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19 marzo 2019, volto a "istituire un quadro per il controllo degli investimenti esteri diretti nell'Unione", che costituisce il corpus normativo di riferimento a livello unionale. 8.1.1. Tale Regolamento: - al considerando 2, richiama "l'articolo 3, paragrafo 5, del trattato sull'Unione europea (TUE)", ai sensi del quale "nelle relazioni con il resto del mondo, l'Unione afferma e promuove i suoi valori e interessi"; - al considerando 3, stabilisce che, "conformemente agli impegni internazionali assunti nell'ambito dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC), dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici e degli accordi commerciali e di investimento conclusi con paesi terzi, l'Unione e gli Stati membri possono adottare, per motivi di sicurezza o di ordine pubblico, misure restrittive nei confronti degli investimenti esteri diretti, purché siano rispettate alcune condizioni"; - al considerando 6, precisa che "gli investimenti esteri diretti rientrano nell'ambito della politica commerciale comune. A norma dell'articolo 3, paragrafo 1, lettera e), TFUE, l'Unione ha competenza esclusiva per quanto concerne la politica commerciale comune"; - al considerando 8, aggiunge che "il quadro per il controllo degli investimenti esteri diretti e per la cooperazione dovrebbe dotare gli Stati membri e la Commissione degli strumenti per affrontare in modo globale i rischi per la sicurezza o per l'ordine pubblico e per adeguarsi al mutare delle circostanze, mantenendo nel contempo la necessaria flessibilità per consentire agli Stati membri di controllare gli investimenti esteri diretti per motivi di sicurezza e ordine pubblico, tenendo conto delle rispettive situazioni individuali e delle specificità nazionali. Spetta esclusivamente allo Stato membro interessato decidere se istituire un meccanismo di controllo o se controllare un investimento estero diretto"; - al considerando 11, stabilisce che "dovrebbe essere possibile per gli Stati membri valutare i rischi per la sicurezza o per l'ordine pubblico derivanti da cambiamenti significativi dell'assetto proprietario o delle caratteristiche fondamentali di un investitore estero determinato"; - al considerando 12, precisa che "al fine di orientare gli Stati membri e la Commissione nell'applicazione del presente regolamento, è opportuno indicare un elenco di fattori che potrebbero essere presi in considerazione nel determinare se un investimento estero diretto possa incidere sulla sicurezza o sull'ordine pubblico... L'elenco di fattori che possono incidere sulla sicurezza o sull'ordine pubblico dovrebbe restare non esaustivo"; - al considerando 13, stabilisce che "Nel determinare se un investimento estero diretto possa incidere sulla sicurezza o sull'ordine pubblico, dovrebbe essere possibile per gli Stati membri e la Commissione tenere conto di tutti i fattori pertinenti, compresi gli effetti sulle infrastrutture critiche, sulle tecnologie, comprese le tecnologie abilitanti fondamentali, e sui fattori produttivi che sono essenziali per la sicurezza o il mantenimento dell'ordine pubblico la cui perturbazione, disfunzione, perdita o distruzione avrebbe un impatto significativo in uno Stato membro o nell'Unione. A tale proposito, dovrebbe altresì essere possibile per gli Stati membri e la Commissione tenere conto del contesto e delle circostanze dell'investimento estero diretto, in particolare della possibilità che un investitore estero sia controllato direttamente o indirettamente, ad esempio attraverso finanziamenti consistenti, comprese le sovvenzioni, da parte del governo di un paese terzo, o persegua progetti o programmi all'estero a guida statale"; - all'art. 2, definisce come "investimento estero diretto, un investimento di qualsiasi tipo da parte di un investitore estero inteso a stabilire o mantenere legami durevoli e diretti tra l'investitore estero e l'imprenditore o l'impresa cui è messo a disposizione il capitale al fine di esercitare un'attività economica in uno Stato membro, compresi gli investimenti che consentono una partecipazione effettiva alla gestione o al controllo di una società che esercita un'attività economica"; - all'art. 3, stabilisce che "conformemente al presente regolamento, gli Stati membri possono mantenere, modificare o adottare meccanismi per controllare gli investimenti esteri diretti nel loro territorio per motivi di sicurezza o di ordine pubblico" e, in tale ambito, "stabiliscono in particolare le circostanze che danno luogo al controllo, i motivi del controllo e le regole procedurali dettagliate applicabili"; - all'art. 4, rubricato "Fattori che possono essere presi in considerazione dagli Stati membri e dalla Commissione", stabilisce: i) al paragrafo 1, che "Nel determinare se un investimento estero diretto possa incidere sulla sicurezza o sull'ordine pubblico, gli Stati membri e la Commissione possono prendere in considerazione i suoi effetti potenziali, tra l'altro, a livello di: c) sicurezza dell'approvvigionamento di fattori produttivi critici, tra cui l'energia e le materie prime, nonché la sicurezza alimentare". ii) al successivo paragrafo 2, che "Nel determinare se un investimento estero diretto possa incidere sulla sicurezza o sull'ordine pubblico, gli Stati membri e la Commissione tengono altresì conto, in particolare, se: a) l'investitore estero sia direttamente o indirettamente controllato dall'amministrazione pubblica, inclusi organismi statali o forze armate, di un paese terzo, anche attraverso l'assetto proprietario o finanziamenti consistenti". 8.2. Nell'ordinamento nazionale, deve farsi riferimento al D.L. n. 21 del 15 marzo 2012, convertito con modificazioni con l. n. 56 dell'11 maggio 2012 e rubricato "Norme in materia di poteri speciali sugli assetti societari nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonchè per le attività di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni". 8.2.1. All'art. 2, comma 1-ter, il D.L. stabilisce che "Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'interno, con il Ministro della difesa, con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e con i Ministri competenti per settore, adottati anche in deroga all'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, che è reso entro trenta giorni, decorsi i quali i decreti possono comunque essere adottati, sono individuati, ai fini della verifica in ordine alla sussistenza di un pericolo per la sicurezza e l'ordine pubblico, compreso il possibile pregiudizio alla sicurezza e al funzionamento delle reti e degli impianti e alla continuità degli approvvigionamenti, i beni e i rapporti di rilevanza strategica per l'interesse nazionale, anche se oggetto di concessioni, comunque affidate, ulteriori rispetto a quelli individuati nei decreti di cui all'articolo 1, comma 1, e al comma 1 del presente articolo, nei settori di cui all'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2019/452 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2019 (ossia, tra l'altro, l'approvvigionamento di fattori produttivi critici, tra cui l'energia e le materie prime, nonché la sicurezza alimentare), nonchè la tipologia di atti od operazioni all'interno di un medesimo gruppo ai quali non si applica la disciplina di cui al presente articolo. I decreti di cui al primo periodo sono adottati entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione e sono aggiornati almeno ogni tre anni". 8.2.2. Al successivo comma 2-bis, il D.L. precisa che "Qualsiasi delibera, atto od operazione, adottato da un'impresa che detiene uno o più degli attivi individuati ai sensi del comma 1-ter, che abbia per effetto modifiche della titolarità, del controllo o della disponibilità degli attivi medesimi a favore di un soggetto esterno all'Unione europea, di cui al comma 5-bis, ovvero, nei settori individuati nel secondo periodo del comma 5, anche a favore di un soggetto appartenente all'Unione europea, ivi compresi quelli stabiliti o residenti in Italia, comprese le delibere dell'assemblea o degli organi di amministrazione aventi ad oggetto la fusione o la scissione della società, il trasferimento dell'azienda o di rami di essa in cui siano compresi detti attivi o l'assegnazione degli stessi a titolo di garanzia, il trasferimento di società controllate che detengono i predetti attivi, ovvero che abbia per effetto il trasferimento della sede sociale in un Paese non appartenente all'Unione europea, è notificato, salvo che l'operazione sia in corso di valutazione o sia già stata valutata ai sensi del comma 5, entro dieci giorni e comunque prima che vi sia data attuazione, alla Presidenza del Consiglio dei ministri dalla stessa impresa. Sono notificati altresà nei medesimi termini qualsiasi delibera, atto od operazione, adottato da un'impresa che detiene uno o più degli attivi individuati ai sensi del comma 1-ter, che abbia per effetto il cambiamento della loro destinazione, nonchè qualsiasi delibera che abbia ad oggetto la modifica dell'oggetto sociale, lo scioglimento della società o la modifica di clausole statutarie eventualmente adottate ai sensi dell'articolo 2351, terzo comma, del codice civile ovvero introdotte ai sensi dell'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474, come da ultimo modificato dall'articolo 3 del presente decreto". 8.2.3. Al successivo comma 3, il D.L. stabilisce che "Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri adottato su conforme deliberazione del Consiglio dei Ministri, da trasmettere tempestivamente e per estratto alle Commissioni parlamentari competenti, può essere espresso il veto alle delibere, atti e operazioni di cui ai commi 2 e 2-bis, che diano luogo a una situazione eccezionale, non disciplinata dalla normativa nazionale ed europea di settore, di minaccia di grave pregiudizio per gli interessi pubblici relativi alla sicurezza e al funzionamento delle reti e degli impianti e alla continuità degli approvvigionamenti". 8.2.4. Al comma 6, il D.L. aggiunge che "Qualora l'acquisto di cui al comma 5 (ossia "l'acquisto a qualsiasi titolo da parte di un soggetto esterno all'Unione europea di partecipazioni in società che detengono gli attivi individuati come strategici ai sensi del comma 1 nonchè di quelli di cui al comma 1-ter, di rilevanza tale da determinare l'insediamento stabile dell'acquirente in ragione dell'assunzione del controllo della società la cui partecipazione è oggetto dell'acquisto") comporti una minaccia di grave pregiudizio agli interessi essenziali dello Stato di cui al comma 3 ovvero un pericolo per la sicurezza o per l'ordine pubblico... con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato su conforme deliberazione del Consiglio dei ministri, da trasmettere tempestivamente e per estratto alle Commissioni parlamentari competenti, l'efficacia dell'acquisto può essere condizionata all'assunzione, da parte dell'acquirente e della società le cui partecipazioni sono oggetto dell'acquisto, di impegni diretti a garantire la tutela dei predetti interessi... In casi eccezionali di rischio per la tutela dei predetti interessi, non eliminabili attraverso l'assunzione degli impegni di cui al primo periodo, il Governo può opporsi, sulla base della stessa procedura, all'acquisto". 8.2.5. Il comma prosegue, precisando che "Per determinare se un investimento estero possa incidere sulla sicurezza o sull'ordine pubblico è possibile prendere in considerazione le seguenti circostanze: a) che l'acquirente sia direttamente o indirettamente controllato dall'amministrazione pubblica, compresi organismi statali o forze armate, di un Paese non appartenente all'Unione europea, anche attraverso l'assetto proprietario o finanziamenti consistenti". 8.2.6. Infine, il comma 7 stabilisce che "I poteri speciali di cui ai commi precedenti sono esercitati esclusivamente sulla base di criteri oggettivi e non discriminatori. A tale fine il Governo considera, avuto riguardo alla natura dell'operazione, i seguenti criteri: a) l'esistenza, tenuto conto anche delle posizioni ufficiali dell'Unione europea, di motivi oggettivi che facciano ritenere possibile la sussistenza di legami fra l'acquirente e paesi terzi che non riconoscono i principi di democrazia o dello Stato di diritto, che non rispettano le norme del diritto internazionale o che hanno assunto comportamenti a rischio nei confronti della comunità internazionale, desunti dalla natura delle loro alleanze, o hanno rapporti con organizzazioni criminali o terroristiche o con soggetti ad esse comunque collegati; b) l'idoneità dell'assetto risultante dall'atto giuridico o dall'operazione, tenuto conto anche delle modalità di finanziamento dell'acquisizione e della capacità economica, finanziaria, tecnica e organizzativa dell'acquirente, a garantire: 1) la sicurezza e la continuità degli approvvigionamenti; 2) il mantenimento, la sicurezza e l'operatività delle reti e degli impianti". 8.3. A livello di normazione secondaria, il D.P.C.M. n. 179 del 18 dicembre 2020, rubricato "Regolamento per l'individuazione dei beni e dei rapporti di interesse nazionale nei settori di cui all'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2019/452 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2019, a norma dell'articolo 2, comma 1-ter, del decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 maggio 2012, n. 56" stabilisce, all'art. 11, a sua volta rubricato "Beni e rapporti in tema di approvvigionamento di fattori produttivi e nel settore agroalimentare", che rientrano tra i beni e i rapporti di cui all'articolo 1 (ossia "beni e rapporti di rilevanza strategica per l'interesse nazionale, ulteriori rispetto a quelli individuati nei decreti di cui all'articolo 1, comma 1, e all'articolo 2, comma 1, del medesimo decreto-legge n. 21 del 2012, nei settori di cui all'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 2019/452 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2019"), tra l'altro, "le attività economiche di rilevanza strategica e l'approvvigionamento di fattori produttivi critici della filiera agroalimentare". 8.4. Quanto all'aspetto procedurale, si richiama il D.P.R. 25 marzo 2014, n. 86, rubricato "Regolamento per l'individuazione delle procedure per l'attivazione dei poteri speciali nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni, a norma dell'articolo 2, comma 9, del decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21", che, nel disciplinare il procedimento da seguire (poi ancor più dettagliatamente normato dal successivo D.P.C.M. 6 agosto 2014), precisa, per quanto qui di interesse, che (art. 6): - "Il Ministero responsabile dell'istruttoria e della proposta ai sensi dell'articolo 3, tenuto conto delle risultanze emerse nell'ambito del gruppo di coordinamento di cui all'articolo 2, comma 2, lettera c), trasmette tempestivamente in via telematica alla Presidenza del Consiglio dei ministri, e al suddetto gruppo di coordinamento, la proposta di esercizio dei poteri speciali con il relativo schema di provvedimento, ovvero comunica le motivazioni per cui ritiene non necessario l'esercizio dei poteri speciali"; - "Lo schema di provvedimento di esercizio dei poteri speciali indica dettagliatamente le minacce di grave pregiudizio per gli interessi pubblici relativi alla sicurezza e al funzionamento delle reti e degli impianti e alla continuità degli approvvigionamenti e può comportare rispettivamente il potere di veto alla delibera o il potere di opposizione all'acquisto nei casi in cui l'imposizione di specifiche prescrizioni, condizioni o impegni non siano sufficienti ad assicurare la tutela degli interessi pubblici"; - "Nel caso in cui i poteri speciali siano esercitati nella forma di assunzione da parte dell'acquirente di impegni diretti a garantire la tutela degli interessi essenziali dello Stato, di cui all'articolo 2, comma 3, del decreto-legge, ai sensi dell'articolo 2, comma 6, del decreto-legge, lo schema di provvedimento indica: a) le specifiche prescrizioni o condizioni richieste all'impresa; b) specifici criteri e modalità di monitoraggio; c) l'amministrazione competente a svolgere il monitoraggio delle prescrizioni o condizioni richieste, nonchè l'organo da essa incaricato di curare le relative attività ; d) le sanzioni previste dal decreto-legge in caso di inottemperanza, anche tenuto conto delle previsioni di cui all'articolo 8". 9. Attingendo a questo punto il merito, il Collegio ricostruisce l'andamento del procedimento. 10. Per quanto di interesse ai fini della presente decisione, la fase istruttoria si è svolta come segue. 10.1. Nella riunione finale del Gruppo di coordinamento del 07.10.2021, il Ministero dell'Agricoltura, nella qualità di Amministrazione responsabile dell'istruttoria, propone "il non esercizio dei poteri speciali", aggiungendo tuttavia che "in considerazione della strategicità degli asset coinvolti e del carattere programmatico di alcuni impegni assunti dalle società notificanti, sia necessario garantire il monitoraggio sugli stessi": il Ministero, pertanto, "propone di inserire nella delibera di non esercizio dei poteri speciali una raccomandazione, rivolta alla società acquirente, affinché operi in modo conforme agli impegni assunti in sede di notifica e nel corso del procedimento". 10.2. Il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza "evidenzia le criticità ed i rischi legati alla natura dell'operazione" e "propone, in alternativa, di esercitare i poteri speciali, mediante l'imposizione di specifiche prescrizioni volte al mantenimento dei rapporti contrattuali ed alla preservazione dell'attività di Su. Se. Co. s.p.a. in Italia". 10.3. Anche sulla scorta delle osservazioni del Segretario generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri - secondo cui da un lato "le raccomandazioni proposte dal Ministero responsabile sono simili a delle vere e proprie prescrizioni", dall'altro comunque "il Consiglio dei Ministri, in sede di esame del provvedimento, può decidere di mutare la natura delle raccomandazioni trasformandole in un esercizio dei poteri speciali con prescrizioni" - il Gruppo di coordinamento concorda con la proposta del Ministero dell'Agricoltura di non esercizio dei poteri speciali, con la formulazione di apposite raccomandazioni alla società acquirente, soggette a monitoraggio. 10.4. Conseguentemente, il Ministero dell'Agricoltura, nel trasmettere alla PCM, con nota dell'11.10.2021, gli esiti della fase istruttoria, propone il "non esercizio dei poteri speciali", sia pure prevedendo che "l'acquirente trasmetta al Governo una relazione periodica di monitoraggio dell'operazione, al fine di consentire la verifica del rispetto degli stessi". 10.5. Tuttavia, nell'appunto per il Ministro in vista del Consiglio dei Ministri, si ventila altresì la proposta alternativa dell'esercizio dei poteri speciali, mediante la formulazione di "apposite prescrizioni", dettagliatamente indicate. 10.6. Nel corso del Consiglio dei Ministri del 19.10.2021, il Ministro dell'Agricoltura propone senz'altro "l'esercizio dei poteri, manifestando disponibilità al confronto in merito all'opzione tra prescrizioni o veto", opzione quest'ultima poi prescelta dal Consiglio, all'esito della discussione. 11. Da quanto precede si evince che non sussiste, in termini sostanziali, il contrasto lamentato dalla ricorrente fra il provvedimento e l'istruttoria, almeno nella misura macroscopica tale da determinare un inaccettabile iato fra gli esiti della stessa ed il successivo decisum, con conseguente vizio della funzione. 11.1. Invero, nell'ambito dei lavori del Gruppo di coordinamento il Ministero dell'Agricoltura individua l'operazione come "strategica" (si menziona espressamente, in particolare, la "strategicità degli asset coinvolti") e qualifica come fondamentali gli impegni assunti pro futuro dall'acquirente, che, proprio in quanto strutturalmente "programmatici", necessitano di essere puntualmente verificati. 11.2. Il Ministero, dunque, pur proponendo il non esercizio dei poteri speciali, esprime la consapevolezza della delicatezza della questione, sia per l'oggetto dell'operazione, sia per il carattere qualificante che rivestono gli impegni assunti dall'acquirente in sede di notifica (poi vieppiù arricchiti nel corso dell'istruttoria). 11.3. Il Gruppo di coordinamento concorda con l'impostazione ministeriale. 11.4. Nella conseguente proposta formale rivolta alla PCM (cfr. nota dell'11.10.2021), il Ministero dell'Agricoltura ritiene non sussistere i presupposti dell'esercizio dei poteri speciali, alla luce: - della "puntuale disciplina" normativa nazionale del settore sementiero ("che prevede un rigoroso sistema di vigilanza e controllo"); - del fatto che le "target italiane utilizzano" sementi "di pubblico dominio" (salvo solo 63 varietà ortive, di cui la società Ro. Se. è costitutore), "non svolgono un'attività di ricerca e di significativa costituzione varietale", operano "in un contesto piuttosto differenziato", detengono "un ruolo marginale nel mercato professionale" nazionale, "non detengono materiale genetico specifico" ed hanno un "fatturato consolidato... di gran lunga inferiore alle soglie di rilevanza strategica individuate generalmente nei settori soggetti al golden power"; - degli impegni "stringenti e significativi" assunti dall'acquirente. 11.5. Il Ministero, comunque, proprio in considerazione del fatto che "le dichiarazioni e gli impegni dell'acquirente in sede di notifica e nel corso del procedimento, come poc'anzi specificati, assumono rilevanza a fondamento di tale conclusione istruttoria... propone di prevedere che l'acquirente trasmetta al Governo una relazione periodica di monitoraggio dell'operazione, al fine di consentire la verifica del rispetto degli stessi". 11.6. I dati oggettivi raccolti dal Gruppo in sede istruttoria identificano, dunque, un'operazione attinente ad una materia dichiaratamente "sensibile", in ordine alla quale, nondimeno, viene esclusa la necessità di esercizio dei poteri speciali in considerazione dei vari profili specificamente enucleati. 11.7. Peraltro, dapprima il Ministero dell'Agricoltura rappresenta al Ministro la possibile alternativa dell'imposizione non di semplici raccomandazioni, ma di ben più incisive prescrizioni; quindi, in sede di Consiglio dei Ministri, il Ministro propone senz'altro l'esercizio dei poteri, nella forma più lieve dell'assenso con prescrizioni o in quella più dura del divieto. 11.8. Questo significativo climax istruttorio registratosi nella specie da un lato testimonia l'esito tutt'altro che monolitico ed univoco dell'istruttoria stessa, dall'altro attesta vieppiù, per tabulas, la percepita delicatezza della questione già nel corso della fase istruttoria. 12. Pur a voler prescindere da tali considerazioni, comunque, il Collegio osserva in termini generali che, nella procedura dell'esercizio dei poteri speciali, ciò che giuridicamente distingue la fase decisoria dalla previa fase istruttoria è proprio l'attività valutativa del sostrato fattuale acquisito agli atti. 13. Il procedimento nazionale in tema di "golden power" è, invero, bifasico. 13.1. Esso prevede una prima fase di carattere prettamente istruttorio tesa all'acquisizione di tutti i dati di fatto rilevanti al fine di ricostruire ed inquadrare l'operazione in chiave tanto analitica, quanto sistemica, a beneficio della successiva valutazione finale: tale fase, che il D.P.R. n. 86 del 2014 significativamente definisce come "attività propedeutica all'esercizio dei poteri speciali", è curata da un apposito Gruppo di coordinamento, composto da personale di livello dirigenziale apicale della PCM e dei vari Ministeri interessati. 13.2. La seconda fase, appunto decisoria, è viceversa appannaggio esclusivo del Consiglio dei Ministri. 14. Questa seconda fase - affidata, non a caso, al massimo organo di direzione politica dello Stato e non a personale dirigenziale - assume un marcato ed assai lato profilo discrezionale: essa, invero, prende le mosse sì dai dati di fatto acquisiti in sede istruttoria, ma, nel contesto di una valutazione collegiale della questione in cui intervengono i Vertici politici di tutte le Amministrazioni dello Stato, affronta, inquadra e qualifica l'operazione nell'ambito della più ampia postura politica dello Stato in ottica non solo economica e finanziaria, ma in senso più globale strategica. 14.1. Il Consiglio dei Ministri, in sostanza, non si limita ad una ricognizione atomistica, puntiforme e, per così dire, "contabile" ed anodina delle caratteristiche specifiche dell'operazione, ma la traguarda nell'ambito e nel contesto dei fini generali della politica nazionale, ponderandone gli impatti sia sull'assetto economico-produttivo del settore socio-economico interessato, sia sulla più ampia struttura dell'economia nazionale, sia, infine, sui rapporti internazionali e sul complessivo posizionamento politico-strategico del Paese nell'agone internazionale. 14.2. Del resto, è lo stesso diritto unionale che facoltizza tale ampio spettro di valutazioni (cfr. le disposizioni richiamate supra del richiamato Regolamento UE n. 452 del 2019 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19 marzo 2019). 14.3. In definitiva, dunque, nella specifica procedura in commento il vizio di contrasto con l'istruttoria si presenta strutturalmente marginale, in quanto è limitato ai casi macroscopici in cui il Consiglio affermi fatti smentiti dall'istruttoria o, al contrario, neghi fatti riscontrati nella fase istruttoria. 15. Ovviamente, ciò non veicola una sorta di arbitrio decisionale del Consiglio, che, di contro, deve poggiare su un iter argomentativo coerente, fondato sui criteri posti a monte dalla legge. 15.1. Nella vicenda di specie, decisivo è il fatto che l'acquirente è indirettamente (ma univocamente) espressione del Governo della Repubblica Popolare Cinese, circostanza debitamente evidenziata dal Consiglio e giuridicamente rilevante ai sensi tanto della normativa unionale (Regolamento n. 452 del 2019, considerando 13 ed art. 4), quanto di quella nazionale (cfr. D.L. n. 21 del 2012, art. 2, comma 6). 15.2. Il Consiglio, in particolare, ha rilevato che: - per la Repubblica Popolare cinese, Stato ad economia pianificata, il settore alimentare costituisce dichiaratamente un obiettivo strategico (così il XIV Piano quinquennale), nel quale quindi è ragionevole ritenere che siano autoritativamente convogliate, guidate ed indirizzate le (poderose) energie economiche, finanziarie e politico-diplomatiche del Paese; - le società del gruppo Ve. sono attive in tale settore, sono tecnologicamente all'avanguardia (in particolare, dalla relazione delle parti interessate e dall'audizione di Assosementi risulta che le società italiane del Gruppo Ve. sono altamente qualificate in punto di moltiplicazione del seme, attività ictu oculi oltremodo delicata, sensibile e "strategica") e, benché non producano direttamente i semi ma stipulino, a tal fine, contratti con gli agricoltori italiani (cui, peraltro, cedono a titolo oneroso il "basic seed", ossia il "portaseme", e la cui attività di coltivazione è sistematicamente supervisionata da agronomi del Gruppo - cfr. ricorso al T.a.r., pag. 18 e relazione delle parti in data 02.08.2021), è evidente che contrattualmente possano incidere sulla filiera agroalimentare nazionale, condizionandola in maniera apprezzabile in base alle loro mutevoli necessità, evidentemente dettate, in ultima analisi, dalla volontà (politica) del Governo di Pechino. 15.3. In proposito, il Collegio rileva che: - l'apprezzamento della strategicità di un'operazione in relazione all'interesse nazionale da parte del Consiglio dei Ministri ha tratti altamente discrezionali, posto che lo stesso concetto di interesse nazionale non è un prius, ossia un dato oggettivo preesistente in natura, bensì un posterius, ossia la risultante di valutazioni ed opzioni politiche; - tale apprezzamento, proprio in quanto attiene ad un profilo di massima quale quello strategico, viene svolto dal Consiglio dei Ministri nell'ambito di un'ampia valutazione geopolitica proiettata a scenari futuri e può legittimamente essere proteso non solo a proteggere istanze nazionali, ma anche a non favorire esigenze e scopi di Stati ritenuti (non solo ostili, ma anche semplicemente) competitor o con i quali, comunque, i rapporti possano prospetticamente presentare profili di problematicità ; - più in generale, l'ascrizione di "rilevanza strategica per l'interesse nazionale" ai "beni e rapporti" coinvolti da un'operazione notificata, al fine della verifica circa la sussistenza di un "possibile pregiudizio alla sicurezza e... alla continuità degli approvvigionamenti" (cfr. D.L. n. 21 del 2012, art. 2, comma 1-ter), è stata già operata a monte con D.P.C.M. n. 179 del 2020, che, per quanto qui di interesse, così dispone: i) qualifica "attività economiche di rilevanza strategica... le attività economiche essenziali per il mantenimento delle funzioni vitali della società ", quali certo sono quelle del settore agroalimentare, fondamentale per la stessa esistenza fisica dell'uomo; ii) con specifico riferimento al settore agroalimentare, qualifica come strategico "l'approvvigionamento di fattori produttivi critici della filiera alimentare", quali certo sono le sementi, base imprescindibile di ogni coltivazione agricola. 16. Tale ultima locuzione non presenta l'intollerabile profilo di genericità ed indeterminatezza lamentato dall'appellante, ove si ponga mente allo scopo della normativa (primaria e secondaria) in tema di golden power, che è quello di apprestare una disciplina a maglie volutamente larghe al fine di non imbrigliare - e, quindi, depotenziare - il presidio costituito dalla spendita del potere omonimo. 16.1. Il potere di golden power, infatti, rappresenta il limes provvedimentale posto dalla legge a garanzia ultima dell'interesse nazionale nelle specifiche macro-aree economiche prese in considerazione; come tale, e proprio in quanto dettato a tutela di interessi fondamentali ("strategici") della collettività nazionale come discrezionalmente apprezzati dal Consiglio dei Ministri, esige un fondamento normativo altrettanto ampio, elastico, flessibile ed inclusivo, che consenta di apprestare la massima e più efficace tutela agli (assai rilevanti) interessi sottostanti: in tale specifica ottica, esula qualunque addebito di indeterminatezza e genericità . 16.2. Peraltro, aggiunge il Collegio, siamo al di fuori della materia lato sensu penale (che impone, come noto, la necessità di una particolare tassatività nell'enucleazione della fattispecie normativa), esulando dalla normativa sul golden power qualsivoglia finalità afflittiva; parimenti, non ricorre l'imposizione di una prestazione patrimoniale ex art. 23 Cost. (cfr. ricorso al T.a.r., pag. 44), ma la mera previsione legislativa di un presidio di verifica della compatibilità dell'iniziativa economica privata con l'utilità sociale (art. 41 Cost.), espressione ampia in cui certo rientra l'interesse nazionale in ordine a "beni e rapporti strategici" come individuati dalla legge. 17. Di converso, è la stessa normativa primaria a stabilire che: - "per determinare se un investimento estero possa incidere sulla sicurezza o sull'ordine pubblico... è possibile prendere in considerazione" il fatto che "l'acquirente sia direttamente o indirettamente controllato dall'amministrazione pubblica, compresi organismi statali o forze armate, di un Paese non appartenente all'Unione europea" (cfr. D.L. n. 21 del 2012, art. 2, comma 6); - "il Governo considera, avuto riguardo alla natura dell'operazione... l'esistenza, tenuto conto anche delle posizioni ufficiali dell'Unione europea, di motivi oggettivi che facciano ritenere possibile la sussistenza di legami fra l'acquirente e paesi terzi che non riconoscono i principi di democrazia o dello Stato di diritto", nonché "l'idoneità dell'assetto risultante dall'atto giuridico o dall'operazione... a garantire... la sicurezza e la continuità degli approvvigionamenti" (cfr. D.L. n. 21 del 2012, art. 2, comma 7). 18. Alla luce di queste puntuali coordinate legislative, in considerazione degli impatti che l'operazione potrebbe avere su "fattori produttivi critici della filiera alimentare" (quali indubbiamente sono le sementi e la libertà contrattuale dei produttori agricoli nazionali) e della riconducibilità della società acquirente al Governo di un Paese estraneo all'Unione Europea e connotato da una forma di governo differente da quelle occidentali, il Consiglio dei Ministri ha riscontrato la sussistenza di una "situazione eccezionale, non disciplinata dalla normativa nazionale ed europea di settore, di minaccia di grave pregiudizio per gli interessi pubblici relativi alla sicurezza e alla continuità degli approvvigionamenti", cui la normativa primaria (cfr. D.L. n. 21 del 2012, art. 2, comma 3) subordina l'esercizio dei poteri di golden power sub specie di veto all'operazione. 18.1. Tale delibazione non sconta il vizio della funzione ravvisato dall'appellante, posto che il Consiglio dei Ministri ha ritenuto, nell'esplicazione dell'ampia discrezionalità di cui - quale massimo organo di indirizzo politico del Paese - dispone, di apprestare una tutela particolarmente incisiva al settore agroalimentare nazionale, da un lato proteggendo il patrimonio informativo, tecnologico, scientifico e contrattuale posseduto, nel settore sementiero, dalle target italiane (in particolare, dalla società Su. Se.), dall'altro e specularmente impedendo che, grazie all'acquisizione, la società Sy. (e, per essa, il Governo cinese) integrando la propria filiera, possa incrementare il proprio potenziale capacitativo in un'area dichiaratamente strategica anche per la Repubblica Popolare (cfr. la relazione presentata dalle parti in data 02.08.2021, pag. 8, ove si precisa che "il razionale strategico dell'Operazione è rappresentato dalla rilevanza che il segmento di clientela a livello globale cui Ve. si rivolge riveste per Sy."). 18.2. Il Consiglio dei Ministri, in particolare, ha inteso evitare che, grazie all'acquisizione, il Governo cinese possa volgere a vantaggio del proprio mercato domestico il potenziale produttivo delle target italiane (in particolare, di Su. Se.), mediante, inter alia, la "rimodulazione delle priorità e delle tempistiche dell'agenda produttiva delle aziende agricole italiane", la "delocalizzazione dei punti decisionali fuori dai confini nazionali", il "mutamento del modello di business", "l'accelerazione del processo di standardizzazione nella produzione di sementi", tutte ipotesi che non possono certo escludersi in futuro. 18.3. Come già specificato supra, nell'ambito della procedura di cui al D.L. n. 21 del 2012 il Consiglio dei Ministri è organo decisionale deputato, sulla base delle risultanze fattuali dell'istruttoria (e non anche delle valutazioni e delle proposte operate dal Gruppo di coordinamento o dal Ministero responsabile), ad operare un'ampia valutazione prospettica di scenario, tesa da un lato a preservare il Paese da possibili fattori di rischio prospetticamente rilevanti, dall'altro e contestualmente ad arginare iniziative di Paesi terzi potenzialmente pericolosi o per i quali, comunque, sia ritenuto opportuno un ingaggio geopolitico particolarmente prudente. 18.4. In altra angolazione argomentativa, la stessa valutazione di strategicità non costituisce un dato oggettivo e, per così dire, inconfutabile riveniente dalle caratteristiche dell'operazione in sé atomisticamente considerate, ma rappresenta la risultante di una ponderazione altamente discrezionale (se non apertamente politica), sì che ben può essere qualificata "strategica" e capace di determinare "una situazione eccezionale" non altrimenti fronteggiabile un'operazione che pure, di per sé, non presenti profili intrinseci macroscopicamente straordinari: altrimenti detto, una stessa operazione può essere strategica o meno in funzione anche (se non soprattutto) dei soggetti coinvolti, non solo dei caratteri dell'asset e della società target. 18.5. Del resto, il controllo di un operatore economico nazionale da parte di uno Stato terzo estraneo all'Unione Europea e con cui non intercorrono formali e cogenti legami di alleanza (si pensi, in primis, a quello riveniente dal Trattato NATO) fa sì che l'operazione non sia ascrivibile al solo mercato ed alle connesse logiche di politica industriale, ma coinvolga ineludibilmente anche considerazioni di politica internazionale e di sicurezza, tese in ultima analisi a preservare non solo il funzionamento corretto del mercato nazionale, messo in pericolo dalla presenza di un operatore longa manus di uno Stato straniero, ma la stessa effettività del principio costituzionale supremo di cui all'art. 1, comma 2 ("La sovranità appartiene al popolo"), potenzialmente vulnerato da acquisizioni di asset fondamentali per la collettività nazionale da parte di Stati stranieri che, ad avviso del Governo, non diano sufficienti garanzie circa il relativo uso. 19. La piena idoneità delle ragioni afferenti alla tutela del settore agroalimentare a sorreggere ex se il provvedimento rende superfluo lo scrutinio delle censure mosse dall'appellante alle altre due ragioni enucleate nel provvedimento, inerenti ai profili della "raccolta dati" e alle "tecnologie di machine learning". 20. Per doverosa completezza motivazionale, il Collegio precisa che la normativa nazionale di cui al D.L. n. 21 del 2012 è conforme al diritto unionale, che, come visto, lascia ampio spazio al legislatore nazionale (cfr. considerando 8 e 12 del Regolamento 2019/452) e qualifica come "fattore pertinente" ai fini dell'esercizio dei poteri di golden power il controllo dell'acquirente da parte del Governo di un Paese terzo estraneo all'Unione Europea (considerando 13 ed articolo 4 del citato Regolamento). 21. Tornando alla vicenda di specie, non può neanche rilevare che la multinazionale Ch. già controlli un'importante società italiana attiva nel settore automotive (cfr. ricorso al T.a.r., pag. 17): l'esercizio dei poteri di golden power, infatti, consegue ad una considerazione attuale del quadro politico internazionale (strutturalmente in evoluzione) e si modula in base allo specifico settore economico interessato ed alla sua specifica "sensibilità " strategica. 22. Non si apprezza, poi, una violazione del principio di proporzionalità . 22.1. Il provvedimento, invero, indica chiaramente i motivi che lasciano stimare la costitutiva insufficienza dell'imposizione di prescrizioni, che non solo non osterebbero al perfezionamento dell'operazione, ma oltretutto produrrebbero "effetti pecuniari e/o obbligatori... di complessa realizzabilità in caso di inottemperanza del destinatario cinese". 22.2. Una siffatta motivazione - innervata dalla primaria necessità di impedire il perfezionarsi dell'operazione - appare logica, posto che l'imposizione di prescrizioni, pur se stringenti, non solo consentirebbe la conclusione dell'acquisizione, ma, per di più, sarebbe oggettivamente difficile da implementare, considerata la natura sovrana del detentore sostanziale del controllo della società acquirente (ossia il Governo cinese). 23. Rimane, infine, da scrutinare la questione della mancata formulazione del preavviso di rigetto, ex art. 10-bis l. n. 241 del 1990. 23.1. Sul punto, la motivazione spesa dal T.a.r. merita conferma, posto che con la notifica dell'operazione le parti interessate non veicolano un'istanza, ma adempiono ad un dovere prescritto dalla legge (cfr. lo stesso ricorso al T.a.r., pag. 11). 23.2. Peraltro, aggiunge il Collegio, la particolare specificità della materia lascia propendere per il carattere (implicitamente) completo ed autosufficiente della relativa disciplina, recata dall'apposito regolamento di cui al D.P.R. 25 marzo 2014, n. 86, la cui oggettiva specialità lo rende insuscettibile di integrazioni ab externo. 23.3. Infine, non può non rilevarsi che: - la disciplina del preavviso di rigetto non è compatibile con la natura giuridico-costituzionale dell'organo decisorio che interviene nella specie (non è, invero, ipotizzabile un contraddittorio, sia pur cartolare, fra le imprese interessate all'operazione ed il Consiglio dei Ministri); - l'ampiezza, la delicatezza e la politicità sostanziale delle valutazioni di cui è investito il Consiglio non si prestano alla discussione "pari a pari" con i soggetti interessati (anche per i profili di riservatezza connessi alle ragioni sottese alla delibazione consiliare); - a tutto concedere, nella vicenda non ricorrono "motivi ostativi" di diritto, come tali potenzialmente suscettibili di contraddittorio endo-procedimentale, ma mere valutazioni latamente discrezionali (se non tout court politiche), strutturalmente riservate al massimo organo collegiale di guida dello Stato. 24. Per le esposte ragioni, l'appello va rigettato. 25. La novità della questione costituisce giustificato motivo per disporre l'integrale compensazione delle spese di lite tra tutte le parti. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 dicembre 2022 con l'intervento dei magistrati: Vincenzo Neri - Presidente FF Luca Lamberti - Consigliere, Estensore Francesco Gambato Spisani - Consigliere Giuseppe Rotondo - Consigliere Emanuela Loria - Consigliere

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto Sezione Terza ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 690 del 2022, integrato da motivi aggiunti, proposto da En. Se. S.p.A., in proprio e quale mandataria capogruppo del costituendo RTI con R.G. Im., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Lu. To. e Ni. Pu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Azienda Zero della Regione Veneto, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Lu. Ga., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Venezia, Piazzale (...); nei confronti Consorzio Stabile CM., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati St. Ba., Do. Me., An. Zo., Fr. Ge. e Gi. Ve., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Ac. Se. En. S.p.A. ed altri, non costituite in giudizio; Ge. S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Al. Mo., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Si. S.p.A. a Socio Unico, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato An. Gi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'annullamento per quanto attiene al ricorso introduttivo: - della nota di Azienda Zero prot. n. 10752 dell'8 aprile 2022, notificata ad En. in pari data, con la quale è stata comunicata, ex art. 76 d.lgs. n. 50/2016, l'intervenuta aggiudicazione definitiva della "Procedura aperta telematica per la Gestione Energetica e Tecnologica delle Aziende Sanitarie della Regione del Veneto (GETIS)"; - della delibera del Direttore Generale di Azienda Zero n. 240 del 6 aprile 2022 e relativi Allegati A e B, di approvazione degli atti di gara e di aggiudicazione definitiva in favore del costituendo RTI con capogruppo il Consorzio Stabile CM. del Lotto n. 3 della predetta procedura; nonché per l'annullamento di ogni altro atto e provvedimento presupposto, connesso e consequenziale a quelli impugnati, ivi inclusi: -- il bando di gara pubblicato da Azienda Zero in G.U. 19 giugno 2019, n. 71, 5 serie, avente ad oggetto la "Procedura aperta telematica, ai sensi dell'art. 60 d.lgs. 50/2016, per l'affidamento, in ambito regionale, del servizio di conduzione e gestione degli impianti tecnologici, elettrici e speciali delle Aziende Sanitarie aderenti, compresa la produzione e la fornitura del calore, la fornitura di energia elettrica, la fornitura di acqua, la realizzazione di interventi di manutenzione sugli impianti e sulle apparecchiature", unitamente alla relativa delibera di indizione del Direttore Generale n. 282 del 12 giugno 2019; -- il disciplinare di gara, il capitolato tecnico e lo schema di convenzione a base di gara, approvati con Deliberazione del Direttore Generale di Azienda Zero, n. 282 del 12 giugno 2019, ugualmente impugnata; - i provvedimenti di nomina della commissione giudicatrice adottati con determine nn. 116, 391 e 715 del 2020, e, per quanto occorrer possa, le note ANAC prott. nn. 15894, 50536 e 85933 del 2020; - la graduatoria e i verbali della commissione giudicatrice relativi al Lotto 3, ivi inclusi quelli del 20 e 24 agosto 2021 e relativi Allegati, e del 3 novembre 2021; nonché per l'annullamento del provvedimento di Azienda Zero prot. n. 12567 del 29 aprile 2022, di parziale rigetto della richiesta ostensiva avanzata da En., con contestuale accertamento del diritto della ricorrente di accedere agli atti elencati nelle istanze dell'11.4.2022 e successivi solleciti, con conseguente condanna dell'amministrazione all'integrale ostensione; e per la condanna di Azienda Zero al risarcimento del danno in favore di En. mediante reintegrazione in forma specifica, con conseguente aggiudicazione della gara e diritto di subentro nel contratto, se nelle more stipulato, o, in subordine, per equivalente, con ristoro dei danni patiti e patiendi conseguenti alla illegittimità dei provvedimenti gravati, o, in ulteriore subordine, alla rinnovazione della procedura; per quanto attiene al ricorso per motivi aggiunti: - di tutti gli atti già impugnati, in ragione di ulteriori ragioni di illegittimità individuate a seguito dell'accesso agli atti; - verbale del Responsabile del Procedimento recante "Valutazione del possesso dei requisiti di partecipazione tecnico professionali ed economico finanziari dei concorrenti aggiudicatari" del 24.8.2022. Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Consorzio Stabile CM ed altri; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 ottobre 2022 la dott.ssa Mara Bertagnolli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO La ricorrente ha partecipato alla procedura aperta telematica di importo superiore alla soglia europea, suddivisa in cinque lotti, indetta con bando pubblicato in G.U. il 19.6.2019 da Azienda Zero e finalizzata alla stipula di una Convenzione quadro per l'affidamento del "servizio di Gestione Energetica e Tecnologica Integrata degli Impianti delle Aziende Sanitarie della Regione del Veneto (GETIS)", il cui valore stimato ammonta complessivamente a Euro 1.509.890.997,00, IVA esclusa, da espletarsi in modalità telematica mediante ricorso alla piattaforma Sintel. L'oggetto della gara è costituito, secondo l'art. 1 del disciplinare da "l'affidamento di un multiservizio tecnologico integrato, con fornitura di energia e di acqua e prevede l'aggiudicazione ad un unico gestore di tutte le attività di gestione e di conduzione degli impianti tecnologici, di climatizzazione e di ricambio dell'aria, elettrici e speciali a servizio degli edifici in uso alle Aziende Sanitarie aderenti, compresa la produzione e la fornitura dei vettori energetici termico ed elettrico e dell'acqua per ogni uso, la realizzazione di interventi di manutenzione straordinaria (13%) sugli impianti e sulle apparecchiature, così come previsto nel Capitolato Tecnico e nei diversi documenti di gara". Il progetto dell'appalto è stato costruito sulla base del modello degli Energy performing contracts (EPC) e mira a conseguire obiettivi di efficienza energetica e ad assicurare, tramite sistemi di incentivazione al risparmio energetico del fornitore, vantaggi alle aziende sanitarie, sotto il profilo della riduzione della spesa, del rinnovamento e dell'evoluzione tecnologica di impianti ed edifici (come si spiega nelle premesse del Capitolato tecnico). Per tali ragioni il criterio di aggiudicazione è stato individuato in quello dell'offerta economicamente più vantaggiosa, assegnando massimo 70 punti all'offerta tecnica e 30 all'offerta economica. Con riferimento al lotto 3 (base d'asta 313.482.600,00 euro, per una durata complessiva di 9 anni), all'esito della procedura protrattasi quasi due anni, la gara è stata aggiudicata al Consorzio Stabile CM. (di seguito anche solo CM.), con il punteggio di 93,800, mentre En. Se. s.p.a. (di seguito solo En.) si è collocata al secondo posto in graduatoria con un punteggio di 92,673. Tale operatore, dopo aver ottenuto una solo parziale ostensione dei documenti di gara, ritenendo comunque illegittima l'aggiudicazione al Consorzio CM., ha notificato il ricorso in esame, contenente anche la domanda volta ad ottenere il richiesto accesso, proposta ai sensi dell'art. 116, comma 2, del c.p.a.. Il ricorso introduttivo, nella parte in cui è rivolto all'annullamento degli atti di gara è stato affidato ai seguenti motivi di diritto: 1. Illegittimità dei provvedimenti impugnati per violazione e falsa applicazione degli artt. 45, comma 2, lett. c), 47, comma 2 bis e 80, comma 5, lett. c-bis, CCP. La consorziata Rekeep (dei cui requisiti il Consorzio si sarebbe avvalso per la partecipazione), era, infatti, secondo la tesi di parte ricorrente, destinataria di una sanzione interdittiva della partecipazione alla gara, irrogata dall'ANAC con provvedimento del 25.10.2017, la quale è stata assoggettata a una complicata vicenda giudiziaria che ha poi condotto al suo annullamento (ad opera del Consiglio di Stato, con sentenza del 25 gennaio 2022,) ma che, durante la gara, aveva piena efficacia. Tutto ciò è stato sottaciuto dal Consorzio risultato aggiudicatario, così incorrendo in una violazione del citato art. 45, comma 2, lettera c) del d.lgs. 50/2016; 2. Violazione e falsa applicazione dell'art. 95 CCP e del disciplinare di gara. Errata valutazione e attribuzione del punteggio in favore del Consorzio aggiudicatario con riferimento al criterio G "efficientamento energetico". Difetto di istruttoria, travisamento, eccesso di potere e irragionevolezza. Secondo la tesi di parte ricorrente il punteggio attribuito al Consorzio aggiudicatario rispetto al "Criterio G" sarebbe il frutto di una valutazione non solo erronea e approssimativa della commissione, ma anche lesiva degli interessi dell'amministrazione. Le proposte progettuali di CM. hanno ad oggetto, infatti, interventi impossibili (come lo sfruttamento di pozzi presenti presso l'azienda ospedaliera di Padova, ma non assistiti da valido titolo concessorio), del tutto superflui e inutilmente costosi (come la sostituzione delle macchine di trattamento di aria, risultate già di nuova installazione al momento della gara), espressamente sconsigliati dal Ministero della salute perché rischiosi per la legionella (come l'installazione di riduttori di flusso), ovvero interventi basati su dati di fatto che non rispondono al vero e platealmente sottostimati, come tali inidonei a soddisfare le esigenze dell'amministrazione (come per l'impianto di telecontrollo proposto che offrirebbe un numero di punti di controllo inferiore di cinque volte a quello che sarebbe necessario); 3. Errata valutazione e attribuzione di punteggio all'offerta tecnica di CM. per le voci di cui all'All. 4 del Capitolato. Il punto 1.25 dell'All. 4 del Capitolato tecnico prevede che "l'Appaltatore, entro 6 mesi dall'inizio del servizio, dovrà aver completato e messo a disposizione dell'Azienda Sanitaria tramite il sistema informativo, il rilievo aggiornato del patrimonio impiantistico aggiornato ottenuto tramite sopralluoghi e con l'ausilio eventuale della documentazione già in possesso dell'Azienda e il sistema documentale quale parte integrante del sistema informativo". La ricorrente ha previsto, nella propria offerta, il completamento del rilievo entro tre mesi, mentre il Consorzio CM. non risulta aver indicato alcuna tempistica. Lo stesso dicasi per la necessità di assicurare, entro sei mesi, "la messa a disposizione di un numero di licenze software o di accessi all'eventuale piattaforma web utilizzata utili ad assicurare alla stessa il controllo e la gestione del patrimonio modellato". In ogni caso, la ricorrente avrebbe previsto lo sviluppo del modello BI. attraverso tali mezzi non solo per le centrali tecnologiche (come il Consorzio CM.), ma anche di 10.000 mq/anno di strutture ospedaliere. Più in generale, mentre CM. si sarebbe servita soltanto di software con formati proprietari (Autodesk e Revit), senza fare alcun riferimento a software "equivalenti" - il che escluderebbe la possibilità di qualificare il sistema proposto come BI., in quanto renderebbe di fatto impossibile garantire l'interoperabilità tra sistemi (come, invece, richiesto) - En. avrebbe assicurato software "similari". E, ancora, En. avrebbe garantito consegna e collaudo degli interventi di efficientamento energetico non nei tempi previsti dal punto 1.91 dell'all. 4 (24 mesi), ma in 12 mesi, laddove il Consorzio CM. nulla ha detto. Da tutto ciò ne deriverebbe la sproporzione tra il punteggio assegnato a CM. per il Lotto 3, pari a 65,398 e quello assegnato a En., 62,500; 4. Errata valutazione dell'offerta economica del RTI aggiudicatario. Il consorzio CM. avrebbe offerto per "il personale per la Squadra di pronto intervento antincendio...", da impiegare nella commessa "24 ore giornaliere 365 giorni l'anno, feriali inclusi" (punto 1.16 dell'All. 4 al Capitolato), un importo ribasssato dell'85 %. La somma di euro 245.212,47 (per nove anni), pari a 27.246 euro/anno sarebbe del tutto irrisoria rispetto alla previsione dell'impiego di una squadra composta da cinquanta persone a tempo pieno. Tant'è che l'offerta media dei partecipanti alla gara è stata di Euro 150.880 (pari a 1.357.336,05 per 9 anni, con un ribasso medio del 25,3%), considerando anche l'offerta di Ge., pari a 60.000 euro/anno, contrapposta alle altre cinque, comprese tra 179.930 di En. e 128.509 di Si.. Secondo En., dunque, l'offerta sarebbe "fuori mercato"; 5. Erroneità dell'offerta di CM. rispetto alla voce "Ribasso sui prezzi dei Listini di riferimento per gli interventi di manutenzione e efficientamento (RL) maggiore o uguale al 10%". In questo caso, mentre il ribasso medio praticato è stato del 34,4 %, il Consorzio ha applicato un ribasso del 70 %; 6. Errata indicazione del costo del personale, che non troverebbe corrispondenza nell'offerta tecnica dell'aggiudicatario. Il solo aumento dell'offerta economica di CM. dei due milioni di euro necessari a colmare il gap con il costo della manodopera indicata in offerta comporterebbe una variazione dello sconto offerto dallo stesso aggiudicatario in sede di gara di quasi 5 punti percentuali, con conseguente variazione della classifica finale, che vedrebbe En. prima in graduatoria; quindi, parte ricorrente ha dedotto, in via subordinata: 7. Illegittimità dei provvedimenti impugnati per violazione e falsa applicazione degli artt. 77 e 78, CCP e 7 e 8 del Regolamento per la gestione degli acquisti centralizzati di Azienda Zero n. 5/2017. Secondo parte ricorrente il fatto che, nel caso in esame, sia stata nominata una commissione identica per tutti i lotti posti a base di gara, sebbene ciascun lotto integri, secondo la consolidata giurisprudenza amministrativa, un'unica e autonoma procedura selettiva, avrebbe come conseguenza il fatto che ciascun commissario si è ritrovato a ricoprire lo stesso incarico nell'ambito di più gare di tipologia coincidente, in violazione del principio di rotazione e senza alcun rispetto del "periodo di decantazione" di due anni previsto dal Regolamento di Azienda Zero. Inoltre, Azienda Zero avrebbe provveduto alla nomina del componente "esterno" con funzioni di Presidente senza svolgere alcuna verifica effettiva circa l'assenza di idonee figure al proprio interno e, peraltro, rinunciando alla competenza giuridica ritenuta in un primo momento necessaria, per scegliere, in seconda battuta, una persona con alta competenza manageriale. Inoltre, le preferenze espresse da ciascun commissario, per ogni Lotto e per tutti gli otto criteri qualitativi previsti per l'attribuzione del punteggio di gara risulta essere sempre e invariabilmente identica nell'ambito del confronto a coppie (allegati A3, A4 e A5 al verbale del 20 e 24 agosto 2021), il che sarebbe sintomatico di un'illegittima determinazione collegiale del punteggio. In ogni caso, la modalità assolutamente stringata e generica con cui è argomentata l'attribuzione dei punteggi nei confronti a coppie sarebbe di per sé inidonea a esternare e motivare il percorso logico-valutativo che ha portato alla formazione del giudizio; 8. Illegittimità degli atti impugnati per violazione degli artt. 54, 216, comma 4, 23, comma 15 e 24, comma 8 CCP. Violazione dell'art. 1, comma 6, del d.l. n. 32/2019. Nel caso di specie, in violazione del principio che imporrebbe, per un miglior risultato, alla stazione appaltante di predisporre, nel caso di "lavori di efficientamento energetico da eseguirsi nell'ambito dell'accordo quadro", la progettazione esecutiva da mettere a disposizione degli operatori economici già in sede di procedura di gara, Azienda Zero avrebbe omesso di specificare le condizioni dell'affidamento e le modalità di svolgimento delle prestazioni. Inoltre, negli atti di gara, marcherebbe il riferimento alla disciplina dei requisiti di esecuzione delle attività di progettazione, come pure sarebbero assenti tutte le diagnosi energetiche e ulteriori informazioni previste nel DM 7.3.2021 (decreto CAM, criteri minimi ambientali). Ciò avrebbe determinato un grave deficit informativo che avrebbe condizionato negativamente la formulazione delle offerte, impedendo un confronto effettivamente concorrenziale, in violazione, tra l'altro, dei principi di buon andamento, efficienza, trasparenza dell'azione amministrativa; 9. violazione dell'art. 54 del codice degli appalti, che vieta, nel caso di accordo quadro concluso con un solo operatore economico, "modifiche sostanziali alle condizioni fissate nell'accordo quadro". Il Capitolato, infatti, avrebbe previsto, del tutto contraddittoriamente, la possibilità di stipulare contratti con una durata inferiore a 3 anni, specificando che, ricorrendo tale ipotesi, "l'appaltatore non dovrà procedere necessariamente...alla realizzazione di interventi di efficientamento e sarà quindi esonerato dal raggiungimento degli obbiettivi di efficientamento energetico". Ciò avrebbe comportato l'indeterminatezza dell'oggetto della gara, al pari della previsione della possibilità di stabilire i costi della sicurezza derivanti da interferenze al momento dell'ordinativo e della riserva di predisporre un "piano di ulteriori interventi e di azioni finalizzate al risparmio energetico ovvero alla razionalizzazione dei consumi, accompagnato da progetti di fattibilità tecnico-economica degli eventuali ulteriori interventi proposti"; 10. Violazione del combinato disposto di cui agli artt. 34 e 71 CCP e 4 e ss. del DM 7 marzo 2012. Lesione dei princì pi di concorrenza, imparzialità e buon andamento di cui all'art. 97 Cost. Nel caso di specie, dovendo essere qualificato l'appalto di Azienda Zero come relativo a un contratto EPC ricadente nel "caso B" del decreto CAM (l'appalto, infatti, mira a realizzare interventi di efficientamento energetico, per i quali è richiesto il possesso della SOA in cat. OG11, al fine di raggiungere determinati obiettivi di risparmio energetico (1.77 del Capitolato), e prevede una durata degli appalti specifici fino a 9 anni), la stazione appaltante avrebbe dovuto mettere a disposizione dei concorrenti, tra la documentazione di gara, le diagnosi e le certificazioni energetiche relative agli impianti e agli edifici e ogni altra informazione prevista dal decreto CAM. Si sono costituiti in giudizio, dapprima solo formalmente, il Consorzio stabile CM., Ge. s.p.a. e Azienda Zero. La ricorrente ha, quindi, rinunciato alla trattazione della domanda cautelare a fronte di una tempestiva fissazione del merito. Il Consorzio controinteressato ha, quindi, depositato una memoria, sostenendo l'infondatezza di quanto dedotto in ricorso. Definita la domanda relativa al riconoscimento dell'accesso ai documenti di gara, con una sentenza che ha solo parzialmente accolto le richieste di parte ricorrente, questa ha presentato un ricorso per motivi aggiunti, nel quale ha preliminarmente chiarito come sia stato determinante, per l'avversata aggiudicazione, il fatto che la stazione appaltante - nella valutazione del criterio A" - "Progetto del Servizio - Modalità, procedure e struttura organizzativa per l'espletamento del Servizio" - abbia attribuito al Consorzio aggiudicatario ben 15 punti, contro i 7,50 punti assegnati ad En.. Dunque, il conseguimento da parte dell'odierna ricorrente di un punteggio pieno per la stessa voce (ovvero, specularmente, la decurtazione di quello già attribuito al Consorzio), le consentirebbe di superare CM. in graduatoria e di aggiudicarsi il Lotto 3. Ciò premesso, ha dedotto: 1.1. Violazione e falsa applicazione degli artt. 83, 94, 95 e 97 CCP e del disciplinare di gara (in particolare nella parte in cui stabilisce i criteri per valutare l'offerta tecnica). Illogicità, contraddittorietà, incongruenza e ingiustizia manifesta, per aver la Commissione erroneamente attribuito a CM. 15 punti con riferimento al criterio "A" - "Progetto del Servizio - Modalità, procedure e struttura organizzativa per l'espletamento del Servizio", assegnandone al RTI En. solo 7,5. Difetto di istruttoria e motivazione, travisamento, irragionevolezza, con conseguente illegittimo riconoscimento del primo posto nella graduatoria finale al RTI CM.. Illegittimità dell'operato della Commissione per non aver escluso l'offerta avversaria; 1.2. Complessiva indeterminatezza, incompletezza, aleatorietà e incongruità dell'offerta tecnica avversaria dimostrata da tutti gli elementi sin qui passati in rassegna e conseguente alla mancata corrispondenza tra i costi della manodopera indicati nell'offerta economica e le risorse messe a disposizione da CM. nell'offerta tecnica per lo svolgimento del servizio. Ciò che avrebbe dovuto determinare l'obbligo di esclusione dell'offerta dell'aggiudicataria dalla gara. In vista della pubblica udienza fissata per trattare il merito della controversia, Azienda Zero ha depositato un'articolata memoria nella quale, oltre ad aver eccepito l'inammissibilità del ricorso per mancata notificazione ad ANAC, ne ha sostenuto l'infondatezza, sia con riferimento a quanto dedotto nel ricorso principale, che alle successive doglianze di cui al ricorso per motivi aggiunti. Si è costituita in giudizio anche la controinteressata Si., la quale si è aggiudicata il lotto 2, cui la ricorrente non ha partecipato, al solo fine di evitare che l'accoglimento dei motivi tesi alla riedizione della gara - in quanto fondati sul presupposto che la gara fosse unica, nonostante sia stata suddivisa in lotti - possano condurre alla caducazione anche dell'esito del lotto 2. Tale società ha quindi eccepito l'inammissibilità e l'infondatezza delle censure da 7 a 10. Tutte le parti costituite hanno scambiato memorie di replica. Alla pubblica udienza del 26 ottobre 2022 le parti hanno chiesto che la controversia fosse trattenuta in decisione, rinunciando, come da verbale, attesa la completezza delle argomentazioni dispiegate, ai termini a difesa non ancora scaduti, essendo stati depositati i motivi aggiunti al ricorso solo il 27 settembre 2022. DIRITTO 1. Risulta utile al fine della definizione della controversia, dare preliminarmente conto dell'obiettivo perseguito mediante l'indizione della gara il cui esito è impugnato e delle peculiarità della stessa con particolare riferimento alla modalità di determinazione del corrispettivo dovuto all'aggiudicatario. Dunque, come si legge nella memoria di replica di Azienda Zero, l'oggetto dell'appalto è rappresentato da "un "multiservizio tecnologico integrato" che chiede all'aggiudicatario di fornire energia e acqua, di governare tutte le attività di gestione e di conduzione degli impianti tecnologici, di climatizzazione e di ricambio dell'aria e di realizzare interventi di manutenzione straordinaria sugli impianti e sulle apparecchiature, finalizzati all'efficientamento energetico." (penultimo capoverso della seconda pagina della memoria depositata da Azienda Zero il 15 ottobre 2022). Da ciò discende che "con riguardo ai servizi di climatizzazione invernale ed estiva, agli altri servizi termici, al servizio di gestione degli impianti idrico-sanitari e delle reti fognarie, al servizio energia degli impianti elettrici (che costituiscono la parte preponderante dell'affidamento), il prezzo è calcolato non sulla base di quanta energia (termica ed elettrica) viene fornita, bensì in ragione dei volumi e delle superfici riscaldate/illuminate (cfr. doc. 25, pp. 22 ss., ossia l'art. 20.1 dello schema di convenzione)" (primo paragrafo di pag. 3 della stessa memoria della stazione appaltante). Per tale ragione, ai concorrenti non sono stati forniti elementi di dettaglio sulle specificità dei singoli immobili di proprietà delle singole Aziende Sanitarie, bensì delle indicazioni quantitative sui volumi da riscaldare o da raffreddare, sulle superfici da illuminare, di cui garantire la sicurezza e proteggere da incendi, sul numero di elevatori e di scale mobili da gestire. Né è stato richiesto agli offerenti di precisare in che modo la propria offerta sarà declinata in relazione a un'Azienda Sanitaria piuttosto che ad un'altra. Tutto ciò conformemente alla specifica scelta dello strumento della convenzione quadro (disciplinata sulla scorta di quella messa a disposizione da CONSIP) per l'individuazione del soggetto cui affidare il complesso e articolato servizio richiesto, mediante il ricorso a ordinativi di beni e servizi secondo le condizioni contrattuali stabilite in sede di gara. In altre parole, l'aggiudicatario non sarà chiamato alla sottoscrizione di un accordo quadro che disciplina in toto il rapporto negoziale, ma alla presentazione di un "Piano Tecnico Economico dei Servizi" (PTE), redatto a seguito del Servizio di Audit [ossia un sopralluogo] preliminare alla fornitura e necessario per la definizione tecnica, economica e gestionale dei Servizi che formeranno oggetto dell'Ordinativo Principale di Fornitura dopo l'approvazione del PTE. 2. Fatto tale inquadramento, deve essere preliminarmente esclusa la inammissibilità del ricorso per mancata notifica dello stesso ad ANAC, in quanto sebbene siano citati, tra gli atti impugnati, anche atti prevenienti da ANAC, si tratta di atti, privi di autonomia giuridica, che hanno semplicemente compartecipato alla formazione dei provvedimenti effettivamente lesivi, imputabili esclusivamente alla stazione appaltante. Tant'è che nessuna delle censure dedotte risulta essere specificamente riferita a profili connessi all'attività svolta da ANAC e, dunque, ai pareri espressi dall'Autorità nell'ambito della vigilanza collaborativa concordata con apposito Protocollo d'azione, nel quale, peraltro, si precisa che, a fronte di eventuali rilievi mossi da ANAC circa la regolarità e conformità degli atti di Azienda Zero è data facoltà a quest'ultima di assumere comunque gli atti di competenza superando i rilievi stessi. Non si ravvisa, dunque, un'autonoma lesività dell'attività svolta dall'Autorità che possa determinare la qualificazione di quest'ultima come amministrazione resistente o soggetto controinteressato. 3. Passando, quindi, all'esame del primo motivo di ricorso, lo stesso appare infondato, atteso che il Consorzio CM. ha partecipato alla gara in proprio e, quindi, quale soggetto autonomo rispetto alle consorziate, dotato di distinta soggettività giuridica e della capacità di eseguire in proprio il contratto e senza indicare Rekeep come consorziata esecutrice. Pertanto, non essendo stato tale soggetto indicato quale preposto all'esecuzione, legittimamente è stata omessa la verifica dei requisiti nei confronti dello stesso, dal momento che il possesso dei requisiti generali deve essere dimostrato solo dalle ditte indicate come esecutrici (cfr., in termini del tutto analoghi, proprio con riferimento a CM., la sentenza TAR Lazio, 12107/2021, ma anche Cons. Stato, Sez. V, n. 5057/2018 e Cons. Stato, Sez. V, n. 2387/2020). 4. Anche la seconda censura, in disparte ogni considerazione circa la sua ammissibilità, non può trovare positivo apprezzamento atteso quanto segue e tenuto conto che ciò che la commissione doveva valutare, nella fattispecie, non erano dei progetti di riqualificazione (la cui presentazione rientrerà, invece, tra le prestazioni dovute in esecuzione del contratto), bensì la metodologia utilizzata dall'offerente per il perseguimento dell'obiettivo di efficientamento energetico (i.e. il parametro "r") e l'adeguatezza, in astratto, della stessa al raggiungimento dell'obiettivo di efficientamento proposto. Ciò che, dunque, è stato particolarmente apprezzato dalla commissione è stata l'offerta, da parte del consorzio risultato aggiudicatario, di un obiettivo di efficientamento energetico r = 1 pari ad un risparmio annuo di 2.162,31 TEP (Tonnellate Equivalente Petrolio), contestualmente indicando interventi di riqualificazione energetica idonei a consentire - se realizzati nel loro insieme - l'incremento del risparmio a 3.041,32 TEP. En. ha contestato taluni di tali interventi, i quali, se non realizzati comporterebbero complessivamente la rinuncia a un risparmio annuo - ulteriore rispetto a quello minimo comunque garantito (pari a un risparmio annuo di 2.162,31 TEP) - di 161,52 TEP (il dato elaborato dalla difesa di CM. non è contestato da parte ricorrente). Ne deriva l'inidoneità di tale eventualità ad incidere negativamente sul punteggio attribuito all'offerta di CM.. 4.1. Fatta tale premessa in linea generale e passando all'esame delle singole censure in cui si articola la doglianza, va dato conto, in primo luogo, di come il fatto che i pozzi (esistenti e in uso) di cui CM. prevede l'utilizzo non siano dotati di titolo concessorio non precluda a priori la possibilità del ricorso agli stessi una volta completato l'iter autorizzatorio. 4.2. L'installazione dei riduttori di flusso, per le concrete modalità previste dal progetto (che la limitano a 62 docce presenti nei servizi igienici dei padiglioni Policlinico e Monoblocco dell'AO di Padova a servizio di reparti non caratterizzati da pazienti profondamente immunocompromessi) non risulta violare le generali prescrizioni delle indicazioni ministeriali richiamate. 4.3. Inoltre, CM. ha previsto di incidere sull'efficienza energetica delle unità di trattamento presenti per ottenere, grazie all'utilizzo di unità ad altissima efficienza, efficienze migliori rispetto alle macchine esistenti, anche se già dotate di recuperatori: la sostituzione, dunque, non appare qualificabile come inutilmente dispendiosa. 4.4. Infine, i 6111 punti da controllare non sono quelli complessivamente previsti, ma quelli nuovi da aggiungere a quelli esistenti. 4.5. In ogni caso, dagli atti di gara emerge come la commissione abbia nettamente preferito, in relazione al "Criterio G" l'offerta della ricorrente, attribuendo a CM., con riferimento al lotto n. 3, 3,684 punti, contro i 7 riconosciuti a En. (il rapporto si inverte solo nei lotti 4 e 5). Non vi è, quindi, alcun interesse concreto e attuale di En. a dolersi del punteggio assegnato in relazione a tale parametro, per cui la censura, oltre che infondata sarebbe anche inammissibile. 5. Né miglior sorte può essere riservata al terzo motivo di ricorso, che risulta essere infondato prima ancora che inammissibile per mancata dimostrazione del fatto che il suo accoglimento comporterebbe l'aggiudicazione a favore della ricorrente o, comunque, del vantaggio che ne deriverebbe a quest'ultima. 5.1. A nulla rileva il fatto che CM. non abbia indicato le tempistiche per l'implementazione dei diversi servizi richiesti, in quanto ciò non può che significare accettazione di quelle massime indicate nel disciplinare. Né avrebbe avuto senso indicare una tempistica diversa, come fatto da En., dal momento che il criterio di valutazione non prevedeva alcun punteggio di favore in relazione alla riduzione della stessa. 5.2. Quanto alla contestazione del formato dei software utilizzati, parte ricorrente ha chiarito come, nella relazione, essa abbia esplicitato chiaramente che il Sistema di Facility Management proposto archivia e gestisce nel database i modelli BI. nel formato IFC riconosciuto come standard aperto proprio dalla norma ISO 16739:2013 citata dalla ricorrente. Anche per questo profilo, dunque, la ricorrente risulta aver travisato l'offerta di CM.. 6. In relazione alla dedotta inadeguatezza del costo della squadra di pronto intervento antincendio previsto da CM. è necessario considerare che l'articolo 1.16 "Squadra di pronto intervento antincendio" del Capitolato tecnico stabilisce, per quanto qui più rileva, che "Il personale impiegato nella Squadra... potrà anche svolgere, secondo il modello organizzativo dell'Appaltatore, le funzioni richieste per il servizio di pronto intervento tecnico presso la struttura. Il personale della Squadra potrà comunque essere utilizzato dall'Appaltatore anche per le attività manutentive e di presidio, ma dovrà comunque essere sempre disponibile per gli interventi in urgenza e in emergenza nel numero di addetti previsti dall'Azienda Sanitaria in sede di Preventivo". La lex specialis continua chiarendo che "Ogni Azienda Sanitaria, in base al SGSA predisposto dalla stessa per ogni struttura, ha definito il numero dei componenti della Squadra che dovranno essere presenti contemporaneamente. Rientra tra gli oneri dell'Appaltatore garantire la presenza e la dotazione strumentale per la funzione della Squadra presso le diverse Strutture. La composizione della Squadra alle condizioni vigenti viene definita da ogni singola Azienda Sanitaria, per ogni struttura, in sede di richiesta di Preventivo". Pertanto, il numero di componenti delle squadre antincendio (e quindi i corrispondenti FTE - Full Time Equivalent) non era oggetto di offerta e, nel formulare la propria proposta, il Consorzio ha valutato il costo del servizio tenendo conto della possibilità, riconosciuta dal disciplinare di gara, che tali componenti non siano destinati in via esclusiva al servizio, ben potendo svolgerlo in maniera concorrente con le altre mansioni (presidio, manutenzione e pronto intervento tecnico) cui possono essere adibiti. Pertanto, il costo di tale servizio è stato quantificato in misura pari alla maggior spesa derivante dalle maggiori indennità spettanti al personale adibito ad esso per garantire il servizio h/24. Tale calcolo è stato condiviso da Azienda Zero. Né il ricorso contiene alcun principio di prova che a CM. sia stato attribuito un punteggio ulteriore come diretta conseguenza di un impegno alla creazione di una squadra preposta in via esclusiva al servizio antiincendio: impegno che non è mai stato assunto dal Consorzio, dal momento che l'individuazione del personale adibito a tale tipo di mansione risulta essere stata fatta al solo scopo di stabilire quanto personale dovrà essere a tal fine formato. Ciò anche in considerazione del fatto che il punto A, dell'allegato 3.C (Criteri di valutazione e relativi punteggi) attribuisce un punteggio (massimo di 15 punti) valutando nel complesso le modalità, le procedure e la struttura organizzativa proposte dall'offerente per lo svolgimento del Servizio, senza nemmeno uno specifico riferimento alle modalità organizzative del Servizio antincendio. 7. Quanto alla dedotta inadeguatezza del notevole ribasso praticato da CM. sui prezzi dei Listini di riferimento per gli interventi di manutenzione e efficientamento (censura 5), si può condividere la tesi della parte controinteressata per cui la doglianza si pone al limite dell'inammissibilità . Essa, oltre ad essere generica, soffre della mancata impugnazione del provvedimento con cui il RUP ha ritenuto che l'offerta fosse congrua e non necessitasse di valutazione dell'anomalia e comunque indugia nel censurare profili che attengono all'ampia sfera di discrezionalità che caratterizza le scelte della stazione appaltante in ordine alla congruità delle offerte. Ciò che, però, è determinante nella fattispecie in esame è che, complessivamente, l'offerta economica di En. è inferiore a quella di CM.. Appare, quindi, convincente la tesi di parte resistente, fondata sul fatto che non risulta dimostrata alcuna illegittimità degli atti impugnati, dal momento che l'alto sconto praticato non può che essere qualificato come il risultato della scelta dell'aggiudicataria, sul piano economico, di abbassare alcune voci di spesa, poi compensate da altre più elevate di quelle proposte dalle concorrenti (tant'è che, per l'appunto, complessivamente l'offerta di En. garantisce un più alto ribasso). 8. Con riferimento, invece, al maggior costo della manodopera individuato nel ricorso in quasi due milioni di euro, va precisato che tale importo corrisponde pressoché integralmente al maggior costo che, ad avviso di En., discenderebbe dalla (pretesa) rideterminazione del costo del personale antincendio, di cui si è già detto al precedente punto 4. Dunque, il motivo deve essere respinto per le stesse ragioni già ivi individuate, nonché perché non è stata censurata la mancata valutazione dell'anomalia dell'offerta e, infine, perché è stato assunto a parametro il costo della manodopera previsto per il lotto 4, ancorché le due situazioni non siano perfettamente sovrapponibili a causa della necessità di applicare, per ciascun lotto, diverse clausole sociali. 9. Con la settima doglianza En. lamenta plurimi profili di illegittimità relativi alla composizione e all'operato della Commissione di gara. 9.1. In primo luogo si duole del fatto che, nel caso in esame, sia stata nominata un'unica commissione per l'esame di tutti i lotti, mentre le commissioni avrebbero dovuto essere diverse per ciascun lotto e i componenti nominati rispettando l'obbligo di rotazione. 9.2. A tale proposito si deve preliminarmente dare atto della possibilità di prescindere dall'eccezione di inammissibilità della censura, collegata da Si. s.p.a. al fatto che il suo accoglimento porterebbe all'annullamento della gara per tutti i lotti, in ragione della manifesta infondatezza della stessa. 