Sentenze recenti nuovo codice appalti

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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 13 del 2024, proposto da Consorzio Stabile Re. S.C. a r.l.., La To. Co. S.r.l., in proprio e rispettivamente quale mandataria e mandante del RTI, in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG 7654584A89, rappresentate e difese dagli avvocati Al. Bo., Pa. Gi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Provveditorato Interregionale Opere Pubbliche Lombardia Emilia Romagna, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bologna, ivi domiciliataria ex lege, via (...); nei confronti Impresa De. Im. S.r.l., in proprio e anche mandataria del RTI con Ri. Co. S.p.a, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Pa. Sa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Ri. Co. S.p.a., in proprio e quale mandante del RTI con De. Im. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato An. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'annullamento previa sospensiva - del Decreto Provveditoriale prot. n. 20430 del 28.11.2023, relativo all'appalto pubblico per i "Lavori di realizzazione del nuovo istituto penitenziario di Forli` - 1° stralcio. CUP D69D07000090001 CIG 7654584A89", con cui "è stata confermata l'approvazione, già disposta con DP prot. n. 17276 del 06.09.2019, della proposta di aggiudicazione dell'appalto indicato in oggetto al Raggruppamento Temporaneo tra Imprese "De. Im. s.r.l. di (omissis) (VA) CF 02692000124 - Ri. Co. s.p.a. di (omissis) (CE) CF 02217930615", risultato 1^ in graduatoria con il punteggio totale di 92,780/100 ed il ribasso del 23,290%, come da verbale di procedura aperta n. 5068 di rep. delle sedute in data 18.06.2019 e 09.07.2019 che, all'esito della disposta istruttoria, tenuto conto delle premesse sopra riferite e dell'esito della pronuncia del CDS, viene nella sostanza confermata", e con cui è stato disposto che "L'appalto è aggiudicato al suddetto RTI per l'importo complessivo netto di Euro 26.745.351,82"; - della nota prot. 20789 del 5.12.2023 con cui l'Ente appaltante ha comunicato al RTI Re. - La To. Co. l'adozione del suddetto provvedimento; - ove occorra, del provvedimento prot. 18407 del 27.10.2023 con cui la stazione appaltante ha comunicato ai sensi dell'art. 7 L. 241/1990 l'avvio del procedimento culminato con l'adozione del gravato Decreto Provveditoriale prot. n. 20430 del 28.11.2023; - ove occorra, del decreto prot. n. U.0017276 del 6.9.2019 con cui è stata disposta l'aggiudicazione nei confronti del RTI Impresa De. Im. S.r.l., nonché della nota prot. n. U0017432 del 9.9.2019 con cui siffatta aggiudicazione è stata comunicata alle odierne ricorrenti a mezzo PEC; - di tutti gli atti presupposti, connessi e successivi al soprarriferito Decreto Provveditoriale, ancorché non conosciuti. NONCHÉ per la dichiarazione di invalidità e comunque di inefficacia del contratto di appalto eventualmente stipulato con gli operatori economici illegittimi aggiudicatari (dichiarandosi, ad ogni effetto, ed ove occorra, anche la disponibilità del ricorrente a subentrare nell'esecuzione dell'appalto ai sensi di quanto previsto dall'art. 122 c.p.a.), E PER LA CONSEGUENTE CONDANNA dell'Ente intimato a risarcire il danno cagionato alla ricorrente in forma specifica ovvero, in subordine, per equivalente monetario nella misura che sarà determinata in corso di causa. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, del Provveditorato Interregionale Opere Pubbliche Lombardia Emilia Romagna, dell'impresa De. Im. S.r.l. e di Ri. Co. S.p.a.; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 maggio 2024 il dott. Paolo Amovilli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO 1.-Con il ricorso in esame il Consorzio stabile Re. s.c. a r.l. ha impugnato il Decreto del Provveditorato Interregionale OOPP per la Lombardia e la Emilia Romagna del 28.11.2023 relativo all'appalto pubblico per i "Lavori di realizzazione del nuovo istituto penitenziario di Forlì - 1° Stralcio" con il quale è stata confermata l'approvazione, già disposta con DP prot. n. 17276 del 6.9.2019, della proposta di aggiudicazione dell'appalto al RTI formato da Ri. Co. s.p.a.(mandante) e De. Im. s.r.l. (mandataria) risultato primo in graduatoria. Come evidenziato in ricorso la prima aggiudicazione era a suo tempo stata impugnata dall'odierno istante, Consorzio Stabile Re. e da La To. Co., in proprio e quali imprese componenti il relativo R.T.I, nelle posizioni rispettive di mandante e mandataria deducendo la illegittimità della aggiudicazione in quanto disposta a favore di impresa in procedura concordataria ex art. 161 c. 6 Legge Fallimentare, non ammessa alla continuità aziendale, non avendo presentato, nemmeno al momento della aggiudicazione, il relativo piano e lamentando che il raggruppamento aggiudicatario avrebbe omesso di comunicare alla Stazione appaltante tale circostanza, rilevante ai fini della procedura. L'adito Tribunale Amministrativo con la sentenza n. 76/2020 accoglieva il motivo di ricorso relativo alla dedotta violazione dell'art. 80 c. 5 lett. b) del Decreto Legislativo n. 50/2016 in ragione del fatto che la mandante del raggruppamento aggiudicatario aveva presentato, solo in corso di gara, in data 4.2.2019, domanda di concordato con riserva ai sensi dell'art. 161, comma 6 L. Fall e sul presupposto che in tale evenienza sia preclusa la partecipazione a gare pubbliche. Ha altresì rilevato la violazione dell'art. 80 co.5 bis del Codice degli appalti, in ragione del ritardo con cui la mandataria avrebbe comunicato, solo in data 19.7.2019 a distanza di cinque mesi, il fatto che la mandante avesse presentato la domanda di concordato con riserva. L'adito Tribunale Amministrativo respingeva altresì il ricorso incidentale condizionato proposto dalla mandataria del raggruppamento aggiudicatario volto alla designazione di una nuova impresa mandante, ritenendola non consentita ai sensi dell'art. 48 co. 19 ter d.lgs. 50/2016 poiché volta ad eludere in pendenza di gara il riscontrato mancato possesso dei requisiti di partecipazione. Tale sentenza costituiva oggetto di appello al Consiglio di Stato con due distinti ricorsi poi riuniti proposti dalla Ri. Co. e dalla De. Im. s.r.l., ai quali il Ministero aderiva. La Quinta Sezione del Consiglio di Stato, registrando un conflitto di orientamenti giurisprudenziali, riteneva di rimettere alla Adunanza Plenaria una serie di questioni concernenti il tema ed i profili della presentazione della domanda di concordato in bianco ai fini della valida partecipazione alla gara. L'Adunanza Plenaria si pronunciava in merito a ciò con la sentenza n. 9 del 2021 affermando in sintesi, per quel che qui rileva, che benchè l'autorizzazione giudiziale alla partecipazione alla gara pubblica debba intervenire entro il momento dell'aggiudicazione, è comunque rimesso alle stazioni appaltanti nel singolo caso concreto valutare se un'autorizzazione tardiva, ma pur sempre sopraggiunta in tempo utile per la stipula del contratto di appalto o di concessione, possa avere efficacia integrativa o sanante. Successivamente la Quinta Sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 4728/2023, si pronunziava sugli appelli e li accoglieva, rigettando il ricorso di primo grado. I provvedimenti impugnati costituiscono, quindi attuazione della suindicata sentenza sul cui vincolo conformativo è sceso il giudicato. Il Consiglio di Stato, in particolare, ha affermato che la domanda di presentazione di un concordato in bianco o con riserva non possa considerarsi causa di automatica esclusione, né inibisca la partecipazione alle procedure per l'affidamento di contratti pubblici. Nel caso di specie si era verificato un mancato rilascio della autorizzazione da parte del Tribunale competente prima della aggiudicazione della gara non essendo stata presentata un'istanza in tale senso dalla impresa concordataria; tale autorizzazione era comunque intervenuta prima della stipula del contratto. Il Consiglio di Stato ha stabilito che questa specifica circostanza comporta la necessità che la stazione appaltante provveda ad una apposita valutazione, alla luce della particolarità del caso concreto, sulla rilevanza e sulla idoneità ad assumere efficacia integrativa o sanante, di tale autorizzazione, sottratta al g.a., ai sensi dell'art. 34 co. 2 c.p.a. e rimessa alla discrezionalità della stazione appaltante. In tale contesto motivazionale il Consiglio di Stato ha anche espressamente respinto la censura dell'odierna ricorrente secondo la quale non sarebbero stati rispettati, nel caso di specie, gli obblighi informativi a carico dell'impresa, precisando che, se l'informazione alla stazione appaltante deve essere tempestiva ed adeguata in applicazione dei principi di buona fede, leale cooperazione e correttezza, in caso di dichiarazione omessa, parziale o reticente spetterà alla stazione appaltante stessa valutarne l'incidenza sul rapporto fiduciario con l'operatore economico, ma senza nessun automatismo espulsivo. Il Provveditorato Interregionale OOPP per la Lombardia ed Emilia Romagna provvedeva, quindi, ad ottemperare a quanto stabilito dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 4728/2023, comunicando agli interessati l'avvio del procedimento con nota 27.10.2023 n. 18407. L'Amministrazione, in seguito ad istruttoria, adottava il provvedimento di conferma della aggiudicazione qui gravato, ritenendo non inficiato il rapporto fiduciario con il raggruppamento capeggiato da De. Im. s.r.l. tenuto conto anche dell'avvenuta informazione degli sviluppi della procedura concorsuale. A sostegno del gravame le odierne ricorrenti hanno dedotto tre articolati motivi di gravame così riassumibili: I)VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI BUON ANDAMENTO, TRASPARENZA E IMPARZIALITÀ . VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 3 E 10 L. N. 241/90. ECCESSO DI POTERE, DIFETTO DI ISTRUTTORIA, CARENZA DI MOTIVAZIONE, PERPLESSITÀ : la stazione appaltante non avrebbe tenuto in considerazione nella motivazione dell'atto gravato l'articolata memoria presentata dalle ricorrenti. II. VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI BUON ANDAMENTO, TRASPARENZA E IMPARZIALITÀ . VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 32, 33, 48, 80, 83 E 84, D.LGS. N. 50/16. VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 161 E 186-BIS, L. N. 267/42. VIOLAZIONE DELL'ART. 94, COMMA 5, LETT.D), D.LGS. N. 36/2023. VIOLAZIONE DEL CONTRADDITTORIO. CARENZA DI MOTIVAZIONE. ECCESSO DI POTERE. IRRAGIONEVOLEZZA. ILLOGICITÀ .TRAVISAMENTO DEI FATTI E DEI PRESUPPOSTI DI DIRITTO. CONTRADDITTORIETÀ . SVIAMENTO: sarebbe mancato l'esame delle criticità riguardanti l'impresa controinteressata, dal momento che a) Ri. ha presentato domanda di concordato "in bianco" il 5.02.2019, nel corso della procedura di gara, senza curarsi di domandare al Giudice fallimentare la prescritta autorizzazione; b) al momento della aggiudicazione disposta il favore del RTI De. - Ri. (9.09.2019), la mandante Ri., che versava in situazione di concordato "in bianco" già dal precedente mese di febbraio, non era autorizzata alla prosecuzione della gara; c) l'autorizzazione al Giudice Fallimentare è stata richiesta da Ri. solo dopo l'aggiudicazione e persino dopo l'impugnazione della stessa aggiudicazione da parte del RTI Re. innanzi al TAR; d) nel caso di specie l'autorizzazione sarebbe stata chiesta ed intervenuta con notevole ritardo e dopo la scadenza del termine legale (60 gg) per la stipula del contratto. III. VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 32, 33, 48, 80, 83 E 84,D.LGS. N. 50/16. VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT.161 E 186-BIS, L. N. 267/42. VIOLAZIONE DELL'ART. 94, COMMA 5, LETT. D), D.LGS. N.36/2023.VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI BUON ANDAMENTO, TRASPARENZA E IMPARZIALITÀ . VIOLAZIONE DEL CONTRADDITTORIO. CARENZA DI MOTIVAZIONE. ECCESSO DI POTERE. IRRAGIONEVOLEZZA. ILLOGICITÀ .TRAVISAMENTO DEI FATTI E DEI PRESUPPOSTI DI DIRITTO. CONTRADDITTORIETÀ . SVIAMENTO: sarebbero venuti meno in capo a Ri. Co. s.p.a. i requisiti generali e speciali risultando prospettata la cessione del ramo di azienda, come risultante dal provvedimento assunto dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere e non preso in considerazione dalla stazione appaltante al momento della conferma dell'aggiudicazione; sarebbe evidente che Ri. in conseguenza della cessione finirà per privarsi dell'azienda necessaria alla realizzazione dell'appalto. Si sono costituiti il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ed il Provveditorato Interregionale Opere Pubbliche Lombardia Emilia Romagna eccependo l'infondatezza di tutti i motivi "ex adverso" dedotti costituendo il provvedimento impugnato esecuzione del giudicato reso "inter partes" e non essendo venuto meno il rapporto fiduciario con la stazione appaltante. Si è costituita De. Im. s.r.l. evidenziando tra l'altro come con la sentenza n. 4728 del 2023 il Consiglio di Stato nell'accogliere gli appelli ha respinto il ricorso di primo grado avverso l'originaria aggiudicazione che dunque non è mai stata annullata; l'attività dell'Amministrazione sarebbe orientata al conseguimento del "risultato" inteso come puntuale esecuzione dei lavori oggetto della gara in ossequio appunto all'omo principio compendiato dall'art. 1 del d.lgs. 36 del 2023 non applicabile "ratione temporis" ma comunque utilizzabile in via interpretativa, come recentemente ritenuto dal Consiglio di Stato. Si è costituita anche Ri. Co. s.p.a. eccependo l'inammissibilità del ricorso in quanto parte ricorrente avrebbe dovuto esperire azione di ottemperanza innanzi al Consiglio di Stato trattandosi di dare esecuzione ai criteri conformativi di cui alla sentenza n. 4728/2023 rappresentando altresì la pendenza nell'ambito della procedura concorsuale della cessione del ramo d'azienda e l'individuazione dell'operatore economico che effettuerà i lavori. Alla camera di consiglio del 24 gennaio 2024 parte ricorrente ha rinunciato alla tutela cautelare in vista della celere fissazione dell'udienza di merito. In prossimità della trattazione nel merito le parti hanno depositato ampie memorie e documentazione insistendo per le conclusioni già rassegnate per la fase cautelare. Segnatamente le ricorrenti hanno insistito per la fondatezza della pretesa azionata evidenziando il mancato apprezzamento da parte dell'Amministrazione della attuale situazione di Ri. Co. allo stato priva dei requisiti richiesti per la realizzazione dei lavori per cui è causa, essendo ancora pendente la cessione del ramo di azienda. La difesa della capogruppo De. Im. s.r.l. ha insistito per il rigetto del gravame eccependo altresì l'inammissibilità delle doglianze dirette a rimettere in discussione profili già coperti dal giudicato così come del terzo motivo per la mancata indicazione del requisito generale di cui Ri. Co. sarebbe priva; non sarebbe "ratione temporis" applicabile l'art 94 co.5 del Codice dei contratti pubblici approvato con d.lgs. n. 36/2023 secondo cui l'autorizzazione deve intervenire prima dell'aggiudicazione. Con memoria la difesa di parte ricorrente ha replicato alle suindicate eccezioni evidenziando come l'oggetto dell'impugnativa sia nuovo atto non meramente confermativo affetto da vizi del tutto autonomi rispetto a quelli prospettati con il ricorso avverso l'originaria aggiudicazione. Anche la difesa di De. Im. ha depositato memoria di replica tra l'altro evidenziando come le doglianze di cui al secondo motivo, per quanto appunto già argomentato nella memoria conclusiva o violano il principio del "ne bis in idem" (pretendendo che l'aggiudicazione sarebbe illegittima per contestazioni già sollevate nel giudizio concluso con la sentenza n. 4728/2023) o contrastano con l'art. 80 del d.lgs 50/2016 e con il principio di tassatività delle cause di esclusione nella parte in cui pretendono di imporre un effetto escludente per i tempi in cui svolge la procedura di approvazione del concordato in corso presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere o per le modalità supposte nel concordato medesimo, quali l'ipotizzata cessione di azienda, modalità e tempi che non rientrano in alcuna delle cause di esclusione previste dall'art. 80 del Codice dei contratti, di cui al D.lgs. 50/2016. Alla pubblica udienza del 8 maggio 2024, uditi i difensori delle parti, la causa è stata trattenuta in decisione. DIRITTO 1.-E' materia del contendere la legittimità del provvedimento del 28 novembre 2023 con cui il Provveditorato Interregionale OOPP per la Lombardia e la Emilia Romagna ha confermato relativamente all'appalto pubblico per i "Lavori di realizzazione del nuovo istituto penitenziario di Forlì - 1° Stralcio" l'approvazione, già disposta con DP prot. n. 17276 del 6.9.2019, della proposta di aggiudicazione dell'appalto al RTI tra Ri. Co. spa e De. Im. s.r.l. risultato primo in graduatoria. Lamentano le ricorrenti quali imprese del raggruppamento temporaneo capeggiato dal Consorzio Stabile Re. oltre l'insufficiente motivazione del provvedimento impugnato in relazione alle circostanze sopravvenute, il mancato esame da parte della stazione appaltante della situazione attuale della mandante Ri. Co. s.p.a. asseritamente priva dei requisiti generali e speciali per risultare nuovamente aggiudicataria dei lavori di che trattasi. 2.- Preliminarmente va esaminata l'eccezione di inammissibilità del gravame sollevata da Ri. Co.. Diversamente da quanto argomentato dalla controinteressata, con il ricorso in esame le ricorrenti hanno dedotto vizi almeno in parte del tutto nuovi ed autonomi nei confronti dell'aggiudicazione confermativa intervenuta il 28 novembre 2023, sostenendo la carenza in capo a Ri. dei requisiti ex art. 80 d.lgs. 50/2016 in relazione alla perdurante pendenza della procedura di approvazione del concordato con continuità aziendale presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere e dell'ipotizzata cessione del ramo di azienda. Tanto basta, ad avviso del Collegio, per superare l'eccezione e ritener per ciò ammissibile il ricorso vertente quanto meno parzialmente su profili di legittimità sopravvenuti al giudicato riguardanti provvedimento di conferma propria in quanto preceduto da una rinnovata valutazione istruttoria da parte dell'Amministrazione, secondo il consolidato criterio distintivo tra conferma propria ed impropria tracciato dalla giurisprudenza (ex plurimis T.A.R. Lombardia Milano sez. II, 29 settembre 2022, n. 2126). 3.- Sono invece inammissibili per violazione del principio del "ne bis in idem" come eccepito da De. Im. s.r.l. le doglianze di cui al secondo motivo di gravame con cui parte ricorrente di fatto pretende di riproporre censure in realtà già sollevate nel giudizio concluso con la sentenza n. 4728 del 2023. Il giudicato ha infatti come visto già ampiamente rilevato come benchè di norma l'autorizzazione giudiziale alla partecipazione alla gara pubblica debba intervenire entro il momento dell'aggiudicazione, è comunque rimesso alle stazioni appaltanti nel singolo caso concreto valutare se un'autorizzazione tardiva, ma pur sempre sopraggiunta in tempo utile per la stipula del contratto di appalto o di concessione, possa avere efficacia integrativa o sanante, senza possibilità per il g.a. di compiere tale valutazione per il divieto di cui all'art. 34 co. 2 c.p.a. inerente i poteri autoritativi non esercitati. Con la sentenza n. 4728/2023 il Consiglio di Stato ha anche escluso la violazione dell'obbligo di buona fede da parte dell'aggiudicataria la quale ha correttamente informato la stazione appaltante degli sviluppi della procedura concorsuale. Costituisce "ius receptum" in relazione al processo amministrativo che, ai sensi degli artt. 2929 c.c. e 324 c.p.c., la regola del "ne bis in idem" presuppone l'identità nei due giudizi delle parti in causa e degli elementi identificativi dell'azione proposta e quindi che in quei giudizi sia chiesto l'annullamento degli stessi provvedimenti, o di provvedimenti diversi ma legati da uno stretto vincolo di consequenzialità in quanto inerenti ad un medesimo rapporto, sulla base di identici motivi di impugnazione (ex multis Consiglio di Stato, sez. V, 10 maggio 2021 n. 3618; Id. sez. IV, 23 giugno 2015, n. 3158; T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. II, 3 gennaio 2022, n. 4) 4.- Venendo al merito il terzo motivo di gravame, per quanto argomentato, non merita condivisione. 4.1.- Ai sensi dell'art. 80 co. 5 lett b) del d.lgs. n. 50/ 2016 "pro tempore" applicabile "Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d'appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni"...omissis..... " l'operatore economico sia stato sottoposto a liquidazione giudiziale o si trovi in stato di liquidazione coatta o di concordato preventivo o sia in corso nei suoi confronti un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni, fermo restando quanto previsto dall'articolo 95 del codice della crisi di impresa e dell'insolvenza adottato in attuazione della delega di cui all'articolo 1 della legge 19 ottobre 2017, n. 155 e dall'articolo 110". La suindicata norma va dunque coordinata con il richiamato art. 110 del Codice del 2016 ai sensi del quale l'impresa ammessa al concordato con continuità aziendale su autorizzazione del giudice delegato anche senza la necessità di avvalersi di requisiti di altro soggetto può partecipare a procedure di affidamento di concessioni e appalti di lavori forniture e servizi. Va poi evidenziato che il concordato con continuità aziendale introdotto dall'art. 186 bis R.D. 16 marzo 1942 n. 267 diversamente da quello "ordinario" prevede la prosecuzione dell'attività di impresa da parte del debitore e la cessione dell'azienda in esercizio ovvero il conferimento in una o più società (Anac Determinazione 23 aprile 2014, n. 3; Cassazione civile sez. I, 16 giugno 2023, n. 17273) Ai fini della partecipazione alle procedure di affidamento di pubbliche commesse, l'impresa che si trovi in concordato preventivo con continuità aziendale, necessita di autorizzazione del giudice per tutto il periodo compreso tra la presentazione della domanda di accesso al concordato e fino all'omologazione del concordato medesimo, ma non successivamente all'intervenuta omologa: dopo di essa infatti, salvo che non intervengano la risoluzione o l'annullamento del concordato, viene meno l'esigenza dell'autorizzazione al compimento di atti di straordinaria amministrazione, così come non occorre che la partecipazione sia accompagnata dal deposito della relazione di un professionista indipendente attestante la capacità dell'impresa di adempiere al contratto (T.A.R. Toscana sez. III, 20 marzo 2023, n. 286). Una volta ottenuta l'autorizzazione giudiziale - che come chiarito dall'Adunanza Plenaria può intervenire per quanto riguarda le procedure di affidamento soggette all'applicazione del d.lgs. 50/2016 anche successivamente all'aggiudicazione e prima della stipulazione del contratto ove la stazione appaltante dia conto in motivazione delle ragioni di pubblico interesse - la perdurante pendenza della procedura di concordato non è motivo di esclusione contemplato dall'art. 80 co. 5 lett. b) del citato decreto. 4.2.- Come noto per giurisprudenza pacifica le cause di esclusione devono ritenersi di stretta interpretazione e l'eventuale incertezza interpretativa va risolta nel senso di assicurare la più ampia partecipazione dei concorrenti, in omaggio al principio eurounitario del "favor partecipationis"(ex multis Consiglio di Stato, sez. IV, 14 marzo 2016, n. 1015; id., sez. V, 17 marzo 2015, n. 1375.) Nel caso di specie le ricorrenti come visto individuano quale causa di esclusione l'art. 80 co. 5 lett. b) d.lgs. 50/2016 requisito di cui la mandante Ri. Co. del RTI aggiudicatario sarebbe privo. Ma diversamente da quanto prospettato dalla difesa di parte ricorrente non risulta provata l'apertura di un procedimento di liquidazione a carico della mandante Ri. Co. non essendo sufficiente in tal senso la nota depositata e firmata dalla stessa (doc. n. 2) tenuto sempre conto la mera pendenza di una istanza di fallimento o di liquidazione giudiziale non è causa di esclusione dalla gara (C.G.A.S. 24 aprile 2015, n. 363). Giova invece rilevare come ai sensi dell'art. 94 co. 5 lett. d) del d.lgs. n. 36/2023 - non applicabile "ratione temporis" alla procedura di che trattasi - costituisce causa di esclusione automatica la sottoposizione dell'operatore economico a procedura di liquidazione giudiziale e di concordato preventivo in difetto di autorizzazione preventiva "entro la data dell'aggiudicazione" e sempre che "non intervengano ulteriori circostanze escludenti relative alle procedure concorsuali". 4.3.- Non ignora il Collegio come in tale ambito le perplessità avanzate dalle ricorrenti in merito alla concreta possibilità per il raggruppamento aggiudicatario di procedere all'esecuzione dei lavori contrattuali possano avere consistenza, venendo però in rilievo una ragione valevole sul piano dell'opportunità, non sindacabile dall'adito Tribunale al di fuori delle tassative fattispecie di giurisdizione estesa al merito, e non su quello della legittimità in assenza di una corrispondente causa di esclusione tra quelle delineate dalla fonte normativa primaria ratione temporis applicabile alla fattispecie. Nel concordato con continuità aziendale di cui all'art. 186 bis L.F. d'altronde diversamente dal concordato "ordinario" l'obiettivo legislativo del recupero della stabilità aziendale può essere perseguito proprio con la cessione dell'azienda in esercizio (ex multis Cassazione civile sez. I, 5 aprile 2022, n. 10988). Infine non da ultimo trascura parte ricorrente che l'esecuzione del contratto potrebbe essere pur sempre assicurata, se del caso, anche con modifiche meramente interne al raggruppamento ovvero tramite l'apporto della mandataria De. Im. (ex multis Consiglio di Stato Ad. plen., 27 maggio 2021, n. 9). 5.- Il primo motivo di gravame, infine, non merita ugualmente adesione. Trascura parte ricorrente che per giurisprudenza del tutto pacifica la valutazione circa la ricorrenza delle cause facoltative di esclusione dalle gare pubbliche rientra nell'ambito della ampia discrezionalità della P.A. ed è sindacabile solo in caso di manifesta pretestuosità e ai soli fini di un eventuale riesame da parte della stessa P.A. (ex plurimis, Consiglio di Stato, A.P. n. 16/2020; Id. sez. V, 18 ottobre 2022, n. 8864; Id. sez. III, 10 febbraio 2021, n. 1248; id. n. 505/2021; Id, sez. IV, 8 ottobre 2020, n. 5967) e che al contempo l'atto di ammissione (a differenza dell'esclusione) è motivabile "per relationem" ove correlato alle deduzioni del concorrente stesso (ex multis T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 22 novembre 2023, n. 2762; Consiglio di Stato sez. IV, 10 novembre 2021, n. 7501). Nella fattispecie la stazione appaltante previo parere dell'Avvocatura dello Stato e richiamata la più volte citata sentenza n. 4728/2023 del Consiglio di Stato ha non irragionevolmente escluso la sussistenza di ragioni ostative alla conferma dell'aggiudicazione, nell'ambito di una valutazione discrezionale di sua spettanza. 6.- Alla luce delle suesposte argomentazioni il ricorso è in parte inammissibile ed in parte infondato. Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite attesa l'obiettiva complessità delle questioni esaminate. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia - Romagna Bologna Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo dichiara inammissibile ed in parte lo respinge. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Bologna nella camera di consiglio del giorno 8 maggio 2024 con l'intervento dei magistrati: Paolo Carpentieri - Presidente Mara Bertagnolli - Consigliere Paolo Amovilli - Consigliere, Estensore

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BELTRANI Sergio - Presidente Dott. PELLEGRINO Andrea - Consigliere Dott. AIOLLI Giovanni - Consigliere Dott. PERROTTI Massimo - rel. Consigliere Dott. NICASTRO Giuseppe - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sui ricorsi proposti nell'interesse di: (OMISSIS), nato ad (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato ad (OMISSIS); (OMISSIS), nato ad (OMISSIS); (OMISSIS), nato in (OMISSIS); avverso la sentenza del 19/7/2021 della Corte di Appello di Torino; visti gli atti, il provvedimento impugnato, i ricorsi e le memorie; udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Massimo Perrotti; udito il Pubblico ministero, in persona del sostituto Procuratore generale Dott.ssa Dott. Lidia Giorgio, che ha concluso per la inammissibilita' dei ricorsi proposti nell'interesse di (OMISSIS) e (OMISSIS), per il rigetto dei ricorsi proposti nell'interesse di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); udito il difensore della costituita parte civile, avv. (OMISSIS), che ha depositato conclusioni scritte, accompagnate da memoria argomentativa delle richieste e nota spese per Associazione " (OMISSIS)"; uditi i difensori degli imputati ricorrenti, avv. (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), avv. (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS) e (OMISSIS), avv.ti (OMISSIS), e (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), avv. (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), avv. (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), i quali tutti hanno illustrato diffusamente i motivi di ricorso, chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza emessa dal Giudice per l'udienza preliminare del Tribunale di Torino il 17 luglio 2020, all'esito del giudizio svoltosi con il rito abbreviato, era accertata, tra gli altri imputati, la penale responsabilita' di: - (OMISSIS), imputato del reato di cui all'articolo 378 c.p. (capo 30), esclusa l'aggravante delle finalita' mafiose di cui all'articolo 416 bis.1 c.p., riconosciute le circostanze attenuanti generiche in giudizio di equivalenza rispetto alla contestata e ritenuta recidiva; era condannato alla pena di un anno e sei mesi di reclusione; - (OMISSIS), imputato dei reati di cui agli articoli 416 bis c.p., in qualita' apicale (capo 1); articolo 629, aggravato dalle finalita' mafiose (capo 5); articolo 416 ter c.p. (capo 28), esclusa la recidiva e l'aggravante dell'essere l'associazione mafiosa armata, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, unificati i reati sotto il vincolo della continuazione, piu' grave il delitto di estorsione consumata sub 5, era condannato alla pena di anni 9 di reclusione, oltre la multa e le sanzioni accessorie; - (OMISSIS), imputato del reato di cui all'articolo 416 bis c.p. (capo 1) in qualita' di mero partecipe, esclusa l'aggravante di cui al comma 4 e la recidiva, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, era condannato alla pena di anni cinque e mesi quattro di reclusione; - (OMISSIS), imputato dei reati di cui agli articoli 56, 629 c.p. (capo 24), esclusa l'aggravante dell'aver agito in piu' persone riunite; L. n. 497 del 1974, articoli 10, 12 e 14 (capo 25), riconosciute le circostanze attenuanti generiche in giudizio di equivalenza rispetto alla ulteriore aggravante, riconosciuto il vincolo della continuazione, era condannato alla pena di un anno e mesi quattro di reclusione, oltre la multa; - (OMISSIS), imputato del delitto di cui all'articolo 416 bis c.p. (capo 1) in qualita' di mero partecipe, esclusa l'aggravante di cui al comma 4 e la recidiva, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, era condannato alla pena di anni cinque e mesi quattro di reclusione; - (OMISSIS), imputato dei reati di cui agli articoli 416 bis c.p., in qualita' apicale (capo 1), esclusa la circostanza aggravante dell'essere l'associazione armata (articolo 416 bis c.p., comma 4), Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 74 (capo 6), articolo 73 (capi 7, 8, 9, 10, 11, 12, 16); violazione della legge che regola il regime sanzionatorio in materia di armi e connessa ricettazione di arma clandestina (capi 17, 18, 19 e 26); ritenuta subvalente la recidiva contestata rispetto alle circostanze attenuanti generiche, a loro volta giudicate prevalenti sulla aggravante ulteriore indicata al capo 6, esclusa l'aggravante mafiosa (ove contestata), riuniti tutti i reati sotto il vincolo della continuazione, piu' grave il delitto associativo sub 6, era condannato alla pena di dodici anni e otto mesi di reclusione, con le sanzioni accessorie interdittive previste dalla legge; - (OMISSIS), imputato dei delitti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73 (capo 12); articolo 378 c.p. (capo 20); articoli 56/629 c.p. (capo 21); articoli 48-479 c.p. (capo 23), esclusa l'aggravante mafiosa (ove contestata), riconosciute le circostanze attenuanti generiche, riuniti tutti i reati sotto il vincolo della continuazione, era condannato alla pena complessiva di anni quattro e sei mesi di reclusione, oltre la multa. - Seguivano le statuizioni civili in favore delle costituite parti. 1.1. Avverso tale sentenza proponevano appello gli imputati innanzi elencati, contestando i criteri e le forme di attribuzione della responsabilita' per i fatti ascritti, nonche' i criteri dosimetrici delle sanzioni inflitte e del trattamento circostanziale riconosciuto. 1.1.1. Proponeva altresi' ricorso per cassazione il Pubblico ministero presso il Tribunale, ma il ricorso era convertito in appello ai sensi di quanto dispone l'articolo 580 c.p.p.. 1.2. La Corte di appello di Torino, prima sezione penale, con la sentenza qui impugnata, per quanto in questa sede rileva: - dichiarava inammissibile il ricorso della parte pubblica; - dichiarava non doveri procedere nei confronti di (OMISSIS), limitatamente alla contravvenzione di cui al capo 26, essendo il reato estinto per prescrizione e rideterminava la sanzione in relazione ai residui reati; - confermava nel resto la sentenza impugnata, con le conseguenti statuizioni accessorie sulle spese del giudizio e la rifusione delle spese sostenute dalle parti civili nel grado di merito. 1.3. Quanto al contenuto degli addebiti, per quel che in questa sede rileva, il processo ha ad oggetto la contestazione (ai germani (OMISSIS), a (OMISSIS) e a (OMISSIS)) della partecipazione e direzione ( (OMISSIS) e (OMISSIS)) al reato associativo di stampo mafioso di cui al capo 1, una "locale" di ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta reggina (capo 1); reati scopo in materia di estorsione (capi 5, 21 e 24); nonche' quelli (contestati al (OMISSIS) e agli altri ricorrenti in materia di sostanze stupefacenti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73 e 74, capi da 6 a 12 e 16); sono inoltre contestati reati in materia di armi (capi 17, 18, 19, 25); partecipazione ad accordo mafioso politico elettorale (capo 28); favoreggiamento personale (capi 20 e 30); falso ideologico indotto (capo 23). 2. Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati in epigrafe indicati, a mezzo dei rispettivi difensori, deducendo i motivi partitamente in appresso riportati secondo quanto dispone l'articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1. 2.1. (OMISSIS) (capo 30) deduce: 2.1.1. Inosservanza della legge processuale penale e vizio esiziale di motivazione (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c ed e) con riferimento alla affermazione di penale responsabilita' dell'imputato, avendo la Corte malinteso la qualita' grave, precisa e concordante degli indizi valorizzati in motivazione. Equivoco e' invece l'accadimento naturalistico emergente dalla lettura del compendio intercettivo, equivoca la dimostrazione di aver voluto favorire il soggetto sottoposto a indagini, rivelando che presso l'esercizio di ristorazione "(OMISSIS)" fossero in corso attivita' di occulta captazione delle conversazioni ivi intrattenute tra presenti; 2.1.2. violazione e falsa applicazione della legge penale (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b, in riferimento all'articolo 99 c.p.) quanto alla ritenuta recidiva qualificata (bilanciata in equivalenza con le attenuanti generiche). La recidiva contestata non poteva assumere la qualificazione di reiterata giacche' la piu' recente appostazione che si legge nel certificato del casellario afferisce a pena patteggiata con termine di cui all'articolo 445 c.p.p., comma 2, abbondantemente elasso alla data di commissione del fatto per cui si procede. I fatti residui (appostazioni nn. 1 e 2 del certificato del casellario) costituiscono eventi troppo datati al fine di essere apprezzati quali espressione di accresciuta pericolosita' e piu' intensa colpevolezza. 2.2. (OMISSIS), capi 1, 5, 28, deduce: 2.2.1-2. inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, vizi esiziali di motivazione (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b ed e), la Corte territoriale ha errato nel ritenere, con motivazione meramente apparente, se posta a confronto con i motivi di appello, consumata la estorsione contestata al capo 5, in quanto se pure minaccia vi fu questa non sorti' alcun effetto pregiudizievole per la persona offesa; 2.2.3. i medesimi vizi sono inoltre denunziati quanto a divisata sussistenza del fatto estorsivo contestato al capo 5, in quanto non si realizzo' alcun effetto intimidatorio per il destinatario della minaccia, legato peraltro all'agente da stretti rapporti di amicizia. 2.2.4. ancora violazione della legge penale e' denunziata quanto all'accordo politico mafioso, in termini di scambio elettorale, contestato al capo 28. Non e' prova di alcun precedente accordo rispetto alla competizione elettorale, come del resto dimostrato dalla assoluzione del concorrente (OMISSIS) dalla medesima imputazione (sentenza oggi irrevocabile per effetto della inammissibilita' del ricorso del Procuratore generale dichiarata da altra Sezione della Corte con sentenza del 26 gennaio del corrente anno). 2.2.5. ancora violazione di legge e vizi di motivazione sono dedotti in riferimento alla affermazione di responsabilita' per il fatto associativo di cui al capo 1, non avendo la Corte di merito svolto alcun concreto apprezzamento dei motivi di gravame con i quali si deduceva la mancanza di dimostrazione di episodi dai quali evincere il concreto manifestarsi del metodo mafioso e dell'assoggettamento omertoso dei soggetti che insistono in un determinato territorio. I fatti indicati tralatiziamente in sentenza, che riporta tal quale l'apparato motivazionale posto a sostegno della decisione di primo grado, non hanno infatti alcun concreto significato indiziante; 2.2.6. i medesimi vizi sono denunziati quanto a prova della sussistenza di una struttura associativa organizzata che opera in quel territorio; sotto il profilo della prova della partecipazione associativa il motivo evidenzia inoltre che lo stesso collaboratore di giustizia ( (OMISSIS)) valutato ed apprezzato nel giudizio abbreviato non ha riconosciuto il ricorrente in foto, pur avendo dichiarato di conoscerlo bene; 2.2.7. Ancora i medesimi vizi sono riferiti alla stimata qualita' dirigenziale del sodalizio mafioso, non essendovi in atti alcuna traccia di una tale qualita' spesa in atti dal ricorrente. 2.2.8. Con i motivi nuovi trasmessi a mezzo p.e.c. la difesa insiste ed amplia il quarto motivo di ricorso valorizzando la motivazione spesa da altra Corte di merito in ordine al medesimo fatto (accordo elettorale politico mafioso), con decisione irrevocabile, trasmette copia del dispositivo che ha dichiarato sul punto inammissibile il ricorso del Pubblico ministero. 2.3. (OMISSIS), capo 1, mero partecipe. 2.3.1. con il primo motivo di ricorso il ricorrente replica gli argomenti gia' portati all'attenzione della Corte distrettuale in tema di nullita' processuale degli atti di indagine compendiati in informativa depositata successivamente alla notifica dell'avviso ex articolo 415 bis c.p.p.. La medesima annotazione era stata infatti depositata in altro procedimento sin dall'(OMISSIS), era quindi disponibile all'ufficio di Procura ben prima della notifica degli avvisi di conclusione delle indagini preliminari (28/9/2029). La stessa argomentazione regge la denunzia di inutilizzabilita' degli atti cosi' ostensiti al processo; 2.3.2. Inosservanza della legge processuale e vizi di motivazione (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c ed e) in ordine alla divisata attendibilita' dei collaboratori di giustizia escussi nel corso delle indagini preliminari; non avendo neppure in questo caso la Corte di merito prestato alcuna attenzione critica ai motivi di gravame spesi nel merito e sepolti nell'oblio della immotivata decisione di secondo grado; 2.3.3. Ancora i medesimi vizi ineriscono alla valutazione di merito che ha confermato la ontologica esistenza di una "locale" in Aosta, senza punto confrontarsi con gli specifici motivi di gravame spesi sul punto; 2.3.4. neppure la Corte ha saputo, se non ricopiando acriticamente le argomentazioni del primo giudice, offrire supporto argomentativo oppositivo ai motivi di appello in ordine alla dimostrazione del concreto apporto offerto dal ricorrente al sodalizio territoriale; 2.3.5. I medesimi vizi affliggono pure l'aspetto sanzionatorio della decisione di appello, per la negata continuazione con il precedente giudicato del 2011, afferente ad associazione tematica nel settore dello spaccio di stupefacenti. 2.3.6. La difesa trasmetteva da ultimo, a mezzo p.e.c., motivi nuovi, con i quali evidenziava il deficit motivazionale in ordine alla prova di sussistenza del "metodo mafioso" in questa ipotizzata "locale" di Aosta; evidenziava in proposito che di tale metodo di agire non e' traccia estrinseca in atti, tanto che altra sezione della Corte di legittimita' (Sezione 5, sent. n. 18793 del 24/1/2023) ha annullato la pronuncia di condanna emessa nell'ambito del processo celebrato con rito ordinario, mentre la cartina di tornasole della contiguita' politico amministrativa del gruppo con gli ambienti regionali, consolidatasi nel corso delle elezioni regionali si e' dissolta per effetto della richiesta di archiviazione proposta dal Pubblico ministero ed accolta dal Giudice per le indagini preliminari. 2.4. (OMISSIS), capi 24 e 25, deduce: 2.4.1. violazione di legge e vizi di motivazione (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b ed e), per la omessa valutazione di prove favorevoli in ordine al porto ed alla esibizione della rivoltella posseduta illecitamente; il fatto descritto in imputazione si manifesta quanto mai equivoco e la sua effettiva realizzazione risulta sconfessata da numerose altre fonti di conoscenza acquisite al processo; 2.4.2. i medesimi vizi sono dedotti quanto a valutazione di attendibilita' delle persone offese, costituite parti civili nel processo, portatori di interessi privati che allontanano la fonte dalla indifferenza, il che impone misura di massima prudenza nell'apprezzamento e nella valutazione della fonte equivoca e contraddittoria; 2.4.3. ancora gli stessi vizi sono dedotti quanto ad omessa valutazione della prova decisiva in ordine alla richiesta qualificazione del fatto estorsivo in termini di ragion fattasi, potendo il teste del quale era stata richiesta l'escussione chiarire i termini delle ragioni sottostanti la richiesta di denaro; 2.4.4. sulla qualificazione giuridica della estorsione la motivazione appare inoltre intimamente contraddittoria, avendo apertamente valorizzato l'esistenza di una fondata ragione di credito posta a fondamento della domanda realizzata con modalita' illecite; 2.4.5. ancora, in punto di qualificazione giuridica, il diritto al risarcimento era certamente azionabile, trattandosi di un danno ingiusto subito dal figlio minore del soggetto istante ad opera del figlio del soggetto destinatario della richiesta di risarcimento; 2.4.6. nella decisione di conferma e' stata violata la regola "b.a.R.D." scolpita nel testo dell'articolo 533 codice di rito, in quanto era stato specificamente dedotto il mancato superamento della soglia del dubbio ragionevole, sulla base del compendio raccolto; 2.4.7. ancora violazione di legge e vizi esiziali di motivazione sono dedotti in ordine al mancato riconoscimento della attenuante della provocazione, evidente essendo la illiceita' del comportamento che avrebbe determinato il ricorrente ad avanzare la domanda di ristoro del danno subito. 2.5. (OMISSIS), capo 1, deduce: 2.5.1. Violazione della legge penale e vizi esiziali di motivazione (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b ed e) in ordine alla ritenuta condotta partecipativa al sodalizio mafioso. La motivazione non rende esplicito il percorso logico seguito per assumere come dimostrato che il ricorrente avrebbe aiutato e supportato la permanenza in vita del sodalizio, piuttosto sto che singole individualita'; la Corte, cosi' come il primo giudice, ha valorizzato (stimandole quali sintomi della sodalita') condotte neutre, che, del resto, per altri indagati non sono state ritenute sintomatiche di sodalita'. 2.6. (OMISSIS), capi 1, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 16, 17, 18, 19, deduce: 2.6.1. violazione della legge penale e vizi di motivazione (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b ed e), non avendo la Corte offerto logica e coerente risposta argomentativa ai motivi di appello che denunciavano evidente deficit probatorio in ordine alla dimostrazione della sua partecipazione al sodalizio mafioso di cui al capo 1; 2.6.2. i medesimi vizi sono denunciati con il secondo motivo di ricorso, nessuno degli ipotizzati componenti della "locale" sa della esistenza dell'altro, dunque, non sussiste la struttura organizzativa che compone la sodalita', sul punto la motivazione della Corte di merito e' mancata; 2.6.3. ancora, gli stessi vizi attingono la prova -e le argomentazioni poste a sostegno di essa-della sussistenza dei singoli episodi fine, tutti descritti dalla narrazione del (OMISSIS), ma non riscontrati da alcuna diversa evidenza per i chiamati. 2.7. (OMISSIS), capi 12, 20, 21, 23, deduce a ministero del primo difensore: 2.7.1. Violazione e falsa applicazione della legge penale (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b, in riferimento all'articolo 378 c.p.), e' stata violata la clausola di riserva con la quale si apre il precetto dell'art, 378 c.p., appartenente al genere dei c.d. "reati derivati", il ricorrente concorre nel reato di cui al capo 12 (episodio di cessione di stupefacenti), dunque non puo' al contempo commettere favoreggiamento di se stesso; 2.7.2. in ordine al fatto descritto al capo 21, il ricorrente tutelava le ragioni legittime del (OMISSIS), contro (OMISSIS); offre un contributo altruistico, senza perseguire alcuna finalita' di arricchimento personale, dunque, il fatto ben puo' essere qualificato in termini di ragion fattasi; 2.7.3. con il terzo motivo di ricorso si deduce inosservanza della norma processuale posta a pena di inutilizzabilita' (articolo 270 c.p.p.), in quanto sono state utilizzate, per la dimostrazione del reato di falso indotto descritto al capo 23, le conversazioni captate sulla base di decreti autorizzativi emessi in relazione a reati in alcun modo connessi a quello oggetto di valutazione. Per il reato di cui all'articolo 479 c.p. non e' previsto l'arresto obbligatorio in flagranza; Motivi sviluppati dal secondo difensore del (OMISSIS): 2.7.4. Travisamento della prova (articolo 606, comma 1, lettera c) consistente in osservazioni, pedinamenti, controlli e intercettazione di conversazioni, quanto al fatto in tema di stupefacenti descritto al capo 12; il motivo e' replicato con i motivi nuovi trasmessi da ultimo a mezzo p.e.c. dal medesimo difensore; la Corte di merito avrebbe travisato il significato evincibile dalle conversazioni e dai servizi di osservazioni effettuati, tanto da non coglierne l'intimo significato, tutt'altro che indiziante; 2.7.5. inosservanza della legge processuale stabilita a pena di inammissibilita' (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c., in riferimento all'articolo 270 cit. codice), avendo la Corte respinto con motivazione apparente la dedotta inutilizzabilita' delle conversazioni intercettate ad altro titolo al fine di dimostrare la sussistenza di un fatto-reato per il quale la legge processuale non prevede l'arresto obbligatorio in flagranza e neppure connesso a quelli per cui l'autorizzazione e' stata conferita. Il motivo viene ampliato con i motivi aggiunti da ultimo trasmessi a mezzo p.e.c. che valorizzano l'evidente inconcludenza degli indizi raccolti al fine di dimostrare il favoreggiamento contestato; 2.7.6. i medesimi vizi sono denunziati in riferimento al capo 21, che doveva essere qualificato in termini di ragion fattasi, per la evidente azionabilita' del titolo oggetto di domanda ritenuta estorsiva; 2.7.7. quanto al fatto descritto al capo 23, (falso indotto) ricorrerebbe la medesima ipotesi di inutilizzabilita' gia' dedotta per i fatti di cui al capo 20; 2.7.8. il vizio di motivazione e' dedotto anche con riferimento alla ritenuta affidabilita' soggettiva del collaboratore di giustizia (OMISSIS), cosi' come deve ritenersi per l'attendibilita' obiettiva del narrato, messa in discussione da assenza di riscontri al narrato; 2.7.9. ancora, vizio di motivazione e' dedotto in ordine alla valutazione del contenuto delle conversazioni utili a delineare elementi di responsabilita' per i fatti di cui al capo 12; 2.7.10. del pari e' a dirsi quanto ad elementi valorizzati in riferimento ai fatti descritti al capo 20; 2.7.11. ancora, violazione di legge e' denunziata in riferimento alla qualificazione del fatto estorsivo di cui al capo 21, meglio sussumibile nel tipo descritto all'articolo 393 c.p.; 2.7.12. vizi esiziali di motivazione sono comunque dedotti in tema di valutazione della sussistenza del fatto di cui al capo 21; 2.7.13. inutilizzabilita' patologica, ex articolo 270 c.p.p., attinge anche il momento valutativo del fatto di falso descritto al capo 23; 2.7.14. in ogni caso la Corte, in riferimento ai fatti di cui al capo 23 avrebbe violato il principio indicato all'articolo 533 del codice di rito, non potendo ritenersi superato il ragionevole dubbio della insussistenza del fatto. 2.7.15. Con i motivi aggiunti trasmessi a mezzo p.e.c. in data 31 marzo 2023 il secondo difensore del (OMISSIS) riprende ed amplifica i motivi di ricorso gia' proposti in relazione alla dimostrazione dei fatti di cui ai capi 12 e 20. Nei quattro paragrafi dedicati, con il primo motivo, a confutare la ritenuta univocita' dimostrativa della condotta descritta al capo 12 (mediazione svolta dal ricorrente (OMISSIS) nella transazione avente ad oggetto cocaina) il difensore si diffonde nell'evidenziare i vizi di motivazione, per illogicita' manifesta, contraddittorieta' intrinseca e travisamento della prova, realizzati nella valorizzazione dell'apporto conoscitivo offerto dal (OMISSIS) (gia' inattendibile quanto ad altre notizie riferite); con il secondo motivo, denunzia i medesimi vizi percorsi dalla Corte di merito nel valorizzare a fini probatori autonomi la conversazione tenuta intra alios il 29 marzo 2016, dalla cui lettura anzi non puo' trarsi altro che la smentita di quanto affermato dal (OMISSIS) con riferimento alla vicenda. Con il terzo motivo denunzia i medesimi vizi di motivazione con riferimento alla ritenuta dimostrazione dei fatti contestati al capo 20 (favoreggiamento personale, per aver diffuso la notizia riservata della collaborazione intrapresa dal (OMISSIS)); anche in questo caso la difesa evidenzia la manifesta illogicita' delle conseguenze indiziarie tratte dalla lettura della conversazione tenuta intra alios il 5 ottobre 2016, alle ore 13.13 (n. 3416). Conclude quindi il difensore per la evidente e manifesta illogicita' della motivazione che ha portato la Corte di merito a confermare la.responsabilita' di (OMISSIS) in riferimento ai reati indicati ai capi 12 e 20. Sulle conclusioni delle parti sopra riportate, la decisione e' stata assunta con lettura del dispositivo all'esito della camera di consiglio del 20 aprile 2023. CONSIDERATO IN DIRITTO Con riferimento alle questioni concretamente prospettate con i distinti ricorsi, il Collegio preliminarmente espone i criteri guida cui intende ispirarsi nella soluzione delle tematiche sollevate in diritto con i motivi di impugnazione. 1. In termini generali, con riguardo a tutti i ricorrenti, e' necessario ribadire che non e' consentito il motivo di ricorso che deduca la violazione di norme della Costituzione o della Convenzione EDU (Sez. U., n. 29541 del 24/7/2020, dep. 24/10/2020, ric. Filardo, punto 16.1.1, pag. 28 della motivazione; Sez. 2, n. 12623 del 13/12/2019, dep. 2020, Leone, Rv. 279059; Sez. 2, n. 677 del 10/10/2014, dep. 2015, Di Vincenzo, Rv. 261551). L'inosservanza di disposizioni della Costituzione, non prevista tra i casi di ricorso dall'articolo 606 c.p.p., puo' soltanto costituire fondamento di questione di legittimita' costituzionale, nel caso di specie non proposta. Analoga sorte incontra la censura riguardante la presunta violazione di disposizioni della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, a sua volta proponibile in ricorso unicamente a sostegno di una questione di costituzionalita' di una norma interna, poiche' le norme della Convenzione EDU, cosi' come interpretate dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo, rivestono il rango di fonti interposte, integratrici del precetto di cui all'articolo 117 Cost., comma 1, (sempre che siano conformi alla Costituzione e siano compatibili con la tutela degli interessi costituzionalmente protetti). Ma ancora una volta siffatta questione di legittimita' costituzionale non risulta proposta con i ricorsi oggi scrutinati. 1.1. Devono, pertanto, ritenersi inammissibili i motivi di ricorso per cassazione con i quali si deduca la violazione di norme della Costituzione o della Convenzione EDU, poiche' la loro inosservanza non e' prevista tra i casi di ricorso dall'articolo 606 c.p.p. e puo' soltanto costituire fondamento di una questione di legittimita' costituzionale. 2. Quanto ai limiti del sindacato di legittimita' sulla motivazione, la novella codicistica, introdotta con la L. del 20 febbraio 2006, n. 46 (che ha riconosciuto la possibilita' di deduzione del vizio di motivazione anche con il riferimento ad atti processuali specificamente indicati nei motivi di impugnazione), non ha mutato la natura del giudizio di cassazione, che rimane pur sempre un giudizio di legittimita' a critica vincolata, sicche' gli atti eventualmente indicati, che devono essere o specificamente allegati o "topograficamente" indicati nella affoliazione processuale per soddisfare il requisito di autosufficienza del ricorso, devono contenere elementi processualmente acquisiti, di natura certa ed obiettivamente incontrovertibili, che possano essere considerati. decisivi in rapporto esclusivo alla motivazione del provvedimento impugnato e nell'ambito di una valutazione unitaria, devono pertanto essere tali da inficiare ex se la struttura logica del provvedimento stesso. 2.1. Resta, comunque, esclusa per la Corte di legittimita' la possibilita' di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch'essa logica, dei dati processuali (conversazioni intercettate o contenuti dichiarativi) o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o attendibilita' delle fonti di prova. Va infatti ribadito che, secondo il costante insegnamento di questa Suprema Corte, esula dai poteri della Corte di cassazione quello della rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione e', in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimita' la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente piu' adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U., 30/4/1997, n. 6402, Dessimone, Rv. 207944; Sez. 4, n. 4842 del 2/12/2003, dep. 2004, Elia, Rv. 229369). Si e' poi ulteriormente precisato che la modifica dell'articolo 606 c.p.p., lettera e), per effetto della L. n. 46 del 2006, non consente alla Corte di legittimita' di sovrapporre la propria valutazione a quella gia' effettuata dai giudici di merito, mentre comporta che la rispondenza delle dette valutazioni alle acquisizioni processuali puo' essere dedotta nella specie del cosiddetto travisamento della prova, a condizione che siano pero' indicati in maniera specifica e puntuale gli atti rilevanti e sempre che la contraddittorieta' della motivazione rispetto ad essi sia percepibile ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ictu ocuif, dovendo il sindacato di legittimita' al riguardo essere limitato ai rilievi di macroscopica evidenza, senza che siano apprezzabili minime incongruenze o differenti opinabili interpretazioni di contesti intercettivi o dichiarativi (Sez. 4, n. 20245 del 28/04/2006, Francia, Rv. 234099; Sez. 4, n. 35683 del 10/07/2007, Servidei, Rv. 237652). Questa Corte, infatti, con orientamento (Sez. 6, n. 19710 del 3/2/2009, ric. p. civ. in proc. Buraschi, Rv. 243636; Sez. 2, n. 5336 del 9/1/2018, L. ed altro, Rv. 272018) che il Collegio condivide e ribadisce, ritiene che, in presenza della c.d. "doppia conforme", ovvero di una doppia pronuncia di eguale segno (nel caso degli odierni ricorsi, riguardante l'affermazione di responsabilita'), il vizio di travisamento della prova puo' essere rilevato in sede di legittimita' solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti (con specifica deduzione) che l'argomento probatorio asseritamente travisato e' stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado. Nel caso di specie la Corte di appello (che ha pressoche' integralmente confermato, salva la estinzione del reato descritto al capo 26 per la prescrizione maturata successivamente alla data della sentenza impugnata, la decisione di condanna di primo grado) ha riesaminato e valorizzato lo stesso compendio probatorio gia' sottoposto al vaglio del Tribunale e, dopo avere preso atto delle censure degli appellanti, e' giunta alla medesima conclusione in termini di sussistenza della responsabilita' degli appellanti o insussistenza dei vizi evidenziati con i motivi di gravame, reiterati con i motivi di ricorso che ripercorrono le doglianze gia' incensurabilmente disattese dalla Corte distrettuale. 2.2. In relazione poi al tema -specificamente proposto da piu' ricorrenti- della omessa motivazione in ordine agli argomenti dedotti con i motivi di gravame si richiama l'orientamento che ritiene essenziale la valutazione complessiva della intera motivazione, al fine di scrutinare se dal contesto della stessa possa evincersi l'implicita reiezione degli argomenti critici proposti all'attenzione della giurisdizione di merito (Sez. 3, n. 23097, del 8/5/2019, Capezzuto, Rv. 276199; Sez. 1, n. 26536, del 24/6/2020, Cilio, Rv. 279578). 2.3. Con riferimento, quindi, al delicato tema della valutazione delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, il Collegio condivide i ripetuti insegnamenti di questa Corte (cfr., da ultimo, Sez. 2, n. 35923 del 11/07/2019, P.g. c/Campo, Rv. 276744 - 01; Sez. 2, n. 10255, del 29/11/2019, ric. Fasciani ed altri) in tema di chiamata in correita', secondo i quali i riscontri dei quali necessita la narrazione, possono essere costituiti da qualsiasi elemento o dato probatorio, sia rappresentativo che logico, a condizione che sia indipendente dalla fonte che tende a confortare e a condizione che abbia valenza individualizzante, dovendo cioe' riguardare non soltanto il fatto-reato, ma anche la riferibilita' dello stesso all'imputato, mentre non e' richiesto che i riscontri abbiano lo spessore di una prova "autosufficiente" perche', in caso contrario, la chiamata non avrebbe alcun rilievo, in quanto la prova si fonderebbe su tali elementi esterni e non sulla chiamata di correita' (precedenti conformi massimati: Sez. 6, n. 45733 del 11/7/2018, P., Rv. 274151 - 01; Sez. 4, n. 5821 del 10/12/2004, dep. 2005, Alfieri ed altri, Rv. 231301 01; Sez. 1, n. 1263 del 20/10/2006, dep. 2007, Alabiso ed altri, Rv. 235800 - 01; Sez. 3, n. 44882 del 18/7/2014, Cariolo ed altri, Rv. 260607). 2.3.1. Come detto, "... gli altri elementi di prova che ne confermano l'attendibilita'.", i c.d. riscontri esterni, ben possono essere costituiti anche da altre chiamate in correita' o in reita' (giacche' la lettera dell'articolo 192 codice di rito, comma 3 indica solo "altri" elementi che ne confermino l'attendibilita', non gia' "altri e diversi" elementi, come certa dottrina auspicherebbe), purche' resti accertato in fatto che la convergenza non sia frutto di collusioni o di reciproche nefande influenze. Quanto alla convergenza, il Collegio condivide il consolidato orientamento di legittimita' in forza del quale si afferma che essa non deve essere assoluta, poiche' non puo' pretendersi che dichiarazioni provenienti da diversi soggetti, soprattutto se articolate, siano sovrapponibili, ma la convergenza deve riguardare gli elementi essenziali del thema probandum (gia' Sez. 5, n. 9001 del 15/6/2000, Madonia ed altri, Rv. 217729, affermava che i riscontri esterni della chiamata in correita' possono essere ricavati anche da una pluralita' di chiamate convergenti; il requisito della convergenza tuttavia non va inteso come piena sovrapponibilita' delle diverse chiamate -che sarebbe, oltretutto, sospetta-, ma come concordanza dei nuclei essenziali delle dichiarazioni, in relazione al "thema decidendum", dovendo piuttosto il giudice verificare che tale consonanza non sia frutto di condizionamenti, collusioni e reciproche influenze). Corrisponde infatti a condivise massime di esperienza che dello stesso accadimento naturalistico ciascun osservatore registra e percepisce cio' che piu' lo colpisce e, soprattutto, ognuno lo "legge", lo registra nella memoria e lo richiama nel ricordo, secondo categorie cognitive e mnesiche sue proprie, cogliendo nel fatto storico catalogato nella memoria l'elemento che maggiormente lo ha interessato. E' quindi illusorio andare alla ricerca della "prova perfetta", per la assoluta consonanza delle distinte narrazioni di un fatto. Il lettore giudiziario dei fatti-reato deve invece ricercare e persuadersi della convergenza logica del possibile, dovendo entrare in allerta solo a fronte di divergenze tali da mettere in crisi la stessa plausibilita' del narrato da riscontrare. Le eventuali discordanze su aspetti non centrali della narrazione possono dunque, in alcuni casi, addirittura attestare la reciproca autonomia delle distinte dichiarazioni, in quanto fisiologiche per la disarmonia normalmente presente in racconti di soggetti diversi, come la storicizzata ermeneusi di questa Corte ha gia' affermato in tempi non recenti (Sez. 1, n. 2328 del 14/4/1995, Carbonaro, Rv. 201294) e "...la eventuale sussistenza... di smagliature e discrasie, anche di un certo peso, rilevabili tanto all'interno di dette dichiarazioni quanto nel confronto tra di esse, non implica, di per se', il venir meno della sostanziale affidabilita' quando, sulla base di adeguata motivazione, risulti dimostrata la complessiva convergenza nei rispettivi nuclei fondamentali..." (Sez. 6, n. 6422 del 18/2/1994, Goddi ed altri, Rv. 197854), mentre "...l'esigenza di convergenza e di concordanza fra le dichiarazioni accusatorie provenienti da diversi soggetti... in funzione di reciproco riscontro tra le dichiarazioni stesse, non puo' essere spinta al punto da pretendere che queste ultime siano totalmente sovrapponibili fra di loro, in ogni particolare spettando, invece pur sempre al Giudice il potere-dovere di valutare, dandone atto in motivazione, se eventuali discrasie possano trovare plausibile spiegazione in ragioni diverse da quelle ipotizzabili nel mendacio di uno o piu' fra i dichiaranti..." (Sez. 1, n. 1489 del 6/4/1993, Cafari ed altri, Rv. 193984). Tali criteri ermeneutici la Corte di Torino ha adeguatamente e ampiamente valorizzato nel giudizio di conferma della decisione del Tribunale assunta all'esito del giudizio abbreviato. 2.3.2. Ne', in relazione alla presente fase, puo' trascurarsi il fatto che il sindacato di legittimita' sulla valutazione delle chiamate di correo non consente il controllo sul significato concreto di ciascuna dichiarazione e di ciascun elemento di riscontro, perche' un tale esame invaderebbe inevitabilmente la competenza esclusiva del giudice di merito, potendosi solo verificare la coerenza logica delle argomentazioni con le quali sia stata dimostrata la valenza dei vari elementi di prova, in se stessi e nel loro reciproco collegamento (Sez. 5, n. 2086 del 17/09/2009, Lucchese ed altri, Rv. 245729). La violazione dell'articolo 192 c.p.p., comma 3, non puo' quindi essere dedotta in sede di legittimita' ne' quale violazione di legge ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), ne' ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c), non essendo prevista a pena di nullita', inutilizzabilita', inammissibilita' o decadenza, ma puo' essere fatta valere soltanto nei limiti indicati dalla lettera e) della stessa norma, ossia come mancanza, contraddittorieta' o manifesta illogicita' della motivazione, quando il vizio risulti dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti specificamente indicati nei motivi di gravame (Sez. 6, n. 4119 del 30/04/2019, Romeo Gestioni s.p.a., Rv. 278196). 2.4. Come pure in tema di valutazione della prova dichiarativa proveniente dalla persona offesa, il Collegio intende aderire agli insegnamenti espressi, sul tema, da questa Corte, sistematicamente riassunti nella decisione delle Sezioni Unite, n. 41461 del 19 luglio 2012, ric. Bell'Arte ed altri (Rv. 253214). L'autorevole arresto, nel ribadire che tale classe di elementi di natura dichiarativa non richiede, a fini di ottenere un risultato di prova, la necessaria compresenza di riscontri esterni (non essendo applicabile la particolare previsione di cui all'articolo 192 c.p.p., comma 3) ha tuttavia ribadito la assoluta necessita' - con idonea motivazione - di verifica della credibilita' soggettiva del dichiarante e della attendibilita' intrinseca del suo racconto, verifica da realizzarsi in modo piu' penetrante e rigoroso rispetto a quella richiesta in sede di apprezzamento di affermazioni rese dal teste "indifferente". Si tratta, pertanto, di un approdo interpretativo che, lungi dal poter essere considerato in termini di "disimpegno argomentativo", tende a rafforzare - nel quadro complessivo della tenuta logica della motivazione - l'onere di apprezzamento globale degli indici rivelatori di tale attendibilita' intrinseca, in mancanza dei quali non potra' dirsi raggiunta una effettiva consistenza probatoria della dichiarazione resa. 2.5. Ancora in termini generali, quanto a valida utilizzabilita' delle informazioni contenute in atti di polizia giudiziaria compiuti nell'ambito di diversi procedimenti e riversati nel presente solo dopo la notificazione degli avvisi di conclusione delle indagini preliminari, ad udienza preliminare gia' fissata, il Collegio intende dare continuita' al consolidato orientamento giurisprudenziale (Sez. 2, n. 31512 del 24/2/2012, Barbaro ed altri, Rv. 254029-01; Sez. 4, n. 8085 del 8/11/2018, dep. 2019, D'Arienzo, Rv. 275150; Sez. 5, n. 40667 del 16/4/2018, Torino ed altri, 273884; Sez. 2, n. 43927, del 17/10/2019, Bonanno, Rv. 277998) che non ravvisa inutilizzabilita' alcuna (tantomeno patologica) e, dunque, certamente non rilevante nel giudizio abbreviato, degli atti di indagine depositati in data successiva alla notifica dell'avviso di cui all'articolo 415-bis c.p.p. ed antecedente alla celebrazione dell'udienza preliminare; non determinandosi alcuna violazione del diritto di difesa. Nella presente fattispecie processuale, peraltro, la Corte ha avuto modo di precisare (pag. 42-43 della sentenza impugnata) che il Giudice per l'udienza preliminare ha disposto (in termini compatibili con il limite di fase della custodia) il differimento dell'udienza per consentire alla difesa di prendere visione ed esaminare l'informativa gia' depositata in altro procedimento. 2.6. Infine -in relazione alla specificita' della presente fattispecie processuale, originariamente unitaria (fino all'udienza preliminare, ove gli attuali ricorrenti elessero la via del rito abbreviato), che ha conosciuto nella sede di legittimita' esiti non convergenti, quanto a logicita' della motivazione che ha riconosciuto (nel merito) la esistenza di un "locale" organismo associativo di carattere mafioso nella citta' e nella provincia di Aosta, avendo la quinta sezione di questa Corte, con sentenza n. 18793 del 24/1/2023, annullato la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Torino- deve pure ricordarsi che l'esito divergente della originariamente unitaria regiudicanda e' del tutto fisiologico e non apre la stura ad un potenziale contrasto tra giudicati, dipendendo dalla variabile processuale del differente rito prescelto dagli imputati. E' infatti inevitabile che nel processo celebrato allo stato degli atti (a prova contratta) la piattaforma probatoria valutabile risenta del volume imperioso e non filtrato degli atti assunti nel corso delle indagini preliminari; laddove il processo ordinario celebrato in dibattimento vede valorizzare solo gli elementi di prova ivi formatisi, restando ad esso estranee le evidenze investigative non tradottesi in prove dibattimentali (da ultimo, Sez. 6, n. 16477 del 15/02/2022, Frisullo, Rv. 283317 - 01, che si richiama anche per la giurisprudenza assolutamente conforme indicata in nota CED; v. anche per la differente soluzione in caso di difetto del numero minimo legale per ritenere integrato il tipo associativo, Sez. 2, n. 24324, del 26/4/2022, De Matteis, Rv. 28353: in motivazione, a pag. 3, la Corte ha precisato che naturale e' il diverso epilogo in caso di decisioni assunte sulla base di riti diversi, che presuppongono un differente coefficiente di utilizzazione della prova). In ragione dei detti principi saranno quindi scrutinati i motivi di ricorso proposti nell'interesse di ciascuno dei ricorrenti. 3. (OMISSIS), capo 30. La Corte distrettuale tratta della valutazione probatoria, con riferimento ai motivi di gravame spesi nel merito, alle pagine da 773 a 780 della sentenza impugnata, ove tra le conclusioni logiche della valutazione del compendio intercettivo e narrativo esaminato, essendo lo stesso soggetto favorito ( (OMISSIS)) dalla condotta tenuta dal ricorrente ad aver affermato, nel corso dell'interrogatorio di garanzia, che l'informazione relativa all'attivita' di intercettazione in corso presso il ristorante "(OMISSIS)" da lui gestito ( (OMISSIS) ricorda la notizia di int. telefoniche, ma il dato non e' rilevante) proveniva da (OMISSIS). 3.1. Il primo motivo di ricorso, che censura i criteri adottati nel merito per la interpretazione del significato emergente dal contenuto colloquiale delle conversazioni intercettate, e' dunque all'evidenza volto a chiedere alla Corte di legittimita' una nuova valutazione di merito dei fatti contestati e riconosciuti dalla Corte territoriale con motivazione congrua e logica, cosi' scivolando verso la inammissibilita', secondo quanto gia' sopra (sub 2.1.) argomentato. La Corte di merito ha avuto comunque cura di evidenziare che la prova emergente dalla "lettura" delle conversazioni intercettate, per quanto euristicamente autosufficiente, e' rimasta confortata dalla chiamata in reita' svolta dal (OMISSIS), che ha confermato il dato storico della propalazione della informazione riservata, che lo favoriva nella "difesa" dalle investigazioni in corso a suo carico. 3.2. In tema di qualificazione circostanziale del fatto (recidiva qualificata dalla reiterazione) e conseguente trattamento sanzionatorio potenzialmente ingravescente, neutralizzato dalla ritenuta equivalenza tra circostanze di segno diverso (articolo 69 c.p.), non ulteriormente modificabile con l'invocata prevalenza, stante il divieto normativo indicato all'articolo 69 c.p., comma 4 (v. la motivazione spesa a pag. 814 della sentenza impugnata), il secondo motivo di ricorso, con il quale si chiede di porre rimedio alla svista della Corte di merito, che avrebbe apprezzato, ai fini della recidiva reiterata, anche una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, che invece segue il regime estintivo (ad ogni effetto) declinato all'articolo 445 c.p.p., comma 2 (v. Sez. 2, n. 994 del 25/11/2021, Raccuia, Rv. 282515), e' manifestamente infondato, in quanto il certificato del casellario di (OMISSIS) reca almeno altre due appostazioni idonee ad integrare i presupposti della recidiva reiterata, cosi' come ritenuta dalla Corte di merito. 3.3. Il ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS) va, pertanto, dichiarato inammissibile. 4. (OMISSIS), capi 12, 20, 21 e 23. 4.1. In riferimento all'episodio (capo 12) di concorso nella cessione (da (OMISSIS)) a (OMISSIS) e nel corrispondente acquisto di grammi 500 circa di cocaina, verso un corrispettivo di Euro 20.000,00, la Corte argomenta (quanto alla posizione di (OMISSIS)) alle pagine da 713 a 723 della sentenza impugnata. La Corte torinese, tenuto conto dei diffusi argomenti spesi dagli appellanti nel merito dell'accertamento del fatto-reato, si diffonde nel collegare minuziosamente l'oggetto delle conversazioni intercettate tra i protagonisti, i servizi di osservazione svolti dalla polizia giudiziaria nei luoghi teatro degli incontri tra i contraenti obbligati, e le propalazioni successive del (OMISSIS). Non e' quindi questione di apprezzare o svalutare la affidabilita' soggettiva del collaboratore (OMISSIS) (personaggio certamente equivoco ed animato da intenti quanto mai egoistici), quanto di verificare (come puntualmente fa la Corte di merito) l'attendibilita' obiettiva del narrato al banco di prova dei colloqui oggetto di occulta captazione, tenendo altresi' conto della ulteriore conferma ottica, che rinviene dai servizi di osservazione operati dalla polizia giudiziaria nei pressi del bar (ubicato a pochi metri dalla sede dello studio dell'avv. (OMISSIS)) ove i soggetti coinvolti nella transazione si incontravano. Dunque, una volta accertato l'oggetto della transazione e dei colloqui intercettati, verificata -attraverso l'osservazione- l'identita' dei soggetti vincolati all'accordo traslativo e interpretato il cuore dei colloqui alla luce del contesto e dell'unica logica ragione di articolare le comunicazioni tra le parti (con il che la Corte offre argomenti dirimenti per escludere che si tratti di conversazioni riguardanti una ipotizzata iniziativa editoriale), l'accertamento della responsabilita' per il fatto contestato resta confinato nel merito, efficacemente argomentato nella duplice conformita' verticale dell'accertamento e logicamente sostenuto dal persuasivo periodare. I motivi di censura spesi in merito alla motivazione che sorregge l'accertamento della responsabilita' per il fatto descritto al capo 12 (come replicati ed ampliati con i motivi nuovi di cui si e' detto sub 2.7.15. del ritenuto in fatto) si scontrano, pertanto, con l'ineccepibile argomentazione offerta dalla Corte di Torino alla ritenuta colpevolezza dell'imputato e restano avvinti alla inammissibilita' di tutti i motivi di ricorso per cassazione che censurano scelte di merito, sia quanto ad apprezzamento della prova e suo eventuale travisamento (v. sub 2., 2.1., 2.3.), che quanto alla inanita' della possibile, ma non decisiva alternativa ermeneutica (2.3.2.). 4.2. La medesima sorte processuale avvince i motivi di ricorso (replicati ed ampliati con il terzo dei motivi nuovi trasmessi a mezzo p.e.c.) spesi in riferimento alla accertata responsabilita' di (OMISSIS) per i fatti di favoreggiamento descritti al capo 20. 4.2.1. Le intercettazioni di conversazioni autorizzate in relazione a reati diversi ed asseritamente non connessi al favoreggiamento (semplice) per il quale e' intervenuta la condanna, sub iudice, ben potevano essere utilizzate per dimostrare la sussistenza di un fatto-reato (favoreggiamento aggravato dalle finalita' mafiose), per il quale era obbligatorio l'arresto in flagranza, senza che possa assumere rilievo la successiva derubricazione a favoreggiamento personale non aggravato (che non e' titolo atto a consentire l'arresto in flagranza), giacche', ai fini della utilizzabilita' nel processo, deve aversi riguardo alla qualificazione del fatto al momento della captazione (giur. costante da Sez. 6, n. 33751 del 24/06/2005, Bellato ed altri, Rv. 232046; fino a Sez. 1, n. 12749 del 19/03/2021, Cusumano, Rv. 280981; con specifico riferimento alla esclusione della aggravante mafiosa nel corso del processo, v. Sez. 6, n. 48320 del 12/04/2022, P.m. in proc. Manna, Rv. 284074 - 01). 4.2.2. Esplicita e' pure la motivazione, spesa dalla Corte territoriale alle pagine gia' sopra richiamate, che sostiene la irrilevanza della clausola che scolpisce nel favoreggiamento personale, come per tutti i reati c.d. derivati, il "privilegio del produttore", in quanto la condotta di disvelamento di attivita' investigative in corso (la collaborazione con la giustizia intrapresa dal (OMISSIS)) non ha favorito gli autori del reato descritto al capo 12 (cui concorre alche il (OMISSIS)), ma piu' in generale gli autori di reati associativi che non hanno visto partecipe il ricorrente. Del resto, la stessa formulazione del capo 20 indica quale oggetto dell'attivita' i reati di cui ai capi che precedono e non il solo capo 12. Non sussiste pertanto la dedotta incompatibilita' giuridica, giacche' l'autore del favoreggiamento non concorre nel reato presupposto. Ancora in riferimento al capo 20, le doglianze proposte con i motivi nuovi invitano la Corte ad una "nuova" e diversa lettura delle conversazioni intercettate, al fine di attribuire ad esse un significato alternativo. Il che esula dal panorama dei vizi deducibili nella sede di legittimita', ove, come nella presente fattispecie processuale, la lettura offerta da giudice del merito non appaia manifestamente illogica o travisante i contenuti colloquiali (v. sub 2.1.). 4.2.3. In ordine alla qualificazione giuridica del fatto-reato (tentativo di estorsione) descritto al capo 21 (p.o. (OMISSIS)), la Corte di merito, dopo aver riportato la narrazione dei tratti essenziali del fatto (pag. da 746 a 760), nelle successive pagine (da 760 a 765) accuratamente si diffonde sulle ragioni ostative alla piu' tenue qualificazione del fatto (esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alla persona, articolo 393 c.p.), invocata con i motivi di gravame. Richiama in proposito la Corte, sia l'assenza di "azione" per la riscossione dell'ipotizzato credito, sia la natura terza (rispetto al creditore) del soggetto in favore del quale il (OMISSIS) aveva speso le proprie "ragioni" costrittive. Il che consente di escludere in radice anche l'ipotesi che l'avv. (OMISSIS) si fosse attivato in forma squisitamente altruistica, nell'interesse esclusivo del creditore. Tale condotta integra, pertanto, perfettamente il paradigma del conato estorsivo, secondo l'insegnamento offerto dalle Sezioni unite di questa Corte, con la nota sentenza n. 29541 del 16/07/2019 (dep. 2020, ric. Filardo e altri, Rv. 280027, in motiv. sub 10.5.1. e 18.1). 4.2.4. Inammissibile e' anche il motivo (condiviso dai due difensori) con il quale si deduce inutilizzabilita' del compendio intercettivo, autorizzato in relazione al reato associativo, ai fini della dimostrazione del reato di falso indotto descritto al capo 23. Tra i due reati non ricorrerebbe alcun rapporto di connessione "forte", ne' il titolo del reato destinatario della prova consente l'arresto obbligatorio in flagranza. Operando fuori dal percorso segnato dall'articolo 270 del codice di rito, il fatto non potrebbe pertanto esser dimostrato. In via del tutto astratta, il motivo segue il percorso ermeneutico segnato dalla giurisprudenza di questa Corte, nella sua massima espressione collegiale (Sez. U, n. 51 del 28/11/2019, dep. 2020, Cavallo, Rv. 277395 - 01); ma non tiene conto del fatto che, come diffusamente argomenta la Corte di merito (pag. da 765 a 772 della sentenza impugnata), la dimostrazione del fatto descritto al capo 23 della imputazione rinviene, in via del tutto autonoma rispetto al contenuto delle conversazioni intercettate, dai documenti acquisiti, che, in uno agli accertamenti di polizia giudiziaria, consentono di ritenere dimostrato il fatto oggetto di imputazione. Resta pertanto insuperata la c.d. "prova di resistenza", cioe' il meccanismo logico fondato sull'autosufficienza probatoria di quanto non inutilizzabile, che consente di sostenere plausibilmente l'accusa sulla base di evidenze diverse da quelle patologicamente viziate (Sez. 2, n. 30271 del 11/05/2017, De Matteis, Rv. 270303; Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, La Gumina e altro, Rv. 269218). 5. (OMISSIS), capi 1, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 16, 17, 18, 19. 5.1. Come sopra gia' riferito (2.6. del considerato in diritto), l'imputazione associativa di natura mafiosa descritta al capo 1, ha seguito (in cio' influenzata dalle scelte potestative degli imputati) percorsi euristici diversi; differenti essendo, nel rito ordinario e nel giudizio abbreviato, i criteri di assunzione ed acquisizione della prova; sostanzialmente riflettendosi (salvo condizioni apposte dall'imputato o necessita' ravvisate dal giudice, articolo 441 c.p.p., comma 5) il panorama probatorio sullo specchio lacustre racchiuso nel fascicolo delle indagini preliminari. Il che giustifica la possibile divergenza dimostrativa del medesimo fatto descritto in imputazione. In questo processo, svoltosi nel merito nelle forme del giudizio a prova contratta, le acquisizioni probatorie, non sgorgate dal contraddittorio dibattimentale per la prova e sulla prova in formazione, emergenti in via diretta ed immediata dagli atti contenuti nel fascicolo delle indagini preliminari, hanno consentito di accertare (come esaustivamente descritto alle pagine 403 e ss. della sentenza impugnata) che in Aosta (a differenza di quanto affermato all'esito del dibattimento da Sez. 5, n. 18793, del 24/1/2023) era operativa, negli anni in contestazione, una organizzazione mafiosa del crimine che affonda le sue radici nella ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta calabrese, ubicata nei settori fonici reggini. Il fenomeno sociale della esportazione al nord di dinamiche mediterranee corrispondenti al "tipo" descritto dal legislatore nel 1982 e' stato, del resto, gia' piu' volte analizzato da questa Corte (solo tra le piu' recenti oggetto di massimazione: Sez. 2, n. 47538 del 18/11/2022, Alvaro, Rv. 284182; Sez. 6, n. 6933 del 4/07/2018, dep. 2019, Audia, Rv. 275037 - 01; Sez. 2, n. 31920 del 4/06/2021, Alampi, Rv. 281811 - 01; Sez. 2, n. 38831 del 17/09/2021, Cicciu', Rv. 282199 - 04), che ha avuto modo di enucleare i canoni ermeneutici, condivisi dal Collegio, cui deve ispirarsi l'interprete nella valutazione di corrispondenza tra il fatto portato all'attenzione della giurisdizione ed il tipo scolpito nelle tavole della legge. Questa la lettera della legge (articolo 416 bis c.p., comma 3): "l'associazione e' di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgano della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omerta' che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attivita' economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per se' o per altri, ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a se' o ad altri in occasione di consultazioni elettorali". Nel commentare detta norma la dottrina piu' avvertita ha sottolineato come l'attuale formulazione normativa dell'articolo 416 bis c.p. ritaglia una fattispecie di associazione mafiosa a forte connotazione sociologico-ambientale, come e' dimostrato dal fatto che il legislatore del 1982 ha notoriamente tipizzato -quali elementi costitutivi espliciti dell'articolo 416 bis c.p. - i requisiti della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento ed omerta' che ne deriva: requisiti criminologici questi che hanno tradizionalmente caratterizzato le mafie agrarie, storicamente radicate nel sud Italia, sin dall'epoca risorgimentale, preunitaria, con funzione di mediazione tra una proprieta' concentrata in poche mani ed i fattori diffusi della produzione, ancora legati a tradizioni feudali. La giurisprudenza di questa Corte, quanto alla condizione di assoggettamento ed omerta' descritta dall'articolo 416 bis c.p., ha affermato che la consorteria deve potersi avvalere della pressione derivante dal vincolo associativo, nel senso che e' l'associazione in quanto tale, indipendentemente dal compimento di specifici atti di intimidazione da parte dei singoli associati, a esprimere il metodo mafioso e la sua capacita' di sopraffazione. Essa rappresenta l'elemento strumentale tipico del quale gli associati si servono in vista degli scopi propri dell'associazione, con la conseguenza che l'associazione deve aver conseguito in concreto, nell'ambiente circostante nel quale opera, una effettiva capacita' di intimidazione e che gli aderenti se ne siano avvantaggiati in modo effettivo, al fine di realizzare il loro programma criminoso. La violenza e la minaccia, dunque, rivestono natura strumentale della forza di intimidazione; costituiscono un accessorio eventuale, o meglio latente, della stessa, ben potendo derivare dalla semplice esistenza o notorieta' del vincolo associativo. Esse, quindi, non costituiscono modalita' con le quali deve puntualmente manifestarsi all'esterno la condotta degli agenti, dal momento che la condizione di assoggettamento e gli atteggiamenti omertosi, indotti nella popolazione, costituiscono, piu' che l'effetto di singoli atti di sopraffazione, la conseguenza del prestigio criminale della associazione che, per la sua fama negativa e per la capacita' di lanciare avvertimenti, anche simbolici ed indiretti, sia accreditata come temibile, effettivo ed "autorevole" centro di potere (Sez. 2, n. 21460 del 19/03/2019, Buglisi, Rv. 275586, in motivazione). Tale essendo il "tipo" descritto dal legislatore, l'imputazione del fatto ad esso corrispondente e' disegnata, in questa fattispecie, in relazione ad una cosca di ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta operante nell'ambito di una espressione "locale" di criminalita' organizzata per la quale vale l'espresso richiamo contenuto nell'articolo 416 bis c.p., u.p. secondo cui "le disposizioni del presente articolo si applicano anche alla camorra, alla ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta e alle altre associazioni, comunque localmente denominate, anche straniere, che valendosi della forza intimidatrice del vincolo associativo perseguono scopi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso". Pertanto, per tutte le manifestazioni "locali" di ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta vale il disposto della norma incriminatrice, che stabilisce espressamente che tale struttura criminale agisce attraverso la forza di intimidazione del metodo mafioso, cosi' che sotto il profilo della prova di tale requisito la questione che si pone in ogni procedimento di tal genere non e' quella di provare la capacita' intimidatoria della ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta, disposta ex lege e notoria alla luce dei gravissimi fatti criminali succedutisi nel tempo in quel territorio intriso dal crimine, bensi' di dimostrare che una determinata cellula "esportata" sia riconducibile ad una precisa espressione "locale" e, quindi, alla casa madre di ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta. Solo questo punto puo', pertanto, essere oggetto di contestazione, potendosi certamente porre in discussione che un determinato gruppo sia riconducibile alla ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta e costituisca una espressione "locale" di essa; ma, acclarato il radicamento a quella realta' criminale, la ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta appunto, ogni spazio di contestazione della natura mafiosa del gruppo cessa perche' ogni "locale" ed ogni cosca costituente tale realta' mutua dal gruppo madre il proprio potere intimidatorio. E cio' essenzialmente perche', come riconosciuto in diverse pronunce di questa Corte: ogni "locale" opera nella diffusa consapevolezza del collegamento con l'organizzazione principale dotata di propria capacita' intimidatoria, riconosciuta anche nella diversa realta' territoriale; vale al proposito il principio stabilito da questa Corte, secondo cui il reato di cui all'articolo 416-bis c.p. e' configurabile con riferimento ad una nuova articolazione periferica (c.d. "locale") di un sodalizio mafioso radicato nell'area tradizionale di competenza anche in difetto della commissione di reati-fine e della esteriorizzazione della forza intimidatrice, qualora emerga il collegamento della nuova struttura territoriale con quella "madre" del sodalizio di riferimento, ed il modulo organizzativo (distinzione di ruoli, rituali di affiliazione, imposizione di rigide regole interne, sostegno ai sodali in carcere, ecc.) presenti i tratti distintivi del predetto sodalizio, lasciando concretamente presagire una gia' attuale pericolosita' per l'ordine pubblico (Sez. 5, n. 31666 del 03/03/2015, Bandiera ed altri, Rv. 264471). Principio successivamente ribadito da altra pronuncia e secondo cui il reato di cui all'articolo 416-bis c.p. e' configurabile - con riferimento ad una nuova articolazione periferica (c.d. "locale") di un sodalizio mafioso radicato nell'area tradizionale di competenza anche in difetto della commissione di reati-fine e della esteriorizzazione della forza intimidatrice, qualora emerga il collegamento della nuova struttura territoriale con quella "madre" del sodalizio di riferimento, ed il modulo organizzativo (distinzione di ruoli, rituali di affiliazione, imposizione di rigide regole interne, ecc.) presenti i tratti distintivi del predetto sodalizio, con conseguente forza di intimidazione "intrinseca" alla accertata capacita' di egemonizzazione criminale del territorio. (Sez. 5, n. 47535 del 11/07/2018, "N. ", Rv. 274138). Ribadito quindi, anche nel presente giudizio, il criterio ed il valore dell'intimidazione diffusa, intrinsecamente connessa alla accertata capacita' di egemonizzazione criminale di un determinato territorio, valido per tutte le realta' operative delle c.d. mafie storiche (Cosa Nostra siciliana, ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta calabrese e camorra napoletana), puo' affermarsi che le "locali" di ndrangheta operanti nel territorio calabrese, e cioe' in quella stessa area geografica di riferimento della casa-madre, sono per cio' stesso dotate di capacita' intimidatoria in quanto realta' locali della struttura generale dalla quale mutuano i metodi e la capacita' intimidatoria. Laddove, le "locali" esportate in territori distanti, che non hanno storicamente sofferto il giogo mafioso, estrinsecantesi nel controllo capillare del territorio (distribuito per cellule interconnesse o in organismi piramidali), devono manifestare o un chiaro legame placentare con la casa madre, che ne disciplina anche le dinamiche interne, ovvero palesare nel territorio di esportazione una replica precisa di quel modello organizzativo fondato sull'assoggettamento omertoso del territorio e delle risorse umane e finanziarie che in quel territorio operano (Sez. 1, n. 55359 del 17/06/2016, P.g. in proc. Pesce ed altri, Rv. 269043 - 01). 5.2. Tanto premesso, le pronunce di primo e secondo grado, hanno dato conto, in assai estesi passaggi motivazionali (v. pag. 407 e ss. della sentenza impugnata), delle relazioni concrete, di carattere autorizzatorio-gerarchico tra esponenti di vertice della casa madre calabrese, di San Luca ed i soggetti ( (OMISSIS) e (OMISSIS)) protesi a colonizzare il territorio vergine subalpino (pag. 408-410 della sentenza di secondo grado); la sentenza impugnata ha, in conformita' a quella di primo grado, ricostruito l'attivita' di (OMISSIS), dei fratelli (OMISSIS) ( (OMISSIS) e (OMISSIS)) e del (OMISSIS), tesa ad assicurare l'operativita' della propria espressione "locale" radicata nella ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta calabrese. Oltre a cio', la sentenza impugnata, ha altresi' dato atto di una miriade di episodi specifici (pag. da 152 e ss., fino a 360 della sentenza impugnata), che hanno reso epifania del "metodo mafioso" praticato da tali soggetti nel territorio subalpino. Gli episodi specifici appena richiamati (con riferimento alle pagine della sentenza impugnata che diffusamente li descrive), al di la' della loro natura penalmente illecita, danno esplicita contezza del potere intimidatorio esercitato dal gruppo di imputati, con un metodo mutuato dalla associazione mafiosa di riferimento, nel caso di specie la ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta, e concretamente attuato anche nella gestione di attivita' commerciali lecite, come nel caso di specie verificatosi, perfino per la distribuzione delle aree di sosta valdostane ai mercanti provenienti dal sud carichi dei prodotti autoctoni da commercializzare a latitudini piu' elevate (pag. 232 e ss. della sentenza impugnata). Nella conformita' verticale del doppio giudizio di merito e' altresi' stato evidenziato che in ogni occasione di dissidio che ha visto coinvolti i partecipi o i loro prossimi congiunti o amici, in ogni caso di potenziale fibrillazione delle dinamiche di gruppo, i ricorrenti hanno fatto ricorso alla madre patria calabrese, che doveva evidentemente approvare o censurare le proposte avanzate dagli associati collocati nella dimensione "locale". Il processo svoltosi con rito abbreviato ha dunque consentito di dimostrare quanto descritto in imputazione, cioe' che la plurisoggettivita' organizzata (ancorche' a ristretta base sociale) di satelliti ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndranghetisti traslati in territorio valdostano (anche da piu' di una generazione) ha ivi replicato (dal 2014) un modello mafioso che si avvale dell'assoggettamento omertoso per controllare un determinato territorio e le attivita' (lecite o illecite) che in quel territorio hanno luogo. Alla luce delle predette considerazioni, i motivi di ricorso proposti in tema di assenza di prova della manifestazione esteriore di un metodo mafioso, replicato dalla casa madre calabrese, devono essere respinti. 5.3. In questo contesto associativo a (OMISSIS), cosi' come a (OMISSIS), e' stato riconosciuto il ruolo apicale di capo e promotore. La sentenza tratta della posizione associativa mafiosa del ricorrente alle pagine 468 e ss. della motivazione, ove sono compendiate tutte le evidenze (dichiarative ed intercettive) ritenute idonee a dare dimostrazione del suo "prender parte" al sodalizio mafioso in qualita' apicale. 5.3.1. Con i motivi di ricorso la difesa ha messo in discussione sia la prova del suo prender parte al sodalizio, che la qualita' apicale riconosciuta in sentenza. Come gia' sopra (punti 2.1. e 2.3) si e' chiarito i motivi sono destinati alla inammissibilita', invocando il ricorrente una nuova e diversa valutazione del compendio probatorio valorizzato nel merito. La Corte di merito, in perfetta consonanza con il giudice di primo grado, ha dato atto di un cospicuo e non equivocabile compendio di evidenze di diversa natura tutte convergenti verso la persona del ricorrente e la qualita' della sua partecipazione associativa. Cosi', oltre alle plurali evidenze dichiarative ( (OMISSIS) e (OMISSIS)), la Corte ha valorizzato il contenuto di conversazioni intercettate che ne descrivono il ruolo apicale di risolutore delle controversie interne, referente diretto della madre patria, e indicatore delle strategie per assicurare un florido mantenimento della cosca. Sono, pertanto piu' che congruamente argomentati gli elementi atti a dimostrare il ruolo assunto dal (OMISSIS) nell'ambito "locale" valdostano del sodalizio di ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta, in perfetta adesione ai criteri da ultimo delineati da questa Corte nella sua massima espressione di collegialita' (Sez. U, n. 36958 del 27/5/2021, Modaffari, Rv. 281889 - 01). 5.4. Le medesime considerazioni valgono quanto all'argomentare logico, aderente alle evidenze processuali, che caratterizza il percorso motivazionale della Corte torinese in riferimento alla sodalita' nel settore degli stupefacenti descritta al capo 6 (l'argomento e' trattato alle pag. 519 e ss. della sentenza impugnata). Anche in questo caso la dimostrazione del fatto descritto in imputazione e' stata argomentata dalla Corte sulla base del convergente molteplice, di natura dichiarativa ed intercettiva, cui ha fatto da pendant anche l'attivita' piu' squisitamente investigativa della polizia giudiziaria, che ha dato corpo e sostanza alla traccia colloquiale del fatto. Non e' dunque questione di conferire maggiore o minore attendibilita' al narrato del (OMISSIS), quanto di prender atto dello straripante vigore dimostrativo della prova intercettiva, che offre del fatto associativo di settore plastica epifania. E' stato infatti dimostrato l'impegno del ricorrente nell'organizzare uomini e mezzi al fine di portare avanti un diuturno commercio illecito di stupefacenti tra la Spagna e l'Italia, con piu' episodi concretamente dimostrati, che compongono un mosaico di tessere collimanti unite dal collante associativo. 5.5. Le medesime considerazioni valgono quanto ai reati fine in materia di stupefacenti (capi 7, 8, 9, 10, 11, 12, 16) ed ai reati in materia di armi e ricettazione delle stesse (capi 17, 18 e 19). La Corte torinese argomenta l'affermazione di responsabilita' sulla base del contenuto colloquiale delle conversazioni intercettate, dal significato quanto mai chiaro ed univoco; su questa piattaforma si innestano, con efficacia non essenziale, le chiamate in correita' del (OMISSIS), la cui dubitabile affidabilita' non appare dunque rilevante al fine di offrire dimostrazione dei fatti descritti nelle imputazioni relative ai delitti fine. La diretta disponibilita' delle differenti cose illecite commerciate e possedute e' riconosciuta dalla Corte di merito con argomentazioni che non sono apparse affatto illogiche, tanto meno in maniera manifesta. 5.6. Il ricorso di (OMISSIS) e' pertanto inammissibile. 6. (OMISSIS), capi 24 e 25. 6.1. I primi due motivi di ricorso, svolti in tema di illogicita' manifesta della motivazione, che sorregge la pronuncia di responsabilita' per il fatto descritto in imputazione al capo 25 (detenzione e porto illeciti di arma comune da sparo di tipo e calibro imprecisati) ed in ordine alla materialita' del fatto descritto al capo 24 (estorsione aggravata, tentata), sono manifestamente infondati. La prova dei fatti rinviene da duplice ed autonoma categoria di fonti (affermazioni delle persone minacciate anche dalla esibizione dell'arma e conversazioni intercettate, nel corso delle quali si fa univoco riferimento alla esibizione dell'arma corta, tipo rivoltella, alla presenza dei soggetti da intimidire). A fronte di tale argomentazione i motivi dedotti si risolvono pertanto nella riproposizione di ipotesi alternative, gia' sottoposte alla attenzione della Corte di merito e da questa reiette, con logica e compiuta motivazione. In riferimento ai fatti descritti al capo 25 il ricorso e' pertanto inammissibile. 6.2. I motivi di ricorso svolti in riferimento alla qualificazione giuridica del fatto contestato al capo 24 (estorsione aggravata tentata) sono, viceversa, fondati. 6.2.1. Nella incontestabile sussistenza ontologica del fatto (testimoniato da convergenti fonti dichiarative e intercettive), cio' che la Corte afferma in maniera del tutto assertiva, negando anche il supplemento istruttorio richiesto con insistenza dalla difesa, e' la avvenuta dimostrazione del profilo psicologico che ha mosso l'azione dell'imputato: la ferma volonta' di esigere, senza titolo giuridico alcuno, una somma di denaro (inizialmente, Euro 10.000) dagli offesi, con modalita' apertamente minacciose (anche attraverso l'esibizione dell'arma di cui al capo 25). 6.2.2. L'accadimento e' descritto, in termini generali, alle pag. 186 e ss. della sentenza impugnata. La valutazione di responsabilita' e' trattata dalla Corte, piu' avanti, alle pagine 486 e ss.. L'antefatto e' costituito dallo scontro violento intercorso tra il figlio (OMISSIS) (minore degli anni 18 al momento del fatto) del ricorrente ed il figlio, (OMISSIS), di (OMISSIS) (parti civili nel processo). Da tale fatto violento sortirono conseguenze lesive per il minore (OMISSIS), attestate da certificazione sanitaria, che la Corte non ha valutato. Il fatto oggetto di imputazione (capo 24) consegue proprio alla richiesta di scuse e di ristoro economico per le lesioni patite da (OMISSIS). La vicenda, peraltro, dara' occasione alle famiglie dei giovani litiganti di confrontarsi su piu' livelli di "composizione", giungendo a ricercare ed ottenere l'interessamento mediatorio dei referenti calabresi (di San Luca) degli odierni imputati della fattispecie associativa descritta al capo 1. L'episodio (che dara' luogo a trattative ed incontri ripetuti nel corso di alcuni mesi) costituisce, pertanto, anche uno dei piu' rilevanti "testimoni" del collegamento placentare in essere tra la cosca di San Luca e la "locale" valdostana (v. capo 1). 6.2.3. Alle richieste istruttorie ed argomentative svolte dall'imputato, tutte volte ad asseverare il tema della convinzione (plausibile) di agire (con minaccia evidente) per il soddisfacimento di una pretesa creditoria (la condotta illecita subita dal figlio minore, che pati' lesioni personali ad opera di (OMISSIS)), la Corte ha offerto risposta argomentativa illogica e meramente apparente, affermando, apoditticamente, che l'agente non aveva "azione" per riscuotere il credito, asseritamente vantato a causa delle lesioni subite dal figlio minore. Cio' che il ricorrente cercava invano di dimostrare nel processo era proprio il "titolo", che legittimava (articolo 2043 c.c., articolo 185 c.p.) la sua richiesta risarcitoria; una richiesta certamente "smodata", ma fondante su un titolo che l'agente riteneva legittimo. 6.2.4. Si e' gia' sopra (sub 4.2.3.) richiamata la pronuncia resa da questa Corte a Sezioni unite (n. 29541 del 16/07/2019, dep. 2020, ric. Filardo e altri, Rv. 280027-02) sul regolamento di confini tra la fattispecie di estorsione e quella di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, con violenza o minaccia alle persone. La fattispecie concreta prospettata con i motivi di ricorso sembra, dunque, attagliarsi precisamente al principio espresso da questa Corte "Il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alle persone e quello di estorsione si differenziano tra loro in relazione all'elemento psicologico, da accertarsi secondo le ordinarie regole probatorie". 6.2.5. La sentenza impugnata va pertanto annullata, limitatamente alla affermazione di responsabilita' dell'imputato (OMISSIS) per il fatto descritto al capo 24. La Corte onerata del rinvio si conformera', nel valutare nuovamente le fonti di prova, in una dimensione plurale, al principio affermato da questa Corte nella massima espressione di collegialita' (cit., in particolare, si vedano in motiv., paragrafi 10.5.1. e 18.1); sara' quindi approfondito il tema dell'elemento psicologico che ha animato l'agente, verificando, anche sulla base della documentazione offerta dalla difesa, se, al momento del fatto, (OMISSIS) agi' nella convinzione di esercitare il diritto proprio (quale esercente la potesta' genitoriale sul figlio minore) ad ottenere il risarcimento del danno morale e materiale subito dal figlio minore ad opera di (OMISSIS). 7. (OMISSIS), capo 1, mero partecipe. La posizione del ricorrente e' trattata dalla Corte torinese alle pagine 448 e ss. della sentenza impugnata (paragrafi 5.5.2.2 e ss.). 7.1 il primo motivo di ricorso e' manifestamente infondato in diritto. Come gia' sopra (sub 2.5.) argomentato nessuna inutilizzabilita' patologica inficia il contenuto delle informative depositate in procedimenti diversi ed acquisite a questo procedimento, anche dopo la chiusura delle indagini preliminari. Alla difesa, del resto, e' stato assicurato un congruo termine per esaminare gli atti formati altrove ed acquisiti al processo. In ogni caso, se di nullita' e non di inutilizzabilita' si vuol discutere, per essere stati depositati nuovi atti di indagine dopo la chiusura delle indagini preliminari, tale nullita' (a regime intermedio) resta sanata dalla scelta del rito (Sez. 2, n. 20125 del 10/4/2018, Apice ed altro, Rv. 272901). Anche per questo ricorrente il motivo, comunque, non supera la prova di resistenza, omettendo di confrontarsi con i restanti elementi di prova esaminati e valorizzati dalla Corte territoriale. 7.2. La medesima sorte processuale avvince il secondo motivo di ricorso, speso in tema di valutazione di attendibilita' della prova dichiarativa acquisita presso i collaboratori di giustizia escussi nel corso delle indagini preliminari. Sul punto si richiama quanto gia' sopra esposto (sub 2.3), segnalando che nel merito.si e' ben chiarito come la dimostrazione del fatto descritto in imputazione sia effetto piu' dell'apprezzamento del patrimonio intercettivo, che di quello dichiarativo. 7.3. In ordine alla valutazione di esistenza ed operativita' (nel periodo oggetto di imputazione) della espressione "locale" di ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta in Aosta si e' gia' diffusamente detto sopra (sub 5.1, 5.2). Il motivo e' dunque manifestamente infondato. 7.4. Del pari e' a dirsi quanto al manifestarsi, in atti concreti ed esteriorizzati, del prender parte alla detta "locale" valdostana. La Corte di merito, alle pagine 450 e seguenti della sentenza ha ben evidenziato l'apporto concreto prestato dal ricorrente alla consorteria mafiosa, attingendo ad un modello argomentativo calato nel formante giurisprudenziale che poi ha ricevuto autorevole conferma nel piu' recente arresto registrato sul tema (Sez. U., n. 36958/2021, Modaffari, cit.). E' stato cosi' valorizzato il ruolo assunto in occasione della "frizione" (OMISSIS)- (OMISSIS), che ha visto il ricorrente interloquire con (OMISSIS) e partire alla volta di San Luca, per ricevere direttive. Numerosissime sono le vicende (non necessariamente autonomamente rilevanti quali fattispecie di reato) riassunte dalla Corte, fino a pagina 458, in cui il ricorrente assume, nei confronti degli associati, come pure degli estranei al sodalizio, un ruolo fattivo, efficace ed evocativo di una plurisoggettivita' criminale che lo guida, lo tutela e lo orienta; entita' verso la quale l'agente si propone, si spende ed opera, anche per manifestarne all'esterno l'esistenza e la virulenza. Ne' puo' rilevare l'archiviazione disposta rispetto alla diversa ipotesi di voto di scambio politico-mafioso (articolo 416 ter c.p.), conchiusa peraltro in una diversa cronologia (anno (OMISSIS)). Anche il quarto motivo, replicato con i motivi aggiunti trasmessi in prossimita' dell'udienza, e' pertanto manifestamente infondato. 7.5. Non si discosta da tale china anche l'ultimo motivo, versato in tema di trattamento sanzionatorio. I criteri dosimetrici della pena sono esplicitati alle pag. 817 e 818 della sentenza impugnata. Sul minimo edittale e' stata calcolata la riduzione per le circostanze attenuanti generiche (nella misura di un quinto, in ragione del peso riconosciuto alle attenuanti), su tale pena e' stata quindi applicata la riduzione per il rito. Non puo' essere riconosciuta la disciplina della continuazione richiesta rispetto al precedente giudicato (associazione tematica in materia di stupefacenti, fatti giudicati con sentenza della Corte di appello di Torino del 20/7/2011) difettandone i presupposti; si tratta di fattispecie ontologicamente diverse, realizzate a distanza di anni l'una dall'altra; correttamente nel merito non e' stata apprezzata la medesimezza del disegno criminoso al momento del perfezionamento della prima fattispecie associativa. 7.6. Il ricorso proposto da (OMISSIS) e' pertanto inammissibile. 8. (OMISSIS), capi 1, 5, 28. I primi quattro motivi di ricorso proposti nell'interesse di (OMISSIS) sono fondati. La sentenza impugnata va pertanto annullata, limitatamente alla conferma del giudizio di responsabilita' per i delitti di cui ai capi 5 e 28 della imputazione, con rinvio per nuovo giudizio. ad altra sezione della Corte di appello di Torino. 8.1. Al capo 5 e' descritta una ipotesi estorsiva consumata nel (OMISSIS) ai danni di (OMISSIS), titolare del ristorante "(OMISSIS)" in Aosta. L'agente avrebbe minacciato gravemente il committente (OMISSIS) al fine di costringerlo ad affidare i lavori di ristrutturazione del locale a persone a lui vicine, in luogo di quelle liberamene gia' scelte dal committente. La dimostrazione del fatto descritto in imputazione rinviene, nell'argomentare della Corte di merito, dalle conversazioni intercettate tra lo stesso (OMISSIS) ed altri soggetti, cui lo stesso rivelava le azioni compiute. La difesa, con i motivi di gravame spesi nel merito, aveva contestato sia la serieta' della intimidazione, rivolta peraltro a persona amica, che l'inefficacia della stessa, non avendo sortito alcun effetto sulla vittima, che scelse, per la realizzazione dei lavori di ristrutturazione, le stesse persone che aveva inizialmente ipotizzato di incaricare dei lavori di ristrutturazione e falegnameria ( (OMISSIS)). Il fatto non si sarebbe comunque consumato, restando al piu' certamente ancorato alla soglia del tentativo. Con i motivi di ricorso la difesa lamenta omessa motivazione sulla dedotta mancata consumazione del fatto e travisamento della prova in ordine alla stessa ipotesi di reato, non ricorrendo in atti la prova che i lavori siano stati affidati a persone diverse da quelle inizialmente elette dal committente. 8.1.1. La Corte argomenta il proprio convincimento sul fatto descritto al capo 5 alle pagine 478 e ss. della sentenza impugnata; in particolare, alle pagine 485 e ss. la Corte di merito trae le conseguenze in diritto della trascrizione delle conversazioni precedentemente riportate. Cosi' facendo, pero', la Corte omette di confrontarsi con i motivi di gravame spesi nel merito, ove si era evidenziato (con accurato corredo informativo e documentale) che, in ragione dei rapporti amicali -non contestati- tra preteso offensore e ipotizzata vittima, doveva ritenersi assolutamente astratta l'intimidazione di cui e' traccia fonica indiretta (conversazioni tra (OMISSIS) e terzi, cui il primo riferisce, vantandosi, cio' che avrebbe commesso), giacche' la ipotizzata vittima non aveva affatto scelto le maestranze indicate dal (OMISSIS), restando ancorato nella scelta alle sue iniziali autonome intenzioni (falegname (OMISSIS)); in ogni caso il fatto non si sarebbe ai consumato, non avendo la indicazione del (OMISSIS) sortito alcun concreto effetto intimidatorio. 8.1.2. La Corte ha dunque argomentato la propria decisione di conferma della affermazione di responsabilita', per il fatto descritto al capo 5, affidandosi totalmente al contenuto colloquiale delle conversazioni intrattenute tra (OMISSIS) e soggetti terzi, che ne ascoltavano i racconti, tenendo in assoluto non cale la rilevantissima circostanza che le maestranze (falegname (OMISSIS)) incaricate dei lavori sono esattamente le stesse cui il committente aveva ipotizzato di rivolgersi, come pure assai equivoca era l'indicazione dello (OMISSIS), quale progettista. Tutti elementi narrativi, questi, che la Corte aveva a disposizione e sui quali occorreva fare maggiore chiarezza, giacche' si pongono in aperto contrasto con quanto ipotizzato sulla base delle conversazioni intercettate, sostanzialmente, intra alios, non potendo altrimenti ritenersi integrata la fattispecie, vieppiu' nella dimensione consumata. Non e' certo questione di offrire o pretendere una differente "lettura" del materiale intercettivo, quanto piuttosto prendere atto della inconciliabilita' storica tra quanto oggetto di conversazioni dal contenuto piuttosto autocelebrativo e quanto storicamente emergente da fonti narrative e documentali (Sez. 3, n. 44938 del 5/10/2021, Rv. 282337). La Corte onerata del rinvio dovra' dunque compiutamente dare sostegno logico e storicamente compatibile alla scelta di prediligere (non supinamente) quanto emerge dal dato intercettivo a scapito dell'analisi dell'offerta probatoria narrativa e documentale 8.2. I medesimi vizi nella logica argomentativa che sostiene la decisione affliggono la decisione di conferma della responsabilita' per i fatti (accordo elettorale politico-mafioso) descritti al capo 28. 8.2.1. Il tipo incriminato dall'articolo 416 ter c.p., nella morfologia concreta descritta al capo 28, attrae alla penalita' l'accordo (la promessa reciproca tra candidato ed esponente mafioso o suo intermediario) intercorso prima della consultazione elettorale, avente ad oggetto la promessa di sostegno elettorale, in cambio di vantaggi patrimoniali o diverse utilita'. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, tale delitto -tanto nella sua originaria versione, inserita nella sistematica codicistica per effetto del Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 11-ter conv. dalla L. n. 356 del 1992, quanto a seguito della riformulazione operata dalla L. n. 62 del 2014, articolo 1 - si atteggia a reato di pericolo (Sez. 6, n. 37374 del 6/5/2014, Polizzi, Rv. 260167), incriminando l'accordo in forza del quale due o piu' soggetti si scambiano la promessa del procacciamento di voti presso l'elettorato e dell'erogazione di un corrispettivo (oggi non piu' necessariamente identificato nel denaro). L'introduzione nel testo normativo, per effetto della novella del 2014, della specifica previsione per cui l'oggetto della pattuizione illecita deve includere le modalita' di acquisizione del consenso elettorale con il metodo mafioso, come descritto all'articolo 416-bis c.p., comma 3 ha contribuito a meglio perimetrare l'illecito entro confini di piu' concreta ed apprezzabile offensivita'; l'estensione della punibilita', a titolo di concorrente necessario, a chi promette di procurare i voti, corrobora l'intento di rendere realmente efficace la sanzione anche nei confronti di chi non ha direttamente a cuore la "carriera" politica o amministrativa. Tale piu' stringente definizione dell'illecito era, del resto, gia' stata offerta dall'interprete che "leggeva" la formulazione ante novella (Sez. 6, n. 25302 del 19/5/2015, Albero, Rv. 263845). Si e' pure affermato che non e' necessario, ai fini della configurabilita' del delitto, che l'accordo politico-mafioso contempli l'attuazione, o l'esplicita programmazione, di una campagna elettorale mediante intimidazioni, allorquando il soggetto collettore dei suffragi sia persona affiliata a una consorteria di tipo mafioso e agisca per conto e nell'interesse di quest'ultima; essendo, in tal caso, immanente alla stessa illecita pattuizione il ricorso alle modalita' di acquisizione del consenso secondo i paradigmi di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 3, (Sez. 6, n. 16397 del 03/03/2016, La Rupa, Rv. 266738; Sez. 6, n. 25302 del 19/05/2015, Albero, Rv. 263845). La novella del 2014 ha invece fortemente innovato la strutture della incriminazione in ordine alla posizione del procacciatore del consenso elettorale, trasformando formalmente la fattispecie in reato plurisoggettivo proprio (reato in contratto). 8.2.2. Tanto premesso sotto il profilo dogmatico, cio' che nel merito occorreva dimostrare, senza fare eccessivo ricorso al meccanismo delle presunzioni, era l'intervenuto accordo tra soggetti portatori di interessi diversi, portati a convergere nell'accordo. La questione e' solo apparentemente di merito, in quanto in realta' involge l'essenziale questione della valutazione degli indicatori normativi dell'ipotesi di reato di cui si discute. Questa Corte ha in proposito recentemente chiarito che "in tema di scambio elettorale politico-mafioso, l'esistenza dell'intesa per il procacciamento di voti con modalita' mafiose puo' desumersi, in via indiziaria, da indicatori sintomatici quali la fama criminale del procacciatore, la forza intimidatrice promanante dagli affiliati ad associazione di tipo mafioso reclutati per la raccolta dei consensi e la valutazione di utilita' del loro apporto nella zona d'influenza dell'organizzazione criminale, risultando, per converso, irrilevante il post factum costituito dal mancato incremento delle preferenze" (Sez. 5, n. 26426 del 7/5/2019, Merola, Rv. 275638; in precedenza sez. 6, n. 9442 del 20/2/2019, P.m. in proc. Zullo, Rv. 275157). In applicazione del citato principio, la giurisprudenza ha ritenuto esente da censure la decisione adottata in un caso nel quale il procacciatore era stato consapevolmente individuato dal candidato in ragione della sua "prossimita'" al clan operante sul territorio. 