Sentenze recenti opposizione a decreto ingiuntivo

Ricerca semantica

Risultati di ricerca:

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di RIETI SEZIONE CIVILE Il Tribunale in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. GIANLUCA MORABITO, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di appello iscritta al n. r.g. 1221/2023 promossa da: (...), con il patrocinio dell'avv. Fa.Fe., elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, come da delega rilasciata nel giudizio di prime cure APPELLANTE contro (...), con il patrocinio dell'avv. Ma.Fa., elettivamente domiciliato presso il suo studio in Fara Sabina (RI), (...), come da mandato in calce alla comparsa di costituzione e risposta in appello APPELLATO CONCLUSIONI I difensori delle parti concludevano come da note scritte ex art. 127ter c.p.c. depositate rispettivamente in data 02.05.2024 (parte appellante) e 16.04.2024 (parte appellata) e la causa veniva trattenuta in decisione con ordinanza del 30.05.2024, avendo le difese rinunciato ai termini per il deposito delle note conclusionali. FATTO E DIRITTO Con atto di citazione ritualmente notificato (...) proponeva appello contro la sentenza del Giudice di Pace di Poggio Mirteto n. 2/2023 del 03.02.2023, con cui era stata respinta l'opposizione dallo stesso proposta avverso il decreto ingiuntivo n. 157/21 reso dallo stesso Giudice di Pace e per effetto del quale gli era stato ingiunto di pagare al (...) la somma di Euro 1.681,68, oltre interessi e spese della procedura monitoria, a titolo di oneri condominiali risultanti dal relativo bilancio approvato dall'assemblea condominiale in data 13.02.2021. Con un primo motivo l'appellante lamentava la "nullità/annullabilità del decreto ingiuntivo sia in via di eccezione che in via di azione" deducendo, tra l'altro: che il decreto ingiuntivo era nullo per mancanza delle condizioni di ammissibilità di cui agli artt. 633 ss. c.p.c.; che il Giudice di Pace nulla aveva rilevato nella sentenza impugnata in merito alle eccezioni sollevate dall'opponente, limitandosi a sostenere che la spesa per "Appalto lavori corpo fabbricato A" era stata approvata, come da bilancio, dall'assemblea condominiale in data 13.02.2021; che si trattava, tuttavia, di approvazione di spesa per "Appalto lavori corpo fabbricato A" deliberato nel corso dell'assemblea straordinaria tenutasi in seconda convocazione; che la ragione della nullità della richiamata delibera era da rinvenirsi nel fatto che l'attore, come già argomentato nell'atto di citazione in via riconvenzionale al punto 1, non aveva mai ricevuto alcun atto di convocazione all'assemblea del 13/02/2021 e nemmeno alcuna delibera assembleare, ovvero il computo metrico di ben 22 pagine; che, quindi, l'oggetto della delibera assembleare del (...) del 13/02/2021 non risultava in alcun modo né determinato, né determinabile; che parte convenuta, nell'atto monitorio, non aveva allegato le ricevute di convocazione assembleare per il 12/02/2021 in prima convocazione e del 13/02/2021 in seconda e nemmeno le ricevute di spedizione della delibera assembleare contenente il computo metrico; che, difatti, dalla delibera stessa allegata al ricorso monitorio non era rinvenibile alcun oggetto e, ai sensi del combinato disposto degli l'art. 1418 e 1346 cod. civ., la stessa era affetta da nullità c.d. strutturale; che, altresì, nessuna notifica dell'avviso di convocazione dell'assemblea condominiale, nessun verbale di assemblea e nessun atto di messa in mora gli erano pervenuti, così risultando carenti le condizioni di ammissibilità di cui agli artt. 633 ss. c.p.c.; che il Giudice di Pace non aveva motivato circa la mancata convocazione dell'appellante all'assemblea straordinaria del 13/02/2021 per "Appalto lavori corpo fabbricato A" in quanto la convocazione era stata inviata con raccomandata AR postale del 02/02/2021 n. 15447154568-7 (doc. 10) presso la vecchia residenza dello (...) in Frasso Sabino (RI) (...) Ind, - allegata nella comparsa di costituzione e risposta della convenuta del 10/03/2022 all'all. 4, pagg. 27 e 28 - non ritirato per compiuta giacenza poiché trasferitosi in (...) in Fara in Sabina in data precedente del 01/12/2020, come risultante da certificato storico del 02/12/2021 del Comune di Fara in Sabina (doc. 11); di non essere altresì venuto a conoscenza nemmeno del verbale di assemblea inviato dal (...) con plico spedito il 17/04/2021, raccomandata AR n. 15447154664-3 presso la medesima residenza in Frasso Sabino (...), - allegato 5 alla comparsa di