9.3. La tesi di parte ricorrente, infatti, non può essere condivisa. Come chiarito dal Consiglio di Stato, nella sentenza 12 gennaio 2017 n. 52: "Nonostante la natura plurima della gara, così come il bando, anche la Commissione giudicatrice deve essere unica, in conformità con la ratio delle disposizioni che permettono l'accorpamento di più lotti. L'indizione di una gara suddivisa, infatti, è finalizzata anche a ridurre i costi che la S.A. deve sostenere per l'affidamento di più contratti fra loro analoghi; sarebbe, dunque, illogico moltiplicare il numero delle Commissioni giudicatrici e, con queste, le spese necessarie al loro funzionamento" (nello stesso senso, recentemente, Tar Lazio, Sez. II, 30 marzo 2022, n. 3627). Peraltro, in caso di suddivisione in lotti si è in presenza di una procedura unica, disciplinata dalla medesima lex specialis (bando, capitolato e disciplinare) e, dunque, condotta anche dalla stessa commissione, ancorché a ciascun lotto corrisponda una distinta gara, potendo i concorrenti partecipare a tutti, o a uno solo, o ad alcuni dei lotti, con conseguente distinta aggiudicabilità degli stessi previa autonoma procedura valutativa delle offerte presentate per ciascuno di essi (cfr. sentenza del Consiglio di Stato n. 8749/2021). Anche nella fattispecie deve, dunque, ritenersi esistente una sola gara, ma articolata in cinque autonome procedure valutative, legittimamente giudicate da un'unica commissione di gara, preposta all'applicazione della comune lex specialis. 9.4. Sarebbe altresì illegittima, secondo En., la nomina a Presidente della Commissione di un soggetto terzo e non anche di un membro interno alla stazione appaltante. Invero, è consolidato l'orientamento giurisprudenziale secondo cui "Il Presidente deve essere interno alla stazione appaltante. La norma, che intende realizzare la duplice finalità di contenere la spesa pubblica e la trasparenza nel governo della procedura, introduce una regola che non ammette eccezioni" (cfr., fra le tante, Cons. Stato, sentenze 4 giugno 2019, n. 3750 e 16 aprile 2018, n. 2257). La normativa regionale (art. 7. Comma 5 del Regolamento regionale n. 5/2017) prevede, però, che "In mancanza di personale tecnico qualificato e disponibile presso Azienda Zero, presso le altre aziende ed enti del SSR o gli altri enti interessati all'appalto specifico, l'Azienda Zero può designare quali componenti anche professionisti esterni alle amministrazioni interessate, in possesso dei necessari requisiti di competenza richiesti ed esenti da conflitti d'interesse con l'oggetto specifico degli atti di gara da avviare". Nella fattispecie Azienda Zero ha ritenuto che ricorressero le particolari condizioni cui la disciplina regionale subordina la possibilità di fare ricorso a soggetti professionisti esterni, tant'è che nella deliberazione del 12 dicembre 2019 si legge che "stante la delicatezza della procedura, la sua rilevanza in termini economici e la complessità degli aspetti del relativo contratto" è stata ravvisata l'opportunità di designare quale Presidente "un professionista esterno dotato di comprovata esperienza giuridica", così come poi ribadito nella deliberazione n. 116/2020. 9.5. Quanto alla nomina quale Presidente di un esperto manager sanitario in luogo del rinunciatario magistrato in quiescenza originariamente individuato, lo scopo della norma - che è quello di garantire la presidenza della commissione a un soggetto con una specifica competenza - può senz'altro dirsi raggiunto. Se del primo presidente nominato era possibile apprezzare la competenza giuridica, ciò non significa che altrettanto rilevante e soddisfacente, se non più adeguata e confacente, sia stata la scelta, in seconda battuta, di un esperto manager dello specifico settore. 9.6. Né può essere ravvisata la dedotta irragionevolezza che risiederebbe nel fatto che i punteggi assegnati da tutti i commissari coincidono e comunque i giudizi sarebbero eccessivamente sintetici. A tale proposito parte ricorrente non ha fornito alcun elemento idoneo a dimostrare l'illogicità dell'attribuzione degli stessi punteggi da parte di tutti i componenti della commissione. In linea di principio, infatti, la giurisprudenza ammette l'eventualità, potendo spiegarsi, il giudizio omogeneo, come il risultato di un fisiologico confronto dialettico svoltosi all'interno dell'organo (cfr. Cons. Stato 6296/2021). Dunque, anche il fatto che i voti espressi da ogni singolo commissario nelle schede per il confronto a coppie coincidano, non può costituire di per sé causa di illegittimità potendo essersi ben verificata una convergenza nelle valutazioni - anche a seguito di confronto dialettico - inidonea di per sé sola a obliterare i voti individuali dei singoli componenti della commissione. L'illegittimità, come affermato nella sentenza del Consiglio di Stato n. 6300/2021, potrebbe essere ravvisata solo laddove fosse provato di essere in presenza d'un voto collegiale, anziché di un insieme di voti singoli coincidenti, circostanza questa in sé non illegittima. Pertanto, sarebbe onere del soggetto ricorrente fornire almeno dei principi di prova dell'illogicità o irragionevolezza dei punteggi così attribuiti ovvero dell'espressione di un voto collegiale: principi di prova che, nel caso in esame, sono totalmente assenti, attesa la assoluta genericità della deduzione. Nemmeno trova riscontro la dedotta carenza di motivazione, dal momento che, quando viene utilizzato il metodo del confronto a coppie per l'attribuzione del punteggio numerico, la motivazione può ritenersi insita nei punteggi, purché il bando di gara contenga dei criteri di valutazione sufficientemente dettagliati, che consentano di comprendere con immediatezza quale sia la valutazione sottesa alla ponderazione numerica" (T.A.R. Veneto, Sez. I, 14 febbraio 2020, n. 158; id., Sez. III, 31 ottobre 2017, n. 973; Cons. Stato, Sez. V, 12 febbraio 2020, n. 1062; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III Quater, 9 ottobre 2020, n. 11570). Circostanza che può ritenersi ricorrere nella fattispecie, essendo puntualmente fissati i criteri per l'attribuzione dei singoli punteggi relativi ai singoli parametri da valutare. Punteggi numerici rispetto a cui, peraltro, la commissione ha anche ritenuto opportuno aggiungere qualche parola di motivazione al fine di garantire una, ancor maggiore, trasparenza. 10. Con l'ottava e la nona censura, parte ricorrente sostiene che la gara sarebbe illegittima in ragione della mancanza dell'indicazione delle specifiche condizioni dell'affidamento e delle modalità in cui dovranno svolgersi le prestazioni, nonché dei documenti progettuali relativi agli interventi di manutenzione straordinaria e di riqualificazione energetica, della relazione tecnica illustrativa e delle indicazioni e disposizioni per la stesura dei documenti di cui all'art. 26, comma 3 del Codice. Tali censure sono inammissibili. Se, infatti, corrispondesse al vero, come dedotto in ricorso, che il paventato deficit informativo avrebbe "condizionato negativamente la formulazione delle offerte, impedendo un confronto effettivamente concorrenziale", ciò avrebbe dovuto indurre la ricorrente ad impugnare il bando, deducendo l'impossibilità di formulare una compiuta offerta. 11. Peraltro, le doglianze in parola sono anche infondate. In primo luogo in considerazione del fatto che nella deliberazione di indizione della gara si chiarisce che "l'appalto è finalizzato alla stipula di una Convenzione quadro (contratto normativo), ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. cccc) e dell'art. 58, comma 8 del Codice, a cui le Aziende Sanitarie del Veneto potranno aderire tramite successivi Ordinativi di Fornitura (contratti attuativi)". Tale scelta è stata operata, si legge nella stessa deliberazione, principalmente in ragione della " impossibilità di determinare l'esatta misura/quantità oggetto dell'appalto e dalla necessità di semplificare il processo di acquisto e di ridurne i tempi di espletamento, rinviando ad una fase successiva alla stipula della Convenzione, comunque prodromica alla stipula degli Ordinativi di Fornitura, attività specifiche quali ad esempio la misurazione dello stato di consistenza del patrimonio immobiliare e l'effettuazione dei sopralluoghi". Non sono, dunque, ravvisabili lacune nella lex specialis di gara, essendo stato scelto lo strumento in parola proprio al fine di superare la difficoltà di una preventiva individuazione con esattezza dei parametri quantitativi. Peraltro, se "la redazione di un progetto esecutivo è [...] incompatibile [anche] con le caratteristiche strutturali e la ratio stessa dell'accordo quadro" (Tar Lazio, Latina, n. 284/2018), a maggior ragione ciò deve ritenersi con riferimento alla sottoscrizione di una convenzione quadro. In ogni caso, l'oggetto e la natura delle prestazioni da affidare sono state comunque definite dal Capitolato tecnico e non vi sono dubbi sulla determinatezza dei servizi da svolgere, mentre gli interventi di manutenzione straordinaria e di riqualificazione energetica non potevano essere già progettati, dipendendo la loro individuazione ed esecuzione, oltre che dall'adesione delle singole Aziende Ospedaliere alla Convenzione previa sottoscrizione dei c.d. Ordinativi di Fornitura, anche dal verificarsi di ulteriori eventi incerti. Pertanto, essi saranno oggetto di specifici ordinativi, preceduti da appositi preventivi, che dovranno rispettare le condizioni contrattuali offerte, ma nessun progetto doveva essere preventivamente elaborato e prodotto in sede di gara, riguardando l'offerta indistintamente il fabbisogno necessario per il servizio di climatizzazione invernale, di climatizzazione estiva, così come per il servizio idrico, di gestione degli impianti di sicurezza e antincendio ecc. senza prevedere alcuna distinzione tra le singole Aziende Sanitarie né tantomeno per i singoli edifici che ciascuna di esse ha in gestione. 12. Infine, tardiva si appalesa la decima censura, avente a oggetto l'omesso inserimento, tra i documenti di gara, delle diagnosi e delle certificazioni energetiche relative agli impianti e agli edifici, nonché di ogni altra informazione prevista dal decreto CAM, qualificati come documenti essenziali per consentire la formulazione dell'offerta. Anche tale censura avrebbe dovuto essere tempestivamente dedotta impugnando il bando di gara. In ogni caso la documentazione ivi individuata non era nemmeno dovuta, trattandosi, come già detto, della gara per la sottoscrizione di una convenzione quadro, in relazione alla quale non sono ancora stati presentati progetti di riqualificazione tecnologica ed efficientamento energetico. La consegna degli Attestati di Prestazione Energetica disponibili e di ogni altro documento rilevante è, dunque, previsto che avvenga a seguito dell'effettuazione dei sopraluoghi strumentali alla redazione del PTE da parte dell'aggiudicatario (cfr. schema di convenzione, doc. 25, p. 13) e, quindi, dopo la sottoscrizione dell'ordinativo. 13. Così respinto il ricorso introduttivo, si può passare ad esaminare il ricorso per motivi aggiunti, con il quale la ricorrente tenta di smontare singoli pezzi dell'offerta tecnica, senza tuttavia arrivare a denunciare - e tantomeno a dimostrare - in che modo quel certo aspetto ha avuto o può aver avuto un rilievo nel giudizio della commissione e, dunque, senza riuscire a dare evidenza di illogicità o irragionevolezza del giudizio della commissione. Né riesce a dimostrare una presunta incongruità dell'offerta, dal momento che l'attento esame delle giustificazioni rese dal Consorzio CM. condurrebbe, al più, a una ininfluente riduzione dell'utile, inidonea a modificare il giudizio espresso dalla stazione appaltante. 14. Più nello specifico, parte ricorrente ha dedotto, in primo luogo, l'illegittimità dell'attribuzione al criterio "A" di 15 punti a CM., contro i 7,5 riconosciuti a En., nonostante i) l'incompletezza della trattazione del servizio offerto; ii) l'assenza di una analisi adeguata delle strutture oggetto di appalto (alcune delle quali non vengono nemmeno menzionate nella proposta contrattuale); iii) la conclamata carenza di personale e, quindi, la mancanza di un modello organizzativo che possa dirsi efficace; iv) la grave sottostima del costo del personale indicato in offerta economica. 15. Invero, l'attribuzione del punteggio di 15 a CM. è motivata dal fatto che la Commissione ha "particolarmente apprezzato la proposta avanzata da CM." con riferimento al criterio "A", poiché essa "coniugherebbe" "la completezza della trattazione e la qualità della proposta con una approfondita analisi delle strutture oggetto del servizio con un'adeguata dotazione di personale ed un efficace modello organizzativo". Il ricorso tende, dunque, a dimostrare l'irrazionalità del diverso punteggio assegnato, senza, peraltro, nemmeno ipotizzare se e in quale misura ciò potrebbe incidere su quello finale e, quindi, sull'esito della gara. Si può, però, prescindere dal dare rilievo a tale riflesso in rito, in quanto, respinta anche l'ulteriore eccezione di inammissibilità del motivo di ricorso - volto a censurare una valutazione discrezionale della Commissione, ma evidenziandone quella illogicità e irrazionalità che consentono l'intervento del giudice amministrativo - parte ricorrente non riesce a dimostrare l'incongruenza del punteggio attribuito. In particolare, con riferimento alla Strategic Control Room, il consorzio CM. avrebbe previsto, secondo la tesi sostenuta nel ricorso per motivi aggiunti, l'affidamento della stessa a un team di 10 ingegneri preposti all'elaborazione di algoritmi e 10 componenti del team tecnico, impegnati al 100 % nella commessa. Diversamente da tale indicazione la tabella riportante il dimensionamento del personale di coordinamento indicherebbe, come impiegati al 100 %, solo 6 tecnici, mentre non vi sarebbe alcuna traccia degli ingegneri preposti all'elaborazione di algoritmi. Il consorzio controinteressato ha, però, ben chiarito come le dieci risorse dedicate alla predisposizione di algoritmi di intelligenza artificiale, di cui En. lamenta l'omessa indicazione nella tabella relativa al dimensionamento del personale, sono assegnate alla struttura di Governo del Consorzio CM. e, pertanto, secondo l'innovativo modello organizzativo sviluppato dallo stesso, sono destinate a prestare la loro opera in relazione a tutte le commesse assunte dall'appaltatore e saranno impiegate nella singola commessa a seconda delle necessità della stessa, con un forte impegno nei primi mesi di avvio per poi ridursi in seguito alla messa a regime delle attività previste. Per tale ragione le figure in questione non sono indicate nel "dimensionamento del personale di coordinamento". Quanto ai componenti del team tecnico, la loro presenza, in numero di dieci, trova riscontro nella specifica tabella riportata nella stessa pagina 12 della Relazione tecnica cui fa rinvio la ricorrente. 16. Il ricorso per motivi aggiunti prosegue, quindi, contestando il fatto che, con riferimento alla Control Room Centrale, l'offerta non consentirebbe di comprendere se essa sia stata considerata nel livello direttivo, trasversale o di coordinamento, dove, in effetti, è indicato il dimensionamento del personale (15 persone al 5 %, corrispondenti a 0,75 FTE). Tale dotazione non sarebbe comunque in grado di garantire la copertura h24 della Control Room locale. Invero, la deduzione si fonda su due errori di fondo. Il primo deriva dal fatto che la quantità di personale offerto non era prevista come oggetto di valutazione, essendolo solo la completezza della trattazione e la qualità della proposta tenuto conto della "adeguata dotazione di personale ed un efficace modello organizzativo". La seconda è che, conformemente a ciò, la lex specialis non imponeva affatto che vi fosse una sostanziale equivalenza tra il numero di risorse indicate nell'offerta e il numero di FTE quantificati nelle tabelle, non essendo obbligatorio che il personale di cui è stato previsto l'utilizzo sia adibito a tempo pieno alla specifica mansione. Peraltro, l'offerta non parla di copertura della Control room locale h 24, come erroneamente affermato da parte ricorrente, bensì della copertura h24 della Control Room centrale, "di cui il RTI dispone presso la sede di Mestre": appare dunque plausibile che, essendo centralizzata, l'attività di monitoraggio possa essere garantita h24 con 0.75 FTE, poiché uno stesso dipendente potrà effettuarla in relazione a una pluralità di clienti che accedono al servizio. Pertanto, tenuto conto di tutto ciò, non appare illogica l'attribuzione del punteggio più elevato a CM., la cui offerta è stata particolarmente apprezzata perché contiene l'innovativa proposta di un sistema evoluto di intelligenza artificiale (Orobix) per la gestione della attività e delle manutenzioni oggetto di appalto e prevede la messa a disposizione di una Strategic Control Room con elevata dotazione di risorse tecniche dedicate e la personalizzazione del presidio ospedaliero in funzione delle specificità delle singole strutture. In ogni caso, non sussiste la dedotta confusione, atteso che, date le caratteristiche ora descritte, la Control room centrale si inserisce all'interno delle Strutture centrali di supporto del RTI, e cioè al livello direttivo, mentre da un punto di vista funzionale è pensata (e, come tale, rappresentata nella relazione tecnica) all'interno dell'Area trasversale a supporto del Referente Locale. Ciò spiega perché la struttura sia menzionata sia a livello direttivo, che di coordinamento e trasversale. 17. Parte ricorrente lamenta, altresì, che CM. avrebbe violato la lex specialis in quanto non avrebbe menzionato alcuna squadra dedicata alla modellazione BI., né tantomeno avrebbe indicato le "competenze specifiche ed esperienze" del personale offerto, al contrario di En., che ha individuato un gruppo di lavoro destinato ad occuparsi esclusivamente di anagrafica tecnica. Tale circostanza è, però, smentita in atti dalla lettura del par. C.2.1 dell'offerta tecnica (cfr. p. 52 dei files prodotti sub docc. 45.2, 47.1 e 49.6), formulata tenendo conto che tale servizio, in conformità alla lex specialis (che impone di "utilizzare metodi e strumenti elettronici specifici di modellazione per l'edilizia e le infrastrutture (BI.) per la gestione e l'aggiornamento in continuo del patrimonio documentale e informativo relativo agli impianti in gestione oltreché per le fasi di progettazione, costruzione, e manutenzione, nonché per l'implementazione della base dati fornita dall'Azienda Sanitaria e la registrazione di tutti i dati relativi al patrimonio impiantistico in gestione", ma non anche di creare un'apposita struttura destinata esclusivamente all'esecuzione dell'appalto), sarà fornito direttamente dal RTI CM.. Conseguentemente nessun errore di valutazione può essere imputato alla commissione di gara, che ha apprezzato tale modalità di organizzazione del servizio, esprimendo, sul punto, un giudizio insindacabile, in quanto non affetto da illogicità o irragionevolezza. 18. E, ancora, CM. non avrebbe specificato in quale modo e in quale struttura il personale di coordinamento offerto da CM. svolgerà le proprie prestazioni e con quale carico di lavoro. Anche tale affermazione non trova corrispondenza nella realtà . Il consorzio aggiudicatario, infatti, dopo aver fornito, nel pieno rispetto della lex specialis di gara, un dato aggregato per lotto, ha puntualmente specificato, nel corpo della relazione, per singolo OdF e per singolo Presidio Ospedaliero il numero (in termini di FTE) di addetti componenti la struttura operativa dedicata. In ogni caso, tutte le singole discrasie nell'indicazione dei dati, anche con riferimento alla Control room locale, originano dal travisamento della lex specialis di gara che, proprio in considerazione della particolarità della stessa non imponeva la puntuale indicazione delle specifiche dotazioni, ma la rappresentazione del modello organizzativo. In tal modo trova giustificazione anche il fatto che l'offerta della ricorrente non abbia previsto l'assegnazione di risorse aggiuntive di personale ad hoc per la Control room locale, dal momento che essa ha, invece, garantito il suo funzionamento come modalità di organizzazione del servizio. Dunque non può trovare positivo apprezzamento il ricorso, nella parte in cui sostiene che l'offerta risultata aggiudicataria non sarebbe stata formulata considerando il costo di tutto il personale di cui manca l'indicazione e proprio in considerazione di questo presenterebbe un'incongruenza tra offerta tecnica e offerta economica. 19. En. lamenta altresì che non risultano FTE allocati al presidio tecnologico, nonostante CM. abbia proposto alla stazione appaltante un simile servizio mediante la squadra di emergenza tecnica. Anche se, come sostenuto da CM., il servizio in capo alla squadra di emergenza tecnica fosse svolto indistintamente dal personale operante per i diversi servizi obbligatori, secondo En. gli FTE indicati da CM. (235) non basterebbero comunque a "coprire" l'offerta. Il costo corrispondente a tale personale dovrebbe, dunque, essere aggiunto a quello indicato nell'offerta economica di CM. per garantire l'esecuzione della proposta tecnica. Con tale censura è evidentemente riproposta la questione della mancata contabilizzazione del costo relativo a una squadra tecnica per ogni presidio, rispetto a cui si è già chiarito che il bando non imponeva la creazione di squadre con personale specificamente destinato, ma la dotazione di personale appositamente formato, adibito anche alle mansioni di manutenzione ordinaria, ma con le competenze per poter intervenire in emergenza. Ne deriva la infondatezza di quanto dedotto con riferimento alla mancata previsione della spesa così come quantificata da parte ricorrente, per le stesse ragioni già precedentemente esplicitate (vedi punto 6). 20. CM. avrebbe, inoltre, sempre secondo quanto dedotto in ricorso, ritenuto necessario impiegare un certo numero di risorse per singolo servizio, salvo poi offrire nella propria proposta contrattuale un valore diverso, né vi sarebbe alcuna menzione all'impiego del personale dipendente dell'Azienda sanitaria. Sul punto deve darsi atto di come non ogni differenza nel numero di persone impiegate può, di per sé, essere considerata una patologica discrasia e, nella fattispecie in esame, la commissione ha ritenuto congruo il numero di addetti assegnato nell'offerta di CM., esprimendo un giudizio insindacabile in assenza di prova della sua illogicità . Parte ricorrente, dunque, non riesce a dimostrare un errore nel progetto e nemmeno un'illogicità del giudizio espresso dalla commissione. 21. En. sostiene, altresì nel suo ricorso che l'offerta di CM. non conterrebbe alcun riferimento all'impiego del personale dipendente dell'Azienda Sanitaria, così come previsto dal punto 1.19 del Capitolato tecnico. Tale disposizione, però, affermava che "L'Appaltatore, su richiesta dell'Azienda sanitaria, qualora sussistono le condizioni previste D.Lgs. n. 276/2003, dovrà impiegare per l'erogazione di alcuni Servizi personale dipendente dell'Azienda Sanitaria stessa, già all'uopo impiegato nello svolgimento dei medesimi Servizi, con professionalità e profilo idonei rispetto al servizio attivato". Il capitolato, dunque, prevedeva l'assunzione di un impegno che CM. ha implicitamente sottoscritto nell'accettare le condizioni di gara. Nulla più poteva essere richiesto all'operatore, dal momento che l'an e il quantum dell'impiego di tale personale è scelta discrezionale rimessa all'azienda sanitaria. 22. Nel ricorso si afferma, ancora, che nessuna delle figure indicate nella tabella riportante il personale operativo avrebbe la abilitazione antincendio. A tale proposito CM. ha ricordato di aver specificato, nella propria offerta, che tutto il personale impiegato "sarà abilitato alla funzione di addetto della squadra antincendio per aziende a rischio di incendio elevato secondo quanto previsto dal DM 10/03/98", in conformità, peraltro, alla prescrizione di cui a pag. 22 del capitolato tecnico, secondo cui "Il personale impiegato nella Squadra dovrà possedere i requisiti necessari previsti dalla legge, in particolare dovrà essere abilitato quale addetto alla squadra antincendio per aziende a rischio di incendio elevato secondo quanto previsto dal DM 10 marzo 1998 e s.m.i.". Non vi era, dunque, alcuno specifico obbligo di ribadire nell'offerta tale condizione, come, invece, ha liberamente fatto En., nonostante ciò non possa corrispondere a un fattore di positiva valutazione dell'offerta, essendo la condizione imposta dalla stessa lex specialis. 23. Parte ricorrente sostiene, altresì, che, contrariamente a En., che ha dedicato una particolare attenzione a ciò, CM. avrebbe utilizzato solo due righe per descrivere in che modo organizzerà e gestirà il servizio nelle strutture del territorio, senza indicare un'organizzazione vera e propria e senza menzionare il personale di coordinamento. Tali precisazioni non erano però richieste dal disciplinare, con la conseguenza che è stata una libera scelta, quella di En., di dettagliare in maggior modo l'organizzazione, ma ciò non può comportare un disvalore dell'offerta della concorrente. 24. Né può essere sindacabile il giudizio espresso dalla commissione di gara nella valutazione della presentazione dei due modelli organizzativi, non essendo stata dimostrata quell'illogicità che lo renderebbe censurabile benché espressione della discrezionalità tecnica della Commissione di gara. 25. Da ultimo, En. sostiene l'esistenza di un'illegittima incongruenza tra i livelli di inquadramento contrattuale del personale indicati da CM. nell'offerta tecnica e poi nei giustificativi, dove sarebbero stati dichiarati livelli di inquadramento più bassi. Tale incongruenza, peraltro non ravvisabile secondo la difesa di CM. che parte ricorrente non ha saputo demolire, anche dove accertata, inciderebbe di appena uno 0,50 % sull'utile dichiarato, che si ridurrebbe dall'8,05 % al 7,62 %: ne deriva l'inidoneità del profilo ad incidere sulla legittimità del giudizio espresso sull'offerta. 26. Infine, con l'ultima doglianza del ricorso per motivi aggiunti, En. lamenta, più in generale, il fatto che l'offerta tecnica dell'aggiudicatario fosse, a suo parere, caratterizzata da complessiva indeterminatezza, incompletezza, aleatorietà e incongruità, come sarebbe dimostrato da tutte le carenze o incongruità sin qui passate in rassegna. L'infondatezza di tale motivo di ricorso è dimostrata dal fatto che, avendo respinto ogni singola censura dedotta, deve conseguentemente ritenersi inesistente il vizio dedotto, che si fonda, come dimostrato, su erronei presupposti. Tutto ciò non senza sottolineare come il maggiore dettaglio di numerosi punti dell'offerta di En., pur non necessario e comunque non valorizzato dalla commissione, è dovuto alla posizione di gestore uscente del servizio rivestita dalla ricorrente, che, però, sarebbe stato illegittimo se avesse portato un particolare vantaggio alla stessa nella partecipazione alla gara. 27. Tutto quanto precede vale, altresì, al fine del rigetto della censura di mancanza di conformità tra dotazione di risorse indicate nella relazione tecnica e costi della manodopera indicati nell'offerta economica, che, peraltro, come già si è chiarito, avrebbe dovuto essere dedotta contestando il mancato assoggettamento dell'offerta a verifica di anomalia. 28. Così respinto il ricorso, le spese del giudizio non possono che seguire l'ordinaria regola della soccombenza e debbono, dunque, essere imputate alla ricorrente, salva la compensazione nei confronti di Ge. s.p.a., costituitasi solo formalmente, senza dispiegare difese. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto Sezione Terza, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Dispone la compensazione delle spese del giudizio nei confronti di Ge. s.p.a., mentre condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio nei confronti delle altre parti costituite, che liquida, a favore di ciascuna di esse, in euro 3.000,00 (tremila/00), per un totale di euro 9.000,00 (novemila/00), oltre ad accessori di legge, se dovuti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 26 ottobre 2022 con l'intervento dei magistrati: Alessandra Farina - Presidente Mara Bertagnolli - Consigliere, Estensore Paolo Nasini - Primo Referendario

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto Sezione Terza ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 691 del 2022, integrato da motivi aggiunti, proposto da En. Se. S.p.A., in proprio e quale mandataria capogruppo del costituendo RTI con R.G. Im., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Lu. To. e Ni. Pu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Regione Veneto, non costituita in giudizio; Azienda Zero della Regione Veneto, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Lu. Ga., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Venezia, Piazzale (...); nei confronti Consorzio Stabile CM., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati St. Ba., Do. Me., An. Zo., Fr. Ge. e Gi. Ve., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Ac. Se. En. S.p.A., Co. Soc. Coop. P.A., Ed. Fa. So. S.p.A., Ce. Se. S.R.L, Co., Mi. S.p.A., non costituite in giudizio; Ca. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Gi. Co. e Gi. Go. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Ge. S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Al. Mo., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Si. S.p.A. a Socio Unico, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato An. Gi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia. per l'annullamento per quanto riguarda il ricorso introduttivo: - della nota di Azienda Zero prot. n. 10752 dell'8 aprile 2022, notificata ad En. in pari data, con la quale è stata comunicata, ex art. 76 d.lgs. n. 50/2016, l'intervenuta aggiudicazione definitiva della "Procedura aperta telematica per la Gestione Energetica e Tecnologica delle Aziende Sanitarie della Regione del Veneto (GETIS)"; - della delibera del Direttore Generale di Azienda Zero n. 240 del 6 aprile 2022 e relativi Allegati A e B, di approvazione degli atti di gara e di aggiudicazione definitiva in favore del costituendo RTI con capogruppo il Consorzio Stabile CM. del Lotto n. 4 della predetta procedura; nonché per l'annullamento di ogni altro atto e provvedimento presupposto, connesso e consequenziale a quelli impugnati, ivi inclusi: -- il bando di gara pubblicato da Azienda Zero in G.U. 19 giugno 2019, n. 71, 5 serie, avente ad oggetto la "Procedura aperta telematica, ai sensi dell'art. 60 d.lgs. 50/2016, per l'affidamento, in ambito regionale, del servizio di conduzione e gestione degli impianti tecnologici, elettrici e speciali delle Aziende Sanitarie aderenti, compresa la produzione e la fornitura del calore, la fornitura di energia elettrica, la fornitura di acqua, la realizzazione di interventi di manutenzione sugli impianti e sulle apparecchiature", unitamente alla relativa delibera di indizione del Direttore Generale n. 282 del 12 giugno 2019; -- il disciplinare di gara, il capitolato tecnico e lo schema di convenzione a base di gara, approvati con Deliberazione del Direttore Generale di Azienda Zero, n. 282 del 12 giugno 2019, ugualmente impugnata; - i provvedimenti di nomina della commissione giudicatrice adottati con determine nn. 116, 391 e 715 del 2020, e, per quanto occorrer possa, le note ANAC prott. nn. 15894, 50536 e 85933 del 2020; - la graduatoria e i verbali della commissione giudicatrice relativi al Lotto 4, ivi inclusi quelli del 20 e 24 agosto 2021 e relativi Allegati, e del 3 novembre 2021; nonchè per l'annullamento del provvedimento di Azienda Zero prot. n. 12567 del 29 aprile 2022, di parziale rigetto della richiesta ostensiva avanzata da En., con contestuale accertamento del diritto della ricorrente di accedere agli atti elencati nelle istanze dell'11.4.2022 e successivi solleciti, con conseguente condanna dell'amministrazione all'integrale ostensione; e per la condanna di Azienda Zero al risarcimento del danno in favore di En. mediante reintegrazione in forma specifica, con conseguente aggiudicazione della gara e diritto di subentro nel contratto, se nelle more stipulato, o, in subordine, per equivalente, con ristoro dei danni patiti e patiendi conseguenti alla illegittimità dei provvedimenti gravati, o, in ulteriore subordine, alla rinnovazione della procedura; per quanto attiene al ricorso per motivi aggiunti: - tutti gli atti e provvedimenti già censurati col ricorso introduttivo; - del verbale del Responsabile del Procedimento recante "Valutazione del possesso dei requisiti di partecipazione tecnico professionali ed economico finanziari dei concorrenti aggiudicatari" del 24.8.2022. Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Consorzio Stabile CM., della società Ca. S.p.A., dell'Amministrazione resistente, Azienda Zero della Regione Veneto e delle società Ge. S.p.a e Si. S.p.a. a Socio Unico; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 ottobre 2022 la dott.ssa Mara Bertagnolli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO La ricorrente ha partecipato alla procedura aperta telematica di importo superiore alla soglia europea, suddivisa in cinque lotti, indetta con bando pubblicato in G.U. il 19.6.2019 da Azienda Zero e finalizzata alla stipula di una Convenzione quadro per l'affidamento del "servizio di Gestione Energetica e Tecnologica Integrata degli Impianti delle Aziende Sanitarie della Regione del Veneto (GETIS)", il cui valore stimato ammonta complessivamente a Euro 1.509.890.997,00, IVA esclusa, da espletarsi in modalità telematica mediante ricorso alla piattaforma Sintel. L'oggetto della gara è costituito, secondo l'art. 1 del disciplinare da "l'affidamento di un multiservizio tecnologico integrato, con fornitura di energia e di acqua e prevede l'aggiudicazione ad un unico gestore di tutte le attività di gestione e di conduzione degli impianti tecnologici, di climatizzazione e di ricambio dell'aria, elettrici e speciali a servizio degli edifici in uso alle Aziende Sanitarie aderenti, compresa la produzione e la fornitura dei vettori energetici termico ed elettrico e dell'acqua per ogni uso, la realizzazione di interventi di manutenzione straordinaria (13%) sugli impianti e sulle apparecchiature, così come previsto nel Capitolato Tecnico e nei diversi documenti di gara". Il progetto dell'appalto è stato costruito sulla base del modello degli Energy performing contracts (EPC) e mira a conseguire obiettivi di efficienza energetica e ad assicurare, tramite sistemi di incentivazione al risparmio energetico del fornitore, vantaggi alle aziende sanitarie, sotto il profilo della riduzione della spesa, del rinnovamento e dell'evoluzione tecnologica di impianti ed edifici (come si spiega nelle premesse del Capitolato tecnico). Per tali ragioni il criterio di aggiudicazione è stato individuato in quello dell'offerta economicamente più vantaggiosa, assegnando massimo 70 punti all'offerta tecnica e 30 all'offerta economica. Con riferimento al lotto 4 (base d'asta 362.829.174.00 euro, per una durata complessiva di 9 anni), all'esito della procedura protrattasi quasi due anni, la gara è stata aggiudicata al Consorzio Stabile CM., (di seguito anche solo CM.), con il punteggio di 93,800, mentre En. Se. s.p.a. (di seguito solo En.) si è collocata al secondo posto in graduatoria con un punteggio di 83,617. Tale operatore, dopo aver ottenuto una solo parziale ostensione dei documenti di gara, ritenendo comunque illegittima l'aggiudicazione al Consorzio CM., ha notificato il ricorso in esame, contenente anche la domanda volta ad ottenere il richiesto accesso, proposta ai sensi dell'art. 116, comma 2, del c.p.a.. Il ricorso introduttivo, nella parte in cui è rivolto all'annullamento degli atti di gara è stato affidato ai seguenti motivi di diritto: 1. Illegittimità dei provvedimenti impugnati per violazione e falsa applicazione degli artt. 45, comma 2, lett. c), 47, comma 2 bis e 80, comma 5, lett. c-bis, CCP. La consorziata Rekeep (dei cui requisiti il Consorzio si sarebbe avvalso per la partecipazione), era, infatti, secondo la tesi di parte ricorrente, destinataria di una sanzione interdittiva della partecipazione alla gara, irrogata dall'ANAC con provvedimento del 25.10.2017, la quale è stata assoggettata a una complicata vicenda giudiziaria che ha poi condotto al suo annullamento (ad opera del Consiglio di Stato, con sentenza del 25 gennaio 2022,) ma che, durante la gara, aveva piena efficacia. Tutto ciò è stato sottaciuto dal Consorzio risultato aggiudicatario, così incorrendo in una violazione del citato art. 45, comma 2, lettera c) del d.lgs. 50/2016; 2. Violazione e falsa applicazione dell'art. 95 CCP e del disciplinare di gara. Errata valutazione e attribuzione del punteggio in favore del Consorzio aggiudicatario con riferimento al criterio G "efficientamento energetico". Difetto di istruttoria, travisamento, eccesso di potere e irragionevolezza. Parte ricorrente lamenta l'illogica attribuzione di punteggi diversi in questo lotto, rispetto a proposte sostanzialmente equivalenti quanto all'individuazione degli interventi eseguibili per il raggiungimento del risparmio energetico. Ciò, in particolare, con riferimento al criterio C, che riguarda elementi sostanzialmente indipendenti dal Lotto di riferimento. Inoltre, il punto 1.25 dell'All. 4 del Capitolato tecnico prevede che "l'Appaltatore, entro 6 mesi dall'inizio del servizio, dovrà aver completato e messo a disposizione dell'Azienda Sanitaria tramite il sistema informativo, il rilievo aggiornato del patrimonio impiantistico aggiornato ottenuto tramite sopralluoghi e con l'ausilio eventuale della documentazione già in possesso dell'Azienda e il sistema documentale quale parte integrante del sistema informativo". La ricorrente ha previsto, nella propria offerta, il completamento del rilievo entro tre mesi, mentre il Consorzio CM. non risulta aver indicato alcuna tempistica. Lo stesso dicasi per la necessità di assicurare, entro sei mesi, "la messa a disposizione di un numero di licenze software o di accessi all'eventuale piattaforma web utilizzata utili ad assicurare alla stessa il controllo e la gestione del patrimonio modellato". In ogni caso, la ricorrente avrebbe previsto lo sviluppo del modello BIM attraverso tali mezzi non solo per le centrali tecnologiche (come il Consorzio CM.), ma anche di 10.000 mq/anno di strutture ospedaliere. Più in generale, mentre CM. si sarebbe servita soltanto di software con formati proprietari (Autodesk e Revit), senza fare alcun riferimento a software "equivalenti" - il che escluderebbe la possibilità di qualificare il sistema proposto come BIM, in quanto renderebbe di fatto impossibile garantire l'interoperabilità tra sistemi (come, invece, richiesto) - En. avrebbe assicurato software "similari". E, ancora, En. avrebbe garantito consegna e collaudo degli interventi di efficientamento energetico non nei tempi previsti dal punto 1.91 dell'all. 4 (24 mesi), ma in 12 mesi, laddove il Consorzio CM. nulla ha detto. Da tutto ciò ne deriverebbe la sproporzione tra il punteggio assegnato a CM. per il Lotto 3, pari a 65,398 e quello assegnato a En., 62,500; 3. Errata valutazione e attribuzione di punteggio all'offerta tecnica di CM. per le voci di cui all'All. 4 del Capitolato. Il consorzio CM. avrebbe offerto per "il personale per la Squadra di pronto intervento antincendio...", da impiegare nella commessa "24 ore giornaliere 365 giorni l'anno, feriali inclusi" (punto 1.16 dell'All. 4 al Capitolato), un importo ribasssato dell'85 %. La somma di euro 245.212,47 (per nove anni), pari a 27.246 euro/anno sarebbe del tutto irrisoria rispetto alla previsione dell'impiego di una squadra composta da cinquanta persone a tempo pieno. Tant'è che l'offerta media di sei partecipanti alla gara su otto (e, dunque, esclusa quella di Ge., pari a 60.000 euro/anno) è stata di Euro 145.229,35, nettamente non paragonabile con quella di CM. che, secondo En., sarebbe, dunque, "fuori mercato". 4. Erroneità dell'offerta di CM. rispetto alla voce "Ribasso sui prezzi dei Listini di riferimento per gli interventi di manutenzione e efficientamento (RL) maggiore o uguale al 10%". In questo caso, mentre il ribasso medio praticato è stato del 34,4 %, il Consorzio ha applicato un ribasso del 70 %; 5. Errata indicazione del costo del personale, che non troverebbe corrispondenza nell'offerta tecnica dell'aggiudicatario. Il solo aumento dell'offerta economica di CM. dei cinque milioni di euro necessari a colmare il gap con il costo della manodopera indicata in offerta comporterebbe una variazione dello sconto offerto dallo stesso aggiudicatario, con conseguente variazione della classifica finale; quindi, parte ricorrente ha dedotto, in via subordinata: 6. Illegittimità dei provvedimenti impugnati per violazione e falsa applicazione degli artt. 77 e 78, CCP e 7 e 8 del Regolamento per la gestione degli acquisti centralizzati di Azienda Zero n. 5/2017. Secondo parte ricorrente il fatto che, nel caso in esame, sia stata nominata una commissione identica per tutti i lotti posti a base di gara, sebbene ciascun lotto integri, secondo la consolidata giurisprudenza amministrativa, un'unica e autonoma procedura selettiva, avrebbe come conseguenza il fatto che ciascun commissario si è ritrovato a ricoprire lo stesso incarico nell'ambito di più gare di tipologia coincidente, in violazione del principio di rotazione e senza alcun rispetto del "periodo di decantazione" di due anni previsto dal Regolamento di Azienda Zero. Inoltre, Azienda Zero avrebbe provveduto alla nomina del componente "esterno" con funzioni di Presidente senza svolgere alcuna verifica effettiva circa l'assenza di idonee figure al proprio interno e, peraltro, rinunciando alla competenza giuridica ritenuta in un primo momento necessaria, per scegliere, in seconda battuta, una persona con alta competenza manageriale. Inoltre, le preferenze espresse da ciascun commissario, per ogni Lotto e per tutti gli otto criteri qualitativi previsti per l'attribuzione del punteggio di gara risulta essere sempre e invariabilmente identica nell'ambito del confronto a coppie (allegati A3, A4 e A5 al verbale del 20 e 24 agosto 2021), il che sarebbe sintomatico di un'illegittima determinazione collegiale del punteggio. In ogni caso, la modalità assolutamente stringata e generica con cui è argomentata l'attribuzione dei punteggi nei confronti a coppie sarebbe di per sé inidonea a esternare e motivare il percorso logico-valutativo che ha portato alla formazione del giudizio; 7. Illegittimità degli atti impugnati per violazione degli artt. 54, 216, comma 4, 23, comma 15 e 24, comma 8 CCP. Violazione dell'art. 1, comma 6, del d.l. n. 32/2019. Nel caso di specie, in violazione del principio che imporrebbe, per un miglior risultato, alla stazione appaltante di predisporre, nel caso di "lavori di efficientamento energetico da eseguirsi nell'ambito dell'accordo quadro", la progettazione esecutiva da mettere a disposizione degli operatori economici già in sede di procedura di gara, Azienda Zero avrebbe omesso di specificare le condizioni dell'affidamento e le modalità di svolgimento delle prestazioni. Inoltre, negli atti di gara, marcherebbe il riferimento alla disciplina dei requisiti di esecuzione delle attività di progettazione, come pure sarebbero assenti tutte le diagnosi energetiche e ulteriori informazioni previste nel DM 7.3.2021 (decreto CAM, criteri minimi ambientali). Ciò avrebbe determinato un grave deficit informativo che avrebbe condizionato negativamente la formulazione delle offerte, impedendo un confronto effettivamente concorrenziale, in violazione, tra l'altro, dei principi di buon andamento, efficienza, trasparenza dell'azione amministrativa; 8. violazione dell'art. 54 del codice degli appalti, che vieta, nel caso di accordo quadro concluso con un solo operatore economico, "modifiche sostanziali alle condizioni fissate nell'accordo quadro". Il Capitolato, infatti, avrebbe previsto, del tutto contraddittoriamente, la possibilità di stipulare contratti con una durata inferiore a 3 anni, specificando che, ricorrendo tale ipotesi, "l'appaltatore non dovrà procedere necessariamente...alla realizzazione di interventi di efficientamento e sarà quindi esonerato dal raggiungimento degli obbiettivi di efficientamento energetico". Ciò avrebbe comportato l'indeterminatezza dell'oggetto della gara, al pari della previsione della possibilità di stabilire i costi della sicurezza derivanti da interferenze al momento dell'ordinativo e della riserva di predisporre un "piano di ulteriori interventi e di azioni finalizzate al risparmio energetico ovvero alla razionalizzazione dei consumi, accompagnato da progetti di fattibilità tecnico-economica degli eventuali ulteriori interventi proposti"; 9. Violazione del combinato disposto di cui agli artt. 34 e 71 CCP e 4 e ss. del DM 7 marzo 2012. Lesione dei princì pi di concorrenza, imparzialità e buon andamento di cui all'art. 97 Cost. Nel caso di specie, dovendo essere qualificato l'appalto di Azienda Zero come relativo a un contratto EPC ricadente nel "caso B" del decreto CAM (l'appalto, infatti, mira a realizzare interventi di efficientamento energetico, per i quali è richiesto il possesso della SOA in cat. OG11, al fine di raggiungere determinati obiettivi di risparmio energetico (1.77 del Capitolato), e prevede una durata degli appalti specifici fino a 9 anni), la stazione appaltante avrebbe dovuto mettere a disposizione dei concorrenti, tra la documentazione di gara, le diagnosi e le certificazioni energetiche relative agli impianti e agli edifici e ogni altra informazione prevista dal decreto CAM. Si sono costituiti in giudizio, il Consorzio stabile CM., Ca. s.p.a., Azienda Zero, Ge. s.p.a. e Si. s.p.a.. La ricorrente ha, quindi, rinunciato alla trattazione dell'incidente cautelare a fronte di una pronta fissazione del merito. Il Consorzio controinteressato ha, quindi, depositato una memoria, sostenendo l'infondatezza di quanto dedotto in ricorso. Definita la domanda relativa al riconoscimento dell'accesso ai documenti di gara, con una sentenza (1175/2022) che ha solo parzialmente accolto le richieste di parte ricorrente, questa ha presentato un ricorso per motivi aggiunti, nel quale, oltre a sostenere che la documentazione esibita confermerebbe quanto dedotto nel ricorso introduttivo, ha affermato l'erroneità dell'operato della commissione nella valutazione del criterio A" - "Progetto del Servizio - Modalità, procedure e struttura organizzativa per l'espletamento del Servizio", nonché l'incongruità dell'offerta avversaria. Ciò premesso, ha dedotto: 1.1. Violazione e falsa applicazione degli artt. 83, 94, 95 e 97 CCP e del disciplinare di gara (in particolare nella parte in cui stabilisce i criteri per valutare l'offerta tecnica). Illogicità, contraddittorietà, incongruenza e ingiustizia manifesta, per aver la Commissione erroneamente attribuito a CM. 15 punti con riferimento al criterio "A" - "Progetto del Servizio - Modalità, procedure e struttura organizzativa per l'espletamento del Servizio", assegnandone al RTI En. solo 8,25. Difetto di istruttoria e motivazione, travisamento, irragionevolezza, con conseguente illegittimo riconoscimento del primo posto nella graduatoria finale al RTI CM.. Illegittimità dell'operato della Commissione per non aver escluso l'offerta avversaria; 1.2. Complessiva indeterminatezza, incompletezza, aleatorietà e incongruità dell'offerta tecnica avversaria dimostrata da tutti gli elementi sin qui passati in rassegna e conseguente alla mancata corrispondenza tra i costi della manodopera indicati nell'offerta economica e le risorse messe a disposizione da CM. nell'offerta tecnica per lo svolgimento del servizio. Ciò che avrebbe dovuto determinare l'obbligo di esclusione dell'offerta dell'aggiudicataria dalla gara. In vista della pubblica udienza fissata per trattare il merito della controversia, Azienda Zero ha depositato un'articolata memoria nella quale, oltre ad aver eccepito l'inammissibilità del ricorso per mancata notificazione ad ANAC, ne ha sostenuto l'infondatezza, sia con riferimento a quanto dedotto nel ricorso principale, che alle successive doglianze di cui al ricorso per motivi aggiunti. Si è costituita in giudizio anche la controinteressata Si., la quale si è aggiudicata il lotto 2, cui la ricorrente non ha partecipato, al solo fine di evitare che l'accoglimento dei motivi tesi alla riedizione della gara - in quanto fondati sul presupposto che la gara fosse unica, nonostante sia stata suddivisa in lotti - possano condurre alla caducazione anche dell'esito del lotto 2. Tale società ha quindi eccepito l'inammissibilità e l'infondatezza delle censure da 6 a 9. Tutte le parti costituite hanno scambiato memorie di replica. Alla pubblica udienza del 26 ottobre 2022 le parti hanno chiesto che la controversia fosse trattenuta in decisione, rinunciando, come da verbale, attesa la completezza delle argomentazioni dispiegate, ai termini a difesa non ancora scaduti, essendo stati depositati i motivi aggiunti al ricorso solo il 27 settembre 2022. DIRITTO 1. Risulta utile al fine della definizione della controversia, dare preliminarmente conto dell'obiettivo perseguito mediante l'indizione della gara il cui esito è impugnato e delle peculiarità della stessa con particolare riferimento alla modalità di determinazione del corrispettivo dovuto all'aggiudicatario. Dunque, come si legge nella memoria di replica di Azienda Zero, l'oggetto dell'appalto è rappresentato da "un "multiservizio tecnologico integrato" che chiede all'aggiudicatario di fornire energia e acqua, di governare tutte le attività di gestione e di conduzione degli impianti tecnologici, di climatizzazione e di ricambio dell'aria e di realizzare interventi di manutenzione straordinaria sugli impianti e sulle apparecchiature, finalizzati all'efficientamento energetico." (penultimo capoverso della seconda pagina della memoria depositata da Azienda Zero il 15 ottobre 2022). Da ciò discende che "con riguardo ai servizi di climatizzazione invernale ed estiva, agli altri servizi termici, al servizio di gestione degli impianti idrico-sanitari e delle reti fognarie, al servizio energia degli impianti elettrici (che costituiscono la parte preponderante dell'affidamento), il prezzo è calcolato non sulla base di quanta energia (termica ed elettrica) viene fornita, bensì in ragione dei volumi e delle superfici riscaldate/illuminate (cfr. doc. 25, pp. 22 ss., ossia l'art. 20.1 dello schema di convenzione)" (primo paragrafo di pag. 3 della stessa memoria della stazione appaltante). Per tale ragione, ai concorrenti non sono stati forniti elementi di dettaglio sulle specificità dei singoli immobili di proprietà delle singole Aziende Sanitarie, bensì delle indicazioni quantitative sui volumi da riscaldare o da raffreddare, sulle superfici da illuminare, di cui garantire la sicurezza e proteggere da incendi, sul numero di elevatori e di scale mobili da gestire. Né è stato richiesto agli offerenti di precisare in che modo la propria offerta sarà declinata in relazione a un'Azienda Sanitaria piuttosto che ad un'altra. Tutto ciò conformemente alla specifica scelta dello strumento della convenzione quadro (disciplinata sulla scorta di quella messa a disposizione da CONSIP) per l'individuazione del soggetto cui affidare il complesso e articolato servizio richiesto, mediante il ricorso a ordinativi di beni e servizi secondo le condizioni contrattuali stabilite in sede di gara. In altre parole, l'aggiudicatario non sarà chiamato alla sottoscrizione di un accordo quadro che disciplina in toto il rapporto negoziale, ma alla presentazione di un "Piano Tecnico Economico dei Servizi" (PTE), redatto a seguito del Servizio di Audit [ossia un sopralluogo] preliminare alla fornitura e necessario per la definizione tecnica, economica e gestionale dei Servizi che formeranno oggetto dell'Ordinativo Principale di Fornitura dopo l'approvazione del PTE. 2. Fatto tale inquadramento, deve essere preliminarmente esclusa la inammissibilità del ricorso per mancata notifica dello stesso ad ANAC, in quanto sebbene siano citati, tra gli atti impugnati, anche atti prevenienti da ANAC, si tratta di atti, privi di autonomia giuridica, che hanno semplicemente compartecipato alla formazione dei provvedimenti effettivamente lesivi, imputabili esclusivamente alla stazione appaltante. Tant'è che nessuna delle censure dedotte risulta essere specificamente riferita a profili connessi all'attività svolta da ANAC e, dunque, ai pareri espressi dall'Autorità nell'ambito della vigilanza collaborativa concordata con apposito Protocollo d'azione, nel quale, peraltro, si precisa che, a fronte di eventuali rilievi mossi da ANAC circa la regolarità e conformità degli atti di Azienda Zero è data facoltà a quest'ultima di assumere comunque gli atti di competenza superando i rilievi stessi. Non si ravvisa, dunque, un'autonoma lesività dell'attività svolta dall'Autorità che possa determinare la qualificazione di quest'ultima come amministrazione resistente o soggetto controinteressato. 3. Passando, quindi, all'esame del primo motivo di ricorso, lo stesso appare infondato, atteso che il Consorzio CM. ha partecipato alla gara in proprio e, quindi, quale soggetto autonomo rispetto alle consorziate, dotato di distinta soggettività giuridica e della capacità di eseguire in proprio il contratto e senza indicare Rekeep come consorziata esecutrice. Pertanto, non essendo stato tale soggetto preposto all'esecuzione, legittimamente è stata omessa la verifica dei requisiti nei confronti dello stesso, dal momento che il possesso dei requisiti generali deve essere dimostrato solo dalle ditte esecutrici (cfr., in termini del tutto analoghi, proprio con riferimento a CM., la sentenza TAR Lazio, 12107/2021, ma anche Cons. Stato, Sez. V, n. 5057/2018 e Cons. Stato, Sez. V, n. 2387/2020). 4. Con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente lamenta, in una prima parte, l'illogica attribuzione di punteggio in relazione al parametro dell'efficientamento energetico (criterio G, rispetto a cui sono stati attribuiti 3,850 punti a En. contro i 7 riconosciuti a CM.) e al criterio "C" - "modalità, procedure e misure organizzative per la fase di adesione al Servizio" (rispetto al quale le sono stati attribuiti 1,773 punti, anziché 3 come negli altri lotti), evidenziando, in entrambi i casi, diverse valutazioni a fronte di identiche proposte nei diversi lotti. Nella seconda parte della stessa doglianza En. contesta, invece, la difformità dell'offerta avversaria rispetto alle previsioni del Capitolato. Ciò chiarito, tale censura deve essere dichiarata inammissibile per mancato superamento della prova di resistenza. Rispetto al lotto 4, infatti, la differenza di punteggio finale tra Consorzio CM. e En. è pari a 13,528. Anche sommando la differenza di 3,15 lamentata in relazione al parametro G e di 1,227 riferita al parametro C, tenuto conto che gli ulteriori profili di non corretta valutazione dell'offerta sono dedotti in modo del tutto generico, senza quantificare l'erroneo punteggio che sarebbe stato attribuito, non può ritenersi dimostrata la sussistenza di un interesse concreto e attuale a far valere i vizi rappresentati, non essendo comprovato che essi abbiano influito in modo determinante sull'esito della gara. 4.1. Rispetto alle più generiche deduzioni di cui alla seconda parte della censura, peraltro, può essere utile precisare che a nulla rileva il fatto che CM. non abbia indicato le tempistiche per l'implementazione dei diversi servizi richiesti, in quanto ciò non può che significare accettazione di quelle massime indicate nel disciplinare. Né avrebbe avuto senso indicare una tempistica diversa, come fatto da En., dal momento che il criterio di valutazione non prevedeva alcun punteggio di favore in relazione alla riduzione della stessa. 4.2. Quanto alla contestazione del formato dei software utilizzati, parte ricorrente ha chiarito come, nella relazione, essa abbia esplicitato chiaramente che il Sistema di Facility Management proposto archivia e gestisce nel database i modelli BIM nel formato IFC riconosciuto come standard aperto proprio dalla norma ISO 16739:2013 citata dalla ricorrente. Anche per questo profilo, dunque, la ricorrente risulta aver travisato l'offerta di CM.. 5. Né miglior sorte può essere riservata al terzo motivo di ricorso, che risulta essere infondato prima ancora che inammissibile per mancata dimostrazione del fatto che il suo accoglimento comporterebbe l'aggiudicazione a favore della ricorrente o, comunque, del vantaggio che ne deriverebbe a quest'ultima. In relazione alla dedotta inadeguatezza del costo della squadra di pronto intervento antincendio previsto da CM. è necessario, infatti, considerare che l'articolo 1.16 "Squadra di pronto intervento antincendio" del Capitolato tecnico stabilisce, per quanto qui più rileva, che "Il personale impiegato nella Squadra... potrà anche svolgere, secondo il modello organizzativo dell'Appaltatore, le funzioni richieste per il servizio di pronto intervento tecnico presso la struttura. Il personale della Squadra potrà comunque essere utilizzato dall'Appaltatore anche per le attività manutentive e di presidio, ma dovrà comunque essere sempre disponibile per gli interventi in urgenza e in emergenza nel numero di addetti previsti dall'Azienda Sanitaria in sede di Preventivo". La lex specialis continua chiarendo che "Ogni Azienda Sanitaria, in base al SGSA predisposto dalla stessa per ogni struttura, ha definito il numero dei componenti della Squadra che dovranno essere presenti contemporaneamente. Rientra tra gli oneri dell'Appaltatore garantire la presenza e la dotazione strumentale per la funzione della Squadra presso le diverse Strutture. La composizione della Squadra alle condizioni vigenti viene definita da ogni singola Azienda Sanitaria, per ogni struttura, in sede di richiesta di Preventivo". Pertanto, il numero di componenti delle squadre antincendio (e quindi i corrispondenti FTE - Full Time Equivalent) non era oggetto di offerta e, nel formulare la propria proposta, il Consorzio ha valutato il costo del servizio tenendo conto della possibilità, riconosciuta dal disciplinare di gara, che tali componenti non siano destinati in via esclusiva al servizio, ben potendo svolgerlo in maniera concorrente con le altre mansioni (presidio, manutenzione e pronto intervento tecnico) cui possono essere adibiti. Pertanto, il costo di tale servizio è stato quantificato in misura pari alla maggior spesa derivante dalle maggiori indennità spettanti al personale adibito ad esso per garantire il servizio h/24. Tale calcolo è stato condiviso da Azienda Zero. Né il ricorso contiene alcun principio di prova che a CM. sia stato attribuito un punteggio ulteriore come diretta conseguenza di un impegno alla creazione di una squadra preposta in via esclusiva al servizio antiincendio: impegno che non è mai stato assunto dal Consorzio, dal momento che l'individuazione del personale adibito a tale tipo di mansione risulta essere stata fatta al solo scopo di stabilire quanto personale dovrà essere a tal fine formato. Ciò anche in considerazione del fatto che il punto A, dell'allegato 3.C (Criteri di valutazione e relativi punteggi) attribuisce un punteggio (massimo di 15 punti) valutando nel complesso le modalità, le procedure e la struttura organizzativa proposte dall'offerente per lo svolgimento del Servizio, senza nemmeno uno specifico riferimento alle modalità organizzative del Servizio antincendio. 6. Quanto alla dedotta inadeguatezza del notevole ribasso praticato da CM. (censura 4), si può condividere la tesi della parte controinteressata per cui la doglianza è inammissibile. Essa, oltre ad essere generica, sconta i limiti connessi alla censura di profili che attengono all'ampia sfera di discrezionalità che caratterizza le scelte della stazione appaltante in ordine alla congruità delle offerte. Parte ricorrente non ha fornito, dunque, principi di prova idonei a dimostrare l'illegittimità del giudizio espresso dalla stazione appaltante, tenuto conto che l'alto sconto praticato ben può essere qualificato come il risultato della scelta dell'aggiudicataria, sul piano economico, di abbassare alcune voci di spesa, poi compensate da altre più elevate di quelle proposte dalle concorrenti. 7. Con riferimento, invece, al maggior costo della manodopera individuato nel ricorso in circa 5 milioni di euro, il quale evidenzierebbe l'illegittimità dei provvedimenti impugnati anche per mancata corrispondenza tra offerta tecnica ed economica, va precisato che tale importo corrisponde pressoché integralmente al maggior costo che, ad avviso di En., discenderebbe dalla (pretesa) rideterminazione del costo del personale antincendio, di cui si è già detto al precedente punto 5 e del costo necessario a coprire la struttura "modellazione BIM", di cui si dirà nell'esame del ricorso per motivi aggiunti. Dunque, il motivo deve essere respinto per le stesse ragioni ivi individuate, cui si rimanda, ferme restando le perplessità suscitate dalla scelta di formulare la censura in termini di non corrispondenza con il capitolato, anziché di impugnazione diretta della valutazione di non anomalia dell'offerta. 8. Con la sesta doglianza En. lamenta plurimi profili di illegittimità relativi alla composizione e all'operato della Commissione di gara. 8.1. In primo luogo si duole del fatto che, nel caso in esame, sia stata nominata un'unica commissione per l'esame di tutti i lotti, mentre le commissioni avrebbero dovuto essere diverse per ciascun lotto e i componenti nominati rispettando l'obbligo di rotazione. 8.2. A tale proposito si deve preliminarmente dare atto della possibilità di prescindere dall'eccezione di inammissibilità della censura, collegata da Si. s.p.a. al fatto che il suo accoglimento porterebbe all'annullamento della gara per tutti i lotti, in ragione della manifesta infondatezza della stessa. 8.3. La tesi di parte ricorrente, infatti, non può essere condivisa. Come chiarito dal Consiglio di Stato, nella sentenza 12 gennaio 2017 n. 52: "Nonostante la natura plurima della gara, così come il bando, anche la Commissione giudicatrice deve essere unica, in conformità con la ratio delle disposizioni che permettono l'accorpamento di più lotti. L'indizione di una gara suddivisa, infatti, è finalizzata anche a ridurre i costi che la S.A. deve sostenere per l'affidamento di più contratti fra loro analoghi; sarebbe, dunque, illogico moltiplicare il numero delle Commissioni giudicatrici e, con queste, le spese necessarie al loro funzionamento" (nello stesso senso, recentemente, Tar Lazio, Sez. II, 30 marzo 2022, n. 3627). Peraltro, in caso di suddivisione in lotti si è in presenza di una procedura unica, disciplinata dalla medesima lex specialis (bando, capitolato e disciplinare) e, dunque, condotta anche dalla stessa commissione, ancorché a ciascun lotto corrisponda una distinta gara, potendo i concorrenti partecipare a tutti, o a uno solo, o ad alcuni dei lotti, con conseguente distinta aggiudicabilità degli stessi previa autonoma procedura valutativa delle offerte presentate per ciascuno di essi (cfr. sentenza del Consiglio di Stato n. 8749/2021). Anche nella fattispecie deve, dunque, ritenersi esistente una sola gara, ma articolata in cinque autonome procedure valutative, legittimamente giudicate da un'unica commissione di gara, preposta all'applicazione della comune lex specialis. 8.4. Sarebbe altresì illegittima, secondo En., la nomina a Presidente della Commissione di un soggetto terzo e non anche di un membro interno alla stazione appaltante. Invero, è consolidato l'orientamento giurisprudenziale secondo cui "Il Presidente deve essere interno alla stazione appaltante. La norma, che intende realizzare la duplice finalità di contenere la spesa pubblica e la trasparenza nel governo della procedura, introduce una regola che non ammette eccezioni" (cfr., fra le tante, Cons. Stato, sentenze 4 giugno 2019, n. 3750 e 16 aprile 2018, n. 2257). La normativa regionale (art. 7. Comma 5 del Regolamento regionale n. 5/2017) prevede, però, che "In mancanza di personale tecnico qualificato e disponibile presso Azienda Zero, presso le altre aziende ed enti del SSR o gli altri enti interessati all'appalto specifico, l'Azienda Zero può designare quali componenti anche professionisti esterni alle amministrazioni interessate, in possesso dei necessari requisiti di competenza richiesti ed esenti da conflitti d'interesse con l'oggetto specifico degli atti di gara da avviare". Nella fattispecie Azienda Zero ha ritenuto che ricorressero le particolari condizioni cui la disciplina regionale subordina la possibilità di fare ricorso a soggetti professionisti esterni, tant'è che nella deliberazione del 12 dicembre 2019 si legge che "stante la delicatezza della procedura, la sua rilevanza in termini economici e la complessità degli aspetti del relativo contratto" è stata ravvisata l'opportunità di designare quale Presidente "un professionista esterno dotato di comprovata esperienza giuridica", così come poi ribadito nella deliberazione n. 116/2020. 8.5. Quanto alla nomina quale Presidente di un esperto manager sanitario in luogo del rinunciatario magistrato in quiescenza originariamente individuato, lo scopo della norma - che è quello di garantire la presidenza della commissione a un soggetto con una specifica competenza - può senz'altro dirsi raggiunto. Se del primo presidente nominato era possibile apprezzare la competenza giuridica, ciò non significa che altrettanto rilevante e soddisfacente, se non più adeguata e confacente, sia stata la scelta, in seconda battuta, di un esperto manager dello specifico settore. 8.6. Né può essere ravvisata la dedotta irragionevolezza che risiederebbe nel fatto che i punteggi assegnati da tutti i commissari coincidono e comunque i giudizi sarebbero eccessivamente sintetici. A tale proposito parte ricorrente non ha fornito alcun elemento idoneo a dimostrare l'illogicità dell'attribuzione degli stessi punteggi da parte di tutti i componenti della commissione. In linea di principio, infatti, la giurisprudenza ammette l'eventualità, potendo spiegarsi, il giudizio omogeneo, come il risultato di un fisiologico confronto dialettico svoltosi all'interno dell'organo (cfr. Cons. Stato 6296/2021). Dunque, anche il fatto che i voti espressi da ogni singolo commissario nelle schede per il confronto a coppie coincidano, non può costituire di per sé causa di illegittimità potendo essersi ben verificata una convergenza nelle valutazioni - anche a seguito di confronto dialettico - inidonea di per sé sola a obliterare i voti individuali dei singoli componenti della commissione. L'illegittimità, come affermato nella sentenza del Consiglio di Stato n. 6300/2021, potrebbe essere ravvisata solo laddove fosse provato di essere in presenza d'un voto collegiale, anziché di un insieme di voti singoli coincidenti, circostanza questa in sé non illegittima. Pertanto, sarebbe onere del soggetto ricorrente fornire almeno dei principi di prova dell'illogicità o irragionevolezza dei punteggi così attribuiti ovvero dell'espressione di un voto collegiale: principi di prova che, nel caso in esame, sono totalmente assenti, attesa la assoluta genericità della deduzione. Nemmeno trova riscontro la dedotta carenza di motivazione, dal momento che, quando viene utilizzato il metodo del confronto a coppie per l'attribuzione del punteggio numerico, la motivazione può ritenersi insita nei punteggi, purché il bando di gara contenga dei criteri di valutazione sufficientemente dettagliati, che consentano di comprendere con immediatezza quale sia la valutazione sottesa alla ponderazione numerica" (T.A.R. Veneto, Sez. I, 14 febbraio 2020, n. 158; id., Sez. III, 31 ottobre 2017, n. 973; Cons. Stato, Sez. V, 12 febbraio 2020, n. 1062; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III Quater, 9 ottobre 2020, n. 11570). Circostanza che può ritenersi ricorrere nella fattispecie, essendo puntualmente fissati i criteri per l'attribuzione dei singoli punteggi relativi ai singoli parametri da valutare. Punteggi numerici rispetto a cui, peraltro, la commissione ha anche ritenuto opportuno aggiungere qualche parola di motivazione al fine di garantire una, ancor maggiore, trasparenza. 9. Con la settima e ottava censura, parte ricorrente sostiene che la gara sarebbe illegittima in ragione della mancanza dell'indicazione delle specifiche condizioni dell'affidamento e delle modalità in cui dovranno svolgersi le prestazioni, nonché dei documenti progettuali relativi agli interventi di manutenzione straordinaria e di riqualificazione energetica, della relazione tecnica illustrativa e delle indicazioni e disposizioni per la stesura dei documenti di cui all'art. 26, comma 3 del Codice. Tali censure sono inammissibili. Se, infatti, corrispondesse al vero, come dedotto in ricorso, che il paventato deficit informativo avrebbe "condizionato negativamente la formulazione delle offerte, impedendo un confronto effettivamente concorrenziale", ciò avrebbe dovuto indurre la ricorrente ad impugnare il bando, deducendo l'impossibilità di formulare una compiuta offerta. 10. Peraltro, le doglianze in parola sono anche infondate. In primo luogo in considerazione del fatto che nella deliberazione di indizione della gara si chiarisce che "l'appalto è finalizzato alla stipula di una Convenzione quadro (contratto normativo), ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. cccc) e dell'art. 58, comma 8 del Codice, a cui le Aziende Sanitarie del Veneto potranno aderire tramite successivi Ordinativi di Fornitura (contratti attuativi)". Tale scelta è stata operata, si legge nella stessa deliberazione, principalmente in ragione della " impossibilità di determinare l'esatta misura/quantità oggetto dell'appalto e dalla necessità di semplificare il processo di acquisto e di ridurne i tempi di espletamento, rinviando ad una fase successiva alla stipula della Convenzione, comunque prodromica alla stipula degli Ordinativi di Fornitura, attività specifiche quali ad esempio la misurazione dello stato di consistenza del patrimonio immobiliare e l'effettuazione dei sopralluoghi". Non sono, dunque, ravvisabili lacune nella lex specialis di gara, essendo stato scelto lo strumento in parola proprio al fine di superare la difficoltà di una preventiva individuazione con esattezza dei parametri quantitativi. Peraltro, "la redazione di un progetto esecutivo è [...] incompatibile [anche] con le caratteristiche strutturali e la ratio stessa dell'accordo quadro" (Tar Lazio, Latina, n. 284/2018), a maggior ragione ciò deve ritenersi con riferimento alla sottoscrizione di una convenzione quadro. In ogni caso, l'oggetto e la natura delle prestazioni da affidare sono state comunque definite dal Capitolato tecnico e non vi sono dubbi sulla determinatezza dei servizi da svolgere, mentre gli interventi di manutenzione straordinaria e di riqualificazione energetica non potevano essere già progettati, dipendendo la loro individuazione ed esecuzione, oltre che dall'adesione delle singole Aziende Ospedaliere alla Convenzione previa sottoscrizione dei c.d. Ordinativi di Fornitura, anche dal verificarsi di ulteriori eventi incerti. Pertanto, essi saranno oggetto di specifici ordinativi, preceduti da appositi preventivi, che dovranno rispettare le condizioni contrattuali offerte, ma nessun progetto doveva essere preventivamente elaborato e prodotto in sede di gara, riguardando l'offerta indistintamente il fabbisogno necessario per il servizio di climatizzazione invernale, di climatizzazione estiva, così come per il servizio idrico, di gestione degli impianti di sicurezza e antincendio ecc. senza prevedere alcuna distinzione tra le singole Aziende Sanitarie né tantomeno per i singoli edifici che ciascuna di esse ha in gestione. 11. Infine, tardiva si appalesa la nona censura, avente a oggetto l'omesso inserimento, tra i documenti di gara, delle diagnosi e delle certificazioni energetiche relative agli impianti e agli edifici, nonché di ogni altra informazione prevista dal decreto CAM, qualificati come documenti essenziali per consentire la formulazione dell'offerta. Anche in questo caso En. avrebbe dovuto tempestivamente impugnare il bando di gara. Peraltro, la documentazione asseritamente mancante non era nemmeno dovuta, trattandosi, come già detto, della gara per la sottoscrizione di una convenzione quadro, in relazione alla quale non sono ancora stati presentati progetti di riqualificazione tecnologica ed efficientamento energetico. La consegna degli Attestati di Prestazione Energetica disponibili e di ogni altro documento rilevante è, dunque, previsto che avvenga a seguito dell'effettuazione dei sopraluoghi strumentali alla redazione del PTE da parte dell'aggiudicatario (cfr. schema di convenzione, doc. 25, p. 13) e, quindi, dopo la sottoscrizione dell'ordinativo. 12. Così respinto il ricorso introduttivo, si può passare ad esaminare il ricorso per motivi aggiunti, con il quale la ricorrente tenta di smontare singoli pezzi dell'offerta tecnica, senza tuttavia arrivare a denunciare - e tantomeno a dimostrare - in che modo quel certo aspetto ha avuto o può aver avuto un rilievo nel giudizio della commissione e, dunque, senza riuscire a dare evidenza di illogicità o irragionevolezza del giudizio della commissione. Né riesce a dimostrare una presunta incongruità dell'offerta, dal momento che l'attento esame delle giustificazioni rese dal Consorzio CM. condurrebbe, al più, a una ininfluente riduzione dell'utile, inidonea a modificare il giudizio espresso dalla stazione appaltante. 13. Più nello specifico, parte ricorrente ha dedotto, in primo luogo, l'illegittimità dell'attribuzione al criterio "A" di 15 punti a CM., contro i 7,5 riconosciuti a En., nonostante i) l'incompletezza della trattazione del servizio offerto; ii) l'assenza di una analisi adeguata delle strutture oggetto di appalto (alcune delle quali non vengono nemmeno menzionate nella proposta contrattuale); iii) la conclamata carenza di personale e, quindi, la mancanza di un modello organizzativo che possa dirsi efficace; iv) la grave sottostima del costo del personale indicato in offerta economica. 14. Invero, l'attribuzione del punteggio di 15 a CM. è motivata dal fatto che la Commissione ha "particolarmente apprezzato la proposta avanzata da CM." con riferimento al criterio "A", poiché essa "coniugherebbe" "la completezza della trattazione e la qualità della proposta con una approfondita analisi delle strutture oggetto del servizio con un'adeguata dotazione di personale ed un efficace modello organizzativo". Il ricorso tende, dunque, a dimostrare l'irrazionalità del diverso punteggio assegnato, senza, peraltro, nemmeno ipotizzare se e in quale misura ciò potrebbe incidere su quello finale e, quindi, sull'esito della gara. Si può, però, prescindere dal dare rilievo a tale riflesso in rito, in quanto, respinta anche l'ulteriore eccezione di inammissibilità del motivo di ricorso - volto a censurare una valutazione discrezionale della Commissione, ma evidenziandone quella illogicità e irrazionalità che consentono l'intervento del giudice amministrativo - parte ricorrente non riesce a dimostrare l'incongruenza del punteggio attribuito. In particolare, con riferimento alla Strategic Control Room, il consorzio CM. avrebbe previsto, secondo la tesi sostenuta nel ricorso per motivi aggiunti, l'affidamento della stessa a un team di 10 ingegneri preposti all'elaborazione di algoritmi e 10 componenti del team tecnico, impegnati al 100 % nella commessa. Diversamente da tale indicazione la tabella riportante il dimensionamento del personale di coordinamento indicherebbe, come impiegati al 100 %, solo 6 tecnici, mentre non vi sarebbe alcuna traccia degli ingegneri preposti all'elaborazione di algoritmi. Il consorzio controinteressato ha, però, ben chiarito come le dieci risorse dedicate alla predisposizione di algoritmi di intelligenza artificiale, di cui En. lamenta l'omessa indicazione nella tabella relativa al dimensionamento del personale, sono assegnate alla struttura di Governo del Consorzio CM. e, pertanto, secondo l'innovativo modello organizzativo sviluppato dallo stesso, sono destinate a prestare la loro opera in relazione a tutte le commesse assunte dall'appaltatore e saranno impiegate nella singola commessa a seconda delle necessità della stessa, con un forte impegno nei primi mesi di avvio per poi ridursi in seguito alla messa a regime delle attività previste. Per tale ragione le figure in questione non sono indicate nel "dimensionamento del personale di coordinamento". Quanto ai componenti del team tecnico, la loro presenza, in numero di dieci, trova riscontro nella specifica tabella riportata nella stessa pagina 12 della Relazione tecnica cui fa rinvio la ricorrente. 15. Il ricorso per motivi aggiunti prosegue, quindi, contestando il fatto che, con riferimento alla Control Room Centrale, l'offerta non consentirebbe di comprendere se essa sia stata considerata nel livello direttivo, trasversale o di coordinamento, dove, in effetti, è indicato il dimensionamento del personale (15 persone al 5 %, corrispondenti a 0,75 FTE). Tale dotazione non sarebbe comunque in grado di garantire la copertura h24 della Control Room locale. Invero, la deduzione si fonda su due errori di fondo. Il primo deriva dal fatto che la quantità di personale offerto non era prevista come oggetto di valutazione, essendolo solo la completezza della trattazione e la qualità della proposta tenuto conto della "adeguata dotazione di personale ed un efficace modello organizzativo". La seconda è che, conformemente a ciò, la lex specialis non imponeva affatto che vi fosse una sostanziale equivalenza tra il numero di risorse indicate nell'offerta e il numero di FTE quantificati nelle tabelle, non essendo obbligatorio che il personale di cui è stato previsto l'utilizzo sia adibito a tempo pieno alla specifica mansione. Peraltro, l'offerta non parla di copertura della Control room locale h 24, come erroneamente affermato da parte ricorrente, bensì della copertura h24 della Control Room centrale, "di cui il RTI dispone presso la sede di Mestre": appare dunque plausibile che, essendo centralizzata, l'attività di monitoraggio possa essere garantita h24 con 0.75 FTE, poiché uno stesso dipendente potrà effettuarla in relazione a una pluralità di clienti che accedono al servizio. Pertanto, tenuto conto di tutto ciò, non appare illogica l'attribuzione del punteggio più elevato a CM., la cui offerta è stata particolarmente apprezzata perché contiene l'innovativa proposta di un sistema evoluto di intelligenza artificiale (Orobix) per la gestione della attività e delle manutenzioni oggetto di appalto e prevede la messa a disposizione di una Strategic Control Room con elevata dotazione di risorse tecniche dedicate e la personalizzazione del presidio ospedaliero in funzione delle specificità delle singole strutture. In ogni caso, non sussiste la dedotta confusione, atteso che, date le caratteristiche ora descritte, la Control room centrale si inserisce all'interno delle Strutture centrali di supporto del RTI, e cioè al livello direttivo, mentre da un punto di vista funzionale è pensata (e, come tale, rappresentata nella relazione tecnica) all'interno dell'Area trasversale a supporto del Referente Locale. Ciò spiega perché la struttura sia menzionata sia a livello direttivo, che di coordinamento e trasversale. 