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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo sezione staccata di Pescara Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 218 del 2022, proposto da Al. Mo., rappresentato e difeso dall'avvocato Pi. Tr., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Pa. Si., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'annullamento del provvedimento del Comune di (omissis) (prot. n. 1595) del 22.06.2022 (doc. 1), notificato in data 7.07.2022 a mezzo raccomandata A/R, che dispone la revoca dell'autorizzazione n. 1/2013 per il noleggio auto con conducente rilasciata da detto Comune al Sig. Mo. e di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di (omissis); Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 aprile 2024 il dott. Massimiliano Balloriani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO Considerato che: -la parte ricorrente ha impugnato il provvedimento di revoca dell'autorizzazione NCC adottato dal Comune di (omissis); - nel ricorso si espongono le seguenti ragioni di censura: - la violazione dell'articolo 11 del Regolamento comunale, approvato con delibera del 7.11.2006, in materia NCC, rubricato "Revoca della autorizzazione", laddove prevede in tal caso l'obbligo di sentire prima "le locali organizzazioni di categoria del settore autonoleggio...quando l'attività non risulti mantenuta nelle condizioni corrispondenti agli obblighi fissati per l'esercizio stesso"; - la violazione del comma 2 dello stesso art. 11, laddove prevede che "Il provvedimento di revoca dell'autorizzazione comunale di esercizio deve essere preceduto dalla contestazione degli addebiti da comunicarsi in due successive diffide notificate, a termini di legge, a distanza non inferiore e 30 gg. l'una dall'altra"; - la violazione del comma 3 dell'art. 11, il quale prevede che "In caso di giustificazione dopo la prima diffida, con la seconda l'autorità comunale è tenuta ad indicare le motivazioni di rigetto delle giustificazioni prodotte"; - in virtù della normativa dettata in occasione della pandemia Covid 19 il ricorrente avrebbe dovuto beneficiare della proroga dell'autorizzazione pur in mancanza dei requisiti; - la revoca è intervenuta su istanza dell'Anar (associazione noleggiatori area metropolitana di Roma), ma tale istanza sarebbe manifestazione di un comportamento ostruzionistico e anticoncorrenziale, dunque trasmetterebbe per connessione funzionale la propria antigiuridicità anche al provvedimento finale; - siccome le limitazioni territoriali previste dalla L. 21/1992 non potrebbero trovare applicazione nei confronti di cittadini di altri stati membri Ue, non sarebbe lecito applicare tali disposizioni a quelli italiani, creando una disparità di trattamento; - dopo l'intervento dalla sentenza della Corte Costituzionale 26 marzo 2020, n. 56, ai sensi della legge 21 del 1992 il servizio non deve necessariamente iniziare a terminare presso l'autorimessa sita nel Comune che ha rilasciato l'autorizzazione; - vi sarebbe in ogni caso la prova di un solo servizio svolto in Roma nel febbraio 2019 e non di un'attività ivi svolta stabilmente; - il ricorrente chiede inoltre la condanna del Comune al risarcimento del danno, che, a suo dire, essendo riconducibile alla perdita di clientela, quindi al paradigma della concorrenza sleale, non necessiterebbe di prova specifica; - nelle more della decisione è stata respinta la ordinanza cautelare, ed è stato respinto dal Consiglio di Stato l'appello avverso tale provvedimento interinale; - alla udienza del 19 aprile 2024 la causa è passata in decisione; - preliminarmente, il Collegio rileva che sussiste la legittimazione in capo alla parte ricorrente, nonché l'interesse ad agire; - pur avendo la medesima ceduto a un soggetto collettivo terzo la facoltà di esercizio delle attività previste da detta autorizzazione, la legittimazione del cedente permane con la titolarità, che deve ritenersi rimasta in campo al medesimo, come si evince dal fatto che lo stesso Comune, nella nota 529 del 20 febbraio 2024, afferma che la revoca dell'autorizzazione è stata indirizzata al titolare An. Mo. e solo per conoscenza alla Ro. Tr. St. Li., cessionaria; - il ricorso è infondato; - dagli atti di causa emerge che l'Amministrazione ha fornito numerosi elementi probatori idonei a dimostrare l'assenza dello stazionamento della macchina del ricorrente nel territorio del Comune resistente (vedasi i vari verbali di controllo anche dopo l'avviso di avvio del procedimento dell'autorizzazione) oltre alla presenza della stessa auto in Roma, come denunciato dalla stessa Anar (denuncia che vale come mera notizia per il Comune, essendo un procedimento instaurabile d'ufficio e che quindi non risente delle ragioni per le quali un privato ha fatto la segnalazione al Comune stesso); - tali elementi sono quantomeno idonei a invertire l'onere probatorio, nel senso che sarebbe spettato al ricorrente superare, in modo dettagliato e circostanziato, tale compendio indiziario da cui si desume l'assenza di una rimessa e di una sede operativa effettive nel territorio del Comune che ha rilasciato l'autorizzazione (cfr. Tar Bolzano sentenza 118 del 2020); - il ricorrente, viceversa, si è limitato solo a invocare e ricordare in modo generico la disciplina applicabile e le deroghe consentite senza rappresentare e dimostrare i presupposti concreti della loro applicabilità al caso di specie nei singoli episodi; - quello che si contesta al ricorrente, in altri termini, è la mancata osservanza dell'articolo 3 comma 3 della legge 21 del 1992, non dichiarato incostituzionale dalla sentenza 56 del 2020 della Consulta, a mente del quale "La sede operativa del vettore e almeno una rimessa devono essere situate nel territorio del comune che ha rilasciato l'autorizzazione."; - ciò connota quel minimo vincolo di territorialità che deve legare l'operatore NCC con l'Ente locale che rilascia la licenza; - in altri termini, solo la necessità di ritornare ogni volta alla sede o alla rimessa per raccogliere le richieste o le prenotazioni colà effettuate può essere ritenuta superflua (determinando una inutile duplicazione dei costi del servizio), in quanto ritenuta non proporzionata dalla Corte Costituzionale (grazie anche alla possibilità, introdotta dalla stessa normativa statale di settore, di utilizzare gli strumenti tecnologici per le prenotazioni); nessuna deroga invece in ordine all'obbligo di disporre di una sede operativa e una rimessa effettive sul territorio (obbligo la cui violazione è invece sottolineata e documentata da parte del Comune: "le ulteriori verifiche consentivano di accertare che non risultavano agli atti dell'Ufficio neppure comunicazioni da parte della Ditta in oggetto in merito all'utilizzo di rimesse situate in altri Comuni all'interno della Provincia di Chieti ed emergeva altresì che la ditta titolare dell'autorizzazione risultava cancellata dal registro delle imprese per cessazione dell'attività in data 21/12/2015 e la licenza conferita alla RO. TR. ST. LI., che ugualmente non aveva mai utilizzato lo stallo di sosta e che svolgeva regolarmente l'attività altrove...nei verbali di sopralluogo redatti dallo stesso Responsabile dell'Ufficio Tecnico emergeva che l'area adibita a stalli di sosta risultava completamente abbandonata, vista la presenza della vegetazione sulla superficie asfaltata e il fatto che una parte dell'area risultava addirittura inibita allo stazionamento dalla presenza di materiale inerte depositato e da vegetazione infestante, a dimostrazione per l'appunto che l'area non era mai stata utilizzata da alcuno"); - permane in altri termini "l'obbligo di disporre di una sede o di una rimessa nel territorio del Comune che ha rilasciato la licenza di esercizio, atteso che ciò risponde all'esigenza "di preservare la dimensione locale di un servizio pubblico finalizzato, in primo luogo, a soddisfare le esigenze della comunità locale e di coloro che si vengano a trovare sul territorio comunale. La necessità di uno stabile collegamento dell'attività con la presenza di una rimessa ubicata all'interno del territorio dell'Ente è, quindi, coessenziale alla natura stessa dell'attività da espletare, diretta principalmente ai cittadini del Comune autorizzante cui si vuol garantire un servizio complementare e integrativo rispetto ai trasporti pubblici di linea" (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, n. 4795 del 2023); -del resto, viceversa, sganciando l'espletamento dell'attività dalla sede di appartenenza, perderebbe di significato la competenza in capo ai Comuni, quali enti territoriali, nel rilascio delle licenze in argomento, la loro dimensione locale, nonché il necessario contingentamento delle medesime (T.A.R. Ancona, sentenza168 del 2023); - è già stata inoltre risolta in senso negativo dalla giurisprudenza la questione di un possibile contrasto tra il principio di operatività territoriale delle licenze, come sopra delineato, e il TFUE (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 11 luglio 2022, n. 5756); - i requisiti richiesti (sede e rimessa territorialmente circoscritti) non costituiscono misure restrittive della concorrenza essendo "misure indistintamente applicabili" a cittadini italiani ed europei, inidonee, in quanto tali, a porre in essere qualsivoglia discriminazione: l'accesso a simili attività è consentito alle medesime condizioni richieste dall'ordinamento italiano nei confronti dei propri cittadini e di quelli europei (cfr. art. 49 TFUE); difatti, "l'attività di N.C.C. non è un'attività liberalizzata, ma soggetta ad autorizzazione" (cfr. Cons. Stato, sez. V, 1° marzo 2021, n. 1703; 21 settembre 2020, n. 4581), che viene rilasciata al ricorrere di determinati requisiti che non hanno natura "soggettiva" (es. precedenti penali, capacità finanziaria, competenze professionali, e per i quali troverebbe pacificamente applicazione il principio del c.d. home country control) ma piuttosto "oggettiva" in quanto legati a determinati standard di tipo organizzativo ("sede operativa" e "rimessa" entrambi da collocare nel territorio del comune che rilascia l'autorizzazione quali "fattori spia" di tale dimensionamento territoriale) e di tipo funzionale (relativi all'esigenza di prestare il servizio di noleggio prevalentemente all'interno del territorio provinciale di riferimento) (Consiglio di Stato sentenza 5756 del 2022); - inoltre, la sentenza della Corte di Giustizia Ue dell'8 giugno 2023 C 50/21, citata dal ricorrente, riguarda la diversa questione della imposizione di una duplice autorizzazione, prima statale e poi locale, per l'esercizio dell'attività di NCC; questione non oggetto della presente controversia; - le censure riguardanti l'omessa doppia diffida, a parere del Collegio, non valgono a connotare di illegittimità il provvedimento gravato atteso che, come documentato dal Comune e non specificamente contestato anche sul piano probatorio da parte ricorrente, pur dopo l'avviso di avvio del procedimento di revoca dell'autorizzazione (che sul piano sostanziale fornisce le medesime garanzie e la medesima consapevolezza di una diffida), il medesimo ha continuato a tenere il comportamento contestato; sicchè non appare verosimile che il medesimo (pur in concreto noncurante del procedimento sanzionatorio) avrebbe cessato la condotta all'atto della seconda diffida; - peraltro, siccome nella seconda diffida, a mente dell'articolo 11 del regolamento comunale, l'Amministrazione avrebbe dovuto confutare le ragioni esposte dal diffidato, prima di adottare il provvedimento definitivo, questa seconda garanzia può essere equiparata. sotto il profilo della partecipazione procedimentale, a una conferma dell'avvio del procedimento, la cui violazione può assumere rilievo sul piano di validità solo se la parte ricorrente prova in giudizio lacune istruttorie essenziali che sarebbero derivate dalla sua mancata piena partecipazione al procedimento, ex articolo 21 octies della legge 241 del 1990; - sotto altro profilo, tale duplicazione di forma, appare di per sé un inutile aggravamento e dunque può al più rilevare come mera irregolarità, essendo stato raggiunto pienamente lo scopo della consapevolezza e partecipazione del privato al procedimento che sanzionatorio che lo ha riguardato (Consiglio di Stato sentenza 3165 del 2018); - quanto alla omessa partecipazione delle organizzazioni di categoria, l'articolo 11 comma 1 del regolamento si riferisce alle organizzazioni locali, e dunque sarebbe stato onere di parte ricorrente indicare quali esano queste organizzazioni aventi carattere locale e che non sono state sentite, tanto più che il Comune nega la esistenza di organizzazioni di categoria locali; - quanto alla proroga delle autorizzazioni durante il periodo pandemico (a parte la circostanza che tale proroga era strettamente finalizzata a impedire decadenze direttamente collegate alle limitazioni disposte d'autorità, circostanza che nel caso di specie non è in questione; e non invece a sanare tutte le ipotesi di decadenza di carattere sanzionatorio), come evidenziato dal Comune la revoca è intervenuta in un momento successivo; - da tutto quanto sopra esposto consegue la infondatezza della domanda di annullamento e a valle, per mancanza del requisito della ingiustizia della condotta, anche della domanda di risarcimento del danno, peraltro sfornita di prova del nesso di causalità materiale e giuridica e del danno; - le spese seguono il criterio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo sezione staccata di Pescara Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in euro 2.500 complessive, oltre accessori come per legge; Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Pescara nella camera di consiglio del giorno 19 aprile 2024 con l'intervento dei magistrati: Paolo Passoni - Presidente Massimiliano Balloriani - Consigliere, Estensore Giovanni Giardino - Referendario

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BONI Monica - Presidente Dott. LIUNI Teresa - Consigliere Dott. CAPPUCCIO Daniele - rel. Consigliere Dott. MONACO Marco M. - Consigliere Dott. RUSSO Carmine - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS) ((OMISSIS)) il (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS) ((OMISSIS)) il (OMISSIS); avverso la sentenza del 11/05/2022 della CORTE di ASSISE di APPELLO di MILANO; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere MARCO MARIA MONACO; udito il Sostituto Procuratore Generale LUCA TAMPIERI che ha concluso il rigetto dei ricorsi; uditi gli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS) che insistono per dei ricorsi rispettivamente proposti. RITENUTO IN FATTO 1. La Corte di Assise di Appello di Milano, con sentenza del 11/5/2022, ha confermato le sentenze di condanna rispettivamente pronunciate dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di COMO il 27/10/2021, all'esito del giudizio abbreviato, nei confronti di (OMISSIS) e, all'esito del giudizio ordinario, dalla Corte di Assise di COMO il 7/10/2021 nei confronti di (OMISSIS), entrambi imputati in concorso dei reati di omicidio di cui agli articoli 575 in relazione all'articolo 576, comma 1 n. 2 c.p., occultamento di cadavere di cui agli articoli 412 e 61 n. 2 c.p. e detenzione e porto di un'arma da fuoco calibro 7,65 di cui agli articoli 61 n. 2 c.p. e 10 e 12 L. 497/74. 2. I due imputati sono stati rinviati a giudizio per avere cagionato la morte di (OMISSIS), avvenuta il 5 marzo 2017, con due separati decreti di giudizio immediato in virtu' dei diversi momenti nei quali e' stata eseguita l'ordinanza con la quale e' stata disposta nei loro confronti la misura della custodia cautelare in carcere. (OMISSIS) ha chiesto procedersi con le forme del rito abbreviato, nel corso del quale ha reso interrogatorio e ha dichiarato, in estrema sintesi, di avere lavorato per (OMISSIS) provvedendo ai pagamenti della sostanza stupefacente acquistata, svolgendo i compiti che man mano gli venivano assegnati ma sempre e comunque senza sapere quali fossero le intenzioni e i programmi di (OMISSIS), cio' anche con riferimento alla gestione dei rapporti intercorsi con la vittima e con alcuni soggetti calabresi a cui si e' fatto riferimento nel corso delle indagini. Il processo nei confronti di (OMISSIS), invece, si e' svolto con le forme del rito ordinario e durante l'istruttoria dibattimentale sono stati sentiti diversi testimoni quali gli operanti, che hanno riferito in ordine alle indagini effettuate, e' stata disposta la trascrizione delle intercettazioni e l'imputato ha reso dichiarazioni spontanee. 2.1. All'esito dei due processi i giudici di primo grado, sulla base al compendio indiziario contenuto in ciascun processo, hanno pronunciato sentenza di condanna, ognuno ritenendo che il rispettivo imputato avesse commesso il reato contestato. Secondo la conforme ricostruzione contenuta nelle sentenze di merito le indagini hanno preso le mosse il 2 aprile 2017 allorche', durante una domenica ecologica, alcuni ragazzi hanno rinvenuto il cadavere di un uomo in un bosco a (OMISSIS) nel (OMISSIS). A seguito dei primi accertamenti e' emerso che la vittima era sottoposta a indagini dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Venezia per traffico internazionale di stupefacenti e che le utenze a questa riferibili, cosi' come quelle di molti altri soggetti, erano intercettate. Dall'analisi dei risultati di tali indagini, quindi, la polizia giudiziaria ha estrapolato alcune utenze e analizzandone i contatti, il traffico e, anche ascoltando le conversazioni e leggendo i messaggi intercorsi, ha ricostruito gli spostamenti della vittima nei mesi antecedenti l'omicidio, sino al giorno in cui questo e' stato commesso. Nello specifico sono emersi i rapporti tra (OMISSIS), che operava in Veneto, e i due attuali ricorrenti, che avevano la loro sfera d'azione in Lombardia e che avevano acquistato, per loro conto e anche nell'interesse di alcuni soggetti di origine calabrese, ingenti quantitativi di sostanza stupefacente dalla vittima. Nel corso di tali rapporti (OMISSIS), anche in nome e conto del gruppo di calabresi per il quale fungeva anche da garante, avrebbe maturato un debito di circa 300.000,00 Euro che (OMISSIS), trovatosi esposto a causa della perdita di un ingente quantitativo di sostanza stupefacente, gli aveva chiesto di saldare in tempi brevi. Dall'analisi dei tabulati sono emersi numerosi contatti tra gli imputati e la vittima finalizzati a risolvere tale situazione e anche un viaggio effettuato da (OMISSIS) e (OMISSIS) in Calabria proprio al fine di recupera almeno una parte della somma. Tornato dalla Calabria senza avere avuto la somma richiesta (OMISSIS), coadiuvato da (OMISSIS), avrebbe cercato di far andare (OMISSIS) in Lombardia simulando un incontro decisivo con uno dei calabresi che avrebbe dovuto versargli quanto meno una buona parte di quanto dovuto. Dai contatti intercorsi e attraverso gli spostamenti delle utenze telefoniche riferibili agli imputati e alla vittima, sono stati cosi' ricostruiti cinque viaggi che i due ricorrenti, il piu' delle volte (OMISSIS), avrebbero effettuato dalla Lombardia al Veneto nei giorni 1, 2, 3, 4 e 5 marzo. In data 5 marzo 2017, finalmente, (OMISSIS) si sarebbe fatto convincere a farsi accompagnare in Lombardia e quella sera stessa sarebbe stato ucciso. Nei giorni immediatamente successivi, poi, (OMISSIS) ha lasciato la casa che condivideva con (OMISSIS) e si e' trasferito in albergo fino al 18 marzo quando ha lasciato l'Italia per andare, dopo un breve transito in (OMISSIS), prima in Francia e, dopo, in Germania, dove e' stato arrestato per cessione di stupefacenti e da dove, una volta scontata la pena, e' stato estradato in Italia. (OMISSIS), invece, si e' allontanato dall'Italia il 2 aprile 2017, il giorno del rinvenimento del cadavere, e si e' trasferito in (OMISSIS), dove e' stato catturato e da li' estradato in Italia. Nelle sentenze di primo grado i giudici di merito hanno valorizzato i contatti emersi dall'analisi del traffico telefonico relativo alle varie utenze attribuite a vario titolo agli imputati e, nello specifico, i contatti e gli spostamenti da questi effettuati nei giorni immediatamente precedenti la scomparsa di (OMISSIS) e, anche, le "indagini" effettuate dal fratello della vittima e la denuncia da questo presentata. 2.2. Avverso le due sentenze di primo grado gli imputati, ognuno facendo riferimento al processo celebrato nei propri confronti, hanno presentato appello. La Corte territoriale, ritenuto che fosse necessario procedere a una valutazione unitaria, ha sentito le parti sul punto e ha riunito i processi. Nello specifico la Corte territoriale ha fatto riferimento alla giurisprudenza di legittimita' per la quale la riunione di due processi celebrati con diverso rito e' possibile purche' la Corte d'appello utilizzi, per ognuno degli imputati, esclusivamente le prove acquisite nel rito dallo stesso scelto. Il giudice dell'appello, in ordine a tale aspetto, ha evidenziato che le prove erano in questo caso sovrapponibili in quanto gli atti di p.g. erano nella sostanza entrati nella conoscenza del giudice del dibattimento con l'audizione degli operanti e le intercettazioni erano state trascritte senza che vi fossero contestazioni circa la corrispondenza delle stesse ai c.d. brogliacci. All'esito del giudizio di appello le due sentenze, come indicato all'inizio, sono state confermate dalla Corte territoriale che ha nella condiviso il giudizio di convergenza indiziaria effettuato dai primi giudici. Secondo il giudice dell'impugnazione, d'altro canto, la diversa conclusione circa la persona che si era recata in Veneto a prendere la vittima il 5 marzo 2017 (secondo il giudice di primo grado del processo a carico di (OMISSIS) in Veneto a prendere la vittima sarebbe andato lo stesso (OMISSIS) e (OMISSIS) sarebbe rimasto in Lombardia, per la Corte di Assise di Appello, invece, (OMISSIS) sarebbe andato in Veneto e (OMISSIS) avrebbe effettuato i sopralluoghi in Lombardia) sarebbe nella sostanza indifferente in quanto ci sarebbe stata una totale fungibilita' nell'uso delle utenze riferibili ai due imputati, cio' anche per quelle apparentemente "personali". Ragione questa per la quale la Corte non ha ritenuto credibile la tesi difensiva di (OMISSIS) che ha affermato essere andato lui a prendere (OMISSIS) in Veneto per portarlo in Lombardia e di avere agito esclusivamente quale factotum e senza sapere quali fossero le reali intenzioni di (OMISSIS). 3. Avverso la sentenza di appello hanno proposto ricorso gli imputati che, a mezzo dei rispettivi difensori, hanno dedotto i seguenti motivi. 3.1. Avv. (OMISSIS) per (OMISSIS) 3.1.1 Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli articoli 17, 19, 191 e 602 c.p.p. Nel primo motivo la difesa rileva che a seguito della riunione, alla quale pure era stato prestato assenso, la Corte territoriale sarebbe incorsa in una "confusione probatoria" cosi' che di fatto la pronuncia a carico del ricorrente si fonderebbe anche sulle prove acquisite nel corso del giudizio abbreviato in cio' violando il criterio che la giurisprudenza di legittimita' pone come indefettibile al fine di consentire la riunione di due processi celebrati con riti diversi. 3.1.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla dichiarazione di responsabilita' per i reati di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, occultamento di cadavere e detenzione a porto d'arma da fuoco. Nel secondo motivo la difesa rileva che la Corte territoriale avrebbe effettuato una valutazione confusa degli elementi emersi nei due processi e avrebbe proceduto a una errata valutazione degli indizi pervenendo a una conclusione che, in assenza di prove dirette, sarebbe il risultato di un ragionamento privo di effettiva consistenza. I riferimenti alle "indagini" effettuate dal fratello della vittima sarebbero inconferenti. Alcune delle utenze indicate e ritenute come significative, come quella con finale 544, utilizzata proprio il giorno 5 marzo 2017, non sarebbero mai state nella disponibilita' del ricorrente. Il tenore e il significato di alcuni messaggi sarebbero stati travisati o comunque non sarebbero stati correttamente compresi. La spiegazione fornita all'allontanamento dall'Italia del ricorrente sarebbe sbagliata, cio' in quanto l'imputato non si sarebbe dato alla fuga. Tutto l'impianto accusatorio, di fatto fondato sull'importanza attribuita alla geolocalizzazione effettuata attraverso i tabulati di cella sarebbe inconsistente 3.1.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla circostanza aggravante della premeditazione. Nel terzo motivo la difesa censura la conclusione circa la ritenuta sussistenza della premeditazione criticando i passaggi della motivazione sul punto e, in specifico, il rilievo attribuito dalla Corte ai viaggi effettuati in Veneto, all'interesse che avrebbe avuto il ricorrente di eliminare (OMISSIS) e, da ultimo, alle circostanze relative al noleggio dell'autovettura e al rinvenimento della pala con le tracce biologiche della vittima in prossimita' del cadavere. Circostanze queste che non avrebbero un effettivo valore dimostrativo quanto alla configurabilita' dell'aggravante. 3.1.4. Vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. 3.1.5. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'articolo 603 c.p.p. con riferimento al rigetto di assunzione di nuove prove. Nel quinto motivo la difesa rileva che sarebbe del tutto ingiustificato il diniego di rinnovare l'istruttoria dibattimentale al fine di verificare quanto contenuto nei c.d. criptofonini e di procedere all'audizione dei testi indicati, i "venditori" delle schede telefoniche. 3.2. Avv. (OMISSIS) per (OMISSIS) 3.2.1. Vizio di motivazione in relazione agli articoli 546 c.p.p. e 575 cod. Pen. in ordine alla responsabilita' dell'imputato per tutti i reati contestati. Nel primo articolato motivo la difesa rileva la carenza e la manifesta illogicita' della valutazione effettuata e della motivazione quanto al compendio indiziario posto a fondamento della dichiarazione di responsabilita' del ricorrente. Nello specifico la difesa censura: -la ritenuta attribuibilita' delle utenze a (OMISSIS) e cio' soprattutto sotto il profilo della fungibilita' dei due imputati nell'uso delle stesse. Una volta ritenuto che la stessa utenza possa essere stata utilizzata da diversi utenti, infatti, non sarebbe logico limitare tale fungibilita' ai soli due attuali imputati, soprattutto in un contesto nel quale la stessa Corte territoriale ha ritenuto che fossero coinvolti altri soggetti, peraltro anche in qualche modo individuati e pure indicati nelle sentenze di merito. Ragione questa per la quale quella che la difesa chiama "fungibilita' limitata" sarebbe illogica; -il ribaltamento causale che determina l'attribuzione a (OMISSIS) piuttosto che a (OMISSIS) il viaggio in Veneto effettuato in data 5 marzo 2017 per andare a prendere e accompagnare la vittima in Lombardia, cio' in considerazione del fatto che l'altra utenza, finale 810, ha effettuato i sopralluoghi nel posto in cui poi e' stato ritrovato il cadavere e senza che questo, per lo stesso principio della fungibilita' dell'uso delle utenze, consenta di stabilire con certezza chi vi abbia proceduto; -le conclusioni, che sarebbero il risultato di una semplificazione probatoria, circa il ruolo avuto da (OMISSIS) e la consapevolezza dello stesso in ordine al programma, di altri, di uccidere (OMISSIS); - la lettura attribuita dai giudici di merito al messaggio del 3/3/2017, "portalo", che sarebbe palesemente illogica; - il rilievo attribuito allontanamento dell'imputato nei giorni successivi la sparizione della vittima; - il mancato riconoscimento del ruolo gregario che avrebbe avuto il ricorrente che non aveva la consapevolezza di quanto sarebbe successo. 3.2.2. Vizio di motivazione in ordine all'elemento soggettivo. Nel secondo motivo la difesa evidenzia che i giudici di merito non avrebbero dato adeguato conto degli elementi posti a fondamento della ritenuta sussistenza di una consapevole, cosciente e volontaria partecipazione del ricorrente all'omicidio in quanto sul punto non sarebbe sufficiente la presunzione che (OMISSIS) condividesse i propositi e gli interessi di (OMISSIS). 3.2.3. Vizio di motivazione in relazione alla premeditazione. Nel quarto motivo la difesa rileva che la conclusione in ordine alla sussistenza dell'aggravante sarebbe carente. La Corte territoriale, infatti, avrebbe del tutto omesso di considerare che l'uccisone di (OMISSIS) avrebbe potuto essere stata il risultato di una decisione estemporanea, cioe' la conseguenza di una discussione sorta per il pagamento di quanto dovuto, e non il risultato di una programmazione. L'organizzazione del viaggio, d'altro canto, diversamente da quanto indicato nelle sentenze, non sarebbe sul punto significativa in quanto sarebbe stato pianificato per il diverso fine di discutere del pagamento del debito. 3.2.4 Vizio di motivazione in relazione alla richiesta di considerare il contributo fornito dal (OMISSIS) ai sensi dell'articolo 114 c.p.. 3.2.5. Vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. CONSIDERATO IN DIRITTO I ricorsi sono complessivamente infondati. 1. Ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS). 1.1. Nel primo motivo la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione agli articoli 17, 19, 191 e 602 c.p.p. evidenziando che la Corte territoriale, disposta la riunione tra i processi celebrati con diverso rito, sarebbe incorsa in una "confusione probatoria" e avrebbe cosi' violato il principio enucleato dalla giurisprudenza di legittimita' secondo il quale in questo peculiare caso di riunione il giudice deve tenere conto del diverso regime di ammissione delle prove e deve, pertanto, procedere a valutazioni separate. La doglianza e' infondata. La giurisprudenza di legittimita' ha piu' volte ribadito che la riunione e la trattazione congiunta in fase d'appello di procedimenti celebrati nei confronti di piu' coimputati con riti diversi (nella specie, l'uno con rito ordinario e l'altro con rito abbreviato) non e' causa di abnormita' o di nullita' della decisione, ne', tanto meno, di una situazione di incompatibilita' suscettibile di tradursi in motivo di ricusazione per il giudice, poiche' la coesistenza di tali procedimenti comporta solo la necessita' che, al momento della decisione, siano tenuti rigorosamente distinti i diversi regimi probatori rispettivamente previsti per ciascuno di essi (cfr. Si, n. 35293 del 1/2/2021, Rho, n. m; Sez. 1, n. 26642 del 10/4/2019, Villacaro, n. m.; Sez. 3, n. 35476 del 12/04/2016, B., Rv. 268122 - 01; Sez. 3, n. 14592 del 19/02/2015, Crini, Rv. 263054 - 01). La Corte territoriale, disposta la riunione anche con il consenso delle parti, si e' conformata ai principi enucleati sul punto. I giudici dell'appello, infatti, hanno dimostrato di avere proceduto a un'attenta analisi delle prove acquisite nei due diversi processi di primo grado. Nelle due parti distinte della sentenza la Corte territoriale ha fatto riferimento agli elementi rispettivamente emersi a carico di ognuno dei due imputati, dando conto del diverso regime di acquisizione ed evidenziando la diversa valutazione delle prove effettuata in ordine all'affermazione di responsabilita'. La conclusione in ordine alla responsabilita' di (OMISSIS) (OMISSIS) si fonda sulle fonti di prova acquisite dalla polizia giudiziaria nel corso delle indagini compendiate nelle e comunicazioni notizie di reato, sui tabulati delle utenze individuate, sui brogliacci delle intercettazioni contenenti le conversazioni e i messaggi intercorsi e dall'interrogatorio reso dall'imputato. La decisione resa nei confronti di (OMISSIS), invece, si basa sulle prove testimoniali, sulla perizia di trascrizione delle intercettazioni acquisite nel corso del dibattimento e tiene conto delle dichiarazioni spontanee dell'imputato. In tale contesto la preliminare considerazione secondo la quale molte delle prove acquisite nei due giudizi sono perfettamente sovrapponibili risulta corretta e non ha determinato alcuna "confusione probatoria". Il contenuto delle comunicazioni di notizie di reato e delle intercettazioni presenti negli atti del giudizio abbreviato, infatti, e' stato acquisito nel corso del dibattimento attraverso l'audizione dei testi che tali documenti hanno redatto ovvero con le trascrizioni delle conversazioni e dei messaggi. Le dichiarazioni delle persone informate dei fatti oggetto dei relativi verbali sono state acquisite in dibattimento esaminando i testimoni. Nello specifico, d'altro canto, non e' emersa alcuna differenza tra l'efficacia rappresentativa delle prove acquisite nel giudizio abbreviato e quelle assunte in dibattimento e nello stesso ricorso e al di la' di considerazioni generiche, non e' indicato alcun elemento specifico che possa far ritenere che la Corte abbia erroneamente posto a fondamento della decisione a carico del ricorrente prove acquisite nel solo giudizio abbreviato, ovvero, ad esempio, che il contenuto di una comunicazione di reato acquisita e utilizzata nell'abbreviato sia diverso dal tenore della dichiarazione resa sul punto in dibattimento dal soggetto che l'ha redatta. 1.2. Nel secondo motivo la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla dichiarazione di responsabilita' rilevando che la Corte territoriale avrebbe effettuato un'analisi confusa degli elementi emersi nei due processi e avrebbe proceduto a una errata valutazione degli indizi pervenendo a una conclusione che, in assenza di prove dirette, sarebbe il risultato di un ragionamento privo di effettiva consistenza. Le doglianze, formulate anche nei termini della violazione di legge ma che afferiscono esclusivamente la completezza e logicita' della motivazione, tese anche a sollecitare una diversa e non consentita lettura delle prove, sono manifestamente infondate. 1.2.1. La Corte, la cui motivazione si salda ed integra con quella del giudice di primo' grado, ha infatti fornito congrua risposta alle critiche contenute nell'atto di appello e ha esposto gli argomenti per cui queste non erano coerenti con quanto emerso nel corso dell'istruttoria dibattimentale. Alla Corte di cassazione, d'altro canto, e' precluso, e quindi i motivi in tal senso formulati non sono consentiti, sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito. Il controllo che la Corte e' chiamata ad operare, e le parti a richiedere ai sensi dell'articolo 606 lettera e) c.p.p., infatti, e' esclusivamente quello di verificare e stabilire se i giudici di merito abbiano o meno esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (cosi' Sez. un., n. 930 del 13/12/1995, Rv 203428; per una compiuta e completa enucleazione della deducibilita' del vizio di motivazione, da ultimo Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv 280601; Sez. 2, n. 19411 del 12/03/2019, Furlan, Rv. 276062: Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv 269217; Sez. 6, n. 47204, del 7/10/2015, Musso, Rv. 265482). Sotto tale aspetto, a fronte di una motivazione coerente e logica quanto alla consistenza del compendio indiziario ogni ulteriore critica, che trova peraltro fondamento in una diversa ed alternativa lettura dell'istruttoria dibattimentale, risulta del tutto inconferente ("esula dai poteri della Cassazione, nell'ambito del controllo della motivazione del provvedimento impugnato, la formulazione di una nuova e diversa valutazione degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, giacche' tale attivita' e' riservata esclusivamente al giudice di merito, potendo riguardare il giudizio di legittimita' solo la verifica dell-iter" argomentativo di tale giudice, accertando se quest'ultimo abbia o meno dato conto adeguatamente delle ragioni che lo hanno condotto ad emettere la decisione", in questo senso Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv 269217). 1.2.2. La Corte territoriale, invero, ha dato conto di avere proceduto a una verifica attenta e puntuale della tenuta del compendio indiziario acquisito a carico del ricorrente e cio' anche in riferimento alle specifiche censure evidenziate dalla difesa nell'atto di appello. La valutazione cosi' effettuata, nella quale si e' tenuto sia conto della consistenza e della tenuta di ogni singolo elemento e poi si e' proceduto a una lettura complessiva, risulta adeguata e coerente. La ricostruzione quanto alla riferibilita' delle utenze, ai rapporti intercorsi fino al giorno dell'omicidio tra la vittima e il ricorrente, nonche' ai viaggi e agli spostamenti in Veneto e in Calabria, diversamente da quanto sostenuto nel ricorso, non e' il frutto di alcuna commistione probatoria. Il rinvio della Corte territoriale a quanto gia' evidenziato nella parte relativa al coimputato (OMISSIS), infatti, e' stato correttamente effettuato facendo riferimento alle dichiarazioni rese dai testi (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) che hanno reso un'articolata deposizione in ordine alle indagini svolte e ai relativi atti. Sotto tale profilo la considerazione del giudice dell'appello circa l'assenza di elementi contrari all'attribuzione delle utenze agli imputati e le trasferte che questi avrebbero fatto, non determina alcuna inversione dell'onere della prova quanto, piuttosto, rende conto dell'assenza di plausibili letture alternative a quella cui era pervenuto il giudice di primo grado. L'esistenza di contatti tra l'imputato e la vittima, la circostanza che tra i due esistessero dei rapporti illeciti, la necessita' che era sorta di recuperare delle somme presso "i calabresi" e che di cio' se ne sarebbe dovuto occupare (OMISSIS), d'altro canto, risultano nella sostanza essere stati confermati dallo stesso ricorrente e sono comunque stati oggetto di una puntuale e attenta e conforme ricostruzione che, in assenza di palesi illogicita', non e' sindacabile in questa sede. Ad analoghe conclusioni, inoltre, deve pervenirsi quanto all'attribuibilita' di alcune delle utenze a (OMISSIS) o, meglio, della conclusione quanto alla riferibilita' di tutte le utenze a entrambi gli imputati che le utilizzavano indifferentemente. Sul punto i giudici di merito hanno evidenziato i riscontri emersi non solo dall'analisi del traffico telefonico, ovvero dalla geolocalizzazione degli spostamenti, ma, anche e soprattutto, dal contenuto dei messaggi (in alcuni dei quali, ad esempio, si fa riferimento alla necessita' che il ricorrente aveva di tornare in Lombardia entro il lunedi' mattina cfr. pag. 23 della sentenza impugnata, ovvero anche al nome del ricorrente, "sono Moke", cfr. pag. 22 della sentenza impugnata e "ma sei Mondi", cfr. pag. 38 della sentenza impugnata) ovvero dal collegamento esistente tra i messaggi inviati da due utenze diverse, evidentemente riconducibili alla stessa persona o, considerata la fungibilita' di utilizzo, agli imputati, cio' con riferimento specifico all'utenza con finale 544. In ordine a tale utenza, infatti, utilizzata solo in data 5 marzo 2017, risulta una continuita' tra i messaggi inviati la sera del 4 marzo 2017 dall'utenza con finale 810 (in uso al ricorrente) per concordare l'incontro del giorno successivo e quello, appunto, inviato il 5 marzo 2017 dall'utenza con finale 544, "sono nel parcheggio" (cfr. pagine 83 e 84 della sentenza impugnata). Anche sotto tale profilo, pertanto, le censure della difesa quanto al mancato approfondimento dei temi da questa indicati nell'appello quanto alla c.d. geolocalizzazione risultano del tutto generiche non specificando quali incertezze o errori siano ravvisabili nell'attribuzione delle utenze o nella loro geolocalizzazione, come pure le ulteriori critiche in merito al tenore dei messaggi ovvero agli altri elementi emersi e valutati dal giudice dell'appello. Quanto alle obiezioni della difesa circa la lettura fornita dai giudici di merito dei messaggi, va ricordato che la portata dimostrativa del contenuto delle conversazioni costituisce questione di fatto che e' rimessa alla valutazione del giudice di merito e, quindi, si sottrae al sindacato di legittimita' se tale valutazione, come nel caso di specie, e' motivata in conformita' ai criteri della logica e delle massime di esperienza (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715 - 01; Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, Gregoli, Rv. 282337 - 01; Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, D'Andrea, Rv. 268389 - 01; Sez. 3, n. 35593 del 17/05/2016, Folino, Rv. 267650 - 01; Sez. 2, n. 35181 del 22/05/2013, Vecchio, Rv. 257784 - 01; Sez. 6, n. 17619 del 08/01/2008, dep. 30/04/2008, Gionta, Rv. 239724). In sede di legittimita', infatti, puo' essere prospettata una diversa interpretazione del significato di un'intercettazione da quella proposta dal giudice di merito soltanto qualora la difesa rilevi la sussistenza di un travisamento della prova, ovvero evidenzi che il giudice ha indicato il contenuto in modo difforme da quello reale e la difformita' risulti decisiva ed incontestabile (Sez. 3, n. 6722 del 21/11/2017, 2018. Di Maro, Rv. 272558 - 01; Sez. 5, n. 7465 del 28/11/2013, dep. 2014, Napoleoni, Rv. 259516 01; Sez. 6, n. 11189 del 08/03/2012, Asaro, Rv. 252190 - 01; Sez.2, n. 38915 del 17/10/2007, dep. 19/10/2007, Donno, Rv. 237994). 