Sentenze recenti omicidio preterintenzionale

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  • Il delitto di omicidio preterintenzionale si configura quando l'agente, nel porre in essere una condotta violenta, cagiona la morte della vittima, pur non avendone avuto l'intenzione. Perché possa riconoscersi la scriminante della legittima difesa, oltre alla proporzione tra offesa e difesa, è necessario che la reazione sia l'unico mezzo a disposizione dell'aggredito per salvare il proprio diritto, non potendo tale causa di giustificazione essere invocata se il mezzo impiegato per reagire non è il solo a disposizione dell'aggredito. Il nesso causale tra la condotta lesiva e l'evento morte non è interrotto dalla negligenza o imperizia dei sanitari che hanno prestato le cure alla vittima, a meno che tali comportamenti non costituiscano un fatto del tutto eccezionale, imprevedibile e anomalo rispetto al decorso causale innescato dalla condotta iniziale. Nell'applicazione delle circostanze attenuanti, il giudice di appello gode di ampia discrezionalità nella determinazione della pena, senza che ciò comporti una violazione del divieto di reformatio in pejus, purché la pena complessivamente inflitta non risulti superiore a quella irrogata in primo grado.

  • L'omicidio preterintenzionale sussiste quando l'agente, pur non volendo cagionare la morte della vittima, pone in essere una condotta violenta dalla quale deriva, come conseguenza non voluta ma prevedibile, l'evento morte. Ai fini della configurabilità del reato, è necessario che l'agente abbia agito con dolo di percosse o lesioni e che la morte sia stata il risultato prevedibile e preveduto della sua azione, in considerazione delle condizioni fisiche della vittima e delle modalità dell'aggressione. Il nesso causale tra la condotta violenta e l'evento morte deve essere accertato con certezza, non essendo sufficiente una mera compatibilità. Inoltre, l'elemento soggettivo del reato non può essere integrato dalla sola prevedibilità in astratto dell'evento morte, essendo necessario che l'agente abbia effettivamente rappresentato a sé tale possibile sviluppo della sua azione. Pertanto, la responsabilità penale per omicidio preterintenzionale può essere affermata solo quando l'offesa al bene giuridico protetto sia raggiunta dalla proiezione psichica dell'agente almeno in termini di colpa.

  • La massima giuridica che può essere estratta dalla sentenza è la seguente: Il delitto di omicidio volontario, e non quello di omicidio preterintenzionale, si configura quando la condotta dell'agente, alla stregua delle regole di comune esperienza, dimostri la consapevole accettazione da parte del medesimo della concreta eventualità che dal suo comportamento potesse derivare la morte del soggetto passivo, anche nella forma del dolo eventuale, senza che sia sufficiente la mera prevedibilità dell'evento. Ai fini dell'applicazione della circostanza aggravante dei futili motivi, è necessario che la determinazione criminosa sia stata indotta da uno stimolo esterno di tale levità, banalità e sproporzione, rispetto alla gravità del reato, da apparire, secondo il comune modo di sentire, assolutamente insufficiente a provocare l'azione criminosa, tale da potersi considerare un mero pretesto per lo sfogo di un impulso violento. Il giudice di merito, nel motivare il diniego delle circostanze attenuanti generiche, deve dare conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'art. 133 cod. pen., ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione.

  • Il delitto di omicidio preterintenzionale si configura quando l'agente, con atti diretti a commettere il delitto di lesioni personali, cagiona la morte della vittima, pur senza volerla. Il nesso causale tra la condotta lesiva e l'evento morte sussiste anche quando quest'ultimo non rappresenta lo sviluppo naturale e prevedibile degli atti di violenza, purché l'evento letale sia riconducibile all'area di rischio attivata dalla condotta intenzionale dell'imputato. L'elemento soggettivo del reato è integrato dal dolo di lesioni, senza necessità che l'agente abbia rappresentato e voluto l'evento morte, essendo sufficiente che questo rientri nell'area di rischio creata dalla condotta violenta. Pertanto, ai fini della configurabilità dell'omicidio preterintenzionale, non è necessario che l'evento morte sia stato previsto o prevedibile dall'agente, essendo invece rilevante che esso sia conseguenza della condotta lesiva intenzionalmente posta in essere, anche se non rappresenti lo sviluppo naturale e prevedibile degli atti di violenza. La valutazione dell'elemento soggettivo deve essere condotta ex ante, sulla base delle conoscenze e capacità dell'agente, mentre il nesso causale va accertato ex post, attraverso il procedimento di eliminazione mentale.

  • Il dolo eventuale ricorre quando l'agente si sia chiaramente rappresentato la significativa possibilità di verificazione dell'evento concreto e, ciò nonostante, dopo aver considerato il fine perseguito e l'eventuale prezzo da pagare, si sia determinato ad agire comunque, anche a costo di causare l'evento lesivo, aderendo ad esso per il caso in cui si verifichi. Per la configurabilità del dolo eventuale, occorre la rigorosa dimostrazione che l'agente si sia confrontato con la specifica categoria di evento che si è verificata nella fattispecie concreta, aderendo psicologicamente ad essa, sulla base di una serie di indicatori quali: a) la lontananza della condotta tenuta da quella doverosa; b) la personalità e le pregresse esperienze dell'agente; c) la durata e la ripetizione dell'azione; d) il comportamento successivo al fatto; e) il fine della condotta e la compatibilità con esso delle conseguenze collaterali; f) la probabilità di verificazione dell'evento; g) le conseguenze negative anche per l'autore in caso di sua verificazione; h) il contesto lecito o illecito in cui si è svolta l'azione nonché la possibilità di ritenere, alla stregua delle concrete acquisizioni probatorie, che l'agente non si sarebbe trattenuto dalla condotta illecita neppure se avesse avuto contezza della sicura verificazione dell'evento. Il giudizio di comparazione tra circostanze attenuanti e aggravanti deve essere adeguatamente motivato dal giudice di merito, non potendo essere omesso o meramente affermato senza una puntuale valutazione degli elementi di cui agli artt. 62-bis e 133 c.p.

