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REPUBBLICA ITALIANA LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta da: Dott. DE AMICIS Gaetano - Presidente Dott. CAPOZZI Angelo - Relatore Dott. GIORDANO Emilia Anna - Consigliere Dott. COSTANTINI Antonio - Consigliere Dott. DI GIOVINE Ombretta - Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da Sp.An., nato a C il (Omissis) avverso la ordinanza del 28/12/2023 del Tribunale di Palermo visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal componente Angelo Capozzi; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale De.Ma., che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; udito il difensore, avv. Luigi An.Pa., che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con la ordinanza in epigrafe il Tribunale di Palermo, in parziale riforma della ordinanza cautelare emessa in data 28 novembre 2023 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trapani nei confronti di Sp.An., ha confermato la ritenuta gravità indiziaria dei reati a lui provvisoriamente ascritti in relazione ai capi 11 (artt. 319, 321 cod. Pen.), 11-bis (artt. 110, 353-bis cod. Pen.), 17 (artt. 81 cpv., 640, comma 2 n. 1, cod. Pen.), 19 (artt. 81 cpv.,55-quinqiues D.leg.vo n. 155/2001), sostituendo gli arresti domiciliari con procedura di controllo ex art. 275-bis cod. proc. Pen. con la misura del divieto di dimora nei Comuni di T ed E e della sospensione dall'esercizio di pubblici uffici e servizi per la durata di mesi dieci. 2. Avverso la ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione i difensori di Sp.An. deducendo i seguenti motivi: 2.1. Con il primo motivo violazione dell'art. 273 cod. proc. Pen., 319 cod. Pen. e vizio cumulativo della motivazione; violazione degli artt. 291, 293, comma 3, 309, comma 5 e 178 lett. c) cod. proc. Pen. in relazione alla ritenuta sussistenza della gravità indiziaria in ordine al reato di cui al capo 11. L'assunto della ordinanza, secondo il quale si era realizzato un accordo corruttivo alla data del 21.6.2021 tra il ricorrente e il Direttore sanitario Od.Gi., non trova riscontro negli atti indicati dal Tribunale che hanno un contenuto diverso da quello che gli viene attribuito. In particolare, non trova riscontro la asserita emergenza alla data del 21.6.2021 di tale accordo, posto che il ricorrente non risulta essere a conoscenza delle indagini a carico dell'Od.Gi. (v. prog. 10324 e 10325 del 21.6.2021, ore 17.10). Anche il riferimento al sinallagma corruttivo proveniente dalla conversazione del 29.7.2021 - non depositata alla difesa e al Tribunale - si fonda su un travisamento del contenuto della conversazione che, per quanto riportato, fa emergere la assenza di conoscenza da parte del ricorrente del procedimento penale pendente in Procura nei confronti dell'Od.Gi.. In ogni caso, il mancato deposito della trascrizione favorevole all'indagato integra la nullità di ordine generale eccepita. Ancora, quanto alla conversazione del 21.9.2021, avvenuta dopo la notifica del secondo avviso della proroga delle indagini, non emerge affatto un accordo corruttivo, bastando all'uopo leggere l'integrale trascrizione allegata al ricorso. La conversazione del 29.9.2021 è riportata in ordinanza in modo non conforme al suo effettivo contenuto, posto che non risulta affatto che lo Sp.An. avesse avuto già modo di discutere della vicenda con la sua compagna magistrato, ma solo che le aveva chiesto se il nome del magistrato inquirente fosse "Mo." o "Mo.", aggiungendo "e Sa. che è amica mia", peraltro nulla rispondendo il Tribunale sulla dedotta effettiva conoscenza personale della D.ssa Mo. da parte del ricorrente. Infine, non corrisponde al vero che l'ultimo contatto registrato tra i due sia quello del 14.12.2021, essendo stata dedotta con i motivi di riesame la emergenza di un ulteriore contatto del 11.2.2022 (v. all. 9 al ricorso), completamente ignorato dal GIP e dal Tribunale in cui lo Sp.An. consiglia all'amico Od.Gi. di presentarsi in Procura con il suo avvocato e chiedere di essere sentito, condotta ben distante dalla finalità corruttiva ipotizzata. Pertanto, l'assunto della ordinanza impugnata risulta frutto di un travisamento della prova indiziaria, senza il necessario accertamento delle condotte del funzionario e del privato corruttore e della loro indissolubile connessione. Quanto al presunto comportamento antidoveroso dell'Od.Gi. - segnatamente con riguardo alla nomina del ricorrente quale direttore in sostituzione della UOC Centro Salute Globale - come risulta dagli atti e dedotto in sede di riesame, la nomina non proviene dall'Od.Gi. ma dal commissario straordinario della ASL con delibera n. 828 del 23.6.2021, su proposta del direttore del dipartimento di prevenzione dott. Di.; in data 15.2.2021, rispetto alla quale l'Od.Gi. ha espresso solo due pareri favorevoli in data 16.6.2021 e 21.6.2021, prima che lo Sp.An. sapesse delle indagini a carico dell'Od.Gi.. Inoltre, quanto alla illegittimità di tale nomina il Tribunale omette qualsiasi riferimento alla normativa di riferimento e alla giurisprudenza amministrativa prodotta in sede di riesame, dalla quale si evince che, ai fini dell'assunzione di incarichi dirigenziali nelle ASL e nel SSN, il pedagogista è assimilato allo psicologo ed "è inquadrato come dirigente di ruolo sanitario non medico quindi stesso ruolo nominativo dello psicologo e percepisce anche uguale retribuzione"(cf. Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 763/1994), richiamando la ordinanza la normativa pertinente ai conferimenti a seguito di concorso e non a quello in sostituzione che ha specifica regolamentazione (Regolamento di affidamento, conferma e revoca degli incarichi dirigenziali e rotazione del personale dirigenziale - deliberazione n. 3089 del 23 agosto 2016 nonché art. 22, comma 4, del CCNL 19 dicembre 2019 Area Sanità). Cosicché lo Sp.An. aveva tutti i requisiti richiesti per la nomina come direttore in sostituzione, essendo titolare di incarico di struttura semplice e alla luce della valutazione operata dal Collegio tecnico nella seduta del 14 giugno 2021. Quanto, poi, al conferimento dell'incarico di alta specializzazione risulta la perfetta corrispondenza rispetto a quanto previsto dall'art. 18 del CCNL, essendo lo Sp.An. dirigente di unità semplice sin dal 2002 e dal 26 settembre 2017 della UOS Tutela della salute dei migranti presso la ASP di Trapani. Quanto alla vicenda del concorso per la qualifica di direttore della U.O.C., non bandito alla data del 10.3.2022 e alla quale lo Sp.An. non ha mai partecipato, la possibilità che tra i requisiti soggettivi di partecipazione al bando fosse prevista la laurea in psicopedagogia (titolo dello Sp.An.) era confortata da precedenti della giurisprudenza amministrativa, da una nota dell'assessore alla Sanità della Regione Sicilia n. 440 del 17 giugno 1988, dalla circolare dell'Assessore alla Salute della Regione Sicilia n. 1280 del 16 marzo 2011 e dal raffronto con altre normative regionali. Infine, quanto al presunto ritardo della pubblicazione del bando, la stessa captazione del 7.9.2021 dà conto delle informazioni richieste dallo Sp.An. per detta importante pubblicazione. 2.2. Con il secondo motivo violazione dell'art. 273 cod. proc. Pen. ed erronea applicazione dell'art. 353-bis cod. Pen. e vizio cumulativo della motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza della gravità indiziaria in ordine al reato di cui al capo 11 -bis. Già la lettura del predetto capo di imputazione dà conto della confusione di concetti che ha dato luogo alla imputazione, posto che per la nomina di Direttore in sostituzione della UOC Salute Globale non era necessaria né è stata espletata alcuna procedura concorsuale; né il ricorrente ha mai partecipato al concorso per la nomina a direttore della predetta UOC, né per tale concorso risulta emesso il relativo bando. Cosicché i fatti considerati dalla ordinanza esulano dalla fattispecie di cui all'art. 353-bis cod. Pen. 2.3. Con il terzo motivo violazione degli artt. 266, 191 e 273 cod. proc. Pen. ed erronea applicazione degli artt. 640 cod. Pen. e 55-quinquies d. Legs. 165/2001 e vizio cumulativo della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza della gravità indiziaria in ordine ai reati di cui ai capi 17 e 19. L'ordinanza impugnata, per quanto riguarda questi capi di incolpazione, ha fatto rinvio alla ordinanza genetica che - tranne che per un solo caso - si fonda sull'esito delle captazioni informatiche tramite trojan. Ebbene, lo stesso Giudice emittente ha rilevato l'inutilizzabilità delle captazioni per i titoli di reato in questione, purtuttavia ammettendo la utilizzabilità delle relative localizzazioni del soggetto intercettato. L'assunto non è condivisibile, versandosi in una inutilizzabilità patologica che rende completamente inutilizzabile l'esito captativo in qualsiasi fase procedimentale (Cass. Sez. 6 n. 15836/2023). In ogni caso, manca completamente la motivazione in ordine al danno tipico del delitto di truffa contestato al capo 17 e l'esame del profilo di offensività del reato di cui al capo 19. 2.4. Con il quarto motivo violazione dell'art. 274 cod. proc. Pen. e vizio cumulativo della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari. La ordinanza non indica alcun elemento concreto di una attualità del pericolo cautelare, limitandosi ad asserire l'insufficienza della sospensione dell'indagato in via amministrativa. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è fondato per quanto di ragione. 2. Il primo motivo è inammissibile perché genericamente versato in fatto. 2.1. Deve essere ribadito che, in tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento del tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l'apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Mazzelli, RV. 276976), cosicché non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo, sicché sono inammissibili tutte le doglianze che "attaccano" la persuasività, l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, Caradonna, RV. 280747). Con riguardo, poi, alla ricorrente censura in ordine al contenuto delle captazioni poste a base della gravità indiziaria, deve ribadirsi il consolidato orientamento secondo il quale in materia di intercettazioni telefoniche, costituisce questione di fatto, rimessa all'esclusiva competenza del giudice di merito, l'interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite(Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, Gregoli, RV. 282337), non potendosi ritenere integrato il travisamento dell'indizio dalla difforme sua non illogica valutazione. 2.2. Ritiene il Collegio che, rispetto alla ricostruzione indiziaria, il motivo proposto fa leva su una reinterpretazione del compendio captativo, ancorché sotto la veste del travisamento del dato, nella specie insussistente. In particolare, la dedotta insussistenza del patto corruttivo alla data del 21.6.2021 in relazione alle due captazioni indicate in ricorso è genericamente proposta rispetto alla ricostruzione che lo ritiene accertato da parte del primo giudice - alla quale fa rinvio la ordinanza impugnata - che fa capo all'invio all'Od.Gi. di una prima proroga di indagini nell'ambito del procedimento n. 3618/20-21 per i reati di cui agli artt. 353-bis e 356 cod. Pen., ricevuta con avviso il 4 giugno 2021 (e ritirata il 17 giugno successivo) al quale fa seguito nello stesso giorno una interlocuzione con lo Sp.An. (v. pg. 437 della ordinanza genetica). Inoltre, la censura non tiene conto della già avvertita posizione dell'Od.Gi. a seguito delle informazioni avute dai suoi collaboratori Gi. e Ga. delle intercettazioni in corso (v. pg. 10 della ordinanza impugnata). Quanto agli atti contrari riconducibili all'Od.Gi., la ordinanza dà conto della piena consapevolezza da parte sua della macroscopica illegittimità della nomina del "pedagogista" Sp.An. quale direttore di Unità Operativa Complessa (in quanto esulante dalla normativa di riferimento rappresentata dal D.P.R. 10 dicembre 1997, n. 483 e 484, D.M. 30 gennaio 1998 e ss. modd., D. leg.vo 30 dicembre 1992 n. 502; art. 15, comma 7, CCNL Dirigenza Medica), accompagnata dalle contrarie - e correttamente ritenute indizianti - imposizioni "aperturiste" dell'Od.Gi. alla notizia, datagli dal suo collaboratore amministrativo, secondo la quale la normativa in materia di concorsi per il personale dirigenziale di secondo livello non includeva la figura del "pedagogista" ricoperta dallo Sp.An., fino al diretto confronto sul tema con lo stesso Sp.An. (conversazione del 15.6.2021) che, alla notizia della carenza di requisiti datagli dall'Od.Gi., manifestava il suo disappunto; infine, si registravano le lamentale dello Sp.An. nei confronti dello stesso Od.Gi. di non profondere sufficiente impegno al fine di risolvere la problematica in suo favore (v. pg. 16 e sg. della ordinanza). Che, poi, l'Od.Gi. abbia favorito lo Sp.An. nella sua aspettativa è del tutto correttamente giustificato dalla ordinanza impugnata che, in risposta alla medesima questione propostagli dalla difesa, considera la partecipazione dell'Od.Gi. alla procedura di nomina con i suoi pareri favorevoli alla delibera n. 618 del 16.6.2021 avente ad oggetto il prodromico conferimento dell'incarico di alta professionalità C1 allo Sp.An. e alla delibera n. 828 del 21.6.2021 del commissario straordinario avente ad oggetto il conferimento allo stesso dell'incarico di direttore in sostituzione della UOC Centro Salute Globale ex art. 22 CCNL. La ordinanza dà poi ragione della illegittimità della predetta nomina sia in relazione alla insufficienza della pregressa titolarità della struttura semplice da parte dello Sp.An., che non costituiva un'articolazione interna della neo costituita U.O.C. "Centri Salute Globale" (come ammette in sede di interrogatorio, riportato dalla ordinanza a pg. 18), sia per la strumentale attribuzione dell'incarico C1 pochi giorni prima della delibera, la cui valenza e merito dell'Od.Gi. erano successivamente ricordati allo Sp.An. che gli si mostrava riconoscente (v. pg. 18, ibidem). Quanto alla controprestazione alla quale si obbliga il ricorrente essa è incensurabilmente individuata dalla ordinanza impugnata a pg. 20 e sg., valorizzando la immediata interlocuzione dell'Od.Gi. con la compagna magistrato dello Sp.An., da questi chiamata su richiesta del primo che aveva appena firmato il parere favorevole alla nomina di direttore in sostituzione, oltre le successive interlocuzioni "qualificate" tenute dall'Od.Gi. con lo Sp.An. indicato quale, ormai, suo consulente legale sulle vicende penali che lo coinvolgono. A tal proposito, non risulta proposta al Tribunale la eccezione di inutilizzabilità della captazione del 29.7.2021 asseritamente non depositata, invece considerata dal ricorrente dinanzi al riesame senza eccepire alcunché in rito (v. pg. 8 e sg. dei motivi di riesame in atti). 3. Il secondo motivo, riguardante la gravità indiziaria in ordine al reato di cui al capo 11 -bis, è fondato per un assorbente diverso motivo rilevabile di ufficio, attenendo alla qualificazione giuridica del fatto. 3.1. La ordinanza ha confermato la gravità indiziaria in ordine al capo 11-bis ritenendo senz'altro la sussistenza di una gara informale e la violazione, attraverso le collusioni e gli atti contrari a doveri di ufficio, dei criteri di buon andamento e imparzialità (v. pg. 23 e sg.) sia in relazione alla procedura di nomina a direttore in sostituzione dell'UOC Centro Salute Globale di cui si assume il turbamento da parte dei due indagati Od.Gi. e Sp.An., sia al bando di concorso dell'incarico di direttore della medesima struttura, di cui si assume la non pubblicazione e la predisposizione "orientata" in favore dello Sp.An.. 3.2. Ritiene questo Collegio che le deduzioni difensive siano assorbite da una più radicale valutazione riguardante la non configurabilità del reato ipotizzato sub capo 11-bis nel caso di specie. 3.2.1. Il delitto di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, previsto dall'art. 353-bis cod. Pen., è un reato di pericolo, posto a tutela dell'interesse della Pubblica Amministrazione di poter contrarre con il miglior offerente, per il cui perfezionamento è necessario che sia posta concretamente in pericolo la correttezza della procedura di predisposizione del bando di gara, ma non anche che il contenuto di detto provvedimento venga effettivamente modificato in modo tale da condizionare la scelta del contraente (Sez. 6, n. 29267 del 05/04/2018, Baccari, RV. 273449). Come ha chiarito Sez. 6, n.26840 del 14/4/2015,Boschi "l'art. 353 bis c.p., disciplina la turbata libertà del procedimento di scelta del contraente prima dell'eventuale gara. La norma è stata introdotta dal Legislatore, nel corso dell'iter che ha condotto alla L. n. 136 del 2010, al dichiarato scopo di prevedere espressamente la rilevanza penale delle condotte di turbamento (specificamente indicate) anche alla fase precedente la gara(...). L'art. 353-bis c.p., prevede così che, salvo che il fatto costituisca fatto più grave, abbia autonoma rilevanza penale la condotta di chiunque, alternativamente con violenza minaccia doni promesse collusioni o altri mezzi fraudolenti (i medesimi comportamenti considerati dalla fattispecie ex art. 353 c.p.), turba il procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando ovvero di altro atto equipollente, al fine di condizionarne le modalità di scelta del contraente da parte della pubblica amministrazione" cosicché "attraverso l'art. 353-bis c.p., si è inteso evitare ogni vuoto di tutela, incriminando anche quei tentativi di condizionamento a monte degli appalti pubblici che risultino, ex post, inidonei ad alterare l'esito delle relative procedure. L'illecita interferenza nel procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando, finalizzata a condizionare le modalità di scelta del contraente (ad esempio, mediante la personalizzazione dei requisiti prescritti), determina, già di per sè sola, l'applicazione delle sanzioni penali". In definitiva, nella consapevolezza che i beni ed interessi giuridici che meritano tutela nel contesto (sia quello della pubblica amministrazione ad individuare il contraente più competente alle condizioni economiche migliori; sia quello della tutela della libertà di iniziativa economica) sono lesi non solo da condotte successive a un bando il cui contenuto sia stato determinato nel pieno rispetto di tali beni e interessi giuridici, ma anche dalle condotte precedenti che abbiano influito sul contenuto o che potrebbero avere influenza, il Legislatore ha inteso anticipare la tutela penale rispetto al momento di effettiva indizione formale della "gara" ed anche quando una procedura volta alla determinazione del bando (o di atto equivalente) sia stata svolta pur senza approdare a un positivo provvedimento formale. Ciò, come osservato da autorevole dottrina, in un contesto di anticipazione della soglia della tutela a fasi dell'iter criminis anteriori alla consumazione dell'offesa finale, che caratterizza la frammentazione casistica del tentativo in autonome fattispecie di atti preparatori o prodromici, rispetto ad attività delinquenziali caratterizzate da forte complessità, in cui il pregiudizio finale si realizza a seguito di processi comportamentali estremamente articolati, cui possono concorrere plurimi soggetti e la cui efficacia causale è molto difficilmente riferibile a ciascun agente". 3.2.2. Così delineati l'oggetto della tutela penale e la collocazione sistematica in funzione anticipatoria della tutela apprestata dalla fattispecie in esame, deve essere richiamato il condiviso orientamento di legittimità che, in relazione all'art. 353 cod. Pen., ha affermato il principio secondo il quale non integrano il delitto di turbata libertà degli incanti le condotte impeditive o turbative tenute durante l'espletamento delle procedure di concorso per l'accesso ai pubblici impieghi o relative alla mobilità del personale tra diverse amministrazioni, essendo la previsione incriminatrice funzionale al regolare svolgimento dei soli procedimenti finalizzati all'acquisizione di beni e servizi ed ostando, in via generale, all'estensione applicativa della norma, per via di un'inammissibile interpretazione analogica "in malam partem", il principio di tassatività e determinatezza della fattispecie penale (Sez. 6, n. 26225 del 10/05/2023, M., RV. 285528); ancora, non è configurabile il delitto di turbata libertà degli incanti nel caso di procedure di concorso finalizzate al reclutamento di docenti universitari, posto che la norma incriminatrice, nel riferirsi testualmente a nozioni tecniche dal significato infungibile, indicato nel codice degli appalti e nella normativa di settore di cui al r. d. n. 2440 del 1923 e al r. d. n. 827 del 1924, circoscrive la tutela alle sole procedure finalizzate alla cessione di beni o all'affidamento all'esterno dell'esecuzione di un'opera o della gestione di un servizio e non ai concorsi per il reclutamento del personale docente delle università, caratterizzati dalla valutazione di offerte che si risolvono nell'attività pregressa del candidato (Sez. 6, n. 32319 del 24/05/2023, Bocchiotti, RV. 284945); infine, in tema di turbativa d'asta, le procedure concorsuali per l'assunzione di personale da parte dello Stato e delle sue articolazioni non possono essere ricondotte alla nozione di "gara" di cui la pubblica amministrazione si avvale per la cessione di beni ovvero per l'affidamento all'esterno dell'esecuzione di un'opera o la gestione di un servizio, ostandovi il dato testuale dell'art. 353 cod. Pen. - facente tassativo riferimento alle gare nei "pubblici incanti e nelle licitazioni private per conto di pubbliche amministrazioni" -e,dunque,il divieto di analogia "in malam partem" (Sez. 6, n. 38127 del 24/05/2023, Bastardi, RV. 285274). 3.2.3. La ratio espressa dall'orientamento richiamato, riguardante la fattispecie di cui all'art. 353 cod. Pen., deve essere applicata anche alla diversa fattispecie dell'art. 353-bis cod. Pen. contestata nella vicenda in esame. L'evidente raccordo di tale fattispecie in funzione anticipatoria rispetto a quella dell'art. 353 cod. Pen., impone di escludere la sua applicazione al concorso pubblico per la designazione di un dirigente sanitario, non essendo sufficiente il richiamo alla esistenza di una procedura di valutazione comparativa finalizzata alla sua designazione, non avendo riguardo tale scelta alla individuazione di un "contraente" per cessione di beni o all'affidamento all'esterno dell'esecuzione di un'opera o della gestione di un servizio. Questa radicale ragione che esclude la ipotizzabilità del reato di cui all'art. 353-bis cod. Pen. nel caso di specie assorbe, quindi, le censure proposte dal ricorrente, determinando l'annullamento della ordinanza impugnata e della ordinanza genetica limitatamente al reato di cui al capo 11 -bis della provvisoria imputazione. 4. Il terzo motivo è fondato per quanto di ragione. L'ordinanza impugnata ha confermato la gravità indiziaria in ordine ai reati di cui ai capi 17 e 19 rinviando alla ordinanza genetica sul rilievo della sussistenza di una molteplice matrice del compendio indiziario "costituito da servizi di osservazione e controllo e riscontri documentali presso l'ente di appartenenza" (v. pg. 24). Tuttavia, la ordinanza genetica fonda la gravità indiziaria sul rilievo secondo il quale "In punto di compendio utilizzabile traendo le logiche conseguenze di quanto spiegato al paragrafo 1 della presente Parte si deve evidenziare l'inutilizzabilità delle intercettazioni stante lo sbarramento del limite edittale. D'altro canto la ravvisata inutilizzabilità copre esclusivamente il contenuto dichiarativo delle conversioni intercettate ma non anche la rilevazione della posizione dei soggetti intercettati mediante utilizzo del GPS relativo alla utenza di volta in volta presa in considerazione"(v. pg. 474 della ordinanza genetica) per poi affermare che "Tralasciate le intercettazioni dunque riscontri rispetto alle medesime criticità sulle effettive prestazioni lavorative dello Sp.An. emergevano dall' incrocio dei dati relativi alle attestazioni effettuate mediante timbratura del badge e alle assenze giustificate con missioni o permesso per servizio con i servizi di osservazione e controllo effettuati dalla p. g. nonché dalla analisi dei dati di localizzazione del positioning tratti dall'attività tecnica da cui emergevano gli spostamenti e i movimenti del tutto incoerenti e in contrasto con quanto dichiarato dallo Sp.An." (v. pg. 475, ibidem). Ebbene, a riguardo è stato affermato che, in tema di acquisizione di dati contenuti in tabulati telefonici, non sono utilizzabili nel giudizio abbreviato i dati di geolocalizzazione relativi a utenze telefoniche o telematiche, contenuti nei tabulati acquisiti dalla polizia giudiziaria in assenza del decreto di autorizzazione dell'Autorità giudiziaria, in violazione dell'art. 132, comma 3, D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, in quanto prove lesive del diritto alla segretezza delle comunicazioni costituzionalmente tutelato e, pertanto, affette da inutilizzabilità patologica, non sanata dalla richiesta di definizione del giudizio con le forme del rito alternativo. (Sez. 6, n. 15836 del 11/01/2023 , Berera, RV. 284590). A maggior ragione, secondo questo Collegio, il principio deve essere affermato con riferimento ai dati di posizionamento provenienti da captazioni inutilizzabili, secondo il principio per il quale le intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, ove dichiarate, a norma dell'art. 271 cod. proc. Pen., inutilizzabili, perdono totalmente ogni capacità dimostrativa e, quindi, non possono essere utilizzate neanche in favore dell'accusato (Sez. 2, n. 11582 del 14/12/2017, dep. 2018, Cristaldi, RV. 272792). Resta, tuttavia, fermo il principio secondo il quale, in tema di indagini preliminari, la localizzazione dei soggetti effettuata attraverso l'apparecchio cellulare di cui abbiano il possesso, mediante la tecnica cosiddetta "positioning", non necessita di autorizzazione giudiziale/ (Sez. 1, n. 21366 del 13/05/2008, Stefanini, RV. 240092); e, ancora, che l'individuazione da parte della polizia giudiziaria dell'utenza telefonica da sottoporre ad intercettazione attraverso il monitoraggio di utenze presenti in una determinata zona, mediante apparecchiature in grado di individuarne i codici identificativi previo posizionamento in prossimità del cellulare da "tracciare", rientra tra gli atti urgenti e "innominati" demandati agli organi di polizia giudiziaria, ai sensi degli artt. 55 e 348 cod. proc. Pen., non soggetto ad una preventiva autorizzazione dell'autorità giudiziaria (Sez. 4, n. 41385 del 12/06/2018, C., RV. 273929). La rilevanza conferita ai dati di posizionamento, purtuttavia, impone un nuovo esame del compendio investigativo che verifichi la provenienza dei dati di localizzazione del positioning, essendo insufficiente il generico riferimento della ordinanza genetica - alla quale quella impugnata rinvia - alla loro provenienza da "attività tecniche" e, nel caso che tali dati siano prodotto della attività di intercettazione inutilizzabile, non tenga conto di essi ai fini della ritenuta gravità indiziaria. 5. Il quarto motivo è assorbito dall'accoglimento del secondo e terzo motivo. 6. In conclusione, l'ordinanza impugnata nonché l'ordinanza emessa il 28 novembre 2023 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trapani limitatamente al reato di cui al capo di imputazione provvisoria 11-bis) devono essere annullate senza rinvio. L'ordinanza impugnata, inoltre, deve essere annullata in relazione ai residui capi di imputazione provvisoria con rinvio per nuovo giudizio su di essi al Tribunale di Palermo competente ai sensi dell'art. 309, comma 7, cod. proc. Pen. P.Q.M. Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata nonché l'ordinanza emessa il 28 novembre 2023 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trapani limitatamente al reato di cui al capo di imputazione provvisoria 11-Bis). Annulla altresì l'ordinanza impugnata in relazione ai residui capi di imputazione provvisoria e rinvia per nuovo giudizio su di essi al Tribunale di Palermo competente ai sensi dell'art. 309, comma 7, cod. proc. Pen. Cosi deciso il 11 aprile 2024. Depositato in Cancelleria il 29 maggio 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 1215 del 2024, proposto da Co. Soc. Coop. p. a., in proprio e nella qualità, in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG 9399686246, 9399687319, 93996894BF, 9399690592, 9399691665, 9399692738, rappresentato e difeso dagli avvocati Do. Gr. e Pi. Sa. Pu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Pi. Sa. Pu. in Roma, via (...); contro Società Regionale per la Sanità - So.Re.Sa. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Vi. Ba., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Asl Napoli 1 Centro, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Do. Co. e Mo. La., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Asl Napoli 3 Sud, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Gi. Ra. Pe., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Asl Avellino, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ma. Gu., Ma. Ab. e Ma. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Azienda Ospedaliera Universitaria Fe. II, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (...); I.R.C.C.S. di diritto pubblico per lo studio e la cura dei tumori Fo. G. Pa., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Pa. Co., Ca. Di Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale Sa. Pa., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Ar. Te., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Azienda dei Co., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ra. Cu., Ri. Ca. e An. Re., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale Sant'A. e Sa. Se. di Ca. (Aorn di Ca.), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Do. So., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Azienda Sanitaria Locale Salerno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Va. Ca., Ro. Ru., Ge. Ga., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; nei confronti G?. It. S.p.A. a socio unico, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ma. Pi., Gi. En. Si., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Ro. Ge. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Fr. Fi. e Fe. Di., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Al. Ce. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati En. Pe., An. Fa. e Ma. V?., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; SI. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Fr. Mr. e Pa. Cl., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Ed. Ne. Go. S.r.l., Gr. S.p.A., in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore, entrambi rappresentati e difesi dagli avvocati An. Degli Es., Al. Er., Ri. Vi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Regione Campania ed altri, non costituiti in giudizio; per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sede di Napoli Sezione Prima, n. 377/2024, resa tra le parti. Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di: Società Regionale per la Sanità - So.Re.Sa. S.p.A, Asl Napoli 1 Centro, Asl Napoli 3 Sud, Asl Avellino, Azienda Ospedaliera Universitaria Fe. II, I.R.C.C.S. di diritto pubblico per lo studio e la cura dei tumori Fo. G. Pa., Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale Sa. Pa., Azienda dei Co., Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale Sant'A. e Sa. Se. di Ca., Azienda Sanitaria Locale Salerno, G?. It. S.p.A. a socio unico, Ro. Ge. s.p.a., Al. Ce. s.r.l., SI. s.p.a., Visti i ricorsi incidentali proposti da Ro. Ge. s.p.a., Al. Ce. s.r.l., SI. s.p.a.; Visti tutti gli atti della causa; Visti gli artt. 74 e 120 cod. proc. amm.; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 maggio 2024 il Cons. Giovanni Tulumello e uditi per le parti i procuratori delle parti come da verbale di udienza; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO 1. L'odierna appellante ha partecipato alla gara relativa all'affidamento del multiservizio tecnologico presso gli immobili di proprietà o in uso alle aziende e istituti sanitari del s.s.r. della Regione Campania, per la durata di 18 mesi (con opzione di rinnovo per ulteriori 6 mesi e previsione di proroga di 12 mesi sino all'individuazione di un nuovo contraente). Si sono aggiudicati i sei lotti della gara le imprese Ro. Ge. s.p.a., Al. Ce. s.r.l., SI. s.p.a., e G?. It. s.p.a. Co. ha impugnato l'aggiudicazione e gli atti della gara davanti al T.A.R. della Campania, deducendo l'illegittimità della legge di gara per violazione della disciplina dei criteri ambientali minimi. 2. Con sentenza n. 377/2024 il T.A.R. della Campania, sede di Napoli, prima sezione interna, ha respinto il ricorso. L'indicata sentenza è stata impugnata con ricorso in appello dalla ricorrente in primo grado. Si è costituita in giudizio, per resistere al ricorso, la stazione appaltante (Società Regionale per la Sanità - So.Re.Sa. S.p.A.) e la controinteressata G?. It. s.p.a. Si sono altresì costituite in giudizio, proponendo appello incidentale, le controinteressate Ro. Ge. s.p.a., Al. Ce. s.r.l. e SI. s.p.a., Si sono costituiti in giudizio, per chiedere l'estromissione per difetto di legittimazione passiva (trattandosi di gara indetta da centrale unica di committenza: SORESA), le seguenti Aziende sanitarie: Asl Napoli 1 Centro, Asl Napoli 3 Sud, Asl Avellino, Azienda Ospedaliera Universitaria Fe. II, I.R.C.C.S. di diritto pubblico per lo studio e la cura dei tumori Fo. G. Pa., Azienda dei Co., Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale Sant'A. e Sa. Se. di Ca., Azienda Sanitaria Locale Salerno, e l'Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale Sa. Pa.. Qeust'ultima, peraltro, ha altresì resistito, nel merito, all'appello principale, ed ha sollevato alcune eccezioni in rito. Si sono infine costituite, per aderire all'appello, Ed. Ne. Go. S.r.l. e Gr. S.p.A. 3. Il 4 marzo 2024 l'appellante principale ha depositato una dichiarazione di rinuncia all'istanza cautelare, chiedendo l'abbinamento al merito. Alla camera di consiglio del 7 marzo 2024, fissata per l'esame di tale istanza cautelare, le parti hanno congiuntamente chiesto il rinvio al merito. Il ricorso è stato definitivamente trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 9 maggio 2024. DIRITTO 1. Devono essere esaminate con priorità alcune questione pregiudiziali di rito relative alla presenza di alcune parti nel giudizio. 1.2. Vanno anzitutto respinte le richieste di estromissione formulate da Asl Napoli 1 Centro, Asl Napoli 3 Sud, Asl Avellino, Azienda Ospedaliera Universitaria Fe. II, I.R.C.C.S. di diritto pubblico per lo studio e la cura dei tumori Fo. G. Pa., Azienda dei Co., Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale Sant'A. e Sa. Se. di Ca., Azienda Sanitaria Locale Salerno, e Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale Sa. Pa.. È vero che si tratta di Aziende formalmente estranee al rapporto relativo al procedimento di gara, e coinvolte nei suoi esiti solo in via successiva e consequenziale: l'oggetto del giudizio, tuttavia, ha riguardo alla gestione della commessa - che sarà eseguita presso le sedi delle aziende medesime - ispirata a criteri di sostenibilità ambientale, il che comporta che tali Aziende siano destinatarie della prestazione negoziale controversa, e come tali titolari di un interesse alla determinazione del suo (legittimo) contenuto (tanto che, come ricordato, una di tali aziende ha ritenuto di entrare nel merito della questione dedotta), secondo lo schema logico proprio del rapporto di mandato (Corte di Giustizia delle Comunità europee, sentenza 20 ottobre 2005 in causa C-246/03 Commissione delle Comunità europee c. Repubblica francese). 1.2. Deve essere esaminata a questo punto la questione pregiudiziale di rito relativa alla legittimazione di Ed. Ne. Go., in qualità di concorrente alla gara non utilmente collocato, a proporre intervento adesivo nel giudizio di primo grado, sollevata nel presente giudizio da SI. e dall'A.O.R.N. Sa. Pa. (che hanno riproposto - ai sensi dell'art. 101, comma 2, cod. proc. amm. - le eccezioni in tal senso sollevate nel giudizio di primo grado, sulle quali il T.A.R. non si è pronunciato). In argomento la parte interveniente in primo grado, costituitasi nel presente giudizio per aderire alle tesi dell'appellante, ha osservato che "l'intervento esperito in primo grado era di natura strettamente adesiva, vale a dire rigorosamente limitato ad illustrare la fondatezza delle censure sollevate dalla ricorrente (quindi adesiva dipendente e non autonomo; ovvero, se si preferisce la formula tradizionale, non litisconsortile), sicché l'oggetto del giudizio è rimasto immutato all'interno dei confini tracciati dalla ricorrente medesima, circostanza che consente (secondo un autorevole e condivisibile insegnamento a cui aderisce un cospicuo indirizzo giurisprudenziale) l'intervento pure di un cointeressato - al quale è invece precluso in forza del comma 2 dell'art. 28 cit. l'intervento adesivo autonomo". 1.3. Va anzitutto osservato che nel caso di specie, diversamente dalla fattispecie oggetto della recente sentenza delle SS.UU. civili della Corte di Cassazione, n. 32559 del 2023, è pacifico fra le parti che l'interventore in questione sia titolare di un interesse legittimo: qui si controverte piuttosto della diversa questione relativa alla "legittimazione ad intervenire nel giudizio, sulla base (...) di specifici e concreti impedimenti processuali (ad esempio, per ragioni relative alla fase processuale in cui gli interventi sono stati proposti); e non già di "valutazioni che negano, in astratto, la titolarità in capo agli stessi enti di posizioni soggettive differenziate qualificabili come interessi legittimi" (Corte di Cassazione, SS.UU., sentenza 32559/2023 cit., punto 10. della motivazione: ove si distingue l'error in procedendo dal diniego o rifiuto di giurisdizione). Ritiene in argomento il Collegio che - conformemente a quanto affermato dalla VI Sezione di questo Consiglio di Stato nella sentenza n. 882 del 2016 (invocata in memoria da Ed. Ne. Go.) - "anche alla luce della formulazione dell'art. 28 Cod. proc. amm., non via siano ostacoli ad ammettere, anche dopo la scadenza del termine di decadenza, un intervento adesivo dipendente del cointeressato, almeno laddove (come accade nella vicenda interessata dal presente giudizio) egli sia destinatario di atti ad effetti non frazionabili, il che si verifica appunto quanto l'annullamento del provvedimento non può che operare nei confronti di tutti i destinatari" (nello stesso senso la sentenza della V Sezione n. 4973 del 2017, e la sentenza n. 666 del 2021 del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana). Nel caso di specie ricorrono entrambe le condizioni indicate dalla richiamata giurisprudenza: l'interventore non ha modificato il thema decidendum come introdotto dalla ricorrente in primo grado, essendosi limitato ad aderire alla prospettazione di tale parte; la natura dei provvedimenti impugnati e gli effetti dell'eventuale accoglimento del ricorso sono tali da ripercuotersi nella sfera dello stesso interventore. 1.4. Merita sottolineare, in particolare, il passaggio motivazionale in cui la citata sentenza n. 882/2016 ha chiarito che una simile interpretazione è funzionale ad una piena tutela del diritto di difesa, senza peraltro con ciò pregiudicare il valore antagonista della certezza e della stabilità dei rapporti giuridici: "deve ritenersi che la ratio della previsione del termine di decadenza per proporre il ricorso (e la ratio dell'art. 28 Cod. proc. amm. che ammette l'intervento solo da parte di chi non sia decaduto dall'esercizio delle relative azioni) non sia quella di sanzionare i comportamenti inerti dei soggetti interessati, ma quella si assicurare la stabilità e la certezza dei rapporti giuridici e delle situazioni soggettive, evitando che l'azione amministrativa che si esprime attraverso un determinato provvedimento rimanga per troppo tempo controvertibile per via giurisdizionale. Di conseguenza,a una volta che sia validamente instaurato, da uno dei suoi destinatari, un giudizio intorno alla legittimità del provvedimento amministrativo, non vi è più alcuna ragione di invocare il termine di decadenza e farlo operare non più sul piano oggettivo, ma su quello soggettivo, nel senso di precludere l'azione del legittimato che, pur senza ampliare il thema decidendum, voglia solo profittare del processo pendente per sostenere la tesi del ricorrente principale ed ottenere così, indirettamente, data la natura inscindibile degli effetti del provvedimento, la tutela della propria posizione". Sarebbe quindi irragionevolmente contraria agli artt. 24, 103 e 113 Cost., nel caso di specie, un'esegesi dell'art. 28 cod. proc. amm. che precludesse ad Ed. Ne. Go. la partecipazione - nelle forme e con i limiti segnalati - al presente giudizio, limitandone l'esercizio del diritto di difesa in assenza di una ragionevole giustificazione. In questo senso, pertanto, come efficacemente chiarito dal richiamato precedente, va criticamente applicata alle singole fattispecie l'affermazione, tralaticiamente ripetuta nella giurisprudenza, secondo la quale "in base a un orientamento del tutto consolidato, nel processo amministrativo l'intervento ad adiuvandum o ad opponendum può essere proposto solo da un soggetto titolare di una posizione giuridica collegata o dipendente da quella del ricorrente in via principale" (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, sentenza n. 13 del 2018). 1.5. Proprio l'assenza di un'esigenza antagonista pone peraltro seri dubbi circa la meritevolezza dell'interesse a coltivare l'eccezione in esame, che mira all'esclusione dal giudizio dell'interventore (il quale certat - ancorché in forma meramente adesiva - de damno vitando). Un simile interesse - escluso già, come chiarito, quello volto a contrastare l'ampliamento del thema decidendum - non può essere evidentemente quello volto a contenere gli effetti del giudicato, posto che questi, come già indicato, comunque si esplicherebbero fra tutti i cointeressati (concorrenti non utilmente collocati) in caso di accoglimento del ricorso già proposto contro il bando, anche in assenza di intervento (sul collegamento su interesse all'impugnazione e attitudine al giudicato, Corte di Cassazione, SS.UU. civili, sentenza n. 27842 del 2019). Nel caso di specie, inoltre, la sentenza gravata ha interamente compensato fra le parti le spese del giudizio di primo grado: sicché neppure può sostenersi che la funzione dell'eccezione in parola sia quella di restringere - con riferimento al giudizio di primo grado - il novero delle controparti allo scopo di evitare una possibile condanna alle spese di lite che possa essere ipoteticamente estesa anche in favore della parte interveniente. L'opposizione all'intervento, in una fattispecie quale quella dedotta nel presente giudizio, non può dunque trovare giustificazione se non nell'interesse, di mero fatto, a restringere in concreto l'ambito dei soggetti processuali (e degli argomenti) che si contrappongono alle tesi della difesa della legittimità del provvedimento gravato: ma esso non può avere consistenza tale da limitare il diritto di difesa della controparte attraverso un'interpretazione del citato art. 28 cod. proc. amm. che non tenga conto del criterio funzionale posto a fondamento della richiamata sentenza n. 882 del 2016. 1.6. L'eccezione in parola deve essere pertanto respinta perché infondata. 2. Devono essere esaminati a questo punto gli appelli incidentali, involgenti anch'essi questioni pregiudiziali di rito relative all'ammissibilità e ricevibilità del ricorso di primo grado. 2.1. L'appello incidentale di SI. con il primo motivo censura il capo della sentenza di primo grado che ha respinto il ricorso incidentale con cui si deduceva l'irricevibilità per tardività delle censure proposte contro il bando; con il secondo motivo censura il capo della sentenza di primo grado che non ha accolto il motivo di ricorso incidentale con cui si deduceva l'inammissibilità per genericità delle censure di violazione dell'art. 34 del d.lgs. 50/2016 (il TAR, pur ritenendo generiche tali censure, le ha respinte nel merito). 2.2. Per quanto riguarda l'appello incidentale di Ro. Ge. s.p.a. il primo motivo censura il capo della sentenza di primo grado che non ha accolto il motivo di ricorso incidentale con cui si deduceva l'inammissibilità per genericità delle censure di violazione dell'art. 34 del d.lgs. 50/2016, rigettandolo nel merito; il secondo motivo censura: a) il capo della sentenza gravata che ha implicitamente respinto l'eccezione, sollevata in primo grado, di inammissibilità del ricorso per difetto d'interesse (essendosi la ricorrente classificata in posizione non utile in tutti i lotti), sul presupposto della non sufficienza, in questo caso, dell'interesse strumentale alla rinnovazione della gara; b) il capo della sentenza di primo grado che ha respinto il ricorso incidentale con cui si deduceva l'irricevibilità per tardività delle censure proposte contro il bando. 2.3. Per quanto riguarda l'appello incidentale di Ce. s.r.l., il primo motivo censura il capo della sentenza di primo grado che ha respinto il ricorso incidentale con cui si deduceva l'irricevibilità per tardività delle censure proposte contro il bando, anche con riferimento alla citata sentenza della Plenaria n. 4/2018; il secondo motivo censura il capo della sentenza di primo grado che non ha accolto il motivo di ricorso incidentale con cui si deduceva l'inammissibilità per genericità delle censure di violazione dell'art. 34 del d.lgs. 50/2016. 3. Trattando i richiamati appelli incidentali alcune questioni comuni, le stesse possono essere esaminate congiuntamente. 3.1. Tutti e tre i ricorsi incidentali censurano il capo della sentenza gravata che ha respinto il mezzo, proposto in via incidentale, con cui si deduceva l'irricevibilità per tardività delle censure proposte dalla ricorrente contro il bando di gara. La questione, con specifico riferimento ai c.a.m., è stata già affrontata da questa Sezione nella sentenza n. 2795/2023, che ha applicato alla specifica materia dedotta i princì pi sanciti dalla sentenza dell'Adunanza Plenaria n. 4/2018, nel senso dell'insussistenza di un onere di immediata impugnazione delle clausole che si assumo lesive per violazione della disciplina in materia di criteri ambientali minimi. La decisione gravata con gli appelli incidentali si basa sul richiamo a tale giurisprudenza. In argomento va osservato: che il ricorso incidentale SI. contesta la conclusione cui è pervenuto il TAR ma non contiene elementi od argomenti di critica rivolti al nucleo centrale di tale decisione, id est all'orientamento giurisprudenziale cui la stessa aderisce; che il ricorso incidentale Ce. neppure menziona tale orientamento, richiamandosi direttamente alla citata sentenza della Plenaria n. 4/2018 (che però, come detto, ha trovato specifica applicazione nella materia in questione ad opera del precedente espressamente richiamato dal T.A.R., ma non contestato); e che il ricorso incidentale Ro. Ge. si cura invece di prendere atto di tale orientamento (costituente, come accennato, il nucleo della motivazione del capo di sentenza impugnato), sollecitandone una rimeditazione. Il Collegio ritiene di confermare in proposito la conclusione già espressa nella citata sentenza n. 2795/2023, condividendo gli argomenti posti a fondamento della stessa. Non si ravvisano, in particolare, ragioni per addivenire - come sollecitato - ad una rimeditazione di tale orientamento, posto che proprio i criteri sanciti dalla ricordata sentenza n. 4/2018 dell'Adunanza Plenaria, correttamente applicati dalla richiamata sentenza alla specifica fattispecie oggetto di giudizio, impediscono di addivenire ad un diverso esito interpretativo. In alcun modo, infatti, l'illegittimità dei criteri ambientali minimi influisce sulla formulazione dell'offerta: non solo in termini di impossibilità assoluta, ma neppure in termini di condizionamento relativo (Consiglio di Stato, sez. III, sentenza n. 1300 del 2024). Sono pertanto infondati il primo motivo dell'appello incidentale SI., la seconda parte del secondo motivo dell'appello incidentale Ro. Ge., ed il primo motivo dell'appello incidentale Ce.. 3.2. Ulteriore questione comune ai tre ricorsi incidentali è quella con cui censura il capo della sentenza di primo grado che non ha accolto il motivo di ricorso incidentale con cui si deduceva l'inammissibilità per genericità delle censure di violazione dell'art. 34 del d.lgs. 50/2016: il T.A.R. invero ha respinto nel merito tali censure perché esse non esplicitavano le specifiche carenze della legge di gara, ma ciò avrebbe dovuto condurre, secondo le appellanti incidentali, alla declaratoria d'inammissibilità del ricorso principale di primo grado. Anche questa censura è infondata. Va anzitutto osservato che la ricorrente in primo grado deduceva che la legge di gara con avesse effettivamente declinato, nella sua struttura e funzione, la disciplina dei criteri ambientali minimi: al di là del mero rinvio di carattere generico. Trattandosi di una censura formulata "per omissione", o "in negativo", non può imputarsi alla parte ricorrente il mancato assolvimento di un onere di specificazione analitico. La genericità rilevata dal T.A.R., e posta a fondamento della decisione d'infondatezza del ricorso di primo grado, non era effettivamente tale, per la richiamata ragione, da rendere inammissibile per genericità il ricorso, ma piuttosto per escludere - nella ricostruzione del primo giudice - la sua fondatezza nella parte in cui deduceva il contrasto con il citato art. 34. Il T.A.R. ha quindi correttamente distinto il superamento della soglia di genericità condizionante l'ammissibilità del gravame, rispetto a quella incidente sulla fondatezza dello stesso. Ciò posto, al di là delle superiori considerazioni risulta dirimente nel senso dell'infondatezza della censura in esame il rilievo che l'accoglimento dell'appello principale, comportando la riforma della sentenza di primo grado nella parte relativa al rigetto del ricorso nel merito, esclude in radice che possa comunque predicarsi - ad ogni fine - un difetto di sufficiente specificità del ricorso stesso. Sono pertanto infondati il secondo motivo dell'appello incidentale SI., il primo motivo dell'appello incidentale Ro. Ge., ed il secondo motivo dell'appello incidentale Ce.. 3.3. La prima parte del secondo motivo dell'appello incidentale Ro. Ge. contesta il capo della sentenza gravata che ha implicitamente respinto l'eccezione, sollevata in primo grado, di inammissibilità del ricorso per difetto d'interesse (essendosi la ricorrente classificata in posizione non utile in tutti i lotti), sul presupposto della non sufficienza, in questo caso, dell'interesse strumentale alla rinnovazione della gara. Deduce, in particolare, l'appellante incidentale che "l'odierno appellante non ha dato alcuna contezza della circostanza per cui, qualora la documentazione di gara avesse riportato i CAM asseritamente omessi, lo svolgimento e gli esiti della stessa sarebbero stati diversi". Identica questione è stata posta, in forma di eccezione, dalla A.O.R.N. "Santobono" Sul punto è sufficiente richiamare, nel senso dell'infondatezza del mezzo, la sentenza di questa Sezione n. 8773/2022, dal momento che in simile fattispecie l'interesse strumentale alla riedizione della gara per illegittimità della lex specialis prescinde da una sorta di prova di resistenza parametrato all'esito della riedizione stessa: "Una volta chiarita l'ammissibilità del gravame rivolto contro un'aggiudicazione viziata dal mancato inserimento dei criteri ambientali minimi nella legge di gara, la conseguenza dell'accoglimento di tale censura è la caducazione dell'intera gara e l'integrale riedizione della stessa, emendata dal vizio in questione.(....). In realtà, come già chiarito, è pacifico che in un caso del genere rilevi (e sia sufficiente) l'interesse "strumentale" alla riedizione della procedura di gara (cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 972/2021, cit., con richiami di giurisprudenza). Dal che la fondatezza anche del motivo di appello che deduce l'erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha dichiarato inammissibile il ricorso di primo grado per mancata dimostrazione della prova di resistenza". IL Collegio condivide tale conclusione, dalla quale non ravvisa alcuna ragione per discostarsi, con la conseguenza che il mezzo in esame deve ritenersi infondato. 4. Venendo all'esame dell'appello principale, va anzitutto osservato che, come ricordato dal primo giudice, le prestazioni dell'appalto in questione "concernono la manutenzione degli impianti di climatizzazione, elettrici, idrici e gas medicali, degli impianti e apparecchiature antincendio, degli impianti elevatori e la manutenzione edile". In estrema sintesi il ricorso di primo grado censurava in particolare il fatto che i criteri ambientali minimi richiamati nell'art. 14 del Disciplinare tecnico non fossero poi coerentemente declinati nella legge di gara; e altresì il fatto che l'allegato A5, relativo ai criteri di valutazione delle offerte, destinasse soltanto 4 punti su 70 alla sostenibilità ambientale, peraltro sotto il profilo delle misure migliorative. Il TAR ha respinto tali censure sostanzialmente osservando: - che la fattispecie dedotta sarebbe difforme rispetto a quelle oggetto dei richiamati precedenti; - che il principio di eterointegrazione farebbe sì che i criteri ambientali minimi genericamente richiamati entrino a far parte della legge di gara (richiamando in tal senso la sentenza del T.A.R. Veneto n. 329/2019); - che la ricorrente avrebbe genericamente lamentato la mancata trasposizione specifica nella legge di gara, ma "non esplicita di quali carenze sia concretamente affetta la legge di gara". 5. Con un unico, articolato motivo di gravame l'appellante principale censura la sentenza gravata nella parte in cui ha respinto il ricorso di primo grado, con cui si deduceva l'insufficienza - ai fini del rispetto dell'art. 34 del d.lgs. 50/2016 - del mero richiamo ai decreti relativi ai criteri ambientali minimi applicabili nel caso in esame. Si chiede anche di rimettere all'Adunanza Plenaria la questione della sufficienza del mero richiamo eterointegrativo, ove si riscontrasse un contrasto di giurisprudenza sul punto. L'appellante principale critica poi la parte della sentenza impugnata in cui il principio del risultato viene invocato a supporto della decisione di rigetto, di fatto quale antagonista della effettiva applicazione della disciplina dei criteri ambientali minimi. Deduce, inoltre, il gravame che "è proprio la specificazione tecnica sul verde pubblico a dimostrare la carenza della legge di gara su tutti gli altri settori e quindi a rendere evidente come i CAM per le diverse parti del servizio e inerenti gli altri enunciati Decreti Ministeriali siano rimasti chiaramente inapplicati". 6. Le parti appellate hanno dedotto l'infondatezza dell'appello principale. Il nucleo centrale degli argomenti in tal senso sviluppati consiste nel ritenere che nella fattispecie in esame, a differenza di quella che aveva costituito oggetto della sentenza n. 8773/2022, la legge di gara avrebbe rispettato il disposto del citato art. 34 del d.lgs. n. 50 del 2016. Tali argomenti attengono ad una duplice prospettiva: quella della ritenuta genericità delle censure della ricorrente; e quella della conformità al richiamato parametro normativo della censurata disciplina negoziale, in quanto - a differenza del precedente evocato - rispettosa dello stesso. 6.1. Quanto al primo profilo, valgono le considerazioni già svolte a proposito dell'esame degli appelli incidentali: tale rilievo, rivolgendosi contro una censura che lamenta un'omissione, è strutturalmente contraddittorio. In ogni caso, come si dirà più avanti, la censura avanzata in primo grado dalla ricorrente, e riproposta in appello, ancorché formulata "in negativo", individua con sufficiente precisione il contenuto mancante che rende illegittima la legge di gara. 6.2. Sul secondo dei segnalati profili di ritenuta infondatezza del gravame si è, in particolare, diffusa la difesa della stazione appaltante, che nella memoria conclusionale (pag. 24) ha affermato che "nella fattispecie sopra illustrata, oggetto di pronuncia da parte del Consiglio di Stato, la legge di gara non aveva previsto, disciplinato e articolato in nessun modo i C.A.M. riferiti alle categorie merceologiche e ai servizi compresi nell'appalto, limitandosi a richiamare genericamente l'applicabilità di tutte le disposizioni di legge e regolamentari vigenti in materia, senza alcuna ulteriore specificazione. È di tutta evidenza che la vicenda sottesa alla pronuncia del Consiglio di Stato si fonda su presupposti fattuali e giuridici non sovrapponibili alla fattispecie de qua. Dunque, non pare sussistere la violazione di legge dedotta dalla appellante. Pare il caso di rammentare, ancora una volta, che So.Re.Sa., sul presupposto di non essere in possesso dei dati e delle informazioni relativi ai livelli e certificazioni di prestazione energetica per gli immobili oggetto di gara, ha rinviato all'applicazione dei CAM per i servizi energetici secondo quanto previsto dal CASO A dell'Allegato 1 al Decreto Ministeriale del 7 marzo 2012 i quali delineano, esaustivamente, le specifiche tecniche premianti - in quanto non sono previste quelle di base per la detta fattispecie - le clausole contrattuali, la selezione dei candidati, la documentazione da inserire nella legge di gara, i mezzi di prova e i procedimenti di verifica del rispetto dei principi di sostenibilità ambientale" (argomenti analoghi sono stati comunque svolti da parte di tutte le difese delle parti appellate). 6.3. I superiori argomenti non risultano condivisibili. A ben vedere, l'unica differenza fra le due fattispecie (quella oggetto della sentenza n. 8773/2022, e quella oggetto del presente giudizio), risiede nel fatto che mentre nel primo caso la disciplina di gara conteneva un generico rinvio alla normativa applicabile, nel caso di specie essa rinviava alla disciplina dei criteri ambientali minimi relativi ai settori considerati (ma comunque con esclusione di quello dei rifiuti), senza tuttavia declinare coerentemente tale richiamo all'interno della "documentazione di gara". Tale connotato strutturale, che pure ha costituito oggetto di dialettica processuale, è in realtà pacificamente ammesso dalla stessa stazione appaltante a pag. 25 della propria memoria conclusionale, laddove ha affermato che "La mancata previsione della normativa in materia di criteri ambientali minimi nella documentazione di gara non inficia la procedura ad evidenza pubblica in quanto la scelta dei criteri di valutazione delle offerte, operata dalla Stazione Appaltante, rientra nell'esercizio della discrezionalità che la legge attribuisce alla Pubblica Amministrazione nella fase di valutazione delle offerte per perseguire l'interesse pubblico" (affermazione che, peraltro, evidenzia una non adeguata individuazione dell'interesse pubblico sotteso alla gara, alla stregua di quanto sarà ulteriormente chiarito ai successivi punti 8. e seguenti). 6.4. La questione in merito alla quale le parti appellate hanno sollecitato un intervento chiarificatore di questo giudice concerne l'individuazione della soglia (minima) normativa di esigibilità della previsione dei criteri ambientali minimi all'interno della legge di gara. Il Collegio, nel farsi carico dello scrutinio di tali difese, ritiene anzitutto che tale questione abbia carattere alquanto serio, determinando un antagonismo fra l'esigenza di semplificazione della lex specialis (e della gara stessa) per un verso, e la non meno rilevante esigenza di effettività dell'operatività dei criteri ambientali minimi nella fase di esecuzione del contratto. La soluzione di tale dialettica va individuata tenendo conto anzitutto del dato testuale: l'art. 34, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016 prescrive espressamente "l'inserimento, nella documentazione progettuale e di gara, almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei criteri ambientali minimi adottati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (....) ". Si tratta di un dato non formale, ma piuttosto sostanziale, dal momento che le prescrizioni in questione mirano a conformare l'esecuzione della prestazione contrattuale (come meglio si preciserà in seguito). È appena il caso di osservare come identica disciplina sia contenuta, nonostante solo apparenti difformità testuali, nell'art. 57, secondo comma, del d.lgs. n. 36 del 2023, che si pone in relazione di continuità con il carattere c.d. mandatory dei criteri ambientali minimi: anche in considerazione del rilievo (non solo meramente esegetico) che tale processo di successione di norme è stato segnato, medio tempore, dalla riforma del parametro costituzionale rappresentato dagli artt. 9 e 41 della Costituzione (e fermo restando, comunque, che la parte della previsione del citato art. 57 avente ad oggetto la graduazione, ove possibile, dei criteri sulla base del valore del contratto non è rivolta alle stazioni appaltanti, ma all'attività di predisposizione dei decreti ministeriali). Date le superiori premesse, nel caso di specie tre dirimenti elementi, in particolare, impediscono di accedere alla tesi delle parti appellate che hanno allegato, anche graficamente, la conformità all'indicato parametro normativo dell'indicata legge di gara. 6.4.1. Il primo è che il T.A.R. in tanto ha ritenuto legittima la legge di gara così strutturata, in quanto ha fatto ricorso al principio della eterointegrazione del bando ad opera di norme imperative (così confermando la lacuna contenutistica della disciplina di gara): tesi che, però, non è condivisa dalla giurisprudenza maggioritaria di questo Consiglio di Stato, come peraltro riconosciuto dalla stessa sentenza impugnata (che tuttavia ritiene il richiamo ai decreti ministeriali sufficiente allo scopo, in quanto "l'onere di diligenza impone al concorrente di adeguare la propria offerta ai criteri ambientali minimi che la stazione appaltante non ha trascurato, e che l'operatore economico è così messo in grado di conoscere e valutare, per formulare un'offerta consapevole"). Il Collegio ritiene di non poter condividere tale conclusione, perché essa limita gli effetti del richiamo ai decreti ministeriali alla "formulazione di un'offerta consapevole" (fermo restando che la genericità del richiamo a criteri semplicemente "non trascurati" attenua fortemente il relativo onere del partecipante), e non anche alla coerente disciplina della valutazione delle stesse. Una simile conclusione risolve semmai il - diverso - problema di conformità del bando di gara all'art. 71 dell'abrogato d.lgs. n. 50 del 2016: ma non anche di rispetto dell'art. 34 dello stesso codice, come subito si dirà . 6.4.2. Le superiori conclusioni sono ulteriormente rafforzate da un secondo elemento: quello - dedotto a pag. 8 dell'appello principale - per cui "SO.RE.SA. abbia (illegittimamente) destinato solo 4 punti sui 70 disponibili alla sostenibilità ambientale e per di più con riferimento alle eventuali misure migliorative". Tale dato è confermato dal primo giudice, che lo ha ritenuto legittimo in relazione all'ampia discrezionalità di cui gode la stazione appaltante in sede di distribuzione dei punteggi. Orbene, in disparte la condivisibilità o meno di tale assunto (in relazione alla funzionalizzazione comunque della discrezionalità agli interessi pubblici primari fissati dalle norme, come meglio si specificherà in seguito), sul piano strutturale ciò che si ricava oggettivamente da tale dato è che i criteri ambientali minimi hanno inciso in sede di valutazione dell'offerta solo per 4 punti su 70, e segnatamente - ciò che qui rileva - solo sul piano delle misure migliorative. Tale elemento - unitamente a quello della necessità di una eterointegrazione della legge di gara - conferma quanto già osservato: vale a dire che nella gara in questione i criteri ambientali minimi hanno avuto un ruolo, in sede di selezione dell'offerta migliore, solo in chiave accessoria. Non è qui direttamente in rilievo l'esercizio della discrezionalità amministrativa nella distribuzione dei punteggi (anche se il citato art. 34 individua i criteri premianti come una species del più ampio genus: e, dunque, presuppone un loro impiego non alternativo ma piuttosto integrativo, contrapponendo al contenuto necessario oggetto del primo comma quello eventuale indicato nel secondo). Né si tratta di individuare in capo alla stazione appaltante un "obbligo meramente formale di riproduzione del suo contenuto", come ritenuto dal primo giudice: la formulazione del primo comma dell'art. 34 non è casuale, ma impone una conformazione degli obblighi negoziali funzionale, sul piano sostanziale, all'effettiva esecuzione della prestazione dell'appaltatore in conformità alle specifiche tecniche portate dai criteri ambientali. Rimane dunque confermato, anche nel caso in esame, che "La conseguenza della richiamata disciplina di gara è infatti quella di relegare un contenuto necessario all'alea delle offerte migliorative" (sentenza n. 8773/2022, cit.; nello stesso senso sentenza 972/2021). 6.4.3. Tanto ciò è vero, che - come dedotto dall'appellante alle pagg. 28 e 29 del ricorso in appello - dei criteri ambientali minimi genericamente richiamati dalla legge di gara uno soltanto, quello relativo alla cura e alla manutenzione del verde, è stato tradotto in specifiche tecniche. Il che contraddice la tesi della mera sufficienza del richiamo generico, o quanto meno esprime una contraddittorietà nella tecnica di formulazione della legge di gara che, di per sé, non garantisce l'adeguato rispetto della norma primaria. Né può accedersi alla tesi della sentenza gravata, secondo la quale "La circostanza che la stazione appaltante abbia inteso operare alcune specificazioni per una delle prestazioni richieste non denota il lamentato vizio degli atti di gara. Tali specificazioni si mostrano corrispondenti alla scelta di chiarire taluni aspetti delle parziali attività affidate, rimanendo il contenuto delle prestazioni richieste, per le restanti attività, ancorato ai criteri ambientali minimi, dettati dai decreti ministeriali a cui è fatto riferimento". La richiamata norma primaria detta infatti un modello disciplinare che non consente applicazioni differenziate all'interno della stessa lex specialis: e ciò, giova ripeterlo, non già in ossequio ad un canone formale, ma piuttosto per assicurare l'effettiva conformità delle modalità di esecuzione della prestazione al modello individuato come rispettoso delle esigenze ambientali. 6.5. Tanto chiarito, emerge che effettivamente una apparente differenza strutturale sussiste fra la fattispecie in esame e quella che ha costituito oggetto della più volte richiamata sentenza n. 8773/2022: in un caso il rinvio è stato genericamente operato alla "disciplina applicabile", mentre in questo caso esso ha riguardato i decreti ministeriali relativi ai (soli) criteri ambientali minimi ritenuti applicabili. Tuttavia, ai fini dello scrutinio della conformità della legge di gara al parametro normativo evocato, non è dato riscontrare significative diversità fra le due ipotesi; in entrambi i casi, infatti, il rinvio - se pure assolve ad uno scopo formale - non è idoneo a conformare la funzione del contratto, in punto di scelta della migliore offerta, agli obiettivi avuti di mira dalla norma. La memoria conclusionale SI. ha in proposito invocato la sentenza della V Sezione di questo Consiglio di Stato n. 9879 del 2022: ma anche tale sentenza, conferma che "L'obbligatorietà di detti criteri e le gravi conseguenze che se ne devono trarre nella sede giudiziale di valutazione di legittimità delle procedure pubbliche di affidamento che non ne tengano debito conto depongono nel senso, seguito dalla sentenza impugnata, di valutare la questione del loro recepimento nella legge di gara sotto il profilo sostanziale, piuttosto che sotto il profilo formale del loro richiamo". 6.6. La stazione appaltante, a pag. 25 della propria memoria conclusionale, ha dedotto che "La mancata previsione della normativa in materia di criteri ambientali minimi nella documentazione di gara non inficia la procedura ad evidenza pubblica in quanto la scelta dei criteri di valutazione delle offerte, operata dalla Stazione Appaltante, rientra nell'esercizio della discrezionalità che la legge attribuisce alla Pubblica Amministrazione nella fase di valutazione delle offerte per perseguire l'interesse pubblico. Il potere discrezionalmente esercitato dalla Stazione Appaltante è sindacabile solo in sede di giurisdizione di legittimità e, unicamente, qualora sia macroscopicamente illogico, irragionevole e irrazionale". La tesi non è condivisibile. In primo luogo va considerato che la discrezionalità in sede di valutazione delle offerte incontra un (auto)limite nella legge di gara: e nel caso di specie si discute proprio della legittimità della lex specialis. In secondo luogo, tale conclusione è sintomatica di una incompleta percezione della nozione di "perseguimento dell'interesse pubblico", che come detto si connota di una componente non rimessa alla valutazione discrezionale dell'amministrazione, ma obbligatoriamente richiesta dalla legge come condizionante il contenuto delle offerte e delle prestazioni. In terzo luogo, e in conseguenza delle superiori considerazioni, dall'insieme delle prescrizioni normative relative ai criteri ambientali minimi risulta che la sostenibilità ambientale delle scelte negoziali dell'amministrazione pone un problema di rispetto di canoni normativamente stabiliti, più che di esercizio di discrezionalità propriamente intesa. 6.7. Alla luce delle osservazioni che precede va conclusivamente esaminato il profilo - cui si è già in parte accennato - relativo alla possibilità di eterointegrazione della legge di gara, anche per effetto del rinvio in essa contenuto ai decreti ministeriali. La citata sentenza n. 8773/2022 ha precisato che "La giurisprudenza di questo Consiglio di Stato è pacifica nel rinvenire la ratio dell'obbligatorietà dei criteri ambientali minimi nell'esigenza di garantire "che la politica nazionale in materia di appalti pubblici verdi sia incisiva non solo nell'obiettivo di ridurre gli impatti ambientali, ma nell'obiettivo di promuovere modelli di produzione e consumo più sostenibili, "circolari" e nel diffondere l'occupazione "verde" (così, da ultimo, la sentenza n. 6934/2022). La previsione in parola, e l'istituto da essa disciplinato, contribuiscono dunque a connotare l'evoluzione del contratto d'appalto pubblico da mero strumento di acquisizione di beni e servizi a strumento di politica economica: in particolare, come affermato in dottrina, i cc.dd. green public procurements si connotano per essere un "segmento dell'economia circolare"". L'applicazione di tali princì pi alla fattispecie dedotta importa l'accoglimento del relativo profilo di censura. Ne deriva che, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, il ricorso alla eterointegrazione della legge di gara ad opera dei decreti che disciplinano gli specifici criteri ambientali non è sufficiente a far ritenere rispettato l'art. 34 del d.lgs. n. 50 del 2016. Sempre la sentenza 8773/2022 ha chiarito che "non possono ritenersi rispettate tali previsioni allegando il generico rinvio della legge di gara alle disposizioni vigenti, ovvero opponendo in memoria - in un'ottica di risultato - che l'aggiudicataria avesse comunque "offerto in gara prodotti biologici e possiede certificazioni idonee a minimizzare l'impatto ambientale nella fase esecutiva della commessa"". Il Collegio anche sul punto - essendo, peraltro, la richiamata ricostruzione coerente ad una complessiva logica normativa non frazionabile per segmenti - aderisce al richiamato orientamento, dal momento che la fattispecie oggetto del presente giudizio non presenta - come già rilevato - differenze sostanziali rispetto a quella oggetto della sentenza da ultimo indicata, posto che in un caso i criteri ambientali minimi sono stati indicati in maniera generica, mentre nel caso in esame sono stati indicati con specifico riferimento ai relativi decreti ministeriali, ma senza che a tali riferimenti abbia fatto seguito un'effettiva declinazione nella documentazione di gara, come prescritto dal citato art. 34, primo comma. Ne consegue che non sussistono i presupposti per la rimessione della questione all'Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato, posto che l'opposta opzione esegetica fatta propria dal primo giudice si richiama ad una giurisprudenza del giudice di primo grado isolata e comunque superata dal più recente orientamento di questo Consiglio di Stato, non sussistendo peraltro le condizioni di cui all'art. 99, comma 3, cod. proc. amm. Va conclusivamente osservato sul punto che la tesi della eterointegrazione, che ha consentito al primo giudice di ritenere legittima la legge di gara, per un verso contraddice - come accennato - la tesi delle parti appellate circa la completezza della relativa documentazione; per altro verso - stante la genericità sul punto di disciplinare e capitolato, e la conseguente necessità di integrarne ab extrinseco la disciplina - ha l'effetto di spostare nella fase di esecuzione del contratto ogni questione relativa alla conformità della prestazione ai criteri ambientali: così contraddicendo la logica del risultato (della quale ci si occuperà ulteriormente ai successivi punti 8. e seguenti), che mira piuttosto ad una sollecita definizione, in termini di certezza e stabilità del rapporto negoziale, dei reciproci diritti ed obblighi (posto che lo stesso art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 36 del 2023 - ponendosi in linea di coerenza e continuità con risalenti ed autorevoli indicazioni teoriche - costruisce la nozione di risultato in un'ottica di unitarietà strutturale e funzionale fra aggiudicazione ed esecuzione). 7. Un ulteriore argomento di censura concerne il mancato, radicale richiamo (e, non dunque, il richiamo non seguito da adeguata declinazione nelle specifiche tecniche) da parte della legge di gara ai criteri ambientali minimi relativi alla gestione dei rifiuti. 7.1. Sul primo profilo la sentenza gravata ha ritenuto che "non vale il riferimento operato alla previsione del punto 12.8 del capitolato tecnico, poiché esso non include nell'oggetto dell'appalto le specifiche prestazioni in materia di rifiuti, enunciando l'obbligo dell'aggiudicatario di far corrispondere la propria attività alla qualità di produttore e detentore di rifiuti, non abbandonando i rifiuti e favorendo il trattamento da parte di altri soggetti (significativamente, il disciplinare specifica che l'aggiudicatario dovrà rivolgersi "ai soggetti autorizzati allo svolgimento delle relative operazioni di gestione ai sensi dell'art. 212 del D.Lgs. 152/2006 e compilando la documentazione ambientale")". 7.2. Sul punto l'appellante in memoria di replica ha dedotto che "avendo Soresa disciplinato e declinato anche l'affidamento del servizio di gestione del verde pubblico e fornitura prodotti per la cura del verde di cui al DM n. 63 del 10 marzo 2020, la stessa sarebbe stata obbligata anche ad applicare, declinare e contestualizzare il DM 13 febbraio 2014 sui rifiuti urbani, che è collegato appunto al verde pubblico". Va anzitutto osservato che l'allegato 1 del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 13 febbraio 2014, relativo ai "Criteri ambientali minimi per l'affidamento del servizio di gestione dei rifiuti urbani", risulta essere stato abrogato dall'art. 3, comma 3, del Decreto del Ministero della transizione ecologica 23 giugno 2022, a decorrere dalla data di entrata in vigore dello stesso (3 dicembre 2022). Alla data in cui è stata bandita la gara in esame - indetta con determina n. 184 del 16 settembre 2022 - era dunque in vigore il citato d.m. 13 febbraio 2014. 7.3. Tale decreto stabilisce, come detto, i "Criteri ambientali minimi per l'affidamento del servizio di gestione dei rifiuti urbani": dunque, di un servizio distinto, e collocato "a valle", rispetto a quello costituente oggetto del contratto per cui è causa, il quale contempla la produzione e la detenzione di rifiuti, ma non anche il loro smaltimento. Va peraltro considerato che, come ricordato dal primo giudice, il contratto in questione disciplina altresì le attività relative ai rifiuti prodotti nel senso di favorirne "il trattamento da parte di altri soggetti"; e che il citato d.m. 13 febbraio 2014 non disciplina esclusivamente lo "smaltimento", ma piuttosto la "gestione" dei rifiuti, e in particolare (allegato 1, punto 2) "la parte del servizio di gestione dei rifiuti relativa alla raccolta dei rifiuti". Si tratta dell'attività di raccolta operata dalle amministrazioni istituzionalmente competenti, ma nell'ottica della "prevenzione della produzione dei rifiuti" (punto 3.3.1.), anche attraverso il "compostaggio domestico", "in particolare nelle situazioni ove siano presenti case sparse e giardini" (punto 3.3.2.), e della raccolta differenziata (punto 3.3.3.). Orbene, se nel caso di specie oggetto del contratto sono anche le attività dirette a favorire il trattamento dei rifiuti prodotti (prodromiche alla diversa attività concernente la successiva gestione degli stessi), non può negarsi che in tale oggetto rientri una pur minima (ma non marginale, se considerata in relazione al ciclo dei rifiuti) attività di gestione vera e propria. 7.4. Ciò è del resto testualmente confermato dal punto 12.8 del Capitolato: dove alla genericità della previsione di cui al primo periodo ("L'Assuntore si impegna, nel corso dello svolgimento del contratto, a salvaguardare l'integrità dell'ambiente, rispettando le norme attualmente vigenti in materia e adottando tutte le precauzioni possibili per evitare danni di ogni genere"), fa invece seguito, nel secondo periodo, la più precisa e significativa previsione secondo la quale "Le attività oggetto del presente appalto implicano la produzione di differenti tipologie di rifiuto che l'Assuntore dovrà gestire nel pieno rispetto della normativa vigente, con particolare riferimento al D.Lgs 152/2006". Il Capitolato, opportunamente (considerato il potenziale rilievo inquinante dei rifiuti relativi alle plurime attività oggetto del contratto), fa carico al contraente non già del mero conferimento dei rifiuti a soggetti autorizzati, ma anche della loro produzione in forma differenziata: il che, come detto è oggetto del punto 3.3.3. del citato allegato 1 al d.m. 13 febbraio 2014. Né può ritenersi esaustivo, in argomento, il rinvio alle disposizioni di cui al d.lgs. n. 152 del 2006, in quanto richiamato dal Capitolato solo in via esemplificativa. La stazione appaltante ha pertanto - correttamente ed opportunamente - incluso nell'oggetto dell'appalto una fase di gestione "interna" dei rifiuti, funzionale all'effettivo smaltimento degli stessi secondo criteri di protezione ambientale, che come tale implica l'esecuzione della prestazione negoziale secondo le specifiche recate dai criteri sopra richiamati. La censura è pertanto, questi termini, fondata. 8. Alla luce delle considerazioni fin qui svolte in merito ai contrapposti argomenti delle parti sulla legge di gara e sul contenuto del relativo parametro normativo, devono essere esaminate le critiche rivolte dall'appellante alla parte della sentenza di primo grado che ha respinto il ricorso facendo riferimento al principio del risultato (oltre a quanto già osservato in argomento al precedente punto 6.7.). Il T.A.R. ha utilizzato tale argomento, declinato come "esigenza di garantire il conseguimento dell'obiettivo dell'azione pubblica (con il riconoscimento del prioritario interesse al pronto raggiungimento delle finalità dell'appalto), essendo destinati a recedere quei formalismi ai quali non corrisponda una concreta ed effettiva esigenza di tutela del privato", ritenendo che, poiché "in ragione della formulazione specifica degli atti di gara, l'operatore economico non potesse dirsi inconsapevole delle modalità attraverso cui formulare la propria offerta", nel caso di specie andrebbe privilegiata l'esigenza di un sollecito affidamento e svolgimento del servizio. 8.1. Tale impostazione, che considera l'interesse della stazione appaltante e del singolo operatore alla presentazione dell'offerta e all'effettuazione della gara, trascura in realtà di considerare che il risultato avuto di mira dalla legge in questo caso non è "l'effettivo e tempestivo" svolgimento del servizio (a qualsiasi condizione), ma lo svolgimento del servizio finalizzato all'attuazione delle politiche ambientali alle quali risultano funzionali i criteri ambientali minimi. La nozione, nel caso di specie, deve appuntarsi sul soddisfacimento dell'interesse pubblico primario portato dalle norme che si assumono violate. Diversamente, si legittimerebbe una divaricazione fra la politica ambientale predicata dalla norma primaria regolante l'esercizio del potere in questione, e quella effettivamente praticata mediante la disciplina dei concreti obblighi negoziali. 8.2. È nota del resto, in tal senso, la qualificazione funzionale dei contratti pubblici operata in relazione all'evoluzione normativa della causa degli stessi: dalla concezione c.d. unipolare (limitata elle esigenze contabilistiche); a quella bipolare (che alla prima ha affiancato il perseguimento dell'interesse proconcorrenziale e alla libera circolazione); a quella, infine, multipolare, mediante la quale l'arricchimento funzionale della disciplina assegna al contratto anche il ruolo di strumento di politiche sociali ed ambientali (soprattutto per effetto del considerando 2 della Direttiva 2014/24/UE). Questo Consiglio di Stato ha già avuto modo di affermare in proposito che "Nell'attuale quadro normativo, soprattutto per effetto delle direttive di seconda e terza generazione, il contratto di appalto non è, infatti, soltanto un mezzo che consente all'amministrazione di procurarsi beni o di erogare servizi alla collettività, ma - per utilizzare categorie civilistiche - uno "strumento a plurimo impiego" funzionale all'attuazione di politiche pubbliche ulteriori rispetto all'oggetto negoziale immediato: in altre parole, uno strumento - plurifunzionale - di politiche economiche e sociali, con conseguenti ricadute sulla causa del provvedimento di scelta del contraente" (Consiglio di Stato, sez. III, sentenza n. 11322/2023; in argomento, da ultimo, e con ampia motivazione, Consiglio di Stato, sez. V, sentenza n. 807 del 2024, in materia di clausole sociali). Il che, a ben vedere, si pone in chiave di coerenza evolutiva rispetto all'originaria funzione, posto che si amplia l'area dell'interesse pubblico primario: che è sempre quello alla scelta del migliore offerente, ma non più tale solo sul piano dell'affidabilità e dell'economicità, bensì anche sul terreno della capacità di concorrere a concretamente tutelare gli ulteriori interessi pubblici nel frattempo normativamente assegnati alla cura dell'amministrazione (con la conseguenza di trasformare il contratto d'appalto pubblico da mero strumento di acquisizione di beni e servizi a strumento di politica economica, sociale ed ambientale: in tal senso già la citata sentenza n. 8773/2022). Come chiarito dalla Sezione nella citata sentenza n. 11322/2023, la nozione di risultato "anche alla luce del significato ad essa attribuito dal sopravvenuto d.lgs. n. 36 del 2023, (...) non ha riguardo unicamente alla rapidità e alla economicità, ma anche alla qualità della prestazione"; (...) Se si considera tale, fondamentale quadro, la "migliore offerta" è dunque quella che presenta le migliori condizioni economiche ma solo a parità di requisiti qualitativi richiesti". Non trova dunque giuridico fondamento la tesi per cui la positivizzazione in materia contrattuale del principio del risultato avrebbe sancito il primato logico dell'approvvigionamento: non foss'altro perché tale principio è strettamente correlato a (e condizionato da) quello della fiducia, e dunque si differenza dalla logica del risultato "statico" di cui all'art. 21-octies, comma 2, della legge n. 241 del 1990 per rivolgersi invece alla effettività della tutela degli interessi di natura superindividuale la cui cura è affidata all'amministrazione, fra i quali quello della tutela ambientale assume un ruolo decisamente primario alla luce sia della richiamata Direttiva 2014/24/UE, che del riformato art. 9 della Costituzione. 8.3. Così individuato il "risultato" normativamente rilevante (anche, dunque, quale parametro di legittimità dell'azione amministrativa), l'argomento di censura in esame risulta fondato in relazione a quanto già affermato dalla sentenza di questa Sezione n. 2866/2024, che ha chiarito sul punto - anch'essa in una prospettiva indotta dalla portata esegetica del principio del risultato in quanto già immanente al sistema, e dunque correttamente valutabile, come ha fatto il primo giudice, anche in fattispecie non ancora soggette alla specifica previsione di cui all'art. 1, comma 4, del d.lgs. n. 36 del 2023 - che "L'importanza del risultato nella disciplina dell'attività dell'amministrazione non va riguardata ponendo tale valore in chiave antagonista rispetto al principio di legalità, rispetto al quale potrebbe realizzare una potenziale frizione: al contrario, come pure è stato efficacemente sostenuto successivamente all'entrata in vigore del richiamato d.lgs. n. 36 del 2023, il risultato concorre ad integrare il paradigma normativo del provvedimento e dunque ad "ampliare il perimetro del sindacato giurisdizionale piuttosto che diminuirlo", facendo "transitare nell'area della legittimità, e quindi della giustiziabilità, opzioni e scelte che sinora si pensava attenessero al merito e fossero come tali insindacabili" (in senso ana, successivamente, anche la sentenza della IV Sezione di questo Consiglio di Stato, n. 3985/2024). Nella specifica materia dei criteri ambientali minimi già la più volte richiamata sentenza n. 8773/2022 aveva affermato che il mero richiamo ai criteri ambientali da parte della legge di gara "non equivale a prospettare la conformità del risultato della gara allo scopo voluto dai parametri normativi". 8.4. La memoria conclusionale SI. ha in proposito affermato che "La codificazione del principio è precipuamente volta a privilegiare l'aspetto sostanziale su quello meramente formale, come spiega la Relazione illustrativa al d.lgs. n. 36/2023, in linea con la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea". Orbene, alla luce di quanto si è già osservato, è proprio la valorizzazione del profilo sostanziale a deporre nel senso della fondatezza del gravame: nella duplice prospettiva della necessità - per potersi predicare la legittimità della legge di gara - di un riscontro di effettività della cura degli interessi ambientali in sede di disciplina degli obblighi negoziali (in ciò consistendo il risultato avuto di mira dalla norma in questione); e della insufficienza del dato disciplinare meramente formale consistente nel generico richiamo ai criteri in questioni. A ciò si aggiunga quanto si è già osservato rispetto alla contrarietà al principio del risultato di una legge di gara che genericamente richiami una disciplina non declinata nelle specifiche tecniche, in vista di una successiva integrazione tale da incrementare il tasso di complicazione e di incertezza del contenuto degli obblighi negoziali. 9. La presente decisione è stata assunta tenendo conto dell'ormai consolidato "principio della ragione più liquida", corollario del principio di economia processuale (cfr. Cons. Stato, Ad. pl., 5 gennaio 2015, n. 5, nonché Cass., Sez. un., 12 dicembre 2014, n. 26242), che ha consentito di derogare all'ordine logico di esame delle questioni e tenuto conto che le questioni sopra vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., Sez. II, 22 marzo 1995, n. 3260, e, per quelle più recenti, Cass. civ., Sez. V, 16 maggio 2012, n. 7663, e per il Consiglio di Stato, Sez. VI, 19 gennaio 2022, n. 339), con la conseguenza che gli argomenti difensivi non accolti e ciononostante non espressamente richiamati - in ossequio al principio di sinteticità di cui all'art. 3, comma 2, cod. proc. amm. - sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione, in ragione dell'economia della stessa, e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso. Dalle considerazioni che precedono discende: - che gli appelli incidentali sono infondati e come tali devono essere respinti; - che l'appello principale è fondato e che va pertanto accolto, con riforma della sentenza del T.A.R. qui gravata e conseguente accoglimento del ricorso di primo grado, nel senso dell'annullamento degli atti con esso impugnati. Sussistono, nondimeno, giusti motivi legati alla complessità ed alla peculiarità della vicenda sottesa al presente contenzioso per disporre, ai sensi dell'art. 92 c.p.c., per come espressamente richiamato dall'art. 26, comma 1, c.p.a, l'integrale compensazione delle spese del doppio grado di giudizio tra le parti. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, rigetta gli appelli incidentali e, in accoglimento dell'appello principale e in riforma della sentenza gravata, accoglie il ricorso di primo grado ed annulla i provvedimenti con esso impugnati. Compensa le spese del doppio grado di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 maggio 2024 con l'intervento dei magistrati: Michele Corradino - Presidente Ezio Fedullo - Consigliere Giovanni Tulumello - Consigliere, Estensore Antonio Massimo Marra - Consigliere Angelo Roberto Cerroni - Consigliere