1.2.3. Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi quanto alle ulteriori censure della difesa in ordine agli altri elementi di riscontro indicati dai giudici di merito. i. Le modalita' dell'allontanamento del ricorrente dall'Italia sono state correttamente ritenute significative del coinvolgimento dello stesso nell'omicidio. La motivazione della sentenza impugnata, con i riferimenti alle intercettazioni effettuate, nelle quali si da' atto che la partenza per l'(OMISSIS) non era prevista ma e' stata decisa repentinamente il pomeriggio del 2 aprile 2017, dopo il ritrovamento del cadavere e dopo le richieste di notizie da parte del fratello della vittima, tanto da spostare anche il matrimonio gia' fissato nei giorni immediatamente successivi, e' insindacabile in questa sede perche' fruttp di corretta valutazione dei dati probatori e di logico procedimento inferenziale. ii. Gli elementi tratti dalle dichiarazioni rese da (OMISSIS), cosi' come quelle di (OMISSIS), sono stati correttamente valorizzati. Sebbene i testi non conoscessero il nome del ricorrente prima del 5 marzo 2017, hanno comunque dato conto di elementi che hanno consentito di individuarlo in funzione della provenienza dello stesso, "il ragazzo di 9Scutari", della presenza di un vistoso tatuaggio sul collo e del luogo di residenza. Caratteristiche queste attribuite alla persona che il giorno 5 marzo 2017 era andata a prendere (OMISSIS) in Veneto anche dalla ex moglie della vittima, (OMISSIS), le cui dichiarazioni, pure se riferite dal teste (OMISSIS), in assenza di una espressa richiesta di esame da parte della difesa, sono utilizzabili ai sensi dell'articolo 195 c.p.p. (cfr. da ultimo Sez. 3, n. 33100 del 07/06/2022, F., Rv. 283651 - 02). Il motivo, inoltre, risulta generico anche a ragione della mancata confutazione di quanto riferito da (OMISSIS), che aveva appreso dal fratello poi ucciso che il "ragazzo di (OMISSIS)" e i soggetti calabresi avevano maturato un debito nei suoi confronti per oltre 300.000,00, mai saldato. iii. Le critiche circa l'uso del termine "montanaro" e l'attribuibilita' di questo al ricorrente ovvero ad altra persona risultano del tutto inconferenti. La Corte territoriale, infatti, non ha fatto riferimento a tale termine al fine di individuare il ricorrente quanto, piuttosto, per dare conto della spiegazione da questo data alla vittima della ragione per la quale la persona che lo aveva cercato non si era permessa di andare a casa sua senza che lui stesso fosse presente. iv. Le considerazioni circa la necessita' di acquisire i c.d. criptofonini e di sentire i titolari degli esercizi commerciali dove sono state acquistate le sim relative alle utenze sono prive di consistenza in quanto, come evidenziato nella sentenza impugnata, tali elementi risultano del tutto ininfluenti a fronte del quadro indiziario emerso a carico del ricorrente. v. L'assenza di testimonianze e prove dirette, infine, come correttamente indicato nella sentenza impugnata, assume un rilievo neutro e non inficia la tenuta del ragionamento posto a fondamento dell'affermazione di responsabilita'. 1.3. Nel terzo motivo la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione circa la ritenuta sussistenza della premeditazione censurando, in specifico, il rilievo attribuito dalla Corte ai viaggi effettuati in Veneto, all'interesse che avrebbe avuto il ricorrente di eliminare (OMISSIS) e, da ultimo, alle circostanze relative al noleggio dell'autovettura e al rinvenimento della pala con le tracce biologiche della vittima in prossimita' del cadavere. Le doglianze sono infondate. La Corte territoriale, la cui motivazione si salda e integra con quella del giudice di primo grado, ha fatto sul punto coerente riferimento agli elementi emersi nel corso del processo e ha cosi' ritenuto la sussistenza sia dell'elemento cronologico che di quello psicologico richiesti dalla giurisprudenza di legittimita' (cfr. da ultimo Sez. 1, n. 37825 del 29/04/2022, Tiscornia, Rv. 283512 - 01). In merito alla premeditazione, infatti, il rilievo attribuito ai numerosi contatti intercorsi tra le parti, al tenore degli stessi, tesi a individuare il luogo dove la vittima si trovava e poi a farla andare in Lombardia, ai viaggi effettuati e alle modalita' nel complesso utilizzate, alla promessa di cessione dell'auto Lexus Infinity che l'imputato sapeva essere stata noleggiata e non suscettibile di cessione, appare formalmente giustificato e logicamente connesso a un fatto programmato e attivato da tempo. Nel contesto cosi' delineato, poi, le ulteriori circostanze relative al rinvenimento della pala e, soprattutto, il fatto che siano stati effettuati dei sopralluoghi sul luogo dove poi e' stato rinvenuto il cadavere prima ancora dell'arrivo della vittima in Lombardia, risultano decisivi quanto alla sussistenza dell'aggravante contestata. 1.4. Nel terzo motivo la difesa deduce il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. La doglianza e' manifestamente infondata. La sentenza impugnata, con riferimento alla misura della pena inflitta all'imputato ha fatto buon governo della legge penale e ha dato conto delle ragioni che hanno guidato, nel rispetto del principio di proporzionalita', l'esercizio del potere discrezionale ex articoli 132 e 133 c.p. della Corte di merito, e cio' anche in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche, tenuto conto, quanto a quest'ultimo aspetto, della gravita' del fatto cosi' correttamente ritenuta per i mezzi e le modalita' utilizzate, per il danno cagionato alla vittima, per l'intensita' del dolo e per i motivi che lo hanno determinato (cfr. pagine 97 e 98 per come richiamate a pag. 128). Le censure mosse a tale percorso argomentativo, assolutamente lineare, sono meramente assertive, inconsistenti e, in parte, orientate anche a sollecitare, in questa sede, una nuova e non consentita valutazione della congruita' della pena (cfr. Sez. Un. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Rv. 266818). La sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai sensi dell'articolo 62 bis c.p., d'altro canto, e' oggetto di un giudizio di fatto e puo' essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, di talche' la stessa motivazione, purche' congrua e non contraddittoria, non puo' essere sindacata in cassazione neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell'interesse dell'imputato (cfr. Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, RV. 259899; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, Giovane, RV. 248244; n. 42688 del 24/09/ 2008, Caridi, RV 242419). Il giudice, nell'esercizio del suo potere discrezionale deve quindi motivare nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l'adeguamento della pena concreta alla gravita' effettiva del reato ed alla personalita' del reo. Pertanto, il diniego delle circostanze attenuanti generiche puo' essere legittimamente fondato anche sull'apprezzamento di un solo dato negativo, oggettivo o soggettivo, che sia ritenuto prevalente rispetto ad altri, disattesi o superati da tale valutazione (cfr. Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, RV. 265826; n. 3609 del 18/01/2011, Sermone, RV. 249163; Sez. 6, n. 41365 del 28/10/2010, Straface, RV. 248737) 1.5. Nel quinto e ultimo motivo la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all'articolo 603 c.p.p. con riferimento al rigetto di assunzione di nuove prove rilevando che sarebbe del tutto ingiustificato il diniego di rinnovare l'istruttoria dibattimentale al fine di verificare quanto contenuto nei c.d. criptofonini e di procedere all'audizione dei testi indicati, i "venditori" delle schede telefoniche. La doglianza e' manifestamente infondata ed esplorativa. La rinnovazione in appello dell'istruttoria dibattimentale, infatti, e' un istituto di carattere eccezionale, al quale puo' farsi ricorso, in deroga alla presunzione di completezza dell'istruttoria espletata in primo grado, esclusivamente allorche' il giudice dell'impugnazione ritenga, nella propria discrezionalita', che l'integrazione sia indispensabile, nel senso che non e' altrimenti in grado di decidere sulla base del solo materiale gia' a sua disposizione. A fronte di una richiesta di rinnovazione dell'istruttoria fondata sull'indicazione di prova preesistente al giudizio di appello ma non ancora acquisita, d'altro canto, l'articolo 603, comma 1, c.p.p., attribuisce al giudice il potere discrezionale di accogliere o meno la sollecitazione in ossequio alla regola di giudizio della "non decidibilita' allo stato degli atti", cosi' che la motivazione del provvedimento nel quale siano indicate, anche in sintesi (come nel caso di specie con il riferimento all'inutilita' di acquisire i dati eventualmente contenuti nei presunti criptofonini, della cui esistenza non si ha neanche certezza, ovvero di identificare chi materialmente ha acquistato le sim card utilizzate, cfr. pagine 118 e 121 della sentenza impugnata), le ragioni della scelta operata, non incorre in vizi di manifesta illogicita' (cfr. Sez. U, Sentenza n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Rv. 266818; Sez. U, n. 2780 del 24/01/1996, Panigoni, Rv. 203574; Sez. 4, n. 1184 del 03/10/2018, dep. 2019, Motta Pelli s.r.l., Rv. 27511401). Nel caso in esame, poi, non e' stata specificato quali siano le utenze da verificare e dig ne abbia la disponibilita' e cio' ha precluso la fattibilita' di ogni verifica al riguardo. 2. Ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS) (OMISSIS). 2.1. Nel primo articolato motivo la difesa deduce il vizio di motivazione in relazione agli articoli 546 c.p.p. e 575 c.p. in ordine alla responsabilita' dell'imputato per tutti i reati contestati rilevando la carenza e la manifesta illogicita' della valutazione effettuata e della motivazione quanto al compendio indiziario posto a fondamento della dichiarazione di responsabilita' del ricorrente. o' Le doglianze, tese anche a sollecitare una diversa valutazione delle prove che non e' consentita in questa sede, sono manifestamente infondate. Anche con riferimento alle censure sollevate da (OMISSIS) (OMISSIS) in ordine al processo celebrato con le forme del giudizio abbreviato, infatti, richiamato quanto evidenziato sub. 1.2.1., si deve rilevare che la Corte territoriale ha reso una motivazione adeguata e coerente gli elementi acquisiti nel corso delle indagini rispondendo in termini puntuali alle critiche gia' dedotte nei motivi di appello. Nello specifico. i. La conclusione quanto all'attribuibilita' delle utenze a (OMISSIS) e alla fungibilita' dei due imputati nell'uso delle stesse si fonda su di una ricostruzione puntuale degli spostamenti delle utenze, dei contatti intercorsi tra le stesse e tra queste e la vittima e questa, alla quale sono addivenuti in senso conforme entrambi i giudici di merito, in assenza di elementi dirimenti di segno contrario, non e' sindacabile in questa sede. Cio' neanche sotto il profilo prospettato dalla difesa secondo la quale, una volta che si e' comunque ipotizzato che nell'omicidio siano coinvolti altri soggetti, sarebbe illogico ritenere che la fungibilita' fosse limitata ai soli imputati dell'attuale processo. A fronte del ragionamento sviluppato nelle sentenze di merito, nella totale assenza di elementi che consentano di attribuire ad altri l'uso di una delle utenze individuate, infatti, quanto sostenuto dalla difesa e' il frutto di una mera affermazione di possibilita' in astratto. ii. L'attribuzione a (OMISSIS), piuttosto che al ricorrente, del viaggio effettuato in data 5 marzo 2017 per andare a prendere e accompagnare la vittima in Lombardia e' motivata facendo riferimento a elementi concreti ai quali la difesa si limita a contrapporre la fungibilita' nell'uso delle utenze. La conclusione sul punto, invero, si fonda sulla continuita' dei messaggi intercorsi la sera prima tra (OMISSIS) e la vittima e, a ben vedere, anche sulle dichiarazioni rese da (OMISSIS) e da (OMISSIS) circa la persona, il ragazzo di (OMISSIS) con un visibile tatuaggio sul collo, con cui (OMISSIS) si e' incontrato la mattina del 5 marzo 2017 in Veneto. Sotto tale profilo, quindi, l'attribuzione del viaggio a (OMISSIS) risulta essere non congetturaleima basata su concreti elementi di fatto cosi' come, proprio in virtu' della fungibilita' delle utenze e del coinvolgimento del ricorrente in tutte le fasi preparatorie dell'omicidio, risulta logico ritenere che (OMISSIS) si sia quindi occupato di effettuare i necessari sopralluoghi a (OMISSIS). La questione circa la fungibilita' nell'uso delle utenze fra due soggetti determinati, infatti, non esclude di poter individuare chi in effetti abbia utilizzato in una o piu' occasioni una determinata utenza quanto, piuttosto, consente di ritenere che la specifica attribuzione sia nella sostanza indifferente, fermo restando che, una volta individuato quale dei due imputati sta utilizzando in quel momento concreto una o piu' utenze, l'altro sta necessariamente utilizzando le altre che sono nella comune detenzione. iii. Quanto alla presunta illogicita' nella quale sarebbero incorsi i secondi giudici in merito alla lettura del messaggio del 3 marzo 2017 (quello nel quale il ricorrente, in cio' peraltro confermando di utilizzare una delle utenze individuate, afferma di riferirsi a una busta di denaro e non alla vittima) si rinvia a quanto indicato nel punto 1.2.2. circa i limiti del sindacato di questa Corte nella lettura delle conversazioni e dei messaggi intercettati. Nel caso di specie, d'altro canto, e' del tutto logica l'interpretazione fornita dalla Corte territoriale, che fa riferimento al tenore complessivo della chat, rilevando che in questa non vi e' nessuna espressa indicazione al denaro ovvero a buste da consegnare a (OMISSIS). Cio' anche considerato che la spiegazione fornita dall'imputato sulla pluralita' di viaggi per consegnare 5.000, Euro alla volta non e' plausibile ed e' illogica per i rischi connessi al trasporto del denaro e che il trasporto, di contro, e' coerente con l'intento di condurre la vittima in zona prossima a quella ove volevano i coimputati. iv. Ad analoghe conclusioni, infine, si deve pervenire in relazione alle critiche sollevate nel ricorso in merito al rilievo indiziario attribuito dai giudici di merito all'allontanamento dell'imputato nei giorni successivi la sparizione della vittima. Le circostanze e le modalita' con le quali l'allontanamento si e' verificato, proprio in concomitanza con i primi tentativi di (OMISSIS) di contattare (OMISSIS), quasi immediatamente individuato come l'ultima persona che aveva incontrato il fratello (cfr. anche pag. 115 della sentenza di primo grado), sono infatti significativi della necessita' avvertita dal ricorrente di evitare che si potesse risalire a lui come il "ragazzo di Valona", "socio" di (OMISSIS) che, secondo le logiche criminali, doveva essere collegato alla sparizione del fratello e che pertanto avrebbe potuto subire le conseguenze di una eventuale vendetta, sicuramente temuta dallo stesso (OMISSIS), ben consapevole delle regole imposte dal (OMISSIS), da lui stesso evocato. 2.2. Nell'ultima parte del primo motivo e, piu' compiutamente, nel secondo, la difesa deduce il vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dell'elemento soggettivo evidenziando che i giudici di merito non avrebbero dato adeguato conto degli elementi posti a fondamento della conclusione secondo la quale (OMISSIS) aveva partecipato consapevolmente e volontariamente alla commissione dell'omicidio, cio' considerato che il ricorrente aveva sempre svolto un ruolo subalterno a quello del coimputato e che, quindi, non vi sarebbe la prova che sapesse quali erano le reali intenzioni di (OMISSIS) in ordine alla sorte di (OMISSIS), non essendo comunque sufficiente la presunzione che (OMISSIS) condividesse i propositi e gli interessi criminali di (OMISSIS). Le doglianze sono infondate. La Corte territoriale, seppure in termini sintetici nella parte specificamente dedicata alla sussistenza dell'elemento psicologico, ha dato comunque complessivamente atto della consapevole partecipazione del ricorrente alla commissione del reato evidenziando come lo stesso abbia contribuito alle fasi relative all'esecuzione dell'omicidio. Pure volendo ritenere che (OMISSIS) non abbia deliberato l'eliminazione di (OMISSIS), infatti, risulta che lo stesso ha effettuato i viaggi in Veneto, ha mantenuto i contatti con la vittima (anche facendogli credere di essere (OMISSIS)) finalizzati a convincerla ad andare in Lombardia e, da ultimo, ha effettuato i sopralluoghi nel posto dove poi e' stato rinvenuto il cadavere, ha fatto perdere le proprie tracce subito dopo il delitto. Elementi questi che, complessivamente considerati, impongono, pertanto, di ritenere che il ricorrente abbia fornito un consapevole e volontario contributo all'esecuzione dell'omicidio e che la motivazione in punto di sussistenza dell'elemento psicologico sia adeguata. In cio' non assumendo alcun rilievo, d'altro canto, qualsivoglia considerazione in ordine alla condivisione o meno degli interessi e dei propositi del concorrente nel reato, con il quale la sentenza impugnata ricostruisce identita' anche parziale di movimenti e di affari criminali. 2.3. Nel terzo motivo la difesa deduce il vizio di motivazione in relazione alla sussistenza dell'aggravante della premeditazione in quanto la Corte territoriale avrebbe omesso di considerare che l'uccisone di (OMISSIS) avrebbe potuto essere stata il risultato di una decisione estemporanea, cioe' la conseguenza di una discussione sorta per il pagamento di quanto dovuto, e non il risultato di una programmazione. La doglianza e' infondata. Come gia' evidenziato nel punto 1.3., al quale e quali si rinvia, infatti, la Corte territoriale, la cui motivazione si salda e integra con quella del giudice di primo grado, ha fatto sul punto coerente riferimento agli elementi emersi nel corso del processo in ordine e ha cosi' ritenuto la sussistenza della circostanza aggravante, conformandosi cosi' alla giurisprudenza di legittimita' (cfr. da ultimo Sez. 1, n. 37825 del 29/04/2022, Tiscornia, Rv. 283512 - 01). In merito alla premeditazione, infatti, il rilievo attribuito alla partecipazione del ricorrente al c.d. "piano trappola", condiviso ed attuato da entrambi gli imputati che lo hanno congiuntamente posto in essere e all'attivita' di costante ausilio fornita da (OMISSIS) a (OMISSIS), appare congruamente giustificato e immune da vizi logici. Nel contesto cosi' delineato, poi, le ulteriori circostanze relative al rinvenimento della pala e, soprattutto, il fatto che prima ancora dell'arrivo della vittima in Lombardia siano stati effettuati dei sopralluoghi nel posto dove poi e' stato rinvenuto il cadavere, come gia' in precedenza evidenziato, risultano decisivi quanto alla sussistenza dell'aggravante contestata. 2.4 Nel quarto motivo la difesa deduce il vizio di motivazione in relazione alla richiesta di considerare il contributo fornito dal (OMISSIS) ai sensi dell'articolo 114 c.p.. La doglianza e' manifestamente infondata. La giurisprudenza di questa Corte e' consolidata nel ritenere che l'articolo 114 c.p. si applichi laddove l'apporto del correo risulti obbiettivamente cosi' lieve da apparire, nell'ambito della relazione eziologica, quasi trascurabile e del tutto marginale (cfr. Sez. 2, n. 46588 del 29/11/2011, Eraki EI Sayed, RV. 251223; n. 9491 del 07/06/1989, Pedori, RV. 184773; Sez. 6, n. 3053 del 27/10/1981, Stipo, RV. 152864). In tema di concorso di persone nel reato, infatti, ai fini dell'integrazione della circostanza attenuante della minima partecipazione di cui all'articolo 114 c.p., non e' sufficiente una minore efficacia causale dell'attivita' prestata da un correo rispetto a quella realizzata dagli altri quanto, piuttosto, e' necessario che il contributo sia di efficacia causale cosi' lieve rispetto all'evento da risultare trascurabile nell'economia generale dell'"iter" criminoso (cfr. Sez. 4, n. 49364 del 19/07/2018, P, Rv. 274037; Sez. 2, n. 835 del 18/12/2012, dep. 2013, Modafferi e altro, Rv. 254051; Sez. 3, n. 9844 del 17/11/2015, dep. 2016, Barbato, Rv. 266461), ovvero accessorio nel generale quadro del percorso criminoso di realizzazione del reato. (Sez. 6, n. 24571 del 24/11/2011, dep. 2012, Piccolo e altro, Rv. 253091) In tale corretto contesto, nel caso di specie il giudice di appello, con motivazione adeguata e coerente, ha evidenziato le ragioni per le quali il ruolo del ricorrente non possa essere ritenuto marginale e la richiesta difensiva di applicazione della circostanza attenuante prevista dall'articolo 114 c.p. dovesse essere disattesa. Nello specifico, infatti, la Corte territoriale ha evidenziato come il ruolo svolto dal ricorrente sia stato fondamentale per il "buon fine" dell'operazione e cio', eventualmente, anche volendo dare credito alle dichiarazioni rese dallo stesso quanto all'avere svolto "solo" il ruolo di autista che ha consegnato la vittima a chi avrebbe poi proceduto all'eliminazione, ruolo questo a cui non potrebbe comunque attribuirsi un rilievo marginale ovvero accessorio. 2.5. Nel quinto e ultimo motivo la difesa deduce il vizio di motivazione quanto al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. La doglianza e' manifestamente infondata per le ragioni esposte nel punto 1.4. al quale integralmente si rinvia. 3. Il rigetto dei ricorsi comporta la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. VESSICHELLI Maria - Presidente Dott. MICCOLI Grazia R. A. - Consigliere Dott. CATENA Rossell - rel. Consigliere Dott. BIFULCO Daniela - Consigliere Dott. CARUSILLO Elena - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 22/04/2022 della CORTE APPELLO di TORINO; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa CATENA ROSSELLA; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott.ssa LORI PERLA che ha chiesto l'inammissibilita' del ricorso; lette le note di udienza a firma dell'avv.to (OMISSIS), difensore di fiducia del ricorrente. RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Torino, in riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Torino in data 14/12/2017 - con cui (OMISSIS) era stato condannato a pena di giustizia per i reati di bancarotta fraudolenta per distrazione e bancarotta fraudolenta documentale, quale legale rappresentante e, successivamente, liquidatore della (OMISSIS) s.r.l., dichiarata fallita in data (OMISSIS) - riduceva la durata delle pene accessorie fallimentari, confermando, nel resto, la sentenza impugnata. 2. (OMISSIS) ricorre, in data 21/07/2022, a mezzo del difensore di fiducia avv.to (OMISSIS), deducendo tre motivi, di seguito enunciati nei limiti di cui all'articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1: 2.1 violazione di legge, in riferimento all'articolo 603 c.p.p., ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., lettera b), in quanto la Corte di merito ha omesso di valutare la memoria difensiva con cui si evidenziava il contenuto dei messaggi whatsapp tra il (OMISSIS) ed il commercialista, intervenuti in prossimita' del processo di appello, a dimostrazione della esistenza e della disponibilita' della documentazione societaria, il che avrebbe reso indispensabile, da parte della Corte di merito, l'esame del commercialista, Dott. (OMISSIS), che avrebbe costituito prova decisiva, dato il tenore dei predetti messaggi, quanto meno in riferimento all'elemento soggettivo del reato; 2.2 vizio di motivazione, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., lettera e), in riferimento alla condotta distrattiva, posto che la vettura oggetto della distrazione non era di proprieta' della societa', non essendo stata neanche oggetto di un contratto di leasing, come erroneamente affermato in sentenza, bensi' di un contratto di noleggio a lungo termine, tanto e' vero che la (OMISSIS) s.p.a. aveva denunciato il ricorrente per appropriazione indebita, ritirando, poi, la querela a seguito della intervenuta restituzione dell'auto; 2.3 vizio di motivazione, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., lettera e), in riferimento all'inadeguata e lacunosa motivazione, tenuto conto dei criteri enunciati dalla giurisprudenza di legittimita', in relazione alle specifiche connotazioni della vicenda processuale. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso di (OMISSIS) e' manifestamente infondato, per le ragioni di seguito illustrate. Quanto al primo motivo di ricorso, relativo all'imputazione di bancarotta documentale, la sentenza impugnata ha dato atto del mancato rinvenimento di tutta la documentazione societaria, contabile e fiscale, che il curatore non era riuscito in alcun modo a reperire, nonche' della condotta reticente dell'imputato; peraltro, tale motivazione si salda con quella del primo giudice, il quale aveva osservato come l'omessa tenuta o la sottrazione/distruzione delle scritture contabili fosse finalizzata ad ostacolare la ricostruzione dell'andamento degli affari e a non consentire l'individuazione di eventuali componenti attive, oltre ad aver occultato la distrazione della vettura, oggetto della condotta di bancarotta fraudolenta distrattiva, in tal modo essendo integrato il dolo specifico richiesto dalla norma incriminatrice. Ne' appare possibile contrastare tale assunto attraverso le deduzioni difensive circa l'esistenza e la disponibilita' della documentazione contabile della societa' fallita, il che sarebbe stato dimostrato dallo scambio di messaggi whatsapp tra l'imputato ed il commercialista, Dott. (OMISSIS), oggetto di memoria depositata nel corso del giudizio di appello e richiamata in ricorso, oltre che nella memoria trasmessa a questa Corte. Il richiamo a tali circostanze, infatti, risulta del tutto generico, non avendo la difesa in alcun modo illustrato la decisivita' del contenuto dei citati messaggi e non avendo neanche rispettato il principio di autosufficienza; del tutto generiche e non documentate risultano, inoltre, le deduzioni circa le vicende concernenti la vocatio in iudicium del ricorrente, peraltro evocate solo con la memoria trasmessa a questa Corte. Ne discende, quindi, che anche l'esigenza di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale risulta palesemente infondata. In ogni caso, va ricordato che a norma degli articoli 2214 e 2241 c.c., l'imprenditore che esercita un'attivita' commerciale e' obbligato, personalmente, alla regolare tenuta dei libri e delle scritture contabili, non potendo essere considerato esente da responsabilita' per il reato di bancarotta fraudolenta documentale per il solo fatto di aver affidato a terzi la tenuta della contabilita'; l'imprenditore, infatti, non e' solo tenuto ad una scelta meditata ed attenta del professionista incaricato della tenuta della contabilita', ma non e' neanche esonerato dall'obbligo di vigilarne e controllarne le attivita', sussistendo una presunzione semplice, superabile solo con una rigorosa prova contraria, che i dati relativi alla vita dell'impresa siano stati trascritti secondo le indicazioni fornite dal titolare dell'impresa (Sez. 5, n. 36870 del 30/11/2020, Marelli Antonia, Rv. 280133). Anche il secondo motivo di ricorso appare apodittico, non essendo stato allegato alcunche' a dimostrazione dell'asserita circostanza secondo cui la vettura oggetto della condotta distrattiva fosse stata acquisita non per effetto di un contratto di leasing, bensi' a seguito di noleggio finanziario; peraltro, la giurisprudenza di legittimita' pacificamente afferma che, per quanto riguarda la condotta distrattiva di beni ottenuti in leasing, cio' che rileva e' che i beni siano nella effettiva disponibilita' dell'imprenditore fallito, in conseguenza dell'avvenuta consegna, e che di essi vi sia stata appropriazione, non rilevando la tipologia del contratto di leasing, sia esso traslativo o di godimento (Sez. 5, n. 44898 del 01/10/2015, Cantore ed altro, Rv. 265509). In tal senso, quindi, il principio ermeneutico richiamato risulta pacificamente applicabile alla vicenda in esame, posto che incontestato appare l'utilizzazione della vettura in entrambi i contratti, differenziandosi le due operazioni nel senso che il noleggio e' un contratto che consente di utilizzare, per un periodo preciso di tempo, il veicolo senza diventarne proprietario, dietro pagamento di una rata mensile comprensiva di tutti i costi connessi all'uso della macchina, alla scadenza del quale si potra' scegliere se restituire il mezzo o optare per una nuova vettura, sottoscrivendo un nuovo contratto di noleggio, mentre il leasing e' un'operazione di finanziamento con la quale la societa' di leasing, proprietaria dell'auto, cede l'auto al privato dietro pagamento di una rata fissa mensile e, allo scadere del contratto si potra' scegliere se diventare proprietari della vettura, corrispondendo alla societa' di leasing il pagamento di una maxi rata finale. Incontestata, quindi, nel caso di specie, la disponibilita' della vettura da parte dell'imputato e l'appropriazione della stessa. Ne' appaiono dirimenti le considerazioni poste a fondamento del terzo motivo di ricorso, che insistono in una doglianza inerente i criteri di valutazione delle risultanze processuali posti a fondamento della motivazione della sentenza impugnata. Dall'inammissibilita' del ricorso discende la condanna del ricorrente, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CIAMPI Francesco - Presidente Dott. VIGNALE Lucia - Consigliere Dott. ESPOSITO Aldo - Consigliere Dott. BELLINI Ugo - Consigliere Dott. CIRESE Marina - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 20/01/2022 della CORTE APPELLO di FIRENZE; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. MARINA CIRESE; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. PRATOLA GIANLUIGI, che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso. E' presente l'avvocato (OMISSIS) del foro di LIVORNO in difesa di (OMISSIS), che insiste per l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza in data 20.1.2022 la Corte d'appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza del Gup di Livorno del 26.9.2019 che aveva ritenuto (OMISSIS) colpevole dei reati di cui agli articoli 61 c.p., n. 3, articolo 113 c.p., articolo 589 bis c.p., comma 1 e 5 n. 1 e 6 (capo A); articoli 110, 482 e 477 c.p. (capi B e C) e la aveva condannata alla pena di anni sei per il primo reato e di anni uno per i restanti, ritenuta la continuazione, (oltre alla sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida eventualmente conseguita), riconosciute le circostanze attenuanti generiche ha rideterminato la pena in anni quattro di reclusione per il reato sub A) ed in mesi otto di reclusione per i reati sub B) e C). 2. Il fatto oggetto del procedimento puo' essere cosi' sintetizzato: il (OMISSIS), intorno alla mezzanotte, (OMISSIS), alla guida dell'autovettura Porsche 911 Carrera tg. (OMISSIS), presa a noleggio dal coimputato (OMISSIS) (nei cui confronti si e' proceduto separatamente), percorrendo con direzione di marcia (OMISSIS) denominata "(OMISSIS)" all'altezza del Km (OMISSIS), con a bordo del veicolo quale trasportata (OMISSIS), dopo aver effettuato il sorpasso della autovettura Alfa Romeo Giulietta tg. (OMISSIS) condotta da (OMISSIS), a causa della velocita' eccessiva tenuta e della incapacita' di controllare il veicolo, allargava verso destra nella curva ed avendo percepito il sopraggiungere della Fiat Panda tg. DW (OMISSIS) proveniente dal senso opposto di marcia, effettuava una brusca sterzata sulla destra per tornare nella corsia di pertinenza cosi' perdendo il controllo della autovettura che fuoriusciva dalla sede stradale ed andava ad impattare, dopo aver percorso circa 60 m, con la parte antero laterale destra, il tronco di un albero posto sul bordo della strada. A seguito della violenza dell'urto, l'albero comprimeva e distaccava la parte centrale della fiancata destra dell'auto fino al pneumatico posteriore recidendo la cintura di sicurezza che indossava (OMISSIS) che veniva espulsa dall'abitacolo e che, a causa delle lesioni riportate, decedeva sul colpo. Il giudice di primo grado, condividendo le conclusioni cui era pervenuto il consulente del Pubblico Ministero ed in consonanza con i rilievi effettuati dai Carabinieri di (OMISSIS) nell'immediatezza del fatto, aveva concluso che il sinistro stradale fosse stato provocato esclusivamente dalla imprudente condotta di guida della (OMISSIS), la quale aveva violato plurime norme poste a garanzia della sicurezza della circolazione stradale, essendosi posta alla guida di una vettura di grossa cilindrata senza essere munita di patente di guida, e quindi in violazione dell'articolo 116 C.d.S., ed avendo inoltre tenuto una velocita' molto superiore a quella consentita nel tratto di strada percorso (130 Km/H, ridottasi a 120 km/h al momento dell'impatto, a fronte di una velocita' consentita di 50 Km/h) e quindi in violazione dell'articolo 142 C.d.S., comma 2 integrando cosi' la fattispecie contestata al capo A) sia dal punto di vista oggettivo che soggettivo, non ritenendo invece sussistente l'aggravante di cui all'articolo 61 c.p., n. 3. Il giudice di primo grado aveva ritenuto del pari la sussistenza dei reati di cui ai capi B) e C) risultando provato che la (OMISSIS) non avesse mai conseguito la patente di guida con la conseguente falsita' dei documenti esibiti in occasione di due controlli. L'impianto della sentenza di primo grado e' stato integralmente recepito dalla sentenza di appello che si e' limitata a riformarla in punto di trattamento sanzionatorio. 3. Avverso la sentenza d'appello l'imputata, a mezzo del proprio difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione articolato in otto motivi. Con il primo deduce il difetto e/o la manifesta illogicita' della motivazione in relazione alla mancata decisione sulla richiesta di perizia psichiatrica ed alla mancata acquisizione della relazione psichiatrica rilevante anche quale violazione del diritto di difesa ex articolo 178 c.p.p.,comma 1, lettera c). Ci si duole della mancata decisione di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale avanzata in apposita memoria con la disposizione di perizia sulla capacita' di intendere e di volere della (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS)5Begani (OMISSIS) (OMISSIS)5Begani (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS)5Begani (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS)

