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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI NOCERA INFERIORE II SEZIONE CIVILE in composizione monocratica e nella persona del dott.ssa Martina Fusco, in funzione di giudice unico, pronuncia ai sensi dell'art. 281-sexies c.p.c. la seguente SENTENZA nella controversia civile iscritta al n. 2926 del Ruolo Generale Affari Contenziosi dell'anno 2015, vertente TRA (...), elett.te dom. presso lo studio dell'avv. (...), dal quale è rapp.to e difeso, giusta procura in atti ATTORE E (...), in persona del legale rapp.tep.t., elett.te dom.to presso lo studio dell'avv. (...), dalla quale è rapp.to e difeso, giusta procura in atti CONVENUTO Oggetto: impugnativa delibera assembleare RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE La presente decisione è adottata ai sensi dell'art. 281-sexies c.p.c. e, quindi, è possibile prescindere dalle indicazioni contenute nell'art. 132 c.p.c. Infatti, l'art. 281-sexies c.p.c., consente al giudice di pronunciare la sentenza in udienza al termine della discussione dando lettura del dispositivo e delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, senza dover premettere le indicazioni richieste dal secondo comma dell'art. 132 c.p.c., perché esse si ricavano dal verbale dell'udienza di discussione sottoscritto dal giudice stesso. Pertanto, non è affetta da nullità la sentenza, resa nella forma predetta, che non contenga le indicazioni riguardanti il giudice e le parti, le eventuali conclusioni del P.M. e la concisa esposizione dei fatti e dei motivi della decisione (Cass. civ., Sez. III, 19 ottobre 2006, n. 22409). Ancora, in tale sentenza è superflua l'esposizione dello svolgimento del processo e delle conclusioni delle parti, quando questi siano ricostruibili dal verbale dell'udienza di discussione e da quelli che lo precedono (Cass. civ., Sez. III, 11 maggio 2012, n. 7268; Cass. civ., Sez. III, 15 dicembre 2011, n. 27002). Con atto di citazione regolarmente notificato, (...) impugnava la delibera assembleare del 13/02/2015 approvata dall'assemblea del (...), cui l'attore non aveva partecipato. A sostegno della propria domanda, in particolare, deduceva quale primo motivo di impugnazione, l'inadempimento dell'amministratore di condominio alla richiesta di consegna della documentazione richiesta; quale secondo motivo di impugnazione, allegava numerosi vizi della delibera impugnata - di approvazione del bilancio consuntivo. In particolare: - erronea applicazione dell'aliquota per la determinazione della rivalsa da addebitare, a titolo di contributo iscrizione Gestione Separata - Inps, per il compenso dell'amministratore; - erronea determinazione del compenso amministratore; - erronea rendicontazione della quota per la manutenzione ascensore Scala A; - erronea rendicontazione della quota per la pulizia Scala A e per la pulizia Piazzale; - erronea rendicontazione della quota dovuta per la verifica biennale dell'ascensore Scala A. Concludeva, quindi, chiedendo la declaratoria di nullità della delibera impugnata, con vittoria di spese. Si costituiva in giudizio il (...) convenuto, il quale, in persona del proprio amministratore e l.r.p.t, contestava tutto quanto ex adverso dedotto ed eccepito, ed in particolare rimarcava la legittimità di tutto gli addebiti rendicontati in bilancio; specificava, inoltre, che tutta la documentazione richiesta era stata in effetti consegnata all'attore. Concludeva, pertanto, per il rigetto della domanda, con vittoria di spese. Veniva espletata l'istruttoria ritenuta rilevante, ed in particolare veniva disposta CTU volta alla verifica della regolarità delle rendicontazioni effettuate in sede di bilancio approvato. Depositata la perizia, la causa veniva ritenuta matura per la decisione. L'udienza del 23/05/2024, disposta per la discussione ex art 281 sexies c.p.c., veniva sostituita dal deposito di note di trattazione scritta; nessuna delle parti costituite proponeva opposizione alla suddetta modalità di trattazione nel termine stabilito dalla legge e, anzi, entrambe depositavano note, in cui concludevano riportandosi a tutte le difese in atti. Il giudizio viene pertanto deciso con la presente pronuncia, allegata al provvedimento ex art 127 ter c.p.c.. Preliminarmente, non può dubitarsi della legittimazione attiva dell'attore; ed infatti, l'art. 63 co 4 delle disp. att. del codice civile stabilisce, nel caso di vendita di un immobile facente parte di condominio, la solidarietà dell'alienante e dell'acquirente rispetto ai debiti di natura condominiale relativi all'annualità in corso e a quella precedente alla data della vendita. Permane, pertanto, l'interesse dell'attore alla pronuncia in esame. Nel merito, la domanda va rigettata per le ragioni che qui si diranno. Quanto alla mancata consegna di documenti, va rilevato in primo luogo che per la costante giurisprudenza di legittimità "se ciascun comproprietario ha la facoltà di richiedere e di ottenere dall'amministratore del condominio l'esibizione dei documenti contabili in qualsiasi tempo e senza avere neppure l'onere di specificare le ragioni della richiesta finalizzata a prendere visione o estrarre copia dai documenti, è altresì certo che l'esercizio di tale facoltà non deve risultare di ostacolo all'attività di amministrazione, nè rivelarsi contraria ai principi di correttezza" (tra le altre, in questi termini, Cass. Civ. Sez. VI-2, 28/07/2020, n. 15996; Cass. Civ. Sez. 2, 21/09/2011 n. 19210; Cass. civ. Sez. 2, 29/11/2001, n. 15159). In sostanza, se è vero che in capo all'amministratore grava l'onere di esibizione dei documenti contabili, è anche vero che le richieste del singolo condomino non posso costituire violazione del principio di leale collaborazione tra le parti, rappresentando un ostacolo per lo svolgimento dell'attività dell'amministratore. Ebbene nel caso in esame, deve rilevarsi che l'amministratore, tenuto conto della puntuale richiesta da parte del (...) ha prontamente provveduto a rilasciare allo stesso copia della documentazione richiesta, necessaria alla verifica di quanto oggetto del bilancio consuntivo ad approvarsi. Irrilevanti, e contrarie al principio di buona fede, appaiono le ulteriori doglianze mosse dalla parte attrice, a fronte della consegna della documentazione. Quanto, infatti, al registro dell'anagrafe condominiale, l'amministratore ha prontamente provveduto alla consegna dell'elenco dei nominativi dei condomini e a fronte di ciò, l'attore non ha esplicitato le ragioni per cui la documentazione in effetti consegnata, non sarebbe stata idonea. Parimenti è a dirsi quanto al contratto di manutenzione ascensore: la documentazione consegnata, appare idonea, prima facie, alla verifica della rispondenza dei costi con la contabilizzazione operata in consuntivo, ragion per cui non si ravvisa l'incidenza della mancata consegna del contratto sulla validità della delibera assembleare. Ancora, infine, medesimo ragionamento è possibile operare in ordine alla mancata consegna della movimentazione del conto corrente condominiale in quanto dalla documentazione consegnata dall'amministratore è possibile rinvenire il complesso di rapporti dare-avere di cui il condominio era titolare all'epoca. Per altro, tutte le suddette conclusioni sono consolidate proprio dal comportamento dell'attore che, nell'avviare il presente procedimento, ha pedissequamente sottoposto a critica l'operato dell'amministratore proprio sulla base della documentazione dallo stesso pervenuta. Alla luce di ciò, deve senza dubbio ritenersi che la perduranza della richiesta da parte del (...), anche a seguito della consegna da parte dell'amministratore della documentazione, da cui emergono i dati necessari per una consapevole partecipazione all'assemblea di approvazione del consuntivo, rappresenti un ostacolo all'attività dell'amministratore, e una violazione del principio di correttezza, anche alla luce del rapporto di collaborazione verosimilmente richiesto nell'ambito dei rapporti condominiali. Venendo al merito, la questione è stata correttamente rimessa all'accertamento del consulente tecnico d'ufficio, cui è stato, in particolare, demandato, di verificare la rispondenza tra la documentazione contabile in atti e le risultanze del bilancio consuntivo approvato e oggetto di impugnativa. Quanto al primo punto contestato, è stato chiesto al consulente di accertare la regolarità della rivalsa esposta nel compenso amministratore rispetto alla deliberazione assembleare di conferimento dell'incarico. Il CTU sul punto ha in primo luogo premesso che "i professionisti che esercitano un'attività per la quale non è prevista un'apposita cassa di previdenza sono tenuti all'iscrizione alla gestione separata dell'Inps. La gestione separata è un regime contributivo che prevede il pagamento di un contributo annuo, calcolato in percentuale sul reddito imponibile del professionista (...) i soggetti tenuti all'iscrizione alla gestione separata, hanno la facoltà di addebitare in fattura al proprio committente una maggiorazione del 4% del compenso concordato, fermo restando che resta a suo carico l'obbligo del pagamento dei contributi Inps. Addebitando la rivalsa il professionista, in pratica, fa concorrere alla propria contribuzione previdenziale il soggetto committente, chiamato a versare il 4% del compenso, a titolo di rivalsa del contributo previdenziale Inps." Venendo al caso in esame, la consulente ha chiarito che dal consuntivo comparato dal 01/01/2014 al 31/12/2014, risulta un compenso all'amministratore del (...) per complessivi Euro 2.017,39 calcolando la rivalsa al 6% (Euro114,19) e quindi in violazione dell'indicazione normativa del 4%, articolo 1, comma 212, della Legge n. 622/1996: ne discende che il compenso base, senza rivalsa, è pari ad Euro 1.903,20. Calcolando, al contrario, la rivalsa al 4%, la stessa sarebbe pari Euro 76,13: la differenza totale ammonta, quindi, ad Euro38,06, di cui, a credito del condominio (...), Euro 1,48 (Millesimi 34,70 su 997,739). In ordine a tale conclusione, deve in primo luogo anticiparsi, come più in avanti si avrà modo di argomentare approfonditamente, che trattasi dell'unico punto rispetto al quale la CTU ha, in effetti, rilevato una incongruenza. Può, però, ritenersi, che tale incongruenza, per la sua entità minima, non può in alcun modo incidere sulla validità della delibera assembleare impugnata. Sul punto vale specificare che secondo la maggioritaria giurisprudenza di legittimità, "il condomino che intenda impugnare una delibera dell'assemblea, per l'assunta erroneità della disposta ripartizione delle spese, deve allegare e dimostrare di avervi interesse, il quale presuppone la derivazione dalla detta deliberazione di un apprezzabile pregiudizio personale, in termini di mutamento della sua posizione patrimoniale." Cass. civ. ordinanza n. 6128 del 09/03/2017. Per la scarsa entità della differenza sostanziale riscontrata (pari ad Euro 1.48), deve escludersi che il credito derivante possa comportare un apprezzabile mutamento della posizione patrimoniale dell'attore, con conseguente rigetto del relativo punto. Come anticipato, tutti gli altri punti della delibera impugnati, sono stati considerati validi dall'analisi del CTU. Quanto al secondo punto oggetto di contestazione, l'incongruenza degli importi fatturati nel registro di contabilità e nel consuntivo in ordine al compenso dell'amministratore, il CTU ha chiarito che "che il principio di competenza economica è una prassi amministrativa che consiste nel considerare, nel conto economico di un bilancio d'esercizio, solo i costi e i ricavi che si riferiscono e hanno effetto in quel periodo di tempo, a prescindere dalle manifestazioni finanziarie già avvenute o che devono ancora avvenire". Ciò posto, dal bilancio comparato dal 01/01/2014 al 31/12/2014 emerge un costo per compenso amministratore per Euro 2.017,39, che fa correttamente riferimento alle spese di competenza dell'esercizio: la somma non indicata nel registro di contabilità (in cui si fa riferimento solo alla somma di Euro 1.849,27) non è ivi annotata poiché nella compilazione del registro, si fa riferimento al principio di cassa, per cui mancano gli esborsi in effetti non ancora perfezionatisi. "Nel riepilogo finanziario/Stato Patrimoniale, invece, sono stati correttamente inseriti i costi di competenza dell'esercizio ma che alla data del riepilogo non risultano ancora pagati nella voce debiti v/fornitori. È corretto, pertanto, riportare tra i debiti verso fornitori l'importo di Euro 168,12 (ovvero Euro 2.017,39 - Euro 1.849,77). Gli importi sono stati correttamente ripartiti." Con riferimento al terzo punto oggetto di contestazione, la consulente ha chiarito che dalla documentazione in atti risultano tutti i giustificativi relativi alla voce "Manutenzione ordinaria Scala A" - per la cui indicazione specifica si rimanda al corpo della relazione peritale. Pertanto, l'importo di Euro 446,20 risulta correttamente giustificato e correttamente imputato. Parimenti, con riferimento al quarto punto oggetto di contestazione, inerente la spesa di pulizia della scala "A" e del piazzale, la consulente ha chiarito che dalla documentazione in atti risultano le seguenti fatture: - fattura n. 391 del 05/12/2014 relativa al servizio di pulizia per Euro 317,20; - fattura n. 25 del 02/01/2015 relativa al servizio di pulizia del mese di dicembre 2014 per Euro 317,20. Anche nel caso di specie l'amministratore di condominio non ha riportato nel registro di contabilità le voci di costo contestate in ragione dell'applicazione del principio di cassa, in quanto tali uscite non erano state ancora effettuate; le voci sono però presenti nel riepilogo finanziario/Stato Patrimoniale. Pertanto, anche tale importo risulta correttamente ripartito tra i condomini. Infine, con riferimento al quinto punto oggetto di contestazione, con riferimento alle spese di verifica biennale ascensore scala "A", il consulente ha chiarito che nella documentazione in atti risulta la fattura n. 5221 del 07/10/2014 della (...) s.p.a. di complessivi Euro 294,91 e relativa alla verifica periodica dell'impianto ascensore Scala A e (...). Dal bilancio comparato risulta che l'amministratore ha imputato tale costo di competenza dell'anno 2014 per il 50% alla: tabella B "Scala e Ascensore Scala A per Euro 152,25 e alla tabella B "Scala e Ascensore Scala B per Euro 152,25. Anche in questo caso, l'amministratore di condominio non ha riportato nel registro di contabilità la voce di costo contestata in ragione dell'applicazione del principio di cassa. Pertanto, anche il suddetto importo, è stato correttamente ripartito. Delle conclusioni cui è giunto il CTU nella propria relazione peritale non si ha alcun motivo di dubitare. Ed infatti, ferma la coerenza tra le premesse metodologiche e le conclusioni stesse, non può non sottolinearsi il chiaro riferimento a tutta la documentazione depositata in atti e, soprattutto, ai principi generali in materia di tenuta della contabilità applicabili al caso in esame. In particolare, in risposta alle contestazioni sollevate da parte attrice in sede di osservazioni, la dott. (...) ha rilevato che "l'art. 1130 bis c.c. dispone anche che nel registro di contabilità devono essere annotate le voci di entrate e di uscita (principio di cassa), per cui se ne deduce che al rendiconto condominiale si applica il criterio misto di cassa (per la tenuta del registro di contabilità) e di competenza (per la redazione del riepilogo finanziario). In tal senso Trib. Roma sentenze nn. 246/2019 e 1918/2019. Nel caso di specie l'amministratore di condominio non ha riportato nel registro di contabilità le voci di costo contestate poiché per il principio di cassa tali uscite non sono state ancora effettuate. Nel riepilogo finanziario/Stato Patrimoniale sono stati correttamente inseriti i costi di competenza dell'esercizio ma che alla data del riepilogo non risultano ancora pagati nella voce debiti v/fornitori." Proprio in applicazione dell'art. 1130 bis del Codice civile - a norma del quale "Il rendiconto condominiale contiene le voci di entrata e di uscita ed ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili ed alle eventuali riserve che devono essere espressi in modo da consentire l'immediata verifica. Si compone di un registro di contabilità, di un riepilogo finanziario, nonché di una nota sintetica esplicativa della gestione con l'indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti" -, pertanto, si impone, nell'ambito dei rapporti condominiali, l'utilizzo del criterio di cassa per la compilazione del registro di contabilità, senza, però, che l'applicazione del suddetto principio, possa incidere sulla ripartizione di tutte le spese di competenza dell'annualità in corso, laddove di tali spese vi sia idoneo giustificativo, pur non essendo stato già operato l'esborso pecuniario relativo. La domanda va, per tutte le ragioni anzidette, integralmente rigettata. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo ai sensi del DM 147/2022, secondo il valore della controversia, prendendo come riferimento i parametri minimi, stante l'assenza di questioni in fatto e in diritto di particolare complessità. Parimenti in capo all'attore soccombente vengono definitivamente poste le spese di CTU, come liquidate in separato decreto del 14/01/2021. P.Q.M. Il Tribunale di Nocera Inferiore, seconda sezione civile, in composizione monocratica, definitivamente pronunziando sulla domanda promossa come in epigrafe, disattesa ogni altra istanza ed eccezione, così provvede: a) rigetta la domanda; b) condanna parte attrice al pagamento, in favore di parte convenuta delle spese di lite, che liquida in complessivi Euro 1.278,00 oltre Iva e Cpa, come per legge, e rimb. spese forf. (nella misura del 15% del compenso); c) pone definitivamente in capo a parte attrice le spese di CTU, come liquidate in separato decreto. Depositato telematicamente in data 31 maggio 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MANNA Antonio - Presidente Dott. PATTI Adriano Piergiovanni - Consigliere Dott. PAGETTA Antonella - Consigliere Dott. PONTERIO Carla - Consigliere Dott. AMENDOLA Fabrizio - Rel. Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 3638-2021 proposto da: La. Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, (...), presso lo studio dell'avvocato St.Pi., che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati Gi.Sc., Gi.Be.; - ricorrente - contro Di.Ti., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA (...) presso lo studio dell'avvocato Ma.Di., che lo rappresenta e difende; - controricorrente - avverso la sentenza n. 2589/2020 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 20/11/2020 R.G.N. 2421/2020; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/04/2024 dal Consigliere Dott. FABRIZIO AMENDOLA; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Ce.Ca., che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito l'avvocato Pa.Po. per delega verbale avvocato St.Pi.; udito l'avvocato Ma.Di.. FATTI DI CAUSA 1. La Corte di Appello di Roma, in riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato "la nullità del licenziamento intimato a Di.Ti. con lettera del 16.11.2011 e conseguentemente condanna(to) la La. Spa a reintegrare il predetto nel posto di lavoro e a corrispondere al medesimo le retribuzioni globali di fatto, (...), maturate dal recesso all'effettiva reintegra", oltre accessori e contributi assistenziali e previdenziali. 2. La Corte ha innanzitutto disatteso "l'eccezione sollevata dalla società di inammissibilità del reclamo per tardività". Ha constatato, infatti, che il reclamo era stato indirizzato telematicamente, nel termine breve di trenta giorni previsto dall'art. 1, comma 58, L. n. 92 del 2012, cadente il 28.8.2020, alla cancelleria del Tribunale civile di Roma che aveva comunicato al mittente, il giorno successivo alla scadenza di detto termine, "il rifiuto del deposito"; pertanto, il reclamante aveva provveduto al deposto telematico presso la Corte di Appello il 31.8.2020, dopo un precedente tentativo non andato a buon fine. Sulla base del precedente rappresentato da Cass. SS. UU. n. 18121 del 2016 - secondo il quale "l'appello proposto davanti ad un giudice diverso, per territorio o grado, da quello indicato dall'art. 341 C.P.C. non determina l'inammissibilità dell'impugnazione, ma è idoneo ad instaurare un valido rapporto processuale, suscettibile di proseguire dinanzi al giudice competente attraverso il meccanismo della translatio iudicii" - per la Corte territoriale "la mancata accettazione da parte della cancelleria del Tribunale del presente gravame, alla luce di tale indirizzo interpretativo, finisce per non avere un supporto giuridico, avendo dovuto condurre il procedimento, così come instaurato, ad una declaratoria di incompetenza da parte del giudice adito, con fissazione del termine per la riassunzione ed evidente salvezza e conservazione degli effetti del gravame tempestivamente proposto"; sicché, ad avviso del Collegio, "la circostanza che il Tribunale abbia rifiutato l'atto (...) non può tradursi in un danno del reclamante"; conseguentemente ha ritenuto tempestiva l'impugnazione proposta o, comunque, ha ravvisato "le condizioni per l'applicazione del disposto dell'art. 153/II comma C.P.C.". 3. Nel merito, la Corte di Appello - in sintesi - ha premesso essere pacifico che "il Di.Ti. è stato assente per malattia, nell'arco del triennio anteriore all'ultimo episodio morboso, per 371 giorni e perciò è stato licenziato in ragione della previsione dell'art. 4 CCNL Federculture, applicato al rapporto di lavoro in esame". Ha ritenuto sussistente nel Di.Ti. "una seria e permanente compromissione delle condizioni fisiche, con evidenti disabilità alle quali sono riconducibili le assenze per malattia in discussione", per cui ha considerato configurabile una discriminazione indiretta nell'applicazione al medesimo dello stesso periodo di comporto previsto per un soggetto non affetto da handicap. La Corte ha considerato, quindi, che la società, ai sensi dell'art. 3, comma 3-bis, del D.Lgs. n. 216 del 2003, "era chiamata, al fine di evitare la discriminazione indiretta, ad adottare misure adeguate, tra le quali ben può essere ricompresa la sottrazione dal calcolo del comporto dei giorni di malattia ascrivibili all'handicap essendo a conoscenza, tra l'altro, dello status di invalidità accertato in capo al lavoratore". Ha aggiunto: "Non è stato dedotto né tantomeno concretamente dimostrato che la richiesta condotta avrebbe esposto la società ad uno sproporzionato onere finanziario, nei termini e limiti di cui alla direttiva europea per come interpretata dalla giurisprudenza della CGUE. Non sarebbe stato di impedimento al richiesto comportamento l'assenza nei certificati medici pervenuti alla società delle ragioni della malattia, perché nel già descritto contesto quest'ultima avrebbe potuto richiedere informazioni al lavoratore, in ossequio a quel dovere di reciproca collaborazione che connota il rapporto di lavoro, e determinarsi di conseguenza all'esito di un eventuale rifiuto di quest'ultimo". 4. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso La. Spa con cinque motivi; ha resistito con controricorso l'intimato, che ha anche comunicato memoria. Il Pubblico Ministero ha depositato memoria in cui ha chiesto il rigetto del ricorso. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. I motivi di impugnazione possono essere indicati secondo la sintesi offerta dalla stessa parte ricorrente. 1.1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia: "Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 287 c.p.c.; 83, co. 7, lett. a), del D.L. n. 18/2020 e 434, co. 2, c.p.c.; 50 c.p.c.; 58, 168, 347, 434 c.p.c. e 36, co. 1 e 2 e 72 disp. att. c.p.c., per avere la Corte d'Appello di Roma erroneamente rigettato l'eccezione preliminare di decadenza, tempestivamente sollevata da La. Spa, avendo invero violato e/o falsamente applicato le norme di diritto in tema di iscrizione della causa nel ruolo generale e della riassunzione per incompetenza (Motivo ex art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c.)" 1.2. Il secondo motivo denuncia: "Nullità della sentenza o del procedimento con riferimento agli artt. 153, co. 2, 294 e 112 c.p.c., per avere la Corte d'Appello di Roma erroneamente rigettato l'eccezione preliminare di decadenza, tempestivamente sollevata da La. Spa, invero in assenza dei presupposti per l'operatività dell'istituto della rimessione in termini (Motivo ex art. 360, comma 1, n. 4), c.p.c.)". 1.3. Il terzo motivo denuncia: "Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte d'Appello di Roma erroneamente rigettato l'eccezione preliminare di decadenza, tempestivamente sollevata da La. Spa, avendo invero mancato di considerare circostanze e documenti decisivi per il giudizio, dedotti/allegati dal Sig. Di.Ti. (Motivo ex art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c.)" 1.4. Il quarto motivo denuncia: "Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2110 c.c.; 44 del CCNL Federculture; 1, co. 1, lett. a), della L. n. 68/1999; 3, co. 1, della L. n. 104/1992; 2087 c.c.; 18, 41 e 42 del D.Lgs. n. 81/2008; 2 e 3 del D.Lgs. n. 216/2003; 2, 5 e 7 della Direttiva 2000/78/CE; 288, co. 3, del TFUE (ex art. 249 del TCE), per avere la Corte d'Appello di Roma erroneamente ritenuto discriminatorio, e quindi nullo, il licenziamento per superamento del periodo di comporto intimato da La. Spa al Sig. Di.Ti., avendo invero violato e/o falsamente applicato la disciplina in tema di periodo di comporto, disabilità e tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, anche con riferimento all'interpretazione e ai correttivi derivanti dai consolidati arresti giurisprudenziali sul punto (Motivo ex art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c.)". 1.5. Il quinto motivo denuncia: "Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte d'Appello di Roma erroneamente ritenuto discriminatorio, e quindi nullo, il licenziamento per superamento del periodo di comporto intimato da La. Spa al Sig. Di.Ti., avendo invero mancato di considerare circostanze e documenti decisivi per il giudizio e ritualmente dedotti/allegati da La. Spa nelle fasi di merito (Motivo ex art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c.)". 2. I primi tre motivi possono essere trattati congiuntamente in quanto censurano il capo di sentenza con cui la Corte territoriale ha disatteso l'eccezione di tardività del reclamo. Il Collegio reputa che le censure ivi contenute, in tutte le articolazioni formulate, non possano essere condivise, premessa la radicale inammissibilità del terzo mezzo che deduce il vizio di cui al n. 5 dell'art. 360 c.p.c. per l'omesso esame di un fatto non avente natura sostanziale - e cioè di fatto storico decisivo che ha dato origine alla controversia - bensì meramente processuale (cfr., da ultimo, Cass. SS. UU. n. 5792 del 2024). 2.1. Non è dubbio che alla stregua del principio di diritto sancito da Cass. SS. UU. n. 18121 del 2016 - secondo il quale l'impugnazione proposta davanti ad un giudice diverso, per territorio o grado, da quello indicato dall'art. 341 c.p.c. non determina l'inammissibilità dell'impugnazione, ma è idoneo ad instaurare un valido rapporto processuale, suscettibile di proseguire dinanzi al giudice competente attraverso il meccanismo della translatio iudicii - la cancelleria del Tribunale non avrebbe dovuto rifiutare il deposito dell'atto telematico, pregiudicando l'instaurazione di un valido rapporto processuale nel rispetto del termine di decadenza e non sottoponendo la questione al giudice, che avrebbe potuto dichiararsi incompetente, consentendo così la prosecuzione del giudizio. 2.2. Su tale presupposto la Corte territoriale ha riconosciuto esplicitamente - come ricordato nello storico della lite - che concorressero le condizioni per la rimessione in termini, evidentemente ravvisando sia la proposizione in un lasso temporale ragionevolmente contenuto (cfr., tra altre, Cass. n. 32296 del 2023), sia la causa non imputabile determinata dall'incidenza del rifiuto indebito dell'atto, potenzialmente idoneo a ledere in modo irrimediabile il diritto di azione della parte. La società ricorrente eccepisce che la difesa del reclamante non avrebbe proposto l'istanza ex art. 153, comma 2, c.p.c., ma la rilevazione e l'interpretazione del contenuto delle domande, così come di una istanza di rimessione in termini, è attività riservata al Giudice di merito ed è insindacabile in questa sede se non nei ridotti limiti segnati dalla giurisprudenza di questa Corte (per tutte v. Cass. n. 11103 del 2020), nel caso sottoposto all'attenzione del Collegio non adeguatamente prospettati. 3. Il quarto motivo, che sottopone al Collegio la questione del licenziamento del disabile per superamento del periodo di comporto, non può trovare accoglimento. 3.1. Esso è infondato nella parte in cui lamenta che la Corte territoriale avrebbe "erroneamente sussunto la condizione di invalidità del lavoratore nel concetto di disabilità elaborato dalla normativa europea", sostenendo che, sebbene per il Di.Ti. l'INPS avesse accertato una invalidità civile al 40%, ciò non avrebbe comunque "comportato una condizione impeditiva allo svolgimento dell'attività lavorativa". 3.1.1. Occorre rammentare che questa Corte, riguardo l'ambito di applicazione della direttiva 78/2000/CE e dell'art. 3, Comma 3 bis, del D.Lgs. n. 216 del 2003, che ne costituisce attuazione, ha ritenuto, con indirizzo uniforme, che il fattore soggettivo dell'handicap non è ricavabile dal diritto interno ma unicamente dal diritto dell'Unione Europea (Cass. n. 6798 del 2018; Cass. n. 13649 del 2019; Cass. n. 29289 del 2019), peraltro letto in conformità con la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità del 13 dicembre 2006, ratificata dall'Italia con la legge n. 18 del 2009 e approvata dall'Unione Europea con decisione del Consiglio del 26 novembre 2006. Secondo la Corte di Giustizia "la nozione di "handicap" di cui alla direttiva 2000/78 deve essere interpretata nel senso che essa include una condizione patologica causata da una malattia diagnosticata come curabile o incurabile, qualora tale malattia comporti una limitazione, risultante in particolare da menomazioni fisiche, mentali o psichiche, che, in interazione con barriere di diversa natura, possa ostacolare la piena ed effettiva partecipazione della persona interessata alla vita professionale su base di uguaglianza con gli altri lavoratori, e tale limitazione sia di lunga durata" (CGUE sentenze 11 aprile 2013, HKDanmark, C-335/11 e C-337/11, punti 38-42; 18 marzo 2014, Z., C-363/12, punto 76; 18 dicembre 2014, FOA, C-354/13, punto 53; 1 dicembre 2016, Mo. Da. C-395/15, punti 41-42). Per quanto riguarda la nozione del carattere "duraturo" della limitazione, "tra gli indizi che consentono di considerare "duratura" una limitazione figura in particolare la circostanza che, all'epoca del fatto asseritamente discriminatorio, la menomazione dell'interessato non presentava una prospettiva ben delimitata di superamento nel breve periodo o, (...), il fatto che tale menomazione poteva protrarsi in modo rilevante prima della guarigione di tale persona", mediante una valutazione essenzialmente di fatto compiuta dal giudice, basata "sugli elementi obiettivi complessivi di cui dispone, in particolare sui documenti e sui certificati concernenti lo stato di tale persona, redatti sulla base di conoscenze e dati medici e scientifici attuali" (CGUE, sentenza, 1.12.2016, DAOUIDI, cause riunite C-395/2015, punti 54-57, di recente richiamata da Cass. n. 10568 del 2024). 3.1.2. Nella specie la Corte romana, ben consapevole di tali principi, sulla scorta della documentazione in atti e del giudizio di invalidità civile formulato dall'INPS, ha accertato che le disabilità di cui è affetto il lavoratore, "per la loro natura e entità, involgendo sia il sistema cardio-respiratorio sia i movimenti dell'arto inferiore destro, costituiscono all'evidenza una menomazione fisica tale da poter ostacolare la piena ed effettiva partecipazione della persona interessata alla vita professionale su base di uguaglianza con gli altri lavoratori (tant'è che il Di.Ti. è stato anche esonerato dal lavoro notturno), così potendo essere ricomprese (...) nella già richiamata definizione di handicap". Si tratta di un accertamento che involge apprezzamenti di merito, non suscettibile di sindacato innanzi a questa Corte di legittimità. 3.2. Le residue censure contenute nel quarto motivo sono infondate alla stregua delle considerazioni che seguono. 3.2.1. La sentenza impugnata è innanzitutto conforme a principi di recente affermati da questa Corte (Cass. n. 9095 del 2023; conf. Cass. n. 35747 del 2023). In particolare, nei precedenti citati, è stato precisato, in coerenza con la giurisprudenza della Corte di Giustizia ivi richiamata, che il rischio aggiuntivo di essere assente dal lavoro per malattia di un lavoratore disabile deve essere tenuto in conto nell'assetto dei rispettivi diritti ed obblighi in materia, con la conseguenza che la sua obliterazione in concreto, mediante applicazione del periodo di comporto breve come per i lavoratori non disabili, costituisce condotta datoriale indirettamente discriminatoria e, perciò, vietata. In una ottica di bilanciamento tra l'interesse protetto del lavoratore disabile con la legittima finalità di politica occupazionale, la contrattazione collettiva, per sfuggire al rischio di trattamenti discriminatori, dovrebbe prendere in specifica considerazione la posizione di svantaggio del disabile e non è sufficiente una disciplina negoziale che valorizzi unicamente il profilo oggettivo della astratta gravità della patologia: deve, infatti, essere considerato anche e soprattutto l'aspetto soggettivo della disabilità in relazione alla quale adottare gli accomodamenti ragionevoli prescritti dalla Dir. 2000/78/CE e dall'art. 3 comma 3-bis D.Lgs. n. 216/2003. Ciò perché anche la patologia non grave, ma in nesso causale diretto e immediato con la disabilità, implica per il lavoratore disabile la particolare protezione riconosciuta dalla normativa internazionale, euro-unitaria e statale più volte richiamata nelle pronunce di questa Corte qui condivise. Le disposizioni contrattuali collettive invocate da parte ricorrente nel caso di specie non risultano idonee ad escludere il rischio di una ingiustificata disparità di trattamento dei lavoratori portatori di handicap, non prevedendo una differenziata soglia di tollerabilità per i lavoratori disabili rispetto a quella prevista per coloro che tali non sono. 3.2.2. Per altro verso viene posta la tematica della conoscenza o conoscibilità da parte del datore di lavoro della condizione di disabilità e della riferibilità delle assenze per malattia a detta condizione; tale questione si pone, rispetto a quello della adozione degli accorgimenti ragionevoli, su di un piano logico, in modo immediatamente antecedente. La discriminazione indiretta, a norma del D.Lgs. n. 216/2003 e della Direttiva 2000/78/CE, si ha quando una disposizione un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri di fatto sfavoriscono un determinato gruppo di persone. Ciò che viene in rilievo è, pertanto, l'effetto discriminatorio e non la condotta, come invece avviene per la discriminazione diretta e, quindi, esula ogni problematica sul requisito della colpevolezza quale elemento costitutivo della responsabilità da comportamento discriminatorio. Sotto questo profilo, al Collegio preme precisare, avendo riguardo ai precedenti già menzionati di questa Corte (Cass. n. 9095/2023; conf. Cass. n. 35747/2023; dai quali può rilevarsi, peraltro, la presenza di elementi di prova circa la conoscenza della situazione di disabilità del dipendente da parte del datore di lavoro), che senza dubbio non è decisivo l'intento discriminatorio, operando la discriminazione obiettivamente in ragione del mero rilievo del trattamento deteriore riservato al lavoratore, quale effetto della sua appartenenza alla categoria dei disabili; tuttavia, non può negarsi che possa assumere rilevanza la conoscenza o la conoscibilità di un fattore discriminatorio, ai fini dell'accertamento della sussistenza di una esimente per il datore di lavoro al fine di rendere praticabili gli accomodamenti ragionevoli. Va sottolineato, infatti, che, proprio per le discriminazioni indirette, la Direttiva in materia stabilisce una causa di giustificazione specifica nel caso di handicap (art. 2, paragrafo 2, b), ii), e cioè quando il datore di lavoro "sia obbligato dalla legislazione nazionale ad adottare misure adeguate, conformemente ai principi di cui all'articolo 5, misure per ovviare agli svantaggi provocati da tale disposizione, tale criterio o tale prassi"; in attuazione, con l'art. 3, comma 3 bis, D.Lgs. n. 216 del 2003, il legislatore nazionale, nel 2013, ha imposto ad ogni datore di lavoro privato e pubblico, di "adottare accomodamenti ragionevoli", salvo che richiedano oneri finanziari sproporzionati. Il presupposto della conoscenza dello stato di disabilità o la possibilità di conoscerlo secondo l'ordinaria diligenza incide, evidentemente, sulla possibilità che il datore di lavoro possa fornire la prova liberatoria circa la ragionevolezza degli accomodamenti da adottare e, quindi, rappresenta un momento indispensabile nella valutazione della fattispecie. Con riguardo a tale aspetto, possono enuclearsi due ipotesi in caso di licenziamento del disabile per superamento del periodo di comporto: la prima, in cui il datore di lavoro abbia colpevolmente ignorato la disabilità del dipendente; la seconda, in cui il fattore di protezione, pur non risultando espressamente portato a conoscenza del datore di lavoro, avrebbe potuto essere ritenuto reale secondo un comportamento di questi improntato a diligenza. Nella prima ipotesi rientrano certamente i casi in cui la disabilità sia conosciuta dal datore di lavoro per essere, per esempio, il lavoratore stato assunto ai sensi della legge n. 68/1999 ovvero perché il lavoratore stesso ha rappresentato, nella comunicazione delle assenze o in qualsiasi altro modo, la propria situazione di disabilità alla parte datoriale. Nella seconda, invece, vanno compresi i casi in cui, pur in presenza di una formale omessa conoscenza, la stessa non può ritenersi incolpevole perché il datore di lavoro era in grado di averne comunque consapevolezza per non avere, ad esempio, effettuato correttamente la sorveglianza sanitaria ex art. 41 del D.Lgs. n. 81/2008 ovvero perché le certificazioni mediche e/o la documentazione inviate erano sintomatiche di un particolare stato di salute costituente uno situazione di handicap come sopra delineata dalla normativa in materia. In entrambi i contesti, per il datore di lavoro sorge, prima di adottare un provvedimento di licenziamento per superamento del periodo di comporto, un onere di acquisire informazioni - cui non può corrispondere un comportamento ostruzionistico del lavoratore - circa la eventualità che le assenze siano connesse ad uno stato di disabilità e per valutare, quindi, gli elementi utili al fine di individuare eventuali accorgimenti ragionevoli onde evitare il recesso dal rapporto (cfr. Cass. n. 11731 del 2024, par. 7.2). Solo a titolo esemplificativo può ipotizzarsi un allungamento del periodo di comporto ex art. 2110, comma 2, c.c. o l'espunzione dal comporto di periodi di malattia connessi allo stato di disabilità ovvero altre misure da scegliere in relazione alla particolarità della fattispecie: accomodamenti, peraltro, le cui problematiche sono state oggetto di rinvio pregiudiziale alla CGUE da parte del Tribunale di Ravenna con ordinanza adottata il 4.1.2024. L'onere di acquisire informazioni per il datore di lavoro e la cooperazione del lavoratore, invece, trovano conforto nell'art. 2 della Convenzione ONU secondo cui è una forma di discriminazione "il rifiuto di accomodamento ragionevole", e può rifiutarsi solo ciò che risulta oggetto di una richiesta, di una istanza. Anche nel Commento generale n. 6, adottato nel 2018, dal Comitato per i diritti delle persone con disabilità (ONU), si afferma che: "è connaturato alla nozione di accomodamento ragionevole che l'obbligato entri in dialogo con l'individuo con disabilità". Il Comitato definisce "l'obbligo di fornire soluzioni ragionevoli un dovere reattivo individualizzato che viene attivato nel momento in cui viene fatta la richiesta di accomodamento". Appare pure significativo che, nelle conclusioni rese dall'Avvocato Generale nella causa innanzi alla Corte di Giustizia C 270/16 Ruiz Conejero contro Ferroser Servicios Auxiliares SA e Ministerio Fiscal (CGUE sentenza 18 Gennaio 2018), si affermi che il datore di lavoro "è tenuto a prendere provvedimenti appropriati per prevedere soluzioni ragionevoli ai sensi dell'articolo 5 della menzionata direttiva (...) qualora un lavoratore sia affetto da una disabilità e il suo datore di lavoro sia o dovrebbe ragionevolmente essere a conoscenza di tale disabilità". Del pari significativo è che l'art. 17 del decreto legislativo n. 62 del 3 maggio 2024, di attuazione della legge delega n. 227/21 - non applicabile alla fattispecie ma che riforma l'intera materia della disabilità - nell'introdurre l'art. 5-bis alla legge n. 104 del 1992, stabilisce che, "La persona con disabilità (...) ha facoltà di richiedere, con apposita istanza scritta, (tra gli altri) ai soggetti privati l'adozione di un accomodamento ragionevole, anche formulando una proposta" e partecipando "al procedimento dell'individuazione dell'accomodamento ragionevole". L'interlocuzione ed il confronto tra le parti, che si pongono su di un piano logico quale presupposto per adottare gli accomodamenti ragionevoli, rappresentano, pertanto, una fase ineludibile della fattispecie complessa del licenziamento del lavoratore disabile per superamento del periodo di comporto, proprio "al fine di non sconfinare in forme di responsabilità oggettiva" e, "per verificare l'adempimento o meno dell'obbligo legislativamente imposto dal comma 3-bis", "occorre avere presente il contenuto del comportamento dovuto"; ciò perché "... esso si caratterizza non (solo) in negativo, per il divieto di comportamenti" discriminatori, "quanto piuttosto per il suo profilo di azione, in positivo, volto alla ricerca di misure organizzative ragionevoli idonee a consentire lo svolgimento di un'attività lavorativa" al disabile. Quindi il datore è chiamato a provare, (...), di aver compiuto uno sforzo diligente ed esigibile per trovare una soluzione organizzativa appropriata, che scongiuri il licenziamento avuto riguardo a ogni circostanza rilevante nel caso concreto (Cass. n. 6497 del 2021). Alla stregua delle considerazioni che precedono è, dunque, corretto l'assunto della Corte territoriale che, una volta ritenuto che la società era "a conoscenza (...) dello status di invalidità accertato in capo al lavoratore" e che non si era attivata per "richiedere informazioni al lavoratore", ha considerato discriminatoria e non giustificata la mancata adozione di accomodamenti ragionevoli e l'applicazione al lavoratore disabile dello stesso periodo di comporto previsto per i lavoratori non disabili. 4. Il quinto motivo è inammissibile. Viene evocato il vizio di cui al n. 5 dell'art. 360 c.p.c. al di fuori dei limiti posti dalle Sezioni unite civili con le sentenze nn. 8053 e 8054 del 2014, lamentando la "obliterazione" da parte dei giudici d'appello di molteplici "circostanze e documenti", piuttosto che l'omesso esame di un "fatto" storico avente il valore realmente decisivo nel senso individuato da questa Corte, vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia con un giudizio di certezza e non di mera probabilità (v. pure Cass. SS. UU. n. 3670 del 2015 e n. 14477 del 2015). Si è così sancita l'inammissibilità di censure che evochino una moltitudine di fatti e circostanze lamentandone il mancato esame o il difetto di valutazione da parte dei giudici d'appello, ma in realtà sollecitando un esame o una valutazione nuova da parte della Cassazione, così chiedendo un nuovo giudizio di merito ovvero chiamando "fatto decisivo", indebitamente trascurato, il vario insieme dei materiali di causa (tra le altre: Cass. n. 21439 del 2015). 5. Conclusivamente il ricorso deve essere respinto nel suo complesso, con condanna alle spese della parte soccombente liquidate come da dispositivo, da distrarsi in favore dell'Avv. Ma.Di. che si è dichiarato antistatario. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020). Va, disposta, da ultimo, per l'ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l'omissione delle generalità e degli altri dati identificativi a norma dell'art. 52 del D.Lgs. n. 196/2003 della parte Di.Ti. . Ai sensi dell'art. 52 D.Lgs. n. 196 del 2003, in caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi Di.Ti. . P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese liquidate in euro 5.500,00, oltre euro 200,00 per esborsi, accessori secondo legge e rimborso spese generali al 15%, da distrarsi. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13. Così deciso in Roma nella camera di consiglio dell'11 aprile 2024. Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quinta ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 5539 del 2023, proposto da Sa. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Vi.Do., Al.Ce., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Al.Ce. in Roma, via (...); contro Comune di Venezia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati An.Ia., Gi.Ro.Ch., Fi.Ar., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (...); nei confronti Agenzia delle Entrate, Agenzia delle Entrate - Riscossione, Associazione Italiana Compagnie Aeree Lo.Fa. - Ai., Wi.Ai.Hu. Ltd., Wi.Ai.Ma. Ltd., Ea.Ai. Company Ltd., Ry.Da., Vo. S.L., non costituite in giudizio; Enac - Ente Nazionale per L'Aviazione Civile, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ma.Di.Gi., El.Pa.Re., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Autorità di Regolazione dei Trasporti, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (...); Ib.It.Bo. Airline Representatives, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ma.Gi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (...); sul ricorso numero di registro generale 5632 del 2023, proposto da Associazione Italiana Compagnie Aeree Lo.Fa. - Ai., Ea.Ai. Company Limited, Ry.Da., Vo. S.L., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dall'avvocato Gi.Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Comune di Venezia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati An.Ia., Gi.Ro.Ch., Fi.Ar., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; nei confronti Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (...); Agenzia delle Entrate - Riscossione, Sa. S.p.A., Autorità di Regolazione dei Trasporti - Art, Wi.Ai.Hu. Ltd., Wi.Ai.Ma. Ltd., Associazione Ibar - Italian Board Airline Representatives, non costituite in giudizio; Enac - Ente Nazionale per L'Aviazione Civile, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato El.Pa.Re., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per la riforma: quanto al ricorso n. 5539 del 2023: della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (sezione Prima) n. 00868/2023, resa tra le parti; quanto al ricorso n. 5632 del 2023: della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (sezione Prima) n. 00868/2023, resa tra le parti; Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Venezia e di Presidenza del Consiglio dei Ministri e di Ministero dell'Economia e delle Finanze e di Ministero dell'Interno e di Enac - Ente Nazionale per L'Aviazione Civile e di Autorità di Regolazione dei Trasporti e di Ib.It.Bo. Airline Representatives e di Comune di Venezia e di Presidenza del Consiglio dei Ministri e di Ministero dell'Economia e delle Finanze e di Ministero dell'Interno e di Enac - Ente Nazionale per L'Aviazione Civile; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 novembre 2023 il Cons. Diana Caminiti e uditi per le parti gli avvocati Do., Ce., Ar., e Ci. in dichiarata delega di Di.Gi.. Ma., Ar., e Ci.in dichiarata delega di Di.Gi.; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO Sa. S.p.A., gestore dell’aeroporto di Venezia, e l’Associazione Italiana Compagnie Aeree Lo.Fa. - Ai., associazione sindacale senza scopo di lucro che rappresenta gli interessi dei vettori aerei associati, rientranti nella c.d. categoria delle low fares, unitamente alle compagnie aeree Ea.Ai. Company Limited, Ry.Da., Vo. S.L., con autonomi ricorsi iscritti rispettivamente al n. ruolo, R.G. n. 5539/2023 e al n. R.G. n. 5632/2023, hanno interposto appello avverso la sentenza del Tar per il Veneto, sez. prima, 20 giugno 2023, n. 868, con cui sono stati respinti i ricorsi riuniti, da esse rispettivamente proposti, iscritti al n. R.G. 244/2023 e n. R.G. 395/2023, avverso delibera del Consiglio Comunale della Città di Venezia n. 75 del 23 dicembre 2022 concernente l'approvazione del Bilancio di previsione per gli esercizi finanziari 2023-2025, pubblicata dal 23 dicembre 2022 al 7 febbraio 2023, immediatamente eseguibile, nella parte in cui dispone di istituire un'addizionale comunale sui diritti aeroportuali d'imbarco a partire dal 1° aprile 2023 ed avverso i relativi atti presupposti. L’istituzione dell’addizionale comunale de qua da parte dell’Ente comunale ha fatto seguito ad un accordo, denominato “Patto per Venezia” (anch’esso oggetto di impugnativa), finalizzato al riequilibrio strutturale finanziario del bilancio di previsione, stipulato - in forza dell’art. 43, commi 2, 3 e 8 del d.l. n. 50 del 2022 - tra il Comune di Venezia e la Presidenza del Consiglio dei Ministri. 2.1. L’indicato disposto normativo consente che i comuni sede di Città Metropolitana (come nel caso del Comune di Venezia), caratterizzati da “un debito pro capite superiore ad euro 1.000 sulla base del rendiconto dell'anno 2020 definitivamente approvato e trasmesso alla BDAP al 30 giugno 2022” (art. 43, comma 8, d.l. n. 50 del 2022), possano avviare, su proposta del Ministero dell’Economia e delle Finanze e all’esito della verifica dei requisiti da parte di un Tavolo tecnico appositamente istituito, un percorso di riequilibrio strutturale del bilancio comunale per mezzo dell’adozione delle misure di cui all’art. 1, comma 572, lettere da a) ad i), della legge n. 234 del 2021, fra le quali è previsto l’incremento dell’addizionale comunale all’IRPEF e un’addizionale comunale sui diritti di imbarco portuale e aeroportuale. Nel caso in cui fosse deliberata l’addizionale sui diritti di imbarco (fino ad un massimo di 3 euro), è previsto come l’incremento dell’addizionale IRPEF non possa superare lo 0,4%. Nel ricordato “Patto per Venezia”, il Comune ha assunto l’impegno di istituire - limitatamente al periodo compreso tra il 2023 e il 2042, in cui dovrà essere ripianato il disavanzo - l’addizionale comunale sui diritti di imbarco portuale e aeroportuale nei confronti di ogni passeggero nella misura di 2,50 euro fino al 2031, con una progressiva diminuzione, fino a 0,80 euro, per il periodo dal 2038 al 2042. 2.2. Con la deliberazione impugnata (su conforme proposta emendativa della Giunta) veniva peraltro stabilito che, limitatamente ai diritti di imbarco portuale, l’addizionale sarebbe stata istituita con un successivo atto e comunque a decorrere dal 1° gennaio 2026. Di conseguenza, l’addizionale, contestata in questa sede, risulta attualmente prevista per i soli imbarchi aeroportuali. Sa. s.p.a., società concessionaria dell’aeroporto “Marco Polo” di Venezia, ha pertanto impugnato innanzi al Tar per il Veneto, unitamente agli atti presupposti, la indicata deliberazione consiliare n. 75 del 23 dicembre 2022, nella parte in cui istituisce l’addizionale sui diritti di imbarco valevole negli aeroporti presenti sul territorio comunale. 3.1. Nel ricorso di prime cure - iscritto al n. R.G. 244 del 2023 - Sa. ha sostenuto che l’introduzione dell’addizionale, il cui onere economico viene fatto gravare sul passeggero, allorché acquista il biglietto presso il vettore (che, quale sostituto d’imposta, è poi tenuto a riversarne l’importo all’erario), comporterebbe la riduzione dell’attrattività dello scalo veneziano con grave danno per l’indotto che gravita attorno all’infrastruttura aeroportuale. 3.2. A sostegno del gravame ha articolato, in sei motivi, le seguenti censure: 1) Violazione dell’art. 3, comma 2, l. 212/2000 (Statuto del Contribuente); la deliberazione istitutiva dell’addizionale sui diritti d’imbarco sarebbe illegittima nella parte in cui avrebbe fissato la decorrenza dell’obbligo tributario per la data del 1° aprile 2023, senza tenere conto che, ai sensi dell’art. 3, comma 2 della l. n. 212 del 2000, la scadenza degli adempimenti posti a carico del contribuente non può essere fissata anteriormente al sessantesimo giorno dalla data della loro entrata in vigore o dell'adozione dei provvedimenti di attuazione. Detto termine, nel caso esaminato, avrebbe dovuto decorrere dalla comunicazione ai vettori e all’International Air Transport Association (IATA) da parte di ENAC e, in ogni caso, dalla determinazione delle modalità di riscossione del tributo (rectius: delle modalità di versamento all’Erario da parte dei vettori); 2) Violazione e falsa applicazione degli artt. 43, d.l. 50/2022 conv. con mod. in l. 91/2022 e dell’art. 1, comma 572, l. 234/2021. Difetto di motivazione e di istruttoria. Violazione della risoluzione ICAO 22/09/2020; il Comune non avrebbe adeguatamente motivato in merito alle ragioni per le quali l’addizionale sui diritti d’imbarco è stata introdotta quale misura di risanamento, in luogo delle altre previste dalla normativa; 3) Illegittimità della delibera consiliare n. 75 del 2022 per eccesso e sviamento di potere in violazione dei principi di proporzionalità, imparzialità e trasparenza dell’azione amministrativa (art. 1, l. 241/1990 e s.m.i.) nonché eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà e ingiustizia manifeste, difetto di motivazione e istruttoria, sviamento; in continuità con la precedente censura, la ricorrente censurava la scelta di introdurre una rilevante misura impositiva applicabile, per numerose annualità, ai soli passeggeri partenti dallo scalo veneziano, ritenendola irragionevole, discriminatoria e squilibrata, in quanto i soggetti passivi del tributo sarebbero privi di “collegamento con il ripiano del disavanzo del Comune di Venezia”. Si osservava che l’Amministrazione si sarebbe determinata ad introdurre l’(ulteriore) addizionale sui diritti d’imbarco, dopo avere preso atto della difficoltà di riscuotere il contributo di accesso al centro storico di Venezia (punto 28 della deliberazione impugnata), il quale, tuttavia, sarebbe dovuto gravare su tutti i turisti che effettivamente fanno ingresso nella città, utilizzandone in modo massivo i servizi, diversamente da quanto si verificherebbe, il più delle volte, per l’utenza aeroportuale. Altrettanto irragionevole e discriminatoria sarebbe inoltre la scelta di non applicare il tributo, almeno in questa prima fase, agli imbarchi portuali; 4) Eccesso di potere, irragionevolezza della Delibera - Violazione del principio del legittimo affidamento; la deliberazione sarebbe inoltre illegittima nella parte in cui richiederebbe l’esazione del tributo a tutti i passeggeri in partenza dal 1° aprile 2023, indipendentemente dalla data di acquisto del titolo di viaggio, senza quindi escludere dalla sua sfera applicativa i passeggeri che abbiano acquistato il biglietto precedentemente a tale data; 5) Difetto di istruttoria e violazione delle garanzie partecipative e del contraddittorio procedimentale anche in relazione all’art. 2 lett. e) del d.lgs. n. 250 del 1997. Perplessità e irragionevolezza della motivazione; l’introduzione dell’addizionale sarebbe illegittima, in quanto non sarebbe stata preceduta da alcuna consultazione con l’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile (ENAC), competente riguardo all’”istruttoria degli atti concernenti tariffe, tasse e diritti aeroportuali” (art. 2, lett. e, d.lgs. n. 250 del 1997) e con la ricorrente, in quanto soggetto deputato alla riscossione del tributo; 6) Illegittimità costituzionale dell’art. 43 commi 2, 3 e 8 del d.l. n. 50 del 2022 nonché dell’art. 1, comma 572 della l. n. 234/2021 (nella parte in cui consente ai Comuni sede di capoluogo di città metropolitane di istituire un incremento dell’addizionale comunale sui diritti di imbarco aeroportuale per passeggero da destinare al ripiano del disavanzo comunale) con riferimento agli artt. 3, 41, 53, 97 e 117 Cost. e, in via derivata, illegittimità della delibera del Consiglio Comunale n. 75 del 23.12.2022; la ricorrente rilevava l’illegittimità costituzionale della disciplina di cui la contestata introduzione del tributo costituiva attuazione, osservando come l’istituzione di un’ulteriore addizionale sui diritti d’imbarco aeroportuali si ponesse in violazione principi costituzionali di ragionevolezza, di capacità contributiva e progressività del sistema tributario, nonché di leale collaborazione (art. 3, 41, 53, 97 e 117 Cost.). La deliberazione impugnata risulterebbe inoltre viziata “per la violazione degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea” per mancato coinvolgimento degli enti interessati (in contrasto con la direttiva 2009/12/CE, art. 6, par. 2, recepita dal d.l. n. 1 del 2012). 3.3. Con motivi aggiunti Sa. contestava sotto ulteriore profilo la legittimità della deliberazione istitutiva del tributo, in quanto il presupposto tavolo tecnico si sarebbe tenuto il 20 ottobre 2022, ossia oltre il termine di legge, individuato dall’art. 43, comma 3, d.l. n. 50 del 2022, nel 30 settembre 2022. Con il secondo ricorso, l’Associazione Italiana Compagnie Aeree Lo.Fa. - Ai., associazione sindacale senza scopo di lucro che rappresenta gli interessi dei vettori aerei associati, rientranti nella c.d. categoria delle low fares, già intervenuta ad adiuvandum nel giudizio promosso da Sa., ha del pari impugnato la delibera de qua, istitutiva dell’indicata addizionale comunale, unitamente alle compagnie aeree innanzi indicate, articolando analoghi motivi di gravame, ovvero deducendo: 1) Illegittimità costituzionale dell’art. 43, commi 2, 3 e 8, del d.l. 17 maggio 2022, n. 50, nonché dell’art. 1, comma 572, della l. 30 dicembre 2021, n. 234, con riferimento agli artt. 3, 41, 53, 97 e 117 della Costituzione e, in via derivata, illegittimità della Deliberazione del Consiglio Comunale della Città di Venezia n. 75 del 23 dicembre 2022. Violazione del principio della capacità contributiva e della progressività del sistema tributario; Violazione dell’art. 43, comma 3, d.l. n. 50/2022, convertito con modificazioni dalla l n. 91/2022; III. Violazione dell’art. 3, comma 2, l. 212/2000; Violazione e falsa applicazione degli artt. 43, d.l. 50/2022 e dell’art. 1, comma 572, l. 234/2021. Difetto di motivazione e di istruttoria. Violazione della risoluzione ICAO 22/09/2020; Violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della L. n. 241/1990. Eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà e ingiustizia manifeste, difetto di motivazione e istruttoria, sviamento, disparità di trattamento. Violazione del principio del legittimo affidamento. Violazione dell’art. 97 della Costituzione. Il Comune di Venezia, nel costituirsi in prime cure in ambedue i giudizi, ha controdedotto in ordine a ciascun profilo di censura, insistendo per il rigetto dei ricorsi ed eccependo in via preliminare il difetto di interesse a ricorrere in capo a Sa.. L’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile, del pari costituito in entrambi i giudizi, ha fatto presente di avere “comunicato al vettore nazionale l’avvenuta introduzione dell’addizionale sui diritti d’imbarco istituita al Comune di Venezia, ai fini della successiva notifica ai vettori operanti presso lo scalo di Venezia, ritenendo la medesima applicabile, ai sensi dell’art. 3, co. 2, l. 212/2000, a partire dal giorno 30.05.2023”, data determinata in seguito all’istruttoria - conclusa il 31 marzo 2023 - condotta ai sensi dell’art. 2, d.lgs. n. 250 del 1997, lett. e), e dell’art. 2, lett. t) del proprio Statuto (p. 4 della memoria depositata il 21 aprile 2023). In merito a tale comunicazione il Comune ha obiettato che la decorrenza dell’applicazione dell’addizionale prescinderebbe dall’interposizione attuativa di ENAC, e che essa coinciderebbe con la data stabilita dalla deliberazione consiliare di approvazione del bilancio di previsione, rispettosa del termine indicato dall’art. 3 della legge n. 212 del 2000. La sentenza del Tar ha respinto tutte le censure, affermando preliminarmente che la decorrenza, dal 1 aprile 2023, è da riferirsi alla data di acquisto del biglietto, come successivamente precisato dal Comune, e non alla data del volo, per cui ha rigettato anche la censura riferita alla necessità della dilazione temporale. Sa., con il ricorso iscritto al n. R.G. 5539 del 2023, ha impugnato la sentenza di prime cure, formulando avverso la stessa, in cinque motivi, le seguenti censure: I) Sul primo motivo di ricorso: erroneità della sentenza - omessa pronuncia Illegittimità della Delibera CC Venezia 75/2022: violazione e falsa applicazione dell’art. 3, co. 2, l. 212/2000 (Statuto del Contribuente); II) Sul secondo, terzo, quarto e quinto motivo di ricorso: erroneità della sentenza - Omessa pronuncia - Illegittimità della Delibera impugnata: Violazione e falsa applicazione degli artt. 43, d.l. 50/2022 conv. con mod. in l. 91/2022 e dell’art. 1, comma 572, l. 234/2021. Difetto di motivazione e di istruttoria. Violazione della risoluzione ICAO 22/09/2020; III) Ancora sul quinto motivo di ricorso: Erroneità della sentenza - Illegittimità della Delibera: Difetto di istruttoria e violazione delle garanzie partecipative e del contraddittorio procedimentale anche in relazione all’art. 2 lett. e) del d.lgs. n. 250 del 1997. Perplessità e irragionevolezza della motivazione; IV) Sulla violazione del termine per la conclusione dell’istruttoria (motivo aggiunto); V) Sulla questione di legittimità costituzionale: Erroneità della sentenza: illegittimità costituzionale dell’art. 43 commi 2, 3 e 8 del d.l. n. 50 del 2022 nonché dell’art. 1, comma 572 della l. n. 234/2021 (nella parte in cui consente ai Comuni, sede di capoluogo di città metropolitane di istituire un incremento dell’addizionale comunale sui diritti di imbarco aeroportuale per passeggero da destinare al ripiano del disavanzo comunale) con riferimento agli artt. 3, 41, 53, 97 e 117 Cost. e, in via derivata, illegittimità della delibera del Consiglio Comunale n. 75 del 23.12.2022. 9.1. Sa. ha pertanto concluso in via principale per l’annullamento della sentenza di prime cure e per l’effetto per l’annullamento della delibera del Consiglio Comunale della Città di Venezia n. 75 del 23 dicembre 2022, nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguenziale, ed in via subordinata per la rimessione della questione di costituzionalità del d.l. n. 50 del 2022 nonché dell’art. 1, comma 572 della L. n. 234/2021, come rassegnate in atti. Analoghi motivi di appello sono stati formulati con il ricorso iscritto al n. R.G. 5632 del 2023 dall’Associazione italiana Compagnie Aeree Lo.Fa. - Ai. e dalle compagnie aeree in epigrafe indicate. 10.1. Segnatamente, con tale atto, sono stati formulati, in quattro motivi di appello, le seguenti censure: I) Error in iudicando ed omessa pronuncia. Violazione dell’art. 3, comma 2, l. 212/2000; II) Error in iudicando. Violazione e falsa applicazione degli artt. 43, d.l. 50/2022 e dell’art. 1, comma 572, l. 234/2021. Difetto di motivazione e di istruttoria. Violazione della risoluzione ICAO 22/09/2020; III) Error in iudicando. Violazione dell’art. 43, comma 3, d.l. n. 50/2022, convertito con modificazioni dalla l n. 91/2022, in ragione del fatto che il Tavolo Tecnico ha concluso la propria istruttoria all’esito della riunione del 20 ottobre 2022 e quindi, oltre il termine del 30 settembre fissato dall’anzidetta disposizione di legge; IV) Error in iudicando ed omessa pronuncia. Illegittimità costituzionale dell’art. 43, commi 2, 3 e 8, del d.l. 17 maggio 2022, n. 50, nonché dell’art. 1, comma 572, della l. 30 dicembre 2021, n. 234, con riferimento agli artt. 3, 41, 53, 97 e 117 della Costituzione e, in via derivata, illegittimità della Deliberazione del Consiglio Comunale della Città di Venezia n. 75 del 23 dicembre 2022. Violazione del principio della capacità contributiva e della progressività del sistema tributario. 10.2. Anche l’Associazione italiana Compagnie Aeree Lo.Fa. - Ai. e le compagnie appellanti hanno pertanto concluso in via principale per la riforma della sentenza di prime cure e per l’effetto per l’annullamento della delibera del Consiglio Comunale della Città di Venezia, n. 75 del 23 dicembre 2022, ed in via subordinata per la rimessione della questione di costituzionalità rassegnata in atti. Il Comune di Venezia, costituitosi in entrambi i giudizi, ha preliminarmente reiterato l’eccezione relativa all’inammissibilità del ricorso di prime cure azionato da Sa. innanzi al Tar per il Veneto, per carenza di interesse, assorbita dal primo giudice sul rilievo dell’infondatezza del ricorso, evidenziando che la delibera oggetto di impugnativa introdurrebbe un adempimento gravante primariamente sui vettori, chiamati ad applicare una maggiorazione pari a 2,50 euro sui biglietti venduti a partire dall’1.4.2023, mentre il coinvolgimento di Sa. riguarderebbe unicamente la fase successiva di periodica rendicontazione e riversamento di quanto riscosso all’Amministrazione. 11.1. Nel merito ha insistito per il rigetto di entrambi gli appelli. IBAR - Italian Board Airline Representatives, associazione dei vettori aerei, operanti in Italia, costituita nel 1960, cui è stato notificato il ricorso in appello da parte di Sa., in qualità di interveniente, ha aderito alle conclusioni dell’appellante Sa. s.p.a.. Le amministrazioni statali evocate in giudizio e l’Enac si sono costituiti con atti di mero stile in entrambi i giudizi. Le parti hanno rinunciato all’istanza cautelare all’udienza camerale del 18 luglio del 2023, in vista della fissazione del merito degli appelli per l’udienza pubblica del 30 novembre 2023. Nelle more della celebrazione di tale udienza, il Comune di Venezia ha prodotto documenti e sia le parti appellanti che il Comune di Venezia hanno prodotto articolate memorie difensive, insistendo nei rispettivi assunti. 15.1. In particolare il Comune ha evidenziato e documentato per un verso come, nonostante l’adozione della delibera oggetto di impugnativa, si sia registrato un incremento dei collegamenti dall’Aeroporto di Venezia da parte di diverse compagnie aeree, e per altro verso come negli ultimi anni si sia assistito ad un aumento crescente del costo dei biglietti aerei, per lo più correlato ai servizi aggiuntivi offerti. 15.2. Ha inoltre evidenziato come della documentazione prodotta - segnatamente Masterplan 2023-2037 - sia evincibile l’impatto che il traffico aereo genera, tra gli altri, sulle infrastrutture, servizi e ambiente del Comune di Venezia. 15.3. Le parti appellanti hanno replicato sull’irrilevanza di quanto addotto e documentato nell’odierno grado di appello da parte del Comune. DIRITTO Il presente contenzioso ha ad oggetto la delibera del Consiglio Comunale della Città di Venezia n. 75 del 23 dicembre 2022, concernente l'approvazione del Bilancio di previsione per gli esercizi finanziari 2023-2025, nella parte in cui dispone di istituire un'addizionale comunale sui diritti aeroportuali d'imbarco a partire dal 1° aprile 2023, oggetto di contestazione da parte di Sa. s.p.a. (d’ora in poi anche semplicemente Sa.), dall’Associazione Italiana Compagnie Aeree Lo.Fa. - Ai. (in seguito anche solamente Associazione), e dalla compagnie aeree Wi.Ai.Hu. Ltd., Wi.Ai.Ma. Ltd., Ea.Ai. Company Ltd., Ry.Da., Vo. S.L. (di seguito anche compagnie aeree). A fronte della sentenza di rigetto del Tar, le ricorrenti, con separati atti di appello, hanno reiterato le censure formulate in primo grado, contestando i passaggi motivazionali della sentenza di prime cure. Ciò posto, occorre preliminarmente procedere alla riunione dei ricorsi in epigrafe indicati, ai sensi dell’art. 96 comma 1 c.p.a., in quanto proposti avverso la medesima sentenza. Prima di passare alla disamina dei motivi di appello e delle eccezioni preliminari di rito giova peraltro ripercorrere l’excursus normativo e procedimentale che ha condotto all’adozione della delibera gravata in prime cure. 19.1. Il d.l. n. 50/2022 (c.d. decreto aiuti), convertito con modificazioni dalla l. n. 91/2022, ha previsto, all’art. 43, misure di riequilibrio finanziario di province, città metropolitane e comuni capoluogo di provincia. La norma distingue: i) misure destinate a enti per i quali è in corso l’applicazione della procedura di riequilibrio ai sensi dell’art. 243-bis del d.lgs. 267/2000 o che si trovano in stato di dissesto finanziario ai sensi dell’art. 244 del medesimo decreto (comma 1); ii) misure finalizzate al riequilibrio finanziario dei comuni capoluogo di provincia che hanno registrato un disavanzo pro-capite superiore a 500 euro sulla base del disavanzo risultante dal rendiconto 2020 definitivamente approvato (comma 2); iii) misure rivolte ai comuni sede di città metropolitana “con un debito pro-capite superiore a 1000 euro, sulla base del rendiconto dell’anno 2020 definitivamente approvato... che intendano avviare un percorso di riequilibrio strutturale” (comma 8). 19.2. Con riferimento a tale terza fattispecie, che è quella attivata dal Comune di Venezia, la procedura è disciplinata mediante rinvio al comma 2, che prevede la sottoscrizione di un accordo con il Presidente del Consiglio dei Ministri o suo delegato, su proposta del Ministero dell’economia e delle finanze, nel quale “il comune si impegna, per il periodo nel quale è previsto il ripiano del disavanzo, a porre in essere, in tutto o in parte, le misure di cui all’articolo 1, comma 572, della legge n. 234 del 2021”. La conclusione dell’accordo è preceduta dalla verifica delle misure proposte dai comuni interessati da parte di un tavolo tecnico istituito presso il Ministero dell’interno, il quale “considerata l’entità del disavanzo da ripianare, individua anche l’eventuale variazione, quantitativa e qualitativa, delle misure proposte dal comune interessato per l’equilibrio strutturale del bilancio” (art. 43, comma 3, del d.l. 50/2022). 19.3. Con nota prot. n. 18343 del 18.7.2022 il Ministero dell’interno - Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali, ha comunicato al Comune di Venezia l’avvenuta istituzione del suddetto tavolo tecnico, invitando l’ente - qualora intenzionato ad avvalersi delle procedure previste dal citato art. 43 del d.l. 50/2022 - a proporre entro il 31.7.2022 le misure finalizzate alla sottoscrizione dell’accordo di riequilibrio strutturale (doc. 1 fasc. primo grado Comune di Venezia; al fascicolo di primo grado del Comune di Venezia si riferiscono i successivi allegati, ove non diversamente precisato). 19.4. In riscontro a tale missiva, il Sindaco del Comune di Venezia ha proposto l’istituzione di una addizionale comunale sui diritti di imbarco portuale e aeroportuale per passeggero fino a 3 euro, in considerazione del contesto descritto nell’allegata relazione a firma del Direttore dell’Area Economia e Finanza (nota PG 342430 del 29.7.2022 - doc. 2 fasc. primo grado). 19.5. Su richiesta del Ministero dell’interno, il Comune di Venezia ha successivamente trasmesso, per l’esame da parte del tavolo tecnico, i prospetti contenenti la quantificazione delle entrate attese dall’applicazione delle misure proposte e la conseguente verifica degli equilibri di bilancio per effetto dell’applicazione di tali misure (nota PG 387323 del 31.8.2022 - doc. 3 fasc. primo grado). I prospetti sono stati accompagnati da una nota esplicativa del Direttore dell’Area Economia e Finanza nella quale è stata ribadita la situazione di importante riduzione delle entrate, a fronte della quale l’Amministrazione si era vista costretta, sia in sede di approvazione del bilancio di previsione 2022, sia in sede di assestamento, all’adozione di misure straordinarie per la copertura della spesa corrente. 19.5.1. L’Amministrazione ha quindi ipotizzato l’attuazione di una misura consistente nell’applicazione dell’addizionale pari a 2,50 euro ad una platea di 5.600.000 passeggeri stimati l’anno, per un totale di 14.000.000 fino al 2031, con una progressiva diminuzione dell’importo negli anni successivi, fino a 0,80 euro a decorrere dall’anno 2038 (v. ancora doc. 3 fasc. primo grado). 19.6. Nell’ambito delle interlocuzioni con il Ministero dell’interno, è stata inoltre condivisa la possibilità di valorizzare, quale indicatore funzionale al monitoraggio dell’accordo e della misura in riduzione dell’addizionale, l’eventuale formazione di un avanzo libero nella gestione corrente. 19.7. La proposta del Comune di Venezia è stata esaminata nella seduta del tavolo tecnico del 20.10.2022, che ha concluso l’istruttoria con esito positivo. 19.8. In data 23-25.11.2022 è stato quindi sottoscritto, tra Presidenza del Consiglio dei Ministri e Comune di Venezia, l’accordo denominato “Patto per Venezia” (doc. 5 fasc. primo grado e doc. 32 fasc. primo grado, completo di firme) per la formalizzazione delle misure destinate ad assicurare il riequilibrio strutturale, nel quale: - l’Amministrazione comunale si è impegnata all’attuazione di una politica di gestione del debito orientata ad una sua progressiva e costante diminuzione, tenendo conto degli investimenti programmati nell’ambito delle iniziative correlate al PNRR (punto 1); - è stata prevista l’attivazione di una addizionale comunale sui diritti di imbarco portuale e aeroportuale per passeggero pari a 2,50 euro a persona a decorrere dal 2023 e fino al 2031, con una graduale diminuzione a partire dal 2032, fino ad euro 0,80 dal 2038 al 2042 (come da tabella ivi riportata: punto 2); - è stata considerata l’eventualità della formazione di un avanzo libero di gestione ed il suo impatto in riduzione sulla misura programmata (punti 4 e 5); - è stata prevista la facoltà del Comune di Venezia di proporre, previa deliberazione del Consiglio comunale, una diversa rimodulazione delle misure da adottare, con conseguente aggiornamento del cronoprogramma (punto 6). 19.9. Con deliberazione del Consiglio comunale n. 75 del 23.12.2022 (doc. 6 fasc. primo grado), in sede di approvazione del bilancio di previsione per gli esercizi finanziari 2023-2025, il Comune di Venezia ha quindi istituito la citata addizionale comunale, prevedendo una diversa articolazione temporale per quella sui diritti di imbarco aeroportuale e quella sui diritti di imbarco portuale. Con riferimento alla prima fattispecie è stata infatti sancita la sua applicazione a partire dal 1 aprile 2023, mentre con riguardo all’addizionale sui diritti di imbarco portuale è stata prevista l’applicazione dall’1.1.2026, “in considerazione degli effetti del d.l. n. 103/2021, convertito dalla legge n. 125/2021, che hanno determinato una situazione di mutabilità logistica e incerto andamento relativamente a transiti e approdi delle grandi navi passeggeri con effetti la cui durata ad oggi non è prevedibile”. 19.10. In data 13.1.2023 l’Assessore al Bilancio del Comune di Venezia ha dunque comunicato all’Amministratore Delegato di Sa. S.p.A., gestore dell’aeroporto di Venezia, l’avvenuta istituzione della citata addizionale, invitando la società a concordare un incontro finalizzato a definire le modalità di accertamento, liquidazione e riscossione dell’entrata, attività spettanti per legge e per prassi consolidata alle società concessionarie di aeroporti. 19.11. Nelle more, l’Amministrazione comunale, in attuazione della DCC n. 75/2022, ha precisato che l’addizionale comunale sui diritti di imbarco aeroportuale dovrà essere applicata ai biglietti venduti a partire dal 1° aprile 2023, al fine di garantire l’effettività del diritto di rivalsa accordato dalla normativa di settore ai vettori (doc. 18 fasc. primo grado). 19.12. L’avvenuta istituzione dell’addizionale comunale è stata comunicata, in data 20.2.2023 all’Enac (doc. 19 fasc. primo grado) e alla Iata (doc. 20 fasc. primo grado) e in data 13.2.2023 all’Autorità di regolazione trasporti (doc. 21 e 22 fasc. primo grado). 19.13. Parallelamente, in data 1.3.2023, il Comune di Venezia ha sollecitato l’Enac a dare riscontro dell’avvenuta comunicazione ai vettori dell’istituzione dell’addizionale, al fine di consentire il tempestivo avvio dell’attività di riscossione (doc. 23 fasc. primo grado). Sennonché l’Enac - precisando che l’aggiornamento dei sistemi di biglietteria necessario per rendere esigibile la nuova addizionale comunale “avviene a seguito di una notifica effettuata per il tramite del vettore nazionale di riferimento previa apposita comunicazione da parte dell’ENAC, non essendo contemplata, da quadro normativo vigente e dalla prassi consolidatasi sin dall’istituzione della prima addizionale comunale alcuna azione diretta dei Comuni nei confronti dei Vettori” - ha chiesto al Comune di trasmettere copia di tutti gli atti istruttori che hanno preceduto l’istituzione dell’addizionale, “al fine di verificare e condividere la procedura adottata”. In pendenza del giudizio di primo grado, l’Enac, con nota del 31.3.2023, ha comunicato al Comune di aver “completato l’istruttoria necessaria per inviare la comunicazione alla IATA per l’aggiornamento degli importi relativi agli oneri accessori alle tariffe aeree” (doc. 34 fasc. primo grado). Sempre l’Enac, con ulteriore nota del 31.3.2023, indirizzata a ITA e per conoscenza, tra gli altri, anche al Comune di Venezia, ha comunicato ai vettori l’avvenuta istituzione dell’addizionale comunale sui diritti di imbarco ai sensi dell’art. 43, co. 2 e 8 del d.l. n. 50/2022, affermando che “l’addizionale di che trattasi sarà esigibile per i biglietti venduti dal 30 maggio p.v.” e ciò in ragione del fatto che la notifica (da parte dell’Enac) ai vettori rappresenterebbe “un provvedimento di attuazione della disposizione istitutiva del tributo da cui far decorrere il [...] termine di 60 giorni (n. d.r. fissato dall’art. 3, co. 2 della L. n. 212/2000)”. Ciò posto, quanto ai presupposti normativi e ai passaggi procedimentali aventi ad oggetto la delibera oggetto di impugnativa in prime cure, in limine litis va delibata l’eccezione di difetto di interesse a ricorrere in capo all’appellante Sa., reiterata in questa sede dal Comune di Venezia, in quanto assorbita dal giudice di prime cure con la sentenza di rigetto oggetto di gravame. Infatti, come noto, l’esame delle questioni preliminari deve precedere la valutazione del merito della domanda (Cons. Stato, Ad. Plen., 7 aprile 2011, n. 4), salve esigenze eccezionali di semplificazione che possono giustificare l'esame prioritario di altri aspetti della lite, in ossequio al superiore principio di economia dei mezzi processuali (Cons. Stato, Ad. plen., 27 aprile 2015, n. 5); inoltre l'ordine di esame delle questioni pregiudiziali di rito non rientra nella disponibilità delle parti (Cons. Stato, Ad. Plen., 25 febbraio 2014, n. 9). La norma positiva enucleabile dal combinato disposto degli artt. 76, co. 4, c.p.a. e 276, co. 2, c.p.c., impone infatti di risolvere le questioni processuali e di merito secondo l'ordine logico loro proprio, assumendo come prioritaria la definizione di quelle di rito rispetto a quelle di merito, e fra le prime la priorità dell'accertamento della ricorrenza dei presupposti processuali (nell'ordine, giurisdizione, competenza, capacità delle parti, ius postulandi, ricevibilità, contraddittorio, estinzione), rispetto alle condizioni dell'azione (tale fondamentale canone processuale è stato ribadito anche da Cons. Stato Ad. Plen. 3 giugno 2011, n. 10). 20.1. Segnatamente l’amministrazione comunale sostiene che Sa. non avrebbe interesse al presente giudizio in quanto il suo coinvolgimento riguarderebbe soltanto la fase di rendicontazione e riversamento all’Amministrazione di quanto riscosso a titolo di addizionale comunale, conseguendone che la Deliberazione del Comune di Venezia impugnata non arrecherebbe nessun pregiudizio alla odierna appellante. 20.2. L’eccezione, ad avviso del collegio, è infondata. Ed invero, alla luce di quanto innanzi precisato, non può che evidenziarsi come risulti dagli atti che Sa. sia il soggetto direttamente tenuto all’espletamento dell’attività di riscossione dell’addizionale, secondo quanto del resto richiesto dall’ente locale. Infatti, lo stesso Comune veneziano, con nota del 13 gennaio 2023 comunicava a Sa. la necessità di definire congiuntamente «le modalità applicative con riferimento all’addizionale comunale introdotta con la citata deliberazione», rendendosi dunque necessario stipulare un accordo per la disciplina della gestione amministrativa e finanziaria finalizzata alla riscossione e al versamento dell’entrata in questione, comprese le attività correlate e complementari, gravando pertanto la concessionaria dell’aeroporto di tali attività. Peraltro è la stessa deliberazione C.C. impugnata che ha attribuito ai gestori aeroportuali l’onere della riscossione e del riversamento al Comune, delegando alla Giunta l’approvazione di appositi accordi (con la concessionaria dell’aeroporto) per la disciplina di tale attività (cfr. p. 27 del dispositivo della delib. C.C. 75 impugnata). 20.3. Inoltre, a prescindere da tali superiori rilievi, come replicato da Sa. all’eccezione formulata dal Comune, al di là dell’attività di riscossione e dei relativi costi, Sa. è altresì direttamente interessata dall’incremento dell’addizionale sui diritti d’imbarco oggetto di impugnativa per la circostanza che, con la sua entrata in vigore, l’aeroporto Marco Polo di Venezia è diventato il più caro d’Italia (l’incremento dell’addizionale di 2.50 euro va infatti aggiunto ai 6.50 euro già vigenti, per un totale di 9,00 euro). A ciò consegue pertanto il lamentato effetto lesivo - da valutarsi ex ante al momento dell’adozione della delibera, secondo un criterio di consequenzialità logica e non ex post, con conseguente irrilevanza di quanto dedotto e documentato nell’odierno grado di appello dal Comune di Venezia circa l’aumento dei voli presso l’aeroporto di Venezia, pur dopo l’adozione della misura - riferito al pericolo di abbandono o riduzione dei voli da e per l’Aeroporto Marco Polo, con un evidente impatto sul numero dei passeggeri che transitano per il sedime aeroportuale e, conseguentemente, sulle strategie del gestore aeroportuale. Ciò posto, nell’esaminare i motivi di appello, non avendo le parti appellanti vincolato i motivi in senso vincolante per il giudice, secondo il noto arresto di cui alla sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 5 del 2015, ad eccezione dell’ultimo motivo, relativo alla dedotta illegittimità costituzionale dell’art. 43 commi 2, 3 e 8 del d.l. n. 50 del 2022, nonché dell’art. 1, comma 572 della l. n. 234/2021, formulati in via subordinata rispetto ai precedenti motivi, il collegio esaminerà le censure in ordine logico, avuto in particolare riguardo alla maggiore satisfattività delle stesse rispetto agli interessi fatti valere dalle parti appellanti. In tale ottica ritiene il collegio che l’esame delle censure articolate in entrambi gli appelli al primo motivo, in quanto riferite alla mera decorrenza dell’addizionale di cui è causa, possa essere postergato alla disamina degli ulteriori motivi, del pari formulati in via principale, in quanto riferiti alla stessa legittimità dell’istituzione dell’indicata misura, con possibilità pertanto di assorbimento in caso di ritenuta fondatezza degli stessi. Il secondo motivo di appello articolato da Sa., nonché l’analogo secondo motivo di appello formulato dall’Associazione e dalle compagnie aeree, volti a contestare la sentenza di prime cure, nei punti in cui ha disatteso le censure di difetto di motivazione e di istruttoria, sono fondati nel senso di seguito precisato. 23.1. Il giudice di prime cure, nel disattendere i motivi formulati dalle odierne appellanti, ha in primo luogo osservato come la delibera oggetto di impugnativa non necessitasse di motivazione in quanto atto generale, richiamando a sostegno di tale conclusione una sentenza di questo Consiglio di Stato (Cons. Stato, Sez. III, 12 febbraio 2020, n. 1111), che così ha qualificato un atto di approvazione del calendario nazionale delle corse negli ippodromi (par. 14.1 della sentenza), nonché altro pronunciamento di questa Sezione, (Cons. St., Sez. V, 10 luglio 2003, n. 4117), relativa alla non necessità di motivazione dell’intervallo d’imposta fra il minimo ed il massimo, laddove nell’ipotesi di specie viene in rilievo la decisione, fra le varie scelte lasciate dalla normativa innanzi indicata alla discrezionalità dell’ente locale, della stessa istituzione dell’addizionale di cui è causa. Inoltre, secondo il giudice di prime cure, il merito della scelta operata dall’amministrazione comunale - reso sulla scorta del parere del tavolo tecnico - sarebbe inconfutabile (par. 14.2 della sentenza), così come inconfutabili sarebbe l’iscrizione delle poste del bilancio di previsione dell’ente e le disposizioni volte a individuare le risorse destinate a dare copertura alle voci di spesa (14.3). Per quanto specificamente concerne poi l’art. 43, comma 8, d.l. n. 50/2022, la procedura prescinderebbe dall’accertamento di una situazione di astratto pareggio formale, ovvero dalla presenza di un avanzo o disavanzo transitorio e, nella specie, la deliberazione impugnata sufficientemente chiarirebbe i presupposti atti a giustificare l’introduzione dell’addizionale (ossia, l’entità del debito pro capite e l’instaurazione del percorso di riequilibrio strutturale) (parr. 14.5 - 14.7 della sentenza). Infine, tale misura non sarebbe né irragionevole né discriminatoria, in quanto il Comune avrebbe esigenza di reperire le risorse per sopperire alle esternalità negative, generate dall’aeroporto, e rientrerebbe nella discrezionalità del legislatore la scelta di destinazione del gettito (parr. 14.8 - 14.9). Le statuizioni di prime cure sono state sottoposte a critica dalle odierne appellanti, che hanno reiterato le censure di difetto di istruttoria e di motivazione articolate in prime cure, evidenziando l’erroneità della motivazione resa al riguardo dal primo giudice. Nell’esaminare tali censure giova peraltro richiamare l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale nel giudizio amministrativo l'art. 101 c.p.a. (d.lgs. n. 104/2010) - che fa riferimento a "specifiche censure contro i capi della sentenza gravata" - deve essere coordinato con il principio di effetto devolutivo dell'appello, in base al quale è rimessa al giudice di secondo grado la completa cognizione del rapporto controverso, con integrazione - ove necessario - della motivazione della sentenza appellata e senza che rilevino, pertanto, le eventuali carenze motivazionali di quest'ultima (ex multis Cons. Stato, sez. V, 26 aprile 2021, n. 3308; 17 gennaio 2020, n. 430; 13 febbraio 2017, n. 609). 25.1. Ciò posto, vanno in primo luogo disattese le censure formulate da Sa., su cui il primo giudice si è pronunciato in maniera implicita, rinviando per un verso alla completezza dell’istruttoria svolta dal tavolo tecnico e per altro verso alla finalità della misura, volte a contestare, sia pure sotto il profilo del difetto di istruttoria, avuto riguardo anche alla perizia prodotta in prime cure, la stessa sussistenza dei presupposti per il ricorso alla misura de qua. 25.2. Nella richiamata relazione di parte si afferma infatti che “dall’andamento del risultato di amministrazione dell’ultimo triennio si evince come non sussistono le esigenze per il riequilibrio strutturale” (v. pg. 14 dell’atto di appello). Il riferimento è alla situazione di avanzo che il perito di parte ha indicato con riferimento agli anni 2020, 2021 e 2022” (punto 5 del doc. 5 del fasc. di primo grado di Sa.). Il rilievo è privo di fondamento, in quanto, come innanzi precisato, condizione per l’attivazione della procedura di cui ai commi 2 e 8 dell’art. 43 del DL 50/2022 e dunque per l’applicazione dell’addizionale comunale oggetto di causa è l’esistenza di un “debito pro-capite superiore ad euro 1.000 sulla base del rendiconto dell’anno 2020 definitivamente approvato e trasmesso alla BDAP al 30 giugno 2022” (co. 8 del cit. art. 43) 25.2.1. La procedura prevista dall’art. 43, commi 2 e 8 del d.l. n. 50/2022 pertanto, come evidenziato nelle difese del Comune: (i) è compatibile con una situazione di avanzo di amministrazione, altrimenti il legislatore avrebbe limitato tale strumento ai soli enti in disavanzo (laddove il comma 8 del citato art. 43 si riferisce ai comuni con debito pro-capite superiore a euro 1.000 “che intendano avviare un percorso di riequilibrio strutturale”); (ii) è compatibile con una transitoria assenza di disavanzo, siccome finalizzata al raggiungimento di un equilibrio duraturo. Per contro fondate sono le censure di difetto di motivazione e di istruttoria articolate del pari nel secondo motivo da entrambe le parti appellanti, con i separati ricorsi, nel senso di seguito precisato. 26.1. Il primo giudice ha al riguardo in primo luogo affermato che la delibera comunale oggetto di impugnativa, in quanto atto generale, si sottrae all’obbligo di motivazione, ex art. 13 l. 241/90. 26.2. L’assunto, ad avviso del collegio, non è condivisibile, dovendo aderirsi a quell’orientamento giurisprudenziale, richiamato dalle parti appellanti, secondo il quale, anche per gli atti a carattere generale aventi carattere composito sussiste un obbligo motivazionale che è conseguenza diretta dei fondamentali principi di legalità e buon andamento di cui all’art. 97 della Costituzione (ex multis T.A.R. Piemonte, Sez. I, n. 101/2020; in termini Cons. Stato, Sez. V, nn. 5729/2019, 1162/2019, 539/2022). Secondo tale condivisibile orientamento i provvedimenti che costituiscono e disciplinano la tariffa per la gestione dei rifiuti (e dunque in materia tributaria), “pur avendo natura di atti generali... hanno un contenuto composito, in parte regolamentare e in parte provvedimentale (con particolare riferimento al costo del servizio e la determinazione della tariffa.... le agevolazioni... le modalità di riscossione... etc.) che non può intuitivamente sfuggire a qualsiasi forma di controllo e che non può essere sottratto all’obbligo della motivazione, se non al costo di rinnegare i principi fondamentali di legalità, imparzialità e buon andamento, i quali, ai sensi dell’ar.t 97 della Cost. devono caratterizzare l’azione amministrativa”. Pertanto anche tali provvedimenti, in base alla richiamata giurisprudenza, non si sottraggono alle censure di difetto di istruttoria e di motivazione. Ciò posto, avuto riguardo altresì alla motivazione contenuta nella sentenza di prime cure circa la sufficiente indicazione contenuta negli atti gravati dei presupposti giuridici e fattuali per il ricorso all’indicata misura, occorre ripercorrere l’iter istruttorio, con il correlativo supporto motivazionale, che ha portato all’adozione della delibera n. 77 del 23 dicembre 2022, oggetto di impugnativa in prime cure, avendo le parti appellanti censurato la sentenza del Tar, laddove ha ritenuto l’Amministrazione esonerata dal motivare le proprie scelte di istituire l’addizionale sui diritti di imbarco aeroportuale, senza peraltro alcuna considerazione, né motivazione delle ragioni per cui non aveva considerato alcuna delle altre opzioni consentite dalla legge per il raggiungimento del medesimo risultato e senza dare evidenza dei dati che la rendevano maggiormente coerente con la ratio perseguita e idonea al risanamento del disavanzo. 27.1 Ciò posto, giova precisare che la delibera oggetto di impugnativa, che è l’atto terminale del procedimento che ha portato all’istituzione dell’addizionale de qua, risulta così motivata: “Richiamato l’articolo 43, comma 8 del decreto legge n. 50/2022 convertito con legge 15.7.2022 n, 91 che consente ai comuni sede di città metropolitana, con un debito pro-capite superiore ad euro 1.000,00 sulla base del rendiconto dell’anno 2020, di attivare le procedure di cui ai commi 2, 3 e 6 del medesimo articolo; Dato atto che in esito alla procedura di verifica tecnica di direzione ministeriale, di cui al comma 3 dell’articolo 43 del decreto legge n. 50/2022 è stato sottoscritto tra i soggetti, con le modalità e i termini previsti dalla norma, l’accordo di cui all’art. 43 comma 2 del medesimo decreto, che prevede l’attuazione della misura di cui all’articolo 1, comma 572, lettera a) della L. 234/2021 relativamente all’addizionale sui diritti di imbarco portuale e aeroportuale; Considerato che il recepimento delle misure accordate dal Tavolo tecnico ministeriale ai sensi della richiamata normativa costituisce prescrizione sostanziale per l’efficacia dell’accordo; Preso atto che ai sensi del punto 6 dell’accordo, il Comune di Venezia può, “previa deliberazione del Consiglio Comunale, proporre una diversa modulazione delle misure da adottare e aggiornare, di conseguenza, il cronoprogramma”; Ritenuto pertanto: -quanto all’addizionale sui diritti di imbarco aeroportuale, in considerazione dei tempi tecnici di avvio, di procede con l’istituzione e con l’applicazione a decorre dal 1° aprile 2023; -quanto all’addizionale sui diritti di imbarco portuale, in considerazione degli effetti del D.L. n. 103/2021, convertito dalla legge n. 125/2021, che hanno determinato una situazione di mutabilità logistica e incerto andamento relativamente a transiti ed approdi delle grandi navi passeggeri con effetti la cui durata ad oggi non è prevedibile, di prevedere l’istituzione con successivo atto a decorrere dal 1° gennaio 2026; Ritenuto quindi di procedere con l’istituzione, a decorrere dal 1° aprile 2023, dell’addizionale comunale sui diritti di imbarco aeroportuale nella prescritta misura di euro 2,50 dal 2023 al 2031, e progressivamente diminuita negli importi indicati a decorrere dal 2032 e fino al 2042, fatta salva diversa modulazione, previa deliberazione del Consiglio Comunale, ai sensi del punto 6 dell’accordo; Dato atto che, in applicazione della normativa vigente (tra le altre L. 324/1976, D.Lgs. 250/1997, L. 350/2003) e della prassi esecutiva di altri enti, le modalità di riscossione di detta addizionale saranno definite con appositi accordi con i soggetti interessati da approvarsi a cura della Giunta Comunale; Richiamato il regolamento per “L’istituzione e la disciplina del Contributo di accesso, con qualsiasi vettore, alla Città antica del Comune di Venezia e alle altre isole minori della laguna”, approvato con deliberazione di Consiglio Comunale n. 11 del 26.02.2019 e successive modifiche; Dato atto che, a seguito modifiche legislative intervenute, è attualmente all’esame degli organi consiliari la proposta di deliberazione n. 1032/2022 ad aggetto: “Regolamento per l’istituzione e la disciplina del contributo di accesso, con o senza vettore, alla Città Antica del Comune di Venezia e alle altre isole minori della laguna, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1, comma 1129 della legge n. 145 del 30/12/2018”; Ritenuto quindi necessario sospendere l’efficacia del regolamento per “L’istituzione e la disciplina del Contributo di accesso, con qualsiasi vettore, alla Città antica del Comune di Venezia e alle altre isole minori della laguna”, approvato con deliberazione di Consiglio Comunale n. 11 del 26.02.2019 e successive modifiche”. 27.2. Peraltro occorre considerare anche le motivazioni emergenti dagli atti presupposti rispetto all’indicata delibera, da intendersi richiamati per relationem nella stessa. 27.3. Infatti, come innanzi precisato, l’articolo 43, comma 8, del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2022, n. 91, consente ai comuni sede di città metropolitana e ai comuni capoluoghi di provincia con un debito pro capite superiore a euro 1.000 sulla base del rendiconto dell’anno 2020 definitivamente approvato e trasmesso alla BDAP entro il 30 giugno 2022, di avviare un percorso di riequilibrio strutturale attraverso la sottoscrizione di un accordo con il Presidente del Consiglio dei ministri o suo delegato, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, accordo pertanto costituente il necessario presupposto della delibera impugnata. 27.4. L’Accordo tra lo Stato ed il Comune di Venezia depositato in atti, denominato Patto per Venezia, la cui sottoscrizione è stata subordinata alla verifica, da parte del Tavolo tecnico appositamente istituito presso il Ministero dell’Interno, ai sensi del citato art. 43 d.l. n. 50 del 2022, delle misure proposte dai comuni interessati ai fini dell’equilibrio strutturale del bilancio, scelte tra quelle previste all’articolo 1, comma 572, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, a sua volta, nel rinviare al resoconto della seduta del 20 ottobre 2022 del Tavolo tecnico, precisa che dalle risultanze di tale tavolo è emerso che, nonostante il comune di Venezia abbia registrato nel triennio 2019-2021 un consistente avanzo libero, questo sia stato determinato da eventi straordinari e non ricorrenti e che, nel contempo, il Comune aveva rappresentato significative riduzioni di entrata, legate in via principale al fenomeno turistico, evidenziando come allo stato attuale non vi fossero indicazioni che consentissero di considerare tali entrate transitorie. La rigidità del bilancio, derivante dall’attuale livello di indebitamento e da quello da contrarre per garantire la realizzazione di nuovi investimenti correlati al PNRR, si ripercuoterebbe infatti sul mantenimento degli equilibri finanziari che, in assenza di misure straordinarie, rischierebbe di compromettere la qualità e di rivedere al ribasso la quantità dei servizi erogati. 27.5. A sua volta la nota del Comune di Venezia PG 342430 del 29/7/2022, con cui si è comunicato al Ministero dell’Interno l’intenzione di avvalersi della previsione di cui all’art. 43, comma 8, del decreto legge 7 maggio 2022, ovvero l’atto di impulso all’istituzione dell’addizionale de qua, rappresenta in primo luogo il percorso virtuoso dell’Amministrazione comunale che, a partire dal 2015, aveva intrapreso un’importante opera di risanamento finanziario, con azzeramento del disavanzo e riduzione dell’indebitamento. 27.5.1. Peraltro, nella nota stessa si precisa che “Nonostante tali risultati, l’impatto del debito sugli equilibri di bilancio, anche in considerazione di operazioni derivate comportanti differenziali negativi significativi, continua ad essere importante. Nel 2021, infatti, a titolo di rimborso quote capitale, interessi, accantonamenti per rimborso prestito obbligazionario bullet, differenziali swap ed oneri pluriennali il Comune di Venezia ha assunto impegni per euro 29.919.641,85. In una situazione di normalità, la dinamica del debito sarebbe stata tale da poter essere gestita, pur con qualche dovuta attenzione, all’interno di un quadro di bilancio prospetticamente in sostanziale equilibrato ed in tale contesto il Comune aveva programmato l’accensione di nuovo debito a supporto della realizzazione, con i fondi del PNRR, di un’opera strategica per il territorio che manca di strutture sportive di primissimo livello quali è innegabile debbano essere presenti in una città capoluogo di città metropolitana. In tale contesto, infatti, il Comune ha avviato la realizzazione di una importante area sportiva, con stadio e Ar., per un investimento di circa 280 mln. di cui 1/3 con fondi PNRR, 1/3 con fondi propri già disponibili e 1/3 con ricorso ad indebitamento, che quindi risulta essere funzionale al perseguimento di tale importante obiettivo. Si rappresenta, peraltro, che la scelta dell’amministrazione di ricorrere a nuovo debito dopo che dal 2015 in poi il nuovo debito assunto è stato pari ad euro 6.000.000,00, è stata effettuata nella consapevolezza che nonostante tale nuova accensione, il debito complessivo avrebbe comunque proseguito la dinamica di tendenziale decrescita. L’evoluzione della situazione congiunturale sta invero comportando una diversa valutazione sull’incidenza del peso del debito che, ancorché come detto in tendenziale diminuzione anche in presenza del nuovo debito da contrarre, rischia di mettere a repentaglio la capacità dell’amministrazione di garantire l’erogazione dei servizi essenziali. La Città di Venezia, infatti, sta registrando una difficoltà nel vedere le entrate ritornare al livello prepandemico. In un contesto di generale ripresa del turismo, infatti, i dati del comune segnano tutt’ora un livello significativamente lontano rispetto ai valori del 2019. A titolo di esempio, infatti, le entrate per accesso alla zona traffico limitato bus turistici, che nel 2019 hanno generato entrate per oltre 20 mln., a giugno 2022 hanno registrato un valore del 54% inferiore rispetto all’analogo mese del 2019; le entrate accertate a titolo di imposta di soggiorno (che nel 2019 hanno comportato accertamenti per oltre 37 mln.) sono state nel secondo trimestre 2022 del 10% inferiori rispetto all’analogo periodo del 2019. Tale situazione se confermata rischia di portare il Comune in una situazione di tendenziale squilibrio anche per le annualità successive al 2022, anno nel quale in sede di assestamento di bilancio si è dovuto ricorrere alla procedura di riequilibrio di bilancio ai sensi di quanto previsto dall’articolo 193 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ipotizzando quindi la necessità di dover ricorrere ripetutamente a tale procedura, subordinatamente all’emergere di risorse utili allo scopo, al fine di garantire il mantenimento degli standard di servizio attualmente in essere, che in assenza di tali possibili risorse potrebbero dover essere rivisti al ribasso. In tale contesto, quindi, al fine di rendere maggiormente sostenibili gli oneri del debito sul bilancio dell’ente e quindi continuare a garantire i livelli di servizio, la proposta di istituzione di una addizionale comunale sui diritti di imbarco portuale e aereoportuale per passeggero fino a euro 3 potrebbe quindi concorrere al completamento del percorso di riequilibrio avviato nel 2015. I dati di traffico dell’aereoporto Marco Polo di Tessera dell’anno 2019 evidenziano un numero di partenze pari 5.775.658 (fonte Enac - Dati di traffico 2019). In considerazione dell’attuale situazione si ipotizza un dato a regime comunque prudenzialmente non superiore a 5.500.000, per un importo a bilancio pari a euro 16.500.000,00 (in caso di importo pari ad euro 3) che rappresentano circa il 50% degli attuali oneri sul debito. Per i dati di imbarco portuale, l’attuale situazione della crocieristica veneziana non consente di effettuare valutazioni attendibili e quindi, allo stato, non si considera tale possibile entrata”. Ciò posto, avuto riguardo alle risultanze degli indicati passaggi procedimentali, con la correlativa motivazione, ritiene il collegio che la sentenza di prime cure non sia condivisibile nel punto in cui ha ritenuto che l’Amministrazione fosse esonerata dal motivare le proprie scelte di istituire l’addizionale sui diritti di imbarco aeroportuale, senza alcuna considerazione né motivazione sulle ragioni per cui non aveva considerato alcuna delle altre opzioni consentite dalla legge (il richiamato comma 572 l. 234/2021 ne prevede ben 15) per il raggiungimento del medesimo risultato, gravando i soli passeggeri che si imbarcano a Venezia, anziché ricorrere, anche in parte, alle altre misure che potevano essere assunte per far fronte allo squilibrio strutturale del Comune. Ed invero, né nella proposta del dirigente dei Servizi finanziari del Comune, né nel verbale del tavolo tecnico, né nell’accordo (c.d. Patto per Venezia), né infine nella delibera istitutiva dell’addizionale de qua, secondo quanto innanzi riportato, compare alcuna considerazione sulla possibilità di ricorrere in tutto o in parte alle altre misure consentite dal legislatore. 28.1. Come correttamente evidenziato dalle parti appellanti, la circostanza che, ai sensi del combinato disposto dei commi 2 e 8 dell’art. 43, d.l. n. 50/2022, il legislatore abbia autorizzato il Comune a porre in essere le misure di cui all’art. 1, comma 572, l. n. 234/2021 non esonera l’amministrazione dal motivare in ordine alle ragioni per le quali era stata adottata l’addizionale comunale sui diritti di imbarco, in luogo delle altre previste, anche dando evidenza dei dati che la rendevano maggiormente coerente con la ratio perseguita e idonea al risanamento del disavanzo, avuto riguardo anche alle ragioni di tale disavanzo. 28.1.1. Come innanzi precisato dall’istruttoria non risulta che l’Amministrazione abbia effettuato alcuna valutazione non solo circa la possibilità di adottare le ulteriori misure di cui al citato comma 572 dell’art. 1 della l. n. 234/2021, ma anche sulla opportunità di incrementare l’addizionale comunale all’Irpef, che avuto riguardo ad un interpretazione costituzionalmente orientata del disposto normativo, sarebbe stata probabilmente più coerente, avuto riguardo alla motivazione sottesa ai richiamati atti, in quanto applicata nei confronti dei cittadini del Comune di Venezia, ossia dei soggetti direttamente interessati al risanamento finanziario dell’Ente e alle finalità sottese alla misura imposta, avuto in particolare riguardo alla circostanza che, come emergente dalla suddetta Relazione Tecnica del Comune, innanzi richiamata, che ha dato impulso all’avvio del procedimento, l’Ente ha provveduto all’accensione di un nuovo debito per la realizzazione, in parte con i fondi del PNRR, di una “importante area sportiva, con stadio e Ar.”, ovvero un’area destinata in particolare alla fruizione della cittadinanza. Peraltro, come evidenziato dall’Associazione e dalla compagnie aeree appellanti, la scelta di adottare un’addizionale comunale sui diritti aeroportuali è stata adottata dal Comune di Venezia sulla base dei soli dati di traffico dell’Aeroporto relativi all’anno 2019 (forniti da ENAC), senza tenere conto dei dati aggiornati, relativo al successivo biennio, inciso, come noto, in modo significativo dall’emergenza pandemica e senza pertanto considerare che il settore aereo era risultato gravemente colpito dagli effetti della pandemia da Covid-19. 29.1. Sotto questo profilo non appaiono convincenti le difese comunali con le quali si è evidenziato che, al contrario di quanto addotto da parte appellante, nello stesso documento richiamato dalle parti appellanti si sarebbe precisato che: “I dati di traffico dell’aereoporto Marco Polo di Tessera dell’anno 2019 evidenziano un numero di partenze pari 5.775.658 (fonte Enac - Dati di traffico 2019). In considerazione dell’attuale situazione si ipotizza un dato a regime comunque prudenzialmente non superiore a 5.500.000, per un importo a bilancio pari a euro 16.500.000,00 (in caso di importo pari ad euro 3) che rappresentano circa il 50% degli attuali oneri sul debito” (nota del Comune di Venezia PG 342430 del 29.7.2022, prodotta dal Comune sub doc. 2 nel fasc. primo grado). Ed invero proprio detto riferimento rende palese come l’istruttoria sia stata condotta avendo riguardo non ai dati aggiornati all’epoca di adozione della delibera, ma ad una mera stima prudenziale fondata sui dati del 2019 comunicati da ENAC. 29.2. Deve pertanto ritenersi condivisibile, avuto riguardo al calo dei voli aerei determinato dall’emergenza Covid, quanto dedotto dall’Associazione e dalle compagnie aeree appellanti secondo le quali, qualora il Comune avesse utilizzato i dati ENAC disponibili alla data di adozione della Deliberazione, ossia quelli per le annualità 2020 e 2021, avrebbe potuto agevolmente rilevare un flusso dei passeggeri nettamente inferiore rispetto al 2019. 29.3. Né in senso contrario rileva, secondo quanto innanzi precisato nell’esaminare l’eccezione preliminare sollevata dal Comune circa l’interesse a ricorrere di Sa., l’aumento dei voli aerei per il periodo successivo alla data di adozione della delibera, quale documentato dal Comune nelle more della celebrazione dell’udienza pubblica, dovendosi avere riguardo ai dati esistenti al momento dell’adozione dell’atto gravato e che avrebbero dovuti essere presi in considerazione in sede istruttoria. Parimenti non condivisibile è la motivazione della sentenza di prime cure, relativa alla delibazione di cui al terzo motivo di diritto del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, sollevato da Sa. e dell’analogo motivo formulato dall’Associazione e dalle compagnie nel quinto motivo, con cui le ricorrenti avevano lamentato la mancata disamina in sede istruttoria della proporzionalità della misura adottata. 30.1. In particolare Sa. aveva dedotto come immotivatamente il Consiglio Comunale avesse deciso di adottare l’addizionale comunale, in misura oltremodo squilibrata e gravosa per i passeggeri dell’aeroporto Marco Polo, che nella stragrande maggioranza dei casi (il 96% dei passeggeri non sono veneziani e il 53% non hanno Venezia come destinazione principale) non hanno alcun collegamento con il ripiano del disavanzo del Comune di Venezia, senza nemmeno considerare una qualche riduzione della spesa o un’altra delle tante opzioni offerte dal comma 572 dell’art. 1 della l. 234/2021, per giungere al risultato del riequilibrio strutturale. Al riguardo il Tar si è limitato a evidenziare - senza che vi fosse alcun riscontro motivazionale in atti - come l’aeroporto generi un sovraccarico sulle infrastrutture cittadine, «dando luogo a esternalità negative che il Comune è evidentemente tenuto a fronteggiare reperendo adeguate risorse finanziarie» (par. 14.8 della sentenza). Né al difetto di istruttoria e motivazione sotto questo profilo può sopperire la documentazione sopravvenuta, depositata nel presente grado di giudizio dal Comune di Venezia - e segnatamente il Masterplan 2023-2037 - dalla quale, in tesi del Comune, sarebbe evincibile l’impatto che il traffico aereo genera, tra gli altri, sulle infrastrutture, servizi e ambiente del Comune di Venezia. 30.2. Inoltre, come evidenziato dall’Associazione e dalla Compagnie aeree, e non contestato dal Comune, introducendo l’addizionale comunale sui diritti di imbarco aeroportuali pari ad euro 2,50 - ossia stabilita nella misura quasi massima, considerato che l’art. 43, comma 3 del d.l. n. 50/2022 stabilisce che “l’addizionale comunale sui diritti di imbarco portuale e aeroportuale non può essere superiore a 3 euro per passeggero” - la tassazione per chi parte dall’Aeroporto di Venezia passa da Euro 6,50 ad Euro 9,00, divenendo così la più elevata d’Italia. 30.3. A tal riguardo non può negarsi che l’incremento per passeggero, considerato il prezzo medio dei biglietti aerei, e in particolare le tariffe applicate dalle compagnie low cost, quali i Vettori appellanti, sia proporzionalmente eccessivo; esso, infatti, è quantificabile tra il 4% e il 7% della tariffa media di una low fares per un biglietto di sola andata. Né in senso contrario rileva quanto dedotto e documentato in questa fase dal Comune circa l’aumento del costo dei biglietti negli ultimi anni, sia perché trattasi di circostanza successiva alla delibera oggetto di impugnativa, sia perché correlato, come del resto ammesso dal Comune, all’offerta di servizi aggiuntivi opzionabili dal cliente e non all’acquisto del biglietto base, secondo le note politiche tariffarie delle compagnie low cost. 30.4. Né il difetto di proporzionalità della misura può essere ovviato, come ritenuto dal primo giudice, in ragione del “meccanismo di adeguamento previsto dal Patto per Venezia” il quale “consente pur sempre la rimodulazione nel tempo dell’addizionale anche nel caso di contrazione o aumento dei traffici, imponendo in particolare all’Ente di disporne la riduzione nel caso di “formazione di un avanzo libero [...] di importo superiore alle entrate derivanti dall’addizionale comunale sui diritti di imbarco portuale e aeroportuale accertate nell’anno di riferimento aumentate del 50%” (cfr. par. 14.7 della Sentenza). Ed invero occorre evidenziare innanzitutto, come non sia prevista alcuna rimodulazione dell’addizionale nel caso di “contrazione o aumento dei traffici” ed in secondo luogo come la censurata sproporzione della misura introdotta dalla Deliberazione non può essere attenuata dalle clausole contenute nel Patto per Venezia c.d. “di salvaguardia”, che subordinano una non definibile diminuzione dell’addizionale comunale sui diritti di imbarco portuale ed aeroportuale a futuri ed incerti eventi, nell’an e nel quando, condizionati in particolare ad una eventuale formazione di un determinato avanzo libero. 30.5. Il Comune di Venezia ha quindi adottato una misura che, in quanto non preceduta da una congrua istruttoria e motivazione in ordine alle alternative prese in considerazione dalla norma e delle cause che avevano causato l’indebitamento (cfr la indicata realizzazione degli impianti sportivi a beneficio dei cittadini di Venezia solo parzialmente finanziata con i fondi PNRR), non resiste, al contrario di quanto ritenuto dal primo giudice, alle articolate censure, che hanno ben posto in evidenza anche la non proporzionalità della misura e la sua incidenza su persone (i passeggeri in partenza da Venezia) che verosimilmente potrebbero non essere né cittadini veneziani, né turisti in visita a Venezia - a differenza dei soggetti incisi dalla tassa di ingresso a Venezia - ma magari cittadini veneti che periodicamente si imbarcano dall’aeroporto di Venezia e che pertanto alcun beneficio potrebbero ricevere dai servizi resi dal Comune di Venezia, non potendosi annettere, in senso contrario, come innanzi precisato, alcun rilievo alla documentazione prodotta nel presente grado di appello. (Masterplan 2023-2037). 30.5.1. Nella sostanza pertanto la misura de qua, in quanto non supportata da congrua motivazione ed istruttoria, finirebbe per connotarsi come un contributo di solidarietà in favore del Comune di Venezia, fondato sulla sola occasionalità dell’utilizzo dello scalo aeroportuale di Venezia. 30.6. Né risulta condivisibile - avuto riguardo ai dedotti vizi di difetto di istruttoria e di motivazione, nonché di mancata valutazione della proporzionalità della misura e di ricorso ad altre possibili forme di ripianamento, alla stregua delle possibilità di scelta concesse dalla normativa - quanto dedotto nelle difese del Comune di Venezia, circa il fatto che l’istituzione dell’addizionale comunale prevista dal citato art. 43 non sarebbe altro che una attuazione della previsione contenuta in una norma di rango primario, la cui rispondenza alla valutazione di adeguatezza è stata compiuta a monte da un Tavolo tecnico istituito presso il Ministero dell’interno, nonché sul rilievo che la delibera in questione rappresenterebbe un atto doveroso, la cui adozione è necessaria al fine di rispettare gli impegni assunti con lo Stato. 30.7. Ed invero deve aversi riguardo, come innanzi precisato, alle alternative rimesse dalla normativa primaria alla scelta discrezionale dell’Amministrazione, in alcun modo valutate in sede procedimentale, e segnatamente, né nell’atto di impulso del Comune, né in sede di tavolo tecnico preordinato all’adozione dell’Accordo per Venezia, né infine nella delibera gravata, per cui alcun automatismo è ravvisabile rispetto alla previsione normativa. Ed invero, sebbene l’art. 43 del d.l. n. 50/2022, come osservato dal Comune nella propria memoria, non preveda alcuna gerarchia tra le misure in concreto adottabili, resta fermo che l’Amministrazione era tenuta a fornire le motivazioni sottese alla decisione adottata a fronte della pluralità di scelte consentite dalla normativa primaria. 30.7.1. Intese in questi termini le censure sono pertanto fondate, senza che sia configurabile un inammissibile sindacato delle scelte di merito dell’Amministrazione, rimanendosi nell’alveo delle censure di difetto di motivazione e di istruttoria anche relativamente alla proporzionalità della misura, con possibilità pertanto di riesercizio del potere da parte dell’Amministrazione, nel rispetto dei vincoli conformativi derivanti da questo decisum. Le indicate censure di difetto di motivazione e di istruttoria, in quanto di carattere assorbente, renderebbero superfluo la disamina delle ulteriori censure. Le stesse peraltro verranno sommariamente affrontate solo per esigenze di completezza. Non fondate appaiono al riguardo le censure, del pari contenute nel secondo motivo degli appelli riuniti, relative alla connessione fra l’adozione della gravata delibera e la decisione sulla sospensione della tassa di accesso a Venezia. 33.1. Dalla lettura della DCC 75/2022 si evince infatti che il Regolamento per l’istituzione e la disciplina del contributo di accesso è stato approvato con DCC n. 11/2019 e che, a seguito di modifiche normative che avevano inciso radicalmente sul presupposto del contributo stesso, era all’esame degli organi consiliari la nuova bozza di provvedimento, circostanza impeditiva dell’applicazione del regolamento già approvato, senza che ciò potesse implicare alcuna “rinuncia” dell’Amministrazione alla riscossione del contributo, le cui poste sono state iscritte nel bilancio di previsione (cfr. la nota integrativa al bilancio di previsione 2023 - 2025, pag. 18, nella quale si precisa che “Con l’art. 12, comma 2 ter del decreto legge 30 dicembre 2021, n. 228, convertito con modificazioni dalla legge 15 febbraio 2022, n. 15, peraltro, è stata introdotta una dirimente modifica alla norma sopra richiamata, prevedendo l’applicabilità del contributo per l’accesso alla Città antica e alle altre isole minori della laguna, anche senza vettore. Considerato che la suddetta novella impone una modifica regolamentare in materia... allo scopo di provvedere al necessario ri-allineamento conformativo tra norma di legge e disciplina secondaria di esecuzione della stessa, mediante la formulazione di una proposta di ristrutturazione generale dell’impianto regolamentare, si rappresenta che, ad oggi, la proposta di approvazione del nuovo regolamento, con l’abrogazione del precedente è all’esame del Consiglio comunale e, conseguentemente, l’avvio è subordinato alla conclusione dell’iter consiliare...” - doc. 28 fasc. primo grado del Comune di Venezia). 33.2. Parimenti infondata è la censura, fondata sulla irrazionalità della scelta volta a postergare l’entrata in vigore dell’addizionale comunale de qua con riferimento agli imbarchi portuali, in quanto il Comune nella delibera impugnata ha considerato debitamente le difficoltà create agli operatori portuali dal decreto governativo sul blocco all’ingresso delle c.d. grandi navi al Porto di Venezia, attraverso il bacino di S. Marco e il canale della Giudecca, rinviando al 2026 l’applicazione dell’addizionale ai passeggeri che si imbarchino sulle navi del Porto di Venezia. La circostanza che il Comune non abbia per contro considerato che nel periodo Covid il traffico aeroportuale sia diminuito, pertanto, non vale ex se ad inficiare la scelta ragionevolmente compiuta circa il differimento dell’entrata in vigore della misura con riferimento agli imbarchi portuali, posto che in ogni caso, con riferimento tanto agli imbarchi portuali - per cui è previsto il differimento dell’entrata in vigore dell’imposta - che con riguardo a quelli aereoportuali, l’addizionale è stata fissata nella misura di euro 2,50, per cui alcun beneficio potrebbero ricavare le appellanti dalla pari decorrenza dell’imposta con riferimento agli imbarchi portuali, ovvero a partire dal 1 aprile 2023. Parimenti infondato è il terzo motivo di appello formulato da Sa., volto ad evidenziare l’illegittimità dell’indicata misura per il mancato coinvolgimento dell’Enac e della stessa Sa., posto che la normativa di rango primario (art. 43 del d.l. n. 50 del 2022 che rinvia all’art. 1 comma 572 l. m. 243 del 2021) non prevede alcun coinvolgimento di detti soggetti e che pertanto occorrerebbe semmai sollevare questione di costituzionalità dell’indicata normativa, laddove la stessa Sa. ha formulato solo in via subordinata la questione di legittimità costituzionale. Ed invero, come correttamente sul punto osservato dal primo giudice, la competenza dell’Enac in materia di atti concernenti tariffe, tasse e diritti aeroportuali risulta circoscritta alla sola “istruttoria [...] per l'adozione dei conseguenti provvedimenti del Ministro dei trasporti e della navigazione” (art. 2, comma 1, lett. e del d.lgs. n. 250 del 1997), fattispecie che non appare sovrapponibile o analoga a quella in esame, vertendosi in questo diverso caso dell’istituzione dell’addizionale sul diritto d’imbarco da parte dell’Amministrazione comunale in forza della speciale procedura, prevista dall’art. 43, del d.l. n. 50 del 2022 e diretta al riequilibrio finanziario dell’ente. Infine infondata è la censura contenuta nel quarto motivo, formulato da Sa., e nel terzo motivo, articolato dall’Associazione e dalle compagnie aeree appellanti, fondata sul rilievo che il Tavolo Tecnico aveva concluso la propria istruttoria all’esito della riunione del 20 ottobre 2022 e quindi, oltre il termine del 30 settembre fissato dall’anzidetta disposizione di legge, trattandosi all’evidenza di un termine ordinatorio in funzione acceleratoria e non di un termine decadenziale. 35.1. È infatti principio consolidato quello secondo il quale “un termine è perentorio soltanto qualora vi sia una previsione normativa che espressamente gli attribuisca questa natura, ovvero quando ciò possa desumersi dagli effetti, sempre normativamente previsti, che il suo superamento produce (quali, ad esempio, una preclusione o una decadenza [...]). Ove manchi un’espressa indicazione circa la natura del termine o gli specifici effetti dell’inerzia, deve aversi riguardo alla funzione che lo stesso in concreto assolve nel procedimento, nonché alla peculiarità dell’interesse pubblico coinvolto. Naturale corollario di tale ricostruzione è che in mancanza di elementi certi per qualificare un termine come perentorio, per evidenti ragioni di favor, esso deve ritenersi ordinatorio” (Cons. Stato, 22.1.2020, n. 537. In senso analogo, Cons. Stato, 6.6.2017, n. 2718). Il primo motivo di appello, per contro, in quanto riferito alla sola decorrenza dell’applicazione dell’addizionale de qua, deve intendersi assorbito, avuto riguardo alle evidenziate ragioni di accoglimento degli appelli riuniti, maggiormente satisfattive degli interessi delle parti. In conclusione l’appello va accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, va accolto il ricorso di primo grado, con conseguente annullamento degli atti impugnati. 37.1. Le questioni sopra vagliate esauriscono la vicenda sottoposta all'esame del Collegio, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., Sez. II, 22 marzo 1995, n. 3260, e, per quelle più recenti, Cass. civ., Sez. V, 16 maggio 2012, n. 7663, e per il Consiglio di Stato, Sez. VI, 18 luglio 2016, n. 3176). Gli argomenti di difesa non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso. Sussistono nondimeno eccezionali e gravi ragioni, avuto riguardo alla complessità delle questioni sottese, per compensare integralmente fra le parti le spese di lite. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), riunisce preliminarmente gli appelli come in epigrafe proposti e, definitivamente pronunciando, li accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso di primo grado, con conseguente annullamento degli atti impugnati. Compensa le spese di lite Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 novembre 2023 con l'intervento dei magistrati: Diego Sabatino - Presidente Stefano Fantini - Consigliere Elena Quadri - Consigliere Gianluca Rovelli - Consigliere Diana Caminiti - Consigliere, Estensore L'ESTENSORE IL PRESIDENTE Diana Caminiti Diego Sabatino IL SEGRETARIO