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quinta ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 6608 del 2023, proposto da Comune dell'Aquila, in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG ZB839F6150, rappresentato e difeso dall'avvocato Do. De Na., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Soc. Coop. Soc. Ve. Nu. Or., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Fa. Co., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo Sezione Prima n. 00368/2023, resa tra le parti Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio di Soc. Coop. Soc. Ve. Nu. Or.; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 gennaio 2024 il Cons. Diana Caminiti e trattenuta la causa in decisione sulla base dei soli scritti difensivi, come da verbale di udienza; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO 1.Il Comune dell'Aquila ha interposto appello avverso la sentenza del Tar per Abbruzzo - l'Aquila, sez. I, 29 giugno 2023, con cui si è accolto il ricorso ed i relativi motivi aggiunti proposti da Società Cooperativa Sociale Ve. Nu. Or. A R.L. - Onlus (d'ora in poi anche semplicemente Cooperativa), avverso la determina dirigenziale con cui è stata indetta dal Comune dell'Aquila la procedura pubblica di progettazione con il Terzo settore, ai sensi del d.lgs. 117/2017 e del D.M. 72/2021, per l'affidamento del servizio di "Assistenza scolastica per l'autonomia e la comunicazione dei diversamente abili nelle scuole del Comune dell'Aquila" e avverso gli atti con essa approvati e segnatamente: l'avviso di procedura di evidenza pubblica, lo schema di domanda di partecipazione, lo schema di proposta progettuale, lo schema di convenzione, il capitolato tecnico. 2. La Cooperativa Sociale "Ve. Nu. Or." nell'impugnare in prime cure detta procedura, articolava, in cinque motivi di ricorso, le seguenti censure: 1) violazione del D.M. 72/2021 e dell'art. 107 TUEL, eccesso di potere per difetto dell'atto presupposto; carenza di motivazione istruttoria; incompetenza; in via generale l'affidamento dei servizi deve avvenire nel rispetto delle regole della concorrenza e, di conseguenza, la scelta del procedimento di co-progettazione in luogo dell'affidamento con gara avrebbe dovuto essere adottata da un organo di indirizzo politico e non da un dirigente. Segnatamente con questo primo motivo la parte denunciava un triplice profilo di illegittimità : In primo luogo, per difetto dell'atto presupposto, ossia la delibera di Consiglio o di Giunta che avrebbe dovuto esprimere la valutazione di natura "politica" in ordine alla opportunità di adottare il meccanismo della co-progettazione. In secondo luogo, per difetto di motivazione, non essendo state esposte nell'atto le ragioni per cui, a fronte dei due interessi tra di loro contrapposti, della tutela della concorrenza e della partecipazione del terzo settore alla gestione del servizio sociale, il Comune dell'Aquila avesse attribuito prevalenza a quest'ultimo. In terzo luogo, per incompetenza, avendo il Dirigente operato una scelta (quella di passare dal modello della gara pubblica alla co-progettazione) che l'ordinamento riserva alla componente "politica" dell'Ente. 2) violazione del terzo comma dell'art. 55 del d.lgs. 117/2017; difetto dell'atto presupposto; eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione; il procedimento di co-progettazione sarebbe illegittimo perché non preceduto dalla fase di co-programmazione ad esso prodromica; 3) violazione dell'art. 55 del d.lgs. 117/2017, del D.M. 71/2022 e del Codice degli appalti; eccesso di potere per irrazionalità manifesta; il procedimento di co-progettazione oggetto degli atti impugnati avrebbe gli elementi caratteristici di un appalto e sarebbe quindi soggetto al codice dei contratti pubblici (significativamente il contributo a carico del Comune dell'Aquila è qualificato come "pagamento" da erogare all'atto dell'emissione da parte dell'affidataria di regolare "fattura"); 4) violazione dell'art. 55 del d.lgs. 117/2017 e del D.M. 72/2021; eccesso di potere per irrazionalità manifesta: la concreta e unilaterale definizione delle condizioni di prestazione del servizio da parte del Comune escluderebbe l'affidamento in esame dall'ambito di applicazione della co - progettazione per attrarlo a quello dei contatti pubblici, con la conseguenza che il Comune avrebbe dovuto fare ricorso all'appalto di servizi; 5) eccesso di potere per irrazionalità manifesta; l'avviso pubblico inserisce fra i requisiti generali di ammissione la "approvazione degli ultimi due bilanci non in perdita", senza tener conto del fatto che nei due anni precedenti le attività imprenditoriali avevano subito in generale perdite maggiori dei ricavi a causa della pandemia COVID 19 e tale dato non era quindi significativo della solidità economica degli operatori economici. Con il ricorso per motivi aggiunti, formulato per controdedurre alle difese addotte dal Comune in ordine alla conformità della determinazione impugnata rispetto all'apposito Regolamento approvato dal Consiglio Comunale con deliberazione n. 143 del 5 dicembre 2022, la ricorrente proponeva altresì le seguenti censure: 6) violazione falsa applicazione del Regolamento comunale per la disciplina per la progettazione approvato con Delibera di Consiglio comunale n. 143 del 5 dicembre 2022; gli atti impugnati sarebbero in contrasto con il regolamento comunale approvato con deliberazione consiliare n. 142/2022 sulla co-progettazione nella parte in cui: - consente il ricorso alla co-progettazione per i servizi sociali non assoggettati al Codice dei contratti pubblici e per gli interventi previsti dai piani sociali d'ambito; - demanda agli atti di programmazione di competenza del Consiglio comunale l'individuazione, anche ai fini dell'art. 21 del d.lgs. 50/2016, delle ipotesi in cui è previsto il ricorso alla co-progettazione; - prescrive l'istituzione di un elenco speciale degli enti del terzo settore accreditati che il Comune resistente non ha ancora formato. 3. Acquisita in via istruttoria, con l'ordinanza cautelare di reiezione dell'istanza di sospensiva, la produzione del piano sociale distrettuale 2023/2025 menzionato a pag. 3 della determinazione dirigenziale n. 438 del 17.2.2023, il primo giudice ha accolto il ricorso, rigettando preliminarmente l'eccezione di inammissibilità formulata dal Comune, sulla base del rilievo che la cooperativa ricorrente, in quanto attuale gestore del servizio, avesse un interesse concreto all'affidamento mediante la procedura di appalto di servizi, che pone ad esclusivo carico della parte pubblica l'importo necessario a finanziarlo, mentre la procedura di co - progettazione, oggetto di gravame, prevede a tal fine un contributo in denaro e, dunque, un onere, a carico del partner privato. 3.1. In particolare il Tar ha ritenuto fondato il ricorso introduttivo ed i motivi aggiunti nella parte in cui la ricorrente lamentava l'adozione, con provvedimento dirigenziale, della procedura di co-progettazione, accogliendo le censure di violazione dell'art. 107 d.lgs. n. 267/2000 e di difetto dell'atto presupposto, dedotte rispettivamente con il primo motivo di ricorso - assorbiti gli altri - e con l'atto di motivi aggiunti, in quanto la determinazione impugnata introdurrebbe una deroga al regime adottato dal Piano Sociale Distrettuale (PSD) 23/25 di affidamento mediante appalto del servizio di assistenza scolastica, che solo il Consiglio comunale avrebbe potuto prevedere, mediante modifica dell'atto programmatorio riservato alla sua competenza. 4. Con il presente atto di appello il Comune dell'Aquila ha formulato le seguenti censure: A) Violazione del principio della domanda di cui agli artt. 99 c.p.c. e 2907 c.c.- Violazione del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato - art. 112 c.p.c. -. Violazione dell'art. 40 c.p.a.; B) Violazione dell'art. 1362 e segg. c.c. - Travisamento dei fatti. 5. Si è costituita la Società Cooperativa Sociale Ve. Nu. Or. a.r.l. - Onlus con memoria depositata nei termini di rito, al fine di contrastare l'avversa impugnativa e con riproposizione, ai sensi dell'art. 101 comma 2 c.p.a, dei motivi di ricorso assorbiti dal primo giudice. 6. All'udienza camerale del 29 agosto 2023, fissata per la trattazione dell'incidente cautelare, il collegio ha invitato il Comune appellante alla regolarizzazione dell'atto di appello e dell'istanza di fissazione di udienza, in quanto privi della sottoscrizione con firma digitale da parte del difensore, e la causa è stata rinviata per la trattazione di merito all'udienza pubblica del 18 gennaio 2024. 6.1. La causa è stata trattenuta in decisione all'esito di tale udienza, sulla base dei soli scritti difensivi, come da verbale di udienza. DIRITTO 7. La presente controversia ha ad oggetto la determinazione dirigenziale con la quale il Comune dell'Aquila ha disposto l'indizione della procedura pubblica di progettazione con il Terzo settore, ai sensi del d.lgs. 117/2017 e del D.M. 72/2021, per l'affidamento del servizio di "Assistenza scolastica per l'autonomia e la comunicazione dei diversamente abili nelle scuole del Comune dell'Aquila", avversata dalla Cooperativa Sociale "Ve. Nu. Or.", gestore del servizio uscente, oggetto di annullamento da parte del giudice di prime cure, sulla base dell'assorbente rilievo dell'incompetenza del dirigente a provvedere alla scelta dei servizi da affidare mediante la co-progettazione. 7.1. In limine litis, prima di passare alla disamina dei motivi di appello, va precisato che sebbene il Comune appellante non abbia proceduto alla regolarizzazione dell'istanza di fissazione udienza, priva di firma digitale, come da avviso dato all'udienza camerale del 29 agosto 2023 - avendo provveduto al solo deposito della copia dell'atto di appello firmata digitalmente - può prescindersi da tale profilo e dal conseguente rinnovo dell'invito alla regolarizzazione (non essendo alla data di discussione del merito ancora decorso il termine annuale dal deposito dell'atto di appello di cui all'art 71 c.p.a.), dovendo la sentenza di gravata essere confermata, sia pure con distinta motivazione, avuto riguardo alla riproposizione dei motivi assorbiti in prime cure da parte della Cooperativa appellata, secondo quanto di seguito evidenziato. 8. Il primo giudice ha ritenuto fondato il ricorso introduttivo ed il ricorso per motivi aggiunti, nella parte in cui la Cooperativa ricorrente lamentava l'adozione, con provvedimento dirigenziale, della procedura di co-progettazione, assorbendo i restanti motivi. 8.1. In particolare il Tar, dopo avere espletato l'istruttoria ed acquisito il piano sociale distrettuale 2023/2025, di cui alla deliberazione n. 138 del 20.11.2022 del Consiglio comunale, menzionato a pag. 3 della determinazione dirigenziale n. 438 del 17.2.2023, osservando che lo stesso, ai sensi dell'art. 42 comma 2, d.lgs. n. 267/2000, è lo strumento che concorre, al livello territoriale sub-regionale, alla programmazione degli interventi sociali sul territorio, ha accolto il primo motivo del ricorso introduttivo ed il ricorso per motivi aggiunti, fondati sulla violazione dell'art. 107 d.lgs. n. 267/2000 e sul difetto dell'atto presupposto, sulla base del rilievo che l'atto dirigenziale impugnato si discostasse dall'atto di programmazione, avendo disposto l'affidamento del servizio di assistenza scolastica a mezzo di co-progettazione, anziché mediante appalto. Ciò in quanto con la deliberazione n. 138 del 20.11.2022, il Consiglio comunale aveva previsto "l'affidamento con procedure di appalto soprattutto per servizi ad alta soglia di accesso", fra i quali era espressamente compreso il servizio di "assistenza scolastica", mentre solo per i "servizi a bassa soglia di accesso" era prevista la stipula di convenzioni con operatori del terzo settore. 9. Con il primo motivo il Comune dell'Aquila critica la statuizione di prime cure, osservando che il giudice era incorso nel vizio di ultrapetizione, per avere esaminato ed accolto il ricorso per un motivo non prospettato dalla parte ricorrente. Ciò in quanto, con il primo motivo del ricorso introduttivo, quello accolto dal Tar, la Cooperativa ricorrente non aveva assolutamente posto la problematica del (presunto) contrasto tra il Piano Sociale Distrettuale, approvato con la deliberazione consiliare n. 138/2022 e l'operato del dirigente comunale, ma aveva anzi dedotto il difetto dell'atto presupposto, ovvero della delibera di Consiglio o di Giunta, assumendo che a livello comunale fosse del tutto mancata la scelta "politica" di aprire lo specifico servizio agli Enti del Terzo Settore, non essendosi fatto alcun cenno al Piano Sociale d'Ambito approvato con la deliberazione consiliare n. 138/2022, né alla (presunta) limitazione delle modalità di provvedere al servizio di assistenza scolastica qualificata per disabili che sarebbe stata fissata - secondo il Tribunale - alla pag. 235 del suddetto Piano. La difesa comunale per parte sua aveva contrapposto i puntuali riferimenti al Regolamento comunale per la disciplina della co-progettazione nel rapporto tra amministrazione comunale ed enti del terzo settore nell'ambito delle politiche sociali, che veniva depositato in giudizio e sui cui contenuti si era soffermata nelle pagine 5-7 della memoria del 15 aprile 2023. A fronte di tale deduzione e della produzione del Regolamento, peraltro richiamato nell'atto impugnato, la Cooperativa aveva proposto ricorso per motivi aggiunti, deducendo unicamente la presunta necessità della programmazione biennale ai sensi dell'art. 21 del d.lgs. 50/2016. Soltanto con la memoria di discussione la parte ricorrente aveva preso atto dei contenuti dell'acquisizione documentale disposta d'ufficio dal Tar, operando qualche riferimento al Piano Sociale Distrettuale ed ai suoi contenuti. Pertanto, in tesi di parte appellante, mentre la ricorrente aveva sostenuto che il dirigente avesse esondato dalla propria sfera legale di competenza (il motivo era articolato con riferimento all'art. 107 del d.lgs. 267/2000), a causa della radicale mancanza di un indirizzo consiliare in ordine alla co-progettazione con gli Enti del Terzo Settore, il giudice di prime cure aveva ritenuto invece che sarebbe stato violato il presunto indirizzo consiliare in ordine all'appalto del servizio sociale de quo agitur. Inoltre, in tesi del Comune appellante, il vizio riscontrato dal primo giudice al più avrebbe potuto essere ricondotto alla violazione di legge con riferimento all'art. 42, lettera e) del d.lgs. 267/2000, norma che assegna al Consiglio Comunale la organizzazione dei pubblici servizi, costituzione di istituzioni e aziende speciali, concessione dei pubblici servizi, partecipazione dell'ente locale a società di capitali, affidamento di attività o servizi mediante convenzione, oppure alla classica fattispecie di eccesso di potere per violazione di direttive e circolari, con eventuale annessa carenza di motivazione. Non comprensibile peraltro sarebbe il riferimento all'accoglimento del ricorso per motivi aggiunti contenuto nella motivazione della sentenza, essendo lo stesso riferito al Regolamento comunale per la disciplina della co-progettazione nel rapporto tra amministrazione comunale ed enti del terzo settore nell'ambito delle politiche sociali: ciò in disparte dall'inammissibilità - rectius irricevibilità del suddetto ricorso - in quanto riferito ad un atto che costituiva l'esplicito presupposto della determinazione n. 438/2023, debitamente richiamato nella determinazione e, quindi, conosciuto - o comunque conoscibile - simultaneamente alla suddetta determina, la cui pubblicazione ebbe termine il 4 marzo 2023; pertanto, in tesi del Comune appellante, il ricorso per motivi aggiunti avrebbe dovuto essere notificato entro il 4 aprile 2023 (laddove lo stesso era stato notificato il 21 aprile 2023 e depositato il successivo giorno 24). B) Violazione dell'art. 1362 e segg. c.c. - Travisamento dei fatti. In tesi di parte appellante il primo giudice avrebbe erroneamente intrepretato il Piano Distrettuale Sociale, approvato con la consiliare n. 138 del 28 novembre 2022 ed in particolare quanto indicato a pag. 235 di tale documento. Ciò in quanto il paragrafo del Piano Distrettuale Sociale che il Tribunale aveva valorizzato ai fini dell'annullamento della determinazione n. 438/2023 si ridurrebbe ad una specie di cata, che indica le azioni in campo sociale e richiama in maniera assai generica, le principali norme in tema, incluse quelle della co-programmazione e della co-progettazione, inequivocabilmente riferite agli Enti del Terzo Settore, per cui detto paragrafo non poteva leggersi nel senso della previsione tassativa e cogente, per cui l'unico modo per erogare il Servizio Sociale di Assistenza Specialistica Scolastica per Disabili fosse quello a mezzo di appaltatore, individuato ai sensi del d.lgs. 50/2016. Peraltro, secondo parte appellante, successivamente all'approvazione del Piano Distrettuale, il Comune aveva approvato, con la delibera consiliare n. 143 del 5.12.2022, il Regolamento comunale per la disciplina della co-progettazione nel rapporto tra amministrazione comunale ed enti del terzo settore nell'ambito delle politiche sociali applicabile, infra alia, agli interventi previsti dai piani sociali d'ambito di cui alla l. 328/2000 e ss. mm. (art. 2, comma 1°, lett. b). Pertanto, con un voto consiliare successivo all'approvazione del Piano Distrettuale Sociale, il Comune aveva approvato un Regolamento esplicitamente rivolto anche all'attuazione del Piano medesimo; tale Regolamento indicava esplicitamente che la co-progettazione con gli Enti del Terzo Settore include le azioni previste nei piani sociali d'ambito di cui alla L. 328/2000; pertanto anche a volere seguire la tesi del Tar, lo stesso non aveva riscontrato che la successiva scelta regolamentare aveva superato l'asserita scelta del ricorso alla procedura di appalto. 10. Il primo motivo di appello, di carattere assorbente, è fondato. 10.1. Ciò in quanto, come lamentato dal Comune appellante, nel ricorso introduttivo il motivo di incompetenza era stato articolato in maniera del tutto generica, ovvero per assenza di qualsivoglia atto politico a monte, senza lamentare il contrasto con il PSD né, con il Regolamento in materia, nonostante entrambi fossero citati nell'atto gravato. Né detta genericità è stata superata a seguito della produzione documentale, ad opera del Comune ed in ottemperanza all'ordine istruttorio impartito dal Tar, del Piano Sociale Distrettuale, in quanto con il ricorso per motivi aggiunti, prodotto ancor prima del deposito, nello stesso giorno, ad opera del Comune, dell'indicato Piano, la Cooperativa ha dedotto (tardivamente) unicamente il contrasto con il Regolamento comunale per la disciplina per la progettazione approvato con Delibera di Consiglio comunale n. 143 del 5 dicembre 2022. 10.2. Pertanto, a prescindere dalla eccepita irricevibilità del ricorso per motivi aggiunti, avuto riguardo alla data di pubblicazione del Regolamento comunale suindicato, il primo motivo di appello è fondato, avendo il primo giudice sostanzialmente accolto il ricorso sulla base di un motivo soltanto genericamente formulato (vizio di incompetenza per assenza dell'atto politico a monte) ed avendo riguardo ad una distinta causa petendi (contrasto con detto atto politico, ovvero il P.S.D.) in violazione del principio della domanda, di cui agli artt. 99 e 112 c.p.c. nonché in violazione del disposto dell'art. 40 c.p.a., soccorrendo alla genericità dei motivi articolati in parte qua ad opera della Cooperativa ricorrente. 10.2.1. Ed invero, come da costante giurisprudenza in materia (ex pluribus Cons. Stato, sez. IV, n. 5368 del 28 giugno 2022) i motivi di ricorso devono essere specifici, ai sensi dell'art. 40 c.p.a., non potendo la parte ricorrente addurre censure assolutamente generiche, fidando in una sorta di inammissibile intervento correttivo del giudice che sarebbe così chiamato ad una sostanziale integrazione delle lacune difensive; integrazione che si porrebbe però in contrasto con la necessaria terzietà dell'organo giudicante e con il principio della parità delle parti nel processo. E, quindi, necessario che il ricorrente, ai fini dell'ammissibilità del ricorso, adduca censure puntuali ed articolate in motivi contenenti la specificazione dei vizi da cui ritenga inficiata la legittimità dei provvedimenti impugnati. Al contrario, non possono trovare ingresso rilievi di contenuto generico che si risolverebbero in una inammissibile azione sollecitatoria di un esame degli stessi provvedimenti da parte del G.A. (in tal senso da ultimo T.A.R. Campania Napoli, Sez. III, 11 gennaio 2024, n. 303; Cons. Stato, Sez. IV, 06 giungo 2023, n. 5550). 10.2.2. Né i motivi genericamente dedotti con il ricorso introduttivo in prime cure potrebbero essere emendati, in assenza dei relativi presupposti - ad es. conoscenza di nuovi vizi dell'atto impugnato a seguito dell'ostensione di documenti prima non conosciuti - con il ricorso per motivi aggiunti ex art. 41 c.p.a., stante il carattere decadenziale dell'impugnativa nell'ambito del processo amministrativo. 10.2.3. Tantomeno potrebbe provvedersi alla correzione di una impugnativa genericamente formulata in prime cure con la proposizione dei motivi di appello, stante il divieto dei nova, consacrato a chiare lettere nel disposto dell'art. 104 comma 1 c.p.a. come interpretato dalla costante giurisprudenza amministrativa che rammenta che "Nell'ambito di un giudizio amministrativo d'appello la parte processuale non può introdurre nuove domande processuali, caratterizzate da un nuovo o mutato petitum oppure da una nuova o mutata causa petendi che determinino una nuova o mutata richiesta giudiziale ovvero nuovi o mutati fatti costitutivi della pretesa azionata" (ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 21 agosto 2023, n. 7856; Cons. Stato, Sez. VI, 29 gennaio 2020, n. 714; Cons. Stato, Sez. IV, 31 luglio 2018, n. 4715). Come noto il divieto dei "nova" sancito dall'art. 104 comma 1 cod. proc. amm. è imprescindibile, ha carattere assoluto e valenza di ordine pubblico processuale, promanando dalla fondamentale esigenza di assicurare il rispetto del principio del doppio grado di giurisdizione, e impone l'immutabilità della causa petendi introdotta in primo grado. Segnatamente, l'effetto devolutivo dell'appello, consacrato dalla predetta norma con il divieto di porre nuove difese rispetto a quelle formulate innanzi al primo giudice, assicura che l'oggetto del giudizio del gravame non risulti più ampio di quello su cui si è pronunciato il giudice della sentenza appellata (Cons. Stato, sez. IV, 8 gennaio 2018, n. 76). 10.2.4. Pertanto, avuto riguardo a tali rilievi, la sentenza appellata non può essere confermata avendo riguardo al vizio riscontrato dal giudice di prime cure, neppure prendendo in considerazione quanto al riguardo osservato in relazione al medesimo vizio dalla Cooperativa appellata con la memoria di costituzione ex art. 101 comma 2 c.p.a.. 11. L'accoglimento del primo motivo di appello peraltro impone di scrutinare i motivi dichiarati assorbiti dal primo giudice e ritualmente, proposti dalla Cooperativa appellata con la memoria di costituzione, prodotta nei termini di rito ex art. 101 comma 2 c.p.a.. 11.1. Ed invero nel processo amministrativo d'appello, ai sensi dell'art. 101, comma 2, d.lgs. n. 104/2010, la riproposizione in appello dei motivi di censura non esaminati dal giudice di primo grado o dallo stesso dichiarati assorbiti non richiede necessariamente la proposizione di appello incidentale per la parte vittoriosa in primo grado, ma può avvenire anche con semplice memoria non notificata, con l'avvertenza che tale memoria, però, deve essere depositata a pena di decadenza entro il termine di sessanta giorni successivo a quello assegnato per il deposito del ricorso (ex multis Cons. Stato, Sez. VII, 25 ottobre 2023, n. 9249, Cons. Stato, Sez. V, 05 dicembre 2022, n. 10641). 11.2. In tale ottica, l'effetto devolutivo dell'appello, che comporta l'integrale rivalutazione delle questioni controverse in tale sede riproposte, implica infatti modifica o integrazione della motivazione ove necessario, dovendo l'art. 101, comma 1 c.p.a., secondo cui il ricorso in appello deve contenere le specifiche censure contro i capi della sentenza gravata, trovare lettura coordinata con i principi che regolano l'effetto devolutivo dell'appello (Cons. Stato, Sez. VI, 16 luglio 2015, n. 3555), con la conseguente possibilità per il giudice di appello di confermare la sentenza di prime cure sulla base di una distinta motivazione, specie ove vengano riproposte, come nel presente giudizio, con la memoria di costituzione da parte dell'appellata, vittoriosa nel giudizio di primo grado, le censure assorbite dal primo giudice. 12. Ciò posto, non avendo la Cooperativa ricorrente in prime cure graduato i motivi del ricorso, riproposti in questa sede, ex art. 101 comma 2 c.p.a., in senso vincolante per il giudice, secondo il noto arresto di cui alla sentenza dell'Adunanza Plenaria n. 5 del 2015 - non potendosi confondere la graduazione dei motivi con la loro enumerazione, ferme restando le censure di carattere assorbente ex lege come la censura di incompetenza, sulla quale si è in effetti pronunciato il primo giudice con la statuizione oggetto di riforma in questa sede - le censure verranno esaminate in ordine logico e con possibilità di accorpamento di quelle connesse. 13. In tale ottica, il terzo e quarto motivo, possono essere esaminati congiuntamente, stante la loro stretta connessione. 14. Con il terzo motivo la Cooperativa lamenta che rispetto all'affidamento di cui è causa mancherebbero i presupposti per il ricorso alla co-progettazione, anziché all'affidamento mediante procedura di appalto, non basandosi la co-progettazione, secondo quanto del resto precisato dalla Corte costituzionale, sulla corresponsione di prezzi e corrispettivi dalla parte pubblica a quella privata, laddove il bando cui alla presente procedura qualifica il versamento a carico del Comune dell'Aquila quale pagamento, subordinandolo all'emissione da parte dell'affidataria di una fattura. In tesi attorea la qualificazione del trasferimento del denaro dal Comune dell'Aquila all'ente del terzo settore e la previsione dell'obbligo di emissione della fattura da parte di quest'ultimo qualifica il rapporto che verrà ` istaurato all'esito della procedura in discussione come di tipo contrattuale, con conseguente assoggettabilità della procedura destinata a portare alla sua instaurazione alla disciplina del Codice dei contratti pubblici. In tal senso deporrebbe peraltro anche l'inserimento nel Capitolato predisposto dal Comune di "clausole di risoluzione del contratto" e di "penali", sintomatiche del rapporto sinallagmatico che si verrà ad instaurare. 15. Con il quarto motivo di ricorso la Cooperativa afferma che nel senso della non ricorrenza dei presupposti per il ricorso alla co-progettazione nell'ipotesi de qua e della conseguente necessità di bandire una procedura di appalto, deporrebbe anche la circostanza che gli atti predisposti del Comune predeterminerebbero nella sostanza nel dettaglio l'oggetto della prestazione, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, prefigurando gli elementi del servizio che l'affidatario dovrebbe svolgere, lasciando alla co- progettazione la mera definizione di aspetti secondari, secondo modalità non dissimili dalla formulazione di un'offerta tecnica nell'ambito di una normale gara di appalto. Da ciò la violazione del D.M. 72/2021 che vede nella co-progettazione un rapporto fondato sulla co-responsabilità, a partire dalla co-costruzione del progetto (del servizio e/o dell'intervento), passando per la reciproca messa a disposizione delle risorse funzionali al progetto, fino alla conclusione delle attività di progetto ed alla rendicontazione delle spese". 15. 1. I motivi sono fondati. 16. Ed invero, quanto al terzo motivo di ricorso, basti rimarcare che, secondo quanto già osservato da questa sezione (Cons. Stato, Sez. V, 07 settembre 2021, n. 6232), ai fini della delimitazione della possibilità di ricorso alla co-progettazione con gli Enti del terzo settore, anziché del ricorso al mercato mediante procedure di appalto, occorre muovere dalle puntuali considerazioni svolte nel parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato, 26 luglio 2018, sui rapporti tra le direttive U.E. del 2014 in materia di appalti pubblici, il Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 50 del 2016 e il d.lgs. n. 117 del 2017 nella parte in cui disciplina l'affidamento di servizi sociali a soggetti o enti del c.d. terzo settore. 16.1. Premesso che, di regola, "l'affidamento dei servizi sociali, comunque sia disciplinato dal legislatore nazionale, deve rispettare la normativa pro-concorrenziale di origine europea, in quanto rappresenta una modalità di affidamento di un servizio (in termini euro-unitari, un "appalto") che rientra nel perimetro applicativo dell'attuale diritto euro-unitario" (pag. 13 del parere), si è sottolineato come in determinate ipotesi "la procedura di affidamento di servizi sociali disciplinata dal diritto interno non è soggetta alla regolazione di origine euro-unitaria. Ciò accade allorché ... la procedura disciplinata dal diritto interno... miri sì all'affidamento ad un ente di diritto privato di un servizio sociale che, tuttavia, l'ente affidatario svolgerà a titolo integralmente gratuito", il che si giustifica essenzialmente per il fatto che il diritto europeo degli appalti si interessa dei soli affidamenti onerosi. 16.2. La questione si trasferisce, quindi, sul piano della definizione giuridica del concetto di gratuità, ossia di uno degli elementi costitutivi della possibilità di utilizzare le procedure di affidamento disciplinate dal codice de terzo settore e di sottrarsi, quindi, all'applicazione delle norme unionali in materia di appalti pubblici e al codice dei contratti che di quelle costituiscono recepimento. In tale prospettiva, il concetto di gratuità si identifica nel conseguimento di un aumento patrimoniale da parte della collettività, cui corrisponde la diminuzione patrimoniale di altro soggetto, ossia il prestatore del servizio. Sotto questo profilo, si precisa, "la effettiva gratuità si risolve contenutisticamente in non economicità del servizio poiché gestito, sotto un profilo di comparazione di costi e benefici, necessariamente in perdita per il prestatore" (pag. 14 del parere cit.). Il che significa che deve escludersi qualsiasi forma di remunerazione, anche indiretta, dei fattori produttivi (lavoro, capitale), potendo ammettersi unicamente il rimborso delle spese ("le documentate spese vive, correnti e non di investimento, incontrate dall'ente": pag. 21 del parere). In tale ottica si inscrive pertanto il dettato dell'art. 56 comma 2 del d.lgs. 117 del 2017, secondo cui "Le convenzioni di cui al comma 1 possono prevedere esclusivamente il rimborso alle organizzazioni di volontariato e alle associazioni di promozione sociale delle spese effettivamente sostenute e documentate". 16.3. In tal senso depone peraltro anche la giurisprudenza della Corte Costituzionale che ha osservato come "Si instaura, in questi termini, tra i soggetti pubblici e gli ETS, in forza dell'art. 55, un canale di amministrazione condivisa, alternativo a quello del profitto e del mercato: la "co-programmazione", la "co-progettazione" e il "partenariato" (che può condurre anche a forme di "accreditamento") si configurano come fasi di un procedimento complesso espressione di un diverso rapporto tra il pubblico ed il privato sociale, non fondato semplicemente su un rapporto sinallagmatico. Il modello configurato dall'art. 55 CTS, infatti, non si basa sulla corresponsione di prezzi e corrispettivi dalla parte pubblica a quella privata, ma sulla convergenza di obiettivi e sull'aggregazione di risorse pubbliche e private per la programmazione e la progettazione, in comune, di servizi e interventi diretti a elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, secondo una sfera relazionale che si colloca al di là del mero scambio utilitaristico. Del resto, lo stesso diritto dell'Unione - anche secondo le recenti direttive 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, nonché in base alla relativa giurisprudenza della Corte di giustizia (in particolare Corte di giustizia dell'Unione europea, quinta sezione, sentenza 28 gennaio 2016, in causa C-50/14, CASTA e a. e Corte di giustizia dell'Unione europea, quinta sezione, sentenza 11 dicembre 2014, in causa C-113/13, Azienda sanitaria locale n. 5 "Spezzino" e a., che tendono a smorzare la dicotomia conflittuale fra i valori della concorrenza e quelli della solidarietà ) - mantiene, a ben vedere, in capo agli Stati membri la possibilità di apprestare, in relazione ad attività a spiccata valenza sociale, un modello organizzativo ispirato non al principio di concorrenza ma a quello di solidarietà (sempre che le organizzazioni non lucrative contribuiscano, in condizioni di pari trattamento, in modo effettivo e trasparente al perseguimento delle finalità sociali)" (sentenza 26 giugno 2020 n. 131). Pertanto, secondo quanto rimarcato dalla Corte Costituzionale con l'indicata pronuncia, lo stesso diritto dell'Unione - nonché la giurisprudenza della Corte di giustizia, che tende a smorzare la dicotomia conflittuale fra i valori della concorrenza e quelli della solidarietà - mantiene in capo agli Stati membri la possibilità di apprestare, in relazione ad attività a spiccata valenza sociale, un modello organizzativo ispirato non al principio di concorrenza ma a quello di solidarietà . 16.4. Applicando gli enunciati principi al caso di specie, occorre rilevare come le previsioni contenute nell'avviso pubblico di indizione della procedura de qua si discostino dal concetto di gratuità sopra delineato. Infatti l'art. 4 del Bando "Durata e risorse" non si limita a prevedere il rimborso delle spese vive, prevedendo il pagamento (e non il semplice rimborso), previa fatturazione da parte del soggetto affidatario, di una parte dei fattori produttivi, ritenendo ammissibile il pagamento delle seguenti spese: le spese di gestione, i compensi agli operatori, il rimborso spese ai volontari, la retribuzione agli esperti. Pertanto solamente una parte residuale dei costi (8%) del servizio grava sul soggetto affidatario, mentre la maggior parte dei costi, ovvero il restante (92%) resta a carico del Comune. Appare evidente come si sia ben lontani dal concetto di gratuità di cui al richiamato parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato e come l'asserito pagamento non sia un mero rimborso delle spese vive, con esclusione della remunerazione, anche indiretta, dei fattori produttivi tra cui il lavoro, posto che solo per i volontari è previsto un rimborso spese, mentre sono previsti compensi per gli operatori e retribuzioni per gli esperti. 16.4.1. La stessa circostanza che il pagamento da parte del Comune avvenga dietro presentazione di fattura depone inoltre, come dedotto da parte della Cooperativa ricorrente in prime cure, per la connotazione imprenditoriale del servizio reso, con la conseguente sua assoggettabilità anche ad I.V.A, secondo la previsione dell'art. 21 del D.P.R. 633 del 1972, secondo cui "Per ciascuna operazione imponibile il soggetto che effettua la cessione del bene o la prestazione del servizio emette fattura, anche sotto forma di nota, conto, parcella e simili o, ferma restando la sua responsabilità, assicura che la stessa sia emessa, per suo conto, dal cessionario o dal committente ovvero da un terzo", laddove, in applicazione dell'art. 56 comma 2 del Codice del Terzo Settore, innanzi citato, che prescrive che le convenzioni di cui sopra possono prevedere a favore delle organizzazioni di volontariato e delle associazioni di promozione sociale "esclusivamente il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate", per le corrispondenti somme dovrebbe valere l'esclusione dall'IVA ai sensi dell'articolo 15, comma 1, n. 3), del D.P.R. n, 633/1972 ("non concorrono a formare la base imponibile: 3) le somme dovute a titolo di rimborso delle anticipazioni fatte in nome e per conto della controparte, purché regolarmente documentate"). 17. Coglie nel segno anche il quarto motivo di ricorso. 17.1. Infatti, come osservato dalla Corte costituzionale con la citata sentenza 26 giugno 2020, n. 131, l'art. 55 del Codice del terzo settore (d.lgs. 23 luglio 2017 n. 117), disciplinando i rapporti tra enti del terzo settore (ETS) e pubbliche amministrazioni, rappresenta una delle più significative attuazioni del principio di sussidiarietà orizzontale. Esso pone in capo ai soggetti pubblici il compito di assicurare il coinvolgimento attivo degli ETS nella programmazione, progettazione e organizzazione degli interventi e dei servizi, nei settori di attività di interesse generale definiti dal medesimo Codice del Terzo settore. Rappresentativi della "società solidale", gli ETS costituiscono sul territorio una rete capillare di vicinanza e solidarietà, sensibile in tempo reale alle esigenze che provengono dal tessuto sociale, in grado di mettere a disposizione dell'ente pubblico preziosi dati informativi e un'importante capacità organizzativa e di intervento, con risparmio di risorse e aumento della qualità dei servizi e delle prestazioni erogate a favore della "società del bisogno". 17.2. Lo stesso D.M. n. 72/2021, recante "Linee guida sul rapporto tra pubbliche amministrazioni ed enti del terzo settore negli artt. 55-57 del d.lgs. n. 117/2017 (Codice del Terzo Settore)" come rimarcato dalla Cooperativa ricorrente, precisa al paragrafo 1.1. "Nell'ambito di una procedura d'appalto è l'ente pubblico a definire sostanzialmente tutto, ad eccezione dello spazio, lasciato dagli atti della procedura, al contenuto dell'offerta dell'operatore economico concorrente. Il rapporto di collaborazione sussidiaria, che connota gli istituti del CTS, è - per tutta la durata del rapporto contrattuale/convenzionale - fondato sulla co-responsabilità, a partire dalla co-costruzione del progetto (del servizio e/o dell'intervento), passando per la reciproca messa a disposizione delle risorse funzionali al progetto, fino alla conclusione delle attività di progetto ed alla rendicontazione delle spese". 17.3. Per contro nella fattispecie de qua, in violazione di tali criteri, tutti gli aspetti del rapporto sono definiti dal Comune affidatario. In particolare gli atti assunti dal Comune predeterminano nel dettaglio l'oggetto della prestazione sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. Difatti risultano già prefissati, oltre alla dura del progetto: i) le risorse: quantificate complessivamente in Euro 1.126.000,00 (art. 4 dell'Avviso); ii) il contributo dell'Ente del terzo settore quantificato in euro 97.920,00 (art. 4 dell'Avviso); iii) l'oggetto della prestazione identificata nel servizio di "Assistenza Scolastica per l'autonomia e la comunicazione dei diversamente abile nelle scuole ubicate nel Comune dell'Aquila" (art. 1 dell'Avviso); iv) le finalità dell'intervento (art. 3 dell'Avviso). v) i destinatari dell'intervento sugli alunni in possesso di certificazione di disabilità frequentanti le scuole del Comune dell'Aquila per gli ordini e gradi di scuola" (art. 5 dell'Avviso); vi) la quantità oraria della prestazione sia settimanale che mensile (art. 5 dell'Avviso); vii) le caratteristiche degli operatori ossia Educatore professionale /assistente educativo (art. 6 dell'Avviso); viii) il rapporto di 1 a 1 tra assistente ed assistito (pag. 2 del Capitolato tecnico); ix) il luogo di esecuzione della prestazione (pag. 4 e 5 del Capitolato Tecnico); x) l'obbligo di prevedere una sede operativa nel Comune dell'Aquila (pag. 4 del Capitolato Tecnico); xi) l'obbligo per l'ETS di mettere a disposizione un Referente del progetto (pag. 3 del Capitolato tecnico); xii) le modalità di pagamento (pag. 6 del Capitolato tecnico); xiii) le modalità di rendicontazione (pag. 7 del Capitolato tecnico); xiv) le garanzie (pag. 6 del Capitolato tecnico); xv) le cause di risoluzione del rapporto e le penali (pag. 7 e 8 del Capitolato tecnico). 17.4. Pertanto, come correttamente dedotto dalla Cooperativa ricorrente, il Comune dell'Aquila ha sostanzialmente predeterminato gli elementi, anche di dettaglio, del servizio che l'affidatario dovrebbe svolgere, lasciando alla co-progettazione la mera definizione di aspetti secondari, secondo modalità in nulla dissimili dalla formulazione della c.d. "offerta tecnica" nell'ambito di una normale gara di appalto. 18. Il ricorso di prime cure è pertanto fondato con riferimento al terzo e quarto motivo, di carattere assorbente rispetto al secondo e quinto motivo. 19. Né gravava sulla Cooperativa, ricorrente in prime cure, avuto riguardo ai vizi innanzi riscontrati, l'onere di impugnativa del piano sociale distrettuale 2023/2025, di cui alla deliberazione n. 138 del 20.11.2022 del Consiglio comunale o del Regolamento approvato dal Consiglio Comunale con deliberazione n. 143 del 5 dicembre 2022, posto che in alcun modo la procedura seguita nella fattispecie de qua è normata dagli atti innanzi indicati, essendo per contro, come del resto ravvisato dal primo giudice, sia pure riscontrando un vizio non espressamente articolato dalla parte ricorrente, escluso dal PSD il ricorso alla co-progettazione con riferimento all'assistenza scolastica (pag. 235) in quanto servizio ad alta soglia di accesso e pertanto da affidarsi mediante procedura di appalto. Né detto profilo in alcun modo è stato superato, al contrario di quanto dedotto dal Comune, dal Regolamento approvato dal Consiglio Comunale con deliberazione n. 143 del 5 dicembre 2022, che si limita a rinviare all'art. 2 lett c), agli interventi previsti dai piani sociali d'ambito di cui alla l. 328/2000 e ss. mm. e dunque alla medesima delibera di approvazione del piano sociale distrettuale 2023/2025 innanzi indicata, che esclude il ricorso alla co- progettazione con riferimento al servizio di assistenza scolastica. 20. Alla fondatezza del ricorso di prime cure, sia pure per motivi diversi da quelli evidenziati dal primo giudice, consegue pertanto il rigetto dell'appello, dovendo la sentenza di primo grado essere confermata con diversa motivazione. 21. Le questioni sopra vagliate esauriscono la vicenda sottoposta all'esame del Collegio, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., Sez. II, 22 marzo 1995, n. 3260, e, per quelle più recenti, Cass. civ., Sez. V, 16 maggio 2012, n. 7663, e per il Consiglio di Stato, Sez. VI, 18 luglio 2016, n. 3176). Gli argomenti di difesa non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso. 22. Avuto riguardo alla circostanza che la sentenza di prime cure è stata confermata con diversa motivazione, sussistono, ad avviso del collegio, eccezionali e gravi motivi per compensare integralmente fra le parti le spese di lite. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge, confermando la sentenza di primo grado con diversa motivazione. Compensa le spese di lite. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 gennaio 2024 con l'intervento dei magistrati: Rosanna De Nictolis - Presidente Stefano Fantini - Consigliere Alberto Urso - Consigliere Sara Raffaella Molinaro - Consigliere Diana Caminiti - Consigliere, Estensore
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 3611 del 2023, integrato da motivi aggiunti, proposto dalla El. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ma. Br., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (...), e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, contro la Regione Lazio, in persona del Presidente pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avvocata Fi. Fu., con domicilio eletto presso la sede dell'Avvocatura dell'ente in Roma, via (...), e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, nei confronti della El. S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio, e con l'intervento di dell'Associazione Im. Se. El. - AI., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Fr. Sa. Ma., con domicilio eletto presso il su studio in Roma, via di (...), e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, interveniente ad adiuvandum, per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio- Roma, Sezione III-quater, 23 marzo 2023, n. 5092, resa tra le parti, non notificata, che ha respinto il ricorso principale e dichiarato inammissibile il ricorso per motivi aggiunti proposti per l'annullamento "per quanto riguarda il ricorso introduttivo: della determinazione n. G08410 del 28 giugno 2022, recante in oggetto "Gara comunitaria a procedura aperta, ai sensi dell'art. 60 del D. Lgs. N. 50/2016 e s.m.i., per l'affidamento del servizio medico di emergenza in elicottero per ARES 118 - n. ro Gara 7873090. Provvedimento di ammissione ed esclusione a seguito dell'esame della busta amministrativa"; per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da El. S.r.l. il 29/10/2022: annullamento della determinazione n. G08410 del 28 giugno 2022, comunicata in pari data (allegato n. 1), recante in oggetto "Gara comunitaria a procedura aperta, ai sensi dell'art. 60 del D. Lgs. N. 50/2016 e s.m.i., per l'affidamento del servizio medico di emergenza in elicottero per ARES 118 - n. ro Gara 7873090. Provvedimento di ammissione ed esclusione a seguito dell'esame della busta amministrativa". Visto il ricorso in appello, i motivi aggiunti e relativi allegati; Visti tutti gli atti della causa; Visto l'atto di costituzione della Regione Lazio e l'intervento ad adiuvandum dell'Associazione Im. Se. El. - AI.; Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 14 marzo 2024, il consigliere Luca Di Raimondo e dato atto della presenza, ai sensi di legge, degli avvocati delle parti come da verbale dell'udienza; Ritenuto in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. Il presente giudizio origina dal provvedimento di esclusione della El. S.r.l. (di seguito anche "El.") dalla "Gara comunitaria a procedura aperta, ai sensi dell'art. 60 del D.Lgs. 50/2016 e s.m.i. per l'affidamento del servizio medico di emergenza in elicottero, da aggiudicarsi con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, per la durata di 60 mesi" del valore complessivo di Euro 65.614.066,67, bandita dalla Regione Lazio, su delega di ARES 118, con determinazione n. G11525 del 6 ottobre 2020 ed alla quale hanno partecipato solo tre concorrenti (Ba. Mi. Cr. Se. It. S.p.a., El. S.p.a. ed El. S.r.l.). Deduce l'appellante che: - a seguito di due giudizi promossi da El. e che hanno comportato la sospensione della procedura, con determinazione n. G02827 in data 11 marzo 2022 (anch'essa impugnata dall'appellante in ulteriore procedimento dinanzi al Tar, conclusosi in appello con la conferma della legittimità dell'atto impugnato) l'Amministrazione ha riavviato la gara, assegnando agli operatori economici presenti un termine per confermare l'offerta ed aggiornare la documentazione amministrativa; - con dichiarazione presentata nei termini, la società, dunque, ha confermato di essere in regola con il pagamento di contributi e tasse ai sensi dell'art. 80, comma 4, del decreto legislativo 8 aprile 2016, n. 50, dettagliando al contempo le proprie pendenze con il fisco, non ostative, a suo dire, all'ammissione in gara; - con determinazione G08410 del 28 giugno 2022, impugnata in prime cure ed emanata a seguito degli accertamenti e verifiche effettuati dal RUP, la stazione appaltante ha escluso l'appellante dalla gara, sostanzialmente per tre ordini di ragioni: la rilevata incongruenza tra l'originaria domanda di partecipazione e la conferma dell'offerta, da cui non emerge l'insussistenza delle cause di esclusione ex articolo 80, comma 4,del d.lgs. n. 15/2016 e la riconducibilità della fattispecie sia all'ipotesi di cui all'articolo 80, comma 5, lettera c-bis), che all'ipotesi di cui all'articolo 80, comma 5, lettera f-bis) del medesimo Codice dei contratti applicabile ratione temporis; - l'interessata ha impugnato la determinazione suindicata e, con sentenza 23 marzo 2023, n. 5092, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio- Roma, Sezione III-quater, ha respinto il gravame e dichiarato inammissibile il ricorso per motivi aggiunti. 2. Con appello notificato e depositato il 24 aprile 2023, la El. ha impugnato, chiedendone la riforma previa istanza cautelare, la citata sentenza del Tar, affidando il proprio gravame a tre motivi di censura, con i quali ripropone, anche in chiave critica della sentenza impugnata, le doglianze svolte in primo grado, lamentando: "1. Errores in judicando. Violazione dell'art. 80, comma 4, d.lgs. 50/2016. Violazione dell'art. 80, comma 5, lett. c-bis e f-bis, d.lgs. 50/2016. Eccesso di potere per travisamento dei fatti, carenza dei presupposti, difetto di istruttoria, carenza di motivazione, genericità e sviamento": con tale mezzo, l'appellante ripropone le censure dedotte con il secondo e terzo motivo di ricorso in primo grado, contestando la genericità e la contraddittorietà delle motivazioni del provvedimento di esclusione, posto che il RUP si sarebbe limitato ad affermazioni generiche, senza indicare le rilevanti violazioni ostative all'ammissione in gara, ai sensi dell'art. 80, comma 4, del d.lgs. n. 50/2016, ed ha censurato il provvedimento, nella parte in cui la stazione appaltante ha ritenuto che la società avrebbe reso dichiarazioni non veritiere; "2. Errores in judicando. Mancata applicazione dello ius superveniens più favorevole alla ricorrente. Illegittimità costituzionale e unionale dell'art. 10, comma 5 della legge 238/2021. Eccesso di potere per violazione dei principi di ragionevolezza e di proporzionalità ": il motivo, col quale vengono reiterate le censure dedotte con il ricorso per motivi aggiunti in prime cure, è teso a censurare l'esclusione in forza della ritenuta applicabilità alla fattispecie del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 28 settembre 2022, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 239 del 12 ottobre 2022, con il quale è stato modificato il concetto di "grave violazione non definitivamente accertata" in materia fiscale rilevante ai fini dell'esclusione da una procedura ad evidenza pubblica; "3. Errores in judicando. Violazione dell'art. 80 comma 4 del d.lgs. n. 50 del 2016. Eccesso di potere per travisamento dei fatti e carenza dei presupposti.": El. lamenta l'erroneità della sentenza di primo grado, laddove non ha adeguatamente valorizzato che la stazione appaltante ha posto a fondamento dell'esclusione anche la violazione degli obblighi in tema di pagamento dei contributi previdenziali, rispetto ai quali l'interessata si dichiara in regola. 3. La Regione Lazio si è costituita in giudizio con memoria depositata il 22 maggio 2023 ed ha prodotto memoria di replica in data 8 settembre 2023. Alla camera di consiglio del 25 maggio 2023, è stato disposto l'abbinamento della domanda cautelare al merito, con udienza pubblica fissata per il 21 settembre 2023, nella quale l'appello è stato rinviato all'udienza del giorno 11 gennaio 2024, per impedimento del relatore. L'appellante ha depositato memoria ex articolo 73 c.p.a. il 5 settembre 2023 e all'udienza del giorno 11 gennaio 2024 la causa è stata rinviata ad altra data, su istanza dell'appellante. All'udienza del 14 marzo 2024, la causa è stata rinviata all'udienza del 23 aprile 2024. 4. Nelle more, l'appellante ha notificato in data 8 marzo 2024 e depositato in data 11 marzo 2024 un ricorso in appello per motivi aggiunti contenente, come è risultato dalla consultazione del sito istituzionale della giustizia amministrativa, le medesime censure dedotte con ana atto depositato nel giudizio di primo grado pendente con il n. r.g. 1026/2023 e con il quale El. impugna atti sopravvenuti, affidando il proprio gravame ai seguenti cinque motivi: "1. Violazione e falsa applicazione della lex specialis. Violazione dell'art. 5 del Capitolato tecnico. Violazione dell'art. 11 del Capitolato tecnico. Violazione dell'art. 59, comma 3, lett. a) del D. Lgs. n. 50 del 2016. Violazione del principio di par condicio. Violazione dei doveri di diligenza e buona fede. Eccesso di potere per carenza di istruttoria, illogicità manifesta. Travisamento": El. lamenta l'illegittimità dei provvedimenti successivi alla stipula del contratto intervenuta il 22 dicembre 2023 (cfr. doc. n. 31 del fascicolo di parte appellante), perché con essi l'Amministrazione avrebbe illegittimamente consentito all'aggiudicataria di sostituire gli elicotteri indicati nell'offerta originaria e successivamente confermata, due dei quali addirittura non più nella disponibilità di El. S.p.a. perché venduti nelle more a terzi; "In via subordinata 2. Violazione dell'art. 80, comma 5, lett. c-bis) del D.lgs. 50/2016. Violazione dei generali principi di trasparenza e buon andamento. Carenza istruttoria e difetto di motivazione. Illogicità ed irragionevolezza manifeste.": con tale mezzo, viene dedotta la violazione dell'articolo indicato in rubrica, per avere l'aggiudicataria fornito alla stazione appaltante, sia in sede di conferma dell'offerta nel 2022, sia in sede di richiesta di sostituzione degli aeromobili solo a valle dell'aggiudicazione, informazioni inesatte e fuorvianti, tali da condizionare gli esiti del percorso valutativo dell'Amministrazione; "3. Violazione dell'art. 106 del D. Lgs. n. 50 del 2016. Violazione dei generali principi di trasparenza e buon andamento. Carenza istruttoria e difetto di motivazione. Ingiustizia manifesta.": il motivo è teso a dimostrare l'illegittimità del comportamento e degli atti assunti dalla Regione Lazio, che, sul presupposto della verifica di equivalenza degli aeromobili offerti rispetto a quelli oggetto della richiesta di sostituzione successiva all'aggiudicazione, avrebbe sostanzialmente operato una variante del contratto d'appalto, peraltro prima ancora della sua stipulazione, in manifesta assenza dei presupposti previsti dalla disposizione in esame per procedere in tal senso; "4. Difetto e/o carenza di istruttoria. Eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza, contraddittorietà e travisamento.": El. lamenta l'inadeguatezza della valutazione di equivalenza compiuta dalla Commissione nominata dalla Regione ad aggiudicazione avvenuta, e per contraddittorietà nella motivazione; "5. Violazione dell'art. 31 del D.lgs. n. 50/2016. Violazione del principio di diligenza. Violazione del principio di par condicio. Ingiustizia manifesta.": con la censura in esame viene lamentata la violazione delle regole attributive della competenza in materia di valutazione delle offerte, essendo stata verificata l'equivalenza dei prodotti offerti in sostituzione di quelli indicati in precedenza dalla Commissione anziché dal RUP. 5. Con atto notificato e depositato il 4 aprile 2024, ha spiegato intervento ad adiuvandum l'Associazione Im. Se. El. - AI.. 6. La Regione Lazio ha depositato memoria ex articolo 73 c.p.a. il 6 aprile 2024 ed El. memoria di replica il 12 aprile 2024. 7. Con atto notificato depositato il 19 aprile 2024, l'appellante ha proposto un secondo ricorso in appello per motivi aggiunti, lamentando ulteriormente, alla luce di ulteriore documentazione di cui è entrata nelle more in possesso, l'illegittimità dei provvedimenti censurati col primo e chiedendo che venga ordinata ai sensi dell'articolo 64, comma 3, c.p.a. l'esibizione dell'offerta della seconda classificata Ba. Mi. Cr. Se. It. S.p.a., peraltro neanche parte del presente giudizio. 8 All'udienza del 23 aprile 2024, nella quale la Regione ha rinunciato ai termini a difesa sui due ricorsi in appello per motivi aggiunti, la causa è passata in decisione. 9. In limine litis, deve essere respinta l'eccezione preliminare sollevata dalla Regione Lazio, secondo cui i singoli mezzi di gravame in cui si articola il gravame sarebbero inammissibili per violazione dell'articolo 101 c.p.a., non contenendo specifiche censure contro i capi della sentenza appellata, ma la mera riproposizione dei motivi di diritto articolati in prime cure. Ritiene al riguardo il Collegio che l'appello muova precise contestazioni alla decisione del Tribunale territoriale, pur riproponendo anche in chiave critica della sentenza impugnata le censure dedotte in primo grado contro il provvedimento di esclusione. 10. Sempre in via preliminare, ritiene il Collegio che sia opportuno esaminare prioritariamente i due ricorsi in appello per motivi aggiunti e l'intervento ad adiuvandum, proprio al fine di circoscrivere correttamente il thema decidendum della causa, che è quello - in tutta evidenza- di appurare se sia legittima l'esclusione di El. dalla gara per cui contendono le parti. I motivi aggiunti sono manifestamente inammissibili, in quanto aventi a oggetto atti ulteriori e successivi non solo a quelli impugnati in primo grado, ma anche alla stessa sentenza appellata e non è un caso che El. riproponga in questa sede le medesime censure dedotte con ana gravame nel giudizio pendente dinanzi al Tar del Lazio con il n. r.g. 1026/2023, in cui è stato in prima battuta impugnato il provvedimento di aggiudicazione che ha concluso la procedura selettiva. È infatti pacifico in giurisprudenza che, ai sensi dell'articolo 104, comma 3, c.p.a., nel giudizio di appello possono essere proposti motivi aggiunti qualora la parte ricorrente venga a conoscenza di nuovi documenti, dopo la conclusione del primo grado di giudizio, e da detti documenti emergano vizi degli atti già impugnati, senza che gli stessi siano stati prodotti dalle altre parti nel giudizio di primo grado (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 7 febbraio 2024, n. 1263; id., sez. IV, 17 luglio 2023, n. 6933; C.g.a.r.s., 4 ottobre 2022, n. 996). Da tale disposto normativo è dato agevolmente inferire che la proposizione di motivi aggiunti è consentita nei limiti in cui essi siano proposti avverso i medesimi atti già impugnati in prime cure. La giurisprudenza ha altresì ritenuto che, ai sensi dell'articolo 104, comma 3, c.p.a., le parti possono proporre motivi aggiunti in grado d'appello al solo fine di dedurre ulteriori vizi degli atti già censurati in primo grado, dovendo rilevarsi come non ci si trovi in tale evenienza nell'ipotesi in cui con essi si intenda impugnare nuovi atti sopravvenuti alla sentenza di prime cure (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 4 maggio 2020, n. 2792; id., sez. VI, 2 gennaio 2018, n. 21). La norma del codice di rito in esame ha pertanto codificato il pregresso orientamento giurisprudenziale, che ammette i motivi aggiunti in grado d'appello al solo fine di dedurre vizi ulteriori degli atti già censurati in primo grado, e non anche nella diversa ipotesi in cui con essi s'intenda impugnare nuovi atti sopravvenuti alla sentenza di primo grado (cfr. Consiglio di Stato, sezione VI, 2 gennaio 2018, n. 21). Tale disposizione, costituendo un'eccezione alla regola del divieto dei nova nel giudizio di secondo grado, non si presta ad una lettura estensiva, che peraltro finirebbe per sovvertirne la stessa formulazione posta dal legislatore in termini inequivocabilmente negativi, senza considerare che l'impugnazione dei nuovi atti sopravvenuti per la prima volta e direttamente in sede di appello violerebbe il principio del doppio grado di giudizio (Consiglio di Stato, sez. IV, 16 giugno 2011, n. 3662). Per tali ragioni il primo ed il secondo ricorso in appello per motivi aggiunti devono essere dichiarati inammissibili. 11. Nella medesima prospettiva, stessa sorte merita l'intervento ad adiuvandum dell'Associazione Im. Se. El. - AI., per assoluta insussistenza della legittimazione a intervenire in relazione all'interesse fatto valere. 12. Passando all'esame del merito, l'appello non può trovare accoglimento e la sentenza merita conferma, secondo le considerazioni che seguono. In via preliminare, osserva il Collegio che l'atto impugnato dinanzi al Tar è un provvedimento plurimotivato, che poggia su diverse circostanze: "incongruenze tra la domanda presentata in fase di partecipazione alla procedura di gara, in cui non emerge alcuna fattispecie ex art. 80, comma 4, e la dichiarazione di conferma dell'offerta presentata in fase di conferma delle offerte", riconducibilità della fattispecie "all'ipotesi di cui all'articolo 80 comma 5, lett. c-bis), nella misura in cui l'operatore economico ha omesso, in fase di presentazione dell'offerta, di fornire informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, nell'ambito della quale rilevano, oltre ai casi oggetto di obblighi dichiarativi predeterminati dalla legge o dalla normativa di gara, quelli incidenti sull'integrità ed affidabilità dell'operatore economico" e alla fattispecie di cui all'articolo 80, comma 5, lettera f-bis), del d.lgs. n. 50/2016, atteso che "è riscontrabile, infatti, come la documentazione prodotta dall'operatore in fase di presentazione dell'offerta, in cui lo stesso ha dichiarato di essere in regola con gli adempimenti in materia tributaria e previdenziale, senza alcuna indicazione in merito alla formalizzazione dei piani di rateazione, non corrisponda al vero "senza alcun margine di opinabilità ", rappresentando ciò solo causa di esclusione automatica dalla procedura a causa di atti compiuti e omessi nel corso della stessa". Al riguardo, la giurisprudenza ha stabilito che "per sorreggere l'atto in sede giurisdizionale è sufficiente la legittimità di una sola delle ragioni espresse; con la conseguenza che il rigetto delle doglianze svolte contro una di tali ragioni rende superfluo l'esame di quelle relative alle altre parti del provvedimento", sicché "il giudice, qualora ritenga infondate le censure indirizzate verso uno dei motivi assunti a base dell'atto controverso, idoneo, di per sé, a sostenerne ed a comprovarne la legittimità, ha la potestà di respingere il ricorso sulla sola base di tale rilievo, con assorbimento delle censure dedotte avverso altri capi del provvedimento, indipendentemente dall'ordine con cui i motivi sono articolati nel gravame, in quanto la conservazione dell'atto implica la perdita di interesse del ricorrente all'esame delle altre doglianze" (cfr., di questa Sezione, pareri n. 357/2022 e n. 205/2022, nonché sentenze Sez. VI, 18 luglio 2022, n. 6114 e Sez. V, 14 aprile 2020, n. 2403, 13 settembre 2018, n. 5362, 3 settembre 2003, n. 437"(ex multis, Consiglio di Stato, Sezione I, parere n. 11/2023; cfr. anche Consiglio di Stato, Sezione III, 15 settembre 2023, n. 8367, e la giurisprudenza ivi richiamata). Osserva al riguardo il Collegio che, ai fini dell'esclusione da una gara di un soggetto con esposizioni debitorie fiscali o previdenziali, l'articolo 80, comma 4, introduce due ipotesi: la prima concerne "violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali", per le quali è prevista l'esclusione tout court; la seconda riconosce la facoltà alla stazione appaltante di procedere all'esclusione, nel caso in cui sia "a conoscenza e può adeguatamente dimostrare che lo stesso ha commesso gravi violazioni non definitivamente accertate agli obblighi relativi al pagamento di imposte e tasse o contributi previdenziali". Orbene, nel caso in esame, la stazione appaltante ha decretato l'esclusione dell'appellante sulla base, come osservato, di una serie concomitante di valutazioni, potenzialmente in grado di supportare il provvedimento sul piano motivazionale. 13. Con il primo motivo, El. lamenta l'erroneità della decisione impugnata, che ha omesso di considerare l'illegittimità dell'esclusione, basata su rilievi ritenuti insussistenti, avendo la società presentato un piano di rateizzazione, che sta regolarmente onorando nei termini previsti dalla normativa applicabile. Risulta dalla documentazione versata in atti che: - nel compilare l'allegato 1 alla domanda di partecipazione, la società ha risposto affermativamente alla domanda circa l'assolvimento di "tutti gli obblighi relativi al pagamento di imposte, tasse o contributi previdenziali, sia nel paese dove è stabilito sia nello Stato membro dell'amministrazione aggiudicatrice o dell'ente aggiudicatore, se diverso dal paese di stabilimento", attestando "di non essersi reso gravemente colpevole di false dichiarazioni nel fornire le informazioni richieste per verificare l'assenza di motivi di esclusione o il rispetto dei criteri di selezione"; - a seguito di una lunga interlocuzione tra la stazione appaltante ed El. dopo la riattivazione della gara conseguente alla conclusione dei giudizi promossi dall'interessata, la società (cfr. allegato 5 della sua documentazione depositata in primo grado) ha fornito chiarimenti nell'ambito del soccorso istruttorio in ordine alla permanenza dei requisiti previsti dall'articolo 80, comma 4, del d.lgs. n. 50/2016, dichiarando, a mezzo del nuovo legale rappresentante, debiti definitivamente accertati in regolare ammortamento per Euro 23.351.106,62 (debiti fiscali) e per Euro 2.699.551,54 (debiti previdenziali) e debiti non definitivamente accertati per imposte e tasse per Euro 5.609.920,27 per debiti fiscali e per Euro 338.272,99 per contributi previdenziali, con lettera di impegno ad adempiere all'Agenzia delle Entrate del 24 marzo 2022 trasmessa poco prima della conferma dell'offerta disposta dal RUP; -il totale complessivo dei debiti dichiarato in sede di chiarimenti (e integrazione della dichiarazione di offerta) è, dunque, di Euro 28.961.648,00 per debiti fiscali e per Euro 3.315.354,00 per debiti previdenziali, per i quali è stato dichiarato che l'operatore economico "sta ottemperando ai suoi obblighi anche utilizzando strumenti agevolativi messi a disposizione del Contribuente dall'Amministrazione Finanziaria (rateizzazioni di cartelle esattoriale ed avvisi bonari, adesione alle definizioni agevolate, etc...), ed ha formalizzato il proprio impegno ad adempiere con pec del 24.03.2022 per i debiti non ancora definitivamente accertati". 