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BONI Monica - Presidente Dott. LIUNI Teresa - Consigliere Dott. CAPPUCCIO Daniele - Consigliere Dott. MONACO Marco M. - Consigliere Dott. RUSSO Carmine - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 08/03/2022 della CORTE ASSISE APPELLO di NAPOLI; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. CARMINE RUSSO; udito il PG, Dr. LUCA TAMPIERI che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi. uditi i difensori: l'avvocato (OMISSIS) conclude chiedendo l'accoglimento del ricorso; l'avvocato (OMISSIS) conclude chiedendo l'accoglimento del ricorso; l'avvocato (OMISSIS) conclude chiedendo l'accoglimento dei motivi di ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 14 dicembre 2020 la Corte di assise di Napoli, in rito immediato, ha condannato (OMISSIS) alla pena dell'ergastolo con l'isolamento diurno per anni due e (OMISSIS) all'ergastolo con l'isolamento diurno di anni uno. In particolare, (OMISSIS) e' stato ritenuto responsabile del concorso nei delitti di omicidio, aggravato ai sensi dell'articolo 416-bis.1 c.p., commessi ai danni di (OMISSIS) il (OMISSIS) e di (OMISSIS) il (OMISSIS), nonche' negli strumentali reati di porto e detenzione di armi da sparo, e con riferimento all'omicidio (OMISSIS), anche del concorso nel reato di distruzione e soppressione di cadavere; l' (OMISSIS) e' stato ritenuto responsabile del concorso nell'omicidio (OMISSIS) e del porto e detenzione delle armi utilizzate per portarlo a compimento. Con sentenza del 8 marzo 2022 la Corte di assise di appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha ridotto la pena inflitta ad (OMISSIS) in quella dell'ergastolo e confermato per il resto la sentenza di primo grado. I giudici del merito hanno ritenuto che le due azioni, svoltesi entrambe nel medesimo territorio, il Comune di Melito di Napoli, fossero collegate e si inserissero in una faida per il controllo delle attivita' criminali tra due diversi gruppi facenti parte entrambi dell'alleanza (OMISSIS)- (OMISSIS). Le due vittime appartenevano al gruppo dei maranesi (dal nome del limitrofo Comune di (OMISSIS)), che aveva esteso le proprie attivita' criminali a (OMISSIS) durante il periodo della reggenza del clan ad opera di (OMISSIS), genero di (OMISSIS); il sopravvenuto arresto di (OMISSIS) aveva determinato il tentativo di riequilibrio a favore dei melitesi dei rapporti interni al clan, ed in particolare del recupero al loro controllo delle attivita' criminali che il clan poneva in essere a Melito. A queste conclusioni la sentenza impugnata e' pervenuta sulla scorta dei risultati delle attivita' di intercettazione telefonica ed ambientale (in corso di esecuzione, in particolare, nell'abitazione della famiglia (OMISSIS), anche nei giorni precedenti e successivi i fatti omicidiari avvenuti il (OMISSIS); tra tutte le conversazioni intercettate era stato attribuito rilievo, in particolare, alla conversazione intercettata in cui (OMISSIS), figlia di (OMISSIS), capoclan in detenzione in regime di articolo 41-bis ord. pen., raccontava di avere assistito dal balcone alla prima parte dell'agguato ai danni di (OMISSIS) (nell'immediato sequestrato, e di cui poi in (OMISSIS) era stato fatto ritrovare il cadavere), di cui aveva riconosciuto alcuni dei responsabili, indicati in "(OMISSIS)", "(OMISSIS)", "(OMISSIS)" e "(OMISSIS)", e che si era pure accorta del ferimento di un giovane, (OMISSIS), che era stato risparmiato per l'intervento di una donna, (OMISSIS), madre di (OMISSIS), che aveva gridato dal balcone di non ucciderlo e l'aveva fatto condurre a casa sua per medicarlo, circostanza poi riscontrata dai Carabinieri. I giudici del merito erano giunti al giudizio di responsabilita' anche in forza delle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che de relato hanno riferito dell'omicidio, nonche' dell'attivita' investigativa delle forze di polizia compiuta nell'immediatezza dei fatti, subito dopo la scomparsa di (OMISSIS), avvenuta il (OMISSIS), e nelle ore immediatamente precedenti il rinvenimento del cadavere di (OMISSIS), il pomeriggio del giorno successivo, il (OMISSIS). Infatti, il 14 marzo, intorno alle ore 15, una pattuglia dei Carabinieri aveva annotato il passaggio, a gran velocita', da una via prossima a quella in cui era avvenuto l'agguato al (OMISSIS), di un'autovettura Fiat Panda con a bordo tre uomini, uno dei quali visibilmente armato, che era riuscita ad evitare il controllo su strada; qualche istante dopo, in una strada vicina, dove era stata segnalata la presenza di uomini armati, la pattuglia si era imbattuta in un'altra autovettura, una Mini Cooper, guidata da un soggetto, identificato in (OMISSIS), con a bordo altri due giovani; infine, nel corso dello stesso pomeriggio, in un'abitazione vicina dove viveva (OMISSIS), figlio dell'intestataria dell'autovettura guidata da (OMISSIS), altri militari, indirizzati da una fonte confidenziale, avevano constatato la presenza, oltre che del (OMISSIS), di (OMISSIS) e di un altro giovane, (OMISSIS), che presentava una vistosa medicazione al capo. La piattaforma indiziaria aveva trovato, poi, conferma negli accertamenti contenuti in alcune sentenze di condanna divenute irrevocabili, in cui si da' ampiamente conto delle continue fibrillazioni all'interno del clan (OMISSIS) - (OMISSIS), tra cui quella che aveva determinato la commissione dei due omicidi oggetto di questo processo. 2. Avverso il predetto provvedimento hanno proposto ricorso gli imputati, per il tramite dei rispettivi difensori, con i seguenti motivi di seguito descritti nei limiti strettamente necessari ex articolo 173 disp. att. c.p.p.. 2.1. Atto di ricorso nell'interesse di (OMISSIS) e (OMISSIS) (avv. (OMISSIS) e (OMISSIS)). Con il primo motivo si deduce violazione dell'articolo 268 c.p.p., comma 3, e conseguente inutilizzabilita' delle intercettazioni svolte nell'abitazione di (OMISSIS), sia perche' le registrazioni non sarebbero avvenute presso i locali della Procura della Repubblica, ma presso una sala ascolto della Questura, sia perche' una delle due microspie (quella posizionata in cucina) non sarebbe indicata nel decreto del pubblico ministero e sarebbe stata noleggiata soltanto due giorni dopo l'inizio della intercettazione. Con il secondo motivo si deduce violazione dell'articolo 125 e dell'articolo 192 c.p.p. in punto di affermazione del giudizio di responsabilita' per i due omicidi. In particolare, con riferimento alla ritenuta prova della responsabilita' di (OMISSIS)4Castello (OMISSIS)8Pagano Maria (OMISSIS)17Claudio (OMISSIS)17Claudio (OMISSIS)13Caiazza Paolo (OMISSIS)9De Stefano (OMISSIS)18Grazioso (OMISSIS)1AMIRANTE deve essere anticipato alle ore 15.20 circa, perche' le versioni date dai due Carabinieri che hanno effettuato il controllo divergono sul punto (uno riferisce l'orario alle 15.20, l'altro alle 15.34, l'ostruzione stradale determinata dalla Yaris che aveva generato il servizio era avvenuta alle 14.50, i controllati furono portati in caserma in (OMISSIS) alle 16.00, talche' la indicazione dell'orario delle 15.20 sembra quello piu' corretto); non e' mai stato accertato, inoltre, se (OMISSIS) potesse o meno realmente vedere la scena del crimine dalla sua finestra, anzi l'accertamento, effettuato in casa di questa, ad opera del capitano dei Carabinieri, sentito in giudizio, non ha dato conferma di quale fosse la finestra da cui la stessa ha visto la scena del crimine, inoltre sarebbe emerso il problema della vegetazione che impedisce parzialmente la vista, persino dal balcone; sarebbe stato, inoltre, necessario sentire in giudizio (OMISSIS) per verificare le sue capacita' visive e mentali; non sarebbero stati acquisiti gli allegati abbinati alla relazioni di servizio dei controlli di polizia effettuati sul territorio dai cui risulterebbe chi sono i Carabinieri che hanno controllato di volta in volta (OMISSIS) o il fratello (OMISSIS) e da cui si potrebbe verificare se e' vero che i testimoni di polizia che hanno deposto sono in grado di distinguerli; le dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS) sarebbero inattendibili, sia perche' chiamante in reita' de relato dagli imputati, sia perche' il suo racconto e' povero di dettagli avendo riferito dell'omicidio avvenuto a Melito in un parco ma non specifica quale parco, impreciso sul se (OMISSIS) sia stato caricato in auto gia' defunto o finito successivamente; (OMISSIS), inoltre, avrebbe incontrato in carcere dopo il suo arresto, e prima dell'inizio della sua collaborazione, altri affiliati al clan e potrebbe aver saputo delle intercettazioni in casa di (OMISSIS) e plasmato il racconto su esse, potrebbe inoltre aver parlato di esse con il collaboratore (OMISSIS); anche le dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS) sarebbero inattendibili, sia perche' chiamante in reita' de relato, sia per l'estrema genericita' del racconto, sia per aver corretto piu' volte il racconto sull'esistenza o meno di un mandato ad uccidere proveniente dal carcere direttamente da (OMISSIS), che peraltro era in regime di 41-bis ord. pen. e quindi non poteva avere colloqui se non videoregistrati, sia per aver riferito particolari smentiti da fatti come la circostanza che (OMISSIS) fosse sul posto mentre era agli arresti domiciliari in una comunita' a (OMISSIS); sul coinvolgimento di (OMISSIS) nell'omicidio (OMISSIS), invece, le dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS) erano state ritenute riscontrate soltanto dalla intercettazione in cui (OMISSIS) riferisce che "ci stava pure (OMISSIS)", riscontro insufficiente in quanto non gli attribuiva responsabilita' nell'omicidio ma soltanto che si trovava sul posto, e poi comunque (OMISSIS) e' un diminutivo comune, non attribuibile con certezza all'imputato; con riferimento all'omicidio (OMISSIS), le dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS) sarebbero inattendibili in quanto chiamante in reita' de relato dall'imputato, il collaborante avrebbe reso dichiarazioni generiche piu' volte incalzato ad essere piu' preciso; anche il collaboratore (OMISSIS), che pure riferisce de relato da (OMISSIS), avrebbe reso dichiarazioni generiche, non si sa inoltre se (OMISSIS) riferisca per averlo appreso da altri o per essere stato presente, nelle conversazioni intercettate nell'abitazione di (OMISSIS), invece, dal tenore stesso dei colloqui, i conversanti non sanno nulla di certo, ma si limitando a formulare ipotesi. Con il terzo motivo lamenta mancata motivazione in punto di mancata concessione delle attenuanti generiche negate per la gravita' della condotta, senza prendere in considerazione tutti gli elementi dell'articolo 133 c.p.. 2.2. Atto di ricorso nell'interesse del solo (OMISSIS) (avv. (OMISSIS) e (OMISSIS)). Con il primo motivo si deduce non corretta interpretazione delle intercettazioni ambientali avvenute in casa di (OMISSIS), in cui i dichiaranti riferiscono non quanto sanno con certezza, ma quanto si limitano a presumere; si deduce illegittimita' del giudizio di credibilita' dei collaboratori (OMISSIS) e (OMISSIS), che sarebbe inficiato dalla conoscenza che avevano degli atti del procedimento e delle intercettazioni acquisite in altra indagine, e nel caso di (OMISSIS) dalla circostanza che aveva avuto modo di incontrare (OMISSIS)21Illiano (OMISSIS)2RUSSO (OMISSIS)7Riccio Mariano (OMISSIS)2RUSSO doveva sentire il bisogno di fare confidenze ad (OMISSIS) sul proprio coinvolgimento in omicidi, sarebbe stato considerato certo che 2RUSSO abbia riferito ad (OMISSIS) di aver commesso l'omicidio, ma (OMISSIS) disse solo che glielo face capire (con l'espressione "se ne e' andato in Brasile"); non sarebbe stato chiarito perche' 20Tubelli, che e' la fonte del collaboratore (OMISSIS), abbia sentito il bisogno di riferire a questi della propria partecipazione dell'omicidio, ne' si comprende bene in realta' lo stesso ruolo di 20Tubelli (OMISSIS)3Ruggiero (OMISSIS)13Caiazza Michele (OMISSIS)14Caiazza Paolo (OMISSIS)20Tubelli ma anche dallo stesso imputato con evidente circolarita' informativa; sull'omicidio (OMISSIS) occorre ricordare che (OMISSIS) cita come propria fronte il ricorrente solo per l'omicidio (OMISSIS), non per quello (OMISSIS), che (OMISSIS) non indicava il ricorrente tra i soggetti presenti sul luogo dell'agguato, che la conversazione intercettata di (OMISSIS) non ha valore individualizzante per la genericita' del soprannome usato per individuarlo, e che lo stesso Cerreto, che pure conosce il ricorrente, non lo indica come uno dei soggetti che riconosce sul luogo. Con il secondo motivo si deduce insussistenza dell'aggravante della premeditazione con riferimento ad entrambi i delitti, in quanto i collaboratori non riferiscono da quanto tempo erano pianificati, manca una ricostruzione su quando cio' sarebbe avvenuto. 3. La difesa degli imputati ha chiesto la discussione orale. Con requisitoria orale il Procuratore generale, Dott. Luca Tampieri, ha concluso per il rigetto del ricorso. Il difensore degli imputati (OMISSIS) ed (OMISSIS), avv. (OMISSIS), ha insistito per l'accoglimento del ricorso. Il difensore dell'imputato (OMISSIS), avv. (OMISSIS), ha insistito per l'accoglimento del ricorso. Il difensore degli imputati (OMISSIS) avv. (OMISSIS) ha insistito per l'accoglimento del ricorso. Considerato in diritto Il ricorso di (OMISSIS)e' infondato, il ricorso di (OMISSIS)e' fondato soltanto con riferimento all'omicidio (OMISSIS)ed infondato nel resto. 1. Questione sulla inutilizzabilita' delle intercettazioni (primo motivo dell'atto di ricorso avv. (OMISSIS) - (OMISSIS)). Il primo motivo dell'atto di ricorso presentato nell'interesse di entrambi gli imputati pone la questione dell'utilizzabilita' delle intercettazioni ambientali utilizzate per la decisione. La questione viene proposta con riferimento al decreto esecutivo del pubblico ministero di cui all'articolo 268 c.p.p., comma 3, sotto un duplice profilo: 1. quello dell'utilizzo di impianti non collocati presso la Procura della Repubblica; 2. quello dell'utilizzo di una periferica (la microspia collocata nella cucina di casa (OMISSIS)) non ancora nella disponibilita' esclusiva della Procura della Repubblica, perche' noleggiata soltanto due giorni dopo la sua attivazione. Dalla lettura degli atti del procedimento, cui la Corte puo' accedere atteso il vizio dedotto (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092), emerge che il 16 gennaio 2014 alle ore 11.00 il pubblico ministero disponeva l'intercettazione d'urgenza delle conversazioni ambientali che si sarebbero tenute presso l'abitazione di (OMISSIS) in (OMISSIS), e che l'intercettazione avvenisse tramite i server della ditta (OMISSIS), installati presso la Procura della Repubblica, con sistema di remotizzazione dell'ascolto. Il 18 gennaio 2014 la Squadra mobile della Questura di Napoli provvedeva ad installare le microspie presso l'abitazione di (OMISSIS). Il 20 gennaio 2014 la Squadra mobile scriveva alla Procura della Repubblica che in cucina e' stata installata una microspia della ditta RPC, e chiedeva al pubblico ministero di autorizzarne il noleggio. Lo stesso 20 gennaio 2014 il pubblico ministero autorizzava il noleggio dell'apparecchiatura RPC, come richiesto. Il preventivo della ditta RPC, alla base del provvedimento che autorizzava il noleggio, riferiva che l'apparecchiatura consente "la registrazione a bordo del dispositivo per il successivo trasferimento dei pacchetti audio sul server, comprensivo di canale di registrazione e traffico telefonico nazionale"; il preventivo prevedeva anche un costo specifico per la linea d'appoggio per la registrazione della traccia. Il 18 giugno 2014 la Squadra mobile redigeva verbale di chiusura delle operazioni di intercettazione; il verbale riferiva che esse erano iniziate il 18 gennaio 2014 alle ore 15.41, erano avvenute presso la sala ascolto della Questura ed erano state eseguite mediante "sistema della ditta (OMISSIS)". 1.1. Questo verbale del 18 giugno 2014 e' la base su cui la difesa dei ricorrenti articola la prima parte del motivo di ricorso, perche' sostiene che da esso si ricava la possibilita' (solo la possibilita', non ne e' certa neanche la difesa, che a pag. 7 dell'atto di ricorso riconosce che dal verbale non si comprende se presso i locali della Questura si sia proceduto al solo ascolto o anche alla registrazione dei flussi di conversazioni; la sistematica della giurisprudenza di legittimita' sul punto e' nota: solo l'attivita' di registrazione deve avvenire nei locali della Procura della Repubblica mediante l'utilizzo di impianti ivi esistenti, mentre l'ascolto delle conversazioni captate puo' avvenire in remoto presso gli uffici della polizia giudiziaria; cfr., per una riproposizione recente, Sez. 5, Sentenza n. 1781 del 28/10/2021, dep. 2022, Turiano, Rv. 282427) che, in violazione dell'articolo 268 c.p.p., comma 3, le intercettazioni siano avvenute con impianti non installati presso la Procura della Repubblica. Il motivo e' infondato. Il verbale del 18 giugno non e' una base sufficiente per sostenere che le intercettazioni siano avvenute in violazione del decreto del pubblico ministero del 16 gennaio che disponeva l'utilizzo di impianti della (OMISSIS) installati presso la Procura della Repubblica e la sola remotizzazione dell'ascolto. Il verbale di fine intercettazioni scrive, infatti, che le "operazioni" sono avvenute presso la Sala ascolto della Questura, il che, anche sul piano letterale, significa soltanto che le operazioni di ascolto sono avvenute presso tale sala, perche' nel provvedimento non si parla di operazioni di "registrazione". Ne' vi e' in tale verbale o in altri atti alcun riferimento all'esistenza di un impianto di "registrazione" delle intercettazioni presso tale sala della Questura. Nel verbale stesso si aggiunge che esse sono avvenute mediante "sistema della ditta RPC". Quale sia il sistema della ditta (OMISSIS) lo si ricava dal preventivo approvato dal pubblico ministero in occasione del noleggio della periferica, da cui emerge che l'apparecchiatura registrava a bordo del dispositivo e trasferiva i pacchetti audio sul server attraverso linea d'appoggio per la registrazione della traccia. Dalla combinata lettura del verbale di chiusura della intercettazione, che riferisce che la stessa e' avvenuta mediante il "sistema della ditta (OMISSIS)", e del preventivo di noleggio della ditta RPC, si ricava che la periferica della RPC trasmetteva i dati mediante linea d'appoggio ad un server, ovvero ad una memoria informatica centralizzata. L'attivita' di "registrazione" delle intercettazioni, che e' cio' che ai sensi dell'articolo 268 c.p.p., comma 3, deve avvenire, salvo decreto motivato del pubblico ministero, negli impianti installati presso la Procura della Repubblica, e', infatti, soltanto la "immissione dei dati captati in una memoria informatica centralizzata" (Sez. 1, Sentenza n. 52464 del 08/11/2017, Mancuso, Rv. 271541: condizione necessaria per l'utilizzabilita' delle intercettazioni e' che l'attivita' di registrazione che, sulla base delle tecnologie attualmente in uso, consiste nella immissione dei dati captati in una memoria informatica centralizzata - avvenga nei locali della Procura della Repubblica mediante l'utilizzo di impianti ivi esistenti, mentre non rileva che i file audio registrati non siano trasmessi automaticamente dagli apparecchi digitali adoperati per le captazioni tra presenti, ma siano periodicamente prelevati dalla polizia giudiziaria incaricata delle operazioni e riversati "a mano" nel server dell'ufficio requirente). Quale sia la memoria informatica centralizzata in cui il sistema della ditta RPC trasferiva i file audio lo si ricava dalla circostanza che ne' nel verbale di chiusura della intercettazione, ne' nel preventivo della ditta RPC, si fa riferimento all'esistenza di una memoria informatica centralizzata alternativa a quella indicata dal pubblico ministero, la cui esistenza e' rimasta, pertanto, ipotesi meramente congetturale. 1.2. Il motivo e' manifestamente infondato anche nella parte in cui sostiene, poi, la violazione dell'articolo 268 c.p.p., comma 3, per l'utilizzo di una periferica (la microspia collocata nella cucina di casa (OMISSIS)) non ancora nella disponibilita' esclusiva della Procura della Repubblica, perche' noleggiata soltanto due giorni dopo la sua attivazione. Il motivo e' manifestamente infondato, perche' attribuisce rilievo da una circostanza (il titolo di disponibilita' della periferica) che e' del tutto neutro ai fini di cui all'articolo 268 c.p.p., comma 3. Questa Corte ha gia' affermato con riferimento agli impianti attraverso cui avviene la intercettazione (ovvero, alla memoria informatica centralizzata in cui vengono immessi i dati registrati) che cio' che assume rilievo ai fini processuali e' soltanto il luogo di utilizzo degli impianti, e non il titolo della loro disponibilita' (Sez. 1, Sentenza n. 2707 del 24/09/2020, dep. 2021, Giaramita, Rv. 280972). L'affermazione va ripetuta anche con riferimento alle periferiche utilizzate per una intercettazione ambientale, di cui e' irrilevante il titolo in forza del quale ne ha la materiale disponibilita' l'autorita' giudiziaria. Il noleggio che la polizia giudiziaria ha chiesto al pubblico ministero di autorizzare ex post e', infatti, soltanto un adempimento di natura contabile che serve ad imputare alle spese di giustizia il costo di una apparecchiatura che appartiene ad un privato, ma non ha alcun rilievo processuale, essendo indifferente sul piano processuale procedere ad una intercettazione con apparecchiature di proprieta' o prese a noleggio o ricevute in comodato gratuito o ad altro titolo. 2. Giudizio di responsabilita' di (OMISSIS) per l'omicidio (OMISSIS) (primo motivo dell'atto di ricorso avv. (OMISSIS) - (OMISSIS) Accorretti; secondo motivo, pagine da 75 ad 86, dell'atto di ricorso avv. (OMISSIS) - (OMISSIS)). I motivi di entrambi gli atti di ricorso presentati nell'interesse di (OMISSIS) dedicati al giudizio di responsabilita' per l'omicidio (OMISSIS), e che si affrontano congiuntamente, perche' si sovrappongono in ampia parte, sono infondati. Nella costruzione dei giudici del merito le fonti di prova dell'omicidio (OMISSIS) sono le dichiarazioni di due collaboratori, (OMISSIS) e (OMISSIS) (aveva reso dichiarazioni accusatorie sul punto anche (OMISSIS), ma la Corte di assise ha ritenuto che questo collaboratore non superasse lo scrutinio di credibilita' soggettiva), riscontrate dall'esito di alcune conversazioni intercettate. Piu' in particolare, la Corte di assise ha ritenuto che l'attribuibilita' a (OMISSIS) dell'omicidio derivasse dalle dichiarazioni di (OMISSIS), che riferiva de relato per aver appreso dallo stesso (OMISSIS), e da quelle di (OMISSIS), che riferiva de relato per aver appreso da (OMISSIS), altro esponente del clan, anch'egli coinvolto nell'omicidio per aver accompagnato (OMISSIS) da (OMISSIS). La Corte di assise aveva rilevato la convergenza delle dichiarazioni dei due collaboratori, perche' entrambi riferivano di questa particolare modalita' di organizzazione dell'omicidio, avvenuta facendo credere a (OMISSIS) che (OMISSIS) era sparito dalla circolazione, e poi mettendolo in contatto con lui dicendogli che era nascosto e gli voleva parlare, attirandolo in questo modo in cio' che negli atti viene definito il "tranello". La Corte di assise rinviene riscontri alle dichiarazioni dei collaboratori nella conversazione ambientale intercettata il 17 marzo 2014, quindi solo quattro giorni dopo i fatti, nell'abitazione di (OMISSIS), in cui quest'ultimo riferisce al fratello (OMISSIS), allo zio (OMISSIS) ed a (OMISSIS) che (OMISSIS) era venuto da lui a dirgli che aveva trovato (OMISSIS)23Alfonso(OMISSIS)7Riccio Giuseppe parlano, con (OMISSIS) e tale 25Lucia (OMISSIS) (OMISSIS)2RUSSO (OMISSIS)7Riccio (OMISSIS)3Ruggiero (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS)3Ruggiero (OMISSIS)2RUSSO (OMISSIS)23Riccio Alfonso (OMISSIS)3Ruggiero (OMISSIS)26Antonio (OMISSIS)26Antonio (OMISSIS) (OMISSIS)7Riccio Alfonso (OMISSIS)3Ruggiero (OMISSIS)2RUSSO (OMISSIS)7Riccio (OMISSIS)2RUSSO (OMISSIS)12Accurso(OMISSIS)13Caiazza (OMISSIS) (OMISSIS)7Riccio (OMISSIS) (OMISSIS)2RUSSO (OMISSIS) (OMISSIS)27Mario (OMISSIS)2RUSSO (OMISSIS) (OMISSIS)7Riccio Alfonso (OMISSIS)3Ruggiero (OMISSIS)2RUSSO (OMISSIS) (OMISSIS)7Riccio (OMISSIS) (OMISSIS)12Accurso(OMISSIS)13Caiazza (OMISSIS)12Accurso(OMISSIS)13Caiazza (OMISSIS)12Accurso (OMISSIS)13Caiazza (OMISSIS) (OMISSIS)7Riccio Giuseppe (OMISSIS) (OMISSIS)12Accurso(OMISSIS)13Caiazza (OMISSIS)12Accurso (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS)21Illiano (OMISSIS)2RUSSO (OMISSIS)7Riccio Mariano (OMISSIS)2RUSSO (OMISSIS). In ricorso si sostiene che non sarebbe stato chiarito in sentenza perche' (OMISSIS) doveva sentire il bisogno di fare confidenze ad (OMISSIS) sul proprio coinvolgimento nell'omicidio. Il motivo e' infondato, perche' la sentenza di primo grado, in realta', aveva preso posizione espressamente anche su tale punto, mettendo in rilievo in modo non illogico "quanto fossero frequenti i contatti tra (OMISSIS) e (OMISSIS), in quanto il secondo aveva il ruolo di intermediare con il clan della (OMISSIS) di cui (OMISSIS) era in quel periodo il reggente" (pag. 37). Entrambi gli atti di ricorso sostengono che sarebbe stato considerato certo in sentenza che (OMISSIS) abbia riferito ad (OMISSIS) di aver commesso l'omicidio, ma (OMISSIS) avrebbe detto, in realta', soltanto che questi glielo fece capire (con l'espressione "se ne e' andato in Brasile"), ma - posto che non e' in questione un travisamento della prova per falsificazione, ma solo il significato da dare alla espressione usata dall'imputato, per come riferita dal collaboratore - la interpretazione del materiale probatorio, ed in questo caso, della espressione usata da (OMISSIS) per riferirsi a quanto accadde alla fine del colloquio avuto con la vittima nell'appartamento in cui lo aveva attirato rientra nell'apprezzamento del giudice del merito e non e' sindacabile in sede di legittimita' (sui limiti alla possibilita' di poter dedurre in sede di legittimita' il travisamento della interpretazione della prova dichiarativa v. Sez. 5, Sentenza n. 8188 del 04/12/2017, dep. 2018, Grancini, Rv. 272406: In tema di ricorso per cassazione, ai fini della configurabilita' del vizio di travisamento della prova dichiarativa e' necessario che la relativa deduzione abbia un oggetto definito e inopinabile, tale da evidenziare la palese e non controvertibile difformita' tra il senso intrinseco della dichiarazione e quello tratto dal giudice, con conseguente esclusione della rilevanza di presunti errori da questi commessi nella valutazione del significato probatorio della dichiarazione medesima). In ricorso si contesta anche il giudizio di credibilita' dell'altro collaboratore che ha riferito sull'omicidio, ovvero (OMISSIS), sostenendo anzitutto che non sarebbe stato chiarito perche' (OMISSIS), che e' la fonte del collaboratore (OMISSIS), abbia sentito il bisogno di riferire a questi della propria partecipazione dell'omicidio. L'argomento e' infondato, perche' anche questo specifico punto era stato affrontato, in realta', dalla sentenza di primo grado, che aveva rilevato che (OMISSIS) e' membro storico del clan, che faceva parte della stessa fazione di (OMISSIS), con cui aveva quindi certamente rapporti personali (pag. 37). In entrambi gli atti di ricorso si sostiene che non si comprende bene, in realta', lo stesso ruolo di (OMISSIS) nell'omicidio (OMISSIS), si tratterebbe del soggetto che ha accompagnato (OMISSIS) da (OMISSIS), ruolo che non emerge da nessun'altra indagine. L'argomento speso, pur corretto in fatto perche' non risulta che (OMISSIS) sia stato condannato per il concorso nell'omicidio (OMISSIS), non vizia, pero', il percorso logico della sentenza impugnata, che legittimamente ha ritenuto che non fosse necessario un accertamento giurisdizionale sul contributo causale dato all'omicidio dalla fonte della conoscenza di (OMISSIS) per ritenerne attendibile il narrato, in quanto la esistenza ed il ruolo di un terzo soggetto nell'omicidio (OMISSIS) emerge, in realta', da plurimi atti, dalle dichiarazioni di (OMISSIS) e dalle stesse intercettazioni (pag. 71). In ricorso si sostiene che non si comprende perche' sia stato ritenuto inattendibile il collaboratore (OMISSIS), ma non anche (OMISSIS), che pure riferiva sul punto per averne avuto conoscenza dalla stessa fonte, ovvero (OMISSIS), ma, in realta', nella sentenza di primo grado il giudizio di inattendibilita' di (OMISSIS) e' formulato non in relazione alla fonte da cui trae conoscenza dei fatti ma per la genericita' e lacunosita' delle dichiarazioni riferite (pag. 37); si tratta di un giudizio che e' limitato al dichiarante, non alla fonte di riferimento, e che non e' idoneo, pertanto, ad estendersi alle dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS). 3. Giudizio di responsabilita' di (OMISSIS) per l'omicidio (OMISSIS) (secondo motivo, pagine da 12 a 73, dell'atto di ricorso avv. (OMISSIS)/ (OMISSIS)). Al giudizio di responsabilita' di (OMISSIS) per l'omicidio (OMISSIS) e' dedicata la prima parte del secondo motivo dell'unico atto di ricorso presentato nel suo interesse. Il motivo e' infondato. Nella costruzione dei giudici del merito le fonti di prova a carico di (OMISSIS) dell'omicidio (OMISSIS) sono le dichiarazioni di due collaboratori, (OMISSIS) e (OMISSIS), riscontrate dall'esito di conversazioni intercettate e dall'attivita' di polizia svolta nell'immediatezza del fatto. Piu' in particolare, la Corte di assise ha ritenuto che l'attribuibilita' ad (OMISSIS) di un ruolo nell'omicidio derivasse dalle dichiarazioni di (OMISSIS), che riferiva de relato per aver appreso dallo stesso (OMISSIS), e da quelle di (OMISSIS), che riferiva de relato per aver appreso dal cognato (OMISSIS), presente ai fatti. La Corte di assise ha rilevato la convergenza delle dichiarazioni dei due collaboratori e la esistenza di riscontri ulteriori costituiti dalla conversazione ambientale intercettata il 19 marzo 2014, progressivo n. 11857, in cui (OMISSIS) riferisce ad (OMISSIS) e (OMISSIS) di essere stata testimone oculare della prima parte del fatto, avvenuto sotto casa propria, e di aver notato tra gli autori dello stesso anche (OMISSIS), cui si era riferita con l'espressione "(OMISSIS)". (OMISSIS) riferiva tra le circostanze del fatto anche il particolare che la persona che accompagnava (OMISSIS), tale (OMISSIS), fu salvata dalle grida di (OMISSIS), che dal balcone urlo' di risparmiarlo; in accoglimento della richiesta di (OMISSIS), (OMISSIS) fu soltanto colpito al capo con il calcio di una pistola in modo intimidatorio. La sentenza ha rinvenuto ulteriori riscontri anche nell'attivita' di polizia che si era svolta nell'immediatezza del fatto, che aveva portato una pattuglia dei Carabinieri a fermare per un controllo (OMISSIS), che era stato sorpreso alla guida di una Mini provenire da una strada prossima al luogo in cui era avvenuto l'agguato in ora immediatamente prossima allo stesso, ed altra pattuglia a recarsi presso l'abitazione di (OMISSIS) dove era stato rinvenuto (OMISSIS) con una ferita al capo. In questo contesto il ricorso critica la ricostruzione della sentenza impugnata anzitutto con riferimento al controllo di polizia effettuato in strada dalla pattuglia composta dagli agenti (OMISSIS) e (OMISSIS) nel corso del quale fu identificato (OMISSIS). In ricorso si sostiene anzitutto che, al contrario di quanto affermato nella sentenza impugnata, la Fiat Panda scappata durante il controllo in (OMISSIS) non e' quella rinvenuta bruciata in (OMISSIS) il giorno successivo, perche' le due targhe non coinciderebbero. La circostanza dedotta in ricorso, pero', e' irrilevante per disarticolare il percorso logico della sentenza, perche', pur se e' vero che la sentenza impugnata dedica spazio alla Panda e ritiene collegate la fuga delle persone che erano a bordo della Panda con il successivo apparire della Mini, pero' gli elementi di responsabilita' nei confronti di (OMISSIS) conseguono al controllo (certo) sulla Mini, non alla sua presenza o meno sulla Panda. La fuga della Fiat Panda e' solo un antecedente in fatto narrato dagli agenti di polizia rispetto al successivo controllo della Mini di (OMISSIS), tanto e' che in ricorso si stigmatizza il passaggio della sentenza dedicato alla Panda soltanto per sostenere l'approccio superficiale del giudice del merito al compendio probatorio, il che, pero', non e' sufficiente ad affermare la decisivita' di tale passaggio nel percorso logico che ha portato al giudizio di condanna. In ricorso si sostiene ancora che l'esatto orario del controllo di polizia cui fu sottoposta la Mini Cooper su cui viaggiava (OMISSIS) deve essere individuato nelle ore 15.20 circa, perche' le versioni date dai due componenti della pattuglia che hanno effettuato il controllo divergono sul punto (uno riferisce l'orario alle 15.20, l'altro alle 15.34), e le 15.20 sono l'orario riportato poi nel tabulato relativo ai controlli del territorio. Il ricorso, pero', sul punto non spiega perche' la individuazione dell'orario incida sul percorso logico che ha portato al giudizio di responsabilita' alla sentenza impugnata. L'esatto orario in cui avvenne il controllo di polizia della Mini potrebbe avere un rilievo se il controllo della Mini fosse accaduto prima della comunicazione della centrale operativa che riferiva degli spari in (OMISSIS), perche' a quel punto sarebbe stato decisivo individuare l'orario esatto in cui fu controllata la Mini per verificare se tale controllo di polizia possa costituire un riscontro, oppure al contrario un alibi, per (OMISSIS), ma in realta' i giudici del merito, sulla base delle dichiarazioni dei due Carabinieri, hanno accertato che la pattuglia incrocio' la Mini di (OMISSIS) soltanto dopo che era arrivata la comunicazione della centrale operativa sugli spari in (OMISSIS), e quindi quando pacificamente l'agguato che porto' al sequestro di (OMISSIS) (e di li' a poco alla sua morte) era gia' avvenuto, talche' l'esatto orario del controllo (se 15.20 o 15.34) diventa, in definitiva, irrilevante. In ricorso si sostiene a pag. 30 che i due componenti della pattuglia avrebbero inventato la circostanza della segnalazione della centrale operativa, perche' in realta' altro teste di polizia che, sulla base di informazione confidenziale che gli riferiva dell'agguato, di li' a poco effettuo' l'intervento a casa di (OMISSIS), riferi' di non aver comunicato alla Tenenza questa informazione, ma la circostanza e' del tutto irrilevante, perche' l'informazione sugli spari puo' essere giunta alla centrale operativa anche attraverso fonte diversa, e perche' comunque l'esistenza o meno di una segnalazione alle forze di polizia che ha fatto partire la comunicazione della centrale operativa alla pattuglia e' facilmente comprovabile in modo oggettivo senza affidarsi a mere ipotesi. In ricorso si sostiene ancora che il luogo esatto del controllo di polizia cui fu sottoposta la Mini Cooper su cui viaggiava (OMISSIS) e' errato, perche' la sentenza sarebbe giunta alla conclusione errata che il controllo avvenne proprio in (OMISSIS). Sul punto, premesso che, come nota la sentenza di appello a pag. 77, via (OMISSIS) sono strade vicine, va osservato che il ricorso e' perplesso, perche' sostiene alternativamente sia la tesi che il controllo sia avvenuto in via (OMISSIS) (pag. 21) sia che sia avvenuto in via (OMISSIS) (pag. 25), ed in ogni caso che sul punto esso difetta di autosufficienza, perche' non allega o trascrive integralmente l'elemento probatorio da cui si dovrebbe ricavare il travisamento della prova avvenuto in sentenza (Sez. 2, Sentenza n. 20677 del 11 aprile 2017, Schioppo, rv. 270071; Sez. 4, n. Sentenza n. 46979 del 10 novembre 2015, Bregamotti, rv. 265053; Sez. 2, Sentenza n. 26725 del 1 marzo 2013, Natale, rv. 256723; per una applicazione del principio anche al di fuori del vizio di motivazione v. Sez. 4, Sentenza n. 18335 del 28/06/2017, dep. 2018, PG in proc. Conti, Rv, 273261). Peraltro, va anche osservato che la sentenza di secondo grado trascrive integralmente (pagine 47 e 48) le dichiarazioni rese in dibattimento dai due componenti della pattuglia, da cui la stessa ha ricavato il dato probatorio secondo cui la Mini sarebbe stata incrociata in via (OMISSIS), mentre il ricorso indica, ma non consente di verificare, mediante rituale allegazione, gli elementi di prova da cui si dovrebbe ricavare che il controllo di (OMISSIS) e' avvenuto, in realta', in un luogo diverso. Il ricorso sostiene che la sentenza sarebbe incorsa in un ulteriore travisamento collocando (OMISSIS) a casa di (OMISSIS) e (OMISSIS) (quindi, in definitiva, in via (OMISSIS), luogo dell'agguato) subito prima di essere controllato dalla pattuglia, perche' in realta' (OMISSIS), le cui dichiarazioni sono la fonte di questo passaggio della sentenza, avrebbe dichiarato che lui era a casa di (OMISSIS) e che aveva chiesto ad (OMISSIS) di passarlo a prendere, quindi non c'era anche (OMISSIS) a casa (OMISSIS) - (OMISSIS), ma soltanto (OMISSIS). Il motivo e' infondato, perche', al di la' della mancanza di autosufficienza anche di questo ulteriore argomento perche' non e' trascritto o allegato il verbale delle dichiarazioni di (OMISSIS), si tratta all'evidenza di un travisamento inesistente, posto che e' del tutto irrilevante nel percorso logico che porta al giudizio di responsabilita' che (OMISSIS) sia salito o meno nell'appartamento di (OMISSIS) e (OMISSIS), essendo, invece, rilevante che le dichiarazioni di (OMISSIS) lo collochino con certezza nei pressi del condominio di via (OMISSIS) in cui sono avvenuto i fatti subito prima di essere fermato dalla pattuglia. In ricorso si sostiene ancora che sarebbe quantomeno dubbio che (OMISSIS) possa aver realmente visto la scena dell'agguato dalla finestra di casa propria, perche' il luogo sarebbe parzialmente coperto dalla vegetazione che ostacolava qualunque visuale, pero' l'argomento e' stato introdotto in modo puramente dubitativo mediante il riferimento a domande effettuate al teste di polizia che ha deposto in giudizio sulla esatta collocazione delle finestre dell'appartamento di (OMISSIS) da cui la mancanza di visuale non emerge se non come ipotesi sostenuta dalla difesa. La sentenza di appello ha, in ogni caso, risposto al corrispondente motivo di appello sostenendo che la difesa non collocava correttamente il luogo dell'agguato, che non era avvenuto all'interno del gazebo; in ricorso si critica questa parte della decisione semplicemente sostenendo che la difesa non aveva mai sostenuto che l'agguato era avvenuto all'interno del gazebo, senza spiegare, pero', in quale parte la conclusione che ha raggiunto la Corte di assise di appello sulla visibilita' dalla finestra dell'appartamento di (OMISSIS) della strada sottostante sia sbagliata. In ricorso si sostiene ancora che il percorso logico del giudizio di responsabilita' sia viziato dal non essere stata sentita in giudizio (OMISSIS), di cui non sono state dimostrate quindi capacita' visive e mentali, ma sul punto non e' illogica la risposta che ha dato la Corte di assise di appello; le dichiarazioni sono soggette alle regole della fonte di prova attraverso cui entrano in giudizio (cfr. ad esempio, per la confessione resa in una intercettazione Sez. 5, Sentenza n. 11296 del 22/11/2019, dep. 2020, Vegini, Rv. 278923), talche' una dichiarazione intercettata segue le regole delle intercettazioni che non prevedono la verifica sulla idoneita' a testimoniare di chi pronuncia la frase intercettata. In ricorso si sostiene ancora che quando (OMISSIS) si riferisce a "(OMISSIS)" come ad uno dei componenti del gruppo che ha effettuato l'agguato a (OMISSIS) usa un termine che non identifica con certezza (OMISSIS), perche' potrebbe essere usato anche per il fratello gemello (OMISSIS), o anche per altri gemelli, nel clan esisterebbe una altra coppia di gemelli di cognome (OMISSIS). In realta', pero', sul punto il ricorso difetta del requisito della specificita' dei motivi, perche' si limita a sostenere che sulla possibilita' di confusione tra i due fratelli la sentenza e' silente, ma in realta' la sentenza di secondo grado non e' silente, ma a pag. 54 articola in modo logico le ragioni del proprio convincimento che il gemello cui si riferiva (OMISSIS) non potesse che essere l'imputato, affermando che " (OMISSIS) e' l'uomo che interagisce con altri sodalizi e che ha una posizione pari a quella di (OMISSIS), affiancandosi ad altro elemento di spicco, il (OMISSIS); assai diversa da quella del fratello (OMISSIS), che da quel che emerge dagli atti del processo non e' provato fosse componente del gruppo camorristico, tantomeno un appartenente al gruppo dei melitesi e' comunque una figura di basso profilo criminale, che non aveva stretti contatti col gruppo, che non pare avesse lo spessore del killer di un agguato di camorra; se ci si riferisce al gemello che con (OMISSIS) e (OMISSIS) assumeva le decisioni del gruppo, che aveva contatti, sia pure mediati da (OMISSIS), con (OMISSIS), che interloquiva con il reggente della (OMISSIS) lo stesso non puo' essere che il (OMISSIS)". Sempre sullo stesso punto la sentenza, inoltre, aggiunge che la circostanza trova conferma nell'analisi comparata dei certificati penali, trova ulteriore conferma nel controllo dei Carabinieri nell'immediatezza del fatto nel luogo in cui si concretizzava l'azione omicida, e trova ancora conferma nelle dichiarazioni convergenti dei collaboratori (OMISSIS) e (OMISSIS) che indicano (OMISSIS) come responsabile dell'agguato (quanto ad (OMISSIS), per averlo saputo dallo stesso interessato, quindi in tal caso la possibilita' di confusione e' del tutto inesistente), nonche' negli apporti dichiarativi degli altri collaboratori di contesto che hanno indicato il peso specifico nel gruppo di (OMISSIS), laddove nei confronti di (OMISSIS) il riferimento alla sua attivita' criminale e' limitato ad un'attivita' di spaccio al servizio del fratello. In definitiva, la sentenza si e' soffermata diffusamente sulla possibilita' di confusione dell'imputato con il fratello (OMISSIS) con argomenti che non sono attaccati nel ricorso, che sul punto, proseguendo con la linea proposta nel corso del giudizio dell'acquisizione dei pat-x per verificare quante volte, e da chi, sia stato controllato sul territorio (OMISSIS) e quante (OMISSIS), difetta di specificita' perche' non si confronta con il contenuto della pronuncia impugnata che ha ricavato da plurime, e ben indicate, fonti il giudizio di certezza della individuazione in (OMISSIS) del "gemello" cui si riferiva (OMISSIS) nelle circostanze sopra riportate. Nel ricorso si sostiene ancora che sarebbe illogico il giudizio formulato dalla Corte di assise di appello dell'attendibilita' delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS), sia perche' lo stesso e' un chiamante in reita' de relato dagli imputati, sia perche' il suo racconto e' povero di dettagli avendo riferito dell'omicidio avvenuto a Melito in un parco senza specificare in quale parco, impreciso ancora sul se (OMISSIS) sia stato caricato in auto gia' defunto o finito successivamente. In realta', pur se e' vero che (OMISSIS) riferisce de relato per aver appreso dallo stesso imputato, che non conferma il racconto, e' anche vero che la circostanza che manchi la conferma della fonte di conoscenza, peraltro, per giurisprudenza consolidata, non impedisce la utilizzabilita' della chiamata de relato (Sez. U, Sentenza n. 20804 del 29/11/2012, dep. 2013, Aquilina, Rv. 255145; v. anche Sez., 1, n. 26284 del 06/07/2006, Greco, Rv, 235001; Sez. 4, n. 46556 del 04/10/2004, Biancoli, Rv. 231465). Non e' illogico, inoltre, che la Corte di assise di appello abbia attribuito rilievo subvalente nel giudizio di attendibilita' alla non conoscenza dei particolari indicati in ricorso (non conoscere il nome del parco in cui e' avvenuto l'agguato, non sapere alcuni particolari della vicenda come l'essere stato il (OMISSIS) caricato in auto da vivo o da morto), trattandosi di circostanze marginali (il nome del parco) o che potevano essere a conoscenza di persona diversa da chi aveva posto in essere l'azione criminosa solo se riferita dalla fonte primaria (l'esser ancora viva o meno la vittima quando e' stata caricata sull'auto). Nel ricorso si sostiene ancora che (OMISSIS) avrebbe incontrato in carcere dopo il suo arresto, e prima dell'inizio della sua collaborazione, altri affiliati al clan e potrebbe aver saputo delle intercettazioni in casa di (OMISSIS) e plasmato il racconto su esse, potrebbe inoltre aver parlato di esse con il collaboratore (OMISSIS). L'argomento e' infondato. Perche' si possa applicare la giurisprudenza che ritiene che e' fatto obbligo al giudice di verificare se la convergenza tra dichiarazioni sia l'esito di collusione o di concerto calunnioso o di condizionamenti o reciproche influenze, dovendo egli valutare la sussistenza di fenomeni di allineamento delle indicazioni piu' recenti rispetto a quelle raccolte per prime (Sez. 2, Sentenza n. 24850 del 28/03/2017, Cataldo, Rv. 270291), occorre pur sempre che sussista il dubbio di artificiose consonanze (ibidem), e qui non si comprende da dove dovrebbe derivare il dubbio, atteso che i due collaboratori hanno fonti diverse ed appartengono anche, in realta', a clan diversi. Perche' l'avvenuta conoscenza di atti del procedimento o l'incontro tra collaboratori o tra essi e gli indagati incida sulla attendibilita' di quanto dichiarato, occorre che non ci si limiti a citare la circostanza, peraltro anch'essa soggetta a prova, ma si spieghi in che modo tali vicende possano aver interferito con le dichiarazioni. Nel ricorso si sostiene ancora che le dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS) sarebbero inattendibili, sia perche' chiamante in reita' de relato, sia per l'estrema genericita' del racconto, sia per aver corretto piu' volte il racconto sull'esistenza o meno di un mandato ad uccidere proveniente dal carcere direttamente da (OMISSIS), che peraltro era nel regime dell'articolo 41-bis ord. pen., e quindi non poteva avere colloqui se non videoregistrati, sia per aver riferito particolari smentiti da fatti come la circostanza che (OMISSIS) fosse sul posto mentre si trovava agli arresti domiciliari in una comunita' a (OMISSIS). Sul punto, pero', il ricorso e' privo del requisito della specificita' dei motivi, perche' esso si limita a proporre gli argomenti a sostegno della tesi della inattendibilita', come se si trattasse di una memoria difensiva presentata al giudice del merito, ma non contiene la critica ai passaggi delle sentenze dei giudici del merito che si sono occupati della attendibilita' di (OMISSIS), ed in particolare a quella di primo grado che ha riferito specificamente sulla credibilita' personale di questi e sulla attendibilita' della chiamata de relato effettuata, anche per i rapporti personali della fonte da cui riceve l'informazione, che e' un suo congiunto, ed a quella di secondo grado nella parte in cui pone in rilievo che la fonte di conoscenza del collaboratore aveva conoscenza diretta del fatto. In definitiva, il giudizio di responsabilita' di (OMISSIS) cui e' pervenuta la Corte di assise di appello resiste alle censure che le sono state rivolte, ed il motivo di ricorso sul punto e' infondato. 