8.2.3. Applicato tale canone ermeneutico alla fattispecie posta all'attenzione del Collegio con i motivi di ricorso, che censurano la decisione impugnata avuto riguardo alla valutazione delle prove, deve concludersi che sono fondate le deduzioni portate in punto di deficit motivazionale evidente sulla prova della materialita' dei fatti, desunta -all'opposto di quanto occorso al coimputato (OMISSIS), assolto dalla medesima imputazione con doppia pronuncia conforme di merito, irrevocabile a seguito della rilevata inammissibilita' del ricorso del P.g. (Sez. 5, n. 18793 del 24/1/2023)- dai colloqui (tra (OMISSIS) e terzi) successivi alle consultazioni elettorali del (OMISSIS) (Comune di (OMISSIS)), che testimoniano, a parere della Corte di merito, di una pregressa intesa tra (OMISSIS), (OMISSIS) (separatamente giudicato e assolto con sentenza irrevocabile) e la candidata (OMISSIS). L'argomento presuntivo fatto proprio dalla Corte territoriale prova troppo, in quanto, pur non volendo tener conto dell'assenza assoluta di contatti diretti tra ipotizzati "compromittenti", non e' chiarito in sentenza in quale misura ed in che modo l'affiato ipotizzato tra consigliere comunale eletta e locale indiziato di partecipazione mafiosa consenta di ritenere che -ante elezioni- si fosse realizzato lo scambio di promesse illecite sanzionato dalla norma incriminatrice, cosa questo accordo prevedesse e attraverso quali modalita' mafiose (note o concretamente ipotizzabili dalla candidata) si sarebbe realizzato l'aiuto elettorale. Su questi temi la motivazione dei giudici del merito e' meramente apparente e dovra' pertanto esser meglio sviluppata (con aderenza rigorosa alle evidenze utilizzabili) dalla Corte onerata del rinvio. 8.3. Quanto a partecipazione mafiosa alla "locale" di Aosta (capo 1) di (OMISSIS), in qualita' apicale, la Corte argomenta il proprio convincimento alle pagine 435 e ss. della sentenza impugnata, ove compone una articolata ricostruzione di un profluvio di elementi convergenti (di natura intercettiva, prevalentemente, e dichiarativa) verso la dimostrazione del ruolo attivo ed efficace svolto dal ricorrente nell'ambito della "locale" di Aosta. La Corte torinese principia dal vissuto dell'imputato ((OMISSIS)) per poi prendere in considerazione, al di la' della generica indicazione del (OMISSIS) (pag. 441 della sentenza impugnata), gli elementi emersi nel corso della indagine che ha dato luogo al processo in essere. Sono stati dunque apprezzati come indicativi: la conversazione intrattenuta con (OMISSIS) circa la necessita' e l'utilita' di affiliare (OMISSIS), meritevole di entrare nella "societa'" attraverso il rituale del "taglio della coda"; la conversazione del 28 marzo 2018, sempre con (OMISSIS), indicativa della precisa conoscenza delle dinamiche interne alla ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta e le numerose altre vicende descritte in sentenza, tutte indicative di capacita' deliberativa autonoma. Cosi' e' per la soluzione dei conflitti interni, per il continuo relazionarsi alla "locale" d'origine in Calabria, per le decisioni relative ai soggetti da promuovere nelle iniziative imprenditoriali e quelli da ostacolare. In conclusione, la Corte espone tutte quelle condotte apertamente paradigmatiche della partecipazione mafiosa, restando quindi logicamente argomentato anche il ruolo apicale, reso evidente proprio dalla autonomia nelle scelte deliberative e dalla parola decisiva assunta nella soluzione dei conflitti interni, in una parola, dalla logica analisi della posizione gerarchica assunta rispetto agli altri associati, resa manifesta dalle conversazioni intercettate (Sez. 6, n. 1162 del 14/10/2021, dep. 2022, Rv. 282661 - 01). A fronte di tali argomentazioni i motivi di ricorso si limitano a reiterare le doglianze gia' proposte con il periodare del gravame di merito ed insistono, quindi, nel lamentare l'assenza di manifestazioni esplicite esteriori causalmente efficaci, senza confrontarsi con la diffusa ed analitica motivazione che proprio tali elementi concretamente efficaci valorizza. 8.3.1. In riferimento alla affermazione di responsabilita' per i fatti di cui al capo i il ricorso e' pertanto inammissibile. 9. (OMISSIS), capo 1, mero partecipe. 9.1. La posizione del ricorrente e' trattata dalla Corte torinese alle pagine 458 e ss. della sentenza impugnata (paragrafi 5.6.2.3. e ss.). Il motivo unico di ricorso e' manifestamente infondato. 9.2. Quanto alla valutazione di esistenza ed operativita' (nel periodo oggetto di imputazione) della espressione "locale" di ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta in Aosta si e' gia' diffusamente detto sopra (sub 5.1, 5.2). Il ricorrente lamenta vizi di motivazione nel ritenere integrato il tipo della incriminazione associativa mafiosa (in cio' si sostanzierebbe la denunziata violazione di legge), per il difetto del manifestarsi, in atti concreti ed esteriorizzati, del prender parte alla detta "locale" valdostana. La Corte di merito, alle pagine 458 e seguenti della sentenza ha, viceversa, ben evidenziato l'apporto concreto prestato dal ricorrente alla consorteria mafiosa locale, attingendo, anche in questo caso, al modello argomentativo, calato nel formante giurisprudenziale, che poi ha ricevuto autorevole conferma nel piu' recente arresto registrato 5u1 tema (Sez. U., n. 36958/2021, Modaffari, cit.). E' stato cosi' valorizzato il ruolo assunto in occasione della "frizione" (OMISSIS)- (OMISSIS), che ha visto il ricorrente interloquire con (OMISSIS) e convocarlo agli incontri previsti per la soluzione della spinosa questione. Numerosissime sono, inoltre, le vicende (non necessariamente autonomamente rilevanti quali fattispecie di reato) riassunte dalla Corte, fino a pagina 466, in cui il ricorrente assume, nei confronti degli associati (quasi sempre a lui sovraordinati gerarchicamente) un ruolo collaborativo, efficace ed evocativo di una plurisoggettivita' criminale che lo guida, lo tutela e lo orienta nelle azioni; entita' verso la quale l'agente si propone, si spende ed opera, anche per manifestarne all'esterno l'esistenza e la virulenza. Attivo e diretto e' il ruolo svolto, in occasione della assegnazione delle postazioni nelle piazzole di sosta ai mercanti alimentari provenienti dalla Calabria, che testimonia da se' solo di una appartenenza alla consorteria. Decisiva la vicenda dello scontro con l'omonimo (OMISSIS), espressione di altra famiglia calabrese di ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta. Tutte tali vicende compongono un mosaico di tessere collimanti che inducono a ritenere dimostrata, ad avviso della Corte di merito la sua affectio verso quella particolare cellula "locale". 9.3. A fronte di tali argomentazioni i motivi di doglianza si limitano a reiterare le censure gia' proposte con l'appello ed insistono nel lamentare l'assenza di manifestazioni esplicite esteriori causalmente efficaci, senza confrontarsi con la diffusa ed analitica motivazione che proprio tali elementi concretamente efficaci valorizza. Anche il ricorso proposto da (OMISSIS) e' pertanto inammissibile. 10. Ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., alla inammissibilita' dei ricorsi proposti da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) consegue, oltre al pagamento delle spese processuali, il pagamento, a titolo di sanzione, sussistendo profili di colpa nella proposizione dei rispettivi motivi inammissibili, della somma di Euro tremila per ciascuno degli imputati ricorrenti in favore della Cassa delle ammende. 11. Le spese di rappresentanza in giudizio della costituita parte civile associazione " (OMISSIS)" vanno liquidate come da dispositivo, in ragione del numero delle parti, secondo le indicazioni normative vigenti, condannando alla rifusione gli imputati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), nei soli confronti dei quali e' intervenuta costituzione della parte civile e richiesta risarcitoria. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) limitatamente ai reati di cui ai capi 5) e 28), e nei confronti di (OMISSIS) limitatamente al reato di cui al capo 24), con rinvio per nuovo giudizio sui predetti capi ad altra sezione della Corte di appello di Torino. Dichiara inammissibili nel resto i ricorsi dei predetti imputati. Dichiara inammissibili i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna, inoltre, gli imputati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile " (OMISSIS)", che liquida in complessivi Euro cinquemila/00, oltre accessori di legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. TARDIO Angela - Presidente Dott. SIANI Vincenzo - Consigliere Dott. FIORDALISI Domenico - Consigliere Dott. CENTOFANTI Francesco - Consigliere Dott. POSCIA Giorgio - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS) nato a (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 18/10/2022 del TRIB. LIBERTA' di CATANZARO; udita la relazione svolta dal Consigliere GIORGIO POSCIA; ledelsentite le conclusioni del PG GIOVANNI DI LEO Il P.G. conclude chiedendo il rigetto del ricorso. Udito il difensore; L'avvocato (OMISSIS) conclude chiedendo l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1.Con la ordinanza in epigrafe il Tribunale di Catanzaro ha rigettato la richiesta di riesame proposta, ai sensi dell'articolo 309 c.p.p., da (OMISSIS), avverso l'ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale della stessa citta' emessa in data 26 settembre 2022, con la quale era stata disposta nei suoi confronti la misura cautelare della custodia in carcere perche' gravemente indiziato di avere fatto parte di una associazione di stampo mafioso di tipo ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndranghetistico ex articolo 416-bis c.p., commi 1, 2, 3, 4, 5 ed 8, operante nella Regione Calabria, nel territorio italiano ed all'estero, costituita da molte decine di ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"locali' e ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"drine distaccate, allo scopo di commettere reati di materia di armi, esplosivi e munizionamento, contro la vita, il patrimonio e l'incolumita' individuale e, in particolare il commercio di sostanze stupefacenti, estorsioni, usure, furti, riciclaggio, esercizio abusivo di attivita' finanziaria, di acquisire direttamente ed indirettamente la gestione e/o il controllo di attivita' economiche nel settore edilizio, movimento terra e ristorazione, di acquisire appalti pubblici e privati, di ostacolare il libero esercizio del voto, procurare a se' e ad altri voti in occasione di competizioni elettorali e di conseguire per se' e altri vantaggi ingiusti, con l'aggravante di essere l'associazione armata, nonche' per commettere piu' delitti relativi alla organizzazione di traffici illeciti di rifiuti e alla commissione di reiterate truffe ai danni del Gestore del servizio energetico nazionale. Fatto aggravato dall'essere stato commesso per agevolare il sodalizio di ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta denominato ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"Locale di Mesoraca' e le articolazioni ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndranghetistiche del crotonese, le quali monopolizzavano ed organizzavano il trasporto del legno cippato in violazione della normativa sui rifiuti, conferendo materiale non conforme in accordo con i responsabili delle strutture c.d. a biomassa. Nelle province di (OMISSIS) dal (OMISSIS). Con il ruolo per (OMISSIS), di capo cosca e, in quanto tale, di impartire ordini e direttive agli associati (capi 1 e 6). Il (OMISSIS), inoltre, e' indagato per il delitto di cui all' articolo 81, cpv. articolo 110, articolo 112, commi 1 e 2, articolo 452-quaterdecies, articolo 416-bis.1. c.p. perche', in concorso con gli altri indagati e previo accordo tra loro, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con piu' operazioni e attivita' continuative organizzate: gestivano, ricevevano, trasportavano e smaltivano materiale legnoso misto a scarti di segheria e altro materiale di risulta proveniente da tagli, sfalci e potature abusivi dagli stessi perpetrati e organizzati, intensivi, e per questo pericolosi per l'ambiente; gestendo il predetto materiale, "cippandolo" in piazzali dagli stessi allestiti, mischiando illecitamente con materiale di risulta, e conferendo il predetto materiale presso centrali a biomassa ubicate in territorio calabrese (Cutro, Strongoli, Crotone, Laino Borgo ed Ecosesto-Cosenzaa), anche per mezzo della redazione e predisposizione di falsa documentazione e false perizie di agronomi che attestavano diversa origine del materiale poi conferito in centrale biomassa (in tal modo facendo assumere al materiale la qualita' di rifiuto, non rientrando in tal modo, nella esclusione normativa di cui al Decreto Legislativo n. 152 del 2016, articolo 185, comma 1, lettera f); smaltivano quindi, i dirigenti e i responsabili delle centrali biomasse, l'ingente materiale come chips di legno vergine, bruciandolo per la produzione di energia elettrica incentivata per la quale le centrali sono destinatarie di fondi pubblici, con cio' guadagnandone l'ingiusto profitto costituito, altresi', da un agevole smaltimento dei rifiuti, un indebito incremento del volume di affari per i fornitori, determinato dal mischiare materiale legnoso vergine a scarti di segheria, lavori autostradali e/o sfalci e potature abusivi (capo 7). (OMISSIS), risulta indagato, in concorso con (OMISSIS), anche per estorsione aggravata ed illecita concorrenza (con l'aggravante del metodo mafioso) consistite nelle pressioni esercitate dal (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS) - titolare di un esercizio di ristorazione -, per fargli smettere di offrire nel menu' piatti di carne perche' in concorrenza con il ristorante ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"(OMISSIS)' di proprieta' (di fatto) del (OMISSIS) ed evidenziando, al riguardo, il forte disappunto del capo della ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"Locale' per la suddetta circostanza (capi 15 e 16). Il predetto e' anche indagato, assieme al figlio (OMISSIS) e (OMISSIS), per il delitto di cui all' articolo 110, articolo 416-bis.1. e articolo 512 c.p. per avere attribuito fittiziamente a (OMISSIS), la titolarita' del locale ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"(OMISSIS)' sito in localita' (OMISSIS), di fatto gestita dallo stesso assieme al figlio, al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione e di agevolare la ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"Locale di Mesoraca'; fatto accertato in (OMISSIS) (capo 17). Egli e' indagato pure, sempre con il figlio (OMISSIS), per il reato previsto dall' articolo 110, articolo 81, comma 2, articolo 629, comma 2, con riferimento all'articolo 628, comma 3 nn. 1 e 3, articolo 416-bis.1. c.p., per avere, in concorso con il figlio, con una pluralita' di condotte esecutive del medesimo disegno criminoso, perpetrate anche in tempi diversi, compiuto atti idonei, diretti in modo non equivoco, a costringere (OMISSIS), cuoco gia' assunto ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"in nero' presso il locale ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"(OMISSIS) a non esperire azioni giudiziarie al fine di ottenere i giusti emolumenti inerenti la propria mansione lavorativa. Cosi' procurandosi un ingiusto vantaggio con pari danno della persona offesa che avrebbe visto elise le proprie pretese lavoristiche. In particolare, sia (OMISSIS) che (OMISSIS), avevano contattato ripetutamente (OMISSIS), minacciandolo implicitamente di ritorsioni ed evocando il vincolo di intimidazione mafiosa loro derivato dall'essere rappresentanti apicali della consorteria di ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta denominata ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"Locale di Mesoraca', appellandolo ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"infame' e rappresentategli espressamente frasi del tipo " se tu vuoi andare avanti... vai avanti tu che noi veniamo...",tutte dirette in modo non equivoco al fine di impedirgli di esperire ogni azione lavoristica. Con l'aggravante di avere commesso il fatto avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416-bis c.p. e, in ogni caso, per agevolare l'attivita' dell'associazione mafiosa denominata ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"Locale di Mesoraca'. Accertato in (OMISSIS) (capo 18 dell'imputazione provvisoria). Infine, (OMISSIS) e' indagato per il reato di associazione Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ex articoli 74, commi 1, 2, 3 e 4, articolo 416-bis.1. c.p., con il ruolo di promotore della stessa e, in particolare, di supervisore dello spaccio nel territorio di Mesoraca, impartendo direttive circa l'approvvigionamento del narcotico ed il successivo trasporto in territorio estero, risolvendo le controversie insorte tra gli associati ed avendo il compito di avallare le movimentazioni finanziarie legate all'attivita' di narcotraffico. Fatti accertati in Mesoraca e territorio elvetico a partire dall'anno 2016 con condotte protrattesi sino all'attualita' (capo 20 dell'imputazione provvisoria) 1.1. Il Tribunale ha ritenuto che il complesso dei dati investigativi acquisti consentisse la integrale conferma della ordinanza genetica, sussistendo gravi indizi di colpevolezza a carico di (OMISSIS), per i reati sopra indicati, desunti dalle intercettazioni telefoniche ed ambientali (ampiamente riportate nel provvedimento genetico del Giudice per le indagini preliminari), da quelle di osservazione, dai sequestri, dalle dichiarazioni di vari collaboratori di giustizia e dalle ulteriori attivita' di indagine; in forza di tali elementi, quindi, il Giudice del riesame ha evidenziato che le indagini espletate avevano accertato l'esistenza di un'organizzazione criminale di stampo ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndranghetistico operante nel territorio di Mesoraca e nei comuni limitrofi e dei reati fine di cui alla imputazione provvisoria. 1.2. Con riferimento al reato sub 1) il Tribunale del riesame ha osservato che l'esistenza e l'operativita' della c.d. ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"Locale di Mesoraca', con al vertice proprio l'indagato, e' stata confermata da numerosi provvedimenti giurisdizionali nonche' dalle dichiarazioni di vari collaboratori di giustizia (tra cui (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), ed altri ancora), i quali hanno descritto la rete di rapporti e le alleanze sul territorio della cosca di Mesoraca con le altre consorterie mafiose ed il suo inserimento all'interno della comunita' ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndranghetistica. Il principale ramo nel quale si sono incentrate le indagini ha riguardato le infiltrazioni della ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta nel redditizio settore delle energie rinnovabili e, in particolare, nel conferimento di legno c.d. ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"cippato' alle varie centrali a biomassa esistenti nel territorio calabrese come riferito, anzitutto, dai collaboratori (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali hanno confermato il ruolo di rilievo svolto in tale attivita' da (OMISSIS). Tali dichiarazioni, convergenti tra loro, sono state ritenute credibili, precise e puntuali circa le attivita' illecite svolte dalla ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"Locale di Mesoraca' nel legno ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"cippato' ed il ruolo di preminenza ricoperto, in tale ambito, da (OMISSIS). 1.3. Quanto al reato sub 7) il Tribunale ha confermato la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza sulla base, in particolare, di alcune intercettazioni dal cui contenuto si ricavava la diretta partecipazione dell'indagato nella gestione dei traffici con le direttive da lui impartite - a mezzo del figlio (OMISSIS), per amalgamare il ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"cippato' conforme a quello non conforme per poi conferire tutto alle centrali di biomassa. 1.4. Con riferimento al reato sub 17), sempre sulla base delle intercettazioni, sono stati desunti i gravi indizi di colpevolezza rispetto alla fittizia intestazione del locale ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"(OMISSIS)' ad altro soggetto, considerato che l'indagato ed il figlio continuavano ad essere direttamente coinvolti nella gestione del locale medesimo anche successivamente alla sua cessione. 1.5. In ordine al reato sub 18) il Tribunale di Catanzaro ha confermato la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza dando rilievo al contenuto di due intercettazioni intercorse tra l'indagato, il figlio (OMISSIS) ed il cuoco (OMISSIS), nel corso delle quali i primi due avevano minacciato il terzo, il quale intendeva ottenere il pagamento del corrispettivo per la sua attivita' lavorativa svolta in favore dei predetti presso il ristorante sopra indicato. In particolare, dopo l'intervento del Ferrazzo padre il lavoratore aveva mutato il proprio atteggiamento e sostanzialmente non aveva piu' insistito nelle proprie pretese relative alle differenze retributive. 1.6. Con riferimento ai reati sub 15) e 16) i gravi indizi di colpevolezza sono stati desunti dall'intercettazione di un colloquio intercorso tra (OMISSIS) e (OMISSIS), (titolare di un locale ristorante considerato in concorrenza con quello del (OMISSIS)), nel corso del quale era stata prospettata al (OMISSIS) l'impossibilita' di continuare ad offrire pietanze di carne nel proprio locale, proprio in quanto cio' era sgradito all'indagato che offriva analoghi prodotti nel suo locale (il ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"(OMISSIS)'). 1.7. Rispetto alla sussistenza dell'associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti ed aggravata dal metodo mafioso, il Tribunale ha fatto proprie le relative considerazioni contenute nella ordinanza genetica. In particolare, ha ritenuto che i gravi indizi di colpevolezza rispetto ai fatti in contestazione si ricavavano dall'insieme delle intercettazioni ambientali e telefoniche, dalle attivita' di osservazione e pedinamento unitamente alle convergenti dichiarazioni di vari collaboratori circa la posizione di capo e promotore del (OMISSIS), anche dell'associazione Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ex articolo 74. 1.8. Con riferimento, poi, alle esigenze cautelari il Tribunale ha osservato che, nella fattispecie, sussisteva la presunzione relativa di cui all'articolo 275 c.p.p., comma 3, e che, comunque, le modalita' e le circostanze delle azioni criminose sono indice di un elevato grado di serialita' e di professionalita' criminale dell'indagato. Il pericolo concreto di reiterazione del reato, legato al ruolo di capo indiscusso del sodalizio, agli stretti legami con gli altri associati ed al numero elevato dei reati per i quali si procede, ha fatto ritenere al Tribunale adeguata unicamente la misura cautelare della custodia in carcere. 2. Avverso la predetta ordinanza (OMISSIS), per mezzo dell'avv. (OMISSIS), propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, di seguito riprodotti nei limiti di cui all'articolo 173 disp. att. c.p.p.. 2.1. Con il primo denuncia, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), c.p.p., violazione di legge e vizio di motivazione in ordine ai gravi indizi di colpevolezza per i reati di cui alla imputazione provvisoria poiche' il Tribunale avrebbe omesso di accertarne la sussistenza a suo carico fornendo, sul punto, una motivazione soltanto apparente. In sostanza, egli lamenta che l'ordinanza genetica prima e quella del Tribunale poi avrebbero fondato il giudizio di gravita' degli elementi indiziari essenzialmente sulla sola circostanza che (OMISSIS) e' ritenuto capo della c.d. ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"Locale di (OMISSIS)', senza fornire elementi individualizzanti al riguardo, considerato che egli unici episodi concreti richiamati sono quello dell'intestazione fittizia del locale ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"(OMISSIS)', mentre per l'associazione finalizzata al traffico di stupefacenti gli elementi indiziari sono stati ricavati da intercettazioni di colloqui tra terzi nei quali si fa riferimento al nome ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦" (OMISSIS)'. Inoltre, il ricorrente osserva che egli e' stato assolto da analoga imputazione nel 2010 e che gli unici reati fine sarebbero stati commessi nel 2014 e nel 2017 Il ricorrente osserva che l'attivita' commerciale nel settore del legno del figlio (OMISSIS) e' legittima, come anche che la titolarita' della ditta (OMISSIS) e' genuina e non fittizia; inoltre, lamenta il fatto che il Tribunale del riesame non abbia esaminato la documentazione da lui prodotta a conferma della legittimita' del materiale conferito nelle centrali a biomassa (ricerca della (OMISSIS)). Egli, quindi, osserva che la valutazione della gravita' indiziaria nei suoi confronti e' stata effettuata per presunzioni, poiche' sarebbe stato ritenuto - in modo apodittico - che l'attivita' economica sarebbe riconducibile alla ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta senza tenere conto, ad esempio, che il materiale da conferire come biomassa veniva acquistato dai (OMISSIS). 2.2. Con il secondo motivo lamenta, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), violazione degli articoli 274 e 275 c.p.p. ed il relativo vizio di motivazione rispetto alla sussistenza delle esigenze cautelari ed alla scelta della misura applicata nei confronti del (OMISSIS), tenuto conto che le condotte ascrittegli risalgono al 2017 e che non sussiste pericolo di reiterazione anche in considerazione del suo stato di salute. Quindi, rispetto alla esigenze di natura cautelare, le stesse sarebbero state desunte esclusivamente dalla presunta posizione di capo della cosca rimasta, pero',priva di riscontri indiziari. 3. Infine, nel corso della discussione in camera di consiglio, le parti hanno concluso nei termini sopra riportati. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Deve, anzitutto, evidenziarsi che il ricorrente non ha sollevato specifiche censure rispetto ai capi della ordinanza impugnata che avevano confermato la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, a suo carico, per i reati di cui ai capi 15), 16) 17) e 18) - intestazione fittizia, illecita concorrenza ed estorsioni, con le aggravanti del metodo mafioso- che pertanto restano estranei al presente giudizio, che deve quindi intendersi limitato ai reati sub 1), 6), 7) e 20). Cio' posto, si osserva che'(ricorso e' solo parzialmente fondato per le ragioni di seguito illustrate. 2. Con riferimento ai limiti del controllo di legittimita' sulle ordinanze cautelari questa Corte afferma principi consolidati e qui ribaditi. La verifica che viene compiuta in questa sede non riguarda la ricostruzione dei fatti, ne' puo' comportare la sostituzione dell'apprezzamento del giudice di merito circa l'attendibilita' delle fonti e la rilevanza dei dati probatori, dovendosi dirigere verso il controllo che il giudice di merito abbia dato adeguato conto delle ragioni che l'hanno convinto della sussistenza o meno della gravita' del quadro indiziario a carico dell'indagato e a verificare la congruenza della motivazione riguardante lo scrutinio degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che devono governare l'apprezzamento delle risultanze analizzate (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000), nel provvedimento genetico, purche' le deduzioni difensive non siano potenzialmente tali da disarticolare il ragionamento probatorio proposto nell'ordinanza applicativa della misura cautelare, non potendo in tal caso la motivazione per relationem fornire una risposta implicita alle censure formulate. All'esito del riesame dell'ordinanza applicativa di una misura cautelare, e' legittima la motivazione che richiami (o riproduca) le argomentazioni contenute nel provvedimento impugnato in assenza di specifiche deduzioni difensive, formulate con l'istanza originaria o con successiva memoria, ovvero articolate oralmente in udienza, tali da rendere funzionalmente inadeguata la relatio su cui il richiamo si e' basato (Sez. 1, n. 8676 del 15/01/2018, Falduto, Rv. 272628; Sez. 6, n. 566 del 29/10/2015, dep. 2016, Nappello, Rv. 265765). In questa prospettiva si puo' ritenere senz'altro legittima la riproposizione anche di parti del provvedimento applicativo nell'ordinanza resa all'esito del riesame, sempre che, tuttavia, tale tecnica espositiva sia affiancata dalla dovuta analisi dei contenuti e dall'esplicitazione delle ragioni alla base del convincimento espresso in sede decisoria (Sez. 2, n. 13604 del 28/10/2020, dep. 2021, Torcasio, Rv. 281127). 3. Fatta questa premessa, si rileva che - quanto ai reati sub 1) e 20) - le censure mosse dal ricorrente sono infondate con il conseguente rigetto del ricorso sul punto. L'ordinanza impugnata muove da alcune sentenze, dalle dichiarazioni di vari collaboratori di giustizia, dalle intercettazioni telefoniche, ambientali, telematiche e dalle attivita' di osservazione e controllo; in particolare, il Tribunale di Catanzaro ha dato rilievo a quanto riferito da numerosi collaboratori rispetto alla composizione ed alla struttura gerarchica del sodalizio mafioso di Mesoraca al cui vertice siede proprio l'odierno ricorrente e del ruolo di capo indiscusso dal medesimo rivestito. Di tali dichiarazioni il collegio del riesame (condividendo le valutazioni dell'ordinanza genetica) ha vagliato attentamente, a tal fine anche incrociandole con le intercettazioni dei sodali, le caratteristiche e l'obiettiva consistenza, in tal modo sostanzialmente adempiendo all'obbligo di verifica della credibilita' del loro autore, e di intrinseca attendibilita' del narrato, le quali - cosi' come possono essere oggetto di apprezzamento unitario, non richiedendo il relativo percorso valutativo passaggi rigidamente separati (Sez. U, n. 20804 del 29/11/2012, dep. 2013, Aquilina, Rv. 255145) - neppure necessitano di proclamazione ufficiale, purche' emerga che il giudice, ancora prima di accertare l'esistenza di riscontri esterni, abbia scrupolosamente saggiato l'affidabilita' della fonte. 3.1.Quanto ai riscontri suddetti, di natura individualizzante, circa l'appartenenza di (OMISSIS) all'associazione di cui all'articolo 416-bis c.p., (capo 1 dell'imputazione provvisoria) con il ruolo di capo indiscusso della ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"Locale di (OMISSIS)' e dei legami della stessa con gli altri sodalizi mafiosi delle zone limitrofe, l'ordinanza impugnata ne identifica plurimi. Anzitutto, le concordanti dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia dettagliatamente elencati (pagg. 14 e ss. dell'ordinanza impugnata), la disponibilita' di armi, le vari attivita' di intercettazioni dalle quali si e' avuta la conferma del clima di assoggettamento e di omerta' sul quale poteva contare il sodalizio capeggiato da (OMISSIS). Al riguardo e' stato dato rilievo alle intercettazioni riguardanti i reati sub 15), 16), 17) e 18) - che come visto non sono stati oggetto di specifiche censure dalle quali emerge il sicuro coinvolgimento del ricorrente nella vicenda della intestazione fittizia del locale ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"(OMISSIS)' e della estorsione in danno del cuoco, il quale intendeva ottenere dai (OMISSIS), il pagamento di differenze retributive e che - una volta appresso dell'interessamente dell'odierno ricorrente - aveva deciso di non insistere nelle proprie rivendicazioni per l'evidente timore di possibili ritorsioni. Di analogo rilievo sono state considerate le intercettazioni riguardanti i reati sub 15) e 16), dalle quali era emerso che al titolare di un ristorante (tale (OMISSIS)) era stato richiesto da (OMISSIS) di non offrire sul menu' pietanze di carne per non porsi in concorrenza con il locale di fatto gestito da (OMISSIS); una volta appreso il coinvolgimento diretto dell'odierno indagato nella vicenda il (OMISSIS), aveva subito rinunciato a proporre la vendita di piatti di carne, consapevole delle eventuali ritorsioni e conseguenze da parte del sodalizio criminale qualora non avesse assecondato il volere del capo della cosca. Tali reati-fine risultano gia' in se' indizianti, per il ruolo preminente svolto dall'indagato e per le modalita' dell'azione, della sua appartenenza al clan ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndranghetistico con il ruolo di capo; inoltre, non appaiono isolati, ne' la gravita' indiziaria di appartenenza mafiosa si fonda solo sulle singole manifestazioni delittuose, ma sono piuttosto queste che si pongono come fondamentale riscontro di una diretta chiamata di reita' a tale titolo, gia' in se' circostanziata. 3.2. Con riferimento alla associazione di cui capo 20) della imputazione provvisoria l'ordinanza impugnata ha osservato che i gravi indizi di colpevolezza si desumono dalle convergenti dichiarazioni di vari collaboratori di giustizia (elencati nelle pagg.42 e ss. del provvedimento del Tribunale), concordi nell'indicare proprio (OMISSIS) come colui che fornisce le indicazioni e le direttivi. agli associati rispetto all'acquisto ed alla cessione di sostanze stupefacenti di vaia natura. In particolare, il Tribunale di Catanzaro ha ritenuto particolarmente significative le dichiarazioni rese da (OMISSIS), considerato che esse avevano trovato riscontro nelle indagini svolte, autonomamente dai Carabinieri del Nucleo investigativo di Crotone. Inoltre, lo stesso Tribunale ha fatto proprie le argomentazioni contenute nell'ordinanza genetica rispetto alla sussistenza dell'associazione elencando tutti gli elementi dai quali ha desunto, in modo non manifestamente illogico, la sussistenza della associazione Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ex articolo 74, e precisamente: 1) le dichiarazioni di vari collaboratori di giustizia, tutte convergenti rispetto alla operativita' della ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"locale' di (OMISSIS) in attivita' di traffico di sostanze stupefacenti; 2) l'esistenza di un gruppo organizzato comprovato dai continui e stabili contatti tra i medesimi soggetti e dallo scambio di direttive finalizzato proprio alla gestione della principale piazza di spaccio di (OMISSIS); 3) l'esistenza di una gerarchia con al vertice proprio (OMISSIS) al quale i vari sodali rendevano conto di tutte le problematiche legate all'attivita' di narcotraffico; 4) la suddivisione dei ruoli tra i vari associati; 5) l'elevato numero dei reati-fine accertati indicativo delle numerose e seriali condotte di cessioni di stupefacente nell'ambito del territorio anzidetto; 6) la disponibilita' dei luoghi per lo stoccaggio e l'occultamento delle sostanze stupefacenti, come ad esempio il terreno di (OMISSIS), dove sono stati rinvenuti vari grammi di cocaina; 7) la capacita' del gruppo di sopperire ai momenti di difficolta' e fibrillazione causati, ad esempio, dalla detenzione di uno degli associati; 8) la capacita' del sodalizio di alimentare costantemente il flusso di droga sul mercato; 9) l'esistenza di rotte commerciali estere per l'esportazione dello stupefacente; 10) il collegamento con la cosca mafiosa di (OMISSIS) come riferito dai collaboratori di giustizia e confermato dalla partecipazione alla associazione Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ex articolo 74, di esponenti della suddetta cosca, tra cui in particolare l'odierno ricorrente con ruolo di assoluto vertice. Il relativo compendio indiziario appare dunque ineccepibilmente valutato, con motivazione adeguata e non manifestamente illogica, nell'ordinanza impugnata, rispetto alla quale il ricorrente solleva censure generiche limitandosi a sostenere che gli indizi a suo carico non sarebbero individualizzanti ed a chiedere, quindi, una diversa (ed inammissibile in questa sede) valutazione degli elementi di natura indiziaria gia' coerentemente esaminati dal Tribunale di Catanzaro. Deve poi ribadirsi che e' insegnamento costante della Corte di legittimita' (ex pluribus, Sez. 5, n. 1666 del 08/07/2014, dep. 2015, Pirajno, Rv. 261730) come sia a tal fine necessario che il giudice del riesame indichi le emergenze processuali determinanti per la formazione del suo convincimento, consentendo cosi' l'individuazione dell'iter logico-giuridico che ha condotto alla soluzione adottata; mentre non abbia rilievo, al riguardo, il silenzio su una specifica deduzione prospettata con il gravame qualora si tratti di deduzione disattesa dalla motivazione complessivamente considerata, non essendo necessaria l'esplicita confutazione delle specifiche tesi difensive disattese ed essendo, invece, sufficiente una ricostruzione dei fatti che conduca alla reiezione implicita di tale motivo. 3.3. Con riferimento alle censure riguardanti le esigenze cautelari e la adeguatezza della misura disposta nei confronti del ricorrente, si osserva che esse sono infondate. Come e' noto, infatti, in tema di custodia cautelare in carcere applicata nei confronti di indagato del reato di associazione mafiosa e di associazione Decreto del Presidente della Repubblica 309 del 1990, ex articolo 74, la presunzione relativa di pericolosita' sociale, di cui all'articolo 275 c.p.p., comma 3, come novellato dalla L. n. 47 del 2015, puo' essere superata solo quando dagli elementi a disposizione del giudice (presenti agli atti o addotti dalla parte interessata) emerga che l'associato abbia stabilmente rescisso i suoi legami con l'organizzazione criminosa, sicche', in assenza di elementi a favore, sul giudice della cautela non grava un onere di argomentare in positivo circa la sussistenza o la permanenza delle esigenze cautelari (Sez. 5 -, Sentenza n. 45840 del 14/06/2018, Rv. 274180 - 02). Orbene, il ricorrente si limita a sostenere la insussistenza delle esigenze cautelari unicamente sulla base del decorso del tempo che pero' - in assenza di elementi circa la definitiva cesura dei legami con il gruppo mafioso - non appaiono sufficienti a tal fine, tenuto anche conto che egli e' a capo di entrambi i sodalizi criminali e che l'imputazione sub 20) e' fino all'attualita'. Deve poi aggiungersi che il ricorrente non deduce in modo specifico la incompatibilita' con il regime carcerario delle sue condizioni di salute non avendo articolato alcuna censura al riguardo. 4. Al contrario, risultano fondate le censure riguardanti i reati sub 6) e 7), vale a dire i delitti di cui all' articoli 416-bis, articolo 81, cpv. articolo 110, articolo 112, commi 1 e 2, articolo 452-quaterdecies, articolo 416-bis.1. c.p.. Invero, deve osservarsi che, in punto di gravita' indiziaria per i reati sopra indicati, assume assorbente rilievo la mancata considerazione della memoria difensiva con allegata una ricerca effettuata dall'Universita' (OMISSIS) (relativa proprio alla biomassa), prodotta alla udienza del 18 ottobre 2022 tenutasi davanti al Tribunale del riesame di Catanzaro, della quale pero' manca qualsiasi riferimento nel provvedimento impugnato nonostante riguardasse proprio la materia oggetto di imputazione provvisoria di cui ai capi 6) e 7). Sulla questione del mancato esame delle memorie difensive depositate davanti al Tribunale del riesame e dei limiti della deducibilita' del vizio in sede di legittimita' va richiamato e ribadito il principio gia' espresso da questa Corte, secondo cui "l'omesso esame di una memoria difensiva da parte del Tribunale del riesame in materia di misure cautelari reali puo' essere dedotto in sede di ricorso per cassazione ex articolo 325 c.p.p. soltanto quando con la memoria sia stato introdotto un tema potenzialmente decisivo ed il provvedimento impugnato sia rimasto sul punto del tutto silente" (Sez. 2, n. 38834 del 07/06/2019, Forzini, Rv. 277220). Si tratta di principio senz'altro suscettibile di estensione alla materia delle misure cautelari personali. Infatti, questa Corte ha, ulteriormente, precisato che "in tema di impugnazione di misure cautelari personali, l'omessa valutazione di una memoria difensiva da parte del giudice del riesame determina la nullita' del provvedimento nel solo caso in cui siano in essa articolate specifiche deduzioni che non si limitino ad approfondire argomenti a fondamento di quelle gia' prospettate ex articolo 309 c.p.p., comma 6, ma contengano autonome e inedite censure del provvedimento impugnato, che rivestano carattere di decisivita'" (Sez. 5, n. 11579 del 22/02/2022, Adiletta, Rv. 282972). 4.1. Altro arresto ha operato la precisazione secondo cui,"in tema di ricorso per cassazione, l'omesso esame di una memoria difensiva da parte del Tribunale del riesame non puo' essere dedotto in sede di legittimita', salvo che introduca temi nuovi e questioni diverse potenzialmente decisive, non sussistendo un'omessa valutazione quando gli argomenti in essa sviluppati, sui quali il provvedimento impugnato sia rimasto silente, siano smentiti dal complessivo impianto motivazionale, in quanto logicamente incompatibili con la ricostruzione accertata e la valutazione formulata" (Sez. 5, n. 5443 del 18/12/2020, dep. 2021, Bagala', Rv. 280670). In particolare, la seconda delle sentenze citate, alle quali si presta adesione, ha ricordato come l'omessa considerazione dei temi illustrati nella memoria difensiva, lungi da determinare una omessa pronuncia (nel quale caso il vizio sarebbe quello della nullita' del provvedimento impugnato), puo' determinare, invece, un vizio della motivazione laddove implichi l'esame di un argomento potenzialmente decisivo che, tuttavia, sia stato pretermesso. Dalla struttura disegnata dal codice di procedura penale relativamente al procedimento di riesame e' stato segnalato come la richiesta sia ammissibile anche quando venga omessa l'indicazione di alcun motivo e come sia consentita la presentazione di motivi inediti fino all'inizio della discussione. L'articolo 309 c.p.p., comma 9, impone, inoltre, al Tribunale di decidere anche sulla base degli elementi addotti dalle parti nel corso dell'udienza. Da cio' e' stato desunto che "nell'economia del giudizio di riesame le memorie tempestivamente presentate possono legittimamente assumere una funzione che trascende quella del mero sviluppo argomentativo delle deduzioni contenute nell'atto di impugnazione, traducendosi nell'effettivo strumento per veicolare queste ultime" (Sez. 5, n. 11579 del 2022). Occorre, dunque, avere riguardo al contenuto delle memorie per verificare se le stesse contengano deduzioni difensive potenzialmente destrutturanti rispetto all'impostazione del provvedimento impugnato o ulteriori rispetto a quanto illustrato con l'atto introduttivo del procedimento di riesame. 4.2. Nel caso di specie la ricerca depositata all'udienza di discussione riguardava proprio il concetto e la definizione d biomassa. Sono rimaste prive di risposta le sopra indicate deduzioni difensive; la pretermissione totale del dato informativo ritualmente introdotto dalla difesa determina il vizio di omessa motivazione eccepito con il relativo motivo di ricorso. 5. Alla luce delle considerazioni che precedono, l'ordinanza impugnata deve quindi essere annullata con rinvio al Tribunale di Catanzaro per nuovo esame, in piena autonomia decisionale, limitatamente ai reati di cui ai capi 6) e 7); il ricorso, invece deve essere respinto nel resto. La cancelleria curera' gli adempimenti di cui all'articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata limitatamente ai reati di cui ai capi 6) e 7) e rinvia per nuovo giudizio al riguardo al Tribunale di Catanzaro, competente ai sensi dell'articolo 309 c.p.p., comma 7, Rigetta il ricorso nel resto. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'articolo 94, comma 1-ter, disp. att.c.p.p.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. TARDIO Angela - Presidente Dott. SIANI Vincenzo - Consigliere Dott. FIORDALISI Domenico - Consigliere Dott. CENTOFANTI Francesco - Consigliere Dott. POSCIA Giorgio - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 18/10/2022 del TRIB. LIBERTA' di CATANZARO; udita la relazione svolta dal Consigliere GIORGIO POSCIA; sentite le conclusioni del PG GIOVANNI DI LEO; Il P.G. conclude chiedendo il rigetto del ricorso. Udito il difensore; L'avvocato (OMISSIS) conclude chiedendo l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1.Con la ordinanza in epigrafe il Tribunale di Catanzaro ha rigettato la richiesta di riesame proposta, ai sensi dell'articolo 309 c.p.p., da (OMISSIS), avverso l'ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale della stessa citta' emessa in data 26 settembre 2022, con la quale era stata disposta nei suoi confronti la misura cautelare della custodia in carcere perche' gravemente indiziato di avere fatto parte di una associazione di stampo mafioso di tipo ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndranghetistico ex articolo 416-bis c.p., commi 1, 2, 3, 4, 5 ed 8,. operante nella Regione Calabria, nel territorio italiano ed all'estero costituita da molte decine di ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"locali' e ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"drine distaccate, allo scopo di commettere reati di materia di armi, esplosivi e munizionamento, contro la vita, il patrimonio e l'incolumita' individuale e, in particolare il commercio di sostanze stupefacenti, estorsioni, usure, furti, riciclaggio, esercizio abusivo di attivita' finanziaria, di acquisire direttamente ed indirettamente la gestione e/o il controllo di attivita' economiche nel settore edilizio, movimento terra e ristorazione, di acquisire appalti pubblici e privati, di ostacolare il libero esercizio del voto, procurare a se' e ad altri voti in occasione di competizioni elettorali e di conseguire per se' e altri vantaggi ingiusti, con l'aggravante di essere l'associazione armata. In particolare, il ruolo dell'indagato (soprannominato ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"(OMISSIS)'), figlio del capo cosca (OMISSIS), era di controllare (assieme al fratello (OMISSIS)), il territorio, riferire al padre ed agli altri associati la presenza della Forze dell'ordine, organizzare spedizioni punitive nei confronti di soggetti recalcitranti, dirimendo eventuali contrasti tra gli affiliati e mantenendo il c.d. ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"buon ordine' nel territorio di Mesoraca, con l'accettazione delle regole di ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta, il riconoscimento dei ruoli assegnati, il rispetto delle gerarchie e l'osservanza degli ordini e delle direttive impartiti dai vertici dell'organizzazione (capo 1). Il (OMISSIS), inoltre, e' indagato per il delitto di cui all' articolo 81, cpv. articolo 110, articolo 112, commi 1 e 2, articolo 452-quaterdecies, articolo 416-bis.1. c.p. perche', in concorso con gli altri indagati e previo accordo tra loro, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con piu' operazioni e attivita' continuative organizzate: gestivano, ricevevano, trasportavano e smaltivano materiale legnoso misto a scarti di segheria e altro materiale di risulta proveniente da tagli, sfalci e potature abusivi dagli stessi perpetrati e organizzati, intensivi, e per questo pericolosi per l'ambiente; gestendo il predetto materiale, "cippandolo" in piazzali dagli stessi allestiti, mischiando illecitamente con materiale di risulta, e conferendo il predetto materiale presso centrali a biomassa ubicate in territorio (OMISSIS)), anche per mezzo della redazione e predisposizione di falsa documentazione e false perizie di agronomi che attestavano diversa origine del materiale poi conferito in centrale biomassa (in tal modo facendo assumere al materiale la qualita' di rifiuto non rientrando in tal modo, nella esclusione normativa di cui al Decreto Legislativo n. 152 del 2016, articolo 185, comma 1, lettera f),); smaltivano quindi, i dirigenti e i responsabili delle centrali biomasse, l'ingente materiale come chips di legno vergine, bruciandolo per la produzione di energia elettrica ine'ntivata per la quale le centrali sono destinatarie di fondi pubblici, con cio' guadagnandone l'ingiusto profitto costituito, altresi', da un agevole smaltimento dei rifiuti, un indebito incremento del volume di affari per i fornitori, determinato dal mischiare materiale legnoso vergine a scarti di segheria, lavori autostradali e/o sfalci e potature abusivi. In particolare, (OMISSIS), quale formale titolare della ditta "F.K.E.' nonche' gestore delle attivita' della stessa (capo 7). Il predetto e' indagato poi per il delitto di cui all' articolo 110, articolo 416-bis.1. e articolo 512 c.p. per avere attribuito fittiziamente a (OMISSIS), la titolarita' del locale ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"(OMISSIS)' sito in localita' (OMISSIS), di fatto gestita dallo stesso assieme al padre (OMISSIS), al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione e di agevolare la consorteria di ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta denominata ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"Locale di Mesoraca'; fatto accertato in (OMISSIS) (capo 17). L'ultimo reato per il quale (OMISSIS) e' indagato e' quello previsto dall' articolo 110, articolo 81, comma 2, articolo 629, comma 2, con riferimento all'articolo 628, comma 3, nn. 1 e 3, articolo 416-bis.1. c.p. per avere, in concorso con il padre (OMISSIS), con una pluralita' di condotte esecutive del medesimo disegno criminoso, perpetrate anche in tempi diversi, compiuto atti idonei, diretti in modo non equivoco, a costringere (OMISSIS), cuoco gia' assunto ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"in nero' presso il locale ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"(OMISSIS)' di (OMISSIS) a non esperire azioni giudiziarie al fine di ottenere i giusti emolumenti inerenti la propria mansione lavorativa. Cosi' procurandosi un ingiusto vantaggio con pari danno della persona offesa che avrebbe visto elise le proprie pretese lavoristiche. In particolare, sia (OMISSIS) che (OMISSIS) avevano contattato ripetutamente (OMISSIS), minacciandolo implicitamente di ritorsioni ed evocando il vincolo di intimidazione mafiosa loro derivato dall'essere rappresentanti apicali della consorteria di ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta denominata ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"Locale di (OMISSIS)', appellandolo ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"infame' e rappresentategli espressamente frasi del tipo " se tu vuoi andare avanti... vai avanti tu che noi veniamo..." tutte dirette in modo non equivoco al fine di impedirgli di esperire ogni azione lavoristica. Con l'aggravante di avere commesso il fatto avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416-bis c.p. e, in ogni caso, per agevolare l'attivita' dell'associazione mafiosa denominata ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"Locale di (OMISSIS)'. Accertato in (OMISSIS) (capo 18 dell'imputazione provvisoria). 1.1. Il Tribunale ha ritenuto che il complesso dei dati investigativi acquisti consentisse la integrale conferma della ordinanza genetica, sussistendo gravi indizi di colpevolezza a carico di (OMISSIS), per i reati sopra indicati,desunti dalle intercettazioni telefoniche ed ambientali (diffusamente riportate ne(provvedimento genetico del Giudice per le indagini preliminari), da quelle di osservazione, da sequestri, dalle dichiarazioni di vari collaboratori di giustizia e dalle ulteriori attivita' di indagine; in forza di tali elementi, quindi, il Giudice del riesame ha evidenziato che le indagini espletate avevano accertato l'esistenza di un'organizzazione criminale di stampo ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndranghetistico operante nel territorio di Mesoraca e nei comuni limitrofi e dei reati fine di cui alla imputazione provvisoria. 1.2. Con riferimento al reato sub 1) il Tribunale del riesame ha osservato che l'esistenza e l'operativita' della c.d. ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"Locale di Mesoraca', con al vertice (OMISSIS), era stata confermata da numerosi provvedimenti giurisdizionali nonche' dalle dichiarazioni di vari collaboratori di giustizia (tra cui (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) ed altri ancora), i quali hanno descritto la rete di rapporti e le alleanze sul territorio della cosca di (OMISSIS) con le altre consorterie mafiose ed il suo inserimento all'interno della comunita' ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndranghetistica. Il principale ramo nel quale si sono incentrate le indagini ha riguardato le infiltrazioni della ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta nel redditizio settore delle energie rinnovabili e, in particolare, nel conferimento di legno c.d. ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"cippato' alle varie centrali a biomassa esistenti nel territorio calabrese come riferito, anzitutto, dai collaboratori (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali hanno confermato il ruolo di rilievo svolto in tale attivita' da (OMISSIS). Tali dichiarazioni, convergenti tra loro, sono state ritenute credibili, precise e puntuali circa le attivita' illecite svolte dalla ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"Locale di Mesoraca' nell'affare del legno ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"cippato' ed il ruolo di preminenza ricoperto, in tale ambito, da (OMISSIS). 1.3. Quanto al reato sub 7) il Tribunale ha confermato la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza sulla base, in particolare, di alcune intercettazioni dal cui contenuto si ricava la diretta partecipazione di (OMISSIS), nella gestione dei traffici con le direttive da lui impartite per amalgamare i(ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"cippato' conforme a quello non conforme, per poi conferire il tutto alle centrali di biomassa. 1.4. Con riferimento al reato sub 17) sempre sulla base delle intercettazioni sono stati desunti i gravi indizi di colpevolezza rispetto alla fittizia intestazione del locale ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"(OMISSIS)' ad altro soggetto, considerato che l'indagato ed il padre continuavano ad essere direttamente coinvolti nella gestione del locale medesimo anche quando non ne erano piu' formalmente titolari. 1.5. In ordine al reato sub 18) il Tribunale di Catanzaro ha confermato la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza dando rilievo al contenuto di due intercettazioni intercorse tra l'indagato, il padre (OMISSIS) ed il cuoco (OMISSIS), nel corso delle quali i primi due avevano minacciato il terzo, che intendeva ottenere il pagamento del corrispettivo per la sua attivita' lavorativa svolta in favore dei (OMISSIS) presso il locale sopra indicato. In particolare, dopo l'intervento del (OMISSIS) padre, il lavoratore aveva mutato il proprio atteggiamento e sostanzialmente non aveva piu' insistito nelle proprie pretese. 2. Avverso la predetta ordinanza (OMISSIS), per mezzo dell'avv. (OMISSIS), propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, di seguito riprodotti nei limiti di cui all'articolo 173 disp. att. c.p.p.. 2.1. Con il primo denuncia, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), c.p.p., violazione di legge e vizio di motivazione in ordine ai gravi indizi di colpevolezza per i reati di cui alla imputazione provvisoria, poiche' il Tribunale avrebbe omesso di accertare la loro sussistenza a suo carico fornendo, sul punto, una motivazione soltanto apparente. In sostanza, egli lamenta che l'ordinanza genetica, prima, e quella del Tribunale, poi, avrebbero fondato il giudizio di gravita' degli elementi indiziari essenzialmente sulla sola circostanza che egli e' figlio di (OMISSIS), ritenuto capo della c.d. ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"Locale di (OMISSIS), senza fornire elementi individualizzanti rispetto alla sua specifica posizione. Il ricorrente osserva che la sua attivita' commerciale nel settore del legno e' legittima e che la sua titolarita' della ditta F.K.E. e' genuina e non gia' fittizia; inoltre, lamenta il fatto che il Tribunale del riesame non abbia esaminato la documentazione da lui prodotta in udienza a conferma della legittimita' del materiale da lui conferito nelle centrali a biomassa (ricerca della Universita' Federico II di Napoli). Egli, quindi, osserva che la valutazione della gravita' indiziaria nei suoi confronti e' stata effettuata per presunzioni poiche' sarebbe stato considerato - in modo apodittico - che una attivita' economica come quella da lui svolta, puo' essere esercitata in Calabria unicamente dalla ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta e che il figlio del capo cosca non puo' che essere anche lui un mafioso. 2.2. Con il secondo lamenta, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), violazione degli articoli 274 e 275 c.p.p. ed il relativo vizio di motivazione rispetto alla sussistenza delle esigenze cautelari ed alla scelta della misura applicata nei suoi confronti, tenuto conto che le condotte ascrittegli risalgono al 2017, che egli e' incensurato e che - vista la sua eta' - egli non poteva far parte delle c.d. ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"mafie storiche' come invece indicato nell'ordinanza impugnata. Quindi, anche rispetto alla esigenze di natura cautelare, le stesse sarebbero state desunte esclusivamente dal fatto che egli e' figlio del presunto capo cosca. CONSIDERATO IN DIRITTO 1.Anzitutto, va evidenziato che il ricorrente non ha sollevato specifiche censure rispetto ai capi della ordinanza impugnata che avevano confermato la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza per i reati di cui ai capi 17) e 18) - intestazione fittizia ed estorsione, entrambe con le aggravanti del metodo mafioso- che pertanto restano estranei al presente giudizio, che attiene quindi ai reati sub 1) e 7). Cio' posto, si osserva chericorso e' solo parzialmente fondato per le ragioni di seguito illustrate. 2.Invero, con riferimento ai limiti del controllo di legittimita' sulle ordinanze cautelari questa Corte afferma principi consolidati e qui ribaditi. La verifica che viene compiuta in questa sede non riguarda la ricostruzione dei fatti, ne' puo' comportare la sostituzione dell'apprezzamento del giudice di merito circa l'attendibilita' delle fonti e la rilevanza dei dati probatori, dovendosi dirigere verso il controllo che il giudice di merito abbia dato adeguato conto delle ragioni che l'hanno convinto della sussistenza o meno della gravita' del quadro indiziario a carico dell'indagato e a verificare la congruenza della motivazione riguardante lo scrutinio degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che devono governare l'apprezzamento delle risultanze analizzate (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000), nel provvedimento genetico, purche' le deduzioni difensive non siano potenzialmente tali da disarticolare il ragionamento probatorio proposto nell'ordinanza applicativa della misura cautelare, non potendo in tal caso la motivazione per relationem fornire una risposta implicita alle censure formulate. All'esito del riesame dell'ordinanza applicativa di una misura cautelare, e' legittima la motivazione che richiami (o riproduca) le argomentazioni contenute nel provvedimento impugnato in assenza di specifiche deduzioni difensive, formulate con l'istanza originaria o con successiva memoria, ovvero articolate oralmente in udienza, tali da rendere funzionalmente inadeguata la relatio su cui il richiamo si e' basato (Sez. 1, n. 8676 del 15/01/2018, Falduto, Rv. 272628; Sez. 6, n. 566 del 29/10/2015, dep. 2016, Nappello, Rv. 265765). In questa prospettiva si puo' ritenere senz'altro legittima la riproposizione anche di parti del provvedimento applicativo nell'ordinanza resa all'esito del riesame, sempre che, tuttavia, tale tecnica espositiva sia affiancata dalla dovuta analisi dei contenuti e dall'esplicitazione delle ragioni alla base del convincimento espresso in sede decisoria (Sez. 2, n. 13604 del 28/10/2020, dep. 2021, Torcasio, Rv. 281127). 3. Fatta questa premessa, si rileva che - quanto al reato sub 1) - le censure mosse dal ricorrente sono infondate con il conseguente rigetto del ricorso sul punto. L'ordinanza impugnata muove da alcune sentenze, dalle dichiarazioni di vari collaboratori di giustizia, dalle intercettazioni telefoniche, ambientali, telematiche e dalle attivita' di osservazione e controllo; in particolare, il Tribunale di Catanzaro ha dato rilievo a quanto riferito da numerosi collaboratori rispetto alla composizione ed alla struttura gerarchica del sodalizio mafioso di (OMISSIS) al cui vertice si trova (OMISSIS) (padre di (OMISSIS)) e del ruolo ricoperto dall'odierno ricorrente nell'ambito della cosca medesima. Di tali dichiarazioni il collegio del riesame (condividendo le valutazioni dell'ordinanza genetica) ha vagliato attentamente, a tal fine anche incrociandole con le intercettazioni dei sodali, le caratteristiche e l'obiettiva consistenza, in tal modo sostanzialmente adempiendo all'obbligo di verifica della credibilita' del loro autore, e di intrinseca attendibilita' del narrato, le quali - cosi' come possono essere oggetto di apprezzamento unitario, non richiedendo il relativo percorso valutativo passaggi rigidamente separati (Sez. U, n. 20804 del 29/11/2012, dep. 2013, Aquilina, Rv. 255145) - neppure necessitano di proclamazione ufficiale, purche' emerga che il giudice, ancora prima di accertare l'esistenza di riscontri esterni, abbia scrupolosamente saggiato l'affidabilita' della fonte. 3.1.Quanto ai riscontri suddetti, di natura individualizzante, circa l'appartenenza di (OMISSIS), all'associazione di cui all'articolo 416-bis c.p., l'ordinanza impugnata ne identifica plurimi; si tratta in particolare delle intercettazioni riguardanti i reati sub 17) e 18), dalle quali emerge il sicuro coinvolgimento del ricorrente nella vicenda della intestazione fittizia del locale ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"(OMISSIS)' e della estorsione in danno del cuoco, il quale intendeva ottenere dai (OMISSIS), il pagamento di differenze retributive. Tali reati-fine risultano gia' in se' indizianti, per il ruolo svolto dall'indagato e per le modalita' dell'azione, del vincolo associativo; inoltre, non appaiono isolati, ne' la gravita' indiziaria di appartenenza mafiosa si fonda solo sulle singole manifestazioni delittuose, ma sono piuttosto queste che si pongono come fondamentale riscontro di una diretta chiamata di reita' a tale titolo, gia' in se' circostanziata. Il relativo compendio indiziario appare dunque ineccepibilmente valutato, con motivazione adeguata e non manifestamente illogica, nell'ordinanza impugnata, rispetto alla quale il ricorrente solleva censure generiche limitandosi a sostenere che gli indizi a suo carico sarebbero fondati unicamente sul fatto che egli e' figlio del presunto capo cosca ed a chiedere, quindi, una diversa (ed inammissibile in questa sede) valutazione degli elementi indiziari gia' coerentemente esaminati dal Tribunale di Catanzaro. Deve poi ribadirsi che e' insegnamento costante della Corte di legittimita' (ex pluribus, Sez. 5, n. 1666 del 08/07/2014, deo. 2015, Pirajno, Rv. 261730) come sia a tal fine necessario che il giudice del riesame indichi le emergenze processuali determinanti per la formazione del suo convincimento, consentendo cosi' l'individuazione dell'iter logico-giuridico che ha condotto alla soluzione adottata; mentre non abbia rilievo, al riguardo, il silenzio su una specifica deduzione prospettata con il gravame qualora si tratti di deduzione disattesa dalla motivazione complessivamente considerata, non essendo necessaria l'esplicita confutazione delle specifiche tesi difensive disattese ed essendo, invece, sufficiente una ricostruzione dei fatti che conduca alla reiezione implicita di tale motivo. 3.2. Con riferimento alle censure riguardanti le esigenze cautelari e la adeguatezza della misura disposta nei confronti del ricorrente, si osserva che esse sono infondate. Come e' noto, infatti, in tema di custodia cautelare in carcere applicata nei confronti di indagato del reato di associazione mafiosa, la presunzione relativa di pericolosita' sociale, come novellato dalla L. n. 47 del 2015, articolo 275 c.p.p., comma 3, puo' essere superata solo quando dagli elementi a disposizione del giudice (presenti agli atti o addotti dalla parte interessata) emerga che l'associato abbia stabilmente rescisso i suoi legami con l'organizzazione criminosa, sicche', in assenza di elementi a favore, sul giudice della cautela non grava un onere di argomentare in positivo circa la sussistenza o la permanenza delle esigenze cautelari (Sez. 5 -, Sentenza n. 45840 del 14/06/2018, Rv. 274180 - 02). Orbene, il ricorrente si limita a sostenere la insussistenza delle esigenze cautelari unicamente sulla base del decorso del tempo, della sua incensuratezza e sulla sua giovane eta', che pero' - in assenza di elementi circa la definitiva cesura dei legami con il gruppo mafioso - non appaiono sufficienti a tal fine, tenuto anche conto che egli non e' indagato in quanto appartenente alla c.d. mafia calabrese ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"storica', ma alla c.d. ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"Locale di (OMISSIS)'. 4. Al contrario, risultano fondate le censure riguardanti il reato sub 7), vale a dire il delitto di cui all' articolo 81, cpv. articolo 110, articolo 112, commi 1 e 2, articolo 452-quaterdecies, articolo 416-bis.1. c.p.. Invero, deve osservarsi che, in punto di gravita' indiziaria per il reato sub 7), assume assorbente rilievo la mancata considerazione della memoria difensiva con allegata una ricerca effettuata dall'(OMISSIS) (relativa proprio alla biomassa); prodotta alla udienza del 18 ottobre 2022 tenutasi davanti al Tribunale del riesame di Catanzaro, della quale pero' manca qualsiasi riferimento nel provvedimento impugnato nonostante riguardasse proprio la materia oggetto di imputazione provvisoria di cui al capo 7). Sulla questione del mancato esame delle memorie difensive depositate davanti al Tribunale del riesame e dei limiti della deducibilita' del vizio in sede di legittimita' va richiamato e ribadito il principio gia' espresso da questa Corte, secondo cui "l'omesso esame di una memoria difensiva da parte del Tribunale del riesame in materia di misure cautelari reali puo' essere dedotto in sede di ricorso per cassazione ex articolo 325 c.p.p. soltanto quando con la memoria sia stato introdotto un tema potenzialmente decisivo ed il provvedimento impugnato sia rimasto sul punto del tutto silente" (Sez. 2, n. 38834 del 07/06/2019, Forzini, Rv. 277220). Si tratta di principio senz'altro suscettibile di estensione alla materia delle misure cautelari personali. Infatti, questa Corte ha, ulteriormente, precisato che, "in tema di impugnazione di misure cautelari personali, l'omessa valutazione di una memoria difensiva da parte del giudice del riesame determina la nullita' del provvedimento nel solo caso in cui siano in essa articolate specifiche deduzioni che non si limitino ad approfondire argomenti a fondamento di quelle gia' prospettate ex articolo 309 c.p.p., comma 6, ma contengano autonome e inedite censure del provvedimento impugnato, che rivestano carattere di decisivita'" (Sez. 5, n. 11579 del 22/02/2022, Adiletta, Rv. 282972). 4.1. Altro arresto ha operato la precisazione secondo cui: "in tema di ricorso per cassazione, l'omesso esame di una memoria difensiva da parte del Tribunale del riesame non puo' essere dedotto in sede di legittimita', salvo che introduca temi nuovi e questioni diverse potenzialmente decisive, non sussistendo un'omessa valutazione quando gli argomenti in essa sviluppati, sui quali il provvedimento impugnato sia rimasto silente, siano smentiti dal complessivo impianto motivazionale, in quanto logicamente incompatibili con la ricostruzione accertata e la valutazione formulata" (Sez. 5, n. 5443 del 18/12/2020, dep. 2021, Bagala', Rv. 280670). In particolare, la seconda delle sentenze citate, alle quali si presta adesione, ha ricordato come l'omessa considerazione dei temi illustrati nella memoria difensiva, lungi da determinare una omessa pronuncia (nel quale caso il vizio sarebbe quello della nullita' del provvedimento impugnato), puo' determinare, invece, un vizio della motivazione laddove implichi l'esame di un argomento potenzialmente decisivo che, tuttavia, sia stato pretermesso. Dalla struttura disegnata dal codice di procedura penale relativamente al procedimento di riesame e' stato segnalato come la richiesta sia ammissibile anche quando venga omessa l'indicazione di alcun motivo e come sia consentita la presentazione di motivi inediti fino all'inizio della discussione. L'articolo 309 c.p.p., comma 9, impone, inoltre, al Tribunale di decidere anche sulla base degli elementi addotti dalle parti nel corso dell'udienza. Da cio' e' stato desunto che "nell'economia del giudizio di riesame le memorie tempestivamente presentate possono legittimamente assumere una funzione che trascende quella del mero sviluppo argomentativo delle deduzioni contenute nell'atto di impugnazione, traducendosi nell'effettivo strumento per veicolare queste ultime" (Sez. 5, n. 11579 del 2022). Occorre, dunque, avere riguardo al contenuto delle memorie per verificare se le stesse contengano deduzioni difensive potenzialmente destrutturanti rispetto all'impostazione del provvedimento impugnato o ulteriori rispetto a quanto illustrato con l'atto introduttivo del procedimento di riesame. 4.2. Nel caso di specie la ricerca depositata all'udienza di discussione riguardava proprio il concetto e la definizione biomassa. Sono rimaste prive di risposta le sopra indicate deduzioni difensive; la pretermissione totale del dato informativo ritualmente introdotto dalla difesa determina il vizio di omessa motivazione eccepito con il relativo motivo di ricorso. 5. Alla luce delle considerazioni che precedono, l'ordinanza impugnata deve quindi essere annullata con rinvio al Tribunale di Catanzaro per nuovo esame, in piena autonomia decisionale, limitatamente al reato di cui al capo 7); il ricorso, invece deve essere respinto nel resto. La cancelleria curera' gli adempimenti di cui all'articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata limitatamente al reato di cui al capo 7), e rinvia per nuovo giudizio al riguardo al Tribunale di Catanzaro, competente ai sensi dell'articolo 309 c.p.p., comma 7. Rigetta il ricorso nel resto. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. RAMACCI Luca - Presidente Dott. PAZIENZA Vittorio - rel. Consigliere Dott. REYNAUD Gianni Filippo - Consigliere Dott. GALANTI Alberto - Consigliere Dott. NOVIELLO Giuseppe - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nata a (OMISSIS); avverso l'ordinanza emessa il 23/01/2023 dal Tribunale di Napoli; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Vittorio Pazienza; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Salvadori Silvia, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza del 11/05/2022, il G.i.p. del Tribunale di Napoli, in funzione di giudice dell'esecuzione, rigettava l'istanza di declaratoria di nullita' e inefficacia dell'ingiunzione a demolire correlato all'ordine di demolizione di una costruzione abusiva, disposto con sentenza in data 23/03/1993 (irrev. il 19/02/2001) dal G.i.p. della Pretura Circondariale di Napoli, nei confronti di (OMISSIS). Tale ordinanza veniva annullata con rinvio da questa Suprema Corte, con sentenza n. 45552 del 26/10/2022, in accoglimento del primo motivo di ricorso proposto nell'interesse della (OMISSIS), relativo al legittimo impedimento di quest'ultima per l'udienza camerale del 09/05/2022. In sede di rinvio, il Giudice dell'esecuzione napoletano ha nuovamente respinto, con ordinanza del 23/01/2023, le richieste della (OMISSIS), riportandosi alle considerazioni svolte nella precedente ordinanza, depositata il 11/05/2022 (ed integralmente trascritta nel nuovo provvedimento), e disattendendo le ulteriori doglianze prospettate con memoria tardivamente presentata (in data 20/01/2023, in vista dell'udienza del 23/01/2023) con riferimento ad una prospettata violazione del codice degli appalti e alla violazione dell'articolo 649 c.p.p. alla luce della sentenza n. 149 del 2022 della Corte costituzionale. Il G.i.p. ha infine ritenuto non rilevante la richiesta di un alloggio alternativo formulata al sindaco di Torre del Greco, non avendo la (OMISSIS) mai seriamente prospettato una situazione di indigenza tale da far ritenere che l'immobile oggetto del ricorso fosse l'unica soluzione abitativa possibile. 2. Ricorre nuovamente per cassazione la (OMISSIS), a mezzo del proprio difensore, deducendo: 2.1. Omessa motivazione in ordine alle censure formulate in sede di incidente di esecuzione con riferimento alla violazione del principio di proporzionalita' (censure integralmente riportate in ricorso, sulla scorta di ampi richiami della giurisprudenza interna e sovranazionale). Si sottolinea l'irrilevanza del fatto che il G.i.p. si era gia' espresso sulla questione con l'ordinanza in data 11/05/2022, essendo tale provvedimento stato annullato dalla Suprema Corte. Quanto poi alla richiesta formulata al sindaco, la difesa evidenzia che le precarie condizioni economiche della (OMISSIS) erano state dimostrate dal deposito, in data 09/05/2022, dello stato di famiglia e di altra documentazione, illegittimamente ignorata dal G.i.p. 2.2. Vizio di motivazione con riferimento al motivo aggiunto concernente la violazione del ne bis in idem alla luce della sentenza della Consulta n. 149 del 2022. Si censura il mero richiamo a quanto gia' esposto nel provvedimento annullato, trattandosi di questione nuova, dedotta con integrale riproposizione del motivo nuovo, volto a sostenere l'applicabilita' del principio, affermato con riferimento al diritto d'autore, anche alla materia edilizia: potendosi in particolare attribuire natura penale all'ordine di demolizione emesso in sede amministrativa, in considerazione dell'afflittivita' correlata all'acquisizione dell'immobile e dell'area al patrimonio comunale, in caso di inottemperanza all'ordine di demolizione. Il difensore lamenta il difetto di motivazione al riguardo, in violazione dell'obbligo per il giudice di prendere in considerazione, a pena di nullita', le memorie difensive. 3. Con requisitoria ritualmente trasmessa, il Procuratore Generale sollecita il rigetto del ricorso, evidenziando - quanto al primo motivo - la correttezza del richiamo al precedente provvedimento del G.i.p., il cui riferimento alla carenza di adeguate allegazioni era confortato dal fatto che la ricorrente non aveva neanche dimostrato di essersi inutilmente rivolta al sistema di edilizia residenziale pubblica. Quanto alla seconda questione, il Procuratore Generale sottolinea che, dalla stessa prospettazione della ricorrente, emergeva che l'intervento della Corte costituzionale riguardava la materia del diritto d'autore, e che doveva ritenersi immune da censure il richiamo del G.i.p. a quanto affermato dalla consolidata giurisprudenza della Suprema Corte in tema di demolizione del manufatto abusivo (avente natura di sanzione amministrativa con autonoma funzione ripristinatoria priva di finalita' punitive, ecc.). CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' nel suo complesso infondato e deve essere rigettato. 2. Con il primo motivo, la difesa ha sostenuto l'omessa motivazione in ordine al primo motivo dedotto con l'incidente di esecuzione (relativo alla prospettata violazione del principio di proporzionalita'), sostenendo che non poteva conferirsi alcun rilievo alla motivazione con cui il G.i.p. aveva gia' disatteso la prospettazione difensiva con l'ordinanza emessa all'esito dell'udienza camenrale del 09/05/2022, annullata da questa Suprema Corte per il difetto di regolare instaurazione del contraddittorio. La tesi non puo' essere in alcun modo condivisa, anche perche' il Giudicante non si e' limitato a rinviare sic et simpliciter alla precedente ordinanza, ma ne ha trascritto per intero il contenuto, che pertanto costituisce parte integrante del provvedimento oggi impugnato. Va dunque esclusa la configurabilita' di una ipotesi di omessa motivazione, avendo il G.i.p. richiamato i principi affermati da questa Suprema Corte in ordine all'insussistenza di un diritto assoluto alla inviolabilita' del domicilio sulla scorta della giurisprudenza della Corte EDU, tale da precludere in ogni caso "l'esecuzione dell'ordine di demolizione di un immobile abusivo, finalizzato a ristabilire l'ordine giuridico violato, a tutela dei valori costituzionali della salvagardia dell'ambiente e dell'ordinato sviluppo del territorio, a maggior ragione se, come nel caso in esame, trattasi di manufatto, oltretutto di consistenti dimensioni, con finiture di pregio, costituito da tre livelli fuori terra, rientrante, con rilevante impatto ambientale, nel P.I. del piano territoriale paesistico, nel perimetro del parco del Vesuvio" (cfr. pag. 2 dell'ordinanza impugnata). Si tratta di una motivazione che sfugge a censure deducibili in questa sede, risultando anzi in linea con l'indirizzo interpretativo ripetutamente affermato da questa Suprema Corte, secondo cui "il diritto all'abitazione, riconducibile agli articoli 2 e 3 Cost. e all'articolo 8 CEDU, non e' tutelato in termini assoluti, ma e' contemperato con altri valori di pari rango costituzionale, come l'ordinato sviluppo del territorio e la salvaguardia dell'ambiente, che giustificano, secondo i criteri della necessita', sufficienza e proporzionalita', l'esecuzione dell'ordine di demolizione di un immobile abusivo, sempre che tale provvedimento si riveli proporzionato rispetto allo scopo che la normativa edilizia intende perseguire, rappresentato dal ripristino dello status preesistente del territorio" (Sez. 3, n. 48021 del 11/09/2019, Giordano, Rv. 277994 - 01). Quanto poi alle censure concernenti il mancato apprezzamento dell'istanza rivolta al comune di Torre del Greco, deve osservarsi che - al di la' della mancata allegazione degli esiti dell'istanza, sottolineata dal Procuratore Generale nella propria requisitoria - l'affermazione del Giudice dell'esecuzione, in ordine alla mancanza di allegazioni idonee a comprovare una indigenza della ricorrente, tale da precluderle soluzioni abitative diverse, appare immune da censure, se correlata alle imponenti dimensioni della struttura abusiva riconducibile alla ricorrente: ne' l'oggettivo rilievo di tale aspetto appare vulnerato dalla generica evocazione di documenti, nemmeno allegati al ricorso, relativi alla situazione familiare della (OMISSIS). 3. Anche con riferimento alla residua censura, deve escludersi la sussistenza del prospettato silenzio motivazionale. 3.1. Il G.i.p. ha ritenuto che il motivo integrativo, volto a denunciare la violazione del ne bis in idem argomentando dalla sentenza n. 149 del 2022 della Corte costituzionale, non consentisse valutazioni diverse da quelle gia' espresse nella precedente ordinanza, in cui la decisione negativa era stata motivato richiamando la costante elaborazione della giurisprudenza di legittimita' (cfr. ad es. Sez. 3, n. 51044 del 03/10/2018, M., Rv. 274128 - 01, secondo la quale "in materia di reati concernenti violazioni edilizie, l'imposizione dell'ordine di demolizione di un manufatto abusivo, anche se disposta dal giudice penale ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 31, comma 9, ha natura di sanzione amministrativa che assolve ad un'autonoma funzione ripristinatoria del bene giuridico leso e non ha finalita' punitive, producendo effetti sul soggetto che e' in rapporto con il bene, indipendentemente dall'essere o meno quest'ultimo l'autore dell'abuso, e non comportando la violazione del principio del ne bis in idem convenzionale, come interpretato dalla sentenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo nella causa Grande Stevens c. Italia del 4 marzo 2014"). Al riguardo, il Procuratore Generale ha sostenuto versarsi in una ipotesi di rigetto implicito della ulteriore argomentazione posta a sostegno, con il motivo nuovo, della gia' prospettata violazione del ne bis in idem, sottolineando altresi' che la Consulta era intervenuta in un ambito del tutto diverso, quale quello del diritto d'autore. 3.2. A tali condivisibili osservazioni deve poi aggiungersi, da un lato, il fatto che il motivo nuovo era stato presentato tardivamente, ovvero senza il rispetto dei cinque giorni per il deposito di memorie di cui all'articolo 666 c.p.p., comma 3, (dallo stesso ricorso emerge infatti - pag. 3 - che il deposito era stato effettuato il 20/01/2023, in vista dell'udienza tenutasi il successivo giorno 23). A tale specifico riguardo, va evidenziato che la giurisprudenza di questa Suprema Corte e' del tutto consolidata nell'affermare il principio "secondo cui ai sensi dell'articolo 127 c.p.p., applicabile all'incidente di esecuzione ex articolo 666 c.p.p. le memorie vanno presentate nel termine di cinque giorni prima dell'udienza. Conseguentemente, il giudice dell'incidente di esecuzione non deve tener conto delle memorie e dei documenti che siano prodotti oltre il termine del quinto giorno antecedente l'udienza (Sez. 5 n. 5458 del 09/01/2018, Bernini, Rv. 272444; Sez. 3, n. 39777 del 28/09/2010, Martimucci, Rv. 248768)" (cosi', da ultimo, Sez. 1, n. 20178 del 21/12/2022, dep. 2023, Gallo). D'altro lato, si intende comunque evidenziare, per completezza, che la prospettazione difensiva - secondo cui dovrebbe conferirsi natura penale alla sanzione costituita dall'ordine di demolizione emesso dall'autorita' amministrativa, per le conseguenze derivanti dall'inottemperanza all'ordine medesimo (costituite dall'acquisizione dell'immobile al patrimonio dell'ente: cfr. pafg. 20 del ricorso) ha cura di precisare che, nella specie, siffatto ordine, emesso ai sensi della L. n. 47 del 1985, articolo 7 dal comune di Torre del Greco, ha acquisito carattere di definitivita' (cfr. pag. 22 del ricorso). Tuttavia, la ricorrente non ha in alcun modo chiarito quale sarebbe, in base alla sua stessa prospettazione, il proprio concreto interesse alla proposizione del ricorso, avendo questa Suprema Corte ripetutamente chiarito che "in tema di reati edilizi, dopo l'acquisizione dell'opera abusiva al patrimonio disponibile del Comune, qualora il consiglio comunale non abbia deliberato il mantenimento del manufatto, ravvisando l'esistenza di prevalenti interessi pubblici, il condannato puo' chiedere la revoca dell'ordine di demolizione soltanto per provvedere spontaneamente all'esecuzione di tale provvedimento, essendo privo di interesse ad avanzare richieste diverse, in quanto il procedimento amministrativo sanzionatorio ha ormai come unico esito obbligato la demolizione della costruzione a spese del responsabile dell'abuso" (Sez. 3, n. 7399 del 13/11/2019, dep. 2020, Calise, Rv. 278090 - 01. In senso conforme, cfr. da ultimo Sez. 3, n. 6600 del 15/11/2022, dep. 2023, Ucciero). 4. Le considerazioni fin qui svolte impongono il rigetto del ricorso, e la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ZAZA Carlo - Presidente Dott. MICCOLI Grazia R.A. - Consigliere Dott. ROMANO Michele - rel. Consigliere Dott. BRANCACCIO Matilde - rel. Consigliere Dott. CARUSILLO Elena - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: 1. Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Reggio Calabria; 2. (OMISSIS) , nato ad (OMISSIS); 3. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 4. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 5. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 6. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 7. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 8. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 9. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 10. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); nel procedimento a carico di questi ultimi nove e di: 10. (OMISSIS) , nato a (OMISSIS); 11. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 12. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 13. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 14. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 15. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 16. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 17. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 18. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 09/07/2021 della Corte di appello di Catanzaro; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere Michele Romano; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Giuseppe Riccardi, che ha concluso per l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) limitatamente al trattamento sanzionatorio, e per l'inammissibilita' del ricorso nel resto, per l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) in relazione al capo 14 septies), nei confronti di (OMISSIS) in relazione al capo 14 sexies), nei confronti di (OMISSIS) in relazione al capo 14 bis), nei confronti di (OMISSIS) in relazione ai capi 14 quater) e 14 novies), nei confronti di (OMISSIS) in relazione al capo 14 novies) e per il rigetto del ricorso del Procuratore generale nel resto, nonche' per il rigetto dei ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) cl. (OMISSIS), per l'inammissibilita' dei ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) cl. (OMISSIS) e (OMISSIS); udito il difensore della parte civile Comune di (OMISSIS), avv. (OMISSIS), in sostituzione dell'avv. (OMISSIS), che si e' associata alle conclusioni del Procuratore generale; udito il difensore di (OMISSIS), avv. (OMISSIS), che ha concluso per il rigetto del ricorso del Procuratore generale; udito il difensore di (OMISSIS), avv. (OMISSIS), che ha concluso per il rigetto del ricorso del Procuratore generale e l'accoglimento del ricorso del suo assistito; udito il difensore di (OMISSIS) cl. (OMISSIS), avv. Armando Gerace, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso del suo assistito; udito il difensore di (OMISSIS), avv. (OMISSIS), che ha concluso per l'accoglimento del ricorso del suo assistito; udito il difensore di (OMISSIS) e (OMISSIS) cl. (OMISSIS), avv. (OMISSIS), che ha concluso per l'accoglimento dei ricorsi dei suoi assistiti; udito il difensore di (OMISSIS), avv. (OMISSIS), che ha concluso per l'accoglimento del ricorso del suo assistito; udito il difensore di (OMISSIS), avv. (OMISSIS), che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso del Procuratore generale e l'accoglimento del ricorso del suo assistito; udito il difensore di (OMISSIS), avv. (OMISSIS), in sostituzione dell'avv. (OMISSIS), che ha concluso per l'accoglimento del ricorso del suo assistito; udito il difensore di (OMISSIS), avv. (OMISSIS), che ha concluso per l'accoglimento del ricorso del suo assistito; udito il difensore di (OMISSIS), avv. (OMISSIS), che ha concluso per il rigetto del ricorso del Procuratore generale; udito il difensore di (OMISSIS) , avv. (OMISSIS), che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso del Procuratore generale; udito il difensore di (OMISSIS), avv. (OMISSIS), che ha concluso per il rigetto del ricorso del Procuratore generale. RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Reggio Calabria ha parzialmente riformato la sentenza del 25 luglio 2019 del Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Reggio Calabria che, all'esito del giudizio abbreviato, per quanto di interesse in questa sede, aveva affermato la penale responsabilita' di: - (OMISSIS) per il delitto di cui all'articolo 416-bis cod. pen. allo stesso ascritto al capo 1), con esclusione dell'aggravante di cui al sesto comma, nonche' dei delitti di cui ai capi 19), 22), 28) e 39); - (OMISSIS) per il delitto di cui all'articolo 416-bis cod. pen. a lui ascritto al capo 1), con esclusione dell'aggravante di cui al sesto comma, nonche' per i delitti di cui ai capi 18), 19), 31), 33), 35), 36), 37) e 44); - (OMISSIS) per il delitto di cui all'articolo 416-bis cod. pen. allo stesso ascritto al capo 1), con esclusione dell'aggravante di cui al sesto comma, nonche' per i delitti di cui ai capi 21), 23), 24), 25), 26), 27), 29), 30), 34), 37), 45), 48), 50), 51), 52), 53), 54), 55), 56) e 57); - (OMISSIS) per il delitto di cui all'articolo 416-bis cod. pen. allo stesso ascritto al capo 1), con esclusione dell'aggravante di cui al sesto comma, nonche' per i delitti di cui ai capi 5), 6), 13) 14 quater), 14 quinquies), 14 septies) e 14 novies); - (OMISSIS) per i delitti allo stesso ascritti ai capi 74) e 76), quest'ultimo riqualificato nel diverso reato di cui all'articolo 610 aggravato ex articolo 416-bis.1 cod. pen.; - (OMISSIS) per il delitto di cui all'articolo 416-bis cod. pen. allo stesso ascritto al capo 1), con esclusione dell'aggravante di cui al sesto comma, nonche' per i delitti di cui ai capi 74) e 76), quest'ultimo riqualificato nel diverso reato di cui all'articolo 610 cod. pen., circostanziato ex articolo 416-bis.1 cod. pen.; - (OMISSIS) per il delitto allo stesso ascritto al capo 14 sexies), previa esclusione dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 cod. pen.; - (OMISSIS) per il delitto allo stesso ascritto al capo 14); - (OMISSIS) per il delitto di cui all'articolo 416-bis cod. pen. allo stesso ascritto al capo 1), con esclusione della circostanza aggravante di cui al sesto comma; - (OMISSIS) per il delitto di cui all'articolo 416-bis cod. pen. allo stesso ascritto al capo 1), con esclusione della circostanza aggravante di cui al sesto comma, e per il delitto di cui al capo 14 novies); - (OMISSIS) per il delitto di cui all'articolo 416-bis cod. pen. allo stesso ascritto al capo 1), con esclusione della circostanza aggravante di cui al sesto comma, nonche' per i delitti di cui ai capi 4), 5), 8), 10) e 14 septies); - (OMISSIS) per il delitto di cui all'articolo 416-bis cod. pen. allo stesso ascritto al capo 1), con esclusione della circostanza aggravante di cui al sesto comma, nonche' per i delitti di cui ai capi 14 septies) e 14 novies); - (OMISSIS) per il delitto di cui all'articolo 416-bis cod. pen. allo stesso ascritto al capo 1), con esclusione della circostanza aggravante di cui al sesto comma, nonche' del delitto di cui al capo 14 septies); - (OMISSIS) per il delitto di cui all'articolo 416-bis cod. pen. allo stesso ascritto al capo 1), con esclusione della circostanza aggravante di cui al sesto comma; - (OMISSIS) per il delitto allo stesso ascritto al capo 14 bis), previa esclusione dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 cod. pen.; - (OMISSIS) cl. (OMISSIS) per il delitto di cui all'articolo 416-bis cod. pen. allo stesso ascritto al capo 1), con esclusione dell'aggravante di cui al sesto comma, nonche' per il delitto di cui al capo 76) riqualificato nel diverso reato di cui agli articoli 610 e 416-bis.1 cod. pen.; - (OMISSIS) cl. (OMISSIS) per il delitto di cui all'articolo 416-bis cod. pen. allo stesso ascritto al capo 1), con esclusione dell'aggravante di cui al sesto comma, nonche' dei delitti di cui ai capi 74) e 76), quest'ultimo riqualificato nel diverso reato di cui agli articoli 610 e 416-bis.1 cod. pen.; - (OMISSIS) cl. (OMISSIS) per il delitto di cui all'articolo 416-bis cod. pen. allo stesso ascritto al capo 1). Con la sentenza di primo grado e' stata accertata la responsabilita' per il reato di partecipazione alla âEuroËœndrangheta (capo 1) di diversi soggetti appartenenti alle cosche gia' radicate nei comuni di (OMISSIS) e (OMISSIS) e che controllavano il settore degli appalti pubblici nel territorio del Comune di (OMISSIS). Inoltre, la sentenza ha affermato la penale responsabilita' di diversi imputati per reati di estorsione ai danni di imprenditori operanti nel settore degli appalti pubblici o comunque collegati a tale attivita' imprenditoriale. Oltre ai soggetti gia' storicamente inseriti nelle cosche di (OMISSIS) e (OMISSIS) e che risultavano egemoni anche nel territorio di (OMISSIS), quali i fratelli (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) detti bruciati, i (OMISSIS) ramati ed i (OMISSIS) lare' ( (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)), la sentenza di primo grado ha accertato che a (OMISSIS) esistevano anche alcuni esponenti della âEuroËœndrangheta che erano intenzionati a costituire a (OMISSIS) un nuovo locale, cosi' da limitare l'ingerenza dei forestieri, nonche' un'ulteriore realta' criminale di nuova formazione, composta da soggetti che tra loro si chiamavano con l'appellativo di "Cumps" (versione "moderna" del termine compari) ed operante sempre sul territorio di (OMISSIS) e a questo nuovo gruppo criminale appartenevano, secondo la sentenza di primo grado, tra gli altri, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Infine, il Giudice dell'udienza preliminare ha ritenuto l'esistenza un altro sodalizio criminale avente connotazioni mafiose ed operante nel Comune di (OMISSIS), sotto le direttive di un capo storico della âEuroËœndrangheta di (OMISSIS) quale (OMISSIS) e composto da (OMISSIS), (OMISSIS) cl. (OMISSIS), (OMISSIS) cl. (OMISSIS) e (OMISSIS) cl. (OMISSIS), anche loro raggiunti da statuizione di condanna per il capo associativo mafioso. 2. La Corte d'Appello ha, invece, per quanto rileva in questa sede: - assolto (OMISSIS) dalle imputazioni di cui ai capi 1) e 19) perche' il fatto non sussiste e dichiarato non doversi procedere nei suoi confronti per gli altri reati perche' estinti per prescrizione; - assolto (OMISSIS) dalle imputazioni di cui ai capi 1), 18), 19), 36) e 37) perche' il fatto non sussiste e dichiarato non doversi procedere nei suoi confronti per gli altri reati perche' estinti per prescrizione; - assolto (OMISSIS) dalle imputazioni di cui ai capi 1), 37), 48), 50) e 51) perche' il fatto non sussiste e dichiarato non doversi procedere nei suoi confronti per gli altri reati, perche' estinti per prescrizione; - assolto (OMISSIS) dalle imputazioni di cui ai capi 13), perche' il fatto non sussiste, e 14 novies), per non aver commesso il fatto e dichiarato non doversi procedere nei suoi confronti per il reato di cui al capo 14 quater) perche' estinto per prescrizione; - assolto (OMISSIS) dalle imputazioni a lui ascritte perche' il fatto non sussiste; - assolto (OMISSIS) dall'imputazione a lui ascritta al capo 74) perche' il fatto non sussiste; - assolto (OMISSIS) dall'imputazione di cui al capo 14 sexies) perche' il fatto non costituisce reato; - assolto (OMISSIS) dall'imputazione di cui al capo 14 novies) per non avere commesso il fatto; - assolto (OMISSIS) dalle imputazioni di cui ai capi 1) e 14 septies) perche' il fatto non sussiste e dichiarato non doversi procedere nei suoi confronti in relazione ai reati di cui ai capi 4), 5), 8) e 10) perche' estinti per prescrizione; - assolto (OMISSIS) dall'imputazione di cui al capo 1) perche' il fatto non sussiste; - assolto (OMISSIS) dall'imputazione ascrittagli al capo 14 bis) perche' il fatto non costituisce reato; - assolto (OMISSIS) dall'imputazione a lui contestata al capo 74) perche' il fatto non sussiste. Ha pure rideterminato la pena per gli imputati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS) cl. (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). 3. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d'Appello di Reggio Calabria chiedendone l'annullamento in relazione alle posizioni di (OMISSIS) , (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) ed articolando undici motivi. 3.1. Con il primo motivo il ricorrente si duole, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera e), cod. proc. pen., in relazione alla assoluzione di (OMISSIS) dalla imputazione per il reato associativo contestato al capo 1), della mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione. Sostiene che l'assoluzione dell'imputato si fonda sull'omessa considerazione della circostanza che egli era invitato a prendere parte ai "tavoli" ove si decidevano le spartizioni degli appalti. Tale circostanza emergeva in particolare dall'intercettazione ambientale 13003 del 27 gennaio 2011 riportata alle pagg. 339 e segg. della sentenza di primo grado. La presenza a detti "tavoli" era concepibile solo in virtu' della partecipazione di (OMISSIS) alla âEuroËœndrangheta, ne' altrimenti l'imputato avrebbe avuto motivo di dolersi se associati del calibro di (OMISSIS), gia' condannato con altra sentenza per la partecipazione al sodalizio mafioso, non gli "avessero passato parola", essendosi il (OMISSIS) limitato ad interloquire con il capo locale, violando un dovere di comunicazione nei confronti degli altri sodali. La motivazione, sostiene il ricorrente, e' errata laddove fonda il convincimento della estraneita' di (OMISSIS) dalla sua affermazione, oggetto di intercettazione in data 28 luglio 2009 e riportata alla pag. 479 della sentenza di appello, che nel caso fosse scoppiata una guerra di mafia egli non avrebbe avuto da temere alcunche', potendo permettersi di camminare per strada anche a mezzanotte senza essere toccato da alcuno. In realta', secondo il ricorrente, (OMISSIS) era tranquillo non perche' estraneo al sodalizio criminale, ma perche' intratteneva buoni rapporti sia con i (OMISSIS) "bruciati" della locale di (OMISSIS), sia con (OMISSIS), capo della âEuroËœndrina distaccata di (OMISSIS), come si comprende da altre intercettazioni riportate nella sentenza di primo grado alle pagg. 224 e segg. ed in particolare dalla intercettazione ambientale progressivo n. 923 del 29 agosto 2000 riportata alle pagine 230 e segg. della sentenza di primo grado in cui (OMISSIS) e (OMISSIS) affermano di stare con i (OMISSIS) "bruciati" e con i (OMISSIS) "lari'", ma non per questo di stare contro (OMISSIS). Il ricorrente sostiene che la motivazione e' errata anche laddove fonda l'assoluzione sul proposito, espresso da (OMISSIS) , di elargire qualcosa alla famiglia (OMISSIS) laddove egli si fosse aggiudicato l'appalto dei lavori del cimitero, atteso che non e' inconciliabile con lo status di associato alla âEuroËœndrangheta il pagamento di mazzette ad altri appartenenti al sodalizio criminale, come riconosciuto in molte altre sentenze e anche nella sentenza di appello, che aveva riconosciuto (OMISSIS) "bruciato" colpevole di un'estorsione ai danni di un imprenditore che era protetto dalla cosca (OMISSIS) di (OMISSIS) (capo 14 novies). Peraltro, detta elargizione non era una tangente calcolata in proporzione al valore dei lavori appaltati, ma una somma minore, spontaneamente corrisposta in segno di rispetto nei confronti del capo della ndrina di riferimento. Infine, per le ragioni svolte con il secondo motivo di ricorso, era errata l'assoluzione di (OMISSIS) dal delitto di estorsione contestato al capo 14 septies), che costituiva un reato fine dell'associazione mafiosa e la cui commissione da parte dell'imputato avvalorava il suo inserimento nella stessa. 3.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera e), cod. proc. pen., in relazione alla assoluzione di (OMISSIS) dalla imputazione per il reato di estorsione contestato al capo 14 septies), la mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione, nonche', ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b), cod. proc. pen., la violazione dell'articolo 192 cod. proc. pen. e degli articoli 110 e 629 cod. pen. Il ricorrente evidenzia che la Corte d'Appello ha ammesso che (OMISSIS) avesse svolto il ruolo di tramite tra i (OMISSIS) "bruciati", che avevano attuato l'estorsione, e (OMISSIS), che l'aveva subita, e tuttavia ha escluso la partecipazione di (OMISSIS) al delitto. La Corte di merito, segnala il ricorrente, ha affermato che la circostanza che (OMISSIS) , su richiesta dei (OMISSIS) "bruciati" o nell'interesse dei (OMISSIS), avesse fatto da tramite con il (OMISSIS) per il pagamento di alcune somme che dovevano essere date a (OMISSIS) per i lavori eseguiti non dimostrerebbe che egli controllasse i lavori o fungesse da tramite tra le cosche e l'imprenditore. Sostiene, allora, il ricorrente che tale conclusione e' frutto di un evidente travisamento, poiche' non emergerebbe da alcun elemento che i (OMISSIS) "bruciati" abbiano chiesto a (OMISSIS) di intercedere per far ottenere i soldi a (OMISSIS). Risulterebbe, invece, che i (OMISSIS) avevano chiesto a (OMISSIS) di intercedere per ottenere il pagamento delle somme loro dovute. A sostegno di tale conclusione il Procuratore generale invoca l'intercettazione del 22 settembre 2009 riportata alla pag. 446 della sentenza di appello, avente ad oggetto una conversazione tra (OMISSIS) e (OMISSIS) in cui il primo riportava al secondo il contenuto di una conversazione con (OMISSIS)"bruciato" asserendo che essa aveva ad oggetto la quantificazione dei soldi dell'estorsione, precisando che al termine della stessa (OMISSIS)l'aveva invitato a richiedere la consegna dei soldi per il giorno seguente, ma egli aveva rifiutato poiche' i termini dell'accordo raggiunto erano diversi e bisognava aspettare. Da detta conversazione emergerebbe, quindi, che (OMISSIS) fungeva da tramite alle richieste di tangenti rivolte dai (OMISSIS) "bruciati" a (OMISSIS) e sovrintendeva ai conti dei lavori che il (OMISSIS) doveva presentare ai predetti onde calcolare la percentuale loro dovuta, come affermato dalla sentenza di primo grado alle pagine 529 e segg. Il Procuratore generale ha anche riportato nel suo ricorso il testo delle conversazioni intercettate che avallerebbero tale conclusione, esaminate dal giudice di primo grado e pretermesse dalla Corte di appello. Il ricorrente sostiene pure che sono stati violati gli articoli 110 e 629 cod. pen., alla luce del principio reiteratamente affermato da questa Corte di cassazione per cui ai fini dell'integrazione del concorso di persone nel reato di estorsione e' sufficiente la coscienza e volonta' di contribuire, con il proprio comportamento, al raggiungimento dello scopo perseguito da colui che esercita la pretesa illecita, cosicche' anche l'intermediario, nelle trattative per la individuazione della persona alla quale versare la somma estorta, risponde del reato di concorso in estorsione, salvo che il suo intervento abbia avuto la sola finalita' di perseguire l'interesse della vittima e sia stato dettato da motivi di solidarieta' umana (Sez. 2, n. 6824 del 18/01/2017, Bonapitacola, Rv. 269117). Nel caso di specie (OMISSIS) ha agito allo scopo di favorire gli estorsori e non la vittima. 3.3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b), cod. proc. pen., in relazione all'assoluzione di (OMISSIS) dalla imputazione per il reato di cui all'articolo 378 cod. pen. contestato al capo 14 sexies), la violazione degli articoli 378 e 384 cod. pen. La Corte d'Appello, evidenzia il ricorrente, ha riconosciuto che l'imputato e' stato reticente quando e' stato sentito a sommarie informazioni da parte delle forze dell'ordine e tuttavia ha applicato l'esimente di cui all'articolo 384 cod. pen., ritenendo che l'imputato avesse taciuto a causa del timore di ritorsioni. Sostiene allora il Procuratore generale che tale disposizione e' stata erroneamente applicata in modo eccessivamente estensivo, dovendo invece operare il principio, affermato da questa Corte di cassazione, per cui, in tema di reati contro l'amministrazione della giustizia, l'esimente prevista dall'articolo 384, primo comma, cod. pen. non puo' essere invocata sulla base del mero timore, anche solo presunto o ipotetico, di un danno alla liberta' o all'onore, implicando essa non solo un rapporto di derivazione del fatto commesso dalla esigenza di tutela di detti beni, ma, soprattutto, che detto rapporto sia rilevabile sulla base di un criterio di immediata ed inderogabile consequenzialita' e non di semplice supposizione, per cui il pericolo deve essere collegato a circostanze obiettive ed attuali e risultare evitabile soltanto con la commissione di uno dei reati in relazione ai quali l'esimente opera (Sez. 2, n. 7264 del 14/01/2020, Spini, Rv. 278424). Il timore invocato dalla Corte di appello era solo ipotetico e presunto e, comunque, mai era stato invocato dall'imputato. L'interpretazione estensiva adottata dalla Corte di appello avrebbe condotto all'abrogazione implicita dell'articolo 378 cod. pen. nei territori controllati dalla criminalita' organizzata, potendo sempre ipotizzarsi che le false dichiarazioni siano state ingenerate da paura e non dalla volonta' di proteggere gli autori dei fatti oggetto di indagine. 3.4. Con il quarto motivo il ricorrente si duole, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b), cod. proc. pen., in relazione alla assoluzione di (OMISSIS) dalla imputazione per il reato di cui all'articolo 378 cod. pen. contestato al capo 14 bis), della violazione degli articoli 378 e 384 cod. pen., richiamando gli argomenti gia' posti a base del terzo motivo di ricorso. 3.5. Con il quinto motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera e), cod. proc. pen., in relazione alla dichiarazione di non doversi procedere a carico di (OMISSIS) per il reato di cui all'articolo 353 cod. pen. contestato al capo 14 quater) perche' estinto per prescrizione, la erroneita' e contraddittorieta' della motivazione. La Corte territoriale ha accertato la sussistenza del reato, ma ha escluso l'aggravante ex articolo 416-bis.1 cod. pen. e ha dichiarato che esso si era estinto per prescrizione; ha motivato l'esclusione dell'aggravante affermando che il (OMISSIS), pur essendo inserito nel sodalizio mafioso, non aveva agito per agevolare lo stesso, ma nel proprio esclusivo interesse. Sostiene, allora, il Procuratore generale che la motivazione e' contraddittoria perche' l'aggravante e' stata ritenuta sussistente in relazione al delitto contestato al capo 14 quinquies), sebbene questo riguardi il medesimo appalto cui si riferisce il delitto di cui al capo 14 quater). Dapprima il (OMISSIS) ha turbato la regolarita' dell'appalto contattando diversi imprenditori per farli desistere dalla gara e poi, non essendo riuscito a far desistere tutti i concorrenti, si era presentato all'aggiudicatario per conto della cosca (OMISSIS) , ottenendo cosi' la cessione di parte dei lavori appaltati. Poiche' il (OMISSIS) non aveva una sua impresa edile, non poteva sostenersi, come aveva fatto la Corte di appello, che egli avesse agito per un suo personale interesse, e proprio i giudici di secondo grado, nell'affermare la sua penale responsabilita' per il delitto associativo, avevano evidenziato che egli partecipava all'esecuzione di tutti i lavori appaltati solo in virtu' della sua partecipazione alla âEuroËœndrangheta e dell'appoggio che gli veniva assicurato dalla famiglia dei (OMISSIS) "bruciati" di (OMISSIS). Era, quindi, contraddittorio affermare che egli avesse turbato la regolarita' dell'appalto per motivi personali e poi avesse costretto l'aggiudicatario a cedergli parte dei lavori agendo nell'interesse della cosca. 3.6. Con il sesto motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera e), cod. proc. pen., in relazione alla assoluzione di (OMISSIS) e (OMISSIS) dalla imputazione di tentata estorsione ai danni di (OMISSIS) contestata al capo 14 novies), la erroneita' e contraddittorieta' della motivazione, nonche', ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b), cod. proc. pen., la violazione degli articoli 110, 56, 629, secondo comma, e 628, terzo comma n. 1, cod. pen. La Corte d'Appello ha pronunciato nei confronti dei predetti una sentenza assolutoria, ritenendo isolato il riferimento agli stessi contenuto nelle intercettazioni ambientali e il loro ruolo, in relazione a detto episodio estorsivo, del tutto marginale e privo di efficienza causale; l'estorsione era condotta da (OMISSIS) "bruciato" e la mera presenza del (OMISSIS) e del (OMISSIS) ad un incontro tra estorsore e vittima era troppo isolata e marginale per fondare una pronuncia di condanna. Evidenzia il ricorrente che la giurisprudenza di questa Corte di cassazione afferma che ai fini della configurabilita' del concorso di persone nel delitto di estorsione e' sufficiente anche la semplice presenza, purche' non meramente casuale, sul luogo della esecuzione del reato, quando sia servita a fornire all'autore del fatto stimolo all'azione o maggior senso di sicurezza nel proprio agire, palesando chiara adesione alla condotta delittuosa (Sez. 2, n. 28895 del 13/07/2020, Massaro, Rv. 279807) o esercitare una maggiore pressione sulla vittima, riducendone la forza di reazione (Sez. 2, n. 671 del 23/10/2019, dep. 2020, Pignataro, Rv. 277817) e che dalle intercettazioni e' emerso che lo stesso (OMISSIS) ha riferito a (OMISSIS) di avere preso parte con (OMISSIS) e (OMISSIS) alla riunione svoltasi a (OMISSIS) in cui i tre avevano preteso da (OMISSIS) " (OMISSIS)", che aveva svolto il ruolo di garante, il rispetto dell'impegno assunto dall'imprenditore (OMISSIS) che, eseguendo lavori in un territorio controllato dalle cosche di (OMISSIS), era tenuto a pagare a queste una percentuale. Non e', quindi, possibile ritenere casuale ed insignificante la presenza dei due imputati all'incontro tenutosi a (OMISSIS). Le intercettazioni, utilizzate anche per affermare la penale responsabilita' del (OMISSIS) e del (OMISSIS) per il reato associativo, dimostravano che essi avevano preso parte anche ad altre vicende di analoga natura, cosicche' era illogico ritenere che in questa occasione la loro presenza fosse priva di efficienza causale. 3.7. Con il settimo motivo il ricorrente si duole, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera e), cod. proc. pen., in relazione alla assoluzione di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) dalla imputazione di estorsione contestata al capo 74), della erroneita' e contraddittorieta' della motivazione, nonche', ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b), cod. proc. pen., della violazione degli articoli 192 e 533 cod. proc. pen. e dell'articolo 353 cod. pen. In relazione ai lavori della chiesa di (OMISSIS) nel Comune di (OMISSIS) la Corte di appello ha assolto gli imputati per mancanza di prova della natura estorsiva della fornitura. Segnala il ricorrente che la persona offesa ha sempre affermato che la sua liberta' di autodeterminazione in relazione alla scelta dei soggetti da quali rifornirsi era stata lesa e che, dopo essersi rivolta per la sabbia ad (OMISSIS), era stata contattata da un altro soggetto interessato a fornire lo stesso materiale, ma era stata redarguita dallo (OMISSIS), che con tono minaccioso gli aveva dichiarato che una volta che egli si era rivolto a lui non avrebbe potuto accettare sabbia da altri; nemmeno la persona offesa aveva potuto contrattare il prezzo, determinato unilateralmente dallo (OMISSIS) in misura giudicata esorbitante dal teste. La Corte ha, quindi, errato nell'affermare che dal racconto della persona offesa non si ricavava l'esistenza di imposizioni. Inoltre, sostiene il ricorrente, la Corte d'Appello avrebbe errato nel ritenere non sufficienti a provare le responsabilita' le dichiarazioni della persona offesa per mancanza di riscontri in ordine al numero delle forniture ed al prezzo fuori mercato che le era stato praticato, dovendo invece trovare applicazione il principio per il quale le dichiarazioni testimoniali della persona offesa sono sufficienti a provare i fatti purche' sia stata accertata la loro attendibilita'. Ne' si chiarisce perche' la stessa persona offesa, ritenuta attendibile in relazione al reato contestato al capo 76), sarebbe inattendibile in relazione al capo 74). Peraltro, le dichiarazioni della persona offesa sono riscontrate dal contenuto delle intercettazioni riportate alle pagine 715 e 716 della sentenza di primo grado, non prese in considerazione dalla sentenza di appello, in cui il (OMISSIS) dichiarava che avrebbe pagato solo un prezzo giusto e non quello che gli era stato richiesto, che considerava esorbitante. Infine, il ricorrente lamenta la violazione dell'articolo 629 cod. pen., sostenendo che la Corte di appello ha omesso di prendere in considerazione il profilo della estorsione contrattuale, evidenziato nella sentenza di primo grado: la sproporzione tra il prezzo praticato e quello di mercato era irrilevante, poiche' comunque la persona offesa era stata costretta al rapporto contrattuale in violazione della propria autonomia negoziale. 3.8. Con l'ottavo motivo il ricorrente, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera e), cod. proc. pen., in relazione alla assoluzione di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) dall'imputazione per il reato associativo contestato al capo 1), lamenta la mancanza, erroneita' e contraddittorieta' della motivazione. Il ricorrente sottolinea che la Corte d'Appello ha confermato che gli imputati si sono resi colpevoli di numerosi reati in materia di droga ed armi, dichiarati estinti per prescrizione solo in conseguenza della ritenuta insussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 cod. pen., e piu' volte hanno tentato di ingerirsi nei lavori pubblici eseguiti nel territorio, esercitando pressioni per ottenere richieste di forniture o rivolgendo richieste di denaro ai vari imprenditori e, tuttavia, ha ritenuto che tali condotte non consentissero loro di esercitare un controllo sul territorio o di esercitare un potere di intimidazione tale da integrare il reato associativo di cui all'articolo 416-bis cod. pen. Sostiene che tale conclusione deriva dall'omessa considerazione di taluni elementi di prova che, invece, dimostravano che l'associazione aveva gia' conseguito, grazie alla sua forza di intimidazione, il rispetto della popolazione che la considerava quale struttura in grado di assicurare protezione. Tale circostanza emergeva dalla conversazione intercettata in data 24 marzo 2012 tra (OMISSIS) ed un uomo di etnia rom di nome Patrizio ed avente ad oggetto il furto di uova pasquali all'interno di un supermercato di (OMISSIS) il cui proprietario aveva preferito rivolgersi al (OMISSIS) piuttosto che alle forze dell'ordine o agli esponenti della locale di (OMISSIS) o della ndrina di (OMISSIS). Nella conversazione il (OMISSIS) minacciava di uccidere gli autori del furto e il suo interlocutore, manifestandosi intimidito, si dichiarava disposto a collaborare; l'intervento del (OMISSIS) non era dovuto alla entita' del furto, ma alla circostanza che esso fosse avvenuto senza la previa autorizzazione. Il ricorrente riporta nel ricorso il testo della conversazione intercettata. Il Procuratore generale sostiene pure che sono state travisate le intercettazioni dalle quali risulta che il gruppo capeggiato dal (OMISSIS) era entrato in fibrillazione quando i componenti della famiglia (OMISSIS) erano stati arrestati per detenzione di armi. L'interesse di (OMISSIS) non era dettato da mera curiosita' o da spirito di solidarieta', ma dal timore di un suo coinvolgimento nelle indagini, avendo (OMISSIS) sotterrato in un terreno molte armi appartenenti al gruppo, come risulta dal contenuto di una intercettazione trascritta nel ricorso. L'errata considerazione della conversazione intercettata aveva poi condotto ad una sottovalutazione delle conversazioni intercettate relative alla raccolta di fondi per sostenere il (OMISSIS) durante la carcerazione, che era stata erroneamente interpretata come un mero gesto ispirato a solidarieta' tra amici, mentre costituiva adempimento di un obbligo della associazione nei confronti del singolo associato che rispondeva penalmente per la detenzione di armi che in realta' appartenevano all'associazione. Errata o comunque incompleta era anche la ricostruzione del danneggiamento con colpi di pistola della motopala del (OMISSIS), sminuita dalla Corte di appello che l'aveva ritenuta una ragazzata, travisandone il vero movente, ossia compiere un attentato ai mezzi di (OMISSIS), cognato degli (OMISSIS), onde affermare la loro supremazia sul territorio; essi avevano colpito il veicolo del (OMISSIS) confondendolo con quello del (OMISSIS). Il ricorrente riporta nel ricorso il testo della conversazione intercettata tra (OMISSIS) e (OMISSIS) in cui viene ricostruito l'episodio. Neppure, si duole il ricorrente, e' stata considerata la conversazione intercettata il 14 giugno 2011 tra (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e tale (OMISSIS) in cui il (OMISSIS) aveva affermato l'esistenza di un programma delinquenziale finalizzato ad ottenere il controllo sui lavori edili eseguiti nel loro paese. Dalle prove pretermesse e da quelle erroneamente valutate si desumono ulteriori elementi che, uniti a quelli gia' valutati dalla Corte di appello, consentono di affermare la penale responsabilita' degli imputati per il reato di partecipazione ad associazione di tipo mafioso di cui ricorrono tutti gli elementi costitutivi. 