14. Alla luce della documentazione prodotta in giudizio, ritiene il Collegio che l'asimmetria tra quanto dichiarato nell'offerta dall'operatore economico e quanto da esso indicato nella conferma dell'offerta (in cui vengono dichiarate violazioni aventi data antecedente a quella prevista per la presentazione delle offerte) e nei chiarimenti successivi integri la violazione dell'articolo 80, comma 5, lettera c-bis), del d.lgs. n. 15/2016, a mente del quale le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d'appalto un concorrente "qualora l'operatore economico abbia tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate a fini di proprio vantaggio oppure abbia fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione, ovvero abbia omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione". Il comportamento assunto dell'appellante rileva altresì dal profilo della previsione dell'articolo 80, comma 5, lettera f-bis), del d.lgs. n. 15/2016, secondo il quale è escluso "l'operatore economico che presenti nella procedura di gara in corso e negli affidamenti di subappalti documentazione o dichiarazioni non veritiere". È fuori dubbio che in un primo tempo l'appellante avesse dichiarato con l'offerta originariamente presentata di aver assolto tutti gli obblighi fiscali e previdenziali, mentre con la conferma dell'offerta ha definito la propria posizione, che ha messo in evidenza la grave situazione debitoria sopra descritta. In questo senso, non assume rilievo decisivo la circostanza che il nuovo amministratore della società avesse confermato il rispetto degli obblighi in tema di pagamento di tasse e contributi, in linea con quanto autocertificato in sede di partecipazione dal precedente amministratore, fornendo tuttavia, come sostiene l'appellante con il gravame (cfr. pagine 16 e 17 del ricorso in appello), dettagli in merito alle pendenze e alle rateizzazioni in corso, atteso che l'operatore economico deve assumere nei confronti della stazione appaltante una posizione unica, indipendentemente dalle vicende dei suoi vertici, dovendo le loro dichiarazioni essere sempre coerenti nel tempo in quanto imputabili alla società di cui hanno la legale rappresentanza. In disparte la natura novativa ex articolo 1230 c.c. del debito col Fisco (Consiglio di Stato, Sezione VII, 28 febbraio 2023, n. 2067), che si configura come un nuovo debito di tipo estintivo-costitutivo (Consiglio di Stato, Sezione V, 10 novembre 2022, n. 9876) tramite l'accettazione della domanda di rateizzazione all'Agenzia delle Entrate ai sensi dell'articolo 19 del d.P.R. 9 settembre 1973, n. 602, e la reviviscenza del debito fiscale originario in caso di decadenza dalla rateizzazione, rimane accertato che l'impresa fosse tenuta a dichiarare fin da subito la sussistenza di importanti posizioni debitorie e che tale comportamento abbia minato ab origine in radice il rapporto tra stazione appaltante ed operatore economico. Già in fase di gara, che si atteggia sul piano civilistico come proposta negoziale e richiede un atteggiamento ispirato alle medesime cautele di lealtà e correttezza dovute nelle trattative tra privati, il concorrente deve osservare un comportamento trasparente, che consenta alla stazione appaltante di valutarne l'affidabilità nella prospettiva dell'eventuale affidamento della commessa pubblica, osservando al riguardo il Collegio che il principio era già immanente al precedente sistema governato dal previgente Codice degli appalti pubblici ed è stato ora codificato dal decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, agli articoli 2 e 16 (fiducia reciproca) e 4, 9 e 18 (buona fede e tutela dell'affidamento). Da questo punto di vista, non può ritenersi equipollente a quanto previsto per l'ammissione alla gara la dichiarazione di non essere la società decaduta dal piano di rateizzazione (cfr. pagina 16 dell'appello), atteso che, indipendentemente dalla nascita di una nuova obbligazione col fisco in ragione della richiesta di rateizzazione, l'operatore economico era tenuto a comunicare i rilevanti debiti fiscali e previdenziali pendenti (tuttora e) al momento della presentazione dell'offerta. In questa prospettiva, rileva la Sezione che l'appellante non ha mosso alcuna contestazione alla parte in esame del provvedimento impugnato in prime cure, atteso che la tesi di fondo su cui ruota l'impugnativa si limita a fare leva sull'asserita inesistenza di un debito con l'Amministrazione tributaria in ragione dell'avvenuta novazione del rapporto a seguito della rateizzazione. La giurisprudenza è pacifica nell'affermare che la circostanza dell'intervenuto saldo, o almeno della rateazione, dei debiti tributari da parte del concorrente non comporta l'annullamento del provvedimento di esclusione, in quanto ormai privo di ragion d'essere, valendo per i provvedimenti amministrativi il principio tempus regit actum, secondo cui la legittimità del provvedimento deve essere valutata in relazione allo stato di fatto e di diritto esistente al momento della sua adozione, con conseguente irrilevanza delle circostanze successive, che non possono incidere ex post su precedenti atti amministrativi (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. VII, 18 ottobre 2022, n. 8875; id., 26 aprile 2022, n. 3192; id., sez. II, 21 giugno 2021, n. 4759; id., 8 marzo 2021, n. 1908; id., sez. III, 18 aprile 2011, n. 2384). Né tali conclusioni cambierebbero laddove, come parte appellante sembra sostenere, le domande di rateizzazione fossero state già proposte al momento della domanda di partecipazione (venendo accolte solo in un momento successivo), essendo jus receptum che il requisito della regolarità fiscale si considera sussistente soltanto ove, prima del decorso del termine per la presentazione della domanda di partecipazione alla gara di appalto, l'istanza di rateizzazione sia stata accolta con l'adozione del relativo provvedimento costitutivo e non anche nelle ipotesi in cui l'iniziale irregolarità abbia dato luogo alla richiesta di dilazione, solo successivamente accolta (cfr. Consiglio di Stato, Sezione V, 19 febbraio 2018, n. 128). Va al riguardo precisato che, mentre non è ammissibile la partecipazione dell'operatore economico che, al momento della scadenza del termine di presentazione della domanda di partecipazione, non abbia ancora conseguito il provvedimento di accoglimento dell'istanza di rateizzazione, può invece considerarsi in regola con il fisco il contribuente cui sia stata accordata la rateizzazione ai fini della dimostrazione del requisito della regolarità fiscale ex articolo 19 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, atteso che la rateizzazione del debito tributario del partecipante alla procedura selettiva si traduce in un beneficio che, una volta accordato, comporta la sostituzione del debito originario con uno diverso, con novazione dell'obbligazione originaria e nascita di una nuova obbligazione tributaria (cfr. Consiglio di Stato, Sezione v, 27 agosto 2014, n. 4382, richiamata da Consiglio di Stato, Sezione V, 28 marzo 2023, n. 3195; per la natura eccezionale dell'articolo 80, comma 4, ultima parte, v. anche Consiglio di Stato, Sezione V, 28 gennaio 2021, n. 833). Ad ogni buon conto, anche a voler ammettere che la El. fosse stata ammessa alla rateizzazione per tutti i debiti complessivamente avuti nei confronti del fisco a far data dalla relativa domanda presentata il 24 marzo 2022, con conseguente novazione delle obbligazioni assunte verso l'Amministrazione (sebbene la Regione contesti la circostanza, almeno per una larga parte dei debiti considerati al momento in cui è stata presentata l'offerta e nelle more della sua conferma), la società, al momento della presentazione della domanda di partecipazione con termine fissato alla data del 23 novembre 2020, non ha correttamente dichiarato l'insussistenza delle condizioni espulsive previste dall'articolo 80, comma 4, del d.lgs. n. 50/2016, poiché aveva attestato di aver adempiuto "tutti gli obblighi relativi al pagamento di imposte, tasse o contributi previdenziali", con ciò omettendo di informare la stazione appaltante sullo stato debitorio in cui versava con riferimento ad anni di imposta di molto precedenti e di cui ha messo a parte la Regione solo con la (successiva) conferma dell'offerta, indipendentemente dalla decadenza dalla rateizzazione, su cui tra le parti non vi è convergenza di lettura, e dalla normativa introdotta per l'emergenza pandemica che l'appellante invoca ed in forza della quale il numero di rate non pagate che comporta la decadenza dal beneficio è cambiato nel biennio 2020-2022. In altre parole, dall'esame della documentazione in atti e dall'atteggiamento assunto da El. emerge in rilievo un comportamento della società offerente non conforme ai canoni cui l'operatore economico deve ispirarsi ai sensi dell'articolo 80, comma 5, lettere c-bis) ed f-bis) del d.lgs. n. 50/2016 nel partecipare alla procedura di evidenza pubblica bandita dalla stazione appaltante, con la quale dovrà, in caso di aggiudicazione a seguito del procedimento di gara, concludere un contratto che regolamenta e disciplina le reciproche obbligazioni, rispettando il principio generale di buona fede e correttezza, di impianto civilistico. Il primo mezzo di gravare, pertanto, non può trovare accoglimento, considerato che la sentenza appellata ha adeguatamente valorizzato l'istruttoria e la motivazione dell'atto impugnato in prime cure. 15. Con il secondo motivo di appello, che riproduce le doglianze contenute nel ricorso per motivi aggiunti dinanzi al Tar, El. lamenta la mancata applicazione dello ius superveniens recato dal decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 28 settembre 2022, che considera gravi le violazioni non definitivamente accertate di importo pari o superiore al 10 % del valore dell'appalto, laddove, nella fattispecie - sostiene l'appellante - le violazioni di questo tipo sono pari ad Euro 5.900.000,00, somma inferiore al 10 % del valore dell'appalto di Euro 6.561.140,00. Anche tale mezzo non può essere accolto. Condivisibilmente il Tar ha dichiarato inammissibile il ricorso per motivi aggiunti, stabilendo che, in applicazione del principio tempus regit actum, il d.m. entrato in vigore il 12 ottobre 2022 non comporta che "tutte le ulteriori evenienze normative successivamente intervenute, come la disposizione indicata nel ricorso per motivi aggiunti, non devono necessariamente comportare alcuna rideterminazione della p.a." Secondo l'appellante, la norma di secondo grado indicata, non potendo essere applicata al momento dell'adozione del provvedimento impugnato in quanto successiva, avrebbe, di fatto, dovuto comportare da parte dell'Amministrazione procedente una riedizione del potere con riguardo alla decisione di ammettere o meno l'operatore economico alla gara, che è stato escluso perché le violazioni fiscali non definitivamente accertate sono "di importo pari ad oltre 5,9 mln/Euro" (così il provvedimento impugnato) che "risulta superiore al limite di Euro 35.000, previsto dal medesimo comma 4 dell'art. 80, e comunque particolarmente rilevante sia rispetto al valore dell'appalto (13,1 mln/Euro/anno) sia al fatturato medio annuo dell'operatore economico (circa 18 mln/Euro)". Ritiene la Sezione che non sussistesse alcun obbligo per la Regione di applicare retroattivamente la diposizione ministeriale: - sia in ossequio al principio di par condicio, non potendosi predicare una sorta di "illegittimità retroattiva" dell'atto amministrativo in ragione dell'introduzione di una norma di maggior favore per il privato, atteso che le disposizioni applicabili nei confronti di tuti gli offerenti al momento dello svolgimento dell'esame della documentazione amministrativa erano, come osservato, di altro segno; - sia in considerazione della necessità che la stazione appaltante applicasse le regole che aveva stabilito a monte dell'indizione della gara, in applicazione del principio dell'autovincolo (Consiglio di Stato, Sezione III, 30 settembre 2022, n. 8432, Sezione VII, 5 luglio 2023, n. 6581, Sezione II, 3 luglio 2023, n. 6476, Sezione VII, 14 giugno 2023, n. 5839, Sezione V, 13 aprile 2022, n. 2784); - sia tenuto conto che l'esclusione disposta ai sensi dell'articolo 80 del d.lgs. n. 50/2016 non ha carattere sanzionatorio, conseguendo semplicemente alla verifica di requisiti soggettivi che incidono sul rapporto fiduciario e sul giudizio di affidabilità che la stazione appaltante deve esprimere in ordine agli operatori economici che aspirino a essere sua controparte contrattuale (cfr., ex plurimis, Consiglio di Stato, Sezione III, 4 novembre 2011, n. 5866). E ciò, indipendentemente dalla natura sanzionatoria dell'esclusione, da valutarsi, come richiede l'appellante, alla stregua delle sanzioni penali per le quali, come è noto, vige il principio del trattamento normativo sopravvenuto più mite, laddove un comportamento omissivo o commissivo venga successivamente valutato diversamente dalla legge, quanto alle sanzioni che dalla sua violazione derivano. 16. Nello stesso quadro di riferimento, non può essere accolta la richiesta di rimessione al giudice delle leggi della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 80, comma 4, vigente ratione temporis, per contrasto con gli articoli 3 e 41, comma 1, della Costituzione, atteso che correttamente il Tar ha stabilito che "le ipotesi previste dal comma 4 dell'art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016 risultano conformi alle previsioni costituzionali riportate, in quanto esigono che le società che intrattengono rapporti negoziali con la p.a. siano, sotto il profilo tributario e previdenziale, in regola con i relativi versamenti dovuti". La questione di legittimità costituzionale prospettata è sicuramente manifestamente infondata, atteso che, contrariamente all'assunto di parte appellante, con tale innovazione il legislatore ha introdotto una causa di esclusione discrezionale (e non automatica), sicché la posizione degli operatori che - nella prospettazione attorea - sarebbero stati "presi alla sprovvista" dalla nuova disciplina non avendo il tempo di mettersi in regola, ben può essere valutata dalla stazione appaltante in sede di ponderazione della gravità delle violazioni, nel doveroso contraddittorio con l'operatore interessato. Ma la questione di legittimità costituzionale è anche non rilevante, dal momento che, ove risultasse confermato che a carico dell'odierna appellante sussistevano anche plurime violazioni definitivamente accertate (tali da determinarne in ogni caso l'automatica esclusione dalla procedura selettiva), la disposizione de qua non avrebbe rivestito alcun rilievo decisivo ai fini della censurata esclusione. 17. Considerata la legittimità del provvedimento impugnato in prime cure che risulta essere plurimotivato e la correttezza dell'apparato motivazionale della sentenza appellata, il gravame va respinto, restando assorbito l'esame del terzo motivo di appello. 18. In base a tutte le considerazioni che precedono, l'appello va rigettato, rimanendo assorbito l'esame della domanda cautelare, i due ricorsi in appello per motivi aggiunti devono essere dichiarati inammissibili, al pari dell'intervento ad adiuvandum proposto dall'Associazione Im. Se. El. - AI., precisandosi che la presente decisione è stata assunta tenendo altresì conto dell'ormai consolidato "principio della ragione più liquida", corollario del principio di economia processuale (cfr. Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 5 gennaio 2015, n. 5, nonché Cassazione, Sezioni Unite, 12 dicembre 2014, n. 26242), tenuto conto che le questioni sopra vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione Civile, Sez. II, 22 marzo 1995, n. 3260, e, per quelle più recenti, Cassazione Civile, Sez. V, 16 maggio 2012, n. 7663, e per il Consiglio di Stato, Sez. VI, 2 settembre 2021, n. 6209, 13 settembre 2022, n. 7949, e 18 luglio 2016, n. 3176). 19. Le spese del grado seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza, definitivamente pronunciando sul ricorso (n. r.g. 3611/2023), come in epigrafe proposto, lo respinge e dichiara inammissibili i due ricorsi in appello per motivi aggiunti e l'intervento ad adiuvandum proposto dall'Associazione Im. Se. El. - AI.. Condanna in solido l'appellante e l'interveniente a rifondere in favore della Regione Lazio le spese del grado, che liquida in complessivi Euro 10.000,00 oltre accessori. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 aprile 2024 con l'intervento dei magistrati: Raffaele Greco - Presidente Giovanni Pescatore - Consigliere Nicola D'Angelo - Consigliere Antonio Massimo Marra - Consigliere Luca Di Raimondo - Consigliere, Estensore
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quinta ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 5812 del 2023, proposto da -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG 8201653A28, rappresentata e difesa dagli avvocati Fi. Ia. e To. De Si., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia; contro Ente di decentramento regionale di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Da. Iu. e Ma. Pi., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia; nei confronti Co. s.r.l., non costituita in giudizio; per la riforma della sentenza breve del Tribunale amministrativo regionale per il Friuli Venezia Giulia n. 187del 2023, resa tra le parti; Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Ente di decentramento regionale di (omissis); Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 dicembre 2023 il Cons. Stefano Fantini e uditi per le parti gli avvocati Ma., in dichiarata delega dell'Avv. De Si., e Pi.; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO 1.-La -OMISSIS-ha interposto appello nei confronti della sentenza 27 maggio 2023, n. 187 del Tribunale amministrativo regionale per il Friuli Venezia Giulia che ha respinto il suo ricorso avverso il decreto -OMISSIS- in data 27 marzo 2023, di diniego dell'istanza di subappalto. L'impugnato provvedimento si inserisce nell'ambito della procedura aperta indetta in data 18 marzo 2020 dall'Unione territoriale intercomunale del Noncello (cui è poi subentrato l'ente di decentramento regionale (omissis)) per "l'appalto dei lavori di realizzazione di un nuovo edificio scolastico in via (omissis) nel Comune di (omissis)", per un importo complessivo di euro 6.978.000,00, di cui euro 6.823.000,00 per lavori da eseguire a corpo soggetti a ribasso ed euro 155.000,00 per costi della sicurezza non soggetti a ribasso. All'esito della procedura la società -OMISSIS- di Latina è risultata prima graduata ed è dunque divenuta aggiudicataria con il decreto -OMISSIS-. E' intervenuta in data 5 marzo 2021 la stipula del contratto che, in coerenza con l'art. 10 del disciplinare e l'art. 40, comma 3, del capitolato speciale, prevedeva limiti quantitativi al subappalto (in particolare, nella misura del 30 per cento del valore delle lavorazioni con riguardo alla categoria OS28-impianti termici e condizionamento). In sede di esecuzione contrattuale, con istanza del 15 febbraio 2023, l'appellante ha chiesto di poter subappaltare alla Co. s.r.l. parte dei lavori inerenti la realizzazione degli impianti idrico-sanitari, di trattamento dell'aria, di riscaldamento e raffrescamento, ad esclusione delle componenti radianti, inclusi nelle categorie OS3 e OS28, per l'importo di euro 720.000,00. Il diniego gravato in primo grado risulta motivato nella considerazione che il subappalto può ritenersi consentito nella misura massima di euro 448.559,96; in particolare la categoria OS28 è subappaltabile nell'importo di euro 298.664,21, mentre la categoria OS3 è interamente subappaltabile per euro 149.895,65. 2. - Con il ricorso in primo grado la -OMISSIS-ha impugnato il provvedimento di rigetto dell'istanza di subappalto, oltre alla lex specialis, per quanto di ragione, deducendone l'illegittimità per violazione della sentenza della Corte giust. U.E. 27 novembre 2019, in causa C-402/18 (che ha dichiarato incompatibile con la direttiva 2014/24/UE l'art. 105, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016) e delle direttive europee in materia di appalti pubblici. 3. - La sentenza appellata, come premesso, ha respinto il ricorso precisando che la Corte di giustizia non ha inteso censurare in assoluto la previsione di limiti quantitativi al subappalto, ma solo la loro fissazione in via generale e astratta ad opera della fonte primaria; in tale prospettiva l'art. 105, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016 è stato ritenuto in contrasto con il principio di proporzionalità, potendosi ipotizzare misure meno restrittive idonee a perseguire l'obiettivo del legislatore di contrasto alla criminalità organizzata. Ciò comporta che non è possibile ricavare un divieto assoluto all'apposizione di limiti quantitativi al subappalto: "nella vicenda in esame, in ogni caso, il limite del 30% contestato (relativo al subappalto dei lavori nella categoria "OS28 Impianti Termici e condizionamento") è fissato dall'art. 10 del disciplinare di gara non in termini generali, ma con riferimento a una specifica categoria di prestazioni e giustificato da "precise ragioni tecniche". Esso risulta dunque frutto di una valutazione "in concreto" dell'ente aggiudicatore, espressamente salvaguardata dalla C.G.U.E.". 4. - Con il ricorso in appello la -OMISSIS-ha criticato la sentenza di prime cure, sostanzialmente reiterando, alla stregua di motivi di critica della sentenza, le censure di primo grado, richiamando il precedente della Corte di giustizia 27 novembre 2019, nonché la sopravvenuta novella (di cui al d.l. n. 77 del 2021) all'art. 105, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016, che ha abolito i limiti al subappalto per ogni tipologia di appalto, anche in relazione alle opere superspecialistiche; ha chiesto pertanto la disapplicazione della lex specialis, ribadendo che limiti quantitativi al subappalto siano possibili solo per prevenire fenomeni di infiltrazione mafiosa. In particolare, per l'appellante, la qualificazione "NZEB" non può considerarsi una specifica caratteristica dell'appalto pubblico. 5. - Si è costituito in resistenza l'Ente di decentramento regionale di (omissis) eccependo la tardività del ricorso di primo grado con riguardo all'impugnativa del bando, asseritamente contenente la clausola escludente sul subappalto, e comunque l'improcedibilità e infondatezza nel merito del ricorso in appello. 6. - All'udienza pubblica del 19 dicembre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione. DIRITTO 1.- Va preliminarmente esaminata, per ragioni di ordine processuale, l'eccezione di irricevibilità del ricorso di primo grado, argomentata nella considerazione che le clausole contenute nell'art. 10 del disciplinare di gara e nell'art. 40, comma 3, del capitolato speciale, imponendo limitazioni al subappalto (nella quota del 30 per cento) in contrasto con il diritto europeo, avrebbero dovuto essere subito impugnate, sin dal momento della pubblicazione della lex specialis, avvenuta il 23 marzo 2020, e non già unitamente al diniego di subappalto, costituente atto applicativo. L'eccezione, seppure concernendo una questione non pacifica in giurisprudenza, può essere prudenzialmente respinta, atteso che le predette clausole della lex specialis non avevano contenuto oggettivamente escludente (nei termini di cui all'elaborazione giurisprudenziale compendiata in Cons. Stato, Ad. plen., 26 aprile 2018, n. 4) e non si poneva dunque l'esigenza di una loro tempestiva impugnazione. Invero il subappalto non concerne un requisito di partecipazione, riguardando piuttosto l'esecuzione contrattuale, sì che le relative clausole vanno impugnate con l'atto applicativo (differente è l'avvalimento che si caratterizza come modalità di dimostrazione dei requisiti di partecipazione richiesti dalla lex specialis). 2. - Occorre poi farsi carico dell'eccezione di improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse del ricorso in appello, argomentata dall'amministrazione resistente nella considerazione del mutamento della situazione di fatto, rappresentata dall'intervenuta risoluzione, con il decreto n. 1131 del 30 agosto 2023, ai sensi dell'art. 108, comma 4, del d.lgs. n. 50 del 2016, del contratto di appalto intercedente tra le parti. Anche tale eccezione è infondata. Il decreto di risoluzione (che l'appellante, nella memoria di replica, assume contestato in sede giudiziale) è stato disposto nell'assunto del grave ritardo nell'esecuzione dei lavori per "negligenza dell'impresa", desumendosi dallo stesso che alla società appellante è stata essenzialmente addebitata la disorganizzazione, l'insufficiente applicazione in cantiere di maestranze qualificate e l'inosservanza degli ordini di servizio. Tali condotte sono in potenziale rapporto causale con il diniego di subappalto gravato e dunque non consentono di escludere con certezza che l'appellante abbia perso qualsivoglia utilità, ancorché meramente strumentale o morale, dalla ipotetica decisione di accoglimento del presente ricorso. 3. - Il primo motivo, nucleo tematico dell'appello, critica la sentenza di prime cure in quanto sarebbe incorsa in una lettura parziale, incompleta della sentenza della C.G.U.E. 27 novembre 2019, in causa C-402/18, la quale non consentirebbe alla amministrazione aggiudicatrice di valutare con elasticità i casi in cui non è ammissibile il subappalto, ammettendone in realtà limitazioni solo per contrastare il fenomeno della criminalità organizzata, considerato dalla Corte come obiettivo legittimo. Tale lettura della sentenza della Corte di giustizia troverebbe conferma, per l'appellante, nell'adeguamento della normativa nazionale, ed in particolare nell'abrogazione del comma 5 dell'art. 105 del d.lgs. n. 50 del 2016 ad opera del d.l. 31 maggio 2021, n. 77, con l'effetto dell'eliminazione di ogni limitazione al subappalto, anche in relazione alle opere superspecialistiche. La limitazione al subappalto deve oggi essere adeguatamente motivata nella determina a contrarre ed è consentita solamente per le ragioni enucleate dall'art. 105, comma 2, dello stesso testo normativo (e cioè, per contrastare il fenomeno della criminalità organizzata, per il rafforzamento del controllo delle attività di cantiere e più in generale dei luoghi di lavoro, essenzialmente, dunque, per ragioni di tutela dei lavoratori). Per l'appellante, non vi sarebbero ulteriori legittimi obiettivi di giustificazione della limitazione del subappalto compatibili con il diritto europeo; conseguentemente, dovrebbe ritenersi illegittima la limitazione qualitativa e predefinita per tutte le lavorazioni appartenenti alle categorie OS28 e OS30, subappaltabili solo nella misura del 30 per cento del loro valore, in ragione di una presunta complessità tecnica delle lavorazioni. Inoltre la caratterizzazione "NZEB" non potrebbe essere considerata una specifica caratteristica dell'appalto, in quanto, a mente dell'art. 4-bis del d.lgs. n. 192 del 2005, a fare tempo dal 31 dicembre 2018 gli edifici di nuova costruzione occupati da pubbliche amministrazioni e di proprietà di queste ultime, ivi compresi gli edifici scolastici, devono essere edifici a energia quasi zero; inoltre dall'1 gennaio 2021 (per effetto del d.lgs. n. 48 del 2020) tutti gli edifici nuovi devono essere "NZEB"; si tratta dunque di una caratterizzazione ormai generale. Il motivo, pur nella sua complessità, è infondato. Giova premettere che la sentenza della Corte di giustizia predetta ha stabilito che la direttiva 2004/18/CE deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale che limita al 30 per cento la quota parte dell'appello che l'offerente è autorizzato a subappaltare a terzi; in particolare, la pronuncia in questione ha stigmatizzato il fatto che la normativa nazionale oggetto del procedimento principale imponga in modo generale e astratto che l'offerente realizzi una parte rilevante delle prestazioni autonomamente, anche se tale limite nel ricorso al subappalto non sia necessario al fine di contrastare la criminalità organizzata nell'ambito dell'appalto, rilevando che "l'obiettivo perseguito dal legislatore italiano potrebbe essere raggiunto da misure meno restrittive", implicanti specifiche valutazioni. Tale essendo l'ambito del dictum, occorre chiedersi se siano legittime le clausole della lex specialis prevedenti che "è ammesso il subappalto delle lavorazioni appartenenti a tutte le categorie di cui si compone l'appalto, con le limitazioni qualitative e quantitative su specifiche prestazioni essenziali di seguito elencate (...). Le lavorazioni appartenenti alle categorie OS28 e OS30 sono subappaltabili soltanto nella misura del 30% del loro valore. Tale limitazione è imposta in considerazione della rilevante complessità tecnica di tali lavorazioni, che richiede la prestazione prevalente e diretta dell'appaltatore, ai fini della corretta esecuzione del complesso impiantistico, la cui qualità e funzionalità è determinante per la caratterizzazione NZEB del nuovo edificio" (così art. 10 del disciplinare di gara e art. 40 del capitolato speciale d'appalto). Più specificamente, muovendo dal presupposto che l'art. 105 del d.lgs. n. 50 del 2016 (nella versione precedente alle modifiche apportate dal d.l. n. 77 del 2021, convertito con modificazione nella legge n. 108 del 2021) laddove pone il limite generalizzato quantitativo del trenta per cento al subappalto, è incompatibile con il diritto eurounitario e va dunque disapplicato (così Cons. Stato, V, 31 maggio 2021, n. 4150; V, 17 dicembre 2020, n. 8101), occorre valutare se la specifica e motivata limitazione contenuta nella lex specialis possa invece ritenersi legittima. Il quesito deve avere, ad avviso del Collegio, una soluzione positiva, proprio alla stregua di quanto chiarito dalla più volte richiamata sentenza della Corte di Giustizia, la quale, al punto sub 47, ha evidenziato come non coerente con il diritto europeo una normativa nazionale "che vieta in modo generale e astratto il ricorso al subappalto per una quota parte che superi una percentuale fissa dell'importo dell'appalto pubblico di cui trattasi, sicché tale divieto si applica indipendentemente dal settore economico interessato dall'appalto di cui trattasi, della natura dei lavori o dall'identità dei subappaltatori. Inoltre, un tale divieto generale non lascia spazio alcuno a una valutazione caso per caso da parte dell'ente aggiudicatore". Ciò significa che, al contrario, una limitazione specifica del ricorso al subappalto, assistito da adeguata motivazione, debba ritenersi consentito. Nella fattispecie controversa vi è la chiara esternazione delle ragioni della limitazione del subappalto nelle categorie OS28 e OS30, ravvisabile "nella complessità tecnica delle lavorazioni, che richiede la prestazione prevalente e diretta dell'appaltatore, ai fini della corretta esecuzione del complesso impiantistico". Questa è la motivazione del limite quantitativo al subappalto per le due lavorazioni sopra indicate, e non già la caratterizzazione NZEB del nuovo edificio. Né può ritenersi che il contrasto della criminalità organizzata (oggetto di considerazione da parte della Corte di giustizia) costituisca l'unico obiettivo che legittimamente consente, all'esito di una valutazione specifica, la limitazione del subappalto; in senso contrario depongono sia l'art. 105, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016 (nel testo novellato nel 2021), che l'art. 119, comma 2, del nuovo codice dei contratti pubblici (di cui al d.lgs. n. 36 del 2023). In entrambi i casi sono previste come possibile limite del subappalto "le specifiche caratteristiche del subappalto" concernente, nel caso di specie, opere impiantistiche. Peraltro è lo stesso art. 63, par. 2, della direttiva 2014/24/UE che consente all'amministrazione aggiudicatrice di esigere che taluni compiti essenziali siano direttamente svolti dall'offerente. 4. - Le considerazioni ora esposte relative alla legittimità della lex specialis di gara inducono a disattendere anche il secondo motivo di appello, con il quale si critica la statuizione secondo cui, essendo il diniego impugnato diretta applicazione del disciplinare e del capitolato speciale che contemplano un limite quantitativo al subappalto, l'eventuale disapplicazione della norma primaria (per contrasto con la sentenza della Corte di giustizia) non sarebbe in grado di incidere sulla legge di gara e neppure sul contratto, privando di efficacia le relative prescrizioni. Non occorre infatti indugiare ad esaminare la sorte della lex specialis di gara e del contratto in caso di contrasto con il diritto unionale, atteso che tale contrasto, idoneo a determinare un vulnus al primato dello stesso, non è ravvisabile nella fattispecie in esame. 5. - Alla stregua di quanto esposto, l'appello va respinto. La complessità delle questioni giuridiche trattate integra le ragioni che per legge consentono la compensazione tra le parti delle spese di giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge. Compensa tra le parti le spese di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte appellante. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 dicembre 2023 con l'intervento dei magistrati: Diego Sabatino - Presidente Stefano Fantini - Consigliere, Estensore Sara Raffaella Molinaro - Consigliere Giorgio Manca - Consigliere Annamaria Fasano - Consigliere
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza ha pronunciato la presente SENTENZA sui seguenti ricorsi in appello: 1) numero di registro generale 9828 del 2023, proposto da -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG -OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati Ge. Ro. No. e Va. Vu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell'avv. Va. Vu. in Roma, via (...), contro - -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Sa. St. Da. e Ro. Eu. Si., con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Sa. St. Da. in Roma, piazza (...); - -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ra. Gu. Ro., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; - la Regione Puglia e l'Azienda Sanitaria Locale Bari, non costituite in giudizio; nei confronti di -OMISSIS-, in proprio e quale mandataria del raggruppamento di imprese con -OMISSIS- (-OMISSIS-) in qualità di mandante, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati An. Bi. e Ma. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; 2) numero di registro generale 9988 del 2023, proposto da -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG -OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato Ra. Gu. Ro., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, contro - -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Sa. St. Da. e Ro. Eu. Si., con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Sa. St. Da. in Roma, piazza (...); - -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ge. Ro. No. e Va. Vu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell'avv. Va. Vu. in Roma, via (...); - -OMISSIS-, in proprio e quale mandataria del raggruppamento di imprese con -OMISSIS- (-OMISSIS-) in qualità di mandante, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati An. Bi. e Ma. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; 3) numero di registro generale 10156 del 2023, proposto da -OMISSIS- in proprio e quale mandataria del raggruppamento di imprese con -OMISSIS- in qualità di mandante, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, in relazione alla procedura CIG -OMISSIS-, rappresentate e difese dagli avvocati An. Bi. e Ma. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, contro - -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Sa. St. Da. e Ro. Eu. Si., con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Sa. St. Da. in Roma, piazza (...); - -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ra. Gu. Ro., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; - -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ge. Ro. No. e Va. Vu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell'avv. Va. Vu. in Roma, via (...); per la riforma quanto ai ricorsi nn. 9828, 9988 e 10156 del 2023: della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (sezione Terza) -OMISSIS-, resa tra le parti. Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di -OMISSIS-, di -OMISSIS-, di -OMISSIS- e di -OMISSIS-; Visti tutti gli atti della causa; Visti gli artt. 74 e 120 cod. proc. amm.; Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 23 aprile 2024, il Cons. Giovanni Pescatore e viste le conclusioni delle parti come da verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1.- -OMISSIS-, agendo in qualità di soggetto aggregatore della Regione Puglia, con bando di gara pubblicato sulla GUUE in data -OMISSIS- ha indetto una procedura aperta per l'affidamento dei servizi integrati per la gestione di apparecchiature elettromedicali delle Aziende Sanitarie della Regione Puglia. 1.1.- Dei sei lotti geografici nei quali è stata ripartita la gara, due (-OMISSIS-) sono stati affidati a -OMISSIS- (successivamente ridenominata -OMISSIS-), con provvedimento di aggiudicazione -OMISSIS- la cui impugnazione, promossa dalla seconda classificata -OMISSIS-, è stata definita, in chiave reiettiva, con sentenza di questa Sezione -OMISSIS-. 1.2.- Nelle more della stipula dei contratti, -OMISSIS- ha sollecitato l'ulteriore verifica dell'assenza in capo alla aggiudicataria delle cause di esclusione di cui all'art. 80 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, sulla scorta delle notizie emerse da un'indagine condotta dalla Procura di Palermo nei confronti di alcune figure apicali della ditta -OMISSIS- ed esitata nell'applicazione di misure cautelari di natura coercitiva. 1.3.- Si è proceduto, dunque, ad un nuovo accertamento dei requisiti in capo a -OMISSIS-, anche a seguito di un giudizio avverso il silenzio-inadempimento instaurato da -OMISSIS- e conclusosi con la sentenza di accoglimento del ricorso, emessa da questa Sezione, -OMISSIS- del 2021. 1.4.- Svolti i necessari controlli, il procedimento di verifica dei requisiti ex art. 80 nei confronti di -OMISSIS- si è concluso con la determinazione -OMISSIS-, con la quale -OMISSIS- ha ritenuto "che nella specie possa trovare applicazione l'ipotesi escludente ex art. 80 e l'inefficacia delle misure di self cleaning adottate, per quanto dedotto nella parte motiva del presente provvedimento". 1.5.- Avverso la determina -OMISSIS- -OMISSIS- ha proposto ricorso dapprima innanzi al T.A.R. Puglia (r.g.n. -OMISSIS-), che lo ha tuttavia respinto con sentenza -OMISSIS-, e poi innanzi al Consiglio di Stato con appello (r.g.n. -OMISSIS-) la cui discussione è fissata alla medesima udienza odierna. 1.6.- Nelle more, -OMISSIS- ha proposto ricorso per la ottemperanza della sentenza -OMISSIS-/2021 (r.g.n. -OMISSIS-), giudizio che si è concluso con sentenza di parziale accoglimento -OMISSIS- con la quale questa Sezione ha disposto "la revoca della Determinazione -OMISSIS-, relativamente alla aggiudicazione a favore di -OMISSIS- dei lotti -OMISSIS-". 1.7.- Tale ultima decisione è stata gravata da -OMISSIS- (e successivamente anche da -OMISSIS-) con ricorso per Cassazione (r.g.n. -OMISSIS-), definito con ordinanza di rigetto -OMISSIS-. 1.8.- Successivamente alla revoca dell'aggiudicazione in favore di -OMISSIS- (disposta con la citata sentenza -OMISSIS-) si è resa necessaria per -OMISSIS- l'attivazione della procedura per la verifica del possesso dei necessari requisiti in capo al soggetto secondo classificato nella graduatoria dei lotti n-OMISSIS-, ovverosia -OMISSIS-, al fine di valutarne il possibile subentro nell'aggiudicazione. 1.9.- Mentre il procedimento era in corso, -OMISSIS- ha richiesto la nomina di un Commissario ad acta per la presunta inerzia serbata da -OMISSIS- rispetto all'obbligo di portare ad esecuzione le citate sentenze n-OMISSIS-/2021 e -OMISSIS-/2022 e, quindi, di procedere alla verifica dei requisiti in capo al secondo classificato. Il suddetto giudizio si è concluso con la sentenza reiettiva di questa Sezione -OMISSIS-. 1.10.- Il procedimento di verifica dei requisiti si è concluso con la determinazione -OMISSIS- che ha disposto l'esclusione della concorrente -OMISSIS- dai lotti -OMISSIS-, avendo accertato la sussistenza delle ipotesi escludenti di cui alle lettere f) e c) del comma 5 dell'art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016, l'una obbligatoria e l'altra facoltativa, dove: a) la causa obbligatoria di esclusione è stata posta in relazione all'ordinanza del G.I.P. di Palermo che aveva disposto nei confronti della società -OMISSIS- la misura cautelare interdittiva, della durata di un anno, del divieto di contrarre con la Pubblica Amministrazione ai sensi degli artt. 45, 9, comma 2, e 14 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231; b) la causa facoltativa poggia su una valutazione discrezionale condotta rispetto ad un elenco di vicende professionali (riportate nei punti da A.1 ad A.6 del provvedimento di esclusione in questione) che costituirebbero - nell'impostazione seguita dall'Amministrazione - indici di grave illecito professionale. 1.11.- Orbene, con il ricorso iscritto al r.g.n. -OMISSIS- -OMISSIS- ha impugnato la determinazione -OMISSIS-, con riferimento al -OMISSIS-, ritenendo la valutazione di -OMISSIS- non proporzionata e irragionevole. 1.12.- Un primo motivo di censura è stato formulato con riferimento alla causa di esclusione obbligatoria ex art. 80, comma 5, lett. f); un secondo in relazione alla causa di esclusione facoltativa ex art. 80, comma 5, lett. c), e un terzo con riguardo alla mancata valutazione delle misure di self-cleaning. 1.13.- Hanno spiegato intervento ad opponendum sia -OMISSIS- (-OMISSIS-), sia -OMISSIS-, quest'ultima proponendo contestualmente un ricorso incidentale avverso il medesimo atto impugnato in via principale, nella parte in cui non ha disposto l'esclusione di -OMISSIS- per le ulteriori ragioni dedotte nel mezzo incidentale. 1.14.- Con la sentenza -OMISSIS- qui impugnata il T.A.R. ha, preliminarmente, ritenuto inammissibili tanto i due atti di intervento quanto il ricorso incidentale proposto da -OMISSIS-; nel merito, ha ritenuto fondato il ricorso di -OMISSIS-, assumendo che non ricorrerebbero o, comunque, non sarebbe stata sufficientemente motivata la sussistenza, nella specie, delle ipotesi escludenti previste dall'art. 80, comma 5, lett. c) ed f), del d.lgs. n. 50/2016. 2.- La sentenza -OMISSIS- è stata impugnata con distinti ricorsi da -OMISSIS- (n. r.g. 10156/2023), -OMISSIS- (n. r.g. 9828/2023) e -OMISSIS- (n. r.g. 9888/2023). 3.- Le cause sono passate in decisione all'udienza pubblica del 23 aprile 2024. 4.- Gli appelli, aventi ad oggetto la medesima sentenza, devono essere riuniti ai sensi dell'art. 96 c.p.a.. 5.- E' preliminare la disamina dei motivi di appello concernenti gli atti di intervento ad opponendum spiegati da -OMISSIS- e -OMISSIS-. 5.1.- Al fine di dichiarare l'inammissibilità del relativo intervento ad opponendum e negarne la qualità di soggetto controinteressato in senso tecnico (e quindi poter affermare la ritualità della notifica del ricorso indirizzata alla sola parte pubblica, in assenza di terzi soggetti controinteressati), il T.A.R. ha dato atto che -OMISSIS-, essendo divenuta aggiudicataria dei lotti -OMISSIS- in forza di contratti regolarmente sottoscritti, aveva raggiunto il numero massimo di lotti assegnabili ad un medesimo operatore economico (secondo le previsioni dell'art. 2 del disciplinare della gara de qua), con ciò perdendo ogni interesse al conseguimento di altri lotti (ivi incluso tra questi -OMISSIS-, oggetto del presente giudizio). Da qui l'assenza in capo alla -OMISSIS- di una posizione di interesse che la abilitasse all'intervento e men che meno di una qualità soggettiva - speculare e contraria a quella fatta valere dalla ricorrente -OMISSIS- attraverso l'azione impugnatoria - che la legittimasse ad essere evocata in lite alla stregua di soggetto controinteressato in senso tecnico. 5.2.- -OMISSIS- - limitandosi a contestare la declaratoria di inammissibilità dell'intervento ad opponendum e senza nulla eccepire quanto alla statuita negazione della sua qualità di soggetto controinteressato - sottopone a critica l'assunto posto a base della decisione di primo grado, richiamando in senso contrario il precedente di questa Sezione -OMISSIS- e il principio ivi affermato per cui la ratio del vincolo di aggiudicazione può essere rispettata anche in fase esecutiva ovvero "in sede di riaggiudicazione del lotto - interpellando il secondo meglio graduato (ancorché già affidatario di altro lotto) a condizione che si sottoponga allo stesso l'opzione di rinunciare allo svolgimento del lotto in atto affidato, di valore inferiore, a vantaggio del lotto di maggior valore". Secondo la tesi di -OMISSIS-, sussisterebbe una sua qualificata e legittima aspettativa al conseguimento dei (più corposi) lotti -OMISSIS- (in luogo dei lotti di minor valore -OMISSIS-) e questa aspettativa sarebbe ancora perseguibile attraverso lo scorrimento della graduatoria, il che la legittimerebbe all'intervento ad opponendum, stante il riflesso e indiretto effetto potenzialmente pregiudizievole o vantaggioso che potrebbe derivarle, alternativamente, dall'annullamento o dalla conferma dell'esclusione della seconda graduata. 5.3.- Il motivo è fondato. 5.4.- Nel precedente richiamato dalla parte appellante - ricalcato su fattispecie speculare, per il profilo di interesse, a quella qui in esame - si evidenzia che non solo è possibile procedere alla riaggiudicazione dei lotti previa rinuncia, da parte del soggetto interpellato, a quelli già assegnati, ma che lo scorrimento della graduatoria e la riassegnazione delle commesse non sono ostacolati neppure dal fatto che l'attribuzione dell'altro lotto predicabile di rinuncia sia avvenuta in forza di un contratto già stipulato. 5.5.- Dunque, sono fallaci le obiezioni opposte dal T.A.R. ad una possibile candidatura della -OMISSIS- all'aggiudicazione dei lotti -OMISSIS-, tanto più che - anche a volere per assurdo ammettere come valida la tesi per cui l'intervenuta stipulazione del contratto per i due lotti aggiudicati farebbe venire meno per l'istante ogni utilità ricavabile dall'esito del presente giudizio - comunque sopravvivrebbe un possibile interesse risarcitorio di -OMISSIS- correlato alla rivendicazione del maggior guadagno (mancato) che la stessa avrebbe potuto ricavare dalla esecuzione dei lotti di maggior valore. 5.6.- Nell'esaminare la posizione di -OMISSIS-, il T.A.R. ha invece ritenuto: a) che la perdita della qualità di aggiudicataria inflittale, con effetto di giudicato, dall'ordinanza della Cassazione -OMISSIS- e dalla sentenza del Consiglio di Stato -OMISSIS-, la priva di qualunque interesse a partecipare al presente giudizio; b) che detta perdita è oramai definitiva e non risente della pendenza dell'appello n. -OMISSIS- proposto per ottenere l'annullamento della determina -OMISSIS-. 5.7.- L'asserita carenza di legittimazione viene contestata da -OMISSIS- con argomentazioni che il Collegio ritiene di dover condividere pienamente, in quanto: (i) anzitutto, il T.A.R. erra nel ritenere che l'ordinanza della Suprema Corte di Cassazione -OMISSIS- abbia "reso definitiva la revoca dell'aggiudicazione disposta in danno della -OMISSIS- con la richiamata sentenza del Consiglio di Stato -OMISSIS-" e che quindi -OMISSIS- avrebbe perso "la qualità di aggiudicataria in virtù di un giudicato". Deve al contrario osservarsi che la Determinazione -OMISSIS-, con la quale -OMISSIS- ha ritenuto venuto meno in capo a -OMISSIS- il requisito di cui all'art. 80, co. 5, lett. c), è stata ritualmente impugnata e il relativo contenzioso pende dinanzi a questa Sezione (n. r.g. -OMISSIS-), sicché per ciò solo essa non può dirsi definitiva; (ii) nella sentenza -OMISSIS- si legge che "l'eventuale esito favorevole alla ricorrente -OMISSIS- del suddetto giudizio (oggi devoluto a questa Sezione con n. r.g. -OMISSIS-, n. d.r.), con il conseguente annullamento della deliberazione -OMISSIS-, non potrebbe non riflettersi in senso caducante sulle misure esecutive eventualmente adottate da questo giudice, rivenienti il loro presupposto fondamentale sulla validità ed efficacia della suddetta deliberazione". Pertanto, la revoca dell'aggiudicazione, disposta ope iudicis con la succitata pronuncia, è espressamente subordinata alla delibazione della legittimità della determinazione -OMISSIS-, provvedimento che non può certo considerarsi definitivo, dipendendo invero la perdurante sua validità dall'esito del giudizio n. r.g. -OMISSIS- (fissato per la discussione alla medesima udienza odierna); (iii) in termini del tutto analoghi, anche la Corte di Cassazione, nell'ordinanza -OMISSIS-, ha precisato che, fermo l'obbligo per -OMISSIS- di rivalutare l'affidabilità professionale e l'integrità morale di -OMISSIS-, resta comunque "impregiudicata la possibilità per l'odierna ricorrente (-OMISSIS-, per l'appunto) di contestarne gli esiti"; iv) dunque, l'impugnazione della determina -OMISSIS-, contrariamente a quanto in modo sbrigativo ritenuto dal T.A.R., è sufficiente a fondare un interesse di -OMISSIS-, giuridicamente rilevante e non meramente fattuale, al successivo svolgersi della procedura selettiva e quindi degli eventuali giudizi a questa connessi, per nulla pregiudicato dai precedenti giudicati: d'altra parte, come correttamente evidenziato dall'appellante, questi ultimi (e specialmente quello di cui alla sentenza -OMISSIS-) hanno fatto espressamente salvi gli esiti di tale nuova impugnazione, il che è anche logico trattandosi di gravame afferente a segmento procedimentale successivo ai giudicati medesimi, e quindi non toccato dagli stessi. 5.8.- Ciò detto, non può disconoscersi la legittimazione di -OMISSIS- a spiegare intervento ad opponendum nel giudizio intentato dalla seconda classificata -OMISSIS-, posto che: a) la latitudine del presupposto legittimante detta tipologia di intervento è talmente ampia da ricomprendervi qualunque interesse dipendente da quello azionato in via principale o a esso accessorio, quand'anche di consistenza meramente mediata o riflessa (se non, per quanto si legge in alcuni arresti giurisprudenziali, di mero fatto), che consenta alla parte deducente di ritrarre un vantaggio indiretto dalla reiezione del ricorso (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, -OMISSIS-); b) nella specie, -OMISSIS- ha interesse alla conservazione della decisione di esclusione della seconda classificata, poiché il mantenimento di tale status quo rappresenterebbe per essa una condizione di vantaggio sia nell'immediato (consolidandone la posizione di attuale gestore del servizio), sia per l'ipotesi di una definitiva revoca in suo danno dell'aggiudicazione, poiché l'assenza di imprese in grado di subentrare nella commessa renderebbe necessaria la rinnovazione dell'intero procedimento concorsuale e procurerebbe un'utilità strumentale connessa alla riespansione della chance di nuova aggiudicazione. 5.9.- Va invece escluso che -OMISSIS- (-OMISSIS-) rivesta anche la qualità di soggetto controinteressato al ricorso di -OMISSIS-, legittimato alla proposizione del ricorso incidentale, così come deve escludersi la validità dell'eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado argomentata sulla base della sua omessa notifica nei confronti delle due imprese nella loro qualità di parti controinteressate (dal che discenderebbe l'annullamento della sentenza qui impugnata con rinvio al T.A.R. ai sensi dell'articolo 105 c.p.a., per non avere il primo giudice fatto precedere l'accoglimento del ricorso dall'ordine di integrazione del contraddittorio ai sensi dell'articolo 49, comma 1, c.p.a.). E' vero infatti che, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, l'aggiudicatario definitivo è controinteressato in senso tecnico nella impugnativa radicata dal terzo concorrente avverso il provvedimento che lo abbia escluso dalla gara (cfr. per tutte Cons. Stato, sez. V, n. 3193/2011), dovendo detta impugnativa necessariamente estendersi, a pena di improcedibilità, avverso il provvedimento di aggiudicazione definitiva medio tempore sopravvenuto. 5.10.- Il caso di specie non riproduce, tuttavia, lo schema testé menzionato in quanto: i) -OMISSIS- non ha impugnato l'aggiudicazione in favore di -OMISSIS-, ma è questa che ha reagito, in separata sede, avverso l'atto di revoca dell'aggiudicazione (con ricorso del 2022): ebbene, l'interesse dell'aggiudicatario a contraddire sulla sorte dell'aggiudicazione (tematica sulla quale si realizza la sua posizione di controinteressato) ha trovato spazio esplicativo in quel distinto e autonomo giudizio; ii) al momento della instaurazione dell'impugnativa avverso la revoca dell'aggiudicazione (2022), -OMISSIS- non aveva ancora subì to alcun provvedimento di esclusione (essendo questo intervenuto nel 2023); iii) l'esclusione di -OMISSIS- è stata disposta nell'ambito di un distinto sub-procedimento amministrativo (concernente lo scorrimento della graduatoria), attivato a valle (e sul presupposto) della definitiva revoca dell'aggiudicazione di -OMISSIS-; iv) i due giudizi sono stati quindi avviati con tempistiche del tutto autonome e distinte, senza che mai venisse a concretizzarsi quella condizione di concomitanza delle impugnative (avverso esclusione e aggiudicazione) da parte di un medesimo attore (il soggetto escluso), in relazione alla quale l'aggiudicatario assume il ruolo di contraddittore controinteressato; v) né in senso contrario rilevano le opposte argomentazioni di -OMISSIS-, la quale pretende di ricavare la propria qualificazione di soggetto controinteressato dal fatto di essere stata lei a sollecitare alla stazione appaltante le verifiche poi eseguite nei confronti di -OMISSIS- e che ne hanno determinato l'esclusione: è sufficiente ribadire, al riguardo, che le verifiche in questione hanno carattere doveroso per la stazione appaltante prima di disporre l'aggiudicazione nei confronti di un operatore economico (secondo quanto già, in apice, chiarito dalla pronuncia di questa Sezione, -OMISSIS- del 2021), nonché richiamare il pacifico indirizzo secondo cui la mera circostanza di aver presentato esposti, denunce ovvero altri atti con cui la p.a. è sollecitata all'esercizio di poteri doverosi non vale a radicare in capo a chi compie tali condotte la veste di controinteressato (si veda la giurisprudenza pacifica, ad esempio, che esamina la posizione del confinante che, denunciando le opere edili abusive realizzate dal proprietario limitrofo, ne sollecita la demolizione per ordine dell'autorità competente). 5.11.- Per quanto esposto, -OMISSIS- poteva vantare una legittimazione ad intervenire nel primo grado di giudizio nella sola qualità di interventore ad opponendum ma non anche di parte controinteressata, dal che consegue che le va certamente riconosciuta la legittimazione ad impugnare in questa sede la statuizione di primo grado che ha disatteso l'esercizio della sua facoltà di intervento; ma, al contempo, vanno stralciate dal thema decidendum le ulteriori doglianze articolate a mezzo del ricorso incidentale di primo grado (riproposte in questa sede di appello), intese a censurare il medesimo atto impugnato in primo grado, nella parte in cui ha mancato di considerare ulteriori ragioni di esclusione della concorrente -OMISSIS-. 5.12.- Dalla riconosciuta legittimazione di -OMISSIS- e -OMISSIS- al solo svolgimento dell'intervento ad opponendum in primo grado, deriva poi l'ulteriore conseguenza che l'appello dalle stesse proposte è ammissibile solo per il capo decisorio riguardante l'ammissibilità del suddetto intervento (espunte quindi le ulteriori censure concernenti l'esclusione di -OMISSIS- dalla gara). 5.13.- L'art. 102, comma 2, c.p.a., preclude infatti l'impugnazione all'interveniente, salvo i casi in cui egli possa dirsi titolare di una posizione giuridica autonoma (Cons. Stato, sez. II, n. 7855/2019), come quando egli contesti la statuizione che gli ha negato la legittimazione all'intervento o che lo abbia condannato al pagamento delle spese giudiziali (Cons. Stato, sez. IV, n. 10713/2023 e sez. VI n. 9694/2023). 5.14.- La regola enunciata costituisce il corollario sia del carattere dipendente dell'interesse di cui è portatore l'interventore ad opponendum, che non gli consente altro che di svolgere difese adesive a quelle proposte dal resistente; sia del necessario parallelismo che deve caratterizzare le posizioni processuali tra primo e secondo grado, non potendosi consentire all'interventore di spiegare in appello deduzioni diverse e più ampie di quelle meramente adesive che gli sono consentite nel giudizio di prime cure. 5.15.- I due appelli proposti da -OMISSIS- e -OMISSIS- sono quindi ammissibili e scrutinabili positivamente solo in relazione al capo decisorio che ne ha decretato l'estromissione dal giudizio, mentre vanno dichiarati inammissibili per il resto. 5.16.- Deve in particolare essere dichiarato inammissibile l'appello di -OMISSIS-, per la parte in cui ripropone i motivi del ricorso incidentale proposto innanzi al T.A.R., rappresentativi delle ulteriori vicende di -OMISSIS- idonee a configurare a suo carico nuovi profili di grave illecito professionale: ciò in quanto detto mezzo incidentale è stato azionato da un soggetto interveniente ad opponendum privo della qualità di controinteressato e quindi dell'autonoma legittimazione a ricorrere. Tanto consente di soprassedere alla disamina delle deduzioni incidentali e della documentazione ad esse correlata (della quale diventa superfluo anche valutare la tempestività di allegazione). 6.- Giungendo al merito dell'appello proposto da -OMISSIS-, viene in rilievo il primo motivo di appello con il quale si censura il capo decisorio concernente l'esclusione in via automatica di -OMISSIS- ai sensi dell'art. 80, comma 5, lett. f), d.lgs. n. 50/2016. 6.1.- Come esposto in premessa, questa esclusione ha tratto spunto dall'ordinanza del G.I.P. di Palermo (revocata dopo sei giorni) che aveva disposto in via cautelare nei confronti di -OMISSIS- la misura interdittiva del divieto di contrarre con la Pubblica Amministrazione per la durata di un anno, ai sensi degli artt. 45, 9, comma 2, e 14 del decreto legislativo n. 231/2001. 6.2.- -OMISSIS- aveva motivato l'esclusione ai sensi dell'art. 80, comma 5, lett. f), sostenendo che la misura cautelare interdittiva disposta dal GIP di Palermo, benché rimasta efficace per soli sei giorni (in quanto dapprima sospesa e poi revocata in ragione della adozione di una serie di misure correttive e risarcitorie adottate dall'impresa interessata in funzione sostitutiva-compensativa della precedente interdizione), avesse comunque determinato una irrimediabile soluzione di continuità nel possesso dei requisiti, tale da integrare una automatica causa di esclusione dalla gara. 6.3.- Il T.A.R. Bari - muovendo da elementi di esegesi testuale e logico-sistematica della disposizione - ha in prima battuta sostenuto che "l'art. 80, comma 5, lett. f), del decreto legislativo 50/2016 collega l'automatismo della misura espulsiva all'applicazione di una sanzione amministrativa interdittiva e non già di una misura cautelare interdittiva, del tutto priva di portata sanzionatoria". Sulla base di questo assunto, il primo giudice ha escluso che la misura cautelare interdittiva emessa nei confronti di -OMISSIS- (priva di carattere sanzionatorio) potesse integrare la causa di esclusione descritta dall'art. 80, comma 5, lett. f), e ciò anche in considerazione della sua limitata applicazione temporale (protrattasi per soli sei giorni) e dei preminenti principi di proporzionalità e ragionevolezza richiesti dal diritto euro-unitario, i quali inducono a ritenere non "ragionevole far conseguire un effetto automatico escludente all'adozione di una misura cautelare immediatamente rimossa e non più produttiva di effetti". 6.4.- In sede di appello, la ricorrente -OMISSIS- censura il predetto capo di sentenza sostenendo che, al contrario di quanto ritenuto dal T.A.R., non vi è dubbio in ordine alla circostanza che "le predette misure cautelari, una volta adottate, comportino ex se un'irrimediabile soluzione di continuità rispetto al requisito di cui all'art. 80, comma 5, lett. f) e per l'effetto, l'obbligo di procedere all'esclusione de jure di un operatore economico", senza poter predicare alcun eccesso di formalismo o di mancata valutazione dei principi di ragionevolezza e di proporzionalità, stante l'automaticità della causa di esclusione in virtù della perdita del possesso continuativo dei requisiti. 6.5.- Il motivo di appello è fondato. 6.6.- La rilevanza escludente della misura interdittiva trova conferma nelle condivisibili considerazioni espresse sul punto nel precedente di questa Sezione -OMISSIS-, che ha disatteso il contrario avviso secondo cui la causa di esclusione automatica di cui all'articolo 80, comma 5, lettera f), del d.lgs. n. 50/2016 non opererebbe in relazione a misure interdittive aventi natura cautelare, ma solo per quelle definitive. 6.7.- Al fine di riconoscere rilevanza escludente anche alla misura interdittiva cautelare, si è opportunamente osservato che: -- "il citato art. 80, comma 5, lettera f), del codice dei contratti pubblici, prevede, quale causa di esclusione l'ipotesi in cui "l'operatore economico sia stato soggetto alla sanzione interdittiva di cui all'articolo 9, comma 2, lettera c) del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 o ad altra sanzione che comporta il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione, compresi i provvedimenti interdittivi di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81; -- la disposizione, dunque, in primo luogo richiama, quale ipotesi di esclusione, la sanzione di cui all'art. 9, comma 2, lettera c), ossia la sanzione del "divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio", senza ulteriormente specificare che tale sanzione debba essere irrogata con la sentenza di condanna (art. 69 del d.lgs. n. 231 del 2001), e non "quale misura cautelare" (art. 45, comma 1, del d.lgs. n. 231 del 2001); -- essa, in secondo luogo, esplicita il suo raggio di azione, facendo altresì riferimento, con ampia formula di chiusura, a qualsiasi "altra sanzione che comporta il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione"; -- la riferita formulazione della disposizione impugnata impone dunque di ritenere ricadente nel suo ambito di applicazione qualsiasi sanzione che comporti il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione, senza distinguere la fase processuale in cui essa è disposta (in sede cautelare o in sede di condanna); -- ove, d'altro canto, si escludesse la rilevanza esclusiva della sanzione interdittiva disposta in sede cautelare, la ratio propria di tale misura sarebbe vanificata, perché, pur colpita da misura interdittiva, la società da essa raggiunta potrebbe continuare a partecipare alle (ed aggiudicarsi le) gare". Il che - sia consentito chiosare - si tradurrebbe in un'indebita violazione del comando reso in sede penale e in una sostanziale abrogazione della disposizione che assegna all'autorità giudiziaria penale il potere interdittivo anche a titolo cautelare. 6.8.- La pronuncia del T.A.R. va invece riformata nella parte in cui - accogliendo l'argomento di -OMISSIS- concernente la supposta violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza - ha giudicato eccessiva l'esclusione automatica in relazione a una sospensione durata, di fatto, solo sei giorni. 6.9.- Deve in senso contrario considerarsi che: i) in virtù del noto principio che impone il possesso continuativo dei requisiti generali e speciali in capo agli aspiranti aggiudicatari (principio già affermato dall'Adunanza plenaria di questo Consiglio con sentenza n. 8/2015, ribadito con le pronunce nn. 3/2017 e 8/2020 nonché, da ultimo, con la più recente n. 7/2024), anche una soluzione di continuità di breve durata comporta l'espulsione dalla gara (v. Cons. Stato, sez. V, n. 560/2023; id., n. 779/2023, 8558/2022 e 386/2021); ii) la revoca della misura interdittiva disposta dall'Autorità penale nel caso in esame ha prodotto effetti solo ex nunc: vero è infatti che la disciplina di settore (art. 52 d.lgs. n. 231/2001) ammette la possibilità che la misura venga annullata dal giudice del riesame con conseguente venir meno della sua efficacia ex tunc, ma nel caso di specie l'interdittiva è stata solo revocata ex nunc (ai sensi dell'art. 50 d.lgs. n. 231/2001), previa sua sospensione, per essersi l'operatore ravveduto e avere posto in essere comportamenti concretamente idonei, da una parte, a sanare le conseguenze dell'illecito e, dall'altra, a "mettere in sicurezza" la struttura organizzativa, garantendo la sua idoneità a prevenire ulteriori illeciti (artt. 49 e 17 d.lgs. n. 231/2001); iii) d'altra parte, proprio su questa premessa logica concernente la diversa portata dell'annullamento e della revoca della misura cautelare, la giurisprudenza penale ha chiarito che la revoca della misura interdittiva disposta a seguito di condotte riparatorie poste in essere d.lgs. n. 231/ 2001, ex art. 17, intervenuta nelle more dell'appello cautelare proposto nell'interesse della società indagata, non determina automaticamente la sopravvenuta carenza di interesse all'impugnazione (Cass. pen., sez. un., n. 51515/2018); iv) quanto, invece, alle ricadute che la misura interdittiva determina sulla procedura di evidenza pubblica, in casi simili e comparabili a quello in esame la giurisprudenza di questo Consiglio ha stabilito (sez. V, nn. 560/2023, 8558 e 4732/2022) che la sopravvenuta inefficacia della misura interdittiva non ha portata retroattiva, con la conseguenza che la sua sospensione ed eventuale revoca non eliminano gli effetti preclusivi prodotti, nelle more, sui rapporti e sulle gare in corso; v) occorre poi osservare che la fattispecie escludente invocata da -OMISSIS- (art. 80, comma 5, lettera f) ha carattere automatico e non è quindi rimessa ad un giudizio di congruità e proporzionalità da parte dell'Amministrazione prima e del giudice poi: si può sorvolare sugli effetti disgregativi - fin troppo evidenti - che la messa in discussione dell'automatismo determinerebbe sull'intera sistematica delle fattispecie escludenti, impostata su una chiara e tassonomica ripartizione che segue alla loro valenza vincolante o discrezionale, la quale verrebbe vistosamente alterata dall'introduzione di un effetto di osmosi tra le due categorie e dalla riespansione delle valutazioni casistiche e discrezionali (per di più in assenza di parametri d'ordine e di orientamento nel giudizio di proporzionalità ) anche ad un'area regolativa che il legislatore ha consapevolmente (e coerentemente con le direttive eurounitarie, v. art. 57 Direttiva 2014/24/UE) voluto concepire come ad esse rigidamente preclusa; vi) non si può, d'altra parte, mancare di considerare che il sistema conosce strumenti di possibile temperamento dell'effetto escludente (quali quello delle misure di self-cleaning che dovessero essere adottate dall'operatore per dimostrare il recupero dei requisiti soggettivi) applicabili, salvo limitate eccezioni, anche alle fattispecie ostative obbligatorie (v., art. 80, commi 7 e 8, del d.lgs. n. 50/2016), sicché anche in quest'ambito disciplinare delle misure espulsive può dirsi presente una valvola correttiva, attuativa dei principi generali di ragionevolezza e proporzionalità . 6.10.- Da ultimo, ferme restando le decisive considerazioni sin qui svolte, occorre aggiungere che quand'anche - per assurdo - si accedesse alla tesi fatta propria dal T.A.R., nel senso di esigere una verifica di ragionevolezza e congruità anche rispetto alle cause di esclusione automatica - con riferimento alla fattispecie concreta occorrerebbe comunque considerare: a) che il provvedimento sospensivo e la revoca adottati dal GIP e qui rilevanti sono stati concessi e motivati non sul presupposto di una diversa valutazione della situazione originaria che aveva portato all'interdizione di -OMISSIS-, bensì in virtù dell'avvenuto adempimento da parte di -OMISSIS- di una serie di gravosi impegni riparatori e risarcitori, assunti dinanzi al competente GIP e volti a sanare i danni arrecati alla P.A. e le carenze organizzative rilevate (tra questi, il versamento, da parte di -OMISSIS-, a titolo di cauzione, della somma di Euro 200.000,00, "da destinare al fondo unico giustizia a titolo di eventuale profitto conseguito a seguito dell'accertamento delle responsabilità oggi contestate in via cautelare ai dipendenti -OMISSIS-"; l'ulteriore versamento di Euro 50.000,00 da destinare al suddetto fondo "a titolo di ipotetica promessa e/o dazione sottesa alle condotte contestate ai due dipendenti"; la sottoscrizione di una fideiussione assicurativa della durata di cinque anni e di importo di Euro 33.000,00 a titolo di risarcimento del danno a favore della ASP Enna; l'adozione di un modello organizzativo ex d.lgs. n. 231/2001 adeguato a prevenire la commissione di reati analoghi); b) che le stesse misure di sospensione e successiva revoca sono state adottate sulla base dell'"adesione di -OMISSIS- agli addebiti formulati" e della "sua conseguente assunzione di responsabilità rispetto agli stessi" (d'altra parte nel provvedimento del GIP di accoglimento dell'istanza di sospensione proposta da -OMISSIS-, secondo il meccanismo commutativo prescritto dall'art. 49 cit., si precisa che "le considerazioni esposte in detta istanza non appaiono sufficienti a fondare un giudizio di insussistenza (del)le condizioni di cui all'art. 6 (del D.lgs. n. 231/2001)"); c) che, pertanto, la vicenda, una volta esaminata nella totalità dei suoi risvolti, non denota affatto quel carattere di levità dell'addebito sul quale il T.A.R. - una volta battuta in breccia la barriera del carattere automaticamente escludente della fattispecie - ha preteso di argomentare la irragionevolezza e la contrarietà al principio di proporzionalità dell'esclusione della ricorrente da tutte le procedure di gara in corso; d) che, dunque, pur accedendo per ipotesi alla premessa maggiore - qui fermamente respinta - del ragionamento svolto dal T.A.R., sussisterebbero argomenti ad essa interni per addivenire comunque alla riforma della decisione impugnata, e ciò sia in considerazione della frettolosa e non condivisibile delibazione di "proporzionalità " operata dal T.A.R.; e sia perché della supposta nuova regola pretoria (centrata sull'estensione del giudizio di proporzionalità anche alla causa escludente automatica) il primo giudice pretenderebbe di effettuare un'applicazione (non solo confliggente con il contrario indirizzo nomofilattico dell'Adunanza plenaria ma) "ora per allora", ovvero problematicamente calata in un contesto temporale nel quale pacificamente vigeva un opposto indirizzo, quindi in evidente tensione critica con i principi di certezza e di tendenziale irretroattività della legge e delle sue innovative interpretazioni. 6.11.- La statuizione decisoria in oggetto (concernente la fattispecie escludente di cui all'art. 80, comma 5, lett. f), d.lgs. n. 50/2016) va quindi riformata, in accoglimento del primo motivo di appello formulato da -OMISSIS-. 7.- Con un secondo motivo di censura quest'ultima contesta il capo decisorio che ha esaminato la legittimità dell'esclusione disposta da -OMISSIS- con riguardo ad un elenco di vicende professionali (riportate nei punti da A.1 ad A.6 del provvedimento di esclusione) che costituirebbero - nell'impostazione seguita dall'Amministrazione - indici di grave illecito professionale. 7.1.- Questa parte del provvedimento è stata annullata dal T.A.R. sull'assunto per cui la stazione appaltante non avrebbe effettivamente motivato il provvedimento espulsivo, essendosi invece limitata ad enunciare le (numerose) vicende sintomatiche d'inaffidabilità, ma senza: -- valutarne l'incidenza in concreto sulla credibilità professionale dell'operatore economico interessato; -- rapportarle ai parametri di proporzionalità e ragionevolezza che dovrebbero guidare l'azione amministrativa in subiecta materia; -- considerare le misure di self-cleaning applicate dalla società e ponderarne l'idoneità o meno (anche in ragione della tempestività dell'intervento riparatore) a garantire l'affidabilità nella fase esecutiva dello specifico appalto. 7.2.- -OMISSIS- contesta il capo decisorio in questione, ribadendo l'esaustività della motivazione discrezionale versata nel provvedimento, eccependo il carattere impropriamente invasivo dell'intervento censorio del T.A.R., estesosi al sindacato di valutazioni prettamente discrezionali e non illogiche, e richiamando infine l'orientamento giurisprudenziale affermativo della regola generale secondo la quale gli effetti delle misure di self-cleaning si producono solo pro futuro e non all'interno della gara alla quale si partecipa (così, ex plurimis, Cons. Stato, sez. V, n. 3107/2022 e n. 2260/2020; id., sez. III, n. 164/2022), con la conseguenza che anche per la fattispecie qui di interesse le iniziative de quibus avrebbero potuto assumere rilevanza nelle sole gare cui -OMISSIS- avesse successivamente partecipato, ma non nell'ambito della procedura di affidamento nella quale erano state poste in essere. 7.3.- Da parte sua, -OMISSIS- invoca l'opposto orientamento di questa Sezione, inaugurato dalla pronuncia n. 9782/2022 (poi recepito da Cons. Stato, Sez. III, n. 1700/2023, capo 21; nn. 1719, 1790 e 1791 del 2023), assumendolo quale rappresentativo di un più convincente indirizzo di apertura alla valorizzazione anche in chiave retroattiva o mantinente delle misure di self-cleaning, la cui rilevanza generalizzata e temporalmente non circoscritta (sebbene sempre soggetta al vaglio discrezionale della S.A.) andrebbe riconosciuta (sulla base di plurimi argomenti ermeneutici che qui si intendono richiamati ai sensi dell'art. 88, comma 2, lett d), c.p.a.) come regola astratta e generale, da applicarsi "criticamente" tenendo conto, caso per caso, della finalità essenzialmente conservativa dell'istituto e della sua aderenza funzionale alla fattispecie di interesse. 7.4.- Il motivo in esame va accolto in parte. 7.5.- La sentenza appellata non è condivisibile nella parte in cui, ancora una volta in modo sbrigativo e superficiale, reputa non adeguatamente motivato il giudizio di inaffidabilità espresso dalla stazione appaltante nel provvedimento di esclusione impugnato in prime cure. La motivazione del provvedimento impugnato in prime cure, oltre che nel richiamo alle varie vicende emerse a carico di -OMISSIS-, alle deduzioni delle parti e ai principi giurisprudenziali in materia, consta di una conclusione che, proprio argomentando dal compendio delle vicende accertate e dall'applicazione dei principi della giurisprudenza, assume la sussistenza a carico di -OMISSIS- della causa di esclusione di cui alla ricordata lettera c) del comma 5 dell'articolo 80, in ragione (a) della rilevanza temporale delle violazioni contestate, (b) del fatto che le stesse attengono a contratti e a indagini penali relativi ad appalti pubblici in materia di sanità, (c) del loro configurarsi come vicende inerenti a commesse pubbliche aventi oggetto ana, (d) della consistenza non episodica dei fatti considerati: orbene, tale motivazione, tenuto conto dell'intangibile sfera di discrezionalità che connota le valutazioni dell'Amministrazione in ordine all'affidabilità dei concorrenti e del noto indirizzo giurisprudenziale - richiamato dalle parti appellanti - circa la sufficienza di una motivazione che rassicuri circa il carattere "non pretestuoso" dell'esclusione, ad avviso del Collegio può essere ritenuta sufficiente, diversamente inverandosi il rischio di una non consentita sovrapposizione del giudizio dell'organo giurisdizionale in una sfera riservata alla p.a.. 7.6.- D'altra parte, come già accennato: a) ai fini dell'assolvimento dell'obbligo motivazionale non è richiesto che la giustificazione del provvedimento di esclusione sia articolata in punti separati, ciascuno dei quali dedicato ad uno specifico aspetto di rilievo della pregressa vicenda presa in considerazione e così alla sua "gravità ", al "tempo trascorso dalla violazione" e, infine alla "inaffidabilità " dell'operatore, purché emerga che ciascuno di tali profili siano stati considerati dalla stazione appaltante (Cons. Stato, sez. III, n. 4201/2021; sez. V, nn. 4712/2022 e 2922/2021); b) men che meno è richiesto che la stazione appaltante affronti e respinga punto per punto le argomentazioni esposte dal privato a giustificazione della sua condotta (ovvero, in sostanza, replichi a ciò che egli abbia addotto per dirsi incolpevole), a condizione che si comprenda dal tenore del provvedimento che l'Amministrazione ha reputato direttamente riferibile a sua colpa (del concorrente) la misura ostativa disposta; c) copiosa ed anche recente giurisprudenza convalida infine la tesi per cui la valutazione circa la ricorrenza delle cause facoltative di esclusione dalle gare pubbliche, ivi compresa quella prevista dall'art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50/2016, rientra nell'ambito della ampia discrezionalità della P.A. ed è sindacabile solo in caso di manifesta pretestuosità e ai soli fini di un eventuale riesame da parte della stessa P.A. (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, A.P. n. 16/2020; Cons. Stato, sez. V, n. 8864/2022; Cons. Stato, sez. III, n. 8666/2023 e n. 1248/2021; id. n. 505/2021; Cons. Stato, Ssez. IV, n. 5967/2020), sicché il giudice amministrativo si deve limitare a valutarne ab externo la non manifesta e assoluta evanescenza. 7.7.- Con riferimento invece alla questione della rilevanza temporale delle misure di self-cleaning, questa Sezione ritiene di dover respingere il motivo di appello, dando continuità a quell'indirizzo giurisprudenziale inaugurato dalla pronuncia n. 9782/2022 (poi recepito da Cons. Stato, Sez. III, n. 1700/2023, capo 21; nn. 1719, 1790 e 1791 del 2023) elaborato in relazione agli addebiti escludenti mossi nei confronti di -OMISSIS-, che ha aperto il varco ad un impiego più elastico dello strumento, sganciandolo da schematiche preclusioni temporali e ammettendolo sia nei casi in cui le vicende penali e le conseguenti misure di self-cleaning si riferiscano al periodo intercorrente tra la data di presentazione dell'offerta e quella di aggiudicazione (come nel caso esaminato nella citata sentenza n. 9782/2022); sia nei casi in cui tali circostanze siano intervenute nella fase intercorrente tra l'aggiudicazione e la stipulazione della convenzione (come nel caso esaminato nella sentenza 1790/2023). Il tutto, beninteso, con l'essenziale avvertenza che tali temperamenti sono sempre rimessi al prudente e discrezionale apprezzamento dell'amministrazione procedente, sicché essi vanno rapportati alle peculiarità delle singole fattispecie e motivati in relazione alle specifiche caratteristiche della stessa. 7.8.- Vagliata sotto questo angolo prospettico, la determina di esclusione impugnata in primo grado rivela un oggettivo profilo critico nella parte in cui, arrestandosi all'affermazione perentoria dell'assoluta e generale preclusione del riconoscimento di un effetto anche retroattivo o immediato delle misure di self-cleaning, conclude nel senso che esse non possono mai assumere rilevanza all'interno della stessa procedura di affidamento nel corso della quale sono state poste in essere. Questa presa di posizione confligge, nella sua assolutezza, con i principi sopra richiamati, si fonda quindi su un erroneo convincimento (sia pure tratto da un noto ma ormai superato orientamento interpretativo) e inficia in parte qua il provvedimento impugnato, nella misura in cui interpone un ostacolo rigido e invalicabile alla valutazione di ammissibilità in gara del concorrente per i profili in questione. 7.9.- Anche in relazione al divisato passaggio dispositivo, pertanto, il provvedimento va annullato con conseguente obbligo conformativo della stazione appaltante di riesaminare la materia alla luce dei criteri di indirizzo sopra illustrati. L'effetto conformativo dell'annullamento dell'impugnata esclusione è limitato al dovere della stazione appaltante di esaminare le misure di self-cleaning documentate da -OMISSIS- e di pronunciarsi sulle stesse (rapportandone la rilevanza, naturalmente, anche alla causa escludente ex art. 80, comma 5, lett. f), d.lgs. n. 50/2016, in precedenza non considerata): solo all'esito di questo rinnovato segmento procedimentale, l'Amministrazione potrà decidere se adottare o meno un nuovo provvedimento di esclusione. 8.- Per concludere: -- i due appelli proposti da -OMISSIS- e -OMISSIS- sono accolti limitatamente al primo motivo (concernente l'ammissibilità dell'intervento ad opponendum) e per il resto sono dichiarati inammissibili. Ne consegue che sono ammissibili gli interventi ad opponendum spiegati in primo grado da entrambe le parti, mentre va dichiarato inammissibile il ricorso incidentale proposto da -OMISSIS-; -- l'appello di -OMISSIS- è invece accolto limitatamente al primo motivo, dal che consegue che, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado proposto da -OMISSIS- è accolto limitatamente al terzo motivo (concernente il self-cleaning) con l'effetto conformativo precisato al precedente paragrafo. 9.- La complessità e la peculiarità delle questioni trattate giustificano l'integrale compensazione delle spese di entrambi i gradi di giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza, definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti (nn. 9828/2023, 9988/2023, 10156/2023): a) li riunisce ai sensi dell'art. 96 c.p.a.; b) accoglie i due appelli proposti da -OMISSIS- e -OMISSIS- limitatamente al primo motivo e per il resto li dichiara inammissibili; c) accoglie l'appello di -OMISSIS- limitatamente al primo motivo e per il resto lo respinge. d) per l'effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata: -- dichiara ammissibili gli interventi ad opponendum spiegati in primo grado da -OMISSIS- e -OMISSIS-, nei sensi e con gli effetti di cui in motivazione, conseguentemente confermando la declaratoria di inammissibilità del ricorso incidentale proposto da -OMISSIS-; -- accoglie il ricorso di primo grado di -OMISSIS- limitatamente al terzo motivo (concernente il self-cleaning), con l'effetto conformativo precisato in motivazione; e) compensa le spese dei due gradi di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le parti private. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 aprile 2024 con l'intervento dei magistrati: Raffaele Greco - Presidente Giovanni Pescatore - Consigliere, Estensore Nicola D'Angelo - Consigliere Antonio Massimo Marra - Consigliere Luca Di Raimondo - Consigliere