4. Giudizio di responsabilita' di (OMISSIS) per l'omicidio (OMISSIS) (primo motivo dell'atto di ricorso avv. (OMISSIS)/ (OMISSIS); secondo motivo, pagine da 73 a 75, dell'atto di ricorso avv. (OMISSIS)/ (OMISSIS)). La parte della motivazione della sentenza impugnata dedicata alla responsabilita' di (OMISSIS) per l'omicidio (OMISSIS) e' censurata in entrambi gli atti di ricorso presenti nel suo interesse, rispettivamente al primo ed al secondo motivo. Essi possono essere affrontati congiuntamente, perche' hanno in comune la maggior parte degli argomenti. Nel merito, essi sono fondati. Nella costruzione dei giudici del merito le fonti di prova a carico di (OMISSIS) per l'omicidio (OMISSIS) sono le dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS), riscontrato dall'esito di conversazioni intercettate. Non vi e', nel caso di (OMISSIS), attivita' di polizia svolta nell'immediatezza del fatto. Piu' in particolare, la Corte di assise ha ritenuto che l'attribuibilita' a (OMISSIS) di un ruolo nell'omicidio derivasse dalle dichiarazioni di (OMISSIS), che riferiva de relato per aver appreso da (OMISSIS) e dallo stesso (OMISSIS). La Corte di assise ha rilevato la esistenza di riscontri esterni costituiti dalla conversazione ambientale intercettata il 19 marzo 2014, progressivo n. 11857, in cui (OMISSIS) riferisce ad (OMISSIS) e (OMISSIS) di essere stata testimone oculare del fatto, avvenuto sotto casa propria, e di aver notato tra gli autori del fatto anche (OMISSIS), cui si era riferita con l'espressione "ci stava pure (OMISSIS)". Nell'atto di ricorso avv. (OMISSIS)/ (OMISSIS) si sostiene la genericita' della chiamata di (OMISSIS) e la inesistenza di riscontri esterni alla chiamata, perche' il riferimento al nomignolo "(OMISSIS)" non individuava in modo univoco (OMISSIS). Nell'atto di ricorso avv. (OMISSIS)/ (OMISSIS) si sostiene la non convergenza della chiamata di (OMISSIS) con le dichiarazioni di (OMISSIS) e (OMISSIS), che non riferiscono della presenza di (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS)2RUSSO (OMISSIS)4Castello (OMISSIS)12Accurso (OMISSIS)2RUSSO(OMISSIS)1AMIRANTE (OMISSIS)12Accurso (OMISSIS)1AMIRANTE (OMISSIS)4Castello (OMISSIS) (OMISSIS)12Accurso (OMISSIS)12Accurso (OMISSIS) (OMISSIS)2RUSSO (OMISSIS)8Pagano Maria (OMISSIS)12Accurso (OMISSIS)4Castello(OMISSIS)2RUSSO (OMISSIS)2RUSSO (OMISSIS)7Riccio (OMISSIS)3Ruggiero (OMISSIS)4Castello (OMISSIS) (OMISSIS)2RUSSO (OMISSIS)16Rosica, come riferite da (OMISSIS)32Cerrato (OMISSIS)2RUSSO (OMISSIS)4Castello (OMISSIS)16Rosica (OMISSIS)2RUSSO (OMISSIS)2RUSSO (OMISSIS)2RUSSO (OMISSIS) (OMISSIS)12Accurso (OMISSIS)6Pagano Maria (OMISSIS)2RUSSO (OMISSIS) (OMISSIS)2RUSSO (OMISSIS)2RUSSO (OMISSIS)16Rosica (OMISSIS)2RUSSO (OMISSIS)3Ruggiero (OMISSIS) (OMISSIS)2RUSSO (OMISSIS)12Accurso (OMISSIS)6Pagano Maria (OMISSIS)16Rosica, quelle di (OMISSIS) (OMISSIS)2RUSSO (OMISSIS)3Ruggiero(OMISSIS)4Castello (OMISSIS) (OMISSIS)2RUSSO (OMISSIS)4Castello (OMISSIS)3Ruggiero (OMISSIS) (OMISSIS)2RUSSO (OMISSIS) (OMISSIS)2RUSSO (OMISSIS)2RUSSO (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS)1AMIRANTE (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS)2RUSSO Francesco Paolo (OMISSIS)4Castello Andrea (OMISSIS)2RUSSO Francesco (OMISSIS) (OMISSIS)1AMIRANTE Dario (OMISSIS)

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DIOTALLEVI Giovanni - Presidente Dott. DI PAOLA Sergio - Consigliere Dott. MESSINI D'AGO.P. - Consigliere Dott. AIELLI Lucia - rel. Consigliere Dott. PERROTTI Massimo - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza della Corte d'appello di Messina in data 4/3/2022; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; preso atto che il procedimento viene trattato con contraddittorio scritto ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8, convertito nella L. 18 dicembre 2020 n. 176 (cosi' come modificato per il termine di vigenza del Decreto Legge n. 30 dicembre 2021, n. 228, articolo 16, convertito nella L. 25/02/2022 n. 15); udita la relazione svolta dal consigliere Lucia Aielli; letta la requisitoria con la quale il Sostituto procuratore generale Pasquale Serrao D'Aquino ha chiesto l'inammissibilita' del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1.Con sentenza in data 11/2/2022, la Corte di appello di Messina, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Messina il 17/6/2021 che aveva dichiarato (OMISSIS) e (OMISSIS), responsabili del delitto di rapina aggravata, in concorso, riconosceva ad (OMISSIS) le circostanze attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti e riduceva la pena a lui inflitta. 2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione (OMISSIS) articolando i seguenti motivi di ricorso: 2.1.violazione di legge e vizio di motivazione (articolo 606 lettera b), ed e) c.p.p.), la Corte d'appello avrebbe illegittimamente acquisito, a fini probatori, la denuncia della p.o. (OMISSIS), in mancanza dei presupposti previsti dall'articolo 512 c.p.p. posto che questa, secondo quanto si desume dalla denuncia e tenuto conto dell'eta' avanzata, presentava, sin dalla fase delle indagini preliminari, segni di decadimento fisico tali da rendere prevedibile l'impossibilita' di ripetizione dell'atto pertanto l'ordinanza del 19/2/2019, con la quale e' stata disposta la lettura delle dichiarazioni precedentemente rese, per sopravvenuta impossibilita' di ripetizione, sarebbe affetta da nullita'; 2.2.con il secondo motivo il ricorrente deduce il vizio di carenza di motivazione e violazione di legge (articolo 606 c.p.p., lettera b), c) ed e)), in relazione all'articolo 192 c.p.p. La Corte d'appello avrebbe acriticamente recepito le considerazioni del primo giudice senza argomentare in maniera originale sulle censure difensive. 2.3. Il terzo motivo attiene alla presunta carenza di motivazione (articolo 606 c.p.p., lettera c), d) ed e), in relazione agli articoli 110, 628 c.p. La Corte d'appello non avrebbe preso in considerazione le censure difensive in punto di responsabilita' concorsuale del ricorrente il quale, si era detto nell'appello, non aderi' alla condotta illecita posta in essere dal fratello, non conoscendo il proposito criminoso dello stesso. 2.4. Con il quarto motivo si lamenta l'illogicita' della sentenza laddove ha ritenuto di non procedere alla riduzione della pena. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. II ricorso e' inammissibile perche' generico,oltre che manifestamente infondato. 2. Destituito di fondamento e' il primo motivo. Osserva la Corte che i giudici di merito hanno rigorosamente vagliato la sussistenza dei presupposti per procedere alla acquisizione delle dichiarazioni precedentemente rese dal teste ai sensi dell'articolo 512 c.p.p. Tale norma stabilisce, infatti, che "il giudice, a richiesta di parte dispone che sia data lettura degli atti assunti dalla polizia giudiziaria, dal pubblico ministero e dal giudice nel corso dell'udienza preliminare quando, per fatti o circostanze imprevedibili, ne e' divenuta impossibile la ripetizione". Ora, secondo la giurisprudenza di questa Corte, "la valutazione circa la prevedibilita' dell'evento che impedisce la ripetizione dell'atto va compiuta dal giudice di merito, cui e' demandata in via esclusiva, con riguardo al tempo in cui l'atto e' stato assunto e tenuto conto della concreta situazione esistente in tale momento, che deve essere tale da rendere probabile, secondo l'id quod plerumque accidit, vale a dire secondo il corso ordinario dei fatti, l'intervento di fattori incidenti negativamente sulla ripetibilita' dell'atto stesso. Una volta formulata questa prognosi postuma, che deve essere sorretta da motivazione adeguata e conforme alle regole della logica, il giudice del dibattimento e' legittimato a disporre, se in tal senso sollecitato dalle parti', la lettura degli atti dei quali ha riconosciuto la imprevedibilita' dell'impossibilita' di ripetizione ad utilizzarli come elemento di convincimento, di qualunque natura essi siano" (Sez. 2, n. 12705 del 11/11/1998, Rv. 211913; Sez. 1, Sentenza n. 45862 del 17/10/2011 Ud. (dep. 07/12/2011) Rv. 251581; Sez. 2, n. 1202 del 04/12/2008, Rv. 242712; Sez.5, n. 4945 del 20/01/2021, Rv. 280669). Ebbene, i giudici del merito si sono uniformati a questa giurisprudenza avendo argomentato che "dalla denuncia sporta da (OMISSIS), non si desumevano elementi di decadimento mentale che potevano indurre il P.M. a procedere all'escussione anticipata nelle forme dell'incidente probatorio; che, di per se', l'elemento dell'eta', alla luce della puntualita' delle dichiarazioni rese, non era indicativo di un imminente pericolo di perdita del dato dichiarativo"; onde non v'e' dubbio che l'utilizzazione probatoria del verbale di denuncia di cui in premessa sia stata legittimamente disposta ai sensi del prefato articolo 512 c.p.p., per impossibilita' di ripetizione. Nel caso in esame la decisione con cui il Tribunale ha disposto l'acquisizione delle dichiarazioni rese dalla p.o. in sede di indagini preliminari in quanto la ripetizione delle stesse era divenuta impossibile, e' congrua e ben motivata, posto che l'eta' del (OMISSIS) e le connesse condizioni di salute che, contrariamente a quanto si assume nel ricorso, al momento dell'assunzione dell'atto non risultavano compromesse, non facevano certo presumere l'impossibilita' di ripetizione dell'atto. In particolare occorre ribadire che in tema di lettura dibattimentale di dichiarazioni, l'eta' anagrafica avanzata del dichiarante non rende prevedibile l'impossibilita' di ripetizione delle stesse quale presupposto della loro utilizzazione in giudizio salvo che al momento dell'escussione essa fosse seriamente pronosticabile, in base a specifiche informazioni relative a patologie ingravescenti (Sez. 3, n. 44051 del 10/11/2011, Rv. 251615 Sez. 4, n. 24688 del 03/03/2016, Rv. 267228), nel caso di specie, insussistenti. 3. Gli ulteriori motivi doglianza sono generici perche' non si confrontano con la dettagliata motivazione del giudice di merito che, nel valutare la responsabilita' del ricorrente a titolo di concorso nel delitto di rapina, ha posto in evidenza come la condotta da lui tenuta, consistita nel guidare il mezzo a bordo del quale i due fratelli si allontanarono dopo che (OMISSIS), aveva materialmente esercitato la violenza nei confronti della p.o., integrasse gli estremi del concorso materiale trattandosi di contributo evidentemente funzionale a garantire la fuga dal luogo del delitto (Sez. 1, Sentenza n. 9458 del 20/06/1994, Rv. 199847). Difatti non v' e' dubbio che colui che attende il complice alla guida di un'autovettura per portarlo in salvo, facilita il compimento dell'attivita' criminosa e rafforza l'efficienza dell'opera svolta dal correo, garantendone una rapida fuga dal luogo del commesso reato ed una quasi certa impunita'. La Corte di merito, ha altresi' rimarcato come la condivisione del proposito criminoso tra i due fratelli, fosse indubitabilmente dimostrata dalle modalita' del fatto (presenza dell'arnese da scasso che il correo portava con se' e noleggio dell'auto iI giorno stesso della rapina, per andare riscuotere un compenso) che rendevano implausibile la versione alternativa fornita dal ricorrente, in questa sede inammissibilmente riproposta. 4. Generico e' l'ultimo motivo del ricorso con cui si lamenta l'eccessività della pena. Il giudice di appello ha spiegato le ragioni per le quali non ulteriormente ridotto la sanzione, prendendo in considerazione, a tal fine, le modalita' della condotta ed in particolare la gravita' dei fatti. Nel ricorso si prospetta l'utilizzo di mere clausole di stile, circostanza palesemente contraddetta dal tenore della motivazione sul punto (pag. 4). 5. All'inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonche', avvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita' - Ne "i al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di Euro 3.000,00, cosi' equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della cassa delle ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DOVERE Salvatore - Presidente Dott. SERRAO Eugenia - Consigliere Dott. ESPOSITO Aldo - Consigliere Dott. RICCI Anna L. A. - rel. Consigliere Dott. D'ANDREA Alessandro - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 12/12/2022 del TRIB. LIBERTA' di NAPOLI; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa RICCI ANNA LUISA ANGELA; sentite le conclusioni del PG Dott.ssa GIORGIO LIDIA che ha chiesto dichiararsi l'inammissibilita' del ricorso; udito il difensore l'avvocato (OMISSIS) del foro di TORRE ANNUNZIATA, in difesa dei ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS) il quale, riportandosi ai motivi di ricorso, insiste nel loro accoglimento. RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza pronunciata a norma dell'articolo 309 c.p.p., il Tribunale di Napoli ha confermato quella con la quale il giudice per le indagini preliminari di quel Tribunale aveva applicato nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) la misura della custodia cautelare in carcere in ordine al delitto di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 74 commesso in (OMISSIS) e provincia, nel territorio nazionale, in (OMISSIS) dal mese di (OMISSIS). 2. Contro l'ordinanza, i due indagati, a mezzo del loro difensore hanno proposto un ricorso congiunto formulando tre motivi. 2.1. Con il primo motivo, hanno dedotto la violazione di legge in ordine alla ritenuta utilizzabilita' dei risultati delle attivita' tecniche ambientali, nonostante il decreto di convalida del Gip non contenesse alcun riferimento alla intercettazione ambientale e nonostante il decreto emesso ad integrazione non fosse stato adeguatamente motivato. Il difensore rileva che con decreto del 18/10/2018 delle ore 15.49, il Gip aveva convalidato il decreto del PM del 17/10/2018 ore 11.56 di intercettazione delle conversazioni sull'utenza in uso a (OMISSIS) e con successivo provvedimento del 19/10/2018, scritto in calce, aveva integrato il decreto di convalida anche con riferimento alle intercettazioni ambientali sull'autovettura di (OMISSIS), cui pure si era fatto riferimento nella parte motiva e che per mero errore materiale non erano state indicate nel dispositivo. Posto che nel primigenio decreto era stata omessa la motivazione della captazione tra presenti all'interno dell'autovettura Volkswagen Golf e che il successivo decreto di correzione conteneva una motivazione meramente apparente, i risultati delle operazioni captative avrebbero dovuto essere considerati inutilizzabili. Il Tribunale - osservano i ricorrenti - avrebbe errato nel ritenere che il richiamo alla informativa del G.I.C.O. contenuto nel decreto di convalida dovesse far comprendere l'intento del Gip di aderire alla domanda del PM di procedere alla captazione delle conversazioni all'interno dell'auto, in quanto il decreto di convalida aveva "bersagliato" unicamente l'utenza di (OMISSIS), sicche' l'iter cognitivo e valutativo del Gip, in seno al decreto del 18/10/2018, era stato relativo alla sola intercettazione telefonica. 2.2. Con il secondo motivo ha dedotto la violazione di legge in relazione all'attivazione della intercettazione a bordo dell'autovettura a distanza di tre mesi rispetto alla convalida del decreto del PM. Questi, nel decreto con cui aveva disposto l'intercettazione delle conversazioni a bordo dell'auto, aveva motivato l'urgenza, rilevando che dal ritardo poteva derivare un grave pregiudizio per le indagini nel tempo occorrente per attendere il decreto di autorizzazione del Gip. Le intercettazioni, in realta', erano state attivate solo in data 31/01/2019, ovvero oltre tre mesi e mezzo dopo il decreto, quando l'autovettura era in territorio olandese. Secondo il difensore non potevano essere ritenute legittime le intercettazioni adottate sul presupposto dell'urgenza, smentita nei fatti dall'attivazione della ambientale solo molto tempo dopo. 2.3. Con il terzo motivo ha dedotto la violazione di legge in relazione alla individuazione della competenza per territorio. Il difensore richiama l'orientamento per cui il delitto si deve ritenere consumato nel momento e nel luogo di perfezionamento del vincolo associativo di tre o piu' soggetti, e l'orientamento per cui, stante la natura permanente del reato, la competenza territoriale si radica, ai sensi dell'articolo 8 c.p.p., nel luogo in cui ha avuto inizio la consumazione, ovvero nel luogo in cui l'associazione e' destinata ad operare: in assenza di elementi che consentano di individuare il momento in cui sia stato stipulato il pactum sceleris o approntato quel minimum di organizzazione richiesta ai fini dell'attuazione del programma indeterminato di delitti, il luogo di perfezionamento della fattispecie dovra' essere determinato facendo riferimento al luogo in cui ha sede la base operativa del gruppo. Nei caso di specie dalle risultanze delle indagini era emerso che l'associazione aveva la sede e la base operativa in Olanda ove si svolgeva la programmazione e l'ideazione e la direzione delle attivita' criminose facenti capo al sodalizio. Ne consegue che la competenza territoriale doveva essere individuata, ex articolo 16 c.p.p. con riferimento al luogo di commissione del piu' grave fra i delitti scopo ovvero quello di cui al capo C) relativo alla detenzione di 74 kg di droga in Limena, provincia di Padova. 3. Il Procuratore generale, nella persona del sostituto Dott. Orsi Luigi ha rassegnato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto dichiararsi l'inammissibilita' del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I ricorsi devono essere rigettati. 2. Il primo e il secondo motivo, con cui si censura la ritenuta utilizzabilita' delle conversazioni intercettate a bordo della autovettura Volkswagen Golf in uso a (OMISSIS), sono infondati. Va premesso che il Tribunale ha gia' risposto alle eccezioni d'inutilizzabilita' delle intercettazioni, prospettate dalla difesa degli indagati e riproposte in questa sede, nel modo seguente: - PM in data 17 ottobre 2018 aveva disposto in via d'urgenza l'intercettazione delle conversazioni sull'utenza telefonica in uso a (OMISSIS) e delle conversazioni tra presenti all'interno dell'auto in uso a (OMISSIS), essendo emerso che, dopo l'arresto di (OMISSIS) e la scarcerazione di (OMISSIS), la leadership era stata assunta da quest'ultimo; - il Gip con decreto del 18 ottobre 2018 aveva convalidato le intercettazioni facendo riferimento solo alla utenza in uso a (OMISSIS), ma nella parte motiva aveva richiamato l'informativa del Gico (nella quale si richiedeva al PM di sottoporre ad intercettazione l'utenza di (OMISSIS) e le conversazioni dentro l'auto in uso a (OMISSIS)) e aveva precisato che (OMISSIS) aveva contattato (OMISSIS) per procedere al noleggio di un'autovettura e che le intercettazioni erano necessarie per individuare ulteriori autovetture noleggiate dall'organizzazione criminale ed utilizzate per recarsi all'estero al fine di acquistare sostanza stupefacente. Il Tribunale ha, indi, ritenuto che con il decreto di convalida il Gip avesse inteso aderire in maniera integrale alla richiesta rivoltagli dall'ufficio di Procura e che il ricorso alla procedura della correzione dell'errore materiale era lecito, in quanto l'omissione era da imputarsi ad un mera svista. Il Tribunale ha, inoltre, rilevato che la tardivita' con cui, a dispetto della dichiarata urgenza, erano iniziate le operazioni di intercettazione con riferimento ai RIT 2832/18 e 767/2018, non determinava alcuna conseguenza sul piano della utilizzabilita' delle intercettazioni. La decisione in merito alla utilizzabilita' delle conversazioni intercettate, sotto entrambi i profili indicati bel ricorso, non si presta a censure. 2.1. In primo luogo si osserva che nell'originario provvedimento di convalida il Gip aveva integralmente richiamato il contenuto della informativa del Gico nella quale, come si e' detto, si faceva riferimento alla necessita' di intercettare le conversazioni all'interno dell'auto in uso a (OMISSIS) e lo stesso Gip nella parte motiva aveva richiamato la centralita' assunta da (OMISSIS) nell'organizzazione criminale. Il successivo provvedimento, emesso in calce al primo decreto di convalida, valeva ad integrarne il contenuto anche con riferimento al "bersaglio" rappresentato dalle intercettazioni ambientali all'interno dell'autovettura in uso a (OMISSIS). Tale provvedimento deve essere qualificato, non gia' come decreto di correzione dell'errore materiale, l'adozione del quale presuppone ai sensi dell'articolo 130 c.p.p. la fissazione della Camera di consiglio, bensi' come decreto di integrazione del decreto di convalida del giorno antecedente. In considerazione del richiamo contenuto nel di convalida alla richiesta del PM ed alla informativa del GICO, stante il principio per cui in tema di intercettazioni, l'onere di motivazione dei decreti (sia di convalida di quelli emessi in via di urgenza dal P.M., sia di proroga) e' assolto anche "per relationem", mediante il richiamo al provvedimento del pubblico ministero e alle note di polizia, con implicito giudizio di adesione ad essi (Sez. 1, n. 9764 del 10/02/2010, Femia, Rv. 246518), la motivazione del provvedimento di convalida (cosi' come integrato) deve ritenersi adeguata. In astratto, a fronte della qualificazione del provvedimento intervenuto il 19 ottobre 2018 come provvedimento di integrazione, potrebbe porsi il problema della sua tempestivita' rispetto al decreto del PM: sulla base degli atti, non e' dato sapere se il deposito del decreto di integrazione sia avvenuto entro il termine di 48 ore dal provvedimento del PM, fissato dall'articolo 267 c.p.p., comma 2, posto che l'attestazione del depositato della cancelleria non contiene l'indicazione dell'orario e in atti non figurano i registri interni di passaggio degli atti fra gli uffici di Procura e quelle del Giudice (nel senso che tali registri valgono a documentare la tempestivita' del decreto Sez. 4, n. 38153 del 03/04/2009, Masullo Rv. 245309; sull'onere della parte, che deduce l'inutilizzabilita' dei risultati delle intercettazioni, di richiedere una certificazione delle annotazioni del registro interno di passaggio alla cancelleria o segreteria degli uffici interessati per fare cosi' risultare il mancato rispetto delle cadenze temporali previste per il procedimento sez. 6, n. 38325 del 07/07/2005, Badami, Rv. 232507). Nel caso concreto, tuttavia, l'eventuale tardivita' del provvedimento di integrazione del decreto di convalida e' del tutto priva di conseguenze in ordine alla utilizzabilita' delle intercettazioni, in quanto nel periodo intercorso fra il decreto di urgenza del PM e il provvedimento di integrazione del decreto di convalida del Gip, come rilevato dallo stesso ricorrente, non e' stata intercettata alcuna comunicazione, essendo stata installata la microspia atta a captare le conversazioni all'interno dell'autovettura solo mesi dopo. Sotto tale profilo si osserva che, per pacifico orientamento giurisprudenziale, la tardivita' del provvedimento giudiziale di convalida del decreto, con cui il pubblico ministero dispone nei casi di urgenza l'intercettazione, rende inutilizzabili soltanto i risultati delle operazioni gia' compiute e non anche i risultati delle operazioni intercettative successive (Sez. 2, n. 26500 del 16/05/2007, Valentini Rv. 237149; Sez. 1, n. 28293 del 10/04/2001, Faletti, Rv. 220037; Sez. 1, n. 3323 del 29/04/1999, Trolio, Rv. 213730). Non, puo' dunque, parlarsi con riguardo al caso concreto, di inutilizzabilita', in quanto, nel momento in cui e' intervenuta l'integrazione del provvedimento di convalida, le operazioni di intercettazione non erano ancora state avviate. Per contro il provvedimento di convalida ha validamente operato per il periodo successivo alla sua emissione, giacche', ai fini della legittimita' delle operazione di intercettazione, rileva che le stesse siano "coperte", per tutta la loro durata, da un titolo autorizzativo emesso dal giudice nel quale si dia conto e sia motivata la sussistenza delle condizioni legittimanti la intromissione nella altrui sfera di riservatezza. 2.2. Quanto alla censura relativa alla presunta insussistenza del requisito dell'urgenza, la decisione del Tribunale e' conforme al consolidato indirizzo di questa Corte (richiamato in Sez. 1, n. 49843 del 25/11/2014, dep.2015, Fortuna, Rv. 265407), per cui la inutilizzabilita' degli esiti di tali intercettazioni e' prevista dall'articolo 267 c.p.p. solo nel caso di mancata convalida: una volta che la stessa intervenga, assorbendo integralmente il provvedimento originario, resta preclusa ogni discussione sulla sussistenza del requisito dell'urgenza, rimessa, peraltro, alla valutazione dell'organo procedente (Sez. 1, n. 23513 del 22/04/2004, Termini, Rv. 228245; Sez. 2, n. 215 del 04/12/2006, dep. 2007, Figliuzzi, Rv. 235859; Sez. 6, n. 35930 del 16/07/2009, Iana, Rv. 244872; Sez. 5, n. 16285 del 16/03/2010, Baldissin, Rv. 247266; Sez. F, n. 32666 del 24/08/2010, Crupi, Rv. 248253). Inoltre, ai' fini dell'esercizio, da parte del pubblico ministero, della facolta' di disporre, nel concorso di grave pregiudizio alle indagini, intercettazioni in via d'urgenza, l'arco cronologico in riferimento al quale va apprezzata l'eventualita' di tale pregiudizio (che consente, in deroga alla procedura ordinaria della richiesta di autorizzazione, l'adozione del decreto del pubblico ministero) si identifica, in mancanza di espressi riferimenti normativi, con lo stesso lasso di tempo (quarantotto ore) riservato al giudice per la convalida del decreto dell'organo inquirente, sicche' non possono di per se' influire sulla validita' e utilizzabilita' dei risultati delle operazioni gli eventuali ritardi intervenuti nell'attivazione delle intercettazioni, risultando tali ritardi, afferenti la fase esecutiva, inidonei a dimostrare ex post il difetto del requisito dell'urgenza che va apprezzata con riferimento al momento dell'autorizzazione: il pubblico ministero, qualora ritenga di procrastinare l'inizio delle operazioni rispetto alla data del decreto per ragioni connesse alle indagini, non e' tenuto a fornire in proposito alcuna motivazione, in quanto l'articolo 267 c.p.p., comma 3, riserva alla parte "le modalita' e la durata delle operazioni". 3. Il terzo motivo, con cui si censura la ritenuta competenza per territorio, e' infondato. Di deve ribadire che il reato associativo ha natura permanente e, pertanto, ai sensi dell'articolo 8 c.p.p., comma 3, in relazione ad esso e' competente il giudice del luogo in cui ha avuto inizio la consumazione. Tale luogo si individua in quello in cui ha sede la base ove si svolgono programmazione, ideazione e direzione delle attivita' criminose facenti capo al sodalizio, e cioe' ove si e' effettivamente manifestata e realizzata l'operativita' della struttura (Sez. 6, n. 4118 del 10/01/2018, Piccolo, Rv. 272185; Sez. 1, n. 20908 del 28/04/2015, Minerva, Rv. 263612; Sez. 4, n. 16666 del 31/03/2016, Cosmo, Rv. 266744; sez. 3, 10 maggio 2007, n. 24263, Violini, rv. 237333). In coerenza con tale assunto, si e' ritenuto rilevante il luogo di organizzazione del traffico e dello smercio, e non gia' quello di acquisto della sostanza stupefacente (Sez. 6, n. 4118 del 10/01/2018 cit.). Immune da censure e', dunque, la decisione del Tribunale con cui si e' osservato che l'associazione aveva pianta stabile a Napoli e provincia e che, seppure i sodali fossero soliti recarsi in Olanda per periodi piu' o meno lunghi per acquistare la sostanza stupefacente, da Napoli proveniva il denaro necessario per gli acquisiti, a Napoli arrivava lo stupefacente e a Napoli veniva infine smistato alle varie piazze di smercio. A fronte di tale motivazione, la doglianza del ricorrente, nel reiterare gli stessi argomenti gia' dedotti davanti al Tribunale e nel ribadire che (OMISSIS), ritenuto al vertice della struttura, era stato per lungo periodo in Olanda da dove aveva gestito il traffico, non coglie nel segno: nell'ordinanza, invero, si da' atto che (OMISSIS) anche dalla latitanza, trascorsa, in Spagna e in Olanda, aveva continuato a dirigere il sodalizio, in cooperazione con (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che agivano a Napoli, ove la sostanza veniva importata e poi smistata per lo smercio. 5. Al rigetto dei ricorsi segue, ex articolo 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e la trasmissione degli atti alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter. P.Q.M. Rigetti ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DI STEFANO Pierluigi - Presidente Dott. VILLONI Orlando - Consigliere Dott. GALLUCCI Enrico - Consigliere Dott. VIGNA Maria S - rel. Consigliere Dott. DI NICOLA T. Paola - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato il (OMISSIS); avverso la sentenza del 09/11/2021 della Corte di appello di Firenze; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Maria Sabina Vigna; lette le conclusioni scritte del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, Salvadori Silvia, che ha chiesto l'inammissibilita' del ricorso; letta la memoria ex articolo 121 c.p.p. dell'avvocato (OMISSIS). RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza impugnata, la Corte d'Appello di Firenze, decidendo in sede di rinvio a seguito dell'annullamento della sentenza della Corte d'appello di Firenze del 10 gennaio 2017, pronunciato dalla Seconda Sezione della Corte di Cassazione in data 4 ottobre 2018, ha confermato la sentenza del Tribunale di Lucca del 12 gennaio 2015, che condannava (OMISSIS) in relazione alla commissione di due reati di riciclaggio di autovetture (capi 37 e 40 dell'imputazione), ritenuta la continuazione, alla pena di anni sei di reclusione ed Euro tremila di multa, dichiarandolo interdetto dai pubblici uffici per la durata di anni cinque. I coimputati di (OMISSIS) sono stati condannati anche per il reato di associazione a delinquere, la cui attivita' consisteva nel procurarsi un veicolo, che, in genere, costituiva provento del reato di appropriazione indebita, in quanto acquisito da un terzo a seguito di contratto di leasing finanziario con canoni scaduti e non pagati; nel corredare tale veicolo di carta di circolazione e certificato di proprieta' falsi; nel trasferire il veicolo in Germania per una nuova immatricolazione e successiva commercializzazione dello stesso in altre zone del territorio Europeo. Nell'ambito della operazione di ripulitura del bene, descritta nel corso del dibattimento, si inseriva anche la denuncia di furto, di solito successiva alla data di immatricolazione in Germania, che veniva presentata dallo stesso soggetto titolare del contratto di leasing dopo essere rientrato in possesso di una delle due chiavi consegnate all'atto di cessione del veicolo. La denuncia aveva due finalita': la prima, di assicurare all'originario possessore del bene di poter recuperare i soldi dall'assicurazione; la seconda di impedire di accertare la provenienza delittuosa dell'autoveicolo. 1.1. Il compendio probatorio a carico del ricorrente si fonda, in buona parte, su quanto riferito dal collaboratore di giustizia (OMISSIS), che dichiarava che (OMISSIS) era il cognato del pregiudicato (OMISSIS) e che i due erano entrati insieme nel "giro" delle autovetture riciclate. Ogni qualvolta vedeva (OMISSIS) vedeva anche il cognato perche' erano sempre insieme. (OMISSIS) gli aveva detto "che stavano facendo queste macchine" e che si sarebbe impegnato per cercare di guadagnare qualcosa anche lui. Dopo una quindicina di giorni, lo aveva chiamato dicendogli che aveva una Mercedes ML di suo zio, che era appena uscito dal carcere, che avevano fatto il leasing su una societa' di una signora e volevano guadagnare qualcosa e poi denunciare il furto dell'auto. (OMISSIS) e (OMISSIS) gli avevano fatta vedere l'autovettura prima. Il capo dell'organizzazione si era detto interessato all'affare e (OMISSIS) e (OMISSIS) avevano portato la macchina a visionare allo stesso. (OMISSIS) si era raccomandato di potere riavere la chiave della macchina, una volta avvenuta l'immatricolazione all'estero. Cio' non avvenne e (OMISSIS), per vendicarsi, accoltello' il capo dell'organizzazione, tale (OMISSIS). L'autovettura venne, comunque, denunciata come oggetto di furto da (OMISSIS) - moglie dello zio di (OMISSIS) - che l'aveva presa a noleggio con un contratto di locazione finanziaria. 1.2. I giudici di merito hanno ritenuto (OMISSIS) colpevole del reato di riciclaggio perche', sempre presente alle trattative che avevano riguardato la consegna della autovettura da parte di (OMISSIS) al (OMISSIS) e poi a (OMISSIS), sussistendo il dovere di sospettare circa la illecita destinazione del bene, egli non si era posto il problema di astenersi dal compiere qualunque attivita' che potesse favorire la sospetta ripulitura del bene. Del resto, la sua partecipazione al viaggio in Germania effettuato in occasione del riciclaggio dell'autovettura Lamborghini evidenziava il suo importante contributo, non solo nella parte relativa alla consegna dei beni di provenienza illecita, ma anche nella fase della ripulitura degli stessi. Proprio con riferimento alla ripulitura della Lamborghini, i giudici di merito evidenziano che (OMISSIS) aveva spiegato che (OMISSIS) si era recato con loro in Germania nell'interesse di (OMISSIS), il quale non aveva fiducia circa la riconsegna a lui dei quarantamila Euro concordati per la vendita dell'autovettura. 1.3. La Seconda Sezione di questa Corte ha ritenuto che, nella motivazione della Corte territoriale, non vi fosse traccia delle censure contenute nell'atto di appello a proposito della ipotizzata partecipazione del ricorrente ai reati presupposti rispetto a quello di riciclaggio, per i quali era intervenuta condanna, essendo le automobili provenienti da appropriazione indebite. 1.4.La Corte territoriale ha confermato la condanna per il reato di riciclaggio evidenziando che l'assunto difensivo, teso a evitare il coinvolgimento di (OMISSIS) nella consumazione del delitto di riciclaggio delle autovetture era fondato su mere ipotesi indimostrate. La Corte d'appello ha ritenuto essere emerso con certezza, e in termini non contestati neppure da (OMISSIS), che egli aveva partecipato, unitamente a (OMISSIS) e ad altri soggetti coimputati non coinvolti nel presente procedimento alle operazioni di commercializzazione di una Mercedes ML e di una Lamborghini, finalizzate a esportarle e a compiere operazioni tese a ostacolare la prova della illecita provenienza. Non era dimostrato il compimento da parte del ricorrente del reato di appropriazione indebita delle due autovetture, in quanto nessuno lo ha affermato e non vi sono altri elementi emersi nel corso dell'istruttoria che possano consentire di riferirgli le condotte che hanno portato alla sottrazione e al successivo impossessamento delle due autovetture. 2. Avverso la sentenza, ricorre per cassazione (OMISSIS), deducendo, come unico motivo, la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla mancata applicazione della clausola di riserva di cui all'articolo 648-bis c.p.p. La Corte di appello fonda la affermazione di responsabilita' del ricorrente sulla base di presunzioni che, qualora condivise, impongono viceversa di addivenire alla conclusione esattamente opposta. Non e' dimostrato il compimento da parte del ricorrente del reato di appropriazione indebita delle due autovetture, in quanto nessuno lo aveva affermato e non vi erano altri elementi emersi nel corso dell'istruttoria, che potessero consentire di riferirgli le condotte che avevano portato alla sottrazione e al successivo impossessamento delle due autovetture. Tutti i passaggi motivazionali della sentenza di primo grado obbligano a condividere la conclusione esattamente contraria a quella riportata in sentenza, e, cioe', che il ricorrente abbia concorso, quantomeno moralmente, se non anche materialmente, con il cognato, nel reato presupposto. E cio' a tacere dell'obiettiva consistenza del riferimento alla circostanza che nessuno avrebbe affermato la responsabilita' degli imputato per il reato presupposto: e' proprio la sentenza di primo grado a descrivere l'imputato come l'uomo di fiducia di (OMISSIS) e tale circostanza, applicando logiche e consolidate massime di esperienza, non puo' che deporre nel senso di una piena compartecipazione ai vari progetti criminali. Al di la' di questo, la evidente illogicita' del ragionamento, risiede nel fatto che la sentenza riferisce a (OMISSIS) e (OMISSIS) il progetto dell'impossessamento illecito delle vetture quando, invece, (OMISSIS) e' del tutto estraneo, intervenendo, pacificamente, nel momento successivo per consentirne il riciclaggio. Non e' corretto costruire la prova di una asserita estraneita' al reato presupposto sulla condotta di partecipazione alle operazioni di ripulitura del bene dal momento che questa, operando la clausola di riserva diviene un post factum non punibile. Simile appare, inoltre, la svalutazione del fatto del tutto pacifico per cui (OMISSIS) e (OMISSIS) si presentarono all'appuntamento con (OMISSIS) assieme e a bordo della verdura Mercedes. A giudizio della Corte, cio' non deporrebbe a favore della partecipazione concorsuale del ricorrente al reato presupposto bensi' solo nel senso della sua piena consapevolezza circa la provenienza illecita del bene. Si tratta di argomentazione illogica non tanto perche' il complesso dei riferimenti istruttori riportati nella motivazione della sentenza depongono logicamente a favore della tesi difensiva, quanto piuttosto perche' la consapevolezza della provenienza illecita non esclude affatto il coinvolgimento nel reato presupposto. CONSIDERATO IN DIRITTO 1.Il ricorso e' inammissibile per le ragioni di seguito indicate. 