costituzione e risposta della convenuta del 10/03/2022, pagg. 11 e 12 - non ritirato per compiuta giacenza (doc. 12), plico con raccomandata AR 15447154675-6 presso (...) a Fara in Sabina (RI) (doc. 13) - allegato 6 alla comparsa di costituzione e risposta della convenuta del 10/03/2022, pagg. 11 e 12 - anch'esso non ritirato per compiuta giacenza poiché notificato in residenza diversa dalla propria di (...) in Fara in Sabina (RI); che il Condominio aveva prodotto la ricevuta di ritorno della raccomandata n. 20138171029-5 del 19/05/2021 (pag. 13 comparsa costituzione e risposta del 10/03/2022) diretta al Sig. (...) alla precedente residenza di Frasso Sabino (RI) alla (...) (doc. 14) dichiarando che la stessa conteneva un sollecito di pagamento, senza però allegarlo, non ritirato anch'esso per compiuta giacenza poiché notificato in residenza diversa dalla propria di (...), in Fara in Sabina (RI); che nell'ipotesi di produzione della delibera nell'ambito della richiesta di un decreto ingiuntivo a carico del condomino, tale produzione o la notifica del decreto ingiuntivo non equivaleva a conoscenza della delibera stessa; che il termine per il condomino per l'impugnazione decorreva quindi dalla comunicazione della delibera all'indirizzo del condomino (cfr. Cass. 16081/2016); in merito alle eccezioni del (...) convenuto in prime cure sulla contestata mancata comunicazione del cambio della propria residenza, che la legge prevedeva l'obbligo per l'amministratore di eseguire delle indagini per reperire la nuova residenza del condomino, addebitando su quest'ultimo le relative spese; che "In subordine al mancato riconoscimento della sopra descritta nullità, in via di azione, (cfr. Cass. S.U. 9839 del 14/04/2021)..." l'appellante riproponeva "...l'annullamento del decreto ingiuntivo per lo stesso oggetto e motivazioni sopra esposte ai sensi dell'art. 1137, II comma da intendersi di seguito riportate e trascritte (cfr. Cass. S.U. 9839 del 14/04/2021 Con un secondo motivo il sig. (...) prospettava la "...annullabilità della delibera per approvazione dei lavori di manutenzione straordinaria in via di azione ai sensi dell'art. 1137 comma 2, per mancata costituzione dell'assemblea di tutti gli aventi diritto e senza l'approvazione della relativa maggioranza ex art. 1136 comma 2 e 4" evidenziando, tra l'altro, che considerato che ai sensi dell'art. 1137 comma 2 cod. civ. esso appellante non aveva ricevuto alcuna comunicazione per la partecipazione all'assemblea straordinaria del 12/13.02.2021 per l'approvazione di lavori straordinari al corpo del fabbricato "A" del (...) appellato e, quindi, non aveva potuto parteciparvi e considerato, inoltre, che non gli era stata data alcuna comunicazione delle deliberazioni assunte nella suddetta assemblea, si doveva ritenere che i termini di 30 giorni per adire l'autorità giudiziaria per chiedere l'annullamento della delibera condominiale in via di azione (cfr. Cass. S.U. 9839 del 14/04/2021) non fossero ancora decorsi e, comunque, non fossero decorsi dalla data della notifica del decreto ingiuntivo opposto, che, pertanto, il vizio denunciato determinava l'annullabilità della delibera assembleare per mancanza sia del quorum costitutivo pari alla totalità degli aventi diritto pari a 1.000,000 in luogo di 785,334, sia di quello deliberativo pari a 500,000 in luogo di 392,667 della maggioranza assoluta dell'assemblea condominiale; che la delibera in questione non era valida e quindi andava annullata poiché il quorum deliberativo era stato di 444,575, come tale inferiore ai 500 millesimi previsti per l'approvazione delle delibere per lavori straordinari anche per l'approvazione dei lavori per una sola parte del (...) Con un terzo motivo l'appellante lamentava, infine, la "annullabilità della delibera assembleare in via di azione per violazione ai sensi dell'art. 1137 comma 2 per violazione dell'art. 1136 VI comma cod. civ. e dell'art. 66 disp. att. cod civ." deducendo, tra l'altro: che la busta contenente la convocazione per l'assemblea del 12-13/02/2021 corredata dal computo metrico afferente i lavori straordinari del corpo di fabbrica "A" risultava essere stata spedita in data 02/02/2021 a mezzo raccomandata postale AR n. 15447154568-7 presso la vecchia residenza dello (...) in Frasso Sabino, (...) e non ritirata dopo la compiuta giacenza; che il Condominio aveva affermato che quella era la sua residenza conosciuta dall'amministratore e che, pertanto, la notifica era regolare; che, tuttavia, la notifica non si era perfezionata, essendo