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza ha pronunciato la presente SENTENZA sui seguenti ricorsi in appello: 1) numero di registro generale 9829 del 2023, proposto da -OMISSIS-S.p.a. (già -OMISSIS- S.p.a.), in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG -OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati Ge. Ro. No. e Va. Vu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell'avv. Va. Vu. in Roma, via (...), contro - -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Sa. St. Da. e Ro. Eu. Si., con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Sa. St. Da. in Roma, piazza (...); - -OMISSIS- S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ra. Gu. Ro., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; nei confronti di -OMISSIS- S.p.a., in proprio e quale mandataria del raggruppamento di imprese con -OMISSIS- (-OMISSIS-) in qualità di mandante, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati An. Bi. e Ma. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; - di -OMISSIS- S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati La. Pe. e Gi. Gi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; 2) sul ricorso numero di registro generale 10002 del 2023, proposto da -OMISSIS- S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG -OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato Ra. Gu. Ro., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, contro - -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Sa. St. Da. e Ro. Eu. Si., con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Sa. St. Da. in Roma, piazza (...); - -OMISSIS-S.p.a. (già -OMISSIS- S.p.a.), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ge. Ro. No. e Va. Vu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell'avv. Va. Vu. in Roma, via (...); - -OMISSIS- S.p.a., in proprio e quale mandataria del raggruppamento di imprese con -OMISSIS- (-OMISSIS-) in qualità di mandante, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati An. Bi. e Ma. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; nei confronti di -OMISSIS- S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati La. Pe. e Gi. Gi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; 3) sul ricorso numero di registro generale 10157 del 2023, proposto da -OMISSIS- S.p.a. in proprio e quale mandataria del raggruppamento di imprese con -OMISSIS- (-OMISSIS-) in qualità di mandante, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, in relazione alla procedura CIG -OMISSIS-, rappresentate e difese dagli avvocati An. Bi. e Ma. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, contro - -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Sa. St. Da. e Ro. Eu. Si., con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Sa. St. Da. in Roma, piazza (...); - -OMISSIS- S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ra. Gu. Ro., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; - -OMISSIS- S.r.l, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati La. Pe. e Gi. Gi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; - -OMISSIS-S.p.a. (già -OMISSIS- S.p.a.), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ge. Ro. No. e Va. Vu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell'avv. Va. Vu. in Roma, via (...); per la riforma quanto ai ricorsi nn. -OMISSIS- del 2023, della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (sezione Terza) n. -OMISSIS-, resa tra le parti. Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di -OMISSIS-, di -OMISSIS- S.p.a., di -OMISSIS- S.p.a., di -OMISSIS- S.r.l. e di -OMISSIS-S.p.a.; Visti tutti gli atti della causa; Visti gli artt. 74 e 120 cod. proc. amm.; Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 23 aprile 2024, il Cons. Giovanni Pescatore e viste le conclusioni delle parti come da verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1.- -OMISSIS- S.p.a., agendo in qualità di soggetto aggregatore della Regione Puglia, con bando di gara pubblicato sulla GUUE in data 20 giugno 2017 ha indetto una procedura aperta per l'affidamento dei servizi integrati per la gestione di apparecchiature elettromedicali delle Aziende Sanitarie della Regione Puglia. 1.1.- Dei sei lotti geografici nei quali è stata ripartita la gara, due (il secondo e il quinto) sono stati affidati a -OMISSIS- S.p.a. (successivamente ridenominata -OMISSIS-), con provvedimento di aggiudicazione del 15 gennaio 2020 la cui impugnazione, promossa dalla seconda classificata -OMISSIS-, è stata definita, in chiave reiettiva, con sentenza di questa Sezione n. 6433/2020. 1.2.- Nelle more della stipula dei contratti, -OMISSIS-ha sollecitato l'ulteriore verifica dell'assenza in capo alla aggiudicataria delle cause di esclusione di cui all'art. 80 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, sulla scorta delle notizie emerse da un'indagine condotta dalla Procura di Palermo nei confronti di alcune figure apicali della ditta -OMISSIS-ed esitata nell'applicazione di misure cautelari di natura coercitiva. 1.3.- Si è proceduto, dunque, ad un nuovo accertamento dei requisiti in capo a -OMISSIS-, anche a seguito di un giudizio avverso il silenzio-inadempimento instaurato da -OMISSIS-e conclusosi con la sentenza di accoglimento del ricorso, emessa da questa Sezione, n. -OMISSIS-del 2021. 1.4.- Svolti i necessari controlli, il procedimento di verifica dei requisiti ex art. 80 nei confronti di -OMISSIS-si è concluso con la determinazione del Direttore della Divisione SArPULIA n. SAR/-OMISSIS- del 21 dicembre 2021, con la quale -OMISSIS- S.p.A. ha ritenuto "che nella specie possa trovare applicazione l'ipotesi escludente ex art. 80 e l'inefficacia delle misure di self cleaning adottate, per quanto dedotto nella parte motiva del presente provvedimento". 1.5.- Avverso la determina n. -OMISSIS-/2021 -OMISSIS-ha proposto ricorso dapprima innanzi al T.A.R. Puglia (r.g.n. -OMISSIS-), che lo ha tuttavia respinto con sentenza n. -OMISSIS-, e poi innanzi al Consiglio di Stato con appello (r.g.n. -OMISSIS-/2022) la cui discussione è fissata alla medesima udienza odierna. 1.6.- Nelle more, -OMISSIS-ha proposto ricorso per la ottemperanza della sentenza n. -OMISSIS- (r.g.n. -OMISSIS-), giudizio che si è concluso con la sentenza di parziale accoglimento n. -OMISSIS-/2022 con la quale questa Sezione ha disposto "la revoca della Determinazione del Direttore generale di -OMISSIS- n. -OMISSIS-del 15.1.2020, relativamente alla aggiudicazione a favore di -OMISSIS- S.p.A. dei lotti n. 2 e 5". 1.7.- Tale ultima decisione è stata gravata da -OMISSIS-(e successivamente anche da -OMISSIS-) con ricorso per Cassazione (r.g.n. 18989/2022), definito con ordinanza di rigetto n. 13785/2023. 1.8.- Successivamente alla revoca dell'aggiudicazione in favore di -OMISSIS-(disposta con la citata sentenza n. -OMISSIS-/2022) si è resa necessaria per -OMISSIS- l'attivazione della procedura per la verifica del possesso dei necessari requisiti in capo al soggetto secondo classificato nella graduatoria dei lotti nn. 2 e 5, ovverosia -OMISSIS-S.p.a., al fine di valutarne il possibile subentro nell'aggiudicazione. 1.9.- Mentre il procedimento era in corso, -OMISSIS-ha richiesto la nomina di un Commissario ad acta per la presunta inerzia serbata da -OMISSIS- rispetto all'obbligo di portare ad esecuzione le citate sentenze nn. -OMISSIS- e -OMISSIS-/2022 e, quindi, di procedere alla verifica dei requisiti in capo al secondo classificato. Il suddetto giudizio si è concluso con la sentenza reiettiva di questa Sezione n. 4079/2023. 1.10.- Il procedimento di verifica dei requisiti si è concluso con la determinazione del Direttore della Divisione SArPULIA n. -OMISSIS- del 16 febbraio 2023 che ha disposto l'esclusione della concorrente -OMISSIS-S.p.A. dai lotti 2 e 5, avendo accertato la sussistenza delle ipotesi escludenti di cui alle lettere f) e c) del comma 5 dell'art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016, l'una obbligatoria e l'altra facoltativa, dove: a) la causa obbligatoria di esclusione è stata posta in relazione all'ordinanza del G.I.P. di Palermo che aveva disposto nei confronti della società -OMISSIS-la misura cautelare interdittiva, della durata di un anno, del divieto di contrarre con la Pubblica Amministrazione ai sensi degli artt. 45, 9, comma 2, e 14 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231; b) la causa facoltativa poggia su una valutazione discrezionale condotta rispetto ad un elenco di vicende professionali (riportate nei punti da A.1 ad A.6 del provvedimento di esclusione in questione) che costituirebbero - nell'impostazione seguita dall'Amministrazione - indici di grave illecito professionale. 1.11.- Orbene, con il ricorso iscritto al r.g.n. -OMISSIS-/2023 -OMISSIS-ha impugnato la determinazione n. -OMISSIS- del 2023, con riferimento al lotto n. 5, ritenendo la valutazione di -OMISSIS- non proporzionata e irragionevole. 1.12.- Un primo motivo di censura è stato formulato con riferimento alla causa di esclusione obbligatoria ex art. 80, comma 5, lett. f); un secondo in relazione alla causa di esclusione facoltativa ex art. 80, comma 5, lett. c), e un terzo con riguardo alla mancata valutazione delle misure di self-cleaning. 1.13.- Hanno spiegato intervento ad opponendum sia -OMISSIS-, sia -OMISSIS-, quest'ultima proponendo contestualmente un ricorso incidentale avverso il medesimo atto impugnato in via principale, nella parte in cui non ha disposto l'esclusione di -OMISSIS-per le ulteriori ragioni dedotte nel mezzo incidentale. 1.14.- Con la sentenza n. -OMISSIS- qui impugnata, il T.A.R. ha, preliminarmente, ritenuto inammissibili tanto gli atti di intervento quanto il ricorso incidentale proposto da -OMISSIS-; nel merito, ha ritenuto fondato il ricorso di -OMISSIS-, assumendo che non ricorrerebbero, nella specie, le ipotesi escludenti previste dall'art. 80, comma 5, lett. c) ed f), del d.lgs. n. 50/2016. 2.- La sentenza n. -OMISSIS- è stata impugnata con distinti ricorsi da -OMISSIS- (n. r.g. 10157/2023), -OMISSIS-(n. r.g. 9829/2023) e -OMISSIS- (n. r.g. 10002/2023). 3.- Le cause sono passate in decisione all'udienza pubblica del 23 aprile 2024. 4.- Gli appelli, aventi ad oggetto la medesima sentenza, devono essere riuniti ai sensi dell'art. 96 c.p.a.. 5.- E' preliminare la disamina dei motivi di appello concernenti gli atti di intervento ad opponendum spiegati da -OMISSIS- e -OMISSIS-. 5.1.- Al fine di dichiarare l'inammissibilità del relativo intervento ad opponendum e negarne la qualità di soggetto controinteressato in senso tecnico (e quindi poter affermare la ritualità della notifica del ricorso indirizzata alla sola parte pubblica, in assenza di terzi soggetti controinteressati), il T.A.R. ha dato atto che -OMISSIS-, essendo divenuta aggiudicataria dei lotti nn. 1 e 3 in forza di contratti regolarmente sottoscritti, aveva raggiunto il numero massimo di lotti assegnabili ad un medesimo operatore economico (secondo le previsioni dell'art. 2 del disciplinare della gara de qua), con ciò perdendo ogni interesse al conseguimento di altri lotti (ivi incluso tra questi il lotto 5, oggetto del presente giudizio). Da qui l'assenza in capo alla stessa concorrente -OMISSIS- di una posizione di interesse che la abilitasse all'intervento e men che meno di una qualità soggettiva - speculare e contraria a quella fatta valere dalla ricorrente -OMISSIS-attraverso l'azione impugnatoria - che la legittimasse ad essere evocata in lite alla stregua di soggetto controinteressato in senso tecnico. 5.2.- -OMISSIS- - limitandosi a contestare la declaratoria di inammissibilità dell'intervento ad opponendum e senza nulla eccepire quanto alla statuita negazione della sua qualità di soggetto controinteressato - sottopone a critica l'assunto posto a base della decisione di primo grado, richiamando in senso contrario il precedente di questa Sezione n. 2231/2021 e il principio ivi affermato per cui la ratio del vincolo di aggiudicazione può essere rispettata anche in fase esecutiva ovvero "in sede di riaggiudicazione del lotto - interpellando il secondo meglio graduato (ancorché già affidatario di altro lotto) a condizione che si sottoponga allo stesso l'opzione di rinunciare allo svolgimento del lotto in atto affidato, di valore inferiore, a vantaggio del lotto di maggior valore". Secondo la tesi di -OMISSIS-, sussisterebbe una sua qualificata e legittima aspettativa al conseguimento dei (più corposi) lotti n. 2 e 5 (in luogo dei lotti di minor valore n. 1 e 3) e questa aspettativa sarebbe ancora perseguibile attraverso lo scorrimento della graduatoria, il che la legittimerebbe all'intervento ad opponendum, stante il riflesso e indiretto effetto potenzialmente pregiudizievole o vantaggioso che potrebbe derivarle, alternativamente, dall'annullamento o dalla conferma dell'esclusione della seconda graduata. 5.3.- Il motivo è fondato. 5.4.- Nel precedente richiamato dalla parte appellante - ricalcato su fattispecie speculare, per il profilo di interesse, a quella qui in esame - si evidenzia che non solo è possibile procedere alla riaggiudicazione dei lotti previa rinuncia, da parte del soggetto interpellato, a quelli già assegnati, ma che lo scorrimento della graduatoria e la riassegnazione delle commesse non sono ostacolati neppure dal fatto che l'attribuzione dell'altro lotto predicabile di rinuncia sia avvenuta in forza di un contratto già stipulato. 5.5.- Dunque, sono fallaci le obiezioni opposte dal T.A.R. ad una possibile candidatura della -OMISSIS- all'aggiudicazione dei lotti 2 e 5, tanto più che - anche a volere per assurdo ammettere come valida la tesi per cui l'intervenuta stipulazione del contratto per i due lotti aggiudicati farebbe venire meno per l'istante ogni utilità ricavabile dall'esito del presente giudizio - comunque sopravvivrebbe un possibile interesse risarcitorio di -OMISSIS- correlato alla rivendicazione del maggior guadagno (mancato) che la stessa avrebbe potuto ricavare dalla esecuzione dei lotti di maggior valore. 5.6.- Nell'esaminare la posizione di -OMISSIS-, il T.A.R. ha invece ritenuto: a) che la perdita della qualità di aggiudicataria inflittale, con effetto di giudicato, dall'ordinanza della Cassazione n. 13875/23 e dalla sentenza del Consiglio di Stato n. -OMISSIS-/2022, la priva di qualunque interesse a partecipare al presente giudizio; b) che detta perdita è oramai definitiva e non risente della pendenza dell'appello n. -OMISSIS-/2022 proposto per ottenere l'annullamento della determina n. -OMISSIS-/2021. 5.7.- L'asserita carenza di legittimazione viene contestata da -OMISSIS-con argomentazioni che il Collegio ritiene di dover condividere pienamente, in quanto: (i) anzitutto, il T.A.R. erra nel ritenere che l'ordinanza della Suprema Corte di Cassazione n. 13875/23 abbia "reso definitiva la revoca dell'aggiudicazione disposta in danno della -OMISSIS-con la richiamata sentenza del Consiglio di Stato n. -OMISSIS-/2022" e che quindi -OMISSIS-avrebbe perso "la qualità di aggiudicataria in virtù di un giudicato". Deve al contrario osservarsi che la Determinazione n. SAR/-OMISSIS- del 2021, con la quale -OMISSIS- ha ritenuto venuto meno in capo a -OMISSIS-il requisito di cui all'art. 80, co. 5, lett. c), è stata ritualmente impugnata e il relativo contenzioso pende dinanzi a questa Sezione (n. r.g. -OMISSIS-/2022), sicché per ciò solo essa non può dirsi definitiva; (ii) nella sentenza n. -OMISSIS-/2022 si legge che "l'eventuale esito favorevole alla ricorrente -OMISSIS-del suddetto giudizio (oggi devoluto a questa Sezione con n. r.g. -OMISSIS-/2022, n. d.r.), con il conseguente annullamento della deliberazione n. SAr/-OMISSIS-, non potrebbe non riflettersi in senso caducante sulle misure esecutive eventualmente adottate da questo giudice, rivenienti il loro presupposto fondamentale sulla validità ed efficacia della suddetta deliberazione". Pertanto, la revoca dell'aggiudicazione, disposta ope iudicis con la succitata pronuncia, è espressamente subordinata alla delibazione della legittimità della determinazione n. SAR/-OMISSIS- del 2021, provvedimento che non può certo considerarsi definitivo, dipendendo invero la perdurante sua validità dall'esito del giudizio n. r.g. -OMISSIS-/2022 (fissato per la discussione alla medesima udienza odierna); (iii) in termini del tutto analoghi, anche la Corte di Cassazione, nell'ordinanza n. -OMISSIS-/2023, ha precisato che, fermo l'obbligo per -OMISSIS- di rivalutare l'affidabilità professionale e l'integrità morale di -OMISSIS-, resta comunque "impregiudicata la possibilità per l'odierna ricorrente (-OMISSIS-, per l'appunto) di contestarne gli esiti"; iv) dunque, l'impugnazione della determina n. -OMISSIS-/202, contrariamente a quanto in modo sbrigativo ritenuto dal T.A.R., è sufficiente a fondare un interesse di -OMISSIS-, giuridicamente rilevante e non meramente fattuale, al successivo svolgersi della procedura selettiva e quindi degli eventuali giudizi a questa connessi, per nulla pregiudicato dai precedenti giudicati: d'altra parte, come correttamente evidenziato dall'appellante, questi ultimi (e specialmente quello di cui alla sentenza n. 4668/2022) hanno fatto espressamente salvi gli esiti di tale nuova impugnazione, il che è anche logico trattandosi di gravame afferente a segmento procedimentale successivo ai giudicati medesimi, e quindi non toccato dagli stessi. 5.8.- Ciò detto, non può disconoscersi la legittimazione di -OMISSIS-a spiegare intervento ad opponendum nel giudizio intentato dalla seconda classificata -OMISSIS-, posto che: a) la latitudine del presupposto legittimante detta tipologia di intervento è talmente ampia da ricomprendervi qualunque interesse dipendente da quello azionato in via principale o a esso accessorio, quand'anche di consistenza meramente mediata o riflessa (se non, per quanto si legge in alcuni arresti giurisprudenziali, di mero fatto), che consenta alla parte deducente di ritrarre un vantaggio indiretto dalla reiezione del ricorso (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, sez. VI, n. 4740/2022; id., n. 3857/2022; id., sez. V, n. 6632/2018; id., sez. IV, n. 573/2017); b) nella specie, -OMISSIS-ha interesse alla conservazione della decisione di esclusione della seconda classificata, poiché il mantenimento di tale status quo rappresenterebbe per essa una condizione di vantaggio sia nell'immediato (consolidandone la posizione di attuale gestore del servizio), sia per l'ipotesi di una definitiva revoca in suo danno dell'aggiudicazione, poiché l'assenza di imprese in grado di subentrare nella commessa renderebbe necessaria la rinnovazione dell'intero procedimento concorsuale e procurerebbe un'utilità strumentale connessa alla riespansione della chance di nuova aggiudicazione. 5.9.- Va invece escluso che -OMISSIS-(come -OMISSIS-) rivesta anche la qualità di soggetto controinteressato al ricorso di -OMISSIS-, legittimato alla proposizione del ricorso incidentale, così come deve escludersi la validità dell'eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado argomentata sulla base della sua omessa notifica nei confronti delle due imprese nella loro qualità di parti controinteressate (dal che discenderebbe l'annullamento della sentenza qui impugnata con rinvio al T.A.R. ai sensi dell'articolo 1-OMISSIS-c.p.a., per non avere il primo giudice fatto precedere l'accoglimento del ricorso dall'ordine di integrazione del contraddittorio ai sensi dell'articolo 49, comma 1, c.p.a.). E' vero infatti che, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, l'aggiudicatario definitivo è controinteressato in senso tecnico nella impugnativa radicata dal terzo concorrente avverso il provvedimento che lo abbia escluso dalla gara (cfr. per tutte Cons. Stato, sez. V, n. 3193/2011), dovendo detta impugnativa necessariamente estendersi, a pena di improcedibilità, avverso il provvedimento di aggiudicazione definitiva medio tempore sopravvenuto. 5.10.- Il caso di specie non riproduce, tuttavia, lo schema testé menzionato in quanto: i) -OMISSIS-non ha impugnato l'aggiudicazione in favore di -OMISSIS-, ma è questa che ha reagito, in separata sede, avverso l'atto di revoca dell'aggiudicazione (con ricorso del 2022): ebbene, l'interesse dell'aggiudicatario a contraddire sulla sorte dell'aggiudicazione (tematica sulla quale si realizza la sua posizione di controinteressato) ha trovato spazio esplicativo in quel distinto e autonomo giudizio; ii) al momento della instaurazione dell'impugnativa avverso la revoca dell'aggiudicazione (2022), -OMISSIS-non aveva ancora subì to alcun provvedimento di esclusione (essendo questo intervenuto nel 2023); iii) l'esclusione di -OMISSIS-è stata disposta nell'ambito di un distinto sub-procedimento amministrativo (concernente lo scorrimento della graduatoria), attivato a valle (e sul presupposto) della definitiva revoca dell'aggiudicazione di -OMISSIS-; iv) i due giudizi sono stati quindi avviati con tempistiche del tutto autonome e distinte, senza che mai venisse a concretizzarsi quella condizione di concomitanza delle impugnative (avverso esclusione e aggiudicazione) da parte di un medesimo attore (il soggetto escluso), in relazione alla quale l'aggiudicatario assume il ruolo di contraddittore controinteressato; v) né in senso contrario rilevano le opposte argomentazioni di -OMISSIS-, la quale pretende di ricavare la propria qualificazione di soggetto controinteressato dal fatto di essere stata lei a sollecitare alla stazione appaltante le verifiche poi eseguite nei confronti di -OMISSIS-e che ne hanno determinato l'esclusione: è sufficiente ribadire, al riguardo, che le verifiche in questione hanno carattere doveroso per la stazione appaltante prima di disporre l'aggiudicazione nei confronti di un operatore economico (secondo quanto già, in apice, chiarito dalla pronuncia di questa Sezione, n. -OMISSIS-del 2021), nonché richiamare il pacifico indirizzo secondo cui la mera circostanza di aver presentato esposti, denunce ovvero altri atti con cui la p.a. è sollecitata all'esercizio di poteri doverosi non vale a radicare in capo a chi compie tali condotte la veste di controinteressato (si veda la giurisprudenza pacifica, ad esempio, che esamina la posizione del confinante che, denunciando le opere edili abusive realizzate dal proprietario limitrofo, ne sollecita la demolizione per ordine dell'autorità competente). 5.11.- Per quanto esposto, -OMISSIS-poteva vantare una legittimazione ad intervenire nel primo grado di giudizio nella sola qualità di interventore ad opponendum ma non anche di parte controinteressata, dal che consegue che le va certamente riconosciuta la legittimazione ad impugnare in questa sede la statuizione di primo grado che ha disatteso l'esercizio della sua facoltà di intervento; ma, al contempo, vanno stralciate dal thema decidendum le ulteriori doglianze articolate a mezzo del ricorso incidentale di primo grado (riproposte in questa sede di appello), intese a censurare il medesimo atto impugnato in primo grado, nella parte in cui ha mancato di considerare ulteriori ragioni di esclusione della concorrente -OMISSIS-. 5.12.- Dalla riconosciuta legittimazione di -OMISSIS- e -OMISSIS-al solo svolgimento dell'intervento ad opponendum in primo grado, deriva poi l'ulteriore conseguenza che l'appello dalle stesse proposte è ammissibile solo per il capo decisorio riguardante l'ammissibilità del suddetto intervento (espunte quindi le ulteriori censure concernenti l'esclusione di -OMISSIS-dalla gara). 5.13.- L'art. 102, comma 2, c.p.a., preclude infatti l'impugnazione all'interveniente, salvo i casi in cui egli possa dirsi titolare di una posizione giuridica autonoma (Cons. Stato, sez. II, n. 7855/2019), come quando egli contesti la statuizione che gli ha negato la legittimazione all'intervento o che lo abbia condannato al pagamento delle spese giudiziali (Cons. Stato, sez. IV, n. 10713/2023, e sez. VI n. 9694/2023). 5.14.- La regola enunciata costituisce il corollario sia del carattere dipendente dell'interesse di cui è portatore l'interventore ad opponendum, che non gli consente altro che di svolgere difese adesive a quelle proposte dal resistente; sia del necessario parallelismo che deve caratterizzare le posizioni processuali tra primo e secondo grado, non potendosi consentire all'interventore di spiegare in appello deduzioni diverse e più ampie di quelle meramente adesive che gli sono consentite nel giudizio di prime cure. 5.15.- I due appelli proposti da -OMISSIS- e -OMISSIS-sono quindi ammissibili e scrutinabili positivamente solo in relazione al capo decisorio che ne ha decretato l'estromissione dal giudizio, mentre vanno dichiarati inammissibili per il resto. 5.16.- Deve in particolare essere dichiarato inammissibile l'appello di -OMISSIS-, per la parte in cui ripropone i motivi del ricorso incidentale proposto innanzi al T.A.R., rappresentativi delle ulteriori vicende di -OMISSIS-idonee a configurare a suo carico nuovi profili di grave illecito professionale: ciò in quanto detto mezzo incidentale è stato azionato da un soggetto interveniente ad opponendum privo della qualità di controinteressato e quindi dell'autonoma legittimazione a ricorrere. Tanto consente di soprassedere alla disamina delle deduzioni incidentali e della documentazione ad esse correlata (della quale diventa superfluo anche valutare la tempestività di allegazione). 6.- Giungendo al merito dell'appello proposto da -OMISSIS-, viene in rilievo il primo motivo di appello con il quale si censura il capo decisorio concernente l'esclusione in via automatica di -OMISSIS-ai sensi dell'art. 80, comma 5, lett. f), d.lgs. n. 50/2016. 6.1.- Come esposto in premessa, questa esclusione ha tratto spunto dall'ordinanza del G.I.P. di Palermo (revocata dopo sei giorni) che aveva disposto in via cautelare nei confronti di -OMISSIS-la misura interdittiva del divieto di contrarre con la Pubblica Amministrazione per la durata di un anno, ai sensi degli artt. 45, 9, comma 2, e 14 del decreto legislativo n. 231/2001. 6.2.- -OMISSIS- aveva motivato l'esclusione ai sensi dell'art. 80, comma 5, lett. f), sostenendo che la misura cautelare interdittiva disposta dal GIP di Palermo, benché rimasta efficace per soli sei giorni (in quanto dapprima sospesa e poi revocata in ragione della adozione di una serie di misure correttive e risarcitorie adottate dall'impresa interessata in funzione sostitutiva-compensativa della precedente interdizione), avesse comunque determinato una irrimediabile soluzione di continuità nel possesso dei requisiti, tale da integrare una automatica causa di esclusione dalla gara. 6.3.- Il T.A.R. Bari - muovendo da elementi di esegesi testuale e logico-sistematica della disposizione - ha in prima battuta sostenuto che "l'art. 80, comma 5, lett. f), del decreto legislativo 50/2016 collega l'automatismo della misura espulsiva all'applicazione di una sanzione amministrativa interdittiva e non già di una misura cautelare interdittiva, del tutto priva di portata sanzionatoria". Sulla base di questo assunto, il primo giudice ha escluso che la misura cautelare interdittiva emessa nei confronti di -OMISSIS-(priva di carattere sanzionatorio) potesse integrare la causa di esclusione descritta dall'art. 80, comma 5, lett. f), e ciò anche in considerazione della sua limitata applicazione temporale (protrattasi per soli sei giorni) e dei preminenti principi di proporzionalità e ragionevolezza richiesti dal diritto euro-unitario, i quali inducono a ritenere non "ragionevole far conseguire un effetto automatico escludente all'adozione di una misura cautelare immediatamente rimossa e non più produttiva di effetti". 6.4.- In sede di appello, la ricorrente -OMISSIS- censura il predetto capo di sentenza sostenendo che, al contrario di quanto ritenuto dal T.A.R., non vi è dubbio in ordine alla circostanza che "le predette misure cautelari, una volta adottate, comportino ex se un'irrimediabile soluzione di continuità rispetto al requisito di cui all'art. 80, comma 5, lett. f) e per l'effetto, l'obbligo di procedere all'esclusione de jure di un operatore economico", senza poter predicare alcun eccesso di formalismo o di mancata valutazione dei principi di ragionevolezza e di proporzionalità, stante l'automaticità della causa di esclusione in virtù della perdita del possesso continuativo dei requisiti. 6.5.- Il motivo di appello è fondato. 6.6.- La rilevanza escludente della misura interdittiva trova conferma nelle condivisibili considerazioni espresse sul punto nel precedente di questa Sezione n. 10994 del 2023, che ha disatteso il contrario avviso secondo cui la causa di esclusione automatica di cui all'articolo 80, comma 5, lettera f), del d.lgs. n. 50/2016 non opererebbe in relazione a misure interdittive aventi natura cautelare, ma solo per quelle definitive. 6.7.- Al fine di riconoscere rilevanza escludente anche alla misura interdittiva cautelare, si è opportunamente osservato che: -- "il citato art. 80, comma 5, lettera f), del codice dei contratti pubblici, prevede, quale causa di esclusione l'ipotesi in cui "l'operatore economico sia stato soggetto alla sanzione interdittiva di cui all'articolo 9, comma 2, lettera c) del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 o ad altra sanzione che comporta il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione, compresi i provvedimenti interdittivi di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81; -- la disposizione, dunque, in primo luogo richiama, quale ipotesi di esclusione, la sanzione di cui all'art. 9, comma 2, lettera c), ossia la sanzione del "divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio", senza ulteriormente specificare che tale sanzione debba essere irrogata con la sentenza di condanna (art. 69 del d.lgs. n. 231 del 2001), e non "quale misura cautelare" (art. 45, comma 1, del d.lgs. n. 231 del 2001); -- essa, in secondo luogo, esplicita il suo raggio di azione, facendo altresì riferimento, con ampia formula di chiusura, a qualsiasi "altra sanzione che comporta il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione"; -- la riferita formulazione della disposizione impugnata impone dunque di ritenere ricadente nel suo ambito di applicazione qualsiasi sanzione che comporti il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione, senza distinguere la fase processuale in cui essa è disposta (in sede cautelare o in sede di condanna); -- ove, d'altro canto, si escludesse la rilevanza esclusiva della sanzione interdittiva disposta in sede cautelare, la ratio propria di tale misura sarebbe vanificata, perché, pur colpita da misura interdittiva, la società da essa raggiunta potrebbe continuare a partecipare alle (ed aggiudicarsi le) gare". Il che - sia consentito chiosare - si tradurrebbe in un'indebita violazione del comando reso in sede penale e in una sostanziale abrogazione della disposizione che assegna all'autorità giudiziaria penale il potere interdittivo anche a titolo cautelare. 6.8.- La pronuncia del T.A.R. va invece riformata nella parte in cui - accogliendo l'argomento di -OMISSIS-concernente la supposta violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza - ha giudicato eccessiva l'esclusione automatica in relazione a una sospensione durata, di fatto, solo sei giorni. 6.9.- Deve in senso contrario considerarsi che: i) in virtù del noto principio che impone il possesso continuativo dei requisiti generali e speciali in capo agli aspiranti aggiudicatari (principio già affermato dall'Adunanza plenaria di questo Consiglio con sentenza n. 8/2015, ribadito con le pronunce nn. 3/2017 e 8/2020 nonché, da ultimo, con la più recente n. 7/2024), anche una soluzione di continuità di breve durata comporta l'espulsione dalla gara (v. Cons. Stato, sez. V, n. 560/2023; id., n. 779/2023, 8558/2022 e 386/2021); ii) la revoca della misura interdittiva disposta dall'Autorità penale nel caso in esame ha prodotto effetti solo ex nunc: vero è infatti che la disciplina di settore (art. 52 d.lgs. n. 231/2001) ammette la possibilità che la misura venga annullata dal giudice del riesame con conseguente venir meno della sua efficacia ex tunc, ma nel caso di specie l'interdittiva è stata solo revocata ex nunc (ai sensi dell'art. 50 d.lgs. n. 231/2001), previa sua sospensione, per essersi l'operatore ravveduto e avere posto in essere comportamenti concretamente idonei, da una parte, a sanare le conseguenze dell'illecito e, dall'altra, a "mettere in sicurezza" la struttura organizzativa, garantendo la sua idoneità a prevenire ulteriori illeciti (artt. 49 e 17 d.lgs. n. 231/2001); iii) d'altra parte, proprio su questa premessa logica concernente la diversa portata dell'annullamento e della revoca della misura cautelare la giurisprudenza penale ha chiarito che la revoca della misura interdittiva disposta a seguito di condotte riparatorie poste in essere d.lgs. n. 231/ 2001, ex art. 17, intervenuta nelle more dell'appello cautelare proposto nell'interesse della società indagata, non determina automaticamente la sopravvenuta carenza di interesse all'impugnazione (Cass. pen., sez. un., 51515/2018); iv) quanto, invece, alle ricadute che la misura interdittiva determina sulla procedura di evidenza pubblica, in casi simili e comparabili a quello in esame la giurisprudenza di questo Consiglio ha stabilito (sez. V, nn. 560/2023, 8558 e 4732/2022) che la sopravvenuta inefficacia della misura interdittiva non ha portata retroattiva, con la conseguenza che la sua sospensione ed eventuale revoca non eliminano gli effetti preclusivi prodotti, nelle more, sui rapporti e sulle gare in corso; v) occorre poi osservare che la fattispecie escludente invocata da -OMISSIS- (art. 80, comma 5, lettera f) ha carattere automatico e non è quindi rimessa ad un giudizio di congruità e proporzionalità da parte dell'Amministrazione prima e del giudice poi: si può sorvolare sugli effetti disgregativi - fin troppo evidenti - che la messa in discussione dell'automatismo determinerebbe sull'intera sistematica delle fattispecie escludenti, impostata su una chiara e tassonomica ripartizione che segue alla loro valenza vincolante o discrezionale, la quale verrebbe vistosamente alterata dall'introduzione di un effetto di osmosi tra le due categorie e dalla riespansione delle valutazioni casistiche e discrezionali (per di più in assenza di parametri d'ordine e di orientamento nel giudizio di proporzionalità ) anche ad un'area regolativa che il legislatore ha consapevolmente (e coerentemente con le direttive eurounitarie, v. art. 57 Direttiva 2014/24/UE) voluto concepire come ad esse rigidamente preclusa; vi) non si può, d'altra parte, mancare di considerare che il sistema conosce strumenti di possibile temperamento dell'effetto escludente (quali quello delle misure di self-cleaning che dovessero essere adottate dall'operatore per dimostrare il recupero dei requisiti soggettivi) applicabili, salvo limitate eccezioni, anche alle fattispecie ostative obbligatorie (v., art. 80 commi 7 e 8, del d.lgs. n. 50/2016), sicché anche in quest'ambito disciplinare delle misure espulsive può dirsi presente una valvola correttiva, attuativa dei principi generali di ragionevolezza e proporzionalità . 6.10.- Da ultimo, ferme restando le decisive considerazioni sin qui svolte, occorre aggiungere che quand'anche - per assurdo - si accedesse alla tesi fatta propria dal T.A.R., nel senso di esigere una verifica di ragionevolezza e congruità anche rispetto alle cause di esclusione automatica - con riferimento alla fattispecie concreta occorrerebbe comunque considerare: a) che il provvedimento sospensivo e la revoca adottati dal GIP e qui rilevanti sono stati concessi e motivati non sul presupposto di una diversa valutazione della situazione originaria che aveva portato all'interdizione di -OMISSIS-, bensì in virtù dell'avvenuto adempimento da parte di -OMISSIS-di una serie di gravosi impegni riparatori e risarcitori, assunti dinanzi al competente GIP e volti a sanare i danni arrecati alla P.A. e le carenze organizzative rilevate (tra questi, il versamento, da parte di -OMISSIS-, a titolo di cauzione, della somma di Euro 200.000,00, "da destinare al fondo unico giustizia a titolo di eventuale profitto conseguito a seguito dell'accertamento delle responsabilità oggi contestate in via cautelare ai dipendenti -OMISSIS-"; l'ulteriore versamento di Euro 50.000,00 da destinare al suddetto fondo "a titolo di ipotetica promessa e/o dazione sottesa alle condotte contestate ai due dipendenti"; la sottoscrizione di una fideiussione assicurativa della durata di cinque anni e di importo di Euro 33.000,00 a titolo di risarcimento del danno a favore della ASP Enna; l'adozione di un modello organizzativo ex d.lgs. n. 231/2001 adeguato a prevenire la commissione di reati analoghi); b) che le stesse misure di sospensione e successiva revoca sono state adottate sulla base dell'"adesione di -OMISSIS-agli addebiti formulati" e della "sua conseguente assunzione di responsabilità rispetto agli stessi" (d'altra parte nel provvedimento del GIP di accoglimento dell'istanza di sospensione proposta da -OMISSIS-, secondo il meccanismo commutativo prescritto dall'art. 49 cit., si precisa che "le considerazioni esposte in detta istanza non appaiono sufficienti a fondare un giudizio di insussistenza (del)le condizioni di cui all'art. 6 (del D.lgs. n. 231/2001)"); c) che, pertanto, la vicenda, una volta esaminata nella totalità dei suoi risvolti, non denota affatto quel carattere di levità dell'addebito sul quale il T.A.R. - una volta battuta in breccia la barriera del carattere automaticamente escludente della fattispecie - ha preteso di argomentare la irragionevolezza e la contrarietà al principio di proporzionalità dell'esclusione della ricorrente da tutte le procedure di gara in corso; d) che, dunque, pur accedendo per ipotesi alla premessa maggiore - qui fermamente respinta - del ragionamento svolto dal T.A.R., sussisterebbero argomenti ad essa interni per addivenire comunque alla riforma della decisione impugnata, e ciò sia in considerazione della frettolosa e non condivisibile delibazione di "proporzionalità " operata dal T.A.R.; e sia perché della supposta nuova regola pretoria (centrata sull'estensione del giudizio di proporzionalità anche alla causa escludente automatica) il primo giudice pretenderebbe di effettuare un'applicazione (non solo confliggente con il contrario indirizzo nomofilattico dell'Adunanza plenaria ma) "ora per allora", ovvero problematicamente calata in un contesto temporale nel quale pacificamente vigeva un opposto indirizzo, quindi in evidente tensione critica con i principi di certezza e di tendenziale irretroattività della legge e delle sue innovative interpretazioni. 6.11.- La statuizione decisoria in oggetto (concernente la fattispecie escludente di cui all'art. 80, comma 5, lett. f), d.lgs. n. 50/2016) va quindi riformata, in accoglimento del primo motivo di appello formulato da -OMISSIS-. 7.- Con un secondo motivo di censura quest'ultima contesta il capo decisorio che ha esaminato la legittimità dell'esclusione disposta da -OMISSIS- con riguardo ad un elenco di vicende professionali (riportate nei punti da A.1 ad A.6 del provvedimento di esclusione) che costituirebbero - nell'impostazione seguita dall'Amministrazione - indici di grave illecito professionale. 7.1.- Questa parte del provvedimento è stata annullata dal T.A.R. sull'assunto per cui la stazione appaltante non avrebbe effettivamente motivato il provvedimento espulsivo, essendosi invece limitata ad enunciare le (numerose) vicende sintomatiche d'inaffidabilità, ma senza: -- valutarne l'incidenza in concreto sulla credibilità professionale dell'operatore economico interessato; -- rapportarle ai parametri di proporzionalità e ragionevolezza che dovrebbero guidare l'azione amministrativa in subiecta materia; -- considerare le misure di self-cleaning applicate dalla società e ponderarne l'idoneità o meno (anche in ragione della tempestività dell'intervento riparatore) a garantire l'affidabilità nella fase esecutiva dello specifico appalto. 7.2.- -OMISSIS- contesta il capo decisorio in questione, ribadendo l'esaustività della motivazione discrezionale versata nel provvedimento, eccependo il carattere impropriamente invasivo dell'intervento censorio del T.A.R., estesosi al sindacato di valutazioni prettamente discrezionali e non illogiche, e richiamando infine l'orientamento giurisprudenziale affermativo della regola generale secondo la quale gli effetti delle misure di self-cleaning si producono solo pro futuro e non all'interno della gara alla quale si partecipa (così, ex plurimis, Cons. Stato, sez. V, n. 3107/2022 e n. 2260/2020; id., sez. III, n. 164/2022), con la conseguenza che anche per la fattispecie qui di interesse le iniziative de quibus avrebbero potuto assumere rilevanza nelle sole gare cui -OMISSIS-avesse successivamente partecipato, ma non nell'ambito della procedura di affidamento nella quale erano state poste in essere. 7.3.- Da parte sua, -OMISSIS-invoca l'opposto orientamento di questa Sezione, inaugurato dalla pronuncia n. 9782/2022 (poi recepito da Cons. Stato, sez. III, n. 1700/2023, capo 21; nn. 1719, 1790 e 1791 del 2023), assumendolo quale rappresentativo di un più convincente indirizzo di apertura alla valorizzazione anche in chiave retroattiva o mantinente delle misure di self-cleaning, la cui rilevanza generalizzata e temporalmente non circoscritta (sebbene sempre soggetta al vaglio discrezionale della S.A.) andrebbe riconosciuta (sulla base di plurimi argomenti ermeneutici che qui si intendono richiamati ai sensi dell'art. 88, comma 2, lett. d), c.p.a.) come regola astratta e generale, da applicarsi "criticamente" tenendo conto, caso per caso, della finalità essenzialmente conservativa dell'istituto e della sua aderenza funzionale alla fattispecie di interesse. 7.4.- Il motivo in esame va accolto in parte. 7.5.- La sentenza appellata non è condivisibile nella parte in cui, ancora una volta in modo sbrigativo e superficiale, reputa non adeguatamente motivato il giudizio di inaffidabilità espresso dalla stazione appaltante nel provvedimento di esclusione impugnato in prime cure. La motivazione del provvedimento impugnato in prime cure, oltre che nel richiamo alle varie vicende emerse a carico di -OMISSIS-, alle deduzioni delle parti e ai principi giurisprudenziali in materia, consta di una conclusione che, proprio argomentando dal compendio delle vicende accertate e dall'applicazione dei principi della giurisprudenza, assume la sussistenza a carico di -OMISSIS-della causa di esclusione di cui alla ricordata lettera c) del comma 5 dell'articolo 80, in ragione (a) della rilevanza temporale delle violazioni contestate, (b) del fatto che le stesse attengono a contratti e a indagini penali relativi ad appalti pubblici in materia di sanità, (c) del loro configurarsi come vicende inerenti a commesse pubbliche aventi oggetto ana, (d) della consistenza non episodica dei fatti considerati: orbene, tale motivazione, tenuto conto dell'intangibile sfera di discrezionalità che connota le valutazioni dell'Amministrazione in ordine all'affidabilità dei concorrenti e del noto indirizzo giurisprudenziale - richiamato dalle parti appellanti - circa la sufficienza di una motivazione che rassicuri circa il carattere "non pretestuoso" dell'esclusione, ad avviso del Collegio può essere ritenuta sufficiente, diversamente inverandosi il rischio di una non consentita sovrapposizione del giudizio dell'organo giurisdizionale in una sfera riservata alla p.a.. 7.6.- D'altra parte, come già accennato: a) ai fini dell'assolvimento dell'obbligo motivazionale non è richiesto che la giustificazione del provvedimento di esclusione sia articolata in punti separati, ciascuno dei quali dedicato ad uno specifico aspetto di rilievo della pregressa vicenda presa in considerazione e così alla sua "gravità ", al "tempo trascorso dalla violazione" e, infine alla "inaffidabilità " dell'operatore, purché emerga che ciascuno di tali profili siano stati considerati dalla stazione appaltante (Cons. Stato, sez. III, n. 4201/2021; sez. V, nn. 4712/2022 e 2922/2021); b) men che meno è richiesto che la stazione appaltante affronti e respinga punto per punto le argomentazioni esposte dal privato a giustificazione della sua condotta (ovvero, in sostanza, replichi a ciò che egli abbia addotto per dirsi incolpevole), a condizione che si comprenda dal tenore del provvedimento che l'Amministrazione ha reputato direttamente riferibile a sua colpa (del concorrente) la misura ostativa disposta; c) copiosa ed anche recente giurisprudenza convalida infine la tesi per cui la valutazione circa la ricorrenza delle cause facoltative di esclusione dalle gare pubbliche, ivi compresa quella prevista dall'art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50/2016, rientra nell'ambito della ampia discrezionalità della P.A. ed è sindacabile solo in caso di manifesta pretestuosità e ai soli fini di un eventuale riesame da parte della stessa P.A. (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, A.P. n. 16/2020; Cons. Stato, sez. V, n. 8864/2022; Cons. Stato, sez. III, n. 8666/2023 e n. 1248/2021; id. n. 505/2021; Cons. Stato, Ssez. IV, n. 5967/2020), sicché il giudice amministrativo si deve limitare a valutarne ab externo la non manifesta e assoluta evanescenza. 7.7.- Con riferimento invece alla questione della rilevanza temporale delle misure di self-cleaning, questa Sezione ritiene di dover respingere il motivo di appello, dando continuità a quell'indirizzo giurisprudenziale inaugurato dalla pronuncia n. 9782/2022 (poi recepito da Cons. Stato, Sez. III, n. 1700/2023, capo 21; nn. 1719, 1790 e 1791 del 2023) elaborato in relazione agli addebiti escludenti mossi nei confronti di -OMISSIS-, che ha aperto il varco ad un impiego più elastico dello strumento, sganciandolo da schematiche preclusioni temporali e ammettendolo sia nei casi in cui le vicende penali e le conseguenti misure di self-cleaning si riferiscano al periodo intercorrente tra la data di presentazione dell'offerta e quella di aggiudicazione (come nel caso esaminato nella citata sentenza n. 9782/2022); sia nei casi in cui tali circostanze siano intervenute nella fase intercorrente tra l'aggiudicazione e la stipulazione della convenzione (come nel caso esaminato nella sentenza 1790/2023). Il tutto, beninteso, con l'essenziale avvertenza che tali temperamenti sono sempre rimessi al prudente e discrezionale apprezzamento dell'amministrazione procedente, sicché essi vanno rapportati alle peculiarità delle singole fattispecie e motivati in relazione alle specifiche caratteristiche della stessa. 7.8.- Vagliata sotto questo angolo prospettico, la determina di esclusione impugnata in primo grado rivela un oggettivo profilo critico nella parte in cui, arrestandosi all'affermazione perentoria dell'assoluta e generale preclusione del riconoscimento di un effetto anche retroattivo o immediato delle misure di self-cleaning, conclude nel senso che esse non possono mai assumere rilevanza all'interno della stessa procedura di affidamento nel corso della quale sono state poste in essere. Questa presa di posizione confligge, nella sua assolutezza, con i principi sopra richiamati, si fonda quindi su un erroneo convincimento (sia pure tratto da un noto ma ormai superato orientamento interpretativo) e inficia in parte qua il provvedimento impugnato, nella misura in cui interpone un ostacolo rigido e invalicabile alla valutazione di ammissibilità in gara del concorrente per i profili in questione. 7.9.- Anche in relazione al divisato passaggio dispositivo, pertanto, il provvedimento va annullato con conseguente obbligo conformativo della stazione appaltante di riesaminare la materia alla luce dei criteri di indirizzo sopra illustrati. L'effetto conformativo dell'annullamento dell'impugnata esclusione è limitato al dovere della stazione appaltante di esaminare le misure di self-cleaning documentate da -OMISSIS-e di pronunciarsi sulle stesse (rapportandone la rilevanza, naturalmente, anche alla causa escludente ex art. 80, comma 5, lett. f), d.lgs. n. 50/2016, in precedenza non considerata): solo all'esito di questo rinnovato segmento procedimentale, l'Amministrazione potrà decidere se adottare o meno un nuovo provvedimento di esclusione. 8.- Per concludere: -- i due appelli proposti da -OMISSIS- e -OMISSIS-sono accolti limitatamente al primo motivo (concernente l'ammissibilità dell'intervento ad opponendum) e per il resto sono dichiarati inammissibili. Ne consegue che sono ammissibili gli interventi ad opponendum spiegati in primo grado da entrambe le parti, mentre va dichiarato inammissibile il ricorso incidentale proposto da -OMISSIS-; -- l'appello di -OMISSIS- è invece accolto limitatamente al primo motivo, dal che consegue che, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado proposto da -OMISSIS-è accolto limitatamente al terzo motivo (concernente il self-cleaning) con l'effetto conformativo precisato al precedente paragrafo. 9.- La complessità e la peculiarità delle questioni trattate giustificano l'integrale compensazione delle spese di entrambi i gradi di giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza, definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti (nn. 9829/2023, 10002/2023, 10157/2023): a) li riunisce ai sensi dell'art. 96 c.p.a.; b) accoglie i due appelli proposti da -OMISSIS- e -OMISSIS-limitatamente al primo motivo e per il resto li dichiara inammissibili; c) accoglie l'appello di -OMISSIS- limitatamente al primo motivo e per il resto lo respinge; d) per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata: -- dichiara ammissibili gli interventi ad opponendum spiegati in primo grado da -OMISSIS- e -OMISSIS-, nei sensi e con gli effetti di cui in motivazione, conseguentemente confermando la declaratoria di inammissibilità del ricorso incidentale proposto da -OMISSIS-; -- accoglie il ricorso di primo grado di -OMISSIS-limitatamente al terzo motivo (concernente il self-cleaning), con l'effetto conformativo precisato in motivazione; e) compensa le spese dei due gradi di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le parti private. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 aprile 2024 con l'intervento dei magistrati: Raffaele Greco - Presidente Giovanni Pescatore - Consigliere, Estensore Nicola D'Angelo - Consigliere Antonio Massimo Marra - Consigliere Luca Di Raimondo - Consigliere
REPUBBLICA ITALIANA LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ORILIA Lorenzo - Presidente Dott. MOCCI Mauro - Consigliere Dott. GRASSO Giuseppe - Consigliere Dott. MONDINI Antonio - Consigliere Rel. Dott. OLIVA Stefano - Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 11159-2018 R.G. proposto da: REGIONE CALABRIA, elettivamente domiciliato in ROMA VIA (...), presso lo studio dell'avvocato PU.GR. (Omissis) rappresentato e difeso dall'avvocato NA.GI. (Omissis) - ricorrente - contro Ia.Sa., domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato RO.AN. (Omissis) - controricorrente - avverso SENTENZA di CORTE D'APPELLO CATANZARO n. 223-2018 depositata il 05-02-2018. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12-03-2024 dal Consigliere ANTONIO MONDINI. Udite le conclusioni della Procura Generale, nella persona della Dottoressa Rosa Maria Dell'Erba, che ha chiesto accogliersi il nono motivo di ricorso e rigettarsi gli altri motivi. FATTI DELLA CAUSA 1. La Giunta Regione Calabria, con delibera in data 13 novembre 1998, autorizzava il presidente a conferire all'Avvocato Ia.Sa. l'incarico per l'assistenza difensiva della Regione in un contenzioso arbitrale che vedeva opposta la Regione al Fallimento Forni e Impianti Industriali di Ba. Spa Consorzio Cooperativo Costruzioni, a TTR Te. Trattamenti Rifiuti e a Sa. Costruzioni Sas. 2. L'arbitrato si svolgeva tra C e R e si concludeva con l'emissione del lodo in data 28 marzo 2006. 3. L'avvocato Ia.Sa., non avendo ricevuto il compenso per l'attività difensiva svolta, ricorreva al Tribunale di Catanzaro ed otteneva decreto ingiuntivo per Euro 441.678,77 oltre accessori. 4. Su opposizione della Regione, il Tribunale riduceva la somma che la Regione avrebbe dovuto pagare. 5. La Corte di Appello di Catanzaro, con la sentenza contro cui la Regione ricorre, ha accolto l'appello dell'avvocato Ia.Sa., respinto l'appello incidentale della Regione, e liquidato il compenso in Euro 427.171,28. 8. L'avvocato Ia.Sa. resiste con controricorso. 9. La Procura Generale ha chiesto accogliersi il nono motivo di ricorso e rigettarsi gli altri. 10. Entrambe le parti hanno depositato memoria. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Con il primo motivo di ricorso viene denunciata "violazione Reg. CE 3696-93; direttiva 92-50; D.Lgs. 157-95; 1350, 1418, 1421, 2229 c.c., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c." 1.1. Sostiene la ricorrente che il contratto con l'avvocato Ia.Sa. era soggetto alla direttiva n. 92-50 CE, recepita dal D.Lgs. 157-95, e che, non essendo stata osservata la procedura di evidenza pubblica prevista anche per i servizi legali, il contratto avrebbe dovuto essere dichiarato nullo. Su queste basi contesta la decisione impugnata in forza della quale la Corte di Appello ha ritenuto trattarsi non di incarico riconducibile all'appalto di servizi legali bensì di incarico di prestazione d'opera professionale in quanto legato ad una specifica esigenza di difesa dell'Ente, e per il cui conferimento non era necessaria alcuna procedura di evidenza pubblica. 1.2. Il motivo è infondato. Va premesso che la delibera di giunta n. 6514-1998, in esecuzione della quale il Presidente della giunta ha dato incarico all'avvocato Ia.Sa., prevedeva che, "nella more della costituzione del collegio arbitrale appare utile che la Regione nomini un proprio difensore che possa fornire al competente ufficio ogni supporto necessario" e prevedeva che il Presidente avrebbe dovuto incaricare l'avvocato Ia.Sa. della "rappresentanza" dell'Ente (v. controricorso pagina 13 s.). 1.4. La direttiva 92-50-CEE, in materia di appalti pubblici di servizi, è stata recepita in Italia con il D.Lgs. 157-1995. Ai sensi dell'art. 1 del decreto: "Le disposizioni del presente decreto si applicano per l'aggiudicazione, da parte delle amministrazioni aggiudicatrici di cui all'art. 2, degli appalti di servizi il cui valore di stima sia pari o superiore a 200.000 ECU, IVA esclusa". In base all'art. 2, primo e secondo comma, "1. Gli appalti pubblici di servizi sono contratti a titolo oneroso, conclusi per iscritto tra un prestatore di servizi e un'amministrazione aggiudicatrice di cui all'art. 2, aventi ad oggetto la prestazione dei servizi elencati negli allegati 1 e 2. 2. Per gli appalti di servizi di cui all'allegato 2 e per quelli in cui il valore di tali servizi prevalga rispetto a quello dei servizi di cui all'allegato 1, il presente decreto si applica limitatamente ai soli articoli 8, comma 3, 20 e 21". Tra gli appalti di servizi di cui all'allegato 2, non soggetti alla procedura di gara, vi erano i "servizi legali". Gli articoli 8, comma 3, 20 e 21 del decreto riguardavano l'eventuale obbligo della pubblicazione dell'avvenuta aggiudicazione e l'obbligo per l'amministrazione aggiudicatrice di definire le "specifiche tecniche" del servizio nei capitolati d'oneri o nei documenti contrattuali relativi a ciascun appalto. Nell'ottavo "considerando" delle premesse alla direttiva 1992-50-CE, era precisato che "la prestazione di servizi è disciplinata dalla presente direttiva soltanto quando si fondi su contratti d'appalto; nel caso in cui la prestazione del servizio si fondi su altra base, quali leggi o regolamenti ovvero contratti di lavoro, detta prestazione esula dal campo d'applicazione della presente direttiva". Il contratto di prestazione d'opera intellettuale è disciplinato dagli artt. 2229-2238 c.c. La disciplina è inserita nel libro quinto del codice civile, relativo al "lavoro" e, in particolare, nel titolo terzo, relativo al "lavoro autonomo". La prestazione d'opera intellettuale dell'avvocato costituisce, specificamente, una prestazione "protetta" ai sensi dell'art. 2229 c.c. Vi è un riferimento preciso a tali professioni nell'art. 33 della Costituzione. L'appalto di servizi è disciplinato dall'art. 1677 c.c. Vale la definizione generale di appalto di cui all'art. 1655 c.c. La differenza fondamentale tra contratto d'appalto (art. 1655 cod. civ.) e contratto d'opera (art. 2222 cod. civ.) va individuata nella qualità di imprenditore commerciale del contraente cui siano stati convenzionalmente commessi l'esecuzione dell'opera o lo svolgimento di un servizio. L'appaltatore, inoltre, si impegna ad un risultato. Il professionista avvocato si impegna a fornire la propria prestazione intellettuale, non ad un risultato. Come evidenziato anche dalla Corte di Appello, sul richiamo alla giurisprudenza amministrativa, il contratto di appalto è caratterizzato da un quid pluris, sotto il profilo dell'organizzazione, della continuità e della complessità rispetto al contratto di conferimento dell'incarico legale, che si delinea come contratto d'opera intellettuale, species del genus contratto di lavoro autonomo, e come tale, non rientra nella nozione di contratto di appalto (V. Consiglio di Stato Cons. St., sez. V, 11 maggio 2012, n. 2730). L'affidamento in appalto di servizi è configurabile quando l'oggetto del servizio è più ampio della difesa dell'ente in un giudizio e delle attività strettamente accessorie a tale difesa e consiste in un quadro articolato di attività professionali organizzate sulla base dei bisogni dell'ente. Così nel caso di affidamento ad uno studio legale per un periodo prestabilito nel contratto d'appalto, degli affari seriali di un determinato settore. In questo caso il profilo fiduciario trascolora ed assume rilievo, per l'amministrazione, che l'affidatario abbia, oltre che, indubbiamente, determinate qualità per svolgere l'attività richiesta, una organizzazione adeguata per rendere il servizio legale in modo efficace, efficiente e in conformità a definibili specifiche tecniche. In base all'allegato 3 del decreto legislativo, nel caso di appalti pubblici di servizi, si intende per "specifiche tecniche": "l'insieme delle prescrizioni d'ordine tecnico, contenute in particolare nel capitolato d'oneri, che definiscono le caratteristiche richieste di un'opera, un materiale, un prodotto o una fornitura e che permettono di caratterizzare obiettivamente l'opera, il materiale, il prodotto o la fornitura in modo che essi rispondano all'uso a cui sono destinati dall'amministrazione aggiudicatrice. Tra queste caratteristiche rientrano i livelli di qualità o proprietà d'uso, la sicurezza, le dimensioni, inclusi i requisiti applicabili al materiale, al prodotto od alla fornitura per quanto riguarda la garanzia della qualità, la terminologia, i simboli, il collaudo ed i metodi di prova, l'imballaggio, la marcatura o l'etichettatura. Esse comprendono altresì le regole riguardanti la progettazione e le modalità di determinazione dei costi, le condizioni di collaudo, d'ispezione e di accettazione delle opere, nonché' i metodi o le tecniche di costruzione come pure ogni altra condizione tecnica che l'amministrazione aggiudicatrice è in grado di prescrivere, nell'ambito di regolamenti generali o specifici, in relazione all'opera finita ed ai materiali od alle parti che la compongono". Il contratto di conferimento dell'incarico di difesa in un procedimento giudiziale o arbitrale si sottrae ad una procedura di evidenza pubblica per incompatibilità tra indeterminatezza degli aspetti contenutistici della prestazione richiesta al difensore, degli aspetti temporali ed economici e, invece, necessaria determinatezza di tali elementi oggettivi per la fissazione dei criteri selettivi della procedura di gara (v. anche Cons. Stato, 11 maggio 2012, n. 2730, cit.). Nel caso in esame, l'incarico legale conferito al professionista consisteva in una singola prestazione di lavoro autonomo riferita ad una specifica esigenza difensiva relativa ad una procedura arbitrale. Anche il "supporto al competente ufficio" era strumentale alla predisposizione della strategia difensiva. Con la conseguenza che correttamente la Corte di Appello ha escluso l'applicazione delle norme in tema di appalti di servizi. La decisione della Corte di Appello è conforme alla giurisprudenza di legittimità. Nella sentenza n. 40572 del 2021 è stato infatti affermato: "La P.A. non è tenuta a seguire, quando conferisce incarichi di patrocinio legale ad avvocati, le procedure di evidenza pubblica previste dalle norme eurounitarie e nazionali per il contratto di appalto di servizi, atteso che le relative prestazioni professionali sono connotate dall'"intuitu personae" e da rapporti, fra il difensore ed il cliente, caratterizzati dalla massima riservatezza e, quindi, incompatibili con le menzionate procedure". Ed ancora, con la pronuncia n.13351 del 2022, la Corte ha ribadito che occorre tener conto della "differenza ontologica che, ai fini della qualificazione giuridica delle fattispecie e delle ricadute ad essa conseguenti in tema di soggezione alla disciplina recata dal codice dei contratti pubblici, connota l'espletamento del singolo incarico di patrocinio legale, occasionato da puntuali esigenze di difesa del soggetto pubblico, rispetto all'attività di assistenza e consulenza giuridica (i "Servizi legali" di cui all'alito B al D.Lgs. n. 163-2006), attività, questa, che si caratterizza per la sussistenza di una specifica organizzazione, la complessità dell'oggetto e la predeterminazione della durata. Tali elementi di differenziazione consentono di concludere che, diversamente dall'incarico di consulenza e di assistenza a contenuto complesso, inserito in un quadro articolato di attività professionali organizzate sulla base dei bisogni dell'ente, il conferimento del singolo incarico episodico, legato alla necessità contingente, non costituisce appalto di servizi legali, ma integra un contratto d'opera intellettuale che esula dalla disciplina in materia di procedure ad evidenza pubblica". Né sussistono i presupposti per dar corso alla richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia in relazione al prospettato dubbio di compatibilità alla Direttiva n. 92-50 del D.Lgs. 157-95 nella misura in cui consente l'affidamento dei servizi legali del contenuto del tipo di quello di cui trattasi, da parte della Pubblica Amministrazione non preceduti dal procedimento di evidenza pubblica. Al riguardo va innanzi tutto ricordato che: secondo una giurisprudenza costante della Corte di Giustizia (cfr. da ultima, Corte di Giustizia dell'Unione Europea - Grande Sezione - Sentenza 6 ottobre 2021, causa C-561-19, Consorzio Italian Management) "un giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi ricorso giurisdizionale di diritto interno, può essere esonerato da tale obbligo solo quando abbia constatato che la questione sollevata non è rilevante, o che la disposizione del diritto dell'Unione di cui trattasi è già stata oggetto d'interpretazione da parte della Corte, oppure che la corretta interpretazione del diritto dell'Unione si impone con tale evidenza da non lasciar adito a ragionevoli dubbi (v., in tal senso, sentenze del 6 ottobre 1982, (Omissis) e a., 283-81, EU:C:1982:335, punto 21; del 15 settembre 2005, Intermodal Transports, C-495-03, EU:C:2005:552, punto 33, nonché del 4 ottobre 2018, Commissione-Francia (Anticipo d'imposta), C-416-17, EU:C:2018:811, punto 110)". E ancora (cfr. sentenza Corte di Giustizia 6.10.2021 cit.) "dal rapporto fra il comma 2 e il comma 3 dell'art. 267 TFUE discende che i giudici di cui al comma 3 dispongono dello stesso potere di valutazione di tutti gli altri giudici nazionali nello stabilire se sia necessaria una pronuncia su un punto di diritto dell'Unione onde consentire loro di decidere. Tali giudici non sono pertanto tenuti a sottoporre una questione di interpretazione del diritto dell'Unione sollevata dinanzi ad essi se questa non è rilevante, vale a dire nel caso in cui la sua soluzione, qualunque essa sia, non possa in alcun modo influire sull'esito della controversia (sentenze del 6 ottobre 1982, (Omissis) e a., 283-81, EU:C:1982:335, punto 10; del 18 luglio 2013, Consiglio Nazionale dei Geologi, C-136-12, EU:C:2013:489, punto 26, nonché del 15 marzo 2017 (Omissis), - C 3-16, EU:C:2017:209, punto 43)". Sempre con la citata sentenza 6.10.2021 la Corte di Giustizia ha ribadito che "il giudice nazionale è l'unico competente a conoscere e valutare i fatti della controversia di cui al procedimento principale nonché ad interpretare e ad applicare il diritto nazionale. Spetta parimenti al solo giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell'emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze della causa, tanto la necessità quanto la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte (sentenze del 26 maggio 2011, (Omissis) e a., da C-165-09 a C-167-09, EU:C:2011:348, punto 47 nonché giurisprudenza ivi citata; del 9 settembre 2015, (Omissis) e (Omissis), C-72-14 e C-197-14, EU:C:2015:564, punto 57, nonché del 12 maggio 2021, (Omissis), C-70-20, EU:C:2021:379, punto 25)"; sul versante della giurisprudenza di legittimità, questa Corte ha affermato ripetutamente che non sussiste alcun diritto della parte all'automatico rinvio pregiudiziale alla CGUE ai sensi dell'art. 267 TFUE ogni qualvolta la Corte di cassazione non ne condivida le tesi difensive, bastando che le ragioni del diniego siano espresse, ovvero implicite laddove la questione pregiudiziale sia manifestamente inammissibile o manifestamente infondata (cfr. Sez. U, n. 5978-2022, in motivazione; Sez. 5 -, Ordinanza n. 19880 del 13-07-2021; Sez. L -, Sentenza n. 14828 del 07-06-2018; Sez. U, Ordinanza n. 20701 del 10-09-2013). E, ancora, si è affermato che non sussistono i presupposti per il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'Unione Europea, ai sensi dell'art. 267 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea, ove la parte si limiti a censurare direttamente l'incompatibilità con il diritto dell'Unione delle conseguenze "di fatto" derivanti dall'interpretazione del diritto interno senza sollecitare un'interpretazione generale ed astratta di una normativa interna (Sez. U n. 5978-2022; Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 6862 del 24-03-2014 Rv. 630701). Ricordato quanto sopra, nel caso in esame, come già rilevato nella sentenza n. 40572 del 2021 punto 1.17 ss. della motivazione, "Va infine evidenziato che, sulla questione relativa alla compatibilità con le norme eurounitarie degli incarichi di patrocinio legale da parte della Pubblica Amministrazione, si è pronunciata la Corte di Giustizia dell'Unione Europea con sentenza del 06-06-2019, n.264. Con la citata pronuncia, la Corte di Lussemburgo ha osservato che, quanto ai servizi forniti da avvocati, di cui all'articolo 10, lettera d), i) e il), della direttiva 2014-24, risulta dal considerando 25 di tale direttiva che il legislatore dell'Unione ha tenuto conto del fatto che tali servizi legali sono di solito prestati da organismi o persone designati o selezionati secondo modalità che non possono essere disciplinate dalle norme sull'aggiudicazione degli appalti pubblici vigenti in determinati Stati membri. Le prestazioni professionali degli avvocati sono connotate, infatti, dall'intuitu personae e da rapporti, tra l'avvocato e il suo cliente, caratterizzati dalla massima riservatezza, incompatibili con il procedimento di evidenza pubblica. Dette ragioni giustificano l'esigenza della libera scelta del difensore da parte del cliente e dalla fiducia che unisce il cliente al suo avvocato. La Corte di Giustizia ha enfatizzato proprio l'aspetto della riservatezza e del diritto di difesa della Pubblica Amministrazione, che si esplica anche nella scelta del proprio difensore (v., in tal senso, sentenza del 18 maggio 1982, AM & S Europe-Commissione, 155-79, EU:C:1982:157, punto 18). 1.22. Conseguentemente, è stato affermato dalla Corte di Giustizia che l'articolo 10, lettere c), d), i), ii) e v), della direttiva 2014-24-UE, nell'escludere dal regime dei contratti pubblici i servizi d'arbitrato, di conciliazione e determinati servizi di rappresentanza e consulenza legale, nonché altri servizi legali che, nello Stato membro interessato, sono connessi, anche occasionalmente, all'esercizio dei pubblici poteri, non si pone in contrasto con i principi di parità di trattamento e sussidiarietà, nonché con gli artt. 49 e 56 TFUE". 2. Con il secondo motivo di ricorso viene denunciata "violazione artt. 112, 345 c.p.c., in relazione all'art. 360, primo comma, n.4 c.p.c." La ricorrente deduce che la Corte di Appello avrebbe errato nel ritenere nuove l'eccezione di nullità del mandato difensivo per "carenza di rappresentanza sostanziale del dr. Ch.", in quanto insediatosi "nel 2000" ossia dopo la sottoscrizione del mandato e l'eccezione di nullità del contratto per inosservanza della delibera n. 481 del 1998 "la quale aveva previsto la sottoscrizione" da parte del prestatore d'opera, "della convenzione che contenesse l'indicazione e la sottoposizione ai vincoli indicati in delibera". Secondo la ricorrente il riferimento alla delibera 481-98 sarebbe stato già contenuto nella comparsa conclusionale depositata l'8 luglio 2011. 2.1. Il motivo è inammissibile. 2.2. La Corte di Appello non ha dichiarato nuove le due eccezioni ai sensi dell'art. 345 c.p.c. (secondo cui nel giudizio d'appello non possono proporsi nuove eccezioni, che non siano rilevabili anche d'ufficio, non sono ammessi i nuovi mezzi di prova e non possono essere prodotti nuovi documenti, salvo che la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile) ma ha respinto l'appello della Ragione contro la decisione di primo grado che aveva dichiarato tali eccezioni inammissibili perché sollevate solo "con la seconda precisazione delle conclusioni davanti al giudice di primo grado il 12 gennaio 2012 a seguito di rimessione della causa sul ruolo dopo la precisazione della conclusioni del 30 novembre 2011 in quanto la Regione nella comparsa conclusionale depositata nei termini dell'art. 190 c.p.c. aveva sollevato la questione della nullità del contratto per mancanza di forma scritta". La Corte di Appello ha evidenziato, a ragione del rigetto del motivo di appello, che le due eccezioni non erano contenute nell'originario atto di opposizione al decreto ingiuntivo né nelle memorie di cui all'art. 183 sesto comma c.p.c. La censura per come proposta non coglie la ratio della decisione: la decisione non è centrata sulla proposizione di domande ed eccezioni nuove in appello bensì sulle preclusioni previste per allegazioni e prove nel giudizio di primo grado. Peraltro la Regione, laddove scrive che il riferimento alla delibera 481-98 era contenuto nella comparsa conclusionale depositata l'8 luglio 2011, conferma la tardività dell'eccezione rispetto alla preclusione segnata dall'atto di citazione in opposizione al decreto ingiuntivo. 3. Per connessione va qui esaminato l'ottavo motivo di ricorso con il quale viene denunciato "omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in relazione all'art. 360, primo comma, n.5 c.p.c." Deduce la ricorrente che la Corte di Appello avrebbe omesso di tener conto, "ai fini di stabilire se il contratto di prestazione d'opera professionale possa ritenersi regolato dalla sola procura margine della comparsa quanto a forma e contenuto", della delibera della giunta n. 481 del 1998 in forza della quale l'avvocatura regionale avrebbe dovuto "predisporre un atto riportante i vincoli contenuti nella presente delibera che dovrà essere sottoscritta sia dagli avvocati all'atto di un nuovo incarico". Viene dunque riproposta la questione della invalidità del contratto concluso inter-partes per inosservanza del disposto della delibera n. 481 del 1998 già proposta con il secondo motivo. 3.1. Valgono le ragioni di inammissibilità del secondo motivo. 4. Con il terzo motivo di ricorso viene denunciata "violazione artt. 115 c.p.c.; 2697, 2699, 2700, 2701, 2702, 2719 c.c., in relazione all'art. 360, primo comma, n.3 c.p.c." La censura è relativa alla affermazione della Corte di Appello per cui l'eccezione di difetto di rappresentanza sostanziale del Presidente della giunta era rimasta al livello di mera allegazione, indimostrata. Sostiene la ricorrente che la data di insediamento del presidente della giunta, Ch., era stata indicata a pagina 7 della propria comparsa di costituzione in appello e non era mai stata contestata cosicché la Corte di Appello avrebbe dovuto semplicemente prenderne atto ai sensi dell'art. 115 c.p.c. 4.1. Il motivo è inammissibile per difetto di interesse (art. 100 c.p.c.) in quanto si appunta su affermazione della Corte di Appello solo aggiuntiva rispetto a quella - già fatta oggetto di inammissibile censura con il secondo motivo di ricorso - per cui l'eccezione relativa al difetto di "rappresentanza negoziale" del Presidente della giunta era inammissibile. 4. Con il quarto motivo di ricorso viene denunciata "violazione artt. 83 c.p.c., 1350, 1418, 1421, 1703, 2230, 2233 c.c., in relazione all'art. 360, primo comma, n.3 c.p.c.". La ricorrente censura la sentenza impugnata per avere la Corte di Appello affermato che il requisito della forma scritta imposto per i contratti delle pubbliche amministrazioni era stato soddisfatto dalla apposizione della firma, da parte del presidente della giunta, in calce della procura a margine della memoria difensiva con cui la Regione si era costituita nella procedura arbitrale. 6. Il motivo è infondato. Come già ricordato, la Corte di Appello ha accertato in fatto che con la delibera della Giunta 13.11.1998 n. 6514, in esecuzione della quale il Presidente della giunta ha dato incarico all'avvocato Ia.Sa., era stato previsto che, "nella more della costituzione del collegio arbitrale appare utile che la Regione nomini un proprio difensore che possa fornire al competente ufficio ogni supporto necessario" e prevedeva che il Presidente avrebbe dovuto incaricare l'avvocato Ia.Sa. della "rappresentanza" dell'Ente (v. sentenza pagg. 13 e 14). La Corte di Appello ha correttamente richiamato alcuni precedenti di questa Corte (Cass. 3721-2015; Cass. 2266-2012) ai quali può aggiungersi Cass. SSUU 37836-2022 (in motivazione) e Sez. 2, ordinanza n.21007 del 06-08-2019, secondo cui "In tema di forma scritta "ad substantiam" dei contratti della P.A., il requisito è soddisfatto, nel contratto di patrocinio, con il rilascio al difensore della procura ai sensi dell'art. 83 c.p.c., atteso che l'esercizio della rappresentanza giudiziale tramite la redazione e la sottoscrizione dell'atto difensivo perfeziona, mediante l'incontro di volontà fra le parti, l'accordo contrattuale in forma scritta, rendendo così possibile l'identificazione del contenuto negoziale e lo svolgimento dei controlli da parte dell'Autorità tutoria". 5. Con il quinto motivo di ricorso viene denunciata "violazione artt. 10 e 14 c.p.c.; 1374, 2233 c.c., 6 D.M. 127-04, in relazione all'art. 360, primo comma, n.3 c.p.c." La ricorrente censura la sentenza impugnata per avere la Corte di Appello ritenuto che lo scaglione di valore a cui avere riferimento per la liquidazione dei compensi dovuti all'avvocato Ia.Sa. per la proceduta arbitrale dovesse essere individuato in relazione alla somma (Euro 43.715.110,91) di cui alla domanda proposta contro la Regione dalle società Fallimento Forni e Impianti Industriali di Ba. Spa Consorzio Cooperativo Costruzioni, a TTR Te. Trattamenti Rifiuti e a Sa. Costruzioni Sas e non alla somma liquidata dal collegio arbitrale (Euro 692009,44). 5.1. Il motivo è infondato. Ai sensi dell'art. 6 del D.M. 127-2004, "1. Nella liquidazione degli onorari a carico del soccombente, il valore della causa è determinato a norma del codice di procedura civile, avendo riguardo nei giudizi per azioni surrogatorie e revocatorie, all'entità economica della ragione di credito alla cui tutela l'azione è diretta, nei giudizi di divisione, alla quota o ai supplementi di quota in contestazione, nei giudizi per pagamento di somme o liquidazione di danni, alla somma attribuita alla parte vincitrice piuttosto che a quella domandata. 2. Nella liquidazione degli onorari a carico del cliente, può aversi riguardo al valore effettivo della controversia, quando esso risulti manifestamente diverso da quello presunto a norma del codice di procedura civile. 3. ... 4. Nella liquidazione degli onorari a carico del cliente, per la determinazione del valore effettivo della controversia, deve aversi riguardo al valore dei diversi interessi perseguiti dalle parti. 5. ... 6..." La Corte di Appello ha correttamente fatto riferimento alla somma richiesta. Ha richiamato il principio enunciato da questa Corte nella sentenza 1666-2017 secondo cui "Ai fini della liquidazione degli onorari professionali dovuti dal cliente in favore dell'avvocato, nel caso di transazione di una causa introdotta con domanda di valore determinato e, pertanto, non presunto in base ai criteri fissati dal codice di procedura civile, il valore della causa si determina avendo riguardo soltanto a quanto specificato nella domanda, considerata al momento iniziale della lite, restando irrilevante la somma realizzata dal cliente a seguito della transazione". Più di recente la Corte con ordinanza n. 6487 del 03-03-2023 ha affermato "Ai fini della liquidazione degli onorari di avvocato a carico del cliente, il parametro di riferimento è costituito dal valore della causa determinato a norma del codice di procedura civile e, quindi, in tema di obbligazioni pecuniarie, dalla somma pretesa con la domanda di pagamento (art. 10 cod. proc. civ.); identico parametro deve essere applicato nei gradi di impugnazione, con la conseguenza che nel caso in cui al giudice superiore venga riproposta una parte limitata della domanda, ovvero l'oggetto dell'impugnazione risulti limitato per dettato normativo, il valore della causa deve essere rimodulato in relazione all'effettiva entità della riforma che si intende conseguire. La Corte di Appello non ha trascurato il citato secondo comma dell'art. 6 del D.M. 127 del 2004, ma ha correttamente precisato che, nel caso di specie, il valore della domanda non era presunto a norma del codice di procedura civile ma era stato precisamente indicato nella domanda (Cass. 27305-2020, in motivazione; Cass. Su 5615-98; Cass. 3383-1968 relativo all'art. 6 del D.M. 28 febbraio 1958, omologo all'art. 6 del D.M. 127-2004. Più di recente Cass. n. 322265 del 02-11-2022) ed ha altresì e del pari correttamente osservato che il potere-dovere di adeguare l'ammontare del valore base ai fini della liquidazione dei compensi al concreto importo oggetto della decisione "è posto a tutela ed è funzionale ad evitare la proposizione di pretese economicamente sproporzionate rispetto al valore effettivo della lite al solo fine di aumentare il compenso professionale, ipotesi che pacificamente non ricorre allorché la pare come nel caso in esame sia convenuta e chiamata a difendersi). Va altresì evidenziato, in riferimento al quarto comma dell'art. 6 del D.M. 127-2014, che la Corte di Appello si è fatta anche carico di comparare gli interessi perseguiti dalle parti laddove, a pagina 17 della sentenza, ha tenuto in "... considerazione che il minor importo per cui è condanna è risultato di vantaggio per la Regione in ragione dell'attività difensiva svolta dal proprio difensore avv.to Ia.Sa." 6. Con il sesto motivo di ricorso viene denunciata "violazione degli artt. 12 e 15 D.M. 585-94; 1, 10 e 14 D.M. 127-04, 1374, 2233 c.c., in relazione all'art. 360, primo comma, n.3 c.p.c." Deduce la ricorrente che la Corte di Appello ha errato nel liquidare all'avvocato Ia.Sa., per la procedura per arbitrato rituale in questione, oltre agli onorari anche in diritti, solo i primi e non anche i secondi spettando al difensore in un giudizio arbitrale ai sensi dell'art. 10 del D.M. 127-2014. 6.1. Il motivo è infondato. L'art. 1 del D.M. 127-2004 stabiliva "Gli onorari, i diritti e le indennità spettanti agli avvocati per le prestazioni giudiziali in materia civile, amministrativa, tributaria, penale e stragiudiziali sono determinati nelle tariffe di cui ai capitoli I, II, III, allegate al presente decreto". Ai sensi del successivo capitolo I, art. 10 del D.M. 127-2002 (Procedimenti arbitrali rituali. 1. Per i procedimenti davanti agli arbitri sono dovuti gli onorari stabiliti per le cause davanti ai giudici ordinari e speciali che sarebbero competenti a conoscere della controversia). Tuttavia nella tabella B, allegata al capito I, sono stabiliti i limiti minimi, medi e massimi per i diritti nel processo davanti agli arbitri. 7. Con il settimo motivo di ricorso viene denunciata "violazione artt. 816 c.p.c., 1374, 1460, 2233 c.c., in relazione all'art. 360, primo comma, n.3 c.p.c." Deduce la Regione che la Corte di Appello ha errato nel riconoscere all'avvocato Ia.Sa. il diritto al rimborso delle spese di trasferta a R in quanto la sede dell'arbitrato era stata inizialmente individuata in C e l'art. 816 c.p.c. nella formulazione vigente ratione temporis, non consentiva agli arbitri "di svolgere attività fuori sede". 7.1. Il motivo è infondato. La Corte di Appello ha dato conto del fatto che gli arbitri, a seguito della nomina del dottor Ma.Pe., residente e domiciliato in R , quale nuovo presidente del collegio in sostituzione del presidente originario, avevano disposto che parte dell'attività si svolgesse a R . Ha dato conto altresì del fatto che l'Avvocato Ia.Sa. aveva "notiziato" la regione della trasferta e che "non risultava che la Regione avesse mai chiesto all'avvocato Ia.Sa. di non accettare la trasferta e di richiede che il collegio si componesse in C ". Nella versione introdotta dalla l. 5 gennaio 1994, n. 25, art. 8, l'art. 816 c.p.c. prevedeva, per quanto interessa, che "Le parti determinano la sede dell'arbitrato nel territorio della Repubblica; altrimenti provvedono gli arbitri nella loro prima riunione". La tesi della ricorrente per cui la decisione degli arbitri di svolgere alcune attività in luogo - R - diverso da quello in cui essi avevano determinato la sede dell'arbitrato - C - dovrebbe incidere sul diritto del difensore ad ottenere il rimborso delle spese sostenute per il doveroso adempimento del mandato difensivo è privo di base logica. 8. Va, infine, precisato che - contrariamente a quanto assume il controricorrente a pag. 27 del controricorso - non esiste un nono motivo di ricorso. Non esiste neppure un ricorso incidentale per cui la Corte non è tenuta ad esaminare la questione - posta dall'avvocato Ia.Sa. a pagina 27 del controricorso - secondo cui "per una evidente svista, la Corte di Appello non ha compreso nelle spese la somma sborsata dall'avvocato Ia.Sa. per ottenere il visto di congruità sulla somma liquidata a titolo di onorario dal competente Consiglio dell'Ordine". 9. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. 10. Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. la Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a rifondere alla controparte le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 10.000,00, per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti. Ai sensi dell'art. 13, co. 1-quater del D.P.R. 115-2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma il 12 marzo 2024. Depositato in Cancelleria il 30 aprile 2024