16. Parte ricorrente lamenta, altresì, che CM. avrebbe violato la lex specialis in quanto non avrebbe menzionato alcuna squadra dedicata alla modellazione BIM, né tantomeno avrebbe indicato le "competenze specifiche ed esperienze" del personale offerto, al contrario di En., che ha individuato un gruppo di lavoro destinato ad occuparsi esclusivamente di anagrafica tecnica. Tale circostanza è, però, smentita in atti dalla lettura del par. C.2.1 dell'offerta tecnica (cfr. p. 52 dei files prodotti sub docc. 45.2, 47.1 e 49.6), formulata tenendo conto che tale servizio, in conformità alla lex specialis (che impone di "utilizzare metodi e strumenti elettronici specifici di modellazione per l'edilizia e le infrastrutture (BIM) per la gestione e l'aggiornamento in continuo del patrimonio documentale e informativo relativo agli impianti in gestione oltreché per le fasi di progettazione, costruzione, e manutenzione, nonché per l'implementazione della base dati fornita dall'Azienda Sanitaria e la registrazione di tutti i dati relativi al patrimonio impiantistico in gestione", ma non anche di creare un'apposita struttura destinata esclusivamente all'esecuzione dell'appalto), sarà fornito direttamente dal RTI CM.. Conseguentemente nessun errore di valutazione può essere imputato alla commissione di gara, che ha apprezzato tale modalità di organizzazione del servizio, esprimendo, sul punto, un giudizio insindacabile, in quanto non affetto da illogicità o irragionevolezza. 17. E, ancora, CM. non avrebbe specificato in quale modo e in quale struttura il personale di coordinamento offerto da CM. svolgerà le proprie prestazioni e con quale carico di lavoro. Anche tale affermazione non trova corrispondenza nella realtà . Il consorzio aggiudicatario, infatti, dopo aver fornito, nel pieno rispetto della lex specialis di gara, un dato aggregato per lotto, ha puntualmente specificato, nel corpo della relazione, per singolo OdF e per singolo Presidio Ospedaliero il numero (in termini di FTE) di addetti componenti la struttura operativa dedicata. In ogni caso, tutte le singole discrasie nell'indicazione dei dati, anche con riferimento alla Control room locale, originano dal travisamento della lex specialis di gara che, proprio in considerazione della particolarità della stessa non imponeva la puntuale indicazione delle specifiche dotazioni, ma la rappresentazione del modello organizzativo. In tal modo trova giustificazione anche il fatto che l'offerta della ricorrente non abbia previsto l'assegnazione di risorse aggiuntive di personale ad hoc per la Control room locale, dal momento che essa ha, invece, garantito il suo funzionamento come modalità di organizzazione del servizio. Dunque non può trovare positivo apprezzamento il ricorso, nella parte in cui sostiene che l'offerta risultata aggiudicataria non sarebbe stata formulata considerando il costo di tutto il personale di cui manca l'indicazione e proprio in considerazione di questo presenterebbe un'incongruenza tra offerta tecnica e offerta economica. 18. En. lamenta altresì che non risultano FTE allocati al presidio tecnologico, nonostante CM. abbia proposto alla stazione appaltante un simile servizio mediante la squadra di emergenza tecnica. Anche se, come sostenuto da CM., il servizio in capo alla squadra di emergenza tecnica fosse svolto indistintamente dal personale operante per i diversi servizi obbligatori, secondo En. gli FTE indicati da CM. (186) non basterebbero comunque a "coprire" l'offerta. Il costo corrispondente a tale personale sarebbe pari a 6.701.557,23 Euro: cifra che, dunque, dovrebbe essere aggiunta a quella indicata nell'offerta economica di CM. per garantire l'esecuzione della proposta tecnica. Con tale censura è evidentemente riproposta la questione della mancata contabilizzazione del costo relativo a una squadra tecnica per ogni presidio, rispetto a cui si è già chiarito che il bando non imponeva la creazione di squadre con personale specificamente destinato, ma la dotazione di personale appositamente formato, adibito anche alle mansioni di manutenzione ordinaria o alla squadra antincendio, ma con le competenze per poter intervenire in emergenza. Ne deriva la infondatezza di quanto dedotto con riferimento alla mancata previsione della spesa così come quantificata da parte ricorrente, per le stesse ragioni già precedentemente esplicitate (vedi punto 6). 19. CM. avrebbe, inoltre, sempre secondo quanto dedotto in ricorso, ritenuto necessario impiegare un certo numero di risorse per singolo servizio, salvo poi offrire nella propria proposta contrattuale un valore diverso, né vi sarebbe alcuna menzione all'impiego del personale dipendente dell'Azienda sanitaria. Sul punto deve darsi atto di come non ogni differenza nel numero di persone impiegate può, di per sé, essere considerata una patologica discrasia e, nella fattispecie in esame, la commissione ha ritenuto congruo il numero di addetti assegnato nell'offerta di CM., esprimendo un giudizio insindacabile in assenza di prova della sua illogicità . Parte ricorrente, dunque, non riesce a dimostrare un errore nel progetto e nemmeno un'illogicità del giudizio espresso dalla commissione in ordine al dimensionamento del personale operativo. 20. Quanto all'ennesima riproposizione del profilo correlato alla sottostima degli FTE impiegati nella squadra di pronto intervento antincendio (ottava censura del ricorso per motivi aggiunti), non si può che richiamare quanto già più volte chiarito, rispettivamente al punto 6 e 18 della presente pronuncia. 21. Con riferimento alla dedotta carenza di formazione del personale, inoltre, si deve dare conto di come il Consorzio CM. abbia chiarito come i "tecnici antincendio" siano una risorsa diversa rispetto agli "addetti alla squadra antincendio": si tratta di tecnici destinati ad espletare il servizio di manutenzione degli impianti antincendio, i quali non necessitano di altra qualifica che quella loro riconosciuta dal "patentino per operatore impianti antincendio". Quanto alla composizione della Squadra di pronto intervento antincendio, gli addetti alla stessa saranno necessariamente muniti dell'abilitazione richiesta per aziende a rischio di incendio elevato, secondo quanto previsto dal DM 10 marzo 1998 e s.m.i., così come puntualmente imposto dal Capitolato tecnico sottoscritto e, quindi, accettato da CM.. Non vi era, dunque, alcuno specifico obbligo di ribadire nell'offerta tale condizione, come, invece, ha liberamente fatto En., nonostante ciò non possa corrispondere a un fattore di positiva valutazione dell'offerta, essendo la condizione imposta dalla stessa lex specialis. 22. Parte ricorrente sostiene, altresì, che, contrariamente a En., che ha dedicato una particolare attenzione a ciò, CM. avrebbe utilizzato solo due righe per descrivere in che modo organizzerà e gestirà il servizio nelle strutture del territorio, senza indicare un'organizzazione vera e propria e senza menzionare il personale di coordinamento. Tali precisazioni non erano però richieste dal disciplinare, con la conseguenza che è stata una libera scelta, quella di En., di dettagliare in maggior modo l'organizzazione, ma ciò non può comportare un disvalore dell'offerta della concorrente. 23. Secondo la ricorrente, peraltro, nell'assegnazione del punteggio "A" sarebbe stata ingiustamente favorito CM., nonostante quest'ultimo non abbia, a detta di En., dettagliato l'attività di manutenzione delle sedi extra ospedaliere, come, invece, fatto da En.. In realtà trattasi di un profilo che spettava alla Commissione di gara valutare come più o meno rilevante, rientrando ciò nella sfera della discrezionalità tecnica ad essa attribuita. Ne discende l'inammissibilità della censura che risulta anche infondata, atteso che l'offerta indica puntualmente le logiche e le modalità con cui sarà dimensionata la struttura operativa dedicata al Lotto e agli Ordinativi di Fornitura e la reale consistenza della stessa, espressa in maniera inequivocabile dall'indicazione degli FTE per tutti i servizi in Convenzione, obbligatori ed opzionali, che comprendono anche quelli destinati alla manutenzione delle sedi extra ospedaliere. 24. Da ultimo, En. sostiene l'esistenza di un'illegittima incongruenza tra i livelli di inquadramento contrattuale del personale indicati da CM. nell'offerta tecnica e poi nei giustificativi, dove sarebbero stati dichiarati livelli di inquadramento più bassi. Tale incongruenza, peraltro non ravvisabile secondo la difesa di CM. che parte ricorrente non ha saputo demolire, anche dove accertata, inciderebbe di appena uno 0,50 % sull'utile dichiarato, che si ridurrebbe dall'8,05 % al 7,62 %: ne deriva l'inidoneità del profilo ad incidere sulla legittimità del giudizio espresso sull'offerta. 25. Infine, con la seconda e ultima doglianza del ricorso per motivi aggiunti, En., effettuata una specie di ricapitolazione di tutte le incongruenze dell'offerta di CM. già dedotte, lamenta il fatto che, considerandole congiuntamente, l'offerta tecnica dell'aggiudicatario risulterebbe caratterizzata da complessiva indeterminatezza, incompletezza, aleatorietà e incongruità . Inoltre, la mancata corrispondenza tra i costi della manodopera indicati nell'offerta economica e l'impiego di essa previsto nell'offerta tecnica avrebbe, complessivamente considerata, dovuto condurre all'esclusione dell'offerta, perché un corretto computo dei costi in questione avrebbe dovuto portare a un'offerta economica superiore alla base d'asta. Quanto al primo profilo, l'infondatezza di tale motivo di ricorso è dimostrata dal fatto che, avendo respinto ogni singola censura dedotta, deve conseguentemente ritenersi inesistente il vizio dedotto, che si fonda, come dimostrato, su erronei presupposti. Tutto ciò non senza sottolineare come il maggiore dettaglio di numerosi punti dell'offerta di En., pur non necessario e comunque non valorizzato dalla commissione, è dovuto alla posizione di gestore uscente del servizio rivestita dalla ricorrente, che, però, sarebbe stato illegittimo se avesse portato un particolare vantaggio alla stessa nella partecipazione alla gara. 26. Tutto quanto precede vale, altresì, al fine del rigetto della censura di mancanza di conformità tra dotazione di risorse indicate nella relazione tecnica e costi della manodopera indicati nell'offerta economica, che, peraltro, come già si è chiarito, avrebbe dovuto essere dedotta contestando il mancato assoggettamento dell'offerta a verifica di anomalia in relazione a tale specifico aspetto. 27 Le spese del giudizio seguono l'ordinaria regola della soccombenza e debbono, dunque, essere imputate alla ricorrente, salva la compensazione nei confronti di Ge. s.p.a. e Ca. s.p.a., costituitesi solo formalmente, senza dispiegare difese. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto Sezione Terza, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Dispone la compensazione delle spese del giudizio nei confronti di Ge. s.p.a., e Ca. s.p.a. mentre condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio nei confronti delle altre parti costituite, che liquida, a favore di ciascuna di esse, in euro 3.000,00 (tremila/00), per un totale di euro 9.000,00 (novemila/00), oltre ad accessori di legge, se dovuti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 26 ottobre 2022 con l'intervento dei magistrati: Alessandra Farina - Presidente Mara Bertagnolli - Consigliere, Estensore Paolo Nasini - Primo Referendario

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto Sezione Terza ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 692 del 2022, integrato da motivi aggiunti, proposto da En. Se. S.p.A., in proprio e quale mandataria capogruppo del costituendo RTI con R.G. Im., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Lu. To. e Ni. Pu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizi; contro Regione Veneto, non costituita in giudizio; Azienda Zero della Regione Veneto, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Lu. Ga., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Venezia, Piazzale (...); nei confronti Consorzio Stabile CM., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati St. Ba., Do. Me., An. Zo., Fr. Ge. e Gi. Ve., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Ca. S.p.A., Co. Soc. Coop. P.A., Ed. Fa. So. S.p.A., Gu. s.p.a., Ce. Se. s.r.l., Co.. e Mi. S.p.A., non costituite in giudizio; Ge. S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Al. Mo., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Si. S.p.A. a Socio Unico, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato An. Gi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia. per l'annullamento per quanto riguarda il ricorso introduttivo: - della nota di Azienda Zero prot. n. 10752 dell'8 aprile 2022, notificata ad En. in pari data, con la quale è stata comunicata, ex art. 76 d.lgs. n. 50/2016, l'intervenuta aggiudicazione definitiva della "Procedura aperta telematica per la Gestione Energetica e Tecnologica delle Aziende Sanitarie della Regione del Veneto (GETIS)"; - della delibera del Direttore Generale di Azienda Zero n. 240 del 6 aprile 2022 e relativi Allegati A e B, di approvazione degli atti di gara e di aggiudicazione definitiva in favore del costituendo RTI con capogruppo il Consorzio Stabile CM. del Lotto n. 5 della predetta procedura; nonché per l'annullamento di ogni altro atto e provvedimento presupposto, connesso e consequenziale a quelli impugnati, ivi inclusi: -- il bando di gara pubblicato da Azienda Zero in G.U. 19 giugno 2019, n. 71, 5 serie, avente ad oggetto la "Procedura aperta telematica, ai sensi dell'art. 60 d.lgs. 50/2016, per l'affidamento, in ambito regionale, del servizio di conduzione e gestione degli impianti tecnologici, elettrici e speciali delle Aziende Sanitarie aderenti, compresa la produzione e la fornitura del calore, la fornitura di energia elettrica, la fornitura di acqua, la realizzazione di interventi di manutenzione sugli impianti e sulle apparecchiature", unitamente alla relativa delibera di indizione del Direttore Generale n. 282 del 12 giugno 2019; -- il disciplinare di gara, il capitolato tecnico e lo schema di convenzione a base di gara, approvati con Deliberazione del Direttore Generale di Azienda Zero, n. 282 del 12 giugno 2019, ugualmente impugnata; - i provvedimenti di nomina della commissione giudicatrice adottati con determine nn. 116, 391 e 715 del 2020, e, per quanto occorrer possa, le note ANAC prott. nn. 15894, 50536 e 85933 del 2020; - la graduatoria e i verbali della commissione giudicatrice relativi al Lotto 5, ivi inclusi quelli del 20 e 24 agosto 2021 e relativi Allegati, e del 3 novembre 2021; nonché per l'annullamento del provvedimento di Azienda Zero prot. n. 12567 del 29 aprile 2022, di parziale rigetto della richiesta ostensiva avanzata da En., con contestuale accertamento del diritto della ricorrente di accedere agli atti elencati nelle istanze dell'11.4.2022 e successivi solleciti, con conseguente condanna dell'amministrazione all'integrale ostensione; e per la condanna di Azienda Zero al risarcimento del danno in favore di En. mediante reintegrazione in forma specifica, con conseguente aggiudicazione della gara e diritto di subentro nel contratto, se nelle more stipulato, o, in subordine, per equivalente, con ristoro dei danni patiti e patiendi conseguenti alla illegittimità dei provvedimenti gravati, o, in ulteriore subordine, alla rinnovazione della procedura; per quanto attiene al ricorso per motivi aggiunti: - tutti gli atti e provvedimenti già censurati col ricorso introduttivo; - del verbale del Responsabile del Procedimento recante "Valutazione del possesso dei requisiti di partecipazione tecnico professionali ed economico finanziari dei concorrenti aggiudicatari" del 24.8.2022. Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Consorzio Stabile CM., dell'Amministrazione resistente, Azienda Zero della Regione Veneto e delle società Ge. S.p.a e Si. S.p.a. a Socio Unico; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 ottobre 2022 la dott.ssa Mara Bertagnolli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO La ricorrente ha partecipato alla procedura aperta telematica di importo superiore alla soglia europea, suddivisa in cinque lotti, indetta con bando pubblicato in G.U. il 19.6.2019 da Azienda Zero e finalizzata alla stipula di una Convenzione quadro per l'affidamento del "servizio di Gestione Energetica e Tecnologica Integrata degli Impianti delle Aziende Sanitarie della Regione del Veneto (GETIS)", il cui valore stimato ammonta complessivamente a Euro 1.509.890.997,00, IVA esclusa, da espletarsi in modalità telematica mediante ricorso alla piattaforma Sintel. L'oggetto della gara è costituito, secondo l'art. 1 del disciplinare da "l'affidamento di un multiservizio tecnologico integrato, con fornitura di energia e di acqua e prevede l'aggiudicazione ad un unico gestore di tutte le attività di gestione e di conduzione degli impianti tecnologici, di climatizzazione e di ricambio dell'aria, elettrici e speciali a servizio degli edifici in uso alle Aziende Sanitarie aderenti, compresa la produzione e la fornitura dei vettori energetici termico ed elettrico e dell'acqua per ogni uso, la realizzazione di interventi di manutenzione straordinaria (13%) sugli impianti e sulle apparecchiature, così come previsto nel Capitolato Tecnico e nei diversi documenti di gara". Il progetto dell'appalto è stato costruito sulla base del modello degli Energy performing contracts (EPC) e mira a conseguire obiettivi di efficienza energetica e ad assicurare, tramite sistemi di incentivazione al risparmio energetico del fornitore, vantaggi alle aziende sanitarie, sotto il profilo della riduzione della spesa, del rinnovamento e dell'evoluzione tecnologica di impianti ed edifici (come si spiega nelle premesse del Capitolato tecnico). Per tali ragioni il criterio di aggiudicazione è stato individuato in quello dell'offerta economicamente più vantaggiosa, assegnando massimo 70 punti all'offerta tecnica e 30 all'offerta economica. Con riferimento al lotto 5 (base d'asta 342.776.573,00 euro, per una durata complessiva di 9 anni), all'esito della procedura protrattasi quasi due anni, la gara è stata aggiudicata al Consorzio Stabile CM., (di seguito anche solo CM.), con il punteggio di 93,800, mentre En. Se. s.p.a. (di seguito solo En.) si è collocata al secondo posto in graduatoria con un punteggio di 84,482. Tale operatore, dopo aver ottenuto una solo parziale ostensione dei documenti di gara, ritenendo comunque illegittima l'aggiudicazione al Consorzio CM., ha notificato il ricorso in esame, contenente anche la domanda volta ad ottenere il richiesto accesso, proposta ai sensi dell'art. 116, comma 2, del c.p.a.. Il ricorso introduttivo, nella parte in cui è rivolto all'annullamento degli atti di gara è stato affidato ai seguenti motivi di diritto: 1. Illegittimità dei provvedimenti impugnati per violazione e falsa applicazione degli artt. 45, comma 2, lett. c), 47, comma 2 bis e 80, comma 5, lett. c-bis, CCP. La consorziata Re. (dei cui requisiti il Consorzio si sarebbe avvalso per la partecipazione), era, infatti, secondo la tesi di parte ricorrente, destinataria di una sanzione interdittiva della partecipazione alla gara, irrogata dall'ANAC con provvedimento del 25.10.2017, la quale è stata assoggettata a una complicata vicenda giudiziaria che ha poi condotto al suo annullamento (ad opera del Consiglio di Stato, con sentenza del 25 gennaio 2022,) ma che, durante la gara, aveva piena efficacia. Tutto ciò è stato sottaciuto dal Consorzio risultato aggiudicatario, così incorrendo in una violazione del citato art. 45, comma 2, lettera c) del d.lgs. 50/2016; 2. Violazione e falsa applicazione dell'art. 95 CCP e del disciplinare di gara. Errata valutazione e attribuzione del punteggio in favore del Consorzio aggiudicatario con riferimento al criterio G "efficientamento energetico". Difetto di istruttoria, travisamento, eccesso di potere e irragionevolezza. Parte ricorrente lamenta l'illogica attribuzione di punteggi diversi in questo lotto, rispetto a proposte sostanzialmente equivalenti quanto all'individuazione degli interventi eseguibili per il raggiungimento del risparmio energetico. Ciò, in particolare, sia con riferimento alla proposta degli interventi per il raggiungimento dell'efficientamento energetico (che ha ottenuto 7 punti nel lotto 3 e solo 3,818 nel lotto 5), che con riferimento al criterio C, che riguarda elementi sostanzialmente indipendenti dal Lotto di riferimento. Inoltre, il punto 1.25 dell'All. 4 del Capitolato tecnico prevede che "l'Appaltatore, entro 6 mesi dall'inizio del servizio, dovrà aver completato e messo a disposizione dell'Azienda Sanitaria tramite il sistema informativo, il rilievo aggiornato del patrimonio impiantistico aggiornato ottenuto tramite sopralluoghi e con l'ausilio eventuale della documentazione già in possesso dell'Azienda e il sistema documentale quale parte integrante del sistema informativo". La ricorrente ha previsto, nella propria offerta, il completamento del rilievo entro tre mesi, mentre il Consorzio CM. non risulta aver indicato alcuna tempistica. Lo stesso dicasi per la necessità di assicurare, entro sei mesi, "la messa a disposizione di un numero di licenze software o di accessi all'eventuale piattaforma web utilizzata utili ad assicurare alla stessa il controllo e la gestione del patrimonio modellato". In ogni caso, la ricorrente avrebbe previsto lo sviluppo del modello BIM attraverso tali mezzi non solo per le centrali tecnologiche (come il Consorzio CM.), ma anche di 10.000 mq/anno di strutture ospedaliere. Più in generale, mentre CM. si sarebbe servita soltanto di software con formati proprietari (Autodesk e Revit), senza fare alcun riferimento a software "equivalenti" - il che escluderebbe la possibilità di qualificare il sistema proposto come BIM, in quanto renderebbe di fatto impossibile garantire l'interoperabilità tra sistemi (come, invece, richiesto) - En. avrebbe assicurato software "similari". E, ancora, En. avrebbe garantito consegna e collaudo degli interventi di efficientamento energetico non nei tempi previsti dal punto 1.91 dell'all. 4 (24 mesi), ma in 12 mesi, laddove il Consorzio CM. nulla ha detto. Da tutto ciò ne deriverebbe la sproporzione tra il punteggio assegnato a CM. per il Lotto 3, pari a 65,398 e quello assegnato a En., 62,500; 3. Errata valutazione e attribuzione di punteggio all'offerta tecnica di CM. per le voci di cui all'All. 4 del Capitolato. Il consorzio CM. avrebbe offerto per "il personale per la Squadra di pronto intervento antincendio...", da impiegare nella commessa "24 ore giornaliere 365 giorni l'anno, feriali inclusi" (punto 1.16 dell'All. 4 al Capitolato), un importo ribasssato dell'85 %. La somma di euro 245.212,47 (per nove anni), pari a 27.246 euro/anno sarebbe del tutto irrisoria rispetto alla previsione dell'impiego di una squadra composta da cinquanta persone a tempo pieno. Tant'è che l'offerta media di sei partecipanti alla gara su otto (e, dunque, esclusa quella di Ge., pari a 60.000 euro/anno) è stata di Euro 155.860, nettamente non paragonabile con quella di CM. che, secondo En., sarebbe, dunque, "fuori mercato". 4. Erroneità dell'offerta di CM. rispetto alla voce "Ribasso sui prezzi dei Listini di riferimento per gli interventi di manutenzione e efficientamento (RL) maggiore o uguale al 10%". In questo caso, mentre il ribasso medio praticato è stato del 34,4 %, il Consorzio ha applicato un ribasso del 70 %; 5. Errata indicazione del costo del personale, che non troverebbe corrispondenza nell'offerta tecnica dell'aggiudicatario. Il solo aumento dell'offerta economica di CM. dei cinque milioni di euro necessari a colmare il gap con il costo della manodopera indicata in offerta comporterebbe una variazione dello sconto offerto dallo stesso aggiudicatario, con conseguente variazione della classifica finale; quindi, parte ricorrente ha dedotto, in via subordinata: 6. Illegittimità dei provvedimenti impugnati per violazione e falsa applicazione degli artt. 77 e 78, CCP e 7 e 8 del Regolamento per la gestione degli acquisti centralizzati di Azienda Zero n. 5/2017. Secondo parte ricorrente il fatto che, nel caso in esame, sia stata nominata una commissione identica per tutti i lotti posti a base di gara, sebbene ciascun lotto integri, secondo la consolidata giurisprudenza amministrativa, un'unica e autonoma procedura selettiva, avrebbe come conseguenza il fatto che ciascun commissario si è ritrovato a ricoprire lo stesso incarico nell'ambito di più gare di tipologia coincidente, in violazione del principio di rotazione e senza alcun rispetto del "periodo di decantazione" di due anni previsto dal Regolamento di Azienda Zero. Inoltre, Azienda Zero avrebbe provveduto alla nomina del componente "esterno" con funzioni di Presidente senza svolgere alcuna verifica effettiva circa l'assenza di idonee figure al proprio interno e, peraltro, rinunciando alla competenza giuridica ritenuta in un primo momento necessaria, per scegliere, in seconda battuta, una persona con alta competenza manageriale. Inoltre, le preferenze espresse da ciascun commissario, per ogni Lotto e per tutti gli otto criteri qualitativi previsti per l'attribuzione del punteggio di gara risulta essere sempre e invariabilmente identica nell'ambito del confronto a coppie (allegati A3, A4 e A5 al verbale del 20 e 24 agosto 2021), il che sarebbe sintomatico di un'illegittima determinazione collegiale del punteggio. In ogni caso, la modalità assolutamente stringata e generica con cui è argomentata l'attribuzione dei punteggi nei confronti a coppie sarebbe di per sé inidonea a esternare e motivare il percorso logico-valutativo che ha portato alla formazione del giudizio; 7. Illegittimità degli atti impugnati per violazione degli artt. 54, 216, comma 4, 23, comma 15 e 24, comma 8 CCP. Violazione dell'art. 1, comma 6, del d.l. n. 32/2019. Nel caso di specie, in violazione del principio che imporrebbe, per un miglior risultato, alla stazione appaltante di predisporre, nel caso di "lavori di efficientamento energetico da eseguirsi nell'ambito dell'accordo quadro", la progettazione esecutiva da mettere a disposizione degli operatori economici già in sede di procedura di gara, Azienda Zero avrebbe omesso di specificare le condizioni dell'affidamento e le modalità di svolgimento delle prestazioni. Inoltre, negli atti di gara, marcherebbe il riferimento alla disciplina dei requisiti di esecuzione delle attività di progettazione, come pure sarebbero assenti tutte le diagnosi energetiche e ulteriori informazioni previste nel DM 7.3.2021 (decreto CAM, criteri minimi ambientali). Ciò avrebbe determinato un grave deficit informativo che avrebbe condizionato negativamente la formulazione delle offerte, impedendo un confronto effettivamente concorrenziale, in violazione, tra l'altro, dei principi di buon andamento, efficienza, trasparenza dell'azione amministrativa; 8. violazione dell'art. 54 del codice degli appalti, che vieta, nel caso di accordo quadro concluso con un solo operatore economico, "modifiche sostanziali alle condizioni fissate nell'accordo quadro". Il Capitolato, infatti, avrebbe previsto, del tutto contraddittoriamente, la possibilità di stipulare contratti con una durata inferiore a 3 anni, specificando che, ricorrendo tale ipotesi, "l'appaltatore non dovrà procedere necessariamente...alla realizzazione di interventi di efficientamento e sarà quindi esonerato dal raggiungimento degli obbiettivi di efficientamento energetico". Ciò avrebbe comportato l'indeterminatezza dell'oggetto della gara, al pari della previsione della possibilità di stabilire i costi della sicurezza derivanti da interferenze al momento dell'ordinativo e della riserva di predisporre un "piano di ulteriori interventi e di azioni finalizzate al risparmio energetico ovvero alla razionalizzazione dei consumi, accompagnato da progetti di fattibilità tecnico-economica degli eventuali ulteriori interventi proposti"; 9. Violazione del combinato disposto di cui agli artt. 34 e 71 CCP e 4 e ss. del DM 7 marzo 2012. Lesione dei princì pi di concorrenza, imparzialità e buon andamento di cui all'art. 97 Cost. Nel caso di specie, dovendo essere qualificato l'appalto di Azienda Zero come relativo a un contratto EPC ricadente nel "caso B" del decreto CAM (l'appalto, infatti, mira a realizzare interventi di efficientamento energetico, per i quali è richiesto il possesso della SOA in cat. OG11, al fine di raggiungere determinati obiettivi di risparmio energetico (1.77 del Capitolato), e prevede una durata degli appalti specifici fino a 9 anni), la stazione appaltante avrebbe dovuto mettere a disposizione dei concorrenti, tra la documentazione di gara, le diagnosi e le certificazioni energetiche relative agli impianti e agli edifici e ogni altra informazione prevista dal decreto CAM. Si sono costituiti in giudizio, il Consorzio stabile CM., Azienda Zero, Ge. s.p.a. e Si. s.p.a.. La ricorrente ha, quindi, rinunciato alla trattazione dell'incidente cautelare a fronte di una pronta fissazione del merito. Il Consorzio controinteressato ha, quindi, depositato una memoria, sostenendo l'infondatezza di quanto dedotto in ricorso. Definita la domanda relativa al riconoscimento dell'accesso ai documenti di gara, con una sentenza (1175/2022) che ha solo parzialmente accolto le richieste di parte ricorrente, questa ha presentato un ricorso per motivi aggiunti, nel quale, oltre a sostenere che la documentazione esibita confermerebbe quanto dedotto nel ricorso introduttivo, ha affermato l'erroneità dell'operato della commissione nella valutazione del criterio A" - "Progetto del Servizio - Modalità, procedure e struttura organizzativa per l'espletamento del Servizio", nonché l'incongruità dell'offerta avversaria. Ciò premesso, ha dedotto: 1.1. Violazione e falsa applicazione degli artt. 83, 94, 95 e 97 CCP e del disciplinare di gara (in particolare nella parte in cui stabilisce i criteri per valutare l'offerta tecnica). Illogicità, contraddittorietà, incongruenza e ingiustizia manifesta, per aver la Commissione erroneamente attribuito a CM. 15 punti con riferimento al criterio "A" - "Progetto del Servizio - Modalità, procedure e struttura organizzativa per l'espletamento del Servizio", assegnandone al RTI En. solo 8,25. Difetto di istruttoria e motivazione, travisamento, irragionevolezza, con conseguente illegittimo riconoscimento del primo posto nella graduatoria finale al RTI CM.. Illegittimità dell'operato della Commissione per non aver escluso l'offerta avversaria; 1.2. Complessiva indeterminatezza, incompletezza, aleatorietà e incongruità dell'offerta tecnica avversaria dimostrata da tutti gli elementi sin qui passati in rassegna e conseguente alla mancata corrispondenza tra i costi della manodopera indicati nell'offerta economica e le risorse messe a disposizione da CM. nell'offerta tecnica per lo svolgimento del servizio. Ciò che avrebbe dovuto determinare l'obbligo di esclusione dell'offerta dell'aggiudicataria dalla gara. In vista della pubblica udienza fissata per trattare il merito della controversia, Azienda Zero ha depositato un'articolata memoria nella quale, oltre ad aver eccepito l'inammissibilità del ricorso per mancata notificazione ad ANAC, ne ha sostenuto l'infondatezza, sia con riferimento a quanto dedotto nel ricorso principale, che alle successive doglianze di cui al ricorso per motivi aggiunti. Si è costituita in giudizio anche la controinteressata Si., la quale si è aggiudicata il lotto 2, cui la ricorrente non ha partecipato, al solo fine di evitare che l'accoglimento dei motivi tesi alla riedizione della gara - in quanto fondati sul presupposto che la gara fosse unica, nonostante sia stata suddivisa in lotti - possano condurre alla caducazione anche dell'esito del lotto 2. Tale società ha quindi eccepito l'inammissibilità e l'infondatezza delle censure da 7 a 9. Tutte le parti costituite hanno scambiato memorie di replica. Alla pubblica udienza del 26 ottobre 2022 le parti hanno chiesto che la controversia fosse trattenuta in decisione, rinunciando, come da verbale, attesa la completezza delle argomentazioni dispiegate, ai termini a difesa non ancora scaduti, essendo stati depositati i motivi aggiunti al ricorso solo il 27 settembre 2022. DIRITTO 1. Risulta utile al fine della definizione della controversia, dare preliminarmente conto dell'obiettivo perseguito mediante l'indizione della gara il cui esito è impugnato e delle peculiarità della stessa con particolare riferimento alla modalità di determinazione del corrispettivo dovuto all'aggiudicatario. Dunque, come si legge nella memoria di replica di Azienda Zero, l'oggetto dell'appalto è rappresentato da "un "multiservizio tecnologico integrato" che chiede all'aggiudicatario di fornire energia e acqua, di governare tutte le attività di gestione e di conduzione degli impianti tecnologici, di climatizzazione e di ricambio dell'aria e di realizzare interventi di manutenzione straordinaria sugli impianti e sulle apparecchiature, finalizzati all'efficientamento energetico." (penultimo capoverso della seconda pagina della memoria depositata da Azienda Zero il 15 ottobre 2022). Da ciò discende che "con riguardo ai servizi di climatizzazione invernale ed estiva, agli altri servizi termici, al servizio di gestione degli impianti idrico-sanitari e delle reti fognarie, al servizio energia degli impianti elettrici (che costituiscono la parte preponderante dell'affidamento), il prezzo è calcolato non sulla base di quanta energia (termica ed elettrica) viene fornita, bensì in ragione dei volumi e delle superfici riscaldate/illuminate (cfr. doc. 25, pp. 22 ss., ossia l'art. 20.1 dello schema di convenzione)" (primo paragrafo di pag. 3 della stessa memoria della stazione appaltante). Per tale ragione, ai concorrenti non sono stati forniti elementi di dettaglio sulle specificità dei singoli immobili di proprietà delle singole Aziende Sanitarie, bensì delle indicazioni quantitative sui volumi da riscaldare o da raffreddare, sulle superfici da illuminare, di cui garantire la sicurezza e proteggere da incendi, sul numero di elevatori e di scale mobili da gestire. Né è stato richiesto agli offerenti di precisare in che modo la propria offerta sarà declinata in relazione a un'Azienda Sanitaria piuttosto che ad un'altra. Tutto ciò conformemente alla specifica scelta dello strumento della convenzione quadro (disciplinata sulla scorta di quella messa a disposizione da CONSIP) per l'individuazione del soggetto cui affidare il complesso e articolato servizio richiesto, mediante il ricorso a ordinativi di beni e servizi secondo le condizioni contrattuali stabilite in sede di gara. In altre parole, l'aggiudicatario non sarà chiamato alla sottoscrizione di un accordo quadro che disciplina in toto il rapporto negoziale, ma alla presentazione di un "Piano Tecnico Economico dei Servizi" (PTE), redatto a seguito del Servizio di Audit [ossia un sopralluogo] preliminare alla fornitura e necessario per la definizione tecnica, economica e gestionale dei Servizi che formeranno oggetto dell'Ordinativo Principale di Fornitura dopo l'approvazione del PTE. 2. Fatto tale inquadramento, deve essere preliminarmente esclusa la inammissibilità del ricorso per mancata notifica dello stesso ad ANAC, in quanto sebbene siano citati, tra gli atti impugnati, anche atti prevenienti da ANAC, si tratta di atti, privi di autonomia giuridica, che hanno semplicemente compartecipato alla formazione dei provvedimenti effettivamente lesivi, imputabili esclusivamente alla stazione appaltante. Tant'è che nessuna delle censure dedotte risulta essere specificamente riferita a profili connessi all'attività svolta da ANAC e, dunque, ai pareri espressi dall'Autorità nell'ambito della vigilanza collaborativa concordata con apposito Protocollo d'azione, nel quale, peraltro, si precisa che, a fronte di eventuali rilievi mossi da ANAC circa la regolarità e conformità degli atti di Azienda Zero è data facoltà a quest'ultima di assumere comunque gli atti di competenza superando i rilievi stessi. Non si ravvisa, dunque, un'autonoma lesività dell'attività svolta dall'Autorità che possa determinare la qualificazione di quest'ultima come come amministrazione resistente o soggetto controinteressato. 3. Passando, quindi, all'esame del primo motivo di ricorso, lo stesso appare infondato, atteso che il Consorzio CM. ha partecipato alla gara in proprio e, quindi, quale soggetto autonomo rispetto alle consorziate, dotato di distinta soggettività giuridica e della capacità di eseguire in proprio il contratto e senza indicare Re. come consorziata esecutrice. Pertanto, non essendo stato tale soggetto preposto all'esecuzione, legittimamente è stata omessa la verifica dei requisiti nei confronti dello stesso, dal momento che il possesso dei requisiti generali deve essere dimostrato solo dalle ditte esecutrici (cfr., in termini del tutto analoghi, proprio con riferimento a CM., la sentenza TAR Lazio, 12107/2021, ma anche Cons. Stato, Sez. V, n. 5057/2018 e Cons. Stato, Sez. V, n. 2387/2020). 4. Con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente lamenta, in una prima parte, l'illogica attribuzione di punteggio in relazione al parametro dell'efficientamento energetico (criterio G, rispetto a cui sono stati attribuiti 3,684 punti a En. contro i 7 riconosciuti a CM.), differenziato nei diversi lotti pur a fronte di identiche proposte. Nella seconda parte della stessa doglianza En. contesta, invece, la difformità dell'offerta avversaria rispetto alle previsioni del Capitolato. Ciò chiarito, tale censura deve essere dichiarata inammissibile per mancato superamento della prova di resistenza. Rispetto al lotto 5, infatti, la differenza di punteggio finale tra Consorzio CM. (97,704) e En. (84,482) è pari a 13,222. Considerato che la differenza lamentata è pari a poco più di 3 punti in relazione al parametro G e tenuto conto che gli ulteriori profili di non corretta valutazione dell'offerta sono dedotti in modo del tutto generico, senza quantificare l'erroneo punteggio che sarebbe stato attribuito, non può, quindi, ritenersi dimostrata la sussistenza di un interesse concreto e attuale a far valere i vizi rappresentati, non essendo comprovato che essi abbiano influito in modo determinante sull'esito della gara. 4.1. Rispetto alle più generiche deduzioni di cui alla seconda parte della censura, peraltro, può essere utile precisare che a nulla rileva il fatto che CM. non abbia indicato le tempistiche per l'implementazione dei diversi servizi richiesti, in quanto ciò non può che significare accettazione di quelle massime indicate nel disciplinare. Né avrebbe avuto senso indicare una tempistica diversa, come fatto da En., dal momento che il criterio di valutazione non prevedeva alcun punteggio di favore in relazione alla riduzione della stessa. 4.2. Quanto alla contestazione del formato dei software utilizzati, parte ricorrente ha chiarito come, nella relazione, essa abbia esplicitato chiaramente che il Sistema di Facility Management proposto archivia e gestisce nel database i modelli BIM nel formato IFC riconosciuto come standard aperto proprio dalla norma ISO 16739:2013 citata dalla ricorrente. Anche per questo profilo, dunque, la ricorrente risulta aver travisato l'offerta di CM.. 5. Né miglior sorte può essere riservata al terzo motivo di ricorso, che risulta essere infondato prima ancora che inammissibile per mancata dimostrazione del fatto che il suo accoglimento comporterebbe l'aggiudicazione a favore della ricorrente o, comunque, del vantaggio che ne deriverebbe a quest'ultima. In relazione alla dedotta inadeguatezza del costo della squadra di pronto intervento antincendio previsto da CM. è necessario, infatti, considerare che l'articolo 1.16 "Squadra di pronto intervento antincendio" del Capitolato tecnico stabilisce, per quanto qui più rileva, che "Il personale impiegato nella Squadra... potrà anche svolgere, secondo il modello organizzativo dell'Appaltatore, le funzioni richieste per il servizio di pronto intervento tecnico presso la struttura. Il personale della Squadra potrà comunque essere utilizzato dall'Appaltatore anche per le attività manutentive e di presidio, ma dovrà comunque essere sempre disponibile per gli interventi in urgenza e in emergenza nel numero di addetti previsti dall'Azienda Sanitaria in sede di Preventivo". La lex specialis continua chiarendo che "Ogni Azienda Sanitaria, in base al SGSA predisposto dalla stessa per ogni struttura, ha definito il numero dei componenti della Squadra che dovranno essere presenti contemporaneamente. Rientra tra gli oneri dell'Appaltatore garantire la presenza e la dotazione strumentale per la funzione della Squadra presso le diverse Strutture. La composizione della Squadra alle condizioni vigenti viene definita da ogni singola Azienda Sanitaria, per ogni struttura, in sede di richiesta di Preventivo". Pertanto, il numero di componenti delle squadre antincendio (e quindi i corrispondenti FTE - Full Time Equivalent) non era oggetto di offerta e, nel formulare la propria proposta, il Consorzio ha valutato il costo del servizio tenendo conto della possibilità, riconosciuta dal disciplinare di gara, che tali componenti non siano destinati in via esclusiva al servizio, ben potendo svolgerlo in maniera concorrente con le altre mansioni (presidio, manutenzione e pronto intervento tecnico) cui possono essere adibiti. Pertanto, il costo di tale servizio è stato quantificato in misura pari alla maggior spesa derivante dalle maggiori indennità spettanti al personale adibito ad esso per garantire il servizio h/24. Tale calcolo è stato condiviso da Azienda Zero. Né il ricorso contiene alcun principio di prova che a CM. sia stato attribuito un punteggio ulteriore come diretta conseguenza di un impegno alla creazione di una squadra preposta in via esclusiva al servizio antiincendio: impegno che non è mai stato assunto dal Consorzio, dal momento che l'individuazione del personale adibito a tale tipo di mansione risulta essere stata fatta al solo scopo di stabilire quanto personale dovrà essere a tal fine formato. Ciò anche in considerazione del fatto che il punto A, dell'allegato 3.C (Criteri di valutazione e relativi punteggi) attribuisce un punteggio (massimo di 15 punti) valutando nel complesso le modalità, le procedure e la struttura organizzativa proposte dall'offerente per lo svolgimento del Servizio, senza nemmeno uno specifico riferimento alle modalità organizzative del Servizio antincendio. 6. Quanto alla dedotta inadeguatezza del notevole ribasso praticato da CM. (censura 4), si può condividere la tesi della parte controinteressata per cui la doglianza è inammissibile. Essa, oltre ad essere generica, sconta i limiti connessi alla censura di profili che attengono all'ampia sfera di discrezionalità che caratterizza le scelte della stazione appaltante in ordine alla congruità delle offerte. Parte ricorrente non ha fornito, dunque, principi di prova idonei a dimostrare l'illegittimità del giudizio espresso dalla stazione appaltante, tenuto conto che l'alto sconto praticato ben può essere qualificato come il risultato della scelta dell'aggiudicataria, sul piano economico, di abbassare alcune voci di spesa, poi compensate da altre più elevate di quelle proposte dalle concorrenti. 7. Con riferimento, invece, al maggior costo della manodopera, il quale evidenzierebbe l'illegittimità dei provvedimenti impugnati anche per mancata corrispondenza tra offerta tecnica ed economica, va precisato che tale importo corrisponde pressoché integralmente al maggior costo che, ad avviso di En., discenderebbe dalla (pretesa) rideterminazione del costo del personale antincendio, di cui si è già detto al precedente punto 5 e del costo necessario a coprire la struttura "modellazione BIM", di cui si dirà nell'esame del ricorso per motivi aggiunti. Dunque, il motivo deve essere respinto per le stesse ragioni ivi individuate, cui si rimanda, ferme restando le perplessità suscitate dalla scelta di formulare la censura in termini di non corrispondenza con il capitolato, anziché di impugnazione diretta della valutazione di non anomalia dell'offerta. 8. Con la sesta doglianza En. lamenta plurimi profili di illegittimità relativi alla composizione e all'operato della Commissione di gara. 8.1. In primo luogo si duole del fatto che, nel caso in esame, sia stata nominata un'unica commissione per l'esame di tutti i lotti, mentre le commissioni avrebbero dovuto essere diverse per ciascun lotto e i componenti nominati rispettando l'obbligo di rotazione. 8.2. A tale proposito si deve preliminarmente dare atto della possibilità di prescindere dall'eccezione di inammissibilità della censura, collegata da Si. s.p.a. al fatto che il suo accoglimento porterebbe all'annullamento della gara per tutti i lotti, in ragione della manifesta infondatezza della stessa. 8.3. La tesi di parte ricorrente, infatti, non può essere condivisa. Come chiarito dal Consiglio di Stato, nella sentenza 12 gennaio 2017 n. 52: "Nonostante la natura plurima della gara, così come il bando, anche la Commissione giudicatrice deve essere unica, in conformità con la ratio delle disposizioni che permettono l'accorpamento di più lotti. L'indizione di una gara suddivisa, infatti, è finalizzata anche a ridurre i costi che la S.A. deve sostenere per l'affidamento di più contratti fra loro analoghi; sarebbe, dunque, illogico moltiplicare il numero delle Commissioni giudicatrici e, con queste, le spese necessarie al loro funzionamento" (nello stesso senso, recentemente, Tar Lazio, Sez. II, 30 marzo 2022, n. 3627). Peraltro, in caso di suddivisione in lotti si è in presenza di una procedura unica, disciplinata dalla medesima lex specialis (bando, capitolato e disciplinare) e, dunque, condotta anche dalla stessa commissione, ancorché a ciascun lotto corrisponda una distinta gara, potendo i concorrenti partecipare a tutti, o a uno solo, o ad alcuni dei lotti, con conseguente distinta aggiudicabilità degli stessi previa autonoma procedura valutativa delle offerte presentate per ciascuno di essi (cfr. sentenza del Consiglio di Stato n. 8749/2021). Anche nella fattispecie deve, dunque, ritenersi esistente una sola gara, ma articolata in cinque autonome procedure valutative, legittimamente giudicate da un'unica commissione di gara, preposta all'applicazione della comune lex specialis. 8.4. Sarebbe altresì illegittima, secondo En., la nomina a Presidente della Commissione di un soggetto terzo e non anche di un membro interno alla stazione appaltante. Invero, è consolidato l'orientamento giurisprudenziale secondo cui "Il Presidente deve essere interno alla stazione appaltante. La norma, che intende realizzare la duplice finalità di contenere la spesa pubblica e la trasparenza nel governo della procedura, introduce una regola che non ammette eccezioni" (cfr., fra le tante, Cons. Stato, sentenze 4 giugno 2019, n. 3750 e 16 aprile 2018, n. 2257). La normativa regionale (art. 7. Comma 5 del Regolamento regionale n. 5/2017) prevede, però, che "In mancanza di personale tecnico qualificato e disponibile presso Azienda Zero, presso le altre aziende ed enti del SSR o gli altri enti interessati all'appalto specifico, l'Azienda Zero può designare quali componenti anche professionisti esterni alle amministrazioni interessate, in possesso dei necessari requisiti di competenza richiesti ed esenti da conflitti d'interesse con l'oggetto specifico degli atti di gara da avviare". Nella fattispecie Azienda Zero ha ritenuto che ricorressero le particolari condizioni cui la disciplina regionale subordina la possibilità di fare ricorso a soggetti professionisti esterni, tant'è che nella deliberazione del 12 dicembre 2019 si legge che "stante la delicatezza della procedura, la sua rilevanza in termini economici e la complessità degli aspetti del relativo contratto" è stata ravvisata l'opportunità di designare quale Presidente "un professionista esterno dotato di comprovata esperienza giuridica", così come poi ribadito nella deliberazione n. 116/2020. 8.5. Quanto alla nomina quale Presidente di un esperto manager sanitario in luogo del rinunciatario magistrato in quiescenza originariamente individuato, lo scopo della norma - che è quello di garantire la presidenza della commissione a un soggetto con una specifica competenza - può senz'altro dirsi raggiunto. Se del primo presidente nominato era possibile apprezzare la competenza giuridica, ciò non significa che altrettanto rilevante e soddisfacente, se non più adeguata e confacente, sia stata la scelta, in seconda battuta, di un esperto manager dello specifico settore. 8.6. Né può essere ravvisata la dedotta irragionevolezza che risiederebbe nel fatto che i punteggi assegnati da tutti i commissari coincidono e comunque i giudizi sarebbero eccessivamente sintetici. A tale proposito parte ricorrente non ha fornito alcun elemento idoneo a dimostrare l'illogicità dell'attribuzione degli stessi punteggi da parte di tutti i componenti della commissione. In linea di principio, infatti, la giurisprudenza ammette l'eventualità, potendo spiegarsi, il giudizio omogeneo, come il risultato di un fisiologico confronto dialettico svoltosi all'interno dell'organo (cfr. Cons. Stato 6296/2021). Dunque, anche il fatto che i voti espressi da ogni singolo commissario nelle schede per il confronto a coppie coincidano, non può costituire di per sé causa di illegittimità potendo essersi ben verificata una convergenza nelle valutazioni - anche a seguito di confronto dialettico - inidonea di per sé sola a obliterare i voti individuali dei singoli componenti della commissione. L'illegittimità, come affermato nella sentenza del Consiglio di Stato n. 6300/2021, potrebbe essere ravvisata solo laddove fosse provato di essere in presenza d'un voto collegiale, anziché di un insieme di voti singoli coincidenti, circostanza questa in sé non illegittima. Pertanto, sarebbe onere del soggetto ricorrente fornire almeno dei principi di prova dell'illogicità o irragionevolezza dei punteggi così attribuiti ovvero dell'espressione di un voto collegiale: principi di prova che, nel caso in esame, sono totalmente assenti, attesa la assoluta genericità della deduzione. Nemmeno trova riscontro la dedotta carenza di motivazione, dal momento che, quando viene utilizzato il metodo del confronto a coppie per l'attribuzione del punteggio numerico, la motivazione può ritenersi insita nei punteggi, purché il bando di gara contenga dei criteri di valutazione sufficientemente dettagliati, che consentano di comprendere con immediatezza quale sia la valutazione sottesa alla ponderazione numerica" (T.A.R. Veneto, Sez. I, 14 febbraio 2020, n. 158; id., Sez. III, 31 ottobre 2017, n. 973; Cons. Stato, Sez. V, 12 febbraio 2020, n. 1062; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III Quater, 9 ottobre 2020, n. 11570). Circostanza che può ritenersi ricorrere nella fattispecie, essendo puntualmente fissati i criteri per l'attribuzione dei singoli punteggi relativi ai singoli parametri da valutare. Punteggi numerici rispetto a cui, peraltro, la commissione ha anche ritenuto opportuno aggiungere qualche parola di motivazione al fine di garantire una, ancor maggiore, trasparenza. 9. Con la settima e ottava censura, parte ricorrente sostiene che la gara sarebbe illegittima in ragione della mancanza dell'indicazione delle specifiche condizioni dell'affidamento e delle modalità in cui dovranno svolgersi le prestazioni, nonché dei documenti progettuali relativi agli interventi di manutenzione straordinaria e di riqualificazione energetica, della relazione tecnica illustrativa e delle indicazioni e disposizioni per la stesura dei documenti di cui all'art. 26, comma 3 del Codice. Tali censure sono inammissibili. Se, infatti, corrispondesse al vero, come dedotto in ricorso, che il paventato deficit informativo avrebbe "condizionato negativamente la formulazione delle offerte, impedendo un confronto effettivamente concorrenziale", ciò avrebbe dovuto indurre la ricorrente ad impugnare il bando, deducendo l'impossibilità di formulare una compiuta offerta. 10. Peraltro, le doglianze in parola sono anche infondate. In primo luogo in considerazione del fatto che nella deliberazione di indizione della gara si chiarisce che "l'appalto è finalizzato alla stipula di una Convenzione quadro (contratto normativo), ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. cccc) e dell'art. 58, comma 8 del Codice, a cui le Aziende Sanitarie del Veneto potranno aderire tramite successivi Ordinativi di Fornitura (contratti attuativi)". Tale scelta è stata operata, si legge nella stessa deliberazione, principalmente in ragione della " impossibilità di determinare l'esatta misura/quantità oggetto dell'appalto e dalla necessità di semplificare il processo di acquisto e di ridurne i tempi di espletamento, rinviando ad una fase successiva alla stipula della Convenzione, comunque prodromica alla stipula degli Ordinativi di Fornitura, attività specifiche quali ad esempio la misurazione dello stato di consistenza del patrimonio immobiliare e l'effettuazione dei sopralluoghi". Non sono, dunque, ravvisabili lacune nella lex specialis di gara, essendo stato scelto lo strumento in parola proprio al fine di superare la difficoltà di una preventiva individuazione con esattezza dei parametri quantitativi. Peraltro, "la redazione di un progetto esecutivo è [...] incompatibile [anche] con le caratteristiche strutturali e la ratio stessa dell'accordo quadro" (Tar Lazio, Latina, n. 284/2018), a maggior ragione ciò deve ritenersi con riferimento alla sottoscrizione di una convenzione quadro. In ogni caso, l'oggetto e la natura delle prestazioni da affidare sono state comunque definite dal Capitolato tecnico e non vi sono dubbi sulla determinatezza dei servizi da svolgere, mentre gli interventi di manutenzione straordinaria e di riqualificazione energetica non potevano essere già progettati, dipendendo la loro individuazione ed esecuzione, oltre che dall'adesione delle singole Aziende Ospedaliere alla Convenzione previa sottoscrizione dei c.d. Ordinativi di Fornitura, anche dal verificarsi di ulteriori eventi incerti. Pertanto, essi saranno oggetto di specifici ordinativi, preceduti da appositi preventivi, che dovranno rispettare le condizioni contrattuali offerte, ma nessun progetto doveva essere preventivamente elaborato e prodotto in sede di gara, riguardando l'offerta indistintamente il fabbisogno necessario per il servizio di climatizzazione invernale, di climatizzazione estiva, così come per il servizio idrico, di gestione degli impianti di sicurezza e antincendio ecc. senza prevedere alcuna distinzione tra le singole Aziende Sanitarie né tantomeno per i singoli edifici che ciascuna di esse ha in gestione. 11. Infine, tardiva si appalesa la nona censura, avente a oggetto l'omesso inserimento, tra i documenti di gara, delle diagnosi e delle certificazioni energetiche relative agli impianti e agli edifici, nonché di ogni altra informazione prevista dal decreto CAM, qualificati come documenti essenziali per consentire la formulazione dell'offerta. Anche in questo caso En. avrebbe dovuto tempestivamente impugnare il bando di gara. Peraltro, la documentazione asseritamente mancante non era nemmeno dovuta, trattandosi, come già detto, della gara per la sottoscrizione di una convenzione quadro, in relazione alla quale non sono ancora stati presentati progetti di riqualificazione tecnologica ed efficientamento energetico. La consegna degli Attestati di Prestazione Energetica disponibili e di ogni altro documento rilevante è, dunque, previsto che avvenga a seguito dell'effettuazione dei sopraluoghi strumentali alla redazione del PTE da parte dell'aggiudicatario (cfr. schema di convenzione, doc. 25, p. 13) e, quindi, dopo la sottoscrizione dell'ordinativo. 12. Così respinto il ricorso introduttivo, si può passare ad esaminare il ricorso per motivi aggiunti, con il quale la ricorrente tenta di smontare singoli pezzi dell'offerta tecnica, senza tuttavia arrivare a denunciare - e tantomeno a dimostrare - in che modo quel certo aspetto ha avuto o può aver avuto un rilievo nel giudizio della commissione e, dunque, senza riuscire a dare evidenza di illogicità o irragionevolezza del giudizio della commissione. Né riesce a dimostrare una presunta incongruità dell'offerta, dal momento che l'attento esame delle giustificazioni rese dal Consorzio CM. condurrebbe, al più, a una ininfluente riduzione dell'utile, inidonea a modificare il giudizio espresso dalla stazione appaltante. 13. Più nello specifico, parte ricorrente ha dedotto, in primo luogo, l'illegittimità dell'attribuzione al criterio "A" di 15 punti a CM., contro i 7,5 riconosciuti a En., nonostante i) l'incompletezza della trattazione del servizio offerto; ii) l'assenza di una analisi adeguata delle strutture oggetto di appalto (alcune delle quali non vengono nemmeno menzionate nella proposta contrattuale); iii) la conclamata carenza di personale e, quindi, la mancanza di un modello organizzativo che possa dirsi efficace; iv) la grave sottostima del costo del personale indicato in offerta economica. 14. Invero, l'attribuzione del punteggio di 15 a CM. è motivata dal fatto che la Commissione ha "particolarmente apprezzato la proposta avanzata da CM." con riferimento al criterio "A", poiché essa "coniugherebbe" "la completezza della trattazione e la qualità della proposta con una approfondita analisi delle strutture oggetto del servizio con un'adeguata dotazione di personale ed un efficace modello organizzativo". Il ricorso tende, dunque, a dimostrare l'irrazionalità del diverso punteggio assegnato, senza, peraltro, nemmeno ipotizzare se e in quale misura ciò potrebbe incidere su quello finale e, quindi, sull'esito della gara. Si può, però, prescindere dal dare rilievo a tale riflesso in rito, in quanto, respinta anche l'ulteriore eccezione di inammissibilità del motivo di ricorso - volto a censurare una valutazione discrezionale della Commissione, ma evidenziandone quella illogicità e irrazionalità che consentono l'intervento del giudice amministrativo - parte ricorrente non riesce a dimostrare l'incongruenza del punteggio attribuito. In particolare, con riferimento alla Strategic Control Room, il consorzio CM. avrebbe previsto, secondo la tesi sostenuta nel ricorso per motivi aggiunti, l'affidamento della stessa a un team di 10 ingegneri preposti all'elaborazione di algoritmi e 10 componenti del team tecnico, impegnati al 100 % nella commessa. Diversamente da tale indicazione la tabella riportante il dimensionamento del personale di coordinamento indicherebbe, come impiegati al 100 %, solo 6 tecnici, mentre non vi sarebbe alcuna traccia degli ingegneri preposti all'elaborazione di algoritmi. Il consorzio controinteressato ha, però, ben chiarito come le dieci risorse dedicate alla predisposizione di algoritmi di intelligenza artificiale, di cui En. lamenta l'omessa indicazione nella tabella relativa al dimensionamento del personale, sono assegnate alla struttura di Governo del Consorzio CM. e, pertanto, secondo l'innovativo modello organizzativo sviluppato dallo stesso, sono destinate a prestare la loro opera in relazione a tutte le commesse assunte dall'appaltatore e saranno impiegate nella singola commessa a seconda delle necessità della stessa, con un forte impegno nei primi mesi di avvio per poi ridursi in seguito alla messa a regime delle attività previste. Per tale ragione le figure in questione non sono indicate nel "dimensionamento del personale di coordinamento". Quanto ai componenti del team tecnico, la loro presenza, in numero di dieci, trova riscontro nella specifica tabella riportata nella stessa pagina 12 della Relazione tecnica cui fa rinvio la ricorrente. 15. Il ricorso per motivi aggiunti prosegue, quindi, contestando il fatto che, con riferimento alla Control Room Centrale, l'offerta non consentirebbe di comprendere se essa sia stata considerata nel livello direttivo, trasversale o di coordinamento, dove, in effetti, è indicato il dimensionamento del personale (15 persone al 5 %, corrispondenti a 0,75 FTE). Tale dotazione non sarebbe comunque in grado di garantire la copertura h24 della Control Room locale. Invero, la deduzione si fonda su due errori di fondo. Il primo deriva dal fatto che la quantità di personale offerto non era prevista come oggetto di valutazione, essendolo solo la completezza della trattazione e la qualità della proposta tenuto conto della "adeguata dotazione di personale ed un efficace modello organizzativo". La seconda è che, conformemente a ciò, la lex specialis non imponeva affatto che vi fosse una sostanziale equivalenza tra il numero di risorse indicate nell'offerta e il numero di FTE quantificati nelle tabelle, non essendo obbligatorio che il personale di cui è stato previsto l'utilizzo fosse adibito a tempo pieno alla specifica mansione. Peraltro, l'offerta non parla di copertura della Control room locale h 24, come erroneamente affermato da parte ricorrente, bensì della copertura h24 della Control Room centrale, "di cui il RTI dispone presso la sede di Mestre": appare dunque plausibile che, essendo centralizzata, l'attività di monitoraggio possa essere garantita h24 con 0.75 FTE, poiché uno stesso dipendente potrà effettuarla in relazione a una pluralità di clienti che accedono al servizio. Pertanto, tenuto conto di tutto ciò, non appare illogica l'attribuzione del punteggio più elevato a CM., la cui offerta è stata particolarmente apprezzata perché contiene l'innovativa proposta di un sistema evoluto di intelligenza artificiale (Orobix) per la gestione della attività e delle manutenzioni oggetto di appalto e prevede la messa a disposizione di una Strategic Control Room con elevata dotazione di risorse tecniche dedicate e la personalizzazione del presidio ospedaliero in funzione delle specificità delle singole strutture. In ogni caso, non sussiste la dedotta confusione, atteso che, date le caratteristiche ora descritte, la Control room centrale si inserisce all'interno delle Strutture centrali di supporto del RTI, e cioè al livello direttivo, mentre da un punto di vista funzionale è pensata (e, come tale, rappresentata nella relazione tecnica) all'interno dell'Area trasversale a supporto del Referente Locale. Ciò spiega perché la struttura sia menzionata sia a livello direttivo, che di coordinamento e trasversale. 16. Parte ricorrente lamenta, altresì, che CM. avrebbe violato la lex specialis in quanto non avrebbe menzionato alcuna squadra dedicata alla modellazione BIM, né tantomeno avrebbe indicato le "competenze specifiche ed esperienze" del personale offerto, al contrario di En., che ha individuato un gruppo di lavoro destinato ad occuparsi esclusivamente di anagrafica tecnica. Tale circostanza è, però, smentita in atti dalla lettura del par. C.2.1 dell'offerta tecnica (cfr. p. 52 dei files prodotti sub docc. 45.2, 47.1 e 49.6), formulata tenendo conto che tale servizio, in conformità alla lex specialis (che impone di "utilizzare metodi e strumenti elettronici specifici di modellazione per l'edilizia e le infrastrutture (BIM) per la gestione e l'aggiornamento in continuo del patrimonio documentale e informativo relativo agli impianti in gestione oltreché per le fasi di progettazione, costruzione, e manutenzione, nonché per l'implementazione della base dati fornita dall'Azienda Sanitaria e la registrazione di tutti i dati relativi al patrimonio impiantistico in gestione", ma non anche di creare un'apposita struttura destinata esclusivamente all'esecuzione dell'appalto), sarà fornito direttamente dal RTI CM.. Conseguentemente nessun errore di valutazione può essere imputato alla commissione di gara, che ha apprezzato tale modalità di organizzazione del servizio, esprimendo, sul punto, un giudizio insindacabile, in quanto non affetto da illogicità o irragionevolezza. 17. E, ancora, CM. non avrebbe specificato in quale modo e in quale struttura il personale di coordinamento offerto da CM. svolgerà le proprie prestazioni e con quale carico di lavoro. Così, ad esempio, sono indicati sette "Responsabile della struttura ospedaliera", ma le strutture sono sei, tant'è che poi, nell'organigramma ne sono indicati solo sei. Anche tale affermazione non trova corrispondenza nella realtà . Il consorzio aggiudicatario, infatti, dopo aver fornito, nel pieno rispetto della lex specialis di gara, un dato aggregato per lotto, ha puntualmente specificato, nel corpo della relazione, per singolo OdF e per singolo Presidio Ospedaliero il numero (in termini di FTE) di addetti componenti la struttura operativa dedicata. In ogni caso, tutte le singole discrasie nell'indicazione dei dati, anche con riferimento alla Control room locale, originano dal travisamento della lex specialis di gara che, proprio in considerazione della particolarità della stessa non imponeva la puntuale indicazione delle specifiche dotazioni, ma la rappresentazione del modello organizzativo. In tal modo trova giustificazione anche il fatto che l'offerta della ricorrente non abbia previsto l'assegnazione di risorse aggiuntive di personale ad hoc per la Control room locale, dal momento che essa ha, invece, garantito il suo funzionamento come modalità di organizzazione del servizio. Dunque non può trovare positivo apprezzamento il ricorso, nella parte in cui sostiene che l'offerta risultata aggiudicataria non sarebbe stata formulata considerando il costo di tutto il personale di cui manca l'indicazione e proprio in considerazione di questo presenterebbe un'incongruenza tra offerta tecnica e offerta economica. 18. En. lamenta altresì che non risultano FTE allocati al presidio tecnologico, nonostante CM. abbia proposto alla stazione appaltante un simile servizio mediante la squadra di emergenza tecnica. Anche se, come sostenuto da CM., il servizio in capo alla squadra di emergenza tecnica fosse svolto indistintamente dal personale operante per i diversi servizi obbligatori, secondo En. gli FTE indicati da CM. (186) non basterebbero comunque a "coprire" l'offerta. Il costo corrispondente a tale personale sarebbe pari a 6.701.557,23 Euro: cifra che, dunque, dovrebbe essere aggiunta a quella indicata nell'offerta economica di CM. per garantire l'esecuzione della proposta tecnica. Con tale censura è evidentemente riproposta la questione della mancata contabilizzazione del costo relativo a una squadra tecnica per ogni presidio, rispetto a cui si è già chiarito che il bando non imponeva la creazione di squadre con personale specificamente destinato, ma la dotazione di personale appositamente formato, adibito anche alle mansioni di manutenzione ordinaria o alla squadra antincendio, ma con le competenze per poter intervenire in emergenza. Ne deriva la infondatezza di quanto dedotto con riferimento alla mancata previsione della spesa così come quantificata dalla ricorrente, per le stesse ragioni già precedentemente esplicitate (vedi punto 6). 19. CM. avrebbe, inoltre, sempre secondo quanto dedotto in ricorso, ritenuto necessario impiegare un certo numero di risorse per singolo servizio, salvo poi offrire nella propria proposta contrattuale un valore diverso, né vi sarebbe alcuna menzione all'impiego del personale dipendente dell'Azienda sanitaria. Sul punto deve darsi atto di come non ogni differenza nel numero di persone impiegate può, di per sé, essere considerata una patologica discrasia e, nella fattispecie in esame, la commissione ha ritenuto congruo il numero di addetti assegnato nell'offerta di CM., esprimendo un giudizio insindacabile in assenza di prova della sua illogicità . Parte ricorrente, dunque, non riesce a dimostrare un errore nel progetto e nemmeno un'illogicità del giudizio espresso dalla commissione in ordine al dimensionamento del personale operativo. 20. En. sostiene, altresì nel suo ricorso che l'offerta di CM. non conterrebbe alcun riferimento all'impiego del personale dipendente dell'Azienda Sanitaria, così come previsto dal punto 1.19 del Capitolato tecnico. Tale disposizione, però, prevede che "L'Appaltatore, su richiesta dell'Azienda sanitaria, qualora sussistono le condizioni previste D.Lgs. n. 276/2003, dovrà impiegare per l'erogazione di alcuni Servizi personale dipendente dell'Azienda Sanitaria stessa, già all'uopo impiegato nello svolgimento dei medesimi Servizi, con professionalità e profilo idonei rispetto al servizio attivato". Il capitolato, dunque, prevedeva l'assunzione di un impegno che CM. ha implicitamente sottoscritto nell'accettare le condizioni di gara. Nulla più poteva essere richiesto all'operatore, dal momento che l'an e il quantum dell'impiego di tale personale è scelta discrezionale rimessa all'azienda sanitaria. 21. Quanto all'ennesima riproposizione del profilo correlato alla sottostima degli FTE impiegati nella squadra di pronto intervento antincendio (ottava censura del ricorso per motivi aggiunti), non si può che richiamare quanto già più volte chiarito, rispettivamente al punto 6 e 18 della presente pronuncia. 22. Con riferimento alla dedotta carenza di formazione del personale, inoltre, si deve dare conto di come il Consorzio CM. abbia chiarito come i "tecnici antincendio" siano una risorsa diversa rispetto agli "addetti alla squadra antincendio": si tratta di tecnici destinati ad espletare il servizio di manutenzione degli impianti antincendio, i quali non necessitano di altra qualifica che quella loro riconosciuta dal "patentino per operatore impianti antincendio". Quanto alla composizione della Squadra di pronto intervento antincendio, gli addetti alla stessa saranno necessariamente muniti dell'abilitazione richiesta per aziende a rischio di incendio elevato, secondo quanto previsto dal DM 10 marzo 1998 e s.m.i., così come puntualmente imposto dal Capitolato tecnico sottoscritto e, quindi, accettato da CM.. Non vi era, dunque, alcuno specifico obbligo di ribadire nell'offerta tale condizione, come, invece, ha liberamente fatto En., nonostante ciò non possa corrispondere a un fattore di positiva valutazione dell'offerta, essendo la condizione imposta dalla stessa lex specialis. 23. Parte ricorrente sostiene, altresì, che, contrariamente a En., che ha dedicato una particolare attenzione a ciò, CM. avrebbe utilizzato solo due righe per descrivere in che modo organizzerà e gestirà il servizio nelle strutture del territorio, senza indicare un'organizzazione vera e propria e senza menzionare il personale di coordinamento. Tali precisazioni non erano però richieste dal disciplinare, con la conseguenza che è stata una libera scelta, quella di En., di dettagliare in maggior modo l'organizzazione, ma ciò non può comportare un disvalore dell'offerta della concorrente. 24. Da ultimo, En. sostiene l'esistenza di un'illegittima incongruenza tra i livelli di inquadramento contrattuale del personale indicati da CM. nell'offerta tecnica e poi nei giustificativi, dove sarebbero stati dichiarati livelli di inquadramento più bassi. Tale incongruenza, peraltro non ravvisabile secondo la difesa di CM. che parte ricorrente non ha saputo demolire, anche dove accertata, inciderebbe di appena uno 0,50 % sull'utile dichiarato, che si ridurrebbe dall'8,05 % al 7,62 %: ne deriva l'inidoneità del profilo ad incidere sulla legittimità del giudizio espresso sull'offerta. 25. Infine, con la seconda e ultima doglianza del ricorso per motivi aggiunti, En., effettuata una specie di ricapitolazione di tutte le incongruenze dell'offerta di CM. già dedotte, lamenta il fatto che, considerandole congiuntamente, l'offerta tecnica dell'aggiudicatario risulterebbe caratterizzata da complessiva indeterminatezza, incompletezza, aleatorietà e incongruità . Inoltre, la mancata corrispondenza tra i costi della manodopera indicati nell'offerta economica e l'impiego di essa previsto nell'offerta tecnica avrebbe, complessivamente considerata, dovuto condurre all'esclusione dell'offerta, perché un corretto computo dei costi in questione avrebbe dovuto portare a un'offerta economica superiore alla base d'asta. Quanto al primo profilo, l'infondatezza di tale motivo di ricorso è dimostrata dal fatto che, avendo respinto ogni singola censura dedotta, deve conseguentemente ritenersi inesistente il vizio dedotto, che si fonda, come dimostrato, su erronei presupposti. Tutto ciò non senza sottolineare come il maggiore dettaglio di numerosi punti dell'offerta di En., pur non necessario e comunque non valorizzato dalla commissione, è dovuto alla posizione di gestore uscente del servizio rivestita dalla ricorrente, che, però, sarebbe stato illegittimo se avesse portato un particolare vantaggio alla stessa nella partecipazione alla gara. 26. Tutto quanto precede vale, altresì, al fine del rigetto della censura di mancanza di conformità tra dotazione di risorse indicate nella relazione tecnica e costi della manodopera indicati nell'offerta economica, che, peraltro, come già si è chiarito, avrebbe dovuto essere dedotta contestando il mancato assoggettamento dell'offerta a verifica di anomalia in relazione a tale specifico aspetto. 27. Così respinto il ricorso, le spese del giudizio non possono che seguire l'ordinaria regola della soccombenza ed essere, dunque, imputate alla ricorrente, salva la compensazione nei confronti di Ge. s.p.a., costituitasi solo formalmente, senza dispiegare difese. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto Sezione Terza, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Dispone la compensazione delle spese del giudizio nei confronti di Ge. s.p.a., mentre condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio nei confronti delle altre parti costituite, che liquida, a favore di ciascuna di esse, in euro 3.000,00 (tremila/00), per un totale di euro 9.000,00 (novemila/00), oltre ad accessori di legge, se dovuti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 26 ottobre 2022 con l'intervento dei magistrati: Alessandra Farina - Presidente Mara Bertagnolli - Consigliere, Estensore Paolo Nasini - Primo Referendario