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ZAZA Carlo - Presidente Dott. MASINI Tiziano - Consigliere Dott. DE MARZO Giuseppe - Consigliere Dott. CAPUTO Angelo - Consigliere Dott. MOROSINI Elisabetta - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 14/09/2022 della CORTE di APPELLO di NAPOLI; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Elisabetta Maria Morosini; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Maria Francesca Loy, che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile il ricorso; udito il difensore delle parti civili, avv. (OMISSIS), che ha depositato conclusioni scritte e ha chiesto la liquidazione delle spese come da nota allegata; udito il difensore dell'imputato, avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Napoli ha confermato la condanna di (OMISSIS) ordine al reato di cui all'articolo 2621 c.p., per aver esposto, in veste di amministratore della "(OMISSIS)" srl, informazioni non corrispondenti al vero nei bilanci relativi al 31 dicembre 2014 e al 31 dicembre 2015. 1.1. L'imputato e' stato chiamato a rispondere del delitto in rassegna, perche' "al fine di conseguire un ingiusto profitto per se' o per gli aliti, esponeva nel bilancio al 31.12.2013, al 13.12.2014 ed al 31.12.2015, sotto la voce sopravvenienze attive, un importo pari ad Euro 1.224.489,00 non rispondente al vero, determinando una situazione economica, patrimoniale e finanziaria della societa' alterata, in modo concretamente idoneo a indurre altri in errore poiche' veniva alterato il risultato di esercizio degli anni di imposta 2013, 2014 e 2015 mediante l'indicazione di un utile di esercizio rispettivamente pari a Euro 1.127.404,00, ad Euro 54.936,00, ad Euro 3.180.880,00 laddove invece vi erano perdite di esercizio anche superiori a quelle indicate". 1.2. Il Tribunale ha riconosciuto la colpevolezza dell'imputato in relazione ai bilanci 2014 e 2015; mentre ha dichiarato estinto per prescrizione il reato concernente il bilancio 2013. 1.3. La Corte di appello ha confermato la pronuncia di condanna. In estrema sintesi, i giudici di merito hanno tratto la falsita' delle appostazioni in contestazione dalla circostanza che le stesse erano collegate all'esito vittorioso di un giudizio tributario, il quale, pero', pur favorevole in primo grado, era stato ribaltato all'esito del giudizio di appello gia' pendente alla data di approvazione del bilancio 2013; la Commissione Tributaria regionale aveva deliberato la sentenza, sfavorevole alla societa', il 30 ottobre 2014; la decisione era divenuta irrevocabile. 2. Avverso l'indicata pronuncia ricorre l'imputato, tramite il difensore, articolando plurimi motivi, riconducibili, nella sostanza a tre questioni, di seguito enunciate nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex articolo 173, disp. att. c.p.p.. 2.1. Con il primo gruppo di motivi denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza della falsita' (anche per il bilancio al 31 dicembre 2013). In sintesi si sostiene che: - la sentenza della Commissione tributaria provinciale emessa il 28 settembre 2012 era divenuta irrevocabile in ragione del decorso del termine "breve" per l'impugnazione, a seguito della notificazione in data 10 dicembre 2012 della citata sentenza a (OMISSIS), che non aveva proposto appello entro sessanta giorni; - il 14 ottobre 2013 l'Agenzia delle Entrate aveva adottato un provvedimento di sgravio e il successivo 16 ottobre (OMISSIS) aveva annullato le iscrizioni a ruolo; - secondo la giurisprudenza penale di legittimita', "lo sgravio e' qualcosa di completamente diverso dall'annullamento della cartella da parte di un giudice o dello stesso agente della riscossione, dal momento che esso proviene dall'ente impositore il quale, in tal modo, formalizza la cancellazione della propria pretesa"; - la sentenza della Commissione tributaria regionale, sfavorevole alla societa', era intervenuta quando la prima sentenza era gia' passata in giudicato e il debito tributario, gia' estinto per volonta' dell'ente impositore, era stato cancellato dal ruolo e mai piu' riscritto; - a tutt'oggi il debito in questione non risulta indicato dalla Agenzia delle entrate tra i carichi pendenti iscritti a ruolo. 2.2. Con il secondo gruppo di motivi il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione circa la consapevolezza e volonta' di compiere un falso. A favore della "buona fede" dell'imputato deporrebbero: - le circostanze esposte a sostegno del primo motivo; - le rassicurazioni ricevute da avvocati e consulenti; - il pagamento al difensore di una parcella "commisurata al 15%", percentuale prevista "solo in caso di passaggio in giudicato della sentenza". Si evidenzia come l'effetto estintivo dello sgravio non e' mai entrato a far parte della valutazione probatoria compiuta dai giudici di merito: - la Corte di appello ha liquidato il tema con una motivazione "assurda" che qualifica la mancata revoca dello sgravio come mera dimenticanza o comunque omissione, piu' che "scelta significante"; - il Tribunale non ha mai affrontato la questione. 2.3. Con il terzo gruppo di motivi il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in punto di costituzione delle parti civili. Si contesta: - la legittimazione dei soci di minoranza a costituirsi parte civile "per l'evidente contraddittorieta' tra le conseguenze logiche e contabili della sopravvenienza attiva e i danni che venivano richiesti"; - il difetto di legittimazione degli eredi a proseguire "la domanda in appello" per mancanza dell'atto di successione; - l'assenza di prova di un danno risarcibile causalmente connesso al fatto in contestazione; - il mancato confronto dell'importo delle spese liquidate in primo grado con i limiti del DM 55 del 2014; - la mancata considerazione del fatto che le parti erano "intranee" alla societa' e conoscevano "quella debitoria per nulla nascosta con la sopravvenienza attiva iscritta". 3. L'avv. (OMISSIS), difensore delle parti civili, ha trasmesso una articolata memoria con la quale chiede di dichiarare inammissibile o di rigettare il ricorso, con condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute dalle parti da lui patrocinate. Il difensore dell'imputato ha trasmesso una memoria di replica con la quale contrasta gli argomenti esposti dal patrono di parte civile, chiarendo e spiegando ulteriormente le ragioni a sostegno dei motivi di ricorso. 4. Si e' proceduto a discussione orale su richiesta del difensore dell'imputato. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' infondato. 2. Il primo gruppo di questioni, attinente all'elemento oggettivo, e' infondato. 2.1. La "doppia conforme" di condanna (e la declaratoria di estinzione per prescrizione del reato riferito al bilancio 2013) poggia sulla seguente ricostruzione del fatto. Nel bilancio di esercizio 2012 (approvato in data 8 giugno 2013) la societa' "(OMISSIS)" s.r.l., amministrata dall'imputato, esponeva un debito tributario e previdenziale pari a Euro 2.131.607,00, oltre ad altre passivita' per Euro 176.816,00 (cfr. nota 1 pagina 4 sentenza di primo grado). La societa' aveva impugnato le cartelle di pagamento dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli (di seguito CTP) e, con sentenza deliberata il 28 settembre 2012 (depositata 30 novembre 2012), otteneva l'accoglimento del ricorso per i debiti tributari; mentre, per quelli previdenziali, veniva dichiarato il difetto di giurisdizione. (OMISSIS) impugnava la decisione con atto di appello notificato alla societa' e al suo difensore nei mesi di marzo e aprile 2014 (la notifica veniva rinnovata su ordine del giudice). Nelle more, in forza della provvisoria esecutivita' della pronuncia di primo grado, la societa' otteneva dalla Agenzia delle Entrate un provvedimento di sgravio in data 14 ottobre 2013 e il successivo 16 ottobre 2013 (OMISSIS) annullava le iscrizioni a ruolo. Il 29 luglio 2014, data di approvazione del progetto di bilancio relativo all'annualita' 2013, il processo tributario era pendente in grado di appello. La circostanza veniva rappresentata, nel corso dell'assemblea alla presenza dell'imputato, da (OMISSIS), delegato dai soci di minoranza ( (OMISSIS) e figli), il quale chiedeva spiegazioni, fornendo il numero del procedimento pendente dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale. In quella sede, pero', la societa', invece di reiterare al passivo i debiti tributari di cui alle cartelle impugnate, ancora oggetto di contenzioso, addiveniva alla loro cancellazione iscrivendo come "contropartita", nella sezione "proventi e oneri straordinari", per l'importo di Euro 1.224.489,00, la voce di ricavo straordinario da "sopravvenienze attive". Nella nota integrativa si precisava che: "i proventi straordinari sono costituiti essenzialmente dalla sopravvenienza attiva determinata dal passaggio in giudicato in data 2 febbraio 2013 della sentenza n. 673/18/12 del 28.9.2012 con la quale la Commissione Tributaria provinciale di Napoli ha accolto il ricorso avverso alcune cartelle di pagamento relative a debiti tributari con annullamento dei relativi ruoli". La manovra contabile appena descritta - storno dei debiti tributari con conseguente iscrizione del ricavo da sopravvenienza attiva - generava fittiziamente un utile che andava a incrementare il patrimonio netto (differenza tra attivo e passivo) dell'esercizio 2013. Questa posta veniva mantenuta anche nel patrimonio netto dei bilanci 2014 e 2015, cosi' continuando a fornire una rappresentazione patrimoniale alterata con un utile di esercizio pari a Euro 54.936,00 nel 2014 e a Euro 3.180.880,00 nel 2015. Invero, gia' alla data di approvazione del bilancio 2014 (6 giugno 2015), la CTR aveva pronunciato una sentenza (deliberata il 3 ottobre 2014 -non il 30 ottobre come erroneamente indicato in sentenza - e depositata il 19 dicembre 2014), con la quale aveva capovolto l'esito del giudizio di primo grado, dando pienamente ragione a (OMISSIS). La circostanza veniva rappresentata in assemblea da (OMISSIS) che, presente l'imputato, esibiva copia della sentenza di secondo grado. Il 6 giugno 2015 la societa' non poteva piu' continuare a indicare nel patrimonio netto l'esito favorevole del giudizio tributario, come invece ha fatto, perche' avrebbe dovuto ricostituire il debito, con i conseguenti effetti sulla diminuzione del patrimonio netto. E cosi' al momento di approvazione del bilancio del 2015 (2 agosto 2016). In sostanza, non intervenendo sui bilanci del 2014 e 2015, la societa' ha continuato a esporre un patrimonio sopravvalutato che non rispondeva a verita'. La sentenza della CTR e' passata in giudicato; il ricorso per revocazione presentato dalla societa' (OMISSIS) e' stato dichiarato inammissibile con decisione della CTR del 22 gennaio 2016, depositata il 5 febbraio 2016. 2.2. La linea difensiva tracciata in ricorso si muove lungo due direttrici: - la sentenza di primo grado della CTP di accoglimento del ricorso del contribuente e' passata in giudicato perche' la societa' (OMISSIS) ha notificato l'atto alla controparte che non l'ha impugnato nel termine breve; - il debito tributario non esiste, perche' le cartelle sono state annullate da (OMISSIS) e l'Ente impositore ha adottato un provvedimento di sgravio che a tutt'oggi non e' stato revocato. 2.3. Le tesi non hanno pregio. 2.3.1. Sulla scorta delle Sezioni Unite Passarelli (n. 22474 del 31/03/2016) la funzione del bilancio puo' essere cosi' sintetizzata. Il codice civile regolamenta la redazione del bilancio nella Sezione Nona, Capo Quinto, Titolo Quinto, Libro Quinto. Vengono in particolare rilievo gli articoli da 2423 a 2427. Il legislatore si fa carico di indicare la struttura e il contenuto del bilancio, detta i criteri di redazione dello stesso, impone canoni di valutazione e indica quale debba essere il contenuto della nota integrativa. Il bilancio, in tutte le sue componenti (stato patrimoniale, conto economico, rendiconto finanziario, nota integrativa), e' un documento dal contenuto essenzialmente valutativo, nel quale "confluiscono dati certi (es. il costo di acquisto di un bene), dati stimati (es. il prezzo di mercato di una merce) e dati congetturali (es. le quote di ammortamento). La funzione del bilancio e' essenzialmente quella di informazione e comunicazione: "Attraverso il bilancio, si forniscono, infatti, notizie sulla consistenza e sulle prospettive di un'azienda e cio', evidentemente, non solo a garanzia dei diretti (e attuali) interessati, vale a dire i soci e i creditori, ma anche a tutela dei futuri ed ipotetici soggetti che potrebbero entrare in contatto con la predetta azienda" (Sez. U, Passarelli, cit.). "Ebbene, i destinatari della informazione (i lettori del bilancio) devono essere posti in grado di effettuare le loro valutazioni, vale a dire di valutare un documento, gia' in se' di contenuto essenzialmente valutativo. Ma tale "valutazione su di una valutazione" non sarebbe possibile (ovvero sarebbe assolutamente aleatoria) se non esistessero criteri - obbligatori e/o largamente condivisi - per eseguire tale operazione intellettuale. Tali criteri esistono e sono, in gran parte, imposti dallo stesso legislatore nazionale (cfr. i gia' citati articoli 2423 ss. c.c.), dalle direttive Europee (cfr. Direttiva 2013/34/UE, relativa ai bilanci di esercizio ai bilanci consolidati e alle relative relazioni di talune tipologie di imprese, recepita dal Decreto Legislativo n. 18 agosto 2015, n. 139), ovvero sono frutto della elaborazione dottrinale nelle materie di competenza (e sono ufficializzate ad opera di soggetti "certificatori": Organismo italiano di contabilita' e, a livello sovrannazionale, International Financial Reporting Standard)" (Sez. U, Passarelli, cit., in motivazione). L'articolo 2423 c.c. impone al redattore del bilancio la elaborazione di un documento che rappresenti "in modo veritiero e corretto" tanto la situazione patrimoniale e quella finanziaria della societa', quanto il risultato economico dell'esercizio. La nota integrativa rappresenta, quindi, la chiave di lettura del bilancio e la esplicitazione dei criteri (e della eventuale deroga a tali criteri) di redazione dello stesso (Sez. U n. 22474 del 31/03/2016, Passarelli, cit., in motivazione). 2.3.2. Nella specie la falsita' consiste nella indicazione nel bilancio 2013 (reato dichiarato prescritto per il quale, pero', il ricorrente ha chiesto una pronuncia ex articolo 129, comma 2, c.p.p.) di una "sopravvenienza attiva" non veritiera per Euro 1.224.489,00 (attraverso il meccanismo in precedenza descritto). L'appostazione e' stata sostenuta da una nota integrativa che, esponendo il falso, ha fatto derivare la "sopravvenienza attiva" dalla pronuncia di una sentenza tributaria favorevole "passata in giudicato". In tal modo si e' generato fittiziamente un utile che ha incrementato il patrimonio netto dell'esercizio 2013 e che e' stato conservato anche nel patrimonio netto dei bilanci 2014 e 2015, cosi' continuando a fornire una rappresentazione non conforme al vero addirittura quando era stata pronunciata, in appello, una sentenza sfavorevole al contribuente. 2.3.3. Il ricorrente sostiene che il debito tributario era venuto meno in forza di una sentenza passata in giudicato e pertanto sarebbero veritiere le appostazioni in bilancio che a cio' si riferiscono. In realta' la sentenza di primo grado assunta dalla CTP il 28 settembre 2012 non e' mai passata in giudicato, come risulta: - dalla pronuncia di una sentenza di appello che evidentemente postula la tempestivita' dell'impugnazione; - dalla circostanza che, in base alla attestazione effettuata dai giudici della CTR, agli atti del fascicolo di secondo grado iscritto al n. 3416/13 non era contenuta alcuna prova della notifica della sentenza di primo grado a (OMISSIS) (cfr. pagg. 12 e 13 sentenza primo grado); - dalla declaratoria di inammissibilita' della richiesta di revocazione; - dalla assenza di una certificazione rilasciata ex articolo 124 disp. att. c.p.c.: "Nel processo tributario, in mancanza di una previsione specifica sulla certificazione del passaggio in giudicato della sentenza, va applicato per analogia legis, secondo la previsione dell'articolo 1, comma 2, del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, l'articolo 124 disp. att. c.p.c., sicche' e' necessario che il segretario della commissione tributaria, provinciale o regionale, certifichi, in calce alla copia della sentenza contenente la relazione della notificazione alla controparte o alla copia della sentenza non notificata, che nei termini di legge non e' stata proposta impugnazione" (Sez. 5 civ., n. 21366 del 21/10/2015, Rv. 636957 - 01; Sez. 5 civ., n. 3621 del 07/02/2019, Rv. 652341 - 01). E' quindi mendace quanto dichiarato nella nota integrativa a proposito del passaggio in giudicato della sentenza della CTP. Il giudice penale non puo' sindacare il passaggio in giudicato di sentenza pronunciata da un giudice appartenente a un'altra giurisdizione, sostituendosi ad esso, peraltro avvalendosi di una conoscenza soltanto parziale degli atti di causa, prodotti dalla parte interessata in copia informale e in modo selettivo. 2.3.4. Secondo il ricorrente il debito tributario si e' estinto per volonta' dell'ente impositore che ha adottato un provvedimento di sgravio nel 2013; il debito e' stato cancellato dal ruolo senza essere mai piu' riscritto. Premesso che la nota integrativa al bilancio 2013 non faceva alcun riferimento allo sgravio, ma collegava l'annullamento del debito a un fatto non corrispondente al vero (il passaggio in giudicato della sentenza tributaria), il principio introdotto dal ricorrente non e' condivisibile. Lo sgravio adottato, come nella specie, in conseguenza della soccombenza in una vertenza tributaria non definitiva, non cancella il debito. Invero secondo i consolidati arresti della giurisprudenza civile lo sgravio della cartella di pagamento, disposto in provvisoria esecuzione della sentenza di primo grado favorevole al contribuente prima della presentazione dell'appello, non comporta alcuna acquiescenza alle ragioni del contribuente, ne' alcuna rinuncia alla pretesa impositiva, poiche', alla luce della provvisoria esecutivita' delle sentenze di primo grado, puo' essere determinato anche dalla mera volonta' di evitare le eventuali ulteriori spese di precetto e dei successivi atti di esecuzione (cfr. Sez. 5 civ., n. 24064 del 28/12/2012, Rv. 624699; Sez. 5 civ., n. 21590 del 23/10/2015, Rv. 636905; Sez. 5 civ., n. 6334 del 01/04/2016, Rv. 639630 - 01). Le pronunce delle sezioni penali, citate in ricorso, si occupano del caso, ben diverso, della sequestrabilita' del profitto del reato in presenza di un provvedimento di sgravio e fanno tutte riferimento a una condizione provvisoria tipica dei provvedimenti cautelari espressa dal brocardo "rebus sic stantibus" (Sez. 3, n. 39187 del 02/07/2015, Lobardi Stronati, Rv. 264789; Sez. 3, n. 8226 del 28/10/2020, dep. 2021, Soave, Rv. 281586 - 01). 3. E' infondato anche il secondo gruppo di questioni, attinente all'elemento soggettivo e, in particolare, alla asserita "buona fede" nella esposizione della attivita' in bilancio. 3.1. Dalla medesima scansione temporale degli accadimenti riportata al paragrafo 2.1., i giudici di merito hanno tratto la prova della consapevolezza, in capo all'imputato, della falsita' della appostazione (cfr. pagg. 12 e 13 sentenza di primo grado e pag. 4 sentenza impugnata): - quanto al bilancio del 2013 (oggetto di pronuncia di estinzione del reato), l'imputato era a conoscenza della non definitivita' della sentenza della CTP, poiche' aveva ricevuto la notifica dell'appello di (OMISSIS) e perche' la pendenza dell'impugnazione gli era stata espressamente rappresentata, in assemblea, dal delegato dei soci di minoranza; - quanto ai bilanci successivi (oggetto di condanna), l'imputato sapeva che il giudizio favorevole era stato capovolto in appello; la circostanza gli era stata comunicata, in assemblea, anche dal delegato dei soci di minoranza che aveva esibito copia della pronuncia di secondo grado, totalmente sfavorevole alla societa'. 3.2. Al riguardo il giudice di merito confuta l'asserito affidamento riposto dall'imputato nelle rassicurazioni dei propri professionisti, definendolo un "mero pretesto"; l'imputato ha negato ostinatamente una situazione palese la cui comprensione non richiedeva mediazioni tecniche: e' stato celebrato un giudizio di appello che ha sancito l'esito vittorioso di (OMISSIS) e l'esistenza del debito tributario fatto scomparire dai bilanci oggetto di contestazione. 4. Il terzo gruppo di motivi, afferenti alla costituzione di parte civile, e' manifestamente infondato. 4.1. I soci di minoranza sono certamente legittimati alla costituzione di parte civile nel processo penale per il reato di falso in bilancio, trattandosi dei principali destinatari (e diretti interessati) delle informazioni e comunicazioni contenute nel bilancio. 4.2. Alla morte della persona costituitasi parte civile non si verifica l'interruzione del rapporto processuale, prevista dall'articolo 300 c.p.c. ed inapplicabile al processo penale, che, invece, e' ispirato all'impulso di ufficio; la costituzione, pertanto, resta valida e l'erede del defunto puo' intervenire nel processo senza effettuare una nuova costituzione ma semplicemente dimostrando la propria qualita' di erede e subentrando nella posizione della parte civile per qualsiasi rapporto processuale posto in capo alla stessa (cfr. tra le altre Sez. 3, n. 17054 del 13/12/2018, dep. 2019, Rv. 275904 - 04). 4.3. Il giudice di merito ha pronunciata condanna generica, riconoscendo un danno meramente potenziale, che ha ravvisato nel pregiudizio arrecato ai soci di minoranza di conoscere la reale situazione debitoria della societa', di assumere le conseguenti determinazioni e di vedersi esposti al rischio di subire gravose perdite, seppure nei limiti del conferimento. Si tratta di ragionamento immune da vizi logici, criticato dal ricorrente in maniera assertiva. 4.4. Il mancato rispetto del Decreto Ministeriale n. 55 del 2014 e' meramente ipotizzato, peraltro in maniera generica. 4.5. E' del tutto irrilevante che le parti civili conoscessero quella debitoria, poiche' i soci di minoranza, pur consapevoli del mendacio che hanno portato essi stessi alla luce, hanno dovuto subire l'approvazione di bilanci falsi. 5. Consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonche' alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili, che, tenuto conto dell'opera prestata e della pluralita' delle parti assistite, possono liquidarsi in complessivi Euro 6.300, oltre accessori di legge ( (OMISSIS) risulta difesa anche da un difensore ulteriore rispetto a quello che ha partecipato all'udienza e che rappresenta tutte le parti civili; le spese per un secondo difensore non possono essere riconosciute alla luce del disposto dell'articolo 100, comma 1, c.p.p.). 6. Va chiarito che alla data odierna non e' ancora decorso il termine massimo di prescrizione dei reati, pari a anni sette e mesi sei. I delitti in contestazione si sono consumati il 6 giugno 2015 e il 2 agosto 2016. Il primo termine prescrizionale maturerebbe in data 8 giugno 2023, tenuto conto di 184 giorni di sospensione (60 giorni per rinvio udienza del 10 gennaio 2019 per impedimento difensore; 60 giorni per rinvio udienza 9 aprile 2019 per impedimento difensore; 64 giorni di sospensione c.d. Covid in relazione alla fissazione, nel primo periodo emergenziale, dell'udienza 1 aprile 2020; su detto ultimo punto cfr. Sez. U, n. 5292 del 26/11/2020, dep. 2021, Sanna, Rv. 280432). P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili, che liquida in complessivi Euro 6.300, oltre accessori di legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. PEZZULLO Rosa - Presidente Dott. Scarl INI Enrico V. - rel. Consigliere Dott. PILLA Egle - Consigliere Dott. CANANZI Francesco - Consigliere Dott. BIFULCO Daniela - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 17/06/2021 della CORTE APPELLO di ROMA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. SCARLINI ENRICO VITTORIO STANISLAO - PILLA EGLE; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. GIORDANO LUIGI; Il Proc. Gen. si riporta integralmente alla requisitoria depositata e conclude per l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio per la mancata applicazione delle attenuanti generiche riconosciute in primo grado, rideterminando la pena inflitta a (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), rigettando nel resto i relativi ricorsi; conclude per l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata in relazione alla conferma della confisca disposta nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS); conclude per l'inammissibilita' del ricorso proposto da (OMISSIS); conclude per il rigetto dei ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). udito il difensore; Il Difensore di P.C. (OMISSIS) (AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO) chiede la conferma della sentenza impugnata segnatamente quanto alle condanne al risarcimento del danno civile subito dall'AGENZIA DELLE ENTRATE e alle confische in favore dell'Erario. L'avvocato (OMISSIS) (AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO) deposita conclusioni e nota spese. Il Difensore di P.C. (OMISSIS) del foro di FROSINONE deposita conclusioni e nota spese e si riporta alle conclusioni depositate. Il Difensore (OMISSIS) del foro di ROMA chiede l'annullamento della sentenza impugnata e insiste per l'accoglimento del ricorso proposto da (OMISSIS). Il Difensore (OMISSIS) del foro di ROMA si riporta alle conclusioni del co-difensore e insiste per l'annullamento della sentenza impugnata. Il Difensore (OMISSIS) del foro di ROMA si riporta ai motivi del ricorso di (OMISSIS) e insiste per l'accoglimento dello stesso. Il Difensore (OMISSIS) del foro di ROMA si riporta ai motivi del ricorso di (OMISSIS) e insiste per l'accoglimento dello stesso. Il Difensore (OMISSIS) del foro di ROMA si riporta alle memorie depositate e insiste per l'accoglimento del ricorso di (OMISSIS). Il Difensore (OMISSIS) del foro di ROMA chiede l'annullamento della sentenza impugnata e insiste per l'accoglimento dei ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS). Il Difensore (OMISSIS) del foro di LATINA si riporta ai motivi del ricorso di (OMISSIS) e insiste per l'accoglimento dello stesso. Il Difensore (OMISSIS) del foro di LATINA chiede l'annullamento della sentenza impugnata e insiste per l'accoglimento del ricorso di (OMISSIS). Il Difensore (OMISSIS) del foro di TIVOLI si riporta ai motivi dei ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS) e insiste per l'accoglimento degli stessi. Il Difensore (OMISSIS) del foro di ROMA chiede l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata e, riportandosi ai motivi dei ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS), insiste per l'accoglimento degli stessi. Il Difensore (OMISSIS) del foro di ROMA si riporta all'atto di impugnazione e insiste per l'accoglimento del ricorso di (OMISSIS). Il Difensore (OMISSIS) del foro di ROMA si riporta ai motivi del ricorso di (OMISSIS) e insiste per l'accoglimento dello stesso. RITENUTO IN FATTO 1. Per quanto qui di interesse, il Tribunale di Roma: - con sentenza del 12 settembre 2016 (proc n. 22166/16), dichiarava responsabili dei delitti loro rispettivamente ascritti e meglio indicati in dispositivo (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) , (OMISSIS) e (OMISSIS) condannandoli alle pene (ed al risarcimento dei danni) riportate in sentenza, disponendo la confisca di una serie di beni di loro appartenenza; - con sentenza del 20 marzo 2019 (proc. n. 7578/19), dichiarava responsabili dei delitti loro rispettivamente ascritti e meglio indicati in dispositivo (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS) condannandoli alle pene (ed al risarcimento dei danni) riportate in sentenza e confiscandone i beni fino alla concorrenza delle somme precisate. Nel procedimento concluso con la prima sentenza era contestata ai prevenuti la costituzione di un'associazione a delinquere, volta alla commissione di reati di bancarotta (patrimoniale ed impropria), di riciclaggio e di violazioni della normativa fiscale, tutti finalizzati a spogliare (con modalita' varie e anche finanziandosi con la stipula di contratti di leasing immobiliare) le societa' degli amministratori di societa' decotte che a tale associazione si rivolgevano, di gran parte del loro patrimonio, trasferendo poi le societa' stesse all'estero al fine di eludere la declaratoria del dissesto nel territorio nazionale. Al delitto associativo si erano aggiunti i reati-fine costituiti dalla violazione delle norme previste dal Decreto Legislativo n. 74 del 2000, dai delitti di bancarotta, di riciclaggio, di appropriazione indebita meglio descritti in rubrica, consumati in occasione della spoliazione delle societa' indicate. La medesima imputazione associativa veniva ascritta agli ulteriori imputati del procedimento definito con la seconda sentenza citata, con i reati fini afferenti le medesime (gia' contestate ai coimputati) ed altre operazioni di spoliazione delle societa' avviate al fallimento. 1.1. La Corte di appello di Roma, con la sentenza del 17 giugno 2012, oggi impugnata, previa riunione dei procedimenti e in parziale riforma delle ricordate pronunce, proscioglieva i prevenuti dai reati che si erano, nel frattempo, estinti per prescrizione, assolveva alcuni degli imputati da parte delle accuse loro mosse e rideterminava le pene inflitte agli odierni ricorrenti nella misura indicata in dispositivo. 1.2. Gli imputati che hanno proposto ricorso sono i seguenti. 2. Gli Avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS), per (OMISSIS), articolano nove motivi di ricorso. Pambianchi e' imputato dei reati di cui ai capi 2, 10, 24, 27, 28 e 31 del proc. n. 7578/19 e del delitto associativo. 2.1. Con il primo motivo deducono la violazione di legge, ed in particolare degli articoli 416, 110, c.p. e articolo 192 c.p.p., ed il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilita' del ricorrente per il delitto associativo. Era stato smentito il supposto ruolo del prevenuto di collettore dei clienti per conto dell'associazione. Non si era individuata alcuna specifica condotta ma lo si era ritenuto parte dell'associazione, nel ruolo di organizzatore, per la mera contitolarita' dello studio professionale. Si era contraddittoriamente affermato che non vi era la prova del percepimento, da parte sua, di alcun profitto illecito per poi osservare come, invece, si dovesse dedurre l'intraneita' del (OMISSIS) nell'associazione dal percepimento di profitti rivenienti da alcune delle operazioni contestate. La Corte si era limitata a valorizzare il preteso contenuto della chiavetta usb sequestrata al (OMISSIS). Supporto che, pero', costituiva un unico indizio a carico dell'imputato, che non poteva neppure definirsi grave e preciso, configurando solo un mero sospetto o una semplice congettura e non una piena prova della sua responsabilita'. Quanto al preteso profitto che si assume ricavato da (OMISSIS) nella vicenda (OMISSIS), i 300.000 erano a lui dovuti a titolo di compenso professionale. Il teste (OMISSIS) ne aveva attestato l'estraneita' della vicenda della cessione dell'immobile di (OMISSIS). Ne' ve ne era traccia nella pendrive. Tra i files dello studio (OMISSIS) non era indicato il ricorrente. Non erano emersi contatti fra (OMISSIS) e gli altri presunti associati o il suo coinvolgimento nelle condotte illecite. Quanto alla complessiva vicenda del Gruppo (OMISSIS) si erano travisati i contenuti delle tre conversazioni intercettate. In esse, (OMISSIS) non si era mostrato affatto fiero dell'operazione condotta per sottrarre le societa' al pagamento delle imposte (le si ricordavano da pag. 16 del ricorso), come asserito dalla Corte di merito. 2.2. Con il secondo motivo lamentano la violazione di legge, ed in particolare della L. Fall., articoli 216, 219 e 223, ed il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilita' del prevenuto per il delitto ascrittogli al capo 10 (RG 7578). Si osserva come la stessa Corte di merito aveva convenuto sul fatto che non potesse ascriversi la responsabilita' delle condotte descritte nelle plurime imputazioni impersonalmente allo studio (OMISSIS)- (OMISSIS), senza precisare chi fossero i professionisti che, per esso, avevano concretamente operato, ma che, da tale premessa, non se ne erano tratte le dovute conseguenze in ordine alla responsabilita' del (OMISSIS), che era rimasto sempre estraneo ai fatti, limitandosi ad essere uno dei titolari dello studio. Posto poi che il ricorrente, rispetto ai reati fallimentari, avrebbe potuto ricoprire soltanto la posizione di extraneus, non si erano neppure provati ne' l'accordo criminoso con il soggetto qualificato, gli amministratori delle societa', ne' il suo contributo causale ai reati ascritti, ne' l'elemento soggettivo dei medesimi. Quanto alle operazioni descritte al capo 10 della rubrica (pg. 65 e ss della sentenza), pur attribuendone, la Corte, l'ideazione e la realizzazione a (OMISSIS), si era dedotto il contributo del ricorrente dalla sola compartecipazione allo studio professionale. L'imprenditore di riferimento delle suddette operazioni, infatti, (OMISSIS), non aveva riferito di alcuna concreta condotta del (OMISSIS). Ne' la stessa poteva essere desunta dalla riferibilita' della societa' (OMISSIS), coinvolta nella vicenda, allo studio professionale, tanto piu' che gli stessi dipendenti di questa avevano escluso qualsivoglia interessamento del ricorrente alla societa'. Nulla poi poteva dedursi dal documento sequestrato, il preventivo relativo ai compensi richiesti per la ristrutturazione del gruppo, posto che era stato redatto nel 2009 e, quindi, tre anni dopo i fatti contestati. 2.3. Con il terzo motivo denunciano la violazione di legge, ed in particolare della L. Fall., articoli 216, 219 e 223, ed il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilita' del prevenuto per il delitto ascrittogli al capo 24 (RG 7578), in relazione al fallimento (OMISSIS) (pg 75 e ss sentenza). La Corte territoriale aveva illustrato il solo contributo nella vicenda di una coimputata (la (OMISSIS)), limitandosi poi ad affermare che ne doveva rispondere anche il ricorrente posto che si era utilizzata la "collaudata procedura". Non si era pertanto individuato alcun concreto contributo fornito dal (OMISSIS), contributo che non poteva essere surrogato dalla sua assunta partecipazione all'associazione e dalla mera similitudine delle procedure seguite. 2.4. Con il quarto motivo lamentano la violazione di legge, ed in particolare della L. Fall., articoli 216, 219 e 223, ed il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilita' del prevenuto per i delitti ascrittigli ai capi 27, 28 e 31 (RG 7578), riferibili alle societa' del gruppo (OMISSIS). Anche in questa vicenda non era stata individuata alcuna concreta condotta tenuta dal (OMISSIS) in riferimento alle operazioni descritte nelle imputazioni. Si era limitato ad incontrare i fratelli (OMISSIS), in un paio di occasioni, in cui ci si era scambiati solo i convenevoli di circostanza. Quanto alle cambiali e ai proventi delle operazioni che, secondo gli appunti contenuti nella pendrive, sarebbero pervenuti alla societa' (OMISSIS) facente capo allo studio professionale, si era gia' osservato come questa fosse stata, invece, utilizzata come strumento per veicolare le somme di denaro rivenienti dal gruppo (OMISSIS) a (OMISSIS) (coinvolto in quella vicenda), dal cui addebito, pero', (OMISSIS) era stato assolto. Anche in questo caso si era pertanto dedotta la responsabilita' del ricorrente dal suo coinvolgimento nelle attivita' dello studio professionale. 2.5. Con il quinto motivo denunciano la violazione di legge, ed in particolare della L. Fall., articoli 216, 219 e 223, ed il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilita' del prevenuto per il delitto ascrittogli al capo 2 (RG 7578), relativo al fallimento (OMISSIS). Lamentano anche la mancata derubricazione delle condotte nella gradata ipotesi della bancarotta preferenziale, con conseguente estinzione del reato per prescrizione. Questo, infatti, secondo la stessa difesa, era l'unico caso in cui era stato individuato un trasferimento di somme ad una delle societa' facenti capo al ricorrente. Non si era risposto pero' adeguatamente alla censura mossa in appello (circa, appunto, l'invocata derubricazione nell'ipotesi di cui alla L. Fall., articolo 216, comma 3) considerando che quelle somme erano state corrisposte a dei creditori della societa' che, proprio per tale ragione, non si erano poi insinuati nel fallimento, vantando titoli che emergevano dai dati di bilancio, come aveva anche osservato il CT della difesa, Dott. (OMISSIS). 2.6. Con il sesto motivo lamentano la violazione di legge, ed in particolare della L. n. 146 del 2006, articolo 3, ed il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza della natura transnazionale dei delitti ascritti al prevenuto ai capi 1, 2, 10, 27 e 31 (RG 7578) ed alla confisca di beni da questa consentita. Si era speso sul punto uno specifico motivo di appello ma la Corte di merito non aveva argomentato se non in modo del tutto apparente, posto che non si erano raccolti elementi concreti da cui potersi dedurre che una parte essenziale della condotta si fosse svolta all'estero, ove, invece, si erano solo iscritte prima e cancellate poi le societa'. Peraltro, non rispondeva neppure al vero che tutte le condotte erano state consumate dopo l'entrata in vigore della L. n. 146 del 2006: il trasferimento all'estero di (OMISSIS) datava al 2004 e cosi' i trasferimenti delle societa' di cui ai capi 27 e 31, avvenuti nel corso degli anni 2004/2005. Doveva poi considerarsi che, quanto al capo 10, le condotte dei cittadini stranieri erano state tutte consumate in Italia. Tutti gli atti distrattivi erano stati commessi nel territorio nazionale. 2.7. Con il settimo motivo denunciano la violazione di legge, ed in particolare degli articoli 114 e 110 c.p., ed il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilita' del prevenuto per il delitto ascrittogli al capo 10 (RG 7578). In considerazione di tutto quanto sopra rilevato si doveva riconoscere al prevenuto un ruolo del tutto marginale nell'intera vicenda e si sarebbe dovuto applicare l'ipotesi gradata prevista, appunto, dall'articolo 114 c.p.. 2.8. Con l'ottavo motivo lamentano la violazione di legge, ed in particolare degli articoli 81 cpv. 132 e 133 c.p., ed il vizio di motivazione in ordine alla dosimetria della pena. Non si era distinto, per quanto attiene al reato contestato al capo 27, ritenuto il piu' grave, fra la pena base e l'aumento per l'aggravante del danno di rilevante entita'. Si era effettuato un identico aumento per tutti gli altri capi, senza precisazione alcuna. La Corte d'appello, nonostante lo specifico gravame, non aveva emendato tali vizi. Cosi' che era rimasto impossibile discernere, per il capo 27, quale fosse stata la pena base. Quanto agli aumenti per la continuazione non si era tenuto conto del fatto che alcune contestazioni prevedevano una o entrambe le aggravanti fallimentari. 2.9. Con il nono motivo lamentano la violazione di legge, ed in particolare dell'articolo 597 c.p.p., ed il vizio di motivazione in ordine alla concessione delle circostanze attenuanti generiche. Non si era sanato il contrasto fra le due pronunce di primo grado in ordine al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche (concesse nel RG 22166 e negate nel RG. 7578) in ordine alle posizioni di (OMISSIS) e (OMISSIS). 2.10. Con una successiva memoria, i difensori del (OMISSIS) articolano motivi nuovi in cui argomentano ancora il vizio di motivazione in riferimento alla ritenuta responsabilita' del ricorrente in riferimento al delitto associativo, ed ai reati fine (con particolare riguardo a quelli contestati ai capi 2, 10, 24, 27, 28, e 31). 3. Gli Avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS), per (OMISSIS), articolano venti motivi di ricorso. (OMISSIS) era imputato dei fatti descritti ai capi 2, 4, 6, 8, 10, 24, 27, 28 e 31 RG 7578/2029 e del delitto associativo. 3.1. Con il primo motivo lamentano la violazione di legge, ed in particolare della L. Fall., articolo 219 e articolo 223, comma 2, n. 2, ed il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilita' del prevenuto per il delitto ascrittogli al capo 27 (RG 7578), la bancarotta impropria per il cagionamento del fallimento di (OMISSIS) srl mediante le operazioni dolose ivi indicate. In nessuno dei passaggi motivazionali delle sentenze di merito si erano illustrati gli elementi essenziali del reato, che si ricordava essere "proprio", contestato, quindi, al (OMISSIS) quale extraneus (non avendo il ricorrente ricoperto alcuna carica nella societa', rispetto alla quale aveva assunto il solo ruolo di consulente). Non erano stati specificati ne' il contributo che l'imputato avrebbe apportato, in concorso con gli amministratori della societa', alla causazione del dissesto, ne' il nesso causale di tale comportamento con il dissesto stesso e neppure il dolo del concorso nel reato. Non erano stati richiamati gli atti descritti al capo 26 (che avevano costituito il presupposto del delitto in questione) e non era stato illustrato il concreto contributo fornito dal ricorrente a ciascuno di essi. Non si era tenuto conto del fatto che, trattandosi di scissioni societarie, permaneva comunque la responsabilita' solidale di tutte le societa' e soprattutto della capogruppo. Non si era data risposta alle obiezioni mosse con il motivo d'appello. 3.2. Con il secondo motivo deducono la violazione di legge, ed in particolare degli articoli 192 e 513 c.p.p., ed il vizio di motivazione in ordine alla mancata riapertura dell'istruttoria dibattimentale in relazione al medesimo capo 27 ed alla valutazione delle chiamate in correita' dei fratelli (OMISSIS). Non si erano reperiti riscontri esterni ed individualizzanti alla narrazione dei fratelli (OMISSIS) (che avevano riferito di essersi limitati a effettuare tutte le operazioni loro suggerite dal ricorrente). Ed anzi, non si era neppure tenuto conto del fatto che gli apporti dichiarativi dei fratelli (OMISSIS) costituivano delle chiamate in correita' e se ne sarebbe dovuta valutare l'attendibilita' intrinseca ed estrinseca. Era comunque illogico ritenere che degli imprenditori si limitassero a adempiere supinamente alle richieste di un consulente. 3.3. Con il terzo ed il quarto motivo denunciano la violazione di legge, ed in particolare della L. Fall., articolo 219 e articolo 223, comma 2, n. 2, ed il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilita' del prevenuto per i delitti ascrittigli ai capi 6 ed 8 (RG 7578). I delitti contestati ai capi indicati erano delle condotte di bancarotta impropria, punita ai sensi della L. Fall., articolo 223, comma 2, n. 2, e non di bancarotta per distrazione come in sostanza affermato dalla Corte di merito. Il contributo dichiarativo di (OMISSIS) doveva essere considerato una chiamata in correita' e non una mera testimonianza e si sarebbero dovuti individuare degli elementi di riscontro, esterni ed individualizzanti, che, invece, non erano stati reperiti. Peraltro, (OMISSIS) aveva riferito che, inizialmente, non era neppure previsto il trasferimento all'estero delle societa'. Il ricorrente si era limitato a fornire una consulenza fiscale, in relazione alla possibile istanza di concordato preventivo. Il trasferimento all'estero era avvenuto su indicazione di un altro coimputato, l' (OMISSIS). Coimputato che non era collegato con il ricorrente. Al momento delle operazioni il dissesto non era affatto prevedibile. 3.4. Con il quinto motivo deducono la violazione di legge, ed in particolare della L. Fall., articoli 216, 219, 223 e 10, ed il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilita' del prevenuto per tutti i delitti di bancarotta ascrittigli, non potendo egli prevedere l'avvenuto mutamento giurisprudenziale in riferimento alla interpretazione della norma da ultimo citata. I trasferimenti delle societa' all'estero erano avvenuti fra il 2004 ed il 2010. La giurisprudenza di legittimita' civile riteneva che si potesse dichiarare il fallimento delle societa' trasferite all'estero solo entro un anno dal mutamento, fittizio, della sede. Solo con la sentenza delle Sezioni unite civili n. 8426 del 2010 si era precisato che, anche in caso di cancellazione della societa' solo fittiziamente trasferita all'estero, se ne poteva dichiarare il fallimento oltre l'anno dalla cancellazione dal registro. Ed era in base a tale nuovo orientamento che erano stati chiesti i fallimenti delle societa' indicate nelle imputazioni. Cosi' che (OMISSIS), al momento delle operazioni, non si sarebbe neppure potuto rappresentare che le societa' coinvolte avrebbero potuto incorrere nelle dichiarazioni di dissesto. Occorreva, allora, applicare i principi dettati dall'articolo 7 della Convenzione EDU, che impediscono che possa essere considerata di rilievo penale una condotta che non era tale al momento in cui era stata commessa, anche alla luce dell'interpretazione giurisprudenziale dell'epoca. Nel caso di specie, la pronuncia delle Sezioni unite aveva totalmente innovato il presupposto della fallibilita' delle societa' in oggetto. E la sentenza dichiarativa del fallimento e' parte essenziale del reato di bancarotta perche' si inserisce nella struttura stessa del delitto, quantomeno come condizione obiettiva di punibilita'. 3.5. Con il sesto motivo deducono la violazione di legge, ed in particolare degli articoli 5, 43 e 47 c.p., ed il vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell'errore di diritto inevitabile. Le considerazioni sopra argomentate dovevano valere anche sotto il ricordato profilo, essendo, nel caso, il ricorrente, incorso in un errore di diritto che la precedente giurisprudenza civile di legittimita' aveva avvalorato. 3.6. Con il settimo motivo lamentano la violazione di legge, ed in particolare della L. Fall., articoli 216, 219 e 223, ed il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilita' del prevenuto per i delitti ascrittigli al capo 28 e 31 (RG 7578). Innanzitutto, la prima sentenza dichiarativa era stata revocata e la pronuncia di una nuova sentenza non aveva rilievo ai fini penali, tanto piu' che, nel capo di imputazione, era citata solo la prima pronuncia. Si trattava delle societa' del gruppo (OMISSIS). Si erano strutturate operazioni nell'arco di almeno sei anni, con interessamento anche di alcuni enti del gruppo (OMISSIS) (OMISSIS). Che tutto cio' fosse stato ideato dal ricorrente non vi era prova alcuna. Ed era illogico ritenere che un disegno spoliativo si fosse dipanato in un cosi' lungo lasso di tempo. 3.7. Con l'ottavo motivo denunciano la violazione di legge, ed in particolare della L. Fall., articoli 216, 219 e 223, ed il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilita' del prevenuto per il delitto ascrittogli al capo 2 (RG 7578) anche in relazione al ruolo di amministratore di fatto attribuito al ricorrente. Di tale ruolo non v'era emergenza alcuna e lo si era ritenuto solo in base a mere congetture. A tal proposito si erano valorizzate delle circostanze del tutto neutre e si erano travisate le risultanze emergenti dalla pendrive. Si era insistito sul "sistema (OMISSIS) (OMISSIS)" ma non si era raggiunta la prova della spartizione dei proventi delle operazioni. Il consulente della difesa aveva ricostruito i passaggi che dimostravano il contrario di quanto affermato dall'accusa. 3.8. Con il nono motivo lamentano la violazione di legge, ed in particolare della L. Fall., articoli 216, 219 e 223, ed il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilita' del prevenuto per i delitti ascrittigli ai capi 4, 6 ed 8 (RG 7578). La sentenza di patteggiamento dei fratelli (OMISSIS) dimostrava soltanto l'ascrivibilita' ai medesimi delle distrazioni loro contestate. (OMISSIS), nel caso di specie, si era limitato a fornite la propria consulenza che era stata adeguatamente remunerata. Che egli fosse stato l'ideatore delle operazioni era smentito dal fatto che il trasferimento delle societa' all'estero non era previsto fin dall'inizio. L'assoluzione del (OMISSIS) travolgeva l'intero costrutto accusatorio. 3.9. Con il decimo motivo deducono la violazione di legge, ed in particolare della L. Fall., articoli 216, 219 e 223, ed il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilita' del prevenuto per i delitti ascrittigli ai capi 10 e 24 (RG 7578). Si trattava, al capo 10, della vicenda afferente le societa' del (OMISSIS). Le dichiarazioni del quale, pero', non erano state valutate come una chiamata in correita' come, invece, erano. Quanto alle vicende del capo 24, relativo al fallimento (OMISSIS), non si era riusciti ad individuare alcun coinvolgimento nella vicenda del ricorrente. Ne era stato implicato il solo (OMISSIS) e non vi era prova che questi avesse agito su indicazione dell'imputato. 3.10. Con l'undicesimo motivo denunciano la violazione di legge, ed in particolare dell'articolo 416 c.p., ed il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilita' del prevenuto per il delitto associativo. Non si era tenuto conto del fatto che (OMISSIS) svolgeva una lecita attivita' professionale di commercialista. Rientrava pertanto nei suoi compiti suggerire le operazioni societarie che solo gli amministratori delle societa' avevano poi effettuato. La fase del trasferimento all'estero di queste era stata seguita esclusivamente da (OMISSIS) (che si avvaleva di una propria struttura), senza che vi partecipasse (OMISSIS) (e neppure (OMISSIS)) come si era anche ammesso, nella sentenza impugnata, nel caso del gruppo (OMISSIS). La comunione dei mezzi finanziari derivava dalle necessita' dello studio associato. Si era ritenuto l'imputato l'ideatore delle operazioni anche smentendo le dichiarazioni che ne confutavano il ruolo, quali quelle di (OMISSIS) ed (OMISSIS). Si erano acquisiti atti di indagini preliminari quali le relazioni L. Fall., ex articoli 33 ed i pvc di constatazione della Agenzia delle entrate. Non si era data risposta ai rilievi mossi con i motivi di appello. Non si era dichiarato prescritto il reato. La prescrizione era maturata il 19 ottobre 2020 considerando la cessazione della permanenza alla data di applicazione delle misure di cautela personale (calcolando la sospensione di giorni 215 relativa al diverso processo, piu' favorevole al ricorrente) o al 6 ottobre 2021 con la sospensione indicata dalla Corte d'appello. 3.11. Con il dodicesimo motivo deducono la violazione di legge, ed in particolare degli articoli 192 e 533 c.p.p., ed il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza e rilevanza del cosiddetto sistema (OMISSIS)- (OMISSIS). Si erano individuati, sul punto, solo indizi insufficienti ad assurgere al grado di prova e, cio' nonostante, si era fatto largo uso di tale locuzione, per dedurne altri elementi di prova, altrimenti inesistenti. 3.12. Con il tredicesimo motivo lamentano la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla commistione fra gli elementi di prova tratti dai due diversi procedimenti. Noni si erano tenuti distinti i due diversi compendi probatori. Si erano utilizzate le sentenze di patteggiamento come prova dei fatti e non come mera prova della loro stessa esistenza. 3.13. Con i motivi dal quattordicesimo al diciannovesimo si erano censurati aspetti relativi al trattamento sanzionatorio. Si era fissata la pena base del reato di cui al capo 27 includendovi l'aumento per l'aggravante del danno rilevante. La Corte aveva mantenuto la stessa pena non facendo riferimento alla circostanza aggravante cosi' violando il disposto dell'articolo 597 c.p.p.. La pena base era stata fissata utilizzando i medesimi argomenti per tutti gli imputati, gli aumenti per la continuazione erano stati, per tutti i reati, identici. Le attenuanti generiche erano state negate con una motivazione complessiva non riferibile al solo reato di cui al capo 27. Doveva considerarsi che l'imputato era incensurato, aveva piu' di 80 anni ed i fatti sono risalenti nel tempo. La circostanza aggravante della pluralita' di fatti di bancarotta andava applicata anche in caso di fallimenti di diverse societa'. Non era stato precisato quale reato debba ritenersi di natura transnazionale e dovevano pertanto revocarsi le confische. Si era apoditticamente escluso il recupero della pena indicata nell'istanza di patteggiamento. 3.14. Con l'ultimo motivo lamentano la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla concessa provvisionale in assenza della prova dell'ammontare del danno. 4. L'Avv. (OMISSIS), per (OMISSIS), articola cinque motivi di ricorso. (OMISSIS) era imputato del reato ascrittogli al capo 34 (RG 22166/2016). Dal capo 33 (oggetto di ricorso) del medesimo procedimento era stato prosciolto per prescrizione del reato. 4.1. Con il primo motivo lamenta la violazione di legge, ed in particolare dell'articolo 544 c.p.p., ed il vizio di motivazione in ordine alla mancata risposta ai motivi aggiunti proposti con atto depositato il 15 gennaio 2020. Nella specie si era chiesto di procedere alla rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale consistente nella produzione di un avviso ex articolo 415 bis c.p.p., emesso in epoca successiva alla pronuncia della sentenza di primo grado. Si trattava di un atto relativo alle condotte commesse dagli amministratori della fallita (OMISSIS) srl dal quale emergeva che - del tutto pretermessa la posizione del ricorrente sull'evidente presupposto della sua estraneita' ai fatti erano stati indagati solo i precedenti amministratori, i fratelli (OMISSIS), ed il successivo, l'odierno coimputato (OMISSIS). Una questione che la Corte non aveva in alcun modo trattato. 4.2. Con il secondo motivo deduce la violazione di legge, ed in particolare dell'articolo 533 c.p.p., ed il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilita' del prevenuto per il delitto ascrittogli al capo 34. Il prevenuto, quale componente del Cda della fallita, non aveva dato il suo contributo ad alcuna condotta illecita, risultando, al contrario, pienamente lecita la scissione deliberata nel dicembre 2003. La medesima, infatti, comportava la permanente corresponsabilita' della cedente srl (OMISSIS) sul debito fiscale contratto. La Corte aveva poi riconosciuto che il dissesto era stato determinato non dalla scissione ma dal successivo trasferimento degli immobili, al quale il prevenuto era rimasto del tutto estraneo. In ogni caso, l'imputato si era limitato a non manifestare il proprio dissenso all'operazione di scissione. I debiti della fallita, poi, proprio quando l'imputato ne era divenuto l'amministratore, si erano fortemente ridotti, da 8,5 a 1,25 milioni di Euro, a seguito dell'esito positivo dei ricorsi intentati. 4.3. Con il terzo motivo denuncia la violazione di legge, ed in particolare dell'articolo 129 c.p.p., ed il vizio di motivazione in ordine alla mancata assoluzione dell'imputato dal delitto ascrittogli al capo 33. Peer le medesime ragioni sopra argomentate in ordine al capo 34 della rubrica, doveva assolversi con ampia formula il (OMISSIS) dal delitto di cui al capo 33 in relazione al quale era stato solo prosciolto per prescrizione del medesimo. 4.4. Con il quarto motivo deduce la violazione di legge, ed in particolare dell'articolo 597 c.p.p., ed il vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento al prevenuto delle circostanze attenuanti generiche (gia' concesse dal primo giudice in equivalenza alle contestate aggravanti). La pena base inflitta dal primo giudice era stata pari ad anni 6 di reclusione aumentata di un anno ex articolo 81 cpv. c.p.. La Corte d'appello aveva, invece, aumentato la pena base, pari ad anni tre di reclusione, di un ulteriore anno per la ritenuta aggravante (escludendo pertanto sia le attenuanti sia, di conseguenza, il giudizio di comparazione). 4.5. Con il quinto motivo lamenta la violazione di legge, ed in particolare dell'articolo 114 c.p., ed il vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento del ruolo (OMISSIS)e rivestito dall'imputato nella vicenda relativa al capo 34 della rubrica. Era infatti evidente come il contributo del prevenuto, se mai vi fosse stato, doveva essere considerato del tutto marginale e perfettamente sostituibile. 5. L'Avv. (OMISSIS), per (OMISSIS), articola quattro motivi. (OMISSIS) e' chiamato a rispondere del delitto di cui al capo 39 (RG n. 22166/2016). 5.1. Con il primo lamenta la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilita' del prevenuto per il delitto ascrittogli al capo 39. Il prevenuto, cognato dei fratelli (OMISSIS), era il prestanome di costoro nella fallita. Lo stesso (OMISSIS) aveva chiarito come (OMISSIS) rivestisse un ruolo meramente operativo, senza che gli fosse attribuito alcun potere di gestione. Non aveva avuto alcun contatto con lo studio (OMISSIS)- (OMISSIS). Ne' aveva rivestito cariche di amministratore, ricoprendo solo nel 2009 il ruolo di responsabile del settore operativo. Al piu' si sarebbe potuto chiamarlo a rispondere del reato ascrittogli quale concorrente esterno. Ma del suo concorso con gli amministratori della societa' non era stata raccolta prova alcuna. La stessa Corte aveva precisato che egli aveva al piu' partecipato solo ad un segmento della complessiva operazione, non potendosene cosi' prospettare l'esito finale. 5.2. Con il secondo motivo deduce la violazione di legge ed in particolare la reformatio in peius della sentenza di primo grado. Non si erano riconosciute le circostanze attenuanti generiche quando il primo giudice le aveva concesse, seppure in termini di equivalenza con l'aggravante contestata. Il motivo di appello era, infatti, solo argomentato al fine di ottenere un diverso esito del giudizio di bilanciamento. 5.3. Con il terzo motivo lamenta la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla dosimetria della pena principale e delle pene accessorie. Si erano trattate unitariamente tutte le posizioni mentre quella del (OMISSIS), per la sua specificita', imponeva un'argomentazione peculiare. Priva di concreta argomentazione era la durata delle pene accessorie fallimentari parametrate alla pena principale cosi' applicando l'articolo 37 c.p. piuttosto che l'articolo 133 c.p.. 5.4. Con il quarto motivo lamenta la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla liquidazione del danno a favore delle parti civili. Lo stesso infatti era interamente soddisfatto dalla confisca degli immobili dei fratelli (OMISSIS) operata con la sentenza di patteggiamento. 6. L'Avv. (OMISSIS), per (OMISSIS), articola sei motivi di ricorso. (OMISSIS) e' anch'ella chiamata a rispondere del solo delitto di cui al capo 39 (RG n. 22166/2016). 6.1. Con il primo motivo lamenta la violazione di legge, ed in particolare degli articoli 521, 522 e 429 c.p.p., ed il vizio di motivazione in ordine alla condanna della prevenuta per il capo 39 della rubrica. All'imputata, infatti, era stato contestato il concorso nella sola bancarotta fraudolenta documentale e non quello relativo alle condotte distrattive descritte nel medesimo capo di imputazione. La prevenuta pero' non aveva mai assunto alcuna carica nella societa' fallita, la s.r.l. (OMISSIS). Come aveva anche riconosciuto il PG di udienza. La Corte di merito aveva, cosi', riconosciuto che (contrariamente a quanto affermato dal Tribunale) (OMISSIS) non aveva ricoperto alcuna carica. Cio' nonostante, l'aveva ritenuta responsabile del delitto indicato, quale concorrente, per avere predisposto una nota in cui si riferiva dell'intervenuta distruzione delle scritture contabili, un'accusa che, cosi' formulata, mai era stata mossa alla prevenuta. Sul punto, era stata poi travisata la deposizione del teste (OMISSIS) (che aveva riferito di altro documento, la lettera in cui l'amministratore di facciata avrebbe precisato al consulente del curatore le date della sua assunzione in carica), documento che il ricorrente allegava in forma integrale. L'accusa poi era mutata in un elemento essenziale: all'origine l'imputata era indicata come amministratore della fallita, la condanna era poi conseguita al suo ipotizzato concorso, da esterna, nel reato. 6.2. Con il secondo motivo deduce la violazione di legge, ed in particolare della L. Fall., articolo 216, ed il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilita' concorsuale della prevenuta. La motivazione sull'elemento soggettivo del reato era assertiva perche' dedotta dal mero inserimento della prevenuta nel gruppo che organizzava le operazioni distrattive. Si sarebbe invece dovuto provare il concreto contributo fornito, causalmente rilevante, e la volontaria e consapevole partecipazione alla condotta illecita. Non era neppure corretta la qualificazione giuridica della complessiva condotta, posto che la stessa configurerebbe piuttosto il delitto di cui all'articolo 378 c.p., dal momento che il reato di bancarotta a cui afferiva era gia' stato consumato. 6.3. Con il terzo motivo denuncia la violazione di legge, ed in particolare della L. Fall., articolo 219, comma 1, ed il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante del danno patrimoniale di rilevante entita'. Danno che non era stato quantificato in riferimento alle conseguenze del delitto consumato ma in base a diversi criteri ed in particolare al complesso delle distrazioni, che era pero' un dato non attribuibile alla prevenuta, imputata della sola bancarotta documentale. 6.4. Con il quarto motivo lamenta la violazione di legge, ed in particolare degli articoli 69 e 133 c.p., ed il vizio di motivazione in ordine alla dosimetria della pena. Il Tribunale aveva riconosciuto alla (OMISSIS) le circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza rispetto alle circostanze aggravanti (ritenendo piu' grave il delitto in allora contestatole al capo 16). Assolta la prevenuta per tale capo, venute a cadere le aggravanti della pluralita' dei fatti di bancarotta e della transnazionalita' del reato, si era omesso di considerare il motivo di appello relativo al giudizio di bilanciamento. La Corte poi aveva negato alla prevenuta le gia' concesse attenuanti generiche. Da ultimo, si erano scelti criteri di commisurazione della pena a cui la (OMISSIS) era del tutto estranea (l'entita' del danno erariale e la sistematicita' delle condotte). La pena inflitta alla prevenuta era poi identica a quella comminata all'amministratore formale della societa', che aveva rivestito ben altro ruolo nella vicenda. 6.5. Con il quinto motivo deduce la violazione di legge, ed in particolare dell'articolo 114 c.p. ed il vizio di motivazione in ordine alla conferma del provvedimento di confisca. Lo stesso era stato motivato dalla natura transazionale deli delitti per i quali la stessa era stata condannata dimenticando cosi' che l'imputata era stata assolta dal capo 19, che la giustificava. 7. L'Avv. (OMISSIS), per (OMISSIS), articola cinque motivi di ricorso. Il ricorso riguarda il reato, gia' dichiarato prescritto, ascritto a (OMISSIS) al capo 15 e il reato di cui al capo 16 per il quale era stato assolto (RG 22166/2016). 7.1. Con il primo motivo lamenta la violazione di legge, ed in particolare della L. n. 146 del 2006, articolo 11, articolo 322 ter c.p., Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articoli 11 e 12 bis, ed il vizio di motivazione in ordine alla confisca, per equivalente, confermata dalla Corte d'appello nonostante il proscioglimento del prevenuto per essere il reato di cui al capo 15 estinto per prescrizione. Era stata confermata dalla Corte la confisca per equivalente, disposta dal Tribunale in riferimento al capo 15 della rubrica e cio' in applicazione del Decreto Legislativo n. 146 del 2006, articolo 11, e, quindi, per la natura transnazionale del delitto. E cio' nonostante che le Sezioni unite di questa Corte, con la sentenza n. 31617/2015, abbiano precisato che solo la confisca diretta poteva essere confermata in caso di proscioglimento per estinzione del reato, quando il giudice d'appello confermi, ai fini della confisca, il giudizio di responsabilita' formulato in primo grado. Era pertanto preclusa la confisca per equivalente a causa della sua natura sanzionatoria (natura confermata anche dalla sentenza della Corte costituzionale n. 3010 del 2009). Un principio di diritto ribadito anche dalla piu' recente giurisprudenza di legittimita' (n. 47104/2019). Ne' poteva trovare applicazione l'articolo 578 bis c.p.p. (che consente la confisca per equivalente anche nel caso di prescrizione del reato presupposto), perche' introdotto in epoca successiva alla commissione del reato di cui al capo 15, dovendosi considerare la natura sostanziale della norma proprio per la ricordata natura sanzionatoria (Cass. n. 20793/2021). 7.2. Con il secondo ed il terzo motivo deduce la violazione di legge, ed in particolare della Decreto Legislativo n. 146 del 2006, articolo 11, articolo 322 ter c.p., Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articoli 11 e 12 bis, in ordine alla proporzione fra il profitto del reato di cui al capo 15 ed il valore dei beni sottoposti a confisca. Al prevenuto erano stati confiscati un terreno ed una vettura. Beni di cui non si era stimato il valore. Nel caso di specie, poi il profitto del reato fiscale non andava parametrato all'ammontare del debito tributario (Cass. n. 32897/2021) ma al patrimonio sottratto alla garanzia dell'esazione. 7.3. Con il quarto motivo denuncia la violazione di legge, ed in particolare dell'articolo 578 c.p.p., ed il vizio di motivazione in ordine alla quantificazione del danno patito dall'amministrazione finanziaria. Questo era stato fissato nell'ammontare dell'imposta evasa ma la giurisprudenza di legittimita' aveva precisato che il danno non si identifica con l'importo del tributo evaso, dato che questo poteva essere comunque oggetto di azione di recupero. La Corte costituzionale aveva precisato come, in caso di proscioglimento per la prescrizione del reato, il giudice e' tenuto a valutare se sussiste il danno da reato. Tutti accertamenti che erano mancati: non si era concretamente quantificato il danno ed il nesso di causalita' fra questo e le condotte consumate. Ne' si era valutato se il danno stesso avrebbe potuto essere minore se il creditore, l'Agenzia delle entrate, avesse usato l'ordinaria diligenza nel cautelarsi. L'importo liquidato era poi del tutto sproporzionato perche', come si e' detto, avrebbe dovuto essere parametrato ai beni della societa' sottratti alla garanzia del debito fiscale. E nessuna delle contestate condotte aveva comportato la dispersione delle garanzie. Tranne, forse, la sola cessione delle quote indicate al numero 3 del capo di imputazione, che, pero', potevano essere valutate non piu' di 20.000 Euro. 7.5. Con il quinto motivo lamenta la violazione di legge, ed in particolare della L. Fall., articolo 216 e articolo 43 c.p., ed il vizio di motivazione in ordine alla responsabilita' del prevenuto per il delitto ascrittogli al capo 16 (rectius: 17 della rubrica), un'ipotesi di bancarotta preferenziale, per il quale la Corte l'aveva solo prosciolto per l'intervenuta prescrizione. Si era omesso, invece, di considerare che il pagamento di quei crediti era legittimo perche' volto alla salvaguardia della continuita' aziendale e, ancora, la Corte territoriale aveva compiuto un'inversione dell'onere della prova quando aveva affermato che l'imputato non aveva dimostrato che i creditori soddisfatti non fossero "strategici". Ne' si era accertato se vi fossero stati creditori concretamente sfavoriti vantando dei privilegi. 8. L'Avv. (OMISSIS), per (OMISSIS), articola cinque motivi di ricorso. Il ricorso riguarda i medesimi reati ascritti ad (OMISSIS), il capo 15 reati, gia' dichiarato prescritto, ed il capo 16, per il quale vi era stata assoluzione (RG 22166/2016). 8.1. Con il primo motivo lamenta la violazione di legge, ed in particolare del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 11 e articolo 129 c.p.p., ed il vizio di motivazione in ordine alla mancata assoluzione del prevenuto dalle condotte ascrittegli. Quanto al capo 15 della rubrica, tutte le operazioni contestate non avevano avuto diretta incidenza sulla garanzia patrimoniale costituita dai beni propri o della societa' a favore dell'erario, non avendo avuto, come si indicava nel dettaglio in ricorso, riflessi economici negativi. 8.2. Con il secondo motivo deduce la violazione di legge, ed in particolare della L. Fall., articolo 216 e articolo 43 c.p., ed il vizio di motivazione in ordine alla responsabilita' del prevenuto per il delitto ascrittogli al capo 16 (rectius: 17 della rubrica), un'ipotesi di bancarotta preferenziale, per il quale la Corte l'aveva solo prosciolto per l'intervenuta prescrizione. Si era omesso, invece, di considerare che il pagamento di quei crediti era legittimo perche' volto alla salvaguardia della continuita' aziendale e, ancora, la Corte territoriale aveva compiuto un'inversione dell'onere della prova quando aveva affermato che l'imputato non aveva dimostrato che i creditori soddisfatti non fossero "strategici". Ne' si era accertato se vi fossero stati creditori concretamente sfavoriti vantando dei privilegi. 8.3. Con il terzo motivo denuncia la violazione di legge, ed in particolare della L. n. 146 del 2006, articolo 11, articolo 322 ter c.p., Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articoli 11 e 12 bis, ed il vizio di motivazione in ordine alla confisca disposta nonostante il proscioglimento del prevenuto per essere prescritto il reato presupposto di cui al capo 15. Era stata disposta la confisca per equivalente per il delitto indicato con riferimento al capo 15 della rubrica, in applicazione del Decreto Legislativo n. 146 del 2006, articolo 11, per la ritenuta natura transnazionale dello stesso. Le Sezioni unite, con la sentenza n. 31617/2015, avevano, pero', precisato pero' che solo la confisca diretta poteva essere confermata in caso di proscioglimento per estinzione del reato (quando si confermi, seppure solo a tal fine, il giudizio di responsabilita' dell'imputato). Era pertanto preclusa la confisca per equivalente a causa della sua natura sanzionatoria (natura confermata anche dalla sentenza della Corte costituzionale n. 3010 del 2009). Un principio di diritto, quello formulato dalle Sezioni unite nella ricordata pronuncia, ribadito anche dalla piu' recente giurisprudenza di legittimita' (n. 47104/2019). Ne' poteva trovare applicazione l'articolo 578 bis c.p.p. - che consente la confisca, anche per equivalente, nel caso di prescrizione del reato presupposto perche' si tratta di norma introdotta nel codice in data posteriore alla commissione del delitto di cui al capo 15, e di norma di contenuto sostanziale visti i ricordati effetti sanzionatori (Cass. n. 20793/2021). 8.4. Con il quarto motivo deduce la violazione di legge, ed in particolare della L. n. 146 del 2006, articolo 11, articolo 322 ter c.p., Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articoli 11 e 12 bis, in ordine alla proporzione fra il profitto del reato di cui al capo 15 ed il valore dei beni confiscati. Al prevenuto erano stati confiscati dei beni di cui non si era stimato il valore. Nel caso di specie, il profitto non andava parametrato all'ammontare del debito tributario (Cass. n. 32897/2021) ma al patrimonio sottratto alla garanzia dell'esazione. 8.5. Con il quinto motivo denuncia la violazione di legge, ed in particolare dell'articolo 578 c.p.p., ed il vizio di motivazione in ordine alla quantificazione del danno patito dall'amministrazione finanziaria. Questo era stato fissato nell'ammontare dell'imposta evasa. La giurisprudenza di legittimita' aveva pero' precisato che il danno non si identifica nell'importo del tributo evaso posto almeno parte di esso poteva essere oggetto di recupero. La Corte costituzionale aveva precisato come, in caso di proscioglimento per prescrizione del reato, il giudice e' tenuto a valutare se sussista effettivamente il danno da reato. Tutti accertamenti che erano mancati: non si era concretamente quantificato il danno, ne' il nesso di causalita' fra questo e le condotte consumate. Ne' si era valutato se il danno stesso avrebbe potuto essere minore se il creditore, l'Agenzia delle entrate, avesse usato l'ordinaria diligenza nel cautelarsi. L'importo liquidato era del tutto sproporzionato. Perche', come si e' detto, doveva essere parametrato ai beni della societa' sottratti alla garanzia del debito fiscale. E nessuna delle contestate condotte aveva comportato la dispersione delle garanzie. Al piu' la sola cessione delle quote, indicate al capo 15 sub 3, che avevano pero' un valore molto modesto, di circa 20.000 Euro. 9. L'imputato (OMISSIS) risponde: - delle condotte di bancarotta patrimoniale documentale di cui al capo 57 (proc. 22166), e di bancarotta patrimoniale distrattiva di cui al capo 2 (proc. 7578) riguardanti il medesimo fallimento della (OMISSIS) s.r.l.; - del reato di bancarotta distrattiva cui al capo 14 di cui al fallimento (OMISSIS) e del reato di bancarotta distrattiva di cui al capo 16 (proc. 22166) in relazione al fallimento della societa' (OMISSIS); - della fattispecie associativa di cui al capo 1) (proc. 22166); 9.1. Con il primo motivo di ricorso contenuto nell'atto sottoscritto del difensore di fiducia, avv. (OMISSIS), e' stato dedotto vizio di motivazione e violazione di legge in relazione alla ordinanza emessa dalla Corte territoriale in data 17 dicembre 2015. In data 20 ottobre 2015 la difesa invitava il collegio del Tribunale che celebrava uno dei processi (successivamente riunito in grado di appello con quello recante il n. 22166), ad una richiesta di autorizzazione all'astensione con particolare riferimento al Presidente del collegio dal momento che la pubblica accusa aveva depositato nel corso del processo una sentenza di condanna a carico di (OMISSIS) (17252/12 R. Dib.) relativa ad una contestazione associativa del medesimo tenore in cui, seppure la posizione del (OMISSIS) era stata oggetto di separazione, tuttavia il Presidente del collegio nella motivazione aveva sia pure incidentalmente valutato la medesima condotta anche a carico del (OMISSIS). Il collegio in quella sede, a fronte di un invito all'astensione, si limitava con ordinanza a trasmettere gli atti al Presidente del Tribunale senza adottare alcuna determinazione e alla trasmissione degli atti non seguiva alcun provvedimento. La difesa lamenta l'abnormita' del provvedimento. 9.2. Con il secondo motivo e' stata dedotta violazione di legge avuto riguardo alla acquisizione di una perizia relativa ad intercettazioni telefoniche disposta in altro procedimento. La perizia e' stata acquisita senza il consenso delle parti e nei confronti dei soggetti non imputati in quel procedimento, in violazione degli articoli 238 e 511 c.p.p.. In particolare, ai sensi dell'articolo 511 c.p.p., la lettura della relazione peritale e' disposta solo a seguito dell'esame del perito che non e' stato escusso in questo processo. L'articolo 238 c.p.p. stabilisce che i verbali dichiarativi e dunque l'esame del perito possono essere utilizzati contro l'imputato solo se lo stesso vi consenta. 9.3. Con il terzo motivo e' stato dedotto vizio di motivazione e violazione di legge in relazione al reato di bancarotta documentale e al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10 e le conseguenti statuizioni civili. In relazione alla contestazione sub 57) risulta che il (OMISSIS) abbia assunto la qualita' di amministratore della societa' dal luglio 2003 al settembre 2004 e gli sia succeduto, quale amministratore di diritto sino alla data del fallimento dichiarata in data (OMISSIS), il (OMISSIS) (per il quale si e' proceduto separatamente). Sulla sua responsabilita' la motivazione della Corte e' apparente ed illogica essendo la stessa ricavata dalla circostanza che l'imputato ha preso parte ad un'associazione finalizzata a tali condotte di bancarotta. Quanto poi alle statuizioni civili relative al reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10 per il quale e' stata dichiarata la estinzione per prescrizione, i debiti contratti dalla societa' fallita verso i creditori (OMISSIS) ed Agenzia delle Entrate sono relativi all'anno 2000, annualita' in cui lo stesso non risultava amministratore con la conseguenza che non puo' essere a lui chiesto il risarcimento dei relativi danni. 9.4. Con il quarto motivo e' stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione avuto riguardo all'applicazione della circostanza aggravante di cui alla L. 16 marzo 2016, n. 146, articolo 4. Richiamando le numerose pronunzie di questa Corte anche delle Sezioni unite che si sono specificamente occupate dei problemi interpretativi legati alla circostanza aggravante di cui alla L. 16 marzo 2016, n. 146, articolo 4, il ricorrente evidenzia che per la sussistenza di siffatta circostanza e' necessario che il gruppo criminale organizzato che presti il contributo alla commissione del reato all'estero non coincida per nulla con l'associazione a delinquere operante in Italia o con i concorrenti dello stesso, in un rapporto di alterita'. Nel caso di specie la sentenza impugnata non ha fornito alcuna motivazione sul punto. 9.5. Con il quinto motivo e' stato dedotto vizio di motivazione e violazione di legge quanto alla penale responsabilita' del ricorrente in relazione alla bancarotta patrimoniale distrattiva. Lamenta la difesa la carenza della motivazione in relazione alla consapevolezza in capo al ricorrente, che svolgeva funzioni varie ed anche mansioni esecutive in relazione ai complessi meccanismi legati alle operazioni fiscali considerate illecite che di per se' richiedevano profonda conoscenza delle controversie interpretative relative. 9.6. Con il sesto motivo e' stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione quanto al trattamento sanzionatorio e alla determinazione degli aumenti a titolo di continuazione. Lamenta la difesa che la pena base individuata in sede di trattamento sanzionatorio non si e' attestata sul minimo edittale e la sentenza impugnata non ha spiegato le ragioni di siffatto discostamento, non considerando peraltro il comportamento processuale, l'eta' e le condizioni sociali del (OMISSIS). 10. L'imputato (OMISSIS) risponde: - della condotta di bancarotta impropria derivante da operazioni dolose cui al capo 27) del proc. n. 7578 riguardante il fallimento della Societa' di (OMISSIS) s.r.l.; 10.1 Con il primo motivo di ricorso contenuto nell'atto sottoscritto del difensore di fiducia, avv. (OMISSIS), e' stato dedotto vizio di motivazione e violazione di legge in relazione all'affermazione della penale responsabilita' quanto alla condotta ascritta. Nella ricostruzione accusatoria il ricorrente, nella qualita' di componente del consiglio di amministrazione della (OMISSIS) s.r.l. negli anni 2003/2004 e quale legale rappresentante della societa' (OMISSIS) s.r.l. negli anni 2003/2006 avrebbe nel settembre 2003 votato per un progetto di scissione (formalizzato successivamente da altri) a favore della (OMISSIS) ponendo in essere un meccanismo di natura distrattiva. Nella motivazione della sentenza impugnata non e' individuata la efficacia causale della condotta posta in essere dal (OMISSIS) rispetto alla bancarotta; non sono prese in considerazione le caratteristiche di natura civilistica dell'operazione. A tale ultimo riguardo occorre evidenziare che nella ipotesi di scissione il codice civile prevede una norma a tutela dei creditori in ragione della quale ciascuna societa' che partecipa all'operazione di scissione e' solidalmente responsabile nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto ad essa assegnato o rimasto dei debiti della societa' scissa non soddisfatti dalla societa' cui fanno carico. Conseguentemente la assunzione della responsabilita' del (OMISSIS) nelle due societa' a tutela dei creditori dei soci e della societa' scissa eliminerebbe in radice qualsivoglia responsabilita' in capo allo stesso. 10.2. Con il secondo motivo e' stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione avuto riguardo all'applicazione della circostanza aggravante di cui alla L. 16 marzo 2016, n. 146, articolo 4. Il motivo e' lo stesso proposto dal ricorrente (OMISSIS) con il quarto motivo. 10.3. Con il terzo motivo e' stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione quanto al trattamento sanzionatorio e al giudizio di equivalenza tra le circostanze attenuanti e la contestata aggravante. Lamenta la difesa che la pena base individuata in sede di trattamento sanzionatorio non si e' attestata sul minimo edittale e la sentenza impugnata non ha spiegato le ragioni di siffatto discostamento, non considerando peraltro il comportamento processuale, l'eta', le condizioni sociali, il ruolo marginale del (OMISSIS) e il tempus commissi delicti. Inoltre, nella concessione delle circostanze attenuanti con giudizio di equivalenza piuttosto che di prevalenza sulla contestata aggravante, la motivazione non ha fornito alcuna indicazione concreta sul punto. 11. L'imputato (OMISSIS) risponde: - della condotta di bancarotta patrimoniale distrattiva cui al capo 11) del proc. 22116 riguardante il fallimento della societa' (OMISSIS) s.r.l.; 11.1 Con il primo motivo di ricorso contenuto nell'atto sottoscritto del difensore di fiducia, avv. (OMISSIS), e' stata dedotta violazione di legge avuto riguardo alla acquisizione di una perizia relativa ad intercettazioni telefoniche disposta in altro procedimento. Si tratta della medesima censura contenuta nel secondo motivo di ricorso presentato nell'interesse di (OMISSIS). 11.2 Con il secondo motivo e' stato dedotto vizio di motivazione e violazione di legge avuto riguardo alla penale responsabilita' del ricorrente quanto alla condotta contestata. Lamenta il ricorrente che la impugnata sentenza non ha fornito una motivazione adeguata quanto alla prova della partecipazione del (OMISSIS) all'operazione e alla sua natura fraudolenta ai danni della societa' (OMISSIS). Quanto poi alla contestazione del reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 11, dichiarato estinto per prescrizione, lo stesso deve considerarsi assorbito per il principio di specialita' nel reato di cui al capo 11), non ravvisandosi una ipotesi di concorso formale di norme con la conseguenza che, con riferimento al reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 11, vanno revocate le statuizioni civili. 11.3. Con il terzo motivo e' stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione avuto riguardo all'applicazione della circostanza aggravante di cui alla L. 16 marzo 2016, n. 146, articolo 4. Si tratta della medesima doglianza proposta dal ricorrente (OMISSIS) con il quarto motivo e dal ricorrente (OMISSIS) con il terzo motivo. 11.4. Con il quarto motivo e' stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione quanto al trattamento sanzionatorio. Lamenta la difesa che la pena base individuata in sede di trattamento sanzionatorio non si e' attestata sul minimo edittale e la sentenza non ha spiegato le ragioni di siffatto discostamento non considerando peraltro il comportamento processuale, l'eta' e le condizioni sociali del (OMISSIS). 12. L'imputata (OMISSIS) risponde: - della condotta di bancarotta patrimoniale distrattiva di cui al capo 5) riguardante il fallimento della (OMISSIS) s.r.l.; - della condotta di bancarotta patrimoniale distrattiva di cui al capo 7) riguardante il fallimento della (OMISSIS) s.r.l.; - della condotta di bancarotta patrimoniale distrattiva di cui al capo 9) riguardante il fallimento della (OMISSIS) s.r.l.; - della condotta di bancarotta patrimoniale distrattiva di cui al capo 11) riguardante il fallimento della (OMISSIS) s.r.l. (in concorso anche con (OMISSIS)); - della condotta di bancarotta patrimoniale distrattiva di cui al capo 36) riguardante il fallimento della (OMISSIS) s.r.l.; - della condotta di bancarotta patrimoniale distrattiva di cui al capo 44) riguardante il fallimento della (OMISSIS) s.r.l., esclusa la cessione dell'immobile in (OMISSIS) (fl. (OMISSIS)) in favore della (OMISSIS). 12.1. Con il primo motivo di ricorso contenuto nell'atto sottoscritto del difensore di fiducia, avv. (OMISSIS), e' stato dedotto vizio di motivazione e violazione di legge avuto riguardo alla penale responsabilita' della ricorrente quanto alle condotte contestate. Nella ricostruzione accusatoria le societa', fortemente indebitate verso l'Erario, erano svuotate delle loro attivita' attraverso le condotte dell' (OMISSIS), marito della ricorrente e, una volta che le stesse erano divenute scatole vuote, era nominato amministratore delle stesse un prestanome; la societa' era poi trasferita all'estero, ai fini della cancellazione dell'ente dal registro delle imprese italiano per tentare di evitarne il fallimento, sfruttando il disposto L. Fall., ex articolo 10. Sostiene la difesa che, essendo consistita la condotta della ricorrente nella traduzione di atti giuridici compiuti in (OMISSIS) per la cancellazione della societa' dal registro delle imprese, condotta dunque successiva agli atti distrattivi, la stessa poteva considerarsi un post factum non punibile erroneamente ricompresa nella struttura del reato, in quanto antecedente alla sentenza dichiarativa di fallimento che costituisce condizione obiettiva di punibilita' e non elemento costitutivo del reato. Sulle specifiche doglianze gia' proposte nell'atto di appello, la sentenza impugnata ha fornito una motivazione inconferente, non chiarendo come possano interpretarsi le condotte attribuite alla ricorrente in termini di apporto concorsuale, nonche' incoerente ed illogica laddove richiama il riscontrato coinvolgimento della imputata nella fattispecie associativa (pur dichiarata prescritta) per ricavarne la responsabilita' in relazione ai reati fallimentari. Considerando la sentenza dichiarativa di fallimento quale condizione obiettiva di punibilita', se successivamente alle condotte distrattive intervengono ulteriori condotte come quelle di trasferimento della sede legale all'estero, tali attivita' non risultano dotate di qualsivoglia attitudine lesiva per il ceto creditorio, in ragione del gia' intervenuto perfezionamento della fattispecie distrattiva. 12.2. Con il secondo motivo e' stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata riqualificazione delle condotte contestate nella ipotesi di cui all'articolo 379 c.p.. Sulla specifica censura la Corte territoriale ha apoditticamente escluso una possibile riqualificazione dei fatti. Evidenzia la difesa che le condotte realizzate dalla ricorrente, ponendosi come successive ed autonome rispetto alla condotta distrattiva ed essendo finalizzate, attraverso il trasferimento delle societa' all'estero, ad evitare la dichiarazione di fallimento, possono al piu' configurarsi quali condotte agevolatrici riconducibili alla fattispecie di cui all'articolo 379 c.p.. 12.3. Con il terzo motivo e' stata eccepita violazione di legge e vizio di motivazione quanto al riconoscimento della circostanza aggravante, laddove contestata, del danno patrimoniale di rilevante gravita'. La sentenza impugnata soprattutto con riferimento al reato di cui al capo 5) individuato al fine del trattamento sanzionatorio come reato piu' grave, motiva apoditticamente sulla sussistenza della circostanza richiamando le motivazioni della sentenza di primo grado che aveva operato un richiamo alla entita' del passivo fallimentare. Pur citando la giurisprudenza di questa Corte che costantemente ha affermato che occorre considerare il valore effettivo dei beni sottratti, la sentenza non individua in concreto le circostanze in fatto dimostrative di tale diminuzione patrimoniale pregiudizievole per i creditori. 12.4. Con il quarto motivo e' stata dedotta violazione di legge in relazione al divieto di reformatio in peius. Pur essendo stata la pena complessivamente ridotta in ragione delle intervenute prescrizioni e di un piu' ragionevole utilizzo dei criteri di cui agli articoli 132 e 133 c.p., tuttavia la Corte territoriale e' incorsa nella violazione del divieto di reformatio in peius dal momento che non ha riconosciuto le gia' concesse circostanze attenuanti generiche, in assenza di una impugnazione dell'ufficio di Procura. Nonostante uno specifico motivo di appello al fine di ritenere le gia' concesse circostanze attenuanti generiche prevalenti e non equivalenti rispetto alle contestate aggravanti di cui alla L. Fall., articolo 219, la sentenza impugnata non ha operato alcuna comparazione neanche in termini di equivalenza, come gia' avvenuto in primo grado (Sez. 5, n. 11730 del 27 gennaio 2020). 12.5. Con il quinto motivo e' stato dedotto vizio di motivazione e violazione di legge in relazione alla mancata applicazione della circostanza di cui all'articolo 114 c.p.. La sentenza impugnata, a fronte di una specifica doglianza sul punto, si e' limitata ad una motivazione generica richiamando il concreto apporto dato da ciascuno e i principi di questa Corte sul tema. Senza il contributo della ricorrente, le condotte descritte si sarebbero comunque realizzate in quanto consumate gia' al momento del suo intervento. 13. L'imputato (OMISSIS) risponde: - della condotta di bancarotta patrimoniale distrattiva di cui al capo 44) riguardante il fallimento della (OMISSIS) s.r.l., ad esclusione della cessione relativa all'appartamento sito nel Comune di (OMISSIS) (foglio n. (OMISSIS)); 13.1. Con il primo motivo di ricorso contenuto nell'atto sottoscritto del difensore di fiducia, avv. (OMISSIS), e' stato dedotto vizio di motivazione in relazione alla mancata assunzione di una prova decisiva. Lamenta la difesa che la Corte territoriale ha respinto la richiesta di rinnovazione istruttoria, con la laconica motivazione del "non essere necessarie ai fini del decidere", relativa alla escussione testimoniale del colonnello della Guardia di Finanza (OMISSIS) o alla acquisizione dei verbali trascrittivi della sua deposizione avvenuta all'udienza dibattimentale del 6 ottobre 2017 in diverso procedimento (processo per bancarotta fraudolenta relativa ad una societa' facente parte del "Gruppo (OMISSIS)" conclusosi con una sentenza assolutoria per non avere commesso il fatto). Siffatta prova, da assumersi in quanto sopravvenuta, risultava decisiva ai fini di escludere anche la configurabilita' della circostanza aggravante di cui alla L. n. 146 del 2016, articolo 3, circostanza che ha rappresentato il presupposto fondante della intervenuta confisca in relazione al capo 44) contestato al ricorrente. Il (OMISSIS) avrebbe infatti chiarito che il (OMISSIS), a seguito della cessione delle societa' del suo gruppo, era divenuto completamente estraneo alle vicende patrimoniali delle stesse e quindi anche al trasferimento della sede legale della (OMISSIS) all'estero, trasferimento dal quale e' scaturita la ritenuta condotta transnazionale. 13.2. Con il secondo motivo e' stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'accertamento della penale responsabilita' del ricorrente in relazione alle condotte contestate. Lamenta il ricorrente che la Corte territoriale non ha considerato che le cessioni immobiliari effettuate dal (OMISSIS) alla (OMISSIS) s.r.l. in ragione di un accordo quadro intercorso nell'ottobre 2008 tra il Gruppo (OMISSIS) e il Gruppo (OMISSIS), analogamente alle cessioni di immobili avvenute alla (OMISSIS) (per le quali vi e' stata una derubricazione in bancarotta preferenziale), erano anche esse collegate all'accordo con il gruppo (OMISSIS) e costituivano la garanzia patrimoniale imposta dal creditore. Dunque, anche siffatta operazione non e' qualificabile quale bancarotta distrattiva quanto piuttosto quale bancarotta preferenziale. A cio' si aggiunga che la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui esclude che vi sia stata la corresponsione di un corrispettivo a seguito della cessione degli immobili e' del tutto apparente e rende dunque la sentenza viziata anche in relazione a siffatto ulteriore profilo. 13.3. Con il terzo motivo di ricorso, e' stato dedotto vizio di motivazione e violazione di legge quanto al riconoscimento della circostanza aggravante della natura transnazionale del reato contestato e alla conseguente confisca per equivalente dei beni. Evidenzia la difesa che e' da escludersi la configurabilita' della circostanza aggravante di cui alla L. n. 146 del 2016, articolo 3 con riferimento al (OMISSIS). L'imputato, al quale non e' peraltro contestata la condotta associativa di cui al capo 1) e relativa al gruppo (OMISSIS)- (OMISSIS), a seguito della cessione delle societa' del suo gruppo, e' divenuto completamente estraneo alle vicende patrimoniali delle stesse e quindi anche al trasferimento della sede legale della (OMISSIS) all'estero, dalla quale e' scaturita la ritenuta natura transnazionale del reato posto in essere. Apodittica e' l'argomentazione della sentenza impugnata secondo la quale il solo trasferimento in (OMISSIS) della (OMISSIS) sarebbe tale da riconoscere al reato la natura transnazionale. Le alienazioni di immobili che coinvolgono il (OMISSIS) sono avvenute tutte in Italia in epoca antecedente al subentro nella societa', quale amministratore, del (OMISSIS) e al trasferimento della societa' in (OMISSIS); le alienazioni erano finalizzate a ripianare i debiti e una pregressa ingente esposizione debitoria con il gruppo (OMISSIS) attraverso atti di compravendita rogati dal Notaio (OMISSIS). La richiesta di cancellazione della societa', una volta trasferita in (OMISSIS), al Registro delle Imprese di Roma e' peraltro pervenuta successivamente alla dichiarazione di fallimento. 13.4. Con il quarto motivo e' stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione quanto al trattamento sanzionatorio e alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. Lamenta la difesa che la quantificazione del trattamento sanzionatorio si fonda su una motivazione generalizzata che pone sullo stesso piano condotte criminose profondamente differenti e non valorizza la circostanza che il (OMISSIS), come espressamente riconosciuto in sentenza, e' risultato estraneo al sistema " (OMISSIS)- (OMISSIS)" e che alcune delle condotte distrattive allo stesso contestate sono state riqualificate quali ipotesi di bancarotta preferenziale. Lo stesso dicasi in relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. 13.5. Con il quinto motivo di ricorso e' stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alle disposte confische in relazione alle condotte di bancarotta preferenziale dichiarate estinte per intervenuta prescrizione. Lamenta il ricorrente che in relazione alle fattispecie per le quali e' intervenuta la estinzione per prescrizione non poteva essere confermata la relativa confisca dei beni per equivalente, atteso il suo carattere afflittivo e sanzionatorio (sez. Un. Lucci). Se e' vero che l'articolo 578 bis c.p.p. ha esteso la confiscabilita', a seguito dell'estinzione del reato per intervenuta prescrizione, anche alle ipotesi di confisca per equivalente, tuttavia, la norma e' entrata in vigore in data 06/04/2018 e l'affermata natura sostanziale di tale misura ablativa consente di ritenere che la stessa non si estenda ai fatti commessi anteriormente all'aprile 2018. Con specifico riferimento alla sola condotta di cui al capo 43) la stessa non risultava aggravata dalla circostanza della transnazionalita' e per questo motivo la confisca non era ipotizzabile in radice. 14. L'imputato (OMISSIS) risponde: - della condotta di bancarotta patrimoniale distrattiva di cui al capo 36) riguardante il fallimento della societa' (OMISSIS) s.r.l.; 14.1. Con il primo motivo di ricorso contenuto nell'atto sottoscritto dai difensori di fiducia, avv. (OMISSIS) e avv. (OMISSIS), e' stato dedotto vizio di motivazione e violazione di legge in relazione alla penale responsabilita' del ricorrente della condotta distrattiva contestata. Lamenta la difesa la lacunosita' dell'impianto motivazionale della sentenza impugnata quanto alla descrizione del ruolo svolto dal ricorrente (OMISSIS). Richiamando la sentenza di primo grado, la Corte territoriale lo ha descritto quale amministratore e legale rappresentante della societa' (OMISSIS) s.r.l., acquirente dei cespiti venduti dalla societa' (OMISSIS) con pagamenti non tracciabili e non riscontrati o riscontrati solo in parte. Dall'istruttoria dibattimentale e' in realta' emerso che il (OMISSIS) era solo un prestanome della societa', in quanto in possesso dei requisiti richiesti, ma all'interno della stessa non svolgeva alcuna attivita' gestoria, ne' aveva contatti con lo studio (OMISSIS)- (OMISSIS). Non risulta dunque nella motivazione della sentenza sufficientemente esplorato il tema del dolo del ricorrente, inteso quale consapevolezza del piano criminoso ideato dagli amministratori di fatto. L'istruttoria dibattimentale ha escluso che il (OMISSIS) partecipo' all'attivita' di acquisto degli immobili della (OMISSIS) s.r.l. (testimonianza (OMISSIS) del 25 febbraio 2016 e Mar. (OMISSIS) del 16 novembre 2015) limitandosi a sottoscrivere gli atti rogati dal Notaio. La sentenza impugnata non ha nemmeno valutato il dedotto travisamento di fatto contenuto nella sentenza di primo grado che ha indicato il (OMISSIS) come colui che in qualita' di rappresentante della societa' ha incassato il corrispettivo, senza considerare che il ricorrente non ha mai intrattenuto alcun rapporto con la (OMISSIS) s.r.l. e non vi e' alcuna prova della sua consapevolezza del carattere distrattivo delle operazioni realizzate dalla societa' fallita. 14.2. Con il secondo motivo, e' stato dedotto vizio di motivazione e violazione di legge in relazione al capo 41) e alla contestazione di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10. Il capo 41 relativo all'omesso pagamento dell'imposta Iva mediante utilizzo di un credito IVA inesistente e' stato dichiarato estinto per prescrizione. Lamenta la difesa che il ricorrente doveva essere assolto dalla contestazione: la societa' (OMISSIS) era una societa' inattiva e non poteva avere maturato alcun credito Iva da portare in compensazione con il debito della (OMISSIS); senza considerare che, come emerge dalla testimonianza di (OMISSIS), della "Operazione (OMISSIS)" si era occupato unicamente il fratello (OMISSIS), senza alcun coinvolgimento del (OMISSIS), mero prestanome. Da qui la difesa trae la conclusione della revoca delle statuizioni civili. 14.3. Con il terzo motivo e' stata dedotta violazione di legge in relazione al divieto di reformatio in peius. La Corte territoriale e' incorsa nella violazione del divieto di reformatio in peius dal momento che non ha riconosciuto le gia' concesse circostanze attenuanti generiche, in assenza di una impugnazione dell'ufficio di Procura. Nonostante uno specifico motivo di appello al fine di ritenere le gia' concesse circostanze attenuanti generiche prevalenti e non equivalenti rispetto alle contestate aggravanti di cui alla L. Fall., articolo 219 la sentenza impugnata non ha operato alcuna comparazione neanche in termini di equivalenza, come gia' avvenuto in primo grado. 14.4. Con il quarto motivo e' stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione quanto al trattamento sanzionatorio. Lamenta la difesa che la quantificazione del trattamento sanzionatorio si fonda su una motivazione generalizzata che pone sullo stesso piano condotte criminose profondamente differenti e non valorizza la posizione soggettiva del (OMISSIS). Lo stesso dicasi in relazione all'applicazione della pena accessoria della interdizione temporanea dai pubblici uffici che non fissa un limite temporale di durata. 14.5. Con il quinto motivo e' stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione quanto alle statuizioni civili. Lamenta la difesa che, quale conseguenza della intervenuta prescrizione del reato di cui al capo 41), la sentenza impugnata ha confermato le statuizioni civili con riferimento alla condanna al risarcimento del danno nei confronti dell'Agenzia delle Entrate senza tenere conto che nell'atto di appello si era evidenziato che il credito vantato e' stato ampiamente soddisfatto a seguito di confisca disposta con la sentenza ex articolo 444 c.p.p. con riferimento ai fratelli (OMISSIS) che ha disposto la confisca di immobili del valore complessivo di circa Euro 3.436.000,00, valore superiore rispetto al credito vantato pari ad Euro 2.608.651,07. Peraltro, proprio con queste motivazioni la sentenza impugnata ha revocato la confisca sui beni del coimputato (OMISSIS). 15. L'imputato (OMISSIS) risponde: - della condotta di bancarotta patrimoniale distrattiva di cui al capo 44) riguardante il fallimento della (OMISSIS) s.r.l., con esclusione della cessione dell'immobile in (OMISSIS). 15.1. Con il primo motivo di ricorso contenuto nell'atto sottoscritto dal difensore di fiducia, avv. (OMISSIS), e' stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla mancata conoscenza del processo. Lamenta la difesa la nullita' della notifica del decreto che dispone il giudizio del Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Roma e del decreto di citazione della Corte di appello di Roma nei confronti dell'imputato. Il decreto che dispone il giudizio era notificato ai sensi dell'articolo 161 c.p.p., comma 4, nonostante in data 6 dicembre 2013 l'allora indagato avesse eletto domicilio presso l'abitazione del padre (OMISSIS). Le medesime modalita' erano seguite per effettuare la notifica del decreto di citazione a giudizio dinanzi alla Corte di appello. 15.2. Con il secondo motivo di ricorso, e' stato dedotto vizio di motivazione e violazione di legge quanto al riconoscimento della circostanza aggravante della natura transnazionale del reato contestato e alla conseguente confiscabilita' dei beni. Evidenzia la difesa che e' da escludersi la configurabilita' della circostanza aggravante di cui alla L. n. 146 del 2016, articolo 3. L'argomentazione circa la esistenza di un gruppo criminale organizzato nel quale dovrebbe essere coinvolto anche il ricorrente e' completamente omessa nella sentenza impugnata. 15.3. Con il terzo motivo e' stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'accertamento della penale responsabilita' del ricorrente in relazione alle condotte contestate e qualificate come bancarotta preferenziale. La sentenza impugnata omette qualsivoglia motivazione quanto alla sussistenza del dolo richiesto per siffatta fattispecie. 