2. Il motivo e' generico, in quanto meramente reiterativo dei motivi dedotti dinanzi alla Corte territoriale che, chiamata a pronunciarsi in fase rescissoria a seguito della decisione di annullamento del 4 ottobre 2018 della Seconda Sezione della Corte di Cassazione, ha confermali la partecipazione del ricorrente al reato di riciclaggio (di due autovetture, oggetto di appropriazione indebita), piuttosto che la sussumibilita' della condotta di (OMISSIS) nel reato presupposto, come richiesto dal difensore al fine di ricondurre il comportamento del proprio assistito ad un post factum non punibile in virtu' della clausola di riserva ex articolo 648-bis c.p.. 2.1. Il ricorrente, invero, solo formalmente indica vizi di mancanza e illogicita' della motivazione, senza, tuttavia, prospettare alcuna reale contraddizione logica, intesa come implausibilita' delle premesse nelle argomentazioni (e segnatamente, l'avvenuta dimostrazione della partecipazione di (OMISSIS) alle sole operazioni di commercializzazione delle autovetture finalizzate all'esportazione all'estero e ad ostacolare la prova della illecita provenienza), ne' si indicano punti di reale incompletezza dei dati informativi posti a fondamento della decisione. Premesso che risulta infondata ogni considerazione per cui il giudice di appello non avrebbe dato puntuale risposta ai motivi dedotti anche con le memorie difensive, con il ricorso in esame si sollecita, nuovamente, un'inammissibile rivalutazione delle prove che la Corte territoriale vaglia con attenzione e motivazione adeguata per sostenere come i rapporti tra (OMISSIS) e il cognato (OMISSIS) e tra i due e (OMISSIS) e (OMISSIS) (che, dai primi, avrebbero ricevuto le due autovetture), siano dimostrativi della mera consapevolezza da parte del ricorrente della provenienza delittuosa delle autovetture, ma non di un suo contributo all'impossessamento delle stesse, attribuibile al solo (OMISSIS) (che, in effetti, e' stato prosciolto dal reato di riciclaggio, in virtu' della clausola di riserva). 2.2 Il difensore, quindi, nel ribadire la propria tesi del concorso, quantomeno morale, se non materiale, del ricorrente con il cognato nel reato presupposto, non fa che riproporre una nuova valutazione delle prove rimessa al giudice di merito, che si sottrae al giudizio di legittimita' se la valutazione risulta logica e scevra di contraddizioni, in particolare con riguardo proprio al dato fattuale su cui la difesa concentra le proprie argomentazioni (ossia la presenza pure di (OMISSIS) alla consegna delle autovetture), logicamente ricondotto dalla Corte ad una situazione di fatto necessaria ai fini anche dell'integrazione del reato di riciclaggio, ma non univoca per la dimostrazione di una interversio possesionis, indi non discriminante a favore dell'ipotesi (rimasta congetturale) della difesa. 3. Alla inammissibilita' del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali. In ragione delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che si ravvisano ragioni di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita', deve, altresi', disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CIAMPI Francesco Mari - Presidente Dott. FERRANTI Donatella - Consigliere Dott. ESPOSITO Aldo - Consigliere Dott. MARI Attilio - Consigliere Dott. RICCI Anna L. A - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sui ricorsi proposti da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 07/12/2022 del TRIB. LIBERTA' di NAPOLI; udita la relazione svolta dal Consigliere RICCI ANNA LUISA ANGELA; sentite le conclusioni del PG ODELLO LUCIA che ha chiesto il rigetto di entrambi i ricorsi. udito l'avvocato (OMISSIS) del foro di TORRE ANNUNZIATA in difesa di (OMISSIS) che insiste per l'accoglimento del ricorso. l'avvocato (OMISSIS) del foro di NAPOLI in sostituzione dell'avvocato (OMISSIS) del foro di TORRE ANNUNZIATA difensore di (OMISSIS) che si riporta ai motivi del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza pronunciata a norma dell'articolo 309 c.p.p., il Tribunale di Napoli ha confermato quella con la quale il giudice per le indagini preliminari di quel Tribunale aveva applicato nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) la misura della custodia cautelare in carcere in ordine al delitto di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 74, (OMISSIS) nella qualita' di capo, promotore organizzatore e (OMISSIS) nella qualita' di partecipe, commesso in Napoli e provincia, nel territorio nazionale, in (OMISSIS) ed in ordine a delitti scopo di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 ( (OMISSIS) capo G; (OMISSIS) capi D, J, M, N, P, Q, R, S, T, U, V, e X). 1.1. Nell'ordinanza si da' atto che le indagini avevano consentito di disvelare la sussistenza di una struttura organizzata capace di operare su scala internazionale facente capo a (OMISSIS) e, dopo l'arresto di questi avvenuto in data 8 febbraio 2018 per l'esecuzione di una pena inflittagli in altro procedimento nel quale si era reso latitante, a (OMISSIS) e (OMISSIS) oltre che (OMISSIS) e (OMISSIS), volta all'acquisito, trasporto internazionale e importazione di cocaina per lo piu' dall'Olanda e avente base operativa nel territorio di Torre Annunziata. Le indagini erano state condotte attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali di utenze ed autovetture in uso agli indagati, attivita' di videoriprese effettuati nei siti considerati basi logistiche del gruppo. 2. Contro l'ordinanza, (OMISSIS) e (OMISSIS), a mezzo del difensore, hanno proposto due distinti ricorsi. 2.1. Ricorso (OMISSIS). 2.1.1 Con il primo motivo ha dedotto la violazione di legge per avere il Tribunale ritenuto utilizzabili i risultati delle attivita' tecniche ambientali nonostante la mancanza nel decreto autorizzativo del riferimento alle conversazioni a bordo dell'auto Volkswagen Golf e nonostante la mancanza nel decreto emesso ad integrazione della motivazione. Il difensore rileva che con decreto del 18/10/2018 delle ore 15.49 il Gip aveva convalidato il decreto del PM del 17/10/2018 ore 11.56 di intercettazione telefoniche su utenza in uso a (OMISSIS) e con successivo provvedimento del 19/10/2018 scritto in calce aveva integrato il decreto autorizzativo indicando che per mero errore materiale non erano state inserite e anche le intercettazioni ambientali sull'autovettura di (OMISSIS), cui pure si era fatto riferimento nella parte motiva, e aveva convalidato il decreto del PM anche in relazione a detta intercettazione ambientale. Posto che nel primigenio decreto era stata omessa la motivazione della captazione tra presenti all'interno dell'autovettura Volkswagen Golf e che il successivo decreto di correzione conteneva una motivazione meramente apparente, i risultati delle operazioni captative avrebbero dovuto essere considerati inutilizzabili. Il Tribunale- osservano i ricorrenti- avrebbe errato nel ritenere che il richiamo alla informativa del G.I.C.O. contenuto nel decreto di convalida dovesse fra comprendere l'intento del Gip di aderire alla domanda del PM di procedere alla captazione delle conversazioni all'interno dell'auto, in quanto il decreto di convalida aveva "bersagliato" unicamente l'utenza di (OMISSIS), notato a bordo di un'auto con (OMISSIS), sicche' l'iter cognitivo e valutativo del Gip in seno al Decreto del 18/10/2018 era stato relativo alla sola intercettazione telefonica. 2.1.2. Con il secondo motivo ha dedotto la violazione di legge in relazione all'attivazione della intercettazione a bordo dell'autovettura a distanza di tre mesi rispetto alla convalida del decreto del PM che aveva ritenuto sussistente il requisito dell'urgenza. Il PM, nel decreto con cui aveva disposto l'intercettazione delle conversazioni a bordo dell'auto, aveva motivato l'urgenza rilevando che dal ritardo poteva derivare un grave pregiudizio per le indagini nel tempo occorrente per attendere il decreto di autorizzazione del Gip. Le intercettazioni, in realta', erano state attivate solo in data 31/01/2019 ovvero oltre tre mesi e mezzo dopo il decreto, quando secondo il 10Gico l'autovettura era in territorio olandese. Secondo i difensori non potevano essere ritenute legittime le intercettazioni adottate sul presupposto dell'urgenza che in realta' doveva ritenersi inesistente, in quanto smentito nei fatti. 2.1.3. Con il terzo motivo ha dedotto la violazione di legge in relazione alla individuazione della competenza per territorio. Il difensore, ai fini della individuazione della competenza territoriale, richiama l'orientamento per il delitto si deve ritenere consumato nel momento e nel luogo di perfezionamento del vincolo associativo di tre o piu' soggetti, e l'orientamento per cui, stante la natura permanente del reato, la competenza territoriale si radica, ai sensi dell'articolo 8 c.p.p., nel luogo in cui ha avuto inizio la consumazione, ovvero nel luogo in cui l'associazione e' destinata ad operare: in assenza di elementi che consentano di individuare il momento in cui sia stato stipulato il pactum sceleris o approntato quel minimum di organizzazione richiesta ai fini dell'attuazione del programma indeterminato di delitti, il luogo di perfezionamento della fattispecie dovra' essere determinato facendo riferimento al luogo in cui ha sede la base operativa del gruppo. Nel caso di specie dalle risultanze delle indagini era emerso che l'associazione aveva la sede e la base operativa in Olanda ove si svolgeva la programmazione e l'ideazione e la direzione delle attivita' criminose facenti capo al sodalizio. Ne consegue che la competenza territoriale doveva essere individuata, ex articolo 16 c.p.p. con riferimento al luogo di commissione del piu' grave fra i delitti scopo ovvero quello di cui al capo C) relativo alla detenzione di 74 kg di droga in Limena provincia di Padova. 2.1.4. Con il quarto motivo ha dedotto la violazione di legge in relazione alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato associativo. Il difensore lamenta che il Tribunale aveva desunto la intraneita' di (OMISSIS) rispetto al contesto associativo dal suo essere uomo di fiducia di uno dei vertici dell'associazione (OMISSIS), quando in realta' (OMISSIS) era risultato coinvolto solo in un delitto scopo (capo G). Fra l'altro le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, fra cui quelle piu' recenti in ordine di tempo di (OMISSIS), ovvero quelle di (OMISSIS) non avevano mai menzionato (OMISSIS). Inoltre, quale uomo di fiducia di (OMISSIS), "tirato dentro l'associazione solo all'atto della scarcerazione di (OMISSIS)", non poteva essere considerato capo, promotore, organizzatore di tale associazione. 2.2. Ricorso (OMISSIS). 2.2.1 Con unico motivo ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari. Il difensore lamenta che, essendo intervenuto il provvedimento restrittivo a distanza di quattro anni rispetto alla data di commissione dei reati, il Tribunale non avrebbe adeguatamente motivato sulla attualita' delle esigenze cautelari e non avrebbe considerato lo stato di incensuratezza del ricorrente ed il fatto che al momento della applicazione della misura (OMISSIS) stava svolgendo regolare attivita' lavorativa, sebbene a tempo determinato. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I ricorsi devono essere rigettati. 2. - Il primo e il secondo motivo, con cui si censura la inutilizzabilita' delle conversazioni intercettate a bordo della autovettura Volkswagen Golf in uso a (OMISSIS), sono infondati. Va premesso che il Tribunale ha gia' risposto alle eccezioni d'inutilizzabilita' delle intercettazioni prospettate dalla difesa degli indagati e riproposte in questa sede, nel modo seguente: - PM in data 17 ottobre 2018 aveva disposto in via d'urgenza l'intercettazione delle conversazioni sull'utenza telefonica in uso a (OMISSIS) e delle conversazioni tra presenti all'interno dell'auto in uso a (OMISSIS), essendo emerso che, dopo l'arresto di (OMISSIS) e la scarcerazione di (OMISSIS), la leadership era stata assunta da quest'ultimo; - il Gip con decreto del 18 ottobre 2018 aveva convalidato le intercettazioni facendo riferimento solo alla utenza in uso a (OMISSIS), ma nella parte motiva aveva richiamato l'informativa del (OMISSIS) (nella quale si richiedeva al PM di sottoporre ad intercettazione l'utenza di (OMISSIS) e le conversazioni dentro l'auto in uso a (OMISSIS)) e aveva precisato che (OMISSIS) aveva contattato (OMISSIS) per procedere al noleggio di un'autovettura e che le intercettazioni erano necessarie per individuare ulteriori autovetture noleggiate dall'organizzazione criminale ed utilizzate per recarsi all'estero al fine di acquistare sostanza. Il Tribunale ha, indi, ritenuto che con il decreto di convalida il Gip avesse inteso aderire in maniera integrale alla richiesta rivoltagli dall'ufficio di Procura e che il ricorso alla procedura della correzione dell'errore materiale era lecito, in quanto l'omissione era da imputarsi ad un mera svista. Il Tribunale ha, inoltre, rilevato che la tardivita' con cui, a dispetto della dichiarata urgenza, erano iniziate le operazioni di intercettazione con riferimento ai RIT 2832/18 e 767/2018, non determinava alcuna conseguenza sul piano della utilizzabilita' delle intercettazioni. La decisione in merito alla utilizzabilita' delle conversazioni intercettate, sotto entrambi i profili indicati nel ricorso, non si presta a censure. 2.1. In primo luogo si osserva che nell'originario provvedimento di convalida il Gip aveva integralmente richiamato il contenuto della informativa del (OMISSIS) nella quale, come si e' detto, si faceva riferimento alla necessita' di intercettare le conversazioni all'interno dell'auto in uso a (OMISSIS) e lo stesso Gip nella parte motiva aveva richiamato la centralita' assunta da (OMISSIS) nell'organizzazione criminale. Il successivo provvedimento, emesso in calce al primo decreto di convalida, valeva ad integrarne il contenuto anche con riferimento al "bersaglio" rappresentato dalle intercettazioni ambientali all'interno dell'autovettura in uso a (OMISSIS). Tale provvedimento deve essere qualificato, non gia', come decreto di correzione dell'errore materiale, l'adozione del quale presuppone ai sensi dell'articolo 130 c.p.p. la fissazione della camera di consiglio, bensi' come decreto di integrazione del decreto di convalida del giorno antecedente. In considerazione del richiamo contenuto nel decreto di convalida alla richiesta del PM ed alla informativa del (OMISSIS), stante il principio per cui in tema di intercettazioni, l'onere di motivazione dei decreti (sia di convalida di quelli emessi in via di urgenza dal P.M., sia di proroga) e' assolto anche "per relationem", mediante il richiamo al provvedimento del pubblico ministero e alle note di polizia, con implicito giudizio di adesione ad essi (Sez. 1, n. 9764 del 10/02/2010, Femia, Rv. 246518), la motivazione del provvedimento di convalida (cosi' come integrato) deve ritenersi adeguata. In astratto, a fronte della qualificazione del provvedimento intervenuto il 19 ottobre 2018 come provvedimento di integrazione, potrebbe porsi il problema della sua tempestivita' rispetto al decreto del PM: sulla base degli atti, non e' dato sapere se il deposito del decreto di integrazione sia avvenuto entro il termine di 48 ore dal provvedimento del PM, fissato dall'articolo 267 c.p.p., comma 2, posto che l'attestazione del deposito della cancelleria non contiene l'indicazione dell'orario e in atti non figurano i registri interni di passaggio degli atti fra gli uffici di Procura e quelle del Giudice (nel senso che tali registri valgono a documentare la tempestivita' del decreto Sez. 4, n. 38153 del 03/04/2009, Masullo Rv. 245309; sull'onere della parte, che deduce l'inutilizzabilita' dei risultati delle intercettazioni, di richiedere una certificazione delle annotazioni del registro interno di passaggio alla cancelleria o segreteria degli uffici interessati per fare cosi' risultare il mancato rispetto delle cadenze temporali previste per il procedimento sez. 6, n. 38325 del 07/07/2005, Badami, Rv. 232507). Nel caso concreto, tuttavia, l'eventuale tardivita' del provvedimento di integrazione del decreto di convalida e' del tutto priva di conseguenze in ordine alla utilizzabilita' delle intercettazioni, in quanto nel periodo intercorso fra il decreto di urgenza del PM e il provvedimento di integrazione del decreto di convalida del Gip, come rilevato dallo stesso ricorrente, non e' stata intercettata alcuna comunicazione, essendo stata installata la microspia atta a captare le conversazioni all'interno dell'autovettura solo mesi dopo. Sotto tale profilo si osserva che, per pacifico orientamento giurisprudenziale, la tardivita' del provvedimento giudiziale di convalida del decreto, con cui il pubblico ministero dispone nei casi di urgenza l'intercettazione, rende inutilizzabili soltanto i risultati delle operazioni gia' compiute e non anche i risultati delle operazioni intercettative successive (Sez. 2, n. 26500 del 16/05/2007, Valentini Rv. 237149; Sez. 1, n. 28293 del 10/04/2001, Faletti, Rv. 220037; Sez. 1, n. 3323 del 29/04/1999, Trolio, Rv. 213730). Non, puo' dunque, parlarsi con riguardo al caso concreto, di inutilizzabilita', in quanto, nel momento in cui e' intervenuta l'integrazione del provvedimento di convalida, le operazioni di intercettazione non erano ancora state avviate. Per contro il provvedimento di convalida ha validamente operato per il periodo successivo alla sua emissione, giacche', ai fini della legittimita' delle operazione di intercettazione, rileva che le stesse siano "coperte", per tutta la loro durata, da un titolo autorizzativo emesso dal giudice nel quale si dia conto e sia motivata la sussistenza delle condizioni legittimanti la intromissione nella altrui sfera di riservatezza. 2.2. Quanto alla censura relativa alla presunta insussistenza del requisito dell'urgenza, la decisione del Tribunale e' conforme al consolidato indirizzo di questa Corte (richiamato in Sez. 1, n. 49843 del 25/11/2014, dep.2015, Fortuna, Rv. 265407), per cui la inutilizzabilita' degli esiti di tali intercettazioni e' prevista dall'articolo 267 c.p.p. solo nel caso di mancata convalida: una volta che la stessa intervenga, assorbendo integralmente il provvedimento originario, resta preclusa ogni discussione sulla sussistenza del requisito dell'urgenza, rimessa, peraltro, alla valutazione dell'organo procedente (Sez. 1, n. 23513 del 22/04/2004, Termini, Rv.228245; Sez. 2, n. 215 del 04/12/2006, dep. 2007, Figliuzzi, Rv. 235859; Sez. 6, n. 35930 del 16/07/2009, lana, Rv. 244872; Sez. 5, n. 16285 del 16/03/2010, Baldissin, Rv. 247266; Sez. F, n. 32666 del 24/08/2010, Crupi, Rv. 248253). Inoltre, ai fini dell'esercizio, da parte del pubblico ministero, della facolta' di disporre, nel concorso di grave pregiudizio alle indagini, intercettazioni in via d'urgenza, l'arco cronologico in riferimento al quale va apprezzata l'eventualita' di tale pregiudizio (che consente, in deroga alla procedura ordinaria della richiesta di autorizzazione, l'adozione del decreto del pubblico ministero) si identifica, in mancanza di espressi riferimenti normativi, con lo stesso lasso di tempo (quarantotto ore) riservato al giudice per la convalida del decreto dell'organo inquirente, sicche' non possono di per se' influire sulla validita' e utilizzabilita' dei risultati delle operazioni gli eventuali ritardi intervenuti nell'attivazione delle intercettazioni, risultando tali ritardi, afferenti la fase esecutiva, inidonei a dimostrare ex post il difetto del requisito dell'urgenza che va apprezzata avendo riferimento al momento dell'autorizzazione: il pubblico ministero, qualora ritenga di procrastinare l'inizio delle operazioni rispetto alla data del decreto per ragioni connesse alle indagini, non e' tenuto a fornire in proposito alcuna motivazione, in quanto l'articolo 267 c.p.p., comma 3, riserva alla parte "le modalita' e la durata delle operazioni". 3. Il terzo motivo, con cui si censura la ritenuta competenza per territorio, e' infondato. Di deve ribadire che il reato associativo ha natura permanente e, pertanto, ai sensi dell'articolo 8 c.p.p., comma 3, rispetto ad esso e' competente il giudice del luogo in cui ha avuto inizio la consumazione. Tale luogo si individua in quello in cui ha sede la base ove si svolgono programmazione, ideazione e direzione delle attivita' criminose facenti capo al sodalizio, e cioe' ove si e' effettivamente manifestata e realizzata l'operativita' della struttura (Sez. 6, n. 4118 del 10/01/2018, Piccolo, Rv. 272185; Sez. 1, n. 20908 del 28/04/2015, Minerva, Rv. 263612; Sez. 4, n. 16666 del 31/03/2016, Cosmo, Rv. 266744; sez. 3, 10 maggio 2007, n. 24263, Violini, rv. 237333). In coerenza con tale assunto, si e' ritenuto rilevante il luogo di organizzazione del traffico e dello smercio, e non gia' quello di acquisto della sostanza stupefacente (Sez. 6, n. 4118 del 10/01/2018 cit.). Immune da censure e, dunque, la decisione del Tribunale con cui si e' osservato che l'associazione aveva pianta stabile a Napoli e provincia e che, seppure i sodali fossero soliti recarsi in Olanda per periodi piu' o meno lunghi per acquistare la sostanza stupefacente, da Napoli proveniva il denaro necessario per gli acquisiti, a Napoli arrivava lo stupefacente e a Napoli veniva infine smistato alle varie piazze di smercio. A fronte di tale motivazione, la doglianza del ricorrente, nel reiterare gli stessi argomenti gia' dedotti davanti al Tribunale e nel ribadire che (OMISSIS), ritenuto al vertice della struttura, era stato per lungo periodo in Olanda da dove aveva gestito il traffico, non coglie nel segno: nell'ordinanza, invero, si da' atto che (OMISSIS) anche dalla latitanza, trascorsa in Spagna e in Olanda, aveva continuato a dirigere il sodalizio, in cooperazione con (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che agivano a Napoli, ove la sostanza veniva importata e poi smistata per lo smercio. 4. Il quarto motivo, con cui si contesta il ritenuto coinvolgimento di (OMISSIS) nel reato associativo e comunque il suo ruolo di vertice, e' infondato. 4.2. Deve ricordarsi il principio consolidato quello per cui "in tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento del Tribunale del Riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimita', in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l'apprezzamento delle risultanze e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze gia' esaminate dal giudice di merito" (Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Mazzelii, Rv. 276976). L'insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex articolo 273 c.p.p. e', quindi, rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge o in mancanza o manifesta illogicita' della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato. Il controllo di legittimita', in particolare, non riguarda ne' la ricostruzione di fatti, ne' l'apprezzamento del giudice di merito circa l'attendibilita' delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati risultanti dalle indagini. Ne consegue che non sono consentite censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze esaminate dal giudice di merito (quanto al contenuto essenziale dell'atto di impugnazione, pare sufficiente richiamare il consolidato orientamento di questa Corte di legittimita', rinviandosi sez. 6 n. 8700 del 21/01/2013, Rv. 254584, in motivazione; Sezioni Unite n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822, sui motivi d'appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione). 4.3. In ordine alla partecipazione di (OMISSIS) alla associazione ed al ruolo dallo stesso assunto, il Tribunale ha rilevato che dalla stessa dinamica dell'episodio relativo all'importazione di 30 kg di cocaina contestata al capo G emergeva il ruolo apicale dallo stesso rivestito, quale uomo di fiducia di (OMISSIS) all'epoca capo della organizzazione, incaricato di consegnare il denaro a coloro che si erano occupati del trasporto e di intrattenere i rapporti con gli autotrasportatori. Tale ultima mansione era emersa da una conversazione intercettata a bordo dell'autovettura, nel corso della quale (OMISSIS) aveva rimproverato (OMISSIS) di non avere contato prima i soldi e questi si era giustificato spiegando di aver effettuato la consegna del danaro in strada e di avere personalmente riposto le banconte nel bagagliaio della autovettura dei trasportatori. Lo scambio di battute intercettato valeva a dimostrare l'assoluta fiducia che (OMISSIS) riponeva in (OMISSIS) ed il fatto che questi si rapportava con lui in modo paritario; tale ultima circostanza era emersa anche in altre occasioni, come, a titolo esemplificativo, quando (OMISSIS) aveva discusso con (OMISSIS) della congruita' di una somma di denaro da consegnare ai corrieri, ovvero nel corso di altra conversazione all'interno dell'auto nel corso della quale (OMISSIS), parlando con (OMISSIS) (genero di (OMISSIS)), gli aveva proposto di nuovi affari nel settore del contrabbando delle sigarette, spiegando che, in tale settore, si potevano guadagnare somme importanti con rischi minori e che al fine di finanziare la nuova attivita', per la quale occorrevano investimenti per alcuni milioni di Euro, avrebbe potuto ritirare la sua quota di partecipazione dalla associazione con (OMISSIS). 4.4. Il Tribunale, dunque, ha adottato un percorso argomentativo congruo (in rapporto alla fase cautelare), coerente con i dati di fatto riportati e non manifestamente illogico e contraddittorio; di contro la censura del ricorrente, lungi da prospettare la violazione di norme o concreti vizi motivazionali, si risolve nel sollecitare la Corte ad una inammissibile rilettura di elementi di fatto posti a sostegno della decisione. 5. L'unico motivo del ricorso di (OMISSIS), attinente al trattamento cautelare, e' infondato. Il Tribunale, nel ritenere condivisibili le valutazioni operate dal Gip, ha richiamato la doppia presunzione relativa stabilita dall'articolo 275 c.p.p., comma 3, per il reato di cui all'articolo 74 Testo Unico Stup., ovvero la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari e la presunzione di adeguatezza della sola misura della custodia cautelare in carcere e ha rilevato l'assenza di elementi concreti in gradi di vincere la presunzione. I giudici, inoltre, hanno valorizzato in positivo, al fine della concretezza ed attualita' del pericolo di recidivanza, la dedizione di (OMISSIS) al traffico di sostanze stupefacenti (comprovata dai numerosi reati scopo a lui contestati), la intrinseca gravita' delle condotte di reato, la mancanza di fonti di reddito, avendo (OMISSIS) documentato lo svolgimento di attivita' lavorativa solo a tempo determinato. Il percorso argomentativo del Tribunale, anche sotto il profilo della prospettata risalenza delle condotte di reato, e' comunque adeguato e coerente con il principio, di recente ancora ribadito, per cui "in tema di misure cautelari riguardanti il reato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, la prognosi di pericolosita' non si rapporta solo all'operativita' della stessa o alla data ultima dei reati-fine, ma ha ad oggetto anche la possibile commissione di reati costituenti espressione della medesima professionalita' e del medesimo grado di inserimento nei circuiti criminali che caratterizzano l'associazione di appartenenza e postula, pertanto, una valutazione complessiva, nell'ambito della quale il tempo trascorso e' solo uno degli elementi rilevanti, sicche' la mera rescissione del vincolo non e' di per se' idonea a far ritenere superata la presunzione relativa di attualita' delle esigenze cautelari di cui all'articolo 275 c.p.p., comma 3" (Sez. 3, n. 16357 del 12/01/2021, Amato, Rv. 281293). 5. Al rigetto dei ricorsi segue, ex articolo 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e la trasmissione degli atti alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SABEONE Gerardo - Presidente Dott. PEZZULLO Rosa - Consigliere Dott. CATENA Rossella - Consigliere Dott. BELMONTE T. Maria - Consigliere Dott. FRANCOLINI Giovann - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI SIRACUSA; nel procedimento a carico di: (OMISSIS), nato il (OMISSIS); (OMISSIS), nato (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 09/11/2022 del TRIBUNALE di SIRACUSA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere GIOVANNI FRANCOLINI; letta la requisitoria scritta del Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione ETTORE PEDICINI, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza del 9 novembre 2022 il Tribunale di Siracusa non ha convalidato l'arresto in flagranza di (OMISSIS) e di (OMISSIS), eseguito per il delitto di furto aggravato, perche' commesso con destrezza e su cosa esposta per necessita' alla publica fede (articoli 110, 624 c.p., articolo 625 c.p., comma 1, nn. 4 e 7,), avente ad oggetto in particolare un capo di vestiario. 2. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Siracusa, formulando un unico motivo con il quale ha dedotto il vizio di motivazione, in quanto il Tribunale - pur avendo riconosciuto i gravi indizi di colpevolezza a carico di entrambe le persone sottoposte ad indagini -, avrebbe escluso i presupposti della precautela in ragione dell'assenza di un fatto grava (dato l'esiguo valore dell'unico bene sottratto, il cui prezzo era Euro 17,90) e dell'insussistenza di elementi da cui la pericolosita' delle donne (incensurate, prive di carichi pendenti e che hanno agito alla luce del giorno senza particolari accortezze). In tal modo il Tribunale avrebbe omesso di valutare una serie di elementi acquisiti nell'immediatezza dalla polizia giudiziaria e sottoposti allo stesso Giudice, atti a disarticolarne il ragionamento, relativi: - sia alla gravita' del fatto, e segnatamente circostanza che le indagate, pur risiedendo a Caltanissetta, abbiano noleggiato un automobile a Catania, fornendo un indirizzo diverso rispetto a quello di residenza, si siano recate in un negozio ubicato a (OMISSIS), ossia un luogo distante dalla loro abitazione, abbiano agito con destrezza palesando dimestichezza e capacita' di programmare l'azione criminosa; - sia alla loro pericolosita', dimostrata (oltre che dai predetti elementi) anche dal rinvenimento nella loro disponibilita' di gioielli risultati "del tutto simili" a quelli oggetto di un furto denunciato a (OMISSIS), (luogo, ove e' stato riscontrata la presenza del cellulare della (OMISSIS)), commesso poche ore prima da persone somiglianti alle arrestate, nonche' dalle dichiarazioni rese dall'Ufficiale di polizia giudiziario in sede di convalida (che ha rappresentato come i Carabinieri nei giorni immediatamente precedenti al furto per cui si procede fossero alla ricerca di soggetti di sesso femminili dediti a furti in danno di persone anziane). Inoltre, la motivazione sarebbe pure illogica poiche' la ritenuta assenza di particolari accortezze - peraltro irrilevante al fine dell'arresto in flagranza - avrebbe trovato smentita negli elementi appena indicati e sarebbe emersa pure dal modus operandi delle indagate (che hanno agito ricoprendo ruoli differenti); e nella parte in cui ha valorizzato un elemento del tutto neutro, ossia il fatto che l'azione abbia avuto luogo alla luce del giorno. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso e' infondato e deve essere rigettato. 1. In tema di arresto facoltativo in flagranza di reato - quale quello qui eseguito per il delitto di furto aggravato (cfr. articolo 381 c.p.p.) - "la polizia giudiziaria e' tenuta ad indicare le ragioni che l'hanno indotta ad esercitare il potere di privare la liberta' personale, facendo riferimento alla gravita' del fatto o alla pericolosita' dell'arrestato" (cfr. articolo 381, comma 4, cit.); e quantunque tale indicazione non debba "necessariamente concretarsi nella redazione di una apposita motivazione del provvedimento", occorre (ed e' sufficiente) che "le ragioni dell'arresto emergano dal contesto descrittivo del relativo verbale o dagli atti complementari, in modo da consentire al giudice della convalida di prenderne conoscenza e di sindacarle": difatti, "in sede di convalida di un provvedimento coercitivo, il giudice e' tenuto unicamente a valutare la sussistenza degli elementi che hanno legittimato l'adozione della misura con una verifica ex ante, dovendosi tenere conto della situazione conosciuta dalla polizia giudiziaria ovvero da quest'ultima conoscibile con l'ordinaria diligenza al momento dell'arresto o del fermo, con esclusione delle indagini o delle informazioni acquisite successivamente, che sono utilizzabili solo per l'ulteriore pronuncia sullo status libertatis" (Sez. 3, n. 35304 del 11/05/2016, Cobuccio, Rv. 267999 - 01; Sez. 3, n. 37861 del 17/06/2014, Pasceri, Rv. 260084; cfr. pure Sez. 6, n. 34090 del 12/06/2013, Deplano, Rv. 257215 - 01; Sez. 2, n. 40432 del 17/09/2003, Gueye, Rv. 227276 - 01: "in tema di arresto in flagranza facoltativo, la polizia giudiziaria e' tenuta ad indicare le ragioni che l'hanno indotta ad esercitare - in relazione alla gravita' del fatto o alla pericolosita' dell'interessato - il potere di privazione della liberta'. Tale indicazione non deve necessariamente concretarsi in una motivazione ad hoc del provvedimento, essendo sufficiente che, mediante il contesto descrittivo emergente dal verbale di arresto o dagli atti complementari, il giudice della convalida sia posto in grado di conoscere e sindacare le ragioni che hanno orientato la polizia giudiziaria nell'esercizio della discrezionalita' riconosciutale dell'articolo 381 c.p.p., comma 4. In mancanza di tali condizioni, dovendosi escludere che il giudice possa sostituirsi alla polizia giudiziaria nell'assolvimento di un siffatto onere motivazionale, l'arresto in flagranza non puo' essere convalidato"). Ebbene, nel caso in esame il verbale di arresto non ha indicato alcun elemento rilevante ex articolo 381 c.p.p., comma 4. Ed in effetti, dagli atti allegati al verbale di arresto si trae che - al di la' del controllo dello zaino della (OMISSIS), all'interno del quale e' stato trovato il pantalone oggetto di furto, subito riconosciuto dalla persona offesa - solo dopo la sottoposizione delle indagate a precautela la stessa offesa ha descritto la condotta delle donne (cfr. querela), cui invece i militari si sono approssimati perche' ritenute sospette (segnatamente, a seguito di una segnalazione di terzi), e sono state svolte le verifiche relative ai loro telefoni cellulari (rinvenuti all'esito della perquisizione compiuta dopo l'arresto) e ad altri furti da attribuire a loro (cfr., oltre alla comunicazione della notizia di reato, in particolare le annotazioni di polizia in data 8 novembre 2022) nonche' la puntuale lettura del contratto di noleggio dell'auto rivenuta nella loro disponibilita' (pure sottoposta a perquisizione dopo l'arresto, tanto che nel verbale di arresto si fa generico riferimento al fatto che essa fosse stata noleggiata, senza specificare alcunche'). Ne' la sintesi dell'occorso compiuta dal Vice Brigadiere (OMISSIS), in udienza di convalida consente di revocare in dubbio quanto sopra esposto (avendo il militare confermato che nella specie l'intervento - compiuto nel corso dell'attivita' di perlustrazione relativa a furti in danno di persone anziane gia' perpetrati nei giorni precedenti - ha avuto luogo direttamente all'esterno dell'esercizio della persona offesa, a seguito della segnalazione di un terzo e che in quella fase gli operanti hanno solo rinvenuto la refurtiva nello zaino della Coman, riconosciuto come proprio dalla stessa persona offesa). Ne deriva che non ricorre il vizio denunciato dalla Parte pubblica ricorrente. P.Q.M. Rigetta il ricorso del PM.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. VESSICHELLI Maria - Presidente Dott. DE GREGORIO Eduardo - Consigliere Dott. MICCOLI Grazia R. A. - Consigliere Dott. BORRELLI Paola - Consigliere Dott. FRANCOLINI Giovanni - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 12/07/2021 della CORTE APPELLO di MILANO; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere GIOVANNI FRANCOLINI; uditi in pubblica udienza il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione PERLA LORI, che ha chiesto il rigetto del ricorso, e per il ricorrente l'avvocato (OMISSIS), che ha chiesto di rimettere il procedimento alle Sezioni Unite e ha insistito per l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 12 luglio 2021 la Corte di appello di Milano, a seguito del gravame interposto nell'interesse di (OMISSIS), ha confermato la pronuncia in data 16 febbraio 2021 con la quale il Tribunale di Milano aveva affermato la responsabilita' dello stesso imputato - quale amministratore di fatto della fallita (OMISSIS) s.r.l. - per i delitti a lui ascritti di bancarotta fraudolenta patrimoniale (per distrazione, avente ad oggetto un'autovettura di marca (OMISSIS) nonche' in ragione della cessione dei contratti di affidamento in gestione e affitto di azienda indicati in imputazione; e per dissipazione, con riguardo alla sottoscrizione dei contratti di leasing di due veicoli di marca (OMISSIS) e (OMISSIS); cfr. rispettivamente nn. 2, 5 e 6 della rubrica), preferenziale (n. 3) e impropria da operazioni dolose (n. 4) e lo aveva condannato alla pena di cinque anni di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali e di mantenimento in carcere durante la custodia cautelare, con le pene accessorie di legge, ivi comprese fallimentari (queste ultime irrogate per la medesima durata della pena principale). 2. Avverso la sentenza di secondo grado il difensore dell'imputato ha proposto ricorso per cassazione, formulando nove motivi (di seguito enunciati, nei limiti di cui all'articolo 173, comma 1, disp. att. c.p.p.). 