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO PRIMA CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Nicola Di Plotti ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 43320/2021 promossa da: UNIVERSITÀ COMMERCIALE (...) (C.F. (...)) in persona del legale rappresentante pro tempore, con il patrocinio dell'avv. DE.EN., dell'avv. PR.ST. ((...)), dell'avv. BA.EN. ((...)), dell'avv. GR.AL. ((...)), dell'avv. CO.MA. ((...)), elettivamente domiciliata in VIA (...) 20121 MILANO presso il difensore avv. DE.EN. RICORRENTE contro AUTORITÀ GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI (C.F. (...)), in persona del Presidente pro tempore, con il patrocinio dell'AVVOCATURA DELLO STATO DI MILANO, elettivamente domiciliato in Via (...) (Palazzo Giustizia) 1 20100 MILANO presso gli uffici dell'Avvocatura dello Stato di Milano RESISTENTE CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE L'Università Commerciale (...) propone ricorso avverso il Provv. n. 317 del 16 settembre 2021 emesso dall'Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali esponendo, in sintesi, che: - ha definito un proprio modello organizzativo di gestione della privacy, tenendo conto della necessità che gli esami sostenuti dagli studenti debbano contraddistinguersi per serietà e rigore, dunque con prove eque, veritiere e non alterabili; - prima dell'emergenza pandemica gli esami si svolgevano con un rapporto 1 a 3, cioè convocando uno studente ogni tre posti in aula, per garantire l'efficacia dei controlli; con un docente si poteva seguire l'esame effettuato da 50 studenti; - l'imprevedibile situazione di emergenza creata dal diffondersi del virus SARS-CoV-2 ha costretto l'Università, in stato di necessità, a trovare soluzioni digitali in tempi molto rapidi per garantire l'esecuzione degli esami assicurandone la serietà; - attuare l'esecuzione degli esami con il sistema della videoconferenza con supervisione di un proctor fisico avrebbe richiesto la vigilanza di una persona fisica ogni nove studenti, ipotesi concretamente non percorribile; - veniva pertanto deciso, nell'aprile 2020 di dotarsi di un software ("(...)") che avrebbe consentito di verificare la genuinità dell'esame limitando al massimo i rischi di alterazione del medesimo; - gli studenti venivano informati attraverso comunicazioni relative alle nuove modalità di svolgimento delle prove d'esame; - con il software (...) non si effettua alcun trattamento di dati biometrici; - il 1.7.2020 il Garante formulava una richiesta di informazioni all'Università, che forniva i chiarimenti richiesti; - il 10.8.2020 l'Università, dopo la pubblicazione della sentenza della Corte di Giustizia del 16.7.2020 con cui veniva invalidato il (...), modificava l'accordo di nomina a responsabile del trattamento, relativo al trasferimento dei dati personali negli USA, sottoscrivendo le clausole contrattuali standard di cui alla Decisione della Commissione del 5.2.2010; - le clausole modificate venivano trasmesse al Garante con nota del 21.11.2020, che non forniva alcun riscontro in merito agli accertamenti effettuati; - il 5.2.2021 il Garante notificava l'avvio del procedimento per l'adozione dei provvedimenti ex art. 58 2 GDPR; seguivano le osservazioni dell'Università; - il 28.9.2021 notificava il provvedimento sanzionatorio, da ritenersi viziato da gravi violazioni di legge; - in primo luogo non è stato rispettato il termine di comunicazione delle violazioni, fissato nei propri Regolamenti Interni n. 1 e 2 del 2019; quest'ultimo prevede un termine di 120 giorni dall'accertamento per la comunicazione delle violazioni; tale termine - di natura perentoria - è stato violato; - in secondo luogo il procedimento seguito dal Garante ha determinato una lesione del diritto di difesa della ricorrente, con particolare riferimento al rispetto del contraddittorio infraprocedimentale e della separazione tra la fase istruttoria e quella decisoria del procedimento amministrativo; - diversamente da quanto ritenuto dal Garante, l'utilizzo di (...) non comporta il trattamento dei dati biometrici degli studenti; vengono trattati unicamente dati riconducibili a quelli contemplati dall'art. 6 GDPR (dati comuni) e non quelli di cui all'art. 9; - non vi è alcuna documentazione tecnica che sostenga le ragioni che hanno indotto il Garante a ritenere sussistente il trattamento di dati biometrici; - le riprese video di un individuo non vengono sottoposte a un trattamento tecnico specifico per contribuire alla sua identificazione; essa avviene da parte del docente, sulla base di fotografie richieste allo studente prima dell'avvio dell'esame; - il software registra flussi audio, ma non li elabora; non tratta dati relativi all'interazione dello studente con il sistema informatico (es. movimento del mouse), né esamina la sua gestualità al fine della sua profilazione, che non viene effettuata; - è insufficiente l'estrazione di un modello biometrico, in assenza del confronto tra lo stesso e un altro elemento (come una fotografia) che permetta al sistema di effettuare l'identificazione univoca di un soggetto; gli studenti Bocconi sono tutti già identificati; - contrariamente a quanto indicato dal Garante, l'Università ha compiutamente valutato la possibilità di adottare sistemi diversi e proporzionati, peraltro non indicati dal Garante stesso; - data l'emergenza sanitaria, l'Università ha ritenuto che il sistema adottato fosse necessario, in considerazione sia del numero di studenti e quindi di prove, sia del tipo di prova (scritta) da eseguirsi; la videoconferenza può essere idonea per l'esame orale, ma non per la prova scritta; - quanto al profilo inerente il trasferimento internazionale di dati personali, dunque ai rapporti dell'Università con (...) Inc., prima della sentenza della Corte di Giustizia del 16.7.2020 il trasferimento veniva effettuato sul presupposto dell'adesione al (...); successivamente, veniva formalizzato un accordo di modifica della precedente nomina a responsabile, allegando al nuovo contratto le clausole tipo di cui alla Decisione della Commissione del 5.2.2010; l'allegato si compone di due appendici, delle quali la prima descrive il tipo di trattamento, la seconda le misure tecniche ed organizzative implementate dal fornitore; (...) Inc. indicava le proprie misure e quelle del proprio sub-responsabile, (...); - quanto alla censura del Garante inerente la mancanza della forma scritta in relazione alla seconda appendice, non si versa nell'ipotesi di un contratto formale, non è normativamente previsto che le misure di sicurezza siano indicate in forma scritta; il documento esterno all'accordo è stato individuato dalle parti senza possibilità di equivoco; è in ogni caso possibile, anche nei contratti in cui è previsto un onere di forma, il richiamo alle previsioni contenute in un altro documento, qualora pienamente conosciuto dalle parti; la circostanza che le misure possano variare nel tempo non è decisiva, posto che il medesimo problema potrebbe porsi anche se le stesse fossero allegate al contratto; il fatto che il contratto possa avere effetti su soggetti terzi non incide sulle modalità con cui le misure di sicurezza devono essere indicate; - l'implementazione delle misure per il trasferimento dei dati deve essere obbligatoriamente oggetto di valutazione e solo eventualmente deve essere effettivamente attuata; in ogni caso le Raccomandazioni 01/2020 del Comitato europeo per la protezione dei dati personali non sono vincolanti e sono successive alle violazioni oggetto di contestazione; - i dati personali dello studente sono cifrati immediatamente, dunque sono già cifrati tanto al momento della loro trasmissione quanto nel momento in cui essi giungono a destinazione; l'elaborazione del video non comporta il trattamento dei dati; l'elaborazione del filmato in chiaro è eseguita su una copia temporanea nella memoria a breve termine per il solo tempo necessario alla creazione del flag, senza accesso umano e senza essere salvata; - per l'Università è necessario che dal dato pseudonimizzato si possa successivamente risalire all'identità dello studente; si tratta di operazione realizzata esclusivamente dall'Università; - non è condivisibile l'automatica estensione ad (...) Inc., da parte del Garante, delle osservazioni svolte con riferimento a (...) Inc., che ha redatto un apposito documento a seguito della sentenza "Schrems II", fornendo indicazioni sui trasferimenti di dati personali; - non viene seguita la profilazione degli studenti; - il Garante non ha motivato i criteri adottati per la quantificazione della sanzione; la carenza di motivazione non può essere sanata in corso di causa; - l'immagine dell'Università è stata danneggiata dal provvedimento impugnato. L'opponente conclude chiedendo l'annullamento del provvedimento del Garante, la condanna di quest'ultimo alla restituzione della somma corrisposta in ottemperanza al provvedimento, l'accertamento del proprio diritto a essere risarcita dei danni subiti in conseguenza dell'illegittimità del provvedimento e la condanna al risarcimento ex art. 278 c.p.c.; in subordine, la rideterminazione della sanzione, con condanna alla restituzione di quanto versato in eccedenza. Si costituisce in giudizio il Garante per la protezione dei dati personali, evidenziando che: - con reclamo del 28.4.2020 uno studente dell'Università ha lamentato violazioni della disciplina sulla protezione dei dati personali in relazione all'impiego di un sistema di supervisione nel corso delle prove scritte di esame; - l'Autorità ha quindi invitato il titolare del trattamento a fornire un riscontro; - lo stesso Ateneo ha risposto facendo riferimento all'utilizzo temporaneo del dato biometrico degli studenti, richiamando, quanto alle basi giuridiche del trattamento, l'art. 6 lett. b) del Regolamento per i dati comuni e l'art. 9 lett. a) per quelli biometrici, affermando di avere scelto l'opzione dell'esame scritto on line fondandosi sul consenso; - con nota del 5.2.2021 è stato notificato all'Ateneo l'avvio del procedimento per l'adozione dei provvedimenti di cui all'art. 58 2 del Regolamento in relazione a plurime violazioni; - con nota dell'8.3.2021 l'Ateneo ha presentato i propri scritti difensivi, fornendo dichiarazioni in parte difformi da quelle già presentate; - è infondato il motivo di opposizione inerente il mancato rispetto del termine per la comunicazione delle violazioni, posto che il termine iniziale di decorrenza non è quello indicato dall'Ateneo; i termini non hanno natura perentoria e si applica in ogni caso la sospensione feriale dei termini dal 1 al 31 agosto; il termine decorre da quando l'attività di accertamento si è realizzata, dunque da quando sono state compiute sia la raccolta degli elementi istruttori, sia la valutazione dei medesimi; - è infondata anche l'eccezione relativa al mancato rispetto del contraddittorio infraprocedimentale; l'art. 166 co. 5 D.Lgs. n. 196 del 2003 prevede soltanto che l'ufficio del Garante, qualora ritenga che gli elementi acquisiti nel corso dell'istruttoria configurino una violazione, avvii il procedimento per l'adozione del provvedimento sanzionatorio; il contraddittorio è circoscritto alla sola fase istruttoria del procedimento; le garanzie difensive sono state garantite all'Università; - il software (...) effettua un trattamento tecnico specifico di una caratteristica fisica dello studente per confermare la presenza e la coincidenza dell'interessato per tutta la durata della prova; anche se il sistema non comporta l'identificazione del candidato e non confronta l'immagine del volto con altre, esso effettua comunque un trattamento di dati biometrici, consistente nella raccolta, elaborazione e analisi del video prodotto dal software grazie a un algoritmo, al fine di produrre i flag; è lo stesso Ateneo a dichiarare che gli studenti sono identificati sia a priori che a posteriori; ciò dimostra che il software, estraendo un dato biometrico, è in grado di confermare l'identità di soggetti già identificati; - il quadro normativo in tema di protezione dei dati personali tiene conto del solo profilo funzionale; il trattamento dei dati è lecito se è necessario per adempiere un obbligo legale al quale è soggetto il titolare del trattamento o per l'esecuzione di un compito di interesse pubblico; - il Comitato europeo per la protezione dei dati (EDPB), con la dichiarazione del 10.3.2020, ha precisato che le norme in materia di protezione dei dati non ostacolano l'adozione di misure per il contrasto della pandemia da coronavirus; tuttavia, anche in momenti eccezionali come questo, i titolari e responsabili dei trattamenti devono garantire la protezione dei dati degli interessati; i sistemi per lo svolgimento delle prove a distanza non devono essere indebitamente invasivi e comportare un monitoraggio dello studente eccedente le effettive necessità; non sono accettabili sistemi di sorveglianza elettronica privi dei necessari limiti e garanzie; - l'Ateneo avrebbe potuto utilizzare sistemi di supervisione a distanza non basati sulla biometria e privi di funzionalità di profilazione; il costo della sorveglianza non può essere una giustificazione; - (...) Inc., che ha sede negli USA, in qualità di responsabile del trattamento non fornisce garanzie adeguate; il trasferimento dei dati personali è stato effettuato sul presupposto dell'adesione della società al (...); in conseguenza della decisione della Corte di Giustizia del 16.7.2020 n. 311, l'Ateneo ha stipulato con (...) Inc. un atto aggiuntivo, che riporta in allegato le clausole tipo di protezione dei dati; la descrizione delle misure tecniche e organizzative di sicurezza non è idonea a soddisfare la previsione dell'art. 4 1 lett. c) delle clausole contrattuali tipo; ciò sia perché tali misure non sono allegate al contratto sottoscritto, essendo rese disponibili solo attraverso un modulo di richiesta on line, sia perché tali misure possono variare nel tempo, senza che l'esportatore ne abbia contezza; non è inoltre chiaramente individuato l'obbligo che viene assunto dall'importatore in materia di sicurezza; non è stato verificato che il trasferimento dei dati venisse effettuato nell'effettivo rispetto delle condizioni di cui al Capo V del Regolamento; - le funzionalità di "(...)", che determinano un trattamento parzialmente automatizzato per l'analisi del comportamento degli interessati, in funzione della successiva valutazione del docente, danno comunque luogo a una profilazione, cioè a una operazione finalizzata alla valutazione di aspetti personali relativi a una persona fisica, con particolare riferimento al suo comportamento e alla sua affidabilità; non esistono norme di legge o di regolamento che consentano tale trattamento; - è stato adeguatamente motivato dal Garante il processo logico sulla base del quale si è pervenuti alla quantificazione della sanzione. Conclude chiedendo il rigetto delle domande dell'Università ricorrente. Il primo rilievo mosso dall'Università ricorrente è quello relativo alla violazione di legge commessa dal Garante per il mancato rispetto del termine previsto nei propri Regolamenti Interni per la comunicazione all'interessato delle violazioni riscontrate. Si rileva in proposito che: - il Regolamento n. 2/2019, Tabella B, n. 2 prevede un termine di 120 giorni dall'accertamento per la comunicazione all'interessato delle violazioni; - il 28.4.2020 (...) propone reclamo al Garante, evidenziando che in pari data l'Università ha comunicato agli studenti quanto indicato nell'Allegato 1 (che però non risulta disponibile agli atti); in caso di mancato consenso al trattamento di alcune categorie di dati personali (dati biometrici), gli studenti non sarebbero stati in grado di svolgere esami on line per il secondo semestre dell'anno accademico 2019-2020; il consenso non può considerarsi liberamente prestato; - il 6.6.2020 il predetto studente integra il citato reclamo; tale integrazione non è stata prodotta; - il 30.7.2020 l'Università presenta le proprie osservazioni; - il 7.10.2020 Garante e Università si incontrano in videoconferenza; la circostanza viene allegata nella memoria di costituzione del Garante e non è contestata da parte ricorrente; - successivamente l'Università deposita una ulteriore nota (non prodotta dalle parti), nella quale si affronta il tema delle modifiche contrattuali pattuite a seguito della sentenza della Corte di Giustizia del 16.7.2020, n. 311; la ricorrente allega che tale nota reca la data del 21.11.2020; dalla decisione del Garante, così come dalla sua comunicazione del 5.2.2021 risulta che la data sia quella del 21.10.2020; in ogni caso, dal provvedimento opposto risulta che l'oggetto della stessa è il deposito dell'atto aggiuntivo del 20.8.2020 relativo all'accordo sul trattamento dei dati personali stipulato con (...) Inc.; - la nota, nei limiti di cognizione derivanti dalla sua mancata produzione, non può essere considerata irrilevante ai fini della completezza delle valutazioni operate dal Garante; gli argomenti in essa trattati sono infatti stati precedentemente discussi anche nell'incontro del 7.10.2020, come allegato dal Garante e non specificamente contestato dall'Università, a dimostrazione della non irrilevanza dei medesimi; l'integrazione ha dovuto necessariamente costituire oggetto di un ulteriore esame da parte del Garante, non trattandosi di una mera precisazione di un argomento già trattato e sostanzialmente esaurito; la necessità di una nuova valutazione esclude che il procedimento di accertamento potesse considerarsi antecedentemente concluso; - la giurisprudenza di legittimità ha in proposito evidenziato che "in tema di sanzioni amministrative, qualora non sia avvenuta la contestazione immediata della violazione, il momento dell'accertamento - in relazione al quale collocare il dies a quo del termine previsto dall'art. 14 co. 2 L. n. 689 del 1981, per la notifica degli estremi di tale violazione - non coincide con quello in cui viene acquisito il fatto nella sua materialità da parte dell'autorità cui è stato trasmesso il rapporto, ma va individuato nel momento in cui detta autorità abbia acquisito e valutato tutti i dati indispensabili ai fini della verifica dell'esistenza della violazione segnalata, ovvero in quello in cui il tempo decorso non risulti ulteriormente giustificato dalla necessità di tale acquisizione e valutazione; il compito di individuare, secondo le caratteristiche e la complessità della situazione concreta, il momento in cui ragionevolmente la contestazione avrebbe potuto essere tradotta in accertamento e da cui deve farsi decorrere il termine per la contestazione spetta al giudice del merito, la cui valutazione non è sindacabile nel giudizio di legittimità, ove congruamente motivata" (Cass. ordinanza 27702/19); si è anche osservato che "il giudice del merito deve valutare, appunto, la congruità del tempo impiegato per gli accertamenti, non potendo però sostituire le proprie valutazioni, in ordine alla opportunità di porre in essere singole attività di indagine, a quelle dell'autorità amministrativa procedente, a meno che non si evidenzi l'assoluta superfluità delle stesse per essere manifestamente già accertati tempi, entità ed altre modalità delle violazioni: sicché, in definitiva, il giudice non può surrogarsi all'Amministrazione nel valutare la convenienza di atti istruttori collegati ad altri, senza apprezzabile intervallo temporale (Cass. 8 agosto 2005, n. 16642; in senso conforme, proprio in tema di sanzioni irrogate dalla Consob: Cass. 28 novembre 2012, n. 21114, non massimata; cfr. pure Cass. 22 aprile 2016, n. 8204, non massimata)" (Cass. 8326/2018); con la medesima decisione si è messo in evidenza come in caso di più violazioni connesse tra di loro, come nella fattispecie in esame, "il giudice dell'opposizione debba valutare il complesso degli accertamenti compiuti dall'amministrazione procedente e la congruità del tempo complessivamente impiegato in relazione alla complessità dell'attività di indagine"; - tenuto conto dei principi sopra esposti e della necessità di valutare compiutamente ogni aspetto utile per la decisione finale, ivi compreso quello relativo alle modifiche dell'accordo con (...) Inc., il termine iniziale di decorrenza dei 120 giorni deve essere individuato in quello di redazione della nota integrativa dell'Università di data 21.11.2020 (o 21.10.2020); la nota del Garante con cui vengono comunicate le violazioni è del 5.2.2021, quindi è in ogni caso tempestiva. La ricorrente lamenta un ulteriore profilo di illegittimità del provvedimento opposto, derivante dal mancato rispetto del principio del contraddittorio nella fase decisoria del procedimento. Si rileva in proposito che: - l'art. 166 co. 5 D.Lgs. n. 196 del 2003 dispone che l'Ufficio del Garante avvii il procedimento "notificando al titolare o al responsabile del trattamento le presunte violazioni, nel rispetto delle garanzie previste dal Regolamento di cui al comma 9"; - l'art. 166 co. 6 D.Lgs. n. 196 del 2003 prevede che "Entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 5, il contravventore può inviare al Garante scritti difensivi o documenti e può chiedere di essere sentito dalla medesima autorità"; è dunque lo stesso testo normativo a disciplinare il contradditorio nella fase istruttoria, senza prevedere una analoga garanzia nella fase strettamente decisoria; - il nono comma della medesima norma delega il Garante alla definizione delle modalità del procedimento per l'adozione dei provvedimenti e delle sanzioni, in conformità - tra l'altro - alla "distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie rispetto all'irrogazione della sanzione"; l'assenza di un completo contraddittorio nella fase decisoria trova dunque fondamento normativo e non consente di ritenere che il provvedimento adottato sia viziato da nullità per tale motivo; l'Università ha avuto modo di depositare le proprie osservazioni con le note del 30.7.2020 e del 21.10.2020, affrontando in tal modo anche il tema relativo al trasferimento dei dati all'estero a seguito della sentenza della Corte di Giustizia del 16.7.2020, n. 311, che è sostanzialmente il principale argomento nuovo rispetto ai temi già affrontati nella prima memoria; nella medesima si fa infatti riferimento al fatto che "alla data del 23 luglio sono state avviate le trattative per la definizione delle nuove misure per il trasferimento dei dati personali in USA". Non è del resto allegato, in sede di ricorso, in che termini si sia concretamente realizzata la violazione del diritto al contraddittorio ai danni della ricorrente e con riferimento a quali aspetti. Prima di esaminare il merito delle questioni affrontate dalle parti, è opportuno rilevare che nei giudizi di opposizione ai provvedimenti del Garante per la protezione dei dati personali, quest'ultimo deve considerarsi attore sostanziale al fine di definire il regime di riparto dell'onere della prova. La giurisprudenza ha osservato che nel giudizio di opposizione a sanzione amministrativa, l'onere di allegazione è a carico dell'opponente, mentre quello probatorio soggiace alla regola ordinaria di cui all'art. 2697 c.c.; pertanto, grava sulla (...), quale attore sostanziale, la prova dei fatti costitutivi posti a fondamento della sua pretesa e non sull'opponente, che li abbia contestati, quella della loro inesistenza, dovendo, invece, quest'ultimo dimostrare, qualora abbia dedotto fatti specifici incidenti o sulla regolarità formale del procedimento o sulla esclusione della sua responsabilità nella commissione dell'illecito, le sole circostanze negative contrapposte a quelle allegate dall'amministrazione (Cass. civ. 1921/2019). In senso sostanzialmente conforme, si è messo in rilievo che nel procedimento di opposizione a sanzione amministrativa si applicano i principi generali in materia di riparto dell'onere della prova, con la conseguenza che è onere della P.A. provare la sussistenza degli elementi costitutivi della sua pretesa, mentre all'opponente spetta di dimostrare la sussistenza di fatti impeditivi o estintivi della pretesa stessa (Cass. civ. 5122/2011, anche Cass. civ. 5277/2007). Tali principi, espressi dalla giurisprudenza in tema di giudizi di opposizione alle sanzioni emanate dalle amministrazioni in senso tradizionale, sono stati estesi anche alla materia dei giudizi di opposizione alle sanzioni emanate dal Garante per la protezione dei dati personali, in qualità di autorità amministrativa indipendente. La recente giurisprudenza di legittimità ha infatti osservato: "Ne' peraltro, crede il collegio, che possa dubitarsi in ragione di ciò che nel giudizio che così si incardina l'amministrazione che irroga la sanzione per mezzo dell'ordinanza-ingiunzione opposta, pur essendo formalmente convenuta in giudizio, assuma sostanzialmente la veste di attrice (Cass., Sez. I, 7/03/2007, n. 5277; Cass., Sez. I, 16/03/2001, n. 3837; Cass., Sez. I, 30/03/1992, n. 3883 in tema di opposizione a sanzioni amministrative irrogate da amministrazioni cd. in senso tradizionale); ed ancora che, coerentemente con i principi che governano la ripartizione dell'onere della prova tra le parti, spetta all'amministrazione ai sensi dell'art. 2697 c.c., fornire la prova dell'esistenza degli elementi di fatto integranti la violazione contestata e della loro riferibilità all'intimato, mentre compete all'opponente, che assume formalmente la veste di convenuto, la prova dei fatti impeditivi o estintivi (Cass., Sez. U., 30/09/2009, n. 20930)" (Cass. civ. n.1263/2022). Si aggiunge in proposito che le sanzioni emanate dal Garante per la protezione dei dati personali sono espressamente qualificate quali sanzioni amministrative, come risulta dal testo dell'art. 83 Reg. 2016/679, che legittima l'Autorità Garante per la protezione dei dati personali ad irrogare sanzioni a seguito di riscontrati illeciti trattamenti dei dati personali. La norma è conformemente rubricata "Condizioni generali per infliggere sanzioni amministrative pecuniarie". La giurisprudenza di legittimità ha ancora evidenziato la natura amministrativa delle sanzioni emanate dal Garante e qualificato il relativo procedimento di opposizione alle stesse quale "procedimento di opposizione a sanzioni amministrative" (Cass. 32411/2021, Cass. 17143/2016 nonché Tribunale Milano sent. n.2562/2020). Dunque, il Garante per la protezione dei dati personali, nel presente giudizio di opposizione, è parte attrice sostanziale, sulla quale grava l'onere probatorio relativo ai fatti costitutivi degli assunti posti alla base della sanzione. Nel provvedimento oggetto di opposizione si afferma che l'Università attui, avvalendosi del software (...), il trattamento di dati biometrici relativi agli studenti. Data l'impossibilità di fare ricorso al consenso di questi ultimi, il trattamento è consentito solo ove sia necessario per motivi di interesse pubblico, con diretta applicazione dell'art. 9 2, lett. g) Reg. e dell'art. 2 sexies co. 2 lett. bb) D.Lgs. n. 196 del 2003, i cui parametri non sono stati rispettati dall'Università. Il Garante, nel provvedimento opposto (pag. 9), sottolinea che il software "cattura le immagini video e lo schermo dello studente identificando e contrassegnando con un flag i momenti in cui sono rilevati comportamenti insoliti e/o sospetti mediante registrazione video e istantanee scattate a intervalli casuali per tenere traccia di comportamenti anomali". "Al termine della prova, il sistema elabora il video, inserendo segnali di allerta in merito a possibili indici di comportamenti scorretti ... affinché il docente ... possa poi valutare se effettivamente sia stata commessa un'azione non consentita nel corso della prova" (si rileva incidentalmente sin d'ora che, dalla stessa prospettazione qui riportata, la valutazione concreta e finale spetta al docente). Si prende atto pertanto che il meccanismo di funzionamento del software non costituisce oggetto di discussione tra le parti, essendo i suoi tratti essenziali delineati in modo conforme dalle medesime. Ciò che cambia è la valutazione in termini giuridici del descritto sistema di funzionamento. Deve essere esaminato se sia condivisibile quanto sottolineato nel provvedimento opposto, in particolare che "l'utilizzo effettuato dall'Università Bocconi tramite il software (...) comporti il trattamento di dati biometrici relativi all'immagine del volto degli studenti" (pag. 13 del provvedimento opposto), con conseguente applicabilità dell'art. 9 Reg. 679/2016. L'art. 9, 1, 2 lett. g) Reg. 679/2016 prevede che "1. È vietato trattare dati personali che rivelino l'origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, o l'appartenenza sindacale, nonché trattare dati genetici, dati biometrici intesi a identificare in modo univoco una persona fisica, dati relativi alla salute o alla vita sessuale o all'orientamento sessuale della persona. 2. Il paragrafo 1 non si applica se si verifica uno dei seguenti casi: a) l'interessato ha prestato il proprio consenso esplicito al trattamento di tali dati personali per una o più finalità specifiche, salvo nei casi in cui il diritto dell'Unione o degli Stati membri dispone che l'interessato non possa revocare il divieto di cui al paragrafo 1; g) il trattamento è necessario per motivi di interesse pubblico rilevante sulla base del diritto dell'Unione o degli Stati membri, che deve essere proporzionato alla finalità perseguita, rispettare l'essenza del diritto alla protezione dei dati e prevedere misure appropriate e specifiche per tutelare i diritti fondamentali e gli interessi dell'interessato". Dall'analisi della disposizione in esame si evince che il regime ivi delineato è applicabile unicamente al trattamento di dati biometrici intesi ad identificare in modo univoco l'interessato. Diversamente, i dati biometrici ricevono la stessa tutela dei dati comuni. Non è privo di rilevanza, sul piano ermeneutico, l'utilizzo da parte del legislatore del termine "intesi ad identificare", che pone in risalto la finalità propria di questo tipo di trattamento più che il mero ed eventuale effetto. Alla luce di tali dati normativi, appare di primaria importanza comprendere a quale fenomeno faccia riferimento la locuzione "trattamento di dati biometrici intesi ad identificare in modo univoco una persona fisica". Si rileva in proposito che: - l'art. 4 n. 14 Reg. 679/2016 definisce i dati biometrici come "dati personali ottenuti da un trattamento tecnico specifico relativi alle caratteristiche fisiche, fisiologiche o comportamentali di una persona fisica che ne consentono o confermano l'identificazione univoca, quali l'immagine facciale o i dati dattiloscopici"; - dalle "Linee guida 3/2019" del Comitato europeo per la protezione dei dati personali (di seguito "EDPB") si evince che "Per poter configurare un trattamento di dati biometrici, secondo la definizione del RGPD, il trattamento di dati grezzi, come ad esempio le caratteristiche fisiche, fisiologiche o comportamentali di una persona fisica, deve comprendere una misurazione di tali caratteristiche. Poiché i dati biometrici sono il risultato di dette misurazioni, il RGPD afferma nel suo articolo 4, paragrafo 14, che sono dati "... ottenuti da un trattamento tecnico specifico relativi alle caratteristiche fisiche, fisiologiche o comportamentali di una persona fisica che ne consentono o confermano l'identificazione univoca ..." (punto 74). Il punto 74 prosegue sottolineando che "Tuttavia, le riprese video di un individuo non possono essere considerate di per sé dati biometrici ai sensi dell'articolo 9, se non sono state sottoposte a un trattamento tecnico specifico per contribuire all'identificazione di un individuo". Il punto 75 pone l'accento sulla necessità che si tratti di dati biometrici "intesi a identificare in modo univoco una persona fisica". Anche le Linee Guida, pertanto, sottolineano l'aspetto relativo alla finalità, che è quella di identificare l'individuo. Il punto 76 prosegue come segue: "Riassumendo, alla luce dell'articolo 4, paragrafo 14, e dell'articolo 9, si devono prendere in considerazione tre criteri: - natura dei dati: dati relativi alle caratteristiche fisiche, fisiologiche o comportamentali di una persona fisica; - mezzi e modalità del trattamento: dati "ottenuti da un trattamento tecnico specifico"; - finalità del trattamento: i dati devono essere utilizzati al fine di identificare in modo univoco una persona fisica". Tanto premesso, occorre specificare cosa si intenda per identificazione univoca dell'interessato tramite un campione biometrico. Il trattamento di dati biometrici per finalità identificative si riferisce al riconoscimento automatico di persone fisiche basato su una rappresentazione analogica o digitale di una caratteristica biometrica ottenuta al termine di un processo di acquisizione. È necessario in proposito descrivere il ciclo di vita di dati biometrici. Esso è costituito da una sequenza di fasi: 1) Prima fase: rilevamento tramite sensori specializzati (ad es. scanner per il rilevamento dell'impronta digitale) o dispositivi di uso generale (ad es. videocamera) di caratteristiche biometriche (ad es. viso dell'individuo); 2) seconda fase: a seguito del rilevamento si acquisisce un campione biometrico (ad es. immagine del viso); 3) terza fase: dal campione biometrico vengono estratti tratti biometrici (ad es. specifici punti del viso) idonei a costituire il modello biometrico che sarà conservato in una banca dati; 4) quarta fase cd. del confronto (o di match): Il modello biometrico viene confrontato con le effettive caratteristiche dell'individuo. Il confronto in parola consente la identificazione univoca della persona fisica. Alla luce di tali dati è possibile affermare che la mera acquisizione di una foto (o una registrazione video) non configura un trattamento di dati biometrici, bensì di dati comuni. Per contro, implica il trattamento in parola ricavare da una foto o da un video caratteristiche biologiche per derivarne un modello matematico del volto del soggetto ritratto, al fine di riconoscimento dello stesso. A supporto di tale conclusione si richiama parte dell'estratto delle Linee guida n. 3/2019 emanate dall'EDPB: "le riprese video di un individuo non possono essere considerate di per sé dati biometrici ai sensi dell'articolo 9, se non sono state sottoposte a un trattamento tecnico specifico per contribuire all'identificazione di tale individuo". Il considerando 51 del RGPD (richiamato dalle medesime Linee Guida) indica che "Il trattamento di fotografie non dovrebbe costituire sistematicamente un trattamento di categorie particolari di dati personali, poiché esse rientrano nella definizione di dati biometrici soltanto quando siano trattate attraverso un dispositivo tecnico specifico che consente l'identificazione univoca o l'autenticazione di una persona fisica". Riassumendo, dunque: - il concetto di trattamento dei dati biometrici richiede la finalità di identificazione univoca della persona; - tale finalità non è in alcun modo contemplata nel meccanismo attuato da (...); - ogni eventuale valutazione sul punto è lasciata al docente; - non vi è alcuna dimostrazione che la fase 4 precedentemente indicata (del confronto o del match) sia concretamente attuata. Non è pertanto configurabile il trattamento di dati biometrici. Deve quindi essere esaminata la normativa in tema di dati comuni. L'art. 6 1 lett. e) Reg. 679/2016 (dati cd. comuni) prevede la liceità del trattamento solo in quanto ricorra almeno una delle seguenti condizioni: e) il trattamento è necessario per l'esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all'esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento; Specularmente a quanto indicato con rifermento ai dati particolari, tale disposizione va letta congiuntamente all'art. 2-ter D.Lgs. n. 196 del 2003, rubricato "Base giuridica per il trattamento di dati personali effettuato per l'esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all'esercizio di pubblici poteri", che prevede, al comma 3, che il trattamento avvenga alle condizioni di cui al comma 1, cioè in presenza di una previsione di legge o di regolamento, nei casi previsti dalla legge. Gli artt. 18 ss. del Codice privacy ponevano svariate regole per il trattamento di dati personali effettuato da enti pubblici. Tuttavia, tali prescrizioni sono state abrogate dal D.Lgs. n. 101 del 2018, che ha introdotto, tra l'altro, l'art. 2-ter del Codice. Tale disposizione è stata poi oggetto di modifica ad opera del D.L. 8 ottobre 2021, n. 139, convertito con modificazioni dalla L. 3 dicembre 2021, n. 205. Si deve anche tenere presente che: - il reclamo proposto da uno studente dell'Università reca la data del 28.4.2020 e fa riferimento alla violazione dell'art. 9 Reg. 679/2016 e alla mancanza di una libera espressione del proprio consenso; - il provvedimento opposto è del 16.9.2021; - le modifiche normative sono state introdotte con il D.L. n. 139 del 2021, dunque successivamente sia ai fatti oggetto di doglianza da parte dello studente, sia al provvedimento in discussione; - le domande formulate dall'Università hanno ad oggetto l'annullamento del provvedimento, di restituzione dell'importo corrisposto all'Autorità, di accertamento del proprio diritto ad essere risarcita e, in via subordinata, di rideterminare la sanzione. In assenza di una disciplina transitoria, le disposizioni prima dell'ottobre 2021 continueranno ad applicarsi ai fatti avvenuti in data precedente alla novella, in virtù di quanto prescritto dall'art. 11 delle preleggi al codice civile. È quindi necessario analizzare quale fosse l'interpretazione prima della riforma 2021 dell'art. 2-ter D.Lgs. n. 196 del 2003. Allo stato, non si registra alcun precedente giurisprudenziale di legittimità relativamente all'interpretazione dell'art. 2-ter del Codice così come introdotto dal D.Lgs. n. 101 del 2018. Tuttavia, può ritenersi che il trattamento di dati cd. comuni non possa ritenersi lecito solo perché posto in essere per motivi di interesse pubblico ai sensi dell'art. 6, 1, lett. e) del Regolamento. Ciò costituisce necessaria condizione di liceità nell'ipotesi in cui il titolare del trattamento assuma la veste di Pubblica autorità, ma non ancora sufficiente. Infatti, anche sulla scorta della interpretazione del Garante, "la base giuridica per il trattamento di dati necessario per l'esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all'esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento (art. 6, 1, lett. e) del Regolamento) è costituita, secondo quanto previsto dall'art. 2-ter, commi 1 e 3 del Codice, esclusivamente da una norma di legge o di regolamento che lo preveda e ciò con riferimento a qualsiasi operazione di trattamento, ivi inclusa la diffusione" (tra le altre, ordinanza ingiunzione del Garante per la protezione dei dati personali, 13 maggio 2021, doc. web 9670001). Il trattamento in questione, alla luce della versione originaria dell'art. 2-ter, dovrà dunque: 1. essere sorretto da un motivo di interesse pubblico; 2. essere giustificato da una norma di legge o di regolamento. Deve a tale proposito essere citato il D.L. n. 6 del 2020, entrato in vigore il 23.2.2020, che all'art. 1 co. 1 prevede che "allo scopo di evitare il diffondersi del COVID-19, le autorità competenti sono tenute ad adottare ogni misura di contenimento e gestione adeguata e proporzionata all'evolversi della situazione epidemiologica". Il secondo comma prevede che, tra le misure richiamate dal primo comma, possono essere adottate anche le seguenti: "d) sospensione dei servizi educativi dell'infanzia e delle scuole di ogni ordine e grado, nonché della frequenza delle attività scolastiche e di formazione superiore, compresa quella universitaria, salvo le attività formative svolte a distanza". Conformemente, dalla disposizione di cui all'art. 1 lett. h) del D.P.C.M. del 23 febbraio 2020, recante disposizioni attuative del D.L. 23 febbraio 2020, n. 6, si evince che ciò che non può costituire una base giuridica per il trattamento di dati biometrici può costituirla per il trattamento di dati comuni. Esso infatti dispone che "nelle Università e nelle Istituzioni di alta formazione artistica musicale e coreutica nelle quali non è consentita, per le esigenze connesse all'emergenza sanitaria di cui al presente decreto, la partecipazione degli studenti alle attività didattiche o curriculari, le attività medesime possono essere svolte, ove possibile, con modalità a distanza, individuate dalle medesime Università". La norma regolamentare di cui all'art. 1 lett. h) del citato D.P.C.M. è idonea a costituire la base giuridica del trattamento di dati comuni alla luce di quanto previsto dall'art. 2-ter del Codice. In tal senso depone altresì l'ampiezza della norma, che devolve alle università la più ampia discrezionalità in merito alle modalità di svolgimento degli esami a distanza. Il tenore del provvedimento è confermato dai successivi provvedimenti: D.P.C.M. 1 marzo 1920, art. 4 co. 1 lett. f); D.P.C.M. 8 marzo 2020, art. 2 co. 1 lett. n); D.P.C.M. 1 aprile 1920, art. 1 co. 1; D.P.C.M. 10 aprile 1920, art. 1 co. 1 lett. n); D.P.C.M. 17 maggio 2020, art. 1 co. 1 lett. s); D.P.C.M. 11 giugno 2020, art. 1 co. 2 lett. s). I provvedimenti elencati sono attuativi di vari decreti legge, a loro volta di contenuto analogo al primo citato: D.L. 25 marzo 2020, n. 19, art. 1 co. 2 lett. p); D.L. 16 maggio 2020, n. 33, art. 1 co. 13. Nella propria memoria di costituzione il Garante mette in rilievo che nel corso dell'istruttoria è emerso che l'Università si avvale di un sistema di supervisione a distanza delle prove d'esame scritte ( "R." nelle sue componenti "LockDown Browser" e "(...)", in ordine alle quali - in sede di sia costituzione nel presente giudizio, sia di redazione del provvedimento sanzionatorio, così come nella precedente fase istruttoria - non vengono formulate specifiche osservazioni quanto al meccanismo di funzionamento) per consentire lo svolgimento degli esami. Allega che, "Seppur il sistema non comporta l'identificazione del candidato ... e non confronti l'immagine del volto con altre immagini presenti in propri database e in database esterni, ovvero non effettui una identificazione (1 a molti) o verifica biometrica (uno a uno), il sistema effettua comunque un trattamento di dati biometrici che consiste nella raccolta, elaborazione e analisi del video prodotto dal software tramite un algoritmo di intelligenza artificiale al fine di produrre i "flag" " (pag. 22 comparsa Garante). Non è pertanto in discussione il meccanismo di funzionamento del software, così come non viene contestata la circostanza che non vi sia un confronto tra i dati assunti da (...) ed altri, né una identificazione. Il trattamento di dati biometrici viene individuato nella raccolta ed elaborazione dei dati al fine di produrre i flag. Tale impostazione non è però coerente con le caratteristiche già indicate (e fatte proprie dalla stessa Autorità) e ritenute come necessarie per poter configurare un trattamento di dati biometrici: non vi è infatti la fase del confronto dei dati ricavati con le effettive caratteristiche dell'individuo; non vi è il fine dell'identificazione dell'individuo, essendo pacifico che ogni valutazione in ordine al comportamento e all'individuazione viene effettuata dal docente, che esamina i dati che vengono sottoposti alla sua attenzione. Anche il precedente citato nella comparsa di costituzione (pagg. 22-23, doc. 8 delle produzioni) si riferisce a un caso diverso da quello in esame, posto che fa riferimento ai "confronti finalizzati al riconoscimento dell'individuo"; nella fattispecie in esame non vi è un confronto e non ricorre la finalità del riconoscimento dell'individuo. È inoltre evidente la sussistenza di un interesse pubblico, tenuto conto quanto meno: - del riconoscimento costituzionale del diritto allo studio; - della necessità di garantire l'imparzialità e l'adeguatezza degli esami, al fine di valutare in modo completo la preparazione di ognuno di essi; - della necessità di svolgere gli esami in tempi contenuti, tali da consentire agli studenti di rispettare l'organizzazione generale dell'Ateneo, senza sovrapporre in modo ingestibile il periodo in cui si seguono le lezioni e quello in cui si sostengono le prove d'esame. Le parti hanno discusso in merito al tema della proporzionalità del trattamento. Nel provvedimento opposto il Garante sottolinea che non sono state evidenziate dall'Università le valutazioni effettuate in merito: a) alle ragioni per cui si è resa necessaria l'adozione di uno strumento di supervisione degli esami a distanza con riconoscimento facciale e con profilazione del comportamento dello studente durante la prova; b) ai motivi per cui non si è ritenuto possibile fare ricorso a metodi di supervisione alternativi e meno invasivi. Si osserva in primo luogo che il rilievo del Garante è relativo al fatto che l'Università ha riportato genericamente la necessità del trattamento "senza illustrare le valutazioni effettuate dal titolare" (pag. 21 del provvedimento); dunque, la censura è in termini di completa omissione dell'esposizione delle proprie ragioni da parte dell'Università, più che di insufficienza delle medesime, in ordine alle quali infatti non viene riportata una esplicita valutazione nel merito. Ciò premesso, quanto al profilo sub a) si rileva che: - con la nota dell'8.3.2021 (doc. 11) l'Ateneo ha esposto che: gli studenti sono circa 14.000; il tipo di prova (cioè l'esame scritto) rende impossibile il raggiungimento delle finalità proprie dell'Università senza l'ausilio di sistemi di proctoring; i sistemi di videoconferenza sono utilizzabili in caso di colloquio orale, non di prova scritta; non risulta quindi che l'Università abbia esposto le proprie ragioni "senza illustrare" le valutazioni effettuate; - quanto al merito delle stesse, si ritiene che siano caratterizzate da ragionevolezza; dato il numero degli studenti (che non è contestato), deve ritenersi consequenziale l'esistenza di un elevatissimo numero di prove d'esame da sostenersi periodicamente; la partecipazione numericamente molto consistente di studenti a una prova scritta determina l'estrema difficoltà di adottare sistemi di videoconferenza che possano garantire un adeguato metodo di controllo da parte del personale docente, certamente non paragonabile a quello derivante dal meccanismo di proctoring descritto negli atti; non è irrilevante in proposito che il Garante, sia nel provvedimento opposto, sia nella propria memoria di costituzione non indichi dettagliatamente quale meccanismo di controllo avrebbe potuto concretamente essere attuato in luogo di quello utilizzato dall'Università; se da un lato ciò non costituisce un obbligo dell'Autorità, dall'altro si tratta di un elemento di riscontro che deve essere valutato in questa sede al fine di soppesare le ragioni di entrambe le parti, senza dimenticare il ruolo di attore sostanziale attribuito al Garante; - l'Università sottolinea anche l'utilità derivante dal fatto che l'utilizzo di un sistema di videoconferenza, realizzabile solo con il controllo di gruppi ristretti di studenti, avrebbe comportato un consistente allungamento dei tempi delle singole sessioni d'esame; non è infatti contestato che il calendario accademico preveda periodi non sovrapposti per le lezioni e per gli esami; l'allungamento del tempo per questi ultimi non sarebbe compatibile con la necessità di garantire agli studenti la partecipazione alle lezioni; tale effetto non sarebbe compatibile con il principio costituzionale del diritto allo studio; sul punto non vi sono osservazioni specifiche dell'Autorità. Quanto al motivo sub b) si rileva che l'Università sottolinea la sostanziale impossibilità concreta di reperire un numero di proctor tale da garantire l'esecuzione degli esami in videoconferenza; rispetto a tale argomento non vi sono specifiche osservazioni da parte del Garante; il punto infatti non è tanto quello relativo alla sostenibilità economica di tale scelta organizzativa, come argomentato dall'Autorità nella memoria di costituzione in giudizio (a prescindere da ogni considerazione su chi diventerebbe poi il destinatario finale dello sforzo economico in questione e su quali riflessi vi sarebbero in ordine al rispetto del diritto allo studio), quanto piuttosto quello della concreta possibilità di adottare tale meccanismo di svolgimento degli esami. Le argomentazioni dell'Università trovano sostanziale riscontro nelle valutazioni espresse dalla Court of Amsterdam, con un Provv. dell'11 giugno 2020, reso nel procedimento C/13/684665/KG ZA 20-481, riportato sul sito www.gdprhub.eu (https://uitspraken.rechtspraak.nl/inziendocument?id=ECLI:NL:RBAMS:2020:2917). Il Tribunale sottolinea che, a seguito della crisi nata con la diffusione del Covid-19 e delle misure adottate dal governo per prevenire la contaminazione, non è (o non era) possibile per l'UvA (cioè per l'Università di Amsterdam) sostenere esami nel campus. Per evitare che gli studenti ricevano un ritardo dello studio, è stata cercata un'alternativa. In molti casi, essa è stata trovata sotto forma di esami a libro aperto, saggi o altro. Si tratta però di alternative inadatte per un certo numero di casi, come gli esami a scelta multipla, in cui partecipano grandi gruppi di studenti. Viene anche sottolineato che le proposte avanzate dai querelanti in quella sede (che nella fattispecie in esame - per quanto documentato - non sono state formulate, se non con il riferimento al sistema di videoconferenza, che incontra i limiti già precisati), non possono essere considerate come serie alternative. Il citato Tribunale conclude ritenendo che nel caso di proctoring online, durante il periodo in cui gli esami non possono essere svolti in sede a causa dell'emergenza Covid-19, il trattamento resosi necessario sia conforme alla previsione di cui all'art. 6, comma 1, sub e) GDPR, con ciò escludendo l'operatività dei principi in tema di dati speciali ai sensi dell'art. 9 del Regolamento. Si ritiene pertanto che il tema della proporzionalità del trattamento sia stato affrontato e adeguatamente valutato dall'Università. Deve essere successivamente affrontato il tema relativo al trasferimento internazionale dei dati personali. Nel provvedimento opposto il Garante sottolinea che: - il sistema di supervisione dei dati è fornito da (...) Inc., società con sede negli USA, che tratta i dati quale responsabile del procedimento, sulla base di un accordo con l'Università del 10.6.2020; - i trasferimenti verso Paesi esterni allo Spazio Economico Europeo sono consentiti (fatte salve alcune deroghe in specifiche ipotesi da interpretare restrittivamente) se l'adeguatezza del Paese sia riconosciuta da una decisione della Commissione Europea o, in mancanza di tale decisione, se il titolare del trattamento fornisca garanzie adeguate sulla tutelabilità dei diritti degli interessati; tali garanzie possono essere integrate dalle clausole tipo di protezione dei dati adottate dalla Commissione Europea; - si deve tenere conto della decisione della Corte di Giustizia del 16.7.2020 in ordine all'invalidità del (...); - la Corte di Giustizia ha esaminato la Decisione della Commissione del 5.2.2010 (provvedimento opposto, pag. 17) relativa alle clausole contrattuali tipo per il trasferimento di dati personali a responsabili del trattamento stabiliti in Paesi terzi, ritenendone la validità, posto che forniscono unicamente garanzie contrattuali applicabili in modo uniforme nei predetti Paesi indipendentemente dal livello di protezione garantito in ciascuno di essi; si tratta però di un mero obbligo contrattuale; è pertanto possibile richiedere, data la singola condizione concreta dello Stato interessato, l'adozione di misure supplementari da parte del titolare del trattamento, che ha l'obbligo di verificare l'adeguatezza della protezione garantita dal Paese terzo; - l'atto del 20.8.2020, aggiuntivo rispetto al precedente accordo con (...) non è idoneo a soddisfare le caratteristiche richieste dall'art. 4, 1, lett. c) delle clausole contrattuali tipo. Devono essere esaminati i principali dati normativi e giurisprudenziali a disposizione. L'art. 44 Reg. 679/2016 prevede che un trasferimento di dati personali oggetto di trattamento o destinati a essere oggetto di un trattamento dopo il trasferimento stesso verso un Paese terzo può avere luogo solo se è ammesso con una decisione dalla Commissione (art. 45) o, in assenza della stessa, se il titolare o il responsabile del trattamento "ha fornito garanzie adeguate e a condizione che gli interessati dispongano di diritti azionabili e mezzi di ricorso effettivi" (art. 46). Possono costituire garanzie adeguate senza necessità di autorizzazione specifica da parte di un'autorità di controllo, tra le altre, le clausole tipo di protezione dei dati adottate dalla Commissione (art. 46 lett. c) e le clausole tipo adottate da un'autorità di controllo e approvate dalla Commissione (art. 46 lett. d). Si tratta di modelli contrattuali utilizzabili dai soggetti interessati al trasferimento internazionale dei dati (titolare/esportatore e responsabile/importatore). Nel caso di trasferimento di dati verso gli USA, a seguito della pronuncia della Corte di Giustizia del 16.7.2020, il titolare del trattamento, qualora si avvalga dei servizi del responsabile del trattamento stabilito negli USA deve siglare con quest'ultimo un accordo idoneo ad assicurare un livello di protezione dei dati personali conforme allo standard europeo, sul modello delle clausole contrattuali standard di cui alle citate lett. c) e d) dell'art. 46 Reg. 679/2016. Con la sentenza del 16.7.2020 la Corte di Giustizia ha ritenuto la validità della decisione della Commissione n. 2010/87, relativa alle clausole contrattuali tipo per il trasferimento dei dati personali verso responsabili del trattamento stabiliti in Paesi terzi. Con la decisione di esecuzione n. 2021/914/UE del 4.6.2021 la Commissione Europea, prevedendo il nuovo assetto del trasferimento internazionale dei dati, superando le precedenti decisioni in materia (ivi inclusa quella sopra citata) ha anche stabilito che i contratti conclusi prima del 27.9.2021 rimangano validi fino al 27.12.2022, purché i trattamenti ivi indicati restino invariati e il ricorso alle clausole in essi previste integri adeguate garanzie. Nella fattispecie in esame il sistema di supervisione utilizzato dall'Università è fornito da (...) Inc.. La società ha operato, quale responsabile del trattamento, sulla base di un accordo negoziale ai sensi dell'art. 28 Reg. 679/2016 (docc. 8, 9 ricorrente). R. Inc. si è inoltre avvalsa di servizi resi da (...) Inc. (sub-responsabile del procedimento). Entrambe le società hanno la propria sede negli USA. A seguito della emissione della citata sentenza della Corte di Giustizia del 16.7.2020, l'Università e (...) Inc. hanno formalizzato un accordo di modifica di quello precedente, allegando le clausole tipo di cui alla Decisione della Commissione Europea 2010/87/UE del 5.2.2010 (doc. 9 ricorrente). L'allegato si compone di due appendici; la prima descrive il tipo di trattamento, la seconda indica le misure tecniche-organizzative implementate da (...) Inc. e da (...) Inc.. Nel provvedimento oggetto di opposizione il Garante ha censurato sia le modalità formali mediante le quali sono state indicate nell'accordo le misure di sicurezza adottate sia, sul piano sostanziale, l'idoneità delle medesime a garantire agli interessati una tutela adeguata rispetto agli standard europei. Si esamina in primo luogo il rilievo attinente il profilo formale. Il Garante ha evidenziato nel provvedimento opposto che la modalità di descrizione delle misure tecniche e organizzative di sicurezza presenti nell'accordo tra l'Università e (...) Inc. di cui all'Appendice n. 2 (doc. 9 ricorrente) non sono idonee a soddisfare: - le prescrizioni di cui all'art. 4, 1, lett. c) delle clausole contrattuali tipo, in base al quale l'importatore fornirà sufficienti garanzie per quanto riguarda le misure tecniche e organizzative di sicurezza indicate nell'appendice 2 specificandosi, alla successiva lett. d), che "alla luce della normativa sulla protezione dei dati, le misure di sicurezza sono atte a garantire la protezione dei dati personali" (pag. 18 provvedimento del Garante), nonché - le prescrizioni di cui all'art. 5, lett. c) delle medesime clausole, che prevede che "l'importatore dichiara e garantisce quanto segue: ... c) di aver applicato le misure tecniche e organizzative di sicurezza indicate nell'appendice 2 prima di procedere al trattamento dei dati personali trasferiti" (pag. 18 provvedimento del Garante). L'inidoneità deriva - come ritenuto dalla medesima a pag. 18 - dal fatto che "tali misure tecniche e organizzative non risultano allegate al contratto sottoscritto, essendo rese disponibili, solo su richiesta attraverso un modulo di richiesta online, e non essendovi alcuna certezza in merito a quali misure siano effettivamente adottate dall'importatore, con riguardo allo specifico trasferimento, potendo le stesse variare nel tempo (peraltro senza che l'esportatore ne abbia necessariamente contezza), e non essendo chiaramente individuato l'obbligo contrattualmente assunto dall'importatore in materia di sicurezza". Le misure di sicurezza devono essere espressamente indicate nell'Appendice 2 del contratto. Tali argomentazioni sono sostanzialmente riprodotte dalla difesa del Garante nel presente giudizio. Si rileva in proposito quanto segue. L'Appendice 2 prevede che l'importatore dei dati mantenga misure amministrative, fisiche e tecniche per la protezione dei dati e che i dettagli relativi a tali misure siano disponibili sul "(...)H. form, which is available upon request via URL: https://web.R..com/hecvat/". Non osta né al diritto interno, né al diritto dell'Unione europea in materia di trasferimento internazionale di dati personali, l'indicazione per relationem del contenuto delle misure di sicurezza nell'accordo ex art. 46 del Regolamento tra importatore ed esportatore. La giurisprudenza di legittimità ha in proposito messo in rilievo che il contenuto di una clausola contrattuale può essere determinato tramite un rinvio ad un documento esterno al contratto stesso (in tali termini, Cass. civ. sez. III n. 9229/2022, Cass. civ. Sez. III n. 96/2022). Tali principi sono validi anche nell'ambito degli accordi stipulati in occasione del trasferimento internazionale di dati tra importatori - titolari del trattamento ed esportatori - responsabili del trattamento. Deve infatti rilevarsi che, sebbene tali accordi debbano rispettare le prescrizioni previste dal diritto dell'Unione europea in materia di tutela dei dati personali, essi devono essere qualificati come negozi giuridici, in quanto tali sottoposti al diritto nazionale in tema di contratti. Alla luce della giurisprudenza richiamata e dell'interpretazione del dettato dell'art. 1346 c.c., il contenuto delle misure di sicurezza adottate allo scopo di garantire la tutela dei dati personali oggetto di trasferimento può essere definito tramite un rinvio per relationem. Non è configurabile in proposito una violazione della decisione 2010/87/UE e non viene lesa l'esigenza di certezza in merito al contenuto delle misure di sicurezza implementate. Il tenore letterale dell'Appendice 2, relativa alla descrizione delle misure di sicurezza, è compatibile con la determinazione per relationem del contenuto delle misure di sicurezza implementate dall'esportatore. La circostanza che l'art. 4 1 lett. c) delle clausole contrattuali standard preveda che le misure di sicurezza siano indicate nell'Appendice 2 non aggiunge alcuna specificazione in ordine alle modalità formali di tale compilazione e non esclude affatto che essa possa avvenire mediante l'utilizzo di un link, che peraltro garantisce una maggiore tutela sostanziale di chi intende verificare tali misure, come si specificherà in seguito. Deve, pertanto, ritenersi che tale compilazione possa essere assolta tramite il rinvio ad altra fonte che, in quanto oggetto di rinvio, costituisce parte integrante dell'accordo tra importatore ed esportatore e ha piena cogenza tra le parti. La circostanza, sottolineata dal Garante, che le misure possano essere soggette a modifica non determina per ciò solo l'inadeguatezza del rinvio per relationem. Si ritiene che il rinvio mobile tramite un collegamento ipertestuale sia invece idoneo a rendere maggiormente flessibile il processo di variazione delle misure e a consentire la possibilità di un'automatica verifica del contenuto delle variazioni, tramite la semplice attivazione del collegamento, vincolando inoltre il responsabile e il sub-responsabile al rispetto delle misure così modificate. Infatti, tale tecnica implica che la modifica delle misure di sicurezze determini una simultanea variazione degli accordi negoziali tra importatore ed esportatore. Non vi sono del resto motivi per ritenere che l'accorpamento delle misure in forma scritta al testo dell'accordo, con esclusione del meccanismo per relationem, consentirebbe una maggiore tutela, posto che le misure di sicurezza sono soggette a una continua e rapida evoluzione tecnica e si verificherebbero comunque, indipendentemente dalla forma contrattuale che si sceglie di adottare. Il collegamento ipertestuale permette un più rapido adeguamento formale dell'accordo alla evoluzione tecnica. L'art. 3 1 delle clausole contrattuali tipo allegate alla decisione della Commissione Europea 2010/87/UE prevede che l'interessato possa far valere, nei confronti dell'esportatore - per quanto qui di interesse - la clausola 4, lettere da b) a i), la clausola 5, lettere da a) ad e) in qualità di terzo beneficiario. Nel provvedimento opposto si censura il fatto che, non essendo indicate con certezza nell'Appendice 2 le specifiche misure di sicurezza, i terzi beneficiari non possono far valere gli impegni assunti contrattualmente nei confronti dell'esportatore, essendo irrilevante che le misure fossero note alle parti che pattuiscono le clausole standard. Si rileva in proposito che dallo stesso provvedimento opposto (pag. 18), così come dalla memoria di costituzione del Garante (pag. 31), emerge come le misure siano disponibili grazie all'utilizzo di un modulo di richiesta on line; non è inoltre contestata la circostanza - dedotta dall'opponente a pag. 61 del ricorso - che "la relatio ad altra fonte" sia "protetta da un sistema di password". Ne deriva la piena conoscibilità delle misure da parte del soggetto interessato, con conseguente configurabilità della tutela dei terzi beneficiari. La circostanza che le misure possano variare nel tempo trova adeguata tutela proprio nell'utilizzo del link, come sopra argomentato, con valutazione estendibile, in ragione della disponibilità di un mezzo informatico di accesso, anche ai terzi beneficiari. Il provvedimento oggetto di opposizione sottolinea che non risulta che l'esportatore abbia effettuato una valutazione circa l'effettiva capacità delle misure adottate a garantire il rispetto degli obblighi assunti dall'importatore. Rileva che l'Ateneo avrebbe dovuto espressamente valutare e prevedere, se del caso, l'adozione di misure supplementari da parte del titolare del trattamento al fine di garantire il rispetto del necessario livello di protezione. Richiama in proposito il contenuto delle "Raccomandazioni 01/2020 sulle misure che integrano gli strumenti di trasferimento per assicurare il rispetto con il livello di protezione dei dati personali dell'Unione europea". Le medesime considerazioni valgono con riferimento al sub-responsabile del trattamento, (...). Si osserva in proposito quanto segue. Nel 133 della sentenza Schrems II, la Corte di Giustizia evidenzia quanto segue: "Appare quindi che le clausole tipo di protezione dei dati adottate dalla Commissione ai sensi dell'articolo 46, paragrafo 2, lettera c), dello stesso regolamento mirano unicamente a fornire ai titolari del trattamento o ai responsabili del trattamento stabiliti nell'Unione garanzie contrattuali che si applicano in modo uniforme in tutti i paesi terzi e, pertanto, indipendentemente dal livello di protezione garantito in ciascuno di essi. Poiché tali clausole tipo di protezione dei dati non possono, tenuto conto della loro natura, fornire garanzie che vadano al di là di un obbligo contrattuale di vegliare a che sia rispettato il livello di protezione richiesto dal diritto dell'Unione, esse possono richiedere, in funzione della situazione esistente nell'uno o nell'altro paese terzo, l'adozione di misure supplementari da parte del titolare del trattamento al fine di garantire il rispetto di tale livello di protezione". Le Raccomandazioni 01/2020 adottate dall'EDPB (pag. 14 e 16 delle Raccomandazioni), richiamate nel provvedimento oggetto di discussione nella parte in cui si evidenzia la necessità di predisporre misure di sicurezza supplementari rispetto a quelle prescritte dalle cd. clausole contrattuali standard, prevedono che: - 28. Selezionare uno strumento di trasferimento di cui all'articolo 46 del RGPD (nella specie, un accordo modellato sulle clausole contrattuali standard) potrebbe non essere sufficiente. Lo strumento di trasferimento deve garantire che il livello di protezione assicurato dal RGPD non sia pregiudicato dal trasferimento. In altre parole, lo strumento di trasferimento adottato deve essere efficace nella pratica. - 29. Efficace significa che i dati personali trasferiti godono nel paese terzo di un livello di protezione sostanzialmente equivalente a quello garantito nel SEE. Ciò non avviene se l'importatore di dati non è in grado di adempiere agli obblighi previsti dallo strumento di trasferimento prescelto ai sensi dell'articolo 46 del RGPD a causa della legislazione e delle prassi del paese terzo applicabili al trasferimento. - 30. Di conseguenza è necessario valutare, se del caso in collaborazione con l'importatore, se vi sia qualcosa nella legge o nella prassi del paese terzo che possa incidere sull'efficacia delle garanzie adeguate dello strumento di trasferimento di cui all'articolo 46 del RGPD su cui si fa affidamento, nel contesto dello specifico trasferimento. - 45. Gli esportatori devono considerare, se del caso in collaborazione con l'importatore, l'eventuale esistenza di misure supplementari che, aggiunte alle garanzie contenute negli strumenti di trasferimento, potrebbero garantire che i dati trasferiti godano nel paese terzo di un livello di protezione sostanzialmente equivalente a quello garantito all'interno dell'UE. Le "misure supplementari" integrano per definizione le garanzie già previste dallo strumento di trasferimento di cui all'articolo 46 del RGPD. - 46. Gli esportatori devono individuare caso per caso quali misure supplementari potrebbero essere efficaci per una serie di trasferimenti verso un determinato paese terzo quando venga utilizzato uno specifico strumento di trasferimento di cui all'articolo 46 del RGDP. Si rileva che tanto nella sentenza Schrems II della CGUE, quanto nelle Raccomandazioni n. 01/2020 dell'EDPB, l'adozione di misure di sicurezza supplementari, rispetto a quelle prescritte dalle clausole contrattuali standard ex art. 46 lett. c) del Regolamento, costituisce una mera eventualità. L'adozione delle misure in questione, infatti, è subordinata all'ipotesi in cui le misure di sicurezza prescritte dalle cd. clausole contrattuali standard non siano idonee a garantire ai dati oggetto di trasferimento internazionale uno standard di tutela equivalente a quello prescritto dal diritto dell'UE. Tanto premesso, deve valutarsi se le misure di sicurezza implementate dal responsabile e dal sub-responsabile del trattamento e prese in considerazione dal Garante siano o meno adeguate a garantire la tutela dei dati personali degli studenti coinvolti nel trasferimento internazionale. Il provvedimento opposto mette in rilievo che, posto che i dati vengono trasferiti negli USA, l'Ateneo avrebbe dovuto "valutare e prevedere, se del caso, l'adozione di misure supplementari da parte del titolare del trattamento" al fine di garantire un livello di tutela sostanzialmente equivalente a quello riconosciuto dal diritto europeo. Ciò che viene contestato, pertanto, è il fatto che "non risulta dalla documentazione in atti che l'esportatore abbia effettuato una valutazione circa l'effettiva capacità delle misure adottate a garantire il rispetto degli obblighi assunti dall'importatore" (pag. 19 provvedimento). Risulta in proposito quanto segue. Nella memoria dell'8.3.2021 indirizzata al Garante (doc. 11 ricorrente, pag. 20), l'Università evidenzia che, "come chiarito all'interno della DPIA, la registrazione video non viene archiviata in chiaro sui sistemi informativi dell'Università ... il video è, fino alla sua cancellazione, conservato in maniera completamente crittografata sui server del fornitore; solo le persone autorizzate all'interno dell'Università, per ciascuna singola prova, detengono la chiave privata per renderlo leggibile. Nei fatti, dunque, ciò che viene archiviato è un dato crittografato, inaccessibile per chiunque non sia in possesso della chiave privata". Aggiunge che "i dati personali oggetto di trasferimento sono tutti crittografati con l'algoritmo Advance Encryption Standard 256 bit e la chiave privata è detenuta esclusivamente dalla Bocconi, sì da esser impossibile, anche per il governo americano, accedere agli stessi" (pag. 36). Ancora, si fa riferimento all'uso "di sistemi di crittografia dei dati personali e alla concreta inaccessibilità degli stessi da parte di soggetti terzi, ivi compreso il responsabile e l'autorità statunitense" (pag. 39). L'Università mette anche in rilievo come si tratti di misure supplementari di sicurezza allegate alla DPIA. A tale memoria segue il verbale di audizione del 19.4.2021, nell'ambito del "procedimento per l'adozione dei provvedimenti correttivi ai sensi dell'art. 58, paragrafo 2) del Regolamento (UE) 2016/679" (doc. 12 ricorrente). Nel corso dell'audizione si afferma che "I dati sono cifrati in transito. Inoltre, terminata l'elaborazione da parte del fornitore, i dati vengono cifrati dal fornitore, fermo restando che la chiave di cifratura privata è nella disponibilità della sola Università". Questo passaggio viene ripreso nel provvedimento qui in discussione, ponendo l'accento sul fatto che "la cifratura dei dati con la chiave dell'Università avviene solo dopo l'elaborazione degli stessi da parte del fornitore, il quale, al fine di poter esaminare i video relativi agli esami e determinare l'indice di rischio ... deve necessariamente accedere ai dati in chiaro, essendo gli stessi cifrati solo al termine di detto processo". Sul punto si osserva che: - la contestazione sulla quale si fonda in via principale il provvedimento è relativa al fatto che non risulti dalla documentazione in atti "che l'esportatore abbia effettuato una valutazione circa l'effettiva capacità delle misure adottate a garantire il rispetto degli obblighi assunti dall'importatore". La circostanza che non sia stata effettuata una valutazione è smentita documentalmente dai passaggi sopra riportati, che fanno esplicito riferimento alla conservazione dei dati in maniera crittografata, alla possibilità di accesso esclusivamente da parte di personale interno all'Università, all'inaccessibilità agli stessi da parte di soggetti terzi, "ivi compreso il responsabile e l'autorità statunitense"; - l'affermazione riportata nel verbale dell'audizione - sulla quale si fonda il ragionamento svolto dall'Autorità - è che, "terminata l'elaborazione da parte del fornitore, i dati vengono cifrati dal fornitore, fermo restando che la chiave di cifratura privata è nella disponibilità della sola Università". L'Università non afferma pertanto che l'elaborazione dei dati avviene in chiaro, né tanto meno che vi sia personale di (...) delegato a controllare le immagini. Ciò che si afferma è che vi è una elaborazione dei dati e che essi vengono poi cifrati dal fornitore; - tale affermazione deve essere coordinata con quelle sopra riportate, che escludono ogni possibilità di accesso (dunque anche nella fase dell'elaborazione) da parte di soggetti diversi da quelli delegati dall'Ateneo; - le osservazioni del Garante - che nel presente procedimento è attore sostanziale - non contestano i dati fattuali riportati dall'Università in ordine al meccanismo attraverso il quale i dati vengono analizzati per essere poi sottoposti alla valutazione del docente, ma si risolvono in una considerazione attinente la fase dell'elaborazione, che non trova sufficiente supporto probatorio; a fronte dell'allegazione di parte ricorrente in merito allo svolgimento della fase dell'elaborazione senza accesso umano e senza salvataggio - dunque in termini negativi - non vi è un dato probatorio concreto, offerto dall'attore sostanziale, in merito a una diversa modalità di verifica da parte del responsabile del trattamento; - se del resto la verifica in ordine alla condotta tenuta dal singolo candidato e il controllo in merito a eventuali anomalie fossero eseguiti in chiaro da personale specificamente delegato dal fornitore, verrebbe meno il senso stesso dell'elaborazione di un software destinato a effettuare il controllo, al fine di creare un modello organizzativo più snello ed efficace; - nessuna specifica osservazione o contestazione è stata inoltre formulata dall'Autorità in merito all'effettività dell'uso dell'algoritmo di crittografia indicato dall'Università "Advance Encryption Standard 256 bit" (AES 256), né in ordine alla sua idoneità; L'argomento successivamente trattato dalle parti è quello relativo alla pseudonimizzazione dei dati. Nel provvedimento impugnato l'Autorità afferma che la pseudonimizzazione non può essere ritenuta sufficiente posto che, anche ipotizzando che sia stata efficacemente realizzata, essa si risolve comunque in un trattamento di dati personali ex art. 4 n. 5 del Regolamento, tenuto conto degli specifici dati trattati. Aggiunge che la pseudonimizzazione non equivale all'anonimizzazione dei dati. Si rileva preliminarmente che il Garante, utilizzando l'espressione "anche ipotizzando che la pseudonimizzazione potesse essere efficacemente realizzata nel caso di specie", non assume che essa non sia stata attuata. Si limita a ritenere che essa, in ogni caso, debba essere considerata "un trattamento di dati personali" (pag. 20 provvedimento). Il dato consente di ritenere che non vi sia una contestazione esplicita in merito alla concreta attuazione della pseudonimizzazione, ma una mera ipotesi, che non assume pertanto rilevanza processuale. Viene anzi richiamato il contenuto della relazione tecnica dell'Università nella parte in cui afferma che "vengono quindi generati degli identificativi di sessione contenenti dati pseudonimizzati e che non contengono dati personali". Il dato che fonda le considerazioni sul punto dell'Autorità è che sia integrato in ogni caso un trattamento di dati personali. L'art. 4, paragrafo 5 del Regolamento stabilisce che per pseudonimizzazione si intende "il trattamento dei dati personali in modo tale che i dati personali non possano più essere attribuiti a un interessato specifico senza l'utilizzo di informazioni aggiuntive, a condizione che tali informazioni aggiuntive siano conservate separatamente e soggette a misure tecniche e organizzative intese a garantire che tali dati personali non siano attribuiti a una persona fisica identificata o identificabile". A pag. 25 delle Raccomandazioni 01/2020 l'EDPB valuta la pseudonimizzazione come una "efficace misura supplementare" ai sensi dell'art. 32 del Regolamento, elencando alcune condizioni tecniche affinché ciò avvenga. Non vi sono specifiche osservazioni del Garante in ordine alla eventuale mancanza di una o più di tali condizioni, né rilievi in merito al fatto che la pseudonimizzazione attuata costituisca una sufficiente misura di sicurezza. Essa viene infatti ritenuta, tenuto conto dei dati trattati (citando ad esempio la registrazione delle prove d'esame) di per sé un trattamento di dati personali. Tuttavia, il mero richiamo ai dati trattati e alla registrazione delle prove d'esame non è sufficiente a contrastare il fatto che: - la pseudonimizzazione si consideri attuata; - le condizioni indicate dall'EDPB siano rispettate; - l'EDPB consideri tale misura come "efficace misura supplementare". Ne deriva che la pseudonimizzazione deve essere valutata come un'adeguata misura di sicurezza, volta a mitigare il rischio di violazione dei dati personali oggetto di trasferimento internazionale. Per tale ragione, non contrasta con il diritto dell'Unione europea la scelta di procedere alla pseudonimizzazione dei dati oggetto di trasferimento in luogo dell'anonimizzazione, che peraltro - data la sua irreversibilità - non appare integrare una misura utile a consentire la verifica di eventuali anomalie nel corso degli esami. La necessità di identificare successivamente, da parte del docente, lo studente che ha tenuto comportamenti anomali è strettamente funzionale alla finalità della procedura che, in caso di anonimizzazione, non produrrebbe alcun risultato utile. Il Provv. del 16 settembre 2021 richiama le medesime considerazioni svolte per (...) Inc. anche nei confronti di (...) Inc., in quanto sub-responsabile del procedimento con sede negli USA. Non vengono dunque svolte osservazioni specifiche relativamente alla società. Si devono pertanto richiamare gli argomenti sopra esposti. La predetta società ha inoltre predisposto il documento "Navigation Compliance with EU Data Transfer Requirements" (visibile su https://dl.awsstatic.com/witepapers/Security/navigating-compliance-with-eu-data-transferreuirements.pdf). Il documento è stato allegato alle deduzioni dell'Università, presentate all'Autorità che ha emesso il provvedimento. Non risulta siano state formulate osservazioni sul punto, nel provvedimento così come nella memoria di costituzione in giudizio. Deve essere successivamente affrontato il tema relativo alla valutazione di impatto sulla protezione dei dati. Il Garante evidenzia che: - in attuazione del principio di responsabilizzazione (art. 5 2 e art. 24 del Regolamento), spetta al titolare valutare se i trattamenti che si intendono realizzare possano presentare un rischio elevato per i diritti e le libertà delle persone fisiche, in ragione delle tecnologie impiegate e considerati la natura, l'oggetto, il contesto e le finalità perseguite, che renda necessaria una preventiva valutazione di impatto sulla protezione dei dati personali (cons. 90 e art. 35 Reg.); - tale valutazione è stata effettuata, ma non è del tutto adeguata, avendo affrontato genericamente il tema della necessità e proporzionalità dei trattamenti in relazione alle finalità e dei rischi per gli interessati; - in relazione al principio di minimizzazione, non vi è una puntuale valutazione sull'adeguatezza, pertinenza e proporzionalità di ogni categoria di dati; - quanto al principio di esattezza, non è stata effettuata una adeguata valutazione in merito all'affidabilità dello strumento di supervisione; - non vi è una puntuale valutazione in merito alla congruità dei tempi di conservazione dei dati; - quanto alla necessità e proporzionalità del trattamento, non sono state illustrate le ragioni per cui si è reso necessario adottare lo strumento di supervisione a distanza con funzioni di riconoscimento facciale; - quanto ai danni fisici o psichici, l'analisi dell'Ateneo è insufficiente, essendosi concentrata sui possibili danni derivanti dalla divulgazione delle registrazioni dei dati, senza analizzare l'impatto che può derivare anche dalle funzionalità del sistema di supervisione sulla sfera emotiva e psicologica degli interessati. Si rileva preliminarmente che: - la valutazione di impatto non è stata prodotta in giudizio; - ciò di cui le parti discutono non è l'esistenza della valutazione; è pacifico infatti che la stessa sia stata eseguita dall'Università; - il dato emerge in primo luogo dal provvedimento del Garante oggetto di opposizione; a pag. 20 si dà atto che "Dall'esame della documentazione in atti è risultato che la valutazione di impatto sulla protezione dei dati, sebbene effettuata dall'Ateneo, ..."; si richiamano inoltre vari punti della medesima; - l'Università, a seguito della comunicazione di avvio del procedimento amministrativo, ha presentato una memoria difensiva (doc. 11), chiedendo di ritenere insussistenti le violazioni dell'art. 35 del Regolamento in relazione alla "condotta valutazione di impatto"; il tema è stato pertanto trattato già nella fase procedimentale, nel corso della quale il documento è stato vagliato; - nel provvedimento opposto viene contestata l'inadeguatezza della valutazione operata dall'Università; come già indicato, il provvedimento censura - a titolo di esempio - in relazione al principio di minimizzazione, la non puntuale valutazione sull'adeguatezza, pertinenza e proporzionalità di ogni categoria di dati; l'inadeguatezza della valutazione sull'affidabilità dello strumento di supervisione; la non puntuale valutazione in merito alla congruità dei tempi di conservazione dei dati; - in tal modo il Garante introduce profili strettamente valutativi, che il Tribunale non può compiutamente valutare in assenza del documento ritenuto inadeguato e insufficiente dalla citata Autorità; - il Garante è attore sostanziale nel giudizio e, pertanto, sullo stesso incombe l'onere probatorio di dimostrare la fondatezza del proprio assunto; per le ragioni esposte, non essendo stata prodotta la valutazione di impatto, tale onere non è stato assolto. Le parti hanno trattato il tema relativo alla completezza dell'informazione fornita. Il provvedimento del Garante richiama il principio di "liceità, correttezza e trasparenza" di cui all'art. 5 1 lett. a) Reg. 679/2016, evidenziando che: - il titolare del trattamento deve adottare misure appropriate prima di iniziare il trattamento per fornire all'interessato tutte le informazioni richieste dal Regolamento; - l'allegato 5 alla nota del 30.7.2020 non riporta tutte le predette informazioni; tale documento richiama alcuni dati solo a titolo esemplificativo e non menziona gli specifici trattamenti posti in essere con il sistema (...); - il rinvio tramite link ipertestuale al testo dell'informativa completa non è sufficiente, posto che le informazioni rinvenibili sono generiche e non contengono riferimenti al sistema (...); l'informativa aggiornata del 7.10.2020 a sua volta non contiene tutti gli elementi necessari; - l'informativa originariamente resa agli interessati non indica i tempi di conservazione dei dati personali, limitandosi a indicare che essi saranno limitati al periodo strettamente necessario al perseguimento delle finalità indicate e per un periodo ulteriore in caso di contestazioni o contenziosi (all. 5 alla nota del 30.7.2020, non disponibile); analoga genericità si rinviene nell'informativa del 7.10.2020; - la stessa Università riconosce che l'informativa potrebbe potenzialmente difettare di trasparenza, non essendo indicato un periodo di conservazione specifico; - l'informativa non menziona il fatto che i dati vengono trasferiti negli USA; non è specificato il presupposto del trasferimento, cioè - all'epoca - il (...); la lacuna non è colmata nella nota del 7.10.2020; - la citata informativa non esplicita la logica su cui si basa il sistema di supervisione; l'interessato non è informato dell'esistenza di una profilazione; - le informazioni fornite ai rappresentanti degli studenti non sono sufficienti. In sede di ricorso l'Università allega che: - data l'emergenza sanitaria, essendo impossibile sostenere le prove d'esame in presenza, nell'aprile 2020 decideva di dotarsi del software (...); - avviava interlocuzioni con i rappresentanti degli studenti e inviava al corpo studentesco una serie di comunicazioni volte a illustrare le nuove modalità di svolgimento delle prove d'esame. Tali circostanze non sono state specificamente contestate dal Garante nella propria comparsa di costituzione e trovano conferma nelle produzioni documentali dell'Università di ai docc. 3, 4, 4 bis. Dagli stessi risulta che: - con nota del 24.3.2020 l'Università informa gli studenti, tra l'altro, che le sessioni d'esame di aprile - luglio saranno tenute da remoto, precisando che seguiranno maggiori dettagli appena possibile; - alcuni dettagli vengono forniti con la nota del 15.4.2020, che fa riferimento al software (...) e alla necessità di usare una webcam, al fine di monitorare i comportamenti durante l'esame; si indica la possibilità di effettuare un mock exam per prendere confidenza con la piattaforma; ulteriori indicazioni vengono fornite il 4.5.2020, che fa riferimento alla possibilità per gli studenti di trovare tutte le informazioni sull'agenda (doc. 3 ricorrente); - vengono dettagliatamente spiegate le modalità di svolgimento dell'esame con l'utilizzo di (...) e Lockdown Browser; - non è specificamente contestata dal Garante la circostanza, indicata nella memoria dell'8.3.2021 (doc. 11) che dall'avvio della didattica on line siano state riscontrate più di 11.000 richieste di delucidazioni da parte degli studenti in merito agli esami on line e più di 2.000 in merito ai requisiti tecnici e alle attrezzature tecnologiche necessarie per sostenere gli esami on line. Si deve richiamare quanto disposto dall'art. 12 Reg. 679/2016, nella parte in cui prevede che le informazioni devono essere fornite "in forma concisa, trasparente, intelligibile e facilmente accessibile ... per iscritto o con altri mezzi, anche, se del caso, con mezzi elettronici". Quanto alla censura del Garante in merito all'incompleta informazione in merito ai tempi di conservazione dei dati personali, non sono disponibili l'Allegato 5 alla nota del 30.7.2020 - nota del 24.4.2020 e la nota del 7.10.2020, entrambe giudicate generiche dall'Autorità. L'Università, nella propria memoria dell'8.3.2021, riconosce che l'informativa potrebbe potenzialmente difettare di trasparenza, non essendo indicato un periodo di conservazione specifico. Dunque, il dato oggetto dei rilievi del Garante trova conferma. La precisazione dell'Università, secondo cui la stessa si è sempre impegnata all'implementazione dei propri processi interni non è sufficiente a colmare la lacuna informativa. Non risulta inoltre che sia fornita l'informazione in merito al trasferimento dei dati negli USA. Il dato emerge anche dall'Allegato 1 alla relazione di servizio del Garante del 15.6.2021 che evidenzia quanto emerge attivando il collegamento ipertestuale indicato dall'Università (doc. 15 Università); nella terza pagina dell'allegato, nel paragrafo relativo al trasferimento internazionale dei dati, si evidenzia che alcuni dei dati saranno trasferiti al di fuori dello Spazio Economico Europeo, senza specificare in quale Paese. Tale carenza informativa, sia pure parziale rispetto all'insieme dei rilievi dell'Autorità, giustifica l'irrogazione della sanzione da parte della stessa, nei limiti che saranno successivamente specificati. Dalle considerazioni sopra esposte deriva la valutazione di sussistenza della violazione degli artt. 5 1 lett. a), 13 Reg. 679/2016. La sanzione irrogata dall'Autorità non opera una distinta quantificazione per ogni violazione dalla stessa ravvisata. Ciò premesso, deve essere effettuata una autonoma valutazione in ordine alla violazione della norma citata nei termini che seguono. La sanzione prevista dall'art. 83 5 lett. a) in relazione alla violazione delle norme sopra citate deve essere quantificata - rideterminando l'importo complessivo stabilito dall'Autorità e riferito a molteplici violazioni che non si ritengono sussistenti sulla base delle considerazioni esposte - tenendo conto dei seguenti fattori: - l'Università inizia gli esami prima degli altri Atenei; ha pertanto avuto necessariamente bisogno di organizzarsi con maggiore velocità per non compromettere il diritto degli studenti a sostenere le prove scritte, senza che esse potessero interferire con lo svolgimento delle lezioni; è stato pertanto necessario adeguare il sistema generale in modo da non compromettere, più in generale, il diritto allo studio; - non è contestata la circostanza, allegata dall'Università, che vari altri Atenei abbiano utilizzato il medesimo sistema; il dato, soprattutto ponendosi in un'ottica di valutazione ex ante, non è irrilevante; - l'emergenza sanitaria del tutto eccezionale che si è verificata nel periodo di riferimento ha ovviamente comportato la necessità di adottare un sistema che potesse quanto meno in prima battuta consentire lo svolgimento delle prove d'esame; - il primo accordo con (...) Inc. è avvenuto nel giugno 2020, prima della sentenza della Corte di Giustizia del 16.7.2020 in tema di (...); la durata della violazione (tema collegato all'aspetto ora indicato) non è precisata; - sul piano informativo più generale, l'Università si è resa disponibile a fornire agli studenti - e ha fornito - informazioni sul sistema di svolgimento degli esami, garantendo anche la possibilità di sostenerli diversamente e in forma personale, non on line; - la stessa Autorità dà atto dell'atteggiamento collaborativo dell'Ateneo. Tenuto pertanto conto della modesta incidenza del rilievo ritenuto fondato (in merito al quale non sono state prodotte doglianze di studenti) rispetto al tenore complessivo delle osservazioni contenute nel provvedimento opposto, si ritiene che la sanzione possa essere rideterminata nella misura di Euro 10.000,00. È dimostrato il versamento da parte dell'Università, come da doc. 26 dalla stessa prodotto, dell'importo di Euro 200.000,00, in adempimento di quanto ingiunto con il provvedimento annullato. Deve esserle restituito l'importo di Euro 190.000,00, con gli interessi legali dal 26.10.2021, giorno del pagamento, sino al saldo. Il riconoscimento della fondatezza, sia pure parziale, del provvedimento opposto esclude la possibilità di accoglimento della domanda dell'Università di condanna generica al risarcimento del danno. Dalle considerazioni che precedono, che assorbono gli ulteriori profili dedotti dalle parti, deriva il riconoscimento della fondatezza del provvedimento del Garante con riferimento alla violazione di cui all'art. 5 1 lett. a) Reg. 679/2016. Ne deriva l'accoglimento parziale del ricorso, con l'annullamento del provvedimento nella parte in cui riconosce l'esistenza delle altre violazioni in esso richiamate. Tale decisione comporta di riflesso anche la parziale riforma dei capi dell'ingiunzione di cui alle lett. b) e c). Si deve in particolare tenere conto dei seguenti fattori: - la limitazione del trattamento disposta dall'Autorità deve intendersi circoscritta alla parte relativa al trasferimento dei dati personali degli interessati negli USA, con esclusivo riferimento alle informazioni che devono essere fornite agli studenti sul punto; - entro gli stessi limiti opera l'obbligo di fornire un riscontro all'Autorità, previsto dalla lett. c) dell'ingiunzione; - non sono state specificamente contestate le allegazioni dell'Università relative alle modifiche e implementazioni adottate per attuare le prescrizioni disposte dal Garante; in particolare, per quanto qui di interesse: (...) non è attualmente in uso, fermo restando che l'esigenza di utilizzarlo potrebbe riemergere nel momento in cui la situazione sanitaria dovesse richiederlo; Lockdown Browser è invece in funzione, ferma restando la diversa natura degli applicativi e la diversa incidenza dei medesimi sull'aspetto considerato rilevante ai fini della decisione. Le decisioni in tema di spese processuali tengono conto dei limiti di valore entro i quali è stato confermato il provvedimento del Garante. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: 1) In parziale accoglimento del ricorso proposto dall'Università Commerciale (...), conferma il Provv. n. 317 del 16 settembre 2021 emesso dal Garante per la Protezione dei Dati Personali limitatamente alla contestazione di cui agli artt. 5 1 lett. a), 13 Reg. 679/2016 e riduce la sanzione a Euro 10.000,00. 2) In parziale accoglimento del ricorso proposto dall'Università Commerciale (...), conferma il Provv. n. 317 del 16 settembre 2021 emesso dal Garante per la Protezione dei Dati Personali relativamente all'applicazione dell'art. 58 Reg. 679/2016 limitatamente al divieto di trasferimento dei dati personali degli interessati negli Stati Uniti d'America in assenza di adeguate garanzie informative e all'obbligo di comunicare all'Autorità le iniziative intraprese al fine di dare attuazione a tale aspetto. 3) Condanna il Garante per la Protezione dei Dati Personali alla restituzione in favore dell'Università Commerciale (...) della somma di Euro 190.000,00, oltre agli interessi legali dal 26.10.2021 al saldo. 4) Condanna l'Università Commerciale (...) alla rifusione delle spese processuali in favore del Garante per la Protezione dei Dati Personali, liquidate in Euro 4.835,00, oltre al rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15%; IVA e CPA come per legge. 5) Motivazione entro 15 giorni. Così deciso in Milano il 20 ottobre 2022. Depositata in Cancelleria il 20 ottobre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Settima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 8113 del 2021, proposto dal CNR - Consiglio Nazionale Ricerche, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (...) contro Er. Cu., rappresentata e difesa dall'avvocato Fr. Am., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, Sezione Terza, n. 7675 del 2021, resa tra le parti Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio della signora Er. Cu.; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 maggio 2022 il consigliere Daniela Di Carlo; Nessuno è presente per le parti; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue FATTO e DIRITTO 1. Con ricorso principale, integrato da motivi aggiunti, la ricorrente ha impugnato, chiedendone l'annullamento, la propria esclusione dal concorso bandito dal CNR, per titoli e colloquio, riservato al personale in possesso dei requisiti di cui all'art. 20, comma 2, del decreto legislativo n. 75 del 2017, finalizzato all'assunzione con contratto di lavoro a tempo pieno e indeterminato di tre unità di personale nel profilo di ricercatore - III livello Area Strategica, Produzioni Alimentari e Alimentazione, nonché gli atti ad essa connessi, quali le circolari n. 3 del 23 novembre 2017 e n. 1 del 9 gennaio 2018 del Ministro per la Semplificazione e la pubblica amministrazione e la graduatoria definitiva di merito. 2. L'esclusione è stata motivata con l'affermazione che "In particolare la S.V. è stata esclusa in quanto non in possesso del requisito di ammissione di cui all'art. 2 co. 1 lett b) del bando. A tale riguardo si precisa che i dodici mesi di collaborazione coordinata e continuativa indicati nella parte C del curriculum strutturato, relativi all'accordo stipulato con la Fondazione Scientifica An. De Ma. non possono essere considerati utili, posto che il contratto è stato stipulato con un organismo non riconducibile al novero delle istituzioni contemplate nella suddetta lett b)". 3. A sostegno del ricorso, l'interessata ha dedotto la violazione, erronea e falsa applicazione dell'art. 20, comma 2, del decreto legislativo n. 75/2017 e delle circolari n. 3/2017 e n. 1/2018, nonché la violazione delle norme contenute nel bando di concorso, della raccomandazione 2005/251/CE della Commissione dell'11 marzo 2005 e dei principi di cui agli artt. 4, comma 2, 3 e 97, Costituzione. In particolare, la ricorrente ha rappresentato: i) di avere espletato la propria attività di ricerca presso la Fondazione De Marco mediante un contratto di collaborazione, e non con una borsa di studio; ii) che la locuzione utilizzata dal bando "altri enti ed istituzioni di ricerca" non reca specificazioni di sorta sulla natura (pubblica o privata) dei soggetti che indicono le procedure di stabilizzazione; iii) che il CNR ha applicato un criterio restrittivo non previsto né dalla normativa primaria, né dal bando; iv) che l'attività di ricerca svolta presso la Fondazione San Marco è la medesima di quella svolta come assegnista di ricerca presso l'ISMAC-CNR. 4. Con la sentenza di cui all'epigrafe, il TAR del Lazio ha accolto il ricorso, annullando gli atti impugnati, con la motivazione che, per verso, "è ragionevole interpretare in senso ampio la locuzione del bando "altri enti ed istituzioni di ricerca", di modo che ai fini dell'integrazione del requisito per cui è controversia vanno considerate tutte le attività di ricerca indicate dagli interessati, indipendentemente dalla natura (pubblica o privata) del soggetto presso il quale esse sono state svolte" e che, per un altro verso, "nel contratto stipulato dalla ricorrente con la "Fondazione An. De Ma." si parla di collaborazione coordinata e continuativa per svolgere attività di ricerca. Non emerge una prevalenza dell'attività formativa". Infine, il TAR ha condannato il CNR a rifondere in favore della ricorrente le spese del giudizio, liquidandole in complessivi euro 2.500,00, oltre accessori. 5. Nell'impugnare la pronuncia, il CNR ha dedotto l'erroneità del percorso logico giuridico seguito dal primo giudice, in quanto il medesimo non avrebbe considerato che è del tutto carente il possesso del requisito di ammissione di cui all'art. 2, comma 1, lett. b) del bando. 6. La parte appellata ha resistito al gravame. 7. All'udienza pubblica del 3 maggio 2022, la causa è passata in decisione. 8. La Sezione ritiene che l'appello sia fondato e che pertanto debba essere accolto. 9. Il bando di concorso ha ad oggetto una procedura di reclutamento di personale riservata e finalizzata al progressivo superamento del precariato del CNR, ai sensi dell'art. 20, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75. Il decreto in parola (pubblicato in Gazz. Uff., 7 giugno 2017, n. 130) reca "Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), l) m), n), o), q), r), s) e z), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche". Nello specifico, l'art. 20 reca la disciplina per il superamento del precariato nelle pubbliche amministrazioni. Il comma 2, nella versione ratione temporis applicabile alla fattispecie all'esame, prevede(va) che "Nello stesso triennio 2018-2020, le amministrazioni, possono bandire, in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni di cui all'articolo 6, comma 2, e ferma restando la garanzia dell'adeguato accesso dall'esterno, previa indicazione della relativa copertura finanziaria, procedure concorsuali riservate, in misura non superiore al cinquanta per cento dei posti disponibili, al personale non dirigenziale che possegga tutti i seguenti requisiti: a) risulti titolare, successivamente alla data di entrata in vigore della legge n. 124 del 2015 (28/08/2015), di un contratto di lavoro flessibile presso l'amministrazione che bandisce il concorso; b) abbia maturato, alla data del 31 dicembre 2017, almeno tre anni di contratto, anche non continuativi, negli ultimi otto anni, presso l'amministrazione che bandisce il concorso". Il bando di concorso ha previsto che i candidati debbano possedere, ai fini dell'ammissione al concorso, i seguenti requisiti speciali: "a) titolarità, successivamente alla data del 28 agosto 2015 (data di entrata in vigore della legge n. 124 del 2015), di un contratto di lavoro flessibile presso il CNR; b) aver maturato presso il CNR o presso altri Enti ed Istituzioni di Ricerca almeno 3 anni di contratto, anche non continuativi e di diverse tipologie, purché riferibili ad attività svolte o riconducibili alla medesima area o categoria professionale, nell'arco temporale ricompreso tra la data del 1 gennaio 2010 ed il 31 dicembre 2017; ". Ai sensi dell'art. 20, comma 12, del medesimo decreto legislativo n. 75 del 2017, si è previsto, inoltre, che "Ai fini delle assunzioni di cui al comma 1, ha priorità il personale in servizio alla data di entrata in vigore del presente decreto". Infine, il quadro giuridico di riferimento è completato dalle circolari emanate dal Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione, in materia di "Indirizzi operativi in materia di valorizzazione dell'esperienza professionale del personale con contratto di lavoro flessibile e superamento del precariato". In particolare, la circolare n. 3/2017, con specifico riguardo agli Enti Pubblici di Ricerca, stabilisce al punto 3.2.7 che: "Per il personale degli enti pubblici di ricerca, di cui al decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 218, i commi 1 e 2 dell'articolo 20 si applicano con le specificità che seguono: - considerare, ai fini della definizione del fabbisogno, la disciplina prevista dal citato d.lgs. 218/2016; - con riferimento al personale finanziato dal fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca (quindi gli enti di ricerca sottoposti alla vigilanza del MIUR), il requisito del periodo di tre anni di lavoro negli ultimi otto anni, previsto dall'articolo 20, commi 1 lettera c) e 2, lettera b), può essere conseguito anche con attività svolta presso diversi enti e istituzioni di ricerca; - l'ampio riferimento alle varie tipologie di contratti di lavoro flessibile, di cui all'articolo 20, comma 2, può ricomprendere i contratti di collaborazione coordinata e continuativa e anche i contratti degli assegnisti di ricerca; - non si applica il divieto di instaurare nuovi rapporti di lavoro flessibile di cui all'articolo 20, comma 5, purché siano rispettati i vincoli finanziari previsti dalla normativa vigente". 10. Sulla base di queste circostanze di fatto e di diritto, la Sezione ritiene che, a prescindere dalla questione concernente la natura del compenso percepito a titolo di assegno di ricerca (ovverossia, se prevalga l'aspetto formativo della borsa di studio o, piuttosto, quello retributivo in ragione della continuità e del coordinamento dell'attività di ricerca svolta), l'elemento decisivo ai fini del decidere riposi sulla natura giuridica del soggetto che indice la procedura di stabilizzazione. In particolare, la Sezione ribadisce il principio generale secondo cui l'esperienza maturata nell'ambito di una fondazione di diritto provato possa senz'altro essere valutata sotto il profilo scientifico ed essere adeguatamente valorizzata in bandi pubblici "aperti", tuttavia la medesima esperienza non può essere considerata ex sé, in assenza di una espressa previsione normativa che direttamente la riguardi, "precariato" valido ai fini delle procedure "riservate", poste in essere dall'Ente (in questo caso, il CNR) per stabilizzare i propri precari, alle quali il bando de quo fa precisamente riferimento. Le fondazioni sono assoggettate ad un regime giuridico di diritto privato, essendo le stesse gestite secondo i principi dell'attività lavorativa alle dipendenze dei privati, e non sulla base del T.U. sul pubblico impiego. La collaborazione svolta dalla ricorrente con la Fondazione San Marco non può considerarsi, dunque, attività lavorativa utile ai fini del possesso del requisito di ammissione di cui all'art. 2, comma 1, lett. b) del bando, in quanto non è verificata la condizione della stabilizzazione del precariato nel pubblico impiego, subordinatamente alla quale è consentita l'indizione delle procedure a carattere riservato di cui al decreto legislativo n. 75 del 2017 (in particolare, l'art. 20, commi 1 e 2). L'esegesi in commento è avvalorata anche dalla natura giuridica dei fondi pubblici impiegati per la realizzazione delle stabilizzazioni: in particolare, si tratta di fondi a bilancio vincolati, destinati specificamente al CNR per stabilizzare il proprio personale con una lunga storia di precariato, o comunque in servizio presso il CNR stesso. La clausola del bando di concorso, nella parte in cui prevede che l'attività possa essere prestata presso "altri enti ed istituzioni di ricerca", non può essere interpretata nel senso prospettato dalla ricorrente, ovverossia nel senso che, siccome la previsione non reca specificazioni di sorta sulla natura (pubblica o privata) dei soggetti che indicono le procedure di stabilizzazione, allora ciò significa, necessariamente, che sia irrilevante il requisito soggettivo. Piuttosto, è vero esattamente il contrario, ossia che la lex specialis non ha previsto, quale atto di autovincolo amministrativo, la possibilità che l'ente che bandisce la procedura possa avere natura privatistica, sicché la previsione che concerne i requisiti di ammissione, in ossequio al principio di legalità, non può che essere interpretate in senso conforme alla legge. Nello specifico, la legge prevede testualmente che "Nello stesso triennio 2018-2020, le amministrazioni, possono bandire, in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni di cui all'articolo 6, comma 2, e ferma restando la garanzia dell'adeguato accesso dall'esterno, previa indicazione della relativa copertura finanziaria, procedure concorsuali riservate, in misura non superiore al cinquanta per cento dei posti disponibili, al personale non dirigenziale che possegga tutti i seguenti requisiti: a) risulti titolare, successivamente alla data di entrata in vigore della legge n. 124 del 2015 (28/08/2015), di un contratto di lavoro flessibile presso l'amministrazione che bandisce il concorso; b) abbia maturato, alla data del 31 dicembre 2017, almeno tre anni di contratto, anche non continuativi, negli ultimi otto anni, presso l'amministrazione che bandisce il concorso" (art. 20, comma 2, del decreto legislativo n. 75 del 2017). La legge menziona soggettivamente soltanto "l'amministrazione che bandisce il concorso", ossia, nella specie, il CNR, ed è in questa prospettiva esegetica che va certamente letto ed interpretato il bando di gara. La fattispecie all'esame non rientra, invece, nel raggio di applicazione dei commi 10 e 11 del decreto legislativo n. 75/2017, in quanto trattasi di norme testualmente afferenti al personale del Servizio sanitario nazionale, per le quali vigono, dunque, regole diverse, espressamente previste dal legislatore statale. In particolare, il comma 11 prevede che "Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano al personale, dirigenziale e no, di cui al comma 10, nonché al personale delle amministrazioni finanziate dal Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca, anche ove lo stesso abbia maturato il periodo di tre anni di lavoro negli ultimi otto anni rispettivamente presso diverse amministrazioni del Servizio sanitario nazionale o presso diversi enti e istituzioni di ricerca". Ciò comprova, ulteriormente, che ove il legislatore ha voluto allargare la platea soggettiva ai "diversi enti e istituzioni di ricerca", lo ha espressamente previsto. Se, dunque, il ridetto allargamento è stato contemplato per il servizio sanitario nazionale, e non per il CNR, ciò significa che non si tratta di una lacuna colmabile in via esegetica, ma della volontà del legislatore appositamente espressasi in tal senso. 11. Infine, la Sezione non rileva criticità nei confronti della norma primaria in questione rispetto ai parametri di legittimità evocati dalla ricorrente, sia sul piano costituzionale interno, sia rispetto al diritto europeo. In particolare, la Sezione non ravvisa dubbi di legittimità costituzionale o di difformità rispetto al diritto dell'Unione, atteso che: rispetto alla prima questione, non ricorre il necessario presupposto della non manifesta infondatezza della questione, perché anzi la destinazione di fondi pubblici a specifiche procedure riservate per la stabilizzazione del precariato storico della pubblica amministrazione non preclude l'indizione e la conseguente partecipazione a procedure aperte, che hanno tutt'altra logica giuridica, sicché, in definitiva, la differenziazione non rappresenta una disparità di trattamento, ma una diversa, ragionevole, qualificazione di situazioni giuridiche differenti. Rispetto, invece, al parametro europeo, la ricorrente evoca l'applicazione della carta dei diritti del ricercatore genericamente, senza chiarire quale sarebbe il parametro, il principio o la norma europea violata, e soprattutto senza chiarire il necessario nesso di inferenza fra la normativa generale sulla figura del ricercatore, che ha uno specifico ambito soggettivo e oggettivo di efficacia, e la natura riservata di questa particolare procedura di stabilizzazione, che ha ad oggetto, si ripete, il solo precariato pubblico, ossia il precariato assoggettato allo statuto del pubblico impiego privatizzato, e fermo restando che rimangono ammesse e consentite diverse procedure di inquadramento nel CNR, aperte e non finanziate con specifici fondi. 12. La Sezione, infine, richiama anche ai sensi degli artt. 74, comma 1 e 88, comma 2, lett. d), cod. proc. amm., la sentenza n. 6941 dell'11 novembre 2020, di questo Consiglio di Stato, che decidendo una fattispecie similare (in quel caso si trattava di esperienza svoltasi presso una istituzione estera), ha argomentato che "Non coglie nel segno pertanto, l'interpretazione offerta dal primo giudice, neanche sul versante europeo in relazione al richiamo alla raccomandazione 2005/251/CE della Commissione dell'11 marzo 2005, dal momento che la lettura fattane ha messo in evidenza solo alcuni dei fondamenti del citato atto comunitario. In primo luogo va ricordato che la raccomandazione, infatti, è un atto giuridico che si caratterizza per essere non obbligatorio e non può far sorgere effetti vincolanti o diritti azionabili dai singoli innanzi ad un giudice nazionale, ma va presa in considerazione dal giudice per risolvere una controversia in particolare quando si tratti di interpretazione di norme nazionali adottate allo scopo di garantire l'attuazione di norme unionali o quando la raccomandazione abbia lo scopo di completare norme dell'Unione Europea aventi natura vincolante (Corte Giustizia 13 dicembre 1989 Grimaldi, C-322/88; Corte di Giustizia UE 18 marzo 2010 Alassini, C- 317/08 e C- 320/08). In secondo luogo che l'atto da interpretare nella specie è una norma interna, che non ha lo specifico scopo di attuare una norma unionale ma piuttosto - all'art. 20 comma 1 - quello di riassorbire il precariato con un concorso straordinario, trovando un punto di equilibrio fra le limitate risorse finanziarie nazionali e l'esigenza di evitare contratti a termine ultratriennali (obiettivo rilevante ma rimesso al legislatore nazionale in relazione alla complessità dei processi di riassorbimento del precariato; tale obiettivo è rilevante per il legislatore nazionale alla luce della sentenza Mascolo Corte giust.Ue, III Sezione, sentenza 26 novembre 2014, in cause riunite C-22/13, C-61/13, C-62/13 e C-418/13 Mascolo, Forni, Racca, Napolitano ed altri contro Miur, nonché C-63/13 Russo contro Comune di Napoli, con l'intervento di Cgil, Flc-Cgil e Gilda-Unams nella causa Racca C-63/13 come interpretata da Corte Cost. n. 187 del 2016) e - all'art. 20 comma 2 - di disporre una selezione mediante concorso riservato a determinate categorie di personale) quindi un obiettivo solo e puramente nazionale e conforme alla giurisprudenza del giudice delle leggi sui concorsi riservati. Nella specie il concorso per cui è processo è la selezione di cui all'art. 20 comma 2 (concorso riservato su base giuridica esclusivamente interna). Tale concorso di cui all'art. 20 comma 2 non esaurisce i posti disponibili e non esclude la possibilità di valorizzare le esperienze estere in concorsi aperti, ma, avendo lo scopo di valorizzare le risorse interne alle amministrazioni di ricerca finanziate dallo Stato italiano, ben può sagomare i requisiti di accesso - senza alcuna discriminazione sulla base della nazionalità del partecipante rilevante ai sensi dell'art. 45 del TFUE - con riferimento al servizio prestato in enti e istituti di ricerca finanziati dal fondo ordinario del bilancio pubblico italiano che peraltro è impegnato anche per il perseguimento di obiettivi europei come l'IA (intelligenza artificiale) o altri progetti internazionali e quindi è a sua volta connotato dall'apertura unionale. Su queste premesse va affrontato il tema della rilevanza della Carta dei Ricercatori, che pur raccomandando agli Stati membri il rispetto dei diritti sociali e previdenziali del personale che abbia prestato opera in più Stati membri e, per quanto qui interessa, l'adozione di procedure di reclutamento aperte trasparenti e non discriminatorie, al considerando 16 afferma di partire dal principio che i datori di lavoro o i finanziatori dei ricercatori hanno l'obbligo assoluto di garantire il rispetto dei requisiti della normativa nazionale, regionale o settoriale pertinente e che la recezione dei principi della Carta deve avvenire su base volontaria. Ed al considerando n. 8 secondo il quale alla fine la Carta pone un obiettivo politico e non giuridico: "L'obiettivo politico finale della presente raccomandazione è contribuire allo sviluppo di un mercato europeo del lavoro attrattivo, aperto e sostenibile per i ricercatori, in cui le condizioni di base consentano di assumere e trattenere ricercatori di elevata qualità in ambienti veramente favorevoli alle prestazioni e alla produttività ", alla luce del quale risulta del tutto legittima, anche se andrebbe il più possibile tendenzialmente limitata, la scelta del legislatore nazionale di valorizzare l'esperienza professionale svolta all'interno del circuito di ricerca nazionale per il superamento di un poco produttivo fenomeno di precariato. Né in senso opposto può utilmente invocarsi il richiamo ad una mobilità da assicurarsi nei sistemi di valutazione della carriera e di avanzamento professionale dei ricercatori, dal momento che la disciplina in questione non prevedendo una procedura comparativa di tipo concorsuale aperta non misconosce l'attività di ricerca svolta all'estero, ma si occupa (ed ha l'obiettivo di porvi rimedio) del diverso fenomeno del precariato a tempo indeterminato che impedisce che i ricercatori vengano trattati come professionisti e considerati parte integrante delle istituzioni in cui lavorano. Naturalmente occorre sempre adottare una lettura anche diacronica delle procedure di reclutamento per evitare che si generalizzino forme di negazione di fatto dei principi della Carta che, tuttavia, ben possono, in una certa misura, autorizzano - se adeguatamente circoscritte - una compatibilizzazione con esigenze organizzative dell'amministrazione volte a privilegiare le risorse interne (in caso contrario i concorsi riservati - pur autorizzati dal giudice delle leggi in misura circoscritta - sarebbero impossibili da svolgersi) . 13. In definitiva, l'appello deve essere accolto e, in riforma della sentenza di primo grado, devono essere respinti il ricorso introduttivo del giudizio e i motivi aggiunti. 14. Le spese del doppio grado di giudizio sono compensate, in considerazione della novità della questione trattata. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Settima, definitivamente pronunciando sull'appello n. 8113 del 2021, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, in riforma della sentenza di primo grado, respinge il ricorso introduttivo del giudizio e i motivi aggiunti. Compensa le spese del doppio grado del giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 maggio 2022 con l'intervento dei magistrati: Marco Lipari - Presidente Fabio Franconiero - Consigliere Daniela Di Carlo - Consigliere, Estensore Sergio Zeuli - Consigliere Laura Marzano - Consigliere

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Prima Quater ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 9554 del 2020, proposto da He. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ca. Ce., Ca. Ra., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio avv. Ca. Ce. in Roma, piazza (...); contro Agenzia Nazionale per l'Attrazione degli Investimenti e lo Sviluppo d'Impresa S.p.A. - Invitalia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Gi. Fr. Fe., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico ex art. 25 cpa eletto presso lo studio dello stesso in Roma, via (...); Commissario Straordinario per l'Attuazione e il Coordinamento delle Misure di Contenimento e Contrasto dell'emergenza epidemiologica Covid 19, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (...); nei confronti Bi. S.r.l., Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, non costituiti in giudizio; per l'annullamento, previa sospensiva, - del provvedimento di Invitalia S.p.a. avente ad oggetto "Agevolazioni ex Ordinanza Commissario Straordinario per l'attrazione delle misure occorrenti per il contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica COVID-19 ex art. 5 DL 17 marzo 2020 - CIT0000663 - He. Srl - Comunicazione non ammissione", comunicata alla ricorrente via pec in data 26.5.2020; - ove occorrer possa, del comunicato finale, eventualmente assunto da Invitalia, con cui si dichiara chiusa la procedura di sportello per esaurimento dei fondi disponibili per la concessione delle relative agevolazioni; - di ogni eventuale ulteriore atto presupposto, connesso e/o conseguente; nonche´ per l'accertamento e la dichiarazione dell'insussistenza dei presupposti per la declaratoria di non ammissione della Societa` ricorrente all'agevolazione di cui all'art. 5 D.L. 17 marzo 2020 n. 18, conv. L. 24 aprile 2020 n. 27, a seguito della valutazione svolta da Invitalia sulla base di quanto previsto dall'Ordinanza n. 4/2020, in data 23 marzo 2020, del Commissario Straordinario per l'emergenza Covid-19 e della sussistenza dei requisiti e dei presupposti affinche´ la Ricorrente possa essere considerata quale soggetto ammissibile alla fruizione di dette agevolazioni, con conseguente illegittimita` della condotta dell'Amministrazione resistente nella parte in cui ha assunto le determinazioni di cui agli atti gravati. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio dell'Agenzia Nazionale per l'Attrazione degli Investimenti e lo Sviluppo d'Impresa S.p.A. - Invitalia e del Commissario Straordinario per l'Attuazione e il Coordinamento delle Misure di Contenimento e Contrasto dell'emergenza epidemiologica Covid 19; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 marzo 2022 il Cons.Mariangela Caminiti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO 1.La società He. s.r.l. relativamente al ricorso già proposto al Tar Lombardia, Milano avverso gli atti indicati in epigrafe, ha proposto atto di riassunzione ex art. 16, comma 3 cpa a seguito di regolamento di competenza e di dichiarazione di competenza funzionale del Tar per il Lazio da parte del Consiglio di Stato con ordinanza n. 6782/2020. La società ricorrente qualificata quale start up innovativa (ex art. 4, c.10 bis, del d.l.n. 3/2015, conv. legge n. 33/2015) riferisce di produrre e commercializzare dispositivi medici (anche con brevetti) per effettuare un check-up della salute in autonomia nonché monitorare lo stato di salute del paziente e di aver ottenuto diversi riconoscimenti anche da parte della comunità scientifica di riferimento. Espone che anche in ragione delle risposte avute dal mercato, il codice Ateco originariamente assegnato quale attività principale relativo alla "produzione software" è stato modificato in quanto non più corrispondente all'attività in concreto svolta, con domanda di variazione presentata alla Camera di commercio in data 15.4.2020 (dichiarando di aver iniziato dal 20.3.2020 l'attività di fabbricazione di apparecchi e strumenti per odontoiatria e apparecchi medicali, risultando invece secondaria l'attività di produzione software). Il Commissario straordinario per l'Emergenza Covid-19 ha emanato, in data 23.3.2020, l'Ordinanza n. 4/2020 (pubblicata sulla GU n. 78 del 24-3-2020) con la quale sono state disciplinate le modalità per l'erogazione di contributi ex art. 5 del d.l. n. 18 del 2020, per fronteggiare l'epidemia da Covid-19 con finanziamenti a fondo perduto e in conto gestione, nonché finanziamenti agevolati per assicurare la produzione e la fornitura di dispositivi medici e dispositivi di protezione individuale, con stanziamento inizialmente previsto in 50 milioni di euro. La predetta Ordinanza ha previsto la concessione delle agevolazioni di cui al citato art. 5 d.l.n. 18/2020 in relazione a progetti di investimento, di misura variabile tra i 200.000 euro e i 2 milioni di euro, volti ad ampliare e/o riconvertire l'attività imprenditoriale finalizzandola alla produzione di dispositivi medici e/o di dispositivi di protezione individuale, con una procedura valutativa c.d. "a sportello". He. s.r.l. in data 27.4.2020 ha presentato domanda per l'ottenimento di dette agevolazioni relativamente all'ampliamento della propria unità produttiva esistente, già adibita alla produzione di dispositivi medici, sita nel Comune di Pieve Emanuele in via Sardegna 25, mediante l'acquisizione di tre macchinari necessari per la produzione di maschere facciali ad uso medico, per la copertura di bocca e naso per minimizzare la trasmissione diretta di agenti infettivi tra il personale medico e i pazienti, previo adeguamento strutturale degli spazi destinati alla produzione. Quanto alle tempistiche di realizzazione dell'intervento, nella domanda presentata è stato precisato che: • i macchinari erano stati ordinati in Cina in data successiva al 17 marzo 2020; • che l'arrivo del primo macchinario era previsto entro la fine del mese di aprile 2020; quello del secondo macchinario entro i primi quindici giorni del mese di maggio 2020 e quello del terzo macchinario entro la fine del mese di maggio 2020. In data 5.5.2020, nell'ambito del procedimento di istruttoria e di valutazione della domanda presentata, He. s.r.l. ha ricevuto la comunicazione ex art. 10- bis L. n. 241/90, contenente i motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza e l'assegnazione di un termine di 10 giorni per la presentazione di osservazioni e produzioni documentali. In particolare Invitalia ha sollevato criticità sul criterio (art. 9, comma 2, lett.a) dell'Ordinanza n. 4/2020 riguardante la credibilità del soggetto in termini di adeguatezza e coerenza rispetto al progetto proposto "in considerazione dell'attività svolta sino ad oggi dalla proponente, attinente ad un campo differente rispetto a quello in cui intende andare ad inserirsi", non risultando documentato il possesso di esperienze e competenze nel settore; sul criterio di valutazione di cui all'art. 9, comma, lett. b) riguardo alla fattibilità tecnica del programma, non risultando documentata idoneamente la tempistica per la realizzazione dell'investimento (data inizio 8.4.2020, conclusione 20.5.2020), mancando la prova delle spese previste dal piano investimenti, tanto da impedire la possibilità di asseverare il rispetto del termine concesso dall'Ordinanza commissariale, ossia il 31.12.2020; inoltre non sarebbero state fornite le indicazioni sulla tempistica per l'ottenimento dei certificati di conformità del prodotto agli standard previsti dalla normativa vigente, non consentendo di asseverare il raggiungimento degli obiettivi entro 31.12.2020. La società ha inviato le osservazioni volte a contestare i rilievi posti da Invitalia, la quale ha chiesto per le vie brevi l'invio di ulteriori documenti necessari per l'approvazione della domanda i quali sono stati inviati in data 19.5.2020. In seguito Invitalia con provvedimento 26 maggio 2020 ha disposto la non ammissione della società alle agevolazioni in questione, ritenendo che le osservazioni presentate dalla stessa non idonee a superare i motivi ostativi contestati. 1.1. Avverso il suddetto provvedimento la società ha proposto ricorso censurando i seguenti motivi: I.- VIOLAZIONE ART.9 DELL'ORDINANZA DEL COMMISSARIO STRAORDINARIO PER L'EMERGENZA COVID-19 E DELLA "NOTA METODOLOGICA DI VALUTAZIONE DEI PROGRAMMI DI INVESTIMENTO", QUANTO AL SUB-CRITERIO DI VALUTAZIONE A) "CREDIBILITÀ DEL SOGGETTO PROPONENTE IN TERMINI DI ADEGUATEZZA E COERENZA RISPETTO AL PROGETTO PROPOSTO". DIFETTO DI ISTRUTTORIA, ANCHE PER DISPARITA' DI TRATTAMENTO. ECCESSO DI POTERE PER TRAVISAMENTO DEI PRESUPPOSTI. MOTIVAZIONE ERRONEA E CARENTE. ILLOGICITA' MANIFESTA. VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI TASSATIVITA' DELLE CAUSE DI ESCLUSIONE. VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI BUONA FEDE E DI LEGITTIMO AFFIDAMENTO DEL PRIVATO: la valutazione di Invitalia sarebbe stata assunta in violazione di quanto previsto dall'Ordinanza n. 4/2020 cit., nonché dal documento "Nota Metodologica di Valutazione dei Programmi di Investimento" (di seguito anche solo la Nota Metodologica) in ordine alla valutazione del criterio della "credibilità e affidabilità del soggetto proponente" e, comunque, a fronte di un'istruttoria carente e fondata su fatti erronei e/o travisati. Dalle sopra citate disposizioni emergerebbe, nel caso di attività svolte nel medesimo settore o in settori affini a quello del programma oggetto di domanda, la derivante automatica valutazione positiva in ordine alla credibilità del proponente dallo svolgere l'attività nel medesimo settore o in settori affini, invece nel caso in attività svolta in un settore diverso sarebbe necessario un approfondimento istruttorio e, quindi, una valutazione circa le esperienze e il know-how del proponente in modo da garantire. comunque, il raggiungimento degli obiettivi del programma presentato. He. s.r.l. - al momento della presentazione della domanda avvenuta in data 27 aprile 2020 - già svolgeva la sua attività nel medesimo settore, quello di produzione dei dispositivi medici, del programma oggetto di agevolazione. Infatti, il Codice ATECO 32.50.12 assegnato alla ricorrente - a far data dal 20 marzo 2020 - sarebbe corrispondente all'attività di "Fabbricazione di apparecchi e strumenti per odontoiatria e di apparecchi medicali (incluse parti staccate e accessori)", ricomprendendo anche la "produzione di mascherine chirurgiche e/o dispositivi di protezione individuale". Invitalia nel rispetto dell'Ordinanza n. 4/2020 e della Nota Metodologica vincolanti non avrebbe dovuto svolgere alcuna ulteriore attività istruttoria e/o valutativa in ordine all'adeguatezza e alla credibilità del soggetto proponente, atteso che, ai fini della valutazione positiva relativa a detto sub-criterio: * sarebbe comunque sufficiente lo svolgimento dell'attività nel medesimo settore dell'attività del programma oggetto di agevolazione; * tale dato sarebbe ricompreso nel codice Ateco della sua attività indicato nella domanda; * con conseguente attribuzione del giudizio di "credibilità adeguata" ai fini dell'ammissibilità al godimento delle agevolazioni in questione e, comunque, possesso del know-how necessario per realizzare il programma oggetto della domanda di agevolazione. Peraltro in base alla Nota metodologica "nel caso di aziende appartenenti a settori differenti rispetto a quello di interesse del progetto presentato, l'analisi istruttoria verterà sull'effettiva affinità settoriale" svolta e descritta e sullo specifico codice Ateco di appartenenza. L'illegittimità e l'illogicità dell'istruttoria condotta da Invitalia emergerebbe anche dall'analisi dell'elenco delle imprese che hanno ottenuto l'agevolazione pubblicato sul sito istituzionale dell'Ente, risultando ricomprese anche imprese non produttive, già solo dalla denominazione, di dispositivi medici e/o prodotti attinenti a settori affini a quelli oggetto di finanziamento, le quali, tuttavia, sarebbero state comunque ammesse all'agevolazione. II.- VIOLAZIONE ART.9 DELL'ORDINANZA DEL COMMISSARIO STRAORDINARIO PER L'EMERGENZA COVID-19 E DELLA "NOTA METODOLOGICA DI VALUTAZIONE DEI PROGRAMMI DI INVESTIMENTO" QUANTO AL SUB-CRITERIO DI VALUTAZIONE B) "FATTIBILITÀ TECNICA DEL PROGRAMMA, INTESA COME CAPACITÀ DEL PROGRAMMA PROPOSTO DI DETERMINARE UN INCREMENTO DELLA PRODUZIONE, A SEGUITO DEL COMPLETAMENTO DEL PIANO DEGLI INVESTIMENTI E CREDIBILITÀ DEL CRONOPROGRAMMA DEGLI INVESTIMENTI". DIFETTO DI ISTRUTTORIA. ECCESSO DI POTERE PER TRAVISAMENTO DEI PRESUPPOSTI. MOTIVAZIONE ERRONEA E CARENTE. ILLOGICITA' MANIFESTA: nella motivazione del provvedimento impugnato è affermato che le osservazioni presentate non sarebbero idonee a superare le criticità evidenziate e relative "al raggiungimento degli obiettivi previsti dal programma d'investimento". Ove tale assunto non sarebbe riferito alle criticità evidenziate con riguardo al criterio di valutazione sub a) ma a quello sub b), la conclusione di Invitalia sarebbe comunque illegittima e affetta da vizio istruttorio, atteso che He. s.r.l. avrebbe fornito in sede procedimentale tutti gli elementi necessari a comprovare la possibilità per la stessa di porre in essere e completare il piano degli investimenti nei tempi massimi previsti dall'Ordinanza n. 4/2020 (opere murarie in corso di realizzazione e macchinari già ordinati, allegazione delle copie d'ordine e bonifici effettuati). Per la tempistica per l'ottenimento delle autorizzazioni per l'immissione in commercio dei DPI, con l'allegazione del cronoprogramma delle ulteriori autorizzazioni e passaggi da svolgere per la commercializzazione di detti prodotti, risulterebbe indicata la data del 3.7.2020 quale data per l'"ottenimento marcatura CE MioID face mask", specificando la data del 31 luglio 2020, fino a quando il Governo avrebbe consentito la produzione, l'importazione e l'immissione in commercio di DPI e mascherine chirurgiche, in deroga alle normali disposizioni; peraltro la richiesta di cui alla Nota metodologica riguardo alla coerenza documentazione rispetto al raggiungimento degli obiettivi previsti e indicati nel piano di investimento, nella specie sarebbe stata rispettata. Pertanto la ricorrente ha chiesto l'accoglimento del ricorso e l'annullamento del provvedimento gravato, previa sospensione dell'efficacia dello stesso, con accertamento e dichiarazione della insussistenza dei presupposti per la declaratoria di non ammissione all'agevolazione incentivo di cui all'art. 5 D.L. n. 18/2020, conv. in L. 24/2020. 2. Il Commissario Straordinario per l'Attuazione e il Coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell'emergenza sanitaria e l'Agenzia Nazionale per l'Attrazione degli Investimenti e lo Sviluppo d'impresa s.p.a. - Invitalia si sono costituiti in giudizio in resistenza con comparse di stile. 3. Con successiva memoria Invitalia ha evidenziato l'esaurimento del plafond stanziato per i programmi di investimento in questione - concessi mediante una procedura valutativa "a sportello", in base all'ordine cronologico di presentazione delle domande a decorrere dal 26.3.2020 - con integrale assegnazione ai soggetti utilmente collocati nella graduatoria finale, come attestato dall'Ordinanza del Commissario Straordinario n. 16 del 14 luglio 2020, che ha disposto la "chiusura dello sportello Cura Italia" a partire dalla data di pubblicazione della stessa, avvenuta il successivo 15 luglio 2020. Dopo aver eccepito la incompetenza territoriale del Tar Lombardia in favore del Tar Lazio-Roma in relazione agli atti gravati "statali", Invitalia ha controdedotto alle censure di parte ricorrente attesa la correttezza della valutazione condotta dall'Agenzia in applicazione delle disposizioni di riferimento e degli approfondimenti istruttori, tenuto conto della valutazione insufficiente del requisito della credibilità con la verifica nel concreto dell'attività svolta non dovendosi limitare la valutazione alla mera individuazione del codice Ateco della società, come sostenuto dalla stessa. Dalla documentazione presentata dall'impresa l'attività svolta sino a quel momento sarebbe attinente ad un campo differente rispetto a quello oggetto del programma proposto (produzione di software per dispositivi medici); soltanto in data 20.3.2020 la società avrebbe avviato l'attività - secondaria - di fabbricazione di apparecchi e strumenti per odontoiatria e medicali (codice ATECO 32.50.12), non risultando attestate altresì le competenze ed esperienze sufficienti in relazione al progetto presentato (produzione di mascherine chirurgiche) né in capo ai soci né in capo al nuovo personale (cinque risorse) previsto per la realizzazione del programma (in assenza di dimostrazione anche di alcuna attività di tipo produttivo); peraltro il dispositivo "MioID" risulterebbe fabbricato da un soggetto terzo rispetto alla proponente, ovvero la Società Salusbanksystem Sagl e l'attività di He. s.r.l. al riguardo sarebbe esclusivamente di creazione del software. Con riferimento all'assetto organizzativo predisposto per la realizzazione dell'investimento proposto l'Agenzia ha rilevato che le dichiarazioni della proponente non sarebbero state accompagnate da documentazione di supporto attestante l'effettivo rapporto di collaborazione/assunzione con le risorse indicate. Con riferimento al criterio di valutazione sub B) con il preavviso di rigetto era stato rilevato come la documentazione trasmessa non consentisse di accertare il rispetto della tempistica di realizzazione dell'investimento, indicata dalla Società alla data del 20.5.2020; e ciò, con particolare riferimento all'espletamento dell'iter autorizzativo propedeutico alla produzione ed immissione in commercio dei dispositivi e alla realizzazione dell'intero investimento comprensivo di spese per opere murarie impianti/macchinari/attrezzature e programmi informatici. Tuttavia, ha osservato Invitalia che dopo le osservazioni trasmesse dalla ricorrente tali rilievi sarebbero superati e non avrebbero infatti costituito motivo di rigetto della domanda proposta, con conseguente inammissibilità delle censure non essendovi alcun diniego sul punto da poter contestare. 4. La società ricorrente con memoria depositata in data 1.12.2020 ha ulteriormente argomentato sulla propria posizione e sulla sussistenza al momento della presentazione della domanda avvenuta in data 27 aprile 2020 dei requisiti richiesti dalla Nota metodologica per ottenere un giudizio di credibilità adeguata in punto di forma (codice Ateco dell'attività svolta) e in punto di sostanza (la società preordinata alla fabbricazione, Salusbanksystem Sagl, del prodotto "MioID" sarebbe partecipata in via maggioritaria dai medesimi soci di He. s.r.l., con sostanziale unicità dell'assetto proprietario e della struttura direttiva). Peraltro la società avrebbe avviato la formazione del personale sulle specifiche tecniche e il funzionamento dei macchinari da utilizzare, come attestato anche dai report formativi aziendali, avendo altresì installato i macchinari secondo le tempistiche indicate nella domanda di concessione del finanziamento - già operativi dal mese di maggio - come risultante dai documenti e dalla bolle di consegna; dopo il parere favorevole dell'Istituto superiore di Sanità ha avviato la produzione di mascherine dal 20 maggio 2020 dotate di idonee certificazioni di qualità, ed ha insistito quindi per l'accoglimento dell'istanza cautelare. 5. Il Commissario Straordinario con memoria depositata in data 2.12.2020 si è opposto alle censure di parte ricorrente rilevando la correttezza della valutazione della domanda da parte di Invitalia a seguito di un percorso logico-tecnico coerente con i criteri di valutazione predisposti a monte dalla struttura commissariale ed ha concluso per la reiezione del ricorso, rilevando l'avvenuto esaurimento della totalità dei fondi stanziati dal Commissario straordinario. 6.Alla camera di consiglio del 4 dicembre 2020 l'istanza cautelare relativa alla causa è stata "cancellata dal ruolo" al fine della trattazione congiunta con altre cause pendenti sulla medesima procedura. 7. Con istanza parte ricorrente ha chiesto l'autorizzazione alla pubblicazione per pubblici proclami nei confronti di tutti i soggetti collocati in posizione potenzialmente deteriore rispetto alla società nella graduatoria formata da Invitalia per l'ammissione alle agevolazioni di cui all'Ordinanza n. 4/2020. Con decreto presidenziale n. 340 del 2021 parte ricorrente è stata autorizzata di procedere alla integrazione del contraddittorio avvalendosi della notifica per pubblici proclami mediante pubblicazione sul sito web della resistente Amministrazione del sunto del ricorso, secondo le modalità e termini ivi indicati. Tale adempimento di notifica è stato ritualmente eseguito da parte ricorrente. 8.Le parti hanno depositato memorie e repliche ed hanno insistito sulle rispettive posizioni difensive e conclusioni. 9. Con ordinanza n. 12815 del 2021 è stato assegnato alle parti ex art. 73, comma 3 cpa il termine per il deposito di memorie riguardo ai possibili profili di improcedibilità del gravame, rilevando che l'ordinanza n. 16/2020 riguardante la chiusura della procedura c.d. "a sportello" sarebbe impugnata con clausola di stile occorrente l'integrazione del contraddittorio nei confronti dei soggetti ammessi al beneficio. 10.Invitalia ha depositato memoria ex art. 73, cpa con la quale ha rilevato la impossibilità di ammissioni con riserva delle società escluse in ragione dell'esaurimento della dotazione finanziaria e della tipologia di procedura valutativa per accedere alla misura incentivante adottata, trattandosi di risorse contingentate. In ogni caso ha rilevato che seppur elemento emerso successivamente alla comunicazione dei motivi ostativi, in ragione delle controdeduzioni trasmesse e come tale, allo stato, non motivo di rigetto dell'istanza di agevolazioni, il mancato avvio da parte della società proponente di un'attività di tipo produttivo, anche solo di tipo prototipale e/o di test, in una data antecedente alla presentazione della domanda, non consentirebbe comunque di attestare il rispetto dei requisiti di ammissibilità di cui all'art. 5, comma 1, ordinanza n. 4/2020 e dunque di ammettere l'impresa alle agevolazioni chieste. La ricorrente non risulterebbe aver svolto attività di tipo produttivo non essendo stata fornita documentazione in tal senso ed ha concluso per la reiezione del ricorso. 11.La società ricorrente ha prodotto memoria con la quale evidenziando la persistente sussistenza dell'interesse della stessa alla decisione del ricorso, ha escluso i dubbi di profili di improcedibilità del gravame proposto soltanto avverso il provvedimento d'esclusione e non anche avverso il provvedimento di chiusura dello sportello, attesa la particolare natura della procedura c.d. "a sportello" per la quale l'interesse del partecipante sarebbe quello di essere inserito all'interno dell'elenco o della graduatoria finale di assegnazione delle agevolazioni, avente valenza squisitamente ricognitiva, interesse soprattutto evidente di presentare la richiesta di agevolazione in tempo utile per collocarsi cronologicamente prima rispetto agli altri operatori economici, come anche stabilito dalla giurisprudenza, con derivante non necessità della impugnazione dell'approvazione dell'elenco definitivo a seguito della chiusura della procedura c.d."a sportello": nella specie l'unico provvedimento lesivo sarebbe la esclusione dalla procedura, fermo restando anche l'interesse residuale ad una pronuncia ai fini risarcitori, tenuto conto dell'autonomia della domanda risarcitoria ex art. 30 c.p.a.; indi ha concluso per l'accoglimento della domande già rassegnate. Alla udienza pubblica del 15 marzo 2022 la causa è stata trattenuta in decisione. DIRITTO 1.Oggetto del giudizio è il provvedimento di non ammissione della società ricorrente alle agevolazioni consistenti nei "finanziamenti mediante contributi a fondo perduto e in conto gestione, nonché finanziamenti agevolati" per assicurare la produzione e la fornitura di dispositivi medici e dispositivi di protezione individuale quale misura posta in essere dal Governo (ex art. 5, D.L. n. 18/2020, conv. L. n. 27/2020), tramite autorizzazione al Commissario Straordinario, per fronteggiare l'epidemia da Covid-19. Il progetto presentato dalla società proponente non è stato ammesso non risultando rispettati: - il Criterio di valutazione A, "Credibilità del soggetto proponente in termini di adeguatezza e coerenza rispetto al progetto proposto"; - il Criterio di valutazione B, "Fattibilità tecnica del programma, intesa come capacità del programma proposto di determinare un incremento della produzione, a seguito del completamento del piano degli investimenti e credibilità del cronoprogramma degli investimenti". 1.1. Preliminarmente riguardo all'eccezione di improcedibilità della domanda per la mancata impugnazione dell'ordinanza n. 16/2020, intervenuta nelle more del giudizio, e per la necessaria integrazione del contraddittorio nei confronti dei soggetti effettivamente ammessi all'agevolazione, rileva il Collegio che per la procedura in questione definita "a sportello" è prevista la valutazione delle domande effettuata in base all'ordine cronologico di presentazione delle stesse. L'art. 8 della Ordinanza n. 4/2020 dispone che "1. Le agevolazioni di cui alla presente ordinanza sono concesse mediante una procedura valutativa 'a sportellò . La valutazione delle domande è effettuata in base all'ordine cronologico di presentazione delle stesse". La procedura valutativa c.d. "a sportello", come disciplinata dall'art. 5, comma 3 del d.lgs. n. 123/1998, prevede che le domande di ottenimento delle agevolazioni sono registrate e valutate in base all'ordine cronologico di presentazione. Le risorse sono, quindi, assegnate alle domande valutate positivamente sulla base dell'ordine cronologico di presentazione e fino ad esaurimento dei fondi disponibili. Tale procedura è caratterizzata da modalità di selezione delle domande/progetto scandite da più fasi (presentazione del progetto, istruttoria, attribuzione punteggio, ammissione beneficio, disponibilità finanziaria) che sono congegnate in modo tale che non si configurano controinteressati in senso tecnico, in quanto la mancata concessione del contributo all'impresa selezionata non fa scorrere la graduatoria alla prima impresa esclusa. Nella specie la procedura ha previsto un separato elenco delle imprese ammesse al beneficio, pubblicato sul sito di Invitalia allo specifico link, in costante aggiornamento in base alla verifica dell'Ente e l'Ordinanza n. 16 del 14 luglio 2020, come si evince dal suo contenuto, ha disposto soltanto la chiusura dello sportello "CuraItalia" per la presentazione delle domande di agevolazione in questione a partire dalla data di pubblicazione della stessa Ordinanza n. 16/2020, e ciò a seguito della dichiarata circostanza del superamento del fabbisogno finanziario derivante dalle domande presentate sulla dotazione finanziaria prefissata; tale Ordinanza in particolare non ha approvato alcuna graduatoria o elenco né ha fatto riferimento a ciò, potendosi ritenere quindi procedibile la domanda di annullamento avanzata con il ricorso proposto soltanto avverso il provvedimento d'esclusione e non anche avverso il provvedimento di chiusura dello sportello (tenuto conto, peraltro, che a seguito di autorizzazione parte ricorrente ha provveduto ad effettuare l'integrazione del contraddittorio con la modalità dei pubblici proclami con pubblicazione sul sito istituzionale dell'Ente degli atti del gravame). 2.Tanto premesso il ricorso è comunque infondato per le seguenti ragioni. 2.1. Con il primo motivo la ricorrente ha censurato la violazione dell'art. 9 dell'Ordinanza n. 4/2020 del Commissario straordinario e della Nota Metodologica di Valutazione, oltre il difetto di istruttoria e la disparità di trattamento. Secondo la società l'istruttoria sarebbe carente e travisata nel presupposto in quanto ai fini della valutazione del criterio di credibilità e affidabilità del proponente Invitalia avrebbe dovuto considerare la sussistenza al momento della presentazione della domanda (27 aprile 2020) del profilo della credibilità adeguata trattandosi di domanda presentata da azienda appartenente al medesimo settore o affine a quello del programma, avuto riguardo al codice Ateco corrispondente, modificato dalla ricorrente con domanda presso la CCIA in data 15.4.2020, attesa anche la produzione del prodotto "Mio ID" con titolarità di brevetto da parte di società preordinata alla fabbricazione, partecipata in via maggioritaria dai medesimi soci della ricorrente. Tali argomentazioni non sono condivisibili. L'art. 9 dell'Ordinanza commissariale n. 4/2020 ((Valutazione istruttoria) prescrive che: "L'Agenzia procede all'istruttoria delle domande di agevolazioni sulla base della documentazione presentata dall'impresa richiedente, verificando, in particolare, la coerenza della documentazione pervenuta e l'adeguatezza del programma rispetto agli obiettivi del decreto-legge. 2. L'Agenzia, in particolare: a) verifica la sussistenza delle condizioni per la concessione delle agevolazioni, ivi inclusa la completezza e la regolarità della documentazione presentata nonché l'ammissibilità delle spese esposte, determinando l'importo delle agevolazioni concedibili; b) accerta la validità tecnico-economica e finanziaria del programma secondo i seguenti elementi: 1. Credibilità del soggetto proponente in termini di adeguatezza e coerenza rispetto al progetto proposto; 2. Fattibilità tecnica del programma, intesa come capacità del programma proposto di determinare un incremento della produzione, a seguito del completamento del piano degli investimenti e credibilità del cronoprogramma degli investimenti 3. Solidità economica - finanziaria - patrimoniale del soggetto proponente". La valutazione istruttoria quindi è condotta sulla base della documentazione presentata dalla società proponente ed è accertata la validità tecnico-economica del programma, per quanto rileva, con la valutazione da parte dell'Agenzia condotta rispetto alla credibilità del soggetto proponente "in termini di adeguatezza e coerenza rispetto al progetto proposto". Al riguardo si osserva che l'attività di valutazione, demandata normativamente ai sensi dell'art. 5 del d.l. n. 18 del 2020 all'Agenzia riguardo ai procedimenti come quello in esame, non è qualificabile come automatica in quanto pur svolta in applicazione di criteri precodificati, tuttavia costituisce una attività connotata da discrezionalità tecnica: l'Agenzia effettua la valutazione, nel caso di specie, della congruenza del programma proposto in rapporto alle finalità proprie stabilite dalla disciplina normativa di riferimento e agli stessi criteri predeterminati in via applicativa per operare tale valutazione con la Nota metodologica, adottata da Invitalia a maggior esplicitazione di quanto contenuto nella Ordinanza del Commissario Straordinario. Va rilevato che nella predetta Nota metodologica riguardo alla valutazione del criterio della "Credibilità del soggetto proponente in termini di adeguatezza e coerenza rispetto al progetto proposto" è precisato che i fini della valutazione del presente criterio l'analisi istruttoria va condotta sugli elementi descrittivi forniti dall'azienda al momento della presentazione della domanda. Inoltre viene precisato che "all'azienda verranno assegnati i seguenti giudizi: ? Credibilità adeguata - se la domanda di agevolazione è presentata da aziende appartenenti al medesimo settore o a settori affini a quello del programma per il quale si richiedono le agevolazioni. ? Credibilità sufficiente - se la domanda di agevolazione è presentata da aziende che, seppur non facenti parte del medesimo settore o di settori affini a quello del programma per il quale si richiedono le agevolazioni, dispongono di esperienze e know how tali da garantire comunque il raggiungimento degli obiettivi del programma. ? Credibilità insufficiente - se la domanda di agevolazione è presentata da aziende che non fanno parte del medesimo settore o di settori affini a quello relativo del programma di agevolazione e non dispongono di sufficienti esperienze e know how in grado di garantire il raggiungimento degli obiettivi del programma. Si specifica che, nel caso di aziende appartenenti a settori differenti rispetto a quello di interesse del progetto presentato, l'analisi istruttoria verterà sulla effettiva affinità settoriale, basandosi sull'attività svolta dal soggetto proponente e dallo stesso descritta, nonché sullo specifico codice Ateco di appartenenza". Il criterio come descritto è volto alla verifica del possesso della società proponente di competenze pregresse, l'esperienza e il knowhow specifici per la valutazione della effettiva capacità di concludere il programma proposto avente la specifica finalità di far acquisire al Commissario straordinario i dispositivi medici e di protezione necessari per fronteggiare la situazione di emergenza sanitaria. Va evidenziato che i criteri valutativi esplicitati nella Nota metodologica sono chiari nel delimitare l'analisi istruttoria da parte di Invitalia nel caso di aziende appartenenti a settori differenti rispetto a quello di interesse del progetto presentato, precisando che l'ambito deve riguardare l'effettiva affinità settoriale, "basandosi sull'attività svolta dal soggetto proponente e dallo stesso descritta", con una analisi anche del codice Ateco; pertanto tale codice rileva al fine di ricondurre la possibile affinità settoriale dell'attività di impresa allo scopo di verificare il possesso di esperienze e competenze nel settore di riferimento, ma non a sostituire l'analisi istruttoria dell'Agenzia che va condotta sulla valutazione della "effettiva affinità settoriale" sugli elementi descrittivi forniti dall'azienda al momento della presentazione della domanda. Orbene dalla documentazione presentata dalla società emerge che l'attività svolta sino al momento di presentazione della domanda (27 aprile 2020) attiene ad un settore differente rispetto a quello oggetto del programma proposto. Dalla visura camerale estratta il 29.4.2020, depositata in atti, risulta quale attività principale la produzione di software per dispositivi medici (codice ATECO 62.01) e quale attività secondaria quella di fabbricazione di apparecchi elettromedicali (codice ATECO 26.60.02), con comunicazione variazione attività protocollo in data 16.4.2020. Soltanto in data 20.3.2020 risulta l'avvio dell'attività secondaria di fabbricazione di apparecchi e strumenti per odontoiatria e medicali (codice ATECO 32.50.12). Dall'esame della domanda di partecipazione e della documentazione allegata presentata dalla società emerge che "La mission dell'azienda è quella di migliorare il mondo della salute attraverso strumenti tecnologici innovativi di prevenzione, monitoraggio continuo e quotidiano senza l'ausilio di personale medico e paramedico", sviluppando anche una intelligenza artificiale; in particolare è precisato (pag 5-6 del Piano Investimenti allegato alla domanda) che "il core business della start up He. che consiste nella realizzazione e commercializzazione di un dispositivo medico di classe I denominato "MioID" di cui la Soc. He. detiene il brevetto (cfr: https://mioid.com/). In pratica, si tratta di un codice QR che, stampato su un bracciale o su qualsiasi altro accessorio (casco, moto, biciclette, valigie, valigette, portafoglio, ecc.), consente al soccorritore di accedere alla cartella clinica e medica personale dell'utente in pochi secondi (attraverso il collegamento ad un archivio digitale) e dunque di conoscere i dati personali medici dell'utente, dati preziosi per un pronto intervento mirato e sicuro" ed è emerso che i soci della società ricorrente hanno svolto un percorso formativo in materia di comunicazione d'impresa e lingue e hanno acquisito un know-how nell'ambito del trattamento dei dati di salute elaborati attraverso un sistema di archiviazione destinato alle compagnie di assicurazione e a cliniche private. Al momento della presentazione della domanda non risultano attestate adeguate e concrete competenze ed esperienze in relazione al progetto presentato (produzione di mascherine chirurgiche) in capo ai soci e al nuovo personale da impiegare (cinque risorse) previsto per la realizzazione del programma. Peraltro anche le osservazioni presentate dalla ricorrente a seguito della comunicazione ex art. 10 bis della legge n. 241 del 1990 e le successive integrazioni comunicate dalla società non appaiono dimostrative del possesso di competenze in settori produttivi o comunque affini a quello dell'investimento proposto tali da consentire all'Agenzia di poter asseverare in capo alla società proponente il possesso dei requisiti. Né varrebbe obiettare da parte della ricorrente la sussistenza al momento della presentazione della domanda dei requisiti richiesti per ottenere un giudizio di credibilità adeguata in punto di forma, in presenza del codice Ateco dell'attività svolta, e in punto di sostanza in quanto la società preordinata alla fabbricazione del prodotto "MioID" sarebbe partecipata in via maggioritaria dai medesimi soci della He. s.r.l.. Al riguardo si osserva che l'assetto organizzativo della società è descritto nella perizia allegata alla domanda unitamente alla necessità di assumere altro personale con precedenti esperienze in settori affini a quelli produttivi per il raggiungimento degli obiettivi del programma di investimento. Anche la documentazione da ultimo depositata sulla formazione del personale, in disparte la non contestualità del deposito con le osservazioni, tuttavia dimostra comunque l'assenza di competenze pregresse. Gli elementi ostativi emersi nel corso della istruttoria non sono stati superati dalla successiva fase interlocutoria delle osservazioni presentate dalla ricorrente e delle integrazioni documentali, in assenza di documentazione sullo svolgimento di una attività di tipo produttivo da parte della società, risultando indimostrato il possesso delle competenze pregresse e l'esperienza al fine di consentire ad Invitalia di poter valutare l'effettiva affinità settoriale svolta e la capacità della società di concludere il programma proposto. In tal senso la valutazione limitata alla mera individuazione del codice Ateco - e non nel concreto dell'attività svolta - non appare idonea ad esprimere un giudizio positivo sulla credibilità e affidabilità dell'impresa proponente. Pertanto non appare viziato l'operato dell'Agenzia riguardo all'esame istruttorio svolto in relazione alla domanda presentata dalla società e alla successiva documentazione e osservazioni presentate. Né appare argomento utile per confutare tali conclusioni la circostanza opposta dalla ricorrente riguardo all'avvio, nelle more, della produzione di mascherine a far data dal 20 maggio 2020 e alle referenze sui contratti di fornitura di mascherine nel frattempo eseguiti, trattandosi di elementi irrilevanti ai fini del procedimento condotto le cui valutazioni del progetto da parte dell'Agenzia sono state condotte sulla base di documenti, informazioni ed elementi forniti in sede di presentazione della domanda e in fase interlocutoria. Parimenti priva di pregio è la censurata disparità di trattamento rispetto ad altre aziende, ammesse al beneficio, seppur non produttive di dispositivi medici o prodotti affini a quelli oggetto di finanziamento. Al riguardo la doglianza presenta profili di carenza di interesse attesa la genericità della stessa non concretamente dimostrata e comunque riferita al giudizio valutativo discrezionale delle specifiche posizioni delle imprese interessate e della documentazione di riferimento ed effettiva attività svolta, credibilità e affidabilità, non potendo altresì derivare la eventuale ammissione della ricorrente, alla luce della specificità della procedura (con eventuale revoca delle agevolazioni non spettanti). 3.Con il secondo motivo di gravame, la ricorrente si duole di presunte violazioni della disciplina di riferimento con riguardo alle motivazioni evidenziate dall'Agenzia in sede di comunicazione ex art. 10-bis, l. 241/1990. Al riguardo si rileva che con riferimento al criterio di valutazione sub B) l'Agenzia ha messo in rilievo la inidoneità della documentazione trasmessa per consentire di accertare il rispetto della tempistica di realizzazione dell'investimento, da concludere secondo la data indicata dalla società il 20.5.2020, anche in considerazione dell'espletamento dell'iter autorizzativo propedeutico alla produzione e immissione in commercio dei dispositivi e alla realizzazione dell'intero investimento comprensivo di spese per opere murarie, impianti, macchinari, attrezzature e programmi informatici. Va osservato che che dall'esame delle controdeduzioni trasmesse dalla società proponente tali rilievi sono stati superati, anche alla luce del parere favorevole dell'Istituto superiore di sanità, tanto da non costituire motivo di rigetto della domanda proposta. Ne consegue quindi la inammissibilità per carenza di interesse in capo alla ricorrente, per la insussistenza di contestazioni sul punto nell'atto impugnato. 4. Infine il Collegio rileva i profili di inammissibilità della domanda di accertamento dell'insussistenza dei presupposti per la declaratoria di non ammissione all'incentivo di cui all'art. 5 d.l. n. 18/2020, conv. in legge n. 24/2020, a seguito dell'istruttoria condotta da Invitalia e della sussistenza dei requisiti e presupposti della ammissibilità del progetto proposto dalla ricorrente, difettando allo stato l'interesse della stessa di poter agire ai fini difensivi nell'ambito del presente giudizio, tenuto conto della complessiva reiezione dell'impugnazione principale nonché del non attuale e concreto giudizio risarcitorio, attesa la dichiarata intenzione di proporre eventuale domanda risarcitoria. 4.In definitiva il ricorso in quanto infondato, va respinto. Le spese del giudizio possono compensarsi tra le parti avuto riguardo alla particolarità della materia controversa. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Prima Quater, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Compensa tra le parti le spese del giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 marzo 2022 con l'intervento dei magistrati: Concetta Anastasi - Presidente Mariangela Caminiti - Consigliere, Estensore Agatino Giuseppe Lanzafame - Referendario