3.9. Con il nono motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera e), cod. proc. pen., in relazione alla assoluzione di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) dalla imputazione per il reato associativo contestato al capo 1), la mancanza, erroneita' e contraddittorieta' della motivazione, nonche', ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b), cod. proc. pen., la violazione dell'articolo 521 cod. proc. pen. e dell'articolo 416, primo, secondo e terzo comma, cod. pen. La Corte di appello, pur escludendo la sussistenza di un'associazione di tipo mafioso, ammette la esistenza di un gruppo criminale genericamente dedito alla commissione di reati e difatti risulta accertato che gli imputati hanno commesso molteplici delitti in materia di armi e stupefacenti, danneggiamenti, cosicche' non risultano indicate le ragioni per le quali non ha ritenuto di sussumere il reato associativo, esclusa la sua natura mafiosa del gruppo criminale, nella fattispecie prevista dall'articolo 416 cod. pen. Per il reato previsto dal primo comma della disposizione appena citata, ascrivibile a (OMISSIS) e (OMISSIS), ai quali al capo 1 veniva attribuita la qualifica di capo, il termine di prescrizione non risulta ancora decorso. Inoltre, il termine non sarebbe decorso per tutti gli imputati laddove fosse stata ritenuta sussistente l'aggravante della "scorreria in armi", applicabile nel caso di specie, avendo gli imputati in piu' occasioni portato con loro armi nelle pubbliche vie ed utilizzato le stesse per commettere delitti di danneggiamento volti ad accrescere la forza di intimidazione del gruppo criminale. 3.10. Con il decimo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera e), cod. proc. pen., in relazione alla esclusione dell'aggravante ex articolo 416-bis.1 cod. pen. ed alla conseguente dichiarazione di prescrizione per i reati di cui ai capi 21), 22), 23), 24), 27), 29), 30), 31), 33), 34) e 35) contestati a (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), la assenza, erroneita' e contraddittorieta' della motivazione. Sostiene, in particolare, che gli errori di motivazione lamentati in ordine al reato associativo si riverberano sugli altri reati conducendo alla esclusione dell'aggravante sopra indicata e sul termine di prescrizione. L'accoglimento dell'ottavo motivo di ricorso dovrebbe, invece, condurre a ritenere sussistente l'aggravante in relazione agli altri reati, da considerarsi quindi non prescritti. 3.11. Con l'undicesimo motivo il ricorrente si duole, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera e), cod. proc. pen., in relazione alla assoluzione di (OMISSIS) dalla imputazione di rapina contestata al capo 36), mancanza, erroneita' e contraddittorieta' della motivazione, nonche', ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b), cod. proc. pen., della violazione dell'articolo 521 cod. proc. pen. e degli articoli 110, 624, 625, primo comma, nn. 5 e 7 cod. pen. Sostiene il ricorrente che l'assoluzione dipende dal travisamento del fatto e che in una parte della motivazione (a pag. 472 della sentenza di appello) la assoluzione sembra dipendere dalla circostanza che la condotta e' stata tenuta da altri e precisamente da Antonino (OMISSIS) ed in altra parte della sentenza sembra che l'assoluzione dipenda dalla circostanza che la appropriazione delle merci non sia collegata alle minacce rivolte al titolare dell'esercizio commerciale. Quanto alla partecipazione di (OMISSIS) al delitto, esso emerge da una conversazione intercettata in data 21 gennaio 2012 tra Nicola ed (OMISSIS). Non rileva che la condotta "principale" sia stata attuata dal (OMISSIS), se poi anche altri, e tra questi (OMISSIS), hanno contribuito moralmente o materialmente alla esecuzione del delitto. Inoltre, laddove fosse stato ritenuto insussistente il collegamento tra la sottrazione della merce e la minaccia, il fatto avrebbe dovuto essere riqualificato quale minaccia e furto aggravato perche' commesso da almeno tre persone e su cose esposte alla pubblica fede; quest'ultimo reato, in virtu' delle aggravanti contestate, non sarebbe ancora prescritto. 4. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso anche (OMISSIS), a mezzo dei suoi difensori, ciascuno con un proprio atto introduttivo, chiedendone l'annullamento ed articolando complessivamente ventisei motivi. All'esito del giudizio di appello (OMISSIS) risulta condannato sia per il delitto associativo mafioso contestato al capo 1) quale promotore ed organizzatore dal marzo 2009 al mese di aprile 2013, sia per il delitto di estorsione aggravata ai danni di (OMISSIS) contestato al capo 14 septies) e quello di tentata estorsione aggravata ai danni di (OMISSIS) di cui al capo 14 novies). 4.1. Con il primo motivo - corrispondente al primo motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), cod. proc. pen., violazione di legge e mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in ordine ai criteri di valutazione adottati in ordine alle conversazioni intercettate a bordo dell'autovettura utilizzata da (OMISSIS) . Evidenzia il ricorrente che l'affermazione della sua penale responsabilita' poggia principalmente, avendo la Corte di appello ritenuto di scarso rilievo le propalazioni del collaborante (OMISSIS), sul contenuto delle conversazioni intercettate e sulla sentenza emessa all'esito del processo c.d. Touaerg, che tuttavia veniva travisata poiche' con essa gli era stata attribuito il ruolo di mero partecipe al sodalizio mafioso dal 1983 al 20 maggio 1998, mentre nella sentenza qui impugnata si afferma che con essa sarebbe stato accertato il suo ruolo apicale. Il ricorrente segnala in primo luogo che non sono emersi elementi di prova a suo carico per reati di criminalita' di tipo mafioso nei vari procedimenti penali che dal 1998 al 2009 hanno anche interessato il territorio di (OMISSIS), cosicche' e' illogico far derivare dalla sentenza Touareg la sua permanenza nella associazione e finanche un suo ruolo apicale. La stessa Corte di appello ammette alla pag. 484 della sentenza qui impugnata che la principale prova a suo carico e' rappresentata dal contenuto delle conversazioni intercettate. Alle conversazioni prendono parte, oltre a (OMISSIS) , anche altri soggetti e tra questi soprattutto il suo amico (OMISSIS); in esse (OMISSIS) o altri espongono fatti ai quali hanno direttamente assistito, mentre in altre vengono espresse mere ipotesi o congetture su chi e perche' era interessato agli appalti ed alla loro spartizione; in alcune occasioni (OMISSIS) riferiva ai suoi interlocutori circostanze apprese da altri soggetti nominativamente indicati, che poi, quando erano stati intercettati a bordo dell'autovettura di (OMISSIS) , avevano smentito il narrato di quest'ultimo. Tali "smentite" erano state segnalate dalla difesa del ricorrente alla Corte di appello sia nell'atto di impugnazione, sia in una memoria difensiva, atteso che l'attendibilita' delle dichiarazioni rese da (OMISSIS) nel corso delle conversazioni intercettate costituiva un tema cruciale del processo. A tale proposito il ricorrente sottolinea che (OMISSIS) e' stato assolto dall'imputazione di partecipazione alla âEuroËœndrangheta per insussistenza del fatto, cosicche' la attendibilita' non poteva basarsi sulla sua intraneita' al sodalizio criminale e difatti la Corte di appello, ben consapevole di cio', afferma che la attendibilita' di (OMISSIS) poggia sulla sua qualita' di imprenditore edile operante nel territorio del Comune di (OMISSIS), costretto a confrontarsi con un sistema di spartizione degli appalti organizzato dalle locali cosche di âEuroËœndrangheta che lo estrometteva costantemente dall'aggiudicazione di lavori pubblici, inclusi quelli sotto soglia che, secondo le regole fissate dal sodalizio criminale, dovevano essere eseguiti dalle imprese locali di (OMISSIS). Egli, appartenendo a tale contesto imprenditoriale, era prossimo ai fatti raccontati. Evidenzia il ricorrente che, tuttavia, (OMISSIS) deve essere ritenuto estraneo alle dinamiche associative mafiose e non puo', quindi, riferire in ordine alle stesse, essendo una rigida regola associativa quella che vieta ai sodali di divulgare all'esterno le vicende interne all'organizzazione criminale. Inoltre, la difesa del ricorrente aveva segnalato alla Corte di appello due occasioni in cui il contenuto delle conversazioni intercettate si era rivelato scientemente falso. Precisamente, in una conversazione avvenuta in data (OMISSIS) (OMISSIS) aveva riferito a (OMISSIS) di avere casualmente incontrato (OMISSIS) che lo aveva invitato a rimanere a casa quella sera per festeggiare il compleanno del figlio, mentre nessuno dei figli di (OMISSIS) e' nato in quella data o in date ad essa vicine e, pertanto, deve concludersi che si tratti di circostanza frutto di invenzione. Altro episodio riguarda la conversazione tra (OMISSIS) e (OMISSIS) in data (OMISSIS) in cui il primo aveva riferito al secondo che tale (OMISSIS), identificato in (OMISSIS), gli aveva detto che nei lavori delle fogne erano coinvolti anche i (OMISSIS) "bruciati", mentre fino a quel momento (OMISSIS) aveva creduto che fossero coinvolti solo i (OMISSIS) "ramati". Anche il contenuto di questa conversazione viene smentito dalla conversazione avvenuta in data 3 febbraio 2011 tra (OMISSIS) e (OMISSIS) , nel corso della quale, mentre i due stavano transitando davanti al cantiere dei lavori delle fogne, il primo aveva chiesto al secondo quali lavori stessero realizzando all'interno del cantiere e (OMISSIS) aveva risposto che si trattava dei lavori delle fogne e che essi erano di interesse esclusivo dei (OMISSIS) "ramati". Dagli episodi sopra descritti emerge che (OMISSIS) era solito mentire e la Corte di appello non si e' affatto confrontata con tali evidenze, sebbene segnalate dalla difesa, cosicche' sussiste sul punto un'evidente carenza di motivazione. La Corte di appello, in talune ipotesi, ha ritenuto non attendibile quanto riferito da (OMISSIS) a (OMISSIS) a causa della inattendibilita' della fonte di conoscenza di (OMISSIS) , in ordine alla quale pure quest'ultimo aveva espresso dubbi e perplessita' al suo amico (OMISSIS). Cosi' era avvenuto in relazione alla veridicita' delle dichiarazioni autoaccusatorie che (OMISSIS) aveva rivolto a (OMISSIS) asserendo di avere compiuto un grave atto di danneggiamento seguito da incendio per un valore di Euro 700.000,00. Avendo lo stesso (OMISSIS) espresso dubbi in ordine alla veridicita' di quanto appreso dal (OMISSIS), quest'ultimo era stato assolto dalla relativa imputazione (capo 13) per insussistenza del fatto, in mancanza di ulteriori riscontri. Il ricorrente evidenzia che, tuttavia, la Corte di appello non ha costantemente applicato tale criterio di giudizio. (OMISSIS) , nel corso delle conversazioni intercettate, aveva dichiarato di avere appreso da (OMISSIS) di un incontro, avvenuto all'interno di un bar a (OMISSIS) durante le festivita' natalizie del (OMISSIS), tra (OMISSIS) e (OMISSIS) in occasione del quale (OMISSIS) aveva tentato di estromettere il (OMISSIS) dalla gestione dei "lavori delle coste". Il (OMISSIS) aveva affermato di avere partecipato all'incontro, ma (OMISSIS) aveva espresso a (OMISSIS) il dubbio che quanto il (OMISSIS) gli aveva detto fosse vero. Pertanto, la Corte di appello avrebbe dovuto verificare la presenza di ulteriori riscontri prima di considerare come realmente accaduto l'episodio riferito dal (OMISSIS). La applicazione di due diversi criteri di giudizio a vicende analoghe rendeva manifestamente illogica la motivazione. Peraltro, dalle indagini e' emerso che non solo (OMISSIS) , ma anche (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) ed altri aveva espresso giudizi di scarsa affidabilita' sul (OMISSIS), affermando che egli era solito riferire fatti e circostanze false. Il (OMISSIS) aveva anche riferito a (OMISSIS) , in data 15 dicembre 2010, di avere personalmente aggredito (OMISSIS) per costringerlo a. pagare un debito verso (OMISSIS), ma il giorno seguente (OMISSIS) aveva raccontato a (OMISSIS) che quanto il (OMISSIS) gli aveva detto era falso, come aveva accertato anche 7Pasquale Maurizio Talia. Il ricorrente cita nel suo ricorso numerose occasioni in cui il (OMISSIS) viene indicato quale imbroglione aduso a raccontare fatti inventati a dimostrazione che la Corte di appello non ha adeguatamente valutato la sua attendibilita'. 4.2. Con il secondo motivo - corrispondente al secondo motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), cod. proc. pen., violazione di legge e mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in ordine all'affermazione di penale responsabilita' per il reato associativo. La Corte di appello ha attribuito a (OMISSIS) una posizione di vertice in seno alla cosca osservando che egli e suo fratello (OMISSIS) compaiono in quasi tutti gli appalti come figure di riferimento alle quali compete ogni decisione sulla attribuzione dei lavori, sulla imposizione di imprese o di sodali, sulla divisione dei proventi delle estorsioni e sull'attribuzione di zone. In particolare la figura di (OMISSIS) emerge nei lavori del cimitero, nei lavori delle coste, nei lavori di sistemazione idrogeologica e di consolidamento della zona costiera di (OMISSIS) e nei lavori del sottopassaggio pedonale della stazione di (OMISSIS). I lavori del cimitero del valore di circa Euro 50.000,00 erano stati consegnati all'aggiudicatario (OMISSIS) il 3 dicembre 2010 e completati il 25 febbraio 2011. (OMISSIS) aveva partecipato alla gara di appalto e provava risentimento nei confronti di (OMISSIS) che, pur non avendo partecipato, voleva comunque inserirsi nell'esecuzione dei lavori; (OMISSIS) era amareggiato perche' era stato estromesso dai lavori in favore del (OMISSIS), che si era imposto accreditando legami con gli (OMISSIS) ed in particolare con i (OMISSIS) "bruciati". Dalla vicenda relativa ai lavori del cimitero emerge che vi era un patto tra gli imprenditori locali e le cosche di (OMISSIS) in base al quale gli appalti pubblici di importo inferiore alla soglia di Euro 140.000,00 erano riservati agli imprenditori di (OMISSIS), mentre quelli di valore superiore erano riservati alle cosche di (OMISSIS). (OMISSIS) si doleva perche' l'ingerenza di (OMISSIS) nell'esecuzione dei lavori del cimitero integrava una violazione di detta regola. In realta', sottolinea il ricorrente, in relazione al delitto associativo (capo 1) e ai delitti connessi ai lavori del cimitero contestati al solo (OMISSIS) (capi 14 quater e 14 quinquies), quest'ultimo viene presentato come imprenditore (OMISSIS) alla famiglia dei (OMISSIS) "ramati". La Corte di appello afferma pure che lo stesso (OMISSIS) , nella conversazione intercettata in data 12 novembre 2010, quando la gara per l'aggiudicazione non era stata ancora espletata, si prefigurava, nel caso i lavori del cimitero fossero rimasti a lui, di dover elargire un pensiero alla famiglia (OMISSIS) "lare'" ed a (OMISSIS) in particolare. Dalla conversazione intercettata emerge, quindi, che i lavori non erano controllati da (OMISSIS) ed in genere dai (OMISSIS) "bruciati", cosicche' la motivazione della sentenza di secondo grado appare illogica. La conclusione alla quale e' pervenuta la Corte di appello poggia su una lettura isolata di alcuni passaggi di una singola conversazione intercettata il 21 dicembre 2010 tra (OMISSIS) e (OMISSIS) in cui (OMISSIS) si lamentava con (OMISSIS) del mancato rispetto della regola relativa ai lavori sotto soglia, ritenendolo garante del rispetto di tale regola, e (OMISSIS) affermava di avere invano invitato il (OMISSIS) a non intromettersi nei lavori ed esprimeva una critica al suo comportamento. In realta', la conversazione intercettata - il cui testo viene riportato nel ricorso - e' ben piu' ampia e dal suo tenore emerge che (OMISSIS) e' estraneo alla vicenda contestata al (OMISSIS), che si sarebbe illecitamente inserito nella fase esecutiva dell'appalto aggiudicato a (OMISSIS); l'intervento del (OMISSIS) era stato autonomamente deciso dal (OMISSIS) e non su mandato di (OMISSIS), che invece l'aveva invitato a desistere. Il (OMISSIS), al fine di convincere i suoi interlocutori, aveva pero' speso il nome dei (OMISSIS) "bruciati" nonostante fosse stato redarguito da (OMISSIS), il che contraddice il ruolo apicale di quest'ultimo. Il (OMISSIS) spendeva il nome dei (OMISSIS) per sfruttarne la forza di intimidazione legata alle passate vicende relative alla c.d. faida di (OMISSIS) e non ad una attuale operosita' criminale. Nella conversazione intercettata mentre (OMISSIS) allude all'esistenza di una regola per la quale i lavori di importo inferiore ad Euro 140.000,00 sono riservati agli imprenditori locali, (OMISSIS) mostra di non conoscerla e (OMISSIS) afferma che (OMISSIS), per indurre (OMISSIS) a ritirarsi dalla gara ha fatto anche il nome dello stesso (OMISSIS) , asserendo che entrambi avevano discusso e deciso che il (OMISSIS) avrebbe dovuto ritirarsi. Anche nella conversazione intercettata in data 1 gennaio 2011 tra (OMISSIS) e (OMISSIS) il primo riferisce al secondo che (OMISSIS) ha usato i nomi dei (OMISSIS) "bruciati" mentre "quelli non c'entrano niente". Le suddette conversazioni intercettate erano state illustrate sia nell'atto di appello che nella memoria difensiva depositata a corredo della discussione in appello e l'omessa loro considerazione integra una carenza di motivazione ed una manifesta sua illogicita', se raffrontata al compendio probatorio in atti. Quanto alla sussistenza di un accordo tra le cosche di (OMISSIS) e gli imprenditori operanti nel Comune di (OMISSIS), essa e' smentita dalla vicenda relativa ai lavori del palazzetto-palestra, il cui importo era superiore alla soglia di Euro 140.000,00 e che erano stati aggiudicati alla (OMISSIS) s.r.l. di (OMISSIS). Tali lavori, per il loro importo di circa Euro 314.000,00, avrebbero dovuto essere gestiti dalle cosche di (OMISSIS) ed invece erano stati eseguiti in subappalto da (OMISSIS) , imprenditore operante a (OMISSIS), senza alcuna intromissione o coinvolgimento di soggetti appartenenti alle cosche di (OMISSIS). Lo stesso (OMISSIS) nelle conversazioni intercettate in data 18 e 19 novembre 2010 aveva escluso il pagamento di tangenti. L'unico episodio nel quale emerge la figura di (OMISSIS) in relazione ai lavori delle coste riguarda l'incontro, del quale ha riferito a (OMISSIS) (OMISSIS), tenutosi in un bar di (OMISSIS) durante le festivita' natalizie del (OMISSIS) durante il quale (OMISSIS) avrebbe tentato di estromettere (OMISSIS) dalla gestione dei lavori e sul punto il ricorrente richiama gli argomenti gia' sviluppati nel primo motivo di ricorso e sottolinea l'inattendibilita' del (OMISSIS) e l'assenza di riscontri e evidenzia che comunque il tentativo di estromissione non era riuscito, tanto che nella conversazione intercettata in data 21 gennaio 2010 (OMISSIS) asseriva di essere stato contattato proprio dal (OMISSIS) per l'esecuzione di opere connesse ai "lavori delle coste". 4.3. Con il terzo motivo - corrispondente al terzo motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente si duole, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), cod. proc. pen., della attribuzione del ruolo di promotore in relazione al reato associativo contestato al capo 1) e della esclusione del vincolo della continuazione tra i fatti giudicati con la sentenza qui impugnata e quelli per i quali e' stata emessa sentenza irrevocabile all'esito del processo c.d. Touareg. Nella sentenza emessa all'esito del processo c.d. Touareg all'imputato era stato riconosciuto il ruolo di componente della cosca capeggiata da (OMISSIS), mentre in questo processo a (OMISSIS) viene contestato un ruolo direttivo ed organizzativo in seno alla cosca. La sentenza qui impugnata, segnala il ricorrente, non individua il momento in cui egli avrebbe assunto un ruolo direttivo e neppure indica le condotte dalle quali emergerebbe l'assunzione di un simile ruolo, limitandosi ad affermare laconicamente che "Le intercettazioni provano poi la posizione di gerarchia in seno al gruppo". Il ricorrente si duole pure della esclusione del vincolo della continuazione, motivata dalla Corte territoriale sulla base della notevole distanza temporale tra le due condotte associative (quindici anni) e del diverso ruolo a lui ascritto. Sostiene che il lungo lasso di tempo tra le due condotte associative non vale ad escludere l'unicita' del disegno criminoso, considerato che trattasi in entrambe le sentenze della partecipazione alla medesima compagine composta e diretta dal medesimo nucleo di soggetti e che ha avuto perdurante e concreta operativita' e continuita' nel tempo. Per affermare la configurabilita' di diversi ed autonomi sodalizi, il giudice deve, invece, fornire espressa indicazione delle ragioni che l'hanno indotto ad escludere l'ipotesi di un unico gruppo criminale che operi in permanenza, con fisiologici adattamenti della propria composizione ed azione al trascorrere del tempo e delle condizioni esterne. La motivazione della sentenza qui impugnata risulta illogica su tale punto, in quanto o il ricorrente e suo fratello (OMISSIS)hanno continuato a far parte della medesima associazione mafiosa, ed allora deve ritenersi sussistente il vincolo della continuazione, o e' stata creata una nuova associazione ed allora la Corte di appello avrebbe dovuto motivare sulle ragioni per le quali questa nuova associazione avrebbe i caratteri dell'associazione di tipo mafioso, non potendo a tal fine essere utilizzata la sentenza Touareg. A sostegno della medesimezza della associazione e quindi della sussistenza del vincolo della continuazione, depone anche il carattere unitario della âEuroËœndrangheta, sancito con la sentenza c.d. Crimine, che aveva riconosciuto in favore di (OMISSIS) il vincolo della continuazione tra la condotta associativa giudicata con la sentenza stessa e quelle per le quali era stato condannato con la sentenza Touareg. 4.4. Con il quarto motivo - corrispondente al quarto motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), cod. proc. pen., violazione di legge e mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in ordine alla sua penale responsabilita' per il reato contestato al capo 14 septies). Il ricorrente segnala che la Corte di appello ha confermato la condanna di (OMISSIS), (OMISSIS)e (OMISSIS) per l'estorsione ai danni di (OMISSIS), la cui impresa si era aggiudicata i lavori di consolidamento delle strade della zona costiera in diverse contrade del Comune di (OMISSIS), mentre ha prosciolto (OMISSIS) . Era stato rappresentato alla Corte di appello che il latore della minaccia risultava essere (OMISSIS), ma non era possibile stabilire chi l'avesse incaricato di attuare l'estorsione. Per quanto emerge dalle conversazioni tra (OMISSIS) e (OMISSIS), il (OMISSIS) era stato incaricato di recarsi dal (OMISSIS) per riferirgli che l'appalto interessava a "gente di (OMISSIS)". Al (OMISSIS) non era mai stato contestato in precedenza il ruolo di associato alla âEuroËœndrangheta e nell'imputazione si asseriva che egli era soggetto a disposizione della famiglia dei (OMISSIS) "ramati" e non della famiglia dei (OMISSIS) "bruciati". In ogni caso, l'espressione sopra riportata non aveva alcuna portata minatoria ed il richiamo all'estorsione ambientale non valeva a superare la mancata dimostrazione della sussistenza della minaccia. Questa Suprema Corte, segnala il ricorrente, ha affermato che l'estorsione ambientale si intende quella particolare forma di estorsione, che viene perpetrata da soggetti notoriamente inseriti in pericolosi gruppi criminali che spadroneggiano in un determinato territorio e che e' immediatamente percepita dagli abitanti di quella zona come concreta e di certa attuazione, stante la forza criminale dell'associazione di appartenenza del soggetto agente, quand'anche attuata con linguaggio e gesti criptici, a condizione che questi siano idonei ad incutere timore e a coartare la volonta' della vittima (Sez. 2, n. 53652 del 10/12/2014, Bonasorta, Rv. 261632), ma la Corte di appello non ha chiarito le ragioni per le quali quella espressione dovrebbe ritenersi minatoria, soprattutto ove si consideri che la stessa sentenza di appello esclude che (OMISSIS) avesse compreso a quali soggetti (OMISSIS) avesse inteso riferirsi, tanto da rivolgersi, tramite le conoscenze di un suo operaio, a (OMISSIS), che sarebbe stato poi coinvolto nell'esecuzione dei lavori, avendo egli fornito il cemento. La sentenza e', quindi, affetta da mancanza di motivazione. Quanto alla partecipazione di (OMISSIS) alla estorsione, egli si sarebbe rivolto a (OMISSIS) per rappresentargli la richiesta di (OMISSIS) di ottenere dal (OMISSIS) l'anticipazione di una somma di denaro a (OMISSIS) per il lavoro da questi svolto, somma da destinare a soggetti ristretti in carcere ed appartenenti alla cosca (OMISSIS) di (OMISSIS). Poiche', in relazione a tale vicenda non e' stata mossa alcuna contestazione a (OMISSIS), mentre (OMISSIS) e' stato assolto sia dal reato associativo, sia da quello di estorsione, risulta illogica la condanna di (OMISSIS) che, in relazione all'estorsione si sarebbe limitato a riportare a (OMISSIS) la richiesta di (OMISSIS); le somme ricavate dall'estorsione erano peraltro destinate a soggetti detenuti appartenenti alla cosca di (OMISSIS) e non a quella alla quale (OMISSIS) apparterrebbe secondo l'ipotesi accusatoria. La circostanza accertata dimostrerebbe semmai che i lavori appaltati interessavano alla famiglia (OMISSIS) e non ai (OMISSIS) . La Corte di appello afferma anche che (OMISSIS) ed il (OMISSIS) dovevano presentare a (OMISSIS) e (OMISSIS)i conteggi relativi ai lavori e da tale circostanza desume che i lavori appaltati erano controllati dalla famiglia dei (OMISSIS) "bruciati", i quali non solo avevano l'autorita' per stabilire a chi dovessero essere assegnati i lavori, ma avevano titolo anche per decidere come dovessero essere suddivisi gli utili derivanti dall'appalto ed i soggetti che a detta suddivisione dovevano partecipare, tra i quali vi erano gli stessi fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS). Segnala, allora, il ricorrente che dalla conversazione intercettata in data 24 settembre (OMISSIS) tra (OMISSIS) e (OMISSIS) si apprende di una riunione che si sarebbe dovuta tenere il giorno successivo ed alla quale avrebbero dovuto partecipare tale " (OMISSIS)" fratello di " (OMISSIS)" e gli inquirenti hanno ritenuto che si trattasse di (OMISSIS) "bruciato", ma non vi e' stato alcun accertamento sulla circostanza che il giorno seguente quella riunione vi sia stata effettivamente e che ad essa abbia partecipato (OMISSIS), cosicche' tale conversazione non puo' da sola fondare l'affermazione di penale responsabilita' a carico del ricorrente. Peraltro, era provato che alla data del 24 settembre (OMISSIS) (OMISSIS) viveva fuori e tornava al suo paese di origine solo sporadicamente e non era a conoscenza delle vicende relative all'appalto, tanto che proprio in data 24 settembre (OMISSIS), alle ore 18,35, (OMISSIS) gli aveva preannunciato un "discorso" che riguardava anche suo fratello (OMISSIS)e che gli sarebbe stato spiegato dal "professore", ossia (OMISSIS). Dalla conversazione intercettata emergeva che (OMISSIS) era all'oscuro del "discorso" riguardante suo fratello e quindi non e' verosimile che il giorno successivo egli potesse partecipare ad una riunione avente ad oggetto la spartizione del provento di un'estorsione alla quale anch'egli aveva partecipato ai danni di (OMISSIS) per i "lavori del muro". Anche in questo caso la Corte di appello non si e' confrontata con tale deduzione difensiva, cosicche' anche su tale punto vi e' carenza di motivazione. 4.5. Con il quinto motivo - corrispondente al quinto motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), cod. proc. pen., violazione di legge e mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in ordine alla sua penale responsabilita' per il reato contestato al capo 14 novies). Anche âEuroËœin relazione alla tentata estorsione contestata al capo 14 novies) la Corte territoriale ha affermato la penale responsabilita' del ricorrente, pur assolvendo (OMISSIS) e (OMISSIS) dalla medesima imputazione. Questa riguarda un tentativo di estorsione che, in virtu' delle assoluzioni dei presunti concorrenti, risulterebbe commessa dal solo (OMISSIS) ai danni di (OMISSIS) per i lavori di adeguamento del sottopassaggio pedonale della stazione ferroviaria di (OMISSIS) per Euro 900.000,00 ed aggiudicati al (OMISSIS) grazie all'intervento di (OMISSIS), appartenente alla famiglia (OMISSIS) di (OMISSIS). Con l'atto di appello si era dedotto che la vicenda si poneva in contrasto con la ricostruzione operata in primo grado, secondo la quale, in base agli accordi spartitori tra le cosche di (OMISSIS) e gli imprenditori locali, gli appalti di valore superiore ad Euro 140.000,00 spettavano alle cosche (OMISSIS), essendo i lavori relativi al sottopassaggio stati affidati al (OMISSIS) che era sotto la protezione dei (OMISSIS) di (OMISSIS). La vicenda si poneva anche in contrasto con la massima di esperienza secondo la quale una cosca puo' occuparsi esclusivamente degli affari che riguardano il proprio territorio, massima che trovava conferma anche nel blocco dei lavori attuato dai cosiddetti " (OMISSIS)" ai danni di (OMISSIS) , quando quest'ultimo aveva operato nel territorio di (OMISSIS) da loro controllato. La Corte di appello non si e' confrontata con tali argomenti difensivi, omettendo di motivare in relazione ad essi, cosicche' anche su tale punto la sentenza di appello e' affetta da carenza di motivazione, oltre che illogicita' della motivazione, atteso che in un caso la validita' della massima di esperienza viene confermata e in un altro caso viene negata. In relazione a tale tentata estorsione, vi sono due conversazioni intercettate che riguardano la posizione di (OMISSIS). In una prima conversazione, intercettata il 26 gennaio 2010, (OMISSIS) riferisce a (OMISSIS) di una lamentela di (OMISSIS), che, sfogandosi con lui, si doleva di non aver ancora ricevuto per tali lavori alcuna somma di denaro. Nella stessa conversazione (OMISSIS) riferisce a (OMISSIS) come i (OMISSIS) Bruciati avrebbero dovuto comportarsi se avessero inteso ottenere il pagamento di quanto loro dovuto. Quanto alla prima parte della conversazione, relativa allo sfogo di (OMISSIS), con l'atto di appello si era osservato che nella conversazione non si precisava quando e dove esso sarebbe avvenuto e non si comprendeva perche' (OMISSIS) avrebbe dovuto parlare della vicenda a (OMISSIS) , se questo non era un appartenente alla associazione mafiosa. Il racconto che (OMISSIS) riferisce a (OMISSIS) si pone in conflitto con la regola per la quale l'associato non puo' parlare di vicende attinenti all'associazione mafiosa con soggetti che non ne facciano parte. Peraltro, e' illogico ritenere attendibile una conversazione nella quale un soggetto estraneo al sodalizio mafioso, (OMISSIS) , spiega ad altro estraneo, (OMISSIS), come una cosca avrebbe dovuto operare allo scopo di imporre il pagamento dell'estorsione relativa ai lavori del sottopassaggio. Laddove si ritenga credibile tale conversazione, dovrebbe semmai concludersi che la pretesa estorsiva non sia poi stata attuata. La Corte di appello avrebbe semmai dovuto precisare chi, quando, in quali circostanze e con quali mezzi avesse posto in essere una condotta idonea ad integrare una minaccia o una violenza con finalita' estorsive. La seconda conversazione e' quella del 31 gennaio 2010 in cui (OMISSIS) afferma di avere appreso da (OMISSIS) dell'incontro al quale avrebbero partecipato a (OMISSIS), oltre al (OMISSIS), (OMISSIS) "bruciatu" e (OMISSIS) "u gnomu" ed esponenti della famiglia (OMISSIS), i quali, a seguito dell'incontro, avevano promesso che in pochi giorni sarebbe stata consegnata una somma di denaro di Euro 30.000,00. Dalla conversazione emerge che l'appalto dei lavori e' controllato dai (OMISSIS), eppure non viene mossa alcuna contestazione a carico dei (OMISSIS) o del (OMISSIS). La Corte di appello si discosta dalla sentenza di primo grado quando assolve (OMISSIS) e (OMISSIS) ed invece la conferma laddove condanna (OMISSIS) per il tentativo di estorsione. Nella motivazione della sentenza di appello si afferma che il riferimento a (OMISSIS) e' troppo isolato e che il ruolo svolto dal (OMISSIS) in quella riunione e' marginale e la sua condotta non appare causalmente efficiente in relazione alla specifica vicenda estorsiva. Segnala allora il ricorrente che se isolati e marginali sono i riferimenti alle figure del (OMISSIS) e del (OMISSIS), alla medesima conclusione doveva pervenirsi in relazione alla sua posizione, essendo medesimi i riferimenti probatori. La differenza tra le posizioni del (OMISSIS) e del (OMISSIS) e quella di (OMISSIS) viene illustrata nell'ultima parte della motivazione dedicata a tale vicenda, in cui si fa riferimento all'accertato ruolo del ricorrente in seno all'associazione mafiosa quale riscontro alla sua partecipazione alla tentata estorsione. In tal modo, tuttavia, si viene a creare un "corto circuito" motivazionale in cui la partecipazione al sodalizio criminale funge da riscontro in ordine alla partecipazione di (OMISSIS) alla tentata estorsione e il suo concorso nella tentata estorsione, essendo questo un reato fine dell'associazione mafiosa, dimostrerebbe la sua partecipazione all'associazione mafiosa. 4.6. Con il sesto motivo - corrispondente al sesto motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), cod. proc. pen., violazione di legge e mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in ordine all'applicazione dell'aggravante della finalita' di agevolare l'associazione mafiosa in relazione ai reati contestati ai capi 14 septies) e 14 novies). Sostiene il ricorrente che l'aggravante non puo' discendere dalla mera appartenenza dell'imputato alla âEuroËœndrangheta, mentre occorre motivare in ordine alle ragioni per cui deve ritenersi che tali reati siano stati commessi per agevolare o rafforzare l'associazione mafiosa e non per finalita' di arricchimento o rafforzamento personale dell'imputato e nel caso di specie la Corte di appello non ha fornito in proposito alcuna motivazione. 4.7. Con il settimo motivo - corrispondente al settimo motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), cod. proc. pen., violazione di legge e mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in ordine all'applicazione dell'aggravante prevista dai commi quarto e quinto dell'articolo 416-bis cod. pen. La Corte di appello ha ritenuto sussistente l'aggravante in quanto e' risultato che (OMISSIS) aveva la disponibilita' di armi di diverso tipo ed anche il danneggiamento della motopala del (OMISSIS) era avvenuta esplodendo colpi di arma da fuoco. Inoltre, anche (OMISSIS) aveva ritenuto possibile lo scoppio di una guerra di mafia. Il ricorrente sostiene che tale ragionamento e' illogico. Non si spiega sulla base di quali elementi si e' ritenuto che il (OMISSIS) detenesse le armi non nel suo esclusivo interesse, ma per tenerle a disposizione dell'associazione, cosicche' in relazione a tale punto vi e' mancanza di motivazione. L'episodio del danneggiamento dell'automezzo del (OMISSIS) e' stato attuato dal gruppo dei "(OMISSIS)", che era sotto il controllo di (OMISSIS) e che la Corte di appello ha ritenuto non integrasse un'associazione di tipo mafioso. Non e' quindi possibile riferire la detenzione di armi da parte del gruppo dei "(OMISSIS)" alla associazione di tipo mafioso alla quale apparterrebbe l'odierno ricorrente. Ne', nel periodo temporale oggetto della contestazione di cui al capo 1), erano scoppiate guerre di mafia attuate utilizzando armi, cosicche' quella evocata da (OMISSIS) nella conversazione intercettata alla quale si e' fatto sopra riferimento resta una mera congettura priva di riscontro. 4.8. Con l'ottavo motivo - corrispondente all'ottavo motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), cod. proc. pen., violazione di legge e mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio ed in particolare in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche. La Corte di appello non ha illustrato le ragioni per le quali si e' discostata dal minimo edittale e nemmeno ha spiegato le ragioni del diniego delle circostanze attenuanti generiche, limitandosi ad affermare l'insussistenza di elementi valutabili a tal fine e senza spiegare le ragioni per le quali esse non potrebbero trovare applicazione, se non facendo riferimento ai precedenti penali dell'imputato. 4.9. Con il nono motivo - corrispondente al primo motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente lamenta la inutilizzabilita' degli atti di indagine acquisiti successivamente al 22 gennaio 2012, data di scadenza del termine di durata massima delle indagini preliminari ed in particolare delle informative redatte dalla polizia giudiziaria depositate il 12 maggio 2012 ed il 12 aprile 2013, che non avevano natura riepilogativa, nonche' le informative redatte dai Carabinieri del Gruppo di (OMISSIS) datate 23 febbraio 2018, 31 maggio 2018 e 1 giugno 2018, relative ai c.d. "lavori delle coste", ai "lavori del muro" e ai lavori del sottopassaggio della stazione ferroviaria di (OMISSIS). L'eccezione di inutilizzabilita' e' stata rigettata dal Giudice dell'udienza preliminare, osservando che tali atti riguardavano reati che non emergevano dagli atti e neppure erano stati ipotizzati nella prima fase della indagine, che riguardava il solo delitto associativo, ed avevano costituito oggetto di iscrizione successiva. La Corte di appello ha invece affermato che, avendo gli imputati optato per il rito abbreviato, essi non potrebbero far valere l'inutilizzabilita' degli atti di indagine. Il ricorrente sostiene che tale assunto non e' condivisibile, in quanto tale forma di inutilizzabilita' puo' essere rilevata anche d'ufficio in ogni stato e grado del processo e anche l'articolo 438, comma 5, cod. proc. pen. impone al giudice di tenere conto, ai fini della decisione, degli atti "acquisiti ed utilizzabili", mostrando in tal modo di non consentire al giudice di porre a base della decisione atti inutilizzabili. Ne' l'inutilizzabilita' e' suscettibile di sanatoria alcuna. Per effetto di tale inutilizzabilita', il ricorrente non dovrebbe essere condannato per tutte le imputazioni per le quali e' stata affermata la sua penale responsabilita'. Anche la motivazione addotta dal Giudice per le indagini preliminari e' errata, poiche' tutti gli elementi di fatto relativi alle vicende di cui ai capi 14 septies) e 14 novies) dai quali sono sca (OMISSIS)te nel 2018 le iscrizioni a carico del (OMISSIS) erano gia' a disposizione del Pubblico ministero all'epoca del deposito dell'informativa del 12 maggio 2012. A tal fine era sufficiente esaminare la informativa del 14 maggio 2012 e la delega di indagine emessa dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria del 7 dicembre 2017 che a quella informativa faceva riferimento per constatare che alla data del 22 gennaio 2012 il Pubblico ministero gia' disponeva di tutti gli elementi per iscrivere a carico di (OMISSIS) i reati di cui ai capi di imputazione sopra menzionati. In ogni caso il Pubblico ministero avrebbe potuto al massimo aggiornare le precedenti iscrizioni, non iscrivere ex novo i delitti di estorsione facendo decorrere nuovamente i termini di durata delle indagini preliminari allo scopo di rendere legittima l'utilizzazione delle successive acquisizioni. Non ricorre, quindi, l'ipotesi dell'iscrizione di nuove notizie di reato. In relazione ad entrambe le imputazioni il Giudice dell'udienza preliminare ha utilizzato gli atti di cui si lamenta l'inutilizzabilita' ai fini dell'affermazione di penale responsabilita'. 4.10. Con il decimo motivo - corrispondente al secondo motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente deduce la mancanza, illogicita' e contraddittorieta' della motivazione quanto alla valutazione delle conversazioni ambientali registrate all'interno della vettura di (OMISSIS) , utilizzate quale prova a carico dello stesso ricorrente, nonche' la violazione dell'articolo 416-bis cod. pen. La Corte di appello ha fondato l'affermazione di penale responsabilita' del ricorrente per il reato associativo soprattutto sulle conversazioni intercettate all'interno dell'autovettura di (OMISSIS) , ritenute attendibili nonostante quest'ultimo non appartenesse ad alcuna cosca e non fosse un referente delle cosche operanti sul territorio, ma fosse addirittura sottomesso a queste, venendo costantemente estromesso dagli appalti pubblici; la Corte di appello ha ritenuto (OMISSIS) attendibile perche' imprenditore edile come tale costretto a confrontarsi con le cosche che dominavano il settore degli appalti pubblici e comunque conoscitore, in virtu' del suo passato, di persone e situazioni ed in genere di tale ambiente. Egli doveva, quindi, ritenersi, per tali sue qualita' e per la sua prossimita' ai fatti oggetto di narrazione, altamente credibile. In tal modo, pero', segnala il ricorrente, la Corte di appello non ha rispettato i principi che disciplinano la valutazione delle conversazioni intercettate quale fonte diretta di prova e ha evitato di confrontarsi con le doglianze sollevate in relazione a tale punto con l'atto di appello, neppure da essa comprese, incorrendo nel vizio di mancanza di motivazione. Con il gravame si era dedotto che (OMISSIS) , nelle conversazioni intercettate, non avesse raccontato fatti realmente accaduti, ma avesse formulato ipotesi e congetture su fatti da lui non conosciuti. Quanto alla qualita' dei conversanti intercettati, mentre la sentenza di primo grado aveva affermato che (OMISSIS) era un appartenente alla âEuroËœndrangheta, la Corte territoriale ha escluso detta appartenenza, asserendo che egli, anche per ragioni familiari, era contiguo alle cosche, ma non ha poi valutato le sue dichiarazioni con quel rigore che e' necessario laddove esse provengano da soggetti estranei all'associazione di tipo mafioso. Le conversazioni intercettate, in quanto intervenute tra soggetti estranei all'associazione di tipo mafioso, non possono avere valore di prova diretta, cosicche' la motivazione appare illogica. Quanto alla prossimita' di (OMISSIS) ai fatti oggetto di narrazione, tale criterio, oltre ad essere "evanescente", non fornisce alcuna garanzia di veridicita' dei fatti narrati, considerato che egli non riferisce fatti ai quali ha assistito, ma si limita ad immaginare scenari sulla base di mere congetture. Anche volendo tenere conto della riservatezza del luogo in cui erano state tenute le conversazioni, essa non valeva a rendere di per se' veritiere le narrazioni. In ogni caso la Corte di appello non ha risposto alle censure formulate con l'atto di appello in relazione a ciascuna delle vicende dalle quali dovrebbe evincersi il controllo, da parte della âEuroËœndrangheta, degli appalti pubblici ed e' addirittura incorsa in contraddizione, laddove, pur ammettendo che (OMISSIS) aveva in talune occasioni espresso millanterie, aveva escluso che egli avesse mentito a (OMISSIS), sebbene fosse stato provato il contrario in relazione ai c.d. "lavori delle fogne" e la stessa Corte di appello avesse riconosciuto, in relazione al capo di imputazione n. 4), che la prova della collusione dei pubblici ufficiali non poteva essere tratta dalle sue dichiarazioni. In tal modo la Corte territoriale ha operato una inammissibile selezione del materiale probatorio, valorizzando talune conversazioni e trascurandone altre ed esprimendo un giudizio onnicomprensivo avulso dalla concreta analisi critica di quanto attinente alle singole vicende che si pretendono essere state oggetto di condizionamento mafioso, necessaria laddove si fosse voluto dare risposta alle doglianze difensive. I risultati ai quali e' pervenuta la Corte di appello contrastano anche con le massime di esperienza relative alla âEuroËœndrangheta e tra queste quella secondo la quale una locale non puo' invadere il territorio di competenza di altra locale. Anche l'ipotesi della conclusione di un accordo tra la âEuroËœndrangheta e gli imprenditori locali al fine di lasciare a questi ultimi gli appalti di importo inferiore ad Euro 150.000,00 non appare verosimile, dovendo ipotizzarsi che le cosche mafiose siano disponibili a venire a patti con indeterminati soggetti imprenditoriali. La affermazione della penale responsabilita' del ricorrente e' quindi il frutto di errori nella valutazione del materiale istruttorio che rendono la motivazione mancante, illogica e comunque contraddittoria, anche per effetto del travisamento delle prove. 4.11. Con l'undicesimo motivo - corrispondente al secondo motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente lamenta la mancanza, illogicita' e contraddittorieta' della motivazione in ordine alla valutazione delle conversazioni intercettate, di cui vengono specificati gli estremi, relative ai c.d. "lavori delle coste". Il ricorrente sostiene che dalle conversazioni intercettate emerge solo che i due interlocutori parlano di scenari meramente immaginati sulla base di mere congetture che neppure consentono di individuare con esattezza i soggetti cui esse si riferiscono e che per cio' stesso risultano non utilizzabili. Laddove poi la Corte territoriale afferma che le conversazioni sono riscontrate da servizi di accertamenti della polizia giudiziaria, il ricorrente sostiene che tali riscontri sono in realta' dati del tutto neutri in quanto a conoscenza di chiunque avesse operato quale imprenditore edile in un piccolo Comune quale quello di (OMISSIS) e che in un'occasione, in relazione alla presenza di due escavatori sulla marina interessata dai lavori che (OMISSIS) attribuiva a tale (OMISSIS) ed ad un "(OMISSIS)", i carabinieri avevano accertato che essi appartenevano a (OMISSIS) e a (OMISSIS), ossia a persone non collegate a (OMISSIS) o a (OMISSIS), cosicche' non e' dimostrato che i (OMISSIS) "bruciati" abbiano imposto l'utilizzo di propri mezzi in relazione all'appalto dei "lavori delle coste". Nemmeno e' mai accaduto l'episodio che (OMISSIS) riferisce al (OMISSIS) per averlo appreso da (OMISSIS), ossia che (OMISSIS) avesse pesantemente redarguito (OMISSIS) invitandolo a non interessarsi ai predetti lavori; lo stesso (OMISSIS) , conversando con il (OMISSIS), mostra di non dare credito a quanto il (OMISSIS) gli aveva riferito. In altre occasioni la Corte territoriale ha ritenuto il (OMISSIS) un millantatore e non ha dato credito a quanto da lui dichiarato a (OMISSIS) proprio in virtu' dei dubbi espressi da quest'ultimo in ordine alla veridicita' del suo racconto e, tuttavia, nel caso sopra riportato la Corte di appello ha ritenuto veritiero il racconto, del (OMISSIS), nonostante i dubbi espressi da (OMISSIS) . 4.12. Con il dodicesimo motivo - corrispondente al quarto motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente lamenta la mancanza, illogicita' e contraddittorieta' della motivazione in ordine alla valutazione delle conversazioni intercettate, di cui vengono specificati gli estremi, relative ai c.d. "lavori delle fiumare", nonche' il travisamento del fatto per l'omessa valutazione di talune conversazioni intercettate, da intendersi quali prove decisive. Con l'atto di appello si era dedotto che non vi erano elementi per identificare in (OMISSIS) il " (OMISSIS)" al quale aveva fatto riferimento (OMISSIS) nella conversazione intercettata il 30 agosto (OMISSIS) e la conclusione in tal senso formulata dal Giudice di primo grado era fondata su mere congetture; ne' aveva pregio la considerazione espressa dal Giudice dell'udienza preliminare alla pagina 507 della sentenza di primo grado e basata sulla conversazione del 21 gennaio 2010 ove si afferma che il Miceli si era accordato con gli "(OMISSIS)", essendo questa un'espressione del tutto generica. 4.13. Con il tredicesimo motivo - corrispondente al quinto motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente lamenta la mancanza, illogicita' e contraddittorieta' della motivazione in ordine alla valutazione delle conversazioni intercettate, di cui vengono specificati gli estremi, relative ai c.d. "lavori della scuola elementare di (OMISSIS)", nonche' il travisamento del fatto per l'omessa valutazione di talune conversazioni intercettate, da intendersi quali prove decisive. Con l'atto di appello era stata dedotta l'erronea valutazione di talune delle conversazioni intercettate e l'omessa valutazione di altre e, tra queste, in particolare della conversazione del 31 gennaio 2010 dalla quale risultava che l'effettivo esecutore dei lavori era (OMISSIS), che stava completando i lavori prendendo a prestito attrezzi di proprieta' di (OMISSIS) . Quest'ultimo, nella conversazione del 24 marzo 2010, stigmatizzava le millanterie del (OMISSIS), che si vantava di ingerirsi negli appalti pubblici. Nella conversazione del 16 ottobre 2010 (OMISSIS) e (OMISSIS), parlando tra loro, affermano che i lavori sono svolti, sotto la protezione dei (OMISSIS) "ramati", dal (OMISSIS) che essi definiscono un imbroglione e che, non disponendo egli di una impresa, ha acquisito l'appalto per il tramite di tale (OMISSIS). In questa conversazione ed in quella del 23 novembre 2010 (OMISSIS) non viene in alcun modo menzionato, ne' vengono menzionati i (OMISSIS) "bruciati". 4.14. Con il quattordicesimo motivo - corrispondente al sesto motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) -- il ricorrente lamenta la mancanza, illogicita' e contraddittorieta' della motivazione in ordine alla valutazione delle conversazioni intercettate relative ai c.d. "lavori del villaggio Gioiello del mare", nonche' il travisamento del fatto per l'omessa valutazione di talune conversazioni intercettate, di cui vengono indicati gli estremi, da intendersi quali prove decisive. Anche in relazione a tali lavori, non veniva operato alcun riferimento specifico alla persona di (OMISSIS), che non era annoverato tra le persone che avevano incontrato il Cuppari o con lui avevano interloquito o comunque avevano preso parte alla vicenda. Il " (OMISSIS)" al quale aveva fatto riferimento (OMISSIS) nella conversazione intercettata il 27 gennaio 2011 era (OMISSIS) (OMISSIS). Anche in relazione a tale vicenda (OMISSIS) , conversando con (OMISSIS), si limita a formulare delle mere ipotesi, come emerge chiaramente dalle conversazioni del 5 gennaio 2010 e del 3 dicembre 2010. La decisione dei giudici del merito poggia sul racconto, riferito a (OMISSIS) da (OMISSIS), secondo il quale quest'ultimo avrebbe convocato il Cuppari innanzi ai "lare'", ai "bruciati" e ai "ramati", ma essa appare illogica poiche' pur ammettendo che il (OMISSIS) era solito mentire, non spiega perche' in tale occasione egli avrebbe detto la verita'. Anche (OMISSIS) ed il (OMISSIS) mostrano di non credere al suo racconto nella conversazione intercettata il 5 dicembre 2010. La stessa Corte di appello ha ritenuto il (OMISSIS) non credibile anche quando si era autoaccusato del reato di incendio di cui al capo 13). Dalle conversazioni intercettate risulta che, in realta', (OMISSIS) ed il (OMISSIS) si limitano ad esprimere proprie personali opinioni, senza essere a conoscenza delle dinamiche delinquenziali della zona. 4.15. Con il quindicesimo motivo - corrispondente al settimo motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente lamenta la mancanza, illogicita' e contraddittorieta' della motivazione in ordine alla valutazione delle conversazioni intercettate relative ai c.d. "lavori delle fogne", di cui vengono indicati gli estremi, da intendersi quali prove decisive. Il ricorrente segnala che confrontando la conversazione intercettata il 15 novembre 2010 tra (OMISSIS) e (OMISSIS), in cui il primo riferisce al secondo che (OMISSIS) gli aveva rivelato che anche i (OMISSIS) "bruciati" erano interessati ai predetti lavori, e la conversazione del 3 febbraio 2011 tra (OMISSIS) e (OMISSIS), in cui quest'ultimo chiede a (OMISSIS) informazioni su cosa abbiano ad oggetto e chi stia eseguendo tali lavori, si comprende agevolmente che (OMISSIS) ha mentito al (OMISSIS) in occasione della prima conversazione. Pertanto, (OMISSIS) non puo' essere ritenuto credibile quando conversa con il (OMISSIS). 4.16. Con il sedicesimo motivo - corrispondente all'ottavo motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente lamenta la mancanza, illogicita' e contraddittorieta' della motivazione in ordine alla valutazione della conversazioni intercettata il 21 luglio 2010, da intendersi quale prova decisiva, in relazione ai c.d. "lavori della Chiesa e della (OMISSIS)", ai lavori del palazzetto dello sport, ai c.d. "lavori del taglio dell'erba" e ai lavori della caserma dei carabinieri di (OMISSIS). I lavori della chiesa e della (OMISSIS) ed i lavori del palazzetto dello sport erano stati subappaltati a (OMISSIS) dalla (OMISSIS) s.r.l. senza alcun intervento di (OMISSIS), come riconosciuto dalla stessa Corte di appello e come emergeva dalla conversazione intercettata sopra citata. Tale circostanza dimostrava l'insussistenza di un gruppo di potere mafioso deputato alla spartizione degli appalti e comunque l'estraneita' ad esso del ricorrente. Diversamente ragionando, non si comprenderebbe come (OMISSIS) abbia potuto acquisire tali lavori senza doverne rendere conto a tale gruppo di potere, ne' potrebbe trovare spiegazione il blocco dei "lavori del taglio dell'erba" subito da (OMISSIS) ; laddove egli fosse stato "sponsorizzato" da (OMISSIS), egli non avrebbe dovuto subire alcun intoppo. Anche in relazione ai lavori della caserma dei carabinieri, (OMISSIS) non aveva subito alcun condizionamento e solo per ragioni di cortesia aveva consentito a (OMISSIS) di utilizzare la propria ditta per l'esecuzione delle opere. 4.17. Con il diciassettesimo motivo - corrispondente al nono motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente lamenta la mancanza, illogicita' e contraddittorieta' della motivazione in ordine alla valutazione delle conversazioni intercettate, di cui vengono indicati gli estremi, relative ai c.d. "lavori del cimitero", anche per effetto del travisamento di altre conversazioni, di cui vengono indicati gli estremi, da intendersi quali prove decisive. Si segnala che la vicenda dei lavori del cimitero assume particolare rilievo in relazione alla posizione di (OMISSIS), in quanto quest'ultimo avrebbe avvicinato (OMISSIS) assieme a (OMISSIS) ed avrebbe ammesso, nella conversazione con (OMISSIS) intercettata in data 21 dicembre 2010, che vi era un patto tra le cosche e gli imprenditori locali che riservava a questi gli appalti relativi ai lavori di importo inferiore ad Euro 140.000,00. Sostiene il ricorrente che e' stata travisata la conversazione del 21 dicembre 2010 in cui (OMISSIS) riferisce a (OMISSIS) di avere appreso dal (OMISSIS) che (OMISSIS) aveva chiesto a quest'ultimo le ragioni per le quali (OMISSIS) era stato escluso dalla partecipazione alla gara per l'aggiudicazione dei lavori ed il (OMISSIS) aveva risposto che l'invito a partecipare alla gara era stato inviato anche al (OMISSIS), che, pero', si era dimenticato di concorrere. In realta', evidenzia il ricorrente, la veridicita' del racconto del (OMISSIS) era esclusa dalle indagini della polizia giudiziaria che avevano permesso di accertare che la impresa del (OMISSIS) non era mai stata invitata a partecipare alla gara dal Comune di (OMISSIS) e tanto faceva ritenere non credibile l'intero racconto del (OMISSIS), poiche' il (OMISSIS) non aveva, quale progettista dei lavori, alcun interesse a riferire il falso. In ogni caso, dalla circostanza che (OMISSIS) avesse cercato di attingere notizie dal progettista dei lavori, che non aveva alcun potere decisionale in ordine alla loro aggiudicazione, non poteva evincersi un suo intervento illecito nella procedura di aggiudicazione. Inoltre, la Corte territoriale aveva mal interpretato la conversazione intercettata in data 21 dicembre 2010 tra (OMISSIS) e (OMISSIS) senza coglierne il reale significato. In essa (OMISSIS) prende le distanze dal condizionamento illecito degli appalti e disconosce le condotte del (OMISSIS), che utilizzava indebitamente il nome suo e quello di suo fratello (OMISSIS)per sfruttarne abusivamente il potere intimidatorio, e mostra la sua intenzione di redarguirlo. Ne' puo' trarsi alcun elemento di prova dalla conversazione del 22 dicembre 2010 tra (OMISSIS) ed il (OMISSIS), che pure ha un significato diverso da quello che gli viene attribuito, o la conversazione intervenuta tra gli stessi il 19 novembre 2010, sia per la genericita' del riferimento ai "bruciati" in essa contenuto, sia perche' gli stessi interlocutori definiscono in essa il (OMISSIS) quale un imbroglione e millantatore. 4.18. Con il diciottesimo motivo - corrispondente al decimo motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente lamenta la mancanza, illogicita' e contraddittorieta' della motivazione in ordine alla valutazione della conversazione intercettata il 2 ottobre (OMISSIS) tra (OMISSIS) ed il (OMISSIS), da intendersi quale prova decisiva. Nella conversazione (OMISSIS) riferisce a (OMISSIS) di avere appreso, da un colloquio con Francesco (OMISSIS), che quest'ultimo non e' a conoscenza del presunto patto tra imprenditori locali e âEuroËœndrangheta. La Corte di appello ha affermato che la vicenda relativa all'estorsione ai danni del (OMISSIS) non contraddice l'esistenza del patto spartitorio poiche' essa si colloca al di fuori del sistema imposto dalle cosche di (OMISSIS). Sostiene, allora, il ricorrente che tale motivazione e' eccentrica rispetto al motivo di appello con il quale si era evidenziato che il (OMISSIS), pur operando quale imprenditore edile nel territorio del Comune di (OMISSIS), non aveva avvertito alcun condizionamento, tanto da proporre a (OMISSIS) di organizzarsi economicamente allo scopo di acquisire gli appalti banditi dal Comune di (OMISSIS). Non vi era stata alcuna estorsione attuata ai danni del (OMISSIS). 4.19. Con il diciannovesimo motivo - corrispondente all'undicesimo motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente lamenta la mancanza, illogicita' e contraddittorieta' della motivazione in ordine alla valutazione della conversazione intercettata il 21 dicembre 2010, da intendersi quale prova decisiva, in relazione alle difficolta' economiche di (OMISSIS). I Giudici del merito non hanno considerato che (OMISSIS) viveva lontano dalla Calabria dal giugno 2007 e per tale motivo non e' rimasto coinvolto in alcuna altra indagine riguardante la gestione da parte della âEuroËœndrangheta degli appalti pubblici. Peraltro, la Corte di appello ha omesso di considerare la conversazione intercettata sopra indicata, nel corso della quale (OMISSIS) evidenzia che le condizioni economiche dell'odierno ricorrente non sono buone, il che contrasta con la spartizione delle grandi somme di denaro che allo stesso sarebbero dovute derivare laddove egli effettivamente avesse avuto il controllo degli appalti banditi dal Comune di (OMISSIS). 4.20. Con il ventesimo motivo - corrispondente al dodicesimo motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente lamenta la mancanza, illogicita' e contraddittorieta' della motivazione in ordine alla valutazione di talune conversazioni intercettate, i cui estremi vengono indicati nel motivo di ricorso e da intendersi quali prove decisive, e relative alla partecipazione di (OMISSIS) all'incontro con (OMISSIS) e altri esponenti di âEuroËœndrangheta presso un bar nel periodo delle feste natalizie del (OMISSIS). Secondo l'ipotesi accusatoria, (OMISSIS) avrebbe partecipato a detto incontro ed avrebbe pesantemente redarguito (OMISSIS), esponente di spicco della criminalita' organizzata operante sul territorio. La circostanza emergerebbe dalla conversazione del 31 gennaio 2010 tra (OMISSIS) e (OMISSIS), che l'avrebbe riferita al primo. Con l'appello era stato dedotta l'inesistenza di alcuna prova che l'incontro fosse avvenuto e comunque era stata evidenziata l'inattendibilita' del (OMISSIS), tanto che pure (OMISSIS) , pochi minuti dopo aver ascoltato il racconto del (OMISSIS), aveva espresso al (OMISSIS) i suoi dubbi sulla veridicita' del racconto. La Corte di appello, in relazione ad altre circostanze di fatto, aveva ritenuto inattendibile quanto riferito dal (OMISSIS) nelle conversazioni intercettate proprio in virtu' dei dubbi espressi da (OMISSIS) e, tuttavia, del tutto contraddittoriamente, non aveva applicato il medesimo criterio di giudizio in relazione all'incontro tra (OMISSIS) e (OMISSIS). Anche in numerose altre conversazioni (OMISSIS) ed il (OMISSIS) mostrano di considerare il (OMISSIS) quale un imbroglione. Ciononostante, la Corte territoriale ha ritenuto attendibile il suo racconto, che, peraltro, non risulta in alcun modo riscontrato. 4.21. Con il ventunesimo motivo - corrispondente al tredicesimo motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente lamenta la mancanza, illogicita' e contraddittorieta' della motivazione in ordine alla valutazione delle dichiarazioni accusatorie del collaboratore di giustizia (OMISSIS). La Corte di appello ha considerato generiche le dichiarazioni del collaborante, mentre avrebbe dovuto ritenerle inattendibili e non riscontrate. 4.22. Con il ventiduesimo motivo - corrispondente al quattordicesimo motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente lamenta, in relazione al delitto di estorsione di cui al capo 14 septies), la mancanza, illogicita' e contraddittorieta' della motivazione in ordine alla valutazione di talune conversazioni intercettate, i cui estremi vengono indicati nel motivo di ricorso e relative ai c.d. "lavori del muro", nonche' l'erronea qualificazione giuridica del fatto, in realta' integrante un mero tentativo di estorsione. Il ricorrente evidenzia che mentre nella sentenza di primo grado (OMISSIS) viene indicato quale uno dei concorrenti nell'estorsione, la sentenza di secondo grado gli attribuisce la posizione di vittima, avendo egli partecipato alla esecuzione dei lavori, e segnala che la motivazione e' illogica perche' non e' dimostrato che (OMISSIS) abbia in alcun modo collaborato alla commissione del delitto. In particolare, non puo' sostenersi che il (OMISSIS) sia stato inviato dal ricorrente a rappresentare al (OMISSIS) la richiesta estorsiva sol perche' il (OMISSIS) ha, in tale frangente, affermato che il lavoro "lo fanno i paesani miei" e che il lavoro interessava "a gente di (OMISSIS)" e la Corte di appello non ha dato risposta al motivo di gravame con il quale si sosteneva che le persone indicate dal (OMISSIS) non potevano essere identificate con certezza nei (OMISSIS) "bruciati" potendo i mandanti essere individuati in soggetti diversi, come (OMISSIS), che pure era di (OMISSIS). Difatti, non avendo il (OMISSIS) menzionato i "bruciati", il (OMISSIS) non era stato in grado di comprendere a chi egli avesse voluto riferirsi, tanto che egli aveva chiesto ad altri soggetti di scoprire chi fossero coloro che, tramite il (OMISSIS), avevano avanzato le loro pretese e poi, tramite un suo operaio, si era rivolto a (OMISSIS) per chiedere protezione. In ogni caso, anche laddove si ritenesse che il (OMISSIS) fosse stato incaricato dai "bruciati", non era dimostrato che tutti i componenti della famiglia indicata con quel soprannome fossero coinvolti nella vicenda estorsiva. Neppure era dato comprendere a vantaggio di chi i "bruciati" avessero esercitato le loro pressioni, atteso che il (OMISSIS) non aveva eseguito lavori in relazione ai c.d. "lavori del muro" ed essendo intervenuto un patto chiaro ed esplicito tra (OMISSIS) e (OMISSIS) per gestire insieme i lavori ed i subappalti sin dal maggio (OMISSIS), come risultava da molte delle conversazioni intercettate. In particolare, dalla conversazione intercettata in data 18 maggio (OMISSIS) tra (OMISSIS) ed il (OMISSIS) risulta che quest'ultimo era in grado di scegliere autonomamente i subappaltatori e quindi l'assenza del condizionamento degli (OMISSIS) e nella stessa sentenza di appello si riconosce che anche (OMISSIS) era in condizione di scegliersi i subappaltatori. Se vi sono state pressioni su (OMISSIS) e su (OMISSIS) , esse sono state esercitate dallo (OMISSIS), che pretendeva di partecipare all'esecuzione dei lavori. Il ricorrente segnala che i giudici del merito hanno tratto la convizione che (OMISSIS) abbia chiesto a (OMISSIS) di intervenire sul (OMISSIS) da due conversazioni tra (OMISSIS) ed il (OMISSIS) intercettate il 10 settembre (OMISSIS), il cui significato e' stato travisato. Il " (OMISSIS)" al quale in esse si faceva riferimento andava identificato in (OMISSIS) (OMISSIS), che pure aveva partecipato all'esecuzione dei "lavori del muro", come risultava da altra conversazione intercettata il 14 ottobre (OMISSIS). In ogni caso, anche volendo individuare in (OMISSIS) il soggetto al quale (OMISSIS) aveva parlato, dal tenore della conversazione del 10 settembre (OMISSIS) emergeva che l'intervento del (OMISSIS) era volto esclusivamente ad ottenere notizie da (OMISSIS) tramite (OMISSIS) circa l'eventuale avvenuto pagamento da parte del (OMISSIS) allo (OMISSIS) del prezzo del subappalto; (OMISSIS) non aveva affidato a (OMISSIS) alcuna richiesta da rivolgere al (OMISSIS) e comunque (OMISSIS) non aveva rivolto alcuna richiesta di notizie o di pagamenti al (OMISSIS) valendosi di (OMISSIS) , non avendo egli mai incontrato il (OMISSIS) e non volendo che l'oggetto della richiesta del (OMISSIS) fosse conosciuta. Neppure vi e' prova che la riunione in cui si sarebbe dovuto discorrere dei conteggi relativi ai "lavori del muro" sia stata effettivamente tenuta e se le somme siano state corrisposte, cosicche' il fatto andrebbe semmai qualificato come tentata estorsione. 4.23. Con il ventitreesimo motivo - corrispondente al quindicesimo motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente denuncia, in relazione al delitto di estorsione di cui al capo 14 septies), la nullita' della sentenza ai sensi dell'articolo 522 cod. proc. pen. per difetto di correlazione tra accusa e sentenza, poiche', come sopra gia' esposto, mentre nella sentenza di primo grado il destinatario dell'estorsione e' il (OMISSIS), nella sentenza di appello viene indicato come tale (OMISSIS) , senza che sul mutamento del fatto, mai formalizzato nel corso del giudizio di primo grado, sia stata attivata alcuna forma di contraddittorio, con conseguente lesione del diritto di difesa dell'imputato. 4.24. Con il ventiquattresimo motivo - corrispondente al sedicesimo motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente lamenta, in relazione al delitto di estorsione di cui al capo 14 novies), la mancanza, illogicita' e contraddittorieta' della motivazione in ordine alla valutazione di talune conversazioni intercettate, i cui estremi vengono indicati nel motivo di ricorso e relative ai c.d. "lavori del sottopassaggio", nonche' la violazione degli articoli 56 e 629 cod. pen. La Corte territoriale, alla quale era stato segnalato che in nessuna delle conversazioni intercettate era stato collegato il nome di tale " (OMISSIS)" ed il nome di " (OMISSIS)" ai lavori del sottopassaggio della stazione ferroviaria di (OMISSIS), ha rigettato il motivo osservando che attraverso l'impresa aggiudicataria indicata nelle conversazioni era certo che l'appalto oggetto della vicenda estorsiva andasse identificato in quello relativo ai suddetti lavori. Osserva, allora, il ricorrente che il ragionamento e' illogico perche' presuppone che l'impresa aggiudicataria si sia occupata esclusivamente dei lavori del sottopassaggio, mentre tale circostanza non emerge dalle conversazioni intercettate. Peraltro, le conversazioni intercettate sono di sei mesi successive al completamento dei lavori del sottopassaggio, il che porta ad escludere che il relativo appalto sia stato controllato dalle cosche di (OMISSIS). Nella conversazione del 26 gennaio 2010 si fa riferimento a tale " (OMISSIS)" che viene immotivatamente identificato in (OMISSIS), mentre potrebbe trattarsi di (OMISSIS) o di (OMISSIS), che pure erano coinvolti nell'esecuzione dei lavori pubblici. Ne' dalla conversazione emerge alcuna condotta estorsiva. In essa si fa riferimento a "viaggi" ed "assegni", termini che non escludono interpretazioni alternative; ne' e' possibile comprendere la natura ed il contenuto delle eventuali minacce esercitate, onde poterne apprezzare la serieta' e la idoneita'. 4.25. Con il venticinquesimo motivo - corrispondente al diciassettesimo motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente lamenta, in relazione al trattamento sanzionatorio, la violazione dell'articolo 81, cod. pen. per avere la Corte di appello negato il vincolo della continuazione tra i reati per i quali si procede in questa sede e quello di cui all'articolo 416-bis cod. pen. per il quale egli e' stato condannato con la sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria datata 11 giugno 1999 che ha parzialmente riformato quella del Tribunale di (OMISSIS) del 23 maggio 1998. Sostiene il ricorrente che le vicende criminali oggetto del presente giudizio sono collegate a quelle per le quali egli e' stato gia' giudicato e ne costituiscono lo sviluppo e sono quindi tutte oggetto, quanto meno nelle loro linee essenziali, di un solo momento ideativo collocato anteriormente alla adesione del ricorrente alla âEuroËœndrangheta e diretto al conseguimento del controllo totale del territorio in cui operava la cosca. La associazione di tipo mafioso e' sempre la stessa e le estorsioni ed il controllo degli appalti pubblici rientrano nel programma dell'associazione criminale. La Corte di appello ha, invece, rigettato l'istanza di applicazione della disciplina del reato continuato con una motivazione inconsistente e viziata, che non considera le ragioni poste a sostegno della richiesta e trascura che proprio la forza di intimidazione delle cosche consentiva la realizzazione delle estorsioni ed il controllo degli appalti pubblici. La distanza temporale tra le due condotte associative non era dirimente, rispondendo essa solo all'esigenza pratica di accertamento e definizione processuale delle vicende giudicate. In ogni caso, l'imputazione per la quale (OMISSIS) e' stato gia' condannato si estende "dal 1983 ad oggi" e non e' chiusa al 1995. 4.26. Con il ventiseiesimo motivo - corrispondente al diciottesimo motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente lamenta, in relazione al trattamento sanzionatorio, la violazione degli articoli 133 e 62-bis cod. pen., quanto all'omessa applicazione delle circostanze attenuanti generiche prevalenti, e dell'articolo 114 cod. pen., quanto all'omessa applicazione dell'attenuante al reato di cui al capo 14 septies), la violazione degli articoli 416-bis.1 e 416-bis, quarto e quinto comma, cod. pen., la violazione dell'articolo 81 cod. pen., quanto alla determinazione dell'aumento di pena per la continuazione, nonche' la mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in ordine a tali punti della decisione. Quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche, la Corte di appello ha motivato collettivamente per tutti gli imputati, senza differenziare le varie posizioni. L'intervento di (OMISSIS) nella vicenda estorsiva di cui al capo 14 septies) era stato secondario e quasi irrilevante e dalle conversazioni intercettate risulta che egli era estraneo alle richieste rivolte al (OMISSIS) da altri e quindi l'efficienza causale della sua condotta era stata minima. La somma versata, Euro 6000,00, da dividere con il fratello, estremamente modesta, tenuto conto anche del valore dell'appalto, pari ad Euro 160.000,00. I fatti risalgono al (OMISSIS) e successivamente egli non ha commesso altri reati di estorsione, mentre la sua partecipazione all'associazione si e' arrestata nel 2010; anche gli altri elementi indicati dall'articolo 133 cod. pen. militano a favore dell'applicazione delle attenuanti generiche. Inoltre, puo' trovare applicazione l'attenuante di cui all'articolo 114 cod. pen. Doveva anche escludersi l'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 cod. pen., in quanto l'estorsione era stata attuata al fine di aiutare il fratello (OMISSIS) e non per agevolare l'associazione criminale. Neppure (OMISSIS) aveva parlato con (OMISSIS) e non poteva, quindi, essergli applicata l'aggravante delle piu' persone riunite. L'associazione mafiosa non poteva ritenersi armata sol perche' (OMISSIS) disponeva di armi e (OMISSIS) aveva espresso il timore che scoppiasse una guerra di mafia. In ogni caso l'aumento di pena per la continuazione risulta eccessivo rispetto alla gravita' del reato associativo e tale da negare al beneficio della continuazione la sua ratio. 5. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso anche (OMISSIS), a mezzo del suo difensore, chiedendone l'annullamento ed articolando dieci motivi. 5.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), cod. proc. pen., la inutilizzabilita' degli atti indagine acquisiti dopo la scadenza dei termini massimi di durata delle indagini preliminari ai sensi degli articoli 191 e 407, comma 3, cod. proc. pen. La Corte di appello ha affermato che le informative di polizia giudiziaria compiute dal 23 gennaio 2012, giorno successivo alla scadenza del termine massimo per le indagini preliminari, sino al 1 giugno 2018 sarebbero utilizzabili in quanto non compiute in violazione di legge e che il vizio sarebbe sanato per effetto della scelta del rito abbreviato ai sensi dell'articolo 438, comma 6-bis, cod. proc. pen. secondo il quale tale scelta comporta la non rilevabilita' delle inutilizzabilita', salve quelle derivanti dalla violazione di un divieto probatorio. Il ricorrente sostiene che tale assunto e' errato, in quanto l'articolo 191, comma 2, cod. proc. pen. prevede che l'inutilizzabilita' puo' essere rilevata anche d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento e comunque la norma fa salve le inutilizzabilita' conseguenti alla violazione di un divieto probatorio quale e' appunto la violazione del termine di durata massima delle indagini preliminari. Anche gli atti di indagine successivi alla scadenza di detto termine sarebbero affetti dalla c.d. inutilizzabilita' patologica e sarebbero inutilizzabili pure in sede di giudizio abbreviato, sulla base dei principi affermati dalle Sezioni Unite con la sentenza Tammaro (Sez. U, n. 16 del 21/06/2000, Tammaro, Rv. 216246). 5.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), cod. proc. pen., violazione degli articoli 192, 530, 533, 546, comma 1, lettera e), cod. proc. pen. e dell'articolo 416-bis, primo e terzo comma, cod. pen. e mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in ordine alla affermazione della sua penale responsabilita' per il reato contestato al capo 1). Sostiene il ricorrente che manca la motivazione in relazione ad alcuni punti che avevano costituito oggetto di impugnazione, mentre in relazione ad altri la motivazione e' illogica a causa dell'omessa valutazione di numerosi elementi di prova; la mancata valutazione delle prove ha poi condotto alla violazione dell'articolo 416-bis cod. pen., essendo stato ritenuto sussistente il reato previsto da questa disposizione in mancanza dei suoi elementi oggettivi. Mentre il Giudice di primo grado ha utilizzato a fini di prova sia le intercettazioni di conversazioni intercorse tra soggetti diversi da (OMISSIS)e le dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia (OMISSIS), la Corte di appello ha ritenuto queste ultime eccessivamente generiche ed incapaci di fornire elementi utili in quanto relative a circostanze accadute molto tempo prima rispetto alle condotte oggetto di contestazione. Tuttavia, segnala il ricorrente, le conversazioni di (OMISSIS) oggetto di intercettazione non hanno ad oggetto fatti storici, ma considerazioni e deduzioni. Per valere come prova esclusiva della penale responsabilita' dell'imputato, gli elementi di prova da esse ricavati devono essere gravi e l'interpretazione del linguaggio e del contenuto delle conversazioni intercettate costituisce una questione di fatto insindacabile in sede di legittimita', purche' motivata in conformita' ai criteri della logica e delle massime di esperienza, mentre nel caso di specie la motivazione e' illogica a causa del travisamento probatorio, dovuto alla circostanza che la Corte di appello ha analizzato solo una parte del compendio probatorio, senza considerare le conversazioni intercettate dalle quali emerge l'inattendibilita' di quanto dichiarato da (OMISSIS) che, nelle sue conversazioni, riferisce considerazioni personali ed avvenimenti mai riscontrati nella loro effettiva verificazione e spesso riporta quanto appreso da (OMISSIS), anch'egli palesemente non credibile, oltre che inattendibile, tanto che che anche (OMISSIS) ed il (OMISSIS) lo ritengono un millantatore, che era solito utilizzare il nome dei (OMISSIS) "bruciati" in modo sconsiderato, tanto da far adirare (OMISSIS), come risulta in una delle conversazioni intercettate. Evidenzia il ricorrente che la sentenza del Tribunale di (OMISSIS) del (OMISSIS), che si e' pronunciata nei confronti degli imputati che non avevano optato per il giudizio abbreviato, ha assolto tutti i coimputati in relazione allo stesso reato, applicando il principio secondo il quale, in caso di generiche affermazioni fatte da terze persone nel corso di conversazioni alle quali non ha partecipato l'indagato, e' necessario che esse trovino riscontro in altri elementi di supporto che integrino con riferimenti specifici la genericita' dell'accusa. La Corte di appello neppure si e' curata di verificare la qualita' dei conversanti, occorrendo invece valutare il loro grado di inserimento in seno al sodalizio criminale. Gli indizi raccolti nel corso di conversazioni telefoniche intercettate, a cui non abbia partecipato l'imputato, possono costituire fonte diretta di prova, senza necessita' di reperire riscontri esterni, a condizione che il contenuto della conversazione sia chiaro e che, per il ruolo ricoperto dagli interlocutori nell'ambito dell'associazione di cui fanno parte, siano portatori di conoscenze qualificate e non vi sia motivo per ritenere che essi esprimano mere opinioni personali o semplici congetture. Peraltro, la Corte di appello ha illogicamente affermato che (OMISSIS)deve essere ritenuto un associato al locale di âEuroËœndrangheta di (OMISSIS), finanche in posizione apicale, sol perche' aveva gia' riportato condanna per il reato associativo mafioso, senza considerare che tale condanna si riferisce ad un periodo di tempo molto risalente nel tempo rispetto ai fatti contestati in questa sede, sostenendo che un soggetto condannato per associazione di tipo mafioso molti anni fa deve necessariamente continuare a far parte dell'associazione, non considerando la funzione rieducativa della pena gia' espiata e senza porre a base di tale conclusione alcuna prova. Per quanto concerne la vicenda dei cosiddetti "lavori del muro", in data 12 ottobre (OMISSIS) (OMISSIS) riferisce al (OMISSIS) che " (OMISSIS)", ossia (OMISSIS), in quanto mandato da gente di (OMISSIS), sarebbe andato da (OMISSIS), aggiudicatario dell'appalto, per intimidirlo e far si' che potessero intromettersi nei lavori alcune famiglie (OMISSIS), tra le quali quella dei (OMISSIS) "bruciati" e quindi anche (OMISSIS). Dalla conversazione, secondo la Corte di appello, si ricaverebbe il coinvolgimento di (OMISSIS)nella vicenda, in quanto egli si sarebbe avvalso del (OMISSIS) per intimidire il (OMISSIS). Dalla conversazione, tuttavia, non si capisce da chi avrebbe appreso tale informazione (OMISSIS) , che nel corso della conversazione la riporta al (OMISSIS). Nonostante le doglianze sollevate in proposito con l'atto di appello, nessuna risposta e' stata fornita dalla Corte territoriale. In realta', (OMISSIS) si limita ad esplicitare al (OMISSIS) il risultato di una sua congettura. - In ogni caso, anche laddove si ritenesse che sia stato il (OMISSIS) a riferire la circostanza a (OMISSIS) , dovrebbe osservarsi che laddove la Corte territoriale afferma che il primo e' soggetto attendibile, la motivazione risulta assolutamente illogica, atteso che nel corso delle conversazioni intercettate piu' volte, ed in particolare nella conversazione del 3 novembre 2010, (OMISSIS) ed il (OMISSIS) affermano che il (OMISSIS) e' un imbroglione ed un millantatore, aduso a spendere il nome di persone senza avere con queste alcun rapporto o accordo. La sentenza di appello afferma che non appaiono scriminanti le conversazioni nelle quali si fa riferimento a "cazziate" fatte dai (OMISSIS) al (OMISSIS), poiche' tale circostanza sarebbe al contrario una conferma del loro legame e, sebbene in piu' occasioni i conversanti abbiano screditato la figura del (OMISSIS), in numerosissime occasioni i dati probatori hanno confermato che l'imputato era imposto dalle cosche (OMISSIS). In realta', neppure era dimostrato che i (OMISSIS) avessero rimproverato il (OMISSIS) e comunque non era dimostrato il preteso legame dei (OMISSIS) con il (OMISSIS). La circostanza dimostrava, invece, che (OMISSIS), avendo appreso che il (OMISSIS) aveva indebitamente utilizzato il suo nome per intimidire il (OMISSIS), non aveva tollerato tale comportamento, non volendo essere accostato ad un imbroglione quale era il (OMISSIS). Proprio l'impossibilita' di stabilire da chi (OMISSIS) avesse appreso le circostanze da lui riferite al (OMISSIS) aveva indotto il Tribunale di (OMISSIS), all'esito del giudizio ordinario celebrato a carico di coloro che non avevano scelto il rito abbreviato, a svalutare la rilevanza probatoria della conversazione intercettata, che ben poteva avere ad oggetto mere congetture e supposizioni di (OMISSIS). Quanto ai "lavori dell'asilo di (OMISSIS)", che secondo l'ipotesi accusatoria sarebbero stati eseguiti dal (OMISSIS) quale socio di (OMISSIS), la Corte di appello si limita a dare per scontata la veridicita' di quanto da (OMISSIS) riferito al (OMISSIS), senza tenere conto della genericita' delle dichiarazioni e della inattendibilita' di (OMISSIS) , aspetti sui quali la Corte di appello omette di motivare poiche' non vi sono elementi di prova in grado di riscontrare la circostanza. Da quanto sopra esposto in relazione ai "lavori del muro" emerge, invece, che (OMISSIS)non apprezzava la persona del (OMISSIS) ed e' quindi inverosimile che i due fossero soci. Analoghe considerazioni valgono in relazione ai "lavori della caserma e della scuola elementare". Il Tribunale di (OMISSIS), nella sentenza resa all'esito del giudizio ordinario, afferma che la abitudine del (OMISSIS) di millantare un suo legame con i (OMISSIS) "bruciati" preoccupa (OMISSIS) che, avendo prestato la sua azienda al (OMISSIS), teme che la stessa possa essere colpita da una misura interdittiva antimafia. La circostanza che il (OMISSIS) spendesse indebitamente il nome di (OMISSIS)emerge anche dalla conversazione intercettata in data 23 novembre 2010 in cui (OMISSIS) riferiva al (OMISSIS) che lo stesso (OMISSIS)gli aveva detto che il (OMISSIS) aveva utilizzato a sproposito il nome dei "bruciati", motivo per il quale il (OMISSIS), rifiutato dal "bruciato", aveva poi richiesto l'appoggio di (OMISSIS) "(OMISSIS)". Questa intercettazione non e' stata affatto presa in considerazione dalla Corte di appello, che e' incorsa in un vero e proprio travisamento probatorio. La motivazione della Corte di appello risulta, quindi, illogica perche' le conversazioni intercettate, alle quali (OMISSIS)non ha partecipato, sono generiche e non riscontrate e finanche contraddette da riscontri negativi. La motivazione e' quindi mancante, poiche' manca l'esposizione delle prove poste a base della decisione e delle ragioni per le quali non si ritengono attendibili le prove contrarie, come invece prescritto dall'articolo 546, comma 1, lettera e), cod. proc. pen. Analoghe considerazioni vengono spese dal ricorrente in relazione ai lavori del "Gioiello del mare". Dalle convinzioni, puramente congetturali, espresse dal (OMISSIS) in ordine ad un inserimento di (OMISSIS)in tali lavori, i giudici di appello hanno desunto la partecipazione dell'imputato ad un sodalizio criminoso. Il ricorrente segnala che la vicenda relativa ai suddetti lavori riguarda un'estorsione attuata ai danni del Cuppari, cosicche' se davvero (OMISSIS)fosse stato implicato in detta vicenda, avrebbero dovuto contestargli il concorso nell'estorsione, che invece non gli era stato addebitato. Laddove, a pag. 484 della sentenza qui impugnata, si afferma che sulla base di tutte le vicende relative ai lavori (OMISSIS) rappresenta fondatamente a (OMISSIS) che su (OMISSIS) comandano gli (OMISSIS), tra i quali spiccano (OMISSIS) e (OMISSIS), in realta', dal complesso delle conversazioni intercettate, risulta che (OMISSIS) riferisce al (OMISSIS) fatti appresi da terzi non identificati, come emerge dalla conversazione del 27 gennaio 2011 in cui si parla di un incontro al quale, secondo la Corte di appello, (OMISSIS)avrebbe partecipato, mentre la sua partecipazione non e' affatto riscontrata. Il ricorrente precisa che egli non intende chiedere a questa Corte di cassazione una rivalutazione delle prove ed in particolare delle conversazioni intercettate, ma evidenziare la illogicita' della motivazione, che poggia esclusivamente su parte delle conversazioni captate, e la mancanza della motivazione, non avendo la Corte di appello illustrato le ragioni per le quali devono essere disattesi i motivi di gravame che si basavano proprio sulle conversazioni che non sono state oggetto di valutazione. Aggiunge il ricorrente che, peraltro, laddove i conversanti si riferiscono a tale " (OMISSIS)" non e' affatto detto che essi facciano riferimento a (OMISSIS), in quanto anche altri si chiamano (OMISSIS), come (OMISSIS), ed in un'occasione, quella della conversazione del 21 gennaio 2010 relativa ai "lavori del muro", risulta che essi fanno riferimento proprio a (OMISSIS), cosicche' risulta illogica l'affermazione, contenuta nella motivazione della sentenza di appello, secondo la quale non vi sono dubbi che quando i conversanti menzionavano " (OMISSIS)" essi intendessero riferirsi a (OMISSIS). Anche in relazione alla vicenda relativa ai lavori del cimitero di (OMISSIS), la Corte di appello omette di valutare la conversazione del 21 dicembre 2020 dalla quale emerge che l'intervento dei (OMISSIS) "bruciati" e dei "(OMISSIS)" era solo apparente e che in realta' il (OMISSIS) spendeva indebitamente i loro nomi. Dalle conversazioni intercettate la cui valutazione e' stata omessa dalla Corte di appello emerge che non e' possibile sostenere la partecipazione di (OMISSIS)alla âEuroËœndrangheta e che pertanto la Corte di appello ha erroneamente applicato l'articolo 416-bis cod. pen., come interpretato dalle Sezioni Unite con la sentenza Modafferi che afferma che va riscontrato in concreto il fattivo inserimento nell'organizzazione criminale. Quand'anche fosse dimostrata la esistenza di un gruppo di persone che si interessavano ai lavori appaltati ed avevano stabilito alcune regole da rispettare in ordine alla loro spartizione, non si tratterebbe di un'associazione di tipo mafioso, non risultando in alcun modo che essa utilizzasse alcun potere di intimidazione derivante dal vincolo associativo e dalla condizione di assoggettamento e di omerta' che ne deriva. La motivazione e' illogica laddove, per affermare che (OMISSIS) e' attendibile, la Corte di appello sostiene che egli e' intraneo al circuito dei subappalti illeciti, avendo ampie conoscenze in ordine alle famiglie mafiose operanti sul territorio, e poi sostiene che egli non faccia parte di alcuna cosca. 5.3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), cod. proc. pen., violazione degli articoli 192, 530, 533, 546, comma 1, lettera e), cod. proc. pen. e dell'articolo 416-bis, secondo comma, cod. pen. e mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in ordine alla affermazione della sua penale responsabilita' per il reato contestato al capo 1). Sostiene il ricorrente che anche l'attribuzione a suo carico di una posizione apicale in seno al sodalizio mafioso e' stata motivata in modo illogico ed e' il risultato di una valutazione solo parziale del quadro probatorio. L'attribuzione di una posizione di vertice in seno alla cosca discenderebbe da una conversazione captata in data 24 settembre (OMISSIS) tra (OMISSIS) e (OMISSIS) in cui il primo racconta al secondo che il giorno seguente si sarebbero dovuti recare assieme presso il bar (OMISSIS) di (OMISSIS) per incontrarsi anche con " (OMISSIS)" bruciato onde stabilire come dovessero essere spartiti i soldi ricavati dai "lavori del muro" di (OMISSIS). Dalla attribuzione a (OMISSIS)dell'autorita' di stabilire tra chi e come i soldi andassero spartiti, si e' desunto che egli occupasse una posizione di supremazia. Tuttavia, anche in questo caso la conversazione intercettata, per la sua genericita', avrebbe dovuto essere corroborata da riscontri estrinseci, che nel caso di specie mancano, in quanto, sebbene gli inquirenti conoscessero preventivamente il giorno, l'ora ed il luogo dell'incontro, non e' stato effettuato alcun accertamento onde controllare se esso si fosse effettivamente tenuto e chi vi avesse partecipato, cosicche' non si puo' nemmeno affermare con certezza che esso vi sia stato. E difatti, nella sentenza emessa dal Tribunale di (OMISSIS) all'esito del giudizio ordinario si afferma appunto che, mancando alcun riscontro, non si puo' ritenere accertato l'incontro. In relazione a detta conversazione del 24 settembre (OMISSIS), inoltre, la Corte di appello, segnala il ricorrente, si contraddice perche' sostiene che (OMISSIS) avrebbe riferito al (OMISSIS) che loro due, il (OMISSIS) e lo (OMISSIS) il giorno seguente avrebbero dovuto recarsi da " (OMISSIS)" per portargli i conteggi relativi ai lavori, mentre nella conversazione riportata nella sentenza di appello emerge chiaramente che laddove i conti non fossero tornati, la persona che si sarebbe potuta arrabbiare non era (OMISSIS), ma un diverso soggetto, tanto che essi affermano che, laddove tale ipotesi si fosse concretizzata, della questione avrebbero discusso tra loro " (OMISSIS)" e questa terza persona. Ne consegue che non e' logico desumere da tale conversazione un ruolo di vertice in capo a (OMISSIS). Anche in relazione alla conversazione del 7 ottobre (OMISSIS), in cui secondo la Corte di appello (OMISSIS) riferisce a (OMISSIS) come il (OMISSIS) si sarebbe dovuto comportare con (OMISSIS)in ordine alla spartizione del denaro e che pure e' stata valorizzata dalla Corte di appello per desumerne un ruolo direttivo in capo al ricorrente, quest'ultimo sostiene che la motivazione e' illogica perche' in realta' (OMISSIS) riferisce al (OMISSIS) come quest'ultimo si sarebbe dovuto comportare, senza menzionare il (OMISSIS) o fare riferimento a suoi comportamenti. Dalla conversazione emerge che (OMISSIS) e (OMISSIS)occupano posizioni paritarie tra loro. Peraltro, segnala il ricorrente, le conversazioni sono tutte anteriori al 26 ottobre (OMISSIS), data di chiusura dei lavori, e quindi non si puo' affermare con certezza che gli accordi spartitori siano stati rispettati. 5.4. Con il quarto motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), cod. proc. pen., violazione degli articoli 192, 530, 533, 546, comma 1, lettera e), cod. proc. pen. e dell'articolo 416-bis, quarto e quinto comma, cod. pen. e mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in ordine all'applicazione, per il reato contestato al capo 1), dell'aggravante della disponibilita' di armi in capo all'associazione mafiosa. Anche in relazione a detta aggravante la Corte di appello poggia la sua decisione sull'attendibilita' di quanto dal (OMISSIS) riferito a (OMISSIS) . L'illogicita' della motivazione, per le ragioni sopra gia' esposte, nella parte in cui afferma la attendibilita' del (OMISSIS) porta a ritenere illogica detta motivazione anche nella parte relativa all'applicazione dell'aggravante. Peraltro, laddove la decisione poggia sulla affermazione, rivolta da (OMISSIS) al (OMISSIS), che presto le cosche locali sarebbero entrate in conflitto tra loro e sarebbe scoppiata una guerra di mafia, essa non considera che trattasi di una ipotesi meramente congetturale basata su valutazioni soggettive dello stesso (OMISSIS) , inidonea a dimostrare l'effettivo possesso di armi in capo alla associazione. 5.5. Con il quinto motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), cod. proc. pen., la violazione degli articoli 192, 530, 533, 546, comma 1, lettera e), cod. proc. pen. e degli articoli 110 e 629, primo comma, cod. pen. e mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in ordine alla affermazione della sua penale responsabilita' per il reato contestato al capo 14 septies). Anche in relazione alla vicenda estorsiva contestata al capo 14 septies), le conversazioni intercettate risultano generiche e necessitano, per valere come prova, di ulteriori riscontri. Durante la conversazione del 12 ottobre (OMISSIS) (OMISSIS) racconta al (OMISSIS) che il (OMISSIS), in quanto mandato da gente di (OMISSIS), avrebbe cercato di intimidire il (OMISSIS), aggiudicatario dell'appalto, onde consentire ad alcune famiglie di (OMISSIS) di ingerirsi nei lavori e tra queste anche quella dei (OMISSIS) "bruciati", di cui fa parte (OMISSIS). Da questa conversazione dovrebbe ricavarsi che (OMISSIS)e' direttamente coinvolto nella vicenda, per avere attraverso il (OMISSIS) intimidito il (OMISSIS) onde ingerirsi nell'appalto. Anche in questo caso, segnala il ricorrente, non si comprende da chi (OMISSIS) avrebbe appreso tale circostanza e nemmeno chi sarebbero gli (OMISSIS) che avrebbero agito quali mandanti del (OMISSIS). Nonostante le doglianze segnalate con l'atto di appello, la Corte territoriale non chiarisce tale punto. E' peraltro evidente che (OMISSIS) formula una ipotesi, una sua congettura e, comunque, anche ipotizzando che la circostanza sia stata riferita a (OMISSIS) dal (OMISSIS), la motivazione della sentenza di secondo grado e' contraddittoria perche' omette di rilevare che dalla conversazione medesima risulta la inattendibilita' del (OMISSIS) per le ragioni sopra esposte. Anche in riferimento all'incontro che si sarebbe dovuto tenere il giorno seguente, 25 ottobre (OMISSIS), presso il bar (OMISSIS) di (OMISSIS) ed al quale avrebbe dovuto partecipare anche (OMISSIS)onde concordare la divisione delle somme derivanti dal lavoro appaltato al (OMISSIS), le conversazioni intercettate sono non riscontrate poiche' non vi e' alcun elemento di prova che poi l'incontro sia avvenuto e che (OMISSIS)vi abbia partecipato, atteso che gli inquirenti neppure, pur potendolo, hanno svolto un servizio di appostamento onde controllare se l'incontro si fosse realmente tenuto. Difatti, anche il Tribunale di (OMISSIS), all'esito del giudizio ordinario, aveva ritenuto la conversazione priva di rilevanza probatoria perche' non riscontrata. Neppure da tale conversazione puo' desumersi un ruolo direttivo o apicale in capo all'imputato. Anche laddove si sostiene che da detta conversazione dovrebbe ricavarsi che (OMISSIS) , (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) il giorno successivo avrebbero dovuto portare a (OMISSIS)i conteggi dei lavori appaltati affinche' egli stabilisse la percentuale dovuta dal (OMISSIS) e che da tale circostanza dovrebbe ricavarsi la posizione di supremazia di (OMISSIS), la motivazione risulta illogica perche' nella conversazione intercettata si fa riferimento ad un terzo soggetto che avrebbe dovuto stabilire la percentuale e, laddove questo avesse avanzato rivendicazioni non gradite, con lo stesso se la sarebbe "sbrigata" (OMISSIS). Il ricorrente ribadisce anche quanto gia' esposto, con il terzo motivo di ricorso, in relazione alla conversazione del 7 ottobre (OMISSIS) per evidenziare la illogicita' della motivazione addotta per sostenere che il mandante del (OMISSIS), quale autore dell'intimidazione nei confronti del (OMISSIS), fosse (OMISSIS)e torna a segnalare che le conversazioni poste a sostegno dell'affermazione di penale responsabilita' sono tutte antecedenti alla chiusura dei lavori appaltati, avvenuta in data 26 ottobre (OMISSIS), cosicche' non puo' affermarsi che gli accordi spartitori siano stati rispettati. Ne' si chiarisce perche' non possa essere accolta la tesi difensiva volta a sostenere che quando (OMISSIS) menziona tale " (OMISSIS)" egli non sempre faccia riferimento a (OMISSIS), come confermato dalla conversazione intercettata in data 21 gennaio 2010 tra (OMISSIS) ed il (OMISSIS), in cui, dopo aver fatto piu' volte a tale " (OMISSIS)", se ne menziona il cognome " (OMISSIS)", cosicche' si comprende che egli si riferisce a (OMISSIS), anch'egli di (OMISSIS). E' quindi ben possibile che anche nelle altre conversazioni intercettate (OMISSIS) , menzionando tale " (OMISSIS)", si riferisse a quest'ultimo. Infine, il ricorrente sostiene che anche laddove il (OMISSIS) avesse intimidito il (OMISSIS) affermando che vi erano persone di (OMISSIS) interessate all'appalto, non risulta che a tale condotta il (OMISSIS) sia stato istigato da (OMISSIS); dalla motivazione della sentenza di appello sembra che "tutti quelli di (OMISSIS)" abbiano inviato il (OMISSIS) a minacciare il (OMISSIS), ma tale conclusione e' illogica, poiche' neppure si comprende da chi (OMISSIS) avrebbe appreso simile circostanza. Anche il Tribunale di (OMISSIS) ha ritenuto la conversazione intercettata non riscontrata e quindi espressiva di una mera supposizione o congettura personale di (OMISSIS) . Mancando il delitto di estorsione, il Tribunale di (OMISSIS) ha anche assoto il (OMISSIS) dal delitto di favoreggiamento. 5.6. Con il sesto motivo il ricorrente si duole, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), cod. proc. pen., della violazione degli articoli 192, 530, 533, 546, comma 1, lettera e), cod. proc. pen. e degli articoli 629, secondo comma, e 628, terzo comma nn. 1 e 3, cod. pen. e della mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in ordine all'applicazione dell'aggravante prevista dalle disposizioni appena citate al reato contestato al capo 14 septies). Sostiene che il (OMISSIS), se effettivamente ha intimidito il (OMISSIS) su istigazione di (OMISSIS), ha agito da solo e non riunito a tutti gli altri concorrenti nel reato, dovendosi distinguere la aggravante di cui al n. 1 del terzo comma dell'articolo 628 cod. pen., applicabile solo se piu' persone riunite abbiano attuato la minaccia, ed il mero concorso di persone come affermato anche dalle Sezioni Unite, secondo le quali, nel reato di estorsione, la circostanza aggravante speciale delle piu' persone riunite richiede la simultanea presenza di non meno di due persone nel luogo ed al momento di realizzazione della violenza o della minaccia (Sez. U, n. 21837 del 29/03/2012, Alberti, Rv. 252518). Anche l'aggravante di cui al n. 3 del terzo comma dell'articolo 628 cod. pen. non e' applicabile, dovendo escludersi, per le ragioni esposte in precedenza, la partecipazione del ricorrente alla âEuroËœndrangheta. 5.7. Con il settimo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), cod. proc. pen., la violazione degli articoli 192, 530, 533, 546, comma 1, lettera e), cod. proc. pen. e dell'articolo 416-bis.1 cod. pen. e la mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in ordine all'applicazione dell'aggravante prevista dalla disposizione appena citata in relazione al reato contestato al capo 14 septies). Sostiene che la aggravante non puo' farsi discendere dalla mera circostanza che (OMISSIS)sia un associato alla âEuroËœndrangheta e nel caso di specie, non potendo prestarsi fede alle affermazioni di (OMISSIS) , neppure puo' ritenersi dimostrato che il reato sia stato commesso al fine di agevolare una qualche associazione mafiosa e comunque non e' dato sapere quale destinazione sarebbe stata data al ricavato dall'estorsione. Peraltro, gia' all'esito del primo grado l'aggravante non era stata applicata. 5.8. Con l'ottavo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b), cod. proc. pen., la violazione dell'articolo 99 cod. pen. in relazione all'applicazione della recidiva specifica in relazione ai reati contestati ai capi 1) e 14 septies). Sostiene che la Corte territoriale non ha in alcun modo motivato sull'applicazione della recidiva, sebbene questa avesse costituito oggetto di un motivo di appello. 5.9. Con il nono motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b), cod. proc. pen., la violazione dell'articolo 62-bis cod. pen. in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche in relazione ai reati contestati ai capi 1) e 14 septies). Sostiene che le circostanze attenuanti non possono essere negate in virtu' della gravita' del reato e della sua pericolosita', discendente dall'essere egli gia' stato condannato per il delitto di cui all'articolo 416-bis cod. pen., mentre la pericolosita' deve essere valutata sulla base del reato oggetto di questo processo. Ne' la Corte di appello ha spiegato perche' l'imputato sarebbe "estremamente pericoloso". La motivazione risulta meramente apparente. 5.10. Con il decimo motivo il ricorrente si duole della misura eccessiva della pena, sostenendo che essa contrasta con gli articoli 132 e 133 cod. pen., con l'articolo 27 Cost. e con l'articolo 49 della Carta di Nizza, giacche' una pena eccessiva e' di ostacolo alla sua funzione rieducativa e sostiene che la Corte di appello neppure ha motivato indicando a quali tra i criteri di cui all'articolo 133 cod. pen. avrebbe inteso fare riferimento nella concreta quantificazione del trattamento sanzionatorio. 6. Ha proposto ricorso (OMISSIS), classe (OMISSIS), tramite il difensore di fiducia, deducendo tre diversi motivi di censura correlati alla sua condanna per il delitto di partecipazione mafiosa di cui al capo 1. 6.1. Il primo argomento difensivo si snoda lungo la direttrice del vizio di travisamento della prova e della motivazione apparente, denunciando che il provvedimento impugnato non avrebbe dato risposta alcuna alle obiezioni difensive rappresentate nei motivi d'appello e nella memoria successiva; in particolare ci si duole anche della violazione di legge in relazione all'errata valorizzazione delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia prive di riscontro ed assunte in maniera apodittica dai giudici d'appello. Si eccepisce che gli elementi utilizzati per attribuire al ricorrente la partecipazione all'associazione mafiosa - precisamente collaborando nel settore del controllo criminale di tutte le attivita' edilizie, private e pubbliche in appalto, nel territorio del comune di (OMISSIS) (locale di (OMISSIS)), con imposizione di forniture dei materiali e del pagamento di danaro per i lavori - sarebbero incoerenti con il ruolo di "santista" dunque erroneamente attribuitogli: non e' possibile che un soggetto di tale caratura criminale sia stato impiegato in quei lavori di manovalanza cantieristica nei quali si innesta il contesto delle intimidazioni ritenute provate dalla Corte d'Appello; non vi sono dati di appartenenze familiari che possano fondare un tale ruolo primario nell'organizzazione del "locale". Vengono poi evocate alcune imprecisioni contenute nella sentenza, a riprova della confusione nella ricostruzione degli elementi di fatto dai quali e' stata tratta la prova indiziaria della partecipazione mafiosa del ricorrente (tra questi, le dichiarazioni di un collaboratore, non meglio precisato nel ricorso, che avrebbe riferito di un fratello del ricorrente, il quale tuttavia non ha fratelli). Si lamenta la genericita' delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS), peraltro anche prive di riscontri. 6.2. Il secondo motivo di ricorso (erroneamente rubricato al n. 3) denuncia violazione di legge per vizio di mancanza assoluta di motivazione quanto alla ricostruzione del ruolo associativo del ricorrente, inserito in un gruppo denominato degli " (OMISSIS)", in ipotesi radicato nel comune di (OMISSIS), di cui mancano i cardini essenziali di struttura, vale a dire: un leader (che sarebbe, secondo la sentenza impugnata, (OMISSIS), il quale, tuttavia, non e' neppure imputato nel processo ed e' stato condannato in precedente giudizio solo quale mero partecipe, senza ruoli di "capo" in qualsivoglia territorio; una dimensione operativa chiara. Anche le funzioni del ricorrente all'interno della compagine mafiosa non sono state determinate ed anzi, nonostante i controlli di polizia frequenti, risulta che il ricorrente non sia mai stato ritrovato in compagnia di pregiudicati, ovvero di (OMISSIS) e che si sia sempre mostrato rispettoso degli obblighi imposti dalla liberta' vigilata cui era sottoposto e che, successivamente, gli e' stata revocata. 6.3. Il terzo motivo di ricorso denuncia violazione di legge in relazione al difetto assoluto di motivazione quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche, basato sulla sola constatazione dei precedenti penali dell'imputato, senza tener conto del limitato apporto associativo, riconosciuto dalla stessa circoscritta durata della partecipazione, e del suo impiego in lavori umilissimi quali la ripulitura della strada provinciale (OMISSIS)-(OMISSIS). Si contesta, altresi', la sussistenza dell'aggravante della recidiva, riconosciuta in controtendenza rispetto al positivo accertamento sull'assenza di pericolosita' sociale che ha fondato, nel 2013, la revoca della liberta' vigilata nei suoi confronti. 6.4. Sono stati depositati motivi nuovi dal ricorrente con i quali si ribadiscono e precisano le ragioni del ricorso principale. In particolare, si evidenzia come, nelle intercettazioni, siano state formulate dagli interlocutori (OMISSIS) e (OMISSIS) semplicemente delle ipotesi, non confortate da alcun elemento certo che possa ricondurre i fatti della mattina del (OMISSIS) - allorquando taluni soggetti avrebbero imposto agli operai del (OMISSIS) la non prosecuzione dei lavori relativi al taglio dell'erba - all'odierno ricorrente; anzi vi sarebbe prova della impossibilita' di provare la sua presenza a (OMISSIS), stanti gli obblighi derivanti dall'essere sottoposto al regime di sorveglianza speciale. Si evidenzia, inoltre, l'errore motivazionale contenuto a pag. 496 della sentenza impugnata, la' dove si ritengono altamente significative del controllo totalizzante del territorio esercitato dagli imputati, tra i quali il ricorrente, vicende criminali (quelle "estorsive" di cui ai capi 74 e 76) in relazione alle quali l'imputato non solo non e' stato condannato ma neppure e' stato mai accusato nelle imputazioni. Si mettono nuovamente in risalto alcune incongruenze motivazionali rispetto a dati documentali di contesto e si ribadisce che l'unico elemento diretto indiziario nei confronti del ricorrente e' il servizio di identificazione del 04.10.2010, ove egli viene identificato dalla polizia giudiziaria mentre unitamente a (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), gli ultimi due neanche mai iscritti nel registro degli indagati per nessuna delle vicende costituenti il complesso compendio investigativo posto a base del presente procedimento, e' intento ad effettuare i lavori di taglio dell'erba lungo i margini della (OMISSIS). 7. Ha proposto ricorso (OMISSIS), tramite il suo difensore, eccependo due motivi di censura. 7.1. La prima ragione difensiva si incentra sul vizio di violazione di legge e di motivazione con riguardo all'affermazione di responsabilita' del ricorrente per il delitto di partecipazione ad associazione mafiosa di cui al capo 1 (precisamente collaborando nel settore del controllo criminale di tutte le attivita' edilizie, private e pubbliche in appalto, nel territorio del comune di (OMISSIS), sottoposto al locale di (OMISSIS), con imposizione di forniture dei materiali e del pagamento di danaro per i lavori). Si contesta il mancato raggiungimento della soglia necessaria di colpevolezza "oltre ogni ragionevole dubbio", la mancanza di prova dell'apporto causale delle condotte contestate al ricorrente rispetto al delitto associativo, la scarsa robustezza degli elementi di prova con riguardo alla stessa sussistenza di una compagine mafiosa di âEuroËœndrangheta, autonoma o meno, denominata "degli (OMISSIS)" di cui non si comprende neppure la composizione soggettiva. La sentenza sarebbe apodittica e congetturale nelle sue affermazioni e non avrebbe tenuto conto dei motivi d'appello. Il ricorrente non e' stato mai chiamato in causa direttamente dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia utilizzabili nel processo (in particolare da quelle di (OMISSIS)), tanto che non si ricostruisce il suo ruolo specifico; si dubita, altresi', della capacita' dimostrativa delle due uniche condotte contestategli rispetto al reato di partecipazione mafiosa, relative entrambe alle condotte realizzate ai danni dell'imprenditore (OMISSIS); tanto piu' che per l'estorsione di cui al capo 74 l'imputato e' stato assolto (mentre si denuncia la scarsa rilevanza di intraneita' della violenza privata aggravata dal metodo mafioso contestatagli al capo 76). Ripercorrendo la giurisprudenza di legittimita' in tema di partecipazione mafiosa, il ricorso lamenta che non sia stata raggiunta la prova nei confronti del ricorrente di un suo contributo causale effettivo al sodalizio ed in proposito la Corte territoriale non avrebbe risposto alle specifiche censure dell'atto di appello. 7.2. Il secondo argomento del ricorso evoca il vizio di violazione di legge e quello di motivazione con riferimento alla ritenuta sussistenza dell'aggravante del metodo mafioso rispetto alla contestazione di violenza privata ascritta all'imputato al capo 76 (violenza privata avente ad oggetto la consegna di vecchie lamiere prive di valore economico). Secondo la ricostruzione difensiva, la persona offesa ha negato, nel corso del suo esame, di aver subito violenza o minacce dal ricorrente capaci di fondare l'aggravante del metodo mafioso, poiche' questi non si era mai proposto come esponente di una consorteria mafiosa; inoltre, dalle intercettazioni pur utilizzate in sentenza non emerge l'esistenza di un interesse di qualche associazione criminale a ricevere le lamiere al centro della vicenda contestata. In ultima analisi, secondo la difesa, al piu' vi sarebbe prova di un litigio tra il ricorrente e la presunta vittima, litigio svincolato da logiche mafiose. 8. Il ricorso di (OMISSIS), presentato dal suo difensore di fiducia, si compone di due motivi. 8.1. Il primo e' dedicato ad eccepire vizio di violazione di legge e di motivazione in merito alla condanna del ricorrente per il reato di tentata estorsione in danno della ditta (OMISSIS): la prova della colpevolezza sarebbe stata desunta da tre intercettazioni, che non vedono mai protagonista il ricorrente, il contenuto delle quali non e' univoco e comunque non e' sufficiente; a parlare sono (OMISSIS) e (OMISSIS), ma il primo e' soggetto assolto dal reato di partecipazione mafiosa dalla stessa Corte d'Appello, sicche' il suo contributo conoscitivo - seguendo la giurisprudenza di legittimita' - anche se riferito ad intercettazioni, necessita di un rigoroso vaglio e di riscontri, in quanto si tratta di fonte che non e' inserita nel sodalizio e, quindi, non ha un canale privilegiato di acquisizione del patrimonio cognitivo criminale da "intraneo". Ne' puo' essere sufficiente, al fine di offrire pregnanza alle parole captate, il fatto che (OMISSIS) sia inserito nel settore dell'edilizia, come invece sostiene la Corte d'Appello, ovvero il riscontro offerto dalla testimonianza dell'operaio (OMISSIS), che ha solo visto il ricorrente al cantiere, intento a parlare con un dipendente della ditta di lavori ma non ha contezza del contenuto del dialogo, ed e' stato smentito da altri testi ( (OMISSIS) e (OMISSIS)), oltre che dalle stesse persone offese (OMISSIS) e (OMISSIS) ( (OMISSIS) ha anche escluso di conoscere (OMISSIS) o di averlo mai incontrato); il sacerdote committente dei lavori, (OMISSIS), ha riferito, poi, soltanto di aver appreso da un operaio della possibile richiesta estorsiva portata al cantiere durante le festivita' natalizie, ma non ha potuto fornire elementi per individuare gli autori. In sintesi, il ricorrente eccepisce che le intercettazioni, pur costituendo prova diretta di per se' nel loro contenuto, tuttavia, nel caso di specie, poiche' non univoche nell'interpretazione, rivestono la natura di indizi, che hanno necessita' di essere valutati come gravi, precisi e concordanti per fondare l'accusa, mentre non hanno tali caratteristiche nella vicenda processuale in esame. 8.2. Il secondo motivo di censura denuncia vizio di violazione di legge e di motivazione manifestamente illogica e carente in relazione alla dosimetria sanzionatoria, che andrebbe rimodulata, una volta esclusa l'aggravante del metodo mafioso dal delitto di cui al capo 14, come fatto dalla Corte d'Appello, e quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche, non concesse nonostante il buon comportamento processuale dell'imputato, che ha scelto il rito abbreviato, e senza tener conto della sua giovane eta' all'epoca dei delitti ((OMISSIS)). La motivazione della sentenza impugnata, poi, e' deficitaria rispetto alla necessita' di un'analisi individualizzante dei parametri normativi previsti dall'articolo 133 cod. pen., poiche' si e' focalizzata sulla sola intensita' del dolo ed ha determinato la pena per il delitto tentato di estorsione discostandosi di poco dalla misura indicata dal giudice di primo grado, che aveva ritenuto, invece, sussistente l'aggravante mafiosa (passando da quattro anni ed 8 mesi di reclusione, nonche' 4.000 Euro di multa, a quattro anni di reclusione e 1.000 Euro di multa). 9. Ha proposto ricorso anche (OMISSIS), tramite il difensore di fiducia, deducendo sei distinti motivi di censura. 9.1. Il primo motivo denuncia violazione di legge e vizio di carenza di motivazione quanto alla ritenuta affermazione di colpevolezza del ricorrente per il reato di partecipazione mafiosa, stante la mancanza assoluta di individuazione di specifiche ed apprezzabili condotte sintomatiche di contributo associativo. Si denuncia, altresi', omessa risposta alle obiezioni dell'atto di appello e della memoria difensiva, nonche' travisamento delle risultanze processuali; si rappresenta che la Corte d'Appello ha basato la condanna dell'imputato solo su intercettazioni che non lo coinvolgono direttamente ne' indirettamente, senza neppure un riscontro dato da servizi di osservazione con altri coimputati. Il ricorso mette in evidenza: - alcune incoerenze tra i risultati delle intercettazioni, non chiare ed anzi ambigue, e le conclusioni della Corte di merito, che ha creduto di ritrovarvi la prova della partecipazione del ricorrente, in posizione di vertice, alle trattative finalizzate alla spartizione dei lavori nel territorio di riferimento - e dunque al sodalizio di âEuroËœndrangheta - laddove invece vi e' la certezza che il soggetto cui si riferiscono i due interlocutori (OMISSIS) e (OMISSIS) non e' il ricorrente. Si sottolinea, altresi', come nelle conversazioni intercettate i due riferiscano soltanto di notizie apprese da altri, sicche' si dubita anche della loro attendibilita', visto che non hanno ruoli associativi ( (OMISSIS) e' stato assolto dall'imputazione di associazione mafiosa) e loro stessi, peraltro, indicano nella fonte un soggetto di scarsa credibilita'. La maggior parte dei dati riferiti nelle intercettazioni da (OMISSIS) sono frutto, secondo la difesa, di valutazioni personali, pronostici, voci correnti o notizie apprese da fonti sconosciute o inattendibili; - l'assoluzione per l'unica contestazione estorsiva riferita al capo 14-novies, unico reato fine attribuitogli, mentre l'estorsione nella quale viene coinvolto dalla ricostruzione dei giudici di merito non gli e' stata imputata (capi 14-quater e 14-quinquies); - l'assenza di elementi gravi e precisi della partecipazione del ricorrente al gruppo dei (OMISSIS) "(OMISSIS)" cui viene accostato nelle intercettazioni o ad altri gruppi mafiosi operanti sul territorio. 9.2. La seconda censura difensiva denuncia violazione di legge e carenza assoluta di motivazione nell'individuazione, da parte del provvedimento impugnato, dei presupposti per ritenere sussistente la posizione apicale del ricorrente all'interno del sodalizio oggetto dell'imputazione: non sono stati addotti elementi concreti dalla sentenza impugnata per ritenere provato il ruolo di vertice attribuitogli. 9.3. Il terzo motivo di ricorso denuncia nullita' della sentenza d'appello (ai sensi degli articoli 521 e 522, 178, comma primo, lettera b e c, cod. proc. pen.), poiche' ha ritenuto sussistente ed applicato l'aggravamento di pena per un'aggravante non contestata, vale a dire quella prevista per gli organizzatori e capi dell'associazione mafiosa di cui al comma secondo dell'articolo 416-bis cod. pen. Nell'imputazione non e' richiamato il nominativo del ricorrente tra quelli ai quali e' contestata esplicitamente detta disposizione aggravatrice, come aveva fatto notare anche il pubblico ministero nella sua requisitoria, chiedendone prudentemente l'esclusione; tuttavia, la Corte d'Appello ha ritenuto una pena eccessiva, frutto o di una svista riguardo all'editto vigente all'epoca dei fatti ovvero dell'aver ritenuto contestata "in fatto" l'aggravante predetta. 9.4. La quarta censura eccepisce difetto assoluto di motivazione riguardo all'aggravante del quarto comma dell'articolo 416-bis cod. pen.: le ragioni di sussistenza dell'aggravante sono tautologiche ed insufficienti, quanto al riferimento alla disponibilita' di armi da parte di (OMISSIS), contestatagli ai capi 5 e 6. Inoltre, non risulta alcuna motivazione circa la consapevolezza o l'ignoranza per colpa, in capo al ricorrente, della disponibilita' di armi da parte del sodalizio di appartenenza, condizioni giurisprudenziali per l'attribuibilita' dell'aggravante in esame ad un partecipe. 