stata inviata nella vecchia residenza a Frasso Sabino in (...) (doc. 10); di non averne avuto conoscenza, non essendo più residente in quel luogo e non avendovi conservato la propria residenza effettiva ed abituale, ovvero alcuna dimora, come risultava anche dal certificato di residenza storico del 02/12/2021 della Città di Fara in Sabina allegato al doc. 3 dell'atto di opposizione a decreto ingiuntivo e dalla circostanza che l'agente notificatore non aveva provveduto a ricercare la residenza effettiva ed abituale, ovvero la dimora del destinatario della notificazione; che conseguentemente la notificazione era tamquam non esset, ovvero inesistente con accoglimento della richiesta di annullamento della delibera del 13/02/2021 del (...) convenuto; che anche a voler ritenere detta notifica regolare, doveva comunque "dichiararsi" l'annullamento ai sensi dell'articolo 1137 comma 2 del codice civile su istanza dei dissenzienti o assenti perché non ritualmente convocati ai sensi dell'art. 66 disp. att. cod. civ., come rinnovato nel 2012, secondo cui l'avviso di convocazione, contenente specifica indicazione dell'ordine del giorno, deve essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per l'adunanza in prima convocazione; che, difatti, come evincibile dalla documentazione postale allegata (doc. 18), la raccomandata postale dell'avviso di convocazione per le adunanze dell'assemblee del 1213/02/2021 risultava giunta all'ufficio postale di Frasso Sabino disponibile al ritiro il 09/02/2021, ovvero solo tre giorni prima non liberi dalla convocazione della prima adunanza per il giorno 12/02/2021 ore 06.00 (doc. 4 allegato memoria cost. del Condominio). Il sig. (...) rassegnava, all'esito, le seguenti conclusioni: "Voglia il Tribunale di Rieti adito, in funzione di giudice di Appello, per i motivi esposti, ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione disattesa, in riforma della sentenza n. 5 del 03/02/2023 del Giudice di Pace di Poggio Mirteto (doc. A) depositata in cancelleria il 27/02/2023, di cui al R.G.N. 21/2023, non notificata all'appellante: accertare e dichiarare che il decreto ingiuntivo n. 157/2021 - RG N 242/2021 emesso dal Giudice di Pace di Poggio Mirteto, notificato all'opponente il 18/11/2021, è affetto da nullità e/o annullabilità e per l'effetto revocarlo. Si chiede l'acquisizione del fascicolo d'ufficio contenente quello di parte presso la cancelleria del Giudice di Pace di Poggio Mirteto. Con vittoria di spese, competenze ed onorari dell'odierno giudizio e di quello in prime cure nonché della procedura di mediazione". Il (...) costituitosi in giudizio, contestava integralmente l'appello, concludendo come segue: "Nel merito - Accertare e dichiarare l'infondatezza in fatto e diritto delle domande formulate dal Sig. (...), per tutti i motivi di cui in premessa; E per l'effetto - Confermare integralmente la sentenza di primo grado n. 5 del 03.02.2023, resa tra le parti dal Giudice di Pace di Poggio Mirteto, Dott. (...) (Rg. n. 21/22); In ogni caso - Condannare il Sig. (...) al pagamento delle spese di lite del presente grado di giudizio". La causa, di natura documentale, veniva trattenuta in decisione con ordinanza del 30.05.2024 sulle conclusioni rassegnate dalle parti in sede di note autorizzate ex art. 127ter c.p.c. depositate rispettivamente in data 02.05.2024 (parte appellante) e 16.04.2024 (parte appellata), previa rinuncia delle difese ai termini per il deposito di note conclusive. Tanto premesso, il primo motivo di appello è infondato e deve essere respinto. Costituisce, invero, principio consolidato in giurisprudenza quello secondo cui "l'opposizione a decreto ingiuntivo dà luogo ad un ordinario, autonomo giudizio di cognizione, che, sovrapponendosi allo speciale sommario procedimento monitorio (ex-art. 633, 644 e ss. c.p.c.), si svolge nel contraddittorio tra le parti secondo le norme del procedimento ordinario (art. 645 c.p.c.). Ne consegue che il giudice dell'opposizione ..