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quinta ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 8140 del 2021, proposto da Al. - The It. In. Co. S.p.A. - "Al. S.p.A." in Pr. e quale Mandataria Rti, Rt. - De. Pu. Se. S.r.l., Ec. S.r.l. e Ge. S.r.l. (Mandanti), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Lu. To., Ni. Pu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Lu. To. in Roma, viale (...); contro Nt. Da. It. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Al. Bo., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (...); nei confronti Consip S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Gi. Pe., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (...); So. S.p.A. ed altri, non costituiti in giudizio; per la riforma per quanto riguardo l'appello principale: della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Seconda n. 08600/2021, resa tra le parti, concernente l'annullamento del provvedimento di aggiudicazione definitiva, comunicato da Consip S.p.a. in data 18 febbraio 2021, prot. n. 7192/2021; e di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenziali, ancorché non conosciuti, ivi incluso il Bando, il Disciplinare di gara, il Capitolato Tecnico, nonché tutti i verbali di gara della Commissione giudicatrice con particolare riferimento ai Verbali nn. 35, 36, 37, 38, 39 e 40; nonché per il risarcimento dei danni subiti e subendi a causa dell'illegittima aggiudicazione dell'appalto, in forma specifica, previa declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente stipulato nelle more, mediante affidamento del contratto per l'intera durata del servizio, anche attraverso subentro, rispetto al quale viene proposta sin d'ora espressa domanda, ovvero per equivalente per gli importi che verranno quantificati in corso di causa. Per quanto riguarda l'appello incidentale presentato da Nt. Da. It. S.P.A il 25/10/2021: PER L'ANNULLAMENTO E/O LA RIFORMA della sentenza resa dal Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio - Roma n. 8600/2021, pubblicata in data 19 luglio 2021, nell'ambito del giudizio iscritto al numero di R.G. 3285/2021, limitatamente ai capi con cui sono stati parzialmente respinti i motivi di ricorso proposti da Nt. Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Nt. Da. It. S.p.A. e di Consip S.p.A.; Visti tutti gli atti della causa; Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 gennaio 2022 il Cons. Diana Caminiti e preso atto della richiesta di passaggio in decisione, senza preventiva discussione, depositata in atti da parte dell'Avv. To., con la dichiarata adesione delle altre parti; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. Con bando pubblicato nella GURI del 22 aprile 2020, Consip S.p.a. ha indetto, per conto e nell'interesse di So. S.p.a., una procedura aperta ai sensi dell'art. 60 del d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50, avente ad oggetto l'acquisizione di servizi relativi alla produzione e manutenzione software in ambiente Microsoft e PHP, suddivisa in due lotti, per un massimale complessivo pari a Euro 17.688.898,80, da aggiudicare secondo il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa. La durata dell'appalto per entrambi i lotti è di 60 mesi, decorrente dalla "data di attivazione dei servizi", di cui 48 mesi per l'erogazione dei servizi e ulteriori 12 mesi per la manutenzione in garanzia del software sviluppato/modificato nell'ultimo anno di erogazione. Oggetto dell'odierno contenzioso è il lotto n. 1 consistente nella fornitura dei servizi di: a) sviluppo, manutenzione evolutiva, adeguativa e migliorativa di software ad hoc; b) supporto specialistico; c) manutenzione correttiva. Destinatario dei servizi oggetto dell'appalto è So. S.p.A., partner tecnologico unico del MEF, che ha progettato e realizzato il Sistema informativo della fiscalità, del quale segue conduzione ed evoluzione e sviluppo dei sistemi, applicazioni e servizi per le esigenze di automazione e informatizzazione dei processi operativi e gestionali del MEF, della Corte dei conti, delle Agenzie fiscali e di altre Pubbliche Amministrazioni. 1.1.I servizi si articolano in "affidamenti" costituiti da uno o più obiettivi in relazione alle esigenze della committente; ciascun affidamento sarà assegnato al fornitore che dovrà seguire le linee guida, gli eventuali standard di sviluppo e di codifica dell'applicazione, nonché gli standard di documentazione indicati dalla committente. Al termine del singolo affidamento e nei tempi previsti dal verbale di affidamento, il fornitore dovrà consegnare, secondo le modalità stabilite, i prodotti previsti dall'affidamento. Il disciplinare indica cinque figure professionali rappresentate da "Project Manager", "Business Analyst", "Systems Analyst", "Developer", "Technical Specialist", per ognuna delle quali stabilisce il "prezzo unitario a base d'asta", senza tuttavia quantificare le figure professionali richieste, in considerazione del fatto che le figure sono impiegate nell'ambito di specifici servizi. Nel Capitolato tecnico sono individuati il ruolo delle risorse umane richieste per l'esecuzione dei servizi, i profili professionali richiesti, le relative competenze ed esperienze (Appendice 1 al Capitolato, "Profili Professionali"). Inoltre il bando prevede che il fornitore è tenuto a comunicare a So. il nominativo del proprio rappresentante designato quale Responsabile della fornitura che è il soggetto responsabile del rispetto di tutti gli adempimenti contrattuali; tale referente, il cui profilo professionale minimo richiesto deve essere almeno equiparabile a quello di "Project Manager", non dovrà comportare alcun onere aggiuntivo per So.. A conclusione delle operazioni di valutazione delle offerte tecniche ed economiche, il RTI Al. (d'ora in poi per brevità anche Al.) si è collocato al primo posto della graduatoria con 72,775 punti, mentre al secondo posto si è posizionato il RTI Nt. con 72,28. 1.2. Pur non ricorrendo i presupposti stabiliti per la verifica necessaria dell'anomalia, il RUP, con comunicazione del 3 dicembre 2020, ha sottoposto l'offerta del RTI Al. a detta verifica, nell'ambito della facoltà discrezionale, ai sensi dell'art. 97 comma 6 del d.lgs. 50/2016. Di conseguenza, ha chiesto al concorrente "di fornire dettagliate giustificazioni in ordine a tutte le voci costitutive dell'offerta, nonché agli altri elementi di valutazione della medesima, allegando ogni documentazione che si ritenga utile ed idonea a supporto e di fornire un conto economico dove compaiano tutte le voci di costo e di ricavo considerate, con l'indicazione dei margini di commessa". Le giustificazioni sono pervenute con nota del 18 dicembre 2020 in cui si è indicato un utile di commessa pari ad Euro 88.914,25 (c.d. margine operativo netto). 1.2.1 Non ritenendo sufficienti le giustificazioni, il RUP, con nota del 28 dicembre 2020, ha richiesto "ulteriori giustificazioni" circa i "razionali" sulla base dei quali sono state rappresentate le "ore annue mediamente lavorate" rispetto a quelle indicate nei CCNL di riferimento e, in particolare, le voci sui "permessi annuali retribuiti" e sulle "malattie, infortuni, maternità " che risultavano significativamente inferiori rispetto ai valori delle tabelle ministeriali. Le seconde giustificazioni sono pervenute all'amministrazione aggiudicatrice con nota del 12 gennaio 2021. A conclusione dell'esame delle giustificazioni sulla congruità dell'offerta, il RUP e la Commissione hanno ritenuta l'offerta "complessivamente affidabile e attendibile, sotto il profilo economico, in relazione agli elementi di costo e agli oneri che l'esecuzione della prestazione comporta ed ai trattamenti minimi inderogabili stabiliti dalle disposizioni normative" (cfr. verbale del 19 gennaio 2021). Conseguentemente, Consip ha adottato il provvedimento di aggiudicazione della gara in data 18 febbraio 2021. 2. Nt. Da. It. s.p.a. (d'ora in poi per brevità Nt.), seconda graduata, ha impugnato innanzi al T.A.R. Lazio - Roma il provvedimento di aggiudicazione ed i relativi atti presupposti, formulando un unico motivo, articolato in relazione alle singole componenti di costo dell'offerta, con il quale ha messo discussione l'affidabilità della proposta contrattuale, evidenziando come talune voci di costo sarebbero state "quantificate in maniera palesemente errata", mentre altre voci non sarebbero "mai state quantificate in sede di giustificativi", dolendosi in particolare della asserita mancata considerazione, da parte dell'aggiudicataria, dei costi relativi alle seguenti voci: - Mancata valutazione dei costi della formazione formale; - Mancata valutazione dei costi della formazione informale; -Mancata valutazione del costo del Learning Management Systems previsto per le attività di formazione; -Mancata valutazione dei costi relativi alle ferie e permessi; -Mancata valutazione dei costi relativi alla decontribuzione; - Mancata valutazione dei costi mensa e/o buoni pasto; -Mancata valutazione degli ulteriori costi; - Mancata valutazione dei costi di trasferta. 3. Sia la difesa di Consip che del RTI Al. hanno eccepito l'inammissibilità del gravame sostenendo, sostanzialmente, che le censure della ricorrente non sarebbero tali da dimostrare, nei limiti del sindacato ammissibile, l'incongruità dell'offerta. 4. Il Tar Lazio, sez. II, con sentenza n. 8600/2021 ha rigettato l'eccezione di inammissibilità delle censure, evidenziando che la ricorrente avrebbe correttamente allegato una serie di elementi rilevanti da cui inferire che l'offerta della controinteressata non era sostanzialmente attendibile, avendo allegato che vari elementi di costo che componevano l'offerta non sarebbero stati correttamente giustificati e che, inoltre, vi sarebbero alcune voci di costo che non sarebbero state neppure valorizzate o giustificate. Ha inoltre respinto le censure relative alla decontribuzione sud, all'asserita violazione dei limiti del subappalto, all'inquadramento al 4° livello del CCNL della figura professionale del Developer in luogo del 5° livello e all'incongruità dei costi per mensa e buoni pasto. Con la stessa pronuncia, il Tar ha invece accolto i motivi di ricorso con i quali era stata lamentata l'inaffidabilità dell'offerta con riferimento ai costi per la formazione del personale (costi indiretti della mano d'opera), a quelli per ferie e permessi retribuiti e a quelli riconducibili alla voce "altri costi". Il T.A.R. ha quindi concluso per l'insostenibilità dell'offerta negoziale nel suo complesso e, correlativamente, per l'irragionevolezza del giudizio di anomalia svolto da Consip, disponendo l'esclusione del RTI Al. dalla gara. 5. Con il presente appello il RTI Al. ha formulato, in cinque motivi di appello, le seguenti censure avverso la sentenza de qua: 1) Illegittimità della sentenza impugnata per aver respinto le eccezioni di rito formulate dal RTI Al.. A dire dell'appellante la sentenza di prime cure avrebbe erroneamente disatteso l'eccezione da essa formulata di inammissibilità del ricorso in quanto volto a sollecitare un sindacato di merito sull'esercizio dell'attività discrezionale di valutazione dell'offerta anomala, come tale precluso al giudice amministrativo. A dire dell'appellante proprio il tipo di motivazione utilizzato dal Tar per disattendere l'eccezione confermerebbe la fondatezza della stessa, avendo Nt. sostituito indebitamene le proprie valutazioni di anomalia a quelle correttamente svolte dall'amministrazione, parcellizzando le singole voci di costo e senza peraltro assolvere l'onere della prova sulla ricorrenza di evidenti errori di valutazione ad opera della Commissione di gara. In particolare, a dire di parte appellante, il Tar avrebbe errato inoltre, nel non considerare in alcun modo che nella fattispecie de qua non ricorreva, ai sensi dell'art. 97, comma, 3 del d.lgs. n. 50/2016, un'ipotesi di verifica obbligatoria di anomalia, ma solo facoltativa. La sentenza inoltre, nella prospettazione della società appellante, sarebbe errata anche per aver dato per scontata l'erosione del margine di utile erroneamente ipotizzata e calcolata da Nt., trascurando completamente di considerare che non è possibile fissare aprioristicamente "una quota rigida di utile al di sotto della quale l'offerta deve considerarsi per definizione incongrua", dovendosi invece avere riguardo alla serietà della proposta contrattuale, atteso che anche un utile apparentemente modesto potrebbe comportare un vantaggio importante. 2) Illegittimità della sentenza impugnata nella parte in cui aveva riconosciuto l'incongruità dei costi di formazione formale. La società appellante lamenta l'erroneità della sentenza nella parte in cui, accogliendo le censure di Nt., aveva ritenuto incongrui i costi per la formazione formale del personale. Infatti, quanto al numero di giorni di formazione previsti per ciascuna figura professionale, il RTI Al. aveva previsto un impegno per la formazione nei termini di seguito indicati: (i) Project Manager: cinque giorni l'anno; (ii) Business Analyst: cinque giorni l'anno; (iii) System Analyst: dieci giorni l'anno; (iv) Developer: dieci giorni l'anno; (v) Technical Specialist: dieci giorni l'anno. Dalle tabelle analitiche allegate ai giustificativi risultava inoltre che sei giorni l'anno pro-capite erano compresi nel costo del lavoro, restando assorbiti nella voce "ore non lavorate" di ogni azienda facente parte del RTI (cfr. primi giustificativi e relative tabelle). Pertanto, come chiarito da essa aggiudicataria, il costo della formazione per le figure del Project Manager e del Business Analyst (per le quali sono previsti 5 giorni di formazione l'anno pro-capite), rientrava interamente nel costo del lavoro. Quanto alle ulteriori figure professionali del System Analyst, Developer e Technical Specialist (per le quali è prevista una formazione pari a 10 giorni l'anno pro-capite), fermi restando i 6 giorni di formazione assorbiti nel costo del lavoro, gli ulteriori 4 giorni verrebbero fruiti nell'ambito di attività di training on the job, durante la quale le risorse sono operative e "lavorano" eventualmente su altra fornitura, senza generare ulteriori costi da imputare alla commessa. Alla luce di queste considerazioni, a dire di parte appellante, emergerebbe l'illegittimità della sentenza impugnata, poiché il Tar aveva evidentemente frainteso il contenuto dei giustificativi, nell'ambito dei quali non era mai stato affermato che i costi per il training on the job sarebbero stati "da imputare a questa commessa". Infatti a p. 11 dei giustificativi del 18.12.2020, il RTI Al. aveva precisato che "per quello che riguarda la formazione formale [...] gli ulteriori 4 giorni previsti per System Analyst, Developer e Technical Specialist saranno fruiti nell'ambito di attività di training on the job, il cui costo quindi non è da imputare a questa commessa". La sentenza dovrebbe inoltre ritenersi viziata anche nella parte in cui aveva affermato che Al. non avrebbe giustificato i costi per il training on the job, tenuto conto che tale modalità di formazione, "ha sicuramente un costo per l'impresa, che, in quanto tale, avrebbe dovuto essere valorizzato in sede di chiarimenti", non avendo al riguardo la sentenza considerato che, quando svolge il training on the job, il personale continua a prestare la propria attività lavorativa, non dando vita, quindi, ad ulteriori costi da imputare alla commessa. Erronea pertanto sarebbe inoltre, a dire dell'appellante, l'ulteriore statuizione con la quale il Tar aveva ritenuto - richiamando il capitolo 11.4 dell'offerta presentata dal RTI Al., in cui si afferma l'impegno del RTI "ad aumentare la possibilità di sostituire le risorse anche in situazioni di temporanea necessità, quali ad esempio la partecipazione ai corsi di aggiornamento" - che l'aggiudicataria non avrebbe "indicato il costo che sostiene per la sostituzione delle risorse impegnate nella formazione con altre risorse equivalenti". Il Tar inoltre avrebbe errato nel ritenere verosimile la quantificazione dei costi di formazione "formale" ipotizzata da Nt. nell'importo di euro 91.725,10, affermando sul punto che "le giornate lavorative da prendere in considerazione sono cinque (e non quattro come affermato dall'aggiudicataria) in quanto i costi relativi ad una delle giornate dedicate alla formazione non troverebbero copertura nei costi del lavoro relativi alla formazione prevista dal d.lgs. 81/2008 poiché tale disciplina si riferisce alla formazione relativa alle materie afferenti alla sicurezza e alla salute sul posto di lavoro "che, dunque, esulano dalla, e sono estranee alla, formazione specialistica offerta dal RTI Al. in sede di partecipazione alla Gara". Andrebbe inoltre riformato, a dire dell'appellante in quanto illegittimo, anche il capo della pronuncia in cui il Tar aveva affermato che l'asserita (ma inesistente) mancata valorizzazione dei costi della formazione avrebbe inciso negativamente sulla corretta valutazione del punteggio attribuito dalla Consip dell'offerta tecnica in relazione sub criterio c) "modalità operative per ridurre l'impatto della formazione sull'erogazione dei servizi". 3) Sulla formazione "informale". Illegittimità della sentenza impugnata per violazione del principio di necessaria corrispondenza tra chiesto e pronunciato e per conseguente lesione del diritto di difesa. L'appellante lamenta che in relazione ai costi relativi alla formazione "informale", il Tar, pur avendo chiaramente respinto il motivo di ricorso formulato da Nt., riconoscendo, del tutto correttamente, che "in effetti per il lavoro straordinario la cui prestazione risulta essere inferiore a trenta minuti non è previsto alcuna remunerazione e pertanto alcun costo doveva essere sostenuto" dal RTI Al., avrebbe illegittimamente ritenuto sussistesse un ulteriore vizio del giudizio di anomalia, non avendo in sede di chiarimenti Al. indicato le ragioni poste dal datore di lavoro a fondamento del lavoro straordinario e la Commissione non richiesto alcun chiarimento sul punto. Il Tar, nella prospettazione dell'appellante, non solamente avrebbe enucleato un motivo di ricorso nuovo, non formulato dal ricorrente in primo grado, ma si sarebbe perfino spinto ad accoglierlo, senza che l'amministrazione e il controinteressato RTI Al. avessero potuto contraddire e difendersi sul punto. La sentenza in parte qua pertanto sarebbe illegittima per violazione del principio di necessaria corrispondenza tra chiesto e pronunciato e per conseguente lesione del diritto di difesa delle parti. In ogni caso, al contrario di quanto affermato in sentenza, il raggruppamento aggiudicatario non avrebbe assolutamente inteso utilizzare il lavoro straordinario come fattore ordinario di programmazione del tempo di lavoro e di copertura dell'orario, in quanto la formazione informale sarebbe svolta tramite cd. "pillole formative" di durata brevissima e di fruizione saltuaria, che non rappresenterebbero in alcun modo un ricorso strutturato o continuativo all'istituto del lavoro straordinario. In ogni caso la censura, a dire di parte appellante, doveva essere disattesa in quanto il costo per la formazione informale ipotizzato dalla ricorrente per indennità di lavoro straordinario (asseritamente non considerato da Al.) in quanto pari ad euro 76.167,27 non sarebbe in grado di erodere l'utile della commessa. 4) Illegittimità della sentenza impugnata nella parte in cui aveva ritenuto viziato il giudizio di congruità espresso dalla Commissione in riferimento ai costi relativi a ferie e permessi. Nella prospettazione di parte appellante la sentenza sarebbe viziata anche nella parte in cui aveva ritenuto illegittimo il giudizio di congruità espresso dalla commissione in relazione al costo per ferie e permessi, in quanto in sede di secondi giustificativi aveva esposto per ognuna delle aziende componenti il RTI i razionali sulla cui scorta erano state individuate le ore annue mediamente lavorate, in relazione alle voci che differivano da quanto riportato nella tabella ministeriale del CCNL metalmeccanici, rispetto a quanto previsto dal contratto integrativo aziendale di Al. stessa. Ciononostante, in accoglimento dei rilievi formulati sul punto da Nt., il Tar aveva erroneamente ritenuto che la Commissione sarebbe pervenuta ad un giudizio di ammissibilità del costo per permessi annui retribuiti (sia di Al. che di De.) senza operare "alcun riscontro documentale", avendo omesso di esaminare il contratto integrativo aziendale sulla cui base il RTI aggiudicatario aveva indicato 56 ore annue come permessi retribuiti, in luogo delle 104 ore assicurate dal CCNL di riferimento, laddove per contro la stazione appaltante aveva evidenziato in primo grado con riferimento ai permessi annui retribuiti, che: "nel caso di RTI Al. la Commissione ha preso atto delle previsioni contenute nel contratto integrativo aziendale; tuttavia, ha pure ricalcolato i permessi annui retribuiti a 104 h in luogo delle 56 dichiarate. Lo stesso metodo ha operato con riguardo a De.. Come si evince dalla tabella, pur considerando il nuovo costo, la commessa sarebbe rimasta in utile.... Margine operativo 37.102,92 Euro Nell'operazione di ricalcolo sopradetta, la Commissione ha, tra l'altro, notato che il RTI Al. aveva imputato per 2 volte il coefficiente di incremento salariale pari allo 0,50%, che era stato dichiarato nei primi giustificativi al parag. 5.2. Nel conteggio sopra detto, ha, pertanto, proceduto applicando un'unica volta il suddetto coefficiente. Come si vede, la commessa rimane in utile" con un margine operativo pari ad euro 37.102,92 "Nell'operazione di ricalcolo sopradetta, la Commissione ha, tra l'altro, notato che il RTI Al. aveva imputato per 2 volte il coefficiente di incremento salariale pari allo 0,50%, che era stato dichiarato nei primi giustificativi al parag. 5.2. Nel conteggio sopra detto, ha, pertanto, proceduto applicando un'unica volta il suddetto coefficiente. Come si vede, la commessa rimane in utile". 5) Illegittimità della sentenza impugnata per aver ritenuto priva di giustificazione la voce dell'offerta relativa a "ulteriori costi". La sentenza gravata infine per parte appellante sarebbe viziata per erronea valutazione delle risultanze processuali, per aver ritenuto l'offerta del RTI Al. priva dell'indicazione dei costi in relazione ad una serie ulteriore di voci componenti l'offerta, quali: (a) manutenzione in garanzia per 12 mesi "del software sviluppato/modificato nell'ultimo anno di erogazione, come meglio specificato negli atti di gara"; b) Portale della fornitura offerto "senza oneri aggiuntivi"; c) Osservatorio Normativo e Tecnologico proposto per il Servizio di Manutenzione; d) Sistema di Knowledge Management; e) Aggiornamento Knowledge Base; f) Microsoft Team Foundation Server (TFS) e AlmaToolBox della Test Factory Al.; e) Strumenti di Collaboration (Microsoft Teams); f) Risorse Academy del Centro di formazione e le risorse dei Centri di Competenza; g) attrezzature informatiche, risorse hardware e software e adeguamenti degli ambienti disviluppo; h) costi di trasferta. Il Tar aveva infatti trascurato completamente di considerare che nei propri giustificativi Al. aveva quantificato la voce relativa ad "altri costi" e che tali costi, ad ogni modo, non avrebbero mai potuto inficiare la complessiva sostenibilità e affidabilità dell'offerta risultata vincente, trattandosi di costi residuali da ricomprendersi nella voce "costi generali" (manutenzione software; attrezzature informatiche e risorse, costi di trasferta) ovvero di costi già ammortizzati ("strumenti di fornitura" proposti: Portale della fornitura sistema di Knowledge Mng; Microsoft Team Foundation Server (TFS) e AlmaToolBox; Strumenti di Collaboration quale Microsoft Teams) od esattamente quantificati nell'offerta tecnica (quanto alle risorse aggiuntive: Osservatorio Normativo e Tecnologico; Risorse del Centro di formazione; i Centri di Competenza). 6. Si è costituita la Consip, chiedendo l'accoglimento dell'appello, con conseguente annullamento della sentenza del Tar Lazio di Roma n. 8600/2021 e, per l'effetto, il rigetto del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado. 7. Si è altresì costituito Nt. Da. It. s.p.a. che, con atto depositato in data 25 ottobre 2021 e previamente notificato il 20 ottobre 2021, ha proposto appello incidentale ex art. 101 comma 2 c.p.a. avverso la sentenza gravata in via principale, nelle parti in cui non aveva accolto le censure formulate in primo grado. 7.1. Segnatamente l'appellante incidentale ha articolato, in quattro motivi, le seguenti censure avverso la sentenza de qua: I) Con riferimento al capo di sentenza relativo al motivo di ricorso in primo grado avente ad oggetto i costi di formazione "formale", limitatamente al profilo di censura relativo alla mancata indicazione nell'offerta della modalità di formazione c.d. Training on the job. Errore di diritto della sentenza. Violazione e falsa applicazione degli artt. 83 e 97 del d.lgs. 50/2016. Violazione dei principi di immodificabilità, di non ambiguità e di unicità dell'offerta. Secondo l'appellante incidentale in sede di primi giustificativi era stato dichiarato che i costi relativi ad una delle giornate dedicate alla formazione troverebbero copertura nei costi del lavoro, in quanto rientrante nelle giornate per la formazione previste dal d.lgs. 626/1994 (oggi d.lgs. 81/2008): la norma richiamata prevede, tuttavia, la possibilità di permessi formativi solo in relazione a materie afferenti alla sicurezza e alla salute sul posto di lavoro che, dunque, esulano dalla, e sono estranee alla, formazione specialistica offerta dal RTI Al. in sede di partecipazione alla gara. Pertanto le giornate formative che non troverebbero copertura nel costo del lavoro per le figure di System Analyst, di Developer e di Technical Specialist, salirebbero da quattro a cinque (quattro per il training on the job e una per la formazione in materia di salute e sicurezza sul posto di lavoro). Inoltre la modalità formativa del training on the job non era stata in alcun modo prevista in sede di offerta dal RTI Al., se non limitatamente alla fase di presa in carico del servizio ad inizio fornitura per la durata di un mese solare. Pertanto, a dire di Nt., il RTI Al. avrebbe introdotto per la prima volta il servizio di formazione nella modalità "training on the job" in sede di verifica dell'anomalia per tentare di far quadrare i conti, senza avvedersi del fatto che in tal modo si esponeva ad un'ulteriore censura, ossia l'illegittima modifica ex post dell'offerta tecnica. La sentenza di prime cure, pur avendo accolto il motivo di censura relativo al profilo attinente alla mancata quantificazione di tali costi, non si sarebbe erroneamente espressa in relazione all'ulteriore contestazione relativa alla mancata indicazione nella relazione tecnica della modalità di formazione c.d. training on the job e, dunque, all'illegittima modifica ex post dell'offerta stessa, avendo il RTI Al. introdotto l'attività di formazione nella modalità "training on the job" solo con i primi giustificativi; pertanto la successiva modifica dell'offerta da parte del RTI Al. avrebbe dovuto ex sé comportarne l'esclusione, stante l'inderogabile principio di immodificabilità dell'offerta ex art. 32 comma 4 del dlg.s 50/2016. II) Con riferimento al capo di sentenza relativo al motivo di ricorso in primo grado avente ad oggetto i costi di formazione "informale". Errore di diritto della sentenza. Violazione e falsa applicazione dell'art. 97 del d.lgs. 50/2016. Illogicità dell'iter motivazionale della decisione. In relazione all'attività di formazione informale, Nt. aveva censurato il giudizio di congruità sulla base di un duplice ordine di doglianze, contestando che (i) i relativi costi non erano mai stati valorizzati né giustificati nell'offerta economica e che (ii) il RTI Al. aveva illegittimamente impiegato le proprie risorse in regime di lavoro straordinario per l'espletamento di detta attività senza giustificarne, tuttavia, le ragioni, così finendo per utilizzare tale strumento - preordinato esclusivamente a fronteggiare situazioni eccezionali - come fattore ordinario di programmazione del tempo di lavoro. Il TAR aveva accolto il secondo profilo di censura, ritenendo illegittimo l'impiego delle risorse in regime di lavoro straordinario per l'espletamento della formazione informale, ritenendo invece, infondato il primo, sull'erroneo assunto che in " [...] relazione alla formazione c.d. informale poiché in effetti per il lavoro straordinario la cui prestazione risulta essere inferiore a trenta minuti non è previsto alcuna remunerazione e pertanto alcun costo doveva essere sostenuto dalla concorrente". Secondo l'appellante incidentale per contro sarebbe evidente che, a prescindere dalla durata delle attività di formazione "informale", le stesse potrebbero comunque costituire un costo per l'operatore economico, con la conseguenza che il RTI Al. le avrebbe dovute valorizzare e giustificare, se non altro per adempiere alle delucidazioni richieste da Consip con le note di chiarimenti del 27 novembre e del 3 dicembre 2020. Pertanto, ai fini del computo del relativo costo, doveva quanto meno tenersi conto della retribuzione relativa al lavoro ordinario, senza computo dell'indennità da lavoro straordinario, per le ventiquattro ore annue per ciascuna delle figure professionali; anche utilizzando quale parametro per la relativa determinazione il costo del lavoro previsto per la figura del Developer (essendo il più basso tra quelli previsti per le diverse figure professionali) lo stesso sarebbe quantificabile in euro 76.167,27. A detti costi inoltre dovrebbero essere sommati i costi del materiale didattico, dei contenuti dei Corsi in autoistruzione (Mo.), degli ambienti, delle infrastrutture e delle tecnologie necessarie all'espletamento dei percorsi formativi proposti dal RTI Al., anch'essi mai quantificati né giustificati. La voce di costo relativa al sistema Learning Management Systems, basata su dati empirici raccolti nel corso dell'esperienza pluriennale della medesima appellante incidentale in relazione ai più comuni standard di mercato porterebbe a quantificare il relativo costo in Euro 17.550,99; pertanto il solo costo per la formazione informale, nella prospettazione dell'appellante incidentale, sarebbe quantificabile in euro 93.718,26 sufficiente non solo ad erodere per intero l'utile di commessa, pari a Euro 88.914,25 (come quantificato con i primi giustificativi), ma tale da determinare una perdita netta. III) Con riferimento al capo di sentenza relativo al motivo di ricorso in primo grado avente ad oggetto la decontribuzione, il subappalto e l'impiego di risorse appartenenti ad inquadramenti professionali differenti rispetto a quanto dichiarato in sede di offerta. Errore di diritto della sentenza. Violazione e falsa applicazione dell'art. 97 del d.lgs. 50/2016. Illogicità dell'iter motivazionale della decisione. In primo grado, Nt. aveva lamentato l'illegittimità del provvedimento di aggiudicazione a favore di Al. anche (i) per non aver la Commissione valutato l'incongruità e l'insostenibilità dell'offerta in relazione alla impossibilità di giustificare talune voci di costo ricorrendo alla c.d. decontribuzione (ii) per aver il RTI Al. illegittimamente fatto ricorso al subappalto oltre i limiti consentiti (iii) per aver il RTI Al. impiegato risorse del subappaltatore appartenenti ad inquadramenti professionali differenti rispetto a quanto dichiarato in sede di offerta. Il Tar, a dire di Nt., aveva erroneamente disatteso tali censure senza debitamente considerare, quanto alla decontribuzione Sud, che al momento della presentazione dell'offerta la commissione europea non l'avesse ancora autorizzata, laddove la stessa necessitava di detta autorizzazione ex art. 107 TFUE, essendo qualificabile quale aiuto di Stato. Né a dire dell'appellante incidentale detta misura era stata prevista in via definitiva al momento dello svolgimento del giudizio di anomalia, ciò in quanto la l. 178/2020, pubblicata in G.U. in data 30 dicembre 2020 era intervenuta a modificare la misura di tale beneficio, con la conseguenza che lo stesso era stato autorizzato definitivamente nella sua struttura attuale solo con la Decisione della Commissione C(2021) 1220 del 18 febbraio 2021 e, quindi, in un momento successivo alla chiusura del procedimento di verifica dell'anomalia. L'aumento del costo del lavoro senza lo sgravio per decontribuzione sud pertanto sarebbe quantificabile in euro 58.174,17. Inoltre a dire di Nt. surrettiziamente il RTI Al. - sempre al fine di far quadrare i conti - aveva di fatto affidato un volume di attività alla impresa subappaltatrice (i.e. sviluppo, manutenzione evolutiva, adeguativa e migliorativa di software ad hoc supporto specialistico manutenzione correttiva) superiore al 40% del volume complessivo delle attività dedotte in contratto (rispetto al numero complessivo di giornate dichiarate del RTI Al.) per l'impiego di figure professionali (come i Developer), il cui costo del lavoro è il più basso (anche grazie alle presunte decontribuzioni delle quali godrebbe l'impresa subappaltatrice), al fine di rispettare il limite del subappalto cui si era vincolato in sede di offerta. Con riferimento a tale specifica censura, la sentenza di primo grado avrebbe erroneamente affermato che "era pertinente l'osservazione del RTI Al. secondo cui "il limite massimo per il subappalto non va calcolato sulla quantità di risorse necessarie per le attività subappaltate", ma sul "valore economico del contratto". Nel caso di specie, il limite normativo è stato rispettato, come emerge dal DGUE dell'aggiudicatario, dal quale si ricava che il raggruppamento si è impegnato a fare ricorso al subappalto per una quota non superiore al 40% del valore della commessa" senza considerare che essa ricorrente aveva evidenziato l'intrinseca non sostenibilità dell'offerta; circostanza avvalorata dal fatto che per giustificare la propria proposta economica il RTI Al. aveva dovuto fare appello, in extremis, ad una serie di espedienti ed escamotage che facessero quadrare i conti, dovendo la censura sul subappalto essere letta in combinato disposto con la censura relativa alla decontribuzione, in quanto sarebbe proprio dalla lettura congiunta di tali concorrenti profili di doglianza che si evincerebbe la costruzione artificiosa alla quale il RTI Al. aveva fatto ricorso per giustificare un'offerta solo apparentemente sostenibile. Inoltre, a dire di Nt., il Tar aveva erroneamente rigettato la censura relativa all'impiego di risorse appartenenti ad inquadramenti professionali differenti rispetto a quanto dichiarato in sede di offerta, sulla base del rilievo che "è invece del tutto generica la censura sull'inquadramento al 4° livello del CCNL della figura professionale del Developer, da parte del subappaltatore, in luogo del 5° livello", dovendo anche detta censura leggersi in combinato disposto con quella sulla decontribuzione, ciò senza considerare che l'azienda individuata per il subappalto, Al. Di., avrebbe calcolato il costo della figura professionale del Developer nella tabella a pag. 8 del primo giustificativo considerando soltanto il 4° livello di inquadramento del CCNL, mentre tutte le aziende componenti il RTI Al. avrebbero inquadrato il Developer per l'80% al 4° livello e per il 20% al 5° livello. Pertanto, a dire di Nt., riparametrando il costo del Developer di Al. Di. secondo il mix di livelli presentato dal RTI (e al quale lo stesso si era vincolato, pena l'illegittimità anche di tale modifica ex post dell'offerta) si assisterebbe ad un aggravio dei costi pari a Euro 26.687,28. Inoltre qualora venissero ricostruiti i costi senza considerare le presunte decontribuzioni e applicando per i Developer il mix 4° e 5° livello (come dichiarato dal RTI in sede di Primi Giustificativi), risulterebbe di palmare evidenza che anche la quota di subappalto relativa al 40% del valore del contratto verrebbe superata. IV) Con riferimento al capo di sentenza relativo al motivo del ricorso in primo grado avente ad oggetto i costi mensa e/o buoni pasto. Errore di diritto della sentenza. Violazione e falsa applicazione dell'art. 97 del d.lgs. 50/2016. Illogicità dell'iter motivazionale della decisione. A dire di Nt. la sentenza sarebbe erronea anche in relazione al capo con cui si era rigettata la censura relativa all'incongruità del costo per buoni pasto sulla base dei seguenti rilievi: "il ricorrente ha preso come base dei propri calcoli il valore nominale del buono pasto Al. e non il costo unitario (inferiore) che tale buono pasto ha per l'azienda ed inoltre non viene considerato che Al. offre ai propri dipendenti un servizio di mensa nella sede di Roma (omissis).. Poiché i servizi fornitura saranno erogati dalla sede del fornitore, che per Al. è (omissis)., le predette circostanze giustificano una stima cautelativa di Euro 4,00 per buono pasto". Nella prospettazione dell'appellante incidentale infatti il TAR non si sarebbe reso conto del fatto che il costo sostenuto dall'azienda per l'acquisto dei buoni paso, seppur inferiore ad Euro 8,26 sarebbe comunque superiore ad Euro 4,00, come dichiarato dal RTI Al. con i Primi Giustificativi. Il costo ulteriore, mai quantificato dal RTI Al., per l'acquisto dei buoni pasto sarebbe pari ad Euro 2,5 per singolo ticket (differenza tra il costo dichiarato dal RTI in sede di primi giustificativi e il reale costo di acquisto dichiarato in sede di memoria) per cui sarebbe sufficiente prendere in considerazione il 78,95% delle 25.120 giornate considerate nei costi per i ticket come indicato nei Primi Giustificativi dal RTI, ovverosia, 19.832,24 giornate moltiplicandolo per il valore di Euro 2,50 per ricavare un maggior costo pari ad Euro 49.580,6. Né rileverebbe la circostanza che Al. disponga di una mensa, non essendo tale circostanza idonea a sterilizzare le critiche rivolte avverso un'istruttoria comunque sommaria e superficiale condotta dalla Commissione, non essendo stati inoltre esattamente quantificati i costi della mensa medesima. 8. All'udienza camerale del 4 novembre 2021, su concorde adesione delle parti, si è disposto il rinvio al merito dell'udienza pubblica del 27 gennaio 2022. 9. In vista della trattazione del merito del ricorso, le parti hanno prodotto memorie ex art. 73 comma 1 c.p.a., insistendo nei rispettivi assunti. 10. La causa è stata trattenuta in decisione all'esito dell'udienza pubblica del 27 gennaio 2022, celebrata sulla base dei soli scritti difensivi, stante la concorde richiesta delle parti. 11. Prima di procedere alla disamina delle censure articolate con l'appello principale, giova premettere che come più volte affermato dalla giurisprudenza, il procedimento di verifica dell'anomalia non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell'offerta economica, mirando piuttosto ad accertare se in concreto l'offerta, nel suo complesso, sia attendibile e affidabile in relazione alla corretta esecuzione dell'appalto; pertanto la valutazione di congruità deve essere globale e sintetica, senza concentrarsi esclusivamente e in modo parcellizzato sulle singole voci di prezzo (tra le tante, Cons. di Stato, V, 2 maggio 2019, n. 2879; III, 29 gennaio 2019, n. 726; V, 23 gennaio 2018, n. 430; 30 ottobre 2017, n. 4978). L'esito della gara può infatti essere travolto solo quando il giudizio negativo sul piano dell'attendibilità riguardi voci che, per la loro rilevanza ed incidenza complessiva, rendano l'intera operazione economicamente non plausibile e insidiata da indici strutturali di carente affidabilità a garantire la regolare esecuzione del contratto volta al perseguimento dell'interesse pubblico. D'altro canto va anche rammentato che la formulazione di un'offerta economica e la conseguente verifica di anomalia si fondano su stime previsionali e dunque su apprezzamenti e valutazioni implicanti un ineliminabile margine di opinabilità ed elasticità, essendo quindi impossibile pretendere una rigorosa quantificazione preventiva delle grandezze delle voci di costo rivenienti dall'esecuzione futura di un contratto e per contro sufficiente che questa si mostri ex ante ragionevole ed attendibile (così espressamente Cons. di Stato, V, 2018, 3480). Pertanto la valutazione di congruità costituisce espressione di un tipico potere tecnico-discrezionale insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che la manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza dell'operato renda palese l'inattendibilità complessiva dell'offerta (ex multis, Cons. Stato, V, 17 maggio 2018 n. 2953; 24 agosto 2018 n. 5047; III, 18 settembre 2018 n. 5444; V, 23 gennaio 2018, n. 230). 11.1 Giova poi anche richiamare il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui la verifica di congruità di un'offerta non può essere effettuata attraverso un giudizio comparativo che coinvolga altre offerte, perché va condotta con esclusivo riguardo agli elementi costitutivi dell'offerta analizzata ed alla capacità dell'impresa - tenuto conto della propria organizzazione aziendale e, se del caso, della comprovata esistenza di particolari condizioni favorevoli esterne - di eseguire le prestazioni contrattuali al prezzo proposto, essendo ben possibile che un ribasso sostenibile per un concorrente non lo sia per un altro, per cui il raffronto fra offerte differenti non è indicativo al fine di dimostrare la congruità di una di esse (Cons. St., sez. III, 9 ottobre 2018, n. 5798). 11.2 Inoltre, la motivazione del giudizio di non anomalia non deve essere specifica ed estesa, potendo essere effettuata anche mediante rinvio per relationem alle risultanze procedimentali e alle giustificazioni fornite dall'impresa. La stazione appaltante non è poi tenuta a chiedere chiarimenti su tutti gli elementi dell'offerta e su tutti i costi, anche marginali, ma può legittimamente limitarsi alla richiesta di giustificativi con riferimento alle voci di costo più rilevanti, in grado di incidere sulla complessiva attendibilità dell'offerta sì da renderla non remunerativa e inidonea ad assicurare il corretto svolgimento del servizio (Cons. Stato, Sez. III, 14.11.2018, n. 6430). Inoltre in sede di procedimento di verifica dell'anomalia è pacificamente ammessa la progressiva riperimetrazione, nella dialettica della fase giustificativa, dei parametri di costo, con compensazione delle precedenti sottostime e sovrastime, sia per porre rimedio a originari errori di calcolo, sia, più in generale, in tutti i casi in cui l'entità dell'offerta economica rimanga immutata, (C.d.S., V, sent. n. 1874/2020; C.d.S., V, n. 4400/2019; C.d.S., V, 4680/2017). 11.3 Infine, in base ai consolidati principi della giurisprudenza, se in sede giurisdizionale il ricorrente deduce l'inattendibilità dell'offerta per aspetti non specificatamente presi in considerazione dalla stazione appaltante, legittimamente l'aggiudicataria può difendersi in giudizio provvedendo a giustificare tali voci in sede processuale (Cons. Stato, Sez. III, 14.11.2018, n. 6430; Consiglio di Stato, sez. III, 15.02.2021 n. 1361). 12. Ciò posto in termini generali e con salvezza del richiamo di tali principi nella disamina dei singoli motivi di appello, può passarsi alla disamina degli stessi, per poi eventualmente procedere, in caso di loro accoglimento, alla disamina dei motivi articolati da Nt. con l'appello incidentale. 13. Da rigettare, ad avviso del collegio, è il primo motivo dell'appello principale con cui Al. censura il capo della sentenza che, nel disattendere l'eccezione da essa formulata e prospettata anche da Consip, aveva ritenuto il ricorso ammissibile. 13.1 È infatti pur vero che, come innanzi esposto, la valutazione di congruità dell'offerta ha natura sintetica e globale e non può concentrarsi su singole voci di costo, mirando piuttosto a vagliare se l'offerta nel suo complesso sia affidabile e che giudizio espresso al riguardo dalla stazione appaltante è sottratto al sindacato giurisdizionale, salvo che nell'ipotesi in cui la parte ricorrente deduca l'irragionevolezza dello stesso. Peraltro, laddove, come nella specie, la parte ricorrente contesti voci di costo rilevanti nel contesto dell'offerta e tale da far ritenere, nella sua prospettazione, la stessa inaffidabile, il sindacato del giudice amministrativo non può arrestarsi con il mero richiamo a tali principi, ma deve procedere alla verifica puntuale delle doglianze esposte, salvo disattendere le stesse nel merito ovvero, una volta disattese alcune di esse, dichiarare inammissibile le altre per difetto di interesse, laddove le stesse non siano di per sé sufficienti ad evidenziare la non renumeratività dell'offerta e pertanto la sua insostenibilità in termini globali. 13.2. Va inoltre rigettata anche la doglianza, del pari contenuta nel primo motivo di appello, con cui si lamenta che la sentenza sarebbe illegittima laddove aveva dato per scontata l'erosione del margine di utile erroneamente ipotizzata e calcolata da Nt., trascurando completamente di considerare che non è possibile fissare aprioristicamente "una quota rigida di utile al di sotto della quale l'offerta deve considerarsi per definizione incongrua", dovendosi invece avere riguardo alla serietà della proposta contrattuale, atteso che anche un utile apparentemente modesto potrebbe comportare un vantaggio importante, posto che le censure accolte dal Tar erano riferite a maggiori costi individuati dalla parte ricorrente che portavano a ritenere completamente eroso il margine di utile indicato dalla stessa aggiudicataria. Ciò fermo restando che nell'ipotesi di accoglimento anche parziale dei motivi appello dovrà procedersi ad una nuova verifica della renumeratività dell'offerta, con conseguente vaglio della fondatezza del ricorso di primo grado, nel senso innanzi evidenziato. 14. Fondato, nel senso di seguito precisato, è per contro il secondo motivo di appello, con cui si lamenta l'illegittimità della sentenza di prime cure nella parte in cui aveva accolto le avverse doglianze relative alla mancata giustificazione dei costi relativi alla formazione formale. 14.1. Il RTI Al. ha in primo luogo chiarito in sede di offerta tecnica che il fabbisogno di formazione e aggiornamento sarebbe stato affrontato dal raggruppamento con una proposta unica e integrata: le aziende raggruppate avrebbero messo a fattor comune - attraverso la costituzione di una struttura virtuale centralizzata "Centro di formazione So." coordinata dal Resource Manager (RM) - sia le risorse umane (docenti e tutor), che le specifiche strutture organizzative dedicate alla formazione e alla gestione del personale, le sedi territoriali, il know-how, le best practice, gli strumenti e i processi adottati per la formazione, sia, infine, le reti di relazioni attivate con i partner tecnologici e con gli Enti e gli Istituti di formazione. Il Centro di formazione sarebbe stato organizzato in Academy, strutture destinate a presidiare le specifiche tematiche funzionali, tecnologiche e infrastrutturali del contesto di riferimento della fornitura, destinate ad operare anche attraverso l'interazione con i Centri di Competenza, le partnership e il mondo accademico e della ricerca. 14.2. Ciò posto, deve al riguardo osservarsi, come del resto messo in luce nelle difese di Consip, che la quantificazione dei costi della formazione formale risulta dalle giustificazioni prodotte dal RTI aggiudicatario. 14.2.1. Come evincibile dalla documentazione prodotta in data 18 dicembre 2020, il RTI Al. ha al riguardo rappresentato i costi relativi alle 10 giornate di formazione, opportunamente separandole in 6+4 (ovvero 5 di formazione minima, in coerenza con le giornate minime garantite + 1 dedicato alle tematiche relative alla Legge 626/94 e s.m.i.); le restanti, quindi, da intendersi come meramente eventuali, svolte in modalità di training on the job e solo con riferimento alle figure System Analyst, Developer e Technical Specialist. Tale modalità di training on the job, come dedotto dall'appellante, si rileva tra l'altro idonea ad integrare la formazione senza incidere in maniera distinta sui costi della commessa, considerando le tematiche di questa tipologia di corsi, per lo più relative all'aggiornamento su prodotti e tecnologie in uso; pertanto gli eventuali relativi costi possono ben essere ricompresi tra quelli di erogazione dei servizi e non sono dunque distintamente imputabili alla commessa de qua, in quanto durante il training on the job le risorse lavorano, vertendo la formazione de qua, come innanzi precisato, sui prodotti e le tecnologie in uso. 14.2.2. Pertanto il capo della sentenza che ha ritenuto al riguardo non esaustive le giustificazioni prodotte dal RTI aggiudicatario, avendo anche il training on the job un costo, non sembra avere esattamente inteso la valenza del training on the job quale strumento ulteriore di formazione in grado peraltro di non generare un distinto costo in quanto (già compreso) nei costi di erogazione del servizio, prestando durante il training on the job le risorse la propria attività lavorativa, eventualmente anche su altre commesse nelle quali si utilizzano tecnologie di interesse per la fornitura So., per cui non risulta generato alcun altro costo da imputare alla commessa e riferito alla non operatività di quelle giornate. 14.2.3. Del pari erronea, come dedotto dal RTI ricorrente, deve intendersi il capo della sentenza che ha ritenuto - richiamando il capitolo 11.4 dell'offerta presentata dal RTI Al., in cui si afferma l'impegno del RTI "ad aumentare la possibilità di sostituire le risorse anche in situazioni di temporanea necessità, quali ad esempio la partecipazione ai corsi di aggiornamento" - che l'aggiudicataria non avrebbe "indicato il costo che sostiene per la sostituzione delle risorse impegnate nella formazione con altre risorse equivalenti". A tal riguardo il giudice di prime cure ha ritenuto plausibile il costo ipotizzato da Nt. e quantificato in euro 91.725,10, calcolo nel quale si è assunto che il costo delle risorse in sostituzione sarebbe stato uguale al costo delle risorse sostituite, senza debitamente considerare che in riferimento al training on the job non sarebbe necessaria alcuna sostituzione, posto che le risorse lavorano, e che comunque per l'eventuale sostituzione (da non confondere con l'affiancamento che necessita di risorse aggiuntive) il RTI aggiudicatario può attingere ad un bacino preesistente di risorse formate anche su commesse trasversali non direttamente imputabili alla commessa de qua, venendo in rilievo strutture aziendali di supporto alla fornitura (da imputarsi pertanto nei costi generali di struttura) (cfr. par. 3.1 della Relazione Tecnica laddove si afferma che "Le funzioni di Staff vengono offerte senza oneri aggiuntivi per So. e si avvalgono sia di risorse assegnate stabilmente sia della possibilità di attingere per periodi più o meno lunghi al bacino di risorse messo a disposizione dal RTI" nonché pag. 45 della medesima relazione tecnica in cui si fa riferimento alla "formazione trasversale" precisando che "il PMO e il Resource Management hanno il compito di gestire il bacino di risorse potenzialmente utilizzabili nella fornitura (insieme delle risorse presenti nella Skill factory e di quelle impegnate direttamente nei Servizi) ampliandone le competenze, attraverso specifici percorsi formativi, in modo da sviluppare uno "skill primario" sull'ambito/Servizio di assegnazione e uno o più "skill secondari" su uno o più ambiti/Servizi della fornitura (ampliamento delle competenze da "I-shaped" a "comb-shaped"). Per permettere una maggiore interscambiabilità delle risorse tra ambiti/Servizi, il RTI prevede inoltre un continuo passaggio di informazioni tra Servizi e un processo strutturato di knowledge sharing"). 14.3. Stante l'accoglimento della precedente censura sul training on the job, irrilevante - avendo la sentenza di prime cure considerato compresa nella quantificazione complessiva di euro 91.725,10 (senza operare una distinta quantificazione) anche il maggiore costo per l'ulteriore giornata della formazione offerta dal RTI Al. da non intendersi compresa nel costo già considerato delle ore non lavorate, in quanto la formazione specialistica offerta dal RTI sarebbe estranea alla formazione in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro indicata dall'aggiudicataria in sede di giustificativi - è la censura articolata in parte qua dall'appellante. 14.3.1. Ed invero nei giustificativi prodotti il RTI Al. aveva dedotto che le giornate della formazione da computarsi nel costo del lavoro erano sei con riferimento alle figure System Analyst, Developer e Technical Specialist, avendo indicato una giornata per la formazione ex D.lgs. 626/94 (ora d.lgs. 81/2008), un giorno di formazione ex art. 7 CCNL e quattro giorni per altra formazione. Nt. aveva dedotto in primo grado che la formazione specialistica indicata dall'aggiudicataria nella propria offerta tecnica non poteva essere ricompresa nella formazione prevista dal d.lgs. 81/2008. Il Tar ha sposato per intero le censure articolate dalla ricorrente in merito alla formazione formale, ritenendo congruo il maggiore costo da essa indicato, complessivamente quantificato, come innanzi indicato, in euro 91.725,10. Parte appellante, nel censurare in parte qua la sentenza, assume che nella formazione di cui al d.lgs. 81/2008 è da intendersi compresa la formazione sulla normativa in materia di Accessibilità (L n° 4/2004 e smi, W3C WAI), Usabilità (Linee guida per il design dei servizi digitali della Pubblica Amministrazione di AgID) e CAD indicate nell'offerta tecnica, profilo questo non preso in considerazione dal giudice di prime cure. Consip al riguardo deduce che la commissione, basandosi sulle giustificazioni fornite, aveva individuato i seguenti giorni per la formazione formale: • gg 4 previsti da contratto nella voce "altra formazione" • gg 1 previsto da contratto nella voce "formazione" • gg 1 previsto da contratto nella voce "Formazione ex art. 7 CCNL". Il collegio evidenzia al riguardo che, a prescindere dal rilievo se possa intendersi ricompresa nella formazione ex d.gs. 81/2008 la formazione relativa alle distinte normative in materia di accessibilità, Usabilità e CAD, sarebbe stato onere della ricorrente in primo grado provvedere ad una distinta quantificazione del maggiore costo per tale ulteriore giornata lavorativa, laddove la stessa ha proceduto alla riquantificazione complessiva del maggiore costo delle cinque giornate lavorative a suo avviso non comprese nel costo già quantificato della formazione formale (quattro per il training on the job ed una per l'ulteriore giornata non riconducibile alla formazione in materia di sicurezza dei luoghi di lavoro). Peraltro, anche dividendo il maggiore costo indicato per cinque, al fine di individuare il maggiore costo per una giornata lavorativa, lo stesso ammonterebbe ad euro 18.345,00 e non sarebbe pertanto in grado di erodere ex se l'utile della commessa. 14.4. Da accogliersi è inoltre la censura, del pari formulata nel secondo motivo di appello, avverso il capo della pronuncia in cui il Tar ha affermato che l'asserita (ma inesistente) mancata valorizzazione dei costi della formazione avrebbe inciso negativamente sulla corretta valutazione del punteggio attribuito dalla Consip dell'offerta tecnica in relazione sub criterio c) "modalità operative per ridurre l'impatto della formazione sull'erogazione dei servizi", non avendo evidentemente il giudice di prime cure considerato le modalità di erogazione della formazione trasversale indicate nell'offerta tecnica, in grado di ridurre l'impatto della formazione sull'erogazione dei servizi, senza generare ulteriori costi da imputare in modo distinto alla commessa de qua e senza del pari considerare come il training on the job, per come organizzato e svolto dal RTI aggiudicatario, non avrebbe avuto alcuna incidenza ulteriore sui costi della commessa. 15. Parimenti da accogliere è il terzo motivo di appello, con cui si è censurato il capo della sentenza che, pur respingendo il motivo di ricorso fondato sulla mancata considerazione dei costi relativi alla formazione informale - sulla base del rilievo che "in effetti per il lavoro straordinario la cui prestazione risulta essere inferiore a trenta minuti non è previsto alcuna remunerazione e pertanto alcun costo doveva essere sostenuto" dal RTI Al. - ha tuttavia aggiunto che in sede di chiarimenti Al. non avrebbe indicato le ragioni poste dal datore di lavoro a fondamento del lavoro straordinario, rinvenendo un ulteriore profilo di vizio del giudizio di anomalia nella mancata richiesta di spiegazioni sul punto da parte della Commissione. Ciò in considerazione dell'assorbente rilievo che, come claris verbis evincibile dalla lettura del ricorso di prime cure (pag. 13/15), alcuna censura in tal senso era stato mossa da Nt. in prime cure, per cui l'affermazione della sentenza si traduce al riguardo, come censurato da parte appellante, in un'inammissibile statuizione ultra petita. 16. Parimenti da accogliere è il quarto motivo di appello, con cui si censura il capo della sentenza che aveva ritenuto non sufficientemente giustificato il costo del lavoro con riferimento alla voce ferie e permessi. 16.1. Ed invero la sentenza appellata in parte qua si è limitata al mero recepimento della censura formulata dalla parte ricorrente affermando "Come evidenziato dal ricorrente, la verifica dei giustificativi relativa a tale voce è stata condotta senza esaminare il contratto collettivo integrativo aziendale che giustificherebbe l'indicazione delle 56 ore annue come permessi retribuiti in luogo delle 104 ore annue assicurate dal CCNL applicabile. Al di là della possibilità che il contratto integrativo possa derogare in parte qua al contratto CCNL, il RUP e la Commissione, incaricati di verificare tale voce di costo in relazione ad Al., sono pervenuti ad un giudizio di ammissibilità del costo senza aver di fatto riscontrato documentalmente e in concreto l'assenza della presunta anomalia da loro stessi evidenziata con la richiesta di chiarimenti. Un ragionamento ana può svolgersi con riferimento alla posizione di De. poiché i dati riferiti nei giustificativi risultano essere privi di dimostrazione o quanto mano di idoneo supporto documentale". 16.2. Al riguardo alcun riscontro pertanto è stato condotto dal giudice di prime cure in merito a quanto dedotto dalla Consip, la quale con la memoria difensiva depositata in data 10 aprile 2021 aveva rappresentato quanto segue: "la Commissione ha approfondito questo aspetto anche attraverso ulteriore richiesta di giustificazioni, pur constatando il rispetto dei livelli salariali minimi: (vedi verbale n. 38). Invece, la ricorrente stabilisce, di nuovo, un proprio personale percorso ed afferma che, secondo un CCNL da essa stessa reputato "applicabile", il numero corretto sarebbe pari a 104 ore annue per la voce permessi. Ciò farebbe lievitare il costo di Al. di euro 58.659,18 e il costo di De. di euro 4.149,57. Premesso che la somma delle due (errate) voci di costo aggiuntivo, pari a euro 62.808,75, non scalfisce l'utile del RTI, il lamentato difetto di istruttoria non sussiste. Alla voce "permessi retribuiti e malattie, infortuni e maternità ", il RTI Al. ha dichiarato quanto segue. Voce "permessi annui retribuiti": Il contratto integrativo aziendale di Al. prevede 24 ore di permessi ROL che, uniti alle 32 ore di permessi annui retribuiti previsti dalla CCNL metalmeccanici, danno luogo a un totale di 56 ore annue. Voce "assemblee, permessi sindacali, diritto allo studio" Le statistiche relative a questa voce hanno evidenziato che per il 2020 la media è stata di 0,8 ore pro capite. Per quanto concerne De. alla voce permessi retribuiti e malattie, infortuni e maternità ha dichiarato quanto segue: Voce "permessi annui retribuiti". Le statistiche aziendali relative a questa voce hanno evidenziato che mediamente il personale fruisce annualmente di 54 ore/ permesso. I permessi non fruiti non vengono retribuiti ma confluiscono in un monte ore che viene reso disponibile al dipendente al momento della fine rapporto. Il relativo costo - nel definire i costi della presente commessa - è stato convenzionalmente considerato come ricompreso nei costi generali dell'azienda. Si sottolinea che se si riportasse il valore di tale voce a 104 ore annue, come da tabelle ministeriali, il costo del lavoro per la presente commessa aumenterebbe di circa 3.000,00Euro complessivi con un'incidenza percentuale dello 0,06%. Ora, con riferimento ai "permessi annui retribuiti", nel caso di RTI Al. la Commissione ha preso atto delle previsioni contenute nel contratto integrativo aziendale; tuttavia, ha pure ricalcolato i Par a 104 h in luogo dei 56 dichiarati. Lo stesso metodo ha operato con riguardo a De.. Come si evince dalla tabella, pur considerando il nuovo costo, la commessa sarebbe rimasta in utile. (Ricavi 5.237.573,00 Euro; Costo del lavoro 4.975.925,46 Euro; Oneri per la sicurezza 16.500,00 Euro; Altri costi 129.481,03 Euro; Margine Operativo Lordo 115.666,51 Euro; Costi generali e di struttura 78.563,60 Euro; Margine operativo 37.102,92 Euro). Nell'operazione di ricalcolo sopradetta, la Commissione ha, tra l'altro, notato che il RTI Al. aveva imputato per 2 volte il coefficiente di incremento salariale pari allo 0,50%, che era stato dichiarato nei primi giustificativi al parag. 5.2. Nel conteggio sopra detto, ha, pertanto, proceduto applicando un'unica volta il suddetto coefficiente. Come si vede, la commessa rimane in utile". 16.2.1. Peraltro, a prescindere dalla circostanza che dette operazioni non sono state specificate nel verbale finale di valutazione dell'anomalia del 19 gennaio 2021 che si è limitato a ritenere - dopo la lunga istruttoria condotta e le duplici giustificazioni prodotte - la congruità dell'offerta del RTI Al., rinviando per relationem alle giustificazioni fornite in sede procedimentale e all'istruttoria al riguardo esperita (motivazione del tutto legittima alla luce della giurisprudenza innanzi indicata), la sentenza non ha tenuto in alcun conto quanto affermato in sede processuale da Consip in ordine all'istruttoria espletata ed alla circostanza che, anche calcolando le 104 ore di permesso retribuite per Al. e Dedragroup, in luogo dei 56 previsti del contratto integrativo aziendale, la commessa rimarrebbe comunque in utile, con un margine operativo di euro 37.102,92. Pertanto la censura formulata da Nt. al riguardo, tenuto conto della circostanza, che, come di seguito esposto, le altre censure formulate in primo grado dovevano considerarsi infondate, non era in grado ex se di erodere il margine di utile dell'affidamento e di rendere pertanto l'offerta presentata dal RTI Al. globalmente inaffidabile, anche volendo considerare il costo per l'ulteriore giornata della formazione da non ricondursi a quella in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro. Ed infatti secondo la giurisprudenza condivisa dalla Sezione in sede di verifica dell'anomalia dell'offerta, salvo il caso in cui il margine positivo risulti pari a zero, non è dato stabilire una soglia di utile al di sotto della quale l'offerta va considerata anomala - potendo anche un utile modesto comportare un vantaggio significativo (Cons. Stato Sez. V, 22/03/2021, n. 2437; Cons. Stato Sez. III, Sent., 13-07-2021, n. 5283). Il giudice di prime cure avrebbe pertanto dovuto considerare quanto dedotto da Consip nel corso del giudizio, in quanto in sede di sindacato del procedimento di verifica dell'anomalia deve valutarsi l'assoluta irragionevolezza del giudizio al riguardo espresso dalla stazione appaltante, verificando la sostenibilità globale dell'offerta, non potendo il relativo sindacato arrestarsi alla motivazione del provvedimento finale di conclusione del predetto giudizio - normalmente facente mero rinvio alle giustificazioni prodotte e all'istruttoria svolta - per cui non appare pertinente il mero richiamo operato da Nt. al divieto di motivazione postuma. Alcuna valenza assume poi la distinta quantificazione del maggior costo del lavoro per permessi retribuiti operata nelle memorie difensive da Nt., la quale, senza debitamente contestare la stima operata al riguardo da Consip, ha fatto riferimento ad una distinta valutazione, peraltro debitamente contestata da Al.. 17. Parimenti fondato è il quinto motivo di appello formulato avverso il capo della sentenza che ha ritenuto priva di giustificazione la voce dell'offerta relativa a "ulteriori costi", ovvero per aver ritenuto l'offerta del RTI Al. priva dell'indicazione dei costi in relazione ad una serie ulteriore di voci componenti l'offerta, quali: (a) manutenzione in garanzia per 12 mesi "del software sviluppato/modificato nell'ultimo anno di erogazione, come meglio specificato negli atti di gara"; b) Portale della fornitura offerto "senza oneri aggiuntivi"; c) Osservatorio Normativo e Tecnologico proposto per il Servizio di Manutenzione; d) Sistema di Knowledge Management; e) Aggiornamento Knowledge Base; f) Microsoft Team Foundation Server (TFS) e AlmaToolBox della Test Factory Al.; e) Strumenti di Collaboration (Microsoft Teams); f) Risorse Academy del Centro di formazione e le risorse dei Centri di Competenza; g) attrezzature informatiche, risorse hardware e software e adeguamenti degli ambienti disviluppo; h) costi di trasferta. Ed invero deve in primo luogo evidenziarsi che il RTI Al. nei giustificativi del 18 dicembre 2020 ha stimato quali ulteriori costi diretti (ambienti di lavoro interni, materiale di consumo, spese per la pubblicazione) un costo omnicomprensivo pari a Euro 10.000,00 e ha quotato alla voce "costi generali di struttura" (ove vengono calcolati tutti i costi a livello aziendale convenzionalmente attribuibili al progetto e stimati pari al 1,5 % dei ricavi) un costo pari ad Euro 78.563,60. Al. evidenzia al riguardo, quanto al costo per "manutenzione in garanzia", da riferirsi agli interventi da effettuare per rimuovere eventuali errori presenti nel software sviluppato dal RTI nel corso del contratto, di essere in grado, come rilevato in prime cure, di rispondere pienamente alle aspettative della stazione appaltante in merito alla qualità del software, come richieste dal Cap. 7 "Garanzia" del Capitolato Tecnico" secondo cui: "Ogni prodotto sw realizzato/modificato deve essere pienamente rispondente ai requisiti funzionali espressi, alle normative vigenti (es. accessibilità ), ai requisiti non funzionali (es. sicurezza, usabilità, livelli prestazionali, manutenibilità ) nonché agli standard e linee guida So. e agli eventuali standard dell'Amministrazione che, se presenti, saranno consegnati al Fornitore all'avvio delle attività ". La difettosità residua del software rilasciato - nei rarissimi casi in cui dovesse verificarsi - rappresenterebbe quindi un fenomeno estremamente circoscritto, i cui costi molto ridotti sono da ricomprendersi nei residui costi generali di struttura (pari, giova ricordarlo, ad euro 78.563,60). 17.1. Quanto dedotto da Al. al riguardo deve ritenersi comprovato avuto riguardo a quanto esposto nell'offerta tecnica circa la qualità del software, premiato dalla stazione appaltante in sede di valutazione della medesima offerta tecnica. Ed invero la mandataria Al. da anni applica al proprio interno le linee guida stabilite dal maggiore standard internazionale in materia di sviluppo e test del SW, la ISO 25000, per cui ha conseguito alcuni statement rilasciati da un organismo di certificazione accreditato ai sensi della norma UNI CEI EN ISO/IEC 17021-1 (cfr pag. 16 e ss. dell'offerta tecnica). 17.2. Parimenti verosimile è quanto prospettato dall'appellante in ordine alla circostanza che gli strumenti di fornitura" proposti (Portale della fornitura sistema di Knowledge Mng; Microsoft Team Foundation Server (TFS) e AlmaToolBox; Strumenti di Collaboration quale Microsoft Teams), rappresentino un asset della mandataria Al., il cui costo è da considerarsi già ammortizzato. Il costo di personalizzazione sulla fornitura a carico della commessa dovrebbe pertanto intendersi meramente marginale e sussumibile negli "ulteriori costi diretti" dichiarati nei giustificativi. 17.3. Il costo delle "attrezzature informatiche delle risorse", deve per contro intendersi ricompreso nei costi generali di struttura, come normalmente avviene nei conti economici di commessa, secondo quanto dedotto dall'appellante. Trattasi invero, come evidenziato anche da Consip nelle proprie memorie, di dotazioni trasversali proprie di ciascuna azienda e da intendersi pertanto ricomprese nei costi generali di struttura e non invece di voci non quotate. 17.4. Parimenti viziata deve ritenersi la sentenza nella parte in cui ha ritenuto non giustificati i costi relativi alle risorse aggiuntive (Osservatorio Normativo e Tecnologico; Risorse del Centro di formazione; i Centri di Competenza) in quanto Al. al § 3.2 dell'offerta tecnica ha elencato nel dettaglio tutti i ruoli aggiuntivi previsti senza oneri per l'amministrazione, quantificandone in giorni/persona l'impegno previsto; i relativi costi risultano poi quantificati nei primi giustificativi (pag. 4) riferiti ai ruoli aggiuntivi, oppure sono riferiti a risorse impegnate direttamente nei servizi, come nel caso, ad esempio, dei Centri di Competenza. 17.5. Parimenti censurabile è la sentenza nella parte in cui ha ritenuto non giustificate le spese relative alla voce "trasferte", senza debitamente considerare che, come evidenziato sia dall'appellante che da Consip, il Capitolato prevede specifiche attività on site solo per il lotto 2 e solo per le attività di presidio (parag. 4.4.). Con riferimento alle attività riferibili ad entrambi i lotti, il parag. 6.9.2. "Reperibilità e interventi on site" prevede tali interventi solo in caso di criticità e su richiesta della Committente (So.) che peraltro ha sede in Roma, al pari delle aziende componenti il RTI, per cui gli eventuali costi per gli spostamenti (da non intendersi come trasferte in senso tecnico) sono da ricondursi ai "costi generali di struttura" (ove vengono calcolati tutti i costi a livello aziendale convenzionalmente attribuibili al progetto) stimati in via prudenziale dal RTI Al. in euro 78.563,60, come innanzi evidenziato. Peraltro l'appellante ha replicato anche a quanto dedotto da Nt. in relazione al mancato computo dei costi relativi alla "componente assai significativa" di personale da impiegare nella commessa e facente capo all'azienda Al. Di. ("AD."), la quale ha sede a Napoli, evidenziando che al § 6.8 "Luogo di erogazione dei servizi" del capitolato è previsto che "i servizi dovranno essere erogati, presso le sedi dei Fornitori" e che le attività presso le sedi So. e/o dell'amministrazione saranno limitate a specifiche attività - quali quelle elencate al medesimo paragrafo - che sono per loro natura estremamente saltuarie e di breve durata, rimarcando in ogni caso come "il luogo di erogazione del servizio" è ubicato a Roma, ossia nella stessa città in cui hanno sede tutte le aziende facenti parte del RTI, con la conseguenza che le eventuali trasferte delle risorse saranno in numero estremamente limitato ed esclusivamente all'interno dello stesso comune, con un costo da ritenere agevolmente assorbito all'interno della voce costi generali. Il personale di AD. pertanto opererà regolarmente dalla propria sede di Napoli, secondo una scelta del tutto compatibile con le prescrizioni di gara ed a conoscenza della sede appaltante; ciò senza mancare di trascurare che le risorse che occupano ruoli di governance fanno tutte capo alle aziende del RTI Al. (con sede a Roma), mentre le attività che AD. è stata chiamata a svolgere nell'ambito dell'appalto sono di livello più operativo e non richiedono, in quanto tali, la necessità che il personale preposto si rechi a Roma. 17.6. Né può condividersi la prospettazione contenuta nella memoria difensiva di Nt. secondo cui quanto dedotto (solo) in sede processuale non avrebbe alcuna valenza, dovendo assegnarsi rilievo alle sole giustificazioni prodotte nell'ambito del procedimento di verifica dell'anomalia dell'offerta. Ed invero, come innanzi evidenziato, secondo la giurisprudenza, se in sede giurisdizionale il ricorrente deduce l'inattendibilità dell'offerta per aspetti non specificatamente presi in considerazione dalla stazione appaltante, legittimamente l'aggiudicataria può difendersi in giudizio provvedendo a giustificare tali voci in sede processuale (Cons. Stato, Sez. III, 14.11.2018, n. 6430; Consiglio di Stato, sez. III, 15.02.2021 n. 1361). Infatti, come innanzi evidenziato, la stazione appaltante non è tenuta a chiedere chiarimenti su tutti gli elementi dell'offerta e su tutti i costi, anche marginali, ma può legittimamente limitarsi alla richiesta di giustificativi con riferimento alle voci di costo più rilevanti, in grado di incidere sulla complessiva attendibilità dell'offerta sì da renderla non remunerativa e inidonea ad assicurare il corretto svolgimento del servizio (Cons. Stato, Sez. III, 14.11.2018, n. 6430) per cui è ben possibile, che, nella dialettica processuale, l'aggiudicataria possa dovere giustificare ulteriori costi (marginali) in ordine ai quali la stazione appaltante non aveva richiesto espliciti chiarimenti, considerando l'offerta nel complesso attendibile. 18. In considerazione di tali rilievi pertanto l'appello principale va accolto. 19. Stante l'accoglimento dell'appello principale, deve pertanto passarsi alla disamina dell'appello incidentale proposto da Nt.. 20. Senza dubbio inammissibile è la parte del primo motivo di appello incidentale con cui si deduce che le giornate che non troverebbero copertura nel costo del lavoro per le figure di System Analyst, di Developer e di Technical Specialist, salirebbero da quattro a cinque (quattro per il training on the job e una per la formazione in materia di salute e sicurezza sul posto di lavoro) non essendo la giornata per la formazione in materia di salute e sicurezza sul posto di lavoro ricompresa nel costo del lavoro, in considerazione del rilievo che, secondo quanto indicato nel precedente paragrafo 14.3. la sentenza gravata aveva accolto la censura formulata sul punto dal RTI Al. con il capo peraltro gravato dall'appellante principale ed oggetto di disamina nell'indicato paragrafo. 20.1. Da rigettare è il primo motivo dell'appello incidentale nella parte in cui Nt. deduce che il giudice di prime cure non avrebbe riscontrato quanto dedotto con il ricorso in relazione alla "contestazione relativa alla mancata indicazione", nell'offerta presentata dal RTI Al., "della modalità di formazione c.d. training on the job", arbitrariamente introdotta dall'aggiudicataria solo in fase di verifica di anomalia, con i primi giustificativi, in violazione del principio di unicità e immodificabilità dell'offerta. Ed invero al cap. 9 dell'offerta tecnica, dedicato alle modalità con cui operano all'interno della fornitura gli esperti presenti nei Centri di Competenza del RTI, è stata descritta l'interazione "diffusiva" (di fatto la formazione erogata dagli esperti dei CdC) che prevede appunto, tra le modalità di erogazione, proprio il training on the job (pp. 36 e 37). Inoltre a pag. 43 dell'offerta il RTI Al. ha dato analiticamente atto dei temi che saranno oggetto di formazione e per alcuni di essi (quali Sviluppo di APP per dispositivi mobili; Prodotti per l'esecuzione dei test; tecnologie innovative come Blockchain, IoT, Intelligenza Artificiale, realtà aumentata, machine learning; etc.) la modalità di formazione in training on the job considerata al cap. 9 deve considerarsi come la più efficace. Alla stregua di tali rilievi il motivo va disatteso dal momento che non è rinvenibile una presunta modifica postuma dell'offerta da parte del RTI Al., in quanto la modalità di formazione del training on the job risulta chiaramente dall'offerta tecnica e l'aggiudicataria, in sede di giustificativi, non ha sostituito alcuna componente essenziale dell'offerta e non ha proposto un servizio differente rispetto oggetto della valutazione della Consip. Ciò senza mancare di rilevare che per contro, come evidenziato in termini generali, in sede di procedimento di verifica dell'anomalia è pacificamente ammessa la progressiva riperimetrazione, nella dialettica della fase giustificativa, dei parametri di costo, con compensazione delle precedenti sottostime e sovrastime, sia per porre rimedio a originari errori di calcolo, sia, più in generale, in tutti i casi in cui l'entità dell'offerta economica rimanga immutata, (C.d.S., V, sent. n. 1874/2020; C.d.S., V, n. 4400/2019; C.d.S., V, 4680/2017). 21. Del pari da rigettare è il secondo motivo di appello incidentale con cui Nt. lamenta l'illegittimità della sentenza nella parte in cui il Tar avrebbe riconosciuto la congruità dell'offerta del RTI Al. con riferimento ai costi di "formazione informale". L'aggiudicataria ha chiarito infatti al riguardo, nel corso del giudizio di prime cure, come Nt. avesse calcolato arbitrariamente i costi presuntivamente applicabili a questa voce, ignorando completamente i chiarimenti forniti con i primi giustificativi sottoposti all'attenzione di Consip, dai quali era emerso come la formazione informale fosse composta da brevi corsi di autoistruzione, le cosiddette "pillole formative", di durata inferiore alla mezz'ora e la cui fruizione sarebbe avvenuta, quindi, all'interno dei cosiddetti "tempi interstiziali" che non influiscono sui costi della commessa. Nel condividere l'argomentazione svolta da Al., il Tar ha pertanto correttamente rigettato la censura, rilevandone l'infondatezza "poiché in effetti per il lavoro straordinario la cui prestazione risulta essere inferiore a trenta minuti non è prevista alcuna remunerazione e pertanto alcun costo doveva essere sostenuto dalla concorrente" (salvo poi affermare ultra petita, come evidenziato nella disamina dell'appello principale, che Consip non aveva indagato sulla sussistenza dei presupposti per il ricorso al lavoro straordinario). 21.1. Con l'appello incidentale viene contestata in parte qua la sentenza, riproponendo anche in questa sede il calcolo dei presunti costi da imputare alla "formazione formale", quantificati in complessivi euro 76.167,27, cui andrebbero poi aggiunti quelli del Learning Management System previsto per le attività di formazione, pari ad euro 17.550,99. Ed invero, quanto a questi ultimi costi, è sufficiente evidenziare che in prime cure il RTI Al. aveva replicato esaurientemente alla contestazione, giustificando i predetti costi attraverso la loro riconduzione nei costi generali di commessa, data la loro valenza del tutto marginale. Al. ha infatti al riguardo allegato che la soluzione proposta per tale sistema sarebbe stata Mo., una piattaforma open source molto diffusa, che, come altri strumenti proposti per la fornitura, è da tempo un asset della medesima società, per cui non sarebbe ravvisabile alcun costo per l'attivazione delle utenze, mentre il costo per l'utilizzo e la manutenzione era stato stimato in un importo inferiore ai 2.000Euro l'anno per 1.000 utenti (quelli della fornitura sono meno di 40). Analogamente, sono risultati assolutamente irrisori anche i costi di predisposizione dei materiali didattici, in grandissima parte già nella disponibilità della mandataria (con un costo già quasi interamente ammortizzato). Quanto, poi, ai costi per la "formazione informale", Al. aveva precisato, nella propria relazione tecnica, che: "l'aggiornamento continuo riguarda il 100% del personale del RTI impiegato nella fornitura. Il RTI garantisce per ogni risorsa una "formazione formale" ossia pianificabile (minimo 5 giorni/anno), tra corsi erogati dalle strutture delle aziende del RTI e quelli affidati ad aziende specializzate o a fornitori di software, secondo il dettaglio riportato nella tabella. Alla formazione formale si aggiunge la "formazione informale" di corsi in autoistruzione erogati dalla piattaforma utilizzata dalla mandataria (Mo.) e fruibili anche attraverso dispositivi mobili. Consente l'apprendimento "just in time", per un ammontare minimo per ciascuna risorsa di 24 ore annue, fruibili in orario extra lavorativo, come lavoro straordinario. Il RTI, grazie alla vasta rete di partnership tecnologiche e con Università ed Istituti di ricerca, è in grado di mettere a disposizione delle proprie risorse una vasta didattica, continuamente aggiornata, di corsi on line su una pluralità di tematiche afferenti alla fornitura (MOOC - Massive Open Online Course)". L'aggiudicataria aveva inoltre chiarito, sul punto, nei primi giustificativi che "Per quello che riguarda la cosiddetta formazione "informale" questa avverrà attraverso la fruizione di corsi in autoistruzione erogati dalla piattaforma utilizzata dalla mandataria (Mo.) e fruibili anche attraverso dispositivi mobili, per una durata complessiva di circa 24 ore l'anno. La durata di queste pillole formative è per definizione molto ridotta (max 20 minuti) e avverrà quindi all'interno dei cosiddetti "tempi interstiziali" che non vengono remunerati perché di durata inferiore alla mezz'ora". Come correttamente riconosciuto dal Tar pertanto per dette "pillole", di durata inferiore ai 30 minuti, "non è prevista alcuna remunerazione e pertanto alcun costo doveva essere sostenuto dalla concorrente", trattandosi di strumenti che consentono l'apprendimento "just in time" per un ammontare minimo di ore (24 ore annue per ciascuna risorsa), fruibili come lavoro straordinario e dunque non remunerabili perché di durata assai contenuta. Del tutto arbitraria pertanto è l'imputazione di ulteriori costi per lavoro ordinario effettuata dal RTI Nt.. 22. Parimenti da rigettare è il terzo motivo dell'appello incidentale, con cui viene contestata la sentenza di primo grado nella parte in cui il giudice di prime cure ha respinto la censura sulla c.d. decontribuzione Sud, evidenziando correttamente che "il giudizio sull'anomalia dell'offerta non è impermeabile alla valorizzazione di economie sopravvenienti, in grado di refluire sull'affidamento del contratto" e accertando, quindi, che "il RTI Al. non ha modificato il costo relativo alla manodopera con riferimento ai vantaggi economici derivanti dalla c.d. decontribuzione Sud, ma ha formulato l'offerta sulla base di questa leva economica". La pronuncia in parte qua è immune delle contestate censure. Ed invero nella giustificazione della commessa il RTI Al. ha legittimamente considerato gli sgravi fiscali previsti dal legislatore per il Sud Italia, di cui avrebbe usufruito Al. Di. (AD.). Si tratta, come noto, di una misura di decontribuzione introdotta dal d.l. n. 104/2020, regolarmente autorizzata, in quanto aiuto di Stato, dalla Commissione UE, ai sensi dell'art. 107 TFUE, che può riguardare il 100% dei dipendenti. Nt. ha lamentato al riguardo che Consip, in applicazione dell'art. 97 del Codice, non avrebbe potuto ritenere giustificabile il costo del lavoro attraverso l'applicazione della disciplina di favore recata dal citato decreto legge, in ragione del fatto che la norma sullo sgravio fiscale sarebbe stata approvata in un momento successivo a quello di scadenza del termine di presentazione dell'offerta (1° luglio 2020), riproponendo le censure disattese in prime cure anche in questa sede. Né, a dire dell'appellante incidentale, detta misura era stata prevista in via definitiva al momento dello svolgimento del giudizio di anomalia, ciò in quanto la l. 178/2020, pubblicata in G.U. in data 30 dicembre 2020 era intervenuta a modificare la misura di tale beneficio, con la conseguenza che lo stesso era stato autorizzato definitivamente nella sua struttura attuale solo con la Decisione della Commissione C(2021) 1220 del 18 febbraio 2021 e, quindi, in un momento successivo alla chiusura del procedimento di verifica dell'anomalia. Soltanto con siffatta decisione, infatti, la Commissione europea avrebbe autorizzato lo Stato italiano a concedere, fino al 31 dicembre 2021, l'agevolazione contributiva per l'occupazione in aree svantaggiate prevista dal citato d.l. 104/2020 (prorogata dall'art. 1, co da 161 a 168, della legge n. 178/2020). 