15.4. Con il quarto motivo e' stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione quanto al trattamento sanzionatorio e alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. Lamenta la difesa che la quantificazione del trattamento sanzionatorio si fonda su una motivazione generalizzata. Lo stesso dicasi in relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. 16. L'imputata (OMISSIS) risponde: - della condotta associativa di cui al capo 1) nella qualita' di organizzatrice. 16.1. Con il primo motivo di ricorso contenuto nell'atto sottoscritto dal difensore di fiducia, avv. (OMISSIS), e' stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione quanto al rigetto dell'impedimento a comparire dell'imputata nelle udienze del 5 febbraio 2015 e del 29 marzo 2018. 16.2. Con il secondo motivo e' stato dedotto vizio di motivazione e violazione di legge quanto alla contestazione associativa di cui al capo 1). La sentenza impugnata non ha fornito una esauriente risposta alle specifiche doglianze mosse sul punto dalla difesa sin dall'atto di appello laddove si evidenziava che la ricorrente svolgeva, con contratto di lavoro subordinato, funzioni di segretaria presso lo studio (OMISSIS)- (OMISSIS); conseguentemente le condotte alla stessa ascritte rientravano nelle attivita' proprie del suo ruolo. Considerando inoltre che alla stessa non risultano contestati reati fine non si ravvisavano in capo alla stessa comportamenti causalmente rilevanti rispetto alla realizzazione dei fini dell'associazione. 16.3 Con il terzo motivo e' stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla sussistenza della ipotesi di cui all'articolo 416 c.p., comma 2 e al ruolo di organizzatrice ricoperto dalla ricorrente. La sentenza impugnata ha omesso di motivare in relazione alla qualifica di organizzatrice riconosciuta alla ricorrente, nonostante una specifica doglianza contenuta nell'atto di appello. In particolare, in quella sede si evidenziava che le attivita' svolte dalla (OMISSIS) (conferme di appuntamenti, comunicazione di estremi di conti correnti, archiviazione di documentazione) non presentava caratteri di essenzialita' ed infungibilita' necessari per ritenere integrato alla luce della giurisprudenza di questa Corte, il ruolo di organizzatrice. La motivazione appare peraltro contraddittoria dal momento che, se da un lato ribadisce la qualifica di organizzatrice in capo alla ricorrente, dall'altro motiva la concessione delle circostanze attenuanti generiche per meglio adeguare la sanzione al ruolo in concreto svolto. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I ricorsi, e i motivi di cui si compongono, verranno trattati distintamente nell'ordine gia' adottato nel "ritenuto in fatto", ad eccezione delle parti, interne a ciascuno di essi, ove risultera' o inevitabile o piu' agevole la loro discussione unitaria. Nel contempo, considerando le questioni dedotte, ed in particolare la minuziosa contestazione in fatto riportata nella gran parte dei motivi di tutti i ricorsi, e' necessario ricordare alcuni degli ineludibili principi di diritto a cui questa Corte deve, per la propria consolidata giurisprudenza, attenersi. In particolare, sulla verifica degli elementi circostanziali dei fatti addebitati e sulla valutazione delle prove, occorre ribadire che l'indagine di legittimita' sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo, il sindacato demandato a questa Corte, essere limitato a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilita' di verificare l'adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si e' avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. Cosi' che esula dai poteri della Corte di cassazione quello consistente nella riconsiderazione degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione e', invece ed in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimita' la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente piu' adeguata, valutazione delle risultanze processuali (per tutte: Sez. Un., 30/4-2/7/1997, n. 6402, Dessimone, Rv. 207944). Ne deriva che i motivi proposti nei ricorsi non possono tendere ad ottenere una ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento. 1.1. In estremo sunto, occorre qui ricordare come i giudici del merito avevano ricostruito la complessiva vicenda, sfociata nell'imputazione associativa e nella contestazione dei reati, fiscali e fallimentari soprattutto, agli imputati, odierni ricorrenti. Alcuni imprenditori laziali, amministratori di societa' ormai in irrecuperabile difficolta' finanziaria, si erano rivolti allo studio professionale, di commercialisti, (OMISSIS)- (OMISSIS) per essere consigliati su come fosse meglio procedere. Dallo studio, ed in particolare dal (OMISSIS) (ma si vedra' anche con il concorso dell'altro titolare, (OMISSIS)), veniva loro suggerito sempre lo stesso schema: lasciare che le societa' si avviassero all'inevitabile dissesto, cercando, pero', di garantirsi l'immunita' da eventuali responsabilita' penali, effettuando una serie di operazioni societarie e di cessione di cespiti, volte alla spoliazione dei residui patrimoni sociali, omettendo, nel contempo, di assolvere ai debiti tributari. Le operazioni erano cosi' complesse anche per rendere impossibile, o quantomeno assai difficoltosa, la comprensione, da parte degli organi inquirenti e dei funzionari dell'Agenzia delle entrate, degli illeciti, fiscali e fallimentari, che con esse si andavano consumando. Da ultimo, era previsto il trasferimento delle societa' all'estero per tentare, anche, di eludere la formale declaratoria di fallimento. Un "pacchetto", quello descritto, offerto da (OMISSIS) e (OMISSIS), che, in pochi anni, era stato riprodotto (pur con le variabili necessarie ad adattarlo alle varie situazioni concrete) in tutte le vicende oggetto del presente processo. Quanto ai processi che ne erano derivati, occorre rilevare come la gran parte degli amministratori che si erano rivolti allo studio (OMISSIS)- (OMISSIS) avevano patteggiato la pena - cosi' riconoscendo il fondamento materiale delle ipotesi d'accusa - cosi' che, nel presente procedimento, oltre ai. rimanenti imprenditori, residuano le posizioni dei due principali protagonisti dell'intera vicenda, (OMISSIS) e (OMISSIS), e di alcuni di coloro che, con costoro, avevano collaborato nell'attuazione del ricordato schema offerto ai clienti dello studio (OMISSIS)- (OMISSIS). 2. Il ricorso di (OMISSIS). 2.1. Il secondo motivo (del primo, relativo alle doglianze formulate sul delitto associativo si trattera' piu' avanti, dopo la verifica delle censure sui reati fine) di ricorso - sulla ritenuta responsabilita' del (OMISSIS) in ordine al capo 10 dell'imputazione, la bancarotta patrimoniale consumata ai danni della s.r.l. (OMISSIS) dei (OMISSIS) - e' interamente versato in fatto e non considera le circostanze evidenziate dai giudici del merito. Si era, infatti, osservato (pg. 67 e 118 della sentenza impugnata e pg. da 187 a 192 della sentenza di prime cure) che (OMISSIS) aveva attribuito la ideazione del complesso delle operazioni che avevano causato alla spoliazione della societa' al (OMISSIS), titolare con (OMISSIS) dell'omonimo studio professionale di commercialisti. Nella successione degli atti veniva interessata la srl (OMISSIS), che si rendeva acquirente del patrimonio immobiliare senza versarne il corrispettivo, societa' riconducibile allo studio professionale indicato. Era allora evidente che tale operazione, cosi' direttamente (ed illecitamente) coinvolgente una realta' appartenente all'associazione professionale non potesse essere realizzata se non con il previo assenso di entrambi l'titolari del medesimo (tanto che, ne' prima ne' poi, nonostante la palese anomalia economico-amministrativa dell'operazione, nulla aveva eccepito il socio (OMISSIS)). Peraltro era stato lo stesso (OMISSIS) ad essere contattato dai (OMISSIS) - proprio per lo stato di grave difficolta' economica in cui versava la societa' - e ad averli presentati al (OMISSIS), che non si era fatto certo scrupolo alcuno (anche nei confronti del (OMISSIS)) a dettare loro tutte quelle operazioni di svuotamento e di successivo trasferimento all'estero della societa' cosi' da occultare le responsabilita' dei (OMISSIS) stessi e da tentare di eludere anche la stessa dichiarazione di fallimento, seguendo il solito schema tipico dello studio professionale. Le conversazioni intercettate dimostravano, poi, come lo stesso (OMISSIS) fosse rimasto in contatto con (OMISSIS) (come lo dimostrava il preventivo, seppure di epoca successiva, sui compensi professionali dello studio) e si interessasse, anche colloquiando con altre persone, delle pratiche che lo riguardavano (pg. 193 della sentenza del Tribunale). Cosi' che appare evidente come (OMISSIS) abbia "curato" gli interessi dei (OMISSIS), con le ricordate illecite operazioni, in pinea sintonia con il proprio socio (OMISSIS). Da tutto cio' si deduce anche la manifesta infondatezza del settimo motivo di ricorso, speso dal ricorrente, sull'invocata configurabilita' dell'ipotesi di cui all'articolo 114 c.p., nell'imputazione sub 10, considerando, invece, il sicuro, ed essenziale, contributo fornito dall'imputato nella complessa vicenda. 2.2. Il terzo motivo - sulla responsabilita' del (OMISSIS) in ordine al capo 24 della rubrica, la bancarotta patrimoniale consumata ai danni della srl (OMISSIS) - e' interamente versato in fatto e non contrasta adeguatamente la motivazione, non manifestamente illogica, offerta sul punto dai giudici del merito. Il Tribunale, infatti, alla cui motivazione la Corte d'appello aveva rinviato, aveva osservato (pg. 278 e ss.) come (OMISSIS) fosse una societa' di cui (OMISSIS) e (OMISSIS) si erano, in piu' occasioni, serviti per effettuare operazioni destinate ad occultare (o a rendere piu' complesso il loro disvelamento) passaggi di denaro e di beni riconducibili ad imprenditori loro clienti, agendo attraverso il loro sodale (OMISSIS), cosi' che tale societa' doveva considerarsi da loro stessi gestita di fatto. Ne deriva che la sua, finale, spoliazione era certamente riconducibile alla responsabilita' di entrambi, e quindi anche di (OMISSIS). 2.3. Il quarto motivo - speso sulla penale responsabilita' del (OMISSIS) in ordine ai reati ascrittigli ai capi 27, 28 e 31, rispettivamente relativi al cagionamento del dissesto della s.r.l. Istituto di (OMISSIS) ed alle bancarotte patrimoniali della srl (OMISSIS) e della srl (OMISSIS) (gia' (OMISSIS)) - e' interamente versato in fatto. Tutte le indicate societa' facevano riferimento agli imprenditori fratelli (OMISSIS) che, appunto, si erano rivolti allo studio (OMISSIS) e (OMISSIS) per risolvere (ma non certo con il rilancio delle societa') i problemi delle stesse, entrate in una irreversibile crisi produttiva-finanziaria. La Corte d'appello ed il Tribunale prendevano certo atto del fatto che i fratelli (OMISSIS) avevano riferito di avere incontrato (OMISSIS) (collega di studio di quel (OMISSIS) che aveva suggerito loro tutte le operazioni illecite e decettive di cui alle imputazioni) solo per scambiarsi dei meri convenevoli, ma rilevavano anche come, di converso, fossero stati altrimenti raccolti a carico degli stessi inequivoci elementi di prova (sentenza d'appello da pag. 77 e del Tribunale da pag. 284). Si era, infatti, accertato che, sul conto della S.r.l. (OMISSIS) riconducibile allo studio (OMISSIS) (OMISSIS), era pervenuto un bonifico pari ad Euro 1.300.000 senza che la societa' vantasse titolo alcuno. Un introito di tale entita' (incamerato e non certo restituito), da dimostrare esso stesso il diretto coinvolgimento del (OMISSIS) nella complessa operazione (di spoliazione e di occultamento delle responsabilita') di cui lo stesso era stato uno snodo essenziale. Ed anche la S.r.l. (OMISSIS), implicata nelle operazioni dettata dallo studio (OMISSIS) (OMISSIS) ai fratelli (OMISSIS), era riconducibile sempre allo studio (OMISSIS)- (OMISSIS). Il Tribunale, poi (da pag. 306), aveva ricordato una serie di vicende economiche, facenti capo a Confcommercio (di cui all'epoca (OMISSIS) era presidente), dalle quali era inevitabile dedurre l'interessamento del ricorrente a favore (anche sollevando dubbi nei funzionari dell'associazione di categoria, che avevano deposto su tali vicende) di alcune delle societa' interessate dalle operazioni, illecite, dei fratelli (OMISSIS), dettate dallo studio, cosi' dimostrandosi, (OMISSIS), ancora una volta, perfettamente a conoscenza del loro dipanarsi. Si era cosi' formato un quadro di tale spessore da imporre la conferma della penale responsabilita' del (OMISSIS) anche in ordine alle condotte relative alle societa' del gruppo (OMISSIS). 2.4. Il quinto motivo - sulla responsabilita' del (OMISSIS) in ordine al capo 2, la bancarotta patrimoniale consumata a danno della S.r.l. (OMISSIS) - e' interamente versato in fatto. Sul punto, i giudici del merito avevano fornito adeguata, e comunque non manifestamente illogica, motivazione, osservando quanto segue. A seguito della distrazione di un immobile della predetta societa', era pervenuto, sui conti dello studio (OMISSIS)- (OMISSIS), un pagamento di ben 1.950.000, senza essere giustificato da titolo alcuno, neppure dalla liquidazione di presunti compensi professionali. Si trattava, ancora una volta, di una somma di tale entita' da non consentire di ritenere che potesse essere stata incassata dallo studio, oltretutto senza titolo, senza il pieno, previo accordo, fra i due titolari del medesimo, (OMISSIS) e (OMISSIS). Oltre a cio', si era accertato che, nella complessa operazione descritta in imputazione, era stata coinvolta anche la societa' (OMISSIS) (che aveva prima acquistato e poi rivenduto un immobile, senza versarne prima e senza ricevere poi alcun corrispettivo, e, quindi, agendo come societa' schermo), riconducibile non allo studio ma al solo (OMISSIS), ed alla sua famiglia (una societa' anch'essa condotta al fallimento, e trasferita, da ultimo e seguendo il solito schema non attribuibile quindi al solo (OMISSIS), nel Regno Unito). 2.5. Il sesto motivo - sulla natura transnazionale dei delitti di cui ai capi 1, 2, 10, 27 e 31 - e' manifestamente infondato oltre che interamente versato in fatto. La Corte d'appello - risolvendo la dicotomia creata dalle due sentenze di primo grado, una delle quali aveva riconosciuto l'aggravante di cui alla L. n. 146 del 2006, articolo 4 (con riferimento ai capi in cui era stata contestata) mentre l'altra la sola natura transnazionale degli stessi - aveva ritenuto non fossero emersi gli elementi caratteristici dell'ipotesi aggravata (il concorso nei delitti di un ulteriore gruppo criminale operante all'estero), ma vi fossero tutti gli estremi per confermare la nauta transnazionale degli stessi, alla stregua dei criteri dettati dall'articolo 3 della citata legge. La L. n. 146 del 2006, articolo 3 richiede, infatti, per ritenere il reato di natura "transnazionale" che lo stesso sia consumato da un gruppo criminale organizzato e sussista, in via alternativa, una delle ulteriori ipotesi ivi previste: o che sia commesso in piu' di uno Stato; o che sia commesso in uno Stato, ma una parte sostanziale della sua preparazione, pianificazione, direzione o controllo avvenga in un altro Stato; o che sia commesso in uno Stato, ma in esso sia implicato un gruppo criminale organizzato impegnato in attivita' criminali in piu' di uno Stato; o che sia commesso in uno Stato ma abbia effetti sostanziali in un altro Stato. Il discrimine di tale fattispecie, rispetto a quella aggravata contemplata dall'articolo 4 della medesima legge, consiste nel contributo, nella seconda ipotesi, da parte di un gruppo criminale organizzato (diverso ed ulteriore da quello indicato nell'articolo 3) impegnato in attivita' criminali in piu' di uno Stato. Gruppo, operante all'estero, il cui coinvolgimento, si e' visto, era stato dalla Corte di merito escluso. La Corte, invece, aveva ritenuto che i delitti (per i quali era stata contestata l'aggravante) fossero connotati dalla "natura transnazionale" perche' erano stati commessi dal un gruppo criminale organizzato (quello descritto ai capi 1 di entrambi i procedimenti, il medesimo delitto associativo) e perche' si erano configurate almeno due delle ulteriori condizioni previste: i delitti erano stati commessi nel territorio dello Stato, ma almeno parte della loro pianificazione (il trasferimento delle societa', ideato fin dall'origine; e cio' anche in relazione al capo 10, oggetto di ulteriore specifica censura nel ricorso (OMISSIS), considerando che la srl (OMISSIS) risultava essere stata trasferita, da ultimo, in (OMISSIS)) e parte dei loro effetti sostanziali (le operazioni amministrative, economiche e bancarie) erano avvenuti all'estero. Sul punto, ne deriva che il giudizio della Corte d'appello sia privo di manifesti vizi logici. Quanto ai provvedimenti di confisca conseguiti, appunto, alla natura transazionale dei reati, ad oggi le sole residue imputazioni di bancarotta, deve, inoltre osservarsi, cosi' rispondendo ad un'ulteriore obiezione del ricorrente, come il momento della loro consumazione debba essere fissato alla data della pronuncia della sentenza dichiarativa del fallimento (la sentenza divenuta definitiva e non certo quella poi revocata, come e' avvenuto in alcuni dei casi oggetto del presente giudizio), cosi' che tutti risultano commessi in data posteriore all'entrata in vigore della L. n. 146 del 2006, che aveva legittimato il provvedimento ablatorio. 2.6. In considerazione di quanto si e', per ciascun capo di imputazione, sopra argomentato in ordine alla valutazione degli elementi di prova raccolti a carico del (OMISSIS), risultano manifestamente infondati tutti i motivi dedotti nella memoria successiva che riprendono le censure gia' articolate nel ricorso originario senza pero' scalfire il percorso motivazionale seguito dai giudici del merito. 2.7. L'ottavo ed il nono motivo, spesi sul trattamento sanzionatorio, sono fondati esclusivamente in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche. Queste, infatti, erano state, al (OMISSIS), concesse nel proc n. 22166/2016 e negate nel proc. n. 7578/2019. e negate, infine, dalla Corte d'appello. Certo e' consentito al giudice il riconoscimento delle medesime solo per alcuni dei fatti ascritti all'imputato (di recente: Sez. 5, n. 19366 del 08/06/2020, Finizio, Rv. 279107) - e quindi, nel caso di specie, mantenendo il diniego per i delitti giudicati nel processo 7578/2019 - ma tale scelta decisoria deve essere assistita da specifica motivazione, motivazione che, invece, e' del tutto mancata. A tacere del fatto che, se si fosse inteso negarle anche in relazione ai delitti contestati nel processo n. 22166/2016 si sarebbe operata una reformatio in peius in assenza di impugnazione della pubblica accusa. Sul punto la sentenza va, pertanto, annullata. La conferma invece, da parte della Corte d'appello, della pena base relativa al capo 27, in essa ricompreso l'aumento per la ritenuta aggravante fallimentare, non mostra manifesti vizi logici, posto che, trattandosi di un unico reato, non vi sono, ne' sono state illustrate, le ragioni che dovrebbero imporre la necessaria scissione della pena fra l'ipotesi base e l'aumento per l'aggravante cosi' che il calcolo cumulativo non puo' dirsi effettuato a detrimento dell'imputato. La doglianza relativa agli aumenti per la continuazione rimane assorbita (ponendosi, nel calcolo della pena, in un momento successivo alla eventuale concessione delle circostanze attenuanti generiche). 2.8. Quanto al delitto associativo, l'annullamento della sentenza in tema di attenuanti generiche determina l'ulteriore decorso del termine di prescrizione, determinando cosi' l'estinzione di tale reato. Un reato sulla cui sussistenza, peraltro, la motivazione spesa dalla Corte di appello e' priva di manifesti vizi logici, considerando il contributo fornito dall'imputato a tutte le operazioni distrattive e dissipative sopra illustrate e la sua posizione di preminenza nell'ambito di quello studio professionale, gestito con l'altro principale protagonista dell'intera vicenda, (OMISSIS), che le aveva proposte, organizzate e curate. Di tutte le altre imputazioni, invece, non e' decorso il termine di prescrizione. 3. Il ricorso di (OMISSIS). 3.1. Il quinto ed il sesto motivo - in cui si deduce l'imprevedibilita' del mutamento giurisprudenziale determinato dalla sentenza delle Sezioni unite civili n. 8426 del 2010 in tema di fallibilita' delle societa' trasferite all'estero - e' manifestamente infondato. E' infatti vero che, nella pronuncia citata, si era affermato che - il termine di un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, previsto dalla L. Fall., articolo 10, per consentire la dichiarazione di fallimento - trova un correttivo nella possibile revoca, ad opera del giudice (su istanza di un creditore o su richiesta del pubblico ministero), della precedente cancellazione, atteso il rilievo solo dichiarativo di tale pubblicita' se avvenuta in assenza delle condizioni richieste dalla legge. Ma e' altrettanto vero che la decisione delle Sezioni unite era perfettamente aderente alla lettera della norma citata - la L. Fall., articolo 10, comma 2, come mod. dal Decreto Legislativo n. 169 del 2007 - che consente, appunto, la riapertura del termine annuale e non costituisce pertanto novita' interpretativa alcuna. E, comunque, mai vi era stato un dubbio interpretativo sul fatto che, nell'anno dalla cancellazione della societa' dal registro delle imprese (anche a seguito di trasferimento all'estero: vd. La L. Fall., articolo 9), ne potesse essere richiesto il fallimento, cosi' che ne' (OMISSIS), ne' alcun altro degli odierni imputati, poteva fare concreto e sicuro affidamento sul fatto che, in tale termine, nessuno chiedesse la declaratoria di fallimento delle societa' indicate in imputazione. Non vi era pertanto alcun affidamento, di non rilevanza penale (conseguente alla declaratoria dei fallimenti) delle condotte consumate, in capo al (OMISSIS), da dover salvaguardare. Ne' tantomeno si era verificato un incolpevole errore di diritto sui fatti contestati. 3.2. Il primo, il secondo ed il settimo motivo - spesi sulla responsabilita' del ricorrente in ordine ai fatti contestatigli al capo 27, 28 e 31, rispettivamente, la bancarotta impropria della srl Istituto di Vigilanza (OMISSIS), le bancarotte patrimoniali relative alle srl La (OMISSIS) e alla srl (OMISSIS), tutte appartenenti al gruppo (OMISSIS) - sono interamente versati in fatto, a fronte di una motivazione della Corte di merito priva di manifesti vizi logici. La Corte aveva prima descritto le varie operazioni volte ad occultare ogni possibile responsabilita' degli amministratori (che a (OMISSIS) si erano rivolti proprio a tale scopo), ed a operare lo svuotamento delle societa' ed il loro trasferimento all'estero. Alle ricordate operazioni avevano partecipato alcune societa' riconducibili allo studio professionale di cui l'imputato era socio. Nella pendrive sequestrata al (OMISSIS) (ma attribuibile all'imputato) vi era ampia traccia, anche in una cartella significativamente denominata " (OMISSIS)" (il cognome degli amministratori divenuti clienti dello studio), sia delle illecite operazioni, sia dei cospicui corrispettivi ricevuti. I fratelli (OMISSIS) (la cui attendibilita' poggia sulla ampia confessione degli addebiti) avevano concordemente riferito (cosi', vicendevolmente riscontrandosi) di avere fatto riferimento al (OMISSIS) per tutte le operazioni descritte in imputazione. Trovando ulteriore e congruo riscontro nella documentazione a cui si e' teste' fatto riferimento. 3.3. Il terzo, il quarto ed il nono motivo - sulla responsabilita' del (OMISSIS) in riferimento ai reati descritti ai capi 4, 6 ed 8 della rubrica, le bancarotte patrimoniali consumate ai danni, rispettivamente, della srl (OMISSIS) della srl (OMISSIS) e della srl (OMISSIS), tutte appartenenti al gruppo (OMISSIS) - sono interamente versati in fatto e non tengono adeguato conto della motivazione, priva di manifesti vizi logici, della sentenza impugnata. La Corte d'appello, infatti, aveva ricordato la successione delle operazioni societarie che avevano condotto alla distrazione dell'intero patrimonio delle predette societa' con il trasferimento delle quote sociali ad un ente di diritto bulgaro e la nomina come amministratore di un cittadino di quella nazionalita'. Evidenti tracce delle operazioni erano state trovate nella pendrive (OMISSIS) (collaboratore del (OMISSIS)), in una cartella denominata, appunto, " (OMISSIS)" (dal cognome degli amministratori del gruppo), e almeno parte dei profitti ricavati erano pervenuti a societa' facenti capo allo studio professionale del (OMISSIS). I coimputati (OMISSIS) aveva patteggiato la pena, e (OMISSIS) (la cui attendibilita' era dimostrata dal leale comportamento processuale di ammissione dell'addebito) aveva riferito come l'intera catena delle operazioni (finalizzate a condurre al fallimento le societa' citate, cosi' salvaguardando il resto del gruppo" fosse stata ideata proprio da (OMISSIS), trovando, tale dichiarazione d'accusa, congruo riscontro nelle ulteriori acquisizioni documentali di cui si e' appena trattato. Irrilevante era sul punto l'intervenuta assoluzione del (OMISSIS) trovandosi costui in posizione processuale ben diversa, nel caso specifico, da quella del (OMISSIS) (basti pensare alle dichiarazioni del (OMISSIS)). 3.4. L'ottavo motivo - sulla responsabilita' del (OMISSIS) in ordine al delitto di cui al capo 2, relativo alla bancarotta patrimoniale consumata ai danni della S.r.l. (OMISSIS) - e' interamente versato in fatto e non tiene adeguato conto della motivazione, priva di manifesti vizi logici, della sentenza impugnata. La Corte territoriale, infatti, aveva concluso per la responsabilita' del prevenuto considerando quanto segue. Come gia' rilevato in riferimento a (OMISSIS), buona parte del ricavato della distrazione era pervenuto ad una societa' riconducibile allo studio professionale di cui erano soci e delle operazioni effettuate si era trovato ampio riferimento nella pendrive del (OMISSIS). E, come nel caso delle altre societa', avviate al fallimento dal (OMISSIS), ne era stato svuotato il patrimonio e, da ultimo, la societa' era stata trasferita all'estero. 3.5. Il decimo motivo - sulla responsabilita' del (OMISSIS) in ordine ai delitti contestatigli ai capi 10 e 24 della rubrica, le bancarotte patrimoniali consumate, rispettivamente, a danno della S.r.l. (OMISSIS), dei (OMISSIS), e della S.r.l. (OMISSIS), direttamente riconducibile allo studio (OMISSIS)- (OMISSIS) - e' interamente versato in fatto e non evidenzia manifesti vizi logici nel percorso argomentativo della sentenza impugnata. La Corte distrettuale, infatti, aveva ricostruito le vicende (gia' ricordate in ordine alla posizione del coimputato (OMISSIS)) che avevano condotto al dissesto ed alla distrazione dei beni appartenenti alla seconda, la S.r.l. (OMISSIS), un diretto strumento in mano ad entrambi i soci dello studio ed utilizzato, in modo spesso strumentale, in plurime vicende dagli stessi curate per conto della loro piu' vasta clientela. Quanto, invece, alla S.r.l. (OMISSIS), (OMISSIS) aveva indicato proprio nel (OMISSIS) l'ideatore di quelle operazioni che avevano condotto alla distrazione dei beni indicati in imputazione. Trovando adeguato riscontro nell'utilizzo, in un passaggio della complessiva vicenda, della societa' (OMISSIS), riconducibile allo studio professionale e, quindi, anche al (OMISSIS). 3.6. Il dodicesimo ed il tredicesimo motivo sono inammissibili per la loro genericita'. Si lamenta infatti, rispettivamente, una presunta insufficienza del quadro probatorio ed una non consentita commistione fra gli elementi di prova dell'uno e dell'altro giudizio (di primo grado), senza pero' nulla specificare al riguardo, tenendo presenti poi tutte le considerazioni e gli elementi di prova raccolti ed argomentati nei punti precedenti. 3.7. L'undicesimo motivo - sulla responsabilita' del (OMISSIS) in ordine al delitto associativo - e' manifestamente infondato. La Corte d'appello aveva concluso, seguendo un percorso argomentativo scevro di manifeste aporie logiche, per la conferma della condanna di primo grado in ordine al delitto associativo. Del resto, la sistematicita' delle condotte, la pluralita' dei soggetti interessati, sia alle operazioni svolte nel territorio dello Stato, sia al trasferimento delle societa' all'estero - attraverso la struttura, a pieno titolo inserita nell'associazione e nelle attivita' di questa, facente capo al coimputato (OMISSIS) - imponevano di considerarla un'associazione criminale, certo ben distinta dallo studio professionale (OMISSIS) (OMISSIS) in quanto tale, ma in esso operante. (OMISSIS) ne era stato individuato, per tutto quanto si e' accertato in relazione ai delitti fine del sodalizio, come l'ideatore e l'organizzatore dell'associazione stessa. Ne' era possibile, come invocato nel motivo di ricorso, ritenere il delitto prescritto prima della pronuncia della sentenza impugnata dovendosi tenere conto del solo processo, e delle relative sospensioni del termine di prescrizione, di prime cure in cui tale reato era stato contestato all'imputato. Tuttavia, il delitto associativo si e' prescritto in epoca successiva, per quanto si osservera' nel prossimo punto. 3.8. Le censure riferite al trattamento sanzionatorio sono argomentate nei motivi di ricorso dal quattordicesimo al diciannovesimo. Quanto alla commisurazione della pena relativa al reato ritenuto piu' grave, il capo 27 (n. 7578/2019) della rubrica, si rinvia a quanto gia' osservato sulla posizione (OMISSIS) circa il difetto di interesse concreto alla scissione del calcolo fra il reato base e l'aumento per la circostanza aggravante e la possibilita' per il giudice di fissare una pena che gia' tenga conto dell'aumento stesso. E cio' anche considerando che la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalita' del giudice di merito, il quale, per assolvere al relativo obbligo di motivazione, e' sufficiente che dia conto dell'impiego dei criteri di cui all'articolo 133 c.p. con espressioni del tipo: "pena congrua", "pena equa" o "congruo aumento", come pure con il richiamo alla gravita' del reato o alla capacita' a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Mastro, Rv. 271243) e, nel contempo, rilevando che la pena irrogata, pari ad anni 6 di reclusione, non raggiunge neppure la misura media del delitto di bancarotta privo di aggravanti. La pena rimane fissata in tale misura da rendere del tutto incongrua quella proposta dall'imputato in sede di istanza di patteggiamento. La difesa invoca l'applicazione dell'aggravante specifica anche in relazione ai fatti inerenti le diverse societa' fallite ma tale pretesa e' stata costantemente negata dalla giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis Sez. 5, n. 31408 del 04/06/2004, Melloni, Rv. 229277). La sentenza impugnata va, invece, annullata in relazione al diniego delle circostanze attentanti generiche per il medesimo vizio rilevato sulla posizione (OMISSIS): in uno dei processi di primo grado erano state riconosciute e, sul punto, la Corte d'appello, negandole, nulla, di specifico, aveva motivato. Da tale annullamento deriva la declaratoria di prescrizione del solo delitto associativo (non essendo, ad oggi, decorso il termine per le residue imputazioni). 3.9. Il ventesimo motivo e' inammissibile posto che si e' costantemente affermato (da ultimo: Sez. 2, n. 44859 del 17/10/2019, Tuccio, Rv. 277773) che non e' impugnabile con ricorso per cassazione la statuizione pronunciata in sede penale e relativa alla concessione e quantificazione di una provvisionale, trattandosi di decisione di natura discrezionale, meramente delibativa e non necessariamente motivata, per sua natura insuscettibile di passare in giudicato e destinata ad essere travolta dall'effettiva liquidazione dell'integrale risarcimento. 4. Il ricorso di (OMISSIS). 4.1. Il primo motivo - sulla mancata risposta ai motivi aggiunti formulati con memoria del 15 gennaio 2020 - e' inammissibile perche' difetta di specificita' in quanto non si precisa la decisivita' della risposta omessa. Con i motivi aggiunti, infatti, si era chiesta la produzione di un, atto processuale, relativo al medesimo fallimento di cui il prevenuto e' chiamato qui a rispondere, in cui lo stesso non risulta menzionato quale indagato o imputato, ma non e' dato comprendere, ne' nel ricorso lo si precisa adeguatamente, per quale ragione la mera non menzione del (OMISSIS) in altro processo debba considerarsi, nel presente, decisiva, sia che le imputazioni, pur riferite al medesimo fallimento, siano diverse (riguardando cosi' altre condotte, al quale potrebbe essere rimasto estraneo), sia nel caso fossero le stesse (posto che l'omissione allora si spiegherebbe con la regola del ne bis in idem). 4.2. Il secondo motivo - sulla responsabilita' del ricorrente in ordine al reato di cui al capo 34 della rubrica (n. 22166/2016), la bancarotta impropria consumata ai danni della S.r.l. (OMISSIS), appartenente al gruppo (OMISSIS) - e' interamente versato in fatto e, sul punto, la Corte di merito aveva speso argomenti privi di manifesti vizi logici. La Corte, infatti, aveva osservato (pag. 78 e 111) come (OMISSIS) fosse persona di stretta fiducia dei (OMISSIS), cosi' da doversi dedurre che egli, nelle qualita' di amministratore delle societa' del gruppo, avesse, in piena consapevolezza, contribuito a tutte quelle operazioni, dettate dal (OMISSIS), volte a commettere gli illeciti descritti in rubrica. In particolare, (OMISSIS) forniva il proprio indispensabile contributo all'operazione di scissione della societa', che aveva comportato l'assegnazione del patrimonio immobiliare alla S.r.l. (OMISSIS), cosi', gia' con tale operazione, depauperandone il patrimonio e avviandola a quel dissesto che, puntualmente, si era verificato (come, del resto, era fin dall'inizio programmato, secondo lo schema consigliato ai (OMISSIS) da (OMISSIS) e (OMISSIS)). Quanto all'operazione di scissione, risultano inconferenti (a confutare la sua natura distrattiva) le permanenti garanzie offerte dai patrimoni delle societa' oggetto dell'operazione societaria perche' il dato che deve essere verificato e' solo la salvaguardia dell'integrita' del patrimonio della societa' fallita, patrimonio che, invece, nel caso concreto, e' stato indubbiamente depauperato, sostituendo ad un cespite immobiliare direttamente posseduto una mera possibilita' d'azione civile risarcitoria nei confronti di altra societa'. Tutto cio' consente anche di affermare che, quanto al reato fiscale contestato al ricorrente al capo 33 (speculare alla contestazione di bancarotta di cui al capo 34), oggetto del terzo motivo di ricorso, la Corte distrettuale non poteva che, al piu', prendere atto, come aveva fatto, dell'avvenuto decorso del termine di prescrizione e non certo assolvere, dal medesimo, il (OMISSIS). 4.3. Il quinto motivo - sulla configurabilita' dell'ipotesi di cui all'articolo 114 c.p. - e' manifestamente infondato. Si e', infatti, affermato (ex plurimis: Sez. 4, n. 35950 del 25/11/2020, Indelicato, Rv. 280081) che, ai fini del riconoscimento dell'attenuante della partecipazione di minima importanza al reato, e' necessario che il contributo dato dal compartecipe si sia concretizzato nell'assunzione di un ruolo di efficacia causale cosi' lieve rispetto all'evento, da risultare trascurabile nell'economia generale dell'"iter" criminoso. In applicazione di tale principio di diritto, emerge evidente il necessario e sostanziale contributo fornito dal (OMISSIS) che, quale amministratore della societa', aveva consentito ed approvato il primo, essenziale, strumento della spoliazione della stessa, l'operazione di scissione del patrimonio immobiliare, cosi' da non potersi ritenere, la sua compartecipazione al fatto, cosi' minima da potere essere considerata trascurabile. 4.4. Il quarto motivo di ricorso - sul diniego delle circostanze attenenti generiche - e' fondato perche' la Corte territoriale le aveva negate pur se il Tribunale di prime cure (del processo n. 22166/2016) le aveva concesse, cosi' da delinearsi, in assenza di impugnazione sul punto della pubblica accusa, una indubbia reformatio in peius. La sentenza impugnata va pertanto annullata sul punto. 5. Il ricorso di (OMISSIS). 5.1. Il primo motivo - sulla responsabilita' del ricorrente in ordine al delitto ascrittogli al capo 39 (proc 22166/2016) dell'imputazione, la bancarotta patrimoniale consumata ai danni della S.r.l. (OMISSIS) (gia' S.r.l. (OMISSIS)), del gruppo (OMISSIS) - e' interamente versato in fatto e non considera adeguatamente la motivazione offerta sul punto dalla Corte d'appello. La Corte, infatti, seguendo un percorso argomentativo privo di manifesti vizi logici, aveva confermato la condanna del prevenuto per tale reato, osservando (pag. 114) che questi aveva attivamente e consapevolmente partecipato alla complessa operazione descritta in imputazione, interponendo la propria ditta individuale (che pertanto a lui solo faceva capo), e cosi' acquistando un ramo di azienda proveniente dalla fallita, senza versarne il corrispettivo, cedendolo poi, senza nulla incassare, ad altra societa', sempre indicatagli dai sodali. Era pertanto evidente la sua consapevolezza di partecipare allo svuotamento di una societa' a favore di quelle designate dai coimputati (dovendo pertanto rispondere del reato proprio quale concorrente esterno). Doveva anche considerarsi che (OMISSIS), parente acquisito dei fratelli (OMISSIS), era persona di loro stretta fiducia. 5.2. Il secondo motivo di ricorso, sul diniego delle circostanze attenuanti generiche, e' fondato. Come nel caso del (OMISSIS), al (OMISSIS) (nel processo n. 22166/2016) erano gia' state riconosciute le attenuanti in questione, che la Corte territoriale aveva, invece, negato, in assenza di impugnazione sul punto della pubblica accusa. Ne consegue l'annullamento sul punto della sentenza impugnata (e l'assorbimento del terzo motivo di ricorso inerente la misura della pena). 5.3. Il quarto motivo di ricorso e' inammissibile, per la sua intrinseca genericita', dal momento che l'apodittica affermazione secondo cui la confisca degli immobili dei fratelli (OMISSIS) avrebbe risarcito tutti di danni patiti dalle odierne parti civili risulta sfornita di ogni concreta allegazione. 6. Il ricorso di (OMISSIS). 6.1. Il primo ed il secondo motivo di ricorso - spesi sulla responsabilita' della prevenuta in ordine al capo 39 della rubrica (n. 22166/2016) - sono fondati, per le ragioni che si diranno e che comportano l'assorbimento delle ulteriori censure (sulla circostanza aggravante fallimentare, sulla misura della pena, sull'ipotesi di cui all'articolo 114 c.p. e sulla confisca). La Corte d'appello, infatti (pag. 83 e 103), osservava che erroneamente la ricorrente era stata ritenuta, dal Tribunale, colpevole del reato proprio ascrittole, posto che la stessa non aveva ricoperto alcuna delle cariche amministrative della societa', come era stato documentalmente provato. E, tuttavia, la medesima, affermava la Corte, doveva rispondere del medesimo reato, quale concorrente esterna, per avere dettato a colui che era divenuto l'amministratore di facciata della societa' una nota, indirizzata al consulente del curatore, in cui riferiva la mancata conservazione delle scritture contabili, cosi' da sottrarle al controllo degli organi fallimentari. Solo che la Corte non aveva chiarito quale fosse stato il letterale contenuto della missiva, nonostante il motivo di appello sul punto, che bene, quindi, avrebbe potuto essere quello, invocato dalla difesa (che ne allegava copia al ricorso), del tutto diverso, e consistente nella sola specificazione della durata in carica di tale amministratore, assenza pertanto, fare cenno alcuno alla dispersione del compendio contabile. La sentenza impugnata va pertanto annullata per il vizio, sopra indicato, di motivazione. Anche considerando il fatto che, seppure, l'imputata avesse inviato una missiva con tale contenuto (di invito all'amministratore prestanome di giustificare il mancato invio del compendio contabile) si dovrebbe pur sempre scandagliare la sua consapevolezza in ordine all'occultamento della contabilita', considerando il fatto che l'imputata era stata assolta o prosciolta da tutte le ulteriori accuse a lei ascritte. 7. I ricorsi di (OMISSIS) e di (OMISSIS) possono essere trattati cumulativamente per la sovrapponibilita' delle censure in essi argomentati. I ricorsi sono fondati limitatamente alla confisca, per equivalente, dei loro beni disposta dal Tribunale e confermata dalla Corte distrettuale. 7.1. Costoro, infatti, dichiarati colpevoli dal Tribunale per i delitti loro ascritti ai capi 15, 16 e 17 (n. 22166/2016), erano stati, dalla Corte d'appello, assolti dal delitto sub 16 perche' il fatto non sussiste e prosciolti dai reati sub 15 e 17 per intervenuta prescrizione dei medesimi. Non veniva pero' revocata la confisca, per equivalente, che si fondava sulla natura transnazionale dei reati estinti (vd. p. 685 e ss. della sentenza di prime cure). La Corte territoriale aveva cosi' omesso di considerare il principio di diritto fissato da questa Corte, con la sentenza delle Sezioni unite n. 31617 del 26/06/2015, Lucci, Rv. 264435, secondo il quale il giudice, nel dichiarare la estinzione del reato per intervenuta prescrizione, non puo' disporre, atteso il suo carattere afflittivo e sanzionatorio, la confisca per equivalente delle cose che ne costituiscono il prezzo o il profitto. Le Sezioni unite, con la sentenza n. 4145 del 29/09/2022, dep. 2023, Esposito, Rv. 284209, avevano anche precisato la disposizione di cui all'articolo 578-bis c.p.p., introdotta dal Decreto Legislativo 1 marzo 2018, n. 21, articolo 6, comma 4, (che consente di confermare, motivando sul punto, la confisca, anche per equivalente, nel caso di proscioglimento dell'imputato per la prescrizione del reato) ha, con riguardo alla confisca per equivalente e alle forme di confisca che presentino comunque una componente sanzionatoria, natura anche sostanziale e, pertanto, e' inapplicabile in relazione ai fatti posti in essere prima della sua entrata in vigore (e, pertanto ai fatti oggetto del presente processo, tutti anteriori al citato D.Lgs.). La sentenza impugnata va pertanto annullata sul punto, senza rinvio. 7.2. Il disposto annullamento comporta l'assorbimento dell'ulteriore censura proposta in entrambi i ricorsi sulla proporzione fra il valore dei beni vincolati ed il profitto del reato. Restano da affrontare (permanendo le statuizioni civili confermate dalla Corte d'appello) le doglianze relative alla quantificazione del danno patito dall'amministrazione finanziaria (il quarto motivo del ricorso (OMISSIS) ed il quinto del ricorso (OMISSIS)) e, per il ricorrente (OMISSIS), alla ritenuta responsabilita' del medesimo per il delitto, estinto, contestatogli al capo 16 (rectius 17, nel quinto motivo), e, per il ricorrente (OMISSIS), alla ritenuta responsabilita' per i delitti, estinti, di cui ai capi 15 e 16 (rectius 17: nel primo e nel secondo motivo). 7.3. I motivi di ricorso inerenti la quantificazione del danno - nella misura equivalente al debito tributario non assolto piuttosto che alla diminuzione patrimoniale che era conseguita dalla commissione del reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 11 - sono manifestamente infondati. Proprio nella pronuncia di questa Corte citata nei ricorsi (Sez. 3, n. 32897 del 2021 non massimata) si ricorda che "quanto invece al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 11, secondo Sez. U, n. 18374 del 31/01/2013, Adami, Rv. 255036, il profitto, confiscabile anche nella forma per equivalente, del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 11, e' costituito da qualsivoglia vantaggio patrimoniale direttamente conseguito alla consumazione del reato e puo', dunque, consistere anche in un risparmio di spesa, come quello derivante dal mancato pagamento del tributo, interessi, sanzioni dovuti a seguito dell'accertamento del debito tributario". Il danno, pertanto, ben puo' coincidere con l'imposta interamente evasa. E, nel caso di specie, la norma fiscale contestata, come si e' detto, e' proprio il Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 11. 7.4. Quanto al capo 15 dell'imputazione - rispetto al quale si e' invocata una formula assolutoria piena a fronte del proscioglimento per la prescrizione del reato - la Corte territoriale, con motivazione priva di manifesti vizi logici (pg. 69/70 e 106/107), aveva osservato come il trasferimento dell'attivita' nel Regno Unito doveva considerarsi fittizia non avendo, la societa', affatto li' operato, cosi' da disvelare, l'intera operazione descritta nell'imputazione (gli imputati avevano ceduto le quote a persone di fiducia dello studio (OMISSIS) (OMISSIS)), il solo intento di sottrarre il valore dei beni della societa' alla garanzia del pagamento dell'imposta. 7.5. Quanto al capo 17 della rubrica - rispetto al quale si e' invocata una formula assolutoria piena a fronte del proscioglimento per la prescrizione del reato - la Corte territoriale, con motivazione priva di manifesti vizi logici, aveva osservato come non vi fosse prova alcuna che i pagamenti descritti in imputazione, assolti a preferenza di altri, fossero stati indirizzati a persone o enti ritenuti strategici per consentire la continuita' aziendale, tanto piu' che la societa', la S.r.l. (OMISSIS), era stata, dai coimputati, destinata al fallimento e non certo alla prosecuzione, in bonis, dell'attivita' stessa. 7.6. In conclusione, i ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS), accolti in relazione alla confisca, vanno rigettati nel resto. 8. Il ricorso di (OMISSIS). 8.1. Il primo motivo di ricorso e' manifestamente infondato. Sullo specifico punto gia' la Corte territoriale aveva correttamente disatteso l'eccezione proposta in quella sede evidenziando che (p. 100): - dall'esame degli atti del procedimento emergeva che il Presidente del Collegio cui originariamente era stato assegnato il procedimento in fase dibattimentale avesse dichiarato di astenersi (verbale udienza 4 marzo 2015); - la dichiarazione era stata trasmessa al Presidente del Tribunale ai sensi dell'articolo 36 c.p.p. il quale, con provvedimento del 2 marzo 2015, aveva autorizzato l'astensione, assegnando il procedimento al Collegio Uno, presieduto da altro giudice. 8.1.1. Alla luce delle corrette indicazioni di natura procedurale risulta evidente la manifesta infondatezza del motivo. In ragione della intervenuta astensione, alcuna abnormita' si e' verificata. E' consolidato l'orientamento secondo cui: "L'abnormita' dell'atto processuale puo' riguardare tanto il profilo strutturale, allorche' per la sua singolarita', si ponga al di fuori del sistema organico della legge processuale, quanto il profilo funzionale, quando esso, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l'impossibilita' di proseguirlo. (Sez. 2, n. 2484 del 21/10/2014, (2015), Rv. 262275). Nel caso di specie la trasmissione della dichiarazione alla Presidenza non accompagnata da un provvedimento motivato e la mancata risposta sul punto non possono considerarsi atti abnormi non essendosi prodotta alcuna delle situazioni indicate dalla giurisprudenza di questa Corte dal momento che la autorizzata astensione del giudice rende irrilevante qualsivoglia ulteriore doglianza. 8.2 Il secondo motivo e' manifestamente infondato non confrontandosi con i contenuti della sentenza e con la giurisprudenza di questa Corte. Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la giurisprudenza di legittimita', (Sez. 5, n. 7615 del 20/09/2016, (2017), Rv. 269474) confermata di recente, ha stabilito che: "Sono legittimamente utilizzabili in giudizio gli elaborati peritali formati in altro procedimento penale, trattandosi di mezzo di prova sottratto al divieto di cui all'articolo 238 c.p.p., comma 2-bis, concernente i verbali di dichiarazioni di prove di altro procedimento penale ai quali non puo' essere ricondotta la perizia." (Sez.5, n. 22586 del 02/02/2022, Rv. 283373). Anche la sentenza impugnata ha risposto sullo specifico punto evidenziando che la inutilizzabilita' eccepita non e' riferita alla prova intercettiva in se' e al suo contenuto quanto alla acquisizione della perizia del diverso giudizio, questioni non dirimenti in punto di valutazione della prova. Va per completezza espositiva evidenziato che nell'ipotesi di specie la questione e' risolvibile in radice non trattandosi di perizia disposta in "diverso procedimento". Si richiama la giurisprudenza di legittimita' che ha chiarito che "(..)la nozione di "diverso procedimento" va ancorata ad un criterio di valutazione sostanzialistico, che prescinde da elementi formali, quale il numero di iscrizione del procedimento nel registro delle notizie di reato, considerandosi decisiva, ai fini della individuazione della identita' dei procedimenti, l'esistenza di una connessione tra il contenuto della originaria notizia di reato, per la quale sono state disposte le intercettazioni, ed i reati per i quali si procede sotto il profilo oggettivo, probatorio o finalistico (Sez. U, n. 32697 del 26/06/2014, Floris, in motiv.; Sez. 6, n. 11472 del 02/12/2009, Pavigliariti, Rv. 246524; Sez. 6, n. 46244 del 15/11/2012, Filippi, Rv. 254285; 5 Sez. 2, n. 43434 del 05/07/2013, Bianco, Rv. 257834; Sez. 2, n. 3253 del 10/10/2013, dep. 2014, Costa, Rv. 258591). In altri termini, "(..)se la formale unita' dei procedimenti, sotto un unico numero di registro generale, non puo' fungere da schermo per l'utilizzabilita' indiscriminata delle intercettazioni, facendo convivere tra di loro procedimenti privi di collegamento reale, allo stesso modo, la separazione formale dei procedimenti puo' consentire di ritenere, a condizioni esatte, che tra gli stessi possa esistere un collegamento sostanziale ai fini di escludere la diversita' oggetto della disciplina limitativa di cui al divieto previsto dall'articolo 270 c.p.p. (..)". (Sez. 3, n. 46085 del 28/03/2018, Fersini ed altri, Rv. 275351). Nel caso in esame, trattandosi di processo cumulativo a carico di piu' soggetti, per alcuni di essi e' stato disposto il giudizio immediato custodiale, per altri l'azione penale e' stata esercitata nelle forme tradizionali. Appare evidente, dunque, che "la diversita' del procedimento" e' legata ad un'opzione di natura processuale rispetto ad un processo che e' formalmente e sostanzialmente unico con tutte le conseguenze che ne derivano. Sullo specifico punto la sentenza impugnata ha chiarito che: - il procedimento n. 22166 RG costituisce quello principale, dal quale sono poi stati tratti diversi "stralci" a seguito della individuazione di nuovi indagati, alcuni sottoposti a misure cautelari, con conseguente scelta del giudizio immediato c.d. cautelare; - l'articolo 271 c.p.p., nel prevedere le cause di inutilizzabilita' dei risultati delle intercettazioni, non contempla quella dedotta dai ricorrenti dal momento che la prova non e' rappresentata dalle trascrizioni dei dialoghi, ma dalle conversazioni intercettate. 8.3. Manifestamente infondato risulta il terzo motivo. Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione e', in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimita' la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente piu' adeguata, valutazione delle risultanze processuali. (S. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone ed altri, Rv. 207944). Anche in tal caso la sentenza impugnata con motivazione in fatto, logica e non contraddittoria e come tale non censurabile in questa sede, ha chiarito che: - dalla documentazione acquisita e dalle indagini svolte e' emerso come la societa' fosse stata amministrata da (OMISSIS) dal 14 luglio 2003 al 27 settembre 2004; successivamente da (OMISSIS) allorquando la sede era trasferita all'estero, ed e' stata dichiarata fallita in data (OMISSIS) con richiesta avanzata dalla Procura della Repubblica L. Fall., ex articolo 7; - la societa' in data 14 settembre 2004 cedeva l'unico cespite del suo patrimonio immobiliare alla (OMISSIS) spa, di fatto senza incassare il corrispettivo e in data 28.9.04 deliberava il trasferimento della sede legale in Inghilterra, con contestuale istanza di cancellazione al Registro delle imprese e sostituzione dell'amministratore nominato nella persona di (OMISSIS); - dall'esame dei bilanci depositati risulta la inoperativita' fin dal 2000; risultano inoltre immobilizzazioni materiali per oltre 2.000.000 di Euro, consistenti essenzialmente nell'immobile oggetto di distrazione; - le scritture contabili sono mancanti dal bilancio relativo all'esercizio 2003 all'esercizio 2010; - e' stato accertato un debito tributario lievitato a 5.000.000 di Euro, con proposta di concordato non accolta dalla Agenzia delle Entrate. - non vi e' prova di passaggio delle scritture contabili dal ricorrente al nuovo amministratore. La sentenza ancora una volta con motivazione logica ha risposto alle censure nuovamente riproposte in questa sede anche in relazione alla ricostruzione del debito fiscale e al coinvolgimento del ricorrente: - con specifico riferimento al credito IVA di Euro 492.699,00 rileva la Corte come la mancanza delle scritture contabili per il periodo compreso tra il 31.12.2003 ed il 2010 precluda qualunque ricostruzione attendibile delle vicende societarie; - la sparizione delle scritture contabili deve ritenersi preordinata, a nulla rilevando che la dichiarazione di fallimento sia intervenuta ad anni di distanza; ne' e' rilevante, come sostenuto dalla Difesa, che la societa' fosse inoperante fin dal 2000, avendo in realta' svolto appieno il suo ruolo di accumulatore di debiti verso l'erario rimasti impagati ed avendo esaurito la sua funzione con il trasferimento all'estero; del tutto irrilevante e' poi la circostanza che i debiti risalissero all'anno 2000, risiedendo il concorso del (OMISSIS) nella alienazione dell'immobile e nella spoliazione del corrispettivo, condotte tutte risalenti al periodo in cui lui era amministratore; 8.4. Manifestamente infondato il quarto motivo. La Corte d'appello - risolvendo la dicotomia creata dalle due sentenze di primo grado, una delle quali aveva riconosciuto l'aggravante di cui alla L. n. 146 del 2006, articolo 4 (con riferimento ai capi in cui era stata contestata) mentre l'altra la sola natura transnazionale degli stessi - aveva ritenuto non fossero emersi gli elementi caratteristici dell'ipotesi aggravata (il concorso nei delitti di un ulteriore gruppo criminale operante all'estero), ma vi fossero tutti gli estremi per confermare la natura transnazionale degli stessi, alla stregua dei criteri dettati dall'articolo 3 della citata legge. La L. n. 146 del 2006, articolo 3 richiede, infatti, per ritenere il reato di natura "transnazionale" che lo stesso sia consumato da un gruppo criminale organizzato e sussista, in via alternativa, una delle ulteriori ipotesi ivi previste: o che sia commesso in piu' di uno Stato; o che sia commesso in uno Stato, ma una parte sostanziale della sua preparazione, pianificazione, direzione o controllo avvenga in un altro Stato; o che sia commesso in uno Stato, ma in esso sia implicato un gruppo criminale organizzato impegnato in attivita' criminali in piu' di uno Stato; o che sia commesso in uno Stato ma abbia effetti sostanziali in un altro Stato. Il discrimine di tale fattispecie, rispetto a quella aggravata contemplata dall'articolo 4 della medesima legge, consiste nel contributo, nella seconda ipotesi, da parte di un gruppo criminale organizzato (diverso ed ulteriore da quello indicato nell'articolo 3) impegnato in attivita' criminali in piu' di uno Stato. Gruppo, operante all'estero, il cui coinvolgimento, si e' visto, era stato dalla Corte di merito escluso. La Corte, invece, aveva ritenuto che i delitti (per i quali era stata contestata l'aggravante) fossero connotati dalla "natura transnazionale" perche' erano stati commessi dal un gruppo criminale organizzato (quello descritto ai capi 1 di entrambi i procedimenti, il medesimo delitto associativo) e perche' si erano configurate almeno due delle ulteriori condizioni previste: i delitti erano stati commessi nel territorio dello Stato, ma almeno parte della loro pianificazione (il trasferimento delle societa', ideato fin dall'origine) e parte dei loro effetti sostanziali (le operazioni amministrative, economiche e bancarie) erano avvenuti all'estero. Sul punto, ne deriva che il giudizio della Corte d'appello sia privo di manifesti vizi logici. 8.5. Manifestamente infondato nonche' generico il quinto motivo non confrontandosi con la sentenza impugnata. La sentenza impugnata richiama la sentenza di primo grado nella parte in cui illustra la tipologia delle attivita' fraudolente oggetto del giudizio. Il modello standard "(..)consiste nella pianificazione e realizzazione di operazioni societarie straordinarie che permettono di portare a compimento importanti ristrutturazioni di gruppi economici rilevanti, gravati da una forte esposizione nei confronti dell'Erario, salvaguardando nella parte attiva che, mediante cessione di rami di aziende, ovvero scissioni, fusioni e incorporazioni, viene fatta confluire in nuovi soggetti giuridici cosi' sottratti alle azioni di riscossione del fisco (...)". Le societa' originarie, gravate da imponenti debiti tributari e ormai svuotate dei propri valori, erano formalmente, ma anche fittiziamente trasferite all'estero in (OMISSIS) o in (OMISSIS): cio' significa che il trasferimento all'estero della societa' non e' qualificabile come l'esercizio di un diritto, ma e' un momento essenziale dello schema fraudolento. 8.6. Generico risulta il quarto motivo in relazione al trattamento sanzionatorio essendosi limitato il ricorrente a lamentare l'eccessivita' della pena concessa senza indicare quali fossero le circostanze da valutare ulteriormente, a fronte della motivazione della sentenza impugnata che ha operato un riferimento alla gravita' delle condotte ed all'entita' del danno cagionato. 9. Il ricorso di (OMISSIS). 9.1. Manifestamente infondato il primo motivo in quanto totalmente versato in fatto. La difesa si duole, in particolare, che la sentenza impugnata non abbia correttamente motivato in relazione alla causa del dissesto della societa' fallita e che non abbia tenuto conto della insussistenza del rapporto di causalita' tra le condotte attribuite al ricorrente e il dissesto societario, valorizzando la normativa civilistica in tema di scissione societaria. Le censure del ricorrente attengono esclusivamente al merito, in quanto dirette a sovrapporre all'interpretazione delle risultanze probatorie operata dal giudice una diversa valutazione dello stesso materiale probatorio per arrivare ad una decisione diversa, e come tali si pongono all'esterno dei limiti del sindacato di legittimita'. La decisione del giudice di merito non puo' essere invalidata da ricostruzioni alternative che si risolvano in una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell'autonoma assunzione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, da preferirsi a quelli adottati dal giudice del merito, perche' illustrati come maggiormente plausibili o perche' assertivamente dotati di una migliore capacita' esplicativa nel contesto in cui la condotta delittuosa si e' in concreto realizzata (Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482; Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, Bosco, Rv. 234148; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, De Vita, Rv. 235507). In realta', contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, la Corte territoriale motiva in modo esaustivo e non contraddittorio sulla specifica censura, argomentando analiticamente sui punti di doglianza. Con specifico riferimento dunque anche alla bancarotta impropria derivante da operazioni dolose, per la quale, differentemente dalla ipotesi di bancarotta fraudolenta distrattiva, ai fini della configurabilita' della penale responsabilita' assume indubbia rilevanza il rapporto di causalita' tra la condotta del ricorrente e l'intervenuto dissesto, la sentenza risponde allo specifico motivo di censura e dimostra come proprio la condotta posta in essere dal ricorrente e' stata causalmente determinante ai fini della realizzazione del dissesto. La sentenza con motivazione in fatto logica e non contraddittoria ha chiarito che: - Il ricorrente nella sua qualita' di componente del Consiglio di Amministrazione dell'(OMISSIS) s.r.l., ma anche di legale rappresentante della (OMISSIS) S.r.l. ha svolto un ruolo decisivo nella realizzazione delle operazioni dolose che hanno concorso a determinare il dissesto della societa', in particolare contribuendo alla operazione di scissione dell'(OMISSIS) s.r.l. ed al successivo trasferimento del suo patrimonio immobiliare alle due societa' neo costituite, una delle quale risultava da lui amministrata. - La scissione societaria costituiva solo la prima fase della operazione, poi conclusasi con il trasferimento del patrimonio immobiliare che ha completamente svuotato la societa' madre, determinandone il dissesto. Risultano inconferenti (a confutare la sua natura distrattiva) le permanenti garanzie offerte dai patrimoni delle societa' oggetto dell'operazione societaria di scissione perche' il dato che deve essere verificato e' solo la salvaguardia dell'integrita' del patrimonio della societa' fallita, patrimonio che, invece, nel caso concreto, e' stato indubbiamente depauperato, sostituendo ad un cespite immobiliare direttamente posseduto una mera possibilita' d'azione civile risarcitoria nei confronti di altra societa'. 9.2 Manifestamente infondato il secondo motivo relativo alla circostanza aggravante di cui all'articolo 146/2006 per le ragioni esposte avuto riguardo al medesimo motivo di ricorso proposto da (OMISSIS) e alle quali si rinvia. 9.3. Generico risulta il motivo relativo al trattamento sanzionatorio e alla invocata prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulle contestate aggravanti. A fronte di una esaustiva motivazione in fatto con la quale la Corte territoriale ha chiarito le ragioni per le quali ha condiviso il trattamento sanzionatorio operato dal primo giudice e il discostamento dai minimi edittali, quali: - la gravita' delle condotte poste in essere dagli imputati - ciascuno nel ruolo accertato - con specifico riferimento alla entita' del danno determinatosi per l'Erario in conseguenza delle condotte penalmente rilevanti; - la sistematicita' con cui gli imputati hanno attuato il programma criminoso concordato con un gravissimo depauperamento per le casse dello Stato, con conseguenze pesanti per la intera collettivita'; - l'incisivita' del "sistema (OMISSIS)" sul tessuto economico della societa', alterando gli ordinari rapporti tra soggetti economici e compromettendo le logiche di mercato; il giudice di secondo grado ha concesso al ricorrente, al solo fine di adeguare la pena al ruolo in concreto svolto, le circostanze attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti. Non sono stati offerti, tuttavia, in concreto elementi dalla difesa che potessero comportare un trattamento sanzionatorio piu' favorevole. 10. Il ricorso di (OMISSIS) . 10.1 Il primo motivo di ricorso risulta manifestamente infondato. Trattasi del medesimo motivo proposto dal (OMISSIS) relativo alla inutilizzabilita' della perizia trascrittiva di diverso procedimento e in relazione al quale sono gia' in precedenza indicate le ragioni della manifesta infondatezza alle quali si rinvia (par. 8.2). 10.2 Il secondo motivo risulta anch'esso manifestamente infondato. Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione e', in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimita' la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente piu' adeguata, valutazione delle risultanze processuali. (S. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone ed altri, Rv. 207944). Il motivo ripropone la medesima doglianza contenuta nell'atto di appello e puntualmente disattesa dalla Corte territoriale la quale con motivazione in fatto, logica e non contraddittoria e come tale non censurabile in questa sede ha chiarito che: - In data 29 settembre 2007 (OMISSIS) stipula un contratto preliminare con la societa' (OMISSIS), rappresentata da (OMISSIS) e rientrante nell'orbita dello studio (OMISSIS)- (OMISSIS), per un milione di Euro; - In data 12 novembre 2008 il contratto definitivo e' concluso per un corrispettivo pari ad un milione di Euro, mai realmente corrisposto, apparentemente versato attraverso un giro di fatture false emesse dalla Soc. (OMISSIS) ed utilizzate da (OMISSIS); La consapevole partecipazione del (OMISSIS) alla operazione risulta provata alla luce della posizione qualificata dallo stesso ricoperta nella societa' (OMISSIS) e della inesistenza delle operazioni sottostanti alla emissione/utilizzazione di fatture. 10.2.1. La ulteriore censura articolata nel medesimo motivo di ricorso non si confronta con la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale e' pienamente configurabile il concorso tra il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte e quello di bancarotta fraudolenta per distrazione, alla luce della diversita' del soggetto-autore degli illeciti (nel primo caso, tutti i contribuenti, nel secondo, soltanto gli imprenditori falliti) e del differente elemento psicologico tra i reati (rispettivamente, dolo specifico e dolo generico) (Sez. 5, n. 35591 del 20/06/2017, Rv. 270810; Sez. 5, n. 22143 del 14/03/2022, Rv.283257). 10.3 Il terzo motivo risulta manifestamente infondato. Anche in questo caso, si tratta del medesimo motivo proposto nell'interesse di (OMISSIS) e (OMISSIS) rigettato nei precedenti paragrafi e alle cui motivazioni si rinvia (par. 8.4). 10.4. Generico risulta il motivo relativo al trattamento sanzionatorio e alla invocata prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulle contestate aggravanti. A fronte di una esaustiva motivazione in fatto con la quale la Corte territoriale ha chiarito le ragioni per le quali ha condiviso il trattamento sanzionatorio operato dal primo giudice e il discostamento dai minimi edittali, quali: - la gravita' delle condotte poste in essere dagli imputati - ciascuno nel ruolo accertato - con specifico riferimento alla entita' del danno determinatosi per l'Erario in conseguenza delle condotte penalmente rilevanti; - la sistematicita' con cui gli imputati hanno attuato il programma criminoso concordato con un gravissimo depauperamento per le casse dello Stato, con conseguenze pesanti per la intera collettivita'; - l'incisivita' del "sistema (OMISSIS)" sul tessuto economico della societa', alterando gli ordinari rapporti tra soggetti economici e compromettendo le logiche di mercato; non sono stati offerti, tuttavia, in concreto elementi dalla difesa che potessero comportare un trattamento sanzionatorio piu' favorevole. 11. Il ricorso di (OMISSIS). Il motivo risulta fondato nei limiti e per le ragioni di seguito esposte. 11.1. Il primo motivo e' infondato. Quanto alla qualificazione della sentenza dichiarativa di fallimento si richiama la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale la consumazione dei reati di bancarotta coincide con la pronuncia della sentenza di fallimento, ancorche' la condotta, commissiva od omissiva, si sia esaurita anteriormente, in quanto detta sentenza ha natura di elemento costitutivo del reato. (Sez. 5, n. 40477 del 18/05/2018, Rv. 273800). La sentenza in motivazione precisa che: "(..) Quanto alla qualificazione della sentenza dichiarativa di fallimento come elemento costitutivo del reato, piuttosto che come condizione obiettiva di punibilita', va detto, per quanto di rilievo in questa sede, che il Collegio aderisce all'orientamento secondo cui, in tema di bancarotta, la dichiarazione di fallimento e' un elemento costitutivo del reato e non una condizione oggettiva di punibilita'; pertanto, il reato si perfeziona in tutti i suoi elementi costitutivi solo nel caso in cui il soggetto, che abbia commesso anche in precedenza attivita' di sottrazione dei beni aziendali, sia dichiarato fallito.(Sez. 5, sentenza 09/12/2014, dep. 23/04/2015, Caprara ed altri, Rv. 263244; Sez. 5, sentenza n. 48739 del 14/10/2014, Grillo Luigi, Rv. 261299; Sez. 5, sentenza n. 26548 del 19/03/2014, Nauner, RV. 260477; Sez. 1, sentenza n. 1825 del 06/11/2006, Iacobucci, Rv. 235793; Sez. 1, sentenza n. 4859 del 27/10/1994, dep. 17/01/1995, Ferrari, Rv. 200019)(..)". Questo collegio condivide siffatto orientamento pur consapevole dell'esistenza di un diverso orientamento giurisprudenziale che ha affermato, invece, che la dichiarazione di fallimento, ponendosi come evento estraneo all'offesa tipica e alla sfera di volizione dell'agente, costituisce condizione obiettiva di punibilita', che circoscrive l'area di illiceita' penale alle sole ipotesi nelle quali alle condotte del debitore - di per se' offensive degli interessi dei creditori in quanto espongono a pericolo la garanzia di soddisfacimento delle loro ragioni - segue la dichiarazione di fallimento (Sez. 5, sentenza n. 53184 del 12/10/2017, Fontana, Rv. 271590; Sez. 5, sentenza n. 4400 del 06/10/2017, dep. 30/01/2018, Cragnotti ed altri, Rv. 272256; Sez. 5, sentenza n. 13910 del 08/02/2017, Santoro, Rv. 269388). 11.1.1 La sentenza impugnata ha operato buon governo della giurisprudenza condivisa da questo Collegio, considerando le condotte poste in essere dalla ricorrente in termini di apporto concorsuale al reato di bancarotta fraudolenta essendo state realizzate prima della sentenza dichiarativa di fallimento. 11.1.2. Alla luce di tali argomentazioni, puo' evidenziarsi come le ulteriori doglianze contenute nel motivo di ricorso siano versate in fatto e si traducano in una inammissibile e non consentita rilettura delle motivazioni della sentenza sul punto. 11.2 Il secondo motivo e' manifestamente infondato in quanto versato in fatto. La sentenza ha, con motivazione immune da vizi logici, correttamente ritenuto inammissibile la riqualificazione della condotta ascritta ai sensi dell'articolo 379 c.p. del quale difettano i presupposti essendo stato riconosciuto a carico della (OMISSIS) il ruolo di concorrente nei reati fine e di organizzatrice all'interno della fattispecie associativa. 11.3. Il terzo motivo di ricorso risulta generico. La sentenza impugnata, a fronte del motivo contenuto nell'atto di appello, ha chiarito che l'entita' del passivo fallimentare non rileva ai fini del riconoscimento dell'aggravante in questione, sul punto la giurisprudenza di questa Corte ed in particolare Sez. 5, n. 48203 del 10/07/2017, Rv 271274; n. 49642 del 02/10/2009, Rv 245822). Ha, quindi, correttamente argomentato che, in relazione all'aggravante, occorre considerare il valore dei beni che sono stati sottratti all'esecuzione concorsuale, piuttosto che il pregiudizio sofferto da ciascun partecipante al piano di riparto dell'attivo ed indipendentemente dalla relazione con l'importo globale del passivo (nuovamente richiamando la giurisprudenza di questa Corte in precedenza citata). Ha quindi concluso che, in applicazione dei principi da questa Corte, la circostanza dovesse essere "(..)ritenuta sussistente nei casi in cui e' contestata nel presente procedimento(..)". La doglianza del motivo nella parte in cui denunzia una mancata risposta allo specifico motivo di appello in ragione della "risposta cumulativa" offerta non si confronta con il contenuto della motivazione della sentenza impugnata dal momento che la Corte territoriale ha implicitamente rinviato alla motivazione contenuta in relazione alle singole condotte contestate dalla quale emerge con chiarezza il significativo valore dei beni complessivamente sottratti alla esecuzione concorsuale attraverso le attivita' distrattive realizzate. Ne' sul punto la difesa ha nel ricorso evidenziato gli elementi concretamente riferibili alla ricorrente e non valutati dalla sentenza ai fini della esclusione della contestata aggravante. 11.4. Fondato relativo il quarto motivo relativo al trattamento sanzionatorio e al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. Il Tribunale aveva riconosciuto la sussistenza delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza rispetto alle contestate aggravanti (pag. 634). La Corte di appello, pur avendo confermato la sussistenza della circostanza aggravante di cui alla L. Fall., articolo 219 e, poi, ha negato la possibilita' di riconoscere le attenuanti generiche (pag. 122), gia' e riconosciute dal Tribunale e ha determinato la pena finale senza tenerne conto. In assenza di impugnazione sul punto della pubblica accusa, risulta realizzata una indubbia reformatio in peius. La sentenza impugnata va pertanto annullata sul punto con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Roma. 11.5 Il quinto motivo - sulla configurabilita' dell'ipotesi di cui all'articolo 114 c.p. - e' manifestamente infondato. Si e', infatti, affermato (ex plurimis: Sez. 4, n. 35950 del 25/11/2020, Indelicato, Rv. 280081) che, ai fini del riconoscimento dell'attenuante della partecipazione di minima importanza al reato, e' necessario che il contributo dato dal compartecipe si sia concretizzato nell'assunzione di un ruolo di efficacia causale cosi' lieve rispetto all'evento, da risultare trascurabile nell'economia generale dell'"iter" criminoso. In applicazione di tale principio di diritto, emerge evidente il necessario e sostanziale contributo fornito dalla ricorrente nelle plurime condotte distrattive in cui risulta concorrente attraverso la decisiva attivita' di traduzione degli atti al fine di realizzare compiutamente il programma criminoso di trasferimento delle societa' all'estero, cosi' da non potersi ritenere, la sua compartecipazione al fatto, cosi' minima da potere essere considerata trascurabile. Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, la sentenza impugnata ha con motivazione in fatto logica e non contraddittoria ha evidenziato che l'attivita' della imputata non si e' limitata a tradurre i certificati necessari per i trasferimenti in (OMISSIS) delle singole societa' ma si e' tradotta in un rilevante ruolo di collegamento con i prestanome soprattutto stranieri, ma anche italiani. Il motivo risulta fondato nei limiti e per le ragioni di seguito esposte. 12.1. Il primo motivo risulta infondato. La impugnata sentenza (pag.108), a fronte di una richiesta di rinnovazione istruttoria, ha correttamente qualificato la stessa ai sensi dell'articolo 603 c.p.p., comma 1 escludendo che potesse essere valutata quale richiesta di prova nuova sopravvenuta al giudizio di primo grado (il teste (OMISSIS) e' risultato ufficiale di polizia giudiziaria attivo nella indagine durante la sua durata); quindi, con motivazione priva di vizi logici, ha espresso un giudizio di non indispensabilita' della deposizione del teste (OMISSIS) ai fini della decisione (in ragione della esaustivita' e completezza della testimonianza (OMISSIS) e della genericita' della consulenza di parte). Va al riguardo richiamato l'orientamento di questa Corte al riguardo che ha chiarito che: "Nel giudizio d'appello, la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, prevista dall'articolo 603 c.p.p., comma 1, e' subordinata alla verifica dell'incompletezza dell'indagine dibattimentale ed alla conseguente constatazione del giudice di non poter decidere allo stato degli atti senza una rinnovazione istruttoria; tale accertamento e' rimesso alla valutazione del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimita' se correttamente motivata". (Sez. 6, n. 48093 del 10/10/2018, Rv. 274230). 12.2. Manifestamente infondato il secondo motivo quanto alla responsabilita' del ricorrente per la condotta contestata (capo 44). Si tratta di doglianze interamente versate in fatto, a fronte di una motivazione della Corte di merito priva di manifesti vizi logici. La sentenza impugnata ha evidenziato la ricostruzione operata dalla Guardia di Finanza circa le operazioni che hanno determinato lo svuotamento del patrimonio immobiliare della (OMISSIS) S.r.l., attraverso la cessione degli immobili, di fatto senza corrispettivo o a fronte di un corrispettivo molto inferiore al pattuito a favore di altre societa' facenti capo al medesimo gruppo e segnatamente la (OMISSIS) S.r.l. (gia' (OMISSIS) S.r.l.) e la (OMISSIS) S.r.l., e dunque in favore del (OMISSIS). La testimonianza di (OMISSIS) e' risultata riscontrata dalla produzione documentale della Pubblica accusa. La sentenza impugnata ha fornito adeguata motivazione, anche in tal caso priva di vizi logici, alla prospettazione difensiva. Ha, infatti, riqualificato le cessioni di cui ai capi 42 e 43 nonche' una delle cessioni di cui al capo 44 quali ipotesi di bancarotta preferenziale (con conseguente estinzione dei reati per intervenuta prescrizione), riconoscendo un collegamento con le esposizioni debitorie del (OMISSIS) con il gruppo (OMISSIS). Ha poi specificato che le altre cessioni effettuate in favore di (OMISSIS) S.r.l., ovvero in favore del (OMISSIS) personalmente, non risultano collegate con la "vicenda (OMISSIS)": siffatte cessioni (avvenute in assenza di corrispettivo e poco prima della sentenza dichiarativa di fallimento) non possono che avere natura distrattiva, non avendo individuato la difesa i possibili collegamenti tra le la nomina del (OMISSIS) ed il trasferimento in (OMISSIS) della societa' poi dichiarata fallita e il rapporto contrattuale esistente tra il gruppo (OMISSIS) ed il gruppo (OMISSIS). 12.3 Il terzo motivo risulta manifestamente infondato oltre che interamente versato in fatto. La L. n. 146 del 2006, articolo 3 richiede, infatti, per ritenere il reato di natura "transnazionale" che lo stesso sia consumato da un gruppo criminale organizzato e sussista, in via alternativa, una delle ulteriori ipotesi ivi previste: o che sia commesso in piu' di uno Stato; o che sia commesso in uno Stato, ma una parte sostanziale della sua preparazione, pianificazione, direzione o controllo avvenga in un altro Stato; o che sia commesso in uno Stato, ma in esso sia implicato un gruppo criminale organizzato impegnato in attivita' criminali in piu' di uno Stato; o che sia commesso in uno Stato ma abbia effetti sostanziali in un altro Stato. Il discrimine di tale fattispecie, rispetto a quella aggravata contemplata dall'articolo 4 della medesima legge, consiste nel contributo, nella seconda ipotesi, da parte di un gruppo criminale organizzato (diverso ed ulteriore da quello indicato nell'articolo 3) impegnato in attivita' criminali in piu' di uno Stato. Gruppo, operante all'estero, il cui coinvolgimento, si e' visto, era stato dalla Corte di merito escluso. La Corte, invece, aveva ritenuto che i delitti (per i quali era stata contestata l'aggravante) fossero connotati dalla "natura transnazionale" perche' erano stati commessi dal un gruppo criminale organizzato (quello descritto ai capi 1 di entrambi i procedimenti, il medesimo delitto associativo) e perche' si erano configurate almeno due delle ulteriori condizioni previste: i delitti erano stati commessi nel territorio dello Stato, ma almeno parte della loro pianificazione (il trasferimento delle societa', ideato fin dall'origine. Sul punto, ne deriva che il giudizio della Corte d'appello sia privo di manifesti vizi logici. Quanto ai provvedimenti di confisca conseguiti, appunto, alla natura transazionale dei reati, ad oggi le sole residue imputazioni di bancarotta, deve, inoltre osservarsi come il momento della loro consumazione debba essere fissato alla data della pronuncia della sentenza dichiarativa del fallimento (la sentenza divenuta definitiva e non certo quella poi revocata, come e' avvenuto in alcuni dei casi oggetto del presente giudizio), cosi' che tutti risultano commessi in data posteriore all'entrata in vigore della L. n. 146 del 2006, che aveva legittimato il provvedimento ablatorio. 12.4 Fondati risultano il quarto e il quinto motivo nei limiti e per le ragioni di seguito esposte. 12.4.1. Quanto alla censura relativa al trattamento sanzionatorio la sentenza impugnata nel determinare la pena ha valorizzato: - la entita' del danno determinatosi per l'Erario in conseguenza delle condotte penalmente rilevanti; - la sistematicita' con cui gli imputati hanno attuato il programma criminoso concordato con gravissimo depauperamento per le casse dello Stato, con conseguenze pesanti per la intera collettivita'; - le modalita' con cui il "sistema (OMISSIS)" ha pesantemente inciso sullo stesso tessuto economico della societa', alterando gli ordinari rapporti tra soggetti economici e compromettendo le logiche di mercato. Con riferimento alla posizione di (OMISSIS), tuttavia, la sentenza: - ha espressamente evidenziato che le condotte allo stesso contestate non erano collegate al Sistema (OMISSIS) (pag. 86); - a fronte delle originarie plurime contestazioni di bancarotta distrattiva, ha riqualificato due delle stesse e parzialmente la terza in condotte di bancarotta preferenziale (dichiarate estinte per intervenuta prescrizione), confermando la impugnata sentenza solo in relazione alle residue cessioni contestate al capo 44 qualificate come condotte distrattive. - ha concesso a due coimputati le circostanze attenuanti generiche "per commisurare la pena alla gravita' del fatto". A fronte delle specifiche censure contenute nell'atto di appello quanto al trattamento sanzionatorio e alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, la sentenza impugnata ha fornito una motivazione carente e contraddittoria in relazione alle specifiche circostanze richiamate, non valutando gli elementi richiamati che dovevano essere considerati in relazione alla specifica posizione del (OMISSIS). Sul punto (quantificazione della pena e concessione delle circostanze attenuanti generiche) la sentenza va annullata per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Roma. 12.4.2 Con riferimento al quinto motivo e alla conferma della confisca disposta in primo grado, va ribadito che il (OMISSIS) e' stato prosciolto dai reati sub 42 e 43, nonche' per una singola cessione di cui al capo sub 44 per intervenuta prescrizione dei medesimi, a seguito della riqualificazione in bancarotta preferenziale. Non e' stata pero' revocata la confisca, per equivalente, che si fondava sulla natura transnazionale dei reati estinti (p. 685 e ss. della sentenza di primo grado). La Corte territoriale aveva cosi' omesso di considerare il principio di diritto fissato da questa Corte, con la sentenza delle Sezioni unite n. 31617 del 26/06/2015, Lucci, Rv. 264435, secondo il quale il giudice, nel dichiarare la estinzione del reato per intervenuta prescrizione, non puo' disporre, atteso il suo carattere afflittivo e sanzionatorio, la confisca per equivalente delle cose che ne costituiscono il prezzo o il profitto. Le Sezioni unite, con la sentenza n. 4145 del 29/09/2022, dep. 2023, Esposito, Rv. 284209, avevano anche precisato la disposizione di cui all'articolo 578-bis c.p.p., introdotta dal Decreto Legislativo 1 marzo 2018, n. 21, articolo 6, comma 4, (che consente di confermare, motivando sul punto, la confisca, anche per equivalente, nel caso di proscioglimento dell'imputato per la prescrizione del reato) ha, con riguardo alla confisca per equivalente e alle forme di confisca che presentino comunque una componente sanzionatoria, natura anche sostanziale e, pertanto, e' inapplicabile in relazione ai fatti posti in essere prima della sua entrata in vigore (e, pertanto ai fatti oggetto del presente processo, tutti anteriori al citato D.Lgs.). Con riferimento alla posizione del (OMISSIS), dunque la confisca per equivalente e' stata correttamente disposta solo in relazione alle residue condotte di cui al capo 44), ma non in relazione alle residue imputazioni (per il capo 43 la confisca era sin dall'origine illegittimamente disposta attesa l'assenza della contestazione dell'aggravante in esame). La sentenza impugnata va pertanto annullata con rinvio per nuovo esame in relazione alla delimitazione della confisca per equivalente alla sola contestazione di cui al capo 44) per cui e' intervenuta condanna con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Roma. 13. Il ricorso di (OMISSIS). Il ricorso e' fondato nei limiti e per le ragioni di seguito esposte. 13.1. Il primo motivo risulta manifestamente infondato nonche' interamente versato in fatto. La sentenza impugnata con motivazione priva di vizi logici ha confutato la versione difensiva secondo la quale l'imputato, legale rappresentante della societa' (OMISSIS) S.r.l., ma "testa di legno" rispetto ai fratelli (OMISSIS), non avrebbe avuto alcuna consapevolezza del ruolo svolto nella distrazione in danno dei creditori della societa' (OMISSIS) S.r.l. realizzata attraverso la cessione senza corrispettivo dei cespiti alla societa' dallo stesso amministrata. La Corte territoriale ha infatti chiarito con motivazione in fatto che, pur potendosi considerare l'imputato un mero prestanome, il mancato pagamento relativo alle acquisizioni contestate non poteva realizzarsi senza il suo apporto causale. Ha quindi richiamato, quanto all'elemento soggettivo del reato, le motivazioni della sentenza del Tribunale: il (OMISSIS) era stato per molti anni, in quanto funzionario di banca, colui che aveva seguito le societa' della famiglia (OMISSIS) definendole come societa' che "facevano faticare la banca"; la conoscenza delle vicende societarie dei fratelli (OMISSIS) risulta inequivoco indice rivelatore della consapevolezza della condotta distrattiva allo stesso imputata a titolo di concorso. 13.2 Manifestamente infondato nonche' versato in fatto anche il secondo motivo. In relazione al capo 41 della rubrica (Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10) - rispetto al quale si e' invocata una formula assolutoria piena a fronte del proscioglimento per la prescrizione del reato - la Corte territoriale, con motivazione priva di manifesti vizi logici, ha osservato come l'imputato sapesse che la societa' (OMISSIS) era sostanzialmente inattiva e non poteva aver maturato alcun credito IVA da portare in compensazione rispetto al debito fiscale della societa' incorporante; peraltro si e' nel precedente paragrafo (par.13.1)richiamata la sentenza impugnata che con motivazione priva di vizi logici aveva chiarito le ragioni per le quali il (OMISSIS) fosse perfettamente consapevole dell'esposizione debitoria e della situazione economica delle societa' della famiglia (OMISSIS). 13.3. Fondato il terzo motivo relativo al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. Il Tribunale aveva riconosciuto la sussistenza delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza rispetto alle contestate aggravanti (pag. 634). La Corte di appello, pur avendo confermato la sussistenza della circostanza aggravante di cui alla L. Fall., articolo 219 e, poi, ha negato la possibilita' di riconoscere le attenuanti generiche (pag. 122), gia' riconosciute dal Tribunale e ha determinato la pena finale senza tenerne conto. In assenza di impugnazione sul punto della pubblica accusa, risulta realizzata una indubbia reformatio in peius. La sentenza impugnata va pertanto annullata sul punto con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Roma. 13.4 L'annullamento con rinvio in relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche assorbe e involge il quarto motivo relativo alla determinazione del trattamento sanzionatorio sia con riferimento alla pena principale che alla pena accessoria. 13.5. Il quinto motivo risulta infondato. L'apodittica affermazione secondo cui la confisca degli immobili dei fratelli (OMISSIS) avrebbe risarcito tutti di danni patiti dalle odierne parti civili risulta sfornita di ogni concreta allegazione, a fronte di una adeguata motivazione della sentenza impugnata in ordine alla conferma delle statuizioni disposte in primo grado per il risarcimento del danno (pag. 127). Ne' la circostanza che sia stata revocata la confisca disposta nei confronti dell'imputato (OMISSIS) (pag. 131 della sentenza di appello) assume un diretto rilievo sulla condanna al risarcimento dei danni; infine, le modalita' con le quali piu' soggetti siano tenuti a risarcire lo stesso danno possono essere individuate in sede di esecuzione della sentenza. 14. Il ricorso di (OMISSIS). Il ricorso risulta fondato nei limiti e per le ragioni che seguono. 14.1. Il primo motivo risulta infondato. 14.1.1. Dall'esame degli atti emerge che il (OMISSIS): - eleggeva domicilio presso l'abitazione del padre, in (OMISSIS), in data 6 dicembre 2013; dunque, successivamente alla notifica dell'avviso ex articolo 415bis c.p.p. e alla citazione per l'udienza preliminare; - il Tribunale rivelava la irregolarita' della notifica del decreto che dispone il giudizio presso il domicilio sopra indicato all'udienza del 4 marzo 2015, disponendone la rinnovazione ex articolo 161 c.p.p., comma 4; nonostante all'udienza successiva la notifica ex articolo 161 c.p.p., comma 4 fosse stata ritualmente eseguita presso lo studio dell'avv.to (OMISSIS), in data 5 marzo 2015, alla successiva udienza del 7 maggio 2015 il Tribunale ha nuovamente ritenuto irregolare la notifica al (OMISSIS), disponendone la rinnovazione con nuovo accesso presso il domicilio dichiarato - ritualmente eseguito, con esito negativo in data 18 maggio 2015 - e successiva nuova notifica ex articolo 161 c.p.p., comma 4 presso lo studio dell'avv.to (OMISSIS). L'assenza e' stata correttamente dichiarata. 14.1.2. Quanto all'effettiva conoscenza del processo, va evidenziato che il ricorrente ha nominato un difensore di fiducia. La nomina di un difensore di fiducia costituisce indice di effettiva conoscenza del processo che legittima il giudizio in assenza, salva l'allegazione, da parte del condannato, di circostanze di fatto che consentano di ritenere che egli non abbia avuto conoscenza della celebrazione del processo e che questa non sia dipesa da colpevole disinteresse per la vicenda processuale (Sez. 4, n. 13236 del 23/03/2022 Rv. 283019). 14.2 Il secondo motivo e' manifestamente infondato. Il motivo si risolve in una rilettura in fatto delle argomentazioni svolte dalla sentenza impugnata prive di contraddizioni o vizi logici. La L. n. 146 del 2006, articolo 3 richiede, infatti, per ritenere il reato di natura "transnazionale" che lo stesso sia consumato da un gruppo criminale organizzato e sussista, in via alternativa, una delle ulteriori ipotesi ivi previste: o che sia commesso in piu' di uno Stato; o che sia commesso in uno Stato, ma una parte sostanziale della sua preparazione, pianificazione, direzione o controllo avvenga in un altro Stato; o che sia commesso in uno Stato, ma in esso sia implicato un gruppo criminale organizzato impegnato in attivita' criminali in piu' di uno Stato; o che sia commesso in uno Stato ma abbia effetti sostanziali in un altro Stato. Il discrimine di tale fattispecie, rispetto a quella aggravata contemplata dall'articolo 4 della medesima legge, consiste nel contributo, nella seconda ipotesi, da parte di un gruppo criminale organizzato (diverso ed ulteriore da quello indicato nell'articolo 3) impegnato in attivita' criminali in piu' di uno Stato. Gruppo, operante all'estero, il cui coinvolgimento, si e' visto, era stato dalla Corte di merito escluso. La Corte, invece, aveva ritenuto che i delitti (per i quali era stata contestata l'aggravante) fossero connotati dalla "natura transnazionale" perche' erano stati commessi dal un gruppo criminale organizzato (quello descritto ai capi 1 di entrambi i procedimenti, il medesimo delitto associativo) e perche' si erano configurate almeno due delle ulteriori condizioni previste: i delitti erano stati commessi nel territorio dello Stato, ma almeno parte della loro pianificazione (il trasferimento delle societa', ideato fin dall'origine). Sul punto, ne deriva che il giudizio della Corte d'appello sia privo di manifesti vizi logici. 14.3. Manifestamente infondato nonche' versato in fatto anche il terzo motivo. In relazione alla cessione di cui al capo 44 della rubrica riqualificata quale bancarotta preferenziale - rispetto alla quale si e' invocata una formula assolutoria piena per carenza dell'elemento soggettivo a fronte del proscioglimento per la prescrizione del reato - la Corte territoriale, con motivazione priva di manifesti vizi logici, ha valorizzato il ruolo svolto dal (OMISSIS) e le intere vicende che hanno interessato il gruppo (OMISSIS), osservando peraltro che lo stesso aveva preso parte a cessioni senza corrispettivo rivelatrici di una necessaria consapevolezza della natura fraudolenta delle stesse. 14.4. Fondato il quarto motivo relativo al diniego delle circostanze attenuanti generiche e al trattamento sanzionatorio. Con riferimento alla posizione di (OMISSIS) e conseguentemente al (OMISSIS), la sentenza: - ha espressamente evidenziato che le condotte allo stesso contestate non erano collegate al Sistema (OMISSIS) (pag. 86); - a fronte delle plurime condotte distrattive del capo 44), ha parzialmente riqualificato la contestazione in bancarotta preferenziale (dichiarando estinta per intervenuta prescrizione la condotta relativa ad una delle cessioni), confermando la impugnata sentenza solo in relazione alle residue cessioni contestate e qualificate come condotte distrattive. - ha concesso a due coimputati le circostanze attenuanti generiche "per commisurare la pena alla gravita' del fatto". A fronte delle specifiche censure contenute nell'atto di appello quanto al trattamento sanzionatorio e alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, la sentenza impugnata ha fornito una motivazione carente e contraddittoria in relazione alle specifiche circostanze richiamate, non valutando gli elementi richiamati che dovevano essere considerati in relazione alla specifica posizione del (OMISSIS). Sul punto (quantificazione della pena e concessione delle circostanze attenuanti generiche) la sentenza va annullata per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Roma. 15. Il ricorso di (OMISSIS). Il ricorso risulta nel complesso non manifestamente infondato con il conseguente annullamento senza rinvio della sentenza impugnata a seguito della intervenuta prescrizione del reato associativo ascritto alla ricorrente. 15.1. Il primo motivo di ricorso e' manifestamente infondato. Le sentenze di primo e secondo grado hanno ritenuto che le certificazioni mediche depositate relative una ad un ricovero della (OMISSIS) e l'altra ad una malattia della figlia minore dell'imputata non possono essere valutate quale legittimo impedimento dell'imputata a comparire in udienza. Condivisibili sono le argomentazioni secondo le quali: - la prima certificazione risulta rilasciata da una clinica privata; fa riferimento ad un "riferito episodio lipotimico" e prescrive l'esecuzione di esami ECG e ematochimici che lo stesso sanitario descrive come "di routine"; non vi e' dunque alcuna documentata evidenza di un assoluto impedimento a comparire, tenuto conto che l'episodio lipotimico e meramente "riferito" e non documentato e che nessuna specifica patologia risulta accertata. -la seconda certificazione riguarda la figlia minore della (OMISSIS); in ragione della patologia documentata (generico episodio febbrile) non emerge la assoluta ed inderogabile necessita' della presenza dell'imputata accanto alla minore, non sussistendo peraltro documentazione o di eventuali impedimenti dell'altro genitore a prestare assistenza alla piccola. La sentenza opera corretta applicazione del consolidato orientamento di questa Corte in tema di legittimo impedimento a comparire in base al quale: "L'impedimento a comparire dell'imputato, oltre che grave ed assoluto, deve possedere il carattere della attualita' in relazione all'udienza, tale da risultare non altrimenti superabile l'impossibilita' a presenziare". (Sez. 5, n. 37440 del 20/07/2021, Rv. 281949). 15.2 Il secondo motivo risulta manifestamente infondato non confrontandosi con i contenuti della sentenza impugnata che richiama altresi' gli esiti intercettizi della sentenza di primo grado. La sentenza, con motivazione non contraddittoria ne' manifestamente illogica ha descritto il ruolo della ricorrente: (OMISSIS) era la segretaria di (OMISSIS), che, per un certo periodo, ha svolto la medesima attivita' anche per (OMISSIS); il materiale derivante dalle intercettazioni telefoniche che rivela contatti tra la (OMISSIS) e (OMISSIS), tra la (OMISSIS) ed il (OMISSIS), tra la (OMISSIS) e (OMISSIS); il sequestro di documentazione presso la sua abitazione comprendente la copia dei documenti di identita' dei prestanomi, consente di escludere il ruolo di semplice dipendente dello studio professionale, come invece sostenuto nel ricorso. La sentenza opera buon governo delle indicazioni di questa Corte che ha ritenuto che in tema di associazione per delinquere, la esplicita manifestazione di una volonta' associativa non e' necessaria per la costituzione del sodalizio, potendo la consapevolezza dell'associato essere provata attraverso comportamenti significativi che si concretino in una attiva e stabile partecipazione (Sez. 2, n. 28868 del 02/07/2020, Rv. 279589). 15.3 Il terzo motivo risulta non manifestamente infondato. La sentenza impugnata, e ancor prima quella del giudice di primo grado, ha ritenuto di qualificare la posizione ricoperta dalla (OMISSIS) nell'organizzazione in ragione della diretta gestione svolta dalla stessa della attivita' sui conti correnti delle varie societa'. Le sentenze di merito individuano, con motivazione logica e non contraddittoria non censurabile in questa sede, nelle conversazioni telefoniche "una discreta autonomia" decisionale accompagnata dalla necessaria consapevolezza delle finalita' perseguite dalla associazione e dei mezzi utilizzati per il loro perseguimento. Nel delineare la figura dell'organizzatore all'interno della contestata associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati fallimentari e tributari, realizzata attraverso uno specifico modus procedendi e facente capo allo studio dei due commercialisti (OMISSIS) e (OMISSIS) (cd. Sistema (OMISSIS)), l'attivita' svolta continuativamente presso lo studio professionale dalla segretaria (OMISSIS) in funzione di raccordo e collegamento dei vari soggetti coinvolti, sia pure in esecuzione di direttive di terzi, e' riconducibile a siffatto modello legale descritto dall'articolo 416 c.p., comma 1. 15.3.1. La non manifesta infondatezza del terzo motivo, considerata la concessione delle circostanze attenuanti generiche, attesa la decorrenza alla data odierna del termine di prescrizione, determina l'estinzione di tale reato. La sentenza impugnata va dunque in relazione alla ricorrente annullata senza rinvio. 16. Dei precedenti ricorrenti, a carico dei soli (OMISSIS) e (OMISSIS) viene posta la rifusione delle spese del presente grado di giudizio a favore dell'Agenzia delle entrate (posto che questi solo ha citato nelle sue conclusioni); nonche' a carico del solo (OMISSIS) alla rifusione delle spese sostenute nel presente grado dalla parte civile fallimento (OMISSIS) s.r.l., (citato nelle sue conclusioni). Li si condannano nella misura, ritenuta equa, di cui al dispositivo. Senza rinviare la liquidazione al definitivo posto che l'annullamento riguarda il solo trattamento sanzionatorio, al quale la parte civile non risulta avere interesse. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al capo 1 nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) per essere il reato estinto per prescrizione. Annulla la sentenza impugnata nei confronti dei medesimi (OMISSIS) e (OMISSIS) limitatamente al trattamento sanzionatorio con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Roma. Rigetta nel resto i ricorsi dei predetti. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) per essere il reato di cui al capo 1 a lei ascritto estinto per prescrizione. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) e rinvia per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Roma. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) limitatamente alla confisca per equivalente e rigetta nel resto i ricorsi. Annulla la sentenza impugnata nei confronti nei confronti di (OMISSIS) limitatamente al trattamento sanzionatorio ed alla confisca e rinvia per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Roma; rigetta nel resto il ricorso. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e rinvia per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Roma; rigetta nel resto i ricorsi dei predetti. Dichiara inammissibili i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), e (OMISSIS) e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Condanna (OMISSIS) alla rifusione delle spese sostenute nel presente grado dalla parte civile fallimento (OMISSIS) s.r.l., che liquida in Euro 3.500,00, oltre accessori di legge. Condanna (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), alla rifusione delle spese sostenute nel presente grado dalla parte civile Agenzia delle entrate, che liquida in Euro 7.000,00, oltre accessori di legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CASA Filippo - Presidente Dott. MASI Paola - Consigliere Dott. MANCUSO L.F.A. - Consigliere Dott. TOSCANI Eva - Consigliere Dott. GALATI Vincenzo - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), ( (OMISSIS)) nato il (OMISSIS); avverso la sentenza del 23/06/2022 della CORTE ASSISE APPELLO di CATANIA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere VINCENZO GALATI; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore STEFANO TOCCI; che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso. udito il difensore: L'avv. (OMISSIS) conclude riportandosi ai motivi di ricorso ed insiste per l'accoglimento. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 23 giugno 2022 la Corte di assise di appello di Catania ha confermato quella emessa il 24 novembre 2017 dalla Corte di assise di Siracusa nei confronti di (OMISSIS), alias (OMISSIS), alias (OMISSIS), con la quale il predetto e' stato condannato per il delitto di cui al Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 12, commi 1, 3 lettera a), b) e d), articolo 3-bis, 3-ter, lettera b), per avere concorso a compiere atti diretti a procurare l'ingresso di cittadini stranieri nel territorio dello Stato, con particolare riferimento a 199 clandestini di varie etnie trasportati a bordo di un'imbarcazione non idonea a tenere il mare e che era stata condotta sulle coste siciliane dopo un'operazione di soccorso da unita' navali militari. Sono state ritenute sussistenti le aggravanti del fatto commesso in concorso da piu' di tre persone, del numero degli immigrati superiore a cinque e dell'avere esposto a pericolo la vita e l'incolumita' degli stessi. 1.1. Il fatto per il quale si procede e' stato ricostruito, nel corso del giudizio di primo grado, attraverso le deposizioni dei testi di polizia giudiziaria e le dichiarazioni, rese in incidente probatorio, da alcuni dei migranti trasportati, oltre che tramite i verbali di fermo dell'imputato e del correo e i verbali di sequestro in atti. L'intervento di soccorso da parte delle unita' navali militari ha preso il via nel pomeriggio del (OMISSIS) quando, a circa 50 miglia a sud est dell'(OMISSIS), e' stata soccorsa una barca di circa 15 metri sovraccarica, in precario stato di galleggiamento e priva di segnale identificativo. Sono stati trasbordati 199 extracomunitari in seguito portati al c.p.A. di Pozzallo e assunte sommarie informazioni da tre migranti che hanno individuato i soggetti che avevano guidato l'imbarcazione e confermato i riconoscimenti fotografici effettuati nell'immediatezza. In particolare, si e' dato atto del riconoscimento dell'imputato (indicato come il soggetto piu' basso che conduceva l'imbarcazione) operato dagli immigrati (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Altri elementi a carico dell'imputato sono stati desunti dal fatto che lo stesso, al momento dello sbarco, era in possesso della somma di mille dollari in banconote da 100 dollari con numero seriale consecutivo, dal fatto che solo l'imputato e l'originario correo erano di nazionalita' egiziana, mentre i trasportati erano, in gran parte, eritrei, dalla ritenuta attendibilita' anche dei testi di polizia giudiziaria. La sentenza della Corte di assise si e' soffermata anche sulla questione di giurisdizione e su quella processuale relativa alla natura testimoniale delle deposizioni rese dagli immigrati rigettando sia l'eccezione di difetto di giurisdizione che quella relativa all'inutilizzabilita' delle dichiarazioni dei trasportati. 1.2. La Corte di assise di appello ha compiuto uno scrutinio analitico dei motivi di impugnazione rigettando, in primo luogo, quello avente ad oggetto l'utilizzabilita' delle dichiarazioni rese dai migranti. Secondo la tesi difensiva, costoro avrebbero dovuto essere escussi a norma dell'articolo 63, comma 2, articolo 64, comma 3, articolo 64, comma 3-bis, e articolo 191 c.p.p. in ragione della ipotizzabilita', a loro carico, della contravvenzione di cui al Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 10-bis connessa con il reato di cui all'articolo 12, comma 3, dello stesso Decreto Legislativo n. che ne avrebbe imposto l'iscrizione nel registro degli indagati. I giudici di merito, in continuita' con quanto deciso dalla Corte di assise di Siracusa, hanno ritenuto infondato il motivo richiamando precedenti giurisprudenziali di legittimita' e ribadendo la natura testimoniale delle dichiarazioni. In ordine all'accertamento della penale responsabilita' dell'imputato per il reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, pur operando qualche precisazione circa la motivazione adottata dal giudice di primo grado sulle deposizioni assunte in sede di sommarie informazioni e incidente probatorio, ha escluso la ricorrenza di alcun "ragionevole dubbio" sul raggiungimento della prova a carico dell'imputato. In relazione alla testimonianza di (OMISSIS), stante la natura di dichiarazione, sostanzialmente, de relato, ha evidenziato la non verificabilita' di quanto dallo stesso dichiarato e, quindi, l'inutilizzabilita' del relativo narrato. La testimonianza di (OMISSIS), e' stata ritenuta inutilizzabile nella parte in cui egli ha riferito di avere appreso da altri migranti che anche l'imputato aveva preso parte alla guida dell'imbarcazione, mentre ha considerato utilizzabili le dichiarazioni del teste in ordine alla presenza dell'imputato a bordo della barca e all'utilizzazione, da parte dello stesso, di un telefono satellitare. La deposizione di (OMISSIS), e' stata ritenuta integralmente utilizzabile in quanto avente ad oggetto circostanze dallo stesso percepite. Le dichiarazioni rese dagli ultimi due migranti citati sono state ritenute intrinsecamente attendibili e reciprocamente riscontrate. In particolare, il terzo teste ha riferito che l'imputato e l'originario correo si trovavano gia' a bordo del natante prima che vi salissero gli altri migranti, che avevano aiutato gli extracomunitari a trasbordare dal gommone all'imbarcazione piu' grande indicando loro dove disporsi, che, nel corso della navigazione, erano gli unici a sedere in prossimita' del timone, alternandosi a salire e scendere sotto coperta. Rilevante e' stata ritenuta la circostanza riferita dal teste Matusala circa il possesso, da parte dell'imputato, di un telefono satellitare e la constatata disponibilita' della somma di denaro di 1.000 dollari per come sopra gia' descritta, oltre alla circostanza della nazionalita' egizia, a fronte di quella eritrea di gran parte degli immigrati trasportati. E' stata esclusa la fondatezza del motivo riferito all'attenuante del contributo di minima importanza ai sensi dell'articolo 114 c.p., alla luce del costante orientamento della giurisprudenza di questa Corte secondo cui il contributo puo' essere in quel modo definito solo quando ha rilievo del tutto marginale e sia, quindi, di efficacia trascurabile nell'economia generale dell'iter criminoso. Ha messo in evidenza come quello dello scafista sia un ruolo senz'altro determinante ai fini del raggiungimento della finalita' perseguita, ossia l'ingresso illegale dei migranti sul territorio nazionale. L'aggravante della finalita' di profitto (sotto forma di aspettativa di arricchimento anche di natura non economica, ma identificabile come un "vantaggio apprezzabile") e' stata ritenuta dimostrata in ragione del rinvenimento, nella sola disponibilita' dell'imputato e del suo complice, di una somma di 1.000 dollari in contanti suddivisi in banconote da 100 dollari e che lo stesso imputato non ha riferito di avere sostenuto spese per il viaggio (configurandosi tale circostanza quale "vantaggio economico ulteriore"). In relazione al motivo avente a oggetto le circostanze attenuanti generiche e la quantificazione della pena, la Corte di assise di appello ha segnalato la mancanza di alcun elemento suscettibile di positivo apprezzamento in ragione della gravita' dei fatti anche considerato che l'imputato non ha mai fatto alcuna ammissione dei reati ascrittigli. La gravita' dei fatti e della condotta (in ragione di circostanze fattuali specificamente indicate in sentenza) sono state ritenute tali da escludere, altresi', la rideterminazione in melius del trattamento sanzionatorio. 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, per mezzo del proprio difensore Avv. (OMISSIS), articolando tre motivi. 2.1. Con il primo habiolazione e falsa applicazione degli articoli 63, 64, 191 c.p.p. per essere stata erroneamente dichiarata l'utilizzabilita' delle dichiarazioni dei migranti che avrebbero dovuto essere sentiti in qualita' di indagati di reato connesso. Partendo dalla descrizione di un contrasto interpretativo circa la veste nella quale devono essere escussi i migranti (se quali persone informate sui fatti o 3 indagati del reato di ingresso irregolare nel territorio dello Stato), il ricorrente ha esposto le argomentazioni a supporto della seconda delle opzioni interpretative, per come gia' proposte in sede di interposizione dell'appello. La decisione della Corte catanese di disattendere il correlato motivo di impugnazione nel merito e' stata contestata in quanto adesiva ad un arresto delle Sezioni Unite (Taysir del 2016) avente ad oggetto una fattispecie diversa da quella qui in rilievo e, comunque, giustificata con una motivazione insufficiente. La questione era stata rimessa su altro tema controverso e, quindi, su quello qui in rilievo la decisione non poteva avere significato nomofilattico in quanto il passaggio motivazionale segnalato era contenuto in una sorta di obiter dictum, in quanto tale, non vincolante. Elemento essenziale al fine di qualificare esattamente la veste nella quale dovrebbero essere escussi i migranti sarebbe la considerazione che essi "abbiano pretermesso ogni formalita' necessaria ad un rituale transito attraverso i posti di frontiera secondo quanto prescritto dalle disposizioni del testo unico sull'immigrazione". Alla luce di tale circostanza essi sarebbero suscettibili di iscrizione per la fattispecie di cui al Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 10-bis, che si porrebbe in posizione di "collegamento probatorio o occasionale ai sensi dell'articolo 371 c.p.p., comma 2, lettera b)," con il delitto commesso dallo scafista. In relazione al percorso argomentativo seguito dalle Sezioni Unite con la sentenza citata (assenza di rilievo penale della condotta tenuta dai migranti fino all'arrivo nelle acque territoriali italiane e irrilevanza della condotta successiva all'intervento dei soccorritori) il ricorso ha sollecitato l'adesione all'orientamento minoritario secondo cui al migrante soccorso in acque internazionali deve essere ascritto il reato di ingresso irregolare con tutte le conseguenze in tema di modalita' della sua escussione. Peraltro, dal momento che il mezzo con il quale e' stato intrapreso il viaggio era, sin dall'inizio dello stesso, inidoneo al raggiungimento della meta finale non puo' farsi luogo all'applicazione dell'esimente dello stato di necessita', posto che essa sarebbe stato il frutto della scelta dello stesso migrante di fare ingresso illegale in Italia. In sostanza, "nell'ipotesi in cui lo stato di necessita' sia autodeterminato dalla stessa condotta del migrante, preordinato a realizzare l'evento giuridico della condotta descritta Decreto Legislativo n. 286 del 1998, ex articolo 10-bis, questi ben possa rivestire, una volta sbarcato, la veste di indagato di reato connesso ex articolo 12, lettera b) c.p.p. e - conseguentemente - debba essere assunto a sommarie informazioni con le garanzie previste dalla legge, prima fra tutti l'assistenza di un difensore, l'inosservanza delle quali determina l'inutilizzabilita' assoluta delle dichiarazioni rese contra alios nel corso delle indagini preliminari e, poi, come nel caso di specie, in dibattimento". 