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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Cosenza, Sezione Seconda Civile, in composizione monocratica, in persona della dott.ssa Filomena De Sanzo, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 1091 del R.G.A.C. dell'anno 2016 vertente TRA (...), con il patrocinio dell'avv. CAVA MAURIZIO ATTRICE E (...) S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t. CONVENUTO CONTUMACE Oggetto: responsabilità ex artt. 2049 - 2051 - 2052 c.c. RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con citazione ritualmente notificata (...) ha chiamato in causa (...) srl deducendo: che il giorno 09.02.2010, intorno alle ore 18.30, mentre si trovava presso il centro commerciale "(...)" nel comune di Montalto Uffugo e scendeva i gradini che conducono dal paino superiore verso quello inferiore cadeva rovinosamente a terra a causa di un gradino rotto, non visibile né segnato; che veniva soccorsa dalle persone ivi presenti e trasportata presso l'ospedale civile di Cosenza dove le venivano diagnosticati "trauma massiccio facciale con lesione del labbro inferiore, escoriazione della gengiva superiore a sinistra (in riferita perdita di protesi) e del rachide cervicale, contusione alla spalla destra con limitazione funzionale", senza prognosi; che era quindi stata visitata dal proprio medico curante il quale aveva formulato una prognosi di giorni 60; che, sottoposta a visita medico-legale dal perito di parte dr. S. ed eseguita RMN, si accertava che aveva riportato postumi invalidanti permanenti "non inferiori al 10%" ed una invalidità temporanea di complessivi giorni 150, di cui 10 al 100% e 140 al 50%.; che nessun riscontro aveva avuto la sua richiesta risarcitoria avanzata ante causam alla compagnia assicuratrice della convenuta. Ritenendo la convenuta responsabile ai sensi dell'art. 2051 c.c. la (...) ha chiesto, quindi, in questa sede la condanna della (...) srl al risarcimento dei danni "materiali e patrimoniali, diretti e indiretti, nonché del danno alla persona ed a quello morale" da lei patiti quantificandoli in Euro 50.000,00 ovvero nella maggiore o minora somma accertanda anche a mezzo di CTU. Pur essendo stata ritualmente citata la convenuta non si è costituita. Ne è stata pertanto dichiarata la contumacia. Sentiti i testi ammessi ed espletata la CTU medico-legale chiesta dall'attrice, la causa è stata infine trattenuta in decisione con assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali. La domanda è fondata e merita accoglimento, nei termini di cui appresso. L'istruttoria espletata ha confermato l'assunto attoreo. La teste (...), nipote dell'attrice che era con lei al momento del fatto, ha in particolare riferito che aveva ella quella sera accompagnato la zia a fare spese all'(...) di Montalto Uffugo e che, nello scendere le scale che portavano al piano inferiore, la (...) aveva messo il piede in fallo cadendo a causa della rottura di uno dei gradini delle scale. L'attrice ha prodotto fascicolo fotografico ritraente la scale ed il gradino rotto. La teste (...), a cui è stato sottoposto in visione il fascicolo, ha riconosciuto nelle foto visionate la scala ed il gradino dell'(...) nel quale la sera del 09.02.2010 era inciampata la zia. Ha inoltre ricordato la testimone che nell'immediatezza erano sopraggiunti una guardia giurata che prestava servizio al centro commerciale ed un altro signore, padre di una sua amica, che pure si trovava là. E' stato sentito sui fatti (...) il quale ha infatti riferito di non avere assistito alla caduta ma di essere sopraggiunto subito dopo e di avere trovato la (...) - che conosceva come madre di un'amica delle sue figlie - ferita in viso e sorretta da due ragazze. Il teste ha dichiarato di non avere prestato soccorso né di avere fatto alcunché per la donna poiché si era reso conto che la (...) era già assistita ed era stata già soccorsa dalla nipote e dalla guardia giurata che era in loco. (...) ha invece riferito di avere assistito alla caduta poiché si trovava sulle scale del centro commerciale, qualche metro più su della (...). Il teste - non legato da rapporti di parentela o affinità né di lavoro subordinato all'attrice - ha in particolare ricordato di avere visto ad un certo punto la (...) cadere giù dalle scale, di avere visto poi che più di un gradino era rotto ed altri erano danneggiati e che non c'era alcun cartello che segnalava la presenza di anomalie dei luoghi. Il (...) ha inoltre riferito di essere andato lui stesso a chiamare la guardia giurata per chiedergli di prestare soccorso alla signora infortunata che perdeva sangue dalla bocca ed era dolorante. Anche il teste (...) ha riconosciuto nelle foto che gli sono state mostrate - allegate al fascicolo di parte attrice - le scale ed il gradino per cui è causa. E' stata inoltre sentita come teste anche (...), figlia della (...), la quale ha dichiarato che aveva quel giorno accompagnato anche lei la madre al centro commerciale, che la seguiva lungo le scale e che ad un certo punto la donna era caduta giù inciampando in uno dei gradini rotti. La (...) ha anche ricordato che in quel frangente pioveva e le scale erano bagnate, senza che vi fosse alcun segnale di pericolo ad avvisare i clienti. Anche la teste de qua ha riconosciuto nelle foto che gli sono state mostrate - allegate al fascicolo di parte attrice - le scale per cui è causa. E' stata infine acquisita la deposizione di (...), promoter che il giorno dei fatti lavorava presso il centro commerciale "(...)" la quale ha riferito di avere visto la (...) e la nipote