(..).. è investito del potere-dovere di pronunciare sulla pretesa fatta valere con la domanda di ingiunzione (nonché sulle eccezioni e l'eventuale domanda riconvenzionale dell'opponente) ancorché il decreto ingiuntivo sia stato emesso fuori delle condizioni stabilite dalla legge per il procedimento monitorio e non può limitarsi ad accertare e dichiarare la nullità del decreto emesso all'esito dello stesso. Ne consegue altresì che non può avere alcuna rilevanza, per la validità della pronuncia, né che il giudice non ne dichiari la nullità e non lo revochi, né che non motivi sul punto" (Cass. civ. n. 1184/2007; Cass. civ. n. 13001/2006). Di conseguenza, qualora venga proposta rituale opposizione, ciò a cui in quella sede deve aversi riguardo è, sostanzialmente, la pretesa azionata dall'ingiungente, indipendentemente dai vizi che possano eventualmente avere inficiato il decreto ingiuntivo a suo tempo emesso. Stante quanto sopra, nel caso che ci occupa il lamentato vizio di "nullità" o "annullabilità" del decreto ingiuntivo emesso nei confronti del sig. (...) giammai sarebbe, in sé, suscettibile di determinare una riforma della gravata decisione di primo grado, dovendosi in ogni caso avere riguardo alla pretesa sostanziale fatta valere dal Condominio in sede monitoria. Ne discende l'inevitabile reiezione del primo motivo di appello. Il secondo motivo di appello è infondato e come tale deve essere respinto. Sostiene il sig. (...): che la delibera avente ad oggetto l'approvazione dei lavori di manutenzione straordinaria debba essere annullata "...per mancata costituzione dell'assemblea di tutti gli aventi diritto e senza l'approvazione della relativa maggioranza ex art. 1136 comma 2 e 4", non avendo egli ricevuto alcuna comunicazione - stante la "inesistenza" della stessa, in ragione della sua notifica ad indirizzo di residenza dell'appellante non più attuale - in ordine alla data di svolgimento dell'assemblea straordinaria e non avendo, quindi, egli potuto parteciparvi; che, non essendogli stata data - per identiche ragioni - alcuna comunicazione delle deliberazioni assunte nella suddetta assemblea, i termini di 30 giorni per adire l'autorità giudiziaria al fine di chiedere l'annullamento della delibera condominiale in via di azione non siano ancora decorsi e, comunque, non siano decorsi dalla data della notifica del decreto ingiuntivo opposto; che, pertanto, il vizio denunciato determini l'annullabilità della delibera assembleare "per mancanza sia del quorum costitutivo pari alla totalità degli aventi diritto pari a 1.000,000 in luogo di 785,334, sia di quello deliberativo pari a 500,000 in luogo di 392,667 della maggioranza assoluta dell'assemblea condominiale"; che essendo stato il quorum deliberativo di 444,575 millesimi, come tale inferiore ai 500 millesimi previsti per l'approvazione delle delibere per lavori straordinari anche per l'approvazione dei lavori per una sola parte del (...) la delibera in questione sia, per l'appunto, invalida e debba essere annullata. Sul tema, occorre premettere: che ai sensi dell'art 66, comma 3, disp. att. c.c., l'avviso di convocazione dell'assemblea, contenente specifica indicazione dell'ordine del giorno, deve essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per l'adunanza in prima convocazione, a mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano, e deve contenere l'indicazione del luogo e dell'ora della riunione; che in caso di omessa, tardiva o incompleta convocazione degli aventi diritto, la deliberazione assembleare è annullabile, ai sensi dell'articolo 1137 del codice, su istanza dei dissenzienti o assenti perché non ritualmente convocati. A ciò deve aggiungersi che per pacifico insegnamento della Suprema Corte (ex multis, Cassazione civile, sez. II, sentenza 25/03/2019 n. 8275) l'avviso di convocazione, trattandosi di atto unilaterale ricettizio, segue la comune regola fissata dall'art. 1335 c.c., secondo il quale la proposta, l'accettazione, la loro revoca e ogni altra dichiarazione diretta a una determinata persona si reputano conosciute nel momento in cui giungono all'indirizzo del destinatario, se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell'impossibilità di averne notizia. Nel caso che ci occupa il sig. (...) sostiene, peraltro, che tanto l'avviso di convocazione dell'assemblea, quanto il verbale della stessa assemblea non gli siano stati regolarmente comunicati, gli stessi essendo stati inviati ad indirizzo non corrispondente a quello di residenza anagrafica attuale. L'assunto non può essere condiviso, per le ragioni di seguito esposte. Ed invero, l'introduzione del registro dell'anagrafe condominiale ex art. 1130, n. 6, c.c. ha posto a carico dell'amministratore l'obbligo di annotare in esso le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e personali di godimento, comprensivi dei dati ad essi inerenti anche in caso di variazioni: è quindi compito dell'amministratore provvedervi direttamente, ovvero a spese del condomino qualora questi non provveda di sua spontanea volontà a comunicare i dati richiesti. Il