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE PRIMA SEZIONE CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: MARIA ACIERNOPresidente LAURA TRICOMIConsigliere GIULIA IOFRIDAConsigliere-Rel. ELEONORA REGGIANIConsigliere DANIELA VALENTINOConsigliere Oggetto: APPALTO OPERE PUBBLICHE REVOCAZIONE Ud.07/03/2024 PU ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 17302/2022 R.G. proposto da: SOCIETÀ ITALIANA TRAFORO AUTOSTRADALE DEL FREJUS - SITAF S.P.A., elettivamente domiciliata in ROMA VIA G DONIZETTI 11, presso lo studio dell’avvocato MAGRI' FABRIZIO (MGRFRZ62R18F839H) che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati PRATO DOMENICO (PRTDNC58M18L219A), SCOTTI CAMUZZI SERGIO (SCTSRG37C13B653L), -ricorrente- contro IMPRESA COSTRUZIONI CAV ROZZI & C SPA IN LIQUIDAZIONE E CONCORDATO PREVENTIVO, elettivamente domiciliata in ROMA VIA PAOLO EMILIO 32, presso lo studio dell’avvocato FEROCI MARCO (FRCMRC66E01H501D) che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato VINTI STEFANO (VNTSFN60T27G273Y) -controricorrente- nonchè contro ONDULATO PICENO S.R.L., REAL FINANCE DI BORGIONI MAURIZIO & C SAS, -intimati- avverso ORDINANZA di CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE ROMA n. 11079/2022 depositata il 05/04/2022. Udito il Procuratore Generale, in persona della Dott.ssa Luisa De Renzis, che conclude per il rigetto del ricorso. Sentiti gli avvocati Fabrizio Magrì e Domenico Prato per la parte ricorrente e gli avvocati Mario Feroci e Stefano Vinti, che insistono nelle conclusioni dei rispettivi atti. Udita la relazione svolta nella udienza pubblica del 07/03/2024 dal Consigliere GIULIA IOFRIDA. FATTI DI CAUSA La Corte di Cassazione con ordinanza n. 11079/2022, pubblicata il 5/4/2022, ha respinto il ricorso principale di Società Italiana Traforo Autostradale del Frejus -SITAF spa e quello incidentale dell’Impresa Costruzioni Cav. Rozzi & C. spa avverso sentenza n 4131/2016 della Corte d’appello di Roma, con la quale, in giudizio di impugnazione del lodo arbitrale deliberato il 22/1272008 e depositato il 29/12/2008, in relazione alla esecuzione del contratto di appalto, concluso il 22 settembre 1989 da Sitaf, deputata, quale concessionaria dell’Anas, alla costruzione ed all’esercizio dell’autostrada “A22” (traforo del Fréjus e viabilità di adduzione), per la realizzazione del “Nodo di Borgone”, dichiarata inammissibile la questione pregiudiziale di incompetenza arbitrale sollevata da Sitaf, ha, in parziale accoglimento delle impugnazioni rispettivamente proposte dalle parti, dichiarato la nullità parziale del lodo, rideterminando il quantum dovuto da Sitaf all’Impresa Rozzi & Co., in proprio quale mandataria dell’ATI . Questa la ricostruzione in fatto descritta nell’ordinanza impugnata: a) Sitaf S.p.A., concessionaria dell’Anas, all’epoca Azienda autonoma statale, deputata alla costruzione ed esercizio dell’autostrada A22 (Traforo del Frejus e viabilità di adduzione), con contratto di appalto stipulato in data 22 settembre 1989, affidava all’impresa Cav. Costantino Rozzi, in proprio e quale mandataria dell’Ati costituita con altre quattro, la realizzazione del lotto denominato “Nodo di Borgone”, inserito nel tratto Susa (aeroporto)-Rivoli dell’ “Autostrada Torino Bardonecchia”; b) ultimati e consegnati i lavori, l’appaltatrice, ad integrazione di quanto corrisposto dalla committenza, provvedeva a formulare riserve nel conto finale e nel certificato di collaudo, con richiesta di riconoscimento di somme a titolo di compenso per “prezzo chiuso” ex art. 33 legge n. 41 del 1986; c) la mandataria dell’Ati, con atto notificato in data 13 maggio 2005, promuoveva nei confronti di Sitaf giudizio arbitrale, come disciplinato dall’art. 9 del contratto concluso tra le parti, «che stabiliva che eventuali controversie sarebbero state definite nei termini di cui all’art. 59 del Capitolato Speciale d’appalto con deferimento al giudizio arbitrale, ai sensi e nei modi previsti dal Capo VI del Capitolato Generale per l’Appalto dei Lavori Pubblici»; d) Sitaf «con atto di resistenza dell’1 giugno 2006, eccepiva l’inammissibilità della domanda d’arbitrato proposta dall’Ati attrice sia quanto alle modalità di nomina del presidente del costituendo collegio sia, in assoluto, sostenendo l’incompetenza di qualsivoglia collegio arbitrale, in favore della non derogata competenza dell’autorità giudiziaria ordinaria» e, nel merito, chiedeva il rigetto delle avverse domande, per maturata decadenza, per intempestività, delle riserve e della domanda di compenso per “prezzo chiuso”, in via subordinata e riconvenzionale, insistendo poi per la restituzione di quanto corrisposto all’appaltatrice a tale titolo; e) «in seguito ad intese raggiunte tra le parti, Sitaf rinunciava all’eccezione sulla nomina del terzo arbitro, provvedendo a concorrere alla nomina del presidente, secondo la legge di modifica dell’arbitrato n. 80 del 2005, nel frattempo entrata in vigore»; f) gli arbitri, nel lodo del dicembre 2008, ritenevano la propria competenza a conoscere della controversia nelle forme dell’arbitrato cd. amministrato, nella composizione a tre del collegio, di cui all’art. 32 della legge quadro n. 109 del 1994, e tanto nell’apprezzato carattere formale ed aperto del rinvio al Capitolato Generale dei Lavori Pubblici di cui al d.P.R. n. 1063 del 1962 contenuto nella clausola compromissoria che del primo avrebbe consentito l’applicabilità anche per le sue successive modifiche; g) Sitaf , con citazione del gennaio 2010, impugnava il lodo, dinanzi alla Corte d’appello di Roma, ai sensi dell’art. 828 cod. proc. civ. − nella formulazione all’epoca vigente ante d.lgs. n. 40 del 2006, risultando la domanda arbitrale proposta prima della sua entrata in vigore (art. 27, comma 4, d.lgs. cit.) − denunciando la nullità del lodo, ex art. 829, primo comma, nn. 1, 2 e 4 cod. proc. civ., per l’assoluta incompetenza degli arbitri, con conseguente cognizione della controversia al giudice ordinario (deducendo che il d.P.R. n. 1063 del 1962 e la successiva legge n. 109 del 1994, con la disciplina del c.d. arbitrato «amministrato», erano applicabili alle sole Amministrazioni dello Stato, mentre la Sitaf, concessionaria privata non lo era), e, in via subordinata, impugnava il lodo anche nel merito; h) le imprese costituite in Ati, a sua volta, impugnavano il lodo, in via incidentale, invocando una nuova quantificazione delle avanzate pretese; i) la Corte d’Appello di Roma, ritenuta l’inammissibilità della eccezione pregiudiziale sulla competenza perché, in ogni caso, incapace di condurre all’affermazione di nullità del lodo (si legge: «Per i giudici romani anche ove si fosse ritenuta la natura pattizia della competenza arbitrale – esclusa l’applicabilità a Sitaf, quale soggetto tenuto all’arbitrato, del Capitolato Generale dei Lavori Pubblici e della successiva legge quadro n. 109 del 1994 −, definita dal rinvio materiale e recettizio, contenuto nella clausola compromissoria, al d.P.R. n. 1063 del 1962, essa non sarebbe venuta meno per effetto della abrogazione della norma in contratto richiamata, restando ferma, in ogni caso, la previsione negoziale di deferimento in arbitri delle controversie. Le ulteriori questioni sulla composizione del collegio arbitrale e l’opzione in favore del giudice ordinario sono poi state ritenute inammissibili perché non prospettate agli arbitri, non avendo Sitaf precisato l’atto con cui le avrebbe proposte in quel giudizio»), aveva deciso nel merito sulle pretese avanzate dall’impresa, riconoscendo la fondatezza delle pretese sostanziali delle parti ed in parziale accoglimento delle impugnazioni, in via principale ed incidentale, proposte, aveva rideterminato l’ammontare delle somme riconosciute all’Ati in sede arbitrale. Questa Corte ha respinto, previa integrazione e correzione della motivazione della sentenza impugnata, i primi tre motivi di ricorso della Sitaf, tutti involgenti la questione relativa alla competenza degli arbitri a pronunciare in una controversia loro devoluta da clausola compromissoria ed alla denunciabilità della sua violazione nel giudizio di nullità celebrato dinanzi la Corte d’appello. In particolare, la ricorrente Sitaf lamentava: a) con il primo motivo, violazione di legge, in punto di inammissibilità della questione dell’incompetenza arbitrale, in quanto la terna arbitrale che aveva emesso il lodo – nella composizione e procedura di cui alla legge n. 109 del 1994, come modificata dal cd. decreto competitività, convertito nella legge n. 80 del 2005 − sarebbe stata priva della potestà di decidere, alternativa e derogatoria a quella del giudice ordinario, per non esserne stata investita dalla comune volontà negoziale, atteso che nella clausola arbitrale si era operato un rinvio materiale e fisso al testo normativo, al d.P.R. n. 1063 del 1962, e Sitaf non aveva manifestato una intenzione contraria dinanzi agli arbitri, insistendo nella nullità dell’adottando lodo per difetto assoluto di competenza; b) con il secondo motivo, violazione dell’art.1372 c.c. e del principio dell’autonomia contrattuale, per avere la Corte di merito ritenuto che, pur dopo l’emanazione della legge n. 109 del 1994, sarebbe comunque rimasta in vigore la previsione pattizia di deferimento in arbitri delle controversie, per effetto della, erronea, «natura formale del rinvio contenuto nella clausola arbitrale al d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, contenente “Approvazione del capitolato generale d'appalto per le opere di competenza del Ministero dei lavori pubblici”, con conseguente sostituzione della previsione negoziale con la disciplina, sopravvenuta, di cui alla legge quadro n. 109 del 1994 (art. 32, comma 4)» e senza considerare «che la volontà negoziale (art. 9 del contratto ed art. 59 del Capitolato speciale d’appalto allegato al contratto e da questo richiamato) era nel senso che le controversie sarebbero state deferite all’arbitrato previsto e regolato dalle norme del capo VI del Capitolato Generale e quindi all’arbitrato nel modello dei cinque arbitri nominati nei modi ivi prescritti (art. 45 C.G.A.) e non, genericamente, ad un qualsiasi arbitrato o, ancora, a quello previsto nel codice di rito civile»; con il terzo motivo, vizio ex artt.112 e 113 c.p.c. e di omesso esame di fatto decisivo, rappresentato dalla declinazione dell’arbitrato espressa da Sitaf. per essersi la Corte d’appello sottratta al dovere di giudicare, dichiarando inammissibile la doglianza circa le questioni «sul numero degli arbitri» e «sull’opzione per il giudizio ordinario», considerato che si era dedotta in giudizio la questione dell’incompetenza generale degli arbitri, perché «la composizione “a tre” degli arbitri prevista dalla legge quadro n. 109 del 1994, nella cui applicazione era stato celebrato l’arbitrato, non era quella “a cinque”, di cui al d.P.R. n. 1063 del 1962, invece voluta dalle parti nella clausola compromissoria», l’ «applicabilità della legge n. 109 del 1994 (art. 32, comma 4, legge quadro), quale diretta conseguenza della natura “formale” del rinvio contenuto in contratto alle norme del Capitolato Generale, non sarebbe valsa a trasformare in obbligatorio l’arbitrato previsto come facoltativo nella clausola compromissoria, urtando ogni contraria conclusione con la giurisprudenza della Corte costituzionale (sentenza n. 152 del 1996)», «la sostituzione dell’arbitrato voluto dalle parti con un’altra figura avrebbe determinato una violazione delle garanzie costituzionali e convenzionali (artt. 24, 25, 111, 10 Cost.; art. 6 Cedu), da apprezzarsi ancora più grave là dove il nuovo arbitrato si fosse ritenuto obbligatorio e non declinabile in favore della giurisdizione ordinaria», «la volontà di Sitaf di non sottoporsi all’arbitrato, che ben poteva essere espressa senza vincoli di forma, era stata effettuata sin dall’atto di resistenza alla domanda di arbitrato e con l’eccezione di incompetenza del collegio arbitrale in favore del giudice ordinario, ribadita nel corso di tutto il processo arbitrale». Questa Corte, nel respingere i motivi, nell’ordinanza qui impugnata per revocazione, ha affermato che: a) la fonte di previsione della competenza arbitrale era negoziale, considerato che Sitaf S.p.A. quale concessionaria di lavori pubblici, incaricata da Anas S.p.A., azienda di Stato all’epoca della stipula del contratto, non rientra tra i soggetti rispetto ai quali trova applicazione il d.P.R. n. 1063 del 1962 (art. 42 e ss.) e la successiva legge n. 109 del 1994 (art. 32), segnatamente in punto di definizione arbitrale delle controversie; b) ciò costituiva l’incontestata premessa del ragionamento della Corte d’appello, che, esclusa l’applicabilità in iure del Capitolato Generale (avente, per giurisprudenza consolidata, natura e valore normativo, di regolamento di organizzazione, soltanto nei confronti delle amministrazioni dello Stato, mentre per gli altri enti, ancorché tenuti ad uniformare i propri capitolati a quello generale dello Stato, le previsioni di quest’ultimo costituiscono clausole negoziali, operanti per volontà pattizia), ha ritenuto la natura negoziale della fonte, modellando l’operatività dell’arbitrato sul «rinvio materiale recettizio» dalla previsione negoziale alla norma esterna di disciplina (vedi infra sub nn. 4.5. e 4.6.), sempre sulla base di giurisprudenza consolidata (secondo cui, « una volta che la volontà contrattuale delle parti abbia recepito le previsioni del Capitolato Generale, nel testo vigente al momento in cui il contratto è stato concluso, l'intero rapporto è retto, e deve trovare svolgimento secondo la relativa disciplina, le cui eventuali sopravvenute modificazioni varranno come prescrizioni alle quali l’ente deve uniformare il proprio capitolato ed i propri contratti senza che esse possano, in via diretta, alterare il regime pattizio, sia esso sostanziale che processuale, come quello relativo alla competenza del giudice ordinario in alternativa a quella del collegio arbitrale, dei contratti in corso (Cass. n. 178 cit.; in termini: Cass. 21/06/2000, n. 8420; Cass. 24/06/2008, n. 17083)», in quanto «le successive vicende di modifica-abrogazione – della norma recepita nel contenuto del contratto di appalto di opere pubbliche - possono spiegare influenza sul rapporto solo se, e quando, le parti manifestino, anche tacitamente, la volontà di tenerne conto a modificazione dei pregressi accordi (Cass. 06/08/2015, n. 16544; Cass. 30/03/2011, n. 7197; Cass. n. 7083 del 2008; Cass. n. 12416 del 2004) »); c) nella specie, la ricorrente Sitaf si doleva sostanzialmente del fatto che «una volta effettuata dalle parti nel contratto comprensivo della clausola compromissoria, l’opzione per un modello di giudizio arbitrale − nella fattispecie in esame nella composizione “a cinque” del collegio fissata dal d.P.R. n. 1063 del 1962, espressamente richiamato, attraverso il meccanismo della relatio perfecta, nel contratto di appalto concluso il 22 settembre 1989 − la celebrazione di quello stesso giudizio secondo il diverso modello “a tre” del collegio arbitrale, in applicazione della legge quadro dei lavori pubblici, la n. 109 del 1994, successivamente entrata in vigore −» avrebbe non solo comportato un vulnus all’autonomia negoziale, ma realizzato, anche, «l’imposizione alle parti di un arbitrato obbligatorio, che si esporrebbe a certa censura di illegittimità costituzionale (art. 24 Cost.)», mentre, all’impossibilità di attuazione dell’arbitrato nelle uniche forme previste in contratto, non residuava che l’insorgenza della cognizione del giudice ordinario; d) tanto premesso, poiché «per il meccanismo del rinvio materiale l’autonomia negoziale delle parti (art. 1372 cod. civ.) diviene fonte della devoluzione della controversia alla cognizione arbitrale, cristallizzando competenza e disciplina alle previsioni della legge richiamata, secondo forma e contenuti vigenti all’epoca della stipula del contratto che divengono vincolanti, in quanto oggetto della libera pattuizione tra i contraenti», occorreva valutare «se, e per quali meccanismi e con quali costi, siffatta pattuizione possa rimanere in vigore tra le parti, secondo contenuti differenti, modellati sulle norme entrate in vigore successivamente a quelle espressamente richiamate in contratto»; e) le doglianze di Sitaf erano infondate poiché «durante il procedimento Sitaf ha espressamente rinunciato all’eccezione di incompetenza del collegio arbitrale in favore di quella del giudice ordinario», avendo «raggiunto un accordo con l’altra parte sulla nomina del Presidente del collegio arbitrale secondo la disciplina all’epoca in vigore che, anche in materia di lavori pubblici − venuto meno l’arbitrato camerale cd. amministrato (art. 32 l. n. 109 del 1994; art. 150 e ss. Regolamento n. 554 del 1999 e d.m. n. 398 del 2000, che affidava la designazione del terzo membro alla Camera arbitrale), all’esito dell’intervento del Consiglio di Stato con la sentenza n. 6337 del 17 ottobre 2003 − stabiliva (cfr. art. 5, comma 16 sexies, d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80) l’applicabilità delle norme sull’arbitrato ordinario contenute nel codice di rito civile (art. 806 e ss. cod. proc. civ.) e, tra queste, quelle sulla competenza delle parti a nominare gli arbitri», cosicché in siffatta cornice normativa, l’accettazione della competenza del collegio ordinario, ovverosia di quello disciplinato dall’art. 806 e ss. cod. proc. civ., attraverso il consenso prestato dalla parte alla scelta del Presidente, è «scelta produttiva di effetti», sotto un duplice profilo; f) anzitutto, sotto l’aspetto del nuovo consenso o nuova manifestazione di volontà negoziale, in termini di «modifica degli accordi raggiunti in contratto dagli stipulanti sull’arbitrato e sulle forme del suo svolgimento e che le intervenute modifiche- abrogazioni ab externo delle norme del Capitolato statale, in quanto aventi la stessa natura e portata dell’atto negoziale che fa rinvio ad esse, spieghino come tali influenza sul rapporto contrattuale (Cass. 06/08/2015, n. 16544; la giurisprudenza richiamata supra, sub par. n. 4.5. e, ancora, Cass. 17/10/2018, n. 26007)», avendo peraltro questa Corte già affermato «che la legittimità della pattuizione di una clausola compromissoria che, in deroga all’art. 45 del d.P.R. n. 1063 del 1962, richiamato nel contratto di appalto stipulato tra l’ente pubblico e la società appaltatrice, preveda la costituzione di un collegio arbitrale composto da tre anziché da cinque membri ed il cui contenuto, non evincibile da un unico documento avente forma scritta, risulti dalle condotte reciprocamente assunte dalle parti» e che «la notificazione della domanda di arbitrato, nella contestuale nomina dell’arbitro ed invito all’ente pubblico a nominare l'arbitro di competenza e, dall’altro, con la nomina dell’arbitro e la successiva designazione del terzo con funzioni di presidente del collegio arbitrale, con invito alla controparte ad esprimere la relativa accettazione, poi espressa dalla società appaltatrice (Cass. 08/05/2014, n. 10.000)»; g) inoltre il «rinnovato accordo sulla competenza per la diversa pattuita composizione del collegio giudicante» rappresentava una causa ostativa «a che la parte che abbia prestato in tal senso il proprio consenso possa denunciare la nullità del lodo per difformità della composizione del collegio che ha pronunciato, rispetto a quella stabilita in contratto», in quanto, stante la tassatività dei vizi denunciabili ex art.829 c.p.c. (nel testo applicabile ratione temporis, ante Riforma 2006) e dovendosi distinguere tra nullità denunciabile in ogni tempo e rilevabile anche d’ufficio e nullità attenuata, rimessa alla disponibilità delle parti e come tale rinunciabile, «nelle più semplici ipotesi di nomine avvenute con modalità diverse da quelle previste dalle parti o, in mancanza, dal codice di rito civile, si assiste ad una ipotesi di irregolare composizione del collegio decidente, che può costituire motivo di impugnazione soltanto quando essa sia stata già denunciata nel corso del giudizio arbitrale (in termini, sul principio: Cass. 03/06/2004, n. 10561, che richiama in motivazione: Cass. 14588 del 1999; Cass. n. 1066 del 2002; Cass. n. 14182 del 2002; Cass. 23/03/2006, n. 6425; Cass. 08/10/2014, n. 21215)» e quindi la nullità per nomina degli arbitri invalida, «di minor grado», non è deducibile in Corte d’appello «ove non lo sia stata nel giudizio arbitrale, intendendosi sanata, nella sua disponibilità, nel silenzio serbato dalla parte nel corso del procedimento arbitrale, il che equivale alla volontà di rinuncia alla relativa eccezione»; h) nella specie, era incontestato che Sitaf si era accordata con l’altra parte sulla nomina del Presidente in una composizione «a tre» del collegio arbitrale, secondo il modello definito dall’art. 32 legge n. 109 del 1994, modificato dalla legge n. 415 del 1998, e dall’art. 150 d.P.R. n. 554 del 1999, ratione temporis applicabile, inizialmente previsto nelle forme del cd. arbitrato amministrato, secondo il quale la nomina del Presidente interveniva da parte dell’organismo amministrativo della Camera arbitrale, e poi successivamente novellato dall’art. 16 sexies d.l. n. 35 del 2005, convertito con modificazione nella l. n. 80 del 2005, che ha rimesso invece all’accordo delle parti quella stessa nomina, con intervento della Camera arbitrale solo in via residuale, in difetto di consenso, e la ricorrente, per l’esercitata opzione, aveva «rinunciato ad ogni diversa composizione del collegio arbitrale, fermo il rilievo che l’attuato passaggio dalla struttura “a cinque” di cui al d.P.R. n.1063 del 1962, come richiamato in contratto, alla diversa composizione “a tre”, prevista dal sistema dell’arbitrato cd. amministrato introdotto dalla legge n. 109 del 1994, come novellato dal l. n. 80 del 2005, non vale ad immutare la natura dell’arbitrato, da facoltativo, secondo i contenuti del Capitolato Generale cit. (art. 45 e ss.), ad obbligatorio o, comunque, “imposto”, con conseguente vulnus all’accesso alla tutela giurisdizionale dei diritti presidiato in via costituzionale (art. 24 Cost.), operando esso, senza soluzione di continuità, nel passaggio tra l’uno e l’altro modello», essendo, infatti, l’esito di «una opzione esercitata dalle parti, per tacita modifica dei pregressi accordi» e dovendo, per superare l’eventuale dubbio posto dal richiamo a norme non applicabili, prescegliersi, per il principio di conservazione del contratto dii cui al’art.1367 c.c., un’interpretazione della clausola nel senso che essa abbia effetto, anziché non averlo; i) di conseguenza, era del tutto corretto il giudizio di inammissibilità espresso dalla Corte d’appello, essendosi escluso che il motivo, così come dedotto, potesse portare alla declaratoria di nullità del lodo per incompetenza degli arbitri che lo avevano pronunciato, trattandosi di nullità rinunciabile e nella specie rinunciata, con la conseguente stimata carenza di interesse della ricorrente a proporre il motivo di invalidità del lodo; l) quanto alla doglianza relativa alla declinatoria della competenza arbitrale nell’opzione espressa dalla parte per il giudizio ordinario, si trattava « di motivo reiterativo di questione già correttamente risolta dai giudici dell’impugnata sentenza, non avendo la ricorrente indicato in quale atto davanti agli arbitri avrebbe fatto valere la declinatoria della competenza arbitrale» ma, in ogni caso, la censura era infondata, in quanto «la declinatoria della competenza arbitrale definisce una questione che è nella disponibilità delle parti e che, come tale, deve essere oggetto di rinuncia da adottarsi nelle forme di legge, entrando essa nel processo previa espressa sua deduzione, che consenta al giudice del merito l’accertamento di una univoca volontà contraria all’accettazione di quella competenza … (ex pluribus, cfr: Cass. 19/03/2014, n. 6290; Cass. 17/09/2014, n. 19531) » e, nella specie, una tale univoca manifestazione di volontà era rimasta indimostrata, non essendo sufficiente il «richiamo, operato in ricorso, a dichiarazioni rese nel corso del giudizio che − non meglio individuate, come correttamente rileva la corte d’appello − la parte avrebbe svolto nell’atto di resistenza davanti agli arbitri». Passando all’esame dei motivi attinenti al merito della vertenza, per quanto in questa sede (giudizio di revocazione) interessa, questa Corte, nell’ordinanza 11079/22, ha ritenuto, sotto un primo profilo, infondati i motivi decimo e undicesimo, con i quali la ricorrente denunciava, in relazione alla statuizione sull’impugnazione incidentale sul c.d. «prezzo chiuso», la violazione dell’art. 33 della legge n. 41 del 1986 e dell’art. 1372 cod. civ. e l’omesso esame di un fatto decisivo, per avere la Corte di merito accolto le richieste dell’impresa di ulteriori somme a titolo di «prezzo chiuso», dopo aver qualificato come ammissibile l’appello incidentale, ritenendo che gli importi dovuti dovessero essere quantificati «con il metodo globale per il quale doveva tenersi conto anche della sospensione ascrivibile a Sitaf, così per una durata complessiva dei lavori pari a tre anni», laddove il calcolo degli anni, determinato in tre a fronte degli originari 340 gg. previsti in contratto, su cui computare il cd. «prezzo chiuso», era errato, dovendo lo stesso individuarsi nella «minore misura di un anno». La Corte d’appello aveva, al riguardo, accolto il motivo di gravame incidentale dell’appaltatrice, con il quale si contestava che Sitaf, nel corso del rapporto, aveva riconosciuto il prezzo chiuso in relazione ai tre anni di durata dell’appalto ma erroneamente quantificandoli con il metodo c.d. scalare invece che con quello globale. Questa Corte, richiamata la consolidata giurisprudenza di legittimità, ha ritenuto corretta la quantificazione del cd. «prezzo chiuso» «con metodo globale, con riferimento a quelli che sono i tempi “effettivi” durata dei lavori commessi e non quelli previsti in contratto», cosicché, essendo la ratio dell’istituto del «prezzo chiuso» «quella di forfetizzare convenzionalmente il rischio contrattuale rispetto a variazioni eccessive dei prezzi dei materiali e della manodopera in corso di rapporto, mediante un sistema di computo degli aumenti automatico e sganciato da un preciso collegamento con l'inflazione reale» (Cass. 18/05/2012, n. 7917), negli appalti di opere pubbliche soggetti alla disciplina del «prezzo chiuso», nella determinazione della maggiorazione del 5 per cento del prezzo del lavoro al netto del ribasso di asta «per ogni anno intero previsto per l'ultimazione dei lavori», a norma dell'art. 33, quarto comma, della legge 28 febbraio 1986 n. 41 (applicabile "ratione temporis"), si doveva tenere conto dei periodi di sospensione totale dei lavori per fatti non imputabili all'appaltatore. Nella specie, la Corte d’Appello di Roma si era attenuta all’indicato principio nella individuata ratio della norma applicabile, l’art.33 citato, provvedendo quindi, correttamente ed in riforma del lodo impugnato, «a computare nella durata dei lavori, stimata in tre anni, periodo su cui calibrare l’ammontare del “prezzo chiuso”, anche la sospensione ascrivibile a Sitaf ed il motivo di ricorso che quella ratio e quegli esiti applicativi della norma contesta (art. 33 cit.)». Le ulteriori doglianze, sempre relative a tali motivi di ricorso in esame, erano inammissibili per novità, «trattandosi di critica non accompagnata dalla deduzione di una tempestiva allegazione dinanzi alla corte di merito (natura e durata della sospensione e procurata locupletazione per la riconosciuta incidenza sul cd. prezzo chiuso)» e comunque infondati in punto di denuncia dell’ingiustificato arricchimento che verrebbe all’impresa, essendo le somme, riconosciute a titolo di prezzo chiuso, integrative del corrispettivo d’appalto. Avverso la suddetta pronuncia notificata il 3/5/2022 Società Italiana Traforo Autostradale del Frejus -SITAF spa propone ricorso per revocazione, notificato il 1°/7/2022, affidato a due motivi, nei confronti di Impresa Costruzioni Cav. Rozzi & C. spa, in proprio nonché quale capogruppo della A.T.I. costituita con le società Rizzani De Eccher spa, Impresa Pizzarotti & C. spa, CO.GE.FA. spa, Impresa spa, (che resiste con controricorso notificato il 29/7/2022) e di Ondulato Piceno srl, Real Finance di Borgioni Maurizio & C. sas ora Borgioni Imballaggi srl (che non svolgono difese ). Il P.G. ha depositato memoria, chiedendo il rigetto del ricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie. RAGIONI DELLA DECISIONE 1.La ricorrente lamenta i seguenti vizi «revocatori» ex art.395 n. 4 c.p.c.: a) con il primo motivo, che questa Corte avrebbe «errato…a condividere la decisione della Corte d’appello circa l’inammissibilità della censura di SITAF sull’incompetenza arbitrale» e che tale pronuncia sarebbe «frutto dell’erronea supposizione…di una circostanza di fatto inesistente e cioè che sano intervenuti degli accordi modificativi della clausola compromissoria originale stipulata in contratto», denunciando che, erroneamente, sarebbe stata respinta la censura di incompetenza del collegio arbitrale (per difformità della composizione rispetto a quanto stabilito in contratto), sul presupposto, inesistente, che la Sitaf non l’avesse rappresentata al Collegio o comunque vi avesse rinunciato, nonché per avere qualificato erroneamente l’accettazione della nomina del terzo arbitro e dei componenti del Collegio quale nuovo accordo delle parti sulla diversa composizione del Collegio giudicante rispetto a quanto originariamente stabilito e per avere affermato, pur avendo definito l’arbitrato come negoziale, che lo stesso era declinabile, mentre il regime della declinatoria non si applica all’arbitrato contrattuale; b) con un secondo motivo, per avere questa Corte quantificato il prezzo chiuso sulla durata dei lavori stimata in tre anni anziché in due anni, non avendo correttamente considerato «elementi di fatto che chiaramente emergono dai documenti depositati nel corso del giudizio». Si solleva quindi questione di legittimità costituzione dell’art.384 c.p.c., laddove si consente alla Corte di Cassazione di confermare la sentenza pur modificando la e correggendo la motivazione, con lesione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, e dell’art.33 l.41/1986. 2. La prima censura è inammissibile. 2.1. Assume la ricorrente che questa Corte, nell’ordinanza n. 11079/2022 (ma anche in quelle 11075/2022 e 10845/2022, oggetto di separati ricorsi per cassazione proposti dalla stessa SITAF) avrebbe giudicato come se la SITAF – accettando di concorrere alla nomina del terzo arbitro – avesse rinunciato ad eccepire l’assoluta incompetenza del collegio arbitrale a giudicare nel merito della causa, laddove, da tutti gli atti di causa, a cominciare dall’atto di resistenza alla sua chiamata avanti il collegio arbitrale notificato dalla SITAF in data 1° giugno 2005 (documento prodotto agli atti del collegio arbitrale e riprodotto agli atti del presente giudizio sub (C) 1.2) e poi successivamente in tutti gli atti introduttivi e conclusivi delle procedure svolte, in prima fase avanti il collegio arbitrale, in seconda fase avanti la Corte d’Appello e infine avanti la Corte Suprema di Cassazione, SITAF, ha sempre specificamente espresso in via pregiudiziale e poi mantenuto l’eccezione di assoluta incompetenza del collegio arbitrale, in favore della competenza dell’AGO. In sostanza, la ricorrente avrebbe sempre domandato che il collegio arbitrale, in via preliminare/pregiudiziale, dichiarasse la propria incompetenza cosicché essa SITAF, concorrendo alla nomina del presidente del collegio, riconosceva che esso, era competente ma soltanto a dichiarare la propria incompetenza, ma certamente tale adesione non poteva valere, nemmeno implicitamente, a conferire al collegio il potere di giudicare nel merito, ciò che la SITAF chiedeva preliminarmente di dire). Anche nell’udienza pubblica si è ribadito che non vi era stata rinuncia all’eccezione di incompetenza degli arbitri, in quanto era intervenuto accordo con la controparte soltanto diretto ad accettare la nomina del Presidente del collegio arbitrale in luogo di quella tramite Camera arbitrale secondo le regole vigenti all’epoca. Altro errore revocatorio sarebbe consistito nell’avere ritenuto che la formazione di un consenso fra le parti circa una composizione del collegio arbitrale diversa da quella prevista nell’originario contratto di appalto (tre arbitri anziché cinque) implicasse un accordo novativo sulla composizione del collegio arbitrale. Ulteriore errore revocatorio sarebbe consistito nell’avere la Corte d’appello, prima, ritenuto l’arbitrato posto in essere dalle parti di natura negoziale e, poi, affermato che l’arbitrato era declinabile e dato rilievo al fatto che non si era indicato «in quale atto davanti agli arbitri» la declinatoria della competenza arbitrale sarebbe stata fatta valere. L’errore di fatto risulterebbe evidente «perché il regime della declinatoria non era applicabile al procedimento arbitrale in parola trattandosi di arbitrato contrattuale e non obbligatorio, voluto dalle parti in forza del richiamo recettizio alle norme del capitolato generale», cosicché la competenza arbitrale, ove sussistente, non sarebbe stata declinabile. 2.2. L'errore revocatorio, previsto dall'art. 395, n. 4, cod. proc. civ., non può riguardare la violazione o falsa applicazione di norme giuridiche, deve consistere in un errore di percezione e deve avere rilevanza decisiva, oltre a rivestire i caratteri dell'assoluta evidenza e della rilevabilità sulla scorta del mero raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti o documenti del giudizio, senza che si debba, perciò, ricorrere all'utilizzazione di argomentazioni induttive o a particolari indagini che impongano una ricostruzione interpretativa degli atti medesimi. Questa Corte (Cass.17443/2008) ha chiarito che «l'errore di fatto, quale motivo di revocazione della sentenza ai sensi dell'art. 395, richiamato per le sentenze della Corte di cassazione dall'art. 391-bis cod. proc. civ., deve consistere in una falsa percezione di quanto emerge dagli atti sottoposti al suo giudizio, concretatasi in una svista materiale su circostanze decisive, emergenti direttamente dagli atti con carattere di assoluta immediatezza e di semplice e concreta rilevabilità, con esclusione di ogni apprezzamento in ordine alla valutazione in diritto delle risultanze processuali». Questa Corte (Cass.10466/2011) ha altresì precisato che «in tema di revocazione delle sentenze della Corte di Cassazione configurabile solo nelle ipotesi in cui essa sia giudice del fatto ed incorra in errore meramente percettivo non può ritenersi inficiata da errore di fatto la sentenza della quale si censuri la valutazione di uno dei motivi del ricorso ritenendo che sia stata espressa senza considerare le argomentazioni contenute nell'atto d'impugnazione, perché in tal caso è dedotta un'errata considerazione e interpretazione dell'oggetto di ricorso»; deve escludersi che un motivo di ricorso sia suscettibile di essere considerato alla stregua di un "fatto" ai sensi dell'art. 395, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., potendo configurare l'eventuale omessa od errata pronunzia soltanto un "error in procedendo" ovvero "in iudicando", di per sé insuscettibili di denuncia ai sensi dell'art. 391 bis cod. proc. civ. (Cass. 7064 del 2002, la quale ha appunto escluso la configurabilità di un errore revocatorio nel caso di pretesa errata valutazione ed interpretazione dei motivi del ricorso per cassazione; Cass. 6198 del 2005; Cass. 24856/2006; Cass.5221/2009; Cass14937/2017; Cass. 20635/2017; Cass. 17179/2020). In sostanza , in tema di revocazione per errore di fatto, l'erronea percezione degli atti di causa (nella quale si sostanzia l'errore in parola) postula la esistenza di un contrasto tra due diverse rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti rispettivamente l'una dalla sentenza impugnata e l'altra dagli atti processuali (sempre che la realtà desumibile dalla sentenza sia frutto di supposizione e non anche di valutazione o di giudizio). Più specificamente, per quanto attiene alla revocazione delle sentenze della Corte di Cassazione, la configurabilità di tale contrasto presuppone che la decisione appaia fondata sull'affermazione di esistenza o di inesistenza di un fatto che per converso la realtà effettiva (quale documentata in atti) induce rispettivamente, ad escludere od affermare, così che il fatto in questione sia percepito e portato ad emersione nello stesso giudizio di cassazione nonché posto a fondamento dell'argomentazione logico - giuridica conseguentemente adottata dal giudice di legittimità. L'errore di fatto non è quindi ravvisabile nell'ipotesi di errore costituente il frutto di un qualsiasi apprezzamento delle risultanze processuali, ossia di una viziata valutazione delle prove o delle allegazioni delle parti, essendo esclusa dall'area degli errori revocatori la sindacabilità di errori di giudizio formatisi sulla base di una valutazione. Pertanto l'errore di fatto consiste in un errore meramente percettivo che in nessun modo coinvolga l'attività valutativa del giudice di situazioni processuali esattamente percepite nella loro oggettività; ne consegue che non è configurabile l'errore revocatorio per vizi della sentenza che investano direttamente la formulazione del giudizio sul piano logico – giuridico. Le Sezioni Unite (Cass. 31032/2019) hanno ulteriormente chiarito che «L'impugnazione per revocazione delle sentenze della Corte di cassazione è ammessa nell'ipotesi di errore compiuto nella lettura degli atti interni al giudizio di legittimità, errore che presuppone l'esistenza di divergenti rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti una dalla sentenza e l'altra dagli atti e documenti di causa; pertanto, è esperibile, ai sensi degli artt. 391-bis e 395, comma 1, n. 4, c.p.c., la revocazione per l'errore di fatto in cui sia incorso il giudice di legittimità che non abbia deciso su uno o più motivi di ricorso, ma deve escludersi il vizio revocatorio tutte volte che la pronunzia sul motivo sia effettivamente intervenuta, anche se con motivazione che non abbia preso specificamente in esame alcune delle argomentazioni svolte come motivi di censura del punto, perché in tal caso è dedotto non già un errore di fatto (quale svista percettiva immediatamente percepibile), bensì un'errata considerazione e interpretazione dell'oggetto di ricorso e, quindi, un errore di giudizio». 2.3. Nell’ordinanza revocanda, questa Corte ha ritenuto che l’accettazione della competenza del Collegio arbitrale fosse stata espressa attraverso la scelta del suo Presidente, effettuata da SITAF, in accordo con la controparte, a modifica degli accordi originariamente raggiunti sul punto. Volizione questa ritenuta incompatibile con la volontà di ricusare la competenza arbitrale. Il fatto che, di poi, SITAF abbia, anche reiteratamente, eccepito l’incompetenza del Collegio arbitrale non esclude l’esistenza della suddetta circostanza fattuale, sulla quale si è fondata la decisione della Corte di cassazione. Il motivo di ricorso per revocazione si fonda o sulla deduzione di fatti successivi alla suddetta scelta (la reiterazione nelle varie fasi processuali della eccezione di incompetenza) o sulla irrilevanza di tale scelta (che sarebbe stata compiuta al solo fine di invocare davanti al Collegio arbitrale la sua stessa incompetenza) o sulla inconferenza al caso di un precedente arresto di legittimità relativo alla valenza di accettazione della competenza arbitrale riconducibile al compimento di determinati atti genetici del Collegio (Cass. Sez. I, 10000/2014, precedente richiamato in motivazione nella ordinanza n. 11079). In sostanza, non si rimprovera alla Corte di cassazione di avere commesso un errore di fatto nel ritenere sussistente, contrariamente al vero, la scelta consensuale del Presidente del Collegio arbitrale e la composizione di questo in modo difforme da quanto originariamente pattuito (tre arbitri in luogo di cinque), ma un errore di diritto nell’avere ritenuto che tale fatto concretasse accettazione della competenza arbitrale, nel senso sia di nuovo consenso o nuova manifestazione di volontà negoziale, in termini di «modifica degli accordi raggiunti in contratto dagli stipulanti sull’arbitrato e sulle forme del suo svolgimento», sia di rinuncia alla relativa eccezione di nullità per nomina degli arbitri invalida. Si contesta, insomma, non una mera svista percettiva della Corte di cassazione, ma una sua errata interpretazione degli atti processuali. Il terzo errore fattuale denunciato – con il quale si deduce solo una contraddizione interna nella motivazione dell’ordinanza revocanda –corrisponde semmai ad un error in judicando sul regime della declinatoria della competenza arbitrale. Quanto, infine, alla lamentata illegittimità costituzionale dell’art. 384, comma 4, c.p.c., nella parte in cui consente alla Corte di cassazione di correggere la motivazione della sentenza impugnata, quando il suo dispositivo sia comunque conforme a diritto, pacificamente applicabile anche agli errores in procedendo eventualmente commessi dal giudice del merito (Cass. Sez. II, 1669/2023. Sez. III, 15810/2005; 5962/2001), essa appare manifestamente infondata. Trattasi, infatti, di norma che tende a tutelare la ragionevole durata del processo, impedendone una inutile regressione nel caso in cui la decisione sia risultata, in ogni caso, conforme a diritto e quindi non emendabile, se non nel suo tessuto argomentativo. Inoltre la questione è priva di rilevanza rispetto al giudizio di revocazione che si fonda su presupposti del tutto diversi ed autonomi, cosicché in sede di revocazione non può prospettarsi un’eccezione d’illegittimità costituzionale relativa al rispetto del diritto di difesa nel giudizio di legittimità che ha dato luogo alla pronuncia impugnata. 3. Il secondo motivo di ricorso è del pari inammissibile. Si denuncia l’errore di fatto revocatorio, con riferimento alla valutazione dell’incremento del corrispettivo spettante all’appaltatore a titolo di c.d. «prezzo chiuso», ex art. 33, comma 4, l. 28.2.1986, n. 41 (nel testo applicabile ratione temporis), in quanto calcolato erroneamente, sulla base di computo, erroneo, degli anni interi cui tale incremento andava ancorato (due e non tre).Assume la ricorrente che unica questione controversa era se rilevassero o meno i periodi di sospensione dei lavori ai fini dell’applicazione della maggiorazione. Ora, il sistema di calcolo degli anni interi venne posto a base del motivo dell’originario ricorso per cassazione (pagg. 96-98), avverso il § 11 della sentenza della Corte di appello di Roma, e ribadito nella memoria SITAF del 7.2.2022, alle pagg. 56-58. Peraltro, il motivo di ricorso e, conseguentemente, l’ordinanza revocanda, trattavano unicamente la questione della computabilità, al fine sopraddetto, del periodo di tempo nei quali i lavori vennero sospesi, non anche la questione, meramente matematica, della durata dei lavori, al lordo di tali tempi. Orbene, questa Corte, nell’ordinanza n. 11079/2022, dopo avere ritenuto infondata la violazione di legge (art.33 l.41/1986), denunciata nei motivi decimo ed undicesimo del ricorso Sitaf, ha ritenuto le altre doglianze, pure formulate negli stessi motivi, inammissibili per novità, «trattandosi di critica non accompagnata dalla deduzione di una tempestiva allegazione dinanzi alla corte di merito (natura e durata della sospensione e procurata locupletazione per la riconosciuta incidenza sul cd. prezzo chiuso)». Trattasi dunque sempre di un giudizio di inammissibilità espresso sul motivo di ricorso, non denunciabile come errore revocatorio. 4. Per tutto quanto sopra esposto, va dichiarato inammissibile il ricorso. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi € 8.000,00, a titolo di compensi, oltre € 200,00 per esborsi, nonché al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13. Così deciso, a Roma, nella camera di consiglio del 7 marzo 2024. La Consigliera est. La Presidente Giulia Iofrida Maria Acierno
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Sesta ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 3397 del 2023, proposto da: Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Po. It. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Fa. Ci., Da. Ru. e Fl. Sp., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (I.N.P.S.), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Da. An., con domicilio digitale come da PEC; nei confronti Fu. Gr. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio; e con l'intervento di ad adiuvandum: Consorzio di Tu. A.R., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Si. La. e Al. Bo., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per la riforma: della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio - sede di Roma Sezione Quinta n. 01012/2023, resa tra le parti. Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Po. It. s.p.a. e dell'I.N.P.S.; Visto l'atto di intervento ad adiuvandum del Consorzio di Tu. A.R.; Vista l'ordinanza collegiale n. 8164/2023 con la quale la Sezione ha disposto il deferimento all'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato del quesito ivi indicato; Vista l'ordinanza collegiale n. 18/2023 con la quale l'Adunanza plenaria ha restituito gli atti alla Sezione; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 marzo 2024 il Consigliere Lorenzo Cordì e uditi, per le parti, l'avvocato dello Stato Da. Di Gi. e gli avvocati Fa. Ci., Da. Ru., Fl. Sp., Da. An. e Si. La.; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. L'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha interposto appello avverso la sentenza n. 1012/2023 con la quale il T.A.R. per il Lazio - sede di Roma Sezione Quinta ha respinto il ricorso ex art. 21-bis della L. n. 287/1990 proposto dalla stessa Autorità avverso gli atti della gara di appalto n. 2931662, indetta dall'I.N.P.S. ai sensi degli artt. 54, comma 3, e 55 del D.Lgs. n. 50/2016 (CIG: 9002366B6D, 9004957598, 9004965C30, 9004976546, 9004981965, 90049911A8, 9005020994, 900503237D, 9005039942, 9005049185, 90050545A4, 9005060A96, 9005064DE2, 90051168CD, 90051282B6, 9005144FE6, 9005200E1D, 900520309B, 9005211733, 9005215A7F, 9005218CF8, 90052241EF). 2. In punto di fatto l'appellante ha esposto che, con lettera d'invito del 13.1.2022, l'I.N.P.S. aveva indetto l'appalto n. 2931662 per l'affidamento - nell'ambito del sistema dinamico di acquisizione della Pubblica Amministrazione - dei "servizi di recapito e di gestione della corrispondenza non automatizzata della Direzione Generale, delle Direzioni Regionali e di Coordinamento Metropolitano". L'appalto era stato suddiviso in 21 lotti, da aggiudicarsi con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa. 2.1. In data 3.2.2022 la Società Fu. Gr. s.r.l. aveva inviato una segnalazione all'Autorità chiedendo di valutare la sussistenza di possibili previsioni discriminatorie nei confronti di operatori postali diversi dalla concorrente nella gara Po. It. s.p.a. L'Autorità aveva, quindi, avviato il procedimento S4480, e, all'adunanza del 15.3.2022, aveva espresso parere motivato ex art. 21-bis della L. n. 287/1990, evidenziando alla stazione appaltante la sussistenza di profili di criticità nelle clausole contenute nell'art. 6.4.1. dell'Allegato n. 2 (recante "specifiche integrative al Capitolato Tecnico", con riferimento al lotto n. 1), e nell'art. 6.4.2. del medesimo Allegato (con riferimento, invece, ai lotti dal n. 2 al n. 21). In particolare, in tale parere, l'Autorità aveva evidenziato come tali disposizioni - non giustificabili alla luce di ragioni tecniche o di efficienza - avrebbero potuto "pregiudicare il corretto dispiegarsi delle dinamiche competitive nell'espletamento della procedura di gara" stante le elevate soglie di copertura previste, e avrebbero, quindi, potuto "avvantaggiare i soli operatori postali (in grado di) garantire simili coperture capillari del territorio, o perché particolarmente strutturati, come il Fornitore del Servizio Postale Universale, Po. It. s.p.a., o perché radicati nel territorio". L'I.N.P.S. aveva riscontrato il parere dell'Autorità evidenziando come le previsioni fossero, in realtà, aderenti al contenuto delle Linee guida A.N.A.C. relative all'affidamento degli appalti pubblici di servizi postali all'epoca vigenti (determinazione n. 3/2014), e, in generale, alle previsioni di cui al D.Lgs. n. 50/2016, nonché conformi al principio di economicità dell'azione amministrativa e in grado di assicurare possibili risparmi di gestione. 3. Preso atto del riscontro dell'I.N.P.S., l'Autorità ha, quindi, proposto ricorso al T.A.R. per il Lazio - sede di Roma, articolando due motivi a sostegno dell'impugnazione. In particolare, l'Autorità ha dedotto l'illegittimità delle previsioni di cui agli artt. 6.4.1. e 6.4.2. dell'Allegato n. 2, evidenziando come tali disposizioni avessero fissato soglie di copertura territoriale diretta non giustificate da ragioni tecniche o di efficienza, e comportato - in ragione anche delle ulteriori regole di gara - la violazione dei principi dell'art. 30 del D.Lgs. n. 50/2016 e delle relative disposizioni di riferimento contenute nelle direttive euro-unitarie, nonché dei principi di libertà di iniziativa economica e di libera prestazione dei servizi. L'Autorità ha, inoltre, dedotto l'illegittimità delle modalità previste dall'art. 6.4.1. dell'Allegato n. 2 per l'attribuzione dei punteggi ai soggetti in grado di garantire la copertura più elevata, ritenute irragionevoli e suscettibili di determinare disparità di trattamento in favore di operatori economici più strutturati, a discapito, quindi, dei piccoli e medi operatori postali. 4. Si sono costituite in giudizio Po. It. s.p.a. e I.N.P.S. chiedendo di respingere il ricorso e di dichiarare inammissibile l'intervento in giudizio di Fu. Gr. s.r.l., medio tempore intervenuta in giudizio deducendo di essere titolare di un interesse qualificato per aver già impugnato i medesimi atti di gara con autonomo ricorso al T.A.R. 5. Con sentenza n. 1012/2023 il T.A.R. per il Lazio ha, in primo luogo, dichiarato inammissibile l'intervento di Fu. Gr. s.r.l., che non ha interposto appello avverso questo capo di sentenza. 5.1. Nel merito, il Giudice di primo grado ha respinto il ricorso dell'Autorità richiamando, in particolare, le motivazioni della sentenza n. 11164/2022 del medesimo Tribunale, resa sul ricorso di Fu. Gr. s.r.l. Tale sentenza aveva affermato, in primo luogo, che la regola della lex specialis con la quale si era previsto che l'operatore economico dovesse garantire direttamente una certa copertura di C.A.P. doveva essere intesa quale requisito di esecuzione dell'appalto - e non quale requisito di partecipazione - in quanto afferente alle modalità di esecuzione del servizio aggiudicato e agli obiettivi prefissati dalla stazione appaltante. Operata tale premessa, la sentenza n. 11164/2022 aveva evidenziato come le regole sulle soglie di copertura diretta non potessero ritenersi illegittime in quanto avevano bilanciato la tutela della concorrenza e l'interesse pubblico ad un servizio postale soddisfacente e capillare. Secondo il T.A.R. una soglia di copertura dei C.A.P. inferiore al 100% avrebbe potuto, certamente, garantire la possibilità di aggiudicazione ad un maggior numero di operatori, ma ciò sarebbe andato a scapito delle esigenze del servizio pubblico. Pertanto, al fine di bilanciare le contrapposte esigenze: i) l'appalto era stato, comunque, suddiviso in lotti, aprendo, in tal modo, la selezione agli operatori con una ridotta porzione di mercato e non in grado di assicurare il servizio a livello nazionale; ii) erano stati ammessi i raggruppamenti di imprese, consentendo, in tal modo, la partecipazioni degli operatori che, per caratteristiche strutturali, avevano la necessità di ricorrere ad altre imprese per assicurare il servizio; iii) si era garantito il ricorso al subappalto, permettendo di selezionare qualitativamente l'attività da svolgere in proprio e quella da devolvere ad altri operatori. Secondo il T.A.R. la sussistenza di tali elementi consentiva di escludere l'illegittimità della lex specialis, predicabile solo dimostrando l'impossibilità sostanziale di eseguire l'appalto neppure ricorrendo a tali strumenti. Tale previsione non si poneva, inoltre, in contrasto con le Linee Guida A.N.A.C. che dettavano percentuali di copertura territoriale del servizio con valore meramente esemplificativo. 5.2. La sentenza appellata ha, inoltre, evidenziato come la sentenza n. 11164/2022 del T.A.R. per il Lazio avesse richiamato una precedente decisione del Consiglio di Stato (n. 4200/2017), la quale aveva ritenuto legittima una precedente gara dell'I.N.P.S., che aveva previsto soglie di copertura territoriale diretta persino maggiori, in quanto calibrate su base ultraregionale. Inoltre, secondo il Giudice di primo grado, occorreva considerare le caratteristiche del settore postale, caratterizzato da ampia intensità di manodopera, con la conseguente possibilità di realizzare la copertura dei C.A.P. su base regionale anche ricorrendo "a partnership con altri operatori (RTI, consorzi, aggregazioni senza personalità giuridica, subappalto ecc. oltre che attraverso l'apertura diretta di nuovi CAP)". In ultimo, il T.A.R. ha evidenziato come fosse inconferente il richiamo alle nuove Linee Guida approvate dall'A.N.A.C. e dall'A.G.Com. nel 2022, in quanto entrate in vigore dopo la pubblicazione degli atti di gara. 5.3. Il T.A.R. ha respinto anche il secondo motivo con il quale l'Autorità aveva dedotto l'illegittimità della regola relativa all'utilizzo di un criterio premiale per l'operatore in grado di garantire una copertura più elevata, evidenziando come si trattasse di una previsione relativa a parte marginale dell'appalto (in quanto riguardante il solo lotto 1, il cui valore - i.v.a. inclusa - era pari a euro 372.207,73) e, comunque, dettate per peculiari esigenze della sola Direzione Generale, la cui corrispondenza è destinata all'intero territorio nazionale. In ultimo, la scelta di valorizzare il numero di punti di giacenza trovava giustificazione, secondo il T.A.R., nella tipologia di destinatari delle comunicazioni I.N.P.S., in gran parte persone anziane e/o affette da invalidità . 6. L'Autorità ha proposto ricorso in appello premettendo all'esposizione dei motivi alcune considerazioni relative al mercato dei servizi postali. 6.1. In particolare, l'Autorità ha evidenziato come il contesto di mercato che aveva fatto da sfondo alla sentenza n. 4200/2017 di questo Consiglio fosse molto differente dall'attuale, in ragione: i) delle determinazioni e degli effetti derivanti dal caso "A493 - Po. It./PREZZI RECAPITO" di abuso di posizione dominante da parte di Po. It. (Provvedimento n. 26900 del 13.12.2017); ii) delle misure assunte relativamente all'accesso alla rete con la conclusione del procedimento di concentrazione "C12333 - Po. It. / NE. GR.", avvenuta in data 22.12.2020 (Provvedimento n. 28497 del 22.12.2020); iii) dei più recenti orientamenti dell'A.G.Com. 6.2. L'Autorità ha, quindi, esposto come, con il provvedimento n. 26900/2017, si fosse accertato che Po. It. s.p.a. aveva offerto ai propri clienti prodotti meno cari degli equivalenti rientranti nel servizio universale. In relazione al secondo aspetto, l'Autorità ha evidenziato come l'acquisizione del controllo di Ne. da parte di Po. avesse comportato la crescita della quota di mercato di Po. (pari al 97 % nel mercato totale della corrispondenza, e superiore al 90% nel mercato dei servizi di corrispondenza non universali), determinando, oltre al rafforzamento della posizione dominate di Po. It. s.p.a., "il passaggio da una concorrenza infrastrutturale caratterizzata da operatori con rete, a un mercato caratterizzato dalla presenza di un'unica rete nazionale, quella del FSU, Po. It., ove gli spazi per la concorrenza residuano soltanto nell'offerta a valle dei servizi postali". In ragione di questo nuovo scenario di mercato l'Autorità ha illustrato di aver prescritto a Po. una serie di misure, tra cui: i) la n. 8, che ha imposto la predisposizione di offerte "wholesale" di accesso da parte di Po. It. alla propria rete di posta "descritta" e posta "indescritta", a condizioni "retail minus" e non discriminatorie, per tutta la parte di rete non economicamente duplicabile/replicabile, rivolte a qualunque operatore dotato di licenza/autorizzazione sia infrastrutturato sia non infrastrutturato; ii) la n. 5 che ha imposto l'ulteriore ampliamento della soglia di accesso all'offerta wholesale delle cc.dd. aree EU2, così da permettere a più operatori di accedere a queste aree di recapito EU2. 6.3. L'Autorità ha, quindi, dedotto che: i) questi provvedimenti evidenziavano le caratteristiche attuali del mercato di riferimento in cui nessun operatore può vantare una copertura territoriale come quella di Po. It., neppure ricorrendo agli strumenti del r.t.i. o del subappalto; ii) tali caratteristiche del mercato erano confermate dalle nuove Linee Guida A.N.A.C. - A.G.Com. per l'affidamento degli appalti pubblici di servizi postali che hanno ridotto il valore delle soglie di copertura (50% per le gare ad ampiezza nazionale e 70% per quelle ad ampiezza regionale), proprio in considerazione dell'operazione di concentrazione conseguente all'acquisizione da parte del maggior operatore alternativo da parte di Po. It., con conseguente riduzione della capacità di copertura da parte del mercato alternativo. 7. Operate queste considerazioni sul mercato dei servizi postali, l'Autorità ha articolato due motivi di ricorso in appello. 7.1. Con il primo motivo l'Autorità ha dedotto l'erroneità della sentenza osservando come fosse irrilevante ricondurre le clausole impugnate ai requisiti di partecipazione o di esecuzione, operando, in ogni caso, i principi racchiusi dall'interno dell'art. 30 del D.Lgs. n. 50/2016. L'Autorità ha, inoltre, evidenziato come il punto centrale della controversia risiedesse non solo nella soglia di copertura particolarmente elevata ma anche nella richiesta di copertura diretta di tale percentuale che, quindi, aveva imposto all'operatore di provvedere con rete propria (o nei limiti previsti dal bando ricorrendo a r.t.i. e subappalto), ma senza possibilità di ricorrere al fornitore del servizio universale, tramite la c.d. postalizzazione. In tal modo, gli operatori avrebbero potuto adempiere solo formando un r.t.i. con Po. o subappaltando parte del servizio a Po., specie in considerazione dell'impossibilità di raggiungere le zone EU2. In forza delle clausole indicate, la partecipazione degli altri operatori sarebbe stata, in sostanza, rimessa alla decisione dell'impresa in posizione dominante di partecipare con altro concorrente ad un r.t.i. o di svolgere parte del servizio in subappalto. Pertanto, gli strumenti individuati dal T.A.R. sarebbero stati, in realtà, inidonei a scongiurare la compromissione della concorrenza. 7.2. Con il secondo motivo l'Autorità ha dedotto l'erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui ha respinto la censura relativa all'attribuzione di punteggi aggiuntivi per l'operatore in grado di assicurare la copertura più elevata. Sul punto l'Autorità ha spiegato come il riferimento ai punti di giacenza operato dal primo Giudice fosse inconferente, trattandosi di aspetto non dedotto dall'A.G.C.M., ma da Fu. Gr. s.r.l. nel giudizio instaurato da tale operatore. Secondo l'Autorità, l'utilizzo di questo criterio di copertura premiale avrebbe contribuito "ad ampliare ulteriormente i vantaggi non replicabili del Fornitore del Servizio Universale, ad ulteriore pregiudizio del principio della parità delle condizioni di partecipazione". 8. Si sono costituiti in giudizio Po. It. s.p.a. e l'I.N.P.S. che, in vista dell'udienza pubblica del 6 luglio 2023, hanno depositato memorie conclusionali. L'Autorità ha depositato memoria di replica che, come evidenziato dall'ordinanza collegiale n. 8164/2023 della Sezione (punto 15), era, tuttavia, inammissibile in assenza del preventivo deposito della memoria conclusionale (cfr.: Consiglio di Stato, Sez. II, 30 settembre 2019, n. 6534). 9. All'udienza del 6 luglio 2023 la causa è stata trattenuta in decisione. 10. Con ordinanza n. 8164/2023 la Sezione, ravvisata la possibilità di adottare una pronuncia in contrasto con la sentenza n. 6013/2023 della V Sezione, ha deferito all'Adunanza plenaria il seguente quesito: "Se, a risoluzione del potenziale contrasto di giurisprudenza, possa ritenersi legittima una disciplina di gara (...) che, imponendo obblighi di copertura diretta dei lotti nelle percentuali dell'80% su base nazionale e del 100% su base ragionale - non adeguati allo stato attuale del mercato dei servizi postali e senza possibilità di ricorso ai servizi del fornitore del servizio universale - precluda, in sostanza, o, comunque, riduca in modo drastico la possibilità di partecipazione di operatori postali diversi da Po. It. s.p.a. comprimendo, in tal modo, il confronto concorrenziale tra gli operatori e non consentendo, di fatto, alla stazione appaltante di scegliere in funzione del miglior risultato possibile nell'affidamento e nell'esecuzione dei contratti, senza ottenere, quindi, risparmi di spesa, e senza che tale disciplina di gara sia imposta dall'esigenza di ottenere la capillarità del servizio postale che sarebbe, comunque, assicurata dalla possibilità di ricorrere al fornitore del servizio universale per le sole zone non coperte dalla rete del diverso operatore postale". 11. Con ordinanza n. 18/2023 l'Adunanza plenaria ha restituito gli atti alla Sezione in quanto, "successivamente all'ordinanza di rimessione le parti hanno prospettato alcune questioni, che devono essere esaminate in via pregiudiziale (dalla Sezione remittente), anche ai fini di una eventuale specificazione del quesito posto all'esame della Plenaria". L'Adunanza plenaria ha osservato che: i) la prima questione attiene all'eventuale rilievo da attribuire sotto il profilo processuale alla citata sentenza n. 6013 del 2023, della Quinta Sezione del Consiglio di Stato; ii) la seconda questione attiene alla valutazione in ordine alla necessità o meno dell'integrazione del contraddittorio nei confronti di Po. Se. Gr. che, pur se aggiudicataria di due lotti, non è stata parte del processo. In ultimo, l'Adunanza plenaria ha rimesso alla Sezione la questione relativa all'ammissibilità dell'atto di intervento, depositato nel corso del giudizio d'appello. 12. In vista della nuova udienza pubblica dinanzi alla Sezione, le parti hanno depositato memorie conclusionali e memorie di replica. All'udienza del 21 marzo 2024 la causa è stata trattenuta in decisione. 13. Preliminarmente il Collegio deve valutare la tempestività delle memorie delle parti al fine di individuare gli atti ritualmente depositati e, di conseguenza, le questioni, eccezioni e difese che devono essere prese in considerazione nella presente decisione. 13.1. A tal fine si osserva come il presente giudizio sia soggetto alla disciplina di cui al Libro IV, Titolo V, del codice del processo amministrativo, in ragione di quanto disposto dalla previsione di cui all'art. 21-bis, comma 3, della L. n. 287/1990. Operano, quindi, le disposizioni di cui all'art. 119 c.p.a. e, in particolare, la previsione di cui all'art. 119, comma 2, c.p.a. che prevede la dimidiazione, ex aliis, dei termini per il deposito delle memorie ex art. 73 c.p.a. 13.2. Applicando tali previsioni al caso di specie, le memorie conclusionali delle parti devono ritenersi tutte tempestive. Omologhe considerazioni valgono per le memorie di replica delle parti, ad eccezione di quella dell'Autorità che è stata depositata in data 11.3.2024. Trattandosi, infatti, di termini espressamente qualificati come liberi dal disposto di cui all'art. 73, comma 1, c.p.a., non devono essere conteggiati né il dies a quo né il dies ad quem, e, inoltre, laddove l'ultimo giorno libero cada in un giorno festivo la scadenza viene anticipata al giorno antecedente non festivo ex art. 52, comma 4, c.p.a. Nel caso di specie l'udienza pubblica è stata fissata per la data del 21.3.2024, e, pertanto, il termine per il deposito della replica scadeva in data 9.3.2024 (non operando la previsione di cui all'art. 52, comma 5, c.p.a., per i termini a ritroso; cfr.: Consiglio di Stato, Sez. V, 31 maggio 2011, n. 3252), con conseguente tardività della memoria dell'Autorità e impossibilità di tener conto delle deduzioni difensive ivi contenute. 14. Individuate le memorie ritualmente depositate occorre procedere ad esaminare le varie questioni processuali Po. dalle parti. Tali questioni devono essere esaminate in ordine logico-giuridico e, pertanto, occorre: i) verificare, in primo luogo, l'ammissibilità dell'intervento ad adiuvandum, trattandosi di questione che involge l'individuazione dei soggetti nei cui confronti la sentenza del Collegio viene resa (v., infra, punti 15-15.5); ii) vagliare, in secondo luogo, le eccezioni articolate da Po. It. relative alla genericità delle censure, alla richiesta di un sindacato sul merito amministrativo e alla mancata indicazione dell'effetto conformativo della pronuncia, le quali attengono all'ammissibilità della domanda (v., infra, punti 16-16.10); iii) verificare, in terzo luogo, se l'avvenuta stipulazione dei contratti e la mancanza di una domanda di caducazione degli stessi abbia reso il ricorso inammissibile o improcedibile (v., infra, punti 17-17.2); iv) accertare, successivamente, la portata della sentenza n. 6013 del 2023 della Quinta Sezione del Consiglio di Stato (che postula l'ammissibilità della domanda e del gravame) (v., infra, punti 18-18.4 e 19-19.4); v) verificare la questione relativa all'omessa evocazione in giudizio di Po. Se. Gr., che, come si esporrà, attiene alla portata della domanda articolata dall'Autorità, della quale postula, quindi, l'ammissibilità (v., infra, punti 20-20.9); vi) verificare la sussistenza di domande nuove, come dedotto da Po. It. nella memoria di replica del 3.11.2023 (v., infra, punti 21-21.1). 15. Procedendo nell'ordine sopra indicato si prende l'abbrivio dalla questione rimessa alla Sezione dall'Adunanza Plenaria, che ha chiesto di verificare se possa essere considerato ammissibile l'atto di intervento, "depositato nel corso del giudizio d'appello" da parte del Consorzio A.R. 15.1. Osserva, in primo luogo, il Collegio come la previsione di cui all'art. 97 c.p.a. consenta a chi vi ha interesse di intervenire nel giudizio di impugnazione, con atto notificato a tutte le parti. Nel caso di specie, tale notificazione è stata effettuata in data 13.10.2023, in vista dell'udienza dinanzi all'Adunanza plenaria del 15.11.2023. Pertanto, l'adempimento processuale richiesto dal codice risulta, correttamente, effettuato dalla parte. 15.2. In secondo luogo, occorre verificare la sussistenza dei presupposti per l'intervento nel presente giudizio di appello. In termini generali, si osserva come l'Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato abbia chiarito che l'intervento previsto dalla disposizione di cui all'art. 97 "è volontario, giacché non dipende dalla richiesta delle parti o dall'ordine del giudice; adesivo, perché è a sostegno della posizione di una delle parti; dipendente, in quanto esercitato a tutela di un interesse che non è direttamente toccato - in senso favorevole o sfavorevole - dal provvedimento impugnato (dalla sentenza appellata), purché non sia di mero fatto, ossia non qualificato in alcun modo dall'ordinamento giuridico" (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 3 luglio 2017, n. 3). Tale decisione ha, inoltre, chiarito come siano "legittimati a proporre intervento ad adiuvandum i titolari di posizioni soggettive dipendenti da quella del ricorrente (appellante), o, comunque, coloro che vantino un interesse indiretto alla demolizione degli effetti prodotti dall'atto impugnato (sentenza appellata), che si riflettono negativamente sulla propria posizione giuridica". 15.3. In sostanza, risulta ammesso l'intervento del portatore di un interesse che, come affermato dalla dottrina, "da un lato, deve essere più marcato di quello che ha la generalità, nei confronti della legittimità degli atti amministrativi; dall'altro, deve avere una consistenza minore di quella che legittimerebbe il ricorso in via autonoma". Occorre, quindi, accertare la qualificazione della posizione sostanziale del Consorzio e la sua interrelazione con la posizione dell'Autorità . A tal fine si osserva che il Consorzio A.R. ha dedotto di essere composto da un "gruppo qualificato di oltre 50 società medio-piccole operanti nel settore postale e persegue l'obiettivo di tutelare l'intero comparto nel suo complesso, oltre che di garantire ai propri consorziati l'adeguata rappresentanza presso tutte le istituzioni, sedi (ivi comprese quelle giudiziarie) e organizzazioni operanti direttamente e/o indirettamente nel suddetto settore". Si tratta, quindi, di un soggetto che persegue la finalità di tutelare l'interesse legittimo collettivo delle piccole e medie imprese operanti nel settore postale e, quindi, di un soggetto titolare di una posizione soggettiva normativamente qualificata (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 2 gennaio 2020, n. 6; v, anche, Cassazione civile, Sezioni unite, 9 gennaio 2024, n. 786). 15.4. La posizione di protezione risulta, poi, differenziata in relazione al concreto potere amministrativo esercitato dall'Autorità che, nel caso di specie, ha articolato un'azione ex art. 21-bis della L. n. 287/1990, finalizzata, in estrema sintesi, a dedurre l'illegittimità di una procedura di gara la cui articolazione e struttura è stata ritenuta lesiva dei principi a tutela della concorrenza nello specifico settore dei servizi postali, ove operano le Società parti del Consorzio. In sostanza, nel caso di specie, si assiste ad un'interrelazione tra l'interesse generale che sorregge l'azione ex art. 21-bis della L. n. 287/1990 e l'interesse collettivo fatto valere dall'interveniente. Deve, infatti, considerarsi che l'Autorità è - in forza di tale previsione - investita della salvaguardia dell'interesse al corretto funzionamento del mercato e la titolarità di detto interesse discende direttamente da una precisa scelta del legislatore che le ha affidato la relativa tutela; pertanto, l'Autorità non agisce - in casi come quelli di specie - per far valere una propria posizione soggettiva, ma quale portatrice di un interesse pubblico alla promozione della concorrenza e alla garanzia del corretto esplicarsi delle dinamiche competitive (Consiglio di Stato, Sez. VI, 21 febbraio 2023, n. 1760; Corte costituzionale, sentenza 14 febbraio 2013, n. 20). A questo interesse pubblico si correla l'interesse collettivo del Consorzio, parimenti diretto alla tutela della concorrenza nello specifico segmento del mercato. 15.5. Pertanto, deve ritenersi sussistente l'interesse del Consorzio ad ottenere una pronuncia di accoglimento dell'appello che, nella prospettiva dell'interveniente, risulta funzionale ad assicurare tutela diretta all'interesse collettivo delle Società consorziate ad ottenere una struttura della gara in grado di garantire un effettivo e reale confronto concorrenziale. 16. Procedendo ad esaminare le eccezioni processuali nell'ordine indicato, occorre verificare l'ammissibilità della domanda dell'Autorità alla luce di quanto dedotto sul punto da Po. It., in modo particolare nella memoria del 30.10.2023, richiamata nei successivi scritti difensivi. 