passare, dopo la cauta (a cui non ha assistito), presso il suo stand e che dall'attrice, che camminava sorretta dalla predetta nipote, le aveva detto che le si era rotto il ponte dell'arcata dentaria. Posta a confronto con (...), quest'ultima ha dichiarato, a fronte della contestazione del Giudice circa la contraddittorietà delle proprie dichiarazioni con quanto riferito dalla promoter relativamente alla dinamica degli accadimenti post caduta, che effettivamente, come riferito dalla O., prima di andare in auto e poi al Pronto Soccorso di Cosenza, era passata con la zia vicino allo stand dove si trovava la teste. La contraddizione di cui si è detto non si ritiene possa inficiare né l'attendibilità della (...) né il materiale istruttorio raccolto avendo essa ad oggetto circostanza secondaria, non strettamente attinente al fatto lesivo che si sta analizzando, ed apparendo peraltro del tutto giustificabile alla luce del lungo tempo trascorso dall'evento (otto anni all'epoca della testimonianza) e della marginalità rispetto al fatto principale di cui, per la gravità, la teste ha mostrato invece di conservare integra memoria. Ebbene, alla luce delle testimonianze raccolte in udienza e della documentazione medica prodotta dalla (...) ritiene il Tribunale provato che il 9 febbraio 2010 l'attrice, scendendo dalle scale del centro commerciale "(...)", è caduta a terra a causa della presenza di gradini rotti e danneggiati, ritratti chiaramente nelle foto che la difesa della (...) ha depositato agli atti. I testi sentiti - tutti a diretta conoscenza dell'evento per avervi assistito (la nipote e la figlia) ovvero per essere sopraggiunti nell'immediatezza a prestare soccorso (...) - hanno infatti confermato di avere visto la donna cadere dalle scale danneggiate ovvero di averla trovata in loco col viso e la bocca sanguinante. Le foto prodotte dall'attrice mostrano la rampa di scale con uno dei gradini mancante di un pezzo perché rotto. Ed in genere tutta la scala appare in non buone condizioni di manutenzione, con gli adesivi antiscivolo in parte divelti ed in parte del tutto mancanti. Parte convenuta, peraltro, non costituendosi nulla ha opposto in sua difesa non fornendo in particolare la prova liberatoria necessaria ai sensi dell'art. 2051 c.c. ad andare esente da responsabilità. Com'è noto, infatti, in tema di responsabilità ex art. 2051 c.c. è onere del danneggiato provare il fatto dannoso ed il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno e, ove la prima sia inerte e priva di intrinseca pericolosità, dimostrare, altresì, che lo stato dei luoghi presentava un'obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il verificarsi del secondo, nonché di aver tenuto un comportamento di cautela correlato alla situazione di rischio percepibile con l'ordinaria diligenza, atteso che il caso fortuito può essere integrato anche dal fatto colposo dello stesso danneggiato. Il criterio di imputazione della responsabilità di cui all'art. 2051 c.c. ha dunque carattere oggettivo, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell'attore del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno, mentre sul custode grava l'onere della prova liberatoria del caso fortuito, inteso come fattore che, in base ai principi della regolarità o adeguatezza causale, esclude il nesso eziologico tra cosa e danno, ed è comprensivo della condotta incauta della vittima, che assume rilievo ai fini del concorso di responsabilità ai sensi dell'art. 1227, comma 1, c.c., e deve essere graduata sulla base di un accertamento in ordine alla sua effettiva incidenza causale sull'evento dannoso, che può anche essere esclusiva (cfr. Cass. civ., 30.10.2018, n. 27724). Come già rilevato, nel caso di specie l'attrice ha fornito piena prova che il fatto dannoso da lei subito (caduta con lesioni) è da ascriversi alle pessime condizioni di manutenzione della scala che si trovava a percorrere come emerse sia dalla prova testimoniale che da quella documentale. In difetto di prova liberatoria quindi deve affermarsi la responsabilità di (...) srl per i danni subiti dall'attrice. Al fine di accertare la compatibilità tra le lesioni della (...) ed il tipo di evento acclarato in giudizio e per quantificare il danno biologico patito è stata disposta ed espletata perizia medico-legale. Il CTU, dopo avere sottoposto a visita medica l'attrice ed esaminata la documentazione da ella prodotta, ha accertato che la (...), in conseguenza dell'infortunio, ha riportato: "trauma contusivo spalla dx e cranio-facciale , con piccola lesione del labbro inferiore e perdita della protesi dell'arcata superiore dentaria , con decementazione dei due ponti superiori ( da 11 a 17 ) e da 21 a 24 con frattura delle radici 21, 23 , 13 con dislocazione dei relativi perni moncone con necessità della rimozione dei ponti superiori , estrazione delle radici suddette e dell'elemento 16 e delle radici di 11 e 14 non più utilizzabili" giudicati compatibili con la dinamica del sinistro odierno ma da inserire in un quadro complessivo di salute "non perfettamente integro all'epoca dell'evento lesivo". Il CTU ha infatti accertato che la (...), all'epoca del sinistro, era "portatrice di protesi dell'arcata superiore dentaria e di quadro degenerativo artrosico dell'articolazione scapolo-omerale dx , per come evidenziato dagli esami strumentali effettuati ed allegati". È, pertanto, pervenuto alla conclusione, del tutto condivisibile alla luce delle argomentazioni logiche sottese, che l'evento ha determinato quali postumi invalidanti permanenti: "danno anatomo - funzionale