legislatore ha previsto, altresì, come ogni variazione dei dati vada comunicata all'amministratore in forma scritta, entro sessanta giorni, prevedendosi, altresì, in caso di inerzia, mancanza o incompletezza delle comunicazioni, non solo la possibilità che l'amministratore richieda, con lettera raccomandata, le informazioni necessarie all'aggiornamento del registro di anagrafe, ma anche, nell'ipotesi di omessa o incompleta risposta nel termine di trenta giorni dalla richiesta, la facoltà, per costui, di acquisire personalmente le informazioni necessarie, addebitandone il relativo costo al condomino. In ogni caso, va tenuto presente che se l'amministratore del condominio ha il dovere di regolare tenuta ed aggiornamento costante del registro di anagrafe condominiale, il condomino ha a sua volta l'obbligo di comunicare tempestivamente all'amministratore il proprio eventuale trasferimento in altro e diverso domicilio: in caso contrario, la comunicazione all'indirizzo di residenza risultante dall'anagrafe condominiale, ancorché non più attuale, dovrà ritenersi regolarmente perfezionata e la mancata ricezione dell'avviso sarà necessariamente addebitabile al solo condomino negligente (in termini Trib. Palermo n. 4179/22), non essendo ragionevolmente esigibile in capo all'amministratore una continua e costante verifica in ordine all'esistenza o meno di trasferimenti di residenza di ciascun singolo condomino, specie alla luce dell'obbligo di cui sopra gravante sui condomini, che fa presumere la piena idoneità dell'indirizzo già comunicato alla ricezione delle comunicazioni, in assenza di successiva comunicazione di variazione del medesimo. Tornando al caso che ci occupa, i plichi contenenti la convocazione per l'assemblea e la successiva comunicazione del relativo verbale sono stati pacificamente inoltrati all'indirizzo del sig. (...) presente nel registro dell'anagrafe condominiale e cioè Frasso Sabino (RI), (...) (circostanza pacifica tra le parti), né dagli atti di causa risulta che l'appellante abbia provveduto a comunicare all'amministratore del condominio, precedentemente alla ricezione dell'avviso, la variazione della propria residenza anagrafica. Nello specifico, la raccomandata a/r contenente la convocazione dell'assemblea condominiale per il 13.02.2021 è stata recapitata dal postino presso l'indirizzo di residenza del sig. (...) presente nell'anagrafica condominiale, posto che, per giurisprudenza, con l'avviso di giacenza immesso nella cassetta postale (esito attestato nella specie dall'agente postale) l'atto di convocazione all'assemblea condominiale si presume conosciuto dal destinatario (v., tra le altre, Cass. civ. n. 20001/2020). Identiche considerazioni valgono con riferimento alla comunicazione del verbale di assemblea, inoltrato a identico indirizzo con esito di compiuta giacenza. Ne discende che dovendo entrambe le comunicazioni ritenersi - per le ragioni tutte di cui sopra - validamente effettuate (in entrambi i casi il plico non è stato ritirato per compiuta giacenza), risulta inesorabilmente spirato il termine perentorio di trenta giorni di cui all'art. 1137, II co., c.c. per proporre ricorso avverso la delibera assembleare avente ad oggetto l'approvazione dei lavori straordinari e della relativa spesa oggetto di ingiunzione. Le superiori considerazioni comportano l'inevitabile reiezione del secondo motivo di appello, non essendo consentito al (...) - stante la scadenza del termine di cui sopra, previsto a pena di decadenza - far valere alcun vizio di annullabilità della delibera assembleare de qua. Per le stesse ragioni deve essere, infine, respinto il terzo motivo di appello, con il quale il sig. (...) lamenta un ulteriore profilo di annullabilità della delibera (omessa ricezione dell'avviso di convocazione almeno cinque giorni prima della data dell'assemblea) il cui scrutinio è precluso in questa sede, stante la scadenza del termine perentorio per proporre ricorso avverso la delibera medesima. In definitiva, l'appello nel suo complesso dovrà essere respinto, siccome giuridicamente infondato. Le spese del presente giudizio di appello seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, tenuto conto dell'assenza di fase istruttoria e di note conclusionali Dovrà, infine, condannarsi parte appellante al pagamento di un ulteriore importo pari all'ammontare del contributo unificato, ai sensi e per gli effetti dell'art. 13, comma 1quater, D.P.R. n. 115/02, trattandosi di rigetto di impugnazione. P.Q.M. il Tribunale in composizione