2.1. Con il primo motivo sono state prospettate - sub specie dell'articolo 606, comma 1, lettera c) ed e), c.p.p. - la violazione degli articoli 3, 24, 111 Cost., 216, 219 e 223 L. Fall., 62, 63, 64, 191, 195, 526 c.p.p., 6 Carta E.D.U., 47 e 48 Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, nonche' - sub specie dell'articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), c.p.p. - la violazione dell'articolo 2639 c.c. in relazione all'attribuzione all'imputato della qualifica di amministratore di fatto della societa' fallita (e della conseguente responsabilita' penale per i fatti in imputazione) sulla scorta delle dichiarazioni inutilizzabili rese al curatore dal teste (OMISSIS) e dall'indagato di reato connesso (OMISSIS), versate nella relazione ex articolo 33 L.F. e oggetto di testimonianza indiretta da parte dello stesso curatore. La difesa ha chiesto di riponderare l'orientamento giurisprudenziale - richiamato dalla sentenza impugnata e fondato su Corte Cost. n. 136 del 27 aprile 1995 (che, a sua volta, si era discostata da Corte Cost. n. 69 del 14 marzo 1984, resa in relazione alla disciplina dell'abrogato codice di procedura penale) - secondo il quale possono essere poste a fondamento della decisione del giudice penale le dichiarazioni raccolte dal curatore nel corso della procedura fallimentare (e compendiate nella relazione ex articolo 33 cit., che non costituirebbe una notitia criminis) senza dare gli avvisi di cui agli articoli 63 e 64 c.p.p. e senza che operi il divieto di testimonianza de relato in ordine a esse. Tale opzione ermeneutica dovrebbe oggi essere disattesa in considerazione delle modifiche all'articolo 33, commi 1 e 4, L.F. (che rispettivamente prevedono, nel testo novellato dall'articolo 3 Decreto Legislativo n. 12 settembre 2007, n. 169, che il curatore nella relazione debba rappresentare anche "quanto puo' interessare ai fini delle indagini preliminari in sede penale"; e, nel testo novellato dall'articolo 29 Decreto Legislativo n. 9 gennaio 2006, n. 5, secondo cui copia della relazione, nel suo testo integrale, va trasmessa al pubblico ministero - opzione normativa confermata dall'articolo 130 del Codice della crisi di impresa), le quali dimostrano il legame tra l'attivita' di indagine e la relazione del curatore (che puo' costituirne l'avvio) e dovrebbero condurre a negarne la natura di documento ex articolo 234 c.p.p. (nel presupposto che essa si sia formata al di fuori del procedimento penale); la relazione del curatore dovrebbe, invece, essere assimilata a un atto di indagine almeno per l'identita' di ratio (tanto che, nella specie, dalla stessa consta che gli accertamenti del curatore si sono svolti in consapevole parallelo con quelli del Pubblico ministero). In tal senso deporrebbe pure il principio costituzionale del giusto processo (come interpretato proprio in tema di dichiarazioni accusatorie da Sez. U, n. 33583 del 26/03/2015, Lo Presti, Rv. 264479 - 01). Pertanto, al riguardo dovrebbe pervenirsi alle medesime conclusioni cui - facendo applicazione dell'articolo 220 d. att. c.p.p. - si e' giunti per le verifiche svolte dalla Guardia di finanza (cfr. Sez. U., n. 45477 del 28/11/2001, Raineri, Rv. 220291 - 01); e cio' anche in virtu' di un'interpretazione conforme ai principi posti - sulla scorta degli articoli 47, comma 2, e 48 C.D.F.U.E. - dalla Corte di giustizia dell'Unione Europea (Grande Sezione - del 2 febbraio 2021 - C-481/19) che (compulsata a seguito di rinvio pregiudiziale da parte della Corte costituzionale) ha correlato il diritto al silenzio e le relative garanzie processuali non al tipo del procedimento originario (amministrativo, ispettivo, di vigilanza) ma all'eventuale collegamento di esso con il procedimento penale (come rilevato pure dalla Consulta nel provvedimento reso successivamente alla pronuncia del Giudice Europeo (cfr. Corte Cost., ord. n. 117 del 06/03/2019). Qualora non si accedesse a questa esegesi, e' stato chiesto di sollevare questione di legittimita' costituzionale degli articoli 62, 63, 64, 191, 195, 526 c.p.p., per contrasto con gli articoli 3, 24 e 111 Cost., nonche' in relazione agli articoli 6 Carta E.D.U., 47 e 48 C.D.F.U.E. e 117 Cost. In secondo luogo, e' stata denunciata l'inutilizzabilita' dell'apporto dichiarativo, sempre veicolato dal curatore, del coindagato (OMISSIS), il quale in dibattimento si e' avvalso della facolta' di non rispondere. Sotto tale profilo, la sentenza impugnata avrebbe erroneamente disatteso il gravame nel presupposto che l'esame del (OMISSIS) non fosse stato chiesto dalla difesa, non considerando che - a seguito della sua ammissione - la prova dichiarativa de qua era entrata nel patrimonio cognitivo di tutte le parti (tanto che la rinuncia della sola parte che l'aveva addotta non avrebbe consentito la revoca in parte qua del provvedimento ammissivo) e, dunque, il ricorrente poteva ragionevolmente fare affidamento sulla sua escussione (sia pure in controesame). 2.2. Con il secondo motivo sono stati denunciati la violazione degli articoli 216, 219, 223 L.F. e 2639 c.c. ed il vizio di motivazione (articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), c.p.p.) in ordine all'attribuzione all'imputato del ruolo di amministratore di fatto della fallita. Tale qualifica si sarebbe, infatti, fondata soltanto sugli elementi gia' indicati nel primo motivo e, nel resto, sarebbe stata tratta illogicamente (e in violazione dei consolidati principi posti dalla giurisprudenza) da dati formali (come la carica di socio fondatore e la partecipazione al capitale sociale) senza indicare in quali attivita' si sarebbe tradotto l'esercizio continuativo e significativo dei poteri gestori. Ancora: - si sarebbe attribuito rilievo alle dichiarazioni dell'avv. (OMISSIS), nonostante esse siano state raccolte dal curatore al telefono e senza la previa identificazione dell'interlocutore (profilo rispetto al quale il gravame sarebbe stato disatteso con una motivazione apparente), quantunque per la riforma in peius di una sentenza sia necessario il contatto diretto con la fonte di prova e quantunque il (OMISSIS) abbia riportato di aver cessato i rapporti professionali con il ricorrente nel 2012 (ossia anteriormente ai fatti di cui il (OMISSIS) e' stato ritenuto responsabile); e si sarebbe pure riconosciuta rilevanza, in maniera illogica, al rinvenimento di documentazione della fallita (neppure specificata dal teste di polizia giudiziaria) in casa e sulla vettura del ricorrente (all'esito di perquisizione), senza considerare che il (OMISSIS) e' stato socio dell'ente, nonche' alla designazione, da parte dell'imputato, dell'amministratore che sarebbe succeduto al figlio (peraltro non nel 2016 ma nel 2013) confondendo i poteri connessi allo status di socio con i poteri gestori; - sarebbe stata omessa la motivazione sugli elementi di prova dimostrativi dell'insussistenza della qualifica gestoria in capo al ricorrente, emersi dalle deposizioni del curatore, dell'imputato in procedimento connesso (OMISSIS) e dei testi (OMISSIS) (cui si sarebbe attribuito un interesse che ne minerebbe la credibilita', in quanto dipendente di una societa' riconducibile alla moglie e alla figlia del (OMISSIS), a differenza invece dell'avv. (OMISSIS) ritenuto credibile nonostante un suo debito verso la societa' e il suo tentativo di insinuazione al passivo), (OMISSIS) (cessionario delle quote della (OMISSIS) s.r.l.), (OMISSIS) (commercialista della fallita); - sarebbero state illogicamente apprezzate le dichiarazioni di (OMISSIS) (nipote del (OMISSIS)), valorizzando il ruolo a lui attribuito dall'imputato in una societa' distinta dalla fallita. 2.3. Con il terzo motivo - sub specie dell'articolo 606, comma 1, lettera b), c) ed e), c.p.p. - sono stati prospettati la violazione degli articoli 216, comma 1, n. 1, 219, 223, comma 1, L. Fall., 533, comma 1, c.p.p., in relazione alla ritenuta responsabilita' dell'imputato per la distrazione del veicolo (OMISSIS) (n. 2 della rubrica), quantomeno sotto il profilo della sussistenza dell'elemento soggettivo. La motivazione, in particolare, non avrebbe argomentato rispetto alle allegazioni difensive secondo cui: - l'acquisto del veicolo rientrava nell'oggetto sociale della fallita (come riportato dall'imputato di reato connesso (OMISSIS)); - esso non ha avuto luogo in periodo di dissesto, illogicamente collocato nel 2015 sulla scorta delle affermazioni congetturali del curatore nonche' trascurando quanto rappresentato dal consulente prof. (OMISSIS) (segnatamente, con riguardo alla consistenza illo tempore del capitale sociale), profilo che minerebbe l'iter argomentativo del provvedimento impugnato, il quale ha confuso distinti temi di prova e non ha neppure considerato le conseguenze patite dalla societa' a seguito della perdita delle proprie disponibilita' (pari a Euro 605.000) collocate presso (OMISSIS) (con la successiva revoca dei fidi) ne' che lo stesso curatore ha indicato la causa dello stato di crisi della societa' non nelle operazioni ritenute illecite in contestazione ma nella sua scarsa redditivita'. L'erronea collocazione cronologica dello stato di crisi dell'impresa avrebbe imposto una congrua motivazione sulla sussistenza del dolo della distrazione (e sull'esclusione quantomeno di un ragionevole dubbio che ricorresse) in conformita' ai principi posti in tema dalla giurisprudenza (cfr. in particolare Sez. 5, n. 17819 del 24/03/2017, Palitta, Rv. 269562 - 01) al fine di scongiurare una forma occulta di responsabilita' oggettiva (da ravvisarsi quando, come nella specie, si ritiene sufficiente la mera sussistenza del fatto, anziche' motivare in ordine alla concreta idoneita' dell'operazione a porre in pericolo la garanzia per i creditori e all'effettiva prevedibilita' di esso) e l'equiparazione della conoscibilita' alla conoscenza (che ricondurrebbe nell'area del dolo condotte assistite da colpa). 2.4. Con il quarto motivo, richiamando quanto gia' dedotto con il terzo motivo, sono stati assunti la violazione degli articoli 216, comma 1, n. 1, e comma 3, 223, comma 1, L.F. e il vizio di motivazione (articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), c.p.p.) in ragione della mancata qualificazione del fatto di cui al n. 2 della rubrica come bancarotta preferenziale, senza alcuna argomentazione e, in particolare, nonostante il prezzo della vettura sia stato compensato con un credito che (OMISSIS) (figlio del ricorrente) vantava verso la fallita (e non sia stato compiuto alcun accertamento sulla sussistenza dei "debiti diversi" della societa') e senza confrontarsi con quanto rassegnato dal consulente prof. (OMISSIS). 2.5. Con il quinto motivo - sub specie dell'articolo 606, comma 1, lettera b), c) ed e), c.p.p. - sono stati prospettati la violazione degli articoli 216, 219, 223 L. Fall., 533, comma 1, c.p.p. e il vizio di motivazione, in relazione alla ritenuta responsabilita' dell'imputato per il delitto di bancarotta preferenziale (n. 3 della rubrica). Ad avviso della difesa, non si sarebbe considerato che la societa' fallita e quelle che ne hanno pagato i debiti ((OMISSIS) s.r.l. e (OMISSIS) s.r.l.) - come rassegnato dal consulente prof. (OMISSIS) - non costituivano un gruppo di fatto ma operavano nell'ambito di un contratto di affiliazione e che nella specie hanno avuto luogo delegazioni di pagamento (secondo quanto previsto nei contratti stipulati tra i medesimi soggetti) al fine di evitare per la fallita il rischio correlato al mancato pagamento dei fornitori, relative proprio a beni e servizi nonche' a prestazioni di lavoro dipendente sottratti alla revocatoria fallimentare ex articolo 67, comma 3, L.F. ed eseguiti nell'ottica della continuita' aziendale (come rappresentato dall'imputato di reato connesso (OMISSIS)), profilo che la sentenza impugnata non ha considerato - neppure nell'ottica della sussistenza di un ragionevole dubbio - nonostante, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimita' (cfr. Sez. 5, n. 18528 del 02/03/2020, Mazza, n. m.) - rilevi sotto il profilo della sussistenza del prescritto dolo specifico. 2.6. Con il sesto motivo sono stati prospettati la violazione dell'articolo 223, comma 2, L.F. e il vizio di motivazione pure a causa del travisamento della prova (articolo 606, comma 1, lettera b), ed e), c.p.p.), in relazione all'affermazione di responsabilita' dell'imputato per il delitto di bancarotta impropria da operazioni dolose (n. 4 della rubrica) anche sotto il profilo soggettivo. La Corte territoriale si sarebbe limitata a confermare le valutazioni del Tribunale, cosi' rendendo una motivazione apparente che non avrebbe considerato ne' il compendio probatorio ne' le doglianze espresse con l'atto di appello in punto di prevedibilita' dello stato di dissesto, aspetto rispetto al quale - come gia' esposto - non si sarebbe tenuto conto del fatto che nel 2016 il capitale sociale non era intaccato e che solo nel 2017 sarebbero emerse criticita' a causa dell'imprevedibile perdita delle attivita' collocate presso (OMISSIS) (elementi che deponevano per il difetto della astratta prevedibilita' del dissesto quale conseguenza delle operazioni in imputazione) e, dunque, omettendo (come gia' la sentenza di primo grado) di argomentare su profili decisivi in ordine alla sussistenza del dolo, a meno di non attrarre nell'ambito del fatto doloso condotte eventualmente assistite dalla colpa. 2.7. Con il settimo motivo sono stati addotti la violazione degli articoli 216, comma 1, n. 1, 219, 223, comma 1, L.F. e il vizio di motivazione (articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), c.p.p.), ad avviso della difesa pure apparente, in relazione alle operazioni di dismissione di attivita' della societa' fallita senza corrispettivo (descritte al n. 5 della rubrica) per cui il (OMISSIS) e' stato ritenuto responsabile di bancarotta fraudolenta per distrazione; e, in via subordinata, per la mancata qualificazione del fatto come bancarotta preferenziale, senza motivare sul punto. Quanto alla cessione del contratto di affidamento in gestione (alla (OMISSIS) s.r.l.), si sarebbe trattato di un contratto atipico (avente ad oggetto la creazione di un spazio di vendita all'interno di un ipermercato) per cui sarebbe legittima la stipula con scrittura privata (alla luce di quanto chiarito dalla risoluzione del Ministero dello Sviluppo economico n. 103791 del 3 maggio 2012) e per cui non era previsto il pagamento di alcuna indennita' per l'avviamento, atteso pure che non era previsto il trasferimento di licenze, come confermato sostanzialmente dal curatore che sul valore della cessione si e' espresso in termini congetturali; inoltre, la Corte di appello non avrebbe tenuto conto di quanto esposto dal consulente della difesa in ordine all'insussistenza dell'avviamento. Ancora, difetterebbe la prova che non sia stato pagato il corrispettivo relativo alle merci cedute, profilo rispetto al quale - a fronte delle fatture offerte in produzione - il curatore si sarebbe espresso in termini del tutto ipotetici. Con riferimento alla risoluzione del contratto di affitto di ramo di azienda (stipulato con la (OMISSIS) s.r.l.), mancherebbe la motivazione rispetto alle doglianze avanzate con l'atto di appello e relative alla successiva formalizzazione di essa con atto notarile, al fatto che il contratto si sia risolto per la morosita' della (OMISSIS) s.r.l. e nessuna posta risultasse indennizzabile (sia per il mancato pagamento dei canoni sia per l'assenza di un incremento della clientela e del fatturato dell'affittuaria), risultando del tutto congetturale la sussistenza dell'avviamento affermata dal curatore; sarebbe stata travisata la prova per omissione, poiche' non si sarebbe tenuto conto del documentato pagamento delle merci giacenti al momento della risoluzione del contratto e degli altri cespiti, oltre che del mancato pagamento dei canoni di affitto (causa di risoluzione anticipata del contratto). Inoltre, lo stesso curatore, nella propria relazione integrativa (del 7 ottobre 2019) avrebbe esposto che le fatture (per la vendita del magazzino dei supermercati) sono state onorate con compensazione e, dunque, con pagamenti preferenziali. 2.8. Con l'ottavo motivo sono stati denunciati la violazione degli articoli 216, 219, 223, comma 1, L.F. e il vizio di motivazione (articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), c.p.p.), ad avviso della difesa pure apparente, in relazione all'affermazione di responsabilita' dell'imputato per bancarotta fraudolenta per dissipazione (n. 6 della rubrica), avente ad oggetto il leasing di due veicoli. La sentenza impugnata - nonostante l'oggetto sociale della fallita contemplasse pure il commercio di autoveicoli - avrebbe affermato che le operazioni in discorso sarebbero inconferenti e avrebbero gravato sulla situazione economica e finanziaria dell'ente, ma non si sarebbe confrontata con le argomentazioni difensive con le quali si era dato conto dei vantaggi fiscali correlati alle operazioni nonche' del noleggio delle vetture dalla fallita a (OMISSIS) s.r.l. (con la conseguente produzione di reddito); e non avrebbe motivato compiutamente sulla sussistenza del fatto. 2.9. Con il nono motivo sono stati prospettati la violazione degli articoli 62-bis, 132 e 133 c.p. e il vizio di motivazione (articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), c.p.p.), in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e alla mancata riduzione della pena (fino al minimo edittale), che la Corte di appello avrebbe giustificato con una motivazione apparente e senza argomentare compiutamente rispetto agli elementi favorevoli dedotti dalla difesa. CONSIDERATO IN DIRITTO Il quinto e il settimo motivo di ricorso - rispettivamente relativi ai reati di cui ai capi 3 e 5 della rubrica - sono fondati, nei termini che si esporranno; il nono motivo e' assorbito; nel resto il ricorso e' nel complesso infondato. 1. Il primo motivo, relativo alla platea di elementi probatori sui quali fondare l'attribuzione al ricorrente della qualifica di amministratore di fatto della societa' fallita, e' nel complesso infondato. 1.1. Anzitutto, la difesa ha perorato il superamento dell'orientamento secondo cui la decisione del giudice penale puo' fondarsi sulle dichiarazioni raccolte dal curatore nel corso della procedura fallimentare senza dare gli avvisi di cui agli articoli 63 e 64 c.p.p., riportate nella relazione ex articolo 33 L.F. e senza che operi il divieto di testimonianza de relato. In effetti, questa Corte ha in piu' occasioni osservato che "in tema di prova documentale, le relazioni e gli inventari redatti dal curatore fallimentare sono sicuramente ammissibili in ogni caso e non solo quando siano ricognitivi di una organizzazione aziendale e di una realta' contabile, atteso che gli accertamenti documentali e le dichiarazioni ricevute dal curatore costituiscono prove rilevanti nel processo penale, al fine di ricostruire le vicende amministrative della societa'"; tanto che: - e' corretto l'inserimento della relazione diretta al giudice delegato nel fascicolo del dibattimento "in quanto il principio di separazione delle fasi non si applica agli accertamenti aventi funzione probatoria, preesistenti rispetto all'inizio del procedimento o che appartengano comunque al contesto del fatto da accertare"; - "certamente (...) possono essere veicolate attraverso lo scritto del curatore i contributi di conoscenza forniti dalle persone che lo stesso ha avuto modo di ascoltare e le cui parole ha verbalizzato" (Sez. 5, n. 24781 del 08/03/2017, Corrieri, Rv. 270599 - 01; cfr. pure Sez. 5, n. 39001 del 09/06/2004, Canavini, Rv 229330); - "le dichiarazioni rese dal fallito al curatore non sono soggette alla disciplina di cui all'articolo 63, comma 2, c.p.p., che prevede l'inutilizzabilita' delle dichiarazioni rese all'autorita' giudiziaria o alla polizia giudiziaria, in quanto il curatore non rientra tra dette categorie di soggetti e la sua attivita' non e' riconducibile alla previsione di cui all'articolo 220 disp. att. c.p.p. che concerne le attivita' ispettive e di vigilanza" (Sez. 5, n. 12338 del 30/11/2017 - dep. 2018, Castelletto, Rv. 272664 - 01); - ed e' ammessa testimonianza indiretta del curatore (cfr. Sez. 5, n. 32388 del 03/03/2015, Setti, Rv. 264255 - 01; Sez. 5, n. 4164 del 06/10/2014, dep. 2015, Cardilli, Rv. 262172 - 01; Sez. 5, n. 15218 del 18/01/2011, Consonni, Rv. 249959 - 01). Tuttavia, la giurisprudenza - tenuto conto dei principi costituzionali e di quelli posti dalla Corte E.D.U.: - ha pure chiarito che, da una parte, e' vero che "se le persone che il curatore ha esaminato rivestono il ruolo di indagati o imputati nel medesimo procedimento e in procedimento connesso o collegato, il principio della liberta' della prova va coordinato col diritto, riconosciuto all'imputato, di essere giudicato in base a prove controllabili e verificabili nel contraddittorio processuale, attraverso la potenziale partecipazione all'esame e al controesame di tutte le parti processuali", poiche' "la colpevolezza dell'imputato non puo' essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si e' sempre volontariamente sottratto all'esame da parte dell'imputato o del suo difensore (articolo 526 c.p.p.)"; ma dall'altra, e' parimenti vero "che il principio del contraddittorio non ha carattere assoluto ma e' rimesso alla discrezionalita' della parte, la quale puo' scegliere liberamente le prove da introdurre e da escutere nel processo, con la conseguenza che non puo' dolersi della mancata assunzione o escussione di prove non richieste" (pertanto, in quest'ottica e' stata affermata la piena utilizzabilita', quale prova a carico dell'imputato, della testimonianza indiretta del curatore fallimentare sulle dichiarazioni accusatorie rese da un coimputato non comparso al dibattimento, e trasfuse dallo stesso curatore nella relazione redatta ai sensi dell'articolo 33 L. F., allorche' l'imputato o il suo difensore non abbiano chiesto l'esame del predetto coimputato; Sez. 5, n. 24781/2017, cit., che rimanda sul punto pure Corte EDU, 20/4/2006, Carta c. Italia; cfr. altresi', tra le altre, Sez. 5, n. 13060 del 08/02/2017, Meluzio, Rv. 270596 - 01; Sez. 5, n. 20090 del 17/04/2015, Fiorentino, Rv. 263819 - 01; Sez. 5, n. 3885 del 09/12/2014, Tusa, Rv. 262230 - 01); - ed ha puntualizzato che, "se le persone che il curatore ha esaminato rivestono il ruolo di indagati o imputati nel medesimo procedimento e procedimento connesso o collegato, tali dichiarazioni vanno valutate alla luce del comma 3 dell'articolo 192 c.p.p., in quanto non puo' certo essere il "filtro" consistente nell'intervento del curatore quel che puo' valere a far derogare dalla predetta regola di valutazione" (giacche' "diversamente ragionando, si giungerebbe alla conclusione - ovviamente paradossale - che, se un soggetto imputato o indagato di reato connesso o collegato o del medesimo reato opera una chiamata in correita' davanti al giudice, si deve fare applicazione del comma 3 dell'articolo 192 del codice di rito, se - viceversa - tali dichiarazioni vengono rese al curatore, esse sarebbero valutabili ex se. Ma l'apparente paradosso si supera se solo si distingue tra acquisibilita' (della relazione) e valutazione (del suo contenuto)" (Sez. 5, n. 20090/2015, cit.). Tale orientamento deve essere qui ribadito in quanto gli elementi addotti dal ricorrente non ne consentono il superamento (fermo restando che in questa sede deve farsi riferimento ratione temporis alla disciplina posta dalla L. Fall., che ha trovato applicazione nella specie, ossia all'ordito normativo anteriore all'entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 12 gennaio 2019, n. 14, recante il Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, non occorrendo qui dilungarsi sul raffronto tra quest'ultima e la disciplina previgente). In primo luogo, non depone nel senso perorato dalla difesa il disposto: dell'articolo 33, comma 1, L. Fall., nella parte in cui prevede che il curatore, nella relazione particolareggiata al giudice delegato al fallimento esponga pure "quanto puo' interessare anche ai fini delle indagini preliminari in sede penale"; e del comma 4 dello stesso articolo, che prevede la trasmissione di "copia della relazione, nel suo testo integrale, (...) al pubblico ministero". Invero, il curatore che, "per quanto attiene all'esercizio delle sue funzioni, e' pubblico ufficiale" (articolo 30 L. Fall.), non diviene - ne' per tale qualita' ed il correlato obbligo di denuncia (cfr. articoli 361 c.p. e 331 s. c.p.p.), ne' perche' e' espressamente chiamato dalla legislazione speciale a includere nella sua relazione, indirizzata al giudice delegato (e non anche al pubblico ministero, quantunque a questo debba essere trasmessa integralmente) - un soggetto che svolge quelle attivita' ispettive e di vigilanza nel corso delle quali, qualora emergano indizi di reato, "gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale sono compiuti con l'osservanza delle disposizioni del codice" di rito penale (articolo 220 d. att. c.p.p.). La norma appena citata non si applica ad ogni soggetto investito di un munus publicum gravato dall'obbligo di denuncia che non puo' essere equiparato ex se a un organo di indagine e, segnatamente, alla polizia giudiziaria. Piuttosto, come si trae proprio dalla pronuncia delle Sezioni Unite richiamata dal ricorso (e, per vero, da quelle successive delle Sezioni semplici), l'ari 220 cit. disciplina le ipotesi in cui ricorra un "rapporto istituzionalizzato di sovraordinazione gerarchica tra organo ispettore e titolare della posizione di soggezione" (Sez. U, n. 45477 del 28/11/2001, Raineri, Rv. 220291 - 01, resa con riguardo all'attivita' dell'ispettore del lavoro, che ha argomentato anche alla luce della giurisprudenza costituzionale; cfr. pure Sez. 3, n. 3207 del 02/10/2014 - dep. 2015, Calabrese, Rv. 262010 - 01, relativa alle dichiarazioni rese all'ispettore di un istituto previdenziale; Sez. 3, n. 31223 del 04/06/2019, Di Vico, Rv. 276679 - 01, in tema di verifica fiscale della Guardia di Finanza). Difatti, l'ordito normativo che e' venuto in rilievo nel caso in esame impone di confermare - come gia' chiarito dalla Corte costituzionale - che la procedura fallimentare non e' "preordinata alla verifica di una notitia criminis" (Corte Cost. n. 136 del 20/04/ 1995), in quanto al curatore e' attribuita la "gestione della procedura", al fine di liquidare il patrimonio fallimentare (cfr. articolo 31, comma 1, L. Fall.: "il curatore ha l'amministrazione del patrimonio fallimentare e compie tutte le operazioni della procedura sotto la vigilanza del giudice delegato e del comitato dei creditori, nell'ambito delle funzioni ad esso attribuite"). E che, pur potendo procedere all'audizione del fallito, il curatore deve darvi corso non - come la polizia giudiziaria o l'autorita' amministrativa dotata di poteri ispettivi - al fine di accertare illeciti (e segnatamente un illecito penale) bensi' al fine di richiedere le informazioni o chiarimenti occorrenti "ai fini della gestione" (articolo 49 L. Fall.), funzionali al quid della sua attivita' propria del curatore, appena indicata. E anche in tale ottica viene in rilievo l'obbligo imposto al fallito dall'articolo 49 L.F. (oltre a quello di comunicare al curatore ogni cambiamento della propria residenza o del proprio domicilio - cfr. articolo 49, comma 1, cit.) di presentarsi anche al curatore, per l'appunto se occorrono informazioni o chiarimenti ai fini della gestione. Ragion per cui esso non e' atto a fondare quel rapporto gerarchico istituzionalizzato che, in ossequio a quanto chiarito dalle Sezioni Unite, determina l'applicazione dell'articolo 220 d. att. c.p.p., ne' - come condivisibilmente rilevato in dottrina in relazione ai limiti del diritto al silenzio del fallito - un potere di coercizione tale (nonostante la sanzione penale prevista dall'articolo 220 L.F. per il caso di mancato rispetto dell'obbligo di cui all'articolo 49, comma 2, cit.) da imporre al fallito un obbligo di collaborazione correlato (come in altri ordinamenti) a veri e propri "poteri obbligatori" atti a snaturare la riferita funzione del curatore e, dunque, a conferirgli una posizione sovraordinazione (cfr. Sez. 5, n. 38431 del 17/05/2019, Giavara, Rv. 277342 - 01). In quest'ottica, allora, non giova al ricorrente la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione Europea e della Corte costituzionale - richiamata nell'atto di impugnazione - per l'appunto relativa al tema del diritto al silenzio, in particolare del soggetto al quale la CONSOB, nell'esercizio delle proprie funzioni di vigilanza, contesti un abuso di informazioni privilegiate e alle sanzioni poste dall'articolo 187-quinquesdecies del Decreto Legislativo n. 24 febbraio 1998 n. 58, nella parte in cui sanziona la mancata ottemperanza nei termini alle richieste della stessa Commissione ovvero la causazione di un ritardo nell'esercizio delle sue funzioni (poi, in effetti, dichiarato in parte qua costituzionalmente illegittimo: cfr. Corte Cost. n. 84 del 30/04/2021). Il Giudice Europeo - investito di una questione pregiudiziale dalla Corte costituzionale ai sensi dell'articolo 267 TFUE (Corte Cost., ord. n. 117 del 06/03/2019) vagliando il disposto dell'articolo 14, paragrafo 3, della direttiva 2003/6/CE e l'articolo 30, paragrafo 1, lettera b), del regolamento Direttiva 2003/6/CE, alla stregua degli articoli 47 e 48 della Carta DFUE e dall'articolo 6 della Carta EDU, come interpretato dalla Corte di Strasburgo ha evidenziato che "la protezione del diritto al silenzio mira a garantire che, in una causa penale, l'accusa fondi la propria argomentazione senza ricorrere ad elementi di prova ottenuti mediante costrizione o pressioni, in spregio alla volonta' dell'imputato"; "tale diritto risulta violato, segnatamente, in una situazione in cui un sospetto, minacciato di sanzioni per il caso di mancata deposizione, o depone o viene punito per essersi rifiutato di deporre (Corte Giust. UE - Grande Sezione, 02/02/2021, DB - Consob, C-481/19). E tuttavia ha rilevato pure che "il diritto al silenzio non puo' giustificare qualsiasi omessa collaborazione con le autorita' competenti, qual e' il caso di un rifiuto di presentarsi ad un'audizione prevista da tali autorita' o di manovre dilatorie miranti a rinviare lo svolgimento dell'audizione stessa" e, quel che e' dirimente, ha argomentato in relazione ai casi in cui nei confronti del soggetto in discorso venga svolta "un'indagine (...) dall'autorita' competente", ossia di "procedure di accertamento di illeciti amministrativi, (...) suscettibili di sfociare nell'inflizione di sanzioni amministrative presentanti carattere penale" (ivi; cfr. pure Corte Cost. n. 84/2021, cit., resa all'esito della detta questione pregiudiziale che, con pari chiarezza, ha fatto riferimento - a proposito del diritto al silenzio e delle relative sanzioni - "alla persona fisica la quale, richiesta di fornire informazioni alla CONSOB nel quadro dell'attivita' di vigilanza svolta da quest'ultima e funzionale alla scoperta di illeciti e alla individuazione dei responsabili, ovvero - a fortiori nell'ambito di un procedimento sanzionatorio formalmente aperto nei suoi confronti, si sia rifiutata di rispondere a domande, formulate in sede di audizione o per iscritto, dalle quali sarebbe potuta emergere una sua responsabilita' per un illecito amministrativo sanzionato con misure di carattere punitivo, o addirittura una sua responsabilita' di carattere penale"; ed ha ribadito che "il diritto al silenzio non giustifica comportamenti ostruzionistici che cagionino indebiti ritardi allo svolgimento dell'attivita' di vigilanza della CONSOB, come il rifiuto di presentarsi ad un'audizione prevista da tali autorita', ovvero manovre dilatorie miranti a rinviare lo svolgimento dell'audizione stessa", ne' "potrebbe legittimare l'omessa consegna di dati, documenti, registrazioni preesistenti alla richiesta della CONSOB, formulata ai sensi dell'articolo 187-octies, commi 3 e 4, del Decreto Legislativo n. 58 del 1998"). Tanto che, piu' di recente, la Corte EDU (adita da un soggetto cui, nell'ambito di un procedimento tributario, era stata irrogata una sanzione pecuniaria di carattere sostanzialmente penale correlata all'evasione, fondata anche sui documenti che egli aveva dapprima rifiutato di offrire e che aveva consegnato a seguito di un'ingiunzione da parte del giudice civile che, se non ottemperata, avrebbe determinato l'irrogazione di sanzioni pecuniarie), - come puntualmente osservato dalla dottrina - ha chiarito al riguardo che la tutela apprestata dall'articolo 6, par. 2, della Carta EDU deve riferirsi alle autoincriminazioni scaturenti da forme di coercizione o di pressione, poiche' esso e' correlato al dovere dell'accusa di soddisfare l'onere della prova senza avvalersi di elementi ottenuti in violazione del diritto dell'accusato di rimanere in silenzio, e in particolare attiene alle informazioni che (in seno a un procedimento penale o al di fuori di esso, ma passibili di utilizzo poi nel primo) non possono trarsi in forza di alcuna forma di costrizione del soggetto de quo a fornire un contributo all'incriminazione (Corte EDU, Sez. 4, 04/10/2022, De Lege' c. Paesi Bassi). In sintesi, le pronunce in discorso attengono a un soggetto che versa in una posizione ben distinta da quella del fallito che - si ribadisce - ha l'obbligo di presentarsi allorche' allorche' occorra richiedergli le informazioni o i chiarimenti occorrenti solo "ai fini della gestione"; il che vale a fortiori per gli altri soggetti escussi dal curatore. E alla luce di quanto esposto non ricorrono i presupposti per sollevare la questione di legittimita' ipotizzata dalla difesa, di cui non puo' affermarsi la non manifesta infondatezza, ne' - in mancanza di una questione di diritto che ha dato luogo o possa dar luogo a un giurisprudenziale al riguardo per investire le Sezioni Unite (come richiesto nel corso della discussione). 1.2. Quanto, invece, alla denunciata inutilizzabilita' di quanto rassegnato dal coindagato (OMISSIS), che in dibattimento si e' avvalso della facolta' di non rispondere, e riportato dal curatore, e' sufficiente osservare che: - "in tema di ricorso per cassazione, e' onere della parte che eccepisce l'inutilizzabilita' di atti processuali (...), pena l'inammissibilita' del ricorso per genericita' del motivo, (...) chiarirne altresi' l'incidenza sul complessivo compendio indiziario gia' valutato, si' da potersene inferire la decisivita' in riferimento al provvedimento impugnato" (Sez. 6, n. 1219 del 12/11/2019 - dep. 2020, Cocciadiferro, Rv. 278123 - 01; Sez. 6, n. 49970 del 19/10/2012, Muia', Rv. 254108 - 01); - il motivo in esame non ha chiarito in che termini le dichiarazioni in discorso possano minare in parte qua l'iter della sentenza impugnata; - peraltro, come si evincera' piu' compiutamente da quanto si esporra' nel prosieguo (cfr. in particolare il par. 2), il narrato del (OMISSIS) (riportato dal curatore) non ha una portata decisiva sulla logicita' e congruita' dell'argomentazione in forza della quale e' stata attribuita a (OMISSIS) la qualita' di amministratore di fatto. 2. Il secondo motivo e' nel complesso infondato. La Corte territoriale, espressamente condividendo quanto gia' ritenuto dal Tribunale, ha indicato piu' elementi di cui, in maniera che non puo' dirsi manifestamente illogica, ha ravvisato la convergenza nel senso dell'attribuzione al ricorrente della qualita' di amministratore di fatto della societa' fallita. In particolare, ha fatto riferimento all'evoluzione della compagine sociale (osservando come (OMISSIS), socio fondatore - unitamente al figlio - e titolare dell'80% delle quote sociali nonche' amministratore unico della societa', abbia ceduto le proprie partecipazioni nel 2013 (nell'imminenza dell'irrevocabilita' di una condanna per bancarotta fraudolenta, con la conseguente applicazione nei suoi confronti delle pene accessorie fallimentari), purtuttavia scegliendo il nuovo amministratore; al suo ruolo gestorio nelle altre societa' partecipate da lui e dai suoi stretti familiari (ossia i figli e la moglie), riconducibili dunque al medesimo centro di interessi (che il curatore ha indicato come un gruppo societario), ivi comprese quelle in cui non era titolare di quote sociali, come riportato dal nipote (OMISSIS) (salumiere nominato amministratore di una di esse, la (OMISSIS) s.r.l.), chiarendo le ragioni per cui ha attribuito alla teste (OMISSIS) (dipendente di una societa' partecipata dalla moglie e dalla figlia del ricorrente), un interesse a rendere "dichiarazioni deresponsabilizzanti in favore dell'imputato" e, purtuttavia, osservando che ella aveva dato conto del fatto che (OMISSIS) (nonostante il ruolo di mero dipendente operante nel "settore cd food") si presentasse insieme a (OMISSIS) (ossia colui che lo stesso (OMISSIS) aveva indicato come soggetto da nominare amministratore della fallita) nel luogo in cui veniva esercitata l'attivita' di vendita di mobili (relativa a un diverso ramo d'azienda) dalla societa' partecipata dalla moglie e dalla figlia del ricorrente ((OMISSIS) s.r.l.s.)- che aveva "proseguito" l'attivita' della Distribuzione Italia s.r.l., gia' riferibile a (OMISSIS) e ai suoi familiari - per consegnare documentazione del nuovo ente; richiamando ancora la deposizione dell'avvocato (OMISSIS) e, quanto al periodo piu' recente (e, dunque, successivo al periodo in cui era cessato il rapporto professionale tra l'avvocato (OMISSIS) e il (OMISSIS)), l'esito della perquisizione eseguita all'atto dell'esecuzione della misura cautelare disposta nel presente procedimento, che ha consentito il rinvenimento nella disponibilita' di (OMISSIS) di documentazione della fallita (compresi alcuni estratti conto) nella quale non aveva piu' alcun ruolo, neppure come socio. Si tratta di un iter argomentativo che, pur non considerando la deposizione dell'imputato di reato connesso (OMISSIS) (cfr. retro, par. 1), che non puo', dunque, qui essere sindacato, atteso che: - la motivazione della sentenza di appello "e' del tutto congrua se il giudice abbia confutato gli argomenti che costituiscono l'ossatura dello schema difensivo dell'imputato, e non una per una tutte le deduzioni difensive della parte, ben potendo, in tale opera, richiamare alcuni passaggi dell'iter argomentativo della decisione di primo grado, quando appaia evidente che tali motivazioni corrispondano anche alla propria soluzione alle questioni prospettate dalla parte" (Sez. 6, n. 1307 del 29/09/2002, Delvai, Rv. 223061 - 01), poiche' "il giudice d'appello non e' tenuto a rispondere a tutte le argomentazioni svolte nell'impugnazione, giacche' le stesse possono essere disattese per implicito o per aver seguito un differente iter motivazionale o per evidente incompatibilita' con la ricostruzione effettuata" (Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015, Cammarota, Rv. 262575 - 01); - la mancanza, l'illogicita' e la contraddittorieta' della motivazione, come vizi addotti nel giudizio di legittimita', devono essere "di spessore tale da risultare percepibili ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimita' al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purche' siano spiegate in modo logico ed adeguato le ragioni del convincimento senza vizi giuridici" (Sez. 2, n. 46288 del 28/06/2016, Musa, Rv. 268360 01, che rimanda a Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794; Sez. U., n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074; Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260); - ragion per cui esso non puo' dirsi inficiato o incompleto solo perche' la Corte territoriale non ha analiticamente confutato le allegazioni difensive relative ai testi a discarico (dalle cui dichiarazioni non si trarrebbe l'esercizio di poteri gestori da parte di (OMISSIS)) in quanto, per l'appunto, la sentenza impugnata ha indicato - si ribadisce, in maniera non manifestamente illogica - i dati sulla scorta dei quali e' pervenuta a conclusioni contrarie; ne' il medesimo iter puo' dirsi utilmente censurato per il tramite del diverso apprezzamento di merito degli elementi in atti che nel resto il ricorso finisce per devolvere irritualmente in questa sede (Sez. 2, n. 46288/2016, cit.). Ancora, non puo' giovare a (OMISSIS) quanto dedotto in ordine alla portata probatoria delle dichiarazioni dell'avvocato (OMISSIS), profilo rispetto al quale il ricorso difetta anzitutto di specificita'. Difatti, fermo restando - come gia' retro rilevato - che e' consentita la testimonianza de relato del curatore (oltre che l'utilizzabilita' delle dichiarazioni dei soggetti escussi trasfuse nella relazione redatta ai sensi dell'articolo 33 L. Fall.), quanto all'identita' del (OMISSIS) - quale soggetto sentito dal curatore - il ricorso ha prospettato meri dubbi in via del tutto assertiva, non essendo peraltro previste ex se formalita' per l'assunzione delle informazioni che il curatore puo' riportare (tanto che la giurisprudenza ha pure ritenuto "utilizzabile, quale prova a carico dell'imputato, la testimonianza indiretta del curatore fallimentare sulle dichiarazioni accusatorie rese con una missiva da un coimputato non comparso in dibattimento e trasfuse dallo stesso curatore nella relazione redatta ai sensi dell'articolo 33 della legge fallimentare": Sez. 5, n. 32388/2015, cit.). E', infine, del tutto inconducente - non essendo stata nella specie riformata, bensi' confermata, la sentenza di primo grado, il riferimento - pure contenuto nel ricorso, alla necessita' di un esame diretto delle fonti a carico. 