dell'arto superiore dx (lesione del tendine del sovraspinato con relativa impotenza funzionale) e dell'apparato masticatorio ( perdita di iniziale protesi) quantificati, alla luce del quadro di patologie pregresse ed applicate le voci specifiche della tabella allegata al D.M. 03 luglio 2003 con formula a scalare, nella misura percentuale del 10%. Il perito ha poi accertato che dall'incidente è derivato alla (...) un periodo di giorni 30 di inabilità temporanea al 75% a cui è seguito un periodo di rieducazione e recupero funzionale (certificata fino al 09.07.2010) durante il quale l'attrice è stata proporzionalmente ed in misura decrescente inabile a svolgere le attività quotidiane, di cui 60 giorni al 50% ed altri 60 giorni al 25% - periodo da ritenersi congruo con la normale evolutività del tipo di lesione subita. Sulla scorta di tali conclusioni rispetto alle quali non sono state mossee osservazioni da parte dell'attrice, deve, quindi, procedersi alla liquidazione dei danni patiti dalla parte attrice. Sul punto, deve rilevarsi che il Tribunale di Cosenza, in aderenza ai principi guida fissati dalla S.C. con le pronunce dell'11.11.08 (Sez. Un. nn. 26972, 26973, 26974, 26975), si è uniformato alle tabelle di liquidazione del danno non patrimoniale applicate dal Tribunale di Milano atteso che esse forniscono una adeguata risposta all'esigenza di liquidare unitariamente il danno non patrimoniale connesso alla lesione della salute, tenendo conto sia del danno all'integrità psico-fisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale nei suoi risvolti anatomo- funzionali e relazionali-medi sia del danno conseguente alle lesioni in termini di dolore, sofferenza soggettiva (c.d. danno morale, inteso non come categoria autonoma ma come figura descrittiva di un aspetto del danno non patrimoniale). In particolare, le suddette tabelle contengono l'individuazione di un valore medio, corrispondente all'incidenza della lesione in termini standardizzabili in quanto frequentemente ricorrenti, ed una percentuale di aumento di tali valori medi da utilizzarsi ai fini di un'adeguata personalizzazione della liquidazione, laddove il caso concreto presenti delle peculiarità. Pertanto, sulla scorta delle conclusioni rassegnate dal C.T.U., il danno biologico può essere quantificato complessivamente in Euro 21.090,00 quale danno da invalidità permanente - somma ottenuta moltiplicando la percentuale di invalidità come sopra determinata con il valore del punto rapportato all'età dell'istante al momento del fatto (50anni); Euro 2.205,00 per i 30 giorni di I.T.P. al 75%, Euro 2.940,00 per i 60 giorni di I.T.P. al 50% ed Euro 1.470,00 per gli altri 60 giorni di I.T.P. al 25%. Sono state documentate spese mediche che il perito ha ritenuto congrue rispetto alla cura della patologia riscontrata pari ad Euro 86,59. Non può invece essere riconosciuta la somma indicata al preventivo allegato con le memorie ex art. 183, comma 6 n. 2 c.p.c. non trattandosi di spesa sostenuta e non avendo altresì l'attrice fornito prova, né allegato, di avere intrapreso il percorso di cure ivi indicato. Per quanto attiene alla richiesta di risarcimento del danno morale, si osserva che, ai fini della sua quantificazione, l'utilizzo del metodo del rapporto percentuale rispetto alla quantificazione del danno biologico individuato nelle tabelle in uso, prima della sentenza delle S.U. n. 26972 del 2008, non comporta che, provato il primo, il secondo non necessiti di accertamento perché altrimenti si incorre nella duplicazione del risarcimento. Deve invece prima accertarsi, con metodo presuntivo, il pregiudizio morale subito attraverso l'individuazione delle ripercussioni negative sul valore uomo, allegando i fatti dai quali emerge la sofferenza morale di chi ne chiede il ristoro, e successivamente, se provato, può ricorrersi al suddetto metodo percentuale come parametro equitativo (ex multis, v. Cass. Civ., sez. III, 13.01.2016, n. 339). Tale prova nel caso di specie non è stata, prima che fornita, nemmeno dedotta. Pertanto, ritiene il Tribunale che compete all'istante la complessiva somma di Euro 27.791,59 all'attualità. La convenuta deve essere dunque condannata al risarcimento, in favore dell'attrice, di detta somma, oltre interessi compensativi, che si ritiene equo liquidare nella misura del tasso legale da computarsi sulla predetta somma annualmente devalutata a partire dal 09.02.2010 (data del sinistro). Spettano, infine, gli interessi legali sulla somma così ottenuta, dalla presente sentenza al saldo. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo disponendosene il pagamento in favore dello Stato per essere la (...) ammessa al beneficio del patrocinio gratuito (scaglione di valore compreso tra Euro 26.001,00 ed Euro 52.000,00 alla tariffa minima in ragione della ordinarietà delle questioni trattate, con dimezzamento al 50% stante l'ammissione della (...) al patrocinio gratuito). Le spese di C.T.U., parimenti dimezzate in ragione dell'ammissione di una delle parti al beneficio del patrocinio legale a spese dello Stato, vengono poste definitivamente a carico di parte convenuta soccombente con obbligo di rimborso di quanto eventualmente anticipato dall'attrice. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, rigettata ogni altra istanza ed eccezione, così decide: - accoglie la domanda per quanto di ragione e, per l'effetto, condanna (...) srl, in persona del l.r.p.t., al pagamento, in favore dell'attrice, della somma di Euro 27.791,59 all'attualità, oltre interessi da calcolarsi nei termini di cui in parte motiva; - condanna inoltre la convenuta al pagamento delle spese legali sostenute da parte attrice che liquida in euro ed Euro 1.986,00 per competenze, oltre rimborso forfettario, CAP ed IVA come per legge, disponendone il pagamento in favore dello Stato; - pone definitivamente a carico di (...) srl, in persona del l.r.p.t., gli esborsi di C.T.U. liquidati con separato decreto con obbligo di rimborso di quanto eventualmente già anticipato dall'attrice. Così deciso in Cosenza il 12 ottobre 2020. Depositata in Cancelleria il 12 ottobre 2020.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di LATINA Seconda Sezione Civile Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Roberta Nocella ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 6581/2015 promossa da: (...) (CF (...)), rappresentata e difesa dall'avv. SC.AN. del foro di Roma, ed elettivamente domiciliata presso il suo studio sito in VIALE (...), LATINA, come da procura in atti ATTRICE contro (...), rappresentato e difeso dall'avv. DA.AL. del foro di Roma, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell'avv. DE.PI. sito in SEZZE SCALO (LT), via (...), come da procura in atti CONVENUTA Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Con atto di citazione ritualmente notificato la sig.ra (...) conveniva in giudizio innanzi all'intestato Tribunale l'(...) (...), Istituto assicuratore per la r.c.a. del veicolo (...) tg. (...), di sua proprietà, per ottenere il risarcimento di tutti danni, patrimoniali e non (in particolare morali per l'ansia e la preoccupazione provate), conseguenza del sinistro verificatosi in Latina il giorno 3.09.2013. L'attrice riferiva che in detto giorno si trovava a viaggiare, in qualità di terza trasportata a bordo, sul veicolo (...) tg. (...) condotto nell'occasione dal sig. (...), assicurato per la r.c.a. con la (...) s.p.a., e di essere rimasta coinvolta in un incidente stradale, come documentato dalla Polizia Stradale di Aprilia, a causa del quale riportava lesioni che la obbligavano a una lunga immobilità e recupero. Si costituiva in giudizio l'(...) (...), rilevando di aver provveduto in fase stragiudiziale al pagamento, in due distinti momenti, di Euro 34.616,00 e di Euro 14.048,00; la Compagnia convenuta rappresentava che non appena avuta notizia del sinistro de quo, aveva dato incarico al Dr. (...) di sottoporre la Sig.ra (...) ad accertamenti medico legali. All'esito della visita, il medico fiduciario aveva accertato sulla persona della perizianda una I.T.T. di 40 gg.; una I.T.P. al 50% di 60 gg.; un danno biologico quantificabile nella misura del 12/13% e pertanto, sulla base di tali indicazioni, erano state liquidate le somme suddette. Istruita la causa a mezzo di produzione di documenti, veniva disposta la ctu medico-legale sulla persona dell'odierna attrice; espletata quest'ultima, all'udienza del 9.5.2019 la causa veniva trattenuta indecisione da questo G.I., suo nuovo assegnatario, con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica. Nel merito, ritiene questo organo giudicante che la domanda attorea deve essere accolta nei limiti e per le ragioni che si verranno ad esporre. Anzitutto, non è stato in alcun modo contestato l'an del sinistro né le modalità con cui il medesimo si è svolto: è pacifico che l'odierna attrice era trasportata sul veicolo Fiat Stilo tg. (...) condotto dal marito ed assicurato per la r.c.a. con la (...) (...); ancora, appare pacifica la circostanza, riportata anche dal c.t.u., che la trasportata indossava la cintura di sicurezza. Pertanto, si applica l'art. 141 CdA ("Risarcimento del terzo trasportata") che prevede "1. Salva l'ipotesi di sinistro cagionato da caso fortuito, il danno subito dal terzo trasportato è risarcito dall'impresa di assicurazione del veicolo sul quale era a bordo al momento del sinistro entro il massimale minimo di legge, fermo restando quanto previsto all'articolo 140, a prescindere dall'accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro, fermo il diritto al risarcimento dell'eventuale maggior danno nei confronti dell'impresa di assicurazione del responsabile civile, se il veicolo di quest'ultimo è coperto per un massimale superiore a quello minimo. 2. Per ottenere il risarcimento il terzo trasportato promuove nei confronti dell'impresa di assicurazione del veicolo sul quale era a bordo al momento del sinistro la procedura di risarcimento prevista dall'articolo 148. 3. L'azione diretta avente ad oggetto il risarcimento è esercitata nei confronti dell'impresa di assicurazione del veicolo sul quale il danneggiato era a bordo al momento del sinistro nei termini di cui all'articolo 145. L'impresa di assicurazione del responsabile civile può intervenire nel giudizio e può estromettere l'impresa di assicurazione del veicolo, riconoscendo la responsabilità del proprio assicurato. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del capo IV...". D'altronde, risulta per tabulas che la compagnia assicuratrice del responsabile civile, appena avuta denuncia del sinistro ha aperto una istruttoria, sottoposto a visita medica da parte di suo fiduciario la danneggiata e offerto in pagamento in due tranches, accettate in acconto del maggior avere, le somme ritenute idonee all'integrale risarcimento (doc. 27 ss. fasc. att.), pari a complessivi Euro 48.664,00 comprensivi di Euro 3.604,00 per spese per la fase stragiudiziale. La presente causa ha, dunque, ad oggetto esclusivamente la quantificazione dei danni effettivamente subìti dall'attrice e, conseguentemente, la valutazione della congruità o meno delle somme già versate dalla compagnia assicuratrice convenuta. E' stata, pertanto, esperita una c.t.u. medica sulla persona della D., al fine di valutare il danno alla integrità psico-fisica da essa subìto. Ebbene il perito, dopo aver attentamente valutato l'intera documentazione medica (doc. n. 2 ss. fasc. attr.) ha, in risposta al punto 1 dei quesiti, affermato "la Sig. (...), in occasione del sinistro stradale occorsole il 3 settembre 2013 ha riportato "trauma distrattivo del rachide cervicale, un trauma contusivo con sub lussazione della spalla destra con disomogeneità del tendine e della giunzione mio-tendinea del sovraspinato, un trauma contusivo con frattura della IX costa di sinistra e frattura del terzo medio dello sterno, un trauma distrattivo-contusivo con frattura composta della porzione laterale sinistra del coccige", in paziente affetta da spondilolistesi istmica bilaterale di L5 congenita. Tali esiti sono da ritenersi quali-quantitativamente, modalmente, cronologicamente e topograficamente idonei a prodursi, così come descritto dall'Attrice e desumibile dalla documentazione sanitaria presente in atti e, pertanto, risultano pienamente soddisfatti i criteri di giudizio riguardanti il nesso di causalità". Ha poi, richiamando i baremes medici di riferimento, concluso, in risposta al quesito n. 3), che la danneggiata ha subìto "un primo periodo d'inabilità temporanea assoluta per complessivi giorni 60 (sessanta), mentre i successivi giorni 60 (sessanta) possono essere considerati come inabilità temporanea parziale. Per quanto concerne gli esiti permanenti conseguenti all'evento traumatico in esame, configurano un'invalidità permanente valutabile, come menomazione della complessiva integrità psico-fisica dell'interessato, nell'ordine del 17% (diciassette percento)". Tali conclusioni sono ampiamente e condivisibilmente motivate (vd. pag. 27 ss. dell'elaborato peritale) dal fatto che - come già ritenuto dal medico fiduciario della compagnia: cfr. doc. n. 1 fasc. conv.) la spondilolistesi istmica bilaterale riscontrata nella D. è stata ritenuta "di natura congenita, quindi, non in correlazione causale con il sinistro per cui è causa...Il trauma, quindi, agisce quale momento sciogliente o liberatore dotato di minima efficienza causale ovvero quale momento rivelatore di uno status preesistente, ma non avente valore causale. Le lesioni riportate a seguito del sinistro in esame, si sono pertanto sovrapposte ad una preesistente condizione patologica del medesimo distretto traumatizzato che hanno aggravato gli esiti algodisfunzionali attesi e prolungato il periodo di malattia previsto". In altre e più povere parole, il trauma dell'incidente ha rivelato una "malformazione" congenita e pertanto preesistente, di talché neppure l'intervento chirurgico di stabilizzazione di listesi vertebrale L5 - S1 può essere considerato causalmente riconducibile al sinistro stradale oggetto della presente causa. Nonostante le critiche di parte attrice (che ha persino chiesto la rimessione della causa sul ruolo), ritiene questo giudice che le spiegazioni offerte dal c.t.u. debbano considerarsi più che soddisfacenti; nella valutazione della invalidità permanente è già considerata, seppur in misura minima data la preesistenza, l'incidenza del sinistro sulla spondilolistesi. Quanto alla modalità di calcolo, è opportuno richiamare Cass. civ., sentenza n. 12408 del 7.6.2011, che fa riferimento alle tabelle per la liquidazione del danno non patrimoniale derivante da lesione all'integrità psico-fisica e dalla perdita del rapporto parentale elaborate dall'Osservatorio per la Giustizia civile di Milano nel 2009 e aggiornate al marzo 2018, le quali, facendo applicazione dei principi enunciati dalle sezioni Unite della Suprema Corte n. 26792 dell'11.11.2008, propongono una liquidazione congiunta del danno non patrimoniale conseguente a lesione medico legale, sia nei suoi risvolti anatomo-funzionali sia relazionali, e del danno non patrimoniale conseguente alle medesime lesioni in termini di dolore o sofferenza soggettiva, in via di presunzione in riferimento ad un dato tipo di lesione, vale a dire la liquidazione congiunta dei pregiudizi in passato liquidati a titolo di c.d. danno biologico standard, c.d. personalizzazione per particolari condizioni soggettive del danno biologico e c.d. danno morale. Si veda più di recente Cass. civ., Sez. 3, Sentenza n. 20895 del 15/10/2015, secondo cui "Nella liquidazione del danno non patrimoniale non è consentito, in mancanza di criteri stabiliti dalla legge, il ricorso ad una liquidazione equitativa pura, non fondata su criteri obiettivi, i soli idonei a valorizzare le singole variabili del caso concreto e a consentire la verifica "ex post" del ragionamento seguito dal giudice in ordine all'apprezzamento della gravità del fatto, delle condizioni soggettive della persona, dell'entità della relativa sofferenza e del turbamento del suo stato d'animo, dovendosi ritenere preferibile, per garantire l'adeguata valutazione del caso concreto e l'uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, l'adozione del criterio di liquidazione predisposto dal Tribunale di Milano, al quale la S.C. riconosce la valenza, in linea generale e nel rispetto dell'art. 3 Cost., di parametro di conformità della valutazione equitativa del danno non patrimoniale alle disposizioni di cui agli artt. 1226 e 2056 c.c., salva l'emersione di concrete circostanze che ne giustifichino l'abbandono". Applicando, dunque, i criteri dettati dalle tabelle milanesi, ad un soggetto dell'età di anni 43 al momento del sinistro (la D. è nata il 