16.1. Le eccezioni di Po. It. muovono dall'illustrazione delle condizioni alle quali è sottoposto il rimedio di cui all'art. 21-bis della L. n. 287/1990, che, secondo la parte appellata, impone, comunque, all'Autorità di: i) individuare le norme a tutela della concorrenza che sarebbero state violate; ii) dedurre in maniera puntuale i motivi di impugnazione; iii) rispettare la discrezionalità amministrativa e dunque "evitare di chiedere un sindacato dal G.A. sul merito amministrativo"; iv) dedurre un interesse a ricorrere che sia apprezzabile in concreto, anche tenendo conto dell'effetto conformativo richiesto al Giudice amministrativo (f. 8 della memoria del 30.10.2023). Secondo Po. It. questi criteri non sarebbero stati rispettati nel caso di specie atteso che: i) i motivi a fondamento della domanda non sarebbero stati articolati con modalità "rispettosa dei criteri che valgono per ogni altro ricorso", in quanto affidati sia a norme generali "che non tutelano la concorrenza in senso specifico e diretto" sia "a generici principi generali"; ii) l'invocazione dei principi sarebbe stata strumentale ad ottenere un sindacato di merito del Giudice Amministrativo e volta, al contempo, a sancire il primato dell'A.G.C.M. sulla pubblica amministrazione "tradizionale" e sulle sue scelte; iii) l'inammissibilità sarebbe stata confermata dalla mancata indicazione dell'effetto conformativo che l'Autorità intenderebbe ottenere e che sembrerebbe consistere nell'annullamento di una gara (i cui contratti sono, però, già stati stipulati e le relative prestazioni in corso), con rimodulazione del bando, "usurpando", in tal modo, la discrezionalità dell'I.N.P.S., con conseguente violazione della previsione di cui all'art. 34, comma 2, c.p.a.; iv) lo sconfinamento nel merito amministrativo sarebbe emerso dal richiamo alle Linee Guida Anac - A.G.Com. del 2022 che impongono una valutazione caso per caso per individuare la copertura minima territoriale da richiedere, imponendo, quindi, una preventiva attività istruttoria. 16.2. Le eccezioni sono infondate. 16.3. Osserva, in primo luogo, il Collegio come l'Autorità abbia, puntualmente, indicato le regole e i principi a tutela della concorrenza nell'ambito dei contratti pubblici che ha ritenuto violati. In particolare, l'Autorità ha richiamato - oltre alle disposizioni del T.F.U.E. e delle direttive unionali in materia di contratti pubblici - l'art. 30 del D.Lgs. n. 50/2016 (vigente ratione temporis), che imponeva il rispetto, nell'affidamento degli appalti e delle concessioni, dei principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità (comma 1). Si tratta, quindi, di chiari parametri di legittimità dell'azione amministrativa, espressioni della tutela della concorrenza nel settore degli appalti pubblici che - lungi dal costituire un concetto "nebuloso", come affermato da Po. It. - rappresenta un caposaldo dell'intero ordito normativo della materia (cfr., ex multis, consideranda nn. 1, 31, 32, 49, 50, 59, 61, 63, 68, 69, 74, 78, 79, 90, 93, 96, 101, e artt. 18, par. 1, 24, par. 1, 30, par. 6, 32, par. 2, 40, 41, 42, par. 2, 49, par. 4, 55, par. 4, 65, par. 2, 66, par. 1, 67, par. 4, 79, 80, par. 3, della Direttiva 2014/24/UE; artt. 11-bis e 22 della direttiva 97/67/CE; in giurisprudenza, v., ex multis, Corte Costituzionale, sentenza 17 marzo 2023, n. 44; Id., sentenza 14 gennaio 2022, n. 4). Del resto, l'esplicitazione puntuale delle ragioni che sorreggono la domanda è funzionale anche al diritto di difesa delle parti evocate in giudizio (Consiglio di Stato, Sez. IV, 20 aprile 2023, n. 4009), che, nel caso di specie, hanno potuto articolare le loro difese nel merito sin dal primo grado, come comprova anche la circostanza che tale eccezione è stata sollevata solo dinanzi all'Adunanza Plenaria. 16.4. Parimenti infondata è l'eccezione secondo la quale l'azione si sostanzierebbe nella richiesta di un sindacato di merito sulle decisioni dell'Amministrazione. Infatti, il merito amministrativo riguarda valutazioni e apprezzamenti relativi all'opportunità, all'utilità, alla convenienza e alla giustizia di una decisione. Nel caso di specie, l'Autorità non ha censurato gli atti di gara per nessuno di tali profili ma ne ha dedotto l'illegittimità alla luce dei principi e delle regole sopra indicati che, come esposto, costituiscono parametri di legittimità dell'azione amministrativa delle stazioni appaltanti. Né comproverebbe la sussistenza di una richiesta di controllo del merito amministrativo il richiamo alle Linee Guida Anac del 2022 che, come si esporrà più diffusamente nel prosieguo, è esclusivamente volto ad evidenziare il mancato allineamento degli atti di gara alle evoluzioni del mercato dei servizi postali e alle esigenze di tutela della concorrenza anche in tale settore. 16.5. Inoltre, non è condivisibile la tesi secondo la quale il ricorso sarebbe strumentale ad affermare il primato dell'Autorità sulle altre Amministrazioni, "senza modificare l'ordine delle responsabilità per la buona cura degli interessi della collettività ". Simile tesi non tiene conto della specifica scelta legislativa racchiusa all'interno dell'art. 21-bis della L. n. 287/1990, che ha conferito, al comma 1, una peculiare legitimatio ad causam all'Autorità nei confronti degli atti amministrativi generali, dei regolamenti e dei provvedimenti di qualsiasi amministrazione pubblica che violino le norme a tutela della concorrenza e del mercato, "in tal modo evidenziando la natura di speciale interesse pubblico generale della tutela della concorrenza e del mercato, quale condizione essenziale per l'ordinato sviluppo economico e sociale e per il progresso della collettività, in armonia del resto con i principi comunitari" (Consiglio di Stato, Sez. V, 30 aprile 2014, n. 2246). Lo stesso legislatore ha, quindi, conferito tale potere non, certamente, al fine di affermare una primazia dell'Autorità sulle altre Amministrazioni ma, al contrario, al fine di assicurare al soggetto istituzionalmente investito della tutela della concorrenza uno strumento di tutela di tale valore anche nell'ambito delle azioni delle Pubbliche Amministrazioni. 16.6. Del resto, la Corte Costituzionale - nel dichiarare inammissibili le questioni di illegittimità costituzionale dell'art. 21-bis della legge n. 287 del 1990 promosse in via principale dalla Regione Veneto (in riferimento agli artt. 3, 97, primo comma, 113, primo comma, 117, sesto comma, e 118, primo e secondo comma, della Costituzione, alla legge costituzionale n. 3 del 2001 ed al principio di leale collaborazione) - ha osservato che tale norma, piuttosto che introdurre un "nuovo e generalizzato controllo di legittimità " in capo all'Autorità nei confronti degli atti delle pubbliche amministrazioni, ha soltanto integrato "i poteri conoscitivi e consultivi già attribuiti all'Autorità garante dagli artt. 21 e seguenti della legge n. 287 del 1990", prevedendo "un potere di iniziativa finalizzato a contribuire ad una più completa tutela della concorrenza e del corretto funzionamento del mercato (...) e, comunque, certamente non generalizzato, perché operante soltanto in ordine agli atti amministrativi che violino le norme a tutela della concorrenza"; precisando, quindi, che tale potere "si esterna in una prima fase a carattere consultivo (parere motivato nel quale sono indicati gli specifici profili delle violazioni riscontrate), e in una seconda (eventuale) fase di impugnativa in sede giurisdizionale, qualora la pubblica amministrazione non si conformi al parere stesso" (Corte Costituzionale, sentenza 14 febbraio 2013, n. 20). Inoltre, proprio la fase procedimentale mira, innanzitutto, "a sollecitare la pubblica amministrazione a rivedere le proprie determinazioni e a conformarsi agli indirizzi dell'Autorità, attraverso uno speciale esercizio del potere di autotutela giustificato proprio dalla particolare rilevanza dell'interesse pubblico in gioco, in tal modo auspicando che la tutela di quest'ultimo sia assicurata innanzitutto all'interno della stessa pubblica amministrazione e restando pertanto il ricorso all'autorità giudiziaria amministrativa l'extrema ratio (non essendo stata d'altra parte dotata l'Autorità di poteri coercitivi nei confronti dell'amministrazione pubblica che non intenda conformarsi al predetto parere motivato)" (Consiglio di Stato, Sez. V, 30 aprile 2014, n. 2246). La fase procedimentale è, quindi, funzionale al confronto tra il soggetto istituzionalmente deputato alla tutela della concorrenza e la Pubblica Amministrazione, affinché quest'ultima possa essere resa edotta delle possibili violazione della normativa di riferimento segnalate dall'Autorità istituzionalmente competente in materia, e possa rimediare alle stesse, esercitando i poteri di propria competenza. 16.7. Parimenti infondata è la tesi secondo la quale la domanda sarebbe inammissibile in quanto l'Autorità non avrebbe specificato l'effetto conformativo che intenderebbe ottenere dalla pronuncia. 16.8. Occorre considerare, in primo luogo, come l'annullamento giurisdizionale della procedura comporti, secondo la costante e condivisibile giurisprudenza di questo Consiglio, l'obbligo per l'Amministrazione soccombente di rinnovare la stessa (Consiglio di Stato, Sez. V, 17 gennaio 2023, n. 589). La rinnovazione dell'intera procedura dovrà effettuarsi secondo le regole e i principi che il Collegio individuerà nello scrutinio delle censure di merito dell'Autorità, tenuto conto che, "per la delimitazione dell'ambito dell'effetto conformativo del giudicato amministrativo, la giurisprudenza afferma che occorre avere riguardo alla tipologia e al numero dei motivi accolti e distinguere le sentenze a effetto vincolante pieno, con le quali l'atto viene annullato per difetto dei presupposti soggettivi o oggettivi o per violazione di termini perentori relativi all'esercizio del potere, da quelle a effetto vincolante strumentale, con le quali l'annullamento per vizi formali (come quelli procedimentali o di mero difetto di motivazione) impone soltanto all'amministrazione di eliminare il vizio dall'atto senza vincolarla in alcun modo nei contenuti. La portata effettiva del giudicato va ricostruita sulla base di una lettura congiunta del dispositivo della sentenza e della parte motiva, che vanno inoltre correlate ai dati oggettivi di identificazione delle domande (causa petendi e petitum) proposte dalla parte ricorrente, considerando che il potere residuo dell'amministrazione in sede di riedizione del potere dopo una pronuncia di annullamento va delimitato con riferimento al tipo di vizio riscontrato e che, in ogni caso, l'effetto conformativo si estende all'obbligo di porre in essere una attività successiva conforme ai canoni di legittimità individuati dalla pronuncia da eseguire" (Consiglio di Stato, Sez. VI, 23 giugno 2023, n. 6187, Id., Sez. VI, 19 maggio 2023, n. 5002; Id., Sez. VI, 12 luglio 2022, n. 5880). 16.9. L'effetto conformativo dipende, quindi, dalla tipologia e dal contenuto dei motivi che il Giudice amministrativo ritiene di accogliere. Esaminando i motivi dedotti dall'Autorità si evidenzia come sia, chiaramente, evincibile l'effetto conformativo che la stessa intende ottenere dalla richiesta di tutela giurisdizionale formulata. Infatti, pur consapevole della sussistenza di evidenti margini di discrezionalità della stazione appaltante anche dopo l'annullamento giurisdizionale, l'Autorità ha, richiesto, in sostanza che il contenuto precettivo della pronuncia sia tale da imporre un'adeguata verifica delle soglie di copertura territoriale nonché delle ulteriori regole di gara che, come si esporrà nel merito, precludono o, comunque, limitano in modo significativo il confronto concorrenziale. 16.10. Inoltre, l'annullamento investe necessariamente gli atti impugnati e non incide su poteri amministrativi non ancora esercitati. Infatti, il divieto di cui all'art. 34, comma 2, c.p.a. non esclude l'operatività dell'effetto conformativo, il quale - dato per presupposto dall'art. 112 c.p.a. e, secondo una parte della dottrina, anche dall'art. 34, comma 1, lett. c), c.p.a. - è espressamente considerato nell'art. 113 c.p.a. (laddove si fa riferimento al "contenuto dispositivo e conformativo dei provvedimenti" giurisdizionali). Come evidenziato dalla dottrina, "non vi è dubbio che il divieto non possa essere riferito (...) ai poteri che l'amministrazione dovrà esercitare nuovamente a seguito della sentenza di annullamento", atteso che, diversamente opinando, dovrebbero ipotizzarsi dubbi di legittimità costituzionale della previsione di cui all'art. 34, comma 2, c.p.a. nella parte in cui - annichilendo, in sostanza, l'effetto conformativo della pronuncia - determinerebbe un irragionevole arretramento dei livelli di tutela rispetto al sistema processuale pre-codicistico. 17. Non può neppure ritenersi fondata l'eccezione secondo la quale dovrebbe riscontrarsi un difetto di interesse dell'Autorità ad ottenere l'annullamento di una gara in cui i contratti sono già stati stipulati e i servizi sono in corso di svolgimento. Con tale eccezione Po. It. e I.N.P.S. hanno inteso dedurre una carenza originaria o sopravvenuta dell'interesse all'impugnazione e, quindi, una causa ostativa all'esame di merito del ricorso in appello. In questo capo può esaminarsi - in quanto afferente, anch'essa, al tema dell'interesse - la questione oggetto dell'eccezione articolata da Po. It., che ha evidenziato, come l'Autorità non avesse presentato una istanza di caducazione dei contratti successivamente conclusi. 17.1. In termini generali, il Collegio osserva come i provvedimenti sopravvenuti determinano l'inammissibilità o l'improcedibilità del ricorso per carenza di interesse, qualora attuino un assetto di interesse inoppugnabile, ostativo alla realizzazione dell'interesse sostanziale sotteso al ricorso, anche in tale caso rendendo inutile la prosecuzione del giudizio per l'impossibilità del conseguimento del bene della vita ambito dal ricorrente (Consiglio di Stato, Sez. VI, 27 dicembre 2023, n. 11200). Questo Consiglio ha precisato che l'inutilità di una pronuncia di merito sulla domanda articolata dalla parte può affermarsi solo all'esito di una indagine "condotta con il massimo rigore, onde evitare che la declaratoria in oggetto si risolva in un'ipotesi di denegata giustizia e quindi nella violazione di un diritto costituzionalmente garantito" (Consiglio di Stato, Sez. VII, 10 agosto 2022, n. 7076; Id., Sez. VI, 12 settembre 2022, n. 7895). Inoltre, la pronuncia giudiziaria risulta utile qualora, nel riscontrare l'illegittimità dell'azione amministrativa, consenta la realizzazione dell'interesse sostanziale di cui è portatrice la parte ricorrente, impedendo la sottrazione o garantendo l'acquisizione (o chance di acquisizione) di utilità giuridicamente rilevanti e salvaguardando, per l'effetto, la sfera giuridica individuale da azioni autoritative difformi dal paradigma normativo di riferimento. Qualora, invece, tale interesse sia stato già realizzato ovvero non possa più essere soddisfatto, il giudizio non può concludersi con l'esame, nel merito, delle censure svolte nell'atto di parte, la cui fondatezza non potrebbe, comunque, arrecare alcuna utilità concreta (Consiglio di Stato, Sez. VI, 27 dicembre 2023, n. 11200). 17.2. Declinando questi principi al caso di specie, si osserva che l'avvenuta stipulazione dei contratti e l'attuale svolgimento dei relativi servizi, nonché la mancanza di una domanda di caducazione dei contratti, non sono circostanze che deprivano integralmente di interesse l'appello dell'Autorità, la quale ha attivato un rimedio che è volto alla tutela concorrenziale del mercato e - come già illustrato - comporta, comunque, in caso di accoglimento della domanda dell'Autorità, l'obbligo per la stazione appaltante di provvedere alla rinnovazione della procedura, emendata dai vizi riscontrati dal Giudice amministrativo. 18. Respinte le eccezioni di inammissibilità della domanda, occorre esaminare la questione relativa alla portata e agli effetti della sentenza n. 6013/2023 della Quinta Sezione di questo Consiglio sul presente giudizio. In questo capo sono quindi esaminate: i) l'eccezione articolata da Po. It. al punto 1.2. della memoria del 30.10.2023; ii) le eccezioni articolate dall'I.N.P.S. ai punti II-II.C della memoria del 30.10.2023. In sintesi, le parti appellate hanno eccepito che il ricorso in appello dell'Autorità sarebbe inammissibile e/o improcedibile in quanto: i) la vicenda sarebbe già stata definita anche per l'Autorità dalla sentenza n. 6013/2023 e il presente giudizio costituirebbe un'impropria revocazione o, comunque, un terzo grado di giudizio sulla vertenza giudicata dalla Quinta Sezione; ii) in ogni caso, gli effetti riflessi di tale giudicato investirebbero anche la posizione dell'Autorità ; iii) tale sentenza escluderebbe, comunque, la legittimazione dell'Autorità a contestare gli esiti di una gara ritenuta legittima dalla sentenza n. 6013/2023 di questo Consiglio. 18.1. Procedendo con ordine si osserva che una prima eccezione di inammissibilità /improcedibilità si fonda sulla sussistenza di un vincolo diretto del giudicato della sentenza n. 6013/2023, anche in considerazione della notificazione del ricorso di appello di Fu. Gr.. In particolare, Po. It. ha osservato che, "pur essendo rimasta estranea e non intimata nel giudizio di primo grado, l'Autorità è stata destinataria della notifica dell'impugnazione da parte di Fu. e, non essendo stata estromessa, viene espressamente menzionata dalla sentenza n. 6013/2023 tra le parti del giudizio" (f. 2 memoria di replica del 3.11.2023). 18.1.1. L'eccezione è infondata atteso che la notificazione all'Autorità del solo ricorso in appello di Fu. Gr. deve essere, correttamente, qualificata - in assenza di domande nei confronti dell'A.G.C.M. (che non era parte necessaria di quel giudizio) - come una mera denuntiatio litis, finalizzata, per l'appunto, a rendere edotta l'Autorità (alla quale la parte aveva già inviato la segnalazione) della pendenza del grado di appello. 18.2. Ora, nel sistema processualcivilistico la denuntiatio litis non costituisce, tuttavia, una vocatio in ius e, comunque, non fa assumere la qualità di parte sostanziale, come affermato dalla costante giurisprudenza della Corte di Cassazione (cfr., ex multis, Cassazione civile, Sez. VI, 15 novembre 2021, n. 34174). Tale principio è mutuabile anche nel processo amministrativo, atteso che la mera denuntiatio litis non rende l'Amministrazione - destinataria della notificazione - una parte sostanziale del processo. Lo conferma la giurisprudenza di questo Consiglio osservando che, quando il ricorso introduttivo della lite sia stato notificato, oltreché all'Amministrazione che ha formalmente adottato il provvedimento impugnato, anche ad altra Amministrazione la quale, quand'anche non sia parte necessaria del processo (perché il provvedimento impugnato non le è soggettivamente e formalmente imputabile), ha - per ragioni di ordine funzionale, di intreccio di competenze ovvero di connessione tra procedimenti - obiettivo interesse all'esito della lite, l'atto introduttivo va inteso come acquisito in termini di denuntiatio litis, che la pone in condizione di curare il proprio cointeresse (nel senso precipuo di interesse connesso) nella controversia (Consiglio di Stato, Sez. V, 11 gennaio 2021, n. 330). La sentenza appena richiamata ha, poi, distinto l'ipotesi della obiettiva e formale estraneità alla controversia del soggetto pubblico passivamente non legittimato (per la quale la rilevabilità officiosa e l'assenza di preclusione ex novis alla deduzione di parte, in ogni stato e grado del giudizio, non soffrono eccezioni) dalla situazione di sostanziale cointeressenza dal lato passivo, che consolida il litisconsorzio processuale facoltativo per accettazione del contraddittorio, in assenza di tempestiva richiesta di estromissione ex denuntiata lite. 18.3. Questo principio può operare anche nel caso di specie ove rileva una legittimazione non sul lato passivo ma, al contrario, sul lato attivo. Infatti, l'Autorità non ha rivestito alcuna posizione di sostanziale cointeressenza dal lato passivo ma, al contrario, è stata destinataria della notificazione del ricorso in appello contenente una domanda di annullamento omologa a quella formulata nel presente giudizio. La funzione della denuntiatio litis in caso di cointeressenza sul lato attivo è quella di consentire - nei limiti previsti dall'ordinamento e a seconda delle posizioni sostanziali delle parti - un eventuale intervento in giudizio o la proposizione di un autonomo ricorso. Nel caso di specie, andava esclusa la possibilità di un mero intervento dell'A.G.C.M. nella controversia instaurata dall'operatore privato atteso che la norma di riferimento abilita l'Autorità alla sola impugnazione e non anche ad intervenire per far valere un interesse riflesso o indiretto rispetto all'azione dell'operatore privato che non è, invero, predicabile. L'Autorità aveva la sola possibilità di articolare - come effettivamente ha fatto - un'autonoma azione ex art. 21-bis della L. n. 287/1990, che non sarebbe stata preclusa neppure dalla mera notificazione del ricorso introduttivo del giudizio di Fu. Gr. (né tanto meno - come accaduto nel caso di specie - dalla notificazione del ricorso in appello dell'operatore privato), con la conseguenza che, in ragione della scindibilità delle cause e delle differenti posizioni sostanziali delle parte, l'Autorità non ha, certamente, assunto la qualità di parte sostanziale nel giudizio articolato da Fu. Gr. e, quindi, alla stessa non può opporsi direttamente il giudicato formatosi in quel giudizio. 18.4. Infatti, l'Autorità che agisce ex art. 21-bis della L. n. 287/1990 non può neppure ritenersi un soggetto leso né in via diretta né tanto meno in via riflessa (con conseguente possibilità di un intervento ex art. 28, comma 2, c.p.a.) dai provvedimenti dell'Amministrazione in quanto, come chiarito dalla giurisprudenza di questo Consiglio, l'Autorità non agisce facendo valere un interesse ana a quello dell'operatore privato che partecipa alla gara, bensì la sua azione è volta a tutela della libertà di concorrenza e del corretto funzionamento del mercato (v., ancora, Consiglio di Stato, Sez. VI, 21 febbraio 2023, n. 1760; Corte Costituzionale, sentenza 14 febbraio 2013, n. 20). Di conseguenza, le ontologiche differenze tra l'azione dell'Autorità e l'azione dell'operatore privato corroborano, ulteriormente, la già esposta impossibilità di individuare una preclusione processuale nel caso di specie o di affermare che dalla mera denuntiatio litis sia disceso un giudicato valevole anche per l'Autorità . 19. In secondo luogo, non è neppure condivisibile la tesi secondo la quale la sentenza n. 6013/2023 di questo Consiglio avrebbe effetti riflessi sulla posizione dell'Autorità in quanto costituirebbe un giudicato con effetti inscindibili e, quindi, "con efficacia erga omnes sulla infondatezza dei vizi esaminati" (f. 11 della memoria dell'I.N.P.S. del 30.10.2023). Si tratta, con ogni evidenza, di questione logicamente e giuridicamente distinta da quella esaminata in precedenza che, come esposto, postulava che l'Autorità avesse assunto la qualità di parte sostanziale del giudizio definito dalla sentenza n. 6013/2023, che, al contrario, l'eccezione in esame esclude, affermando, per l'appunto, la valenza ultra partes della sentenza. 19.1. Osserva il Collegio che, come chiarito dall'Adunanza plenaria n. 4 e n. 5 del 2019 di questo Consiglio, il giudicato amministrativo - in assenza di norme ad hoc nel c.p.a. - è sottoposto alle disposizioni processualcivilistiche, per cui il giudicato opera solo inter partes, secondo quanto prevede per il giudicato civile l'art. 2909 c.c. I casi di giudicato amministrativo con effetti ultra partes sono, quindi, eccezionali e si giustificano in ragione dell'inscindibilità degli effetti dell'atto o dell'inscindibilità del vizio dedotto: in particolare, l'indivisibilità degli effetti del giudicato presuppone l'esistenza di un legame altrettanto indivisibile fra le posizioni dei destinatari, in modo da rendere inconcepibile - logicamente, ancor prima che giuridicamente - che l'atto annullato possa continuare ad esistere per quei destinatari che non lo hanno impugnato. 19.2. Utilizzando tale criterio, dottrina e giurisprudenza hanno, quindi, individuato alcune eccezionali ipotesi di estensione ultra partes degli effetti del giudicato. Tale estensione dipende spesso da una pluralità di fattori concorrenti, fra i quali rileva non solo la natura dell'atto annullato, ma anche, cumulativamente, il vizio dedotto, nonché il tipo di effetto prodotto dal giudicato della cui estensione si discute. Più nel dettaglio, secondo l'orientamento tradizionale, gli effetti inscindibili del giudicato amministrativo possono dipendere: i) in alcuni casi (ma raramente), solo dal tipo di atto annullato; ii) altre volte, più frequenti, sia dal tipo di atto annullato, sia dal tipo di vizio dedotto; iii) altre volte ancora, dal tipo di effetto che il giudicato produce e di cui si invoca l'estensione. Si ritiene, in particolare, che produca effetti ultra partes: i) l'annullamento di un regolamento; ii) l'annullamento di un atto plurimo inscindibile; iii) l'annullamento di un atto plurimo scindibile, se il ricorso viene accolto per un vizio comune alla posizione di tutti i destinatari; iv) l'annullamento di un atto che provvede unitariamente nei confronti di un complesso di soggetti. 19.3. Le situazioni sopra compendiate si riferiscono tutte ad ipotesi di giudicato di annullamento del provvedimento impugnato. Fattispecie che non ricorre nel caso di specie, avendo questo Consiglio respinto l'appello di Fu. Gr. avverso la sentenza del T.A.R. che aveva respinto il ricorso di tale operatore. Inoltre, in tutti i casi indicati l'inscindibilità riguarda solo l'effetto di annullamento (l'effetto caducatorio), perché è solo rispetto ad esso che viene a crearsi la sopra richiamata situazione di incompatibilità logica "che un atto inscindibile possa non esistere più per taluno e continuare ad esistere per altri" (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 27 dicembre 2019, n. 4, punto 30). Un diverso discorso vale, invece, per gli ulteriori effetti del giudicato amministrativo (di accertamento della pretesa, ordinatori, conformativi), considerato che, secondo un risalente e consolidato orientamento interpretativo, gli effetti di accertamento della pretesa e, consequenzialmente a tale accertamento, quelli ordinatori/conformativi operano sempre solo inter partes, essendo soltanto le parti legittimate a far valere la violazione dell'obbligo conformativo o dell'accertamento della pretesa contenuto nel giudicato (cfr.: Consiglio di Stato, Sez. VI, 1 dicembre 2017, n. 5634; Id., Sez. VI, 5 dicembre 2005, n. 6964; Id., Sez. IV, 5 settembre 2003, n. 4977; Id., Sez. V, 6 marzo 2000, n. 1142; Id., Sez. IV, 2 agosto 2000, n. 4253; Id., Sez. V, 9 aprile 1994, n. 276; Id., Sez. IV, 18 luglio 1990, n. 561). Di conseguenza, non è predicabile una estensione ultra partes dell'accertamento della "non illegittimità " degli atti impugnati da Fu. Gr., ovvero dell'infondatezza delle relative censure dedotte. Del resto, secondo la costante giurisprudenza di questo Consiglio, le pronunce di rigetto lasciano invariato l'assetto giuridico dei rapporti precedente alla radicazione del giudizio, e, quindi, non pongono neppure propriamente un vincolo precettivo alle parti (cfr.: Consiglio di Stato, sez. II, 25 marzo 2022, n. 2219; Consiglio di Stato, Sez. VI, 26 marzo 2013, n. 1675; Id., 21 maggio 2013, n. 2724). 19.4. Le considerazioni sin qui esposte sulla portata della sentenza n. 6013/2023 e sull'impossibilità di estendere erga omnes gli effetti di un giudicato di rigetto della precedente domanda articolata da Fu. Gr. esonerano il Collegio dall'affrontare, in questa sede, le questioni relative alla dedotta unitarietà della procedura di gara sulle quali si è, diffusamente, soffermata la difesa dell'I.N.P.S. Infatti, anche ammettendo la sussistenza di una gara unica non risulta, comunque, asseribile un giudicato diretto o riflesso sulla posizione dell'Autorità derivante dalla sentenza di rigetto n. 6013/2023 di questo Consiglio. 20. Procedendo, ancora, nell'ordine sopra tracciato, occorre esaminare l'ulteriore questione rimessa a questa Sezione dall'Adunanza plenaria e relativa alla valutazione in ordine alla necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di Po. Se. Gr. che, pur se aggiudicataria di due lotti, non è stata parte del processo. L'Adunanza plenaria ha chiesto, in particolare, alla Sezione di verificare se, tenuto conto dei principi di cui all'articolo 24 della Costituzione, "l'eventuale statuizione del giudice amministrativo di annullamento di un bando di gara - avente effetti scindibili con riferimento ai vari lotti in cui l'appalto è stato suddiviso - possa o meno comportare la caducazione degli effetti delle aggiudicazioni ottenute da soggetti cui non sia stato notificato il ricorso di primo grado". 20.1. Ai fini della soluzione della questione è necessario affrontare due distinte tematiche e, in particolare, quella della natura giuridica della gara suddivisa in lotti e quello della portata dell'effetto di caducazione automatica delle aggiudicazioni derivante dall'annullamento del bando di gara (cfr., su tale principio, ex multis, Consiglio di Stato, Sez. III, 14 ottobre 2022, n. 8772). 20.2. In relazione al primo aspetto si osserva come la consolidata giurisprudenza di questo Consiglio ritenga che la gara suddivisa in più lotti, di regola, non costituisca un'unica procedura, ma tante gare autonome e distinte quanti sono i lotti, sì che, pur essendo la procedura disciplinata dalla medesima lex specialis (bando, capitolato e disciplinare), a ciascun lotto corrisponde una distinta gara, potendo i concorrenti partecipare a tutti, o a uno solo, o ad alcuni dei lotti, con conseguente distinta aggiudicabilità degli stessi previa autonoma procedura valutativa delle offerte presentate per ciascuno di essi (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sez. III, 31 dicembre 2021, n. 8749). In questa prospettiva è stato affermato che il provvedimento di indizione della gara (che la stazione appaltante adotta con riferimento a tutti i lotti) costituisce atto ad oggetto plurimo disciplinante un numero di gare corrispondente al numero dei lotti da aggiudicare, sia nel senso che contiene le disposizioni per lo svolgimento non di un'unica gara finalizzata all'affidamento di un unico contratto, bensì quelle per l'indizione e la realizzazione di tante gare contestuali quanti sono i lotti cui sono connessi i contratti da aggiudicare; sia nel senso che gli atti di gara (intesi non in senso cartolare) relativi al contenuto dei contratti da aggiudicare devono essere necessariamente differenziati per ciascun lotto e devono essere tanti quanti sono i contratti da aggiudicare (Consiglio di Stato, Sez. V, 20 settembre 2021, n. 6402). In questi casi, quindi, il bando è "comune", ma non è "unitario"; è proceduralmente e formalmente unico, ma sostanzialmente plurimo ("ad oggetto plurimo"), tanti quanti sono i lotti, perché ciascun lotto autonomo è correlato ad un contratto che verrà stipulato con l'aggiudicatario. Applicando tali coordinate ermeneutiche al caso di specie deve escludersi la sussistenza di un vincolo inscindibile per i vari lotti oggetto della gara bandita dall'I.N.P.S. 20.3. Tale conclusione non muta considerando la diversa posizione esposta da parte della dottrina e da alcuni settori della giurisprudenza (richiamata dall'I.N.P.S. nella memoria del 5.3.2024), le quali hanno evidenziato l'impossibilità di affermare una regola generale, preferendo un approccio relativo e casistico che si incentri sull'oggetto, la finalità e la struttura della gara (v. Consiglio di Stato, Sez. III, 18 maggio 2020, n. 3135). Procedendo, difatti, a tale verifica, si osserva come il carattere non unitario della gara emerga: i) dall'attribuzione di CIG differenti per ciascun lotto; ii) dai differenti importi a base di gara per ciascun lotto, con conseguenti differenti costi della manodopera e valori degli eventuali rinnovi e delle proroghe tecniche (v. art. 2 del capitolato d'oneri); iii) dalle regole sulla partecipazione in forma singola o associata degli operatori, calibrate sui singoli lotti (art. 4 del capitolato d'oneri); iv) dalle differenti offerte tecniche ed economiche previste per ciascun lotto (art. 6 del capitolato d'oneri) e dai diversi importi a garanzia delle offerte (art. 7.3 del capitolato d'oneri); v) dalla possibilità di partecipare per uno o più lotti distinti; vi) dai differenti punteggi tecnici previsti per alcuni lotti (v. art. 13 del capitolato d'oneri); vii) dai differenti contratti stipulati in relazione a ciascun lotto (v. i documenti depositati da Po. It. in data 15.6.2023). 20.4. Esclusa l'unitarietà della gara occorre approfondire l'ulteriore questione relativa alla portata dell'effetto di caducazione automatica derivante dall'annullamento di un bando ad oggetto plurimo. In sostanza, occorre verificare se, anche in relazione ad una procedura di gara ad oggetto plurimo come quella di specie, l'effetto di caducazione automatica derivante dall'annullamento della lex specialis investa necessariamente tutti i lotti. 20.5. Sul punto il Collegio osserva come tale caducazione - proprio in quanto effetto dell'annullamento della lex specialis - non possa risultare irrelata dalla portata precettiva della pronuncia, la quale dipende, in termini generali, dal contenuto concreto della domanda e dall'oggetto della statuizione del Giudice. Infatti, la portata precettiva del giudicato varia in relazione al contenuto dell'accertamento e ai motivi che sorreggono (v., in termini generali, Cassazione civile, Sezioni unite, 12 dicembre 2014, n. 26242 e n. 26343, le cui affermazioni hanno portata generale e possono mutuarsi - quanto meno in parte qua - anche nel sistema processuale amministrativo), con la conseguenza che la correlazione tra oggetto della domanda e oggetto della pronuncia è solo tendenziale. In particolare, l'estensione e la portata del giudicato dipendono dal motivo portante della pronuncia in relazione ai motivi specificamente dedotti dalla parte. 20.6. Esaminando, quindi, la domanda dell'A.G.C.M., si osserva come la stessa sia stata fondata sulle possibili illegittimità della gara indetta dall'I.N.P.S. in quanto sostanzialmente calibrata sulla posizione di Po. It. in ragione anche delle evoluzioni delle caratteristiche del mercato dei servizi postali. Infatti, a sostegno della domanda, l'Autorità ha esposto l'attuale posizione di mercato di Po. It. anche in considerazione dell'ampiezza delle aree EU2 e della loro diffusione sul territorio nazionale. Secondo l'Autorità il punto centrale delle illegittimità dedotte consisteva, infatti, non solo nella soglia di copertura particolarmente elevata ma anche nella richiesta di copertura diretta di tale percentuale che, quindi, aveva imposto all'operatore di provvedere con rete propria (o nei limiti previsti dal bando ricorrendo a r.t.i. e subappalto), ma senza possibilità di ricorrere al fornitore del servizio universale, tramite la c.d. postalizzazione; in tal modo, gli operatori avrebbero potuto adempiere solo formando un r.t.i. con Po. o subappaltando parte del servizio a Po., specie in considerazione dell'impossibilità di raggiungere le zone EU2. In forza delle clausole indicate la partecipazione degli altri operatori sarebbe stata, in sostanza, rimessa alla decisione dell'impresa in posizione dominante di partecipare con altro concorrente ad un r.t.i. o di svolgere parte del servizio in subappalto. 20.7. Dalla disamina della domanda emerge come la violazione della concorrenza sia stata predicata non solo in termini generali ma in relazione alla specifica posizione sul mercato di Po. It. e in ragione delle regole di gara che avevano collocato l'impresa dominante in una situazione di indubbio vantaggio, non colmabile neppure attraverso gli altri strumenti previsti dalla gara. A conferma di questo contenuto sostanziale della domanda vi è l'ulteriore dato di carattere processuale, costituito dall'evocazione in giudizio della stessa Po. It. che non ha sostegno nella mera partecipazione alla gara di Po. (atteso che, secondo la consolidata giurisprudenza amministrativa, in caso di impugnazione di un bando di gara non è configurabile una posizione di controinteresse; cfr.: Consiglio di Stato, Sez. V, 28 agosto 2019, n. 5926), ma proprio in ragione della posizione di Po. sul mercato e del vantaggio che la struttura della gara le avrebbe illegittimamente conferito. 20.8. In ragione di quanto esposto ritiene il Collegio che l'effetto di caducazione automatica derivante dall'accoglimento della domanda dell'A.G.C.M. non possa risultare irrelato al vincolo precettivo della statuizione di annullamento, come ricostruito alla luce dell'oggetto e del contenuto della domanda. Chiarito che la ragione che sorregge la dedotta illegittimità della gara da parte dell'A.G.C.M. consiste nell'indebito vantaggio concorrenziale che la disciplina di gara ha attribuito a Po. It., ne consegue che l'accoglimento di tale domanda determina la caducazione del provvedimento di aggiudicazione in relazione ai soli lotti nei quali simile vantaggio si è effettivamente realizzato. Diversamente opinando, si giungerebbe a caducare lotti nei quali, per le specifiche dinamiche verificatesi in quella gara, il confronto concorrenziale vi è stato e, nonostante il vantaggio attribuito dalle regole di gara a Po., l'altro operatore è riuscito ad ottenere la commessa. La caducazione integrale di tutti i lotti comporterebbe, infatti, il verificarsi di una situazione paradossale oltre che contraria ai principi giuridici sopra indicati, comportando la sottrazione di un bene della vita ad un operatore che lo ha legittimamente ottenuto mediante un confronto concorrenziale; sottrazione che dovrebbe giustificarsi in ragione dell'accoglimento di una domanda che si è fondata, in sostanza, proprio sulla dedotta impossibilità di assicurare quel confronto. 20.9. In ragione di quanto esposto, non occorre estendere il contraddittorio a Po. Se. Gr., atteso che la posizione soggettiva di tale operatore non è, innanzitutto, investita dalla domanda e, poi, dall'effetto di caducazione come sin qui illustrato. 21. Passando all'ultima eccezione articolata da Po. si osserva come, nella memoria di replica del 3.11.2023, la Società ha dedotto l'inammissibilità della deduzione dell'Autorità relativa alle quote-soglia indicate dalle Linee Guida dell'A.N.A.C. e dall'A.G.Com del 2022. Secondo Po. It. l'Autorità si sarebbe affidata nei precedenti scritti alle misure delle quote soglie ivi stabilite mentre, nella memoria conclusionale depositata in vista dell'udienza pubblica dinanzi all'Adunanza plenaria, avrebbe fatto riferimento alla valenza meramente esemplificativa delle soglie, osservando che la dimensione del lotto andrebbe verificata caso per caso. Secondo Po. It. queste precisazioni comporterebbero una modificazione delle censure originariamente articolate. 21.1. L'eccezione è infondata avendo l'Autorità prospettato, sin dall'atto introduttivo del giudizio, la valenza meramente esemplificativa delle soglie (v. f. 13 del ricorso introduttivo), evocando le Linee Guida del 2022 solo al fine di enfatizzare il difetto di proporzionalità e ragionevolezza delle decisioni della stazione appaltante, non supportate da un'adeguata considerazione del mercato dei servizi postali. 22. Passando, quindi, al merito del ricorso in appello il Collegio ritiene di condividere quanto già esposto nell'ordinanza di rimessione della Sezione. 22.1. Il Collegio osserva, infatti, come le clausole contestate dall'Autorità abbiano imposto la copertura diretta: i) per il lotto n. 1, di almeno l'80% della popolazione residente in Italia misurata sulla base dei C.A.P. ponderati di cui all'Allegato 9.1 della lettera di invito; ii) per i lotti da 2 a 21, del 100% della popolazione residente nel lotto misurata sulla base dei C.A.P. insistenti nel lotto di riferimento. Al fine di consentire anche agli operatori minori di adempiere a tali obblighi (e, quindi, di partecipare alla gara), la lex specialis ha previsto il ricorso a taluni strumenti, valorizzati tanto dalla sentenza di primo grado, quanto dalla decisione n. 6013/2023 di questo Consiglio. In particolare, si è consentito di partecipare costituendo un raggruppamento di operatori economici e di ricorrere al subappalto e alle prestazioni rese in forza di contratti continuativi di cooperazione, servizio e/o fornitura sottoscritti in epoca anteriore alla indizione della procedura finalizzata alla aggiudicazione dell'appalto (art. 105, comma 3, lett. c-bis), del D.Lgs. n. 50/2016). Misure che, secondo la sentenza n. 6013/2023 di questo Consiglio, avrebbero costituito "strategie di compensazione" per consentire la più ampia partecipazione possibile, e delle quali avrebbe fatto parte anche la significativa riduzione dell'estensione dei lotti rispetto alla gara oggetto della sentenza n. 4200/2017 di questo Consiglio. I principi affermati da quest'ultima sentenza dovrebbero, quindi, ritenersi ancora validi, "in assenza" - ha sottolineato la decisione n. 6013/2023 - "di rilevanti sopravvenienze". 22.2. Al contrario, la disamina del mercato di riferimento a cui si riferisce la procedura di gara disvela, come evidenziato nell'ordinanza collegiale n. 8164/2023, la sussistenza di uno scenario differente da quello preso in considerazione dalla sentenza n. 4200/2017 di questo Consiglio, e, comunque, tale da ritenere fondate le doglianze dell'A.G.C.M. Inoltre, in questo scenario di mercato le "strategie di compensazione" adottate dall'I.N.P.S. non potevano risultare, comunque, idonee ad escludere una notevole compressione dei principi a tutela della concorrenza che, a differenza di quanto evidenziato dal T.A.R., non paiono essere stati adeguatamente bilanciati con gli ulteriori interessi perseguiti dalla stazione appaltante. 22.3. Tale conclusione si fonda sul necessario congiunto operare di tre elementi della disciplina di gara: i) la misura delle soglie di copertura diretta; ii) la concreta capacità delle "strategie di compensazione" di assicurare la più ampia partecipazione in un settore peculiare come il mercato dei servizi postali; iii) l'impossibilità di ricorrere al fornitore del servizio universale. 22.4. Procedendo con ordine si osserva, in primo luogo, come la delibera A.N.A.C. n. 4/2014, pur non dettando criteri vincolanti in parte qua, avesse segnalato come "l'unico operatore in grado di coprire da solo il 100% del territorio nazionale sia Po., e che gli operatori privati, da soli, riescano a garantire una copertura territoriale regionale, o al massimo sovra regionale", Pertanto, al fine di "rendere effettiva la liberalizzazione del mercato postale (era necessario secondo A.N.A.C.) che le stazioni appaltanti (valutassero) nei bandi di gara l'opportunità di dividere l'oggetto dell'affidamento in più lotti di recapito distinti, ad esempio in base ad aree omogenee di territorio". Con riferimento alla copertura minima del lotto, l'A.N.A.C. si era limitata a segnalare come il quantitativo "di regola" non fosse superiore all'80 per cento dei volumi appartenenti al lotto, con possibilità di postalizzazione del restante 20% del servizio. 22.5. Il tema in esame è stato maggiormente approfondito delle Linee Guida A.N.A.C. - A.G.Com del 13.4.2022, che, pur non rilevando direttamente ratione temporis, esprimono, comunque, un principio generale nella parte in cui hanno evidenziato che "l'individuazione dei livelli minimi di copertura e del punteggio attribuibile per la copertura offerta è effettuata sulla base di adeguate analisi di mercato, assicurando il rispetto dei principi di proporzionalità e ragionevolezza e i limiti della pertinenza e congruità rispetto all'oggetto della gara" (punto 3.3). Inoltre, tali Linee-Guida hanno ipotizzato, pur a titolo meramente esemplificativo, alcune previsioni di copertura, "con l'intento di assicurare, in un'ottica pro concorrenziale, la più ampia partecipazione alle gare di appalto" (50% per il territorio nazionale e al 70% per il territorio regionale). 22.6. Nel caso di specie, le soglie di copertura indicate dalla stazione appaltante sono state nettamente superiori sia ai valori indicati nelle Linee Guida del 2014 che in quelle del 2022 che, pur non operando ratione temporis, forniscono, comunque, parametri indicativi per verificare la proporzionalità e ragionevolezza della scelta intrapresa dalla stazione appaltante. 23. Tale valutazione deve necessariamente involgere gli altri due aspetti in precedenza illustrati che consentono di accertare l'adeguatezza delle scelte compiute dalla stazione appaltante. 23.1. Come già evidenziato, sia la sentenza appellata che la decisione n. 6013/2023 di questo Consiglio hanno evidenziato come le soglie di copertura non potessero ritenersi ex se lesive dei principi a tutela della concorrenza, tenendo conto della possibilità di costituire un r.t.i. e di ricorrere al subappalto (e - aggiunge il Collegio - ai contratti continuativi di cooperazione, servizio e/o fornitura sottoscritti in epoca anteriore alla indizione della procedura finalizzata alla aggiudicazione dell'appalto). Simili strumenti non possono, tuttavia, essere apprezzati in termini meramente astratti ma devono tener conto del mercato di riferimento e, quindi, del mercato dei servizi postali e delle peculiarità di tale settore, compresa la presenza delle aree EU2 (ove non vi è altra rete alternativa a quella del fornitore del servizio universale), sulla quale si sofferma diffusamente il ricorso in appello dell'Autorità . 23.2. A tal fine, può prendersi in considerazione quanto esposto dall'Autorità di settore nel documento relativo agli esiti della consultazione pubblica propedeutica alla delibera n. 27/22, alla quale rinvia la stessa difesa di Po. It. s.p.a. L'Autorità di Garanzie nelle Comunicazioni ha evidenziato, in primo luogo, come l'acquisizione da parte di Po. del principale concorrente (Ne.) avesse portato il numero dei concorrenti nazionali da cinque a tre (Fu., Ci. e Ma. Ex. Po. Pr.). Tale acquisizione è, inoltre, "avvenuta in un contesto di mercato caratterizzato, da almeno cinque anni, da una costante riduzione del grado di concorrenza", con progressiva crescita del disinvestimento infrastrutturale degli operatori alternativi, e, per converso, con estensione dal 6% al 13,2 %, in termini di popolazione interessata, delle aree EU2 nel periodo 2017-2019 (f. 3 dell'Allegato A alla delibera n. 27/22/Cons). L'acquisizione di Ne. (la cui quota di mercato era pari, al momento dell'acquisizione, al 16%), ha comportato - secondo la stessa A.G.Com. - l'incremento della quota di mercato di Po. It., con necessaria compressione della quota degli altri operatori (già pari al solo 7% al momento dell'acquisizione). 23.3. Questi dati generali costituiscono uno dei sostrati su cui si è retta la determinazione dell'Autorità di settore sulle aree EU2 che sono state calibrate sulla copertura delle reti postali presenti in Italia. In questa parte del documento compare il passaggio ricordato da Po. It. nel quale l'Autorità ha evidenziato che, "in alcune Regioni (Campania, Calabria, Puglia, Sicilia e Toscana), la presenza di un congruo numero di operatori postali locali infrastrutturati porta ad una copertura aggregata prossima al 100% della popolazione"; pertanto, "la formula del test da applicare alle offerte di PI, presentate nell'ambito di gare e RDO regionali o sub-regionali svolte in Campania, Calabria, Puglia, Sicilia e Toscana, dovrebbe assumere l'ipotesi di copertura diretta dell'ipotetico operatore efficiente pari al 100%" (f. 10 del documento). Tuttavia, tale considerazione è limitata alle sole Regioni indicate, ove sussiste un congruo numero di operatori postali locali infrastrutturati che porta ad una copertura aggregata prossima al 100% della popolazione. Nelle altre Regioni, al contrario, simile situazione non si verifica, con la conseguenza che la pretesa di una copertura da parte del singolo operatore della quota pari al 100% risulta non aderente all'attuale sviluppo del mercato. 23.4. In questo contesto si è collocata, quindi, la decisione dell'Autorità che ha ritenuto: i) di "utilizzare per l'individuazione delle aree EU2 a livello di CAP, per la posta indescritta, la copertura aggregata degli operatori postali alternativi nazionali, che considera le aree coperte da almeno un operatore alternativo tra quelli che offrono, in maniera stabile e continuativa, servizi di recapito ad almeno il 25% della popolazione, che porta ad una percentuale di CAP EU2 in termini di popolazione pari al 30,4%"; ii) di utilizzare per la posta descritta "la copertura aggregata dei predetti operatori postali alternativi nazionali, inclusi i 37 operatori, originariamente recapitisti per Ne. e che, pur attualmente contrattualizzati con PI/Ne., possono agire per conto proprio e/o di terzi, che porta ad una percentuale di CAP EU2 in termini di popolazione pari al 10,2%". In sostanza, le aree EU non replicabili valgono, in termini di popolazione, il 30,4% del totale per il recapito della posta indescritta ed il 10,2% per la posta descritta. Questi dati non sono stati sovrastimati dalla Sezione (come dedotto da Po., facendo anche riferimento al punto V.3 dell'allegato A alla delibera n. 27.22 dell'A.G.Com., che è, comunque, inconferente), ma costituiscono i dati indicati dalla stessa Autorità di settore che, come esposto, ha preso in considerazione gli operatori che offrono in maniera stabile e continuativa servizi di recapito senza tener conto di operatori che, invece, occasionalmente effettuano consegne in tali aree. Di conseguenza, si è tenuto conto del dato indicato dall'Autorità all'esito di un'apposita indagine sorretta da evidenze e indicazioni di metodo che il Collegio non ha ragione di disattendere. 24. Le circostanze e i dati riportati sono particolarmente significativi per due profili per la controversia all'attenzione del Collegio. 24.1. In primo luogo, tali dati testimoniano come non possano ritenersi assenti "rilevanti sopravvenienze" rispetto allo scenario di mercato preso in considerazione dalla sentenza n. 4200/2017. Al contrario, sia i dati indicati che le misure esposte nel ricorso in appello dell'Autorità testimoniano l'ulteriore decrescita di una concorrenza effettiva nel mercato dei servizi postali. 24.2. In secondo luogo, i dati e le circostanze esposte costituiscono elementi di necessario riferimento per verificare l'adeguatezza delle "strategie compensative" della procedura di gara in esame, alle quali ha fatto riferimento la sentenza n. 6013/2023 di questo Consiglio. Deve, infatti, considerarsi come aree EU2 risultino, comunque, presenti in diversi parti del territorio nazionale. Tale circostanza incide sull'effettiva possibilità per l'operatore economico di garantire la "diretta copertura" dell'ambito territoriale indicato nel lotto, pur costituendo una r.t.i. o avvalendosi del subappalto. Infatti, dalla totalità delle aree coperte dai vari operatori economici diversi da Po. It., dovrebbero, comunque, sottrarsi le zone EU2 che non sono coperte dalle reti di questi operatori. Da ciò deriva la sostanziale impossibilità di garantire la copertura diretta del lotto nelle percentuali indicate dalla stazione appaltante (80 per cento per il lotto 1 e, persino, 100 % per i lotti da 2 a 21) anche avvalendosi degli strumenti valorizzati dalla sentenza di primo grado e dalla decisione n. 6013/2023. In particolare, nei lotti da 2 a 21, la soglia di copertura diretta è pari al 100% e, come tale, necessariamente involge zone EU2, ove l'antieconomicità del servizio è sancita dalla stessa Autorità di settore. 24.3. In sostanza, la combinazione tra l'elevata soglia di copertura diretta e la conseguente ricomprensione in tale ambito delle zone EU2 ha comportato la compromissione di un effettivo confronto concorrenziale che, per le ragioni spiegate, non è stato, comunque, suscettibile di idonea compensazione con gli strumenti indicati nella sentenza appellata, che non potevano considerarsi idonei a superare l'ostacolo costituito dalla presenza delle zone EU2. 24.4. Né tale argine è agevolmente suscettibile di essere colmato con le misure indicate da Po. It. e dall'I.N.P.S., che hanno evidenziato come il settore dei servizi postali non sarebbe caratterizzato da limiti di carattere fisico e da ingenti costi fissi ma, al contrario, è un settore ad alta intensità di manodopera con la conseguenza che, trattandosi di una risorsa facile da trovare ed agevole da organizzare, la rete è sostanzialmente replicabile e non esistono aree per definizione irraggiungibili o "antieconomiche". Inoltre, queste parti hanno evidenziato come l'I.N.P.S. aveva previsto un affidamento triennale, in ciascun lotto regionale, di ingenti volumi di raccomandate, le quali hanno un prezzo molto più elevato e sono, quindi, più remunerative della corrispondenza ordinaria, garantendo, quindi, soglie di rimuneratività sufficienti all'assunzione di porta lettere aggiuntivi per coprire anche le aree EU2. Questa possibilità sarebbe risultata di facile realizzazione tenuto conto dei livelli di partenza di molti operatori che già avrebbero avuto coperture significative, incrementabili sia con interventi strutturali nella propria realtà aziendale sia ricorrendo ai vari strumenti associativi. Ciò anche tenendo conto della scarsità delle aree EU2 in ambito regionale, e, quindi, della dimensione di copertura richiesta dalla gara. Inoltre, Po. It. ha evidenziato come la postalizzazione sarebbe antieconomica in quanto le tariffe pagate dalla stazione appaltante per il recapito nelle aree extraurbane tramite il fornitore del Servizio Universale, essendo oggetto di regolamentazione, non sarebbero inferiori a quelle che invece la stazione appaltante otterrebbe attraverso un pieno confronto competitivo tra i fornitori; inoltre, il ricorso alla postalizzazione incentiverebbe fenomeni di "parassitismo", in quanto consentirebbe ai concorrenti di stabilirsi esclusivamente nelle aree più remunerative, lasciando invece a Po. solo le aree meno remunerative. 24.5. Osserva il Collegio come l'entità delle aree EU2 indicata dall'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni sia, invero, particolarmente significativa, diversamente da quanto dedotto dall'I.N.P.S. e da Po.. La stessa Autorità ha, inoltre, registrato un incremento delle aree EU2 che testimonia, quindi, una progressiva crescita del disinvestimento strutturale degli operatori alternativi. In questo scenario la possibilità di colmare il divario con l'impresa incumbent mediante la mera assunzione di nuovi portalettere è ipotesi che non tiene conto dell'entità di un simile investimento, rapportato ai margini di redditività dell'appalto; inoltre, non è stata indicata neppure una stima di un simile investimento per un operatore, restando, quindi, indimostrata - neppure mediante prove statistiche o mere elaborazioni di calcolo - la fattibilità concreta di simili operazioni mantenendo, comunque, idonei margini di redditività . Del resto, la misura dei finanziamenti garantiti a Po. per l'espletamento del servizio universale (indicata nella memoria del Consorzio) è tale da rendere poco credibile la sussistenza di un margine di redditività a fronte degli investimenti necessari per la copertura diretta. Inoltre, la razionalità economica di un simile investimento risulta, invero, smentita dal confronto tra il numero di piccoli operatori indicata da Po. It. (circa 2.500) e il numero di operatori partecipanti alla gara diversi dalla stessa Po. (due). Infatti, ove una simile possibilità fosse realmente fattibile in modo agevole, non si spiegherebbero le ragioni per le quali solo lo 0,08 per cento degli operatori abbia assunto tale decisone e abbia ritenuto di partecipare alla gara. Appare, quindi, poco credibile la facilità di accesso alla gara per gli operatori di mercato e, al contrario, i dati concreti testimoniano come la struttura della gara abbia, in sostanza, impedito agli operatori di prendervi parte. Né una smentita reale può risiedere nella circostanza che in tre lotti hanno partecipato altri due operatori economici. In disparte la già rappresentata esiguità del numero di lotti aggiudicati ad un soggetto diverso da Po., va considerato anche l'importo a base d'asta di questi lotti che, come osservato dal Consorzio interveniente, è stato complessivamente pari a circa il sei per cento dell'importo complessivo. In ultimo, non rilevano neppure i risultati di altre gare (come quella di ACI Informatica) non essendo stati prodotti i relativi documenti, dal cui esame verificare la sovrapponibilità di tali gare a quella all'attenzione del Collegio. 24.6. Inoltre, va considerato che strumenti come il r.t.i. e il subappalto sono di natura negoziale e necessitano, quindi, del consenso di altri operatori; pertanto, si tratta di strumenti che non possono ritenersi dei succedanei integralmente equivalenti alla strutturazione della gara in modo conforme ai principi a tutela della concorrenza. A ciò si è aggiunto l'espresso divieto di ricorrere al fornitore del servizio universale che, come esposto dall'appellante, ha inciso sulla possibilità di assicurare una copertura diretta del lotto da parte degli operatori, costringendo gli stessi a poter contare astrattamente solo sulla propria o sulle proprie reti. Situazione che, tuttavia, "sconta" i limiti in precedenza illustrati, i quali non possono, quindi, neppure essere colmati attraverso quello che sarebbe il "naturale" strumento compensativo calibrato sulla presenza delle zone EU2, e, cioè, proprio il ricorso al fornitore del servizio universale. Né il ricorso al servizio universale avrebbe comportato, necessariamente, l'incremento dei costi per la stazione appaltante, come evidenziato da Po. It.. Infatti, tale affermazione è meramente ipotetica e non tiene conto della possibilità - non escludibile a priori - per gli operatori economici di formulare, comunque, offerte competitive pur di aggiudicarsi il lotto, rinunciando, in ipotesi, a margini di redditività, con conseguente non necessario incremento dei costi complessivi per la stazione appaltante. 24.7. Del resto, questo confronto competitivo - volto a realizzare, in primo luogo, proprio l'interesse pubblico all'economicità della spesa, e con esso la "convenienza amministrativa" dell'acquisto - non si è, in sostanza, realizzato e ciò, verosimilmente, proprio per le clausole impugnate dall'Autorità e, in particolare, per l'inidoneità delle stesse a tener conto della reale e concreta situazione del mercato dei servizi postali, come sopra pur brevemente illustrato. Infatti, nonostante la suddivisione in lotti e l'ingente valore economico della gara, risulta che: i) la sola Po. It. ha presentato offerte per i lotti 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 18, 19, 21; ii) C.S.I. s.r.l. ha presentato offerte per i lotti 17 e 18 ma, con gravi carenze nelle offerte tecniche, tanto da essere stata successivamente esclusa; iii) due soli lotti su 22 sono aggiudicati all'altro solo operatore che ha presentato valide offerte; iv) per tutti i lotti (da 1 al 21), Po. It. ha presentato offerte pari al valore posto a base d'asta (cfr. determina di aggiudicazione dell'8.11.2022, depositata nel giudizio di primo grado da I.N.P.S.), laddove un confronto concorrenziale effettivo o comunque più significativo avrebbe con ogni probabilità determinato, invece, la necessità di un ribasso della base d'asta, assicurando altrettanto verosimilmente un risparmio all'ente committente a tutto beneficio, in ultimo, della spesa pubblica e, per mutuare un principio del nuovo codice dei contratti pubblici, del risultato perseguito dalla stazione appaltante. 25. Dalle considerazioni sin qui esposte il Collegio ravvisa l'illegittimità della disciplina di gara in quanto sostanzialmente preclusiva di un effettivo e concreto confronto concorrenziale, e, come tale, lesiva sia dell'interesse degli operatori del settore a concorrere gli uni con gli altri su un piano di non discriminazione, sia dell'interesse della stessa stazione appaltante ad avere una platea più vasta di possibili contraenti, tra i quali scegliere, in funzione del "miglior risultato possibile" nell'affidamento e nell'esecuzione dei contratti. 25.1. Infatti, il Collegio osserva come la legittimità di tale disciplina non possa essere sancita dalla prevalenza di ulteriori interessi pubblici nel bilanciamento con quelli sin qui esposti. Infatti, l'interesse ad ottenere il servizio al minor costo possibile non sarebbe stato necessariamente vanificato, come esposto, dalla possibilità di consentire il ricorso alla postalizzazione per le aree non coperte dalla rete dell'operatore. Al contrario, proprio l'interesse ad ottenere un servizio al costo inferiore risulta esser stato concretamente inibito dalle regole di gara che, per le ragioni esPo., hanno precluso un effettivo confronto concorrenziale, comportando l'assegnazione a Po. It. di 19 lotti su 21 al valore posto a base d'asta e, quindi, giova ripetere, senza alcun ribasso. Inoltre, le regole della procedura non possono neppure ritenersi giustificate da esigenze di capillarità del servizio che si sarebbe potuto, comunque, assicurare consentendo il ricorso al servizio universale per le sole aree non coperte dalla rete dell'operatore. 26. In definitiva, il primo motivo di ricorso in appello deve essere accolto per le ragioni sin qui spiegate. Parimenti fondato è il secondo motivo di ricorso. La previsione di un criterio premiale - anche se limitato al solo lotto 1 - deve, infatti, valutarsi alla luce delle ulteriori regole e della struttura della gara. Infatti, se un criterio premiale come quello all'attenzione del Collegio non è in grado ex se di ledere le previsioni a tutela della concorrenza, deve, comunque, considerarsi come, nel caso specifico, simile criterio finisca per concorrere alla sostanziale deprivazione del confronto concorrenziale derivante dalle regole di gara, in ragione della struttura del mercato dei servizi postali in precedenza esaminato. Infatti, la previsione di questo criterio premiale determina un ulteriore vantaggio in capo al fornitore del servizio universale che è in grado di garantire l'intera copertura del territorio nazionale e, pertanto, è nella condizione di potersi assicurare anche questo lotto, come effettivamente accaduto nel caso di specie. La clausola in esame deve, quindi, ritenersi affetta dai medesimi vizi riscontrati dal Collegio nella disamina del primo motivo e, pertanto, va accolto anche il secondo motivo di ricorso in appello, con conseguente annullamento anche in parte qua degli atti impugnati. 27. In definitiva, il ricorso deve essere accolto e, per l'effetto, in parziale riforma della sentenza di primo grado (atteso che è transitato in rem iudicatam il capo relativo all'inammissibilità dell'intervento di Fu. Gr., non oggetto di impugnazione), devono essere annullati gli atti impugnati e deve essere dichiarata la caducazione automatica dei successivi atti e dei lotti aggiudicati (cfr., per tale principio, Consiglio di Stato, Sez. V, 27 luglio 2020, n. 4758; Consiglio di Stato, Sez. V, 6 maggio 2021, n. 3538; Consiglio di Stato, Sez. V, 10 maggio 2022, n. 3628), con esclusione dei lotti n. 17 e n. 20, non investiti dalla domanda giurisdizionale di annullamento per le ragioni spiegate supra. 28. Le questioni esaminate e decise esauriscono la disamina dei motivi, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante; cfr., ex plurimis, Consiglio di Stato, Sez. VI, 2 settembre 2021, n. 6209; Id., 13 settembre 2022, n. 7949), con la conseguenza che gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso. 29. Dall'annullamento giurisdizionale del bando e dalla conseguente caducazione dell'aggiudicazione dei lotti indicati (tutti tranne quelli nn. 17 e 20) consegue l'obbligo per la stazione appaltante di rinnovare la procedura di gara, nell'osservanza del vincolo conformativo derivante dalla presente pronuncia. Come precisato in precedenza, tale vincolo lascia, comunque, aperte alla stazione appaltante più possibilità di strutturare la gara, potendo la stessa diminuire le soglie di copertura diretta (allineandosi alle indicazioni dell'A.N.A.C. e dell'A.G.Com, anche in ordine alla previa attività istruttoria da compiere, specie in relazione alle aree EU2) e, altresì, eliminare il divieto di ricorso al fornitore del servizio universale, purché la risultante complessiva delle scelte intraprese nella struttura della gara non risulti, come accaduto nel caso di specie, foriera di un'indebita compressione del confronto concorrenziale e della possibilità di perseguire il risultato dell'affidamento del contratto e della sua esecuzione nel rispetto del limite e in forza del metodo costituito dal confronto concorrenziale (cfr.: art. 1, commi 1 e 2, del D.Lgs. n. 36/2023). 30. Le spese di lite del doppio grado di giudizio possono essere compensate ai sensi degli articoli 26 del codice del processo amministrativo e 92 del codice di procedura civile, come risultante dalla sentenza della Corte Costituzionale 19 aprile 2018, n. 77, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di quest'ultima disposizione nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni, da individuarsi nella indubbia complessità delle questioni esaminate. Nulla spese nei confronti di Fu. Gr. s.r.l. che non si è costituita in giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull'appello: i) dichiara la tardività della memoria di replica dell'A.G.C.M. dell'11 marzo 2024; ii) ammette l'intervento del Consorzio A.R.; iii) accoglie il ricorso in appello e, per l'effetto, in parziale riforma della sentenza di primo grado, accoglie il ricorso introduttivo del giudizio e annulla gli atti impugnati nei sensi e nei limiti indicati in motivazione; iv) dichiara la caducazione degli atti successivi nei limiti indicati in motivazione e per le ragioni ivi indicate; v) compensa tra le parti costituite le spese di lite del doppio grado di giudizio e nulla nei confronti di Fu. Gr. s.r.l. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 marzo 2024 con l'intervento dei magistrati: Carmine Volpe - Presidente Roberto Caponigro - Consigliere Lorenzo Cordà - Consigliere, Estensore Giovanni Gallone - Consigliere Thomas Mathà - Consigliere
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quinta ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 6811 del 2023, proposto da Ot. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG 8523067164, rappresentata e difesa dall'avvocato Ma. Br., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (...); contro En. So. S.r.l. in proprio e Nq di Mandataria Rti con Bo. E& S In. It. Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Gi. Lo Pi., Fa. Ci., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Bo. E& S In. It. S.p.A. in proprio ed in Qualità di Mandante Rti, non costituito in giudizio; nei confronti Provincia di Savona, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ma. Pr., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (...); Comune di (omissis), Comune di (omissis), Comune di (omissis), Comune di (omissis), So. S.r.l., non costituiti in giudizio; per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria n. 607/2023, resa tra le parti; Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di En. So. S.r.l. in proprio e Nq di Mandataria Rti con Bo. E& S In. It. Spa e di Provincia di Savona; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 dicembre 2023 il Cons. Diana Caminiti e viste le conclusioni delle parti come da verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO 1.Ot. S.r.l. (d'ora in poi per brevità Ot.) ha interposto appello avverso la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria n. 607/2023, con cui si è accolto il ricorso proposto da En. So. S.r.l. (d'ora in poi En. So.) avverso la Determinazione della Provincia di Savona, Settore - Gestione viabilità edilizia ed ambiente, Servizio - Energia e coordinamento ambientale, n. 232 del 10 febbraio 2023, avente ad oggetto "Appalto 2031 - Procedura aperta per la selezione di un operatore qualificato per l'affidamento in concessione di servizi di prestazione energetica, inclusi la riqualificazione energetica e la gestione dell'impianto di pubblica illuminazione di proprietà dei Comuni di (omissis), (omissis), (omissis), (omissis) e Provincia di Savona (gallerie e tratti stradali). Esclusione del costituendo RTI GI ON. S.p.A. (ora So. S.p.A.) e Ot. S.r.l. Provvedimento di aggiudicazione" recante l'aggiudicazione in favore di Ot.. 2. Dagli atti di causa risulta quanto di seguito specificato. 2.1. La Provincia di Savona ha indetto la procedura per la selezione del concessionario dei servizi di prestazione energetica, con riqualificazione energetica e gestione dell'impianto di pubblica illuminazione di proprietà di cinque soggetti pubblici (i comuni di (omissis), (omissis), (omissis), (omissis) e la Provincia di Savona per le gallerie e i tratti stradali di competenza). 2.2. Il contratto oggetto della gara rientra nel genus del partenariato pubblico-privato con finanziamento privato degli interventi e trasferimento del rischio operativo (il conseguimento del risparmio energetico) in capo al concessionario, concernendo l'affidamento di un contratto per l'efficientamento energetico ("Energy Performance Contract": EPC) previsto tra i contratti di PPP dall'art. 180 del Codice. 2.3. La procedura aperta è finalizzata all'individuazione del soggetto con cui la Provincia dovrà stipulare il "Contratto Quadro" a valle del quale dovranno poi essere stipulati i "Contratti Attuativi" con riferimento alla Provincia di Savona e ai Comuni di (omissis), (omissis), (omissis), (omissis). 2.4. Il disciplinare di gara prevede all'art. 1.5. "Il valore minimo complessivo dell'investimento, soggetto ad aumento in fase di offerta economica, è pari a Euro 2.590.586,78 (iva esclusa), di cui il valore minimo dell'investimento per ciascun Comune e per la Provincia di Savona (Gallerie e tratti stradali) per l'efficientamento dell'Impianto di Pubblica Illuminazione, soggetto ad aumento nell'offerta di gara, è pari a: - Euro 825.954,68 al netto dell'IVA, di cui gli oneri sicurezza sono stimabili nel 2%, pari a Euro 16.519,09 per (omissis); - Euro 887.219,68 al netto dell'IVA, di cui gli oneri sicurezza sono stimabili nel 2%, pari a Euro 17.744,39 per (omissis); - Euro 438.148,20 al netto dell'IVA, di cui gli oneri sicurezza sono stimabili nel 2%, pari a Euro 8.762,96 Per (omissis); - Euro 157.575,47 al netto dell'IVA, di cui gli oneri sicurezza sono stimabili nel 2%, pari a Euro 3.151,51 per (omissis); - Euro 281.688,75 al netto dell'IVA, di cui gli oneri sicurezza sono stimabili nel 2%, pari a Euro 5.633,78 per la Provincia di Savona (Gallerie e tratti stradali)". 2.5. Al successivo art. 1.6. quanto all'importo dell'affidamento il disciplinare precisa che "Ai fini della presente procedura di gara, il valore complessivo dell'affidamento è pari a Euro 6.420.949,50 (IVA esclusa), calcolato moltiplicando il canone annuo complessivo riconosciuto all'aggiudicatario, stimato in Euro 1.639.399,50 (I.V.A. esclusa) per il Comune di (omissis), Euro 1.992.990,75 (I.V.A. esclusa) per il Comune di (omissis), Euro 1.076.361,00 (I.V.A. esclusa) per il Comune di (omissis), Euro 475.020,75 (I.V.A. esclusa) per il Comune di (omissis), Euro 1.237.177,50 (I.V.A. esclusa) per la Provincia di Savona (Gallerie e tratti stradali), per tutta la durata della concessione, pari a un periodo di 180 (centottanta) mesi, il tutto come meglio di seguito specificato". 2.5.1. L'affidamento della concessione è stato fissato infatti in 180 mesi, decorrenti dalla data di presa in gestione (art. 2 del disciplinare). 2.6. Tra i requisiti di capacità tecnica e organizzativa la lex specialis di gara richiede per i concorrenti il possesso di attestazione SOA in categoria OG 10 e classifica pari o superiore all'importo per lavori degli interventi di riqualificazione energetica che ciascun concorrente avrebbe offerto: "Essere in possesso di idonea qualificazione per l'esecuzione di lavori per la categoria OG10 e rispettiva classifica, ai sensi dell'art. 84 del d.lgs. 50/2016 (Sistema unico di qualificazione degli esecutori di lavori pubblici), in corrispondenza alla tipologia e all'importo per lavori degli interventi di riqualificazione energetica cui l'aggiudicatario dovrà procedere in correlazione all'offerta tecnica ed economica" (art. 7.1.2.2, lett. E, pag. 17). 2.7. Ot., in fase di partecipazione, ha speso un'attestazione SOA in categoria OG 10 per classifica V, pari ad Euro 5.165,000,00 (incrementata di un quinto fino ad Euro 6.198.000), tarata sui singoli autonomi interventi che sarebbero stati resi in favore dei singoli Enti concedenti. 2.8. In seguito allo svolgimento della gara, la graduatoria è stata più volte modificata, fino a quella che ha visto posizionato: - al primo posto il costituendo RTI composto da GI ON. S.p.a. (mandataria) e Ot. S.r.l. (mandante); - al secondo posto il RTI En. So. S.r.l. (mandataria) e Bo. E& S In. It. S.p.a. (mandante). Nel corso delle verifiche di rito sono emerse, in capo alla mandataria GI ON. S.p.a., plurime cause di esclusione, sicché, in difetto di una rimodulazione riduttiva del raggruppamento, la stazione appaltante ne ha disposto l'esclusione. 2.9. Successivamente Ot. S.r.l. (originaria mandante del RTI escluso) ha chiesto di essere riammessa alla gara, affermando di possedere in proprio, anche senza apporto della mandataria, tutti i requisiti per poter partecipare alla selezione e eseguire il contratto. 2.10. La stazione appaltante ha, quindi, riammesso singolarmente la società Ot. S.r.l con il provvedimento del 10.2.2023 n. 232 e, contestualmente, le ha aggiudicato la gara. 2.11. En. So. S.r.l. ha impugnato tale atto con il ricorso di prime cure, chiedendo l'annullamento dello stesso, nonché la condanna in forma specifica dell'amministrazione intimata a disporre l'aggiudicazione in suo favore, se del caso con declaratoria di inefficacia del contratto e subentro nel medesimo ove stipulato. 3. Il giudice di prime cure con la sentenza oggetto dell'odierno appello, disattendendo quanto allegato da parte di Ot. e dalla Provincia di Savona circa l'interpretazione della lex specialis di gara, ha accolto il primo motivo di ricorso, a carattere escludente, assorbendo conseguentemente gli ulteriori motivi. 3.1. Con tale motivo la ricorrente En. So. lamentava che l'aggiudicataria Ot. sarebbe stata priva del requisito di capacità tecnica previsto dal Disciplinare, consistente nella "idonea qualificazione per l'esecuzione dei lavori per la categoria OG10 e rispettiva classifica... in corrispondenza alla tipologia e all'importo per i lavori cui l'aggiudicatario dovrà procedere in correlazione all'offerta tecnica ed economica", perché tale qualificazione doveva essere valutata sull'importo complessivo dell'accordo-quadro e non sugli importi relativi ai singoli contratti esecutivi, da stipulare con i vari enti beneficiari; ciò in quanto: - il Disciplinare al punto 7.1.2.2.E) richiede il "possesso di idonea qualificazione per l'esecuzione di lavori per la categoria OG10 e rispettiva classifica... in corrispondenza alla tipologia e all'importo per lavori degli interventi di riqualificazione energetica cui l'aggiudicatario dovrà procedere in correlazione all'offerta tecnica ed economica", senza alcun riferimento ai singoli contratti con i singoli enti; - la concessione prevede l'ipotesi fisiologica - o quantomeno l'eventualità - che l'aggiudicatario debba eseguire contemporaneamente tutti i contratti attuativi con i vari Comuni, dovendo quindi essere dotato di capacità tecnica adeguata a far fronte ai lavori per l'intero importo dell'accordo-quadro. Nel caso di specie, invece, la controinteressata, secondo quanto dedotto da En. So., era titolare di una qualificazione OG10 con classifica V che, pur elevata di 1/5, abilitava ad interventi fino ad un importo di euro 6.198.000, mentre i lavori oggetto dell'accordo quadro hanno un valore dichiarato di euro 6.841.110,3 (importo da cui sono già state detratte le spese per i servizi che ammontano ad euro 314.877). 4. Avverso la sentenza appellata Ot. ha formulato, in due motivi, le seguenti censure: Errores in iudicando. Sulla infondatezza della censura di primo grado relativa alla asserita carenza del requisito di capacità tecnica ed organizzativa prescritto dal disciplinare di gara - Eccesso di potere giurisdizionale, criticando la statuizione di prime cure sia nel punto in cui, ai fini della qualificazione per la categoria OG 10, aveva fatto riferimento all'offerta complessivamente considerata, e non agli importi relativi alle offerte per i singoli enti pubblici beneficiari, sia nella parte in cui, ai fini di detta qualificazione, non aveva condiviso la tesi di Ot. e della Provincia di Savona circa la scorporabilità degli importi delle forniture, nonché degli importi considerati dal Rup come afferenti ad interventi, di lavori e forniture, non necessitanti della suddetta qualificazione OG 10. 5. En. So., nel resistere all'appello, ha riproposto, ex art. 101 comma 2 c.p.a., i motivi di ricorso di prime cure, dichiarati assorbiti dal Tar nei seguenti termini: II. Violazione del principio di segretezza dell'offerta economica; Violazione dell'art. 3, sezione "Offerta Tecnica", paragrafo 1.C, u.c. del Disciplinare; Violazione della par condicio fra i concorrenti; Eccesso di potere per difetto di istruttoria e contraddittorietà ; Violazione dei principi di buon andamento ed imparzialità dell'azione amministrativa (art. 97 Cost.). III. Illegittima attribuzione dei punteggi dell'offerta economica. Violazione e/ o falsa applicazione dell'art. 3, Sezione "Offerta Economica", paragrafi 1 e 4 del Disciplinare in punto di criteri di valutazione dell'offerta economica. Eccesso di potere per illogicità manifesta, contraddittorietà, carenza di istruttoria, difetto di motivazione, ingiustizia manifesta. Violazione dei principi di imparzialità e buon andamento dell'azione amministrativa ex art. 97 Cost.. IV. Violazione dell'art. 97 del d.l.gs. n. 50/2016. Eccesso di potere per difetto dei presupposti, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e di motivazione. 6. Si è costituita la Provincia di Savona, aderendo alla tesi di parte appellante circa la necessità di riforma della sentenza di prime cure, stante la correttezza del proprio operato nell'espletamento della procedura di gara. 7. Ot. ha contrastato i motivi di ricorso, dichiarati assorbiti dal giudice di prime cure e riproposti da En. So. ex art. 101 comma 2 c.p.a, depositando articolata memoria difensiva in vista dell'udienza camerale fissata per la trattazione dell'incidente cautelare, all'esito della quale, su concorde assenso delle parti, la causa è stata rinviata all'udienza pubblica per la trattazione nel merito. 7.1. Nelle more della celebrazione dell'udienza pubblica, le parti hanno depositato memorie difensive e di replica, ex art. 73 comma 1 c.p.a., insistendo nei rispettivi assunti. 