22.1. La censura è infondata. Ed invero secondo la condivisibile giurisprudenza le giustificazioni addotte dal concorrente per la comprova della congruità e serietà della propria offerta ben possono fare riferimento a situazioni esistenti al momento in cui si svolge la verifica di anomalia, per cui può certamente tenersi conto di sopravvenienze sia fattuali che normative che dimostrino la concreta affidabilità dell'offerta. Infatti deve ritenersi consentita la modifica delle giustificazioni delle singole voci di costo, rispetto alle giustificazioni già fornite, come pure l'aggiustamento delle singole voci di costo" anche in relazione a "sopravvenienze di fatto o normative", (C.d.S., V, n. 4400/2019), potendosi sempre valorizzare "economie sopravvenienti, in grado di refluire sull'affidamento del contratto" (C.d.S., V, 1874/2020; V, 3502/2019; in senso ana V, 4272/2020 secondo cui è "ammissibile non solo la modifica delle giustificazioni delle singole voci di costo, rispetto alle giustificazioni già fornite, come pure l'aggiustamento delle singole voci di costo, sia in correlazione a sopravvenienze di fatto o normative, sia per porre rimedio a originari e comprovati errori di calcolo, sempre che resti ferma l'entità originaria dell'offerta economica, nel rispetto del principio dell'immodificabilità, che presiede la logica della par condicio tra i competitori (Cons. Stato, sez. V, 26 giugno 2019, n. 4400); ma anche la rimodulazione degli elementi economici dell'offerta in sede di giustificazioni sull'anomalia, con il solo limite di non alterarne il quantum iniziale o l'equilibrio economico e purché si accerti in concreto, sulla base di un apprezzamento globale e sintetico, che la proposta economica risulti nel suo complesso affidabile e attendibile in relazione alla corretta esecuzione dell'appalto (Cons. Stato, sez. V, 12 febbraio 2020, n. 1071)". Ancora di recente questa Sezione ha al riguardo evidenziato, nel solco dell'indicato indirizzo giurisprudenziale: "Premesso che lo scopo essenziale cui si conforma il giudizio sull'anomalia dell'offerta va individuato nella verifica della complessiva affidabilità dell'offerta sotto il profilo economico, in vista della esecuzione delle prestazioni contrattuali da parte dell'aggiudicatario, appare del tutto logico che detta verifica si svolga avendo come parametri di valutazione il livello dei costi al tempo in cui è effettuata la verifica. In altri termini, se la finalità (indiscussa) del procedimento in questione è la verifica della attuale attendibilità economica dell'offerta è del tutto coerente con tale finalità la scelta di fare riferimento a parametri economici attualizzati" (Cons. Stato Sez. V, Sent., 20 gennaio 2021, n. 593). Come riscontrabile ex actis la verifica di anomalia è stata avviata nel mese di dicembre 2020 e si è conclusa il 19.1.2021 Deve pertanto evidenziarsi come alla data di chiusura del procedimento di verifica dell'anomalia la norma decontributiva era valida ed efficace, atteso che il citato d.l. n. 104 è entrato in vigore il 14.8.2020 e il relativo regime di aiuti è stato approvato con Decisione della Commissione UE C (2020) 6959 del 6 ottobre 2020. La stessa misura, di nuovo giudicata positivamente e prorogata con Decisione della Commissione UE (2020) 9121 del 10.12.2020, è stata ulteriormente estesa fino al 2029 dalla legge di bilancio n. 178 del 2020 (art. 1, comma 161), pubblicata in GU il 30.12.2020 ed entrata in vigore il 1° gennaio 2021. Al momento in cui il giudizio sull'anomalia dell'offerta è stato espresso, quindi, vi era la ragionevole e oggettiva certezza - normativamente fondata - in ordine al concreto conseguimento del beneficio contributivo. Peraltro, la c.d. "decontribuzione Sud", come evidenziato dal RTI Al., era già solidamente radicata, come si evince dal DEF 2020 e dalla relativa Relazione al Parlamento del mese di aprile dello stesso anno (All. I fasc. 1° Al.) ed aveva formato oggetto di discussione parlamentare a partire da aprile 2020, inserendosi nell'ambito di un consolidato percorso di agevolazioni contributive destinate al Mezzogiorno, già operative per gli anni 2018 e 2019 ed era stata adottata in conformità alla Comunicazione della Commissione UE recante "Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza Covid-19", approvata il 19.3.2020, C 2020 - 1863 e ss.mm.. Quanto alla successiva proroga per un lungo arco temporale, vi è da evidenziare come la stessa era già ampiamente attesa e pacifica alla data di approvazione del d.l. n. 104 e della prima autorizzazione da parte della Commissione, come allegato in prime cure dal RTI Al. (All. E fasc. 1° Al.). Inoltre, la conferma a regime del sistema decontributivo per il Sud era individuata come pilastro nell'impiego delle risorse dei fondi per i piani nazionali di ripresa e resilienza, come emerge dalle linee guida della Commissione UE del 17.9.2020 (Commission staff working document guidance to member States Recovery and Resilience Plan, Com 205, 2020) (All. H fasc. 1° Al.). Alcuna rilevanza può assegnarsi, in senso contrario, a quanto dedotto da Nt. in ordine alla decisione della Commissione (C (2021) 1220 final del 18 febbraio 2021, sia perché la disciplina decontributiva era già stata approvata ed era entrata in vigore al momento di espressione del giudizio di congruità, sia perché la compatibilità dello sgravio fiscale con il mercato era già stata verificata e accertata in plurime occasioni dalla stessa Commissione (Decisione C (2020) 6959 final del 6 ottobre 2020 e Decisione 9121 final del 10.12.2020 - rispettivamente All. F e G fasc. 1° Al.), alla luce delle condizioni sostanziali stabilite dal "Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza Covid-19". 23. Parimenti da disattendere è la censura, del pari formulata nel terzo motivo di appello, avverso il capo della sentenza di primo grado che ha respinto la censura volta a far valere la presunta violazione della disciplina in materia di subappalto. La decisione del Tar merita infatti in parte qua integrale conferma, per il semplice rilievo che il limite normativo delle attività subappaltabili, come risulta dal DGUE dell'aggiudicataria, è stato dalla stessa pienamente rispettato. Ed invero, nel corso della gara, il RTI Al. si è impegnato a fare ricorso al subappalto per una quota non superiore al 40% del valore della commessa, nel rispetto delle norme vigenti in materia. Alcuna valenza può assegnarsi in senso contrario a quanto osservato da Nt. nel presente motivo di appello, nella parte in cui si afferma che l'aggiudicataria avrebbe posto in essere un escamotage per dissimulare la costruzione di un'offerta poco attendibile, affidando in subappalto ad un'impresa che può contare su costi del lavoro ridotti (grazie alla decontribuzione Sud) un volume di attività superiore al 40% in quanto, come correttamente osservato dal giudice di prime cure, "il limite massimo per il subappalto non va calcolato sulla quantità di risorse necessarie per le attività subappaltate" ma sul "valore economico del contratto", come dispone in maniera chiarissima l'art. 105 del d.lgs. n. 50/2016". Né a risultati diversi può aggiungersi leggendo la censura de qua in correlato disposto con quella relativa alla decontribuzione sud, dovendo ritenersi, come innanzi osservato, del tutto legittimo il riferimento operato, nel corso del giudizio di anomalia, allo sgravio previsto per la decontribuzione sud. 24. Infondata è altresì la censura formulata del pari nel terzo motivo di appello incidentale, con cui Nt. censura la sentenza di prime cure laddove avrebbe disatteso la contestazione articolata nel ricorso di primo grado relativa alla circostanza che il RTI Al. avrebbe impiegato nell'appalto risorse appartenenti ad inquadramenti professionali differenti rispetto a quanto dichiarato in sede di offerta. Tale censura, formulata in maniera del tutto generica, è stata correttamente respinta dal Tar proprio perché "è del tutto generica la censura sull'inquadramento al 4° livello del CCNL della figura professionale del Developer, da parte del subappaltatore, in luogo del 5° livello". In questa sede Nt. ripropone nuovamente la doglianza, reiterando l'argomentazione secondo cui il costo della figura professionale del Developer della subappaltatrice AD. sarebbe stato "stranamente" mantenuto al 4° livello di inquadramento del CCNL, "mentre tutte le aziende componenti il RTI Al. inquadrano il Developer per l'80% al 4° livello e per il 20% al 5° livello". In tal modo l'aggiudicataria, a dire di Nt., avrebbe arbitrariamente omesso di valorizzare i relativi costi e di prendere in considerazione un ulteriore aggravio pari ad euro 26.687,28. Il motivo è del tutto destituito di fondamento, non essendo stato in alcun modo dedotto quali precetti di legge una simile scelta dell'aggiudicataria avrebbe violato e per quale ragione AD. avrebbe dovuto prevedere un inquadramento identico a quello delle altre aziende del Raggruppamento. Trattasi invero di una scelta frutto evidentemente di una determinazione aziendale interna, non sindacabile e, ancor prima, del tutto conforme al dettato normativo, sia per quanto concerne il subappalto che la disciplina in materia di livelli minimi retributivi del CCNL di riferimento, come era stato evidenziato innanzi al Tar anche dalla stazione appaltante. Alcun rilievo può assegnarsi pertanto alla riconduzione delle figure professionali ad un "mix" asseritamente diverso rispetto a quello prospettato. Si tratta di determinazioni aziendali interne, non sindacabili e rispettose del dettato normativo, sia con riferimento alla disciplina del subappalto, sia in coerenza con i livelli retributivi minimi del CCNL di riferimento (la cui violazione peraltro non è stata mai dedotta da parte di Nt.). 25. Infine da disattendere è il quarto motivo di appello incidentale con cui Nt. censura il capo della sentenza che aveva rigettato il motivo del ricorso fondato sul rilievo della non congruità dei costi indicati da Al. per buoni pasto e mensa. Il Tar ha al riguardo rilevato, con statuizione immune dalle contestate censure, che Nt. aveva erroneamente calcolato il valore nominale del buono pasto Al. anziché il costo unitario - di importo inferiore - che il buono pasto avrebbe avuto per l'azienda. La ricorrente di primo grado, inoltre, non aveva affatto considerato che Al. offre ai propri dipendenti un servizio di mensa nella sede di Roma (omissis). e poiché i servizi fornitura saranno erogati dalla sede del fornitore (che per Al. è, appunto, (omissis).), la stima cautelativa di 4,00 euro per buono pasto fatta dall'aggiudicataria risultava del tutto ragionevole. La sentenza merita di essere confermata in parte qua. Ed invero, come evidenziato da Al., il costo sostenuto per i dipendenti che usufruiscono del servizio di mensa aziendale è pari a 3,68 Euro/pasto (cfr. contratto con la società appaltatrice del servizio mensa, All. C, fasc. 1° Al.). Nei soli casi in cui al dipendente non sia possibile fruire del servizio mensa, Al. distribuisce un ticket restaurant il cui valore nominale è di 8,26Euro, ma il cui costo unitario di acquisto è pari a 6,50Euro (cfr. contratto con la società emittente del servizio ticket, All. D fasc. 1° Al.). Poiché i servizi fornitura, come indicato nel Capitolato, saranno erogati dalla sede del fornitore, l'aggiudicataria ha effettuato una stima ampiamente cautelativa di 10% di ticket e 90% di pasti a mensa, per una media di 3,9 Euro di costo a pasto, ritenuta del tutto congrua dalla stazione appaltante all'esito di un'istruttoria approfondita. La stima fatta da Al., che tiene debitamente conto di una media tra i costi per servizio mensa e quelli per ticket restaurant, è infatti al riguardo del tutto congrua, senza che possa assumere alcun rilievo il fatto che il costo di acquisto dei buoni pasto sia di 6,50 euro anziché di 4 euro, come ripetutamente evidenziato da Nt.. Né risponde al vero, per le ragioni appena chiarite, che in sede di verifica di anomalia Al. avrebbe quantificato i costi per buoni pasto in misura inferiore rispetto a quelli effettivamente sostenuti, avendo l'aggiudicataria stimato, in termini ampiamente prudenziali, un 10% di ticket e un 90% di pasti a mensa, per una media di circa 3,9 Euro di costo a pasto, quantificata in sede di giustificativi forniti alla stazione appaltante nel corso della procedura (cfr pagina 11 dei primi giustificativi). 26. In conclusione l'appello incidentale va rigettato, stante l'infondatezza di tutte le censure, mentre l'appello principale va accolto, avuto riguardo alla fondatezza del secondo, terzo, quarto e quinto motivo di ricorso, secondo quanto innanzi evidenziato. Ed invero, come innanzi rilevato, l'esito della gara può infatti essere travolto solo quando il giudizio negativo sul piano dell'attendibilità riguardi voci che, per la loro rilevanza ed incidenza complessiva, rendano l'intera operazione economicamente non plausibile e insidiata da indici strutturali di carente affidabilità a garantire la regolare esecuzione del contratto volta al perseguimento dell'interesse pubblico, laddove nell'ipotesi di specie, anche a volere considerare gli ulteriori costi per permessi retribuiti, quali quantificati da Consip e i costi per l'ulteriore giornata della formazione formale, la commessa rimarrebbe in utile. 26.1. Per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, va rigettato il ricorso di prime cure. 27. Sussistono peraltro eccezionali e gravi ragioni per la compensazione delle spese di lite del doppio grado di giudizio, avuto riguardo alla complessità delle questioni sottese alle censure formulate, ferma restando la debenza per entrambi i gradi di giudizio del contributo unificato a carico di Nt. Da. It. S.p.A, alla luce del principio della soccombenza. P.Q.M. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, accoglie l'appello principale e rigetta l'appello incidentale e per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, rigetta il ricorso di primo grado. Compensa le spese di lite del doppio grado di giudizio, ferma restando la debenza del contributo unificato a carico di Nt. Da. It. S.p.A. per entrambi i gradi di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 gennaio 2022 con l'intervento dei magistrati: Francesco Caringella - Presidente Angela Rotondano - Consigliere Giovanni Grasso - Consigliere Anna Bottiglieri - Consigliere Diana Caminiti - Consigliere, Estensore

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto Sezione Terza ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 677 del 2021, proposto da Wh. Bl. Sl. Te. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Da. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Invitalia - Agenzia Nazionale per l'Attrazione degli Investimenti e lo Sviluppo d'Impresa S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Gi. Fr. Fe. e Er. Pa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Ministero dello Sviluppo Economico, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Venezia, piazza (...); per l'annullamento - della comunicazione del 7 aprile 2021 di non ammissione alle agevolazioni di cui al D.M. 24 settembre 2014 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 13 novembre 2014, n. 264, rif. domanda n. SSI0002977 - lstruttoria Smart& Start Italia - D.M. 24 settembre 2014 G.U. n. 264 del 13 novembre 2014 e ss.mm.ii.; - della presupposta e ignota decisione assunta dal Comitato Tecnico a seguito della riunione del 18 marzo 2021 e dei punteggi contenuti nella nota del 2 aprile 2021 recanti i motivi ostativi; - di ogni altro atto e/o provvedimento presupposto, connesso o conseguente, in particolare del preavviso di rigetto del 2 aprile 2021 a firma del Dott. Roberto Pasetti; e per l'accertamento e la dichiarazione della insussistenza dei presupposti per la declaratoria di non ammissione al finanziamento di cui al D.M. 24 settembre 2014 Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 13 novembre 2014 n. 264. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Invitalia - Agenzia Nazionale per l'Attrazione degli investimenti e lo Sviluppo d'Impresa S.p.A. e del Ministero dello Sviluppo Economico; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 gennaio 2022 la dott.ssa Mara Bertagnolli; Lette le note d'udienza con cui il Ministero ha chiesto che la controversia fosse trattenuta in decisione e uditi i procuratori delle altre parti, come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO Il 20 giugno 2020 la Wh. Bl. Sl. Te. S.r.l. (di seguito WB.) ha presentato una domanda finalizzata all'erogazione delle agevolazioni previste dal decreto del Ministero dello Sviluppo Economico 24 settembre 2019, istitutivo di un apposito regime di aiuto finalizzato a sostenere la nascita e lo sviluppo, su tutto il territorio nazionale, di start-up innovative. La ricorrente ha chiesto di essere ammessa alle agevolazioni previste da tale decreto per sviluppare un metodo innovativo per risolvere il problema delle scorie bianche derivanti dalla lavorazione dell'acciaio (potenzialmente molto nocive per la salute pubblica, perché la loro gestione produce alte quantità di polveri sottili tossiche disperse nell'aria), quantificabili in misura pari a circa un milione di tonnellate all'anno, che rappresentano rifiuti speciali attualmente stoccati in enormi discariche. Essa propone la produzione e la fornitura di un nuovo metodo per rigenerare la scoria, tanto da trasformare quello che attualmente è un nocivo sottoprodotto di scarto in una nuova materia prima di notevole valore, pronta per rientrare nel ciclo produttivo. Il tutto prendendola in carico immediatamente alla fine del ciclo produttivo in acciaieria, evitando l'asportazione e lo stoccaggio e realizzando un vero esempio di economia circolare. La particolarità del modello di business proposto sta nel fatto che la WB. non venderà impianti e non diventerà un centro di rigenerazione della scoria, ma installerà uno o più impianti in ogni acciaieria e tratterà la scoria bianca direttamente sul posto ed immediatamente alla fine del ciclo produttivo dell'acciaio. Gli impianti saranno costruiti da WB., rimanendo di sua esclusiva proprietà e saranno gestiti da proprio personale distaccato all'interno delle acciaierie. Queste ultime acquisteranno il servizio di rigenerazione della scoria in loco (risparmiando costi di trasporto e di stoccaggio in discarica), nonché il prodotto rigenerato per reintrodurlo nel ciclo produttivo, così riducendo l'acquisto di altre materie prime. I ricavi della ricorrente deriveranno quindi, dallo svolgimento del servizio di rigenerazione in luogo di quello di smaltimento, dalla vendita del prodotto rigenerato come materia prima e dalla vendita degli EU-ETS certificati dal processo di rigenerazione (necessari per compensare le emissioni di CO2). Dunque, secondo quanto sostenuto dalla ricorrente, nella propria domanda e nel ricorso, il sistema genererà ricavi costanti per WB. e un risparmio per le acciaierie che già avrebbero dimostrato un notevole interesse per il modello innovativo descritto. Ciononostante, la richiesta di ammissione al beneficio di legge è stata rigettata in ragione del mancato raggiungimento del punteggio minimo richiesto in relazione ad alcuni profili di cui era prevista la valutazione. Il provvedimento negativo che ha concluso il procedimento, ritenendo che le osservazioni prodotte in riscontro al preavviso di rigetto non fossero idonee a giustificare una diversa determinazione del soggetto preposto all'esame dell'istanza, sarebbe, secondo WB., illegittimo per le ragioni di diritto che si andranno ad esporre. In primo luogo, come dedotto nel primo motivo di ricorso, Invitalia sarebbe incorsa nella violazione dell'art. 25 del D.L. 18 ottobre 2012 n. 179, convertito dall'art. 1, comma 1, L. 17 dicembre 2012 n. 221, nonché nella violazione dell'art. 2, comma 1, del Decreto del Ministero dello sviluppo economico del 24 settembre 2014 Gazzetta Ufficiale 13 novembre 2014 n. 264 e dell'art. 8 punto 1 della Circolare approvata con Decreto del Ministero dello sviluppo economico del 16 dicembre 2019 n. 439196. Ciò in ragione della non corretta valutazione della composizione societaria della richiedente, che garantirebbe, di fatto, la disponibilità in esclusiva del brevetto alla base dello sviluppo della start-up, della mancata comprensione delle potenzialità sul mercato dell'innovazione proposta connessa alla costosa e pericolosa gestione del prodotto di scarto della lavorazione dell'acciaio, suscettibile di essere trasformato da residuo inquinante in nuova materia prima da reimmettere nel ciclo produttivo e, quindi, della sottovalutazione della sostenibilità dei tassi di crescita dei ricavi e della copertura del fabbisogno finanziario. Il censurato esito dell'istruttoria sarebbe, inoltre, dovuto anche a una non corretta comprensione dell'inesistenza di altri competitors sul mercato. Con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente ha dedotto violazione di legge e eccesso di potere, in quanto il provvedimento sarebbe carente di motivazione e frutto di un'istruttoria lacunosa e sommaria. Si è costituita in giudizio Invitalia, eccependo in primo luogo l'inammissibilità del primo motivo di ricorso, in considerazione del fatto che gli argomenti posti a motivazione del provvedimento amministrativo censurato, atterrebbero a profili caratterizzati da discrezionalità tecnica che, in quanto tali, sfuggirebbero al sindacato di legittimità del Giudice amministrativo, se non laddove si appalesassero manifestamente illogici, irrazionali, irragionevoli, arbitrari ovvero fondati su di un altrettanto palese e manifesto travisamento dei fatti: ciò che non sarebbe stato dimostrato nella fattispecie. Anche il Ministero ha parimenti eccepito l'inammissibilità del ricorso nella parte in cui è volto a censurare l'attività discrezionale posta in essere da Invitalia nel valutare il piano proposto e assegnare i relativi punteggi. Nel merito anche la difesa erariale, come già Invitalia, ha chiarito i motivi per i quali i giudizi espressi sul piano proposto dovrebbero essere ritenuti immuni dai vizi dedotti e supportati da adeguata motivazione. Quanto già eccepito da Invitalia è stato pedissequamente ripetuto nella memoria prodotta dalla stessa in vista dell'udienza pubblica. La società ricorrente ha, invece, sostenuto la inammissibilità della costituzione di Invitalia s.p.a. per difetto di rappresentanza, avendo essa depositato una procura notarile priva di qualsivoglia sottoscrizione delle parti e del notaio. Nel merito essa ha ribadito come il ricorso sia in concreto volto a censurare proprio l'illogicità e l'irragionevolezza delle conclusioni cui Invitalia sarebbe addivenuta, nonostante le osservazioni presentate e senza puntualmente considerare queste ultime, così incorrendo anche in carenza di istruttoria. Essa ha sottolineato, inoltre, come il punteggio sia stato attribuito senza una preventiva predisposizione e indicazione dei criteri di attribuzione dello stesso. All'eccezione in rito ha replicato Invitalia, che ha insistito per l'infondatezza del ricorso. Alla udienza pubblica del 26 gennaio 2022, la causa, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, è stata trattenuta in decisione. DIRITTO Deve essere preliminarmente esaminata l'eccezione in rito introdotta da parte ricorrente in riferimento all'inammissibilità della costituzione di Invitalia. Essa può essere, invero, superata dando conto di come la legittimazione derivi dalla procura conferita dall'Amministratore Delegato in data 2.3.2020, prodotta in atti. Non può trovare positivo apprezzamento nemmeno l'eccezione di inammissibilità della prima, articolata, censura, in quanto quest'ultima è, di fatto, rivolta proprio a dimostrare l'irragionevolezza e l'illogicità delle conclusioni cui è addivenuta Invitalia nel rigettare le osservazioni della ricorrente e nell'attribuzione del punteggio contestato. Ne deriva che quanto richiesto al giudice con il ricorso in esame rientra nell'alveo della cognizione ad esso attribuita, che gli consente di verificare in modo puntuale, anche in riferimento alla regola tecnica adottata, la ragionevolezza, la logicità, la coerenza dell'iter logico seguito dall'autorità, senza però potervi sostituire un sistema valutativo differente. Si può, quindi, passare all'esame della fondatezza di quanto dedotto, prendendo le mosse dalla ricostruzione del quadro normativo di riferimento rappresentato dall'art. 5, comma 1, del Decreto Ministeriale 24 settembre 2014, che individua come ammissibili al particolare regime di aiuti finalizzati a sostenere la nascita e lo sviluppo di start-up innovative, i piani di impresa: "a) caratterizzati da un significativo contenuto tecnologico e innovativo, ovvero b) mirati allo sviluppo di prodotti, servizi o soluzioni nel campo dell'economia digitale, dell'intelligenza artificiale, della blockchain e dell'internet of things, ovvero c) finalizzati alla valorizzazione economica dei risultati del sistema della ricerca pubblica e privata". L'iter di valutazione delle domande è stato, poi, delineato da un'apposita circolare (Ministero dello Sviluppo, 16 dicembre 2019, n. 439196), che ha individuato come criteri di valutazione: a) adeguatezza delle competenze tecniche, organizzative e gestionali richieste dall'attività imprenditoriale; b) carattere innovativo dell'idea alla base del piano di impresa, in riferimento alla introduzione di un nuovo prodotto e/o servizio, ovvero di nuove soluzioni organizzative o produttive; c) sostenibilità economica e finanziaria dell'iniziativa anche tenuto conto delle prospettive del mercato di riferimento al quale l'impresa proponente rivolge la propria offerta ovvero potenziale nuovo mercato individuato; e) fattibilità tecnologica ed operativa del piano di impresa. Fatta tale premessa, ragioni di ordine logico impongono di esaminare il ricorso nella parte in cui deduce l'illegittimità della mancata ammissione quale conseguenza del punteggio illegittimamente determinato senza aver previamente stabilito i criteri di assegnazione dello stesso. Tale deduzione non appare meritevole di positivo apprezzamento, atteso che il punto 11 della Circolare già richiamata disciplina puntualmente lo svolgimento dell'istruttoria e i criteri di valutazione dei piani, rinviando all'allegato 1 l'articolazione dei criteri di valutazione elencati al punto 11.4 e le soglie minime per l'accesso alle agevolazioni. I criteri per l'attribuzione del punteggio sono stati, dunque, correttamente predeterminati ed erano noti. È possibile, quindi, procedere all'esame del merito di quanto dedotto con riferimento all'esito dell'istruttoria tecnica, prendendo le mosse dalla contestazione di parte ricorrente riferita al punteggio assegnatole innanzitutto in relazione al parametro B1, finalizzato a valutare "l'idea progettuale in base alla capacità dell'impresa di introdurre innovazioni di prodotto/servizio ovvero nuove soluzioni organizzative o produttive funzionali al soddisfacimento dei bisogni dei clienti, considerando o l'elemento di miglioramento dell'offerta già presente sul mercato anche introducendo funzionalità incrementali o intercettando nuovi bisogni, ovvero orientandosi a nuovi mercati." Preliminarmente, però, è necessario chiarire che, ai fini dell'ammissibilità della domanda, rispetto a ciascun parametro di riferimento avrebbe dovuto essere raggiunto il punteggio minimo di 6. Quindi, il vero oggetto del contendere, ancorché non immediatamente intellegibile dal ricorso, è il giudizio di non ammissibilità del piano con riferimento ai singoli parametri valutati e non anche il punteggio in concreto attribuito, di per sé irrilevante una volta raggiunto il minimo di 6, dal momento che, come previsto dal punto 11.1 della circolare "Le domande di agevolazione, corredate dal piano d'impresa, sono valutate secondo l'ordine cronologico di presentazione o di completamento" e, dunque, non vi è la redazione di una graduatoria o la soddisfazione delle domande secondo un ordine graduato in ragione del punteggio ottenuto. Ciò chiarito, ritornando all'esame del parametro B1, l'attribuzione di soli 3 punti sui 10 disponibili è stata motivata con riferimento alla mancata dimostrazione della disponibilità del brevetto, che appartiene ad altra società . È pur vero che, come sostenuto da parte ricorrente, la società titolare e quella cui è stato concesso il brevetto e cioè la WB., hanno lo stesso amministratore delegato e la prima di esse possiede il 50 % delle azioni della seconda, ma rimane incontestato il fatto che il contratto per la concessione del brevetto subordina l'esclusiva al raggiungimento di determinati obiettivi di mercato. A prescindere dal fatto che il raggiungimento degli stessi sia più o meno possibile, la presenza di tale condizione ha ragionevolmente indotto Invitalia all'assegnazione di un punteggio ridotto nonostante l'innovatività della proposta. Del resto, come riportato nella parte in fatto, la ricorrente ha attestato, con nota del 21 maggio 2021, che "l'iniziativa è stata presentata presso tre acciaierie, sta per essere contrattualizzata in altre otto ed in almeno due di queste è in procinto di essere a breve tradotta in pratica, attraverso l'installazione dell'impianto di trattamento". Nessun aggiornamento rispetto a tale situazione in itinere è stato fornito nella successiva memoria depositata in vista dell'udienza pubblica, con la conseguenza che non può ritenersi provato che la condizione posta sia stata raggiunta o sia inequivocabilmente raggiungibile. Né a tal fine può risultare utile la documentazione prodotta da parte ricorrente il 21 gennaio 2022, non solo perché tardivamente depositata, ma anche perché inidonea a comprovare l'avverarsi della condizione cui il contratto di concessione del brevetto subordinava l'esclusiva secondo quanto dalla stessa ricorrente attestato. Ma ciò che è determinante è che, a monte, nonostante Invitalia avesse contestato fin dalla comunicazione del preavviso di rigetto ex art. 10 bis della legge 241/90 la mancata produzione di copia del contratto riguardante la concessione del brevetto, l'esatto contenuto dello stesso, che non è stato prodotto in allegato alle osservazioni, non risulta appurabile nemmeno a seguito della proposizione del ricorso, in quanto esso non è mai stato depositato. Ne deriva che l'attribuzione di un punteggio inferiore al minimo richiesto deve essere ritenuta immune dai vizi dedotti, non risultando né illogica, né irrazionale e legittima, di per sé, la mancata ammissione al beneficio richiesto in ragione di quanto sopra detto in ordine alla necessità del raggiungimento del punteggio di 6 con riferimento a ciascun elemento di valutazione. Ciò ancorché non altrettanto possa affermarsi con riferimento alla voce c.1) "Verifica dell'attendibilità dell'analisi dei ricavi prospettici in relazione al competitor e/o settore target a 5 anni". In tal caso Invitalia ha ritenuto insufficienti le giustificazioni prodotte dalla WB., in quanto essa si sarebbe limitata ad affermare che il mercato non conosce competitors, come sarebbe stato confermato anche dalle quattro acciaierie con cui era in corso la contrattazione per addivenire all'installazione della nuova tecnologia. Invero, appare effettivamente illogico e irrazionale che Invitalia non abbia considerato che, data la natura peculiare e innovativa della nuova tecnologia oggetto di finanziamento e la conseguente assenza di competitors nella proposizione di un sistema alternativo di smaltimento delle scorie particolarmente interessante anche per il produttore delle stesse, rende non inverosimile l'incremento dei ricavi ipotizzato. Ciò anche alla luce delle manifestazioni di interesse di un rilevante numero di operatori del settore. Per converso, Invitalia non ha fornito alcuna motivazione atta a giustificare il fatto che il dato è stato ritenuto attendibile per metà, essendo stato riconosciuto, in relazione al parametro, un punteggio di 5 su 10 nonostante parte ricorrente abbia chiarito come, non essendoci nessun altro operatore in grado di fornire un sistema di smaltimento delle scorie bianche che presenti i vantaggi di quello proposto da WSBT, sia ipotizzabile un tasso di crescita medio annuo dell'82 %. E' il giudizio di inadeguatezza espresso da Invitalia, dunque, a non essere adeguatamente supportato da motivazioni idonee a disconoscere la realizzabilità dell'obiettivo previsto. Lo stesso si può affermare con riferimento al parametro "C2 Sostenibilità dei tassi di crescita dei Ricavi". A tale proposito il preavviso di rigetto si limitava a dare conto di come il punteggio di 3 sia stato determinato dal fatto che "Le previsioni di redditività e di sostenibilità dei tassi di crescita dei ricavi non sono attendibili in quanto le previsioni di redditività non risultano supportate da un'analisi di mercato credibile.". L'affermazione appare, invero, generica e la difficoltà di interpretarne il senso ha indubbiamente riguardato anche l'odierna ricorrente, che ha cercato di chiarire come il beneficio dell'innovazione proposta sarebbe misurabile partendo dai costi per lo smaltimento delle scorie desumibile dai bilanci dei 39 siti italiani che hanno il problema della produzione, quale residuo della lavorazione, della scoria bianca: costi che sarebbero risparmiati dalle acciaierie. In altre parole, la ricorrente ha sostenuto che la reddittività ipotizzata sarebbe credibile in ragione di tutti i costi (documentati dai bilanci o imposti dalla norma, come nel caso dell'ecotassa) normalmente sostenuti dai produttori per lo smaltimento del rifiuto speciale. Essendo il prodotto del tutto innovativo e di potenziale interesse per tutti gli operatori del settore, appare illogico che l'Amministrazione abbia ritenuto gli argomenti forniti come inidonei a supportare un giudizio di ammissibilità in assenza di ulteriori e più precise motivazioni. Ancora più illogico risulta essere, con riferimento al parametro C3), che il punteggio sia rimasto invariato nonostante sia stato esplicitamente rappresentato come sia previsto che l'impianto prodotto rimanga in piena disponibilità della WB., pur essendo destinato ad essere collocato presso le singole acciaierie per ottimizzare tempi, costi e risultati sul piano della riduzione dell'inquinamento. Non è dato comprendere, infatti, per quale ragione sia stato ritenuto rilevante, in senso negativo, il fatto che gli impianti non siano collocati presso la sede della richiedente il beneficio. Tanto più che anche nella fattispecie in esame risulterebbe rispettata la condizione principale cui la circolare subordina l'ammissibilità del finanziamento anche nel caso in cui i beni di investimento siano localizzati in altro luogo e cioè che essi siano "utilizzati a beneficio esclusivo dell'impresa proponente e ubicati in spazi resi disponibili all'impresa proponente in virtù di specifici accordi documentati". La WB., infatti, collocherà il proprio impianto di trattamento delle scorie presso la singola acciaieria, ma rimanendone non solo proprietaria, ma anche unico gestore mediante proprio personale dislocato sul posto. Quanto al parametro C4. "Grado di concentrazione dei competitors nel mercato di riferimento", al piano è stato attribuito il punteggio di 4 in quanto la proponente si sarebbe limita a ribadire di non avere competitors, senza indicare le fonti di tale informazione. Invero appare ragionevole ritenere che il dato richiesto fosse quello relativo alle dimensioni del mercato di riferimento (e cioè quello dello smaltimento delle scorie bianche attraverso le metodologie tradizionali) per comprendere le potenzialità di sviluppo in tale ambito della start-up. Dati che sembrerebbero non essere stati forniti dall'odierna ricorrente. Sul punto il ricorso risulta, dunque, infondato e, conseguentemente, non può ritenersi superato il giudizio di inammissibilità anche con riferimento a questo secondo parametro. Complessivamente, pertanto, nonostante le alcune illogicità e irrazionalità in cui l'Amministrazione è incorsa nella valutazione del punteggio da assegnare alla ricorrente, il provvedimento di non ammissione ai benefici di legge oggetto di impugnazione appare legittimo in ragione del mancato raggiungimento del livello minimo previsto per l'ammissibilità rispetto a ben due dei parametri valutati. Ciò comporta il rigetto del ricorso, ma data la particolarità della questione dedotta e il non corretto esercizio del potere per i profili sopra evidenziati, sussistono giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese del giudizio. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto Sezione Terza, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 26 gennaio 2022 con l'intervento dei magistrati: Alessandra Farina - Presidente Mara Bertagnolli - Consigliere, Estensore Alessio Falferi - Consigliere

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 4698 del 2021, proposto da Mi. Cr. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Ma. Cl., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale (…); contro Aria S.p.A. - Azienda Regionale per l'Innovazione e gli Acquisti, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Ma. Lu. Ta., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Ma. Sa. in Roma, viale (…); nei confronti Ab. Me. It. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Gi. Ro., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda) n. 843/2021, resa tra le parti. Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Aria S.p.A. - Azienda Regionale per l'Innovazione e gli Acquisti e di Ab. Me. It. S.r.l.; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 novembre 2021 il Cons. Giulio Veltri e uditi per le parti gli avvocati come da verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO Oggetto del presente giudizio è la gara per la fornitura di Pacemaker e Defibrillatori per gli enti sanitari lombardi, suddivisa in 24 lotti, dei quali rileva nella presente sede il solo lotto 8 avente ad oggetto la fornitura di "Pacemaker alta fascia DDDR" per un importo a base d'asta unitaria per di euro 2.880,00 e un valore complessivo di euro 8.064.000,00. La lettera di invito e il capitolato tecnico hanno indicato, tra i criteri di valutazione dell'offerta tecnica, il parametro tabellare "Algoritmo di prevenzione + trattamento delle tachiaritmie atriali" al quale assegnare 15 punti per l'ipotesi di presenza di entrambi gli algoritmi e 7 punti nel caso di "presenza del solo algoritmo di prevenzione o del solo trattamento delle tachiaritmie atriali". La gara è stata definitivamente aggiudicata a Mi. (anche a seguito di un riesame effettuato dalla stazione appaltante). Ab. è arrivata seconda. La società Ab. ha impugnato l'aggiudicazione dinanzi al TAR Lombardia dolendosi dell'insufficienza del punteggio ricevuto per il parametro "algoritmo di prevenzione e trattamento delle tachiaritmie atriali". Mi. ha proposto ricorso incidentale. Il TAR, superate le questioni preliminari, ha respinto il ricorso incidentale e ha accolto il gravame principale. Avverso la sentenza ha proposto appello Mi., svolgendo due motivi d'appello:  uno relativo al capo che ha accolto il ricorso principale; l'altro riferito al capo che ha respinto il ricorso incidentale). 7.Con memoria depositata in data 15.6.2021 in vista della Camera di Consiglio, oltre ad illustrare le ragioni che imporrebbero la reiezione dell'appello, Ab. ha riproposto, anche ai sensi e per gli effetti dell'art. 101, comma 2, del D.lgs. 104 del 2010, le censure formulate nel ricorso e nei motivi aggiunti proposti da Ab. in primo grado e parzialmente non esaminate nella sentenza gravata. All'esito della camera di consiglio del 17.06.2021, con ordinanza n. 3391 del 2021 la Sezione ha accolto la richiesta cautelare di sospensione della sentenza impugnata, ritenendo meritevole di approfondimento in sede di merito la questione della "perimetrazione tecnica della nozione di "algoritmo di trattamento" riferita ad un peacemaker di alta fascia". Le parti, in vista dell'udienza, hanno approfondito le rispettive tesi, in particolare in ordine al tema della perimetrazione tecnica della nozione di "algoritmo di trattamento" suggerito dall'ordinanza cautelare citata. La causa è stata discussa all'udienza del 4 novembre 2021, e all'esito trattenuta in decisione. DIRITTO Il thema decidendum dell'odierno giudizio concerne l'esatta perimetrazione della nozione di "algoritmo di trattamento" nell'ambito e nel contesto di una procedura nazionale di gara per la fornitura di pacemaker di alta fascia. La lex gara ha previsto tra i criteri di valutazione dell'offerta tecnica, il parametro tabellare "Algoritmo di prevenzione + trattamento delle tachiaritmie atriali" al quale assegnare 15 punti per l'ipotesi di presenza di entrambi gli algoritmi e 7 punti nel caso di "presenza del solo algoritmo di prevenzione o del solo trattamento delle tachiaritmie atriali". La Commissione di gara ha ritenuto soddisfatto il possesso di algoritmi sia per prevenzione che per il trattamento, attribuendo il punteggio massimo, solo nel caso di algoritmi "automatici". Segnatamente "La commissione come algoritmo di trattamento automatico per Mi. ha considerato l'accelerazione su PAC frequenti che consente in maniera automatica di contrastare il ritmo prefibrillatorio costituito dal riconoscimento di frequenti ectopie atriale e trattato mediante riduzione/omogeneizzazione dei periodo refrattari atriali. L'algoritmo denominato NIPS (Noninvasive program stimulation) e presente nel prodotto offerto da Ab. costituisce invece uno studio elettrofisiologico eseguito in office da un operatore specialistico". Il TAR, puntualizzato che "la legge di gara richiede unicamente la presenza di un algoritmo di trattamento (senza altro specificare)" ha definito il concetto di algoritmo, affermando che "con esso ci si richiama, semplicemente, a una sequenza finita di istruzioni, ben definite e non ambigue, così da poter essere eseguite meccanicamente e tali da produrre un determinato risultato (come risolvere un problema oppure eseguire un calcolo e, nel caso di specie, trattare un'aritmia)". Ha aggiunto, il primo giudice, al fine di meglio circoscrivere il concetto, che "non deve confondersi la nozione di "algoritmo" con quella di "intelligenza artificiale", riconducibile invece allo studio di "agenti intelligenti", vale a dire allo studio di sistemi che percepiscono ciò che li circonda e intraprendono azioni che massimizzano la probabilità di ottenere con successo gli obiettivi prefissati..... sono tali, ad esempio, quelli che interagiscono con l'ambiente circostante o con le persone, che apprendono dall'esperienza (machine learning), che elaborano il linguaggio naturale oppure che riconoscono volti e movimenti". Definita la nozione di algoritmo, il primo giudice ha così concluso il suo percorso argomentativo: "l'algoritmo di trattamento dell'aritmia non è altro che l'insieme di passaggi (di stimoli creati dal pacemaker secondo istruzioni predefinite) necessari al trattamento del singolo tipo di aritmia. Questo concetto non include necessariamente, invece, come erroneamente ritenuto dalla stazione appaltante, che il dispositivo debba essere in grado di riconoscere in automatico l'esigenza (quindi di diagnosticare il tipo di aritmia) e somministrare in automatico la corretta terapia meccanica (trattamento). In altre parole, il dato testuale della lettera di invito non richiede che l'algoritmo di trattamento, al verificarsi dell'episodio aritmico, sia avviato dal dispositivo medesimo in automatico. Tale caratteristica attiene a una componente ulteriore, non indicata nella legge di gara, vale a dire a un algoritmo di intelligenza artificiale nella diagnosi dell'aritmia e avvio del trattamento. Fondatamente, pertanto, Ab. ha dedotto l'erroneità della valutazione della commissione di gara che - pur in presenza di un algoritmo di trattamento delle aritmie nel proprio dispositivo (vale a dire l'algoritmo NIPS, pacificamente definibile come tale) - ha attribuito soli 7 punti anziché 15 al dispositivo offerto. Infatti, la commissione ha confuso, sovrapponendoli indebitamente, il concetto di algoritmo con quello di avvio automatico del trattamento". L'appellante Mi. contesta tale ricostruzione e segnala come l'evoluzione del settore abbia fatto registrare l'introduzione di algoritmi sempre più complessi (in ispecie nei dispositivi di c.d. alta fascia oggetto della gara de qua), in grado di "ottimizzare" la terapia di stimolazione in base alle caratteristiche individuali, ivi inclusa la capacità di riconoscere, prevenire e/o trattare episodi aritmici, quali le aritmie atriali, come acclarato nell'ambito della letteratura clinica. Ma al di là del grado di sofisticatezza, si tratterebbe - secondo l'appellante - pur sempre di algoritmi che agiscono secondo uno schema tipico (input-elaborazione-riposta) connaturato alla funzione di sorvegliare continuativamente il ritmo cardiaco, che nulla ha in comune con i meccanismi di machine learning, evocati in premi cure. Al contrario non rientrerebbero nella nozione di algoritmo, funzioni di test (come il NIPS) attivabile a mezzo del collegamento, in ambiente ospedaliero, del pacemaker ad una strumentazione esterna (il c.d. programmatore ovvero un computer dedicato presso gli ospedali), sotto il diretto controllo del personale medico, chiamato a decidere, in base ai risultati del test, le azioni di stimolazione da far eseguire al pacemaker in modo temporaneo e sempre sotto supervisione. L'appellata Ab. ribadisce, da canto suo, che la nozione di algoritmo informatico è del tutto compatibile con la fase di input attivata da un umano; né potrebbe darsi rilievo alla circostanza che i dispositivi da fornire siano di "alta fascia", poiché è fuor di dubbio che tali dispositivi gestiscono funzioni comuni anche ai dispositivi "bassa fascia" che si attivano attraverso un programmatore o l'intervento del clinico. La mancata specificazione da parte della lex gara del carattere "automatico" o "intelligente" dell'algoritmo avrebbe dovuto dunque indurre la commissione ad interpretare in modo letterale e quindi ampio la nozione di algoritmo, a beneficio del principio di massima partecipazione e di par condicio. Ritiene il Collegio che l'appellante sia nel giusto. Prima di entrare in medias res occorre chiarire alcuni profili rilevanti in ordine all'interpretazione della clausole della lex gara. Il primo giudice ha correttamente riportato il dominante orientamento giurisprudenziale - che il Collegio pienamente condivide - secondo il quale 'l'interpretazione degli atti amministrativi, ivi compreso il bando, soggiace alle stesse regole dettate dall'art. 1362 e ss. c.c. per l'interpretazione dei contratti, tra le quali assume carattere preminente quella collegata all'interpretazione letterale, in quanto compatibile con il provvedimento amministrativo, perché gli effetti degli atti amministrativi devono essere individuati solo in base a ciò che il destinatario può ragionevolmente intendere, anche in ragione del principio costituzionale di buon andamento, che impone alla P.A. di operare in modo chiaro e lineare, tale da fornire ai cittadini regole di condotte certe e sicure, soprattutto quando da esse possano derivare conseguenze negative (così, tra le tante, Cons. Stato, V, 13 gennaio 2014 n. 72); con la conseguenza che "la dovuta prevalenza da attribuire alle espressioni letterali, se chiare, contenute nel bando esclude ogni ulteriore procedimento ermeneutico per rintracciare pretesi significati ulteriori e preclude ogni estensione analogica intesa ad evidenziare significati inespressi e impliciti, che rischierebbe di vulnerare l'affidamento dei partecipanti, la par condicio dei concorrenti e l'esigenza della più ampia partecipazione" (cfr. Cons. Stato, V, 15 luglio 2013, n. 3811; 12 settembre 2017, n. 4307). 8.1. Occorre tuttavia rimarcare che nel caso di specie non si tratta di una clausola che stabilisce condizioni di partecipazione o regole per la competizione, ma di un criterio di attribuzione del punteggio tecnico che costituisce chiara espressione delle preferenze dell'amministrazione rispetto alle caratteristiche funzionali e tecniche del bene da reperire sul mercato. Le esigenze dell'amministrazione sono il prius, sia dal punto di vista funzionale che logico, dal quale il procedimento di gara si dipana, e non possono certamente essere pretermesse o prevaricate da interpretazioni che alla luce del principio di massima partecipazione finiscano per imporre all'amministrazione un bene che essa non vuole o non ha chiesto. Diversamente ragionando si darebbe la stura ad un processo di eterogenesi dei fini, suscettibile di tramutare la procedura da strumento servente a vincolo condizionante lo stesso fabbisogno della stazione appaltante. 8.2. Nel caso di specie l'amministrazione ha dichiarato espressamente, a mezzo degli atti a base di gara, di volere acquisire dispositivi di "alta fascia" e di preferire, fra questi, quelli dotati di "Algoritmo di prevenzione+trattamento delle tachiaritmie atriali" (premiati con punti 15) rispetto a dispositivi dotati "del solo algoritmo di prevenzione o del solo trattamento delle tachiaritmie atriali" (valorizzati con punti 7). Non c'è quindi dubbio che essa si sia orientata (preferibilmente) verso un apparecchio tecnologicamente avanzato, dotato di un grado di automazione capace di coprire sia l'area della prevenzione che quella del trattamento. 8.3. L'amministrazione, quanto si rivolge al mercato quale acquirente pubblico, ha il dovere di imparzialità che le impedisce di far prevalere preferenze meramente soggettive, ma rimane pur sempre un acquirente, in nulla dissimile rispetto ad un privato, abilitato a soddisfare i suoi bisogni attraverso prodotti di gamma alta e con prestazioni avanzate, se offerti a prezzi ragionevoli (in ciò l'essenza del criterio del miglior rapporto qualità prezzo). Il primo punto da comprendere è dunque cosa l'amministrazione abbia veramente chiesto e ritenuto preferibile attraverso il proprio invito ad offrire; il secondo punto è comprendere se il prodotto offerto da Abott meriti di avere 15 punti oppure 7. In ordine alla prima quaestio facti il primo giudice descrive così la propria valutazione: "l'algoritmo di trattamento dell'aritmia non è altro che l'insieme di passaggi (di stimoli creati dal pacemaker secondo istruzioni predefinite) necessari al trattamento del singolo tipo di aritmia. Questo concetto non include necessariamente, invece, come erroneamente ritenuto dalla stazione appaltante, che il dispositivo debba essere in grado di riconoscere in automatico l'esigenza (quindi di diagnosticare il tipo di aritmia) e somministrare in automatico la corretta terapia meccanica (trattamento). In altre parole, il dato testuale della lettera di invito non richiede che l'algoritmo di trattamento, al verificarsi dell'episodio aritmico, sia avviato dal dispositivo medesimo in automatico. Tale caratteristica attiene a una componente ulteriore, non indicata nella legge di gara, vale a dire a un algoritmo di intelligenza artificiale nella diagnosi dell'aritmia e avvio del trattamento. 9.1. Il Collegio dissente. Non v'è dubbio che la nozione comune e generale di algoritmo riporti alla mente "semplicemente una sequenza finita di istruzioni, ben definite e non ambigue, così da poter essere eseguite meccanicamente e tali da produrre un determinato risultato" (questa la definizione fornite in prime cure). Nondimeno si osserva che la nozione, quando è applicata a sistemi tecnologici, è ineludibilmente collegata al concetto di automazione ossia a sistemi di azione e controllo idonei a ridurre l'intervento umano. Il grado e la frequenza dell'intervento umano dipendono dalla complessità e dall'accuratezza dell'algoritmo che la macchina è chiamata a processare. Cosa diversa è l'intelligenza artificiale. In questo caso l'algoritmo contempla meccanismi di machine learnig e crea un sistema che non si limita solo ad applicare le regole sofware e i parametri preimpostati (come fa invece l'algoritmo "tradizionale") ma, al contrario, elabora costantemente nuovi criteri di inferenza tra dati e assume decisioni efficienti sulla base di tali elaborazioni, secondo un processo di apprendimento automatico. 9.2. Nel caso di specie, per ottenere la fornitura di un dispositivo con elevato grado di automazione non occorreva che l'amministrazione facesse espresso riferimenti a elementi di intelligenza artificiale, essendo del tutto sufficiente - come ha fatto - anche in considerazione della peculiarità del prodotto (pacemaker dotati, per definizione, di una funzione continuativa di "sensing" del ritmo cardiaco e di regolazione dello stesso) il riferimento allo specifico concetto di algoritmo, ossia ad istruzioni capaci di fornire un efficiente grado di automazione, ulteriore rispetto a quello di base, sia nell'area della prevenzione che del trattamento delle tachiaritmie atriali. I pacemakers moderni e di alta fascia sono infatti dotati di un numero sempre maggiore di parametri programmabili e di algoritmi specifici progettati per ottimizzare la terapia di stimolazione in rapporto alle caratteristiche specifiche del paziente. L'amministrazione ha espresso preferenza per la presenza congiunta di algoritmi di prevenzione e trattamento delle "tachiaritmie atriali". 9.3. Tanto chiarito non rimane che da verificare se la funzione "Non invasive program stimulation" (NIPS), assicurata, per l'area del trattamento, dal prodotto offerto da Ab. sia qualificabile come algoritmo di trattamento delle tachiaritmie atriali. Dall'esame degli atti di causa emerge che il NIPS è una funzione che deve qualificarsi come test elettrofisiologico (anche nei manuali della Ab. viene usato il termine "test NIPS" mentre il termine algoritmo è riservato solo a funzioni automatiche incorporate nel pacemaker, attivabili/disattivabili in modo permanente tra una visita di controllo e l'altra). In sostanza il test NIPS è attivato solo presso ambulatori cardiologici attraverso un programmatore esterno, che viene utilizzato dall'operatore clinico per assumere temporaneamente il controllo del pacemaker e per impartire, sulla base della valutazione in tempo reale del ritmo cardiaco, una sequenza di stimoli da erogare a scopo terapeutico (che possono essere interrotti e/o modificati ad ogni evento avverso), mentre le normali funzioni di sensing e di risposta automatica del pacemaker sono provvisoriamente inibite. Il test NIPS per converso non consente di correggere automaticamente le aritmie al momento dell'insorgere della disfunzione. In tal senso depone anche l'estratto dell'"elenco sistematico delle procedure diagnostiche e terapeutiche del Ministero della Salute", dove la stimolazione elettrica non invasiva programmata NIPS è classificata nell'ambito delle procedure ospedaliere/ambulatoriali e in particolare all'interno della categoria "procedure diagnostiche sul cuore e sul pericardio"; così come la letteratura di settore (cfr. Tabella riassuntiva 3 del contributo pubblicato su EuroPace 2009, vol. 11, pagg. 1272-1280 "Novel pacing algorithms: do they represent a beneficial proposition for patients, physicians, and the health care system?" Simantirakis E. N., Arkolaki E. G.) che non ricomprende la funzione NIPS negli elenchi di riferimento degli algoritmi incorporati nei pacemakers per la gestione del ritmo cardiaco in continuo e in automatico. 9.4. A nulla vale osservare, come pure ha fatto Ab. che anche il test NIPS funziona sulla base di un algoritmo interno. Il Collegio non lo mette in dubbio e tuttavia confida di aver chiarito che siffatto algoritmo, che sovrintende al test diagnostico, non interviene in funzione di automazione delle funzioni di prevenzione e trattamento delle tachiaritmie atriali come richiesto dall'amministrazione, e dunque correttamente l'amministrazione non lo ha considerato ai fini del punteggio. Ab., a mezzo della riproposizione dei motivi assorbiti, sostiene che anche il dispositivo offerto da Mi. sarebbe privo del trattamento automatico delle tachiaritmie atriali al pari di quello di Ab.. Segnatamente il dispositivo Kora 250 DR, per quanto riguarda il trattamento delle aritmie atriali sarebbe equivalente sia da un punto di vista tecnico sia da un punto di vista clinico al dispositivo Endurity di Ab., in quanto similmente quest'ultimo permette all'operatore di trattare gli episodi aritmici, ma senza che sia presente una funzione automatica. D'altronde, la stessa analisi dell'offerta tecnica di Mi. dimostrerebbe che il pacemaker offerto dalla stessa dispone della funzione di overdriving per prevenire l'insorgenza delle aritmie atriali, mentre non viene menzionata in nessuna parte la possibilità di trattamento automatico delle tachiaritmie atriali. Il motivo non ha fondamento. Il dispositivo offerto da Mi. utilizza l'algoritmo accelerazione su PAC. La Commissione, composta da comprovati esperti (clinici e ingegneri biomedici), ha ritenuto, sulla base di valutazioni che non appaiono affette da manifesta erroneità o vizi logici, che tale algoritmo consenta in maniera automatica di contrastare il ritmo prefibrillatorio costituito dal riconoscimento di frequenti ectopie atriali e trattato mediante riduzione/omogeneizzazione dei periodi refrattari atriali. In sostanza, il contrasto del ritmo prefibrillatorio (quali ad esempio le ectopie atriali frequenti per l'inibizione delle quali l'algoritmo è stato appositamente predisposto) ha, secondo la Commissione, anche una valenza terapeutica, ossia di trattamento. Ciò è del tutto coerente con la stessa lettera del criterio preferenziale che fa riferimento ad algoritmi per il trattamento delle "tachiaritmie", categoria di cui la fibrillazione atriale rappresenta la fattispecie più grave, ma non l'unica. La circostanza, quindi, che l'algoritmo abbia anche una funzione preventiva (non di trattamento, della "fibrillazione atriale" (circostanza mai smentita da Mi.) non è incompatibile con la funzione di trattamento di altre fattispecie di tachiaritmia (meno gravi ma potenzialmente prodromiche al caso più grave delle fibrillazione atriale). Per il resto il Collegio osserva che tali valutazioni tecniche erano dal bando riservate alla Commissione sulla base dei complessivi contenuti tecnici dell'offerta e degli algoritmi in essa indicati, non essendo richiesta, per accedere al punteggio preferenziale, anche una specifica autodichiarazione ed evidenziazione, da parte dell'offerente, delle finalità di prevenzione/trattamento degli algoritmi stessi. In conclusione l'appello dev'essere accolto. Per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, il gravame introduttivo del primo grado, proposto da Abott, dev'essere respinto, con conseguente improcedibilità del ricorso incidentale di Mi.. Avuto riguardo alla complessità e novità delle questioni, il Collegio ritiene equo compensare le spese del doppio grado di giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie. Per l'effetto in riforma della sentenza appellata, respinge il gravame introduttivo del primo grado, proposto da Abott, e dichiara conseguentemente improcedibile il ricorso incidentale di Mi.. Spese del doppio grado compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 novembre 2021 con l'intervento dei magistrati: Michele Corradino - Presidente Giulio Veltri - Consigliere, Estensore Giovanni Pescatore - Consigliere Solveig Cogliani - Consigliere Ezio Fedullo - Consigliere

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Sesta ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 7478 del 2020, proposto da CNR-CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via (...); contro CL. PI., rappresentata e difesa dall'avvocato Fr. Am., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (...); per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio n. 5782 del 2020; Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio di CL. PI.; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 ottobre 2021 il Cons. Dario Simeoli e udito per l'appellata l'avvocato Ma. Di Ne., in sostituzione dell'avv. Fr. Am.; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1.? I fatti principali, utili ai fini del decidere, possono essere così riassunti: - la dottoressa CL. PI. presentava istanza di ammissione alla procedura, bandita dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) con provvedimento n. 366.51 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 62 del 7 agosto 2018, riservato al personale in possesso dei requisiti di cui all'art. 20, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017, per l'assunzione, previa selezione per titoli e colloquio, con contratto di lavoro a tempo pieno ed indeterminato, di 3 unità di personale per il profilo di Ricercatore-III livello professionale (Area strategica chimica e dei materiali); - con provvedimento dell'Amministrazione del 15 novembre 2018, l'interessata veniva tuttavia esclusa dalla procedura concorsuale, in quanto sprovvista del requisito di partecipazione previsto dall'art. 2, comma 1, lettera b), del bando, consistente nell'"aver maturato presso il CNR o presso altri Enti ed Istituzioni di Ricerca almeno 3 anni di contratto, anche non continuativi e di diverse tipologie, purché riferibili ad attività svolte o riconducibili alla medesima area o categoria professionale", non ritenendosi a tal fine utile l'attività professionale svolta dalla stessa presso l'ateneo estero, segnatamente l'Università Cattolica di Porto alle dipendenze della "Fundacao para a Ciencia e a Tecnologia", ente pubblico del "Ministerio da Educacao e Ciencia" del Portogallo; - con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, l'istante chiedeva quindi l'annullamento dell'atto di esclusione, lamentando: la carenza di motivazione; l'erronea interpretazione dell'art. 20, comma 2, del decreto legislativo n. 75 del 2017; la violazione del bando, dell'art. 38 del d.lgs. n. 165 del 2001 e delle convenzioni internazionali che regolano i rapporti tra Italia ed il Portogallo in campo accademico e scientifico; la violazione del principio di non discriminazione e della clausola n. 4) dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato del 18 marzo 1999, allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999; - con successivi motivi aggiunti veniva impugnata, per le stesse ragioni dedotte in via principale, la graduatoria concorsuale nella parte in cui la ricorrente era risultata in essa inserita con clausola "ammesso con riserva" (in forza di pronuncia cautelare emessa dal giudice di primo grado) piuttosto che a pieno titolo; - il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, con sentenza n. 5782 del 2020, annullava gli atti impugnati, rilevando (sulla scorta dei propri procedenti) che: "[...] La dott.ssa Pi. ha svolto, per quanto rileva ai fini dell'ammissione alle prove selettive, le seguenti attività di ricerca: - presso il C.N. (Istituto di Na.), con contratto stipulato in data 16 febbraio 2017; - presso la "Fundaqà o para a Cié ncia e Tecnolosia IFCT", dal 1 aprile 2013 al 15 febbraio 2017, come pacificamente risultante dal "curriculum strutturato" dalla stessa presentato ai fini della partecipazione alla procedura de qua [...]; - Tale ultimo periodo di attività [...] deve considerarsi rilevante ai fini del possesso del requisito di cui all'art. 2 comma 1 lett. b) del bando di concorso, in quanto: - la locuzione del bando "altri enti ed istituzioni di ricerca" non reca specificazioni di sorta sulla natura di tali soggetti; - l'ampiezza della formulazione utilizzata si spiega ponendo mente alle finalità della peculiare procedura oggi in esame, per la quale importa - e deve importare - lo svolgimento di un'attività di ricerca propriamente detta (nella medesima "materia" indicata dal bando), indipendentemente dalle variegate caratteristiche degli enti e istituti di afferenza; - rileva in tal senso la raccomandazione 2005/251/CE della Commissione dell'11 marzo 2005, "riguardante la Carta europea dei ricercatori e un codice di condotta per l'assunzione dei ricercatori" (Carta e codice di condotta sono allegati alla raccomandazione), richiamata nelle premesse del bando ("VISTA l'adozione della Carta europea [...], cui l'Ente ha deliberato di ispirare la propria azione" con "delibera del Consiglio di Amministrazione n. 129/2005") e alla quale si riferisce espressamente l'art. 2 d.lgs. 25 novembre 2016, n. 216 (decreto legislativo parimenti richiamato nelle premesse del bando); - ai sensi di quest'ultima previsione (rubricata, per l'appunto "Carta europea dei ricercatori"), gli "enti pubblici di ricerca" di cui all'art. 1, tra i quali è incluso il Cnr, "nei propri statuti e regolamenti recepiscono la Raccomandazione della Commissione Europea dell'11 marzo 2005 riguardante la Carta Europea dei ricercatori e il Codice di Condotta per l'Assunzione dei Ricercatori (2005/251/CE), tengono conto delle indicazioni contenute nel documento European Framework for Research Careers e assicurano tra l'altro, ai ricercatori e ai tecnologi: a) la libertà di ricerca; b) la portabilità dei progetti; c) la diffusione e la valorizzazione delle ricerche; d) le necessarie attività di perfezionamento ed aggiornamento; e) la valorizzazione professionale; f) l'idoneità degli ambienti di ricerca; g) la necessaria flessibilità lavorativa funzionale all'adeguato svolgimento delle attività di ricerca; h) la mobilità geografica, intersettoriale e quella tra un ente e un altro; i) la tutela della proprietà intellettuale; l) la possibilità di svolgere specifiche attività di insegnamento in quanto compatibili con le attività di ricerca; m) adeguati sistemi di valutazione; n) rappresentanza elettiva di ricercatori e tecnologi negli organi scientifici e di governo degli enti; - l'attività di ricerca ha "connotazione essenzialmente oggettiva e trasversale", così da essere "insensibile alla natura giuridica del soggetto a favore del quale essa viene svolta"; la stessa è poi caratterizzata "oltre che per l'essenziale funzione di accrescere il patrimonio delle conoscenze raggiunte in un determinato ambito disciplinare, anche per l'utilizzo di un metodo condiviso dalla comunità dei ricercatori, con conseguente assoluta ininfluenza di peculiari caratteristiche dei soggetti che promuovono e organizzano detta attività "; - pertanto, è ragionevole interpretare in senso ampio la locuzione del bando "altri enti ed istituzioni di ricerca", di modo che ai fini dell'integrazione del requisito per cui è controversia vanno considerate tutte le attività di ricerca indicate dagli interessati, indipendentemente dalla natura (pubblica o privata) del soggetto presso il quale esse sono state svolte, ma all'unica condizione che le attività in questione siano effettivamente qualificabili come "ricerca" alla stregua dei parametri (anche internazionali) di cui si è detto; - ne consegue che l'interpretazione del CNR, nell'escludere dal computo dell'esperienza triennale, quale requisito di partecipazione, le attività svolte presso istituzioni di ricerca estere "contrasta quindi con il disposto del bando di concorso che letteralmente stabilisce come requisito all'invocato art. 2, comma 1 lett. b) "aver maturato presso il CNR o presso altri Enti ed Istituzioni di Ricerca almeno 3 anni di contratto, anche non continuativi e di diverse tipologie, purché riferibili ad attività svolte o riconducibili alla medesima area o categoria professionale, nell'arco temporale ricompreso tra la data del 1 gennaio 2010 ed il 31 dicembre 2017". Il detto bando infatti non qualifica l'ente ove l'esperienza del candidato sia maturata, né sul piano della nazionalità né sul piano della natura pubblica o privata, indicando solamente e in via omnicomprensiva "enti ed e istituzioni di Ricerca"; - se ne deve dedurre che l'esperienza di cui al detto requisito possa maturarsi anche in ambito estero o privato, qualora come nel caso odierno, sia pacifica la natura di ente di ricerca del soggetto presso cui la prestazione è stata svolta e che l'amministrazione nell'escludere la ricorrente ha invece ristretto la nozione del requisito in oggetto come stabilita dalla lex specialis della procedura; in tal modo, forzando la lettera del bando di concorso, ha attribuito illegittimamente alla clausola indicata, in funzione integrativa, un preteso significato implicito non contemplato ab origine, agendo in tal modo oltre le proprie prerogative e contravvenendo oltre che ai principi suindicati ad un preciso canone ermeneutico; - l'introduzione dunque in via interpretativa di un requisito più stringente, non previsto dal bando ed estraneo all'interesse dell'amministrazione al reclutamento del migliore personale qualificato, rappresenta uno sviamento dalle finalità tipiche del pubblico concorso, il quale, una volta individuate le necessità di organico dell'amministrazione e le professionalità richieste, deve necessariamente ispirarsi ai principi di meritocrazia e favor partecipations [...]". 2.? Avverso la predetta sentenza ha proposto appello il CNR, chiedendone l'integrale riforma. Secondo l'appellante la sentenza di primo grado sarebbe errata in quanto: - al fine del computo dell'anzianità lavorativa della candidata, per l'ammissione alla procedura per cui è causa, non potrebbe tenersi conto dell'attività svolta presso l'Università degli Studi di Porto; - se l'esperienza nell'ambito di società privata o di Università straniera, qualora pertinente, può senz'altro essere valutata sotto il profilo scientifico e ben valorizzata in bandi pubblici aperti, tuttavia la stessa non potrebbe essere considerata "precariato" valido ai fini delle procedure riservate poste in essere dall'Ente per stabilizzare i propri precari, di cui il bando de quo fa parte; - da una lettura sistematica e coordinata dell'art. 20, commi 1 e 11, del decreto legislativo n. 75 del 2017 e della Circolare n. 3 del 2017, si desumerebbe che le procedure in esame siano finalizzate al superamento del precariato e a valorizzare la professionalità acquisita dal personale che ha prestato la propria attività lavorativa presso l'Ente che effettua il piano di stabilizzazione; - ai fini del possesso del triennio di attività potrebbero sì farsi ricadere le attività svolte presso altri Enti Pubblici di Ricerca, parimenti finanziati con il fondo ordinario degli enti di ricerca, ma non anche l'Università degli Studi di Porto in Portogallo che si differenzierebbe per vocazione, regime giuridico e fonti di finanziamento dagli enti pubblici nazionali di ricerca; - il comma 11 dell'art. 20 citato introdurrebbe una norma derogatoria per i soli Enti Pubblici di Ricerca finanziati dal FOE e per gli Enti del Servizio Sanitario Nazionale, il quale consentirebbe di tenere conto anche delle attività lavorative svolte presso omologhe Istituzioni; - per le altre pubbliche amministrazioni, invece, varrebbe la regola secondo cui il triennio deve essere interamente maturato presso l'Amministrazione procedente; - essendo limitati i fondi pubblici stanziati per le amministrazioni italiane e destinati alle stabilizzazioni, l'Ente avrebbe necessariamente attribuito priorità a chi abbia svolto il triennio di attività presso il CNR o altri enti pubblici di ricerca. 3.? Si è costituito in giudizio l'appellata, chiedendo il rigetto dell'appello sulla scorta delle ragioni già dedotte con il ricorso introduttivo di primo grado. 4.? Con ordinanza n. 6563 del 13 novembre 2020, la Sezione ? "Ritenuto che l'appello promosso dal Consiglio Nazionale Ricerche appare provvisto di fumus boni iuris alla luce dell'orientamento recentemente espresso, su fattispecie analoga, da questa Sezione, con la sentenza n. 6941 del 2020" - ha sospeso l'esecutività della sentenza impugnata. 5.? All'udienza del 7 ottobre 2021, la causa è stata discussa e trattenuta in decisione. 6.? L'appello deve essere accolto in coerenza con il precedente della Sezione n. 6941 del 2020, pronunciato su fattispecie analoga ? relativa, in particolare, ad un provvedimento di esclusione nell'ambito del bando 366.45 del CNR (sempre per l'assunzione con contratto di lavoro a tempo pieno e indeterminato di 3 unità di personale profilo Ricercatore-III livello professionale, ma destinati alla diversa Area Strategica rischi naturali e impatti antropici e tecnologie per l'ambiente) ? le cui motivazioni il Collegio condivide e fa proprie. 7.? È stato osservato che la questione centrale oggetto del presente gravame ruota attorno all'esegesi del comma 11 dell'art. 20 del decreto legislativo n. 75 del 2017, nella parte in cui stabilisce che: "Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano al personale, dirigenziale e no, di cui al comma 10, nonché al personale delle amministrazioni finanziate dal Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca, anche ove lo stesso abbia maturato il periodo di tre anni di lavoro negli ultimi otto anni rispettivamente presso diverse amministrazioni del Servizio sanitario nazionale o presso diversi enti e istituzioni di ricerca". In particolare, la controversia ruota intorno al significato da attribuirsi alla locuzione: "[...] presso diversi enti e istituzioni di ricerca". Si deve chiarire infatti se l'esperienza almeno triennale maturata presso un ente di ricerca straniero, integri il requisito previsto dalla disciplina in questione. La risposta al presente quesito non può che essere offerta alla luce della ratio che anima questa normativa speciale che tende a superare il fenomeno del precariato attraverso forme di stabilizzazione che derogano al principio fondamentale dell'accesso al pubblico impiego mediante concorso. L'intervento normativo, in ragione dello stanziamento di fondi vincolati e delimitati, intende sanare quelle posizioni maturate nell'ambito degli enti e istituzioni di ricerca nazionali. È noto come il legislatore con distinti meccanismi abbia provveduto a stanziare fondi per il rientro di ricercatori italiani dall'estero, ma nella fattispecie la stella polare che guida l'impianto normativo è chiaramente quella di stabilizzare i ricercatori che abbiano maturato un congruo periodo di attività lavorativa presso enti di ricerca nazionali. Diversamente argomentando, da un lato, non si comprenderebbe la diversa disciplina prevista per gli operatori del servizio sanitario, per i quali è espresso il richiamo al servizio svolto presso il servizio sanitario nazionale. Dall'altro, potrebbero intercettare personale che, non avendo prestato un congruo periodo di servizio presso l'amministrazione nazionale, potrebbe non essere in alcun modo riconducibile alla figura del dipendente "precario". Non coglie nel segno pertanto, l'interpretazione offerta dal primo giudice, neanche sul versante europeo in relazione al richiamo alla raccomandazione 2005/251/CE della Commissione dell'11 marzo 2005, dal momento che la lettura fattane ha messo in evidenza solo alcuni dei fondamenti del citato atto comunitario. In primo luogo, va ricordato che la raccomandazione è un atto giuridico che si caratterizza per essere non obbligatorio e non può far sorgere effetti vincolanti o diritti azionabili dai singoli innanzi ad un giudice nazionale, ma va presa in considerazione dal giudice per risolvere una controversia in particolare quando si tratti di interpretazione di norme nazionali adottate allo scopo di garantire l'attuazione di norme unionali o quando la raccomandazione abbia lo scopo di completare norme dell'Unione Europea aventi natura vincolante (Corte Giustizia 13 dicembre 1989 Grimaldi, C-322/88; Corte di Giustizia UE 18 marzo 2010 Alassini, C- 317/08 e C- 320/08). In secondo luogo, va rimarcato che l'atto da interpretare nella specie è una norma interna, che non ha lo specifico scopo di attuare una norma del diritto europeo, ma piuttosto - all'art. 20, comma 1, del decreto legislativo n. 75 del 2017 ? quello di riassorbire il precariato con un concorso straordinario, trovando un punto di equilibrio fra le limitate risorse finanziarie nazionali e l'esigenza di evitare contratti a termine ultratriennali (obiettivo rilevante ma rimesso al legislatore nazionale in relazione alla complessità dei processi di riassorbimento del precariato; tale obiettivo è rilevante per il legislatore nazionale alla luce della sentenza Mascolo Corte giust. Ue, III Sezione, 26 novembre 2014, in cause riunite C-22/13, C-61/13, C-62/13 e C-418/13 Mascolo, Forni, Racca, Napolitano ed altri contro Miur, nonché C-63/13 Russo contro Comune di Napoli, con l'intervento di Cgil, Flc-Cgil e Gilda-Unams nella causa Racca C-63/13 come interpretata da Corte Cost. n. 187 del 2016) e ? all'art. 2,0 comma 2 ? di disporre una selezione mediante concorso riservato a determinate categorie di personale. L'obiettivo del legislatore è puramente nazionale e conforme alla giurisprudenza del giudice delle leggi sui concorsi riservati. Il concorso di cui all'art. 20, comma 2, del decreto legislativo n. 75 del 2017, non esaurisce i posti disponibili e non esclude la possibilità di valorizzare le esperienze estere in concorsi aperti, ma, avendo lo scopo di valorizzare le risorse interne alle amministrazioni di ricerca finanziate dallo Stato italiano, ben può sagomare i requisiti di accesso - senza alcuna discriminazione sulla base della nazionalità del partecipante rilevante ai sensi dell'art. 45 del TFUE - con riferimento al servizio prestato in enti e istituti di ricerca finanziati dal fondo ordinario del bilancio pubblico italiano, che peraltro è impegnato anche per il perseguimento di obiettivi europei come l'IA (intelligenza artificiale) o altri progetti internazionali e quindi è a sua volta connotato dall'apertura 'unionalè . 8.? Su queste premesse va affrontato il tema della rilevanza della Carta dei Ricercatori, che pur raccomandando agli Stati membri il rispetto dei diritti sociali e previdenziali del personale che abbia prestato opera in più Stati membri e, per quanto qui interessa, l'adozione di procedure di reclutamento aperte, trasparenti e non discriminatorie, al considerando 16 afferma di partire dal principio che i datori di lavoro o i finanziatori dei ricercatori hanno l'obbligo assoluto di garantire il rispetto dei requisiti della normativa nazionale, regionale o settoriale pertinente e che la recezione dei principi della Carta deve avvenire su base volontaria. Ed al considerando n. 8 secondo il quale alla fine la Carta pone un obiettivo politico e non giuridico: "L'obiettivo politico finale della presente raccomandazione è contribuire allo sviluppo di un mercato europeo del lavoro attrattivo, aperto e sostenibile per i ricercatori, in cui le condizioni di base consentano di assumere e trattenere ricercatori di elevata qualità in ambienti veramente favorevoli alle prestazioni e alla produttività ", alla luce del quale risulta del tutto legittima, anche se andrebbe il più possibile tendenzialmente limitata, la scelta del legislatore nazionale di valorizzare l'esperienza professionale svolta all'interno del circuito di ricerca nazionale per il superamento di un poco produttivo fenomeno di precariato. Né in senso opposto può utilmente invocarsi il richiamo ad una mobilità da assicurarsi nei sistemi di valutazione della carriera e di avanzamento professionale dei ricercatori, dal momento che la disciplina in questione, non prevedendo una procedura comparativa di tipo concorsuale aperta, non misconosce l'attività di ricerca svolta all'estero, ma si occupa (ed ha l'obiettivo di porvi rimedio) del diverso fenomeno del precariato a tempo indeterminato che impedisce che i ricercatori vengano trattati come professionisti e considerati parte integrante delle istituzioni in cui lavorano. Naturalmente occorre sempre adottare una lettura anche diacronica delle procedure di reclutamento per evitare che si generalizzino forme di negazione di fatto dei principi della Carta che, tuttavia, ben possono, in una certa misura, autorizzare - se adeguatamente circoscritte - una compatibilizzazione con esigenze organizzative dell'amministrazione volte a privilegiare le risorse interne (in caso contrario i concorsi riservati - pur autorizzati dal giudice delle leggi in misura circoscritta - sarebbero impossibili da svolgersi). 9.? La legislazione nazionale in esame non discrimina, ritenendolo di valore inferiore, il periodo di attività lavorativa svolto all'estero al fine di creare una discriminazione in base alla nazionalità . Come chiarito, infatti, la procedura di reclutamento non esclude nessun soggetto sulla base della nazionalità, né stabilisce una forma di discriminazione indiretta (come nella sentenza Corte Giustizia Ce 12 febbraio 1974 Sotgiu che ha ritenuto il requisito della residenza nello Stato membro una forma di discriminazione indiretta), trovando una sua giustificazione nell'esigenza di valorizzare - senza esaurire i posti disponibili ? risorse interne all'amministrazione che ben potrebbero essere costituite da personale di nazionalità estera. Non vi è dunque alcuna violazione dell'art. 45 del TFUE, atteso che il diritto dell'Unione garantisce unicamente che i lavoratori che esercitano un'attività sul territorio di uno Stato membro diverso dal loro Stato membro di origine siano assoggettati alle medesime condizioni previste dalla normativa nazionale dello Stato membro ospitante (art. 45, comma 3, lettera c) garantisce il diritto di prendere dimora in uno degli Stati membri al fine di svolgervi un'attività di lavoro conformemente alle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che disciplinano l'occupazione dei lavoratori nazionali). Una simile lesione presupporrebbe un'identità di situazioni che secondo la disciplina nazionale, della cui natura eccezionale si è già detto, manca del tutto (avendo la ricorrente in primo grado, cittadina italiana, prestato servizio all'estero), dal momento che si tratta di uno strumento, ben giustificato anche in relazione all'assetto delle norme costituzionali nazionali (Corte Cost. n. 274 del 2003 e n. 205 del 2004), teso al superamento di forme di precariato causate dal ricorso reiterato a moduli contrattuali a tempo determinato o flessibili, utilizzati dalle amministrazioni nazionali in un ben delimitato periodo temporale. Una situazione del tutto diversa, dunque, da quella che vede lo Stato nazionale discriminare il periodo di servizio prestato in un altro Stato membro dal lavoratore per limitarne l'accesso in concorsi aperti o per definirne in modo deteriore aspetti prestazionali o previdenziali. Un'interpretazione di segno opposto del resto indurrebbe il singolo Stato nazionale a non avviare mai procedure di stabilizzazione e di superamento del precariato, ben inteso da non reiterarsi sine die, non potendo prevedere in alcun modo l'ampiezza della platea dei soggetti legittimati, che potrebbero essere in numero tale da superare non solo gli stanziamenti finanziari a disposizione, ma anche il fabbisogno delle amministrazioni interessate. Ciò, peraltro, anche a scapito delle altre istituzioni di ricerca degli altri Stati membri. 10.? L'amministrazione si è dunque limitata a rilevare ? come era vincolata a fare, senza quindi che possa invocarsi alcuna violazione del contraddittorio ? l'assenza di un requisito richiesto dal bando di gara in perfetta aderenza con quanto stabilito dal legislatore. In riforma della sentenza di primo grado, i ricorsi di primo grado vanno quindi respinti. 11.? La Sezione ribadisce quanto statuito nel precedente di cui alla sentenza n. 6941 del 2020, nella quale si è rimarcato che: "Resta devoluta alla valutazione discrezionale dell'amministrazione la possibilità - in considerazione dell'avvenuto superamento dell'esame in corso di causa - di conservare ai sensi dell'art. 4, comma 2-bis del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115 (aggiunto dalla legge di conversione 17 agosto 2005, n. 168), da applicarsi analogicamente, il rapporto di impiego in capo all'originaria ricorrente, collocandola quale ultima beneficiaria dei fondi, che fossero residuati all'esito delle procedure di stabilizzazione dei soggetti legittimati ex lege (in tal modo senza ledere alcuna posizione di eventuali controinteressati in possesso dei requisiti previsti dalla legge ossia di un servizio prestato a carico di enti finanziati con il fondo ordinario per la ricerca)". 12.? Le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate in ragione della novità delle questioni esaminate. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull'appello n. 7478 del 2020, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma dell'impugnata sentenza, respinge i ricorsi di primo grado. Compensa le spese del doppio grado di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 ottobre 2021 con l'intervento dei magistrati: Carmine Volpe - Presidente Andrea Pannone - Consigliere Silvestro Maria Russo - Consigliere Dario Simeoli - Consigliere, Estensore Giordano Lamberti - Consigliere