monocratica, ogni contraria domanda, istanza, eccezione e deduzione disattesa o assorbita, definitivamente pronunciando, così provvede: - respinge l'appello proposto da (...) avverso la sentenza del Giudice di Pace di Poggio Mirteto n. 2/2023 del 03.02.2023; - condanna l'appellante a rifondere al (...) le spese del presente giudizio di appello, che liquida nell'importo complessivo di Euro 1.276,00 a titolo di compensi professionali, oltre alle spese forfettarie ex art. 2 D.M. n. 55/14 e oltre a IVA e CPA come per legge; - condanna il sig. (...) al pagamento di un ulteriore importo pari all'ammontare del contributo unificato, ai sensi e per gli effetti dell'art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115/02. Così deciso in Rieti l'1 giugno 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta da Dott. VESSICHELLI Maria - Presidente Dott. GUARDIANO Alfredo - Consigliere Dott. ROMANO Michele - Consigliere Dott. CUOCO Michele - Relatore Dott. GIORDANO Rosaria - Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da Ig.Ni. nato a P il Omissis; avverso l'ordinanza del 9 novembre 2023 del Tribunale di Palermo; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Michele Cuoco; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Perla Lori, che ha concluso per il rigetto del ricorso; letta la memoria depositata il 4 marzo 2024 dall'avv. Al.Ma., nell'interesse del ricorrente, con la quale si insiste per l'accoglimento del ricorso; RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza del 9 ottobre 2023, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Palermo rigettava la richiesta di applicazione della misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalle persone offese avanzata dal Pubblico Ministero nei confronti di Ig.Ni. con riferimento alla contestazione provvisoria di cui al capo di incolpazione n. 1), relativo a condotte integranti, secondo la prospettazione accusatoria, il reato di atti persecutori ai danni della sua ex moglie, Pu.Gi., e dei di lei genitori, Pu.Le. e Lo.Ro. 2. Il provvedimento veniva impugnato dal Pubblico Ministero e il Tribunale, in parziale accoglimento dell'appello proposto, applicava al ricorrente la misura cautelare richiesta, prescrivendo, altresì, l'obbligo di mantenere una distanza di centocinquanta metri dalle persone offese e dai luoghi da queste frequentati e il divieto di comunicazione con le stesse. 3. Avverso quest'ultima ordinanza, la difesa dell'indagato propone ricorso per cassazione, articolando due motivi d'impugnazione, entrambi formulati sotto i profili della violazione di legge, dell'inosservanza di norma processuale e del connesso vizio di motivazione. 3.1. Il primo attiene alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, per come ritenuti e configurati nell'ordinanza impugnata, e deduce, in particolare: - la parziale identità delle condotte oggetto del capo d'incolpazione per il quale è stata emessa la misura rispetto a quanto contestato in altro procedimento penale, in relazione al quale la stessa accusa ha chiesto l'archiviazione; - l'incoerenza cronologica di tali fatti (risalenti al 2022) rispetto a quelli (ulteriori) contestati nel presente procedimento (tutti asseritamente commessi nel 2023); - il vizio motivazionale nel quale sarebbe incorso il Tribunale, nella parte in cui non avrebbe tenuto conto della versione dei fatti fornita dall'indagato, posta a base della richiesta di archiviazione del procedimento in precedenza indicato; - l'incoerente valutazione di attendibilità offerta dal Tribunale quanto alle dichiarazioni rese dalla persona offesa in sede di denuncia e di sommarie informazioni testimoniali (secondo cui il ricorrente non avrebbe partecipato alle spese straordinarie per il mantenimento dei figli); dichiarazioni che si pongono in aperta contraddizione con quanto accertato nel parallelo procedimento penale iscritto in relazione al reato di cui all'art. 570 cod. peri, (conclusosi con l'archiviazione) e con il giudizio civile instaurato a seguito dell'emissione del decreto ingiuntivo richiesto dalla ex moglie (conclusosi con l'accoglimento dell'opposizione proposta dall'odierno ricorrente); - l'omessa valutazione degli esiti di altri procedimenti penali (n. 4600/2021 R.G.N.R., in cui l'odierna persona offesa, Pu.Gi., denunciava la madre dell'odierna persona indagata, Se.El., per il reato di percosse, ma dal materiale indiziario raccolto dagli agenti, emergeva che era stata l'odierna persona offesa ad insultare e ingiuriare la Se.El.; n. 9638/2022 R.G.N.R., tuttora