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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di RIETI SEZIONE CIVILE Il Tribunale in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. GIANLUCA MORABITO, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di appello iscritta al n. r.g. 1221/2023 promossa da: (...), con il patrocinio dell'avv. Fa.Fe., elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, come da delega rilasciata nel giudizio di prime cure APPELLANTE contro (...), con il patrocinio dell'avv. Ma.Fa., elettivamente domiciliato presso il suo studio in Fara Sabina (RI), (...), come da mandato in calce alla comparsa di costituzione e risposta in appello APPELLATO CONCLUSIONI I difensori delle parti concludevano come da note scritte ex art. 127ter c.p.c. depositate rispettivamente in data 02.05.2024 (parte appellante) e 16.04.2024 (parte appellata) e la causa veniva trattenuta in decisione con ordinanza del 30.05.2024, avendo le difese rinunciato ai termini per il deposito delle note conclusionali. FATTO E DIRITTO Con atto di citazione ritualmente notificato (...) proponeva appello contro la sentenza del Giudice di Pace di Poggio Mirteto n. 2/2023 del 03.02.2023, con cui era stata respinta l'opposizione dallo stesso proposta avverso il decreto ingiuntivo n. 157/21 reso dallo stesso Giudice di Pace e per effetto del quale gli era stato ingiunto di pagare al (...) la somma di Euro 1.681,68, oltre interessi e spese della procedura monitoria, a titolo di oneri condominiali risultanti dal relativo bilancio approvato dall'assemblea condominiale in data 13.02.2021. Con un primo motivo l'appellante lamentava la "nullità/annullabilità del decreto ingiuntivo sia in via di eccezione che in via di azione" deducendo, tra l'altro: che il decreto ingiuntivo era nullo per mancanza delle condizioni di ammissibilità di cui agli artt. 633 ss. c.p.c.; che il Giudice di Pace nulla aveva rilevato nella sentenza impugnata in merito alle eccezioni sollevate dall'opponente, limitandosi a sostenere che la spesa per "Appalto lavori corpo fabbricato A" era stata approvata, come da bilancio, dall'assemblea condominiale in data 13.02.2021; che si trattava, tuttavia, di approvazione di spesa per "Appalto lavori corpo fabbricato A" deliberato nel corso dell'assemblea straordinaria tenutasi in seconda convocazione; che la ragione della nullità della richiamata delibera era da rinvenirsi nel fatto che l'attore, come già argomentato nell'atto di citazione in via riconvenzionale al punto 1, non aveva mai ricevuto alcun atto di convocazione all'assemblea del 13/02/2021 e nemmeno alcuna delibera assembleare, ovvero il computo metrico di ben 22 pagine; che, quindi, l'oggetto della delibera assembleare del (...) del 13/02/2021 non risultava in alcun modo né determinato, né determinabile; che parte convenuta, nell'atto monitorio, non aveva allegato le ricevute di convocazione assembleare per il 12/02/2021 in prima convocazione e del 13/02/2021 in seconda e nemmeno le ricevute di spedizione della delibera assembleare contenente il computo metrico; che, difatti, dalla delibera stessa allegata al ricorso monitorio non era rinvenibile alcun oggetto e, ai sensi del combinato disposto degli l'art. 1418 e 1346 cod. civ., la stessa era affetta da nullità c.d. strutturale; che, altresì, nessuna notifica dell'avviso di convocazione dell'assemblea condominiale, nessun verbale di assemblea e nessun atto di messa in mora gli erano pervenuti, così risultando carenti le condizioni di ammissibilità di cui agli artt. 633 ss. c.p.c.; che il Giudice di Pace non aveva motivato circa la mancata convocazione dell'appellante all'assemblea straordinaria del 13/02/2021 per "Appalto lavori corpo fabbricato A" in quanto la convocazione era stata inviata con raccomandata AR postale del 02/02/2021 n. 15447154568-7 (doc. 10) presso la vecchia residenza dello (...) in Frasso Sabino (RI) (...) Ind, - allegata nella comparsa di costituzione e risposta della convenuta del 10/03/2022 all'all. 4, pagg. 27 e 28 - non ritirato per compiuta giacenza poiché trasferitosi in (...) in Fara in Sabina in data precedente del 01/12/2020, come risultante da certificato storico del 02/12/2021 del Comune di Fara in Sabina (doc. 11); di non essere altresì venuto a conoscenza nemmeno del verbale di assemblea inviato dal (...) con plico spedito il 17/04/2021, raccomandata AR n. 15447154664-3 presso la medesima residenza in Frasso Sabino (...), - allegato 5 alla comparsa di costituzione e risposta della convenuta del 10/03/2022, pagg. 11 e 12 - non ritirato per compiuta giacenza (doc. 12), plico con raccomandata AR 15447154675-6 presso (...) a Fara in Sabina (RI) (doc. 13) - allegato 6 alla comparsa di costituzione e risposta della convenuta del 10/03/2022, pagg. 11 e 12 - anch'esso non ritirato per compiuta giacenza poiché notificato in residenza diversa dalla propria di (...) in Fara in Sabina (RI); che il Condominio aveva prodotto la ricevuta di ritorno della raccomandata n. 20138171029-5 del 19/05/2021 (pag. 13 comparsa costituzione e risposta del 10/03/2022) diretta al Sig. (...) alla precedente residenza di Frasso Sabino (RI) alla (...) (doc. 14) dichiarando che la stessa conteneva un sollecito di pagamento, senza però allegarlo, non ritirato anch'esso per compiuta giacenza poiché notificato in residenza diversa dalla propria di (...), in Fara in Sabina (RI); che nell'ipotesi di produzione della delibera nell'ambito della richiesta di un decreto ingiuntivo a carico del condomino, tale produzione o la notifica del decreto ingiuntivo non equivaleva a conoscenza della delibera stessa; che il termine per il condomino per l'impugnazione decorreva quindi dalla comunicazione della delibera all'indirizzo del condomino (cfr. Cass. 16081/2016); in merito alle eccezioni del (...) convenuto in prime cure sulla contestata mancata comunicazione del cambio della propria residenza, che la legge prevedeva l'obbligo per l'amministratore di eseguire delle indagini per reperire la nuova residenza del condomino, addebitando su quest'ultimo le relative spese; che "In subordine al mancato riconoscimento della sopra descritta nullità, in via di azione, (cfr. Cass. S.U. 9839 del 14/04/2021)..." l'appellante riproponeva "...l'annullamento del decreto ingiuntivo per lo stesso oggetto e motivazioni sopra esposte ai sensi dell'art. 1137, II comma da intendersi di seguito riportate e trascritte (cfr. Cass. S.U. 9839 del 14/04/2021 Con un secondo motivo il sig. (...) prospettava la "...annullabilità della delibera per approvazione dei lavori di manutenzione straordinaria in via di azione ai sensi dell'art. 1137 comma 2, per mancata costituzione dell'assemblea di tutti gli aventi diritto e senza l'approvazione della relativa maggioranza ex art. 1136 comma 2 e 4" evidenziando, tra l'altro, che considerato che ai sensi dell'art. 1137 comma 2 cod. civ. esso appellante non aveva ricevuto alcuna comunicazione per la partecipazione all'assemblea straordinaria del 12/13.02.2021 per l'approvazione di lavori straordinari al corpo del fabbricato "A" del (...) appellato e, quindi, non aveva potuto parteciparvi e considerato, inoltre, che non gli era stata data alcuna comunicazione delle deliberazioni assunte nella suddetta assemblea, si doveva ritenere che i termini di 30 giorni per adire l'autorità giudiziaria per chiedere l'annullamento della delibera condominiale in via di azione (cfr. Cass. S.U. 9839 del 14/04/2021) non fossero ancora decorsi e, comunque, non fossero decorsi dalla data della notifica del decreto ingiuntivo opposto, che, pertanto, il vizio denunciato determinava l'annullabilità della delibera assembleare per mancanza sia del quorum costitutivo pari alla totalità degli aventi diritto pari a 1.000,000 in luogo di 785,334, sia di quello deliberativo pari a 500,000 in luogo di 392,667 della maggioranza assoluta dell'assemblea condominiale; che la delibera in questione non era valida e quindi andava annullata poiché il quorum deliberativo era stato di 444,575, come tale inferiore ai 500 millesimi previsti per l'approvazione delle delibere per lavori straordinari anche per l'approvazione dei lavori per una sola parte del (...) Con un terzo motivo l'appellante lamentava, infine, la "annullabilità della delibera assembleare in via di azione per violazione ai sensi dell'art. 1137 comma 2 per violazione dell'art. 1136 VI comma cod. civ. e dell'art. 66 disp. att. cod civ." deducendo, tra l'altro: che la busta contenente la convocazione per l'assemblea del 12-13/02/2021 corredata dal computo metrico afferente i lavori straordinari del corpo di fabbrica "A" risultava essere stata spedita in data 02/02/2021 a mezzo raccomandata postale AR n. 15447154568-7 presso la vecchia residenza dello (...) in Frasso Sabino, (...) e non ritirata dopo la compiuta giacenza; che il Condominio aveva affermato che quella era la sua residenza conosciuta dall'amministratore e che, pertanto, la notifica era regolare; che, tuttavia, la notifica non si era perfezionata, essendo stata inviata nella vecchia residenza a Frasso Sabino in (...) (doc. 10); di non averne avuto conoscenza, non essendo più residente in quel luogo e non avendovi conservato la propria residenza effettiva ed abituale, ovvero alcuna dimora, come risultava anche dal certificato di residenza storico del 02/12/2021 della Città di Fara in Sabina allegato al doc. 3 dell'atto di opposizione a decreto ingiuntivo e dalla circostanza che l'agente notificatore non aveva provveduto a ricercare la residenza effettiva ed abituale, ovvero la dimora del destinatario della notificazione; che conseguentemente la notificazione era tamquam non esset, ovvero inesistente con accoglimento della richiesta di annullamento della delibera del 13/02/2021 del (...) convenuto; che anche a voler ritenere detta notifica regolare, doveva comunque "dichiararsi" l'annullamento ai sensi dell'articolo 1137 comma 2 del codice civile su istanza dei dissenzienti o assenti perché non ritualmente convocati ai sensi dell'art. 66 disp. att. cod. civ., come rinnovato nel 2012, secondo cui l'avviso di convocazione, contenente specifica indicazione dell'ordine del giorno, deve essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per l'adunanza in prima convocazione; che, difatti, come evincibile dalla documentazione postale allegata (doc. 18), la raccomandata postale dell'avviso di convocazione per le adunanze dell'assemblee del 1213/02/2021 risultava giunta all'ufficio postale di Frasso Sabino disponibile al ritiro il 09/02/2021, ovvero solo tre giorni prima non liberi dalla convocazione della prima adunanza per il giorno 12/02/2021 ore 06.00 (doc. 4 allegato memoria cost. del Condominio). Il sig. (...) rassegnava, all'esito, le seguenti conclusioni: "Voglia il Tribunale di Rieti adito, in funzione di giudice di Appello, per i motivi esposti, ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione disattesa, in riforma della sentenza n. 5 del 03/02/2023 del Giudice di Pace di Poggio Mirteto (doc. A) depositata in cancelleria il 27/02/2023, di cui al R.G.N. 21/2023, non notificata all'appellante: accertare e dichiarare che il decreto ingiuntivo n. 157/2021 - RG N 242/2021 emesso dal Giudice di Pace di Poggio Mirteto, notificato all'opponente il 18/11/2021, è affetto da nullità e/o annullabilità e per l'effetto revocarlo. Si chiede l'acquisizione del fascicolo d'ufficio contenente quello di parte presso la cancelleria del Giudice di Pace di Poggio Mirteto. Con vittoria di spese, competenze ed onorari dell'odierno giudizio e di quello in prime cure nonché della procedura di mediazione". Il (...) costituitosi in giudizio, contestava integralmente l'appello, concludendo come segue: "Nel merito - Accertare e dichiarare l'infondatezza in fatto e diritto delle domande formulate dal Sig. (...), per tutti i motivi di cui in premessa; E per l'effetto - Confermare integralmente la sentenza di primo grado n. 5 del 03.02.2023, resa tra le parti dal Giudice di Pace di Poggio Mirteto, Dott. (...) (Rg. n. 21/22); In ogni caso - Condannare il Sig. (...) al pagamento delle spese di lite del presente grado di giudizio". La causa, di natura documentale, veniva trattenuta in decisione con ordinanza del 30.05.2024 sulle conclusioni rassegnate dalle parti in sede di note autorizzate ex art. 127ter c.p.c. depositate rispettivamente in data 02.05.2024 (parte appellante) e 16.04.2024 (parte appellata), previa rinuncia delle difese ai termini per il deposito di note conclusive. Tanto premesso, il primo motivo di appello è infondato e deve essere respinto. Costituisce, invero, principio consolidato in giurisprudenza quello secondo cui "l'opposizione a decreto ingiuntivo dà luogo ad un ordinario, autonomo giudizio di cognizione, che, sovrapponendosi allo speciale sommario procedimento monitorio (ex-art. 633, 644 e ss. c.p.c.), si svolge nel contraddittorio tra le parti secondo le norme del procedimento ordinario (art. 645 c.p.c.). Ne consegue che il giudice dell'opposizione ..(..).. è investito del potere-dovere di pronunciare sulla pretesa fatta valere con la domanda di ingiunzione (nonché sulle eccezioni e l'eventuale domanda riconvenzionale dell'opponente) ancorché il decreto ingiuntivo sia stato emesso fuori delle condizioni stabilite dalla legge per il procedimento monitorio e non può limitarsi ad accertare e dichiarare la nullità del decreto emesso all'esito dello stesso. Ne consegue altresì che non può avere alcuna rilevanza, per la validità della pronuncia, né che il giudice non ne dichiari la nullità e non lo revochi, né che non motivi sul punto" (Cass. civ. n. 1184/2007; Cass. civ. n. 13001/2006). Di conseguenza, qualora venga proposta rituale opposizione, ciò a cui in quella sede deve aversi riguardo è, sostanzialmente, la pretesa azionata dall'ingiungente, indipendentemente dai vizi che possano eventualmente avere inficiato il decreto ingiuntivo a suo tempo emesso. Stante quanto sopra, nel caso che ci occupa il lamentato vizio di "nullità" o "annullabilità" del decreto ingiuntivo emesso nei confronti del sig. (...) giammai sarebbe, in sé, suscettibile di determinare una riforma della gravata decisione di primo grado, dovendosi in ogni caso avere riguardo alla pretesa sostanziale fatta valere dal Condominio in sede monitoria. Ne discende l'inevitabile reiezione del primo motivo di appello. Il secondo motivo di appello è infondato e come tale deve essere respinto. Sostiene il sig. (...): che la delibera avente ad oggetto l'approvazione dei lavori di manutenzione straordinaria debba essere annullata "...per mancata costituzione dell'assemblea di tutti gli aventi diritto e senza l'approvazione della relativa maggioranza ex art. 1136 comma 2 e 4", non avendo egli ricevuto alcuna comunicazione - stante la "inesistenza" della stessa, in ragione della sua notifica ad indirizzo di residenza dell'appellante non più attuale - in ordine alla data di svolgimento dell'assemblea straordinaria e non avendo, quindi, egli potuto parteciparvi; che, non essendogli stata data - per identiche ragioni - alcuna comunicazione delle deliberazioni assunte nella suddetta assemblea, i termini di 30 giorni per adire l'autorità giudiziaria al fine di chiedere l'annullamento della delibera condominiale in via di azione non siano ancora decorsi e, comunque, non siano decorsi dalla data della notifica del decreto ingiuntivo opposto; che, pertanto, il vizio denunciato determini l'annullabilità della delibera assembleare "per mancanza sia del quorum costitutivo pari alla totalità degli aventi diritto pari a 1.000,000 in luogo di 785,334, sia di quello deliberativo pari a 500,000 in luogo di 392,667 della maggioranza assoluta dell'assemblea condominiale"; che essendo stato il quorum deliberativo di 444,575 millesimi, come tale inferiore ai 500 millesimi previsti per l'approvazione delle delibere per lavori straordinari anche per l'approvazione dei lavori per una sola parte del (...) la delibera in questione sia, per l'appunto, invalida e debba essere annullata. Sul tema, occorre premettere: che ai sensi dell'art 66, comma 3, disp. att. c.c., l'avviso di convocazione dell'assemblea, contenente specifica indicazione dell'ordine del giorno, deve essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per l'adunanza in prima convocazione, a mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano, e deve contenere l'indicazione del luogo e dell'ora della riunione; che in caso di omessa, tardiva o incompleta convocazione degli aventi diritto, la deliberazione assembleare è annullabile, ai sensi dell'articolo 1137 del codice, su istanza dei dissenzienti o assenti perché non ritualmente convocati. A ciò deve aggiungersi che per pacifico insegnamento della Suprema Corte (ex multis, Cassazione civile, sez. II, sentenza 25/03/2019 n. 8275) l'avviso di convocazione, trattandosi di atto unilaterale ricettizio, segue la comune regola fissata dall'art. 1335 c.c., secondo il quale la proposta, l'accettazione, la loro revoca e ogni altra dichiarazione diretta a una determinata persona si reputano conosciute nel momento in cui giungono all'indirizzo del destinatario, se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell'impossibilità di averne notizia. Nel caso che ci occupa il sig. (...) sostiene, peraltro, che tanto l'avviso di convocazione dell'assemblea, quanto il verbale della stessa assemblea non gli siano stati regolarmente comunicati, gli stessi essendo stati inviati ad indirizzo non corrispondente a quello di residenza anagrafica attuale. L'assunto non può essere condiviso, per le ragioni di seguito esposte. Ed invero, l'introduzione del registro dell'anagrafe condominiale ex art. 1130, n. 6, c.c. ha posto a carico dell'amministratore l'obbligo di annotare in esso le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e personali di godimento, comprensivi dei dati ad essi inerenti anche in caso di variazioni: è quindi compito dell'amministratore provvedervi direttamente, ovvero a spese del condomino qualora questi non provveda di sua spontanea volontà a comunicare i dati richiesti. Il legislatore ha previsto, altresì, come ogni variazione dei dati vada comunicata all'amministratore in forma scritta, entro sessanta giorni, prevedendosi, altresì, in caso di inerzia, mancanza o incompletezza delle comunicazioni, non solo la possibilità che l'amministratore richieda, con lettera raccomandata, le informazioni necessarie all'aggiornamento del registro di anagrafe, ma anche, nell'ipotesi di omessa o incompleta risposta nel termine di trenta giorni dalla richiesta, la facoltà, per costui, di acquisire personalmente le informazioni necessarie, addebitandone il relativo costo al condomino. In ogni caso, va tenuto presente che se l'amministratore del condominio ha il dovere di regolare tenuta ed aggiornamento costante del registro di anagrafe condominiale, il condomino ha a sua volta l'obbligo di comunicare tempestivamente all'amministratore il proprio eventuale trasferimento in altro e diverso domicilio: in caso contrario, la comunicazione all'indirizzo di residenza risultante dall'anagrafe condominiale, ancorché non più attuale, dovrà ritenersi regolarmente perfezionata e la mancata ricezione dell'avviso sarà necessariamente addebitabile al solo condomino negligente (in termini Trib. Palermo n. 4179/22), non essendo ragionevolmente esigibile in capo all'amministratore una continua e costante verifica in ordine all'esistenza o meno di trasferimenti di residenza di ciascun singolo condomino, specie alla luce dell'obbligo di cui sopra gravante sui condomini, che fa presumere la piena idoneità dell'indirizzo già comunicato alla ricezione delle comunicazioni, in assenza di successiva comunicazione di variazione del medesimo. Tornando al caso che ci occupa, i plichi contenenti la convocazione per l'assemblea e la successiva comunicazione del relativo verbale sono stati pacificamente inoltrati all'indirizzo del sig. (...) presente nel registro dell'anagrafe condominiale e cioè Frasso Sabino (RI), (...) (circostanza pacifica tra le parti), né dagli atti di causa risulta che l'appellante abbia provveduto a comunicare all'amministratore del condominio, precedentemente alla ricezione dell'avviso, la variazione della propria residenza anagrafica. Nello specifico, la raccomandata a/r contenente la convocazione dell'assemblea condominiale per il 13.02.2021 è stata recapitata dal postino presso l'indirizzo di residenza del sig. (...) presente nell'anagrafica condominiale, posto che, per giurisprudenza, con l'avviso di giacenza immesso nella cassetta postale (esito attestato nella specie dall'agente postale) l'atto di convocazione all'assemblea condominiale si presume conosciuto dal destinatario (v., tra le altre, Cass. civ. n. 20001/2020). Identiche considerazioni valgono con riferimento alla comunicazione del verbale di assemblea, inoltrato a identico indirizzo con esito di compiuta giacenza. Ne discende che dovendo entrambe le comunicazioni ritenersi - per le ragioni tutte di cui sopra - validamente effettuate (in entrambi i casi il plico non è stato ritirato per compiuta giacenza), risulta inesorabilmente spirato il termine perentorio di trenta giorni di cui all'art. 1137, II co., c.c. per proporre ricorso avverso la delibera assembleare avente ad oggetto l'approvazione dei lavori straordinari e della relativa spesa oggetto di ingiunzione. Le superiori considerazioni comportano l'inevitabile reiezione del secondo motivo di appello, non essendo consentito al (...) - stante la scadenza del termine di cui sopra, previsto a pena di decadenza - far valere alcun vizio di annullabilità della delibera assembleare de qua. Per le stesse ragioni deve essere, infine, respinto il terzo motivo di appello, con il quale il sig. (...) lamenta un ulteriore profilo di annullabilità della delibera (omessa ricezione dell'avviso di convocazione almeno cinque giorni prima della data dell'assemblea) il cui scrutinio è precluso in questa sede, stante la scadenza del termine perentorio per proporre ricorso avverso la delibera medesima. In definitiva, l'appello nel suo complesso dovrà essere respinto, siccome giuridicamente infondato. Le spese del presente giudizio di appello seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, tenuto conto dell'assenza di fase istruttoria e di note conclusionali Dovrà, infine, condannarsi parte appellante al pagamento di un ulteriore importo pari all'ammontare del contributo unificato, ai sensi e per gli effetti dell'art. 13, comma 1quater, D.P.R. n. 115/02, trattandosi di rigetto di impugnazione. P.Q.M. il Tribunale in composizione monocratica, ogni contraria domanda, istanza, eccezione e deduzione disattesa o assorbita, definitivamente pronunciando, così provvede: - respinge l'appello proposto da (...) avverso la sentenza del Giudice di Pace di Poggio Mirteto n. 2/2023 del 03.02.2023; - condanna l'appellante a rifondere al (...) le spese del presente giudizio di appello, che liquida nell'importo complessivo di Euro 1.276,00 a titolo di compensi professionali, oltre alle spese forfettarie ex art. 2 D.M. n. 55/14 e oltre a IVA e CPA come per legge; - condanna il sig. (...) al pagamento di un ulteriore importo pari all'ammontare del contributo unificato, ai sensi e per gli effetti dell'art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115/02. Così deciso in Rieti l'1 giugno 2024.

  • IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI PADOVA SECONDA SEZIONE CIVILE in composizione monocratica, pronunzia la presente SENTENZA nel proc. n. 7663/2021 RG promosso da (...), residente a Padova, (...), residente a Padova, (...), rappresentati e difesi dagli avv.ti (...) con domicilio eletto presso il loro studio del primo in Dolo (VE), (...) e con domicilio digitale eletto ai sensi dell'art. 16 sexies D.L. 179/2012 agli indirizzi pec: (...) contro (...) (...), entrambi residenti in Padova (PD), (...), rappresentati e difesi, per procura in calce al presente atto, dagli avv.ti (...) del Foro di Padova, con domicilio digitale eletto presso gli indirizzi di posta elettronica certificata (...) nonché contro (...) rappresentato e difeso dall'avv. (...), con domicilio eletto presso il di lui studio in Padova (...) con l'avv. (...) con la chiamata in causa di Condominio (...) contumace OGGETTO: risarcimento danni ai sensi dell'art. 2043 c.c. in edificio condominiale - responsabilità dell'amministratore MOTIVAZIONE 1. (...) comproprietari di un appartamento con annesso garage al piano terra sito in Padova, (...) facente parte del complesso di abitazioni denominato "Condominio (...)", amministrato da (...) espongono che il 19 dicembre 2019 si accorgevano dell'improvviso allagamento del loro garage. L'acqua scendeva abbondante a rivoli dal soffitto e si riversava all'interno del box, inzuppando i beni in esso contenuti, quali attrezzi dei figli, vestiti, scarpe ed effetti personali nonché una moto Harley Davidson. (...) cercava di porre al riparo i propri beni e avvertiva l'amministratore del Condominio (...), nonché i proprietari dell'appartamento sovrastante (...) e (...). Dopo alcuni giorni, gli attori scoprivano che le infiltrazioni d'acqua erano state generate dalla rottura di una tubazione idrica (lo scarico della vasca da bagno) dell'appartamento posto al piano superiore di proprietà dei predetti (...) e (...) riparata da una squadra di idraulici inviata dall'amministratore (...). Quest'ultimo li rassicurava, informandoli che avrebbe aperto un sinistro sulla polizza condominiale che presentava garanzia sottoscritta a tutela dei danni da acqua condotta al fabbricato e al contenuto delle singole unità abitative e che quindi nulla vi era da preoccuparsi per quanto concerneva il ristoro dei danni subiti. La Compagnia di assicurazione (...), a seguito della denuncia dell'amministratore del Condominio, apriva il sinistro n. (...) e veniva eseguito il sopralluogo esplorativo da parte del perito incaricato. Tuttavia, la stessa Compagnia, con raccomandata del 2.10.2020, comunicava il diniego dell'indennizzo in quanto la polizza decorreva solo dalle ore 24 del 20.12.2019. Gli attori venivano in tal modo a sapere che l'amministratore non aveva adempiuto a quanto deliberato dall'assemblea del 23.10.2019 di approvazione del bilancio preventivo di gestione ordinaria dall'1.07.2019 al 30.06.2020, ove era stata prevista la voce di spesa per la stipula (rectius rinnovo) dell'assicurazione polizza globale fabbricati. Ciò premesso, (...) e (...) hanno convenuto in giudizio sia (...) e (...) (...) sia (...), per sentirli condannare al risarcimento dei danni subiti, quantificati in complessivi euro 15.000,00. (...) e (...) resistono ed hanno chiesto di essere manlevati da (...) chiedendo anche la sua condanna al pagamento delle spese condominiali poste a loro carico nei bilanci 2019/2020 e 2020/2021 sempre per il ripristino delle parti comuni e private necessitato dalla predetta perdita d'acqua per la complessiva somma di euro 1.595,00, oltre ad euro 697,60 per spese di mediazione, chiedendo che l'accertamento fosse effettuato anche nei confronti del Condominio, che è stato così chiamato in causa, rimanendo contumace. Anche (...) resiste. La causa è stata istruita mediante l'assunzione delle deposizioni dei testi (...), (...) (v. udienza 28.02.2023), e con il deposito di ctu estimativa dei danni del p.i. (...). Precisate le conclusioni e scaduti i termini previsti dall'art. 190 c.p.c., la causa passa ora in decisione. 2. Dalle concordi deposizioni di (...) e di (...) risulta che la perdita d'acqua è stata causata dalla vasca del sovrastante appartamento dei convenuti (...) (...) e (...) Il danno è stato dal ctu quantificato in complessivi euro 5.266,40 (iva compresa). (...) e (...) vanno pertanto condannati in solido a pagare tale somma agli attori (...) e (...). 3. Sussiste anche la responsabilità dell'amministratore (...) poiché è pacifico che egli non ha provveduto a stipulare l'assicurazione deliberata dall'assemblea il 2223.10.2019. Non ha alcuna rilevanza che (...) e (...) fossero morosi nel pagamento delle spese condominiali, né che l'assicurazione fosse destinata a coprire anche parti private dei singoli condomini. Nessuna di tali circostanze esimeva l'amministratore dall'adempiere a quanto deciso dall'assemblea condominiale, come conferma il fatto che il giorno dopo il sinistro l'amministratore ha provveduto a stipulare la polizza richiesta. 4. Lo stesso amministratore (...) deve tenere indenne anche i predetti convenuti, in quanto anche nei loro confronti è inadempiente all'obbligo di stipulare la polizza nascente dalla cit. delibera condominiale. Egli deve anche restituire loro la somma di euro 1.595,00 dagli stessi pagata quali spese condominiali a loro addebitate sempre a causa della predetta perdita d'acqua, senza che rilevi la mancata attivazione della mediazione (v. Cass., sez. un., 7.02.2024, n. 3452), né il fatto che (...) e (...) con abbiano impugnato i bilanci 2019/2020 e 2020/2021 che tali spese hanno approvato, poiché si tratta di res inter alios. 5. Si impongono quindi le declaratorie di cui in dispositivo. Le spese di giudizio, comprese quelle di ctu, seguono la soccombenza. P Q M definitivamente pronunziando, condanna (...) e (...) nonché (...) tutti in solido, a pagare a (...) e (...) la complessiva somma di euro 5.266,40 con interessi legali dalla data odierna al saldo, oltre agli interessi legali sulla stessa somma, devalutata alla data del 19.12.2019 e quindi rivalutata anno per anno sulla base degli indici Istat. Condanna (...) tenere indenne (...) e (...) a quanto saranno costretti a pagare a (...) e (...) per capitale, interessi e spese. Condanna inoltre (...) a pagare a (...) e (...) la complessiva somma di euro 1.595,00 con interessi legali dalla prima messa in mora al saldo. Condanna (...) e (...) e (...) in solido, a rifondere a (...) e (...) le spese di giudizio, liquidate in euro 237,00 per spese ed euro 5.077,00 per compenso professionale, oltre accessori di legge e spese generali. Condanna (...) a rifondere a (...) e (...) le spese di giudizio (comprensive della fase della mediazione), liquidate in euro 98,00 per spese ed euro 5.077,00 per compenso professionale, oltre accessori di legge e spese generali. Pone infine le spese di ctu definitivamente a carico di (...). Padova, 30 maggio 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO TREDICESIMA CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Sabrina Bocconcello ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 40905/2017 promossa da: (...) tutti con il patrocinio dell'avv. (...) elettivamente domiciliato in (...) MILANO presso il difensore avv. (...) ATTORE/I contro (...), con il patrocinio dell'avv. (...) elettivamente domiciliato in(...) MILANO presso il difensore avv. (...) CONVENUTO/I CONCLUSIONI Le parti hanno concluso come da fogli allegati al verbale d'udienza. SVOLGIMENTO IN FATTO DEL PROCESSO omissis ex art. 132 c.p.c. e 118 disp. att. cpc Si premette che la presente sentenza verrà redatta con motivazione stesa in forma concisa e sintetica in conformità anche con i criteri espressi e di cui alla pronunzia della Suprema Corte di Cassazione alle SS.UU. n. 642 del 16/01/2015. La presente si limiterà pertanto ad una succinta esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, specificando che tale esposizione potrà fondarsi su precedenti conformi. Per quanto riguarda domande, eccezioni e richieste conclusive delle parti, si rinvia agli atti processuali delle medesime ed ai verbali delle udienze, atteso il contenuto dell'art. 132 n. 4 c.p.c. e 118 disp. Att. cpc, che esclude una lunga e particolareggiata esposizione di tutte le vicende processuali anteriori alla decisione. MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE Il presente procedimento trae origine dalla impugnativa della delibera del 14.3.2017 punti 1,2,3,4, e 5 dell'odg (per numerosi motivi sia procedurali che sostanziali) svolta dagli attori con atto di citazione ritualmente notificato con il quale convenivano in giudizio il (...), per sentire accogliere le seguenti conclusioni: "Voglia il Tribunale adito, disattesa ogni contraria istanza, conclusione e deduzione, previa sospensione dell'efficacia esecutiva ex art. 1137 c.c., così giudicare: Nel merito: dichiarare nulla o, comunque, annullare l'impugnata delibera assembleare, relativamente ai punti n. 1, 2, 3, 4 e 5 dell'ordine del giorno dell'assemblea del 14/03/2017 del (...), per i motivi di cui al presente atto. Con vittoria di spese e competenze di legge." Alla prima udienza del 21.12.2017 si costituiva in giudizio il (...) convenuto contestando ogni deduzione avversaria e chiedendo: "Respingere le domande tutte avanzate dagli attori nell'atto di citazione nei confronti del (...), in persona dell'Amministratore pro tempore in quanto infondate in fatto e in diritto per i motivi esposti. Con vittoria di spese e competenze del presente giudizio e delle spese del procedimento di mediazione". Concessi i richiesti termini di cui all'art. 183 VI comma c.p.c., la causa veniva rinviata per la discussione sull'ammissione dei mezzi istruttori all'udienza del 7.5.2018 Alla fissata udienza il Giudice -su specifica richiesta congiunta delle parti anche al fine di valutare ipotesi conciliative- disponeva CTU contabile, nominando il dott. (...) e rinviando per il giuramento del CTU e la formulazione del quesito. All'udienza del 18.6.2018 il CTU Dott. (...) accettava l'incarico e prestava il giuramento di rito sul quesito posto ed il Giudice rinviava per verificare l'esito del deposito dell'elaborato. Nelle more, a seguito di istanza del CTU, con ordinanza del 15.11.20218 veniva fissata udienza al 21.1.2019 ove le parti concordavano di integrate il quesito posto al CTu nel seguente modo "verranno esaminati su accordo delle parti i punti emersi in corso di operazioni peritali sono ad ora effettuate estrapolando tra questi quelli che saranno oggetto di specifico esame sulla base dei criteri statistici individuati dal CTU" In data 20.5.2019 il CTU depositava elaborato finale ed all'udienza del 20.6.2019 il Giudice, ritenuta la causa matura per la decisione rinviava la stessa per la discussione all'udienza del 25.11.2019 concedendo termine per il deposito di note conclusive sino al 15/11/19. Nelle more con istanza congiunta del 13.11.2019 le parti chiedevano differimento dell'udienza in pendenza di trattative. La causa veniva rinviata all'udienza del 20/02/20, con termine per il deposito di note conclusive sino al 10/02/20. Con istanza congiunta del 03/02/20, le parti domandavano un ulteriore sempre in pendenza di trattative. Il Giudice, vista la suddetta istanza congiunta, a modifica dell'ordinanza del 25/11/19 rinviava l'udienza del 20/02/20 al 25/02/20, sospendendo i termini per il deposito di note conclusive. La causa veniva poi differita, per impedimento d'ufficio, all'udienza del 27/02/20. Le parti, sempre al fine di coltivare le trattative volte a trovare una soluzione conciliativa, domandavano una serie di rinvii. Il giudizio veniva dapprima rinviato all'udienza del 05/06/20 e poi a quella del 21/10/20, ove su richiesta delle parti il Giudice rinvia per la precisazione delle conclusioni all'udienza del 15.12.2020. Alla fissata udienza le parti, ritenendo ancora possibile il raggiungimento di un accordo transattivo, domandavano un rinvio in pendenza di trattative ed il Giudice rinviava così la causa all'udienza del 13/04/21. All'udienza del 13/04/21, le parti davano atto del fallimento delle trattative e il Giudice, su richiesta delle parti rinviava la causa per la precisazione delle conclusioni all'udienza del 14/12/21. Le parti, in considerazione della nomina di un nuovo amministratore, sempre al fine di raggiungere una conciliazione, domandavano un ulteriore rinvio in pendenza di trattative: la causa veniva dapprima rinviata all'udienza del 03/03/22, poi all'11/07/22 e, infine, per impedimento d'ufficio del Giudice al 15/09/22. In data 12/09/22, le parti depositavano una nuova istanza di differimento udienza sempre in pendenza di trattative. La causa veniva rinviata al 28/11/22, poi al 20/03/23, 02/10/23 e, infine, al 26/02/24. All'udienza del 26/02/24 le parti chiedevano fissarsi udienza di precisazione delle conclusioni ed il Giudice rinviava la causa per la precisazione delle conclusioni all'udienza del 13/03/24, all'esito della quale la stessa veniva rinviata per la discussione con temine alle parti per il deposito di note conclusive. All'udienza del 31.5.2024 in esito alla discussione viene data lettura della sentenza. Quale primo motivo di impugnazione della delibera del 14.3.2017 il condomino (...) in proprio e non quale legale rappresentante della (...) lamenta la mancata convocazione all'assemblea de quo. Il condominio convenuto eccepisce che il (...) proprietario di immobile nello stabile unitamente con la di lui madre Sig.ra (...) non poteva non sapere della convocazione in quanto destinatario di tre avvisi di convocazione uno inviato a (...) di cui è legale rappresentante (convocazione non ritirata); uno inviato alla madre (...) ed uno al fratello (...). Come noto, è ormai consolidato in giurisprudenza che: 1) l'assemblea deve esser convocata a mezzo di comunicazione scritta che deve pervenire ai condomini almeno cinque giorni prima della data fissata per la riunione (art.66 disp.att.c.c.,ultimo comma) 2) la convocazione deve essere fatta a tutti gli aventi diritto 3) l'inosservanza di una di tali prescrizioni comporta la annullabilità della delibera, che può esser fatta valere entro 30 giorni, dalla delibera per i dissenzienti e dal ricevimento del verbale assembleare per gli assenti. (Cass. 26 settembre 2013 n. 22047 e cass. 8275/2019) A ciò si aggiunga che l'art. 66 disp. att. c.c. comma II così come novellato dalla riforma del 2012, e nel caso de quo pienamente applicabile posto che la delibera oggetto di impugnativa è del 14.3.2017 prevede che in caso di omessa, tardiva o incompleta convocazione degli aventi diritto, la deliberazione assembleare è annullabile ai sensi dell'articolo 1137 del codice su istanza dei dissenzienti o assenti perché non ritualmente convocati. Ne consegue che in caso di vizi della convocazione, la delibera può essere contestata (cioè il vizio relativo al difetto di convocazione) solo da coloro che hanno subito direttamente il pregiudizio e non da altri soggetti (Cass. civ. sez. II del 18 aprile 2014, n. 9082). Deve ritenersi che la novella del 2012 abbia inteso codificare il diritto soggettivo del condomino di partecipare all'assemblea in maniera informata (a tutela del quale è anche previsto un termine entro il quale l'avviso di convocazione deve pervenire a tutti i condomini), in mancanza del quale la delibera deve ritenersi invalida. Orbene, nel caso in esame il condominio conferma di non aver inviato al condomino (...) l'avviso di convocazione ma ne eccepisce la presunzione di conoscenza attesa la regolare convocazione della madre (...) comproprietaria e della (...) del quale il (...) è legale rappresentante Sul punto osserva questo Tribunale che la Suprema Corte (Cass. 26 settembre 2013 n. 22047 e cass. 8275/2019) qualifica l'avviso di convocazione atto eminentemente privato, e del tutto svincolato, in assenza di espresse previsioni di legge, dall'applicazione del regime giuridico delle notificazioni degli atti giudiziari - quale atto unilaterale recettizio- per cui esso rinviene la propria disciplina nell'art. 1335 c.c., al medesimo applicandosi la presunzione di conoscenza in tale norma prevista (superabile da una prova contraria da fornirsi dal convocato), in base alla quale la conoscenza dell'atto è parificata alla conoscibilità, in quanto riconducibile anche solamente al pervenimento della comunicazione all'indirizzo del destinatario e non alla sua materiale apprensione o effettiva conoscenza. Invero, la presunzione di conoscenza ex art. 1335 c.c., degli atti recettizi in forma scritta giunti all'indirizzo del destinatario opera per il solo fatto oggettivo dell'arrivo dell'atto nel luogo indicato dalla norma. Ed infatti giurisprudenza condivisa ha chiarito sul punto, che l'esigenza che tutti i comproprietari siano preventivamente informati della convocazione dell'assemblea condominiale può ritenersi soddisfatta quando risulti, secondo l'incensurabile accertamento del giudice di merito, che in qualunque modo i detti comproprietari ne abbiano avuto notizia" (Cass. Civ. Sez. II, 18 febbraio 2000, n. 1830) Pertanto, seppur vero che ai fini della validità delle delibere assembleari è necessario che tutti gli aventi diritto siano stati regolarmente convocati, in caso di comproprietari tale requisito può ritenersi soddisfatto qualora l'avviso sia inviato ad uno solo degli aventi diritto, purché si abbia ragionevole certezza di ritenere che anche il comproprietario sia stato reso edotto." La validità della convocazione per la riunione dell'assemblea condominiale di uno dei comproprietari pro indiviso di piano o di porzioni di piano di un condominio può evincersi anche dall'avviso dato all'altro comproprietario, qualora ricorrano circostanze presuntive tali da far ritenere che il secondo comproprietario abbia reso edotto il primo della convocazione stessa." (Cassazione civile, sez. II, 16/02/1996 , n. 1206) Ciò detto in punto di diritto, nei fatti per cui è causa risulta indiscusso il ricevimento della relativa convocazione e del successivo verbale di assemblea da parte di un solo dei comproprietari, ed esattamente di (...) (...). Dalle evidenze istruttorie non sono emersi elementi di conflittualità tra i comproprietari (...) tali da poter escludere una presunzione di conoscenza ed informazione circa la convocazione per l'assemblea del 14.3.2017, con la conseguenza che si deve ritenere che il sig. (...) sia stato reso edotto della convocazioni ricevute dalla madre e per l'effetto deve essere rigettata la domanda di annullabilità azionata per difetto di convocazione. Con il secondo motivo di impugnazione gli attori lamentano la nullità della delibera del 14.3.2017 per eccesso di potere dovuto alla mera reiterazione di 5 delibere impugnate ed in particolare le delibere del 11/03/14, punto n. 2; del 11/11/14, punti da 1 a 3; del 02/05/2016, punto n. 3; del 15/06/16 punti 1, 2 e 4; e del 13/12/16, punti da 1 a 6. Non è contestato che con la delibera del 14.3.2017 l'assemblea abbia reiterato quanto già deliberato in occasione delle assemblee sopra elencate senza nulla aggiungere né togliere. E' stato chiarito dalla giurisprudenza di merito e di legittimità che affinché una delibera possa legittimamente sostituirsi a quella già impugnata, è necessario un riesame della precedente decisione, da effettuarsi attraverso un nuovo apprezzamento degli interessi da perseguire e comporre, eliminando eventuali vizi, finalizzato ad un concreto risultato gestorio a tutela della collettività condominiale; che se, invece, l'assemblea si limita semplicemente a confermare quanto già deciso in precedenza, la seconda deliberazione non può considerarsi "legittimo esercizio del potere discrezionale dell'organo deliberante assembleare", configurandosi, al contrario, un eccesso di potere che determina l'invalidità della seconda deliberazione (cfr. Cass.civ. 20.4.2001, n 5889); Infatti secondo la Suprema Corte, in tema di impugnazione delle delibere condominiali, la sostituzione della delibera impugnata con altra adottata dall'assemblea in conformità della legge, facendo venir meno la specifica situazione di contrasto fra le parti, determina la cessazione della materia del contendere, analogamente a quanto disposto dall'art. 2377, comma 8, c.c. dettato in tema di società di capitali, a condizione che la nuova deliberazione abbia un identico contenuto, e che cioè provveda sui medesimi argomenti, della deliberazione impugnata, ferma soltanto l'avvenuta rimozione dell'iniziale causa di invalidità. Orbene atteso che la delibera del 14.3.2017 nei punti 1,2,3,4, e 5 dell'odg ha provveduto sui medesimi argomenti ratificando espressamente il contenuto della delibera le delibere del 11/03/14, punto n. 2; del 11/11/14, punti da 1 a 3; del 02/05/2016, punto n. 3; del 15/06/16 punti 1, 2 e 4; e del 13/12/16, punti da 1 a 6, va ritenuto sussistente l'eccesso di potere sotto il profilo della ravvisabilità in detta ultima assemblea del fine unico di eludere la definizione dei giudizi già pendenti. Ne consegue l'accoglimento della domanda attorea e la declaratoria di nullità della delibera de quo. Le spese di lite seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come da dispositivo, ponendo definitivamente a carico solidale delle parti le spese di CTU attesa la richiesta congiunta delle parti al solo scopo di verificare la possibilità di percorrere l'ipotesi transattiva. Sentenza esecutiva ex lege. P.Q.M. Il Tribunale, in composizione monocratica, ogni altra istanza disattesa, rigettata o assorbita, così provvede: - dichiara nulla la delibera del 14.3.2017 punti 1,2,3,4, e 5 dell'odg resa dal (...) convenuto, come in motivazione. - Condanna il (...) convenuto a pagare in favore degli attori, in solido tra di loro, le spese e competenze di lite e di mediazione, che liquida in Euro. 585,00 per spese e Euro.3.500,00 per compensi, oltre al 15% per spese generali, cpa e Iva di legge. - pone definitivamente a carico solidale delle parti le spese di CTU come in motivazione. Milano, 31 maggio 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria Sezione Staccata di Reggio Calabria ha pronunciato la presente SENTENZA ex art. 60 cod. proc. amm.; sul ricorso numero di registro generale 225 del 2024, integrato da motivi aggiunti, proposto da Associazione Nu. Id. ET., in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG A02AD931CB, rappresentata e difesa dall'avvocato Do. Io., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro la Città Metropolitana di Reggio Calabria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato An. Mi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; il Comune di (omissis), non costituito in giudizio; per l'annullamento Per quanto riguarda il ricorso introduttivo: - del provvedimento, comunicato in data 6.03.2024, di "non ammissione all'apertura dell'offerta economica ai sensi dell'art. 90 c. 1 lett. d) del codice" relativo all'Appalto per l'individuazione di un ente attuatore per l'affidamento in prosecuzione progetto SAI prog. 872-PR2 cat. Ordinari del Comune di (omissis) triennio finanziato 2023/2025 CIG A02AD931CB; - del Bando di Gara, art. 16, nella parte in cui limiterebbe la possibilità di documentare e far valere i requisiti posseduti; - dei verbali della Commissione di Gara; - di ogni altro atto presupposto e conseguente quelli impugnati. Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da Associazione Nu. Id. ET. il 16/4/2024: - della Determinazione della Stazione Unica Appaltante della Città Metropolitana di Reggio Calabria n. 1224 del 9.04.2024 (Progressivo Servizio n. 69 del 18.03.2024 e Registro Settore n. 64 del 18.03.2024) pubblicata il 10.04.2024, notificata alla ricorrente il 15.04.2024, avente ad oggetto "Approvazione verbali di gara e dichiarazione Esito Infruttuoso accertamento somme in entrata". Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio della Città Metropolitana di Reggio Calabria; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 22 maggio 2024 la dott.ssa Agata Gabriella Caudullo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.; 1. Con ricorso ritualmente proposto l'associazione ricorrente ha impugnato il provvedimento, comunicato il 6 marzo 2024, con cui la Commissione giudicatrice ha disposto la sua esclusione dall'appalto indetto per l'individuazione di un "ente attuatore" per l'affidamento in prosecuzione del progetto SAI prot. 872-PR-2 cat ordinari del Comune di (omissis) per il triennio 2023/2025. La commissione ha disposto, in particolare, la non ammissione alla successiva fase di apertura dell'offerta economica in quanto il punteggio di 13,60 attribuito all'offerta tecnica, prima della prima riparametrazione, non gli consente di raggiungere il punteggio minimo complessivo (cd. Soglia di sbarramento) fissato in 45/80, così come prescritto nel punto 18.1. del bando/disciplinare di gara. Espone la ricorrente di aver richiesto copia verbali di gara relativi alla disposta esclusione con rituale istanza di accesso dell'11 marzo 2024, riscontrata dall'amministrazione in data 18 marzo 2024. Dall'esame dei verbali di gara è emerso che la commissione, nel corso della seduta 5 marzo 2024, avendo rilevato che la relazione presentata dal concorrente è caratterizzata da una descrizione libera dell'offerta tecnica nel senso che la stessa non rispetta i punti descritti dal disciplinare di gara e parte dei criteri e dei sub criteri oggetto di valutazione da parte della Commissione, ha ritenuto di non dover valutare - attribuendo, conseguentemente, un punteggio pari a zero - i punti non trattati. Osserva l'associazione ricorrente che la "non ammissione" alle successive fasi della gara è derivata dalla omessa valutazione della documentazione allegata ed espressamente richiamata dalla relazione tecnica che avrebbe dovuto essere valutata ai fini dell'attribuzione del punteggio. Lamenta, pertanto, la illegittimità del provvedimento di esclusione sotto i profili dell'eccesso di potere per difetto di motivazione e irragionevolezza, della violazione di legge (10 comma 2 D.lgs. 36/2023) e della violazione del principio del favor partecipationis. I. Premette la ricorrente di aver interesse all'impugnazione in quanto la corretta valutazione della relazione tecnica e dei documenti allegati avrebbe comportato certamente l'attribuzione di un punteggio ben superiore al punteggio minimo previsto dalla lex specialis per accedere alla valutazione dell'offerta economica. Non tenendo conto della documentazione allegata alla relazione tecnica l'amministrazione avrebbe ritenuto di non attribuire alcun punteggio in relazione ad alcuni sottocriteri e avrebbe ritenuto, altresì, di dover attribuire, in relazione ad altri sottocriteri, un punteggio inferiore rispetto a quello spettante. II. Atteggiandosi come clausola escludente, l'art. 16 del bando di gara sarebbe nullo nella parte in cui, dopo aver stabilito che la relazione tecnica dovesse essere contenuta in un testo di massimo 25 pagine formato A4, stabilisce che il testo che eccede il limite sopra indicato di 25 pagine non sarà oggetto di valutazione da arte della Commissione e potrà determinare l'esclusione del concorrente ove la mancata valutazione delle pagine eccedenti determini l'incompletezza dell'offerta stessa. III. Contrariamente a quanto asserito dalla Commissione, la relazione tecnica fa riferimento a ciascuno dei servizi indicati nel Capitolato d'Appalto e gli allegati, cui essa rinvia, sono corrispondenti a ciascuno dei criteri e subcriteri indicati nell'art. 18 del bando. IV. In presenza di clausole di portata equivoca non sarebbe possibile disporre l'esclusione dalla gara, ostandovi il principio del favor partecipationis. Nel caso di specie la lex specialis non escludeva la possibilità di allegare documenti alla relazione tecnica e la piattaforma telematica consentiva la produzione di un numero indefinito di allegati. L'associazione ricorrente, pertanto, ha fatto affidamento su questa possibilità . V. Essendo l'Associazione ricorrente unica partecipante alla procedura de qua¸ la valutazione dell'offerta tecnica tenendo conto di tutti i documenti allegati non avrebbe potuto, peraltro, neanche ipoteticamente, comportare una violazione della par condicio partecipationis 2. Con motivi aggiunti notificati e depositati il 16 aprile 2024, parte ricorrente ha impugnato la Determinazione n. 1224 del 9 aprile 2024 con la quale sono stati approvati i verbali di gara lamentandone la illegittimità sotto i medesimi profili già dedotti con il ricorso introduttivo. 3. Si è costituita in giudizio la Città Metropolitana di Reggio Calabria deducendo l'infondatezza del ricorso tenuto conto del fatto che l'associazione ricorrente, nella relazione tecnica prodotta in sede di partecipazione alla gara, ha omesso di trattare molti degli aspetti rilevanti ai fini della valutazione. La proposta progettuale avrebbe dovuto contenere, peraltro, indicazioni quantitative e qualitative in merito alle attività da espletare. Al contrario, la ricorrente si sarebbe per lo più soffermata sull'attività espletata in passato (v. corsi di lingua italiana o attività di formazione svolta durante il precedente affidamento). Quanto alla contestata nullità dell'art. 16 del bando, l'amministrazione resistente ne contesta, in primis, la rilevanza atteso che la relazione tecnica della ricorrente, di appena 20 pagine, non supera il limite ivi stabilito. La documentazione allegata non potrebbe, comunque, colmare le lacune della proposta progettuale. Ed infatti, suddetta proposta, non risultando chiara e definita, impedirebbe ogni verifica in corso di esecuzione dei servizi affidati. Del tutto errato sarebbe l'assunto secondo cui il bando consentiva ai concorrenti di allegare alla relazione tecnica ulteriori documenti essendo questa possibilità prevista esclusivamente con riferimento al sub criterio 4.2. I documenti ai quali parte ricorrente fa riferimento sono stati, inoltre, inseriti all'interno della busta contenente la documentazione amministrativa. Tale produzione, costituita da circa 240 files, sarebbe del tutto inammissibile. 3. All'udienza in camera di consiglio dell'8 maggio 2024 la causa veniva rinviata su concorde richiesta delle parti per consentire al difensore di parte ricorrente di depositare, su supporto informatico, i documenti indicati al punto 7 del foliario depositato con il ricorso principale ("Offerta tecnica con allegati"), non interamente visualizzabili. Con decreto n. 35 del 9 maggio 2024 il Presidente autorizzava tale deposito che veniva effettuato dal ricorrente il successivo 10 maggio 2024. 4. All'udienza in camera di consiglio del 22 maggio 2024, previo avviso alle parti circa la possibilità di definire il giudizio con sentenza in forma semplificata ai sensi degli artt. 60 e 120 c.p.a., la causa è stata trattenuta in decisione. 5. Il ricorso è infondato. 5.1. L'art. 16 del bando di gara stabiliva: "La relazione tecnica contiene una proposta tecnico-organizzativa, di massimo 25 pagine formato A4, esclusi copertina, indice e documentazione a comprova del criterio 4.2. che illustra, con riferimento ai criteri e sub-criteri di valutazione indicati nella tabella di cui al successivo punto 18.1. i seguenti elementi: 1. Sistema organizzativo dei servizi. 2. Misura atte a favorire l'inserimento. 3. Piano di formazione degli operatori. 4. Migliorie. 5. Mezzi e attrezzature che il soggetto prevede di impiegare nella realizzazione del progetto". Il richiamato art. 18.1 riportava, a sua volta, una tabella nella quale erano individuati, per ciascuno degli elementi elencati nel precedente art. 16, i sub criteri ed il punteggio massimo attribuibile con riferimento a ciascuno di essi, suddiviso tra punteggi discrezionali e punteggi quantitativi. 5.2. La relazione tecnica presentata dalla ricorrente era costituita da complessive 20 pagine, suddivisa in paragrafi corrispondenti ai servizi descritti nel capitolato speciale d'appalto (servizio di accoglienza materiale, mediazione linguistica, orientamento e accesso ai servizi del territorio, formazione e riqualificazione professionale orientamento e accompagnamento all'inserimento lavorativo, sociale e abitativo, tutela legale, tutela psico-socio sanitaria...) ma solo parzialmente corrispondenti agli elementi e ai criteri di cui ai richiamati articoli 16 e 18 del bando di gara. In corrispondenza di ogni paragrafo la relazione riportava la dicitura "vedi atti allegati", senza null'altro specificare in ordine al tipo di allegato, alla sua denominazione o numerazione o, ancora, in ordine alla sua collocazione nell'ambito della documentazione prodotta in gara. Nella busta contenente la documentazione amministrativa risultavano, altresì, inserite 16 cartelle compresse identificate come "allegato offerta tecnica", ciascuna riferita ai criteri e sub criteri di valutazione indicati nella tabella di cui all'art. 18 del bando di gara ma non tutte riconducibili agli argomenti trattati nella relazione tecnica (v. Piano di formazione, Corsi di lingua italiana, Mezzi e attrezzature). 5.3. La commissione giudicatrice ha ritenuto che la relazione non rispettasse i punti descritti dal disciplinare di gara e parte dei criteri e dei sub criteri oggetto di valutazione... risulta(no) non trattat(a) ed ha, conseguentemente, attribuito un punteggio pari a zero in relazione a quegli elementi dell'offerta, corrispondenti ai criteri e ai sub-criteri di valutazione in relazione ai quali nulla veniva indicato nella relazione tecnica (corsi di apprendimento e approfondimento della lingua italiana; programmazione dei corsi di formazione degli operatori, capacità di attivare proposte coerenti con i bisogni dei beneficiari e del territorio, mezzi e attrezzature da impiegare nella realizzazione del progetto). 5.4. Parte ricorrente non contesta che la relazione prodotta non contenesse tutti gli elementi oggetto di valutazione ma lamenta che la commissione avrebbe dovuto fare riferimento ai documenti allegati ai quali essa espressamente rinviava, non potendosi ritenere esclusa dal bando la possibilità di allegare all'offerta tecnica ulteriori documenti. 5.5. L'assunto non può essere condiviso. Non essendo nemmeno in contestazione l'incompletezza della relazione tecnica prodotta in gara dalla ricorrente, deve ritenersi corretto l'operato della commissione giudicatrice che ha ritenuto di non dover attribuire alcun punteggio in relazione a quelle voci che non trovavano riscontro alcuno nella relazione tecnica contenente la proposta progettuale. Tale carenza non avrebbe potuto essere colmata dai documenti allegati. Sotto un primo profilo, invero, contrariamente a quanto asserito dalla parte ricorrente, la lex specialis non prevedeva la possibilità di allegare ulteriori documenti alla relazione tecnica, diversi da quelli espressamente previsti dall'art. 16 del bando (eventuale contratto di avvalimento in caso di avvalimento premiale, documentazione a comprova del criterio 4.2., il progetto di assorbimento ai fini del rispetto della c.d. clausola sociale, eventuale dichiarazione firmata contenente i dettagli dell'offerta coperti da riservatezza). Né tale disposizione può essere considerata equivoca solo perché l'art. 14 dello stesso bando prevedeva che la stazione appaltante potesse chiedere chiarimenti sui contenuti dell'offerta tecnica e dell'offerta economica e su ogni loro allegato, dovendo evidentemente intendersi il rinvio ivi operato a quei documenti che, per espressa previsione della lex specialis, avrebbero potuto essere allegati all'offerta. Ciò trova, peraltro, conferma nel fatto che la stessa ricorrente ha dovuto inserire i documenti denominati "allegato offerta tecnica" nella sezione relativa alla documentazione amministrativa e non nella busta contenente l'offerta tecnica. 5.6. Sotto un ulteriore, non meno rilevante, profilo, occorre inoltre osservare che, in nessun caso la documentazione allegata può sopperire alle carenze della relazione tecnica che, contenendo la proposta progettuale, costituisce la dichiarazione negoziale che impegna il concorrente alla sua esecuzione in caso di aggiudicazione dell'appalto ed è, pertanto, destinata a confluire nel contratto che regolamenta la fase esecutiva del rapporto. Gli allegati avrebbero potuto, pertanto, tutt'al più contenere eventuali approfondimenti tecnici a comprova e supporto di quanto descritto in modo puntuale ed esauriente nella proposta progettuale contenuta nella relazione tecnica che, dunque, non avrebbe dovuto limitarsi ad un generico rinvio alla "documentazione allegata" o agli "atti allegati", neanche puntualmente indicati. I documenti non avrebbero potuto contenere aspetti del tutto nuovi, non esaminati o non affrontati nella relazione tecnica potendo, tutt'al più, illustrare in maniera più approfondita quanto già esposto nella relazione generale, purché vi fosse un espresso e puntuale richiamo nelle singole pagine e paragrafi di quest'ultima (cfr. TAR Bologna, sez. I. sentenza n. 983 del 7 dicembre 2022, in un caso, diverso da quello in esame, in cui la lex specialis prevedeva espressamente la possibilità allegare depliant, fotografie, certificazioni ed altra documentazione tecnica di eventuale approfondimento a corredo dell'offerta tecnica e la relazione tecnica presentata dalla concorrente conteneva tutti gli elementi oggetto di valutazione). Come già evidenziato, la relazione tecnica di parte ricorrente, invece, diversamente da quanto richiesto dal bando di gara (v. art. 16), non illustrava gli elementi del servizio con riferimento a ciascuno dei criteri e sub criteri di valutazione indicati nella tabella riportata nel successivo art. 18. Come correttamente rilevato dalla commissione di gara, i profili e gli aspetti non trattati nella relazione non avrebbero potuto, pertanto, costituire oggetto di valutazione. 5.7. Deve altresì osservarsi che la "non ammissione" alle successive fasi della procedura non è stata disposta in ragione del superamento del limite di pagine ammesso, risultando, pertanto non conducente la censura afferente ad una pretesa nullità dell'articolo 16 che avrebbe introdotto una clausola di esclusione non prevista dalla legge. Tale disposizione prevedeva, invero, che non sarebbero state oggetto di valutazione le pagine -esclusi copertina, indice e documentazione a comprova del criterio 4.2. (accredito presso agenzie di formazione professionale e/o di servizi per il lavoro) - successive alla venticinquesima. Nel caso di specie, tuttavia, la commissione ha valutato nella sua interezza la relazione tecnica, ricompresa in complessive 20 pagine, attribuendole, nondimeno, un punteggio inferiore alla soglia minima di sbarramento pari a 45/80, in quanto alcuni aspetti dell'offerta - corrispondenti ai criteri e sub criteri 1.5. (corsi di apprendimento e approfondimento della lingua italiana), 3.1. (programmazione dei corsi di formazione degli operatori), 4.1. (capacità di attivare proposte coerenti con i bisogni dei beneficiari e del territorio), 5.1. e 5.2. (mezzi e attrezzature da impiegare nella realizzazione del progetto) - non risultavano "trattati" e non potevano, pertanto, essere valutati. In ragione della natura negoziale della proposta progettuale così come contenuta nella relazione tecnica e non anche nei documenti allegati alla documentazione amministrativa, per lo più privi della forma e del contenuto propri della "proposta", nessuna rilevanza può essere assegnata al fatto che la ricorrente fosse l'unica impresa concorrente non essendo in discussione la potenziale lesione della par condicio ma l'individuazione dell'ente attuatore in grado di proporre una soluzione progettuale in linea con le esigenze "minime" dell'amministrazione, garantite anche e per quanto qui di interesse dalla prevista "soglia di sbarramento" che la ricorrente non ha superato. 6. In conclusione, alla luce di quanto dedotto, il ricorso è infondato e deve essere rigettato. Le spese, da liquidarsi nella misura indicata in dispositivo, seguono la soccombenza nei confronti della Città Metropolitana, nulla dovendo disporsi nei confronti del Comune di (omissis) non costituito in giudizio. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria Sezione Staccata di Reggio Calabria definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li rigetta. Condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della Città Metropolitana di Reggio Calabria, selle spese di lite che liquida in 2.000,00 (duemila/00) euro, oltre accessori se dovuti. Nulla per le spese nei confronti del Comune di (omissis). Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Reggio Calabria nella camera di consiglio del giorno 22 maggio 2024 con l'intervento dei magistrati: Caterina Criscenti - Presidente Agata Gabriella Caudullo - Primo Referendario, Estensore Alberto Romeo - Primo Referendario

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI NAPOLI Sesta Sezione Civile Il Tribunale di Napoli, in composizione monocratica, nella persona della dott.ssa Roberta De Luca, lette le note di trattazione scritta depositate dalle parti; rilevato che ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c. il giudice provvede entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle note; ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 19005 del Ruolo Generale per gli Affari Contenziosi dell'anno 2023, avente ad oggetto: consegna elenco condomini morosi vertente TRA (...), rappresentato e difeso, giusta procura in atti, dall'avv. Fr.La., presso il cui studio in Napoli alla (...) ha eletto domicilio; - RICORRENTE - CONTRO (...) in persona dell'amministratore e legale rappresentante pro tempore avv. Cl.D., C.F. P.IVA (...), rappresentato e difeso dall'avv. Cl.D., che ne ha la facoltà ai sensi dell'art. 82 c.p.c., e dall'avv. Pa.Ca., con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Napoli alla (...) - RESISTENTE - RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con ricorso depositato in data 14.12.2023 (...) premesso di essere condomino dello stabile ubicato in Napoli alla (...), ha chiesto che fosse accertato il proprio diritto a ricevere la consegna della copia dell'estratto conto corrente del (...) relativamente ai seguenti periodi: 01.01.2017/31.12.2017 - 01.01.2018/31.12.2018 - 01.01.2020/31.12.2020 - 01.01.2021/31.12.2021, condannando il (...), nella persona dell'amministratore in carica, alla consegna della copia conforme dei suddetti documenti, fissando una sanzione ai sensi dell'art. 614 bis c.p.c. per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione dell'obbligo e con vittoria di spese di procedura. Fissata l'udienza di comparizione delle parti, si è costituito il CP1 resistente eccependo la continenza ovvero la litispendenza con altro procedimento avente n. 10033/2022 R.G.A.C., pendente dinanzi al Tribunale di Napoli ed avente ad oggetto la consegna di ulteriore documentazione condominiale, nonché l'improcedibilità della domanda per parcellizzazione delle richieste di consegna. Ha contestato, nel merito, la fondatezza della domanda. Instaurato il contraddittorio e rinviata la trattazione al fine di consentire la consegna della documentazione richiesta dal ricorrente, nel corso dell'udienza odierna, previa discussione orale, la causa è stata discussa e decisa. Deve, in primo luogo, essere disattesa l'eccezione di litispendenza in quanto nel giudizio iscritto al n. 10033/2022 R.G.A.C. è stata richiesta la consegna di documentazione diversa ed ulteriore rispetto a quella richiesta con il presente giudizio e, segnatamente, di copia dei registri di contabilità dal 2017 al 2021; dei verbali assembleari relativi al medesimo arco temporale; dell'ultimo bilancio consuntivo approvato; del regolamento e dell'anagrafe condominiale. Com'è noto, invece, ai fini dell'applicazione dell'art. 39 c.p.c. occorre che le domande abbiano identità di petitum e di causa petendi. Per quanto concerne l'eccezione di inammissibilità della domanda per violazione dell'obbligo di buona fede e per il frazionamento della domanda, va rimarcato che le sezioni unite della Cassazione hanno affermato che: "le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, benché relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi, ma, ove le suddette pretese creditorie, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo, - sì da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell'identica vicenda sostanziale - le relative domande possono essere formulate in autonomi giudizi solo se risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata, e, laddove ne manchi la corrispondente deduzione, il giudice che intenda farne oggetto di rilievo dovrà indicare la relativa questione ex art. 183, c.p.c., riservando, se del caso, la decisione con termine alle parti per il deposito di memorie ex art. 101, comma 2, c.p.c." (Cass. civ., ord. n. 17893 del 06.07.2018; in senso conforme Cass. civ., sent. 6591 del 07.03.2019). Ne consegue che, essendovi interesse del ricorrente all'acquisizione della documentazione richiesta e potendo l'interesse a richiedere documentazione bancaria essere sorto dopo, se non in conseguenza, della richiesta di consegna della documentazione di cui al giudizio avente n. 1033/2022 R.G.A.C., indipendentemente dalla proposizione di due autonomi giudizi non si è incorsi in alcuna inammissibilità della domanda. Passando all'esame, nel merito, della domanda, deve, conformemente alle conclusioni rassegnate, essere dichiarata la cessazione della materia del contendere, in quanto la documentazione richiesta è stata consegnata in corso di causa. Secondo la giurisprudenza di legittimità la dichiarazione di cessazione della materia del contendere è, in sostanza, un rigetto per sopravvenuta infondatezza della domanda e/o per sopravvenuta carenza di interesse - che, essendo una condizione dell'azione, deve sussistere al momento di adozione della pronuncia -. Tale dichiarazione si adotta, quindi, quando viene a mancare ogni posizione di contrasto tra le parti per essere sopraggiunti nel corso del processo eventi estintivi della controversia (Cass. 3690/1988) oppure quando, pur sopravvivendo formalmente un contrasto o comunque una domanda di parte, sono intervenute situazioni sostanziali che abbiano privato la parte di un interesse giuridicamente rilevante alla pronuncia (Cass. 8219/1996; 2970/1993; 4792/1991; 46/1990), come nei casi in cui vi sia stata una transazione, il riconoscimento della pretesa, la rinuncia all'azione, la morte della parte in azioni intrasmissibili o - come nel caso in esame - la soddisfazione della pretesa. Passando all'esame della disciplina delle spese di lite secondo il principio della soccombenza virtuale, occorre premettere, in termini generali, che gli obblighi informativi e di rilascio di copie, gravanti sull'amministratore del condominio e normativamente sanciti, sono: quello, di cui all'art. 1129, II comma, c.c., di far prendere gratuitamente visione, previa richiesta all'amministratore, e di far ottenere, previo rimborso della spesa, copia firmata dall'amministratore del registro dell'anagrafe condominiale, del registro dei verbali delle assemblee, del registro di nomina e revoca dell'amministratore e del registro di contabilità; quello, di cui all'art. 1130 n. 9) c.c., di "fornire al condomino che ne faccia richiesta attestazione relativa allo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso"; quello, di cui all'art. 1130 bis c.c., di far prendere visione ai condomini "dei documenti giustificativi di spesa in ogni tempo e estrarne copia a proprie spese". Il diritto, normativamente sancito, ad ottenere copia integrale degli estratti di conto corrente condominiale non è perciò stabilito dalla legge ma, in ogni caso, rientra nel più ampio obbligo di rendicontazione proprio dell'amministratore di condominio, dovendo dare conto della propria gestione anche con riferimento alla movimentazione delle somme afferenti alla gestione condominiale sul conto corrente a ciò dedicato. Né, tantomeno, il (...) resistente in alcun modo ha contestato l'interesse del ricorrente ad ottenere la suddetta documentazione. Non può, peraltro, essere adottato alcun ordine di consegna a carico del (...) resistente, dovendo esserne rilevato, d'ufficio, il difetto di legittimazione passiva. Trattandosi di decisione fondata su di una questione processuale, in relazione alla quale le parti hanno la facoltà "ex ante" di esercitare ampiamente il contraddittorio, non occorreva sottoporre la questione al previo contraddittorio fra le parti in causa (cfr Cass. civ., sent. n. 24312 del 16.10.2017; in senso conforme Cass. civ., ord. n. 12978 del 30.06.2020), pur essendo le parti state espressamente invitate a tanto con ordinanza di fissazione dell'odierna udienza. Com'è noto la legitimatio ad causam, attiva e passiva, consiste nella titolarità del potere e del dovere di promuovere o subire un giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto in causa, mediante la indicazione di fatti in astratto idonei fondare il diritto azionato, secondo la prospettazione dell'istante, prescindendo dall'effettiva titolarità del rapporto dedotto in causa, con conseguente dovere del giudice di verificarne l'esistenza in ogni stato e grado del procedimento. La titolarità della situazione giuridica sostanziale, attiva e passiva, invece, si configura come una questione che attiene al merito della lite e rientra nel potere dispositivo e nell'onere deduttivo e probatorio della parte interessata (cfr. Cass. civ., sent. n. 14468 del 30.05.2008; Cass. civ., sent. n. 355 del 10.01.2008; Cass. civ., sent. n. 11321 del 16.05.2007; Cass. civ., sent. n. 4796 del 06.03.2006). Di conseguenza, il difetto di titolarità deve formare oggetto di specifica e tempestiva deduzione in sede di merito, mentre il difetto di legittimazione ad causam deve essere oggetto di verifica, preliminare al merito, da parte del giudice, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del giudizio (cfr. Cass. civ., sent. n. 20819 del 26.09.2006). La legittimazione ad agire costituisce, quindi, una condizione dell'azione, una condizione per ottenere cioè dal giudice una qualsiasi decisione di merito, la cui esistenza è da riscontrare esclusivamente alla stregua della fattispecie giuridica prospettata dall'attore, prescindendo dall'effettiva titolarità del rapporto dedotto in causa. Appartiene, invece, al merito della causa, concernendo la fondatezza della pretesa, l'accertamento in concreto se l'attore e il convenuto siano, dal lato attivo e passivo, effettivamente titolari del rapporto fatto valere in giudizio. Ciò premesso, la condanna alla consegna di documentazione è stata formulata non già nei confronti dell'amministratore in proprio, bensì nei confronti del (...) in persona del suo legale rappresentante pro tempore, con conseguente evocazione in giudizio dell'ente di gestione. Orbene, nell'ambito dei rapporti interni fra condomini mandanti ed amministratore, gli obblighi di consegna della documentazione condominiale sono assunti dall'amministratore in proprio, rispondendo costui contrattualmente nei confronti dei singoli condomini dell'inadempimento delle obbligazioni derivanti per legge dall'incarico professionale conferitogli (cfr Trib. Napoli, sez. VI, ord. 15.02.2019, in Condominioelocazione.it, 9 dicembre 2019). È solo nei rapporti esterni con i terzi creditori, invece, che l'obbligazione di consegna trova quale suo titolare passivo il condominio, in persona del suo amministratore, non già l'amministratore persona fisica (cfr Corte di Appello di Napoli, sent. n. 3015 del 28.06.2022, riferita all'obbligazione di consegna di cui all'art. 63 disp. att. c.c.). Nei confronti dei terzi, infatti, gli obblighi che gravano sull'amministratore sono l'espressione del suo potere di rappresentanza del (...) e, quindi, ove inadempiuti, non comportano una sua responsabilità diretta e personale verso i terzi creditori del (...), bensì una immediata responsabilità dell'ente di gestione che egli rappresenta. Nei rapporti interni all'ente di gestione, invece, l'amministratore risponde in proprio dell'inadempimento alle obbligazioni da lui contrattualmente assunte e, del resto, nel caso in cui l'inadempimento all'obbligazione di consegna sia posto a fondamento di una domanda di revoca giudiziale, legittimato passivo rispetto alla stessa è l'amministratore di condominio, in proprio, non già l'ente di gestione da costui rappresentato. Sarebbe, del resto, non equo riversare sull'intera compagine condominiale gli oneri ed i costi dell'inadempimento dell'amministratore alle obbligazioni di consegna di documentazione in favore di uno dei condomini. In conclusione, deve essere dichiarato il difetto di legittimazione passiva del (...) resistente rispetto alla domanda azionata dalla ricorrente, con assorbimento della domanda di cui all'art. 614 bis c.p.c., evidenziandosi che è solo il soggetto "obbligato", ovvero il destinatario della domanda, non già un differente soggetto, che può essere condannato al pagamento di una somma di denaro in caso di violazione, inosservanza o ritardo nell'adempimento del provvedimento di condanna. Stanti i contrastanti orientamenti della giurisprudenza di merito in ordine al soggetto passivo della domanda di consegna di documentazione CP3 sussistono gravi ed eccezionali ragioni per compensare integralmente fra le parti le spese di lite. Ai sensi dell'art. 12 bis del D.Lgs. 28/2010, infine, il (...) il quale non ha partecipato senza giustificato motivo all'incontro di mediazione del 18/09/2023, deve essere condannato al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio. P.Q.M. Il giudice, definitivamente pronunciando, letti gli atti del procedimento iscritto al n. 19005/2023 R.G.A.C., ogni altra domanda, eccezione e difesa disattesa, così provvede: a) dichiara la cessazione della materia del contendere; b) compensa integralmente fra le parti le spese di lite; c) condanna il (...) sito in Napoli alla (...) al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio. Napoli, 31 maggio 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. VESSICHELLI Maria - Presidente Dott. CATENA Rossella - Consigliere Dott. Scarl INI Enrico V. S - Consigliere Dott. GUARDIANO Alfredo - Consigliere Dott. PISTORELLI Luca - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato il (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 19/12/2022 del TRIB. LIBERTA' di ROMA; udita la relazione svolta dal Consigliere LUCA PISTORELLI; lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Picardi Antonietta, che ha richiesto dichiararsi l'inammissibilita' del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con l'ordinanza impugnata il Tribunale di Roma. In funzione di giudice del riesame, ha confermato il provvedimento con il quale e' stata applicata a (OMISSIS) la misura della custodia cautelare in carcere per i reati di furto pluriaggravato e di falsa dichiarazione sull'identita' personale. 2. Avverso l'ordinanza ricorre l'indagato articolando tre motivi. Con il primo eccepisce la nullita' dell'interrogatorio reso dal (OMISSIS) all'udienza di convalida del fermo in quanto il difensore non avrebbe avuto la possibilita' di conoscere direttamente gli atti su cui si fondava la richiesta di convalida e di applicazione della misura cautelare a prescindere dalla mediazione illustrativa del giudice che ha proceduto. Con il secondo eccepisce la nullita' del provvedimento impugnato per la mancata traduzione dell'ordinanza genetica in una lingua comprensibile all'indagato. Con il terzo deduce violazione di legge, mancata assunzione di una prova decisiva e vizi di motivazione in merito alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari e della proporzionalita' della misura applicata. In tal senso lamenta che il giudice del riesame non avrebbe tenuto conto della formale incensuratezza dell'indagato e dei motivi che lo hanno spinto a delinquere, nonche' del fatto che i diversi furti contestati sono stati commessi in tempi ravvicinati, circostanza da considerarsi idonea ad escludere l'abitualita' delle condotte. Il Tribunale non avrebbe poi considerato che, sempre in ragione della sua incensuratezza, il (OMISSIS) all'esito del giudizio avrebbe diritto al riconoscimento delle attenuanti generiche ed alla concessione della sospensione condizionale della pena, la cui prevedibilita' e' ostativa all'applicazione di misure custodiali. Infine il provvedimento impugnato non avrebbe motivato sulle ragioni per cui non sarebbe possibile applicare gli arresti domiciliari mediante ricorso al controllo con mezzi elettronici. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' inammissibile. 2. Il primo motivo e' generico, in quanto il ricorso non precisa in che termini e per quali ragioni il difensore dell'indagato non avrebbe avuto accesso agli atti prima della celebrazione dell'udienza di convalida del fermo, posto che comunque lo stesso nulla risulta avere lo stesso eccepito nel corso della medesima udienza, il che in ogni caso avrebbe sanato l'eventuale nullita' verificatasi (Sez. U, Sentenza n. 36212 del 30/09/2010, G., Rv. 247939). Il secondo motivo e' anzitutto inammissibile nel giudizio di impugnazione cautelare. Infatti, la nullita' di ordine generale a regime intermedio dell'interrogatorio e dell'ordinanza di convalida per l'omessa traduzione dei verbali nella lingua dell'interessato, anche quando ritualmente eccepita in udienza, non puo' essere dedotta nel giudizio di riesame del provvedimento applicativo di misura cautelare, essendo rilevabile esclusivamente con l'impugnazione della decisione sulla convalida, in assenza della quale deve ritenersi sanata (Sez. 1, Sentenza n. 430 del 18/10/2022, dep. 2023, Abdel Aziz, Rv. 283861). Non di meno la doglianza e' comunque manifestamente infondata e generica, risultando dal provvedimento impugnato che all'udienza di convalida l'indagato e' stato assistito dall'interprete e che l'ordinanza applicativa della misura cautelare e' stata tradotta. Dati questi non considerati dal ricorrente che si e' limitato all'assertiva e generica negazione della traduzione degli atti. 3. Il terzo motivo contiene mere censure di fatto, peraltro generiche o manifestamente infondate. Il Tribunale ha infatti adeguatamente e logicamente motivato circa la sussistenza del pericolo di reiterazione del reato, mentre, per l'appunto, le obiezioni difensive si riducono alla valutazione alternativa degli elementi considerati dal giudice del riesame. Priva di pregio e' poi l'affermazione per cui l'apparente incensuratezza del (OMISSIS) gli darebbe "diritto" al riconoscimento delle attenuanti generiche ed al conseguente accesso alla sospensione condizionale della pena. Non solo, infatti, q'uella proposta e' ancora una volta una mera censura di fatto, ma soprattutto non tiene conto dell'irrilevanza della mera incensuratezza ai fini del riconoscimento delle attenuanti generiche in ragione del vigente disposto dell'articolo 62-bis c.p. Quanto alla presunta omessa motivazione sulla possibilita' di disporre gli arresti domic:iliari con il controllo elettronico a distanza, nuovamente il ricorso non si confronta con la motivazione del provvedimento impugnato, che ha evidenziato le ragioni della ritenuta infungibilita' della custodia carceraria, sia per la rilevata accentuata pericolosita' dell'indagato, sia perche', per sua stessa ammissione, egli e' privo di un domicilio idoneo a radicare misure custodiali alternative. 4. Alla declaratoria di inammissibilita' del ricorso consegue ai sensi dell'articolo 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma, ritenuta congrua, di Euro tremila alla Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000 in favore della Cassa delle Ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROSI E. - Presidente Dott. MESSINI D'AGOSTINI Piero - Consigliere Dott. DE SANTIS Anna M - Consigliere Dott. PERROTTI M. - Consigliere Dott. RECCHIONE S - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sui ricorsi proposti da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 01/03/2022 della CORTE di APPELLO di MILANO; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. SANDRA RECCHIONE; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. COCOMELLO ASSUNTA, che ha chiesto il rigetto dei ricorsi; L'Avv. (OMISSIS), in difesa delle parti civili (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) chiede il rigetto dei ricorsi deposita conclusioni scritte e nota spese; l'Avv. (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), l'Avv. (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), l'Avv. (OMISSIS), e l'Avv. (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS) chiedono l'accoglimento dei ricorsi. RITENUTO IN FATTO 1.Ai ricorrenti veniva contestata la "promozione di" (attribuita a (OMISSIS)) e la "partecipazione a" (riconosciuta a (OMISSIS) e (OMISSIS)) una associazione funzionale alla consumazione di un numero indeterminato di truffe verso istituti bancari e persone private, all'esercizio di attivita' di promozione di strumenti finanziari senza autorizzazione, nonche' al rilascio, senza essere iscritti nell'apposito albo, di garanzie finanziarie. Veniva contestato ai ricorrenti di presentarsi quali rappresentanti della societa' di diritto inglese " (OMISSIS)", con succursale operativa a (OMISSIS) e con stabile rappresentanza a (OMISSIS), nonche' con altre sedi operative in localita' italiane ed estere e di avere effettuato, in assenza delle autorizzazioni di legge, attivita' di promozione di servizi finanziari diretti a creare le garanzie per l'accesso al credito bancario di clienti che versavano in gravi situazione economiche, attraverso la predisposizione di un articolato meccanismo, che prevedeva il rilascio di obbligazioni ed il loro impiego in societa' che avrebbero dovuto garantire il credito, ma che, invece, servivano solo ad incamerare fraudolentemente l'anticipo versato dai clienti. La Corte d'appello di Milano: (a) confermava la condanna dei tre ricorrenti per il reato associativo, escludendo l'aggravante della transnazionalita' e rilevando il mancato decorso del termine di prescrizione, (b) dichiarava la prescrizione di tutte le truffe contestate a (OMISSIS) e (OMISSIS), ad eccezione di quelle descritte ai capi 15) e 19), in relazione alle quali confermava la condanna di (OMISSIS), (c) confermava la condanna per le truffe contestate a (OMISSIS), tenuto conto che, a causa del riconoscimento della recidiva, le stesse non risultavano prescritte; (d) assolveva i ricorrenti dalle condotte inizialmente ascritte alla fattispecie prevista dal Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 166 riqualificate dal Tribunale in quella prevista dalla L. n. 108 del 1998, articolo 16, comma 7, ritenendo che i fatti contestati non sussistessero; (e) assolveva i ricorrenti dai reati previsti dal Decreto Legislativo n. 385 del 1993, articolo 132 contestati ai capi 4) e 18). 