8. La causa è stata trattenuta in decisione all'esito dell'udienza pubblica del 19 dicembre 2024. DIRITTO 9. La presente controversia ha ad oggetto l'aggiudicazione della procedura aperta per la selezione di un operatore qualificato per l'affidamento in concessione di servizi di prestazione energetica, inclusi i servizi di riqualificazione energetica e di gestione dell'impianto di pubblica illuminazione di proprietà dei Comuni di (omissis), (omissis), (omissis), (omissis) e Provincia di Savona (gallerie e tratti stradali). 9.1. Trattasi di appalto finanziato con fondi della BE. - Banca Eu. per gli In. come da Programma Europeo "Elena", nell'ambito del progetto provinciale volto all'efficientamento energetico degli impianti della Provincia e degli altri Comuni savonesi. 9.2. Il primo giudice ha accolto il primo motivo del ricorso proposto dalla seconda graduata, En. So., a carattere escludente, ritenendo che l'aggiudicataria Ot., odierna appellante, fosse priva del requisiti di capacità tecnica e organizzativa che la lex specialis di gara richiedeva per i concorrenti circa il possesso di attestazione SOA in categoria OG 10 e classifica pari o superiore all'importo per lavori degli interventi di riqualificazione energetica che ciascun concorrente avrebbe offerto. 9.3. En. So. infatti aveva sostenuto che tale qualificazione doveva essere valutata sull'importo complessivo dell'accordo-quadro e non sugli importi relativi ai singoli contratti esecutivi da stipulare con i vari enti beneficiari. 10. Il giudice di prime cure ha accolto tale motivo, osservando che la qualificazione dovesse essere valutata sulla base dell'offerta complessivamente considerata, ossia sul totale dei lavori proposti. A favore di tale conclusione secondo il Tar deporrebbero le seguenti plurime considerazioni. "In primo luogo sussiste un'argomentazione letterale giacché la citata norma del Disciplinare n. 7.1.2.2.E): - richiede il possesso di una "idonea qualificazione per l'esecuzione di lavori per la categoria OG10 e rispettiva classifica" senza alcun riferimento agli importi relativi alle offerte per i singoli enti pubblici beneficiari; - inoltre prevede che la qualifica sia correlata "all'offerta tecnica ed economica" declinata al singolare, e non alle plurime (e atomisticamente considerate) offerte per gli interventi a favore dei singoli enti". Né, secondo il giudice di prime cure, avrebbe rilievo la mancata previsione della sanzione espulsiva da parte della lex specialis, in quanto i requisiti tecnici minimi di partecipazione previsti dal bando hanno natura escludente ex lege, ai sensi dell'art. 83 comma 8 del Codice. Inoltre il Tar ha ritenuto che a detta interpretazione dovesse giungersi anche in un'ottica finalistica, mantenendo la gara una rilevanza unitaria e dovendosi valutare la capacità del candidato di eseguire tutti i lavori anche in parallelo. Parimenti è stata disattesa l'argomentazione invocata dalla controinteressata ed odierna appellante secondo la quale non vi sarebbe alcuna interdipendenza tra i singoli contratti esecutivi, sulla base del rilievo che la stessa, lungi dal deporre nel senso della valutabilità frazionata della qualificazione, confermerebbe che la capacità tecnica ed organizzativa richiesta al concessionario è particolarmente elevata anche per il fatto che lo stesso è obbligato ad eseguire prestazioni tra loro non collegate che lo impegnano su più fronti contemporaneamente e senza possibilità di un utilizzo sinergico delle risorse. 10.1. Il Tar ha disatteso anche le ulteriori difese della Provincia e della controinteressata ed odierna appellante, volte a dimostrare che l'importo previsto per i lavori, anche se considerato nel suo complesso, rientrerebbe comunque entro la soglia della classifica posseduta. In particolare le controparti avevano sostenuto che, dall'importo complessivo per i lavori, dovessero detrarsi: - il costo di euro 3.767.276,26 perché riferito a forniture e non a lavori; - l'ulteriore costo di euro 1.424.295,38 (6.841.110,3-5.416,814,92) in quanto "il RUP ha accertato che non tutte le prestazioni che Ot. ha dichiarato come lavori rientrano nella categoria OG10". Il Tar ha al riguardo osservato che "a) In primo luogo l'All. A al D.p.r. 207/2010, nella parte in cui disciplina la categoria OG10, dispone espressamente che essa "comprende... la fornitura... (de)gli impianti di pubblica illuminazione" e quindi prevede una disciplina speciale per le opere illuminotecniche che unifica la qualificazione per i lavori e per talune forniture, con la conseguenza che i relativi importi (di lavori e forniture) devono essere sommati e non scorporati. b) In secondo luogo è infondata l'argomentazione sollevata dalla controinteressata in sede di replica per cui l'art. 28, comma 1, ultimo periodo, imporrebbe per i contratti "misti" di valutare distintamente la qualificazione per opere e forniture. Tale norma stabilisce invero che "L'operatore economico che concorre alla procedura di affidamento di un contratto misto deve possedere i requisiti di qualificazione e le capacità prescritte dal presente codice per ciascuna prestazione di lavori, servizi, forniture prevista dal contratto", ma nel caso di specie tale regola deve essere coordinata con quella speciale dettata dalla citata normativa in materia di qualifiche che, nel caso eccezionale della categoria OG10, prevede espressamente che la qualificazione per i lavori di costruzione e manutenzione di impianti di pubblica illuminazione "comprende" anche le forniture dei relativi materiali. Per tale categoria, dunque, è lo stesso Codice (mediante rinvio al sistema delle qualificazioni SOA) che prevede che la qualificazione OG10 comprenda sia lavori che le forniture ivi specificate. Pertanto gli importi per le forniture nel campo illuminotecnico rientrano nell'ambito della qualificazione per i lavori in questione e i relativi importi non possono essere sottratti. c) Infine è infondata la tesi per cui dall'importo dell'investimento dovrebbe essere sottratto il costo di euro 1.424.295,38 che la controinteressata avrebbe erroneamente dichiarato nella categoria dei lavori mentre si tratterebbe di forniture, secondo quanto affermato nella citata relazione interna redatta dal RUP. La citata argomentazione è infondata perché, invece di dimostrare la sussistenza del requisito tecnico in capo alla controinteressata, pone in dubbio la correttezza dell'operato di questa sia per quanto attiene alle dichiarazioni rese in sede di gara, sia per quanto concerne la redazione dell'offerta. Ed infatti, se fosse dimostrata l'attendibilità delle affermazioni del RUP, ne discenderebbe: - che la controinteressata avrebbe reso in sede di gara delle dichiarazioni non veritiere (con le conseguenze sanzionatorie previste dal Codice degli appalti all'art 80, comma 12, e dall'art. 75 del D.p.r. n. 445/2000); - o, comunque, che l'offerta risulterebbe macroscopicamente errata avendo qualificato oltre il 20% degli importi come lavori invece che come forniture, con evidenti conseguenze sull'idoneità ed attendibilità dell'offerta e sulla permanenza in gara della controinteressata". 11. Con il primo motivo di appello Ot. critica la sentenza di prime cure, ritenendo che la stessa abbia erroneamente interpretato il disciplinare di gara, parametrando il requisito prescritto in merito al possesso della SOA per la categoria 0G 10 all'importo totale dei lavori in favore di tutti gli enti pubblici beneficiari, laddove, in tesi diparte appellante, dovrebbe aversi riguardo ai singoli interventi presso i singoli enti, come palesato dalla circostanza che l'offerta tecnica doveva essere redatta con riferimento specifico agli interventi presso tali enti, stante l'assoluta autonomia dei singoli affidamenti. Ciò anche sulla base del rilievo che secondo la lex specialis di gara l'offerta economica doveva essere distinta per ciascun ente concedente, con investimenti per riqualificazione energetica da offrire in aumento rispetto ai valori minimi degli investimenti previsti per ciascuno di essi. In tale ottica sarebbero pertanto i singoli contratti attuativi a dar vita ai (distinti) rapporti concessori, atti a disciplinare puntualmente, ciascuno in modo indipendente rispetto agli altri, diritti ed obblighi tra concedenti e concessionario; onde, la qualificazione doveva necessariamente essere riferita ai singoli affidamenti. Qualora la Stazione appaltante avesse ritenuto che si trattasse di un unico e complessivo affidamento e avesse voluto riferire il possesso della SOA al totale dei lavori, in tesi di parte appellante, ben avrebbe potuto (rectius: dovuto) usare il singolare ("intervento") in luogo del plurale ("interventi"). Peraltro, venendo al più in rilievo una clausola della lex specialis di gara non chiara, la stessa non poteva che essere interpretata in coerenza con il principio di massima partecipazione, come da costante giurisprudenza in materia, dovendo peraltro procedersi ad una interpretazione complessiva della lex specialis di gara. La circostanza per cui si sarebbe al cospetto di tanti affidamenti per quanti sono gli enti concedenti, in tesi di parte appellante, si evincerebbe agevolmente anche da una combinata lettura dell'intero disciplinare, da cui emergeva come i singoli enti erano sempre tenuti ben distinti (cfr. quanto ai consumi dei singoli enti e all'obiettivo da raggiungere, artt. 1.3. e 1.4; quanto al valore minimo dell'investimento, art. 1.5). La Provincia si era invero fatta promotrice e coordinatrice, per conto di alcuni Comuni ricompresi nella propria circoscrizione e per sé stessa, per l'ottenimento dei finanziamenti europei per attuare misure di efficientamento energetico; una volta ottenuti, la Stazione Unica appaltante aveva bandito la relativa gara per conto di essi e della stessa Provincia di Savona, al fine di individuare l'operatore privato a cui affidare i relativi autonomi interventi. L'aggiudicazione non darebbe inoltre luogo ad un unico contratto di concessione con la Provincia di Savona ma, diversamente, a cinque contratti con altrettanti Comuni concedenti e cinque distinti ed autonomi interventi. L'aggiudicatario, a valle della firma di un contratto quadro con la Stazione Unica Appaltante pertanto sarebbe chiamata a sottoscrivere cinque distinti contratti di concessione, uno per ciascun ente concedente per conto del quale la S.U.A. aveva esperito la gara. Né sarebbe convincente, a dire di parte appellante, l'argomentazione del giudice di prime cure, secondo cui gli interventi potrebbero essere eseguiti in contemporanea presso i singoli enti concedenti, donde la necessità del riferimento all'importo complessivo degli interventi, trattandosi di una mera eventualità, stante l'autonomia degli affidamenti presso i singoli enti concedenti. In tesi attorea peraltro, accedendo alla tesi del Tar, si richiederebbe agli operatori economici il possesso di una SOA con categoria sproporzionata rispetto al valore degli interventi presso i singoli enti con cui andava stipulato l'accordo attuativo. 12. Con il secondo motivo Ot. critica la statuizione di prime cure nella parte in cui non aveva condiviso gli assunti avanzati dalla stazione appaltante e dalla medesima controinteressata ed odierna appellante, relativi alla non riferibilità della qualificazione SOA all'importo delle forniture, richiedendo la lex specialis di gara la SOA per i soli lavori e alla scorporabilità dall'investimento dell'importo di euro 1.424.295,38, afferente a prestazioni per cui non si renderebbe necessario il possesso della SOA nella categoria OG10. In tesi di parte appellante il Tar non avrebbe esattamente inteso la portata dell'assunto difensivo in quanto Ot. non avrebbe inteso sostituire oltre il venti per cento dei lavori contenuti nell'offerta con forniture, ma avrebbe specificato che l'importo di Euro 1.424.295,38 aveva ad oggetto forniture e lavorazioni per le quali non era necessario il possesso della SOA OG10 in quanto - come chiarito in primo grado dall'Amministrazione appellata - afferivano, ad esempio, alla fornitura e installazione di sistemi di tele gestione e telecamere di videosorveglianza, di sensore antiallagamento per gallerie, di pannelli a messaggio variabile (doc. 15 - nota Rup depositata in primo grado dalla Provincia di Savona). Peraltro, secondo l'appellante, non sarebbe corretta la tesi del Tar della ravvisabilità in ordine a tale secondo profilo di una dichiarazione falsa, ex art. 80 comma 5 lett f) bis, comportante l'automatismo espulsivo, venendo al più in rilievo l'art. 80 comma 5 lett. c) bis, secondo i noti princì pi di cui alla sentenza dell'Adunanza Plenaria n. 16 del 2020. 13. Prima di passare alla disamina di tali motivi, giova richiamare la giurisprudenza in materia di interpretazione delle clausole della lex specialis di gara. 13.1. Occorre al riguardo ricordare che, come già ritenuto da questa Sezione (ex multis Cons. Stato Sez. V, 31 ottobre 2022, n. 9386; Cons. Stato, Sez. V, 31 marzo 2021, n. 2710), nelle gare pubbliche, nell'interpretazione della lex specialis di gara, devono trovare applicazione le norme in materia di contratti, e dunque anzitutto i criteri letterale e sistematico previsti dagli artt. 1362 e 1363 cod. civ.. 13.2. Ciò significa che, ai fini dell'interpretazione della lex specialis, devono essere applicate anche le regole di cui all'art. 1363 cod. civ., con la conseguenza che le clausole previste si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo ad esse il senso che risulta dal complesso dell'atto. Pertanto se un'aporia tra i vari documenti costituenti la lex specialis impedisce l'interpretazione in termini strettamente letterali, è proprio la tutela dei principi dell'affidamento e della parità di trattamento tra i concorrenti che conduce all'interpretazione complessiva o sistematica delle varie clausole. 13.3. Le preminenti esigenze di certezza, connesse allo svolgimento delle procedure concorsuali di selezione dei partecipanti, impongono pertanto in primo luogo di ritenere di stretta interpretazione le clausole del bando di gara: ne va perciò preclusa qualsiasi lettura che non sia in sé giustificata da un'obiettiva incertezza del loro significato letterale. Secondo la stessa logica, sono comunque preferibili, a garanzia dell'affidamento dei destinatari, le espressioni letterali delle varie previsioni, affinché la via del procedimento ermeneutico non conduca a un effetto, indebito, di integrazione delle regole di gara, aggiungendo significati del bando in realtà non chiaramente e sicuramente rintracciabili nella sua espressione testuale (cfr. Cons. Stato, IV, 5 ottobre 2005, n. 5367; V, 15 aprile 2004, n. 2162)" (Cons. Stato, sez. V, 12 settembre 2017 n. 4307). 13.4. Deve pertanto reputarsi preferibile, a tutela dell'affidamento dei destinatari e dei canoni di trasparenza e di "par condicio", l'interpretazione letterale delle previsioni contenute nella legge di gara, evitando che in sede interpretativa si possano integrare le regole di gara, palesando significati del bando non chiaramente desumibili dalla sua lettura testuale (Consiglio di Stato sez. V, 17/06/2014, n. 3093). 13.5. In tale ottica, solo se il dato testuale presenti evidenti ambiguità, l'interprete, in forza del principio di favor partecipationis, deve prescegliere il significato più favorevole al concorrente (ex multis, Cons, Stato, sez. V, 20 luglio 2023 n. 7113; 29 novembre 2022, n. 10491; 4 ottobre 2022, n. 8481; 2 marzo 2022 n. 1486; 6 agosto 2021, n. 5781; 8 aprile 2021, n. 2844; 8 gennaio 2021, n. 298; III, 24 novembre 2020, n. 7345; 15 febbraio 2021, n. 1322; VI, 6 marzo 2018, n. 1447; V, 27 maggio 2014, n. 2709). 14. Alla stregua di tali coordinate ermeneutiche la prospettazione di parte appellante va disattesa in quanto tanto il dato letterale della lex specialis di gara - avuto altresì riguardo all'interpretazione complessiva del disciplinare di gara relativa ai requisiti di partecipazione - quanto l'interpretazione in chiave teleologica, depongono per la correttezza dell'interpretazione operata dal primo giudice. 14.1. Ed invero va in primo luogo osservato che l'art. 7.1.2.2. del disciplinare di gara fa riferimento "all'idonea qualificazione per l'esecuzione di lavori per la categoria OG10 e rispettiva classifica, ai sensi dell'art. 84 del d.lgs. 50/2016 in corrispondenza alla tipologia e all'importo per lavori degli interventi di riqualificazione energetica cui l'aggiudicatario dovrà procedere in correlazione all'offerta tecnica ed economica". La circostanza che si faccia riferimento all'importo al singolare depone pertanto ex se nel senso che debba aversi riguardo all'importo totale degli interventi complessivi previsti in relazione all'intera procedura di gara e non dei singoli interventi, relativi all'offerta tecnica ed economica formulata in relazione a ciascun ente concedente, con il quale avrebbe poi dovuto essere sottoscritto l'accordo attuativo. 14.2. La "parcellizzazione" operata da parte appellante stride peraltro con il carattere unitario della procedura risultante dalla lex specialis, in coerenza con la scelta di ricorrere alla formula dell'accordo quadro. Gli interventi, come sostenuto dal giudice di prime cure, andavano pertanto visti nella loro unitarietà e pertanto tutti i requisiti dovevano essere valutati avendo riguardo al valore complessivo dell'appalto. 14.3. Ciò si evince, in aggiunta rispetto a quanto osservato dal giudice di prime cure, anche dalle ulteriori previsioni contenuti nella lex specialis di gara relative agli altri requisiti di partecipazione. 14.3.1. Ed invero l'art. 7.1.2. del disciplinare di gara, riferito ai requisiti di capacità economica e finanziaria richiede: "A. Fatturato globale minimo complessivo degli ultimi 3 (tre) anni antecedenti la data di pubblicazione del presente bando di gara pari ad almeno Euro 2.590.586,78= (pari al valore dell'investimento minimo)" (che ha riguardo all'appalto complessivo); "B. Fatturato specifico minimo complessivo degli ultimi 3 (tre) anni antecedenti la data di pubblicazione del presente bando di gara per interventi di efficientamento energetico di Impianti di Illuminazione Pubblica, cosi come definito dalla direttiva 2012/27/UE, di importo non inferiore a Euro 856.066,60= (pari al doppio del valore del canone complessivo annuale del presente affidamento)." 14.3.2. L'art. 7.1.2.2. riferito ai requisiti di capacità tecnica e organizzativa, oltre a richiedere tra gli altri requisiti, il possesso della qualificazione per la categoria OG 10 in contestazione, richiede "ai sensi dell'art. 83 comma 1 lett. c) e comma 6 d.lgs. n. 50/2016, di aver eseguito con buon esito nel triennio antecedente alla data di pubblicazione del presente bando (2016-2017-2018), contratti per servizi di riqualificazione energetica di impianti di illuminazione analoghi a quelli del presente bando, per soggetti pubblici o privati, per un numero di punti luce complessivo almeno pari a 8079", che è esattamente il totale dei centri luminosi di proprietà di tutti gli enti pubblici beneficiari della procedura. 14.3.3. Le medesime conclusioni pertanto non possono non valere quanto al requisito di capacità tecnica ed organizzativa riferito al possesso di idonea qualificazione per l'esecuzione di lavori per la categoria OG10 e rispettiva classifica, ai sensi dell'art. 84 del d.lgs. 50/2016, in corrispondenza alla tipologia e all'importo per lavori degli interventi di riqualificazione energetica cui l'aggiudicatario dovrà procedere in correlazione all'offerta tecnica ed economica, da ritenersi riferito all'importo complessivo degli interventi offerti. 14.3.4. Né appare convincente quanto addotto nelle difese di Ot. secondo la quale "a differenza di quanto fatto per i requisiti di fatturato e servizi analoghi, riguardo al possesso della SOA, il disciplinare non specificava che esso dovesse riguardare il totale degli interventi né, tantomeno, riportava l'importo totale degli interventi". L'obiezione non coglie nel segno in quanto disciplinare prevedeva che la valutazione dell'offerta economica avesse ad oggetto, tra i vari elementi, il valore dell'investimento e, in tale ottica, richiedeva ai concorrenti di rappresentarlo in modo esplicito in un'apposita sezione dell'offerta economica. In altri termini, la quantificazione dell'importo complessivo di tutti i lavori proposti era rimessa alla libera scelta dei partecipanti alla gara; in tale ottica pertanto il disciplinare non specificava - e non avrebbe potuto farlo - in modo predeterminato la "classifica" minima della SOA per la categoria OG10, essendo la stessa da correlare al valore dell'investimento complessivo offerto dall'operatore economico, in linea con il comprovato carattere inscindibile della procedura concorrenziale in questione, quale evincibile anche dalle altre previsioni della lex specialis di gara innanzi indicate. 14.4. Peraltro l'interpretazione letterale è confortata anche dall'interpretazione in chiave teleologica, riferita alla ratio dell'indicata previsione della lex specialis di gara, in quanto, come correttamente evidenziato dal primo giudice, dovendo i contratti attuativi essere eseguiti in parallelo nel medesimo lasso temporale, e trovando gli stessi la loro fonte in un unico accordo quadro, il concorrente doveva essere in grado di dimostrare di avere i prescritti requisiti di capacità economica finanziaria e tecnica organizzativa per far fronte al complesso delle prestazioni da essi complessivamente discendenti. 14.5. Né la predetta opzione ermeneutica, del tutto coerente con il dato letterale della lex specialis di gara e con l'interpretazione teologica, stride con il principio di proporzionalità dei requisiti di capacità rispetto all'oggetto dell'appalto, quale codificato nell'art. 83 comma 2 d.lgs. 50 del 2016, invocato da parte appellante, dovendo nella fattispecie de qua l'oggetto dell'appalto essere correlato alla procedura unitaria e non ai singoli contratti attuativi. 14.5.1. Né avuto riguardo all'oggetto della procedura, quale innanzi ricostruita in termini unitari, può soccorrere in chiave meramente interpretativa il richiamo operato da parte appellante al principio di proporzionalità contenuto nel nuovo codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 36 del 2023 e segnatamente nell'art. 10 comma 3 "Principi di tassatività delle cause di esclusione e di massima partecipazione" secondo cui "Fermi i necessari requisiti di abilitazione all'esercizio dell'attività professionale, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono introdurre requisiti speciali, di carattere economico-finanziario e tecnico-professionale, attinenti e proporzionati all'oggetto del contratto, tenendo presente l'interesse pubblico al più ampio numero di potenziali concorrenti e favorendo, purché sia compatibile con le prestazioni da acquisire e con l'esigenza di realizzare economie di scala funzionali alla riduzione della spesa pubblica, l'accesso al mercato e la possibilità di crescita delle micro, piccole e medie imprese". Ed invero detto disposto, come evidenziato nella relazione al Codice, introduce certamente un favor per l'accesso al mercato ma compatibilmente con l'oggetto del contratto e con l'esigenza di realizzare economie di scala funzionali alla riduzione della spesa pubblica. 15. Stante l'infondatezza del primo motivo di appello, si rende necessaria la disamina del secondo motivo. 15.1. Il motivo è infondato nella parte in cui critica la statuizione di prime cure laddove aveva disatteso la tesi difensiva dell'odierna appellante secondo la quale, ai fini della valutazione del requisito de quo, avrebbe dovuto scomputarsi l'importo delle forniture, posto che la lex specialis di gara faceva riferimento all'importo dei soli lavori. 15.1.1 Infatti, come correttamente evidenziato dal primo giudice, il disciplinare di gara in parte qua, non può che intendersi eterointegrato con la normativa in materia, in quanto l'All. A al D.p.r. 207/2010, nella parte in cui disciplina la categoria OG10, dispone espressamente che essa "Riguarda la costruzione, la manutenzione o la ristrutturazione degli interventi a rete che sono necessari per la distribuzione ad alta e media tensione e per la trasformazione e distribuzione a bassa tensione all'utente finale di energia elettrica, completi di ogni connessa opera muraria, complementare o accessoria, puntuale o a rete e la costruzione, la manutenzione e la ristrutturazione degli impianti di pubblica illuminazione, da realizzare all'esterno degli edifici. Comprende in via esemplificativa le centrali e le cabine di trasformazione, i tralicci necessari per il trasporto e la distribuzione di qualsiasi tensione, la fornitura e posa in opera di cavi elettrici per qualsiasi numero di fasi su tralicci o interrati, la fornitura e posa in opera di canali attrezzati e dei cavi di tensione e gli impianti di pubblica illuminazione su porti, viadotti, gallerie, strade, autostrade ed aree di parcheggio". Il principio di eterointegrazione della lex specialis di gara richiamato anche nella Relazione all'art. 10 del d.l.gs. 36 del 2023, redatta da questo Consiglio di Stato, impone infatti che, come indicato in detta Relazione "i requisiti indicati e previsti dalle norme imperative siano osservati dal concorrente a prescindere da una espressa previsione contenuta nel bando di gara, poiché essi hanno la funzione fondamentale di soddisfare l'interesse pubblico a che le prestazioni siano rese da soggetti adeguatamente qualificati". 15.2. Peraltro, proprio la disamina dell'All. A al D.p.r. 207/2010, depone per la fondatezza della seconda parte del secondo motivo di appello, volta a contestare la sentenza di prime cure laddove aveva ritenuto che, ai fini della disamina della qualificazione OG 10 posseduta da Ot. non dovesse essere scorporato, al contrario di quanto ritenuto da Ot. e confermato con nota del Rup, l'importo di euro di Euro 1.424.295,38 in quanto afferente a prestazioni per cui non si rendeva necessario il possesso della SOA nella categoria OG10. 15.2.1. Ed invero, come sostenuto dall'appellante e supportato dalla nota del Rup, depositata in primo grado dalla Provincia di Savona (doc. 15), detto importo afferisce alla fornitura e installazione di sistemi di telegestione e telecamere di videosorveglianza, di sensore antiallagamento per gallerie, di pannelli a messaggio variabile, che non rientrano negli impianti di pubblica illuminazione per i quali è necessario il possesso della categoria OG 10. Pertanto sottraendo tale importo, residuerebbe un totale di Euro 5.416.814,92 di interventi per cui è richiesta la SOA OG 10; importo che trova copertura nella Classe V in possesso di Ot.. 15.2.2. Né appare condivisibile la prospettazione del giudice di prime cure secondo cui al riguardo si sarebbe in presenza di una falsa dichiarazione, idonea ex se a determinare l'esclusione della concorrente, in quanto il primo giudice, come lamentato da parte appellante, non ha esattamente inteso la portata dell'assunto difensivo, in quanto Ot. non ha inteso sostituire oltre il venti per cento dei lavori contenuti nell'offerta con forniture, ma ha specificato che l'importo di Euro 1.424.295,38 ha ad oggetto forniture e lavorazioni per cui non è necessario il possesso della SOA OG10, assunto che, come innanzi indicato, deve ritenersi condivisibile ed è supportato anche dalla richiamata nota del Rup. 15.2.3. Ed invero il Rup, analizzando al riguardo le giustificazioni rese nel sub procedimento di anomalia dell'offerta ha precisato che "Dall'analisi dell'Allegato 1 (Schede analisi prezzi) alle giustificazioni in merito all'anomalia, prodotte dal concorrente, Prot. 62829 del 22/12/2021, risulta che non tutte le lavorazioni proposte e analizzate in tale scheda sono ascrivibili alla Cat. OG10, e nello specifico quelle da me evidenziate in giallo nella scheda di analisi prezzi citata, che allego. Da quanto sopra risulta che, sull'investimento totale di 6.841.110,30 Euro le lavorazioni ascrivibili alla Cat. OG10 ammontano a 5.416.814,92 Euro, per cui sono compatibili con la Classe V della Cat OG10, la cui SOA è posseduta dal concorrente". 15.2.4. Inconferente si rileva pertanto il richiamo operato dal primo giudice alla dichiarazione falsa ex se idonea a determinare l'esclusione della procedura di gara, non venendo in rilievo una dichiarazione falsa, ma una specifica degli interventi, quale indicata nel subprocedimento di valutazione dell'anomalia dell'offerta. 15.2.5. Ciò senza mancare di rilevare peraltro che, come correttamente allegato da parte appellante, le dichiarazioni non veritiere o reticenti idonee ad influire sulla selezione dei partecipanti non rientrano nell'automatismo espulsivo di cui all'art. 80 comma 5 lett f) bis del d.l.gs. n. 50 del 2016, venendo in rilievo al riguardo l'art. 80 comma 5 lett. c) bis del medesimo d.lgs., secondo i noti princì pi di cui alla sentenza dell'Adunanza Plenaria n. 16 del 2020. Infatti come chiarito dall'Adunanza Plenaria in tale noto arresto giurisprudenziale "a) la falsità di informazioni rese dall'operatore economico partecipante a procedure di affidamento di contratti pubblici e finalizzata all'adozione dei provvedimenti di competenza della stazione appaltante concernenti l'ammissione alla gara, la selezione delle offerte e l'aggiudicazione, è riconducibile all'ipotesi prevista dalla lettera c) (ora c-bis)) dell'art. 80, comma 5, del codice dei contratti di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50; b) in conseguenza di ciò la stazione appaltante è tenuta a svolgere la valutazione di integrità e affidabilità del concorrente, ai sensi della medesima disposizione, senza alcun automatismo espulsivo; c) alle conseguenze ora esposte conduce anche l'omissione di informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, nell'ambito della quale rilevano, oltre ai casi oggetto di obblighi dichiarativi predeterminati dalla legge o dalla normativa di gara, solo quelle evidentemente incidenti sull'integrità ed affidabilità dell'operatore economico; d) la lettera f-bis) dell'art. 80, comma 5, del codice dei contratti pubblici ha carattere residuale e si applica in tutte le ipotesi di falso non rientranti in quelle previste dalla lettera c) (ora c-bis)) della medesima disposizione". Improprio peraltro si rileva il richiamo operato dal primo giudice all'art. 80 comma 12 d.lgs. 50 del 2016 che attiene all'esclusione da successive procedure di gara fino a massimo due anni, avuto riguardo alla rilevanza e gravità dei fatti valutata dall'Anac, a seguito della presentazione di false dichiarazioni e falsi documenti, di segnalazione all'Anac da parte della stazione appaltante, di successiva iscrizione nel casellario informatico da parte dell'Anac, qualora le stesse siano rese con dolo o colpa grave. 16. L'appello pertanto va accolto stante la fondatezza del secondo motivo ex se idoneo a determinare la conferma dell'aggiudicazione in capo a parte appellante, per le ragioni innanzi evidenziate. 17. Stante la fondatezza dell'appello, nel senso innanzi precisato, si impone pertanto la disamina dei motivi del ricorso di prime cure, assorbiti nella sentenza appellata, e riproposti in questa sede da En. So. ai sensi dell'art. 101 comma 2 c.p.a.. 18. Con il secondo motivo di tale ricorso En. So. lamenta la violazione del principio di segretezza delle offerte economiche e delle regole di gara per avere Ot. inserito alcuni elementi dell'offerta economica nell'offerta tecnica. Nella parte dedicata al "progetto illuminotecnico preliminare" e, in particolare, nell'allegato recante "Schede materiale - adeguamento normativo (codice elaborato SM_AN)", l'aggiudicataria aveva infatti proposto, per la Provincia di Savona e per tutti i Comuni interessati dalla procedura, l'utilizzo di "tubo corrugato doppia parete in pe norma cei en 61386-24 - tubo flessibile corrugato doppia parete in pe per protezione cavi" e di "plinti portapalo illuminazione" di cui aveva, tuttavia, indicato espressamente il valore del prezzo in euro. Secondo la prospettazione di En. So. detti elementi economici consentirebbero, evidentemente, di risalire al valore dell'investimento, valore appunto da dichiarare in busta economica e premiato con l'attribuzione di massimo 12 punti. Ciò in quanto la presenza dei prezzi per alcuni materiali permetterebbe di conoscere preventivamente l'eventuale ribasso applicato ad un certo prezzario di riferimento. Sarebbe così possibile, in tesi di parte ricorrente, addivenire alla determinazione del valore complessivo dell'investimento, moltiplicando le quantità dichiarate in offerta tecnica tramite il computo metrico non estimativo con i relativi prezzi indicati nel prezzario di riferimento. En. So., a fondamento del motivo, richiama, oltre che il principio relativo alla separazione dell'offerta tecnica da quella economica, a garanzia della segretezza dell'offerta economica, la violazione dell'art. 3, sezione "Offerta Tecnica", paragrafo 1.C, u.c. del disciplinare secondo cui "nell'offerta tecnica non dovranno essere contenuti riferimenti ai valori dell'investimento oggetto dell'offerta economica (a pena di esclusione)". 18.1. Ai fini della disamina di tale motivo, giova un richiamo al principio di segretezza delle offerte economiche e di separazione tra offerta tecnica ed offerta economica, quale elaborato dalla giurisprudenza in materia, alla luce del quale deve evidentemente essere interpretata la prescrizione del disciplinare invocata da En. So.. 18.2. Detto principio, che impone che le offerte economiche debbano restare segrete per tutta la fase procedimentale in cui la Commissione compie le sue valutazioni sugli aspetti tecnici della proposta negoziale, trae fondamento dall'obiettivo di evitare che elementi di valutazione di carattere automatico possano influenzare la valutazione degli elementi discrezionali: costituisce, con ciò, presidio all'attuazione dei principi di imparzialità e buon andamento dell'azione amministrativa, per garantire il lineare e libero svolgimento dell'iter che si conclude con il giudizio sull'offerta tecnica e l'attribuzione dei punteggi ai singoli criteri di valutazione. 18.2.1. Il principio si declina in una triplice regola, per cui: a) la componente tecnica dell'offerta e la componente economica della stessa devono essere necessariamente inserite in buste separate e idoneamente sigillate, proprio al fine di evitare la ridetta commistione; b) è precluso ai concorrenti l'inserimento di elementi economico-quantitativi all'interno della documentazione che compone l'offerta tecnica (qualitativa); c) l'apertura della busta contenente l'offerta economica deve necessariamente seguire la valutazione dell'offerta tecnica. Invero, la conoscenza di elementi economici da parte della Commissione di gara, nella fase della valutazione dell'offerta tecnica, che precede quella di valutazione dell'offerta economica, appare di per sé idonea a determinare anche solo in astratto un condizionamento dell'operato della Commissione medesima, alterando o perlomeno rischiando potenzialmente di alterare la serenità e l'imparzialità dell'attività valutativa della Commissione stessa. 18.2.2.Nondimeno, per consolidato orientamento giurisprudenziale, il principio e le relative regole operative trovano applicazione, propter tenorem rationis, nei soli in casi in cui sussista effettivamente il pericolo di compromissione della garanzia di imparzialità della valutazione, il che accade, appunto, solo laddove concorrano elementi di giudizio a carattere discrezionale (inerenti l'apprezzamento dei profili tecnici e qualitativi della proposta negoziale articolata dagli operatori economici in concorrenza) ed elementi di giudizio a rilevanza obiettiva ed automatica (quali sono quelli della componente economica dell'offerta) e, dunque, soltanto allorché il criterio di aggiudicazione (che ingloba entrambi i profili) sia quello della "offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità /prezzo" (art. 95, 2° comma, d.lgs. n. 50 del 2016): la peculiarità del bene giuridico protetto dal principio di segretezza dell'offerta economica impone, in effetti, che la tutela si estenda a coprire non solo l'effettiva lesione del bene, ma anche il semplice rischio di pregiudizio al medesimo, perché anche la sola possibilità di conoscenza dell'entità dell'offerta economica, prima di quella tecnica, è idonea a compromettere la garanzia di imparzialità dell'operato dell'organo valutativo. Il divieto in parola, peraltro, non può essere interpretato in maniera indiscriminata, al punto da eliminare ogni possibilità di obiettiva interferenza tra l'aspetto tecnico e quello economico dell'appalto posto a gara; in particolare, possono essere inseriti nell'offerta tecnica voci a connotazione (anche) economica o elementi tecnici declinabili in termini economici se rappresentativi di soluzioni realizzative dell'opera o del servizio oggetto di gara (cfr. Cons. Stato, III, 9 gennaio 2020, n. 167): è, perciò, ammessa l'indicazione nell'offerta tecnica di alcuni elementi economici, resi necessari dagli elementi qualitativi da fornire, purché tali elementi economici non consentano di ricostruire la complessiva offerta economica o purché non venga anticipatamente reso noto il "prezzo" dell'appalto. Con ciò, in definitiva, il divieto di commistione non va inteso né in senso assoluto, né in senso formalistico, ben potendo nell'offerta tecnica essere contenuti "elementi economici che non fanno parte dell'offerta economica, quali i prezzi a base di gara, i prezzi di listini ufficiali, i costi o prezzi di mercato, ovvero siano elementi isolati e del tutto marginali dell'offerta economica che non consentano in alcun modo di ricostruire la complessiva offerta economica" (Cons. Stato, V, 29 aprile 2020, n. 273; Id., V, 11 giugno 2018, n. 3609; Id., V, 11 giugno 2018, n. 3609; Id., III, 12 luglio 2018, n. 4284; Id., III, 3 aprile 2017 n. 1530). In tali termini si è espressa questa sezione, con sentenza 2 agosto 2021, n. 5645, rigettando la censura riferita a fattispecie in cui il valore riportato nel computo metrico non estimativo delle migliorie non rappresentava il costo realmente sostenuto dall'appellante per la miglioria considerata ("impianto fotovoltaico"), ma solo il "Prezzo Unitario rif. Listino OO.PP. Puglia 2019 = 5400/3 = 1800 euro", cioè a dire la mera descrizione della "voce EA.002.031", riportata nel prezziario della Regione Puglia. 18.3. Applicando tali coordinate ermeneutiche la doglianza va disattesa, non avendo parte appellante allegato in maniera sufficiente come l'indicazione del prezzo del tubo corrugato doppia parete in pe norma cei en 61386-24 - tubo flessibile corrugato doppia parete in pe per protezione cavi" e di "plinti portapalo illuminazione" possa consentire di risalire alla totalità dell'offerta economica. Peraltro i dati al riguardo allegati nell'offerta tecnica si risolvono in meri estratti da cataloghi di produttori; della St. S.p.a. per i tubi corrugati e della EM. S.r.l. per i plinti porta palo, come già documentato in prime cure da Ot. (allegati n. 18 e 19 depositati in data 5 aprile 2023 e nuovamente depositati nel presente grado di appello, sub doc. 17 e 18). Tali valori, ricavabili dalla consultazione dei cataloghi e listini di tali fornitori, in quanto meri prezzi di listino, non sono in alcun modo suscettibili di anticipare il valore dell'investimento offerto dal concorrente. 19. Con il terzo motivo di ricorso En. So. assume che sarebbe illegittima l'attribuzione dei punteggi relativi all'offerta economica di Ot. per macroscopici errori di valutazione compiuti dalla stazione appaltante con particolare riferimento ai criteri del "volume degli investimenti" e della "durata della realizzazione degli interventi". 19.1. Il disciplinare prevedeva infatti che la valutazione dell'offerta economica avesse ad oggetto, tra i vari elementi, il valore dell'investimento, sicché era richiesto ai concorrenti di indicare "il valore economico in euro di investimento per gli interventi previsti di efficientamento energetico, messa a norma e sicurezza, in aumento rispetto al valore posto a base di gara. Tale valore economico dovrà essere coerente con quanto dichiarato nel Piano Economico Finanziario che prevarrà in ogni caso in caso di discordanza". L'aggiudicataria Ot. aveva indicato un valore di investimento pari a 6.841.110 euro; la ricorrente un valore di investimento pari a 6.196.654 euro. La Commissione, rispetto a tale voce dell'offerta economica, aveva dunque attribuito all'aggiudicataria il punteggio massimo previsto di 12 punti e ad En. So. 11,39 punti. Tuttavia, tale valutazione, in tesi di En. So., sarebbe illogica in quanto il valore dell'investimento proposto da Ot. non risulterebbe proporzionato e coerente rispetto alla mole di interventi di efficientamento energetico, messa a norma e sicurezza contemplati nella propria offerta tecnica. Dall'analisi della busta tecnica, risulterebbe infatti che gli interventi proposti da Ot. per i comuni di (omissis), (omissis), (omissis) e (omissis) sono in numero di molto inferiore rispetto a quelli indicati dalla ricorrente. A fronte di un numero di interventi minore rispetto a quello indicato da En. So., la controinteressata aveva pertanto enfatizzato, senza alcuna plausibile giustificazione, i relativi costi per massimizzare l'importo dell'investimento ed ottenere, quindi, un maggiore punteggio. 19.2. Parimenti ingiustificati, secondo En. So., sarebbero i 2 punti attribuiti con riferimento al criterio di valutazione n. 4 dell'offerta economica, riguardante la durata dei lavori. Ed infatti, la durata dei lavori indicata nell'offerta della controinteressata (pari a due mesi) non sarebbe coerente con i lavori proposti e l'organizzazione necessaria per realizzarli, che l'ex mandataria So. S.p.A. (già GI ON. S.p.A.) aveva dichiarato di possedere nei propri giustificativi. 20. Prima di passare alla disamina di tale motivo, giova in primo luogo richiamare la giurisprudenza in materia secondo la quale la valutazione delle offerte, nonché l'attribuzione dei punteggi da parte della commissione giudicatrice attengono al sindacato-discrezionale dell'amministrazione, sicché, fatto salvo il limite della abnormità della scelta tecnica, di norma sono inammissibili le censure che si sostanziano in un tentativo di sostituzione del punteggio attribuito dalla commissione giudicatrice, perché sollecitano il giudice amministrativo ad esercitare un sindacato sostitutorio, al di fuori dei tassativi casi sanciti dall'art. 134 c.p.a.. (ex multis Cons. Stato, sez. III, 5.11.2020, n. 6820). 20.1. Pertanto già il richiamo a tale principio evidenzia un profilo di inammissibilità della censura, posto che dalle generiche allegazioni contenute nella memoria di costituzione di riproposizione dei motivi assorbiti in prime cure, non emergono profili di evidente illogicità della valutazione dell'offerta tecnica di Ot., mirando piuttosto En. So. ad un sindacato sostitutorio. 20.2. Ed invero nella disamina di tale motivo non può annettersi alcun rilievo a quanto specificato dalla parte nella sola memoria difensiva ex art. 73 comma 1 c.p.a., avuto riguardo all'onere di specificità dei motivi di ricorso, che non può che presidiare anche i motivi assorbiti in prime cure e riproposti con la memoria da depositarsi a pena di decadenza entro il termine per la costituzione in giudizio, che devono peraltro essere del tutto corrispondenti a quelli formulati in primo grado, con la conseguente impossibilità di una integrazione successiva. 20.3. Peraltro il motivo, poste queste precisazioni circa i limiti della sua disamina, si appalesa inammissibile ed infondato anche sotto altri profili, dovendosi aderire al riguardo alle prospettazioni difensive di Ot. e della Provincia di Savona. 20.3.1. In primo luogo la prima censura, riferita all'attribuzione del punteggio per il "Volume dell'investimento" è inammissibile per genericità, posto che En. So. si è limitata al riguardo a sostenere che Ot. avrebbe enfatizzato i costi, senza alcuna allegazione e senza fornire il benché minimo principio di prova, se non una soggettiva comparazione tra il numero di interventi offerti da En. So. e quelli offerti da Ot., del tutto priva di significatività con riferimento alla valutazione del volume di investimenti. 20.3.2. Peraltro detta doglianza si profila infondata anche nel merito, in considerazione del rilievo che il punteggio attribuito al valore economico dell'investimento offerto da Ot. rispetta le previsioni del disciplinare; in particolare risulta coerente con quanto dichiarato da Ot. nel proprio Piano Economico Finanziario. Peraltro le allegazioni di En. So. circa un presunto maggior numero di interventi da essa offerti sono prive di qualsiasi concludenza, in quanto non contemplano - e non potrebbe essere altrimenti - una ponderazione "qualitativa", che si traduce chiaramente in un differente valore economico degli interventi offerti dai concorrenti. Ciò senza mancare di considerare che la stazione appaltante con la clausola della lex specialis non contestate dall'appellata, si è autovincolata a valutare il criterio "volume degli investimenti" con un parametro oggettivo, rinviando all'uopo a quanto indicato nel Piano Economico Finanziario. Come richiesto dallo stesso disciplinare, il PEF deve garantire l'equilibrio finanziario anche con riferimento al ribasso offerto sul canone annuale, attraverso il quale viene recuperato l'investimento, e deve essere asseverato da soggetto abilitato per legge (da uno dei soggetti indicati dall'art. 183, comma 9 del D.lgs. n. 50/2016). Pertanto, la censura mossa all'attribuzione del punteggio - al limite- avrebbe dovuto essere proposta, secondo quanto rilevato dalla Provincia di Savona, avverso il Piano Economico Finanziario, con riferimento al quale invece non è stata formulata alcuna censura, né è stato dimostrato il sovradimensionamento del valore dell'investimento e il relativo disequilibrio con il canone annuo offerto da Ot.. 20.3.3. Avuto riguardo all'inammissibilità e comunque all'infondatezza della censura riferita al "Volume degli investimenti" il motivo è inammissibile con riferimento al criterio riguardante la durata dei lavori, in quanto anche in ipotesi di decurtazione dei due punti al riguardo assegnati ad Ot., En. So. non riuscirebbe a vincere la prova di resistenza, in quanto il suo accoglimento non colmerebbe il divario (superiore a 2 punti) tra il punteggio attribuito a Ot. (95,42) e quello attribuito a En. So. (93,35). 21. Con il quarto motivo di ricorso En. So. En. lamenta che l'aggiudicazione sarebbe illegittima in ragione dell'anomalia dell'offerta presentata da Ot. e, prima ancora, per la mancata riedizione del subprocedimento di anomalia nei confronti dell'aggiudicataria, condotto invece solo nei confronti del raggruppamento con So., poi esclusa. 21.1. Nella prospettazione della ricorrente era doveroso per l'Amministrazione, a seguito riduzione consentita in favore di Ot., procedere ad una nuova verifica di congruità dell'offerta per valutarne la sostenibilità alla luce dei mezzi e delle risorse possedute dall'aggiudicataria. In ogni caso En. critica i giustificativi prodotti da So. nell'ambito del subprocedimento di anomalia. 22. Detto motivo è meritevole di accoglimento, in relazione all'assorbente profilo riferito alla necessità di reiterazione del subprocedimento di anomalia dell'offerta a seguito della riduzione del RTI consentita dalla stazione appaltante. Appare infatti evidente che la circostanza che l'offerta sia risultata congrua perché presentata da un raggruppamento non può ex se portare a ritenere che la stessa sia parimenti attendibile nel caso in cui il contratto venga eseguito da uno solo dei membri del raggruppamento. Alla stregua di tali rilievi è necessario che il subprocedimento di anomalia condotto nei confronti dell'offerta presentata da un raggruppamento venga nuovamente esperito, nel caso di recesso di uno dei membri del raggruppamento. Tale considerazione di carattere generale, riferita alla necessità che il subprocedimento di valutazione dell'anomalia dell'offerta sia esperito con riferimento al singolo operatore economico - evidentemente diverso nell'ipotesi in cui sia consentita la riduzione del RTI - nell'ipotesi di specie è altresì supportata dal rilievo che, come dedotto da En. So., i giustificativi resi dalla ex mandataria So. avevano come principale riferimento l'organizzazione, la struttura, il personale e i costi di tale operatore. Né è dirimente la circostanza, evidenziata nella memoria difensiva di Ot., di essere oltreché mandataria del raggruppamento, anche ausiliaria di So.: infatti, i giustificativi resi da So. potranno aver tenuto in considerazione i costi delle risorse di Ot. non già complessivamente ma solo e nei limiti dei requisiti messi a disposizione con il contratto di avvalimento. Stante la necessità di riedizione del subprocedimento di verifica dell'anomalia dell'offerta non era n onere di En. So. dimostrare l'incongruità dell'offerta presentata originariamente dal RTI. 23. Avuto riguardo alla fondatezza del quarto motivo del ricorso di prime cure, il ricorso medesimo va pertanto accolto, con conseguente annullamento del provvedimento di aggiudicazione in favore di Ot., ai soli fini delle reiterazione del subprocedimento di valutazione dell'anomalia dell'offerta. 24. In conclusione l'appello va accolto, ma va del pari accolto il ricorso di prime cure con riferimento al motivo innanzi indicato, riproposto in questa sede, e per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, il ricorso di prime cure va accolto per motivi diversi, dovendo essere ripetuto il subprocedimento di valutazione dell'anomalia dell'offerta dell'aggiudicataria. 25. Le questioni sopra vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione Civile, Sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione Civile, Sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663 e per il Consiglio di Stato, Sez. VI, 2 settembre 2021 n. 6209, 13 settembre 2022 n. 7949 e 18 luglio 2016 n. 3176). 26. Sussistono eccezionali e gravi ragioni, avuto riguardo alla soccombenza reciproca per compensare interamente le spese di lite del presente grado, ferma restando la liquidazione delle spese di lite operata dal primo giudice, avuto riguardo in ogni caso all'accoglimento del ricorso di prime cure, sia pure per motivi diversi. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, accoglie l''appello ed accoglie altresì il motivo di ricorso assorbito in primo grado e riproposto in questa sede, ex art. 101 comma 2 c.p.a., e per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso di primo grado per motivi diversi ed annulla la Determinazione della Provincia di Savona, Settore - Gestione viabilità edilizia ed ambiente, Servizio - Energia e coordinamento ambientale, n. 232 del 10 febbraio 2023. Compensa le spese di lite. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 dicembre 2023 con l'intervento dei magistrati: Diego Sabatino - Presidente Stefano Fantini - Consigliere Sara Raffaella Molinaro - Consigliere Giorgio Manca - Consigliere Diana Caminiti - Consigliere, Estensore
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quinta ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 2415 del 2020, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato An. Pa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Do. Ch., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sezione seconda, n. 04590/2019, resa tra le parti; Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis); Visti tutti gli atti della causa; Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.; Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 10 aprile 2024 il Cons. Carmelina Addesso; Vista l'istanza di passaggio in decisione senza discussione depositata dall'appellante; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. Il signor -OMISSIS- chiede la riforma della sentenza in epigrafe indicata che ha respinto il ricorso proposto per l'annullamento del provvedimento n. -OMISSIS- del 3/7/2013 di diniego di rilascio del permesso di costruire per la realizzazione di un manufatto da adibirsi a fabbrica di salotti e divani. 1.1 Con ricorso di primo grado l'odierno appellante, proprietario di un terreno sito nel Comune di (omissis), zona D2, ove è consentita l'edificazione di impianti ed edifici funzionali all'attività produttiva artigianale e industriale, lamentava l'illegittimità del diniego di titolo edilizio fondato sulla necessità di previa presentazione di un piano attuativo, sebbene l'area risultasse totalmente urbanizzata. 1.2 Il TAR adito respingeva il ricorso rilevando che "strade asfaltate, allacci a rete ed un sistema fognario non possono da soli costituire indici di una completa urbanizzazione, in disparte il difetto della natura pubblica delle urbanizzazioni quali realizzate nella fattispecie dal privato". 2. Con l'appello in trattazione il ricorrente chiede la riforma della sentenza per i seguenti motivi: I - ERROR IN IUDICANDO - VIZIO DI OMESSA PRONUNCIA IN RELAZIONE AL PRIMO MOTIVO DI RICORSO RUBRICATO "VIOLAZIONE DELL'ART. 12 DEL D.P.R. N. 380/2001 - ECCESSO DI POTERE - SVIAMENTO - FALSITA' DELLA CAUSA - DISPARITA' DI TRATTAMENTO - CONTRADDITTORIETA' ESTRINSECA - IRRAGIONEVOLEZZA - CARENZA DI ISTRUTTORIA - OMESSA PONDERAZIONE DELLA FATTISPECIE CONTEMPLATA - ALTRI PROFILI" - VIOLAZIONE DELL'ART. 112 C.P.C. IN RELAZIONE AGLI ARTT. 1, 2 E 3 DEL D.LGS. 104/2010. II - ERROR IN JUDICANDO ED IN PROCEDENDO - ERRONEA APPLICAZIONE DELL'ART. 44 DELLA L. N. 865/71 - ERRONE APPLICAZIONE DELL'ART. 4 DELLA L. N. 847/64 - ERRONEA APPLICAZIONE DELL'ART. 2 DEL D.M. N. 1444/68 - ERRONEITA' NELLA VALUTAZIONE DEI PRESUPPOSTI DI FATTO E DI DIRITTO - ERRONEA PONDERAZIONE DELLA FATTISPECIE CONSIDERATA. 3. Si è costituito in giudizio il Comune di (omissis) che ha insistito per la reiezione del gravame. 4. In vista dell'udienza di trattazione l'appellante ha depositato memoria, insistendo per l'accoglimento dell'appello. 5. All'udienza di smaltimento del 10 aprile 2024 la causa è stata trattenuta in decisione. 6. Con due motivi di appello, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto tra loro connessi, il ricorrente lamenta l'erroneità della sentenza di primo grado per le seguenti ragioni: i) la sentenza ha del tutto pretermesso l'esame del primo motivo di ricorso-che viene riproposto in sede di appello- relativo all'autovincolo determinato dalla delibera di Commissione Straordinaria n. -OMISSIS- del 4.4.2006, confermativa delle precedenti delibere di Consiglio Comunale n. 40/2002 e 195/2001, con cui erano stati stabiliti i nuovi criteri per il rilascio dei titoli abilitativi in determinate zone omogenee, tra cui la zona "D2" ove ricade il lotto di proprietà dell'esponente, a prescindere dalla previa approvazione del piano esecutivo di dettaglio. Il giudice non si sarebbe, inoltre, pronunciato nemmeno sulle richieste istruttorie formulate in primo grado, ivi comprese la richiesta di acquisizione delle delibere e delle determine comunali espressamente indicate e la richiesta di produzione da parte dell'amministrazione di una relazione sui titoli edilizi rilasciati in zona D2 per interventi di natura produttiva, corredata da copia conforme di tutti i titoli abilitativi rilasciati a far data dall'approvazione delle delibere sopra richiamate; ii) contrariamente a quanto sostenuto dal Comune e dal Tar, l'area su cui ricade il lotto di proprietà del ricorrente - in realtà gravemente interessata da fenomeni di edificazione a destinazione residenziale di carattere abusivo - è dotata di opere di urbanizzazione primaria e secondaria, tutte puntualmente descritte in sede istruttoria dal privato istante. Tale circostanza ha trovato conferma nell'atto di adozione del PUC 2013 (il cui iter sia pure non concluso non inficia in alcun modo il presupposto della qualificazione delle opere) e nella relazione tecnica depositata in atti. Alla luce delle sopra esposte doglianze, l'appellante insiste sulle istanze istruttorie già formulate in primo grado, chiedendo che venga disposta una consulenza tecnica o una verificazione per accertare l'effettivo grado di urbanizzazione primaria e secondaria della zona omogenea in cui ricade il lotto oggetto di intervento. 7. I motivi sono infondati. 8. Per giurisprudenza costante i casi in cui il piano regolatore generale consente il rilascio del permesso di costruire diretto, senza previa approvazione dello strumento attuativo sono eccezionali e di stretta interpretazione. Anche in presenza di una zona già urbanizzata, inoltre, la necessità dello strumento attuativo è esclusa solo laddove la situazione di fatto, caratterizzata da una pressoché completa edificazione della zona, sia addirittura incompatibile con un piano attuativo, ma non anche nell'ipotesi in cui, per effetto di un'edificazione disomogenea, ci si trovi di fronte ad una situazione che esige un intervento idoneo a restituire efficienza all'abitato, riordinando e talora definendo ex novo un disegno urbanistico di completamento della zona (Consiglio di Stato sez. IV, 11/11/2022, n. 9916; id. 16/11/2021 n. 7620). 8.1 E' stato, infatti, precisato che l'esigenza di un piano di attuativo, quale presupposto per il rilascio del titolo edilizio, s'impone anche al fine di un armonico raccordo con il preesistente aggregato abitativo, allo scopo di potenziare le opere di urbanizzazione già esistenti e, quindi, anche alla più limitata funzione di armonizzare aree già compromesse ed urbanizzate che richiedano una necessaria pianificazione della maglia e perciò anche in caso di lotto intercluso o di altri casi analoghi di zona già edificata e urbanizzata (Cons. Stato sez. II, 09/12/2020, n. 7843; sez. IV, 27/03/2018, n. 1906 e 21/08/2013, n. 4200). 8.2 Nel caso di specie l'area su cui ricade il lotto di proprietà dell'appellante non presenta quei caratteri di completa urbanizzazione idonei a rendere la situazione di fatto incompatibile con il piano attuativo e a consentire, in via eccezionale, l'edificazione sulla base del solo titolo edilizio. 8.3 Le opere menzionate dall'interessato consistono, infatti, in strade private realizzate in assenza di titoli abilitativi, in allacci di rete possibili in qualunque zona e in un sistema fognario di proprietà non pubblica e a destinazione non collettiva: non si tratta, pertanto, di opere di urbanizzazione a fruizione collettiva e in disponibilità dell'amministrazione. 8.4 L'inidoneità delle opere in questione a determinare quella completa urbanizzazione dell'area che legittima eccezionalmente l'edificazione diretta è stata puntualmente evidenziata dal comune nell'ambito del procedimento concluso con il diniego di permesso di costruire. 8.5 Al riguardo giova richiamare: i) il parere negativo del settore lavori pubblici del 26 gennaio 2011, ove si osserva che "la fogna di diametro mm 500 ricevente non è comunale e fa parte di altro intervento" (allegato alla memoria di costituzione di primo grado del comune di (omissis)); ii) il provvedimento di diniego oggetto di impugnazione che evidenzia "E' interpretazione fuorviante del ricorrente quella di ritenere la semplice esistenza di strade asfaltate (ancorché private e realizzate in assenza di titoli abilitativi), di allacci a rete (possibili in qualunque zona), di sistema fognario (che non è collettivamente pubblico), quale indice di una completa urbanizzazione, in considerazione che le predette opere, la cui realizzazione è soggetta al codice degli appalti, non fanno parte del patrimonio pubblico. Manca quindi la natura pubblica delle urbanizzazioni, in quanto le stesse anche se sono realizzate dal privato devono essere nel controllo, nella proprietà e nell'uso pubblico. E' un controsenso parlare di zone del tutto urbanizzate, là dove esiste un insieme di insediamenti abusivi, edificazioni dirette e aree libere, non conseguenza di piani attuativi e quindi sottoposte a piani di recupero, ai sensi della legge 47/85 e della L.R. 16/04; Nell'ambito in cui ricade l'intervento non si rilevano le opere di urbanizzazione primarie e secondarie, così come definite dalla legge n. 847/1964, art. 4, pertanto non è possibile prescindere dal PUA prescritto dalle N.T.A. del P.R.G. vigente per le zone D2". 9. Le circostanze di fatto emergenti dagli atti sopra richiamati non sono smentite dalle deduzioni difensive dell'appellante in relazione alle quali si osserva che: i) dalla delibera di Commissione Straordinaria n. -OMISSIS-/2006 e dalle citate delibere di consiglio comunale n. 40/2002 e 195/2001 non emerge alcun autovincolo del Comune al rilascio in via diretta del permesso di costruire, poiché esse puntualizzano che il permesso di costruire convenzionato può essere rilasciato solo nei casi in cui l'area, ricadente in zona D o G del PRG, versi in uno stato di completa urbanizzazione, da attestare con perizia giurata allegata all'istanza (alla domanda di permesso di costruire risulta, invece, allegata una mera relazione tecnica a firma del geom. -OMISSIS-). Il contenuto degli atti in questione è, infatti, puntualmente richiamato nel preavviso di diniego prot. -OMISSIS- del 8 marzo 2011 ove si precisa anche che "presupposto essenziale per consentire il rilascio di permessi di costruire diretti convenzionati per le zone D e G del vigente PRG è che debba essere ritenuto sufficiente il grado di urbanizzazione se è comprovata almeno l'esistenza delle strade per il libero accesso al lotto, delle fognature sufficienti a ricevere gli incrementi degli scarichi delle acque piovane e reflue prodotte dal nuovo insediamento, della esistenza di punti di approvvigionamento di acqua ed elettricità, come precisato nella richiamata Delibera di Commissione Straordinaria n. -OMISSIS- del 04 aprile 2006"; ii) la relazione tecnica di parte (doc. 4 deposito appellante) si limita a ribadire quanto già sostenuto dal ricorrente in sede di preavviso di diniego in ordine al grado di urbanizzazione dell'area senza nulla osservare in merito al difetto della disponibilità pubblica e di fruizione collettiva delle opere ivi indicate e alla natura abusiva di alcune di esse (lo stesso appellante, peraltro, precisa che l'area è "in realtà gravemente interessata da fenomeni di edificazione a destinazione residenziale di carattere abusivo": pag. 20 dell'appello). La relazione, peraltro, allega gli elaborati grafici della proposta di piano del 2013 da cui nulla è dato evincere in ordine al grado di urbanizzazione dell'area in questione, oltre a non rivestire rilievo dirimente, attesa la mancata approvazione della proposta. 9.1 Ne consegue che la mera presenza di strade asfaltate, allacci di rete e di un sistema fognario non possono determinare l'edificazione in via diretta, in quanto il piano attuativo è comunque necessario laddove si tratti di restituire efficienza all'abitato, riordinando e talora definendo "ex novo" un disegno urbanistico di completamento della zona, come chiarito dalla giurisprudenza sopra richiamata. 10. Quanto al mancato esame delle richieste istruttorie da parte del TAR, è sufficiente osservare che l'esercizio del potere istruttorio del giudice è sottratto alla disponibilità delle parti ed affidato al prudente apprezzamento del giudice, potendo la motivazione dell'eventuale diniego essere anche implicitamente desumibile dal contesto generale delle argomentazioni svolte e dalla valutazione del quadro probatorio unitariamente considerato, sicché non può essere fondatamente predicata alcuna omessa pronuncia o violazione del giusto processo per non aver il giudice (di primo grado) dato seguito alla richiesta dell'interessato (Cons. Stato, sez. II, 7 marzo 2024, n. 2223). 11. Per le ragioni sopra indicate l'appello deve essere respinto con conseguente reiezione anche delle istanze istruttorie in questa sede riproposte. 12. Sussistono giustificati motivi, in ragione della peculiarità della controversia, per compensare tra le parti le spese del presente grado di giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità . Così deciso nella camera di consiglio del giorno 10 aprile 2024, tenuta da remoto ai sensi dell'art. 17, comma 6, del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2021, n. 113,con l'intervento dei magistrati: Oreste Mario Caputo - Presidente FF Davide Ponte - Consigliere Carmelina Addesso - Consigliere, Estensore Laura Marzano - Consigliere Roberta Ravasio - Consigliere
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 283 del 2024, proposto dalla società Gf. Fo. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG 9428723C5A, rappresentata e difesa dall'avvocato Da. Gi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro il Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Pr. Ar., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; nei confronti l'Azienda Sanitaria Locale Caserta, As. Co., non costituiti in giudizio; la società Kl. Se. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Lu. To., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania Sezione Sesta n. 07235/2023, resa tra le parti. Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di (omissis) e di Kl. Se. S.r.l.; Visti tutti gli atti della causa; Visti gli artt. 74 e 120 cod. proc. amm.; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 aprile 2024 il Cons. Giovanni Pescatore e viste le conclusioni delle parti come da verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. Con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, la Kl. Se. s.r.l. ha impugnato la determina n. 390 del 5 luglio 2023 con la quale il Comune di (omissis) ha aggiudicato alla GF. Fo. Se. s.r.l. il servizio di refezione scolastica destinato agli alunni della scuola dell'infanzia e primaria per il periodo novembre 2022 - novembre 2024. A fondamento dell'azione la ricorrente ha denunciato, tra l'altro, una presunta irregolarità (per carenza dei requisiti minimi di salubrità, igiene e agibilità ) del centro di cottura indicato dalla controinteressata con conseguente illegittimità del relativo punteggio attribuito. 2. Costituitasi in giudizio, l'aggiudicataria GF. Fo. Se. s.r.l. ha replicato alle deduzioni avversarie e, in corso di causa, ha proposto ricorso incidentale volto ad ottenere la pronunzia di esclusione della Kl. Se. s.r.l. ai sensi del comma 5 dell'art. 80 del d.lgs. n. 50/2016, a cagione delle dichiarazioni non veritiere e fuorvianti che la stessa controinteressata avrebbe reso circa la distanza del proprio centro di cottura dal plesso scolastico. 3. Con la sentenza n. 7235 del 2023 il TAR per la Campania - Napoli ha accolto il ricorso principale proposto dalla Kl. Se. s.r.l., dichiarando fondata la censura circa l'attribuzione del punteggio premiale di 2 punti per la distanza (compresa tra (omissis) e (omissis) km) del centro di cottura dalla scuola. 4. Con la medesima pronuncia è stato respinto, come infondato nel merito, il ricorso incidentale proposto da GF. Fo. Se. s.r.l.. 5. In ottemperanza alla decisione del TAR, l'Amministrazione ha provveduto ad affidare il servizio di refezione scolastica a Kl. Se. s.r.l.. 6. Avverso la predetta sentenza GF. Fo. Se. s.r.l. ha proposto gravame affidandosi a due motivi di appello e formulando istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza impugnata. 7. Nel giudizio si sono costituiti Kl. Se. s.r.l. e il Comune di (omissis), replicando alle deduzioni della ricorrente e chiedendone la reiezione. 8. A seguito della rinuncia all'istanza cautelare, la causa è passata in decisione all'udienza dell'11 aprile 2024. 9. Preliminarmente va esaminata l'eccezione di improcedibilità dell'appello sollevata da Kl. Se. in ragione del fatto che, a seguito della pronuncia di primo grado, l'Amministrazione ha riconvocato la Commissione di gara, la quale ha riassegnato il punteggio e ha decretato una graduatoria favorevole a Kl. Se.. A seguire è stato adottato un nuovo provvedimento di aggiudicazione in favore di quest'ultima, con decreto n. 10 del 4 gennaio 2024 impugnato da GF. dinanzi al TAR Napoli (ricorso RG 606/2024) sicché, sostiene Kl. Se., è su quest'ultimo atto che si concentrerebbe il fuoco della contesa, con sterilizzazione dell'interesse alla coltivazione del giudizio innestato sugli atti presupposti. 9.1. L'eccezione è infondata. L'avvenuta impugnazione in via derivata dell'atto consequenziale (il nuovo provvedimento di aggiudicazione) si è imposta come necessaria al fine di evitare la declaratoria di improcedibilità dell'originario ricorso avverso gli atti di gara, ma certamente non assorbe, né esaurisce la materia del contendere, poiché questa investe questioni e atti pregiudiziali, oggetto del presente giudizio, la cui sorte è destinata a riflettersi in modo determinante sui nuovi esiti della gara. 10. Venendo al merito, la trattazione dei motivi avverrà esaminando dapprima i profili di doglianza concernenti la posizione di GF. (attraverso lo scrutinio del primo motivo di appello e delle ulteriori censure assorbite in primo grado e riproposte da Kl. Se. ai sensi dell'art. 101 comma 2 c.p.a.) e successivamente i rilievi riguardanti la posizione di Kl. Se. (oggetto del secondo motivo di appello). 10.1. Come anticipato in premessa, il giudice di primo grado ha ritenuto fondato e assorbente il motivo che riteneva illegittima l'attribuzione a GF. del punteggio premiale (di 2 punti) per la vicinanza del centro di cottura dalla scuola, atteso che i locali indicati non disponevano (per lo meno al momento della presentazione dell'offerta tecnica e, dunque, dell'assegnazione del punteggio) dei requisiti di agibilità richiesti dal bando. 10.2. Le disposizioni disciplinari che vengono in rilievo sono: i) l'art. 7.3 del disciplinare di gara, il quale prevede che i concorrenti, quale requisito di capacità tecnica e professionale, "... c) abbiano un centro di cottura, ubicato a non oltre 15 (quindici) chilometri... dal plesso scolastico... La comprova del requisito è fornita mediante la documentazione di proprietà, disponibilità o l'impegno all'individuazione del centro cottura da parte dell'operatore economico, unitamente all'autocertificazione volta a dimostrare la capacità produttiva"; ii) il successivo art. 18.1 del disciplinare, il quale prevede l'attribuzione del seguente punteggio rispetto alla "Distanza del punto di cottura dalla sede del Comune di (omissis), calcolata secondo il sito internet "Via(omissis)": A1) punti 0 = oltre (omissis) km; A2) punti 2 = da (omissis) km a (omissis) km; A3) punti 4 = da (omissis) km a (omissis) km; A4) punti 6 = da (omissis) a (omissis) km". 10.3. Per giungere all'accoglimento della censura il TAR: -- è partito dal dato incontrovertibile e pacifico che il centro di cottura indicato dalla GF. non avesse (al momento della presentazione dell'offerta tecnica) i requisiti igienico sanitari (si legge in sentenza: "la determina di aggiudicazione della procedura de qua è del 5 luglio 2023 mentre la SCIA per l'avvio dell'attività di somministrazione di alimenti e bevande (ristorazione collettiva) è stata acquisita al protocollo dell'ente comunale in data 26 luglio 2023 con richiesta di quest'ultimo di integrazioni documentali; l'iter procedimentale relativo alla agibilità dei locali dal punto di vista igienico sanitario non si è allo stato ancora concluso avendo la Asl (a seguito del sopralluogo del 28 novembre 2023) effettuato dei rilievi culminati nell'invito alla GF. di porvi rimedio nel termine di 30 giorni"); -- ha riconosciuto che, ai sensi delle disposizioni del disciplinare di gara, "gli operatori economici potevano limitarsi ad assumere l'impegno a dotarsi di un centro di cottura in un momento successivo alla presentazione delle offerte"; -- ha altresì osservato che "nel caso che occupa la GF. non ha scelto di avvalersi di tale opportunità (ossia di limitarsi a una dichiarazione di impegno a dotarsi di un centro di cottura nel raggio di (omissis) km) ma ha già in sede di offerta indicato il proprio centro di cottura conseguendo il punteggio premiale; senonché tale centro è collocato in un locale non ancora "idoneo...per la conservazione, trasformazione e manipolazione degli alimenti..." e privo "dell'autorizzazione sanitaria" (cfr. requisiti richiesti dal disciplinare)"; -- ha quindi concluso che alla GF. non poteva essere attribuito il punteggio premiale di 2 punti per la distanza (ravvicinata, ossia tra (omissis) e (omissis) km) del centro di cottura dalla scuola, posto che di questo centro cottura la stessa GF. aveva dimostrato solo la disponibilità ma non anche la relativa idoneità . 10.4. L'appellante (con il primo mezzo di gravame) contesta l'iter logico della motivazione, osservando: a) che il disciplinare (art. 7.3), come esposto, consentiva la valutazione (ai fini dell'attribuzione dei punteggi - art. 18.1) del centro di cottura senza introdurre alcuna differenziazione tra il centro di cottura già nella disponibilità e quello oggetto di impegno all'individuazione; b) che il tenore della dichiarazione di impegno resa in corso di gara smentisce già sul piano testuale la tesi (accolta dal TAR) secondo cui la GF. avrebbe attestato la disponibilità in atto di un centro cottura già pronto all'uso e quindi già munito di tutti i requisiti di idoneità tecnica; c) che la stessa giurisprudenza amministrativa privilegia una lettura delle clausole del bando propensa a ritenere che i mezzi e le dotazioni funzionali all'esecuzione del contratto debbano essere individuati già al momento della presentazione dell'offerta ai fini dell'attribuzione del punteggio per l'offerta tecnica, ma che, al contempo, ne possa essere acquisita la disponibilità in fase esecutiva, sia pure sulla base di atto di impegno riscontrabile già in fase di gara. 10.5. Il motivo di appello è fondato. Nella sua offerta tecnica GF. ha dichiarato ".. di impegnarsi a garantire la piena disponibilità per tutta la fase di esecuzione del contratto di un centro di produzione pasti ubicato ad una distanza non superiore a (omissis) km dalla sede comunale. Nello specifico il Centro di cottura è ubicato in Castel Vo., alla via (omissis) a solo (omissis) km dalla casa comunale e raggiungibile in appena 11 minuti". La lettura dell'offerta contraddice l'interpretazione del TAR secondo la quale "la GF. non ha scelto di avvalersi di tale opportunità (ossia di limitarsi a una dichiarazione di impegno a dotarsi di un centro di cottura nel raggio di (omissis) km) ma ha già in sede di offerta indicato il proprio centro di cottura conseguendo il punteggio premiale". Dal punto di vista letterale, appare univoca la stretta connessione testuale che - attraverso una costruzione sintattica inequivocabilmente proiettata al futuro - lega inscindibilmente l'impegno "a garantire la piena disponibilità " del centro cottura a "tutta la fase di esecuzione del contratto", quindi ad un momento successivo allo svolgimento della gara. Si tratta di una dichiarazione dal tenore meramente impegnativo e non ricognitivo, ancorata, in termini prospetticamente condizionali, all'eventualità dell'esito aggiudicatorio. Dal punto di vista logico, la dichiarazione di impegno - implicante l'onere di garantire in fase esecutiva anche l'idoneità tecnica, oltre che la mera disponibilità, del centro cottura - non è contraddetta e non viene meno per il solo fatto che il centro cottura fosse già stato individuato in un preciso luogo fisico, trattandosi di localizzazione evidentemente funzionale alla definizione impegnativa e non più rivedibile del luogo deputato alla funzione e all'accertamento della sua distanza chilometrica ai fini della valutazione del corrispondente parametro premiale, ma che lasciava impregiudicate tutte le attività concernenti la successiva integrazione delle relative dotazioni tecnico-funzionali. 10.6. Vi sono, quindi, sufficienti margini - in accordo ai canoni ermeneutici proconcorrenziali invalsi in materia (cfr., ex multis, Cons. Stato - Sez. III n. 9255/2023) - per leggere l'offerta in modo coerente con il suo dato letterale e tale da conciliare le due affermazioni solo apparentemente contraddittorie riguardanti, rispettivamente, la già avvenuta localizzazione del centro cottura e l'assunzione dell'impegno a garantirne "la piena disponibilità " in fase esecutiva, potendo tale impegno essere attuato (per tutti le dotazioni mancanti) in un momento successivo a quello della presentazione dell'offerta. 10.7. Risultano d'altra soddisfatte tutte le esigenze espresse dalla giurisprudenza circa la necessità : -- che i mezzi e le dotazioni funzionali all'esecuzione del contratto, soprattutto quando valutabili ai fini dell'attribuzione del punteggio per l'offerta tecnica, siano individuati già al momento della presentazione dell'offerta (cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 722 del 2022; n. 2090 del 2020; n. 5806 del 2019): nel caso di specie, infatti, l'individuazione ha consentito di attribuire il punteggio premiale relativo alla localizzazione del centro cottura; -- che al contempo vengano evitati inutili aggravi di spesa a carico degli operatori economici concorrenti per procurarsi già al momento dell'offerta la disponibilità di beni e mezzi, senza avere la certezza dell'aggiudicazione e con effetti discriminatori ed anti-concorrenziali perché di favore per gli operatori già presenti sul mercato ed in possesso delle dotazioni strumentali, nonché con violazione del principio di proporzionalità (cfr. Corte di Giustizia U.E., sez. I, 8 luglio 2021, n. 428); -- che al contempo alla stazione appaltante vengano garantite la serietà e l'effettività dell'impegno assunto dal concorrente di dotarsi dei mezzi necessari all'espletamento del servizio. 10.8. Resta da aggiungere che la giurisprudenza ha già vagliato positivamente l'ammissibilità della mera dichiarazione di impegno a disporre in caso di aggiudicazione di un centro di preparazione pasti posto ad una certa distanza, in termini del tutto coerenti con quelli sin qui illustrati (Cons. Stato, Sez. V, n. 5308 del 2019). 