19.08.1970 e il sinistro è avvenuto il 3.09.2013) sono risarcibili le seguenti somme: - per invalidità permanente al 17%, Euro 52.312,00; - per inabilità temporanea assoluta (60 giorni) Euro 5.880,00 e per quella parziale al 50% (60 giorni) Euro 2.940,00 (Euro 98,00 al giorno); così per complessivi Euro 61.132,00 oltre rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT dal 2018 ad oggi (trattandosi di obbligazione di valore) e, sulla somma così rivalutata, interessi al tasso legale con decorrenza dalla data di pubblicazione della presente sentenza sino al saldo effettivo. Come sopra detto, il punto "danno non patrimoniale" è già comprensivo di quello c.d. morale; si ricordi, al proposito, quanto affermato reiteratamente dalla Suprema Corte a partire da Cass. SS.UU. civ. n. 26972/2008, secondo cui "Il danno non patrimoniale è risarcibile nei soli casi "previsti dalla legge", e cioè, secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 cod. civ.: (a) quando il fatto illecito sia astrattamente configurabile come reato; in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di qualsiasi interesse della persona tutelato dall'ordinamento, ancorché privo di rilevanza costituzionale; (b) quando ricorra una delle fattispecie in cui la legge espressamente consente il ristoro del danno non patrimoniale anche al di fuori di una ipotesi di reato (ad es., nel caso di illecito trattamento dei dati personali o di violazione delle norme che vietano la discriminazione razziale); in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione dei soli interessi della persona che il legislatore ha inteso tutelare attraverso la norma attributiva del diritto al risarcimento (quali, rispettivamente, quello alla riservatezza od a non subire discriminazioni); (c) quando il fatto illecito abbia violato in modo grave diritti inviolabili della persona, come tali oggetto di tutela costituzionale; in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di tali interessi, che, al contrario delle prime due ipotesi, non sono individuati "ex ante" dalla legge, ma dovranno essere selezionati caso per caso dal giudice". Nel caso di specie, alcuna altra personalizzazione può essere accordata, non essendo stato dimostrato alcun elemento peculiare ad esso. Si veda, sul punto, la recentissima Cass. civ., sez. III, n. 4878 del 19.02.2019, che in motivazione, dopo aver ripercorso l'evoluzione delle categorie di danno, così ha affermato: "...la misura standard del risarcimento prevista dalla legge o dal criterio equitativo uniforme adottato dagli organi giudiziari di merito (oggi secondo il sistema c.d. del punto variabile) può essere aumentata, nella sua componente dinamico-relazionale, solo in presenza di conseguenze dannose del tutto anomale, eccezionali: le conseguenze dannose da ritenersi normali e indefettibili secondo l'id quod plerumque accidit" (ovvero quelle che qualunque persona con la medesima invalidità ovvero lesione non potrebbe non subire) non giustificano alcuna personalizzazione in aumento del risarcimento; in questo senso, va ribadito che ai fini della c.d. "personalizzazione" del danno forfettariamente individuato (in termini monetari) attraverso i meccanismi tabellari cui la sentenza abbia fatto riferimento (e che devono ritenersi destinati alla riparazione delle conseguenze "ordinarie" inerenti ai pregiudizi che qualunque vittima di lesioni analoghe normalmente subirebbe), spetta al giudice far emergere e valorizzare, dandone espressamente conto in motivazione in coerenza alle risultanze argomentative e probatorie obiettivamente emerse ad esito del dibattito processuale, specifiche circostanze di fatto, peculiari al caso sottoposto ad esame, che valgano a superare le conseguenze "comuni" già previste e compensate dalla liquidazione forfettizzata assicurata dalle previsioni tabellari; da queste ultime distinguendosi siccome legate all'irripetibile singolarità dell'esperienza di vita individuale nella specie considerata, meritevoli in quanto tali di tradursi in una differente (più ricca e, dunque, individualizzata) considerazione in termini monetari, rispetto a quanto suole compiersi in assenza di dette peculiarità (Cass., 21/09/2017, n. 21939)...". Né basterebbe il generico richiamo (cfr. pag. 11 della citazione, punti a) - d) )all' "ansia, preoccupazione, perduta stima considerazione e compiacimento di sé, tristezza e rimpianto per il perduto benessere": tutti stati d'animo che, oltre ad essere solo allegati, in ogni caso non assurgono a interessi della persona di rango costituzionale, con la conseguenza che la liquidazione di una ulteriore posta di danno comporterebbe una duplicazione risarcitoria; ove nel "danno esistenziale" si intendesse includere pregiudizi non lesivi di diritti inviolabili della persona, tale categoria sarebbe del tutto illegittima, posto che simili pregiudizi sono irrisarcibili, in virtù del divieto di cui all'art. 2059 c.c.. Neppure è stato ritenuto idoneo dal c.t.u., al fine di dimostrare un vero e proprio danno psichico, il doc. n. 22, attestante una visita al centro salute mentale. Quanto, poi, ai danni di natura patrimoniale, il perito d'ufficio ha elencato i documenti di spesa prodotti dall'attrice (cfr. doc. n. 18 fasc. attr.) e li ha ritenuti tutti congrui; parte convenuta deve dunque essere condannata a versare a tale titolo in favore dell'attrice complessivi Euro 3.249,62 oltre rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT annuali da quando le spese sono state sostenute sino ad oggi (trattandosi di obbligazione di valore) e, sulle somme così rivalutate, interessi