2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore di (OMISSIS) che deduceva: 2.1. violazione di legge: la sentenza sarebbe stata emessa prima della decisione sulla l'istanza di rimessione, che sarebbe stata 6 depositata il 7 marzo 2022, con violazione del diritto di difesa; 2.2. violazione di legge (articolo 266 c.p.p. e ss.) e vizio di motivazione: la procedura di acquisizione delle intercettazioni sarebbe viziata; si deduceva che i supporti prodotti dal pubblico ministero in data 23 gennaio 2018 non proverrebbero da Torino luogo dell'ascolto - e, dunque, non sarebbero autentici, mentre i CD depositati dal consulente sarebbero solo copie; anche in questo caso sarebbe stato leso il diritto di difesa; 2.3. omessa motivazione: la difesa aveva impugnato tutti i provvedimenti relativi alla utilizzabilita' delle intercettazioni, ma la Corte di appello avrebbe omesso di motivare. 2.4. Violazione di legge (articolo 495 c.p.p.) in ordine alla mancata rinnovazione del dibattimento in seguito al mutamento del collegio: la sentenza sarebbe contraddittoria ed illogica, dato che avrebbe legittimato la compressione del diritto della difesa ad ottenere nuove prove in seguito al mutamento del giudice. 2.5. Violazione di legge (articolo 603 c.p.p.) per mancata rinnovazione del dibattimento in appello: il rigetto della richiesta difensiva sarebbe illegittimo. 2.6. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla conferma dell'affermazione di responsabilita': si contestava integralmente la capacita' dimostrativa delle prove raccolte e si ribadivano le numerose violazioni del diritto di difesa gia' denunciate nel corso del processo. Si deduceva che la motivazione sarebbe illegittima in quanto avrebbe una struttura per relationem, e non avrebbe tenuto in considerazione le allegazioni difensive; nello specifico si contestava la mancata acquisizione di quattro faldoni di documenti allegati dalla difesa. 2.7. Violazione di legge (521 c.p.p.): sarebbe stato leso il diritto di difesa attraverso un mutamento della qualificazione giuridica della condotta da "abusivismo finanziario" ad "abusiva mediazione creditizia"; le doglianze proposte al riguardo non sarebbero state esaminate dalla Corte di appello; 2.8. Violazione di legge (416 c.p.) e vizio di motivazione in ordine alla conferma della responsabilita' per l'associazione a delinquere, in quanto non sarebbero sussistenti, ne' indicati, gli elementi costitutivi programma criminoso, ne' quelli dimostrativi del pactum sceleris e dell'elemento soggettivo; 2.9. violazione di legge (articolo 178 c.p.p. e ss.): si deduceva che il pubblico ministero non avrebbe osteso tempestivamente gli atti e che sarebbe stato impedito alla difesa di opporsi al loro deposito in udienza; 2.10. violazione di legge e vizio di motivazione: si deduceva la carenza di motivazione in ordine ai motivi di appello che deducevano la mancanza di registrazioni-audio delle udienze e le discrasie tra le trascrizioni ed i verbali di udienza; si deduceva altresi' che mancherebbero le trascrizioni integrali e che i verbali di udienza sarebbero omissivi; 2.11. violazione di legge (articolo 133 c.p.) in ordine al trattamento sanzionatorio, che sarebbe stato inflitto riconoscendo illegittimamente l'aggravante del danno ingente e della recidiva. 2.12. Violazione di legge (articolo 538 c.p.p.) e vizio di motivazione in ordine alla conferma delle statuizioni civili. 2.13. Le ragioni del ricorso venivano ribadite con motivi aggiunti, con i quali si invocava anche la astensione di tutti i componenti del collegio. 3. Ricorreva per Cassazione il difensore di (OMISSIS), che deduceva: 3.1. violazione di legge (articolo 157 c.p.) e vizio di motivazione in ordine al calcolo del termine di prescrizione: si contestava la decisione della Corte di appello, che aveva considerato conclusa l'attivita' associativa quando era stata eseguita l'ordinanza che applicava le misure cautelari, ovvero il 15 ottobre 2015, laddove il termine della condotta avrebbe dovuto essere individuato nel (OMISSIS), quando veniva captata l'ultima intercettazione rilevante. 3.2. Violazione di legge (articolo 416 c.p.) e vizio di motivazione in ordine alla conferma della responsabilita', che non avrebbe tenuto conto del ruolo marginale di (OMISSIS), che avrebbe fornito un contributo occasionale e marginale al progetto criminoso, non essendo mai intervenuto nella fase ideativa delle truffe, ne' in quella della consumazione delle stesse; si rimarcava, infatti, che le vittime avevano riferito di non avere mai trattato direttamente con lo stesso. Si deduceva, inoltre, (a) che il ricorrente non avrebbe mai partecipato alle riunioni durante le quali erano state organizzate le truffe e che avrebbe limitato il proprio apporto all'attivita' esterna di supporto nell'apertura delle societa' di diritto anglosassone; (b) che era emerso che i correi non nutrivano alcuna fiducia nel ricorrente; (c) che lo stesso aveva messo in dubbio la legalita' dell'operazione; (d) che non sarebbe stato effettuato nessuno pagamento a (OMISSIS) da parte delle vittime. Da ultimo si deduceva che mancherebbe ogni valutazione in ordine alla sussistenza dell'elemento soggettivo, il cui riconoscimento sarebbe contraddetto dal contenuto della telefonata in cui (OMISSIS) aveva messo in dubbio la legalita' delle operazioni. In conclusione: si deduceva che il ricorrente aveva avuto un ruolo marginale e che le condotte emerse sarebbero inidonee ad integrare, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, la fattispecie associativa. 4. Ricorreva per Cassazione il difensore di (OMISSIS) che deduceva: 4.1. vizio di motivazione: la Corte territoriale avrebbe fornito una motivazione illogica e contraddittoria, in quanto, non essendo stati incriminate le persone che avrebbero svolto la decisiva funzione di "mediatore" nella consumazione delle truffe, il progetto associativo verrebbe meno; a cio' si aggiungeva che, da quanto emerso dalle intercettazioni, il ricorrente avrebbe ritenuto corretta l'operazione. Si deduceva (a) che tutti i clienti erano imprenditori, sicche' gli stessi sarebbero stati consapevoli del rischio che si assumevano; (b) che la liceita' delle operazioni si evincerebbe, tra l'altro, dalla perizia di Pietrangeli e dalla produzione di articoli specializzati che dimostrerebbero che la (OMISSIS) avrebbe accettato i titoli (OMISSIS) emessi nel (OMISSIS), contrariamente a quanto aveva riferito il Cap. (OMISSIS); (c) che il luogo ove era avvenuta la contrattazione non avrebbe potuto essere considerato idoneo ad indurre in errore, considerato che si trattava di un ufficio ordinario e non lussuoso; (d) che l'operazione non sarebbe andata a buon fine perche' i clienti non sarebbero stati nelle condizioni di ottenere finanziamenti dalle banche a causa dei loro pessimi rating e dell'assenza di un valido business -plan; (e) che il fatto che ricorrente fosse stato presente in occasione di alcuni incontri con i clienti non implicherebbe un suo ruolo attivo nell'associazione. 4.2.Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al calcolo del termine di prescrizione: la data di cessazione del presunto sodalizio non poteva che essere quella o dell'ultima condotta contestata ((OMISSIS)); inoltre sarebbero state erroneamente calcolate le sospensioni; in particolare si deduceva che i sessantaquattro giorni di sospensione calcolati dalla Corte territoriale in relazione all'emergenza pandemica non avrebbero potuto essere considerati, in ragione del fatto che il termine per il deposito della motivazione della sentenza di primo grado era scaduto il 5 febbraio 2020 e che il ritardo del deposito, dopo la scadenza del massimo termine di legge, non avrebbe potuto incidere negativamente sugli imputati. 4.3. Omessa motivazione in ordine le doglianze proposte con l'atto d'appello in relazione alle truffe: si ribadiva che (OMISSIS) non avrebbe percepito alcun compenso e che non vi sarebbero gli elementi per riconoscere la sua responsabilita' in ordine alle truffe contestate ai capi 15) e 19), dato che le operazioni non erano state concluse a causa della grave situazione economica in cui versavano i clienti; 4.4. violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dell'aggravante prevista dall'articolo 61 c.p., n. 7: non sarebbe stato provato che le parti civili avessero subito una grave perdita economica; si ribadiva che le vittime non avevano la possibilita' di ottenere finanziamenti e che le stesse, aderendo alla proposta, sarebbero state consapevoli del rischio. Infine, si deduceva che il danno sarebbe stato calcolato senza fare riferimento ad ogni singola posizione ed in modo generico; 4.5. violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla prescrizione per i capi 15) e 19) in relazione ai quali la prescrizione sarebbe decorsa prima della sentenza di appello; 4.6. violazione di legge (articolo 133 c.p.) e vizio di motivazione in ordine alla definizione del trattamento sanzionatorio: non sarebbero stati indicati i parametri alla base della determinazione della pena base, ne' le ragioni poste a sostegno della quantificazione degli aumenti per la continuazione. 4.7. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alle statuizioni civili: mancherebbe la motivazione in ordine al danno, che non poteva essere addebitato a chi, come (OMISSIS), non aveva incassato nulla. Per quanto riguardava il danno non patrimoniale, si sosteneva che anche questo non avrebbe potuto essere riconosciuto, non essendo stata fornita la prova del danno presupposto ovvero quello patrimoniale. Si allegava che, in relazione alle singole posizioni delle persone offese, (OMISSIS) avrebbe avuto una condotta marginale, inidonea produrre i danni che gli sarebbero stati addebitati. CONSIDERATO IN DIRITTO 1.Il ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS) e' inammissibile. 1.1.Il primo motivo di ricorso e' inammissibile in quanto generico: si contesta la mancata considerazione di un'istanza di rimessione che non e' stata allegata, ne' precisata nel contenuto. Si ribadisce, sul punto, il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui per l'appello, come per ogni altro gravame, il combinato disposto degli articolo 581 c.p.p., comma 1, lettera c) e articolo 591, comma 1, lettera c) codice di rito comporta la inammissibilita' dell'impugnazione in caso di genericita' dei relativi motivi. Per escludere tale patologia e' necessario che l'atto individui il "punto" che intende devolvere alla cognizione del giudice di appello, enucleandolo con puntuale riferimento alla motivazione della sentenza impugnata, e specificando tanto i motivi di dissenso dalla decisione appellata che l'oggetto della diversa deliberazione sollecitata presso il giudice del gravame (Sez. 6, n. 13261 del 6.2.2003, Valle, Rv. 227195; Sez. 4, n. 40243 del 30/09/2008, Falcioni, Rv. 241477; Sez. 6, n. 32227 del 16/07/2010, T. Rv. 248037, Sez. 6, n. 800 06/12/2011, dep. 2012, Bidognetti, Rv. 251528). Peraltro, in materia, le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno stabilito che l'appello, al pari del ricorso per cassazione, e' inammissibile per difetto di specificita' dei motivi quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata, fermo restando che tale onere di specificita', a carico dell'impugnante, e' direttamente proporzionale alla specificita' con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato (Sez. un n. 8825 del 27/10/2016, Galtelli, Rv. 268822). 1.2. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso sono inammissibili in quanto ripropongono, in modo reiterativo, questioni gia' ampiamente trattate dalla sentenza di appello, senza identificare vizi logici manifesti decisivi del percorso motivazionale posto a sostegno della sentenza impugnata, ne' allegare travisamenti decisivi della prova. Si ribadisce che e' inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli gia' dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019 Bourtatour, Rv. 277710; Sez. 6, n. 20377 dell'11/03/2009, Arnone Rv. 243838; Sez. 6 n. 12 del 29/10/1996, dep. 1997, Del Vecchio, Rv. 206507). Nel caso in esame la Corte d'appello, valutando le questioni proposte da (OMISSIS) in relazione alle intercettazioni, rilevava (a) che la mancata iniziale acquisizione dei supporti digitali al fascicolo del dibattimento era dovuto ad un errore del perito che si era occupato della trascrizione nel 2016, il quale aveva omesso di depositare i supporti utilizzati per la trascrizione; (b) tale omissione risultava essere stata sanata dal deposito effettuato dal pubblico ministero, su impulso della difesa, il 23 gennaio 2018: la Procura di Milano aveva infatti depositato i supporti informatici trasmessi dal Procuratore della Repubblica di Torino, all'esito di una nuova perizia estrattiva realizzata sui server in cui erano conservate le registrazioni; (c) dei supporti acquisiti veniva effettuata copia autentica dal perito nominato dal Tribunale. Con motivazione ineccepibile, la Corte di appello riteneva che non era possibile dubitare della conformita' agli originali di tale copia, tenuto conto che l'attivita' di estrazione e duplicazione era stata effettuata in fasi distinte da due pubblici ufficiali; a cio' si aggiungeva che la difesa non aveva addotto alcun elemento idoneo a dimostrare la falsita' del materiale raccolto (pagg. 51 e ss. della sentenza impugnata). Si tratta di una motivazione coerente con le emergenze processuali, priva di vizi logici, che si sottrae ad ogni censura in questa sede. 1.3.Sono manifestamente infondate anche le censure rivolte nei confronti del rigetto della richiesta di rinnovazione del dibattimento (motivi quarto e quinto): si censurava sia la mancata rinnovazione chiesta ai sensi dell'articolo 603 c.p.p., sia la contrazione della rinnovazione delle prove testimoniali all'esito del mutamento del collegio. 1.3.1. In materia di rinnovazione del dibattimento in appello il collegio riafferma che la rinnovazione dell'istruttoria nel giudizio di appello, attesa la presunzione di completezza dell'istruttoria espletata in primo grado, e' un istituto di carattere eccezionale al quale puo' farsi ricorso esclusivamente allorche' il giudice ritenga, nella sua discrezionalita', di non poter decidere allo stato degli atti. (Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Ricci, Rv. 266820 - 01). A cio' si aggiunge che per "prova decisiva" sia da intendere unicamente quella che, non incidendo soltanto su aspetti secondari della motivazione (quali, ad esempio, quelli attinenti alla valutazione di testimonianze non costituenti fondamento della decisione) risulti determinante per un esito diverso del processo, nel senso che essa, confrontata con le argomentazioni contenute nella motivazione, si riveli tale da dimostrare che, ove fosse stata esperita, avrebbe sicuramente determinato una diversa pronuncia (Sez. 3, n. 9878 del 21/01/2020, R. Rv. 278670 - OSez, 4, n. 6783 del 23/01/2014, Di Meglio, Rv. 259323; Sez.2, n. 16354 del 28/04/2006, Maio, Rv. 234752). La prova richiesta deve comunque superare il vaglio della rilevanza in relazione al compendio probatorio disponibile: si tratta di una valutazione che rientra tra gli apprezzamenti tipici della giurisdizione di merito che, se espressi con motivazione logica e coerente con le emergenze processuali, si presenta insindacabile in sede di legittimita'. Nel caso in esame la Corte d'appello, con motivazione esente da ogni censura, rilevava che le richieste di rinnovazione proposte ai sensi dell'articolo 603 c.p.p. non erano accoglibili in quanto le prove delle quali si chiedeva la assunzione non risultavano assolutamente necessarie per la decisione, ma anzi si connotavano per il loro carattere "esplorativo" (pagg. 57 e 58 della sentenza impugnata). 1.3.2. Con riguardo alle censure relative alla contrazione delle prove ammesse rispetto a quelle richieste all'esito del mutamento del collegio, si riafferma che l'intervenuto mutamento della composizione del giudice attribuisce alle parti il diritto di chiedere sia prove nuove sia, indicandone specificamente le ragioni, la rinnovazione di quelle gia' assunte dal giudice di originaria composizione, fermi restando i poteri di valutazione del giudice di cui agli articoli 190 e 495 c.p.p. anche con riguardo alla non manifesta superfluita' della rinnovazione stessa (Sez. U, n. 41736 del 30/05/2019, Bajrami, Rv. 276754 - 02). In coerenza con tali indicazioni ermeneutiche la Corte d'appello riteneva legittima l'ordinanza del Tribunale che, il 20 giugno 2019, autorizzava l'esame di venti testimoni a fronte della richiesta di escussione di cinquanta persone - in ragione del fatto che tre testimoni erano stati esaminati dal collegio in nuova composizione mentre venti erano comuni alle altre difese. La Corte di appello ha rilevato l'ampio spazio assegnato al ricorrente per esercitare i suoi diritti di difesa e la correttezza delle valutazioni in ordine alla superfluita' delle prove escluse: anche in questo caso non si registra alcuna lesione delle prerogative difensive. 1.4. Il sesto motivo di ricorso e' inammissibile in quanto si profila generico (si richiama la giurisprudenza citata al §.1.1.), oltre che reiterativo delle doglianze proposte con la prima impugnazione. Lo stesso si risolve, peraltro, nella richiesta di integrale della rivalutazione della capacita' dimostrativa delle prove, attivita' esclusa dal perimetro che circoscrive la competenza del giudice di legittimita'. 1.4.1. In materia di estensione dei poteri della Cassazione in ordine alla valutazione della legittimita' della motivazione si riafferma che la Corte di legittimita' non puo' effettuare alcuna valutazione di "merito" in ordine alla capacita' dimostrativa delle prove, o degli indizi raccolti, dato che il suo compito e' limitato alla valutazione della tenuta logica del percorso argomentativo e della sua aderenza alle fonti di prova che, ove si ritenessero travisate devono essere allegate - o indicate - in ossequio al principio di autosufficienza (tra le altre: Sez. 6 n. 13809 del 17/03/2015,0., Rv. 262965). Tenuto conto che parte rilevante del compendio probatorio posto a sostegno della conferma della responsabilita' risulta composto da intercettazione, il collegio ribadisce che le intercettazioni non possono essere rivalutate in sede di legittimita' se non nei limiti del travisamento, che deve essere supportato da idonea allegazione: si riafferma cioe' che in sede di legittimita' e' possibile prospettare un'interpretazione del significato di un'intercettazione "diversa" da quella proposta dal giudice di merito solo in presenza di travisamento della prova, ossia nel caso in cui il giudice di merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale e la difformita' risulti decisiva ed incontestabile (Sez. 3, n. 6722 del 21/11/2017 - dep. 2018, Di Maro, Rv. 272558; Sez. 5, n. 7465 del 28/11/2013 - dep. 2014, Napoleoni e altri, Rv. 259516). La valutazione della credibilita' dei contenuti delle conversazioni captate e', infatti, un apprezzamento di merito che investe il significato e, dunque la capacita' dimostrativa della prova, sicche' la sua critica e' ammessa in sede di legittimita' solo ove emerga una illogicita' manifesta e decisiva della motivazione o una decisiva discordanza tra la prova raccolta e quella valutata. 1.4.2. Nel caso in esame, contrariamente a quanto dedotto, la Corte d'appello effettuava una analitica valutazione delle doglianze difensive, offrendo una risposta specifica alle stesse. La Corte di appello confermava le valutazioni del Tribunale in ordine all'articolato meccanismo truffaldino posto in essere da (OMISSIS) e dai suoi sodali, fondandosi sugli elementi introdotti nel processo dalle persone offese, dai testimoni, dagli investigatori e dai periti, elementi che trovavano definitiva ed inconfutabile conferma nel contenuto delle intercettazioni (pagg. 72 e ss. della sentenza impugnata). Con riguardo, nello specifico, alla deduzione relativa alla mancata acquisizione di quattro torni di documenti, il collegio ritiene che la motivazione della sentenza impugnata, con la quale e' stata confermata la legittimita' della decisione del Tribunale - che non aveva ammesso la produzione - non si presta ad alcuna censura; al riguardo, appare decisivo il fatto che non risultava essere stato chiarito quale fosse la rilevanza degli stessi, il che impediva alla Corte di appello di verificarne decisivita' in ordine all'accertamento della responsabilita' (pag. 63 della sentenza impugnata). 1.5. Non supera la soglia di ammissibilita' il settimo motivo, con il quale si deduce una lesione del diritto di difesa correlata al mutamento della qualificazione giuridica della condotta ascritte alla fattispecie prevista dal Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 166 e riqualificate dal Tribunale in quella prevista dalla L. n. 108 del 1998, articolo 16, comma 7. Contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente, si tratta di una riqualificazione ininfluente in relazione alle condanne per il reato associativo e le truffe, dato che concerne reati per i quali vi e' stata assoluzione perche' "il fatto non sussiste"; tale riqualificazione, invero, non ha alcuna incidenza sui reati in relazione ai quali vi e' stata la conferma dell'accertamento di responsabilita', tenuto conto che vi e' stato un accurato vaglio sia in ordine alla sussistenza della condotta associativa, che di quella fraudolenta agita in danno degli imprenditori in difficolta' finanziarie; tale vaglio resiste alle doglianze difensive, e prescinde alla riqualificazione delle condotte per le quali vi e' stata assoluzione. 1.6. L'ottavo motivo, che contesta radicalmente la conferma della responsabilita' in ordine al reato associativo, non e' consentito. Anche in questo caso la doglianza si risolve nella richiesta di rivalutare la capacita' dimostrativa delle prove e non individua vizi logici manifesti e decisivi del percorso motivazionale posto a sostegno della decisione di conferma (si richiama la giurisprudenza citata al § 1.4.1.). Secondo la Corte d'appello le concordi dichiarazioni testimoniali e le intercettazioni avevano dimostrato con certezza la serialita' della condotta incriminata: le vittime erano imprenditori in gravi difficolta' economiche, ai quali - a causa delle difficolta' finanziarie in cui versavano - era precluso l'accesso al credito; questi venivano contattati da un mediatore o da un consulente e, una volta presentati a (OMISSIS) e (OMISSIS), ricevevano la prima spiegazione del meccanismo attraverso il quale avrebbero potuto accedere ai finanziamenti bancari. Le persone offese, quindi, sottoscrivevano a (OMISSIS) - e talvolta in (OMISSIS) - un contratto di mandato irrevocabile dal contenuto "fumoso", al quale era legato un cronoprogramma articolato e versavano un primo acconto, funzionale all'avvio della pratica; successivamente le vittime venivano invitate in (OMISSIS) per formalizzare la costituzione della Ltd inglese o per aprire il conto corrente della societa' estera; seguivano talora ulteriori operazioni, nella maggior parte dei casi non comprese dagli imprenditori-vittime, che avevano solo l'obiettivo di ottenere l'accesso ai finanziamenti bancari, fine ultimo dell'operazione. Invero, nonostante il versamento dell'acconto la procedura si concludeva, di solito, con il recesso della (OMISSIS), causato, secondo la versione di comodo offerta alle vittime, dall'inadempimento delle stesse o dal mutamento di normative non meglio precisate. A cio' si aggiungeva che al recesso non faceva mai seguito la restituzione agli offesi delle somme versate (la condotta emergeva con chiarezza dalla telefonata intercettata al progr. n. 9619 del 24 Febbraio 2014). Emergeva, altresi', la precisa ripartizione dei ruoli all'interno dell'associazione: (OMISSIS) era il promotore del sodalizio, ovvero l'uomo a cui si rivolgevano i mediatori, le vittime, e gli associati (OMISSIS) e (OMISSIS); egli era anche il direttore delle sedi di (OMISSIS), nonche' il punto di riferimento delle strutture operative in Italia e all'estero all'interno delle quali, pero', non rivestiva alcuna carica formale. (OMISSIS) informava i clienti dell'esito delle pratiche operava sui conti correnti situati in (OMISSIS) sui quali pervenivano gli accrediti delle somme di denaro erogate dai clienti a titolo di acconto per le prestazioni concordate: le intercettazioni delle numerosissime conversazioni intercorse tra (OMISSIS) e (OMISSIS) accreditavano inconfutabilmente il suo ruolo gestore nelle trattative con i clienti. Il compendio probatorio tratteggiato indicava univocamente la responsabilita' del ricorrente, sia per la sussistenza del consorzio, che per la identificazione del ruolo di promotore di (OMISSIS) (pagg. 69 e ss. della sentenza impugnata). 1.7. Sono manifestamente infondati il nono ed il decimo motivo, con i quali il ricorrente ripropone le eccezioni processuali, risolte con ordinanze endoprocessuali, la cui legittimita' era stata confermata da entrambe le sentenze di merito. Nel dettaglio: (a) la Corte d'appello rilevava che il sistema "ordinario" di documentazione dell'attivita' d'udienza e' quello della verbalizzazione stenotipica, derogabile solo in presenza di emergenze eccezionali, che non erano state ritenute sussistenti nel caso di specie, sicche' la richiesta di audio-registrazione integrale delle udienze appariva del tutto ingiustificata; (b) la Corte di appello rilevava inoltre che non sussistevano riscontri oggettivi - non indicati neanche con il ricorso per Cassazione - all'asserito difetto di coincidenza tra le trascrizioni ed i verbali di udienza. Infine, non supera la soglia di ammissibilita' la deduzione circa la "mancata ostensione" degli atti da parte dell'accusa, tenuto conto che la stessa non risulta circostanziata e non rivela la decisivita' del presunto vizio. 1.8. L'undicesimo motivo che contesta il trattamento sanzionatorio non e' consentito, in quanto si risolve nella richiesta di un nuovo esercizio della discrezionalita' in ordine alla definizione del trattamento sanzionatorio. 1.8.1.La Corte rilevava - con motivazione che si sottrae ad ogni censura - che non erano emersi elementi di positiva valutazione idonea a giustificare il riconoscimento delle attenuanti generiche e che (a) la gravita' degli addebiti a carico di (OMISSIS), (b) la peculiare pericolosita' e professionalita' nell'agire criminoso dimostrate dallo stesso nell'organizzare e promuovere il sodalizio, (c) i plurimi e specifici precedenti vantati, (d) il comportamento processuale privo di segnali di resipiscenza ostavano all'invocato ridimensionamento della pena (pag. 109 della sentenza impugnata). 1.8.2. Veniva ampiamente giustificato anche il riconoscimento dell'aggravante del danno ingente: la Corte di appello riteneva che, per ritenere sussistente l'aggravante, non rilevava solo il materiale esborso delle somme versate dalle vittime, ma altresi' la grave perdita economica subita in conseguenza del fallimento dell'operazione, che si configurava come una sorta di "salvavita" per le imprese decotte, nella quale erano state investite le ultime risorse disponibili. Si tratta di una motivazione coerente con l'ampia discrezionalita' riconosciuta al giudice di merito nella valutazione della gravito' del danno, che deve essere valutato in relazione a tutti i pregiudizi subiti in concreto dalle vittime. 1.8.3. Si rileva, a margine, che il mutamento del regime di procedibilita' del reato di truffa (sempre procedibile a querela con l'entrata in vigore della c.d. "riforma Cartabia") non rileva tenuto conto dell'inammissibilita' del ricorso (Sez. U, Sentenza n. 40150 del 21/06/2018, Salatino, Rv. 273551 - 01). 1.9. Le contestazioni in ordine alle statuizioni civili (undicesimo motivo) non superano la soglia di ammissibilita'. Il collegio riafferma che il provvedimento con il quale il giudice di merito, nel pronunciare condanna generica al risarcimento del danno, assegna alla parte civile una somma da imputarsi nella liquidazione definitiva non e' impugnabile per cassazione, in quanto per sua natura insuscettibile di passare in giudicato e destinato ad essere travolto dall'effettiva liquidazione dell'integrale risarcimento (Sez. 6, n. 50746 del 14/10/2014, P.C. e G, Rv. 261536; Sez. U, n. 2246 del 19/12/1990 - dep.1191, Capelli, Rv. 186722-01). A cio' si aggiunge che, nel caso in esame, la Corte di appello, con motivazione ineccepibile, riteneva che non si rilevavano i presupposti per una revoca, ovvero mitigazione, delle provvisionali, a fronte di un fumus pacificamente accertato del danno patito dalle parti civili e della modesta entita' della provvisionale riconosciuta (pag. 108 della sentenza impugnata). La motivazione contestata non si presta ad alcuna censura in questa sede. 1.10. L'inammissibilita' del ricorso principale si estende ai motivi aggiunti. Si ribadisce, infatti, che rinammissibilita' del motivo originario si estende ai motivi nuovi dato che in materia di impugnazioni, l'indicazione di motivi generici nel ricorso, in violazione dell'articolo 581 c.p.p., lettera c), costituisce di per se' motivo di inammissibilita' del proposto gravame, anche se successivamente, ad integrazione e specificazione di quelli gia' dedotti, vengano depositati nei termini di legge i motivi nuovi ex articolo 585 c.p.p., comma 4, (tra le altre: Sez. 6, n. 471414 del 30/10/2008, Arruzzoli, Rv. 242129). 2. Il ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS) e' inammissibile. 2.1.il primo motivo che invoca la retrodatazione della data di consumazione del reato associativo non supera la soglia di ammissibilita' perche' richiede una valutazione della capacita' dimostrativa delle prove esclusa dalla competenza del giudice di legittimita' (si richiama la giurisprudenza citata al § 1.4.1). In relazione ad analoga doglianza avanzata con la prima impugnazione la Corte ha offerto una motivazione ineccepibile, rilevando che la data dell'esecuzione della custodia cautelare indicava il termine dell'attivita' associativa, considerato che non vi erano prove indicative della ulteriore prosecuzione della stessa. L'invocata retrodatazione, alla data dell'ultima intercettazione, non poteva essere presa in considerazione, dato che il termine delle attivita' investigative non indicava il termine dell'attivita' criminosa. Il termine dell'attivita' associativa veniva invece fatto risalire all'arresto di tutti i sodali, evento sicuramente idoneo ad interrompere l'azione del consorzio. 2.2. Anche il secondo motivo - che contesta la conferma della responsabilita' di (OMISSIS) per la partecipazione all'associazione - non e' consentito, in quanto ripropone le doglianze gia' avanzate con l'atto d'appello, superate dalla sentenza impugnata con motivazione priva di fratture logiche ed aderente alle emergenze processuali. La Corte di appello, ribadendo il percorso logico argomentativo segnato dal Tribunale, rilevava come (OMISSIS) fosse il trait d'union del gruppo con l'estero, tenuto conto che lo stesso ricopriva la carica di amministratore unico delle agenzie (OMISSIS), (OMISSIS) s.r.l., facenti parte del "Corporate Group" di (OMISSIS) e costituiva oltre cinquanta societa' aventi il medesimo dominio di posta elettronica. Da numerose conversazioni intercettate era emerso che (OMISSIS), oltre ad essere uno dei collaboratori piu' stretti di (OMISSIS), era anche un dipendente della New Limited - come risultava chiaramente dal contenuto della conversazione registrata al progr. n. 2261 del 22 marzo 2014 - ed era il referente dell'associazione per l'apertura delle filiali estere. Dal compendio probatorio raccolto era emerso con chiarezza che (OMISSIS) eseguiva le direttive di (OMISSIS), si occupava della costituzione delle societa' inglesi e curava che le stesse avessero una veste formale credibile, idonea a trarre in inganno i clienti. Tale condotta era supportata - nella valutazione ineccepibile della Corte territoriale dalla piena consapevolezza dell'agire criminoso: che (OMISSIS) fosse consapevole del suo ruolo nell'organizzazione emergeva, infatti, con chiarezza dal contenuto delle intercettazioni registrate ai progr. n 10865 del 6 marzo 2014 e n. 2661 del 22 marzo 2014. Segnatamente, dalla conversazione del 22 marzo 2014 emergeva chiaramente la tensione progettuale ed organizzativa dei sodali, che intendevano approntare nuove tecnologie idonee a comunicare in tempo reale lo stato delle pratiche ed aprire altre filiali all'estero. Si tratta di prove che, nella persuasiva valutazione effettuata dai giudici di merito, confermavano l'indeterminatezza del programma criminoso e la vitalita' dell'associazione (pag. 86 della sentenza impugnata). Nonostante tale corposo compendio probatorio, la difesa insisteva nel proporre una lettura sminuente del ruolo di (OMISSIS), che tuttavia non trovava alcuna conferma nelle emergenze processuali. Contrariamente a quanto dedotto, con motivazione priva di vizi logici e coerente con le prove raccolte, la Corte di merito ribadiva che il ricorrente aveva avuto un ruolo decisivo nell'ambito dell'associazione, considerato che si occupava delle societa' di diritto inglese, anche se non aveva alcun contatto diretto con i clienti (il che giustificava il fatto che le vittime non avessero fatto riferimento a (OMISSIS)). La motivazione, sul punto, non si presta dunque ad alcuna censura in questa sede. 3.Infine: e' inammissibile anche il ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS). 3.1. Il primo ed il terzo motivo di ricorso, con i quali il ricorrente contestava radicalmente la legittimita' della conferma di responsabilita' sia per il reato associativo, che per le due truffe non prescritte (descritte ai capi 15) e 19) non raggiungono la soglia di ammissibilita', in quanto si risolvono nella richiesta di rivalutazione della capacita' dimostrativa delle prove e ripropongono doglianze gia' avanzate con la prima impugnazione e disattese dalla Corte territoriale, con motivazione logica e coerente con le emergenze processuali (si richiama la giurisprudenza citata al § 1.4.1.). La Corte di appello, con motivazione puntuale e priva di fratture logiche, rilevava che le testimonianze delle persone offese avevano attestato la costante presenza di (OMISSIS) agli incontri con (OMISSIS), sia in Italia, che Svizzera; segnatamente: (OMISSIS) si coordinava con (OMISSIS) per la costituzione delle societa' inglesi e svolgeva l'attivita' di referente e procuratore di BHC Investment per la fornitura di titoli storici; le testimonianze raccolte (significative quella di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) trovavano conferma nelle intercettazioni, che manifestavano in modo assolutamente inequivoco l'impegno di (OMISSIS) per l'attuazione delle truffe gestite dal sodalizio (pagg. 84 e 85 della sentenza impugnata). La Corte d'appello confermava, inoltre, la responsabilita' per le truffe, rilevando come le testimonianze delle persone offese risultassero - anche in questo caso - confermate da documenti ed intercettazioni: tale completo compendio probatorio consentiva di ricostruire analiticamente lo schema delle azioni fraudolente in danno di imprenditori in crisi di liquidita' e di svelare il "ferrato connubio (OMISSIS)- (OMISSIS)", che forniva all'esterno una parvenza di affidabilita' e garanzia di buon esito delle operazioni proposte. Contrariamente a quanto dedotto, sia con l'atto di appello, che con il reiterativo ricorso per cassazione, risultava impossibile ricondurre le condotte emerse ad una lecita pratica contrattuale (pag. 89 della sentenza impugnata). Si tratta di motivazione persuasiva, coerente con le prove raccolte e priva di vizi logici, che si sottrae ad ogni censura in questa sede. 3.2.Il secondo motivo di ricorso, che invoca la retrodatazione del termine di consumazione del reato associativo, cui conseguirebbe l'estinzione del reato per il decorso del termine di prescrizione, e' sovrapponibile a quello proposto da (OMISSIS); si rinvia, sul punto, a quanto gia' esposto sub § 3.1.. 3.3. Il quarto motivo di ricorso e' manifestamente infondato. Il ricorrente contesta la valutazione in ordine alla sussistenza dell'aggravante correlata alla causazione di un danno ingente, ribadendo che le parti civili avevano interesse ad ottenere i finanziamenti, tenuto conto che le stesse versavano in una situazione che gli impediva l'accesso al credito, sicche' le stesse erano ben consapevoli del rischio che correvano e lo avevano accettato. Si tratta di una doglianza che e' gia' stata valutata dalla Corte territoriale con motivazione ineccepibile, che non si presta ad alcuna censura in questa sede. Gia' con l'atto d'appello (OMISSIS) si era doluto della mancata specificazione delle situazioni economiche di ciascuna persona offesa ed aveva invocato la disapplicazione dell'aggravante. La Corte di merito aveva invece rilevato che il danno patrimoniale correlato alla truffa contrattuale non puo' ritenersi integrato solo dalla perdita economica subita dal contraente-vittima, ma anche dalla mancata acquisizione di un utile; nel caso in esame, doveva pertanto essere considerato non solo il valore economico del contratto, ma anche alla grave perdita economica subita dagli offesi in conseguenza del fallimento dell'operazione che aveva deviato le ultime risorse a disposizione delle vittime verso la proposta truffaldina: gli offesi avevano cosi' perduto la possibilita' di tentare altre strade per procurarsi la liquidita' necessaria per garantire la sopravvivenza delle loro attivita' (sul punto le testimonianze delle vittime risultavano confermate dalla documentazione prodotta dalle parti civili e dal pubblico ministero pag. 91 della sentenza impugnata). Si tratta di una motivazione che, come gia' rilevato in occasione dell'esame del ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS), esprime in modo puntuale le ragioni della sussistenza dell'aggravante in coerenza con l'ampia discrezionalita' esercitabile per effettuare tale valutazione e della rilevanza di tutti i pregiudizi patiti dalle vittime. 3.4.Con l'ultimo motivo di ricorso si invocava la prescrizione per i capi 15) e 16) ritenendo deducendo che il termine sarebbe decorso prima della sentenza di appello. Si tratta di doglianza manifestamente infondata in quanto dall'analisi degli atti risultano centosessanta giorni di sospensione della prescrizione (come rilevato a pag. 89 della sentenza impugnata), sicche', alla data della pronuncia della sentenza di secondo grado, i termini di prescrizione non risultavano decorsi. Il collegio ritiene che, contrariamente a quanto dedotto, sia legittimo anche il calcolo dei sessantaquattro giorni di sospensione dovuti all'emergenza pandemica. Invero, a fronte del fatto che il dispositivo della sentenza di primo grado e' stato letto il 7 novembre 2019, poiche' la sentenza e' stata depositata il 7 aprile 2020, dunque oltre il novantesimo giorno dalla decisione, il 9 marzo 2020 - giorno in cui entrava in vigore la disciplina speciale - era pendente il termine per l'impugnazione che, nel caso di specie, decorreva dalla notifica alle parti del deposito della sentenza. Lo slittamento del dies a quo del termine per impugnare, nel caso di deposito fuori termine e' previsto dall'articolo 582 c.p.p., comma 2 lettera c): si tratta di uno slittamento che non e' arbitrario, ma stabilito ex lege. Pertanto tale termine, come tutti quelli che decorrevano nel periodo "8 marzo- 11 maggio 2020", deve considerarsi legittimamente prolungato, con correlata sospensione dei termini di prescrizione, nel pieno rispetto delle disposizioni eccezionali introdotte in relazione all'emergenza pandemica. 4.Alla dichiarata inammissibilita' del ricorso consegue, per il disposto dell'articolo 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonche' al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in Euro tremila. Devono essere condannati alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) sia (OMISSIS), che (OMISSIS) (non si condanna (OMISSIS), dato che tale imputato con il ricorso non ha impugnato le statuizioni civili); tali spese, tenuto conto dei parametri vigenti si liquidano in complessivi Euro 3686,00, oltre accessori di legge. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna inoltre gli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS) alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenuta nel presente giudizio dalle parti civili (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) che liquida per ciascuno in complessivi Euro 3686,00, oltre accessori di legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ACETO Aldo - rel. Presidente Dott. GAI Emanuela - Consigliere Dott. CORBO Antonio - Consigliere Dott. GALANTI Alberto - Consigliere Dott. MAGRO Maria Beatrice - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato il (OMISSIS); lette le richieste del PG Dott. MANUALI VALENTINA, che ha concluso per la inammissibilita' del ricorso. Ricorso trattato Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, ex articolo 23, comma 8. RITENUTO IN FATTO 1. Il sig. (OMISSIS) ricorre per l'annullamento dell'ordinanza del 2 dicembre 2022 del Tribunale di Venezia che ha rigettato la richiesta di riesame dell'ordinanza dell'11 novembre 2022 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Verona che ha applicato nei suoi confronti la misura coercitiva personale della custodia cautelare in carcere (nel frattempo sostituita con quella degli arresti domiciliari) perche' gravemente indiziato dei reati di cui agli articolo 572 c.p., commi 1 e 2, articoli 609-bis, 609-ter c.p., comma 1, n. 5-quater, commessi ai danni della moglie convivente. 1.1.Con unico motivo deduce il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza della gravita' indiziaria. Osserva, al riguardo: i) non e' chiaro se la persona offesa comprendesse la lingua italiana; dell'argomento, pur devoluto al tribunale del riesame, non v'e' traccia nell'ordinanza impugnata benche' la risposta fosse oltremodo necessaria alla luce della remissione di querela del 17 novembre 2022 e del fatto che, sentita il successivo 26 novembre, la stessa vittima avesse negato la violenza sessuale, contraddittoriamente riferita, invece, dai solo testimoni "de relato"; ii) la stessa persona offesa aveva reso dichiarazioni contraddittorie ma il Tribunale non ne ha tratto le giuste conclusioni, in punto (sopratutto) di credibilita' della vittima che ha fortemente negato la violenza sessuale, riferita solo dai due testimoni de relato perche' animati da sentimenti di gelosia; iii) e' incomprensibile la svalutazione delle dichiarazioni del proprio padre, pur indicato dalla persona offesa come persona a conoscenza dei fatti, che con quest'ultima ha sempre avuto ottimi rapporti; questi aveva riferito di essere a conoscenza di un litigio tra i coniugi per questioni economiche ma aveva aggiunto che il figlio non e' un tipo violento, e' un ottimo padre di famiglia e che non aveva mai notato lividi o altri segni di violenza sulla nuora; tali dichiarazioni si saldano con quanto riscontrato dai Carabinieri che, intervenuti immediatamente dopo la denunzia dei due testimoni "de relato", non avevano riscontrato alcun segno di violenza sul corpo della persona offesa asseritamente picchiata con calci e pugni, fino a quasi farla svenire, e violentata pur nelle condizioni in cui si trovava. CONSIDERATO IN DIRITTO 2.Il ricorso e' inammissibile perche' generico, manifestamente infondato e proposto al di fuori dei casi consentiti dalla legge nella fase di legittimita'. 