2.2. Con il secondo motivo e' stata eccepita la violazione di legge in relazione alla circostanza dell'articolo 114 c.p.. La motivazione riferita alla questione, gia' posta in sede di appello, e' stata censurata per non essere emerso alcun ruolo attivo dell'imputato durante l'organizzazione del viaggio in quanto egli non ha ricevuto soldi, ne' assunto atteggiamenti violenti verso i passeggeri. Tenuto conto della complessita' dell'organizzazione del viaggio, il contributo avrebbe dovuto essere considerato proprio di minima importanza. 2.3. Con il terzo motivo ha eccepito la carenza di motivazione con riferimento al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche. In particolare, avrebbe errato la Corte nel dare rilievo alla mancata confessione dell'imputato e nel non considerare che la condotta e' stata posta in essere dallo stesso solo per migliorare la propria condizione di vita caratterizzata, nello Stato di provenienza, da disagio e miseria. Peraltro, nel corso del viaggio, l'imputato si era limitato ad usare il telefono cellulare per chiamare i soccorsi e contribuire cosi' al salvataggio dei migranti. 3. Il difensore ha chiesto procedersi alla discussione orale. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' infondato. 2. Il primo motivo e' privo di fondamento alla luce del costante orientamento espresso da questa Corte in punto di natura delle dichiarazioni rese dai migranti entrati nel territorio italiano per effetto delle operazioni di salvataggio e soccorso. Sul punto, la ricostruzione dello stato dell'elaborazione giurisprudenziale di legittimita' operata alle pagg. 20 - 22 della sentenza oggetto di ricorso e' corretta. Deve, infatti, essere ribadito che "in tema di immigrazione clandestina, sono utilizzabili, in quanto hanno natura testimoniale, le dichiarazioni rese spontaneamente alla P.G. da parte di migranti nei confronti di membri dell'equipaggio che ha effettuato il trasporto illegale, non essendo configurabile nei confronti dei migranti il reato di cui al Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 10 bis, con conseguente necessita' di riscontri alle dichiarazioni rese quali chiamanti in correita' o reita' - considerato che l'ingresso nel territorio dello Stato e' avvenuto nell'ambito di un'attivita' di soccorso e che non e' configurabile il tentativo di ingresso illegale, trattandosi di una contravvenzione" (Sez. U,n. 40517 del 28/04/2016, Taysir, Rv. 267627 - 02 - in tal senso anche Sez. 1, n. 31501 del 04/03/2022, Janashia, n. m.) Il caso in esame riguarda dichiarazioni assunte in sede di acquisizione di sommarie informazioni e, successivamente, di incidente probatorio, ma il parametro di valutazione non muta se si considera che, coerentemente con quanto deciso dalle Sezioni Unite, e' stato esteso il principio suddetto a qualsiasi "contributo dichiarativo". Sez. 1, n. 53691 del 16/11/2016, Alli, Rv. 268662 ha, infatti, precisato che "devono ritenersi dichiarazioni testimoniali e sono pienamente utilizzabili i contributi dichiarativi resi alla polizia giudiziaria nel corso delle indagini preliminari da migranti soccorsi in acque internazionali e trasportati su territorio nazionale, non potendo configurarsi nei loro confronti il reato di cui al Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 10-bis ne' potendo ipotizzarsi che il pericolo di vita, cui e' seguita l'azione di salvataggio, sia stato dagli stessi previsto e artatamente creato". (Sez. 1, n. 53691 del 16/11/2016 Cc. (dep. 16/12/2016) Rv. 268662; Sez. 1, n. 27854 del 15/02/2021, Sourba, Rv. 281639 lo ha ribadito per le dichiarazioni spontanee). La solidita' dell'orientamento emerge dalla uniformita' delle decisioni assunte successivamente all'intervento delle Sezioni Unite e la circostanza che il principio non si atteggi alla stregua di un obiter dictum (benche' la devoluzione alle Sezioni Unite non sia stata effettuata per la soluzione del contrasto interpretativo sul punto) risulta testualmente dalla sentenza che da atto della circostanza che la questione della inutilizzabilita' delle dichiarazioni dei migranti era stata posta e ha formato oggetto della decisione assumendo un rilievo assolutamente dirimente per la decisione finale in ordine al ricorso. Pertanto, anche nel caso di specie, in cui il soccorso e' avvenuto a circa cinquanta miglia a sud dell'Isola delle Correnti, le dichiarazioni dei migranti trasportati sono suscettibili di essere valutate alla stregua di dichiarazioni testimoniali, non essendo configurabile nei loro confronti il reato di cui al Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 10-bis, trattandosi di soggetti trasportati legittimamente sul territorio nazionale per necessita' di pubblico soccorso e non entrati illegalmente nel territorio dello Stato per fatto proprio. D'altra parte la contravvenzione citata non consente di configurare il tentativo di ingresso illegale ne' puo' ipotizzarsi che il pericolo di vita a cui e' stata consequenziale l'operazione di salvataggio abbia costituito un evento previsto. 3. Il secondo motivo riferito alla mancata concessione dell'attenuante di cui all'articolo 114 c.p. e' inammissibile.6 La (formalmente) dedotta violazione di legge, si sostanzia in una critica alla motivazione. La spiegazione del ruolo non marginale dell'imputato e' stata illustrata alle pagg. 36 - 39 della sentenza impugnata che, anche in questo caso, ha reso una motivazione completa e priva di vizi manifesti. Sul punto, ha evidenziato la delicatezza e l'importanza della fase della traversata in cui si e' manifestato il contributo concorsuale dell'imputato. Ha, quindi, segnalato la natura "determinante" di quel contributo consistito nel parlare al telefono satellitare in funzione della navigazione dell'imbarcazione condotta da altro concorrente, valorizzando anche la circostanza che l'imputato si trovasse a bordo del natante prima dell'arrivo dei migranti che ha aiutato a sistemarsi sull'imbarcazione indicando loro le posizioni che dovevano occupare sulla stessa. I giudici di merito hanno richiamato correttamente il principio consolidato per cui "in tema di concorso di persone nel reato, ai fini dell'integrazione della circostanza attenuante della minima partecipazione di cui all'articolo 114 c.p., non e' sufficiente una minore efficacia causale dell'attivita' prestata da un correo rispetto a quella realizzata dagli altri, in quanto e' necessario che il contributo dato si sia concretizzato nell'assunzione di un ruolo di rilevanza del tutto marginale, ossia di efficacia causale cosi' lieve rispetto all'evento da risultare trascurabile nell'economia generale dell'"iter" criminoso" (fra le molte, Sez. 6, n. 34539 del 23/06/2021, I., Rv. 281857). Si tratta di motivazione contrastata con argomenti puramente confutativi dal ricorrente che, sulla scorta di singoli frammenti ricostruttivi e fattuali (la mancanza di condotte violente, piuttosto che la mancata ricezione diretti di denaro dai migranti) pretende di sovvertire la motivazione. Deve essere ribadito quanA deciso, fra le molte, da Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, Caradonna, Rv. 280747 e Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, 0., Rv. 262965, ossia che "in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicita', dalla sua contraddittorieta' (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo, sicche' sono inammissibili tutte le doglianze che "attaccano" la persuasivita', l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualita', la stessa illogicita' quando non manifesta, cosi' come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilita', della credibilita', dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento". 4. Analoghe considerazioni devono essere svolte con riguardo al terzo motivo riferito alla mancata concessione delle attenuanti generiche in ordine alle quali e' stata denunciato il vizio di motivazione. Emerge dalla disamina della sentenza impugnata come, con il ricorso, siano stati riproposti i medesimi argomenti gia' sollevati e disattesi nella fase di merito e, sostanzialmente incentrati, sulle condizioni familiari e sociali (di disagio) dell'imputato. L'esclusione delle attenuanti generiche e' stata motivata con riferimento alla gravita' dei fatti e alla mancanza di elementi suscettibili di positivo apprezzamento, oltre che con la mancata ammissione dei fatti ascrittigli e con il comportamento processuale complessivamente considerato. Sul punto vale richiamare la costante giurisprudenza di questa Corte secondo cui "l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche non costituisce un diritto conseguente all'assenza di elementi negativi connotanti la personalita' del soggetto, ma richiede elementi di segno positivo, dalla cui assenza legittimamente deriva il diniego di concessione delle stesse" (Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, De Crescenzo, Rv. 281590 - 01). Nel caso in esame, non solo e' stata evidenziata la mancanza di elementi positivi, ma e' stata messa in evidenza la presenza di elementi negativi quali quelli indicati, con particolare riferimento alla gravita' dei fatti ampiamente illustrata nella ricostruzione operata in sentenza. Per completezza, si ribadisce che "al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice puo' limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall'articolo 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicche' anche un solo elemento attinente alla personalita' del colpevole o all'entita' del reato ed alle modalita' di esecuzione di esso puo' risultare all'uopo sufficiente" (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549 - 02 e numerose altre conformi precedenti). Il riferimento alla mancata confessione (espressamente contestato dal ricorrente) non assume rilievo decisivo ai fini del diniego della mitigazione sanzionatoria sicche' il motivo di ricorso sviluppato sul punto si rivela, comunque, inammissibile. 5. Alla luce di quanto sin qui esposto, il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. RAMACCI Luca - Presidente Dott. GALANTI Alberto - rel. Consigliere Dott. NOVIELLO Giuseppe - Consigliere Dott. MENGONI Enrico - Consigliere Dott. ZUNICA Fabio - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: 1. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 2. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 3. "(OMISSIS) di (OMISSIS) (OMISSIS) snc", in persona del legale rappresentante, corrente in (OMISSIS) (OMISSIS); avverso la sentenza pronunciata dal Tribunale di Mantova il 24/06/2022; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere Alberto Galanti; lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Fulvio Baldi (ribadite in udienza), che ha concluso chiedendo annullarsi il provvedimento impugnato, con rinvio al Tribunale di Mantova: per (OMISSIS) e (OMISSIS), limitatamente all'applicazione della circostanza sub articolo 452-novies c.p., con rigetto nel resto; per (OMISSIS) s.r.l., limitatamente all'applicazione della confisca ed alla condanna quale responsabile civile, con rigetto nel resto. letta la memoria difensiva depositata in data 28/04/2023 dall'Avv. (OMISSIS) per l'imputato (OMISSIS), che, nel formulare motivi nuovi, si riporta al ricorso e ne chiede l'accoglimento; udita, per la parte civile Provincia di (OMISSIS), l'Avv. (OMISSIS), in sostituzione dell'Avv. (OMISSIS) del Foro di (OMISSIS), la quale, nel sottolineare che la giurisdizione amministrativa (T.A.R. Brescia n. 748/2019; C.D.S. n. 305/2023, T.A.R. Brescia n. 403/2023) ha escluso che l'AIA in possesso di (OMISSIS) concernesse il trattamento di inerti, chiede rigettarsi il ricorso, anche per quanto concerne le statuizioni civili. udito, per la parte civile per il Parco Regionale del (OMISSIS), Avv. (OMISSIS) del Foro di (OMISSIS), che conclude per l'inammissibilita' o il rigetto del ricorso. udito il difensore dell'imputato (OMISSIS), Avv. (OMISSIS) del Foro di Padova, si riporta al ricorso, ai motivi nuovi e alle conclusioni, e ne chiede l'accoglimento; udito il difensore dell'imputato (OMISSIS), Avv. (OMISSIS) del Foro di Padova, che si riporta al ricorso e ne chiede l'accoglimento; udito il difensore dell'ente (OMISSIS), Avv. (OMISSIS) del Foro di Padova, che si riporta al ricorso e ne.chiede l'accoglimento. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza emessa in data 24/06/2022, il Tribunale di (OMISSIS), nell'assolvere gli imputati in relazione a numerosi capi di imputazione: - dichiarava non doversi procedere in ordine al Capo 1), in riferimento a (OMISSIS) in relazione all'articolo 256 comma 1, lettera a), Decreto Legislativo n. 152 del 2006, per intervenuta prescrizione (assolvendo nel contempo gli altri imputati); - condannava (OMISSIS) e (OMISSIS), in ordine al Capo 11), in cui era contestato l'articolo 29-quaterdecies, comma 1, Decreto Legislativo n. 152 del 2006, alla pena di Euro 20.000 di ammenda; - condannava (OMISSIS) ai sensi del Decreto Legislativo n. 231 del 2001, in relazione al reato presupposto di cui al Capo 1), limitatamente alla fattispecie di cui all'articolo 256 comma 1, lettera a), Decreto Legislativo n. 152 del 2006, al pagamento di una somma pari a 250 quote da Euro 500 ciascuna (totale Euro 125.000); - disponeva la confisca nei confronti di (OMISSIS) del profitto, quantificato in Euro 80.000. 2. Il Tribunale, inoltre, condanna'va (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) in solido al risarcimento del danno nei confronti delle parti civili costituite (Provincia di (OMISSIS) e Parco del (OMISSIS)) determinato in via equitativa in Euro 20.000 per la provincia di (OMISSIS) ed Euro 15.000 per l'Ente Parco regionale del (OMISSIS), con pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva. 3. Avverso tale sentenza propongono, tramite i propri difensori di fiducia, ricorso per cassazione (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) di (OMISSIS) (OMISSIS). 4. Il ricorso di (OMISSIS): 4.1. Relativamente al Capo n. 1) (sentenza ex articolo 129 c.p.p.), evidenzia come sussistessero i presupposti per giungere ad un sentenza di assoluzione nel merito anziche' ad una pronuncia di proscioglimento per prescrizione del reato; in proposito, censura: 4.1.1. inosservanza delle norme previste a pena di nullita' e segnatamente dell'articolo 178 lettera c) e 191 c.p.p.. in riferimento all'accertamento tecnico non ripetibile disposto ai sensi dell'articolo 360 del codice di procedura penale dal pubblico ministero in data 13 giugno 2016, che sa -ebbe nullo per omesso avviso al (OMISSIS) della data e del luogo di campionamento, nonostante all'epoca del disposto accertamento questi fosse gia' stato attinto da indizi di reita'. Da cio' discenderebbe la nullita' conseguente del campionamento effettuato in data 9 giugno 2019 (eccezione ritualmente formulata in udienza in data 8 ottobre 2019). Lamenta altresi' il ricorrente la violazione dell'articolo 220 delle disposizioni di attuazione del codice di rito, il quale a sua volta rimanda alle norme del codice di procedura penale; a cascata, deduce la nu lita' delle operazioni di apertura dei campioni, delle analisi e della relazione redatta dagli ausiliari di p.g. nominati dal P.M.; 4.1.2. violazione dell'articolo 606, comma 1, lettera c), c.p.p. in riferimento all'ordinanza (impugnata ai sensi dell'articolo 586 c.p.p.) di ammissione delle prove datata 14 gennaio 2020, di cui si contesta anche la mancanza di motivazione in ordine alla dedotta incompatibilita' ad assumere ufficio di consulente tecnico da parte dei dottori (OMISSIS) e (OMISSIS); deduce il ricorrente che i predetti erano stati inseriti dal pubblico ministero nella lista in cui al âEuroËœarticolo 468 c.p.p. come testimoni e quindi non avrebbero potuto essere sentiti come consulenti tecnici. Inoltre, in capo agli stessi, proprio in quanto "ausiliari del pubblico ministero", gravava una incompatibilita' con l'ufficio di testimone; 4.1.3. violazione dell'articolo 606, comma 1, lettera b), cod. poc. pen., in riferimento agli articoli 256, comma 1, 183, 184, 184-bis, e 184-ter Decreto Legislativo n. 152 del 2006; violazione dell'articolo 606, comma 1, lettere c) ed e), cod. poc. pen., per mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione risultante dal testo della sentenza impugnata e da altri atti del processo (e in particolare i documenti prodotti all'udienza del 21 Aprile 2022); illogicita' della motivazione per travisamento dei fatti e della prova. Lamenta il ricorrente che il giudice ha ritenuto sufficienti alla fine della prova della penale responsabilita' dell'imputato il mero esame visivo e fotografico, senza svolgere alcun accertamento in ordine alla composizione del materiale in imputazione; lamenta che lo stesso pubblico ministero nel corso dell'udienza preliminare aveva espressamente richiesto disporsi perizia in tal senso e che tale richiesta era stata rigettata dal giudice; lamenta inoltre il ricorrente la classificazione del materiale eterogeneo quale rifiuto, compiuto dal dottor (OMISSIS) attraverso una mera percezione visiva, con conseguente erronea esclusione della sua classificazior e come "(OMISSIS)". Evidenzia in proposito come dalla documentazione prodotta emergesse con chiarezza che il materiale sequestrato forse in realta' stato ceduto da (OMISSIS) alla (OMISSIS), che lo aveva acquistato per il successivo utilizzo nel proprio ciclo produttivo, elemento di primaria importanza su cui la sentenza impugnata tace, rinvenendosi solo nella relazione del dottor (OMISSIS) l'apodittica affermazione secondo cui tale materiale non poteva essere impiegato per la produzione di manufatti in calcestruzzo presso l'impianto della (OMISSIS). Al contrario, i tre consulenti della difesa raggiungono conclusioni opposte, ritenendo sussistenti tutti i presupposti per qualificare tali materiali quali "sottoprodotti" o "(OMISSIS)"; 4.1.4. Lamenta, ancora, il ricorrente, violazione di legge, sempre con riferimento all'articolo 256 Decreto Legislativo n. 152 del 2006, per non aver tenuto conto la sentenza dei rapporti commerciali intercorrenti tra (OMISSIS) e (OMISSIS), oggetto di ampia produzione documentale da parte della difesa; 4.1.5. Censura, il ricorrente, violazione di legge con riferimento alla errata esclusione della applicazione della qualificazione del materiale quale "cessazione della qualifica di rifiuto" (EOW), nonche' manifesta illogicita' della motivazione in ordine alla ritenuta attualita' della qualifica di rifiuto in capo ai materiali sequestrati; lamenta altresi' nullita' dell'asserto secondo cui graverebbe sull'interessato provare la sussistenza di tutti i presupposti per la cessazione della qualifica di rifiuto; sottolinea come la produzione di (OMISSIS) possa essere autorizzata anche in assenza di uno specifico regolamento comunitario o decreto ministeriale; 4.1.6. Denuncia il ricorrente l'omessa valutazione nella sentenza impugnata delle deduzioni critiche avanzate dai consulenti della difesa (Dott. (OMISSIS), Dott. (OMISSIS)) sulla rappresentativita' dei campionamenti effettuati dal dottor (OMISSIS); 4.1.7. Censura la dichiarata inutilizzabilita' delle dichiarazioni rese dall'imputato (OMISSIS) e dai suoi figli (OMISSIS) e (OMISSIS) al C.T. del P.M. ai sensi dell'articolo 228, comma 3, c.p.p.; 4.1.8. Lamenta infine la mancanza di motivazione in ordine alla valutazione delle prove documentali prodotte dalla difesa all'udienza del 21 aprile 2022; 4.2. Relativamente al Capo n. 11) (sentenza di condanna): 4.2.1. Violazione dell'articolo 606, comma 1, lettera c), c.p.p. in riferimento all'articolo 29-quaterdecies Decreto Legislativo n. 152 del 2006. Lamenta il ricorrente come erroneamente il giudice abbia ritenuto che (OMISSIS) fosse tenuta, dopo l'entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 46/2014, a munirsi entro i termini di cui all'articolo 29, comma 2, Decreto Legislativo n. 152 del 2006, dell'autorizzazione integrata ambientale (AIA) anche per l'attivita' IPPC 5.b.3 (gestione e trattamento di scorie di fusione e ceneri). Sostiene infatti, anche alla luce delle indicazioni fornite dalla Giunta della Regione Lombardia in data 8 aprile 2014 e della circolare del MATTM del 17 giugno 2015, che, per le attivita' tecnicamente connesse e coinsediate, gia' autorizzate in AIA (nel caso di specie l'attivita' era quella di cui al punto 6.5) ma entrate in IPPC successivamente al citato decreto legislativo, non vi sia obbligo di richiedere l'AIA (come modifica sostanziale), ma essa andra' aggiornata in occasione del primo riesame dell'attivita' IPPC principale. A conferma, il ricorrente cita ben due aggiornamenti dell'AIA effettuati dalla provincia di (OMISSIS), il primo in data 24/10/2014 e il secondo in data 29/06/2018, ossia dopo l'entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 46/2014, senza che sia stata sollecitata una richiesta per modifica sostanziale. Aggiunge inoltre il ricorrente che, se le attivita' IPPC sono governate, sotto il profilo tecnico, dall'obbligo di rispetto dell(OMISSIS)d. "BAT" di settore, la relazione ARPA del 14/12/2015 precisa che le BAT venivano correttamente applicate; 4.2.2. Sostiene il ricorrente che, in ogni caso, alla luce delle indicazioni ministeriali e regionali, e' fuor di dubbio che una eventuale errata interpretazione della normativa non potrebbe che ritenersi conseguenza di un errore inescusabile, in quanto indotto dagli enti pubblici preposti alla tutela dell'ambiente; 4.2.3. Violazione dell'articolo 606, comma 1, lettera c), c.p.p. in riferimento all'articolo 452-novies c.p.; lamenta il ricorrente che, da un lato, il giudice promette qualsivoglia motivazione in ordine alla esistenza dell'aggravante in parola; dall'altro, sottolinea come essa trovi applicazione quando dalla commissione del fatto derivi la violazione di uno o piu' norme poste a tutela dell'ambiente; nel caso di specie ci si trova di fronte ad una sola violazione, sussunta nell'ambito dell'articolo 29-quaterdecies nel codice penale, circostanza da cui non puo' che risultare l'insussistenza della contestata aggravante; 4.2.4. Violazione dell'articolo 606, comma 1, lettera c), c.p.p., violazione di legge in riferimento agli articoli 546 e 125 c.p.p. per mancanza di motivazione nella parte in cui ha disposto la condanna dell'imputato al risarcimento dei danni nei confronti delle parti civili costituite, Provincia di (OMISSIS) ed Ente Parco del (OMISSIS); la motivazione fornita dal giudice e' infatti assolutamente generica, laddove individua, per la provincia di (OMISSIS), il danno patrimoniale nel danno da maggiore attivita' amministrativa e nel danno di immagine il danno non patrimoniale; nonche' per quanto riguarda l'ente Parco, laddove individua danni patrimoniali nei costi di vigilanza e nella maggiore attivita' amministrativa resasi necessaria nel corso degli anni, danno peraltro non richiesto dalla parte civile con riferimento al capo 11); 4.2.5. Violazione dell'articolo 606, comma 1, lettera c), c.p.p. in riferimento agli articoli 546 e 125 c.p.p. nella parte in cui nel dispositivo ha condannato l'imputato al pagamento di una provvisionale, laddove nella motivazione veniva assunta una decisione di segno opposto. 5. Il ricorso di (OMISSIS): 5.1. Il primo motivo di ricorso riproduce le medesime doglianze gia' esposte al par. 4.2.1; 5.2. Il secondo motivo di ricorso riproduce le medesime doglianze gia' esposte al par. 4.2.3; 5.3. Il terzo motivo di ricorso lamenta l'assenza e l'illogicita' della motivazione nella parte in cui ritiene che la responsabilita' del (OMISSIS) discenda dalla sua qualifica di "incaricato nella gestione dei rifiuti", cui il giudice ha invece negato rilevanza con riferimento alle altre imputazioni; 5.4. Il quarto motivo di ricorso lamenta l'assenza di motivazione nella dosimetria della pena, calcolata in misura prossima al massimo edittale in assenza di qualsivoglia motivazione che non si esaurisca in una mera clausola di stile; 5.5. Il quinto motivo di ricorso riproduce le medesime doglianze gia' esposte al par. 4.2.4, lamentando altresi' la mancanza di prova in ordine all'esistenza di un effettivo pregiudizio; 5.6. Il sesto motivo di ricorso riproduce le medesime doglianze gia' esposte al par. 4.2.5. 6. Il ricorso di (OMISSIS) di (OMISSIS) (OMISSIS): 6.1. I motivi di ricorso indicati quali 1), 1.2), 2), 3) e 4) sono sovrapponibili a quelli presentati da (OMISSIS) in riferimento alla sentenza di proscioglimento in ordine al Capo 1) ed elencati al par. 4.1., cui la Corte rinvia; 6.2. Con il quinto motivo di ricorso, la ricorrente censura l'affermazione di responsabilita' di (OMISSIS) ai sensi del Decreto Legislativo n. 231 del 2001. Il motivo si articola in due distinte censure. 6.2.1. In primo luogo, si censura il difetto di prova in ordine all'effettivo interesse o vantaggio (da intendersi in senso di "profitto") conseguito dall'ente; 6.2.2. In secondo luogo, si censura la mancanza di prova di "colpa di organizzazione", avendo l'ente adottato il "modello di organizzazione e gestione" e avendo indebitamente il giudice dedotto, ex post, la colpa di organizzazione dell'ente dalla mera commissione del reato presupposto da parte dell'apicale; 6.3. Con il sesto motivo la ricorrente censura l'applicazione della misura della confisca a carico dell'ente: 6.3.1. In primo luogo, censura come il giudice non abbia motivato in ordine alla derivazione immediata e diretta del profitto dalla commissione del reato presupposto, come richiesto dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite della Cassazione; 6.3.2. In secondo luogo, censura la quantificazione del danno, operata dal giudice "in via equitativa" e senza alcun aggancio con elementi concreti; 6.4. Con il settimo motivo di ricorso la ricorrente lamenta come la sentenza abbia condannato (OMISSIS), in qualita' di responsabile civile, al risarcimento del danno in favore dell'Ente Parco del (OMISSIS), senza che quest'ultimo abbia esercitato l'azione civile nei suoi confronti, citandola quale responsabile civile; 6.5. Con l'ottavo motivo, la ricorrente censura di illogicita' la motivazione in riferimento alle modalita' di determinazione sia del numero delle quote applicate all'ente come sanzione pecuniaria ai sensi del Decreto Legislativo n. 231 del 2001, che della loro entita' unitaria. 7. Con memoria del 28 aprile 2023, il difensore di (OMISSIS) depositava motivi nuovi. Ribadisce, in primo luogo, la censura in merito all'espunzione delle dichiarazioni rese da (OMISSIS) e (OMISSIS), da doversi ritenere inutilizzabili con esclusivo riferimento agli atti irripetibili. Ribadisce, altresi', che la titolarita' dei cumuli di materiali in capo alla (OMISSIS) emerge anche da specifici documenti, come le dichiarazioni rese da (OMISSIS) in data 2.2.2016 nella lettera in risposta alla richiesta del Comune di (OMISSIS) in data 22.12.2015. Ribadisce infine la totale mancanza di motivazione del giudice di primo e unico grado in ordine a tale elemento dirimente. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Con riferimento al ricorso presentato dall'Avv. (OMISSIS) in data 14/11/2022, la Corte analizzera' in primo luogo la parte relativa al Capo di sentenza sub 1), dichiarato prescritto dal Tribunale di (OMISSIS) (pagg. 1-66). Il ricorso e', in parte qua, inammissibile. 1.1. La Corte ha Sez. 4, n. 8135 del 31/01/2019, Rv. 275219 - 01 ha chiarito che in tema di impugnazioni, l'imputato che, senza aver rinunciato alla prescrizione, proponga ricorso per cassazione avverso sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione, e' tenuto, a pena di inammissibilita', a dedurre specifici motivi a sostegno della ravvisabilita' in atti, in modo "evidente e non contestabile", di elementi idonei ad escludere la sussistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte sua e la configurabilita' dell'elemento soggettivo del reato, affinche' possa immediatamente pronunciarsi sentenza di assoluzione a norma dell'articolo 129, comma 2, c.p.p., ponendosi cosi' rimedio all'errore circa il mancato riconoscimento di tale ipotesi in cui sia incorso ii giudice della sentenza impugnata. Il ricorrente, pur rubricando le proprie doglianze come violazioni di legge, sollecita a questa Corte una rivalutazione del compendio probatorio, evidentemente preclusa in sede di legittimita', e propone in ogni caso censure motivazionali che parimenti non possono trovare ingresso in questa sede, avendo ormai da tempo le Sezioni Unite di questa Corte chiarito, con un condivisibile dictum, che, "in presenza di una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di legittimita' vizi di motivazione della sentenza impugnata in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l'obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva" (cosi' Sez. Un. 35490 del 28/5/2009, Tettamanti, Rv. 244275, nella cui motivazione si e' precisato che detto principio trova applicazione anche in presenza di una nullita' di ordine generale; conf. Sez. 6, n. 10074 dell'8/2/2005, Algieri, Rv. 231154; Sez. 1, n. 4177 del 27/10/2003 dep. il 2004, Balsano ed altri, Rv. 227098). Ancora, si e' ritenuto che, in sede di legittimita', non e' consentito il controllo della motivazione della sentenza impugnata allorche' sussista una causa estintiva del reato, e cio' sia quando detta causa sia sopraggiunta nelle more del giudizio in Cassazione, sia quando, come nel caso che ci occupa, sia stata dichiarata con lo stesso provvedimento nei cui confronti e' proposta l'impugnazione (cosi' Sez. 5, n. 588 del 4/10/2013 dep. il 2014, Zambonini, Rv. 258670). Pertanto, il giudizio di legittimita' deve essere limitato alle sole violazioni di legge, e, in questo limitato ambito, potranno essere oggetto di scrutinio le sole violazioni che determinino una "evidenza" di elementi idonei ad escludere la sussistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte sua e la configurabilita' dell'elemento soggettivo del reato. Nel caso di specie, escluso a priori ogni vaglio sugli asseriti vizi di motivazione da parte di questa Corte (con conseguente inammissibilita' dei relativi motivi), in riferimento alle lamentate violazioni di legge, come si accennera' nei sottoparagrafi che seguono, tale situazione di "evidenza" non ricorre. 1.2. Cio', in primo luogo, con riferimento alla asserita riconducibilita' dei materiali oggetto di contestazione, all'interno della categoria del c.d. "(OMISSIS)" ((OMISSIS)). 1.2.1. Tale istituto, disciplinato dalla direttiva 2008/98/CE del 19 novembre 2008 (c.d. "direttiva quadro", o framework directive, in materia di rifiuti) e ribattezzato dal legislatore italiano come "cessazione della qualifica di rifiuto", ha sostituito la previgente disciplina delle c.d. "materie prime secondarie" (articolo 181-bis del TUA), spostando il focus della disciplina dal "risultato" di un processo di recupero al "processo" stesso. L'(OMISSIS) puo' definirsi come un "processo di recupero del rifiuti", al termine del quale il rifiuto cessa di essere tale e torna a svolgere un ruolo utile nel circuito economico come prodotto. In tal senso, le Linee Guida sulla direttiva 2008/98/CE predisposte dalla Commissione UE nel giugno 2012 precisano che le obbligazioni specifiche del produttore e del detentore permangono finche' il processo di recupero non e' completo, in conformita' con gli obiettivi della Direttiva Quadro, cosi' minimizzando il rischio di danni per la salute e l'ambiente. L'(OMISSIS) indica pertanto tutto il "processo" che determina il passaggio da un "rifiuto" a un "prodotto", e, quindi, tutte le fasi attraverso cui questo passaggio si articola e si determina; da cio' consegue che, fino al completamento del processo, il rifiuto resta tale (in tal senso, la Corte ha precisato - Sez. 3, n. 18891 del 22/11/2017, dep. 2018, Battistella, Rv. 272879 - 01 - che i rifiuti esitati dall'attivita' di trattamento, che non hanno ancora cessato di essere tali, continuano ad essere assoggettati alla disciplina in materia di gestione dei rifiuti; pertanto, l'accertamento della cessazione della qualita' ha efficacia "costitutiva" e non "dichiarativa", sicche' essa opera ex nunc e non ex tunc, stante il chiaro tenore letterale dell'articolo 184-ter, u.c., Decreto Legislativo n. 152 del 2006). 1.2.2. Le condizioni che determinano la possibilita' per un rifiuto di cessare di essere tale sono indicate dall'articolo 184-ter del TUA, secondo cui un rifiuto cessa di essere tale, quando e' stato sottoposto a un'operazione di recupero, incluso il riciclaggio, e soddisfi i criteri specifici, da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni: a) la sostanza o l'oggetto e' comunemente utilizzato per scopi specifici; b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto; c) la sostanza o l'oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti; d) l'utilizzo della sostanza o dell'oggetto non portera' a impatti complessivi negativi sull'ambiente o sulla salute umana. Le caratteristiche anzidette devono indeflettibilmente ricorrere tutte insieme. In tal senso si e' espressa la giurisprudenza della Corte, (Sez. 3, n. 36692 del 03/07/2019, Bordonaro, n. m.), secondo cui occorre che il rifiuto sia sottoposto ad un'operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, e soddisfi i predetti criteri specifici, da adottare nel rispetto delle condizioni dianzi esposte. 1.2.3. Quanto alla "tipologia" di sostanze od oggetti che sono suscettibili di diventare materie prime al termine del processo di recupero, la qualifica di (OMISSIS) puo' in primo luogo essere assegnata a tipologie di materiali da Regolamenti comunitari. La normativa Europea ha tuttavia disciplinato solo alcune ristrette ipotesi: - Regolamento (UE) n. 333/2011 del 31 marzo 2011 recante "I criteri che determinano quando alcuni tipi di rottami metallici cessano di essere considerati rifiuti ai sensi della Direttiva 2008/98/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio"; - Regolamento (UE) n. 1179/2012 del 10 dicembre 2012 recante "I criteri che determinano quando i rottami di vetro cessano di essere considerati rifiuti ai sensi della Direttiva 2008/98/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio"; - Regolamento (UE) n. 715/2013 del 25 luglio 2013 recante "I criteri che determinano quando i rottami di rame cessano di essere considerati rifiuti ai sensi della Direttiva 2008/98/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio". L'articolo 6 della direttiva 19 novembre 2008, n. 2008/98/CE prevede che "se non sono stati stabiliti criteri a livello comunitario in conformita' della procedura di cui ai paragrafi 1 e 2, gli Stati membri possono decidere, caso per caso, se un determinato rifiuto abbia cessato di essere tale tenendo conto della giurisprudenza applicabile". Il comma 2 dell'articolo 184-ter TUA stabilisce che "i criteri di cui al comma 1 sono adottati in conformita' a quanto stabilito dalla disciplina comunitaria ovvero, in mancanza di criteri comunitari, caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto attraverso uno o piu' decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della L. 23 agosto 1988, n. 400. I criteri includono, se necessario, valori limite per le sostanze inquinanti e tengono conto di tutti i possibili effetti negativi sull'ambiente della sostanza o dell'oggetto". L'Italia a sua volta ha disciplinato i seguenti casi di (OMISSIS): - Decreto del Ministero dell'ambiente 14 Febbraio 2013, n. 22, "Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto di determinate tipologie di combustibili solidi secondari (CSS), ai sensi dell'articolo 184-ter, comma 2, del decreto legislativo 3 Aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni"; - Decreto del Ministero dell'ambiente 28 marzo 2018, n. 69, "Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto di conglomerato bituminoso ai sensi dell'articolo 184-ter, comma 2 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152", in vigore dal 3 luglio 2018; - Decreto del Ministero dell'ambiente 15 maggio 2019 n. 62, "Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto di prodotti assorbenti per la persona (PAP) ai sensi dell'articolo 184-ter, comma 2 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152"; - Decreto del Ministero dell'ambiente 31 marzo 2020 n. 78, "Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto della gomma vulcanizzata derivante da pneumatici fuori uso, ai sensi dell'articolo 184-ter, comma 2 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152", in vigore dal 5 agosto 2020; - Decreto del Ministero dell'ambiente 22 settembre 2020, n. 188, "Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto da carta e cartone, ai sensi dell'articolo 184-ter, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152"; - Decreto del Ministero dell'ambiente del 27 settembre 2022 n. 152, "Regolamento che disciplina la cessazione della qualifica di rifiuto dei rifiuti inerti da costruzione e demolizione e di altri rifiuti inerti di origine minerale, ai sensi dell'articolo 184-ter, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152". 1.2.4. La Direttiva non entrava nel merito delle competenze istituzionali dei singoli Stati membri, mentre l'articolo 184-ter TUA prevedeva che la disciplina come (OMISSIS) per specifiche tipologie di rifiuto dovesse passare attraverso uno o piu' decreti del MATTM (acronimo di "Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare"); la possibilita' che potesse essere autorizzato un processo di (OMISSIS) "caso per caso", al di fuori dei casi espressamente contemplati, era stata fermamente smentita dalla giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato con la sentenza n. 1229/2018, il quale ha affermato il potere di assegnare la qualifica di (OMISSIS) a determinati materiali "caso per caso", non va riferito al singolo materiale da esaminare, bensi' inteso come "tipologia" di materiale da esaminare e fare oggetto di piu' generale previsione regolamentare, a monte dell'esercizio della potesta' autorizzatoria). Il nuovo paragrafo 4 dell'articolo 6 della direttiva, tuttavia, nel testo modificato dalla direttiva 2018/851/UE, prevede che "laddove non siano stati stabiliti criteri a livello di Unione o a livello nazionale ai sensi, rispettivamente, del paragrafo 2 o del paragrafo 3, gli Stati membri possono decidere caso per caso o adottare misure appropriate al fine di verificare che determinati rifiuti abbiano cessato di essere tali in base alle condizioni di cui al paragrafo 1, rispecchiando, ove necessario, i requisiti di cui al paragrafo 2, lettere da a) a e), e tenendo conto dei valori limite per le sostanze inquinanti e di tutti i possibili effetti negativi sull'ambiente e sulla salute umana. Tali decisioni adottate caso per caso non devono essere notificate alla Commissione". La L. n. 128 del 02/11/2019 ha modificato radicalmente l'articolo 184-ter del TUA. La nuova disciplina, molto articolata, trova il punto focale nella previsione secondo cui, in mancanza di criteri specifici adottati con i regolamenti ministeriali, le autorizzazioni per lo svolgimento di operazioni di recupero siano rilasciate o rinnovate direttamente dalle amministrazioni competenti nel rispetto delle condizioni di cui all'articolo 6 della direttiva 2008/98/CE, sulla base di criteri dettagliati definiti provvedimento autorizzatorio e previo parere obbligatorio (introdotto dall'articolo 34, comma 1, lettera a), del Decreto Legge n. 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 luglio 2021, n. 108) di ISPRA o ARPA competente (sulla base delle linee guida aggiornate, da ultimo, dal SNPA con Quaderno n. 41/2022). 1.2.6. Appare in conclusione del tutto evidente, pertanto, che fino al novembre del 2019 non fosse possibile attribuire ai materiali "de qua" la qualifica di (OMISSIS), cio' che rende di solare evidenza l'impossibilita' per la Corte di valutare ictu oculi la sussistenza dei presupposti per una assoluzione nel merito. 1.3. Analoghe considerazioni possono essere svolte in riferimento al censurato profilo dell'inversione dell'onus probandi. La giurisprudenza consolidata della Corte, che il Collegio condivide, ha precisato con giurisprudenza univoca che trattandosi di norme aventi natura eccezionale e derogatoria rispetto alla disciplina ordinaria in tema di rifiuti, "l'onere della prova circa la sussistenza delle condizioni di legge deve essere assolto da colui che ne richiede l'applicazione (Sez. 3, n. 38950 del 26/06/2017, Roncada, n. m.; Sez. 3, n. 56066 del 19/09/2017, Sacco, Rv. 272428 - 01; Sez. 3, n. 16078 del 10/03/2015, Fortunato, Rv. 263336 - 01; Sez. 3, n. 3202 del 02/10/2014, Giaccari, Rv. 262129 - 01; Sez. 3, n. 17453 del 17/04/2012, Buse', Rv. 252385 - 01; Sez. 3, n. 16727 del 13/04/2011, Spinello, n. m.; Sez. 3, n. 41836 del 30/09/2008, Castellano, Rv. 241504 - 01). Tale giurisprudenza e' una applicazione dell'indirizzo consolidato secondo cui (v. Sez. 3, n. 20410 del 08/02/2018 Rv. 273221 - 01 Boccaccio) il principio di inversione dell'onere della prova "specificamente riferito al deposito temporaneo, e' peraltro applicabile in tutti i casi in cui venga invocata, in tema di rifiuti, l'applicazione di disposizioni di favore che derogano ai principi generali". In tal senso, gia' Sez. 3, sentenza n. 47262 dell'8/09/2016, Marinelli, n. m., aveva precisato che il principio dell'inversione dell'onere della prova corrisponde ad un "principio generale gia' applicato in giurisprudenza: in tema di attivita' di raggruppamento ed incenerimento di residui vegetali previste dall'articolo 182, comma 6 bis, primo e secondo periodo, Decreto Legislativo n. 152 del 2006 (cfr. Sez. 3, n. 5504 del 12/01/2016, Lazzarini), di deposito temporaneo di rifiuti (Sez. 3, n. 29084 del 14/05/2015, Favazzo), di terre e rocce da scavo (Sez. 3, n. 16078 del 10/03/2015, Fortunato), di interramento in sito della posidonia e delle meduse spiaggiate presenti sulla battigia per via di mareggiate o di altre cause naturali (Sez. 3, n. 3943 del 17/12/2014, Aloisio), di qualificazione come sottoprodotto di sostanze e materiali (Sez. 3, n. 3202 del 02/10/2014, Giaccari; Sez. 3, n. 41836 del 30/09/2008, Castellano), di deroga al regime autorizzatorio ordinario per gli impianti di smaltimento e di recupero, prevista dall'articolo 258 comma 15 del Decreto Legislativo n. 152 del 2006 relativamente agli impianti mobili che eseguono la sola riduzione volumetrica e la separazione delle frazioni estranee (Sez. 3, n. 6107 del 17/01/2014, Minghini), di riutilizzo di materiali provenienti da demolizioni stradali (Sez. 3, n. 35138 del 18/06/2009, Bastone)". Il principio e' stato successivamente ribadito anche da Sez. 3, n. 3598 del 23/10/2018, dep. 2019, Fortuna, n. m.. 1.3.1. Tale prova inoltre, che grava sull'interessato, non puo' essere fornita (Sez. 3, n. 41607 del 6/07/2017, Garlando, n. m.) mediante mera testimonianza, atteso che l'articolo 184-bis Decreto Legislativo n. 152 del 2006 richiede "condizioni specifiche che devono essere adeguatamente documentate anche e soprattutto sotto il profilo prettamente tecnico, involgendo, come e' noto, le caratteristiche del ciclo di produzione, il successivo reimpiego, eventuali successivi trattamenti, la presenza di caratteristiche atte a soddisfare, per l'utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell'ambiente e l'assenza di impatti complessivi negativi sull'ambiente o la salute umana", e che "incombe sull'interessato, anche successivamente alla modifica dell'articolo 183, comma 1, lettera p), l'onere di fornire la prova della destinazione del materiale ad ulteriore utilizzo, con certezza e non come mera eventualita'". Principio che trova pacificamente applicazione al caso dell'(OMISSIS), che riposa sul medesimo principio derogatorio. 1.3.2. Le sopra esposte considerazioni valgono anche, pertanto, in riferimento alla prospettata (ma non dimostrata) ipotesi di classificare i materiali in parola come "sottoprodotti", circostanza del resto esclusa dal giudice del merito anche alla luce della tipologia di materiali rinvenuti (tra cui degli "scarti di fonderia", pag. 8). 1.4. Analogamente, in relazione alle ordinanze dibattimentali impugnate con la sentenza, non appare evidente l'esistenza di elementi per procedere ictu oculi all'assoluzione. I motivi appaiono pertanto manifestamene infondati in quanto si pongono in contrasto con la consolidata giurisprudenza della Corte senza addurre alcun profilo di novita' (Sez. 2 -, Sentenza n. 17281 del 08/01/2019, Delle Cave, Rv. 276916 - 01). 1.4.1. Quanto alla violazione del diritto agli avvisi ex articolo 360 c.p.p., evidenzia il collegio come, correttamente, il ricorrente faccia riferimento alla disposizione di cui all'articolo 220 disp. att. c.p.p., a mente del quale "quando nel corso di attivita' ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti emergono indizi di reato, gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale sono compiuti con l'osservanza delle disposizioni del codice". Tuttavia, proprio alla luce del richiamo contenuto alle norme del codice di rito, il Collegio evidenzia come questa Corte (v., ex plurimis, Sez. 6, n. 10350 del 6/02/2013; Sez. 2, n. 2087 del 10/01/2012; Sez. 2, n. 34149 del 10/07/2009) e la stessa Corte Costituzionale (sent. n. 239/2017) hanno in modo costante distinto il "rilievo" dall'"accertamento tecnico". Si tratta, come noto, di categorie di atti di indagine che il codice non definisce in alcun punto, tanto che alcuni in dottrina hanno in proposito parlato di "endiadi". Cosi' non e'. L'articolo 359 c.p.p. (rubricato "Consulenti tecnici del pubblico ministero"), si riferisce ad entrambi i tipi di operazioni, laddove l'articolo 360 si riferisce solo ai secondi, con conseguente esclusione, quanto ai "rilievi", del diritto al previo avviso all'indagato, che puo' partecipare alle operazioni solo "ove presente" (arg. ex articoli 354 e 356 c.p.p., 114 disp. att. c.p.p.). La giurisprudenza della Corte ha nel tempo chiarito che con il termine "rilievi" si intende un'attivita' di mera osservazione, individuazione ed acquisizione di dati materiali, mentre gli "accertamenti" comportano un'opera di studio critico, di elaborazione valutativa, ovvero di giudizio di quegli stessi dati o di valutazioni critiche su basi tecnico-scientifiche (Sez. 5, n. 11866 del 29/09/2000, D'Anna; Sez. 2, n. 45751 dell'8/02/2016, Siino; Sez. 1, n. 18246 del 25/02/2015, Cedrangolo; sez. 1, n. 45283 del 10/10/2013; Sez. 2, n. 33076 del 25/07/2014; Sez. 1, n. 2443 del 13/11/2007, Pannone: "in tema di indagini preliminari, la nozione di accertamento tecnico concerne non l'attivita' di raccolta o di prelievo dei dati pertinenti al reato... priva di alcun carattere di invasivita', bensi' soltanto il loro studio e la loro valutazione critica"; Sez. 2, n. 34149 del 10/07/2009, Chiesa, Rv. 244950: "in tema di indagini preliminari, mentre il rilievo consiste nell'attivita' di raccolta di dati pertinenti al reato, l'accertamento tecnico si estende al loro studio e valutazione critica secondo canoni tecnico-scientifici"; conformi, in relazione ai prelievi di campioni di DNA: Sez. 1, n. 18246 del 25/02/2015, Rv. 263859 - 01; Sez. 1, n. 31880 del 30/03/2022, Rv. 283573 - 01). La giurisprudenza, anche Costituzionale, ha nel tempo assimilato il concetto di "prelievo" a quello di "rilievo" (v. citata sent. Corte Cost. n. 239/2017; Sez. 1, n. 2443 del 13/11/2007, Rv. 239101 - 01"la nozione di accertamento tecnico concerne non l'attivita' di raccolta o di prelievo dei dati pertinenti al reato... priva di alcun carattere di invasivita', bensi' soltanto il loro studio e la loro valutazione critica"), essendo entrambi mezzi volti all'apprensione di un dato materiale, una cosa, un campione, di essa rappresentativo. D'altra parte, come evidenziato in dottrina, il fatto che il codice riservi in alcune disposizioni (articoli 224-bis e 359-bis c.p.p.) particolari cautele in relazione a talune forme di "prelievi" e non invece ai "rilievi", e' ricollegabile alla peculiare circostanza che solo nel caso del "prelievo" l'attivita', in quei casi specifici, presenta carattere invasivo della liberta' personale (Sez. 1, n. 2443 del 13/11/2007, Pannone, Rv. 239101 - 01: "In tema di indagini preliminari, la nozione di accertamento tecnico concerne non l'attivita' di raccolta o di prelievo dei dati pertinenti al reato, priva di alcun carattere di invasivita', bensi' soltanto il loro studio e la loro valutazione critica"). Resta inteso che, ove non si applichino le garanzie di cui all'articolo 360 c.p.p., particolare attenzione e cura dovranno essere rivolte alla verbalizzazione dell'attivita' (prevista dall'articolo 357 c.p.p. solo per gli atti compiuti dalla polizia giudiziaria, ma da estendersi all'attivita' di indagine in generale, soprattutto ove non assistita dalla dialettica tra le parti), onde consentirne il controllo (e la contestazione) in contraddittorio nelle successive fasi processuali. Tuttavia, lo stesso giudice delle leggi citato ha evidenziato che, anche operazioni di rilievo o prelievo, e in generale di repertazione, possano richiedere, "in casi particolari, valutazioni e scelte circa il procedimento da adottare, oltre che non comuni competenze e abilita' tecniche per eseguirlo, e in questo caso, ma solo in questo, puo' ritenersi che quell'atto di indagine costituisca a sua volta oggetto di un accertamento tecnico, prodromico rispetto all'atto da eseguire poi sul reperto prelevato". Infatti, possono verificarsi situazioni in cui per la repertazione del campione, necessario agli accertamenti peritali, siano richieste specifiche competenze tecniche ovvero si debba ricorrere a tecniche particolari e in "tal caso anche l'attivita' di prelievo assurge alla dignita' di operazione tecnica non eseguibile senza il ricorso a competenze specialistiche e dovra' essere compiuta nel rispetto dello statuto che il codice prevede per la acquisizione della prova scientifica" (Sez. 2, n. 2476 del 27/11/2014, Rv. 261867 - 01). Non a caso, accorta dottrina parla, in proposito degli accertamenti tecnici, di categoria "liquida", proprio a sottolinearne la natura "mobile" dei confini. Si tratta, in questi casi, di un apprezzamento in concreto rimesso al giudice del fatto, insindacabile in sede di legittimita' ove sorretto da adeguata motivazione. Quanto alle "tecniche" di campionamento, il Collegio evidenzia, in riferimento ai rifiuti, che se e' vero che tale attivita' puo' essere particolarmente delicata in merito alla scelta delle metodiche da adottare e della rappresentativita' del campione (circostanza che rende consigliabile assicurare in ogni caso il contraddittorio), la Corte di Giustizia UE (sentenza 28 marzo 2019, cause riunite da C-487/17 a C-489/17, Verlezza), ha precisato che in materia di rifiuti, e' richiesto solamente che le operazioni di campionamento "devono offrire garanzie di efficacia e di rappresentativita'" e che i relativi metodi siano "riconosciuti a livello internazionale". Questa Corte (Sez. 3, n. 1987 del 08/10/2014, Rv. 261786 - 01), del resto, ha evidenziato del resto come non sia imposto per il campionamento dei rifiuti l'uso di particolari metodologie (nella specie il metodo UNI 10802) e che la scelta sul metodo da utilizzare per il campionamento e' questione di fatto, in mancanza di una normativa generale vincolante sul punto. Analogamente la Corte si e' espressa in tema di inquinamento delle acque (Sez. 3, n. 32996 del 14/05/2003, Rv. 225547 - 01: "in tema di controllo dei reflui degli scarichi il metodo di campionamento e' regolamentato da una metodica flessibile, in quanto accanto al criterio ordinario, riferito ad un campione medio prelevato nell'arco di tre ore, prevede la possibilita' di criteri derogatori in relazione alle specifiche esigenze del caso concreto, quali quelle derivanti dalle prescrizioni contenute nell'autorizzazione allo scarico, dalle caratteristiche del ciclo tecnologico, dal tipo di scarico cosi' come dal tipo di accertamento, la cui valutazione spetta all'autorita' amministrativa di controllo nonche', in sede processuale, al giudice penale"; Sez. 3, n. 36701 del 03/07/2019, Rv. 277158 - 01: " In tema di inquinamento idrico, la norma sul metodo di prelievo per il campionamento dello scarico ha carattere procedimentale e non sostanziale e, dunque, non ha natura di norma integratrice della fattispecie penale, ma rappresenta il mero criterio tecnico ordinario per il prelevamento, ben potendo il giudice, tenuto conto delle circostanze concrete, motivatamente ritenere la rappresentativita' di campioni raccolti secondo metodiche diverse"), nonche' di mangimi per animali (Sez. 3, n. 21652 del 02/04/2009, Rv. 243726 - 01: "Le norme relative al prelevamento e all'analisi di campioni di merci hanno carattere ordinatorio e non costituiscono condizioni per il regolare esercizio dell'azione penale, sicche' eventuali irregolarita' in materia non determinano nullita', pur dovendo il giudice, che da tali analisi voglia trarre elementi di convincimento per la decisione, motivare adeguatamente in ordine all'attendibilita' del risultato"). Da quanto sopra evidenziato, appare evidente che non possa attribuirsi all'attivita' di campionamento dei rifiuti la "natura" di accertamento tecnico ex se, essendo al contrario 14 rimessa al giudice del fatto la valutazione in ordine al quantum di competenza e difficolta' tecnica richiesto per l'effettuazione delle operazioni di prelievo, al fine di valutare la necessita' di attivare la procedura garantita di cui all'articolo 360 c.p.p.. Nel caso di specie, non vi e' dubbio che, ontologicamente, il campionamento dei rifiuti appartenga alla categoria dei "rilievi", e non a quella degli "accertamenti tecnici", e che potendosi in ipotesi lamentar eun vizio di motivazione, il relativo scrutinio va in concreto escluso alla luce delle considerazioni espresse dal Collegio al par. 1.1. A cio' si aggiunga che il giudice del fatto ha escluso la natura "irripetibile" delle operazioni di campionamento dei rifiuti (pag. 2 ordinanza 14/01/2020, riportata a pag. 9 del ricorso), valutazione in fatto non sindacabile dalla Corte. Dalla sopra esposte considerazioni consegue la inammissibilita' anche delle censure relative alla pretesa violazione del diritto all'avviso da parte del ricorrente, indipendentemente dall'avvenuta iscrizione o meno dello stesso sul registro degli indagati e dalla dedotta natura irripetibile delle operazioni, nonche' delle conseguenti lamentate nullita'. 1.4.2. Manifestamente infondata e' poi la parte di doglianza secondo cui il pubblico ministero avrebbe dovuto procedere alla nomina di consulenti tecnici per l'effettuazione degli accertamenti tecnici, posto che l'articolo 117 delle norme di attuazione del codice di procedura penale prevede l'applicabilita' della "procedura" di cui all'articolo 360 c.p.p. (ove applicabile) anche agli accertamenti tecnici "che modificano lo stato dei luoghi, delle cose o delle persone", prescindendo quindi dalla nomina di consulenti. 1.5. Lamenta inoltre il ricorrente che i funzionari ARPA, nominati ausiliari tecnici per le operazioni di sopralluogo, inseriti nella lista ex ar. 468 c.p.p. come testimoni, sarebbero stati escussi quali consulenti, e quindi non sarebbero come tali stati autorizzati, incorrendo, inoltre, nell'incompatibilita' a testimoniare prevista per gli ausiliari del pubblico ministero. 1.5.1. Quanto al primo profilo, Il motivo e' pertanto manifestamente infondato. La Corte ha ritenuto in passato (Sez. 3, Sentenza n. 37490 del 21/09/2011, n. m.) che il consulente del Pubblico Ministero puo' essere interrogato come testimone al dibattimento "per una sorte di "conversione" in quello praeter peritiam previsto dall'articolo 233 c.p.p.", cosi' "convogliando nel processo pareri e conoscenze utili ai fini della decisione (Cass. Sez. 3 sentenza 22260/2008)" e che (Sez. 2, n. 4128 del 09/10/2019, Consolo, Rv. 278086 - 01) "in tema di prova testimoniale, il divieto di apprezzamenti personali non opera qualora il testimone sia persona particolarmente qualificata che riferisca su fatti caduti sotto la sua diretta percezione sensoriale ed inerenti alla sua abituale e specifica attivita' giacche', in tal caso, l'apprezzamento diventa inscindibile dal fatto". In sostanza, il c.d. "teste tecnico" puo' non solo riferire fatti di cui ha avuto immediata percezione, ma altresi' svolgere considerazioni che costituiscono retaggio del suo bagaglio professionale, in maniera del tutto analoga al consulente tecnico, purche' nei limiti dei capitoli di prova ammessi, circostanza, questa, non dedotta nel motivo di impugnazione. 1.5.2. Il secondo rilievo e' del pari manifestamente infondato. Nell'ordinamento processuale esistono due differenti nozioni di "ausiliario" del magistrato. Ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera n) del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2000, ai fini del pagamento delle dovute competenze sono ausiliari del magistrato "il perito, il consulente tecnico, l'interprete, il traduttore e qualunque altro soggetto competente, in una determinata arte o professione o comunque idoneo al compimento di atti, che il magistrato o il funzionario addetto all'ufficio puo' nominare a norma di legge". Ai sensi dell'articolo 373 c.p.p., invece, (âEuroËœ"ausiliario del pubblico ministero" (cosi' come l'ausiliario del giudice ex articolo 126) e' colui che assiste il pubblico ministero e redige i verbali. L'articolo 197 c.p.p., alla lettera d) prevede che non possono assumere la veste di testimoni "coloro che nel medesimo procedimento svolgono o hanno svolto la funzione di giudice, pubblico ministero o loro ausiliario, nonche' il difensore che abbia svolto attivita' di investigazione difensiva e coloro che hanno formato la documentazione delle dichiarazioni e delle informazioni assunte ai sensi dell'articolo 391-ter", con cio' rendendo evidente che l'incompatibilita' si riferisce solo agli ausiliari di cui all'articolo 373 del codice di rito (Sez. 5, n. 17951 del 07/02/2020, Zilio, Rv. 279175 - 02: "sussiste l'incompatibilita' con l'ufficio di testimone solo per l'ausiliario in senso tecnico, che appartiene al personale della segreteria o della cancelleria dell'ufficio giudiziario, e non invece in relazione ad un esperto, estraneo all'amministrazione giudiziaria, che abbia svolto occasionalmente funzioni di ausiliario della polizia giudiziaria in fase di indagini preliminari"; in tal senso, anche Sez. 5, n. 32045 del 10/06/2014, Colombo, Rv. 261652 - 01). 1.6. Il motivo relativo al lamentato "travisamento del fatto e della prova" (pag. 19 ricorso) e' inammissibile in quanto totalmente svolto in fatto, risolvendosi nella mera contestazione della "correttezza" della motivazione (sufficienza o meno dell'"esame visivo" dei materiali ai fini della loro classificazione), territorio in cui il sindacato della Corte non puo' certamente spingersi. Il Collegio evidenzia come, anche di recente, la Corte (Sez. 3, n. 16355 del 16/03/2023, Abom), abbia affermato che "l'accertamento della natura di un oggetto quale rifiuto, ai sensi dell'articolo 183 Decreto Legislativo n. 3 aprile 2006, n. 152 costituisce una questione di fatto, demandata al giudice di merito e insindacabile in sede di legittimita', se, come nel caso in esame, sorretta da motivazione esente da vizi logici o giuridici (v. Sez. 3, n. 25548 del 26/03/2019, Schpeis, Rv. 276009; Sez. 3, n. 7037 del 18/01/2012, Fiorenza, Rv. 252445), anche perche' tale qualificazione non deve necessariamente basarsi su un accertamento peritale, âEuroËœpotendo legittimamente fondarsi, come nel caso in esame, anche su elementi probatori, quali le dichiarazioni testimoniali, i rilievi fotografici o gli esiti di ispezioni e sequestri (v. Sez. 3, n. 33102 del 07/06/2022; Bartucci, Rv. 283417; conf. Sez. 3, n. 7705 del 1991, Rv. 18780)". Non puo' del resto non evidenziarsi come (pagina 8 della sentenza), in ordine alla tipologia e composizione del materiale, il Tribunale evidenzi che il teste Garattoni, ufficiale di P.G., all'udienza 29/09/2020 ha riferito che si trattava di enormi cumuli (stimati successivamente da ARPA in circa 130.000 tonnellate e poco piu' di 55.000 mc) di materiale prevalentemente ente, inerte, frammisto a plastica, legno, metalli, scorie metalliche e scarti di fonderia, visibili anche dalla strada e posti nelle vicinanze di un affluente del fiume (OMISSIS), l'affluente (OMISSIS), in area sottoposta a vincolo paesaggistico; tale circostanza veniva confermata dal teste (OMISSIS) all'udienza 29/01/2021; dal Dott. (OMISSIS) sia nella sua relazione che nell'escussione all'udienza 19/11/2021; dal Dott. (OMISSIS), il quale confermava la presenza di 5 cumuli i materiali che dal punto di vista merceologico potevano essere raggruppati in quattro categorie: materiale in ingresso costituito da una miscela di rifiuti fini e grossolani; materiale in uscita dal trattamento costituito da materiale fine; materiale in uscita dal trattamento costituito da materiale grossolano definito in planimetria come "sopravaglio"; terre e rocce da scavo. A pagina 9 della sentenza, poi, il giudice rappresenta inoltre come le dichiarazioni anzidette "trovano evidente conferma da quanto riprodotto nelle fotografie eseguite in occasione del sopralluogo del 15/04/2016". Il motivo, pertanto, risulta del tutto inammissibile in quanto volto a censurare vizi di motivazione (v. par. 1.1., cui si rimanda). 1.7. Altrettanto inammissibili sono i motivi relativi alla valutazione della documentazione relativa ai rapporti commerciali tra (OMISSIS) e (OMISSIS) e alla illegittimita' della dichiarata inutilizzabilita' delle dichiarazioni rese da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), profili astrattamente censurabili sotto il profilo della "omessa" o "apparente" motivazione. Sul primo punto, la sentenza impugnata precisa che la deposizione del teste (OMISSIS) ha chiarito che il materiale contenuto nei cumuli, anche se in ipotesi proveniente da (OMISSIS), stante la sua natura eterogenea, non avrebbe potuto essere utilizzato nel processo produttivo di (OMISSIS) (pag. 12), con cio' escludendo implicitamente la rilevanza della documentazione prodotta (in quanto non comproverebbe la sussistenza del requisito del riutilizzo "certo") e sottraendosi al sindacato di legittimita'. Sul secondo punto, la sentenza impugnata (che sul punto - pagina 11 - motiva ampiamente) ha fatto ineccepibile applicazione dell'articolo 228, comma 3, c.p.p., che esclude qualsiasi utilizzabilita' delle dichiarazioni rese dagli indagati a periti e consulenti tecnici che non siano funzionali allo svolgimento dell'incarico, espungendo dal materiale probatorio ogni riferimento a tali dichiarazioni. La censura in realta' e' volta a dimostrare che, anche senza tali dichiarazioni, la prova della provenienza del materiale rinvenuto presso (OMISSIS) fosse evidente e tale da condurre certamente all'assoluzione. Al contrario, a pagina 12 della sentenza impugnata si precisa che "epurati i verbali di udienza dalle dichiarazioni dei CT della difesa che riportano presunte dichiarazioni rese dai (OMISSIS) sull'uso che ne facevano del materiale dei cumuli, va evidenziato che la circostanza secondo la quale il materiale venisse utilizzato dalla (OMISSIS), e' riferito, appunto, solo dai consulenti della difesa. Questa circostanza e', invece, e' stata categoricamente smentita non solo dai testi che erano dipendenti della (OMISSIS) (di cui si e' gia' detto), ma anche dal dottor (OMISSIS), che ha negato decisamente che quel materiale potesse essere utilizzato, per le sue qualita', nel processo produttivo di (OMISSIS). Ad analoghe conclusioni deve giungersi anche valutate le dimensioni dei cumuli e la composizione del materiale degli stessi (miscellanea di rifiuti)". La motivazione non appare mancante, ne' apparente, con conseguente inammissibilita' dei motivi. 1.8. In riferimento alla parte della doglianza secondo cui la declaratoria di prescrizione potrebbe esporre il ricorrente ad azioni di responsabilita' da parte della societa' chiamata a rispondere ai sensi del Decreto Legislativo n. 231 del 2001, la Corte ritiene che essa sia inammissibile. Ed infatti, ha in precedenza chiarito (v. Sez. 6, n. 41768 del 22/06/2017, Rv. 271287) come sia inammissibile per difetto di interesse il ricorso per cassazione proposto dall'imputato avverso sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione, emessa con riferimento a reato presupposto della responsabilita' da reato degli enti, non essendo configurabile un autonomo interesse dell'imputato neppure nel caso in cui dalla responsabilita' dell'ente possano discendere conseguenze economiche indirette o riflesse per la sua posizione di socio o amministratore. 1.9. Conclusivamente, la Corte ritiene che, alla luce delle sovraesposte considerazioni, non sussistano i presupposti di quella "evidenza" di innocenza che consentirebbe di rilevare, ictu oculi, la prevalenza di una causa di assoluzione rispetto all'estinzione del reato per prescrizione. I motivi vanno pertanto dichiarati inammissibili. 2. Tutti i motivi relativi al Capo 11) di incolpazione, in punto di affermazione di responsabilita', sono inammissibili per difetto di specificita'. 2.1. La Corte ritiene opportuno prendere le mosse dalla propria precedente pronuncia resa nel giudizio cautelare (Sez. 3, n. 38753 del 09/07/2018, Rv. 273710), che riporta in modo chiaro il quadro normativo (incidentalmente, il Collegio evidenzia come non sussista alcuna ipotesi di incompatibilita', posto che - Sez. 6, n. 9388 del 03/02/2021, Alampi, Rv. 280716 - 01 - "il giudice della Corte di Cassazione, che abbia partecipato alla decisione sul ricorso cautelare, non e' incompatibile a trattare il giudizio sul ricorso avverso la sentenza di condanna proposto dal medesimo imputato, posto che il giudizio di legittimita', avente ad oggetto la verifica della corretta applicazione delle norme e dell'insussistenza nella motivazione dei vizi di contraddittorieta' o di manifesta illogicita', non comporta una valutazione nel merito della vicenda concreta neanche nel caso di travisamento della prova, essendo lo scrutinio comunque limitato alla verifica della logica interna della decisione di merito", circostanza del resto non dedotta, correttamente, dal ricorrente). La predetta sentenza ha affermato che "la necessita' dell'AIA per le installazioni che svolgono le attivita' di cui all'Allegato VIII alla Parte Seconda del Decreto Legislativo n. 152 del 2006 e' stabilita dall'articolo 6, comma 13 del medesimo decreto legislativo. L'autorizzazione e' rilasciata secondo le procedure stabilite dagli articoli 29-bis e ss. del Decreto Legislativo n. l'allegato VIII alla Parte Seconda del Decreto Legislativo n. 152 del 2006 ha subito anch'esso l'ultima modifica ad opera del Decreto Legislativo n. 46/2014, che ne ha disposto, con l'articolo 26, comma 1, l'integrale sostituzione. Esso individua le categorie di attivita' di cui all'articolo 6, comma 13 citato e vi comprende ora il trattamento di scorie e ceneri, in precedenza non previsto. Il Decreto Legislativo n. 46/2014, in considerazione delle modifiche apportate alla disciplina di settore, contiene, nell'articolo 29, alcune disposizioni transitorie che riguardano specificamente, al comma 3, i gestori delle installazioni esistenti che non svolgono attivita' gia' ricomprese all'Allegato VIII alla Parte Seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come introdotto dal decreto legislativo 29 giugno 2010, n. 128, i quali erano tenuti a presentare istanza per il primo rilascio della autorizzazione integrata ambientale, ovvero istanza di adeguamento ai requisiti del Titolo III-bis della Parte Seconda, nel caso in cui l'esercizio debba essere autorizzato con altro provvedimento, entro il 7 settembre 2014. Il successivo comma 3 impone all'autorita' competente al rilascio del titolo abilitativo il completamento dei procedimenti, avviati in esito alle istanze di cui al comma 2, entro il 7 luglio 2015, consentendo, nelle more, la prosecuzione dell'attivita' in base alle autorizzazioni previgenti, se del caso opportunamente aggiornate a cura delle autorita' che le hanno rilasciate, a condizione di dare piena attuazione, secondo le tempistiche prospettate nelle istanze di cui al comma 2, agli adeguamenti proposti nelle predette istanze, in quanto necessari a garantire la conformita' dell'esercizio dell'installazione con il titolo III-bis della parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e successive modificazioni. L'articolo 5, comma 1, lettera i-quater Decreto Legislativo n. 152 del 2006 definisce la "installazione" come "unita' tecnica permanente, in cui sono svolte una o piu' attivita' elencate all'allegato VIII alla Parte Seconda e qualsiasi altra attivita' accessoria, che sia tecnicamente connessa con le attivita' svolte nel luogo suddetto e possa influire sulle emissioni e sull'inquinamento. E' considerata accessoria l'attivita' tecnicamente connessa anche quando condotta da diverso gestore". L'articolo 5, comma 1, lettera i-quinquies definisce la "installazione esistente" come quella che, "al 6 gennaio 2013, ha ottenuto tutte le autorizzazioni ambientali necessarie all'esercizio o il provvedimento positivo di compatibilita' ambientale o per la quale, a tale data, sono state presentate richieste complete per tutte le autorizzazioni ambientali necessarie per il suo esercizio, a condizione che essa entri in funzione entro il 6 gennaio 2014. Le installazioni esistenti si qualificano come "non gia' soggette ad AIA" se in esse non si svolgono attivita' gia' ricomprese nelle categorie di cui all'Allegato VIII alla Parte Seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come introdotto dal decreto legislativo 29 giugno 2010, n. 128". La pronuncia, nel rimarcare che "proprio le specifiche finalita' indicate dal legislatore ed, in ogni caso, desumibili dal complesso delle norme solo in parte in precedenza richiamate, impongono una rigorosa e restrittiva interpretazione, tale da non vanificare gli effetti di questa particolare disciplina e che, pare quasi superfluo precisano, non puo' prescindere da una altrettanto rigorosa disamina dei contenuti del titolo abilitativo e della corrispondenza tra quanto autorizzato e le condizioni effettive di svolgimento dell'attivita', senza che tale verifica possa arrestarsi di fronte alla mera disponibilita' dell'autorizzazione", conclude nel senso che "se l'AIA e' richiesta per le "installazioni" che svolgono le attivita' descritte nell'Allegato VIII (articolo 6, comma 13) e se tra le installazioni rientra qualsiasi altra attivita' accessoria, che sia tecnicamente connessa con le attivita' svolte e possa influire sulle emissioni e sull'inquinamento, e' evidente che tale connessione non puo' che riferirsi comunque ad attivita' comprese tra quelle elencate nel suddetto allegato e non anche riferibili ad altre attivita' eventualmente svolte nel medesimo insediamento, con la conseguenza che l'AIA rilasciata per attivita' non comprese nell'Allegato VIII alla Parte Seconda del Decreto Legislativo n. 152 del 2006 prima delle modifiche apportate dal Decreto Legislativo n. 46/2014 comporta l'applicazione della disciplina transitoria di cui all'articolo 29 del citato decreto legislativo e la conseguente necessita' di una nuova istanza di rilascio dell'AIA, ovvero di una istanza di adeguamento". Il principio e' stato riaffermato da Sez. 4, n. 18835 dell'11/04/2019, in cui la Corte era stata nuovamente adita nella prosecuzione della fase cautelare: "se l'AIA e' richiesta per le "installazioni" che svolgono le attivita' descritte nell'Allegato VIII (articolo 6, comma 13) e se tra le installazioni rientra qualsiasi altra attivita' accessoria, che sia tecnicamente connessa con le attivita' svolte e possa influire sulle emissioni e sull'inquinamento, e' evidente che tale connessione non puo' che riferirsi comunque ad attivita' comprese tra quelle elencate nel suddetto allegato e non anche riferibili ad altre attivita' eventualmente svolte nel medesimo insediamento, con la conseguenza che l'AIA rilasciata per attivita' non comprese nell'Allegato VIII alla Parte Seconda del Decreto Legislativo n. 152 del 2006 prima delle modifiche apportate dal Decreto Legislativo n. 46/2014 comporta l'applicazione della disciplina transitoria di cui all'articolo 29 del citato decreto legislativo e la conseguente necessita' di una nuova istanza di rilascio dell'AIA, ovvero di una istanza di adeguamento". 2.2. Rispetto al quadro normativo e ai profili giuridici gia' oggetto di valutazione da parte di questa Corte, che il Collegio ribadisce, la difesa adduce che la circolare del MATTM del 17 giugno 2015 (n. 12422, "Ulteriori criteri sulle modalita' applicative della disciplina in materia di prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento alla luce delle modifiche introdotte dal Decreto Legislativo n. 4 marzo 2014, n. 46") prevede che, per le "attivita' tecnicamente connesse e coinsediate", gia' autorizzate in AIA (nel caso di specie l'attivita' era quella di cui al punto 6.5) ma entrate in IPPC successivamente ai citato decreto legislativo, non vi sia obbligo di richiedere l'AIA (come modifica sostanziale), ma essa andra' aggiornata in occasione del primo riesame dell'attivita' IPPC principale (considerazioni analoghe sarebbero state svolte dalla Regione Lombardia nella circolare dell'8/04/2014). Tale affermazione, che introduce un profilo di parziale novita' rispetto ai precedenti dicta della Corte, necessita delle seguenti precisazioni. Sovente, nella prassi, accanto ad una attivita' autorizzata in AIA vi sono altre attivita', collegate alla prima, per le quali non e' previsto tale titolo autorizzativo. Si parla in proposito di "attivita' tecnicamente connesse". Si e' visto in precedenza come l'AIA sia richiesta per ogni "installazione" in cui sono svolte una o piu' attivita' elencate all'allegato VIII alla Parte Seconda e come l'articolo 5, lettera I-quater, del testo unico precisi che il concetto di "installazione" include, oltre all'"unita' tecnica permanente", anche "qualsiasi altra attivita' accessoria, che sia tecnicamente connessa con le attivita' svolte nel luogo suddetto e possa influire sulle emissioni e sull'inquinamento". La circolare del Ministero dell'ambiente del 27 ottobre 2014, prot. 22295, emanata a chiarimenti del decreto legislativo 46/2014, precisa che, come "attivita' accessoria", si intende una attivita'. 1. svolta nello stesso sito dell'attivita' IPPC, o in un sito contiguo e direttamente connesso al sito dell'attivita' IPPC per mezzo di infrastrutture tecnologiche funzionali alla conduzione dell'attivita' IPPC e; 2. le cui modalita' di svolgimento hanno "qualche implicazione tecnica" con le modalita' di svolgimento dell'attivita' IPPC (in particolare nel caso in cui il loro fuori servizio determina direttamente o indirettamente problemi all'esercizio dell'attivita' IPPC). Il Collegio rileva come la stessa Circolare del MATTM del 17 giugno 2015, n. 12422, citata dalla difesa, all'articolo 1 precisa che "se nell'ambito di installazioni gia' dotate di autorizzatone integrata ambientale (AIA) ai sensi della precedente normativa ci sono parti non esplicitamente autorizzate con AIA (ad esempio perche' gestite da un diverso gestore) esse potranno essere dotate di AIA in occasione del primo riesame o aggiornamento sostanziale dell'autorizzazione che si rendera' necessario, ma ad esse non sono applicabili le scadenze (7 settembre 2014 e 7 luglio 2015) previste nell'articolo 29, commi 2 e 3, del Decreto Legislativo n. 46/2104. Per tali parti, essendo tecnicamente connesse ad una attivita' gia' soggetta alla disciplina IPPC, l'applicazione delle migliori tecniche disponibili era difatti gia' richiesta e garantita, o con le autorizzazioni specifiche non AIA, o attraverso opportune disposizioni dell'AIA gia' vigente per l'attivita' IPPC", salvo precisare che "diverso e' il caso per di attivita' assoggettate alla disciplina IPPC solo a seguito dell'emanazione del D.lgs. 46/2014, coinsediate ad un impianto gia' dotato di AIA, ma non tecnicamente connesse ad esso. Tali attivita', difatti, ai sensi del Decreto Legislativo n. 46/2104 sono soggette alla scadenza del 7 settembre 2014, poiche' rientrano in una distinta installazione, nella quale non sono svolte attivita' gia' soggette ad AIA". Nel premettere, confermando la propria giurisprudenza (Sez. U. Civ. n. 23031 del 2/11/2007; Sez. 3, Ord. n. 6619 del 07/02/2012, Zampano, Rv. 252541 - 01; Sez. 3, n. 19330 del 27/04/2011, Santoriello, n. m.), che le circolari ministeriali costituiscono un mero ausilio interpretativo e non esplicano alcun effetto vincolante non solo per il giudice penale, ma anche per gli stessi destinatari, poiche' non possono comunque porsi in contrasto con l'evidenza del dato normativo, la Corte evidenzia come punto focale della valutazione e' nel caso di specie stabilire se la porzione di attivita' svolta da (OMISSIS), entrata in AIA (circostanza non contestata dal ricorrente) per effetto del âEuroËœDecreto Legislativo n. 46/2014 come IPPC 5.3 b.3 (trattamento di scorie e ceneri), fosse "tecnicamente connessa" all'attivita' principale dell'azienda, ossia l'attivita' IPPC 6.5. ("eliminazione e smaltimento delle carcasse animali"). 2.3. Sul punto, la sentenza impugnata (pag. 24), nel riportare la deposizione del teste Garattoni, ufficiale di polizia giudiziaria, evidenzia come tale attivita' fosse "smarcata dall'attivita', in teoria, principale di (OMISSIS) Agricoltura, che non era la lavorazione di inerti, ma la lavorazione di rifiuti organici. Mi spiego meglio. (OMISSIS) agricoltura aveva, dalla nostra analisi e da quella dei tecnici barba, una autorizzazione integrata ambientale prevista al punto 6.5 delle attivita' di IPPC previste dal testo unico ambientale, l'allegato 8 se non ricordo male... Questa autorizzazione, la 6.5, riguardava la lavorazione di 20.000 tonnellate l'anno di rifiuti organici per la produzione di fertilizzanti, insomma, quella era la loro attivita' cardine. Marginalmente, in teoria, all'inizio marginalmente, avevano iniziato anche a trattare - questo l'avevamo appurato poi facendo un'analisi storica delle loro attivita' - anche gli inerti. Il trattamento avveniva o, meglio, la nuova autorizzazione per la lavorazione di inerti era iniziata in procedura semplificata; ma vuol dire che l'attivita' principale era e rimaneva l'attivita' IPPC 6.5, l'AIA; all'interno dell'AIA c'era un'autorizzazione secondaria, chiamiamola cosi', in procedura semplificata... che riguardava se non ricordo m 60.000 tonnellate l'anno... leggendo l'atto c'erano delle discrepanze rispetto a quanto previsto dalla norma... per la legge la procedura semplificata e' previsto che quanto entri in azienda tanto puo' essere lavorato... la cosa che balzava di piu' all'occhio era il fatto della lavorazione di scorie e ceneri che non era prevista o, meglio, in base al decreto 46 la societa' avrebbe avuto la necessita' di una nuova autorizzazione che non aveva". Dal brano estrapolato dalla sentenza emerge in modo chiaro come l'attivita' di produzione e gestione di scorie e ceneri fosse effettivamente tecnicamente connessa ad altra attivita', ma non a quella autorizzata in AIA (gestione di carcasse animali), bensi' a quella che (OMISSIS) Agricoltura svolgeva in forma semplificata (pur essendo di fatto divenuta l'attivita' principale, e svolta per quantitativi superiori rispetto a quelli gestibili in forma semplificata, v. teste Garattoni sul punto) ed aveva ad oggetto la gestione di rifiuti inerti. Il giudice, infatti, conclude (pag. 29) nel senso che "l'attivita' di gestione di rifiuti per scorie e ceneri e' attivita' connessa all'attivita' di gestione di inerti per l'edilizia (e non certo all'attivita' di gestione di carcasse e residui animali) e che pertanto tale attivita' andava autorizzata con AIA da richiedere nei brevi termini previsti dalla novella normativa". Il motivo e' pertanto manifestamente infondato. 2.4. Sostengono i ricorrenti che l'attivita' di gestione di ceneri e scorie fosse svoYa legittimamente in forza dell'AIA rinnovata in data 30 gennaio 2013 n. 21/12, il cui allegato tecnico individuava, tra i codici CER dei rifiuti autorizzati, anche le scorie di fusione e le ceneri, poi "adeguata" nel 2018, cio' da cui discenderebbe la liceita' della gestione di tali rifiuti. La questione richiede un breve passaggio sulle pronunce del giudice amministrativo prodotte dalla difesa di parte civile Provincia di (OMISSIS) in sede di discussione. La sentenza n. 405/2023 del T.A.R. Brescia (che conferma la propria precedente statuizione n. 748/2019, relativa alla comunicazione di avvio del procedimento di revoca dell'autorizzazione), in particolare, sottolinea in premessa come con Atto Dirigenziale in data 5.11.2019 sia stato disposto l'annullamento dell'AIA rilasciata nel 2018 a (OMISSIS), con particolare riferimento all'attivita' di gestione di rifiuti inerti R5. Evidenzia il giudice amministrativo che "le attivita' di recupero rifiuti svolte presso il sito di -OMISSIS- sono state autorizzate con una prima AIA nel 2007, che e' stata oggetto di successive modifiche e integrazioni, fino all'AIA del 2013. Quest'ultima e' stata oggetto di aggiornamento normativo con la determinazione n. -OMISSIS-del 24/10/2014, che pero' ha riguardato soltanto l'attivita' di produzione fertilizzanti L. P. P.C. e non l'attivita' di trattamento scorie e ceneri. Infatti in data 20/5/2014, la ricorrente aveva presentato domanda di modifica sostanziale dell'AIA 2013 riferita alla realizzazione di 5 autoclavi e di un nuovo trituratore per la trasformazione di scarti di origine animale con aumento della capacita' di produzione di fertilizzanti; per quanto riguarda l'attivita' R5 non era previsto alcun intervento a parte il mero ampliamento dell'area E, di stoccaggio dei prodotti finiti. Ne' il contenuto dell'AIA 2013 per il trattamento rifiuti inerti IPPC e' stato aggiornato con il provvedimento n. -OMISSIS- del 29 giugno 2018. Nell'ambito del procedimento di riesame sull'intera installazione ex articolo 29 octies, comma 4 lettera a) del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, attivato d'ufficio, la Provincia, preso atto della parziale revoca del sequestro preventivo all'epoca disposta con ordinanza del Tribunale di (OMISSIS) n. -OMISSIS-, ha approvato -infatti- l'aggiornamento dell'AIA vigente in relazione all'attivita' di recupero rifiuti R5 confermando le prescrizioni esistenti. L'attivita' di produzione inerti per l'edilizia e' quindi disciplinata al punto B. 4.2 dell'allegato tecnico dell'AIA 2018 negli stessi termini gia' previsti nell'AIA 2013. I successivi provvedimenti adottati dall'autorita' giudiziaria ordinaria hanno superato l'interpretazione avvallata con la prima pronuncia del Tribunale del riesame, sulla base della quale era stato rilasciato l'aggiornamento 2018, ritenendo insufficiente titolo autorizzativo per l'attivita' di recupero inerti non solo l'AIA del 2013, ma - con la piu' recente pronuncia - anche l'aggiornamento del 2018. La III sezione della Cassazione penale con sentenza 21 agosto 2018, n. -OMISSIS- ha infatti annullato l'ordinanza del Tribunale del riesame secondo cui doveva considerarsi ancora valida l'AIA rilasciata nel 2013 con riferimento ad attivita' all'epoca non qualificate IPPC. Ha ricordato la Corte di Cassazione che il Decreto Legislativo n. 46 del 2014, nel modificare il Decreto Legislativo n. 152 del 2006, ha disciplinato la fase transitoria all'articolo 29, commi 2 e 3, secondo i quali i gestori delle installazioni esistenti che non svolgevano attivita' gia' ricomprese all'Allegato VIII alla Parte Seconda del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, come introdotto dal Decreto Legislativo n. 29 giugno 2010, n. 128, erano tenuti a presentare istanza per il primo rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale, ovvero istanza di adeguamento.ai requisiti del Titolo III-bis della Parte Seconda, nel caso in cui l'esercizio dovesse essere autorizzato con altro provvedimento, entro il 7 settembre 2014. In sostanza i gestori di installazioni esistenti al momento dell'entrata in vigore del decreto erano tenuti ad adeguare, entro termini stabiliti, la propria attivita' al nuovo regime autorizzatorio richiesto e, quindi, con l'avvio del procedimento previsto dal Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articoli 29-bis e seguenti finalizzati ad imporre, per tali specifiche attivita', l'applicazione dei piu' rigorosi presidi ambientali imposti dall'ordinamento. L'autorita' competente avrebbe dovuto rilasciare il titolo abilitativo con il completamento dei procedimenti avviati in esito a tali istanze entro il 7 luglio 2015, consentendo, nelle more, la prosecuzione dell'attivita' in base alle autorizzazioni previgenti, se del caso opportunamente aggiornate. Sicche' "il mancato adeguamento nei termini e la prosecuzione dell'attivita', ormai rientrante nell'allegato 8, configura la violazione dell'articolo 29-quaterdecies, comma 1, perche' effettuata in assenza di AIA". Anche il Tribunale di (OMISSIS), in sede di giudizio di rinvio, ha osservato che risulta pacifico che -OMISSIS- svolge attivita' rientrante nell'allegato VIII della parte II del Decreto Legislativo n. 152 del 2006 distinta dall'attivita' IPPC di produzione fertilizzanti e che dalla novella del 2014 tale attivita' e' soggetta ad AIA, che la societa' non ha mai presentato un'istanza di adeguamento ai nuovi standard ma solo di "rinnovo" della precedente autorizzazione, poi effettivamente rilasciata ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 29 octies T. U.A. e che tale domanda non puo' considerarsi equipollente ad un'istanza di rilascio e/o adeguamento ne' sotto il profilo formale, ne' sotto quello sostanziale, poiche' il provvedimento lascia invariato il quadro BAT autorizzato ("Best available techniques", cioe' le migliori tecniche disponibili stabilite a livello Eurounitario)". Ad analoghe conclusioni e' del resto giunto anche il Consiglio di Stato che, adito avverso la sentenza TAR Brescia n. 748/2019, citata in precedenza, nella sentenza n. 305/2023 (prodotta in udienza dalla parte civile Provincia di (OMISSIS)), precisa sul punto che "l'autorizzazione contenuta nell'A.I.A. 2015 riferita all'attivita' R5, comprensiva del trattamento di scorie e ceneri, non essendo attivita' tecnicamente connessa all'attivita' IPPC 6.5, era soggetta alla disciplina transitoria di cui all'articolo 29 del Decreto Legislativo n. 46 del 2014 e dunque non era piu' efficace". Non sussiste dubbio alcuno, pertanto, sulla illegittimita' della originaria determinazione, successivamente annullata in autotutela, e sulla conseguente permanenza dell'illecito durante tutto il periodo contestato. 2.5. Sul punto, il Collegio evidenzia come la Corte, nel contiguo settore delle autorizzazioni urbanistiche, abbia affermato che (Sez. 3, n. 12389 del 21/07/2017, Minosi, Rv. 271170 - 01) l'attivita' svolta dai giudice in presenza di un titolo abilitativo edilizio illegittimo consiste nel valutare la sussistenza dell'elemento normativo della fattispecie e non nel disapplicare l'atto amministrativo o effettuare comunque valutazioni proprie della pubblica amministrazione, e che "in disparte l'ipotesi dell'illiceita' del provvedimento, la illegittimita' rilevante per il giudice penale non puo' che essere quella derivante dalla non conformita' del titolo abilitativo alla normativa che ne regola l'emanazione o alle disposizioni normative di settore, dovendosi, al contrario, radicalmente escludersi la possibilita' che il mero dato formale dell'esistenza del permesso di costruire possa precludere al giudice penale ogni valutazione in ordine alla sussistenza del reato", per concludere nel senso che "l'attivita' svolta dal giudice in presenza di un titolo abilitativo edilizio illegittimo consiste quindi nel valutare la sussistenza dell'elemento normativo della fattispecie e non nel disapplicare l'atto amministrativo o effettuare comunque valutazioni proprie della P.A." (Conformi: Sez. 3, n. 46477 del 13/07/2017, Menga, Rv. 273218 - 01; Sez. 3, n. 56678 del 21/09/2018, lodice, Rv. 275565 - 01). Tale principio puo' essere agevolmente esportato nell'ambito delle autorizzazioni ambientali, in riferimento alle quale deve essere affermato il principio di diritto secondo cui " In presenza di un provvedimento amministrativo, che autorizza la gestione di rifiuti, non conforme alla normativa che ne regola l'emanazione o alle disposizioni normative di settore, il giudice deve valutare la sussistenza dell'elemento normativo della fattispecie, senza disapplicare l'atto amministrativo illegittimo". 2.6. Del tutto irrilevante appare poi la deduzione secondo cui dalla relazione ARPA del 14/12/2015 risulterebbe che le "BAT" di settore fossero correttamente applicate, posto che la violazione contestata e' una violazione formale che sanziona l'assenza di titolo autorizzativo per una attivita' in se' considerata, e non anche le "modalita'" di svolgimento di tale attivita'. 2.7. Conclusivamente, la sentenza impugnata applica in modo corretto la nozione di "attivita' tecnicamente connessa" alle risultanze processuali (essendo di solare evidenza la mancanza di correlazione tecnica tra la gestione di carcasse di animali e la gestione di scorie e ceneri), con motivazione con cui il ricorso non si confronta affatto, limitandosi ad una alternativa ricostruzione della normativa vigente, disancorata dalle emergenze processuali e, pertanto, inammissibile. Deve quindi essere fatta applicazione del principio, gia' affermato da questa Corte, secondo cui e' inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi non specifici, ossia generici ed indeterminati, che "risultano carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione" (Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012 - dep. 16/05/2012, Pezzo, Rv. 253849). 3. Manifestamente infondato e' poi il motivo secondo cui mancherebbe l'elemento psicologico del reato, in quanto il ricorrente sarebbe stato tratto in inganno dalle indicazioni ministeriali e regionali. In punto di elemento psicologico del reato, ritiene la Corte che l'"inevitabilita'" dell'ignoranza della legge (Sez. 3, n. 1131 del 3/12/2020, dep. 2021, Rizzo, n. m.) "per il comune cittadino e' sussistente, ogni qualvolta egli abbia assolto, con il criterio dell'ordinaria diligenza, al cosiddetto "dovere di informazione", attraverso l'espletamento di qualsiasi utile accertamento, per conseguire la conoscenza della legislazione vigente in materia", ma che tale obbligo "e' particolarmente rigoroso per tutti coloro che svolgono professionalmente una determinata attivita', i quali rispondono dell'illecito anche in virtu' di una culpa levis nello svolgimento dell'indagine giuridica. Per l'affermazione della scusabilita' dell'ignoranza, occorre, cioe', che da un comportamento positivo degli organi amministrativi o da un complessivo pacifico orientamento giurisprudenziale, l'agente abbia tratto il convincimento della correttezza dell'interpretazione normativa e, conseguentemente, della liceita' del comportamento tenuto (Sez. U, n. 8154 del 10/06/1994 - dep. 18/07/1994, P.G. in proc. Calzetta, Rv. 197885)". Le Sezioni Unite della Corte, nella citata sentenza, hanno precisato altresi' che il dovere di informazione non va valutato "in astratto", bensi' in relazione all'attivita' svolta dal soggetto che allega la scusabilita' dell'ignoranza, sussistendo in relazione all'attivita' svolta il preciso dovere giuridico di conoscere le disposizioni di legge e della tecnica che la regolano (articolo 43 c.p.). Per l'effetto, mentre per il comune cittadino l'inevitabilita' dell'errore va riconosciuta ogniqualvolta l'agente abbia assolto, con il criterio dell'ordinaria diligenza, al cosiddetto "dovere di informazione" attraverso l'espletamento di qualsiasi utile accertamento per conseguire la conoscenza della legislazione vigente in materia, per coloro che svolgono professionalmente una determinata attivita' tale obbligo di informazione e' particolarmente rigoroso, tanto che essi rispondono dell'illecito anche in virtu' della culpa levis nello svolgimento dell'indagine giuridica. Con riferimento alla gestione di rifiuti, la Corte ha inoltre precisato che "in tema di illecita gestione di rifiuti si deve escludere l'ipotesi della buona fede quando la fallace interpretazione del contenuto della autorizzazione e la erronea convinzione di possedere un titolo legittimante e' dovuta ad un comportamento colposo poiche' in tal caso l'imputato e' venuto meno al dovere, che grava sui privati che svolgono in modo professionale attivita' normativamente regolate, di accertare con diligenza quale sia la disciplina del settore" (Sez. 3, n. 31159 del 12/06/2008, Simonetti, n. m.). Nel caso di specie, alla luce delle sovraesposte considerazioni, emerge con chiarezza come, nel corso degli anni, (OMISSIS) avesse progressivamente spostato il centro della propria attivita' dal settore della gestione delle carcasse animali a quello degli inerti (si vedano, a pag. 23-25 della sentenza, le dichiarazioni del teste Garattoni sulla capacita' produttiva della societa' estrapolata dai MUD e dal sistema ORSO), e che l'attivita' di gestione di scorie e ceneri fosse correlata non gia' all'attivita' autorizzata in AIA ma a quella svolta in forma semplificata, circostanza che non poteva essere ignota al legale rappresentante. Inoltre, e' cio' e' decisivo, al paragrafo che precede si e' evidenziato come (OMISSIS) sarebbe stata tenuta a munirsi di AIA nel termine breve previsto dal Decreto Legislativo n. 46/2014. Nessuna "induzione in errore", ne' "ignoranza inevitabile" puo' essere quindi lamentata dall'imputato, posto il chiaro tenore letterale della norma e delle stesse circolari ministeriali invocate. Correttamente, pertanto, il Tribunale di (OMISSIS) esclude la sussistenza di un errore sul fatto (pag.30), poiche' "nel caso di specie la normativa era chiara, l'attivita' di gestione delle scorie non era certamente connessa ad altra attivita' IPPC gia' esercitata dalla societa' e, quindi, era necessario presentare domanda di modifica sostanziale dell'AIA". 4. Parzialmente fondata e' invece la doglianza relativa alla asserita violazione dell'articolo 606, comma 1, lettera c), c.p.p. in riferimento all'articolo 452-novies c.p.. 4.1. Ed infatti, la norma (c.d. "aggravante ambientale") stabilisce che "se dalla commissione del fatto deriva la violazione di una o piu' norme previste dal citato Decreto Legislativo n. 152 del 2006 o da altra legge che tutela l'ambiente"; nel caso di specie, non appare revocabile in dubbio che l'articolo 29-quatruordecies sanziona la violazione dell'obbligo di munirsi di autorizzazione integrata ambientale per le attivita' IPPC, per cui la prosecuzione dell'attivita' senza munirsi del titolo autorizzativo determina la violazione degli articoli 29-ter e seguenti del TUA. La Corte evidenzia come il tenore letterale della norma induce a ritenere che debba escludersi che l'aggravante contenga un rinvio a sole norme penali, dovendo invece ritenersi che essa rinvii anche, e soprattutto, a norme extrapenali, volte alla tutela dell'ambiente. In linea teorica, quindi, la "violazione" di cui alla disposizione in parola, se certamente non puo' concernere gli articoli 29-ter e 29-sexies, relativi all'autorizzazione (che altrimenti la contestazione dell'aggravante si risolverebbe in un tautologismo sanzionatorio), potrebbe riguardare altre disposizioni, quali quelle concernenti l'utilizzo delle migliori tecniche disponibili (29-septies), il riesame periodico (29-octies), la modifica degli impianti o del gestore (29-nonies), il rispetto delle condizioni e i controlli (29-decies), le comunicazioni dovute (29-undecies). Nel caso di specie, era contestata in rubrica la violazione dell'articolo 6, comma 13, del TUA, il quale prevede il rilascio di AIA per le modifiche sostanziali. Sul punto, tuttavia, nell'affermare la sussistenza dell'aggravante, la motivazione della sentenza e' totalmente assente. La sentenza deve quindi essere annullata con rinvio per nuovo esame sul punto. 4.2. Il Collegio precisa che non si pongono, in concreto, problemi di prescrizione del reato. Nel caso di specie, come chiarito a pagina 30 della sentenza del Tribunale di (OMISSIS), il sequestro preventivo dei macchinari per la gestione di ceneri e scorie era stato revocato (con provvedimento del 25/07/2019, rinvenibile in atti) e l'AIA, come visto, annullata in autotutela. Correttamente, pertanto, la decisione impugnata richiama sul punto Sez. 3, n. 5480 del 12/12/2013, Manzo, Rv. 258930 - 01, secondo cui "qualora in un reato permanente la condotta venga interrotta e successivamente ripresa, il termine della prescrizione decorre dal momento della cessazione finale (Fattispecie in tema di attivita' edilizia abusiva, ripresa dopo la sospensione determinata dall'esecuzione di sequestro preventivo)". Il Giudice territoriale ha pertanto fatto buon governo del principio (Sez. 3, n. 68 del 25/11/2014, Patti, Rv. 261792 - 01) secondo cui "nel caso di contestazione di un reato effettuata nella forma cosiddetta "aperta", ovvero senza indicazione della data di cessazione della condotta illecita, qualora in sede di giudizio di legittimita' debba farsi dipendere un qualsiasi effetto giuridico dalla data di cessazione della permanenza, e' necessario verificare in concreto se, nella motivazione del provvedimento impugnato, il giudice della cognizione abbia o meno ritenuto provato il protrarsi della condotta criminosa fino alla data della sentenza di primo grado". Nel caso di specie, in cui il reato era stato contestato come "tuttora permanente", il termine prescrizionale ha quindi iniziato a decorrere a far data dalla sentenza di primo grado, ossia il 24/06/2022. 5. Il ricorrente censura altresi' la mancanza di motivazione della sentenza nella parte in cui ha disposto la condanna dell'imputato al risarcimento dei danni nei confronti delle parti civili costituite. Il motivo si articola in realta' in due distinte censure. 5.1. In primo luogo, il ricorrente lamenta che non sia stata fornita motivazione in ordine alla sussistenza di un danno in favore delle parti civili. Il motivo e' manifestamente infondato. Come noto, la legittimazione attiva all'azione di risarcimento del "danno ambientale" in senso stretto, proprio in ragione della natura "superindividuale" del bene in questione, e' riservata dall'articolo 311 del TUA allo Stato, e, per esso, al Ministro dell'ambiente. La Corte ha sul punto ribadito (Sez. 3, n. 8795 del 2/12/202, dep. 2021, Lazzarini. n. m.) che "spetta soltanto allo Stato, e per esso al Ministro dell'Ambiente, la legittimazione alla costituzione di parte civile nel procedimento per reati ambientali, al fine di ottenere il risarcimento del danno ambientale di natura pubblica, in se' considerato come lesione dell'interesse pubblico e generale all'ambiente". La Corte Costituzionale, tuttavia (sent. n. 126/2016), ha stabilito che la legittimazione a costituirsi parte civile nei processi per reati ambientali spetta "non solo al Ministero ma anche all'ente pubblico territoriale e ai soggetti privati che per effetto della condotta illecita abbiano subito un danno risarcibile ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile, diverso da quello ambientale". Per gli "enti territoriali" la legittimazione e' limitata alla richiesta di risarcimento "non del danno all'ambiente come interesse pubblico, bensi' (al pari di ogni persona singola od associata) dei danni direttamente subiti: danni diretti e specifici, ulteriori e diversi rispetto a quello, generico, di natura pubblica, della lesione dell'ambiente come bene pubblico e diritto fondamentale di rilievo costituzionale" (Sez. 3, n. 911 del 10/10/2017, dep. 2018, Tombari, Rv. 272499). La richiesta in tal caso (Sez. 3, n. 1997 del 15/11/2019, dep. 2020, Bucci, Rv. 277556 - 02) puo' avere ad oggetto "un danno patrimoniale e non patrimoniale", ulteriore e concreto, conseguente alla lesione di altri loro diritti particolari diversi dall'interesse pubblico alla tutela dell'ambiente, pur se derivante dalla stessa condotta lesiva (in questo senso: Cass., sez. 3, sentenza n. 24677 del 9/07/2014). La pronuncia impugnata ha fatto buon governo di tali principi, avendo proceduto a ritenere sussistente un danno patrimoniale e non patrimoniale diverso da quello ambientale in senso stretto, laddove individua, per la provincia di (OMISSIS), il danno patrimoniale nel danno da maggiore attivita' amministrativa, e, il danno non patrimoniale nel danno di immagine; per quanto riguarda l'Ente Parco del (OMISSIS), i danni patrimoniali nei costi di vigilanza e nella maggiore attivita' amministrativa resasi necessaria nel corso degli anni. Si tratta, quanto al danno patrimoniale, di quel "danno da sviamento di funzione od alla funzionalita' dell'Ente", o "danno da disservizio" riconosciuto in plurimi procedimenti da questa Corte (v. Sez. 3 Civ., n. 21936 del 06/07/2017, n. m.), identificabile con quello derivante dall'imposizione all'Ente pubblico del distoglimento di ingenti risorse umane e materiali dai fini istituzionali per far fronte alla grave situazione cagionata, la cui sussistenza puo' essere provata anche attraverso presunzioni alla stregua di canoni di probabilita', con riferimento ad una connessione possibile e verosimile di accadimenti, la cui sequenza e ricorrenza possono verificarsi secondo regole di esperienza (Sez. 3 Civ., n. 8662 del 05/10/2016, dep. 2017, Rv. 643837 - 02). Quanto al "danno di immagine", la sua risarcibilita' nell'alveo del danno non patrimoniale e' stata del pari confermata da questa Corte nei procedimenti per reati ambientali (Sez. 4, Sentenza n. 24619 del 27/05/2014, Rv. 259153 - 01; conforme anche Sez. 3, n. 36444 28/05/2019, Alessandroni), laddove si e' affermato che tale danno "puo' essere rappresentato dalla diminuzione della considerazione della persona giuridica o dell'ente nel che si esprime la sua immagine, sia sotto il profilo della incidenza negativa che tale diminuzione comporta nell'agire delle persone fisiche che ricoprano gli organi della persona giuridica o dell'ente e, quindi, nell'agire dell'ente, sia sotto il profilo della diminuzione della considerazione da parte dei consociati in genere o di settori o categorie di essi con le quali la persona giuridica o l'ente di norma interagisca (v. Cass. civ., Sez. 3, n. 4542 del 22/03/2012, Rv. 621596; Sez. 3, n. 12929 del 04/06/2007, Rv. 597309)". Sul punto (relativo all'"an" del danno risarcibile) non si ravvisa alcun difetto di motivazione, emergendo il maggiore costo in termini di attivita' amministrativa e di vigilanza dalla sentenza impugnata, laddove menziona i numerosi provvedimenti e controlli amministrativi resisi necessari per far fronte alle criticita' concernenti la (OMISSIS). In ordine al "quantum" del danno, il giudice si e' inoltre attenuto alla giurisprudenza civile della Corte, secondo cui, nel liquidare il danno in via equitativa, "il giudice non e' tenuto a fornire una dimostrazione minuziosa e particolareggiata di un univoco e necessario rapporto di consequenzialita' di ciascuno degli elementi esaminati e l'ammontare del danno liquidato, essendo sufficiente che il suo accertamento sia scaturito da un esame della situazione processuale globalmente considerata. (Sez. 3 Civ., n. 22885 del 10/11/2015, Rv. 637822 - 01)". 5.2. Il ricorrente lamenta (come violazione di legge, ma indicando il vizio come 606, comma 1, lettera c), c.p.p.), altresi' che l'Ente Parco del (OMISSIS) non avrebbe formulato richiesta di risarcimento del danno in riferimento al Capo di imputazione sub 11). La circostanza dedotta non e' desumibile dal testo del provvedimento impugnato, in cui non vengono analiticamente descritte le conclusioni delle parti civili (pag. 15). Inoltre, a pagina 13 ss. delle conclusioni rassegnate dalla parte civile Parco Regionale del (OMISSIS) (peraltro non allegate al ricorso), si menziona espressamente il danno relativo all'attivita' istruttoria afferente l'autorizzazione integrata ambientale in capo a (OMISSIS) (v. in particolare pag. 15 conclusioni). Il motivo e' quindi inammissibile per genericita'. 6. Con l'ultimo motivo di ricorso il ricorrente censura la sentenza nella parte in cui nel dispositivo ha condannato l'imputato al pagamento di una provvisionale. Il motivo e' manifestamente infondato. A pagina 31 della motivazione della sentenza si legge infatti che "il giudice, rilevato che il dispositivo della sentenza e' affetto da errore materiale in quanto ha condannato gli imputati al pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva in mancanza delle condizioni di legge, avendo liquidato il danno a favore delle parti civili in via equitativa, visto l'articolo 130 c.p.p., dispone la correzione dell'errore materiale nel dispositivo nel senso che deve essere espunta la seguente condanna: "condanna gli imputati al pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva pari ad Euro 10.000,00 per la provincia di (OMISSIS) e' pari ad Euro 7.500,00 per il Parco Regionale del (OMISSIS)". La Corte, nel premettere che (Sez. 3, n. 46588 del 03/10/2019, Bercigli, Rv. 277281 - 01) in caso di contrasto tra dispositivo e motivazione, qualora la divergenza dipenda da un errore materiale, obiettivamente riconoscibile, contenuto nel dispositivo (come, all'evidenza, nel caso di specie), e' legittimo il ricorso alla motivazione per individuare l'errore medesimo ed eliminarne i relativi effetti (tra le altre, Sez. 6, n. 24157 del 1/3/2018, Cipriano, Rv. 273269; Sez. 2, n. 13904 del 9/3/2016, Palumbo, Rv. 266660; si veda anche Sez. 4, n. 26172 del 19/5/2016, Ferlito, Rv. 267153, a mente della quale nell'ipotesi in cui la discrasia tra dispositivo e motivazione della sentenza dipenda da un errore nella materiale indicazione della pena nel dispositivo e dall'esame della motivazione emerga in modo chiaro ed evidente la volonta' del giudice, potendosi ricostruire il procedimento seguito per determinare la sanzione, la motivazione prevale sul dispositivo' con la conseguente possibilita' di rettifica dell'errore in sede di legittimita', secondo la procedura prevista dall'articolo 619 c.p.p., non essendo necessarie, in tal caso, valutazioni di merito), per cui nessuna nullita' della sentenza puo' esser ravvisata in relazione all'articolo 546, comma 1, lettera f) c.p.p., evidenzia come la correzione dell'errore materiale e' gia' stata disposta in motivazione dal giudice, per cui la condanna al pagamento della provvisionale risulta gia' essere stata espunta dal dispositivo. 7. Il ricorso di (OMISSIS): 7.1. Il primo, il secondo e il quarto motivo di ricorso sono inammissibili per le ragioni esposte in precedenza. 7.2. Il terzo motivo di ricorso lamenta l'assenza e l'illogicita' della motivazione nella parte in cui ritiene che la responsabilita' del (OMISSIS) discenda dalla sua qualifica di "incaricato nella gestione dei rifiuti", cui il giudice ha invece negato rilevanza con riferimento alle altre imputazioni. Il motivo e' manifestamente infondato. La sentenza impugnata, a pagina 30 precisa che "non possono valere con riferimento all'imputazione qui contestata le considerazioni svolte nella premessa perche' egli sicuramente si occupava della gestione della materia dei rifiuti, come emerge dalle visure camerali della societa', e quindi lo stesso va ritenuto responsabile alla pari del legale rappresentante della societa'". Del resto, a pagina 2 della sentenza, il giudice chiarisce anche che i dipendenti della (OMISSIS), escussi, hanno precisato che il (OMISSIS) curava il settore ambientale e i rifiuti. Tale affermazione non appare manifestamente illogica o contraddittoria rispetto alle premesse della sentenza, in quanto del tutto ragionevole appare l'esclusione della responsabilita' del (OMISSIS) con riferimento ai cumuli di rifiuti rinvenuti all'interno del sito (OMISSIS), di sicura provenienza illecita e quindi al di fuori del perimetro della normale attivita' di impresa (non essendo emersi in concreto elementi idonei a stabilire un concorso dell'imputato nell'attivita' di gestione illecita di detti rifiuti), laddove al contrario l'espressa previsione di responsabilita' gestionali in materia di rifiuti, risultante anche presso la Camera di Commercio, sicuramente impegna lo stesso con riferimento alle attivita' autorizzate (sia pure con autorizzazione viziata) di gestione degli stessi. 6.3. Il quarto motivo di ricorso lamenta l'assenza di motivazione nella dosimetria della pena, calcolata in misura prossima al massimo edittale in assenza di qualsivoglia motivazione che non si esaurisca in una mera clausola di stile. La doglianza e' manifestamente infondata. La Corte premette che il reato in parola e' punito con la pena alternativa dell'arresto fino ad un anno o dell'ammenda da 2.500 Euro a 26.000 Euro, per cui nella scelta di optare per la pena pecuniaria in luogo di quella detentiva, il giudice ha gia' manifestato di tenere in considerazione criteri di adeguamento della pena al fatto. Inoltre, a pagina 31 della sentenza, il giudice motiva la scelta dosimetrica "alla luce della gravita' del fatto e della capacita' criminale dimostrata" dall'indagato. La gravita' del fatto non puo' che essere desunta dal complesso della motivazione della sentenza, come illustrato nel par. 2 (v. Sez. 2, n. 38818 del 07/06/2019, Rv. 277091 - 01; Sez. 4, n. 4491 del 17/10/2012, Spezzacatena, Rv. 255096 - 01: "Il difetto di motivazione, quale causa di nullita' della sentenza, non puo' essere ravvisato sulla base di una critica frammentaria dei singoli punti di essa, costituendo la pronuncia un tutto coerente ed organico, per cui, ai fini del controllo critico sulla sussistenza di una valida motivazione, ogni punto di essa va posto in relazione agli altri, potendo la ragione di una determinata statuizione anche risultare da altri punti della sentenza ai quali sia stato fatto richiamo, sia pure implicito"). La Corte ritiene quindi che, seppure in modo succinto, il giudice abbia motivato sufficientemente sulla dosimetria della pena. 8. Il ricorso di (OMISSIS). 8.1. I motivi di ricorso indicati quali 1), 1.2), 2), 3) e 4) sono inammissibili in quanto sovrapponibili a quelli presentati da (OMISSIS) in riferimento alla sentenza di proscioglimento in ordine al Capo 1); il Collegio rinvia pertanto alla motivazione fornita sul punto. 8.2. Con il quinto motivo di ricorso, la ricorrente censura l'affermazione di responsabilita' di (OMISSIS) ai sensi del Decreto Legislativo n. 231 del 2001. Il motivo si articola in due distinte censure. In primo luogo, si censura il difetto di prova in ordine all'effettivo interesse o vantaggio conseguito dall'ente. In secondo luogo, si censura la mancanza di prova di "colpa di organizzazione", avendo l'ente adotta il modello di organizzazione e gestione. Entrambi i profili sono manifestamente infondati. 8.2.1. Quanto al primo aspetto, la Corte rammenta che mentre il criterio di "interesse" esprime una valutazione teleologica del reato, apprezzabile ex ante secondo un metro di giudizio marcatamente "soggettivo", quello del "vantaggio" assume una connotazione essenzialmente "oggettiva", come tale valutabile ex post, sulla base degli effetti concretamente derivati dalla realizzazione dell'illecito (Sez. U., n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri, cit; Sez. 5, n. 40380 del 15/10/2012,; Sez. 6, n. 12653 del 25/03/2016; Sez. 2, n. 52316 del 09/12/2016; Sez. 6, n. 38363 del 2018). L'utilizzo della disgiuntiva "o" consente di ritenere sufficiente uno solo dei due termini previsti dalla legge: Sezione Seconda Penale, Sentenza 9 gennaio 2018, n. 295 (in proc. Tarantino), ha infatti precisato che ai fini della configurabilita' della responsabilita' dell'ente, e' sufficiente che venga provato che lo stesso abbia ricavato dal reato un vantaggio, anche quando non e' stato possibile determinare l'effettivo interesse vantato ex ante alla consumazione dell'illecito e purche' non sia contestualmente stato accertato che quest'ultimo sia stato commesso nell'esclusivo interesse del suo autore persona fisica o di terzi. A contrario, ed in positivo, si puo' quindi ritenere che "le condotte dell'agente, poste in essere nell'interesse dell'ente, sono quelle che rientrano nella politica societaria ossia tutte quelle condotte che trovano una spiegazione ed una causa nella vita societaria". Pertanto, la definizione del "vantaggio", va inteso come "la potenziale o effettiva utilita', ancorche' non necessariamente di carattere patrimoniale, derivante dalla commissione del reato presupposto"". Come rilevato in dottrina, l'"interesse" va inteso in senso oggettivo "come proiezione finalistica della condotta", riconoscibilmente connessa alla condotta medesima, laddove il "vantaggio" non e' stato qualificato dal legislatore in termini patrimoniali (che' laddove cio' ha voluto intendere ha usato il termine "profitto"), avendo invece una portata semantica ampia, capace di comprendere anche altre tipologie di vantaggio non economico. Il vantaggio puo' inoltre (Sez. 3, n. 21034 dei 05/05/2022, Capicchioni, n. m.) essere valutato "anche in termini di risparmio di costi, tanto che si deve ritenere posta nell'interesse dell'ente, e dunque forte di responsabilita' amministrativa, anche quella condotta che... attui le scelte organizzative o gestionali dell'ente da considerare inadeguate, con la conseguenza che la condotta, anche se non implica direttamente o indirettamente un risparmio di spesa, se e' coerente con la politica imprenditoriale di cui tali scelte sono espressione e alla cui attuazione contribuisce, e' da considerare realizzata nell'interesse dell'ente (cfr., Sez. 6, n. 15543 del 19/01/2021, 2L Ecologia Servizi S.r.l., Rv. 281052)". La sentenza impugnata, sul punto (pag. 31), stabilisce che "nel caso di specie, il reato commesso da (OMISSIS) e' reato evidentemente commesso nell'interesse dell'ente che ne ha tratto un'altrettanto evidente vantaggio, che consiste nell'aver utilizzato per la gestione dei rifiuti un sito senza adottare alcun presidio ambientale al di fuori di qualsiasi autorizzazione amministrativa, controllo e prestazione di garanzie fideiussorie (richieste per il sito autorizzato)". Come appare evidente, la motivazione non e' apparente, fornendo precise indicazioni in termini di vantaggio, inteso in termini di risparmio di spesa, connesso alla mancata predisposizione dei necessari presidi ambientali e alla mancata presentazione delle, altrettanto necessarie, garanzie finanziarie. 