al tasso legale con decorrenza dalla data di pubblicazione della presente sentenza sino al saldo effettivo. In ordine al richiesto risarcimento per la perdita della capacità lavorativa specifica, sono necessarie alcune precisazioni. Anzitutto, il CTU nelle conclusioni ha dichiarato "I postumi obiettivati comportano un appesantimento sulla cenestesi lavorativa, trattandosi di operaia presso una ditta di pulizie (demansionata)" ma nel corpo della relazione aveva annotato che il demansionamento era stata una mera dichiarazione dell'attrice senza alcun riscontro documentale: pertanto, non devono travisarsi le affermazioni riportate. Inoltre, in via generale, appare opportuno premettere che, in caso di illecito lesivo dell'integrità psicofisica della persona, la riduzione della capacità lavorativa generica, quale potenziale attitudine all'attività lavorativa da parte di un soggetto, è legittimamente risarcibile come danno biologico - nel quale si ricomprendono tutti gli effetti negativi del fatto lesivo che incidono sul bene salute in sé considerato - con la conseguenza che la anzidetta voce di danno non può formare oggetto di autonomo risarcimento come danno patrimoniale che andrà, invece, autonomamente liquidato qualora alla detta riduzione della capacitò lavorativa generica si associ una riduzione della capacità lavorativa specifica, che, a sua volta, dia luogo ad una riduzione della capacità di guadagno (cfr. Cass. 27.1.2011 n. 1879; Cass. 1.12.2009 n. 25289). La capacità lavorativa specifica consiste, dunque, nella contrazione dei redditi dell'infortunato, determinata dalle lesioni subite, sussistendo quest'ultimo tipo di pregiudizio allorquando, dopo la lesione ed a causa di essa, la vittima non sia più in grado di percepire il medesimo reddito di cui godeva prima del sinistro (Cass. 21014/200/; Cass.13409/2001). La riduzione della capacità lavorativa non costituisce un danno di per sé, ma rappresenta una causa del danno da riduzione del reddito; sicché la prova della riduzione della capacità di lavoro non comporta automaticamente l'esistenza del danno patrimoniale ove il danneggiato non dimostri, anche a mezzo di presunzioni semplici, la conseguente riduzione della capacità di guadagno. Solo nei casi in cui l'elevata percentuale di invalidità permanente, come nel caso in esame, rende altamente probabile, se non addirittura certa, la menomazione della capacitò lavorativa specifica e il danno che necessariamente da essa consegue, il giudice può procedere all'accertamento presuntivo della predetta perdita patrimoniale, liquidando questa specifica voce di danno con criteri equitativi (cfr. Cass. 17514/2011). Ancora in via generale non pare inutile ricordare che la Suprema Corte ha così statuito: "Il grado di invalidità permanente determinato da una lesione all'integrità psico-fisica non si riflette automaticamente, né tanto meno nella stessa misura, sulla riduzione percentuale della capacità lavorativa specifica e, quindi, di guadagno della stessa. Tuttavia, nei casi in cui l'elevata percentuale di invalidità permanente rende altamente probabile, se non addirittura certa, la menomazione della capacità lavorativa specifica ed il danno che necessariamente da essa consegue, il giudice può procedere all'accertamento presuntivo della predetta perdita patrimoniale, liquidando questa specifica voce di danno con criteri equitativi. La liquidazione di detto danno può avvenire attraverso il ricorso alla prova presuntiva, allorché possa ritenersi ragionevolmente probabile che in futuro la vittima percepirà un reddito inferiore a quello che avrebbe altrimenti conseguito in assenza dell'infortunio" (Cass. n. 26534 del 2013). Tale impostazione è stata confermata dalla recentissima Cass. civ., Sez. 3, Sentenza n. 17411 del 28/06/2019, secondo cui "Il danno di natura patrimoniale derivante dalla perdita di capacità lavorativa specifica richiede un giudizio prognostico sulla compromissione delle aspettative di lavoro in relazione alle attitudini specifiche della persona mentre il danno da lesione della "cenestesi lavorativa", di natura non patrimoniale, consiste nella maggiore usura, fatica e difficoltà incontrate nello svolgimento, dell'attività lavorativa, non incidente, neanche sotto il profilo delle opportunità, sul reddito della persona offesa, risolvendosi in una compromissione biologica dell'essenza dell'individuo. Tale tipologia di danno configurabile solo ove non si superi la soglia del 30% del danno biologico, va liquidato onnicomprensivamente come danno alla salute, potendo il giudice, che abbia adottato per la liquidazione il criterio equitativo del valore differenziato del punto di invalidità, anche ricorrere ad un appesantimento del valore monetario di ciascun punto". Orbene, nel caso in esame il danno alla salute di natura permanente è stato stabilito nel 17% e, pertanto, è innegabile che non si tratta di un danno di lieve entità. Tuttavia, parte attrice non ha prodotto in giudizio neppure una busta paga o un CUD anteriori e posteriori al sinistro, da cui potesse desumersi una contrazione di reddito causata dalla nuova situazione fisica della donna, addetta di una ditta di pulizie (operaio di II livello: cfr. pag. 6 della comparsa conclusionale attorea). Al contrario, si è limitata a produrre (doc. n. 19) la "temporanea sospensione cautelare dal servizio fino alla definizione dell'iter amministrativo" da parte di Latina Ambiente datata 26.09.2014, non causata dunque, contrariamente a quanto sostenuto, dalla inidoneità a svolgere attività lavorativa per lungo tempo; il certificato