11. L'accoglimento del primo motivo di appello apre la strada alla disamina di alcune delle ulteriori censure escludenti proposte da Kl. Se. nel ricorso introduttivo di primo grado, dichiarate assorbite dal TAR e qui riproposte ai sensi dell'art. 101 comma 2 c.p.a.. 11.1. Nei profili sin qui esaminati restano assorbiti i motivi del ricorso di primo grado terzo e quinto, poiché entrambi riferiti all'assenza di requisiti igienico-sanitari nel centro di cottura della GF. che - secondo la tesi sin qui divisata e disattesa - la stazione appaltante avrebbe dovuto verificare già in corso di gara. 11.2. Conservano rilevanza, invece, i primi due motivi di gravame a mezzo dei quali Kl. Se. ha contestato la cauzione provvisoria esibita dall'aggiudicataria in sede di gara, in quanto: -- intestata ad altro operatore (New Food) e quindi tale da non fornire l'adeguata garanzia richiesta dall'art. 10 del disciplinare e dall'art. 93 del Codice degli Appalti vigente ratione temporis; -- non emendabile mediante soccorso istruttorio, sia perché la denominazione della New Food compare per ben sette volte nel corpo della polizza, in assenza di alcun riferimento alla GF., il che esclude la possibilità di ravvisare i caratteri del mero errore materiale, ictu oculi rilevabile; sia perché l'addendum prodotto in corso di gara, e valutato dalla Commissione come utile integrazione del documento originario, riporta una data successiva alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte e quindi non consente, ai sensi della giurisprudenza elaborata in materia, l'attivazione del soccorso istruttorio (sin qui il primo motivo); -- priva di sottoscrizione digitale o autografa, in quanto la firma apposta in calce è frutto di un mero copia e incolla di un'immagine (secondo motivo). 11.3. I due motivi, esaminabili unitariamente perché riconducibili a tematiche connesse, sono entrambi fondati. Sul piano fattuale merita osservare che GF. ha prodotto una garanzia provvisoria certamente non valida, sia perché intestata a contraente diverso da GF. (del quale il documento reca ben sette volte i dati identificativi (denominazione sociale, codice fiscale, partita IVA, pec e sede legale), senza fare mai alcun riferimento a GF., sia perché priva di sottoscrizione: su quest'ultimo punto, senza smentire o contestare la circostanza, la parte appellante si limita ad affermare che essa "è irrilevante, in quanto la modalità di formazione del documento elettronico non inficia l'attendibilità dello stesso" ed è superata dal fatto che "l'appendice - che si deposita in allegato, in uno alla busta pec - è stata firmata digitalmente, proprio dall'indirizzo della stessa Fr. Gi.. E ciò, quindi, conferma e prova la riconducibilità della stessa al legale rappresentante ovvero al firmatario". 11.4. Sulla base di questi dati fattuali, comprovati sul piano documentale e non contestati, si invoca da parte di GF. l'orientamento giurisprudenziale che ammette, in caso di mancata allegazione della cauzione provvisoria, l'attivazione del soccorso istruttorio mediante invito alla integrazione della documentazione mancante. 11.5. Nondimeno, questo stesso indirizzo interpretativo precisa che: - il soccorso istruttorio va a buon fine se la cauzione provvisoria in sanatoria, trasmessa all'esito della comunicazione della stazione appaltante, è di data anteriore al termine per la presentazione delle domande di partecipazione; - viceversa, se la cauzione provvisoria è stata formata successivamente al termine per la presentazione delle offerte, l'operatore va escluso dalla gara, poiché la circostanza che si consenta ad uno dei concorrenti di giovarsi di un termine più lungo per l'acquisizione della documentazione necessaria alla partecipazione alla gara, potendo ad esempio spuntare condizioni economiche più favorevoli, determina una lesione della par condicio dei concorrenti (cfr., ex multis, Cons. Stato, V, n. 1365 del 2024). 11.6. Nel caso in esame, l'addendum dell'aprile 2023 prodotto da GF. in funzione sanante della polizza originariamente depositata è di formazione posteriore alla data di presentazione delle offerte (7 novembre 2022) e risulta quindi inidoneo a sostituire o integrare il documento originario. 11.7. D'altra parte, il caso che qui ricorre non è quello della sanatoria di una carenza parziale o di una mera irregolarità formale, ma della introduzione in gara di una polizza sostanzialmente nuova e radicalmente sostitutiva della precedente, in quanto per la prima volta munita di valida firma e riferita al contraente effettivamente partecipante alla gara, posto che in precedenza - e comunque prima dello scadere del termine per la presentazione delle offerte (7.11.2022) - nessun documento dimostrava che l'impresa prestatrice di garanzia si fosse impegnata in favore di GF.. 11.8. A conforto dell'indirizzo giurisprudenziale sopra richiamato e dei limiti che questo introduce alla possibilità di sopperire con documenti integrativi della cauzione carente, è lo stesso art. 14 del disciplinare della gara de qua a prevedere - con impostazione del tutto coerente con quella fatta propria dalla giurisprudenza sopra richiamata - che gli elementi a corredo dell'offerta (quale la garanzia provvisoria) "sono sanabili, solo se preesistenti e comprovabili con documenti di data certa, anteriore al termine di presentazione dell'offerta". 11.9. Le ragioni sin qui illustrate conducono, quindi, all'accoglimento dei primi due motivi del ricorso introduttivo di primo grado. 11.10. Può omettersi la disamina dei motivi sesto e settimo riproposti ex art. 101 comma 2 c.p.a., poiché formulati in via subordinata ai precedenti testé divisati e accolti. 12. Il giudice di primo grado ha infine respinto il ricorso incidentale con il quale GF. aveva sostenuto che la Kl. Se. avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara ai sensi del comma 5, lettere c-bis) e f-bis) dell'art. 80 del d.lg. n. 50/2016, per aver reso dichiarazioni non veritiere e fuorvianti circa la distanza del proprio centro di cottura dal plesso scolastico. 12.1. La Kl. Se., nell'ambito della relazione tecnica, a pag. 17, aveva infatti dichiarato "che la distanza del Ce. co. di Mo. sito alla via (omissis), alla sede del Comune di (omissis), calcolata secondo il sito internet "Via (omissis)" è di Km. (omissis)" e, in virtù di questa dichiarazione, ha conseguito 4 punti. 12.2. Senonché detta dichiarazione è stata smentita da successivi controlli, dai quali è risultato che il centro di cottura è ubicato ad una distanza superiore ai km (omissis) (il che avrebbe potuto fruttare alla concorrente soli 2 punti, in luogo dei 4 assegnatile). 12.3. Tale circostanza ha indotto l'Amministrazione ad annullare in autotutela la prima aggiudicazione Determina n. 610/2022 del 20.12.2022, a sottrarre due punti a Kl. Se. e ad aggiudicare la gara a GF. con la Determina di aggiudicazione n. 390 del 5.7.2023. 12.4. Chiamato a delibare la portata escludente di queste incongruenze dichiarative, il TAR: -- ha negato la sussistenza di alcun automatismo espulsivo relativamente alla fattispecie di cui all'art. 80, comma 5, lett. c bis, d.lgs. n. 50/2016; -- ha osservato che "la difesa comunale ha, tuttavia, depositato la nota del 4 ottobre 2023 (non gravata dalla ricorrente incidentale) a firma del RUP e del funzionario responsabile nella quale si chiarisce che "...la ditta Kl...ha prodotto, all'interno della documentazione amministrativa, la relativa dichiarazione...indicando il mero possesso del requisito, ovvero la disponibilità di un centro di cottura ubicato a non oltre 15km. In sede di attribuzione dei punteggi all'offerta tecnica, come prescritto dal disciplinare di gara, veniva, in prima istanza, presa in considerazione la documentazione prodotta attraverso il sito Via (omissis) che quantificava la distanza in 10 km, ma, a seguito di verifiche ed approfondimenti e indicando in maniera più puntuale i civici degli indirizzi, veniva appurata una distanza da considerare di 11 km ed attribuiti i punteggi che ne conseguivano. Non risultano quindi vere e proprie dichiarazioni mendaci e la ditta non risulta favorita in alcun modo. La discrepanza che è risultata in seguito alle verifiche non può essere obbligatoriamente ricondotta ad un'azione illegale e/o tesa ad ottenere un vantaggio". Da quanto precede risulta che la S.A. ha preso formalmente posizione sulla questione delle indicazioni fornite in sede di gara dalla Kl. giudicandole irrilevanti ai fini della eventuale aggiudicazione della procedura. Si tratta di una valutazione di merito che comunque non è stata formalmente contestata dalla ricorrente incidentale". 12.5. La parte appellante (con il secondo motivo di appello) sostiene di contro che: -- l'art. 80 - comma 5, lett. f bis) del D. Lgs. n. 50/2016, invocato dall'appellante, delinea una fattispecie espulsiva automatica, della quale la stazione appaltante avrebbe dovuto fare applicazione in modo rigido e incondizionato; -- la nota del 4 ottobre 2023 - di natura interna e indirizzata al legale dell'Ente - è priva di natura provvedimentale e non andava né contestata né, tanto meno, gravata con ricorso incidentale. 12.6. Le deduzioni di GF. sono accoglibili solo con riguardo a quest'ultimo rilievo, potendosi convenire sul fatto che la nota del 4 ottobre rappresenta, per i suoi connotati intrinseci (contenuto e finalità ) ed estrinseci (forma, destinatari, contesto), una comunicazione interna (tra parte e difensore) di supporto alle difese giudiziali ma priva di carattere provvedimentale, rispetto alla quale, pertanto, non poteva configurarsi alcun onere impugnatorio a pena di decadenza. 12.7. Quanto al merito della questione, occorre precisare in punto di fatto che: -- Kl. Se. ha indicato in modo puntuale nella propria offerta la sede del proprio centro di cottura, specificandone via e numero civico, con ciò ponendo l'Amministrazione nella condizione di verificare i km che dividono tale luogo dalla casa comunale; -- nella memoria difensiva della stessa Kl. Se. del 23 ottobre 2023, depositata nel primo grado di giudizio, oltre che nella memoria ex art. 73 c.p.a. depositata nel presente grado di giudizio, viene ripercorso il conteggio della distanza chilometrica che si ottiene consultando il sito "via(omissis)" e viene evidenziato come detto conteggio conduca a risultati diversi (10 o 11 km) a seconda che tra i parametri di calcolo venga inserito o meno il numero civico dell'indirizzo del centro di cottura: il grado di accuratezza dell'indicazione e il meccanismo di approssimazione della distanza alla cifra intera più prossima determinano, infatti, proprio in ragione della suddetta variabile (l'inserimento o meno del numero civico), un differente risultato finale (11 o 10 km); -- da altro applicativo disponibile sulla rete Internet ("go.") si apprende, tuttavia, che la distanza reale tra il centro di cottura di Kl. Se. ((omissis) via (omissis)) e la sede del Comune di (omissis) è pari a 10,9 km, quindi inferiore a quella degli 11 km. 12.8. L'insieme di questi elementi consente di affermare che l'indicazione in gara di una distanza di 10 km risponde ad un dato reale (poiché la distanza effettiva è superiore di qualche decimale ai 10 km ma comunque inferiore agli 11 km) e si discosta dal dato verificabile sul sito "via(omissis)" in ragione della mancata indicazione del numero civico dell'immobile ove è localizzato il centro di cottura. 12.9. Per apprezzare la rilevanza di questa discrasia (già prima facie plausibilmente leggibile come possibile frutto di una imprecisione più che di una capziosa volontà fraudolenta), occorre richiamare il duplice principio giurisprudenziale secondo il quale: a) ogni volta in cui in una gara pubblica si rinvengano ipotesi di falso astrattamente finalizzate ad orientare la valutazione delle offerte da parte della stazione appaltante, queste non rilevano ai fini della citata lett f-bis) ma ai sensi della diversa lett. c-bis) del quinto comma dell'art. 80; dunque, anche a voler ritenere trattarsi effettivamente di "informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione", esse non possono dare luogo ad alcun automatismo espulsivo, ma al giudizio di rilevanza previsto dalla lett. c-bis) del quinto comma dell'art. 80 il quale impone alla stazione appaltante di stabilire se l'informazione sia effettivamente falsa e in grado di sviare le sue valutazioni e se la sottesa condotta del concorrente abbia inciso in senso negativo sulla integrità e affidabilità del medesimo (Cons. Stato, V, n. 10504 del 2022 e n. 9540 del 2023); b) la stazione appaltante, che procede all'ammissione alla gara di una impresa, in sussistenza di una fattispecie priva di portata escludente automatica, non è tenuta a esplicitare in maniera analitica le ragioni di siffatto convincimento, potendo la motivazione risultare anche in via implicita, ossia con l'ammissione alla gara dell'impresa (Cons. Stato, IV, n. 9204 e n. 4831 del 2022). 12.10. Alla luce dei due principi richiamati, può innanzitutto assumersi che la falsa dichiarazione resa da Kl. Se. sia stata implicitamente giudicata dalla stazione appaltante di gravità non proporzionata all'adizione di una misura espulsiva. 12.11. Questa valutazione, oltre a non essere stata fatta oggetto di specifiche censure da parte appellante - cioè di contestazioni atte a palesarne l'evidente illogicità alla luce delle concrete e del tutto singolari peculiarità del caso - non appare in sé censurabile, poiché le plurime e già segnalate connotazioni in fatto della vicenda (richiamate al paragrafo 11.4) concorrono a depotenziare il sospetto di intenzionalità e malafede da parte del concorrente e a relativizzare la stessa consistenza della falsità dichiarativa. 13. Per quanto esposto, l'appello va accolto limitatamente al primo motivo. Vanno altresì accolti i primi due motivi riproposti da Kl. Se. ai sensi dell'art. 101 comma 2 c.p.a., dal che consegue che la sentenza di primo grado va riformata nel senso che il ricorso introduttivo di Kl. Se. è accolto limitatamente al primo e al secondo motivo, e per il resto respinto. Va invece confermata la reiezione del ricorso incidentale proposto da GF.. 14. L'esito del giudizio conferma quindi l'aggiudicazione della gara in favore Kl. Se. s.r.l.. 15. La peculiarità delle questioni poste giustifica la compensazione delle spese di lite. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto: -- accoglie l'appello limitatamente al primo motivo; -- accoglie i primi due motivi riproposti da Kl. Se. s.r.l. ai sensi dell'art. 101 comma 2 c.p.a.. Per l'effetto, in riforma della sentenza di primo grado: -- il ricorso introduttivo di Kl. Se. s.r.l. è accolto limitatamente al primo e al secondo motivo e per il resto respinto; -- il ricorso incidentale proposto da GF. è respinto. Spese dei due gradi di giudizio compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 aprile 2024 con l'intervento dei magistrati: Michele Corradino - Presidente Stefania Santoleri - Consigliere Giovanni Pescatore - Consigliere, Estensore Giovanni Tulumello - Consigliere Pier Luigi Tomaiuoli - Consigliere
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quarta ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 9231 del 2023, proposto da Bi.Ig.Am. s.r.l. ed Ec. s.r.l., quale mandataria del R.T.I. del quale fa parte Bi.Ig.Am. s.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Lu.Qu. e Pi.Qu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Comune di Omissis, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Domenico Mastrolia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia sezione staccata di Lecce (Sezione Seconda) n. 01208/2023, resa tra le parti, avente ad oggetto l’accertamento e la declaratoria di illegittimità del silenzio-inadempimento serbato dal Comune di Omissis sull’istanza presentata dalla ricorrente con nota del 14 novembre 2022 finalizzata all’attivazione dell’istruttoria per la revisione del canone contrattuale; Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Omissis; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 1° febbraio 2024 il Cons. Rosario Carrano e uditi per le parti gli avvocati come da verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO E DIRITTO 1. – Con contratto Rep. n. 3 del 29 gennaio 2009, il Consorzio ATO LE/2 ha affidato, a seguito di gara pubblica, all’ATI costituita da Ec. s.r.l. (mandataria), Bi.Ig.Am. s.r.l. e Ar.Mu. s.r.l., l’esecuzione dei servizi di spazzamento delle reti stradali e delle aree pubbliche, di raccolta indifferenziata e differenziata e di trasporto R.S.U. di nove comuni appartenenti al suddetto ATO, tra i quali i Comuni di Omissis, Omissis e Omissis. La durata dell’appalto era fissata in nove anni dall’effettivo inizio del servizio. Allo scadere del contratto, i Comuni di Omissise di Omissis hanno adottato una ordinanza sindacale d’urgenza, di identico contenuto, con la quale hanno disposto la prosecuzione del servizio fino alla nuova aggiudicazione. Diversamente, il Comune di Omissis ha adottato una determina dirigenziale avente comunque le stesse premesse e considerazioni. La società appellante, con istanza del 14 novembre 2022 rivolta al Comune resistente, ha chiesto la revisione dei prezzi per il periodo da maggio 2013 ad aprile 2022. A fronte dell’inerzia della PA, ha poi agito con una azione avverso il silenzio, limitatamente al periodo dal giugno 2015 al novembre 2018, di cui un primo periodo (giugno 2015 - 10 maggio 2018) risultava coperto dal contratto di appalto ed un secondo periodo (11 maggio 2018 - 11 novembre 2018) in cui il servizio è stato espletato in forza di un’ordinanza contingibile e urgente emanata dal Sindaco. Nel giudizio di primo grado, il TAR, nella stessa camera di consiglio, ha accolto parzialmente i due ricorsi (solo per il primo periodo coperto dal contratto) avverso i Comuni di Omissis e di Omissis (che avevano adottato una ordinanza sindacale d’urgenza), mentre ha accolto integralmente il ricorso (per entrambi i periodi) contro il Comune di Omissis (che, invece, aveva adottato una determina dirigenziale). Con ricorso in appello, la società ha lamentato l’erroneità della sentenza per non aver qualificato l’ordinanza contingibile e urgente quale mero atto di proroga del precedente contratto, con conseguente applicazione dell’istituto della revisione prezzi. Con apposita memoria, si è costituita l’amministrazione resistente, la quale ha chiesto il rigetto del ricorso. All’odierna camera di consiglio, la causa è stata trattenuta per la decisione. 2. – In via preliminare, deve essere esaminata l’eccezione sollevata dal Comune resistente di inammissibilità dell’appello per difetto di interesse sulla base della mancata impugnazione dell’ordinanza sindacale oggetto di contestazione. L’eccezione è infondata. Invero, la pretesa sostanziale che la parte appellante intende far valere nel presente giudizio attiene all’applicabilità in proprio favore della clausola di revisione dei prezzi anche per il periodo in cui il servizio è stato espletato in forza di una ordinanza sindacale. A ben vedere, però, quest’ultima, nella parte in cui dispone la prosecuzione del servizio “agli stessi patti e condizioni” di cui al precedente contratto, senza fissare un autonomo corrispettivo o prevedere una diversa disciplina, non produce di per sé alcun effetto lesivo nei confronti della società appellante, con la conseguente insussistenza di un onere di immediata impugnazione. La società appellante, infatti, ha chiesto esattamente l’applicazione degli “stessi patti e condizioni” di cui al precedente contratto, così come previsto nell’ordinanza sindacale. Il punto controverso attiene, invece, all’applicabilità o meno dell’istituto della revisione prezzi, dovendosi quindi stabilire se il rinvio alle precedenti condizioni contrattuali debba essere inteso o meno come inclusivo anche di tale clausola di cui all’art. 13 del contratto di appalto. Tuttavia, l’esclusione della revisione prezzi (a cui è collegato l’onere di immediata contestazione) non poteva desumersi dal mero tenore letterale dell’ordinanza, non contenendo questa alcun esplicito riferimento sul punto. Occorre quindi procedere necessariamente ad una interpretazione di tale atto, al fine di qualificarlo giuridicamente, il che conferma l’insussistenza di un onere di immediata impugnazione, dal momento che l’effettiva lesione si ricollega non già al provvedimento in sé considerato, quanto piuttosto ad una sua determinata interpretazione, ossia quella volta ad escludere l’applicabilità della clausola di revisione dei prezzi. Né vale obiettare, come asserito dalla parte resistente, che se l’appellante avesse ritenuto errata la decisione di adottare un provvedimento nella forma dell’ordinanza sindacale, avrebbe dovuto impugnarla, chiedendone l’annullamento per vizi di legittimità. Invero, in un contesto di giurisdizione soggettiva, come è quella amministrativa, l’interesse della società appellante non era certo quello del rispetto della mera legalità, mediante l’adozione di un provvedimento formalmente corretto, quanto piuttosto l’interesse sostanziale a conseguire il bene della vita, nella specie rappresentato dall’applicazione delle stesse condizioni contrattuali anche per il periodo coperto dal provvedimento, inclusa la revisione prezzi, a prescindere dalla tipologia di atto in concreto adottato dall’amministrazione. L’eccezione, quindi, deve essere rigettata. 3. – Nel merito, l’appello è fondato. La questione giuridica che si pone nella presente controversia attiene all’applicabilità o meno della clausola di revisione dei prezzi (art. 13 del contratto di appalto, che richiama l’art. 115, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163) nell’ipotesi in cui vi sia stata una prosecuzione del contratto sulla base di una ordinanza contingibile e urgente in materia di gestione dei rifiuti (art. 191, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 156). Il TAR, con la sentenza impugnata, richiamando un proprio orientamento su tale questione, ha optato per una soluzione negativa, ritenendo che l’istituto in esame possa trovare applicazione solo nel caso di prestazioni eseguite in forza di un contratto e non anche quando vengano eseguite in virtù di un provvedimento amministrativo, quale è appunto l’ordinanza contingibile e urgente (cfr. punto 4.1 della sentenza impugnata e precedenti ivi richiamati), ritenendo, invece, non condivisibile la tesi secondo cui si sarebbe in presenza di un atto di proroga del precedente rapporto contrattuale (cfr. punto 4.2 della sentenza impugnata). Orbene, ritiene il Collegio che la sentenza impugnata debba essere riformata in quanto, nonostante la corretta enunciazione del principio di diritto, ha tuttavia errato nella sua concreta applicazione al caso di specie, omettendo di verificare la sussistenza nella specie di un unico rapporto contrattuale prorogato ovvero di distinti ed autonomi rapporti a prescindere dalla forma dell’atto che ha imposto la prosecuzione, ed omettendo altresì di esternare le ragioni per le quali ha ritenuto non condivisibile la tesi della proroga avanzata dalla società, avendo solamente enunciato tale assunto, senza però motivare sul punto. 4. – Invero, con la sentenza impugnata, il primo giudice si è limitato ad individuare la fonte pubblicistica della prosecuzione del contratto, senza qualificarla né come proroga, né come nuovo rapporto. Tuttavia, come già accennato, la soluzione al quesito relativo all’applicabilità o meno della clausola di revisione dei prezzi passa necessariamente attraverso la previa qualificazione giuridica dell’atto con il quale è stata disposta la prosecuzione del rapporto, in quanto ai fini dell’applicabilità della revisione prezzi in presenza atti successivi al contratto che ne dispongono la prosecuzione, carattere dirimente assume la verifica circa l’unicità o meno del rapporto contrattuale (in tal senso, v. Cons. Stato, Sez. IV, 22 maggio 2023, n. 5053). Nel caso di specie, l’atto che viene in rilievo è costituito da una ordinanza adottata dal Sindaco ai sensi dell’art. 191 (Ordinanze contingibili e urgenti e poteri sostitutivi) del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 156 (c.d. Codice dell’ambiente), che consente il “ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti”, anche in deroga alle disposizioni vigenti, qualora si verifichi una situazione di necessità eccezionale ed urgente per la tutela della salute pubblica e dell’ambiente. L’art. 191, comma 3, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 156, dispone poi che tali ordinanze “indicano le norme a cui si intende derogare” e che devono essere adottate “su parere degli organi tecnici o tecnico-sanitari locali, che si esprimono con specifico riferimento alle conseguenze ambientali”. Orbene, nel caso di specie, l’ordinanza sindacale non indica alcuna norma a cui intende derogare. In secondo luogo, è stata motivatamente adottata senza i prescritti pareri tecnici sulle conseguenze ambientali, in quanto “nel caso di specie non si rende necessario acquisire il parere tecnico-sanitario, ai sensi dell’art. 191, comma 3 del D.Lgs. n. 152/2006 e s.m.i., atteso che trattasi dell’attuazione del contratto rep. 3/2009 già in essere e che per lo stesso in fase di approvazione da parte dell’ATO LE/2 sono stati prioritariamente acquisiti i necessari pareri degli Enti terzi” (cfr. ordinanza sindacale). Pertanto, l’atto in esame, non solo differisce dal modello legale di ordinanza sindacale quanto al contenuto e alla procedura da seguire per la sua adozione (art. 191, comma 3, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 156), ma contiene anche un esplicito riferimento al contratto di appalto già in essere a cui intende dare espressamente “attuazione”. Infatti, se da un lato è vero che l’art. 8 del contratto (rubricato “durata dell’appalto”) stabiliva una durata di nove anni precisando che “non è prorogabile” (comma 1), tuttavia, è anche vero che lo stesso art. 8, al comma 3, prevedeva espressamente che “alla scadenza del contratto, qualora non siano state completate le formalità relative al nuovo appalto ed il conseguente affidamento del servizio, la ditta affidataria dovrà garantirne l’espletamento fino alla data di assunzione del servizio da parte della ditta subentrante. Durante tale periodo di servizio rimangono ferme tutte le condizioni stabilite nel contratto e nel relativo capitolato” (dello stesso tenore anche l’art. 2 del capitolato speciale d’appalto). Tale disposizione contrattuale deve essere interpretata nel senso della sussistenza di un generale divieto di proroga del contratto (c.d. opzione di proroga), fatta salva l’eccezionale ipotesi in cui la proroga sia limitata al tempo strettamente necessario alla conclusione delle procedure necessarie per l’individuazione di un nuovo contraente (c.d. proroga tecnica). Dal punto di vista sistematico, la distinzione tra opzione di proroga e proroga tecnica, già prevista dall’art. 106, comma 11, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, è stata ulteriormente precisata dal nuovo codice dei contratti pubblici, che ha distinto le due fattispecie collocandole, rispettivamente, nel comma 10 (opzione di proroga) e nel comma 11 (proroga tecnica) dell’art. 120, d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, stabilendo che il contraente originario, in entrambi i casi, è tenuto ad eseguire le prestazioni contrattuali “ai prezzi, patti e condizioni stabiliti nel contratto”, mentre solo nel caso di opzione di proroga troveranno applicazione le “condizioni di mercato ove più favorevoli per la stazione appaltante”, sempre che ciò sia previsto nei documenti di gara. Pertanto, dall’analisi del citato art. 8 del contratto di appalto, emerge la chiara sussistenza di un obbligo contrattuale di garantire il servizio oggetto di affidamento fino al subentro della nuova ditta aggiudicatrice (c.d. proroga tecnica). Tale previsione contrattuale, peraltro, è sufficiente a rendere irrilevanti le contestazioni avanzate dalla parte resistente secondo cui, ai fini della proroga, sarebbe stato necessario un atto negoziale bilaterale, rivestito di forma scritta ed adottato dallo stesso organo che aveva la competenza a stipulare l’originario contratto. Pertanto, deve ritenersi che l’ordinanza sindacale in esame, nella parte in cui ordina alla società appellante di eseguire temporaneamente il servizio in questione per sei mesi (fino all’11 novembre 2018) “agli stessi patti e condizioni di cui al Contratto Rep. n. 3 del 29.01.2009” con applicazione di una “clausola di risoluzione immediata in caso di avvio del servizio a seguito della gara ponte e/o del servizio unitario dell’ARO 5/LE”, sia da qualificare come un atto avente natura ricognitiva di un obbligo già discendente dal contratto, essendosi limitata a dare applicazione ad una proroga tecnica già prevista contrattualmente. 5. – Un’altra distinzione che assume rilievo nel caso di specie ai fini dell’applicabilità della clausola di revisione dei prezzi è quella tra proroga e rinnovo contrattuale. In particolare, è stato precisato che “Il rinnovo contrattuale si contraddistingue, sul piano sostanziale, per la rinegoziazione del complesso delle condizioni del contratto originario, per cui deve risultare che le parti, attraverso specifiche manifestazioni di volontà, abbiano dato corso a distinti, nuovi ed autonomi rapporti giuridici, ancorché di contenuto analogo a quello originario; in assenza di tale negoziazione novativa, è qualificabile come proroga contrattuale l’accordo con cui le parti si limitano a pattuire il differimento del termine finale del rapporto, che per il resto continua ad essere regolato dall’atto originario; ed anche la circostanza che in tale accordo sia riportato il prezzo del contratto originario, che quindi rimane immutato, non costituisce affatto espressione di rinnovata volontà negoziale, ma circostanza idonea ad avvalorare ulteriormente l’intervenuta mera proroga del previgente contratto”(Cons. Stato, sez. III, 24 marzo 2022, n. 2157; Cons. Stato, sez. V, 16 febbraio 2023, n. 1635). Inoltre, deve ritenersi consolidato l’orientamento della giurisprudenza di questo Consiglio di Stato che ritiene applicabile la revisione dei prezzi alle proroghe negoziali, ma non anche ai rinnovi contrattuali: “In materia di appalti pubblici, presupposto per l’applicazione della norma di cui all’art. 115, d.lgs. n. 163 del 2006 - secondo cui tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo - è che vi sia stata mera proroga e non un rinnovo del rapporto contrattuale» (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. V, 17 luglio 2019, n. 5021; Cons. Stato, sez. III, 27 agosto 2018, n. 5059; Cons. Stato, sez. VI, 17 marzo 2016, n. 1091). Analoghe considerazioni possono svolgersi anche nel caso in esame, sebbene venga in rilievo un atto formalmente amministrativo e non negoziale. Infatti, esaminando il contenuto dell’ordinanza contingibile e urgente, deve constatarsi come non emergano elementi di discontinuità rispetto al rapporto contrattuale in essere tali da far ritenere che l’amministrazione abbia inteso dar corso ad un distinto, nuovo ed autonomo rapporto giuridico, ancorché di contenuto analogo a quello originario, alla stregua di un rinnovo contrattuale. Da ciò ne consegue che il rapporto sorto con il contratto di appalto Rep. n. 3 del 29 gennaio 2009 è proseguito senza soluzione di continuità fino all’11 novembre 2018, trattandosi di un unico rapporto contrattuale, come si evince dallo stesso contratto (art. 8, comma 3) nonché dal contenuto della medesima ordinanza sindacale che ad esso rinvia. 6. – Tale considerazione, inoltre, consente di distinguere la presente fattispecie da quella decisa da questa stessa Sezione con sentenza del 22 maggio 2023, n. 5053, invocata dalla difesa comunale a sostegno del rigetto del ricorso. In quest’ultimo caso, infatti, si trattava ugualmente di un servizio svolto senza soluzione di continuità, ma, diversamente dal caso di specie, risultava effettuato sulla base di diversi atti (ordinanze sindacali e contratti) adottati sulla base di distinti presupposti, con fissazione di un autonomo corrispettivo volta per volta, nell’ambito di una procedura di aggiudicazione annullata in via giurisdizionale. In particolare, il Collegio ha ritenuto “dirimente la considerazione che, se è vero che il servizio di cui trattasi è stato svolto senza soluzione di continuità, non vi è prova dell’esistenza di un rapporto “unico” pluriennale, tale da giustificare la revisione del compenso, che risulta peraltro essere stato fissato di volta in volta, in via autoritativa, ovvero su base negoziale” (Cons. Stato, Sez. IV, 22 maggio 2023, n. 5053, § 6). In tale giudizio, infatti, premesso che “la durata del servizio non può essere confusa con la continuità ed unicità del rapporto contrattuale” (Cons. Stato, Sez. IV, 22 maggio 2023, n. 5053, § 6.8), è stato evidenziato che “il servizio è stato prestato in forza di diversi ed autonomi atti, negoziali o autoritativi, nell’ambito dei quali il riferimento alle condizioni dell’appalto originario ha svolto esclusivamente la funzione di individuare e definire il contenuto del servizio e le modalità di espletamento. In particolare: - gli unici contratti stipulati tra le parti hanno avuto durata pari, rispettivamente, a mesi sei (rep. n. 1902) e mesi sette (rep. 1914); ciascuno di essi, inoltre, è stato il frutto di una autonoma negoziazione (anche per quanto riguarda il compenso) o, perlomeno, non vi è prova del contrario; - anche le ordinanze contingibili ed urgenti intervenute prima e dopo la stipula di tali contratti non possono essere considerate come sintomatiche della proroga dello stesso rapporto, poiché esse sono state adottate esplicitamente sul presupposto esattamente contrario della discontinuità del rapporto medesimo e hanno proceduto in via autonoma alla determinazione del compenso” (Cons. Stato, Sez. IV, 22 maggio 2023, n. 5053, § 6.8). La presenza dei suddetti elementi di discontinuità ha portato, dunque, ad escludere la possibilità di qualificare le ordinanze sindacali in termini di proroga di un unico rapporto contrattuale. 6.1. – Più nello specifico, non può neanche condividersi la prospettazione di parte resistente che tende a valorizzare un passaggio motivazionale di tale precedente, laddove si esclude che il mero richiamo fatto nelle ordinanze sindacali alle condizioni contrattuali sia sufficiente a fondare un diritto alla revisione del prezzo. Invero, avuto riguardo alla specificità del caso sottoposto a questa Sezione nel citato precedente, si deve evidenziare come, in quella ipotesi, l’invocata revisione del prezzo non fosse applicabile in ragione della stessa previsione contrattuale che ne differiva l’operatività a decorrere dal secondo danno del contratto oggetto di affidamento. In particolare, è stato precisato che “Nemmeno è utile, nella fattispecie, il richiamo fatto nelle ordinanze alle condizioni dell’appalto e quindi anche all’art. 8 dello schema di contratto che prevedeva il diritto alla revisione del prezzo. Questa disposizione era infatti destinata ad operare a partire dal secondo anno del contratto pluriennale oggetto di affidamento e che, come tale, non è stato mai stipulato, in ragione dell’annullamento della gara presupposta. In ogni caso, i contratti e le ordinanze adottate dal Comune di Matino hanno sempre disposto l’esecuzione del servizio per un periodo di tempo delimitato, stabilendo di volta in volta anche il compenso dovuto alla società” (Cons. Stato, Sez. IV, 22 maggio 2023, n. 5053, § 6.6). Ciò vale a segnare la sicura diversità della suddetta fattispecie da quella oggetto del presente giudizio, con la conseguenza che nessun contrasto viene a configurarsi con il suddetto precedente, il cui principio di diritto può invece trovare conferma anche nella presente sede. 7. – In conclusione, quindi, l’appello deve essere accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve ordinarsi al Comune di Omissis di adottare, entro il termine di 30 giorni dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza, un provvedimento espresso sull’istanza di revisione dei prezzi presentata dalla società appellante anche con riferimento al periodo dall’11 maggio 2018 all’11 novembre 2018. In caso di persistente inadempimento oltre il termine assegnato al Comune resistente, si nomina fin d’ora Commissario ad acta il Prefetto di Lecce o un suo delegato, affinché provveda a concludere il procedimento e ad adottare il sopra indicato provvedimento entro l’ulteriore termine di 30 giorni successivi al termine assegnato alla P.A. 8. – Le spese di lite devono essere compensate in ragione della situazione di oggettiva incertezza derivante dalla estrema diversità della casistica giurisprudenziale esistente nella materia in questione e dalla conseguente sussistenza di precedenti apparentemente contrastanti, che rappresentano “altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni” rispetto a quelle tipizzate dall’art. 92 c.p.c., che consentono la compensazione integrale delle spese di lite (cfr. C. Cost. n. 77 del 2018). P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, ordina al Comune di Omissis di adottare, entro il termine di 30 giorni dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza, un provvedimento espresso sull’istanza di revisione dei prezzi presentata dalla società appellante anche con riferimento al periodo dall’11 maggio 2018 all’11 novembre 2018. In caso di persistente inadempimento oltre il termine assegnato al Comune resistente, nomina fin d’ora Commissario ad acta il Prefetto di Lecce o un suo delegato, affinché provveda a concludere il procedimento e ad adottare il sopra indicato provvedimento entro l’ulteriore termine di 30 giorni successivi al termine assegnato alla P.A. Compensa le spese di lite tra le parti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1° febbraio 2024 con l’intervento dei magistrati: Luigi Carbone, Presidente Luca Lamberti, Consigliere Silvia Martino, Consigliere Luca Monteferrante, Consigliere Rosario Carrano, Consigliere, Estensore L'ESTENSORE IL PRESIDENTE Rosario Carrano Luigi Carbone
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Settima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 9919 del 2023, proposto da Me. Mu. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG 9222117BB0, 9222143128, 922220979D, rappresentata e difesa dagli avvocati Ma. Br. e Sa. Da. To., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell'avvocato Ma. Br. in Roma, via (...); contro Società di Committenza della Regione Piemonte - SCR Piemonte S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato St. Cr., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; nei confronti Consorzio Le. Se. e La. "Società Cooperativa Consortile Stabile", in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ga. Tr., Ma. Or., An. Fa. e Ma. Va., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Società Cooperativa Cu. ed altre, non costituite in giudizio; per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, Sezione Prima, n. 899/2023 Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio della Società di Committenza della Regione Piemonte - S.C.R. Piemonte S.p.A. e del Consorzio Le. Se. e La. "Società Cooperativa Consortile Stabile"; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 febbraio 2024 il Cons. Daniela Di Carlo e uditi per le parti gli avvocati Da. Sa. To., St. Cr. e Ma. Va.; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. La S.r.l. Me. Mu. appella la sentenza di cui in epigrafe con cui il Tar del Piemonte ha respinto il suo ricorso per l'annullamento della determinazione n. 55 del 16 marzo 2023, con cui la Società di Committenza della Regione Piemonte - SCR Piemonte S.p.A. (di seguito, SCR Piemonte) aggiudicava al RTI Consorzio Le. Se. e Società Cooperativa Cu. (di seguito, RTI CL.) il Lotto 1 della gara per la gestione dei servizi di reception, sorveglianza, pulizia, manutenzione e servizi vari nelle residenze universitarie e nelle sale studio dell'Edisu Piemonte, oltre che dei presupposti verbali di gara e, nei limiti di quanto possa occorrere, dell'art. 6.5 del Disciplinare recante "Indicazioni per i consorzi di cooperative e di imprese artigiane e i consorzi stabili", come interpretato e applicato dall'Amministrazione aggiudicatrice nella parte in cui si prevede che "I requisiti di capacità economica e finanziaria nonché tecnica e professionale di cui ai punti 6.2 e 6.3, devono essere posseduti: 2. per i consorzi di cui all'art. 45, comma 2, lett. c) del Codice, dal consorzio, che può spendere, oltre ai propri requisiti, anche quelli delle consorziate i quali vengono computati cumulativamente in capo al consorzio". La società ricorrente aveva anche domandato il risarcimento del danno in forma specifica mediante subentro, previa declaratoria della inefficacia del contratto, qualora sottoscritto o, in via subordinata, per equivalente. Più in particolare, la ricorrente aveva dedotto in via principale le censure escludenti riguardanti il mancato possesso in capo al RTI CL. aggiudicatario del requisito di capacità tecnico-professionale (primo motivo); la modifica dell'offerta tecnica (secondo, terzo e quarto motivo); la difformità dell'offerta alle prescrizioni di gara (quinto, sesto e settimo motivo); la violazione dei minimi salariali (ottavo e nono motivo). In via subordinata, invece, aveva censurato dei profili che, ove accolti, avrebbero comportato l'attribuzione all'aggiudicatario di un punteggio inferiore con conseguente aggiudicazione del lotto alla ricorrente (decimo motivo) o quantomeno la rivalutazione dei giustificativi (undicesimo motivo). 3. Il Tar adito ha partitamente esaminato e respinto tutte le censure proposte, condannandola al pagamento delle spese processuali in favore dell'Amministrazione aggiudicatrice e del RTI aggiudicatario, liquidate in favore di ciascuno di essi nella misura di euro 10.000,00, oltre accessori di legge. 4. La S.r.l. Me. Mu. ha riproposto espressamente tutte le originarie censure, articolate come ragioni di critica specifica avverso la sentenza impugnata, così nella sostanza devolvendo alla odierna cognizione tutta l'originaria materia del contendere, ma seguendo un ordine di graduazione diverso rispetto a quello del primo grado, in ossequio al criterio della ragione più liquida. Più nel dettaglio, Me. Mu. sostiene che il primo giudice abbia errato nell'interpretare e applicare gli artt. 45 e ss. del decreto legislativo n. 50/2016, gli artt. 1 e 4 della legge n. 422/1909 e i punti 6.3, 6.4. e 6.5 del Disciplinare, non avvedendosi del fatto che il RTI CL. non possiede il requisito di partecipazione della capacità tecnica e professionale di "aver eseguito nell'ultimo triennio almeno un contratto, anche pluriennale, avente ad oggetto servizi di reception, sorveglianza e pulizia (servizio omnicomprensivo) per importo complessivo minimo di: Lotto 1 - Euro 5.000.000,00", avendo soddisfatto detto requisito esclusivamente per il tramite della consorziata esecutrice Pr. Ou., che però, a sua volta, non sarebbe titolare in proprio del suddetto requisito, maturato in realtà dal consorzio di cooperative Consorzio Na. Co. Pl. (di seguito, CN.), avendo la stessa eseguito il contratto stipulato da quest'ultimo con la S.p.a. Fe., nella veste di sola consorziata esecutrice. Di conseguenza, a suo avviso, essendo il requisito maturato nella commessa Fe. riferibile al solo CN. e non anche alla consorziata esecutrice Pr. Ou., nessun requisito quest'ultima avrebbe potuto "prestare" alla mandataria Consorzio Le., con conseguente illegittimità dell'operato posto in essere dalla Amministrazione aggiudicatrice (che avrebbe dovuto escludere il RTI dalla gara, anziché aggiudicargliela) e necessità di riformare la sentenza impugnata. Deduce inoltre che la sentenza sarebbe erronea anche per non essersi avveduta della difformità dell'offerta (di 150 ore settimanali) rispetto alle prescrizioni di capitolato che prevedono un monte ore minimo di ore settimanali per la manutenzione ordinaria (almeno 155 ore settimanali). Lamenta poi che il primo giudice non avrebbe nemmeno correttamente applicato gli artt. 23, 30 e 97, commi 5 e 6, del decreto legislativo n. 50/2016, non considerando la normativa sui limiti minimi salariali prevista dall'art. 38, del CCNL. In particolare, non sarebbe stato considerato il maggior costo della manodopera derivante dal lavoro notturno, dal lavoro durante i giorni festivi e dal lavoro in orario notturno nei giorni festivi (doc. 19), nonostante il Capitolato (doc. 3, art. 10, pagina 26) prevedesse, per tutte le residenze, lo svolgimento di attività di reception e sorveglianza durante i giorni festivi, in orario notturno e in orario notturno festivo. Sostiene inoltre che ci sarebbe stata violazione degli artt. 32, comma 4, 89, comma 3, del d.lgs. 50/2016 e 21 del disciplinare, in spregio ai principi generali dell'unicità e immodificabilità dell'offerta, avendo il RTI CL. modificato l'offerta con riferimento al ricollocamento del personale attualmente in servizio, inquadramenti e numero complessivo degli addetti. Si aggiunge, inoltre, sotto diverso profilo, che così facendo il RTI CL. avrebbe ottenuto un punteggio maggiore, non dovuto, pur non garantendo affatto l'assunzione di tutto il personale attualmente in servizio nel Lotto 1. La difformità dell'offerta avrebbe poi riguardato anche le prescrizioni dettate dall'art. 5 del Capitolato, che al paragrafo "Gestione delle emergenze" prevedeva per il "primo soccorso" 12 ore di formazione iniziale e 4 ore di aggiornamento triennale (in totale 16 ore). Parimenti, per "Antincendio, evacuazione e gestione emergenze", era prescritta la "Formazione iniziale obbligatoria per medio o alto rischio ai sensi del DM 10.3.1998 (doc. 3, pag. 13). Infine, il primo giudice non si sarebbe avveduto neppure della mancata comprova dei giustificativi di spesa, avendo il RTI aggiudicatario dichiarato un costo della manodopera minore rispetto alle Tabelle Ministeriali relative al CCNL Multiservizi dell'area di Torino, Treviso, Rovigo, Padova, Ravenna. 5. Il Consorzio Le. Se. e La. "Società Cooperativa Consortile Stabile si è costituito in giudizio instando per la reiezione dell'appello. 6. La Società di Committenza Regione Piemonte - SCR Piemonte S.p.A. ha anch'essa domandato il respingimento dell'appello. 7. In data 5 gennaio 2024, la società appellante ha rinunciato all'istanza cautelare di sospensione della esecutività della sentenza impugnata, essendo stato il contratto relativo al lotto 1 sottoscritto fra le parti in data 19 dicembre 2023 e avendo il RTI CL. dato avvio al servizio il successivo 4 gennaio 2024. 8. Le parti hanno ulteriormente insistito sulle rispettive tesi difensive mediante il deposito di documenti, di memorie integrative e di memorie di replica. 9. Alla udienza pubblica del 13 febbraio 2024, la causa è stata discussa dalle parti ed è stata trattenuta in decisione dal Collegio. 10. Condividendo le ragioni sottese alla diversa graduazione dei motivi, il Collegio ritiene prioritario l'esame del primo motivo di appello con cui si censura il mancato possesso del requisito di partecipazione in capo al RTI CL., dipendendo dall'accoglimento della censura l'esclusione del medesimo dalla gara. La censura è fondata. In fatto, la vicenda è chiara. La SCR Piemonte ha indetto una gara, suddivisa in tre lotti, per la gestione dei servizi di "reception, sorveglianza, pulizia, manutenzione e servizi vari" nelle residenze universitarie e nelle sale studio dell'Edisu Piemonte (valore Euro 37.860.781,99). L'affidamento ha durata triennale, rinnovabile per altri tre, da aggiudicarsi con l'offerta economicamente più vantaggiosa (80 punti al progetto e 20 al prezzo). La causa ha ad oggetto il lotto 1 afferente ai servizi da eseguirsi presso le residenze universitarie Ol. ed altri (Euro 16.637.991,50). Il Disciplinare al punto 6.3 - lett. d) ha previsto quale "requisito di capacità tecnica e professionale" che "Il concorrente deve aver eseguito nell'ultimo triennio almeno un contratto, anche pluriennale, avente ad oggetto servizi di reception, sorveglianza e pulizia (servizio omnicomprensivo) per importo complessivo minimo di: Lotto 1 - Euro 5.000.000,00; Lotto 2 - Euro 4.000.000,00; Lotto 3 - Euro 2.000.000,00". Al punto 6.4 ha precisato che, in caso di partecipazione in RTI, il "requisito del servizio di punta di cui al precedente punto 6.3 lettera d) deve essere posseduto per intero dalla mandataria". Al punto 6.5 ha poi previsto che "I requisiti di capacità economica e finanziaria nonché tecnica e professionale di cui ai punti 6.2 e 6.3, devono essere posseduti:... 2. per i consorzi di cui all'art. 45, comma 2, lett. c) del Codice, dal consorzio, che può spendere, oltre ai propri requisiti, anche quelli delle consorziate i quali vengono computati cumulativamente in capo al consorzio.". Al lotto 1 hanno concorso sei operatori, tra cui l'appellante Me. e il controinteressato RTI CL. con mandataria il consorzio stabile "Consorzio Le. Se. e La." (con consorziate esecutrici Au. Se. s.r.l. e Pr. Ou. Se. Soc. Coop.) e mandante la Società Cooperativa Cu.. Ai fini della partecipazione alla gara, il RTI CL., essendo la mandataria Consorzio Le. priva del requisito di capacità tecnica e professionale, ha dichiarato di soddisfarlo per il tramite della consorziata esecutrice Pr. Ou., già titolare di un servizio ana presso la S.p.a. Fe.. Senonché, è poi emerso che la consorziata Pr. Ou. ha sì eseguito detto servizio, ma nella veste di consorziata esecutrice di un consorzio di cooperative, il Consorzio Na. Co. Pl. - Società Cooperativa (CN.), che ha poi stipulato il contratto con Fe.. La questione giuridica controversa attiene quindi all'individuazione del soggetto in capo al quale matura il requisito della capacità tecnica e professionale per la spendita in gare future, quando, come nel caso che qui ricorre, il soggetto che ha materialmente eseguito il servizio lo abbia fatto nella qualità di consorziata di un consorzio di cooperative. Il Tar adito ha respinto la censura, condividendo sul punto l'impostazione difensiva prospettata dalla Amministrazione aggiudicatrice e dal RTI aggiudicatario, con la motivazione che, ferma la natura giuridica dei consorzi di cooperative e gli elementi che valgono a differenziarli dai consorzi stabili, nondimeno ciò "non può implicare la supposta insuscettibilità di maturazione del requisito in proprio da parte della cooperativa consorziata esecutrice" nel senso che "semplificando brutalmente il ragionamento di parte ricorrente, Pr. Ou., pur avendo eseguito regolarmente nella veste di consorziata esecutrice una precedente commessa valevole quale contratto di punta, non potrebbe poi spendere tale circostanza in favore del nuovo consorzio stabile nel quale riveste nuovamente la qualità di consorziata esecutrice". Secondo il Tar, infatti, "astraendo dalla fattispecie concreta, Me. giunge a predicare una bizzarra ipostatizzazione del requisito di idoneità tecnico-professionale, il quale maturato de facto da un soggetto A, materiale esecutore del contratto di punta, si imputa tuttavia in capo a un consorzio B in forza del peculiare rapporto organico che lega le cooperative consorziate alla compagine consortile, di tal ché non potrebbe essere poi speso in favore della nuova compagine consortile C ove il medesimo soggetto A venisse a ricoprire la stessa veste di consorziato esecutore. Sopprimendo i veli riconducibili alle intermediazioni consortili non può negarsi che, sul piano squisitamente fenomenologico, è sempre il soggetto A a maturare il requisito nel contesto della prima commessa e a spenderlo nell'ambito della seconda procedura". Inoltre, ad avviso del Tar, "La contraddittorietà fenomenologica della tesi di parte ricorrente non trova peraltro neanche addentellati normativi atteso che la disciplina codicistica antevigente, all'art. 47, co. 2-bis d.lgs. 50/2016, afferma, con riferimento ai consorzi stabili nell'ipotesi di loro scioglimento, la trasmissibilità pro quota in capo ai consorziati dei requisiti tecnico-organizzativi maturati a favore del consorzio " " postulando, conseguentemente che il requisito matura in primis in capo al consorziato esecutore, trasmettendosi poi anche a favore del consorzio stabile. Orbene, la regula iuris è applicabile anche ai consorzi di cooperative stante la natura omogenea delle due figure consortili, entrambe caratterizzate da autonoma soggettività giuridica quali stabili strutture di impresa collettiva e si connota per spiccata continuità nei vari plessi normativi susseguitisi in materia di appalti: sotto il vigore del primo codice - il d.lgs. n. 163 del 2006 - era l'art. 94 del D.P.R. n. 207 del 2010, il quale, per quanto di interesse ed in attuazione dell'art. 36 del (previgente) Codice: a) prevedeva le modalità di qualificazione delle singole imprese consorziate (commi 2 e 3); b) prefigurava, per il caso di scioglimento, l'attribuzione pro quota (correlata all'apporto reso da ciascuna consorziata nella esecuzione delle prestazioni contrattuali), dei requisiti maturati a favore del consorzio (in quanto non assegnati in esecuzione ai consorziati)". Secondo il Tar, infatti, il comma 3 del citato art. 94 va letto e interpretato nel senso che "il conseguimento della qualificazione da parte del consorzio non pregiudicava la contemporanea qualificazione delle singole imprese consorziate, anche se sul documento di qualificazione delle medesime doveva essere segnalata la partecipazione al consorzio e l'indicazione di tutti i partecipanti allo stesso, al fine di garantire il rispetto dei concorrenti divieti di partecipazione congiunta alla medesima gara e di partecipazione cumulativa a distinti consorzi"), mentre l'art. 67, comma 6 del nuovo codice dei contratti recato dal decreto legislativo n. 36 del 2023 "mutua la stessa disciplina, già ereditata all'art. 47 del d.lgs. n. 50 del 2016", per cui non può essere revocato in dubbio che "qualora il consorziato abbia agito sì in nome del consorzio quale suo affidatario, ma comunque singolarmente senza alcun apporto di altro consorziato o anche parzialmente dell'intera struttura, appare del tutto naturale che il medesimo possa spendere i requisiti maturati per quel lavoro o per quel servizio affidatogli dal consorzio quali titoli di partecipazione ad altra gara pubblica". Tali considerazioni, ancora secondo il Tar, sarebbero confermate dalla giurisprudenza ("cfr. Consiglio di Stato sez. V, 22 luglio 2019, n. 5124; Cons. Stato, sez, V, 1° dicembre 2014, n. 5937"), cosicché non vi sarebbe alcun dubbio "circa il possesso del requisito di punta da parte della consorziata Pr. Ou. in virtù della commessa svolta a favore di Fe. per conto del Consorzio Na. Co. Pl.: nella specie il requisito di punta è stato acquisito dal CN., ma a fortiori è stato maturato dalla consorziata esecutrice", con la conseguenza - si conclude infine - che "non può essere preclusa al consorziato esecutore indipendente, anche se in nome del consorzio, la spendita quale requisito delle attività rese in tale ultima veste e ciò in coerenza con il comma 3 dell'art. 94 cit., che - per quanto precisato - non può che significare che l'azione del consorziato non può soffrire dall'aver agito indipendentemente sia pure quale longa manus del consorzio, così come il consorzio unitamente potrà giovarsi dell'esecuzione di servizi e lavori del singolo consorziato fatta in tale veste". Ad avviso del Collegio, il suddetto ragionamento non è condivisibile alla luce del quadro normativo di riferimento. Ratione temporis deve anzitutto farsi applicazione del codice dei contratti pubblici recato dal decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, rientrando la gara in questione nel diritto transitorio previsto dagli artt. 225 e 229, comma 2, del nuovo codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36. L'art. 45 del codice n. 50/2016, nell'elencare gli operatori economici ammessi a partecipare alle procedure di gara, riprende le previsioni di cui all'art. 19 della direttiva 2014/24/UE (cd. Direttiva appalti), di cui all'art. 37 della direttiva 2014/25/UE (cd. Direttiva settori speciali) e di cui all'art. 26 della Direttiva 2014/23/UE (cd. Direttiva concessioni). In forza della suddetta previsione "1. Sono ammessi a partecipare alle procedure di affidamento dei contratti pubblici gli operatori economici di cui all'articolo 3, comma 1, lettera p) nonché gli operatori economici stabiliti in altri Stati membri, costituiti conformemente alla legislazione vigente nei rispettivi Paesi. Gli operatori economici, i raggruppamenti di operatori economici, comprese le associazioni temporanee, che in base alla normativa dello Stato membro nel quale sono stabiliti, sono autorizzati a fornire la prestazione oggetto della procedura di affidamento, possono partecipare alle procedure di affidamento dei contratti pubblici anche nel caso in cui essi avrebbero dovuto configurarsi come persone fisiche o persone giuridiche, ai sensi del presente codice. 2. Rientrano nella definizione di operatori economici i seguenti soggetti: a) gli imprenditori individuali, anche artigiani, e le società, anche cooperative; b) i consorzi fra società cooperative di produzione e lavoro costituiti a norma della legge 25 giugno 1909, n. 422, e del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, e successive modificazioni, e i consorzi tra imprese artigiane di cui alla legge 8 agosto 1985, n. 443; c) i consorzi stabili, costituiti anche in forma di società consortili ai sensi dell'articolo 2615-ter del codice civile, tra imprenditori individuali, anche artigiani, società commerciali, società cooperative di produzione e lavoro. I consorzi stabili sono formati da non meno di tre consorziati che, con decisione assunta dai rispettivi organi deliberativi, abbiano stabilito di operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture per un periodo di tempo non inferiore a cinque anni, istituendo a tal fine una comune struttura di impresa. d) i raggruppamenti temporanei di concorrenti, costituiti dai soggetti di cui alle lettere a), b) e c), i quali, prima della presentazione dell'offerta, abbiano conferito mandato collettivo speciale con rappresentanza ad uno di essi, qualificato mandatario, il quale esprime l'offerta in nome e per conto proprio e dei mandanti; e) i consorzi ordinari di concorrenti di cui all'articolo 2602 del codice civile, costituiti tra i soggetti di cui alle lettere a), b) e c) del presente comma, anche in forma di società ai sensi dell'articolo 2615-ter del codice civile; f) le aggregazioni tra le imprese aderenti al contratto di rete ai sensi dell'articolo 3, comma 4-ter, del decreto legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33; g) i soggetti che abbiano stipulato il contratto di gruppo europeo di interesse economico (GEIE) ai sensi del decreto legislativo 23 luglio 1991, n. 240". La disposizione in commento è stata sostanzialmente riprodotta all'art. 65, del codice n. 36/2023, con la sola differenza che rispetto alla previgente disposizione è stata aggiunta un'apposita lettera c) per la figura dei consorzi tra imprese artigiane, prima ricompresi nella lettera b) disciplinante i consorzi di cooperative. Tale diversa collocazione nel nuovo codice è comunque utile sul piano esegetico in quanto sollecita a riflettere sull'esigenza, avvertita dal legislatore, di non accomunare più sotto un'unica lettera fenomeni consortili sostanzialmente diversi fra di loro, essendo i consorzi di cooperative caratterizzati da una disciplina peculiare (già Consiglio di Stato, Sezione V, 28 maggio 2004, n. 3465, sottolineava la dimensione sostanziale di stampo fortemente pubblicistico "per la diuturna ed immanente presenza pubblicistica, dalla nascita alla estinzione del soggetto"). Si tratta, in particolare, della disciplina introdotta dalla legge 25 giugno 1909, n. 422, dal r.d. 12 febbraio 1911, n. 278 e dal decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato del 14 dicembre 1947, n. 1577 (cd. legge Basevi). L'art. 1 della legge 422/1909 istituisce una figura peculiare connotata da una precisa finalità ("le società cooperative di produzione e lavoro legalmente costituite possono riunirsi in consorzio per assumere in tutte le parti del Regno appalti di opere pubbliche dello Stato e degli enti morali") e il successivo art. 4 prevede che "Il consorzio di cooperative costituisce persona giuridica e soggiace alle norme del codice di commercio per le sue operazioni commerciali e per tutti gli effetti che ne derivano". Le società cooperative consorziate si caratterizzano, dunque, per il fatto che, allo scopo mutualistico della cooperativa, si somma la funzione, anch'essa mutualistica, del consorzio e, per tale motivo, esse sono comunemente qualificate come società cooperative "di secondo grado". Tale peculiare natura conferisce ai consorzi di cooperative totale autonomia dalle imprese consorziate, derivando dal riconoscimento della personalità giuridica fondamentali corollari sul piano organizzativo e funzionale. Le consorziate, infatti, finché perdura il vincolo consortile, operano quali meri interna corporis di un soggetto autonomo e distinto, appunto il consorzio di cooperative, unico soggetto al quale l'ordinamento riconosce rilevanza ed efficacia giuridica in via autonoma dalle figure soggettive che lo compongono. Di qui la particolare disciplina pubblicistica alla quale sono assoggettati i consorzi di cooperative, attraverso penetranti controlli e vigilanza pubblica dal momento della nascita, a quello della loro operatività e fino alla estinzione. La premessa dalla quale principia quindi il Tar, ossia che la vicenda si presta ad una lettura "sostanziale/fattuale" tale da potersi sic et simpliciter assimilare le figure soggettive dei consorzi di cooperative a quelle dei consorzi stabili e ordinari, con conseguente applicazione in via estensiva della relativa disciplina, trascura anzitutto di considerare il dato storico e normativo, all'origine invero di un'unicum' nel panorama dell'intero fenomeno cooperativistico e consortile. Tale unicità è stata evidenziata dalla giurisprudenza amministrativa in plurime occasioni. Anzitutto, in relazione alla questione della legittimità della designazione di secondo grado o "a cascata" da parte di una società consorziata in un consorzio di cooperative in favore di un soggetto giuridico non facente parte del detto consorzio (Adunanza plenaria n. 14/2013). L'esegesi giurisprudenziale è stata nel senso che la designazione da parte della consorziata non produce effetto nei rapporti tra l'Amministrazione aggiudicatrice e la terza designata e non invalida la partecipazione alla gara da parte del consorzio di cooperative, appunto sul presupposto giuridico che l'unico soggetto di diritto rilevante per l'ordinamento sia il consorzio, mentre le consorziate esecutrici rappresentano meri interna corporis. Più nel dettaglio, la Plenaria ha illustrato come si dispiega giuridicamente il rapporto tra il consorzio di cooperative e le consorziate esecutrici, precisando che "il consorzio fra società di cooperative di produzione e di lavoro costituito a norma della legge 25 giugno 1909, n. 422, può partecipare alla procedura di gara utilizzando i requisiti suoi propri e, nel novero di questi, facendo valere i mezzi nella disponibilità delle cooperative che costituiscono, ai fini che qui rilevano, articolazioni organiche del soggetto collettivo, ossia suoi interna corporis. Il rapporto organico che lega le cooperative consorziate, ivi compresa quella incaricata dell'esecuzione dei lavori, infatti, è tale che l'attività compiuta dalle consorziate è imputata organicamente al consorzio, come unico ed autonomo centro di imputazione e di riferimento di interessi". Che la ratio che sorregge la costituzione di detti consorzi è infatti l'incentivazione della mutualità, favorendo, "grazie alla sommatoria dei requisiti posseduti dalle singole imprese, la partecipazione a procedure di gara di cooperative che, isolatamente considerate, non sono in possesso dei requisiti richiesti o, comunque, non appaiono munite di effettive chances competitive", e inoltre che si consente "al Consorzio concorrente ed aggiudicatario di avvalersi delle prestazioni di un'impresa cooperativa in esso associata e specificamente designata in sede di gara; e, in tal caso, l'impresa indicata può eseguire i lavori pur essendo priva, per le ragioni dianzi indicate, dei requisiti di qualificazione tecnica; ma non anche, a quest'ultima, di avvalersi di un'ulteriore impresa - a sua volta, in essa associata - altrimenti potendosi innescare un meccanismo di designazioni a catena destinato a beneficiare non (secondo la ratio legis) il Consorzio concorrente e le imprese cooperative in esso associate, ma, in ipotesi (come nel caso di specie) anche soggetti terzi, non concorrenti direttamente alla gara, né in questa puntualmente designati, secundum legem, dal concorrente risultato aggiudicatario, quali materiali esecutori dei lavori". Ana principio è stato declinato poi dalla giurisprudenza in relazione alla fattispecie della sostituzione della consorziata esecutrice, ritenuta sempre possibile proprio in considerazione del rapporto organico tra consorziata e consorzio: per Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza n. 6024/2019, infatti, "Il consorzio tra società di cooperative di produzione e lavoro partecipa alla procedura di gara utilizzando i requisiti suoi propri e, nell'ambito di questi, ben può far valere i mezzi nella disponibilità delle cooperative consorziate, che costituiscono articolazioni organiche del soggetto collettivo (ossia i suoi interna corporis). Ciò significa che il rapporto organico che lega le cooperative consorziate, ivi compresa quella indicata dell'esecuzione dei lavori, è tale che l'attività compiuta dalle stesse è imputata unicamente al consorzio"). E lo stesso principio è stato riaffermato in tema di responsabilità del consorzio nei confronti della Amministrazione aggiudicatrice: per Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza n. 3505/2017, "Il rapporto organico che lega le cooperative consorziate, ivi compresa quella incaricata dell'esecuzione dei lavori, infatti, è tale che l'attività compiuta dalle consorziate è imputata organicamente al consorzio, come unico ed autonomo centro di imputazione e di riferimento di interessi, per cui, diversamente da quanto accade in tema di associazioni temporanee e di consorzi stabili, la responsabilità per inadempimento degli obblighi contrattuali nei confronti della p.a. si appunta esclusivamente in capo al consorzio senza estendersi, in via solidale, alla cooperativa incaricata dell'esecuzione". Alla stregua delle suddette coordinate esegetiche, deve quindi trarsi la necessaria conclusione che ana principio debba applicarsi per dirimere la controversia in questione, trattandosi del medesimo istituto giuridico. Tenuto conto del rapporto organico che legava il consorzio di cooperative Consorzio Na. Co. Pl. - CN. alle consorziate esecutrici, deve quindi concludersi che la consorziata Pr. Ou., oggi facente parte del consorzio stabile mandatario del RTI CL., non può prestare a detto consorzio stabile, ai fini della partecipazione alla gara, il requisito della capacità tecnica e professionale richiesto dal bando, per la ragione, sopra evidenziata, che l'unico centro di imputazione e di riferimento di interessi all'epoca dell'esecuzione della commessa Fe. era il consorzio di cooperative, per cui il requisito professionale è stato maturato dallo stesso, e non dalla consorziata Pr. Ou.. Tale conclusione, va anche sottolineato, è inoltre coerente con la previsione contenuta al successivo art. 47, del codice n. 50/2016, che sulla questione specifica della partecipazione dei consorzi alle gare detta al primo comma una disposizione applicabile sia ai consorzi stabili sia ai consorzi di cooperative ("1. I requisiti di idoneità tecnica e finanziaria per l'ammissione alle procedure di affidamento dei soggetti di cui all'articolo 45, comma 2, lettere b) e c),devono essere posseduti e comprovati dagli stessi con le modalità previste dal presente codice, salvo che per quelli relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d'opera, nonché all'organico medio annuo, che sono computati cumulativamente in capo al consorzio ancorché posseduti dalle singole imprese consorziate."), ma poi ai successivi commi 2 e 2-bis restringe l'ambito soggettivo di efficacia ai soli consorzi stabili ("2. I consorzi stabili di cui agli articoli 45, comma 2, lettera c), e 46, comma 1, lettera f), eseguono le prestazioni o con la propria struttura o tramite i consorziati indicati in sede di gara senza che ciò costituisca subappalto, ferma la responsabilità solidale degli stessi nei confronti della stazione appaltante. Per i lavori, ai fini della qualificazione di cui all'articolo 84, con il regolamento di cui all'articolo 216, comma 27-octies, sono stabiliti i criteri per l'imputazione delle prestazioni eseguite al consorzio o ai singoli consorziati che eseguono le prestazioni. L'affidamento delle prestazioni da parte dei soggetti di cui all'articolo 45, comma 2, lettera b), ai propri consorziati non costituisce subappalto. 2-bis. La sussistenza in capo ai consorzi stabili dei requisiti richiesti nel bando di gara per l'affidamento di servizi e forniture è valutata, a seguito della verifica della effettiva esistenza dei predetti requisiti in capo ai singoli consorziati. In caso di scioglimento del consorzio stabile per servizi e forniture, ai consorziati sono attribuiti pro quota i requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi maturati a favore del consorzio e non assegnati in esecuzione ai consorziati. Le quote di assegnazione sono proporzionali all'apporto reso dai singoli consorziati nell'esecuzione delle prestazioni nel quinquennio antecedente."). Non colgono dunque nel segno le deduzioni della Amministrazione aggiudicatrice, che nella prima memoria difensiva ha invocato, ritenendolo ammissibile, il meccanismo del cd. cumulo alla rinfusa dei requisiti di idoneità tecnica e finanziaria delle consorziate per giustificare il prestito del requisito di capacità tecnica e professionale dalla consorziata al consorzio stabile. Detto meccanismo, infatti, sulla base del consolidato indirizzo esegetico seguito dalla giurisprudenza amministrativa, si riferisce specificamente ai consorzi stabili di cui all'art. 45, comma 2, lett. c), del codice n. 50/2016, e non ai consorzi di cui alla precedente lettera b), cioè i consorzi fra società cooperative di produzione e lavoro, quale era il consorzio che al tempo aveva stipulato il contratto di appalto di servizi con la S.p.a. Fe.. Per questi tipi di consorzio, infatti, sussiste l'obbligo di dimostrare il possesso in capo al consorzio stesso, in quanto autonomo centro di imputazione di interessi, dotato del riconoscimento della personalità giuridica, dei requisiti di idoneità tecnica e finanziaria, essendo consentito il cumulo di quelli posseduti dalle singole imprese consorziate solo per le attrezzature, i mezzi d'opera e l'organico medio annuo, ai sensi del succitato comma 1, dell'art. 47. Se dunque solo per i consorzi stabili è ammesso il cumulo alla rinfusa di tutti i requisiti in forza di quanto previsto dall'art. 47, comma 2-bis, del codice n. 50/2016, come da ultimo interpretato dall'art. 225, comma 13, del nuovo codice n. 36 del 2023, secondo cui "l'art. 47, comma 2-bis, del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016, si interpreta nel senso che, negli appalti di servizi e forniture, la sussistenza in capo ai consorzi stabili dei requisiti richiesti nel bando di gara per l'affidamento di servizi e forniture è valutata a seguito della verifica della effettiva esistenza dei predetti requisiti in capo ai singoli consorziati, anche se diversi da quelli designati in gara", è evidente come non possano condividersi le considerazioni del Tar nella parte in cui si afferma che la ricorrente è giunta a predicare una bizzarra ipostatizzazione del requisito di idoneità tecnico-professionale, il quale maturato de facto da un soggetto A, materiale esecutore del contratto di punta, si imputa tuttavia in capo a un consorzio B in forza del peculiare rapporto organico che lega le cooperative consorziate alla compagine consortile, di tal ché non potrebbe essere poi speso in favore della nuova compagine consortile C ove il medesimo soggetto A venisse a ricoprire la stessa veste di consorziato esecutore: è infatti il peculiare assetto organizzativo e funzionale del consorzio di cooperative a determinare tale effetto in virtù del rapporto organico che lega consorzio e consorziate. Pertanto, se è indiscusso (e incontestato nella causa) che il consorzio stabile Le. possa giovarsi dei requisiti posseduti dalle proprie consorziate, non è però vera l'ulteriore e diversa affermazione propugnata dalle parti appellate e accolta dal Tar, ossia che in detti requisiti vi rientra il servizio eseguito da Pr. Ou. per Fe., essendo lo stesso da imputare al consorzio di cooperative CN.. Né parimenti può condividersi l'applicazione estensiva della disciplina prevista all'art. 47, co. 2-bis d.lgs. 50/2016, pure affermata dal Tar sul presupposto della natura omogenea delle due figure consortili, entrambe caratterizzate da autonoma soggettività giuridica quali stabili strutture di impresa collettiva, atteso il diverso contenuto giuridico che caratterizza il loro essere soggetti autonomi. Il consorzio stabile è infatti un soggetto giuridico autonomo, costituito in forma collettiva e con causa mutualistica, che opera in base a uno stabile rapporto con le imprese associate, al quale il legislatore ha riconosciuto la facoltà di giovarsi, senza necessità di ricorrere all'avvalimento, dei requisiti di idoneità tecnica e finanziaria delle sue consorziate secondo il criterio del cumulo alla rinfusa; inoltre, il medesimo rappresenta il soggetto responsabile dell'esecuzione delle prestazioni anche quando per la loro esecuzione si avvale delle imprese consorziate, le quali comunque rispondono solidalmente al consorzio per l'esecuzione ai sensi dell'art. 94, comma 1, d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 e art. 48, comma 2, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50. Nel caso del consorzio di cooperative di produzione e di lavoro, invece, il concetto di 'soggetto giuridico autonomo' assume tutt'altra connotazione giuridica, essendo il rapporto organico che lega le cooperative consorziate tale per cui l'attività compiuta dalle consorziate è imputata organicamente al consorzio, come unico ed autonomo centro di imputazione e di riferimento di interessi, per cui, diversamente da quanto accade in tema di associazioni temporanee e di consorzi stabili, la responsabilità per inadempimento degli obblighi contrattuali nei confronti della Amministrazione aggiudicatrice si appunta esclusivamente in capo al consorzio senza estendersi, in via solidale, alla cooperativa incaricata dell'esecuzione (Consiglio di Stato, Sezione V, n. 3505/2017, cit.). Inoltre, non va sottaciuto che appare perlomeno controvertibile il riferimento che il primo giudice effettua all'art. 94 del d.P.R. n. 207 del 2010, afferendo l'ambito oggettivo di efficacia ai lavori pubblici, mentre nel caso all'esame si tratta di appalto di servizi. Ma anche a volere prescindere da ciò, nella misura in cui cioè si ritenga che la suddetta disposizione possa applicarsi anche alle commesse di servizi e forniture di cui al codice n. 50/2016, non può trascurarsi che il vigente art. 67, comma 6, del codice n. 36/2023, che disciplina l'attribuzione pro quota ai consorziati dei requisiti tecnico-finanziari e tecnico-organizzativi maturati a favore del consorzio e non assegnati in esecuzione ai consorziati, certamente ratione temporis inapplicabile al caso all'esame, ma utile ai fini esegetici per la ricostruzione del quadro normativo di riferimento, non può essere letto e applicato nel senso prospettato dal primo giudice, ossia che lo stesso "mutua la stessa disciplina, già ereditata all'art. 47 del d.lgs. n. 50 del 2016", per cui non sarebbe revocabile in dubbio che "qualora il consorziato abbia agito sì in nome del consorzio quale suo affidatario, ma comunque singolarmente senza alcun apporto di altro consorziato o anche parzialmente dell'intera struttura, appare del tutto naturale che il medesimo possa spendere i requisiti maturati per quel lavoro o per quel servizio affidatogli dal consorzio quali titoli di partecipazione ad altra gara pubblica". Tale affermazione, infatti, oltre a non essere specificamente comprovata dagli atti di causa (non vi è alcuna prova che Pr. Ou. abbia eseguito autonomamente la commessa senza alcun apporto di altro consorziato o dell'intera struttura del consorzio), non tiene conto che la previsione riguarda i consorzi stabili, né del fatto che così argomentando si finisce per duplicare lo stesso requisito professionale riconoscendolo in favore di due soggetti diversi. Non può difatti condividersi la conclusione alla quale perviene il primo giudice ammettendo la concomitante possibilità che "non può essere preclusa al consorziato esecutore indipendente, anche se in nome del consorzio, la spendita quale requisito delle attività rese in tale ultima veste... così come il consorzio unitamente potrà giovarsi dell'esecuzione di servizi e lavori del singolo consorziato fatta in tale veste" e che "nella specie il requisito di punta è stato acquisito dal CN., ma a fortiori è stato maturato dalla consorziata esecutrice". Il primo motivo di appello va pertanto accolto. 11. Da ultimo, non va sottaciuto che, anche a prescindere dal suddetto motivo escludente dalla gara, appare prima facie fondato anche il secondo motivo di appello con cui si assume che il RTI aggiudicatario ha presentato un'offerta comunque difforme al capitolato, violando il monte ore minimo prescritto dagli atti di gara per la manutenzione ordinaria, pari a "Almeno 155 ore settimanali [...]" (doc. 3, pag. 38). Dai giustificativi (doc. 19 - giustificativi, pag. 5) emerge infatti che il RTI CL. ha offerto per tale attività solo 150 ore settimanali. A questo proposito, non può essere condivisa la motivazione del Tar nella parte in cui afferma che il capitolato non fisserebbe un orario minimo inderogabile complessivo, bensì indicherebbe solamente profili orari per le varie sedi. Sulla base della piana lettura dei documenti versati al giudizio emerge infatti l'esatto contrario, essendo le modalità di esecuzione del servizio espressamente pianificate su base orario e cadenza giornaliera, fino al raggiungimento del monte ore minimo prescritto. 12. In definitiva, l'appello va accolto alla luce delle decisive considerazioni appena illustrate, mentre possono essere assorbiti i restanti motivi alla stregua del principio della ragione più liquida. Di conseguenza, in riforma della sentenza impugnata, va accolto il ricorso di primo grado e vanno annullati gli atti impugnati. 13. Le spese del doppio grado di giudizio possono compensarsi in considerazione della peculiarità delle questioni trattate. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Settima definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado e di conseguenza annulla gli atti impugnati. Spese del doppio grado compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 febbraio 2024 con l'intervento dei magistrati: Marco Lipari - Presidente Massimiliano Noccelli - Consigliere Daniela Di Carlo - Consigliere, Estensore Sergio Zeuli - Consigliere Rosaria Maria Castorina - Consigliere
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