3.Osserva, al riguardo, il Collegio: a) l'indagine di legittimita' sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato - per espressa volonta' del legislatore - a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilita' di verificare l'adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si e' avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione e', in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimita' la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente piu' adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944 - 01); b) l'illogicita' della motivazione, come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioe' di spessore tale da risultare percepibile "ictu oculi", dovendo il sindacato di legittimita' al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purche' siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794); c) la mancanza e la manifesta illogicita' della motivazione devono risultare dal testo del provvedimento impugnato, sicche' dedurre tale vizio in sede di legittimita' significa dimostrare che il testo del provvedimento e' manifestamente carente di motivazione e/o di logica, e non gia' opporre alla logica valutazione degli atti effettuata dal giudice di merito una diversa ricostruzione, magari altrettanto logica (Sez. U, n. 16 del 19/06/1996, Di Francesco, Rv. 205621), sicche' una volta che il giudice abbia coordinato logicamente gli atti sottoposti al suo esame, a nulla vale opporre che questi atti si prestavano a una diversa lettura o interpretazione, munite di eguale crisma di logicita' (Sez. U, n. 30 del 27/09/1995, Mannino, Rv. 202903); d) e' possibile esaminare direttamente le prove solo quando ne viene dedotto il travisamento, vizio configurabile quando si introduce nella motivazione una informazione rilevante che non esiste nel processo o quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia (Sez. 2, n. 27929 del 12/06/2019, Borriello, Rv. 276567 - 01; Sez. 2, n. 47035 del 03/10/2013, Giugliano, Rv. 257499 - 01; Sez. 5, n. 18542 del 21/01/2011, Carone, Rv. 250168 - 01, che definisce il travisamento alla stregua di un errore cosiddetto revocatorio che, cadendo sul significante e non sul significato della prova, si traduce nell'utilizzo di una prova inesistente per effetto di una errata percezione di quanto riportato dall'atto istruttorio); il relativo vizio ha natura decisiva solo se l'errore accertato sia idoneo a disarticolare l'intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa del dato processuale/probatorio (Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, S., Rv. 277758 - 01; Sez. 6, n. 5146 del 16/01/2014, Del Gaudio, Rv. 258774; Sez. 2, n. 47035 del 03/10/2013, Giugliano, Rv. 257499); 3.1.ne consegue che: a) il vizio di motivazione non puo' essere utilizzato per spingere l'indagine di legittimita' oltre il testo del provvedimento impugnato, nemmeno quando cio' sia strumentale a una diversa ricomposizione del quadro probatorio che, secondo gli auspici del ricorrente, possa condurre il fatto fuori dalla fattispecie incriminatrice applicata; b) oggetto di cognizione in sede di legittimita' non e' il fatto come ricostruibile in base alle prove assunte nella fase di merito, bensi' il fatto come ricostruito (e descritto) nel provvedimento impugnato. Il vizio di motivazione, pertanto, deve essere apprezzato in base alla lettura diretta e immediata del testo del provvedimento impugnato senza la "mediazione" di elementi spuri ad esso estranei (inequivoco il riferimento al "testo del provvedimento impugnato" contenuto nella lettera "e" del dell'articolo 606 c.p.p., comma 1); c) l'esame puo' avere ad oggetto direttamente la prova quando se ne deduce il travisamento, purche' l'atto processuale che la incorpora sia allegato al ricorso (o ne sia integralmente trascritto il contenuto) e possa scardinare la logica del provvedimento creando una insanabile frattura tra il giudizio e le sue basi fattuali; d) la natura manifesta della illogicita' della motivazione del provvedimento impugnato costituisce un limite al sindacato di legittimita' che impedisce alla Corte di cassazione di sostituire la propria logica a quella del giudice di merito e di avallare, dunque, ricostruzioni alternative del medesimo fatto, ancorche' altrettanto ragionevoli. 4.Orbene, appare evidente il tentativo del ricorrente di sollecitare una inammissibile lettura alternativa degli elementi di prova sui quali si basa la decisione impugnata. Egli sorvola sull'ampio e drammatico quadro tinteggiato, con dovizia di particolari e precisi riferimenti temporali, dal Tribunale del riesame sulla scorta non solo delle precise dichiarazioni rese dalla vittima alla polizia giudiziaria ma anche di quelle, collimanti, del direttore della comunita' (OMISSIS) e della moglie, persone, queste ultime, indicate dalla stessa persona offesa come perfettamente a conoscenza delle vicende della coppia e delle violenze dell'uomo (per come riferite proprio dalla loro connazionale). 4.1.Alla descrizione della vicenda e alla valutazione critica degli elementi di prova l'ordinanza impugnata dedica sette, fitte pagine nel corso delle quali, oltre a restituire, sul piano descrittivo, le informazioni tratte dai racconti della vittima e delle persone informate dei fatti, da' conto delle deduzioni difensive illustrando i motivi della affermata credibilita' della persona offesa, alla luce, sia del comportamento tenuto dalla donna dopo l'arresto del marito (del quale sentiva la mancanza ed era comunque rimasta innamorata), sia delle dichiarazioni del padre del ricorrente il quale aveva una conoscenza limitata e parziale delle vicende della coppia. 4.2. Il ricorso semplicemente neglige quest'ampia parte ricostruttiva della vicenda, cosi' come operata dai Giudici del riesame (vi dedica poche righe), fa continui richiami al materiale istruttorio (del quale, come detto, non deduce il travisamento, ma solo una inammissibile rilettura), introduce il dubbio del travisamento, da parte degli investigatori, delle dichiarazioni della vittima (probabilmente incapace, a suo dire, di comprendere e scrivere la lingua italiana), ipotizza l'inattendibilita' dei testimoni de relato (animati, afferma, da gelosia nei confronti della vittima), attribuisce alle dichiarazioni del padre dell'imputato una valenza probatoria tale da annichilire quelle di segno contrario. 4.3.Nel far cio', pero', il ricorrente: a) da' per scontata la possibilita' della Corte di cassazione di sindacare la motivazione del provvedimento impugnato mediante la lettura diretta degli elementi di prova utilizzati ai fini della decisione, cosi' da trarne informazioni diverse da quelle riversate dal Tribunale nell'ordinanza impugnata; b) non considera che la convergenza delle dichiarazioni accusatorie, ancorche' di diversa provenienza, depone, sul piano logico, per l'affidabilita' della fonte diretta delle informazioni (la vittima), la quale, all'evidenza sapeva farsi ben capire anche dagli investigatori; c) non prende minimamente in considerazione le ragioni per le quali il Tribunale ha ritenuto attendibile il racconto della vittima escludendo che le dichiarazioni del padre del ricorrente potessero scalfire la gravita' degli indizi di colpevolezza convergenti sul figlio; d) non considera che il travisamento della prova deve avere natura decisiva, non potendo costituire un mero strumento di lettura alternativa delle altre prove (nella specie, il ricorrente non spiega la natura decisiva delle dichiarazioni rese dalla vittima il 26 novembre 2022, tenuto conto del complessivo quadro probatorio nel quale si inseriscono, delle precise informazioni piu' volte rese in precedenza dalla vittima stessa alla polizia giudiziaria e ai suoi confidenti, del sentimento nutrito nei confronti del marito). 4.4.In questa contrapposizione tra il fatto descritto dall'ordinanza impugnata e quello desumibile, secondo il ricorrente, dalla lettura degli atti e nella conseguente diversa valutazione che della vicenda si puo' trarre, manca una precisa correlazione tra i vizi dedotti e le ragioni poste a fondamento dell'atto impugnato. 4.5.Secondo la giurisprudenza costante di questa Corte in tema di inammissibilita' del ricorso per cassazione, i motivi devono ritenersi generici non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresi' quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (Cass., Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013 Rv. 255568); cosicche' e' inammissibile il ricorso per cassazione quando manchi l'indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'atto d'impugnazione, che non puo' ignorare le affermazioni del provvedimento censurato (cfr., ex plurimis, Cass., Sez. 2, n. 19951 del 15/05/2008 Rv. 240109). Ai fini della validita' del ricorso per cassazione non e', percio', sufficiente che il ricorso consenta di individuare le statuizioni concretamente impugnate e i limiti dell'impugnazione, ma e' altresi' necessario che le ragioni sulle quali esso si fonda siano esposte con sufficiente grado di specificita' e che siano correlate con la motivazione della sentenza impugnata; con la conseguenza che se, da un lato, il grado di specificita' dei motivi non puo' essere stabilito in via generale ed assoluta, dall'altro, esso esige pur sempre - a pena di inammissibilita' del ricorso - che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengano contrapposte quelle del ricorrente, volte ad incrinare il fondamento logico-giuridico delle prime. E' quindi onere del ricorrente, nel chiedere l'annullamento del provvedimento impugnato, prendere in considerazione gli argomenti svolti dal giudice di merito e sottoporli a critica, nei limiti - s'intende - delle censure di legittimita' (cosi', in motivazione, Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014). 5.Alla declaratoria di inammissibilita' del ricorso consegue, ex articolo 616 c.p.p., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l'onere delle spese del procedimento nonche' del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 3.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita' e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52 in quanto imposto dalla legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. PETRUZZELLIS Anna - Presidente Dott. PACILLI Giuseppina - Consigliere Dott. TRIPICCIONE Debora - Consigliere Dott. DI GERONIMO Paolo - rel. Consigliere Dott. D'ARCANGELO Fabrizio - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato in (OMISSIS); avverso la sentenza emessa il 12/1/2023 dal Tribunale di Trento visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione del consigliere Paolo Di Geronimo; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Vincenzo Senatore, che ha chiesto dichiararsi l'inammissibilita' del ricorso; letta la memoria dell'avvocato (OMISSIS), che ha chiesto l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Nei confronti del ricorrente veniva emessa sentenza di applicazione della pena in relazione al reato di cui all'articolo 572 c.p.. 2. Avverso tale sentenza il ricorrente ha proposto un unico motivo con il quale deduce la nullita' conseguente alla violazione degli articoli 129-bis e 419, comma bis, c.p.p.. Sostiene il ricorrente, infatti, che a seguito delle modifiche apportate dalla riforma "Cartabia", il giudice avrebbe dovuto valutare la possibilita' di disporre l'avvio di un programma di giustizia riparativa, facolta' esercitabile anche d'ufficio in base alla nuova previsione contenuta all'articolo 129-bis c.p.. In ogni caso, l'imputato avrebbe dovuto ricevere l'avviso in ordine alla facolta' di accedere ai programmi di giustizia riparativa. 3. Il giudizio e' stato trattato in forma cartolare. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' manifestamente infondato. 2. Occorre in primo luogo precisare che le nuove previsioni contenute all'articolo 129-bis e 419, comma 3-bis, c.p.p. non contemplano alcuna ipotesi di nullita' nel caso di mancata applicazione. In particolare, l'articolo 129-bis c.p.p., nel prevedere la possibilita' che il giudice disponga d'ufficio l'invio delle parti ad un centro per la mediazione, si limita a disciplinare un potere - essenzialmente discrezionale - riconosciuto al giudice, senza introdurre espressamente un obbligo di attivarsi. A ben vedere, infatti, l'opzione circa la sollecitazione del procedimento riparativo e' dettata da una serie di valutazioni che attengono alla tipologia del reato, ai rapporti tra l'autore e la persona offesa, all'idoneita' del percorso ripartivo a risolvere le questioni che hanno determinato la commissione del fatto. Si tratta di una valutazione che non impone al giudice di avvalersi del richiamato potere, ne' di motivare la sua scelta" con la conseguenza che nel caso di mancata attivazione del percorso riparativo non e' configurabile alcuna nullita', ne' speciale, ne' di ordine generale, non essendo compromesso alcuno dei diritti e facolta' elencati all'articolo 178, lett.c), c.p.p.. Analoghe considerazioni valgono anche in relazione all'omesso avviso in ordine alla facolta' di accedere ai programmi di giustizia riparativa contemplato dall'articolo 419, comma 3-bis, c.p.p.. La norma, infatti, non prevede alcuna nullita' speciale per il caso in cui l'avviso venga omesso, ne' puo' ritenersi che l'omissione vada a ledere il diritto dell'imputato di accedere a tale forma di definizione del procedimento. L'avviso in esame, a ben vedere, ha solo una finalita' informativa e, peraltro, si inserisce in una fase in cui l'imputato beneficia dell'assistenza difensiva, con la conseguenza che dispone gia' del necessario presidio tecnico finalizzato alla migliore valutazione delle molteplici alternative processuali previste dal codice, ivi compresa quella di richiedere l'accesso al programma di giustizia riparativa. 2.1. Occorre, infine, aggiungere che la deduzione della nullita' della sentenza per una violazione asseritamente intervenuta prima della formulazione della richiesta di patteggiamento, esula dalle ipotesi rispetto alle quali l'articolo 448, comma 2-bis, c.p.p. consente la proposizione del ricorso in cassazione. 3. Alla luce di tali considerazioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FIDELBO Giorgio - Presidente Dott. CAPOZZI Angelo - Consigliere Dott. CALVANESE Ersilia - Consigliere Dott. DI GERONIMO Paolo - rel. Consigliere Dott. DI GIOVINE Ombretta - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nata a (OMISSIS); avverso la sentenza emessa il 14/11/2022 dalla Corte di appello di Milano; visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione del consigliere Paolo Di Geronimo; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Perla Lori, che ha chiesto dichiararsi il ricorso inammissibile. RITENUTO IN FATTO 1. La Corte di appello di Milano confermava la condanna emessa nei confronti di (OMISSIS) in ordine al reato di concorso in corruzione, mantenendo ferma anche la confisca del profitto del reato determinato in Euro1.600,00. 2. Avverso tale sentenza il ricorrente propone tre motivi di impugnazione. 2.1. Con il primo motivo, deduce vizio di motivazione in ordine al mancato accoglimento della richiesta di derubricazione della corruzione nella meno grave fattispecie di cui all'articolo 346-bis c.p.. Sulla base dell'accertamento in fatto compiuto dai giudici di merito, sarebbe emerso che (OMISSIS), avendo conosciuto un agente di polizia addetto all'Ufficio immigrazione, si era limitato a mettere in contatto il predetto con alcuni immigrati che necessitavano di pratiche presso tale ufficio. Il ruolo del ricorrente, pertanto, era consistito esclusivamente nel facilitare il contatto tra gli immigrati e l'agente di polizia, essendo rimasto del tutto estraneo alle successive condotte corruttive poste in essere esclusivamente dal pubblico agente. In tale contesto, il ricorrente non aveva percepito alcuna quota del prezzo della corruzione, infatti, al (OMISSIS), erano state versate somme di circa Euro50/100 da parte degli immigrati a titolo di "mancia" per l'intermediazione con i pubblici agenti e non certo' il maggior importo di Euro400,00/1.000,00 indicato nel capo di imputazione. 2.2. Con il secondo motivo, si deduce vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell'attenuante di cui all'articolo 323-bis c.p., comma 2, nonostante il ricorrente avesse tenuto un comportamento processuale collaborativo e fondamentale per l'individuazione dei soggetti stranieri coinvolti nella vicenda che, altrimenti, non sarebbero stati agevolmente individuati. Inoltre, la gravita' complessiva della condotta addebitata al ricorrente era assolutamente modesta, specie se confrontata con i gravi fatti emersi nel corso dell'indagine a carico di plurimi pubblici ufficiali. 2.3. Con il terzo motivo, si deduce il vizio di motivazione in merito alla quantificazione della confisca, stabilita nella somma di Euro1.600,00, sul presupposto che le condotte relative ai coniugi egiziani (OMISSIS) e (OMISSIS), aventi ad oggetto il rinnovo del permesso di soggiorno, andrebbero considerati come un'unica "pratica". Peraltro, non risulterebbe giustificato il pagamento di una somma di denaro al solo fine di ottenere il celere disbrigo della pratica e, infine, non risulterebbe alcun contatto tra il ricorrente e la (OMISSIS). CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' manifestamente infondato. 2. Il primo motivo di ricorso tende a fornire una ricostruzione del fatto alternativa rispetto a quella concordemente offerta dai giudici di merito, al fine di addivenire alla derubricazione del reato nella meno grave fattispecie di cui all'articolo 346-bis c.p.. Nella motivazione resa dalla Corte di appello si descrive compiutamente la condotta del ricorrente, specificandosi che questi "prendeva i contatti con le persone extracomunitarie interessate e comunicava i loro nomi al pubblico ufficiale. Quest'ultimo, una volta ottenuto il permesso, contattava (OMISSIS) affinche' avvertisse lo straniero per il ritiro del documento e la consegna di una busta contenente la somma di denaro prezzo da pagare per l'illecita attivita' " (cosi' a p.13). Nel prosieguo della motivazione, la Corte di appello ribadisce che il pubblico ufficiale, a seguito dell'avvenuto rilascio del permesso di soggiorno, contattava gli stranieri tramite (OMISSIS), il quale si faceva consegnare il prezzo dell'accordo corruttivo, oscillante tra Euro400,00 ed Euro1.000,00, di cui una percentuale veniva trattenuta da (OMISSIS), quale remunerazione per la propria attivita'. Anche nella sentenza resa in primo grado, la condotta e' descritta in modo sostanzialmente identico, anche con riferimento all'importo corrisposto a (OMISSIS), dagli stranieri che viene indicato nella somma di quantomeno Euro400,00. 2.1. La ricostruzione in fatto, insuscettibile di rivalutazione in sede di legittimita', restituisce una condotta pienamente integrante il concorso nella corruzione, in luogo della diversa ipotesi del traffico di influenze. Il ricorrente, infatti, non si limitava affatto a porre in contatto il privato con il pubblico agente, restando estraneo all'accordo corruttivo, bensi' poneva in essere una condotta partecipativa, tant'e' che i privati interessati alle pratiche amministrative curate dai pubblici ufficiali corrotti corrispondevano direttamente a (OMISSIS), il prezzo della corruzione e solo dopo l'ottenimento dell'atto amministrativo (permesso di soggiorno o rinnovo dello stesso). Nel caso di specie, pertanto, la remunerazione percepita da (OMISSIS), non era finalizzata esclusivamente a remunerare la sua intermediazione, bensi' era causalmente dipendente dall'ottenimento delratto amministrativo da parte del pubblico ufficiale partecipe dell'accordo corruttivo. La giurisprudenza, occupandosi della delimitazione dei rapporti tra traffico di influenze illecite e concorso nella corruzione, ha chiarito che il reato di cui all'articolo 346 bis c.p., si differenzia, dal punto di vista strutturale, dalle fattispecie di corruzione per la connotazione causale del prezzo, finalizzato a retribuire soltanto l'opera di mediazione e non potendo, quindi, neppure in parte, essere destinato all'agente pubblico (Sez.6, n. 28978 edl 27/6/2013, Angeleri, Rv. 255618; Sez.6, n. 4113 del 14712/2016, dep.2017, Rigano, Rv. 269736; Sez.6, n. 18125 del 22/10/2019, dep. 2020, Bolla, Rv. 279555-08). Nel caso di specie, il ricorrente percepiva personalmente il prezzo della corruzione, con l'impegno di divedere l'importo con il pubblico agente, sicche' la condotta accertata rientra appieno nello schema corruttivo. 3. Il secondo motivo di ricorso, concernente l'omesso riconoscimento dell'attenuante di cui all'articolo 323-bis c.p., comma 2, e' manifestamente infondato, non confrontandosi con la motivazione resa dalla Corte d'appello. In motivazione si da' atto della sostanziale marginalita' del contributo offerto da (OMISSIS), atteso che il coinvolgimento degli stranieri dal medesimo indicati era gia' emerso in sede investigativa e, quindi, le dichiarazioni dell'imputato nulla avevano aggiunto all'impianto accusatorio. Per quanto concerne, invece, la complessiva valutazione di tenuita' della condotta, se ne evidenzia l'irrilevanza, avendo il ricorrente invocato l'attenuante di cui all'articolo 323-bis c.p. comma 2, che, a differenza di quanto previsto dal comma 1, non fa riferimento alla offensivita' del fatto. 4. Il terzo motivo di ricorso, relativo alla quantificazione del profitto del reato, stabilito in complessivi Euro1.600,00, e' aspecifico, posto che il ricorrente si limita a sollevare censure in punto di fatto, sostenendo che la pratica relativa al permesso di soggiorno richiesto dai coniugi egiziani (OMISSIS) e (OMISSIS) doveva considerarsi come unitaria e, quindi, non dar luogo ad una duplice dazione di denaro. Si tratta di doglianze del tutto generiche, fondate su una mera ricostruzione alternativa del fatto e che non si confronta con la concorde descrizione della condotta effettuata dai giudici di merito. 5. Alla luce di tali considerazioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. VESSICHELLI Maria - Presidente Dott. BELMONTE T.Maria - rel. Consigliere Dott. DE MARZO Giuseppe - Consigliere Dott. BORRELLI Paola - Consigliere Dott. BRANCACCIO Matilde - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: - (OMISSIS) nato a (OMISSIS); - Procuratore generale preso la corte d'appello nel procedimento a carico di: - (OMISSIS) nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); inoltre: BANCA UNICREDIT, parte civile mìnoin rirorrente; ASSOCIAZIONE (OMISSIS)" parte civile non ricorrente; PRESIDENZA CONSIGLIO MINISTRI - MINISTERO INTERNO, parte civile non ricorrente. avverso la sentenza del 29/09/2020 della CORTE APPELLO di NAPOLI visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere MARIA TERESA BELMONTE; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Il Procuratore generale in persona del Sostituto, Pasquale SERRAO D'AQUINO, conclude per l'inammissibilita' per carenza di interesse del ricorso proposto in difesa di (OMISSIS); con riferimento al ricorso del Procuratore Generale di Napoli, per l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), e per il rigetto del ricorso nei confronti di (OMISSIS). L'avvocato (OMISSIS), in difesa della parte civile BANCA UNICREDIT, deposita nota spese e conclusioni alle quali si riporta. L'avvocato (OMISSIS), per l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, in difesa della parte civile PRESIDENZA CONSIGLIO MINISTRI - MINISTERO INTERNO, deposita conclusioni. Gli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), comuni difensori di (OMISSIS), chiedono l'inammissibilita' per carenza di interesse, in subordine il rigetto, del ricorso del Procuratore Generale della Corte d'Appello di Napoli. Gli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), codifensori di (OMISSIS), chiedono il rigetto, in subordine, lainammissibilita', del ricorso del Procuratore Generale e la conferma della sentenza impugnata. L'avvocato (OMISSIS), anche quale sostituto processuale del codifensore (OMISSIS), nell' interesse di (OMISSIS), relativamente al primo motivo di ricorso, chiede l'accoglimento, in subordine la trasmissione degli atti alle Sezioni Unite per dirimere il contrasto tra sezioni civili e penali sul punto; chiede il rigetto delle richieste delle costituite parti civili; si riporta ai motivi di ricorso e insiste per l'accoglimento dello stesso; deposita copia della memoria inviata a mezzo pec il (OMISSIS). RITENUTO IN FATTO 1.II Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, con sentenza del 21 aprile 2017, aveva dichiarato - (OMISSIS) colpevole del reato a lui ascritto al capo K1 (limitatamente alla fattispecie tentata di cui all' articolo 56 - articolo 648 ter c.p.), condannandolo alla pena di anni cinque di reclusione ed Euro tremila di multa, con le pene accessorie di legge, nonche' al risarcimento del danno in favore delle costituite parti civili - Banca Unicredit, "Associazione (OMISSIS), Associazione e sindacati insieme per la legalita' e lo sviluppo", e "Presidenza del Consiglio dei Ministri". - (OMISSIS) colpevole del reato a lui ascritto al capo U), riqualificando ai sensi dell'articolo 648 c.p. l'originaria imputazione di reimpiego di beni provenienza illecita (articolo 648 ter), in relazione a una polizza fidejussoria risultata falsa, altresi', escludendo la circostanza aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7 e condannandolo alla pena di anni cinque di reclusione ed Euro tremila di multa, con le pene accessorie di legge, nonche' al risarcimento del danno in favore della parte civile - Banca Unicredit. Rileva, altresi', ricordare che il Tribunale aveva pronunciato sentenza di non doversi procedere nei confronti di (OMISSIS) per il reato di cui al capo S) (truffa aggravata ai danni di Unicredit), per intervenuta prescrizione, esclusa la circostanza aggravate di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7, mentre lo aveva assolto, per non aver commesso il fatto, dal delitto sub Kl. - (OMISSIS) colpevole del delitto di cui al capo A), di cui agli articoli 110 - 416-bis c.p., cosi' riqualificata la originaria imputazione di partecipazione all'associazione di stampo mafioso denominata "clan dei casalesi", condannandolo, previa esclusione della circostanza aggravante di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 6, alla pena di ani nove di reclusione con le pene accessorie di legge. 1.1. La Corte di appello di Napoli, con la sentenza impugnata, in parziale riforma della decisione di prime cure, per quanto qui rileva: - ha assolto (OMISSIS) dal delitto sub K1) per non aver commesso il fatto, ai sensi dell'articolo 530 cpv. c.p.; - ha assolto (OMISSIS) dal delitto sub A), perche' il fatto non sussiste, ai sensi dell'articolo 530 cpv. c.p.; - ha assolto (OMISSIS) dal delitto sub U) perche' il fatto non costituisce reato, ai sensi dell'articolo 530 cpv. c.p., e ha confermato la decisione di prime cure quanto al delitto sub S) (proscioglimento per prescrizione), per cui l'imputato aveva proposto impugnazione per conseguire una statuizione piu' favorevole. 1.2. Secondo la ricostruzione di merito, i fatti in esame si inseriscono in un'ampia vicenda processuale, articolatasi in plurimi procedimenti, avente riguardo alle condotte poste in essere negli anni finali del decennio scorso da affiliati all'associazione camorristica denominata ‘clan dei casalesi', nella sua (OMISSIS) - in territorio di (OMISSIS) - le quali hanno disvelato anche contatti del contesto camorrista con ambiti politici e imprenditoriali. Dalle indagini condotte dalla Procura distrettuale di Napoli, e' emerso il sistematico inquinamento corruttivo - mafioso delle competizioni elettorali per il rinnovo dell'amministrazione comunale di (OMISSIS), sia nel 2007 che nel 2010, condotte funzionali al reimpiego di cospicui capitali illeciti da parte delle famiglie (OMISSIS) - (OMISSIS) e (OMISSIS) nella grande speculazione urbanistica finanziaria costituita dalla realizzazione - in realta' poi fallita - del centro commerciale ‘Il (OMISSIS)' che sarebbe dovuto sorgere tra i comuni di (OMISSIS) e (OMISSIS); erano emerse, inoltre, per quanto qui rileva, le condotte funzionali al controllo illecito del mercato della produzione e della distribuzione del calcestruzzo in provincia di Caserta, poste in essere da esponenti del predetto clan in accordo con un ristretto cartello di imprenditori collusi: a tale ultimo ambito attiene la posizione di (OMISSIS). 1.2.1. La vicenda giudiziaria di (OMISSIS) e (OMISSIS), invece, si inquadra in quella del centro commerciale, per la cui realizzazione era stata presentata, in origine, domanda da parte di una societa' di Milano ( (OMISSIS)), che poco dopo, aveva ceduto un ramo di azienda in favore della societa' (OMISSIS) - in realta' risultata essere una scatola vuota, con un capitale di 10.000, del tutto inadeguata e priva di risorse rispetto alla progettata realizzazione del centro commerciale che richiedeva un impegno economico di svariati milioni di Euro. Inoltre, la (OMISSIS) faceva capo di fatto, attraverso i suoi legali rappresentanti (la moglie e il cognato del coimputato (OMISSIS), non ricorrente), a (OMISSIS), imprenditore colluso con il clan dei Casalesi, nelle more deceduto, il quale, nel tentativo di procurarsi un ingente finanziamento sia per l'acquisto dei terreni che per la costruzione del centro commerciale, aveva conosciuto il direttore della filiale di Unicredit di Roma Tiburtina - (OMISSIS) -, da cui aveva ricevuto nel 2006 la disponibilita' a un finanziamento dell'opera edilizia, a 15 anni, per 13 milioni di Euro, dietro presentazione di una fidejussione per la erogazione della tranche iniziale di 5.500.000 di Euro; fidejussione dell'importo di otto milioni di Euro che la (OMISSIS) ottenne nel (OMISSIS), apparentemente rilasciata da Monte Paschi di Siena e completa di autentica notarile, che, tuttavia, risulto', alcuni mesi dopo, integralmente contraffatta, in quanto mai rilasciata ne' autenticata, come da querela sporta dal notaio. Alla vicenda relativa alla contraffazione della polizza e al suo uso e' riconducibile quella giudiziaria di (OMISSIS) e di (OMISSIS). In particolare, la polizza contraffatta venne utilizzata dal coimputato (OMISSIS) per ottenere il finanziamento da Unicredit - filiale di Roma Tiburtina, senza essere preceduta dagli ordinari preventivi controlli bancari per operazioni di tal genere, e cio' - secondo l'ottica accusatoria - sarebbe dipeso dal fatto che il direttore della filiale, (OMISSIS), aveva ricevuto pressioni in tal senso dall'allora deputato di Forza Italia, (OMISSIS), che sarebbe stato il referente politico del clan dei casalesi. In relazione a tale operazione: - e' stato contestato il reato di truffa in danno di Unicredit al capo S) della rubrica (contestato a (OMISSIS)); - per l'impiego della polizza fidejussoria nella pratica di concessione del finanziamento in favore della (OMISSIS) s.r.l., la contestazione e' compendiata nel capo U (contestato al solo (OMISSIS) e derubricato dalla Corte di appello nel delitto di cui all'articolo 648 c.p.); - per il reimpiego di capitali illeciti e' stato contestato (tra gli altri, a (OMISSIS) e (OMISSIS)) il capo Kl, (ritenuto dal Tribunale nella sola fattispecie tentata). 1.2.2. La fattispecie associativa, oggetto del capo A), e' quella in cui si inserisce la posizione di (OMISSIS), al quale e' stata contestata la partecipazione al sodalizio denominato ‘clan dei Casalesi' poi derubricata in concorso esterno dal Tribunale). Secondo l'Accusa, (OMISSIS) era uno storico imprenditore del settore del calcestruzzo da sempre legato alla criminalita' organizzata e da questa protetto, nel senso che il sodalizio criminoso imponeva alle imprese edili impiegate nell'attivita' edilizia sul territorio di riferimento di rifornirsi presso la ditta di (OMISSIS) per la fornitura di calcestruzzo. 2. Ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Napoli, nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS), assolti dalla Corte di appello, rispettivamente, il primo, dal reato sub K1), e (OMISSIS) dal reato sub A). Il ricorso e' affidato a sette motivi. I primi cinque motivi riguardano la posizione di (OMISSIS); con i primi quattro, vengono denunciati vizi della motivazione, anche per travisamento della prova. 2.1. Con il primo motivo, ci si duole del travisamento per omissione nella valutazione delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), tutti strettamente legati a (OMISSIS), esponente di spicco del sodalizio, a sua volta, determinatosi alla collaborazione giudiziaria successivamente alla sentenza di primo grado, ed escusso dalla Corte di appello durante il giudizio di appello. Lamenta, in particolare, il P.G., una valutazione parcellizzata delle propalazioni dei collaboratori. Ha premesso il ricorrente che la sentenza di primo grado aveva riconosciuto la colpevolezza di (OMISSIS), anche sulla base delle dichiarazioni dei predetti collaboranti, i quali avevano riferito che la realizzazione del centro commerciale era ‘affare' dei (OMISSIS) e dei (OMISSIS) (tra loro parenti), di cui Di Canterino era un mero prestanome; che (OMISSIS) era intervenuto recandosi a Roma presso la filiale ‘Unicredit' di Tiburtina, diretta da (OMISSIS), per ottenere il finanziamento (poi effettivamente autorizzato dall'istituto bancario a distanza di breve tempo), cosi' risolvendo quello che si era presentato come l'unico vero problema che (OMISSIS), per la (OMISSIS) s.r.l., aveva dovuto affrontare, dal momento che la parte amministrativa non ne aveva dato (cosi' (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)); che il clan era direttamente interessato alla realizzazione del centro commerciale per tre ordini di ragioni: incassare le estorsioni ai danni degli esercizi commerciali del centro commerciale, beneficiare del ritorno di immagine ed economico derivante dalla presenza di un siffatto centro nel paese di (OMISSIS), conseguendone enorme profitto, assicurare posti di lavoro ai cittadini di (OMISSIS) nel centro ( (OMISSIS)- (OMISSIS)); che, della vicenda, si stava occupando, su delega di (OMISSIS) e Massimo (OMISSIS), il direttore dell'U.T.C. del Comune di (OMISSIS) ((OMISSIS)) per il tramite di (OMISSIS), (Sindaco di (OMISSIS)) e di (OMISSIS). Si duole che tali fonti siano state del tutto eluse dalla Corte di appello, pur riferendosi i collaboranti a fonti qualificate, come (OMISSIS) e (OMISSIS) e lo stesso (OMISSIS), cosi' come del tutto eluso risulterebbe lo scrutinio della convergenza del molteplice nelle dichiarazioni in atti - secondo le quali l'affare illecito del clan era affare della famiglia (OMISSIS), attuato per conto degli (OMISSIS), compiuto per mezzo dell'imprenditore (OMISSIS), con l'apporto di (OMISSIS), a tanto interessato, sia per ragioni politiche sia per i suoi legami con il clan che lo sosteneva elettoralmente e di cui era espressione. Inoltre, la Corte di appello avrebbe omesso di valutare le dichiarazioni dei predetti collaboratori sia ai fini del giudizio di attendibilita' intrinseca del narrato di (OMISSIS), che per conseguirne riscontri con riferimento alla posizione dell'imputato. 2.2. Il secondo motivo si muove nella medesima ottica, denunciando l'omesso scrutinio delle intercettazioni, che pure la Corte di appello ha posto alla base del ribaltamento assolutorio, tuttavia, senza considerare e valutare tutte le intercettazioni, nel loro dipanarsi cronologico e nel collegamento che le avvince. In tal senso, viene dedotto il vizio di contraddittorieta' della motivazione, giacche' la Corte di appello non si sarebbe attenuta alla regola di giudizio, che pure ha evocato, limitandosi a una delibazione solo parziale e orientata del compendio dimostrativo. Vengono, quindi, indicate le intercettazioni, successive all'incontro presso Unicredit Roma Tiburtina del febbraio 2007, che sarebbero dimostrative della partecipazione del (OMISSIS) all'affare illecito del centro commerciale, e circa il senso dell'incontro presso l'Istituto bancario, a differenza di quanto rilevato dalla Corte di appello che, sul punto, ha omesso ogni considerazione. Le intercettazioni individuate dal ricorrente darebbero, dunque, conto della non occasionalita' dell'intervento del (OMISSIS) presso Unicredit sia prima dell'incontro in banca, che successivamente. 2.3. Con il terzo motivo, si deduce che la Corte territoriale sarebbe incorsa in un travisamento per omissione, laddove, nella sentenza impugnata, non e' stata compiuta alcuna valutazione delle intercettazioni, diverse da quelle che si riferiscono all'incontro presso Unicredit del (OMISSIS) che, invece, sono state considerate dal Tribunale per giungere alla affermazione di responsabilita', e che chiamano in causa il (OMISSIS), quale protagonista dell'affare del centro commerciale, sul quale poter fare affidamento, egli interessandosi costantemente e fungendo da garante. Anche tali intercettazioni sono trascritte nel ricorso. 2.4. Con il quarto motivo, vengono evidenziate le illogicita' che affliggono la motivazione della sentenza impugnata laddove espone, con motivazione che il ricorrente giudica estremamente sintetica, le ragioni dell'approdo assolutorio. In particolare, viene censurato l'assunto dal quale e' partita la Corte di appello, ovvero le carenze della fonte di prova costituita dal collaboratore di giustizia (OMISSIS), in relazione al cui propalato, pur ritenendosi superato positivamente il vaglio di attendibilita', la Corte ha dato atto di "plurimi profili di perplessita' quanto alla esistenza di riscontri con riguardo alle dichiarazioni rese a carico del (OMISSIS) che - si ribadisce - sono le uniche che interessano in questa sede, dovendo rilevarsi che la ricostruzione dei fatti che si ricava dal compendio delle interazioni stride con il narrato del collaboratore". Il ricorrente procede, quindi, a evidenziare le aporie della motivazione con riguardo alle cinque circostanze, enunciate a pg. 25 e 26 della sentenza impugnata, su cui la Corte di appello ha fondato il ribaltamento, giacche', anche in tal caso, la valutazione e' frutto di travisamento: ci si riferisce alle affermazioni che: - (OMISSIS) non conoscesse (OMISSIS) e gli altri funzionari Unicredit Roma; - che "la patica di erogazione del finanziamento era gia' avviata e prossima alla chiusura gia' qualche giorno dell'incontro del 7 febbraio 2007 e che era stato lo (OMISSIS) a proporre che essa venisse anticipata a mezzo ‘telex' della fidejussione e non con la regolare procedura dello swift"; - che la riunione alla quale partecipo' il (OMISSIS) aveva una ragione esclusivamente politica (promuovere la candidatura del cognato dello (OMISSIS)), come si evince dalla circostanza che inizialmente si era parlato di un incontro presso sedi o segreterie politiche a Caserta; - che "dal tenore letterale delle conversazioni intercettate si desume una sorta di fastidio del (OMISSIS) per tale incontro e perle insistenze del (OMISSIS) e che addirittura, quando il (OMISSIS) pero' di incontrarlo di persona questi non gli consenti' neanche di interloquire". - che la scoperta della falsita' della fidejussione non provoco' alcuna reazione negativa di (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS), che "pure ci aveva messo la faccia". In realta', tutte tali affermazioni - che hanno portato alla assoluzione dell'imputato per insufficienza della prova, ai sensi dell'articolo 530 cpv. c.p. - sarebbero smentite - secondo il ricorrente - dal compendio probatorio, come specificamente evocato in ricorso, da cui si desume, piuttosto, l'interesse di (OMISSIS) a conoscere (OMISSIS), politico influente, anche perche' sollecitato dal cognato (avvocato (OMISSIS)), interessato a una candidatura nel partito di cui il (OMISSIS) era esponente; che (OMISSIS) era consapevole della capacita' di (OMISSIS) di potere influire in ambito bancario per sbloccare la pratica di finanziamento; che l'intervento di (OMISSIS) era necessario a garantire il buon esito della fidejussione della cui irregolarita', prima ancora della falsita', era ben consapevole (OMISSIS), che, per come emerge dalle intercettazioni, accetto' la procedura cartacea irregolare grazie all'intervento di (OMISSIS); che la riunione non ebbe un carattere esclusivamente politico, giacche', dalle prove acquisite nel processo e ignorate dalla Corte di merito, emerge l'interesse del (OMISSIS) alla sponsorizzazione della candidatura del (OMISSIS) come correlato al finanziamento al (OMISSIS); d'altro canto, le elezioni regionali a cui ci si riferisce, si sarebbero tenute tre anni dopo; non e' dato comprendere, inoltre, secondo il Procuratore impugnante, da quali intercettazioni la Corte di merito abbia tratto l'impressione del fastidio del (OMISSIS) per l'incontro del febbraio 2007; infine, (OMISSIS) non poteva avere alcuna reazione eclatante nei confronti di (OMISSIS), una volta scoperta la falsita' della fidejussione, dal momento che quest'ultimo garanti' con la banca il finanziamento in favore di imprenditori privi di mezzi propri. 2.5. Con il quinto motivo, viene denunciata violazione e falsa applicazione dell'articolo 648-ter c.p.p.. Premette il ricorrente che la Corte di appello e' pervenuta al verdetto assolutorio anche per la carenza dell'effetto dissimulatorio, che sarebbe tipico anche della fattispecie di reimpiego qui contestata, non risultando un particolare intento di occultamento delle condotte del (OMISSIS), cosicche', verrebbe a mancare, sotto il profilo dell'elemento soggettivo, l'univocita' richiesta per la punibilita' del delitto nella forma tentata, sostiene il ricorrente che trattasi di interpretazione ingiustificatamente restrittiva, e, comunque, di motivazione illogica e contraddittoria, dal momento che la stessa Corte di appello da' per scontato che la realizzazione del centro commerciale rappresentasse una "ghiotta occasione per realizzare gli affari del clan dei casalesi". 