9.5. Il quinto motivo di ricorso eccepisce omessa motivazione della sentenza d'appello quanto alla denunciata contraddittorieta' della pronuncia di primo grado che ha applicato l'aumento di pena per la recidiva, nonostante in parte motiva fosse stata esclusa l'applicazione dell'aggravante. I giudici d'appello si sono limitati a ritenere sussistente la recidiva specifica in luogo di quella contestata come anche reiterata, senza alcuna argomentazione riguardo alle ragioni di piu' accentuata pericolosita' del ricorrente, richieste dalla giurisprudenza di legittimita' e dalla Corte costituziónale, tanto piu' che la condotta oggetto della precedente condanna e' risalente al 1983, vale a dire ben oltre dieci anni prima della contestazione al centro del presente processo. 9.6. Il sesto motivo di ricorso denuncia violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo al diniego delle circostanze attenuanti generiche, il cui mancato riconoscimento da parte della Corte d'Appello non tiene conto della richiesta di ritenere insussistente l'aggravante della posizione di vertice in capo all'imputato e l'assenza di reati fine contestatigli, esattamente come per le posizioni dei coimputati ritenuti in sentenza, viceversa, meritevoli del beneficio. Inoltre, anche la condanna precedente per associazione mafiosa, ritenuta anch'essa ostacolo alla concessione delle circostanze attenuanti ex articolo 62-bis cod. pen., si riferisce a fatti risalenti al 1998, dunque molto lontani nel tempo. 10. Il ricorso di (OMISSIS), classe (OMISSIS), proposto tramite il difensore di fiducia, si compone di quattro motivi diversi, ciascuno con precisazioni interne. 10.1. Il primo argomento difensivo censura violazione di legge e vizio di motivazione quanto all'affermazione di responsabilita' del ricorrente per il delitto associativo. Si contesta, in particolare: - la carenza di elementi per sostenere che sussista la stessa compagine mafiosa del cd. Gruppo (OMISSIS), contiguo a (OMISSIS), che la Corte d'Appello ha derivato solo da altre sentenze emesse in diversi procedimenti, irrilevanti, nonche' da un'intercettazione ambientale del 13.8.(OMISSIS) captata tra (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), relativa all'inserimento del ricorrente e di altri ragazzi nel "locale" di (OMISSIS); - la carenza di elementi indizianti della condotta di partecipazione mafiosa a carico del ricorrente e la mancata risposta ai relativi motivi d'appello, che tra l'altro contestavano la valenza delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS), non convergenti e non attendibili, invece, oltre che generiche e imprecise (e se ne elencano le non corrispondenze a dati reali): il dichiarante, infatti, non ha rapporti con soggetti legati a sodalizi criminali ne' tantomeno con (OMISSIS), di cui pure ha accusato il ricorrente di essere uno "scagnozzo"; neppure esistono riscontri individualizzanti rispetto alle sue propalazioni; infine, non sussistono elementi di coinvolgimento del ricorrente nella vicenda del "blocco lavori" che la sentenza d'appello (alle pagine 490 e seguenti) ha ritenuto sintomatica delle frizioni tra i gruppi degli " (OMISSIS)" e di (OMISSIS) per la spartizione territoriale dell'esecuzione dei lavori e della ripartizione dei relativi guadagni. L'intera ricostruzione e' priva di prova e congetturale, mentre i due interlocutori delle conversazioni intercettate che fondano la prova, secondo i giudici d'appello, non raccontano di fatti ai quali avevano direttamente assistito; inoltre, il riscontro costituito dalla riferibilita' al ricorrente di un'autovettura Golf grigia, mai precisamente individuata con la targa, non e' elemento certo della sua presenza sul luogo teatro dell'episodio del "blocco lavori". Infine, sarebbe insufficiente anche l'elemento di intraneita' del ricorrente desunto dalla ritenuta sua colpevolezza per il reato di violenza privata (capo 76, inizialmente qualificato come estorsione), con vittima (OMISSIS); invero, non e' stato provato il vantaggio dell'associazione mafiosa nell'appropriarsi delle lamiere, materiali di risulta dei lavori edili in corso per la ristrutturazione della chiesa di (OMISSIS), al centro delle condotte criminali; inoltre, non vi e' prova che l'imputato abbia mai intrattenuto rapporti con (OMISSIS) nel corso della durata dei lavori suddetti, ne' che si sia recato sul cantiere. 10.2. Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla condanna del ricorrente per il reato di violenza privata, riproponendo parte degli argomenti che criticano la ritenuta sussistenza del reato a suo carico, sia per la vaghezza della "costrizione collettiva" subita dal piccolo imprenditore edile, sia per la scarsa valenza economica di lamiere smontate dal tetto della chiesa in rifacimento, sia per l'assenza di un contributo concorsuale effettivo dell'imputato nel reato. 10.3. Il terzo motivo contesta, invece, la sussistenza dell'aggravante del metodo e della finalita' mafiosi in relazione alla condanna del ricorrente per il reato di violenza privata predetto, sia sotto il profilo dell'omessa motivazione rispetto ai motivi d'appello formulati, sia della violazione di legge: a suo carico non vi e' prova di alcun rapporto diretto con la vittima del reato ne' della consapevolezza dell'utilizzo, eventualmente, di metodologie mafiose da parte dei concorrenti nel reato; si rammenta che e' necessario il dolo specifico per l'attribuibilita' dell'aggravante in parola; quanto alla finalita' di agevolazione mafiosa, appare evidente che essa non sia stata minimamente provata. 10.4. Un quarto motivo evidenzia vizi di violazione di legge e di manifesta illogicita' della motivazione quanto alla sussistenza dell'aggravante dell'essere l'associazione mafiosa, di cui si e' ritenuto partecipe il ricorrente, "armata": non vi sarebbe prova che il sodalizio avesse effettivamente armi a sua disposizione, ne' che siano stati commessi delitti fine utilizzando armi. 10.5. Un ultimo motivo di ricorso si lamenta della violazione degli articoli 133 e 81 cpv. cod. pen., in relazione alla dosimetria sanzionatoria: non sono stati enunciati in sentenza i parametri normativi individualizzati ai quali si e' fatto riferimento per il calcolo della pena. 11. Ha proposto ricorso (OMISSIS), tramite il difensore di fiducia, deducendo un unico complesso motivo con cui, premessa una lunga disamina degli orientamenti di legittimita' e dottrinari in tema di standard probatori e reato di partecipazione mafiosa con ruolo verticistico - reato in relazione al quale e' stato condannato il ricorrente -, ha contestato la valenza probatoria delle intercettazioni datate 23.8.(OMISSIS) e 31.1.2010 per individuare il ruolo dinamico dell'imputato all'interno del sodalizio; intercettazioni che, oltre a non avere un contenuto che marchi la metodologia mafiosa delle condotte di reato ascritte ai coimputati, costituiscono l'unico, insufficiente caposaldo di prova, in mancanza di dichiarazioni di collaboratori di giustizia e di riscontri. Tali elementi si rivelano ancor piu' carenti quanto alla prova del ruolo di vertice attribuito al ricorrente (non costituirebbe sufficiente riscontro la conversazione n. 875 del 23.8.(OMISSIS) e le dichiarazioni di (OMISSIS) in essa registrate, valorizzate invece dalla Corte d'Appello, a differenza che in altra sentenza del Tribunale di (OMISSIS) del 5.11.2020, dep. 2021, n. 305, in cui si e' ritenuto non credibile il portato informativo di costui). Si tratta di due sole intercettazioni indirette, in conclusione, caratterizzate dall'inattendibilita' del contenuto e dal deficit di elementi di riscontro, oltre che da affermazioni valutative e da pronostici, prive di reale valenza accusatoria. Il ricorso evidenzia, altresi', la maggior necessita' di attenta verifica dei contenuti di intercettazioni solo eteroaccusatorie, provenienti da soggetti non portatori di informazioni qualificate (poiche' non apprese in prima persona ma da altri - nel caso di specie da (OMISSIS), ritenuto un millantatore e neppure acquisite nel circuito associativo di appartenenza, di cui gli interlocutori non fanno parte: (OMISSIS) e' stato assolto dal reato associativo di cui al capo 1). Infine, mancherebbe in ogni caso qualsiasi valenza dimostrativa, nelle suddette intercettazioni, del ruolo operativo addirittura di "promotore" svolto dal ricorrente nel sodalizio ed in suo favore, ne' tantomeno vi e' prova della stabilita' ed organicita' di un eventuale contributo prestato e neppure della certa riferibilita' della conversazione registrata al n. 875 del 23.8.(OMISSIS) all'imputato quale soggetto di cui discorrono i due interlocutori, identificandolo con il mero nome di battesimo, senza altra specificazione. Non vi sono, in ultima analisi, elementi sintomatici della esteriorizzazione della funzione direttiva nel sodalizio esercitata dal ricorrente, anzi vi e' prova del disinteresse di questi verso i lavori e gli appalti al centro dell'indagine che ha dato inizio al processo. 12. Ha proposto ricorso anche (OMISSIS), tramite il difensore, che e' stato condannato per i reati di cui ai capi 1 e 76, quest'ultimo riqualificato in violenza privata aggravata ai sensi dell'articolo 416-bis.1. 12.2. Il primo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al capo 1 della contestazione, per l'omessa considerazione delle ragioni difensive proposte nell'atto di appello, in particolare volte a dimostrare l'incerta individuazione del ricorrente come partecipe del sodalizio in contestazione, che emerge dalle prove raccolte, se fossero state correttamente analizzate. Si evidenzia un corto circuito motivazionale, in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata, ricavando la prova dell'un reato dall'altro, non separando i piani di indagine fattuale e giuridica. Gli elementi concreti alla base delle condanne (il cd. "blocco lavori", la consegna del materiale di risulta dai lavori della chiesa di (OMISSIS) e le dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS)) sono contestati nel loro significato probatorio, soprattutto per la qualita' degli interlocutori delle conversazioni intercettate, che non appartengono alla compagine associativa in esame (gli (OMISSIS)) e parlano per asserzioni e supposizioni personali, senza che sia stato individuato con certezza neppure il riferimento personale al ricorrente (indicato solo con il cognome, dato insufficiente). Altrettanto apodittiche sarebbero le affermazioni della sentenza d'appello. Dubitative ed incerte appaiono, poi, le dichiarazioni del collaboratore di giustizia, quanto all'inserimento del ricorrente nel sodalizio, per quanto a sua conoscenza, tanto piu' che sono state valorizzate solo quelle da lui rese in fase investigativa e non gia' anche i verbali contenenti altre sue dichiarazioni rese in diversi processi e acquisite nel corso del giudizio d'appello. Il ricorso contesta la complessiva inattendibilita' del collaboratore e la carente verifica operata dai giudici di secondo grado della sua credibilita' intrinseca. In conclusione, si ribadisce che il complesso degli elementi di prova e' stato travisato dalla Corte d'Appello mentre i canoni valutativi non sono stati rispettosi della giurisprudenza di legittimita' consolidata in tema di partecipazione mafiosa e contributo causale in favore dell'associazione da parte del presunto associato, oltre che di quella sedimentatasi in relazione al peso probatorio dei contenuti delle intercettazioni che non coinvolgano direttamente il soggetto condannato sulla loro base. Nel caso di specie, la difesa evidenzia il limitato periodo temporale in cui si sarebbe manifestata l'intraneita' del ricorrente al sodalizio (le intercettazioni vanno da maggio ad agosto del 2010 e lui stesso e' stato intercettato solo per pochi giorni) che meritava uno speciale approfondimento dei dati probatori acquisiti al processo, al fine di provare lo "stabile inserimento" nella compagine: tale precipua verifica degli elementi di prova non e' stata svolta dai giudici di secondo grado, tanto piu' dinanzi ad una scarsa chiarezza ed univocita' del dato contenutistico derivato dalle intercettazioni. 12.2. Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla condanna per il capo 76 dell'imputazione; anche in relazione a tale imputazione vi sarebbe stata un'omessa verifica dei motivi d'appello da parte del provvedimento impugnato ed un'errata valutazione del materiale probatorio, che conduce a ricostruire, invece, la vicenda della violenza privata commessa per ottenere la consegna dei materiali di risulta dei lavori edili presso la chiesa di (OMISSIS), scevra da connotazioni mafiose alla sua radice (tanto che e' stata ridimensionata da estorsione nel reato di cui all'articolo 610 cod. pen.). Anzi, non vi sarebbe prova neppure della condotta di violenza o minaccia con effetto costrittivo, che configura l'elemento oggettivo del reato. La difesa sottolinea di non proporre una inammissibile lettura alternativa del contenuto delle intercettazioni o delle prove, ma che intende, invece, evidenziare l'erroneita' della lettura della Corte di merito, appiattitasi sulla sentenza di primo grado, senza rendersi conto di come non vi sia prova del coinvolgimento del ricorrente in alcuna condotta minacciosa o violenta, poiche' la stessa vittima (OMISSIS) ha ritenuto la vicenda "una questione di principio" tra i protagonisti (si cita l'intercettazione n. 354 del 8.8.2013). 12.3. La terza censura denuncia analoghi vizi del provvedimento impugnato in relazione alla ritenuta sussistenza dell'aggravante mafiosa, sia perche' mancherebbe prova dello stesso reato cui la circostanza si riferisce, sia perche' non e' sufficiente un mero collegamento dei soggetti accusati con contesti di criminalita' organizzata o la loro caratura mafiosa, ma vi e' necessita' dell'effettivo utilizzo del metodo mafioso nel reato; la sentenza d'appello invece si incentra su un automatismo di contesto di accadimento del reato per ritenere configurata l'aggravante che confligge con i dati concreti di prova: l'atteggiamento non coartato della vittima nella gestione dell'appalto; la mancanza di esplicite od oggettive condotte di intimidazione da parte degli imputati. 12.4. Un quarto motivo di censura e' dedicato a contestare la dosimetria sanzionatoria, ritenuta eccessiva, nonostante il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. 12.5. II difensore del ricorrente ha anche depositato memoria ex articolo 611 cod. proc. pen. con cui chiede che venga dichiarato inammissibile il ricorso del pubblico ministero in relazione alla posizione di (OMISSIS) per il capo 74 dell'imputazione, da cui e' stato assolto. Si tratterebbe di ragioni in fatto e rivalutative; mancherebbe il travisamento della prova denunciato e si proporrebbe una lettura parcellizzata delle dichiarazioni della persona offesa. La difesa di (OMISSIS) lamenta anche l'erroneita' della prospettiva giuridica con cui si e' proposta la riforma della sentenza nel senso di configurare una estorsione cd. contrattuale. In sintesi, le censure alla sentenza della Corte di Appello di Reggio Calabria, nella sua quota assolutoria, omettono di svolgere alcun ragionato confronto con le specifiche argomentazioni spese in motivazione, senza cioe' indicare le ragioni delle pretese illogicita'. 13. Anche altri difensori degli imputati hanno depositato memorie difensive per opporsi all'accoglimento del ricorso del Procuratore generale. 13.1. Il difensore di (OMISSIS) ha depositato una memoria con la quale ha sostenuto che l'ottavo, il nono ed il decimo motivo del ricorso del Procuratore generale sono inammissibili, in quanto generici o volti ad invocare una diversa valutazione del fatto o delle prove poste a base della sua ricostruzione, senza attaccare in modo critico le ragioni poste dalla Corte territoriale a base della sua decisione. 13.2. Pure il difensore di (OMISSIS) ha depositato una memoria onde eccepire l'inammissibilita' della impugnazione del Procuratore generale, in quanto diretta a sollecitare una rivalutazione del merito del processo, ed in ogni caso la sua manifesta infondatezza, fondandosi la decisione della Corte territoriale su una valutazione globale e non parcellizzata del materiale istruttorio. 13.3. Il difensore di (OMISSIS) e (OMISSIS) ha depositato memoria difensiva con la quale deduce che l'undicesimo motivo del ricorso del Procuratore generale riguarda il capo 36 che non e' contestato a (OMISSIS) e che in ogni caso i motivi di ricorso concernenti le posizioni dei suoi assistiti sono inammissibili perche' generici e volti ad invocare valutazioni di merito o a denunciare travisamenti di prove che, dalla motivazione della sentenza qui impugnata, risultano invece essere state valutate e la cui rilevanza probatoria e' stata ritenuta inidonea a dimostrare i fatti contestati ai due imputati. 14. La parte civile, Comune di (OMISSIS), ha depositato conclusioni con le quali chiede che venga accolto il ricorso del pubblico ministero, con nota spese del giudizio (per la somma di 13.175,55) nei confronti di Paolo Benevoli, Alessio e (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) , (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). CONSIDERATO IN DIRITTO Premessa. Appare opportuno chiarire in premessa, per la linearita' della successiva esposizione delle posizioni processuali dei ricorrenti, due linee interpretative generali, alle quali ci si atterra' nell'esame dei ricorsi, di talche' successivamente bastera' un rapido richiamo alla premessa per risolvere le questioni proposte. Quanto alla partecipazione mafiosa, il Collegio e' ben consapevole della complessita' dei paradigmi ermeneutici che sovrintendono alla configurazione concreta del delitto di associazione mafiosa, complessita' che ha dato vita ad un incessante lavoro di forgiatura della struttura del reato previsto dall'articolo 416-bis cod. pen., partendo da quella che e' stata definita da piu' parti la sua "tipicita' incompiuta" - l'espressione si ritrova, da ultimo, nella piu' recente pronuncia delle Sezioni Unite in tema: Sez. U, n. 36958 del 27/5/2021, Modaffari, Rv. 281889-01 - per arrivare a selezionare la natura del reato, i suoi elementi essenziali, i confini della condotta di "partecipazione" penalmente rilevante. Proprio su tale ultimo fronte sono dovute nuovamente e recentemente intervenire le Sezioni Unite, con la citata pronuncia Modaffari, con cui, nel risolvere il contrasto relativo alla sufficienza o meno della affiliazione formale al sodalizio mafioso ai fini della sussistenza della condotta di partecipazione, si sono evidenziate le oscillazioni giurisprudenziali presenti storicamente nella ricostruzione dei caratteri della fattispecie di associazione mafiosa, sottolineando la complessita' dell'attivita' interpretativa volta a chiarire i presupposti di rilevanza penale della condotta punibile, specificamente quanto alla condotta partecipativa, in ragione dell'oggettiva carenza definitoria del disposto normativo di cui al primo comma dell'articolo 416-bis cod. pen., per l'intrinseca valenza polise (OMISSIS)ca dell'espressione "far parte". Viceversa - sottolineano le Sezioni Unite -, le attivita' di direzione, promozione e organizzazione, incriminate al secondo comma 416-bis, sono capaci di manifestare, sul piano descrittivo, di per se', una maggiore attitudine connotativa della condotta punibile. La pronuncia Modaffari, all'esito di un'ampia ricostruzione della fattispecie prevista dall'articolo 416-bis cod. pen., nella scia della sentenza Sez. U, n. 33748 del 12/7/2005, Mannino, Rv. 231670, ha espresso il principio di diritto secondo cui la condotta di partecipazione ad associazione di tipo mafioso si caratterizza per lo stabile inserimento dell'agente nella struttura organizzativa dell'associazione, idoneo, per le specifiche caratteristiche del caso concreto, ad attestare la sua âEuroËœmessa a disposizione' in favore del sodalizio per il perseguimento dei comuni fini criminosi (per un'ultima ricostruzione sul tema, cfr. Sez. 5, n. 18020 del 10/2/2022, Laudani, Rv. 283371, in motivazione). Quanto all'aggravante dell'essere l'associazione armata - prevista dall'articolo 416-bis, commi quarto e quinto, cod. pen. - il Collegio rammenta che, in tema di associazione di stampo mafioso, ai fini della configurabilita' della circostanza aggravante della disponibilita' delle armi non e' richiesta l'esatta individuazione delle armi stesse, ma e' sufficiente l'accertamento, in fatto, della disponibilita' di un armamento, desumibile, ad esempio, dai fatti di sangue commessi dal gruppo criminale o dal contenuto delle intercettazioni, come avviene nel caso della prova del presente processo (cfr. Sez. 6, n. 55748 del 14/9/2017, Macri', Rv. 271743; Sez. 1, n. 14255 del 14/6/2016, dep. 2017, Ardizzone, Rv. 269839). A prescindere dalle considerazioni, pur rilevanti, sul fatto che la dotazione di strumenti di offesa e' ritenuta, con ricadute in punto di consapevolezza da parte degli associati, connaturata al perseguimento degli scopi di un sodalizio di tipo mafioso (cfr., in tal senso, Sez. 6, n. 36198 del 3/7/2014, Ancora, Rv. 260272), la giurisprudenza di legittimita' si e' attestata da tempo nel ritenere che, proprio in ragione delle peculiarita' strutturali dei sodalizi mafiosi, l'aggravante della disponibilita' di armi, prevista dai commi quarto e quinto dell'articolo 416-bis cod. pen., e' configurabile a carico degli associati che siano consapevoli del possesso delle stesse da parte della consorteria criminale o che per colpa lo ignorino (Sez. 6, n. 44667 del 12/5/2016, Camarda, Rv. 268677), rilevando a tal fine anche il fatto notorio della detenzione di strumenti di offesa in capo ad un determinato sodalizio mafioso, a condizione che detta detenzione sia desumibile da indicatori concreti quali fatti di sangue ascrivibili al sodalizio o risultanze di titoli giudiziari, intercettazioni, dichiarazioni od altre fonti - di cui il giudice deve specificamente dare conto nella motivazione del provvedimento (Sez. 1, n.7392 del 12/9/2017, dep. 2018, Di Majo, Rv. 272403; cfr. Sez. 2, n. 31920 del 4/6/2021, Alampi, Rv. 281811). Nella sentenza impugnata, il giudice di secondo grado, invero, ha ritenuto con motivazione logica, ben innestata sulle argomentazioni gia' svolte dal GUP in primo grado, che il sodalizio mafioso contestato al capo 1 avesse disponibilita' di armi per le finalita' delle âEuroËœndrine di supremazia sul territorio; e cio' ha concluso sulla base di attivita' di intercettazione, nonche' facendo leva sulla specifica presenza di episodi intimidatori commessi con armi, ad esempio il danneggiamento di un veicolo sul cantiere "Il gioiello del mare"; le conversazioni intercettate, poi, hanno un contenuto inequivoco della pericolosa disponibilita' di armi da parte del sodalizio (si citano i riferimenti di (OMISSIS) a vere e proprie possibili "guerre di mafia"). Infine, si sottolinea la disponibilita' di armi da parte di soggetti anche non apicali, come l'imprenditore complice (OMISSIS), condannato per il delitto associativo, quale partecipe, ancorche' nei suoi confronti, come nei confronti di (OMISSIS) (cfr. i capi da 5 a 10 della contestazione), sia stata esclusa l'aggravante dell'agevolazione mafiosa riferita a tali ipotesi delittuose: la disponibilita' "facile" di armi trova comunque, da tali circostanze, un ulteriore elemento di riscontro. L'evidenza dei dati di prova richiamati configura il supporto logico-fattuale utile alla configurabilita' dell'aggravante quale caratteristica epifenomenica dell'associazione mafiosa in esame. E tali conclusioni corrispondono pienamente al paradigma interpretativo disegnato negli anni da questa Corte regolatrice. 1. I primi due motivi del ricorso del Procuratore generale, entrambi attinenti alla posizione di (OMISSIS) , possono essere trattati unitariamente e sono inammissibili. 1.1. Quanto al secondo motivo, relativo al proscioglimento di (OMISSIS) dall'imputazione di cui al capo 14 septies), deve osservarsi che in sede di legittimita' e' possibile prospettare un'interpretazione del significato di un'intercettazione diverso da quella proposta dal giudice di merito solo in presenza di travisamento della prova, ossia nel caso in cui il giudice di merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale e la difformita' risulti decisiva ed incontestabile (Sez. 3, n. 6722 del 21/11/2017, dep. 2018, Di Maro, Rv. 272558; Sez. 6, n. 11189 del 08/03/2012, Asaro, Rv. 252190; Sez. 2, n. 38915 del 17/10/2007, Donno, Rv. 237994). Nel caso di specie, il Procuratore generale invoca piuttosto una rivalutazione del contenuto delle conversazioni intercettate dallo stesso segnalate, operazione non consentita in questa sede di legittimita'. Infatti, in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l'interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimita' (Sez. U, n. 22471 del 26/2/2015, Sebbar, Rv. 263715). Peraltro, il Procuratore generale, laddove lamenta la violazione degli articoli 110 e 629 cod. pen., mostra di non avere compreso la ratio decidendi. La vicenda estorsiva di cui al capo 14 septies) riguarda i c.d. "lavori del muro", ossia lavori di consolidamento di talune strade pubbliche comprese nel territorio comunale di (OMISSIS) che erano stati aggiudicati alla impresa di (OMISSIS); i lavori, nonostante il divieto di subappalto, era stato cogestito da (OMISSIS) e da (OMISSIS) , che aveva realizzato alcuni muri di sostegno. Nelle conversazioni intercettate, secondo quanto affermato dal Giudice dell'udienza preliminare e dalla Corte di appello, (OMISSIS) afferma di essere stato costretto a rifornirsi per i materiali edili da (OMISSIS), appartenente alla cosca (OMISSIS) di (OMISSIS), il quale a tal fine si era avvalso della intercessione di (OMISSIS)"bruciato". (OMISSIS), su incarico dei (OMISSIS) "bruciati", si era recato presso (OMISSIS) e gli aveva detto che i lavOri interessavano a "gente di (OMISSIS)" e proprio a (OMISSIS); non sapendo a chi quello avesse inteso riferirsi con tale espressione, tramite un suo dipendente, (OMISSIS), si era rivolto a (OMISSIS), che, approfittando della circostanza ed avendo capito che all'appalto era interessato (OMISSIS), aveva chiesto a quest'ultimo il permesso di ingerirsi nei lavori e, ottenuto il suo assenso, si era poi presentato a (OMISSIS) per chiedergli se poteva essere lui il fornitore del calcestruzzo necessario all'esecuzione delle opere. Per il giudice di primo grado, (OMISSIS) aveva proceduto alla gestione dell'appalto ed aveva svolto anche il ruolo di referente dei (OMISSIS) "bruciati", ai quali (OMISSIS) e (OMISSIS) dovevano rendere conto in relazione ai prezzi dei materiali utilizzati e ai conteggi relativi ai lavori eseguiti. Inoltre, (OMISSIS)si era rivolto a (OMISSIS) per ottenere da (OMISSIS) la corresponsione di una somma di Euro 6.000,00, che il primo avrebbe poi destinato al mantenimento del fratello (OMISSIS) , ristretto in carcere. Emergeva pure che (OMISSIS) , (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) avrebbero dovuto recarsi dai fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS) al fine di presentare i conteggi relativi ai lavori effettuati, onde quantificare la quota di utili loro spettante, e che proprio (OMISSIS) aveva spiegato al (OMISSIS) come comportarsi in tale occasione, consigliandogli di presentarsi con i conteggi gia' predisposti e con l'indicazione dell'importo loro dovuto. Per il giudice di primo grado (OMISSIS) era intervenuto nella gestione dei lavori appaltati quale referente dei (OMISSIS) "bruciati", ottenendo vantaggi personali, come l'assegnazione di parte dei lavori, in violazione del divieto di subappalto, nonche' la corresponsione dal (OMISSIS) di una somma di denaro quale "mazzetta" da dividere con il (OMISSIS), in aggiunta al prezzo per i lavori da lui eseguiti. Per la Corte di appello, invece, dal complesso delle conversazioni intercettate (OMISSIS) non appare quale un referente delle cosche, ma piuttosto risulta essere un imprenditore costretto a sopportare una condizione di sottomissione alle stesse, venendo costantemente estromesso dagli appalti pubblici e finanche da quelli "sotto soglia", ossia di importo inferiore ad Euro 140.000,00, che secondo gli accordi tra le cosche dovevano rimanere agli imprenditori locali di (OMISSIS). In particolare, emergerebbe un rapporto fiduciario tra il (OMISSIS) e il (OMISSIS) che renderebbe verosimile l'assegnazione a quest'ultimo di lavori in subappalto, senza che questa fosse il risultato di una imposizione mafiosa. Inoltre, (OMISSIS) , evidenzia la Corte territoriale, si e' trovato a subire la imposizione di (OMISSIS) da parte di (OMISSIS)e non vi e' prova che le somme versate dal (OMISSIS) a (OMISSIS) integrino una "mazzetta", anziche' costituire il prezzo pattuito per le opere da lui eseguite. Ne' la circostanza che (OMISSIS) si sia prestato, su invito dei "bruciati", a sollecitare al (OMISSIS) il pagamento a (OMISSIS) di somme a quest'ultimo dovute per i lavori eseguiti vale a renderlo concorrente nella estorsione. Quanto alla partecipazione di (OMISSIS) all'incontro con i fratelli (OMISSIS) in cui, unitamente a (OMISSIS), si doveva discutere dei conteggi relativi ai lavori e della quota degli utili ad essi spettante, secondo la ricostruzione fattuale operata dalla Corte di appello, gli utili derivanti dalla esecuzione delle opere sarebbero stati divisi tra (OMISSIS), (OMISSIS) ed i fratelli (OMISSIS) "bruciati", ma, mentre questi ultimi non avevano partecipato alla esecuzione delle opere e quindi le somme venivano dagli stessi ricevute a titolo di estorsione, la partecipazione di (OMISSIS) ai lavori non consente di equiparare la sua posizione a quella dei "bruciati"; l'utile derivante dai lavori, in assenza della condotta estorsiva dei fratelli (OMISSIS) , sarebbe stato diviso tra (OMISSIS) e (OMISSIS) , cosicche' la necessita' di corrispondere ai "bruciati" la quota da loro pretesa vale a ridurre l'ammontare a disposizione di (OMISSIS) e (OMISSIS) e quest'ultimo, anziche' svolgere il ruolo di intermediario tra estorsori e vittima, viene anch'egli ad assumere la posizione di estorto al pari del (OMISSIS) e, in quanto tale, non concorre nel reato. Il secondo motivo di ricorso risulta, quindi, manifestamente infondato anche laddove si lamenta la violazione degli articoli 110 e 629 cod. pen. 1.2. Quanto al primo motivo di ricorso, alla luce di quanto appena esposto, emerge chiaramente la sua inammissibilita'. La manifesta inammissibilita' del motivo di ricorso relativo alla vicenda estorsiva di cui al capo 14 septies) neutralizza uno degli argomenti di maggior rilievo a sostegno della partecipazione di (OMISSIS) alla âEuroËœndrangheta. Quanto, poi, all'intercettazione ambientale che il ricorrente afferma essere stata trascurata, si sostiene che la stessa andrebbe interpretata come dimostrativa della appartenenza di (OMISSIS) alla âEuroËœndrangheta, sia perche' da essa emergerebbe che egli era stato invitato a partecipare ad un "tavolo" ove si sarebbe discusso della spartizione dei lavori collegati alla realizzazione del villaggio "(OMISSIS)", sia perche' in relazione a tali lavori (OMISSIS) nella conversazione intercettata si era lamentato del comportamento di (OMISSIS), che aveva tenuto nascosta a tutti la sua ingerenza in detti lavori. Secondo il ricorrente, l'invito manifesterebbe che (OMISSIS) , in quanto appartenente alla âEuroËœndrangheta, ha titolo per partecipare a simili spartizioni e la sua lamentela per il comportamento omissivo di (OMISSIS), esponente di spicco dell'associazione mafiosa, tradirebbe la violazione da parte dello stesso dell'obbligo derivante dal rapporto associativo di comunicare a (OMISSIS) , anch'egli appartenente al sodalizio criminale, quanto a sua conoscenza. Deve, allora, ribadirsi che in realta' il motivo di ricorso poggia su una interpretazione del contenuto e soprattutto su una valutazione della rilevanza probatoria della conversazione intercettata che non puo' ritenersi certa ed incontestabile. Anche in questo caso si chiede una rivalutazione del materiale istruttorio non consentita nel giudizio innanzi a questa Corte di cassazione. Peraltro, resta il fatto che (OMISSIS) , secondo quanto accertato dalla Corte d'Appello, non ha partecipato alla spartizione dei lavori ai quali si riferisce la suddetta conversazione ed i giudici, sulla base del complesso dei colloqui oggetto di intercettazione e del materiale istruttorio raccolto nel corso delle indagini, hanno affermato che l'imputato veniva sistematicamente escluso da tutte le opere che costituivano oggetto di spartizione tra le cosche e finanche da quelle il cui valore era inferiore ad Euro 140.000,00, che, secondo l'ipotesi accusatoria, sulla base degli accordi trai diversi gruppi, dovevano essere assegnati alle imprese locali di (OMISSIS), tra le quali era compresa quella di (OMISSIS) . Sulla base di tale circostanza di fatto, la Corte ha concluso che (OMISSIS) non partecipava alla spartizione degli appalti e non aveva influenza sulla loro assegnazione e, quindi, ha escluso la sua partecipazione al sodalizio criminale. Ne consegue che neppure la conversazione intercettata che il ricorrente lamenta essere stata trascurata appare avere un rilievo decisivo, tale da scardinare il ragionamento posto a base dell'assoluzione di (OMISSIS) pronunciata dai giudici di appello. Peraltro, lo stesso (OMISSIS) , nella conversazione, afferma di avere declinato l'invito. Analoghe considerazioni valgono in relazione alla conversazione del 28 luglio (OMISSIS), in relazione alla quale il ricorrente deduce che la Corte di appello ne avrebbe mal interpretato il significato, ed alla conclusione che dovrebbe trarsi dal collegamento tra vari elementi di prova o, ancora, dalla intenzione, manifestata da (OMISSIS) , di elargire un "pensiero" alla famiglia (OMISSIS) laddove si fosse aggiudicato i lavori del cimitero, che il ricorrente afferma non essere incompatibile con la appartenenza dell'imputato alla âEuroËœndrangheta. Pure in questi casi il ricorrente invoca a questa Corte di cassazione una rivalutazione del significato delle conversazioni o degli altri elementi di prova per poi giungere ad una diversa ricostruzione del fatto, operazione che non e' consentita in questa sede di legittimita'. 2. Il terzo ed il quarto motivo del ricorso del Procuratore generale, con i quali quest'ultimo lamenta la violazione degli articoli 378 e 384 cod. pen. in relazione all'assoluzione di (OMISSIS) dall'imputazione di cui al capo 14 sexies) e di (OMISSIS) dall'imputazione di cui al capo 14 bis) - che pure possono essere trattati unitariamente in quanto a base degli stessi vengono posti i medesimi argomenti - sono inammissibili. E' ben vero che, come segnalato dal ricorrente, questa Corte di cassazione ha piu' volte affermato, in tema di reati contro l'amministrazione della giustizia, che l'esimente prevista dall'articolo 384, primo comma, cod. pen. non puo' essere invocata sulla base del mero timore, anche solo presunto o ipotetico, di un danno alla liberta' o all'onore, implicando essa non solo un rapporto di derivazione del fatto commesso dall'esigenza di tutela di detti beni, ma, soprattutto, che detto rapporto sia rilevabile sulla base di un criterio di immediata ed inderogabile consequenzialita' e non di semplice supposizione, per cui il pericolo deve essere collegato a circostanze obiettive ed attuali e risultare evitabile soltanto con la commissione di uno dei reati in relazione ai quali l'esimente opera (Sez. 2, n. 7264 del 14/01/2020, Spini, Rv. 278424). Tuttavia, la Corte di appello, pur citando l'articolo 384 cod. pen., non ha ritenuto operante l'esimente prevista da detta disposizione - che, del resto, non avrebbe potuto essere invocata in relazione al pericolo di un nocumento alla vita o all'incolumita' personale (vedi Sez. 6, n. 7006 del 08/01/2021, Di Sanzo, Rv. 280840) -, ma ha espressamente dichiarato di ritenere insussistente il dolo del delitto di favoreggiamento, in quanto gli imputati non avevano agito allo scopo di aiutare gli autori dei delitti, sui quali essi erano chiamati a rendere dichiarazioni, ad eludere le indagini, quanto piuttosto per evitare il pericolo di ritorsioni da parte delle cosche; la Corte d'Appello ha ritenuto che sussistessero circostanze obiettive ed attuali, nel momento in cui le false dichiarazioni erano state rese, che facevano ritenere sussistente un concreto pericolo all'incolumita' personale dei dichiaranti, evitabile solo attraverso le false dichiarazioni, ed ha quindi ritenuto che le false dichiarazioni trovassero causa esclusiva nel timore di ritorsioni. In sostanza, la Corte territoriale, sulla base della motivazione della sentenza di secondo grado, ha ritenuto necessario, per la sussistenza del reato di favoreggiamento, il dolo specifico di aiutare gli autori delle estorsioni ad eludere le investigazioni e, sulla base delle considerazioni sopra esposte, ha escluso che esso ricorresse. Il Procuratore generale non ha colto la ratio decidendi e pertanto, in relazione alla esclusione dell'elemento soggettivo, non ha mosso una critica argomentata alle ragioni poste a fondamento delle due assoluzioni, cosicche' il motivo di ricorso risulta inammissibile. Ad identiche conclusioni si perverrebbe anche laddove dovesse ritenersi che la Corte di appello abbia, al contempo, ritenuto insussistente il dolo ed operante l'esimente di cui all'articolo 384 cod. pen. Difatti, ove la decisione si fondi su distinte ed autonome rationes decidendi, ciascuna di per se' sufficiente a sorreggere la soluzione adottata, e' inammissibile, per difetto di specificita', il ricorso per cassazione che si limiti alla critica di una sola di esse, poiche' anche laddove una di esse venisse meno, basterebbe l'altra a giustificare la decisione (vedi Sez. 3, n. 2754 del 06/12/2017, dep. 2018, Bimonte, Rv. 272448). 3. E', invece, fondato il quinto motivo di ricorso. La Corte d'Appello ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di (OMISSIS) per il reato di cui al capo 14 quater) perche' estinto per prescrizione, in conseguenza dell'esclusione dell'aggravante prevista dall'articolo 416-bis.1 cod. pen. Secondo la ricostruzione fattuale operata dalla Corte territoriale, l'imputato avrebbe cercato di ottenere l'affidamento dei lavori di consolidamento dell'area cimiteriale e di sistemazione idraulica del fosso Ettaro del Comune di (OMISSIS), oggetto di licitazione privata, dapprima contattando le imprese invitate alla gara per convincerle ad astenersi dal partecipare - condotta in relazione alla quale all'imputato e' stato contestato il reato di cui all'articolo 353 cod. pen. (capo 14 quater) - e poi, non essendo riuscito a contattarle tutte ed avendo quattro di esse presentato le loro offerte, si era presentato all'aggiudicatario, (OMISSIS), quale emissario dei (OMISSIS) "bruciati" e facendo valere la forza di intimidazione di questi ultimi era riuscito ad ottenere la cessione in subappalto di parte dei lavori (condotta in relazione alla quale all'imputato e' stato contestato il reato di concorso in estorsione: capo 14 quinquies). Mentre, tuttavia, in relazione al reato contestato al capo 14 quinquies), la sentenza d'appello ha ritenuto sussistente l'aggravante prevista dalla disposizione sopra citata nella forma della finalita' agevolatrice dell'associazione di tipo mafioso, la stessa aggravante e' stata esclusa in relazione al reato di cui all'articolo 353 cod. pen., sebbene entrambe le condotte fossero relative al medesimo appalto e finalizzate ad ottenere il controllo sui lavori oggetto della gara da parte del (OMISSIS), cosicche' la decisione, in mancanza di adeguata giustificazione in ordine alle ragioni di tale distinzione, appare manifestamente illogica. A tale proposito, la Corte d'Appello si e' limitata ad affermare che, mentre per il delitto di estorsione la finalita' di agevolare le cosche di (OMISSIS) emerge chiaramente dalle conversazioni intercettate, dalle quali risulta che ai lavori erano interessati i (OMISSIS) "(OMISSIS)" ed i (OMISSIS) "bruciati", la prova di tale finalita' non emerge in modo chiaro in relazione al diverso delitto di cui all'articolo 353 cod. pen. Eppure, la stessa Corte di appello ammette che anche la condotta di turbativa della gara e' stata attuata da (OMISSIS) con l'appoggio delle cosche (OMISSIS) dei (OMISSIS) e dei (OMISSIS) (vedi pag. 435 della motivazione della sentenza di appello). Ne consegue che, in accoglimento del quinto motivo del ricorso del Procuratore generale, la sentenza impugnata deve essere annullata nei confronti di (OMISSIS) relativamente al capo 14 quater) con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Reggio Calabria. 4. Il sesto motivo del ricorso del Procuratore generale e' fondato limitatamente alla posizione di (OMISSIS). 4.1. In relazione ai lavori di realizzazione del sottopassaggio pedonale nella stazione ferroviaria di (OMISSIS), appaltati all'impresa di (OMISSIS), la Corte territoriale ha desunto da una conversazione intercettata il 26 gennaio 2010 tra (OMISSIS) e (OMISSIS) che erano stati raggiunti accordi tra (OMISSIS) "bruciato" e (OMISSIS) per il pagamento di una somma a titolo estorsione e che, tuttavia, l'accordo non era stato rispettato, tanto che (OMISSIS) se ne era lamentato con (OMISSIS) . Da altra conversazione del 31 gennaio 2010, (OMISSIS) riferisce a (OMISSIS) di avere appreso da (OMISSIS) che questi si era recato, assieme a (OMISSIS) "bruciato" e a (OMISSIS) "(OMISSIS)", a (OMISSIS) per incontrare alcuni esponenti della famiglia (OMISSIS), che, all'esito della riunione, avevano promesso che dopo alcuni giorni sarebbe stata versata la somma di Euro 30.000,00. La Corte di appello ha ritenuto provata la responsabilita' di (OMISSIS) per l'estorsione, ma, pur ritenendo provata la partecipazione di (OMISSIS) alla riunione, ha prosciolto quest'ultimó dalla imputazione, ritenendo il suo ruolo del tutto marginale e la sua condotta non causalmente efficiente in relazione alla vicenda estorsiva. Deve, allora, osservarsi che questa Corte di cassazione ha affermato, in tema di concorso di persone nel reato, che anche la semplice presenza sul luogo dell'esecuzione del reato puo' essere sufficiente ad integrare gli estremi della partecipazione criminosa quando, palesando chiara adesione alla condotta dell'autore del fatto, sia servita a fornirgli stimolo all'azione e un maggiore senso di sicurezza (Sez. 2, n. 50323 del 22/10/2013, Aloia, Rv. 257979; Sez. 1, n. 4805 del 11/03/1997, Perfetto, Rv. 207582). Tale possibile aspetto della vicenda non viene in alcun modo scrutinato dalla Corte territoriale; ed anche laddove questa esclude che la condotta del (OMISSIS) abbia avuto una qualche efficienza causale nell'indurre gli esponenti della cosca (OMISSIS) ad assicurare l'imminente pagamento della somma richiesta a titolo di estorsione, la motivazione risulta apodittica e carente, in quanto trascura le numerose altre occasioni in cui la stessa Corte territoriale ha ritenuto provata la partecipazione di (OMISSIS) alle condotte estorsive attuate dalle cosche (OMISSIS), nonche' l'accertata partecipazione dell'imputato alla âEuroËœndrangheta. Ne consegue che, in accoglimento del sesto motivo del ricorso del Procuratore Generale, la sentenza impugnata deve essere annullata nei confronti di (OMISSIS) anche relativamente al capo 14 novies), con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d'appello di Reggio Calabria. 4.2. E', invece, inammissibile il sesto motivo di ricorso in relazione alla posizione di (OMISSIS). Quanto a quest'ultimo imputato, il Procuratore generale non coglie la ratio decidendi della sua assoluzione, che risiede non nella mancanza di efficienza causale della sua partecipazione alla riunione, ma addirittura sulla mancata dimostrazione della sua partecipazione alla stessa. Dalla motivazione della sentenza di appello emerge che la Corte territoriale ha considerato che la prova della partecipazione del (OMISSIS) alla riunione dovrebbe trarsi esclusivamente dalla descrizione della stessa che il (OMISSIS) ha riferito a (OMISSIS) , ossia su un'unica fonte de relato e non riscontrata, e ha ritenuto "troppo isolato" tale riferimento per fondare su di esso l'affermazione della penale responsabilita' del (OMISSIS) a titolo di concorso nella tentata estorsione. Con il motivo di ricorso il Procuratore generale non attacca la ratio decidendi sopra descritta, cosicche' in relazione alla posizione del (OMISSIS) il motivo di impugnazione e' inammissibile per genericita'. 5. Manifestamente infondato e' il settimo motivo del ricorso del Procuratore generale. In relazione ai lavori di restauro della chiesa della frazione di (OMISSIS) del Comune di (OMISSIS), affidati a (OMISSIS), la Corte d'appello ha ritenuto non dimostrata la condotta estorsiva di cui al capo 74), ritenendo provato il solo reato di violenza privata contestato al capo 76). La Corte territoriale ha osservato che, sulla base delle dichiarazioni del (OMISSIS), quest'ultimo, proveniente da altra Regione, si era rivolto ad (OMISSIS) per la fornitura della sabbia occorrente alla esecuzione delle opere semplicemente perche' quest'ultimo gli era stato indicato come persona in grado di soddisfare la sua esigenza. I giudici d'appello, in particolare, hanno ritenuto non dimostrato il danno in capo alla persona offesa, osservando che, sulla base delle dichiarazioni del (OMISSIS), non puo' ritenersi accertato che il quantitativo di sabbia fornita fosse eccedente rispetto a quello necessario per l'esecuzione dei lavori o che il prezzo complessivamente richiesto, pari ad Euro 320, fosse esorbitante e fuori mercato rispetto ai quantitativi forniti, mentre ha correttamente ritenuto irrilevante la circostanza che (OMISSIS) riuscisse ad ottenere gratuitamente la sabbia da una terza persona. Non essendo stato dimostrato il danno, la Corte territoriale ha ritenuto insussistente l'estorsione. Laddove il ricorrente afferma che la Corte di appello avrebbe dovuto ritenere attendibili le dichiarazioni della persona offesa anche laddove la stessa considera esorbitanti le richieste economiche avanzate da (OMISSIS) per la sabbia fornita e non necessari ulteriori riscontri, egli invoca una rivalutazione delle dichiarazioni del (OMISSIS) non consentita in questa sede. Peraltro, la Corte territoriale non ha ritenuto (OMISSIS) inattendibile, ma ha affermato che dalle sue dichiarazioni, per il loro contenuto, non e' possibile affermare con certezza che sussista il danno del delitto ipotizzato. Essa, peraltro, ha pure escluso che (OMISSIS) abbia dovuto subire la imposizione del rapporto contrattuale, osservando che egli aveva liberamente scelto (OMISSIS) quale suo fornitore, cosicche' neppure appare aderente al caso concreto il riferimento alla c.d. estorsione contrattuale operato dal ricorrente. 6. Inammissibili sono anche l'ottavo, il nono ed il decimo motivo del ricorso del Procuratore generale. Il ricorrente, con l'ottavo motivo, richiama alcune conversazioni intercettate e sostiene che l'interpretazione della loro rilevanza probatoria e' stata mal valutata e che, sul punto, la motivazione fornita e' "errata", ma l'articolo 606, comma 1, lettera e), cod. proc. pen. consente di far valere la motivazione contraddittoria o manifestamente illogica, anche nella forma del travisamento, laddove esso cada sul "significante" e non sul "significato" della prova. In tema di motivi di ricorso per cassazione, il vizio di "contraddittorieta' processuale" (o "travisamento della prova") vede circoscritta la cognizione del giudice di legittimita' alla verifica dell'esatta trasposizione nel ragionamento del giudice di merito del dato probatorio, rilevante e decisivo, per evidenziarne l'eventuale, incontrovertibile e pacifica distorsione, in termini quasi di "fotografia", neutra e a-valutativa, del "significante", ma non del "significato", atteso il persistente divieto di rilettura e di re-interpretazione nel merito dell'elemento di prova (Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, Dos Santos, Rv. 283370). Nel caso di specie, dal tenore del motivo di ricorso, il Procuratore generale non si duole di una errata percezione delle conversazioni intercettate, ma del valore probatorio ad esse attribuito, cosicche' la sua censura attiene al merito, in quanto diretta ad invocare una rivalutazione del materiale istruttorio non consentita in questa sede di legittimita'. Peraltro, dalla motivazione della sentenza qui impugnata risulta che la Corte territoriale ha escluso non solo che il gruppo dei "(OMISSIS)" fosse dotato di alcun potere di intimidazione con il quale poter esercitare una qualche forma di controllo sul territorio (vedi pag. 497-499 della motivazione della sentenza di appello), ma ha pure ritenuto non accertata la sussistenza di un vincolo tra sodali in grado di dar vita ad una vera e propria associazione dotata di un minimo di organizzazione (vedi pag. 400-409 della motivazione), cosicche' neppure vi era spazio per procedere, ai sensi dell'articolo 521 cod. proc. pen., ad una riqualificazione del reato associativo contestato al capo 1), quale associazione per delinquere di cui all'articolo 416 cod. pen., non essendo a tal fine sufficiente, in mancanza dell'elemento organizzativo, la mera commissione di numerosi reati da parte dello stesso gruppo di persone (vedi Sez. 2, n. 20451 del 03/04/2013, Ciaramitaro, Rv. 256054). Ne deriva che anche il nono motivo di ricorso e' manifestamente infondato. L'inammissibilita' dell'ottavo motivo di ricorso conduce alla inammissibilita' del decimo motivo, che poggia sulla possibilita' di ravvisare nel gruppo dei "(OMISSIS)" un'associazione di tipo mafioso. 7. Anche l'undicesimo motivo del ricorso del Procuratore generale non si sottrae alla sanzione dell'inammissibilita'. La Corte di appello ha affermato che il tenore della conversazione intercettata non e' chiaro e che non e' possibile stabilire con certezza cosa sia accaduto. In sostanza, si afferma che non e' neppure ben chiaro se (OMISSIS) abbia partecipato al reato e in che modo, mentre la condotta tipica del reato sarebbe stata verosimilmente commessa da (OMISSIS). Neppure e' certo che si tratti di una rapina, poiche' non e' possibile collegare le minacce rivolte al titolare del bar allo specifico episodio di sottrazione della merce. Esclusa la possibilita', pur invocata dal ricorrente, per questa Corte di cassazione di apprezzare direttamente il valore probatorio della conversazione intercettata, non emergendo dalla ricostruzione operata dalla Corte di appello le modalita' esecutive della sottrazione o la partecipazione di (OMISSIS) all'impossessamento di quanto sottratto, deve concludersi che non era possibile per la Corte territoriale procedere, ai sensi dell'articolo 521 cod. proc. pen., ad una riqualificazione del fatto come furto pluriaggravato ed affermare in relazione ad esso la penale responsabilita' di (OMISSIS). 8. Il primo motivo del ricorso di (OMISSIS)ed il nono motivo del ricorso di (OMISSIS), con i quali i ricorrenti si dolgono dell'utilizzazione degli atti di indagine acquisiti dopo la scadenza dei termini massimi di durata delle indagini preliminari, sono manifestamente infondati. A prescindere da ogni altra considerazione, deve rilevarsi che questa Corte di cassazione ha piu' volte affermato il principio, dal quale questo Collegio non intende discostarsi, secondo il quale la scelta del giudizio abbreviato preclude all'imputato la possibilita' di eccepire l'inutilizzabilita' degli atti d'indagine compiuti fuori dai termini ordinari di inizio e fine delle indagini preliminari in quanto, non essendo equiparabile alla inutilizzabilita' delle prove vietate dalla legge (di cui all'articolo 191 cod. proc. pen.), la stessa non e' rilevabile d'ufficio ma solo su eccezione di parte, sicche' essa non opera nel giudizio abbreviato (Sez. 6, n. 4694 del 24/10/2017, dep. 2018, Picone, Rv. 272196; Sez. 6, n. 12085 del 19/12/2011, dep. 2012, Inzitari, Rv. 252580; Sez. 6, n. 21265 del 15/12/2011, dep. 2012, Milo, Rv. 252853). Anche in epoca piu' recente, questa Corte di cassazione ha ribadito che l'inutilizzabilita' degli atti di indagine compiuti dopo la scadenza dei termini non e' rilevabile d'ufficio, ma soltanto su eccezione di parte immediatamente dopo il compimento dell'atto o nella prima occasione utile (Sez. 1, n. 11168 del 18/02/2019, Caratelli, Rv. 274996), con la conseguenza che la predetta eccezione deve ritenersi rinunciata per effetto della scelta del rito abbreviato. 9. Il primo e il decimo motivo del ricorso di (OMISSIS) ed il secondo motivo del ricorso di (OMISSIS)sono infondati. Sull'attendibilita' del contenuto delle conversazioni intercettate all'interno dell'autovettura in uso a (OMISSIS) la Corte d'Appello ha diffusamente motivato, spiegando le ragioni per le quali le informazioni che emergono dalle stesse devono ritenersi attendibili ed utili a dimostrare la fondatezza delle ipotesi accusatorie, nonostante (OMISSIS) , diversamente rispetto a quanto ritenuto dal Giudice dell'udienza preliminare, sia stato ritenuto estraneo al sodalizio mafioso e sostanzialmente una vittima del sistema spartitorio degli appalti dei lavori pubblici nel territorio di (OMISSIS) e sebbene non sempre (OMISSIS), nelle sue conversazioni, indichi quale sia la fonte delle sue conoscenze. Detta motivazione, riportata alle pagine da 391 a 398 e poi alle pagine da 473 a 477 della sentenza di secondo grado, non risulta affatto contraddittoria o illogica. Quanto alle due conversazioni del 5 e del 1(OMISSIS), che il ricorrente (OMISSIS) indica a dimostrazione della falsita' del contenuto delle conversazioni intrattenute da (OMISSIS) con (OMISSIS), deve osservarsi che la stessa Corte di appello in piu' occasioni ha ritenuto inattendibili i racconti di (OMISSIS) , come appunto avvenuto in relazione al reato di cui all'articolo 424 cod. pen. contestato al capo 13), per il quale (OMISSIS) e' stato prosciolto, e tuttavia ha escluso che singole conversazioni dalle quali emergono fatti rivelatisi insussistenti o comunque incongruenze o contraddizioni possano condurre ad un giudizio di inattendibilita' riferito all'intero complesso delle conversazioni intercettate. E di fatto la Corte territoriale ha del tutto correttamente esaminato le varie conversazioni intercettate per valutarne la attendibilita', la rilevanza e la concludenza in relazione a ciascuno dei capi di imputazione per valutare se da esse emergesse la prova dei fatti contestati, giungendo di volta in volta a risultati diversi, pur in genere adottando i medesimi criteri di valutazione. Del resto, neppure il ricorrente (OMISSIS) indica la rilevanza specifica delle conversazioni da lui segnalate in ordine alle singole imputazioni per le quali in questa sede si procede nei suoi confronti. In ogni caso, le Sezioni Unite hanno affermato che le dichiarazioni auto ed etero accusatorie registrate nel corso di attivita' di intercettazione regolarmente autorizzata hanno piena valenza probatoria e, pur dovendo essere attentamente interpretate e valutate, non necessitano degli elementi di corroborazione previsti dall'articolo 192, comma 3, cod. proc. pen. (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263714). Quanto, poi, al contrasto con le massime di esperienza secondo le quali una locale non puo' invadere il territorio di competenza di altra locale e un associato non puo' confidare circostanze attinenti al sodalizio con un estraneo all'associazione, o all'identificazione in (OMISSIS)del " (OMISSIS)" menzionato nelle conversazioni possono richiamarsi in questa sede gli argomenti che saranno esposti nei successivi §§ 10 e 11 del "considerato in diritto" della presente sentenza. Nel resto, le censure dei ricorrenti attengono esclusivamente al merito, in quanto dirette a sovrapporre all'interpretazione delle risultanze probatorie operata dal giudice una diversa valutazione dello stesso materiale probatorio per arrivare ad una decisione diversa, e come tali si pongono all'esterno dei limiti del sindacato di legittimita'. La decisione del giudice di merito non puo' essere invalidata da ricostruzioni alternative che si risolvano in una "mirata rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell'autonoma assunzione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, da preferirsi a quelli adottati dal giudice del merito, perche' illustrati come maggiormente plausibili o perche' assertivamente dotati di una migliore capacita' esplicativa nel contesto in cui la condotta delittuosa si e' in concreto realizzata (Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482; Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, Bosco, Rv. 234148; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, De Vita, Rv. 235507). Questa Corte di cassazione ha affermato, in tema di motivi di ricorso per cassazione, che non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicita', dalla sua contraddittorieta' (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo, sicche' sono inammissibili tutte le doglianze che attaccano la persuasivita', l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualita', la stessa illogicita' quando non manifesta, cosi' come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilita', della credibilita', dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, Caradonna, Rv. 280747). Le doglianze dei ricorrenti, invero, si risolvono nel dissenso sulla ricostruzione dei fatti e sulla valutazione delle emergenze processuali svolta dai giudici di merito, operazione vietata in sede di legittimita', attingendo la sentenza impugnata e tacciandola per una presunta violazione di legge e per un vizio motivazionale con cui, in realta', si propone una doglianza non suscettibile di sindacato da parte di questa Corte. Deve, sul punto, ribadirsi infatti che il controllo di legittimita' operato dalla Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti, ne' deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se tale giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilita' di apprezzamento (v., tra le tante: Sez. 5, n. 1004 del 30/11/1999 - dep. 2000, Moro, Rv. 215745). 10. Il quarto, il ventiduesimo ed il ventitreesimo motivo del ricorso di (OMISSIS) ed il quinto motivo del ricorso di (OMISSIS), che possono essere trattati unitariamente in quanto tutti relativi all'affermazione di penale responsabilita' dei due ricorrenti per l'estorsione di cui al capo 14 septies), sono infondati. Quanto alla portata minatoria della condotta di (OMISSIS), che si era recato presso il (OMISSIS) per riferirgli che i lavori a lui appaltati interessavano a "gente di (OMISSIS)", la Corte di appello ha adeguatamente motivato evidenziando che essa e' attestata dai successivi sviluppi della vicenda, quali emergono dalla conversazione intercettata; difatti il (OMISSIS), intimidito dalla visita del (OMISSIS), avendo compreso la sua natura estorsiva, tramite un suo dipendente si era rivolto a (OMISSIS), per avere la sua protezione, e lo stesso aveva approfittato dell'occasione per rivolgersi a (OMISSIS)ed ottenere da quest'ultimo il permesso di effettuare forniture di calcestruzzo ad un prezzo superiore a quello che (OMISSIS) , che aveva eseguito le opere appaltate unitamente al (OMISSIS), contava di poter spuntare rifornendosi da altra persona. Ne' la portata intimidatoria del messaggio recapitato da (OMISSIS) e' esclusa dalla circostanza che inizialmente il (OMISSIS) non avesse compreso chi fossero i soggetti di (OMISSIS) interessati ai suoi lavori. La circostanza che il destinatario dell'atto intimidatorio ignori chi ne sia l'autore non esclude la sussistenza della minaccia, altrimenti non sarebbe ipotizzabile la minaccia anonima, che invece integra una forma aggravata di minaccia, ai sensi degli articoli 612 e 339 cod. pen. Ne' sussiste illogicita' della motivazione dell'affermazione di penale responsabilita' di (OMISSIS) in conseguenza dell'assoluzione di (OMISSIS) dal reato di estorsione, atteso che, come si e' gia' sopra esposto in relazione al ricorso del Procuratore generale, secondo la ricostruzione fattuale operata dalla Corte di appello (OMISSIS) e' anch'egli, unitamente al (OMISSIS), una vittima dell'estorsione, come peraltro lo stesso ricorrente ammette nel suo ventiduesimo motivo di ricorso. La circostanza che la gente di (OMISSIS) menzionata da (OMISSIS) fossero i (OMISSIS) "bruciati" lo si ricava dalla partecipazione degli stessi alla riunione in cui (OMISSIS) e (OMISSIS) dovevano presentare i conteggi relativi alle somme percepite dall'appalto, ai costi sostenuti ed all'utile ricavatone, onde poi attribuire loro la somma corrispondente alla quota di utili loro spettante a titolo di estorsione, non trovando l'attribuzione di detta somma in una qualche loro partecipazione all'esecuzione delle opere, e tale circostanza vale a dimostrare che essi, grazie al loro potere di intimidazione, avevano il controllo dei lavori appaltati, stabilendo chi poteva partecipare alla loro esecuzione e come dovesse essere spartito il ricavato. Laddove, poi, i ricorrenti sostengono che non e' stato accertato che la predetta riunione vi sia stata e che essi vi abbiano partecipato, essi trascurano che in ogni caso, sulla base della ricostruzione fattuale operata dalla Corte territoriale, risulta la loro partecipazione alla complessiva condotta estorsiva, tanto che lo stesso (OMISSIS) nella conversazione intercettata il 24 settembre (OMISSIS) esprime il suo compiacimento per la partecipazione, alla riunione gia' programmata, di (OMISSIS), da lui preferito al fratello (OMISSIS). La circostanza che la riunione sia avvenuta viene desunta dalla Corte di appello da una successiva conversazione intercettata il 16 ottobre (OMISSIS) in cui (OMISSIS) si lamenta della circostanza che a seguito dei conteggi predisposti dal (OMISSIS) e detratte le somme spettanti ai (OMISSIS) il suo utile si e' ridotto ad un importo estremamente modesto. Ma la partecipazione dei due fratelli (OMISSIS) alla predetta riunione non e' comunque decisiva e da essa non dipende la consumazione del reato. La Corte di appello ha considerato come integranti il reato di estorsione condotte che sono anteriori alla riunione per discutere dei conteggi, e precisamente sia l'imposizione a (OMISSIS) ed a (OMISSIS) di rivolgersi a (OMISSIS) per la fornitura del calcestruzzo, che (OMISSIS) avrebbe poi fornito ad un prezzo superiore a quello praticato da altro soggetto, (OMISSIS), conosciuto da (OMISSIS) (imposizione resa possibile dall'intervento di (OMISSIS) su (OMISSIS) affinche' quest'ultimo ed il (OMISSIS) si rifornissero dallo (OMISSIS)), sia la corresponsione di somme a (OMISSIS)(vedi pag. 451 della motivazione della sentenza di appello). A tale ultimo proposito, la Corte di appello afferma (vedi pag. 446 in fondo della motivazione della sentenza di secondo grado) che (OMISSIS)aveva dapprima chiesto a (OMISSIS) , ottenendo un rifiuto, di farsi versare da (OMISSIS) la somma di Euro 6.000,00, di cui poi aveva ottenuto la corresponsione direttamente da (OMISSIS); nella sentenza di primo grado si precisa (vedi pag. 544 della motivazione della sentenza di primo grado) che, in una conversazione ambientale intercettata tra (OMISSIS) e (OMISSIS) il 22 settembre (OMISSIS), quest'ultimo riferisce al suo interlocutore di un incontro da lui avuto con (OMISSIS) che gli aveva detto: - "vede'te per quel fatto di (OMISSIS), per i soldi... vedete che ce li siamo presi, perche' c'era mio fratello...", espressione che e' stata intesa dai giudici del merito nei senso che i due fratelli (OMISSIS) si erano fatti consegnare dal (OMISSIS) la somma di Euro 6.000,00 per sostenere gli oneri economici connessi alla detenzione del loro fratello (OMISSIS), che effettivamente in quel periodo era ristretto in carcere. Sulla base della ricostruzione fattuale operata dalla Corte territoriale, si e' quindi verificato l'evento del delitto di estorsione pure grazie all'intervento di (OMISSIS), anche a prescindere dal fatto che la riunione sia avvenuta e che (OMISSIS) vi abbia partecipato. Quanto, poi all'individuazione in (OMISSIS) e (OMISSIS)dei " (OMISSIS)" e " (OMISSIS)" menzionati nelle conversazioni intercettate, deve osservarsi come, gia' nella sentenza di primo grado (a pag. 582), si affermi che, in occasione della conversazione intercettata il 21 gennaio 2010 tra (OMISSIS) e (OMISSIS), il primo riferisce al secondo che (OMISSIS), dopo essere stato contattato dal Silvestro, si era recato da (OMISSIS), da intendersi per (OMISSIS), mentre il termine (OMISSIS) e' riferito non a " (OMISSIS)", ma a (OMISSIS), nel senso dell'appartenenza di (OMISSIS) alla cosca dei (OMISSIS). Inoltre, secondo i giudici del merito, la circostanza che (OMISSIS) e (OMISSIS) siano i due ricorrenti emerge pure dalla circostanza che nelle conversazioni intercettate vengono indicati come fratelli e nella conversazione del 22 settembre (OMISSIS) si fa riferimento ad un terzo fratello detenuto ed e' stato accertato che (OMISSIS) , fratello dei due ricorrenti, era all'epoca detenuto. Manifestamente infondato e' pure il ventitreesimo motivo del ricorso di (OMISSIS). Deve in primo luogo osservarsi che la Corte di appello non ha sostituito (OMISSIS) a (OMISSIS) quale persona offesa dall'estorsione, ma ha ritenuto che anche (OMISSIS) fosse vittima del reato; in sostanza, a (OMISSIS) si e' aggiunto, quale persona offesa, (OMISSIS) . Deve allora osservarsi che le Sezioni Unite hanno affermato, in tema di correlazione tra imputazione contestata e sentenza, che per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l'ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un'incertezza sull'oggetto dell'imputazione da cui sca (OMISSIS)sca un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che l'indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perche', vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione e' del tutto insussistente quando l'imputato, attraverso l'iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all'oggetto dell'imputazione (Sez. U, n. 36551 del 15/07/2010, Carelli, Rv. 248051). In particolare, la violazione del principio di correlazione tra l'accusa e l'accertamento contenuto in sentenza si verifica solo quando il fatto accertato si trovi, rispetto a quello contestato, in rapporto di eterogeneita' o di incompatibilita' sostanziale tale da recare un reale pregiudizio dei diritti della difesa (Sez. 4, n. 4497 del 16/12/2015, dep. 2016, Addio, Rv. 265946). Nel caso di specie, in cui a (OMISSIS) si e' aggiunto quale vittima dell'estorsione (OMISSIS) , non ricorre una trasformazione radicale della fattispecie concreta nei suoi elementi essenziali, atteso che le condotte e gli eventi oggetto di contestazione sono rimasti gli stessi, anche se si e' ritenuto che il pregiudizio economico conseguente all'estorsione sia andato a gravare anche su (OMISSIS) . Peraltro, il ricorrente (OMISSIS) neppure chiarisce in che modo la sua facolta' di difendersi sarebbe stata pregiudicata. Nel resto, con i motivi di ricorso sopra indicati i ricorrenti sollevano censure con le quali essi, in realta', invocano una rivalutazione delle prove, ed in particolare delle conversazioni oggetto di intercettazione, onde pervenire ad una diversa ricostruzione del fatto e che, essendo attinenti al merito, non possono essere scrutinate in questa sede. Ne' puo' essere invocata in questa sede la diversa ricostruzione fattuale operata dal Tribunale di (OMISSIS) nei confronti dei coimputati che hanno optato per il giudizio ordinario, trattandosi di sentenza pronunciata sulla base di un diverso compendio probatorio dopo la sentenza qui impugnata e che comunque non avrebbe potuto essere utilizzata ai sensi dell'articolo 238-bis cod. proc. pen., non essendo ancora irrevocabile. 11. Il quinto ed il ventiquattresimo motivo del ricorso di (OMISSIS) sono infondati. Deve innanzitutto escludersi che la ricostruzione della vicenda della tentata estorsione ai danni di (OMISSIS) si ponga in contrasto con la regola, affermata da entrambi i giudici del merito, secondo la quale gli appalti di importo superiore ad Euro 140.000,00 erano riservati alle cosche (OMISSIS) o alla massima di esperienza secondo la quale una cosca non puo' ingerirsi negli affari che riguardano il territorio di altra cosca. Detta regola non comportava necessariamente che le cosche (OMISSIS) provvedessero direttamente con proprie imprese alla esecuzione dei lavori, ma solo che l'individuazione del soggetto deputato alla esecuzione delle opere incontrasse il loro placet e che tale soggetto provvedesse poi a "retribuire" le cosche mediante il versamento di somme di denaro o il loro coinvolgimento nelle opere attraverso subappalti o la fornitura di materiali o mezzi. La vicenda relativa ai lavori di realizzazione del sottopassaggio pedonale nella stazione ferroviaria di (OMISSIS) costituisce, quindi, attuazione di detta regola perche', secondo la ricostruzione fattuale operata dalla Corte territoriale, la cosca dei (OMISSIS), che sponsorizzava il (OMISSIS), ben consapevole della circostanza che l'appalto era pertinente al territorio controllato dai (OMISSIS) "bruciati" aveva raggiunto con questi un accordo che prevedeva il pagamento in loro favore di una somma di denaro da parte del (OMISSIS). La Corte territoriale, sulla base della prima delle conversazioni intercettate, quella del 26 gennaio 2010, afferma che la cosca dei (OMISSIS), anche grazie ad un potere intimidatorio superiore a quello dei (OMISSIS) "bruciati", era riuscita a patteggiare con questi l'assegnazione dei lavori al (OMISSIS) e tuttavia, consapevole della propria forza, aveva tardato nell'erogazione della somma, tanto che proprio (OMISSIS) si era sfogato con (OMISSIS) lamentandosi del mancato rispetto della regola sopra esposta da parte del (OMISSIS) sotto forma di ritardo nell'adempimento e anche (OMISSIS) , commentando con il suo amico (OMISSIS) il colloquio da lui avuto con (OMISSIS), aveva stigmatizzato il comportamento di (OMISSIS), che, approfittando della sponsorizzazione dei (OMISSIS), da (OMISSIS) si era spostato sino a (OMISSIS) per aggiudicarsi i lavori e pretendeva di sottrarsi al pagamento della somma dovuta alla cosca territorialmente competente. Nella seconda conversazione intercettata, quella del 31 gennaio 2010, (OMISSIS) afferma di avere appreso da (OMISSIS) che quest'ultimo, (OMISSIS) e (OMISSIS) "(OMISSIS)" si erano incontrati a (OMISSIS) con alcuni esponenti della cosca dei (OMISSIS), i quali, a seguito dell'incontro, si erano impegnati a consegnare entro pochi giorni la somma di Euro 30.000,00. Quanto alla lamentata genericita' del contenuto delle predette conversazioni ed alla circostanza che (OMISSIS), lamentandosi con (OMISSIS) del comportamento dei (OMISSIS) e di (OMISSIS), abbia violato le regole dell'associazione criminale che impongono di non parlare di vicende inerenti al sodalizio con coloro che sono estranei alla âEuroËœndrangheta, deve osservarsi che la Corte di appello ha motivato in modo approfondito ed esaustivo in ordine alla attendibilita' di quanto dichiarato da (OMISSIS) nelle conversazioni intercettate (vedi pag. 391-398 della motivazione della sentenza d'appello); si e' evidenziato come questi fosse a conoscenza degli ambienti di âEuroËœndrangheta, in quanto suo fratello era intraneo alla stessa ed era stato ucciso anni prima, in occasione della strage di (OMISSIS), sicche', pur non essendo intraneo, puo' dirsi "contiguo" a tali ambienti, anche per la sua attivita' imprenditoriale in un settore controllato dalle cosche, mostrando di conoscerne appieno le regole. Si spiegano in tal modo le confidenze che egli riceve da (OMISSIS), che trovano conferma anche in un colloquio intercettato direttamente tra (OMISSIS) e (OMISSIS) in data 21 dicembre 2010, in cui discutono dei lavori del cimitero e del comportamento tenuto da (OMISSIS). Alla luce di quanto appena esposto, deve concludersi che la Corte territoriale ha chiarito le ragioni per le quali il contenuto delle conversazioni intercettate tra (OMISSIS) e (OMISSIS) in data 26 e 31 gennaio 2010 non e' inverosimile e deve ritenersi attendibile. Quanto alla circostanza che la Corte di appello ha affermato la penale responsabilita' di (OMISSIS) per la tentata estorsione, mentre ha prosciolto dalla medesima imputazione (OMISSIS) e (OMISSIS), la questione e' stata gia' affrontata al § 4. del "considerato in diritto", ove si e' evidenziato che la assoluzione di (OMISSIS) poggia sulla ritenuta assenza di prova della sua partecipazione alla riunione di (OMISSIS) con gli esponenti della cosca (OMISSIS). Il riferimento al (OMISSIS) emerge esclusivamente dalla narrazione dell'episodio che il (OMISSIS) riferisce a (OMISSIS) ; trattandosi di un riferimento isolato e de relato, in assenza di ulteriori riscontri la Corte di appello ha correttamente ritenuto tale elemento di prova insufficiente a fondare un'affermazione di penale responsabilita'. Quanto alle posizioni di (OMISSIS) e di (OMISSIS), le dichiarazioni di (OMISSIS) riportano quanto egli ha appreso direttamente dai coimputati e, quindi, hanno una rilevanza probatoria maggiore. In particolare, (OMISSIS) apprende della partecipazione di (OMISSIS) alla vicenda estorsiva sia dallo stesso imputato, sia dal (OMISSIS). Il protagonismo di (OMISSIS) nella condotta estorsiva e' reso manifesto proprio dal contenuto delle sue doglianze, lamentandosi egli del mancato incasso della somma dovutagli a titolo di estorsione. Quanto a (OMISSIS), egli si e' "limitato" ad accompagnare (OMISSIS) alla riunione e per tale motivo la Corte territoriale ha ritenuto il suo contributo piu' "sfumato", ma gia' si e' detto sopra, in relazione alla impugnazione del Procuratore generale, che la distinzione delle posizioni dei due imputati e' semmai illogica "per difetto", nel senso che la Corte di appello ha svalutato la rilevanza della partecipazione del (OMISSIS) alla riunione, trascurando la sua implicazione in altre vicende estorsive e la sua partecipazione alla âEuroËœndrangheta e fornendo una motivazione apodittica. Ne' appare illogico che la Corte di appello abbia considerato la accertata ingerenza di (OMISSIS) in relazione ad altri appalti come un ulteriore riscontro della sua partecipazione alla tentata estorsione di cui al capo 14 novies). Deve, invece escludersi che la Corte di appello abbia desunto dalla partecipazione dei ricorrenti ai reati di estorsione consumata e tentata la loro partecipazione al reato associativo, atteso che proprio la Corte territoriale (vedi pag. 474 della motivazione della sentenza di secondo grado) ha escluso di dover "ricorrere al modulo indiziario della prova dei reati fine verso la prova del reato associativo". Ne' la motivazione in ordine alla penale responsabilita' del ricorrente puo' essere ritenuta illogica per avere collegato la vicenda estorsiva ai lavori del sottopassaggio nella stazione ferroviaria di (OMISSIS). A tale proposito, la Corte territoriale ha affermato che, sulla base della indicazione dell'impresa aggiudicataria, ha potuto individuare i lavori cui si riferiva l'estorsione. E' ben vero che, come sostenuto nel ricorso, l'impresa di (OMISSIS) non avra' eseguito solo i lavori del sottopassaggio, ma deve anche considerarsi che i lavori erano relativi al territorio di (OMISSIS) e neppure il ricorrente ha saputo indicare altri lavori eseguiti dalla stessa impresa in quel territorio. Non ha rilevanza la distanza temporale tra la fine dei lavori e le conversazioni intercettate, ove si consideri che nella prima conversazione del 26 gennaio 2010 (OMISSIS) riferisce al (OMISSIS) che (OMISSIS) si era lamentato con lui proprio del ritardo nel pagamento della somma dovuta, cosicche', come correttamente osservato dalla Corte territoriale, vi e' compatibilita' tra il contenuto del colloquio intercettato e la fine dei lavori in data 14 luglio (OMISSIS). Quanto alla identificazione del " (OMISSIS)", menzionato nelle conversazioni intercettate, in (OMISSIS), oltre a richiamarsi quanto sopra gia' esposto, deve evidenziarsi che il ricorrente in sostanza si duole della valutazione del significato attribuito dalla Corte di appello alle conversazioni intercettate che e' questione di merito, non suscettibile di riesame in questa sede. Nel resto, anche in questo caso, le censure dei ricorrenti attengono esclusivamente al merito, in quanto dirette a sovrapporre all'interpretazione delle risultanze probatorie operata dal giudice una diversa valutazione dello stesso materiale istruttorio per arrivare ad una decisione diversa, e come tali si pongono all'esterno dei limiti del sindacato di legittimita'. La decisione del giudice di merito non puo' essere invalidata da ricostruzioni alternative che si risolvano in una "mirata rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell'autonoma assunzione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, da preferirsi a quelli adottati dal giudice del merito, perche' illustrati come maggiormente plausibili o perche' assertivamente dotati di una migliore capacita' esplicativa nel contesto in cui la condotta delittuosa si e' in concreto realizzata (Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482; Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, Bosco, Rv. 234148; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, De Vita, Rv. 235507). 12. Sulla base dei principi esposti poco sopra e al § 9 del "considerato in diritto" e di quelli in tema di travisamento della prova che hanno condotto alla dichiarazione di inammissibilita' dell'ottavo, del nono e del decimo motivo del ricorso del Procuratore generale (vedi § 6 del "considerato in diritto"), deve affermarsi anche la inammissibilita' dei motivi undicesimo, dodicesimo, tredicesimo, quattordicesimo, quindicesimo, sedicesimo, diciassettesimo, diciottesimo, diciannovesimo e ventesimo del ricorso di (OMISSIS). Anche con essi il ricorrente sostiene che le conversazioni intercettate sono state mal valutate e che in realta' ad esse doveva essere attribuito un diverso significato, piu' aderente al contesto, tale da consentire di pervenire ad una ricostruzione dei fatti piu' aderente alle esigenze difensive. Oppure denuncia l'insussistenza di riscontri alle conversazioni intercettate, in contrasto con il principio affermato dalle Sezioni Unite e richiamato al § 9 del "considerato in diritto" di questa sentenza o, ancora, solleva censure in fatto, sostenendo che la sua partecipazione alla spartizione degli appalti e dei relativi utili non e' compatibile con le conversazioni intercettate dalle quali risulta che egli versava in condizioni economiche assai precarie o che la esistenza di un sistema di spartizione degli appalti non e' compatibile con l'assegnazione di taluni lavori alla (OMISSIS) ed a (OMISSIS) senza alcun intervento o ingerenza del ricorrente. Laddove, poi, il ricorrente lamenta il travisamento di talune conversazioni intercettate, egli non allega al ricorso i verbali delle loro trascrizioni. Appare opportuno ricordare in questa sede che e' inammissibile il ricorso per cassazione che deduca vizi di motivazione e, pur richiamando atti specificamente indicati, non contenga la loro integrale trascrizione o allegazione, cosi' da rendere lo stesso autosufficiente con riferimento alle relative doglianze (cfr., ex p/urimis, Sez. 2, n. 20677 del 11/04/2017, Schioppo, Rv. 270071; Sez. 2, n. 26725 del 01/03/2013, Natale, Rv. 256723); siffatta interpretazione va mantenuta ferma anche dopo l'entrata in vigore dell'articolo 165-bis, comma 2, d.lgs 28 luglio 1989, n. 271, inserito dall'articolo 7, d.lgs. 6 febbraio 2018, n. 11, secondo il cui disposto, in caso di ricorso per cassazione, copia degli atti "specificamente indicati da chi ha proposto l'impugnazione ai sensi dell'articolo 606, comma 1 lettera e) del codice", e' inserita a cura della cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato in separato fascicolo da allegare al ricorso, prevedendosi che, nel caso in cui tali atti siano mancanti, ne sia fatta attestazione; sebbene la materiale allegazione con la formazione di un separato fascicolo sia devoluta alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, resta in capo al ricorrente l'onere di indicare nel ricorso gli atti da inserire nel fascicolo, che ne consenta la pronta individuazione da parte della cancelleria, organo amministrativo al quale non puo' essere de (OMISSIS) il compito di identificazione degli atti attraverso la lettura e l'interpretazione del ricorso (Sez. 5, n. 5897 del 03/12/2020, dep. 2021, Cossu, Rv. 280419; Sez. 2, n. 35164 del 08/05/2019, Talamanca, Rv. 276432). 13. Palesemente inammissibile e' il ventunesimo motivo del ricorso di (OMISSIS). L'interesse ad impugnare, previsto in via generale dall'articolo 568, comma 4, cod. proc. pen., non puo' risolversi in una pretesa, meramente teorica e formale, all'esattezza giuridica della decisione, senza riflessi in punto di utilita' concreta, dovendo l'impugnazione essere sempre diretta al conseguimento di un risultato favorevole, che sia anche indirettamente utile al proponente (Sez. 7, ord. n. 21809 del 18/12/2014, dep. 2015, Letorri, Rv. 263538). Nel caso di specie, lo stesso ricorrente ammette che le dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS) non sono state utilizzate quale prova a suo carico, cosicche' nessun vantaggio sarebbe stato conseguito dall'imputato anche laddove il collaborante fosse stato ritenuto inattendibile. 14. Complessivamente infondato e' il secondo motivo del ricorso di (OMISSIS). Dall'intenzione manifestata da (OMISSIS) di elargire un "pensiero" ai (OMISSIS) "(OMISSIS)", laddove egli avesse ottenuto l'assegnazione dei "lavori del cimitero", non puo' trarsi la conclusione che solo questi controllassero i lavori. Deve in primo luogo osservarsi che (OMISSIS) non e' riuscito a realizzare il suo proposito e, secondo la ricostruzione operata dalla Corte territoriale, (OMISSIS), facendo valere la sua vicinanza ai (OMISSIS) "(OMISSIS)" e spendendo il nome dei (OMISSIS) "bruciati" e' riuscito ad imporsi venendo preferito a (OMISSIS) . Secondo quanto affermato dalla Corte di appello in relazione alla posizione di (OMISSIS) (vedi pag. 435 della motivazione della sentenza di secondo grado), quest'ultimo aveva potuto ingerirsi nei lavori grazie all'appoggio sia dei (OMISSIS) "bruciati", sia dei (OMISSIS) "(OMISSIS)", con la conseguenza che il controllo di una delle due cosche non escludeva l'ingerenza dell'altra. Non e' quindi ravvisabile il profilo di illogicita' denunciato dal ricorrente. Quanto alla conversazione intercettata tra (OMISSIS) e (OMISSIS) del 21 dicembre 2010, la Corte territoriale ha indicato le ragioni, che riposano anche su altre conversazioni intercettate, per le quali comunque emerge l'appoggio dei (OMISSIS) "bruciati" in favore del (OMISSIS) (vedi pagine da 433 a 442 della sentenza di appello), onde farlo partecipare ai lavori del cimitero, appoggio che traspare anche dalla conversazione tra (OMISSIS) e (OMISSIS), in cui "quest'ultimo non rinnega la condotta del (OMISSIS) cercando blandamente di giustificarla nei confronti dell'interlocutore" (vedi pag. 441 della motivazione della sentenza di secondo grado). Anche in questo caso, quindi, la pretesa illogicita' della motivazione della sentenza qui impugnata poggia sull'attribuzione alle conversazioni intercettate di un significato diverso da quello ad esse assegnato dalla Corte territoriale e quindi sulla invocazione di una diversa rivalutazione del materiale istruttorio, non consentita in questa sede di legittimita'. Quanto alla sussistenza del patto spartitorio degli appalti, la circostanza che dall'istruttoria espletata non sia emersa un'ingerenza delle cosche (OMISSIS) in relazione all'appalto del palazzetto dello sport non appare decisiva ed in grado di superare le numerose prove di segno opposto indicate dalla Corte territoriale a sostegno della ingerenza delle cosche (OMISSIS) sia in relazione ad appalti di importo superiore ad Euro 140.000,00 Euro, sia in relazione a lavori di importo superiore a detta soglia, a dimostrazione che la regola suddetta e' stata fissata dai (OMISSIS) "bruciati" e che pertanto spetta a costoro garantirne il rispetto o anche il potere di violarla a favore di altri sodali, quale era il (OMISSIS) (vedi pag. 475 della motivazione della sentenza di appello). Non appare, quindi, ravvisabile l'illogicita' denunciata dal ricorrente. Nel resto, il motivo di ricorso e' volto a sollevare censure di merito e risulta, pertanto, inammissibile. 15. Il terzo motivo del ricorso di (OMISSIS), nella parte in cui si duole dell'attribuzione di un ruolo apicale all'interno del sodalizio mafioso, ed il terzo motivo del ricorso di (OMISSIS)sono infondati. Non rileva che mentre con la sentenza gia' passata in giudicato (OMISSIS) risulta condannato per una condotta di mera partecipazione alla âEuroËœndrangheta, la Corte di appello lo abbia condannato per avere partecipato con il ruolo di capo alla medesima organizzazione senza precisare quando e come egli abbia assunto detta qualifica, tenuto conto che tra la condotta gia' giudicata e quella di cui si discute in questa sede intercorre un periodo di tempo molto ampio e che trattasi di condotte tra loro distinte. Rileva, invece, che la Corte di appello ha desunto il ruolo apicale dell'imputato dal complesso delle conversazioni intercettate; e soprattutto da quelle in cui emerge il suo ruolo di partecipe alle decisioni in ordine alla individuazione dei soggetti ai quali dovevano essere assegnati i lavori o che a questi dovevano partecipare attraverso subappalti o forniture ed alla determinazione delle modalita' di distribuzione degli utili tra i vari soggetti implicati nelle vicende relative alle varie opere appaltate. Quest'ultima circostanza non puo' essere contestata sol perche' dal materiale istruttorio non emerge quando e perche' (OMISSIS) abbia assunto un ruolo di comando. Quanto al terzo motivo del ricorso di (OMISSIS), deve richiamarsi in questa sede quanto gia' esposto al precedente § 10 ed osservarsi che la sua posizione apicale emerge anche da numerose circostanze di fatto accertate dalla Corte di appello, come la imposizione da parte sua di (OMISSIS) quale fornitore del calcestruzzo, in relazione alla estorsione relativa ai "lavori del muro", e dalla sua partecipazione, quale protagonista di primo piano, all'incontro tenutosi a (OMISSIS) con alcuni esponenti della cosca dei (OMISSIS). In sostanza, sebbene, come si e' gia' detto al § 10, secondo la ricostruzione fattuale operata dalla Corte territoriale, la circostanza che l'incontro finalizzato alla spartizione degli utili derivati da tali lavori sia realmente avvenuta deve ritenersi dimostrata, a prescindere dalla esistenza di ulteriori riscontri non necessari (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263714), essa tuttavia non risulta avere un valore decisivo ai fini dell'attribuzione all'imputato di un ruolo verticistico all'interno della sua cosca, potendo questo essere desunto dal ruolo da assunto da (OMISSIS)in altri momenti della vicenda relativa ai "lavori del muro" o in occasione delle vicende relative ad altri lavori. Ne deriva in ogni caso la infondatezza del motivo di ricorso. Ne' sull'attribuzione ai due imputati di un ruolo di comando all'interno della cosca di appartenenza ha influito, sulla base di quanto emerge dalla motivazione della sentenza qui impugnata, la condanna irrevocabile pronunciata per la partecipazione alla âEuroËœndrangheta. Anche la circostanza indicata da (OMISSIS)in relazione alla conversazione del 24 settembre (OMISSIS) non contraddice, ma rafforza il suo ruolo di vertice, poiche' nella conversazione, per come interpretata dalla Corte territoriale, in sostanza, (OMISSIS) afferma che se qualcuno avesse voluto spuntare, in occasione della riunione finalizzata alla spartizione degli utili anche in favore di chi non aveva partecipato all'esecuzione dei lavori, una somma superiore rispetto a quella risultante dai criteri gia' fissati, avrebbe dovuto "vedersela" con (OMISSIS), con cio' attribuendo a quest'ultimo una maggiore autorita' in seno alla riunione. Nel resto, anche laddove il ricorrente attribuisce alla conversazione intercettata un diverso significato, il motivo, per le ragioni gia' esposte, risulta inammissibile. 16. Il terzo motivo, nella parte in cui si duole del diniego dell'applicazione della disciplina del reato continuato in relazione alla condanna gia' divenuta irrevocabile per altra condotta di partecipazione alla âEuroËœndrangheta, ed il venticinquesimo motivo del ricorso di (OMISSIS) sono infondati. La motivazione addotta dalla Corte territoriale, che ha evidenziato il lungo periodo di tempo trascorso tra le due condotte ed il diverso ruolo assunto dall'imputato in seno al sodalizio criminale, non appare illogica o contraddittoria. Tra le due condotte di partecipazione alla âEuroËœndrangheta intercorre un periodo di tempo eccessivo (oltre quindici anni) perche' esse possano essere considerate espressione di un unico momento deliberativo e quindi essere considerate attuazione del medesimo disegno criminoso. Solo laddove la partecipazione dell'imputato alla âEuroËœndrangheta si fosse protratta ininterrottamente, senza alcuna soluzione di continuita', avrebbe potuto sostenersi la sussistenza del vincolo della continuazione, ma tale ipotesi non e' stata accertata e lo stesso ricorrente ha negato che la precedente condanna per il reato associativo possa valere quale indizio della nuova condotta di partecipazione alla âEuroËœndrangheta che gli e' stata contestata in questo processo. Ne' puo' sostenersi che, poiche' nel processo per il quale (OMISSIS) e' stato gia' condannato con sentenza irrevocabile gli si contestava la partecipazione alla âEuroËœndrangheta "dal 1983 ad oggi", il giudicato coprirebbe la condotta associativa anche oltre il 1995, in quanto questa Corte di cassazione ha piu' volte affermato che l'imputazione per un reato associativo, limitata temporalmente con l'espressione "dal... ad oggi", deve ritenersi estesa fino alla data del decreto che dispone il giudizio e, nel caso in cui questo manchi, trattandosi di rito abbreviato, fino alla data della richiesta di rinvio a giudizio (ex multis, Sez. 3, n. 2567 del 17/09/2018, dep. 2019, Ghiringhelli, Rv. 275829). 17. Il sesto ed il ventiseiesimo motivo - nella parte in cui il ricorrente si duole dell'applicazione dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 cod. pen. - di (OMISSIS) ed il settimo motivo del ricorso di (OMISSIS) sono infondati. I reati di cui ai capi 14 septies) e 14 novies), per quanto sopra gia' esposto, sono volti ad agevolare la realizzazione le finalita' delle cosche (OMISSIS) ed in particolare quella di assicurarsi il controllo del territorio e delle attivita' economiche ivi attuate attraverso la scelta di coloro che avrebbero dovuto partecipare all'esecuzione dei lavori imponendo persone loro gradite anche mediante l'imposizione di subappalti o forniture o il pagamento di somme di denaro e comunque costituiscono attuazione degli accordi raggiunti tra le cosche in relazione alla spartizione degli appalti. Ne' tale finalita' puo' dirsi venuta meno in conseguenza della destinazione al mantenimento di (OMISSIS) , all'epoca detenuto, di una somma di denaro che i (OMISSIS) "bruciati" hanno percepito da (OMISSIS) per i cosiddetti "lavori del muro", in quanto l'assistenza economica ai sodali detenuti costituisce proprio una regola generalmente attuata dalle associazioni di tipo mafioso (vedi Sez. I, 18 febbraio (OMISSIS) n. 13578, Autiero, non massimata). 18. Il settimo ed il ventiseiesimo motivo - nella parte in cui il ricorrente si duole dell'applicazione dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis, quarto e quinto comma, cod. pen. - di (OMISSIS) ed il quarto motivo del ricorso di (OMISSIS)sono infondati. Sul punto, le ragioni del ricorso non hanno pregio, poiche' come sopra gia' esposto in premessa, la motivazione che si ricava dalle due sentenze di merito appare del tutto logica e coerente, in quanto dalla ricostruzione fattuale operata dalla Corte territoriale emerge sia il compimento di atti delittuosi con armi da parte dell'associazione, sia la disponibilita' di armi in capo agli associati ed in particolare a (OMISSIS), cosicche' appaiono ampiamente rispettati i principi espressi dalla giurisprudenza precedentemente richiamata. 19. Il ventiseiesimo motivo del ricorso di (OMISSIS), nella parte in cui sostiene l'inapplicabilita' al delitto di estorsione di cui al capo delle aggravanti delle piu' persone riunite, ed il sesto motivo del ricorso di (OMISSIS) sono infondati. L'infondatezza dei motivi del ricorso di (OMISSIS)relativi all'affermazione della sua penale responsabilita' per il reato associativo conduce necessariamente all'infondatezza del sesto motivo del suo ricorso con riguardo all'aggravante prevista dall'articolo 628, terzo comma, n. 3, cod. pen. Quanto alla aggravante dell'essere la estorsione stata commessa da piu' persone riunite, le censure dei ricorrenti risultano infondate, atteso che nel reato di estorsione commesso nell'interesse di un'associazione di tipo mafioso, la simultanea presenza di non meno di due persone, necessaria a configurare la circostanza aggravante delle piu' persone riunite, deve essere individuata in relazione ai plurimi momenti in cui viene effettuata la richiesta estorsiva ed alla pluralita' dei soggetti che interviene a contattare la persona offesa, esplicitando la natura collettiva della richiesta proveniente da piu' soggetti appartenenti al gruppo criminale (Sez. 2, n. 6272 del 19/01/2017, Corigliano, Rv. 269295), come appunto avvenuto, sulla base della ricostruzione fattuale operata dalla Corte di appello, in relazione all'estorsione contestata al capo 14 septies). Peraltro, l'aggravante delle piu' persone riunite ha natura oggettiva concernendo le modalita' dell'azione e, pertanto, si comunica ai correi non presenti nel luogo di consumazione del reato se gli stessi erano a conoscenza del fatto che il reato sarebbe stato consumato da piu' persone riunite o se per colpa ignoravano tale circostanza (Sez. 2, n. 36926 del 04/07/2018, Sabatino, Rv. 273521). E', quindi, priva di rilievo la circostanza che (OMISSIS) non abbia eventualmente parlato con il (OMISSIS). 20. Infondati sono l'ottavo motivo ed il ventiseiesimo motivo - nella parte in cui si duole del diniego dell'attenuante di cui all'articolo 114 cod. pen. e delle circostanze attenuanti generiche e della misura della pena, anche a titolo di aumento per la continuazione - di (OMISSIS). Quanto all'attenuante di cui all'articolo 114 cod. pen., questa Corte di cassazione ha affermato, in tema di concorso di persone nel reato, che ai fini dell'integrazione della circostanza attenuante della minima partecipazione di cui alla citata disposizione, non e' sufficiente una minore efficacia causale dell'attivita' prestata da un correo rispetto a quella realizzata dagli altri, in quanto e' necessario che il contributo dato si sia concretizzato nell'assunzione di un ruolo di rilevanza del tutto marginale, ossia di efficacia causale cosi' lieve rispetto all'evento da risultare trascurabile nell'economia generale dell'iter criminoso (Sez. 6 -, Sentenza n. 34539 del 23/06/2021, I., Rv. 281857). Nel caso di specie siffatto ruolo marginale appare in contrasto sia con la ricostruzione fattuale operata dalla Corte di appello, avendo (OMISSIS) partecipato alla riunione finalizzata alla spartizione dell'utile derivato dai cosiddetti "lavori del muro" e comunque alle attivita' estorsive, sia con il ruolo di comando che egli rivestiva nell'associazione criminale e che valeva ad attribuire alla sua partecipazione al delitto una forte carica minatoria. Con riguardo alle attenuanti generiche, deve osservarsi che il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione e' insindacabile in sede di legittimita', purche' sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'articolo 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269). In particolare, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non e' necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma e' sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione (Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899). Nel caso di specie la Corte territoriale ha adeguatamente motivato facendo riferimento ai precedenti penali dell'imputato ed al suo ruolo all'interno del sodalizio mafioso. Quanto al trattamento sanzionatorio ed all'aumento di pena per la continuazione, anch'esso e' stato adeguatamente motivato facendo riferimento alla gravita' dei fatti ed alla personalita' dell'imputato. 21. L'ottavo, il nono ed il decimo motivo del ricorso di (OMISSIS)sono inammissibili. Non e' censurabile, in sede di legittimita', la sentenza che non motivi espressamente in relazione a una specifica deduzione prospettata con il gravame, quando il suo rigetto risulti dalla complessiva struttura argomentativa della sentenza (Sez. 4, n. 5396 del 15/11/2022, dep. 2023, Lakrafy, Rv. 284096). Nel caso di specie, quanto alla recidiva applicata al ricorrente, dal complesso della motivazione della sentenza di secondo grado si comprendono le ragioni che hanno indotto la Corte di appello ad applicare a (OMISSIS)l'aumento per la recidiva contestata e a negargli le circostanze attenuanti generiche, avendo i giudici di secondo grado evidenziato sia che egli e' gia' stato condannato per il reato di partecipazione alla âEuroËœndrangheta, sia che il nuovo reato costituisce espressione di una maggiore pericolosita' del ricorrente, in considerazione del ruolo apicale in seno al sodalizio criminale che gli viene attribuito in esito al presente processo (vedi pag. 521 della motivazione della sentenza di appello). Le stesse considerazioni sono state utilizzate dalla Corte territoriale per il diniego delle circostanze attenuanti generiche cosicche', in applicazione del principio sopra gia' espresso (vedi § 20), deve concludersi che i giudici di appello, anche in relazione a questo punto della decisione, hanno fornito adeguata motivazione. Quanto all'entita' del trattamento sanzionatorio, la pena base ed i conseguenti aumenti per le aggravanti appaiono di entita' ridotta, cosi' come l'aumento per la continuazione con il reato associativo, tenuto conto della sua gravita', cosicche' puo' trovare applicazione il principio per il quale solo l'irrogazione di una pena base pari o superiore al medio edittale richiede una specifica motivazione in ordine ai criteri soggettivi ed oggettivi elencati dall'articolo 133 cod. pen., valutati ed apprezzati tenendo conto della funzione rieducativa, retributiva e preventiva della pena (Sez. 5, n. 35100 del 27/06/2019, (OMISSIS), Rv. 276932), mentre per una pena base contenuta entro tale limite e' sufficiente un generico rinvio all'adeguatezza della pena (Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015, Scaramozzino, Rv. 265283) e quindi agli elementi di cui all'articolo 133 cod. pen. (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, Del Papa Giorgio, Rv. 276288) e nel caso di specie la Corte territoriale ha fatto riferimento sia alla gravita' dei reati che alla personalita' dell'imputato. 22. Il ricorso di (OMISSIS), classe (OMISSIS), e' complessivamente inammissibile. Il ricorrente eccepisce questioni tutte collegate alla sua condanna per il delitto di partecipazione mafiosa di cui al capo 1, con una formulazione che e' diffusamente generica, priva di dati specifici di confronto con la motivazione della sentenza impugnata, riguardo al suo ruolo nel sodalizio di âEuroËœndrangheta oggetto della contestazione, apodittica nel sostenere la propria tesi difensiva ed i presunti vizi di travisamento della prova, non rilevati, invece, dal Collegio. Come noto, nel caso ci si trovi dinanzi ad una cosiddetta "doppia conforme", il vizio del travisamento della prova, per utilizzazione di un'informazione inesistente nel materiale processuale o per omessa valutazione di una prova decisiva, puo' essere dedotto con il ricorso per cassazione ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera e), cod. proc. pen. solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti, con specifica deduzione, che il dato probatorio asseritamente travisato e' stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado (cfr. ex multis, la recente Sez. 3, n. 45537 del 28/9/2022, M., Rv. 283777). Inoltre, come si e' gia' chiarito, il vizio di "contraddittorieta' processuale" (o "travisamento della prova") vede circoscritta la cognizione del giudice di legittimita' alla verifica dell'esatta trasposizione nel ragionamento del giudice di merito del dato probatorio, rilevante e decisivo, per evidenziarne l'eventuale, incontrovertibile e pacifica distorsione, in termini quasi di "fotografia", neutra e a-valutativa, del "significante", ma non del "significato", atteso il persistente divieto di rilettura e di re-interpretazione nel merito dell'elemento di prova (Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, Dos Santos, Rv. 283370). Invece, nel caso all'esame del Collegio, si sovrappongono ragioni gia' dedotte con i motivi d'appello, senza tener conto delle argomentazioni complessive che hanno portato la Corte territoriale a confermare la sentenza di primo grado e l'affermazione di responsabilita' del ricorrente. Costituisce orientamento consolidato e condiviso dal Collegio, invero, ritenere che la sentenza di merito non e' tenuta a compiere un'analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze, spieghi, in modo logico ed adeguato, le ragioni del convincimento, dimostrando che ogni fatto decisivo e' stato tenuto presente, si' da potersi considerare implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (Sez. 4, n. 26660 del 13/5/2011, (OMISSIS) e altro, Rv. 250900; Sez. 6, n. (OMISSIS)2 del 4/5/2011, Schowick, Rv. 250105). La conseguenza e' che, in sede di legittimita', non e' censurabile una sentenza per il suo silenzio su una specifica deduzione prospettata con il gravame, quando risulti che la stessa sia stata disattesa dalla motivazione del provvedimento complessivamente considerato (Sez. 1, n. 27825 del 22/5/2013, Caniello, Rv. 256340). 22.1. Il ricorrente non tiene conto, nel lamentare, all'interno del primo motivo di ricorso, alcune omesse risposte ai motivi di censura contenuti nell'atto di appello, degli' approdi consolidati della giurisprudenza di legittimita' sopra sintetizzati, formulando eccezioni, peraltro, diffusamente generiche, limitate a riproporre la propria versione difensiva degli elementi di prova a suo carico. In particolare, quanto ancora al primo motivo di ricorso, e' del tutto apodittica la censura riferita ad una sorta di incompatibilita' tra il ruolo concretamente ricostruito dai giudici di merito per configurare la partecipazione all'associazione mafiosa contestata al capo 1 - vale a dire la collaborazione nel settore del controllo criminale di tutte le attivita' edilizie, private e pubbliche in appalto, nel territorio del comune di (OMISSIS) Zejfirio (locale di (OMISSIS)), con imposizione di forniture dei materiali e del pagamento di danaro per i lavori, mediante l'esecuzione di ruolo anche di vera e propria manovalanza edile - ed il ruolo di "santista" a lui assegnato. Si tratta di un'affermazione priva di sostegno sia nella prassi criminale storicamente nota - che, a dispetto di quanto afferma il ricorrente, non prevede aprioristiche preclusioni tra ruoli di primo piano nei sodalizi mafiosi e l'esecuzione, magari occasionale o per necessita', di mansioni "umili" - sia nel tessuto di prova del presente processo, in cui si da' atto di una realta' sfumata tra imprenditoria e organizzazione criminale sul territorio, con interessi economici anche di piccolo e medio cabotaggio. Anche le censure riferite all'imprecisione delle dichiarazioni di collaboratori di giustizia utilizzati nella ricostruzione del piano accusatorio nei suoi riguardi scontano diffuse aspecificita'. In un caso, relativamente alla circostanza imprecisa che il ricorrente avrebbe fratelli, non si indica neppure il nominativo del dichiarante che avrebbe riferito tale dato (cfr. pag. 6 del ricorso), ne' tantomeno se ne indica la decisivita' e neppure la rilevanza a scalfire il quadro accusatorio. Nel caso delle dichiarazioni del principale collaboratore di giustizia (OMISSIS), invece, poiche' il ricorso si limita a riproporre apoditticamente l'assenza di riscontri alle stesse, dimenticando che la sentenza impugnata ha evidenziato come gia' il GUP, nella decisione di primo grado, aveva rappresentato la precisione e specificita' del narrato del suddetto dichiarante, riguardo all'intraneita' alla locale di (OMISSIS) dei cd. (OMISSIS) (i cugini (OMISSIS), cl. (OMISSIS) e (OMISSIS), cl. (OMISSIS); nonche' (OMISSIS) e (OMISSIS)), tutti soggetti individuati con puntuale, personale indicazione come facenti parte di quel sottogruppo interno alla cosca, facente capo a (OMISSIS) (cfr. pag. 10 della sentenza impugnata); le dichiarazioni del collaboratore sono state riscontrate dalle intercettazioni acquisite al processo, relative alla vicenda inerente al "blocco dei lavori" di manutenzione delle strade provinciali, emersa dalle conversazioni ambientali registrate all'interno dell'autovettura in uso a (OMISSIS) . Quanto alla sussistenza della gravita' degli elementi di prova nel senso della sussistenza del sodalizio mafioso contestato al capo 1, e delle sue propaggini microterritoriali, che costituisce l'ossatura del secondo motivo di ricorso, il Collegio richiama l'ampia sintesi della Corte d'Appello, contenuta alle pagine 243 e ss., in particolare, della sentenza impugnata, nelle quali si da' atto dell'operativita' esterna della cosca, dell'ampiezza degli obiettivi criminali, della pluralita' dei settori illeciti di intervento del sodalizio e, per quel che piu' rileva in questa sede, nel settore degli appalti (senza dimenticare il traffico degli stupefacenti e le estorsioni, tradizionali fonti di approvvigionamento economico della criminalita' organizzata di tipo mafioso), del compimento di reati-fine, della disponibilita' di uomini e mezzi per il perseguimento degli scopi illeciti del sodalizio, dell'approvvigionamento di armi da impiegare in azioni delittuose, l'utilizzo di scorte armate, del ricorso sistematico alla violenza per l'affermazione della supremazia criminale sul territorio, dell'esecuzione di spedizioni armate, anche esplodendo colpi d'arma da fuoco in luoghi pubblici, dell'instaurazione di un clima di assoggettamento ed omerta' tipico. Si tratta dei caratteri propri della fattispecie di cui all'articolo 416-bis cod. pen., come delineati nella giurisprudenza consolidata di legittimita', facendo ricorso proprio a indicatori sintomatici quali quelli gia' descritti (cfr. Sez. 6, n. 18125 del 22/10/2019, dep. 2020, Bolla, Rv. 279555, in motivazione, per una ricostruzione della tipicita' del delitto di cui all'articolo 416-bis cod. pen., nonche' Sez. U, n. 33748 del 12/7/2005, Mannino, Rv. 231670, in motivazione). Di fronte alla imponente elaborazione giurisprudenziale, della quale si sono richiamati solo alcuni dei principali arresti, che la sentenza impugnata ha calato nella realta' fattuale sottoposta al suo giudizio, il ricorrente si limita a sostenere apoditticamente che mancherebbero elementi "indicatori" della configurabilita' del gruppo criminale in relazione al quale e' instaurato il processo come associazione mafiosa (una leadership unitaria; una dimensione operativa chiara), dimenticando qualsiasi confronto con la lunga ed ampia disamina delle prove condotte dalla Corte d'Appello (cfr. pag. 233 e seguenti, in particolare, 242 e 243), in cui si e' messo in risalto, tra l'altro, il contenuto inequivoco delle intercettazioni, nelle quali si fa chiaro riferimento all'esistenza del gruppo mafioso, alle relative posizioni apicali, all'omerta' diffusa, dedotta dall'incapacita' delle vittime dei reti di denunciarne gli autori, anzi "protetti", e, in ultima analisi, si allude chiaramente al concetto stesso di associazione mafiosa. Specificamente per la posizione del ricorrente, alle pag. 253-255 della sentenza impugnata, si sono messe in collegamento le dichiarazioni, come detto precise e puntuali di (OMISSIS), con vari elementi di riscontro (intercettazioni ambientali e telefoniche, della cui validita' probatoria la Corte motiva ampiamente alle pagine 393 e ss., in particolare pag. 399; riprese video; controlli dei Carabinieri; documenti provenienti dal rapporto di ispezione della (OMISSIS) s.p.a. del mese di ottobre 2010, con la foto scattata dal personale della ditta e che ritraeva il ricorrente sul luogo dell'episodio del cd. "blocco dei lavori", vale a dire lo coinvolgeva inequivocabilmente nelle condotte intimidatorie poste in essere su ordine di (OMISSIS), al fine di impedire lo svolgimento delle opere da parte di ditte riferibili a (OMISSIS) , (OMISSIS), (OMISSIS), in quanto il lavoro nel tratto di strada posto nel comune di (OMISSIS) sarebbe "spettato" al gruppo facente capo proprio a (OMISSIS), referente di quel territorio). Si e' convincentemente, poi, spiegato in sentenza perche' siano certi i riferimenti al ricorrente identificato come colui il quale nelle intercettazioni viene indicato come inviato per eseguire il "fermo dei lavori"; tra i dati piu' importanti: l'identificazione di (OMISSIS), cl. (OMISSIS), a mezzo del controllo di polizia giudiziaria sul luogo dei lavori, intento a svolgerli (di qui l'asserita, apodittica incoerenza delle prove denunciata dal ricorso), successivamente proprio all'intervento intimidatorio, in data 04.10.2010, a dimostrazione del "passaggio di consegne" tra le ditte precedenti e quella degli uomini di (OMISSIS) (vedi anche, sul punto, pag. 495-497 della sentenza impugnata). 22.2. Anche il terzo motivo di ricorso e' inammissibile, in quanto manifestamente infondato. Quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche, basato sulla sola constatazione dei precedenti penali dell'imputato, che la Corte evidenzia essere "gravissimi", e' evidente che tale valutazione sia stata ritenuta preponderante e negativamente assorbente eventuali, diversi aspetti a lui favorevoli, quali quelli indicati nel ricorso. La decisione e' legittima, sulla base della condivisa e stabile giurisprudenza di legittimita', secondo cui, in tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione e' insindacabile in sede di legittimita', purche' sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'articolo 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione (cfr., per tutte, Sez. 5, n. 43952 del 13/4/2017, Pettinelli, Rv. 271269: nella specie, la Corte ha ritenuto sufficiente, ai fini dell'esclusione delle attenuanti generiche, il richiamo in sentenza ai numerosi precedenti penali dell'imputato, cfr. ancora Sez. 2, n. 23093 del 15/7/2020, Marigliano, Rv. 279549). Si contesta, altresi', la sussistenza dell'aggravante della recidiva, riconosciuta in controtendenza rispetto al positivo accertamento sull'assenza di pericolosita' sociale che ha fondato, nel 2013, la revoca della liberta' vigilata nei suoi confronti, ma i motivi oggi esposti, peraltro in modo confuso e non centrato rispetto alle indicazioni della giurisprudenza costituzionale e di legittimita' consolidata in tema, non erano stati accennati nell'atto di appello, che non contesta in modo specifico la ritenuta recidiva; tale genericita' del motivo d'appello preclude l'esame della ragione difensiva, su cui la Corte territoriale si e' sostanzialmente espressa implicitamente, valutando in piu' punti la pericolosita' criminale del ricorrente. 22.3. Infine, i motivi nuovi sono, in parte, reiterativi del primo e del secondo motivo di ricorso, quanto alla critica al contenuto delle intercettazioni, inammissibile poiche' rientrante nel giudizio di merito, se non afflitta, come nel caso di specie, da evidenti illogicita', ovvero quanto alla valenza dell'elemento indiziario nei confronti del ricorrente costituito dal servizio di identificazione del 04.10.2010, obiezione che, come si e' gia' detto, e' manifestamente infondata, oltre che rivalutativa. In parte, si tratta di argomenti inammissibili poiche' generici: cosi' e' l'obiezione relativa all'errata indicazione contenuta nella motivazione della sentenza d'appello, a pag. 496, relativa a vicende in relazione alle quali l'imputato non e' stato condannato e che neppure gli sono state mai attribuite in ipotesi, che non costituisce certo l'unico elemento logico-fattuale a suo carico, posto quanto si riferisce nelle plurime indicazioni motivazionali precedenti al passaggio contestato e valutato il principio consolidato secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, e' onere della parte che eccepisce l'inutilizzabilita' di atti processuali indicare, pena l'inammissibilita' del ricorso per genericita' del motivo, gli atti specificamente affetti dal vizio e chiarirne altresi' la incidenza sul complessivo compendio indiziario gia' valutato, si' da potersene inferire la decisivita' in riferimento al provvedimento impugnato (cfr. Sez. U, n. 23868 del 23/4/2009, Fruci, Rv. 243416). 23. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile. 23.1. Il primo motivo di censura e' formulato secondo direttrici di censura sottratte al sindacato di legittimita' e manifestamente infondate. Il ricorrente tenta di demolire il quadro di prova a suo carico in relazione al reato di partecipazione ad associazione mafiosa (capo 1), proponendo una rivalutazione della piattaforma probatoria in senso a lui piu' favorevole, in chiave, peraltro, soltanto destrutturante e negativa, oltre che apodittica ed assertiva. Si contesta il tasso qualitativo delle prove raccolte nei suoi confronti, cosi' manifestamente svelando l'erronea prospettiva su cui si muove il ricorso che, pur segnalando un deficit di accertamento "oltre ogni ragionevole dubbio" della sua colpevolezza, propone, sostanzialmente, una lettura a senso unico dei dati raccolti nell'istruttoria processuale. Come si e' gia' accennato nell'esame del ricorso precedente, la compagine associativa degli " (OMISSIS)", sottogruppo del locale di âEuroËœndrangheta dominante nel territorio del comune di (OMISSIS), facente capo a (OMISSIS), emerge dalle intercettazioni soprattutto (sul delitto associativo vedi pag. 393 e ss.) quale sodalizio di sicuro spessore criminale nella gestione degli appalti, spartiti nella zona con i gruppi dei (OMISSIS) Bruciati e dei (OMISSIS) (OMISSIS), avente, in particolare, l'assegnazione esclusiva della zona di (OMISSIS)-(OMISSIS) e composta da (OMISSIS), (OMISSIS), i due cugini (OMISSIS), classe (OMISSIS) e classe (OMISSIS), sotto la guida e direzione del citato (OMISSIS), il cui spessore criminale pure e' stato oggetto di ampi cenni in sentenza (vedi, tra l'altro, pag. 490 e ss.). L'apporto causale del ricorrente e' stato adeguatamente illustrato dalla sentenza impugnata (cfr. pag. 495 e ss.), soprattutto con riferimento a-la complessiva vicenda criminale, sfociata poi nella condanna solo per il reato di violenza privata ai danni dell'imprenditore (OMISSIS) (capi 74 - estorsione ritenuta, poi, insussistente dalla Corte d'Appello - e 76: nei confronti del ricorrente e' stata raggiunta prova certa soltanto della condotta di violenza privata aggravata di cui al capo 76), altamente significativa del controllo totalizzante esercitato sul territorio dal gruppo criminale (vedi sopra per (OMISSIS)), che, al di la' del valore economico dei beni al centro della rivalita' tra cosche (lamiere provenienti da lavori edilizi), fa assurgere la questione a vera e propria affermazione di potere sul territorio. La Corte d'Appello sottolinea, in chiave di gravita' del quadro probatorio a carico del ricorrente per il delitto associativo, proprio il tenore inequivoco e particolarmente pregnante delle parole utilizzate dal ricorrente nei confronti della vittima (OMISSIS), "colpevole" di aver cedutole lamiere di risulta dei lavori di ristrutturazione di un cantiere di una chiesa in territorio di Monticella di (OMISSIS), "senza prima ottenere il suo permesso" (cfr. pag. 496 della sentenza impugnata), nonche' la conclusione della querelle criminale, con il ricorrente che, insieme al fratello (OMISSIS), cl. (OMISSIS), ed a (OMISSIS), prelevano le lamiere direttamente dal cantiere, secondo quanto emerge dalle intercettazioni telefoniche. In aggiunta, si richiamano le dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS), gia' messe in risalto dalla sentenza di primo grado, resa all'esito del rito abbreviato. Anche secondo la giurisprudenza di legittimita' in tema di partecipazione mafiosa, i cui approdi invoca il ricorrente, non e' rilevante la quantita' del contributo partecipativo che emerge dagli indicatori/prove del reato, bensi' la sua qualita' e significativita', sicche' anche sotto tale aspetto il ricorso e' manifestamente infondato. 