  • Il delitto di omicidio preterintenzionale si configura quando l'agente commette atti diretti a percuotere o ledere la vittima e tra tali atti e l'evento letale sussiste un rapporto di causa ed effetto, senza che sia necessario che la serie causale che ha prodotto la morte rappresenti lo sviluppo dello stesso evento di percosse o lesioni voluto dall'agente. L'elemento soggettivo del delitto di omicidio preterintenzionale non è costituito da dolo e responsabilità oggettiva né da dolo misto a colpa, ma unicamente dal dolo di percosse o lesioni, in quanto la disposizione di cui all'art. 43 c.p. assorbe la prevedibilità dell'evento più grave nell'intenzione di risultato. Pertanto, ai fini dell'integrazione dell'omicidio preterintenzionale, è necessario che l'autore dell'aggressione abbia commesso atti diretti a percuotere o ledere e che esista un rapporto di causa ed effetto tra gli atti predetti e l'evento letale, senza necessità che la serie causale che ha prodotto la morte rappresenti lo sviluppo dello stesso evento di percosse o di lesioni voluto dall'agente. La valutazione relativa alla prevedibilità dell'evento da cui dipende l'esistenza del delitto è nella stessa legge, essendo assolutamente probabile che da un'azione violenta contro una persona possa derivare la morte della stessa, sebbene tale prevedibilità ex lege dell'evento morte rispetto alle lesioni debba essere verificata anche alla luce della collocazione del primo nell'area di rischio innescata dalla condotta lesiva in concreto posta in essere. Il giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfugge al sindacato di legittimità qualora non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretto da sufficiente motivazione.

  • L'omicidio preterintenzionale si configura quando l'autore della condotta aggressiva, consistente in atti diretti a percuotere o ledere la vittima, cagiona la morte della stessa, pur senza volerla, in virtù di un nesso causale tra gli atti predetti e l'evento letale, senza che sia necessario che la serie causale che ha prodotto la morte rappresenti lo sviluppo dello stesso evento di percosse o lesioni voluto dall'agente. Pertanto, la responsabilità penale per omicidio preterintenzionale sussiste anche quando l'agente abbia posto in essere più atti di violenza fisica nei confronti della vittima, in un contesto di alterco, e tali condotte abbiano cagionato uno stato di stress e agitazione nella persona offesa, la quale, già affetta da gravi patologie cardiache, sia deceduta a causa di un evento ischemico acuto, in stretta connessione temporale con gli atti di violenza subiti. In tali casi, non è necessario che la morte rappresenti lo sviluppo diretto e immediato delle lesioni fisiche provocate, essendo sufficiente che gli atti di violenza abbiano innescato un processo causale che, in ragione delle condizioni di salute della vittima, abbia condotto all'evento letale. Ciò in quanto l'omicidio preterintenzionale richiede solo che vi sia un nesso di causalità tra la condotta aggressiva dell'imputato e la morte della persona offesa, senza che sia necessario che la morte rappresenti lo sviluppo dello stesso evento di percosse o lesioni voluto dall'agente.

  • Il reato di omicidio preterintenzionale si configura quando l'agente, pur non volendo cagionare la morte della vittima, pone in essere una condotta intenzionalmente diretta a percuotere o ledere la persona offesa, dalla quale deriva, come conseguenza non voluta ma prevedibile, l'evento morte di un soggetto diverso da quello che si intendeva colpire. Pertanto, ai fini della configurabilità dell'omicidio preterintenzionale, è sufficiente che l'agente abbia agito con dolo di lesioni, essendo irrilevante che l'evento morte sia occorso in danno di persona diversa da quella che si intendeva percuotere o ledere, in applicazione dell'istituto della responsabilità per l'evento diverso di cui all'art. 82 c.p. L'elemento soggettivo richiesto è il dolo generico, essendo sufficiente la coscienza e volontà di porre in essere la condotta violenta, senza che sia necessario il dolo specifico di cagionare la morte. Inoltre, il pericolo di reiterazione del reato, ai fini dell'applicazione della misura cautelare, può essere desunto dalla gravità della condotta, dal radicato astio dell'indagato nei confronti della vittima e dalla sua personalità, senza che sia necessario un riferimento a una concreta occasione di reiterazione del delitto, essendo sufficiente che il pericolo sia concreto e attuale.

  • Il nesso di causalità tra la condotta lesiva dell'agente e l'evento morte della vittima non è interrotto dall'eventuale negligenza o imperizia dei medici curanti, salvo che si tratti di un errore del tutto eccezionale, abnorme e da solo determinante l'evento letale. Nell'omicidio preterintenzionale, la volontà dell'agente esclude ogni previsione dell'evento morte, mentre nell'omicidio volontario la previsione dell'evento è necessaria e deve essere accertata in concreto, non essendo sufficiente la mera prevedibilità dello stesso. Pertanto, ove si accerti che l'agente si era rappresentato la probabilità del verificarsi dell'evento in conseguenza della sua azione, accettandone il rischio, pur di conseguire il proprio obiettivo, nei suoi confronti si dovrà procedere per omicidio volontario a titolo di dolo eventuale, e non per omicidio preterintenzionale.

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