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Seconda ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 9386 del 2013, proposto dal Ministero dell'Economia e delle Finanze e dal Ministero della Giustizia, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via (...) contro il signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Gi. Fi. e Ad. To., con domicilio eletto presso lo studio dell'avvocato Ba. Ca. in Roma, via (...) per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente la richiesta di restituzione di somme attribuite a titolo di importi stipendiali non dovuti. Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del signor -OMISSIS-; Visti tutti gli atti della causa; Visto l'art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137 e l'art. 4 del d.l. 30 aprile 2020, n. 28, convertito con l. 25 giugno 2020, n. 70, come da ultimo modificato dall'art. 6, comma 1, lett. e), del decreto-legge 1 aprile 2021, n. 44; Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 18 maggio 2021, il Cons. Antonella Manzione e udito per l'appellato l'avvocato Ad. To., anche in sostituzione dell'avvocato Gi. Fi., in collegamento da remoto in videoconferenza; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO 1. A seguito di verifiche d'ufficio, il Direttore della Ragioneria territoriale del Ministero dell'Economia e delle Finanze di -OMISSIS-accertava che al signor -OMISSIS-, magistrato di Corte d'Appello in servizio presso il Tribunale di -OMISSIS-, erano stati attribuiti importi stipendiali non dovuti in errata applicazione del d.m. -OMISSIS-, di inquadramento nella relativa qualifica, dei quali veniva ingiunta la restituzione con provvedimento prot. n. 21437 del 4 giugno 2012, per un importo complessivo pari ad euro 16.701,56. 2. L'interessato ha impugnato il provvedimento, comprensivo del prospetto contabile allegato, riferito al periodo compreso tra l'8 luglio 2007 e il 31 gennaio 2012. 3. Con ordinanza n. -OMISSIS- il T.A.R. per la -OMISSIS-, sezione staccata di -OMISSIS-, ha accolto la domanda cautelare del ricorrente, disponendo la sospensione dell'ingiunzione di pagamento dell'intero importo preteso dall'Amministrazione finanziaria, ma non ravvisando alcun pregiudizio grave ed irreparabile nella trattenuta mensile sullo stipendio nel contempo attivata. 4. Con sentenza del -OMISSIS-, il medesimo T.A.R. ha accolto in parte il ricorso, compensando le spese di giudizio. 5. Il Tribunale territoriale ha ritenuto che la revisione contabile operata dall'Amministrazione fosse legittima, per cui, una volta verificata l'indebita erogazione di denaro pubblico, correttamente si era dato avvio della procedura di recupero ex art. 2033 c.c. Tuttavia, trattandosi di pagamenti stipendiali effettuati mediante sistemi automatizzati, solo gli importi rivisti "entro il termine di un anno dalle relative lavorazioni" (art. 9 della l. n. 428 del 1985) erano recuperabili automaticamente, ovvero senza alcuna verifica circa lo stato soggettivo del dipendente, stante che "le liquidazioni disposte con procedure automatizzate hanno carattere provvisorio [...]" (art. 5, comma 4, del d.P.R. n. 429 del 1986). 6. I Ministeri dell'Economia e delle Finanze e della Giustizia hanno interposto appello avverso la sentenza, richiamando la giurisprudenza del giudice amministrativo e della Corte di Cassazione in ordine alla obbligatorietà del recupero delle somme indebitamente erogate al dipendente pubblico e alla irrilevanza della buona fede del percettore. 7. Il signor -OMISSIS-si è costituito in giudizio per resistere all'appello, senza svolgere difese. Con memoria versata in atti in data 16 aprile 2021 ha prodotto articolata memoria in controdeduzione, ricostruendo la propria carriera, ovvero, in particolare, la nomina a magistrato di Corte d'Appello con decreto del -OMISSIS- cui sarebbe conseguito l'errore di computo stipendiale da parte dell'Amministrazione. Ha quindi eccepito la inammissibilità dell'appello per genericità oltre che per travisamento del capo della sentenza impugnato. L'esclusivo riferimento, infatti, alla irrilevanza della buona fede del percettore, non tiene conto della specificità delle argomentazioni dei primi giudici, che si basano sulla disciplina della provvisorietà solo annuale delle liquidazioni effettuate in maniera automatizzata, secondo il combinato disposto degli artt. 9, commi 1 e 2 della l. n. 428 del 1985 e 5, comma 4, del d.P.R. n. 429 del 1986. A fronte di tale previsione, secondo lo schema classico di cui all'art. 2729 c.c., la buona fede deve essere al contrario presunta con riferimento ai ratei antecedenti l'anno, anche in ragione della esiguità della maggiorazione stipendiale mensile e della formulazione affatto chiara del cedolino. In via subordinata, ha evidenziato l'infondatezza della pretesa erariale alla luce della più recente giurisprudenza della CEDU: con sentenze del 26 luglio 2018 e dell'11 febbraio 2021, infatti, la Corte europea ha chiaramente riconosciuto la non addebitabilità di un errore interpretativo nella individuazione degli importi erogabili al lavoratore che li percepisce e che non ha posto in essere alcuna iniziativa per compulsare a suo favore le opzioni gestionali dell'Amministrazione di appartenenza. 8. In occasione della pubblica udienza del 18 maggio 2021, la causa è stata trattenuta in decisione. DIRITTO 9. Il Collegio ritiene l'appello infondato, con conseguente assorbimento del profilo di inammissibilità riconducibile alla asserita genericità delle censure mosse alla sentenza impugnata. 10. Viene all'esame del Collegio la complessa e dibattuta questione dell'estensione dei poteri di un'Amministrazione pubblica che si accorga dell'avvenuta indebita erogazione di somme a propri dipendenti. Ridetta erogazione, peraltro, spesso emersa all'esito di rilievi ispettivi degli organismi preposti allo scopo (si pensi all'IGOP della Ragioneria generale dello Stato), si risolve anche in un illecito erariale, sicché l'attività e talvolta l'azione di recupero finiscono per essere ispirate all'esigenza, nemmeno troppo meditata, di agire tempestivamente per scongiurare azioni di responsabilità che, ove concentrate sui singoli responsabili dell'errore, si riferiscono ad illeciti di complessiva considerevole consistenza (emblematica al riguardo la tematica, di notevole incidenza casistica nell'ambito delle amministrazioni locali, del danno da contrattazione decentrata, ovvero quello correlato a scelte aziendali non conformi al paradigma nazionale e come tali nulle per esplicita previsione normativa, seppure suscettibili di applicazione mediante erogazione di voci stipendiali aggiuntive o comunque di importo non consentito dal dettato normativo, ex se o in forza di indebiti cumuli). Occorre, cioè, procedere ad un corretto inquadramento giuridico della fattispecie, rilevando che l'indebito retributivo, per cui è causa, deve essere ricondotto nell'ambito dell'art. 2033 c.c., concernente, come da rubrica della norma, il c.d. "Indebito oggettivo". 11. La difesa erariale contesta la decisione del primo giudice facendo sinteticamente appello alla giurisprudenza pressoché unanime sul punto, che vede la parte datoriale pubblica obbligata, non facoltizzata, ad agire e per contro il dipendente assoggettato al recupero senza sostanziali argomentazioni difensive a tutela del proprio comportamento incolpevole. L'art. 2033 c.c. stabilisce dunque che "Chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò che ha pagato. Ha inoltre diritto ai frutti e agli interessi dal giorno del pagamento, se chi lo ha ricevuto era in mala fede, oppure, se questi era in buona fede, dal giorno della domanda". La giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato che in materia di impiego pubblico privatizzato, nel caso di domanda di ripetizione dell'indebito proposta da una amministrazione nei confronti di un proprio dipendente in relazione alle somme corrisposte a titolo di retribuzione, qualora risulti accertato che l'erogazione è avvenuta sine titulo, la ripetibilità delle somme non può essere esclusa per la buona fede dell'accipiens, in quanto l'art. 2033 c.c., astrattamente applicabile, appunto, riguarda, sotto il profilo soggettivo, soltanto la restituzione dei frutti e degli interessi (cfr. ex multis Cass., sez. Lavoro, 20 febbraio 2017, n. 4323). 12. Anche nella giurisprudenza amministrativa, formatasi sui rapporti di lavoro di impiego pubblico non contrattualizzato, si è da tempo affermato che il recupero di somme indebitamente erogate costituisce il risultato di una attività amministrativa di verifica e di controllo, priva di valenza provvedimentale. In tali ipotesi, l'interesse pubblico è in re ipsa e non richiede neppure specifica motivazione (sulla "autoevidenza" delle ragioni che impongono l'esercizio dell'autotutela, a protezione di interessi sensibili dell'Amministrazione, v. anche Cons. Stato, A.P., 17 ottobre 2017, n. 8): infatti, a prescindere dal tempo trascorso, l'oggetto del recupero produce di per sé un danno all'Amministrazione, consistente nell'esborso di denaro pubblico senza titolo ed in un vantaggio ingiustificato per il dipendente. L'Amministrazione, quindi, non ha alcuna discrezionale facultas agendi e, anzi, il mancato recupero delle somme illegittimamente erogate configura danno erariale, con il solo temperamento costituito dalla regola per cui le modalità dello stesso non devono essere eccessivamente onerose, in relazione alle esigenze di vita del debitore (cfr. Cons. Stato, sez. III, 9 giugno 2014, n. 2903; idem, 28 ottobre 2013, n. 5173; 12 settembre 2013, n. 4519; sez. V, 30 settembre 2013, n. 4849). 12.1. Va ricordato, tuttavia, come accanto a tale orientamento maggioritario secondo cui il recupero ha carattere di doverosità e costituisce esercizio, ai sensi dell'art. 2033 c.c., di un vero e proprio diritto soggettivo a contenuto patrimoniale, se ne rinviene un altro (v. Cons. Stato, sez. VI, n. 5315 del 2014; sez. V, 13 aprile 2012, n. 2118; id., 15 ottobre 2003, n. 6291), che ha affermato che i suddetti principi giurisprudenziali, pur apparendo condivisibili in linea astratta, non possono essere applicati in via automatica, generalizzata e indifferenziata a qualsiasi caso concreto di indebita erogazione, da parte della pubblica amministrazione, di somme ai propri dipendenti, dovendosi aver riguardo alle connotazioni, giuridiche e fattuali, delle singole fattispecie dedotte in giudizio, tenendo conto della natura degli importi di volta in volta richiesti in restituzione, delle cause dell'errore che ha portato alla corresponsione delle somme in contestazione, del lasso di tempo trascorso tra la data di corresponsione e quella di emanazione del provvedimento di recupero, dell'entità delle somme corrisposte in riferimento alle correlative finalità . 13. La delicatezza e l'attualità della tematica e nel contempo la sua innegabile incidenza casistica, ha trovato recente conferma nella novella al T.u.i.r. (d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917) attuata con l'art. 150, comma 1, del d.l. 19 marzo 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla l. 17 luglio 2020, n. 77, c.d. "decreto rilancio", che positivizza il principio in forza del quale la ripetizione dell'indebita erogazione stipendiale deve sempre avvenire al netto delle ritenute fiscali. La norma, infatti, inserendo il comma 2 bis nell'art. 10 del richiamato Testo unico, ha risolto in maniera definitiva i contrasti, in verità ingenerati da prassi interpretative dell'Agenzia delle Entrate (v. ad esempio le risoluzioni n. 71/E del 29 febbraio 2008 e n. 110 del 29 maggio 2005), circa l'esatto ammontare degli importi da restituire al sostituto d'imposta, determinandoli al netto della ritenuta operata al momento dell'erogazione, e così codificando quanto già affermato in più occasioni dalla giurisprudenza civile (cfr. ex multis Cass., sez. lavoro, 2 febbraio 2012, n. 1464; id., 25 luglio 2018, n. 19735) e amministrativa (Cons. Stato, sez. III, n. 2903 del 2014, cit. sub § 12.1). Trattasi tuttavia di questione che esula dal perimetro dell'odierna decisione. 14. Al fine di dare rilievo alla buona fede del percipiente, il primo giudice ha fatto leva sulla disciplina speciale dei pagamenti automatizzati, ricavando dalla stessa una sorta di argomentazione a contrario a sostegno della propria tesi: la circostanza che il legislatore ha stabilito la provvisorietà dei versamenti per la durata massima di un anno, sicché l'eventuale ricalcolo può retroagire a svantaggio del lavoratore solo entro tale lasso di tempo, rende inequivocabilmente necessario per i recuperi riferibili a periodi di maggior risalenza nel tempo provare lo stato soggettivo del lavoratore. La tesi sarebbe confortata anche dalla giurisprudenza della Corte dei conti riferita al pagamento dei ratei di pensione non dovuti, cui secondo il Tribunale andrebbe assimilata l'ipotesi del pagamento mediante procedure automatizzate. 14.1. Rileva il Collegio come la disciplina dell'indebito retributivo, per cui è causa, riconducibile, come detto, nell'ambito dell'art. 2033 c.c., non si estende a quello pensionistico, atteso che quest'ultimo è assoggettato ad un regime derogatorio, da rinvenire nel d.P.R. n. 1092 del 1973 (artt. 162, comma 7 e 206, comma 1). Come affermato anche dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 1 del 2006, al legislatore, che si sia allontanato dal principio civilistico della totale ripetibilità dell'indebito oggettivo (art. 2033 c.c.), deve riconoscersi un ambito di discrezionalità nell'individuazione degli strumenti più idonei a garantire ai pensionati a basso reddito un congruo livello di tutela, in un generale quadro di compatibilità, e fra essi può ben essere annoverata la scelta di collegare la ripetibilità ad un criterio meramente reddituale. 14.2. E' in tale (diverso) ambito che si colloca la richiamata giurisprudenza della Corte dei Conti, che pertanto non dà alcuno specifico e scriminante rilievo all'automatismo del computo dei versamenti. In particolare, le Sezioni riunite giurisdizionali, con la decisione del 2 luglio 2012 n. 2/2012/QM, hanno chiarito che il potere dell'Amministrazione di ripetere l'indebito ai sensi della disciplina del richiamato d.P.R. n. 1092 del 1973, deve ritenersi attenuato dal principio del legittimo affidamento del percipiente (sul punto, v. ancora Corte conti, Sez. III centrale di appello, n. 512 del 6 novembre 2017). 15. Afferma l'appellato che la circostanza che la difesa pubblica non ha dato rilievo alla portata derogatoria della disciplina dei pagamenti automatizzati renderebbe l'appello inammissibile, essendo ormai passato in giudicato il relativo capo della sentenza. 15.1. L'assunto non è condivisibile. La difesa erariale non ha infatti alcun interesse a contrastare l'affermazione che la ripetizione dell'indebito stipendiale è sempre possibile entro l'anno dal ricalcolo degli importi determinati meccanicamente, stante che comunque ne legittima l'operato. Essa incentra le proprie censure sull'ulteriore segmento temporale, rivendicando l'applicabilità dell'art. 2033 c.c. e il conseguente obbligo del dipendente di aderire alla richiesta restitutoria, seppure incolpevole, con riferimento allo stesso. 16. Il Collegio ritiene tuttavia necessario affrontare funditus la tematica alla luce delle recenti acquisizioni della giurisprudenza europea, richiamate anche dall'appellato nella memoria depositata in vista dell'odierna udienza. I riportati principi giurisprudenziali, infatti, non possono essere applicati in modo meccanicistico a qualsivoglia fattispecie, prescindendo dalle specificità delle singole situazioni dedotte in giudizio. In particolare, non può non darsi alcun rilievo alla causa dell'errore, ovvero alla sua imputabilità in via esclusiva alla Amministrazione procedente, pur avendo il lavoratore beneficiato dello stesso, inconsapevolmente basando le proprie aspettative di stile di vita sulla acquisita consistenza stipendiale. Ciò a maggior ragione ove l'errore sia da correlare alla complessità della macchina burocratica dalla quale esso è scaturito, o della cornice normativa, che ne ha favorito l'insorgere per mancanza di chiarezza. Rileva infatti il Collegio che se la medesima Amministrazione erogante è incorsa in un errore interpretativo, si paleserebbe paradossale pretendere una sorta di consapevolezza intrinseca da parte del dipendente, privandolo comunque, spesso a distanza di anni, di somme che nella loro originaria consistenza mensile erano esigue, ma una volta capitalizzate nella richiesta restitutoria rischiano spesso di generare un effetto distorsivo sull'assetto salariale tutt'affatto trascurabile. 17. Nella stessa direzione da ultimo delineata si è mossa anche la giurisprudenza eurounitaria richiamata dall'appellato. In particolare, con la sentenza della sez. I della Corte EDU, 11 febbraio 2021, n. 4893/2013, Casarin contro Italia, si è proprio affermato che non è ripetibile l'emolumento -avente carattere retributivo non occasionale- corrisposto da una pubblica amministrazione in modo costante e duraturo e senza riserve ad un lavoratore in buona fede, in quanto si è ingenerato il legittimo affidamento nello stesso sulla spettanza delle somme, sicché la loro ripetizione (benché dovuta ai sensi delle diposizioni nazionali, essendo stato indebitamente corrisposto) comporterebbe la violazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 addizionale alla Convenzione. La fattispecie sottesa alla rimessione della questione alla Corte EDU, perfettamente sovrapponibile a quella di cui qui è causa, concerneva una docente, già dipendente dal Ministero dell'Istruzione, trasferitasi per mobilità volontaria all'INPS, cui era stata richiesta la restituzione di un assegno ad personam, di importo pari alla differenza tra lo stipendio già percepito dall'Amministrazione di provenienza e quello previsto nelle sue nuove mansioni, che l'Istituto stesso aveva continuato ad erogarle. Sulla base della giurisprudenza formatasi in materia, infatti, esso era stato ritenuto riassorbibile per effetto degli avanzamenti stipendiali successivi al passaggio di servizio, e come tale non dovuto. In particolare, il lasso di tempo intercorso prima della richiesta restitutoria è stato considerato rilevante ai fini del c.d. proportionality test richiesto dall'art. 1 del Protocollo 1, che ammette le ingerenze statuali nel godimento di beni privati solo se le stesse siano previste dalla legge per uno scopo legittimo e siano "necessarie in una società democratica". La Corte, cioè, dopo avere riconosciuto la legalità dell'ingerenza, essendo la ripetizione, appunto, "prevista dalla legge", nonché la legittimità dello scopo, ne ha tuttavia censurato l'applicazione sotto il profilo della non proporzionalità, ritenendo che la scelta fatta abbia turbato l'equilibrio che deve sussistere tra le esigenze dell'interesse pubblico generale, da un lato, e quelle della protezione del diritto dell'individuo al rispetto della sua proprietà, dall'altro. Ancor più in dettaglio, ai fini della valutazione di ridetta proporzionalità la Corte valorizza una serie di elementi, tra i quali in particolare l'esclusiva responsabilità dell'errore in capo all'INPS, la durata dei pagamenti nel tempo, la loro apparente definitività, l'autorevolezza dell'ente da cui promanavano, la natura retributiva ordinaria delle somme relative, con conseguente affidamento dell'accipiens nella loro corretta percezione (considerando peraltro che di regola una decisione amministrativa non può essere revocata se non per il futuro, con effetto dunque solo ex nunc e con esclusione di retroattività ). In sintesi, la Corte indica dunque una serie di condizioni la cui ricorrenza dà ragione dell'irripetibilità delle somme non dovute corrisposte dall'amministrazione, quale che sia il quadro normativo nazionale di riferimento in ordine al carattere indebito o meno dell'attribuzione. Esse si identificano nelle seguenti (§ 74 della richiamata decisione): "a) il pagamento di un assegno deve essere effettuato a seguito di una richiesta del beneficiario che agisce in buona fede [...]o, in assenza di tale richiesta, dalle autorità che procedono spontaneamente; b) il versamento in questione deve essere effettuato da un ente pubblico, amministrazione centrale dello Stato o altro ente pubblico, sulla base di una decisione presa al termine di un processo amministrativo e presumibilmente corretta [...]; c) deve essere basato su una disposizione legale, regolamentare o contrattuale, la cui applicazione deve essere percepita dal beneficiario come la "fonte" del pagamento [...], e anche identificabile nel suo importo; d) è escluso il pagamento manifestamente privo di titolo o basato su semplici errori di calcolo; tali errori possono essere rilevati dal beneficiario, eventualmente ricorrendo ad un esperto; e) deve essere eseguito per un periodo sufficientemente lungo da far sorgere una ragionevole convinzione che sia definitivo e stabile [...]; l'assegno versato non deve essere riconducibile ad un'attività professionale una tantum e "isolata" ma deve essere collegato all'attività ordinaria; f) infine, il pagamento in questione non deve essere stato effettuato con menzione di una riserva di ripetizione". In sintesi, laddove si fosse trattato di una voce stipendiale a carattere sporadico, quale, ad esempio, la remunerazione del lavoro straordinario, connotato ontologicamente da estemporaneità, si potrebbe "eventualmente giustificare, tenuto conto della sua natura occasionale e isolata, un errore da parte delle autorità per quanto riguarda l'importo da riconoscere agli interessati". Lo stesso non può invece essere affermato con riferimento a voci "stabili" o per così dire "tabellari" delle retribuzioni corrisposte, in riferimento alle quali la complessità del meccanismo di computo non ne consente la dequotazione a mero errore di calcolo. 18. Il Collegio rileva dunque come non possa non tenersi conto dei principi come sopra declinati. Calandone le coordinate alla disamina della fattispecie in esame, si ha infatti che l'appellato ha fruito di un incremento stipendiale per così dire "fisiologico", ovvero non correlato a prestazioni estemporanee o eccezionali e ne ha acquisito gli importi nella convinzione della loro integrale spettanza, senza essersi in alcun modo adoperato per compulsarne l'erogazione, né, all'opposto, preoccupato di una loro non percepibile erroneità, sì da rivolgersi ad un "esperto" per addivenire alla loro esatta configurazione. La non semplice modalità di sviluppo della progressione economica della magistratura, basata sull'intersecarsi di criteri che attengono alla qualifica, a classi economiche e a scatti, non è di agevole intellegibilità attraverso la mera consultazione del cedolino. D'altro canto, la stessa Amministrazione, nell'intimare la restituzione e, prima ancora, nel comunicare l'avvenuto avvio del procedimento, non è stata in grado di spiegare in termini discorsivi la tipologia dell'errore commesso, limitandosi a riportare l'importo complessivo dovuto (euro 16.701,56) e il riferimento ad un'errata applicazione del decreto del -OMISSIS-, relativo alla nomina dell'appellato a magistrato di Corte d'Appello con decorrenza 8 luglio 2007. E' da condividere, pertanto, seppure attraverso il diverso percorso argomentativo poc'anzi esposto, la decisione del primo giudice nel senso della illegittimità della ingiunzione restitutoria, peraltro sopravvenuta a distanza di anni dall'inizio dell'erogazione, con l'eccezione dell'anno antecedente al ricalcolo. 19. Ma vi è di più . La pronuncia della CEDU impone di (ri)valutare anche la coerenza con i principi del diritto comunitario della normativa sulle erogazioni meccanizzate, il cui utilizzo comporterebbe, ad avviso del primo giudice, la sostanziale neutralità della situazione soggettiva del percipiente. Secondo quanto affermato dall'Adunanza Plenaria nella decisione n. 9 del 25 giugno 2018, in caso di norme in contrasto con il diritto eurounitario, infatti, non è predicabile alcuna preclusione per il Giudice amministrativo nel rilevare la non applicabilità della disposizione, a maggior ragione laddove la normativa europea sia stata comunque evocata. E' noto, infatti, al riguardo, come anche la giurisprudenza costituzionale ha ammesso la disapplicazione ex officio della norma interna (anche di fonte regolamentare) in contrasto con il diritto UE, conformemente - del resto - a consolidati orientamenti della Corte di giustizia dell'UE medesima. Ne consegue che il problema dei limiti alla disapplicazione officiosa della regolamentazione interna illegittima risulta al più confinato alle ipotesi - che qui non ricorrono - in cui l'illegittimità derivi da profili diversi dal contrasto con il diritto UE. In particolare, con la sentenza 10 novembre 1994, n. 384 la Corte costituzionale ha chiarito che "[le] norme contrarie al diritto comunitario [...] dovrebbero comunque essere disapplicate dai Giudici e dalla P.A.". Con la successiva sentenza 7 novembre 1995, n. 482 la Corte Costituzionale ha inoltre stabilito che le norme comunitarie muovono su un piano diverso da quello proprio delle norme nazionali. Conseguentemente, "il rapporto tra le due fonti è di competenza e non di gerarchia o di successione nel tempo, con l'effetto che la norma nazionale diviene non applicabile se e nei limiti in cui contrasti con le disposizioni comunitarie precedenti o sopravvenute (sentenze nn. 389 del 1989 e 170 del 1984)". In definitiva, "la piena applicazione del principio di primauté del diritto eurounitario comporta che, laddove una norma interna (anche di rango regolamentare) risulti in contrasto con tale diritto, e laddove non risulti possibile un'interpretazione di carattere conformativo, resti comunque preclusa al Giudice nazionale la possibilità di fare applicazione di tale norma interna" (cfr. Cons. Stato, A.P. n. 8/2018, cit. supra). 20. Occorre pertanto vagliare se le disposizioni normative sui pagamenti automatizzati, interpretate nel senso della oggettiva provvisorietà, sì da consentire l'esercizio dello ius poenitendi da parte dell'Amministrazione a prescindere dalla situazione soggettiva del percettore, siano compatibili con l'art. 1 del Protocollo alla Convenzione, per la lettura datane con riferimento alla materia de qua dalla Corte EDU. Il Collegio ritiene che ridette disposizioni si risolvano nella apposizione di una generalizzata riserva di ripetizione, come tale legittimante sempre la sua concreta effettuazione, purché nei limiti temporali prestabiliti. Proprio la previsione di tali limiti temporali, d'altro canto, costituisce il ricercato punto di equilibrio fra le esigenze di certezza delle proprie risorse da parte del dipendente pubblico e quelle di presidio del procedimento meccanizzato, connotato da maggiore celerità operativa, da parte dell'Amministrazione. Il legislatore, cioè, facendosi carico delle conseguenze giuridiche dell'affidamento della gestione delle erogazioni stipendiali a sistemi automatizzati, in qualche modo anticipando i futuri e particolarmente attuali dibattiti sull'intelligenza artificiale e le conseguenze in termini di responsabilità di eventuali distorsioni applicative ascrivibili alla macchina, ha cautelativamente disciplinato le conseguenze delle correzioni dei relativi esiti, onerando l'operatore, tuttavia, di effettuare i controlli entro un termine ragionevole fissato in un anno. 21. Sotto tale aspetto, pertanto, appare corretta la scelta del T.A.R. -incontestata tra le parti- di non "toccare" il recupero stipendiale riferibile all'anno antecedente il ricalcolo. Dalle considerazioni che precedono discende che l'appello deve essere respinto, con conseguente conferma della sentenza gravata di parziale accoglimento del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado. L'Amministrazione pertanto dovrà cessare la procedura di recupero e restituire all'appellato le somme eventualmente già ripetute mediante trattenuta mensile, ove riferibili al periodo antecedente l'anno dal ricalcolo, con interessi legali a decorrere dalla pubblicazione della presente sentenza e sino all'integrale soddisfo. 22. Tenuto conto della novità costituita dalla recente giurisprudenza della CEDU, le spese del grado di lite possono essere compensate fra le parti. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese del grado compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità dell'appellato. Così deciso dalla Sezione Seconda del Consiglio di Stato con sede in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 maggio 2021, tenutasi con modalità da remoto e con la contemporanea e continuativa presenza dei magistrati: Gianpiero Paolo Cirillo - Presidente Antonella Manzione - Consigliere, Estensore Carla Ciuffetti - Consigliere Francesco Guarracino - Consigliere Carmelina Addesso - Consigliere

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 3306 del 2014, proposto da Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (...); contro Codacons, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Gi. Gi., Ca. Ri., con domicilio eletto presso lo studio Ufficio Legale Nazionale Codacons in Roma, viale (...); per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Seconda n. 8886/2013, resa tra le parti, concernente assegnazione finanziamenti relativi al fondo europeo per l'integrazione di cittadini di paesi terzi. Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio di Codacons; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 11 dicembre 2020 il Cons. Sergio Santoro; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. Il Coordinamento delle associazioni e dei comitati di tutela dell'ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori - CODACONS partecipava al bando indetto dal Ministero dell'interno, nell'ambito del Programma annuale (AP) per il Fondo europeo per l'integrazione dei cittadini di Paesi Terzi per il finanziamento di progetti conformi agli obiettivi del Programma, in particolare per l'Azione n. 3, di sensibilizzazione, informazione e comunicazione, per un finanziamento previsto di un milione di euro. Il Ministero tuttavia, con provvedimento del 30 agosto 2011, comunicava all'associazione interessata la inammissibilità della proposta progettuale presentata. 2. Il CODACONS ricorreva avverso tale provvedimento denunciando difetto di motivazione, in relazione all'argomento addotto nel provvedimento, in asserita aderenza all'art. 10 dell'Avviso pubblico, sul rilievo che il modello A non sarebbe stato conforme alle modalità di presentazione previste. Con l'ordinanza 17 febbraio 2012 n. 6119 il TAR sospendeva il provvedimento, rilevando il difetto di motivazione dell'atto impugnato. Erano anche proposti motivi aggiunti, incentrati sulla mancata sottoscrizione della dichiarazione sostitutiva, successivamente contestata, riguardante il possesso dei requisiti di partecipazione come indicati nel bando, nonostante il progetto presentato fosse stato compilato integralmente e firmato digitalmente. 3. Il primo giudice nella sentenza appellata rilevava che la domanda presentata dal CODACONS era perfettamente identica a quelle delle altre concorrenti acquisite al giudizio, esclusi ovviamente i contenuti, e che la dichiarazione sostitutiva era anch'essa completa e firmata digitalmente. Quanto alla domanda risarcitoria, il primo giudice dubitava che il progetto dell'appellata, una volta ammesso alla selezione, sarebbe stato ritenuto meritevole di accedere al finanziamento, essendovi oltretutto incertezza circa le spese inutilmente sopportate per partecipare alla selezione. Pertanto concludeva che il risarcimento avrebbe potuto liquidarsi in via equitativa, riconoscendo a tale titolo Euro 3.000,00 (euro tremila/00, oltre ad interessi e rivalutazione monetaria) per avere predisposto la domanda di partecipazione alla selezione da cui era stata illegittimamente esclusa. 4. Il Ministero propone quindi l'appello in esame, premettendo un'eccezione di tardività del ricorso di primo grado e, in punto di fatto, riferendo che la Commissione tecnica aveva rilevato che la documentazione progettuale presentata dal Codacons non sarebbe conforme ai requisiti formali previsti dall'art. 10 dell'Avviso pubblico tra cui l'apposizione della firma digitale, nella specie asseritamente mancante. In ordine al dedotto vizio del difetto di motivazione, la difesa erariale sostiene che "l'Amministrazione procedente abbia provveduto a motivare ciascun provvedimento di esclusione nel modo, oltre che concretamente esigibile, anche più opportuno al fine di rispettare il principio di buon andamento della P.A. relativamente ai criteri di economicità, rapidità ed efficacia e la par condicio di tutti i concorrenti esclusi. Una diversa e più complessa attività relativamente ad ogni singola causa· di inammissibilità per ogni domanda non ammessa alla valutazione avrebbe infatti impedito di comunicare tempestivamente a tutti i soggetti interessati i vizi che inficiavano le proprie proposte, ledendo così la possibilità di ognuno di regolarizzare in tempo utile la propria posizione". Quanto al mancato contraddittorio con la partecipante senza consentirle di regolarizzare la propria domanda in tempo utile, l'appellante ricorda che è mancata la sottoscrizione mediante firma digitale, requisito questo richiesto esplicitamente dall'Avviso pubblico a pena di inammissibilità ed esclusione, e ciò in analogia all'obbligatorietà dell'apposizione della firma digitale alle offerte presentate in occasione di gare telematiche. Infine, sarebbe da escludere la colpa degli uffici ministeriali per non avere tempestivamente riesaminato la domanda a seguito della sospensiva concessa dal primo giudice, dato che il termine ultimo per la presentazione dei progetti era il 28 febbraio 2011 ore 18, termine già scaduto da quasi un anno al momento dell'adozione dell'ordinanza cautelare di sospensione del provvedimento di esclusione, del 17.2.2012, neppure ritenendosi configurabile alcuna colpa in contrahendo da parte dell'Amministrazione. 5. L'appello è infondato e la sentenza impugnata merita integrale conferma, seppure per le diverse ragioni di seguito rappresentate. Quanto alla preliminare eccezione di tardività del ricorso di primo grado, se ne rileva la palese infondatezza, in quanto il momento nel quale l'interessata è stata avvertita dell'esito sfavorevole, nonché della possibilità di presentare ricorso giurisdizionale entro 60 giorni o straordinario entro 120, deve identificarsi nella data di comunicazione dell'avviso del 30 agosto 2011. Oltretutto, la ragione dell'esclusione del CODACONS è stata precisata compiutamente soltanto nel corso del giudizio, come dovuta al difetto di sottoscrizione della dichiarazione sostitutiva circa il possesso dei requisiti di partecipazione come indicati nel bando. Ora, va precisato al riguardo che il procedimento per cui è causa è perfettamente ana, per quanto interessa la presente controversia, ad una gara telematica, caratterizzantesi, tra l'altro, per il ricorso a strumenti digitali come la firma digitale (nella specie appunto richiesta) e la PEC. Ed è noto che la sottoscrizione dell'offerta, così come di ogni altra dichiarazione richiesta dalla lex concorsuale, è essenziale nelle gare pubbliche, o nei procedimenti assimilati, sia per verificare la necessaria coincidenza tra il soggetto che si dichiara autore dell'atto e colui che lo presenta all'autorità destinata a riceverlo, non solo perché chi lo sottoscrive lo fa proprio (e, quindi, fa propri anche la relativa dichiarazione e il contenuto di questa), ma anche perché in tal modo assicura la serietà e la paternità certa di quanto dichiarato o rappresentato, a garanzia dell'imparzialità ed efficienza dell'azione amministrativa e della par condicio tra i partecipanti. 6. La sottoscrizione dunque attribuisce non soltanto forma ed esistenza, ma anche giuridica consistenza alla domanda di partecipazione e/o di quanto attestato in relazione ad essa, poiché consente con certezza l'identificazione del candidato o del dichiarante, a garanzia dei principi di serietà e par condicio, ed è necessario presupposto per le successive operazioni di esame, valutazione o verifica, a seconda dei casi, delle condizioni e/o dei requisiti di partecipazione e, in definitiva, della possibilità di accogliere o riconoscere quanto ivi rappresentato. La mancanza nell'atto delle indicazioni concernenti questi aspetti (ovvero una loro carenza che ne possa determinare l'assoluta incertezza) implica necessariamente la impossibilità di attribuire la paternità dei contenuti dell'atto, e determina quindi l'inidoneità di questo a produrre gli effetti giuridici prefigurati e/o attesi, restando tale atto appunto privo di autore. 7. In linea di principio, pertanto, la sottoscrizione è il primo degli elementi indefettibili per l'esistenza e dunque per l'ammissibilità non solo della domanda di partecipazione, ma anche degli atti ed in particolare delle attestazioni per le quali è richiesta la sottoscrizione del dichiarante. La relativa mancanza, dunque, determina di regola l'inammissibilità della partecipazione e la conseguente esclusione dal procedimento concorsuale. Ma nella gara telematica (e dunque anche nei procedimenti ad essa assimilabili, almeno per le questioni in esame) può ritenersi che non solo l'offerta o la domanda di partecipazione, ma anche le attestazioni da allegare ad essa, possano considerarsi riconducibili e imputabili con assoluta certezza al soggetto o all'operatore economico che le abbia inviate nella richiesta modalità elettronica (si veda in tal senso Consiglio di Stato, sez. V, 21 novembre 2016, n. 4881), e quindi nelle forme e nei modi previsti dal bando, e ciò per effetto delle particolari modalità di svolgimento di tali procedimenti, come chiarito di seguito con riferimento alla fattispecie dedotta in giudizio. 8. Nella specie, infatti, il bando del 7 dicembre 2010 aveva previsto, ai fini della presentazione della domanda, che ciascun concorrente, ai fini della partecipazione, accedesse ad un'area selettiva tramite il sito web predisposto dallo stesso Ministero dell'Interno www.fondieuropeiimmigrazione.it, col redigere la domanda di partecipazione attraverso la compilazione dei modelli ivi proposti dalla stessa amministrazione, inviandoli quindi per posta elettronica certificata con apposizione della firma digitale del presentatore. La domanda presentata in tale modo dall'appellata associazione era stata quindi accettata dal sistema, che non aveva rilevato e/o comunicato alcuna anomalia. La prassi dei procedimenti amministrativi telematici, in cui la partecipazione debba avvenire attraverso un apposito form oppure mediante la compilazione elettronica di un modello scaricabile predisposto dalla stessa autorità destinata a riceverlo, è quella secondo cui l'accettazione dell'invio telematico avviene necessariamente nelle medesime modalità elettroniche, eventualmente seguita, a seconda dei casi, dalla restituzione al mittente della domanda ritenuta irregolare, con indicazione dei motivi dell'impossibilità di accettarla ed, eventualmente, delle opportune indicazioni per procedere alla ripresentazione, oppure nella segnalazione di tali circostanze in qualsiasi efficace modalità che garantisca la duplice esigenza, di interesse pubblico, di assicurare la massima partecipazione al procedimento amministrativo dei possibili aventi titolo e, contemporaneamente, la par condicio tra i suoi partecipanti, evitando esclusioni immotivate o comunque contrarie al pubblico interesse. 9. Si realizza così, in definitiva, di una moderna forma di partecipazione al procedimento amministrativo telematico, così evolutosi in modalità automatizzata, talora per effetto di un software di intelligenza artificiale, che interagisce col partecipante-utente senza l'intervento di alcun operatore o persona fisica. Se dunque si applicano questi principi al caso di specie, può riconoscersi come la procedura telematica in questione contempli sicuri elementi da cui desumere esattamente la riconducibilità all'autore della dichiarazione-attestazione ritenuta irregolare o incompleta, e ciò a prescindere dall'evento formale dell'avvenuta sottoscrizione materiale della dichiarazione. In particolare, ciò si ricava da quanto previsto dal disciplinare telematico, secondo cui la partecipazione alla procedura di gara, e la presentazione della relativa domanda, erano possibili solo attraverso l'accesso al sistema effettuato mediante la creazione di un apposito account identificativo, del resto assorbito, quanto a certezza sulla paternità della domanda e degli atti ad essa allegati, dalla provenienza telematica, e dunque non certamente anonima, degli atti trasmessi tramite upload. Il caricamento nella piattaforma della domanda e dei suoi allegati, documentabili ex se attraverso i software di trasmissione e ricezione documentale, rendevano quindi certa l'identità del presentatore e dunque la provenienza di ogni atto pervenuto in tale modalità . 10. Accertato dunque che la domanda di partecipazione al procedimento amministrativo in questione, nonché le attestazioni e gli atti ad essa allegati sono, con sufficiente grado di certezza, riferibili all'associazione appellata, non sembra rilevante stabilire se, in relazione al generico difetto di sottoscrizione, sia ammissibile il soccorso istruttorio. È noto infatti che l'art. 83, comma 9, del nuovo codice dei contratti pubblici, esclude la sanatoria di ogni irregolarità essenziale che riguardi l'offerta tecnica ed economica, con la conseguenza che il soccorso istruttorio non può utilizzarsi per correggere una carenza essenziale dell'offerta (e per analogia, della domanda di partecipazione al procedimento amministrativo concorsuale). Ma, nella fattispecie, la questione controversa riguarda la provenienza solo di un'attestazione da allegare alla domanda di partecipazione, in ordine alla quale la riferibilità di questa alla partecipante, e la soluzione accolta (ossia la certezza circa la riferibilità e l'ammissibilità dell'attestazione, con conseguente illegittimità dell'esclusione) derivano proprio dalla sicura riconducibilità, per effetto del mezzo telematico, dell'attestazione pervenuta al soggetto autore della dichiarazione medesima. 11. Vi è infine la questione della risarcibilità dell'illecito dovuto al comportamento del Ministero, aggravatosi per effetto dell'inerzia seguita all'accoglimento della domanda cautelare in primo grado, in ordine al quale l'appellante pone una questione di impossibilità temporale di eseguire l'ordinanza. Al riguardo è sufficiente osservare che tale circostanza non sembra rilevante, sia perché l'illegittima esclusione dell'appellata ha ex se determinato necessariamente l'impossibilità di farle conseguire il risultato positivo sperato con la partecipazione al procedimento, sia perché l'eventuale inadempimento all'ordine del giudice pronunciato in primo grado con l'ordinanza sospensiva, indipendentemente dalla tempestività di questa, non ha fatto che aggravare il danno patito dal CODACONS. Ed è appena il caso di osservare che la ridotta liquidazione in via equitativa nella misura di Euro3.000,00 del danno stesso, capo questo della sentenza sul quale non c'è stato appello incidentale, determina la sostanziale e pratica inconsistenza delle censure denunciate a tale riferimento. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta. Condanna il Ministero dell'Interno alle spese di giudizio che liquida in complessivi euro 6.500,00 (seimilacinquecento), oltre alla restituzione del contributo unificato del giudizio di secondo grado, IVA e CPA come per legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 dicembre 2020 con l'intervento dei magistrati: Sergio Santoro - Presidente, Estensore Oreste Mario Caputo - Consigliere Francesco Gambato Spisani - Consigliere Giovanni Sabbato - Consigliere Antonella Manzione - Consigliere

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Sesta ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 4308 del 2020, proposto da Cnr - Consiglio Nazionale Ricerche, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (...); contro Ma. Lu. Fe., rappresentata e difesa dagli avvocati Lu. Ru., Ro. Ta., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; e con l'intervento di ad opponendum: Gi. Ge., rappresentata e difesa dall'avvocato Sa. De., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Terza n. 886/2020, resa tra le parti. Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ma. Lu. Fe.; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 ottobre 2020 il Cons. Luigi Massimiliano Tarantino e udito per le parti l'avvocato Sa. De.. Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. Con ricorso introduttivo proposto dinanzi al TAR per il Lazio la dott.sa Ma. Lu. Fe. invocava l'annullamento: a) del provvedimento prot. n. 78101 del 20.11.2018, di conferma dell'esclusione della ricorrente (di cui alla nota prot. n. 76497 del 14.11.2018) dal concorso bandito dal CNR (bando 366.45) per titoli e colloquio, riservato al personale in possesso dei requisiti di cui all'art. 20, co.2, del D.Lgs. n. 75/2017, "per l'assunzione con contratto di lavoro a tempo pieno e indeterminato di 3 unità di personale profilo Ricercatore - III livello professionale - Area Strategica rischi naturali e impatti antropici e tecnologie per l'ambiente"; b) del provvedimento prot. n. 76497 del 14.11.2018 di esclusione della ricorrente dal concorso de quo; c) del provvedimento prot. n. 73925 del 7.11.2018, di "ammissione con riserva" della ricorrente alla procedura concorsuale in parola; d) del Bando di concorso n. 366.45 per titoli e colloquio, riservato al personale in possesso dei requisiti di cui all'art. 20, co.2, del D.Lgs. n. 75/2017, "per l'assunzione con contratto di lavoro a tempo pieno e indeterminato di 3 unità di personale profilo Ricercatore - III livello professionale - Area Strategica rischi naturali e impatti antropici e tecnologie per l'ambiente, nell'ipotesi in cui sia da intendersi nel senso prospettato dall'Amministrazione resistente ai fini dell'esclusione della ricorrente; e) delle Circolari n. 3 del 23.11.2017 e n. 1 del 9.1.2018 del Ministero per la Semplificazione la pubblica amministrazione, nell'ipotesi in cui siano da intendersi nel senso prospettato dall'Amministrazione resistente ai fini dell'esclusione della ricorrente. 1.1. Con ricorso per motivi aggiunti l'odierna appellata integrava il thema decidendi, chiedendo la caducazione: a) in parte qua, del provvedimento dirigenziale prot. n. 88764 del 21.12.2018 (all.16), di approvazione della graduatoria finale del concorso bandito dal CNR (bando 366.45) per titoli e colloquio, riservato al personale in possesso dei requisiti di cui all'art. 20, co.2, del D.Lgs. n. 75/2017, "per l'assunzione con contratto di lavoro a tempo pieno e indeterminato di 3 unità di personale profilo Ricercatore - III livello professionale - Area Strategica rischi naturali e impatti antropici e tecnologie per l'ambiente"; b) in parte qua, del provvedimento dirigenziale del 27.12.2018 di rettifica della graduatoria finale impugnata sub a). 2. Il primo giudice accoglieva il ricorso, ritenendo insufficiente e, comunque, viziata la motivazione adottata dall'amministrazione resistente per l'esclusione dell'odierna appellata dalla procedura concorsuale. Secondo l'amministrazione appellante, infatti, il lavoro di ricercatore svolto dalla ricorrente non era computabile al fine della maturazione del requisito di cui all'art. 2, co. 1 lett. b) del bando de quo, perché svolto presso istituzioni estere, non finanziate dal fondo nazionale ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca. Al contrario, secondo il TAR, l'ampiezza della formulazione utilizzata dal bando ("altri enti ed istituzioni di ricerca") si spiega ponendo mente alle finalità della peculiare procedura oggi in esame, per la quale importa lo svolgimento di un'attività di ricerca propriamente detta (nella medesima "materia" indicata dal bando), indipendentemente dalle variegate caratteristiche degli enti e istituti di afferenza. A sostegno della propria conclusione il giudice di prime cure rammenta che il bando aveva richiamato la raccomandazione 2005/251/CE della Commissione dell'11 marzo 2005, "riguardante la Carta europea dei ricercatori e un codice di condotta per l'assunzione dei ricercatori" (Carta e codice di condotta sono allegati alla raccomandazione). In forza dei principi ivi affermati, emerge una connotazione essenzialmente oggettiva e "trasversale" dell'attività di ricerca e la sua "insensibilità " alla natura giuridica del soggetto a favore del quale essa viene svolta. Inoltre, sempre dalla stessa Carta il TAR desume la centralità del valore della mobilità nell'ambito del sistema di valutazione/avanzamento della carriera, con ciò che ne consegue in termini di 'trasferibilità ' dei diritti in materia di previdenza sociale e retribuzioni. Da quanto detto, secondo il TAR, discende che è ragionevole interpretare in senso ampio la locuzione del bando "altri enti ed istituzioni di ricerca", di modo che ai fini dell'integrazione del requisito per cui è controversia vanno considerate tutte le attività di ricerca indicate dagli interessati, indipendentemente dalla natura (pubblica o privata) del soggetto presso il quale esse sono state svolte, ma all'unica condizione che le attività in questione siano effettivamente qualificabili come "ricerca" alla stregua dei parametri (anche internazionali) di cui si è detto. E ciò è in linea con gli scopi della selezione siccome fissati dalla normativa primaria: non appare, infatti, adeguatamente motivata la scelta di preferire i ricercatori precari che abbiano maturato un'esperienza solo presso enti pubblici nazionali posto che, in termini di professionalità e alla luce del richiamato interesse pubblico, niente esclude a priori che analoghi meriti siano riconoscibili a ricercatori impiegati presso istituti di ricerca privati o all'estero. Mentre la finalità di stabilizzazione del personale precario, prevista dalla legge, appare già assicurata dal piano di assunzioni previsto dall'art. 20, co. 1, d.lgs, n. 75/2017 e dal fatto che la procedura in esame richiede comunque che l'interessato dimostri la "titolarità, successivamente alla data del 28 agosto 2015, di un contratto di lavoro flessibile presso il CNR" (art. 2, co. 1, lett. a, bando). Pertanto, l'amministrazione avrebbe errato nell'introdurre un requisito più stringente, non previsto dal bando ed estraneo all'interesse dell'amministrazione al reclutamento del migliore personale qualificato. 3. Avverso la pronuncia indicata in epigrafe propone appello il Consiglio Nazionale delle Ricerche, che si duole dell'erroneità della pronuncia di prime cure, in quanto: I) la procedura concorsuale in questione poggerebbe sull'art. 20, comma 2, d.lgs. 75/2017. Disposizione quest'ultima tesa a favorire la stabilizzazione del personale delle pubbliche amministrazioni, che sia in possesso dei seguenti requisiti: "...a) risulti titolare, successivamente alla data di entrata in vigore della legge n. 124 del 2015, di un contratto di lavoro flessibile presso l'amministrazione che bandisce il concorso; b) abbia maturato, alla data del 31 dicembre 2017, almeno tre anni di contratto, anche non continuativi, negli ultimi otto anni, presso l'amministrazione che bandisce il concorso". L'Amministrazione avrebbe, altresì, proceduto a stabilizzare, entro il 31/12/2018, il personale in possesso dei requisiti di cui all'art. 20, comma 1, del D. lgs. n. 75/2017 in omaggio ad una differente procedura di stabilizzazione. L'appellante sarebbe stata esclusa dalla procedura concorsuale ricadente nella prima tipologia di stabilizzazione, perché il requisito di cui all'art. 2, co. 1, lett. b) del bando de quo, sarebbe inferiore al triennio, non potendosi tenere conto dell'attività svolta presso l'Instituto de Diagnostico Ambiental y Estudios del Agua, (IDAEA.CSIC) di Barcellona, che si differenzierebbe per vocazione, regime giuridico e fonti di finanziamento dagli enti pubblici di ricerca. 4. Costituitasi in giudizio, l'originaria ricorrente invoca il rigetto dell'odierno gravame, evidenziando tra l'altro che l'Instituto de Diagnostico Ambiental y Estudios del Agua, (IDAEA.CSIC), Barcellona - Spagna, sarebbe un'articolazione dello CSIC, ovverosia del Consejo Superior de Investigaciones Cientificas della Spagna, che figurerebbe tra i partner di ricerca internazionali del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Inoltre, sarebbe inconsistente l'avverso rilievo in ordine all'asserita non spendibilità dell'esperienza lavorativa in esame, perché maturata presso un'istituzione "estera". Ciò in conformità a quanto chiarito dalla Circolare n. 3/2017 del Ministero per la Semplificazione e la pubblica amministrazione, non potendosi escludere dal novero degli "... altri Enti ed Istituzioni di Ricerca" quelli non aventi sede nel territorio nazionale a differenza di quanto previsto per il settore sanitario. In questo senso militerebbe sia l'art. 20, co.4, del D.Lgs. 127/2003, a mente del quale, "il CNR, con proprio regolamento sul personale, ai sensi del presente articolo, disciplina le procedure di assunzione ai diversi livelli e profili del personale ricercatore e tecno, valorizzando prioritariamente le esperienze di ricerca effettuate all'estero", che la Raccomandazione della Commissione Europea dell'11 marzo 2005 riguardante la Carta Europea dei ricercatori ed il Codice di Condotta per l'assunzione dei Ricercatori. In ogni caso l'amministrazione avrebbe adottato il provvedimento di esclusione senza avviare un contraddittorio con l'interessata. Nel caso in cui si optasse per un'esegesi dell'art. 20, comma 11, d.lgs. 75/2017, che sembrerebbe limitare la platea degli stabilizzandi al personale che ha prestato servizio presso enti ed istituzioni di Ricerca finanziate con il fondo ordinario nazionale la stessa sarebbe in contrasto con l'art. 45 TFUE. 4.1. Nelle successive difese l'appellata eccepisce l'inammissibilità dell'appello: I) per avere l'amministrazione prestato acquiescenza alla pronuncia impugnata, atteso che con Decreto Dirigenziale dell'11.2.2020 - l'Amministrazione appellante, ha pacificamente eseguito - senza riserva alcuna - la pronuncia odiernamente gravata, inserendo l'appellata "a pieno titolo" (e non più con riserva) nella graduatoria di merito, e per l'effetto ha assunto la stessa "a tempo indeterminato... con il profilo di Ricercatore di III livello professionale"; II) per non contenere alcun motivo di censura avverso la pronuncia impugnata. 5. Con atto depositato il 30 luglio 2020 interviene in giudizio la dott.ssa Gi. Ge., per contrastare le ragioni dell'amministrazione appellante. 6. Nelle difese depositate in vista dell'odierna udienza l'appellante insiste nelle proprie conclusioni ed eccepisce l'inammissibilità dell'atto di intervento ad opponendum proposto dalla dott.ssa Ge. Gi. stante la tardività e la non identità di posizioni giuridiche azionate. 7. L'appellata dal canto suo insiste nelle proprie argomentazioni, mentre l'interveniente argomenta in ordine all'ammissibilità del proprio intervento e alla correttezza della pronuncia impugnata. 8. Preliminarmente, devono essere respinte le eccezioni di inammissibilità dell'odierno gravame, atteso che, da un lato, con il decreto dirigenziale dell'11 febbraio 2020 l'amministrazione mostra di aver dato corretta esecuzione alla sentenza impugnata, ma dal citato provvedimento si desume che l'amministrazione si sia determinata ad assumere l'originaria ricorrente proprio in virtù della citata pronuncia e non per uno spontaneo ripensamento. Circostanza quest'ultima che esclude una qualsivoglia acquiescenza da parte dell'amministrazione. Dall'altro, il gravame in esame benché con un unico motivo espone chiaramente le ragioni giuridiche per le quali il TAR sarebbe caduto in errore, sicché non risulta fondata la censura di genericità mossa all'odierno gravame. 9. Nel merito l'appello è fondato e merita di essere accolto. La questione centrale oggetto del presente gravame ruota attorno all'esegesi del comma 11 dell'art. 20, d.lgs. 75/2017 nella parte in cui utilizza la locuzione: "...presso diversi enti e istituzioni di ricerca". In definitiva, si deve chiarire se l'esperienza almeno triennale maturata presso un ente di ricerca straniero, nella specie l'Instituto de Diagnostico Ambiental y Estudios del Agua, (IDAEA.CSIC), Barcellona - Spagna, integri il requisito previsto dalla disciplina in questione. La risposta al presente quesito non può che essere offerta alla luce della ratio che anima questa normativa speciale che tende a superare il fenomeno del precariato attraverso forme di stabilizzazione che derogano al principio fondamentale dell'accesso al pubblico impiego mediante concorso. L'iniziativa legislativa in questione mira a consentire l'assunzione a tempo indeterminato di quei lavoratori che per un congruo periodo di tempo hanno svolto attività lavorativa alle dipendenze dell'amministrazione che bandisce il concorso con la precisazione contenute nel citato comma 11, che: "Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano al personale, dirigenziale e no, di cui al comma 10, nonché al personale delle amministrazioni finanziate dal Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca, anche ove lo stesso abbia maturato il periodo di tre anni di lavoro negli ultimi otto anni rispettivamente presso diverse amministrazioni del Servizio sanitario nazionale o presso diversi enti e istituzioni di ricerca". Il significato da attribuire alla norma in definitiva non è quello che deve darsi rilevanza anche all'attività lavorativa svolta presso un ente di ricerca estero. Ciò in quanto la disciplina de qua, in ragione dello stanziamento di fondi vincolati e delimitati, intende sanare quelle posizioni maturate nell'ambito degli enti e istituzioni di ricerca nazionali. È noto come il legislatore con distinti meccanismi abbia provveduto a stanziare fondi per il rientro di ricercatori italiani dall'estero, ma nella fattispecie la stella polare che guida l'impianto normativo è chiaramente quella di stabilizzare i ricercatori che abbiano maturato un congruo periodo di attività lavorativa presso enti di ricerca nazionali. Diversamente argomentando da un lato non si comprenderebbe la diversa disciplina prevista per gli operatori del servizio sanitario, per i quali è espresso il richiamo al servizio svolto presso il servizio sanitario nazionale. Dall'altro, potrebbero intercettare personale che, non avendo prestato servizio presso un congruo periodo di servizio presso l'amministrazione nazionale potrebbe non essere in alcun modo riconducibile alla figura del dipendente "precario". Non coglie nel segno pertanto, l'interpretazione offerta dal primo giudice, neanche sul versante europeo in relazione al richiamo alla raccomandazione 2005/251/CE della Commissione dell'11 marzo 2005, dal momento che la lettura fattane ha messo in evidenza solo alcuni dei fondamenti del citato atto comunitario. In primo luogo va ricordato che la raccomandazione, infatti, è un atto giuridico che si caratterizza per essere non obbligatorio e non può far sorgere effetti vincolanti o diritti azionabili dai singoli innanzi ad un giudice nazionale, ma va presa in considerazione dal giudice per risolvere una controversia in particolare quando si tratti di interpretazione di norme nazionali adottate allo scopo di garantire l'attuazione di norme unionali o quando la raccomandazione abbia lo scopo di completare norme dell'Unione Europea aventi natura vincolante (Corte Giustizia 13 dicembre 1989 Grimaldi, C-322/88; Corte di Giustizia UE 18 marzo 2010 Alassini, C- 317/08 e C- 320/08). In secondo luogo che l'atto da interpretare nella specie è una norma interna, che non ha lo specifico scopo di attuare una norma unionale ma piuttosto - all'art. 20 comma 1 - quello di riassorbire il precariato con un concorso straordinario, trovando un punto di equilibrio fra le limitate risorse finanziarie nazionali e l'esigenza di evitare contratti a termine ultratriennali (obiettivo rilevante ma rimesso al legislatore nazionale in relazione alla complessità dei processi di riassorbimento del precariato; tale obiettivo è rilevante per il legislatore nazionale alla luce della sentenza Mascolo Corte giust.Ue, III Sezione, sentenza 26 novembre 2014, in cause riunite C-22/13, C-61/13, C-62/13 e C-418/13 Mascolo, Forni, Racca, Napolitano ed altri contro Miur, nonché C-63/13 Russo contro Comune di Napoli, con l'intervento di Cgil, Flc-Cgil e Gilda-Unams nella causa Racca C-63/13 come interpretata da Corte Cost. n. 187 del 2016) e - all'art. 20 comma 2 - di disporre una selezione mediante concorso riservato a determinate categorie di personale) quindi un obiettivo solo e puramente nazionale e conforme alla giurisprudenza del giudice delle leggi sui concorsi riservati. Nella specie il concorso per cui è processo è la selezione di cui all'art. 20 comma 2 (concorso riservato su base giuridica esclusivamente interna). Tale concorso di cui all'art. 20 comma 2 non esaurisce i posti disponibili e non esclude la possibilità di valorizzare le esperienze estere in concorsi aperti, ma, avendo lo scopo di valorizzare le risorse interne alle amministrazioni di ricerca finanziate dallo Stato italiano, ben può sagomare i requisiti di accesso - senza alcuna discriminazione sulla base della nazionalità del partecipante rilevante ai sensi dell'art. 45 del TFUE - con riferimento al servizio prestato in enti e istituti di ricerca finanziati dal fondo ordinario del bilancio pubblico italiano che peraltro è impegnato anche per il perseguimento di obiettivi europei come l'IA (intelligenza artificiale) o altri progetti internazionali e quindi è a sua volta connotato dall'apertura unionale. Su queste premesse va affrontato il tema della rilevanza della Carta dei Ricercatori, che pur raccomandando agli Stati membri il rispetto dei diritti sociali e previdenziali del personale che abbia prestato opera in più Stati membri e, per quanto qui interessa, l'adozione di procedure di reclutamento aperte trasparenti e non discriminatorie, al considerando 16 afferma di partire dal principio che i datori di lavoro o i finanziatori dei ricercatori hanno l'obbligo assoluto di garantire il rispetto dei requisiti della normativa nazionale, regionale o settoriale pertinente e che la recezione dei principi della Carta deve avvenire su base volontaria. Ed al considerando n. 8 secondo il quale alla fine la Carta pone un obiettivo politico e non giuridico: "L'obiettivo politico finale della presente raccomandazione è contribuire allo sviluppo di un mercato europeo del lavoro attrattivo, aperto e sostenibile per i ricercatori, in cui le condizioni di base consentano di assumere e trattenere ricercatori di elevata qualità in ambienti veramente favorevoli alle prestazioni e alla produttività ", alla luce del quale risulta del tutto legittima, anche se andrebbe il più possibile tendenzialmente limitata, la scelta del legislatore nazionale di valorizzare l'esperienza professionale svolta all'interno del circuito di ricerca nazionale per il superamento di un poco produttivo fenomeno di precariato. Né in senso opposto può utilmente invocarsi il richiamo ad una mobilità da assicurarsi nei sistemi di valutazione della carriera e di avanzamento professionale dei ricercatori, dal momento che la disciplina in questione non prevedendo una procedura comparativa di tipo concorsuale aperta non misconosce l'attività di ricerca svolta all'estero, ma si occupa (ed ha l'obiettivo di porvi rimedio) del diverso fenomeno del precariato a tempo indeterminato che impedisce che i ricercatori vengano trattati come professionisti e considerati parte integrante delle istituzioni in cui lavorano. Naturalmente occorre sempre adottare una lettura anche diacronica delle procedure di reclutamento per evitare che si generalizzino forme di negazione di fatto dei principi della Carta che, tuttavia, ben possono, in una certa misura, autorizzano - se adeguatamente circoscritte - una compatibilizzazione con esigenze organizzative dell'amministrazione volte a privilegiare le risorse interne (in caso contrario i concorsi riservati - pur autorizzati dal giudice delle leggi in misura circoscritta - sarebbero impossibili da svolgersi). 10 La fondatezza dell'appello dell'amministrazione impone di esaminare i motivi riproposti dall'appellata. 10.1. Non è fondata la doglianza con la quale l'originaria ricorrente lamenta un difetto di contraddittorio con l'amministrazione, dal momento che quest'ultima si è limitata a rilevare l'assenza di un requisito richiesto dal bando di gara in perfetta aderenza con quanto stabilito dal legislatore, sicché un dia con l'odierna appellata sarebbe comunque risultato infruttuoso non potendo l'amministrazione disporre un regime più lasso per consentire all'originaria ricorrente di fruire di una stabilizzazione contra legem. 10.2. Del pari, infondato è il richiamo all'art. 45 TFUE, dal momento che la legislazione nazionale non discrimina, ritenendolo di valore inferiore, il periodo di attività lavorativa svolto all'estero al fine di creare una discriminazione in base alla nazionalità . Come chiarito, infatti, la procedura di reclutamento non esclude nessun soggetto sulla base della nazionalità, né stabilisce una forma di discriminazione indiretta (come nella sentenza Corte Giustizia Ce 12 febbraio 1974 Sotgiu che ha ritenuto il requisito della residenza nello Stato membro una forma di discriminazione indiretta) trovando una sua giustificazione nell'esigenza di valorizzare - senza esaurire i posti disponibili - risorse interne all'amministrazione che ben potrebbero essere costituite da personale di nazionalità estera. Non vi è dunque alcuna violazione del citato art. 45, atteso che il diritto dell'Unione garantisce unicamente che i lavoratori che esercitano un'attività sul territorio di uno Stato membro diverso dal loro Stato membro di origine siano assoggettati alle medesime condizioni previste dalla normativa nazionale dello Stato membro ospitante (art. 45 comma 3 lett. c) garantisce il diritto di prendere dimora in uno degli Stati membri al fine di svolgervi un'attività di lavoro conformemente alle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che disciplinano l'occupazione dei lavoratori nazionali). Una simile lesione presupporrebbe un'identità di situazioni che secondo la disciplina nazionale, della cui natura eccezionale si è già detto, manca del tutto (avendo la ricorrente in primo grado, cittadina italiana, prestato servizio all'estero), dal momento che si tratta di uno strumento, ben giustificato anche in relazione all'assetto delle norme costituzionali nazionali (Corte Cost. n. 274 del 2003 e n. 205 del 2004), teso al superamento di forme di precariato causate dal ricorso reiterato a moduli contrattuali a tempo determinato o flessibili, utilizzati dalle amministrazioni nazionali in un ben delimitato periodo temporale. Una situazione del tutto diversa, dunque, da quella che vede lo Stato nazionale discriminare il periodo di servizio prestato in un altro Stato membro dal lavoratore per limitarne l'accesso in concorsi aperti o per definirne in modo deteriore aspetti prestazionali o previdenziali. Un'interpretazione di segno opposto del resto indurrebbe il singolo Stato nazionale a non avviare mai procedure di stabilizzazione e di superamento del precariato, ben inteso da non reiterarsi sine die, non potendo prevedere in alcun modo l'ampiezza della platea dei soggetti legittimati, che potrebbero essere in numero tale da superare non solo gli stanziamenti finanziari a disposizione, ma anche il fabbisogno delle amministrazioni interessate. Ciò, peraltro, anche a scapito delle altre istituzioni di ricerca degli altri Stati membri. 11. L'appello in esame deve, quindi, essere accolto, con ciò che ne consegue in termini di riforma della sentenza impugnata e di rigetto dei ricorsi di prime cure. Ogni altra questione resta assorbita. 12. Resta devoluta alla valutazione discrezionale dell'amministrazione la possibilità - in considerazione dell'avvenuto superamento dell'esame in corso di causa - di conservare ai sensi dell'art. 4, comma 2-bis del d.l. 30 giugno 2005, n. 115 (aggiunto dalla legge di conversione 17 agosto 2005, n. 168), da applicarsi analogicamente, il rapporto di impiego in capo all'originaria ricorrente, collocandola quale ultima beneficiaria dei fondi, che fossero residuati all'esito delle procedure di stabilizzazione dei soggetti legittimati ex lege (in tal modo senza ledere alcuna posizione di eventuali controinteressati in possesso dei requisiti previsti dalla legge ossia di un servizio prestato a carico di enti finanziati con il fondo ordinario per la ricerca). 13. Le spese possono essere compensate in ragione della novità delle questioni esaminate. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma dell'impugnata sentenza, respinge i ricorsi di primo grado. Compensa le spese del doppio grado di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 ottobre 2020 con l'intervento dei magistrati: Giancarlo Montedoro - Presidente Vincenzo Lopilato - Consigliere Luigi Massimiliano Tarantino - Consigliere, Estensore Giordano Lamberti - Consigliere Stefano Toschei - Consigliere

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