2.6. Con il sesto motivo, relativo alla posizione di (OMISSIS), viene denunciata illogicita' manifesta della motivazione e travisamento della prova, con riguardo all'assoluzione dell'imputato dal reato di cui al capo A). Posto che il Tribunale aveva ritenuto dimostrato l'inserimento dello (OMISSIS) nel sistema di controllo delle attivita' economiche e, in specie, del nevralgico settore della fornitura di calcestruzzo, in cui il contributo rafforzativo dello (OMISSIS) veniva individuato nell'elargizione di somme di danaro che l'imprenditore versava al clan quale quota delle forniture di calcestruzzo che lo stesso clan gli consentiva di acquisire, e che la assoluzione si e' fondata sulla ritenuta genericita' delle dichiarazioni accusatorie dei collaboratori di giustizia (OMISSIS) e (OMISSIS), si duole il Procuratore ricorrente del travisamento nel quale sarebbe incorsa la Corte di appello nella valutazione delle dichiarazioni collaborative. In particolare, lamenta che la Corte di appello ha ritenuto (OMISSIS) inattendibile perche' non aveva saputo riconoscere lo (OMISSIS), senza considerare che con lui l'imputato non si era mai incontrato, avendo avuto solo contatti telefonici; tautologica, invece, la motivazione con la quale la Corte di appello ha censurato la genericita' delle dichiarazioni di (OMISSIS) e (OMISSIS), invece, specifiche e dettagliate. 2.7. Con il settimo motivo, e' denunciata la inutilizzabilita' delle dichiarazioni apparentemente rese da (OMISSIS), e utilizzate dalla Corte di appello in violazione dell'articolo 513 c.p.p., nonche' vizi della motivazione anche per travisamento della prova, quanto alla valutazione delle dichiarazioni di (OMISSIS). Premesso che la Corte di appello ha sostenuto che le dichiarazioni di (OMISSIS) sarebbero smentite dal propalato di (OMISSIS), osserva il ricorrente he, tuttavia, le dichiarazioni in questione erano state allegate a una memoria conclusionale prodotta alla Corte di appello con PEC del (OMISSIS) dai difensori di (OMISSIS), quando era gia' terminata l'istruttoria dibattimentale, e, quindi, del tutto inutilizzabili, in quanto sottratte al contraddittorio. Inoltre, il verbale cosi' acquisito dalla Corte di appello risulta essere, in realta', il frutto dell'assemblaggio di due diversi interrogatori, in cui risultano mancanti le parti in cui il collaboratore (OMISSIS) fa riferimento a (OMISSIS), confermando, quanto riferito dal (OMISSIS), ovvero che (OMISSIS) fosse un fornitore di cemento, legato al clan dei casalesi. Quindi, in sintesi, la Corte di appello, nel definire la posizione di (OMISSIS), ha utilizzato una fonte di prova mai acquisita ritualmente agli atti del processo; ha utilizzato un verbale assemblato arbitrariamente; ha fatto un uso parziale del propalato dello (OMISSIS). 3. Il ricorso di (OMISSIS), affidato al difensore di fiducia, avvocato (OMISSIS), e' articolato in 4 motivi. 3.1. Il primo motivo attiene alla ricettazione contestata al capo U), e denuncia erronea applicazione dell'articolo 530 c.p.p. e correlati vizi della motivazione. Premette che sussiste l'interesse ai fini civilistici al ricorso avverso sentenza non pienamente liberatoria quanto all'accertamento della sussistenza del fatto e della responsabilita'; che l'imputazione afferisce alla ricezione e al successivo reimpiego della fidejussione poi risultata contraffatta, apparentemente rilasciata dal M.P.S. per un importo di 8 milioni di Euro, a garanzia del finanziamento richiesto da (OMISSIS) s.r.l. a Unicredit per 5,5 milioni di Euro. Tanto premesso, si duole il ricorrente dell'illogicita' del ragionamento giustificativo offerto dalla Corte di appello a sostegno di un verdetto assolutorio reso ai sensi dell'articolo 530 c.p.p., comma 2, giacche' la stessa sentenza ammette che (OMISSIS) ignorava, al momento della ricezione del documento - il 19 febbraio 2007 -che si trattasse di una polizza interamente falsificata e, addirittura, recante una falsa autenticazione notarile, concludendo nel senso della "assenza di prova della colpevolezza della sussistenza del cd. reato presupposto". L'acclarata assenza dell'elemento soggettivo rende inadeguata la pronuncia assolutoria con la formula individuata dalla Corte di appello. 3.2. Con il secondo motivo - che attiene alla truffa ai danni di Unicredit contestata al capo S) lamenta la Difesa che la Corte di appello ha escluso il pronunciamento assolutorio invocato con il gravame, sul rilievo della mancata rinuncia alla prescrizione, con motivazione contraddittoria, giacche' la stessa Corte, per il capo U, pure esso da tempo prescritto, ha, invece, ritenuto di pronunciare assoluzione nel merito. D'altro canto, si osserva come gli artifici e i raggiri descritti nel capo di imputazione non abbiano trovato conferma nel dibattimento, giacche' l'unica condotta artificiosa che gli e' imputata e' quella di avere ricevuto la polizza, ovvero la condotta contestata sub U), da cui e' stato pero' assolto. In ogni caso, "la gestione disinvolta della pratica" e le "plurime irregolarita' amministrative" sarebbero imputabili allo (OMISSIS), quali rilievi meramente disciplinari, e, in ultima analisi, la contestata truffa non potrebbe essere ascritta al ricorrente quantomeno sotto il profilo soggettivo, stante l'acclarata mancanza di consapevolezza in capo a (OMISSIS), della falsita' della polizza fidejussoria, che porta a escludere che l'imputato si sia potuto rappresentare, anche solo in termini ipotetici, il rischio di danno patrimoniale per la banca. 3.3. Con il terzo motivo - che attinge le statuizioni civili - vengono svolte quattro doglianze, denunciandosi inosservanza degli articoli 535 - 538 - 578 c.p.p.. 3.3.1. La Corte di appello non avrebbe potuto confermare le statuizioni risarcitorie in relazione al capo S), per cui gia' in primo grado era stato pronunciato il proscioglimento per intervenuta prescrizione. Infatti la Corte di appello, pur avendo assolto l'imputato dal delitto di ricettazione sub U), ha confermato le statuizioni risarcitorie di primo grado, in favore di Unicredit, "limitatamente al danno derivante dal reato di cui al capo 5", laddove nel caso di specie e' mancata una condanna, neppure genericamente intervenuta, alle restituzioni o al risarcimento che, in primo grado, non poteva che avere riferimento al solo delitto, per cui vi fu condanna, di cui al capo U). La conferma da parte della sentenza impugnata afferisce, dunque, a statuizioni civili che il Tribunale non ha mai pronunciato. 3.3.2. Analoghe considerazioni valgono per la condanna alla rifusione, in favore della parte civile, delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nei due gradi di giudizio. 3.3.3. Viene evocata la questione recentemente rimessa al vaglio (OMISSIS) costituzionale quanto alla legittimita' costituzionale dell'articolo 578 c.p., che, nell'interpretazione avallata dalle Sezioni Unite ‘Milanesi', consente che la sentenza dichiarativa della prescrizione pronunciata solo in grado di appello - a differenza di quella pronunciata in primo grado - sia di fatto equiparata alla condanna, con potenziale contrasto con la presunzione di innocenza di cui all'articolo 6 CEDU. 3.4. Infine, ci si duole dell'omessa revoca della condanna al pagamento delle spese processuali, comminate in primo grado in relazione al capo U, per cui (OMISSIS), subi' condanna, che avrebbe dovuto seguire il pronunciamento assolutorio per tale imputazione, da parte (OMISSIS) di appello. 4. Hanno depositato memoria i difensori di (OMISSIS), avvocati prof. (OMISSIS) e (OMISSIS) i quali eccepiscono, in primo luogo, la sopravvenuta carenza di interesse del Procuratore impugnante per essere maturata, alla data del (OMISSIS), la prescrizione del reato di cui al capo Kl, considerate le sospensioni del termine, che assommano a giorni 281 (mesi nove giorni undici). 4.1. A confutazione del primo motivo di ricorso, deducono la non decisivita' del portato dichiarativo dei collaboratori di giustizia, che si assume pretermesso nella sentenza impugnata: quanto a (OMISSIS) e (OMISSIS) perche' lo ha escluso questa Corte di legittimita' nella sentenza che ha definito il giudizio abbreviato nei confronti dei coimputati, e che e' espressamente richiamata a costituirne parte integrante nella sentenza impugnata; per (OMISSIS) e (OMISSIS), il cui contributo collaborativo e' successivo, giacche' il loro portato conoscitivo si arresta al 2005; viene, in ogni caso, eccepito il difetto di autosufficienza per omessa allegazione o trasposizione grafica nel testo del ricorso, dei verbali dichiarativi che si assumono pretermessi. 4.2. Viene, poi, analogamente, eccepita la non dimostrata decisivita' delle intercettazioni valorizzate dal P.G. nel secondo motivo, che vengono passate in rassegna e di volta confutate nell'interpretazione che ne e' fornita dal P.G.. 4.3. Si censura la inammissibile istanza rivalutativa formulata con il terzo motivo, che pretende di porre in discussione la ricostruzione in fatto dei giudici di merito, e si confutano punto per punto le deduzioni del ricorrente formulate nel quarto motivo, circa le aporie argomentative dalle quali sarebbe afflitta la sentenza impugnata, cosi' come si sottolinea, con riguardo al delitto di cui all'articolo 648 ter c.p., di cui il ricorrente denuncia l'erronea applicazione, che il clan dei casalesi - per quanto riferito dal suo esponente di vertice, (OMISSIS)- non forni' alcun apporto economico, avendo, anzi, concordato, e in parte ricevuto, una tangente dagli imprenditori interessati; in ogni caso, non v'e' traccia del contributo concorsuale del (OMISSIS). 5. I difensori di (OMISSIS)- avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS) - hanno depositato memoria integrativa. In primo luogo, premettono come il loro assistito, all'attuale eta' di 81 anni, risulti immune da precedenti, ovvero incensurato, per contestare la affermazione contenuta nella sentenza impugnata, che egli fosse soggetto che - anche in virtu' di una precedente condanna-risultava vicino al clan dei casalesi: egli, infatti, nel processo Spartacus I, e' stato assolto dalla imputazione associativa, dalla Corte di appello, nel processo bis celebrato in sede di rinvio. Viene richiamata la testimonianza di un ufficiale di polizia giudiziaria che ha riferito del ruolo di agente provocatore svolto dallo (OMISSIS), per sventare una attivita' estorsiva ai danni del figlio da parte di esponenti del clan dei casalesi; inoltre, si sottolinea come nel periodo di interesse lo (OMISSIS), non era titolare di alcuna attivita' imprenditoriale. Vengono poi ripercorse le singole doglianze formulate in ricorso con riguardo alla valenza dichiarativa dei collaboratori giustizia, smentite, nell'ottica difensiva, dalle argomentazioni svolte dalla Corte di appello a fondamento del verdetto assolutorio, da cui emerge la carenza di contributo decisivo proveniente da quelle propalazioni. Con riguardo ai verbali delle dichiarazioni di (OMISSIS) -depositati in uno alla memoria conclusiva della Difesa - si premette l'errore materiale in cui e' incorsa la Difesa, e di cui e' fatta emenda, quanto alla indicazione della data dei verbali stessi, per poi chiarire che il verbale in questione e' quello del (OMISSIS) e non quello del (OMISSIS) come erroneamente indicato all'atto del deposito, e, che esso era stato gia' allegato alla memoria del (OMISSIS); in ogni caso, non vi fu alcun assemblaggio arbitrario di verbali dichiarativi. Quanto al merito, da tali dichiarazioni emergerebbe la mancata conferma da parte di (OMISSIS) della versione sostenuta da (OMISSIS), circa il coinvolgimento dello (OMISSIS) nella fornitura del calcestruzzo, avendo il collaboratore fatto riferimento a un altro imprenditore. E, comunque, come si e' detto, il contrasto tra le dichiarazioni dei due collaboratori e' emerso, non dal deposito difensivo del luglio 2020, ma in virtu' della produzione avvenuta il (OMISSIS). Concludono per il rigetto del ricorso, anche per mancata prospettazione della decisivita' della eventuale necessaria nuova escussione del collaboratore (OMISSIS), in caso di annullamento. 6. Ha depositato memoria integrativa il difensore di (OMISSIS), in data 27 febbraio 2023, con la quale e' posta la questione dell'interesse a impugnare una sentenza assolutoria con la formula di cui all'articolo 530 c.p.p., comma 2, al fine di tutelarsi dagli eventuali riflessi giuridici negativi che potrebbero derivarne, nei contenziosi extrapenali con l'istituto di credito, e, in particolare, quelli concernenti la sua responsabilita' in ambito disciplinare e nelle controversie di lavoro, dall'adozione d'una formula decisoria meno ampia in ordine alla prova della sussistenza del dolo (anche nella sua forma eventuale). In tal senso, osserva che si sono espresse, da tempo, le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, affermando che: "la concretezza dell'interesse puo' ravvisarsi (...)non solo quando l'imputato, attraverso l'impugnazione, si riprometta di conseguire effetti penali piu' vantaggiosi (come, ad esempio, l'assoluzione o la mitigazione del trattamento sanzionato-rio), ma anche quando miri ad evitare conseguenze extrapenali pregiudizievoli ovvero ad assicurarsi effetti extrapenali piu' favorevoli, come quelli che l'ordinamento rispettivamente fa derivare dal giudicato delle sentenze di condanna o di assoluzione nei giudizi di danno (articoli 651 e 652 c.p.p.) o in altri giudizi civili o amministrativi (articolo 654 c.p.p.) e dal giudicato di assoluzione nei giudizi disciplinari (articolo 653 c.p.p.)(SS.UU. 29 maggio 2008, n40049, Guerra.; conf. Sez. 6, 30 marzo 1995, n. 6989, Stella, m. 201953)". Tuttavia, osserva il ricorrente, in varie circostanze le sezioni semplici si sono espresse (ancorche' riferendosi principalmente all'ipotesi di assoluzione perche' "il fatto non sussiste" o "per non aver commesso il fatto"), in dissenso con tale orientamento, dichiarando tout court l'inammissibilita' "per carenza di concreto interesse" del ricorso proposto avverso la sentenza emessa ex articolo 530 c.p.p., 2 comma, "in quanto tale formula non comporta una minore pregnanza della pronuncia assolutoria ai sensi dell'articolo 530 c.p.p., comma 1, anche in ordine agli effetti extrapenali". Senonche' tali conclusioni sono state reiteratamente sconfessate dalle sezioni civili del Supremo Collegio, le quali hanno piu' volte ribadito, anche di recente, nell'ambito di diversi contenziosi attivati all'esito di decisioni assolutorie ex articolo 530 c.p.p., comma 2, che "il giudicato di assoluzione ha effetto preclusivo nel giudizio civile solo quando contenga un effettivo e specifico accertamento circa l'insussistenza o del fatto o della partecipazione dell'imputato e non anche quando l'assoluzione sia determinata dall'accertamento dell'insussistenza di sufficienti elementi di prova circa la commissione del fatto o l'attribuibilita' di esso all'imputato e,cioe', quando l'assoluzione sia stata pro-nunziata a norma dell'articolo 530 c.p.p., comma 2" Alla luce di tali contrastanti orientamenti giurisprudenziali, la Difesa di (OMISSIS), chiede rimettersi alle Sezioni Unite la relativa questione: ove il Collegio ritenga di non poter prendere in esame, in via pregiudiziale, il ricorso sullo specifico punto postulando un'eventuale carenza d'interesse, appaiono sussistere le condizioni che impongono, sullo specifico punto, ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 618, commi 1 el-bis, c.p.p., la rimessione della relativa decisione alle Sezioni Unite. CONSIDERATO IN DIRITTO 1.11 ricorso del Procuratore Generale nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) non e' fondato e va rigettato. Il ricorso di (OMISSIS) e' fondato, limitatamente alle statuizioni civili, che devono essere eliminate; nel resto, risulta inammissibile. 2. Ricorso c/ (OMISSIS). 2.1.Come si e' premesso, il ricorrente ha dedotto, con i primi quattro motivi del proprio ricorso, dedicati alla posizione di (OMISSIS), il vizio di travisamento della prova, in specie, delle fonti dichiarative. 2.2. Giova, dunque, ricordare, in via del tutto preliminare, che il vizio di travisamento della prova, deducibile dinanzi al Giudice di legittimita', ai sensi dell'articolo 606 comma 1 lettera e), concerne esclusivamente l'errore cosiddetto revocatorio, che, cadendo sul significante e non sul significato della prova, si traduce nell'utilizzo di una prova inesistente per effetto di una errata percezione di quanto riportato dall'atto istruttorio (Sez. 5, n. 18542 del 21/01/2011, Carone, Rv. 250168). L'innovazione legislativa e' orientata, infatti, ad evitare il rischio di una condanna fondata su prove inesistenti o su elementi il cui risultato probatorio e' inequivocabilmente e incontestabilmente diverso da quello ritenuto dal giudice di merito. Sono i casi classici della "prova inventata" (il giudice utilizza come prova decisiva le dichiarazioni di un teste che non e' mai stato esaminato) o della prova che il giudice interpreta erroneamente (il teste ha detto "nero" e il giudice afferma che ha detto "bianco"). Il concetto di "travisamento della prova" e' ben distinto dal "travisamento del fatto", perche' non richiede una rivalutazione del compendio probatorio, ma si limita a prendere atto di una indiscutibile difformita' tra decisione, esistenza delle prove e risultato di prova. Come e' stato affermato in dottrina, "nel travisamento del fatto il giudice di legittimita' deve conoscere il contesto processuale, laddove nel travisamento della prova deve conoscere solo l'atto che veicola la prova". La nuova disciplina prevista dalla L. n. 46 del 2006 ha avuto l'effetto, quindi, di riportare nell'ambito del vizio di motivazione anche il cd. "travisamento della prova" nei casi in cui, dal solo esame dell'atto specificamente indicato, emerga il vizio di motivazione che, ovviamente, deve avere carattere di decisivita' (in questo senso gia' subito dopo l'entrata in vigore della legge si e' espresso, in piu' occasioni, il giudice di legittimita': Cass., sez. 1, 14 luglio 2006 n. 25117, rv. 234167; sez. 2, 24 maggio 2006 n. 19850, rv. 234163; sez. 4, 28 aprile 2006 n. 20245, rv. 234099; sez. 2, 23 marzo 2006 n. 13994, rv. 233460.) Il principio affermato e', dunque, che la Corte di cassazione - investita di un ricorso che indichi in modo specifico come il giudice di merito abbia (non erroneamente interpretato ma) indiscutibilmente travisato una prova decisiva acquisita al processo ovvero omesso di considerare circostanze decisive risultanti da atti specificamente indicati - possa, negli stretti limiti della censura dedotta, verificare l'eventuale esistenza di una palese e non controvertibile difformita' tra i risultati obiettivamente derivanti dall'assunzione della prova e quelli che il giudice di merito ne abbia inopinatamente tratto ovvero verificare l'esistenza della decisiva difformita' (Sez. 4, n. 14732 del 01/03/2011 Rv. 250133; Sez. 4, n. 1219 del 14/09/2017 (dep. 2018) Rv. 271702; Sez. 5, n. 8188 del 04/12/2017 (dep. 2018) Rv. 272406), ed e', pertanto, da escludere che integri il suddetto vizio un presunto errore nella valutazione del significato probatorio della dichiarazione medesima (Sez. 5, n. 9338 del 12/12/2012 (dep. 2013) Rv. 255087). E' chiaro, allora, che non e' prospettabile nel giudizio di legittimita' un'interpretazione del significato di una fonte di prova diversa da quella proposta dal giudice di merito, salvo che ricorra l'ipotesi del travisamento della prova, cioe' si versi nel caso in cui il giudice di merito indichi il contenuto di un atto in modo difforme da quello reale, e la difformita' risulti decisiva e incontestabile (Sez. 5, n. 7465 del 28/11/2013 (dep. 2014) Rv. 259516; Sez. 6, n. 11189 del 08/03/2012, Rv. 252190). Il vizio di travisamento della prova deducibile in cassazione, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., lettera e), puo' essere desunto non solo dal testo del provvedimento impugnato ma anche da altri atti del processo specificamente indicati ed e' configurabile quando si introduce nella motivazione una informazione rilevante che non esiste nel processo o quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia. (Sez. 2 n. 27929 del 12/06/2019, Rv. 276567 in una fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio la decisione di assoluzione dal reato di estorsione aggravata dal metodo mafioso ai danni di un liquidatore del Fondo di garanzia per le vittime della strada, per omessa valutazione di prove a carico astrattamente idonee a confermare l'ipotesi accusatoria, desumibili dall'intercettazione di conversazioni tra l'imputato, collega della persona offesa, ed i correi e dal rinvenimento presso l'abitazione di un coimputato di documenti al primo ricollegabili). 2.3. Fatta tale premessa, va ricordato che (OMISSIS) e' chiamato a rispondere, "quale referente politico nazionale del clan dei casalesi nonche' sostenitore attraverso le attivita' illecite descritte nei precedenti capi di imputazione", di avere "compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco a consentire al clan dei casalesi, alle sue articolazioni imprenditoriali e alle famiglie (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) l'impiego di capitali di illecita provenienza ex articolo 416-bis c.p. - in quanto provento delle attivita' criminali svolte dal clan dei casalesi e dalle citate famiglie camorristiche - sia nella realizzazione delle opere necessarie per la costruzione del centro commerciale, sia nella acquisizione della totalita' o di parte delle attivita' commerciali e dei servizi (ristorazione, parcheggi, pulizia ecc.) relativi a detto centro commerciale". Va altresi' considerato che le attivita' illecite descritte nei capi di imputazione P) e R), originariamente contestati anche al (OMISSIS), avevano riguardo alle condotte di falso ideologico, corruzione e abuso di ufficio(capo P) e violazione del Testo Unico bancario(capo R), e da esse il ricorrente venne prosciolto per non aver commesso il fatto gia' in sede di udienza preliminare (quanto al capo R e alla contestazione di falso con sentenza n. 3020 del 20/11/2012), e poi dal Tribunale di Santa Maria C.V. dai restanti reati di corruzione, in esso assorbito l'abuso di ufficio, sempre contestati sub P). Si tratta della contestazione di plurime condotte illecite finalizzate a condizionare le scelte amministrative e urbanistiche del Comune di (OMISSIS) inducendolo ad approvare il progetto di realizzazione del centro commerciale, nonche' della violazione del Testo Unico bancario onde condizionare l'iter di rilascio del finanziamento da parte di Unicredit, nonostante le difficolta' economiche e finanziarie della societa' richiedente (OMISSIS) s.r.l.. 2.4. Venendo ai fatti di cui al capo K1, a cui si riferisce il ricorso in esame - per il quale, si ricorda, il Tribunale aveva ritenuto sussistente esclusivamente la fattispecie tentata di cui agli articoli 56-648-ter c.p., aggravata ai sensi dell'articolo 7 L. n. 203 del 1991, pervenendo alla affermazione di responsabilita' per tale reato nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), poi, tutti assolti dalla Corte di appello con la sentenza impugnata va considerato che non possono trovare ingresso nel giudizio di legittimita' le censure che, pur ponendo in luce alcune aporie della sentenza impugnata - la quale, seppur sinteticamente, ha illustrato le ragioni del proprio diverso convincimento, rispetto alla sentenza di primo grado - si sviluppino tendenzialmente sul piano del fatto e sono tese a sovrapporre un'interpretazione delle risultanze probatorie diversa da quella recepita dal decidente di merito, piu' che a rilevare un vizio rientrante nella rosa di quelli delineati nell'articolo 606 c.p.p.: il che fuoriesce dal perimetro del sindacato rimesso a questo giudice di legittimita'. Secondo la linea interpretativa da tempo tracciata, infatti, l'epilogo decisorio non puo' essere invalidato da prospettazioni alternative che si risolvano in una "mirata rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell'autonoma assunzione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, da preferirsi a quelli adottati dal giudice del merito, perche' illustrati come maggiormente plausibili, o perche' assertivamente dotati di una migliore capacita' esplicativa nel contesto in cui la condotta delittuosa si e' in concreto realizzata (Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482; Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, Bosco, Rv. 234148; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, De Vita, Rv. 235507). 2.4.1. Allo stesso modo non potra' tenersi conto degli argomenti spesi nella sede cautelare, sia dai giudici di merito che in sede di legittimita', nella fase cautelare, a cui pure il ricorrente fa richiamo per trarne argomenti di supporto al prospettato travisamento della prova da parte (OMISSIS) di appello. Si tratta, tuttavia, di un modus procedendi che, oltre a sorvolare sulle regole di giudizio che governano la formazione della prova, oblitera le concrete dinamiche evolutive del processo che, va evidenziato, ha condotto, finora, alla assoluzione dei coimputati del (OMISSIS) nel capo K1, nonche' alla piena assoluzione del ricorrente per gli altri due reati per i quali era imputato nel processo (capi P e R), condotte che, pure, secondo l'editto accusatorio qui in esame, costituirebbero il presupposto del tentativo di reimpiego contestato sub K1 (in tal senso la locuzione "attraverso le attivita' illecite descritte nei precedenti capi di imputazione"). Ancora, nel giudizio di secondo grado, e' sopravvenuto il pentimento di (OMISSIS), tant'e' che la Corte di appello ha rinnovato l'istruttoria assumendo le dichiarazioni del collaboratore, che formano oggetto del vaglio (OMISSIS) di appello. 2.4.2. Deve essere anche evidenziato, anche ai fini sella autosufficienza del ricorso, che non risultano allegati al ricorso i verbali delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che si assumono non valutate dalla Corte di appello, (sez. 5 n. 8188 del 04/12/2017; sez. 3 n. 19957 del 21/09/2016). Infatti, nel ricorso, sono riportati solo stralci della sentenza di primo grado riassuntivi delle dichiarazioni dei collaboratori, ritenute rilevanti nell'ottica argomentativa del Tribunale, peraltro arbitrariamente selezionati dal Procuratore impugnante. 2.4.3. Ancora, poiche' nella vicenda processuale in esame viene in rilievo la tematica della valutazione della prova indiziaria, in primo luogo, il Collegio ricorda che vi e' ontologica differenza tra prova e indizio, costituita dal fatto che, mentre la prima, in quanto si ricollega direttamente al fatto storico oggetto di accertamento, e' idonea ad attribuire carattere di certezza allo stesso, l'indizio, isolatamente considerato, fornisce solo una traccia indicativa di un percorso logico argomentativo, suscettibile di avere diversi possibili scenari, e, come tale, non puo' mai essere qualificato in termini di certezza con riferimento al fatto da provare. La differenza tra indizio e prova non risiede nella tipologia del mezzo da cui deriva l'inferenza logica che costituisce il loro carattere comune, ma nei contenuti che essi esprimono e rappresentano (Sez. 2, n. 14704 del 22/4/2020, Bekaj, Rv. 279408; Sez. 5, n. 16397 del 21/2/2014, Maggi, Rv. 259551). Sin dalla pronuncia delle Sezioni Unite Mannino (Sez. U, n. 33748 del 12/7/2005, Rv. 231678), la giurisprudenza di legittimita' ha focalizzato la sua attenzione sulla necessita', in tema di valutazione della prova indiziaria, che il metodo ermeneutico da adottare debba essere quello che ruota intorno ad una lettura unitaria e complessiva dell'intero compendio probatorio; una lettura unitaria, pero', che non si esaurisce in una mera sommatoria degli indizi e non puo' percio' prescindere dall'operazione propedeutica, costituita dal valutare ogni prova indiziaria singolarmente, ciascuna nella propria valenza qualitativa e nel grado di precisione e gravita', per poi valorizzarla, ove ne ricorrano i presupposti, in una prospettiva globale e unitaria, tendente a porne in luce i collegamenti e la confluenza in un medesimo contesto dimostrativo (sulla natura bifasica della verifica sulla valenza della prova indiziaria, cfr. Sez. 1, n. 1790 del 30/11/2017, dep. 2018, Mangafic, Rv. 272026). Viene bandita, pertanto, qualsiasi valutazione atomistica e parcellizzata degli indizi, che, valutati dapprima nella loro individualita' per verificarne la certezza (nel senso che deve trattarsi di fatti realmente esistenti e non solo verosimili o supposti) e l'intrinseca valenza dimostrativa (di norma solo possibilistica), successivamente vanno raccolti in senso logico attraverso un esame globale degli elementi certi, risolvendo eventuali ambiguita' e consentendo di attribuire il reato all'imputato "al di la' di ogni ragionevole dubbio" e, cioe', con un alto grado di credibilita' razionale, sussistente anche qualora le ipotesi alternative, pur astrattamente formulabili, siano prive di qualsiasi concreto riscontro nelle risultanze processuali ed estranee all'ordine naturale delle cose e della normale razionalita' umana (cfr. Sez. 1, n. 20461 del 12/4/2016, Graziadei, Rv. 266941; Sez. 1, n. 8863 del 18/11/2020, dep. 2021, S., Rv. 280605). Rileva, quindi, anche nella ricerca del canone valutativo della prova indiziaria, il richiamo al principio dell'oltre ogni ragionevole dubbio, che costituisce un modello ermeneutico non solo per la motivazione della decisione, ma anche in prospettiva probatoria. Ai sensi dell'articolo 192 c.p.p., comma 2 gli indizi devono essere: - gravi, ossia consistenti, resistenti alle obiezioni e dotati di capacita' dimostrativa in relazione al "thema probandum"; - precisi, ossia specifici, univoci e non suscettibili di diversa interpretazione altrettanto o piu' verosimile; - concordanti, ossia convergenti e non contrastanti tra loro e con gli altri dati ed elementi certi (per tali definizioni consolidate, cfr. tra le piu' recenti, Sez. 5, n. 1987 del 11/12/2020, dep. 2021, Piras, Rv. 280414). La concordanza presuppone, ovviamente, una qualche molteplicita' di indizi. E tuttavia, il requisito della molteplicita' e quello della gravita' sono tra loro collegati e si completano a vicenda, nel senso che, in presenza di indizi poco significativi, puo' assumere rilievo l'elevato numero degli stessi, quando una sola possibile e' la ricostruzione comune a tutti; mentre, in presenza di indizi particolarmente gravi, puo' essere sufficiente un loro numero ridotto per il raggiungimento della prova del fatto (Sez. 2, n. 35827 del 12/7/2019, Matasaru, Rv.276743; Sez. 5, n. 36152 del 30/4/2019, Barone, Rv. 277529). Tra le due estreme ipotesi logiche suddette, tuttavia, vi e' un'ampia "terra di mezzo", in cui si muovono piu' frequentemente i processi a prova indiziaria, nella quale la molteplicita' non raggiunge la soglia di tranquillita' probatoria dell'elevato numero di indizi non molto significativi, fermandosi ad un numero multiplo, ma non cosi' consistente e soprattutto, spesso, non perfettamente collimante, e la gravita' non connota i pochi indizi eventualmente piu' significativi presenti (Sez. 5 n. 25272 del 19/04/2021, Rv. 28146802). In questa dimensione fenomenica e logica si inserisce anche il quadro indiziario che caratterizza il processo a carico di (OMISSIS): indizi suggestivi, ben valorizzati dal Giudice di primo grado, ma non ritenuti dalla Corte di appello gravi nel senso di univocamente diretti alla dimostrazione del thema probandum, invece, necessariamente da collegare tra loro, e ad eventuali ulteriori fattori di valenza logico- fattuale utile alla prova inferenziale che da un fatto noto muove per la ricostruzione del fatto ignoto, in cui si concretizza ontologicamente l'indizio. 2.5. Poste tali necessarie coordinate ermeneutiche, e procedendo alla valutazione dei motivi di ricorso, si ricorda che la Corte di appello, dopo la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, con l'esame del neo collaboratore di giustizia (OMISSIS), ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di (OMISSIS), deceduto nelle more del giudizio di secondo grado, e ha assolto gli altri tre imputati (residuati dalle precedenti decisioni del GUP di Napoli e del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, le quali avevano molto ridimensionato sotto il profilo soggettivo la contestazione della fattispecie concorsuale in esame), per non aver commesso il fatto ai sensi dell'articolo 530 c.p.p., comma 2. Quanto agli altri originari coimputati del reato contestato sub K1, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) sono stati definitivamente assolti, nel rito abbreviato per il quale avevano optato, dalla Corte di cassazione (sentenza n. 44522/2018), per non aver commesso il fatto, non essendo emerso il loro concreto contributo alla realizzazione dell'operazione di reimpiego di capitali illeciti del clan. Analogamente, era stata gia' esclusa la responsabilita' degli altri numerosi coimputati: per alcuni, dal G.U.P. di Napoli, per altri, dal Tribunale in primo grado (salvo che per (OMISSIS), per cui la Corte di cassazione con la predetta sentenza ha disposto l'annullamento con rinvio con riguardo alla prova della provenienza illecita del denaro utilizzato e alla prova del contributo soggettivo; per (OMISSIS), che ha rinunciato ai motivi di appello). 2.5.1. Con riguardo alla posizione di (OMISSIS), come ha osservato la Corte di appello, la affermazione di responsabilita' del (OMISSIS), da parte del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, era stata fondata sulle seguenti fonti di prova: - intercettazione del marzo 2006 in cui (OMISSIS) parlando con i suoi familiari fa riferimento al coinvolgimento del ricorrente nell'operazione commerciale, affermando che la spartizione delle future attivita' commerciali era stata gia' decisa tra gli esponenti della criminalita' locale; - conversazioni intercettate sull'utenza in uso al (OMISSIS) nel mese di febbraio 2007, da cui emerge che il (OMISSIS) si reco', il (OMISSIS), presso la sede della filiale di Roma Tiburtina di Unicredit diretta da (OMISSIS) per incontrare, su sollecitazione di quest'ultimo, (OMISSIS), anch'egli parlamentare e cognato dello (OMISSIS)., avendo escluso la matrice esclusivamente politica di quell'incontro, sostenuta dalla Difesa, concorrendo il vero motivo dell'incontro costituito dalla necessita' di ottenere il finanziamento, poi effettivamente erogato pochi giorni dopo dalla banca Unicredit, a testimonianza del decisivo intervento del (OMISSIS) per la progressione nella realizzazione della operazione illecita programmata. - dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. 2.5.2. Ha, poi, premesso la Corte di appello che il clan era interessato alla realizzazione del centro commerciale, operazione voluta e perseguita dal (OMISSIS), che si era speso personalmente per ottenere il finanziamento bancario, ma l'interesse dell'organizzazione criminale non riguardava la fase iniziale del progetto - essendo pacifico che, per l'acquisto del terreno, non furono impiegati capitali del clan, che venne affrontato con il finanziamento erogato da Unicredit - quanto quello successivo dell'affidamento dei lavori in subappalto a imprese del clan e quello finale in cui tutte le attivita' ivi svolte sarebbero state di esclusiva pertinenza del sodalizio che in tal modo avrebbe riciclato i propri proventi illeciti (in tal senso le convergenti dichiarazioni dei collaboratori di giustizia a riscontro della conversazione del marzo 2006). Nel delineare il thema probandum, afferente al contributo causalmente e soggettivamente rilevante e univocamente rivolto alla realizzazione del programmato reimpiego di capitali illeciti, offerto dal (OMISSIS), la Corte di appello ha valutato il sopravvenuto apporto dichiarativo di (OMISSIS), il quale, si legge in sentenza, ha dichiarato di avere assunto la reggenza del clan dopo la carcerazione dello zio (OMISSIS), e di essere stato informato dai suoi sodali del progetto di realizzazione del centro commerciale e dell'interesse nel progetto della famiglia (OMISSIS), e di avere anche appreso che il referente politico dell'operazione era il (OMISSIS), interessatosi sin dall'inizio dell'operazione, anche procurando l'istituto bancario che avrebbe dovuto erogare il finanziamento, tant'e' che, quando insorsero delle difficolta', (OMISSIS) si rivolse al (OMISSIS), affinche' chiedesse a (OMISSIS) di intervenire presso la banca e ottenere la effettiva erogazione del finanziamento. Cio' posto, la Corte di appello ha osservato che "la ricostruzione dei fatti che si ricava dal compendio delle intercettazioni stride con il narrato del collaboratore". Infatti, contrariamente a quanto riferito dal collaboratore, il Giudice a quo rileva che, dalle intercettazioni, emerge che: - (OMISSIS) non conosceva ne' (OMISSIS) ne' il direttore della sede centrale Unicredit ne' altri funzionari di quella banca; - la pratica di erogazione del finanziamento era gia' avviata e prossima alla chiusura gia' qualche giorno prima del 7 febbraio 2007, e che era stato (OMISSIS) a proporre che essa venisse anticipata a mezzo telex della fidejussione, superando la regolare procedura dello " swift"; - che l'erogazione del finanziamento dipese da lungaggini correlate proprio alla trasmissione del documento cartaceo e all'elusione del sistema "swift"; - l'unico intoppo proveniente da Unicredit insorse solo la sera del 19 febbraio 2007, quando il funzionario bancario deputato ad esprimersi sulla fattibilita' del finanziamento, espresse parere negativo per le criticita' dell'operazione dovute a dubbi sulla fidejussione cartacea allegata alla e. pratica, parere (non vincolante) che, pure, non sorti' alcun effetto, dal momento che il finanziamento venne erogato su parere favorevole del direttore, il giorno seguente, pur corredato di clausola di verifica della fidejussione. Quanto alle motivazioni dell'incontro, lo stesso Tribunale - continua la Corte di appello - aveva dato atto che almeno inizialmente, come emerge dalle intercettazioni (pg. 30 e ss. della sentenza impugnata), esse erano esclusivamente politiche, in quanto l'incontro era finalizzato a fare incontrare (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), anche se il Giudice di primo grado aveva ritenuto concorrente anche l'interesse a favorire la erogazione del finanziamento, stante l'inverosimiglianza di un incontro di natura politica presso una filiale di banca, oltretutto con il coinvolgimento di un soggetto del tutto estraneo alla politica quale era lo (OMISSIS). La Corte di appello ha, sul punto, osservato che le intercettazioni: - danno conto dell'originario motivo dell'incontro, appunto di natura politica, tanto che inizialmente esso doveva tenersi a Caserta presso la sede del partito, poi essendo stato concordato lo spostamento su Roma su espressa richiesta di (OMISSIS), interessato, anche lui, come il cognato (OMISSIS), a conoscere il parlamentare e a mostrarsi disponibile per futuri finanziamenti analoghi a quelli gia' in corso per il (OMISSIS); - rimandano una sorta di fastidio di (OMISSIS) per tale incontro e per le insistenze del (OMISSIS) e che egli rifiuto' immediatamente la richiesta di (OMISSIS) di incontrarlo di persona; - fanno emergere il personale interesse del (OMISSIS) alla partecipazione del (OMISSIS) all'incontro; - fanno emergere che, quando si rese palese a tutti la falsita' della polizza fidejussoria, nell'estate del 2007, e l'operazione falli', non vi fu alcun intervento dell'imputato ne' si sono registrate recriminazioni di sorta nei suoi confronti da parte dello (OMISSIS) che, nell'ottica accusatoria, sarebbe colui che si sarebbe indotto a erogare il finanziamento per le pressioni del (OMISSIS), erogando una polizza cartacea, e che avrebbe avuto ragione di manifestare il suo disappunto invece mai emerso nelle tante conversazioni intercettate con il (OMISSIS) e il (OMISSIS). In definitiva, secondo la Corte di appello, in occasione di quell'incontro del (OMISSIS): - (OMISSIS) si rese disponibile ad accontentare il cognato, (OMISSIS), esponente politico del suo stesso partito, che era particolarmente interessato alla realizzazione del centro commerciale, in quanto, impegnato nella campagna elettorale per l'elezione a Sindaco, aveva promesso posti di lavoro presso il centro commerciale; - l'incontro aveva motivazioni politiche, in quanto, in particolare, mirava a soddisfare sia la richiesta di (OMISSIS) di avvicinarsi al (OMISSIS), che l'interesse di (OMISSIS) a prendere diretto contatto con il parlamentare, per mettersi in mostra spendendo l'impegno profuso per il finanziamento e anche in vista di future iniziative che avrebbero potuto agevolare la sua carriera; - non vi e' alcun elemento di prova che consenta di affermare che, alla data del (OMISSIS), fossero stati frapposti ostacoli al finanziamento da parte della Banca, tali da rendere necessario l'intervento del (OMISSIS), anzi essendosi dimostrato lo (OMISSIS), fin dall'inizio, disponibile a favorire l'operazione; - quando emerse a distanza di qualche mese la falsita' della polizza fidejussoria apparentemente rilasciata da MPS, di cui (OMISSIS) e lo stesso (OMISSIS) erano all'oscuro, (OMISSIS) ebbe modo di esprimere la sua rabbia nei confronti del (OMISSIS), mai facendo riferimento, nelle conversazioni intercettate, al (OMISSIS). 2.5.3. Alla luce di tali elementi, il Giudice a quo ha escluso che possano ravvisarsi nella condotta dell'imputato i necessari requisiti di idoneita' causale e di univocita' previsti dall'articolo 56 c.p., dal momento che, operando la dovuta valutazione ex ante, e, quindi, rapportando la condotta dell'imputato all'incontro del 07 febbraio 2007, a Roma presso Unicredit, la Corte ha escluso che, a quel tempo, potesse concretamente ipotizzarsi che il finanziamento non sarebbe stato erogato a causa della falsita' della polizza fidejussoria, circostanza di cui lo stesso (OMISSIS) ha avuto cognizione solo successivamente. E, comunque, sul versante della univocita', ha osservato come la concorrenza pacifica della motivazione politica alla base dell'incontro non consenta di ravvisare in capo al prevenuto il contributo univocamente rivolto a un risultato illecito di cui fosse consapevole, conformemente al giudizio espresso da questa Corte nella sentenza assolutoria emessa nei confronti del coimputato (OMISSIS), che fu uno degli organizzatori di quell'incontro. Infine - a conforto ulteriore della statuizione assolutoria - la Corte di appello ha osservato come l'effetto dissimulatorio, che connota specificamente la condotta di cui all'articolo 648 ter c.p., finalizzata a ostacolare l'accertamento o l'astratta individuabilita' dell'origine delittuosa del denaro od egli altri beni e utilita' che si intendono occultare, debba essere ricercato attraverso l'impiego di denaro o di altri beni in attivita' economiche e finanziarie con la consapevolezza della illiceita' della suddetta provenienza e dell'intento di occultamento, rilevando l'insussistenza di elementi che consentano di ritenere che (OMISSIS) fosse consapevole di consentire alla criminalita' il reimpiego di capitali illeciti, ritraibile alla fine, secondo la sentenza impugnata, in assenza di altri dati concreti, solo dai rapporti di parentela della sua famiglia con il capoclan (OMISSIS), nonche' dalle parole dei collaboratori che hanno riferito di strette cointeressenze economiche della famiglia (OMISSIS) con quella dei (OMISSIS). Come si e' premesso tale ultimo aspetto e' fatto oggetto del quinto motivo di ricorso. 