8.2.2. Anche il secondo profilo di censura e' manifestamente infondato. Ai sensi dell'articolo 6 del Decreto Legislativo n. 231 del 2001, l'ente non risponde se prova: a) che l'organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi; b) il compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento e' stato affidato a un organismo dell'ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo; c) le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione; d) non vi e' stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell'organismo di cui alla lettera b). Ai sensi del comma 2 dell'articolo 6, i M.O.G. devono rispondere alle seguenti esigenze: a) individuare le attivita' nel cui ambito possono essere commessi reati; b) prevedere specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l'attuazione delle decisioni dell'ente in relazione ai reati da prevenire; c) individuare modalita' di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati; d) prevedere obblighi di informazione nei confronti dell'organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli; e) introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare iI mancato rispetto delle misure indicate nel modello. E' ormai dato di comune esperienza che il modello di organizzazione e gestione debba essere realizzato "su misura" (taflored) per ciascuna impresa e per ogni diversa organizzazione. Cio', come rilevato in dottrina, soprattutto in relazione alle peculiarita' dei reati ambientali, che determinano la necessita' che la mappatura dei rischi sia condotta in modo specifico per ciascun reato, non essendo pienamente configurabile una modalita' attuativa unitaria per il gruppo di questi reati, che possono essere commessi, nell'ambito dell'attivita' d'impresa, con modalita' che nella pratica possono risultare estremamente eterogenee e disparate. La Corte ha di recente osservato (Sez. 6, n. 23401 del 11/11/2021, Impregilo, Rv. 283437 - 01) che l'imputazione all'ente dell'illecito commesso dall'apicale e' collegato "all'inidoneita' od all'inefficace attuazione del modello stesso, secondo una concezione normativa della colpa: in estrema sintesi, l'ente risponde in quanto non si e' dato un'organizzazione adeguata, omettendo di osservare le regole cautelari che devono caratterizzarla", secondo le linee dettate dal citato articolo 6 del decreto. Scendendo in concreto, a pag. 32 della sentenza impugnata si legge che "il Modello Organizzativo adottato e' generico e lacunoso perche' non sono state adottate e cautele organizzative e gestionali per prevedere la commissione dei reati, tra cui quello di gestione abusiva di rifiuti. Nella parte che qui interessa ed in particolare in merito ai reati ambientali, nel Modello Organizzativo viene descritta l'attivita' svolta ed in merito ai rifiuti si da' atto che gli stessi sono gestiti conformemente alle normative vigenti oppure mediante l'applicazione di rigide procedure di controllo sull'affidabilita' dei fornitori. Non e' previsto null'altro. In merito al rischio di inquinamento del suolo, sottosuolo e acque, si da' atto di procedure, istruzioni operative, rispetto dei requisiti ambientali etc., ma nulla e' previsto in concreto, non sono indicate le misure da adottare e da chi (affol. 977). Il modello ha un organigramma senza indicazione delle persone che rivestono le qualifiche indicate, e' previsto l'organo di vigilanza ma non risulta istituito. Pare a questo giudice che tale assetto organizzativo possa pacificamente ritenersi negligente, in senso normativo, fondato sul rimprovero derivante dall'inottemperanza da parte dell'ente dell'obbligo di adottare le cautele, organizzative e gestionali, necessarie a prevenire la commissione dei reati previsti tra quelli idonei a fondare la responsabilita' del soggetto collettivo (Sez. U., n. 38343 del 24/04/2014). E' evidente che nel caso di specie sussiste una "colpa di organizzazione" dell'ente che ha consentito al suo legale rappresentante di commettere il reato, in assenza di procedure e organismi di controllo, a tutto vantaggio dell'ente stesso che ha creato un sito illegale di gestione dei rifiuti, con risparmi di spesa evidenti e consistenti. Le indicate carenze organizzative consentono di ritenere configurato l'illecito amministrativo in capo a (OMISSIS)". La motivazione, sul punto, non risulta ne' apparente ne', tantomeno, illogica, essendo al contrario conforme alla giurisprudenza della Corte; e' quindi del tutto infondata la censura secondo cui il giudice avrebbe operato un non consentito sillogismo "commissione del reato=responsabilita' amministrativa dell'ente", avendo al contrario operato una valutazione in concreto dell'inidoneita' del Modello adottato (e non efficacemente attuato, non avendo l'ente neppure proceduto alla nomina dell'organismo di vigilanza), con conseguente colpa di organizzazione. In materia di reati ambientali, pertanto, il modello di organizzazione e gestione, per avere efficacia esimente, deve essere adottato in riferimento alla specifica struttura e tipo di attivita' dell'impresa, prevedendo in modo chiaro e preciso i compiti, le responsabilita' individuali e gli strumenti in concreto volti a prevenire la commissione di reati contro l'ambiente; esso, inoltre, deve essere efficacemente attuato, mediante l'istituzione dell'organismo di vigilanza (salvi i casi di cui all'articolo 6, commi 4 e 4-bis, Decreto Legislativo n. 231 del 2001) dotato di concreti poteri di controllo e la previsione di sistemi di revisione periodica, che garantiscano la "tenuta" del modello nel tempo. Peraltro, la Corte ha evidenziato (Sez. 4, n. 38363 del 09/08/2018, Consorzio Melinda S.C.A., Rv. 274320) che "l'autonomia della responsabilita' dell'ente rispetto a quella penale della persona fisica che ha commesso il reato-presupposto, prevista dall'articolo 8, Decreto Legislativo n. 8 giugno 2001, n. 231, deve essere intesa nel senso che, per affermare la responsabilita' dell'ente, non e' necessario il definitivo e completo accertamento della responsabilita' penale individuale, ma e' sufficiente un mero accertamento incidentale, purche' risultino integrati i presupposti oggettivi e soggettivi di cui agli articoli 5, 6, 7 e 8 del medesimo decreto, tale autonomia operando anche nel campo processuale", accertamento incidentale con cui il Giudice di merito si e' cimentato ampiamente. La Corte aggiunge, ad abundantiam, come il ricorrente abbia censurato la mera "illogicita'", e non anche l'"illogicita' manifesta", della pronuncia, per cio' solo risultando, in parte qua, il motivo inammissibile. 8.3. Con il sesto motivo la ricorrente censura l'applicazione della misura della confisca a carico dell'ente. Il motivo e' parzialmente fondato. 8.3.1. L'articolo 19, comma 1, del Decreto Legislativo n. 231 del 2001 stabilisce che "nei confronti dell'ente e' sempre disposta, con la sentenza di condanna, la confisca del prezzo o del profitto del reato, salvo che per la parte che puo' essere restituita al danneggiato. Sono fatti salvi i diritti acquisiti dai terzi in buona fede". In questo caso, la confisca ha per oggetto beni che costituiscono il "provento" del reato (per utilizzare il lessico Eurounitario), mentre il decreto non conosce l'ipotesi ne' del sequestro impeditivo, ne' dello "strumento" del reato. La confisca in parola, secondo la prevalente giurisprudenza della Corte (v., ex plurimis, Sez. 2, n. 40226 del 23/11/2006, Bellavita, Rv. 235593 - 01), consiste in una misura sanzionatoria con funzione ripristinatoria della situazione economica precedente la commissione del fatto illecito, o, in una "una forma di prelievo pubblico a compensazione di guadagni illeciti" (Sez. U., n. 41936 del 25.10.2005, Muci, Rv. 232164 - 01). In ordine alla nozione di profitto confiscabile, se corrisponde al vero che la giurisprudenza piu' risalente (Sez. U., n. 26654 del 27/03/2008, Fisia Italmpianti, Rv. 239924 - 01) aveva limitato il concetto di utile confiscabile al "vantaggio economico di diretta e immediata derivazione causale" dal reato presupposto, va considerato che la successiva giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte ha progressivamente dilatato tale nozione. Sez. U. n. 38691 del 25/06/2009, Caruso, Rv. 244189 - 01, pur richiedendo ancora il nesso di diretta derivazione causale dalla condotta dell'agente, ha tuttavia ritenuto che siano confiscabili sia i beni che siano "in tutto o in parte l'immediato prodotto di una condotta penalmente rilevante", che quelli che ne costituiscono "l'indiretto profitto della stessa, siccome frutto di reimpiego da parte del reo del denaro o di altre utilita' direttamente ottenuti" (c.d. "surrogati"). Successivamente Sez. U. n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn, Rv. 261116 - 01 (caso Thyssenkrupp) hanno precisato che il concetto di profitto o provento di reato legittimante la confisca deve intendersi come "comprensivo non soltanto dei beni che l'autore del reato apprende alla sua disponibilita' per effetto diretto ed immediato dell'illecito, ma altresi' di ogni altra utilita' che lo stesso realizza come conseguenza anche indiretta o mediata della sua attivita' criminosa". Analogamente, Sez. U. n. 2014 del 30/01/2014, Gubert, Rv. 258647 - 01, ha inteso quale componente del profitto confiscabile qualsiasi utilita' che sia conseguenza dell'attivita' criminosa, non solo in via diretta, ma anche indiretta e mediata, anche ottenuta dalla trasformazione della res originaria in altro bene. Quanto alle Sezioni semplici, Sez. 4, n. 38363 del 09/08/2018, Consorzio Melinda S.C.A., citata, ha poi affermato che costituisce profitto confiscabile ogni effettivo "vantaggio economico indiretto, derivante dal risparmio conseguente alla posposizione delle esigenze della sicurezza del lavoro a quelle della produzione", principio che puo' essere ragionevolmente esteso alla materia dei presidi ambientali. La parte del motivo che limita la confiscabilita' al solo profitto di diretta e immediata derivazione del reato e', pertanto, manifestamente infondata e correttamente il Tribunale ha disposto la confisca. 8.3.2. Fondata e' invece la parte di doglianza che censura la quantificazione del profitto operata dalla sentenza impugnata. Se, infatti, la quantificazione in via equitativa costituisce una modalita' corretta di quantificazione del "danno", tale criterio non puo' trovare applicazione in materia di confisca del "profitto" del reato, che va invece quantificato in modo "certo", sulla base delle indicazioni fornite dalle citate pronunce. Esso potra' ben consistere in risparmi di spesa; essi, tuttavia dovranno essere quantificati in concreto dal Giudice procedendo, a mero titolo esemplificativo, ad una stima dei costi di smaltimento lecito dei rifiuti ammassati, ovvero del costo di una fidejussione relativa a tale operazione di gestione dei rifiuti. La sentenza va pertanto annullata, limitatamente alla quantificazione della disposta confisca, per nuovo esame. La Corte dichiara irrevocabile l'accertamento di responsabilita' ai sensi dell'articolo 624 c.p.p., concernendo l'annullamento un "punto" della sentenza (il quantum della confisca) funzionalmente autonomo rispetto all'accertamento della responsabilita' (Sez. U, n. 1 del 19/01/2000, Tuzzolino, Rv. 216239 - 01; Sez. 3, n. 47579 del 23/10/2003, Arici, Rv. 226646 01). 8.4. Il settimo motivo e' fondato. Agli atti risulta allegato il provvedimento con cui il Tribunale ha (correttamente) escluso la costituzione di parte civile nei confronti di (OMISSIS), ente imputato ex Decreto Legislativo n. 231 del 2001, e quello che ha disposto la citazione di (OMISSIS) come responsabile civile da parte della Provincia di (OMISSIS) (provvedimenti del 30/04/2019). Non risulta, dai documenti a disposizione della Corte, analoga citazione da parte dell'Ente Parco del (OMISSIS). Del resto, le conclusioni rassegnate dall'ente in data 13 maggio 2022 concernono esclusivamente gli imputati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) (a differenza delle conclusioni della Provincia di (OMISSIS), che concernono anche (OMISSIS)), e la stessa difesa dell'Ente Parco ha confermato, in udienza di trattazione orale, di non aver citato l'ente quale responsabile civile. La sentenza, a pagina 31, condanna tuttavia "gli imputati e la responsabile civile costituita (OMISSIS) al risarcimento dei danni, in solido con gli imputati, cagionati alle parti civili Provincia di (OMISSIS) e Parco Regionale del (OMISSIS)", cosi' incorrendo in un evidente vizio di motivazione. La sentenza, sul punto, va pertanto annullata senza rinvio. 8.5. Con l'ottavo e ultimo motivo, la ricorrente censura di illogicita' la motivazione in riferimento alle modalita' di determinazione sia del numero delle quote applicate all'ente come sanzione pecuniaria ai sensi del Decreto Legislativo n. 231 del 2001, che della loro entita' unitaria. Anche in questo caso viene lamentata la mera "illogicita'", e non anche (âEuroËœ"illogicita' manifesta", della pronuncia, per cio' solo risultando il motivo inammissibile. Ad ogni buon conto, il motivo e' anche manifestamente infondato. L'articolo 25-undecies, comma 2, lettera b), n. 1), del Decreto Legislativo n. 231 del 2001, prevede, per la violazione del comma 1, lettera a), dell'articolo 256 del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, la sanzione pecuniaria fino a duecentocinquanta quote. Il Giudice, a pagina 32 della sentenza, illustra in modo non illogico la scelta sulla dosimetria della sanzione pecuniaria, inflitta nella sua massima estensione: "Tenuto conto della gravita' del fatto (immensi cumuli di rifiuti) e durata della Condotta (rilevato che i cumuli sono presenti dal 2012 fino ad oggi sul sito della (OMISSIS)), del grado di responsabilita' dell'ente (responsabilita' massima, rilevato che il reato e' stato posto in essere per interesse e a vantaggio economico consistente nel disporre di un sito illegale per la gestione di rifiuti, al di fuori del proprio sito) e il fatto che non e' stata ancora posta in essere alcuna attivita' per eliminare o attenuare le conseguenze del fatto (poiche' i cumuli sono ancora sul sito (OMISSIS)) o per prevenire la commissione di ulteriori illeciti (poiche' non risulta essere stato adottato altro Modello organizzativo adeguato), pena equa si ritiene essere quella di 250 quote di Euro 500 ciascuna. L'importo della quota e' parametrato alle condizioni economiche di (OMISSIS) che e' sicuramente una societa' florida, di medie dimensioni". Tale motivazione appare congrua in riferimento ai parametri seguiti per la quantificazione, non manifestamente illogica ne' in contrasto con le altre risultanze processuali, destinandosi pertanto il motivo di ricorso all'inammissibilita' per manifesta infondatezza. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, nei confronti di (OMISSIS) di (OMISSIS) (OMISSIS) srl, limitatamente alla condanna al risarcimento del danno quale responsabile civile in favore del Parco Regionale del (OMISSIS). Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS), limitatamente al giudizio sull'aggravante di cui all'articolo 452-novies c.p. e alla confisca del profitto del reato, con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di (OMISSIS) in diversa composizione fisica. Dichiara inammissibili i ricorsi nel resto.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DE MARZO Giuseppe - Presidente Dott. CANANZI Francesco - Consigliere Dott. BRANCACCIO Matilde - rel. Consigliere Dott. CUOCO Michele - Consigliere Dott. MAURO Anna - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 17/11/2021 della CORTE APPELLO di BRESCIA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere MATILDE BRANCACCIO; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale PERLA LORI; che ha chiesto l'inammissibilita' del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. La sentenza della Corte d'Appello di Brescia impugnata, in parziale riforma della decisione di primo grado, emessa all'esito di giudizio abbreviato condizionato all'esame del consulente contabile della fallita e del curatore fallimentare, ha dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione dell'ipotesi di bancarotta semplice contestata nei confronti di (OMISSIS), al punto 5 dell'unica imputazione, cosi' riqualificata dal giudice di primo grado, rideterminando la pena inflittagli in anni due e mesi due di reclusione per le residue condotte di bancarotta distrattiva indicate ai punti 6 e 7 (quelle ai punti da 1 a 4 erano state gia' oggetto di assoluzione in primo grado), in continuazione fallimentare con il reato di bancarotta fraudolenta documentale (contestato nell'ultima parte dell'imputazione unica); i giudici d'appello hanno ridotto, quindi, ad anni due la durata delle pene accessorie di cui alla L. Fall., articolo 216, u.c., revocando la sospensione condizionale gia' concessagli. L'imputato e' stato condannato in qualita' di titolare dell'omonima ditta individuale, operante nel settore immobiliare, dichiarata fallita dal Tribunale di Brescia il (OMISSIS). 2. Ha proposto ricorso avverso la citata sentenza (OMISSIS), tramite il difensore di fiducia, deducendo quattro differenti motivi di censura. 2.1. Il primo argomento difensivo denuncia vizio di violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata avuto riguardo al punto 6 della contestazione di bancarotta fraudolenta patrimoniale, con cui si e' ritenuto distrattivo il conferimento di 177.000 Euro nella societa' (OMISSIS) s.r.l., ignorando la logica di gruppo ("familiare") in cui e' stato effettuato - poiche' la beneficiaria era l'impresa immobiliare di riferimento della ditta fallita, di cui il ricorrente era socio di maggioranza (con il 70% delle quote) e che procurava commesse e lavoro alla fallita -, sicche' detto conferimento aveva natura di investimento e non era altro che una trasformazione del patrimonio personale da liquidita' a maggior valore della quota all'interno della societa' immobiliare. La logica di gruppo in cui si inscrivevano le diverse societa' facenti capo al ricorrente ed ai suoi figli non sarebbe smentita dall'autonomia giuridica di ciascuno degli enti rispetto all'altro, essendo unica la politica d'impresa. La logica di gruppo familiare si desume anche dalla stessa sentenza impugnata, che richiama la relazione del curatore. La Corte d'Appello, secondo la tesi difensiva, non avrebbe letto correttamente la disposizione dell'articolo 2740 c.c., rilevante perche' prevede la regola della confusione tra il patrimonio della ditta individuale e quello dell'imprenditore individuale, con conseguente garanzia dei debiti della ditta costituita da tutto il patrimonio presente e futuro del ricorrente. Inoltre, la motivazione della sentenza d'appello sarebbe contraddittoria, laddove reputa "prossimo" al fallimento il conferimento all'(OMISSIS) s.r.l., avvenuto circa due anni prima della sentenza con cui e' stato dichiarato lo stato di decozione, e, viceversa, "lontani" da esso alcuni pagamenti effettuati in compensazione, dei quali l'ultimo era datato (OMISSIS) e, dunque, di gran lunga piu' recente del conferimento "incriminato" risalente al (OMISSIS). Si denuncia, infine, la mancata riqualificazione dell'ipotesi di bancarotta fraudolenta in esame nella meno grave fattispecie prevista dalla L. Fall., articolo 217, comma 1, n. 2. 2.2. Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al punto 7 della contestazione di bancarotta fraudolenta patrimoniale, relativo alla distrazione di 346,17 Euro di saldo di cassa per essere la condotta in esame qualificabile come inoffensiva ai sensi dell'articolo 49 c.p., data âEuroËœesiguita' della somma non rinvenuta nel patrimonio della fallita, nonche' in considerazione dei versamenti effettuati personalmente dal ricorrente nel corso degli anni, nel complesso superiori alle somme tutte originariamente contestate come distratte (e poi decise con l'assoluzione gia' in primo grado). Il principio di offensivita' giocherebbe un ruolo essenziale in un reato di pericolo concreto quale e', secondo il ricorrente, quello di bancarotta fraudolenta distrattiva, con necessita' di verificare se sia stato effettivamente leso l'interesse patrimoniale dei creditori, oggetto di tutela della disposizione incriminatrice. Anche a prescindere dall'offensivita' della condotta, la difesa rileva come, in ogni caso, non sarebbe stata raggiunta la prova del dolo del reato, ancorche' generico e configurato dalla necessaria rappresentazione della pericolosita' della condotta distrattiva, da intendersi come rappresentazione del rischio, della probabilita' dell'effetto depressivo sulla garanzia patrimoniale che la stessa e' idonea a determinare: muovono a concludere in senso negativo, ancora una volta, l'esiguita' della somma-saldo di cassa "distratta" rispetto ai versamenti in eccesso effettuati a titolo personale dal ricorrente in favore della fallita, pari ad oltre 27.000 Euro. 2.3. La terza censura formulata denuncia vizio di motivazione apparente ovvero omessa, con riguardo all'affermazione di responsabilita' del ricorrente per il delitto di bancarotta fraudolenta documentale, per essere mancata la prova del necessario dolo specifico che dovrebbe sorreggere la condotta di tenuta delle scritture contabili in guisa da rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio e del volume d'affari della fallita, vale a dire il fine di recare pregiudizio ai creditori. Cio' perche', e' stato accertato nel giudizio di merito che l'imputato aveva incaricato un apposito professionista di tenere le scritture contabili della ditta individuale a lui facente capo. In ogni caso, al piu' potrebbe ipotizzarsi la sussistenza della diversa condotta di bancarotta semplice documentale, poiche' la provata delega a tenuta delle scritture contabili rende molto difficoltosa la prova di tale dolo. 2.4. Infine, un ultimo motivo di ricorso eccepisce violazione di legge in relazione al trattamento sanzionatorio, sotto due profili distinti. Quanto al giudizio di bilanciamento in equivalenza tra le circostanze attenuanti generiche e l'aggravante della continuazione fallimentare, confermato dalla sentenza impugnata, la Corte territoriale avrebbe erroneamente valorizzato, in chiave negativa della richiesta di bilanciamento prevalente, un'ipotesi di bancarotta semplice, nonostante essa fosse stata dichiarata estinta per esito favorevole della messa alla prova di cui all'articolo 464-septies c.p. e nonostante, come noto, detta sentenza non sia idonea ad esprimere un compiuto accertamento sul merito dell'accusa e sulla responsabilita' dell'imputato. Si contesta, sotto altro aspetto, che si sia proceduto a revocare il beneficio della sospensione condizionale della pena: al momento della pronuncia impugnata, invero, non era ancora passata in giudicato la "sentenza successiva per fatti anteriormente commessi", da cui e' dipesa la revoca del beneficio, sicche' questa non poteva essere disposta. 3. Il Sostituto Procuratore Generale Maria Emanuela Guerra ha chiesto l'inammissibilita' del ricorso. 3.1. Il difensore del ricorrente ha depositato memoria con note conclusive in vista dell'udienza, ribattendo alle argomentazioni del PG e chiedendo l'accoglimento del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' parzialmente fondato, avuto riguardo alla illegittimita' della revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena, mentre deve essere complessivamente rigettato nel resto. 2. Nei motivi dal primo al terzo, in verita', il ricorrente ripropone quasi fedelmente - ed ai limiti dell'inammissibilita', per la aspecificita' delle doglianze rispetto alle argomentazioni della sentenza impugnata - le censure di merito relative alla sussistenza dei presupposti per l'affermazione della sua responsabilita' in ordine ai delitti di bancarotta fraudolenta distrattiva e documentale ascrittigli, all'esito dei giudizi di merito che avevano gia' portato a parziali assoluzioni da una quota delle condotte distrattive delle quali l'imputato era accusato. 2.1. Analizzando sinteticamente ciascuno dei motivi, viene in rilievo, anzitutto, quanto al primo, complessivamente infondato argomento eccepito dalla difesa - fondato sulla natura "neutra" e non distrattiva dell'operazione di versamento di 177.000 Euro dalla fallita alla societa' Voltino s.r.l., di cui l'imputato era socio al 70% (punto 6 del capo 1), in ragione della "confusione" tra il patrimonio della ditta individuale omonima fallita e quello suo personale - l'argomento logico-fattuale utilizzato dalla Corte d'Appello per superare l'analoga censura proposta con l'atto di appello. La sentenza impugnata ha evidenziato, quali "indicatori" della natura distrattiva dell'operazione: - che il conferimento di denaro dalla fallita al patrimonio della societa' (OMISSIS) s.r.l. e' avvenuto a meno di due anni dalla dichiarazione di fallimento, in un momento in cui la ditta individuale gia' si trovava in una situazione di dissesto economico irreversibile; - che il conferimento era privo di giustificazione economica e non ha determinato alcun vantaggio diretto per la fallita (ne' era stata pattuita la restituzione del denaro conferito). A fronte di tali indici di fraudolenza (cfr., per la loro rilevanza, Sez. 5, n. 38396 del 23/6/2017, Sgaramella, Rv. 270763), la Corte d'Appello correttamente, nella sostanza, osserva come l'incremento del patrimonio dell'imputato, che corrisponderebbe - secondo la difesa - al conferimento della somma nella societa' (OMISSIS), a lui riferibile per il 70%, non sarebbe mai equivalente al valore sottratto alla fallita, poiche', anche a voler ritenere che vi sia la sostituzione della garanzia del patrimonio di questa con la garanzia del patrimonio personale dell'imprenditore individuale, l'incremento di quest'ultimo e' avvenuto in proporzione, per le quote di sua proprieta': il conferimento ha determinato, infatti, l'incremento di valore in percentuale delle quote non soltanto dell'imputato, ma anche delle ulteriori quote non di sua proprieta'. L'aumento del suo patrimonio personale, quindi, e' solo parziale, pro quota, inferiore al valore della corrispondente somma di danaro distratta dalle casse della fallita senza giustificazione e versata nella societa' a lui riferibile, ancorche' come azionista di maggioranza. La conclusione cui perviene la Corte d'Appello, secondo cui e' la stessa prospettazione difensiva a non consentire di escludere il carattere distrattivo del conferimento, e' quindi corretta sul piano logico. Senza contare, ad ulteriore smentita della tesi difensiva e del primo motivo di ricorso, che il ricorrente, a distanza di un anno dal conferimento nella (OMISSIS) s.r.l. della somma sottratta dalle casse della fallita, ha venduto le proprie quote di tale societa' al prezzo complessivo di Euro 7.000, macroscopicamente inferiore alla somma di 177.000 Euro proveniente dalla fallita, rendendo cosi' evidente la complessiva valenza depauperativa per quest'ultima dell'intera operazione economica compiuta, oltre che l'inutilita' e incoerenza, rispetto alla fattispecie concreta, del richiamo normativo alla regola di cui all'articolo 2740 c.c.. Peraltro, le risorse economiche della ditta individuale, una volta trasferite alla societa', perdono la loro destinazione a garanzia della fallita, concorrendo ad incrementare la garanze delle pretese (anche) di eventuali creditori dell'ente beneficiario, non rilevando, sotto questo profilo, la confusione tra patrimonio personale dell'imprenditore e quello della ditta fallita. Pertanto, puo' affermarsi che in tema di reati fallimentari, integra distrazione rilevante il conferimento di somme di danaro dalla ditta individuale fallita alla societa' di cui l'imprenditore individuale detenga una parte delle quote, poiche' tale conferimento determina l'incremento di valore in percentuale delle quote non soltanto dell'imputato, ma anche delle ulteriori quote non di sua proprieta', sicche', l'aumento del suo patrimonio personale e' solo parziale e comunque inferiore al valore della corrispondente somma di danaro sottratta dalle casse della fallita senza giustificazione, in un momento di dissesto gia' conclamato. 2.2. Sotto l'ulteriore profilo evocato dal primo motivo di ricorso, vale a dire la logica di gruppo in cui dovevano inscriversi le diverse societa' facenti capo al ricorrente ed ai suoi figli, si' da rendere il travaso di risorse giustificato nell'ottica dell'unitarieta' della politica d'impresa "di gruppo", non smentita dall'autonomia giuridica di ciascuno degli enti rispetto all'altro, il Collegio osserva come tale prospettazione confligga con i risultati dell'istruttoria dibattimentale, con i quali il ricorso non si confronta se non apparentemente, poiche' e' emerso che le diverse societa' dell'imputato e dei sAynct avevano alcun legame economico con la ditta individuale fallita, ne' compartecipazioni reciproche, ne' coordinamento o direzione di una societa' rispetto alle altre. L'unico elemento comune e' rappresentato dall'appartenenza al medesimo nucleo familiare dei soggetti che le gestivano, ma cio', evidentemente, non basta a ritenere sussistente un "gruppo societario", neppure come simulacro in nuce, ne' una logica "di gruppo". Peraltro, anche nelle dinamiche di gruppo d'impresa, integra distrazione rilevante il trasferimento di fondi alla capogruppo, ancorche' invocando l'attuazione di un sistema di tesoreria accentrata ("cash pooling"), atteso che nessun âEuro˜âEuroËœsistema", comunque denominato o qualificato, giustifica il passaggio di risorse da una societa' ad un'altra, anche facenti parte dello stesso gruppo, in una situazione di conclamata sofferenza della societa' deprivata, senza garanzia di restituzione dei valori trasferiti e al di fuori di un credibile programma di riassestamento del gruppo, che sia rivolto a superare prioritariamente le problematiche dell'ente in sofferenza (Sez. 5, n. 22860 del 21/3/2019, Chiaro, Rv. 276634; vedi anche Sez.. 5, n. 39043 del 29/5/2019, Corradini, Rv. 276960, ancora con riguardo alla valenza sintomatica dell'assenza di contropartite al depauperamento della fallita, sebbene infragruppo). Piu' in generale, poi, si richiama il consolidato orientamento secondo cui, per escludere la natura distrattiva di un'operazione di trasferimento di somme da una societa' ad un'altra, non e' comunque sufficiente allegare la partecipazione della societa' depauperata e di quella beneficiaria ad un medesimo "gruppo", dovendo, invece, l'interessato dimostrare, in maniera specifica, il saldo finale positivo delle operazioni compiute nella logica e nell'interesse di un gruppo ovvero la concreta e fondata prevedibilita' di vantaggi compensativi, ex articolo 2634 c.c., per la societa' apparentemente danneggiata (ex multis, da ultimo, si veda Sez. 5, n. 47216 del 10/6/2019, Zanoni, Rv. 277545; v. anche Sez. 5, n. 37062 del 24/5/2022, Lavina, Rv. 283661). 2.3. Il ricorrente, con il secondo motivo di ricorso, invoca invece l'inoffensivita' del fatto ex articolo 49 c.p., data l'esiguita' della somma contestata come distratta al punto 7 dell'unico capo d'imputazione, dimenticando che" proprio per la dichiarata natura di reato di pericolo della bancarotta distrattiva, non risulta che apoditticamente affermato, nel ricorso, il mancato dispiegarsi del rischio del depauperamento del patrimonio sociale, sicuramente infranto, dal punto di vista della materialita' della concotta, dalla sottrazione di una somma non certo da potersi considerare irrisoria, pari a 346,17 Euro, tanto piu' alla luce della natura di ditta individuale della fallita e del contenuto di cassa che risulta, quanto a liquidita', dagli accertamenti di fatto del processo. Per tali ragioni, la prognosi postuma di concreta messa in pericolo del patrimonio dell'impresa, funzionale ad assicurare la garanzia dei creditori, non e' esclusa dall'entita' della somma sottratta, che pure avrebbe potuto, in astratto, essere idonea a sostenere una parte dei debiti della fallita con i terzi. Al piu' si sarebbe potuta prospettare una dimensione di particolare tenuita' della condotta, che pero' e' preclusa dall'editto sanzionatorio previsto per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, anche dopo l'entrata in vigore della piu' favorevole disciplina dell'articolo 131-bis c.p. (ad opera del Decreto Legislativo n. 150 del 2022), calibrata su un limite minimo di pena (e non piu', come in precedenza, sul massimo) non superiore ai due anni, limite da cui il delitto di cui alla L. Fall., articolo 216, esorbita. Sulla base di analoghe considerazioni, relative all'assertivita' del presupposto logico-fattuale proposto dalla difesa, deve essere valutata l'infondatezza della deduzione di automatico rapporto tra l'asserita esiguita' della somma contestata come distratta e la mancanza di dolo del reato; dolo che, invece, proprio per la concreta pericolosita' della condotta, ancorche' di non particolare entita', e' configurabile nella sua forma generica data dalla consapevole, mera volonta' di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte (Sez. U, n. 22474 del 31/3/2016, Passarelli, Rv. 266805), senza necessita' di consapevolezza dello stato d'insolvenza e dello scopo di recare pregiudizio ai creditori, come invece sembra prospettare il ricorrente, sia pur ragionando in termini di rappresentazione del rischio, della probabilita' dell'effetto depressivo sulla garanzia patrimoniale che la condotta distrattiva e' idonea a determinare. Quanto alla valenza dei conferimenti a titolo personale in favore della fallita, al di la' della questione relativa al tempo in cui sono stati versati i complessivi 27.000 Euro (e quindi della denunciata contraddittorieta' della motivazione della sentenza impugnata), i giudici di secondo grado hanno chiarito come sia provata l'assenza di correlazione tra tali versamenti e la cassa sociale (le somme sono state depositate direttamente sui conti correnti della ditta individuale, quindi erano comunque nella sua diretta disponibilita'),sicche' e' esclusa la possibilita' di ipotizzare qualsiasi compensazione tra le somme versate e quelle distratte, che, in ogni caso, per stessa ammissione del consulente contabile della fallita, corrispondevano ai prelievi contestati ai punti da 1 a 3 dell'imputazione, e non gia' al saldo di cassa mancante, la cui distrazione e' contestata al punto 7. Da tali ragioni deriva l'infondatezza anche del secondo argomento difensivo contenuto nel ricorso. 2.4. Manifestamente infondato e', invece, il terzo motivo di censura, attinente al dolo della bancarotta fraudolenta documentale contestata, ricostruita dalla Corte d'Appello, seguendo correttamente il paradigma normativo dettato dalla seconda parte della L. Fall., articolo 216, comma 1, n. 2, che prevede una forma di dolo generico e non specifico per la bancarotta fraudolenta documentale da fraudolenta tenuta delle scritture contabili, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente. In tema di bancarotta fraudolenta documentale, infatti, si distinguono due fattispecie autonome: l'occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza e' necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilita' degli organi fallimentari,, anche sotto forma della loro omessa tenuta, e la fraudolenta tenuta di tali scritture, in quanto quest'ultima integra un'ipotesi di reato a dolo generico, che presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi (cfr., tra le molte, Sez. 5, n. 18634 del 1/2/2017, Autunno, Rv. 269904; Sez. 5, n. 33114 del 8/10/2020, Martinenghi, Rv. 279838). Nel caso di specie, nei confronti del ricorrente e' stata accertata l'attribuibilita' di una serie di omissioni falsificatorie dei dati contabili; ed in particolare del libro degli inventari della fallita, in cui non era nemmeno indicata la partecipazione dell'imputato nella societa' (OMISSIS) s.r.l., cosi' determinando una tenuta artificiosa della scrittura, che, addirittura, la Corte d'Appello ritiene anche rivelatrice della volonta' specifica di pregiudicare i creditori (e quindi di un dolo specifico), rendendo piu' difficile la ricostruzione del dimensionamento del patrimonio da aggredire, in cui non veniva inserita proprio l'esistenza delle quote sociali della s.r.1, nel cui patrimonio erano confluite le risorse economiche della fallita oggetto della contestazione di cui al punto 6 dell'imputazione. Le ulteriori omissioni contabili riscontrate nel libro inventari, poi, indicate a pag. 9 della sentenza impugnata, hanno indotto ad una valutazione complessiva della condotta di reato di tale portata e pregnanza da escludere in radice la possibilita' di ritenere l'ipotesi non fraudolenta di cui alla L. Fall., articolo 217. Ne' vale il richiamo difensivo all'aver affidato il ricorrente la contabilita' ad un consulente esterno, circostanza che, oltre a non assumere valenza scriminante di per se', poiche' rimane fermo l'obbligo dell'amministratore di sovrintendere alla co-retta loro redazione, nel caso di specie risulta superato dalla circostanza di fatto - citata dalla Corte territoriale - secondo cui la contabilita' era stata redatta dai consulente giammai autonomamente ma sempre sulla base di una rielaborazione dei documenti fornitigli dall'imputato (si fa particolare riferimento ad una prima, importante nota, per la determinazione dei contenuti delle scritture aziendali, consegnata al consulente da un dipendente che l'aveva redatta sulla base delle indicazioni provenienti dal ricorrente). 3. L'ultimo motivo e' parzialmente fondato. 3.1. Sono manifestamente infondate ed aspecifiche le ragioni di ricorso relative al bilanciamento delle circostanze di segno opposto. Il ricorrente non si confronta con le argomentazioni della sentenza impugnata se non parzialmente, dimenticando che, oltre al precedente penale per il reato di bancarotta semplice estinto per esito positivo della messa alla prova, la Corte territoriale, per confermare l'equivalenza tra aggravanti e attenuanti, ha valorizzato anche l'esistenza di una pregressa condanna per fatti attinenti all'esercizio dell'impresa: ed infatti risulta dal certificato del casellario giudiziale che l'imputato sia stato condannato anche per il reato di omesso versamento di ritenute previdenziali con sentenza del 13.10.2017, irrevocabile il 2.1.2018, precedente che la decisione d'appello ha ritenuto concorresse a determinare una valutazione di personalita' spregiudicata, tipica di chi agisce in violazione delle regole poste a presidio dell'attivita' economica. Inoltre, la sentenza impugnata ha anche ragionato di come il comportamento processuale del ricorrente e la considerazione di un solo precedente penale - con esclusione, dunque, della condanna che ha visto poi esito di positiva messa alla prova - non potessero portare ad un bilanciamento complessivamente piu' favorevole, pur avendo certamente concorso a determinare i giudici alla concessione delle circostanze attenuanti generiche. Deve, pertanto, ribadirsi che e' inammissibile, per difetto di specificil:a', il motivo di appello con il quale si richieda la rivalutazione del giudizio di bilanciamento tra le circostanze attenuanti, allorche' questo non si confronti con tutte le argomentazioni esposte dal giudice di primo grado a sostegno della propria conclusione (Sez. 2, n. 5253 del 15/1/2019, dep. 2020, C., Rv. 275522). 3.2. Il differente profilo dedotto con il punto 4.3. del ricorso e', invece, fondato. Il ricorrente ha riportato una condanna a tre mesi di reclusione e 300 Euro di multa, in relazione a reato di omesse ritenute previdenziali ed assistenziali, con sentenza divenuta irrevocabile il 2.1.2018 per fatti commessi dal 16.5.2010 al dicembre 2011 (secondo il certificato penale) e previsione di pena sospesa, revocata dalla Corte d'Appello con la decisione impugnata, sulla base dell'articolo 168 c.p., comma 1, n. 2, (risulta anche un'altra iscrizione nel casellario giudiziale per il reato di bancarotta semplice, estinta per esito positivo della messa alla prova). La norma citata prevede che, salva la disposizione dell'articolo 164 c.p., u.c. "la sospensione condizionale della pena e' revocata di diritto qualora, nei termini stabiliti, il condannato....2) riporti un'altra condanna per un delitto anteriormente commesso a pena che, cumulata a quella precedente sospesa, supera i limiti stabiliti dall'articolo 163 c.p. " La statuizione, cosi' come laconicamente motivata, attraverso il mero richiamo alla disposizione sopra detta, e' stata erroneamente disposta. Invero, la revoca di diritto della sospensione condizionale della pena implica che la condanna, per il delitto anteriormente commesso, sia divenuta irrevocabile dopo il passaggio in giudicato della sentenza che ha concesso il beneficio e prima della scadenza dei termini di durata dello stesso (Sez. 1, n. 47050 del 29/11/2017, dep. 2018, Szal, Rv. 274333). Il presupposto dell'anteriorita' del reato successivamente giudicato, in tema di revoca della sospensione condizionale della pena, va determinato con riferimento alla data in cui diviene irrevocabile la sentenza che concede il beneficio e non a quella di commissione del reato al quale essa si riferisce (ex multis, Sez. 1, n. 607 del 10/12/2015, dep. 2016, Loiero, Rv. 265724; Sez. 1, n. 35563 del 10/11/2020, Salamina, Rv. 280056). Per l'applicabilita' della norma dell'articolo 168, comma 1, n. 2, e', dunque, essenziale accertare le date di irrevocabilita' di entrambe le sentenze di condanna, giacche' la causa di revoca prevista dalla norma in esame e' rappresentata da una condanna ulteriore, ma per un reato commesso anteriormente al passaggio in giudicato della sentenza che concesse il beneficio, che intervenga nei termini stabiliti dall'articolo 163 c.p. per il compimento della prova sottesa alla sospensione condizionale, e cioe' da una condanna che deve divenire irrevocabile entro il termine del periodo di esperimento a partire dalla data di passaggio in giudicato della prima sentenza (cfr., tra le altre, Sez. 2, n. 608 del 8/3/1976, Rv. 133401 e la citata Sez. 1, n. 47050 del 2018). E' stato affermato, altresi', che il presupposto di legittimita' della revoca "automatica" della sospensione condizionale per "altra condanna" in relazione a un delitto anteriormente commesso e' che la pronuncia pregiudicante sia divenuta definitiva, dal momento che si tratta di rimuovere una situazione giuridica gia' stabilita con pronuncia irrevocabile (Sez. 2, n. 42367 del 21/10/2005, Rv. 232669). Nel caso del ricorrente, la revoca del beneficio, poiche' e' stata disposta prima che la sentenza di condanna per il delitto anteriormente commesso fosse divenuta definitiva (e si sottolinea che in passato si e' sostenuto, risolutivamente, che la revoca del beneficio della sospensione condizionale, concessa con un provvedimento divenuto irrevocabile, non puo' essere disposta mediante una sentenza che non possiede ancora tale carattere di irrevocabilita': Sez. 1, n. 45716 del 11/11/2008, Peruzzini, Rv. 242036), deve essere eliminata, poiche' i giudici di merito avrebbero potuto valutare solo la non meritevolezza della concessione ulteriore del beneficio, ma non procedere alla rimozione del beneficio gia' concesso perche' essa e' collegata ad una attivita' meramente ricognitiva della verifica dell'esistenza di un presupposto che "ope legis" comporta la revoca. Tale presupposto, nella specie, e' insussistente poiche' la irrevocabilita' della pronuncia pregiudicante interviene solo all'esito della decisione odierna del Collegio, e cioe' quando il termine di cinque anni di cui al combinato disposto dell'articolo 1613, comma 1, n. 2 e articolo 163 c.p. (relativamente alla condanna per delitto) e' gia' decorso (il 2.1.2023). 3.1. La Corte puo' procedere direttamente alla eliminazione della statuizione errata, ai sensi dell'articolo 620 c.p.p., comma 1, lettera I, mentre I ricorso deve essere rigettato nel resto. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla disposta revoca della sospensione condizionale della pena, revoca che elimina. Rigetta nel resto il ricorso.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DI STEFANO Pierluigi - Presidente Dott. CRISCUOLO Anna - Consigliere Dott. AMOROSO Riccardo - Consigliere Dott. SILVESTRI Pietro - Consigliere Dott. DI GERONIMO Paolo - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza emessa il 18/5/2022 dalla Corte di appello di Bologna; visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione del consigliere Paolo Di Geronimo; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Perla Lori, che ha chiesto l'annullamento con rinvio limitatamente al trattamento sanzionatorio per (OMISSIS), il rigetto dei ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS); udito l'avvocato (OMISSIS), difensore della parte civile (OMISSIS) s.p.a., il quale ha chiesto il rigetto dei ricorsi e la conferma delle statuizioni civili, depositando nota spese; udito l'avvocato (OMISSIS), difensore di (OMISSIS), che conclude per l'accoglimento del ricorso; uditi gli avvocati (OMISSIS), difensori di (OMISSIS), che concludono per l'accoglimento del ricorso; udito l'avvocato (OMISSIS), difensore di (OMISSIS), il quale chiede l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. All'esito della parziale riforma della sentenza di primo grado, la Corte di appello di Bologna confermava la condanna di (OMISSIS) in ordine ai reati di peculato contestati ai capi 4), 8), 10), 12), 17) e 18); nonche', a titolo di concorso con il predetto, nei confronti di (OMISSIS) in relazione al reato contestato sub 4) e di (OMISSIS) per il peculato contestato al capo 10). I fatti oggetto della sentenza concernevano tutti l'impiego di risorse economiche nella disponibilita' della (OMISSIS) s.p.a. (di seguito (OMISSIS)) e (OMISSIS) s.r.l. (di seguiti (OMISSIS)), entrambe a prevalente partecipazione pubblica. 2. Nell'interesse di (OMISSIS) venivano formulati dodici motivi di ricorso, con i quali si deduce: questione di legittimita' costituzionale in ordine alla ritenuta non applicabilita' ai fatti commessi in epoca antecedente al 1 gennaio 2020 del nuovo regime dell'improcedibilita', introdotto all'articolo 344-bis c.p.p. Si assume che il nuovo istituto, pur avendo natura formalmente processuale, determinerebbe effetti sostanziali per cui dovrebbe trovare applicazione il principio di retroattivita' della legge penale piu' favorevole; violazione di legge processuale in relazione all'articolo 495 c.p.p., comma 2, e conseguente nullita' ex articolo 178 c.p.p., lettera c) della sentenza, sul presupposto che la Corte di appello non avrebbe consentito la rinnovazione dell'istruttoria mediante l'espletamento dell'esame dell'imputato. Il ricorrente ricostruisce l'iter processuale che aveva condotto, nel corso del primo grado di giudizio, a ritenere l'intervenuta decadenza dell'imputato dal rendere esame, precisando che (OMISSIS) non si era sottoposto all'esame all'udienza prevista per il 19 maggio 2017 in quanto, a tale data, non erano state depositate le trascrizioni da parte del perito e la difesa dell'imputato aveva reiteratamente evidenziato l'impossibilita' di procedere all'esame se non dopo la valutazione del contenuto delle intercettazioni. A fronte di tale richiesta, la ritenuta decadenza dall'esame pronunciata dal Tribunale aveva determinato una lesione del diritto di difesa, tempestivamente dedotta dal difensore (come risulta dal verbale di udienza del 21 luglio 2017) e riproposto con i motivi di appello. Infine, si segnala l'irrilevanza del fatto che (OMISSIS) avesse reso plurime dichiarazioni spontanee, trattandosi di facolta') del tutto distinta dall'esame dell'imputato; violazione dell'articolo 407 c.p.p., comma 3, e conseguente inutilizzabilita' degli interrogatori resi dal coindagato (OMISSIS) in data 30 dicembre 2010, 18 gennaio 2011, 20 gennaio 2012 ed all'udienza del 25 novembre 2016, dovendosi ritenere che (OMISSIS) aveva assunto il ruolo di indagato ben cinque mesi prima della formale iscrizione nel registro, con conseguente anticipazione del termine di ultimazione delle indagini incidente sull'inutilizzabilita' degli atti acquisiti dopo la scadenza del termine stesso; violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata audizione del teste (OMISSIS), la cui escussione, inizialmente ammessa dal Tribunale, sarebbe stata erroneamente revocata, nonostante la tempestiva deduzione in ordine alla necessita' dell'acquisizione della prova (ud.13/4/2018); peraltro, si sottolinea come la stessa Corte di appello richiami in motivazione il ruolo di (OMISSIS) nella cosiddetta vicenda "(OMISSIS)", a riprova della rilevanza di tale testimonianza; omessa motivazione in merito alla qualifica del ricorrente quale pubblico ufficiale, nonostante questi avesse ricoperto cariche apicali esclusivamente in societa' aventi natura privatistica, quali dovevano considerarsi la (OMISSIS) e la (OMISSIS). L'articolato motivo formulato su tale aspetto, censura il fatto che tali societa' agivano esclusivamente con strumenti di diritto privato, non facevano ricorso all'assegnazione di appalti mediante le procedure di evidenza pubblica, ne' si occupavano della gestione di servizi pubblici. In buona sostanza, a mutare la natura giuridica delle predette societa' non era sufficiente la mera partecipazione al capitale sociale del Comune di Parma, posto che l'attivita' svolta era di natura tipicamente privatistica e si svolgeva senza l'esercizio di alcuna funzione o potesta' amministrativa. Il ricorrente, inoltre, richiamava ampia giurisprudenza, civile ed amministrativa, al fine di ribadire la natura privata delle societa', segnalando come la sentenza impugnata si fosse limitata a riconoscere la sussistenza della qualifica soggettiva appellandosi ad una sentenza pronunciata con riguardo ad una fattispecie del tutto diversa, caratterizzata dal fatto che la societa' privata si occupava istituzionalmente della committenza di forniture e servizi secondo gli schemi dell'evidenza pubblica; violazione di legge in ordine all'errata qualificazione dei fatti contestati in termini di peculato, anziche' di abuso d'ufficio, nonostante la descrizione della condotta fosse tutta incentrata sull'utilizzo del denaro - asseritamente pubblico - in violazione di leggi e norme regolamentari, dovendosi ritenere che l'utilizzo indebito dei fondi, non avendo comportato una lesione patrimoniale a danno dell'ente, non integravano l'ipotesi di distrazione sanzionata dall'articolo 314 c.p.; in relazione ai fatti contestati al capo 4) (vicenda quotidiano "(OMISSIS)"), oltre a ribadirsi la censura relativa all'omessa escussione del teste (OMISSIS), si contesta il vizio di motivazione, in quanto la Corte di appello era giunta alla conclusione che la (OMISSIS), per il tramite della (OMISSIS), aveva fatto confluire fondi in favore della societa' (OMISSIS) (editore del giornale (OMISSIS)), simulando l'avvenuta prestazione di attivita' non eseguita, sulla base di elementi indiziari incerti (mancata sottoscrizione da parte del (OMISSIS) delle spese non preventivate sostenute dalla (OMISSIS) in occasione di un convegno organizzato per (OMISSIS), nonche' predisposizione del preventivo su foglio non intestato alla (OMISSIS)); in relazione al capo 8) (cessione area "(OMISSIS)"), deduce la mancata audizione del teste (OMISSIS) che avrebbe dovuto riferire sulle circostanze riferite de relato dal teste Varazzani; si deduce, inoltre, il travisamento della prova derivante dall'omessa valutazione della documentazione prodotta, dalla quale risultava il legittimo trasferimento di fondi dalla (OMISSIS) alla (OMISSIS), al fine di consentire il trasferito dell'area denominata "Macello Comunale", libera dalla concessione esistente in favore della societa' (OMISSIS). L'intera operazione - cessione dal Comune di Parma alla (OMISSIS) - rientrava appieno nel programma di alienazioni immobiliari programmato dal Comune e finalizzato al riassetto del territorio, costituente lo specifico oggetto sociale della (OMISSIS) (come risultante dall'atto di costituzione prodotto in atti). Inoltre, la convenzione sottoscritta tra il Comune di Parma e la (OMISSIS), avente ad oggetto la realizzazione dell'Agenzia per la logistica delle filiere agroalimentari, prevedeva che tale attivita' dovesse essere realizzata tramite la (OMISSIS) srl (nel frattempo trasformata in s.p.a.), il cui capitale sociale era stato interamente acquistato da (OMISSIS). Una volta escluso che l'attivita' di finanziamento non rientrasse tra i compiti di (OMISSIS), le eventuali violazioni potevano al piu' integrare il reato di abuso d'ufficio; in relazione al capo 10) (vicenda " (OMISSIS)"), si deduce vizio di motivazione ed erronea qualificazione del reato, ritenendosi che i giudici di merito avessero travisato la prova dichiarativa resa dalla teste (OMISSIS), la quale aveva dichiarato che il (OMISSIS) aveva effettivamente svolto la prestazione per la quale era stato remunerato, come desumibile anche dalla documentazione prodotta dal coindagato; in relazione al capo 12) (collaborazione " (OMISSIS)"), si deduce il vizio di motivazione e l'erronea qualificazione del reato, evidenziando come l'istruttoria non avesse fornito la prova certa della natura fittizia dell'incarico professionale per il quale il (OMISSIS) era stato remunerato con fondi della (OMISSIS); in relazione al capo 17) (utilizzo indebito della carta di credito), si contesta la mancata assunzione del teste di riferimento (OMISSIS) e, quindi, l'inutilizzabilita' della deposizione resa da (OMISSIS), nonche' il vizio di motivazione e l'erronea qualificazione del fatto quale peculato. In merito alle prove orali, si evidenzia come all'interno della (OMISSIS) il compito di eseguire le registrazioni contabili e di verificare le note spese era affidato a (OMISSIS), la quale riferiva al direttore amministrativo (OMISSIS) - della mancanza di documentazione giustificativa delle spese eseguite da (OMISSIS) con la carta di credito. Posto che la ricostruzione del fatto e' avvenuta sulla base delle dichiarazioni della (OMISSIS), teste de relato, si sarebbe dovuto procedere all'escussione del teste diretto, e cioe' (OMISSIS). Erronea era, pertanto, la decisione di rigettare la richiesta di rinnovazione istruttoria sulla base del falso presupposto secondo cui la difesa non avrebbe reiterato la richiesta di escussione del teste diretto, prima della chiusura dell'istruttoria. Il ricorrente ha depositato copia del verbale di udienza del 13 aprile 201.8 dal quale risulta la richiesta ex articolo 195 c.p.p. di escussione del teste diretto. Infine, si evidenzia che le spese sostenute da (OMISSIS) erano riconducibili all'esercizio delle funzioni, ne' a diverse conclusioni poteva giungersi mediante una non consentita inversione dell'onere della prova; in relazione al capo 18) (vicenda "Mauro"), si deduce il travisamento della prova con riguardo alla deposizione dei testi (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali, diversamente da quanto indicato nella sentenza di appello, avevano confermato l'effettivo svolgimento di attivita' lavorativa da parte di (OMISSIS). 3. Nell'interesse di (OMISSIS) sono stati formulati quattro motivi di ricorso, con i quali si deduce: violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza in capo ad (OMISSIS) della qualifica di pubblico agente, richiamando argomentazioni sostanzialmente sovrapponibili a quelle dedotte nel ricorso del (OMISSIS); escludendo la predetta qualifica in capo al concorrente, verrebbe meno la configurabilita' del concorso dell'extraneus nel reato di peculato contestato al capo 4); vizio di motivazione per travisamento della prova in ordine all'errata lettura della documentazione attestante la regolarita' del pagamento eseguito dalla (OMISSIS) in favore della GIDM s.r.l. (societa' amministrata dal (OMISSIS)); vizio della motivazione e violazione dell'articolo 62-bis c.p., atteso che le attenuanti generiche erano state negate a (OMISSIS) sulla base di un palese errore nell'attribuzione al predetto di una condotta (la richiesta di assegnazione di incarichi in societa' partecipate dal Comune di Parma) che, invero, era risultata pacificamente riferibile ad altro imputato, individuato in (OMISSIS); violazione dell'articolo 169 c.p.p. ed omessa notifica del decreto di citazione in appello presso il domicilio eletto; all'udienza del 18 febbraio 2022, la Corte di appello rilevava l'omessa notifica del decreto al domicilio eletto in Roma, nel disporre la rinnovazione, tuttavia, non provvedeva ad inviare l'atto al nuovo domicilio eletto all'estero, disponendo la notifica al difensore ex articolo 161 c.p.p., comma 4. 4. Nell'interesse di (OMISSIS) sono stati formulati quattro motivi di ricorso, con i quali si deduce: vizio di motivazione, anche per travisamento della prova, in relazione alla ritenuta inesistenza della prestazione professionale per la quale (OMISSIS) avrebbe ricevuto il compenso dalla (OMISSIS) in occasione del convegno organizzato il 20 novembre 2009; in particolare, la Corte di appello avrebbe omesso di valutare che il nome del (OMISSIS) era indicato quale responsabile dell'ufficio stampa sulla brochure del convegno; il ricorrente aveva locato un immobile a Parma in concomitanza con l'organizzazione del convegno; risultavano provati plurimi viaggi da Roma (ove risiedeva) a Parma; il ricorrente inviava al (OMISSIS) (a riprova che questi fosse il reale committente) documentazione relativa al convegno; la prestazione professionale richiesta non presupponeva la realizzazione di elaborati, il che giustificava l'omesso rinvenimento di documentazione; vizio di motivazione, anche per travisamento della prova, in ordine alle dichiarazioni rese dal teste (OMISSIS) e (OMISSIS), dalle quali emergeva che (OMISSIS) aveva effettivamente svolto le attivita' professionali per le quali era stato remunerato; vizio di motivazione relativamente all'omessa risposta alla specifica deduzione difensiva secondo cui la prestazione professionale del (OMISSIS), remunerata dalla (OMISSIS), era stata svolta molto prima dell'avvio della sua collaborazione con il Sindaco (OMISSIS) e, quindi, non si poteva ritenere che il compenso pagato andasse a coprire prestazioni svolte in favore del predetto, ne' risultava lo svolgimento di precedenti attivita' in favore del Sindaco o del Comune di Parma; si contesta anche la correttezza della qualificazione giuridica nel fatto in termini di peculato, piuttosto che di abuso d'ufficio; violazione di legge in ordine al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche. CONSIDERATO IIN DIRITTO 1.I ricorsi sono fondati nei limiti di seguito indicati. 2. La posizione processuale di (OMISSIS) comporta l'esame di questioni in parte afferenti anche ai restanti imputati, salvo per quanto concerne le questioni di natura processuale e quelle relative alle imputazioni non ascritte, a titolo di concorso, anche ai restanti ricorrenti. 2.1. Prendendo le mosse dal primo motivo, se ne rileva l'infondatezza, dovendosi ritenere che la nuova disciplina dell'improcedibilita' per superamento dei termini di durata dei giudizi di impugnazione, di cui al novellato articolo 344-bis c.p.p., non puo' trovare applicazione ai procedimenti per reati commessi in epoca antecedente al 1 gennaio 2020. Tale problematica e' stata gia' affrontata e risolta da questa Corte con una soluzione pienamente condivisibile, essendosi ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 334 bis c.p.p., in relazione agli articoli 3 e 117 Cost., nella parte in cui limita l'applicazione della causa di improcedibilita' dell'azione penale per superamento dei termini di durata massima del giudizio di impugnazione ai soli reati commessi dal 1 gennaio 2020, in quanto detta disposizione ha natura processuale, come tale non suscettibile di applicazione retroattiva, e risponde a criteri di ragionevolezza, per la finalita' compensativa e riequilibratrice rispetto alla disciplina introdotta dalla L. 9 gennaio 2019, n. 3, in tema di sospensione del termine di prescrizione nel giudizio di appello, che prevede la medesima limitazione temporale applicativa (Sez.5, n. 334 del 5/11/2021, dep. 2022, Pizzorulli, IRv. 282419; Sez.3, n. 1567 del 14/12/2021, dep.2022, Iaria, Rv. 282408; Sez.7, n. 43883 del 19/11/2021, Cusma', Rv. 283043-02). Il ricorrente contesta tale impostazione, sottolineando come la disciplina dell'improcedibilita', pur essendo declinata quale istituto di diritto processuale, ha una innegabile ricaduta sul piano sostanziale, nella misura in cui inibisce l'accertamento della commissione del reato, sicche' se ne invoca la retroattivita' ai sensi dell'articolo 2 c.p.. Invero, il principio di retroattivita' della norma piu' favorevole non ha copertura costituzionale, non essendo contemplato dall'articolo 25 Cost. e articolo 7 CEDU, che, invece, disciplinano esclusivamente il divieto di retroattivita' della norma sopravvenuta deteriore rispetto a quella previgente. Quanto detto comporta che deve ritenersi costituzionalmente legittima la disciplina intertemporale che ha regolamentato il passaggio dal regime della prescrizione a quella della improcedibilita', introducendo una cesura netta e prevedendo che l'improcedibilita' si applica solo ai reati rispetto ai quali non opera piu' il previgente regime della prescrizione. Ne consegue che un profilo di legittimita' costituzionale sarebbe, in astratto, ipotizzabile solo ove si ritenesse la violazione dell'articolo 3 Cost., per irragionevole disparita' di trattamento tra gli autori di reati commessi prima o dopo dell'entrata in vigore della norma "piu' favorevole", individuata dal ricorrente nell'articolo 344-bis c.p.p.. Tuttavia, nel caso di specie non si ravvisa alcun profilo di irragionevolezza della disciplina in esame, proprio perche' le diversita' tra il precedente sistema basato sulla prescrizione e quello nuovo fondato sulla improcedibilita' sono tali da giustificare appieno l'esclusione della retroattivita' del nuovo articolo 344-bis c.p., in quanto la nuova disciplina si fonda su un sistema processuale e sostanziale profondamente mutato, il che non consente l'innesto delle nuove regole nel previgente regime governato dalla sola prescrizione. 3. Il secondo motivo proposto nell'interesse di (OMISSIS), concernente l'omessa rinnovazione dell'istruttoria per l'esame dell'imputato, e' infondato. L'imputato doveva rendere l'esame all'udienza del 19 maggio 2017, alla quale non ha partecipato ritenendo di non poter rispondere fin quando non veniva depositata la perizia di trascrizione. Premesso che non sussiste alcun limite probatorio che imponga la sequenza indicata dall'imputato, la scelta di non rispondere e' stata del tutto volontaria, sostanziandosi in un rifiuto a sottoporsi alla prova, quindi correttamente il Tribunale ha ritenuto di non procedere all'esame nelle udienze successive. Ne' puo' il ricorrente dolersi della mancata rinnovazione dell'istruttoria in appello. Per consolidata giurisprudenza, infatti, l'esame dell'imputato, risolvendosi in una diversa prospettazione valutativa nell'ambito della normale dialettica tra le differenti tesi processuali, non e' un mezzo di prova che puo' assumere valore decisivo ai fini del giudizio, con la conseguenza che la sua mancata assunzione non costituisce motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera d) (Sez.5, n. 17916 del 10/1/2019, Scorsolini, Rv. 275909). 4. Parimenti infondato e' il terzo motivo di ricorso, con il quale si deduce l'inutilizzabilita' delle dichiarazioni rese dal coimputato (OMISSIS), sul presupposto della retrodatazione dell'iscrizione della notizia di reato. Il termine di durata delle indagini preliminari decorre dalla data in cui il pubblico ministero ha iscritto, nel registro delle notizie di reato, il nome della persona cui il reato e' attribuito, senza che al giudice sia consentito stabilire una diversa decorrenza, sicche' gli eventuali ritardi indebiti nella iscrizione, tanto della notizia di reato che del nome della persona cui il reato e' attribuito, pur se abnormi, sono privi di conseguenze agli effetti di quanto previsto dall'articolo 407 c.p.p., comma 3, fermi restando gli eventuali profili di responsabilita' disciplinare o penale del magistrato del pubblico ministero che abbia ritardato l'iscrizione (Sez.6, n. 4844 del 14/11/2018, dep. 2019, Ludovisi, Rv. 275046). In ogni caso, il ricorrente non affronta il profilo relativo alla prova di resistenza, non indicando se ed in che misura l'eliminazione delle prove ritenute inutilizzabili avrebbe condotto ad un diverso risultato decisionale. 5. Il quarto motivo di ricorso, concernente l'omessa rinnovazione dell'istruttoria mediante l'escussione del teste (OMISSIS), e' infondato. Invero, non emerge in alcun modo il profilo della decisivita' della testimonianza di (OMISSIS), il quale avrebbe dovuto riferire sul progetto di acquisire il quotidiano "(OMISSIS)", circostanza eventuale e, in ogni caso, non direttamente inficiante la ricostruzione del fatto imputato al (OMISSIS). 6. Il quinto motivo di ricorso concerne l'attribuzione della qualifica soggettiva di incaricato di pubblico servizio al (OMISSIS) e deve ritenersi comune anche al (OMISSIS), posto che entrambi i ricorrenti, sia pur con argomentazioni non del tutto sovrapponibili, contestano la natura pubblica delle societa' nell'ambito delle quali i reati sarebbero stati commessi. I predetti motivi sono infondati, atteso che le due societa' amministrate da (OMISSIS) ( (OMISSIS) e (OMISSIS)), pur essendo formalmente costituite nella forma di enti di diritto privato, erano interamente a capitale pubblico, vedendo quale unico socio il Comune di Parma; in particolare, la (OMISSIS) era la holding che deteneva l'intero capitale sociale della (OMISSIS), ed entrambe perseguivano finalita' pubblicistiche relativamente alla gestione del territorio comunale. I dati salienti ai fini della qualificazione giuridica, pertanto, vanno individuati nella contemporanea presenza di due elementi che tipicamente contraddistinguono gli enti svolgenti - sul piano sostanziale - un'attivita' di tipo pubblicistico e, cioe', la partecipazione esclusiva del capitale pubblico e il perseguimento di una finalita' che rientra nelle competenze proprie dell'ente comunale. Come chiaramente esposto nella sentenza di primo grado (lsi veda pg.42), la (OMISSIS) era partecipata al 100% dal Comune di Parma e costituiva lo strumento organizzativo mediante il quale l'ente locale doveva a sua volta partecipare nelle societa' coinvolte nella trasformazione e gestione del territorio (tra queste la (OMISSIS)). Il complesso sistema fondato sulla costituzione della (OMISSIS) quale holding, cui era demandata la partecipazione alle societa' operative e direttamente coinvolte nella gestione del territorio, pur basandosi su strumenti di natura privatistica, era inequivocabilmente finalizzato al perseguimento di uno degli aspetti qualificanti e centrali nell'attivita' dell'ente comunale, concernente il riassetto del territorio, con la dislocazione su di esso delle diverse attivita' e servizi. L'attivita' che le societa' interessate svolgevano, pertanto, era direttamente funzionale rispetto a quella del Comune e, a ben vedere, tali enti altro non erano che articolazioni esterne dell'ente locale, il quale provvedeva a svolgere la propria attivita' in settori, contigui all'imprenditoria privata, mediante societa' in house. Fatta tale premessa, deve rilevarsi come la mera natura privatistica delle societa' in esame non rileva, di per se', ai fini dell'esclusione della qualifica soggettiva in capo agli amministratori. Sul tema, infatti, la giurisprudenza e' assolutamente constante nel privilegiare il criterio oggettivo-funzionale, in virtu' del quale i soggetti inseriti nella struttura organizzativa e lavorativa di una societa' possono essere considerati pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio, quando l'attivita' della societa' medesima sia disciplinata da una normativa pubblicistica e persegua finalita' pubbliche, pur se con gli strumenti privatistici (Sez.6, n. 19484 del 23/1/2018, Bellinazzo, Rv. 273781; Sez.6, n. 1826 del 27/11/2019, dep.2020, Innocenti, rv. 278125; Sez.6, n. 10780 del 17/11/2020, dep. 2021, Spano, Rv.281083). Con specifico riferimento alle societa' in house si e', anche recentemente, ribadito che riveste la qualifica di incaricato di pubblico servizio il legale rappresentante di una societa' a totalitaria partecipazione pubblica, deputata allo svolgimento di attivita' di pubblico servizio corrispondente a quello affidato all'ente pubblico controllante (Sez.6, n. 37076 del 30/6/2021, Messina, Rv. 282305). Esaminando una fattispecie similare a quella oggetto del presente giudizio, questa Corte ha precisato che riveste la qualifica di incaricato di pubblico servizio il legale rappresentante di una societa' a responsabilita' limitata, interamente controllata da una societa' "in house", deputata all'espletamento di attivita' di carattere tecnico che si pongano in rapporto ausiliario e strumentale rispetto ai compiti pubblicistici perseguiti dalla societa' controllante (Sez.6, n. 58235 del 9/11/2018, Antoniazzi, Rv. 274815). Sulla base di tali precedenti, deve ritenersi non controversa la natura sostanzialmente pubblica delle societa' coinvolte nella vicenda in esame, rispetto alle quali il dato formale della costituzione quali enti di diritto privato e' superato dal dato sostanziale, rappresentato dal fatto che il capitale sociale era integralmente detenuto da un ente pubblico (Comune di Parma) e l'attivita' era statutariamente svolta in favore del predetto, avendo ad oggetto il perseguimento di finalita' aventi natura intrinsecamente pubblica e di competenza dell'ente locale (gestione e riassetto del territorio). A tali considerazioni, occorre aggiungere quanto in seguito si dira' con riferimento ai fatti relativi alla concessione per l'area "(OMISSIS)", li' dove emerge ictu oculi, come la (OMISSIS) e la (OMISSIS) operino in attuazione delle finalita' di gestione del territorio dell'ente comunale, provvedendo a realizzare gli obiettivi dell'ente, sia pur utilizzando i piu' duttili strumenti del diritto privato, ma senza che cio' escluda la rilevanza pubblica dell'attivita' svolta. 7. In ragione della stretta correlazione tra la questione relativa alla qualifica soggettiva e l'imputazione formulata al capo 8), appare opportuno anticipare l'esame dell'ottavo motivo di ricorso formulato nell'interesse di (OMISSIS). Deve altresi' precisarsi che il sesto motivo, concernente la ritenuta qualificazione in termini di abuso d'ufficio delle ipotesi di peculato contestate, puo' essere vagliata congiuntamente all'esame dei motivi specificamente dedicati a ciascun reato, pur dovendosene fin da ora evidenziare l'infondatezza. 7.1. Al ricorrente si contesta il reato di peculato, commesso distraendo fondi della (OMISSIS) per indennizzare la societa' "(OMISSIS)" in relazione alla revoca anticipata della concessione riguardante un"area che, nel frattempo, veniva acquistata dalla (OMISSIS), nell'ambito di una complessiva opera di riassetto territoriale. Per l'esame del motivo e' imprescindibile il sintetico richiamo agli elementi di fatto, definitivamente accertati nelle sentenze di merito, dalle quali emerge che: il Comune di Parma, nell'ambito di un generale progetto di riqualificazione dell'area denominata "(OMISSIS)" ed al fine di consentire la realizzazione di strutture di supporto alla filiera agro-alimentare, cedeva l'area in questione alla (OMISSIS) (societa' interamente partecipata da (OMISSIS), a sua volta interamente partecipata dal Comune); l'area in questione risultava gia' affidata in concessione alla (OMISSIS) s.r.l. (con scadenza nel 2021), sicche' per garantire l'immediata disponibilita' della stessa alla (OMISSIS), si poneva la necessita' di revocare la concessione e indennizzare la concessionaria; l'importo necessario per l'indennizzo veniva reperito da (OMISSIS) che riceveva Euro500.000 da altra societa' partecipata (Metroparma s.p.a.), ma tale somma non poteva essere trasferita ad (OMISSIS), in quanto veniva trattenuta dall'istituto di credito a copertura di una precedente scopertura di conto corrente di (OMISSIS); l'ulteriore somma di Euro400.000 veniva trasferita a (OMISSIS) dal Comune di Parma, con l'accordo del successivo trasferimento alla (OMISSIS) s.r.l. Sulla base di tali elementi di fatto, i giudici di merito hanno ritenuto sussistente il reato di peculato, sottolineando che l'attivita' di finanziamento dell'operazione "(OMISSIS)" non rientrava nell'oggetto sociale della (OMISSIS), inoltre, il debito nei confronti della (OMISSIS) srl non poteva ritenersi sussistente, atteso che la concessione non era stata revocata all'epoca dei versamenti. In ogni caso, il debito derivante dall'indennizzo per la revoca della concessione gravava esclusivamente sul Comune di Parma, sicche' la (OMISSIS) - ed invero anche la (OMISSIS) - non avrebbero avuto motivo di adempiervi. 7.2. Le conclusioni cui sono giunti i giudici di merito non tengono conto di aspetti determinanti e idonei di per se' a condurre all'esclusione della sussistenza del delitto di peculato. In primo luogo, con riferimento alla somma di Euro500.000 pervenuta nelle casse di (OMISSIS) e proveniente da (OMISSIS) s.p.a., si rileva che la stessa - a prescindere da quello che fosse il motivo per cui era stata erogata - e' andata a ripianare uno scoperto di conto corrente di (OMISSIS) e, quindi, la somma ha coperto un credito della societa' che ne ha beneficiato. Risulta del tutto irrilevante, pertanto, che la finalita' della dazione fosse quella di costituire la provvista per indennizzare la societa' (OMISSIS) s.r.l., atteso che, in concreto, il denaro e' stato utilizzato per sanare un debito della (OMISSIS) e, quindi, alcuna distrazione puo' configurarsi, dovendosi ritenere che il denaro e' andato ad esclusivo vantaggio della societa' amministrata dal (OMISSIS). Ne' rileva che l'adempimento del debito della (OMISSIS) sia dipeso dal fatto che l'istituto di credito ha direttamente incamerato la somma confluita sul conto corrente della societa', atteso che "l'involontarieta'" dell'adempimento non muta il dato fattuale e, cioe', che il denaro non puo' sicuramente ritenersi impiegato per esigenze estranee alla (OMISSIS), il che preclude in radice la configurabilita' del peculato. 7.3. La configurabilita' del reato di peculato deve essere esclusa anche in relazione all'ulteriore destinazione della somma di Euro400.000, trasferita dal Comune di Parma alla (OMISSIS), al fine di costituire la provvista per l'indennizzo spettante alla (OMISSIS) s.r.l. I giudici di merito hanno ritenuto che, in tal modo, la (OMISSIS) e la (OMISSIS) si sarebbero fatte carico di un debito eventuale e gravante solo sul Comune di Parma, sempre che quest'ultimo avesse provveduto alla revoca della concessione in favore della (OMISSIS) s.r.l.. Inoltre, si e' sostenuto che l'oggetto sociale della (OMISSIS) non prevedeva affatto di concorrere al finanziamento delle attivita' di gestione del territorio, sicche' l'ingerenza in tale attivita' integrerebbe di per se' una condotta di peculato per distrazione, realizzata mediante l'impiego di fondi per finalita' diverse da quelle consentite. Si tratta di conclusioni che, invero, sono contraddette da una pluralita' di elementi. In primo luogo, si evidenzia come la stessa sentenza di primo grado, nel riportare l'oggetto sociale della (OMISSIS) (si veda pg.127) riconosce che tale societa' si sarebbe dovuta occupare di progettazione di interventi per la trasformazione del territorio, assunzione di partecipazione in altre societa', prestazioni di servizi strumentali e finanziari in favore delle societa' partecipate, acquisizione delle aree e degli immobili interessati agli interventi di trasformazione del territorio e esecuzione di ogni altra operazione attinente o connessa all'oggetto sociale. Orbene, gia' sulla base di tale elencazione (che ricomprende l'acquisizione dei terreni), non pare discutibile che la SU - che peraltro deteneva la partecipazione totalitaria della (OMISSIS) - vedeva tra i propri compiti anche quello di acquisizione delle aree oggetto di trasformazione, risultato perseguibile sia mediante l'acquisto diretto, sia mediante il finanziamento delle societa' controllate che provvedevano alla realizzazione di tali finalita'. In buona sostanza, l'acquisto dell'area del "(OMISSIS)" rientrava appieno nei compiti statutari della (OMISSIS), inserendosi in un progetto di riqualificazione urbana e di realizzazione di servizi per il settore agro-alimentare, il tutto nell'ambito della funzione di programmazione territoriale svolta dal Comune, per il tramite delle societa' controllate. Nelle sentenze di merito, si pone l'accento sul fatto che il reato di peculato si sarebbe consumato per effetto della mera "distrazione" delle somme rispetto alle finalita' ordinarie. In particolare, nella sentenza di appello si da' atto che la convenzione stipulata tra Comune di Parma e (OMISSIS) prevedeva il versamento, da parte dell'ente, della somma di Euro400.000, ma tale obbligazione era assunta al solo fine del cofinanziamento delle attivita' di studio, per la creazione di un piano industriale e per investire nel progetto le risorse finanziarie necessarie alla start-up ed al cofinanziamento progettuale. L'indennizzo per la revoca della concessione, invece, non sarebbe in alcun modo riconducibile a tali voci di cofinanziamento, il che integrerebbe la condotta di peculato, nella misura in cui la (OMISSIS) avrebbe ricevuto dal Comune di Parma l'importo di Euro400.000 destinandolo a finalita' diverse. La tesi non e' condivisibile in punto di diritto. Invero, la giurisprudenza piu' recente ha avuto modo di precisare che il peculato per "distrazione" presuppone in ogni caso che il denaro sia destinato a scopi incompatibili con il perseguimento di finalita' di interesse pubblico. Si e' affermato, infatti, che solo l'utilizzo per finalita' esclusivamente personali ed estranee a quelle istituzionali di denaro pubblico determina la "distrazione" dello stesso, mentre il peculato non e' ravvisabile nei casi in cui l'interesse privato dell'agente e quello istituzionale dell'ente siano sincroni e sovrapponibili, non risultando in alcun modo contrastanti (Sez.6, n. 36496 del 30/9/2020, Vasta, Rv. 280295). Applicando tale principio al caso di specie, e' agevole concludere nel senso che la somma di Euro400.000 - destinata ad indennizzare la (OMISSIS) s.r.l. nel caso di revoca della concessione - e' stata in ogni caso impiegata per una finalita' pubblicistica, ravvisabile per il semplice fatto che la societa' controllata dal Comune di Parma e' andata a predisporre la provvista per poi farsi carico di un debito dell'ente stesso. Nel caso di specie, quindi, lungi dal raffigurarsi un'ipotesi di peculato, pare piu' corretto ritenere che la (OMISSIS) e il Comune di Parma, nell'ambito di una sostanziale comunanza di interessi, hanno perseguito una finalita' pubblicistica, mediante il raggiungimento di un accordo preventivo con la societa' (OMISSIS) s.r.l., finalizzato alla quantificazione dell'indennizzo ed alla predisposizione della necessaria provvista. E' pur vero che, specie nella sentenza di primo grado, si sottolinea la scarsa linearita' del percorso amministrativo, ipotizzando che il versamento da parte del Comune di Parma in favore della (OMISSIS) era finalizzato ad eludere i vincoli di bilancio. Si tratta di una circostanza plausibile che, tuttavia, non incide sull'aspetto penalistico della vicenda. Occorre ribadire, infatti, che la regolarita' contabile attiene esclusivamente al profilo della liceita' amministrativa e puo', eventualmente, determinare una responsabilita' risarcitoria in capo ai pubblici amministratori, senza che ne consegua necessariamente anche una responsabilita' di tipo penale. Ove i fondi pubblici non vengano destinati a finalita' privatistiche, pur se utilizzati in violazione della normativa contabile, il delitto di peculato non puo' configurarsi in quanto viene meno l'elemento tipico dell'appropriazione dei beni o, comunque, della destinazione a finalita' incompatibile con quelle del perseguimento di un interesse di natura pubblicistica. Nel caso di specie, peraltro, non si pone neppure la questione circa la diversa qualificazione del fatto in termini di abuso d'ufficio, pur astrattamente ipotizzabile in base al principio secondo cui l'utilizzo di denaro pubblico per finalita' diverse da quelle previste integra il reato di abuso d'ufficio qualora l'atto di destinazione avvenga in violazione delle regole contabili, sebbene sia funzionale alla realizzazione, oltre che di indebiti interessi privati, anche di interessi pubblici obiettivamente esistenti e per i quali sia ammissibile un ordinativo di pagamento o l'adozione di un impegno di spesa da parte dell'ente, mentre integra il piu' grave reato di peculato nel caso in cui l'atto di destinazione sia compiuto in difetto di qualunque motivazione o documentazione, ovvero in presenza di una motivazione di mera copertura formale, per finalita' esclusivamente private ed estranee a quelle istituzionali (Sez.6, n. 27910 del 23/9/2020, Perricone, Rv. 279677). L'abuso d'ufficio, infatti, presuppone una specifica violazione di legge che non risulta contestata e, in ogni caso, non e' neppure contestato l'ulteriore elemento dell'ingiusto vantaggio derivante dall'atto dispositivo, ne consegue che alcuna utilita' potrebbe avere l'annullamento con rinvio, non potendo una diversa motivazione da parte del giudice d'appello integrare la carenza originaria del capo di imputazione. In conclusione, pertanto, deve affermarsi che il reato di peculato contestato al capo 8) non sussiste, in quanto la condotta addebitata al (OMISSIS) non ha comportato l'utilizzo di fondi pubblici per finalita' diverse ed incompatibili con quelle congiuntamente perseguite dall'ente comunale e dalla (OMISSIS), bensi' si e' trattato del tentativo di ottenere un risultato utile e confacente all'interesse dell'amministrazione che, mediante l'acquisto in capo alla societa' controllata (OMISSIS) dell'area del "(OMISSIS)", intendeva avviare una diversa programmazione territoriale, secondo un legittima e insindacabile scelta in ordine alla gestione del territorio comunale. Rispetto a tale contesto, assume particolare rilievo la natura pubblica riconosciuta alle societa' (OMISSIS) e (OMISSIS), entrambe da considerarsi enti strumentali del Comune. Tale qualificazione impone di valutare le condotte poste in essere per il tramite della (OMISSIS) nell'ambito della piu' ampia azione posta in essere dal Comune che, proprio avvalendosi della (OMISSIS), ha agito nel perseguimento della finalita' pubblicistica. In conclusione, deve affermarsi il principio per cui non integra il delitto di peculato l'utilizzo dei fondi di una societa' interamente partecipata da un ente pubblico che provveda al perseguimento di una finalita' dell'ente medesimo, in quanto non sussiste il requisito dell'appropriazione, ne' della distrazione del denaro per fini privatistici, potendosi al piu' ipotizzare una irregolarita' rilevabile sotto il profilo della responsabilita' contabile, inidonea a dar luogo al reato in esame. In buona sostanza, se una societa' in house si fa carico di un esborso nell'interesse dell'ente che ne detiene l'intero capitale sociale, viene meno il requisito dell'appropriazione, proprio perche' il patrimonio deve ritenersi sostanzialmente comune ed il fine perseguito non e' incompatibile con il l'interesse pubblico. 7.4. Ultimo aspetto meritevole di approfondimento e' quello relativo alla determinazione dell'indennizzo che sarebbe stato corrisposto alla (OMISSIS) s.r.l. che, secondo la tesi recepita in sentenza, sarebbe stato determinato in misura maggiore rispetto al dovuto. Si tratta di un aspetto che, invero, non rileva in relazione al reato di peculato, nella misura in cui l'esercizio della discrezionalita' amministrativa nella individuazione di un accordo con il concessionario non puo' essere censurata al fine di desumere la destinazione del denaro a finalita' diverse da quelle pubblicistiche ne', del resto, si contesta che la presunta maggiorazione dell'indennizzo sia frutto di accordi aventi natura illecita. Considerazioni parzialmente analoghe valgono anche in relazione al fatto che l'indennizzo sarebbe stato, quanto meno in parte, corrisposto ancor prima che intervenisse la revoca della concessione. La sentenza di condanna non valorizza il dato concernente la possibilita' per la pubblica amministrazione di avvalersi di strumenti tipicamente contrattuali, mediante i quali pervenire al medesimo risultato ottenibile con l'esercizio di poteri autoritativi. Premesso che e' incontroverso che il Comune di Parma perseguiva la finalita' di una riqualificazione urbana dell'area precedentemente data in concessione, che la predetta area non poteva essere liberamente utilizzata dall'acquirente ((OMISSIS)) se non dopo la revoca della concessione e che tale atto comportava un consistente indennizzo per la (OMISSIS) s.r.l., rientra nell'ambito della discrezionalita' amministrativa la possibilita' di addivenire ad una revoca della concessione sostanzialmente concordata con il concessionario, risultato che presupponeva l'accordo sull'indennizzo. 8. Il settimo motivo di ricorso proposto da (OMISSIS) e' volto a contestare la sussistenza del peculato di cui al capo 4), avente ad oggetto l'utilizzo della somma di Euro24.000 da parte della (OMISSIS) al fine di remunerare la societa' (OMISSIS) (amministrata di fatto da (OMISSIS)) per prestazioni inesistenti; in tal modo si sarebbe creata la provvista in denaro destinata ad essere convogliata alla (OMISSIS) s.r.l. e da questa alla (OMISSIS) s.r.l., societa' editrice del quotidiano "(OMISSIS)", per far fronte al pagamento degli stipendi dei giornalisti, il tutto al fine di garantire una linea editoriale di supporto al sindaco Vignale. Per contestualita' espositiva, deve essere esaminato anche il secondo motivo di ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS), in quanto afferente al medesimo capo 4) dell'imputazione. I motivi di ricorso sopra indicati risultano fondati. La sentenza di appello approfondisce capillarmente i rapporti esistenti tra (OMISSIS) e i soggetti a vario titolo coinvolti nella gestione del quotidiano (OMISSIS), mentre dedica una motivazione assolutamente stringata alle ragioni da cui avrebbe dedotto la prova dell'inesistenza delle prestazioni aggiuntive svolte dalla (OMISSIS), in occasione del convegno organizzato da (OMISSIS) nel giugno 2010. In sintesi, si afferma che i servizi extra svolti dalla (OMISSIS) sarebbero indicati su un foglio non sottoscritto da (OMISSIS) e non allegato al preventivo prodotto in atti, inoltre, anche l'ulteriore documento recante l'intestazione "budget servizi extra" sarebbe privo di rilevanza, non essendo redatto su carta intestata della (OMISSIS) e contenendo un elenco di voci non corrispondente a quelle indicate nel preventivo (pg.64). A fronte di tale affermazione, la Corte di appello aveva precedentemente affermato (pg.62) che, nel procedimento iscritto a carico di (OMISSIS) - legale rappresentante della (OMISSIS) - per il reato di false fatturazioni, quest'ultima aveva documentato lo svolgimento di servizi accessori ulteriori rispetto a quelli preventivati e riferiti al convegno organizzato nel 2010 (per l'ammontare di Euro21.497,19). La motivazione risulta contraddittoria nella misura in cui sembra escludere in toto lo svolgimento di servizi extra, ma al contempo parrebbe ammettere la sussistenza della prova, quantomeno in parte, della loro esecuzione. E' pur vero che emerge una contestualita' tra il pagamento effettuato da (OMISSIS) a (OMISSIS) e l'emissione della fattura da (OMISSIS) verso (OMISSIS), per l'importo di Euro24.000,00, ma tale dato fornisce un mero elemento indiziario. La sentenza sconta un vizio di fondo e, cioe', quello di aver realizzato una vera e propria inversione dell'onere della prova, richiedendo agli imputati di dimostrare l'effettivo svolgimento dell'attivita' remunerata a titolo di "servizi extra". Invero, in tema di peculato sussiste un consolidato orientamento giurisprudenziale in base al quale non e' configurabile il reato nel caso di mera irregolarita', inadeguatezza o incompletezza dei giustificativi di spesa in relazione ai quali viene effettuata la spendita di denaro pubblico, essendo onere dell'accusa dimostrare - oltre ogni ragionevole dubbio - che la prestazione per la quale si e' ottenuta la remunerazione non e' stata effettuata (da ultimo, Sez.6, n. 11341 del 17/11/2022, dep.2023, Buscemi; Sez.6, n. 21166 del 9/4/2019, Marino, Rv. 276067; Sez.6, n. 40595 del 2/3/2021, Bernardini, Rv. 282742-02). Quanto detto comporta che il giudice del rinvio dovra' rivalutare il fatto verificando la sussistenza di una prova certa del mancato svolgimento dei servizi extra, che la (OMISSIS) sostiene di aver eseguito in occasione del convegno del giugno 2010, non essendo sufficienti le mere carenze documentali descritte in sentenza. Si tratta di un accertamento che, evidentemente, non puo' fondarsi unicamente sul presupposto secondo cui (OMISSIS) era interessato a far pervenire a (OMISSIS) la somma di denaro necessaria per il pagamento degli stipendi, ma richiede la verifica se le prestazioni che (OMISSIS) sostiene di aver svolte e che, secondo l'impostazione difensiva sarebbero indicate nella nota recante l'intestazione "servizi extra", siano state effettivamente eseguite o meno. Nel compiere tale valutazione, il giudice del rinvio dovra' necessariamente confrontarsi anche con la documentazione prodotta da (OMISSIS) nel procedimento svolto a suo carico e concluso con l'archiviazione, dalla quale - per quanto gia' affermato nella sentenza impugnata - risulterebbe lo svolgimento, quanto meno in parte, dei predetti "servizi extra". 9. Il nono motivo di ricorso proposto da (OMISSIS), nonche' i primi tre motivi del ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS), riguardano il peculato contestato al capo 10), li' dove si assume che (OMISSIS) sarebbe stato remunerato mediante il conferimento dell'incarico fittizio concernente la consulenza giornalistica, in occasione di un convegno organizzato dalla societa' (OMISSIS) nel 2009. Mediante tale incarico fittizio, il (OMISSIS) sarebbe stato remunerato per l'attivita' svolta nell'interesse personale del sindaco (OMISSIS), consistita nella gestione della pagina facebook, nella cura della sua "figura" e nella direzione dell'ufficio stampa. La sentenza impugnata sconta un vizio di fondo che ne fa ritenere la manifesta contraddittorieta', nella misura in cui si ritiene accertato il conferimento di un incarico fittizio nel 2009, cui sarebbero seguite - ma solo a distanza di alcuni mesi - delle prestazioni professionali erogate dal (OMISSIS) in favore del Sindaco. Invero, anche integrando la sentenza di appello con la lettura di quella di primo grado, emerge che i giudici di merito avrebbero desunto la natura fittizia dell'incarico da plurime intercettazioni, dalle quali emergeva che (OMISSIS) doveva occuparsi di seguire l'ufficio stampa del Sindaco e della pagina facebook, ma tali intercettazioni partono dall'aprile del 2010 e, quindi, molto dopo lo svolgimento del convegno nel 2009 per il quale (OMISSIS) aveva svolto la sua attivita' professionale. Nella sentenza di primo grado (p.131) si afferma che (OMISSIS) doveva svolgere il ruolo di capo ufficio stampa del Comune e che si era gia' trasferito a Parma, ma che vi furono problemi per formalizzare l'incarica, ragion per cui il Sindaco avrebbe fatto in modo che la (OMISSIS) (altra partecipata del Comune), conferisse al (OMISSIS) l'incarico di gestione della newsletter del Comune, per poi aggiungere che, in concreto, il predetto gestiva la pagina facebook del Sindaco. La sentenza di primo grado, avendo ritenuto la natura fittizia degli incarichi conferiti al (OMISSIS) nel 2010, desume che anche l'incarico dato nel 2009 ed oggetto della contestazione in esame dovrebbe ritenersi fittizio, sostenendo anche il contestuale svolgimento, in modo pressocche' esclusivo, di attivita' in favore del Sindaco (pg.137). La tesi della natura fittizia dell'incarico, invero, presuppone l'accertamento in concreto delle attivita' che (OMISSIS) avrebbe svolto nell'esclusivo interesse del Sindaco, in un periodo compatibile con quello in cui vi sarebbe stata l'organizzazione e lo svolgimento del convegno della (OMISSIS). Dall'esame delle sentenze impugnate, invece, non risulta chiaramente quale tipo di attivita' (OMISSIS) avrebbe svolto in favore del Sindaco in epoca antecedente al 2010, sicche' risulta una sfasatura temporale tra la presunta indebita retribuzione e lo svolgimento di prestazioni professionali che, a tutto voler concedere, sarebbero iniziate con certezza a distanza di diversi mesi. La sentenza, inoltre, non fornisce alcuna effettiva risposta al motivo di appello proposto nell'interesse del (OMISSIS) li' dove si chiedeva che fosse valutato il fatto che il ricorrente aveva locato un immobile a Parma in epoca coeva all'organizzazione del convegno e che risultavano plurimi biglietti ferroviari attestanti i viaggi del ricorrente (residente a Roma) verso la predetta citta'. Invero, tali dati potrebbero essere svalutati rispetto alla tesi difensiva solo indicando quali sarebbero le ragioni alternative - specifiche e non genericamente intese - che avrebbero indotto il (OMISSIS) a sostenere delle spese per recarsi e soggiornare a Parma. In definitiva, la motivazione della sentenza impugnata risulta carente nella misura in cui afferma la natura fittizia dell'incarico conferito dalla societa' (OMISSIS) nel 2009, sul presupposto che la remunerazione era riferita ad altre prestazioni professionali svolte in favore del Sindaco, pur non specificando quali attivita' il (OMISSIS) avrebbe realizzato fin dal 2009. Pur a volter ipotizzare che la remunerazione riferita al 2009 fosse una sorta di anticipo rispetto alle prestazioni che (OMISSIS) sarebbe stato chiamato a svolgere nel 2010, la motivazione risulta ugualmente carente nella misura in cui non indica le ragioni per cui si dovrebbe ritenere provato tale accordo. 9.1. Infine, deve rilevarsi la fondatezza dell'ulteriore doglianza sollevata dal (OMISSIS) in ordine al vizio motivazionale concernente l'esatta individuazione dell'oggetto dell'incarico di consulenza conferito dalla societa' (OMISSIS). A fronte dell'osservazione contenuta in sentenza, secondo cui difetterebbe la prova documentale della prestazione lavorativa del (OMISSIS), quest'ultimo ha eccepito che la consulenza "giornalistica" consisteva nello svolgimento di pubbliche relazioni istituzionali, attivita' riservata agli iscritti all'ordine dei giornalisti e consistente principalmente nella divulgazione dell'iniziativa convegnistica e nel garantire la copertura mediatica dell'evento. Sulla base di tale presupposto, il ricorrente sostiene che la sua attivita' non era destinata a produrre documentazione che, di conseguenza, non poteva essere prodotta in giudizio. La dimostrazione dell'avvenuta esecuzione della prestazione professionale poteva essere dedotta esclusivamente dal fatto che lo svolgimento del convegno era stato oggetto di plurimi articoli di stampa, da ritenersi frutto dell'attivita' di sensibilizzazione svolta dal (OMISSIS). In quest'ottica, i giudici di merito avrebbero errato nel ritenere che l'opera consisteva nel predisporre la "rassegna stampa" avente ad oggetto il convegno, omettendo di considerare che la consulenza giornalistica era rivolta a far in modo che gli organi di stampa si occupassero del convegno organizzato dalla (OMISSIS). Rispetto a tale prospettazione, la sentenza impugnata non offre alcuna risposta, limitandosi a ritenere che la "consulenza giornalistica" non poteva consistere nella mera collazione della rassegna stampa. Invero, sarebbe stato necessario l'esame, in concreto, del contenuto dell'incarico assegnato a (OMISSIS), al fine di stabilire se questo potesse avere la portata e l'oggetto descritto dal ricorrente, non comportante per la sua esecuzione la necessaria predisposizione di elaborati documentali. In conclusione, si ritiene che la sentenza impugnata sia pervenuta alla conferma della condanna del (OMISSIS) e del (OMISSIS) sulla base di un presupposto non adeguatamente motivato e, cioe', che la vicenda si inserirebbe nell'ambito di un accordo per attribuire a (OMISSIS) la remunerazione per attivita' svolte a favore del Sindaco e non dell'ente conferente. Il giudice del rinvio dovra' verificare l'effettiva esistenza di tale accordo, costituendo il presupposto logico da cui desumere la mancata esecuzione della prestazione pattuita in favore della (OMISSIS), valutando anche la tempistica di svolgimento dei fatti e la circostanza che, secondo la prospettazione accusatoria, la cura della figura personale del Sindaco sarebbe avvenuta in epoca di molto successiva rispetto al novembre 2009 (apertura e gestione pagina facebook). In relazione a tale aspetto, inoltre, occorrera' motivare in merito alle ragioni della presenza di (OMISSIS) a Parma in un periodo temporale compatibile con lo svolgimento del convegno, verificando quali sarebbero state le diverse attivita' che avrebbero giustificato tale presenza. Ulteriore approfondimento motivazionale dovra' essere volto a stabilire in maniera puntuale il contenuto dell'incarico conferito dalla (OMISSIS) a (OMISSIS) e la possibilita' che la prestazione professionale possa essere stata svolta anche senza che desse luogo ad una produzione documentale direttamente riferibile a (OMISSIS). 10. Il decimo e dodicesimo motivo di ricorso formulati nell'interesse di (OMISSIS) possono essere esaminati congiuntamente, proponendo questioni del tutto similari concernenti l'attribuzione di incarichi fittizi di consulenza in favore di (OMISSIS) (capo 10) e (OMISSIS) (capo 18). Entrambi i motivi di ricorso si risolvono in generiche censure alla motivazione della sentenza impugnata, senza confrontarsi con gli specifici elementi di prova addotti a sostegno. In particolare, per quanto riguarda la posizione del (OMISSIS), e' emblematico quanto osservato in ordine alla circostanza che il vicepresidente di (OMISSIS) - societa' in cui favore si sarebbe dovuto svolgere il rapporto di consulenza - ha riferito di non aver avuto modo di rilevare alcun apporto lavorativo da parte del predetto. Considerazioni analoghe valgono in relazione a (OMISSIS), rispetto al quale la Corte di appello ha stigmatizzato l'inesistenza della benche' minima traccia di attivita' prestata in favore della (OMISSIS), quanto meno nel periodo successivo al novembre 2009, nonostante questi avesse percepito un reddito, oltre all'utilizzo gratuito di un appartamento sito in Parma fino a ottobre 2010. Corretta risulta la qualificazione giuridica in termini di peculato, anziche' di abuso d'ufficio, posto che con riguardo alle ipotesi in esame risulta l'utilizzo di denaro pubblico per remunerare prestazioni non eseguite, con l'unica finalita' evidentemente di natura privatistica - di garantire ai soggetti in questione un reddito. Ne consegue che la condotta distrattiva si e' tradotta in un vero e proprio utilizzo del denaro uti dominus, non potendosi individuare alcuna concorrente ragione di natura pubblicistica che potesse giustificare gli esborsi. 11. L'undicesimo motivo di ricorso proposto dal (OMISSIS), relativo al peculato commesso mediante l'utilizzo della carta di credito (capo 17) e' fondato. Al ricorrente si imputa di aver utilizzato la carta di credito della societa' (OMISSIS) per effettuare spese personali non meglio individuate. La sentenza impugnata motiva la conferma della condanna evidenziando come (OMISSIS) non avrebbe adeguatamente documentato le spese sostenute con la carta di credito, ne' la loro riconducibilita' ad attivita' collegata alle funzioni svolte nell'ambito della (OMISSIS). La Corte di appello richiama il principio affermato da questa Sezione, secondo cui la prova dell'indebito utilizzo della carta di credito concessa per effettuare spese istituzionali puo' desumersi, quanto meno a livello indiziarlo, dalla omessa o insufficiente rendicontazione delle spese sostenute dal pubblico agente, di cui non si fornisca una puntuale giustificazione neppure in sede processuale, atteso che tale condotta e' altamente sintomatica dell'avvenuta appropriazione (Sez.6, n. 12087 del 4/3/2020, De Angeli, Rv. 278874). Il principio, tuttavia, non e' stato correttamente applicato, nella misura in cui si e' omesso di considerare che la mancata rendicontazione costituisce esclusivamente un singolo elemento indiziario, rispetto al quale occorre necessariamente l'acquisizione di ulteriori dati idonei a fornire quel quadro dotato dei requisiti di inequivocita' e gravita' richiesto dall'articolo 192 c.p.p. Tanto cio' e' vero che, proprio nel precedente sopra richiamato, la conferma della sussistenza del reato era conseguita alla verifica di ulteriori elementi che, uniti alla mancata rendicontazione, consentivano di ritenere provato il peculato. Non e' corretto, inoltre, sottolineare che l'imputato non avrebbe fornito giustificazione delle spese sostenute neppure in sede processuale, posto che in tal modo si introduce una non consentita inversione dell'onere probatorio. L'iter accertativo, invece, avrebbe dovuto prendere le mosse dall'esame delle singole voci di addebito relative all'utilizzo della carta di credito" con conseguente onere per la pubblica accusa di verificare luogo, modalita' ed occasione in cui la spesa era stata sostenuta e la riconducibilita' o meno ad esigenze istituzionali. Applicando il principio di diritto elaborato con riferimento a diversa fattispecie, deve ritenersi che la prova dell'indebito utilizzo della carta di credito concessa per effettuare spese istituzionali grava sull'accusa, cui spetta la dimostrazione dell'appropriazione di ciascuna somma di denaro di provenienza pubblicistica e del suo indebito utilizzo per finalita' diverse da quelle consentite, ovvero per il soddisfacimento di un interesse meramente privatistico, potendo a tal fine utilizzarsi la prova indiziaria solo se la tipologia delle spese sia di per se' inequivocabilmente incompatibile con l'espletamento dell'incarico pubblico (si veda Sez. 6, n. 11341 del 17/11/2022, dep. 2023, Buscemi; Sez. 6, n. 21166 del 9/4/2019, Marino, Rv. 276067). Quanto detto comporta il necessario preventivo accertamento delle singole voci di spesa, dovendosi distinguere tra le spese ontologicamente incompatibili con le finalita' istituzionali dell'ente, che integrano di per se' una distrazione punibile, e le spese di natura ambivalente, astrattamente compatibili sia con dette finalita', sia con il soddisfacimento di un interesse esclusivamente personale dell'agente, le quali integrano il reato solo ove la pubblica accusa dimostri che le stesse siano state effettuate non gia' in correlazione con eventi di promozione dell'ente, bensi' per il soddisfacimento di un interesse meramente privatistico (Sez.6, n. 2226 del 13/11/2019, dep. 2020, Schiavone, Rv. 273217). Anche in relazione a tale imputazione, pertanto, deve disporsi l'annullamento con rinvio. 12. Alla luce di tali considerazioni, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio in relazione al capo 8), essendosi accertato che il fatto non sussiste. Per quanto concerne, invece, i capi 4), 10) e 17), la sentenza deve essere annullata con rinvio, dovendo il giudice di merito rivalutare le segnalate carenze concernenti l'accertamento in punto di fatto dei presupposti dei reati contestati. I restanti motivi proposti da (OMISSIS) devono essere rigettati, sicche' il giudice del rinvio dovra' procedere alla rideterminazione del trattamento sanzionatorio con riguardo alle ipotesi di reato per le quali si e' formato il giudicato. I motivi sollevati dai ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS) e non oggetto di espresso accoglimento devono ritenersi assorbiti; in particolare, per quanto attiene alle doglianze concernenti il trattamento sanzionatorio, le questioni sollevate andranno decise dal giudice del rinvio nel caso di conferma delle statuizioni di condanna. L'accoglimento, sia pur parziale, dei motivi di ricorso, giustifica la compensazione delle spese nei confronti della parte civile. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al capo 8) perche' il fatto non sussiste. Annulla la sentenza impugnata limitatamente ai capi 4, 10 e 17 con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte di appello di Bologna. Rigetta il ricorso di (OMISSIS) nel resto. Compensa le spese di costituzione di parte civile per il grado.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ZAZA Carlo - Presidente Dott. PEZZULLO Rosa - rel. Consigliere Dott. MASINI Tiziano - Consigliere Dott. PISTORELLI Luca - Consigliere Dott. CANANZI Francesco - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS) nato a (OMISSIS); (OMISSIS) nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 08/02/2021 della CORTE APPELLO di BOLOGNA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere ROSA PEZZULLO; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FRANCESCA CERONI che ha concluso chiedendo: l'inammissibilita' di entrambi i ricorsi; udito il difensore; L'avv, (OMISSIS) chiede l'inammissibilita' del ricorso, conferma delle statuizioni civili e deposita conclusioni scritte e nota spese delle quali chiede la liquidazione. L'avv. (OMISSIS), richiamata la memoria gia' depositata, chiede l'inammissibilita' del ricorso e deposita conclusioni scritte e nota spese delle quali chiede la liquidazione. L'avv. (OMISSIS) si riporta integralmente ai motivi e ne chiede l'accoglimento; L'avv. (OMISSIS) espone i motivi di gravame ed insiste per l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 8.2.2021, la Corte di Appello di Bologna ha parzialmente riformato le sentenze emesse dal Tribunale di Bologna in data (OMISSIS) e (OMISSIS) - di cui ai due procedimenti riuniti in appello (r.g. n. i (OMISSIS) e (OMISSIS)) nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS): - dichiarando, quanto a (OMISSIS), non doversi procedere nei confronti del medesimo in ordine al delitto di bancarotta preferenziale perche' estinto per prescrizione, confermando la pena a lui inflitta di anni due e mesi 4 di reclusione per il restante delitto a lui ascritto e riducendo la pena accessoria dell'inabilitazione all'esercizio di un'impresa commerciale e dell'incapacita' all'esercizio di uffici direttivi presso qualsiasi impresa ad anni 3; - rideterminando, quanto a (OMISSIS), la pena - riuniti i reati dal vincolo della continuazione e ritenute le concesse attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti - in anni 5 di reclusione, riducendo la pena accessoria dell'inabilitazione all'esercizio di un'impresa commerciale e dell'incapacita' all'esercizio di uffici direttivi presso qualsiasi impresa ad anni 6; - con condanna di entrambi alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili. 1.1. Gli imputati, in particolare, hanno riportato condanna, per quanto ancora rileva in questa sede: - (OMISSIS) e (OMISSIS), per il delitto di bancarotta fraudolenta (proc. r.g. n. (OMISSIS)) di cui alla L.Fall., articolo 110 c.p. e articolo 216, comma 1, n. 1 per avere, il (OMISSIS), in qualita' prima di presidente del consiglio di amministrazione e poi di amministratore delegato e, il (OMISSIS), in qualita' di consigliere e amministratore della societa' "(OMISSIS) s.r.l.", dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Bologna del (OMISSIS), distratto dalla cassa della societa' ingenti somme di denaro, pur essendo la societa' in grave stato di difficolta' economica, che versavano a titolo di finanziamento infruttifero per oltre Euro 4.100.000,00, senza data di restituzione e sprovvisto di qualsiasi garanzia, alle societa' controllate: (OMISSIS) s.r.l., (OMISSIS) s.r.l. e (OMISSIS) s.r.l. (la societa' (OMISSIS) s.r.l., pur avendo ad oggetto principale lo svolgimento di attivita' immobiliare, rivestiva il ruolo di holding di un gruppo legato al settore della pallacanestro bolognese, partecipando al capitale delle tre suddette societa' rispettivamente per il 56% e per il 99%); - (OMISSIS), altresi', per i reati (proc. r.g. n. 15100/2013) di cui alla L.F., articolo 223 comma 1, articolo 216 comma 1 n. 1 e 2 e comma 3, articolo 219 comma 1 e 2 quale presidente del C.d.A. prima e amministratore unico della "103 Societa' Sportiva Dilettantistica R.L." (gia' (OMISSIS) s.r.l.), dichiarata fallita con sentenza 12.9.2012, per avere: effettuato pagamenti preferenziali in favore di alcuni creditori non privilegiati, tra cui la controllata So.Ge.Ma Fortitudo, 13 fornitori, nonche' istituti di credito (capo 1); distratto e/o occultato beni vari, tra cui telefoni cellulari, PC, mobili di ufficio e altri beni (capo2); tenuto i libri e le altre scritture contabili in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della societa' e, a partire dal bilancio chiuso al (OMISSIS), occultato la reale entita' dei debiti tributari maturati verso l'erario e le reali perdite di esercizio, alterando cosi' i risultati di esercizio (capo 3); concorso a cagionare il dissesto della societa', commettendo uno dei fatti previsti dall'articolo 2621 c.c., cessando di pagare i debiti tributari e previdenziali, accumulando un'esposizione debitoria rilevante che occultava in parte nei bilanci consentendo il prosieguo nell'attivita' (con debiti verso l'erario passati da 2 milioni di Euro nel 2009 ad oltre 5 milioni di Euro) (capo 4). 2. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), con atto a firma dell'Avv. (OMISSIS), affidando le proprie censure a due motivi, con i quali deduce: 2.1. con il primo motivo, il vizio di violazione di legge in relazione alla L.F., articoli 216 - 223 e 217 224 per avere la Corte territoriale, quanto al capo 1), ritenuto che il (OMISSIS), agi' con intento antidoveroso nell'effettuare pagamenti ai chirografari, laddove egli ha operato come patron della (OMISSIS), pagando quanto era imprescindibile per consentirle di sopravvivere nella sua dimensione sportiva; invero, l'imputato ha inteso pagare quei creditori indispensabili affinche' la squadra giocasse, in quanto se non li avesse pagati il campo da gioco sarebbe divenuto inaccessibile ed il club sarebbe stato penalizzato ed escluso dal campionato; tale fattispecie e' dunque inquadrabile nell'ipotesi di bancarotta semplice, dovendosi attribuire all'imputato operazioni di grave imprudenza per ritardare il fallimento; inoltre, al capo 3) e' stata addebitata al ricorrente la bancarotta fraudolenta documentale, ma non risulta enucleato l'elemento psicologico del dolo specifico in relazione alla tenuta caotica della contabilita' e comunque tale imputazione dovra' refluire in quella di bancarotta semplice ex articolo 217 L. Fall.; in merito, poi, al capo 4) al ricorrente, viene addebitato anche il fatto di avere cagionato il dissesto della societa', ma, nel caso di specie, invece, rileva l'assoluta assenza della volonta' di cagionare il dissesto, come gia' si ricava dalla motivazione della sentenza del primo giudice, laddove riporta la testimonianza del Dott. (OMISSIS) - curatore fallimentare della societa'; in merito, poi, al capo unico riguardante il Fall.to (OMISSIS), ad oggi, non esiste una disciplina legislativa in materia penai-fallimentare avente ad oggetto i gruppi di imprese ed i vantaggi compensativi, ma rilevanti sul tema risultano essere i principi di legittimita', secondo cui, nell'ambito di asserite condotte distrattive, una condotta di diminuzione patrimoniale senza apparente corrispettivo deve essere valutata in un'ottica di gruppo, non configurandosi il reato qualora si riesca a dimostrare, ex ante, che i benefici indiretti per la societa' fallita siano idonei a compensare gli effetti negativi, rendendo l'operazione, di fatto, neutra per i creditori; inoltre, la condotta in questione non e' ricoperta dal necessario elemento soggettivo qualora il soggetto agente abbia operato nella rappresentazione e volizione di un vantaggio compensativo in termini di gruppo, idoneo ad escludere la sussistenza del dolo nel caso di specie; gli esiti delle istruttorie dibattimentali dei due processi lasciano intendere con una visione di insieme che in verita' avevano lo scopo unico ed evidente era quello di sostenere la societa' (OMISSIS); i contributi di (OMISSIS) s.r.l. nei confronti delle controllate erano volti alla realizzazione del progetto " (OMISSIS)", investimento che sarebbe andato a beneficio dell'intero gruppo, dal momento che ogni societa' ne avrebbe assunto un ruolo ben preciso; i finanziamenti erogati da (OMISSIS) s.r.l. alle societa' partecipate sarebbero stati ampiamente compensati dagli utili derivanti dalla gestione della prestigiosa squadra e della nuova struttura sportiva che era in progetto, sicche' il comportamento dell'imputato va ritenuto solo colposo, per avere operato con una cosciente e censurabile imprudenza. 