3. Il terzo e il quarto motivo, rispettivamente relativi alla contestata distrazione di un'autovettura (OMISSIS) e alla mancata qualificazione del fatto come bancarotta preferenziale, sono inammissibili in quanto manifestamente infondati e perche' non si confrontano compiutamente con la motivazione. Contrariamente a quanto assunto dal ricorrente, la Corte di merito ha dato conto della prospettazione del consulente della difesa (segnatamente esponendo analiticamente gli elementi gia' valorizzati dal Tribunale), in particolare evidenziando come quest'ultimo, in relazione al 2015, anno in cui si colloca il fatto in imputazione, avesse rappresentato che la societa' fallita (pur non essendo in dissesto) versasse in una situazione di crisi; ha rimarcato gli ingenti debiti tributari da essa non onorati a quel tempo; ed ha evidenziato come: il veicolo in discorso sia stato venduto a pochi mesi dall'acquisto, per un prezzo inferiore a quello della compera, a (OMISSIS) (figlio del ricorrente); il prezzo non sia stato pagato bensi' compensato l'anno successivo con una posta contabile ("debiti diversi") la cui effettiva consistenza il curatore non ha potuto accertare (essendo stata anzi rilevata la riduzione della medesima posta contabile, negli anni, in ragione di scritture contabili estranee ad essa, peraltro genericamente annotate "a nome (OMISSIS)") e la cui genesi neppure il consulente di parte ha saputo indicare se non in via ipotetica (per l'appunto ipotizzando che si trattasse di conferimenti); e proprio in ragione di tali ha ritenuto irrilevante che nell'oggetto sociale della fallita rientrasse la vendita di veicoli. Si tratta di un'argomentazione con evidenza congrua, che ha compiutamente disatteso le censure difensive, in maniera logica e conforme alla giurisprudenza di questa Corte, segnatamente - alla luce di quanto denunciato dal ricorso - in relazione alla sussistenza anche del prescritto elemento soggettivo del delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, avendo i Giudici di merito indicato gli elementi in forza dei quali hanno ravvisato "indici di fraudolenza" e in particolare (âEuroËœ"irriducibile estraneita' del fatto generatore dello squilibrio tra attivita' e passivita' rispetto a canoni di ragionevolezza imprenditoriale, necessari a dar corpo, da un lato, alla prognosi postuma di concreta messa in pericolo dell'integrita' del patrimonio dell'impresa, funzionale ad assicurare la garanzia dei creditori, e, dall'altro, all'accertamento in capo all'agente della consapevolezza e volonta' della condotta in concreto pericolosa" (Sez. 5, n. 38396 del 23/06/2017, Sgaramella, Rv. 270763 - 01). Ne deriva che la Corte di merito, avendo escluso che il credito della societa' fallita relativo al prezzo dell'automobile sia stato realmente estinto per compensazione con un credito vantato dall'acquirente (come esposto, ritenuto insussistente), ha a chiare lettere indicato le ragioni per cui non ha ravvisato gli estremi della bancarotta preferenziale. Il che priva di decisivita', al fine della tenuta della motivazione, le ulteriori considerazioni pure svolte dalla sentenza impugnata a proposito dell'imputazione in discorso. 4. Il quinto motivo, relativo alla delitto di bancarotta preferenziale contestato al n. 3 della rubrica (con riguardo al pagamento dei debiti della fallita da parte delle societa' (OMISSIS) s.r.l. e (OMISSIS) che in tal modo hanno estinto i propri debiti verso la prima), e' fondato nei limiti che seguono che seguono. "Per pacifico arresto giurisprudenziale, ai fini della configurabilita' del reato di bancarotta preferenziale e' necessaria la violazione della par condicio creditorum, che consiste nell'alterazione dell'ordine, stabilito dalla legge, di soddisfazione dei creditori"; e, "in tema di bancarotta preferenziale, l'esclusione dall'azione revocatoria dei pagamenti di beni e dei servizi effettuati nell'esercizio dell'attivita' di impresa nei termini d'uso, ai sensi dell'articolo 67, comma 2, lettera a), R.d 16 marzo 1942, n. 267, riguarda solo la soggezione ai rimedi di natura civilistica approntati a tutela della massa dei creditori, si' da non rendere penalmente lecite le corresponsioni compiute in violazione della parita' di trattamento dei creditori o dell'ordine di preferenza accordato per legge ad alcuni di essi" (Sez. U, n. 28910 del 28/02/2019, Suraci, Rv. 276286 - 03), ragion per cui le argomentazioni difensive non costituiscono utile censura rispetto alla ritenuta sussistenza dell'elemento oggettivo del reato, neppure allorche' richiamano l'istituto della delegazione di pagamento (che, per vero, pure nell'ottica civilistica costituisce un pagamento anomalo assoggettabile a revocatoria fallimentare ex articolo 67, comma 1, n. 2, L. Fall.: cfr. Sez. 6 civ., ord. n. 21585 del 07/07/2022, A. contro F.). Tuttavia, la Corte territoriale non ha in alcun modo argomentato in ordine alla sussistenza dell'elemento soggettivo del reato, nonostante quanto prospettato sul punto con l'atto di appello. Difatti, "in tema di bancarotta preferenziale, l'elemento soggettivo del reato e' costituito dal dolo specifico, consistente nella volonta' di recare un vantaggio al creditore soddisfatto, con l'accettazione della eventualita' di un danno per gli altri secondo lo schema del dolo eventuale; ne consegue che tale finalita' non e' ravvisabile allorche' il pagamento sia volto, in via esclusiva o prevalente, alla salvaguardia della attivita' sociale o imprenditoriale ed il risultato di evitare il fallimento possa ritenersi piu' che ragionevolmente perseguibile" (Sez. 5, n. 54465 del 05/06/2018, M., Rv. 274188 - 01; cfr. pure Sez. 5, n. 16983 del 05/03/2014, Liori, Rv. 262904 - 01, e Sez. 5, n. 18528 del 02/03/2020, Mazza, n. m.). Si impone, allora, in parte qua l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata. 5. Il sesto motivo - inerente all'affermazione di responsabilita' dell'imputato per il delitto di bancarotta impropria da operazioni dolose (n. 4 della rubrica), segnatamente con riferimento alla sussistenza dell'elemento soggettivo - e' inammissibile. I Giudici di merito hanno evidenziato come gia' dal 2012 la societa' fallita abbia omesso sistematicamente l'adempimento del proprie obbligazioni fiscali e previdenziali e come cio' abbia determinato un debito ingentissimo (per una somma superiore a Euro 1.600.000, cui ha fatto seguito peraltro una tardiva insinuazione al passivo per oltre Euro 600.000), rispetto a un passivo di circa Euro 2.900.000; e da cio' hanno tratto in piena conformita' alla giurisprudenza di questa Corte - che in piu' occasione ha chiarito come proprio nella condotta in discorso possano individuarsi le operazioni incriminate dall'articolo 223, comma 2, L. Fall., non soltanto la sussistenza dell'elemento oggettivo del reato (Sez. 5, n. 45672 del 01/10/2015, Lubrina, Rv. 265510; Sez. 5, n. 47621 del 25/09/2014 - dep. 18/11/2014, Prandini, Rv. 261684; Sez. 5, n. 29586 del 15/05/2014, Belleri, Rv. 260492; Sez. 5, n. 12426 del 29/11/2013 - dep. 2014, Beretta, Rv. 259997; Sez. 5, n. 17690 del 18/02/2010, (OMISSIS) S.p.a., Rv. 247313 - 4 - 5), ma anche di quello soggettivo correttamente indicato nella "consapevolezza e volonta' della natura "dolosa" dell'azione, costitutiva dell'"operazione", a cui segue il dissesto, in uno con l'astratta prevedibilita' dell'evento scaturito per effetto dell'azione antidoverosa" che, secondo la giurisprudenza dominante, costituisce una "eccezionale ipotesi di fattispecie a sfondo preterintenzionale"; cfr. Sez. 5, n. 11956 del 07/12/2017 - dep. 2018, Motta, Rv. 272846 - 01; Sez. 5, n. 45672/2015, cit.; Sez. 5, n. 38728 del 3/4/2014, Rampino, Rv.262207) -, traendo proprio dall'elevatissimo importo dei debiti sistematicamente non onorati nel tempo (e del conseguente incrementarsi di essi per accessori e sanzioni) e ancor piu' dal fatto che essi costituissero ampia parte dell'esposizione dell'ente, la prevedibilita' del dissesto come effetto della condotta antidoverosa. Tale puntuale argomentazione non puo' dirsi utilmente censurata per il tramite degli elementi di fatto, irritualmente dedotti in questa sede dalla difesa, relativi alla capienza patrimoniale della societa' nel 2016 e all'impossibilita' di esigere la somma - pari a complessivi Euro 605.000, ben inferiore al detto debito verso i creditori pubblici - gia' destinata a impeghi bancari ed esposta nel bilancio del 2017. 6. Il settimo motivo - relativo all'affermazione della responsabilita' di (OMISSIS) per bancarotta distrattiva con riferimento alle operazioni di dismissione di attivita' della societa' fallita senza corrispettivo (indicate al n. 5 della rubrica) e, in via subordinata, alla mancata qualificazione del fatto come bancarotta preferenziale - e' fondato nei limiti di seguito chiariti. La Corte territoriale ha ritenuto infondato il gravame attribuendo rilievo decisivo al fatto che, per il tramite delle operazioni in discorso, nell'imminenza del fallimento, quando il dissesto era conclamato e irreversibile, la fallita sia stata privata del complesso aziendale, ossia "di una fondamentale porzione di ricchezza e della possibilita' di perseguire utilmente l'oggetto sociale" senza alcuna adeguata contropartita, cosi' creando pregiudizio ai creditori. Vero e' che sussiste il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale "anche in presenza di un'iniziativa economica in se' legittima, che si riferisca ad una impresa in stato pre-fallimentare", e produca "riflessi negativi per i creditori" (Sez. 5, n. 24024 del 01/04/2015, Bellachioma, Rv. 263943 - 01, relativa alla cessione di un ramo di azienda di un'impresa in stato fallimentare, effettuata per un prezzo corrispondente alla differenza algebrica tra attivita' e passivita' del ramo di azienda ma che, per la sua esiguita', aveva reso la cedente priva di beni e della possibilita' di proseguire utilmente l'attivita', con conseguente sottrazione di ogni garanzia per i crediti non compresi nel trasferimento). Tuttavia, nel caso di specie la sentenza impugnata ha affermato che le fatture emesse dalla societa' fallita in favore della "societa' subentranti" (segnatamente, relative alla vendita del magazzino) siano state "saldate mediante compensazioni contabili", in alcun modo specificate nonostante quanto allegato sul punto con l'atto di appello. Il che ha incidenza non solo in ordine alla sussistenza del delitto in contestazione ma anche in ordine alla corretta qualificazione sub specie iuris del fatto (atteso che "in tema di reati fallimentari, la cessione di azienda, che comporti la sola impossibilita' per la fallita di proseguire la propria attivita', integra una delle ipotesi previste dall'articolo 223, comma 2, n. 2 L.F. e non il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale, occorrendo, a tale fine, che la cessione avvenga a prezzo incongruo o a condizioni idonee a ledere il patrimonio della fallita": Sez. 5, n. 5991 del 10/01/2023, Parenti, Rv. 284249 - 01; cfr. pure Sez. 5, n. 533 del 14/10/2016, dep. 2017, Zaccaria, Rv. 269019). Dunque, anche in ordine al delitto in discorso la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio. 7. L'ottavo motivo, relativo alla bancarotta fraudolenta per dissipazione (n. 6 della rubrica) avente ad oggetto i contratti di leasing di due veicoli (OMISSIS) e (OMISSIS), e' inammissibile perche' manifestamente infondato allorche' denuncia che la motivazione sarebbe apparente e nel resto e' generico. Invero: - a fronte dell'iter argomentativo della decisione impugnata, che: ha osservato come la stipula dei contratti relativi alle vetture - in un momento in cui l'impresa gia' versava in stato di dissesto (tanto che stava dismettendo i propri punti vendita) - non potesse ricondursi all'oggetto sociale dell'ente (il commercio di autovetture), cui i mezzi non sono mai stati destinati (e anzi una di esse era l'auto in uso all'imputato); ed ha evidenziato come dalla sottoscrizione dei contratti sia derivata l'assunzione di ulteriori obbligazioni per la fallita (rappresentando che gia' il primo Giudice aveva osservato come il noleggio dei mezzi da parte della fallita alla (OMISSIS) s.r.l.s. - sempre riconducibile a (OMISSIS) - fosse avvenuto per importi inferiori rispetto a quelli che invece la fallita ha corrisposto alle societa' che avevano concesso i mezzi in locazione finanziaria); - la difesa ha prospettato - oltre all'apparenza della motivazione che, con evidenza, non ricorre in ragione di quanto appena esposto - che la Corte territoriale non avrebbe considerato che, come dedotto con il gravame, le operazioni in discorso avrebbero prodotto vantaggi fiscali, profilo in relazione al quale il ricorso fa apodittico rimando all'atto di appello (cfr. Sez. 3, n. 8065 del 21/09/2018 - dep. 2019, C., Rv. 275853 - 02; Sez. 3, n. 35964 del 04/11/2014 - dep. 2015, B., Rv. 264879 - 01) e, allorche' ha richiamato gli importi versati da (OMISSIS) s.r.l. alla fallita per il godimento dei veicoli, non si e' confrontato con la motivazione (cfr. Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584 - 01) che - si e' appena riportato - ha rilevato come gli importi riscossi dalla fallita fossero inferiori a quelli da essa dovuti per il leasing. 8. Il nono motivo, che attiene al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e all'irrogazione di una pena superiore al minimo, e' assorbito. 9. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente ai capi 3 e 5, con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Milano; e il ricorso deve essere rigettato nel resto. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente ai capi 3 e 5 con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Milano. Rigetta nel resto il ricorso.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. PARDO Ignazio - Presidente Dott. CIANFROCCA Pierluig - rel. Consigliere Dott. D'AURIA Donato - Consigliere Dott. FLORIT Francesco - Consigliere Dott. ARIOLLI Giovanni - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); contro la sentenza della Corte di Appello di Venezia del 15.3.2022; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Dott. CIANFROCCA Pierluigi; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CUOMO Luigi, che ha concluso per il rigetto del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. La Corte di appello di Venezia ha confermato la sentenza con cui il GUP presso il Tribunale di Bellino, in data 11.3.2021, aveva riconosciuto (OMISSIS) responsabile dei fatti di truffa ed appropriazione indebita a lui ascritti ai capi 1), 3), 4) e 5) dell'imputazione e, ritenuto il vincolo della continuazione, escluse la aggravante di cui all'articolo 640 c.p., comma 2, n. 2-bis e la recidiva, applicata la riduzione per la scelta del rito, lo aveva condannato alla pena finale di anni 1 e mesi 8 di reclusione ed Euro 500 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali ed al risarcimento dei danni patiti dalle costituite parti civili ed equitativamente liquidati con le spese; 2. ricorre per cassazione il difensore del (OMISSIS) deducendo: 2.1 nullita' della sentenza impugnata per erronea applicazione della legge penale: con riguardo all'articolo 640 c.p.: rileva che ne' nella vicenda relativa ai coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS) ne', tantomeno, in quella di don (OMISSIS), sono ravvisabili gli estremi dell'artificio e del raggiro e, percio' il delitto di truffa; ripercorre, percio', la prima delle due vicende segnalando come fossero circostanze rispondenti al vero non soltanto il suo recente divorzio ma, anche, la precarieta' delle sue condizioni economiche che lo avevano indotto a chiedere prestiti a diverse persone con il timore di poter perdere l'affidamento delle figlie e nella convinzione di poter restituire quanto ottenuto; erronea applicazione dell'articolo 646 c.p.: rileva che il delitto di appropriazione indebita si caratterizza per l'esercizio, sulla cosa di cui l'agente abbia il possesso legittimo di poteri superiori rispetto a quelli corrispondenti al titolo e spettanti esclusivamente al proprietario; segnala che, nel caso di specie, siffatto requisito non era ravvisabile dal momento che l'imputato aveva ricevuto la moto ed i caschi per effettuare una prova e non aveva mai esorbitato dai limiti propri del titolo per il quale ne aveva ricevuto la disponibilita'; ne', aggiunge, la condotta era animata dal dolo di fattispecie; erronea individuazione del trattamento sanzionatorio: rileva l'eccessivita' della pena e la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche oltre che del beneficio della sospensione condizionale che, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte, ben poteva essere concesso atteso che la condanna precedente, intervenuta nel 2007, era ormai estinta ai sensi dell'articolo 445 c.p.p.; 2.2 nullita' della sentenza per violazione della legge penale: inosservanza dell'articolo 61 c.p., comma 1, n. 7 e articolo 192 c.p.p.: rileva che in nessuno dei casi esaminati e per i quali e' intervenuta condanna sussistevano le condizioni per ritenere la aggravante di cui all'articolo 61 c.p., n. 7; segnala che gli importi oggetto della ritenuta truffa erano pari ad Euro 19.000 per i coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS), 16.000 Euro per la sig.ra (OMISSIS) ed Euro 14.000 per Don (OMISSIS) e che la Corte ha giustificato la conferma della aggravante con le parole delle persone offese che avevano riferito trattarsi di gran parte o di tutti i loro risparmi; rileva che la valutazione circa la aggravante deve avere ad oggetto, in primo luogo, l'entita' del bene o dei valori e solo in seconda battuta le condizioni economiche della persona offesa e va motivata in termini che non possono coincidere con le parole di quest'ultima; inosservanza dell'articolo 192 c.p.p. in relazione alla prova della conoscenza del termine di restituzione della res nella vicenda qualificata in termini di appropriazione indebita: rileva che nella vicenda sopra indicata non e' mai emersa la prova della conoscenza, da parte dell'imputato, di un termine per la restituzione di quanto ricevuto laddove la formulazione di richieste prima verbali e poi per iscritto da parte del legale rappresentante della (OMISSIS) S.r.l. rappresenta un mero assunto di parte; 2.3 nullita' della sentenza per mancanza di motivazione: motivazione per relationem: rileva che la Corte di appello si e' riportata, in punto di qualificazione dei fatti in termini di illecito penale, alle considerazioni svolte dal primo giudice senza alcuna ulteriore argomentazione propria; mancanza grafica di singoli elementi esplicativi riguardanti le statuizioni civili: rileva che la Corte di appello non ha motivato in ordine al motivo di gravame che era stato articolato dalla difesa in punto di difetto di prova circa il danno morale liquidato dai primo giudice nella misura di Euro 5.000; 2.4 nullita' della sentenza per illogicita' della motivazione: illogicita' nella determinazione della pena: rileva la contraddittorieta' della motivazione del primo giudice che, dopo aver escluso la recidiva e ritenuto gli altri due reati l'uno estinto e l'altro di contenuta gravita', ha tuttavia quantificato la pena sulla considerazione della gravita' del fatto e dei precedenti penali dell'imputato; segnala che siffatta incongruita' non e' stata sanata dalla Corte di appello che non ha concesso ne' le attenuanti generiche ne' il beneficio della sospensione condizionale invocando, a tal fine, una giurisprudenza in tema di indulto; 3. la Procura Generale ha trasmesso la requisitoria scritta ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8 concludendo per l'inammissibilita' del ricorso: rileva che, con riguardo al primo motivo, la Corte di appello, con motivazione congrua e logica, ha evidenziato la condotta tenuta dal ricorrente che, influendo sulla volonta' delle vittime cui prospettava un bisogno urgente e fasullo, aveva indotto costoro ad erogare somme di denaro frutto di un comportamento decettivo e non relegabile nel perimetro dell'inadempimento civilistico; segnala, con riguardo al secondo motivo, che la Corte territoriale ha ben delineato il momento in cui era intervenuta la interversione del possesso facendo riferimento alla scadenza del tempo connaturato alla disponibilita' del mezzo ottenuto dal ricorrente; quanto al terzo motivo, osserva che i giudici di merito, con motivazione congrua ed insindacabile, hanno ritenuto di non poter rinvenire alcun elemento positivamente apprezzabile per il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche come, anche, per addivenire ad una mitigazione della pena la cui entita', motivatamente superiore al minimo edittale, non consentita, unitamente a quelle preesistenti, di fruire del beneficio della sospensione condizionale; 4. la difesa del (OMISSIS) ha trasmesso le proprie conclusioni scritte insistendo per l'accoglimento del ricorso ed il conseguente annullamento della sentenza impugnata. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso e' inammissibile in quanto articolato su censure manifestamente infondate o, comunque, non consentite in questa sede. 1. Pur deducendo violazione di legge penale e vizio di motivazione sulla sussistenza degli estremi del delitto di truffa, infatti, la difesa propone censure estranee al perimetro delle questioni suscettibili di essere dedotte in sede di legittimita'. Il ricorrente denunzia la insussistenza degli elementi costitutivi della fattispecie incriminatrice; in tal modo, tuttavia, lungi dal declinare un vizio di legittimita', la doglianza finisce per contestare il giudizio di responsabilita', ovvero il risultato probatorio cui sono approdati i giudici di merito che, pur utilizzando percorsi diversi, sono stati tuttavia concordi nel ritenere al contrario tali elementi riscontrati nella ricostruzione della concreta vicenda processuale. Ai fini della corretta deduzione del vizio di violazione di legge, infatti, il motivo di ricorso deve essere articolato sotto il profilo della contestazione della riconducibilita' del fatto - cosi' come ricostruito dai giudici di merito - nella fattispecie astratta delineata dal legislatore; altra cosa, invece, e', come accade sovente ed anche nel caso di specie, mettere in dubbio che le emergenze istruttorie acquisite consentano di ricostruire la condotta di cui si discute in termini idonei a ricondurla al paradigma legale. Il motivo di ricorso, percio', pur evocando profili di violazione di legge e vizio di motivazione si risolve, in realta', nel sollecitare una rivalutazione degli elementi acquisiti, certamente non consentita in questa sede, avendo i giudici di appello sorretto la loro decisione sulla scorta di apprezzamenti di merito sottratti, in quanto sostenuti da una motivazione non manifestamente illogica o contraddittoria, alla valutazione di questa Corte atteso che il controllo di legittimita' sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui va saggiata la oggettiva tenuta sotto il profilo logico ed argomentativo, restando preclusa in questa sede la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti. 1.1 I giudici di merito, con valutazione conforme delle medesime emergenze processuali, hanno ben evidenziato la natura truffaldina delle condotte tenute dal (OMISSIS) nei confronti, di volta in volta, di persone anziane, amiche di famiglia, ovvero, come il (OMISSIS), un sacerdote, indotte a prestargli somme di denaro sulla falsa rappresentazione della urgenza di doverne consegnare degli importi consistenti pena l'allontanamento delle figlie da parte del Tribunale, e corredando tali raggiri con artifizi quali quello di farsi consegnare dalla (OMISSIS) copia della patente di guida della persona offesa con il pretesto di bonificarle la somma avendola invece consegnata ad un concessionario di auto cui il prestito era stato girato. La censura articolata nel ricorso non si confronta con la analitica e puntuale ricostruzione operata dalla Corte territoriale e pretende, come accennato, di operare una rilettura della vicenda in termini ingiustificatamente riduttivi e, in ogni caso, non consentiti in questa sede. 1.2 Anche con riguardo alla imputazione di appropriazione indebita, la censura difensiva si risolve in un tentativo di rilettura della vicenda che non tiene conto di quanto accertato nei due gradi di merito e correttamente esposto nelle sentenze di primo e secondo grado. In particolare, la difesa si e' del tutto disinteressata alla motivazione della sentenza impugnata che ha ravvisato l'atto di interversione del possesso nel mantenimento della disponibilita' dei beni oltre il lasso di tempo fisiologicamente naturale alla prova della moto considerato che la moto ed i caschi, che erano stati consegnati per una "prova" nel mese di agosto, vennero restituiti soltanto alla fine dell'anno ed all'esito di una procedura di sequestro; la stessa Corte di appello ha anche sottolineato che l'imputato aveva utilizzato la moto uti dominus, come comprovato dai danni rilevati su di essa, e non come mero detentore precario in vista della "prova" del mezzo da restituire nelle medesime condizioni in cui lo aveva ricevuto. Si tratta di una considerazione del tutto corretta e conforme ai principi fissati dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il delitto di appropriazione indebita puo' sussistere sia nel caso in cui l'agente dia alla cosa una destinazione incompatibile con il titolo e con le ragioni del suo possesso sia nel caso in cui egli ometta deliberatamente di restituire la cosa, giacche' in entrambe le ipotesi e' manifesta la sua volonta' di affermare un dominio sulla cosa posseduta (cfr., Sez. 2, n. 44650 del 24/09/2015, Nannei, Rv. 264899 - 01; cfr., anche, Sez. 2 -, n. 37358 del 06/11/2020, Di Marsico, Rv. 280462 - 01, che ha ritenuto integrato il delitto di appropriazione indebita la condotta dell'agente che, ricevuta la merce "in conto visione", la trattenga oltre il termine di un anno dalla consegna senza pagarne il prezzo ovvero assolvere agli obblighi di auto-fatturazione, anche qualora nel contratto manchi l'indicazione di un termine per la restituzione; cfr., anche Sez. 2 - n. 6998 del 23/01/2019, De Cotiis, Rv. 275607 - 01, in cui, sempre in applicazione del medesimo principio, si e' affermato che nel caso di noleggio di breve durata, allo scadere del termine si configura un obbligo di restituzione tempestiva che, ove non adempiuto in assenza di giustificazioni, si configurata quale interversio possessionis ai sensi dell'articolo 646 c.p., anche in assenza di una richiesta di restituzione del noleggiatore). 1.3 Manifestamente infondato e', inoltre, il rilievo operato dalla difesa circa la conferma della aggravante di cui all'articolo 61 c.p., n. 7 avendo i giudici di merito correttamente motivato sul punto richiamando le dichiarazioni della (OMISSIS) che aveva affermato di "... aver utilizzato tutta la sua liquidita' e lo sconfino del conto corrente e di aver dovuto svincolare parte di alcuni investimenti per avere la liquidita' e coprire lo sconfino" laddove anche il (OMISSIS) e la (OMISSIS) avevano dichiarato di aver consegnato all'imputato una parte rilevante dei loro risparmi, come pure aveva riferito don (OMISSIS). E' infatti consolidato, nella giurisprudenza di questa Corte, il principio per cui, nel valutare l'applicabilita' della circostanza aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravita', puo' farsi riferimento alle condizioni economico-finanziarie della persona offesa qualora il danno sofferto, pur non essendo di entita' oggettiva notevole, puo' essere qualificato tale in relazione alle particolari condizioni della vittima, che sono invece irrilevanti quando l'entita' oggettiva del danno e' tale da integrare di per se' un danno patrimoniale di rilevante gravita' (cfr., Sez. 2, n. 33432 del 14/07/2015, Di Filippo, Rv. 264543 - 01, in cui la Corte ha ritenuto sussistere l'aggravante con riferimento ad un danno ricompreso tra 20.000 e 50.000 Euro, a prescindere dalla capacita' economica delle vittime del reato). 1.4 Manifestamente infondati sono, inoltre, i rilievi operati in ordine al trattamento sanzionatorio avendo la Corte di appello, in termini del tutto congrui e con cui la difesa omette di confrontarsi, ampiamente motivato (cfr., pag. 10 della sentenza) sull'entita' della pena-base stabilita sul capo 1) della rubrica dando rilievo alle modalita' della condotta che sono state correttamente apprezzate dai giudici di merito come emblematiche anche sotto il profilo soggettivo della intensita' del dolo. Analoga motivazione e' stata resa dalla Corte di appello quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche mentre incensurabile, in diritto, e' la considerazione secondo cui la intervenuta estinzione del reato oggetto di precedente "patteggiamento" osta, comunque, al riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale (cfr., sul punto, Sez. 3 -, n. 43095 del 12/10/2021, Cecchinato, Rv. 282377 - 01, in cui la Corte ha spiegato che, ai fini del diniego della sospensione condizionale della pena, la sentenza di applicazione della pena, in quanto equiparata a sentenza di condanna, costituisce un precedente penale, valutabile anche nell'ipotesi in cui sia gia' intervenuta, ai sensi dell'articolo 445 c.p.p., comma 2, l'estinzione del reato cui essa si riferisce; coni., Sez. 3, n. 23952 del 30/04/2015, Di Pietro, Rv. 263850 - 01). 1.4 Il ricorso, infine, e' assolutamente aspecifico laddove non si confronta con la sentenza di appello che ha qualificato il motivo di gravame sul danno morale come del tutto generico e per questa ragione limitandosi a rinviare alle considerazioni - non validamente intaccate - del primo giudice. 2. L'inammissibilita' del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., della somma di Euro 3.000 in favore della Cassa delle Ammende non ravvisandosi ragione alcuna d'esonero. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. PEZZULLO Rosa - Presidente Dott. Scarl INI V.S. Enrico - Consigliere Dott. CANANZI Francesc - Consigliere Dott. PILLA Egle - Consigliere Dott. BIFULCO Daniela - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 31/10/2022 del TRIB. LIBERTA' di SALERNO; udita la relazione svolta dal Consigliere ENRICO VITTORIO STANISLAO SCARLINI; dato atto che si e' proceduto de plano. RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza del 31 ottobre 2022, il Tribunale di Salerno, in sede di riesame, confermava il provvedimento con il quale il Gip del medesimo Tribunale aveva disposto il sequestro preventivo di due autovetture di cui (OMISSIS), si era indebitamente appropriato sottraendole alla societa', srl (OMISSIS), che li aveva avuti in noleggio dalla proprietaria (OMISSIS) spa, formando, (OMISSIS), falsi atti di vendita (a nome della spa Avis), atti che produceva alla motorizzazione per il passaggio di proprieta'. Il Tribunale riteneva priva di fondamento la richiesta di riesame del vincolo avanzata dalla srl (OMISSIS) srl, proprietaria di una della auto (la (OMISSIS)), in persona di (OMISSIS), per averla in buona fede acquistata da (OMISSIS) a sua volta avente causa da (OMISSIS). Il Tribunale, premessa la sussistenza dei requisiti del vincolo nei confronti del (OMISSIS), il fumus commissi delicti ed il periculum in mora, aveva osservato come il sequestro preventivo adottato non fosse finalizzato alla confisca (dovendo la vettura essere restituita al proprietario che ne era stato spogliato) e potesse quindi vincolare anche beni acquistati dal terzo in buona fede (Cass. n. 57595/2018). Nel caso di specie poi doveva altresi' considerarsi che erano falsi anche gli atti notarili di compravendita delle vetture cosi' che la societa' ricorrente ne era divenuta solo formalmente proprietaria. 2. Propone ricorso la srl (OMISSIS) nella persona del legale rappresentante (OMISSIS), a mezzo del proprio difensore, articolando le proprie censure in due motivi. 2.1. Con il primo deduce la violazione di legge in quanto il Tribunale non aveva considerato che, qualora non si versasse nell'ipotesi di cui agli articoli 1156 e 2688 c.c. a causa della illegittimita' della trascrizione degli atti di vendita, andrebbe pur sempre applicato il disposto dell'articolo 153 c.c. con il conseguente consolidamento dell'acquisto in buona fede (Cass. n. 5600/2001). 2.2. Con il secondo motivo lamenta la violazione di legge ed il difetto di motivazione in relazione al ritenuto periculum in mora posto che l'indagato (OMISSIS), non avrebbe comunque piu' potuto disperdere il bene non essendone piu' ne' il proprietario ne' il detentore (Cass. n. 5 luglio 2005). CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso e' inammissibile perche' tardivamente proposto. 1. Si e', infatti, affermato che, in tema di impugnazioni cautelari, il ricorso per cassazione avverso la decisione del tribunale del riesame o, in caso di ricorso immediato, del giudice che ha emesso la misura, deve essere presentato esclusivamente presso la cancelleria del tribunale che ha emesso la decisione o, nel caso indicato dall'articolo 311 c.p.p., comma 2, del giudice che ha emesso l'ordinanza, ponendosi a carico del ricorrente il rischio che l'impugnazione, ove presentata ad un ufficio diverso, sia dichiarata inammissibile per tardivita', in quanto, escluso comunque che sulla cancelleria incomba l'obbligo di trasmissione degli atti al giudice competente ex articolo 582 c.p.p., comma 2, la data di presentazione rilevante ai fini della tempestivita' e' quella in cui l'atto perviene all'ufficio competente a riceverlo (Sez. U, n. 1626 del 24/09/2020, dep. 2021, Bottari, Rv. 280167). Nel caso di specie, il termine di 15 giorni (Sez. 3, n. 13737 del 15/11/2018, dep. 2019, Ficarra, Rv. 275190) per l'impugnazione dell'ordinanza, dalla comunicazione del provvedimento avvenuta il 2 novembre 2022, era spirato il 17 novembre 2022 mentre il ricorso per cassazione era pervenuto alla cancelleria del Tribunale per il riesame solo il 30 novembre 2022. 2. Comunque il ricorso sarebbe stato anche manifestamente infondato perche' non si era considerata la consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo cui il sequestro preventivo non finalizzato alla confisca, come e' il vincolo reale per cui e' processo, implica l'esistenza di un collegamento tra il reato e la cosa e non tra il reato e il suo autore, sicche' possono essere oggetto del provvedimento anche le cose in proprieta' di un terzo, estraneo all'illecito ed in buona fede, se la loro libera disponibilita' sia idonea a costituire pericolo di aggravamento o di protrazione delle conseguenze del reato ovvero di agevolazione della commissione di ulteriori fatti penalmente rilevanti (Sez. 3, n. 57595 del 25/10/2018, Cervino, Rv. 274691), come era stato adeguatamente motivato nel provvedimento impugnato. 3. All'inammissibilita' del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, versando il medesimo in colpa, della somma di Euro 4.000,00 in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 4.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FERRANTI Donatella - Presidente Dott. SERRAO Eugenia - rel. Consigliere Dott. BELLINI Ugo - Consigliere Dott. BRUNO Mariarosaria - Consigliere Dott. RICCI Anna L.A. - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 28/11/2022 del TRIB. LIBERTA' di MILANO; udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. EUGENIA SERRAO; letta la requisitoria del Procuratore generale, che ha concluso per il rigetto del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Il Tribunale di Milano, In funzione di giudice del riesame, con l'ordinanza indicata in epigrafe, ha confermato il provvedimento emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano il 19/10/2022, con cui e' stata applicata la misura della custodia in carcere nei confronti di (OMISSIS) in relazione al delitto di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 74, commi 1, 2 e 3, e L. 16 marzo 2006, n. 146, articolo 3 per avere partecipato a un'associazione con carattere transnazionale operante in Italia, in Spagna e in altre parti del territorio estero finalizzata alla commissione di piu' delitti di importazione, vendita, cessione, distribuzione, commercio, acquisto, trasporto, consegna e detenzione illecita di decine e decine di tonnellate di sostanze stupefacenti del tipo hashish o marijuana, con l'aggravante del fatto commesso da un'associazione composta da dieci o piu' persone e con l'aggravante del fatto commesso da un'associazione in cui taluni dei partecipanti sono dediti all'uso di sostanze stupefacenti. Fatto accertato per la prima volta in (OMISSIS) e commesso anche in data precedente e successiva in Italia, in Spagna e in altre parti del territorio estero da un gruppo criminale organizzato operante in piu' Stati. 