23.2. Egualmente inammissibile, perche' formulato in fatto, con obiettivi di rivalutazione e riscrittura dei risultati probatori, e' il secondo argomento del ricorso che evoca il vizio di violazione di legge e quello di motivazione con riferimento alla ritenuta sussistenza dell'aggravante del metodo mafioso rispetto alla contestazione di violenza privata ascritta all'imputato al capo 76. Le intercettazioni telefoniche sulle utenze dei coimputati e del ricorrente, nonche' le dichiarazioni di (OMISSIS) hanno condotto i giudici d'appello, diversamente che per il capo 74 (a dimostrazione del rigore nella valutazione delle prove dimostrato dalla Corte territoriale), a ritenere provata la grave intimidazione portata avanti a piu' riprese da Antonino e (OMISSIS) cl. (OMISSIS), nonche' da (OMISSIS), in particolare, ai danni dell'imprenditore, con la finalita', centrata, di farsi consegnare le lamiere di risulta del tetto di copertura della chiesa in ristrutturazione, una volta smontate. La tesi difensiva si fonda sull'irrisorio valore delle lamiere e la mancanza di interesse del clan, ma - come e' evidente - la difesa tenta di far passare una diversa lettura di un "messaggio" criminale che del tutto logicamente, invece, la Corte d'Appello ha interpretato come espressivo ai massimo di un'affermazione di potere mafioso, che non si cura della banalita' dell'oggetto delle proprie pretese, ma soltanto della posizione di dominio e signoria da mantenere sul territorio di riferimento. Di qui la chiara sussistenza della metodologia mafiosa, leggibile nella rimostranza inequivoca fatta dal ricorrente alla vittima di aver operato "senza la sua autorizzazione", a riprova della capacita' intimidatoria tipicamente mafiosa del metodo utilizzato per commettere la violenza privata (nonche' del risultato di agevolazione mafiosa, che si configura, ancorche' non contestato espressamente, secondo le indicazioni di Sez. 3, n. 45536 del 15/9/2022, Coluccio, Rv. 284199; Sez. 3, n. 9142 del 13/1/2016, Basile, Rv. 266464). Nel caso di specie, non puo' esservi dubbio, seguendo la ricostruzione della sentenza, circa la carica rivelatrice della metodologia mafiosa che scaturisce proprio dalla pervicacia con cui si porta avanti la condotta criminale, a dispetto della minima rilevanza economica della vicenda, sopravvalutata dai coimputati proprio sul piano simbolico, evocativa, cosi' come le concrete parole utilizzate da (OMISSIS), della supposta capacita' dimostrativa di un simile episodio a rafforzare la condizione di assoggettamento o di condizionamento mafioso di fasce del territorio. Anche il tentativo di sminuire la portata delle dichiarazioni di (OMISSIS) sull'intimidazione subita (accreditandosi, nel ricorso, la tesi di un litigio tra lui e il ricorrente) e', di fondo, reiterativo di argomenti gia' risolti dalla sentenza impugnata (cfr. pag. 457) sulla credibilita' della vittima, mediante l'evidenziazione della perfetta sovrapponibilita' del loro tenore con i contenuti delle intercettazioni. 24. Il ricorso di (OMISSIS) e' complessivamente inammissibile. 24.1. Il primo motivo, dedicato ad eccepire vizio di violazione di legge e di motivazione in merito alla condanna del ricorrente per il reato di tentata estorsione in danno della ditta (OMISSIS) (capo 14, in relazione al quale e' stata esclusa l'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 cod. pen.), e' manifestamente infondato e formulato in fatto, secondo direttrici di censura, come gia' evidenziatosi, non consentite in sede di legittimita'. Si contesta inammissibilmente il contenuto delle intercettazioni utilizzate come prova (cfr. Sez. U, Sebbar, Rv. 263715, cit.), senza enunciare manifeste distopie della lettura dei giudici di merito, ma proponendo una chiave interpretativa semplicemente rivalutativa e piu' favorevole al ricorrente; si contesta, altresi', il loro "peso" in termini di prova, attaccando la qualita' mafiosa dell'interlocutore (OMISSIS) , di cui gia' in altri richiami precedenti si e', invece, chiarita la capacita' di comprendere e conoscere i fenomeni mafiosi locali dei quali riferisce, nonostante sia stato assolto dal delitto associativo, e le cui dichiarazioni sono state ampiamente riscontrate da numerosi altri elementi esterni (cfr. pag. 393 e ss. della sentenza impugnata, in particolare). Infine, non rileva il fatto che il ricorrente non sia interlocutore diretto delle conversazioni. Come noto, gli indizi raccolti nel corso di conversazioni telefoniche intercettate, a cui non abbia partecipato l'imputato, possono costituire fonte diretta di prova, senza necessita' di reperire riscontri esterni, a condizione che siano gravi, precisi e concordanti (ex multis, cfr. Sez. 6, n. 5224 del 2/10/2019, dep. 2020, Acampa, Rv. 278611; le intercettazioni vanno valutate verificando che: a) il contenuto della conversazione sia chiaro; b) non vi sia dubbio che gli interlocutori si riferiscano all'imputato; c) per il ruolo ricoperto dagli interlocutori nell'ambito dell'associazione di cui fanno parte, non vi sia motivo per ritenere che parlino non seriamente degli affari illeciti trattati; d) non vi sia alcuna ragione per ritenere che un interlocutore riferisca il falso all'altro). Nella fattispecie in esame, la sentenza d'appello si e' lungamente diffusa nel rappresentare, in piu' punti, sia la chiarezza e genuinita' dell'interpretazione dei contenuti delle conversazioni, sia la credibilita' degli interlocutori intercettati, rispetto al ruolo di costoro, ancorche' non ritenuti "intranei" responsabili del delitto associativo, ma solo soggetti "molto vicini" al contesto mafioso di cui riferiscono; sia, infine, la presenza di diffusi riscontri alle intercettazioni (l'inserimento di (OMISSIS) nel settore dell'edilizia; alcune testimonianze: tra tutte, quella individualizzante nei confronti del ricorrente, dell'operaio (OMISSIS), che lo ha visto al cantiere, intento a parlare con un dipendente della ditta di lavori al centro della vicenda estorsiva contestatagli; il clima di omerta', che supera anche le obiezioni difensive riferite alla valenza di altre testimonianze, ritenute favorevoli al ricorrente). Del resto, la Corte d'Appello ha escluso l'aggravante mafiosa, proprio operando una rigorosa disamina del quadro di prova a carico del ricorrente per il delitto a lui ascritto. 24.2. Il secondo motivo di ricorso, con cui si denuncia l'eccessiva dosimetria sanzionatoria ed il diniego delle circostanze attenuanti generiche, e' manifestamente infondato. La sentenza impugnata resiste alle obiezioni difensive, avendo sinteticamente motivato le ragioni in base alle quali ha ritenuto di non concedere le circostanze attenuanti ex articolo 62-bis cod. pen., valorizzando legittimamente, in chiave negativa, l'intensita' del dolo leggibile dalla condotta delittuosa ascrittagli. D'altro canto, relativamente alla censura riferita alla mancata riduzione della pena corrispondente all'abbattimento per il rito abbreviato, una volta esclusa la circostanza aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 cod. pen., vi e' da rilevare l'estrema vaghezza dell'obiezione difensiva, che non si confronta con una scansione dosimetrica non puntualmente determinata nella sua quantificazione dal giudice di primo grado, con metodo sintetico riproposto dalla Corte d'Appello; la compatibilita' astratta, dunque, della pena inflitta, peraltro in misura comunque sensibilmente ridotta rispetto a quella stabilita dal GUP (da 4 anni e 8 mesi, a 4 anni di reclusione), giustificata dalla ritenuta gravita' del fatto, affermata espressamente anche attraverso il diniego delle circostanze attenuanti generiche. 25. Il ricorso di (OMISSIS) e' complessivamente infondato e deve essere rigettato. 25.1. Il primo ed il secondo motivo di censura sono inammissibili, rivalutativi delle prove, in particolare delle intercettazioni e dei loro contenuti, invece, interpretati in modo logico e plausibile dalla Corte d'Appello: si e' gia' detto in precedenza di come simili doglianze non siano ammesse in sede di legittimita', senza che si adducano specifici o precisi travisamenti della prova, sottolineando la valenza di prova piena ed autonoma delle intercettazioni, una volta validate nell'affidabilita' dei loro contenuti, secondo i canoni di verifica dettati da questa Corte regolatrice. Nella specie, il ruolo apicale del ricorrente all'interno della compagine mafiosa descritta al capo 1 e' stato ampiamente argomentato dalla sentenza impugnata (cfr. pagg. 488 e ss., tra le altre) e da quella di primo grado - doppia pronuncia conforme -, con puntuali riferimenti alle chiare conversazioni intercettate, nelle quali si fa riferimento a "compare (OMISSIS)" ovvero a (OMISSIS) "(OMISSIS)", soggetto individuato senza dubbio in (OMISSIS), descrivendolo come al centro di vicende criminali collegate a lavori acquisiti in appalto, ad esempio quelli per il sottopassaggio ferroviario di (OMISSIS), ovvero ai contatti con altre cosche di âEuroËœndrangheta (quale il gruppo (OMISSIS) di (OMISSIS)) sempre finalizzati alla spartizione degli appalti; ovvero ancora indicandolo tra i leader del sodalizio che partecipano ai tavoli delle trattative per appalti importanti, da spartirsi tra le âEuroËœndrine (i lavori del cimitero); la posizione di protagonista criminale del sodalizio occupata dal ricorrente e' richiamata dalla Corte d'Appello anche quando si concentra sulla posizione del sodale/imprenditore strettamente collegato ai (OMISSIS) (OMISSIS), vale a dire (OMISSIS) (cfr. pag. 479 e ss.), nonche' nei chiari riferimenti che fa direttamente quest'ultimo nelle intercettazioni che lo coinvolgono (di richiama quella del 19.11.2010, progr. n. 11136: cfr. pag. 489 della sentenza impugnata) a proposito della vicenda dell'appalto al cimitero ed alla sua presenza tra i leader per le trattative necessarie. Il ricorrente insiste anche sulla significativa assoluzione dal reato ascrittogli al capo 14-novies, da cui deriverebbe un'incisione determinante del tessuto probatorio a suo carico relativamente al delitto associativo, in relazione al quale e' stato condannato. Tuttavia, la censura, declinata in linea di principio, e' manifestamente infondata, poiche', ai fini dell'integrazione della condotta di partecipazione ad un'associazione di tipo mafioso, l'investitura formale o la commissione di reati-fine funzionali agli interessi dalla stessa perseguiti non sono essenziali, in quanto rileva la stabile ed organica compenetrazione del soggetto rispetto al tessuto organizzativo del sodalizio, da valutarsi alla stregua di una lettura non atomistica ma unitaria degli elementi rivelatori di un suo ruolo dinamico all'interno dello stesso che emergono anche da significativi "facta concludentia" (cfr., tra le piu' recenti massimate, Sez. 5, n. 32020 del 16/3/2018, Capraro, Rv. 273571, nonche' Sez. 5, n. 25838 del 23/7/2020, Prestia, Rv. 279597; nella stessa logica si muovono le Sezioni Unite, nella piu' recente sentenza Modaffari del 2021, cit., che sottolineano la necessita' di prova dello stabile inserimento e della messa a disposizione in favore del sodalizio per il perseguimento dei comuni fini criminosi, da verificarsi secondo le specificita' degli elementi indiziari del caso concreto). 25.2. Il terzo motivo di ricorso e' manifestamente infondato. La denunciata violazione degli articoli 521 e 522, 178, comma primo, lettera b e c, cod. proc. pen., non e' sussistente: l'aggravante prevista per gli organizzatori e capi dell'associazione mafiosa di cui al comma secondo dell'articolo 416-bis cod. pen. e' chiaramente contestata nell'ambito del capo 1, sebbene non richiamata nell'ultima parte: si legge, infatti, a pag. 9 della sentenza d'appello, la' dove si richiama l'imputazione per esteso ".. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) alias u brucia tu, unitamente a (OMISSIS), ricoprivano un ruolo apicale del sodalizio criminoso, concorrendo a formare il vertice decisionale, attraverso riunioni, incontri per spartirsi gli appalti nella zona di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) - in particolare decidendo l'assegnazione dei subappalti, delle forniture di mezzi e di materiali - il tutto al fine di assicurare una equa ripartizione tra famiglie di âEuroËœndrangheta dei proventi degli appalti". Tale indicazione, unita all'espresso richiamo iniziale della contestazione delittuosa al secondo comma dell'articolo 416-bis cod. pen., elimina qualsiasi problema relativamente all'eccepita mancanza di correlazione tra accusa e sentenza, a prescindere dalla assenza di successiva (ulteriore) contestazione, in calce all'imputazione, eliminando, altresi', i dubbi difensivi relativi all'eccessiva dosimetria sanzionatoria. 25.3. Anche il terzo motivo di censura e' inammissibile perche' manifestamente infondato. Il ricorrente contesta la sussistenza dell'aggravante di cui al quarto comma dell'articolo 416-bis cod. pen., tuttavia il confronto con le ragioni della sentenza impugnata e' parziale e, quindi, aspecifico: se da un lato, infatti, i giudici di secondo grado hanno collegato, quale esempio della diffusa disponibilita' di armi da parte dei sodali, il fatto che ne fosse in possesso anche un partecipe/imprenditore, vale a dire un soggetto in una posizione non di primo piano, quanto ai possibili delitti fine di intimidazione o di sangue, ai quali direttamente, normalmente, si riferisce l'aggravante; dall'altro, si sono indicati altri elementi "indicatori" della disponibilita' da parte delle cosche (OMISSIS) (specifici episodi intimidatori; le intercettazioni di (OMISSIS) , molto chiare sul punto e che prospettano anche vere e proprie "guerre di mafia": cfr. pagg. 476 e 477). Quanto alla attribuibilita' al ricorrente dell'aggravante, secondo le indicazioni della giurisprudenza di legittimita' gia' precedentemente richiamate in premessa, deve sottolinearsi come la difesa si limiti apoditticamente e genericamente ad ipotizzare la mancata prova della sua "ignoranza incolpevole", in alcun modo contestualizzandola, dimenticando anche il rapporto inscindibile tra ruolo apicale e consapevolezza delle dinamiche e dei mezzi operativi a disposizione del sodalizio mafioso diretto, "colorato" di significato dai dati di fatto emersi dal tessuto probatorio raccolto nell'ambito del giudizio abbreviato. 25.4. Il quinto motivo di ricorso e' infondato. L'erronea applicazione dell'aggravante speciale, denunciata con il ricorso, fa leva su un evidente refuso, privo di rilievo in quanto tale, presente nella sentenza di primo grado (a pag. 931), che ha indotto il difensore a sostenere la tesi dell'esclusione della recidiva da parte del GUP, laddove, invece, detta aggravante e' stata ritenuta sussistente, come chiaramente emerge dalla motivazione della citata sentenza, a pag. 932; nell'atto di appello, peraltro, non vi e' stata contestazione specifica sul punto (cfr. pag. 368 della sentenza di secondo grado), mentre la Corte territoriale ha accolto le ragioni difensive "di merito", soltanto con riguardo alla riqualificazione da "recidiva specifica reiterata" a "recidiva specifica", tenuto conto dell'unica condanna irrevocabile rilevata, ribadendo in motivazione l'estrema pericolosita' del ricorrente, figura apicale della criminalita' calabrese, gia' condannato per associazione mafiosa, con cio' rispondendo anche alle obiezioni sulla rappresentativita' del nuovo delitto associativo a costituire simbolo di piu' spiccata attitudine al delitto. La sentenza d'appello, pertanto, non difetta di motivazione e non ha operato una reformatio in peius. 25.5. Un ultimo motivo e' dedicato a contestare, con ragioni inammissibili, il diniego delle circostanze attenuanti generiche, legittimamente fondato, secondo la giurisprudenza della Cassazione gia' richiamata, su un elemento negativo preponderante, tra i parametri di cui all'articolo 133 cod. pen. da tenere in considerazione: vale a dire la pericolosita' soggettiva, desunta dal ruolo apicale nella criminalita' mafiosa di (OMISSIS) e dal precedente specifico di condanna per reato associativo di cui all'articolo 416-bis cod. pen. 26. Il ricorso di (OMISSIS), classe (OMISSIS), e' complessivamente infondato e deve essere rigettato. 26.1. Quanto all'affermazione di responsabilita' del ricorrente per il delitto associativo contestatogli al capo 1 e per la violenza privata aggravata di cui al capo 76 dell'imputazione, le censure si rivelano prive di pregio, ai limiti dell'ammissibilita', poiche' constano di un nucleo di fondo volto a sostenere una diversa e piu' favorevole valutazione degli esiti della prova, allineati nel senso della colpevolezza dalla sentenza impugnata, doppia conforme - per quel che qui interessa - con la pronuncia di primo grado, alle conclusioni del GUP, anch'esse ampie e logiche. Secondo i giudici di merito (cfr. pagg. 490 e ss. nonche' 255 e ss. della sentenza d'appello), le prove a carico del ricorrente sono costituite dalle intercettazioni captate ed acquisite nel processo (della cui affidabilita' gia' si e' detto ampiamente); dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS), che lo ha indicato quale "scagnozzo di (OMISSIS)", dichiarazioni riscontrate dal suo coinvolgimento (con relativa condanna) nell'episodio della violenza privata ai danni dell'imprenditore (OMISSIS) (capo 76) e del "blocco dei lavori" stradali sulla statale "(OMISSIS) - (OMISSIS)" (per cui non vi e' contestazione specifica), in cui gli (OMISSIS), inviati da (OMISSIS), avevano impedito di portare avanti l'appalto alle ditte riferibili a (OMISSIS) ed a (OMISSIS) perche' il territorio era di spettanza del gruppo facente capo a (OMISSIS), appunto. Il "blocco" era stato ordinato da due uomini a bordo di una golf grigia, eguale a quella nella disponibilita' del ricorrente; la violenza privata (con intimidazione a consegnare le lamiere di risulta dei lavori edili in opera, oggetto della cessione "senza autorizzazione" della cosca, per questo impedita) era stata commessa proprio dal ricorrente, insieme a (OMISSIS) ed a (OMISSIS), principalmente, secondo la certa ricostruzione testimoniale (cfr. quanto si e' detto al par. 23.1 del considerato in diritto). La sentenza ha logicamente messo in fila i risultati probatori, sicche' resiste alle censure difensive sulla loro valenza e portata, ancor piu' se letta anche nel prisma di quella di primo grado (evidenziata a pag. 255 della sentenza d'appello, per quel che concerne il ruolo primario del ricorrente, che collaboro' all'intimidazione di (OMISSIS) insieme a (OMISSIS) ed al ritiro materiale delle lamiere). Quanto alla sussistenza della compagine mafiosa degli " (OMISSIS)", e' lo stesso ricorso a ricordare una fondamentale intercettazione ambientale - quella del 13.8.(OMISSIS) captata tra (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), relativa all'inserimento del ricorrente e di altri ragazzi nel "locale" di (OMISSIS) significativa di per se' dell'esistenza del sodalizio, peraltro confortata dai reati fine (sia quello per cui sono stati condannati, sia quello per cui non vi e' contestazione specifica), dalle ulteriori intercettazioni e dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS). Rivalutative ed inammissibili, invece, sono le censure riferite all'attendibilita' ed al peso probatorio delle dichiarazioni di quest'ultimo, che, come si e' detto, sono state adeguatamente sottoposte al vaglio di credibilita' e risultano riscontrate. In proposito, si rammenta che, nella valutazione della chiamata in correita' o in reita', il giudice, ancora prima di accertare l'esistenza di riscontri esterni, deve verificare la credibilita' soggettiva del dichiarante e l'attendibilita' oggettiva delle sue dichiarazioni, ma tale percorso valutativo non deve muoversi attraverso passaggi rigidamente separati, in quanto la credibilita' soggettiva del dichiarante e l'attendibilita' oggettiva del suo racconto devono essere vagliate unitariamente, non indicando l'articolo 192, comma terzo, cod. proc. pen., alcuna specifica tassativa sequenza logico-temporale (Sez. U, n. 20804 del 29/11/2012, Aquilina, Rv. 255145; Sez. 1, n. 22633 del 05/02/2014, Pagnozzi, Rv. 262348 - 01; Sez. 4, n. 34413 del 18/6/2019, Khess, Rv. 276676) e, dall'altro, la chiamata in correita' o in reita' non puo' di per se' sola costituire prova piena della responsabilita'. Da cio' deriva la necessita' di riscontri, che possono essere costituiti da qualsiasi elemento o dato probatorio, sia rappresentativo che logico, a condizione che sia indipendente, potendo quindi risolversi in altre chiamate in correita' purche' totalmente autonome, ed a condizione che abbia valenza individualizzante, dovendo cioe' riguardare non soltanto il fatto reato ma anche la riferibilita' dello stesso all'imputato (Sez. 1, n. 1263 del 20/10/2006, dep. 2007, Alabiso, Rv. 235800-01; vedi anche Sez. 6, n. 45733 del 11/07/2018, P., Rv. 274151-01, secondo cui, ai fini dell'affermazione di responsabilita' dell'imputato, il riscontro alla chiamata in correita' puo' dirsi individualizzante quando non consiste semplicemente nell'oggettiva conferma del fatto riferito dal chiamante, ma offre elementi che collegano il fatto stesso alla persona del chiamato, fornendo un preciso contributo dimostrativo dell'attribuzione a quest'ultimo del reato contestato). Non e' richiesto che i riscontri abbiano lo spessore di una prova "autosufficiente" perche', in caso contrario, la chiamata non (OMISSIS)ebbe alcun rilievo, in quanto la prova si fonderebbe su tali elementi esterni e non sulla chiamata di correita' (Sez. 2, n. 35923 del 11/7/2019, Campo, Rv. 276744). La valutazione di credibilita' ed attendibilita' del dichiarante (OMISSIS) soddisfa i criteri interpretativi dettati oramai stabilmente dalla giurisprudenza di legittimita' ed e' stata adeguatamente motivata nei due giudizi di merito. 26.2. Il terzo motivo di ricorso, riferito alla sussistenza dell'aggravante mafiosa analogamente a quello simile proposto dal ricorrente (OMISSIS), e' inammissibile. Da un lato, infatti, si prospettano censure rivalutative e formulate "in fatto", pertanto, non consentite in sede di legittimita' (la' dove si deduce l'assenza di rapporti diretti con la vittima del reato); d'altro canto, si propongono censure generiche circa la mancanza di consapevolezza dell'utilizzo di metodologie mafiose da parte dei concorrenti nel reato ed alla prova dell'aggravante relativa. Quanto a quest'ultima, sufficientemente motivata dalla sentenza impugnata, si richiama quanto gia' esposto al par. 23.2. in relazione al coimputato (OMISSIS). 26.3. Il quarto motivo di ricorso ripropone la censura - comune ad altri ricorrenti - relativa alla sussistenza dell'aggravante dell'essere l'associazione mafiosa, di cui si e' ritenuto partecipe il ricorrente, "armata": non vi sarebbe prova che il sodalizio avesse effettivamente armi a sua disposizione, ne' che siano stati commessi delitti fine utilizzando armi. In proposito, valgano le affermazioni gia' svolte in precedenza, soprattutto in Premessa. 26.4. Un ultimo motivo di ricorso si lamenta della violazione degli articoli 133 e 81 cpv. cod. pen., in relazione alla dosimetria sanzionatoria: non sarebbero stati enunciati in sentenza i parametri normativi individualizzati ai quali si e' fatto riferimento per il calcolo della pena, ma in realta' la sensibile diminuzione della pena inflitta in secondo grado, rispetto a quella di primo grado (da otto anni di reclusione si e' passati a sei anni), e' in stretto collegamento con la concessione delle circostanze attenuanti generiche - invece negate dal GUP - e fonda la evidente ragione ispiratrice del giudizio di disvalore, diminuito in ragione del ruolo del ricorrente, di mero partecipe, dal carattere di non particolare pericolosita', ma pur sempre rilevante rispetto alle contestazioni in relazione alle quali e' stata pronunciata sentenza di condanna. La censura, pertanto, e' complessivamente infondata. 27. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile. Il ricorrente, con un unico motivo, ha contestato la valenza probatoria delle intercettazioni datate 23.8.(OMISSIS) e 31.1.2010 per individuare il ruolo dinamico dell'imputato all'interno del sodalizio, trattandosi di due sole intercettazioni indirette, delle quali si eccepisce la valutazione contraddittoria della Corte d'Appello, rispetto all'ulteriore materiale probatorio; denuncia, altresi', la mancanza di valenza dimostrativa di tali intercettazioni circa il suo ruolo stabile nel sodalizio, addirittura come promotore, nonche' mette in dubbio la valenza di contenuti di intercettazioni solo eteroaccusatorie, provenienti da soggetti non portatori di informazioni qualificate, poiche' non apprese in prima persona; si denuncia, ancora, che (OMISSIS) sarebbe, di fondo, un millantatore e che (OMISSIS) , assolto dal reato associativo di cui al capo 1), e' fuori dal circuito associativo di cui alla contestazione di reato. Il motivo e', ancora una volta, cosi' come affermato per altri ricorsi, inammissibile poiche' volto a leggere in maniera diversa e piu' favorevole il contenuto di intercettazioni, in relazione alle quali due giudici di merito hanno apprezzato l'affidabilita' dei contenuti, siglandone la valenza di prova. Basti in questa sede il richiamo alle affermazioni di Sez. U Sebbar, Rv. 263714, cit., secondo cui le dichiarazioni auto ed etero accusatorie registrate nel corso di attivita' di intercettazione regolarmente autorizzata hanno piena valenza probatoria e, pur dovendo essere attentamente interpretate e valutate, non necessitano degli elementi di corroborazione previsti dall'articolo 192, comma terzo, cod. proc. pen.: nel caso di specie, si e' evidenziato come entrambe le sentenze di merito abbiano valorizzato le ragioni di affidabilita' della proposta, conforme lettura dei contenuti delle intercettazioni, non solo provenienti, si badi, da soggetti non ritenuti partecipi del reato associativo in contestazione, ma anche da intranei, ed hanno analizzato approfonditamente le ragioni in base alle quali, in particolare, (OMISSIS) , ancorche' assolto dal reato di cui all'articolo 416-bis cod. pen., e' stato giudicato soggetto in grado di conoscere approfonditamente le dinamiche dei sodalizi e delle individuali appartenenze o singole vicende delle quali trattava nel corso delle conversazioni registrate ed utilizzate nel processo. Il ricorrente si limita a contestare tali approdi del tessuto logico-probatorio della sentenza d'appello, senza individuare effettive carenze o aporie del ragionamento condotto dai giudici di secondo grado, bensi' aprioristicamente dando per scontato che chi non sia intraneo ad un'associazione mafiosa possa parlarne e riferirne credibilmente, eventi, dinamiche, ruoli dei partecipi. Tale prospettazione difensiva e', ovviamente, manifestamente infondata, non potendo trovare ingresso preclusioni valutative di tal fatta nel processo penale. Le censure, inoltre, sono anche generiche per una gran parte, costituite da lunghe pagine di riferimenti giurisprudenziali, ed aspecifiche poiche' non si confrontano con le argomentazioni spese dalla sentenza impugnata (cfr. le pagine 391-400, in particolare), per rispondere ad analoghe doglianze sull'inaffidabilita' dei contenuti intercettivi provenienti da (OMISSIS) e (OMISSIS), proposte, diffusamente da molti degli imputati, in senso analogo, con gli atti d'appello, nel tentativo di svilire i risultati della prova costituita dalle intercettazioni in atti (soprattutto quelle ambientali che vedono protagonisti i due interlocutori predetti). La sentenza, ad ogni modo, ha preso in esame dettagliatamente gli esiti di dette intercettazioni, con riguardo alla posizione di (OMISSIS) "(OMISSIS)" (vedi pagg. 488 e ss.). Il ricorrente viene fuori nel suo ruolo associativo apicale dalle intercettazioni ambientali registrate, per aver preso parte all'appalto relativo ai lavori di riqualificazione dell'arenile di (OMISSIS), con la descrizione, altresi', di un incontro tra il ricorrente e lo stesso (OMISSIS) - di cui questi, sodale del gruppo riferisce direttamente nella conversazione -, oltre ad altri leader delle âEuroËœndrine locali ( (OMISSIS), (OMISSIS) "u bruciatu", il nipote del ricorrente), espressamente indicati, funzionale a gestire gli appalti dei lavori sulle coste marine, nei quali erano interessate tutte le cosche; si tratta di un incontro strategico, in cui il ricorrente partecipa in rappresentanza del suo sodalizio, a dimostrazione del ruolo apicale svolto (cfr. pag. 249 della sentenza impugnata che richiama le osservazioni del GUP, successivamente condividendole nella parte dedicata all'esame della decisione di primo grado). Nella fondamentale conversazione n. 875 del 23.8.(OMISSIS), specificamente riportata in sentenza, (OMISSIS) indica proprio nel ricorrente colui il quale ha la guida del gruppo mafioso di riferimento dei "lari'"; l'indicazione del ruolo apicale trova eco, peraltro, nelle dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS). Quanto all'evocata sentenza del Tribunale di (OMISSIS) n. 305 del 2020, dep. 2021, che giungerebbe a conclusioni diverse, il Collegio rileva che si tratta di pronuncia neppure passata in giudicato, secondo la prospettazione difensiva che nulla chiarisce al riguardo, sicche' la sua valenza e' del tutto limitata, circoscritta alla esistenza della decisione e alle vicende processuali in esse rappresentate, ma non ai fini della valutazione delle prove e della ricostruzione dei fatti oggetto di accertamento in quei procedimenti (Sez. U, n. 33748 del 12/7/2005, Mannino, Rv. 231677). 27. Il ricorso di (OMISSIS), infine, e' inammissibile perche' manifestamente infondato e formulato secondo direttrici di censura in fatto, estranee al sindacato di legittimita', come si e' gia' chiarito. 27.1. Il ricorrente e' stato condannato per i reati di cui ai capi 1 e 76, quest'ultimo riqualificato in violenza privata aggravata ai sensi dell'articolo 416-bis.1 cod. pen., dei quali si e' gia' diffusamente trattato, nell'esaminare i motivi di ricorso dei coimputati, direttamente collegati alla posizione processuale di (OMISSIS). Egli contesta l'affermazione di responsabilita' per il delitto associativo, ritenendo che non vi siano sufficienti elementi per sostenere il suo stabile inserimento, ma non si confronta se non apoditticamente, ed in chiave esclusivamente difensiva, con il tessuto probatorio: le conversazioni registrate nelle intercettazioni (delle quali si vuole inammissibilmente proporre un diverso risultato di significato, facendo leva sulla circostanza manifestamente infondata che non si riferiscano a lui con sicurezza); le dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS); i riscontri fisici, poiche' il ricorrente e' uno dei due soggetti coinvolti nella vicenda cd. del "blocco lavori", trovato sul luogo dell'esecuzione dei lavori stradali dopo l'intervento intimidatorio nei confronti di coloro i quali (proprio (OMISSIS) e l'amico (OMISSIS)) avevano "osato" appropriarsi di un appalto sul territorio di spettanza del sub-sodalizio di âEuroËœndrangheta guidato da (OMISSIS) - il gruppo degli (OMISSIS) - di cui il ricorrente si e' accertato che faccia parte. Tutti detti elementi di prova o riscontro guidano verso la soluzione che coerentemente e' stata disegnata dai giudici di merito, vale a dire la responsabilita' del ricorrente per il delitto di partecipazione mafiosa contestato al capo 1. Egli ha partecipato attivamente (portando via le lamiere di risulta contese) al reato fine contestato al capo 76, e cioe' l'oramai nota vicenda della violenza privata aggravata dal metodo mafioso, rappresentativa della vera e propria guerra tra clan - come la definisce la vittima (OMISSIS) in un'intercettazione - per la spartizione del potere sulle micro-frazioni territoriali al centro del processo, simbolo eclatante della esasperata ricerca dello spazio criminale vitale per i "locali" presenti nella zona di (OMISSIS) e dintorni. (OMISSIS) e', altresi', colui il quale contatta (OMISSIS) per i lavori in atto sulla (OMISSIS) per (OMISSIS) (cfr. pag. 494 della sentenza impugnata e le conversazioni riportate); e' colui che viene individuato per essere a bordo della golf grigia, mandato a bloccare i lavori insieme a (OMISSIS), cl. (OMISSIS); e' anche colui che, successivamente al riappropriarsi dell'appalto da parte del gruppo di appartenenza, essendo andata a buon fine l'intimidazione, viene trovato sul posto di esecuzione dei lavori stradali insieme a (OMISSIS), cl. (OMISSIS). Sull'episodio, peraltro, vi sono coerenti dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS). In altre parole, a fronte di una compatta presenza di gravi elementi di prova a suo carico, precisi e concordanti tra loro, il ricorrente oppone travisamenti riferiti al fatto e non alla motivazione, di per se', dunque, inammissibili; generiche, poi, sono le obiezioni riferite alla durata delle indagini intercettative a suo carico, da cui non puo' desumersi, come fa il ricorrente, la mancanza di stabilita' del vincolo associativo con il gruppo mafioso di riferimento. 27.2. Eguale sorte di inammissibilita' tocca al secondo motivo di ricorso, rivalutativo e in fatto rispetto alla condanna per il capo 76 dell'imputazione, dei cui elementi essenziali, per il coinvolgimento del ricorrente, gia' si e' fatto cenno e in relazione alla quale la sentenza impugnata ha, in piu' punti, dato ampia spiegazione: a dispetto di quanto afferma il ricorso, il tentativo difensivo e' proprio quello di rileggere le prove per sostenere che non vi siano i caratteri della tipicita' del reato di violenza privata, pacificamente desumibili se si tiene mente gia' solo alla frase pronunciata dal coimputato (OMISSIS), che chiari' a (OMISSIS) come non vi fosse possibilita' alcuna di disporre liberamente neppure di materiali di risulta nella zona di competenza degli (OMISSIS), i quali dovevano controllare tutto, anche situazioni di poco conto come quelle dello smaltimento di lamiere da ristrutturazione, pretendendone e ottenendone la consegna, provata in atti. Il tentativo di riscrivere la vicenda come una mera questione di principio non trova alcun fondamento negli elementi di prova raccolti. 27.3. Inammissibile e' anche la terza censura, dedicata a contrastare la configurata sussistenza dell'aggravante del metodo mafioso al capo 76. Gli argomenti proposti ricalcano, nella sostanza, quelli gia' spesi dalle analoghe ragioni formulate in alcuni dei ricorsi precedenti, sicche' bastera' richiamare quanto affermato ai par. 23.2. e 26.2., in relazione ai ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS) cl. (OMISSIS). 27.4. Infine, l'ultimo motivo dedicato a contestare la dosimetria sanzionatoria, ritenuta eccessiva, nonostante il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, e' generico e manifestamente infondato. La pena finale di 6 anni di reclusione, riconosciuta la continuazione tra i capi 1 e 76, in relazione ai quali e' stata affermata la sua responsabilita', e le attenuanti predette, ritenute equivalenti all'aggravante di cui all'articolo 416-bis, comma quarto cod. pen., appare commisurata al disvalore del fatto e motivata implicitamente nel collegamento con le ragioni per le quali si e' ritenuto di concedere il beneficio di cui all'articolo 62-bis cod. pen., illustrate alla pag. 520 della sentenza impugnata riferite al bilanciamento tra gravita' dei reati e posizione di semplice partecipe del ricorrente, non di particolare pericolosita'. Del resto, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalita' del giudice di merito, il quale, per assolvere al relativo obbligo di motivazione, e' sufficiente che dia conto dell'impiego dei criteri di cui all'articolo 133 cod. pen. con espressioni del tipo: "pena congrua", "pena equa" o "congruo aumento", come pure con il richiamo alla gravita' del reato o alla capacita' a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (Sez. 2, n. 36104 del 27/4/2017, Mastro, Rv. 271243): nella specie, la pena, considerata la continuazione criminosa, non supera di gran lunga la media edittale. 12.5. La memoria ex articolo 611 cod. proc. pen., con cui il ricorrente chiede che venga dichiarato inammissibile il ricorso del pubblico ministero, in relazione alla sua posizione, per il capo 74 dell'imputazione, da cui e' stato assolto, ha trovato risposta nella declaratoria di inammissibilita' del ricorso del PG per quella parte, poiche' composto da ragioni in fatto e rivalutative. 13. Al rigetto dei ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)e (OMISSIS) cl. (OMISSIS) ed all'inammissibilita' dei ricorsi degli altri imputati consegue, ai sensi dell'articolo 616, comma 1, cod. proc. pen., la condanna di tutti gli imputati al pagamento delle spese processuali, nonche' la condanna di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) cl. (OMISSIS) al pagamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che si reputa equo fissare in Euro 3000,00 per ciascun ricorrente. Inoltre, ai sensi dell'articolo 541 cod. proc. pen., i ricorrenti (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS), risultati soccombenti, devono pure essere condannati al pagamento in favore della parte civile Comune di (OMISSIS), delle spese processuali che si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata, in accoglimento del ricorso del Procuratore Generale, nei confronti di (OMISSIS), relativamente ai reati di cui ai capi 14 quater e 14 novies, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di Appello di Reggio Calabria. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso del Procuratore Generale. Rigetta i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS) , (OMISSIS) e (OMISSIS) ci. 78, che condanna al pagamento delle spese processuali. Dichiara inammissibili i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) cl. (OMISSIS), che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna, inoltre, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile Comune di (OMISSIS), che liquida in complessivi Euro 5.000, oltre accessori di legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. TARDIO Angela - Presidente Dott. MASI Paola - Consigliere Dott. CENTOFANTI Francesco - Consigliere Dott. CALASELICE Barbara - Consigliere Dott. LANNA Angelo - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 27/10/2022 del TRIB. LIBERTA' di CATANZARO; udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. ANGELO VALERIO LANNA; lette le conclusioni del PG Dr. DI LEO GIOVANNI, che conclude chiedendo il rigetto del ricorso; L'avv. (OMISSIS) conclude chiedendo l'accoglimento del ricorso. L'avv. (OMISSIS) conclude associandosi alle richieste del codifensore. RITENUTO IN FATTO 1. Con l'ordinanza impugnata, il Tribunale del riesame di Catanzaro confermava l'ordinanza del 27/10/2022, con la quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro aveva disposto la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di (OMISSIS), in ordine ai reati rubricati al capo 6 (delitto di cui all'articolo 416 c.p., comma 1 e 2, articolo 416-bis.1 c.p., per essersi associato con altri, al fine di commettere piu' delitti relativi alla organizzazione di traffici illeciti di rifiuti e alla commissione di reiterate truffe in danno del gestore del servizio energetico nazionale; fatto aggravato dall'esser stato posto in essere per agevolare il sodalizio di âEuroËœndrangheta denominato "Locale di (OMISSIS) âEuroËœndrangheta" e le articolazioni ndranghetistiche crotonesi, le quali monopolizzavano ed organizzavano il trasporto del cd "cippato" in violazione della normativa sui rifiuti, conferendo materiale non conforme, in accordo con i responsabili della struttura cd. a biomasse), al capo 7 (delitto di cui agli articoli 81 cpv. e 110 c.p., articolo 112 c.p., comma 1, nn. 1 e 2, articoli 452-quaterdecies e 416-bis.1 c.p., per aver gestito, ricevuto, trasportato e smaltito materiale legnoso misto a scarti di segheria e altro materiale di risulta, mischiandolo illecitamente con materiale di risulta e conferendo il predetto materiale presso centrali a biomassa ubicate in territorio calabrese, anche avvalendosi della redazione e predisposizione di falsa documentazione e false consulenze di agronomi, che attestavano la diversa origine del materiale poi conferito in centrale a biomassa) e al capo 8 (reato di cui agli articoli 110, 81 cpv, 640-bis e 316-ter c.p., per aver presentato negli anni dal 2015 al 2018 - nella veste di presidente e proprietario della (OMISSIS) - istanze al MIPAAF per la certificazione delle biomasse e l'accesso all'incentivazione, recanti attestazione di dati non veritieri, tali da indurre in errore i rappresentanti del GSE in ordine ai reali dati di produzione di energia elettrica, cosi' procurando alle societa' gestori delle centrali a biomasse un ingiusto4rofitto, pari alla acquisizione della tariffa incentivata, correlata alla conformita' del ciclo produttivo del chips di legni vergine). 1.1. La richiesta di riesame e il successivo contraddittorio orale avevano riguardato, dunque, l'esame della contestazione all'indagato della partecipazione all'associazione per delinquere di cui al capo 6), accusa articolata nel senso sopra esposto e cosi' meglio specificata: - reato di cui agli articoli 416 c.p., commi 1 e 2, articolo 416-bis.1 c.p. perche' con le condotte e le qualita' indicate nel capo 7), (OMISSIS), quale promotore e organizzatore, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) (classe (OMISSIS)), (OMISSIS) (classe (OMISSIS)), (OMISSIS) (classe (OMISSIS)), (OMISSIS) (classe (OMISSIS)), (OMISSIS) (classe (OMISSIS)), (OMISSIS), quali organizzatori, altri soggetti, quali partecipi, si associavano nelle rispettive qualita' e nel perseguimento dei loro scopi per commettere piu' delitti relativi all'organizzazione di traffici illeciti di rifiuti e alla commissione di reiterate truffe ai danni del Gestore del servizio energetico nazionale, fatti e condotte di cui ai restanti capi di accusa; fatto aggravato dall'essere stato commesso per agevolare il sodalizio di âEuroËœndrangheta denominato locale di (OMISSIS) e le articolazioni di âEuroËœndrangheta del crotonese contermini, le quali monopolizzavano e organizzavano il trasporto del cippato in violazione della normativa sui rifiuti, conferendo materiale non conforme in accordo con i responsabili delle strutture a biomassa, nelle province di Cosenza Crotone e Brindisi, dal g(OMISSIS). All'indagato era contestato anche il reato fine di cui al successivo capo 7), cosi' articolato: - reato di cui all'articolo 81 c.p., comma 2, articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., comma 1, nn. 1 e 2, articoli 452-quaterdecies, 416-bis.1 c.p., perche', in concorso e previo accordo tra loro, nelle funzioni di seguito indicate, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con piu' operazioni e attivita' continuative organizzate: 1) gestivano, ricevevano, trasportavano e smaltivano materiale legnoso misto a scarti di segheria e altro materiale di risulta proveniente da tagli, sfalci e potature abusivi dagli stessi perpetrati e organizzati, intensivi e per questo pericolosi per l'ambiente; gestendo il predetto materiale, "cippandolo" in piazzali dagli stessi allestiti, mischiandolo illecitamente con materiale di risulta e conferendo il predetto materiale presso centrali a biomassa ubicate in territorio calabrese (Cutro, Strongoli, Crotone, Laino Borgo ed Ecosesto-Cosenza), anche attraverso la redazione e predisposizione di falsa documentazione e false perizie di agronomi che attestavano diversa origine del materiale poi conferito in centrale a biomassa (in tal modo facendo assumere al materiale la qualita' di rifiuto, non rientrando, in tal modo, nella esclusione normativa di cui al Decreto Legislativo 3 aprile 2016, n. 152, articolo 185, comma 1, lettera F); 2) smaltivano, quindi, i dirigenti e i responsabili delle centrali a biomassa, l'ingente materiale come chips di legno vergine, bruciandolo per la produzione di energia elettrica incentivata per la quale le centrali sono destinatarie di fondi pubblici, con cio' guadagnandone l'ingiusto profitto costituito altresi' da un agevole smaltimento dei rifiuti e da un indebito incremento del volume di affari per i fornitori, determinato dal mischiare materiale legnoso vergine a scarti di segheria, lavori autostradali e/o sfalci e potature abusivi; in particolare, (OMISSIS) (classe (OMISSIS)), ramo " (OMISSIS)", e (OMISSIS) (classe (OMISSIS)), ramo " (OMISSIS)", acquistavano la centrale a biomassa di Cutro nel 2015, al fine di gestire l'intero ciclo produttivo della stessa, trarne i relativi vantaggi economici derivanti anche dalle incentivazioni pubbliche e consentire i conferimenti dei rifiuti sopra descritti ed il relativo smaltimento; fatto aggravato dalla sua commissione per agevolare il sodalizio di âEuroËœndrangheta denominato "Locale di (OMISSIS) âEuroËœndrangheta' e le articolazioni âEuroËœndranghetistiche del crotonese contermini, le quali monopolizzavano ed organizzavano il trasporto del "cippato" in violazione della normativa sui rifiuti, conferendo materiale non conforme in accordo con i responsabili delle strutture cd. a biomassa; nelle province di Cosenza, Crotone e Brindisi, dal (OMISSIS). All'indagato era contestato anche il reato fine di cui al successivo capo 8), cosi' articolato: - reato di cui agli articoli 110, 81 comma 2, 640-bis e 316-ter c.p., per avere, nella qualita' di rappresentante legale della (OMISSIS), con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, con artifici e raggiri consistenti nella presentazione, per gli anni dal 2016 al 2018, di istanze al MIPAAF per la certificazione delle biomasse e l'accesso all'incentivazione con coefficiente moltiplicativo K=1,8, recanti attestazioni non veritiere, omettendo ogni accertamento circa la veridicita' della documentazione inerente al conferimento del cippato, limitandosi ad acquisire una unica e generica autocertificazione di conformita' all'originale di tutti gli atti forniti ai fini della tracciabilita' delle biomasse oggetto di transazione, ricevendo materiale cippato proveniente da tagli eseguiti in difformita' alla legislazione nazionale, indotto in errore i rappresentanti del GSE in ordine ai reali dati di produzione di energia elettrica, giacche' certificavano falsamente come la stessa fosse stata prodotta utilizzando chips di legno vergine o comunque incentivabile, cosi' procuravano alla societa' che gestiva la centrale a biomasse un ingiusto profitto, pari alla acquisizione della tariffa agevolata, correlata alla conformita' del ciclo produttivo del chips di legno vergine. Fatto aggravato dalla sua commissione per agevolare il sodalizio di âEuroËœndrangheta denominato "Locale di (OMISSIS) âEuroËœndrangheta' e le articolazioni ndranghetistiche del crotonese contermini, le quali monopolizzavano ed organizzavano il trasporto del "cippato" in violazione della normativa sui rifiuti, conferendo materiale non conforme in accordo con i responsabili delle strutture cd. a biomassa; nelle province di Cosenza, Crotone e Brindisi, dal (OMISSIS). 1.2. Il complessivo procedimento era scaturito dall'articolata attivita' investigativa condotta dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro, che aveva indagato sulle attivita' illecite poste in essere dalla compagine di âEuroËœndrangheta nota come "Locale di (OMISSIS)", al cui apice era collocato (OMISSIS) e che risultava operante nel territorio crotonese. L'esistenza di tale sodalizio malavitoso era stata gia' accertata in forza di svariate sentenze, alcune delle quali passate in giudicato e altre analiticamente indicate nella richiesta cautelare, confermata dalle convergenti dichiarazioni (di gia' provata genuinita' e di attendibilita' intrinseca ormai validata in sede giudiziaria), promananti da diversi collaboratori di giustizia, gia' inseriti in eterogenei ambiti criminali. Questi ultimi avevano contribuito, in modo rilevante, alla ricostruzione delle vicende delinquenziali delle organizzazioni âEuroËœndranghetistiche attive in territorio crotonese, sia per cio' che attiene alla composizione e alla struttura gerarchica della compagine di (OMISSIS), sia in ordine al ruolo del suddetto capo. In tale contesto, la consorteria di (OMISSIS) era risultata particolarmente inserita nel settore dello sfruttamento delle risorse boschive e dei conferimenti di cd. cippato alle centrali a biomassa. Relativamente a tale settore di attivita', il compendio indiziario versato nell'incarto processuale era rappresentato dall'esito degli accertamenti contenuti in diverse informative, concernenti questo e anche altri procedimenti. e dalle dichiarazioni rese da collaboratori di giustizia, i quali avevano contribuito a rivelare l'esistenza e l'imponenza degli interessi di quella articolazione della criminalita' organizzata, nel suddetto settore di attivita'. 1.3. Il Tribunale ha inserito la posizione di (OMISSIS) (classe (OMISSIS)), quale presidente e proprietario della (OMISSIS), nel panorama fattuale ritenuto accertato, in ordine alle imputazioni riportate e ha concluso nel senso che, per la sua posizione, gli elementi acquisiti confermassero l'evenienza della gravita' indiziaria. 1.4. Con riferimento allo specifico settore dell'attivita' di smaltimento del cippato, ritenuto illecito e finalizzato ad agevolare la cosca di (OMISSIS), il Tribunale ha richiamato i contributi dei collaboratori (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Il contributo di (OMISSIS) aveva fatto scoprire l'attivita' svolta nel settore dall'impresa facente capo a (OMISSIS), evidenziando il legame con (OMISSIS), nel senso che anche le aziende dei (OMISSIS) garantivano l'ingerenza della criminalita' organizzata nel settore boschivo, mettendo la loro attivita' a disposizione dei locali esponenti di âEuroËœndrangheta. Inoltre, sono stati richiamati i contributi di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Nel provvedimento impugnato, vi e' il riferimento al rinvenimento all'interno della vettura adoperata da (OMISSIS), al tempo dell'omicidio di questi, verificatosi in (OMISSIS) - di alcuni fogli manoscritti, concernenti la compravendita di legname, uno dei quali firmato da proprietari di imprese boschive, tra cui (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), quest'ultimo genero di (OMISSIS). Sono poi richiamate: le dichiarazioni rese dall'imprenditore nel settore boschivo (OMISSIS), rese all'interno del procedimento noto come "(OMISSIS)", ritenute evocative della sussistenza di un "cartello di imprese", capace di controllare gli appalti boschivi indetti da enti pubblici, garantendosi il massimo profitto, alimentato dagli (OMISSIS), con l'assenso della criminalita' organizzata; gli elementi ricavabili dagli atti del procedimento "(OMISSIS)" e dall'operazione cd. "(OMISSIS)", da cui era possibile ricavare il ruolo delle consorterie crotonesi, nel controllo della filiera del legno, secondo quanto delineato dai collaboratori di giustizia; le indicazioni desumibili dal procedimento n. 5676/17, con particolare riferimento alle attivita' di intercettazione, dimostrative del ruolo della ditta (OMISSIS). Il Tribunale del riesame ha considerato, inoltre, le dichiarazioni rese da (OMISSIS), soggetto pluripregiudicato e ritenuto vicino alla associazione malavitosa nota come " (OMISSIS)" di Petilia Policastro; questi ha affermato che gli (OMISSIS), dopo aver corrotto il funzionario incaricato, avevano sottoscritto un contratto con la centrale, in esecuzione del quale gli stessi (OMISSIS), i (OMISSIS) e i (OMISSIS), ramo (OMISSIS), conferivano illegalmente materiale legnoso, previa falsificazione di bolle e documenti, nonche' trasportando veri e propri rifiuti. Queste dichiarazioni hanno ricevuto il suffragio rappresentato dalle indagini svolte dai Carabinieri Forestali; in tal caso, i militari hanno appurato l'intervento di ditte boschive, che in occasione di tagli e potature "cippavano" il materiale, per poi condurlo fino alle centrali a biomassa calabresi. Vi sono, inoltre, le numerose intercettazioni effettuate nel corso del presente procedimento, fra cui quella nel corso della quale (OMISSIS) affermava come il (OMISSIS), in pochi anni, avesse costruito un impero servendosi della filiera del legno. Stando alle conclusioni raggiunte dal Tribunale, l'attivita' investigativa consentiva, in primo luogo, di confermare la preminenza della figura del (OMISSIS); permetteva, altresi', di far luce sulle relazioni esistenti fra il capocosca e i (OMISSIS), imprenditori suddividi nei due rami rispettivamente denominati " (OMISSIS)" (al quale e' riconducibile l'odierno ricorrente) e " (OMISSIS)". Giova anche precisare che la centrale a biomasse di Cutro e' di proprieta' della (OMISSIS) a far data dal 26/03/2015 e tale proprieta' e' divisa in parti uguali, fra (OMISSIS) e (OMISSIS). 1.5. Per cio' che riguarda, in particolare, l'impresa dei (OMISSIS), le indagini consentivano di accertare che questa - una volta divenuta proprietaria della centrale a biomasse di Cutro - aveva stipulato una serie di contratti con diverse societa' boschive, tutte gravitanti nell'orbita dell'organizzazione âEuroËœndranghetistica di (OMISSIS). 1.6. Venivano richiamate le conversazioni captate, dalle quali emergeva - secondo l'impostazione adottata dal Tribunale del riesame - il ruolo funzionale svolto dai (OMISSIS) (che venivano descritti dallo stesso capocosca quali suoi collaboratori), i quali, servendosi della suddetta centrale, smaltivano "cippato" di scarsa qualita' e mischiato con materiali non conformi. 1.6. Anche le ulteriori indagini, espletate dai Carabinieri di Trebisacce (p.p. 2171/20 mod. 21 DDA Catanzaro), consentivano di accertare come alcune ditte conferissero alle centrali una quantita' di "cippato" di gran lunga superiore, rispetto a quello realmente ricavabile mediante i tagli autorizzati. L'eccedenza in tal modo ottenuta determinava ingenti guadagni, sia per le ditte, sia per i proprietari delle centrali, che avevano cosi' la possibilita' di ottenere dallo Stato l'incentivazione prevista, nonostante producessero energia elettrica grazie alla lavorazione di materiale non conforme alla vigente normativa in materia. 1.7. Saldando tale compendio indiziario con la ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari, con particolare riguardo a quella di natura specialpreventiva, consolidata dalla presunzione di cui all'articolo 275 c.p.p., comma 3, il Tribunale del riesame ha concluso nel senso della conferma dell'ordinanza restrittiva della liberta' personale. 2. Ricorre per cassazione (OMISSIS), a mezzo dell'avv. (OMISSIS) e dell'avv. (OMISSIS), deducendo tre motivi, di seguito riassunti entro i limiti strettamente necessari per la motivazione. 2.1. Con il primo motivo viene denunciata, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c) violazione ed erronea applicazione dell'articolo 125 c.p.p., comma 3, articolo 309 c.p.p., comma 9, articolo 127 c.p.p., comma 7, articolo 292 c.p.p., comma 2, lettera c-bis, per omessa motivazione in ordine ai motivi sollevati dalla difesa ed a specifici elementi di prova, ignorati dal Tribunale. Con lo stesso motivo di ricorso, ci si duole della violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), sotto i diversi profili della carenza e della manifesta illogicita' della motivazione, laddove l'ordinanza ignora i motivi addotti dalla difesa e trae comunque deduzioni del tutto illogiche e travisate, rispetto agli esiti istruttori riportati nel testo dell'ordinanza. Il Tribunale, in sostanza, si sarebbe limitato a ripercorrere i medesimi elementi gia' considerati nella richiesta del Pubblico ministero e nell'ordinanza del Giudice per le indagini preliminari, cosi' rendendo una motivazione apparente, illogica e incoerente, in quanto carente del necessario dialogo con le doglianze prospettate in sede di riesame. Piu' in particolare, stando alle eccezioni difensive: a) vi sarebbe stata una illogica valutazione del narrato dei collaboratori di giustizia, che non consente di ricondurre a (OMISSIS) alcuna responsabilita', visto che i relativi esiti dichiarativi - con la sola eccezione delle propalazioni di (OMISSIS) - attengono ad altri soggetti; vero, infatti, che i collaboratori riferiscono in ordine agli interessi della criminalita' organizzata, nel settore boschivo e nella fase del reperimento del materiale legnoso, da conferire nelle centrali produttive di energia, ma non fanno riferimento ad una gestione mafiosa dell'attivita' delle centrali a biomasse; si sarebbe, quindi, in presenza di riferimenti generici a ingerenze mafiose nello specifico settore di attivita', riferimenti che rimarrebbero privi, pero', di elementi individualizzanti specificamente riconducibili alla gestione della centrale a biomasse di Cutro e ancor piu' nel dettaglio - a (OMISSIS). Sostiene la difesa che tale rilievo aveva formato oggetto di una specifica doglianza, prospettata in sede di riesame, ma ad esso il Tribunale non avrebbe offerto alcuna risposta (trattasi del motivo di gravame numero 9.3, sussunto alle pagine 65 e 66 dell'atto introduttivo del riesame, richiamato alla pagina numero 6 del ricorso); b) l'ordinanza impugnata avrebbe, del tutto impropriamente, valorizzato le risultanze emerse nel p.p. n. 3278/14, dal quale avrebbe ritenuto di poter ricavare la conferma circa la sussistenza di ingerenze mafiose nel settore boschivo, in assenza, pero', della effettiva possibilita' di ricondurre tali ingerenze proprio alla centrale di biomasse di Cutro. Anche in tal caso, non si sarebbe tenuto alcun conto delle deduzioni difensive, analiticamente proposte in sede di riesame (trattasi del motivo di gravame 4.1., riportato alla pagina numero 12 dell'atto introduttivo del riesame e richiamato alla pagina numero 7 del ricorso in cassazione). Il Tribunale non avrebbe, inoltre, risposto puntualmente ai motivi numero 4, numero 5 e numero 6 dell'atto introduttivo del riesame, cola' sussunti alle pagine che vanno dalla numero 10 alla numero 50 (si veda pagina 10 del ricorso in cassazione). Vi sarebbe anche un aggiramento dell'onere motivazionale, in relazione alla circostanza - riferita alle pagine numero 33 e seguenti della memoria difensiva - circa la necessita' di bruciare, all'interno dell'impianto, esclusivamente "cippato" di legno vergine, laddove il Tribunale ha ritenuto incongruamente trattarsi di asserzione difensiva indimostrata, non verificabile stante la mancanza di poteri istruttori in capo al Tribunale stesso. In tal modo, pero', i Giudici del riesame avrebbero mancato di esaminare la documentazione, che era stata gia' versata dalla difesa nell'incarto processuale (il ricorso rinvia, sullo specifico tema, ai punti 5.3. e 5.4. dei motivi oggetto del riesame); c) con riferimento al contenuto delle intercettazioni telefoniche versate in atti, lamenta la difesa non esser stata data risposta alla puntuale doglianza esposta nel motivo di riesame numero 9.2. (viene richiamato quanto dedotto a pagina 64 dell'atto introduttivo del riesame, richiamato alla pagina numero 11 del ricorso per cassazione), laddove veniva contestata la lettura data, nell'ordinanza cautelare, ad una conversazione ritenuta indicativa della collaborazione del (OMISSIS) con ambienti mafiosi, contestandosi in radice l'individuazione di uno dei conversanti proprio nell'indagato odierno ricorrente; d) ulteriore carenza motivazionale sarebbe riscontrabile, secondo la prospettazione difensiva, con riferimento al richiamo contenuto alla pagina numero 28 dell'impugnata ordinanza, laddove vengono menzionate le risultanze del p.p. n. 2171/20 mod. 21 DDA Catanzaro; il Tribunale del riesame mancherebbe, sul punto, di confrontarsi con i rilievi difensivi contenuti nel gravame ed enumerati quale motivo numero 6 (si vedano le pagine 37 e seguenti dell'atto di riesame); e) incorrerebbe nel vizio di illogicita' il provvedimento impugnato, nell'argomentare il coinvolgimento di (OMISSIS) nelle attivita' criminose concernenti la tipologia di materiale conferito nella centrale di biomasse, fondando tale assunto sul richiamo ad intercettazioni atte, invece, a dimostrare solo l'improprio utilizzo di bolle di trasporto, ad opera dell'impresa dei fratelli (OMISSIS) ("ramo (OMISSIS)", al quale e' estraneo, peraltro, il ricorrente); f) il Tribunale del riesame, infine, non si sarebbe confrontato con una serie di elementi di valutazione e conoscenza addotti dalla difesa, ritenuti in grado di dimostrare la legittimita' dell'operato della (OMISSIS) S.r.l. e l'assenza, all'interno della stessa, di qualsivoglia ingerenza mafiosa. 2.2. Con il secondo motivo, si' lamenta vizio rilevante ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), in ragione della violazione ed erronea applicazione dell'articolo 273 c.p.p., comma 1 e 1-bis, nonche' articolo 192 c.p.p., commi 3 e 4, per aver preso in considerazione - in sede di valutazione dei gravi indizi - le dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia (OMISSIS), il quale ha pero' riferito fatti non solo privi di riscontri individualizzanti, ma che addirittura risultano smentiti da elementi processuali. Con lo stesso motivo, si lamenta, altresi', vizio rilevante ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c) ed e) stante la violazione dell'articolo 125 c.p.p., comma 2, articolo 309 c.p.p., comma 9, e articolo 127 c.p.p., comma 7, per avere il Tribunale del riesame omesso di considerare le deduzioni difensive, che erano state rappresentate - in modo particolareggiato - con il motivo di gravame proposto quale numero 10 (doglianza leggibile alle pagine numero 67 e seguenti dei motivi di riesame), in assenza di qualsiasi motivazione atta anche solo a confutarne la rilevanza. La difesa si duole della esistenza di una motivazione solo apparente, che sarebbe stata adoperata dal Tribunale, onde disattendere le specifiche confutazioni, mosse dalla difesa stessa, nei confronti della ritenuta valenza dimostrativa riconducibile alle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia (OMISSIS) (trattasi del motivo distinto con il numero 10 dell'atto introduttivo del riesame, esposto alla pagina numero 67 dello stesso). Le medesime dichiarazioni vengono censurate dalla difesa, poi, in quanto restate prive di riscontri individualizzanti. 2.3. Con il terzo motivo si lamenta, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), violazione dell'articolo 274 c.p.p., lettera c) e articolo 275, comma 3, nonche' - a norma dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), mancanza o illogicita' della motivazione laddove - ai fini della sussistenza del pericolo di reiterazione del reato e dell'adeguatezza della misura - non vengono considerati gli elementi e le motivazioni dedotte dalla difesa in sede di riesame, richiamandosi la presunzione di cui all'articolo 275 c.p.p., comma 3, e negandosi rilevanza, in senso opposto, al sequestro della societa' (OMISSIS) s.r.l., proprietaria dello stabilimento per la produzione di energia da biomasse. In ipotesi difensiva, l'ordinanza impugnata desumerebbe il pericolo di reiterazione del reato dal dato della pervicacia, asseritamente manifestata dall'indagato nel compimento delle condotte illecite; il provvedimento, pero', non chiarirebbe da quali elementi, specifici e concreti, possa esser desunta tale pervicacia e, comunque, non terrebbe conto delle specifiche deduzioni difensive. Risulterebbe illogica, inoltre, la motivazione in ordine alla persistenza di tale pericolo, pure all'indomani del sequestro preventivo operato nei confronti della societa' e dell'impianto a biomasse. Non sarebbe stato nemmeno adeguatamente considerato, del resto, il ragguardevole lasso temporale intercorso dall'epoca di commissione dei reati, giungendo la provvisoria contestazione fino al febbraio 2017, per quanto attiene ai delitti sub 6) e 7) ed al gennaio 2019, per cio' che inerisce al delitto sub 8). Circa il tema dell'adeguatezza della misura restrittiva della liberta' personale adottata, il Tribunale del riesame avrebbe reso una motivazione intrinsecamente illogica. Avrebbe incongruamente individuato, infatti, quale unica misura cautelare effettivamente idonea a recidere i contatti tra i vari soggetti - e quindi, a scongiurare il pericolo di commissione di nuove condotte di omogenea natura - la misura carceraria; avrebbe in tal modo, pero', mancato di considerare come le fattispecie criminose contestate postulino tutte la disponibilita' di un impianto, di tal che risulterebbe bastevole qualsivoglia provvedimento cautelare meno severo, atto comunque ad inibire l'accesso dell'indagato alla centrale a biomasse. Ne' il provvedimento impugnato chiarisce - sempre attenendosi alle argomentazioni difensive - quali siano le concrete e specifiche ragioni, che convergano nel rendere le ritenute esigenze cautelari non fronteggiabili in modo consono, mediante l'adozione di un provvedimento cautelare di natura non carceraria. 3. Il Procuratore generale ha concluso per il rigetto del ricorso, che si sostanzierebbe esclusivamente nella proposizione di censure in fatto, a fronte di una motivazione esaustiva e puntuale. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso si profila fondato in relazione agli aspetti illustrati nelle considerazioni che seguono. 2. Giova integrare il quadro descrittivo delineato in parte narrativa, mediante l'ulteriore sintetico richiamo alle parti maggiormente significative del provvedimento impugnato. 2.1. Il Tribunale, quanto al quadro della gravita' indiziaria, ha ritenuto che il collimare delle dichiarazioni dei collaboratori, dei controlli espletati, dei dati desumibili dalla documentazione versata in atti e del contenuto delle intercettazioni telefoniche consentisse di corroborare l'ipotesi accusatoria. In particolare, la natura dei materiali conferiti, secondo quanto acclarato nelle occasioni censite, e' stata valutata in guisa tale da confermare l'inquadramento dei medesimi quali "rifiuti", ai sensi del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, articolo 183, comma 1, lettera a), (codice dell'ambiente), siccome si era trattato di materiale legnoso misto a scarti di segheria e altro materiale di risulta proveniente da tagli, sfalci e potature abusive. Nella centrale a biomasse risultavano essere stati conferiti, inoltre, residui di segheria, materiale proveniente da coltivazioni, legno sminuzzato, pezzi di cemento, materiale cartaceo. Tali rifiuti erano inidonei, naturalmente, all'inserimento nel ciclo di produzione delle biomasse. 2.2. In ordine alla contestazione concernente il reato associativo, i giudici del riesame hanno ritenuto sussistente la gravita' indiziaria, considerando individuate la struttura organizzata nel cartello di imprese (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), le sue basi operative, l'indeterminatezza del programma criminoso - che aveva visto la sua massima espressione nell'acquisto strategico della centrale di Cutro da parte della (OMISSIS) (facente capo al ramo (OMISSIS) dei (OMISSIS)), e che aveva avuto la sua genesi nel ruolo attivo di (OMISSIS), legato ai (OMISSIS) e in posizione tale da controllare gli (OMISSIS) - e la stabilita' del vincolo associativo. 3. Posta la richiamata base descrittiva e argomentativa del provvedimento impugnato, la disamina delle censure articolate deve essere compiuta seguendo il solco tracciato da diversi principi di diritto, cosi' brevemente riassumibili: a) in tema di misure cautelari personali, il giudizio di legittimita' relativo alla verifica della sussistenza o meno dei gravi indizi di colpevolezza (ex articolo 273 c.p.p.), oltre che delle esigenze cautelari (ex articolo 274 c.p.p.), deve riscontrare - entro il perimetro circoscritto dalla devoluzione - la violazione di specifiche norme di legge o la mancanza o manifesta illogicita' della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato. Essa, dunque, non puo' intervenire nella ricostruzione dei fatti, ne' sostituire l'apprezzamento del giudice di merito circa l'attendibilita' delle fonti e la rilevanza dei dati probatori, bensi' deve dirigersi a controllare se il giudice di merito abbia dato adeguato conto delle ragioni che l'hanno convinto della sussistenza o meno della gravita' del quadro indiziario a carico dell'indagato e a verificare la congruenza della motivazione riguardante lo scrutinio degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che devono governare l'apprezzamento delle risultanze analizzate (si vedano, sull'argomento, Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828 - 01,E le successive, Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Mazzelli, Rv. 276976 - 01; Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, Tiana, Rv. 255460 01). Quanto ai limiti del sindacato consentito in sede di legittimita', quindi, e' possibile richiamare il dictum di Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, Paviglianiti, Rv. 270628, secondo cui: "In tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione che deduca insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, o assenza delle esigenze cautelari, e' ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicita' della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito". b) Occorre rifarsi, inoltre, alla regola di giudizio secondo la quale: "In tema di procedimento di riesame di misure cautelari personali, sussiste l'obbligo del tribunale di esaminare compiutamente ogni censura difensiva sollevata all'udienza ex articolo 309 c.p.p., con la conseguenza che e' da ritenersi affetta da vizio di motivazione l'ordinanza che, a fronte di un'eccezione ritualmente proposta, non contenga una compiuta disamina della stessa" (Sez. 4, n. 21374 del 11/06/2020, Davis, Rv. 279297 - 01). Pare utile, allora, precisare quale sia la relazione intercorrente fra le deduzioni difensive svolte in sede di riesame e la motivazione che il Tribunale e' tenuto a fornire in ordine ai temi posti dalla difesa stessa, ribadendosi come l'obbligo di motivazione possa reputarsi adempiuto anche nel caso in cui il provvedimento emesso dal Tribunale del riesame effettui un rinvio per relationem alle argomentazioni contenute nel provvedimento genetico, rinvio che sia incastonato in una piu' ampia valutazione, atta a contrastare - anche per implicito - le deduzioni difensive. Il tutto postula, pero', che le questioni poste dalla difesa non siano idonee a disarticolare il ragionamento probatorio proposto nell'ordinanza applicativa della misura cautelare, non potendo, in tal caso, la motivazione per relationem fornire una risposta implicita alle censure formulate. c) All'esito del riesame dell'ordinanza applicativa di una misura cautelare, e' legittima la motivazione che richiami (o riproduca) le argomentazioni contenute nel provvedimento impugnato, ove siano mancate specifiche deduzioni difensive, formulate con l'istanza originaria o con successiva memoria, ovvero articolate oralmente in udienza, tali da rendere funzionalmente inadeguata la relatio su cui il richiamo si e' basato (Sez. 1, n. 8676 del 15/01/2018, Falduto, Rv. 272628 01; Sez. 6, n. 566 del 29/10/2015, dep. 2016, Nappello, Rv. 265765 - 01). In questa prospettiva, si puo' ritenere senz'altro legittima la riproposizione anche di parti del provvedimento applicativo nell'ordinanza resa all'esito del riesame; a patto, pero', che tale tecnica espositiva sia affiancata dalla dovuta analisi dei contenuti e dall'esplicitazione delle ragioni alla base del convincimento espresso in sede decisoria (Sez. 2, n. 13604 del 28/10/2020, dep. 2021, Torcasio, Rv. 281127 - 01). g'vero, in sostanza, che e' pienamente consentita la motivazione per relationem rispetto all'ordinanza impugnata, ma a patto che l'ordinanza del Tribunale del riesame contenga una motivazione che dimostri un vaglio critico e che non si risolva quindi nel mero richiamo alle argomentazioni svolte nel provvedimento restrittivo della liberta' personale, omettendo la valutazione delle doglianze contenute nella richiesta di riesame (Sez. 6, n. 9752 del 29/01/2014, Ferrante, Rv. 259111). E nemmeno e' consentito - sempre in tema di misure cautelari personali - assolvere all'obbligo di offrire un adeguato e congruo apparato motivazionale (sia dell'ordinanza applicativa di misure coercitive, sia di quella di conferma in sede di riesame), attraverso la mera riedizione del compendio raccolto in sede di indagini preliminari, facendo affidamento sul requisito dell'autoevidenza dello stesso (Sez. 6, n. 27928 del 14/06/2013, Ferrara, Rv. 256262 - 01) 4. Nel caso di specie il ricorso, che denuncia l'omesso esame di alcuni motivi di impugnazione ed il vizio di motivazione, e' fondato nei termini ed entro i limiti di seguito esposti. Ritiene il Collegio, infatti, che la motivazione dell'ordinanza impugnata sia - relativamente ad alcuni punti devoluti dal ricorso - soltanto apparente, quindi non idonea ad esplicitare, in modo realmente esaustivo e puntuale, le ragioni poste a fondamento della valutazione operata dal Tribunale del riesame. La mera elencazione descrittiva di elementi di fatto, che sono enunciati quali gravemente indizianti, senza pero' un effettivo vaglio contenutistico degli stessi ed in assenza di un dialogo concreto, di natura veramente sostanziale, con il contenuto delle deduzioni difensive, non si palesa motivazione atta a sorreggere il provvedimento di riesame di un'ordinanza cautelare. L'obbligo di spiegare compiutamente i termini della decisione assunta trova scaturigine dalla natura cognitiva - e non potestativa - dell'attivita' giurisdizionale, soprattutto in materia di liberta' personale, presidiata da garanzia costituzionale (articolo 13 Cost. e articolo 111 Cost., comma 6,) e da rigida disciplina stabilita con legge ordinaria. 5. La difesa lamenta, anzitutto, l'omesso esame, nell'ordinanza impugnata, in ordine a quanto dedotto al punto 9.3., sussunto nelle pagine numero 65 e numero 66 dell'atto introduttivo del riesame. Trattasi di uno dei punti del paragrafo 9 di tale atto, a mezzo del quale la difesa aveva prospettato la sussistenza di elementi in grado di sconfessare l'interpretazione data dalla polizia giudiziaria, e poi validata dal provvedimento giudiziario, ad alcune conversazioni intercettate, che venivano reputate rivestire grande rilievo. In ipotesi difensiva, infatti, sussisterebbero elementi in grado di dimostrare come il rapporto fra la gestione della centrale a biomasse di Cutro e la consorteria mafiosa egemone in zona (che viene indicata come facente capo a (OMISSIS)) rimontasse ad epoca preesistente, rispetto all'acquisizione - da parte di (OMISSIS) e (OMISSIS) - della centrale stessa da (OMISSIS) S.p.A.; ed anzi, una volta acquisita dall'indagato, la (OMISSIS) S.r.l. avrebbe gradualmente interrotto ogni rapporto di tipo commerciale con qualsiasi ditta riconducibile al sopra detto (OMISSIS). L'ordinanza impugnata affronta il tema del coinvolgimento di (OMISSIS), definito quale capocosca di Cutro, alla pagina numero quattordici. A fronte della specifica deduzione sopra riportata (preesistenza temporale del rapporto illecito, rispetto all'epoca di acquisizione della societa', da parte dei fratelli (OMISSIS); mantenimento, in seguito, di rapporti di tipo solo finanziario, e non piu' commerciale, fra la societa' (OMISSIS) e ditte facenti capo a (OMISSIS), con progressiva cessazione dei rapporti di natura commerciale), non viene offerta, pero', risposta alcuna dal Tribunale del riesame. Tale vuoto motivazionale - vertendo su un profilo di particolare importanza, nell'economia decisionale del provvedimento - realizza la dedotta patologia e rende sussistente, consequenzialmente, il vizio lamentato dalla difesa in sede di ricorso dinanzi a questa Corte. 6. Il ricorrente si duole, poi, dell'omesso esame di quanto dedotto al punto 4.1. dell'atto introduttivo del riesame (ivi a pag. 11; si legga quanto riportato alla pagina numero 7 del ricorso per cassazione), relativamente ai rapporti intercorsi fra i (OMISSIS), (OMISSIS) S.r.l. e (OMISSIS). Sul punto deduce, testualmente, la difesa che i proprietari di (OMISSIS) e il (OMISSIS) non avrebbero avuto bisogno di porre in essere una serie di manovre, finalizzate a far accettare gli illeciti conferimenti, laddove l'insediamento produttivo di Cutro fosse stato effettivamente compiacente rispetto agli interessi âEuroËœndranghetistici. In altri termini, se l'indagato avesse volontariamente omesso di effettuare i dovuti controlli, circa la reale natura del materiale, consentendo cosi' il conferimento, l'immissione e lo smaltimento di materiale da definirsi rifiuto e di scarti di segheria e altro, non vi sarebbe stata necessita' alcuna, da parte di (OMISSIS), di realizzare una qualsivoglia attivita' manipolatoria o ingannatoria. Trattasi di una deduzione difensiva, evidentemente, finalizzata alla valorizzazione di conversazioni captate e versate nell'incarto processuale, che sarebbero - in ipotesi difensiva - dimostrative di tentativi posti in essere, ad opera dei responsabili della (OMISSIS) e del (OMISSIS), di conferire biomasse di qualita' inferiore, rispetto a quelle contrattualmente stabilite; circostanza che avrebbe potuto - secondo il ricorrente - rendere manifesta l'inesistenza di un accordo illecito con la (OMISSIS), finalizzato all'illecito conferimento di materiale di scarsa qualita'. Con tale specifica deduzione, il Tribunale non si e' pero' confrontato in modo completo e puntuale, finendo, anche in tal caso, per eludere la pur puntuale obiezione difensiva e realizzando il lamentato vuoto motivazionale. 7. Secondo la pacifica giurisprudenza di questa Corte in tema di inammissibilita' del ricorso per cassazione, i motivi devono poi ritenersi generici non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresi' quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato; di tal che e' inammissibile il ricorso per cassazione, quando manchi l'indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'atto d'impugnazione, che non puo' ignorare le affermazioni del provvedimento censurato. Ai fini della validita' del ricorso per cassazione, pertanto, non e' sufficiente che esso consenta di individuare le statuizioni concretamente impugnate e i limiti dell'impugnazione, ma e' necessario che le ragioni sulle quali esso si fonda siano esposte con sufficiente grado di specificita' e che siano correlate con la motivazione del provvedimento impugnato; con la conseguenza che, se da un lato il grado di specificita' dei motivi non puo' essere stabilito in via generica e assoluta, dall'altro esso esige pur sempre - a pena di inammissibilita' - che alle argomentazioni svolte nel provvedimento censurato vengano specificamente contrapposte quelle del ricorrente, volte ad incrinare il fondamento logico e giuridico delle prime. E' quindi onere del ricorrente, nel domandare l'annullamento del provvedimento impugnato, prendere in considerazione gli argomenti svolti dal giudice di merito e sottoporli a critica, nei limiti delle censure consentite in sede di legittimita' (fra tante, si veda Sez. 3, n. 8065 del 21/09/2018, Filippi, Rv. 275853 - 02, secondo la quale: "In tema di ricorso per cassazione, la censura di omessa valutazione da parte del giudice dell'appello dei motivi articolati con l'atto di gravame onera il ricorrente della necessita' di specificare il contenuto dell'impugnazione e la decisivita' del motivo negletto al fine di consentire l'autonoma individuazione delle questioni che si assumono non risolte e sulle quali si sollecita il sindacato di legittimita', dovendo l'atto di ricorso contenere la precisa prospettazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto da sottoporre a verifica"). Facendo rigorosa applicazione di tali principi di diritto, la ulteriore questione posta dal ricorrente, con riferimento al lamentato mancato esame dei motivi indicati ai numeri 4, 5 e 6 e' vaga e generica, tanto da risultarne impossibile una compiuta analisi. Sostiene il ricorrente, infatti, come il Tribunale non abbia confutato i sopra detti motivi di riesame, rimandando all'uopo al contenuto delle pagine che vanno dalla numero 10 alla numero 50 dell'atto introduttivo del riesame. Un riferimento tanto ampio, indeterminato ed onnicomprensivo non si confronta - in maniera puntuale ed esaustiva - con lo specifico contenuto del provvedimento impugnato e non consente un compiuto vaglio in ordine al contenuto, in concreto, delle specifiche doglianze. 8. Non e' fondato, inoltre, il rilievo contenuto nel ricorso, circa la sussistenza di un vizio motivazionale del provvedimento impugnato, con riferimento alle doglianze sussunte nei punti 5.1 e 5.2 dell'atto di riesame (cosi' e' descritto il rilievo difensivo, alla pagina numero 11 del presente ricorso). Si sosteneva nell'atto introduttivo del riesame, dunque, che sia l'impianto, sia la caldaia, deputata alla combustione del materiale, fossero tecnicamente strutturati in modo tale da non rendere possibile il pur graduale accumulo di plastica all'interno della struttura, pena la produzione di danni di elevata entita' economica a quest'ultima. Il Tribunale - contrariamente all'assunto difensivo - ha pero' mostrato di aver preso in considerazione le argomentazioni difensive (si legga quanto riportato alla pagina numero 33 dell'ordinanza impugnata), sebbene giungendo a conclusioni che la difesa non condivide. Il che, comunque, stante l'assenza di profili di apparenza o illogicita' motivazionale, soddisfa pienamente l'obbligo di esame ed esposizione, che e' connesso alla tipologia di provvedimento impugnato. 9. La difesa, inoltre, non condivide la lettura offerta - nel provvedimento impugnato - di una intercettazione intercorsa fra (OMISSIS) e (OMISSIS), nel corso della quale ci si riferiva alla collaborazione con tal (OMISSIS), a dire della difesa incongruamente identificato nell'indagato. Di tale conversazione captata veniva auspicata, pertanto, una interpretazione difforme, rispetto a quella sposata nel provvedimento impugnato. Alla specifica doglianza, incentrata sulla sostenuta erroneita' di tale identificazione personale, non e' stata data risposta adeguata nel provvedimento impugnato (trattasi del motivo di riesame numero 9.2, che viene specificamente richiamato alla pagina numero 64 del relativo ricorso). 10. Fondato e' anche il secondo motivo di ricorso, inerente al contenuto delle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia (OMISSIS). La difesa aveva sostenuto, in sede di riesame, come le propalazioni del (OMISSIS) fossero circoscritte ad epoca sicuramente antecedente rispetto all'anno 2015; in ragione di tale collocazione temporale, tali dichiarazioni sarebbero state da riferire - in via esclusiva - ad un momento anteriore rispetto all'acquisizione della gestione operativa della centrale a biomasse ad opera di (OMISSIS) (trattasi del motivo enunciato sub 10.1 dell'atto di riesame). A tale specifica obiezione il Tribunale, pur dedicando alle dichiarazioni rese dal (OMISSIS) un ampio spazio descrittivo, non ha offerto compiuta risposta, cosi' sottraendosi ad uno specifico obbligo motivazionale. 11. L'ultimo motivo di ricorso attiene alla sussistenza del pericolo di reiterazione del reato ed all'adeguatezza della misura prescelta. Secondo la difesa, come sopra detto, l'ordinanza impugnata desumerebbe il pericolo di reiterazione del reato dalla particolare pervicacia, asseritamente manifestata dall'indagato nel compimento delle condotte illecite. Mancherebbe di spiegare - con il dovuto dettaglio - quali siano gli elementi specifici e concreti, che consentano di desumere tale pervicacia. Vi sarebbe, inoltre, una illogicita' nelle argomentazioni poste a fondamento della ritenuta persistenza di tale pericolo, pure all'indomani del sequestro preventivo operato nei confronti della societa' e dell'impianto a biomasse. Non sarebbe stato adeguatamente considerato il ragguardevole lasso temporale, intercorso dall'epoca di commissione dei reati. Non vi sarebbe, infine, un adeguato apparato motivazionale con riferimento al profilo della ritenuta adeguatezza della misura restrittiva della liberta' personale di massimo rigore. Il profilo del ricorso attinente alle esigenze cautelari, pero', resta assorbito dal rilievo della fondatezza dei sopra spiegati motivi inerenti alla gravita' indiziaria. 12. In conclusione, l'ordinanza impugnata deve essere annullata, in relazione ai profili man mano esaminati, con rinvio al Tribunale di Catanzaro per nuovo giudizio, da estrinsecarsi in piena liberta' valutativa, ma nel rispetto dei principi teste' esposti. Non comportando - la presente decisione - la rimessione in liberta' del ricorrente, segue altresi' la disposizione di trasmissione, a cura della cancelleria, di copia del provvedimento al direttore dell'istituto penitenziario, ai sensi dell'articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Catanzaro competente ai sensi dell'articolo 309 c.p.p., comma 7. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CATENA Rossella - Presidente Dott. GUARDIANO Alfredo - rel. Consigliere Dott. DE 4Marzo Giuseppe - Consigliere Dott. CIRILLO Pierangelo - Consigliere Dott. FRANCOLINI Giovanni - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sui ricorsi proposti da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 18/06/2021 della CORTE APPELLO di LECCE; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere GUARDIANO ALFREDO; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore GIORDANO LUIGI; Il Proc. Gen. conclude per il rigetto dei ricorsi; udito il difensore: L'avv. (OMISSIS) chiede la conferma della sentenza impugnata e deposita conclusioni scritte e nota spese delle quali chiede la liquidazione; L'avv. (OMISSIS) espone le censure mosse alla sentenza impugnata e ne chiede l'annullamento. L'avv. (OMISSIS) preliminarmente chiede l'estensione dei motivi anche nei confronti del proprio assistito; espone i motivi di gravame e chiede l'accoglimento del ricorso ed in subordine l'improcedibilita' per difetto di querela; L'avv. (OMISSIS) illustra i motivi di ricorso e insiste per il loro accoglimento; L'avv. (OMISSIS) si riporta integralmente ai motivi di ricorso e ne chiede l'accoglimento. IN FATTO E IN DIRITTO 1. Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Lecce riformava parzialmente in senso favorevole agli imputati, limitatamente alla determinazione dell'entita' del trattamento sanzionatorio, la sentenza con cui il tribunale di Lecce, in data 14.11.2019, decidendo in sede di giudizio abbreviato, aveva condannato (OMISSIS) e (OMISSIS), ciascuno alla pena ritenuta di giustizia, oltre al risarcimento dei danni derivanti da reato in favore delle costituite parti civili, in relazione ai fatti, costituenti reato ex. articoli 110, 56 e 610 c.p., articolo 61 c.p., n. 9), loro contestati ai capi A); B) e C) dell'imputazione. Agli imputati, in particolare, e' stato addebitato di avere posto in essere, in concorso tra loro, con abuso dei poteri e violazione dei doveri inerenti alla loro qualita' di magistrati del pubblico ministero in servizio presso il tribunale di Trani, atti diretti in modo non equivoco a costringere, con modalita' intimidatorie e violenze verbali, (OMISSIS) e (OMISSIS), rispettivamente, legale rappresentante e amministratore di fatto della societa' " (OMISSIS) s.r.l.", nonche' (OMISSIS), gia' rappresentante per conto della suddetta societa', chiamati a rendere sommarie informazioni testimoniali, ad accusare se stessi e altri di rapporti illeciti con (OMISSIS), comandante della polizia municipale di Trani, in relazione ad appalti per la fornitura di apparecchiature elettroniche per la rilevazione di infrazioni al codice della strada, commercializzate dalla " (OMISSIS)". 2. Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiedono l'annullamento, hanno proposto ricorso per cassazione entrambi gli imputati con autonomi atti di impugnazione, fondati sui seguenti motivi, enunciati, ai sensi dell'articolo 173, disp. att. del codice di rito, nei limiti strettamente necessari per la motivazione. 2.1. Il (OMISSIS), in particolare, nel ricorso a firma del difensore di fiducia, avv. (OMISSIS), del Foro di Bari, articola due motivi di ricorso, ciascuno dei quali contiene una pluralita' di censure. Con il primo motivo il ricorrente deduce, testualmente, "travisamento della prova e manifesta illogicita' e contraddittorieta' risultanti dal testo della motivazione; violazione della legge processuale e della legge penale, irrilevanza penale e comunque non punibilita' delle condotte contestate, per adempimento del dovere (articolo 51 c.p., in relazione all'articolo 112 Cost., articoli 326 e 358 c.p.p.), anche in forma putativa (articolo 59 c.p., comma 4); reato impossibile ex articolo 49 c.p., comma 2; difetto di dolo, mancanza della previsione o della volonta' di arrecare danno o pericolo al bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice (articolo 43 c.p., comma 1). Con il secondo motivo il ricorrente lamenta testualmente "difetto di correlazione tra sentenza ed imputazioni e conseguente nullita' della sentenza impugnata, quanto alle contestate "modalita' intimidatorie e violenze verbali", divenute, in sentenza, "minacce". Violazione della legge penale e processuale. Violazione dell'articolo 610 in combinato con gli articolo 51 c.p., articoli 326, 358, 362 e 207 c.p.p.. Vizio di motivazione per illogicita', contraddittorieta' ed insufficienza come gia' risultanti dal testo della stessa e da atti processuali, nonche' per travisamento della prova costituita dalle trascrizioni delle registrazioni degli interrogatori. Mancanza della certezza oltre ogni ragionevole dubbio che non ricorresse l'ipotesi del reato impossibile, violazione dell'articolo 49 c.p., comma 2, in relazione all'articolo 533 c.p.p., comma 1; omissione della necessaria rinnovazione dell'istruzione ex articolo 603 c.p.p., quantomeno per esaminare l'avv. Desiderio, a seguito di quanto rappresentato e documentato con i motivi nuovi e della documentazione nuova acquisita in appello (trascrizione della registrazione audio del colloquio tra l'imputato Dott. (OMISSIS) e l'avv. (OMISSIS)), documentazione nuova il cui significato e valore processuale e' stato travisato". 2.2. Nel ricorso a firma dell'avv. (OMISSIS), del Foro di Lecce, proposto sempre nell'interesse del (OMISSIS), vengono dedotti tre motivi di impugnazione. Con il primo motivo, si lamenta violazione di legge processuale, in relazione all'articolo 649 c.p.p., nella parte in cui la corte di appello, nonostante il decreto di citazione a giudizio fosse stato emesso per il reato di tentativo di violenza privata, ha in realta' ritenuto il fatto ascritto ai ricorrenti quale violenza o minaccia per tentare di costringere taluno a commettere un reato, fattispecie, tuttavia, gia' archiviata con decreto del G.I.P. presso il tribunale di Lecce del 5.9.2018, con conseguente nullita' della decisione per violazione dell'articolo 414 c.p.p.. Con il secondo motivo di ricorso, la difesa eccepisce violazione di legge e vizio di motivazione, con riferimento all'articolo 178 c.p.p., comma 1, lettera c), per l'omessa valutazione di argomenti difensivi e di elementi probatori decisivi al fine di escludere la sussistenza del reato in contestazione, prodotti con i motivi aggiunti e con le memorie depositate; travisamento della prova ovvero contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione nella parte in cui la corte territoriale ha omesso di valutare, ai fini della sussistenza del reato, il contesto investigativo, nonche' la personalita' e la condotta delle persone offese. Con il terzo motivo di impugnazione, il ricorrente eccepisce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'articolo 610 c.p., anche con riferimento all'articolo 51 c.p.. 3. Con il ricorso a firma dei difensori di fiducia (OMISSIS) e (OMISSIS), del Foro di Roma, il (OMISSIS) articola tredici motivi di ricorso. Con il primo motivo di impugnazione l'imputato deduce violazione di legge processuale per lesione del diritto di difesa in relazione alla preclusione di fatto operata dal tribunale nei confronti di un componente del collegio difensivo, avv. (OMISSIS), in sede di discussione, comportante la nullita' della sentenza in virtu' del combinato disposto degli articoli 24 e 111, Cost.; articolo 178 c.p.p., comma 1, lettera c), articolo 180 c.p.p., articolo 185 c.p.p., comma 2 e 3, articolo 604 c.p.p., comma 4. Con il secondo motivo di ricorso, il (OMISSIS) deduce violazione di legge e vizio di motivazione per avere ricondotto i fatti in addebito al paradigma normativo di cui agli articoli 56 e 610, c.p., piuttosto che all'articolo 611 c.p., posto che tale corretta qualificazione avrebbe imposto al tribunale il riconoscimento della propria incompetenza ex articolo 21 c.p.p., stante il necessario esperimento dell'udienza preliminare, e l'effetto preclusivo derivante da ne bis in idem sostanziale, in relazione all'archiviazione operata in ordine ai capi a) e b) dell'imputazione e all'esercizio dell'azione penale per i medesimi capi, riqualificati rispetto alla originaria imputazione ex articolo 611 c.p., ai sensi degli articoli 56 e 610 c.p., stante l'esatta corrispondenza del fatto. Con il terzo motivo di impugnazione, il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dell'elemento oggettivo dei reati in contestazione. Con il quarto motivo di ricorso, l'imputato eccepisce violazione di legge e vizio di motivazione in punto di insussistenza dell'elemento soggettivo dei reati in contestazione. Con il quinto motivo di impugnazione, il prevenuto deduce violazione di legge e vizio di motivazione, con riferimento al mancato riconoscimento dell'errore di fatto ex articolo 47 c.p., in cui e' incorso il (OMISSIS). Con il sesto motivo di ricorso, l'imputato lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in punto di mancato riconoscimento dell'esimente di cui all'articolo 51 c.p.. Con il settimo motivo di ricorso, il (OMISSIS) eccepisce violazione di legge e vizio di motivazione in punto di mancato riconoscimento dell'eccesso colposo ex articolo 55, c.p., nell'adempimento di un dovere. Con l'ottavo motivo di impugnazione, il ricorrente lamenta vizio di motivazione in relazione al criterio di giudizio della prova declinato dall'articolo 192, c.p.p. e a quello di colpevolezza dell'imputato al di la' di ogni ragionevole dubbio ex articolo 533 c.p.p.. Con il nono motivo di ricorso, l'imputato lamenta violazione di legge e vizio di motivazione, in punto di mancato riconoscimento della circostanza attenuante della minore partecipazione, ex articolo 114 c.p.p., comma 1. Con il decimo motivo di impugnazione, il ricorrente eccepisce il mancato riconoscimento della circostanza attenuante della provocazione. Con l'undicesimo motivo di ricorso, il prevenuto lamenta violazione di legge e vizio di motivazione, in punto di mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. Con il dodicesimo motivo di impugnazione, l'imputato lamenta mancanza di motivazione in ordine al diverso aumento operato ex articolo 81, cpv., c.p., per il riconosciuto vincolo della continuazione tra i reati di cui ai capi b) e c). Con il tredicesimo motivo di ricorso, il (OMISSIS) deduce vizio di motivazione, in punto di determinazione dell'entita' del trattamento sanzionatorio. 3. Entrambi i ricorsi vanno dichiarati inammissibili per le ragioni che verranno esposte nel prosieguo della presente motivazione. 3.1. Preliminarmente va rilevato che l'inammissibilita' originaria dei ricorsi degli imputati rende, da un lato, del tutto priva di interesse la richiesta, formulata in udienza dall'avv. (OMISSIS), difensore di fiducia delle costituite parti civili (OMISSIS) e (OMISSIS), di rinviare la trattazione dei proposti ricorsi, per consentire ai propri assistiti di proporre querela nei confronti degli imputati, sul presupposto che il reato di cui agli articoli 56 e 610 c.p., a seguito dell'entrata in vigore del Decreto Legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, e' divenuto perseguibile a querela di parte; dall'altro, irrilevante la circostanza rappresentata dall'avv. (OMISSIS), sempre in udienza, che il (OMISSIS), persona offesa dal reato di cui al capo C) dell'imputazione, non abbia presentato querela, ne' si sia costituito parte civile nei confronti dei ricorrenti. Il Collegio, infatti, ritiene di aderire ai principi di diritto, affermati in passato dalla giurisprudenza del Supremo Collegio (cfr. Sez. U, n. 40150 del 21/06/2018, Rv. 273551) e ribaditi da recenti arresti, secondo cui nel giudizio di legittimita' l'inammissibilita' del ricorso, impedendo la costituzione del rapporto processuale, preclude la considerazione della mancata proposizione della querela in relazione a reati per i quali sia stata introdotta, nelle more del ricorso, tale forma di procedibilita' dal Decreto Legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, sicche' non e' necessario attendere il decorso del termine di tre mesi dall'entrata in vigore del citato Decreto Legislativo per l'eventuale esercizio dell'istanza punitiva. E invero, nei giudizi pendenti in sede di legittimita', l'improcedibilita' per mancanza di querela, necessaria per reati divenuti procedibili a querela a seguito dell'entrata in vigore del Decreto Legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, non prevale sull'inammissibilita' del ricorso, poiche', diversamente dall'ipotesi di "abolitio criminis", non e' idonea a incidere sul cd. giudicato sostanziale (cfr. Sez. 4, n. 2658 del 11/01/2023, Rv. 284155; Sez. 5, n. 5223 del 17/01/2023, Rv. 284176). 4. Cio' posto, plurimi sono i motivi di inammissibilita' che inficiano i ricorsi del (OMISSIS) e del (OMISSIS). 5. Una prima ragione di inammissibilita', riguarda il modo con cui sono stati articolati i due motivi del ricorso a firma dell'avv. (OMISSIS); il secondo e il terzo motivo del ricorso a firma dell'avv. (OMISSIS); il secondo, il terzo, il quarto, il quinto, il sesto, il settimo, l'ottavo, il nono, il decimo, l'undicesimo e il tredicesimo motivo del ricorso a firma degli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS). Come affermato, infatti, dall'orientamento dominante nella giurisprudenza di legittimita', in tema di ricorso per cassazione, la denunzia cumulativa, promiscua e perplessa della inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, nonche' della mancanza, della contraddittorieta' e della manifesta illogicita' della motivazione (tale e' la denuncia articolata dai difensori negli indicati motivi di ricorso) rende i motivi aspecifici ed il ricorso inammissibile, ai sensi dell'articolo 581 c.p.p., comma 1, lettera c) e articolo 591 c.p.p., comma 1, lettera c), non potendo attribuirsi al giudice di legittimita' la funzione di rielaborare l'impugnazione, al fine di estrarre dal coacervo indifferenziato dei motivi quelli suscettibili di un utile scrutinio (cfr. Sez. 1, n. 39122 del 22/09/2015, Rv. 264535). In particolare, il ricorrente che intende denunciare contestualmente, con riguardo al medesimo capo o punto della decisione impugnata, i tre vizi della motivazione deducibili in sede di legittimita' ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), ha l'onere - sanzionato a pena di a-specificita', e quindi di inammissibilita', del ricorso - di indicare specificamente, in relazione alle parti della motivazione oggetto di gravame, su quale profilo la motivazione asseritamente manchi, in quali parti sia contraddittoria, in quali manifestamente illogica, non potendo attribuirsi al giudice di legittimita' la funzione di rielaborare l'impugnazione, al fine di estrarre dal coacervo indifferenziato dei motivi quelli suscettibili di un utile scrutinio, in quanto i motivi aventi ad oggetto tutti i vizi della motivazione sono, per espressa previsione di legge, eterogenei ed incompatibili, quindi non suscettibili di sovrapporsi e cumularsi in riferimento ad un medesimo segmento della motivazione (cfr., ex plurimis, Sez. 2, n. 38676 del 24/05/2019, Rv. 277518; Sez. 2, n. 31811 del 08/05/2012, Rv. 254329Sez. 2, n. 19712 del 06/02/2015, Rv. 263541). 6. Altra ragione di inammissibilita' comune alla maggior parte dei motivi di impugnazione attiene sempre al profilo della genericita'. Consolidato nella giurisprudenza della Suprema Corte, infatti, e' il principio che debba essere dichiarato inammissibile, ai sensi del combinato disposto dell'articolo 581 c.p.p., comma 1, lettera c) e d), e articolo 591 c.p.p., comma 1, lettera c), il ricorso per cassazione fondato su motivi, che, riproponendo acriticamente le stesse ragioni gia' discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, senza confrontarsi realmente con esse, devono considerarsi non specifici, ed anzi, meramente apparenti, in quanto non assolvono la funzione tipica di critica puntuale avverso la sentenza oggetto di ricorso. La mancanza di specificita' del motivo, invero, deve essere apprezzata non solo per la sua genericita', come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate della decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato, senza cadere nei vizio di mancanza di specificita', conducente, a norma dell'articolo 591 c.p.p., comma 1, lettera c), all'inammissibilita' (cfr. Cass., Sez. 4, n. 34270 del 03/07/2007, rv. 236945; Cass., Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, rv. 255568; Cass., Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, rv. 277710; Sez. 6, n. 11008 del 11/02/2020, Rv. 278716). 7. Va, inoltre, definita, sempre in via generale, l'esatta nozione dei vizi di manifesta illogicita' e contraddittorieta' della motivazione, denunciati dai prevenuti, che ricorrono, rispettivamente, nel caso in cui vi sia una frattura logica evidente tra una premessa, o piu' premesse nel caso di sillogismo, e le conseguenze che se ne traggono (cfr. Cass., Sez. 1, n. 9539 del 12/05/1999, Rv. 215132) ovvero quando non siano conciliabili tra loro le considerazioni logico-giuridiche in ordine ad uno stesso fatto o ad un complesso di fatti o ci sia disarmonia tra la parte motiva e la parte dispositiva della sentenza ovvero allorche' in sentenza si manifestino dubbi che non consentano di determinare quale delle due o piu' ipotesi formulate dal giudice - conducenti ad esiti diversi - siano state poste a base del suo convincimento (cfr. Cass., Sez. 2, n. 12329 del 04/03/2010, Rv. 247229), evenienze, come si vedra' in seguito, tutte non riscontrabili nel caso in esame, sicche', al riguardo, i ricorsi degli imputati risultano anche inammissibili per manifesta infondatezza dei denunciati vizi motivazionali. 8. Deve, infine, ribadirsi l'altrettanto consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimita' (non sufficientemente meditato dai ricorrenti), secondo cui, anche a seguito della modifica apportata all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), dalla L. n. 46 del 2006, resta non deducibile nel giudizio di legittimita' il travisamento del fatto, stante la preclusione per la Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito. In questa sede di legittimita', infatti, e' precluso la deduzione di un percorso argomentativo che si risolva in una mera e del tutto generica lettura alternativa o rivalutazione del compendio probatorio, posto che, in tal caso, si demanderebbe alla Cassazione il compimento di una operazione estranea al giudizio di legittimita', quale e' quella di reinterpretazione degli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione, atteso il persistente divieto di rilettura e di re-interpretazione nel merito degli elementi probatori (cfr. ex plurimis, Cass., sez. VI, 22/01/2014, n. 10289; Cass., Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Rv. 273217; Cass., Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Rv. 253099; Cass., Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, Rv. 277758; Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, Rv. 283370). 9. Poste tali premesse di carattere generale, ragioni di sintesi espositiva rendono opportuno soffermarsi sulla motivazione della sentenza di secondo grado, il cui impianto va condiviso. 10. Si osserva, al riguardo, che i fatti per cui si procede, nel loro verificarsi fenomenico, non sono oggetto di contestazione, in quanto si e' provveduto a fonoregistrare l'assunzione delle sommarie informazioni da parte delle persone offese, cui procedettero il 5.10.2015 i pubblici ministeri (OMISSIS) e (OMISSIS), ai sensi dell'articolo 362 c.p.p., sicche' non e' revocabile in dubbio che nel corso di tale assunzione furono utilizzate dai ricorrenti le espressioni verbali analiticamente indicate nei tre capi di imputazione, alla cui lettura si rimanda, ciascuno relativo alle contestate modalita' con cui i ricorrenti interloquirono con lo (OMISSIS), il (OMISSIS) e il (OMISSIS). Se ne deduce che il tema principale da affrontare riguarda il valore da attribuire alle modalita' con cui gli imputati hanno condotto l'escussione delle menzionate persone offese, nell'ambito di un'attivita' investigativa volta a raccogliere elementi a carico di (OMISSIS), comandante della polizia municipale di Trani, ritenuto dagli organi inquirenti il fulcro di un sistema corruttivo che imponeva agli imprenditori il pagamento di tangenti per l'aggiudicazione degli appalti pubblici (cd. "Sistema Trani"), vale a dire se con il loro contegno, cristallizzato negli esiti dell'attivita' di fonoregistrazione, il (OMISSIS) e il (OMISSIS), abbiano o meno posto in essere, come da contestazione, "atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere con modalita' intimidatorie e violenze verbali" lo (OMISSIS), il (OMISSIS) e il (OMISSIS) a rendere dichiarazioni, che confermassero l'assunto investigativo riguardante il (OMISSIS). Orbene, a tale quesito, la corte territoriale fornisce una risposta positiva, che si contraddistingue per completezza, logicita' e correttezza delle argomentazioni giuridiche su cui si fonda. Il fulcro del ragionamento svolto dalla corte territoriale, condiviso dal Collegio, e' che, qualunque fosse stata la condizione processuale dello (OMISSIS), del (OMISSIS) e del (OMISSIS) al momento della loro escussione, se di semplici persone informate sui fatti o di persone offese dal reato di concussione (secondo l'impostazione privilegiata dalla difesa) o di soggetti indagabili per il reato di corruzione, in nessun caso essi potevano essere giuridicamente costretti a fornire delle risposte e men che mai delle risposte corrispondenti ai desiderata degli organi inquirenti, rappresentando agli escussi che la conseguenza inevitabile del loro rifiuto di collaborare sarebbe stata l'immediata perdita della liberta' personale, determinata dalla loro sicura incarcerazione, ad opera degli stessi pubblici ministeri, e la compromissione del futuro economico della " (OMISSIS)" (minaccia rivolta al (OMISSIS)), che sarebbe stata sottoposta ad altrettanto inevitabile sequestro penale e alla conseguente espulsione dal settore degli appalti banditi dalla pubblica amministrazione ovvero la fine di ogni futuro professionale per il (OMISSIS). Sul punto, per la chiarezza del relativo argomentare, giova riportare alcuni significativi passaggi della sentenza oggetto di ricorso. Rileva, in particolare, la corte di appello: "In caso di mendacio o di reticenza, infatti, il magistrato puo' soltanto ammonire la persona informata sui fatti in ordine alle possibili conseguenze penali della condotta, ma non puo' rivolgere all'interlocutore espressioni di contenuto minaccioso al fine di indurlo a rispondere. Orbene non vi e' dubbio alcuno che molte delle frasi rivolte dagli imputati ai tre dichiaranti siano di contenuto minaccioso e siano finalizzate a ottenere, in tal modo, le informazioni richieste, ossia, tra l'altro, la dichiarazione che vi era stato un passaggio di denaro dalla (OMISSIS) al (OMISSIS). In particolare appaiono di contenuto minaccioso, in quanto prospettazione di un male ingiusto, le espressioni con le quali gli imputati hanno prospettato agli escussi il carcere come conseguenza inevitabile e anche immediata della loro reticenza"; come circostanza, si potrebbe anche dire, utilizzando un noto brocardo, certus an, certus quando, il cui verificarsi dipendeva dalla volonta' degli organi della Pubblica Accusa, che procedevano all'assunzione delle informazioni. E di tali espressioni la corte territoriale fa ampio e ragionato catalogo (cfr. pp. 22-24 della sentenza della corte territoriale; si segnalano, per la loro particolare forza rappresentativa, le espressioni rivolte allo (OMISSIS) e al (OMISSIS) nei seguenti termini: "vogliamo vedere voi che risposte ci dite e se quello che voi ci dite non converge, lei se ne andra' in galera veloce"; "... non mi venite a dire che non avete dato niente, perche' se mi dite che non avete dato niente noi prenderemo le carte che abbiamo qui e vi manderemo dritti in via Andria, che sta il supercarcere, pero' in cella"; "Marzo, noi le vogliamo cosi' bene che vogliamo farla tornare a Trani dentro....perche'...guardi che meraviglia...guardi.....guardi...no.. guardi qui...lei la conosceva gia' la citta' di Trani- E' bellissima...guardi dal carcere di Trani c'e' una visuale sul mare...stupenda; e secondo me a lei col problema che c'ha le fa pure bene stare un po' tranquillo...", nonche' la minaccia rivolta al (OMISSIS) di prepararsi dalla sera stessa alla detenzione carceraria, portando con se' la valigia con gli effetti personali e le "arance", genere alimentare associato nella vulgata alla condizione di detenuto, se non modifichera' le sue dichiarazioni). Tale condotta integra gli estremi del tentativo di violenza privata. 10.1. Al riguardo appare opportuno ribadire i consolidati principi affermati dalla migliore dottrina e dalla giurisprudenza di legittimita', nel ricostruire i tratti costituivi del delitto di violenza privata, anche nella sua forma tentata. Si e' da tempo chiarito che, ai fini dell'integrazione del delitto di violenza privata, e' necessario che la violenza o la minaccia costitutive della fattispecie incriminatrice comportino la perdita o, comunque, la significativa riduzione, della capacita' di determinarsi e di agire secondo la propria volonta' del soggetto passivo, essendo, invece, penalmente irrilevanti, in virtu' del principio di offensivita', i comportamenti costituenti violazioni di regole deontologiche, etiche o sociali inidonei ad influenzarne significativamente il processo di formazione della volonta' (cfr., ex plurimis, Sez. 5, 9.1.1985, Di Patre; Sez. 5, n. 3562 del 09/12/201, Rv. 262848; Sez. 5, n. 1786 del 20/09/2016, Rv. 26875; Sez. 5, n. 40485 del 01/07/2019, Rv. 277748). L'elemento oggettivo del delitto di violenza privata, pertanto, e' costituito da una violenza o da una minaccia che abbiano l'effetto di costringere taluno a fare, tollerare od omettere una condotta determinata, poiche' in assenza di tale determinatezza, possono integrarsi i singoli reati di minaccia, molestia, ingiuria, percosse, ma non quello di violenza privata (cfr. Sez. 5, n. 47575 del 07/10/2016, Rv. 268405). Nel caso in cui, come quello in esame, la condotta incriminata si sia esplicitata in una minaccia (reiterata), la giurisprudenza di legittimita' ha, del pari da tempo, chiarito la differenza tra il delitto di minaccia e quello di violenza privata, individuandola nel fatto che, mentre nella minaccia l'atto intimidatorio e' fine a se stesso e per la sussistenza del reato e' sufficiente che l'agente ponga in essere la condotta minatoria in senso generico, trattandosi di reato formale con evento di pericolo, immanente nella stessa condotta, viceversa, nella violenza privata, a minaccia (o la violenza fisica) funge da mezzo a fine e occorre che essa sia diretta a costringere taluno a fare, tollerare od omettere qualcosa, con evento non di pericolo ma di danno, rappresentato dal comportamento coartato del soggetto passivo, dipendente dall'atto di intimidazione (o di violenza) subito (cfr. Sez. 5, 2.3.1989, n. 9082, Rv. 181716). In questa prospettiva si e', altresi', specificato che, ai fini del delitto di violenza privata, non e' richiesta una minaccia verbale o esplicita, essendo sufficiente un qualsiasi comportamento od atteggiamento intimidatorio dell'agente, sia verso il soggetto passivo, sia verso altri, idoneo, avuto riguardo alle condizioni ambientali in cui ii fatto si svolge, a incutere timore e a suscitare la preoccupazione di subire un danno ingiusto, finalizzato a ottenere che, mediante tale intimidazione, il soggetto passivo sia indotto a fare, tollerare od omettere qualcosa (cfr., ex plurimis, Sez. 5,;1. 