2.2. con il secondo motivo, il vizio di motivazione in merito al trattamento sanzionatorio, per avere la Corte territoriale richiamato gli stessi identici presupposti, sia per assumere la pena base, ben superiore al minimo (4 anni e 4 mesi), sia per contrattare l'espansione delle concesse attenuanti generiche, di guisa che anche laddove permanessero stabili le contestazioni come formulate, tale trattamento deve essere rivisto, dovendo il giudice motivare esplicitamente sulle ragioni che hanno determinato i giudici di merito a discostarsi dalla soglia minima della sanzione; inoltre le concesse attenuanti generiche non risultano affatto giustificate nell'essere state notevolmente limitate nell'incidenza detrattiva. 3. Avverso la predetta sentenza ha altresi' proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), in relazione all'unico reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale relativo alla societa' (OMISSIS) s.r.l. con atto a firma dell'Avv. (OMISSIS), affidando le proprie censure a tre motivi, con i quali deduce: 3.1.con il primo motivo, il vizio di motivazione in punto di elemento soggettivo e in ordine alla posizione dell'imputato nella societa' fallita e al ruolo da questi svolto, nonche' in ordine alla ritenuta consapevolezza degli elementi costitutivi del presunto illecito fallimentare nonche' il vizio di violazione di legge per inosservanza ed erronea applicazione della L.F., articolo 216 e articolo 40 c.p.; invero, gia' con l'atto di appello la difesa evidenziava il ruolo meramente esecutivo del (OMISSIS) e che le dazioni alle societa' controllate erano da considerarsi investimenti, laddove il primo giudice aveva omesso di effettuare una compiuta ricostruzione dell'effettivo ruolo dell'imputato, dedicando a tale aspetto unicamente brevi considerazioni, tra cui quella del ruolo di amministratore esecutivo di (OMISSIS) e di amministratore unico di altre societa' del gruppo avallando ogni decisione del (OMISSIS); in realta' il (OMISSIS) non era dotato di effettiva potesta' decisionale all'interno della fallita, svolgendo un ruolo equiparabile a quello di mero dipendente, sicche' era assolutamente improprio affermare che vi fosse, per le decisioni assunte, un "avallo" da parte dello stesso, perche' le decisioni venivano prese dal (OMISSIS), il quale era l'unico soggetto che sostanzialmente agiva nel processo decisionale della societa' (OMISSIS) s.r.l. e delle altre societa' del gruppo; l'imputato non avrebbe potuto discostarsi dalle decisioni del (OMISSIS) e impropriamente gli e' stata attribuita una responsabilita' penale diretta quando al piu', in virtu' della posizione formale ricoperta, potevano essergli contestate ai sensi dell'articolo 40 c.p. le condotte distrattive oggetto di imputazione; la Corte territoriale ha omesso di considerare le deduzioni svolte dall'imputato in appello, limitandosi a sostenere che l'imputato avrebbe potuto opporsi alle decisioni del (OMISSIS), senza tenere in alcuna considerazione i segnali positivi che facevano ritenere al (OMISSIS) una corretta gestione della societa', nonche' gli elementi evidenziati nelle osservazioni del consulente tecnico di parte circa la fattibilita' e la buona riuscita del Progetto (OMISSIS), con una valutazione ex ante; la motivazione della sentenza impugnata in definitiva che non ha tenuto conto delle deduzioni difensive si e' dunque tradotta in una motivazione apparente sotto il profilo soggettivo del reato ascritto all'imputato; 3.2. con il secondo motivo, i vizi di violazione di legge e di motivazione in relazione alla ritenuta natura distrattiva delle operazioni infragruppo, in relazione all'erronea applicazione dell'articolo 2634 c.c., comma 3, in combinato disposto con la L.F., articoli 216 e 223 invero, la Corte territoriale non ha tenuto conto - cosi' facendo non corretta applicazione della teoria dei cd. vantaggi compensativi- che gli investimenti effettuati, nel corso degli anni, nelle societa' controllate e sottoposte al controllo e direzione di (OMISSIS) s.r.l., nell'interesse della societa' fallita e del gruppo, erano stati eseguiti nell'ottica di un piano commerciale e industriale unitario, intrapreso nel 2007, con piena valutazione della sostenibilita' finanziaria e dei rischi conseguenti, nell'interesse di tutte le societa' coinvolte, cosi' come non ha tenuto conto del fatto che, dal compendio documentale, emerge la chiara prevedibilita' dei vantaggi compensativi; nel caso di specie, la Corte territoriale non solo ha confuso i termini "finanziamenti" e "investimenti", ma ha omesso di vagliare gli elementi dedotti dall'imputato, cosi' fornendo motivazione meramente apparente e omettendo di pronunciarsi sul punto; invero all'epoca dell'investimento " (OMISSIS)" nel 2007, la societa' era fortemente patrimonializzata e, benche' la svalutazione dei crediti avesse portato a una perdita, questa era coperta dalle riserve; inoltre, nel corso del dibattimento e' emerso che l'esposizione della societa' (OMISSIS) s.r.l. in Centrale Rischi era erroneamente e manifestamente superiore alla reale, essendo riportata una posizione debitoria di circa 50 milioni di Euro a fronte di un debito non piu' di pertinenza, in quanto facente riferimento ad un complesso immobiliare ceduto con mutuo accollato dall'acquirente; il primo giudice, dunque, erroneamente ha errato nel ritenere sussistente una situazione di crisi di impresa gia' a partire dell'anno 2009 -trattandosi di conclusione tratta da una erronea analisi dei dati di bilancio e contabili non suffragata da ulteriori dati- e di cio' la Corte territoriale nulla ha ritenuto di motivare limitandosi a richiamare la sentenza del primo giudice; 3.3. con il terzo motivo il vizio di motivazione in merito al trattamento sanzionatorio, per avere la Corte territoriale determinato la pena base in misura superiore al minimo (anni tre e mesi sei di reclusione) senza dar conto della quantificazione in siffatta misura e al di fuori di un congruo riferimento ai canoni di cui all'articolo 133 c.p. 4. In data (OMISSIS), la difesa dell'imputato (OMISSIS), ha depositato motivi aggiunti, con i quali ha dedotto, altresi', l'intervenuta prescrizione del reato di cui al capo 1), non potendo ritenersi che l'aggravante di cui alla L.Fall., articolo 219, comma 1, sia stata contestata anche per la fattispecie di bancarotta preferenziale, con conseguente decorso del termine massimo di-prescrizione di sette anni e sei mesi prima della sentenza di appello e necessita' della rideterminazione della pena. 5. In data (OMISSIS), la parte civile, Curatela fallimentare 103 Societa' sportiva dilettantistica s.r.l., depositato ha fatto pervenire memoria concludendo per l'inammissibilita' o il rigetto del ricorso del (OMISSIS). CONSIDERATO IN DIRITTO I ricorsi sono inammissibili siccome generici e comunque manifestamente infondati, per quanto si dira'. 1. Il ricorso di (OMISSIS) si presenta generico, sia con riguardo alle imputazioni relative al fallimento della societa' 103 (OMISSIS) s.r.l. -gia' (OMISSIS) s.r.l.- sia avverso l'unica imputazione relativa al fallimento "(OMISSIS) s.r.l.". 1.1. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente sviluppa innanzitutto censure avverso l'affermazione di responsabilita' per il reato di bancarotta preferenziale contestata al capo 1) del proc. r.g. n. 15100/2013 relativo al fallimento della "103 Societa' Sportiva Dilettantistica R.L." (gia' (OMISSIS) s.r.l.), evidenziando, con successivo motivo aggiunto, l'intervenuta prescrizione del reato in questione antecedentemente alla sentenza di appello. 1.1.1. Tale ultima eccezione deve ritenersi manifestamente infondata, atteso che per il reato di bancarotta preferenziale in questione il termine massimo di prescrizione non era decorso all'atto della sentenza di appello, con dies a quo al (OMISSIS), data della sentenza di fallimento della societa' 103 Societa' Sportiva Dilettantistica r.l. Infatti, all'imputato risulta contestata per tale reato- come per tutte le ulteriori imputazioni di bancarotta ascrittegli- l'aggravante di cui alla L.Fall., articolo 219, comma 1, disposizione che prevede che "nel caso in cui i fatti previsti negli articoli 216, 217 e 218, hanno cagionato un danno patrimoniale di rilevante gravita', le pene da essi stabilite sono aumentate fino alla meta'", aumento del quale occorre tener conto ai fini dei termini di prescrizione, trattandosi di una circostanza ad effetto speciale. La doglianza secondo la quale per la bancarotta preferenziale in questione non potrebbe ritenersi corretta tale contestazione, in ragione della non eccessiva rilevanza del danno, avrebbe dovuto costituire- a fronte della mancata esclusione di essa nei gradi di merito-(esclusione avvenuta, invece, per il coimputato (OMISSIS), con la sentenza di primo grado del Tribunale di Bologna del (OMISSIS)) oggetto di specifico motivo di appello e quindi di ricorso per cassazione. Pertanto, alla data della pronuncia della sentenza di appello ((OMISSIS)) il termine massimo per il reato in questione all'evidenza non era ancora decorso. Le deduzioni, poi, secondo cui i pagamenti "preferenziali" sarebbero stati effettuati dall'imputato - prima quale presidente del consiglio di amministrazione e, poi, di amministratore delegato- per consentire alla societa' 103 Societa' (OMISSIS) S.R.L. di sopravvivere nella sua dimensione sportiva permettendole di giocare, non si confronta affatto con le puntuali motivazioni della Corte territoriale, che ha messo in risalto come i pagamenti in favore dei creditori chirografari (uno dei quali, la (OMISSIS) s.r.l. riconducibile allo stesso (OMISSIS)) siano stati effettuati quando la societa' era in pieno dissesto, poiche' nel 2009 i debiti fiscali ammontavano, secondo i bilanci, a quantomeno 2 milioni di Euro (mentre, secondo il curatore erano gia' pari a circa 3,6 milioni di Euro) e l'Istituto di Credito Sportivo aveva escusso la fideiussione prestata dal Comune di Bologna per circa 6,4 milioni di Euro, per cui la situazione era tale che la squadra non era stata neppure iscritta al campionato per mancanza di denaro. Inoltre, i pagamenti ai creditori sono stati effettuati ignorando completamente e deliberatamente i creditori privilegiati rimasti poi insoddisfatti all'esito del fallimento, cosi come del tutto insoddisfatti sono rimasti altri creditori chirografari, quale il Comune di Bologna, per un importo di Euro 6.500.000,00. In tale contesto del tutto logica si presenta la conclusione della Corte territoriale, secondo cui, non solo che i pagamenti effettuati non potevano avere alcun risultato utile alla salvaguardia della attivita' sociale e a evitare il fallimento, ormai ineludibile, ma anche che l'imputato ha deliberatamente voluto recare un vantaggio ad alcuni creditori chirografari (tra l'quali una sua societa'), con l'accettazione della certezza di un danno per gli altri creditori, soprattutto quelli privilegiati. Tale valutazione fa corretta applicazione dei principi piu' volte affermati da questa Corte secondo cui ai fini della configurabilita' del reato di bancarotta preferenziale e' necessaria la violazione della "par condicio creditorum" nella procedura fallimentare (elemento oggettivo) e il dolo specifico costituito dalla volonta' di recare un vantaggio al creditore soddisfatto, con l'accettazione della eventualita' di un danno per gli altri (elemento soggettivo), secondo lo schema del dolo eventuale, con la conseguenza che la condotta illecita consiste nell'alterazione dell'ordine, stabilito dalla legge, di soddisfazione dei creditori (Sez. 5, n. 15712 del 12/03/2014, Rv. 260221). Ne consegue che tale finalita' non e' ravvisabile allorche' il pagamento sia volto, in via esclusiva o prevalente, alla salvaguardia della attivita' sociale o imprenditoriale ed il risultato di evitare il fallimento possa ritenersi piu' che ragionevolmente perseguibile (Sez. 5, n. 54465 del 05/06/2018, Rv. 274188). Nella fattispecie, in esame, invece, per tutto quanto evidenziato, non solo e' stato effettuato deliberatamente il pagamento di creditori chirografari -tra cui una societa' facente capo allo stesso imputato- ma non vi era, ne' poteva esservi, all'epoca dei pagamenti alcuna ragionevole previsione di evitare il fallimento, anzi, le modalita' dei pagamenti e i soggetti destinatari lasciano univocamente intendere che proprio in previsione del fallimento (la squadra non era stata neppure iscritta al campionato per mancanza di denaro) siano stati effettuati i pagamenti preferenziali. 1.1.2. Per quanto concerne, poi, le doglianze relative al reato di bancarotta fraudolenta documentale di cui al capo 3) e l'assenza dell'elemento psicologico, neppure in questo caso il ricorrente si confronta con l'iter motivazionale della sentenza impugnata, con il quale e' stato messo in risalto come, sulla base di quanto rilevato dal curatore, l'imputato teneva a partire dal 2009 i libri e le scritture contabili della societa', non solo in modo da non consentire di ricostruire i rapporti patrimoniali e gli affari intercorsi (tanto che la ricostruzione della situazione patrimoniale e finanziaria e' stata effettuata in sede di indagini da apposito consulente nominato dal P.M., che si e' avvalso di documentazione esterna a quella rinvenuta dal curatore), ma abbia anche sistematicamente per ben quattro anni consecutivi occultato nelle scritture e nei bilanci (non tutti depositati) le effettive perdite sociali, nonche' esponendo attivita' non corrispondenti al loro effettivo valore. Da cio' la Corte territoriale, senza illogicita', ha ritenuto che la condotta omissiva, ma anche quella dolosamente attiva (nella parte relativa alla esposizione di attivita' non corrispondenti al valore effettivo) con riferimento alla tenuta delle scritture contabili, integrasse l'elemento oggettivo richiesto dalla L. Fall., articolo 216, perche' i libri e le scritture contabili sono stati tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio. Con tale valutazione la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione dei principi piu' volte espressi da questa Corte, secondo cui, in tema di bancarotta fraudolenta documentale, la norma incriminatrice ingloba in se' ogni ipotesi di falsita', anche ideologica, in quanto e' preordinata a tutelare l'agevole svolgimento delle operazioni della curatela e a proscrivere ogni manipolazione documentale che impedisca o intralci una facile ricostruzione del patrimonio del fallito o del movimento dei suoi affari, considerato che a questo risultato si frappone non solo la falsita' materiale dei documenti, ma anche e soprattutto quella ideologica che fornisce un'infedele rappresentazione del dato contabile (Sez. 5, n. 3115 del 17/12/2010, Rv. 249267). In particolare, la bancarotta documentale "generica", prevista dalla seconda parte della L.Fall., articolo 216, comma 1 n. 2, si realizza con una falsita' ideologica contestuale alla tenuta della contabilita', e cioe' mediante l'annotazione originaria di dati oggettivamente falsi o l'omessa annotazione di dati veri, realizzata con le ulteriori connotazioni modali descritte dalla norma incriminatrice (Sez. 5, n. 5081 del 13/01/2020, Rv. 278321). Inoltre, la modalita' di tenuta della contabilita' da parte dell'imputato non e' stata dalla sentenza impugnata ritenuta ascrivibile ad una negligenza dovuta ad incapacita' o superficialita', bensi', con una precisa volonta' finalizzata a rendere impossibile la effettiva ricostruzione della situazione economico-patrimoniale e delle vicende societarie, di guisa da ravvisarsi non solo il dolo generico richiesto dalla norma, ma anche il dolo specifico di danneggiare icreditori, rendendo pienamente configurabile il reato in contestazione e non gia' quello meno grave di cui alla L.Fall., articolo 217. 1.1.3. Manifestamente infondata risulta, altresi', la deduzione con riguardo al capo 4), circa la carenza della volonta' di cagionare il dissesto attraverso le false comunicazioni sociali richiamate nelle imputazioni. In proposito, la Corte territoriale ha messo in risalto come la volonta' di concorrere a cagionare il dissesto, in atto nel 2009, emerga dal fatto che la societa', gia' insolvente dal 2009, a causa della condotta dell'imputato (il quale teneva a partire dal 2009 i libri e le scritture contabili della societa', in modo da non consentire di ricostruire i rapporti patrimoniali, occultando nelle scritture e nei bilanci le effettive perdite sociali, sia esponendo attivita' non corrispondenti all'effettivo valore, omettendo di pagare i creditori privilegiati e pagando, invece, alcuni crediti chirografari) vedeva drasticamente aggravarsi il dissesto sociale, tanto che i soli debiti verso l'erario, pari a circa 2 milioni di Euro nel 2009 secondo i bilanci (mentre secondo il curatore pari a circa 3,6 milioni di Euro), divenivano circa 5,5 milioni di Euro al momento del fallimento; inoltre, ai debiti verso l'erario, dovevano aggiungersi quelli di altri creditori privilegiati (quasi 500 mila Euro) e quelli dei creditori chirografari per circa 7,5 milioni di Euro (in massima parte del Comune di Bologna). I debiti in questione, secondo la Corte territoriale, risultavano all'evidenza tutti incrementati dalle condotte penalmente rilevanti del (OMISSIS), tese ad occultare l'effettiva situazione sociale, sicche' correttamente la sentenza impugnata ha ritenuto sussistente l'elemento oggettivo del reato di bancarotta impropria da falso in bilancio. Sotto il profilo soggettivo, la Corte territoriale ha fatto poi corretta applicazione dei principi affermati da questa Corte, secondo cui in tema di bancarotta impropria da reato societario di cui all'articolo 2621 c.c., il dolo richiede una volonta' protesa al dissesto, da intendersi non gia' quale intenzionalita' di insolvenza, bensi' quale consapevole rappresentazione della probabile diminuzione della garanzia dei creditori e del connesso squilibrio economico (Sez. 5, n. 50489 del 16/05/2018, Rv. 274449; Sez. 5, n. 42257 del 06/05/2014, Rv. 260356) dolo univocamente ravvisabile nella fattispecie in esame. 1.1.4. Manifestamente infondato si presenta altresi' il motivo di ricorso relativo al fall.to (OMISSIS), con il quale si sostiene che le asserite condotte distrattive oggetto di contestazione avrebbero dovuto essere valutate in un'ottica di un gruppo di societa' ex articolo 2497 c.c., considerando la rappresentazione e volizione di un vantaggio compensativo ex articolo 2634 c.c. In proposito, e' dirimente osservare -anche al fine della genericita' della deduzione- che nessun elemento risulta offerto dall'imputato in merito alla sussistenza di un "gruppo di societa'" ai sensi dell'articolo 2497- bis c.c. (secondo cui "la societa' deve indicare la societa' o l'ente alla cui attivita' di direzione e coordinamento e' soggetta negli atti e nella corrispondenza, nonche' mediante iscrizione, a cura degli amministratori, presso la sezione del registro delle imprese di cui al comma successivo"), al di la' della mera riferibilita' soggettiva di piu' societa' allo stesso imputato. Inoltre, in via dirimente il ricorrente non ha dato conto in alcun modo conto della natura di "vantaggi compensativi" delle ingenti somme di denaro versate alle altre societa' a titolo di finanziamento infruttifero. All'uopo giova richiamare i principi piu' volte affermati da questa Corte, secondo cui in tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, per escludere la natura distrattiva di un'operazione infragruppo, invocando il maturarsi di vantaggi compensativi, non e' sufficiente allegare la mera partecipazione al gruppo, ovvero l'esistenza di un vantaggio per la societa' controllante, dovendo invece l'interessato dimostrare il saldo finale positivo delle operazioni compiute nella logica e nell'interesse del gruppo, elemento indispensabile per considerare lecita l'operazione temporaneamente svantaggiosa per la societa' depauperata (Sez. 5, n. 8253 del 26/06/2015, Rv. 271149; Sez. 5, n. 46689 del 30/06/2016, Rv. 268675; Sez. 5, n. 47216 del 10/06/2019, Rv. 277545). 1.2. Manifestamente infondato si presenta il secondo motivo di ricorso in merito al trattamento sanzionatorio. Ed invero, la Corte territoriale ha dato adeguatamente conto delle ragioni per le quali la pena base e' stata determinata in misura maggiore al minimo, tenuto conto della gravita' del fatto commesso, dei motivi del delinquere, dell'intensita' del dolo, dei precedenti penali e del danno concretamente cagionato ai creditori (cfr. il passivo di circa 38 milioni di Euro quanto al fallimento (OMISSIS)). La circostanza che, poi, siano stati valorizzati tali elementi, anche al fine di operare la riduzione della pena per le generiche in misura limitata, non esclude la correttezza del ragionamento effettuato dalla Corte, ancorato ai parametri dell'articolo 133 c.p. Piu' volte, infatti, questa Corte ha evidenziato come ai fini della determinazione della pena, il giudice puo' tenere conto di uno stesso elemento (nella specie: la gravita' della condotta) che abbia attitudine a influire su diversi aspetti della valutazione, ben potendo un dato polivalente essere utilizzato piu' volte sotto differenti profili per distinti fini, senza che cio' comporti lesione del principio del "ne bis in idem" (Sez. 2, n. 24995 del 14/05/2015 Rv. 264378). Peraltro, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalita' del giudice di merito, che la esercita, cosi' come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli articoli 132 e 133 c.p.; ne discende che e' inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruita' della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, Rv. 259142). 2. Il ricorso del (OMISSIS) del pari e' inammissibile. 2.1. Il primo motivo di ricorso, con il quale l'imputato deduce il suo ruolo meramente esecutivo e di mero "dipendente" nella societa' (OMISSIS) s.r.l., nonche' l'assenza di effettiva potesta' decisionale all'interno della fallita di competenza del (OMISSIS) e' generico, non confrontandosi con la compiuta motivazione resa sul punto dalla sentenza impugnata. Invero, al di la' del ruolo formale rivestito dall'imputato all'interno della societa' (OMISSIS) -di consigliere e amministratore delegato della societa'- la Corte territoriale ha all'uopo messo in risalto come l'imputato, pur avendo un ruolo meno pregnante del (OMISSIS) nella gestione della societa' ed eseguendo le direttive dello stesso, comunque condivideva tali direttive e gli effetti distrattivi delle stesse, sicche' pur potendo opporsi ad esse cio' non faceva. Mancata opposizione ed anzi condivisione di tutte le scelte del (OMISSIS), compresi finanziamenti di cui al capo di imputazione, quale amministratore con pieni poteri, resa ancor piu' evidente quando il collegio sindacale manifestava palesemente la contrarieta' ai finanziamenti. 2.2. Il secondo motivo di ricorso, in merito alla possibilita' di applicare nella fattispecie la teoria dei cd. vantaggi compensativi di cui all'articolo 2634/3 c.c., e' manifestamente infondato e, all'uopo, e' sufficiente richiamare quanto evidenziato sub. 1.1.4. Inoltre, le deduzioni svolte in proposito dall'imputato tendono a sottoporre al giudizio di legittimita' aspetti attinenti alla ricostruzione del fatto e all'apprezzamento del materiale probatorio rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito, con la prospettazione di una lettura soggettivamente orientata del materiale probatorio, alternativa a quella fatta motivatamente propria dal giudice di merito nel tentativo di sollecitare quello di legittimita' ad una rivisitazione degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o all'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei medesimi, preclusa ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., lettera e). 2.3. Generico -e comunque manifestamente infondato- si presenta il terzo motivo di ricorso circa il con trattamento sanzionatorio, per avere la Corte territoriale determinato la pena base in misura superiore al minimo, senza dar conto della quantificazione in siffatta misura e al di fuori di un congruo riferimento ai canoni di cui all'articolo 133 c.p..Invero, la Corte territoriale ha giustificato le ragioni del lieve discostamento della pena base dal minimo edittale, tenuto conto della gravita' del fatto commesso, dei motivi del delinquere, dell'intensita' del dolo e del danno concretamente cagionato ai creditori (cfr. passivo del fallimento (OMISSIS) di circa 38 milioni di Euro) parametri questi del tutto congrui in relazione all'articolo 133 c.p. In ogni caso, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalita' del giudice di merito, che la esercita, cosi' come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli articoli 132 e 133 c.p.; ne discende che e' inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruita' della pena, la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, Rv. 259142). In definitiva, i ricorsi del (OMISSIS) e del (OMISSIS) vanno dichiarati inammissibili con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. (OMISSIS) va altresi' condannato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili, che si liquidano in complessivi Euro 4.000 in favore del fallimento 103 Societa' Sportiva Dilettantistica s.r.l. e in complessivi Euro 7.000 in favore del fallimento (OMISSIS) s.r.l., oltre accessori di legge. P.Q.M. dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Condanna, inoltre, (OMISSIS) alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili, che liquida in complessivi Euro 4.000 in favore del fallimento 103 Societa' (OMISSIS) s.r.l. e in complessivi Euro 7.000 in favore del fallimento (OMISSIS) s.r.l., oltre accessori di legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. VILLONI O. - Presidente Dott. PACILLI - rel. Consigliere Dott. PATERNO' RADDUSA B. - Consigliere Dott. DI NICOLA TRAVAGLINI P. - Consigliere Dott. DI GIOVINE O. - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso l'ordinanza emessa il 4 ottobre 2022 dal Tribunale di Catanzaro; visti gli atti, l'ordinanza e il ricorso; udita nell'udienza camerale del 6 aprile 2023 la relazione fatta dal Consigliere Dott. Giuseppina Anna Rosaria Pacilli; udito il Sostituto Procuratore Generale Dott. Gargiuli Raffaele, che ha concluso chiedendo di rigettare il ricorso; uditi gli avv.ti (OMISSIS), e (OMISSIS), difensori del ricorrente, che hanno chiesto l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza del 4 ottobre 2022 il Tribunale di Catanzaro - Sezione per il riesame delle misure cautelari ha confermato il provvedimento emesso il 2 agosto 2022 dal Giudice per le indagini preliminari della stessa citta', con cui ad (OMISSIS) e' stata applicata la misura cautelare della custodia in carcere in relazione a una estorsione aggravata anche dall'articolo 416 bis.1 c.p.. 2. Avverso l'ordinanza del Tribunale ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'indagato, che ha dedotto i seguenti motivi: 2.1 vizi della motivazione, per avere il Giudice del riesame pronunciato una ordinanza del tutto sovrapponibile al provvedimento applicativo della misura cautelare. Il Tribunale, poi, nel ritenere che la figura e il ruolo del ricorrente venivano in rilievo "nell'appena indicato quadro investigativo", concernente, pero', il delitto associativo, avrebbe trascurato di considerare che il ricorrente non e' indagato per quest'ultimo reato; 2.2 vizi della motivazione, per avere il Tribunale errato nel ritenere che la conversazione tra (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), avvenuta il giorno prima di quella concernente l'odierno ricorrente, facesse riferimento all'estorsione oggetto di quest'ultima conversazione (ossia ai danni di (OMISSIS)) e al ricorrente. Dalla prima conversazione, invece, emergerebbe che (OMISSIS) voleva dimostrare al suo interlocutore la propria capacita' di mantenere i fili delle vicende cittadine e ricordava una vicenda diversa da quella ascritta al ricorrente stesso; 2.3 inosservanza della legge penale e mancanza di motivazione in relazione alla contestata aggravante di cui all'articolo 416 bis.1 c.p. Premesso che l'aggravante ha natura oggettiva ed e' valutabile a carico dei concorrenti sempre che siano stati a conoscenza dell'impiego del metodo mafioso ovvero l'abbiano ignorato per colpa o per errore determinato da colpa, il ricorrente ha dedotto che, nel caso in esame, egli non era l'esecutore materiale del delitto e, quindi, non avrebbe avuto consapevolezza della condotta posta in essere da altri. Dalla conversazione intercettata emergerebbe che egli poco sapesse di consorterie e quant'altro; 2.4 mancanza di motivazione in relazione alla sussistenza della presunzione relativa di pericolosita' del ricorrente a causa della contestazione dell'aggravante di cui all'articolo 416 bis.1 c.p. Il Tribunale avrebbe trascurato di considerare la risalenza dei fatti di reato e la totale lontananza da circa 25 anni del ricorrente da fatti criminosi: elementi, questi, idonei a superare la richiamata presunzione di pericolosita'. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' inammissibile. 2. Il primo motivo e' privo di specificita'. Contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, il Tribunale di Catanzaro non si e' limitato a richiamare il provvedimento impugnato, che ha condiviso, ma ha proceduto ad un vaglio critico delle deduzioni della difesa, pervenendo alla decisione impugnata attraverso una disamina completa ed approfondita delle risultanze processuali. Nel condividere il significato complessivo del quadro indiziario, posto in risalto nell'ordinanza del primo Giudice, il Tribunale ha puntualmente disatteso la diversa ricostruzione prospettata dalla difesa, dando conto delle risultanze offerte dalle intercettazioni, il cui contenuto ha ritenuto "esplicito" e "univocamente comprovante l'ipotesi accusatoria". Giova poi precisare che il Tribunale di Catanzaro, in premessa, ha indicato il quadro in cui si inseriscono le vicende in disamina ma cio' al solo fine di delineare il contesto in cui e' avvenuta l'estorsione addebitata provvisoriamente al ricorrente, senza che da cio' possa trarsi - come invece dedotto dal ricorrente che il menzionato Tribunale abbia inteso inserire il ricorrente nella confederazione di ‘ndrangheta, operante nel territorio cosentino. 3. Anche il secondo motivo del ricorso non coglie nel segno. Secondo il Tribunale, le due intercettazioni, poste a base della ritenuta sussistenza dei gravi indizi a carico del ricorrente, avevano il medesimo oggetto, ossia l'estorsione ai danni di (OMISSIS), effettuata da soggetti contigui al clan degli zingari, i quali, evocando l'appartenenza al clan di Cosenza e la vicinanza a (OMISSIS), avevano creato confusione nella persona offesa, che era gia' vittima di estorsione da parte di (OMISSIS) e aveva consegnato il denaro, temendo che la richiesta provenisse proprio da quest'ultimo. Tale evento aveva adirato (OMISSIS), che ne aveva parlato con (OMISSIS) e (OMISSIS), il quale aveva poi veicolato il messaggio del boss agli zingari, tanto che il giorno successivo si era presentato al cospetto del (OMISSIS) l'odierno indagato, che si era scusato per l'azione improvvida del ragazzo ventenne, che, parlando a nome di quelli di Cosenza, si era fatto consegnare da (OMISSIS) "7 carte", che erano confluite direttamente nelle mani del (OMISSIS). Il Tribunale ha quindi sottolineato che dal compendio delle intercettazioni emergeva che (OMISSIS) era indubbiamente a conoscenza della richiesta estorsiva ed aveva ammesso di avere incassato il provento estorsivo: cio' lo rendeva partecipe del reato e dominus dell'azione delittuosa in ragione del fatto che era stato proprio lui a recarsi al cospetto del boss per rispondere delle condotte dei suoi sottoposti. A fronte di siffatte argomentazioni il ricorrente si e' limitato a svilire il contenuto degli elementi valorizzati dal Tribunale e a prospettare una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito, senza tener conto, pero', che l'insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e' rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge o nella assoluta mancanza, manifesta illogicita' o contraddittorieta' della motivazione, rimanendo "all'interno" del provvedimento impugnato (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, Rv. 270628 - 01, Sez. 6, n. 11194 dell'8/3/2012, Rv. 252178 - 01). 4. Anche il terzo motivo del ricorso e' privo di specificita'. L'aggravante di cui all'articolo 416 bis.1 c.p. e' stata ritenuta sotto il profilo sia del metodo mafioso che dell'agevolazione mafiosa. Il Tribunale ha rimarcato che la richiesta estorsiva era stata realizzata con la carica intimidatoria tradizionalmente riconosciuta alla consorteria mafiosa, implicita nell'evocazione del sodalizio operante sul territorio ("quelli di Cosenza"), e la minaccia velata di azioni ritorsive in caso di mancato pagamento, tale da incutere timore del destinatario, cosi' da integrare l'aggravante sotto il profilo del metodo mafioso. Siffatte argomentazioni sfuggono a ogni rilievo, dovendosi ricordare che la giurisprudenza di legittimita' ha statuito che la circostanza aggravante del cosiddetto "metodo mafioso" e' configurabile anche a carico di un soggetto che non faccia parte di un'associazione di tipo mafioso, ma ponga in essere, nella commissione del fatto a lui addebitato, un comportamento minaccioso tale da richiamare alla mente e alla sensibilita' del soggetto passivo quello comunemente ritenuto proprio di chi appartenga a un sodalizio del genere anzidetto (Sez. 2, n. 38094 del 5/6/2013, Rv. 257065-01; Sez. 1, n. 4898 del 26/11/2008, dep. 2009, Rv. 243346-01); non necessita che sia stata dimostrata o contestata l'esistenza di un'associazione per delinquere, essendo sufficiente che la violenza o la minaccia richiamino alla mente e alla sensibilita' del soggetto passivo la forza intimidatrice tipicamente mafiosa del vincolo associativo (Sez. 2, n. 27548 del 17/05/2019, Rv. 276109 -01; Sez. 2, n. 16053 del 25/03/2015, Rv. 263525 01). 4.1 Deve poi rilevarsi che correttamente l'aggravante e' stata ritenuta sussistente anche sotto il profilo dell'agevolazione. Il Tribunale ha affermato al riguardo che la condotta era volta al raggiungimento di un vantaggio remunerativo illecito, finalizzato al soddisfacimento degli interessi lucrativi e impositivi del clan di riferimento. Il conseguimento del profitto estorsivo da parte dell'indagato indicava di per se' la piena adesione alla condotta delittuosa materialmente posta in essere da altri e, quindi, la configurabilita' dell'elemento soggettivo richiesto per la sussistenza dell'aggravante. 5. Nessun rilievo puo' muoversi all'ordinanza impugnata nemmeno con riguardo alle ritenute esigenze cautelari. Il Tribunale ha non solo richiamato la presunzione relativa di concretezza ed attualita' del pericolo di recidiva, non superata nella specie, non essendo stati forniti elementi specifici positivamente valutabili nel senso di un'attenuazione delle esigenze di prevenzione, ma ha anche evidenziato che il concreto pericolo di reiterazione delle condotte delittuose era desumibile sia dalle modalita' della condotta, che disvelavano la contiguita' del ricorrente al sodalizio mafioso operante nel territorio, sia dalla personalita' dell'indagato, che si rapportava direttamente con il capo clan, spinto da una legittimazione che solo la contiguita' a un contesto mafioso poteva attribuire. Cosi' argomentando, il Tribunale ha fatto corretta applicazione dei principi enunciati da questa Corte (Sez. 5, n. 26371 del 24/07/2020, Rv. 279470 - 01) secondo cui la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia cautelare in carcere, di cui all'articolo 275 c.p.p., comma 3, e' prevalente, in quanto speciale, rispetto alla norma generale stabilita dall'articolo 274 c.p.p., sicche', se il titolo cautelare riguarda i reati previsti dall'articolo 275 c.p.p., comma 3, detta presunzione fa ritenere sussistente, salvo prova contraria, i caratteri di attualita' e concretezza del pericolo. La giurisprudenza di legittimita' ha anche precisato che la regola generale, contenuta nell'articolo 275 c.p.p., comma 3 -bis, secondo cui il giudice, nel disporre la custodia in carcere, deve indicare le specifiche ragioni per cui ritiene inidonea, nel caso concreto, la misura degli arresti domiciliari con le procedure di controllo elettronico, non trova applicazione quando la custodia in carcere venga disposta per uno dei delitti per i quali opera la presunzione relativa di adeguatezza di tale misura, ai sensi del predetto articolo 275, comma 3 (Sez. 2, n. 3899 del 20/01/2016, Rv. 265598- 01; Sez. 2, n. 4951 del 12/01/2016, Rv. 266152-01; Sez. 1, n. 19234 del 22/12/2015, dep. 2016, Rv. 266692-01). 6. Deve aggiungersi che i motivi nuovi non sono consentiti, essendo state dedotte censure non connesse al ricorso originario, quali l'errata identificazione del soggetto indagato, la mancata iscrizione nel registro ex articolo 335 c.p.p. del soggetto attinto da misura cautelare, con conseguente ripercussione sui termini di cui all'articolo 407 c.p.p., o ancora la mancata indicazione della condotta concorsuale del ricorrente. Questa Corte (Sez. 3, n. 2873 del 30/11/2022, Rv. 284036 - 01), infatti, e' ferma nel ritenere che il principio generale delle impugnazioni, concernente la necessaria connessione tra i motivi originariamente proposti e i motivi nuovi, non e' derogato nell'ambito del ricorso per cassazione contro i provvedimenti "de libertate", l'unica diversita' attenendo al termine per la proposizione dei motivi nuovi, che non e' quello di quindici giorni prima dell'udienza, ma e' spostato all'inizio della discussione. 7. La declaratoria di inammissibilita' del ricorso comporta, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonche' - apparendo evidente che egli ha proposto il ricorso determinando la causa di inammissibilita' per colpa (Corte Cost., 13 giugno 2000 n. 186) - della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende a titolo di sanzione pecuniaria. 8. La cancelleria e' onerata degli adempimenti di cui all'articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DI STEFANO Pierluigi - Presidente Dott. COSTANZO Angelo - Consigliere Dott. AMOROSO Riccardo - Consigliere Dott. DI NICOLA T. Paola - Consigliere Dott. SILVESTRI Pietro - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: 1. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 2. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 3. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Venezia il 15/04/2021; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere, Dott. SILVESTRI Pietro; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale che ha chiesto il rigetto dei ricorsi; lette le conclusioni dell'avv. (OMISSIS), difensore di (OMISSIS) e (OMISSIS), che ha chiesto l'annullamento della sentenza impugnata; lette le conclusioni dell'avv. (OMISSIS), difensore di (OMISSIS), che ha chiesto l'annullamento della sentenza impugnata. RITENUTO IN FATTO 1. La Corte di appello di Venezia, in riforma della sentenza di primo grado, ha confermato la sentenza con cui (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) sono stati condannati per i reati di falso ideologico in atto pubblico (capo B, in esso assorbito il delitto di abuso d'ufficio di cui al capo a) e di truffa aggravata (capo C) quanto ai fatti commessi successivamente al 29.7.2013, ma ha dichiarato l'estinzione per prescrizione dei reati commessi dal 17.4.2012 al 29.7.2013. (OMISSIS), commissario della polizia locale di Padova, in servizio presso il reparto procedure sanzionatorie, (OMISSIS), vice commissario in servizio con funzioni di addetto allo sportello, e (OMISSIS), comandante della polizia locale di (OMISSIS), con ruolo di istigatore: - potendo accedere al sistema informatico di gestione delle sanzioni amministrative e, in particolare, ai fascicoli sanzionatori relativi ai verbali della Polizia locale, avrebbero archiviato dodici verbali a carico della ditta Domina carrozzeria - di cui era titolare (OMISSIS), coimputato - inserendo, su richiesta di (OMISSIS), falsamente nel sistema, in alcuni casi, il codice 99 (pagato) e in altri casi il codice 45 (illecito insussistente); - con la condotta indicata, attraverso la archiviazione delle contravvenzioni, avrebbero procurando un indebito vantaggio a (OMISSIS), con danno per l'amministrazione comunale. 2. Hanno proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) e (OMISSIS) articolando otto motivi. 2.1. Con il primo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al capo b) (falso in atto pubblico). La Corte, pur ritenendo che l'inserimento nel sistema dei codici indicati non avrebbe - di per se' - una funzione giustificativa o certificativa o di attestazione, avrebbe tuttavia ritenuto sussistente, richiamando precedenti giurisprudenziali, l'elemento oggettivo del reato di falso ideologico in quanto la nozione di atto pubblico comprenderebbe anche gli atti c.d. interni; secondo la Corte, sarebbero state commesse nella specie condotte di alterazione del sistema informatico, che, pur lasciando quiescente il sistema e tale da poter essere "ripreso" previo "sblocco" dei relativi verbali, avrebbero tuttavia interrotto il normale iter procedurale relativo al verbale di ognuna delle contravvenzioni. Assume il ricorrente che nel caso di specie non sarebbe stata fatta una corretta applicazione degli articoli 479 - 491 bis c.p.. Si evidenzia come, secondo la Corte di cassazione, gli atti interni assumano rilievo ai fini della falsificazione solo se abbiano rilevanza nell'ambito del procedimento strumentale al provvedimento finale. Nel caso di specie, detta condizione non sussisterebbe e i Giudici di merito avrebbero errato sulla natura del sistema informatico e sui servizi da questo forniti; detto sistema: a) assicurerebbe la registrazione cronologica dei verbali e l'attribuzione del relativo numero di protocollo; b) supporterebbe la gestione materiale della procedura amministrativa sanzionatoria relative alle contravvenzioni, anche a quelle del Codice della strada; c) prevederebbe l'acquisizione della copia digitale dei verbali e degli atti della procedura, come ad esempio notifiche, bollettini di pagamento ecc.. In questa seconda fase, si argomenta, i verbali, diversamente da quanto accadeva in passato, non sarebbero gestiti attraverso raccoglitori, ma inserendo la copia digitale dell'atto nel sistema e attribuendole un determinato stato mediante l'attribuzione di codici. L'attribuzione dei codici 99-45, si aggiunge, introdurrebbe un blocco informatico e produrrebbe gli stessi effetti dell'inserimento manuale di un verbale in un raccoglitore, cioe' impedirebbero l'ulteriore gestione del verbale, realizzando un congelamento di questo che, tuttavia, potrebbe essere successivamente sbloccato digitando il codice di ripristino, che equivale al reinserimento dell'atto tra quelli da pagare. Dunque, i fatti per cui si procede sarebbero corrispondenti a quelli che in passato potevano verificarsi attraverso l'inserimento di un verbale nel raccoglitore degli atti da pagare ovvero al suo spostamento in quello dei verbali pagati: collocare indebitamente il verbale tra quelli pagati in luogo di quelli pagati integrerebbe non il reato di falso ma quello di abuso d'ufficio. L'inserimento dei dati nel sistema assumerebbe rilevanza giuridica ai fini della configurazione di un atto pubblico solo relativamente alla registrazione cronologica e alla numerazione progressiva dei verbali, mentre non assumerebbero rilievo giuridico le operazioni volte a gestire la documentazione in copia informatica degli atti (si richiamano le dichiarazioni di alcuni testimoni). Le operazioni di sblocco peraltro non necessiterebbero di autorizzazione o di una particolare motivazione e potrebbero essere compiute anche da un dipendente della ditta appaltatrice del servizio. La Corte di appello avrebbe erroneamente ritenuto che gli imputati avessero comunque interrotto l'iter procedimentale normale; secondo i ricorrenti si tratterrebbe di un'affermazione errata, atteso che il blocco non avrebbe determinato nessuna interruzione della procedura esecutiva perche' il primo atto sarebbe stata l'iscrizione a ruolo dei verbali ma detto adempimento sarebbe avvenuto, cosi' come per tutti i verbali, a circa due anni dopo il loro blocco. La Corte avrebbe ignorato tali argomenti e le risultanze probatorie; non vi sarebbe stata nessuna interruzione dell'iter procedurale e comunque, anche se vi fosse stata interruzione, cio' non potrebbe attribuire natura di atto pubblico alla digitazione del blocco dei verbali, atteso che l'unica conseguenza sarebbe stata quella per cui, al momento in cui si doveva procedere alla iscrizione al ruolo, il sistema non avrebbe avviato i verbali bloccati. Solo la formazione di un falso atto informatico avrebbe avuto rilievo, ma cio' non si verificherebbe quando la condotta si limiti ad incidere sul sistema informatico alterandolo o modificandone i contenuti. 2.2. Con il secondo motivo si deduce l'erronea applicazione degli articoli 479-491 bis c.p. e si chiede la riqualificazione del fatto nel reato di falsita' ideologica in certificazione amministrativa di cui all'articolo 480 c.p.. Pur volendo ritenere che l'inserimento dei codici di blocco abbia natura di atto fidefaciente, si tratterebbe comunque di attestazioni di carattere derivativo. Nel caso di specie, i ricorrenti non avrebbero accertato alcunche' e non avrebbero annullato alcun verbale di contravvenzione, ma si sarebbero limitati ad inserire un blocco che presuppone una preesistente documentazione, attestante il pagamento o l'annullamento del verbale. 2.3. Con il terzo motivo si lamenta quanto al capo c) (truffa) violazione di legge e vizio di motivazione. Non vi sarebbe nella specie induzione in errore perche' la condotta si sarebbe indirizzata non nei riguardi del soggetto passivo, cioe' l'amministrazione o il personale, ma al sistema informatico; al piu' sarebbe stata configurabile la frode informatica e comunque ad essere stati indotti in errore sarebbero stati gli attuali ricorrenti che a quell'ufficio erano preposti. 2.4. Con il quarto motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al reato di truffa, del quale mancherebbe il requisito dall'atto di disposizione patrimoniale, identificato erroneamente dai Giudici di merito nella interruzione del procedimento, cioe' in un atto omissivo. In realta', la stessa imputazione non evocherebbe nessun atto di disposizione patrimoniale; l'interruzione della procedura sarebbe automatica, ne' sarebbe stato causato un danno all'amministrazione per effetto del blocco della procedura. 2.5. Con il quinto motivo si deduce, quanto al capo c), violazione di legge e vizio di motivazione; nel caso di specie sarebbe mancante rispetto alla truffa il requisito del danno e del profitto che avrebbero carattere virtuale, atteso che essi si sarebbero verificati solo se il blocco non fosse stato rimosso, cosa che invece si era verificata. 2.6. Con il sesto motivo si deduce la violazione del bis in idem; il fatto oggetto delle due imputazioni sarebbe identico. 2.7. Con il settimo e l'ottavo motivo si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione per non avere la Corte riconosciuto le attenuanti previste dall'articolo 62 c.p., n. 46. 3. Ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) articolando tre motivi. 3.1. Con il primo si lamenta violazione di legge quanto al delitto di falso, di cui difetterebbe l'elemento oggettivo. Il tema e' quello gia' esposto. 3.2. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge quanto al reato di truffa di cui mancherebbe l'elemento oggettivo; nel caso in esame non sarebbe stata creata, diversamente dagli assunti della Corte, nessuna apparenza fallace. 3.3. Con il terzo motivo si lamenta il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I ricorsi, per le questioni poste - soprattutto in relazione al contestato reato di falso - non sono manifestamente infondati e dunque non sono inammissibili. La sentenza, ai fini penali, deve quindi essere annullata senza rinvio essendosi i reati estinti per prescrizione. In particolare, quanto ai reati di falso, la circostanza aggravante di cui all'articolo 476 c.p., comma 2, pur evocata nella imputazione, non e' stata ne' contestata in fatto, ne' ritenuta (cfr. sentenze di merito nella parte relativa al trattamento sanzionatorio). Ne consegue che i residui reati di falso e i connessi reati di truffa, commessi al piu' tardi nell'aprile del 2014, si sono estinti per prescrizione nell'ottobre del 2021. 2. I ricorsi sono infondati agli effetti civili. Sono infondati il primo, il secondo, il terzo, il quarto e il quinto motivo del ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS) e (OMISSIS) nonche' i primi due motivi del ricorso presentato da (OMISSIS). Il concetto di "atto pubblico", agli effetti della tutela penale, e' piu' ampio di quello delineato dall'articolo 2699 c.c., rientrandovi non soltanto i documenti redatti dal notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato e destinati ad avere pubblica fede, ma anche quelli formati da quegli stessi soggetti o da altri pubblici ufficiali o pubblici impiegati, nell'esercizio delle loro funzioni istituzionali, per uno scopo diverso da quello di conferire loro pubblica fede, purche' aventi l'attitudine ad assumere rilevanza giuridica e/o valore probatorio anche solo interni alla pubblica amministrazione (Sez. 6, n. 16786 del 02/02/2021, Conte, Rv. 281335; Sez. 5, n. 3542 del 17/12/2018, dep. 2019, Esposito, Rv. 275415; Sez. 5, n. 9358 del 24/04/1998, Tisato, Rv. 211440). In tale contesto e' stata correttamente affermata la completa equiparazione del documento informatico a quello cartaceo, non essendovi nessuna ragione per non attribuire al primo la medesima valenza dimostrativa e la medesima natura del secondo. Ne consegue che correttamente la Corte ha ritenuto equiparabile il registro informatico di una pubblica amministrazione al registro cartaceo. La condotta posta in essere dagli imputati, attraverso le false attestazioni derivanti dall'inserimento dei due codici, incise direttamente sulla gestione di quel registro e, in particolare, sulla gestione delle procedure conseguenti alla verbalizzazione delle contravvenzioni amministrative. Gli imputati attestarono falsamente l'esistenza di fatti in realta' insussistenti, cioe' l'avvenuto pagamento ovvero la non configurabilita' dell'illecito amministrativo, e l'inserimento di quei codici produsse effetti sono solo immediati e diretti su quei procedimenti, ma, soprattutto, idonei a definire quelle procedure. Non diversamente, la Corte ha spiegato puntualmente perche' nella specie del reato di truffa sussistono i presupposti e al riguardo i motivi ripropongono questioni gia' sottoposte alla cognizione dei Giudici di merito e da questi congruamente valutate. 3. Infondato e' anche il motivo che prospetta la violazione del principio del bis in idem; in realta', diversamente dagli assunti difensivi, le condotte poste in essere dai ricorrenti non sono coincidenti e la Corte di cassazione ha gia' chiarito che e' configurabile il concorso materiale - e non l'assorbimento - tra il reato di falso di cui all'articolo 491-bis c.p. e quello di truffa quando la falsificazione costituisca artificio per commettere la truffa; in tal caso, infatti, non ricorre l'ipotesi del reato complesso per la cui configurabilita' non e' sufficiente che le particolari modalita' di realizzazione in concreto del fatto tipico determinino una occasionale convergenza di piu' norme e, quindi, un concorso di reati, ma e' necessario che sia la legge a prevedere un reato come elemento costitutivo o circostanza aggravante di un altro (cfr., Sez. 2, n. 1851 del 30/09/2022 - dep. 2023 - Saputo, Rv. 284287; Sez. 5 n. 2935 del 05/11/2018, Manzo, Rv. 274589). 4. Il settimo e l'ottavo motivo proposti nell'interesse di (OMISSIS) e (OMISSIS) e il terzo motivo presentato da (OMISSIS), inerendo al mancato riconoscimento di circostanze attenuanti e, piu' in generale, al trattamento sanzionatorio sono assorbiti nell'annullamento senza rinvio della sentenza agli effetti penali. 5. Non si procede alla liquidazione delle spese sostenute dalla parte civile per il grado di giudizio, essendo in atti solo la nomina dell'avv. (OMISSIS) da parte del Comune di Padova, ma non anche le conclusioni e la nota spese. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali perche' il reato e' estinto per prescrizione. Rigetta i ricorsi agli effetti civili.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BONI Monica - Presidente Dott. LIUNI Teresa - Consigliere Dott. RUSSO Carmine - Consigliere Dott. RENOLDI Carlo - rel. Consigliere Dott. MELE M.Elena - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), inteso "(OMISSIS)", nato in (OMISSIS); (OMISSIS), nata a (OMISSIS); avverso la sentenza della Corte di assise di appello di Catania del 15/03/2022; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Carlo Renoldi; udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Valentina Manuali, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilita' dei ricorsi; lette le conclusioni scritte presentate ai sensi del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8, dall'avv. (OMISSIS), il quale, nell'interesse della parte civile (OMISSIS), ha chiesto il rigetto del ricorso proposto da Osagie Ehimwenma; udito, per (OMISSIS), l'avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Catania in data 7/10/2020, emessa in esito a giudizio abbreviato, (OMISSIS) e (OMISSIS), furono condannati, rispettivamente, alla pena, diminuita per entrambi per il rito, di 9 anni e 2 mesi di reclusione e di 8 anni, 1 mese e 10 giorni garanzie, senza che detta inutilizzabilita' possa limitarsi alle dichiarazioni rese in dibattimento, come chiarito da una pronuncia immediatamente successiva (cosi' in motivazione Sez. 1, n. 11165 del 22/12/2015, dep. 2016, Almagasbi, Rv. 26643101). Del resto, la qualificazione dell'inutilizzabilita' derivante dal mancato avvertimento di cui all'articolo 64, comma 3, lettera c), c.p.p. come "fisiologica" non sembra tenere conto che sono tali le inutilizzabilita' coessenziali ai peculiari connotati del processo accusatorio, mentre quelle c.d. "patologiche" ineriscono agli atti probatori assunti contra legem, la cui utilizzazione e' vietata in modo assoluto non solo nel dibattimento, ma in tutte le altre fasi del procedimento. Secondo la difesa, le regole di cui all'articolo 64 c.p.p. e, in particolare, quelle che prevedono la inutilizzabilita' tout court delle dichiarazioni rese in assenza degli avvertimenti di cui alle lettera a) e b) del precedente comma 3, riguarderebbero quelle rese davanti all'autorita' giudiziaria o alla polizia giudiziaria da chi avrebbe dovuto essere sentito sin dall'inizio in qualita' di indagato o di imputato, ivi comprese le dichiarazioni c.d. etero-accusatorie rese nella fase delle indagini. Ora, in forza delle intercettazioni captate sulla sua utenza telefonica e dalle quali e' stato desunto, ancor prima della sua escussione a sommarie informazioni, il suo coinvolgimento con terze persone nell'attivita' di sfruttamento della prostituzione nel tratto di strada interessato da questo procedimento, (OMISSIS) sarebbe stata gia' attinta da gravi indizi di reita' in ordine al delitto di sfruttamento della prostituzione, come emergerebbe dalla imputazione di cui al capo 9). Una volta estromesse le dichiarazioni di (OMISSIS), sarebbe carente la prova del ruolo assunto da (OMISSIS) nel delitto di tratta con persona offesa (OMISSIS), posto che la sentenza non risponderebbe alla prova di resistenza circa l'accertamento della identita' della reclutatrice di (OMISSIS), non essendo tale profilo accertabile dalle sole dichiarazioni della denunciante e non essendo l'identita' ricavabile dall'uso di un nome diverso. Ne' vi sarebbero elementi desumibili dalle dichiarazioni di (OMISSIS) su chi avesse finanziato il suo viaggio e l'importo pagato, su chi si fosse messo in contatto con persone nel continente africano per farle attraversare il Mediterraneo; ne' che le due ragazze avessero intrapreso lo stesso viaggio, nello stesso periodo e con le medesime modalita'. Inoltre, l'identita' della (OMISSIS) sarebbe stata accertata grazie al riconoscimento fotografico operato da (OMISSIS) nel corso delle sommarie informazioni testimoniali (si veda pag. 41 della sentenza della Corte di assise di o' appello). Quanto alle intercettazioni captate sarebbe neutro l'uso dell'espressione "sister", con la quale venivano indicate anche persone non collegate alla ricorrente e coinvolte nell'attivita' di meretricio su strada. Irrilevante dovrebbe, poi, ritenersi la confessione di (OMISSIS) e di (OMISSIS) all'udienza dell'(OMISSIS), non essendovi riscontri in merito a intercettazioni fra i due rei confessi che coinvolgano (OMISSIS) in un ruolo attivo nella gestione delle vittime di tratta e in particolare di (OMISSIS); tanto piu' che le ammissioni dei fatti da parte dei correi in relazione al delitto di cui al capo 3) sarebbero state ritenute non sufficienti dalla Corte territoriale a dimostrare la configurabilita' della tratta. Infine, dalle intercettazioni indicate con i progressivi n. 1434 del 24/04/2018, n. 2641 del 4/05/2018, n. 6323 del 4/06/2018, n. 6729 dell'8/06/2018, n. 346 del 24/06/2018 e n. 354 del 24/06/2018 (richiamate a pag. 50 e ss. della sentenza della Corte di assise di appello) non emergerebbe il coinvolgimento della ricorrente nelle vicende oggetto del procedimento; e i nominativi delle persone interessate dalla discussione con (OMISSIS) risulterebbero da aggiunte del traduttore, secondo quanto percepibile dalle pagg. 11 e ss. della richiesta di applicazione di misura cautelare personale datata 11/01/2019, ove sono trascritte le conversazioni, da cui emergerebbe che il nome sia stato individuato all'esito di una valutazione non coerente con il nucleo centrale degli argomenti trattati, ovvero con congetture inidonee a dimostrare con certezza che la persona interessata al pagamento di denaro fosse (OMISSIS). Lo stesso Giudice dell'udienza preliminare avrebbe ritenuto che non vi fosse certezza sull'identita' della vittima, dovendo essa identificarsi con (OMISSIS) solo con buona probabilita', essendo la versione offerta da costei riscontrata dalle sommarie informazioni testimoniali di (OMISSIS), di cui viene ribadita l'inutilizzabilita'. 4.2. Con il secondo motivo, il ricorso censura, ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), la inosservanza o erronea applicazione della L. n. 75 del 1958, articolo 110, articolo 81 cpv., articolo 3, n. 8, nonche' la mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in relazione alla responsabilita' dell'imputata per il delitto di sfruttamento della prostituzione ai danni di (OMISSIS) contestata al capo n. 3), fondata su alcune conversazioni aventi come interlocutrice la stessa (OMISSIS) e soggetti rimasti ignoti, e da un paio di conversazioni tra (OMISSIS) e (OMISSIS), la quale, a seguito della richiesta della prima, a sua volta sollecitata da altra persona ignota, avrebbe svolto un ruolo di consigliera e di intermediatrice in relazione ai problemi che la ragazza avrebbe avuto con la sua "madame", (OMISSIS), che da lei pretendeva somme tratte dall'attivita' di meretricio. Tale ricostruzione ipotizzerebbe a carico dell'imputata una sorta di delitto tentato, non essendovi conversazioni attestanti che Amen ne avesse seguito i consigli; una ricostruzione peraltro incompatibile con la struttura della fattispecie contestata, la quale richiederebbe una condotta abituale e sarebbe strutturata come reato di pericolo, integrabile da qualunque attivita' che, anche in assenza di contatto diretto fra agente e cliente, sia idonea a procurare piu' facili condizioni per l'esercizio del meretricio, sempre che ricorra la consapevolezza di facilitare l'altrui attivita' di prostituzione. Viceversa, con riferimento allo sfruttamento sarebbe necessaria una finalita' economica che l'agente deve trarre dall'attivita' della prostituta, indipendentemente dal di reclusione, in quanto riconosciuti colpevoli, (OMISSIS), dei reati, unificati dalla continuazione, ascrittigli ai capi 5, 6, 7, 8 e 9 (ovvero, i primi due, di tratta e di favoreggiamento dell'immigrazione illegale di (OMISSIS), il terzo e il quarto, di tratta e di favoreggiamento dell'immigrazione illegale di (OMISSIS), il quinto di sfruttamento della prostituzione) e (OMISSIS), dei reati, unificati dalla continuazione, di cui ai capi 1, 2, 3 e 4 (ovvero, i primi due, di tratta e di favoreggiamento dell'immigrazione illegale di (OMISSIS), nonche', il terzo e il quarto, di tratta e di favoreggiamento dell'immigrazione illegale di (OMISSIS)). 2. Con sentenza in data 15/03/2022, la Corte di assise di appello di Catania, in parziale riforma della sentenza di primo grado, riqualificato nei confronti della sola (OMISSIS) il fatto ascritto al capo 3) delta rubrica ai sensi della L. n. 75 del 1958, articolo 3, n. 8, e ritenuti assorbiti i delitti di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina commesso ai danni di (OMISSIS) (capo 2), (OMISSIS) (capo 4), (OMISSIS) (capo 6) e (OMISSIS) (capo 8) nel piu' grave reato di tratta di persone commesso nei confronti delle medesime persone offese (capi 1, 3, 5 e 7) e riconosciute le circostanze attenuanti generiche al solo (OMISSIS), ha rideterminato la pena nei confronti di (OMISSIS) in 7 anni e 6 mesi di reclusione nonche', nei confronti di (OMISSIS), in 6 anni e 2 mesi di reclusione. 3. (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello per mezzo del difensore di fiducia, avv. (OMISSIS), deducendo, con un unico motivo di impugnazione, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex articolo 173 disp. att. c.p.p., la carenza e manifesta illogicita' della motivazione in relazione alla sussistenza e la corretta qualificazione giuridica dei reati previsti ai capi 1), 3), 5) e 7) della rubrica e il relativo, eventuale e successivo assorbimento dei reati di cui ai capi 2), 4), 6) e 8) della stessa. Nel dettaglio, il ricorso denuncia, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera e), che, pur trattandosi di sentenza emessa ai sensi dell'articolo 599-bis c.p.p., con contestuale rinuncia a due motivi di appello, la Corte territoriale sarebbe rimasta investita dei restanti motivi, uno dei quali vertente sulla corretta qualificazione giuridica del fatto, su cui i Giudici di secondo grado avrebbero dovuto esprimersi, atteso che, dopo l'introduzione dell'articolo 448 c.p.p., comma 2-bis, ad opera della L. 23 giugno 2017, n. 103, il ricorso avverso la sentenza pronunciata ai sensi dell'articolo 599-bis c.p.p. e' ammesso in relazione alla corretta qualificazione giuridica del fatto. Al contrario, la Corte territoriale, affermando che le condotte di procurato ingresso illegale delle giovani (OMISSIS) e (OMISSIS), fossero totalmente sovrapponibili alle piu' ampie condotte di tratta ascritte agli imputati, rappresentandone la concreta modalita' di realizzazione, si sarebbe limitata a stabilire che i delitti di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina (capi 2, 4, 6 e 8 della rubrica) restassero assorbiti nei piu' gravi delitti di tratta di persone (capi 1, 3, 5 e 7 della rubrica), con conseguente espunzione degli aumenti applicati in primo grado a titolo di continuazione, senza pero' compiere la doverosa verifica complessiva della reale sussistenza dei reati in rubrica e delle circostanze aggravanti contestate a (OMISSIS), ai capi 1), 3), 5) e 7). 4. Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione anche (OMISSIS) per mezzo del difensore di fiducia, avv. (OMISSIS), deducendo sette distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex articolo 173 disp. att. c.p.p.. 4.1. Con il primo motivo, il ricorso lamenta, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), la inosservanza o erronea applicazione dell' articolo 110, articolo 81 cpv., articolo 601, comma 1, e articolo 602-ter c.p., comma 1, lettera a), b), e c), 61-bis c.p., nonche' la inosservanza o erronea applicazione dell' articolo 63 c.p.p., comma 2 e articolo 64 c.p.p., comma 3, lettera c) in relazione agli articoli 110, 81 cpv., 601, comma 1 e 602-ter c.p., comma 1, lettera a), b), e c), articolo 61-bis c.p. e articolo 63 c.p., comma 3, e la mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione. La responsabilita' di (OMISSIS) per i delitti contestati ai capi 1) e 3) e' stata ritenuta a partire dalla denuncia presentata da una delle vittime, (OMISSIS), dalle sommarie informazioni testimoniali rese in data 26/06/2018 da un'altra ragazza, da (OMISSIS), giunta in Italia insieme alla prima e dalle conversazioni intercettate sull'utenza della stessa Amen, fornita agli inquirenti da (OMISSIS). Tuttavia, le sommarie informazioni testimoniali rese da (OMISSIS) in data 26/06/2018 sarebbero inutilizzabili perche' assunte senza la presenza di un difensore e senza gli avvisi richiesti dagli articoli 63 e 64 c.p.p.; ne' sarebbe vero che Amen sia stata escussa in sede di incidente probatorio, non essendosi presentata, ne' che la denuncia di (OMISSIS) sia stata spontanea e che le dichiarazioni rese non siano state "ancorate allo schema dell'interrogatorio" (cosi' la sentenza impugnata a pag. 38) posto che la giovane avrebbe risposto a domande rivoltele dagli organi di Polizia, in particolare a quella sul perche' si fosse decisa a denunciare i fatti con tale ritardo. Ne' sarebbero conferenti le sentenze richiamate dalla Corte di assise di appello, atteso che esse riguarderebbero il diverso caso delle dichiarazioni spontanee autoaccusatorie rese nell'immediatezza dei fatti da soggetto poi sottoposto a processo. Inoltre, la Corte avrebbe travisato per omissione il fatto che, a seguito di un servizio di osservazione della polizia giudiziaria sul tratto di strada della S.S. 385, in data (OMISSIS) fosse stata individuata (OMISSIS) e in pari data sentita a sommarie informazioni testimoniali, a riprova che non si trattasse di persona presentatasi spontaneamente a rendere dichiarazioni; cosi' come frutto di travisamento per omissione sarebbe la circostanza che (OMISSIS) non fosse, al momento delle dichiarazioni, persona indagabile, atteso che secondo quanto ricavabile dalla imputazione di sfruttamento della prostituzione ascrittale al capo 9), in base alle captazioni richiamate nella sentenza di primo grado, note agli inquirenti piu' di due mesi prima della sua escussione a sommarie informazioni testimoniali, sin da aprile 2018 Amen era dedita all'attivita' di sfruttamento della prostituzione nel tratto di strada oggetto di indagine, gestendo le postazioni da assegnare alle ragazze, curando la raccolta delle quote per l'affitto delle postazioni, fornendo consigli a (OMISSIS) su come comportarsi con le ragazze. L'essere stata (OMISSIS), gia' al tempo delle dichiarazioni rese in sede di sommarie informazioni testimoniali, attinta da indizi di reita' in ordine a delitti connessi o collegati a quelli ascritti a (OMISSIS), avrebbe imposto agli inquirenti di avvisare la dichiarante del diritto di essere assistita da un difensore. Il predetto avvertimento non risulterebbe fornito, sicche' le sue dichiarazioni non potrebbero essere utilizzate nemmeno contra alios. Infatti, il regime di inutilizzabilita' di cui all'articolo 63, comma 1, si riferisce all'ipotesi "fisiologica" nella quale vengono rispettate le norme di garanzia, mentre nel comma 2 il legislatore ha introdotto un deterrente contro ipotesi "patologiche", in cui deliberatamente si ignorano i gia' preesistenti indizi di reita' a carico dell'escusso, con pericolo di dichiarazioni accusatorie, compiacenti o negoziate, a carico di terzi, ivi comprese le dichiarazioni fornite in fase di indagini da chi avrebbe dovuto essere sentito in qualita' di imputato o indagato di reato connesso o di reato collegato a norma dell'articolo 371 c.p.p., comma 2, lettera b), non potendo condividersi l'affermazione secondo cui l'inutilizzabilita' deve essere esclusa quando il dichiarante e' anche persona offesa. Infatti, secondo le Sezioni Unite, il soggetto che riveste la qualita' di imputato in procedimento connesso ai sensi dell'articolo 12 c.p.p., comma 1, lettera c), o collegato probatoriamente, anche se persona offesa del reato, deve essere assunto nel procedimento relativo al reato connesso o collegato con le forme previste per la testimonianza cosiddetta "assistita" (cfr. Sez. U, n. 12067 del 17/12/2009, dep. 2010, De Simone, Rv. 246375-01). Ne' risulta condivisibile che l'inutilizzabilita' deve ritenersi limitata alle sole dichiarazioni rese nella qualita' di testimone in dibattimento, perche' avente natura "fisiologica". Secondo le Sezioni Unite n. 33583 del 26/03/2015, Lo Presti, il mancato avvertimento di cui all'articolo 64 c.p.p.,, comma 3, lettera c), all'imputato di reato connesso o collegato a quello per cui si procede, che avrebbe dovuto essere esaminato in dibattimento ai sensi dell'articolo 210 c.p.p., comma 6, determinerebbe la inutilizzabilita' della deposizione testimoniale resa senza raggiungimento dello scopo, richiedendosi un nesso di funzionalita' logica e temporale tra la richiesta avanzata da taluno e l'attivita' di meretricio, con uno stretto legame tra la coartazione subita dalla persona offesa e l'espropriazione del denaro provento delle prestazioni sessuali offerte dalla medesima. Nel caso in esame, sarebbero stati valorizzati la richiesta di aiuto rivolta da (OMISSIS) all'imputata e, con essa, i consigli prestati da (OMISSIS) alla ragazza che si prostituiva, non potendosi trarre dalle conversazioni richiamate una attivita' della (OMISSIS), nella gestione della postazione di (OMISSIS) e un accordo con i coimputati (OMISSIS) e (OMISSIS); ed essendo illogico che, non rientrando l'imputata nell'accordo per far giungere in Italia la ragazza da destinare alla prostituzione, ella potesse aver tratto, da tali consigli, un vantaggio economico. Ne' sarebbe possibile qualificare la condotta di (OMISSIS) come minaccia o configurare un rapporto di subordinazione tra (OMISSIS) e la stessa (OMISSIS), dalla prima definita come "semplice prostituta", essendo stato il dialogo tra le due frutto della iniziativa della prima. E in ogni caso, non vi sarebbe prova che, a seguito di tali conversazioni, (OMISSIS) si fosse impegnata a pagare quanto dovuto alla "madame" e, soprattutto, che vi avesse proceduto, sicche' non sarebbe stato accertato in che termini la condotta dell'imputata avrebbe assunto una qualche efficienza causale nella gestione dell'attivita' di meretricio svolta da (OMISSIS), da cui (OMISSIS) non avrebbe conseguito alcun profitto sin dal suo arrivo in Italia, senza partecipare all'attivita' di reclutamento, di finanziamento e di trasporto della persona offesa nel territorio italiano. Apodittica sarebbe la motivazione nella parte in cui il ruolo di controllore delle postazioni su strada di (OMISSIS) sarebbe desunto dalla conversazione n. 5966 del (OMISSIS), dalla quale sarebbe emerso che Amen avrebbe riferito a tale Peter che la (OMISSIS) le aveva intimato di lasciare il posto, non essendo emerso, peraltro, in che termini lo stato di bisogno di (OMISSIS) fosse stato oggetto di approfittamento da parte dell'imputata. Ne' la sentenza avrebbe indicato in che termini il consiglio dato ad (OMISSIS) di pagare la postazione alla sorella "(OMISSIS)" ( (OMISSIS)) presupponesse la piena consapevolezza di fornire un contributo allo sfruttamento sessuale di Amen, non potendo assurgere a dignita' di prova un incerto indizio desumibile dalle captazioni richiamate alle pagg. 64-66 della sentenza impugnata. Ne' tale omissione potrebbe essere colmata dalla ammissione dei fatti da parte di (OMISSIS) e di (OMISSIS) nel giudizio di appello, che, secondo la Corte territoriale, costituirebbe la prova del coinvolgimento anche di (OMISSIS). 4.3. Con il terzo motivo, il ricorso denuncia, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), c.p.p., la inosservanza o erronea applicazione della legge penale, nonche' la mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in relazione alla mancata derubricazione del delitto di cui al capo 1) della rubrica nella fattispecie prevista dalla L. n. 75 del 1958, articolo 3, n. 8, richiesta con l'atto di appello in ragione dell'assenza di prove sul preteso reclutamento in Nigeria, sul coinvolgimento di (OMISSIS), nel trasferimento operato dalla Libia in Italia, sul suo coinvolgimento per far ottenere i documenti necessari per la permanenza nel territorio italiano delle ragazze; tanto piu' che le conversazioni intercettate riguarderebbero unicamente la gestione delle postazioni in strada. Invero, la Corte territoriale avrebbe affrontato il tema esclusivamente con riferimento alla vicenda di (OMISSIS), omettendo di affrontarlo in relazione a quella di (OMISSIS). L'eventuale ruolo assunto da (OMISSIS) potrebbe al piu' essere quello di semplice "madame" della ragazza, avendone gestito la postazione sul tratto di strada interessato, percependo da (OMISSIS) il denaro che ella aveva tratto dall'attivita' prostitutiva. La condotta sarebbe consistita in un concorso nello sfruttamento di persona giunta in Italia tramite l'operato di terze persone, in un eventuale controllo della postazione di (OMISSIS) per conto di terzi e non gia' nell'attivita' di reclutamento, essendo la stessa intervenuta nella gestione della ragazza solo dopo il suo ingresso in Italia, organizzato da altri. 4.4. Con il quarto motivo, il ricorso deduce, ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), la inosservanza o erronea applicazione degli articoli 602-ter c.p., comma 1, lettera a), b), e c) e articolo 61-bis c.p. in relazione all'ipotesi di cui al capo 1) della rubrica, nonche' la mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in relazione all'omessa mitigazione del trattamento sanzionatorio per quanto concerne le aggravanti contestate. Dalla denuncia della (OMISSIS), non potrebbe ricavarsi che, all'epoca dei fatti, ella fosse minorenne, considerato il dato emergente dalla fotosegnalazione effettuata in data (OMISSIS) presso il Gabinetto Regionale di Polizia Scientifica di Roma su richiesta dell'Ufficio Immigrazione - 4 Sezione Profughi e per come emerso dalla annotazione di polizia giudiziaria del (OMISSIS). Inoltre, nessuna prova sarebbe stata acquisita sulle modalita' del viaggio per attraversare il Mediterraneo, non avendone (OMISSIS) precisato le modalita' e non essendovi elementi di riscontro sulla esposizione della persona offesa a un grave pericolo per la vita e l'integrita' personale, considerata l'inutilizzabilita' delle dichiarazioni rese da (OMISSIS) in data (OMISSIS). Ne' sarebbe provato che (OMISSIS) sapesse delle condizioni in cui era avvenuto il reclutamento, essendo quest'ultimo indimostrato quanto alla partecipazione dell'imputata, smentita dalla intercettazione n. (OMISSIS), richiamata a pag. 63 in cui sarebbe emerso che le tappe del viaggio erano state organizzate solo da (OMISSIS) e da (OMISSIS). Priva di adeguata motivazione sarebbe l'affermazione dell'aggravante della transnazionalita' (si veda pag. 71 della sentenza della Corte di assise di appello), non essendo stato dimostrato che l'organizzazione e l'esecuzione del viaggio siano state realizzate con il contributo di un gruppo criminale organizzato e operante in piu' Stati, non essendo state acquisite captazioni telefoniche comprovanti i rapporti tra (OMISSIS) e persone operanti all'estero allo scopo di trafficare sugli esseri umani, essendo a tal uopo insufficienti le dichiarazioni di (OMISSIS). 4.5. Con il quinto motivo, il ricorso lamenta, ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), l'omessa e/o insufficiente e/o illogica e contraddittoria motivazione in ordine al riconoscimento della diminuente di cui all'articolo 114 c.p., esclusa sul rilievo che il ruolo della (OMISSIS) fosse stato tutt'altro che marginale, pur pacificamente riscontrato con riferimento alla ipotesi di sfruttamento della prostituzione contestato al capo 3). Non vi sarebbe prova alcuna che l'imputata abbia ospitato donne nigeriane presso la sua abitazione nel periodo in contestazione; ne' della ricezione, da parte sua, di denaro consegnato dalle vittime dedite all'attivita' di prostituzione; ne' di minacce alle vittime per ottenere denaro per l'attivita' posta in essere; ne' della sottrazione di documenti finalizzata a rendere difficoltoso l'allontanamento delle persone offese; ne' di un apporto contributivo in relazione al viaggio intrapreso dalle ragazze dalla Nigeria. 4.6. Con il sesto motivo, il ricorso censura, ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), per omessa e/o insufficiente e/o illogica e contraddittoria motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. La Corte territoriale avrebbe omesso di considerare che la (OMISSIS) si era confrontata con gli Organi inquirenti e giudicanti, rispondendo alle domande rivoltele nell'interrogatorio di garanzia nonche' nell'interrogatorio seguito, su sua richiesta, alla notifica dell'avviso di conclusione delle indagini. In realta', illogica sarebbe l'affermazione che una ammissione del fatto rappresenti una forma di collaborazione processuale; cosi' come illogico sarebbe il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche a chi, come la (OMISSIS), avrebbe tenuto comportamenti meno gravi rispetto ad altri, beneficiando della riqualificazione del piu' grave delitto di tratta nel meno grave delitto di sfruttamento della prostituzione. Ne' sarebbe stata valorizzata la circostanza che, in sede di interrogatorio di garanzia, la (OMISSIS) avrebbe ammesso che il precedente per il quale era stata condannata era stato effettivamente commesso e che la condanna inflittale era "giusta", con cio' denotando una personalita' non ostile al sistema giudiziario. 4.7. Con il settimo motivo, il ricorso denuncia, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), per omessa e/o insufficiente e/o illogica e contraddittoria motivazione in ordine alla mancata applicazione di un aumento minimo per la continuazione, non avendo la Corte di assise di appello risposto alla censura prospettata nell'atto di appello relativa alla mancata esplicazione delle ragioni dell'aumento, limitandosi ad affermare che la richiesta fosse stata avanzata solo da (OMISSIS) (v. pag. 78 della sentenza di appello). CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso proposto da (OMISSIS), e' inammissibile in quanto manifestamente infondato. 1.1. La difesa lamenta che la Corte di assise di appello, pur in presenza di una richiesta concordata di applicazione della pena ai sensi dell'articolo 599-bis c.p.p., non abbia provveduto a verificare la corretta qualificazione giuridica dei fatti per cui l'imputato e' stato ritenuto responsabile, nei quali sono stati ritenuti assorbiti i reati di cui al capi 6) e 8). 1.2. Ora, anche a prescindere dal fatto che (OMISSIS) non e' stato affatto condannato per il delitto contestato al capo 1), va osservato che, a seguito della reintroduzione dell'istituto contemplato dall'articolo 599-bis c.p.p. ad opera della L. 23 giugno 2017, n. 103, il giudice di secondo grado, nell'accogliere la richiesta di pena concordata, non e' tenuto a motivare sul mancato proscioglimento dell'imputato per taluna delle cause di cui all'articolo 129 c.p.p., ne' a verificare la correttezza della qualificazione giuridica. Cio' in quanto, a causa dell'effetto devolutivo, una volta che l'imputato abbia rinunciato ai motivi di impugnazione, la cognizione del giudice di merito deve limitarsi ai motivi non rinunciati (Sez. 5, n. 3391 del 15/10/2009, dep. 2010, Camassa, Rv. 245919-01). Tale principio, elaborato in merito al similare istituto previsto dal Decreto Legge n. 92 del 2008, articolo 599 c.p.p., comma 4, successivamente abrogato dal e' stato riaffermato dopo l'introduzione della citata norma processuale, a mente della quale la rinuncia connessa al concordato sulla pena in appello determina una preclusione processuale che impedisce al giudice di prendere cognizione di quanto deve ritenersi non essergli devoluto in punto, ma non solo, di responsabilita' (in termini Sez. 4, n. 52803 del 14/09/2018, Bouachra Brahim, Rv. 274522-01). Ne consegue che e' inammissibile il ricorso per cassazione relativo a questioni, anche rilevabili d'ufficio, alle quali l'interessato abbia rinunciato in funzione dell'accordo sulla pena in appello (cosi' Sez. 6, n. 41254 del 4/07/2019, Leone, Rv. 277196 -01), in quanto il potere dispositivo riconosciuto alla parte dall'articolo 599-bis c.p.p. non solo limita la cognizione del giudice di secondo grado, ma ha effetti preclusivi sull'intero svolgimento processuale, ivi compreso il giudizio di legittimita', analogamente a quanto avviene nella rinuncia all'impugnazione, essendo le uniche doglianze proponibili contro una sentenza emanata all'esito del concordato ex articolo 599-bis cit. quelle relative a eventuali vizi della sentenza rispetto alla volonta' della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta, al contenuto difforme della pronuncia e all'applicazione della pena illegale. 2. Il ricorso proposto da (OMISSIS) e', invece, parzialmente fondato, e, pertanto, deve essere accolto per quanto di ragione. 2.1. Con il primo motivo, il ricorso deduce violazione delle norme processuali dettate dagli articoli 63 e 64 c.p.p. in materia di utilizzabilita' delle dichiarazioni rese da persona indagata in un procedimento connesso o probatoriamente collegato che sia stata sentita senza l'assistenza del difensore e, ancor prima, senza che essa sia stata avvisata della relativa facolta'. E dalla prospettata inutilizzabilita' di quanto riferito da (OMISSIS) nelle sommarie informazioni del (OMISSIS), deriverebbe che i reati contestati ai capi 1) e 3) rimarrebbero sprovvisti di idonea base probatoria, che sarebbe unicamente costituita dalle dichiarazioni di (OMISSIS) e dalle intercettazioni sull'utenza telefonica in uso alla stessa (OMISSIS). 2.2. Va premesso che secondo quanto stabilito dall'articolo 63 c.p.p., comma 2, "se la persona doveva essere sentita sin dall'inizio in qualita' di imputato o di persona sottoposta alle indagini, le sue dichiarazioni non possono essere utilizzate". Mentre, ai sensi del comma 3 dell'articolo 64 c.p.p., rubricata, "regole generali per l'interrogatorio", "prima che abbia inizio l'interrogatorio, la persona deve essere avvertita che: a) le sue dichiarazioni potranno sempre essere utilizzate nei suoi confronti; b) salvo quanto disposto dall'articolo 66, comma 1, ha facolta' di non rispondere ad alcuna domanda, ma comunque il procedimento seguira' il suo corso; c) se rendera' dichiarazioni su fatti che concernono la responsabilita' di altri, assumera', in ordine a tali fatti, l'ufficio di testimone, salve le incompatibilita' previste dall'articolo 197 e le garanzie di cui all'articolo 197-bis". Inoltre, ai sensi del successivo comma 3-bis, "l'inosservanza delle disposizioni di cui al comma 3, lettere a) e b), rende inutilizzabili le dichiarazioni rese dalla persona interrogata. In mancanza dell'avvertimento di cui al comma 3, lettera c), le dichiarazioni eventualmente rese dalla persona interrogata su fatti che concernono la responsabilita' di altri non sono utilizzabili nei loro confronti e la persona interrogata non potra' assumere, in ordine a detti fatti, l'ufficio di testimone". L'articolo 63 c.p.p., comma 2, e' stata interpretata, da una copiosa elaborazione giurisprudenziale, in maniera assai rigorosa. In particolare, si e' ritenuto che la disposizione in esame riguardi non soltanto le persone sottoposte a indagini o imputate nel procedimento de quo, ma anche coloro i quali assumano tale qualita' in un procedimento connesso o probatoriamente collegato (Sez. 3, n. 16856 del 10/03/2010, P.P., Rv. 246985 01, secondo cui essa non e' invece applicabile in ogni altro caso: per analoga affermazione Sez. 2, n. 20936 del 7/04/2017, Minutolo, Rv. 270363 - 01; Sez. 2, n. 12625 del 18/02/2015, Moi, Rv. 262928 - 01), i quali, anche se persone offese del reato, devono essere sentiti, nel procedimento relativo al reato connesso o collegato, con le forme previste per la testimonianza cosiddetta "assistita" (cfr. Sez. U, n. 12067 del 17/12/2009, dep. 2010, De Simone, Rv. 246375-01); che le dichiarazioni assunte senza garanzie difensive da un soggetto che avrebbe dovuto fin dall'inizio essere sentito in qualita' di imputato o di persona soggetta alle indagini siano inutilizzabili erga omnes e non soltanto nei confronti del dichiarante, secondo quanto puo' evincersi dal testo della disposizione, la quale non pone, a differenza del comma 1, la limitazione "contro la persona che le ha rese" (Sez. U, n. 1282 del 9/10/1996, dep. 1997, Carpanelli, Rv. 206846 - 01); e che la sanzione di inutilizzabilita' postuli che a carico dell'interessato siano gia' acquisiti, prima dell'escussione, indizi non equivoci di reita', come tali conosciuti dall'autorita' procedente, non rilevando a tale proposito eventuali sospetti o intuizioni personali dell'interrogante (Sez. U, n. 23868 del 23/04/2009, Fruci, Rv. 243417 - 01); che tale sanzione non presuppone l'acquisizione, nel dichiarante, della veste formale di imputato o di indagato, applicandosi la stessa anche nei confronti di chi, pur trovandosi sostanzialmente in tale condizione, non ne abbia ancora assunto la qualita' (Sez. 2, n. 1863 del 19/12/2005, dep. 2006, Portogallo, Rv. 233362 - 01; Sez. 6, n. 12174 del 17/12/2004, dep. 2005, Napoli, Rv. 231719 - 01), spettando al giudice il potere di verificare in termini sostanziali, prescindendo da indici formali quali l'eventuale gia' intervenuta iscrizione nominativa nel registro delle notizie di reato, l'attribuibilita' allo stesso della qualita' di indagato nel momento in cui le dichiarazioni stesse vengano rese, sicche' il relativo accertamento si sottrae, se congruamente motivato, al sindacato di legittimita' (Sez. U, n. 15208 del 25/02/2010, Mills, Rv. 246584 - 01; Sez. 5, n. 39498 del 25/06/2021, Tommasi, Rv. 282030 - 01; Sez. 6, n. 25425 del 4/03/2020, Pascolini Rv. 279606 - 01). 2.2.1. Secondo quanto ritenuto, sulla questione, dalla sentenza di appello, i principi sin qui riassunti dovrebbero essere, pero', derogati in due casi, entrambi sussistenti nel caso di specie: quando si sia proceduto nelle forme del giudizio abbreviato, in cui sarebbero "utilizzabili, anche contro chi le rende, le dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria da soggetto che non ha ancora assunto la qualita' di indagato" (cosi', ex plurimis, Sez. 4, n. 5619 del 4/12/2013, dep. 2014, Mastino, Rv. 258216-01); quando il dichiarante rivesta "la qualita' di teste-parte offesa del reato in relazione al quale si indaga", la quale prevarrebbe "rispetto a quella di possibile coindagato in reato connesso" (cosi' Sez. 2, n. 23594 del 11/06/2020, Trapani, Rv. 279804 - 01; Sez. 5, n. 43508 del 28/05/2014, Barba, Rv. 26107801; Sez. 2, n. 283 del 1/10/2013, dep. 2014, Palminio, Rv. 258105-01; Sez. 3, n. 15476 del 24/02/2004, Mesanovic, Rv. 228546 - 01). 2.2.2. Entrambe le affermazioni non possono essere, tuttavia, condivise. Quanto alla possibilita' di utilizzazione, nell'ambito del giudizio abbreviato, delle dichiarazioni rese in violazione del divieto posto dall'articolo 63 c.p.p., comma 2, deve rilevarsi, infatti, che il consolidato indirizzo interpretativo di legittimita' e' nel senso che il giudice possa valutare tutti gli atti legittimamente acquisiti durante le indagini preliminari a eccezione proprio di quelli colpiti da nullita' ed inutilizzabilita' assolute, non risultando il principio della rilevabilita' di ufficio e dell'insanabilita' di queste situazioni derogato, espressamente ne' implicitamente, da alcuna norma e dovendosi escludere l'incompatibilita' del rito con il precetto che le concerne (Sez. 5, n. 12975 del 21/10/1999, Busellato, Rv. 214723 - 01); e tra esse rientra senz'altro l'ipotesi di violazione dell'articolo 63 c.p.p., comma 2, (Sez. 2, n. 34512 del 29/04/2009, Fornaro, Rv. 245226 - 01; piu' recentemente, tra le tante, v. Sez. 3, n. 15896 del 24/02/2016, Scolaro, non massimata; Sez. 6, n. 35271 del 22/06/2016, D'Errico, non massimata; Sez. 2, n. 43687 27/10/2021, Russo, non massimata; Sez. 5, n. 23354 del 1/04/2022, Gentili, non massimata). Invero, come correttamente rilevato dalla difesa, le sentenze richiamate dalla Corte di assise di appello riguardano i diversi casi delle dichiarazioni spontanee rese nell'immediatezza dei fatti da soggetto poi sottoposto a processo, le quali sono pacificamente, proprio in quanto spontanee, sottratte al regime delineato dall'articolo 63 c.p.p., commi 1 e 2, (Sez. 1, n. 15197 del 8/11/2019, dep. 15/05/2020, Fornaro, Rv. 279125 - 01; Sez. 3, n. 20466 del 3/04/2019, S., Rv. 275752 - 01). Analogamente, quanto all'affermazione secondo cui l'inutilizzabilita' deve essere esclusa quando il dichiarante e' anche persona offesa, va osservato che le sentenze richiamate riguardano le dichiarazioni autoaccusatorie (o auto-indizianti), che soggiacciono al diverso il regime di inutilizzabilita' posto dall'articolo 63 c.p.p., comma 1, ovvero a una sanzione di inutilizzabilita' che riguarda il solo dichiarante. Inoltre, dalla lettura di tali pronunce si ricava che i casi oggetto delle stesse riguardavano dichiarazioni rese da soggetti che, all'epoca in cui erano stati sentiti, non rivestivano la qualita' di indagati e che avevano reso dichiarazioni auto-indizianti (v. per esempio Sez. 2, n. 23594 del 11/06/2020, Trapani, Rv. 279804 - 01); situazioni completamente diverse da quella qui in rilievo. 2.2.3. Cosi' ricostruito il quadro normativo e giurisprudenziale, deve osservarsi come secondo quanto dedotto dalla difesa e riscontrato dalla lettura delle due sentenze di merito, a fronte della escussione di (OMISSIS) in data (OMISSIS), a suo carico fossero gia' emersi dei solidi elementi di reita' contenuti nelle conversazioni telefoniche oggetto di captazione, acquisite fin dal mese di aprile dello stesso anno, da qui emergeva che la ragazza si occupava della gestione delle postazioni lavorative di due ragazze (una delle quali di nome " (OMISSIS)", successivamente identificata in Happy (OMISSIS)), dando loro indicazioni sul luogo esatto da occupare, sollecitando il pagamento del mensile da corrispondere a "Christ", proprietario delle postazioni, e ricevendo le relative somme da fare avere a quest'ultimo (cfr. le conversazioni, riportate alle pagg. 36 e ss. della sentenza di primo grado, nn. 72 e 87 del 12/04/2018; 228, 252, 291, 314 del 13/04/2018; 546 del 15/04/2018; 1157 del 22/04/2018; 2418, 2442, 2443 del 3/05/2018; 909 e 3601 del 13/05/2018; 1272 del 19/05/2018; 4232 del 20/05/2018; 4597 del 22/05/2018;4633, 1485, 1486, 4656,4657 e 4660 del 23/05/2018; 1529 del24/05/2018,1551 del 25/05/2018,293del 14/06/2018; 326 e 329 del15/06/2018;408 e 8181 del 18/06/2018;8706, 595, 596, 8730, 8731, 8736 e8751 del 21/06/2018; 8755 del 21/06/2018; 903 del 22/06/2018). Tali elementi indiziari, pertanto, erano gia' entrati nella piattaforma istruttoria piu' di due mesi prima che ella fosse sentita a sommarie informazioni testimoniali, evincendosi da tali conversazioni che, sin da aprile 2018, (OMISSIS) era dedita all'attivita' di sfruttamento della prostituzione nel tratto di strada oggetto di indagine, gestendo le postazioni da assegnare alle ragazze, curando la raccolta delle quote per l'affitto delle postazioni, fornendo consigli a (OMISSIS) su come comportarsi con le ragazze. Pertanto, l'essere stata (OMISSIS) gia' attinta, al tempo delle dichiarazioni rese in sede di sommarie informazioni testimoniali, da indizi di reita' in ordine a delitti connessi ai sensi dell'articolo 12 c.p.p., comma 1, lettera c), o comunque sicuramente collegati dal punto di vista probatorio a quelli ascritti a (OMISSIS) avrebbe imposto di procedere alla sua audizione in presenza di un difensore e previo avviso della relativa facolta', sicche' dalla violazione della norma processuale consegue che le sue dichiarazioni non possano essere utilizzate contra alios. E cio' tanto piu' ove si consideri che, nella vicenda in esame, (OMISSIS) era portatrice di uno specifico interesse a che la sua condizione di vittima emergesse pienamente, tenuto conto dei concreti rischi che ella correva rispetto all'imputazione per i reati che poi le sarebbero stati contestati al capo 9); reati da cui e' stata successivamente assolta, gia' in primo grado, proprio in quanto ritenuta vittima della tratta contestata al capo 3) nei confronti di (OMISSIS) e del suo compagno. 2.2.4. Una volta estromesse le dichiarazioni di (OMISSIS), la difesa assume che sarebbe carente la prova del ruolo assunto da (OMISSIS) nel delitto di tratta con persona offesa (OMISSIS), posto che la sentenza non risponderebbe alla prova di resistenza circa l'accertamento della identita' della reclutatrice di (OMISSIS), non essendo tale profilo accertabile a partire dalle sole dichiarazioni della denunciante e non essendo l'identita' dell'imputata ricavabile dall'uso di un nome diverso. Ne' vi sarebbero elementi desumibili dalle dichiarazioni di (OMISSIS) su chi avesse finanziato il suo viaggio e l'importo pagato, su chi si fosse messo in contatto con persone nel continente africano per farle attraversare il Mediterraneo; ne' che le due ragazze avessero intrapreso lo stesso viaggio, nello stesso periodo e con le medesime modalita'. Inoltre, l'identita' della (OMISSIS), sarebbe stata accertata grazie al riconoscimento fotografico operato da (OMISSIS) nel corso delle sommarie informazioni testimoniali (si veda pag. 41 della sentenza della Corte di assise di appello). Quanto alle intercettazioni captate sarebbe neutro l'uso dell'espressione "sister", con la quale venivano indicate anche persone non collegate alla ricorrente e coinvolte nell'attivita' di meretricio su strada. Irrilevante dovrebbe, poi, ritenersi la confessione di (OMISSIS) e di (OMISSIS) all'udienza dell'8/03/2022, non essendovi riscontri richiamati in sentenza in merito a intercettazioni fra i due rei confessi coinvolgenti un ruolo attivo di (OMISSIS) nella gestione delle vittime di tratta e in particolare di (OMISSIS); tanto piu' che le ammissioni dei fatti da parte dei correi in relazione al delitto di cui al capo 3) sarebbero state ritenute non sufficienti dalla Corte territoriale a dimostrare la configurabilita' il delitto di tratta a carico di (OMISSIS). 2.2.5. L'argomento difensivo e', in realta', infondato. Sul punto deve, infatti, rilevarsi che pur riconoscendosi l'inutilizzabilita' delle dichiarazioni rese, a sommarie informazioni, da (OMISSIS), il compendio probatorio raccolto si presenta del tutto sufficiente a pervenire, secondo le regole generali dell'accertamento probatorio, all'affermazione di responsabilita' dell'imputata. Vanno, infatti, ricordate, in primo luogo, le dichiarazioni rese in data (OMISSIS), dalla persona offesa, (OMISSIS), dalle quali e' emerso che le sorelle (OMISSIS) e (OMISSIS), cittadine nigeriane residenti in Italia da diversi anni, avevano avviato una fiorente attivita' criminale nel settore del traffico di esseri umani, consistente nel reclutare, grazie ai correi operanti in (OMISSIS), giovani ragazze da adibire al mercato della prostituzione su strada, cui poi faceva seguito l'appropriarsi, da parte delle due donne, dei loro guadagni, ottenuti grazie anche alla forza intimidatrice del rito voodoo cui facevano sottoporre le vittime nel paese di origine prima della partenza. Una volta giunte in Italia, (OMISSIS) si occupava di prelevare le ragazze dalle strutture ove venivano collocate all'arrivo, curando l'avvio dell'iter burocratico per il rilascio del permesso di soggiorno e il successivo trasferimento presso le due sorelle, dimoranti in Catania. Nel caso qui esaminato, (OMISSIS) aveva rivelato come ella fosse stata avvicinata, con la promessa di trovare in Italia una occupazione lavorativa, da un amico di nome (OMISSIS), il quale le aveva fatto conoscere un connazionale, tale (OMISSIS), il quale, a sua volta, l'aveva messa in contatto con la sorella, (OMISSIS) (dalle sentenze identificata nell'odierna imputata), la quale le aveva proposto di farsi carico delle spese di viaggio che, poi, (OMISSIS) avrebbe ripagato con i proventi del proprio lavoro presso un ristorante, che la stessa (OMISSIS) le avrebbe procurato. Per tale motivo, insieme a una giovane di nome (OMISSIS), dopo esser stata sottoposta a un rito voodoo, aveva iniziato il viaggio per l'Italia, ove era giunta, via mare, in data (OMISSIS), venendo collocata presso una struttura sita a Bologna, dalla quale si era allontanata raggiungendo, unitamente ad (OMISSIS) e a (OMISSIS), la citta' di Catania. Quivi, le due ragazze erano state separate, e (OMISSIS) era andata a vivere presso l'abitazione di (OMISSIS) (dalle sentenze identificata nell'odierna imputata) e aveva iniziato a prostituirsi, recandosi ogni giorno sul "posto" di lavoro assegnatole e consegnando, a fine giornata, l'intero incasso alla sua "madame", (OMISSIS). Dopo sette mesi circa, aveva deciso di fuggire e aveva fatto ritorno a (OMISSIS), era stata sentita in Commissione territoriale, venendo poi collocata in una struttura per minorenni. Tali dichiarazioni, ritenute intrinsecamente coerenti e rese da persona soggettivamente credibile, sarebbero da sole sufficienti a costituire la prova dei fatti dalle stesse riferiti, tenuto conto del principio giurisprudenziale, qui condiviso e riaffermato, secondo cui le regole dettate dall'articolo 192 c.p.p., comma 3, non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell'affermazione della penale responsabilita' dell'imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilita' soggettiva del dichiarante e dell'attendibilita' intrinseca del suo racconto, che peraltro, in tal caso, deve essere piu' penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, Bell'Arte, Rv. 253214 - 01). Nel caso di specie, peraltro, le dichiarazioni hanno trovato pieno riscontro nel contenuto delle conversazioni intercettate sull'utenza telefonica in uso a (OMISSIS), dalle quali sono emersi plurimi riferimenti al fatto che " (OMISSIS)" fosse una "madame" e che una delle sue ragazze, dalla sentenza identificata con (OMISSIS), dopo avere pagato solo parzialmente il suo debito, si era data alla fuga. 2.3. Infondato e', di conseguenza, anche il terzo motivo, con cui il ricorso deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla mancata derubricazione del delitto di tratta, contestato al capo 1) della rubrica, nella fattispecie prevista dalla L. n. 75 del 1958, articolo 3, n. 8, ritenuta al capo 3) a seguito della riqualificazione, nei confronti della sola (OMISSIS), dell'originaria contestazione di tratta. Invero, il ruolo svolto dall'imputata e' stato ben ricostruito dalle due sentenze impugnate alla luce delle dichiarazioni della persona offesa e delle conversazioni intercettate sull'utenza in uso a (OMISSIS). Da esse, infatti, e' emerso, come gia' osservato, che (OMISSIS), grazie al reclutatore (OMISSIS) (verosimilmente fratello di Naomi), aveva selezionato (OMISSIS) come vittima, grazie ai correi in Nigeria l'aveva fatta sottoporre al rito voodoo, ne aveva curato il trasferimento in Italia ove, una volta che la ragazza era giunta, aveva incaricato (OMISSIS) di prelevarla dalla struttura in cui si trovava, attivare le procedure per farle ottenere i documenti, facendosi coadiuvare dalla sorella "Suzy" (cointeressata, nella medesima operazione economica, alla vittima (OMISSIS)) per il trasferimento a Catania della vittima, occupandosi, poi, della concreta immissione nel mercato della prostituzione su strada. Ne consegue, pertanto, la corretta qualificazione dei fatti contestati al capo 1) ai sensi dell'articolo 601 c.p., essendosi al cospetto di un'attivita' di reclutamento e di introduzione nel territorio dello Stato di una persona, (OMISSIS), realizzata mediante inganno e minaccia, consistita nella sottoposizione al rito voodoo per assicurarsene cieca obbedienza, e approfittando della relativa situazione di vulnerabilita' e di necessita' economica o, comunque, mediante la promessa di vantaggi economici; attivita' realizzate per indurre e finanche costringere la vittima a prestazioni sessuali finalizzate alla produzione di un profitto, successivamente oggetto di impossessamento da parte dell'agente. 2.4. Infondato e', poi, anche il quarto motivo di ricorso, con cui vengono dedotti la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla configurabilita' delle aggravanti contestate. In particolare, la difesa opina che dalla denuncia della (OMISSIS), non potrebbe ricavarsi che, all'epoca dei fatti, ella fosse minorenne; nessuna prova sarebbe stata acquisita sulle modalita' del viaggio per attraversare il Mediterraneo; ne' sarebbe dimostrato che (OMISSIS) sapesse delle condizioni in cui era avvenuto il reclutamento; e priva di motivazione sarebbe l'affermazione dell'aggravante della transnazionalita', non essendo stato dimostrato che l'organizzazione e l'esecuzione del viaggio fossero state realizzate con il contributo di un gruppo criminale organizzato e operante in piu' Stati. Quanto alla minore eta' di (OMISSIS), essa e' stata accertata sulla base delle dichiarazioni rese dalla ragazza, sottoposte, come gia' rilevato, ad attento scrutinio, che ha rivelato la credibilita' soggettiva della giovane e la piena attendibilita' delle relative dichiarazioni. Quanto, poi, alle condizioni di pericolo per la vita e l'integrita' fisica di (OMISSIS), esse sono state logicamente ritenute a partire dalle caratteristiche del viaggio dalla Nigeria all'Italia e, in particolare, dall'attraversamento del Mediterraneo, con partenza dalla Libia, a bordo di un natante rispetto al quale, per le caratteristiche della traversata, era certamente configurabile il rischio di un naufragio, secondo quanto, del resto, l'esperienza giudiziaria ha, drammaticamente, accertato. Per quanto, infine, riguarda l'aggravante del cd. reato transnazionale di cui all'articolo 61-bis c.p., che ricorre con riferimento ai reati, puniti con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni, alla commissione dei quali abbia dato il suo contributo un gruppo criminale organizzato impegnato in attivita' criminali in piu' di uno Stato, e' appena il caso di osservare che dalle stesse dichiarazioni di (OMISSIS), sia emerso che le operazioni di reclutamento e di trasferimento erano state realizzate da una rete criminale, chiaramente organizzata, costituita da soggetti che operavano in Nigeria, Libia e Italia; sicche' la circostanza contestata e' stata correttamente ritenuta e applicata. 2.5. Fondato e', invece, il secondo motivo, con cui il ricorso prospetta la violazione di legge e il vizio della motivazione in relazione alla responsabilita' dell'imputata per il concorso nel delitto previsto dalla L. n. 75 del 1958, articolo 3, n. 8, commesso ai danni di (OMISSIS), contestato al capo n. 3) della rubrica. 2.5.1. Con la sentenza impugnata, la Corte territoriale ha provveduto a riqualificare nel delitto di sfruttamento della prostituzione l'ipotesi, originariamente contestata, di concorso nella tratta realizzata da (OMISSIS) e da (OMISSIS) ai danni di (OMISSIS). Secondo i Giudici di appello, gli elementi emersi dalle conversazioni intercettate non potevano, infatti, considerarsi sufficienti a fondare la responsabilita' dell'imputata per il delitto di tratta, non risultando che ella avesse assunto alcun ruolo in relazione al reclutamento in Nigeria di (OMISSIS) e al viaggio intrapreso da costei verso l'Italia; e non essendo stata "sufficientemente riscontrata" l'ipotesi di una gestione comune dell'attivita' illecita da parte delle due sorelle. Tuttavia, ella si sarebbe resa responsabile del delitto di sfruttamento della prostituzione, commesso ai danni di (OMISSIS), in concorso con la stessa (OMISSIS) e con (OMISSIS). In particolare, si e' ritenuto che le condotte concorsuali realizzate dall'imputata consistessero, secondo quanto emerso dalle conversazioni intercettate sulle utenze in uso ad (OMISSIS), nell'essere (OMISSIS) intervenuta, con il ruolo di mediatrice tra la sorella, (OMISSIS), e la stessa persona offesa, allorche' quest'ultima aveva deciso di non pagare alla "madame" la somma residua di 10.000 Euro e (OMISSIS) si era intromessa per convincerla a continuare a pagare la sorella, minacciandola che, ove la giovane non avesse adempiuto, ella avrebbe dovuto necessariamente abbandonare di posto di lavoro; e accettando, poi, di svolgere un ruolo di mediazione tra le due donne, che era stato effettivamente esercitato con una successiva conversazione con la sorella (cfr. le conversazioni di cui ai progressivi nn. 5966, 647, 649 e 651 del 2/06/2018, dalle quali, secondo la sentenza impugnata, emergerebbe che (OMISSIS) ricopriva un ruolo di controllo delle postazioni lavorative, tale da consentirle di poter decidere se (OMISSIS) dovesse abbandonare o mantenere la postazione assegnatale). 2.5.2. Tanto premesso, osserva il Collegio che il delitto di sfruttamento della prostituzione di cui alla L. 20 febbraio 1958, n. 75, articolo 3, non ha natura di reato abituale, consistendo in una consapevole partecipazione, anche occasionale, ai proventi dell'attivita' di prostituzione ovvero nel trarre una qualche utilita', anche di natura non economica, dall'attivita' sessuale della prostituta (tra le tante Sez. 3, n. 741 del 24/10/2018, dep. 2019, C., Rv. 274762 - 02). Non puo' pertanto condividersi l'assunto difensivo secondo cui la fattispecie contestata richiederebbe una condotta abituale e non potrebbe, dunque, essere integrata in presenza di una singola condotta, attiva o omissiva. Mentre il ricorso coglie, invece, nel segno allorquando afferma che ai fini della configurazione del delitto sia necessaria, per un verso, una relazione funzionale tra la fruizione del denaro provento delle prestazioni sessuali e l'attivita' di meretricio, e, per altro verso, che l'agente sia consapevole di trarre un vantaggio economico dall'attivita' della prostituta. 2.5.3. Nel caso in esame, la condotta concorsuale ascritta all'odierna imputata e' solo apparentemente delineata con sufficiente precisione nei termini di una attivita' di intermediazione tra la sorella, (OMISSIS), e la giovane prostituta (OMISSIS); attivita' cui la sentenza impugnata ha riconosciuto la capacita' di agevolare l'attivita' di sfruttamento agita, precipuamente, dagli altri due imputati. Tuttavia, come correttamente ha osservato la difesa, dalla sentenza impugnata non e' dato acquisire alcun riscontro sul fatto che la suddetta attivita' di mediazione sia stata effettivamente svolta, non essendo stato accertato ne' che (OMISSIS) avesse parlato con (OMISSIS), ne' che quest'ultima avesse accettato la mediazione operata dalla sorella. Ma, soprattutto, non e' stato offerto riscontro in ordine al fatto che detta attivita', ove effettivamente realizzata, avesse avuto alcun seguito concreto, nel senso che non e' stato in alcun modo accertato se, dopo l'azione di persuasione ipoteticamente esercitata da (OMISSIS) nei confronti della sorella, (OMISSIS) abbia effettivamente pagato (OMISSIS), consentendo la prosecuzione dell'attivita' di sfruttamento della prostituzione da parte di quest'ultima, gia' in precedenza avviata unitamente al compagno, (OMISSIS). Pertanto, non e' stato accertato in che termini la condotta dell'imputata possa avere assunto una qualche efficienza causale, o anche di mera agevolazione, rispetto alla gestione dell'attivita' di meretricio esercitata dalla (OMISSIS) ai danni della stessa (OMISSIS). Tuttavia, la sentenza impugnata sembra configurare una ulteriore condotta concorsuale a carico dell'imputata, dedotta dalle conversazioni intercorse tra (OMISSIS) e (OMISSIS): ovvero che la prima avesse un ruolo di controllo sulle postazioni delle ragazze che si prostituivano, esercitato per conto della sorella. Tale affermazione, tuttavia, si pone in insanabile conflitto logico con quella, contenuta a pag. 66 della sentenza impugnata, secondo cui non e' stato dimostrato che (OMISSIS) e (OMISSIS) possano essere state impegnate in una "gestione comune (...) dell'intera attivita' illecita"; e secondo cui, dunque, (OMISSIS) non avrebbe partecipato, insieme alla sorella, nella gestione dell'attivita' prostitutiva di (OMISSIS) (rimanendo estranea anche alle attivita' di reclutamento e trasferimento in Italia) e delle altre ragazze, sostanzialmente occupandosi, per quanto emerso, della sola (OMISSIS). Cio' che appare, del resto, in linea con il contenuto delle conversazioni tra (OMISSIS) e l'imputata, in cui quest'ultima esprimeva, assai chiar(OMISSIS)te, il suo forte fastidio per essere stata coinvolta in una disputa alla quale era estranea e rispetto alla quale il suo principale timore appariva essere che (OMISSIS) potesse recarsi nel luogo in cui ella si prostituiva al fine di regolare i conti con (OMISSIS), intralciando lo svolgimento della sua attivita'. Pertanto, deve ritenersi che gli elementi probatori posti a fondamento della affermazione di responsabilita' della (OMISSIS) per il delitto contestato al capo 3) della rubrica non siano in realta' sufficienti a configurare un contributo concorsualmente rilevante rispetto all'attivita' di sfruttamento della prostituzione esercitato da (OMISSIS) e da (OMISSIS) ai danni di (OMISSIS); sicche' la sentenza impugnata deve essere, sul punto, annullata senza rinvio, con conseguente eliminazione del relativo trattamento sanzionatorio. 2.6. Il quinto motivo, con cui il ricorso lamenta il vizio motivazione in ordine al mancato riconoscimento della circostanza attenuante della minima partecipazione prevista dall'articolo 114 c.p., e' manifestamente infondato. Va premesso che secondo quanto stabilito dalla citata disposizione codicistica, il giudice, qualora ritenga che l'opera prestata da taluna delle persone che sono concorse nel reato a norma degli articoli 110 e 113 c.p. abbia avuto minima importanza nella preparazione o nell'esecuzione del reato, puo' diminuire la pena. Secondo la giurisprudenza di legittimita', ai fini dell'integrazione della circostanza attenuante in parola, non e' sufficiente una minore efficacia causale dell'attivita' prestata da un correo rispetto a quella realizzata dagli altri, in quanto e' necessario che il contributo dato si sia concretizzato nell'assunzione di un ruolo di rilevanza del tutto marginale, ossia di efficacia causale cosi' lieve rispetto all'evento da risultare trascurabile nell'economia generale dell'iter criminoso, cioe' tale da potere essere avulsa, senza apprezzabili conseguenze pratiche, dalla serie causale produttiva dell'evento (cosi' Sez. U, n. 42414 del 18/11/2021, Cena, in motivazione; in termini, Sez. 6, n. 34539 del 23/06/2021, I., Rv. 281857 - 01; Sez. 4, n. 49364 del 19/07/2018, P., Rv. 274037-01). A tali coordinate si e' puntualmente uniformata la sentenza impugnata, la quale ha evidenziato come, con riferimento al delitto contestato al capo 1), il ruolo di (OMISSIS) fosse stato tutt'altro che marginale, avendo ella operato, grazie ai complici in Nigeria, il reclutamento di (OMISSIS), facendola sottoporre al rito voodoo e curandone il trasferimento in Italia, per poi costringerla alla prostituzione, una volta giunta a Catania, mediante l'approfittamento della situazione di vulnerabilita' conseguente alla sottoposizione al rito voodoo. Ovviamente, l'annullamento senza rinvio della sentenza in relazione al delitto contestato al capo 3), determina l'assorbimento delle doglianze difensive concernenti tale fattispecie, su cui il presente motivo di ricorso e' stato, peraltro, prevalentemente articolato. 