2.6. E' con riferimento a tale motivazione e al suo specifico esito decisorio che va condotto il vaglio dei motivi di ricorso, in relazione ai quali va valutato se essi - denunciando, come si e' premesso, vizi della motivazione anche per travisamento - risultino scardinanti rispetto alla trama argomentativa sviluppata dalla Corte di appello, con riguardo all'unica, residuale, ipotesi di reato sub kl, con cui si contesta al (OMISSIS) di avere esercitato la sua influenza per il rilascio del finanziamento bancario necessario alla societa' (OMISSIS) s.r.l. per l'acquisto dei terreni da destinare alla realizzazione del centro commerciale "Il (OMISSIS)", in tal modo offrendo il proprio contributo causale e consapevole idoneo alla realizzazione del programmato reimpiego di capitali illeciti. 2.6.1. Con il primo motivo di ricorso, il Procuratore impugnante si duole dell'omessa valutazione delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), richiamando, sul punto, le valutazioni operate dal Tribunale. Posto che il primo e' stato uno dei reggenti del clan, lasciando le consegne a (OMISSIS) che (OMISSIS) ha sempre avuto un ruolo di rilievo nell'organizzazione, e che (OMISSIS) e (OMISSIS) erano fidati collaboratori di (OMISSIS), il ricorrente si concentra, infatti, sulla motivazione della sentenza di primo grado che, appunto, aveva valorizzato tali contributi dichiarativi, avendo essi, in modo convergente, in particolare (OMISSIS) e (OMISSIS), indicato il Centro commerciale come "affare del clan", anche individuando specificamente il contributo di (OMISSIS). E' bene brevemente ricordare che, (OMISSIS) ha riferito di essere a conoscenza, per quanto riferitogli da (OMISSIS) e (OMISSIS), che il centro, nato da un'idea di (OMISSIS), era un affare pure delle famiglie (OMISSIS) e (OMISSIS), tra loro imparentate, di cui il (OMISSIS) era un mero prestanome, secondo opinione diffusa tra i sodali (" e comunque noi ce lo dicevamo") e che il ricorrente aveva rapporti con una banca sita a Roma, che doveva agevolare i necessari finanziamenti e che di tanto egli si stava occupando in prima persona, partecipando anche a incontri svoltisi a Roma. (OMISSIS), che indica ugualmente quale sua fonte di conoscenza (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali avevano riferito notizie analoghe a quelle di cui parla (OMISSIS), quanto alla genesi del centro e all'interesse dei (OMISSIS) e dei (OMISSIS), e al coinvolgimento diretto dell'imputato nella fase di gestione del finanziamento, ha, altresi', ricordato come il Dott. (OMISSIS) gia' nell'autunno del 2003 gli avesse chiaramente detto, a fronte di sue preoccupazioni sulla realizzazione del Centro, di stare tranquillo perche' "abbiamo (OMISSIS) alle spalle", intendendo riferirsi al (OMISSIS); che, quando si era verificato un intoppo nella pratica del finanziamento, nel 2004 - 2005, (OMISSIS) gli aveva riferito dell'intervento del (OMISSIS) presso una sede romana di Unicredit o Credem. (OMISSIS), come riporta sempre la sentenza di primo grado, ha indicato in (OMISSIS) la fonte che gli aveva descritto il Cacciapuoti come il soggetto che si era occupato di assicurare il buon andamento della pratica amministrativa, altresi' ricordando di avere parlato con il capoclan del coinvolgimento del (OMISSIS). (OMISSIS), invece, ha indicato in (OMISSIS) e (OMISSIS) le sue fonti di conoscenza e ha riferito che, del centro, si stava interessando un ingegnere, a tanto delegato da Cristiano e (OMISSIS). Come si e' detto, il ricorrente si duole che, di tali fonti probatorie, decisive nella ricostruzione del quadro probatorio relativamente alla realizzazione del centro commerciale e al coinvolgimento nelle condotte illecite del (OMISSIS), la Corte territoriale non abbia tenuto conto, concentrandosi sulle propalazioni di (OMISSIS), che, sempre nell'ottica del ricorrente, sarebbero state anche valutate in maniera incompleta dalla Corte di appello, obliterando le dichiarazioni, tutte convergenti quanto al coinvolgimento e al ruolo del (OMISSIS) nell'affare illecito di quattro collaboratori di giustizia, in tal modo privandosi anche di elementi di riscontro alle dichiarazioni dello (OMISSIS). Le osservazioni del ricorrente, tuttavia, non colgono nel segno. Anche se, come dice il ricorrente, "la Corte di appello ha inspiegabilmente omesso di valutare fonti di prova", concentrando la propria valutazione sul narrato di (OMISSIS),effettivamente omettendo qualsiasi riferimento al contributo dichiarativo degli altri quattro collaboratori, con cui si era misurato, invece, il Giudice di primo grado, nondimeno, nel ricorso, non si spiega sotto quale profilo il piu' attento esame invocato delle propalazioni dei collaboratori avrebbero potuto condurre a un esito decisorio differente che, va ricordato, e' stato assunto dalla Corte di appello ai sensi dell'articolo 530 c.p.p., , dal momento che la sentenza impugnata ha rilevato elementi di contraddittorieta' tra le fonti di prova dichiarativa e il compendio intercettivo, nel senso che, a fronte della narrazione sostanzialmente concorde dei collaboratori di giustizia circa la sponsorizzazione da parte della famiglia (OMISSIS) alla realizzazione del progetto imprenditoriale, e il diretto coinvolgimento del ricorrente presso l'istituto bancario che avrebbe dovuto erogare il finanziamento, le intercettazioni - puntualmente indicate nella sentenza impugnata - rimandano a uno scenario alternativo, che: porta a escludere che il (OMISSIS) avesse conoscenze all'interno dell'istituto bancario Unicredit a cui era stato chiesto il finanziamento (in effetti, dalle intercettazioni riportate nella sentenza impugnata, emerge che egli non abbia neppure cognizione dell'ubicazione della filiale presso cui dovra' recarsi); fa emergere, sotto il profilo cronologico, che l'intervento del (OMISSIS) si sarebbe registrato in un momento in cui neppure si prospettavano difficolta' nel rilascio del finanziamento da parte di (OMISSIS), che era l'interlocutore di (OMISSIS) e di (OMISSIS) all'interno dell'istituto bancario e che stava seguendo la pratica, e quindi, senza che ne emergesse la reale necessita'; pone in luce, quanto alla causale, una originaria ragione del tutto diversa dalla prospettata illecita interferenza nelle dinamiche bancarie, alla base di quell'incontro, invece, di natura politica, tanto che fino a due giorni primo si era concordato di incontrarsi presso la sede del partito di (OMISSIS), a Caserta. In un tale contesto, del quale e' stata evidenziata, nella sentenza impugnata, la non rassicurante tenuta logica della ricostruzione proveniente dalla sentenza di primo grado, il tema della convergenza del molteplice, che il Procuratore ricorrente assume essere stato obliterato dalla Corte di appello, non ha ragion d'essere, proprio perche' il Giudice territoriale ha ravvisato un quadro probatoriomroulla univoco con riguardo alla posizione del (OMISSIS), e, alla fine, ha ritenuto non confortate dalle intercettazioni le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia con riferimento al ruolo da loro attribuito al (OMISSIS), quanto alla sua affermata interferenza nel rilascio del finanziamento. Come e' noto, nella giurisprudenza di questa Corte, si e' affermato che la credibilita' di un collaboratore di giustizia, anche non coimputato o non indagato nello stesso procedimento, puo' essere affermata anche quando ha acquisito le notizie propalate nell'ambito della sfera di criminalita' organizzata in cui sia inserito, purche' venga accertata l'intrinseca attendibilita' delle sue dichiarazioni, nonche' la sussistenza di riscontri esterni, i quali, in caso di piu' chiamate convergenti, possono anche consistere nella circostanza che le dichiarazioni riconducano, anche se in modo non sovrapponibile, il fatto all'imputato, essendo sufficiente la confluenza su comportamenti riferiti alla sua persona e alle imputazioni a lui attribuite, cioe' l'idoneita' delle dichiarazioni a riscontrarsi reciprocamente nell'ambito della cosiddetta " convergenza del molteplice". (Sez. 1, n. 31695 del 23/06/2010 Rv. 248013). Ed e' stata ritenuta rispettosa dei principi normativi di cui all'articolo 192 c.p.p., l'utilizzazione di convergenti dichiarazioni accusatorie "de relato", purche' le stesse si inseriscano in un quadro probatorio ovvero indiziario comunque apprezzabile, si caratterizzino nello specifico per credibilita' ed affidabilita' e purche' il rigoroso controllo del sapere dei dichiaranti investa tutti i momenti dell'acquisizione conoscitiva e tutti i personaggi che l'hanno resa possibile. (In motivazione, la Corte ha precisato che negare rilevanza probatoria alla chiamata indiretta riscontrata da chiamata della medesima natura darebbe luogo ad una sorta di valutazione legale della portata probatoria di un fatto comunque rilevante, in contrasto al principio del libero convincimento del giudice- (Sez. 1, n. 34525 del 28/02/2012 Rv. 252937). Si tratta di principi accreditati anche dalle Sezioni Unite di questa Corte che, nella sentenza ‘Aquilina', hanno affermato come "La chiamata in correita' o in reita' "de relato", anche se non asseverata dalla fonte diretta, il cui esame risulti impossibile, puo' avere come unico riscontro, ai fini della prova della responsabilita' penale dell'accusato, altra o altre chiamate di analogo tenore, purche' siano rispettate le seguenti condizioni: a) risulti positivamente effettuata la valutazione della credibilita' soggettiva di ciascun dichiarante e dell'attendibilita' intrinseca di ogni singola dichiarazione, in base ai criteri della specificita', della coerenza, della costanza, della spontaneita'; b) siano accertati i rapporti personali fra il dichiarante e la fonte diretta, per inferirne dati sintomatici della corrispondenza al vero di quanto dalla seconda confidato al primo; c) vi sia la convergenza delle varie chiamate, che devono riscontrarsi reciprocamente in maniera individualizzante, in relazione a circostanze rilevanti del "thema probandum"; d) vi sia l'indipendenza delle chiamate, nel senso che non devono rivelarsi frutto di eventuali intese fraudolente; e) sussista l'autonomia genetica delle chiamate, vale a dire la loro derivazione da fonti di informazione diverse (Sez. U, n. 20804 del 29/11/2012 Ud. (dep. 14/05/2013) Rv. 255143). E', invece, proprio per la non ravvisata convergenza delle varie chiamate sul fondamentale thema del ruolo dell'imputato, esse non riscontrandosi reciprocamente in maniera individualizzante, che la Corte di appello e' pervenuta all'approdo assolutorio, dopo avere preso atto della contraddittorieta' delle fonti di prova. Legittimo, allora, il dubbio (OMISSIS) di appello che, chiamata a valutare le informazioni provenienti dalle diverse fonti di prova, ne ha lumeggiato adeguatamente le contraddizioni registratesi su alcuni elementi oggettivamente dirimenti, pervenendo al verdetto assolutorio, in applicazione della regola di giudizio dell'al di la' del ragionevole dubbio. Tanto piu' che, come ha segnalato la stessa sentenza impugnata, (OMISSIS), era stato gia' assolto da ogni altra imputazione, anche da quelle le cui condotte apparivano propedeutiche rispetto all'ipotizzato suo coinvolgimento nella finalita' di reinvestimento di proventi illeciti qui in discussione, e che anche tutti gli altri attori della vicenda del finanziamento erano stati gia' raggiunti da analogo esito liberatorio. 2.6.2. Analoghe considerazioni possono svolgersi anche con riguardo al secondo motivo, con il quale il ricorrente si duole del travisamento per omissione nel quale sarebbe incorsa la Corte di appello, mancando di valutare le conversazioni intercettate successivamente all'incontro del 07 febbraio 2007, presso Unicredit Roma, aventi riferimento alle motivazioni che l'avevano determinato. Va qui ricordato che, in tema di valutazione del contenuto di intercettazioni, la censura di diritto puo' riguardare soltanto la logica della chiave interpretativa (Sez. 5, n. 3643 del 14/07/1997, Rv. 209620), pertanto, l'interpretazione del linguaggio e del contenuto delle conversazioni costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, e si sottrae al sindacato di legittimita' se tale valutazione e' motivata in conformita' ai criteri della logica e delle massime di esperienza. Si tratta di un principio ormai consolidato, accreditato anche dall'approdo delle Sezioni Unite ‘Sebbar' (sez. un. 22471 del 26/02/2015 Ud. (dep. 28/05/2015), Rv. 263715, cosi' massimata: "In tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l'interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimita'" - Conforme la successiva giurisprudenza, cfr. Sez. 3, n. 35593 del 17/05/2016, Rv. 267650, Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, Rv. 268389; Sez. 3 n. 44938 del 05/10/2021, Rv. 282337). Nel ribadire tale principio, e' stato chiarito (Sez. 6, n. 35680 del 10/06/2005 Rv. 23257601), che il giudice di merito deve accertare che il significato delle conversazioni intercettate sia connotato dai caratteri di chiarezza, decifrabilita' dei significati, assenza di ambiguita', in modo che la ricostruzione del contenuto delle conversazioni non lasci margini di dubbio sul significato complessivo dei colloqui intercettati (conf. Sez. 6, n. 15396 del 11/12/2007 (dep. 2008) Rv. 239636). Ed e' proprio una rilettura del contenuto delle conversazioni intercettate che il Procuratore impugnante propugna con il secondo motivo di ricorso, al fine di trarne il significato dell'interessamento del (OMISSIS) al buon esito della pratica bancaria di finanziamento, che e' un tema che la Corte di appello non ha affatto tralasciato, giacche', indipendentemente da un esplicito confronto con le conversazioni segnalate nel ricorso, successive all'incontro del 7 febbraio 2007, ha, pero', posto in evidenza come non fosse stata raggiunta la prova rassicurante in ordine alla circostanza che, effettivamente, il (OMISSIS) si fosse speso per favorire il finanziamento, non essendosene, in realta', neppure verificata la necessita', stante la dimostrata disponibilita' della banca ad erogarlo, e comunque, "non essendo emersa la possibilita' di ravvisare in capo al prevenuto la ricorrenza di un contributo univocamente rivolto alla realizzazione di un risultato illecito di cui fosse consapevole", anche sottolineando come anche (OMISSIS) i,--- e (OMISSIS) fossero stati gia' assolti dallo stesso reato, rilievi con i quali il ricorrente neppure si misura, pretendendo una rivalutazione del quadro probatorio, anche riguardo a profili gia' coperti da giudicato assolutorio, senza pero' spiegare quale decisivo contributo provenga dalle evocate conversazioni capace di sovvertire l'esito assolutorio cosi' come giustificato dalla sentenza impugnata,. 2.6.3. Non coglie nel segno neppure il terzo motivo, sia per la sua genericita', sia perche' si rivolge al Giudice di legittimita' una non consentita istanza rivalutativa, laddove esso prospetta una diversa interpretazione delle intercettazioni telefoniche, ma, soprattutto, perche' vorrebbe introdurre una non consentita interferenza con il giudicato formatosi sulle condotte convogliate nel capo P), per cui (OMISSIS) ha riportato piena assoluzione. 2.6.4. Infondato anche il quarto motivo, con il quale il ricorrente si prova a smentire le affermazioni (OMISSIS) di appello, relativamente a cinque circostanze specifiche che hanno condotto il Giudice di secondo grado al pronunciamento assolutorio. Ancora una volta, il motivo presenta accenti precipuamente rivalutativi, laddove richiede al Giudice di legittimita' di rileggere il testo delle intercettazioni onde smentire la ricostruzione, non manifestamente illogica, che ne ha operato il Giudice di merito, propugnandone una alternativa. In particolare, si sostiene che: - e' vero che (OMISSIS) non conoscesse (OMISSIS), ma quest'ultimo conosceva l'imputato, affermazione che, oltre all'intrinseco limite logico, plasticamente rappresentato nella memoria difensiva depositata nell'interesse del ricorrente, mira, inammissibilmente, a ridiscutere la valutazione (OMISSIS) di appello, circa la totale, reciproca, estraneita' di (OMISSIS) e (OMISSIS), incontratisi per la prima volta il (OMISSIS); - non e' vero che non fossero stati frapposti ostacoli al finanziamento, perche', invece, (OMISSIS) era consapevole che la trasmissione in via cartacea della fidejussione rilasciata da altra banca era incompatibile con le prassi bancarie basate sul circuito "swift", tanto desumendosi sia dalle intercettazioni, neglette dalla Corte di appello, che dalla relazione del consulente bancario: da qui, secondo il ricorrente, la rilevanza causale dell'intervento di (OMISSIS) sul finanziamento a beneficio della societa' nell'orbita del clan e circa il tema della mancanza di garanzie alla data del 07 febbraio 2007. L'osservazione - anch' essa afferente al merito della valutazione - risulta alla fine anche generica, giacche' il ricorrente non specifica da quale passaggio delle conversazioni richiamate nel ricorso si desumerebbe che l'aggiramento della pratica ordinaria mediante circuito "swift" sarebbe stato favorito dall'intervento di (OMISSIS): - non e' vero che l'incontro del (OMISSIS) ebbe una motivazione politica, ricostruzione che sarebbe smentita dai commenti successivi all'incontro tra (OMISSIS) e (OMISSIS), afferenti al buon esito del finanziamento che sarebbe stato emesso il giorno successivo, a cui aveva condotto la presenza di (OMISSIS). Anche in tal caso, si mira, evidentemente, a sconfessare con alternative valutazioni, il ragionamento probatorio (OMISSIS) di appello che trova solido aggancio nelle conversazioni propedeutiche a quell'incontro specificamente richiamate) on si comprende da quali conversazioni la Corte di appello abbia tratto il ‘fastidio' dimostrato da (OMISSIS) per l'incontro del (OMISSIS); anche questa e' un' osservazione non certo decisiva, di cui e', invece, evidente la assoluta genericita', e comunque, emerge anche in questo caso un tentativo di infiltrarsi nelle maglie della valutazione di merito) del tutto illogica la considerazione (OMISSIS) di appello circa l'assenza di reazioni da parte di (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS), una volta acquisita la falsita' della polizza, illogicita' che, tuttavia, la parte ricorrente, anche in questo caso, fonda su una spiegazione alternativa dei fatti. 2.7. I quattro motivi di ricorso con i quali viene denunciato il travisamento della prova, per quanto si e' osservato, risultano, in conclusione, infondati non essendo stato individuato un argomento, o comunque un ragionamento probatorio effettivamente disarticolante rispetto alla ricostruzione operata dalla Corte di appello, che l'ha condotta, con argomenti che non evidenziano i limiti logici denunciati dal ricorrente, a ritenere non raggiunto il necessario, rassicurante, grado di certezza processuale che puo' fondare un'affermazione di responsabilita'. 2.8. Infondato, infine, anche il quinto motivo di ricorso, dal momento che la Corte di appello ha ulteriormente argomentato le ragioni del proprio convincimento in merito alla mancata dimostrazione della consapevolezza del (OMISSIS) di favorire il reinvestimento di capitali illeciti, facendo corretta applicazione del principio di diritto a tenore del quale il reato di reimpiego di denaro, beni o utilita' di provenienza delittuosa, previsto dall'articolo 648-ter c.p., e' un delitto a forma libera realizzabile attraverso condotte caratterizzate da un tipico effetto dissimulatorio, in quanto dirette ad ostacolare l'accertamento sull'origine delittuosa di denaro, beni o altre utilita', o l'astratta individuabilita' della loro origine delittuosa (Sez. 2 n. 26796 del 10/06/2021 Rv. 281552; Sez. 6, n. 13085 del 03/10/2013 (dep. 2014) Rv. 259477), essendo costituito, sotto il profilo soggettivo, il dolo del delitto di cui all'articolo 648-ter c.p. dalla coscienza e volonta' di destinare ad un impiego economicamente utile i capitali illeciti, unitamente alla consapevolezza, anche solo generica, della loro provenienza delittuosa. (Sez. 2 n. 43387 del 08/10/2019, Rv. 27799703). La Corte di appello, tuttavia, ha escluso che, dal compendio probatorio, fosse desumibile, nell'intervento del (OMISSIS), la consapevolezza di consentire alla criminalita' organizzata il reimpiego di capitali illeciti, con argomenti (pg. 70) che non evidenziano le illogicita' denunciate in ricorso. 2.9. Va, infine, dato atto della infondatezza dell'eccezione di prescrizione del reato veicolata con la memoria depositata dai difensori di (OMISSIS). Il delitto contestato sub K1, come commesso fino al 2010, nella sua versione tentata (articoli 56 - 648 ter c.p.: e' punito con la detenzione fino a otto anni (operata la riduzione di un terzo sulla pena massima per il delitto consumato, pari a 12 anni); aumentata della meta' per la circostanza aggravante a effetto speciale di cui Alla L. n. 203 del 1991, articolo 7: 12 anni; aumentata ancora ai sensi dell'articolo 161 c.p., aggiunte le sospensioni verificatesi nel giudizio di merito, pari a gg. 281. La prescrizione non e', 3. Ricorso (OMISSIS). 3.1. (OMISSIS) e' stato assolto, dalla Corte di appello di Napoli, dal reato di cui all' articolo 110 - articolo 416 bis c.p., quale concorrente esterno, nella sua veste di imprenditore colluso, con il clan "dei casalesi", come da contestazione sub A). Il suo contributo era stato individuato nell'avere consentito al clan il controllo delle attivita' economiche del nevralgico settore delle forniture di calcestruzzo, avendo rafforzato l'attivita' del sodalizio versando somme di danaro, quali quote delle forniture di calcestruzzo che il gruppo gli consentiva di acquisire. Le fonti di prova a suo carico sono costituite dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, ritenute convergenti dal Giudice di primo grado, che valorizzava, in specie, quelle di (OMISSIS) e di (OMISSIS), confortate da quanto riferito da (OMISSIS). Secondo il giudizio (OMISSIS) di appello, tali fonti dichiarative, "pur coincidendo su alcuni aspetti, e, in particolare, sulla circostanza che "l'impresa della "famiglia (OMISSIS)" fosse collusa con il suddetto clan e che egli rivestisse tale qualita'", non appaiono sufficientemente specifiche "sia con riguardo ai profili temporali, che come e' intuibile nel presente procedimento richiedono un rigoroso accertamento - sia con riguardo alla esatta identificazione dell'odierno imputato e del ruolo da lui svolto - atteso che in alcuni casi essi si riferiscono al di lui figlio e alla sua attivita' imprenditoriale", risentendo della risalente conoscenza personale con alcuni esponenti storici del clan e dell'essere stato titolare in passato di un'impresa edile (pg. 87). Tale preliminare valutazione trova, nel prosieguo della trama argomentativa sviluppata dalla sentenza impugnata, una specifica indicazione dei punti critici ravvisati dalla Corte di appello in ciascuna delle dichiarazioni valorizzate dal Giudice di primo grado. E' stata, inoltre, evidenziata l'incongruenza logica della circostanza, documentata dalla Difesa e giudizialmente acclarata, di essersi - (OMISSIS) - reso disponibile nel 2009 a collaborare con le Forze dell'ordine per sventare un'attivita' estorsiva ai danni del proprio figlio, posta in atto da un esponente della fazione (OMISSIS) del medesimo clan "dei casalesi", fungendo da agente provocatore e contribuendo all'affermazione di responsabilita', con il ruolo, dell'imputato, di soggetto protetto dalla criminalita'. Infine, in sintesi, secondo la Corte di appello, la mancanza di formale titolarita' di impresa edile in capo all'imputato avrebbe richiesto una precisa individuazione delle condotte a lui ascritte, onde estrapolarne il ruolo rivestito, in tal senso, reputandosi insufficiente la mera circostanza, concordemente riferita dai collaboratori, della collusione con il clan della famiglia (OMISSIS), laddove, invece, non risulta indicata alcuna utilita' che lo (OMISSIS) avrebbe ricevuto dalla mediazione camorristica. Sul punto, va evidenziata che risulta allegata la sentenza resa nel processo Spartacus I, conclusosi con piena assoluzione del ricorrente dal delitto di concorso esterno in quella sede contestatogli sempre in correlazione alle forniture di calcestruzzo; d'altro canto, come dedotto dalla Difesa, il ricorrente e' stato assolto anche in altri processi che pure lo avevano visto coinvolto in analoghe vesti, tant'e' che, appunto, egli risulta incensurato. 3.2. Secondo il Procuratore generale ricorrente, la Corte di appello avrebbe travisato le prove dichiarative, utilizzando una fonte dichiarativa mai acquisita ritualmente al processo (dichiarazioni rese da (OMISSIS) al P.M. di Napoli). La valutazione del ricorrente non e' corretta. Preme rilevare che e' dirimente, ai fini del rigetto del ricorso con riguardo alla posizione di (OMISSIS), la constatazione che il P.G. non aggredisce il punto nodale dell'assoluzione, che e' quello della genericita' delle accuse formulate dai collaboratori di giustizia, rispetto al quale il ricorrente non obietta nulla di cosi' decisivo da risultare capace di sovvertire la valutazione della sentenza impugnata. 3.2.1. Non per (OMISSIS), il cui propalato nei confronti dello (OMISSIS) la sentenza impugnata ha ritenuto generico per mancata specificazione temporale dell'epoca degli incontri e perche' "con tali dichiarazioni stride la circostanza che egli non ha riconosciuto l'imputato in sede di ricognizione fotografica". Quanto a tale ultimo profilo - su cui si sono appuntate in particolare le censure del ricorrente, che lamenta un vizio argomentativo nella parte della sentenza che non avrebbe considerato che il mancato riconoscimento fotografico dello (OMISSIS) da parte del collaboratore era dipeso dalla circostanza della mancanza di conoscenza fisica tra i due - si osserva, tuttavia, che la sentenza di primo grado, riportando la sintesi delle dichiarazioni del (OMISSIS), ha fatto riferimento a plurimi incontri che il collaboratore ha riferito di avere avuto personalmente con (OMISSIS), e cio' priva di consistenza l'obiezione del ricorrente. D'altro canto, la Corte di appello ha osservato come (OMISSIS) non sia stato piu' titolare di imprese edili dal 1997, a seguito della misura di prevenzione disposta nei suoi confronti, e che il soggetto titolare dell'azienda era a quel tempo il figlio, al quale vennero affidati dal collaboratore i lavori per la realizzazione di un appartamento in (OMISSIS), di proprieta' del padre dello stesso (OMISSIS), mentre non appare dirimente la circostanza, sottolineata nel ricorso, che, per quanto riferito dal collaboratore, questi venne contattato da (OMISSIS) che l'avrebbe rassicurato sulla fornitura del cemento, mancando elementi di prova dimostrativi di un diretto coinvolgimento dell'imputato e, comunque, della esistenza di un rapporto sinallagmatico con il clan, che, alla fine, resterebbe affidato alla mera disponibilita' assicurata dallo (OMISSIS) per la fornitura di calcestruzzo per la realizzazione dell'abitazione del (OMISSIS). Correttamente, dunque, la Corte di appello ha escluso che il propalato del (OMISSIS) fosse dotato di specifica tenuta dimostrativa del diretto e personale coinvolgimento dello (OMISSIS) nelle attivita' gestite oramai da anni dai suoi figli, mancando un apporto efficace nell'enucieare il contributo effettivo fornito dal ricorrente, piuttosto, venendo in rilievo, dal racconto del collaborante, per quanto qui interessa, meri e generici riferimenti al coinvolgimento della azienda di famiglia nell'affare del calcestruzzo gestito dal clan. 3.2.2. Neppure colgono nel segno le censure alla valutazione probatoria delle dichiarazioni di (OMISSIS) e (OMISSIS). Quanto al primo, il ricorrente si limita a richiamare, per contrastare le affermazioni (OMISSIS) di appello, le dichiarazioni, riportate nella sentenza di primo grado, che avrebbero dato vita a un narrato dettagliato e specifico, con riferimento alla vicenda della realizzazione degli appartamenti in zona Casaluce. Ancor piu' genericamente, viene esposta la censura alla valutazione probatoria delle propalazioni del (OMISSIS). Osserva il Collegio che, in entrambi i casi, manca una effettiva argomentazione critica della decisione, che viene censurata facendo ricorso al raffronto con la sentenza di primo grado, dalla quale la Corte di appello si e' dissociata in modo argomentato, senza, tuttavia, formulare obiezioni specifiche e capaci di scardinare l'impianto decisorio della sentenza impugnata, che, va sempre tenuto a mente, e' giunta all'approdo assolutorio con la formula di cui al dell'articolo 530 c.p.p., comma 2, ovvero facendo applicazione criterio di giudizio dell'al di la' del ragionevole dubbio. Invero, con riguardo alle dichiarazioni di (OMISSIS), le deduzioni del ricorrente non si misurano con l'osservazione della sentenza impugnata che gli appartamenti da realizzare a (OMISSIS) "non vennero realizzati e che nessun elemento proviene dai soggetti che sarebbero stati vittima di tale estorsione", quest'ultima riferita a quanto dichiarato da entrambi i collaboratori sul fatto che fosse stato "imposto agli imprenditori - i fratelli (OMISSIS) di (OMISSIS) - il pagamento di una tangente estorsiva nonche' l'obbligo di rifornirsi presso la ditta dello (OMISSIS) per l'acquisto del calcestruzzo". Dunque, la Corte di appello, non solo ha rilevato come gli appartamenti non vennero mai realizzati, ma ha anche sottolineato come neppure gli imprenditori estorti avessero reso dichiarazioni significative, nell'ottica accusatoria, a carico dello (OMISSIS). 3.2.3. Un ulteriore elemento di perplessita' e' stato evidenziato dalla sentenza impugnata facendo riferimento alle dichiarazioni di (OMISSIS) - che si e' determinato alla collaborazione giudiziaria durante il giudizio di merito ed e' stato escusso dalla Corte di appello. Questi, ha osservato la Corte territoriale, pur essendo il reggente del tempo, non ha reso dichiarazioni accusatorie nei confronti dello (OMISSIS), avendo, piuttosto, ricordato che, per la realizzazione dei predetti appartamenti, era stata proposta un'altra ditta. Diversamente, quindi, da quanto dichiarato da (OMISSIS), il quale aveva riferito di un rapporto diretto di tipo collusivo dello (OMISSIS) con lo (OMISSIS), citando proprio la vicenda la programmata fornitura di calcestruzzo per l'intervento edilizio in Casaluce. Come si e' detto, secondo il ricorrente, le dichiarazioni rese da (OMISSIS) sarebbero state acquisite agli atti in violazione dell'articolo 513 c.p.p. Osserva, innanzi tutto, il Collegio che, nel giudizio di appello, l'acquisizione di documenti e' senz'altro rituale senza che sia necessaria un'apposita ordinanza che disponga a tal fine la rinnovazione parziale del dibattimento (Cass., Sez. 6, 24/11/1993, De Carolis, rv. 197263; Sez. 1, 23/9/1998,Cassandra, rv. 212121; Sez. 6, 10/7/2000, D'Ambrosio, rv. 217993; Sez. 6, 2/2/2004, Agate, rv. 228657), purche' il documento venga legittimamente acquisito al fascicolo per il dibattimento nel contraddittorio fra le parti, derivandone ex adverso, in caso di privata conoscenza del giudice non mediata dalla partecipazione dialettica delle parti alla formazione della prova, l'inutilizzabilita' probatoria dello stesso ai fini della deliberazione secondo il chiaro disposto dell'articolo 526 comma 1 c.p.p. (Sez. Un. Mannino cit., in motivazione). Nel merito, tuttavia, l'eccezione risulta smentita dalle deduzioni difensive che hanno chiarito, con la memoria depositata in atti, come, in realta', il verbale delle dichiarazioni rese da (OMISSIS) in data (OMISSIS) fosse stato gia' allegato alla memoria depositata il (OMISSIS) e come erroneamente la Difesa avesse indicato, nella successiva memoria del luglio 2020, un verbale del (OMISSIS), in luogo di quello, effettivamente allegato, del (OMISSIS). In sostanza, il verbale delle dichiarazioni di (OMISSIS) rese in altro procedimento era stato gia' acquisito all'incarto processuale fin dal novembre 2019. Tanto chiarito, si osserva come, effettivamente, le dichiarazioni rese dallo (OMISSIS) in merito alla circostanza che, in relazione agli appartamenti di Casaluce - contrariamente a quanto affermato da (OMISSIS) - la fornitura di calcestruzzo sarebbe stata assicurata da altra ditta, lungi dal convergere con quelle del (OMISSIS), le smentiscono proprio con riguardo al ruolo da questi assegnato allo lodo. Dal canto suo, il Procuratore impugnante, che sostiene esservi stata una produzione parziale, da parte della Difesa, delle dichiarazioni rese dallo (OMISSIS) con riferimento alla posizione di (OMISSIS), non si e' curato di allegare la versione integrale del verbale delle dichiarazioni rese dal collaboratore sul profilo in esame, e neppure ha specificamente allegato le ragioni del decisivo contributo proveniente dalle parti obliterate dalla Corte territoriale. 3.3. In conclusione, cio' che ha indotto la Corte di appello alla pronuncia assolutoria e', come si legge in sentenza, la contraddittorieta' delle fonti di prova dichiarativa, e, dunque, l'impossibilita' di ravvisare una oggettiva e apprezzabile convergenza di tali dichiarazioni. Nel caso di specie, cioe', non puo' parlarsi di concordanza delle fonti sulla figura dello (OMISSIS): non sui suoi rapporti con il clan, con cui contrasta oggettivamente la vicenda che lo ha visto protagonista di una collaborazione con le forze dell'ordine, cosi' come le assoluzioni conseguite nel corso degli anni per analoghi fatti e il formale allontanamento, da tempo, dall'attivita' imprenditoriale; non in merito al ruolo avuto dallo (OMISSIS) nel progetto di realizzazione degli appartamenti in Casaluce, per cui viene in rilievo la mancata realizzazione degli appartamenti, il mancato riconoscimento fotografico da parte di chi lo accusava assumendo di averlo piu' volte incontrato, la genericita' dei riferimenti alla famiglia (OMISSIS). 4. Per concludere la parte dedicata alla valutazione del ricorso del Procuratore generale di Napoli, vale la pena sottolineare che il sindacato di legittimita' non ha per oggetto la revisione del giudizio di merito, bensi' la verifica della struttura logica del provvedimento e non puo', quindi, estendersi all'esame ed alla valutazione degli elementi di fatto acquisiti al processo, riservati alla competenza del giudice di merito, rispetto alla quale la Suprema Corte non ha alcun potere di sostituzione al fine della ricerca di una diversa ricostruzione dei fatti in vista di una decisione alternativa. Ne' la Suprema Corte puo' trarre valutazioni autonome dalle prove o dalle fonti di prova, neppure se riprodotte nel provvedimento impugnato. Invero, solo l'argomentazione critica che si fonda sugli elementi di prova e sulle fonti indiziarie contenuta nel provvedimento impugnato puo' essere sottoposto al controllo del giudice di legittimita', al quale spetta di verificarne la rispondenza alle regole della logica, oltre che del diritto, e all'esigenza della completezza espositiva (Sez. 6, n. 40609 del 01/10/2008, Ciavarella, Rv. 241214). Non e' dunque sufficiente che gli atti del processo invocati dal ricorrente siano semplicemente "contrastanti" con particolari accertamenti e valutazioni del giudicante e con la sua ricostruzione complessiva e finale dei fatti e delle responsabilita' ne' che siano astrattamente idonei a fornire una ricostruzione piu' persuasiva di quella fatta propria dal giudicante. Ogni giudizio, infatti, implica l'analisi di un complesso di elementi di segno non univoco e l'individuazione, nel loro ambito, di quei dati che - per essere obiettivamente piu' significativi, coerenti tra loro e convergenti verso un'unica spiegazione - sono in grado di superare obiezioni e dati di segno contrario, di fondare il convincimento del giudice e di consentirne la rappresentazione, in termini chiari e comprensibili, ad un pubblico composto da lettori razionali del provvedimento. E', invece, necessario che gli atti del processo richiamati dal ricorrente per sostenere l'esistenza di un vizio della motivazione siano autonomamente dotati di una forza esplicativa o dimostrativa tale che la loro rappresentazione sia in grado di disarticolare l'intero ragionamento svolto dal giudicante e determini al suo interno radicali incompatibilita', cosi' da vanificare o da rendere manifestamente incongrua o contraddittoria la motivazione. Pertanto, nel rammentare che la Corte di Cassazione e' giudice della motivazione, non gia' della decisione, ed esclusa l'ammissibilita' di una rivalutazione del compendio probatorio, va al contrario evidenziato che la sentenza impugnata ha fornito logica e coerente motivazione in ordine alla ricostruzione dei fatti, con argomentazioni prive di illogicita' (tantomeno manifeste) e di contraddittorieta', elementi che consentono alla sentenza impugnata di superare il vaglio di legittimita' nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS). 5. Ricorso di (OMISSIS). 5.1.Preliminarmente deve essere dato atto della tardivita' della memoria depositata dalla Difesa nell'interesse dell'imputato, in data 27 febbraio 2023, circostanza che esime la Corte di cassazione dal prenderla in considerazione. Infatti, posto che i termini di cui all'articolo 611 c.p.p. relativamente al procedimento in camera di consiglio sono applicabili anche ai procedimenti in udienza pubblica (Sez. 2 - n. 10255 del 29/11/2019 Ud. (dep. 16/03/2020) Rv. 27874506), nel caso in cui le memorie e le produzioni difensive siano depositate in violazione dei termini di quindici e cinque giorni "liberi" prima dell'udienza, esse risultano inutilizzabili, non potendo essere esaminate dalla Corte di cassazione ai fini della decisione (Sez. 4, n. 49392 del 23/10/2018, Rv. 274040; Sez. 1, n. 13597 del 22/11/2016 (dep. 2017) Rv. 269673), 5.2. Con riguardo al reato di cui al capo U, il ricorrente invoca la piu' favorevole formula assolutoria ai sensi dell'articolo 530 c.p.p., comma 1, deducendo un interesse civilistico; sostiene, infatti, che, in presenza della costituzione di parte civile, sussisterebbe la condizione affinche' la sentenza penale di assoluzione produca gli effetti extrapenali che gli sono propri, alla luce del principio giurisprudenziale secondo cui, ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 652 (nell'ambito del giudizio civile di danno) e 654 (nell'ambito degli altri giudizi civili) "il giudicato di assoluzione fa stato solo quando contenga un effettivo accertamento circa l'insussistenza o del fatto o della partecipazione dell'imputato e non anche quando l'assoluzione sia determinata dall'accertamento dell'insussistenza di sufficienti elementi di prova circa la commissione del fatto o l'attribuibilita' di esso all'imputato e cioe' l'assoluzione sia stata pronunciata a norma dell'articolo 530 c.p.p., comma 2". 5.2.1. La deduzione e' del tutto infondata. Il presupposto di ogni impugnazione e' l'interesse richiesto dall'articolo 568 c.p.p., comma 4, che sussiste solo se il gravame sia idoneo a determinare, attraverso l'eliminazione di un provvedimento pregiudizievole, una situazione pratica piu' vantaggiosa per l'impugnante rispetto a quella esistente (Sez. U, n. 42 del 13/12/1995, Timpani, Rv. 203093). Come chiarito dalle sezioni Unite Massaria, la valutazione dell'interesse ad impugnare, sussistente allorche' il gravame sia in concreto idoneo a determinare, con l'eliminazione del provvedimento impugnato, una situazione pratica piu' favorevole per l'impugnante, va operata con riferimento alla prospettazione rappresentata nel mezzo di impugnazione e non alla effettiva fondatezza della pretesa azionata (Sez. U, n. 28911 del 28/03/2019 Ud. (dep. 03/07/2019) Rv. 27595302). Nel caso di specie si tratta di valutare la sussistenza, o meno, dell'interesse dell'imputato a impugnare la sentenza di proscioglimento pronunciata con la formula "perche' il fatto non costituisce reato" al fine di ottenere l'assoluzione ai sensi dell'articolo 530 c.p.p., comma 1. Ora, con riguardo alla questione della riconoscibilita', al ricorrente, dell'intesse ad impugnare la sentenza con le piu' favorevoli formule "perche' il fatto non sussiste" o "perche' l'imputato non ha commesso il fatto", di gran lunga maggioritario e' l'orientamento secondo cui sussiste l'interesse dell'imputato all'impugnazione della sentenza di assoluzione, pronunciata con la formula "perche' il fatto non costituisce reato", al fine di ottenere la piu' ampia formula liberatoria "perche' il fatto non sussiste", considerato che, a parte le conseguenze di natura morale, l'interesse giuridico risiede nei diversi e piu' favorevoli effetti che gli articoli 652 e 653 c.p.p., connettono alla seconda nei giudizi civili o amministrativi di risarcimento del danno e nel giudizio disciplinare (Sez. U, n. 40049 del 29/05/2008 Ud. (dep. 28/10/2008), P.G. in proc. Guerra, Rv. 240814; conf. Sez. 5 n. 29377 del 29/05/2019 Rv. 276524; conf. Sez. 6, n. 49831 del 19/04/2018, Annese, Rv. 274285; conf., ex plurimis, Sez. 6, n. 16843 del 01/03/2018, Acquavella, Rv. 273178; Sez. 4, n. 26109 del 05/05/2016, Delle Foglie, Rv. 268996; Sez. 6, n. 41706 del 27/09/2013 Presutto, Rv. 256921; Sez. 4, n. 46849 del 03/11/2011, Di Carlantonio, Rv. 252150; Sez. 2, n. 33847 del 18/05/2010, De Filippis, Rv. 248127). Tale principio non e' tuttavia applicabile al caso di specie. Nell'interesse di (OMISSIS), infatti, il ricorso, come si e' detto, mira a conseguire, non gia' una diversa e' piu' favorevole formula assolutoria, ovvero la sostituzione della formula "perche' il fatto non sussiste" con quella pronunciata dalla Corte di appello "perche' il fatto non costituisce reato", ma- ferma la medesima formula - l'interesse rappresentato con il ricorso e' quello di conseguire la pronuncia ai sensi del comma 1, invece dell'articolo 530 c.p.p., comma 2. Tale prospettazione non integra, pero', un concreto interesse all'impugnazione, giacche', a prescindere dall'ampiezza liberatoria della formula assolutoria, vi e' che, quella con la quale (OMISSIS) e' stato assolto dal reato di cui al capo U - "perche' il fatto non costituisce reato", che la Difesa ricorrente neppure contesta -, consentirebbe, in ogni caso, alla parte civile di far valere le proprie ragioni, anche nel caso in cui si addivenisse alla assoluzione nei termini invocati nel ricorso. Costituisce, invero, jus receptum nella giurisprudenza di questa Corte, dopo l'arresto delle Sezioni Unite Negri, che la parte civile e' legittimata a proporre appello avverso la sentenza di primo grado di assoluzione dell'imputato perche' il fatto non sussiste, al fine di chiedere al giudice dell'impugnazione di affermare la responsabilita' dell'imputato, sia pure incidentalmente, e ai soli fini dell'accoglimento della domanda di risarcimento del danno, ancorche' in mancanza di precedente statuizione sul punto, ferma restando, nel caso di appello della sola parte civile, l'intangibilita' delle statuizioni penali (Sez. U. n. 25083 del 2006, Negri, Rv. 233918; Sez. 3 n. 3083 del 18/10/2016, Rv. 268894). Per quanto riguarda, invece, la impugnabilita' della sentenza di proscioglimento intervenuta con la formula "perche' il fatto non costituisce reato" (come nel caso di specie), la piu' recente giurisprudenza di legittimita' ritiene sussistente l'interesse della parte civile a impugnare la decisione assolutoria pronunciata con detta formula, in quanto le limitazioni all'efficacia del giudicato previste dall'articolo 652 c.p.p. non incidono sulla estensione del diritto all'impugnazione ad essa riconosciuto in termini generali nel processo penale dall'articolo 576 c.p.p., imponendosi, altrimenti, alla stessa di rinunciare agli esiti dell'accertamento compiuto nel processo penale e di riavviare ab initio l'accertamento in sede civile, con conseguente allungamento dei tempi processuali (Sez. 4, n. 14194 del 18/03/2021, Sisti, Rv. 281016-01; Sez. 6, n. 36526 del 28/10/2020, Pilato, Rv. 280182-02; Sez. 2, n. 10638 del 30/01/2020 Enderlin, Rv. 278519-01; Sez. 4, n. 10114 del 21/11/2019, dep. 2020, Zanini, Rv. 278643-01; Sez. 5, n. 27318 del 07/03/2019, Marzuoli, Rv. 276640-01). L'orientamento e' aderente anche ai principi di recente espressi dalle Sezioni Unite nella sentenza ‘Massaria' (Sez. U, n. 28911 del 28/03/2019, Rv. 275953-01), che ha ribadito il principio gia' affermato in altra precedente pronunzia del medesimo Consesso (Sez. U, n. 40049 del 29/05/2008, Guerra, Rv. 240815, non mass. sul punto), secondo il quale il danneggiato, avendo con la costituzione di parte civile inteso trasferire in sede penale l'azione civile di danno, ha "interesse ad ottenere nel giudizio penale il massimo di quanto puo' essergli riconosciuto", cosicche', non gli si puo' negare l'interesse a impugnare la decisione di proscioglimento, anche quando questa manchi di efficacia preclusiva. Ne consegue - a fronte dell'impossibilita' di conseguire un risultato pratico piu' favorevole, in ragione della prospettazione data nel ricorso dalla parte, - la insussistenza dell'interesse a impugnare, che rende il motivo inammissibile. 