2. In particolare, l'ipotesi accusatoria formulata nei confronti di (OMISSIS) (alias "(OMISSIS)" o "(OMISSIS)" o "(OMISSIS)" o "(OMISSIS)") a sostegno del provvedimento cautelare, rimodulata in termini di partecipazione al sodalizio, concerne le seguenti condotte: a) ha organizzato e gestito in molteplici circostanze (capi 9), 10), 14) 15), come emerge in modo fin troppo evidente dalle chat estrapolate dall'apparecchio (OMISSIS) a lui in uso al momento dell'arresto in flagranza avvenuto il (OMISSIS), dalle successive conversazioni criptate acquisite tramite OEI in Francia (relative a (OMISSIS) e a (OMISSIS)) e sulla base delle direttive costantemente impartite dal "capo" (OMISSIS) e da (OMISSIS), tutte le complesse e articolate fasi legate alla ricezione, allo scarico dei bancali/scatoloni di cartone, al trasporto presso alcune pertinenze della sua abitazione in Gar(OMISSIS), allo stoccaggio e alle successive operazioni di smaltimento dei carichi di copertura, nonche' di distribuzione, consegna e cessione a terzi (nella specie, ai "clienti" personali di (OMISSIS) e/o o a quelli dello stabile acquirente (OMISSIS)) di innumerevoli carichi di stupefacente del tipo marijuana e/o hashish (per un peso complessivo di centinaia e centinaia di chilogrammi) importati in Italia dalla Spagna da (OMISSIS) tramite furgoni e/o camion autoarticolati refrigerati con l'impiego, per l'appunto, dei citati carichi di copertura; con operazioni di concreta gestione logistica (compiute, seppure non pienamente in autonomia ma, con riguardo ad uno specifico rilevante settore operativo del sodalizio), di trasporto (anche mediante noleggio di furgoni) e di cessione a terzi dei carichi di stupefacente (con ricezione di un ulteriore specifico compenso per il servizio di trasporto elargito dai vari "clienti" di (OMISSIS)) effettuate almeno sin dal dicembre 2019 (essendo in tale ruolo subentrato al sodale (OMISSIS)) (cfr. suddetta chat (OMISSIS)/ (OMISSIS) del (OMISSIS)) e fino al (OMISSIS) (data dell'arresto in flagranza, cfr. capo 14) della rubrica), anche nei periodi di lockdown legati all'emergenza sanitaria COVID-19 e nonostante le restrizioni alla circolazione dei mezzi di trasporto (e cio' abusando della circostanza di essere un militare - seppure all'epoca temporaneamente sospeso dal servizio per motivi disciplinari - e di potere pertanto circolare senza essere sottoposto a controlli o potendoli evitare agevolmente, indossando in molti casi la tuta mimetica dell'Esercito Italiano ovvero esibendo all'occorrenza il proprio tesserino di servizio); b) ha gestito la predetta "logistica", avvalendosi - sempre d'intesa con il capo (OMISSIS) - del contributo del sodale (OMISSIS); soggetto quest'ultimo stabilmente a disposizione del sodalizio, ove possibile e necessario, per l'operazione di scarico presso i capannoni di Origgio in uso alla sua ditta (OMISSIS) s.r.l. (come concretamente avvenuto in data 28 marzo 2020, capo 9) della rubrica), per il trasporto dello stupefacente - con l'impiego di un furgone dell' (OMISSIS) s.r.l. - dal luogo di ritiro fino all'abitazione di (OMISSIS) di (OMISSIS) (come inizialmente programmato in occasione degli scarichi avvenuti a Mozzo in data 8 maggio 2020 e (OMISSIS)), nonche' per la delicata fase dello smaltimento dei "carichi" di copertura con i quali viaggiava con lo stupefacente (come concretamente verificatosi il pomeriggio dell'8 maggio e come programmato in occasione del pomeriggio del (OMISSIS)); c) ha gestito la predetta "logistica", avvalendosi altresi' - sempre d'intesa con il capo (OMISSIS) - del contributo della compagna convivente (OMISSIS); soggetto quest'ultimo stabilmente a disposizione del sodalizio nella delicata fase della prenotazione e del noleggio, (con formale intestazione dei relativi contratti con guida esclusiva) presso l'agenzia (OMISSIS) e presso quella di Limito di Pioltello, dei furgoni utilizzati in almeno due occasioni (in data 8 maggio e in data (OMISSIS)) dal solo (OMISSIS) per il ritiro dello stupefacente in arrivo a (OMISSIS) dalla Spagna e per il successivo trasporto a Gar(OMISSIS) presso le pertinenze della propria abitazione; d) ha provveduto in una occasione a dare seguito a una specifica disposizione di (OMISSIS), provvedendo a ritirare in data (OMISSIS) (nei pressi di un'industria dolciaria sita a (OMISSIS)) una cospicua somma di denaro n. m.q. consegnatagli dall'autista spagnolo/sodale (OMISSIS) (ovvero il medesimo autista che in data 28 marzo 2020 aveva provveduto a consegnare il carico di stupefacente presso il capannone dell' (OMISSIS) s.r.l. di (OMISSIS)); e) ha ricevuto dai soggetti facenti parte con ruolo apicale del medesimo sodalizio criminoso (ovvero (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) l'assistenza legale in occasione dell'arresto in flagranza avvenuto il (OMISSIS), essendogli imposta la nomina quale legale di fiducia dell'avv. (OMISSIS) del foro di Milano; f) ha provveduto a curare, sulla base delle direttive impartite da (OMISSIS) e da (OMISSIS), nonche' aggiornandoli costantemente circa l'avvenuta concreta ricezione dei corrispettivi pattuiti da costoro, le operazioni materiali di raccolta degli ingenti proventi dell'attivita' di cessione dello stupefacente in Italia (effettuate da (OMISSIS) per conto di (OMISSIS) e/o di (OMISSIS)) e delle successive sistematiche consegne di denaro (materialmente effettuate e gestite quasi autonomamente da (OMISSIS)) presso l'hawalader cinese sito nei pressi di via (OMISSIS), finalizzate alla spedizione in Spagna (in un'occasione anche direttamente in favore del fornitore spagnolo ushfrost) dei predetti proventi per il tramite del sistema "hawala"; g) ha provveduto almeno in un'occasione a dare seguito a specifiche disposizioni di (OMISSIS), finalizzate a far fronte alle richieste di denaro avanzate dal sodale (OMISSIS); h) ha partecipato, in concorso con i sodali (OMISSIS) e (OMISSIS), a operazioni di vendita a terzi di sostanza stupefacente (capo 13) (n.d.r. il riferimento a (OMISSIS) nel capo di imputazione deve intendersi a (OMISSIS), come si evince dalla lettura del capo di imputazione n. 13), tenendo costantemente aggiornato (OMISSIS) delle condotte delittuose poste in essere; i) e' intervenuto per risolvere le problematiche sorte in seno al sodalizio, in particolare in occasione del furto della somma di denaro da parte di (OMISSIS) in danno di (OMISSIS); nella specie, pianificando e ponendo in essere, su disposizione di (OMISSIS) e con il contributo materiale di (OMISSIS), una violenta spedizione punitiva in danno di (OMISSIS); m) si e' informato ed e' stato costantemente aggiornato dai soggetti aventi un ruolo apicale in seno al sodalizio circa la concreta operativita', durante l'emergenza sanitaria in atto, di (OMISSIS) (detto "(OMISSIS)") (cfr. chat intercorsa il 31 marzo 2020 tra (OMISSIS) e il cugino (OMISSIS), nell'occasione usurario del nickname "(OMISSIS)", nonche' il contenuto delle conversazioni ambientali intercettate il 12 maggio 2023 tra (OMISSIS) e (OMISSIS), e il 18 maggio 2020 tra (OMISSIS) e (OMISSIS)); n) piu' in generale, si e' messo a completa disposizione degli interessi del sodalizio, cooperando con gli altri associati nella realizzazione del programma criminoso del gruppo. 3. (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione censurando l'ordinanza, con il primo motivo, per erronea applicazione dell'articolo 297 c.p.p., comma 3, e dei principi giurisprudenziali che regolano il meccanismo delle contestazioni a catena nei casi di emissione, in procedimenti diversi, di piu' ordinanze per reati connessi. La difesa, ricordando che in data (OMISSIS) (OMISSIS) era stato arrestato in flagranza del reato di cui all'articolo 73, comma 4, Testo Unico Stup. perche' trasportava circa 40 chili di sostanza stupefacente del tipo marijuana e che, all'esito dell'udienza di convalida dell'arresto, il Giudice per le indagini preliminari aveva emesso un'ordinanza di custodia cautelare in carcere, ritiene che l'ordinanza con la quale il 19 ottobre 2022 e' stata applicata la misura cautelare della custodia in carcere per il delitto di cui all'articolo 74 Testo Unico Stup. violi il divieto di contestazione a catena e critica l'argomento con il quale sia il Giudice per le indagini preliminari sia il Tribunale del riesame, ritenendo che difetti il requisito della cosiddetta "anteriore desumibilita'", hanno escluso la dedotta violazione. Il difensore ritiene che il Tribunale abbia commesso un errore concettuale e metodologico nel ricercare gli elementi su cui fondare il requisito dell'anteriore deducibilita' tra gli atti del procedimento in cui e' stata emessa la prima misura cautelare anziche' tra quelli relativi al procedimento in cui e' stato adottato il secondo provvedimento coercitivo. In particolare, ritiene che fosse compito del Giudice per le indagini preliminari che ha adottato la seconda misura valutare se dal compendio indiziario, emergente dagli atti a sua disposizione, vi fossero o meno, all'epoca del rinvio a giudizio del (OMISSIS) nel primo procedimento, ossia in data 30 luglio 2020, elementi per desumere i gravi indizi di colpevolezza con riferimento alla fattispecie delittuosa associativa. Con il secondo motivo deduce illogicita' della motivazione con particolare riferimento all'apodittica svalutazione degli elementi indicati nella memoria difensiva come rappresentativi della possibilita' di desumere dagli atti del procedimento in cui e' stata emessa la seconda misura gli elementi per l'adozione di una misura cautelare per il reato associativo. La difesa contesta l'affermazione contenuta nel provvedimento impugnato, in cui il Tribunale afferma che la vicenda sarebbe stata disvelata nella sua completezza e complessita' solo a seguito delle indagini compendiate nell'informativa conclusiva della Guardia di Finanza di Milano Sez. Gico del 17 febbraio 2021 n. 103246, ritenendo che alla data del 30 luglio 2020, quando (OMISSIS) e' stato rinviato a giudizio nel precedente procedimento, fossero gia' noti all'autorita' giudiziaria elementi sufficienti a delineare in termini indiziari sia l'esistenza del sodalizio che la condotta partecipativa dell'indagato. Rimarca, in particolare, che la prima iscrizione del reato associativo risale al (OMISSIS) e che, all'epoca, fossero emerse circostanze espressive dell'esistenza dell'associazione, a seguito dell'arresto in flagranza di (OMISSIS) e (OMISSIS), trovati in possesso di oltre due tonnellate di droghe leggere. Tali emergenze erano costituite dal contenuto delle dichiarazioni auto ed etero accusatorie rese da questi ultimi, che avevano disvelato l'esistenza di una rete internazionale di narcotraffico gestita dalla Spagna di cui costoro erano referenti in Italia, dalla pregnanza delle chat relative alla gestione del narcotraffico acquisite in seguito all'analisi del telefonino criptato (OMISSIS) di (OMISSIS), decrittato nell'anno 2019, dalle emergenze delle intercettazioni ambientali disposte in carcere e sui veicoli utilizzati dai conoscenti-correi del (OMISSIS) (in particolare la compagna Paukovic), che avevano fornito preziose informazioni in merito all'attivita' e all'organizzazione del sodalizio. La disponibilita' di tale materiale sin dal mese di novembre 2019 e la sua pregnanza sono state riconosciute dallo stesso giudice della cautela. Contrariamente a quanto affermato dal Tribunale del riesame, sostiene la difesa, la contestazione associativa, inizialmente iscritta a carico dei soli (OMISSIS) e (OMISSIS), era stata successivamente estesa anche a (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), sino a giungere il 3 marzo 2020 allo stesso (OMISSIS), dovendosi ritenere ben chiara agli inquirenti gia' da tale data la dimensione associativa in cui agiva (OMISSIS), ma tale circostanza risulta totalmente pretermessa nell'analisi del Tribunale del riesame. La difesa sottolinea la pregnanza delle numerose intercettazioni telefoniche e ambientali svolte a carico dell'indagato sin dal 28 marzo 2020, come indicato a pag.199 dal G.I.P., tra le quali cita il progressivo n. 1230 del 19 maggio 2020, cronologicamente antecedente al rinvio giudizio del ricorrente, quale elemento ritenuto dal Giudice per le indagini preliminari prova del sodalizio esistente tra (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) con una specifica suddivisione di ruoli. All'epoca dell'arresto in flagranza di (OMISSIS), si assume, l'ufficio di Procura possedeva, dunque, elementi piu' che sufficienti per delineare a livello indiziario non solo l'esistenza della contestata associazione ma anche il ruolo del (OMISSIS) all'interno di essa. L'informativa conclusiva del 17 febbraio 2021, secondo la difesa, ha costituito un quid p/uris volto alla composizione ultima e definitiva del compendio istruttorio cosicche' non si poteva ritenere mancante il requisito della anteriore desumibilita'. Nel ricorso si afferma che, ai fini dell'operativita' della cosiddetta retrodatazione, non e' necessario che il compendio probatorio sia definito nella sua interezza e complessita' gia' al tempo dell'emissione della prima ordinanza, essendo del tutto sufficiente l'emersione del fatto di reato anche solo in termini indiziari. 4. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso non supera il vaglio di ammissibilita'. 2. Contenuto essenziale dell'atto d'impugnazione e', innanzitutto ed indefettibilmente, il confronto puntuale con le argomentazioni del provvedimento che si contesta. Risulta pertanto di chiara evidenza che se il motivo di ricorso, come nel caso in esame, si limita a confrontarsi solo apparentemente con la motivazione del provvedimento impugnato, per cio' solo si destina all'inammissibilita', venendo meno in radice l'unica funzione per la quale e' previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento), posto che con siffatta mera riproduzione il provvedimento ora formalmente impugnato, lungi dall'essere destinatario di specifica critica argomentata, e' di fatto del tutto ignorato. 3. Per un corretto inquadramento della questione portata all'attenzione di questo Collegio, risulta opportuno richiamare la successione cronologica degli eventi, secondo la quale (OMISSIS) e' stato arrestato in flagranza di trasporto di kg.40 di marijuana il (OMISSIS), sottoposto a custodia cautelare in carcere e, rinviato a giudizio immediato con decreto del 30 luglio 2020 nel proc. n. 13408 R.G.N. R. Milano, successivamente condannato con sentenza divenuta irrevocabile il 9 settembre 2021; nel procodice navale 40357/19 R.G.N.R. Milano, (OMISSIS) e' stato sottoposto con ordinanza del 19 ottobre 2022 a custodia cautelare in relazione al reato di cui all'articolo 74 Testo Unico Stup. e l'ipotesi accusatoria prevede anche una serie di reati-fine in concorso. La seconda ordinanza riguarda, dunque, un'indagine concentrata sull'organizzazione di un'associazione per delinquere e sulle condotte di spaccio poste in essere al suo interno. Il principio espresso nell'ordinanza genetica, confermato dal Tribunale del riesame, e' il seguente: quando nei confronti di un imputato siano emesse, in procedimenti diversi, piu' ordinanze di custodia cautelare per fatti diversi in relazione ai quali esiste una connessione qualificata, la retrodatazione prevista dall'articolo 297 c.p.p., comma 3, opera per i fatti desumibili dagli atti prima del rinvio a giudizio nel procedimento in cui e' stata emessa la prima ordinanza, con la precisazione che per "desumibilita' dagli atti" si intende la sussistenza di una situazione di gravita' indiziaria idonea a giustificare l'adozione di una misura cautelare. In altre parole, la nozione di anteriore desumibilita', dagli atti inerenti alla prima ordinanza cautelare, delle fonti indiziarie poste a fondamento dell'ordinanza cautelare successiva non va confusa con quella di semplice conoscenza o conoscibilita' di determinate evenienze fattuali ma esige una condizione di conoscenza che abbia una "specifica significanza processuale". 4. Innanzitutto, con il primo motivo di ricorso la difesa propone una lettura dell'ordinanza, asseritamente contraria alla previsione normativa, non condivisibile, posto che, sebbene sia corretto che si faccia riferimento ai dati a disposizione del giudice al quale e' richiesta la seconda ordinanza cautelare, e' necessario che tale giudice esamini gli atti che erano a disposizione dell'autorita' giudiziaria allorche' e' stato disposto il rinvio a giudizio nel procedimento in cui e' stata adottata la prima misura cautelare. Non risulta che il provvedimento sia viziato, per tale profilo, da errori metodologici, posto che e' semplicemente diversa la prospettiva dalla quale si debbano esaminare le emergenze investigative a seconda che si tratti di un unico o di piu' procedimenti pendenti per reati connessi. 4.1. Il Collegio sottolinea, inoltre, che, nel caso in esame, il giudice della cautela ha specificamente vagliato il tema delle c.d. contestazioni a catena, pervenendo a escludere la possibilita' di applicare la misura cautelare in relazione ai capi 9), 10) e 13) in ragione dell'operativita' della regola prevista dall'articolo 297 c.p.p., comma 3. I reati in relazione ai quali e' stata applicata la c.d. retrodatazione dei termini di custodia cautelare concernono, esattamente, alcuni delitti di acquisto e importazione, detenzione e cessione di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti commessi da (OMISSIS) in concorso con (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) (capo 9), in concorso con (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) (capo 10) e in concorso con (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) (capo 13). I giudici del merito cautelare hanno, dunque, in sostanza, dettagliatamente circoscritto le condotte delittuose e i soggetti coinvolti nel narcotraffico quali erano desumibili alla data del (OMISSIS). Tale rilevante profilo della decisione, messo in luce nell'ordinanza del Tribunale del riesame, risulta del tutto trascurato nel ricorso, che deve ritenersi non sufficientemente specifico, dunque inammissibile, nella parte in cui elenca una serie di elementi indiziari a sostegno dell'anteriore desumibilita' senza prendere in considerazione il rilevante dato che una pluralita' di condotte criminose contestate a (OMISSIS), in concorso con soggetti successivamente individuati come sodali, siano state effettivamente valutate come anteriormente desumibili. Tale punto della decisione risulta decisivo nella struttura logica dell'intero provvedimento, perche' mostra come i giudici del merito cautelare abbiano applicato il principio della retrodatazione tenendo puntualmente conto di quanto fosse emerso dalle indagini sino al momento in cui (OMISSIS) era stato rinviato a giudizio il (OMISSIS) nel proc. n. 13408 R.G.N. R. 5. Si viene, quindi, ad esaminare il motivo di censura nella parte in cui la difesa ha negato che il concetto di "anteriore desumibilita'" sia sinonimo di "specifica significanza processuale", intesa come acquisizione di esiti investigativi tale da consentire la formulazione di una gravita' indiziaria idonea a ottenere l'applicazione di una misura cautelare. Le ragioni per le quali il Tribunale ha ritenuto infondata la prospettazione difensiva sono state ampiamente esplicitate alle pagg. 29-36 dell'ordinanza impugnata. Va sottolineato, in particolare, che il Tribunale del riesame ha ritenuto che, sebbene le indagini per l'individuazione del sodalizio avessero tratto origine da una segnalazione pervenuta sin dal 10 ottobre 2019 alla Guardia di Finanza di Milano dalla Direzione Centrale per i Servizi Antidroga, concernente una richiesta dell'autorita' giudiziaria spagnola di localizzazione e fermo di un carico di 500 chili di hashish giunto a Peschiera Borromeo, fosse tuttavia da escludere che i fatti posti a fondamento della seconda ordinanza fossero desumibili dagli atti prima del (OMISSIS), data in cui (OMISSIS) e' stato rinviato a giudizio nel procedimento interessato dalla prima ordinanza cautelare; il Tribunale ha, in proposito, ritenuto che la contestazione del reato di cui all'articolo 74 Testo Unico Stup. fosse frutto, non solo degli atti investigativi posti in essere antecedentemente al (OMISSIS), ma anche dell'acquisizione tra l'autunno 2020 e il gennaio 2021 (con O.I.E. trasmesso il 5 agosto 2020 e con O.I.E. trasmesso il 27 ottobre 2020) del contenuto delle chat intercorse tra gli indagati con apparecchi elettronici dotati di software per la criptazione delle comunicazioni c.d. encrochat. 6. Per una migliore comprensione di tale passaggio motivazionale e' bene chiarire che le indagini che hanno origine o ricevono importanti spunti e riscontri investigativi dalla trasmissione dei dati informatici acquisiti dai sistemi di chat criptate, tra i quali rientra il sistema Encrochat, sono complesse in quanto provengono dall'attivita' investigativa oggetto delle Squadre Investigative Comuni (JITs) costituite tra il 2020 ed il 2021 tra le competenti Autorita' Giudiziarie e di Polizia di Francia (Procure di Lille e Parigi), del Belgio e dei Paesi Bassi. Le operazioni tecniche compiute in questi Stati membri con riferimento a tale piattaforma permettono di estrapolare una grande mole di dati, riferibili anche ad organizzazioni criminali operanti in vari Paesi del mondo, consentendo di fornire la chiave di lettura di condotte criminali altrimenti non decifrabili dall'esterno. 6.1. La piattaforma Encrochat consente lo scambio di comunicazioni tramite i cc.dd. cryptophones, altrimenti chiamati criptofonini o dispositivi di comunicazione crittografati dedicati. I criptofonini sono privi di funzioni audio e GPS; pertanto, non consentono operazioni di intercettazione e attivazione di servizi di localizzazione. L'utente puo' interagire, scambiando messaggi vocali o di testi, o allegando files multimediali, soltanto con un altro utente che a sua volta abbia la disponibilita' di un analogo telefono criptato, cioe' di un dispositivo con applicata una identica piattaforma di criptazione. 6.2. I termini di vendita dei criptofonini hanno evidenziato la loro naturale vocazione a essere utilizzati per scopi illegali; nella maggior parte dei casi sono, infatti, commercializzati da strutture legate alla criminalita' organizzata e non sono disponibili per l'acquisto tramite fornitori commerciali standard e punti vendita al dettaglio. I cryptophones si affidano al software MDM (Mobile Device Management) personalizzato. Questo software consente agli amministratori responsabili della piattaforma di eseguire il provisioning, la configurazione e la gestione sicura di tutti i dispositivi. 6.3. Il particolare interesse da parte della criminalita' all'utilizzo di questi sistemi di comunicazione e' strettamente connesso alle loro specifiche funzionalita', che si possono riassumere non solo nella cifratura dei dati trasmessi e di quelli memorizzati, ma anche nella possibilita' per l'utilizzatore di cancellare, quasi in tempo reale e anche da remoto, l'intera memoria del telefono inserendo/non inserendo un cd. panic code, o nella possibilita' di segnalare la presenza di sistemi di individuazione (cd. Imsi Catcher) o di tentativi di aggressione informatica da parte di agenti esterni. 6.4. La complessita' dell'attivita' d'indagine legata all'uso dei criptofonini e', dunque, resa evidente dal fatto che, per decriptare il contenuto delle relative comunicazioni, e' necessario ricorrere alla collaborazione dell'Autorita' Giudiziaria dello Stato membro i cui sono collocati i server mediante un Ordine Europeo d'Indagine. Tale Autorita' deve fornire, infatti, le relative autorizzazioni all'accesso ai dati digitali in conformita' alla legislazione interna, successivamente trasmettendo copia dei messaggi estratti dalle stringhe riferibili ai PIN di interesse scambiati sulla piattaforma, in modo da rendere certo e intellegibile all'autorita' procedente in Italia, in linea con il principio di mutual trust che informa la cooperazione tra le autorita' giudiziarie degli Stati membri dell'Unione, il contenuto delle chat. 7. Nel caso in esame, il Tribunale ha ritenuto, in particolare, che l'acquisizione del contenuto delle suddette chat avesse dato un'importante svolta alle indagini permettendo, unitamente alle altre emergenze sino a quel momento raccolte, di comporre il mosaico in modo da formulare fondatamente in termini di gravita' indiziaria una contestazione associativa corredata della ricostruzione della struttura, dei ruoli degli appartenenti, dei mezzi a disposizione e del modus operandi del sodalizio. L'informativa conclusiva della Guardia di Finanza di Milano del 17 febbraio 2021 aveva, in sostanza, incrociato gli elementi risultanti dalle attivita' di captazione ambientale e telefonica, dal monitoraggio con GPS dei mezzi degli indagati e dagli arresti dei sequestri con il contenuto delle chat, dando un ordine a elementi che fino a quel momento non avevano permesso di enucleare un'incolpazione in modo fondato. Solo con l'informativa conclusiva, si legge nell'ordinanza, tutti gli elementi investigativi raccolti e incrociati tra loro hanno reso concretamente e utilmente possibile una fondata contestazione cautelare, a prescindere dalla formale iscrizione per il reato di cui all'articolo 74 Testo Unico Stup. a carico di (OMISSIS) del 3 marzo 2020. La specifica disamina di tale ultimo elemento e argomento difensivo, corroborata dal rilievo per cui i dati decriptati fossero stati trasmessi con O.I.E. del 5 agosto 2020 e del 27 ottobre 2020, e' rinvenibile a pag.33 dell'ordinanza impugnata, onde l'allegazione difensiva circa la totale pretermissione di esso risulta manifestamente infondata. 7.1. Risulta, come detto, che l'impugnazione non si confronta con quanto specificamente indicato dal Tribunale del riesame, che ha sottolineato la necessita' di conoscere il contenuto delle migliaia di comunicazioni intercorse tra gli indagati al fine di delinearne i ruoli, il modo di interagire e l'operativita', specificando, a titolo esemplificativo, che sugli account incrociati gli indagati tenevano anche una sorta di contabilita' relativa alle cessioni degli stupefacenti e ai rapporti di debito-credito, cosicche' solo grazie alle chat era stato possibile disegnare nella sua interezza l'adozione del sistema "hawala" da parte del sodalizio per i trasferimenti di denaro e ricostruire molti degli episodi di traffico delle sostanze stupefacenti. 7.2. Per un ulteriore chiarimento, il Tribunale ha sottolineato come il sequestro del dispositivo (OMISSIS) in possesso al capo del sodalizio e l'iscrizione del reato associativo nel 2019 avessero trovato il necessario completamento solo nell'ottobre 2020, quando erano state trasmesse con rogatoria le comunicazioni presenti sulle chat ed era stato possibile abbinare i nickname presenti sulle chat ai soggetti emersi nel corso delle indagini, delineandone il ruolo e le reciproche interazioni, di fatto "chiudendo il cerchio" in relazione all'identificazione del ruolo di (OMISSIS) come soggetto posto al vertice del sodalizio, sedente in Spagna, che acquistava la droga da (OMISSIS) occupandosi anche dell'organizzazione della sua importazione in Italia e, con specifico riguardo al ricorrente, consentendo di "tirare le fila" dell'organizzazione logistica dello stupefacente documentando le continue indicazioni direttive date da (OMISSIS) a (OMISSIS) con riguardo ai luoghi ove scaricare la droga ed effettuare le consegne. 7.3. Nessun confronto e' rinvenibile nel ricorso con quanto indicato dal Tribunale a proposito del fatto che, sebbene la figura di (OMISSIS) fosse emersa per la prima volta il 20 dicembre 2019, in occasione del pestaggio di (OMISSIS), che aveva sottratto una consistente somma di denaro a (OMISSIS), solo con l'informativa conclusiva, fondata sull'esito degli O.I.E. trasmessi nell'agosto e nell'ottobre 2020, ne fosse stato possibile ricostruire il ruolo, la continua interazione sia con (OMISSIS) che con (OMISSIS), i compiti assegnatigli in merito alla logistica spicciola legata all'arrivo dei carichi, l'affectio societatis correlata alle modalita' operative e al modo di rapportarsi con i suoi referenti, la piena e solida conoscenza del sistema hawala usato dal sodalizio per il trasferimento del denaro. Dalle chat era, in particolare, emerso che (OMISSIS) si recasse reiteratamente da un soggetto cinese in via (OMISSIS) per consegnare il denaro da mandare in Spagna. Nel caso di (OMISSIS) le encrochat sono talmente numerose, si legge nell'ordinanza, chiare nel loro linguaggio e particolareggiate da descrivere quasi come in un film l'azione del ricorrente, tanto da offrire un materiale estremamente significativo per disegnarne il ruolo e l'inserimento nel sodalizio. 7.4. Anche l'argomento difensivo concernente le dichiarazioni rese da (OMISSIS) dopo il suo arresto il 20 maggio 2019 e' stato specificamente esaminato, avendo tuttavia evidenziato il Tribunale che tali dichiarazioni non contenevano alcun riferimento all'indagato; analogamente, per le dichiarazioni rese da (OMISSIS). 8. L'ordinanza risulta, dunque pienamente legittima e compiutamente argomentata, nonche' in linea con il principio interpretativo, che il Collegio condivide e qui ribadisce, secondo il quale l'"anteriore desumibilita'" e' nozione da intendersi nel senso che, al momento del rinvio a giudizio nel primo procedimento, l'autorita' giudiziaria debba essere in grado di desumere, non solo di conoscere, la specifica significanza processuale, intesa come idoneita' a fondare una richiesta di misura cautelare, degli elementi relativi al reato sul quale si fonda l'adozione del successivo provvedimento cautelare per reato connesso, atteso che spesso il compendio indiziario non manifesta immediatamente la propria portata dimostrativa (Sez.3, n. 48034 del 25/10/2019, Di Biase, Rv. 277351 - 02; Sez. 3, n. 46158 del 04/02/2015, Mancini, Rv. 265437 - 01). La retrodatazione costituisce un rimedio rispetto a una scelta indebita dell'autorita' giudiziaria che, in ipotesi, abbia tenuto separati i due procedimenti ovvero abbia iscritto in tempi diversi alcune notizie di reato. Occorre, pertanto, verificare se, effettivamente, il doppio binario impartito con la separazione o con la distinta iscrizione delle notizie di reato dall'autorita' inquirente ai procedimenti connessi trovi giustificazione nella necessita' di ulteriori indagini o di elaborazione di elementi probatori che, nel momento in cui e' stato richiesto il rinvio a giudizio in ordine al primo procedimento, non apparivano in tutta la loro portata indiziaria. Ipotesi compiutamente rappresentata nel caso in esame. 9. Alla inammissibilita' del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; tenuto conto della sentenza della Corte Costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il ricorrente abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita', segue, a norma dell'articolo 616 c.p.p. l'onere del versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, determinata, in considerazione delle ragioni di inammissibilita' del ricorso, nella misura di Euro tremila. Deve essere disposto, inoltre, che copia del presente provvedimento sia trasmesso al direttore dell'istituto penitenziario competente perche' provveda a quanto stabilito dall'articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Manda alla Cancelleria per la comunicazione ex articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SIANI Vincenzo - Presidente Dott. MASI Paola - rel. Consigliere Dott. CALASELICE Barbara - Consigliere Dott. CAPPUCCIO Daniele - Consigliere Dott. RUSSO Carmine - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato in (OMISSIS), difeso dall'avv. (OMISSIS) del Foro di Venezia; avverso l'ordinanza emessa in data 06/09/2022 dal Tribunale di Trieste in funzione di Tribunale del riesame; Visti gli atti, l'ordinanza impugnata, il ricorso; sentita la relazione svolta dal consigliere Dr. Paola Masi; lette ai sensi del L. n. 176 del 2020, articolo 23 bis le richieste del Pubblico Ministero Dr. Zacco Franca, che ha concluso chiedendo la declaratoria d'inammissibilita' del ricorso con ogni conseguente statuizione. RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza emessa il 6 settembre 2022 il Tribunale di Trieste, quale Tribunale del riesame, ha rigettato la richiesta avanzata ai sensi dell'articolo 309 c.p.p. nell'interesse di (OMISSIS) avverso l'ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trieste il 21 febbraio 2022, con la quale e' stata applicata all'indagato la misura della custodia cautelare in carcere in relazione al reato di cui al Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286, articolo 12, comma 3 lettera a) e d) e articolo 12, comma 3-ter b), commesso il (OMISSIS) unitamente ad altri delitti per i quali non e' stata applicata alcuna misura cautelare. Il Tribunale ha richiamato la ricostruzione dei fatti come effettuata nell'ordinanza emessa dal primo giudice. L'indagato e' stato trovato in Trieste alla guida di un'automobile con la quale aveva trasportato nel territorio nazionale quattro cittadini turchi, dopo avere lasciato in Slovenia altri tre bambini, appartenenti allo stesso nucleo familiare, con la promessa di andarli a riprendere. A seguito dell'intervento della polizia il (OMISSIS) era riuscito a fuggire, dopo avere investito un agente procurandogli lesioni personali della durata di 45 giorni. L'individuazione del (OMISSIS) come autista del veicolo e' stata effettuata tramite il contratto di noleggio della vettura, le fotografie dei clandestini trasportati rinvenute nel predetto veicolo e il riconoscimento fotografico da parte dei noleggiatori e degli agenti di polizia. Il Tribunale ha segnalato che l'indagato e' stato tratto in arresto in Grecia in esecuzione di un mandato di arresto Europeo, nell'agosto 2022, e non ha mai reso dichiarazioni nel corso del procedimento. In relazione ai motivi di impugnazione, riguardanti essenzialmente la circostanza dell'essere stato il (OMISSIS) alla guida del veicolo con a bordo gli immigrati, e in relazione alla documentazione allegata al ricorso, il Tribunale ha evidenziato, in primo luogo, che le tesi difensive sono state prospettate dai difensori e non dall'indagato, che non si e' mai sottoposto ad interrogatorio. La tesi difensiva della mancata conoscenza delle altre persone coinvolte e' stata ritenuta smentita dalle dichiarazioni dei noleggiatori, i quali hanno riferito di avere incontrato l'indagato in piu' occasioni, in quanto si era recato da loro insieme agli altri soggetti indagati come concorrenti nel reato. E' stata ritenuta smentita la tesi difensiva secondo cui il (OMISSIS) non avrebbe avuto piu' la disponibilita' dell'automobile dopo il (OMISSIS), essendo stata acquisita la prova che era stato chiesto il prolungamento del noleggio, e non avendo l'indagato spiegato in che modo il veicolo sarebbe finito nella disponibilita' di altri proprio il giorno della commissione del reato. Inoltre i giudici di merito hanno ritenuto non accoglibili o non decisivi i rilievi difensivi fondati sui passaggi di confine risultanti dai timbri presenti sul passaporto dell'indagato e sui loro orari, in relazione ai tempi necessari per raggiungere Trieste dalla Serbia, mancando una spiegazione alternativa del passaggio dalla Serbia alla Slovenia, risultante dal passaporto del (OMISSIS), rispetto alla sua partecipazione al reato per il quale si procede, e non essendo stati prospettati elementi che smentiscano l'attendibilita' del riconoscimento effettuato dagli agenti di polizia. Infine, secondo il Tribunale, gli elementi accertati supporterebbero la tesi del concorso del (OMISSIS), in termini di gravita' indiziaria, anche qualora rimanesse dubbia la sua partecipazione materiale alla fase finale del reato. Il Tribunale ha percio' ritenuto credibile il quadro indiziario e non verosimili o non rilevanti le allegazioni difensive, in punto di gravita' indiziaria. In relazione alle esigenze cautelari, il Tribunale ha confermato le valutazioni del primo giudice in relazione alla negativa personalita' dell'indagato e alla gravita' della sua condotta, consistita nell'avere lasciato dei bambini da soli in attesa in Slovenia e nell'avere investito i poliziotti che avevano cercato di intervenire fermando l'automobile. La concedibilita' degli arresti domiciliari e' stata esclusa in ragione della mancanza di un luogo nel quale eseguire tale misura. 2. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), per mezzo del proprio difensore Avv. (OMISSIS), articolando due motivi. 2.1 Con il primo motivo ha dedotto la violazione di legge penale a norma dell'articolo 606 c.p.p., comma 1 lettera b), per inosservanza dell'articolo 192 c.p.p., comma 2 e articolo 273 c.p.p.. La motivazione e' contraddittoria perche' il Tribunale ha ritenuto la permanenza della gravita' indiziaria a fronte della documentazione prodotta a supporto della prova che il (OMISSIS) non poteva trovarsi a Trieste il giorno dei fatti. Per smentire le risultanze dei documenti prodotti il Tribunale ha fatto ricorso ad un ragionamento di natura esclusivamente congetturale. In particolare, quanto emergente dai timbri presenti sul passaporto dell'indagato sarebbe stato smentito attraverso mere ipotesi sganciate da dati obiettivi. Il ricorrente ha inoltre richiamato le dichiarazioni del noleggiatore dell'automobile, evidenziando come dalle stesse non possano essere desunti elementi a carico del (OMISSIS). 2.2. Con il secondo motivo e' stato eccepito il vizio di motivazione in relazione alle esigenze cautelari ravvisate dai giudici di merito. Il ricorrente ha rilevato come sia stato valorizzato un episodio delittuoso isolato e dai connotati eccezionali, non suscettibile di ripetizione nel tempo. Ha inoltre evidenziato la probabile evoluzione, in senso favorevole all'indagato, delle successive fasi del procedimento, in cui le allegazioni difensive potranno essere sviluppate nel contraddittorio e adeguatamente dimostrate. 3. Il Procuratore generale ha chiesto dichiararsi l'inammissibilita' del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' inammissibile. 1.1 Il primo motivo di ricorso, pur essendo dichiaratamente articolato secondo lo schema della violazione di legge, si sostanzia nella descrizione di un vizio motivazionale relativo alla ricostruzione del fatto adottata dal Tribunale di Trieste, che sarebbe carente nella parte in cui non avrebbe fornito una adeguata motivazione in ordine alle allegazioni difensive. Il motivo, in tal modo, finisce con il prospettare una censura riferita al criterio di valutazione degli elementi indiziari. Deve ricordarsi che risale alla sentenza delle Sezioni Unite n. 11 del 23/02/2000, Audino, Rv. 215828 l'insegnamento secondo cui "in tema di misure cautelari personali, allorche' sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimita' e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l'hanno indotto ad affermare la gravita' del quadro indiziario a carico dell'indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l'apprezzamento delle risultanze probatorie". L'arresto costituisce, ormai, patrimonio comune della giurisprudenza di legittimita' che, da ultimo lo ha ribadito, fra le molte, con Sez. 2 n. 27866 del 17/06/2019, Mazzelli, Rv. 276976 e Sez. 1, n. 30416 del 25/09/2020, in motivazione. Occorre avere anche riguardo alla specificita' della valutazione compiuta nella fase cautelare, dovendosi sempre tenere conto della "diversita' dell'oggetto della delibazione cautelare, preordinata a un giudizio prognostico in termini di ragionevole e alta probabilita' di colpevolezza, rispetto a quella di merito, orientata invece all'acquisizione della certezza processuale in ordine alla colpevolezza dell'imputato" (Sez. 2, n. 11509 del 14/12/2016, dep. 2017, P., Rv. 269683; Sez. 5, n. 50996 del 14/10/2014, S., Rv. 264213, tra le altre conformi). Inoltre la Corte di cassazione, in particolare nelle sentenze Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, Caradonna, Rv. 280747; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, 0., Rv. 262965, ha chiarito che "in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicita', dalla sua contraddittorieta' (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo, sicche' sono inammissibili tutte le doglianze che "attaccano" la persuasivita', l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualita', la stessa illogicita' quando non manifesta, cosi' come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilita', della credibilita', dello spessore della valenza 1.2 Nel ricorso si sollecita, invece, la rivalutazione della documentazione prodotta, segnalandone la rilevanza e decisivita' al fine di dimostrare che non era il (OMISSIS) la persona alla guida del veicolo il giorno del fatto. Si tratta di un elemento gia' esaminato e smentito nell'ordinanza, quanto alla decisivita' della predetta documentazione, con motivazione non illogica ne' apparente laddove ha ribadito la presenza, tra gli elementi indiziari a carico del (OMISSIS), del riconoscimento effettuato dai due poliziotti operanti, la cui attendibilita' non e' allo stato sminuita, e del contratto di noleggio dell'autovettura usata per il trasporto dei clandestini, valutabile anche in chiave di responsabilita' concorsuale qualora mancasse la prova della partecipazione dell'indagato alla fase finale dell'episodio. Su tali elementi indiziari il ricorrente non ha esposto alcuna argomentazione. Tale motivo e' quindi palesemente infondato, nonche' in contrasto con i consolidati principi giurisprudenziali sopra richiamati. 2. Il secondo motivo di ricorso, relativo all'assenza delle esigenze cautelari, e' inammissibile perche' generico. Il Tribunale del riesame ha ritenuto la sussistenza delle esigenze cautelari basandosi non sulla sola obiettiva gravita' del reato di immigrazione clandestina, ma ne ha valutato anche le modalita', per ritenere sussistente il pericolo di reiterazione. In particolare ha sottolineato, quali circostanze espressive di un modus vivendi illegale del (OMISSIS), il fatto di avere trasportato solo alcuni componenti del medesimo nucleo familiare lasciando da soli, in un bosco, tre ragazzini, e il fatto di avere usato violenza per sfuggire all'intervento della Polizia, arrivando ad investire con l'auto l'agente (OMISSIS) e procurandogli lesioni di durata superiore a 40 giorni. La motivazione e' quindi completa ed esaustiva, priva di contraddizioni e non incompatibile con l'asserita incensuratezza dell'indagato. 3. Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile. Alla dichiarazione di inammissibilita' segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita'", al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in Euro 3.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

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