2.7. Il sesto motivo, con cui il ricorso censura il vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, e' infondato. Giova premettere che la valutazione circa il riconoscimento o meno delle circostanze previste dall'articolo 62-bis c.p. si configura come un apprezzamento rimesso alla discrezionalita' del giudice di merito, il quale e' tenuto a motivare la propria scelta nei soli limiti atti a far emergere l'avvenuto scrutinio circa l'adeguatezza della pena inflitta in concreto alla reale gravita' del reato e alla personalita' dell'imputato (v. tra le tante Sez. 6, n. 41365 del 28/10/2010, Strafate, Rv. 248737-01; Sez. 1, n. 46954 del 4/11/2004, Palmisani, Rv. 23059101). In questa prospettiva, il giudice, se si determina per il mancato riconoscimento delle attenuanti in parola, non e' tenuto a prendere in considerazione tutti gli elementi prospettati dall'imputato, essendo sufficiente che egli spieghi e giustifichi l'uso del potere discrezionale conferitogli dalla legge con l'indicazione delle ragioni ostative alla concessione e delle circostanze ritenute di preponderante rilievo, avuto riguardo ai parametri di cui all'articolo 133 c.p. (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269-01), senza che, peraltro, sia necessario che li esamini tutti, potendo limitarsi a specificare a quali, tra essi, abbia inteso fare riferimento, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione (v., ex plurimis, Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549-01; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899-01). Nel caso in esame, i Giudici di merito hanno ritenuto che non potessero concedersi le attenuanti generiche in considerazione, oltre che della mancata ammissione dei fatti, del precedente penale specifico dell'imputata. Quest'ultimo riferimento, ritenuto concretamente indicativo della negativa personalita' della donna, adempie pienamente, alla luce dei principi enunciati, all'obbligo di motivare sul punto (Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, Rv. 265826 - 01; Sez. 1, n. 33506 del 7/07/2010, Biancofiore, Rv. 247959-01; Sez. 1, n. 8677 del 6/12/2000, dep. 2001, Gasparro, Rv. 218140-01; Sez. 1, n. 707 del 13/11/1997, dep. 1998, Ingardia, Rv. 209443-01). Legittimamente, dunque, la Corte territoriale ha ritenuto di non attribuire rilevanza al fatto (OMISSIS) avesse risposto alle domande rivoltele nell'interrogatorio di garanzia e in quello successivo alla notifica dell'avviso di conclusione delle indagini, tenuto conto dell'atteggiamento comunque assunto rispetto ai fatti a lei ascritti. Ne' puo' ritenersi significativa, ai fini del relativo giudizio, la circostanza che l'imputata sia stata assolta per il delitto alla stessa contestata al capo 3), considerato che il profilo della realizzazione di una pluralita' di reati non era stato valorizzato ai fini della valutazione compiuta, in argomento, dai Giudici di merito. Quanto, infine, alla assimilazione della posizione dell'imputata a quella di (OMISSIS) e (OMISSIS), a cui le circostanze attenuanti generiche sono state riconosciute nonostante la commissione, da parte degli stessi, di condotte piu' gravi, va osservato che la Corte di secondo grado ha valorizzato lao'decisione, da parte di costoro, di rinunciare ai motivi di appello e di concordare la relativa pena; valutazione tutt'altro che illogica e, come tale, non censurabile in sede di legittimita'. 2.8. Dall'accoglimento del secondo motivo di ricorso e dalla conseguente eliminazione della pena prevista per il delitto contestato al capo 3) deriva l'assorbimento del settimo motivo, con cui la difesa aveva censurato l'entita' dell'aumento disposto, a titolo di continuazione, per tale fattispecie. 3. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso proposto da (OMISSIS) deve essere accolto limitatamente al delitto di cui al capo 3), sicche' la sentenza impugnata deve essere annullata, senza rinvio, con riferimento a tale delitto per non aver commesso il fatto; e deve essere, altresi', eliminata la relativa pena, pari a 7 mesi di reclusione, per questa via rideterminando la pena complessiva, tenuto conto della riduzione per il rito, in 6 anni, 8 mesi e 20 giorni di reclusione. Nel resto, il ricorso deve essere, invece, rigettato. 3.1. Il ricorso proposto da (OMISSIS) deve essere, invece, dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita'", alla declaratoria dell'inammissibilita' medesima consegue, a norma dell'articolo 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento nonche' quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata in 3.000,00 Euro. (OMISSIS), deve essere, altresi', condannato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, (OMISSIS), nella misura che sara' liquidata dalla Corte di assise di appello di Catania con separato decreto di pagamento ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articoli 82 e 83, disponendo il pagamento in favore dello Stato. 3.2. In caso di diffusione del presente provvedimento, dovranno omettersi le generalita' e gli altri dati identificativi, secondo quanto imposto dalla legge a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) limitatamente al delitto di cui al capo 3) per non aver commesso il fatto ed elimina la relativa pena di mesi sette di reclusione, rideterminando la pena complessiva in anni sei, mesi otto e giorni venti di reclusione. Rigetta nel resto il ricorso. Dichiara inammissibile il ricorso di (OMISSIS) che condanna al pag(OMISSIS)to delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Condanna, inoltre, l'imputato (OMISSIS) alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello stato, (OMISSIS), nella misura che sara' liquidata dalla Corte di assise di appello di Catania con separato decreto di pagamento ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articoli 82 e 83, disponendo il pagamento in favore dello Stato. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita' e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52, in quanto imposto dalla legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ZAZA Carlo - Presidente Dott. PEZZULLO Rosa - Consigliere Dott. Scarl INI Enrico V. S. - Consigliere Dott. PISTORELLI Luca - Consigliere Dott. BELMONTE T. Maria - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 11/10/2021 della CORTE APPELLO di VENEZIA; visti gli atti, Il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere MARIA TERESA BELMONTE; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore VENEGONI ANDREA, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso. Lette le memorie dell'avvocato (OMISSIS), nell'interesse del ricorrente, con le quali insiste nei motivi di ricorso e conclude per l'accoglimento. RITENUTO IN FATTO 1.Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Venezia ha confermato la decisione del Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di quella stessa citta', che, nel giudizio abbreviato, aveva dichiarato (OMISSIS) colpevole, nella qualita' di sottoufficiale della Guardia di Finanza, di accesso abusivo al sistema informatico protetto da misure di sicurezza (anagrafe tributaria) per esigenze non connesse ai doveri istituzionali (articolo 615 ter c.p., comma 2, n. 1), e di rivelazione di informazioni coperte da segreto (articolo 326 c.p.), condannandolo, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche equivalenti alla aggravante contestata, e con la riduzione per il rito, alla pena di giustizia, dichiarata condizionalmente sospesa. 2. Ha proposto ricorso per cassazione l'imputato con il ministero del difensore di fiducia, avvocato (OMISSIS), che svolge quattro motivi. 2.1. Erronea applicazione degli articoli 266 - 267 - 270 c.p.p. in relazione all'articolo 15 Cost. e correlati vizi della motivazione in merito alla utilizzabilita' delle intercettazioni. In particolare, il provvedimento di convalida delle intercettazioni adottato dal GIP del Tribunale di Belluno con decreto del 19 ottobre 2015, e i successivi provvedimenti di proroga delle stesse, sarebbero illegittimi per assenza dei presupposti. Posto che il procedimento a carico del ricorrente ha avuto inizio dalle indagini effettuate nei confronti di (OMISSIS) per il reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2 nell'ambito del quale erano state autorizzate intercettazioni sull'utenza del (OMISSIS); che, in tale contesto, veniva intercettata una conversazione con il (OMISSIS), all'epoca maresciallo capo della G.d.F. della locale compagnia di Belluno, nel corso della quale questi aveva chiesto un prestito al (OMISSIS); sul presupposto che la richiesta di danaro potesse costituire un corrispettivo per le informazioni che (OMISSIS) avrebbe ceduto all'indagato (OMISSIS) circa l'andamento della indagini in corso a suo carico, veniva richiesta l'autorizzazione alle intercettazioni a carico di due utenze in uso al (OMISSIS), in relazione ai reati di cui agli articoli 326 e 615 ter c.p. Per i fatti cosi' ipotizzati, le intercettazioni non davano alcun riscontro, mentre il (OMISSIS) veniva rinviato a giudizio per avere fatto accesso al registro dell'anagrafe tributaria per fare accertamenti non correlati ai doveri di ufficio, comunicandone i risultati a un amico. Si sostiene che, all'atto della autorizzazione delle intercettazioni, i gravi indizi fossero correlati a una ipotesi investigativa rivelatasi priva di fondamento; che l'intercettazione non fosse indispensabile in quanto il (OMISSIS) era gia' sottoposto a intercettazione delle sue utenze su cui sarebbero avvenute le conversazioni con (OMISSIS); che neppure sussisteva, per le stesse ragioni, l'urgenza di attivare nuove intercettazioni. In ogni caso, le intercettazioni sono state disposte in altro procedimento, e non sussisterebbero le condizioni di legge (articolo 270 c.p.p.) secondo l'interpretazione data dalla giurisprudenza (Sez. Un. 51/2020, Cavallo), dal momento che i reati per cui si procede non ammettono l'uso delle intercettazioni. La stessa scelta del rito abbreviato non comporta una incondizionata rinuncia ai vizi degli atti di prova. 2.2. Erronea applicazione degli articoli 210 e 351 c.p.p. in merito alla utilizzazione delle dichiarazioni di (OMISSIS), che, quale soggetto che chiese al ricorrente di introdursi nel sistema informatico, avrebbe dovuto essere sentito, con le garanzie di cui all'articolo 64 c.p.p., in quanto ab initio indiziato del reato di cui all'articolo 326 c.p., con conseguente inutilizzabilita' erga omnes delle sue dichiarazioni non assistite dalle garanzie di legge (Sez. Un. 1282 del 09/10/1996, Carpanelli). 2.3. Erronea applicazione dell'articolo 326 c.p. e correlati vizi della motivazione, con riguardo alla carenza dell'elemento oggettivo, dal momento che le notizie rivelate dal (OMISSIS) non avevano ne' la caratteristica della "notizia di ufficio" ne', soprattutto, quella della "segretezza". Inoltre, si sottolinea come non vi sia stata alcuna lesione del bene giuridico tutelato dalla norma, dal momento che le informazioni rivelate dal (OMISSIS), relative alla proprieta' di due autoveicoli, avrebbero potuto essere ottenute tramite accesso al portale ACI. 2.4. Erronea applicazione dell'articolo 131 bis c.p., avendo la Corte di appello negato la lieve entita' del fatto in presenza di due soli accessi illeciti e, quindi, in assenza di condotta abituale e senza operare una valutazione globale del fatto ai fini della sua concreta offensivita'. 3. La Difesa del ricorrente ha depositato due memorie integrative con le quali, anche replicando alle conclusioni del Procuratore Generale, insiste nel riportarsi ai motivi di ricorso concludendo per l'accoglimento. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso va dichiarato inammissibile. 1.Il primo motivo sulla legittimita' delle intercettazioni e' manifestamente infondato. Per quanto emerge dalla sentenza impugnata, le intercettazioni utilizzate come prova nel presente procedimento sono state disposte, ab inititio, nell'ambito proprio di questo stesso procedimento; invero, un diverso procedimento esisteva all'origine della vicenda - quello che aveva riguardo ai reati fiscali ascritti presuntivamente al (OMISSIS), sottoposto al servizio intercettivo - e nell'ambito di tale iniziale procedimento, a seguito dell'emersione del rapporto tra il (OMISSIS) ed il ricorrente, e specificamente delle ipotesi di reato di cui agli articolo 326 e 615-ter c.p., il Pubblico Ministero disponeva la apertura di un nuovo procedimento (cioe' il presente), iscritto nel Registro delle notizie di reato per i predetti reati nei confronti del (OMISSIS), che sottoponeva, con procedura d'urgenza, ad intercettazioni, poi convalidate dal Gip. 1.1.I presupposti di fatto che hanno portato all'emersione degli elementi del reato per cui venne disposta l'iscrizione, a carico del (OMISSIS), giustificando la apertura del relativo procedimento, sono illustrati dalla sentenza impugnata a pag. VII (secondo la numerazione in calce alla pagina), in cui la Corte d'appello ha dato conto della natura del colloquio, intervenuto tra (OMISSIS) e (OMISSIS), nel senso che, per la particolare confidenza tra i due, e la immediata disponibilita' del (OMISSIS) a conferire il prestito richiesto, esso "palesasse l'esistenza di un rapporto personale non limitato al semplice mutuo di somme,, tenendo in particolar modo da conto il fatto che (OMISSIS), con la ricezione della notifica della richiesta di proroga delle indagini a suo carico, era venuto a conoscenza di una parte dell'attivita' investigativa in corso, tale da rendere altamente verosimile il sospetto che il (OMISSIS) si fosse prestato a fornire notizie riservate". 1.3. Poiche' le intercettazioni a carico del ricorrente sono state disposte, come emerge chiaramente dalla sentenza impugnata, esattamente nel nuovo procedimento aperto a carico del (OMISSIS), sulla base della circostanza emersa nel primo procedimento, all'evidenza, neppure si pone il dedotto problema di utilizzo di intercettazioni in "diverso procedimento": le intercettazioni sono state disposte, ab initio, nell'ambito del procedimento iscritto a carico del (OMISSIS), per i medesimi titoli di reato per cui poi e' stato disposto il rinvio a giudizio, ovvero, per le fattispecie di cui agli articoli 326 e 615-ter c.p.. Non assume alcuna rilevanza, infatti, ai fini della unicita' del procedimento, la circostanza che, poi, non essendo stata riscontrata, dal servizio captativo, la concreta fattispecie ipotizzata, nulla avendo il ricorrente rivelato al (OMISSIS) in ordine alle indagini a suo carico, ma essendo, invece, emersa una rivelazione in favore di un terzo soggetto, ovvero fatti storici che integrano lo stesso titolo di reato, il presente procedimento sia stato trasferito per competenza a Venezia, dove - evidentemente - assumeva formalmente un nuovo numero di registro delle notizie di reato, ma si tratta sempre del medesimo procedimento, per gli stessi reati nell'ambito del quale sono state disposte le intercettazioni. D'altro canto, deve rilevarsi come, nell'economia della decisione, il contenuto della iniziale intercettazione, quella che ha dato il via al presente procedimento, non assume alcuna rilevanza ne' utilizzazione da parte della Corte di appello; essa cioe', non risulta in alcun modo utilizzata. 1.4. Con riguardo, poi, alla doglianza incentrata sul requisito della indispensabilita' della misura, la sentenza impugnata ha puntualmente replicato, richiamando la motivazione del G.i.p. circa i presupposti dei gravi indizi e della necessita', nonche' dell'urgenza delle intercettazioni (cfr. pag. VII). Invero, come si e' gia' evidenziato, riporta la sentenza impugnata che il Gip aveva sottolineato come, per quanto il primo incontro tra il ricorrente e (OMISSIS) non avesse fatto emergere il reato ipotizzato, per il quale l'intercettazione era stata disposta, i rapporti tra l'imputato e (OMISSIS) facevano, tuttavia, legittimamente ritenere che vi potessero essere ulteriori conversazioni rivelatrici dei reati ipotizzati, come in effetti, poi, e' avvenuto, anche se non nell'ambito del rapporto del ricorrente con il (OMISSIS). La valutazione del G.I.P. risulta pienamente condivisa dalla Corte di appello, che ha ritenuto la motivazione "priva di formule di stile" e "coerente alle evidenze", avendo il G.I.P. "concluso per riconoscere il grave quadro indiziario escludendo al contempo e di conseguenza che l'ipotesi investigativa potesse essere meramente esplorativa", e come "lo strumento tecnico di indagine fosse l'unico in quel momento utilizzabile al fine di accertare il concreto contesto dei fatti e dovendosi considerare che i contatti tra i due conoscenti avvenivano principalmente per telefono", altresi' annotando come "a tal fine a nulla potendo evidentemente in quel momento risultare specificamente utili le intercettazioni in corso nei confronti del solo (OMISSIS) nel diverso e precedente procedimento acceso per altri reati". Non manca neppure una specifica valutazione del profilo dell'urgenza (pg. IX). Con tali argomenti la Difesa ricorrente omette di confrontarsi, formulando, sul punto, una doglianza del tutto generica. Va ricordato, peraltro, che il giudizio sull'assoluta indispensabilita' delle operazioni ai fini della prosecuzione delle indagini e' questione di merito, la cui decisione puo' essere censurata, in sede di legittimita', sotto il solo profilo della manifesta illogicita' della motivazione (Sez. 6, n. 49119 del 25/09/2003, Rv. 227708; conf. Sez. 2, n. 4205 del 16/11/2018, dep. 2019, Rv. 274900) che, nella specie, non si ravvisa. 2. Non ha alcun pregio neppure il secondo motivo, peraltro, genericamente formulato. Il principio invocato in ricorso, infatti, ovvero la inutilizzabilita' delle dichiarazioni di (OMISSIS) che avrebbe dovuto essere sentito, con le garanzie di cui all'articolo 64 c.p.p., potrebbe effettivamente venire in rilievo se il terzo, beneficiario della rivelazione, fosse risultato essere l'istigatore della persona qualificata all'accesso nel sistema e alla rivelazione delle notizie. Nondimeno, la sentenza impugnata non contiene una chiara descrizione della dinamica dei fatti che hanno coinvolto il Del Farra, che risulta essere semplicemente il beneficiario delle informazioni rivelate dal ricorrente, senza che emergano con maggiore puntualita' le connotazioni del suo ruolo, ne' esso - nei termini di cui si e' detto - e' rivelato dal ricorso, cosicche', alla fine, si apprende semplicemente che il (OMISSIS) ricevette dal (OMISSIS) notizie riservate, senza che si possa affermare che egli l'abbia in qualche modo istigato. La doglianza si risolve, quindi, in una petizione di principio, che non declina ne' la decisivita' ne' la effettiva rilevanza della questione. 3. Anche il terzo motivo e' del tutto infondato. Invero, secondo la costante ermeneusi di questa Corte, il contenuto dell'obbligo la cui violazione e' sanzionata dall'articolo 326 c.p., deve essere desunto dal nuovo testo del Decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, articolo 15 come sostituito dalla L. 7 agosto 1990, n. 241, articolo 28 recante nuove norme in tema di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi. Tale norma prevede che "l'impiegato deve mantenere il segreto d'ufficio. Non puo' trasmettere a chi non ne abbia diritto informazioni riguardanti provvedimenti od operazioni amministrative, in corso o concluse, ovvero notizie di cui sia venuto a conoscenza a causa delle sue funzioni, al di fuori delle ipotesi e delle modalita' previste dalle norme sul diritto di accesso". Il divieto di divulgazione (e di utilizzo) comprende, dunque, non soltanto informazioni sottratte all'accesso, ma anche, nell'ambito delle notizie accessibili, quelle informazioni che non possono essere date alle persone che non hanno il diritto di riceverle, in quanto non titolari dei prescritti requisiti. (Sez. 6 n. 39312 del 01/07/2022, Rv. 283941). Pertanto, in tale contesto normativo, la giurisprudenza di questa Corte, dal Collegio pienamente condivisa, ha affermato che la nozione di "notizie d'ufficio, le quali debbono rimanere segrete" assume non soltanto il significato di informazione sottratta alla divulgazione in ogni tempo e nei confronti di chiunque, ma anche quello di informazione per la quale la diffusione (pur prevista in un momento successivo) sia vietata dalle norme sul diritto di accesso, nel momento in cui viene indebitamente diffusa ovvero utilizzata, perche' svelata a soggetti non titolari del diritto o senza il rispetto delle modalita' previste (cosi', Sez. 6, n. 19216 del 04/11/2016 (dep. 2017) Rv. 269776; Sez. 6, n. 9409 del 09/12/2015, dep. 2016, Rv. 267274; Sez. 5, n. 15950 del 15/01/2015, Rv. 263590; Sez. 6, n. 9726 del 21/02/2013, Rv. 254593). Come ha specificato la Corte di appello, nel caso di specie, l'accesso ai registri in questione e' correlato all'esistenza di un specifico profilo e di una password personale conferiti per esclusive ragioni di servizio al (OMISSIS) per accedere alle banche date consultate; entrambi i registri non sono liberamente consultabili dal pubblico, essendo previste determinate formalita' di registrazione e abilitazione per il relativo accesso, dovendo, altresi' aggiungersi, che in alcuni casi vengono in rilievo operazioni a pagamento. Pertanto, attraverso la condotta del ricorrente, i beneficiari hanno ottenuto informazioni che, altrimenti, avrebbero potuto ottenere solo affrontando una procedura specifica, talora anche sopportando oneri economici, e quindi, in questo senso, si tratta, certamente, di informazioni protette. 4. Il quarto motivo risulta reiterativo di doglianza gia' espressa dinanzi alla Corte di appello e da questa congruamente affrontata, evidenziando come le caratteristiche dei fatti portino ad escludere la connotazione lieve della condotta. Ha, infatti, condiviso il Giudice a quo la valutazione di quello di prime cure, circa la natura abituale della condotta, in quanto reiterata accedendo a due diversi sistemi protetti, e con trasmissione a privati delle notizie che dovevano rimanere segrete, in tal modo, esprimendo un complessivo giudizio di disvalore del fatto, che lo rende incompatibile con il riconoscimento dell'istituto. Secondo le coordinate delineate nella giurisprudenza di questa Corte, occorre avere riguardo - ai fini della applicabilita' della causa di non punibilita' - al fatto storico, alla situazione reale e irripetibile costituita da tutti gli elementi di fatto concretamente realizzati dall'agente, perche' non e' in questione la conformita' al tipo (la causa di non punibilita' presuppone un fatto conforme al tipo e offensivo ma il cui grado di offesa sia particolarmente tenue tanto da non richiedere la necessita' di pena), bensi' l'entita' del suo complessivo disvalore e questo spiega il riferimento alla connotazione storica della condotta nella sua componente oggettiva e soggettiva.(Sez. U. n. 13681 del 25/02/2016, Rv. 266590). Pertanto, il giudizio finale di particolare tenuita' dell'offesa postula necessariamente la positiva valutazione di tutte le componenti richieste per l'integrazione della fattispecie, sicche' i criteri indicati nell'articolo 131bis c.p., comma 1 sono cumulativi quanto al giudizio finale circa la particolare tenuita' dell'offesa ai fini del riconoscimento della causa di non punibilita', e alternativi quanto al diniego, nel senso che l'applicazione della causa di non punibilita' in questione e' preclusa dalla valutazione negativa anche di uno solo di essi (infatti, secondo il tenore letterale dell'articolo 131 bis c.p. nella parte del comma 1 qui rilevante, la punibilita' e' esclusa quando per le modalita' della condotta e per l'esiguita' del danno o del pericolo, l'offesa e' di particolare tenuita'. (Sez. 3 n. 893 del 28/06/2017, Rv. 272249; Sez. 6 n. 55107 del 08/11/2018, Rv. 274647; Sez. 3 n. 34151 del 18/06/2018, Rv. 273678). La motivazione spesa in sentenza costituisce espressione di sintesi della compiuta valutazione, anche implicita, degli elementi indicati, ed essa risulta, pertanto, adeguata. 5. Alla declaratoria di inammissibilita' segue per legge (articolo 616 c.p.p.) la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonche', trattandosi di causa di inammissibilita' determinata da profili di colpa emergenti dal ricorso (Corte Costituzionale n. 186 del 7-13 giugno 2000), al versamento, in favore della Cassa delle Ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo fissare in Euro 3000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CASA Filippo - Presidente Dott. CALASELICE Barbara - Consigliere Dott. POSCIA Giorgio - rel. Consigliere Dott. CAPPUCCIO Daniele - Consigliere Dott. GALATI Vincenzo - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 16/07/2021 della CORTE APPELLO di LECCE; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. CAPPUCCIO DANIELE; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott.ssa CENICCOLA ELISABETTA, che ha concluso chiedendo: - per (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), dichiararsi l'inammissibilita' dei ricorsi; - per (OMISSIS), la rideterminazione della pena e l'inammissibilita' nel resto del ricorso; - per (OMISSIS), l'annullamento con rinvio limitatamente al capo C e il rigetto nel resto; - per i restanti ricorrenti, il rigetto dei ricorsi. uditi i difensori: avvocato (OMISSIS), difensore di (OMISSIS), il quale conclude riportandosi ai motivi di ricorso; - avvocato (OMISSIS), del foro di Roma, sostituto processuale dell'avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), il quale conclude chiedendo l'accoglimento dei motivi di ricorso; - avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), il quale conclude chiedendo l'accoglimento dei motivi dei ricorsi e deposita ulteriore memoria di udienza, reiterando l'eccezione di legittimita' costituzionale gia' sollevata preliminarmente; - avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), il quale conclude riportandosi ai motivi di ricorso; - avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), il quale conclude chiedendo l'accoglimento del ricorso; - avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), anche in qualita' di sostituto processuale dell'avvocato (OMISSIS), il quale conclude chiedendo l'accoglimento dei motivi di ricorso; - avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), (OMISSIS) e anche in qualita' di sostituto processuale dell'avvocato (OMISSIS), difensore di (OMISSIS), il quale conclude riportandosi ai motivi di ricorso; - avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), il quale conclude riportandosi ai motivi di ricorso e ne chiede l'accoglimento; - avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), il quale conclude chiedendo l'accoglimento dei motivi di ricorso; - avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), anche in qualita' di sostituto processuale dell'avvocato (OMISSIS), difensore di (OMISSIS) e (OMISSIS), il quale conclude insistendo nell'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Con sentenza del 16 luglio 2021 la Corte di appello di Lecce, pronunziandosi, in parziale riforma di quella emessa dal Giudice dell'udienza preliminare della stessa citta' il 17 dicembre 2019, sulle impugnazioni proposte, tra gli altri, da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), ha: assolto (OMISSIS) ed (OMISSIS) da alcuni addebiti; rideterminato le pene inflitte a (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); applicato a (OMISSIS) la pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici per cinque anni; rigettato gli appelli proposti da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Le menzionate sentenze sono state rese, all'esito di giudizio svoltosi nella forma del rito abbreviato, nell'ambito di un procedimento penale scaturito dall'indagine convenzionalmente nota come "Le Vele", avente ad oggetto l'attivita' di due associazioni a delinquere, mafiosa, l'una, finalizzata al narcotraffico, l'altra, oggetto di contestazione, rispettivamente, ai capi A) e B) della rubrica, ed una miriade di episodi qualificati ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73. 2. Premessa. La motivazione della sentenza impugnata si giova di una preliminare disamina di carattere generale, che verte su temi di interesse comune, relativi: all'apprezzamento delle fonti di prova, rappresentate, essenzialmente, dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, dagli esiti di diffusa attivita' di intercettazione telefonica ed ambientale e dai riscontri acquisiti grazie ad attivita' di polizia giudiziaria; alla sussistenza ed alle caratteristiche dei sodalizi criminosi; alle loro reciproche interazioni; all'eventuale qualificazione dei fatti Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, ex articolo 73 come di lieve entita'; all'applicabilita' delle circostanze attenuanti generiche ed al calcolo delle pene. Successivamente, la Corte di appello ha cura di esaminare le posizioni di ciascun imputato, alla luce delle risultanze del giudizio di primo grado e delle doglianze articolate con l'impugnazione. Tale tecnica redazionale consiglia di ancorare, anche in questa sede, la disamina dei motivi di ricorso - dei quali si dara' conto, in ossequio al disposto dell'articolo 173 disp. att. c.p.p., nei limiti strettamente necessari per la motivazione - alle posizioni individuali, operando, laddove necessario, gli opportuni rimandi. Ragioni di ordine sistematico e di economia processuale suggeriscono, nondimeno, di anticipare alcune generali considerazioni sul piano del metodo, dirette ad illustrare i criteri cui questo Collegio intende attenersi nella valutazione dei ricorsi proposti avverso la decisione della Corte territoriale. 2.1. Al riguardo, va precisato, innanzitutto, che nell'esaminare i motivi di impugnazione si procedera', all'occorrenza, ad una lettura integrata delle sentenze di primo e di secondo grado. I provvedimenti resi nelle fasi di merito integrano, infatti, una tipica ipotesi di c.d. "doppia conforme" sicche', secondo quanto chiarito dalla giurisprudenza di legittimita' (cfr., da ultimo, Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218), saldandosi quella di appello, nella sua struttura argomentativa, a quella di primo grado, sia attraverso ripetuti richiami a quest'ultima sia adottando gli stessi criteri nella valutazione delle prove, i provvedimenti possono essere letti congiuntamente, in vista del controllo di legittimita', costituendo un unico corpo decisionale (nello stesso senso, cfr. anche Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 257595; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, dep. 2012, Valerio, Rv. 252615; Sez. 3, n. 10163 del 01/02/2002, Lombardozzi, Rv. 221116). D'altro canto, a fronte dell'addebito, che molti ricorrenti muovono alla Corte di appello, relativo all'omissione di espresse risposte a tutte le doglianze compendiate nei motivi di appello, e' utile ricordare come, secondo un consolidato e condiviso indirizzo ermeneutico, "Nella motivazione della sentenza il giudice del gravame non e' tenuto a compiere un'analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una loro valutazione globale, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo, sicche' debbono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata" (Sez. 6, n. 34532 del 22/06/2021, Depretis, Rv. 281935 - 01; Sez. 6, n. 49970 del 19/10/2012, Muia', Rv. 254107 - 01). 2.2. Opportuno appare, inoltre, soffermarsi sui limiti del sindacato di legittimita' sulla motivazione dei provvedimenti oggetto di ricorso per cassazione, delineati dall'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e). Sul punto, e' necessario premettere, anzitutto, che il giudice della legittimita' non e' abilitato ad effettuare un'indagine sul discorso giustificativo della decisione, finalizzata a sovrapporre la propria valutazione a quella gia' effettuata dai giudici di merito, dovendo questa Corte limitarsi a verificare l'adeguatezza delle considerazioni svolte dal giudice di merito per giustificare il suo convincimento. Sono, pertanto, inammissibili le deduzioni critiche che si pongono in diretto confronto col materiale probatorio acquisito, sollecitandone un diverso apprezzamento da parte della Corte di cassazione, secondo lo schema tipico di un gravame di merito, il quale esula, tuttavia, dalle funzioni dello scrutinio di legittimita' (Sez. 6 n. 13442 dell'8/03/2016, De Angelis, Rv. 266924; Sez. 6 n. 43963 del 30/09/2013, Basile, Rv. 258153). Il sindacato demandato alla Corte di cassazione sulla motivazione della sentenza impugnata non puo', infatti, concernere ne' la ricostruzione del fatto, ne' il relativo apprezzamento, ma deve limitarsi al riscontro dell'esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilita' di una diretta rivisitazione delle acquisizioni processuali. Il controllo di legittimita' non e', in altri termini, diretto a sindacare l'intrinseca attendibilita' dei risultati dell'interpretazione delle prove, ne' a ripercorrere l'analisi ricostruttiva della vicenda processuale operata nei gradi anteriori, ma soltanto a verificare che gli elementi posti a base della decisione siano stati valutati seguendo le regole della logica e secondo linee giustificative adeguate, che rendano persuasive, sul piano della consequenzialita', le conclusioni tratte (Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074). La mancata rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali puo' essere dedotta quale motivo di ricorso qualora comporti il cosi' detto "travisamento della prova" (consistente nell'utilizzazione di un'informazione inesistente o nell'omissione della valutazione di una prova, accomunate dalla necessita' che il dato probatorio, travisato od omesso, abbia il carattere della decisivita' nell'ambito dell'apparato motivazionale sottoposto a critica), purche' siano indicate in maniera specifica ed inequivoca le prove che si pretende essere state travisate, nelle forme di volta in volta adeguate alla natura degli atti in considerazione, in modo da rendere possibile la loro lettura senza alcuna necessita' di ricerca da parte della Corte, e non ne sia effettuata una monca individuazione od un esame parcellizzato, e senza che l'esame abbia ad oggetto, invece che uno o piu' specifici atti del giudizio, il fatto nella sua interezza (Sez. 3, n. 38431 del 31/01/2018, Ndoja, Rv. 273911). Nel solco del richiamato indirizzo ermeneutico si innesta quello per il quale "Il vizio di travisamento della prova, desumibile dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti del processo specificamente indicati dal ricorrente, e', d'altro canto, ravvisabile ed efficace solo se l'errore accertato sia idoneo a disarticolare l'intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa dell'elemento frainteso o ignorato, fermi restando il limite del "devolutum" in caso di cosiddetta "doppia conforme" e l'intangibilita' della valutazione nel merito del risultato probatorio" (Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, S., Rv. 277758). Permane, al contrario, la non deducibilita', nel giudizio di legittimita', del travisamento del fatto, "stante la preclusione per la Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito" (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Ferri, Rv. 273217; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Minervini, Rv. 253099). La mancanza, l'illogicita' e la contraddittorieta' della motivazione, come vizi denunciabili in sede di legittimita', devono, peraltro, conseguire a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purche' il giudice di merito abbia spiegato le origini del maturato convincimento in modo logico ed adeguato e senza incorrere in vizi giuridici. 2.3. Da ultimo, essendo il compendio probatorio incentrato, come detto, su esiti di attivita' di intercettazione telefonica ed ambientale, e' utile richiamare il canonico orientamento di questa Corte, secondo cui, in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l'interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, e' questione di fatto rimessa all'apprezzamento del giudice di merito e si sottrae al giudizio di legittimita' se la valutazione risulta logica in rapporto alle massime di esperienza utilizzate e non inficiata da travisamenti (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715; Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, D'Andrea; Rv. 268389; Sez. 6, n. 46301 del 30/10/2013, Corso, Rv. 25816401). In sede di legittimita', infatti, e' possibile prospettare una interpretazione del significato di un'intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di merito soltanto in presenza del travisamento della prova, ovvero nel caso in cui il giudice di merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale, e la difformita' risulti decisiva e incontestabile (Sez. 3, n. 6722 del 21/11/2017, dep. 2018, Di Maro, Rv. 272558; Sez. 5, n. 7465 del 28/11/2013, dep. 2014, Rv. 259516; Sez. 6, n. 11189 del 08/03/2012, Asaro, Rv. 252190). Parimenti consolidato e' l'ulteriore orientamento della giurisprudenza di legittimita' stando al quale le dichiarazioni auto ed etero accusatorie registrate nel corso di attivita' di intercettazione regolarmente autorizzata hanno piena valenza probatoria e, pur dovendo essere attentamente interpretate e valutate, non necessitano degli elementi di corroborazione previsti dall'articolo 192 c.p.p., comma 3, (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263714; Sez. 5, n. 48286 del 12/07/2016, Cigliola, Rv. 268414). 3. Le posizioni individuali. (OMISSIS). E' stato condannato, in entrambi i gradi di giudizio, alla pena di quattro anni e due mesi di reclusione e 18.000 Euro di multa per avere acquistato, sino al dicembre 2015, da (OMISSIS) e (OMISSIS) varie partite di cocaina, del peso di 50-100 grammi alla volta, che egli avrebbe poi distribuito a terzi, in concorso con (OMISSIS) e (OMISSIS) (fatto contestato al capo P della rubrica). La prova dei fatti in contestazione e' tratta, in primis, dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS), il quale indica (OMISSIS) come uno dei soggetti che, da lui riforniti, si dedicavano allo spaccio di sostanza stupefacente in (OMISSIS), nella zona dell'(OMISSIS). 3.1. (OMISSIS) propone, con l'assistenza dell'avv. (OMISSIS), ricorso per cassazione affidato a tre motivi, con il primo dei quali deduce violazione della legge processuale e vizio di motivazione ascrivendo alla Corte di appello di avere affrontato il tema dell'attendibilita' di (OMISSIS), debitamente introdotto con i motivi di impugnazione, in modo stereotipato e sulla base di argomenti valevoli, indistintamente, per tutti i soggetti coinvolti. Cosi' facendo, obietta, i giudici di secondo grado - oltre ad omettere la dovuta considerazione dell'assenza di riscontri individualizzanti alle accuse di (OMISSIS) - avrebbero omesso di rispondere alla specifica doglianza difensiva concernente l'incidenza, sul complesso giudizio di affidabilita' del "pentito", della concomitanza tra l'avvio del suo percorso collaborativo, risalente al gennaio del 2016, e la gestione, da parte del chiamante in correita', di traffici criminosi che, proprio in relazione alla posizione di (OMISSIS) (il quale, tossicodipendente, si riforniva di stupefacente per soddisfare esigenze personali), si sarebbero protratti sino a quel periodo. Con il secondo motivo, il ricorrente eccepisce vizio di motivazione e violazione di legge per avere la Corte di appello trattato la doglianza vertente sulla lieve entita' delle condotte di narcotraffico in chiave collettiva e senza rivolgere autonoma considerazione alla sua posizione, cosi' come a quella dei coimputati. Per tale via, il giudice di merito si sarebbe addentrato lungo meandri argomentativi affetti da un irredimibile deficit razionale, legato alla diversita', per quantita' e qualita', delle sostanze stupefacenti indicate in ciascun capo di imputazione, ed avrebbe, per di piu', legato la valutazione al mero dato ponderale - persino in relazione a fatti la cui descrizione e' priva, sul punto, di utili riferimenti - trascurando, invece, gli altri indicatori all'uopo rilevanti, quali la modalita' della condotta e le circostanze dell'azione. Aggiunge, da un canto, che, nel caso di specie, non puo' escludersi, in assenza di accertamenti di natura tecnica, che la sostanza commerciata contenesse modeste percentuali di principio attivo, cio' che avrebbe dovuto indurre la Corte di appello, nell'ottica del favor rei (e tanto piu' in ragione della sua condizione di tossicomane, che lo ha portato a destinare al proprio consumo almeno parte della sostanza ricevuta da (OMISSIS)), a sancire la lieve entita' del fatto, e denuncia, dall'altro, l'illogicita' della menzione, da parte della Corte di appello e quale fattore esclusivo dell'invocata lieve entita', della "comprovata capacita' degli appellanti di diffondere in modo non occasionale la sostanza", che, per disposto normativo, non e' incompatibile con la qualificazione dei singoli fatti, persino se costantemente reiterati, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, comma 5. Ne', rileva, ancora, il ricorrente, puo' assegnarsi, nell'ottica della qualificazione giuridica, valenza decisiva all'inserimento delle condotte di piccolo spaccio al minuto in una piu' ampia cornice di carattere associativo, cui egli e' risultato estraneo. Con il terzo ed ultimo motivo, (OMISSIS) lamenta violazione di legge e vizio di motivazione per avere la Corte di appello disatteso l'impugnazione, in punto di diniego delle circostanze attenuanti generiche, sulla scorta di considerazioni generiche in quanto estese, cumulativamente, a tutti gli imputati e senza tener conto del suo, non particolarmente allarmante, profilo di personalita' (egli e', invero, incensurato) e della ridotta gravita' della condotta, aspetti che erano stati puntualmente e specificamente dedotti a sostegno della riforma della decisione di primo grado. 3.2. Le censure sono inammissibili perche' manifestamente infondate. La Corte di appello, alle pagg. 5-9 della sentenza impugnata, ha affrontato funditus, riprendendo quanto gia' affermato dal Giudice dell'udienza preliminare alle pagg. 27-29 della decisione di primo grado, il nodo dell'attendibilita' di (OMISSIS), che ha sciolto positivamente in considerazione: della genesi della collaborazione; della linearita' delle dichiarazioni; dell'assenza di ragioni tali da lasciare ipotizzare l'intenzionale ricorso alla calunnia; dell'acquisizione di convenienti riscontri di matrice esterna, nel caso di (OMISSIS) costituiti dalle conversazioni, dal tenore assolutamente eloquente, captate tra il 18 settembre ed il 16 dicembre 2015. Ha, al contempo, replicato all'obiezione mossa da (OMISSIS), che la ripropone con il primo motivo di ricorso per cassazione, vertente sulla stretta consequenzialita' temporale tra le attivita' illecite oggetto di contestazione, delle quali (OMISSIS) e' stato primario protagonista, che si spingono sino alla fine del 2015, e l'avvio, da parte del correo, del percorso di collaborazione con la giustizia, segnato dall'interrogatorio dell'11 gennaio 2016. I giudici di appello hanno spiegato, in proposito, che la successione degli eventi non e' caratterizzata dalla adombrata sovrapposizione di comportamenti, sintomo di opacita' nell'atteggiamento di (OMISSIS), il quale, piu' semplicemente, si e' determinato a riferire quanto a sua conoscenza alle autorita' in un frangente temporalmente posteriore, ancorche' contiguo, rispetto all'epoca dei delitti commessi sotto il suo impulso e con il suo concorso. Palesemente privo di pregio e', altresi', il secondo motivo, vertente sulla congruita' della motivazione sottesa al rigetto della doglianza concernente la qualificazione del fatto ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, comma 5. La Corte di appello ha affrontato la questione, in termini complessivi, alle pag. 19-21 della sentenza impugnata, richiamando i pertinenti indirizzi della giurisprudenza di legittimita' e stimando l'insussistenza, nella fattispecie, degli elementi di fatto al cui cospetto la condotta illecita puo' dirsi di lieve entita'. I rilievi svolti dai giudici di merito trovano, del resto, rispondenza nelle emergenze istruttorie relative all'azione di (OMISSIS), che mettono in luce un commercio reiterato (le intercettazioni documentano, invero, almeno tre transazioni, cosi' confermando quanto esposto da (OMISSIS)), e quindi non estemporaneo ne' occasionale, di partite di cocaina, il cui peso e' indicato dal collaboratore nell'ordine di 50-100 grammi per volta e dalla cui consegna sono generate, a carico dell'acquirente, obbligazioni pecuniarie stimabili nell'ordine delle centinaia o, addirittura, delle migliaia di Euro, dalle conversazioni evincendosi, in particolare, che (OMISSIS), in un caso, ha corrisposto 800 Euro e, in un altro, e' stato sollecitato al versamento di 1.500 Euro. Incensurabile appare, dunque, la decisione impugnata nella parte in cui ha escluso che i fatti commessi da (OMISSIS) fossero espressivi di ridotta offensivita'. L'ultimo motivo di ricorso verte sulla congruita' della motivazione adottata dai giudici di merito per escludere l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche, che l'imputato, si sostiene, avrebbe meritato perche' incensurato e, quindi, titolare di un profilo di personalita' non particolarmente allarmante. Cosi' facendo, invoca, a dispetto di quanto affermato, una diversa e piu' favorevole interpretazione di circostanze di fatto delle quali i giudici del merito hanno fornito una lettura aliena dall'ipotizzato travisamento della prova. Premesso che e' pacifico, in giurisprudenza, che "In tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione e' insindacabile in sede di legittimita', purche' sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'articolo 133 c.p., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione" (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269), va attestato che la Corte di appello ha indicato, alla pag. 22 della motivazione della sentenza impugnata, le ragioni che precludono, nei confronti di tutti gli imputati, la mitigazione del trattamento sanzionatorio, ravvisate, per quanto riguarda la posizione di (OMISSIS), nell'assenza di segno alcuno di resipiscenza o di altro elemento suscettibile di positiva valutazione e nell'omesso contributo alla ricostruzione dei fatti. Un iter argomentativo, quello sviluppato dalla Corte di appello, che si mantiene all'interno della fisiologica discrezionalita' e che non soffre delle incoerenze segnalate dal ricorrente il quale, va ancora una volta ribadito, sollecita un intervento che il giudice di legittimita' non puo' compiere al cospetto di una motivazione esente da vizi logici e che tiene debitamente conto delle conquiste processuali. Al riguardo, pertinente si rivela, del resto, il richiamo al condiviso indirizzo ermeneutico secondo cui "Al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice puo' limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall'articolo 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicche' anche un solo elemento attinente alla personalita' del colpevole o all'entita' del reato ed alle modalita' di esecuzione di esso puo' risultare all'uopo sufficiente" (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269) e "In tema di diniego della concessione delle attenuanti generiche, la "ratio" della disposizione di cui all'articolo 62 bis c.p. non impone al giudice di merito di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo, invece, sufficiente l'indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti" (Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, Rv. 265826). 4. (OMISSIS). E' stato condannato, in secondo grado, alla pena di quattro anni di reclusione e 14.000 Euro di multa per avere partecipato, insieme a (OMISSIS) e (OMISSIS), a numerose transazioni di cocaina, nella misura di 500-1000 grammi per volta (capo G) e, in una specifica occasione, di circa 1.500 grammi, nonche' per avere acquistato, da (OMISSIS) e per il tramite di (OMISSIS), alcune partite di hashish (capo G1). Ha rinunziato, nel corso del giudizio di appello, ai motivi di impugnazione diversi da quelli attinenti al trattamento sanzionatorio. 4.1. Propone, con il ministero dell'avv. (OMISSIS), ricorso per cassazione affidato a due motivi, con il primo dei quali ascrive alla Corte di appello, in chiave di violazione di legge e vizio di motivazione, di avere erroneamente ritenuto che la formulata, parziale rinunzia ai motivi di impugnazione si estendesse anche a quelli afferenti qualificazione giuridica dei fatti accertati - che, in realta', attengono al trattamento sanzionatorio e, pertanto, devono intendersi esclusi dalla rinunzia - e di avere, quindi, indebitamente omesso di vagliare le doglianze articolate con l'atto di appello in ordine alla qualificazione del fatto ai sensi del comma 4, quanto alla natura della sostanza commerciata, e comma 5, in relazione alla lieve entita', del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73. Rileva, a questo proposito, che i fatti avrebbero dovuto essere ricondotti all'ipotesi di lieve entita' in ragione della mancanza di dati certi in ordine alla quantita' e alla natura della sostanza stupefacente ed in ossequio, pertanto, al canone in dubio pro reo; obietta, ulteriormente, che egli, lungi dal poter contare su un'ampia struttura che gli consentisse di creare una fitta rete di rapporti commerciali per lo spaccio di sostanze stupefacenti, ricorreva, piuttosto, a mezzi domestici e grossolani, sintomatici dell'assenza di una vera e propria organizzazione, sicche' illogico si palesa, anche sotto questo aspetto, il richiamo, da parte della Corte di appello, a considerazioni dedicate, in modo indistinto e cumulativo, alla totalita' degli imputati. Con il secondo ed ultimo motivo, (OMISSIS) eccepisce vizio di motivazione per avere la Corte di appello, a seguito dell'applicazione delle circostanze attenuanti generiche, ridotto la pena base e non anche quella stabilita a titolo di continuazione interna (cioe' per i residui episodi contestati al capo G) ed esterna (ovvero per i fatti contestati sub G1). 4.2. All'udienza del 17 novembre il ricorrente ha eccepito, tramite il difensore ed in via subordinata rispetto alla principale richiesta di rinvio della trattazione dei ricorsi, l'illegittimita' costituzionale del Decreto Legge 31 ottobre 2022, articolo 6, per contrasto con l'articolo 73, comma 3, articolo 77, articoli 3 e 117 Cost., nella parte in cui ha differito l'entrata in vigore della normativa che, tra l'altro, incide sul regime di procedibilita' di taluni reati. Il Collegio la ha dichiarata inammissibile, con provvedimento reso a verbale, con il quale ha, al contempo, disatteso la richiesta di differimento dell'udienza, mutuata da tutti i difensori presenti. Nel rassegnare le conclusioni, il difensore di (OMISSIS) ha reiterato, anche nell'interesse di (OMISSIS), l'eccezione di legittimita' costituzionale del citato articolo 6 deducendo, stavolta, l'irragionevolezza del differimento, con disposizione di urgenza, della disciplina che amplia l'ambito di applicazione delle sanzioni sostitutive previste dalla L. 24 novembre 1981, n. 689. Trattasi, deve nondimeno rilevarsi, di questione inammissibile perche' introdotta sul postulato - meramente enunciato e non assistito dal benche' minimo sostegno argomentativo - dell'insussistenza di ragioni di straordinaria necessita' ed urgenza, che il legislatore ha, invece, rinvenuto nell'esigenza di informare a canoni di razionalita' la programmazione e l'attuazione degli interventi di supporto al piu' ampio ricorso alle misure alternative alla detenzione, avuto riguardo, in particolare, ad una misura transitoria, quale il Decreto Legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, articolo 95, presumibilmente suscettibile di determinare la concentrazione di un elevato numero di istanze in un arco temporale circoscritto. 4.3. Il ricorso e' manifestamente infondato. La giurisprudenza di legittimita' e' ferma nel ritenere che "La rinuncia parziale ai motivi d'appello determina il passaggio in giudicato della sentenza gravata limitatamente ai capi oggetto di rinuncia, onde e' inammissibile il ricorso per cassazione con il quale si propongono censure attinenti ai motivi d'appello rinunciati e non possono essere rilevate d'ufficio le questioni relative ai medesimi motivi. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto preclusa la possibilita' di proporre o rilevare d'ufficio, in sede di legittimita', questioni attinenti alla qualificazione giuridica dei fatti, avendo l'imputato rinunciato ai motivi di appello relativi all'affermazione della responsabilita' penale)" (Sez. 2, n. 47698 del 18/09/2019, Amabile, Rv. 278006 - 01). L'applicazione di tale condiviso principio conduce a smentire l'assunto formulato, con il primo motivo, dal ricorrente, il quale riporta alla macroarea del trattamento sanzionatorio la tematica della qualificazione giuridica della condotta che, in realta', investe la responsabilita' dell'imputato e solo in via indiretta la determinazione della pena, sicche' deve logicamente inferirsi che (OMISSIS), all'atto di formalizzare la rinunzia ai motivi di appello diversi da quelli relativi al trattamento sanzionatorio, tenne fermi esclusivamente quelli che investivano l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche e la concreta commisurazione della pena base e degli aumenti per la continuazione. Per quanto concerne il secondo motivo, occorre innanzitutto ricordare, in diritto, che "In tema di divieto di "reformatio in peius", il giudice di appello che, accogliendo il motivo di gravame proposto dal solo imputato riguardante una regiudicanda integrata da piu' reati unificati dal vincolo della continuazione, riconosca l'esistenza di una circostanza attenuante in precedenza negata ed influente sia sulla pena base che su altri elementi rilevanti per il calcolo, deve necessariamente ridurre la pena complessivamente inflitta con riferimento al reato base e ai reati satellite salvo che per questi ultimi venga confermato, con adeguata motivazione, l'aumento in precedenza disposto e fermo restando che il risultato finale dell'operazione si concluda con l'irrogazione di una pena complessiva corrispondentemente diminuita rispetto a quella in precedenza irrogata" (Sez. 3, Sentenza n. 3214 del 22/10/2014, dep. 2015, A., Rv. 262021 - 01; Sez. 2, n. 45973 del 18/10/2013, A., Rv. 257522 - 01; Sez. 6, n. 45866 del 15/05/2012, Costanzo, Rv. 254129 - 01). Nel caso di specie, il giudice di appello si e' orientato, a dispetto di quanto eccepito dal ricorrente, in ossequio al predetto canone ermeneutico giacche', dopo avere ridotto la pena base per il piu' grave degli episodi contestati a (OMISSIS) al capo G) (da sei anni di reclusione e 25.822 Euro di multa a quattro anni di reclusione e 18.000 Euro di multa), ha applicato, per la continuazione interna al capo G), l'aumento di un anno di reclusione e 2.000 Euro di multa, inferiore, nella parte pecuniaria, a quello stabilito del Giudice dell'udienza preliminare (un anno di reclusione e 4.178 Euro di multa), nonche', per la continuazione con il reato di cui al capo G1), l'aumento di un anno di reclusione e 1.000 Euro di multa, pure inferiore, nella parte pecuniaria, a quello stabilito del Giudice dell'udienza preliminare (un anno di reclusione e 3.000 Euro di multa). 5. (OMISSIS). E' stato condannato, in entrambi i gradi di giudizio, alla pena, condizionalmente sospesa, di un anno e otto mesi di reclusione e 4.000 Euro di multa per avere acquistato, unitamente a (OMISSIS) e (OMISSIS), tre kg. di marijuana, ceduti da (OMISSIS) e (OMISSIS), per il tramite di (OMISSIS) ed il prezzo di 10.000 Euro (episodio contestato al capo 12). La prova del fatto viene tratta, oltre che dalle dichiarazioni accusatorie di (OMISSIS) - il quale ha riferito di avere ceduto 5 kg. di "erba", consegnata da un soggetto di nazionalita' albanese, a (OMISSIS) e (OMISSIS), che la hanno pagata in contanti al prezzo di 2.400 Euro al kg. - dalle conversazioni intercettate, nelle quali (OMISSIS) e' stato identificato grazie all'indicazione del nome di battesimo e del rapporto di parentela con lo zio (OMISSIS). 5.1. (OMISSIS) propone, con il patrocinio dell'avv. (OMISSIS), ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. Con il primo motivo, lamenta violazione di legge e vizio di motivazione per essere i giudici di merito pervenuti a conclusioni manifestamente illogiche in ordine: alla sua identificazione, operata sulla base di elementi privi di effettiva attitudine dimostrativa; alla qualita' della sostanza stupefacente trafficata ed alla sua quantita', profilo su cui, peraltro, si registra una notevole divergenza tra le informazioni offerte da (OMISSIS) e quelle tratte dalle intercettazioni; alle modalita' esecutive del reato, ovvero al tempo ed al luogo della cessione, al pagamento del prezzo, all'intervento di (OMISSIS), alla corresponsione in suo favore dell'aggio indicato nella misura di 250 Euro. Il ricorrente obietta, precipuamente, che, discorrendosi di "droga parlata", l'affermazione della penale responsabilita' avrebbe dovuto essere preceduta da un accertamento ben piu' solido in ordine agli elementi costitutivi del reato ipotizzato e del ruolo svolto di ciascuno dei soggetti coinvolti. Con il secondo motivo, denuncia carenza di motivazione e violazione di legge in ordine all'omessa qualificazione del fatto ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, comma 5, che avrebbe dovuto discendere dall'assenza di precise cognizioni in merito a quantita' e potenzialita' stupefacente della sostanza che si assume essere stata oggetto di illecito commercio. Con il terzo motivo, si duole dell'omessa applicazione delle circostanze attenuanti generiche, che egli avrebbe meritato perche' incensurato e coinvolto, per di piu' in misura del tutto marginale, in un unico episodio, che impegna, peraltro, un torno di tempo assai circoscritto. Con il quarto motivo, lamenta che, pur a fronte della contestazione di un unico fatto illecito, sia stata applicata la disciplina del reato continuato. 5.2. I primi tre motivi sono infondati. 5.2.1. La Corte di appello e' pervenuta all'identificazione di (OMISSIS) sulla scorta di quanto narrato da (OMISSIS) a (OMISSIS), coinvolto nel traffico illecito e zio dell'odierno ricorrente, in ordine alla destinazione allo "zio" di parte della somma che " (OMISSIS)", soggetto che si serviva dell'utenza (OMISSIS) e, secondo quanto emerso dalle indagini, concorrente nel reato, aveva tratto da una transazione illecita. Il ricorrente contesta la valenza indiziaria delle parole di (OMISSIS), delle quali i giudici di merito hanno, tuttavia, offerto una interpretazione che sfugge al sindacato di legittimita' nella parte in cui assume che (OMISSIS), nel rivolgersi a (OMISSIS), abbia inteso individuare in lui - che di (OMISSIS) e' effettivamente zio - lo "zio" cui " (OMISSIS)", a questo punto logicamente individuato nell'odierno ricorrente, ha inteso riversare (tramite lo stesso (OMISSIS) che, in quel frangente, stava consegnando a (OMISSIS), su incarico di " (OMISSIS)", il denaro) il profitto dell'azione criminosa. Tanto, peraltro, in coerenza con le dichiarazioni rese da (OMISSIS), evocate anche nel ricorso di (OMISSIS), espressamente indicato dal collaboratore di giustizia come destinatario di una partita di "erba" da lui trafficata, che concorrono ad attestare la correttezza dell'operata identificazione. Tetragone alle obiezioni difensive sono, del pari, le considerazioni che la Corte di appello dedica alle coordinate del reato, ricavate: dall'impiego di linguaggio criptico (si pensi, tra l'altro, all'incongruo riferimento ad una "macchina" "bella" o "blindata") sintomatico dell'oggetto illecito della transazione; dal riferimento, nelle conversazioni intercorse tra gli acquirenti, alla ferma volonta' di acquistare, disponendo della relativa provvista economica, tre kg. di sostanza stupefacente; dalla reiterata menzione, nelle conversazioni analiticamente riportate dal Giudice dell'udienza preliminare alle pagg. 89-93 della sentenza di primo grado, di valori quantitativi coerenti con l'individuazione in tre kg. di marijuana dell'oggetto della compravendita ed in 10.000 Euro del prezzo corrisposto; dalla ricostruzione, in termini non manifestamente illogici ne' contraddittori e, per le ragioni illustrate al paragrafo 2, qui insindacabili, delle modalita' di svolgimento della vicenda. Ancor piu' rilevante appare, nell'ottica considerata, la complessiva sovrapponibilita' tra l'esegesi dell'episodio compiuta dai giudici di merito e le dichiarazioni rese, al riguardo, da (OMISSIS) il quale, pur indicando quantita' e prezzo non corrispondenti (5 kg., per il prezzo di 2.400 Euro al kg, anziche' 3 kg., per un controvalore di 10.000 Euro), ha confermato, nell'interrogatorio dell'8 febbraio 2016, di avere rifornito (OMISSIS) di marijuana, cosi' offrendo una chiave di lettura della vicenda sicuramente utile a fugare le perplessita' espresse dal ricorrente. A fronte di un apparato argomentativo esente da tangibili falle razionali e coerente con le emergenze istruttorie, il ricorrente articola, infatti, censure che, per quanto radicali, non si emancipano da una prospettiva finalizzata alla rivalutazione di un compendio indiziario, ovvero a stimolare un'operazione che, per le ragioni gia' esposte, e' inibita al giudice di legittimita', abilitato alla cassazione delle decisioni di merito solo al cospetto di profili di manifesta illogicita' e contraddittorieta', nel caso di specie insussistenti. 5.2.2. Le conclusioni raggiunte dalla Corte di appello in ordine a natura, quantita' e valore della sostanza stupefacente acquistata da (OMISSIS) valgono, in uno, ad attestare l'infondatezza del secondo motivo di ricorso, che non tiene conto di quanto statuito dalla Corte di appello alle pagg. 19-21 della sentenza impugnata, in termini complessivi ma che senz'altro si attagliano alla posizione dell'imputato de quo agitur, in ordine, tra l'altro, all'incidenza, sull'apprezzamento del coefficiente di offensivita' del fatto, del dato ponderale che, nel caso in esame, e' tanto rilevante - secondo quanto confermato, del resto, dal valore della sostanza stupefacente - da escludere, a prescindere dalla determinazione del grado di purezza, cioe' dalla percentuale di principio attivo in essa contenuto, la qualificazione del fatto come di lieve entita'. 5.2.3. Il terzo motivo di ricorso verte sulla congruita' della motivazione adottata dai giudici di merito per escludere l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche, che l'imputato, si sostiene, avrebbe meritato perche' incensurato e per la marginalita', nell'economia complessiva dell'indagine, del ruolo da lui svolto, peraltro in un torno di tempo assai ristretto. Cosi' facendo, invoca, a dispetto di quanto affermato, una diversa e piu' favorevole interpretazione di circostanze di fatto delle quali i giudici del merito hanno fornito una lettura aliena dall'ipotizzato travisamento della prova. Premesso che e' pacifico, in giurisprudenza, che "In tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione e' insindacabile in sede di legittimita', purche' sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'articolo 133 c.p., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione" (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269), va attestato che la Corte di appello ha indicato, alla pag. 22 della motivazione della sentenza impugnata, le ragioni che precludono, nei confronti di tutti gli imputati, la mitigazione del trattamento sanzionatorio, ravvisate, per quanto riguarda la posizione di (OMISSIS), nell'assenza di segno alcuno di resipiscenza o di altro elemento suscettibile di positiva valutazione e nell'omesso contributo alla ricostruzione dei fatti. Un iter argomentativo, quello sviluppato dalla Corte di appello, che si mantiene all'interno della fisiologica discrezionalita' e che non soffre delle incoerenze segnalate dal ricorrente il quale, va ancora una volta ribadito, sollecita un intervento che il giudice di legittimita' non puo' compiere al cospetto di una motivazione esente da vizi logici e che tiene debitamente conto delle conquiste processuali. Al riguardo, pertinente si rivela, del resto, il richiamo al condiviso indirizzo ermeneutico secondo cui "Al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice puo' limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall'articolo 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicche' anche un solo elemento attinente alla personalita' del colpevole o all'entita' del reato ed alle modalita' di esecuzione di esso puo' risultare all'uopo sufficiente" (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv, 279549; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269) e "In tema di diniego della concessione delle attenuanti generiche, la "ratio" della disposizione di cui all'articolo 62 bis c.p. non impone al giudice di merito di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo, invece, sufficiente l'indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti" (Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, Rv. 265826). 5.3. Il quarto ed ultimo motivo di ricorso e', invece, fondato. (OMISSIS) e' stato tratto a giudizio e condannato per avere posto essere una condotta che, stando alla descrizione operata al capo 12), si e' esaurita nell'acquisto e nella ricezione di una partita di marijuana destinata alla cessione a terzi. Appare, pertanto, del tutto evidente che il riferimento, in rubrica, all'articolo 81 c.p., comma 2, ed alla pluralita' di azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, non puo' che attenere - dal punto di vista logico, prima ancora che letterale, ed a prescindere dalla sua pertinenza - agli imputati, quale (OMISSIS), che, diversamente da (OMISSIS), rispondono sia della detenzione illecita che della cessione della sostanza stupefacente. Coglie, quindi, nel segno il ricorrente nel lamentare l'illegittimita' dell'operato aumento per la continuazione, cui va posto rimedio mediante l'annullamento senza rinvio, limitatamente a detto profilo, della sentenza impugnato, con eliminazione della menzionata quota di pena - fissata, gia' dal primo giudice ed al lordo della riduzione per la scelta del rito abbreviato, in sei mesi di reclusione e 836 Euro di multa - e rideterminazione della sanzione in un anno e quattro mesi di reclusione e 3.442,66 Euro di multa (pena base: due anni di reclusione e 5.164 Euro di multa, ridotta di un terzo ex articolo 442 c.p.p.). 6. (OMISSIS). E' stato condannato, in entrambi i gradi di giudizio, alla pena di sei anni ed otto mesi di reclusione per la partecipazione all'associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico contestata al capo B) della rubrica. Identificato nel soggetto indicato, nelle conversazioni intercettate, come il "cinese", la sentenza impugnata ne tratteggia i legami con (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) e valorizza la portata probatoria di dialoghi dal tenore allusivo, dei quali egli e' protagonista o nei quali egli viene menzionato. 6.1. Propone, con l'assistenza dell'avv. (OMISSIS), ricorso per cassazione articolato su due motivi, con il primo dei quali deduce violazione di legge e vizio di motivazione sul rilievo dell'inidoneita' degli elementi raccolti a suo carico ad attestarne, con il prescritto coefficiente di certezza, la militanza associativa. L'ipotesi accusatoria, che gli assegna compiti di distribuzione di sostanze stupefacenti per conto di (OMISSIS), sarebbe, nota il ricorrente, inconsistente, vista l'assenza di espliciti elementi di colpevolezza in ordine a qualsivoglia ipotesi concreta di cessione: egli non risponde, invero, di reati-fine, rientranti nel programma criminoso del sodalizio del quale avrebbe fatto parte, cio' che, tanto piu' in ragione dell'assenza di dichiarazione rese a suo carico dal collaboratore di giustizia (OMISSIS), avrebbe imposto particolare rigore nell'accertamento degli elementi costitutivi del reato oggetto di addebito. I giudici di merito, continua il ricorrente, si sono limitati ad analizzare le conversazioni intercettate, senza dar conto dell'esito infruttuoso dei controlli effettuati dalle forze dell'ordine su luoghi e persone e, dunque, della carenza di validi riscontri all'ipotesi investigativa. Con il secondo motivo, lamenta, ancora, violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche, giustificato sulla base di considerazioni illogiche perche' collegate esclusivamente, al suo curriculum criminale e senza tenere nella dovuta considerazione, per contro, la specificita' del contributo da lui offerto alla causa associativa. 6.2. Il ricorso e' inammissibile perche' imperniato su contestazioni manifestamente infondate o non consentite. La Corte di appello, alle pagg. 10-17 della sentenza impugnata, ha respinto le obiezioni mosse dagli imputati che sono stati condannati per aver fatto parte dell'associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico contestata al capo B) della rubrica. Ha, in specie, ritenuto che le emergenze istruttorie attestino, in primo luogo, la riconducibilita' del fenomeno illecito oggetto di osservazione al paradigma descritto dal Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 74, ricostruito in ossequio agli indici enucleati, nel tempo, dalla giurisprudenza di legittimita'. Ha ricordato, in fatto, che l'indagine ha messo in luce la circolarita' dei rapporti tra (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche' quelli tra (OMISSIS) ed i fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS), oltre che la costante presenza di (OMISSIS), braccio destro di (OMISSIS) e fedele esecutore delle sue disposizioni. Ha aggiunto che la multilateralita' delle relazioni tra i soggetti coinvolti ha reso evidente a ciascuno di loro che l'attivita' posta in essere andava ad iscriversi nella piu' vasta cornice dell'azione coordinata di un gruppo organizzato e che l'emersione, in alcuni casi, di stabili conti di dare ed avere tra i fornitori dell'associazione e la preferenza manifestata per l'immediata regolazione, in contanti, delle transazioni costituiscono ulteriore riscontro della dimensione permanente e collettiva degli illeciti accertati. La compagine, in altri termini, operava, secondo la prospettiva delineata dai giudici di merito, affidando la responsabilita' dei contatti con i fornitori a (OMISSIS), coadiuvato da (OMISSIS), a (OMISSIS), il quale si avvaleva di (OMISSIS) e (OMISSIS), ed ai germani (OMISSIS), assistiti da correi la cui posizione e' stata separatamente definita. Tangibile era, d'altro canto, il tratto organizzativo, connesso alla continuita' degli approvvigionamenti, garantiti da una pluralita' di canali, e dell'attivita' di distribuzione, resa possibile dalle collaterali operazioni finalizzate alla custodia dello stupefacente e seguita dalle iniziative propedeutiche al recupero dei crediti maturati ed all'avvio di nuovi investimenti; il tutto, in un contesto segnato dalla limitata autonomia dei singoli, chiamati a rendere conto ai referenti di ogni, anche minimo, cambio di programma e pronti a recepire le direttive o concordare le future strategie. Con precipuo riferimento a (OMISSIS), la Corte salentina ha posto l'accento sulle conversazioni attestanti la sua familiarita' con (OMISSIS), su incarico del quale egli non esita a curare il recupero di crediti derivanti da pregresse transazioni di stupefacente, dei quali (OMISSIS) deve, a sua volta, dar conto a (OMISSIS). (OMISSIS) e', al contempo, legato a (OMISSIS), il quale si rivolge nei suoi confronti con toni di perentorieta' tale da lasciare trasparire un chiaro rapporto di subordinazione gerarchica. Il dialogo intercorso tra (OMISSIS) e (OMISSIS) all'esito della perquisizione subita dal primo il 29 ottobre 2015 attesta, poi, il comune coinvolgimento in attivita' tali da suscitare l'interesse degli investigatori. Il percorso argomentativo che ha condotto i giudici di merito ad inferire la partecipazione associativa di (OMISSIS) si giova, dunque, della considerazione, per un verso, della figura di (OMISSIS), attivo componente del sodalizio e gestore, in posizione di responsabilita', di almeno una parte dei traffici del gruppo, per la cui conduzione si avvale, tra gli altri, di (OMISSIS) - il quale, si rammenta, e' stato condannato anche per un'ipotesi Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, ex articolo 73 - che, a sua volta, opera in sostanziale simbiosi con (OMISSIS). La sinergica valutazione di tali elementi con la riscontrata esistenza di rapporti, pure di presumibile natura illecita, tra (OMISSIS) e (OMISSIS) - il quale, come confermato anche da (OMISSIS), e' pure a pieno titolo intraneo alla compagine criminosa - supporta, dunque, la convinzione, espressa dai giudici di merito, che l'imputato sia stato stabilmente inserito in essa, con piena coscienza dell'esistenza del gruppo e dei connessi profili organizzativi, ed animato da sicura affectio societatis. La Corte di appello e' pervenuta a conclusioni aliene da travisamenti di emergenze istruttorie che sono state interpretate in modo non manifestamente illogico ne' contraddittorio, senza, per contro, debordare dai poteri riconosciuti, in via esclusiva, al giudice di merito. Rebus sic stantibus, il ricorrente articola, con il primo motivo, obiezioni che non valgono ad incrinare la tenuta logica del provvedimento impugnato. Evidenzia, in primo luogo, l'assenza di prova in ordine alla commissione di reati-fine, circostanza che, in linea di principio, non osta all'affermazione della penale responsabilita' per quello associativo e che, in ipotesi, puo' ben discendere dalla frammentarieta' delle informazioni assunte circa la condotta illecita dell'imputato che, non rapportabili, con il prescritto coefficiente di certezza, ad uno o piu' specifici delitti Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, ex articolo 73, sono, nondimeno, ad un esame congiunto, dimostrativi, al di la' di ogni ragionevole dubbio, di sicura militanza associativa. Rimarca, ulteriormente, che (OMISSIS) non ha reso dichiarazioni accusatorie a suo carico, cio' che, pero', puo' agevolmente spiegarsi con l'articolata composizione della consorteria, ramificata in piu' sottogruppi, e la peculiare natura dell'ausilio prestato da (OMISSIS), in posizione defilata ed in combutta, principalmente, con l'alter ego (OMISSIS) e con (OMISSIS). 6.3. Il secondo ed ultimo motivo di ricorso verte sulla congruita' della motivazione adottata dai giudici di merito per escludere l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche, che l'imputato, si sostiene, avrebbe meritato per avere offerto all'associazione un ridotto contributo causale. Cosi' facendo, invoca, a dispetto di quanto affermato, una diversa e piu' favorevole interpretazione di circostanze di fatto delle quali i giudici del merito hanno fornito una lettura aliena dall'ipotizzato travisamento della prova. Premesso che e' pacifico, in giurisprudenza, che "In tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione e' insindacabile in sede di legittimita', purche' sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'articolo 133 c.p., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione" (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269), va attestato che la Corte di appello ha indicato, alla pag. 22 della motivazione della sentenza impugnata, le ragioni che precludono, nei confronti di tutti gli imputati, la mitigazione del trattamento sanzionatorio, ravvisate, per quanto riguarda la posizione di (OMISSIS), nell'assenza di segno alcuno di resipiscenza o di altro elemento suscettibile di positiva valutazione e nell'omesso contributo alla ricostruzione dei fatti, nonche' nelle negative indicazioni che si traggono dal certificato del casellario giudiziale, che reca menzione di condanne espressive di particolare proclivita' a delinquere. Un iter argomentativo, quello sviluppato dalla Corte di appello, che si mantiene all'interno della fisiologica discrezionalita' e che non soffre delle incoerenze segnalate dal ricorrente il quale, va ancora una volta ribadito, sollecita un intervento che il giudice di legittimita' non puo' compiere al cospetto di una motivazione esente da vizi logici e che tiene debitamente conto delle conquiste processuali. Al riguardo, pertinente si rivela, del resto, il richiamo al condiviso indirizzo ermeneutico secondo cui "Al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice puo' limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall'articolo 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicche' anche un solo elemento attinente alla personalita' del colpevole o all'entita' del reato ed alle modalita' di esecuzione di esso puo' risultare all'uopo sufficiente" (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269) e "In tema di diniego della concessione delle attenuanti generiche, la "ratio" della disposizione di cui all'articolo 62 bis c.p. non impone al giudice di merito di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo, invece, sufficiente l'indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti" (Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, Rv. 265826). 7. (OMISSIS). E' stato condannato, in appello, alla pena di sette anni di reclusione e 29.503 Euro di multa, per avere acquistato, per tutto il 2015 e con cadenza di una fornitura ogni venti giorni circa, partite di cocaina, del peso di circa 200 grammi per volta, da (OMISSIS) e (OMISSIS) (fatto contestato al capo N). A suo carico, si pongono: le dichiarazioni di (OMISSIS); l'operata identificazione mediante riconoscimento fotografico; l'esito dell'espletata attivita' di intercettazione. 7.1. (OMISSIS) propone, con il ministero dell'avv. (OMISSIS), ricorso per cassazione strutturato su tre motivi, ulteriormente sviluppati con la memoria del 4 ottobre 2022, sottoscritta anche dall'avv. (OMISSIS). Con il primo motivo, eccepisce violazione di legge e vizio di motivazione per essere i giudici di merito pervenuti all'affermazione della sua penale responsabilita' sulla base di un'identificazione affidata ad argomenti tutt'altro che convincenti e delle inattendibili propalazioni di (OMISSIS), che si assumono riscontrate dal coinvolgimento nelle operazioni illecite di soggetto, il cognato (OMISSIS), che e' stato assolto. Aggiunge che, discutendosi, nel caso di specie, di droga c.d. "parlata" (posto che i riferimenti tratti dalla prova dichiarativa e dalle captazioni non sono stati suffragati dal rinvenimento delle sostanze che, stando alla prospettazione accusatoria, sarebbero state oggetto dei traffici illeciti), l'affermazione della penale responsabilita' avrebbe dovuto essere preceduta dall'acquisizione di precise informazioni in ordine alla quantita' ed alla qualita' della sostanza trafficata, all'effettiva conclusione dell'accordo ed alla sua esecuzione, dati che non risultano, invece, disponibili. Obietta che il riconoscimento effettuato dal collaboratore (OMISSIS), nell'incertezza dei dati offerti a riscontro, non consente di ritenere specifico elemento di prova la sua chiamata in correita'. Rileva che la sentenza d'appello, inoltre, dedica una parte generale della motivazione all'attendibilita' dei collaboratori, cio' che, sufficiente per la chiamata in correita' in relazione al reato associativo, non lo e', tuttavia, per i singoli episodi di detenzione, che richiedono piu' pregnanti elementi di riscontro. D'altro canto, la Corte territoriale non si e' confrontata, a dire del ricorrente, con le doglianze contenute nell'atto di appello. La difesa aveva, invero, contestato l'identificazione di (OMISSIS), in quanto non vi erano conversazioni intercorse sull'utenza a lui attribuita; ne', dal contenuto degli SMS, era stato possibile cogliere elementi a lui riconducibili. L'affermazione, poi, secondo cui il contenuto dei messaggi di testo scambiati tra l'utenza di (OMISSIS) e quella (OMISSIS) (che si assume essere stata in uso a (OMISSIS)) avrebbe anticipato il successivo incontro, attestato dal servizio di osservazione, trova contraddizione nel fatto che l'utenza in uso a (OMISSIS) risultava interessata, nel medesimo contesto temporale, da molti altri messaggi e conversazioni, sicche' non e' possibile collegare con certezza l'utenza (OMISSIS) e il relativo scambio di messaggi con (OMISSIS) - peraltro di contenuto ambiguo e mai suffragato dall'esito di sequestri o pedinamenti - con l'incontro avvenuto in Via (OMISSIS). Il ricorrente nota, d'altro canto, di avere a piu' riprese affermato, nel corso del procedimento di primo grado, di aver incontrato (OMISSIS) - il quale, al tempo, si occupava di commercio di automobili e motocicli - in vista dell'acquisto di un veicolo. Nell'atto di appello era stata, altresi', richiamata la giurisprudenza secondo cui, in caso di droga c.d. "parlata", non devono esserci dubbi sull'attribuzione all'imputato dell'utenza intercettata; gli SMS, del resto, avrebbero dovuto rilevare la conclusione del contratto di cessione della sostanza stupefacente, non essendo, a tal fine, sufficienti le conversazioni aventi ad oggetto l'appuntamento tra imputato e interlocutore, id est meri contatti preliminari ad una transazione in ordine alla cui conclusione mancano, in definitiva, tranquillizzanti elementi di prova. Gli argomenti sviluppati con l'atto di impugnazione concorrevano, dunque, nel suffragare l'insufficienza delle dichiarazioni di (OMISSIS) ai fini dell'affermazione di responsabilita' di (OMISSIS). A fronte, invero, dell'affermazione, da parte del giudice di primo grado, dell'idoneita' delle affermazioni tratte dalle intercettazioni a riscontrare le dichiarazioni di (OMISSIS), si era ulteriormente obiettato che appariva contraddittorio applicare a (OMISSIS) un criterio interpretativo opposto rispetto a quello utilizzato per vagliare la posizione del cognato (OMISSIS), assolto gia' all'esito del giudizio di primo grado in ragione della carenza di prova in ordine all'identificazione di quell'imputato come protagonista dei dialoghi di valenza indiziaria. Con il secondo motivo, (OMISSIS) si duole, ancora nell'ottica della violazione di legge e del vizio di motivazione, del rigetto dei motivi di appello relativi alla qualificazione giuridica del fatto ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, commi 4 e/o 5, che, sostiene, avrebbe dovuto essere operata in dipendenza della carenza di dati certi circa natura e quantita' della sostanza stupefacente. Con il terzo motivo, (OMISSIS) impugna la decisione impugnata con riferimento al trattamento sanzionatorio e, precipuamente, alla legittimita', sindacata sempre in chiave sia di violazione di legge che di vizio di motivazione, del diniego delle circostanze attenuanti generiche e dell'applicazione dell'aumento per la recidiva. Nel caso di specie, i giudici di merito avrebbero, infatti, immotivatamente applicato la recidiva reiterata, cosi' impedendo di calibrare la sanzione sull'effettiva portata della condotta realizzata e dando luogo ad un'inaccettabile disparita' di trattamento rispetto ai coimputati. La decisione, inoltre, non si confronterebbe con i principi giurisprudenziali in materia di circostanze attenuanti generiche e dosimetria della pena, secondo cui il giudice, qualora voglia discostarsi dal minimo edittale, deve indicare specificamente quali tra i criteri di cui all'articolo 133 c.p. sono stati ritenuti rilevanti ai fini di tale giudizio, potendosi giustificare espressioni sintetiche solo in caso di irrogazione di una pena assai prossima al minimo edittale. 7.2. Il ricorso e' infondato e, pertanto, passibile di rigetto. (OMISSIS) e' raggiunto dalle dichiarazioni accusatorie di (OMISSIS) - della cui generale ed intrinseca credibilita' si e' gia' detto - che lo ha indicato, riconoscendolo in fotografia, quale soggetto che, in compagnia del cognato (OMISSIS), si era portato, in piu' occasioni, presso la sua abitazione per rifornirsi di cocaina, ceduta al prezzo di 44-45 mila Euro al chilogrammo, con la frequenza di una volta ogni 20-30 giorni e di 200 grammi per volta. Trattandosi di una chiamata di correo, per quanto affidabile (stanti, tra l'altro, l'effettivita' del rapporto di affinita' tra (OMISSIS) e (OMISSIS) ed il positivo esito del riconoscimento fotografico), la Corte di appello ha approfondito il tema dei riscontri di fonte esterna alle accuse del collaboratore di giustizia, che ha rinvenuto nelle comunicazioni telefoniche, soprattutto di messaggistica, che (OMISSIS) ha scambiato tra il 3 ottobre ed il 25 novembre 2015, con un soggetto insieme al quale egli gestiva un intenso commercio, ragionevolmente avente ad oggetto sostanza stupefacente, secondo quanto emerge dalla trascrizione e dai commenti operati alle pagg. 150-154 della sentenza di primo grado. Che tale soggetto, il quale disponeva delle utenze (OMISSIS) e (OMISSIS), fosse proprio (OMISSIS) e' dimostrato, secondo la Corte di appello, non solo dal fatto che, in un messaggio, costui si presenti come "gluca" ma anche, e soprattutto, dalla coincidenza tra la sequenza dei messaggi registrati tra il 20 ed il 23 ottobre 2015, dai quali si evinceva che la persona da identificare sarebbe giunta in Frigole, presso l'abitazione di (OMISSIS), intorno alle ore 10:30 del 23 ottobre 2015, e l'esito del servizio di osservazione parallelamente effettuato dalla polizia giudiziaria, che noto' l'arrivo di (OMISSIS), in compagnia di una donna, alle ore 10:50, a casa di (OMISSIS), al cui interno egli si intrattenne per circa quindici minuti. Il percorso argomentativo seguito dalla Corte di appello e' nitido e stringente e resiste a tutte le obiezioni del ricorrente, che si appuntano su profili del tutto inidonei ad intaccarne la linearita'. La circostanza, segnalata in ricorso, che "l'utenza in uso al (OMISSIS) risultava interessata da numerosissimi ulteriori messaggi e conversazioni, di modo che non v'era assolutamente alcuna possibilita' di porre con certezza in collegamento la citata utenza telefonica con l'incontro avvenuto in Via (OMISSIS)", si palesa, invero, irrimediabilmente generica, perche' non si confronta con la riscontrata, eloquente corrispondenza tra il messaggio inviato dall'utenza (OMISSIS) alle ore 9:32 del 23 ottobre 2015, che preannunciava l'arrivo del mittente per le 10:30, e l'individuazione di (OMISSIS) in (OMISSIS) alle ore 10:50 ed omette di indicare se e quali, tra i soggetti e le utenze in contatto con (OMISSIS), avessero trasmesso analoga comunicazione. Sfornita del benche' minimo riscontro la tesi secondo cui (OMISSIS), quella mattina, si e' portato in (OMISSIS) perche' interessato all'acquisto di un veicolo, il riferimento all'equivocita', non superata da tranquillizzanti conferme di natura obiettiva, delle comunicazioni che impegnano la posizione del ricorrente sconta un approccio al materiale probatorio non condivisibile, che trascura la possibilita' di interpretare le informazioni restituite dalle intercettazioni nella chiave di lettura offerta dalle dichiarazioni di (OMISSIS), che esse riscontrano ab externo, cosi' fornendo la definitiva dimostrazione della storicita' delle cessioni evocate, in termini tutt'altro che evanescenti, dal collaboratore di giustizia. Ne', per revocare in dubbio la solidita' delle conclusioni raggiunte dai giudici di merito, vale porre l'accento sull'assoluzione di (OMISSIS), cognato e concorrente di (OMISSIS), imposta, in forza della regola sancita dall'articolo 192 c.p.p., comma 3, dall'assenza di riscontri individualizzanti alle, pur credibili, propalazioni accusatorie di (OMISSIS) che, nel caso dell'odierno ricorrente, hanno, invece, trovato conferma negli esiti delle menzionate intercettazioni, sicche' del tutto insussistente si rivela la contraddizione segnalata da (OMISSIS) ancora con la piu' recente memoria. 7.3. Parimenti infondato e' il secondo motivo di ricorso, afferente alla qualificazione giuridica della condotta in contestazione. Per quanto concerne, invero, la qualita' della sostanza commerciata, le dichiarazioni di (OMISSIS), che ha descritto un traffico di cocaina, risultano confermate dai sequestri effettuati nell'ambito del presente procedimento (si pensi a quelli operati in pregiudizio, rispettivamente, di (OMISSIS), arrestato, nell'ottobre 2015, nella flagrante disponibilita' di 426 grammi di cocaina, (OMISSIS) e (OMISSIS)), che hanno avuto costantemente ad oggetto - con l'unica eccezione di un episodio, che, pero', ha visto il coinvolgimento di alcuni soggetti, (OMISSIS) e (OMISSIS), che non appartengono al novero di coloro che sono stati tratti a giudizio in questa sede - droga c.d. "pesante", si' da giustificare, sul piano sia logico che storico, l'inquadramento della vicenda contestata a (OMISSIS) in adesione alla prospettazione del collaboratore di giustizia. Con riferimento, poi, al coefficiente di offensivita' del fatto, la reiterazione dei rifornimenti, attestata dalla distribuzione dei contatti documentati dalle intercettazioni nell'arco di quasi due mesi, e la dimensione economica del traffico, emergente dalle dichiarazioni di (OMISSIS), sostengono la decisione impugnata nella parte in cui esclude l'inquadramento del fatto ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, comma 5. 7.4. Prive di pregio sono, da ultimo, le doglianze che si appuntano sul trattamento sanzionatorio. La Corte di appello ha, infatti, compiutamente spiegato perche' (OMISSIS), gia' gravato da plurime condanne per delitto, abbia, nell'occasione, mostrato piu' accentuata colpevolezza e maggiore pericolosita' nel rendersi autore di attivita' criminosa non occasionale e, per di piu', favorita dalla contiguita' con ambienti dediti stabilmente a gravi reati, anche di natura associativa, onde insussistente appare il lamentato difetto di motivazione. In relazione, da ultimo, al diniego delle circostanze attenuanti generiche, valgono - in assenza di segni di resipiscenza o di altri elementi suscettibili di favorevole valutazione e tenuto conto, anzi, del nutrito curriculum criminale dell'imputato - i rilievi svolti all'atto dell'esame delle posizioni di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). 8. (OMISSIS). E' stato condannato alla pena di otto anni e sei mesi di reclusione per i reati di associazione mafiosa (capo A), associazione finalizzata al narcotraffico (capo B), nonche' per avere acquistato sostanze stupefacenti (eroina, cocaina e marijuana) fornite da (OMISSIS) e cedute a (OMISSIS) (capo C). (OMISSIS) e' indicato da (OMISSIS) quale componente del gruppo mafioso facente capo a (OMISSIS); riscontro alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia si rinviene nella vicenda inerente alla riscossione dei crediti vantati da (OMISSIS), zia del pentito (OMISSIS), le cui dichiarazioni si saldano con quelle di (OMISSIS) che, secondo i giudici di merito, appaiono ulteriormente riscontrate (quantomeno a livello obiettivo) dall'effettivita' del danneggiamento, mediante esplosione di colpi di pistola, di un televisore collocato all'interno della sala giochi gestita dalla sorella e dal cognato di (OMISSIS), a dire del quale (OMISSIS) avrebbe partecipato all'atto intimidatorio. Per quanto concerne l'associazione finalizzata al narcotraffico, i giudici di merito hanno valorizzato l'apporto di (OMISSIS) e gli esiti delle intercettazioni, da cui emerge che (OMISSIS), operando all'interno del clan guidato da (OMISSIS), avrebbe coordinato un sottogruppo, del quale avrebbero fatto parte (OMISSIS) e (OMISSIS) e che agiva in sinergia con i fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS). In ordine, infine, al capo C), hanno ritenuto provata la sola cessione di cocaina (fatto qualificato quindi, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, comma 1, anziche' del comma 4) in favore di (OMISSIS). 8.1. (OMISSIS) propone, con il ministero degli avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS), ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. Con il primo motivo, eccepisce violazione di legge e vizio di motivazione per avere la Corte di appello confermato la sua penale responsabilita' in relazione ad entrambi i reati associativi sulla base dei medesimi elementi e, specificamente, attraverso una illogica ed apodittica ricostruzione della vicenda afferente al recupero dei crediti vantati da (OMISSIS) la quale, osserva, avrebbe smentito - rendendo dichiarazioni che non sarebbero state condizionate, diversamente da quanto ritenuto dai giudici di merito, dal supposto e, in realta', inesistente clima di omerta' - il nipote (OMISSIS) all'atto di riferire di avere conosciuto (OMISSIS), del quale si era servita per alcuni lavori, e non anche (OMISSIS). Lamenta, pertanto, che le contestazioni associative siano, in sostanza, reciprocamente sovrapponibili, anche in termini di compendio indiziario di riferimento, sicche' e' palese che ci si trovi al cospetto di una ingiustificata duplicazione di addebiti, e che la Corte di appello si e', in sostanza, acriticamente adagiata sulla ricostruzione operata dal giudice di primo grado, senza tenere conto delle obiezioni gia' mosse con l'atto di appello. Con il secondo motivo, (OMISSIS) deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al diniego della censura relativa alla qualificazione del fatto di cui al capo C) come di lieve entita', che e' stata disattesa sulla base di circostanze generalmente riferite a tutte le imputazioni e non estensibili all'unico episodio di cui (OMISSIS) e' chiamato a rispondere, in ordine al quale nulla e' dato conoscersi sotto il profilo quantitativo. Con il terzo motivo, il ricorrente contesta, in chiave di violazione della legge processuale e vizio di motivazione, il giudizio di attendibilita' che Giudice dell'udienza preliminare e Corte di appello hanno concordemente riservato a (OMISSIS) senza considerare che egli, nell'originaria dichiarazione dell'11 gennaio 2016, nulla aveva detto circa l'intervento di (OMISSIS) nel recupero dei crediti vantati dalla zia di (OMISSIS) e che le sue dichiarazioni relative al gruppo (OMISSIS), al quale (OMISSIS) sarebbe organico e che sarebbe dedito al narcotraffico ed alle estorsioni (attivita' illecita i cui profitti sarebbero, almeno in parte, destinati al sostentamento dei sodali detenuti e delle loro famiglie), sono rimaste sfornite di qualsiasi riscontro. Con il quarto ed ultimo motivo, (OMISSIS) eccepisce violazione di legge e vizio di motivazione per avere la Corte di appello indebitamente rigettato il motivato di impugnazione afferente all'errata individuazione, da parte del Giudice dell'udienza preliminare ed a seguito del riconoscimento della continuazione, del reato piu' grave, che ha inciso sulla complessiva determinazione del trattamento sanzionatorio. 8.2. Il primo motivo e' parzialmente fondato. 8.2.1. La Corte di appello e', invero, pervenuta all'affermazione della penale responsabilita' di (OMISSIS) in ordine al delitto di associazione finalizzata al narcotraffico attraverso l'integrale richiamo alle osservazioni svolte, in proposito, alle pagg. 158-164 della sentenza di primo grado, dedicate all'illustrazione degli elementi, tratti dagli esiti delle intercettazioni e dell'attivita' di polizia giudiziaria e coerenti, quanto alla familiarita' di (OMISSIS) con il narcotraffico, con le dichiarazioni di (OMISSIS). Trattasi di un compendio indiziario che, come gia' notato nell'esaminare il ricorso di (OMISSIS), ha consentito ai giudici di merito di tratteggiare la struttura ed il modus operandi della compagine criminosa indicata al capo B) della rubrica, in seno alla quale (OMISSIS), responsabile dell'articolazione interna composta anche da (OMISSIS) e (OMISSIS), risulta avere un ruolo di spicco, testimoniato, tra l'altro, dalla frenesia dei contatti con fornitori e collaboratori e dal raccordo operativo con le cellule, pure inserite nella consorteria Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, ex articolo 74 facenti capo, rispettivamente, a (OMISSIS) ed ai fratelli (OMISSIS). Con riferimento a tale addebito, la censura sollevata con il ricorso si palesa manifestamente generica, in quanto ascrive alla Corte di appello di essersi acriticamente adagiata sulle conclusioni raggiunte dal Giudice dell'udienza preliminare senza, al contempo, indicare quali specifici aspetti, gia' segnalati con i motivi di appello, sarebbero stati ingiustificatamente negletti. 8.2.2. La doglianza si rivela, al contrario, fondata nella parte dedicata alla contestazione elevata, nei confronti, tra gli altri, di (OMISSIS) ai sensi dell'articolo 416-bis c.p.. Al capo A) si assume che (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) avrebbero militato nella "(OMISSIS)" e, in particolare: i primi tre, nella costola capeggiata da (OMISSIS); il quarto, in quella guidata da (OMISSIS) e (OMISSIS). Nell'ambito di tale imputazione, (OMISSIS) e' indicato quale soggetto "formalmente affiliato, dedito al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti, al sostentamento dei detenuti e dei sodali, ad assicurare il controllo del territorio e disponibile ad eseguire azioni violente, minacciose o comunque costituenti estrinsecazione del metodo mafioso dell'organizzazione di appartenenza". La Corte di appello ha mutuato, per quanto concerne l'esistenza dell'associazione mafiosa e la sua articolazione interna, i rilievi svolti dal Giudice dell'udienza preliminare che, non essendo stati sottoposti a revisione critica, possono quindi dirsi incontroversi, discutendosi, piuttosto, dell'attitudine delle emergenze istruttorie ad attestare, al di la' di ogni ragionevole dubbio, l'appartenenza di (OMISSIS) al gruppo. Sul punto, rileva la chiamata in correita' di (OMISSIS) il quale, nel confessare la propria affiliazione al clan imperniato sulla figura di (OMISSIS), ha inserito l'odierno ricorrente nel novero dei partecipi. (OMISSIS), peraltro, nell'interrogatorio del 16 marzo 2016, ha narrato quanto accaduto quattro giorni prima, quando (OMISSIS), presentatosi, unitamente ad altre due persone, presso la sala giochi gestita dalla sorella di (OMISSIS) e dal compagno, si sarebbe reso autore di un grave atto intimidatorio, chiaramente espressivo della intraneita' mafiosa dell'imputato. Le propalazioni accusatorie di (OMISSIS) si saldano, nella ricostruzione della Corte di appello, con quelle di (OMISSIS), altro collaboratore di giustizia, il quale ha riferito dell'iniziativa che (OMISSIS) avrebbe assunto insieme a (OMISSIS), consistita nell'intromettersi, su mandato di (OMISSIS) ed a scopo di trarre illecito profitto, nella riscossione dei crediti che (OMISSIS) vantava nei confronti di tale (OMISSIS). Le dichiarazioni di (OMISSIS), in certa misura riscontrate da quelle di (OMISSIS), il quale ha confermato di avere, in una occasione, consegnato 4.000 Euro a (OMISSIS), presentatosi a nome di (OMISSIS), sono state, invece, smentite dalla zia, che ha negato persino di conoscere l'imputato. I giudici di merito hanno, nondimeno, ritenuto l'inattendibilita' di (OMISSIS), il cui narrato hanno stimato frutto del clima di intimidazione ed omerta' generato dalla pressione della compagine criminosa e, per essa, dai suoi esponenti. In questa direzione, hanno valorizzato la presenza, all'interno dell'abitazione della donna, in occasione di un accesso, ad altri fini, delle forze dell'ordine, di (OMISSIS), fratello di (OMISSIS), in relazione alla quale la (OMISSIS) ha offerto una giustificazione - avere ella incaricato (OMISSIS) di imprecisati lavori di ristrutturazione - che si e' rivelata priva di riscontri di sorta. L'episodio, evocativo dell'immanenza del dominio mafioso del clan (OMISSIS) sul territorio e della caratura criminale di (OMISSIS), confermerebbe dunque, ab extrinseco, la veridicita' di quanto esposto da (OMISSIS) nell'assegnare all'imputato il ruolo di stabile componente dell'associazione ex articolo 416-bis c.p., reso concreto dalla partecipazione al raid punitivo presso l'esercizio commerciale della sorella. Il ragionamento svolto dalla Corte di appello, chiamata a vagliare l'impugnazione presentata, sul punto, da (OMISSIS), appare incompleto e, pero', affetto da grave carenza logica nella parte in cui perviene alla formulazione di un giudizio di totale inattendibilita' della persona offesa sulla base di argomenti - l'obiettiva inverosimiglianza del suo racconto ed il riscontro rappresentato dalla presenza, in casa sua, di (OMISSIS) - che, per quanto rafforzati dalle dichiarazioni di (OMISSIS), aventi portata individualizzante nei confronti di (OMISSIS) e, in minor misura, da quelle di (OMISSIS), avrebbero dovuto trovare completamento con la disamina del residuo, ma tutt'altro che marginale, profilo, attinente alla responsabilita' concorsuale di (OMISSIS), che (OMISSIS), riferendo cio' che egli assume essergli stato confidato dalla zia, indica come coautore di plurime minacce in danno di (OMISSIS) e (OMISSIS) ed il quale, nondimeno, non risulta avere reso, al riguardo e per quanto consta, esaustive dichiarazioni (egli riferisce, invero, solo della ripartizione con i fratelli (OMISSIS) della somma consegnata da (OMISSIS)). Il vaglio dell'impugnazione deve, pertanto, tener conto, con precipuo riferimento all'addebito di associazione mafiosa: che la (OMISSIS) ha decisamente escluso di avere subito l'illecita intromissione di (OMISSIS), che ha detto di non conoscere; che anche (OMISSIS) ha taciuto in ordine alle pressioni che - a dire di (OMISSIS) - (OMISSIS) e (OMISSIS) avrebbero esercitato a loro danno in piu' circostanze; che, sempre stando al narrato di (OMISSIS), (OMISSIS) avrebbe accompagnato (OMISSIS) anche nell'attivita' di esazione presso (OMISSIS). Le precedenti considerazioni rendono tangibile, a giudizio del Collegio, il deficit razionale della motivazione del provvedimento impugnato, tale da imporre l'annullamento, limitatamente al capo A) dell'imputazione, della sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Lecce in vista di un nuovo giudizio sul medesimo capo che, libero nell'esito e preceduto, se del caso, dalle opportune integrazioni istruttorie, sia emendato dal vizio teste' riscontrato. 8.3. Il secondo motivo di ricorso e' infondato. (OMISSIS) e' stato, infatti, condannato, al capo C), per avere ceduto sostanza stupefacente a (OMISSIS), condotta che, a prescindere dall'assenza di precise informazioni in ordine a numero ed entita' delle transazioni illecite ed all'effettiva potenzialita' stupefacente della droga trafficata, non puo' essere ritenuta, come correttamente statuito dalla Corte di appello, di lieve entita' in quanto costituente un tassello di una piu' vasta attivita' criminosa, svolta sfruttando la piattaforma organizzativa nella quale (OMISSIS) era introdotto con ruolo di rilievo, tanto da rendersi protagonista, nel medesimo contesto spazio-temporale, di ulteriori, gravi episodi, quale quello, espressamente richiamato al capo C) e separatamente contestato, che gli e' valso, il 14 ottobre 2015, l'arresto in flagranza di detenzione di 426 grammi di cocaina. 8.4. La disamina del terzo motivo del ricorso di (OMISSIS), afferente alla credibilita' delle dichiarazioni rese a suo carico da (OMISSIS), si giova di quanto sopra rilevato a proposito del primo. Il fatto, invero, che il collaboratore di giustizia, latore di un apporto che, nella sua generalita', ha superato, come sopra gia' esposto, il vaglio di attendibilita', non abbia riferito alcunche' in merito all'azione vessatoria eseguita in danno di (OMISSIS) ed in spregio al di lei nipote (OMISSIS), non incide sull'apprezzamento del compendio probatorio attinente alla posizione di (OMISSIS) in seno all'associazione finalizzata al narcotraffico, la cui solidita' discende da autonomi e corposi elementi indizianti. Nella diversa prospettiva dell'accertamento della militanza mafiosa di (OMISSIS), l'oggettiva modestia del portato dichiarativo di (OMISSIS) sulla vicenda che ha coinvolto (OMISSIS) assume, si e' detto, rilevanza non minimale e, anzi, potenzialmente decisiva, cio' che ha determinato l'annullamento, sul punto, della sentenza impugnata. In questa sede, deve soltanto aggiungersi che il dato oggetto di segnalazione non si traduce, automaticamente, in sintomo di inattendibilita', giacche', per quanto consta, (OMISSIS) non e' stato specificamente sollecitato a riferire su quell'argomento: profilo, questo, che, ininfluente, si ribadisce, in vista della delibazione della legittimita' della decisione impugnata in relazione al reato di associazione finalizzata al narcotraffico, potra' eventualmente essere approfondito e chiarito nel giudizio di rinvio. 8.4. L'ultimo motivo e' fondato. Il primo giudice ha determinato la pena sul presupposto, errato, della maggiore gravita' del reato di associazione mafiosa rispetto a quello sanzionato dal Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 74. Tanto non si e' tradotto in un vulnus, neanche potenziale, per l'imputato in relazione alla pena base che, anche in caso di corretta individuazione della fattispecie piu' grave, non avrebbe potuto essere quantificata, avuto riguardo ai limiti edittali previsti dal Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 74, in misura inferiore a quella, dieci anni di reclusione, stabilita dal Giudice dell'udienza preliminare. L'ortodossia del procedimento di commisurazione della pena avrebbe, invece, potuto incidere, almeno teoricamente, sulla quantificazione degli aumenti per la continuazione, frutto di una discrezionalita' che, in linea di principio, puo' diversamente atteggiarsi con riferimento a ciascun reato. La sentenza annullata deve essere, pertanto annullata su questo specifico profilo, demandandosi al giudice del rinvio - a prescindere dalle conclusioni cui perverra' in ordine alla militanza mafiosa di (OMISSIS) - una nuova determinazione del trattamento sanzionatorio, che prenda le mosse dalla individuazione, quale reato piu' grave, del delitto di associazione finalizzata al narcotraffico. 9. (OMISSIS). E' stato condannato alla pena di sette anni di reclusione per i reati, di natura associativa, di cui ai capi A) e B), nonche' per una miriade di reati-fine Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, ex articolo 73. Propone, con il ministero dell'avv. (OMISSIS), ricorso per cassazione vertente su un unico motivo, con il quale lamenta violazione di legge e vizio di motivazione per avere la Corte di appello disatteso il motivo di impugnazione afferente al diniego delle circostanze attenuanti generiche quantunque, come gia' evidenziato con l'atto di appello, gia' in fase di indagini, egli avesse ammesso la propria responsabilita' per i reati che, in quel frangente, gli erano stati contestati e per ulteriori episodi, per i quali, invece, egli, all'epoca non era ancora indagato. Il ricorrente, nel ricordare di avere intrapreso un positivo percorso riabilitativo, sottolinea la natura non utilitaristica della collaborazione intrapresa, da ascriversi, piuttosto, ad una definitiva scelta di vita. Lamenta che i giudici di merito abbiano, per contro, assegnato preponderante rilevanza alla gravita' degli addebiti ed ai suoi precedenti penali, cosi' ancorando la valutazione al suo passato deviante piu' che al regime di vita post delictum. Tanto, a dispetto dell'importanza della dissociazione dal clan, dalla quale sono scaturite dichiarazioni che si sono rivelate decisive per la condanna degli odierni imputati. 9.1. Il ricorso e' inammissibile perche' vertente su censure manifestamente infondate. Secondo il preferibile indirizzo della giurisprudenza di legittimita', "In tema di reati di criminalita' organizzata, la concessione delle attenuanti generiche e dell'attenuante di cui al Decreto Legge 13 maggio 1991, n. 152, articolo 8, convertito in L. 12 luglio 1991, n. 203, si fondano su distinti e diversi presupposti, sicche' le prime non escludono, ma nemmeno necessariamente implicano, l'applicazione della seconda, poiche' l'articolo 62-bis c.p. attribuisce al giudice la facolta' di cogliere, sulla base di numerosi e diversificati dati sintomatici (motivi che hanno determinato il reato, circostanze che lo hanno accompagnato, danno cagionato, condotta tenuta "post delictum"), gli elementi che possono condurre ad attenuare la pena edittale, mentre l'attenuante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 8 e' conseguenza del valido contributo fornito dall'imputato allo sviluppo delle indagini allo scopo di evitare le ulteriori conseguenze della attivita' delittuosa" (Sez. 2, n. 27808 del 14/03/2019, Furnari, Rv. 276111). Tanto, in applicazione del piu' generale principio per cui "gli elementi costitutivi di una circostanza attenuante, comune o speciale, ben possono essere valutati anche ai fini del piu' ampio giudizio che concerne il riconoscimento delle attenuanti generiche di cui all'articolo 62-bis c.p." (Sez. 3, n. 10084 del 21/11/2019, dep. 2020, Solarino, Rv. 278535), ed in dissenso, invece, dall'opposto orientamento che esclude la possibilita' di utilizzare gli elementi posti a fondamento della concessione della circostanza attenuante ad effetto speciale di cui al Decreto Legge 13 maggio 1991, n. 152, articolo 8, convertito dalla L. 12 luglio 1991, n. 203 (cosiddetta attenuante della "dissociazione attuosa") per giustificare anche il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche (Sez. 6, n. 43890 del 21/06/2017, Aruta, Rv. 271099; Sez. 6, n. 49820 del 05/12/2013, Billizzi, Rv. 258136). La Corte di appello, determinatasi in ossequio al principio teste' delineato, e' pervenuta al rigetto del motivo di impugnazione, proposto da (OMISSIS), concernente il diniego delle circostanze attenuanti generiche, sulla scorta di un percorso argomentativo autonomo ed esente da vizi. Il ricorrente, invero - nel sostenere che la pena avrebbe dovuto essere ulteriormente ridotta in ragione della scelta di vita da lui operata, tradottasi nello spontaneo e definitivo allontanamento dal contesto criminale di appartenenza, frutto di autentica resipiscenza anziche' di calcoli utilitaristici - invoca, a dispetto di quanto affermato, una diversa e piu' favorevole interpretazione di circostanze di fatto delle quali i giudici del merito hanno fornito una lettura aliena dall'ipotizzato travisamento della prova. Premesso che e' pacifico, in giurisprudenza, che "In tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione e' insindacabile in sede di legittimita', purche' sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'articolo 133 c.p., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione" (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269), va attestato che la Corte di appello ha specificato, alle pagg. 123-124 della motivazione della sentenza impugnata, che ostativi all'applicazione delle circostanze attenuanti generiche sono sia il nutrito curriculum criminale dell'imputato che l'assunzione, in seno al sodalizio criminoso, di un ruolo di rilievo. La Corte di appello, al contempo, ha precisato che gli elementi evidenziati dal ricorrente - la completezza e la sincerita' della sua confessione; il contegno pienamente collaborativo serbato in sede processuale; la primaria rilevanza dell'apporto fornito; l'abbandono delle logiche devianti che lo hanno portato a militare nel sodalizio mafioso - hanno trovato congruo riconoscimento con l'applicazione dell'attenuante speciale e rilevato, ulteriormente, che la dimensione etica della pratica opzione per la legalita' non puo' essere, oltre un certo limite, esaltata, atteso che lo stesso (OMISSIS) non ha avuto remore nell'ammettere dell'esservi stato spinto, all'origine, dalla necessita' di sottrarsi all'adempimento delle obbligazioni contratte all'atto dell'acquisto di partite di sostanza stupefacente. Un iter argomentativo, quello sviluppato dalla Corte di appello, che si mantiene all'interno della fisiologica discrezionalita' e che non soffre delle incoerenze segnalate dal ricorrente il quale, va ancora una volta ribadito, sollecita un intervento che il giudice di legittimita' non puo' compiere al cospetto di una motivazione esente da vizi logici e che tiene debitamente conto delle conquiste processuali. Al riguardo, pertinente si rivela, del resto, il richiamo al condiviso indirizzo ermeneutico secondo cui "Al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice puo' limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall'articolo 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicche' anche un solo elemento attinente alla personalita' del colpevole o all'entita' del reato ed alle modalita' di esecuzione di esso puo' risultare all'uopo sufficiente" (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269). e "In tema di diniego della concessione delle attenuanti generiche, la "ratio" della disposizione di cui all'articolo 62 bis c.p. non impone al giudice di merito di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo, invece, sufficiente l'indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti" (Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, Rv. 265826). 