medico di idoneità alle mansioni svolte (doc. n. 20) da cui risulta appunto che al 1.09.2014 la lavoratrice è stata ritenuta idonea quale addetta al pulimento, salve le prescrizioni per l'azienda consistenti nella inidoneità alla movimentazione manuale di carichi superiori agli 8 kg e nella limitazione di movimenti ripetitivi; il ricorso ex art. 41, co. 9 D.Lgs. n. 81 del 2008 da cui si evince che la A.L. ha confermato tali prescrizioni, specificando che le pause devono essere di 15 minuti ogni due ore (doc. n. 25); infine il riconoscimento da parte della apposita commissione INPS della invalidità al 60% con riduzione permanente della capacità lavorativa dal 34% al 73% con decorrenza dal 26.09.2014 (doc. n. 26). Tuttavia da nessuno di questi documenti emerge né il demansionamento, né l'interruzione dell'attività lavorativa (né tanto meno per quale periodo) né soprattutto l'incidenza che tali eventi avrebbero avuto sul reddito dell'attrice. Non è possibile neppure ricorrere alle presunzioni poiché, come ben spiegato da Cass. civ., Sez. 3, Ordinanza n. 15737 del 15/06/2018, "Il danno patrimoniale futuro, derivante da lesioni personali, va valutato su base prognostica ed il danneggiato può avvalersi anche di presunzioni semplici, sicché, provata la riduzione della capacità di lavoro specifica, se essa non rientra tra i postumi permanenti di piccola entità, è possibile presumere, salvo prova contraria, che anche la capacità di guadagno risulti ridotta nella sua proiezione futura - non necessariamente in modo proporzionale - qualora la vittima già svolga un'attività lavorativa. Tale presunzione, peraltro, copre solo l'"an" dell'esistenza del danno, mentre, ai fini della sua quantificazione, è onere del danneggiato dimostrare la contrazione dei suoi redditi dopo il sinistro, non potendo il giudice, in mancanza, esercitare il potere di cui all'art. 1226 c.c., perché esso riguarda solo la liquidazione del danno che non possa essere provato nel suo preciso ammontare, situazione che, di norma, non ricorre quando la vittima continui a lavorare e produrre reddito e, dunque, può dimostrare di quanto quest'ultimo sia diminuito" (conforme a Cass. civ., Sez. 3, Sentenza n. 10499 del 28/04/2017). Concludendo, rilevato che, come sopra detto, parte convenuta ha versato in due differenti tranches nel 2014/15 l'importo complessivo di Euro 48.664,00 di cui Euro 3.604,00 per spese per la fase stragiudiziale che, pertanto, devono essere scomputate, non essendo state versate all'odierna attrice a titolo risarcitorio, la somma di Euro 45.060,00, rivalutata secondo gli indici ISTAT annuali dalle date dei versamenti, deve essere sottratta da quanto ancora dovuto dalla H.. Segnatamente, quest'ultima deve essere condannata, quindi, a versare a titolo di danno non patrimoniale Euro 61.132,00 oltre rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT dal 2018 ad oggi (trattandosi di obbligazione di valore) e, sulla somma così rivalutata, interessi al tasso legale con decorrenza dalla data di pubblicazione della presente sentenza sino al saldo effettivo, e a titolo di danno patrimoniale Euro 3.249,62 oltre rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT annuali da quando le spese sono state sostenute sino ad oggi (trattandosi di obbligazione di valore) e, sulle somme così rivalutate, interessi al tasso legale con decorrenza dalla data di pubblicazione della presente sentenza sino al saldo effettivo; da tali somme deve essere detratto l'acconto già versato di Euro 45.060,00, rivalutato secondo gli indici ISTAT annuali dalle date dei versamenti. La disciplina delle spese di lite segue la soccombenza ed esse sono liquidate come da tabelle di cui al D.M. n. 55 del 10 marzo 2014, calcolate in considerazione del valore effettivo della causa determinato dalla misura in cui la domanda è stata accolta ex art. 4 co. 1. Anche le spese per la espletata c.t.u., poste nel decreto di liquidazione in via provvisoria a carico solidale delle parti, devono essere sopportate in via definitiva dalla parte soccombente. P.Q.M. Il Tribunale di Latina, definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda, istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: - condanna (...) (...), in persona del suo legale rappresentante pro tempore, a versare in favore di (...) a titolo di danno non patrimoniale Euro 61.132,00 oltre rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT dal 2018 ad oggi e, sulla somma così rivalutata, interessi al tasso legale con decorrenza dalla data di pubblicazione della presente sentenza sino al saldo effettivo, e a titolo di danno patrimoniale Euro 3.249,62 oltre rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT annuali da quando le spese sono state sostenute sino ad oggi e, sulle somme così rivalutate, interessi al tasso legale con decorrenza dalla data di pubblicazione della presente sentenza sino al saldo effettivo; da tali somme deve essere detratto l'acconto già versato dalla convenuta di Euro 45.060,00, rivalutato secondo gli indici ISTAT annuali dalle date dei versamenti; - condanna (...) (...), in persona del suo legale rappresentante pro tempore, a rimborsare a (...) le spese di lite, che si liquidano in Euro 830,00 per spese ed Euro 4.835,00 per compensi, oltre i.v.a., c.p.a. e spese generali come per legge, nonché delle spese di c.t.u. (da rimborsare dunque a parte attrice, ove da questa anche solo parzialmente anticipate). Così deciso in Latina il 27 settembre 2019. Depositata in Cancelleria il 27 settembre 2019.
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