5.3. Il secondo motivo - relativo alla truffa ai danni Unicredit, reato per il quale vi e' stata declaratoria di prescrizione gia' in primo grado, confermata dalla Corte di appello, e per cui la Difesa di (OMISSIS) invoca l'assoluzione - risulta inammissibile. 5.3.1. Secondo l'orientamento affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, in presenza di una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di legittimita' vizi di motivazione della sentenza impugnata, in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l'obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244275), peraltro, nel caso in scrutinio, gia' dichiarata fin dalla sentenza di primo grado. Nella medesima pronuncia, il massimo consesso nomofilattico ha, altresi', affermato che, in presenza di una causa di estinzione del reato, il giudice e' legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell'articolo 129 c.p.p., comma 2, soltanto nei caso in cui le circostanze idonee a escludere l'esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell'imputato, e la sua rilevanza penale, emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, cosi' che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga piu' al concetto di "contestazione", ossia di percezione ictu oculi, che a quello di "apprezzamento" e sia, quindi, incompatibile con qualsiasi necessita' di accertamento o di approfondimento (Sez. U. Tettamanti). Cio' che e' riscontrabile nel caso di specie, in cui la Corte di Appello, con argomenti logici e giuridicamente corretti, ha desunto la responsabilita' dell'imputato rimarcando il dato delle plurime irregolarita', di cui si e' dato conto nella sentenza di primo grado, che condussero, di fatto, la banca ad erogare la prima tranche di un finanziamento per un'operazione commerciale caratterizzata da plurime criticita' (ben evidenziate dal funzionario deputato a esprimere il parere di fattibilita', Conteduca) e senza concrete e adeguate garanzie per la banca Unicredit (pg. 80). Tanto e' sufficiente per la declaratoria di inammissibilita' del ricorso, in quanto si limita a riproporre vizi gia' denunciati in sede di appello e adeguatamente vagliati dalla Corte di merito, che ha motivato, non solo facendo riferimento alla mancata rinuncia alla prescrizione, come sembra sostenere la Difesa ricorrente, ma anche con il richiamo ad argomenti di merito. Poiche' la decisione (OMISSIS) di appello non e' aggredita con la prospettazione di vizi che facciano emergere l'innocenza dell'imputato, limitandosi il ricorrente a una generica contestazione circa il richiamo per relationem effettuato dalla Corte di appello alla sentenza di primo grado, la decisione (OMISSIS), di appello non si rivela affatto erronea. 5.4. E' invece fondato il terzo motivo di ricorso. 4.4.1. Invero, come si e' detto, in relazione al reato rubricato sub S), gia' in primo grado era stata dichiarata la prescrizione, poi confermata dalla Corte di appello. Questo vuol dire che ne' il primo giudice ne' la Corte di appello hanno mai pronunciato le statuizioni civili in favore di Unicredit, cosicche', erroneamente, la sentenza impugnata ha ritenuto di confermare le "statuizioni civili della sentenza di primo grado limitatamente al danno derivante dal reato di cui al capo S)" (pg. 81). Detta affermazione risulta erronea, cosi' come, in parte qua, la relativa statuizione, espressa con la generica formula "conferma nel resto" contenuta nel dispositivo. La condanna al risarcimento dei danni in favore di Unicredit, correlata al reato di cui al capo S, deve essere, dunque, eliminata. 4.4.2. Analogo discorso vale per il capo U, per il quale (OMISSIS) era stato condannato in primo grado, anche al risarcimento dei danni in favore della parte civile Unicredit, nonche' alla rifusione delle spese di quel giudizio, venendo poi assolto nel giudizio di appello; conseguentemente, le statuizioni civili relative a tale capo devono intendersi revocate, cosi' come la "condanna alle spese sostenute dalla parte civile Banca "Unicredit" per il presente grado di giudizio" (pg. 81), dal momento che, ai sensi dell'articolo 535 c.p.p., la condanna dell'imputato alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile presuppone la pronuncia della sentenza di condanna che, appunto, nel giudizio di appello e' venuta meno. Dunque, le statuizioni civili connesse alla condanna in primo grado per il delitto sub U (sia la condanna risarcitoria che quella al rimborso delle spese di assistenza e costituzione nel giudizio di primo grado della parte civile Unicredit), cosi' come la condanna alle spese sostenute dalla parte civile Banca Unicredit per il giudizio di appello (pg. 81 della sentenza impugnata), venendo meno le prime a seguito dell'assoluzione, e mancando il presupposto della condanna per le seconde, devono essere eliminate. 6. L'epilogo del presente scrutinio di legittimita' e' l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), limitatamente alle statuizioni civili, che devono essere eliminate; nel resto il ricorso di (OMISSIS) va dichiarato inammissibile, mentre deve essere rigettato il ricorso del Procuratore generale di Napoli nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS). P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, nei confronti di (OMISSIS) limitatamente alle statuizioni civili, che elimina. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto. Rigetta il ricorso del P.G.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MOGINI Stefano - Presidente Dott. SANTALUCIA Giusepp - rel. Consigliere Dott. CENTOFANTI Francesco - Consigliere Dott. CALASELICE Barbara - Consigliere Dott. DI GIURO Gaetano - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 05/12/2022 del TRIB. LIBERTA' di CATANIA udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE SANTALUCIA; lette le conclusioni del PG A. PICARDI, intervenuta per iscritto ai sensi della disciplina emergenziale, che ha chiesto il rigetto del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Il Tribunale di Catania, in funzione di giudice del riesame, ha confermato l'ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari della stessa citta' ha applicato a (OMISSIS), la misura della custodia cautelare in carcere per i reati: di partecipazione all'associazione dedita al traffico di cocaina e marijuana, composta da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e altri, con operativita' dal mese di marzo 2019 (capo 9); di cessione di cocaina e marijuana a diversi acquirenti, sempre nel medesimo arco temporale, in concorso con i soggetti indicati (capo 10) Tutti i reati sono aggravati dall'articolo 416-bis.1 c.p., per aver agito al fine di agevolare l'associazione mafiosa (OMISSIS). 2. Gli elementi indiziari che dimostrano l'esistenza di un'organizzazione stabile, dedita allo spaccio di cocaina e marijuana, sono stati tratti dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS), dai risultati dell'attivita' di intercettazione e dai sequestri di sostanza stupefacente eseguiti dalla polizia giudiziaria a riscontro degli addebiti. (OMISSIS), ha riferito che il gruppo mafioso (OMISSIS), di cui lui faceva parte, aveva l'esclusiva per le forniture delle sostanze stupefacenti ai vari "ragazzi" deputati allo spaccio. Ha specificato che lui riforniva (OMISSIS) e questi, a sua volta, distribuiva la sostanza ai vari "ragazzi" operanti a Giardini -Naxos; e che tutti i componenti del gruppo erano consapevoli di spacciare per conto del clan (OMISSIS). Queste dichiarazioni hanno trovato riscontro nei risultati delle attivita' di intercettazione. E' emerso che (OMISSIS) e (OMISSIS), antecedentemente all'arresto del primo avvenuto a inizio di giugno 2019, rifornivano stabilmente (OMISSIS), di sostanze stupefacenti. Pur accogliendo il rilievo difensivo in ordine al fatto che nella conversazione, progr. 702, del (OMISSIS) il " (OMISSIS)" nominato dai due non possa identificarsi in (OMISSIS) e che con ogni probabilita' debba essere individuato in (OMISSIS), fornitore di (OMISSIS), il Tribunale ha rilevato che le conversazioni successive hanno dato riscontro all'assunto che il carico di sostanza stupefacente, effettivamente acquistato da (OMISSIS) e (OMISSIS) presso (OMISSIS) e tale (OMISSIS), era destinato a (OMISSIS). 2.1. Dalle intercettazioni del (OMISSIS) e dalle videoriprese effettuate nei pressi dell'ufficio di (OMISSIS) in (OMISSIS), si e' tratto che (OMISSIS) consegno' a (OMISSIS) 110 gr. di cocaina. Da quelle effettuate il (OMISSIS) successivo si e' accertato che (OMISSIS) e (OMISSIS), avevano organizzato il trasporto di 510 gr. di cocaina, tramite (OMISSIS), da consegnare a (OMISSIS). Mentre effettuava il trasporto, (OMISSIS) fu pero' arrestato e quindi la consegna non ando' a buon fine. (OMISSIS), ha poi dichiarato, a proposito di questo episodio, che la cocaina sequestrata era stata da lui e da (OMISSIS), acquistata a Catania da tali (OMISSIS) e (OMISSIS), del clan (OMISSIS), ed era destinata a (OMISSIS) che avrebbe dovuto pagare loro meta' del corrispettivo alla consegna e meta' dopo una settimana. 2.2. Da (OMISSIS), inoltre, furono registrati decine e decine di contatti tra (OMISSIS) e (OMISSIS) e (OMISSIS), finalizzati a programmare incontri, spesso sollecitati da questi ultimi per riscuotere i pagamenti delle forniture di sostanze stupefacenti. Il fatto che (OMISSIS) fece plurimi tentativi di rifornirsi da altri della sostanza stupefacente non impedisce di ravvisare la sussistenza del fatto associativo contestato ma da' prova che era dotato di notevole capacita' di smercio di sostanze stupefacenti. Questi era a conoscenza della caratura criminale di (OMISSIS) e (OMISSIS) ed era pertanto consapevole di favorire economicamente, con la propria condotta il clan (OMISSIS), di cui (OMISSIS) era all'epoca reggente. 2.3. In punto di esigenze cautelari il Tribunale ha richiamato la presunzione normativa di cui all'articolo 274 c.p.p. e ha osservato che, in ragione del ruolo svolto nella compagine associativa e alla elevata professionalita' dimostrata dai frequenti e consistenti approvvigionamenti di sostanza stupefacente, sussiste un pericolo serio, concreto ed attuale che (OMISSIS), ove rimesso in liberta', possa reiterare le condotte in contestazione. Per le stesse ragioni non e' stata ritenuta adeguata altra misura meno afflittiva, neanche gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico atteso che i reati in contestazione possono essere realizzati anche in sede domestica. 3. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso il difensore di (OMISSIS), che ha articolato piu' motivi. 3.1. Con i primi due motivi ha dedotto vizio di violazione di legge in punto di valutazione dei gravi indizi di colpevolezza per l'assenza di riscontri esterni individualizzanti alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia e per il fatto che gli indizi di colpevolezza per il reato associativo di cui al capo 9) sono stati individuati nella presunta commissione di acquisiti di sostanza stupefacente contestati al capo 10). Il Tribunale ha travisato il contenuto e il significato di una conversazione, oggetto di intercettazione ambientale, tra (OMISSIS)Porto (OMISSIS) e (OMISSIS) in cui si parlo' di fornitura e non di acquisto di sostanza stupefacente, sicche' il " (OMISSIS)" di cui si disse non era certo il ricorrente ma (OMISSIS), perche' il ricorrente era, per descrizione dell'addebito cautelare, l'acquirente da (OMISSIS) e non il suo fornitore. Questo errore ha poi condizionato e distorto l'interpretazione di tutte le conversazioni oggetto di intercettazione, che sono state utilizzate nella motivazione. La motivazione dell'ordinanza impugnata e' carente perche' manca l'illustrazione di indizi qualificati a riscontare le dichiarazioni del collaboratore. E' manifestamente illogico affermare la sussistenza di contatti tra il ricorrente e il clan (OMISSIS) in forza di contatti commerciali degli anni ‘ottanta del secondo scorso tra la societa' del ricorrente la concessionaria di cui (OMISSIS) possedeva alcune quote. Il ricorrente ha mantenuto rapporti fino al 2019 con (OMISSIS), soggetto sino a quel momento incensurato, e anche con (OMISSIS), e con quest'ultimo per ragioni legate all'affitto di un locale commerciale 3.1.1. Ancora. L'ordinanza impugnata ha omesso di rispondere alle censure difensive richiamando l'ordinanza di custodia cautelare, che gia' motivava per relationem. Sul ruolo associativo del ricorrente, si' come definito da (OMISSIS), non sono stati forniti e illustrati elementi di riscontro. Non v'e' traccia di modalita' di consegna, di pagamento e di ogni altro elemento utile per attribuire un ruolo associativo al ricorrente. Le conversazioni richiamate nell'ordinanza non hanno contenuti ambigui, criptici, e sono tutte giustificate dal rapporto commerciale tra il ricorrente e (OMISSIS), che nel locale preso in affitto stava realizzando un bar. Anche nel corso della conversazione del (OMISSIS), progr. 254, tra (OMISSIS) e (OMISSIS) il " (OMISSIS)" menzionato non era il ricorrente, per ragioni desumibili dallo stesso contenuto della conversazione, e sul punto il Tribunale ha omesso di dare risposta al rilievo difensivo. Dalla conversazione, sempre tra (OMISSIS) e (OMISSIS) del (OMISSIS), progr. 749, si trae prova della neutralita' indiziaria dei risultati intercettativi, perche' oggetto di questa conversazione era sempre il tema del locale commerciai affittato a (OMISSIS) per la realizzazione del bar. Non persuade la ricostruzione dell'incontro del (OMISSIS) tra (OMISSIS) e il ricorrente, durante il quale sarebbe avvenuta una consegna di cocaina di 100 grammi. In generale, sono manifestamente illogiche le conclusioni a cui e' giunto il Tribunale nella lettura dei risultati delle intercettazioni. Si tratta di poche conversazioni, intervenute solo in tre mesi, prive di indicazioni sintomatiche di adesione al sodalizio, prive di espressioni volte a mascherare prezzo, peso, qualita' della presunta droga, che non indicano reazioni al sequestro di stupefacente. La descrizione dubbia di uno o due episodi di cessione di stupefacente, l'episodio appena citata del (OMISSIS) e la mancata consegna del successivo (OMISSIS), non puo' qualificare gli indizi di colpevolezza per il delitto associativo L'ordinanza impugnata e' carente di motivazione anche in riferimento all'aggravante dell'agevolazione mafiosa, in particolare del clan (OMISSIS) di cui (OMISSIS) era all'epoca il reggente. 3.2. Con il terzo motivo ha dedotto vizio di violazione di legge e difetto di motivazione in ordine alla ritenuta attualita' del pericolo di cd. reiterazione criminosa e alla adeguatezza della sola misura custodiale carceraria, perche' la sola gravita' dei reati in contestazione non puo' essere fondamento del giudizio di attualita' delle esigenze cautelari e non c'e' motivazione alcuna sulla necessita' e obbligatorieta' della detenzione carceraria. 4. Il difensore del ricorrente ha quindi depositato conclusioni scritte con cui ha replicato agli argomenti del Procuratore generale e ha insistito nei motivi di ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' inammissibile, per le ragioni di seguito esposte. 2. I primi due motivi sono manifestamente infondati, nella misura in cui costituiscono il risultato di un impegno di ricostruzione alternativa della vicenda, incentrata su un dato, ossia l'asserita esistenza di un rapporto commerciale tra il ricorrente e (OMISSIS) in ragione della locazione di uno stabile, che non forma oggetto dell'impianto giustificato del provvedimento ora impugnato. I rilievi di ricorso, invece che mirare alla individuazione di vizi del ragionamento indiziario esposto nell'ordinanza impugnata, si misurano nell'inammissibile tentativo di proporre in sede di legittimita' una diversa lettura degli elementi indiziari con cui si pongono in diretta relazione, ignorando la mediazione valutativa del giudice del merito cautelare che e' l'unico oggetto di possibile esame. Il Tribunale, invero, ha esposto con linearita' i dati indiziari, dando conto della loro pregnanza. Ha richiamato le dichiarazioni accusatorie di (OMISSIS), che ha indicato nel ricorrente uno dei soggetti che, per conto della sua organizzazione, spacciava le sostanze stupefacenti nel territorio di Giardini Naxos. Ha quindi dato conto dei risultati delle operazioni di intercettazione che fungono da idoneo riscontro alle dichiarazioni accusatorie e di essi ha fornito una interpretazione per nulla irragionevole o travisante le espressioni delle conversazioni intercettate. Vale allora per questa parte il consolidato principio di diritto secondo cui "in materia di intercettazioni telefoniche, costituisce questione di fatto, rimessa all'esclusiva competenza del giudice di merito, l'interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non puo' essere sindacato in sede di legittimita' se non nei limiti della manifesta illogicita' ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite" - Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, Rv. 282337, tra le molte -. E' poi appena il caso di ribadire che la stessa ordinanza impugnata ha escluso che la conversazione del (OMISSIS) (progr. 702), su cui il ricorso ha dedicato buona parte di attenzione, possa aver avuto ad oggetto il ricorrente, perche' l'indicazione di tal "Giovanni" fatta da (OMISSIS) mentre discorreva con (OMISSIS) deve intendersi ad altro soggetto, specificamente a tal (OMISSIS). Per il resto, di ogni brano di conversazione intercettata il Tribunale ha dato compiutamente e logicamente conto del significato indiziario, senza che le deduzioni di ricorso possano inficiarne la tenuta giustificativa. Parimenti logica e' infine l'argomentazione relativa alla sussistenza dell'aggravante dell'agevolazione mafiosa, perche' e' congruente con i dati indiziari raccolti l'affermazione secondo cui, dati gli stressi rapporti intercorrenti con (OMISSIS) e (OMISSIS), il ricorrente aveva piena consapevolezza che le attivita' da loro congiuntamente poste in essere ridondavano a vantaggio del gruppo di appartenenza dei primi due. 3. Anche con il terzo motivo, in punto di esigenze cautelari, il ricorso ha perso di vista l'obiettivo di una critica specifica ed esclusiva alla ordinanza, e non e' rifuggito dalla tentazione di rileggere i fatti e gli indizi. Il Tribunale, pur avendo adeguatamente motivato in punto di attualita' del pericolo di cd. reiterazione criminosa e di esclusiva adeguatezza della misura carceraria, ha ricordato l'operativita', in ragione del tipo di addebito cautelare - Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, - della presunzione, sia pure relativa, di sussistenza delle esigenze, e ha a tal proposito evidenziato che non sono emersi dati oggettivi capaci di superare la presunzione ne' essi sono stati indicati e allegati dal ricorrente. 4. Alla dichiarazione di inammissibilita' segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. La Cancelleria provvedera' agli adempimenti di cui all'articolo 94, c.p.p. comma 1-ter. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'articolo 94, comma Iter, disp. att. c.p.p..

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BELTRANI Sergio - Presidente Dott. PARDO Ignazio - Consigliere Dott. PACILLI G. Anna R. - Consigliere Dott. D'AURIA Donato - Consigliere Dott. NICASTRO Giuseppe - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS) (OMISSIS), nato a (OMISSIS) avverso la sentenza del 14/02/2022 della Corte d'appello di Milano visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE NICASTRO; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. MARINELLI FELICETTA, che ha concluso chiedendo che i ricorsi siano dichiarati inammissibili; udito l'Avv. (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), la quale ha concluso, anche per il collega (OMISSIS) - il quale, come rilevato dal Presidente, ha rinunciato all'incarico di difensore di (OMISSIS), senza che risultino nuovi difensori nominati - insistendo per l'accoglimento dei motivi dei rispettivi ricorsi. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 14/02/2022, la Corte d'appello di Milano, in parziale riforma della sentenza del 16/09/2021 del G.i.p. del Tribunale di Milano, emessa in esito a giudizio abbreviato, confermava la condanna di (OMISSIS) per il reato tentata estorsione pluriaggravata (tra l'altro, dal cosiddetto "metodo mafioso") in concorso con (OMISSIS) (capo A dell'imputazione) ai danni di (OMISSIS) e la condanna di (OMISSIS) per il reato di estorsione continuata e aggravata dal "metodo mafioso" sempre ai danni di Davide (OMISSIS) (capo C dell'imputazione), rideterminando la pena irrogata a quest'ultimo imputato. Secondo i capi d'imputazione, i menzionati reati erano stati contestati ai due imputati: a) quello di tentata estorsione di cui al capo A, contestato a (OMISSIS), (in concorso con (OMISSIS) e con (OMISSIS) e (OMISSIS), queste ultime due assolte dal G.i.p. del Tribunale di Milano): "perche', in concorso tra loro e con altre persone allo stato non identificate, con piu' atti idonei e diretti in modo non equivoco, mediante minaccia idonea ad incutere timore ed a coartare la volonta' della persona offesa avuto riguardo alle circostanze concrete e alla personalita' degli agenti, consistita nel prospettare la possibilita' di ritorsioni di natura fisica ed economica impedendogli di svolgere liberamente l'attivita' di venditore di gelati, tentavano di costringere (OMISSIS), coadiuvante della gelateria "(OMISSIS)" sita in (OMISSIS), di cui la moglie e' titolare, a consegnare la somma dli denaro pari a 250 Euro, al fine di procurarsi un ingiusto profitto; in particolare: - (OMISSIS), detto "(OMISSIS)", nella meta' di maggio dell'anno 2020, si presentava con (OMISSIS) (ex compagna di (OMISSIS)) che dapprima chiedeva al titolare se andasse tutto bene e poi lo accusava di aver usato il loro cognome per fare affari illeciti, specificando che l'utilizzo del loro cognome era come un mandato di arresto; il (OMISSIS) a quel punto chiedeva alla (OMISSIS) se il titolare della gelateria gia' pagasse il cd. "pizzo" ed entrambi ne parlavano con un atteggiamento arrogante e spavaldo; - (OMISSIS) tornava anche da sola presso la gelateria, almeno un paio di volte, facendosi consegnare alcune vaschette di gelato senza pagarne il corrispettivo, dicendo che sarebbe poi passato (OMISSIS) a pagarle; - (OMISSIS) in data 9-12-2020 riceveva da (OMISSIS), al momento dell'esecuzione della o.c.c. nei suoi confronti, l'incarico di punire il denunciante ed eseguire una vendetta; - successivamente (OMISSIS) ritornava altre tre/quattro volte, nel periodo compreso tra maggio e fine luglio, presso la medesima gelateria in compagnia di (OMISSIS) (sua compagna) consumando gelati senza pagare; - in data (OMISSIS), verso le 20.50 circa, (OMISSIS) si presentava presso la gelateria precisando, con tono intimidatorio e minaccioso, che la stessa si trovava nel loro territorio e pertanto avrebbe dovuto pagare, prospettando alla vittima seri problemi per la sua attivita' commerciale, affermando nel contempo che avrebbe messo la vittima sotto stretto controllo ed osservazione oltre ad accusarlo del fatto che vendesse droga in gelateria che gli veniva fornita da alcuni tunisini, utilizzando e spendendo il cognome della famiglia criminale (OMISSIS); - in data (OMISSIS), (OMISSIS) faceva ritorno nel locale, dopo essersi accertato che fossero soli, raggiungeva (OMISSIS) dietro al bancone, dopo averlo apostrofato con l'epiteto "pezzo di merda" ed aver continuato ad accusarlo di utilizzare il nome della famiglia (OMISSIS) per consumare affari illeciti nell'ambito dei reati in materia di stupefacenti, lo colpiva con pugni al volto e si impossessava della somma di 50,00 Euro che prelevava direttamente dal registratore di cassa, affermando che sarebbe tornato il giorno seguente per riscuotere un'ulteriore somma pari a 250 Euro; - in data (OMISSIS), (OMISSIS) ritornava nel locale, chiedendo alla vittima se avesse preparato i 250,00 Euro da consegnargli; evento non verificatosi in quanto interveniva (OMISSIS) che conosceva i fratelli (OMISSIS) e si attivava per una mediazione con questi ultimi, ricevendo come compenso dal (OMISSIS) per l'attivita' prestata una collana in oro bianco del valore di 500,00 Euro sostituita da un'altra collanina in oro giallo del valore di 239,00 Euro, a fronte della suindicata "mediazione" che aveva dovuto esercitare con i fratelli (OMISSIS) al fine di evitare atti di violenza e garantirsi la cosiddetta "protezione". Con l'aggravante di cui all'articolo 416 bis.1 c.p. per avere commesso il fatto in piu' persone riunite, avvalendosi delle condizioni di cui all'articolo 416 bis c.p. e con metodo mafioso. In (OMISSIS)"; b) quello di estorsione continuata di cui al capo C, contestato a (OMISSIS), "perche', con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso commesse anche in tempi diversi, mediante minaccia idonea ad incutere timore ed a coartare la volonta' della persona offesa avuto riguardo alle circostanze concrete e alla personalita' degli agenti, consistita nel prospettare la possibilita' di ritorsioni di natura fisica ed economica impedendogli di svolgere liberamente l'attivita' di venditore di gelati, costringeva (OMISSIS), coadiuvante della gelateria "(OMISSIS)" sita in Cormano alla (OMISSIS), di cui la moglie e' titolare, a consegnare la somma di denaro pari a 3.500,00 Euro e una collanina d'oro giallo del valore di 239 Euro, cosi' procurandosi un ingiusto profitto. In particolare nel mese di settembre 2020, (OMISSIS) si faceva consegnare da (OMISSIS) la somma di denaro pari a 3.500 Euro, oltre a una collana in oro bianco del valore di 500,00 Euro sostituita da un'altra collanina in oro giallo del valore di 239,00 Euro a fronte della "mediazione" che aveva dovuto esercitare con i fratelli (OMISSIS) al fine di evitare atti di violenza e garantirsi la cosiddetta "protezione" e dettava alla medesima vittima l'accettazione di un accordo per il versamento, entro la fine dell'anno 2021, di una somma di denaro non dovuta pari a 25.000 Euro, affermando "chi investe mensilmente denaro con lui gode della sua protezione" e che in caso di rifiuto avrebbe avuto seri problemi. Con l'aggravante di cui all'articolo 416 bis.1 c.p. per avere commesso il fatto avvalendosi delle condizioni di cui all'articolo 416 bis c.p. e comunque con metodo mafioso. In Cormano da (OMISSIS)". 2. Avverso l'indicata sentenza della Corte d'appello di Milano, hanno proposto ricorsi per cassazione, con distinti atti e per il tramite dei propri rispettivi difensori, (OMISSIS) e (OMISSIS). 3. Il ricorso di (OMISSIS) e' affidato a sei motivi. 3.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, in relazione all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), la mancanza della motivazione "con riferimento all'omessa valutazione delle censure difensive in punto di contraddittorieta' della sentenza di primo grado". Il ricorrente lamenta che la Corte d'appello di Milano avrebbe del tutto omesso di motivare in ordine alle censure, sollevate con il proprio atto cli appello, relative all'asserita contraddittorieta' della sentenza di primo grado la' dove essa, da un lato, ha assolto le coimputate (OMISSIS) e (OMISSIS) e, dall'altro lato, con irragionevole difformita' di trattamento, lo ha, invece, condannato per lo stesso reato, atteso che: "(s)e le condotte in contestazione andavano considerate, ad avviso del GIP, quali semplici "atteggiamenti arroganti" con riferimento alle due imputate, gli stessi agiti non potevano ragionevolmente assumere un significato diverso per (OMISSIS), che non ha fornito contributo ulteriore rispetto alle concorrenti"; nell'assolvere la (OMISSIS), il predetto G.i.p. del Tribunale di Milano ebbe ad affermare che "appare difficile che l'uomo alludesse al pagamento del pizzo dal momento che quella era la prima volta che i (OMISSIS) accedevano alla gelateria del (OMISSIS) per estorcergli il pizzo, sicche' appare logico che in precedenza la persona offesa non lo pagasse". 3.1. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione degli articoli 56 e 629 c.p., nonche' il "vizio di motivazione" "in merito all'evidenziata insussistenza del contributo concorsuale dell'imputato per mancanza dei requisiti di idoneita' e di univocita' degli atti tipici della figura del delitto tentato. Contraddittorieta' della motivazione rispetto all'individuazione del dolo specifico di estorsione". Il ricorrente rappresenta in proposito che: come sarebbe stato confermato dal (OMISSIS), egli "non ha mai rivolto nessuna minaccia esplicita alla persona offesa ne' ha mai preteso che questa gli consegnasse del denaro", in quanto la propria "condotta materiale (...) e' consistita nell'aver effettuato due o tre accessi nella gelateria in occasione dei quali non avrebbe mai assunto un atteggiamento intimidatorio nei confronti della persona offesa, con la conseguenza che dovrebbe "essere attentamente scrutinato il tema della compatibilita' di tale condotta con i requisiti di idoneita' e univocita' degli atti tipici della figura del tentativo di delitto"; la sentenza impugnata sarebbe affetta da manifesta contraddittorieta' con riguardo all'individuazione del dolo specifico del reato, atteso che essa "afferma che il (OMISSIS) non avrebbe agito con l'intento di non pagare il gelato ma con quello di affermare un "predominio" sulla persona offesa intento che, peraltro, secondo la sentenza di primo grado, non sarebbe stato neppure finalizzato ad ottenere il pagamento del pizzo". 3.3. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce, in relazione all'articolo 606, comma 1, lettera e), c.p.p., la carenza e illogicita' della motivazione "in merito al collegamento probatorio ed eziologico tra la condotta delittuosa di (OMISSIS) e quella del fratello (OMISSIS)". Il ricorrente lamenta che la Corte d'appello di Milano avrebbe fornito una spiegazione anapodittica, oltre che indimostrata sul piano probatorio, del fatto che egli avrebbe asseritamente agito in modo coordinato con il proprio fratello (OMISSIS), condividendo con lui la stessa finalita' illecita, atteso che "dagli atti non e' mai emerso nulla che potesse far presumere ad un'azione criminosa congiunta e coordinata", che tra le condotte dei due fratelli "(n)on sussiste (...) alcuna contiguita' temporale", che la persona offesa (OMISSIS) aveva escluso che (OMISSIS) avesse mai fatto riferimento a precedenti richieste di denaro avanzate dal fratello (OMISSIS) e che sarebbe illogica la valorizzazione, operata dalla Corte d'appello di Milano, del riferimento, da lui fatto il giorno dell'esecuzione dell'ordinanza di custodia cautelare nei propri confronti, alla divisione in tre persone del profitto del reato di Euro 250,00. 3.4. Con il quarto motivo, il ricorrente deduce, in relazione all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), il "vizio di motivazione" con riguardo al giudizio di attendibilita' delle dichiarazioni rese dalla persona offesa (OMISSIS) e la "(v)iolazione dei canoni giurisprudenziali in tema di valutazione della testimonianza della persona offesa". Il ricorrente evidenzia in proposito che: non risponderebbe al vero quanto affermato dalla Corte d'appello di Milano circa il fatto che la persona offesa (OMISSIS) avrebbe riferito di avere avuto contatti quotidiani con l'imputato (OMISSIS), atteso che il (OMISSIS) riferi' invece che aveva contattato il (OMISSIS) in una sola occasione e che, alla luce dell'esame dei tabulati telefonici, quest'ultima circostanza era risultata in realta' falsa; il (OMISSIS), nel colloquio informale con la polizia giudiziaria del 6 ottobre 2020, aveva affermato di avere visionato le immagini registrate dal sistema di videosorveglianza della gelateria, laddove, nel corso del proprio esame testimoniale, su domande della difesa, aveva ammesso che l'accesso al predetto sistema di videosorveglianza richiedeva l'intervento di un tecnico specializzato e che, in seguito alla rapina (a opera di (OMISSIS)) tale intervento non era stato in realta' richiesto. 3.5. Con il quinto motivo, il ricorrente deduce, in relazione all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), "vizio di motivazione" in ordine "alle circostanze che avrebbero indotto la persona offesa a denunciare le presunte richieste estorsive subite". Il ricorrente lamenta che la Corte d'appello di Milano, nel considerare l'iniziale riluttanza del (OMISSIS) a denunciare i fatti come indicativa dello stato di timore in cui versava la persona offesa, avrebbe del tutto trascurato di considerare la tesi difensiva, prospettata nel proprio atto di appello, secondo cui "dietro agli indugi della persona offesa si celasse in realta' il timore che le Forze dell'Ordine potessero scoprire - e successivamente investigare - l'attivita' di spaccio di stupefacenti intrattenuta dal (OMISSIS) stesso". 3.6. Con il sesto motivo, il ricorrente deduce, in relazione all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), la violazione dell'articolo 641 c.p., nonche' il "vizio di motivazione" "con riferimento alla mancata riqualificazione del delitto di tentata estorsione nel reato di insolvenza fraudolenta". Il ricorrente lamenta che la Corte d'appello di Milano non avrebbe dato alcun riscontro alla tesi difensiva, prospettata nel proprio atto di appello, secondo cui, alla luce delle dichiarazioni del (OMISSIS) - il quale, alla domanda sul perche' avesse lasciato che il (OMISSIS) consumasse del gelato senza pagarlo, aveva risposto "(i)o non penso che una persona si perda per un cono da 2 Euro e 50" - sarebbe stato "chiaro che il gelataio ha lasciato che l'imputato consumasse "a credito" non perche' intimidito dalla sua asserita caratura criminale, ma poiche' (...) faceva affidamento che lo stesso "non si sarebbe perso per due coni gelato" e quindi che avrebbe pagato quanto dovuto in un secondo momento"; ricostruzione "che smentisce la tesi dell'assoggettamento della persona offesa e consente di ravvisare nella condotta del ricorrente gli estremi del meno grave reato di insolvenza fraudolenta". 4. Il ricorso di (OMISSIS) e' affidato a quattro motivi. 4.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, in relazione all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), la nullita' della sentenza per mancanza della motivazione in ordine allo specifico motivo di appello, "dotat(o) del requisito della decisivita'", con il quale era stata chiesta l'assoluzione dell'imputato, quanto meno ai sensi del comma 2 dell'articolo 530 c.p.p. "per l'omessa considerazione delle prove inequivocabili che dimostrano essere mendace l'accusa". 4.1.1. Sotto un primo profilo - relativo all'asserita mendacita' delle dichiarazioni della persona offesa relativamente alla richiesta di versamento, che le sarebbe stata avanzata dall'imputato, della somma di Euro 25.000,00, e alla carenza della motivazione "sugli elementi, specificamente indicati nell'atto principale di appello, che dimostrano la falsita' del racconto" del (OMISSIS) - il ricorrente lamenta che la Corte d'appello di Milano avrebbe del tutto omesso di pronunciarsi sul proprio specifico motivo di appello con il quale avrebbe dimostrato la predetta mendacita'. Il ricorrente rappresenta, in particolare, che con tale motivo aveva evidenziato come la falsita' delle dichiarazioni rese dal (OMISSIS) nella querela da lui sporta il 19 ottobre 2020 (come pure di quelle rese dalla stessa persona offesa il 14 ottobre 2020 e verbalizzate nell'annotazione di servizio del 16 ottobre 2020) secondo cui la richiesta della somma di Euro 25.000,00 gli sarebbe stata avanzata dall'imputato il 10 ottobre 2020 presso l'abitazione in Rho del (OMISSIS), il cui indirizzo gli era stato inviato da tale imputato tramite un messaggio poi cancellato, fosse comprovata dal fatto che la predetta richiesta di denaro non poteva essere stata fatta il 10 ottobre 2020, atteso che il (OMISSIS) ne aveva fatto menzione ai Carabinieri di (OMISSIS) gia' durante la sua audizione del 6 ottobre 2020 (verbalizzata nell'annotazione di servizio del 13 ottobre 2020), descrivendola come avvenuta il (OMISSIS) e nel luogo, del tutto diverso, costituito dalla propria gelateria, nonche' dai fatti che, dall'analisi del telefono cellulare del (OMISSIS), non era risultata traccia del messaggio che, secondo il (OMISSIS), il (OMISSIS) gli avrebbe inoltrato e che, dalle dichiarazioni rese dal (OMISSIS) il (OMISSIS), risultava che egli conosceva l'indirizzo del (OMISSIS) ben prima del 10 ottobre 2020, per essersi recato a casa dell'imputato gia' il (OMISSIS). 4.1.2. Sotto un secondo profilo - relativo all'asserita mendacita' delle dichiarazioni della persona offesa relativamente alla richiesta di versamento, che le sarebbe stata avanzata dall'imputato, della somma di Euro 3.500,00, e alla carenza della motivazione "sugli elementi, specificamente indicati nell'atto principale di appello, che dimostrano la falsita' del racconto" del (OMISSIS) - il ricorrente lamenta che la Corte d'appello di Milano avrebbe del tutto omesso di pronunciarsi sul proprio specifico motivo di appello con il quale avrebbe dimostrato la predetta mendacita'. Il ricorrente rappresenta anzitutto che il racconto reso dal (OMISSIS) nella querela da lui sporta il 19 ottobre 2020 in ordine alla predetta richiesta del versamento di Euro 3.500,00 sarebbe smentito dalla risultanze dell'analisi delle celle telefoniche agganciate dai cellulari dalle quali risultava che il 23 settembre 2020, il (OMISSIS) non si trovava a (OMISSIS) ma a (OMISSIS) (in Provincia di (OMISSIS), dove, alla luce delle stesse risultanze, si era trattenuto dal (OMISSIS) fino alla mattina del (OMISSIS)), con la conseguenza che "non puo' essere vero che i due si siano incontrati nel pomeriggio del (OMISSIS) a (OMISSIS)"; il (OMISSIS), cioe' il giorno in cui il (OMISSIS) avrebbe consegnato all'imputato la collanina d'oro e avrebbe ricevuto dallo stesso imputato la richiesta di Euro 3.500,00, come si e' gia' detto, il (OMISSIS) si trovava tutto il giorno a (OMISSIS), sicche' "non e' verosimile quanto indicato in querela ovvero che abbia consegnato la collana d'oro bianco di circa 50 cm il pomeriggio del (OMISSIS)". Pertanto, osserva ancora il ricorrente, "se l'utenza del (OMISSIS) dal (OMISSIS) a tutta la mattina del (OMISSIS) aggancia le celle della provincia di (OMISSIS), il (OMISSIS) non puo' averlo incontrato in gelateria", con la conseguenza che sarebbe "altrettanto impossibile che il 26 di settembre 2020 consegni la prima tranche di 2.500,00 Euro posto che, non essendosi incontrati il (OMISSIS), certamente non puo' avergli richiesto i 3.500,00 Euro ne' tantomeno puo' avergli consegnato la collana d'oro; somma che comunque non potrebbe avere richiesto il 25 di settembre 2020 (ma nemmeno il 23 o il 24 di settembre) quantomeno con le modalita' descritte in querela". Con la conseguenza che "quanto affermato in querela e avallato dal Tribunale sembrerebbe non trovare valido riscontro nel dato obiettivo". Il ricorrente aggiunge che dalle due annotazioni di attivita' di indagine del 1(OMISSIS) e del 1(OMISSIS) che hanno raccolto dichiarazioni del (OMISSIS), rispettivamente, del (OMISSIS) e del 14 ottobre 2020 "emergerebbe una ricostruzione spazio-temporale del fatto completamente diversa". Il ricorrente sottolinea in particolare che: nelle dichiarazioni rese il (OMISSIS) "il (OMISSIS) incredibilmente non fa menzione ne' della richiesta del denaro (i 3.500,00 Euro) da parte del (OMISSIS) ne' tantomeno della consegna di detta somma"; premesso che, quando venne sentito il (OMISSIS), "rispetto all'episodio della richiesta e della consegna della collana d'oro quale equivalente dei 500,00 Euro anticipati per l'"imbasciata" (che e' strettamente collegato alla richiesta dei 3.500 Euro)", il (OMISSIS) riferi' che la richiesta della collana d'oro sarebbe avvenuta la mattinata del 28 settembre 2020 in gelateria, la consegna della collana a mani del (OMISSIS) sarebbe avvenuta il 2 ottobre 2020 e la restituzione della stessa collana al (OMISSIS) sarebbe avvenuta il successivo (OMISSIS), "posto che secondo la ricostruzione proposta in querela la consegna materiale delle due tranche di 3.500,00 Euro e' avvenuta il 26 e il 27 settembre 2020, la richiesta estorsiva della somma deve necessariamente essere avvenuta prima e quindi la data del 28 settembre 2020 e' inverosimile" e "(p)osto che in querela la P.O. ha dichiarato che la richiesta dei 3.500,00 Euro sarebbe avvenuta in concomitanza alla consegna da parte del (OMISSIS) della prima collana (...) se assumiamo come attendibili le dichiarazioni rese ai carabinieri il (OMISSIS), e quindi la consegna della collana sarebbe avvenuta il 2 ottobre 2020, e' facile eccepire che la circostanza e' del tutto inverosimile anzi e' impossibile perche' il (OMISSIS) ha riferito che la consegna del denaro e' avvenuta il (OMISSIS) quindi in data precedente". 