10. (OMISSIS). E' stato condannato, in appello, alla pena - frutto anche dell'applicazione della recidiva qualificata - di dodici anni, nove mesi e dieci giorni di reclusione per il delitto di associazione mafiosa (capo A), perche' partecipe al sodalizio finalizzato al narcotraffico (capo B) e per i relativi reati-fine ascrittigli ai capi D2) e D3). Al pari del fratello (OMISSIS), vanta una condanna definitiva per il reato sanzionato dall'articolo 416-bis c.p.; (OMISSIS) e (OMISSIS) ne assumono, concordemente, la militanza nel clan facente capo a (OMISSIS); a suo carico si pone la partecipazione, enunciata da (OMISSIS), alla ripartizione della somma consegnata dal soggetto che, avendo acquistato un esercizio commerciale, era rimasto debitore nei confronti della venditrice (OMISSIS), zia di (OMISSIS). La Corte di appello osserva, tra l'altro, che la sua intraneita' al sodalizio mafioso non trova ostacolo nel fatto che, per un certo torno di tempo, egli e' rimasto recluso. Per quanto concerne i reati-fine, (OMISSIS) e' stato assolto, in appello, da quelli ascrittigli ai capi D) e D1), per carenza di riscontri individualizzanti alla parola di (OMISSIS), riscontri che, invece, la Corte salentina ha ritenuto presenti, traendoli dalle intercettazioni telefoniche, in relazione ai reati di cui ai capi D2) - afferente alla detenzione illecita ed alla cessione delle sostanze stupefacenti sequestrata, in distinte occasioni, a (OMISSIS) e a (OMISSIS) - e D3), relativo, invece, all'acquisto della droga fornita da (OMISSIS). 10.1. (OMISSIS) articola, con l'assistenza degli avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS), ricorso per cassazione strutturato su dieci motivi, con i quali deduce violazione di legge sostanziale e processuale e vizio di motivazione. Con il primo motivo, eccepisce che la prova della sua partecipazione all'associazione mafiosa e' tratta, in via esclusiva, dalla precedente condanna e dal narrato dei collaboratori di giustizia, essendo, a tal fine, del tutto irrilevanti le conversazioni intercettate, che la Corte di appello evoca in termini generici e privi di specifici riferimenti alla sua partecipazione alla compagine criminosa. Obietta, al riguardo, che la Corte territoriale si e' limitata a riprodurre la decisione di primo grado, cui ha aderito in termini apodittici, ed ha omesso, per contro, di analizzare le censura, analiticamente svolta con i motivi di appello, con i quali era stata contestata, in primo luogo, l'attitudine degli scarni elementi acquisiti a comprovare l'attuale esistenza e la vitalita' dell'ipotizzato, ed in realta' inesistente, sodalizio. Con il secondo motivo, si duole dell'applicazione dell'aggravante dell'essere l'associazione armata, che la Corte di appello ha compiuto sulla base di elementi, relativi alla posizione di (OMISSIS), del tutto inidonei a configurarla, almeno stando all'interpretazione che ne fornisce la giurisprudenza di legittimita', in chiave, soprattutto, di collegamento finalistico tra la disponibilita' delle armi ed il conseguimento dello scopo associativo. Con il terzo motivo, (OMISSIS) lamenta la violazione, nella delibazione del contributo di (OMISSIS), dei criteri indicati all'articolo 192 c.p.p., comma 3. Ascrive alla Corte di appello, in proposito, di avere omesso di analizzare accuratamente l'affidabilita' del collaboratore, realizzando un mero collage dei verbali da lui sottoscritti e trascurando di fornire un seppur minimo apporto critico in riferimento alle censure mosse dalla difesa e di apprezzare l'esistenza dei necessari riscontri esterni. Con il quarto motivo, il ricorrente rileva, quanto all'addebito Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, ex articolo 74, la carenza della prova che, al di la' della commissione, in concorso tra una pluralita' di soggetti, di alcuni ipotesi qualificabili ai sensi del precedente articolo 73, sia stata costituita una struttura stabile, dotata di un'organizzazione, sia pure rudimentale, e che nella sentenza impugnata difetta, del pari, l'enucleazione dei connotati della sua partecipazione. Opina che il giudice di merito, in un processo basato quasi esclusivamente su droga c.d. "parlata", ha fatto ricorso a piene mani ad illazioni, deduzioni, supposizioni ed offerto una lettura in chiave accusatoria di circostanze, quali, ad esempio, i rapporti che egli ha intrattenuto con (OMISSIS) e (OMISSIS), che, in realta', trovano autonoma e distinta genesi. Con il quinto ed il sesto motivo, eccepisce, specificamente, che i giudici di merito non hanno chiarito se egli ha ricoperto, in seno al sodalizio finalizzato al narcotraffico, compiti organizzativi e decisionali o, al contrario, meramente esecutivi, ne', piu' in generale, hanno indicato, con sufficiente nitore, le coordinate del suo apporto partecipativo. Taccia, vieppiu', di illogicita' l'interpretazione che la Corte di appello ha compiuto di conversazioni che, rettamente intese, si rivelano, a suo modo di vedere, neutre nell'ottica investigativa, perche', da un canto, non aventi ad oggetto il commercio di sostanze stupefacenti e, dall'altro, silenti in ordine alla sua partecipazione criminosa anche perche' intrattenute con persone che, pure raggiunte dall'interesse degli investigatori, sono state, all'esito del presente procedimento penale, liberate da ogni addebito. Con il settimo motivo, (OMISSIS) ascrive alla Corte di appello di avere ingiustificatamente disatteso la richiesta di qualificazione dei fatti ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 74, comma 6, e articolo 73, comma 5. Con l'ottavo motivo, deduce l'inidoneita' delle conversazioni captate a convincere, con precipuo riferimento agli episodi contestati ai capi D2) e D3), che l'oggetto dei traffici era effettivamente costituito da sostanze stupefacenti. Nota, in proposito, che uniche fonti probatorie a sostegno di tali imputazioni sono rappresentate da intercettazioni telefoniche che, oltre a non essere riscontrate da sequestri, perquisizioni o servizi di osservazione, lasciano spazio a diverse ricostruzioni del fatto e che, di conseguenza, non possono essere legittimamente lette in combinazione con le propalazioni accusatorie di (OMISSIS), che la stessa Corte di appello, incorrendo in evidente contraddizione interna, ha ritenuto, con riferimento ai reati ascrittigli ai capi D) e D1), non assistite dalle necessarie conferme di fonte esterna e, percio', non idonee a giustificare l'affermazione della sua penale responsabilita' in ordine a tali fattispecie criminose. Con il nono ed il decimo motivo, (OMISSIS) ascrive alla Corte di appello di avere indebitamente rigettato la proposta impugnazione con riferimento al diniego delle circostanze attenuanti generiche ed all'applicazione della recidiva che, contraddittoriamente ed in palese spregio al principio di parita' di trattamento, e' stata invece esclusa per il fratello (OMISSIS). 10.2. Il primo motivo di ricorso e' fondato e merita, pertanto, accoglimento, con conseguente assorbimento del secondo. In relazione all'addebito, mosso a (OMISSIS), di partecipazione ad associazione mafiosa, vengono in rilievo le dichiarazioni di (OMISSIS) e (OMISSIS), coerenti nell'affermare l'affiliazione dell'imputato alla compagine guidata da (OMISSIS), dato che trova conferma nella sua pregressa condanna per il delitto sanzionato dall'articolo 416-bis c.p., pronunciata dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Lecce con sentenza del 18 ottobre 2014. Le predette circostanze, aventi una sicura valenza indiziante, devono essere, tuttavia, apprezzate in combinazione con l'individuazione degli elementi dimostrativi della protrazione, in epoca successiva a quella di formazione del precedente giudicato, del contributo di (OMISSIS) all'azione del sodalizio mafioso del quale egli e' stato, in passato, componente. Sul punto, (OMISSIS) ha asserito che la compagine e' attiva, oltre che nel traffico di sostanze stupefacenti, nel settore delle estorsioni e che i profitti in tal modo ricavati vengono destinati, in parte, nel mantenimento degli accoliti detenuti e dei loro familiari, per poi aggiungere, quanto ai germani (OMISSIS), di avere ripartito con loro la somma portata dalla cambiale sottoscritta ricevuta da (OMISSIS) in favore di (OMISSIS) e da lui arbitrariamente riscossa. Con specifico riferimento alla posizione di (OMISSIS), (OMISSIS) ha aggiunto di avergli, in una determinata occasione, consegnato, su sua richiesta e con la consueta collaborazione di (OMISSIS), un borsone contenente un fucile da caccia ed una pistola, entrambi non funzionanti, gia' appartenute a (OMISSIS). A fronte delle obiezioni sollevate dall'imputato, il quale ha posto l'accento sulla necessita' di enucleare, con sufficiente precisione, le condotte espressive di militanza mafiosa - e non solo di appartenenza ad una consorteria Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, ex articolo 74 - e di collocarle in un frangente temporale posteriore rispetto al periodo coperto dal pregresso accertamento irrevocabile, decisivo appare l'apprezzamento della vicenda, narrata da (OMISSIS), afferente alla forzata distrazione di parte del credito vantato dalla zia che, come gia' statuito all'atto di delibare il ricorso di (OMISSIS), e' stata illustrata e vagliata dalla Corte di appello in termini non alieni da profili di manifesta illogicita'. Sotto altro, connesso aspetto, dall'indicazione, da parte di entrambi i collaboratori di giustizia, di due diverse compagini, alle quali sarebbe stati legati, rispettivamente, (OMISSIS) e (OMISSIS), discende la necessita', in vista della piu' completa delibazione del compendio istruttorio, di chiarire se, e fino a che punto, esse si siano poste in rapporto di reciproca autonomia ovvero se essere debbano, comunque, intendersi alla stregua di articolazioni interne ad un unico aggregato delinquenziale. Si impone, pertanto, l'annullamento, nei confronti di (OMISSIS) e limitatamente al capo A), della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di appello di Lecce in vista di un nuovo giudizio su tale capo che, libero nell'esito, sia emendato dal vizio segnalato. 10.3. I residui motivi di ricorso sono, invece, infondati. Si e' gia' detto, trattando le posizioni di altri associati, che la Corte di appello, alle pagg. 10-17 della sentenza impugnata, ha respinto le obiezioni mosse dagli imputati che sono stati condannati per aver fatto parte dell'associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico contestata al capo B) della rubrica. Ha, in specie, ritenuto che le emergenze istruttorie attestino, in primo luogo, la riconducibilita' del fenomeno illecito oggetto di osservazione al paradigma descritto dal Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 74, ricostruito in ossequio agli indici enucleati, nel tempo, dalla giurisprudenza di legittimita'. Ha ricordato, in fatto, che l'indagine ha messo in luce la circolarita' dei rapporti tra (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche' quelli tra (OMISSIS) ed i fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS), oltre che la costante presenza di (OMISSIS), braccio destro di (OMISSIS) e fedele esecutore delle sue disposizioni. Ha aggiunto che la multilateralita' delle relazioni tra i soggetti coinvolti ha reso evidente a ciascuno di loro che l'attivita' posta in essere andava ad iscriversi nella piu' vasta cornice dell'azione coordinata di un gruppo organizzato e che l'emersione, in alcuni casi, di stabili conti di dare ed avere tra i fornitori dell'associazione e la preferenza manifestata per l'immediata regolazione, in contanti, delle transazioni costituiscono ulteriore riscontro della dimensione permanente e collettiva degli illeciti accertati. La compagine, in altri termini, operava, secondo la prospettiva delineata dai giudici di merito, affidando la responsabilita' dei contatti con i fornitori a (OMISSIS), coadiuvato da (OMISSIS), a (OMISSIS), il quale si avvaleva di (OMISSIS) e (OMISSIS), ed ai germani (OMISSIS), assistiti da correi la cui posizione e' stata separatamente definita. Tangibile era, d'altro canto, il tratto organizzativo, connesso alla continuita' degli approvvigionamenti, garantiti da una pluralita' di canali, e dell'attivita' di distribuzione, resa possibile dalle collaterali operazioni finalizzate alla custodia dello stupefacente e seguita dalle iniziative propedeutiche al recupero dei crediti maturati ed all'avvio di nuovi investimenti; il tutto, in un contesto segnato dalla limitata autonomia dei singoli, chiamati a rendere conto ai referenti di ogni, anche minimo, cambio di programma e pronti a recepire le direttive o concordare le future strategie. Con precipuo riferimento a (OMISSIS), la Corte salentina ha posto l'accento sulle conversazioni attestanti la sua consuetudine con (OMISSIS), con il quale intrattiene rapporti che non si prestano ad essere iscritti nella sola cornice della parentela che lega i due imputati, nonche' sulla mole di contatti intercorsi con (OMISSIS) che, per la frequenza ed il tenore delle conversazioni, valgono a riscontrare, dall'esterno, le dichiarazioni accusatorie del collaboratore di giustizia, della cui attendibilita', a dispetto di quanto obiettato dal ricorrente, non v'e' ragione - stando a quanto concordemente argomentato, in termini che sfuggono alla censura del giudice di legittimita', dai giudici di merito - di dubitare. La stabile militanza di (OMISSIS), con ruolo protagonistico ancorche' non propriamente apicale, nella societas sceleris le cui coordinate essenziali sono state tratteggiate da (OMISSIS) e' ulteriormente attestata dalle vicende contestate ai capi D3) e D2) che vedono (OMISSIS), nel primo caso, curare, con successo, il reperimento di una fornitura di sostanza stupefacente, garantita infine, dopo alcune difficolta' iniziali, da (OMISSIS), e, nel secondo, interloquire, tra ottobre e novembre 2015, con vari soggetti, subito dopo i sequestri di cocaina eseguiti in pregiudizio di (OMISSIS) e, poi, di (OMISSIS), in termini tali da lasciare chiaramente intendere, come efficacemente illustrato dalla Corte di appello alle pagg. 116-117 della sentenza impugnata, che quei traffici erano stati da lui organizzati e gestiti. I giudici di merito hanno, dunque, supportato la decisione con un apparato argomentativo tetragono alle censure articolate dal ricorrente, il quale si limita, con un approccio di stampo confutativo che si e' detto non essere idoneo a provare l'intervento demolitorio della Corte di cassazione, a estrapolare, dal complessivo compendio indiziario, singoli elementi, tratti in primo luogo dalle espletate intercettazioni, dei quali propone una diversa esegesi, senza con cio' individuare significative crepe nell'iter motivazionale che sorregge il provvedimento impugnato. Tanto, vieppiu', con riferimento ai profili sui quali si appuntano le censure articolate dal ricorrente e che, precipuamente, attengono, oltre che ai temi gia' affrontati: - all'attribuzione a (OMISSIS), in seno all'associazione Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, ex articolo 74, di un ruolo sufficientemente delineato, anche attraverso la descrizione della natura e della dimensione dei suoi rapporti con fornitori e collaboratori; - all'impossibilita' di ricondurre fenomeni delinquenziali quali quelli oggetto di osservazione, caratterizzati dall'intensa attivita' di procacciamento e distribuzione di sostanze stupefacenti, il piu' delle volte di tipo c.d. "pesante" e del valore stimabile nell'ordine, quantomeno, delle decine di migliaia di Euro, al rango di illeciti di offensivita' tanto ridotta da giustificarne la qualificazione, rispettivamente ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 74, comma 6, e articolo 73, comma 5; conclusione, questa, che a maggior ragione deve essere affermata in relazione alla posizione di (OMISSIS), che e' stato condannato per il concorso nella detenzione illecita di quantitativi tutt'altro che minimali di eroina, secondo quanto risulta dagli esiti delle analisi eseguite sulla sostanza in sequestro e non solo, come da lui eccepito, dai dialoghi captati; - all'assenza di contraddizione tra l'affermazione della penale responsabilita' di (OMISSIS) per alcuni dei reati-fine ascrittigli e l'assoluzione per altri, correttamente statuita in dipendenza della carenza, in quei casi, di riscontri alle dichiarazioni accusatorie di (OMISSIS), la cui credibilita' non e' stata in alcun modo messa in discussione. Privi di pregio sono, da ultimo, i motivi di ricorso che si appuntano sul trattamento sanzionatorio. La Corte di appello, invero, ha preso spunto dalle pregresse, numerose condanne irrevocabili subite da (OMISSIS) e, in particolare, dal precedente specifico, per ritenere, in replica alle obiezioni articolate, con l'impugnazione, in relazione all'applicazione dell'aumento di pena per la recidiva qualificata - e, va qui opportunamente aggiunto a confutazione della doglianza vertente sul diniego delle circostanze attenuanti generiche, con espressioni senz'altro idonei a giustificare detta statuizione - che: "...e' fondato considerare che i reati oggetto del presente giudizio siano espressione di una specifica proclivita' a delinquere riemersa e concretizzata in relazione alla intolleranza a seguire i modelli legali di civile convivenza" essendo "evidente che le pregresse violazioni bene possono essere considerate stimolo ulteriore alla trasgressione di rilevanza penale". Ha, quindi, inferito che "Al momento dei fatti oggetto del giudizio l' (OMISSIS) era, dunque, in condizione di conoscere tutte le conseguenze penali delle proprie condotte e, quindi, anche il proprio "status" di recidivo reiterato", onde "La commissione dei nuovi delitti puo' adeguatamente essere ritenuta espressione di una perdurante inclinazione al delitto". Cio' posto, indiscutibile appare l'attitudine delle considerazioni svolte dalla Corte di appello a soddisfare l'obbligo di motivazione gravante sul giudice di merito che intenda orientare la propria discrezionalita' nel senso di applicare l'aumento di pena previsto per la recidiva. La residua censura del ricorrente, il quale si rammarica di essere stato discriminato rispetto al fratello (OMISSIS), il quale, benche', come lui, condannato per associazione mafiosa nel procedimento c.d. "Eclissi", non ha patito, a tate titolo, alcun aggravamento del carico sanzionatorio, appare, del pari, manifestamente infondato, avuto riguardo alla diversita' dei presupposti, sotto il versante sia del curriculum criminale dei germani che delle condotte da loro poste in essere ed accertate nell'ambito del presente procedimento. 11. (OMISSIS). E' stato condannato, in appello, alla pena di otto anni di reclusione per la partecipazione alle associazioni, mafiosa, l'una, finalizzata al narcotraffico, l'altra, oggetto di addebito ai capi A) e B) della rubrica. 11.1. Articola, con il patrocinio dell'avv. (OMISSIS), ricorso per cassazione vertente su tre motivi, cui si aggiunge quello nuovo introdotto con l'atto depositato il 31 ottobre 2022. Con il primo motivo, lamenta che i giudici di merito siano pervenuti all'affermazione della sua penale responsabilita' in ordine ad entrambe le contestazioni associative valorizzando le dichiarazioni di (OMISSIS) e (OMISSIS), del tutto insufficienti a comprovare la sussistenza degli elementi costitutivi dei reati de quibus agitur. In proposito, evidenzia, tra l'altro: che i collaboratori di giustizia non hanno indicato il momento in cui egli avrebbe aderito ai sodalizi criminosi guidati da (OMISSIS); che l'ipotesi di accusa e' contraddetta dall'assenza di accertamento in ordine alla commissione, da parte sua, di reati-fine dell'una o dell'altra consorteria, nonche' dall'omessa indicazione delle condotte attraverso le quali la supposta militanza associativa avrebbe trovato concretizzazione; che, per quanto concerne il suo interessamento a vicende di narcotraffico, egli si e' limitato a svolgere, in favore dell'amico (OMISSIS) ed a titolo personale, un intervento di mediazione finalizzato a calmierare le pretese dei fornitori della sostanza stupefacente, originari di (OMISSIS), che reclamavano l'adempimento dei debiti contratti da (OMISSIS), il quale, di rimando, invocava, per suo tramite, una dilazione, per come univocamente confermato da alcune conversazioni che, debitamente sottoposte all'attenzione della Corte di appello, sono state ingiustificatamente trascurate dai giudici di merito. Con il secondo motivo, (OMISSIS) eccepisce vizio di motivazione per avere la Corte di appello acriticamente recepito la statuizione del Giudice dell'udienza preliminare senza replicare alle argomentazioni sottese all'atto di impugnazione. Con il terzo motivo, deduce, ancora, vizio di motivazione per avere la Corte di appello orientato la decisione sul rilievo della sua precedente condanna per il reato di associazione mafiosa, di per se' priva, in assenza di elementi sintomatici della rinnovata, stabile adesione a consorterie criminali, a supportare le ipotesi di accusa. Con il motivo nuovo, (OMISSIS) si duole, in chiave sia di violazione di legge che di vizio di motivazione, dei criteri seguiti dai giudici di merito nella determinazione della pena e, in particolare, dell'errata individuazione, quale reato piu' grave, di quello di associazione mafiosa cui consegue, nella prospettiva dell'esecuzione della sanzione, un trattamento deteriore, trovandosi egli nella condizione di patire detenzione per un reato ostativo per un periodo piu' lungo di quanto sarebbe accaduto qualora, correttamente applicata la disciplina sulla continuazione, fosse stata riconosciuta la maggiore gravita' del reato di associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico. 11.2. I motivi di ricorso sono infondati nelle parti afferente alla congruita' della motivazione sottesa al rigetto, ad opera della Corte di appello, dell'impugnazione proposta in merito all'appartenenza di (OMISSIS) all'associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico. Si e' sopra gia' chiarito, trattando le posizioni di altri imputati ( (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)) che l'architettura della sentenza impugnata e' piu' che solida nella parte in cui, vagliando sinergicamente i contributi orali, in primis quello di (OMISSIS), gli esiti dell'attivita' di intercettazione telefonica ed ambientale e quelli della tradizionale azione di polizia giudiziaria (perquisizioni, sequestri, pedinamenti, ecc.), ha avallato l'ipotesi di accusa, che riconduce il dinamismo del gruppo di narcotrafficanti stanziato nella provincia salentina ad un paradigma francamente associativo. Per quanto concerne, piu' specificamente, la posizione di (OMISSIS), rilevano le dichiarazioni di (OMISSIS), il quale lo indica come soggetto che, unitamente al fratello, e' stato con lui impegnato nel commercio della cocaina e con il quale ha intrattenuto relazioni basate sulla reciprocita' degli approvvigionamenti ("...quando lo ero sprovvisto erano i due fratelli a consegnarmela in quantitativi di 200/300 grammi, stessa cosa che facevo lo quando erano loro ad essere sprovvisti..."). Le propalazioni accusatorie di (OMISSIS) hanno trovato pieno riscontro nelle eseguite captazioni che, come rilevato anche nella disamina dei ricorsi di altri imputati, danno conto dei rapporti intrattenuti da (OMISSIS) con (OMISSIS) e (OMISSIS): eloquente, al riguardo, si rivela il dialogo intercorso tra (OMISSIS) e (OMISSIS) a ridosso dell'arresto di (OMISSIS), evento che genero' una fibrillazione spiegabile, in assenza di diversa, plausibile giustificazione, solo in ragione del comune coinvolgimento negli affari illeciti connessi alla detenzione di quella partita di sostanza stupefacente. Similmente, gli sforzi profusi da (OMISSIS) per consentire a (OMISSIS) di ottenere una dilazione nell'adempimento del debito contratto, per l'acquisto di una partita di droga, con alcuni fornitori originari di (OMISSIS) costituiscono, ad onta delle obiezioni mosse dal ricorrente, conferma dell'esistenza, tra i due, di una solidarieta' che travalica l'ambito interpersonale per iscriversi in una cornice di stampo associativo. Se a cio' si aggiunge che le accuse di (OMISSIS) hanno trovato ampia conferma nelle conversazioni (cfr. la sentenza di primo grado, pagg. 53-60) che attestano la frequenza dei contatti ed il comune interessamento ad attivita' illecita (significativo appare, in proposito, il fatto che (OMISSIS) non abbia esitato, pur di incontrare (OMISSIS), a violare reiteratamente gli obblighi connessi al regime di detenzione domiciliare, cui egli era sottoposto, allontanandosi dal comune di Lecce per recarsi in (OMISSIS), ove (OMISSIS) era domiciliato), e' agevole concludere nel senso dell'inidoneita' delle considerazioni critiche svolta dal ricorrente ad incrinare la tenuta razionale delle argomentazioni che hanno condotto i giudici di merito, con decisione conforme, a ritenere la sua militanza associativa. 11.3. A conclusioni diverse deve pervenirsi, invece, con riferimento all'addebito, mosso a (OMISSIS), di partecipazione ad associazione mafiosa. Rilevano, in proposito, le dichiarazioni di (OMISSIS) e (OMISSIS), coerenti nell'affermare l'affiliazione dell'imputato alla compagine guidata da (OMISSIS), dato che trova conferma nella sua pregressa condanna per il delitto sanzionato dall'articolo 416-bis c.p., pronunciata dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Lecce con sentenza del 18 ottobre 2014. Le predette circostanze, aventi una sicura valenza indiziante, devono essere, tuttavia, apprezzate in combinazione con l'individuazione degli elementi dimostrativi della protrazione, in epoca successiva a quella di formazione del precedente giudicato, del contributo di (OMISSIS) all'azione del sodalizio mafioso del quale egli e' stato, in passato, componente. Sul punto, (OMISSIS) ha asserito che la compagine e' attiva, oltre che nel traffico di sostanze stupefacenti, nel settore delle estorsioni e che i profitti in tal modo ricavati vengono destinati, in parte, nel mantenimento degli accoliti detenuti e dei loro familiari, per poi aggiungere, quanto ai germani (OMISSIS), di avere ripartito con loro la somma portata dalla cambiale sottoscritta ricevuta da (OMISSIS) in favore di (OMISSIS) e da lui arbitrariamente riscossa. A fronte delle obiezioni sollevate dall'imputato, il quale ha posto l'accento sulla necessita' di enucleare, con sufficiente precisione, le condotte espressive di militanza mafiosa - e non solo di appartenenza ad una consorteria Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, ex articolo 74 - e di collocarle in un frangente temporale posteriore rispetto al periodo coperto dal pregresso accertamento irrevocabile, decisivo appare l'apprezzamento della vicenda, narrata da (OMISSIS), afferente alla forzata distrazione di parte del credito vantato dalla zia che, come gia' statuito all'atto di delibare il ricorso di (OMISSIS), e' stata illustrata e vagliata dalla Corte di appello in termini non alieni da profili di manifesta illogicita'. Sotto altro, connesso aspetto, dall'indicazione, da parte di entrambi i collaboratori di giustizia, di due diverse compagini, alle quali sarebbe stati legati, rispettivamente, (OMISSIS) e (OMISSIS), discende la necessita', in vista della piu' completa delibazione del compendio istruttorio, di chiarire se, e fino a che punto, esse si siano poste in rapporto di reciproca autonomia ovvero se essere debbano, comunque, intendersi alla stregua di articolazioni interne ad un unico aggregato delinquenziale. Si impone, pertanto, l'annullamento, nei confronti di (OMISSIS) e limitatamente al capo A), della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di appello di Lecce in vista di un nuovo giudizio su tale capo che, libero nell'esito, sia emendato dal vizio segnalato. 11.4. Inammissibile appare, da ultimo, il motivo nuovo, afferente a questione - l'erronea assunzione, quale reato-base sul quale operare il calcolo della pena per il reato continuato, del delitto sanzionato dall'articolo 416-bis c.p. - non introdotta con l'appello ne' con il ricorso per cassazione e che, per di piu', integra un'ipotesi di illegittima determinazione, anziche' di illegalita', della pena. Per completezza, occorre segnalare, in replica ad argomento ulteriormente addotto dal ricorrente a sostegno della censura, che entrambe le fattispecie de quibus agitur sono ricomprese nel novero di quelle soggette alla disciplina prevista dalla L. 26 luglio 1975, n. 354, articolo 4-bis, comma 1, onde infondato e' l'assunto secondo cui l'errore nella commisurazione del trattamento sanzionatorio si sarebbe tradotto nella restrizione all'accesso alle misure alternative alla detenzione. 12. (OMISSIS). E' stato condannato, in entrambi i gradi di giudizio, alla pena di quattro anni, cinque mesi e dieci giorni di reclusione e 19.000 Euro di multa per i reati di cui ai capi E) ed E1). Risponde di due vicende distinte: in un caso, si assume che (OMISSIS) e (OMISSIS) abbiano, in diverse occasioni (prima di Pasqua e dopo l'estate del 2015), consegnato a (OMISSIS), nel secondo caso tramite (OMISSIS), altrettante partite di cocaina; nell'altro, si ascrive a (OMISSIS) di avere, invece, comprato da (OMISSIS) un quantitativo di hashish, consegnato, more solito, da (OMISSIS). Il compendio probatorio riposa, per un verso, sulle dichiarazioni accusatorie di (OMISSIS) e, per l'altro, sul riscontro offerto dalle comunicazioni (messaggi, per lo piu') censurate, che danno conto dell'esistenza, tra i due, di rapporti che i giudici di merito interpretano in chiave univocamente illecita. 12.1. (OMISSIS) propone, tramite l'avv. (OMISSIS), ricorso per cassazione affidato ad un unico, complesso motivo, che e' formulato nella prospettiva sia della violazione di legge, sostanziale e processuale, che del vizio di motivazione, attiene alla responsabilita' e si incentra su obiezioni che investono, tra l'altro: - l'anomala evoluzione delle dichiarazioni di (OMISSIS) che, il 27 aprile 2016, non lo ha riconosciuto in fotografia ed ha escluso di avere avuto rapporti illeciti con (OMISSIS) e (OMISSIS) e, il successivo 30 giugno, ha reso, invece, dichiarazioni univocamente accusatorie nei confronti di entrambi; (OMISSIS), quindi, e' stato autore di un narrato quantomeno incostante, che avrebbe meritato maggiore impegno valutativo da parte dei giudici di merito i quali, pur dando congrua spiegazione dell'iniziale esito negativo del riconoscimento, nulla hanno detto sul fatto che, in prima battuta, (OMISSIS) ha escluso di avere intrattenuto rapporti illeciti con (OMISSIS) e (OMISSIS); - la contraddittorieta' tra la condanna di (OMISSIS) e l'assoluzione di (OMISSIS), che, a dire di (OMISSIS), avrebbe concorso con lui nell'attivita' criminosa; - l'illogicita' dell'attribuzione di valore confermativo, per il solo (OMISSIS) (e non anche, ribadisce, per (OMISSIS)), a messaggi privi di percepibili riferimenti di natura illecita e suscettibili di diversa e neutra interpretazione, carente ogni riferimento alla sostanza stupefacente che sarebbe stata trafficata e considerato, vieppiu', che (OMISSIS) e (OMISSIS) avevo motivo di conoscersi e frequentarsi in ragione della pregressa, comune detenzione di (OMISSIS) e (OMISSIS), fratello di (OMISSIS); - la necessita' di improntare la verifica giudiziale, al cospetto di droga c.d. "parlata", a canoni marcatamente garantistici, cioe' improntati a particolare attenzione e rigore. 12.2. Il ricorso e' fondato e merita, pertanto, accoglimento, non rinvenendosi, nella sentenza impugnata, un sufficiente apparato argomentativo a sostegno del rigetto dei motivi di impugnazione concernenti, da un canto, l'attendibilita' delle dichiarazioni accusatorie rese da (OMISSIS) e, dall'altro, la difformita' delle valutazioni operate dal Giudice dell'udienza preliminare in ordine alle rispettive posizioni di (OMISSIS) e (OMISSIS). 12.2.1. Sotto il primo punto di vista, avendo l'imputato segnalato, con l'atto di appello, la patente discrasia tra quanto dichiarato, il 27 aprile 2016 e, poi, il 30 giugno dello stesso anno, dal collaboratore di giustizia, la Corte di appello ha spiegato che l'esito negativo dell'originario riconoscimento fotografico dell'imputato era stato condizionato dalla sottoposizione in visione a (OMISSIS) di una immagine che, in realta', ritraeva altra persona. Per questa via, ha superato una delle rilevate incongruenze senza, pero', pronunziarsi sull'altra, che, nel riguardare, primariamente, la responsabilita' di (OMISSIS), refluisce, in modo indiretto ma nondimeno univoco, sull'apprezzamento di quella di (OMISSIS). Il 27 aprile 2016, invero, (OMISSIS), invitato a visionare la fotografia ritraente (OMISSIS), affermo': "...riconosco (OMISSIS) di (OMISSIS), che si occupa di compravendita di auto usate, che e' venuto a trovarmi spesso a casa ed al quale ho ceduto una moto e una macchina. (OMISSIS) si accompagnava spesso a (OMISSIS)", per poi aggiungere, lapidariamente: "Con dette persone non ho mai avuto rapporti di natura illecita". Ora, posto che, il 30 giugno 2016, (OMISSIS) si e', invece, dilungato nel riferire, con dovizia di dettagli, delle forniture di cocaina ricevuta da (OMISSIS), con la fattiva cooperazione di (OMISSIS), palpabile si palesa il diametrale ed insanabile contrasto tra le dichiarazioni rese, nel corso del tempo, da (OMISSIS), che pure e' stato ritenuto, con argomentazioni che si e' gia' detto essere scevre, in linea generale, da vizi rilevabili in sede di legittimita'. Al cospetto di una tale situazione, la Corte di appello avrebbe dovuto farsi carico di risolvere la questione, ricorrendo, se del caso, ad opportuni approfondimenti istruttori, precipuamente al fine di contestualizzare il tenore delle primigenie dichiarazioni e, in ultimo, di chiarire se la difformita', in chiave diacronica, del narrato del collaboratore sia indice o meno di sua ridotta attendibilita'. L'assenza, nella sentenza impugnata, di qualsivoglia osservazione al riguardo incide sulla complessiva tenuta logica della decisione, che si regge sul rilascio a (OMISSIS) di una patente di affidabilita' che, in questo caso come in ogni altro, deve essere sottoposta, all'occorrenza, a prova di resistenza. 12.2.2. Per quanto attiene, poi, all'interpretazione delle conversazioni intercettate, utilizzate a riscontro delle accuse di (OMISSIS), la Corte di appello e' incorsa in plurimi ed evidenti momenti di manifesta illogicita' e contraddittorieta'. A fronte della doglianza afferente alla difformita' delle decisioni adottate dal Giudice dell'udienza preliminare nei confronti, rispettivamente, di (OMISSIS) e (OMISSIS), la Corte di appello ha rilevato che "se il primo giudice ha ritenuto non adeguatamente riscontrate le dichiarazioni eteroaccusatorie del (OMISSIS) nei confronti dello (OMISSIS), al contrario le risultanze dell'attivita' captativa, ad avviso della Corte, sono idonee a fungere "da sponda" alla chiamata operata nei confronti del (OMISSIS)". Al riguardo, ha osservato, sulla premessa dell'elevata attendibilita' intrinseca del narrato di (OMISSIS), che l'attinenza delle conversazioni captate a transazioni illecite, aventi ad oggetto sostanza stupefacente, e' comprovata dall'utilizzo di un linguaggio criptico, del quale il ricorrente non ha fornito una lettura alternativa lecita, e che il tenore complessivo dei dialoghi rimanda, piuttosto, all'esistenza di una situazione debitoria, in capo a (OMISSIS), della quale questi, riferendo all'autorita', non ha fatto mistero. Ha, per altro verso, stimato l'inattendibilita' della giustificazione offerta da (OMISSIS), il quale ha sostenuto che (OMISSIS) gli aveva richiesto di agevolare, in virtu' della propria attivita' lavorativa (egli e', infatti, dipendente di una struttura sanitaria brindisina), il contatto con uno specialista che potesse esaminare i risultati della radiografia eseguita alla gamba. Le considerazioni svolte dalla Corte di appello, in se' apparentemente rispondenti ad ordinari canoni razionali, scontano, tuttavia, l'omesso confronto con quelle che il Giudice dell'udienza preliminare, all'interno del medesimo provvedimento giudiziario, ha dedicato alla contestazione mossa a (OMISSIS) il quale, stando all'impostazione accusatoria, avrebbe assunto, in prima persona, la gestione delle forniture eseguite con la collaborazione, con ruolo vicario e, sostanzialmente, di trait d'union, di (OMISSIS). Alle pagg. 231-235 della sentenza di primo grado, il Giudice dell'udienza preliminare e' pervenuto, con generale riferimento alle conversazioni che, quanto alla posizione di (OMISSIS), confermano la sincerita' di (OMISSIS), e che sono intercorse tra (OMISSIS) e (OMISSIS), a tutt'altre conclusioni, affermando che "In realta', al di la' del contributo dichiarativo fornito dal (OMISSIS), l'attenta lettura proprio di quelle conversazioni ritenute "assolutamente certe nel loro contenuto circa la natura illecita delle attivita' poste in essere" conduce in una direzione opposta, trattandosi di conversazioni asignificative con riguardo al loro contenuto e non supportate da alcun riscontro, quindi assolutamente inservibili sul piano probatorio". Il predetto, ed assai severo, giudizio espresso dal Giudice dell'udienza preliminare e' stato, poscia, sviluppato in relazione ai singoli contatti, che quel giudice stima non ricollegabili, con il sufficiente margine di certezza, a traffici di sostanza stupefacente e che, anzi, sono, nella sua prospettiva, suscettibili di differente interpretazione, avuto riguardo alle attivita' professionali di (OMISSIS) e (OMISSIS) e, vieppiu', alla concreta possibilita' che le trattative documentate dai messaggi di testo avessero ad oggetto l'acquisto di tre autovetture. Ora, avendo (OMISSIS) posto l'accento, con l'atto di appello, sulla assoluta inconciliabilita' tra le argomentazioni sottese, da un lato, alla sua condanna e, dall'altro, all'assoluzione di (OMISSIS), la Corte di appello avrebbe avuto l'onere di apprestare, in replica alle specifiche deduzioni svolte con l'atto di appello (e riportate nel corpo del ricorso per cassazione) una risposta analitica e completa che, con riferimento a ciascuna delle comunicazioni addotte, nel caso dell'odierno ricorrente, a riscontro delle dichiarazioni di (OMISSIS) e ritenute, per (OMISSIS), non idonee a convalidare l'impostazione accusatoria, si facesse carico di vagliare le obiezioni difensive e, in ultimo, di verificare se, a dispetto di quanto statuito per (OMISSIS), i fatti contestati a (OMISSIS) possano dirsi accertati al di la' di ogni ragionevole dubbio. Le precedenti considerazioni impongono, in definitiva, l'annullamento della sentenza impugnata, limitatamente alla posizione di (OMISSIS), con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Lecce per un nuovo giudizio sul punto che, libero nell'esito, sia esente dai vizi riscontrati. 13. (OMISSIS). E' stato condannato, in appello, alla pena di tre anni e quattro mesi di reclusione e 13.333 Euro di multa, per avere partecipato, insieme a (OMISSIS) e (OMISSIS), a numerose transazioni di cocaina, nella misura di 5001000 grammi per volta (capo G) e, in una specifica occasione, di circa 1.500 grammi. Ha rinunziato, nel corso del giudizio di appello, ai motivi di impugnazione diversi da quelli attinenti al trattamento sanzionatorio. 4.1. Propone, con il ministero dell'avv. (OMISSIS), ricorso per cassazione affidato a due motivi, con il primo dei quali ascrive alla Corte di appello, in chiave di violazione di legge e vizio di motivazione, di avere erroneamente ritenuto che la formulata, parziale rinunzia ai motivi di impugnazione si estendesse anche a quelli afferenti "la qualificazione giuridica dei fatti accertati - che, in realta', attengono al trattamento sanzionatorio e, pertanto, devono intendersi esclusi dalla rinunzia - e di avere, quindi, indebitamente omesso di vagliare le doglianze articolate con l'atto di appello in ordine alla qualificazione del fatto ai sensi del comma 4, quanto alla natura della sostanza commerciata, e comma 5, in relazione alla lieve entita', del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73. Rileva, a questo proposito, che i fatti avrebbero dovuto essere ricondotti all'ipotesi di lieve entita' in ragione della mancanza di dati certi in ordine alla quantita' e alla natura della sostanza stupefacente ed in ossequio, pertanto, al canone in dubio pro reo; obietta, ulteriormente, che egli, lungi dall'essere munito di un'ampia struttura che gli consentisse di creare una fitta rete di rapporti commerciali per lo spaccio di sostanze stupefacenti, ricorreva, piuttosto, a mezzi domestici e grossolani, sintomatici dell'assenza di una vera e propria organizzazione, sicche' illogico si palesa, anche sotto questo aspetto, il richiamo, da parte della Corte di appello, a considerazioni dedicate, in modo indistinto e cumulativo, alla totalita' degli imputati. Con il secondo ed ultimo motivo, (OMISSIS) eccepisce vizio di motivazione per avere la Corte di appello, a seguito dell'applicazione delle circostanze attenuanti generiche, ridotto la pena base e non anche quella stabilita a titolo di continuazione interna, cioe' per i residui episodi contestati al capo G), per di piu' indicando, in motivazione, una pena finale superiore, nella porzione pecuniaria, a quella stabilita in dispositivo. 4.2. All'udienza del 17 novembre il ricorrente ha eccepito, tramite il difensore ed in via subordinata rispetto alla principale richiesta di rinvio della trattazione dei ricorsi, l'illegittimita' costituzionale del Decreto Legge 31 ottobre 2022, articolo 6, per contrasto con l'articolo 73, comma 3, articolo 77, articoli 3 e 117 Cost., nella parte in cui ha differito l'entrata in vigore della normativa che, tra l'altro, incide sul regime di procedibilita' di taluni reati. Il Collegio la ha dichiarata inammissibile, con provvedimento reso a verbale, con il quale ha, al contempo, disatteso la richiesta di differimento dell'udienza, mutuata da tutti i difensori presenti. Nel rassegnare le conclusioni, il difensore di (OMISSIS) ha reiterato, anche nell'interesse di (OMISSIS), l'eccezione di legittimita' costituzionale del citato articolo 6 deducendo, stavolta, l'irragionevolezza del differimento, con disposizione di urgenza, della disciplina che amplia l'ambito di applicazione delle sanzioni sostitutive previste dalla L. 24 novembre 1981, n. 689. Trattasi, deve nondimeno rilevarsi, di questione inammissibile perche' introdotta sul postulato - meramente enunciato e non assistito dal benche' minimo sostegno argomentativo - dell'insussistenza di ragioni di straordinaria necessita' ed urgenza, che il legislatore ha, invece, rinvenuto nell'esigenza di informare a canoni di razionalita' la programmazione e l'attuazione degli interventi di supporto al piu' ampio ricorso alle misure alternative alla detenzione e, in particolare, ad una misura transitoria, quale il Decreto Legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, articolo 95, presumibilmente suscettibile di determinare la concentrazione di un elevato numero di istanze in un arco temporale circoscritto. 4.3. Il ricorso e' manifestamente infondato. La giurisprudenza di legittimita' e' ferma nel ritenere che "La rinuncia parziale ai motivi d'appello determina il passaggio in giudicato della sentenza gravata limitatamente ai capi oggetto di rinuncia, onde e' inammissibile il ricorso per cassazione con il quale si propongono censure attinenti ai motivi d'appello rinunciati e non possono essere rilevate d'ufficio le questioni relative ai medesimi motivi. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto preclusa la possibilita' di proporre o rilevare d'ufficio, in sede di legittimita', questioni attinenti alla qualificazione giuridica dei fatti, avendo l'imputato rinunciato ai motivi di appello relativi all'affermazione della responsabilita' penale)" (Sez. 2, n. 47698 del 18/09/2019, Amabile, Rv. 278006 - 01). L'applicazione di tale condiviso principio conduce a smentire l'assunto formulato, con il primo motivo, dal ricorrente, il quale riporta alla macroarea del trattamento sanzionatorio la tematica della qualificazione giuridica della condotta che, in realta', investe la responsabilita' dell'imputato e solo in via indiretta la determinazione della pena, sicche' deve logicamente inferirsi che (OMISSIS), all'atto di formalizzare la rinunzia ai motivi di appello diversi da quelli relativi al trattamento sanzionatorio, tenne fermi esclusivamente quelli che investivano l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche e la concreta commisurazione della pena base e degli aumenti per la continuazione. Per quanto concerne il secondo motivo, occorre innanzitutto ricordare, in diritto, che "In tema di divieto di "reformatio in peius", il giudice di appello che, accogliendo il motivo di gravame proposto dal solo imputato riguardante una regiudicanda integrata da piu' reati unificati dal vincolo della continuazione, riconosca l'esistenza di una circostanza attenuante in precedenza negata ed influente sia sulla pena base che su altri elementi rilevanti per il calcolo, deve necessariamente ridurre la pena complessivamente inflitta con riferimento al reato base e ai reati satelliti, salvo che per questi ultimi venga confermato, con adeguata motivazione, l'aumento in precedenza disposto e fermo restando che il risultato finale dell'operazione si concluda con l'irrogazione di una pena complessiva corrispondentemente diminuita rispetto a quella in precedenza irrogata" (Sez. 3, Sentenza n. 3214 del 22/10/2014, dep. 2015, A., Rv. 262021 - 01; Sez. 2, n. 45973 del 18/10/2013, A., Rv. 257522 - 01; Sez. 6, n. 45866 del 15/05/2012, Costanzo, Rv. 254129 - 01). Nel caso di specie, il giudice di appello si e' orientato, a dispetto di quanto eccepito dal ricorrente, in ossequio al predetto canone ermeneutico giacche', dopo avere ridotto la pena base per il piu' grave degli episodi contestati a (OMISSIS) al capo G) (da sei anni di reclusione e 25.822 Euro di multa a quattro anni di reclusione e 18.000 Euro di multa), ha applicato, per la continuazione interna al capo G), l'aumento di un anno di reclusione e 2.000 Euro di multa, inferiore, nella parte pecuniaria, a quello stabilito del Giudice dell'udienza preliminare (un anno di reclusione e 4.178 Euro di multa). Ininfluente, rispetto alla articolata censura, e', infine, la discrasia nella commisurazione della pena pecuniaria applicata a (OMISSIS), all'esito di tutte le operazioni di calcolo, correttamente fissata, nel dispositivo (cui, ovviamente, va assegnata prevalenza), in 13.333 Euro, laddove in motivazione, per un mero refuso, e' indicata la cifra di 14.000 Euro (peraltro, superiore a quella effettiva, si' da escludere l'interesse dell'imputato a far valere la difformita'). 14. (OMISSIS). E' stato condannato, in entrambi i gradi di giudizio, alla pena di sette anni e due mesi di reclusione per la partecipazione all'associazione finalizzata al narcotraffico contestata al capo B) e la cessione di sostanza stupefacente di varia natura in favore di (OMISSIS) e (OMISSIS) e di (OMISSIS). 14.1. Articola, con l'assistenza degli avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS), ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, con i quali lamenta, costantemente, violazione di legge sostanziale e processuale e vizio di motivazione. Con il primo motivo, si duole che la Corte di appello abbia indebitamente disatteso le censure articolate con l'impugnazione ed afferenti sia alla sussistenza dell'ipotizzata compagine criminale ed alla sua partecipazione, i cui contorni, peraltro, non sono, a suo modo di vedere, compiutamente delineati. Rileva, in specie, che l'assunto secondo cui egli avrebbe svolto, dalla base insistente nella sua abitazione di Via Siracusa in Lecce, attivita' di spaccio al minuto, quale fidato collaboratore di (OMISSIS), a lui sovraordinato, si risolve in una mera illazione, non suffragata da convenienti riscontri. Rilegge i rapporti con (OMISSIS) alla luce della parentela che li lega e giustifica - in via alternativa rispetto all'ipotesi di accusa - la frequentazione dell'abitazione del cugino. Segnala che l'esito negativo delle eseguite perquisizioni concorre nel privare la ricostruzione in chiave illecita dei suoi rapporti con (OMISSIS) di concreti addentellati sul piano fattuale. Il ricorrente - dopo avere notato come coerente con la sua estraneita' alla supposta associazione a delinquere e' il fatto che egli non sia stato raggiunto dalle accuse dei collaboratori di giustizia (OMISSIS) e (OMISSIS), pure prodighi di informazioni in merito all'attivita' illecita condotta da (OMISSIS), al cui fianco egli avrebbe stabilmente operato - rilegge gli elementi raccolti in ordine al rapporto con (OMISSIS), da un canto, e (OMISSIS), dall'altro, in un'ottica lecita, opposta a quella privilegiata dai giudici di merito. Allo stesso modo, eccepisce che il presunto intervento della madre, che si ipotizza finalizzato ad evitare che le forze dell'ordine trovassero lo stupefacente da lui detenuto e che concorre, secondo i giudici di merito, a dimostrare la fondatezza dell'impostazione accusatoria, e' smentito, oltre che dall'assenza di riscontri sul piano fattuale, dall'omesso coinvolgimento della donna nel presente procedimento penale, cui ella e' rimasta, per quanto consta, estranea. Obietta, in conclusione, che a suo carico si pongono, in definitiva, meri indizi, rimasti allo stadio embrionale e, comunque, non idonei a dimostrare, al di la' di ogni ragionevole dubbio, la sua stabile militanza associativa. Con il secondo motivo, (OMISSIS) ascrive alla Corte di appello di avere ingiustificatamente disatteso la richiesta di qualificazione dei fatti ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 74, comma 6, e articolo 73, comma 5. Con il terzo motivo, dedicato al reato-fine di cui al capo C) della rubrica, (OMISSIS) rivolge le proprie critiche alle conclusioni raggiunte dai giudici di merito e segnala, in specie, la contraddittorieta' dell'affermazione della sua responsabilita', a fronte dell'assoluzione, per quei fatti, di (OMISSIS) e (OMISSIS), Ribadisce, per altro verso, di avere intrattenuto con (OMISSIS) e (OMISSIS) rapporti di natura lecita, in quanto collegati a prestazioni di lavoro da lui svolto per conto dei due, l'uno titolare di un ristorante, l'altro giostraio ambulante. Con il quarto ed ultimo motivo, deduce l'illegittimita' del diniego delle circostanze attenuanti generiche e della irrogazione di una pena sproporzionata per eccesso rispetto alle condotte accertate. 14.2. Il ricorso e' inammissibile perche' vertente su motivi manifestamente infondati o non consentiti. La Corte di appello, orientandosi in continuita' con quanto gia' stabilito dal Giudice dell'udienza preliminare, ha mutuato il convincimento espresso dalla pubblica accusa in merito all'inquadramento del fenomeno delinquenziale oggetto di osservazione in una cornice schiettamente associativa, aspetto sul quale vanno ribadite, in questa sede, le argomentazioni spese all'atto della disamina del ricorso presentato da (OMISSIS), senz'altro utili in funzione del vaglio anche della posizione assunta, in seno al medesimo consesso, da (OMISSIS). La Corte di appello, alle pagg. 10-17 della sentenza impugnata, ha, infatti, respinto le obiezioni mosse dagli imputati che sono stati condannati per aver fatto parte dell'associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico contestata al capo B) della rubrica. Ha, in specie, ritenuto che le emergenze istruttorie attestino, in primo luogo, la riconducibilita' del fenomeno illecito oggetto di osservazione al paradigma descritto dal Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 74, ricostruito in ossequio agli indici enucleati, nel tempo, dalla giurisprudenza di legittimita'. Ha ricordato, in fatto, che l'indagine ha messo in luce la circolarita' dei rapporti tra (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche' quelli tra (OMISSIS) ed i fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS), oltre che la costante presenza di (OMISSIS), braccio destro di (OMISSIS) e fedele esecutore delle sue disposizioni. Ha aggiunto che la multilateralita' delle relazioni tra i soggetti coinvolti ha reso evidente a ciascuno di loro che l'attivita' posta in essere andava ad iscriversi nella piu' vasta cornice dell'azione coordinata di un gruppo organizzato e che l'emersione, in alcuni casi, di stabili conti di dare ed avere tra i fornitori dell'associazione e la preferenza manifestata per l'immediata regolazione, in contanti, delle transazioni costituiscono ulteriore riscontro della dimensione permanente e collettiva degli illeciti accertati. La compagine, in altri termini, operava, secondo la prospettiva delineata dai giudici di merito, affidando la responsabilita' dei contatti con i fornitori a (OMISSIS), coadiuvato da (OMISSIS), a (OMISSIS), il quale si avvaleva di (OMISSIS) e (OMISSIS), ed ai germani (OMISSIS), assistiti da correi la cui posizione e' stata separatamente definita. Tangibile era, d'altro canto, il tratto organizzativo, connesso alla continuita' degli approvvigionamenti, garantiti da una pluralita' di canali, e dell'attivita' di distribuzione, resa possibile dalle collaterali operazioni finalizzate alla custodia dello stupefacente e seguita dalle iniziative propedeutiche al recupero dei crediti maturati ed all'avvio di nuovi investimenti; il tutto, in un contesto segnato dalla limitata autonomia dei singoli, chiamati a rendere conto ai referenti di ogni, anche minimo, cambio di programma e pronti a recepire le direttive o concordare le future strategie. Con precipuo riferimento a (OMISSIS), la Corte salentina ha posto l'accento sulle conversazioni attestanti la sua familiarita', da un canto, con (OMISSIS), titolare di un ruolo sovraordinato e, in quanto tale, abilitato a rivolgergli ordini e, se del caso, reprimende, e, dall'altro, (OMISSIS), che egli, specularmente, incarica del recupero di crediti derivanti da pregresse transazioni di stupefacente, dei quali (OMISSIS) deve, a sua volta, dar conto a (OMISSIS). Il dialogo intercorso tra (OMISSIS) e (OMISSIS) all'esito della perquisizione subita dal primo il 29 ottobre 2015 attesta, poi, il comune coinvolgimento in attivita' tali da suscitare l'interesse degli investigatori. Il percorso argomentativo che ha condotto i giudici di merito ad inferire la partecipazione associativa di (OMISSIS) si giova, pertanto, della considerazione, per un verso, della figura di (OMISSIS), attivo componente del sodalizio e gestore, in posizione di responsabilita', di almeno una parte dei traffici del gruppo, per la cui conduzione si avvale, tra gli altri, della sua cooperazione. La sinergica valutazione di tali elementi con la riscontrata esistenza di rapporti, pure di presumibile natura illecita, tra (OMISSIS) e (OMISSIS) - lui pure a pieno titolo inserito nella compagine criminosa - supporta, dunque, la convinzione, espressa dai giudici di merito, che l'imputato sia stato stabilmente inserito in essa, con piena coscienza dell'esistenza del gruppo e dei connessi profili organizzativi, ed animato da sicura affectio societatis. La Corte di appello e' pervenuta a conclusioni aliene da travisamenti di emergenze istruttorie che sono state interpretate in modo non manifestamente illogico ne' contraddittorio, senza, per contro, debordare dai poteri riconosciuti, in via esclusiva, al giudice di merito. Rebus sic stantibus, il ricorrente articola, con il primo motivo, censure che non valgono ad incrinare la tenuta logica del provvedimento impugnato e che si dipanano lungo il sentiero della rivalutazione critica di emergenze istruttorie che, gia' sottoposte allo scrutinio di entrambi i giudici di merito, sono state interpretate in pieno ossequio a canoni razionali e che, per di piu', trovano ulteriore suggello, quanto al suo fattivo coinvolgimento nell'illecita attivita' di narcotraffico, nelle emergenze istruttorie che attengono, in particolare, al reato-fine ascritto a (OMISSIS) al capo C). L'architettura della critica difensiva si regge, in altri termini, sulla proposizione, per ciascuno degli elementi cui i giudici di merito hanno riconosciuto valenza indiziante, di obiezioni che si basano su possibili letture alternative o, piu' spesso, sulla ridotta valenza dimostrativa di ciascun indizio, ovvero su un approccio che, frutto della segmentazione e della separata considerazione del materiale disponibile, rinunzia a cogliere le reciproche interconnessioni tra le tessere del mosaico, che, opportunamente incastonate, tratteggiano un panorama complessivo idoneo ad attestare la sussistenza degli elementi costitutivi del delitto contestato. E' questa la luce attraverso la quale devono essere filtrate le obiezioni che (OMISSIS) riserva, via via: alla iscrizione dei rapporti con il cugino (OMISSIS) all'interno di dinamiche di tipo parentale anziche' delinquenziale; all'assenza di riscontri costituiti dal sequestro, in suo pregiudizio, di sostanze stupefacenti; al fatto che egli, a differenza di (OMISSIS), non e' stato inserito da (OMISSIS) e (OMISSIS) nel novero dei soggetti dediti al narcotraffico, circostanza che, va specificamente replicato, e' agevolmente spiegabile in ragione della peculiarita' del ruolo svolto da (OMISSIS) in seno al gruppo, concretatosi nell'affiancamento di (OMISSIS), leader di un sottogruppo, a sua volta posto in connessione, tramite (OMISSIS), con le altre cellule appartenenti alla stessa entita'. Non meritano miglior sorte le insistite obiezioni che il ricorrente dedica alle singole conversazioni - senza, peraltro, corredare le censure con la loro allegazione o integrale trascrizione, cio' che, come meglio chiarito nell'esame del ricorso di (OMISSIS), le rende irrimediabilmente generiche e, quindi, per cio' solo inammissibili - e che, attenendo al merito dell'imputazione piu' che alla sussistenza di uno dei vizi tassativamente indicati all'articolo 606 c.p.p. (come, d'altro canto, sembra desumersi dal fatto che il ricorrente, alla pag. 14 del libello introduttivo del presente giudizio, sembra rivolgersi alla Corte di appello per chiedere l'assoluzione dall'addebito associativo), sono senz'altro inidonee ad eccitare i poteri censori del giudice di legittimita'. Parimenti privo di pregio e' il secondo motivo, volto a reiterare doglianze, afferenti alla lieve entita' dei fatti accertati e, di conseguenza, alla minore offensivita' del reato necessariamente plurisoggettivo, che non trovano conforto nelle emergenze istruttorie, stando all'esegesi, logicamente sostenibile, che ne compiono i giudici di merito, concordi nel descrivere un fenomeno che, per la diffusivita' e la capillarita' dell'attivita' di distribuzione e rifornimento, la reiterazione delle forniture, la stabilita' dei rapporti tra i soggetti coinvolti, la forte solidarieta' interna, appare sintomatico di un vulnus tutt'altro che minimale ai beni - la salute pubblica, in primis - oggetto della tutela penale. Manifestamente infondato e', del pari, il terzo motivo. La Corte di appello da', in primo luogo, atto della correttezza delle considerazioni svolte dal primo giudice in ordine alla assidua dedizione di (OMISSIS) alla cessione a terzi dello stupefacente affidatogli, a tal fine, da (OMISSIS), sempre pronto a spronare il pusher a maggiore solerzia nel sollecito smistamento dei quantitativi assegnatigli e, ancor piu', nell'esazione dei crediti derivati dalla vendita. La stretta solidarieta' tra (OMISSIS) e (OMISSIS), la sicura dedizione di entrambi, sia pure con una diversa collocazione gerarchica, a traffici di sostanze stupefacenti (e' utile ricordare, sul punto, che la decriptazione dell'oggetto dei dialoghi che coinvolgono (OMISSIS) e' agevolata dal riscontro costituito dal sequestro, nell'ottobre del 2015, cioe' nel periodo clou dell'indagine i cui esiti sono compendiati nel presente procedimento, del consistente quantitativo di cocaina, del peso di 426 grammi, di cui egli aveva la contingente disponibilita') fornisce ai giudici di merito il destro per interpretare in chiave illecita le vicende, contestate al capo C), che vedono (OMISSIS) impegnato a rifornire (OMISSIS) e (OMISSIS) e (OMISSIS). A questo proposito, il ricorrente, seguendo, ancora una volta, un'impostazione ispirata alla contro-argomentazione, pone l'accento su aspetti e questioni non idonei ad intaccare la coerenza del ragionamento sviluppato dalla Corte di appello. Sottolinea, in particolare, che sia (OMISSIS) che (OMISSIS) sono stati assolti dal reato loro contestato al capo C), esito processuale che, tuttavia, non e' stato determinato dal riconoscimento dell'insussistenza dell'addebito ma, piuttosto, dall'assenza di prova piana in ordine al loro coinvolgimento nella distribuzione al minuto dello stupefacente in favore di acquirenti che avevano in (OMISSIS) il loro diretto e primario punto di riferimento. Evidenzia che dalle conversazioni intercettate emerge soltanto che egli e' entrato in contatto con taluni soggetti, con i quali ha fissato incontri per ragioni che sono rimaste ignote, cosi' trascurando che, come detto, le ragioni sottese alla fissazione degli appuntamenti sono state ricostruite alla luce della complessiva considerazione dell'attivita' illecita da lui svolta in combutta con i soggetti sopra indicati, e del suo stabile inserimento in una compagine criminale dedita al narcotraffico. Ricorda di avere offerto una spiegazione alternativa dei rapporti intrattenuti sia con i (OMISSIS) che con (OMISSIS) che, pero', la Corte di appello, con argomentazioni ineccepibili, ha stimato del tutto inattendibile, non avendo egli fornito la benche' minima prova di avere, in quel periodo, lavorato, anche occasionalmente, alle dipendenze dei primi o aiutato il secondo nel montaggio e nel trasporto delle giostre da lui gestite. In relazione, infine, al diniego delle circostanze attenuanti generiche ed alla commisurazione del trattamento sanzionatorio, valgono - in assenza di segni di resipiscenza o di altri elementi suscettibili di favorevole valutazione e tenuto conto, anzi, che l'elevato livello di coinvolgimento di (OMISSIS) nelle dinamiche delinquenziali portate alla luce nel presente procedimento appare espressivo di non marginale proclivita' al crimine - i rilievi svolti all'atto dell'esame delle posizioni, tra le altre, di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). 15. (OMISSIS). E' stato condannato, in entrambi i gradi di giudizio, alla pena di quattro anni e sei mesi di reclusione e 20.000 Euro di multa per i reati di cui ai capi L) e L1). Risponde di due episodi, risalenti, rispettivamente, al 14 ed al 17 novembre 2015, afferenti alla detenzione illecita ed alla cessione di grossi quantitativi di cocaina che, tramite (OMISSIS) e (OMISSIS), sarebbero pervenuti, almeno in parte, nella disponibilita' di (OMISSIS). 15.1. Propone, con il ministero degli avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS), ricorso per cassazione vertente su due motivi, in entrambi i casi lamentando violazione di legge e vizio di motivazione. Con il primo motivo, deduce l'illegittimita' della decisione impugnata nella parte in cui assevera sia l'attendibilita' di (OMISSIS) che l'attitudine delle conversazioni intercettate a fungere da elemento di riscontro, addebitando alla Corte di appello di avere trascurato, al riguardo, lo sfasamento dei tempi e l'equivocita' delle comunicazioni, di avere indugiato nell'illogica ricostruzione che lo vede portarsi presso l'abitazione del correo, per trattare argomenti illeciti, in compagnia di moglie e figlia, e di essersi affidata, in ultima analisi, ad illazioni non adeguatamente riscontrate sul piano fattuale. Con il secondo motivo, si duole del diniego delle circostanze attenuanti generiche che egli avrebbe, ove si fosse tenuto adeguatamente conto di tutti i fatti all'uopo rilevanti, meritato. 15.2. Il ricorso e' imperniato su motivi infondati; nondimeno, deve accogliersi, in forza dell'effetto estensivo dell'impugnazione ex articolo 587 c.p.p., comma 1, ed in ragione della natura non esclusivamente personale della doglianza, quello, espressamente articolato dal correo (OMISSIS), vertente sulla duplicazione delle sanzioni, in relazione a ciascuno dei capi di imputazione, per le rispettive fattispecie di detenzione e di cessione. 15.2.1. La Corte di appello, nel trattare l'impugnazione proposta da (OMISSIS), ha dato atto, in primis, delle dichiarazioni rese da (OMISSIS), il quale ha riferito (cfr. sentenza di primo grado, pagg. 203-205) di avere da lui acquistato, in due distinte occasioni, cocaina del peso di un chilogrammo, una volta, e di un chilogrammo e mezzo, l'altra e specificato, tra l'altro, di non avere incontrato di persona, in quelle circostanze, (OMISSIS), il quale si era servito, all'uopo, del suo collaboratore (OMISSIS), e che alla transazione illecita avevano cooperato anche, a vario titolo, (OMISSIS), il di lui genero (OMISSIS) e (OMISSIS). I giudici di merito hanno, in proposito, ritenuto che la narrazione di (OMISSIS) sia intrinsecamente attendibile e debitamente riscontrata, ab externo, dalle conversazioni intercettate, con riferimento: alla familiarita' tra il collaboratore di giustizia (il quale ha esposto che, nell'estate del 2015, recatosi a casa sua, ove egli scontava una pena in regime di detenzione domiciliare, il correo si era dichiarato disponibile a soddisfare ogni sua esigenza) e (OMISSIS), confermata dalle conversazioni intercettate, che recano traccia dell'accenno, da parte di (OMISSIS), alla visita di (OMISSIS) che, il 16 ottobre 2015, era andato a trovarlo, con moglie e figlia; alla stretta relazione tra (OMISSIS) e (OMISSIS), attestata dalle frequenti comunicazioni tra i due, sovente afferenti alla conduzione di affari dall'oggetto non esplicitamente indicato, nonche' ai contatti, coevi alle vicende di interesse processuale, tra (OMISSIS), da un canto, e (OMISSIS) e (OMISSIS), dall'altro; alla ricostruzione dei due distinti episodi in contestazione, attuativi di un unico accordo criminoso, che ha contemplato una prima consegna, concordata e programmata il 9 novembre 2015 ed eseguita il 14 novembre 2015 (quella indicata al capo L, documentata dalle conversazioni trascritte alle pagg. 71-73 della sentenza impugnata) ed eseguita da (OMISSIS) in favore di (OMISSIS) e (OMISSIS), ed un secondo incontro, finalizzato all'ulteriore cessione, consumata il 17 novembre 2015, secondo quanto emerso dalle conversazioni, riportate alle pagg. 73-76, captate il 16 ed il 17 novembre 2015. La nitida ed univoca chiamata in correita' del collaboratore di giustizia ha, quindi, trovato riscontro nelle conversazioni sovra richiamate, che, secondo i giudici di merito, rassicurano circa la sua sincerita' nell'esporre dei traffici condotti unitamente a (OMISSIS). 15.2.2. Al cospetto di un iter argomentativo coerente, lineare e scevro da fratture razionali, il ricorrente si colloca, con il primo motivo, in una prospettiva di sterile confutazione, protesa a negare la piena attitudine probatoria degli elementi valorizzati dai giudici di merito. Eccepisce, quanto all'incontro tra (OMISSIS) e (OMISSIS), che la presenza, nella circostanza, della moglie e della figlia del primo rende poco plausibile che, come apoditticamente ritenuto dalla Corte di appello, il meeting abbia rappresentato, per i due, occasione propizia per intavolare trattive finalizzate ad operazioni di cessione di consistenti partite di sostanze stupefacente. Osserva che le informazioni restituite dalle captazioni non offrono alcuna certezza in ordine al suo diretto e personale coinvolgimento nelle supposte operazioni criminose, ne' circa l'illiceita' dei rapporti da lui intrattenuti con (OMISSIS), ovvero in merito all'avere egli dato il la alle transazioni che sarebbero state eseguite per mano dello stesso (OMISSIS) nonche', dal lato degli acquirenti, da (OMISSIS) e (OMISSIS). Segnala che le indicazioni cronologiche e quantitative emergenti dalle conversazioni intercettate non coincidono con le corrispondenti indicazioni di (OMISSIS), il cui narrato si palesa, anche per questa ragione, inidoneo a sorreggere l'ipotesi di accusa. Cosi' facendo, il ricorrente abbraccia una prospettiva che, nell'apprezzare, sminuendola, la valenza di ciascun elemento indiziario, e segnatamente di quelli tratti dalla prova tecnica, finisce con il perdere di vista la costruzione del ragionamento seguito dalla Corte di appello, che muove dal contributo di (OMISSIS), che stima pienamente credibile, ed utilizza, in funzione di controllo esterno ed in pieno ossequio, dal punto di vista metodologico, alle prescrizioni dell'articolo 192 c.p.p., comma 3, gli esiti delle captazioni in chiave di riscontro esterno, prescindendo, con operazione giuridicamente ineccepibile, dal verificare l'autonoma attitudine probatoria di quanto appreso dagli ascolti. Fallaci si palesano, dunque, le obiezioni che si appuntano sull'assenza di diretta prova certa in ordine al contenuto dei dialoghi intercorsi tra (OMISSIS) e (OMISSIS) in occasione di un incontro che, cio' che piu' conta in questa sede, il primo ha descritto in termini che, quanto alla storicita' della relazione amicale con l'odierno ricorrente, risultano pienamente confermati dalle intercettazioni. Alle medesime conclusioni deve pervenirsi in ordine alle conversazioni richiamate dalla Corte di appello che, a prescindere dalla precisa corrispondenza delle indicazioni quantitative, sono idonee a riscontrare le accuse di (OMISSIS) in ordine sia alle vicende di interesse processuale, complessivamente intese, ed al ruolo assunto, in quel contesto, da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che, in chiave individualizzante, alla posizione, defilata ma, non per questo, meno protagonistica, di (OMISSIS), desunta, tra l'altro, dai rapporti con (OMISSIS) e dal tenore delle affermazioni scambiate da (OMISSIS) e (OMISSIS) subito dopo l'incontro con il fornitore dello stupefacente svolto in localita' coincidente proprio con l'abitazione di (OMISSIS). La sentenza impugnata appare, sotto questo profilo, resistente alle obiezioni difensive perche' frutto di fedele applicazione del principio di diritto, da tempo cristallizzato dalla giurisprudenza di legittimita', secondo cui "In tema di chiamata in correita', i riscontri dei quali necessita la narrazione, possono essere costituiti da qualsiasi elemento o dato probatorio, sia rappresentativo che logico, a condizione che sia indipendente e, quindi, anche da altre chiamate in correita', purche' la conoscenza del fatto da provare sia autonoma e non appresa dalla fonte che occorre riscontrare, ed a condizione che abbia valenza individualizzante, dovendo cioe' riguardare non soltanto il fatto-reato, ma anche la riferibilita' dello stesso all'imputato, mentre non e' richiesto che i riscontri abbiano lo spessore di una prova "autosufficiente" perche', in caso contrario, la chiamata non avrebbe alcun rilievo, in quanto la prova si fonderebbe su tali elementi esterni e non sulla chiamata di correita'" (Sez. 2, n. 35923 del 11/07/2019, Campo, Rv. 276744 - 01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, Cariolo, Rv. 260607 - 01; Sez. 1, n. 1263 del 20/10/2006, dep. 2007, Alabiso, Rv. 235800 - 01). 15.2.3. In relazione, da ultimo, al diniego delle circostanze attenuanti generiche, valgono - in assenza di segni di resipiscenza o di altri elementi suscettibili di favorevole valutazione e tenuto conto, anzi, dell'essere (OMISSIS) gravato da precedenti condanne, anche per reati di notevole offensivita', espressivi di non marginale proclivita' al crimine - i rilievi svolti all'atto dell'esame delle posizioni, tra le altre, di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). 15.2.4. La sentenza impugnata va, invece, annullata limitatamente alla separata contestazione, in relazione a ciascuna delle vicende oggetto di addebito, della condotta di detenzione e di quella di cessione, che i giudici di merito hanno reputato espressive di diversa, concorrente offensivita', tale da legittimare, per ciascuna di esse, la configurazione di una autonoma fattispecie criminosa e, riconosciuta la loro riconducibilita' ad un unico disegno criminoso, l'applicazione della disciplina del reato continuato. Al riguardo, premesso che, per quanto consta, nel caso concreto non e' possibile distinguere, dal punto di vista fattuale, la transazione illecita dalla condotta di detenzione che ne costituisce imprescindibile presupposto logico, pertinente appare il richiamo al consolidato e condiviso indirizzo ermeneutico secondo cui "In materia di reati concernenti sostanze stupefacenti, in presenza di piu' condotte riconducibili a quelle descritte dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, quando unico e' il fatto concreto che integra contestualmente piu' azioni tipiche alternative, le condotte illecite minori perdono la loro individualita' e vengono assorbite nell'ipotesi piu' grave; quando invece le differenti azioni tipiche sono distinte sul piano ontologico, cronologico e psicologico, esse costituiscono distinti reati concorrenti materialmente" (Sez. 6, n. 22549 del 28/03/2017, Ghitti, Rv. 270266 - 01; Sez. 3, n. 8163 del 26/11/2009, dep. 2010, Merano, Rv. 246211 - 01). Dal disposto annullamento non segue il rinvio, potendosi, gia' in questa sede, procedere alla rideterminazione della pena mediante eliminazione degli aumenti per la continuazione c.d. "interna" a ciascuno dei due capi, stabilita, per il capo L), in tre mesi di reclusione e 1.178 Euro di multa, e, per il capo L1), in tre mesi di reclusione e 1.500 Euro di multa. La sanzione deve essere, pertanto, cosi' rideterminata: pena base per il capo L): anni 6 di reclusione ed Euro 25.822 di multa, aumentata di 3 mesi di reclusione ed Euro 1.500 di multa per la continuazione con il capo L1); pena totale: anni 6 e mesi 3 di reclusione ed Euro 27.322 di multa, ridotta, per la scelta del rito abbreviato, a quattro e due mesi di reclusione e 18.214,66 Euro di multa. 16. (OMISSIS). E' stato condannato, in entrambi i gradi di giudizio, alla pena di otto anni e dieci mesi di reclusione per il delitto di associazione finalizzata al narcotraffico e per numerosi episodi qualificati ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73. E' il corriere che, per conto di (OMISSIS), si occupa di prelevare e consegnare quantitativi di droga. Raggiunto dalle accuse di (OMISSIS), risulta coinvolto: - nella detenzione di due quantitativi di hashish, ceduti da (OMISSIS) a (OMISSIS), l'uno del valore di cinquemila Euro, l'altro del peso di 2,900 kg. (capo Gl, condotte risalenti, rispettivamente al 3 ottobre ed all'1 novembre 2015); - nella cessione di grossi quantitativi di droga di varia natura (hashish, marijuana, cocaina a (OMISSIS) (capi H e H1, epoca di consumazione: (OMISSIS)); - nella cessione a (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) di tre kg. di marijuana (capo 12, fatto risalente al (OMISSIS)); - nell'acquisto di un kg. di cocaina da (OMISSIS) e (OMISSIS), tramite (OMISSIS) e (OMISSIS) (capo L1, fatto commesso il (OMISSIS)); - nell'acquisto di quantitativi di cocaina da (OMISSIS) (capo M, fatto commesso tra (OMISSIS)); - nella cessione di vari quantitativi di cocaina a (OMISSIS) e (OMISSIS) (capo N, esteso a tutto il 2015); - nella cessione di vari quantitativi di cocaina in favore di (OMISSIS) (capo P, condotta protrattasi sino a dicembre 2015). I giudici di merito ne ritengono la militanza associativa in ragione della partecipazione ad una miriade di reati-fine, della strettissima solidarieta' con (OMISSIS), nonche' della dimostrata consapevolezza dell'esistenza di un'organizzazione facente capo a (OMISSIS) ed ai fratelli (OMISSIS). 16.1. (OMISSIS) propone, con il patrocinio dell'avv. (OMISSIS), ricorso per cassazione articolato su cinque motivi. Con il primo motivo, lamenta vizio di motivazione per avere la Corte di appello omesso di spiegare le ragioni sottese al rigetto dell'obiezione, mossa sia in primo che secondo grado, vertente sull'omessa trascrizione di conversazioni intercorse tra soggetti che parlavano stretto dialetto salentino, peraltro nelle sue diverse declinazioni, nonche' sull'arbitraria traduzione in lingua italiana delle conversazioni medesime, sostanzialmente stravolte nel loro significato. Con il secondo motivo, deduce violazione di legge per avere la Corte di appello disatteso l'impugnazione in relazione all'addebito associativo pur in carenza di precise informazioni circa il ruolo che egli avrebbe svolto in seno alla consorteria criminale e, prima ancora, la stabilita' dei suoi rapporti con essa. Nota, vieppiu', che il fallimentare esito dell'operazioni di acquisto di un kg. di cocaina dimostra che tale compagine non era in grado di produrre risultati significativi dal punto di vista economico. Contesta l'identificazione, operata grazie all'appellativo " (OMISSIS)" che, pero', non lo ha mai contraddistinto, essendo egli chiamato, invece, " (OMISSIS)" e rileva che le accuse mosse a suo carico da (OMISSIS) - il quale, peraltro, non lo inserisce nel novero dei soggetti intranei al sodalizio dedito al narcotraffico -trovano plateale smentita nel fatto che egli non e' chiamato a rispondere di alcun reato in combutta con i germani (OMISSIS), insieme ai quali si assume, nondimeno, che egli abbia operato. Con il terzo motivo, (OMISSIS) eccepisce violazione di legge con riferimento all'omessa qualificazione della condotta associativa ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 74, comma 6. Con il quarto motivo, lamenta, ancora, violazione di legge per avere la Corte di appello indebitamente ritenuto, pur in assenza di congrui riscontri di natura obiettiva, anche in ordine alla percentuale di principio attivo contenuta nella droga commerciata e sulla base degli elementi tratti esclusivamente dalle intercettazioni e dalla parola di (OMISSIS), che le conversazioni captate abbiano avuto realmente ad oggetto sostanza stupefacente e che le condotte accertate, e qualificate ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, non possano essere reputate di lieve entita'. Con il quinto ed ultimo motivo, si duole dell'omessa applicazione delle circostanze attenuanti generiche, che egli avrebbe meritato, sostiene, per la modestia del curriculum criminale ed il buon comportamento post delictum, e della fissazione di aumenti per la continuazione sproporzionati per eccesso rispetto all'obiettiva dimensione degli illeciti commessi. 16.2. Il ricorso e' inammissibile perche' incentrato su censure manifestamente infondate o non consentite. Per quanto concerne l'omessa trascrizione delle conversazioni intercettate, va, innanzitutto, ricordato, con la giurisprudenza di legittimita', che "L'omessa trascrizione delle conversazioni registrate nella fase delle indagini preliminari, senza che le parti ne abbiano fatto richiesta, non determina alcuna inutilizzabilita' dei risultati del mezzo di ricerca della prova, ne' una nullita' di ordine generale, ai sensi dell'articolo 178 c.p.p., della sentenza emessa all'esito di rito abbreviato che si fondi sugli stessi, costituendo la trascrizione effettuata con le forme della perizia la mera trasposizione grafica del contenuto dei dialoghi captati" (Sez. 3, n. 7392 del 19/12/2018, dep. 2019, Monterisi, Rv. 275852 - 01), avuto riguardo, vieppiu', al fatto che la prova e' costituita dalla bobina o dalla cassetta (Sez. 1, n. 41632 del 03/05/2019, Chan Wantong, Rv. 277139 - 01; Sez. 3, n. 2507 del 28/10/2021, dep. 2022, Schiariti, Rv. 282696 - 01). Escluso che la sentenza impugnata possa dirsi viziata in ragione dell'omessa trascrizione, in se', delle conversazioni, le ulteriori obiezioni articolate, sul punto, dal ricorrente si palesano del tutto inconsistenti ed aspecifiche, perche', come gia' puntualmente sancito, con opportune citazioni giurisprudenziali, dalla Corte di appello alle pagg. 79-80 della sentenza impugnata, formulate in chiave ipotetica e non affiancate da precisi riferimenti a parole, frasi o brani oggetto di travisamento. Non dissimili sono i rilievi che si impongono in relazione al secondo ed al terzo motivo, con i quali (OMISSIS) svolge considerazioni, afferenti alla sussistenza dell'associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico ed alla sua stabile militanza in tale compagine, che non si emancipano da un approccio ispirato alla confutazione ed alla proposizione di letture alternative di emergenze istruttorie delle quali giudici di merito hanno offerto una interpretazione esente da qualsivoglia frattura razionale. La Corte di appello ha - come gia' detto all'atto di delibare i ricorsi di altri imputati - debitamente tratteggiato le coordinate di una compagine criminale che, imperniata su una pluralita' di sottogruppi, operanti in parziale autonomia ma strettamente interconnessi tra di loro, ha curato, in un lasso temporale significativo, l'approvvigionamento e la distribuzione, sul territorio di Lecce e della sua provincia, di consistenti partite di droga di varia natura (cocaina, soprattutto), attivita' posta in essere grazie ad una struttura relativamente stabile, che contemplava anche una, almeno tendenziale, ripartizione dei ruoli, ed alla cospicua disponibilita' di uomini, mezzi, fonti di finanziamento. In questo contesto si inserisce la figura di (OMISSIS), chiamato in causa da (OMISSIS), di cui e' fidato collaboratore e su cui incarico provvede, a seconda dei casi, al trasporto dello stupefacente oppure a garantire, in altra forma, ausilio sul piano logistico, ed autore di numerosi e gravi reati-fine. A quest'ultimo proposito, il ricorrente, con il quarto motivo, si limita ad eccepire, in modo tangibilmente ed inesorabilmente generico, il difetto di prova in ordine all'oggetto dei dialoghi registrati ed a quantita', qualita' e purezza della sostanza trafficata, cosi' rinunziando a confrontarsi con il piu' ampio e composito ragionamento svolto dai giudici di merito che, partendo dall'apporto del collaboratore di giustizia, hanno ricostruito le singole vicende in termini coerenti con l'ipotesi di accusa ed incompatibili con l'apprezzamento della ridotta offensivita' dei fatti oggetto di addebito. La partecipazione ai predetti episodi criminosi costituisce, sotto altro aspetto, primario riscontro alla tesi, la cui fondatezza i giudici di merito hanno sancito, spendendo argomenti ineccepibili, che assegna a (OMISSIS) la veste di stabile partecipe del gruppo, consapevole della dimensione collettiva dell'attivita' illecita cui egli contribuisce e mosso da sicura affectio societatis. La solidita' delle conclusioni raggiunte da Giudice dell'udienza preliminare e Corte di appello non e' minimamente intaccata dalle obiezioni del ricorrente, che si appuntano su singoli e non decisivi profili, quali quelli afferenti: all'essere egli identificato con un determinato diminutivo (che non elide il fortissimo elemento costituito dall'intestazione alla figlia delle utenze telefoniche sulle quali sono state registrate le conversazioni delle quali egli e' indicato come protagonista): all'incertezza di un riconoscimento (che si giova, in realta', di una pluralita' di convergenti elementi) affidato alla sola familiarita' degli investigatori con la sua voce; all'assenza di contestazioni che lo vedano rispondere di reati-fine in concorso con i fratelli (OMISSIS) (circostanza che non incide, sminuendola, sull'asserzione di (OMISSIS), di indubbia rilevanza in ottica associativa e non necessariamente legata a specifici addebiti, a dire del quale (OMISSIS) curava la consegna della droga che egli forniva agli (OMISSIS)); al negativo risultato, sul piano economico, di una determinata transazione (che non esclude la complessiva attitudine dei traffici accertati a generare, in capo ai responsabili, lauti guadagni). Rebus sic stantibus, del tutto infondata appare la doglianza difensiva che verte sull'omessa riqualificazione del reato associativo ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 74, comma 6. In relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche, valgono - in assenza di segni di resipiscenza o di altri elementi suscettibili di favorevole valutazione e tenuto conto, anzi, che l'elevato livello di coinvolgimento di (OMISSIS) nelle dinamiche delinquenziali portate alla luce nel presente procedimento appare espressivo di non marginale proclivita' al crimine - i rilievi svolti all'atto dell'esame delle posizioni, tra le altre, di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Il ricorrente deduce, infine, la sproporzione per eccesso della misura degli aumenti per la continuazione, contenuta, per sua stessa ammissione, nel range previsto dal legislatore, senza in alcun modo irrobustire con argomentazioni in fatto ed in diritto una doglianza che, per questa ragione, si mantiene largamente al di sotto della soglia di ammissibilita'. 17. (OMISSIS). E' stato condannato, in grado di appello, alla pena di un anno ed otto mesi di reclusione e 667 Euro di multa perche' ritenuto responsabile del reato contestatogli al capo D3), consistito nella reiterata cessione, tra il 23 ed il 24 settembre 2015, a (OMISSIS) e (OMISSIS) di sostanza stupefacente di tipo imprecisato, fatto la cui prova e' affidata in via esclusiva all'espletata attivita' di intercettazione. 17.1. (OMISSIS) propone, con l'assistenza dell'avv. (OMISSIS), ricorso per cassazione vertente su due motivi, con il primo dei quali eccepisce vizio di motivazione per avere la Corte di appello ricostruito le vicende oggetto di addebito travisando i dati disponibili che, con riferimento all'episodio del 23 settembre 2015, non dimostrano, a suo modo di vedere, che, in quella giornata, ebbe luogo la ventilata consegna, da parte sua, di sostanze stupefacenti. Aggiunge, in relazione alla vicenda del giorno seguente, che (OMISSIS) e (OMISSIS) discutono di un soggetto, del quale non conoscono i recapiti, che non puo' essere identificato con lui, coinvolto solo in ragione del fugace contatto con (OMISSIS), con il quale egli concorda, per le ore 19:00, un incontro al Bar Sport sulla cui finalita' ed il cui esito nulla e' dato sapere. Evidenzia, dunque, la fragilita' dell'ipotesi di accusa, non suffragata da elementi che, sul piano obiettivo, confortino l'illazione che individua l'oggetto dei dialoghi captati in una o piu' transazioni di sostanza stupefacente che (OMISSIS) - fornitore pronto a venire in ausilio dei correi, alle prese con la contingente impossibilita' ad approvvigionarsi tramite altri canali e che, tuttavia, non e' mai stato chiamato in causa dal collaboratore di giustizia (OMISSIS) - avrebbe procurato e consegnato agli acquirenti. Ulteriori segni dell'inconsistenza del compendio indiziario raccolto a suo carico si rinvengono, prosegue il ricorrente, nella sporadicita' dei contatti con (OMISSIS) e (OMISSIS), circoscritti ad appena due giorni, e nell'omessa esecuzione di servizi di osservazione atti a confermare la conclusione dell'accordo illecito e la sua esecuzione. Cio' che resta, rileva, sono alcune conversazioni, dal tenore fortemente equivoco, del tutto inidonee a dimostrare che egli abbia detenuto sostanza stupefacente e la abbia ceduta ai presunti correi. Con il secondo ed ultimo motivo, (OMISSIS) eccepisce violazione di legge in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche e di quella del danno patrimoniale di particolare tenuita'. Rileva, in proposito, che la Corte territoriale gli ha irrogato una pena eccessiva e sproporzionata rispetto all'effettiva portata dei fatti contestati, senza operare la necessaria individualizzazione della pena ne' considerare, specificamente, la marginalita' e l'occasionalita' del suo coinvolgimento e la minima offensivita', in termini quantitativi, della condotta illecita da lui posta in essere, tale da legittimare l'applicazione dell'attenuante prevista dall'articolo 62 c.p., n. 4). 17.2. Il ricorso e' inammissibile perche' incentrato su censure manifestamente infondate o non consentite. 17.2.1. La Corte di appello ha preso le mosse dalle conversazioni del 22 settembre 2015, che mettono in luce la difficolta' di (OMISSIS) a tenere fede all'impegno preso con (OMISSIS), cui egli ha promesso la consegna di una partita di sostanza stupefacente, da reperire grazie all'ausilio di fornitori brindisini che, pero', non erano stati in grado di dar seguito a quanto convenuto. (OMISSIS), a quel punto, si rivolge, tramite (OMISSIS), a (OMISSIS), indicato come il "gemello" (l'imputato ha, in effetti, un gemello di nome (OMISSIS)), che si professa disponibile alla transazione, cui viene dato immediato corso nella stessa serata del 23 settembre 2015. Il giorno seguente, (OMISSIS) viene nuovamente contattato per una nuova consegna, in funzione della quale fissa con (OMISSIS) un appuntamento per le ore 19:00. Cio' posto, il ricorrente affida la confutazione della ricostruzione della vicenda operata dalla Corte di appello alla diversa interpretazione di alcune tra le conversazioni ivi indicate, che reputa prive della necessaria univocita' in ordine alla storicita' delle presunte transazioni illecite, alla determinazione del loro oggetto, all'individuazione del fornitore. La censura e', nondimeno, generica, perche' sostenuta dalla trascrizione, in molti casi neanche integrale, di una parte delle conversazioni utilizzate dagli investigatori (restano escluse, in particolare, quelle di cui ai progressivi nn. 638, 647 e 675) e non anche dalla produzione dei relativi allegati all'informativa di reato, tutti indicati nelle decisioni di merito (cfr., in specie, la sentenza di primo grado, pagg. 155-156), cio' che, di fatto, impedisce la verifica dell'effettiva sussistenza dei denunciati profili di manifesta illogicita'. Pertinente si palesa, sul punto, il richiamo all'indirizzo ermeneutico secondo cui "In tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili, per violazione del principio di autosufficienza e per genericita', i motivi che deducano il vizio di manifesta illogicita' o contraddittorieta' della motivazione e, pur richiamando atti specificamente indicati, non contengano la loro integrale trascrizione o allegazione" (Sez. 2, n. 20677 del 11/04/2017, Schioppo, Rv. 270071; Sez. 4, n. 46979 del 10/11/2015, Bregamotti, Rv. 265053; Sez. 1, n. 23308 del 18/11/2014, dep. 2015, Savasta, Rv. 263601). 17.2.2. In relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche, valgono - in assenza di segni di resipiscenza o di altri elementi suscettibili di favorevole valutazione e tenuto conto, anzi, dell'essere (OMISSIS) gravato da precedenti condanne, espressive di non marginale proclivita' al crimine - i rilievi svolti all'atto dell'esame delle posizioni, tra le altre, di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Sul punto, appare opportuno, in replica alle obiezioni svolte con il secondo motivo di ricorso, aggiungere, da un canto, che il trattamento sanzionatorio, parametrato al minimo edittale, non appare ictu oculi sproporzionato per eccesso rispetto all'entita' dei fatti in contestazione, rappresentati da una duplice fornitura, nel giro di appena ventiquattro ore di sostanza stupefacente, e, dall'altro, che ineccepibili sono le considerazioni che la Corte di appello ha dedicato all'impossibilita' di ritenere la speciale tenuita' dell'evento dannoso o pericoloso (l'offesa alla salute pubblica) conseguito alla commissione, da parte di (OMISSIS), dei reati ascrittigli e, quindi, di applicare, nei suoi confronti, la circostanza attenuante prevista dall'articolo 62 c.p., n. 4. 18. (OMISSIS). E' stata condannata, in entrambi i gradi di giudizio, alla pena di quattro anni e due mesi di reclusione e 28.000 Euro di multa per il reato di cui al capo O). Ella avrebbe, da febbraio a dicembre 2015, cooperato alla distribuzione al minuto di cocaina che piu' volte, in partite di circa cinquanta grammi per volta, avrebbe, al pari di (OMISSIS), acquistato da (OMISSIS) (che la chiama in correita') e (OMISSIS). 18.1. (OMISSIS) articola, con il ministero degli avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS), ricorso per cassazione imperniato su tre motivi. Con il primo motivo, lamenta vizio di motivazione per essere i giudici di merito pervenuti all'affermazione della sua penale responsabilita' sulla base delle dichiarazioni accusatorie di (OMISSIS) che, tuttavia, non possono dirsi adeguatamente riscontrate, come, peraltro, indirettamente ma univocamente dimostrato dall'assoluzione dei presunti correi (OMISSIS) e (OMISSIS), decisione che si pone in rapporto di evidente contraddizione con quella resa nei suoi confronti. Ricorda di avere profuso, con riferimento anche all'attitudine delle conversazioni captate a confermare quanto esposto dal collaboratore di giustizia, ampio impegno nella redazione dell'atto di appello, svolgendo considerazioni che la Corte salentina ha, nondimeno, ingiustificatamente trascurato. Segnala, in particolare, che gli elementi ricavati dalle intercettazioni non possono essere legittimamente addotti a riscontro delle parole di (OMISSIS), il quale, contrariamente a quanto emerso, le ha addebitato il coinvolgimento nell'attivita' di approvvigionamento di cocaina, con frequenza mensile, nella misura circa cinquanta grammi per volta e per il periodo intercorso tra febbraio e dicembre del 2015. Con il secondo motivo, eccepisce violazione di legge e vizio di motivazione per avere la Corte di appello indebitamente disatteso la censura vertente sulla qualificazione giuridica del fatto ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, comma 1, anziche' del comma 5, che sarebbe stata imposta dall'assenza di precise informazioni in ordine alla quantita' della sostanza trafficata ed alla percentuale di principio attivo in essa contenuta. Lamenta, in proposito, che la Corte territoriale, mal interpretando le pertinenti disposizioni di legge e l'esegesi compiuta, in relazione ad essi, dalla giurisprudenza di legittimita', ha erroneamente valorizzato il dato della non occasionalita' della condotta illecita che, in realta', non osta, in se', al riconoscimento della lieve entita' del fatto. Osserva, in particolare, che, qualora si ritenesse che la configurabilita' dell'ipotesi meno grave presuppone l'episodicita' dell'attivita' criminale, il reato minore sarebbe difficilmente configurabile, poiche', se lo spaccio e' finalizzato all'arricchimento di chi se ne rende responsabile, e' piu' che plausibile che la condotta di cessione al minuto si inserisca in una serie di reati analoghi, posti in essere al precipuo scopo di rendere profittevole l'attivita'. Con il terzo motivo, (OMISSIS) deduce vizio di motivazione con riferimento al diniego delle circostanze attenuanti generiche, che la Corte di appello ha giustificato sulla base del solo precedente specifico dal quale ella e' gravata e senza tener conto delle circostanze di senso contrario debitamente evidenziate con l'atto di appello, quale l'assenza di carichi pendenti e di condanne per fatti successivi a quelli in contestazione. 18.2. Il ricorso e' inammissibile perche' vertente su doglianza manifestamente infondate o non consentite. 18.2.1. La Corte di appello, nel trattare l'impugnazione proposta dalla (OMISSIS), ha dato atto, in primis, delle dichiarazioni rese da (OMISSIS), che ha riferito di averla rifornita, per un certo periodo, di partite di cocaina, del peso di circa cinquanta grammi ciascuna, che ella riceveva in conto vendita per poi distribuirle soprattutto nei locali e nelle discoteche della provincia di Lecce. La nitida ed univoca chiamata in correita' del collaboratore di giustizia ha trovato riscontro nelle conversazioni intercettate a partire dal settembre 2015, dalle quali i giudici di merito (cfr. pagg. 101-103 della sentenza impugnata) hanno tratto il convincimento secondo cui i frequenti contatti tra i due, con l'episodica partecipazione di (OMISSIS), fido collaboratore di (OMISSIS) nell'attivita' di narcotraffico, erano finalizzati al reperimento ed alla consegna di sostanza stupefacente. La Corte di appello ha valorizzato, a questo proposito: la personalita' dei soggetti coinvolti; la loro assidua frequentazione in una zona, la piazzetta (OMISSIS), notoriamente teatro di attivita' di spaccio; la cripticita' delle conversazioni, contenenti soventi allusioni al desiderio della donna di procurarsi qualcosa che (OMISSIS) non e' sempre e' in grado di fornirle; l'assenza di spiegazioni alternative, neppure prospettate dalla (OMISSIS), che concorre ad accreditare la ricostruzione operata dagli investigatori in ordine alle ragioni sottese alle conversazioni intercettate ed alla natura degli scambi in essere preannunciati o richiesti e da attribuire alle captazioni attitudine al riscontro delle propalazioni del collaboratore di giustizia. Al cospetto di un iter argomentativo coerente, lineare e scevro da fratture razionali, la ricorrente si colloca, con il primo motivo, in una prospettiva di sterile confutazione, che si appunta, per un verso, sull'assoluzione dei correi Secondo e (OMISSIS) che, deve tuttavia replicarsi, non e' discesa dall'attribuzione a (OMISSIS) di una patente di inaffidabilita' ma, piuttosto, dalla inidoneita' delle captazioni a fungere da riscontri individualizzanti nei confronti di quegli imputati (cfr. la sentenza di primo grado, pagg. 226-230, per la (OMISSIS), e 215, quanto a (OMISSIS)). Non merita miglior sorte l'ulteriore obiezione mossa dalla ricorrente, concernente la non corrispondenza tra l'indicazione quantitativa di (OMISSIS) e le informazioni restituite dalle intercettazioni che, e' facile replicare, rilevano in quanto confermano, dall'esterno, l'attendibilita' della chiamata in correita', attestando che (OMISSIS) e la (OMISSIS) erano impegnati, nell'autunno del 2015, in attivita' coincidente con quella descritta dal collaboratore. L'attitudine delle conversazioni registrate a fungere da riscontro individualizzante, con riferimento sia al fatto in contestazione che alla persona che si assume esserne stata autrice, non e', in altre parole, minimamente sminuita dall'assenza, nei dialoghi riportati dalla Corte di appello, di esplicite indicazioni in ordine alla qualita' ed alla quantita' della sostanza trattata, dati che, invece, si ricavano dalle dichiarazioni di (OMISSIS). La sentenza impugnata appare, sotto questo profilo, resistente alle obiezioni difensive perche' frutto di fedele applicazione del principio di diritto, da tempo cristallizzato dalla giurisprudenza di legittimita', secondo cui "In tema di chiamata in correita', i riscontri dei quali necessita la narrazione, possono essere costituiti da qualsiasi elemento o dato probatorio, sia rappresentativo che logico, a condizione che sia indipendente e, quindi, anche da altre chiamate in correita', purche' la conoscenza del fatto da provare sia autonoma e non appresa dalla fonte che occorre riscontrare, ed a condizione che abbia valenza individualizzante, dovendo cioe' riguardare non soltanto il fatto-reato, ma anche la riferibilita' dello stesso all'imputato, mentre non e' richiesto che i riscontri abbiano lo spessore di una prova "autosufficiente" perche', in caso contrario, la chiamata non avrebbe alcun rilievo, in quanto la prova si fonderebbe su tali elementi esterni e non sulla chiamata di correita'" (Sez. 2, n. 35923 del 11/07/2019, Campo, Rv. 276744 - 01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, Cariolo, Rv. 260607 - 01; Sez. 1, n. 1263 del 20/10/2006, dep. 2007, Alabiso, Rv. 235800 - 01). 18.2.2. Parimenti inammissibile e' il secondo motivo di ricorso, con il quale la (OMISSIS) contesta il percorso argomentativo attraverso il quale la Corte di appello e' pervenuta al rigetto della richiesta di riqualificazione della condotta nella meno grave ipotesi del fatto di lieve entita'. Sul punto, e' sufficiente rinviare a quanto gia' ampiamente esposto all'atto del vaglio di analoghe censure articolate da altri ricorrenti ed aggiungere, con specifico riferimento alla posizione della (OMISSIS), che i giudici di merito hanno ritenuto, in termini alieni da qualsivoglia deficit logico e perfettamente aderenti alle evidenze disponibili, che la reiterazione della ricezione, in un consistente lasso temporale, di quantitativi non minimali di sostanza stupefacente, da destinare ad un'attivita' di spaccio capillare e continuativa, ed il raccordo dell'azione criminosa con l'operativita' di una compagine organizzata e di soggetti, quale (OMISSIS), che si sono dimostrati capaci di garantire un adeguato flusso di rifornimento concorrono nel precludere la qualificazione del fatto in termini di ridotta offensivita'. 18.2.3. In relazione, da ultimo, al diniego delle circostanze attenuanti generiche, valgono - in assenza di segni di resipiscenza o di altri elementi suscettibili di favorevole valutazione e tenuto conto, anzi, dell'essere (OMISSIS) gravata da un precedente specifico, espressivo di non marginale proclivita' al crimine - i rilievi svolti all'atto dell'esame delle posizioni, tra le altre, di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). 19. (OMISSIS). E' stato condannato, in entrambi i gradi di giudizio, alla pena di quattro anni e sei mesi di reclusione e 20.000 Euro di multa per i reati di cui ai capi L) e L1), dei quali gia' si e' detto all'atto della disamina del ricorso di (OMISSIS), in concorso con il quale (OMISSIS) avrebbe ceduto a (OMISSIS) e (OMISSIS) un quantitativo non modico di cocaina, il 14 novembre 2015, e, quindi, due chilogrammi della stessa sostanza, a distanza di appena tre giorni. 19.1. (OMISSIS), rappresentato dall'avv. (OMISSIS), sviluppa tre motivi di ricorso, con i quali eccepisce, costantemente, violazione di legge e vizio di motivazione. Con il primo motivo, lamenta che la Corte di appello abbia omesso di rispondere alle molteplici e radicali obiezioni sollevate in relazione ai capisaldi dell'impostazione accusatoria, a partire dalla razionalita' del procedimento attraverso il quale si e' pervenuti alla sua identificazione e dal giudizio di attendibilita' del quale (OMISSIS) e' stato, al riguardo, gratificato. Sottopone, quindi, a stringente revisione critica la ricostruzione di vicende dei quali gli stessi investigatori, in altra parte dell'informativa, hanno offerto un'opposta lettura, e che sconta, peraltro, l'assenza di prova certa della conclusione dell'accordo e dell'effettiva consegna della sostanza stupefacente. Con il secondo motivo, (OMISSIS) deduce l'illegittimita' della qualificazione dei fatti ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, comma 1, anziche' dei successivi commi 4 e/o 5, che sarebbe stata imposta dalla mancanza di dati certi circa natura e quantita' della sostanza stupefacente, nonche' dal rilievo che egli, lungi dal poter contare su un'ampia struttura organizzativa, ricorreva a mezzi domestici e grossolani. Con il terzo ed ultimo motivo, il ricorrente si duole del diniego delle circostanze attenuanti generiche che egli avrebbe, ove si fosse tenuto adeguatamente conto di tutti i fatti all'uopo rilevanti e, in particolare, della sua condizione di pregressa incensuratezza, meritato; eccepisce, ulteriormente, l'arbitrarieta' della duplicazione, mediante applicazione di aumenti a titolo di continuazione, delle pene irrogate per condotte, quali quelle di detenzione e cessione, che, nel caso concreto, non hanno autonoma e distinta offensivita'. 19.2. Il ricorso e' imperniato su motivi infondati, fatte eccezione per quello vertente sulla duplicazione delle sanzioni, in relazione a ciascuno dei capi di imputazione, per le rispettive fattispecie di detenzione e di cessione, che deve, invece, essere accolto. 19.2.1. In linea generale, puo' rinviarsi, per la descrizione delle vicende illecite alle quali (OMISSIS) avrebbe contribuito, a quanto sopra esposto nell'esame del ricorso di (OMISSIS), atteso che, in quelle occasioni, (OMISSIS) avrebbe agito quale longa manus di (OMISSIS). (OMISSIS), con il ricorso per cassazione, ripropone, innanzitutto, le obiezioni gia' svolte davanti alla Corte di appello con riferimento alla certezza della sua identificazione, questione che, deve tuttavia replicarsi, i giudici di merito hanno trattato funditus e con argomenti calzanti ed appropriati. La Corte di appello ha, in specie, osservato che la descrizione operata da (OMISSIS) - a dire del quale il trafficante che agiva su mandato di (OMISSIS) si chiamava (OMISSIS) (come l'imputato), era un po' piu' alto di lui ed aveva circa quarant'anni ( (OMISSIS), al tempo, era trentaseienne) - ha trovato pieno avallo nel residuo compendio istruttorio, giacche' il soggetto che, utilizzando due diverse utenze, ha interloquito a piu' riprese con (OMISSIS) e (OMISSIS) e' stato compiutamente identificato in (OMISSIS) grazie al servizio di osservazione eseguito il 16 novembre 2015. In tale occasione, invero, gli investigatori riconobbero de visu, avendone pregressa conoscenza, (OMISSIS) quale soggetto che, giunto a bordo della Mercedes intestata proprio a (OMISSIS), si incontro' con (OMISSIS) e (OMISSIS) e intrattenne con loro conversazioni, captate all'interno del veicolo nella disponibilita' di questi ultimi, di elevatissima valenza indiziante. Considerato che l'accertamento compiuto il 16 novembre 2015 ha consentito agli investigatori di ricostruire - grazie alla titolarita' delle utenze ed alla distinzione, con successiva associazione, delle voci dei parlatori - la partecipazione di (OMISSIS) anche ai fatti dei giorni precedenti, di assoluta fragilita' si palesano le censure che il ricorrente dedica alla consistenza delle indicazioni offerte da (OMISSIS) in merito all'identita' del braccio destro di (OMISSIS) ed alla complessiva attivita' che ha consentito di pervenire alla compiuta (ed in effetti incontrovertibile) sua identificazione. Non merita miglior sorte la residua doglianza sviluppata, con il primo motivo, dal ricorrente, il quale reitera - per di piu' senza corredare il suo dire con l'allegazione o l'integrale riproduzione delle evocate emergenze istruttorie, cio' che rende la censura, per questa parte, generica per carenza di autosufficienza - le obiezioni riferite all'anomala contestazione, in immediata successione, di reati che vedono (OMISSIS), da un parte, e (OMISSIS) e (OMISSIS), dall'altra, assumere, reciprocamente e nel giro di pochi giorni, le opposte vesti di venditori ed acquirenti che, gia' sottoposte all'attenzione della Corte di appello, sono state da quel giudice disattese (cfr., in particolare, pagg. 92-93 della sentenza impugnata) in forza di considerazioni scevre da tangibili fratture razionali, con le quali il ricorrente omette di confrontarsi. 19.2.2. Parimenti infondato e' il secondo motivo di ricorso, afferente alla qualificazione giuridica della condotta in contestazione. Per quanto concerne la qualita' della sostanza commerciata, le dichiarazioni di (OMISSIS), che ha descritto un traffico di cocaina, risultano confermate dai sequestri effettuati nell'ambito del presente procedimento (si pensi a quelli operati in pregiudizio, rispettivamente, di (OMISSIS), arrestato, nell'ottobre 2015, nella flagrante disponibilita' di 426 grammi di cocaina, (OMISSIS) e (OMISSIS)), che hanno avuto costantemente ad oggetto - con l'unica eccezione di un episodio, che, pero', ha visto il coinvolgimento di alcuni soggetti, (OMISSIS) e (OMISSIS), che non appartengono al novero di coloro che sono stati tratti a giudizio in questa sede - droga c.d. "pesante", si' da giustificare, sul piano sia logico che storico, l'inquadramento della vicenda contestata a (OMISSIS) in adesione alla prospettazione del collaboratore di giustizia, che, come acutamente osservato dalla Corte di appello, trova ulteriore conferma nell'univoco accenno, operato da (OMISSIS) in un contesto dialettico di chiaro tenore illecito, alla "bianca", termine che, nel gergo dei narcotrafficanti, identifica la cocaina. Con riferimento, poi, al coefficiente di offensivita' del fatto, la reiterazione dei rifornimenti, il considerevole dato ponderale e la dimensione economica del traffico, emergente dalle dichiarazioni di (OMISSIS) e confermata dalle conversazioni intercettate, sostengono la decisione impugnata nella parte in cui esclude, a prescindere dalla determinazione del grado di purezza della sostanza commerciata, cioe' dalla percentuale di principio attivo in essa contenuto, l'inquadramento del fatto ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, comma 5. 19.2.3. In relazione, da ultimo, al diniego delle circostanze attenuanti generiche, valgono - in assenza di segni di resipiscenza o di altri elementi suscettibili di favorevole valutazione e a dispetto dell'assenza di precedenti condanne, elemento in se' privo di rilevanza decisiva, tanto piu' al cospetto di una condotta criminosa di notevole gravita' - i rilievi svolti all'atto dell'esame delle posizioni, tra le altre, di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). 19.2.4. La sentenza impugnata va, invece, annullata limitatamente alla separata contestazione, in relazione a ciascuna delle vicende oggetto di addebito, della condotta di detenzione e di quella di cessione, che i giudici di merito hanno reputato espressive di diversa, concorrente offensivita', tale da legittimare, per ciascuna di esse, la configurazione di una autonoma fattispecie criminosa e, riconosciuta la loro riconducibilita' ad un unico disegno criminoso, l'applicazione della disciplina del reato continuato. Al riguardo, premesso che, per quanto consta, nel caso concreto non e' possibile distinguere, dal punto di vista fattuale, la transazione illecita dalla condotta di detenzione che nel costituisce imprescindibile presupposto logico, pertinente appare il richiamo al consolidato e condiviso indirizzo ermeneutico secondo cui "In materia di reati concernenti sostanze stupefacenti, in presenza di piu' condotte riconducibili a quelle descritte dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, quando unico e' il fatto concreto che integra contestualmente piu' azioni tipiche alternative, le condotte illecite minori perdono la loro individualita' e vengono assorbite nell'ipotesi piu' grave; quando invece le differenti azioni tipiche sono distinte sul piano ontologico, cronologico e psicologico, esse costituiscono distinti reati concorrenti materialmente" (Sez. 6, n. 22549 del 28/03/2017, Ghitti, Rv. 270266 - 01; Sez. 3, n. 8163 del 26/11/2009, dep. 2010, Merano, Rv. 246211 - 01). Dal disposto annullamento non segue il rinvio, potendosi, gia' in questa sede, procedere alla rideterminazione della pena mediante eliminazione degli aumenti per la continuazione c.d. "interna" a ciascuno dei due capi, stabilita, per il capo L), in tre mesi di reclusione e 1.178 Euro di multa, e, per il capo L1), in due mesi di reclusione e 1.500 Euro di multa. La sanzione deve essere, pertanto, cosi' rideterminata: pena base per il capo L): anni 6 di reclusione ed Euro 25.822 di multa, aumentata di 4 mesi di reclusione ed Euro 1.500 di multa per la continuazione con il capo L1); pena totale: sei anni e quattro mesi di reclusione e 27.322 Euro di multa, ridotta, per la scelta del rito abbreviato, a quattro, due mesi e venti giorni di reclusione e 18.214,66 Euro di multa. 20. Dal rigetto del ricorso discende la condanna di (OMISSIS) al pagamento delle spese processuali ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., comma 1, primo periodo. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale, rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita'", alla declaratoria dell'inammissibilita' dei ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) consegue, a norma dell'articolo 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento nonche' quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in 3.000,00 Euro. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), limitatamente al reato di cui al capo A) e al trattamento sanzionatorio, con rinvio per nuovo giudizio su tali punti ad altra sezione della Corte di appello di Lecce. Rigetta nel resto il ricorso di (OMISSIS). Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), limitatamente al reato di cui al capo A) e al trattamento sanzionatorio, con rinvio per nuovo giudizio su tali punti ad altra sezione della Corte di appello di Lecce. Rigetta nel resto il ricorso di (OMISSIS). Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), limitatamente al reato di cui al capo A) e al trattamento sanzionatorio, con rinvio per nuovo giudizio su tali punti ad altra sezione della Corte di appello di Lecce. Rigetta nel resto il ricorso di (OMISSIS). Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Lecce. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), limitatamente all'aumento per la continuazione, che elimina, e ridetermina la pena in un anno e quattro mesi di reclusione e 3.442,66 Euro di multa. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso di (OMISSIS). Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS), limitatamente all'aumento per la continuazione interna ai reati di cui ai capi L) e L1), che elimina, e ridetermina la pena, nei confronti di (OMISSIS), in quattro anni e due mesi di reclusione e 18.214,66 Euro di multa e, nei confronti di (OMISSIS), in quattro anni, due mesi e venti giorni di reclusione e 18.214,66 Euro di multa. Rigetta nel resto i ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS). Rigetta il ricorso di (OMISSIS), che condanna al pagamento delle spese processuali. Dichiara inammissibili i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

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