pendente, nel quale Se.El., Ig.Se. e Me.Ro., anche in qualità di esercenti la responsabilità genitoriale dei propri figli minorenni, proponevano denuncia-querela nei confronti di Pu.Gi.. Pu.Le. e Lo.Ro. per i reati di minaccia, di atti persecutori e molestie); dati fattuali che avrebbero avvalorato, secondo la prospettazione difensiva, l 'ipotesi alternativa quanto alle reali motivazioni per le quali Pu.Gi. ha cambiato la propria abitazione (non per colpa del comportamento dell'indagato, ma perché era stata destinataria di denunce per molestie e atti persecutori); - il deficit logico-interpretativo nel quale sarebbe incorso il Tribunale nel valutare l'attendibilità delle due contrastanti versioni sui fatti occorsi il 4 settembre 2023, laddove avrebbe ritenuto credibili le dichiarazioni delle persone offese sulla base del mero dato temporale che queste ultime avessero sporto querela il giorno successivo e che la versione offerta dalle stesse trovasse reciproco riscontro nel racconto di ciascuna di esse; senza considerare come, al contrario, la versione offerta dall'odierno indagato fosse supportata dalle dichiarazioni di persone che avevano assistito ai fatti contestati; - la logica incoerenza della valutazione, quale elemento indiziario, del fatto che il ricorrente si fosse fermato a bere pacificamente una birra davanti al supermercato, ubicato di fronte l'abitazione delle persone offese, atteso che lo stesso vive nel medesimo quartiere; - il travisamento della prova documentale in atti (quanto alle e-mail inviate dall'indagato), prive di contenuto ingiurioso (o minaccioso) e tendenti esclusivamente ad ottenere un confronto con la ex moglie in ordine ai loro rapporti personali, all'organizzazione degli incontri con i figli e al mantenimento degli stessi. 3.2. Il secondo motivo attiene alla sussistenza del pericolo di recidiva, fondante, sotto il profilo cautelare, la misura applicata, e deduce: - che le circostanze dichiarate da Lo.Ro. (quanto al riferito abuso di sostanze stupefacenti da parte dell'indagato) sono prive del requisito dell'attualità e concretezza in quanto esplicitamente riferite a tempi ampiamente trascorsi; tanto più che il ricorrente è sottoposto periodicamente a controlli presso il Sert di P; - che l'asserita continuità rispetto a condotte trascorse (indicate in precedenza con riferimento all'invocata duplicazione di procedimenti) deve ritenersi insussistente proprio in ragione della già evidenziata incoerenza cronologica; - la genericità della prescrizione imposta, nella parte in cui non specifica che la stessa non opera in caso di incontri occasionali. CONSIDERATO IN DIRITTO Il primo motivo di ricorso è fondato nei limiti di seguito indicati. Preliminarmente va chiarito che gli atti di indagine provenienti da altro procedimento, sono acquisibili e utilizzabili ai fini dell'emissione di un provvedimento di cautela personale anche dopo l'archiviazione o l'eventuale sentenza di non doversi procedere, e prima del decreto di riapertura delle indagini, in quanto l'acquisizione di atti già formati non corrisponde al compimento di nuova attività di indagine in senso proprio (Sez. 1, n. 24905 del 19/05/2009, Abbruzzese, Rv. 243814). Né si può prospettare, alla luce delle rispettive fasi procedimentali, un profilo di duplicazione di contestazioni o di bis in idem: i fatti per i quali è intervenuta archiviazione, invero, non sono stati rivalutati ex se, autonomamente, ma apprezzati unitamente alle altre successive condotte contestate nel presente procedimento, concorrendo, insieme alla prospettata produzione dell'evento. Ma è proprio in relazione a tale profilo che va accolta la censura proposta dalla difesa. Invero, in linea di principio, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, ai fini dell'adozione di una misura cautelare, è sufficiente qualunque elemento probatorio idoneo a fondare un giudizio di qualificata probabilità sulla responsabilità dell'indagato in ordine ai reati addebitatigli, attesa la diversa "consistenza" dei "gravi indizi di colpevolezza" di cui all'art. 273 cod. proc. pen. rispetto agli "indizi" intesi quali elementi di prova idonei a fondare un motivato giudizio finale di colpevolezza. Cosicché, il giudice di merito non è tenuto a compiere un'analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze, spieghi, in modo logico ed adeguato, le ragioni del convincimento, dimostrando che ogni fatto decisivo è stato tenuto presente, si da potersi considerare implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (ex