29261 del 24/02/2017, Rv. 270869; Sez. 6, n. 31413 del 08/03/2:306, Rv. 234854). Deve trattarsi, infine, come segnalato dalla dottrina e dalla giurisprudenza con orientamento costante nel corso degli anni, di una costrizione illegittima, vale a dire non autorizzata da nessuna norma giuridica (cfr. Sez. 5, n. 1770 del 09/02/1984, Rv. 162866). Sotto il profilo dell'elemento soggettivo dei reato, per altro verso, si e' evidenziato come sia sufficiente il dolo generico, ossia la coscienza e la volonta' di costringere taluno, con violenza o minaccia, a fare, tollerare od omettere qualcosa, senza che sia necessario il concorso di un fine particolare, che costituisce l'antecedente psichico della condotta, cioe' il movente del comportamento tipico descritto dalla norma penale (cfr. Sez. 5, n. 2220 del 24/10/2022, Rv. 284115). Nessun dubbio, infine, sussiste sulla possibilita' che la violenza privata, reato istantaneo che si consuma nel momento in cui l'altrui volonta' viene coartata a fare, tollerare od omettere qualcosa, assuma la forma del tentativo, quando non sia stato raggiunto l'effetto voluto per fatto indipendente dalla volonta' del colpevole. Come e' stato opportunamente evidenziato, in particolare, ai fini della configurabilita' del tentativo di violenza privata, non e' necessario che la minaccia abbia effettivamente intimorito il soggetto passivo determinando una costrizione, ancorche' improduttiva del risultato perseguito, ma e' sufficiente che essa, tenuto conto delle modalita' dell'azione e delle condizioni personali della vittima, sia idonea ad incutere timore e sia diretta a costringere il destinatario a tenere, contro la propria volonta', la condotta pretesa dall'agente (cfr., ex plurimis, Sez. 5, n. 34124 del 06/05/2019, Rv. 276903; Sez. 3, n. 29742 del 11/06/2013, Rv. 256680; Sez. 5, n. 15989 del 04/03/2005, Rv. 232132) 10.2. All'esito di questa sommaria ricognizione dei principi fondamentali in tema di ricostruzione della fattispecie penale di cui si discute, occorre soffermarsi sulla particolare natura dell'attivita' nel corso della quale sono state poste in essere le condotte in contestazione, proprio allo scopo di saggiarne la conformita' al modello legale. Si tratta di un passaggio fondamentale, sia nella prospettiva accusatoria, sia in quella dei difensori, che hanno speso notevoli energie, sin dal giudizio di merito, nel sostenere l'irrilevanza penale delle condotte in questione, perche' scriminate ai sensi dell'articolo 51 c.p., in quanto poste in essere nell'adempimento di un dovere, ovvero perche' prive di reale portato offensivo, dovendosi valutare alla stregua di un "bluff tattico" o di uno "stress test", funzionale a ottenere la verita', doverosa da parte di soggetti escussi per la loro qualita' di persone offese dal reato" (cfr. p. 24 della sentenza di appello). In questa prospettiva va, innanzitutto, rimarcata la particolare posizione ordinamentale del pubblico ministero, riconosciuta anche da alcune importanti decisioni della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. Come e' stato acutamente osservato, il pubblico ministero e' una parte pubblica che concorre con le parti private a rendere effettivo il controllo sullo svolgimento legale della fase investigativa, attraverso l'assunzione della direzione, che gli e' propria, delle indagini, in vista della raccolta degli elementi di prova utilizzabili, in via eventuale, nelle altre fasi del processo. Il pubblico ministero, dunque, si presenta come un organo garante del legittimo svolgimento delle indagini, reso evidente dal dovere posto a suo carico dall'articolo 358 c.p.p., di svolgere accertamenti su fatti e circostanze anche a favore della persona sottoposta a indagini, pienamente inserito nella giurisdizione e qualificabile come "autorita' giudiziaria", ovvero come "soggetto pubblico cui sono affidati compiti di garanzia sulla tutela dei diritti fondamentali del cittadino". Proprio questo compito di garante della legalita' nella fase procedimentale, dunque, consente di qualificare il pubblico ministero come autorita' giudiziaria, a differenza degli organi della Pubblica Accusa di altri paesi Europei, quali la Francia e l'Olanda, che, come evidenziato dalla giurisprudenza convenzionale, non svolgono lo stesso ruolo di garanzia (cfr. C. EDU, 23.11.2010, Moulin c. Francia; C. EDU Grande Camera, 14.9.2010, Sanoma Utvegers B. V. c. Pays Bas). Appare indiscutibile che tale ruolo debba esplicarsi anche in uno dei momenti tipici della fase delle indagini preliminari - preordinata, per sua natura, ai sensi dell'articolo 326 c.p.p., a consentire al pubblico ministero (e alla polizia giudiziaria) di svolgere le indagini necessarie per le determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale - quale, per l'appunto, si configura l'attivita' di assunzione di informazioni, di cui all'articolo 362 c.p.p., attraverso la quale il pubblico ministero "assume informazioni dalle persone che possono riferire circostanze utili ai fini delle indagini" e tali formalmente erano (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) quando vennero sentiti dagli imputati, come riconosciuto dagli stessi ricorrenti, che, proprio in ragione di tale condizione, sostengono la sussistenza in capo alle persone escusse del dovere di rispondere secondo verita' alle domande loro poste dai pubblici ministeri in sede di assunzione di informazioni, rispetto al quale era speculare il corrispondente potere/dovere degli imputati (nella prospettiva difensiva dotato di efficacia scriminante, ai sensi dell'articolo 51 c.p.) di accertare la verita' processuale. Orbene, non ignora il Collegio che la disciplina dell'assunzione di informazioni da parte del pubblico ministero (o della polizia giudiziaria da quest'ultimo delegata) e' di fatto sovrapponibile a quella prevista per la testimonianza, stante il testuale richiamo operato dall'articolo 362 c.p.p., comma 1, alle disposizioni degli articoli 197, 197 bis, 198, 199, 200, 201, 202 e 203 c.p.p., sicche', giusta la previsione dell'articolo 198 c.p.p., comma 1, la persona sentita dal pubblico ministero in sede di assunzione di sommarie informazioni, al pari del testimone, e' tenuto a "rispondere secondo verita' alle domande che gli sono rivolte" ma, al tempo stesso, "non puo' essere obbligata a deporre su fatti dai quali potrebbe emergere una sua responsabilita' penale". Sul punto deve condividersi un risalente arresto di questa Corte, secondo cui la persona che rende dichiarazioni al giudice o al pubblico ministero ha l'obbligo di rispondere secondo verita' alle domande che gli sono rivolte, ai sensi dell'articolo 198 c.p.p., comma 1 e articolo 362 c.p.p., e di quest'obbligo dev'essere avvertita sia inizialmente, sia quando venga sospettata di falsita' o reticenza, senza che in seguito a questo sospetto e al conseguente avvertimento mutino le forme dell'assunzione e diventi necessario procedere considerando la persona come sottoposta alle indagini. A tale conclusione induce il dettato dell'articolo 207 c.p.p., che al comma 1 prevede un nuovo avvertimento sulle "responsabilita' previste dalla legge penale per i testimoni falsi o reticenti" (articolo 497 c.p.p., comma 2) e al comma 2 la possibilita', per il giudice, al termine dell'assunzione, di informare il pubblico ministero, ove ravvisi indizi del reato ex articolo 372, c.p. (cfr. Sez. 5, n. 215 del 20/01/1993, Rv. 193812). Se cio' e' vero, come e' vero, il (OMISSIS) e il (OMISSIS), a fronte del sospetto di falsita' o di reticenza delle persone escusse ai sensi dell'articolo 362 c.p.p., mai avrebbero potuto rappresentare, per vincerne le resistenze, la detenzione in carcere di queste ultime come conseguenza immediata e inevitabile, rimessa alla volonta' degli stessi pubblici ministeri, del rifiuto di fornire le risposte desiderate alle loro domande. Il ruolo di garante della legalita' nella fase procedimentale, connesso alla funzione da essi ricoperta, piuttosto, avrebbe imposto loro di seguire rigidamente la sequenza procedimentale ora indicata, vale a dire ammonire le persone assunte a sommarie informazioni, sia inizialmente, che nel momento in cui nacque il sospetto della falsita' o della reticenza delle loro dichiarazioni, sulle "responsabilita' previste dalla legge penale per i testimoni falsi o reticenti" ovvero, nel caso in cui al termine dell'escussione avessero ravvisato la sussistenza di indizi di reato, attivare la procedura prevista per la relativa iscrizione; ne' essi avrebbero potuto obbligare le persone in questione a deporre su fatti (in ipotesi di corruzione, commessi in concorso con il (OMISSIS)) dai quali sarebbe potuta emergere una loro responsabilita' penale. Appare, invero, del tutto ovvio, ma giova ribadirlo, che, pur essendo il procedimento penale finalizzato al "superiore interesse" della ricerca della verita' (cfr., in questo senso, tra le tante pronunce, Sez. U, n. 29951 del 24/05/2004, Rv. 228165), tale obiettivo va perseguito attraverso gli strumenti processuali messi a disposizione dall'ordinamento in conformita' alle regole fissate per il loro utilizzo, nel rispetto dei diritti fondamentali del cittadino, di cui, come si e' detto, il pubblico ministero e' garante. Cio' posto, non e' revocabile in dubbio che nessuna norma giuridica autorizzava il (OMISSIS) e il (OMISSIS) ad assumere le sommarie informazioni da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), secondo le modalita' in precedenza indicate, che, pertanto, hanno dato vita a una vera e propria costrizione illegittima nei confronti delle persone offese, alle quali veniva dolosamente prospettata l'inflizione di un danno, ingiusto rappresentato dalla immediata e sicura applicazione della detenzione carceraria. L'ingiustizia del danno minacciato si apprezza in particolar modo ove si tenga presente che l'esito paventato dai pubblici ministeri, come conseguenza certa della falsita' o della reticenza da loro attribuite alle persone escusse, non era e non e' giustificato da nessuna disposizione normativa, circostanza di cui gli imputati, in ragione della loro competenza professionale, non potevano non essere a conoscenza e che, tuttavia, non ha ostacolato il loro tentativo di comprimere la liberta' di autodeterminazione delle persone offese, pur di raggiungere il perseguito obiettivo investigativo. L'articolo 371 bis c.p., inserito nel corpo del codice penale dal Decreto Legge 8 giugno 1992, n. 306, articolo 11, comma 1, convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 1992, n. 356, prevede, invero, che chiunque, nel corso di un procedimento penale, richiesto dal pubblico ministero di fornire informazioni ai fini delle indagini, rende dichiarazioni false ovvero tace, in tutto o in parte, cio' che sa intorno ai fatti sui quali viene sentito, e' punito con la reclusione sino a quattro anni. Tuttavia, come correttamente rilevato dalla corte di appello, l'articolo 381 c.p.p., comma 4 bis, aggiunto dalla L. 8 agosto 1995, n. 332, articolo 26, prevede espressamente che "non e' consentito l'arresto della persona richiesta di fornire informazioni dalla polizia giudiziaria o dal pubblico ministero per reati concernenti il contenuto delle informazioni o il rifiuto di fornirle". Si tratta di una disposizione, come e' stato osservato, riguardante i soli contenuti dichiarativi direttamente collegabili all'attivita' di investigazione in corso di svolgimento, da parte del pubblico ministero e della polizia giudiziaria, e non le dichiarazioni integranti altri delitti, sicche' essa trova chiara applicazione con riferimento al reato, di cui all'articolo 371 bis c.p., che, in ragione della pena massima fissata in quattro anni di reclusione, in assenza di tale disposizione, sarebbe rientrato nel catalogo dei reati dolosi puniti con la pena della reclusione superiore nel massimo a tre anni, per i quali l'articolo 381 c.p.p., comma 1, consente l'arresto (facoltativo) in flagranza. Non ignora, peraltro, il Collegio l'esistenza di un orientamento della giurisprudenza di legittimita', secondo cui non integra gli estremi del reato di violenza privata la condotta preordinata a far desistere altri da un'azione illecita, in quanto la condotta che si assume impedita con violenza o minaccia, ad opera di un terzo, deve esprimere una lecita modalita' di esplicazione della personalita' (cfr. Sez. 5, n. 22853 del 29/04/2019, 23/05/2019, Rv. 276633). Si tratta, tuttavia, di un principio non applicabile al caso in esame, poiche', in disparte il tema gia' sviluppato delle modalita' contra legem con cui si e' proceduto all'assunzione delle sommarie informazioni, in tale momento non erano stati acquisiti elementi concreti che consentissero di qualificare come illecita la condotta di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali non si erano rifiutati di rispondere alle domande dei pubblici ministeri (circostanza che astrattamente avrebbe integrato la fattispecie di cui all'articolo 366 c.p., comma 3), ma semplicemente non avevano fornito a questi ultimi le risposte di cui avevano bisogno per la conferma della loro ipotesi investigativa, che li voleva correi del (OMISSIS). Non appare revocabile in dubbio, infine, che, come evidenziato con motivazione assolutamente congrua dalla corte di appello (cfr. p. 22 della sentenza impugnata), l'azione degli imputati, tenuto conto delle condizioni ambientali in cui il fatto si e' svolto, si presentava oggettivamente idonea a incutere timore nelle persone offese e a suscitare in queste ultime la preoccupazione di subire effettivamente il danno minacciato. Lo (OMISSIS), il (OMISSIS) e il (OMISSIS), invero, soggetti estranei al mondo della giustizia penale, dunque non dotati delle competenze che avrebbero loro consentito di avere contezza della contrarieta' alla legge processuale penale del comportamento dei pubblici ministeri, non avevano ragione di dubitare della fondatezza delle minacce rivolte nei loro confronti dagli imputati (che proprio su tale ignoranza hanno fondato il loro azzardo investigativo), come plasticamente traspare dalle reazioni del (OMISSIS) ("Fermiamo... fermiamoci. Mettetemi le manette") e del (OMISSIS) ("C'e' l'arresto- Benissimo, mi sparo un colpo. Non e' niente, anzi...le dico di piu': lo faccio con la macchina vado sotto un tir...cosi' e' ancora meglio"). 10.3. Manifestamente infondato, pertanto, risulta il tentativo delle difese degli imputati di ricondurre le condotte in contestazione al paradigma normativo di cui all'articolo 51 c.p., comma 1, secondo cui l'adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica autorita' esclude la punibilita', ovvero allo schema del reato impossibile. La migliore dottrina da tempo ha individuato il fondamento della scriminante di cui si discute nel principio di non contraddizione, alla luce del quale occorre evitare che il soggetto sia posto in una situazione di conflitto di doveri. Tuttavia, nel caso in esame, il fine cui e' orientata l'azione del pubblico ministero nella fase delle indagini preliminari, che, come si e' detto, e' in ultima analisi, la ricerca della verita' processuale, in quanto e' l'intero processo penale finalizzato a tale scopo, deve essere raggiunto nel rispetto delle regole processuali che disciplinano l'azione dell'organo della Pubblica Accusa, cosi' come, per applicare l'esimente in parola nel caso di ordine impartito da una pubblica autorita', occorre accertare che si tratti di un ordine formalmente e sostanzialmente legittimo, derivante, cioe', da un organo competente a emanarlo, in presenza dei presupposti giuridici e fattuali richiesti dalla legge per la sua emanazione, non essendo configurabile la scriminante dell'adempimento del dovere in caso di ordine illegittimo, in base al quale sia stato commesso un reato, come espressamente sancito dall'articolo 51 c.p., comma 2. Appare pertanto evidente come non possa essere invocata tale esimente nel caso, come quello in esame, in cui sia stato commesso un reato sulla base di una condotta posta in essere proprio in violazione delle norme (processuali) fondanti il dovere giuridico che si assume dotato di efficacia scriminante. Quanto al reato impossibile, va rilevato che la giurisprudenza di questa Corte da tempo risulta attestata sul condivisibile principio, secondo cui l'inidoneita' degli atti, valida per l'integrazione della figura del delitto tentato, deve essere considerata nella sua potenzialita' in quanto casualmente atta a conseguire il risultato progettato e prescinde dal contemporaneo inserimento di interventi esterni che abbiano impedito la realizzazione dell'evento. Mentre, per la configurabilita' del reato impossibile, l'inidoneita' deve essere assoluta per inefficienza strutturale e strumentale del mezzo usato tale da non consentire neppure in via eccezionale l'attuazione del proposito criminoso. In tema di reato impossibile, infatti, l'inidoneita' dell'azione - da valutarsi con riferimento al tempo del commesso reato in base al criterio di accertamento della prognosi postuma - deve essere assoluta, nel senso che la condotta dell'agente deve essere priva di astratta determinabilita' causale nella produzione dell'evento, per inefficienza strutturale o strumentale del mezzo usato, indipendentemente da cause estranee o estrinseche, ancorche' riferibili all'agente (cfr. Sez. 2, n. 7630 del 14/01/2004, Rv. 228557; Sez. 1, n. 870 del 17/10/2019, Rv. 278085; Sez. 5, n. 9254 del 15/10/2014, Rv. 263058). E per le ragioni gia' esposte non puo' dubitarsi che la condotta degli imputati fosse assolutamente idonea alla produzione dell'evento. Per completezza espositiva va osservato che la corte territoriale, attraverso un analitico esame degli esiti dell'attivita' di fonoregistrazione, ha ritenuto che gli imputati in realta' abbiano agito nel convincimento che le persone offese fossero correi del (OMISSIS), operando all'interno del meccanismo corruttivo ascritto a quest'ultimo, sicche', piuttosto che sentirli con le garanzie previste per gli indagati, avvisandoli della facolta' di non rispondere, hanno preferito escuterli in qualita' di persone informate sui fatti, per potere esercitare una maggiore pressione nei loro confronti (cfr. pp. 24-28 della sentenza impugnata). Anche in questa prospettiva, peraltro, come si e' gia' detto, resta ferma nei termini gia' indicati l'integrazione del delitto di violenza privata tentata, che, semmai, si connota di ulteriore gravita', proprio perche' strumentale alla violazione delle garanzie processuali previste per i soggetti indagabili. 11. Sulla base delle riflessioni svolte nelle pagine precedenti, risultano evidenti le ragioni di inammissibilita' dei motivi posti a fondamento dei ricorsi proposti, che si affiancano a quelle gia' evidenziate nel punto n. 5 della presente motivazione. 12. Manifestamente infondati, meramente reiterativi e tali da sollecitare una lettura alternativa delle risultanze processuali, in particolare, devono considerarsi i due motivi di impugnazione articolati nel ricorso a firma dell'avv. (OMISSIS), in relazione ai quali, come si e' detto, valgono le considerazioni gia' esposte in precedenza nei punti dal n. 6 al n. 10. A esse occorre solo aggiungere che appare evidente la manifesta infondatezza dell'eccezione difensiva volta a far valere un difetto di correlazione tra sentenza e imputazioni, avendo la corte territoriale affermato la sussistenza dell'elemento oggettivo del reato per cui si procede, nella forma della minaccia, laddove la contestazione aveva ad oggetto "modalita' intimidatorie e violenze verbali", posto che la minaccia penalmente rilevante, come si e' gia' diffusamente rilevato, si configura in presenza di ogni condotta, non predeterminata normativamente, che abbia idoneita' intimidatoria, sicche' la decisione risulta del tutto conforme alle imputazioni elevate. Quanto alla dedotta violazione dell'articolo 603 c.p.p., per avere la corte territoriale omesso di procedere alla rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, attraverso l'escussione dell'avv. (OMISSIS), affinche' quest'ultimo venisse sentito in ordine alle confidenze da lui riferite al (OMISSIS) sull'esistenza di una trama intessuta presso lo studio (OMISSIS), allo scopo di screditarlo e di eliminarlo dalle indagini sul "Sistema Trani", si tratta, ancora una volta di un rilievo inammissibile, per manifesta infondatezza. Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimita', condiviso dal Collegio, infatti, nel giudizio abbreviato di appello le parti non hanno un diritto all'assunzione di prove nuove, ma hanno solo il potere di sollecitare l'esercizio dei poteri istruttori di cui all'articolo 603 c.p.p., comma 3, essendo rimessa al giudice la valutazione dell'assoluta necessita' dell'integrazione probatoria richiesta (cfr., ex plurimis, Cass., Sez. 6, n. 51901 del 19/09/2019, Rv. 278061; Cass., Sez. 2, n. 5629 del 30/11/2021, Rv. 282585). Orbene, nel rigettare la richiesta di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, la corte territoriale ha reso una motivazione esaustiva, affatto manifestamente illogica o contraddittoria, ponendo a fondamento della sua decisione sul punto l'argomentazione, invero incontestabile, che i pubblici ministeri hanno agito senza essere stati coartati nelle loro condotte da soggetti esterni e che, ove anche si volesse attribuire alle persone offese un atteggiamento irriverente o provocatorio o callidamente rivolto a ordire una trappola in danno degli imputati (di cui peraltro non vi e' traccia), tale atteggiamento mai avrebbe potuto influenzare i pubblici ministeri al punto da spingerli a condurre l'assunzione delle sommarie informazioni con modalita' contrarie alla legge (cfr. pp. 28-29). Tale ultima considerazione rendeva del tutto superflua ogni ulteriore integrazione istruttoria. 13. Anche per il ricorso a firma dell'avv. (OMISSIS), l'inammissibilita' rappresenta un inevitabile epilogo decisorio. Manifestamente infondati e meramente reiterativi appaiono i rilievi svolti nel terzo motivo di impugnazione, rispetto ai quali, lo si ribadisce anche in questo caso, valgono le considerazioni gia' esposte in precedenza nei punti dal n. 6 al n. 10. Manifestamente infondato, inoltre, risulta il primo motivo di ricorso, in presenza di un costante orientamento della giurisprudenza di legittimita', condiviso dal Collegio, secondo cui l'efficacia preclusiva dell'emissione di un decreto di archiviazione non opera in presenza di fatto qualificato come oggettivamente diverso da quello cui si riferiva il provvedimento di archiviazione (Fattispecie in cui si e' ritenuto non operante la preclusione della necessaria preventiva riapertura delle indagini per la diversa configurazione del fatto avvenuta nel giudizio di appello, per il quale era stata richiesta l'archiviazione nella fase delle indagini preliminari: cfr. Sez. 1, n. 11576 del 17/02/2006, Rv. 233793). Pertanto quando la richiesta di archiviazione del pubblico ministero non abbia investito la notizia di reato nella sua interezza ma abbia riguardato solo una parte di essa e segnatamente una parte delle prospettate qualificazioni giuridiche in relazione alle quali si sia proceduto alla iscrizione, non sussiste la necessita' dell'autorizzazione alla riapertura delle indagini, ex articolo 414 c.p.p., per il reato che non aveva formato oggetto della predetta richiesta di archiviazione e per il quale lo stesso pubblico ministero aveva, invece, ritenuto di esercitare l'azione penale (cfr. Sez. 5, n. 14319 del 12/02/2014, Rv. 260207; Sez. 5, n. 18690 del 21/03/2022, Rv. 283015), peraltro seguendo, nel caso in esame, lo spunto contenuto nella decisione (su cui si tornera' nel prosieguo della trattazione, al n. 17) resa in fase cautelare il 5.9.2017 dal tribunale di Lecce, adito dal pubblico ministero ex articolo 310 c.p.p., che aveva ritenuto di potere astrattamente ricondurre la condotta degli imputati proprio al paradigma normativo di cui agli articoli 56 e 610 c.p., decisione confermata dalla Corte di Cassazione con sentenza del 15.12.2017. Fallace, in tutta evidenza, e' la tesi del ricorrente, secondo cui la corte territoriale avrebbe di fatto qualificato la condotta degli imputati, a dispetto della contestazione, ai sensi dell'articolo 611 c.p.. Come e' noto l'articolo 611 c.p., prevede una forma piu' grave di violenza privata, contraddistinta dalla specificita' del fine perseguito dall'agente: la commissione di un fatto costituente reato da parte del soggetto cui viene rivolta la violenza o la minaccia a tale scopo esercitata. Mentre dal punto di vista oggettivo, trattandosi di reato di pericolo e non di danno, per la sua consumazione non occorre che il fatto illecito venga effettivamente commesso, sotto il profilo soggettivo tale fattispecie richiede tanto il dolo generico, consistente nella volonta' cosciente e libera di usare violenza o minaccia a una persona, quanto il dolo specifico, che e' dato dal fine di costringere la persona violentata o minacciata a commettere un fatto preveduto come reato (cfr. Sez. 5, n. 10172 del 30/01/2007, Rv. 235837). Il dolo specifico, dunque, avrebbe implicato necessariamente la consapevolezza da parte degli imputati della falsita', ovvero della natura calunniosa, integrante il delitto ex articolo 368 c.p., delle dichiarazioni nei confronti del (OMISSIS) che essi pretendevano di raccogliere dallo (OMISSIS), dal (OMISSIS) e dal (OMISSIS), consapevolezza, tuttavia, del tutto indimostrata e non desumibile, certo, dal passaggio della motivazione della corte territoriale, evidenziato dal difensore del (OMISSIS), in cui il giudice di appello afferma che lo scopo degli imputati era quello di raccogliere elementi di prova a carico del (OMISSIS), perche' tale scopo non dimostra di per se' la volonta' da parte dei pubblici ministeri di raccogliere dichiarazioni di cui conoscevano la falsita'. In ordine al secondo motivo di ricorso, si osserva che la corte territoriale ha fatto corretta applicazione del principio affermato dalla giurisprudenza di questa Corte e condiviso dal Collegio, secondo, cui in tema di impugnazione, l'omessa considerazione da parte del giudice dell'impugnazione di una memoria difensiva, non comporta, per cio' solo, una nullita' per violazione del diritto di difesa, ma puo' determinare un vizio della motivazione per la mancata valutazione delle ragioni ivi illustrate, avuto riguardo alle questioni devolute con l'impugnazione (cfr. Sez. 3, n. 36688 del 06/06/2019, Rv. 277667). Orbene, nel caso in esame nessun vizio motivazionale risulta configurabile, in quanto gli elementi di fatto di cui si lamenta la mancata considerazione da parte del giudice di secondo grado assumono rilevanza, nella prospettiva del ricorrente: 1) al fine di dimostrare la fondatezza del "complotto" denunciato dall'avv. (OMISSIS), sulla cui irrilevanza, tuttavia, gia' si e' detto, affrontando il tema della mancata rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, posto dall'avv. (OMISSIS); 2) per contestare il percorso argomentativo seguito dalla corte territoriale sul versante della corruzione, profilo del pari del tutto irrilevante, come si e' osservato, ovvero allo scopo di desumere, con argomentazione plasticamente versata in fatto, la mancanza di volonta' degli imputati e l'inidoneita' della loro condotta dalla circostanza che essi "fossero perfettamente consapevoli che le audizioni venivano integralmente documentate attraverso la contestuale fonoregistrazione". 14. Inevitabile l'epilogo decisorio dell'inammissibilita' anche per l'impugnazione proposta nell'interesse del (OMISSIS), nonostante lo sforzo argomentativo profuso dai difensori in cento pagine di ricorso, a partire dal primo motivo di doglianza, con cui viene denunciata una, in realta', inesistente compressione del diritto di difesa del (OMISSIS), concretizzatasi, ad avviso del ricorrente, nell'avere il giudice di primo grado, dopo avere ascoltato uno dei due difensori di fiducia dell'imputato, interrotto la discussione dell'altro difensore, avv. (OMISSIS), affermando che, trattandosi di rito abbreviato, anche la discussione doveva essere ridotta nella durata, tenuto conto che aveva gia' discusso un altro difensore, e, infine, togliendogli la parola. Si tratta di un rilievo manifestamente infondato e meramente reiterativo di doglianza valutata e rigettata dal giudice di appello, con motivazione del tutto immune dai denunciati vizi. Al di la' di alcune non condivisibili sgrammaticature in cui e' incorso il giudice di primo grado (una per tutte: avere affermato che la durata della discussione finale nel giudizio abbreviato dovrebbe essere piu' breve che nel giudizio ordinario, come se la natura contratta del rito determinasse necessariamente una contrazione del tempo a disposizione della difesa per formulare le sue conclusioni), non puo' non rilevarsi la fondatezza delle osservazioni svolte al riguardo dalla corte di appello, partendo proprio dal tenore dell'intervento del giudice di primo grado sul punto, peraltro riportato nei motivi di ricorso (cfr. p. 19 della sentenza di secondo grado e pp. 7-8 del ricorso del (OMISSIS)). Come correttamente rilevato dalla corte territoriale, da un lato, "il tribunale ha chiesto alla difesa del (OMISSIS) di proseguire, concentrandosi sugli aspetti salienti del fatto, il che rientra pienamente tra i poteri di direzione della discussione attribuiti al giudice dall'articolo 523 c.p.p.". Dall'altro, l'avv. (OMISSIS), pur in presenza di un esplicito invito del giudice di primo grado a proseguire nella sua discussione attenendosi agli aspetti fondamentali della vicenda, desumibile con assoluta chiarezza dall'espressione rivolta al suddetto difensore "vada avanti cimentandosi sugli aspetti salienti del fatto", che il ricorrente non contesta, aveva deciso di sua spontanea iniziativa di interrompere la discussione, riportandosi "alle conclusioni dei colleghi" e chiedendo l'assoluzione del proprio assistito. Il ricorrente ritiene che l'avv. (OMISSIS) sia stato coartato nell'esercizio del suo mandato difensivo, ma tale convinzione si fonda su di una percezione meramente soggettiva del suddetto difensore, a fronte di una condotta del giudice procedente mantenutasi nel perimetro dei poteri di direzione della discussione finale, che l'articolo 523 c.p.p., comma 3, gli attribuiva proprio allo scopo di impedire, tra l'altro, "ogni divagazione e ripetizione". Ne' va taciuto che, come evidenziato dalla giurisprudenza di legittimita', i provvedimenti del giudice per la direzione della discussione sono adottati senza formalita', ai sensi dell'articolo 470 c.p.p., e nei confronti degli stessi non sono, di conseguenza, ipotizzabili le cause di nullita' di ordine generale previste dall'articolo 178 c.p.p., lettera c) ne' tantomeno essi sono suscettibili di censura per vizio di motivazione, non dovendo necessariamente essere motivati (cfr. Sez. 1, n. 48311 del 22/11/2012, Rv. 254089). 14.1. Manifestamente infondate, acriticamente reiterative e tali da sollecitare una lettura alternativa delle risultanze processuali devono considerarsi le censure articolate nel secondo, nel terzo e nel quarto motivo di ricorso, in relazione alle quali, come si e' detto, valgono le considerazioni gia' esposte in precedenza nei punti dal n. 6 al n. 10, nonche' nei punti n. 12 e n. 13, esaminando i ricorsi proposti nell'interesse del (OMISSIS). 14.2. Con particolare riferimento al sesto e al settimo motivo di ricorso, premesso che anche in questo caso si rimanda alla lettura delle considerazioni svolte nelle pagine che precedono per escludere la configurabilita' dell'esimente di cui all'articolo 51 c.p., manifestamente infondata appare la pretesa difensiva di riconoscerne comunque l'operativita', ai sensi dell'articolo 59 c.p., comma 4, ovvero di ricondurre la condotta del (OMISSIS) nella previsione dell'articolo 55 c.p., comma 1. In ordine a tale ultimo profilo si osserva che la dimostrata assenza degli elementi caratterizzanti la scriminante dell'adempimento di un dovere, impedisce di ravvisare l'eccesso colposo, che presuppone pur sempre l'esistenza di un dovere, imposto dalla legge o da un ordine dell'Autorita', di cui si oltrepassano colposamente i limiti (cfr., in tema di legittima difesa, ex plurimis, Sez. 5, n. 2505 del 14/11/2008, Rv. 242349; Sez. 5, n. 19065 del 12/12/2019, Rv. 279344). Tenuto conto della particolare competenza professionale degli imputati, e' manifestamente illogico ipotizzare che essi si siano resi responsabili di un eccesso dovuto a negligenza, imperizia, imprudenza e, in genere, a colpa nella valutazione dei limiti ai quali l'ordinamento sottopone le modalita' di assunzione delle dichiarazioni da parte delle persone informate sui fatti, apparendo, piuttosto, dotato di intrinseca coerenza logica il ragionamento svolto dalla corte territoriale secondo cui la loro condotta debba essere ricondotta a un eccesso consapevole e volontario, tale da integrare il dolo del delitto di cui si discute, trattandosi di una condotta, come messo in luce dalle modalita' con cui si e' estrinsecata, prevista e pervicacemente posta in essere dai ricorrenti (cfr. Sez. 1, n. 8133 del 05/07/1991, Rv. 188325), ragione per la quale nel caso in esame non appaiono configurabili, ne' l'erronea valutazione da parte degli imputati degli elementi di fatto o normativi extrapenali, ne' l'erronea esecuzione dell'azione astrattamente giustificata, le due categorie alle quali tradizionalmente dottrina e giurisprudenza riconducono l'eccesso colposo nelle cause di giustificazione. Identiche considerazioni valgono per la dedotta violazione della previsione dell'articolo 59 c.p., comma 4. Invero l'adempimento di un dovere in forma putativa postula i medesimi presupposti di quello reale, con la sola differenza che nel primo l'adempimento del dovere non sussiste obiettivamente, ma e' supposto dall'agente sulla base di un erroneo apprezzamento. Tale errore, che ha efficacia esimente, se e' scusabile e comporta la responsabilita' di cui all'articolo 59 c.p., u.c., quando sia determinato da colpa, deve in entrambe le ipotesi trovare adeguata giustificazione in qualche fatto che, sebbene malamente rappresentato o compreso, abbia la possibilita' di determinare nell'agente la giustificata persuasione di agire nell'adempimento di un dovere imposto dalla legge o da un ordine dell'Autorita', sicche' l'adempimento di un dovere putativo non puo' valutarsi alla luce di un criterio esclusivamente soggettivo e desumersi, quindi, dal solo stato d'animo dell'agente, teso, nella prospettiva del ricorrente, alla ricerca di elementi probatori giustificata da esigenze investigative, dovendo invece essere considerata anche la situazione obiettiva che abbia determinato l'errore (cfr., in questo senso, con riferimento alla legittima difesa putativa, ex plurimis, Sez. 3, Sentenza n. 3257 del 25/01/1991, Rv. 186611; Sez. 1, n. 3464 del 24/11/2009, Rv. 245634). Letta in questa prospettiva viene meno la stessa possibilita' di configurare un errore, sia esso scusabile o inescusabile per colpa, in quanto l'esame della condotta concretamente posta in essere dagli imputati, per le ragioni gia' esposte, pone in luce la dimensione dolosa del loro agire, che non viene meno sol perche' essi erano convinti, come rappresentato dai difensori del (OMISSIS), di essere tenuti a raccogliere elementi di fatto dotati di efficacia probatoria rispetto alla piattaforma indiziaria gia' acquisita. 14.3. Manifestamente infondata e acriticamente reiterativa deve essere valutata la censura articolata con il quinto motivo di ricorso. Da tempo la giurisprudenza di legittimita' e' attestata sul condivisibile principio, fatto proprio dalla corte territoriale, secondo cui l'errore sul fatto che, ai sensi dell'articolo 47 c.p., esime dalla punibilita' e' quello che cade su un elemento materiale del reato e che consiste in una difettosa percezione o in una difettosa ricognizione della percezione che alteri il presupposto del processo volitivo, indirizzandolo verso una condotta viziata alla base; mentre, se la realta' e' stata esattamente percepita nel suo concreto essere, non v'e' errore sul fatto, bensi' errore sulla interpretazione tecnica della realta' percepita e sulle norme che la disciplinano, ininfluente ai fini dell'applicazione della citata disposizione (cfr., ex plurimis, Sez. 6, n. 24605 del 03/04/2003, Rv. 225569; Sez. 5, n. 1780 del 26/10/2021, Rv. 282471). Risulta, pertanto, del tutto estraneo a tale istituto l'errore di fatto in cui, secondo l'impostazione difensiva, sarebbe caduto il ricorrente, nel ritenere, sulla base di un'erronea valutazione delle acquisizioni investigative, come "altamente probabile l'avvenuto pagamento da parte della " (OMISSIS) S.r.l." di una tangente satisfattiva della pretesa azionata dal pubblico funzionario (OMISSIS)", circostanza che aveva indotto il (OMISSIS) ad avvalersi della collaborazione del (OMISSIS), in considerazione della particolare competenza professionale di quest'ultimo e della sua conoscenza, in virtu' delle indagini da egli svolte nell'ambito di altri procedimenti penali, del "Sistema Trani". Cio' in quanto, se di errore si e' trattato, esso ha riguardato non un elemento materiale del delitto di violenza privata, ma, piuttosto, un mero antecedente psichico della condotta, cioe' il movente del comportamento tipico descritto dalla norma penale, estraneo alle componenti oggettive e soggettive del reato in questione. 15. In ordine all'ottavo motivo di ricorso, valgono le considerazioni gia' svolte sull'irrilevanza, ai fini della tenuta del costrutto accusatorio, di quanto sarebbe stato riferito al (OMISSIS) dall'avv. (OMISSIS), affrontando, nel punto n. 12 della presente motivazione, le doglianze prospettate dall'avv. (OMISSIS) nell'interesse del (OMISSIS). Nel resto il motivo risulta versato in fatto, laddove stigmatizza, sotto diversi profili, le condotte serbate dal (OMISSIS) e dal (OMISSIS), del pari irrilevanti, posto che la questione dell'attendibilita' e della lealta' delle persone offese su cui insiste il ricorrente risulta estraneo al thema decidendum, rappresentato dalla valutazione sulle modalita' con cui gli imputati procedettero all'assunzione delle sommarie informazioni, come cristallizzate negli esiti della relativa fonoregistrazione. Risulta, pertanto, del tutto fuori fuoco il rilievo difensivo, articolato con la consueta formula onnicomprensiva della mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione, gia' stigmatizzata nel n. 5 della presente trattazione, con riferimento al disposto dell'articolo 192 c.p.p., e del principio dell'al di la' di ogni ragionevole dubbio. A tale ultimo riguardo appare sufficiente osservare come in tema di prova, il dubbio idoneo ad introdurre un'ipotesi alternativa di ricostruzione dei fatti e' soltanto quello "ragionevole", ovvero quello che trova conforto nella logica, sicche', in caso di prospettazioni alternative, occorre comunque individuare gli elementi di conferma dell'ipotesi ricostruttiva accolta, non potendo il dubbio fondarsi su un'ipotesi del tutto congetturale, seppure plausibile (cfr. Sez. 3, n. 5602 del 21/01/2021, Rv. 281647), completamente assente nel caso in esame. 16. Anche il nono motivo di ricorso e' affetto da plurimi profili di inammissibilita'. Si tratta, innanzitutto, come si evince dalla incontestata sintesi dei motivi di appello operata dalla corte territoriale, di un motivo inedito, con il quale viene denunciata una violazione di legge non dedotta con i motivi di appello, che rende, sul punto, il ricorso inammissibile, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 3. Al tempo stesso il motivo appare manifestamente infondato. Come e' noto, infatti, da tempo la giurisprudenza di legittimita' e' attestata sul condivisibile principio, secondo cui, in tema di concorso di persone nel reato, ai fini dell'integrazione della circostanza attenuante della minima partecipazione (articolo 114, c.p.), non e' sufficiente una minore efficacia causale dell'attivita' prestata da un correo rispetto a quella realizzata dagli altri, in quanto e' necessario che il contributo dato si sia concretizzato nell'assunzione di un ruolo di rilevanza del tutto marginale, ossia di efficacia causale cosi' lieve rispetto all'evento da risultare trascurabile nell'economia generale dell'"iter" criminoso (cfr., ex plurimis, Cass., Sez. 2, n. 835 del 18/12/2012, Rv. 254051; Cass., Sez. 4, n. 49364 del 19/07/2018, Rv. 274037). Orbene, come il contributo causale del (OMISSIS) non possa ritenersi trascurabile appare evidente, tenuto conto, da un lato, dell'oggettiva e assoluta condivisione con il (OMISSIS) delle illecite modalita' di assunzione delle informazioni da parte delle persone offese; dall'altro, della circostanza che fu proprio il ricorrente a porre in essere la condizione che consenti' ai pubblici ministeri di commettere i reati per cui si procede nei loro confronti, avvalendosi della collaborazione del collega (OMISSIS), come ammesso dallo stesso imputato (cfr. pp. 63 e 80 del ricorso (OMISSIS)). Sicche' i rilievi di quest'ultimo, che, peraltro, con argomentare manifestamente illogico, pretende di fondare il riconoscimento dell'invocata circostanza attenuante sulla diversa e piu' favorevole entita' della pena inflittagli rispetto al (OMISSIS), senza tenere conto del fatto che tale graduazione implica soltanto un giudizio di minore gravita' della condotta del (OMISSIS) e non certo di trascurabile apporto all'azione criminosa, appaiono inammissibili anche perche' versati in fatto. 17. Considerazioni dello stesso tenore militano per l'inammissibilita' del decimo motivo di ricorso. Anche in questo caso, infatti, come si evince dalla incontestata sintesi dei motivi di appello operata dalla corte territoriale, ci si trova di fronte a un motivo inedito, con il quale viene denunciata una violazione di legge non dedotta con i motivi di appello, che rende, sul punto, il ricorso inammissibile, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 3. Al tempo stesso il motivo in questione appare manifestamente infondato e versato in fatto, laddove il ricorrente si concentra sulle condotte serbate dalle persone offese in sede di assunzione delle informazioni, presentandole, con affermazione meramente assertiva, come provocatorie, a fronte di una specifica ed esaustiva motivazione con cui la corte territoriale ha escluso che il (OMISSIS), lo (OMISSIS) e il (OMISSIS) abbiano serbato un comportamento provocatorio o protervo nei confronti degli imputati, sia pure nella prospettiva non dell'applicazione della circostanza attenuante di cui all'articolo 62 c.p., comma 1, n. 2), questione di cui la corte territoriale non e' stata investita, ma, come si e' visto in precedenza, al fine di escludere l'applicazione in loro favore del disposto degli articoli 51, 59 e 55 c.p. (cfr. pp. 28-29 della sentenza di appello). Vero e' che il tribunale di Lecce, con la richiamata decisione resa ai sensi dell'articolo 310 c.p.p., ha fatto riferimento a un atteggiamento "palesemente reticente assunto dai tre soggetti escussi" e a un comportamento "spesso irriguardoso e provocatorio adottato dal (OMISSIS)", tuttavia, allo stesso tempo, il giudice dell'impugnazione cautelare, ha rimandato al giudice di merito il compito di approfondire il tema e a tanto hanno provveduto i giudici di primo e di secondo grado, con motivazione, come si e' detto, immune da vizi. Del resto, ove anche si volesse ritenere, operando un sforzo notevole, che gli imputati siano precipitati non gia' in un generico stato di emozione, agitazione, stizza o iattanza, bensi' in un vero e proprio stato d'ira, perdendo il controllo di se stessi in conseguenza di un fatto privo di giustificazione nei contenuti e nelle modalita' esteriori, in quanto tale capace di alterare i loro freni inibitori (come richiesto dalla giurisprudenza di legittimita': cfr., ex plurimis, Sez. 1, n. 40177 del 01/10/2009, Rv. 245666), nessuno spazio vi sarebbe per il riconoscimento della circostanza attenuante di cui si discute, posto che, come affermato dall'orientamento dominante nella giurisprudenza di questa Corte, la circostanza attenuante della provocazione, pur non richiedendo i requisiti di adeguatezza e proporzionalita', non e' configurabile laddove la sproporzione fra il fatto ingiusto altrui e il reato commesso sia talmente grave e macroscopica, come nel caso che ci occupa, da escludere lo stato d'ira o il nesso causale fra il fatto ingiusto e l'ira (cfr., ex plurimis, Sez. 5, n. 8945 del 19/01/2022, Rv. 282823). 18. Manifestamente infondato, acriticamente reiterativo di doglianza gia' disattesa dalla corte territoriale con motivazione immune dai denunciati vizi e tale da sollecitare una rivalutazione sul merito del trattamento sanzionatorio non consentita in sede di legittimita', deve ritenersi l'undicesimo motivo di ricorso. E invero, come affermato dall'orientamento da tempo dominante nella giurisprudenza di legittimita', in tema di circostanze attenuanti generiche, posto che la ragion d'essere della relativa previsione normativa e' quella di consentire al giudice un adeguamento, in senso piu' favorevole all'imputato, della sanzione prevista dalla legge, in considerazione di peculiari e non codificabili connotazioni tanto del fatto quanto del soggetto che di esso si e' reso responsabile, ne deriva che la meritevolezza di detto adeguamento non puo' mai essere data per scontata o per presunta, si' da dar luogo all'obbligo, per il giudice, ove questi ritenga di escluderla, di giustificarne sotto ogni possibile profilo l'affermata insussistenza. Al contrario, e' la suindicata meritevolezza che necessita, essa stessa, quando se ne affermi l'esistenza, di apposita motivazione dalla quale emergano, in positivo, gli elementi che sono stati ritenuti atti a giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio; trattamento la cui esclusione risulta, per converso, adeguatamente motivata alla sola condizione che il giudice, a fronte di specifica richiesta dell'imputato volta all'ottenimento delle attenuanti in questione, indichi delle plausibili ragioni a sostegno del rigetto di detta richiesta, senza che cio' comporti tuttavia la stretta necessita' della contestazione o della invalidazione degli elementi sui quali la richiesta stessa si fonda (cfr., ex plurimis, Cassazione penale, sez. IV, 28/05/2013, n. 24172; Cass., sez. III, 23/04/2013, n. 23055, rv. 256172). Al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice puo' limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall'articolo 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicche' anche un solo elemento attinente alla personalita' del colpevole o all'entita' del reato ed alle modalita' di esecuzione di esso puo' risultare all'uopo sufficiente. (cfr. Sez. 1, n. 33506 del 07/07/2010, Rv. 247959; Sez.2, n. 23903 del 15/07/2020, Rv. 279549). Ne consegue che ai fini del diniego della concessione delle attenuanti generiche, non e' necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma e' sufficiente il riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, purche' la valutazione di tale rilevanza tenga conto, a pena di illegittimita' della motivazione, delle specifiche considerazioni mosse sul punto dall'interessato (cfr., ex plurimis, Sez. 3, n. 2233 del 17/06/2021, Rv. 282693). Al riguardo si e', inoltre, opportunamente chiarito che in tema di circostanze attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione e' insindacabile in sede di legittimita', purche' sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'articolo 133 c.p., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione (cfr. Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Rv. 271269). Infine, risulta del pari costante l'insegnamento della giurisprudenza di legittimita', secondo cui non e' censurabile, in sede di legittimita', la sentenza che non motivi espressamente in relazione a una specifica deduzione prospettata con il gravame, quando il suo rigetto risulti dalla complessiva struttura argomentativa della sentenza, principio affermato anche nel caso di mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche (cfr. Sez. 4, n. 5396 del 15/11/2022, Rv. 284096; Sez. 1, n. 12624 del 12/02/2019, Rv. 275057). Cio' posto, non appare revocabile in dubbio che la motivazione della sentenza oggetto di ricorso sia immune dai denunciati vizi. La corte territoriale ha preso in esame le regioni dell'appellante, ritenendo non rilevanti, ai fini del riconoscimento dell'invocato beneficio, la mancanza di precedenti penali a carico del (OMISSIS) e la fonoregistrazione dell'audizione delle persone offese, e attribuendo, per converso, esplicito valore, ai fini del rigetto della richiesta difensiva, alla condotta processuale del prevenuto, che ha protestato la propria innocenza, pur di fronte all'evidente sussistenza del reato. Orbene, non vi e' dubbio che, con riferimento a tale ultimo profilo sia ravvisabile un contrasto di orientamenti nella giurisprudenza di legittimita', rilevato dalla stessa corte territoriale e dai ricorrente. Da un lato, infatti, si e' affermato che la condotta processuale dell'imputato che, contro ogni evidenza della sussistenza del reato, protesti la propria estraneita' ai fatti, costituisce di per se' idonea motivazione in ordine al diniego delle attenuanti generiche in quanto, seppure l'esercizio del diritto di difesa rende, per scelta del legislatore, non penalmente perseguibili le dichiarazioni false rese a propria difesa dall'imputato, cio' non equivale a rendere quel tipo di dichiarazioni irrilevanti per la valutazione giudiziale del comportamento tenuto durante lo svolgimento del processo, agli effetti e nei limiti di cui all'articolo 133 c.p. (cfr. Sez. 4, n. 20115 del 04/04/2018, Rv. 272747; Sez. 2, n. 28388 del 21/04/2017, Rv. 270339). Dall'altro, in senso opposto, che la protesta d'innocenza o la scelta di rimanere in silenzio o non collaborare con l'autorita' giudiziaria, pur di fronte all'evidenza delle prove di colpevolezza, non puo' essere assunta, da sola, come elemento decisivo sfavorevole, non esistendo nel vigente ordinamento un principio giuridico per cui le attenuanti generiche debbano essere negate all'imputato che non confessi di aver commesso il fatto, quale che sia l'efficacia delle prove di reita' (cfr. Sez. 5, n. 32422 del 24/09/2020, Rv. 279778, nonche', nello stesso senso, Sez. 4, n. 5594 del 04/10/2022, Rv. 284189). Nel caso in esame, tuttavia, la soluzione del menzionato contrasto (per sanare il quale il ricorrente ha avanzato richiesta di remissione del ricorso alle Sezioni Unite di questa Corte) non assume valore decisivo, proprio perche' dall'intero apparato motivazionale della sentenza di appello si evince con assoluta chiarezza come abbia assunto valore decisivo al fine di non riconoscere le circostanze attenuanti generiche anche la particolare gravita' della condotta posta in essere dagli imputati, stigmatizzata in diverse occasioni dai giudici di secondo grado, proprio in ragione della violazione dei doveri connessi al ruolo di pubblico ministero da essi esercitato, sicche' non puo' certo sostenersi che le circostanze attenuanti siano state negate solo alla luce della protesta d'innocenza del (OMISSIS) e del (OMISSIS), contraddetta dalle risultanze processuali. 19. Manifestamente infondato e tale da sollecitare un'inammissibile rivalutazione del merito del trattamento sanzionatorio deve considerarsi il dodicesimo motivo di ricorso. Al riguardo si osserva che il giudice di appello ha operato un aumento a titolo di continuazione per ognuno dei due reati ritenuti unificati dall'identita' del disegno criminoso con il terzo, pari, rispettivamente a giorni venticinque e giorni venti di reclusione. Si tratta di un aumento minimo che non aveva bisogno di una specifica motivazione, in quanto, come affermato dalla giurisprudenza di legittimita', in tema di reato continuato, il giudice di merito, nel calcolare l'incremento sanzionatorio in modo distinto per ciascuno dei reati satellite, non e' tenuto a rendere una motivazione specifica e dettagliata qualora individui aumenti di esigua entita', essendo in tal caso escluso in radice ogni abuso del potere discrezionale conferito dall'articolo 132 c.p. (cfr. Sez. 6, n. 44428 del 05/10/2022), che certo non risulta integrato sol perche' gli aumenti operati a titolo di continuazione sono stati disomogenei, vale dire non della stessa entita'. 20. Inammissibile risulta anche il tredicesimo motivo di ricorso, in quanto con esso il ricorrente articola censure in punto di rivisitazione del merito del trattamento sanzionatorio, non consentite in questa sede. La corte territoriale, del resto, non ha reso una specifica motivazione sulla dosimetria della pena, ma ha ritenuto la pena irrogata equa, in applicazione dei parametri indicati dall'articolo 133 c.p., partendo dalla pena-base di mesi quattro di reclusione, tenuto conto della riduzione prevista per il tentativo, operando un aumento di giorni quindici di reclusione in ragione della contestata circostanza aggravante (degli aumenti di pena per la ritenuta continuazione si e' gia' detto) e applicando, infine, la riduzione prevista per la scelta del rito. Percorso motivazionale del tutto legittimo, posto che, come affermato dalla giurisprudenza di legittimita' con orientamento conforme, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalita' del giudice di merito, il quale, per assolvere al relativo obbligo di motivazione, e' sufficiente che dia conto dell'impiego dei criteri di cui all'articolo 133 c.p., con espressioni del tipo: "pena congrua", "pena equa" o "congruo aumento", come pure con il richiamo alla gravita' del reato o alla capacita' a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (cfr., ex plurimis, Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Rv. 271243). 21. Alla dichiarazione di inammissibilita', segue la condanna dei ricorrenti, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 3000,00 a favore della Cassa delle Ammende, tenuto conto della circostanza che l'evidente inammissibilita' dei motivi di impugnazione, non consente di ritenere questi ultimi immuni da colpa nella determinazione delle evidenziate ragioni di inammissibilita' (cfr. Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000). Gli imputati vanno, altresi', condannati alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili, che si liquidano in complessivi Euro 4000,00, oltre accessori di legge. P.Q.M. dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Condanna, altresi', gli imputati alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili, che liquida in complessivi Euro quattromila, oltre accessori di legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MOGINI Stefano - Presidente Dott. SIANI Vincenz - rel. Consigliere Dott. DI GIURO Gaetano - Consigliere Dott. CAPPUCCIO Daniele - Consigliere Dott. GALATI Vincenzo - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 27/10/2022 del TRIB. LIBERTA' di CATANZARO; udita la relazione svolta dal Consigliere SIANI VINCENZO; sentita le requisitoria del PG, DALL'OLIO MARCO, che conclude chiedendo l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata. uditi i difensori: L'avvocato (OMISSIS) conclude chiedendo l'accoglimento del ricorso. L'avvocato (OMISSIS) conclude chiedendo l'accoglimento dei motivi di ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con l'ordinanza in epigrafe, resa il 27 ottobre 2022, il Tribunale di Catanzaro - decidendo sull'istanza di riesame proposta nell'interesse di (OMISSIS) (classe (OMISSIS)) avverso l'ordinanza emessa il 26 settembre 2022 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro, con cui era stata applicata al suddetto indagato la misura della custodia cautelare in carcere, in relazione ai reati di cui ai capi 6 (reato di cui all'articolo 416, comma 1 e comma 2, aggravato ex articolo 416-bis.1, c.p.) e articolo 7 (reato continuato, in concorso con altri, di attivita' organizzate per il traffico illecito di rifiuti, di cui all'articolo 81, comma 2, articoli 110, 112, 452-quaterdecies, aggravato ex articolo 416-bis.1 c.p.), dell'imputazione provvisoria - ha confermato il provvedimento impugnato. 1.1. La richiesta di riesame e il successivo contraddittorio orale avevano riguardato l'esame della contestazione all'indagato della partecipazione all'associazione per delinquere di cui al capo 6), accusa cosi' articolata: - reato di cui all'articolo 416 c.p., comma 1 e comma 2, articolo 416-bis.1 c.p. perche' con le condotte e le qualita' indicate nel capo 7), (OMISSIS), quale promotore e organizzatore, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) (classe (OMISSIS)), (OMISSIS) (classe (OMISSIS)), (OMISSIS) (classe (OMISSIS)), (OMISSIS) (classe (OMISSIS)), (OMISSIS) (classe (OMISSIS)), (OMISSIS), quali organizzatori, altri soggetti, quali partecipi, si associavano nelle rispettive qualita' e nel perseguimento dei loro scopi per commettere piu' delitti relativi all'organizzazione di traffici illeciti di rifiuti e alla commissione di reiterate truffe ai danni del Gestore del servizio energetico nazionale, fatti e condotte di cui ai restanti capi di accusa; fatto aggravato dall'essere stato commesso per agevolare il sodalizio di âEuroËœndrangheta denominato locale di (OMISSIS) e le articolazioni di âEuroËœndrangheta del crotonese contermini, le quali monopolizzavano e organizzavano il trasporto del cippato in violazione della normativa sui rifiuti, conferendo materiale non conforme in accordo con i responsabili delle strutture a biomassa, nelle province di Cosenza Crotone e Brindisi, dal gennaio 2014 al febbraio 2017. All'indagato era contestato anche il reato fine di cui al successivo capo 7), cosi' articolato: - reato di cui all'articolo 81 c.p., comma 2, articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., comma 1, nn. 1 e 2, articolo 452-quaterdecies, 416-bis.1 c.p., perche', in concorso e previo accordo tra loro, nelle funzioni di seguito indicate, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con piu' operazioni e attivita' continuative organizzate: 1) gestivano, ricevevano, trasportavano e smaltivano materiale legnoso misto a scarti di segheria e altro materiale di risulta proveniente da tagli, sfalci e potature abusivi dagli stessi perpetrati e organizzati, intensivi e per questo pericolosi per l'ambiente; gestendo il predetto materiale, "cippandolo" in piazzali dagli stessi allestiti, mischiandolo illecitamente con materiale di risulta, e conferendo il predetto materiale presso centrali a biomassa ubicate in territorio calabrese (Cutro, Strongoli, Crotone, Laino Borgo ed Ecosesto-Cosenza), anche attraverso la redazione e predisposizione di falsa documentazione e false perizie di agronomi che attestavano diversa origine del materiale poi conferito in centrale a biomassa (in tal modo facendo assumere al materiale la qualita' di rifiuto, non rientrando, in tal modo, nella esclusione normativa di cui al Decreto Legislativo 3 aprile 2016, n. 152, articolo 185 comma 1, lettera f); 2) smaltivano, quindi, i dirigenti e i responsabili delle centrali a biomassa, l'ingente materiale come chips di legno vergine, bruciandolo per la produzione di energia elettrica incentivata per la quale le centrali sono destinatarie di fondi pubblici, con cio' guadagnandone l'ingiusto profitto costituito altresi' da un agevole smaltimento dei rifiuti e da un indebito incremento del volume di affari per i fornitori, determinato dal mischiare materiale legnoso vergine a scarti di segheria, lavori autostradali e/o sfalci e potature abusivi; in particolare, (OMISSIS) (classe (OMISSIS)), ramo "(OMISSIS)", e (OMISSIS) (classe (OMISSIS)) ramo "(OMISSIS)", in qualita' di imprenditori boschivi, cedevano abitualmente la documentazione ADA agli imprenditori (OMISSIS) al fine di far conferire loro materiale non tracciato presso le centrali a biomassa; inoltre, nel periodo dal 28/02/2018 al 17/04/2018, conferivano alla centrale a biomassa Enel, per il tramite dell'impresa (OMISSIS) Srl, dei fratelli (OMISSIS), 1.046,6 tonnellate di cippato, dichiarandone la provenienza del taglio del bosco di proprieta' di (OMISSIS) e altri (Aut. n. (OMISSIS) del 19/12/2017), eseguito in modo non autorizzato, esteso e pericoloso per l'ambiente; dal 02/05/2018 al 15/05/2018 conferivano ad Enel 638,28 tonnellate di cippato, con provenienza dichiarata dal taglio boschivo condotto con modalita' non autorizzate, esteso e pericoloso per l'ambiente, interessante la proprieta' di (OMISSIS) e (OMISSIS) (Aut. n. (OMISSIS) del 29/12/2017); nel periodo dal 30/05/2018 al 11/06/2018 fornivano alla centrale (OMISSIS) 1.246,73 tonnellate di cippato, privo dei requisiti di tracciabilita'/rintracciabilita', dichiarandone la provenienza dal bosco di proprieta' di (OMISSIS) (Aut. n. (OMISSIS) del 13/04/2017), dissimulandone qualita' e provenienza grazie anche al contributo causale di (OMISSIS) e (OMISSIS); fatto aggravato dalla sua commissione per agevolare il sodalizio di âEuroËœndrangheta suindicato nei sensi gia' esposti, nelle province di Cosenza. Crotone e Brindisi, nelle date suindicate e comunque dal gennaio 2014 al febbraio 2017. 1.2. Il complessivo procedimento era scaturito dall'articolata attivita' investigativa condotta dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro, che aveva messo sotto inchiesta le attivita' illecite della consorteria di âEuroËœndrangheta indicata come Locale di (OMISSIS), alla cui testa era collocato (OMISSIS), attiva nel territorio crotonese, cosca data per accertata sulla base di diverse sentenze, alcune delle quali divenute irrevocabili, e altre dettagliatamente indicate nella richiesta cautelare (ivi inclusa l'operazione denominata "Basso Profilo", per i riferimenti alla figura del suddetto (OMISSIS)), confermata dalle convergenti dichiarazioni (di accertata genuinita' e di attendibilita' intrinseca gia' validata in sede giudiziaria) provenienti da numerosi collaboratori di giustizia, nominativamente indicati, provenienti da contesti criminali eterogenei, i quali avevano apportato fondamentali contributi nella ricostruzione delle vicende criminali delle cosche di âEuroËœndrangheta del territorio crotonese, sia con riferimento alla composizione e alla struttura gerarchica del sodalizio di (OMISSIS), sia con riferimento al ruolo del suddetto capo. In questo quadro, la consorteria di (OMISSIS) era risultata molto attiva nel settore dello sfruttamento delle risorse boschive e dei conferimenti di cippato alle centrali a biomassa e, in ordine a questa attivita', il compendio indiziario acquisito era l'esito degli accertamenti contenuti in diverse informative relative a vari procedimenti, fra i quali quello in corso, e di svariate dichiarazioni di collaboratori di giustizia che avevano disvelato gli interessi di quella articolazione della criminalita' organizzata nello suddetto. 1.3. Il Tribunale ha inserito la posizione di (OMISSIS) (classe (OMISSIS)), amministratore unico della impresa boschiva costituita dalla Srl (OMISSIS), con attivita' prevalente di segheria di tronchi, taglio e piallatura del legno, lavorazione del legno, importazione e commercio all'ingrosso di legname, nel panorama fattuale ritenuto accertato in ordine alle due imputazioni riportate e ha concluso che per la sua posizione gli elementi acquisiti confermassero l'evenienza della gravita' indiziaria. Con riferimento allo specifico settore dell'attivita' di smaltimento del cippato, ritenuto illecito e finalizzato ad agevolare la cosca di (OMISSIS), il Tribunale ha richiamato i contributi dei collaboratori (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Il contributo di (OMISSIS) aveva fatto scoprire l'attivita' svolta nel settore dall'impresa facente capo a (OMISSIS) evidenziando il legame fra la societa' dei (OMISSIS) (ramo (OMISSIS)) e (OMISSIS), nel senso che anche le aziende dei (OMISSIS) garantivano l'ingerenza della criminalita' organizzata nel settore boschivo mettendo la loro attivita' a disposizione dei locali esponenti di âEuroËœndrangheta, primo fra tutti il capo (OMISSIS); in particolare, (OMISSIS) aveva affermato di avere assistito personalmente alle operazioni con cui tali aziende conferivano nelle centrali ogni tipo di scarto legnoso non conforme dichiarandolo poi come chips di legno vergine. Inoltre, sono stati richiamati i contributi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS). Si e' ricordato, poi, il ritrovamento nell'autovettura in uso a (OMISSIS), quando questi era stato assassinato in (OMISSIS), di alcuni fogli manoscritti relativi a vendita di legname, uno dei quali recava la sottoscrizione di alcuni proprietari di imprese boschive, tra cui (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), quest'ultimo genero di (OMISSIS) e operante nell'ambito dell'impresa (OMISSIS), ramo (OMISSIS). Si sono aggiunte: le dichiarazioni dell'imprenditore boschivo (OMISSIS), rese nel corso del procedimento denominato Stige, asseverative dell'esistenza di un cartello di imprese in grado di assicurarsi gli appalti boschivi indetti da enti pubblici, garantendosi il massimo profitto, alimentato dagli (OMISSIS), con il consenso della criminalita' organizzata; le indicazioni provenienti dal procedimento Kyterion e dall'operazione Imponimento; quelle derivanti dal procedimento n. 5676/17, dimostrative del ruolo della ditta (OMISSIS); le ripetute falsificazioni della documentazione di trasporto praticate dalla ditta (OMISSIS), finalizzate a fornire quantita' elevate di cippato a piu' centrali utilizzando gli stessi documenti, fino a raddoppiare la quantita' conferita. Al riguardo, il Tribunale ha considerato poi le dichiarazioni di (OMISSIS), il quale aveva riferito che gli (OMISSIS), dopo aver corrotto il funzionario incaricato, avevano sottoscritto un contratto con la centrale in esecuzione del quale gli stessi (OMISSIS) i (OMISSIS) e i (OMISSIS), ramo (OMISSIS), praticavano conferimenti illegali di materiale legnoso falsificando bolle e documenti e traportando veri e propri rifiuti, come pedane di pallet e altro. Queste dichiarazioni - ha precisato il Tribunale - sono state riscontrate dall'esito delle indagini dei Carabinieri di Matera, accertative dell'intervento di ditte boschive, fra cui quella degli (OMISSIS), che in occasione di tagli e potature procedevano a cippare il materiale e a trasportarlo alle centrali a biomassa calabresi, nonche' dall'esito delle molte conversazioni captate in questo procedimento, fra cui quella intercorsa tra (OMISSIS) e (OMISSIS) (ramo (OMISSIS)), da cui emergeva chiaramente che l'intera attivita' imprenditoriale era controllata a (OMISSIS), il quale era riuscito anche a pilotare la compravendita della centrale in modo da assicurare il sostentamento della consorteria di (OMISSIS), in relazione a cui era stato accertato che, una volta divenuta la centrale a biomassa di Cutro di proprieta' dei (OMISSIS), erano stati conclusi vari contratti con le societa' boschive che gravitavano nell'orbita della âEuroËœndrangheta di (OMISSIS). Ancora piu' di recente, segnalano i giudici del riesame, i Carabinieri di Trebisacce avevano riferito che le imprese boschive conferivano alle centrali molto piu' cippato di quello ricavabile dai tagli autorizzati, con l'emissione di documenti di trasporto falsificato. Con particolare riferimento all'impresa dei fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS), la captazione delle conversazioni sulla relativa utenza aveva permesso di accertare l'utilizzo improprio e fraudolento delle bolle di trasporto, essendo risultato che (OMISSIS) si adoperava con il suo dipendente, rag. (OMISSIS), per apportare delle modificazioni cartolari inerenti alla zona di provenienza del cippato, non potendo piu' essere conferito come proveniente da Amendolara, certificato da Enel come gia' saturo. Parimenti, il colloquio fra (OMISSIS) e (OMISSIS) circa la richiesta del proprietario del bosco di Amendolara, (OMISSIS), di ricevere l'originale dei documenti di trasporto del materiale prelevato dal suo bosco, e la documentazione poi acquisita, in relazione al tenore delle ulteriori conversazioni, confermava la difformita' fra quantita' conferite e dati dei documenti formati. Il complesso dei dati analizzati contrastava con le prospettazioni introdotte con la memoria difensiva, alle pagg. 22-31, in quanto dimostravano la riferibilita' all'impresa facente capo al ricorrente dei tagli abusivi, il cui frutto era stato poi dalla stessa commercializzato. Anche i documenti acquisiti presso la (OMISSIS) di Cutro, analizzati dai Carabinieri di Trebisacce, confermavano le manomissioni finalizzate a falsificare i dati relativi alle superfici di provenienza del cippato, al pari delle conversazioni intercorse tra i (OMISSIS) e (OMISSIS), titolare della (OMISSIS) Srl, essendo emersa una forma di reciproca collaborazione nello scambio della documentazione di tracciabilita' del legname per la commissione di condotte illecite nella commercializzazione e il conferimento di cippato, con particolare riferimento al flusso di cippato conferito alla centrale di Strongoli, apparentemente proveniente, tramite la suddetta (OMISSIS) Srl, dall'azienda agricola (OMISSIS), operante in Malvito, invece prelevato dalla segheria dei (OMISSIS), con l'individuazione degli autisti che si erano prestati all'effettuazione di tratte chilometriche fittizie, paradigmatiche risultando al riguardo le conversazioni fra (OMISSIS) e gli autotrasportatori (OMISSIS) e (OMISSIS). In ordine alla falsita' della documentazione, si sono richiamate in particolare le conversazioni tra (OMISSIS) e il succitato rag. (OMISSIS). Sulla richiamata griglia indiziaria e sulla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari, in specie di quella specialpreventiva, rafforzata dall'evenienza della presunzione di cui all'articolo 275 c.p.p., comma 3, i giudici del riesame hanno basato conclusivamente la conferma dell'ordinanza applicativa della misura cautelare in atto. 2. Avverso l'ordinanza hanno proposto ricorso i difensori di (OMISSIS) (classe (OMISSIS)) chiedendone l'annullamento in forza di quattro motivi. 2.1. Con il primo motivo si lamenta la violazione dell'articolo 125 c.p.p. per l'assenza ovvero l'apparenza della motivazione. La difesa sostiene che il Tribunale per giustificare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza si e' limitata a parafrasare il contenuto dell'ordinanza genetica, senza affrontare le censure articolate in sede di riesame, anche a mezzo di specifica memoria, allegata al ricorso per l'autosufficienza. Sulla premessa che la natura del giudizio di riesame imponeva al Tribunale di riesaminare il quadro generale dei presupposti legittimanti la cautela e i temi specifici posti dall'impugnante, senza limitarsi all'elaborazione di una motivazione solo compilativa del contenuto insito nell'ordinanza genetica, il ricorrente osserva che le questioni poste con la richiamata memoria sono state apoditticamente liquidate con due passaggi argomentativi inseriti al foglio 39 del provvedimento impugnato, senza averle affrontate in modo effettivo. In particolare, la difesa aveva prospettato e provato una ricostruzione dei fatti ascritti ai fratelli (OMISSIS) (ramo (OMISSIS)) nell'ambito dell'esercizio di un'attivita' d'impresa del tutto lecita: ribattere, come ha fatto il Tribunale, che gli elementi addotti erano inidonei ad aggredire il portato argomentativo dell'ordinanza genetica e' un'affermazione illogica e immotivata, elusiva delle censure contenute nello scritto difensivo e negli atti ad esso collegati. In primo luogo, veniva documentata, anche con il parere pro-veritate del prof. (OMISSIS), in esso inclusa la citazione delle inerenti sentenze della Corte di Giustizia UE, la liceita' della pratica commerciale della cessione a terzi del legname tagliato dalle ditte boschive e della successiva consegna di tale materiale da parte degli acquirenti alle centrali: circostanza che valeva a giustificare la regolarita' da parte dell'azienda dei fratelli (OMISSIS) del passaggio della documentazione di cui al fascicolo ADA all'azienda che aveva acquistato il prodotto ed effettuava il conferimento, e questi argomenti venivano rafforzati dalle dichiarazioni, raccolte in sede di investigazione difensiva, del Rag. (OMISSIS), dipendente amministrativo dell'impresa boschiva. In secondo luogo, era stata prodotta la consulenza tecnica della Dott. (OMISSIS), dimostrativa del fatto che l'azienda (OMISSIS), lungi dal costituire uno stabile partner delle imprese riconducibile ai fratelli (OMISSIS), aveva concluso con tali imprese un unico contratto di fornitura di legname nell'arco dell'intero periodo di interesse investigativo. A fronte di tale dato il Tribunale, pur avendo richiamato le dichiarazioni di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) in merito ai summit a cui avevano partecipato i fratelli (OMISSIS), arrestati nel gennaio 2018 per associazione mafiosa, non ha individuato alcun elemento tale da far desumere la consapevolezza in capo ai fratelli (OMISSIS) della pretesa collusione degli (OMISSIS) con gli ambienti di âEuroËœndrangheta, prima del suddetto arresto. In terzo luogo, si era argomentato in merito all'irrilevanza indiziaria delle captazioni citate, in una soltanto delle quali figurava l'intervento dell'indagato; si era evidenziato, sulla scorta del parere del prof. (OMISSIS), che gli scarti di segheria non rientrano nella categoria giuridica dei rifiuti, costituendo essi sottoprodotto di attivita' industriale, per cui potevano essere lecitamente commerciati per il successivo conferimento quale combustibile di una centrale a biomasse; si era documentata la prassi amministrativa con cui operava l'azienda dei (OMISSIS), che precludeva l'imputazione alla stessa delle eventuali difformita' fra il progetto e il taglio che fossero dipese da attivita' compiuta successivamente alla chiusura del verbale di taglio, redatto dall'agronomo individuato dal proprietario del bosco; si erano documentati i procedimenti giudiziari pendenti tra i fratelli (OMISSIS) (ramo (OMISSIS)) e (OMISSIS) (classe (OMISSIS), ramo Montezemolo), a sua volta in rapporto con il presunto boss (OMISSIS), cosi' come si era evidenziato che in otto anni di indagine non era stato rilevato alcun incontro o conversazione fra i fratelli (OMISSIS), da un lato, e i soci della FKE o (OMISSIS), dall'altro. Quanto al riferimento operato nell'ordinanza alla precisione e convergenza delle dichiarazioni rese dai collaboratori (OMISSIS) e (OMISSIS) a carico dell'indagato, la difesa obietta che la sintesi delle dichiarazioni di (OMISSIS) riportata nella prima parte dell'ordinanza non evidenzia alcuna circostanza o alcun episodio da cui possa trarsi il coinvolgimento di (OMISSIS) nella consorteria di cui al capo 6) nella strumentalizzazione della relativa azienda agli interessi dell'associazione, e cosi' anche per le dichiarazioni di (OMISSIS), trattandosi di mere attribuzioni di responsabilita' senza l'indicazione di fatti puntuali in grado di costituire la base probatoria delle accuse; e la carenza di specificita' connotante tali propalazioni ne ha determinato l'inidoneita' a superare la verifica della loro convergenza. Anche su tali tematiche i giudici del riesame, limitandosi a una stereotipata negazione, si sono sottratti a un approfondito confronto con esse. 2.2. Con il secondo motivo si denunciano la violazione dell'articolo 125 c.p.p., per assenza della motivazione in merito al concorso di (OMISSIS) nei reati a lui contestati e, in ogni caso, il vizio della motivazione in ordine allo stesso tema, per illogicita' manifesta riguardante il riscontro dei gravi indizi di colpevolezza, sia con riferimento al reato associativo, sia con riferimento al reato di traffico illecito di rifiuti, ricollegati alla mera qualifica formale da lui rivestita nella societa' boschiva condotta dal fratello. Su questo versante - evidenzia la difesa - le deduzioni svolte in sede di riesame, anche nel richiamato scritto difensivo, tese a sottolineare come l'intera attivita' di indagine non avesse fatto emergere una singola condotta, una singola conversazione, un singolo incontro o finanche un singolo riferimento fatto da altri alla persona di (OMISSIS), non sono state minimamente prese in considerazione nella motivazione del provvedimento impugnato. Eppure, tale carenza vale, secondo il ricorrente, a escludere la gravita' indiziaria, anche perche' priva di ogni possibile riscontro le indistinte propalazioni accusatorie rivolte da (OMISSIS) e (OMISSIS) ai fratelli (OMISSIS) (ramo (OMISSIS)). Si sottolinea, in particolare, come si fosse specificato innanzi al Tribunale che la carica di amministratore unico della societa' (OMISSIS) conferita a (OMISSIS) fosse in concreto un'attribuzione solo formale, dal momento che era (OMISSIS), fratello dell'indagato, l'amministratore effettivo e il dominus della societa', come risultava confermato dai rispettivi interrogatori di garanzia, dalle captazioni citate nel provvedimento, nonche' dalle dichiarazioni del dipendente della societa' (OMISSIS), escusso in sede di investigazioni difensive, il quale aveva chiarito di essere autista di autoarticolati nell'azienda suddetta e di conoscere benissimo l'indagato, che era un suo collega, nel senso che anch'egli faceva l'autista e guidava un cippatore, mentre le direttive all'interno dell'azienda erano sempre impartite dal fratello (OMISSIS). Il ricorrente lamenta che l'ordinanza impugnata fa riferimento costante ai (OMISSIS) in modo indiscriminato, senza mai individualizzare la posizione dell'indagato: l'unico larvato riferimento personale, quello al fol. 38 dell'ordinanza, e' costituito dal rinvio all'ordinanza genetica in relazione alla carica di amministratore unico della societa' facente capo ai (OMISSIS), ma si e' trattato di un rinvio vacuo, come dimostra la pagina 78 del provvedimento richiamato, in cui nulla di piu' specifico e' dato rinvenire circa la posizione dell'indagato. In conclusione, l'unico elemento valorizzato resterebbe la carica di amministratore unico rivestita da (OMISSIS), senza pero' che alcun argomento sia valso a contrastare la natura meramente formale di tale carica, inidonea a legittimare l'attribuzione di una responsabilita' da mera posizione. 2.3. Con il terzo motivo si prospettano ulteriormente la carenza della motivazione con riferimento al reato associativo di cui al capo 6), stante la mancanza dell'indicazione di comportamenti concreti indizianti ascrivibili all'indagato, con corrispondente erronea applicazione dell'articolo 416 c.p.. La difesa sostiene che, impregiudicate le precedenti doglianze, il comportamento posto a carico dell'indagato - ossia aver concorso a conferimenti illeciti di biomassa, attraverso la realizzazione di tagli di legname non autorizzati e la falsificazione della relativa documentazione, a beneficio proprio o di altre aziende - non avrebbe potuto sorreggere l'imputazione di cui al capo 6) sotto il profilo dell'impostazione giuridica e sotto quello della corrispondente motivazione a suo sostegno, perche' la prestazione di un contributo consapevole e volontario al perseguimento di un interesse del tipo indicato non integra i requisiti tipici del reato di cui all'articolo 416 c.p., contestato a (OMISSIS), peraltro nel ruolo di organizzatore, in quanto tale condotta non implica, di per se', l'adesione dell'autore a un programma delittuoso indeterminato, ne' dimostra il suo effettivo arruolamento nella corrispondente realta' organizzativa. In tal senso, nota il ricorrente, escluse le generiche dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, nessun altro elemento di prova indicato nella motivazione dell'ordinanza impugnata consente di riscontrare l'inserimento dell'indagato in seno all'associazione sub 6), men che meno in un ruolo direttivo; cio', considerato anche il carattere episodico del rapporto commerciale tra l'azienda (OMISSIS), peraltro in nessun caso intermediata da (OMISSIS), e il contesto incriminato: sicche' l'affermata integrazione, a livello di gravita' indiziaria, dei requisiti di tipicita' del reato associativo e' il frutto di una vera e propria supposizione dei giudici cautelari, i quali hanno presunto l'esistenza di una tentacolare realta' organizzativa, volta a monopolizzare il settore imprenditoriale in esame, non dimostrata da alcun elemento concreto. 2.4. Con il quarto motivo il ricorrente lamenta la carenza della motivazione in punto di esigenze cautelari, nonche' in tema di proporzionalita' e adeguatezza della misura custodiale carceraria. La difesa, muovendo dal disposto dell'articolo 275 c.p.p., comma 3, fa presente che la presunzione relativa posta da tale norma non esentava i giudici del riesame dal compito di effettuare una valutazione critica degli elementi loro sottoposti e, a maggior ragione, delle deduzioni difensive: invece, il Tribunale, per corroborare la tesi della sussistenza delle esigenze cautelari di natura special preventiva, ha superato il rilievo che l'attivita' di indagine relativa ai fatti esaminati si e' arrestata all'anno 2017 e tutte le aziende coinvolte nei presunti illeciti, ivi inclusa quella in cui e' socio (OMISSIS), sono state oggetto di sequestro, adducendo la supposizione che l'attivita' criminosa fosse proseguita in tempo successivo e paventando il rischio che gli indagati potessero reiterare le condotte criminose con altri mezzi: affermazioni di natura soltanto congetturale e, come tale, viziate da manifesta illogicita'. Inoltre, si stigmatizza l'assenza di notazioni individualizzati relative alla posizione dell'indagato tali da giustificare la misura di massimo rigore, anche perche' le stesse condotte a lui astrattamente riferite mai avrebbero potuto essere reiterate in assenza di poteri direttivi di un'azienda. 3. Il Procuratore generale, confermando con la requisitoria pronunciate nel corso della discussione orale le indicazioni tratteggiate nella memoria in precedenza rassegnata, chiesto l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata con esclusivo riferimento al vizio di motivazione in ordine alle esigenze cautelari, per essere, la motivazione dell'ordinanza, carente sotto lo specifico profilo della verifica dell'attualita' del periculum libertatis, mentre l'ordinanza appariva adeguatamente motivata in punto di riscontro della gravita' indiziaria a carico dell'indagato, proprietario di imprese boschive messe a disposizione del boss di âEuroËœndrangheta (OMISSIS), fatto confermato da vari collaboratori di giustizia, fra cui (OMISSIS) e (OMISSIS), e dai riscontri pure citati, emergendo il coinvolgimento della famiglia (OMISSIS) e, quindi, anche di (OMISSIS), senza distinzione con (OMISSIS), nella messa a disposizione delle proprie imprese, nell'acquisto dell'impianto di Cutro, nelle ripetute falsificazioni e irregolarita' commesse, volte a realizzare l'illecito smaltimento di rifiuti speciali; elementi che rimandavano al comune coinvolgimento dei (OMISSIS) nei reati loro ascritti nell'imputazione provvisoria. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso si profila fondato in relazione agli aspetti illustrati nelle considerazioni che seguono. 2. E' utile premettere i riferimenti ulteriori alla parte piu' rilevante in questa sede dell'ordinanza impugnata, cosi' integrando le notazioni svolte in parte narrativa. 2.1. Il Tribunale, sul piano della gravita' indiziaria, ha ritenuto che l'incrocio fra le fonti collaborative escusse, i controlli esperiti, la documentazione acquisita e il contenuto delle captazioni fosse idoneo a corroborare la complessiva ipotesi di accusa di cui al capo 7), anche e particolarmente con riguardo al periodo analizzato, dal 23.08.2018 al 12.10.2018. In particolare, la natura dei materiali risultati conferiti nelle occasioni censite e' stata valutata in guisa tale da confermare l'inquadramento dei medesimi quali rifiuti, ai sensi del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, articolo 183, comma 1, lettera a), (codice dell'ambiente), siccome si era trattato di chips da espianto di frutteto, potature di legno vergine, vinacce, chips di legno vergine da segheria, sansa esausta, materiali provenienti da coltivazioni, cippato da residui di segheria, come da relazioni tecniche richiamate nella richiesta cautelare, corroborate dal compendio captativo e dai servizi di osservazione, controllo e pedinamento. Sul piano generale, tali rifiuti sono stati ritenuti incompatibili con il ciclo di produzione delle biomasse: il conferimento era stato abusivo, organizzato, abituale e realizzato in forma standardizzata, per ingenti quantita', con la violazione dei requisiti posti dalla disciplina regolatrice della materia, in relazione alla frequente falsificazione dei documenti di trasporti, finalizzata a ostacolare l'accertamento della reale provenienza del prodotto. A (OMISSIS) (classe (OMISSIS)) i giudici del riesame hanno ascritto il conferimento, in collaborazione con gli (OMISSIS) e con (OMISSIS), degli scarti di lavorazione della propria segheria operato dichiarando la falsa provenienza del materiale da utilizzazioni boschive autorizzate, anche mediante la lumeggiata cooperazione degli imprenditori (OMISSIS). 2.2. In ordine al reato associativo sub 6), escluso il rapporto di specialita' con l'altro delitto, i giudici del riesame hanno parimenti ritenuto confermata la gravita' indiziaria, considerando essere state individuate la struttura organizzata nel cartello di imprese (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), le sue basi operative, l'indeterminatezza del programma criminoso - che aveva visto la sua massima espressione nell'acquisto strategico della centrale di Cutro da parte della (OMISSIS) (facente pero' capo al ramo Montezemolo dei (OMISSIS)) e che aveva avuto la sua genesi nel ruolo attivo di (OMISSIS), legato ai (OMISSIS) e in posizione tale da controllare gli (OMISSIS) - e la stabilita' del vincolo associativo. Circa la specifica posizione dell'indagato, amministratore della relativa impresa boschiva dalla quale proveniva la falsa documentazione che supportava i conferimenti illeciti, la partecipazione all'associazione e' stata ritenuta dimostrata dalla continuativa collaborazione con la famiglia (OMISSIS) e con gli (OMISSIS), nonche' dalla stabile cointeressenza con la societa' (OMISSIS) dagli imprenditori (OMISSIS) e dai collegamenti con la suddetta (OMISSIS), partecipazione non offuscata dalle frizioni fra i vari (OMISSIS) evidenziata dalla difesa, in quanto l'appartenenza all'associazione per delinquere non esige l'assenza di contrasti fra i sodali: elementi sintomatici del pieno inserimento dell'indagato, con l'impresa a lui riconducibile, nell'articolato sistema descritto, inserimento non contrastato dall'assenza di contatti diretti fra l'indagato e il capo cosca (OMISSIS). Tale quadro indiziario e' stato apprezzato dai giudici del riesame come idoneo a resistere anche alle obiezioni sviluppate con le allegazioni difensive. 2.3. Quanto alla verifica delle esigenze cautelari, la contestazione dei due indicati reati ha attivato - hanno ribadito i giudici del riesame - la presunzione relativa di cui all'articolo 275 c.p.p., comma 3, presunzione da considerare persistente con riferimento al pericolo di reiterazione dei medesimi delitti, considerate le modalita' e le circostanze delle violazioni esaminate, indicative di un elevato grado di serialita' e professionalita', senza che il sequestro dei mezzi parallelamente disposto abbia eliso le ragioni della misura cautelare personale, stante la persistente pericolosita' inerente alla persona dell'indagato. Quanto all'adeguatezza della misura, la presunzione suindicata di adeguatezza della custodia inframuraria e', secondo il Tribunale, confortata dalla valutazione di inadeguatezza di ogni altra cautela, ivi inclusa quella autocustodiale presidiata dal controllo elettronico, anch'essa inidonea a impedire i contatti instaurabili dall'indagato - per la pregressa pervicacia e per il suo inserimento in ambienti criminali di elevato spessore - al fine di perseguire le medesime finalita' illecite. 3. Posta la richiamata base descrittiva e argomentativa del provvedimento impugnato, la disamina delle censure articolate va effettuata nell'alveo tracciato dal principio di diritto secondo cui, in tema di misure cautelari personali, il giudizio di legittimita' relativo alla verifica della sussistenza o meno dei gravi indizi di colpevolezza (ex articolo 273 c.p.p.), oltre che delle esigenze cautelari (ex articolo 274 c.p.p.), deve riscontrare, nei limiti della devoluzione, la violazione di specifiche norme di legge o la mancanza o manifesta illogicita' della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato. Essa, dunque, non puo' intervenire nella ricostruzione dei fatti, ne' sostituire l'apprezzamento del giudice di merito circa l'attendibilita' delle fonti e la rilevanza dei dati probatori, bensi' deve dirigersi a controllare se il giudice di merito abbia dato adeguato conto delle ragioni che l'hanno convinto della sussistenza o meno della gravita' del quadro indiziario a carico dell'indagato e a verificare la congruenza della motivazione riguardante lo scrutinio degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che devono governare l'apprezzamento delle risultanze analizzate (v. sull'argomento Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828 - 01a le successive, Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Mazzelli, Rv. 276976 - 01; Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, Paviglianiti, Rv. 270628 - 01; Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, Tiana, Rv. 255460 - 01). Per quanto concerne piu' specificamente il rapporto fra le deduzioni difensive svolte in sede di riesame e la motivazione che il tribunale e' tenuto a fornire sui corrispondenti temi, si ricorda che l'obbligo di motivazione puo' ritenersi adempiuto anche qualora l'ordinanza del tribunale del riesame richiami per relationem, nell'ambito di una valutazione complessiva destinata a superare implicitamente i motivi dedotti, le argomentazioni contenute nel provvedimento genetico: cio', pero', a condizione che le deduzioni difensive non siano idonee a disarticolare il ragionamento probatorio proposto nell'ordinanza applicativa della misura cautelare, non potendo in tal caso la motivazione per relationem fornire una risposta implicita alle censure formulate. Pertanto, all'esito del riesame dell'ordinanza applicativa di una misura cautelare, e' legittima la motivazione che richiami (o riproduca) le argomentazioni contenute nel provvedimento impugnato ove siano mancate specifiche deduzioni difensive, formulate con l'istanza originaria o con successiva memoria, ovvero articolate oralmente in udienza, tali da rendere funzionalmente inadeguata la relatio su cui il richiamo si e' basato (Sez. 1, n. 8676 del 15/01/2018, Falduto, Rv. 272628 - 01; Sez. 6, n. 566 del 29/10/2015, dep. 2016, Nappello, Rv. 265765 - 01). In questa prospettiva si puo' ritenere senz'altro legittima la riproposizione anche di parti del provvedimento applicativo nell'ordinanza resa all'esito del riesame, sempre che, tuttavia, tale tecnica espositiva sia affiancata dalla dovuta analisi dei contenuti e dall'esplicitazione delle ragioni alla base del convincimento espresso in sede decisoria (Sez. 2, n. 13604 del 28/10/2020, dep. 2021, Torcasio, Rv. 281127 - 01). In siffatto alveo deve, peraltro, specificarsi - sulla premessa che la mancata valutazione di memorie difensive integra elemento che puo' influire sulla congruita' e correttezza logico-giuridica della motivazione del provvedimento che definisce la fase o il grado nel cui ambito siano state espresse le ragioni difensive che devono essere esaminate dal giudice cui vengono rivolte, sempre che tali memorie non si siano esaurite nella sostanziale reiterazione di argomenti difensivi gia' svolti, oppure abbiano veicolato deduzioni inconferenti rispetto all'oggetto del giudizio (per tutte, Sez. 1, n. 26536 del 24/06/2020, Cilio, Rv. 279578 - 01) - che l'omesso esame di una memoria difensiva da parte del tribunale del riesame in materia di misure cautelari puo' essere dedotto in sede di ricorso per cassazione c.p.p. quando - e soltanto quando - con la memoria siano articolate specifiche deduzioni, non limitate ad approfondire argomenti gia' prospettati proc. pen., ma contenenti autonome e inedite censure, ossia introducano temi potenzialmente decisivi, sui quali il provvedimento sia rimasto silente (Sez. 5, n. 11579 del 22/02/2022, Adiletta, Rv. 282972 - 01; Sez. 2, n. 38834 del 07/06/2019, Forzini, Rv. 277220 - 01). 4. Applicando alla fattispecie concreta i principi dianzi ribaditi, si rileva che fondatamente la difesa di (OMISSIS) (classe (OMISSIS)) ha evidenziato la determinante obliterazione di svariati argomenti di merito, aventi seria incidenza nella valutazione delle condizioni legittimanti la misura cautelare in atto, esposti nell'interesse dell'indagato nella memoria depositata innanzi al Tribunale del riesame. 4.1. Invero, per quanto concerne la posizione del ricorrente, il provvedimento impugnato, dopo aver lumeggiato con un quadro ampio la situazione antigiuridica complessivamente instaurata dal gruppo di soggetti indagati nell'attivita' di conferimento di materiale cippato o fatto passare per tale alle centrali destinate alla lavorazione delle biomasse, non si profila aver risposto in modo adeguatamente specifico ai rilievi difensivi inerenti alla critica delle circostanze ritenute nell'ordinanza genetica di grave portata indiziaria con riferimento alle condotte dei responsabili dell'impresa (OMISSIS) Srl e, nel relativo ambito, alla personale condotta di (OMISSIS), ramo (OMISSIS). E' vero che, dopo aver riproposto i temi gia' trattati nell'ordinanza applicativa della misura cautelare, il Tribunale (al trentanovesimo foglio del provvedimento, non numerato) ha ritenuto di disattendere in modo generalizzato le allegazioni difensive e la documentazione addotta a loro sostegno obiettando che esse tendevano a offrire una ricostruzione alternativa, in senso lecito, dell'intera vicenda, ma non aggredivano il portato argomentativo dell'ordinanza genetica e il merito della contestazione, aggiungendo, poi, a titolo esemplificativo, che l'addotto carattere lecito del combustibile costituito dagli scarti di segheria costituiva argomento efficacemente contrastato dalle rilevate attivita' di falsificazione documentale finalizzate ad attestare la diversa provenienza dei materiali conferiti alle centrali, considerando di carattere neutro gli altri rilievi difensivi e riportandosi alle dichiarazioni dei collaboratori (OMISSIS), corroborate da quelle di (OMISSIS) e dal materiale di natura captativa, per confermare l'approdo cautelare raggiunto dal Giudice per le indagini preliminari. E', pero', del pari incontestabile che le deduzioni difensive, introdotte con la memoria su alcuni non secondari versanti, si erano contraddistinte per un grado di specificita' argomentativa e di adeguato supporto lato sensu probatorio tale da non poter essere disattese con la, omnicomprensiva, risposta surrichiamata. Non irrilevante, invero, sarebbe stato analizzare le obiezioni emergenti dal parere pro-veritate addotto dalla difesa circa la natura lecita - o illecita - della cessione da parte dell'impresa boschiva a terzi del legname tagliato, onde verificare gli effetti di tale verifica anche sull'imputazione delle falsificazioni inerenti alla documentazione accompagnatoria del susseguente conferimento del materiale alle centrali, pur nel quadro dei restanti elementi emersi. Ne' superfluo sarebbe stato confrontarsi con l'esito della consulenza di parte svolta anche nell'interesse dell'indagato e addotta come dimostrativa dell'unicita' e occasionalita' del rapporto commerciale avuto dall'impresa dei (OMISSIS) con i fratelli (OMISSIS), successivamente raggiunti da misura cautelare perche' gravemente indiziati di associazione mafiosa, onde verificare, in primis, l'esattezza o meno dell'obiezione e, successivamente, se la stessa fosse comunque resistita dagli altri elementi indiziari acquisiti e analizzati, ivi incluse le evidenze captative citate nel provvedimento. Si era dedotta dalla difesa la necessita' logica di misurare tali dati alla luce della prospettazione secondo cui le rilevate discrepanze fra l'oggetto dei tagli di legname e le indicazioni delle corrispondenti registrazioni si erano verificate in una fase, successiva all'intervento dell'impresa boschiva (OMISSIS) e alla chiusura del verbale di taglio, in cui i responsabili di tale impresa non avevano titolo a intervenire. Si era altresi' evidenziata l'assenza di contatti diretti fra l'indagato e anche fra il fratello (OMISSIS), da un lato, e i soci della FKE e (OMISSIS), dall'altro. Si trattava di questioni che, essendo state prospettate in modo specifico dalla difesa dell'indagato per contrastare il tessuto argomentativo posto a base della gravita' indiziaria affermata nell'ordinanza applicativa della misura, cosi' da incidere sia sull'oggetto del reato ambientale di cui all'articolo 452-quaterdecies c.p. sub 7), sia sulla configurabilita' della partecipazione associativa ed eventualmente sul ruolo dei titolari dell'impresa boschiva (OMISSIS) all'associazione per delinquere sub 6), avrebbero richiesto un'analisi che, in modo corrispondente, toccasse per esplicito i vari punti ed esprimesse in maniera diretta gli argomenti logico-giuridici di contrasto. 4.2. Inoltre, per quanto particolarmente concerne la posizione dell'attuale ricorrente, non puo' ritenersi infondato il rilievo difensivo secondo cui le dichiarazioni accusatorie del collaboratore (OMISSIS) e quelle di riscontro del collaboratore (OMISSIS), inserite dai giudici della cautela nel quadro indiziario, non espongono, per come risulta dal tessuto del provvedimento impugnato, espliciti e diretti richiami di affermazioni dei rispettivi contributi dichiarativi alla figura di (OMISSIS) (classe (OMISSIS)), di guisa che l'indifferenziato riferimento ai (OMISSIS) avrebbe richiesto la specifica analisi individualizzante per assumere concreta valenza indiziaria nei riguardi dell'indagato. In tal senso si constata che nemmeno hanno rinvenuto, nel provvedimento impugnato, espressa confutazione le deduzioni dell'indagato volte a valorizzare l'esito delle investigazioni difensive, con particolare riferimento alle dichiarazioni del dipendente dell'impresa boschiva (OMISSIS), (OMISSIS), rese nel senso dello svolgimento del solo lavoro di autista da parte di (OMISSIS) (classe (OMISSIS)), ossia di un ruolo meramente esecutivo, senza alcuna sua immixtio nella sfera delle decisioni aziendali, sfera riservata a (OMISSIS), ad onta della carica di amministratore unico rivestita dall'indagato. Pure in ordine all'analisi del compendio captativo, l'ordinanza compie riferimento a un'unica conversazione che - senza l'emersione di altri elementi riferibili all'indagato - vede direttamente coinvolto (OMISSIS) (essa e' citata al ventiquattresimo foglio del provvedimento): l'unicita' di tale conversazione, evidenziata dalla difesa, meritava parimenti il necessario approfondimento, vieppiu' in rapporto alla sua valorizzazione per la verifica della gravita' indiziaria inerente al reato associativo la cui contestazione appare temporalmente formulata in forma chiusa con riferimento a periodo ("dal gennaio 2014 al febbraio 2017") oggettivamente diverso da quello in cui e' collocata quella conversazione (afferente al 2018). 4.3. Nei termini che precedono, le prime tre doglianze articolate dal ricorrente vanno, di conseguenza, accolte. Con riferimento alla valutazione della gravita' indiziaria relativa a entrambe le imputazioni, e' affiorata la sostanziale e determinante carenza del confronto argomentativo istituito dal Tribunale del riesame sulle questioni proposte dalla difesa di (OMISSIS) (classe (OMISSIS)) con la memoria depositata in quella sede, contenente le ulteriori censure suindicate su temi, nel loro complesso, potenzialmente decisivi per la posizione dell'indagato. 5. Al di la' del carattere dirimente sulla gravita' indiziaria delle considerazioni che precedono, va aggiunto che l'ordinanza impugnata si presta a censura pure per cio' che concerne l'approdo raggiunto in tema di esigenze cautelari, dovendo accogliersi, per quanto di ragione, le deduzioni difensive svolte nel quarto motivo e le - in parte consonanti - osservazioni espresse dal Procuratore generale in sede. Pur non obliterando che i giudici della cautela hanno delibato una fattispecie in cui vige (per la contestazione della circostanza aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p.) la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della misura cautelare inframuraria e pur tenendo conto della varieta' di opzioni ermeneutiche sul rilievo del decorso del tempo sulla persistenza della presunzione (da un lato, essendosi affermato - fra le altre, da Sez. 1, n. 13044 del 16/12/2020, dep. 2021, P., Rv. 280983 - 01, e da Sez. 3, n. 6284 del 16/01/2019, Pianta, Rv. 274861 - 01 - che, in tema di misure cautelari per i reati di cui all'articolo 275 c.p.p., comma 3, pur operando una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari, il tempo trascorso dai fatti contestati, alla luce della riforma di cui alla L. 16 aprile 2015, n. 47, e di un'esegesi costituzionalmente orientata della stessa presunzione, deve essere espressamente considerato dal giudice, ove si tratti di un rilevante arco temporale privo di ulteriori condotte dell'indagato sintomatiche di perdurante pericolosita', che puo' rientrare tra gli "elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari", cui si riferisce la stessa norma, dall'altro essendosi sottolineato - fra le altre, da Sez. 2, n. 6592 del 25/01/2022, Ferri, Rv. 282766 - 02 e da Sez. 1, n. 21900 del 07/05/2021, Poggiali, Rv. 282004 01 - che la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia cautelare in carcere, di cui all'articolo 275 c.p.p., comma 3, e' prevalente, in quanto speciale, rispetto alla norma generale stabilita dall'articolo 274 c.p.p., per cui detta presunzione fa ritenere sussistente, salvo prova contraria, non desumibile dalla sola circostanza relativa al mero decorso del tempo, i caratteri di attualita' e concretezza del pericolo), il Collegio ritiene determinante il rilievo che, nel caso in esame, e' emerso che si tratta di una vicenda le indagini relative alla quale sono risalenti al 2017 - 2018, e che per la posizione dell'indagato risulta carente ogni riferimento inerente al poliennale lasso di tempo successivo, alla sua condotta susseguente e alla concreta possibilita' della persistenza di contatti del medesimo con l'ambiente deviante in cui erano maturate le azioni oggetto di imputazione. Certo, il solo sequestro dei mezzi attraverso i quali veniva svolta l'attivita' contestata come illecita non genera di per se' la cessazione del periculum, dal momento che le misure - cautelare e personale - differiscono ontologicamente tra loro, perseguendo finalita' diverse e tutelando distinti beni giuridici (Sez. 3, n. 28515 del 28/02/2018, Bonvicini, Rv. 273354 - 01). Nella situazione data, pero', le ipotesi di reato ascritte a (OMISSIS), per il tempo a cui esse risalivano e per la qualita' delle condotte enucleate (per quanto enucleate) a suo carico, esigevano la verifica dell'attualita', oltre che della concretezza, del pericolo di recidiva, in presenza dei fattori suindicati. Inoltre, sotto il profilo della scelta della misura, con particolare riferimento alla possibilita' di adottare gli arresti domiciliari rafforzati dal controllo elettronico in luogo della custodia cautelare carceraria, andava e, se del caso, andra' osservato il principio di diritto in base al quale, quando si tratti di applicare la custodia cautelare inframuraria, a seguito della riforma introdotta dalla gia' citata L. n. 47 del 2015, quando non si sia al cospetto di una delle ipotesi di presunzione assoluta di adeguatezza, il giudice deve sempre (anche quando la presunzione esiste, ma e' soltanto relativa) motivare sull'inidoneita' della misura degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico (Sez. U, n. 20769 del 28/04/2016, Lovisi, Rv. 266651 - 01). Pertanto, solo la totale inidoneita' della custodia cautelare domestica rende superflua la motivazione comparativa fra le suindicate misure. Nel caso di specie, il Tribunale ha fornito una motivazione circa questo profilo, ma l'ha basata su indicatori ostativi alla misura autocustodiale rafforzata - quali la pervicacia dell'indagato nel perseguire finalita' illecite o il suo inserimento in ambienti criminali di elevato spessore - che, per come si e' osservato in precedenza, avrebbero dovuto essere giustificati in concreto, con preciso riferimento alla persona dell'indagato. 6. In conclusione, l'ordinanza impugnata deve essere annullata, in relazione ai profili man mano esaminati, con rinvio al Tribunale di Catanzaro per nuovo giudizio, da estrinsecarsi in piena liberta' valutativa, ma nel rispetto dei principi teste' esposti. Non comportando - la presente decisione - la rimessione in liberta' del ricorrente, segue altresi' la disposizione di trasmissione, a cura della cancelleria, di copia del provvedimento al direttore dell'istituto penitenziario, ai sensi dell'articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Catanzaro competente ai sensi dell'articolo 309 c.p.p., comma 7. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SABEONE Gerardo - Presidente Dott. GUARDIANO Alfredo - Consigliere Dott. SESSA Renata - rel. Consigliere Dott. PILLA Egle - Consigliere Dott. SGUBBI Vincenzo - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 20/04/2021 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA visti gli atti, ii provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dai Consigliere RENATA SESSA; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore LUCIA ODELLO; che ha concluso chiedendo. Il Procuratore Generale conclude per il rigetto di entrambi i ricorsi proposti. udito il difensore. L'avvocato (OMISSIS) si riporta ai motivi di ricorso e insiste per raccoglimento dello stesso. L'avvocato (OMISSIS) conclude per raccoglimento del ricorso specificando che, erroneamente, nella nota 28 del ricorso si rinvia a pagina 7 della sentenza impugnata laddove, invece, la pagina di interesse e' la 23 della sentenza impugnata. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza emessa in data 20 aprile 2021, la Corte di Appello di Caltanissetta ha confermato la pronuncia emessa, all'esito del giudizio abbreviato, dal G.U.P. presso il Tribunale di Caltanissetta il 19 febbraio 2020, con cui gli odierni ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS) erano stati condannati, rispettivamente, il primo alla pena complessiva di anni quattordici e mesi otto di reclusione per il reato di cui al capo A) della rubrica (articolo 416-bis comma 1, 2, 4 e 6 cod. pen), posto in continuazione con quelli gia' giudicati con sentenza della medesima Corte di appello del 17.7.2012 - che affermo' la partecipazione del (OMISSIS) al sodalizio criminoso in qualita' di responsabile dell'articolazione (OMISSIS) - nonche' alla pena di anni due per il reato continuato di cui al capo unico della rubrica (articoli 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 159 del 2011 articolo 75 comma 2 e L. n. 203 del 1991 articolo 7) e, lo (OMISSIS) - riuniti i reati ascrittigli sotto il vincolo della continuazione e considerato piu' grave quello di cui al capo A) della rubrica-alla pena di anni nove di reclusione, nonche' al risarcimento del danno in favore della parte civile costituita, (OMISSIS). 2. In particolare, il procedimento traeva origine dalle indagini svolte relativamente all'esistenza e all'operativita', nel territorio del Comune di (OMISSIS), di una organizzazione riconducibile all'associazione mafiosa denominata "(OMISSIS)" e nella quale era possibile rinvenire diversi livelli, tra i quali quello provinciale, il cui rappresentante era (OMISSIS). L'appartenenza all'articolazione (OMISSIS) contestata agli imputati e' stata desunta da materiale probatorio prevalentemente di natura intercettiva, da cui sarebbe emerso con chiarezza come essi costituivano una propaggine operativa dell'associazione di (OMISSIS), allacciando variegati rapporti con una pluralita' di soggetti ad essa appartenenti, tra i quali il citato (OMISSIS). 3. In data 4.11.2021, l'imputato (OMISSIS) ricorre avverso la predetta sentenza, a mezzo del proprio difensore di fiducia, chiedendone l'annullamento e affidando le proprie censure a quattro motivi. 3.1. Con il primo motivo, ex articolo 606 lettera b), c) ed e), si deduce violazione di legge in relazione agli articoli 192. 530 e 546, lettera e) c.p.p. e 416-bis c.p., nonche' mancanza di motivazione relativamente alla carenza dei requisiti di gravita', precisione e concordanza in merito a ciascuno degli indizi valorizzati nell'ordinanza di custodia cautelare del Tribunale di Caltanissetta e nell'ordinanza del Tribunale del Riesame, successivamente annullata con rinvio dalla Corte di Cassazione per carenza di gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di cui all'articolo 416-bis, carenza recepita, in sede di giudizio di rinvio, dal Tribunale del Riesame che annullava l'ordinanza di custodia cautelare, con conseguente scarcerazione del ricorrente. Nell'introdurre tale motivo di ricorso, la difesa ricorda come proprio in virtu' degli esiti processuali menzionati, nonche' dinanzi ad un quadro probatorio sostanzialmente immutato, chiedeva definirsi il procedimento allo stato degli atti, contenenti le indagini difensive gia' introdotte nell'interesse del ricorrente e che, nonostante cio', specie la Corte territoriale non ha tenuto conto di quanto statuito dalla citata ordinanza di scarcerazione del Tribunale del Riesame, che aveva ormai acquisito la forza di giudicato endo-procedimentale, piuttosto limitandosi a porre a fondamento del proprio convincimento in ordine all'affermazione di responsabilita' penale, il medesimo percorso motivazionale del primo Giudice, il quale a sua volta aveva aderito acriticamente a quanto affermato nell'ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere. I temi oggetto di valutazione della sentenza di primo grado, ripresi nella sentenza impugnata, e sui quali la stessa Suprema Corte aveva disposto l'annullamento con rinvio al Tribunale del Riesame, possono cosi' sintetizzarsi: a) sulle asserite visite del ricorrente al boss (OMISSIS) presso la propria masseria, deve rilevarsi che, contrariamente a quanto statuito nella sentenza impugnata, non vi e' alcun elemento di prova volto a dimostrare che (OMISSIS) si sia recato nel luogo citato, violando peraltro la misura di prevenzione alla quale egli era sottoposto, in quanto, nonostante la presenza di microspie sia all'interno delle automobili in uso ai propri nipoti che erano coloro che si erano recati presso la citata masseria, sia all'interno della stessa, non risultava captata la voce del ricorrente. Allo stesso modo, non si e' mai proceduto ad una compiuta identificazione, da parte degli inquirenti, dei soggetti a bordo delle vetture che accedevano alla masseria, tanto da poter affermare senza alcun ragionevole dubbio, la presenza del ricorrente in quel luogo; a fronte di cio' vi sono le dichiarazioni dei nipoti di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che hanno affermato, in sede di indagini difensive, di essersi recati loro con l'autovettura della loro madre presso la masseria di (OMISSIS) per motivi personali; in ogni caso non sono emersi i contenuti di quegli incontri; b) sulle informazioni rese dal dichiarante (OMISSIS), si osserva come, nonostante queste facessero riferimento a fatti collocati in epoca precedente a quelli oggetto di contestazione - precisamente negli anni 2008 e 2009 entrambe le sentenze di merito ne hanno travisato il contenuto, sostenendo come esse valessero a tratteggiare anche la condotta successiva posta in essere dal ricorrente, da cio' desumendo conferma del fatto supposto che a recarsi piu' volte presso la sopraindicata masseria del (OMISSIS) fosse (OMISSIS) e non i nipoti. Le affermazioni dei giudici di merito, quindi, non si confrontano con quanto affermato dalla Suprema Corte che aveva gia' evidenziato come tali dichiarazioni fossero state menzionate senza un'indicazione precisa circa l'epoca al quale il dichiarante si riferiva nonche' delle ragioni stesse della conoscenza; c) anche sulla partecipazione ad incontri conviviali presso l'azienda agricola dei fratelli (OMISSIS), la Corte territoriale si e' limitata ad effettuare un rinvio per relationem alla sentenza di primo, che a sua volta, richiamava pedissequamente quanto affermato nell'ordinanza di custodia cautelare in carcere, non fornendo alcuna valida motivazione in merito e basandosi, ancora una volta, su un dato indiziario privo dei requisiti della precisione e gravita' che depone al piu' per degli incontri di tipo meramente conviviale; d) in ordine ai commenti di (OMISSIS) - originariamente imputato nel medesimo procedimento con gli odierni ricorrenti e, successivamente, giudicato con le forme del rito ordinario - la Corte territoriale non ha tenuto conto delle deduzioni difensive secondo cui tali commenti erano frutto di fatti appresi dalla lettura dei quotidiani riportanti la cronaca giudiziaria dei procedimenti concernenti il ricorrente. Peraltro, anche l'affermazione durante una conversazione tenutasi tra il (OMISSIS) e (OMISSIS), dove il primo definiva (OMISSIS) il "boss di (OMISSIS)" - e in altre di analogo tenore - risulta priva di riferimenti specifici e concreti ai fatti di reato attuali; e) con riguardo, infine, ai rapporti tra (OMISSIS) e (OMISSIS) e ai lavori acquisiti dal primo presso il Comune di (OMISSIS), entrambe le sentenze di merito, non si confrontano con quanto statuito dalla Suprema Corte, che aveva affermato come i rapporti tra i due soggetti - meramente occasionali - non avevano precise connotazioni mafiose; e' piuttosto emerso che tali rapporti tra i due - a causa dei dissidi insorti per i comportamenti tenuti dai nipoti (OMISSIS) di (OMISSIS) presso il bar chiosco di (OMISSIS) - non fossero affatto buoni, a differenza di quanto assumono i giudici di merito; in ogni caso non emergono i contenuti di tali supposti rapporti. 3.2. Con il secondo motivo si lamenta violazione di legge ed erronea applicazione degli articoli 192, 546, lettera e) c.p.p. e dell'articolo 416-bis, nonche' vizio di motivazione in ordine ai contestato e ritenuto ruolo direttivo del territorio di (OMISSIS) attribuito al ricorrente ex articolo 416-bis, comma 2, c.p. Invero, dalle sentenze di merito non si evincono elementi di fatto dai quali potersi desumere la posizione di responsabile del sodalizio territoriale di (OMISSIS), ne' in che modo questi l'abbia potuta assumere, dal momento che non e' mai emerso che lo stesso abbia dato ordini a soggetti diversi da (OMISSIS) e da (OMISSIS). Peraltro, prive di rilevanza indiziaria in tal senso risultano sia l'affermazione fatta da (OMISSIS), il quale durante una conversazione, defini' il ricorrente "Boss di (OMISSIS)", sia le asserite riunioni presso l'azienda agricola dei fratelli (OMISSIS), in quanto se davvero si fosse trattato di riunioni tra sodali, gli inquirenti avrebbero compiuto le necessarie operazioni per intercettarne i dialoghi; ne' alcunche' aggiungono le dichiarazioni di (OMISSIS) che si riferiscono a periodo pregesso rispetto ai fatti di causa. 3.3. Il terzo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento agli articoli 192 e 546, lettera e) c.p.p., nonche' in relazione agli articoli 75 comma 2 Decreto del Presidente della Repubblica n. 159/2011 e L. n. 203 del 1991 articolo 7, per avere i giudici di merito desunto la presenza del ricorrente presso la masseria di (OMISSIS), da elementi connotati da assoluta incertezza. Invero, il giudice di primo grado, aderendo al contenuto dell'informativa della Squadra Mobile di (OMISSIS), affermava la presenza dell'imputato nel luogo predetto, senza che fosse stato compiuto alcun accertamento sull'identita' delle persone a bordo delle automobili avvistate in quel luogo. Allo stesso modo, anche la Corte territoriale, ha ignorato le dichiarazioni dei fratelli (OMISSIS), secondo cui essi erano i soli utilizzatori di dette automobili. Peraltro, non si tiene conto della circostanza per cui qualora il (OMISSIS) si fosse realmente recato presso la masseria in questione, la sua voce sarebbe stata intercettata dalle microspie collocate su entrambe le autovetture, nonche' da quelle collocate nei pressi della stessa masseria. Riguardo ai reati in argomento vengono in buona sostanza riproposti alcuni dei temi del primo motivo. 3.4. Con il quarto motivo, infine, si contesta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli articoli 81 e 133 c.p. relativamente al trattamento sanzionatorio e al mancato riconoscimento, da parte dei giudici di merito, del vincolo della continuazione tra il reato avente ad oggetto la violazione delle prescrizioni imposte con l'applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza ed i reati associativi avvinti, invece, dal vincolo della continuazione. Invero, l'esclusione della continuazione ha contribuito a rendere manifestamente sproporzionata la pena, irrogata gia' nella sua massima estensione edittale anche grazie o a causa della contestata recidiva aggravata. Inoltre, si lamenta che tale aggravante della recidiva non avrebbe dovuto trovare applicazione una volta che si era ravvisato il vincolo della continuazione tra i due segmenti di reato associativo succedutesi nel tempo. 4. Avverso la predetta sentenza, in data 19.10.2021, ricorre per cassazione anche l'imputato (OMISSIS), a mezzo dei propri difensori di fiducia, chiedendone l'annullamento ed articolando tre motivi. 4.1. Il primo motivo, ex articolo 606, lettera b) ed e) c.p.p., denuncia erronea applicazione della legge penale in relazione all'articolo 416-bis c.p. (capo A) della rubrica) e vizio di motivazione relativamente agli articoli 192 e 533 comma 1, c.p.p. nonche' mancanza di motivazione con riferimento alle deduzioni difensive avanzate. La difesa contesta l'affermazione della responsabilita' penale del ricorrente in ordine al reato di cui all'articolo 416-bis, evidenziando come l'ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Caltanissetta e confermata dal Tribunale del Riesame del medesimo luogo, era stata annullata con rinvio dalla Suprema Corte di Cassazione con sentenza del 8.11.2018, a causa della ravvisata mancanza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato contestato e, in conseguenza del suddetto annullamento, lo stesso Tribunale del Riesame, con ordinanza del 27.12.2018, aveva disposto la scarcerazione del ricorrente per difetto dei gravi indizi di colpevolezza quanto al capo associativo. Pertanto, le sentenze di merito, nell'affermare la responsabilita' penale dell'imputato, altro non fanno che replicare il percorso motivazionale adottato dal giudice della misura ma successivamente svalutato in sede cautelare, utilizzando un compendio indiziario completamente travisato. Indi vengono proposti temi analoghi a quelli indicati nel primo motivo di ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS). In particolare, in relazione alla posizione del ricorrente si osserva altresi': quanto all'attestazione di mafiosita' da parte di (OMISSIS) essa non puo' essere presa in considerazione perche', come scrive anche lo stesso giudice di primo grado, le dichiarazioni del predetto "non costituiscono appannaggio conoscitivo esclusivo di un'elite di soggetti, sicche' non puo' ricavarsene particolari elementi a suffragio dell'intraneita' di (OMISSIS) nel sodalizio con conseguenze affidabilita' delle sue esternazioni"; quanto alla risoluzione da parte dei ricorrente di contrasti tra spacciatori o di problemi di creditori delusi, il ragionamento e' strutturato in termini di puro sospetto, non si rappresenta in che modo dovrebbe risultare il dinamismo di (OMISSIS) nel tessuto organizzativo di (OMISSIS), a fronte di una elenco di frequentazioni non associate alla trattazione di affari mafiosi; quanto al "vantaggio tratto dall'odierno ricorrente dal metus esercitato sugli amministratori comunali (OMISSIS)" costituente "la diretta conseguenza della sua accertata e conosciuta intraneita' al sodalizio mafioso di appartenenza", l'argomentazione e' nuovamente articolata in termini di sospetto a fronte della mancanza di elementi sull'adozione esplicita o implicita di metodo mafioso da parte di (OMISSIS) sicche' la conclusione secondo cui certi asseriti favori gli fossero dovuti in quanto esponente di (OMISSIS) non potrebbe che fondarsi sulla improbabile massima di esperienza secondo cui laddove esiste la mafia chi riceve indebiti favori deve ritenersi mafioso. Discorso a parte merita poi la vicenda di (OMISSIS) relativa ad una singola conversazione telefonica non eloquente avendo l'interlocutore spiegato che le frasi incriminate relativa ad una spettanza remunerativa non si riferissero affatto a (OMISSIS), con quel che ne consegue sugli effetti a cascata che si leggono sul punto nelle pronunce di merito. Tale circostanza e' del tutto ignorata dalla sentenza impugnata che invece assegna suggestivo valore a tale conversazione. In conclusione, il compendio indiziario che ha portato alla condanna del ricorrente costituisce la riproposizione di un disordinato coacervo di eterogenei elementi rivitalizzati - dopo la loro valutazione in sede cautelare - attraverso una marcata "chiave di lettura territoriale" di quelli che dovrebbero essere gli elementi sintomatici invece obiettivi della specifica contestazione ( (OMISSIS) parla di assidua frequentazione tra (OMISSIS) e (OMISSIS) a fronte di tre soli incontri in sei mesi del tutto spiegabili in un piccolo centro come quello di (OMISSIS), verificatisi per di piu' presso il locale pubblico gestito da (OMISSIS)). 