4.1.3. Sotto un terzo profilo, il ricorrente lamenta che la Corte d'appello di Milano non avrebbe risposto alle doglianze difensive relative alla mendacita' della dichiarazione resa ai Carabinieri di (OMISSIS) dalla persona offesa (OMISSIS) il (OMISSIS) di avere ricevuto, il 28 ottobre 2020 alle ore 13:10, una telefonata dal (OMISSIS), comprovata dal fatto che "il riscontro telefonico e' negativo perche' sono agli atti i tabulati telefonici che dimostrano che:...) non vi e' stata alcuna telefonata tra (OMISSIS) e (OMISSIS) il (OMISSIS) alle ore 13.10 (la prima sara' in serata)". 4.2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce, in relazione all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), la nullita' della sentenza per mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione "con riferimento all'omessa valutazione dell'attendibilita' oggettiva della parte lesa, sotto i diversi profili dell'incostanza dichiarativa, e dell'illogicita' intrinseca del discorso", con omessa motivazione anche in ordine alle specifiche e decisive doglianze avanzate nel proprio atto di appello al riguardo. 4.2.1. Sotto un primo profilo, relativo al "requisito della costanza dichiarativa", il ricorrente evidenzia quanto segue. Quanto all'episodio della richiesta della collana d'oro, che, nella propria querela, il (OMISSIS) riferi' che detta richiesta gli fu fatta dall'imputato il (OMISSIS) e che la collana fu da lui consegnata al (OMISSIS) il (OMISSIS), circostanze che, tuttavia, sono contraddette dall'analisi delle celle telefoniche dalla quale risulta che il (OMISSIS), sia il 23 sia il (OMISSIS), si trovava fuori regione. Quanto agli episodi della richiesta di Euro 500,00 quale prezzo dell'"imbasciata" e della rapina, il ricorrente evidenzia come le dichiarazioni rese dal (OMISSIS) nella propria querela e recepite dalla sentenza impugnata sarebbero in contrasto con quanto riferito dalla stessa persona offesa ai Carabinieri il (OMISSIS), atteso che: "1) la rapina avviene il 25 settembre (e non il (OMISSIS) come in querela) scompare quindi la circostanza della visione della videoregistrazione e della certezza della data e dell'ora; 2) il giorno della rapina il (OMISSIS) si reca dai carabinieri e trovando chiuso andra' dal (OMISSIS) a (OMISSIS). In sentenza invece verra' al contrario precisato che il (OMISSIS) dopo la rapina non va in caserma a citofonare, ne' tantomeno va a casa del (OMISSIS), ma sara' il (OMISSIS) a raggiungerlo presso la gelateria; 3) il (OMISSIS) verra' indicato che il (OMISSIS) giungera' in gelateria su richiesta del (OMISSIS) dopo avere esposto il problema al (OMISSIS) quest'ultimo gli chiedeva quale prezzo per il proprio interessamento la somma di Euro 500; 4) il (OMISSIS) non chiede i soldi, 500 Euro, per l'"imbasciata" il giorno della rapina; 5) il (OMISSIS) chiede direttamente la collana d'oro (e non gia' prima il denaro e poi la collana) il (OMISSIS) in gelateria due giorni dopo la rapina". Secondo il ricorrente, la persona offesa avrebbe percio' fornito "inconciliabili versioni che non solo collocano fatti di reato in tempi e luoghi diversi, ma descrivono circostanze di reato tra loro inconciliabili"; incostanza dichiarativa che era stata denunciata nel proprio atto di appello, in ordine alla cui doglianze la Corte d'appello di Milano avrebbe omesso di rispondere. 4.2.2. Sotto un secondo profilo, relativo al "requisito della logicita' intrinseca del discorso", il ricorrente ribadisce come nei precedenti motivi abbia evidenziato le plurime ragioni di intrinseca illogicita' e inverosimiglianza del racconto della persona offesa e lamenta che la Corte d'appello di Milano non avrebbe considerato tali rilievi e, in particolare, non avrebbe "formulato alcun giudizio critico sull'attendibilita' soggettiva della P.O., mettendo in disparte le prove, travisando i dati processuali, non prendendo in esame i motivi di impugnazione rimettendosi al suo immotivato soggettivistico pregiudizio". 4.3. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce, in relazione all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), la violazione degli articoli 62-bis, 132 e 133 c.p., nonche' la carenza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione. Il ricorrente rappresenta al riguardo: a) il carattere estremamente sintetico e anapodittico della motivazione della sentenza impugnata relativamente al dinego della concessione delle circostanze attenuanti generiche, "laddove non sembra tenersi in alcun conto della personalita' del (OMISSIS) e della sua incensuratezza a 50 anni"; b) l'incongruita' dell'irrogazione di una pena superiore al minimo edittale "soprattutto se paragonata alla pena irrogata ai due correi ai quali, malgrado i numerosissimi precedenti specifici, l'asserita gravita' della condotta soprattutto con riferimento al (OMISSIS) a cui sono state contestate sia la rapina consumata (con l'uso della violenza verso la P.O.) sia la tentata estorsione, la pena irrogata e' inferiore"; c) l'incongruita' dell'aumento operato per l'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. "in misura superiore al minimo di legge nonche' superiore a quanto determinato per i due coimputati ai quali l'aumento e' stato maggiormente contenuto e la pena certamente piu' mite nonostante la contestazione fosse di paritetica gravita' se non superiore posto l'uso della violenza contestata". 4.4. Con il quarto motivo, il ricorrente deduce, in relazione all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), l'erronea applicazione dell'articolo 416-bis.1 c.p.. A proposto dell'attribuita aggravante del "metodo mafioso",, prevista da tale disposizione, il ricorrente ne rappresenta l'insussistenza nella specie, deducendo al riguardo che: all'eta' di 53 anni egli e' incensurato, non e' mai stato rinviato a giudizio ne' arrestato, con la conseguenza che "affermare che (...) frequenti con abitualita' ambienti criminali e' un dato indimostrato"; "nessuno dei parenti del (OMISSIS), nessuno dei numerosi 8 fratelli, e' mai stato coinvolto in procedimenti penali di nessun genere (...) e cosi' i figli del (OMISSIS) entrambi incensurati"; il fatto che egli sia nato a (OMISSIS), cioe' in una localita' ad alto tasso criminale, non consente di per se' di affermare "che tutti coloro che provengano da una certa zona d'Italia siano per sfortuna di nascita criminali"; le risultanze processuali e, in particolare, i tabulati telefonici e l'analisi forense della propria utenza cellulare, avevano escluso che vi fossero stati contatti tra egli stesso e i (OMISSIS), atteso che egli "non aveva registrato in rubrica il telefono dei (OMISSIS), ne' i nominativi o i numeri di telefono delle loro compagne. Ne' vi sono chiamate o messaggi di telefono o watthzzap prima dei fatti contestati o successivamente. Ne' vi sono contatti successivamente al loro arresto tra i famigliari dei (OMISSIS) e quelli del (OMISSIS). Inoltre tutti gli imputati, comprese le compagne, hanno dichiarato di non conoscere il (OMISSIS) e di non averlo mai visto"; "il capo d'imputazione da' conto di questa circostanza visto che le condotte contestate sono autonome"; la motivazione della sentenza di primo grado, "piu' che provare il metodo mafioso sembra dare conto di un articolato proposito truffaldino da parte dell'astuto (OMISSIS) che, una volta carpita la fiducia della P.O., si intrufola in un intreccio di cui non e' parte per ottenere un illecito guadagno. Piu' che di forza intimidatrice dell'organizzazione mafiosa, di cui il (OMISSIS) non fa parte, sembra l'astuta architettura di una truffa fatta e finita. Non c'e' violenza da parte del (OMISSIS), non un alterco, non una minaccia reale"; non "c'e' un esplicito riferimento del (OMISSIS) al potere criminale dell'associazione mafiosa, non solo perche' nel territorio non vi e' radicata alcuna organizzazione storica criminale, sia perche' non appartenendo il (OMISSIS) a nessuna associazione criminale la sua inesistente caratura criminale (inesistente visto che si tratta di un incensurato) non poteva fungere da forza intimidatrice non essendo il (OMISSIS) riconosciuto, dalla collettivita', come un criminale"; il tutto "sembrerebbe piu' una questione legata a prestiti di denaro ed a irrisolte questioni debitorie piuttosto che l'azione mirata del mafioso per costringere il commerciante a pagare il pizzo"; "nelle parole asseritamente pronunciate dal (OMISSIS) (non) vi e' un esplicito rimando alla sua appartenenza a consorterie mafiose salvo la frase "io sono di (OMISSIS)", salvo il fatto che il (OMISSIS) non e' di (OMISSIS)". CONSIDERATO IN DIRITTO 1. In via preliminare rispetto all'esame dei due ricorsi, e' opportuno richiamare alcuni principi affermati dalla Corte di cassazione in tema di cosiddetta "doppia conforme" e di limiti del sindacato della stessa Corte sul vizio della motivazione e sulla valutazione di credibilita' soggettiva e oggettiva delle persone offese dal reato e, piu' in generale, dei testimoni. 1.1. Costituisce un orientamento consolidato della Corte di cassazione quello secondo cui, ai fini del controllo di legittimita' sul vizio di motivazione, ricorre la cosiddetta "doppia conforme" quando la sentenza di appello, nella sua struttura argomentativa, si salda con quella di primo grado sia attraverso ripetuti richiami a quest'ultima sia adottando gli stessi criteri utilizzati nella valutazione delle prove, con la conseguenza che le due sentenze possono essere lette congiuntamente costituendo un unico complessivo corpo decisionale (tra le tante: Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218-01; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 257595-01; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, dep. 2012, Valerio, Rv. 25261501). E' parimenti consolidato, nella giurisprudenza di legittimita', il principio secondo cui, nel caso di cosiddetta "doppia conforme", il vizio di travisamento della prova puo' essere dedotto con il ricorso per cassazione sia nell'ipotesi in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice, sia quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (Sez. 4, n. 35963 del 03/12/2020, Tassoni, Rv. 280155-01; Sez. 2, n. 5336 del 09/01/2018, L., Rv. 272018-01; Sez. 4, n. 44765 del 22/10/2013, Buonfine, Rv. 256837-01). 1.2. Costituisce, ancora, un principio pacificamente accolto dalla Corte di cassazione - e anch'esso, come i precedenti, condiviso dal Collegio - quello secondo cui, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicita', dalla sua contraddittorieta' (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali a imporre una diversa conclusione del processo, sicche' sono inammissibili tutte le doglianze che "attaccano" la persuasivita', l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualita', la stessa illogicita' quando non manifesta, cosi' come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilita', della credibilita', dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, Caradonna, Rv. 28074701; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, 0., Rv. 262965-01). 1.3. Occorre effettuare un rigoroso riscontro della credibilita' soggettiva ed oggettiva della persona offesa, specie se costituita parte civile, accertando l'assenza di elementi che facciano dubitare della sua obiettivita', senza la necessita', pero', della presenza di riscontri esterni, stabilita dall'articolo 192 c.p.p., comma 3, per il dichiarante coinvolto nel fatto (ex plurimis: Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, Bell'Arte, Rv. 253214-01; Sez. 5, n. 12920 del 13/02/2020, Ciotti, Rv. 279070-01; Sez. 5, n. 21135 del 26/03/2019, S., Rv. 275:312-01; Sez. 2, n. 41751 del 04/07/2018, Capraro, Rv. 274489-01; Sez. 2, n. 43278 del 24/09/2015, Manzini, Rv. 265104-01; Sez. 5, n. 1666 del 08/07/2014, dep. 2015, Pirajno, Rv. 261730-01). Le Sezioni Unite hanno anche statuito che "la valutazione della credibilita' della persona offesa dal reato rappresenta una questione di fatto che ha una propria chiave di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice e non puo' essere rivalutata in sede di legittimita', salvo che il giudice non sia inc:orso in manifeste contraddizioni" (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, cit.; piu' di recente: Sez. 4, n. 10153 del 11/02/2020, C., Rv. 278609-01). Cosi' come, piu' in generale, non e' sindacabile in sede di legittimita', salvo il controllo sulla congruita' e logicita' della motivazione, la valutazione della prova testimoniale operata dal giudice di merito, al quale spetta il giudizio sulla rilevanza e sull'attendibilita' di tale fonte di prova (Sez. 5, n. 51604 del 19/09/2017, D'Ippedico, Rv. 271623-01; Sez. 2, n. 20806 del 05/05/2011, Tosto, Rv. 25036201). 2. Il ricorso di (OMISSIS). Richiamati tali principi, il ricorso di (OMISSIS) - i cui sei motivi, attenendo tutti all'affermazione di responsabilita' dell'imputato, possono essere esaminati congiuntamente - e' inammissibile perche' si risolve nella richiesta di rivalutare la capacita' dimostrativa del compendio probatorio e, in particolare, tra l'altro, la credibilita' della persona offesa (OMISSIS). Contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, la Corte d'appello di Milano, dopo avere richiamato la conforme sentenza del G.i.p. del Tribunale di Milano, ha fornito una motivazione accurata ed esaustiva della sussistenza del contestato delitto di tentata estorsione, ribadendo, senza incorrere in contraddizioni: la credibilita' soggettiva della persona offesa (OMISSIS) e l'attendibilita' intrinseca delle sue dichiarazioni - ritenendo spiegabili alcune divergenze tra le successive dichiarazioni rese in sede di indagini preliminari e le dichiarazioni rese nel corso dell'udienza dell'11 giugno 2021 - (pagg. 15, 16 e 17 della sentenza impugnata); la sussistenza di (ancorche' non necessari) riscontri alle stesse dichiarazioni (pag. 18 della sentenza impugnata); l'inattendibilita' del testimone della difesa di (OMISSIS) e (OMISSIS) (pag. 17 della sentenza impugnata). In modo del pari corretto, la Corte d'appello di Milano ha ritenuto che le condotte poste in essere dall'imputato integrassero il delitto di tentata estorsione, atteso che, posto anche il logicamente ritenuto coordinamento delle condotte dei due fratelli (OMISSIS) (l'odierno imputato (OMISSIS) ed (OMISSIS)), i riferimenti all'utilizzo, a opera del (OMISSIS), del "loro cognome" e al fatto che la gelateria si trovasse nel "loro territorio", il consumo di gelato senza pagare (volto a mettere in chiaro la sottomissione del (OMISSIS)), il riferimento al pagamento del "pizzo" e la richiesta di esso poi esplicitata, integravano gli estremi del reato contestato (pag. 18 della sentenza impugnata). Si tratta di una motivazione che, nel confermare l'accurata valutazione del merito gia' effettuata dal giudice di primo grado, non presenta criticita' sul piano logico e che, pertanto, si sottrae a censure in questa sede di legittimita'. 3. Il ricorso di (OMISSIS). 3.1. I primi due motivi del ricorso di (OMISSIS) - i quali, attenendo entrambi all'affermazione di responsabilita' dell'imputato, possono essere esaminati congiuntamente - sono inammissibili perche' si risolvono anch'essi nella richiesta di rivalutare la capacita' dimostrativa del compendio probatorio e, in particolare, tra l'altro, la credibilita' della persona offesa (OMISSIS), o nell'evidenziazioni di ragioni in fatto. A tale proposito, si deve: da un lato, richiamare anche in questo caso la giurisprudenza della Corte di cassazione che si e' esposta al punto 1; dall'altro lato, ribadire quanto si e' gia' detto al punto 2, nell'esaminare i motivi del ricorso di (OMISSIS), a proposito della valutazione, priva di contraddizioni, compiuta dalla Corte d'appello di Milano relativamente alla credibilita' soggettiva della persona offesa (OMISSIS), all'attendibilita' intrinseca delle sue dichiarazioni, alla sussistenza di riscontri alle stesse e all'inattendibilita' del testimone della difesa (OMISSIS). In modo, poi, del tutto corretto, la Corte d'appello di Milano ha ritenuto che le condotte poste in essere dall'imputato integrassero il delitto di estorsione, con il parziale ottenimento del profitto (la somma di 3.500,00 e la collanina del valore di Euro 239,00) e la formulazione di una richiesta pure estorsiva per la superiore somma di Euro 25.000,00 (pag. 19 e 20 della sentenza impugnata). Anche la motivazione della responsabilita' del (OMISSIS), nel confermare l'accurata valutazione del merito gia' effettuata dal giudice di primo grado, risulta esente da criticita' sul piano logico e, pertanto, si sottrae anch'essa a censure in questa sede di legittimita'. 3.2. Il terzo motivo e' manifestamente infondato. 3.2.1. Con riguardo alle attenuanti generiche, la Corte di cassazione ha statuito che il mancato riconoscimento delle stesse puo' essere legittimamente motivato dal giudice con l'assenza di elementi o circostanze di segno positivo come ha fatto, nella specie, la Corte d'appello di Milano - a maggior ragione dopo la modifica dell'articolo 62-bis disposta con il Decreto Legge 23 maggio 2008, n. 92, conv. con modif. dalla L. 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non e' piu' sufficiente il solo stato di incensuratezza dell'imputato (Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, Guarnieri; Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, Starace, Rv. 270986-01; Sez. 3 n. 44071 del 25/09/2014, Papini, Rv. 260610-01), come pure e' stato correttamente affermato dalla Corte d'appello di Milano, che ha anche evidenziato l'assenza di qualsiasi resipiscenza del (OMISSIS). 3.2.2. Con riguardo alla determinazione della pena, la giurisprudenza della Corte di cassazione e' costante nell'affermare che la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti e alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti e attenuanti, rientra nella discrezionalita' del giudice di merito, il quale, per assolvere al relativo obbligo di motivazione, e' sufficiente che dia conto dell'impiego dei criteri di cui all'articolo 133 c.p. con espressioni del tipo: "pena congrua", "pena equa" o "congruo aumento", come pure con il richiamo alla gravita' del reato o alla capacita' a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Mastro, Rv. 271243-01). Nel caso di specie: a) la pena base irrogata di sette anni di reclusione ed Euro 1.200,00 di multa e' al di sotto della media edittale della pena per il delitto di estorsione (pari a sette anni e sei mesi di reclusione ed Euro 2.500,00 di multa), con la conseguenza che l'obbligo di motivazione ben puo' ritenersi assolto dai giudici di merito mediante il richiamo alla gravita' del reato (pag. 27 della sentenza di primo grado), con l'ulteriore argomento che l'applicazione di una pena base superiore a quella minima e a quella applicata agli altri imputati si giustificava anche in relazione alla maggiore entita' delle richieste estorsive avanzate dal (OMISSIS) (peraltro, nel caso degli altri imputati, fermatesi allo stadio del tentativo); b) l'aumento di pena per l'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. di due anni e nove mesi di reclusione (ed Euro 600,00 di multa) e' di poco superiore al minimo di un terzo (pari due anni e quattro mesi di reclusione). 3.3. Il quarto motivo e' manifestamente infondato. Secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, la circostanza aggravante dell'utilizzo del cosiddetto "metodo mafioso", prevista dal Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7, comma 1, (ora dall'articolo 416.bis.1 c.p., comma 1), ha la funzione di reprimere il "metodo delinquenziale mafioso" ed e' connessa non alla struttura e alla natura del delitto rispetto al quale la circostanza e' contestata, quanto, piuttosto, alle modalita' della condotta che evochino la forza intimidatrice tipica dell'agire mafioso (Sez. 5, n. 22554 del 09/03/2018, Marando, Rv. 27319001). L'aggravante de quo e' configurabile nel caso di condotte che presentano un nesso eziologico immediato rispetto all'azione criminosa, in quanto logicamente funzionali alla piu' pronta e agevole perpetrazione del crimine (non essendo pertanto integrata dalla sola connotazione mafiosa dell'azione o dalla mera ostentazione, evidente e provocatoria, dei comportamenti di tale organizzazione) (Sez. 1, n. 26399 del 28/02/2018, Barbra, Rv. 273365-01). La giurisprudenza di legittimita' ha altresi' statuito che la circostanza aggravante del cosiddetto "metodo mafioso": e' configurabile anche a carico di un soggetto che non faccia parte di un'associazione di tipo mafioso, ma ponga in essere, nella commissione del fatto a lui addebitato, un comportamento minaccioso tale da richiamare alla mente e alla sensibilita' del soggetto passivo quello comunemente ritenuto proprio di chi appartenga a un sodalizio del genere anzidetto (Sez. 2, n. 38094 del 05/06/2013, De Paola, Rv. 257065-01; Sez. 1, n. 4898 del 26/11/2008, dep. 2009, Cutolo, Rv. 243346-01); non necessita che sia stata dimostrata o contestata l'esistenza di un'associazione per delinquere, essendo sufficiente che la violenza o la minaccia richiamino alla mente e alla sensibilita' del soggetto passivo la forza intirnidatrice tipicamente mafiosa del vincolo associativo (Sez. 2, n. 27548 del 17/05/2019, Gallelli, Rv. 276109-01; Sez. 2, n. 16053 del 25/03/2015, Campanella, Rv. 263525-01). La Corte d'appello di Milano ha ritenuto la configurabilita' dell'aggravante del metodo mafioso in quanto il (OMISSIS), nel proporsi come "mediatore", una volta apprese le richieste estorsive di cui era vittima il (OMISSIS) da parte dei (OMISSIS), aveva evocato la sua contiguita' con la consorteria di tipo mafioso degli stessi, sfruttando il timore della persona offesa di potere subire la prevaricazione da parte del predetto gruppo criminoso, e aveva utilizzato atteggiamenti riconducibili a quelli delle consorterie mafiose, millantando la possibilita' di offrire "protezione" (in cambio di denaro) e minacciando "seri problemi" nel caso di mancata accettazione delle sue richieste. Tale motivazione, oltre che rispettosa dei principi sopra ricordatati, appare coerente e priva di illogicita', sicche' si sottrae a censure in questa sede di legittimita'. 4. In conclusione, i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la conseguente condanna dei ricorrenti, ai sensi dell'articolo 616, c.p.p., comma 1 al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Sentenza a motivazione semplificata.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MOGINI Stefano - Presidente Dott. CASA Filippo - Consigliere Dott. CENTOFANTI Francesco - Consigliere Dott. ALIFFI Francesco - Consigliere Dott. FILOCAMO Fulvio - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 03/03/2022 del TRIB. SORVEGLIANZA di CATANZARO; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. FILOCAMO FULVIO; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PEDICINI Ettore, che ha concluso chiedendo l'inammissibilita' del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con l'ordinanza in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Catanzaro ha rigettato il reclamo proposto dal detenuto, in esecuzione pena per reati ricompresi nella L. 26 luglio 1975, n. 354, articolo 4-bis, comma 1, (Ord. Pen.), avverso il provvedimento con il quale il Magistrato di sorveglianza di Cosenza aveva rigettato la sua istanza di poter usufruire di un permesso premio ai sensi dell'articolo 30-ter Ord. Pen.. Il Tribunale, nel provvedimento impugnato, ha rilevato che l'onere, gravante sul detenuto, di allegare elementi tali da escludere la permanenza di collegamenti con la criminalita' organizzata e, comunque, il pericolo di un loro ripristino non era stato soddisfatto neanche in sede di reclamo ove, pur avendo dedotto sul punto, non era stata allegata "alcuna documentazione a sostegno". Secondo il Tribunale le asserzioni poste a supporto del reclamo hanno trovato una smentita nel parere della Direzione Distrettuale Antimafia la quale, invece, aveva dato conto dell'appartenenza del (OMISSIS) al "(OMISSIS)" e dell'attuale operativita' del sodalizio criminale. Nel merito, il Tribunale ha evidenziato la gravita' dei reati commessi e l'assenza di elementi indicativi di una effettiva revisione critica del vissuto da parte del detenuto. 2. Ricorre per cassazione il difensore dell'interessato censurando con un unico motivo la violazione di legge in relazione all'articolo 30-ter Ord. Pen. e il vizio di motivazione del provvedimento impugnato. Il ricorso, in sintesi, deduce che l'ordinanza si sia riferita al parere della D.D.A., sostanzialmente recependolo in toto, senza che esso avesse evidenziato elementi specifici a riprova dell'attuale appartenenza del ricorrente all'associazione di stampo camorristico. Il Tribunale avrebbe dovuto valutare attentamente la relazione di sintesi dell'istituto di detenzione e il parere favorevole espresso dal Direttore del carcere, ove emergeva il percorso di revisione critica effettuato dal detenuto qui ricorrente. Ancora, il giudice a quo non ha considerato che il permesso premio non sarebbe stato usufruito nel territorio di operativita' del sodalizio camorristico a cui era stato messo in relazione il detenuto qui ricorrente. 3. Il Procuratore generale, intervenuto con requisitoria scritta, ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile, atteso che il detenuto non ha ottemperato nell'istanza presentata al suddetto onere di allegazione. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' fondato, quindi, meritevole di accoglimento. 2. La Corte costituzionale, con sentenza n. 253 del 2019, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'articolo 4-bis Ord. Pen., comma 1, nella parte in cui non prevedeva che ai condannati detenuti per i delitti ivi elencati possano essere concessi permessi premio anche in assenza di collaborazione con la giustizia, allorche' siano stati acquisiti elementi tali da escludere sia l'attualita' di collegamenti con la criminalita' organizzata che il pericolo di un loro ripristino. Per effetto di tale pronuncia, grava sulla magistratura di sorveglianza il compito di effettuare questa duplice verifica. Dopo la sentenza n. 253 del 2019 della Corte costituzionale, infatti, e', a tal fine, sufficiente l'allegazione da parte dell'interessato di elementi fattuali (quali, ad esempio, l'assenza di procedimenti posteriori alla carcerazione, il mancato sequestro di missive o la partecipazione fattiva all'opera rieducativa) che, anche solo in chiave logica, possano risultare idonei a contrastare la presunzione di perdurante pericolosita' prevista dalla legge per negare la richiesta di permesso premio, potendo, eventualmente, il giudice completare l'istruttoria anche d'ufficio (Sez. 1, n. 33743 del 14/7/2021, Rv. 281764), dovendosi peraltro valutare anche il contributo argomentativo e documentale offerto dall'interessato in sede di udienza (Sez. 1, n. 10316 del 30/01/2020, Rv. 278691). Sulla base dei principi ora enunciati, il giudice della sorveglianza non ha il potere attribuire rilievo dirimente all'assenza di documentazione a sostegno di quanto richiesto dal detenuto, il quale, nel caso di specie, aveva evidenziato nell'istanza il proprio comportamento positivo durante l'intero arco della detenzione, con il pieno riconoscimento dei periodi di liberazione anticipata. In sede di reclamo, poi, il ricorrente ha sottolineato la sua totale estraneita' alle recenti inchieste sul "(OMISSIS)", non figurando il suo nominativo in alcun procedimento giudiziario. In tal modo, l'allora reclamante qui ricorrente aveva soddisfatto il proprio onere di allegazione e tanto sarebbe dovuto essere sufficiente per sollecitare, eventualmente, un approfondimento istruttorio d'ufficio da parte del giudice. 3. Il magistrato di sorveglianza di Cosenza, infatti, aveva gia' disposto l'acquisizione, "a cura della Cancelleria: del parere del Direttore della Casa Circondariale; del parere del Comitato Provinciale per l'Ordine e la Sicurezza Pubblica; del parere della Procura Distrettuale di Lecce; del parere della Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo; dell'informativa della Guardia di Finanza", osservando che il Direttore della Casa di reclusione si era espresso favorevolmente sulla base della relazione di sintesi redatta dall'equipe del carcere mentre la Procura distrettuale di Napoli si era espressa negativamente segnalando la persistente attivita' del (OMISSIS), a cui viene riferita l'appartenenza del detenuto qui ricorrente, la mancanza della sua dissociazione e di una sua collaborazione evidenziando il pericolo di un possibile ripristino dei collegamenti con la criminalita' organizzata da parte del detenuto. Dall'esame di detti atti aveva negato la concessione del permesso premio ritenendo prevalenti le ragioni espresse dalla D.D.A. di Napoli. In modo analogo ha deciso il Tribunale di sorveglianza nel valutare il reclamo del (OMISSIS). Il Tribunale, poi, nell'effettuare l'esame della relazione di sintesi redatta dall'equipe del carcere, non si e' attenuto al principio secondo cui la Sorveglianza, nell'esaminare le relazioni degli organi deputati all'osservazione del condannato, pur non essendo vincolato dai giudizi ivi espressi, deve considerare dette informazioni sulla personalita' e sullo stile di vita del detenuto, parametrandone la rilevanza anche in base alla gradualita' che governa l'ammissione ai benefici (Sez. 1, n. 23343 del 23/03/2017, Rv. 270016). Invero, nell'aggiornamento della relazione di sintesi del 29 gennaio 2020, posto alla base del parere favorevole del Direttore del carcere, l'equipe di osservazione aveva evidenziato "la positivita' del percorso trattamentale sin qui svolto dal soggetto, in particolare l'impegno dallo stesso profuso nello svolgimento dell'attivita' lavorativa, visto altresi' il percorso di rivisitazione critica delle proprie condotte devianti". Nel successivo aggiornamento del 4 febbraio 2020, si era sottolineato ancora che "il soggetto continua il buon percorso trattamentale improntato all'impegno e alla messa in discussione delle condotte antigiuridiche" e che "tale percorso risulta essere in una fase avanzata e approfondita, oltre che sostenuto dai sensi di colpa verso la famiglia ed i figli in particolare". Si era aggiunto, inoltre, che "durante i colloqui osservativi coglie gli input e le sollecitazioni proposti dagli operatori, riflettendo, in maniera critica e senza strumentalizzazioni, sulle dinamiche interpersonali connesse alle scelte antigiuridiche", e che "si e' reso disponibile rispetto ad una eventuale attivita' di mediazione nei confronti delle vittime dei suoi reati anche se, ad oggi, non ha nessun contatto con le stesse e non e' stato mai avviato un percorso in tal senso". Il Tribunale di sorveglianza, a fronte di questo complessivo e articolato giudizio, ha valorizzato in chiave negativa l'ultima parte della relazione, per giustificare la propria conclusione secondo la quale "non emerge un percorso di riflessione critica con riguardo alla pluralita' e specificita' delle condotte", "al contesto di criminalita' organizzata in cui sono state poste in essere" e "alle conseguenze e ai danni arrecati alle plurime persone offese ed alla comunita'". La motivazione e' contraddittoria rispetto agli atti del procedimento e, in parte, mancante, essendo stata pretermessa qualsiasi analisi e considerazione delle parti delle relazioni di sintesi in cui si erano esaminati i fattori che portavano l'equipe a esprimere un giudizio positivo sul percorso rieducativo come effettuato dal condannato. 4. Il Tribunale di sorveglianza si e' peraltro limitato a riportare, facendolo proprio, il contenuto del parere - piuttosto sintetico - della Direzione Distrettuale Antimafia del 31 luglio 2020, il quale aveva riportato che: a) il (OMISSIS) e' stato condannato per aver partecipato all'associazione camorristica "(OMISSIS)" e per la partecipazione a piu' omicidi; b) egli era inserito nel gruppo criminale facente capo a (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); c) egli non ha mai assunto la qualifica di collaboratore di giustizia e non ha mai manifestato propositi concreti di resipiscenza; d) "non risulta aver mai scisso i collegamenti con il clan"; e) il (OMISSIS) e' ancora pienamente operante sul territorio casertano. Anche sotto questo ultimo profilo, la motivazione dell'ordinanza e' apparente, posto che il Tribunale si e' limitato a far proprie le conclusioni della D.D.A., che, tuttavia, non sono accompagnate da alcun elemento specifico e concreto che dimostri l'appartenenza attuale del (OMISSIS) al sodalizio criminale considerato, nonche' il concreto pericolo di un ripristino dei relativi collegamenti con detto clan camorristico. 5. Per le considerazioni sopra svolte, l'ordinanza impugnata va annullata con rinvio al Tribunale di sorveglianza per nuovo esame. Il giudice del rinvio, senza essere vincolato nel merito del giudizio, e' tenuto a riesaminare la richiesta, senza ripetere i censurati vizi della motivazione, secondo i principi di diritto sopra affermati. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Catanzaro.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DI STEFANO Pierluigi - Presidente Dott. CRISCUOLO Anna - rel. Consigliere Dott. AMOROSO Riccardo - Consigliere Dott. SILVESTRI Pietro - Consigliere Dott. DI GERONIMO Paola - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 29/09/2022 del Tribunale del riesame di Catanzaro; letti gli atti, il ricorso e l'ordinanza impugnata; udita la relazione del consigliere Anna Criscuolo; udite le richieste del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Perla Lori, che ha concluso per il rigetto; udito il difensore, avv. (OMISSIS), in sostituzione dell'avv. (OMISSIS), che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Il difensore di (OMISSIS), ha proposto ricorso avverso l'ordinanza in epigrafe con la quale il Tribunale del riesame di Catanzaro ha annullato, limitatamente al reato di cui al capo 20), confermando nel resto l'ordinanza emessa il (OMISSIS) dal G.i.p. del medesimo Tribunale, che aveva applicato all'indagato la misura custodiale per il reato di cui all'articolo 416 bis c.p. e per i reati di usura, tentata estorsione e truffa aggravata ai danni dello Stato, tutti aggravati dal metodo e dalla finalita' di agevolare l'associazione mafiosa operante in (OMISSIS) e, in particolare, il gruppo facente capo a (OMISSIS), rispettivamente contestati ai capi 1), 17) e 19) e 147). Ne chiede l'annullamento per i seguenti motivi. 1.1 Con il primo motivo denuncia la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al reato associativo per avere il Tribunale reso una motivazione apparente, limitandosi a fornire una descrizione generale dell'associazione ed a riportare le dichiarazioni rese dai collaboratori sull'indagato, omettendo di motivare sulle questioni sollevate con la memoria depositata in udienza. 1.2 Con il secondo motivo deduce la violazione di legge e la mancanza di motivazione sulla partecipazione associativa del ricorrente per essere la gravita' indiziaria fondata su pochi contatti telefonici o conversazioni tra presenti senza accertamenti concreti. Il rapporto di parentela con i fratelli (OMISSIS), non determina alcuna condivisione di interessi illeciti, essendo, anzi, proprio il cugino a confermarne l'estraneita' a qualsiasi attivita' illecita, affermando che e' dedito solo al lavoro e non c'entra niente; inoltre, proprio in quanto persona pulita, ne viene sfruttata la presenza, peraltro, solo occasionale, in determinate situazioni e la circostanza che fosse a conoscenza di vicende riguardanti terzi soggetti o che avesse messo in contatto con i cugini altri indagati non integra la partecipazione. Si contesta la mancata considerazione della vicenda oggetto del capo 148) che vede il ricorrente vittima di estorsione aggravata ad opera di un membro del gruppo (OMISSIS), il che e' inconciliabile con il ruolo di partecipe. 1.3 Con il terzo motivo si denunciano la violazione di legge e vizi della motivazione in relazione ai reati di usura e tentata estorsione per mancanza di gravi indizi, in quanto il (OMISSIS) non elargisce alcun credito e non concorre a determinare tassi usurari. Per la vicenda oggetto del capo 17) non ha contatti diretti con le vittime; e' solo a conoscenza della vicenda ed e' presente ad incontri nei quali non accade nulla di rilevante. Per la vicenda di cui al capo 19) addirittura prova a stemperare gli animi, dissentendo da metodi violenti di riscossione, sicche' e' dimostrata la sola conoscenza delle vicende, ma non un suo contributo all'estorsione. 1.4 Con il quarto motivo si deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al reato di truffa di cui al capo 147), essendo emerso che la scelta di richiedere il finanziamento rivolgendosi al (OMISSIS) non e' stata autonoma, ma indirizzata dal (OMISSIS), che gli suggeriva di rivolgersi a detto consulente e, una volta ottenute le somme, veniva imposto a lui e al (OMISSIS) di trasferire una quota al (OMISSIS) e al (OMISSIS); mancherebbe il dolo iniziale ovvero la volonta' dell'evento, che si realizza solo in conseguenza delle richieste illegittime del (OMISSIS), assecondate per timore di ritorsioni. 1.5 Con l'ultimo motivo si denuncia la violazione di legge e l'omessa motivazione in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari per il (OMISSIS), incensurato, dedito al lavoro, estraneo a dinamiche criminali e accusato di fatti circoscritti al 2018. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' inammissibile perche' proposto per motivi non consentiti, diretti a fornire una lettura alternativa dei fatti e delle risultanze intercettative, prospettando la tesi dell'estraneita' del ricorrente alle dinamiche criminali, in palese contrasto con la ricostruzione risultante dall'ordinanza. Va, infatti, ribadito che il ricorso in materia cautelare e' ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicita' della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti o che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito. E cio' in quanto il controllo di legittimita' non concerne ne' la ricostruzione dei fatti, ne' l'apprezzamento del giudice di merito circa l'attendibilita' delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati indiziari, sicche' sono inammissibili quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze gia' esaminate dal giudice di merito (Sez. 6, n. 14958 del 05/03/2019, Orlando, Rv. 275538). 2. Il primo motivo e' inammissibile per assoluta genericita', in quanto si limita a contestare l'impostazione dell'ordinanza ovvero il metodo di redazione del provvedimento, denunciando l'apparenza della motivazione e l'omessa risposta alle censure difensive, neppure specificamente indicate, benche' l'ordinanza dia atto di aver disatteso diversi rilievi difensivi e risulti strutturata in modo organico, descrivendo in premessa l'evoluzione del sodalizio mafioso, la scelta confederativa operata strategicamente dai 7 gruppi autonomi esistenti e le fonti di prova che l'hanno rivelata, per poi esaminare la posizione del ricorrente, inserita nel contesto illustrato. 3. Analoga sorte spetta al secondo motivo con il quale si contesta genericamente la partecipazione associativa del ricorrente, sminuendone il ruolo, invece, risultato concreto e operativo in vari affari illeciti gestiti dal (OMISSIS), nell'interesse del gruppo, secondo i giudici di merito. La stessa impostazione del motivo, che contrappone alla ricostruzione del Tribunale una lettura alternativa dei fatti e dei colloqui intercettati, lo destina all'inammissibilita'. A differenza di quanto sostenuto nel ricorso, secondo i giudici di merito i reati fine ascritti al ricorrente ne dimostrano l'apporto offerto in settori di importanza strategica per l'associazione e la condivisione della progettualita' illecita con messa a disposizione di una sua societa' per frodare soldi allo Stato, facendo confluire i finanziamenti nelle mani del (OMISSIS) e dimostrando di conoscere le strategie criminali del sodalizio. Il Tribunale ha, inoltre, sottolineato che ben tre collaboratori hanno affermato che l'esercizio commerciale di cui e' titolare il (OMISSIS) e' nelle mani dei fratelli (OMISSIS), esponenti apicali del clan (OMISSIS); anche il Foggetti ha reso dichiarazioni analoghe, riferendo di imprenditori appartenenti al sodalizio che svolgono attivita' di riciclaggio, chiarendo il ruolo di cerniera del ricorrente tra il (OMISSIS) e i cugini (OMISSIS), sicche' il rapporto con i vertici dell'associazione e' stato coerentemente ritenuto funzionale alla realizzazione del programma illecito ed a garantire profitti illeciti destinati a confluire nella "bacinella". 4. Parimenti inammissibile e' il terzo motivo relativo all'usura e al tentativo di estorsione, oggetto dei capi 17) e 19). Il ricorso offre una lettura riduttiva della condotta del ricorrente, trascurando la ricostruzione contenuta nell'ordinanza, che da' atto dell'intervento del (OMISSIS) nella vicenda del prestito usurario, erogato nel 2015 dal (OMISSIS) a (OMISSIS), cugino del sodale (OMISSIS), lievitato a causa dei ritardi da 70 mila a 140 mila Euro, proprio nel momento in cui il (OMISSIS) intendeva rivalersi sul sodale a causa dell'inadempimento del debitore principale. I colloqui intercettati, riportati nell'ordinanza (pag. 15), danno conto del tentativo di mediazione del (OMISSIS), recatosi insieme al (OMISSIS) presso il debitore per discutere del pagamento del debito residuo (ammontante a 10 mila Euro), commentando con il (OMISSIS) la condizione di timore del debitore e la tolleranza del (OMISSIS); dimostrano che il ricorrente si era recato anche presso il sodale (OMISSIS), che aveva fatto da garante, per indurlo a pagare, sposando le ragioni del (OMISSIS), al quale riferiva dell'incontro e della posizione del (OMISSIS). Assolutamente corretto e' il rilievo attribuito a tali interventi diretti al recupero del credito e degli interessi usurari, analogamente a quello attribuito all'intervento sul (OMISSIS), locatario del (OMISSIS), integrante il concorso nel tentativo di estorsione di cui al capo 19). Secondo la ricostruzione contenuta nell'ordinanza, il ricorrente si recava insieme al (OMISSIS) e al (OMISSIS) presso il negozio del (OMISSIS), esortato dal (OMISSIS) con linguaggio allusivo, ma deciso e nettamente percepito come intimidatorio dal (OMISSIS), a versare a lui il canone, avvisando il locatore e chiedendo informazioni su di lui a (OMISSIS) Patrizio (OMISSIS)10Patitucci Francesco (OMISSIS)8Russo, che se ne lamentava con il (OMISSIS) ("Lui e' andato da 10Francesco (OMISSIS) (OMISSIS)2Porcaro (OMISSIS)2Porcaro (OMISSIS)11Di Puppo Michele (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS)2Porcaro (OMISSIS)3Mazzei (OMISSIS)1Broccolo (OMISSIS)7Perrone (OMISSIS)2Porcaro (OMISSIS) (OMISSIS)2Porcaro (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS)

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