4.2. Egualmente, il secondo motivo, ex articolo 606, lettera b) ed e) c.p.p., deduce violazione di legge penale in relazione al capo B) della rubrica (in ordine al reato di cui agli articoli 56, 629 commi 1 e 2, in relazione all'articolo 628 c.p. e articolo L. n. 203 del 1991 articolo 7, nonche' vizio di motivazione sia in relazione alle regole di valutazione della prova di cui agli articoli 192 e 533 comma 1, c.p.p. che alla mancata motivazione in merito alle deduzioni difensive. La Corte territoriale ha posto a sostegno della propria decisione un percorso argomentativo frutto di travisamento delle prove, aderendo al ragionamento reso dal G.U.P. e senza confrontarsi con le doglianze proposte nell'atto d'appello. Invero, la sentenza impugnata non ha risposto ne' alle censure inerenti all'intercettazione della conversazione intercorsa tra l'imputato e la parte civile, (OMISSIS), dalla quale, contrariamente a quanto sostenuto, emergono elementi deponenti per l'estraneita' dell'imputato al fatto contestato, avendo piuttosto egli in essa negato ogni suo coinvolgimento nell'incendio del camion minacciando il suo interlocutore di denuncia, e all'inattendibilita' delle dichiarazioni della presunta persona offesa, ne' ha tenuto conto delle dichiarazioni liberatorie rese dal Santanna e dal Calafato, le quali invece confermano quanto narrato dall'imputato in sede di interrogatorio di garanzia (riferibilita' della richiesta di denaro a pregressi lavori svolti), risultando cosi' utili a comprendere il dialogo intercorso tra questi e la parte civile. Con riferimento alle aggravanti contestate al ricorrente, la difesa pone in evidenza come la tentata estorsione fosse stata commessa in periodo antecedente a quello di partecipazione associativa contestata al ricorrente, derivandone in tal modo sia l'insussistenza dell'aggravante di cui all'articolo L. n. 203 del 1991 articolo 7, sia quella di cui all'articolo 628 comma 1, n. 3 c.p. (con la precisazione che rispetto a tale aggravante sebbene non oggetto di specifica contestazione in appello sarebbe stato comunque onere del giudice valutarne la sussistenza trattandosi di qualificazione giuridica del fatto inteso nel suo complesso). 4.3. Con il terzo motivo, infine, si lamenta vizio di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio applicato all'imputato, per non avere, la Corte territoriale, operato alcuna distinzione tra la posizione di questi rispetto a quella di (OMISSIS), il quale occupava infatti un ruolo direttivo all'interno dell'associazione contrariamente a quello di mero partecipe dello (OMISSIS), operando cosi' un giudizio "collettivo", non tarato sui singoli soggetti (partendo dalla pena base di anni dodici di reclusione anche per (OMISSIS)). CONSIDERATO IN DIRITTO 1.Il ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS) e' fondato limitatamente al motivo sulla continuazione tra il reato associativo e quelli di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 159 del 2011 articoli 75, comma 2,: esso e' inammissibile nel resto. Il ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS) e' inammissibile. I ricorsi muovono entrambi dalla considerazione che i giudici di merito - il g.i.p. prima e la corte di appello poi - non avrebbero tenuto in debito conto le ragioni poste da questa corte a base dell'annullamento dell'ordinanza del tribunale del riesame che aveva confermato la misura cautelare applicata ai ricorrenti, e, argomentando anche alla luce di esse, assumono che la sentenza impugnata e' deficitaria (dolendosi tra le righe di aver richiesto il giudizio abbreviato in considerazione dell'esito cautelare come se quella conclusione decisoria potesse in qualche modo precludere al giudice della decisione di valutare diversamente il compendio probatorio). Una siffatta premessa metodologica e' evidentemente errata non essendo il giudice della responsabilita' penale - come ha peraltro gia' spiegato la sentenza impugnata - in alcun modo vincolato dal giudizio reso nella fase cautelare, sicche' puo' capitare che le due valutazioni non coincidano pure a fronte del medesimo coacervo probatorio per essere diverso l'approccio mediante il quale esse si sono poste rispetto ad esso. Ne discende che a fronte di una ricostruzione delle vicende che - come quella svolta della sentenza impugnata - si muove nell'ottica unitaria del collegamento probatorio degli indizi non senza averli soppesati prima singolarmente, i ricorsi avrebbero dovuto, piu' che rapportarsi al diverso esito cautelare sposandone in toto il percorso argomentativo, evidenziare gli aspetti che potessero mettere in crisi la diversa impostazione seguita dalle pronunce di merito, e non limitarsi a una rinnovata prospettazione atomistica degli svariati elementi emersi, peraltro gia' oggetto di specifica confutazione da parte del giudice della decisione. I motivi dei ricorsi inerenti ai fatti, rimanendo ancorati ad una visione poco incline ad una valutazione complessiva - anche quando tirano le somme del ragionamento lo fanno in un'ottica pur sempre atomistica - concludono - con esito scontato stante l'errato approccio - che i singoli indizi sommati tra loro non darebbero alcun risultato utile positivo. Attraverso una siffatta operazione, tuttavia, non solo operano in maniera difforme dai parametri di valutazione come indicati nella giurisprudenza di questa Corte - che in tema di valutazione della prova indiziaria, richiede che invece il giudice di merito non puo' limitarsi ad una valutazione atomistica e parcellizzata degli indizi, ne' procedere ad una mera sommatoria di questi ultimi, ma deve, preliminarmente, valutare i singoli elementi indiziari per verificarne la certezza (nel senso che deve trattarsi di fatti realmente esistenti e non solo verosimili o supposti) e l'intrinseca valenza dimostrativa (di norma solo possibilistica), e, successivamente, procedere ad un esame globale degli elementi certi, per accertare se la relativa ambiguita' di ciascuno di essi, isolatamente considerato, possa in una visione unitaria risolversi, consentendo di attribuire il reato all'imputato al di la' di ogni ragionevole dubbio e, cioe', con un alto grado di credibilita' razionale, sussistente anche qualora le ipotesi alternative, pur astrattamente formulabili, siano prive di qualsiasi concreto riscontro nelle risultanze processuali ed estranee all'ordine naturale delle cose e della normale razionalita' umana (cosi' tra tante Sez. 1, n. 8863 del 18/11/2020 Ud. (dep. 04/03/2021) Rv. 280605 - 02) -, ma non si confrontano neppure con la ben piu' articolata pronuncia impugnata che, nell'arricchirsi anche dei passaggi argomentativi della sentenza di primo grado, espressamente di volta in volta richiamati, finisce con il dare un quadro esaustivo, armonico e completo, delle vicende (si rammenta che in quanto conformi le due sentenze di primo e secondo grado si integrano fra loro andando a costituire un corpo unico essendo identici i parametri di valutazione impiegati dai rispetti giudici che le hanno pronunciate sicche' in alcun modo il richiamo per relationem operato nella sentenza impugnata alla pronuncia di primo grado puo' ritenersi illegittimo, risultando rispettati tutti i parametri che devono accompagnare la fisiologia di tale modus operandi, in particolare quello di un recepimento non acritico del precedente percorso argomentativo). 1.1.Innanzitutto, quanto a (OMISSIS), occorre partire dal dato - non sufficientemente considerato in ricorso - che la partecipazione associativa oggetto del presente procedimento non costituisce un novum per il ricorrente, essendo stato egli gia' condannato con sentenza irrevocabile emessa dalla Corte di Appello di Caltanissetta in data 17.7.2012, irrevocabile il 25.1.2013, per essere stato uno dei capi della medesima associazione imperante in (OMISSIS), facente capo alla famiglia di (OMISSIS) di (OMISSIS). A tale riguardo si osserva che se e' certamente indubbio che ai fini dell'accertamento della partecipazione ad un'associazione mafiosa non rileva solo l'affectio societatis, ma e' richiesta la verifica di un rapporto di stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare, piu' che uno "status" di appartenenza, un ruolo dinamico e funzionale, in ragione del quale taluno "prende parte" al fenomeno associativo, dando dimostrazione di porsi a disposizione dell'ente per il perseguimento delle sue finalita' criminose (Sez. Un, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231670; Sez. 5, n. 6882 del 06/11/2015, dep. 2016, Rv. 266064; Sez. 6, n. 8929 del 17/09/2014, dep. 2015, Rv. 263654; Sez. 1, n. 39543 del 24/06/2013, Rv. 257447), e' tuttavia altrettanto indubbio che ove, come nel caso di specie, risulti la pregressa militanza nella medesima associazione non si possa prescindere da tale dato; tale circostanza, cioe', si riverbera sulla valutazione della partecipazione oggetto della pronunce di merito, non rimanendo irrilevante ai fini valutativi della successiva condotta partecipativa, secondo il costante orientamento di questa Corte, la precedente partecipazione soprattutto nell'ipotesi in cui si tratti della stessa associazione - circostanza questa acclarata dai giudici e non specificamente contestata dai ricorsi - qualificandosi in definitiva in tale evenienza la partecipazione come ulteriore segmento partecipativo che si pone in prosecuzione del pregresso; partecipazione che nei caso di specie e' sottolineata, secondo la ricostruzione confermata nella sentenza impugnata, dalla rinnovata messa a disposizione di (OMISSIS) all'uscita dal carcere. Cio' ovviamente non significa che tale ulteriore segmento partecipativo non debba essere oggetto di prova secondo i parametri ordinari, ma implica che nella valutazione peculiare che ne deriva difficilmente si possa prescindere dal dato pregresso che ben puo' assumere rilievo ai fini della nuova verifica da compiere. Piu' precisamente questa Corte ha gia' avuto modo di affermare che in tema di associazione a delinquere di stampo mafioso, la condotta di partecipazione deve essere provata con puntuale riferimento al periodo temporale considerato dall'imputazione, sicche' l'esistenza di una sentenza di condanna passata in giudicato per lo stesso delitto in relazione ad un precedente periodo puo' rilevare solo quale elemento significativo di un piu' ampio compendio probatorio, da valutarsi nel nuovo procedimento unitamente ad altri elementi di prova dimostrativi della permanenza all'interno della associazione criminale (Sez. 2, n. 21460 del 19/03/2019, Rv. 275586 - 01, cfr. in termini analoghi Sez. 6, n. 3508 del 24/10/2019 Cc. (dep. 28/01/2020), Rv. 278221 - 01 che ha altresi' affermato che in tema di associazione mafiosa, i gravi indizi di colpevolezza in sede cautelare possono dedursi dalla precedente condanna del soggetto per l'adesione al medesimo sodalizio e dal ruolo assunto all'interno dell'organizzazione, valutati congiuntamente agli ulteriori elementi acquisiti a sostegno della perdurante partecipazione relativamente al periodo successivo a quello cui e' riferita la condanna). Il precedente accertamento non e' senz'altro sufficiente ai fini della condanna per la prosecuzione associativa ma e' un elemento che entra a pieno titolo nel compendio probatorio e che unitamente agli altri elementi emersi - dei quali costituisce il substrato e la logica premessa allorquando si ragioni in termini di prosecuzione partecipativa rispetto a quella medesima associazione - ben puo' contribuire positivamente a delineare la persistente - rinnovata - adesione. Si e' d'altro canto anche precisato che in tema di associazione per delinquere di stampo mafioso, il sopravvenuto stato detentivo non esclude la permanenza della partecipazione al sodalizio, che viene meno solo in caso di cessazione della consorteria criminale ovvero nelle ipotesi, positivamente acclarate, di recesso o esclusione del singolo associato (Sez. 6, n. 1162 del 14/10/2021 Ud. (dep. 13/01/2022), Rv. 282661 - 02 che in motivazione ha precisato che la rescissione del legame puo' essere desunta, a titolo meramente esemplificativo, da un lungo periodo di detenzione in assenza di contatti con la consorteria, dal trasferimento in luogo distante da quello della sua operativita', o da una contrapposizione interna al sodalizio seguita dall'allontanamento di uno dei sodali, elementi in relazione ai quali grava sull'interessato un mero onere di allegazione e che non devono essere contrastati da altri significativi dati di segno contrario); e la stessa regola di "natura processuale" per la quale la permanenza si considera - in ultima analisi - cessata con la pronuncia della sentenza di primo grado (Sez. 2, Sentenza n. 23343 del 01/03/2016, Rv. 267080 - 01) - che opera nel caso in cui non risulti indicata o acclarata una data diversa - risponde soprattutto all'esigenza di evitare che resti impunito l'autore del reato che continui a delinquere dopo la condanna per un reato di tipo permanente (lo sbarramento determinato dalla sentenza di primo grado consegue alla necessita' di delimitare la condanna a quanto verificatosi in precedenza e al contempo di non estendere il giudicato ai fatti successivi - che altrimenti andrebbero esenti da pena ove dovessero essere ricompresi nella precedente condanna per la medesima associazione criminosa, laddove essi potranno piuttosto essere riconosciuti in continuazione, come ulteriore ipotesi partecipativa, in prosieguo della precedente, ove autonomamente accertati e ne ricorrano i presupposti, cfr. Sez. 1, n. 23818 del 22/06/2020, Rv. 279430 - 01). Sicche' non e' di per se' indicativa di rescissione del legame associativo neppure la sentenza di condanna, ben potendo persistere quel legame anche dopo tale pronuncia e anche durante la stessa esecuzione della pena (in tal caso l'ulteriore segmento potra' essere oggetto di nuovo accertamento e potra' - come accaduto nel caso di specie - essere posto in continuazione col precedente ove ricorrano i presupposti del reato continuato). Rispetto a tale dato, non trascurabile, della pregressa condanna di (OMISSIS) per partecipazione alla medesima associazione - sempre col ruolo direttivo - del quale mostrano di avere debitamente tenuto conto i giudici di merito, il ricorso nulla di specifico ha contro-dedotto, ne' in ordine alla sussistenza del dato in se' non contestabile essendo stata riconosciuta anche la continuazione tra le due ipotesi partecipative - ne' in relazione alla sua pregnanza, pur trattandosi di tassello da cui - correttamente - muove la ricostruzione accusatoria (e su cui si innesta la successiva evoluzione della partecipazione associativa). 1.2. Quanto a (OMISSIS) come meglio si vedra' nel prosieguo della trattazione, e in particolare in quella dedicata al suo ricorso, ulteriori sono gli elementi emersi ed adeguatamente valorizzati ai fini della confermata affermazione di responsabilita'; elementi che hanno evidentemente consentito di chiudere il cerchio anche riguardo alla partecipazione all'associazione mafiosa - oltre che per il reato di tentata estorsione aggravata per la quale vi era stata la conferma gia' in sede cautelare - pur in assenza di una pregressa militanza del ricorrente in (OMISSIS). Cio' posto passando a considerare distintamente i due ricorsi, si premette che svariati argomenti sono comuni ad entrambi di talche' di essi si dira' nell'ambito della trattazione del primo ricorso, salvo poi ad effettuare le precisazioni del caso allorquando si trattera' la posizione dell'altro ricorrente. 2.11 ricorso nell'interesse di (OMISSIS). 2.1. Il primo motivo e' generico e reiterativo, non confrontandosi con la ricostruzione recepita nella sentenza impugnata che aveva gia' spiegato rispetto alle questioni qui pedissequamente riproposte - le ragioni per le quali le visite presso la masseria di (OMISSIS), sita in contrada (OMISSIS), agro di (OMISSIS) ((OMISSIS)), dovessero imputarsi al ricorrente e a motivi legati alla sua partecipazione a (OMISSIS), quale capo dell'articolazione (OMISSIS). Non e' stato in altri termini ritenuto un caso che egli, poco dopo la sua scarcerazione - e la sua sottoposizione alla misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di residenza per anni due - si sia, diverse volte, recato presso il responsabile della provincia ennese di (OMISSIS), (OMISSIS) - alle cui dipendenze aveva gia' operato nella medesima veste di capo territoriale nella pregressa esperienza associativa accertata da sentenza irrevocabile di condanna - ingenerando compiacimento da parte di (OMISSIS) per "le visite di (OMISSIS) " (che come captato nelle intercettazioni nello specifico affermava di aver ricevuto piu' volte i saluti da parte di qualcuno e che anche tale " (OMISSIS)", nonostante non sarebbe potuto uscire - in quanto sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. con obbligo di soggiorno - si era recato da lui, per incontrarlo, ben due, tre volte volte; circostanza che trova peraltro riscontro nelle immagini registrate dall'attivita' tecnica di videoregistrazione presso l'azienda agricola di (OMISSIS), oltre che il 4 e il 6 ottobre 2014, anche il successivo 27 dicembre 2014, e gennaio 2015 ritraenti l'accesso presso la masseria di una autovettura Lancia Y10, di colore grigio, targata (OMISSIS) intestata a (OMISSIS) sorella del ricorrente), ed abbia a contempo anche riattivato i canali di frequentazione con gli accoliti avvicinandosi anche ad altri membri dell'associazione, tra i quali i fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS) (gia' destinatari di provvedimento di fermo per duplice omicidio di (OMISSIS) e (OMISSIS), commesso a (OMISSIS) il (OMISSIS)). La corte di appello non ha peraltro mancato di spiegare anche le ragioni per le quali non potessero di contro ritenersi attendibili le dichiarazioni rese dai fratelli (OMISSIS) - nipoti di (OMISSIS), figli della sorella intestataria dell'autovettura notata presso la masseria di (OMISSIS), che avevano asserito di essersi recati loro presso la masseria - evidenziando come esse fossero in palese contrasto con le nitide risultanze delle intercettazioni e come le stesse circostanze addotte dai predetti a giustificazione delle loro visite a (OMISSIS) non potessero ritenersi ne' esaurienti ne' credibili (al punto che il tribunale deponeva la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica per le falsita' in esse ravvisabili). D'altronde il riferimento al compleanno del nonno e all'acquisto di un agnello - di cui fanno cenno i (OMISSIS) a giustificazione delle visite alla masseria - lo si rinviene anche in una delle conversazioni intercettate e segnalate dai giudici di merito come sintomatica del linguaggio in codice adoperato, in particolare in quella in cui in sostanza, (OMISSIS), ipotizzando che nel prossimo incontro, previsto per la domenica, sarebbero stati I (OMISSIS) a "scendere" da loro ("se la domenica scendono... vengono loro...."), e non viceversa come fino a quel momento era avvenuto, aveva suggerito al nipote, (OMISSIS), di esprimersi telefonicamente con (OMISSIS) parlando del compleanno del nonno, da festeggiare con una grigliata, e di farsi confermare se, per la domenica in questione, ci sarebbero state le "olive". Del resto - cosi' aveva suggerito (OMISSIS) - "se uno deve uscire deve andare per...dice per l'agnello...", cioe' gli inviti per le riunioni dovevano essere rivolti al destinatario parlando dell'agnello. Tale conversazione introduce l'ulteriore tema posto a base della ricostruzione accusatoria, quello degli incontri coi fratelli (OMISSIS) che tendenzialmente si realizzavano presso l'azienda agricola dei predetti, degradati dalla difesa a mere " mangiate", laddove i giudici di merito ne hanno piuttosto ricostruito, sulla base degli esiti intercettivi, la valenza non conviviale ma di vere e proprie riunioni operative, con ben altre finalita', tra appartenenti a (OMISSIS), travestite sul piano linguistico in comuni occasioni di commensalita'. Cosi', ancora, con riferimento alle dichiarazioni di (OMISSIS), che si tenta di sminuire asserendo che cio' che egli ha riferito l'avrebbe appreso dalla stampa e che comunque nelle conversazioni intercettata egli interloquiva con persone qualunquk non inserite in alcun contesto mafioso, parimenti non vi e' un effettivo confronto con le evidenze istruttorie come congruamente indicate dal giudice di merito (che hanno posto in evidenza come (OMISSIS) abbia in piu' di un'occasione definito (OMISSIS) un capo-mafia, cosi' in quella intervenuta nel 2016, dopo la scarcerazione del ricorrente, in cui lo definiva boss di (OMISSIS) al quale egli professava la propria incondizionata vicinanza, concetto reiterato anche in una successiva conversazione tenuta il giorno seguente in cui' (OMISSIS) ribadiva il ruolo di vertice assunto dal (OMISSIS) nell'ambito della consorteria (OMISSIS) ed ancora un'altra volta in data 15.6.2016 allorche' il dichiarante si lasciava andare ad analoghe confidenze mostrando di conoscere certe dinamiche mafiose, anche in ottica diacronica, concernenti il territorio di (OMISSIS), ed ancora la sera del 20 marzo 2016 in un'altra conversazione). Ne' potrebbero rilevare - secondo la corretta impostazione seguita nella sentenza impugnata che come detto valuta armonicamente i plurimi indizi emersi ritenuti, evidentemente per la loro convergenza, idonei anche ad escludere valenza alle emergenze di segno contrario - per sminuire la portata delle affermazioni di (OMISSIS), le dichiarazioni di (OMISSIS)che assume che erano solo conoscenti suo zio e (OMISSIS) ma poi ammette che (OMISSIS) partecipava a cene e pranzi con (OMISSIS) (organizzate da (OMISSIS), suo fratello, che era scapolo e a cui prendeva parte anche (OMISSIS) perche' a sua volta non coniugato). Si tende, in definitiva, a giustificare la frequentazione assumendo che (OMISSIS) invitasse a pranzo e cena (OMISSIS) per non lasciarlo solo dopo che si era separato dalla moglie ed attraversava un periodo particolare, laddove (OMISSIS) conferisce ai rapporti tra (OMISSIS) e (OMISSIS) ben altra valenza definendo quest'ultimo autista di (OMISSIS) (e secondo quanto riporta il ricorso lo stesso (OMISSIS) avrebbe affermato di aver dato passaggi a (OMISSIS) alla forestale dove lavorava). Importante sottolineare come la corte territoriale abbia opportunamente a tal punto osservato che pur se prima facie le indicazioni di (OMISSIS) potrebbero di per se' apparire prive di un'obiettiva significativita' investigativa, e' indubbio che le stesse lette sinotticamente con gli ulteriori elementi acquisiti a carico dell'imputato finiscano per delineare nitidamente il costrutto accusatorio eretto a suo carico. Le esternazioni di (OMISSIS), volte alla identificazione di (OMISSIS) come il boss di (OMISSIS), non appaiono - agli occhi dei giudici di merito affatto eccentriche nel contesto probatorio qui esaminato, nel quale sono emersi ricorrenti contatti ed incontri tra lo stesso (OMISSIS) e i (OMISSIS), il cui curriculum criminale-mafioso e' stato ampiamente tratteggiato dai giudici, nonche' la perpetuatio - anche in epoca attuale - dei rapporti, gia' accertati con sentenza passata in giudicato, con (OMISSIS), Capo provincia ennese di (OMISSIS). Medesime considerazioni sono svolte dai giudici di merito con riferimento ai rapporti con (OMISSIS), l'altro ricorrente, di cui si dira' allorquando si trattera' il suo ricorso. Centrale, rispetto alla posizione di (OMISSIS), la conversazione tra (OMISSIS) e (OMISSIS) indicato come soggetto che ha contribuito fattivamente all'attivita' associativa " e nei confronti del quale il ricorrente - a differenza di (OMISSIS) che sosteneva la sua causa - avrebbe mostrato un atteggiamento di chiusura verso l'ammissione alla divisione dei proventi illeciti. La difesa segnala l'irrilevanza di tale argomento sol perche' (OMISSIS) non e' interlocutore diretto della conversazione e (OMISSIS) sarebbe un quisque de populo non coinvolto nella presente vicenda; tale circostanza secondo i giudici di merito nulla toglie invece al fatto che dal tenore della conversazione emerga piuttosto la tipica mentalita' spartitoria propria degli assetti associativi oltre che il ruolo sovraordinato di (OMISSIS). Quanto alle dichiarazioni di (OMISSIS) la sentenza impugnata ne riconosce la riferibilita', sia pure in parte, al passato ma evidenzia come cio' non escluda che quel pregresso possa contribuire ad illuminare cio' che e' successivamente emerso, contribuendo alla formazione di una lettura del dato probatorio che sia la piu' adeguata e rispondente alle complessive risultanze processuali (le circostanze riguardanti la pregressa attivita' partecipativa di (OMISSIS) sono quindi in buona sostanza valorizzate nell'ottica di una verifica di coerenza tra quanto emerso nel presente procedimento e quanto gia' in precedenza accertato rispetto al ruolo di (OMISSIS), verifica che ha portato a concludere per la concludenza dei dati riferiti dai due dichiaranti; in ogni caso (OMISSIS) avrebbe riferito anche di cose piu' attuali). In definitiva le deduzioni difensive, che vorrebbero il materiale probatorio affetto da insanabile non univocita', e che sfiorano l'aspetto del pregresso accertamento citando una massima che afferma che esso non esime da nuovi accertamenti ove vi sia stata una detenzione prolungata senza neppure considerare l'entita' della detenzione sofferta invece da (OMISSIS) nel caso di specie, si infrangono sulla efficienza argomentativa del costrutto motivazionale oggetto di impugnazione che ha tra l'altro solo in parte tratto linfa valutativa dalla pregressa esperienza associativa del ricorrente; laddove cio' che rileva e' la prova di adesione permanente e volontaria al clan per i fini illeciti che lo caratterizzano, non essendo peraltro qui in discussione la prova dell'esistenza dell'associazione: qui si tratta di soggetto gia' associato rispetto ad associazione la cui attualita' e' pacifica - trattandosi di articolazione di (OMISSIS) operante sul territorio ennese e di (OMISSIS) - quindi cio' che rileva e' che emerga la persistenza della messa a disposizione, e che le circostanze concrete depongano per la rinnovata operativita' come sodale all'indomani della scarcerazione, in assenza di segni di dissociazione non emersi ne' indicati dalla difesa. Ne' infine potrebbe rilevare il mancato accertamento della commissione di reati-fine che di per se' non pone in discussione ne' l'esistenza dell'associazione di tipo mafioso (che non e' necessariamente destinata alla commissione di delitti, ma puo' anche essere diretta a realizzare, avvalendosi della particolare forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omerta' che ne deriva, taluno degli altri obiettivi indicati dall'articolo 416- bis c.p., fra i quali quello della realizzazione di profitti ingiusti per se' o per altri, cosi' Sez. 2, Sentenza n. 31920 del 04/06/2021, Rv. 281811 - 03, fattispecie nella quale l'associazione era diretta a controllare una serie di societa' coinvolte nella gestione dei rifiuti che rappresentavano lo strumento per acquisire appalti pubblici e privati con illecite modalita'), ne' la partecipazione associativa del sodale. Il ricorso si duole della mancata indicazione delle ragioni per cui gli elementi indiziari valorizzati dal giudice di merito possano dirsi espressione di un'elevata capacita' dimostrativa dell'inserimento del ricorrente nella compagine associativa e, in particolare, dell'attivita' funzionale e dinamica tipica del partecipe al sodalizio, ma nell'affrontare il tema finisce col non confrontarsi non solo - come visto - con la pregnanza degli elementi posti a sostegno della partecipazione alla cosca da parte di (OMISSIS), ma anche con i principi affermati da questa Corte al riguardo. Occorre, invero, anzitutto premettere che la condotta di partecipazione ad associazione di tipo mafioso si ravvisa nello stabile inserimento dell'agente nella struttura organizzativa della consorteria, idoneo, per le caratteristiche assunte nel caso concreto, a dare luogo alla messa a disposizione del sodalizio stesso per il perseguimento dei comuni fini criminosi (v. da ultimo, Sez. U, Sentenza n. 36958 del 27/05/2021, Modaffari, Rv. 281889-01). In tema di associazioni di tipo mafioso, l'affiliazione rituale puo' costituire grave indizio della condotta partecipativa, ove la stessa risulti, sulla base di consolidate e comprovate massime d'esperienza e degli elementi di contesto che ne evidenzino serieta' ed effettivita', espressione di un patto reciprocamente vincolante e produttivo di un'offerta di contribuzione permanente tra affiliato ed associazione. (Sez. U, Sentenza n. 36958 del 27/05/2021, Modaffari Rv. 281889 - 02 In motivazione, relativa a fattispecie inerente a misura cautelare personale, la Corte ha incluso, tra gli indici valutabili dal giudice, la qualita' dell'adesione ed il tipo di percorso che l'ha preceduta, la dimostrata affidabilita' criminale dell'affiliando, la serieta' del contesto ambientale in cui la decisione e' maturata, il rispetto delle forme rituali, con riferimento, tra l'altro, ai poteri di chi propone l'affiliando, di chi lo presenta e di chi officia il rito, la tipologia del reciproco impegno preso e la misura della disponibilita' pretesa od offerta). Assume rilevanza centrale, pertanto, la dimensione probatoria, perche' e' solo sulla scorta delle evidenze disponibili che sara' possibile valutare se, per le caratteristiche assunte dal caso concreto, la compenetrazione nel tessuto criminale abbia generato o meno un'effettiva "messa a disposizione". In definitiva, la partecipazione potra' essere desunta dai piu' vari indicatori fattuali, purche', sulla base di una loro lettura non atomistica, ma unitaria, e di attendibili regole di esperienza, attinenti propriamente al fenomeno della criminalita' di stampo mafioso, possa logicamente inferirsi un apporto concreto dell'individuo all'interno del sodalizio (in tal senso, le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza Mannino, Sez. U, n. 30 del 27/09/1995, Mannino, Rv. 202904-01, sul cui solco il Supremo Connesso si e' recentemente espresso con la gia' citata sentenza Modaffari, individuano - in via meramente esemplificativa quali indicatori di intraneita' i comportamenti tenuti nelle pregresse fasi di "osservazione" e "prova", l'affiliazione rituale, l'investitura della qualifica di "uomo d'onore", la commissione di delitti-scopo, oltre a molteplici, e pero' significativi "facta concludentia", idonei, senza alcun automatismo probatorio, a dare la sicura dimostrazione della costante permanenza del vincolo). Considerata la lettera dell'articolo 416-bis, comma 1, c.p., che si limita a prevedere la punizione di "chiunque fa parte di un'associazione di tipo mafioso formata da tre o piu' persone", senza fornire alcuna indicazione specifica sulle modalita' con cui si deve concretizzare la condotta partecipativa, il ricorso, nel ritenere gli elementi valorizzati dal giudice della decisione insufficienti - seppur suggestivi - indicatori di intraneita', richiedendo invece la necessaria prova che il ricorrente abbia posto in essere attivita' di cd. messa a posto nei confronti di imprese operanti sul territorio, deliberato e/o posto in essere reati fine, raccolto somme per i detenuti, avuto la gestione di attivita' economiche, procurato voti in occasione di consultazioni elettorali, finisce per includere quali elementi del fatto tipico gli indicatori di intraneita' rilevanti esclusivamente nella dimensione probatoria della condotta, a forma libera, di partecipazione. Chiarita l'atipicita' dei dati indiziari valorizzabili ai fini dell'intraneita', sulla scorta di quanto indicato supra, attesi i limiti di sindacabilita' delle pronunce di merito in sede di legittimita', rimane evidente che il provvedimento impugnato non si' espone a censura alcuna laddove lo stesso contenga la specifica indicazione del compendio indiziario motivatamente valorizzato a dimostrazione della condotta partecipativa e non presenti illogicita' evidenti. Sicche' le censure poste col motivo in scrutinio sono anche manifestamente infondate. 2.2.Il secondo motivo con cui si contesta la prova del ruolo attribuito al ricorrente oltre che risentire dei medesimi rilievi gia' sopra esposti, e' a sua volta aspecifico, avendo la corte di appello indicato anche gli elementi emersi a specifico sostegno di tale qualifica, incrociando in particolare i dati delle intercettazioni che, da un lato, indicano (OMISSIS) come il boss locale al quale obbedire e al quale si devono preliminarmente sottoporre le questioni, dall'altro, danno conto anche della sua competenza specifica, propria di chi detiene un ruolo direttivo, di stabilire chi meriti o meno ricompensa per il contributo dato all'associazione. 2.3.Il terzo motivo che contesta la sussistenza dei reati di violazione della misura di sorveglianza si fonda sui medesimi rilievi posti a base del primo motivo afferenti le visite presso la masseria del capo clan (OMISSIS), sicche' si' rimanda a tutto quanto gia' sopra osservato, al riguardo, al punto 2.1. del considerato in diritto. 2.4.Il quarto motivo nella parte in cui contesta la compatibilita' tra la recidiva e la continuazione e' manifestamente infondato. Ed invero, costituisce principio nettamente prevalente nella giurisprudenza di questa Corte - oramai graniticamente attestatasi su tal punto - quello secondo cui non sussiste incompatibilita' tra l'istituto della recidiva e quello della continuazione, con conseguente applicazione, sussistendone i presupposti normativi, di entrambi, in quanto il secondo non comporta l'ontologica unificazione dei diversi reati avvinti dal vincolo del medesimo disegno criminoso, ma e' fondata su una mera "fictio iuris" a fini di temperamento del trattamento penale (ex multis, Sez. 3, n. 54182 del 12/09/2018, Rv. 275296 - 01. Il medesimo motivo, nella parte in cui lamenta il mancato riconoscimento della continuazione tra il reato associativo e i reati di cui all'articolo 75, comma 2, Decreto del Presidente della Repubblica n. 159/11, e' fondato, dal momento che la lagnanza pone l'accento soprattutto sulla stretta correlazione esistente tra le violazione della misura della sorveglianza speciale e la partecipazione associativa oggetto del presente procedimento, laddove i giudici di merito si sono limitati a ritenere non configurabile il medesimo disegno criminoso in relazione al primigenio momento deliberativo afferente l'inizio della partecipazione risalente al 2008 per non essere emersi elementi in base ai quali far retroagire a quel momento deliberativo l'ideazione criminosa involgente le successive violazioni della misura di prevenzione. Diversamente, costituendo la misura di prevenzione una probabile evoluzione per chi aderisce ad un'organizzazione criminale di tipo mafioso, non si puo' per il solo dato temporale e per la diversita' delle fattispecie escludere la medesimezza del disegno criminoso; e che la deliberazione iniziale abbia investito anche una tale eventualita' risulta dimostrato nel caso di specie dal fatto che il ricorrente non ebbe remore a violare piu' volte la misura di prevenzione proprio per esigenze legate alla sua partecipazione associativa. Quanto alla eccezione sulla entita', che si assume, sproporzionata della pena anche a causa della recidiva non esclusa, e' infine solo il caso di rilevare che il tribunale e' partito della pena base minima prevista per il reato di cui al comma 2 dell'articolo 416-bis c,p. ed ha poi operato un aumento di un solo anno per ciascuna delle pregresse violazioni gia' accertate (articolo 416-bis c.p. e 629 c.p., aggravata dal metodo mafioso) proprio perche' ha al contempo applicato l'aumento di 2/3 per la recidiva, ha cioe' contenuto l'aumento per i gravi reati satellite in ragione del parziale assorbimento del disvalore dei fatti pregressi nell'aumento per la recidiva. 3. Il ricorso nell'interesse di (OMISSIS). 3.1. Preliminarmente si impongono delle considerazioni sull'analoga, errata, impostazione metodologica seguita anche nel ricorso in scrutinio, che in maniera anche piu' evidente rispetto al ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS) imposta la contestazione della prova della partecipazione associativa di (OMISSIS) sul raffronto tra quanto rilevato da questa corte nella pronuncia di annullamento e quanto invece affermato dal giudice della decisione di merito, anche nella sentenza impugnata, il quale, nel prescindere dai rilievi del giudicato cautelare - fatti propri dalla difesa nell'impugnazione - sarebbe incorso in valutazione contraria al canone valutativo proprio dell'affermazione di responsabilita' che impone la certezza processuale. Il punto dolente di una siffatta impostazione in realta' non e' tanto il fatto che si ripropongano i rilievi espressi nelle decisioni cautelari, che ben possono essere fatti propri dalla difesa, ma quanto il fatto che il disappunto, e quindi il fulcro intorno a cui ruota la doglianza, finisca con l'investire la circostanza in se' del mancato rispetto delle precedenti statuizioni cautelari da parte del giudice della responsabilita', quasi come se il portato dell'annullamento cautelare potesse avere risvolti vincolanti rispetto al giudizio di merito e non limitati - come invece e' pacifico che sia - al procedimento incidentale in cui si inserisce (cfr. tra tante, Sez. 2, n. 34453 del 13/11/2018 Ud. (dep. 29/07/2019) Rv. 276738 - 01 che ha affermato che in tema di misure cautelari personali, l'efficacia della pronuncia adottata dal tribunale per il riesame in ordine alla carenza dei gravi indizi di colpevolezza resta circoscritta nell'ambito del procedimento incidentale "de libertate" ed e' finalizzata alla caducazione della misura cautelare, mentre non vincola il giudice del merito quanto all'apprezzamento della responsabilita' penale. Conf. Sez. U, n. 20 del 12/10/1993 Rv. 195352). E' piuttosto vero il contrario che la decisione di merito puo' incidere su quella cautelare ed essere preclusiva di una rivalutazione dei gravi indizi (cfr. Sez. 1, Sentenza n. 29107 del 14/07/2006, Rv. 235267 - 01, secondo cui in tema di misure cautelari personali, l'intervenuta pronuncia, nel corso del procedimento principale, di sentenza non definitiva di condanna implica la non riproponibilita', in sede di procedimento incidentale "de libertate", della questione concernente la sussistenza o meno dei gravi indizi di colpevolezza; Sez. 1, Sentenza n. 44081 del 11/11/2008, Rv. 241851 - 01; Sez. 5, n. 26221 del 20/07/2020, Rv. 279469 - 01, Sez. 5, Sentenza n. 1709 del 09/04/1997, Rv. 208138 - 01, che ha affermato che l'avvenuta condanna in primo grado e conferma in appello costituisce preclusione processuale alla rivalutazione della gravita' degli indizi in sede di appello incidentale "de libertate") A cio' si aggiunga che a ben vedere, riguardo alla posizione di (OMISSIS), ancor piu' marcatamente emerge la discrasia contenutistica esistente tra la valutazione svolta in sede cautelare e quella dei giudici della decisione di merito circostanza che rende ancor piu' evidente la inconferenza della censura risultando la sentenza qui impugnata ben piu' articolata rispetto alla ricostruzione effettuata da questa Corte in sede di annullamento il cui vaglio era ovviamente circoscritto a quanto a sua volta riportava il provvedimento dinanzi ad essa impugnato - ossia l'ordinanza del riesame che aveva confermato l'ordinanza del G.i.p. -, sicche' oltre che per i rilievi come sopra indicati, l'inferenza che anche il ricorso in scrutinio intende trarre dal - apparente - contrasto esistente tra i due pronunciati non ha ragion d'essere neppure da un punto di vista piu' concreto. Osservava invero questa Corte nella sentenza di annullamento che " Gli indicatori fattuali tramite cui puo' desumersi la concreta manifestazione della sopradescritta appartenenza nel periodo in considerazione possono essere i piu' vari, ma debbono pur sempre rappresentare, alla stregua di un motivato apprezzamento di merito, un quadro indiziario grave, preciso e concordante. Nell'ordinanza impugnata si fa riferimento alla partecipazione da parte di (OMISSIS) a riunioni associative e si menziona a tal riguardo (OMISSIS). Non si specificano pero' concreti elementi, in relazione alle modalita' e all'oggetto degli incontri, idonei a rappresentare condizioni diverse da quelle solo sospette dovute all'appartenenza mafiosa di taluni dei soggetti menzionati come interlocutori. Si da' prova poi di valorizzare le dichiarazioni di (OMISSIS) il cui significato nell'ottica della dimostrazione della condotta associativa non rimane illustrato, una volta che vengono richiamati spezzoni di frasi che laconicamente citano (OMISSIS) solamente come il "compare" di (OMISSIS) che "si e' montato la testa". Con riferimento alle conversazioni e alle altre risultanze citate, la motivazione adottata parimenti non rappresenta in che modo dovrebbe risultare il dinamismo di (OMISSIS) nel tessuto organizzativo di (OMISSIS), a fronte di un elenco di frequentazioni non associate alla trattazione di affari mafiosi, di citazioni di meri commenti su posizioni proprie e altrui, della comparsa di iniziative solo personali e comunque concernenti attivita' di cui non si da' contezza della riferibilita' al sodalizio mafioso, come nel caso dei lavori acquisiti da (OMISSIS). L'episodio di tentata estorsione che vede come persona offesa (OMISSIS) e' stato ritenuto, in forza di razionali e puntuali apprezzamenti, caratterizzato da minaccia con il metodo mafioso e finalizzato agli interessi del sodalizio mafioso, stante le modalita' e i contenuti della richiesta di denaro rivolta da (OMISSIS). Tuttavia, il coinvolgimento in tale condotta, pur a favore di detenuti inseriti nell'associazione mafiosa, non risulta rappresentato in ragione dell'esecuzione di compiti assunti da (OMISSIS) nell'ambito di relazioni non meramente occasionali; ne' risulta come questo solo dato indiziario possa essere completato dagli altri citati, una volta che il loro apprezzamento non supera i rilievi sopra esposti. Alla stregua di tutte le osservazioni che precedono, la motivazione..."; sulla base di tali argomenti interveniva l'annullamento dell'ordinanza del riesame. Nella sentenza qui impugnata ben altro e', invece, il coacervo probatorio posto a base di riflessione. La sentenza impugnata, in particolare, non si limita a rilevare direttamente o attraverso il rinvio per relationem alla sentenza di primo grado: come relativamente al reato associativo fossero emersi numerosi incontri di (OMISSIS) con altri soggetti gravitanti nel contesto mafioso locale, fra i quali anzitutto (OMISSIS) (della loro assidua frequentazione aveva in particolare parlato anche (OMISSIS)), oltre che la partecipazione da parte dello stesso a riunioni con altri sodali tra le quali quelle presso l'azienda agricola dei fratelli (OMISSIS) quegli stessi (OMISSIS) il cui arresto destava preoccupazioni in (OMISSIS) - in cui era proprio il ricorrente a consigliare a (OMISSIS) di evitare di parlare per telefono, e come il collaboratore (OMISSIS) avesse sempre indicato (OMISSIS) come un appartenente alla famiglia mafiosa vicino a (OMISSIS), avendo piuttosto tale pronuncia, tra l'altro, anche precisato: come medesime indicazioni in tal senso venissero offerte anche da (OMISSIS) che nel corso di conversazioni intercettate intercorse con (OMISSIS) aveva apertis verbis definito (OMISSIS) "mafioso", oltre che in altri dialoghi captati, aventi come protagonisti il medesimo (OMISSIS) e la sua amante, in cui si faceva ancora riferimento alle qualita' mafiose del primo; e che (OMISSIS) fosse solito circondarsi di esponenti mafiosi, quali il citato (OMISSIS) e (OMISSIS), era altresi' confermato anche da (OMISSIS) (la persona offesa del reato estorsivo di cui al capo B). In altre conversazioni, ancora, sottoposte ad ascolto, era lo stesso (OMISSIS) a manifestare possibilita' di intervento in favore di (OMISSIS) in occasione di contrasti insorti nella attivita' di coltivazione e vendita di stupefacente e a fianco di (OMISSIS) per favorire il recupero di un credito; cosi' palesando, secondo le conformi pronunce di merito, contributo fattivo nel controllo del territorio, in collaborazione con (OMISSIS), pure chiamato in causa nella conversazione intercettata relativa allo spaccio di droga). Sicche', piu' nello specifico, l'adesione di (OMISSIS) all'articolazione mafiosa, costituita ed operante nel territorio (OMISSIS), si evince - sottolinea la sentenza impugnata - dal riconoscimento di tale status all'esterno, non soltanto perche' formalmente (OMISSIS) lo ha definito senza mezzi termini un mafioso riconoscendo ampiamente il ruolo, ma anche perche' a lui si rivolgevano con frequenza sia spacciatori di droga che creditori delusi per ottenere la tutela delle proprie "ragioni". Era lo stesso (OMISSIS), poi, ad ammettere implicitamente la propria partecipazione al sodalizio nella misura in cui esternava: il proprio parere favorevole sulla spettanza remunerativa - invece asseritamente esclusa da (OMISSIS) - in favore di altri soggetti (in specie (OMISSIS)) che si erano adoperati per il compimento di attivita' illecite nell'interesse dell'organizzazione (e' pacifico secondo il giudice di merito il riferimento a (OMISSIS) nella conversazione e deve altresi' ritenersi parimenti incontroverso che il sodalizio al quale allude (OMISSIS) ("...ma se tu sei uno di noi.sei uno di noi...devi mangiare pure tu lui non fa mangiare") e' di stampo strettamente mafioso, come ampiamente dimostrato nell'excursus argomentativo svolto dal medesimo giudice che espressamente lo richiama); la propria preoccupazione per l'arresto dei fratelli (OMISSIS) con i quali egli si' era frequentemente incontrato nel corso delle riunioni di cui sopra si e' detto; la sua coazione della volonta' dei pubblici amministratori del Comune di (OMISSIS) per il conseguimento di scopi personali. La capacita' di infiltrazione dell'indagato nel settore dei lavori assegnati dal Comune di (OMISSIS) - lavori risultati acquisiti ed eseguiti da (OMISSIS) avvalendosi di favori di vario genere da parte di rappresentanti comunali che non potevano sottrarsi all'" andazzo " dietro al quale trapelava la stessa figura del boss (OMISSIS) coinvolto negli incontri con le imprese aggiudicatarie dei lavori pubblici agevolati dai funzionari comunali - e' stata invero una delle ragioni che - a fronte di un quadro gia' delineato nella sua struttura portante - e' andata a corroborarlo ulteriormente in quanto i vantaggi variamente conseguiti da (OMISSIS) sono stati - giustamente - ritenuti diretta derivazione del metus che egli esercitava nella collettivita' in conseguenza della sua accertata e conosciuta intraneita' al sodalizio mafioso di appartenenza. Venivano poi considerate anche proprio le dichiarazioni di (OMISSIS) in ordine alla richiesta di denaro rivoltagli da (OMISSIS) per gli "amici" in "carcere", al rifiuto opposto dall'imprenditore e all'incendio doloso del camion appartenente alla ditta di quest'ultimo avvenuto circa un anno dopo. Tali dichiarazioni di (OMISSIS) erano ritenute idonee non solo a rappresentare i gravi indizi in ordine al reato di tentata estorsione, ma anche a confermare ulteriormente il quadro di elementi in relazione al delitto associativo (trattandosi peraltro di condotte che non si collocano tutte prima dell'inizio della partecipazione associativa contestata a (OMISSIS), essendo l'incendio successivo ad esso e comunque anche le antecedenti a ridosso di tale partecipazione). L'episodio di tentata estorsione che vede come persona offesa (OMISSIS) e' stato ritenuto, in forza di razionali e puntuali apprezzamenti - gia' in sede cautelare caratterizzato da minaccia con il metodo mafioso e finalizzato agli interessi del sodalizio mafioso, stante le modalita' e i contenuti della richiesta di denaro rivolta da (OMISSIS). 3.1.1.A fronte di tale ricostruzione dettagliata del ruolo di (OMISSIS), emerge con tutta evidenza la aspecificita' del primo motivo - speculare sotto il profilo fattuale al primo svolto nell'interesse di (OMISSIS) con la conseguenza che per esso non possono che valere anche le considerazioni gia' sopra svolte al punto 2.1. del considerato - che contesta che la corte territoriale non si sarebbe attenuta ai principi di diritto affermati da questa Corte dapprima nella pronuncia, Sezioni Unite, Mannino e poi in quella piu' recente Modaffari. In particolare, nella prospettazione difensiva, la corte di appello avrebbe errato nell'affermare che e' sufficiente ai fini della condanna per il reato partecipativo ad associazione mafiosa la verifica " se nella condotta di (OMISSIS) e di (OMISSIS) siano riconoscibili, a prescindere dalla loro eventuale partecipazione alla commissione di reati scopo, il duplice requisito dello status di mafioso e l'apporto all'associazione anche nei termini di mera messa a disposizione", dal momento che e' necessaria la verifica di un rapporto stabile e organico piu' che uno status di appartenenza, un ruolo dinamico e funzionale in ragione del quale taluno prende parte al fenomeno associativo, dando dimostrazione di porsi a disposizione dell'ente per il perseguimento delle sue finalita' criminose. Considerato che proprio alla luce dei contenuti di quelle pronunce, deve ritenersi sufficiente la messa a disposizione purche' si traduca esteriormente in comportamenti che univocamente depongano, appunto, per la sussistenza di una tale, effettiva, disponibilita' per il perseguimento delle finalita' criminose dell'associazione, rimane evidente come la ricostruzione dei giudici di merito che - come visto - ruota intorno ai plurimi comportamenti emersi, che hanno tra l'altro dato concreta esteriorizzazione a quella qualita' di mafioso pure da piu' parti riconosciuta in capo a (OMISSIS) da parte di soggetti a loro volta qualificati, non si presti a censura alcuna ne' in diritto ne' da altro punto di vista. Le doglianze svolte col motivo in scrutinio si risolvono, nel loro complesso, in indeducibili rilievi in fatto miranti attraverso una diversa, indiscriminata, e al contempo atomistica valutazione probatoria, non ammissibile nella presente sede di legittimita', a ridimensionare il quadro probatorio e quindi le condotte, nonostante esse siano state delineate del tutto congruamente, nella loro effettiva esauriente portata, nelle conformi pronunce di merito, e cio' nell'ottica - come visto naufragata - di eccepirsi la mancanza di elementi idonei a dimostrare la sussistenza dei requisiti necessari ai fini della configurazione della partecipazione associativa, laddove come detto la correttezza dell'impostazione giuridica seguita dal giudice della decisione trova perfetto riscontro nella ricostruzione operata dal giudice di merito che sulla base di precisi indici ha proiettato la figura di (OMISSIS) ed il suo operare concreto, per le modalita' con cui si estrinsecavano all'esterno, nel contesto associativo imperante nel territorio in cui egli agiva. 3.2. Quanto al motivo sulla restante imputazione di tentata estorsione aggravata ai sensi dell'articolo 7 della L. n. 203 del 1991 oggi articolo 416-bis.1 c.p. - deve rilevarsi che il provvedimento impugnato espone una motivazione che ben spiega le ragioni della decisione fondate sul genere di richiesta rivolta all'imprenditore, facente riferimento agli "amici" e alla necessita' di contribuire ai loro bisogni derivanti dalla carcerazione. A fronte di queste esaurienti spiegazioni, in linea con il costante insegnamento di legittimita' in materia, i motivi del ricorso al riguardo in termini specifici evidenziano solamente la distanza temporale della richiesta rispetto al danneggiamento subito dall'imprenditore. Danneggiamento che pero' non ha assunto alcuna rilevanza ai fini della contestazione di cui trattasi e dello stesso ragionamento seguito dai giudici di merito nel considerarla provata. Infatti, il tentativo di estorsione, secondo le corrette spiegazioni rappresentate, e' rimasto realizzato innanzitutto tramite le richieste oralmente rivolte a (OMISSIS). Da cio' discende l'evidente infondatezza dei rilievi relativi a questo addebito. 3.2.1.La censura sulle aggravanti dell'agevolazione mafiosa e della qualita' di partecipe di associazione di stampo mafioso e' in parte inedita, come ammette lo stesso ricorso. Cio' posto, deve rilevarsi che la genericita' inziale del motivo su tali aggravanti non risulta superata dalle deduzioni poste a sostegno della censura qui proposta, che quanto alla contestazione dell'agevolazione mafiosa, e quindi alla stessa aggravante della partecipazione mafiosa, si limita a prospettare che esse non sarebbero ravvisabili in quanto la tentata estorsione sarebbe stata commessa in epoca antecedente all'inizio della partecipazione associativa circostanza che farebbe cadere sia la finalita' agevolativa della consorteria sia la qualifica di partecipe dell'associazione in capo all'autore del reato - senza considerare che gia' alla stregua della stessa contestazione la condotta estorsiva articolatasi in diversi segmenti fattuali si e' protratta fino al novembre del (OMISSIS) e quindi in epoca successiva all'inizio della partecipazione associativa che risulta contestata a partire da settembre (OMISSIS) - date non oggetto di contestazione e che trovano anche riscontro nella ricostruzione del giudice di merito che a ben vedere ha ritenuto provata non solo l'iniziale pretesa estorsiva ma anche quella supportata dall'incendio ricondotto sempre allo stesso (OMISSIS). Cio' pure a voler prescindere dalla natura della pretesa, tipicamente di tipo mafioso in quanto prospettata come necessita' da parte dell'imprenditore di "mettersi a posto" prima di iniziare qualsiasi lavoro ad (OMISSIS), versando un "contributo" per i detenuti (costituente altra espressione tipica della solidarieta' propria delle consorterie di tipo mafioso che solitamente mantengono gli accoliti ristretti in carcere chiedendo contributi innanzitutto agii impenditori). 3.3. Quanto infine alla censura sul trattamento sanzionatorio (entita' della pena base determinata in misura identica a (OMISSIS)), essa e', da un lato, aspecifa e, dall'altro, non deducibile nella presente sede perche' contesta valutazioni discrezionali di merito non arbitrariamente motivate e in quanto tali non sindacabili. Risulta invero congruamente motivata la determinazione della pena base (anni dodici per il piu' grave reato di partecipazione associativa di tipo mafioso) in entrambe le sedi di merito, avendo la corte territoriale dato specifica indicazione delle ragioni per le quali la pena base individuata dal primo giudice per (OMISSIS) in misura superiore al minimo edittale - dovesse essere ritenuta adeguata e proporzionata al fatto facendo in particolare riferimento al disvalore morale e scolale connesso al caso concreto, alla negativa personalita' del ricorrente e alla pessima prognosi futura formulabile nei riguardi dello stesso, specie in considerazione della sua spiccata propensione e delinquere, della reiterazione delle condotte illecite e anche in ragione del comportamento processuale che non esprime alcun segnale positivo degno di essere valorizzato, laddove peraltro il g.i.p. in maniera ancor piu' specifica aveva osservato come l'infiltrazione nell'apparato amministrativo del Comune di (OMISSIS) rivelasse, sul piano effettuale, la particolare pericolosita' detta condotta associativa, che osta all'applicazione del minimo edittale; ne' potrebbe d'altronde di per se' assumere rilievo la coincidenza di tale determinazione della pena base con quella stabilita per il correo (OMISSIS) avente ruolo direttivo, a fronte, appunto, di una adeguata giustificazione sul punto. 4. Dalle ragioni sin qui esposte deriva che la sentenza impugnata deve essere annullata nei confronti di (OMISSIS) limitatamente al mancato riconoscimento della continuazione relativamente al reato associativo e i reati di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 159 del 2011 articolo 75, con rinvio per nuovo esame sul punto ad altra Sezione della Corte di Appello di Caltanissetta, e che il ricorso del predetto deve essere invece nel resto dichiarato inammissibile. Consegue altresi' la declaratoria di inammissibilita' del ricorso di (OMISSIS), cui consegue, per legge, ex articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di procedimento, nonche', trattandosi di causa di inammissibilita' determinata da profili di colpa emergenti dal medesimo atto impugnatorio, al versamento, in favore della Cassa delle Ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 3.000,00 in relazione alla entita' delle questioni trattate. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al mancato riconoscimento della continuazione nei confronti di (OMISSIS) e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di Appello di Caltanissetta. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto. Dichiara inammissibile il ricorso di (OMISSIS) e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. RICCIARELLI Massimo - Presidente Dott. VIGNA Maria Sabin - Consigliere Dott. RADDUSA P. Benedetto - Consigliere Dott. DI NICOLA T. Paola - rel. Consigliere Dott. TRIPICCIONE Debora - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: 1. (OMISSIS), nato il (OMISSIS); 2. Fallimento (OMISSIS) srl; 3. (OMISSIS), nato il 04/06/1963 a Castell'Umberto; 4. (OMISSIS) Spa; 5. (OMISSIS) srl; 6. (OMISSIS) srl; avverso il decreto del 28 marzo 2022 del Tribunale di Roma; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dalla Consigliera Paola Di Nicola Travaglini; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Luigi Orsi, che ha concluso per l'annullamento con rinvio del provvedimento impugnato in relazione ai ricorsi di (OMISSIS) srl; (OMISSIS) srl (con riguardo alle censure svolte con i motivi dal secondo al settimo); di (OMISSIS) Spa e di Fallimento (OMISSIS) srl e per rigetto degli altri ricorsi. RITENUTO IN FATTO 1. Con il decreto indicato in epigrafe, la Sezione specializzata - Misure di Prevenzione del Tribunale di Roma -, per quanto rileva in questa sede, ha rigettato ex articolo 59 del Decreto Legislativo n. 159 del 2011 le opposizioni presentate da taluni creditori avverso l'esclusione dallo stato passivo, formato dal Giudice delegato, con riguardo a varie societa' sottoposte alla confisca di prevenzione, disposta nei confronti di (OMISSIS). 2. Avverso il menzionato decreto hanno proposto ricorso, ai sensi dell'articolo 59, comma 9, Decreto Legislativo n. 159 del 2011, i suddetti opponenti. 3. Il ricorso di (OMISSIS). 3.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge in relazione al combinato disposto degli articoli 58 e 59 Decreto Legislativo n. 159 del 2011 e dell'articolo 34 c.p.p. ritenendo la Presidente del collegio e relatrice incompatibile a decidere il provvedimento impugnato, in forza della giurisprudenza sul punto, avendo applicato la misura di prevenzione, personale e patrimoniale, a (OMISSIS), cosi' esaminando anche la posizione di (OMISSIS), alle pagg. 12 e ss. del provvedimento, in quanto concorrente del proposto, ed esprimendo una valutazione di merito nell'ambito del medesimo procedimento. 3.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al combinato disposto degli articoli 58 e 59 Decreto Legislativo n. 159 del 2011 e dell'articolo 125 c.p.p. in quanto il decreto del Tribunale, con argomentazione manifestamente illogica e travisando circostanze decisive, aveva erroneamente ritenuto che i contratti preliminari di vendita, recanti la data del 31 marzo 2011, stipulati per l'acquisto di immobili in (OMISSIS) e conclusi tra il ricorrente e la societa' (OMISSIS) srl, per i quali (OMISSIS) vanta un credito di Euro 1.580.000 quale restituzione di importi versati, fossero contratti privi di data certa e l'acquirente non fosse in buona fede nonostante fosse stato l'unico ad essere inciso nel proprio diritto. 4.Il ricorso del Fallimento (OMISSIS) srl. Con un unico motivo di ricorso deduce violazione di legge in relazione al combinato disposto degli articoli 2697 c.c. e 165, comma 4, Decreto del Presidente della Repubblica n. 554 del 1999, in quanto il decreto del Tribunale, ritenendo tutto il credito privo di certezza, e dunque necessitante di un accertamento giudiziario in sede civile, non aveva considerato che la direzione dei lavori, in ottemperanza a detta ultima disposizione, avesse espresso valutazione positiva di consenso alle riserve iscritte dall'appaltatore ente pubblico con cio' rendendo certo il credito e riconoscendo il debito nella misura di Euro 46.872,39 per la riserva n. 8, in luogo dei richiesti Euro 55.535,79, nel termine di legge di 15 giorni dalla formulazione delle riserve, come risulta dal registro della contabilita' alla data del 30 aprile 2013, antecedente al decreto di confisca del Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.l., originario esecutore dell'appalto da cui origina il credito. Il committente ente pubblico ha riconosciuto il credito, tanto da realizzare il requisito della certezza. 5. Il ricorso di (OMISSIS). Con un unico motivo di ricorso deduce violazione dil legge e vizio di motivazione in relazione al combinato disposto degli articoli 58 e 59 Decreto Legislativo n. 159 del 2011 e dell'articolo 99 legge fallimentare in quanto il decreto impugnato, a fronte di un credito contenuto nella scheda riepilogativa allegata all'istanza di ammissione al passivo e di cui era stata documentalmente dimostrata l'anteriorita', oltre che la buona fede e l'assenza di connivenza con l'attivita' del proposto, aveva erroneamente ritenuto che l'istanza fosse priva dell'indicazione dell'importo richiesto, in adesione ad una interpretazione formalistica dell'articolo 58 Decreto Legislativo n. 159 del 2011. 6. Il ricorso di (OMISSIS) Spa, mandataria dell'istituto di credito ipotecario (OMISSIS) srl. 6.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli articoli 112 e 115 c.p.p.. La societa' premette di agire non in proprio, ma quale mandataria dell'istituto di credito ipotecario (OMISSIS) srl in virtu' di procura speciale del Notaio (OMISSIS) di (OMISSIS) (all. 2 del ricorso), in relazione al credito vantato dall'istituto bancario nei confronti del Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.l. Il Tribunale le aveva negato la legittimazione ritenendo erroneamente che in sede di verifica dei crediti avesse agito ex articolo 58 Decreto Legislativo n. 159 del 2011 in qualita' di cessionaria del credito originariamente vantato dalla banca (OMISSIS) S.p.A. nei confronti del Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.l. in forza del contratto di mutuo del 2 novembre 2006; mentre in sede di opposizione, ex articolo 59 Decreto Legislativo n. 159 del 2011, avesse agito solo quale mandataria di (OMISSIS) srl. Infatti, dai documenti in atti risulta che: l'istanza ex articolo 58 Decreto Legislativo n. 159 del 2011 e' stata depositata il 02/05/2019 dalla (OMISSIS) Spa, in qualita' di mandataria e procuratrice speciale di (OMISSIS) srl; mentre (OMISSIS) Spa era solo procuratrice speciale di (OMISSIS) srl per la successiva fase dell'opposizione ex articolo 59 Decreto Legislativo n. 159 del 2011. 6.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli articoli 2697 c.c., 50 e 58 L. n. 130 del 1999, 111 e 115 c.p.c. per avere il Tribunale negato la legittimazione attiva della (OMISSIS) srl a richiedere l'ammissione del credito, quale titolare di quello cedutole dalla Banca (OMISSIS), per assenza di prova dell'avvenuta cessione nonostante: a) il decreto del Tribunale di Roma del 16 febbraio 2021 avesse ammesso il credito per Euro 89.631,83, cosi' riconoscendone la legittimazione; b) l'opponente. avesse fornito l'intera documentazione (elencata a pagina 13 del ricorso) e comunque risultasse dall'avviso di cessione pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. 6.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla mancata rilevazione della buona fede della (OMISSIS) srl e dell'inconsapevole affidamento. Il ricorso censura il Tribunale per avere omesso qualsiasi valutazione sul merito dell'opposizione presentata per contestare il difetto di buona fede dell'istituto di credito ritenuta nel provvedimento di rigetto di ammissione al passivo. Infatti, la Banca Antonveneta, che aveva concesso il mutuo di credito fondiario al Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.l. prima della fusione per incorporazione con la banca (OMISSIS), che a sua volta aveva ceduto il portafoglio alla (OMISSIS) srl, non aveva avuto alcun rapporto con il proposto che, peraltro, non aveva mai ricoperto cariche all'interno del Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.l. Inoltre, il provvedimento impugnato non aveva valutato e accertato la strumentalita' del credito cosi' disattendendo la giurisprudenza sul punto. Infine, la ricorrente ritiene di avere puntualmente dimostrato la buona fede della (OMISSIS) srl che aveva adempiuto agli obblighi di istruzione della pratica di concessione del mutuo dalla quale non erano emersi elementi dubbi sull'affidabilita' del Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.l. e di Larnbiase, proprio alla luce della documentazione da questi prodotta e specificamente indicata, non avendo peraltro i poteri di indagine degli organi inquirenti per svolgere accertamenti. 6.4. Violazione d legge e vizio di motivazione per mancata argomentazione circa la strumentalita' del credito. 7. Il ricorso di (OMISSIS) srl. 7.1. Con il primo motivo di ricorso deduce violazione di legge in relazione all'articolo 59, comma 8, Decreto Legislativo n. 159 del 2011 in quanto il provvedimento che ha definito la procedura e' datato 28 marzo 2022 mentre la trattazione dell'opposizione allo stato passivo, inizialmente fissata per detta data, era stata rinviata, per legittimo impedimento del giudice relatore, all'udienza del 23 maggio 2022 in cui la difesa aveva svolto le deduzioni di cui al verbale. 7.2. Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione per travisamento. Il ricorso censura il Tribunale per avere respinto l'opposizione della societa' per assenza di data certa della cessione del credito del 15 maggio 2013, in forza della quale (OMISSIS) srl aveva acquistato dalla cedente (OMISSIS) il credito oggetto della domanda di ammissione al passivo del Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.l. Al contrario, (OMISSIS) srl, unitamente alla domanda di ammissione al passivo, aveva prodotto l'atto pubblico notarile del 31 luglio 2013 da cui risultava che (OMISSIS) avesse gia' ceduto il proprio credito nei confronti di (OMISSIS) srl, atto da ritenersi equipollente a quelli previsti dall'articolo 2704 c.c. 7.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge in relazione all'articolo 1264 c.c. che, diversamente da quanto sostenuto dal provvedimento impugnato, non subordina l'efficacia della cessione del credito alla sua notificazione al debitore sebbene, nella specie, questa fosse stata eseguita nei confronti del Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.l. 7.4. Con il quarto motivo deduce violazione di legge in relazione all'articolo 112 c.p.p. in quanto il Tribunale, con un vizio di ultrapetizione, aveva rilevato d'ufficio l'inopponibilita' della cessione del credito nonostante si trattasse di un'eccezione in senso stretto che avrebbe potuto far valere soltanto l'Amministratore giudiziario, parte interessata, che invece non lo aveva fatto. 7.5. Con il quinto motivo deduce violazione di legge in relazione agli articoli 1988, 2710, 2697, 1218 c.c. e 115 c.p.p. in quanto il Tribunale aveva escluso il credito vantato dalla societa' nei confronti del Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.I., pari ad Euro 3.455.873,65, a titolo di riserve ritualmente iscritte nel registro di contabilita' ed inerenti al contratto di appalto aggiudicato per i lavori di riqualificazione del centro storico di Sassari, eseguiti da (OMISSIS), in quanto aveva ritenuto non sufficiente l'iscrizione delle riserve alla luce di un precedente giurisprudenziale non conferente, vertendosi nel caso in esame in ipotesi di responsabilita' da inadempimento ex articolo 1218 c.c. Invero, la societa' ricorrente aveva pienamente assolto al proprio onere probatorio dimostrando: a) la fonte negoziale (delibera consortile del 27 ottobre 2006 e atto notarile di assegnazione del 24 novembre 2006) con documenti dimostrativi dell'affidamento dei lavori dal Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.l. alla consorziata (OMISSIS); b) l'espletamento delle prestazioni che legittimavano le sue pretese economiche, comprovate da scritture contabili ric:omprese nell'alveo dell'articolo 2710 c.c. quali il certificato di ultimazione dei lavori del 17 dicembre 2010 e il certificato di collaudo del 12 dicembre 2011; c) l'inadempimento del Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.l. che non aveva pagato nulla. Le riserve iscritte da (OMISSIS) nei registri di contabilita', inoltre, erano state sottoscritte dal Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.l senza alcuna contestazione, in tal modo riconoscendo il credito successivamente ceduto a (OMISSIS) srl, con conseguente inversione dell'onere della prova da porsi definitivamente a carico del Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.l. 7.6. Con il sesto motivo deduce vizio di motivazione con riferimento a) alla sollevata eccezione preliminare di nullita' dello stato passivo alla quale il provvedimento impugnato aveva risposto con un richiamo generico al parere dell'amministratore giudiziario, senza scrutinare le allegazioni della ricorrente; b) ai crediti di (OMISSIS) nei confronti del Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.l. relativi ad un credito di Euro 357.774,58 (in relazione ad appalti per i quali erano state emesse regolari fatture) e ad un credito di Euro 289.697,38 relativo a consulenze fittizie fatturate dal Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.I nei confronti di (OMISSIS) ed illegittimamente compensati. 7.7. Con il settimo motivo la difesa lamenta la mancata assunzione di una prova decisiva e vizio di motivazione quanto alla ignorata richiesta istruttoria di ordinare al Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.l la contabilita' dimostrativa. 8.11 ricorso di (OMISSIS) srl. 8.1. Il primo motivo censura il decreto impugnato per avere applicato retroattivamente l'articolo 52 Decreto Legislativo n. 159 del 2011 nella sua attuale formulazione, sebbene il contratto e l'attivita' di progettazione della societa' fossero avvenuti tra il 2013 e il 2014 e dunque nella vigenza della disciplina antecedente che faceva salvi i diritti dei terzi creditori, laddove il credito non fosse strumentale all'illecito, a meno che il creditore dimostrasse di avere ignorato in buona fede il nesso di strumentalita'. 8.2. Con il secondo motivo di ricorso deduce vizio di motivazione in quanto il Tribunale aveva ritenuto, apoditticamente, la strumentalita' del credito di (OMISSIS) srl e l'assenza di buona fede del creditore. La qualita' di (OMISSIS), legale rappresentante della societa' istante, quale prestanome del (OMISSIS) (destinatario della confisca) era stata desunta dal contenuto del decreto di confisca, ritenuto definitivo nonostante risulti proposto ricorso alla Corte EDU. Il Tribunale, inoltre, non aveva tenuto conto della sentenza assolutoria per insussistenza del fatto, emessa nei confronti di (OMISSIS), dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, irrevocabile il 14 maggio 2021, in cui era imputato quale legale rappresentante della (OMISSIS) srl, in concorso col proposto (OMISSIS), amministratore di fatto della citata Societa'. Infine, l'assunto della strumentalita' del credito di (OMISSIS) srl era illogico rispetto alla riconosciuta buona fede della Banca Intesa Sanpaolo che aveva finanziato l'intera operazione immobiliare di costruzione di un villaggio turistico in Sicilia realizzata da (OMISSIS) srl, societa' di cui lo (OMISSIS) era legale rappresentante. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Le presenti opposizioni allo stato passivo riguardano le domande di ammissione al credito presentate dai terzi creditori delle societa' sottoposte a confisca, fra l'altro il Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.I., nell'ambito del procedimento di prevenzione nei confronti di (OMISSIS), per i cui vizi denunciati, ai sensi del Decreto Legislativo n. 159 del 2011 articolo 59, comma 7, non si applicano le ordinarie limitazioni previste per il ricorso in cassazione in materia di misure di prevenzione, cosi' che possono essere dedotti vizi diversi da quelli della mera violazione di legge (Sez. 6, n. 28350 del 15/07/2020, Intesa Sanpaolo, Rv. 279627). 2. Per ragioni di logica espositiva vengono affrontati prima i motivi di ricorso proposti da Fallimento (OMISSIS) srl e (OMISSIS) srl, le cui pretese riguardano il riconoscimento di un credito fondato su una riserva apposta in un appalto di lavori pubblici, in quanto pongono questioni che, pur diverse, rendono opportuna una premessa ricostruttiva comune, utile per risolverle. 2.1. Lo strumento della riserva, previsto gia' dall'articolo 54 del Regio Decreto 25 maggio 1895, n. 350 (Regolamento sui lavori pubblici), successivamente riprodotto negli articoli 164 e ss. del Decreto del Presidente della Repubblica n. 554 del 1999, ha lo scopo di consentire alle stazioni appaltanti di tenere sotto costante controllo l'andamento della spesa relativamente alla realizzazione delle opere pubbliche e di permettere alla parte privata di avanzare richieste per compensi, risarcimenti o indennizzi relativi ai lavori eseguiti. L'articolo 31 del Decreto Ministeriale n. 19 aprile 2000, n. 145 (Regolamento recante il capitolato generale d'appalto dei lavori pubblici, ai sensi dell'articolo 3, comma 5, della L. 11 febbraio 1994, n. 109) prevede (articolo 31) che "1.L'appaltatore e' sempre tenuto ad uniformarsi alle disposizioni del direttore dei lavori, senza poter sospendere o ritardare il regolare sviluppo dei lavori, quale che sia la contestazione o la riserva che egli iscriva negli atti contabili. 2 Le riserve devono essere iscritte a pena di decadenza sul primo atto dell'appalto idoneo a riceverle, successivo all'insorgenza o alla cessazione del fatto che ha determinato il pregiudizio dell'appaltatore... Le riserve non espressamente confermate sul conto finale si intendono abbandonate. 3.Le riserve devono essere formulate in modo specifico ed indicare con precisione le ragioni sulle quali esse si fondano. In particolare, le riserve devono contenere a pena di inammissibilita' la precisa quantificazione delle somme che l'appaltatore ritiene gli siano dovute; qualora l'esplicazione e la quantificazione non siano possibili al momento della formulazione della riserva, l'appaltatore ha l'onere di provvedervi, sempre a pena di decadenza, entro il termine di quindici giorni fissato dall'articolo 165, comma 3, del regolamento". Inoltre, l'articolo 190, comma 3, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 207 dei 2010 (Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante "Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE", applicabile ratione temporis al rapporto contrattuale che occupa le ricorrenti) definisce le richieste dell'appaltatore domande e utilizza il termine riserva quando, al momento della sottoscrizione degli atti contabili, l'appaltatore non sia in grado di formulare e quantificare le proprie domande ("Se l'esecutore, ha firmato con riserva, qualora l'esplicazione e la quantificazione non siano possibili al momento della formulazione della stessa, egli esplica, a pena di decadenza, nel termine di quindici giorni, le sue riserve, scrivendo e firmando nel registro le corrispondenti domande di indennita' e indicando con precisione le cifre di compenso cui crede aver dritto, e le ragioni di ciascuna domanda"). Le domande formulate con le riserve si risolvono quindi in una richiesta di rettifica della contabilita' e della sua integrazione con le somme e per i titoli che l'appaltatore ha l'onere di specificare. Si tratta di domande il cui oggetto son pretese di natura patrimoniale e, ove non accolte, possono dar luogo ad un procedimento contenzioso. 2.2. In tema di appalto di opere pubbliche, l'appaltatore che intenda richiedere maggiori compensi, corrispettivi, rimborsi, indennizzi o risarcimenti, per imprevisti emersi in stretta connessione alla tipologia dei lavori affidati o di altri fatti comunque incidenti sulle originarie previsioni contrattuali (per esempio: la necessita' di lavorazioni aggiuntive; gli aumenti dei costi di produzione per carenze od errori commessi in sede di progettazione; la sospensione dei lavori per cause imputabili all'appaltante, con connesse maggiori spese di cantiere, ecc.), che hanno determinato esborsi superiori a quanto originariamente pattuito deve, a pena di decadenza, rispettare i seguenti requisiti formali previsti dalla legge: a) iscrivere tempestivamente apposita riserva nel registro di contabilita'; b) provvedervi entro il momento della prima annotazione successiva all'insorgenza della situazione integranti la fonte delle vantata in regioni; c) esplicarle entro 15 giorni; d) confermarle nel conto finale (tra le tante, Sez. 1 civ., n. 27451 del 20/09/2022, Rv. 665691; Sez. 1 civ., n. 22840 del 09/11/2016, ord. Sez. 1 civ. n. 11188 del 09/05/2018, Rv. 648925). 2.3. Poiche' la riserva e' essenzialmente un espediente tecnico, che consente all'appaltatore di firmare i documenti contabili facendo salve le domande di maggiori compensi rispetto a quelli determinati nella contabilita' dei lavori, essa non e' costitutiva di un diritto ma si configura come una mera "pretesa" soggetta alle forme sopra indicate (articolo 164 Decreto del Presidente della Repubblica n. 554 del 1999; articolo 31 Decreto Ministeriale n. 145 del 2000; articolo 190 Decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010) non sostituibili da atti equipollenti, quali l'invio di una lettera o di una diffida o il riconoscimento, al di fuori di una riserva, da parte della direzione lavori delle ragioni dell'appaltatore (Sez. 1 civ., n. 17702 del 02/09/2005 Rv. 587082; Sez. 1 civ., n. 1458 del 18/04/1975, Rv.375024). La ratio dell'iscrizione delle riserve, secondo la Corte costituzionale, e' infatti quella di consentire "un monitoraggio costante, da parte della stazione appaltante, sull'esecuzione del contratto e, per questo, e' stata configurata quale onere per l'appaltatore, che intenda far valere pretese nei confronti del committente, onere il cui mancato rispetto e' sanzionato con la decadenza dalle relative azioni (articolo 190 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010)" (Corte Cost., sent. n. 109 del 2021). Ma il suo scopo e' anche quello di assicurare la continuazione dell'opera, rimandando ad un momento successivo la risoluzione delle controversie tra le parti sulle pretese dell'appaltatore relative a costi o oneri aggiuntivi, evitando ulteriori sospensioni dei lavori (Sez. 1 civ., n. 15693 del 12/06/2008,). Dunque, l'iscrizione delle riserve sul registro di contabilita', sottoposta ad inderogabili oneri formali, e' condizione necessaria ma non sufficiente per la loro efficacia essendo indispensabile, a questo fine, anche la conferma all'atto della sottoscrizione sul conto finale (Sez.1 Civ., n. 22840 del 09/11/2016, Rv.642403). In sostanza, l'scrizione della riserva, quale mera "pretesa" impone comunque all'appaltatore che intenda far valere il proprio diritto in giudizio di provare i fatti che ne costituiscono il fondamento secondo gli ordinari criteri di cui all'articolo 2697 c.c. (Sez. 1 civ., n. 19802 del 04/10/2016, Rv.641840). Ad ulteriore conferma dell'inidoneita' dell'iscrizione a riserva ad assumere efficacia costitutiva del diritto si puo' richiamare la giurisprudenza della Corte di cassazione civile sulla decorrenza degli interessi. Questi, infatti, essendo interessi corrispettivi, ex articolo 1281 c.c., decorrono dal momento in cui l'obbligazione assume il carattere di liquidita' e non sono quindi dovuti dalla data di formulazione della riserva, che "si esaurisce nella quantificazione di una pretesa di integrazione del corrispettivo e non implica un immediato soddisfacimento, ma resta soggetta, ad un successivo procedimento di verifica", ma vanno liquidati dalla data di costituzione in mora del debitore costituita, in assenza di precedenti atti di richiesta, dalla data di notifica dell'atto introduttivo del giudizio (Sez. 1 civ., ord. n. 727 del 15/01/2020, Rv. 656765 e Sez. 1 civ., n. 3768 del 21/02/2006, Rv. 586985). 2.4. Il riconoscimento delle richieste dell'appaltatore, che attraverso le iscrizioni delle riserve, come scritto, avanza mere pretese, puo' avvenire soltanto nelle forme previste dalla legge, cioe' attraverso i rimedi alternativi previsti prima dagli articoli 239 e ss Decreto Legislativo n. 163 del 2006 e poi dagli articoli 204 e ss Decreto Legislativo n. 50 del 2016 (accordo bonario, transazione, ecc.) oppure tramite l'accertamento giudiziale. 2.5. Quando l'appaltatore e' un consorzio, che a sua volta fa eseguire i lavori ad una consorziata, nasce una triangolazione con l'ente appaltante che puo' essere configurato gia' nel patto consortile tra consorzio e consorziata. Il consorzio puo' partecipare alla gara d'appalto in proprio ed eseguire in proprio le prestazioni oppure indicare per quali consorziate concorre, designandole anche con indicazione specifica delle loro prestazioni (articolo 48 Decreto Legislativo n. 50 dl 2016). La valutazione nel merito di detti atti (patto consortile, tipo di offerta del consorzio nella gara pubblica, indicazione o meno delle consorziate, ecc.) costituiscono presupposti imprescindibili sia per stabilire se assuma o meno rilevanza esterna il negozio tra consorzio stabile e consorziata esecutrice, sia se avvenga o meno "il ribaltamento" integrale o parziale dei costi o dei ricavi derivanti dai lavori svolti dalla consorziata che ha eseguito i lavori (Sez. U. civ., n. 12190 del 14/06/2016, Rv. 630970). 3.Il ricorso di Fallimento (OMISSIS) srl e' fondato. Cosi' delineati i tratti principali della disciplina e' possibile esaminare il motivo di ricorso avverso il provvedimento impugnato che non ha riconosciuto l'intero diritto di credito del terzo da inquadrare, preliminarmente, nel suo preciso sviluppo e nella sua entita'. 3.1. Con contratto del 12 settembre 2007 il Commissario delegato per l'emergenza socio-idrografica del fiume (OMISSIS) aveva affidato l'esecuzione dell'appalto di opere pubbliche di completamento della rete fognaria del Comune di (OMISSIS) al Consorzio (OMISSIS) Scarl che, nel 2011, aveva comunicato la variazione societaria in capo alla (OMISSIS) Spa, propria consorziata, successivamente sostituita con la ditta esecutrice dei lavori, (OMISSIS) srl, anch'essa consorziata, odierna ricorrente. Si era costituito, dunque, un rapporto trilatero tra l'ente pubblico/appaltatore, il Consorzio (OMISSIS) Scarl/affidatario dei lavori, la consorziata (OMISSIS) srl/esecutrice dei lavori. Quest'uitima, per i lavori effettuati alla data dell'11. aprile 2013, aveva comunicato al Consorzio (OMISSIS) Scarl riserve iscritte in contabilita', per maggiori oneri e costi, per un ammontare complessivo di Euro 7.304.221,72, invano richieste dal Consorzio (OMISSIS) Scarl all'ente pubblico committente. Con raccomandata del 24 giugno 2016 la (OMISSIS) srl, al fine di ottenere il pagamento del credito, aveva attivato la procedura di composizione bonaria del contenzioso ex articolo 205 Decreto Legislativo n. 50 del 2016, di cui al par. 2.4., nei confronti del Consorzio (OMISSIS) Scarl, ma questa non si era conclusa in quanto il citato Consorzio era stato attinto da interdittiva antimafia del 27 settembre 2013. La consorziata (OMISSIS) srl aveva quindi formulato istanza tardiva di accertamento del- credito vantato nei confronti del Consorzio. 3.2. Il provvedimento impugnato ha accolto l'opposizione allo stato passivo con riferimento alla somma di Euro 367.403,14 e l'ha rigettata per la somma di Euro 7.304.221,72 trattandosi di riserva iscritta dal Consorzio (OMISSIS) Scarl nella propria contabilita' con riferimento ai lavori di appalto, ma da non ritenersi fatto costitutivo del diritto al compenso. In questa sede agisce il fallimento della (OMISSIS) srl, fallita con sentenza del 21 settembre 2021, chiedendo l'ammissione al passivo per la minore somma di Euro 46.872,39 in quanto riconosciuta dal committente ente pubblico tramite la valutazione positiva del direttore dei lavori. Al riguardo il ricorrente richiama e allega il riconoscimento di debito dell'ente pubblico relativo alla riserva n. 8, con sottoscrizione del direttore dei lavori (OMISSIS), per la minore somma in questa sede richiesta, gia' allegata nel fascicolo dell'opposizione. Il provvedimento impugnato si limita, come ricordato, a rigettare l'opposizione dell'intero credito sul presupposto che "la mera iscrizione della riserva nella contabilita' non puo' ritenersi fatto costitutivo del diritto al compenso; non e' certo", ma non affronta il tema del riconoscimento di debito da parte dell'ente pubblico che e' stato ribadito, in sede di ricorso, seppur limitatamente all'importo di Euro 46.872,39 per il quale risulta un principio di allegazione attraverso il richiamo a un documento che lo comproverebbe. L'omessa motivazione sul punto impone l'annullamento con rinvio. Il Tribunale dovra' colmare il difetto di motivazione esaminando la rilevanza del documento prodotto dal fallimento (OMISSIS) srl, tenuto conto dei principi che presiedono alla disciplina sui contratti di appalto pubblico ma anche di quelli che ineriscono ai rapporti tra consorzio e consorziata, dovendosi rilevare che nel caso di specie l'elemento valorizzato dalla ricorrente non si risolve in un generico riconoscimento da parte del direttore dei lavori ma in una definita e puntuale delimitazione da parte di quest'ultimo della pretesa formulata, formulata a fronte di riserve di cui non si contesta la validita' formale, e valorizzabile dunque ai fini dell'assolvimento all'onere probatorio. Deve ritenersi assorbita ogni questione in merito alla verifica della buona fede, gia' riconosciuta in sede di opposizione con riferimento ad altro credito vantato dalla (OMISSIS) srl, oggi fallimento (OMISSIS) srl. 4. Il ricorso di (OMISSIS) srl e' fondato nei limiti di seguito indicati. 4..1. Il primo motivo di ricorso e' manifestamente infondalo. Dalla lettura degli atti, consentita in ragione dell'eccezione svolta, risulta che il riferimento, contenuto nel decreto, alla data del 28 marzo 2022 quale o' udienza in cui il collegio si era riservato di decidere, e' un mero refuso in quanto, come rappresenta la stessa difesa a pag. 7 dei ricorso, l'udienza del 28 marzo 2022 era stata fissata per la trattazione congiunta delle opposizione allo stato passivo e poi era stata differita, per legittimo impedimento del giudice relatore, al 23 maggio 2022, udienza nella quale, come riconosce la stessa ricorrente, il difensore aveva insistito per l'accoglimento dell'opposizione e, dunque, i suoi argomenti, cosi' come quelli degli altri, erano stati puntualmente esaminati. 4.2. Il secondo motivo di ricorso e' fondato. 4.2.1. E' necessario premettere che con contratto del 15 maggio 2013 la societa' costruttrice (OMISSIS), consorziata al Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.I., aveva ceduto alla societa' (OMISSIS) srl tutti i diritti, inclusi quelli di credito, derivanti dal contratto di appalto stipulato tra il Comune di Sassari e il Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.I., oggetto di confisca, per lavori svolti all'aeroporto di (OMISSIS). Il credito vantato dalla societa' costruttrice (OMISSIS),, nei confronti del Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.I., era pari ad Euro 4.103.345,6 di cui Euro 3.455. 873,65 a titolo di riserve iscritte nel registro di contabilita' per i lavori eseguiti ed Euro 357.774,98 quale credito residuo fondato su fatture. 4.2.2. Il Tribunale ha respinto l'opposizione della societa' (OMISSIS) srl per l'ammissione del credito di Euro 4.103.345,6 per l'assenza di data certa della cessione del credito del 15 maggio 2013, in forza della quale (OMISSIS) srl aveva acquistato dalla cedente (OMISSIS) srl il credito oggetto della domanda di ammissione al passivo del Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.i. L'argomento del Tribunale e' che l'atto pubblico notarile del 31 luglio 2013, da cui risultava che (OMISSIS) avesse gia' ceduto il proprio credito nei confronti di (OMISSIS) srl, non fosse equipollente agli atti previsti dall'articolo 2704 c.c. e che "la cessione tra (OMISSIS) srl e (OMISSIS) srl allegata in atti e' priva di data certa". Premesso che la questione della data certa non era stata oggetto di opposizione, in quanto il Giudice delegato nel rigettare la richiesta di ammissione del credito non aveva menzionato l'assenza di tale presupposto, l'argomento del Tribunale non e' corretto. Al fine dell'opponibilita' del credito alla procedura concorsuale e dell'ammissione del credito allo stato passivo l'articolo 52, comma 1, Decreto Legislativo n. 159 del 2011 stabilisce che la confisca non pregiudica i diritti di credito dei terzi che risultano "aventi data certa", anteriore al sequestro. Per l'individuazione della "data certa" della scrittura privata nei confronti dei terzi soccorre la disciplina civilistica di cui all'articolo 2704 c.c. per come interpretato dalla giurisprudenza civile di legittimita' che ha contribuito a delineare l'ambito della disposizione. L'articolo 2704 c.c., che non contiene un'elencazione tassativa di fatti in base ai quali la data di una scrittura privata non autenticata possa ritenersi certa, consente al giudice di merito di valutare, con il suo prudente apprezzamento, caso per caso, la sussistenza di un fatto, diverso dalla registrazione, che sia idonea a dimostrare con certezza, secondo l'allegazione della parte, l'anteriorita' della formazione del documento rispetto ad una data determinata (Sez. 6 civ., n. 17926 del 12/09/2016, Rv. 641344, Sez. 1 civ., n. 23425 del 17/11/2016, Rv. 642656; Sez. 5, n. 22618 del 07/03/2022, Gruppo e Ceramiche, Rv. 283137) restando, invece, affidata alle regole del diritto comune la prova del momento in cui un rapporto contrattuale ha avuto inizio, come pure quella della sua effettiva durata. Al di la' del fatto che la questione inerisce al diritto di credito tra l'originario creditore e il proposto o terzo intestatario, in ogni caso, nella specie, vi e' la prova della cessione del credito avvenuta con atto pubblico notarile del 31 luglio 2013 cioe' un atto che e' pacificamente equipollente a quelli previsti dall'articolo 2704 c.c. 4.3. Il terzo ed il quinto motivo di ricorso, esaminabili congiuntamente, sono anch'essi fondati. Il Tribunale ha escluso l'opponibilita' alla procedura del credito di Euro 3.455.873,65 sotto due profili: a) per omessa notifica della cessione agli enti debitori; b) per assenza di prova che le riserve iscritte in contabilita' fossero state accettate dal Comune di (OMISSIS). Va premesso che cosi' come precisato per il fallimento (OMISSIS) srl ai parr. 2.1. e ss e 3.1. e ss., anche qui si e' costituito a monte un rapporto trilatero tra l'ente pubblico/appaltatore, il Consorzio (OMISSIS) Scarl/affidatario dei lavori, la consorziata (OMISSIS) srl /esecutrice dei lavori. A seguito della cessione del credito vantato da (OMISSIS) srl a favore della (OMISSIS) srl, quest'ultima si e' sostituita alla consorziata quale titolare del diritto di credito vantato nei confronti del Consorzio (OMISSIS) Scarl. In presenza della situazione contrattuale ora descritta nessun rilievo assumono i sintetici argomenti utilizzati dal Tribunale per rigettare l'opposizione. L'omessa notifica all'ente pubblico della cessione del c:redito e' elemento estraneo al credito azionato che riguarda soltanto il rapporto tra Consorzio (OMISSIS) Scarl e la consorziata (OMISSIS) srl ed oggi la cessionaria (OMISSIS), al di la' di elementi documentali, a partire dall'offerta della gara d'appalto da parte del Consorzio (OMISSIS) Scarl, da cui poter o meno desumere la valenza esterna del rapporto tra Consorzio ed esecutrice dei lavori. E' dunque errato l'apodittico richiamo operato dal Tribunale alla necessita' della notifica all'ente pubblico debitore, come previsto dalla scrittura privata tra (OMISSIS) srl e (OMISSIS), e l'assunto dell'inopponibilita' della cessione del credito al Consorzio (OMISSIS) Scarl e quindi alla procedura, ai sensi dell'articolo 1264 c.c., in quanto si confonde il rapporto tra Consorzio ed ente pubblico con il rapporto tra Consorzio e consorziata (OMISSIS) srl, esecutrice dei lavori, il cui credito e' oggi azionato dalla cessionaria (OMISSIS) che ha acquisito tutti i diritti vantati dalla cedente nei confronti del Consorzio. 4.4. Il motivo di ricorso riguardante l'iscrizione delle riserve e' anche esso fondato alla luce degli argomenti di cui ai parr. 2.1. e ss. cui si rinvia. Il provvedimento impugnato si e' limitato a rigettare l'opposizione sul presupposto che la mera iscrizione della riserva nella contabilita' non possa ritenersi fatto costitutivo del diritto di credito, ma non ha affrontato il tema della complessiva consistenza e valenza probatoria delle allegazioni prodotte a sostegno del diritto di cui (OMISSIS) srl chiedeva il riconoscimento ovverosia la fonte negoziale, i documenti circa l'affidamento dei lavori, l'espletamento di questi, il certificato di ultimazione e il certificato di collaudo, la sottoscrizione del Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.l. senza contestazioni e l'inadempimento di quest'ultimo. La sostanziale mancanza di motivazione sul punto impone l'annullamento e un nuovo esame in sede di rinvio. Il Tribunale dovra' colmare il difetto di motivazione esaminando la rilevanza dei documenti prodotti dalla ricorrente e delle relative argomentazioni, trattandosi di accertare il credito vantato dalla ricorrente nei confronti del Consorzio per fatti costitutivi pacificamente anteriori al sequestro, sulla base di elementi che, pur inserendosi nel quadro di un appalto pubblico, sono comunque primariamente riferibili al rapporto tra parte creditrice e parte debitrice, la quale ha semmai l'onere di dar conto di elementi idonei a contrastare la pretesa creditoria, illustrando fra l'altro le ragioni della rilevanza, nello specifico quadro dei rapporti inter partes, del mancato riconoscimento delle riserve da parte dell'ente pubblico e i motivi per cui tale riconoscimento non e' stato ottenuto. Qualora dunque il Tribunale ritenga rilevanti i documenti sopra menzionati al fine di suffragare la pretesa, dovra' comunque provvedere all'accertamento giudiziario, di sua competenza, occorrendo inoltre la verifica dei presupposti di cui all'articolo 52, comma 1, lettera b) Decreto Legislativo n. 159 del 2011. 4.5. Il quarto motivo e' assorbito da quello precedente. 4.6. Il sesto e il settimo motivo di ricorso sono fondati. Il Tribunale ha rigettato l'istanza di ammissione di (OMISSIS) srl in relazione al credito di Euro 357.774,98 (non derivante da contratto di appalto di opere pubbliche) vantato nei confronti del Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.l. da (OMISSIS) in forza di fatture che dalla contabilita' del Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.l. risultano pagate e, in parte, compensato con debiti di (OMISSIS) per attivita' di consulenza. La ricorrente aveva contestato davanti. al Tribunale le fatture, sostenendone la fittizieta', e aveva chiesto di assumere una prova ritenuta decisiva, quale quella di ordinare al Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.l la contabilita' dimostrativa. Poiche' su questo il Tribunale si limita ad una motivazione generica, nel presupposto della valenza dirimente delle ragioni pregiudiziali di rigetto dell'opposizione, risultate in realta' non giustificate, deve disporsi l'annullamento del provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale che dovra' specificamente valutate le deduzioni della ricorrente. 5. Il ricorso di (OMISSIS) e' fondato. Il ricorrente, in sede di opposizione, ha chiesto l'ammissione allo stato passivo del credito vantato nei confronti del Consorzio (OMISSIS) di Euro 18.520,22 a titolo di compenso quale professionista incaricato dalla societa' per attivita' di direzione tecnica, progettazione e consulenza tecnica di parte in un giudizio civile. Il Tribunale ha rigettato la domanda in ragione dell'avvenuto deposito, da parte di (OMISSIS), di una domanda priva della determinazione dell'importo del credito che era indicato solo nella scheda contabile riepilogativa allegata, in violazione dell'articolo 58, comma 2 lettera b), Decreto Legislativo n. 159 del 2011. Si tratta di un'interpretazione formalistica della norma in quanto nell'originaria istanza di ammissione al passivo era richiesto il riconoscimento del credito con rinvio all'allegato da cui risultava l'importo, cosicche' non puo' dirsi che esso non fosse indicato soltanto per mancata sua trascrizione. Ne consegue l'annullamento del provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale, che dovra' chiarire anche in quali termini il credito preteso dal (OMISSIS) sia maturato, per il totale o per parte del quantum richiesto, prima o dopo il provvedimento di sequestro del 18 giugno 2015, oltre che i presupposti di cui all'articolo 52 Decreto Legislativo n. 159 del 2011. 6.11 ricorso di (OMISSIS) Spa, mandataria dell'istituto di credito ipotecario (OMISSIS) srl, e' fondato. 6.1. La societa' premette di agire non in proprio, ma quale mandataria dell'istituto di credito ipotecario (OMISSIS) srl in virtu' di procura speciale del Notaio (OMISSIS) di (OMISSIS) (all. 2 del ricorso), in relazione al credito vantato dall'istituto bancario nei confronti del Consorzio (OMISSIS), oggetto di confisca, in forza di contratto di mutuo del 2 novembre 2006 stipulato dalla (OMISSIS), successivamente fusa per incorporazione nella Banca (OMISSIS) che, a sua volta, cedeva il portafoglio crediti, incluso quello oggetto della domanda di verifica, a (OMISSIS) srl con cessione pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. Il motivo e' fondato in quanto il Tribunale, nella parte descrittiva del provvedimento, dopo avere denominato l'opponente semplicemente "(OMISSIS)" (senza indicare se (OMISSIS) Spa o (OMISSIS) Spa), ha operato la seguente scissione della sua posizione in questi termini: in sede di verifica dei crediti ex articolo 58 Decreto Legislativo n. 159 del 2011 (OMISSIS) C:redit Solutions Spa aveva agito in qualita' di cessionaria del credito vantato dalla banca (OMISSIS) S.p.A. nei confronti del Consorzio (OMISSIS) Scarl e ceduto a (OMISSIS) srl; in sede di opposizione ex articolo 59 Decreto Legislativo n.:159 del 2011 (OMISSIS) Spa aveva agito solo quale mandataria di (OMISSIS) srl. Si tratta di una scissione che non corrisponde ai documenti in atti dai quali, al contrario, risulta che: 1) l'istanza ex articolo 58 Decreto Legislativo n. 159 del 2011 e' stata depositata il 02/05/2019 dalla (OMISSIS) Spa, in qualita' di mandataria e procuratrice speciale di (OMISSIS) srl; 2) per la successiva fase dell'opposizione ex articolo 59 Decreto Legislativo n. 159 del 2011 l'odierna opponente, (OMISSIS) Spa, ha agito solo quale procuratrice speciale di (OMISSIS) srl; 3) in data 08/07/2019 (OMISSIS) srl con atto notarile ha revocato a (OMISSIS) Spa la qualita' di mandataria e procuratrice speciale conferendole solo a (OMISSIS) Spa. Detto ultimo documento risulta essere stato allegato al ricorso in opposizione del 17 marzo 2021 dunque a disposizione del Tribunale che non vi ha fatto menzione. Ne consegue che (OMISSIS) Spa e' legittimata a proporre opposizione quale procuratrice speciale di (OMISSIS) srl. 6.2. Anche il secondo motivo e' fondato. 6.2.1. Il Tribunale ha negato la legittimazione attiva della (OMISSIS) srl a richiedere l'ammissione del credito, quale titolare di quello cedutole dalla Banca (OMISSIS), per "insufficienza della documentazione relativa alla cessione". Si tratta di un mero inciso che, in quanto tale, costituisce motivazione apparente perche' opera un mero rinvio alle "considerazioni svolte in sede di verifica" e non esamina i plurimi motivi posti dall'opposizione. Ne consegue l'annullamento con rinvio del provvedimento impugnato per omessa motivazione. 6.3. Gli ulteriori motivi di ricorso, concernenti la strumentalita' del credito e la buona fede dell'istituto di credito, sono assorbiti dall'accoglimento dei motivi che precedono. 7. Il ricorso di (OMISSIS) srl e' infondato. 7.1. I motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente. E' necessario preliminarmente operare un inquadramento di carattere generale dei presupposti richiesti dall'articolo 52, comma 1, lett.b) Decreto Legislativo n. 159 del 2011. 7.1.1. E' noto che il Decreto Legislativo n. 159 del 2011 ha innovativamente introdotto il principio per cui la confisca non pregiudica i diritti di credito dei terzi che risultino da atti aventi data certa anteriore al sequestro e ha esteso la tutela che prima era riconosciuta dalla giurisprudenza ai soli titolari di diritti reali di garanzia. L'articolo 52 Decreto Legislativo n. 159 del 2011 indica i presupposti per ottenere il riconoscimento del credito (nei limiti previsti dall'articolo 53, Decreto Legislativo n. 159 del 2011 e attraverso il procedimento di cui agli articoli 57 e ss.) prevedendo alla lettera b), nel testo originario (in vigore fino alle modifiche apportate dalla L. n. 161/2017) " che il credito non sia strumentale all'attivita' illecita o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego, a meno che il creditore dimostri di avere ignorato in buona fede il nesso di strumentalita'". La giurisprudenza di questa Corte si e' gradualmente consolidata nell'interpretazione del presupposto ora indicato, affermando che, in materia di misure di prevenzione patrimoniali, l'articolo 52 Decreto Legislativo n. 159 del 2011 esclude ogni pregiudizio dei diritti di credito dei terzi, preesistenti al sequestro, a meno che non risulti accertata la strumentalita' del credito rispetto all'attivita' illecita del proposto, e solo in questo caso il creditore che intenda far valere il proprio diritto ha l'onere di dimostrare l'ignoranza in buona fede di tale nesso di strumentalita' (Sez. 6, n. 36690 del 30/06/2015, Banca (OMISSIS) S.p.a., Rv. 265606). Quindi, per escludere l'ammissione allo stato passivo di un credito sorto anteriormente al sequestro, il Tribunale e' tenuto innanzitutto a fornire analitica dimostrazione che il credito sia strumentale all'attivita' illecita del soggetto pericoloso o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego. Una volta dimostrato tale nesso, il creditore puo' provare di averlo ignorato in buona fede (Sez. 5, n. 1869 del 17/11/2021, Rv. 282734, Sez. 6, n. 28034 del 8/6/2021, Greco, non massimata; Sez. 1, n. 39148 del 13/04/2017, De Luca, Rv. 271190; Sez. 6, n. 55715 del 22/11/2017, Banca Popolare Di Sondrio S.c.p.a., Rv. 272232). La strumentalita', dunque, costituisce la precondizione per il successivo scrutinio circa la buona fede del creditore. Per operare detto duplice accertamento il Tribunale deve partire dall'esame del ruolo e delle condotte illecite poste in essere dal proposto. Quando la confisca coinvolge imprese, individuali o collettive, al fine di verificare la menzionata strumentalita' e' necessario: a) stabilire i legami tra il proposto e il creditore e le loro eventuali cointeressenze; b) ricostruire la relativa vicenda negoziale, evidenziando gli elementi, in fatto, che consentono di pervenire a detta conclusione. 7.1.2. La questione, che si pone nel caso in esame, e' se l'accertamento della strumentalita' del credito, rispetto all'attivita' del prevenuto,, possa presumersi, fino a prova contraria, allorche' vi sia coincidenza temporale tra l'insorgenza del credito e l'accertata pericolosita' sociale del proposto. La giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto che l'incrementata disponibilita' di mezzi finanziari sia senz'altro idonea ad agevolare, pur indirettamente, la realizzazione di attivita' illecite (Sez. 6, n. 14143 del 06/02/2019, Banca Monte Paschi di Siena, Rv. 275533; Sez.5, n. 1869 del 17/11/2021, Rv. 282734). Si e' ritenuto, altresi', pur non valorizzando direttamente la presunzione indicata, che l'onere di dimostrare la strumentalita' del credito si moduli in modo diverso, a seconda delle dinamiche in fatto sottostanti la situazione in esame, anche ricorrendo a presunzioni semplici, rivenienti da elementi sintomatici dell'attivita' illecita del proposto gia' presenti nel momento in cui e' sorto il credito o nel corso di snodi di rilievo del relativo rapporto obbligatorio. Poiche' si tratta di presunzioni semplici il provvedimento le deve esplicitare e dare sempre conto quantomeno del potenziale collegamento tra le ragioni dell'applicazione della confisca e la finalizzazione del credito in contestazione, avendo riguardo al ruolo e alle cointeressenze del proposto (in termini, Sez. 6, n. 28034 del 8/6/2021, Greco, non massimata). 7.1.3. A questo punto il terzo creditore ha l'onere di provare di avere ignorato in buona fede tale nesso di strumentalita', prestando un affidamento incolpevole nella relativa operazione negoziale. L'articolo 52, comma 3, Decreto Legislativo n. 159 del 2011 indica anche i criteri in base ai quali valutare la buona fede, precisando che il giudice deve 1:enere conto "delle condizioni delle parti, dei rapporti personali e patrimoniali tra le stesse e del tipo di attivita' svolta dal creditore, anche con riferimento al ramo di attivita', alla sussistenza di particolari obblighi di diligenza nella fase preconl:rattuale nonche', in caso di enti, alle dimensioni degli stessi". Si e' condivisibilmente affermato che tale onere non e' separato, ma strettamente legato al profilo della strumentalita' - o meno - dell'operazione creditizia accertabile attraverso l'esame: della condizione soggettiva del terzo, degli elementi di fatto esistenti al sorgere e allo sviluppo del rapporto negoziale, dei rapporti tra le parti. Si tratta di condizioni rilevanti per valutare l'assolvimento dell'onere della buona fede da parte del creditore (Sez. 6, n. 28034 del 8/6/2021, Greco, non massimata). 7.1.4. La buona fede puo' ritenersi pacificamente esclusa nel caso di comprovata collusione del terzo nell'attivita' criminosa (ad esempio: quando sia coindagato o coimputato con questi, risulti intestatario fittizio dei suoi beni, ecc.) mentre puo' dirsi riconosciuta quando risulti una credibile inconsapevolezza delle attivita' svolte dal proposto, potendo soccorrere quella che in termini civilistici costituisce la tutela dell'affidamento incolpevole, espressamente richiamata dal legislatore. Il Tribunale, per accertarla deve operare un'indagine caso per caso e puo' escluderla nei confronti: a) di chi sia stato negligente (ad esempio per avere trascurato in modo evidente gli obblighi derivanti dal codice civile); b) di chi non abbia osservato comuni norme di prudenza affidandosi alla rnera apparenza dei fatti (Sez. 6, n. 28034 del 8/6/2021, Greco, non massimata; Sez. 6, n. 50018 del 17/09/2015, Intesa Sanpaolo S.p.a., Rv. 265930; Sez. 2, n. 50770 del 29/01/2015, Island Refinancing S.r.l., Rv. 263297). 7.2. Il primo motivo di ricorso e' manifestamente infondato. La censura riguarda l'erronea applicazione retroattiva da parte del Tribunale dell'articolo 52, comma 1, lettera b) Decreto Legislativo n. 159 del 2011 che a seguito della L. n. 161/2017 ha assunto la seguente formulazione "b) che il credito non sia strumentale all'attivita' illecita o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego, sempre che il creditore dimostri di avere ignorato in buona fede il nesso di strumentalita'". Le originarie parole "a meno che" sono state sostituite con "sempre che". Sostiene il ricorrente che il Tribunale, applicando la nuova formulazione della norma, avrebbe valutato esclusivamente il requisito della buona fede del creditore e non anche quello della strumentalita' del credito all'attivita' illecita del proposto, in quanto la modifica ha comportato un aggravamento dell'onere probatorio del terzo senza richiedere il previo accertamento della strumentalita' del credito. Il provvedimento impugnato, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, per quanto si dira' nel paragrafo che segue, ha valutato entrambi i requisiti operando un adeguato accertamento sia della mancanza di buona fede della societa' creditrice che del requisito della strumentalita' del credito all'attivita' illecita del proposto. Per quanto possa affermarsi che la nuova formulazione dell'articolo 52, comma 1, lettera b), Decreto Legislativo n. 159 del 2011 sia applicabile nel caso di verifica dello stato passivo eseguita in epoca successiva alla sua entrata in vigore (sul punto Sez. 6, n. 26751 del 16/06/2021, Banco BPM, non massimata), in ogni caso il tipo di valutazione del Tribunale, in realta' tale da dar conto di entrambi i profili, rende il tema evocato nel motivo di ricorso in concreto irrilevante. 7.3. Il secondo motivo di ricorso e' infondato. 7.3.1. Va prima inquadrata la vicenda contrattuale. Il credito, di cui la (OMISSIS) srl ha chiesto il riconoscimento, trae origine dalla scrittura privata del 26 aprile 2013, sottoscritta con (OMISSIS) ((OMISSIS)), o'per la redazione del progetto di riqualificazione e gestione dell'omonimo immobile. A causa dell'omesso pagamento da parte della (OMISSIS) del prezzo pattuito per l'attivita' compiuta (OMISSIS) srl otteneva un decreto ingiuntivo in forza del quale chiedeva l'ammissione del credito di Euro 767.053,39 in quanto, nelle more, la societa' (OMISSIS) era stata ceduta al Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.l, oggetto dell'odierna ablazione. In base alla ricostruzione contenuta nel decreto di confisca (le cui pagine da 44 a 63 descrivono la posizione di (OMISSIS)), correttamente richiamata dal Tribunale che, in parte, ne sintetizza il contenuto anche con rinvio al decreto del Giudice delegato, cosi' delineando i collegamenti di cui dare conto ai fini della sussistenza dei presupposti richiesti dall'articolo 52, comma 1, lettera b) Decreto Legislativo n. 159 del 2011, risulta attestato il fatto che (OMISSIS), legale rappresentante della societa' (OMISSIS) srl, svolgesse usualmente il ruolo di prestanome per conto del proposto (OMISSIS) in diverse societa' facenti capo a questi. Il Tribunale, in primo luogo, richiama il coinvolgimento di (OMISSIS) nelle vicende del Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.l, di (OMISSIS) srl e di (OMISSIS) ((OMISSIS)), tutte oggetto di confisca, anche alla luce delle dichiarazioni del commercialista del Gruppo (OMISSIS). In secondo luogo, illustra il decreto di confisca, divenuto definitivo, che dava conto di come la (OMISSIS) ((OMISSIS)) fosse stata oggetto di cessione in favore del Consorzio (OMISSIS) proprio su pressione del proposto, divenuto creditore per 2 milioni cli Euro di (OMISSIS), gia' amministratore di (OMISSIS), costretto dal (OMISSIS) a dimettersi per sostituirlo proprio con (OMISSIS). Attraverso detta operazione, non contestata, era confermata la qualita' di prestanome rivestita da (OMISSIS) per conto del proposto. Inoltre, il Tribunale aveva dato atto anche che il (OMISSIS) aveva dichiarato di avere sottoscritto effetti cambiari su richiesta del (OMISSIS), poi portati allo sconto in parte con la firma di girata dello studio (OMISSIS) e associati. In forza di detti elementi si era ritenuta provata la mancanza dei presupposti per l'ammissione del credito della (OMISSIS) srl proprio perche': a) il legale rappresentante (OMISSIS) aveva svolto il ruolo sopra descritto di prestanome nelle attivita' criminose del (OMISSIS); b) tra il Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.1, nucleo dell'attivita', anche economica, del proposto, e la (OMISSIS), societa' dell'odierno ricorrente, che vi aveva fatto confluire i propri crediti tramite (OMISSIS) srl, vi era un collegamento immanente. A ben guardare l'inserimento di (OMISSIS) nella diretta orbita del proposto in stretta correlazione con l'ambito di operativita' del predetto, che ne connotava la pericolosita', era tale da dimostrare la strumentalita' del credito, in funzione degli interessi propri del proposto, e nel contempo lo stretto rapporto intercorrente tra il proposto e (OMISSIS) precludeva il riconoscimento in capo a quest'ultimo della pur invocata buona fede. Il motivo di ricorso non si confronta con la puntuale ricostruzione, ora sinteticamente ripercorsa, in forza della quale (OMISSIS) e' riconosciuto espressamente prestanome per conto del (OMISSIS), fra l'altro in Investimento1 srl (societa' diversa dall'odierna ricorrente), e con il contenuto del decreto di confisca, richiamato dal provvedimento impugnato, dal quale risulta la richiesta di rinvio a giudizio nel proc. n. 44616/2010 RGNR per concorso col proposto nel delitto di usura ai danni dei citato (OMISSIS), esercizio abusivo del credito, riciclaggio e intestazione fittizia di beni. 7.3.2. Del tutto inconferente l'assunto dell'inutilizzabilita' del decreto di confisca, stante il proposto ricorso alla Corte EDU, in quanto e' proprio la sua definitivita' a costituirne presupposto. 7.3.3. Altrettanto infondata la censura per omessa motivazione, da parte del provvedimento impugnato, in ordine alla rilevanza della sentenza assolutoria per insussistenza del fatto, emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, irrevocabile il 14 maggio 2021, nei confronti di (OMISSIS), con riferimento a due reati tributari contestatigli quale legale rappresentante della (OMISSIS) srl, in concorso col proposto (OMISSIS), amministratore di fatto della societa', che escluderebbero la sua qualita' di prestanome. Va premesso che non sono stati forniti specifici elementi per ritenere rilevante l'omissione valutativa, che puo' dar luogo a vizio deducibile con ricorso allorche' la stessa riguardi un profilo decisivo, in quanto di immediata, oggettiva ed univoca valenza esplicativa e dunque idonea a disarticolare il costrutto argomentativo per l'intrinseca incompatibilita' degli enunciati (Sez.5, n. 8450 del 14/10/2019, dep. 2020, Gammone, Rv.278795). In ogni caso, il riferimento alla sentenza di assoluzione, relativa esclusivamente a due contestazioni di reati tributari commessi negli anni 2011 e 2012 e riportata solo limitatamente ai capi di im(OMISSIS)azione, senza alcun riferimento al contenuto della motivazione, non si confronta con la ritenuta contiguita' tra il proposto e (OMISSIS), ampiamente motivata dal Tribunale attraverso plurimi elementi di fatto puntualmente indicati e in precedenza riportati. 7.3.4. Infine, il riferimento alla illogicita' della decisione del provvedimento impugnato, per avere ammesso, in sede di opposizione, il credito vantato dalla (OMISSIS) s.p.a. in relazione al credito vantato nei confronti della societa' (OMISSIS) srl introduce un tema irrilevante, riguardando altra societa' rispetto a quella istante (Sviluppo Investimento srl). Peraltro, il Tribunale ha ammesso detto credito, pur in presenza dell'accertata strumentalita' del credito, ritenendo provata la buona fede. 8. Il ricorso di (OMISSIS) e' manifestamente infondato. 8.1. Il primo motivo, sulla composizione del collegio giudicante del provvedimento impugnato, riguarda la presunta incompatibilita' della Presidente per avere emesso la misura di prevenzione, personale e patrimoniale, nei confronti del proposto, (OMISSIS), con esame della posizione del ricorrente. Va premesso che la disciplina dell'accertamento dei diritti di terzi nelle procedure di prevenzione non prevede norme che stabiliscano detta incompatibilita'. Deve aggiungersi che il giudizio pregiudicante e quello asseritamente pregiudicato risultano avere oggetto e presupposti del tutto diversi, giacche' a seguito di opposizione dei creditori allo stato passivo si ha riguardo alla tutela dei coinvolti dalla misura di prevenzione patrimoniale, disciplinata dagli articoli 52 e ss del Decreto Legislativo n. 159 del 2011. E' comunque dirimente il fatto che per far valere una causa di incompatibilita' e' comunque necessario denunciarla con la dichiarazione di ricusazione, in assenza della quale non e' ravvisabile alcun profilo di nullita' (Sez. 1, n. 35216 del 19/04/2018, Illiano, Rv. 273852). 8.2. Il secondo motivo di ricorso e' generico. (OMISSIS) ha chiesto l'ammissione allo stato passivo della societa' (OMISSIS) srl, oggetto di confisca, sostenendo di vantare da questa un credito di Euro 1.580.000 quale restituzione di importi versati a seguito della stipula di contratti preliminari di vendita per l'acquisto di immobili in (OMISSIS). Il provvedimento impugnato ha correttamente respinto l'opposizione ritenendo non sussistente il presupposto per il riconoscimento del credito previsto dall'articolo 52, comma 1 lettera b), Decreto Legislativo n. 159 del 2011, stante l'accertamento sia della strumentalita' del credito rispetto all'attivita' illecita del proposto, (OMISSIS), sia della mancanza di buona fede del creditore. Infatti, (OMISSIS) non solo risulta coindagato con il proposto per alcune fattispecie di reato, ma aveva perfetta conoscenza che questi fosse il vero dominus della promissaria venditrice societa' (OMISSIS) srl. Su tale punto il ricorso nulla deduce limitandosi ad affermare, in termini apodittici, di essere in "indiscussa buona fede" senza confrontarsi con i dati di fatto riportati dal Tribunale. 9. In conclusione, alla luce degli argomenti che precedono, il decreto impugnato deve essere annullato nei confronti di (OMISSIS) srl, di (OMISSIS), di (OMISSIS) Spa e, limitatamente all'importo di Euro 46.872,39, nei confronti di Fallimento (OMISSIS) srl, con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Roma. Il ricorso di (OMISSIS) va dichiarato inammissibile con condanna al pagamento delle spese processuali e della somma, ritenuta equa in rapporto al sottostante profilo di colpa, di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Il ricorso di (OMISSIS) srl va rigettato con condanna al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Annulla il decreto impugnato nei confronti di (OMISSIS) srl, di (OMISSIS), di (OMISSIS) Spa e limitatamente all'importo di Euro 46.872,39, nei confronti di Fallimento (OMISSIS) srl, e rinvia per nuovo giudizio nei confronti dei predetti ricorrenti al Tribunale di Roma. Dichiara inammissibile il ricorso di (OMISSIS) che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Rigetta il ricorso di (OMISSIS) srl, che condanna al pagamento delle spese processuali.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DI STEFANO Pierluigi - Presidente Dott. RICCIARELLI Massimo - Consigliere Dott. ROSATI Martino - Consigliere Dott. SILVESTRI Pietro - rel. Consigliere Dott. D�ARCANGELO Fabrizio - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sui ricorsi proposti da: 1. Procuratore Generale presso la Corte di appello di Torino; 2. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 3. (OMISSIS), nata ad (OMISSIS); 4. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 5. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Torino il 10/05/2021; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere, Pietro Silvestri; udito il Sostituto Procuratore generale, Dott. Giuseppe Riccardi, che ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata ai soli effetti civili e il rigetto dei ricorsi agli effetti penali per gli imputati (OMISSIS) a (OMISSIS), l'annullamento con rinvio per il ricorso del Procuratore Generale e l'inammissibilita' dei ricorsi proposti nell'interesse di (OMISSIS) e (OMISSIS); uditi gli avv.ti (OMISSIS), difensore di (OMISSIS), (OMISSIS) difensore- anche in sostituzione dell'avv. (OMISSIS) - di (OMISSIS), (OMISSIS), difensore di (OMISSIS), (OMISSIS), difensore di (OMISSIS), che hanno concluso insistendo per l'accoglimento dei motivi di ricorso e chiedendo il rigetto del ricorso del Procuratore Generale della Corte di appello. RITENUTO IN FATTO 1. La Corte di appello di Torino, in riforma della sentenza di primo grado con cui (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) erano stati assolti dai reati contestati perche' il fatto non sussiste, ha: - riunito i fatti di cui ai capi 1-2, commessi fino al (OMISSIS), e dichiarato non doversi procedere nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) per essersi i reati estinti per prescrizione; la Corte ha condannato i predetti imputati al risarcimento dei danni in favore della parte civile Regione Piemonte; - dichiarato colpevoli (OMISSIS) e (OMISSIS) per il reato contestato al capo 1), riqualificato il fatto nel reato di cui all'articolo 61 c.p., n. 9, - articolo 379 c.p.. Il processo ha ad oggetto il contratto di appalto stipulato tra la Regione Piemonte e la societa' (OMISSIS) s.c. a r.l. - associazione temporanea di imprese, di cui la societa' cooperativa (OMISSIS) era capogruppo - per la realizzazione del nuovo complesso amministrativo e istituzionale della Regione Piemonte. In particolare, a (OMISSIS), in qualita' di direttrice della Direzione Patrimonio della Regione Piemonte e di responsabile unico della gara di appalto, a (OMISSIS), in qualita' di dirigente della Regione Piemonte, responsabile unico del procedimento dell'appalto ed a (OMISSIS), in qualita' di funzionario della Direzione Patrimonio della Regione Piemonte, direttore dei lavori, e' formalmente contestato di avere compiuto, in concorso tra loro, atti contrari ai doveri di ufficio consistiti rispettivamente: a) nell'approvare una proposta di variante migliorativa del progetto esecutivo oggetto del contratto proveniente dalla societa' (OMISSIS) e incidente su elementi strutturali del progetto aventi valore complessivo di Euro 56.465.791 su un valore totale delle opere pari a circa 208 milioni di Euro, senza vaglio sulla reale necessita', convenienza e miglioria apportata dalla variante; b) nel recepire senza controlli e verifiche il quadro economico della variante proposto da (OMISSIS); c) nel consentire l'esecuzione delle opere oggetto di variante prima della verifica dei relativi progetti esecutivi e della regolare approvazione della stessa. In cambio di tali atti (OMISSIS), in persona di (OMISSIS), esponente di (OMISSIS) e procuratore di (OMISSIS), avrebbe affidato contatti di subappalto nello stesso cantiere per opere di movimento terra, per un importo complessivo di Euro 4.868.347, a favore della societa' (OMISSIS) s.r.l. di (OMISSIS), marito di (OMISSIS). Quanto a (OMISSIS) e (OMISSIS) - cioe' i due pubblici ufficiali di ufficiali che, secondo la Corte, successivamente all'accordo corruttivo, ne avrebbero consentito l'attuazione attraverso l'adozione degli atti amministrativi necessari a garantire a (OMISSIS), la contropartita rispetto alla utilita' gia' assicurata al pubblico ufficiale - secondo la Corte, i fatti originariamente contestati di concorso nella corruzione sarebbero riconducibili al reato di favoreggiamento aggravato, trattardosi di condotte di soggetti terzi posta in essere nella fase di esecuzione di un accordo corruttivo gia' concluso. 2. Ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), articolando tre motivi. 2.1. Con il primo si deduce violazione di legge processuale in relazione agli articoli 591 e 581 c.p.p., e si chiede l'annullamento senza rinvio dalla sentenza impugnata. L'assunto e' che l'appello proposto dal Pubblico Ministero avverso la sentenza di assoluzione avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile in quanto privo di critica ragionata della motivazione della sentenza di primo grado e della indicazione dei motivi di dissenso rispetto alla decisione impugnata. L'atto conterrebbe una generica censura con la quale si contestava una valutazione parcellizzata degli indizi da parte del Tribunale, compiuta, secondo il Procuratore, senza considerare una possibile spiegazione alternativa; assume l'imputato che il Procuratore appellante avrebbe tuttavia omesso di indicare gli specifici temi probatori erroneamente valutati. L'atto di appello non consentirebbe di comprendere quali fossero gli indizi parzialmente valutati e si caratterizzerebbe per una valutazione unidirezionale solo di alcune risultanze istruttorie. Diversamente dagli assunti del Procuratore appellante, si assume, il Tribunale aveva invece chiarito come l'oggetto del patto corruttivo fosse stata non l'aggiudicazione del contratto principale ma la successiva attivita' di controllo e in tal senso, si argomenta, aveva riportato la tesi d'accusa per confrontarla con le evenienze probatorie. L'appello, invece, si sarebbe limitato a riproporre le stesse argomentazioni svolte nel giudizio di primo grado senza tuttavia indicare i presunti errori di valutazione, quali sarebbero state le prove valutate erroneamente, quelle che il Giudice di secondo grado avrebbe dovuto assumere per rimediare. Sarebbe viziata anche l'affermazione della Corte di appello secondo cui la mera deduzione da parte del Procuratore del travisamento del fatto e della prova comporterebbe di per se' l'ammissibilita' della impugnazione. 2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione del dovere di motivazione rafforzata e violazione degli articoli 521- 522 c.p.p.. La Corte avrebbe condiviso la prospettazione del Procuratore appellante senza confrontarsi con la motivazione della sentenza di primo grado e senza valutare le numerose ed articolate prove a discarico. Si fa riferimento: - al fatto che la Corte avrebbe meramente descritto senza tuttavia confrontarsi con la parte della sentenza di primo grado (pagg. 294- 350) con cui il Tribunale aveva riportato analiticamente la prospettiva accusatoria per poi comparala con le risultanze probatorie acquisite e concludere nel senso che detta prospettiva non avesse trovato conferma; - al fatto che nel giudizio di appello l'istruttoria rinnovata non avrebbe aggiunto nessun elemento nuovo e che la stessa sentenza di appello non avrebbe evidenziato elementi di novita' non conosciuti in primo grado, essendosi limitata solo a richiamare il contenuto delle deposizioni rinnovate senza tuttavia spiegare perche' esse sarebbero idonee a ribaltare il primo giudizio (in tal senso si allegano le deposizioni assunte in primo e in secondo grado per verificare come non vi sarebbero elementi di novita'); - all'affermazione della Corte secondo cui non sarebbe rilevante "il merito" della variante laddove invece sul punto il Tribunale aveva lungamente argomentato. In particolare, si sostiene che, contrariamente agli assunti della sentenza impugnata, l'esame del merito della variante sarebbe decisivo al fine della verifica della "tenuta" dell'ipotesi accusatoria secondo cui: a) (OMISSIS) aveva fatto un'offerta troppo bassa in sede di gara e non sarebbe stata in grado di compensare le spese con gli incassi; b) a tal fine avrebbe "studiato" sin dall'inizio una variante allo scopo di diminuire i costi di costruzione; c) per fare cio' avrebbe optato per l'uso di una maggiore quantita' di calcestruzzo e per diminuire quella dell'acciaio, con cio' incrementando il peso della sovrastruttura; d) l'aumento della pressione sul suolo avrebbe quindi imposto un rafforzamento delle sottofondazioni, cosi' giustificando l'inesistente rischio di cedimenti differenziali del progetto originario; e) per essere sicuri dell'approvazione della variante si sarebbe corrotto un funzionario; f) funzionari conniventi della Regione avrebbero poi omesso controlli. Rispetto a tale prospettazione, argomenta il ricorrente, non vi sarebbe prova che: a) l'offerta iniziale fosse troppo bassa; b) non sarebbe chiaro che per ridurre i costi si sarebbero dovuti aumentare quelli per il rafforzamento delle fondazioni e per l'affidamento di incarichi a professionisti qualificati. Sul punto la Corte sarebbe silente. La difesa aveva dato la prova che non vi fosse stato nessun aumento di calcestruzzo e che dunque non vi era stata una diminuzione dei costi a seguito della variante. Non vi sarebbe nemmeno la prova che la struttura costruita a seguito della variante fosse piu' pesante di quella progettata al punto da rendere necessario una, aumento delle sottofondazioni e quindi un incremento di spesa altrimenti inspiegabile. In presenza di un processo indiziario, si aggiunge, eludere, cosi' come fatto dalla Corte, il tema del merito della variante significherebbe eludere un fondamentale tema probatorio, cui peraltro faceva espresso riferimento l'imputazione e su cui il Tribunale si era a lungo confrontato per giungere a ritenere che nessun vantaggio di natura economica sarebbe derivato dall'accoglimento della proposta di variante. La tematica non sarebbe stata trattata dalla Corte che dunque avrebbe violato il dovere di motivazione rafforzata. Considerazioni simili vengono. compiute anche in ordine alle pretese anomalie nell'affidamento dei contratti di subappalti alla (OMISSIS), ritenute un indizio dell'accordo criminoso. L'anomalia sarebbe consistita nel fatto che la societa' subappaltatrice sarebbe riferibile al coniuge di (OMISSIS) e che detta societa' non avrebbe in precedenza mai lavorato prima con (OMISSIS). Anche in tal caso la Corte avrebbe omesso di valutare il materiale probatorio a discarico che invece minerebbe il giudizio di gravita' e concordanza degli indizi ritenuti rilevanti. Il Tribunale aveva in particolare rilevato come anche ad altre imprese fossero stati affidati per la prima volta lavori dall'ATI costruttrice e come in tal senso fosse la volonta' dall'allora Presidente della Regione Piemonte, cioe' di preferire le imprese locali. Anche su detti punti la motivazione sarebbe silente. Anche quanto alla tempistica di affidamento dei subappalti, anch'essa rivelatrice, nell'ottica della Corte di appello, di un accordo corruttivo, la motivazione della sentenza sarebbe contraddittoria; si fa riferimento all'assunto secondo cui costituirebbe una coincidenza indiziante dell'accordo il conferimento dell'incarico per la variante al prof. (OMISSIS), nel luglio del 2011, ossia un mese dopo il contatto avvenuto tra (OMISSIS) e (OMISSIS), senza tuttavia considerare, si argomenta, che (OMISSIS), lavorava alla variante gia' da un anno. Non diversamente, ancora, la motivazione sarebbe viziata quanto alla individuazione del momento in cui il patto corruttivo sarebbe stato concluso. L'accordo, secondo la ricostruzione della Corte, sarebbe stato concluso nella primavera del 2010, quando ancora non vi era stata neppure l'aggiudicazione definitiva, e la societa' costruttrice avrebbe saputo preventivamente di poter confidare sull'approvazione della variante; evidenzia il ricorrente che, ove cosi' fosse, si sarebbe dovuto approfondire il tema per cui, come osservato dal Tribunale, (OMISSIS), a quell'epoca non aveva alcun ruolo nell' (OMISSIS) e dunque avrebbe dovuto essere considerato un soggetto estraneo al patto. Nell'ambito di una motivazione carente non sarebbe stato chiarito nemmeno se l'accordo fu concluso al momento della sottoscrizione del primo contratto di subappalto (pag. 59) o al momento dell'affidamento dell'incarico al prof. (OMISSIS) (pag 47). Se l'accordo fosse stato davvero concluso nella primavera del 2010 l'imputato avrebbe dovuto essere assolto o, al piu', nel caso di contributo successivo, la sua posizione avrebbe dovuto essere equiparata a quelle degli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS) Ne' vi sarebbe la prova che (OMISSIS), si fosse ingerito nel patto corruttivo concluso nella primavera del 2010. Ancora. Si fa riferimento al tema, valorizzato dalla Corte, del mancato controllo dei pubblici funzionari sulla reale necessita', convenienza e miglioria apportata dalla variante. Si osserva: a) quanto al controllo sulla necessita' della variante, che esso sarebbe stato contra legem non essendo previsto, trattandosi di una variante migliorativa; b) quanto all'omesso vaglio della convenienza, che detto profilo non potrebbe essere messo in discussione essendo stato conseguito, per effetto della variante, un risparmio di spesa; c) quanto, infine, all'omesso vaglio delle migliorie, il tema dovrebbe attenere al "merito" cioe' ad un profilo che la Corte non avrebbe affrontato. Il Tribunale sui punti in questione si era lungamente soffermato e anche sotto tali profili la motivazione della Corte non potrebbe ritenersi rafforzata. Sotto ulteriore profilo, si affronta, quanto ai presunti rapporti di favore alla (OMISSIS) da parte della Regione, la c.d. vicenda Soa, quella cioe' per cui, in un dato momento, (OMISSIS) non aveva adeguata certificazione per il conferimento di alcune categorie di lavori, e tuttavia, dopo una serie di colloqui - soprattutto telefonici- si addivenne ad una soluzione illegittima; il tema era sfociato nella contestazione originaria del reato di falso ideologico dai quali gli imputati sono stati assolti dal Tribunale con la formula perche' il fatto non costituisce reato. Secondo la prospettazione d'accusa anche detta vicenda avrebbe valenza indiziante della esistenza di un accordo corruttivo ma, secondo l'imputato, la motivazione della sentenza impugnata sarebbe viziata rispetto a quella del Tribunale, che aveva invece sottolineato come il problema Soa fosse stato sollevato proprio da un dipendente della Regione e come nei concitati contatti di quel periodo non si fosse mai fatto riferimento a coloro che avrebbero fatto parte dell'accordo corruttivo. 2.3. Con il terzo motivo si deduce violazione degli articoli 576- 597 o, in via subordinata, 578 c.p.p.; in assenza della impugnazione della parte civile le questioni relative alla domanda risarcitoria non potevano considerarsi devolute. Si aggiunge che nella specie vi sarebbe violazione dell'articolo 578 c.p.p. perche' non sarebbe ammissibile una condanna risarcitoria in sede di appello che, in riforma di una sentenza di assoluzione, dichiari la estinzione del reato, difettando in tal caso il presupposto della esistenza di una sentenza di condanna. 3. Ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), articolando quattro motivi. 3.1. Con il primo si deduce violazione di legge processuale; il tema attiene alla inammissibilita' dell'appello del ProcuratOre Generale, di cui si e' detto. 3.2. Con il secondo si deduce violazione dell'obbligo di motivazione rafforzata. Si ricostruiscono i principi sul tema, il perimetro dei fatti oggetto del processo, il ragionamento probatorio del Tribunale, le ragioni poste a fondamento della sentenza di assoluzione; si rivisita l'affermazione della Corte secondo cui nel caso di specie si dovrebbe prescindere dal "merito delle variante" e si afferma che l'esame del tema fosse invece imposto dalla struttura della imputazione. Attraverso la decisione di non occuparsi del merito della variante, la Corte si sarebbe sottratta al confronto con la motivazione assolutoria e, soprattutto, con l'affermazione secondo cui non vi sarebbe stata nessuna strategia utilitaristica a fondamento della decisione di (OMISSIS) di proporre quella variante. La Corte avrebbe richiamato il contenuto delle deposizioni rinnovate senza spiegare perche' queste sarebbero idonee a ribaltare la decisione del primo Giudice e avrebbe sbrigativamente sterilizzato la motivazione della sentenza del Tribunale - che aveva valorizzato la consistenza del procedimento amministrativo con cui si era addivenuti all'approvazione della variante - ritenendo invece detto iter di approvazione singolare, superficiale e grossolano. Sarebbe stato inoltre erroneamente evidenziato dalla Corte come (OMISSIS) confidasse preventivamente nell'approvazione di detta variante e come vi fosse un interesse economico sotteso alla variante, atteso che, diversamente, non sarebbe stata spiegabile la consulenza conferita da (OMISSIS) al prof. (OMISSIS), per circa 1.500.000 Euro, che, in realta', sarebbe spiegabile sodo attribuendo a detta consulenza una funzione di investimento in vista dei risparmi futuri derivanti dall'approvazione della variante. Anche su tale profilo, sostiene la ricorrente, la Corte non si sarebbe confrontata con la motivazione del Tribunale che aveva escluso l'interesse economico - utilitaristico sotteso alla variante sulla base di una serie di prove testimoniali ( (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)). Dunque un vulnus di motivazione. Non diversamente, non sarebbe rinforzata la motivazione nella parte in cui la Corte ha escluso la effettiva esistenza di problemi geologici, che, invece, il Tribunale aveva desunto sulla base della valutazione di una serie di prove scientifiche e di consulenze ( (OMISSIS), (OMISSIS)), ignorate a vantaggio dei pareri di Arup e di alcuni testimoni sentiti nel corso del giudizio di appello ( (OMISSIS), (OMISSIS)). 3.3. Con il terzo motivo si deduce violazione dell'obbligo di motivazione rafforzata in ordine alla prova del patto corruttivo. Il presupposto del ragionamento della Corte sarebbe quello di dover prescindere dalla valutazione del merito della variante e di dover accertare l'esistenza del patto. La prova dell'accordo, che secondo la Corte dovrebbe temporalmente collocarsi nella primavera del 2010, sarebbe stata fatta discendere da un procedimento indiziario e sarebbe sostanzialmente derivante da due elementi: a) i rapporti esistenti gia' in sede di predisposizione della gara tra gli uffici regionali e (OMISSIS); b) il dato temporale dell'avvio della variante. Quanto al primo profilo, evidenzia la ricorrente che nella primavera del 2010 (OMISSIS) non rivestiva alcun ruolo nell' (OMISSIS), come osservato dal Tribunale, sicche' non sarebbe chiaro.ne' come (OMISSIS) possa essersi accordata con (OMISSIS) e neppure chi sarebbero gli altri esponenti della societa' protagonisti del patto. Quanto ai contatti che sarebbero intercorsi tra (OMISSIS) e funzionari regionali prima dell'aggiudicazione della gara d'appalto, la Corte avrebbe fatto riferimento a due verbali rel (OMISSIS)vi a riunioni tenute da (OMISSIS) nel luglio e nel ottobre del 2009, quindi prima della pubblicazione del bando di gara, in cui era stato prospettato un successivo incontro tra i rappresentanti di (OMISSIS) e la (OMISSIS); tale profilo secondo la Corte, pur non rilevando rispetto alla originaria ipotesi di turb (OMISSIS)va d'asta, non sarebbe neutro rispetto alla prova dell'accordo corruttivo. Assume invece la ricorrente che si tratterebbe di un'affermazione del tutto generica, inidonea ad assumere valenza indiziante, e smentita dal teste (OMISSIS), avvocato in quel momento impegnato nella redazione del bando di gara per la Regione, il quale avrebbe spiegato la ragione di quegli incontri che avrebbero avuto aspetti interpretativi del bando. Non diversamente, si ripercorre il senso dell'incarico affidato al prof. (OMISSIS) e quello dell'affermazione della Corte secondo cui vi sarebbe stata la consapevolezza di (OMISSIS) di poter confidare nell'approvazione della variante da parte del RUP, nel rapporto temporale tra la formalizzazione dell'incarico a (OMISSIS) nel luglio del 2011 e il contatto tra l' (OMISSIS) e (OMISSIS). Si evidenza come lo studio della variante migliorativa risalisse al 2010 e che sul punto il Tribunale aveva ricostruito il senso della discrasia temporale tra lo studio della variante e la formalizzazione dell'incarico a (OMISSIS), ed anche al riguardo la Corte non si sarebbe confrontata. Sotto ulteriore profilo, la prova del coinvolgimento di (OMISSIS) nell'accordo corruttivo sarebbe stato fatto discendere da alcune conversazioni telefoniche intercettate da cui sarebbe emerso che: a) l'imputata si interessava dei pagamenti che avrebbero dovuto essere effettuati nei confronti di (OMISSIS); b) l'imputata seguisse in prima persona lo sviluppo del cantiere della (OMISSIS); c) a lei facessero riferimento tutti i dirigenti regionali coinvolti. Anche su tali temi la motivazione sarebbe viziata. Dal contenuto delle conversazioni emergerebbe solo che la (OMISSIS) avrebbe "inopportunamente" (cosi' il ricorso) fatto opera di intercessione per sollecitare i pagamenti di fatture scadute di (OMISSIS), ma cio' non proverebbe, secondo il difensore, la circostanza che (OMISSIS) avesse una "corsia privilegiata" e neppure il fatto corruttivo. La lettura delle conversazioni sarebbe non univoca e la Corte avrebbe dovuto confrontarsi con la spiegazione data dall'imputata, rinnovandone l'esame. Ne' sarebbero stati chiariti i rapporti tra (OMISSIS) e (OMISSIS) e (OMISSIS), cioe' i due dirigenti che poi avrebbero dato esecuzione al patto corruttivo. 3.4. Con il quarto motivo si deduce inosservanza degli articoli 576 - 578- 597 c.p.p.: il tema e' quello della statuizioni civili, di cui si e' detto. 4. Ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), sostanzialmente deducendo vizio di motivazione. Anche in questo caso si deduce la violazione della motivazione rafforzata; si fa riferimento ad una serie di temi di prova: - al merito della variante ed al comportamento in concreto tenuto da (OMISSIS), che avrebbe agito, in relazione ai fatti compiuti successivamente al (OMISSIS), non per aiutare i corrotti ma per adesione ad un programma utile alla stazione appaltante; - alla scansione della gara; - ai rapporti tra (OMISSIS) e i funzionari regionali; - al rapporto tra (OMISSIS) e il professore (OMISSIS); - ai rapporti tra (OMISSIS), (OMISSIS)- marito della (OMISSIS), - e (OMISSIS); - al sub appalto a (OMISSIS); - alla certificazione necessaria per la esecuzione di lavori pubblici che (OMISSIS) non avrebbe avuto (vicenda Soa) e all'interessamento della (OMISSIS), per i pagamenti; - alla variante migliorativa che il bando non prevedeva e che, si sostiene, normativa e contratto contemplavano. 5. Ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), articolando cinque motivi. 5.1. Con il primo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo alla qualificazione giuridica della variante ed alla sua legittimita'. Si assume che l'affermazione della Corte, secondo cui l'appalto non ammetteva varianti, sarebbe errato. Si tratterebbe di un assunto infondato in ragione dell'articolo 9 del contratto di leasing in costruendo, secondo cui l'utilizzatore (Regione) era autorizzato a concordare con soggetto realizzatore ( (OMISSIS)), l'aumento dell'importo dei lavori conseguenti all'adozione di varianti in corso d'opera nella ipotesi di cui all'articolo 132 codice degli appalti; anche il contratto stipulato con (OMISSIS) all'articolo 32. avrebbe previsto l'adozione di varianti. Sul punto la motivazione sarebbe viziata e la Corte non avrebbe valutato correttamente del Decreto Ministeriale n. 145, del 19 aprile 2000, articolo 11 (regolamento recante il capitolato generale dell'appalto dei lavori pubblici) e L. n. 109 del 1994, articolo 25, comma 3. Nel caso di specie sarebbe stata adottata una variante che comportava una diminuzione dell'originario importo dei lavori e, dunque, legittima. La Corte sbaglierebbe nel valorizzare la circostanza che il bando di gara non prevedesse varianti, atteso che, si argomenta, il bando governerebbe solo la disciplina di gara, ma, dopo la stipula del contratto, il rapporto sarebbe regolato dal contratto (in questo caso il contratto di leasing). Le varianti citate nel bando sarebbero solo quelle di cui al Decreto Legislativo n. 163 del 2006, articolo 76, cioe' solo quelle che il partecipante alla gara puo' proporre quando il criterio di aggiudicazione e' alternativamente quello dell'offesa economicamente piu' vantaggiosa ovvero quando il bando espressamente le autorizzi. La Corte non considera la distinzione tra varianti in fase di gara e varianti in corso d'opera; le prime regolate dall'articolo 76 cit., le seconde dall'articolo 132 del codice degli appalti. 5.2. Con il secondo motivo si deduce vizio di motivazione quanto al procedimento seguito nella validazione della variante migliorativa. Sarebbe errata l'affermazione della Corte secondo cui l'iter di approvazione della variante sarebbe stato superficiale e grossolano, atteso che invece la stessa Corte avrebbe da pag. 44 a pag. 47 descritto la sostanziale correttezza dell'iter seguito. La Corte non avrebbe tenuto conto che la variante e' un atto dell'impresa e non del Rup, o del direttore dei lavori, o del comitato di verifica e neppure avrebbe chiarito perche' la variante, per come proposta, sarebbe stata superficiale e grossolana e perche' non avrebbe dovuto essere validata. Ne' ancora la motivazione sarebbe adeguata nella parte in cui la Corte ha ritenuto che nella specie la variante avesse carattere sostanziale, atteso che, secondo il parere dell'Anac la variante e' sostanziale quando determina la realizzazione di un'opera diversa e la Corte non avrebbe spiegato perche' nella specie si sarebbe in presenza di una variante sostanziale. 5.3. Con il terzo motivo si deduce vizio di motivazione in ordine alle ragioni che avevano consigliato una variante migliorativa. Il tema e' quello per cui, da una parte, la Corte avrebbe affermato di non doversi occupare del merito della variante, ma, dall'altra, si sarebbe poi soffermata in senso critico su profili di merito. Gli imputati avrebbero affermato come la variante fosse stata determinata da valutazioni e da esigenze oggettive; la Corte avrebbe invece argomentato nel senso che la variante non fosse necessaria, ma si tratterebbe di un'affermazione sbagliata perche' le varianti migliorative non sarebbero mai necessarie o indispensabili. La sentenza sarebbe silente sulla valutazione delle consulenze a discarico del prof. (OMISSIS) e degli ing. (OMISSIS) e (OMISSIS). 5.4. Con il quarto motivo si deduce vizio di motivazione in relazione alla parte relativa ai vantaggi economici conseguiti con la variante. Secondo la Corte la variante avrebbe consentito un risparmio di soli 13.000 Euro; si tratterebbe di un dato fortemente contestato con memorie e argomentazioni, atteso che il risparmio sarebbe consistito nella somma di 513.000 Euro; la Corte anche in tal caso non si sarebbe confrontata con dette argomentazioni. 5.5. Con il quinto motivo si lamenta vizio di motivazione quanto alla prova dell'elemento soggettivo del reato; il tema e' la consapevolezza da parte di (OMISSIS) dell'accordo corruttivo, atteso che fu proprio l'ufficio dell'imputato a sollevare il tema della inadeguatezza della Soa da parte di (OMISSIS). 6. Ha proposto ricorso per cassazione il procuratore generale presso la Corte di appello di Torino articolando due motivi. Vi e' una parte generale del ricorso volta a dimostrare come la Corte di appello abbia pienamente assolto l'obbligo di motivazione rafforzata e dimostrato come vi siano elementi certi che non consentano una ricostruzione diversa rispetto a quella proposta dalla Pubblica Accusa; si assume che correttamente la Corte avrebbe affermato che: a) le varianti, pur volendole ritenere migliorative, non erano necessarie; b) in realta', nella proposta di variante furono accorpate quattro varianti, e cio' fu compiuto perche' solo la loro somma poteva portare ad un risparmio di spesa; c) la variante non poteva rientrare tra quelle di cui all'articolo 132 del codice degli appalti; d) il gruppo di verifica che doveva supportare il RUP (OMISSIS) nella valutazione delle varianti era composto da professionisti non qualificati; e) il tema dei subappalti avesse valenza indiziante. Cio' detto, secondo il Procuratore ricorrente la Corte avrebbe tuttavia errato nel ritenere: a) il reato consumato al momento della conclusione del primo contratto di subappalto a favore di (OMISSIS), il 21 maggio 2012, tempo in cui non era ancora entrata in vigore la L. n. 190 del 2012 e che dunque il termine di prescrizione sarebbe nella specie di sette anni e sei mesi a decorrere dalla data in questione; b) che l'accordo corruttivo sarebbe stato concluso tra (OMISSIS) e (OMISSIS) prima dell'agosto del 2011 - verosimilmente gia' ai tempi della predisposizione della gara - e che quindi le condotte di (OMISSIS) e (OMISSIS), compiute successivamente, non potrebbero essere considerate interne all'accordo. Quanto al punto a), richiamando la sentenza delle Sezioni unite "Mills", si rileva come (OMISSIS) avesse ottenuto fino a settembre 2013 una serie di subappalti per un importo complessivo di 3.125.000 Euro; dunque, la data di consumazione del reato sarebbe successiva all'entrata in vigore della L. n. 190 del 2012, con conseguente termine di prescrizione di dieci anni; ne discende, si aggiunge, che, almeno in relazione alla porzione di condotta compiuta dopo la entrata in vigore della L. n. 190 del 2012, il reato non sarebbe prescritto. Quanto alle posizioni di (OMISSIS) e (OMISSIS), si assume che anche i contributi compiuti dopo la conclusione del patto e nella fase della sua attuazione sarebbero rilevanti ai fini della configurazione della responsabilita' concorsuale. La tesi e' che il concorso sarebbe sussistente anche in assenza di un previo accordo: 6. E' stata depositata una memoria nell'interesse di (OMISSIS) con cui, da una parte, si riprendono gli argomenti posti a fondamento del motivo generale relativo alla violazione dell'obbligo di motivazione rafforzata e, dall'altra, si deduce come la Corte avrebbe dovuto riassumere l'esame dell'imputato che nel corso del giudizio aveva reso dichiarazioni. 7. E' stata presentata memoria nell'interesse di (OMISSIS), con si replica ad un rivolo argomentativo del ricorso del Procuratore Generale puntualizzando, quanto al tema della variante, che questa fosse legittima. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I riCorsi (OMISSIS) (OMISSIS) proposti nell'interesse di (OMISSIS) e (OMISSIS), che attengono all'ammissibilita' dell'appello proposto dal Procuratore della Repubblica di Torino avverso la sentenza di assoluzione pronunciata dal Tribunale. 2.1. Assumono i ricorrenti che si tratterebbe di una appello inammissibile perche', lungi dal confrontarsi con la motivazione della sentenza impugnata, sarebbe stato meramente reiterativo di una serie di argomentazioni non condivise dal Giudice. I motivi sono infondati, atteso che la Pubblica accusa con l'impugnazione aveva ricostruito: a) il senso e la portata dell'ipotesi accusatoria, relativa alla esistenza di un accordo corruttivo avente ad oggetto la variante migliorativa proposta dall'impresa, di cui si e' detto; b) i fatti, la loro evoluzione e i rapporti personali che avrebbero portato a favorire la (OMISSIS), di cui sarebbe stato titolare occulto (OMISSIS), marito di (OMISSIS); c) le ragioni per le quali vi sarebbe stata la prova che la variante fu approvata senza alcuna verifica tecnica, amministrativa e contabile; d) gli elementi indiziari che conducevano a ritenere che l'approvazione della variante fosse corrispettiva rispetto ai contratti di subappalto in favore della (OMISSIS). e) i ruoli e le condotte attribuibili a ciascun imputato. Sulla base di tale quadro di riferimento, il Procuratore aveva spiegato, seppur nell'ambito di un atto di impugnazione non articolato, il vizio del ragionamento probatorio della sentenza impugnata, ravvisabile in un distorto uso dei parametri di valutazione della prova indiziaria. Dunque un atto di appello non inammissibile. 3. Prescindendo dal tema della responsabilita' per il fatto corruttivo contestato, i ricorsi degli imputati e (OMISSIS) sono comunque fondati - rispettivamente - quanto al terzo ed al quarto motivo, re (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS)Coopsette (OMISSIS) (OMISSIS)Coopsette (OMISSIS)Les (OMISSIS) (OMISSIS)Coopsette (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS)Coopsette (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS)ati (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS)Coopsette (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS)Coopsette (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS)Coopsette(OMISSIS)Les (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS)Les (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS)Coopsette (OMISSIS)Coopsette (OMISSIS)Les (OMISSIS) (OMISSIS)ati (OMISSIS)Coopsette (OMISSIS)les (OMISSIS)Coopsette (OMISSIS) (OMISSIS)Les (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS)Coopsette (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS)Coopsette (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS)Coopsette (OMISSIS) (OMISSIS)Coopsette (OMISSIS) (OMISSIS)Les (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS)

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FIDELBO Giorgio - Presidente Dott. GALLUCCI Enrico - Consigliere Dott. ROSATI Martino - Consigliere Dott. DI NICOLA T. P. - Consigliere Dott. SILVESTRI Pietr - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso l'ordinanza emessa dal Tribunale di Napoli il 16/08/2022; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere, Pietro Silvestri; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, Dott. Raffaele Gargiulo, che ha chiesto il rigetto del ricorso; lette le conclusioni dell'avv. Ettore Marcarelli, difensore dell'indagato, che ha concluso insistendo per l'accoglimento dei motivi di ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Il Tribunale di Napoli in sede di riesame ha sostituito la misura cautelare degli arresti domiciliari con quella del divieto di dimora nei riguardi di (OMISSIS), ritenuto gravemente indiziato dei reati di corruzione propria e turbata liberta' degli incanti. Si procede per due fatti corruttivi, commessi in concorso con il Sindaco del (OMISSIS), (OMISSIS), e con la mediazione dell'architetto (OMISSIS), finalizzati a turbare due gare di appalto; (OMISSIS) avrebbe assunto la veste di corruttore. 2. Ha proposto ricorso per cassazione l'indagato articolando due motivi. 2.1. Con il primo si deduce violazione di legge processuale prevista a pena di inutilizzabilita' in relazione all'articolo 270 c.p.p.. Il tema attiene alla inutilizzabilita' delle conversazioni intercettate. L'indagine avrebbe avuto origine nell'ambito di un procedimento iscritto dalla Procura di Santa Maria Capua a Vetere nel 2018 nei confronti di (OMISSIS), per la fattispecie di cui all'articolo 356 c.p., (RGNR (OMISSIS)) e le intercettazioni in questione sarebbero poi state utilizzate nel procedimento avente ad oggetto i fatti per cui si procede; si assume che nel caso di specie non vi sarebbe nessuna connessione tra i suddetti reati. 2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge quanto alla ritenuta sussistenza del pericolo di recidiva. 3. E' pervenuta memoria nell'interesse del ricorrente con cui si riprendono e si sviluppano ulteriormente gli argomenti posti a fondamento del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' fondato quanto al primo motivo, che ha valenza assorbente. Dagli atti emerge che l'indagine avrebbe avuto origine nell'ambito di un procedimento iscritto dalla Procura di Santa Maria Capua a Vetere nel 2018 nei confronti di (OMISSIS) per la fattispecie di cui all'articolo 356 c.p., (RGNR (OMISSIS)); il fatto per cui si procedeva avrebbe riguardato le pubbliche forniture compiute dalla societa' (OMISSIS) s.r.l., il cui amministratore sarebbe stato (OMISSIS), in relazione ad una appalto ricevuto da un altro Comune. In tale procedimento venivano autorizzate captazioni su altre utenze. A seguito delle captazioni il Pubblico Ministero presso la Procura del Tribunale di Santa Maria Capua a Vetere disponeva il (OMISSIS) lo stralcio dal procedimento n. (OMISSIS) delle posizioni degli odierni indagati e il (OMISSIS) la trasmissione degli atti per i fatti per cui si procede alla Procura di Benevento che poi chiedeva e otteneva la misura cautelare in esame. 2. Quanto al tema della inutilizzabilita' delle captazioni e' necessario chiarire quale sia il quadro normativo a cui nella specie debba farsi riferimento. Il Decreto Legge 30 dicembre 2019, n. 161, convertito con modificazioni dalla L. n. 7 del 2020, ha modificato l'articolo 270 c.p.p., comma 1, stabilendo che "i risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposti, salvo che risultino rilevanti e indispensabili per l'accertamento dei delitti per i quali e' obbligatorio l'arresto in flagranza e dei reati di cui all'articolo 266, comma 1". Con il decreto in questione si e' modificato anche l'articolo 270 c.p.p., comma 1 -bis, stabilendo che i risultati delle intercettazioni tra presenti operate con captatore informatico su dispositivo elettronico portatile possono essere utilizzati anche per la prova di "reati diversi" da quelli per i quali e' stato emesso il decreto di autorizzazione, sempre che si tratti di risultati indispensabili per l'accertamento di uno dei delitti indicati dall'articolo 266 c.p.p., comma 2-bis. Con il Decreto Legislativo 29 dicembre 2017, n. 216, ed il citato decreto L. 30 dicembre 2019, n. 161, a sua volta modificato in sede di conversione dalla L. 8 febbraio 2020, n. 7, sono state apportate numerose modifiche alle norme del codice di procedura penale, la cui operativita' e' stata differita a seguito delle numerose proroghe del termine di entrata in vigore della disciplina complessiva delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, che era stato in origine fissato dal Decreto Legge 29 dicembre 2017, n. 216, articolo 9, comma 1, ovvero dal primo intervento di riforma della materia - facendo riferimento alle operazioni di intercettazioni relative a provvedimenti autorizzativi emessi dopo il centottantesimo giorno successivo alla (OMISSIS). Con il Decreto Legge n. 161 del 2019, la data di decorrenza della nuova disciplina in precedenza indicata al 31 dicembre 2019, e riferita all'emissione dei provvedimenti autorizzativi, e' stata posticipata "ai procedimenti penali iscritti dopo il 29 febbraio 2020". Con detto intervento legislativo, oltre ad introdurre ulteriori modifiche alle norme del codice di procedura penale- tra cui anche quella prevista dall'articolo 270 c.p.p., -gia' novellate con efficacia differita dal primo Decreto Legge n. 216 del 2017, e' stato modificato anche il riferimento temporale dell'entrata in vigore correlato non piu' all'emissione del provvedimento autorizzativo ma alla data di iscrizione del procedimento. Anche per le modifiche delle norme gia' modificate, l'entrata in vigore era stata ovviamente gia' differita alla stessa data del 29 febbraio 2020 dalla disposizione di cui al cit. Decreto Legge n. 161 del 2019. articolo 2, comma 8. Con la legge di conversione n. 7 del 2020 le parole " 29 febbraio 2020 " sono state sostituite con quelle " 30 aprile 2020 "; con il Decreto Legge 30 aprile 2020, n. 28, convertito con modificazioni nella L. 25 giugno 2020, n. 70, e' stata introdotta l'ultima proroga, con il nuovo termine riferito ai procedimenti penali iscritti " dopo il 31 agosto 2020 ". Dunque, la nuova disciplina delle intercettazioni, come dettata dal Decreto Legislativo n. 216 del 2017 e rimodulata dal Decreto Legge n. 161 del 2019, e' entrata in vigore solo dopo quest'ultimo intervento di proroga, ad esclusione della modifica apportata dal Decreto Legislativo n. 216 del 2017, articolo 6, in vigore ed efficace fin dal 26 gennaio 2018 e che aveva gia' esteso la disciplina speciale prevista dal Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 13, in materia di intercettazioni per i reati di criminalita' organizzata anche ai procedimenti per i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, e senza considerare: a) le modifiche ulteriori apportate dalla L. 9 gennaio 2019, n. 3 (cd. spazzacorrotti), che ha abrogato il citato Decreto Legislativo n. 216 del 2017, articolo 6, comma 2, che escludeva l'uso del captatore per realizzare intercettazioni nei luoghi indicati dall'articolo 614 c.p., in mancanza del fondato motivo che ivi fosse in corso l'attivita' criminosa; b) le disposizioni di cui al Decreto Legge 30 dicembre 2019, n. 161, articolo 2 comma 6, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 febbraio 2020, n. 7, che sono state oggetto di una diversificata entrata in vigore, perche' di immediata applicazione, per effetto di quanto disposto con il Decreto Legge n. 28 del 30 aprile 2020, (entrato in vigore l'01/05/2020), e che riguardano la definizione dei termini e modalita' di deposito degli atti e dei provvedimenti relativi alle intercettazioni esclusivamente in forma telematica, rimessa ad un decreto del Ministero della Giustizia. 3. Con riferimento all'articolo 270 c.p.p., e piu' specificamente al tema delle modifiche apportate al comma 1 di detto articolo in sede di conversione dalla L. n. 7 del 2020, che hanno sostanzialmente ampliato l'ambito della deroga al divieto di utilizzabilita' delle intercettazioni disposte in altro procedimento, aggiungendo all'accertamento dei delitti per i quali e' obbligatorio l'arresto in flagranza anche l'accertamento dei reati di cui all'articolo 266, comma 1, stesso codice, la Corte di cassazione ha gia' chiarito in maniera condivisibile che la disciplina sopravvenuta non e' applicabile alle intercettazioni disposte ed autorizzate, come nel caso di specie, prima della data del (OMISSIS). In particolare, si e' fatto correttamente notare come il riferimento alla data di iscrizione del procedimento assolva alla funzione di delimitare l'ambito di applicazione della nuova disciplina e dunque di escludere che essa trovi applicazione per le autorizzazioni che, sebbene siano state disposte successivamente a tale data, sono relative a procedimenti iscritti in epoca antecedente ad essa. Rispetto alle intercettazioni disposte con provvedimenti autorizzativi anteriori al (OMISSIS), la nuova disciplina, e quindi anche il nuovo testo dell'articolo 270 c.p.p., comma 1, non e' applicabile, essendo evidente che per tali provvedimenti l'epoca di iscrizione del procedimento e' necessariamente anteriore, essendo l'iscrizione del procedimento un adempimento che precede tutti gli atti che si sviluppano al suo interno. Si e' in particolare chiarito che le intercettazioni eseguite nella vigenza della precedente disciplina, e quindi disposte nei limiti ed alle condizioni stabilite dalle norme di legge vigenti al momento della loro autorizzazione, non possono mutare regime normativo per effetto di sviluppi procedimentali successivi, derivanti dalla decisione di separare dall'originario procedimento alcune posizioni ovvero alcuni reati con conseguente trasmissione degli atti da un ufficio di Procura ad un altro, per ragioni di competenza territoriale e/o funzionale (Cfr., Sez. 6, n. 47235 del 17/11/2021, Ierardi, non massimata). Sulla base di tali principi, il regime normativo a cui fare riferimento e' quello preesistente alle modifiche descritte apportate all'articolo 270 c.p.p., essendo state eseguite le captazioni sulla base di provvedimenti autorizzativi, e quindi sulla base di notizie di reato, precedenti alla data del (OMISSIS), non potendo assumere rilievo la circostanza che, per effetto degli sviluppi del procedimento, a seguito della decisione della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Santa Maria Capua a Vetere di disporre lo stralcio dal processo originario di una serie di notizie di reato con conseguente trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica di Benevento, questa abbuia provveduto ad iscrivere le notizie di reato relative ai fatti per cui si procede dopo la data del 31 agosto 2020. 4. Dunque, al fine della verifica della utilizzabilita' delle captazioni e' necessario fare riferimento alla disciplina previgente e ai principi fissati dalle Sezioni unite della Corte non la sentenza n. 51 del 28/11/2019, dep. 2020, Cavallo, che, come e' noto, hanno stabilito che "in tema di intercettazioni, il divieto di cui all'articolo 270 c.p.p., di utilizzazione dei risultati delle captazioni in procedimenti diversi da quelli per i quali le stesse siano state autorizzate - salvo che risultino indispensabili per l'accertamento di delitti per i quali e' obbligatorio l'arresto in flagranza - non opera con riferimento agli esiti relativi ai soli reati che risultino connessi, ex articolo 12 c.p.p., a quelli in relazione ai quali l'autorizzazione era stata "ab origine" disposta, sempreche' rientrino nei limiti di ammissibilita' previsti dall'articolo 266 c.p.p. ". Si e' spiegato che la connessione ex articolo 12 c.p.p. "riguarda i procedimenti tra i quali esiste una relazione in virtu' della quale la regiudicanda oggetto di ciascuno viene, anche in parte, a coincidere con quella oggetto degli altri: si tratta di ipotesi che il nuovo codice di rito pone a base di un criterio attributivo della competenza autonomo e originario (ex plurimis, Sez. U, n. 27343 del 28/02/2013, Taricco, Rv. 255345)". Secondo le Sezioni unite "il carattere originario della connessione ex articolo 12 c.p.p. rende ragione del rilievo dottrinale secondo cui essa e' un riflesso della connessione sostanziale dei reati: con specifico riferimento al caso di connessione di cui alla lettera c) dell'articolo 12 cit., in particolare, si e' rilevato come esso si fondi su un "legame oggettivo tra due o piu' reati" (Sez. U, n. 53390 del 26/10/2017, Patroni Griffi, Rv. 271223), un legame, dunque, indipendente dalla vicenda procedimentale; analoga connessione sostanziale - prima ancora che processuale - sussiste in presenza, oltre che di un concorso formale di reati, di un reato continuato (lettera b), in considerazione del requisito del medesimo disegno criminoso, per la cui integrazione e' necessario "che, al momento della commissione del primo reato della serie, i successivi fossero stati realmente gia' 23 programmati almeno nelle loro linee essenziali" (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074). In caso di imputazioni connesse ex 12 c.p.p., dunque, il procedimento relativo al reato per il quale l'autorizzazione e' stata espressamente concessa non puo' considerarsi "diverso" rispetto a quello relativo al reato accertato in forza dei risultati dell'intercettazione. La parziale coincidenza della regiudicanda oggetto dei procedimenti connessi e, dunque, il legame sostanziale - e non meramente processuale - tra i diversi fatti-reato consente di ricondurre ai "fatti costituenti reato per i quali in concreto si procede" (Corte Cost., sent. n. 366 del 1991), di cui al provvedime'nto autorizzatorio dell'intercettazione, anche quelli oggetto delle imputazioni connesse accertati attraverso i risultati della stessa intercettazione: il legame sostanziale tra essi, infatti, esclude che l'autorizzazione del giudice assuma la fisionomia di unThutorizzazione in bianco". Soluzione, questa, che, d'altra parte, consente, attiene alle ipotesi in cui, rispetto al fatto-reato per cui sono state autorizzate le intercettazioni, emergano fatti -reato diversi". Ne deriva che, al fine di stabilire se il "diverso reato" sia connesso rispetto a quello autorizzato, si deve avere riguardo all'oggetto della regiudicanda, nel senso che deve esserci una parziale coincidenza della regiudicanda e, dunque, un legame sostanziale e non meramente processuale - tra i diversi fatti. In particolare, la connessione di cui all'articolo 12 c.p.p., lettera b), sussiste se sussiste il requisito del medesimo disegno criminoso, per la cui integrazione e' necessario "che, al momento della commissione del primo reato della serie, i successivi fossero stati realmente gia' programmati almeno nelle loro linee essenziali". 5. Il Tribunale non ha fatto corretta applicazione dei principi indicati. Dall'ordinanza impugnata emerge testualmente che, secondo il Tribunale, le captazioni sarebbero utilizzabili perche' i fatti oggetto del odierno procedimento "pur emersi nell'ambito dell'attivita' captativa disposta per altro titolo di reato- articolo 356 c.p.-vicenda, comunque, attinente a gara di appalto" sarebbero "con i primi oggettivamente e soggettivamente connessi vertendosi nell'ambito di attivita' illecite riconducibili all'imprenditore (OMISSIS), anche in contatto, per finalita' correlate alle sue societa', con rappresentanti della pubblica amministrazione, nel settore degli appalti" (cosi' testualmente il Tribunale a pag. 3 della ordinanza impugnata). Si tratta di una motivazione obiettivamente viziata. Al di la' del riferimento a non meglio identificate connessioni oggettive o soggettive tra il reato per il quale le captazioni furono disposte e quelli per i quali si procede, il Tribunale avrebbe dovuto in concreto verificare la parziale coincidenza tra le diverse regiudicande, la connessione sostanziale tra i reati, e, dunque, la sussistenza dei presupposti previsti dall'articolo 12 lettera b) e c) c.p.p.. In particolare, ove avesse voluto fare riferimento all'articolo 12 c.p.p., lettera b), il Tribunale avrebbe dovuto verificare se, al momento in cui (OMISSIS) decise di compiere il primo reato, avesse gia' ideato nelle sue linee essenziali i reati per i quali si procede, che, peraltro, sarebbero stati commessi in un altro luogo e con un soggetto diverso. Non diversamente il Tribunale, nel caso in cui avesse voluto fare riferimento all'articolo 12, lettera c), c.p.p., avrebbe dovuto verificare la sussistenza di un legame sostanziale, oggettivo tra i reati, cioe' di un legame strutturale fra gli stessi, non potendo certo considerarsi tale la mera circostanza - del tutto irrilevante- che tutti i fatti sarebbero maturati in funzione della aggiudicazione o della esecuzione di contratti di appalto peraltro avvenute in luoghi e tra soggetti diversi. Su tali decisivi punti la ordinanza e' silente e deve essere annullata; il Tribunale, in sede di rinvio, applichera' i principi indicati e verifichera' se ed in che termini i reati per il quale le captazioni furono autorizzate nel corso del tempo siano connessi, nel senso indicato, a quelli per i quali si procede. 6. Sotto altro profilo, il Tribunale, ove ritenga che non sia configurabile, in tutto in parte, la connessione indicata, deve verificare in concreto quali siano le intercettazioni non utilizzabili e quale sia la loro incidenza rispetto al ragionamento probatorio sotteso al giudizio relativo alla gravita' indiziaria, cioe' la loro incidenza e decisivita' rispetto all'ordinanza genetica. Al fine di individuare le captazioni inutilizzabili, gli assunti difensivi non sono condivisibili nella loro portata perche' paiono muovere da un presupposto fondante, e cioe' che tutte le intercettazioni disposte nel corso del procedimento sarebbero viziate per propagazione della inutilizzabilita' di quelle originarie, cioe' di quelle disposte per il reato di cui all'articolo 356 c.p.. Un assunto a cui la difesa sembra fare riferimento in modo totalizzante senza precisare se, in un dato momento, furono disposte captazioni anche per i reati per cui si procede, ancorche' sulla base del contenuto di conversazioni disposte per un reato non connesso. Si tratta di un assunto che deve essere verificato. Il tema e' quello della c.d. inutilizzabilita' derivata. L'affermazione giurisprudenziale consolidata e' quello per cui, in materia di inutilizzabilita' non opera il principio, previsto per le nullita', della trasmissibilita' del vizio agli atti consecutivi a quello dichiarato nullo (per tutte, Sez. 6, n. 9009 del 04/02/2020, Rella, Rv. 278563; Sez. 5, n. 441114 del 10/10/2019, Giaimo, Rv. 277432). Si tratta di un principio spesso collegato a quello secondo il quale in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, ciascun decreto autorizzativo e' dotato di autonomia e puo' ricevere impulso da qualsiasi notizia di reato, ancorche' desunta da precedenti intercettazioni probatoriamente inutilizzabili; ne consegue che il vizio di cui sia affetto l'originario decreto intercettativo non si comunica automaticamente a quelli successivi correttamente adottati, e che pertanto non e' inutilizzabile la prova che non sarebbe stata scoperta senza l'utilizzazione della prova inutilizzabile (Sez. 6, n. 3027, del 20/10/2015, Ferminio, Rv. 266496). La Corte costituzionale, con la sentenza n. 332 del 27/09/2001, ha ritenuto inammissibile la questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 191 c.p.p., sollevata per contrasto con l'articolo 24 della Costituzione, nella parte in cui "consente l'utilizzazione di prove che derivino, non solo in via diretta, ma anche in via mediata da un atto posto in essere in violazione di divieti, ed in particolare l'utilizzazione del risultato di una perquisizione nulla". La Corte ha chiarito come: a) la soluzione prospettata dal giudice remittente avrebbe finito per trasferire nella disciplina della inutilizzabilita' un concetto di vizio derivato che il sistema regola esclusivamente in relazione al tema delle nullita': "l'accoglimento del quesito avrebbe comportato l'esercizio di opzioni che l'ordinamento riserva esclusivamente al legislatore, in una tematica, per di piu' che - quale quella dei rapporti di correlazione o dipendenza tra gli atti probatori - ammette, gia' sul piano logico, un'ampia varieta' di possibili configurazioni e alternative"; b) quelli della nullita' e inutilizzabilita' siano fenomeni "tutt'altro che sovrapponibili", cosi' da non potersi "trasferire nella disciplina della inutilizzabilita' un concetto di vizio derivato che il sistema regola esclusivamente in relazione al tema della nullita'". In termini non diversi la Corte costituzionale si e' espressa con la sentenza n. 219 del 2019. La Corte, ricostruiti il senso e la portata della inutilizzabilita', ha affermato che: - l'istituto della inutilizzabilita' ha una "vita" totalmente autonoma rispetto al regime ed alla stessa natura giuridica delle nullita'; - anche detta patologia risponde - al pari delle nullita' - ai paradigmi della tassativita' e legalita', dal momento che e' soltanto la legge a stabilire quali siano - e come si atteggino - i diversi divieti probatori; - e' lo stesso sistema normativo ad avallare la conclusione secondo la quale, per la inutilizzabilita' che scaturisce dalla violazione di un divieto probatorio, non possa trovare applicazione un principio di "inutilizzabilita' derivata", sulla falsariga di quanto e' previsto invece, nel campo delle nullita', dall'articolo 185 c.p.p., comma 1. In particolare, la Corte ha chiarito che "derivando il divieto probatorio e la conseguente "sanzione" della inutilizzabilita' da una espressa previsione della legge, qualsiasi "estensione" di tale regime ad atti diversi da quelli cui si riferisce il divieto non potrebbe che essere frutto di una, altrettanto espressa, previsione legislativa. Del resto, e' ricorrente in giurisprudenza l'affermazione secondo la quale tale principio, valido per le nullita', non si applica in materia di inutilizzabilita', riguardando quest'ultima solo le prove illegittimamente acquisite e non quelle la cui acquisizione sia avvenuta in modo autonomo e nelle forme consentite (ex plurimis, Corte di cassazione, sezione sesta penale, sentenza 12 settembre 2018-4 febbraio 2019, n. 5457)" (cosi' la Corte costituzionale). La inesistenza di un generale principio di inutilizzabilita' derivata degli atti e' confermata anche dall'articolo 202 c.p.p., che inibisce all'autorita' giudiziaria l'utilizzazione, anche indiretta, delle notizie coperte dal segreto di Stato; significativo e' che in relazione a tale norma, diversamente dalle altre, la Corte costituzionale abbia chiarito che "tale divieto riguarda l'utilizzazione degli atti e dei documenti coperti da segreto sia in via diretta, ai fini cioe' di fondare su di essi l'esercizio dell'azione penale, sia in via indiretta, per trarne spunto ai fini di ulteriori atti di indagine, le cui eventuali risultanze sarebbero a loro volta viziate dall'illegittimita' della loro origine" (Corte Cost. n. 110 del 1998). Acutamente si e' osservato in dottrina che la Corte, con riferimento all'articolo 202 c.p.p., inibisce l'utilizzazione delle conoscenze coperte da segreto, non solo ai fini delle determinazioni sull'esercizio dell'azione penale e di una qualsiasi decisione giurisdizionale, ma anche a fini investigativi. La Corte costituzionale distingue dunque un'utilizzazione probatoria, in funzione della decisione sul fatto oggetto della imputazione, e un'utilizzazione c.d. euristica, strumentale alle funzione investigativa o istruttoria, delle informazioni coperte da segreto. Quello previsto dall'articolo 202 c.p.p., e' un divieto piu' ampio che non attiene solo alla funzione probatoria delle informazioni illegittimamente acquisite. La prova inutilizzabile rimane tale: essa e', salvi i casi specifici previsti dalla legge (articolo 202 c.p.p.), tuttavia utilizzabile in chiave euristica, cioe' strumentale alla funzione investigativa o istruttoria. Se la prova inutilizzabile non risulti destinata a giustificare in maniera costitutiva una qualche decisione o determinazione, la sua inutilizzabilita', pur persistente e rilevabile in ogni stato e grado del procedimento (articolo 191, comma 2), rimane senza ulteriori conseguenze, anche se le informazioni che possano trarsene vengano implicitamente impiegate per l'ammissione e la ricerca di altre valide prove: cio' che ne e' preclusa, si osserva testualmente, e'- come gia' affermato dalla Corte di cassazione proprio con la sentenza richiamata dalla Corte costituzionale (Sez. 6, n. 5457 del 12/09/2018, dep. 2019, Cosentino, Rv. 275029)- solo l'utilizzazione a sostegno di una decisione o determinazione sul fatto controverso, a meno che non si tratti di informazioni di cui e' preclusa qualsiasi utilizzazione, che ne comporti anche solo una comunicazione o diffusione. 7. Nel caso di specie, il ricorrente sembra sovrapporre i due profili di cui si e' detto - inutilizzabilita' probatoria ed utilizzabilita' ai soli ulteriori fini investigativi di un atto di indagine probatoriamente inutilizzabile - e conseguentemente non distingue alcunche'. Ne discende che il Tribunale, come detto, dovra' verificare se vi siano decreti autorizzativi delle intercettazioni disposte presso il Tribunale di Santa Maria Capua a Vetere per i reati per i quali si procede ovvero se tutti i decreti facciano riferimento ad altri reati. Nel caso in cui vi siano decreti autorizzativi delle captazioni per i reati per cui si procede, il giudizio sulla gravita' indiziaria dovra' essere formulato tenendo conto che detti decreti sono utilizzabili anche nel caso in cui siano stati disposti sulla base di intercettazioni probatoriamente inutilizzabili. All'esito di tale operazione, il Tribunale formulera' un nuovo giudizio sulla gravita' indiziaria e sulla sussistenza delle esigenze cautelari. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Napoli competente ai sensi dell'articolo 309 c.p.p., comma 7.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FIDELBO G. - Presidente Dott. GALLUCCI E. - Consigliere Dott. ROSATI M. - Consigliere Dott. DI NICOLA TRAVAGLINI Paol - Consigliere Dott. SILVESTRI - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato in (OMISSIS); avverso l'ordinanza emessa dal Tribunale di Napoli il 16/08/2022; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere, Pietro Silvestri; sentito il Sostituto Procuratore Generale, Dott. Raffaele Gargiulo, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; sentiti gli avv.ti Gennaro Pecoraro e Vincenzo Regardi, difensori dell'indagato, che hanno concluso insistendo per l'accoglimento dei motivi di ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Il Tribunale di Napoli in sede di riesame ha sostituito la misura cautelare degli arresti domiciliari con quella del divieto di dimora nei riguardi di (OMISSIS), ritenuto gravemente indiziato, nella qualita' di Sindaco del comune di Pago Veiano, dei reati di corruzione propria e turbata liberta' degli incanti. Si procede per due fatti corruttivi - commessi in concorso con l'imprenditore edile (OMISSIS) e con la mediazione dell'architetto (OMISSIS) - finalizzati a turbare due gare di appalto; (OMISSIS) avrebbe assunto il ruolo di corrotto e di corruttore di uno o piu' componenti della commissione di gara. 2. Sono stati proposti due ricorsi per cassazione. 2.1. Con il primo, a firma dell'avv. Vincenzo Regardi, sono stati articolati tre motivi. Si premette in punto di fatto che l'indagine avrebbe avuto origine nell'ambito di un procedimento iscritto dalla Procura di Santa Maria Capua a Vetere nel 2018 nei confronti di Giannicola (OMISSIS) per la fattispecie di cui all'articolo 356 c.p. (RGNR 11315/2018); il fatto per cui si procedeva avrebbe riguardato le pubbliche forniture compiute dalla societa' (OMISSIS) s.r.l., il cui amministratore sarebbe stato (OMISSIS), in relazione ad una appalto ricevuto da un altro Comune. In tale procedimento venivano autorizzate captazioni sulle utenze dello stesso (OMISSIS) e di (OMISSIS); da tali intercettazioni, si argomenta, emergeva che il reale amministratore della societa' fosse (OMISSIS) - soggetto coinvolto nei fatti per cui si procede-, la cui utenza dunque veniva sottoposta successivamente ad intercettazione; veniva inoltre disposta intercettazione ambientale anche dell'autovettura del stesso e, dal 11.10.2019, anche intercettazioni tra presenti attraverso captatore informatico. A seguito della emersione di un rapporto di frequentazione tra (OMISSIS) e il ricorrente veniva disposto il 23.7.2019 (RIT 1364/19) l'intercettazione delle conversazioni sulla utenza telefonica di questi. Il contenuto del decreto - di cui si riporta un passo della motivazione - avrebbe fatto riferimento alla esistenza di stretti rapporti tra lo stesso (OMISSIS) e (OMISSIS), alla organizzazione di un appuntamento con un soggetto non identificato "su sollecitazione del sindaco", alla esistenza di "interessi di verosimile natura illecita, come sembra desumersi dalle anomali modalita' che caratterizzano l'organizzazione dell'incontro, interessi probabilmente riconducibili all'attivita' svolta da (OMISSIS) nel settore dei rifiuti". Aggiunge il ricorrente che: - (OMISSIS) fu successivamente iscritto nel registro degli indagati il 23.9.2019; - il Pubblico Ministero presso la Procura del Tribunale di Santa Maria Capua a Vetere dispose il 24.3.2021 lo stralcio dal procedimento n. 1364/2018 delle posizioni degli odierni indagati e il 31.3.2021 la trasmissione degli atti per i fatti per cui si procede alla Procura di Benevento che poi aveva chiesto ed ottenuto la misura cautelare in esame. 2.1.1. Sulla base di tale presupposti con il primo motivo si deduce violazione di legge processuale e vizio di motivazione. Il tema attiene alla utilizzabilita' del contenuto delle intercettazioni disposte, il cui regime normativo e' individuato in quello previgente all'entrata in vigore del Decreto Legge 30 dicembre 2019, n. 161 convertito nella L. 28 febbraio 2020, n. 7 che, si assume, troverebbe applicazione solo in relazione ai procedimenti iscritti successivamente al 31.8.2020. Nel caso di specie, si evidenzia, se e' vero che il procedimento "derivato", cioe' quello per il quale si procede, e' stato iscritto a Benevento successivamente al 31.8.2020, la disciplina applicabile sarebbe nondimeno quella precedente, in ragione del fatto che le intercettazioni furono eseguite nell'ambito del diverso procedimento originario per il quale si procedeva a Santa Maria Capua a Vetere prima del 31.8.2020. In tale contesto si sostiene che: - la misura in corso sarebbe fondata esclusivamente sulla base delle intercettazioni compiute nel procedimento originario (Rit 1383/2019 e Rit 1489/2019); - lo stralcio sarebbe stato compiuto solo in relazione ai reati contestati a (OMISSIS) e non anche per quello originario e cio' significherebbe che, secondo la stessa Procura di Santa Maria Capua a Vetere, non vi sarebbe stata connessione tra i diversi reati; - le intercettazioni sarebbero inutilizzabili alla luce dei principi affermati dalle Sezioni unite con la sentenza "Cavallo". I decreti autorizzativi sarebbero stati emessi facendo riferimento ai fatti relativi al reato di cui all'articolo 356 c.p. che "poi si sarebbero arricchiti di particolari relativi alle vicende del Comune di Pago Veiano". Nella specie non vi sarebbe connessione tra il reato, commesso nell'anno 2017, per il quale le captazioni furono disposte e quelli per cui si procede, commessi tra fine 2019 e inizio 2020. L'ordinanza impugnata sarebbe errata per avere ritenuto il Tribunale connessi i fatti in quanto compiuti nell'ambito di attivita' illecite riconducibili all'imprenditore (OMISSIS); Tribunale avrebbe errato nel ritenere sussistente una connessione oggettiva tra i reati, costituita dal fatto che entrambi i fatti riguarderebbero la materia degli appalti, e soggettiva, seppur parziale. Sostiene in particolare il ricorrente che il Tribunale avrebbe fatto riferimento, al fine di ritenere sussistente la connessione tra i reati, all'ipotesi di cui all'articolo 12 c.p.p., lettera b) che, tuttavia, nel caso di specie, non sarebbe configurabile, non potendosi affermare che al momento in cui furono commessi i primi reato anche i successivi fossero stato programmati quantomeno nelle loro linee essenziali. Si aggiunge che i decreti di proroga o di nuova autorizzazione - che pure conterrebbero riferimenti ai rapporti tra (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) - sarebbero stati adottati sempre e solo su elementi raccolti "in un procedimento diverso, e, dunque, in violazione di quanto disposto dall'articolo 270 c.p.p.". 2.1.2. Con il secondo motivo si deduce vizio di motivazione quanto al giudizio di gravita' indiziaria per i fatti di corruzione e si fa riferimento all'annullamento del titolo cautelare da parte del Tribunale del riesame nei riguardi del coimputato (OMISSIS). (OMISSIS), corrotto e corruttore di componenti della commissione di gara, si sarebbe avvalso, quanto al secondo fatto corruttivo, di (OMISSIS) che avrebbe tenuto i rapporti con in componenti delle commissioni. Il Tribunale ha annullato il titolo cautelare per (OMISSIS) assumendo non esserci la prova della sua partecipazione all'accordo corruttivo; cio' ha sostenuto sulla base del contenuto della intercettazione del 19.2.2020 Rit 1489/2020 relativa alla conversazione, tenuta presso un determinato ristorante, da cui sarebbe emerso solo un contrasto tra (OMISSIS) e (OMISSIS) sulla quantificazione del compenso per l'attivita' espletata da questi. Ritiene il ricorrente che proprio il ridimensionamento del contenuto di quella conversazione avrebbe rilievo per la definizione del quadro generale indiziario anche nei confronti del ricorrente e che l'intera ricostruzione fattuale sarebbe diversa senza l'opera di intermediazione di (OMISSIS). Sul punto la motivazione sarebbe viziata. 2.1.3. Con il terzo motivo si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione quanto alle ritenute esigenze cautelari e, in particolare, al pericolo di recidiva. L'indagato sarebbe stato sospeso dal Prefetto dalla carica di sindaco e si sottolinea come il Decreto Legislativo n. 235 del 2012, articolo 11 non preveda la cessazione della sospensione della carica in questione nella ipotesi di revoca della misura cautelare. Dunque, il pericolo di recidiva non sarebbe attuale e non si sarebbe nemmeno tenuto conto del tempo trascorso dai fatti L'ordinanza impugnata sul punto sarebbe silente. 2.2. Ha proposto ricorso per cassazione anche l'avv. Renato Pecoraro articolando un unico motivo con cui si riprende e si sviluppa il tema della utilizzabilita' delle conversazioni intercettate di cui si e' detto. Si evidenzia in punto di fatto che: - il 23.9.2019 la Procura di Santa Maria Capua a Vetere aveva proceduto alla iscrizione del ricorrente per i reati di cui agli articoli 319 e 356 c.p. commessi in (OMISSIS); - il 31.1.2020 l'indagato veniva iscritto anche per il reato di cui all'articolo 353 c.p. sempre nel procedimento originario; - il 19.2.2020 si procedeva ad un aggiornamento delle iscrizioni disponendo la iscrizione per i reati di cui agli articoli 319 e 353, commessi in (OMISSIS); - il 24.3.2021 veniva disposta la separazione dei procedimenti; - le intercettazioni venivano autorizzate il 12.6.2019 con decreto 1055/2019 in relazione alla vicenda riguardante (OMISSIS) e gli sviluppi di dette intercettazioni facevano emergere nuove ipotesi di reato che determinavano la iscrizione per i fatti per i quali si procede. Sulla base di tali dati si riprende il tema della connessione tra i reati e si sottolinea come sarebbero diversi il luogo di commissione, il tempo e i soggetti coinvolti; la tesi difensiva e' che, nel caso di specie, sarebbe al piu' configurabile un collegamento tra i fatti ma non una connessione, di cui non sarebbe stato specificato alcunche' ne' in relazione alla lettera b) e neppure per quella di cui all'articolo 12 c.p.p., lettera c). In tale contesto si riprendono e si sviluppano ulteriormente gli argomenti gia' affrontati. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' fondato. 2. Quanto al tema della inutilizzabilita' delle captazioni e' necessario chiarire quale sia il quadro normativo a cui nella specie debba farsi riferimento. Il Decreto Legge 30 dicembre 2019, n. 161, convertito con modificazioni dalla L. n. 7 del 2020, ha modificato l'articolo 270 c.p.p., comma 1, stabilendo che "i risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposti, salvo che risultino rilevanti e indispensabili per l'accertamento dei delitti per i quali e' obbligatorio l'arresto in flagranza e dei reati di cui all'articolo 266, comma 1". Con il decreto in questione si e' modificato anche l'articolo 270 c.p.p., comma 1-bis, stabilendo che i risultati delle intercettazioni tra presenti operate con captatore informatico su dispositivo elettronico portatile possono essere utilizzati anche per la prova di "reati diversi" da quelli per i quali e' stato emesso il decreto di autorizzazione, sempre che si tratti di risultati indispensabili per l'accertamento di uno dei delitti indicati dall'articolo 266 c.p.p., comma 2-bis. Con il Decreto Legislativo 29 dicembre 2017, n. 216 ed il citato decreto L. 30 dicembre 2019, n. 161, a sua volta modificato in sede di conversione dalla L. 8 febbraio 2020, n. 7, sono state apportate numerose modifiche alle norme del codice di procedura penale, la cui operativita' e' stata differita a seguito delle numerose proroghe del termine di entrata in vigore della disciplina complessiva delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, che era stato in origine fissato dal Decreto Legislativo 29 dicembre 2017, n. 216, articolo 9, comma 1, - ovvero dal primo intervento di riforma della materia - facendo riferimento alle operazioni di intercettazioni relative a provvedimenti autorizzativi emessi dopo il centottantesimo giorno successivo alla 26 gennaio 2018. Con il Decreto Legge n. 161 del 2019, la data di decorrenza della nuova disciplina in precedenza indicata al 31 dicembre 2019, e riferita all'emissione dei provvedimenti autorizzativi, e' stata posticipata "ai procedimenti penali iscritti dopo il 29 febbraio 2020". Con detto intervento legislativo, oltre ad introdurre ulteriori modifiche alle norme del codice di procedura penale - tra cui anche quella prevista dall'articolo 270 c.p.p. - gia' novellate con efficacia differita dal primo Decreto Legge n. 216 del 2017 - e' stato modificato anche il riferimento temporale dell'entrata in vigore correlato non piu' all'emissione del provvedimento autorizzativo ma alla data di iscrizione del procedimento. Anche per le modifiche delle norme gia' modificate, l'entrata in vigore era stata ovviamente gia' differita alla stessa data del 29 febbraio 2020 dalla disposizione di cui al cit. Decreto Legge n. 161 del 2019, articolo 2, comma 8. Con la legge di conversione L. n. 7 del 2020 le parole "29 febbraio 2020" sono state sostituite con quelle "30 aprile 2020"; con il Decreto Legge 30 aprile 2020, n. 28, convertito con modificazioni nella L. 25 giugno 2020, n. 70, e' stata introdotta l'ultima proroga, con il nuovo termine riferito ai procedimenti penali iscritti "dopo il 31 agosto 2020". Dunque, la nuova disciplina delle intercettazioni, come dettata dal Decreto Legislativo n. 216 del 2017 e rimodulata dal Decreto Legge n. 161 del 2019, e' entrata in vigore solo dopo quest'ultimo intervento di proroga, ad esclusione della modifica apportata dal Decreto Legislativo n. 216 del 2017, articolo 6 in vigore ed efficace fin dal 26 gennaio 2018 e che aveva gia' esteso la disciplina speciale prevista dal Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 13 in materia di intercettazioni per i reati di criminalita' organizzata anche ai procedimenti per i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, e senza considerare: a) le modifiche ulteriori apportate dalla L. 9 gennaio 2019, n. 3 (cd. spazzacorrotti), che ha abrogato del Decreto Legislativo n. 216 del 2017, citato articolo 6, il comma 2 che escludeva l'uso del captatore per realizzare intercettazioni nei luoghi indicati dall'articolo 614 c.p. in mancanza del fondato motivo che ivi fosse in corso l'attivita' criminosa; b) le disposizioni di cui al Decreto Legge 30 dicembre 2019, n. 161, articolo 2, comma 6 convertito, con modificazioni, dalla L. 28 febbraio 2020, n. 7, che sono state oggetto di una diversificata entrata in vigore, perche' di immediata applicazione, per effetto di quanto disposto con il Decreto Legge 30 aprile 2020, n. 28 (entrato in vigore l'01/05/2020), e che riguardano la definizione dei termini e modalita' di deposito degli atti e dei provvedimenti relativi alle intercettazioni esclusivamente in forma telematica, rimessa ad un decreto del Ministero della Giustizia. 3. Con riferimento all'articolo 270 c.p.p., e piu' specificamente al tema delle modifiche apportate al comma 1 di detto articolo in sede di conversione dalla L. n. 7 del 2020, che hanno sostanzialmente ampliato l'ambito della deroga al divieto di utilizzabilita' delle intercettazioni disposte in altro procedimento, aggiungendo all'accertamento dei delitti per i quali e' obbligatorio l'arresto in flagranza anche l'accertamento dei reati di cui all'articolo 266 c.p.c., comma 1, la Corte di cassazione ha gia' chiarito in maniera condivisibile che la disciplina sopravvenuta non e' applicabile alle intercettazioni disposte ed autorizzate, come nel caso di specie, prima della data del 31 agosto 2020. In particolare, si e' fatto correttamente notare come il riferimento alla data di iscrizione del procedimento assolva alla funzione di delimitare l'ambito di applicazione della nuova disciplina e dunque di escludere che essa trovi applicazione per le autorizzazioni che, sebbene siano state disposte successivamente a tale data, sono relative a procedimenti iscritti in epoca antecedente ad essa. Rispetto alle intercettazioni disposte con provvedimenti autorizzativi anteriori al 31 agosto 2020, la nuova disciplina, e quindi anche dell'articolo 270 c.p.p., nuovo testo comma 1 non e' applicabile, essendo evidente che per tali provvedimenti l'epoca di iscrizione del procedimento e' necessariamente anteriore, essendo l'iscrizione del procedimento un adempimento che precede tutti gli atti che si sviluppano al suo interno. Si e' in particolare chiarito che le intercettazioni eseguite nella vigenza della precedente disciplina, e quindi disposte nei limiti ed alle condizioni stabilite dalle norme di legge vigenti al momento della loro autorizzazione, non possono mutare regime normativo per effetto di sviluppi procedimentali successivi, derivanti dalla decisione di separare dall'originario procedimento alcune posizioni ovvero alcuni reati con conseguente trasmissione degli atti da un ufficio di Procura ad un altro, per ragioni di competenza territoriale e/o funzionale (Cfr., Sez. 6, n. 47235 del 17/11/2021, Ierardi, non massimata). Sulla base di tali principi, il regime normativo a cui fare riferimento e' quello preesistente alle modifiche descritte apportate all'articolo 270 c.p.p., essendo state eseguite le captazioni sulla base di provvedimenti autorizzativi, e quindi sulla base di notizie di reato, precedenti alla data del 31 agosto 2020, non potendo assumere rilievo la circostanza che, per effetto degli sviluppi del procedimento, a seguito della decisione della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Santa Maria Capua a Vetere di disporre lo stralcio dal processo originario di una serie di notizie di reato con conseguente trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica di Benevento, questa abbuia provveduto ad iscrivere le notizie di reato relative ai fatti per cui si procede dopo la data del 31 agosto 2020. 4. Dunque, al fine della verifica della utilizzabilita' delle captazioni e' necessario fare riferimento alla disciplina previgente e ai principi fissati dalle Sezioni unite della Corte non la sentenza n. 51 del 28/11/2019, dep. 2020, Cavallo, che, come e' noto, hanno stabilito che "in tema di intercettazioni, il divieto di cui all'articolo 270 c.p.p. di utilizzazione dei risultati delle captazioni in procedimenti diversi da quelli per i quali le stesse siano state autorizzate - salvo che risultino indispensabili per l'accertamento di delitti per i quali e' obbligatorio l'arresto in flagranza - non opera con riferimento agli esiti relativi ai soli reati che risultino connessi, ex articolo 12 c.p.p., a quelli in relazione ai quali l'autorizzazione era stata "ab origine" disposta, sempreche' rientrino nei limiti di ammissibilita' previsti dall'articolo 266 c.p.p.". Si e' spiegato che la connessione ex articolo 12 c.p.p. "riguarda i procedimenti tra i quali esiste una relazione in virtu' della quale la regiudicanda oggetto di ciascuno viene, anche in parte, a coincidere con quella oggetto degli altri: si tratta di ipotesi che il nuovo codice di rito pone a base di un criterio attributivo della competenza autonomo e originario (ex plurimis, Sez. U, n. 27343 del 28/02/2013, Taricco, Rv. 255345)". Secondo le Sezioni unite "il carattere originario della connessione ex articolo 12 c.p.p. rende ragione del rilievo dottrinale secondo cui essa e' un riflesso della connessione sostanziale dei reati: con specifico riferimento al caso di connessione di cui alla lettera c) dell'articolo 12 cit., in particolare, si e' rilevato come esso si fondi su un "legame oggettivo tra due o piu' reati" (Sez. U, n. 53390 del 26/10/2017, Patroni Griffi, Rv. 271223), un legame, dunque, indipendente dalla vicenda procedimentale; analoga connessione sostanziale - prima ancora che processuale - sussiste in presenza, oltre che di un concorso formale di reati, di un reato continuato (lettera b), in considerazione del requisito del medesimo disegno criminoso, per la cui integrazione e' necessario "che, al momento della commissione del primo reato della serie, i successivi fossero stati realmente gia'0i programmati almeno nelle loro linee essenziali" (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074). In caso di imputazioni connesse ex 12 c.p.p., dunque, il procedimento relativo al reato per il quale l'autorizzazione e' stata espressamente concessa non puo' considerarsi "diverso" rispetto a quello relativo al reato accertato in forza dei risultati dell'intercettazione. La parziale coincidenza della regiudicanda oggetto dei procedimenti connessi e, dunque, il legame sostanziale - e non meramente processuale - tra i diversi fatti-reato consente di ricondurre ai "fatti costituenti reato per i quali in concreto si procede" (Corte Cost., sent. n. 366 del 1991), di cui al provvedime'nto autorizzatorio dell'intercettazione, anche quelli oggetto delle imputazioni connesse accertati attraverso i risultati della stessa intercettazione: il legame sostanziale tra essi, infatti, esclude che l'autorizzazione del giudice assuma la fisionomia di un'"autorizzazione in bianco". Soluzione, questa, che, d'altra parte, rc-~tejattiene alle ipotesi in cui, rispetto al fatto-reato per cui sono state autorizzate le intercettazioni, emergano fatti - reato diversi". Ne deriva che, al fine di stabilire se il "diverso reato" sia connesso rispetto a quello autorizzato, si deve avere riguardo all'oggetto della regiudicanda, nel senso che deve esserci una parziale coincidenza della regiudicanda e, dunque, un legame sostanziale e non meramente processuale - tra i diversi fatti. In particolare, la connessione di cui all'articolo 12 c.p.p., lettera b) sussiste se sussiste il requisito del medesimo disegno criminoso, per la cui integrazione e' necessario "che, al momento della commissione del primo reato della serie, i successivi fossero stati realmente gia' programmati almeno nelle loro linee essenziali". 5. Il Tribunale non ha fatto corretta applicazione dei principi indicati. Dall'ordinanza impugnata emerge testualmente che, secondo il Tribunale, le captazioni sarebbero utilizzabili perche' i fatti oggetto del odierno procedimento "pur emersi nell'ambito dell'attivita' captativa disposta per altro titolo di reato - articolo 356 c.p. - vicenda, comunque, attinente a gara di appalto" sarebbero "con i primi oggettivamente e soggettivamente connessi vertendosi nell'ambito di attivita' illecite riconducibili all'imprenditore (OMISSIS), anche in contatto, per finalita' correlate alle sue societa', con rappresentanti della pubblica amministrazione, nel settore degli appalti" (cosi' testualmente il Tribunale a pag. 3 della ordinanza impugnata). Si tratta di una motivazione obiettivamente viziata. Al di la' del riferimento a non meglio identificate connessioni oggettive o soggettive tra il reato per il quale le captazioni furono disposte e quelli per i quali si procede, il Tribunale avrebbe dovuto in concreto verificare la parziale coincidenza tra le diverse regiudicande, la connessione sostanziale tra i reati, e, dunque, la sussistenza dei presupposti previsti dall'articolo 12 c.p.p., lettera b) e c). In particolare, ove avesse voluto fare riferimento all'articolo 12 c.p.p., lettera b) il Tribunale avrebbe dovuto verificare se, al momento in cui (OMISSIS) decise di compiere il primo reato, avesse gia' ideato nelle sue linee essenziali i reati per i quali si procede, che, peraltro, sarebbero stati commessi in un altro luogo e con un soggetto diverso. Non diversamente il Tribunale, nel caso in cui avesse voluto fare riferimento all'articolo 12 c.p.p., lettera c), avrebbe dovuto verificare la sussistenza di un legame sostanziale, oggettivo tra i reati, cioe' di un legame strutturale fra gli stessi, non potendo certo considerarsi tale la mera circostanza - del tutto irrilevante- che tutti i fatti sarebbero maturati in funzione della aggiudicazione o della esecuzione di contratti di appalto peraltro avvenute in luoghi e tra soggetti diversi. Su tali decisivi punti la ordinanza e' silente e deve essere annullata; il Tribunale, in sede di rinvio, applichera' i principi indicati e verifichera' se ed in che termini i reati per il quale le captazioni furono autorizzate nel corso del tempo siano connessi, nel senso indicato, a quelli per i quali si procede. 6. Sotto altro profilo, il Tribunale, ove ritenga che non sia configurabile, in tutto in parte, la connessione indicata, deve verificare in concreto quali siano le intercettazioni non utilizzabili e quale sia la loro incidenza rispetto al ragionamento probatorio sotteso al giudizio relativo alla gravita' indiziaria, cioe' la loro incidenza e decisivita' rispetto all'ordinanza genetica. Al fine di individuare le captazioni inutilizzabili, gli assunti difensivi non sono condivisibili nella loro portata perche' paiono muovere da un presupposto fondante, e cioe' che tutte le intercettazioni disposte nel corso del procedimento sarebbero viziate per propagazione della inutilizzabilita' di quelle originarie, cioe' di quelle disposte per il reato di cui all'articolo 356 c.p.. Un assunto a cui la difesa sembra fare riferimento in modo totalizzante senza precisare se, in un dato momento, furono disposte captazioni anche per i reati per cui si procede, ancorche' sulla base del contenuto di conversazioni disposte per un reato non connesso. Si tratta di un assunto che deve essere verificato. Il tema e' quello della c.d. inutilizzabilita' derivata. L'affermazione giurisprudenziale consolidata e' quella per cui, in materia di inutilizzabilita' non opera il principio, previsto per le nullita', della trasmissibilita' del vizio agli atti consecutivi a quello dichiarato nullo (per tutte, Sez. 6, n. 9009 del 04/02/2020, Rella, Rv. 278563; Sez. 5, n. 441114 del 10/10/2019, Giaimo, Rv. 277432). Si tratta di un principio spesso collegato a quello secondo il quale in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, ciascun decreto autorizzativo e' dotato di autonomia e puo' ricevere impulso da qualsiasi notizia di reato, ancorche' desunta da precedenti intercettazioni probatoriamente inutilizzabili; ne consegue che il vizio di cui sia affetto l'originario decreto intercettativo non si comunica automaticamente a quelli successivi correttamente adottati, e che pertanto non e' inutilizzabile la prova che non sarebbe stata scoperta senza l'utilizzazione della prova inutilizzabile (Sez. 6, n. 3027, del 20/10/2015, Ferminio, Rv. 266496). La Corte costituzionale, con la sentenza n. 332 del 27/09/2001, ha ritenuto inammissibile la questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 191 c.p.p., sollevata per contrasto con l'articolo 24 Cost., nella parte in cui "consente l'utilizzazione di prove che derivino, non solo in via diretta, ma anche in via mediata da un atto posto in essere in violazione di divieti, ed in particolare l'utilizzazione del risultato di una perquisizione nulla". La Corte ha chiarito come: a) la soluzione prospettata dal giudice remittente avrebbe finito per trasferire nella disciplina della inutilizzabilita' un concetto di vizio derivato che il sistema regola esclusivamente in relazione al tema delle nullita': "l'accoglimento del quesito avrebbe comportato l'esercizio di opzioni che l'ordinamento riserva esclusivamente al legislatore, in una tematica, per di piu' che - quale quella dei rapporti di correlazione o dipendenza tra gli atti probatori - ammette, gia' sul piano logico, un'ampia varieta' di possibili configurazioni e alternative"; b) quelli della nullita' e inutilizzabilita' siano fenomeni "tutt'altro che sovrapponibili", cosi' da non potersi "trasferire nella disciplina della inutilizzabilita' un concetto di vizio derivato che il sistema regola esclusivamente in relazione al tema della nullita'". In termini non diversi la Corte costituzionale si e' espressa con la sentenza n. 219 del 2019. La Corte, ricostruiti il senso e la portata della inutilizzabilita', ha affermato che: - l'istituto della inutilizzabilita' ha una "vita" totalmente autonoma rispetto al regime ed alla stessa natura giuridica delle nullita'; - anche detta patologia risponde - al pari delle nullita' - ai paradigmi della tassativita' e legalita', dal momento che e' soltanto la legge a stabilire quali siano - e come si atteggino - i diversi divieti probatori; - e' lo stesso sistema normativo ad avallare la conclusione secondo la quale, per la inutilizzabilita' che scaturisce dalla violazione di un divieto probatorio, non possa trovare applicazione un principio di "inutilizzabilita' derivata", sulla falsariga di quanto e' previsto invece, nel campo delle nullita', dall'articolo 185 c.p.p., comma 1. In particolare, la Corte ha chiarito che "derivando il divieto probatorio e la conseguente "sanzione" della inutilizzabilita' da una espressa previsione della legge, qualsiasi "estensione" di tale regime ad atti diversi da quelli cui si riferisce il divieto non potrebbe che essere frutto di una, altrettanto espressa, previsione legislativa. Del resto, e' ricorrente in giurisprudenza l'affermazione secondo la quale tale principio, valido per le nullita', non si applica in materia di inutilizzabilita', riguardando quest'ultima solo le prove illegittimamente acquisite e non quelle la cui acquisizione sia avvenuta in modo autonomo e nelle forme consentite (ex plurimis, Corte di cassazione, sezione sesta penale, sentenza 12 settembre 2018-4 febbraio 2019, n. 5457)" (cosi' la Corte costituzionale). La inesistenza di un generale principio di inutilizzabilita' derivata degli atti e' confermata anche dall'articolo 202 c.p.p., che inibisce all'autorita' giudiziaria l'utilizzazione, anche indiretta, delle notizie coperte dal segreto di Stato; significativo e' che in relazione a tale norma, diversamente dalle altre, la Corte costituzionale abbia chiarito che "tale divieto riguarda l'utilizzazione degli atti e dei documenti coperti da segreto sia in via diretta, ai fini cioe' di fondare su di essi l'esercizio dell'azione penale, sia in via indiretta, per trarne spunto ai fini di ulteriori atti di indagine, le cui eventuali risultanze sarebbero a loro volta viziate dall'illegittimita' della loro origine" (Corte Cost. n. 110 del 1998). Acutamente si e' osservato in dottrina che la Corte, con riferimento all'articolo 202 c.p.p., inibisce l'utilizzazione delle conoscenze coperte da segreto, non solo ai fini delle determinazioni sull'esercizio dell'azione penale e di una qualsiasi decisione giurisdizionale, ma anche a fini investigativi. La Corte costituzionale distingue dunque un'utilizzazione probatoria, in funzione della decisione sul fatto oggetto della imputazione, e un'utilizzazione c.d. euristica, strumentale alla funzione investigativa o istruttoria, delle informazioni coperte da segreto. Quello previsto dall'articolo 202 c.p.p. e' un divieto piu' ampio che non attiene solo alla funzione probatoria delle informazioni illegittimamente acquisite. La prova inutilizzabile rimane tale: essa e', salvi i casi specifici previsti dalla legge (articolo 202 c.p.p.), tuttavia utilizzabile in chiave euristica, cioe' strumentale alla funzione investigativa o istruttoria. Se la prova inutilizzabile non risulti destinata a giustificare in maniera costitutiva una qualche decisione o determinazione, la sua inutilizzabilita', pur persistente e rilevabile in ogni stato e grado del procedimento (articolo 191, comma 2), rimane senza ulteriori conseguenze, anche se le informazioni che possano trarsene vengano implicitamente impiegate per l'ammissione e la ricerca di altre valide prove: cio' che ne e' preclusa, si osserva testualmente, e' - come gia' affermato dalla Corte di cassazione proprio con la sentenza richiamata dalla Corte costituzionale (Sez. 6, n. 5457 del 12/09/2018, dep. 2019, Cosentino, Rv. 275029) - solo l'utilizzazione a sostegno di una decisione o determinazione sul fatto controverso, a meno che non si tratti di informazioni di cui e' preclusa qualsiasi utilizzazione, che ne comporti anche solo una comunicazione o diffusione. 7. Nel caso di specie, il ricorrente sembra sovrapporre i due profili di cui si e' detto - inutilizzabilita' probatoria ed utilizzabilita' ai soli ulteriori fini investigativi di un atto di indagine probatoriamente inutilizzabile - e conseguentemente non distingue alcunche'. Ne discende che il Tribunale, come detto, dovra' verificare se vi siano decreti autorizzativi delle intercettazioni disposte presso il Tribunale di Santa Maria Capua a Vetere per i reati per i quali si procede ovvero se tutti i decreti facciano riferimento ad altri reati. Nel caso in cui vi siano decreti autorizzativi delle captazioni per i reati per cui si procede, il giudizio sulla gravita' indiziaria dovra' essere formulato tenendo conto che detti decreti sono utilizzabili anche nel caso in cui siano stati disposti sulla base di intercettazioni probatoriamente inutilizzabili. All'esito di tale operazione, il Tribunale formulera' un nuovo giudizio sulla gravita' indiziaria. 8. Non diversamente, il Tribunale verifichera' eventualmente se sussistano esigenze cautelari e, in particolare, il rischio di recidiva. Sul tema, a fronte dell'elemento segnalato dal ricorrente, e cioe' la intervenuta sospensione di (OMISSIS) dalla carica si Sindaco da parte del Prefetto di Benevento, la motivazione, di per se' sincopata, e' obbiettivamente silente. I residui motivi sono assorbiti. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Napoli competente ai sensi dell'articolo 309 c.p.p., comma 7.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FIDELBO Giorgio - Presidente Dott. APRILE Ercole - Consigliere Dott. DE AMICIS Gaetano - Consigliere Dott. GIORGI Maria Silvia - Consigliere Dott. VIGNA Maria Sabi - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 23/05/2022 del Tribunale di Roma, sezione riesame; Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Dr. Maria Sabina Vigna; Sentita la requisitoria dei Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Morosini Piergiorgio, che ha concluso chiedendo l'inammissibilita' del ricorso. Udito il difensore, avvocato (OMISSIS), anche in sostituzione dell'avvocato (OMISSIS), che ha insistito per l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con il provvedimento impugnato, il Tribunale del riesame di Roma ha confermato l'ordinanza del 29 aprile 2022, con la quale il Giudice delle indagini preliminari presso il Tribunale di Latina ha applicato a (OMISSIS) la misura cautelare degli arresti domiciliari in relazione ai reati di turbata liberta' degli incanti (capo 1) e di trasferimento fraudolento di valori (capi 2 e 3). Il compendio investigativo, in ordine al capo 1), si fonda sulle denunce di (OMISSIS), la quale riferiva che: - si era aggiudicata, in quanto unica interessata, mediante gara pubblica gestita dalla societa' (OMISSIS), un immobile di proprieta' regionale in Sabaudia; - il 24 ottobre 2019 riceveva comunicazione di aggiudicazione provvisoria dell'immobile e, prima della data del rogito, depositava il saldo dell'intera somma; - avvicinandosi la data del rogito, aveva trovato difficoltoso accordarsi con la (OMISSIS); -nel corso del sopraluogo a (OMISSIS), scorgeva l'indagato urlare e reclamare il suo diritto sull'immobile. Nella stessa giornata la donna riceveva la telefonata del funzionario (OMISSIS), il quale proponeva la restituzione della somma di denaro ricevuta per evitare il rogito e le offriva un risarcimento di 20.000,00 Euro per il danno subito; -la (OMISSIS) non si presentava al rogito del 4 giugno 2020, ne' a quello successivo fissato per il 21 luglio 2020. Inoltre, la polizia giudiziaria accertava che (OMISSIS) e (OMISSIS) non avevano mai avuto un titolo legittimo per occupare l'immobile. Infatti, nella causa promossa dalla Regione Lazio e definita con sentenza del 2014, il giudice accertava l'occupazione abusiva da parte dei convenuti, ordinando agli stessi il rilascio in favore della Regione Lazio dell'immobile detenuto senza titolo. Il Collegio della cautela ha ritenuto che l'indagato, con la condotta tenuta il 29 maggio 2020, abbia influenzato l'andamento della procedura competitiva ad evidenza pubblica con il sistema dell'asta telematica notarile per la vendita dell'unita' immobiliare di Sabaudia, creando le condizioni per ostacolare la stipula del contratto di compravendita, che, in effetti, non fu piu' perfezionata. Ha ritenuto, inoltre, il Tribunale del riesame che la condotta tenuta da (OMISSIS) il (OMISSIS), alla quale si e' accompagnato anche il cambio della serratura, costituisse, a tutti gli effetti, una vera e propria minaccia. La (OMISSIS), infatti, denunciava che (OMISSIS), nel frangente, era molto agitato e urlava, aveva un atteggiamento irruento ed aggressivo, e che tale situazione l'aveva intimorita anche perche' era a conoscenza dei trascorsi problematici del predetto. Per quanto concernei capi 2) e 3) di incolpazione, il Collegio della cautela ha evidenziato che l'indagato e' stato destinatario della misura di prevenzione della sorveglianza speciale e che risulta che, a partire dal 2018, con finalita' elusiva, ha intestato fittiziamente a terzi una serie di asset patrimoniali nella sua disponibilita'. In particolare, ha intestato le quote della societa' immobiliare (OMISSIS), nella sua incontestata titolarita' di fatto, prima al socio unico, (OMISSIS), poi, dal 29 ottobre 2019, alla moglie (OMISSIS), quindi, a luglio 2020 e ad aprile 2021, ha, rispettivamente, venduto e donato a quest'ultima una serie di proprieta' immobiliari descritte nell'imputazione provvisoria sub 3). Il Tribunale del riesame ha ritenuto che, se l'odierno indagato era gia' stato giudicato in via definitiva socialmente pericoloso all'epoca delle intestazioni ascritte ai capi 2) e 3), era del tutto ragionevole che fosse animato dall'intento di mettere le proprie disponibilita' al riparo da altre analoghe iniziative ablatorie, essendosi in ipotesi reso autore a (OMISSIS) di un ulteriore episodio di estorsione e a (OMISSIS) della turbativa di cui al capo 1). Nel caso di specie era senz'altro prevedibile l'avvio di un nuovo procedimento per la applicazione di una misura di prevenzione. Il Tribunale ha, quindi, concluso che il fatto che l'indagato abbia operato i trasferimenti fittizi dopo la notifica della sentenza civile in data 13 luglio 2020, che lo condannava al pagamento di Euro 220.000,00 per l'illegittima occupazione dell'immobile aggiudicato alla (OMISSIS) per eludere il sequestro e il pignoramento dei beni, non esclude affatto che egli, secondo una valutazione ex ante, abbia agito anche perche' temeva che le sue nuove manifestazioni di pericolosita' sociale potessero dare avvio a un'ulteriore procedimento di prevenzione patrimoniale. 2. Avverso l'ordinanza, ricorre per cassazione (OMISSIS), a mezzo del difensore di fiducia, deducendo i seguenti motivi: 2.1. Quanto al reato di cui al capo 1), il Tribunale assume erroneamente la natura provvisoria dell'aggiudicazione all'epoca dei fatti. L'ordinanza impugnata non tiene conto della allegazione difensiva con la quale si dimostra la assoluta definitivita' dell'aggiudicazione all'esito di ogni pretesa verifica. La stipula del contratto di compravendita non puo' confondersi con il momento della individuazione del concorrente aggiudicatario; in altri termini, il materiale trasferimento del bene posto all'asta appartiene al momento successivo: ogni condotta ricadente di seguito, a maturata e definitiva individuazione dell'aggiudicatario, era percio' da considerarsi successiva alla gara. Per quanto concerne, poi, la condotta di minaccia, la (OMISSIS) ha chiarito di non essere stata minacciata personalmente dall'indagato e che i timori erano nati dalla lettura delle cronache locali. Il Tribunale non si avvede della decisivita' della reputata fondatezza delle recriminazioni di (OMISSIS), che, il (OMISSIS), stante la mancata esecuzione della sentenza del 2014, che aveva accertato l'occupazione abusiva, assumeva di non essere mai stato destinatario di un formale ordine di sgombero. E' vero che la mancata esecuzione non legittimava (OMISSIS) a mantenere il possesso dell'immobile, ma e' anche vero che la mancata esecuzione della sentenza non legittimava l' (OMISSIS) a considerare il bene posto all'asta libero da beni e persone. Inoltre, la (OMISSIS) non desistette mai dall'acquisto dell'immobile, diffido' e intimo' azioni nei confronti dell' (OMISSIS), piuttosto che nei confronti di (OMISSIS). 2.2.Quanto ai capi 2) e 3) e' incontestabile che il 23 ottobre 2012 la Corte di appello di Roma abbia revocato la misura personale della sorveglianza speciale; e' dunque inesatto sostenere che l'indagato sia gia' stato giudicato in via definitiva socialmente pericoloso essendo vero che quel giudizio genero', piuttosto, la revoca della proposta della misura di sicurezza personale. La Corte ha ritenuto sussistente la pericolosita' sociale dell'indagato unicamente dal 2003 al 2006. Erroneamente il Tribunale del riesame ha operato una inaccettabile attualizzazione della stessa, ai fini di verifica del dolo specifico preteso. La valorizzazione del rinvio a giudizio del 9 novembre 2020, non ha sicuramente il pregio di generare la finalita' elusiva ben due anni prima; lo stesso dicasi avendo riguardo alla insussistente turbativa del (OMISSIS). Il Tribunale del riesame incorre in un vizio motivazionale laddove fa propria la reale finalita' elusiva dedotta dalla difesa, e cioe' quella tesa ad evitare pignoramenti successivi alla sentenza di sfratto, limitando, nel caso, la valutazione del tema alla possibile concorrenza di altra assorbente finalita', senza spiegare perche' quella dedotta dal difensore non possa essere l'unico vero scopo prefigurato cosi' al tempo dei trasferimenti. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' fondato con riferimento alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per tutti i reati in contestazione e, pertanto, l'ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio; deve, conseguentemente, essere annullata anche l'ordinanza emessa il 29 aprile 2022 dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Latina. 2. Quanto al reato di cui all'articolo 353 c.p., il nucleo della censura avanzata dal ricorrente attiene al fatto che la condotta accertata non era in alcun modo idonea ad influire su una gara che, ormai, era gia' definita con la assegnazione dell'immobile alla (OMISSIS). 2.Rileva il Collegio che, in effetti, dalla lettura della documentazione allegata dal difensore, risulta che: - il 25 settembre 2019, il notaio, preso atto della presentazione di una sola offerta da parte di (OMISSIS) ad un prezzo superiore al prezzo base, procedeva alla aggiudicazione provvisoria del lotto alla predetta; -il 27 settembre 2019 la (OMISSIS) inoltrava prontamente alla (OMISSIS) tutti i documenti compilati e firmati e la documentazione antiriciclaggio; - il 1 ottobre 2019 la (OMISSIS) comunicava che, non rilevando elementi ostativi all'aggiudicazione, la stessa veniva confermata; - nel corso dei mesi successivi la aggiudicataria versava le somme richiestele a titolo di deposito cauzionale, di acconto e di saldo prezzo. - in quel periodo e, quindi prima del giorno fissato per la stipula del rogito, l'indagato poneva in essere la condotta minacciosa, che, stando alla prospettazione accusatoria, turbo' l'incanto in questione, posto che non si arrivo' mai alla firma del rogito. 3. E' opportuno premettere che i principi di diritto piu' volte affermati in sede di legittimita' convergono nel ritenere configurabile il reato di turbata liberta' degli incanti in ogni situazione in cui vi sia una procedura di gara, anche informale e atipica, mediante la quale la P.A. proceda all'individuazione del contraente, nel senso che l'amministrazione si determina per la scelta del contraente allo scopo di selezionare la procedura piu' vantaggiosa per le proprie esigenze e piu' adeguata ai propri interessi orientati al buon andamento (Sez. 6, n. 44829 del 22/09/2004, Di Vincenzo, Rv. 230522; Sez. 6, n. 13124 del 28/01/2008, Mancianti, Rv. 239314; Sez. 6, n. 29581 del 24/05/2011, Tato', Rv. 250732). Il reato di cui all'articolo 353 c.p. si configura, inoltre, come reato di pericolo: non occorre invero che l'azione tipica determini un danno effettivo alla regolarita' della gara, ma e' sufficiente anche solo che essa produca un "danno mediato e potenziale", costituito dalla semplice "idoneita'" degli atti ad influenzare l'andamento della gara (tra le tante, Sez. 6, n. 10272 del 23/01/2019, Cesosimo, Rv. 275163), senza che sia necessario quindi dimostrare un'effettiva alterazione dei suoi risultati (Sez. 2, n. 43408 del 23/06/2016, Martinico, Rv. 267967). L'evento naturalistico del reato richiede infatti, oltre all'ipotesi dell'impedimento della gara o dell'allontanamento degli offerenti, che sia stato realizzato anche solo il turbamento della gara, situazione questa che e' integrata da una condotta che abbia anche soltanto influito sulla sua regolare procedura, alterandone lo svolgimento (in tal senso, il turbamento puo' consistere anche nello "sviamento" del regolare svolgimento della gara, tale da determinarne uno sviluppo anomalo). Onde evitare di conferire rilievo penale a qualsiasi "comportamento perturbatore", la condotta tipica deve essere idonea a ledere i beni giuridici protetti dalla norma, che si identificano non solo con l'interesse pubblico alla libera concorrenza, ma anche con l'interesse pubblico al libero "gioco" della maggiorazione delle offerte, a garanzia degli interessi della pubblica amministrazione (cosi', Sez. 6, n. 12821 del 11/03/2013, Adami, Rv. 254906; in senso conforme, tra tante, Sez. 2, n. 7013 del 05/11/2018, dep. 2019, Morabito, non mass.; Sez. 6, n. 2989 del 15/01/2019, Filippelli, non mass.). 3.1. Per quanto concerne, in particolare, il momento consumativo del reato, deve osservarsi che la norma dettata dall'articolo 353 c.p. configura, nelle sue varie ipotesi, condotte destinate a sfociare e a concludersi con il perfezionamento della gara. Si tratta di un atto formale, particolareggiatamente disciplinato dal diritto amministrativo, tanto e' vero che la stessa norma penale, volendo comprendere nella fattispecie anche quelle forme di attribuzione dei pubblici appalti che, pur prevedendo la concorrenza tra vari aspiranti, non vengano decise con una gara nei pubblici incanti, ha espressamente previsto l'ipotesi della licitazione privata per conto di una pubblica amministrazione. Se mai vi fosse bisogno di conferma che vada oltre l'inequivocabile significato letterale della norma incriminatrice, basterebbe considerare che la giurisprudenza costante del giudice amministrativo (per tutte, Consiglio di Stato, Sez. 5, n. 334 del 08/04/1997) ha stabilito che in materia di contratti della pubblica amministrazione, l'interesse a impugnare gli atti di gara sorge solo al momento dell'aggiudicazione, e fornisce percio' la controprova (desunta da norme dell'ordinamento di diversa natura, ma da utilizzare per l'individuazione di uno degli elementi oggettivi della fattispecie penale) che quello e' il momento formale da prendere in considerazione nella costruzione della fattispecie penalistica. D'altra parte, tutta la giurisprudenza penale, nella materia che interessa, pur facendo riferimento alla complessita' del procedimento di aggiudicazione e pur affermando la possibilita' che la condotta possa inerire all'uno piuttosto che all'altro dei momenti in cui il procedimento si concretizza, ha sempre come punto di riferimento finale la aggiudicazione della gara (Sez. 1, n. 46546 del 11/11/2005, Castiglione, Rv 232960). Non e' di aiuto, ai fini di una interpretazione di segno opposto, nemmeno la considerazione secondo la quale la giurisprudenza di questa Corte riconosce in taluni casi la possibilita' di interpellare il secondo classificato al fine di stipulare un nuovo contratto per il completamento dei lavori, alle medesime condizioni economiche gia' proposte in sede di offerta. Questa norma non sposta affatto in avanti il momento dell'aggiudicazione, anzi, interpretata correttamente, costituisce un'ulteriore conferma del fatto che l'aggiudicazione formale rappresenta il momento conclusivo della procedura, alla quale aggiunge, in forma derogatoria ed alquanto limitata, la possibilita' di scelta di un altro contraente, la cui concreta individuazione, pero', e' sempre frutto del momento formale della conclusione della gara, tanto che da qual momento se ne trae l'identificazione (il secondo classificato, anziche' il primo). I comportamenti successivi, pertanto, anche alla luce della normativa speciale che si va commentando, potranno eventualmente perseguire interessi anche ipoteticamente illeciti e quindi integrare, esistendone tutti gli altri presupposti, altri titoli di reato, ma non quello previsto dall'articolo 353 c.p. Nessun'altra interpretazione e' possibile, non solo per le ragioni di ordine letterale e sistematico accennate, ma anche perche' uno sforzo interpretativo che portasse a forzarne il significato finirebbe per risolversi in una interpretazione analogica della norma penale, non consentita in via di principio. Difatti, il decreto di trasferimento dell'immobile rappresenta una fase di completamento del procedimento amministrativo ormai estranea alla precedente fase della scelta del contraente che rappresenta l'oggetto della tutela offerta dalla norma di cui all'articolo 353 c.p.. 3.2. Cio' premesso, va osservato che i Giudici di merito non hanno fatto buon governo dei suddetti principi, avendo ritenuto che il momento consumativo del reato sia quello della stipula del contratto di compravendita, perche' solo allora si producono gli effetti traslativi. Si tratta di due momenti da tenere distinti, perche' nel primo viene individuato l'aggiudicatario della gara e nel secondo si verificano gli effetti contrattuali. La procedura pero', come sopra precisato, si chiude al momento della aggiudicazione ed e' quello il momento consumativo del reato, che prescinde dal trasferimento del bene. Le indebite pressioni del ricorrente non potevano, quindi, incidere in alcun modo sull'esito del procedimento amministrativo. La circostanza, riconosciuta da questa Corte, che i comportamenti integranti il reato di turbata liberta' degli incanti possono essere realizzati anche dopo l'aggiudicazione provvisoria, atteso che la stessa ha una valenza meramente endoprocedimentale (Sez. 6, n. 57251 del 09/11/2017, Vigato, Rv. 271727), non sposta i termini della questione, dal momento che anche per tale orientamento giurisprudenziale, la consumazione del reato coincide con il momento dell'aggiudicazione definitiva, che non e' di certo quello della stipula del contratto. In questo senso, va innanzitutto evidenziato che il termine "gara", impiegato dal legislatore, secondo l'accezione etimologica di comune uso, implica il riferimento ad una "competizione", sicche' risulta arbitrario delimitarne l'ambito di pertinenza a fasi anteriori alla definizione di quest'ultima. In linea con questa conclusione, la giurisprudenza, con riferimento agli incanti previsti dal codice di procedura civile, ha osservato che l'utilizzo, nell'articolo 353 c.p., del termine "gara" in luogo di "asta" e' "chiaramente indicativo dell'intenzione del legislatore di sanzionare non solo le turbative materiali allo svolgimento delle procedure di incanto, ma tutte le condotte tipiche che si inseriscono nell'ambito della procedura, falsandone l'esito". Con specifico riferimento alle procedure relative all'aggiudicazione dei contratti ad evidenza pubblica, poi, deve osservarsi che, anche secondo la giurisprudenza amministrativa, il procedimento di "gara" si conclude con l'aggiudicazione definitiva: e' costante, infatti, l'affermazione secondo cui l'impugnazione giurisdizionale dell'aggiudicazione provvisoria e' meramente facoltativa, "dato il carattere endoprocedimentale di detto atto" (cosi' Cons. Stato, Sez. IV del 07/11/2014, n. 5497; nello stesso senso, tra le altre, Cons. Stato, Sez. V del 08/09/2008, n. 4241). Nel caso in esame, in ogni caso, la condotta contestata all'imputato si era verificata successivamente all'aggiudicazione definitiva e quindi non e' in alcun modo configurabile il reato di cui all'articolo 353 c.p.. La condotta accertata non era idonea ad influire su una gara che, ormai, era gia' definita con la assegnazione dell'immobile alla (OMISSIS). Come si e' detto, il decreto di trasferimento dell'immobile rappresenta una fase di completamento del procedimento amministrativo ormai estranea alla precedente fase della scelta del contraente, che rappresenta, invece, l'oggetto della tutela offerta dalla norma di cui all'articolo 353 c.p.. 4. E' fondato anche il motivo di ricorso avente ad oggetto la sussistenza dei reati di cui all'articolo 512-bis c.p.. 4.1.11 delitto di trasferimento fraudolento di valori e' una fattispecie a forma libera che si concretizza nell'attribuzione fittizia della titolarita' o della disponibilita' di denaro o altra utilita' realizzata in qualsiasi forma. Il fatto-reato consiste nella dolosa determinazione di una situazione di apparenza giuridica e formale della titolarita' o disponibilita' del bene, difforme dalla realta', al fine di eludere misure di prevenzione patrimoniale o di contrabbando ovvero al fine di agevolare la commissione di reati relativi alla circolazione di mezzi economici di illecita provenienza (Sez. 1, n. 30165 del 26/04/2007, Di Cataldo, Rv. 237595). Quanto all'elemento soggettivo, il delitto in questione richiede che tutti concorrenti nel reato abbiano agito con il dolo specifico di eludere le disposizioni di legge in materia di prevenzione patrimoniale, per la cui prova in giudizio non e' sufficiente dar conto della fittizia attribuzione della titolarita' o disponibilita' di denaro, beni o altre utilita'. (Sez. 6, n. 34667 del 05/05/2016, Arduino, Rv. 267705; fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza di assoluzione dell'intestatario fittizio dei beni, ritenendo insufficiente la prova della sua consapevolezza circa l'appartenenza del titolare effettivo ad un sodalizio criminoso e della conseguente finalita' di eludere le disposizioni in materia di prevenzione patrimoniale). Al fine di bilanciare l'ampiezza e l'indeterminatezza dell'elemento oggettivo, la fattispecie criminosa in esame richiede, pertanto, il dolo specifico, consistente nella precipua finalita' di elusione delle misure di prevenzione patrimoniali, limite indefettibile che qualifica la condotta, differenziandola da una lecita simulazione di carattere civilistico. 4.2 Il Tribunale del riesame non ha dato corretta applicazione di tale regula iuris. Il provvedimento impugnato, analogamente all'ordinanza genetica che viene specificatamente richiamata, motiva, infatti, ampiamente in ordine al fatto che la gestione effettiva della societa' (OMISSIS) e di alcuni immobili dell'indagato rimaneva in capo allo stesso e quindi sull'elemento oggettivo del reato, ma non si sofferma sulla prova della consapevolezza in capo all'indagato della finalita' di eludere le disposizioni in materia di prevenzione patrimoniale. Mette conto rilevare, inoltre, che, sebbene la configurabilita' del reato di trasferimento fraudolento di valori non sia esclusa dal fatto che i beni del soggetto sottoposto o sottoponibile a una misura di prevenzione patrimoniale siano stati intestati fittiziamente a un soggetto per il quale opera la presunzione di interposizione fittizia ex L. n. 575 del 1965, articolo 2- ter - ora sostituita dal Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 26, comma 2 come modificato dal Decreto Legge n. 152 del 2021, tuttavia in questi casi la capacita' elusiva dell'operazione patrimoniale non puo' prescindere dall'apprezzamento di elementi di fatto ulteriori rispetto all'atto di trasferimento, che consentano la ricostruzione della fattispecie incriminatrice, non solo sul piano oggettivo, ma anche su quello soggettivo. E, del resto, la verosimile consapevolezza in capo all'indagato della inidoneita' della fittizia intestazione a eludere eventuali misure patrimoniali costituisce, ovviamente, un quid pluris di carattere liberatorio. Sul punto il Collegio della cautela e', invece, rimasto silente. Deve, infine, evidenziarsi che il Tribunale del riesame, allorche' ha riconosciuto che interesse primario degli sforzi di (OMISSIS) era anche quello di evitare pignoramenti a seguito della sentenza di sfratto, ha, in tal modo, ammesso che quella potesse essere la vera finalita' dell'intera operazione. P.Q.M. Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata e quella emessa in data 29/04/2022 dal G.i.p. del Tribunale di Latina, disponendo la rimessione in liberta' di (OMISSIS). Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'articolo 626 c.p.p..

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