multis, Sez. 4, n. 26660 del 13/05/2011, Caruso, Rv. 250900). Ne discende che il ricorso per cassazione che deduca l'insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza o l'assenza delle esigenze cautelari è ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, Rv. 27062; Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Rv. 276976, con riferimento specifico al vizio di motivazione). Ciò considerato, tuttavia, il provvedimento impugnato, pur indicando con precisione tutti gli elementi fattuali dai quali ha ritenuto di desumere la sussistenza di un grave quadro indiziario in relazione alle singole contestazioni mosse, dando atto delle plurime e convergenti dichiarazioni rese dalla ex moglie (quanto agli incessanti tentativi di comunicare tramite telefonate o messaggi o, ancora, con il continuo invio di e-mail) e dai suoi genitori, Lo.Ro. (quanto agli appostamenti nei pressi dell'abitazione della figlia o ai danneggiamenti subiti) e Pu.Le. (quanto all'aggressione del settembre 2023) e, parallelamente, dell'inverosimiglianza della diversa versione offerta dall'indagato, omette una compiuta valutazione delle parallele condotte poste in essere dalle attuali persone offese (contestate nei procedimenti penali in precedenza indicati). Condotte che, se non escludono la sussistenza di quelle oggetto del presente procedimento (in parte neanche negate dall'indagato nella loro storica esistenza), impongono, comunque, al giudice un più accurato onere motivazionale in ordine alla sussistenza dell'evento di danno previsto dalla fattispecie normativa (Sez. 3, n. 45648 del 23/05/2013, Rv. 257288; Sez. 5, n. 17698 del 05/02/2010, Rv. 247226, dettata, quest'ultima, proprio in relazione ad un provvedimento de liberiate). Il reato di cui si discute prevede, infatti, eventi alternativi, la realizzazione di ciascuno dei quali è idonea ad integrarlo: deve trattarsi di un comportamento reiteratamente minaccioso o, comunque, molesto dell'agente dal quale derivi per il destinatario della molestia o minaccia (reiterata), quale ulteriore evento dannoso, un perdurante stato d'ansia o di paura, oppure un fondato timore dello stesso per l'incolumità propria o di soggetti vicini, oppure, ancora, il mutamento necessitato delle proprie abitudini di vita. Tali eventi, tuttavia, impongono la necessità di accertare in quali termini le condotte "persecutorie" vengano poste in essere ed in quale contesto esse originino e si sviluppino. Cosicché, se sono maturate in un ambito di comune litigiosità, che evoca una posizione di sostanziale parità, non può parlarsi di condotta persecutoria nei termini richiesti dalla fattispecie astratta, che, invece, si riferisce ad una posizione sbilanciata della vittima rispetto all'autore dei comportamenti intimidatori o vessatori (Sez. 3, n. 45648, cit.). In altri termini, se la rilevata reciprocità non vale ad escludere in radice la possibilità della rilevanza penale delle condotte come persecutorie ex art. 612-bis cod. pen., impone comunque di verificare se vi sia stata una posizione di ingiustificata predominanza di uno dei due contendenti, tale da consentire di qualificarne le iniziative minacciose e moleste come atti di natura persecutoria e le reazioni della vittima come esplicazione di un meccanismo di difesa volto a sopraffare la paura. In concreto, una compiuta verifica sotto tale profilo è stata omessa. Si impone, quindi, l'annullamento del provvedimento impugnato, con rinvio per nuovo giudizio, sul punto, al Tribunale di Palermo. In ragione della natura del reato, deve essere disposto l'oscuramento del presente provvedimento. P.Q.M. Annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Palermo. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 D.Lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge. Così deciso il 14 marzo 2024. Depositata in Cancelleria il 31 maggio 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI BOLOGNA SECONDA SEZIONE CIVILE in composizione monocratica, nella persona del giudice Antonio Costanzo, ha pronunciato, dopo discussione orale ai sensi dell'art. 281-sexies c.p.c., la seguente SENTENZA definitiva nella causa civile n. 7918/2023 R.G. promossa da F_M. ((...)) ((...)); - ATTORE contro GS (..) (..); - CONVENUTA Oggetto: obbligazioni. CONCLUSIONI Per l'attore opponente: "NEL MERITO: - REVOCARE il decreto opposto perché infondato in fatto e diritto per le ragioni esposte in narrativa; - DICHIARARE la non esigibilità del credito ex adverso azionato con il monitorio opposto, in quanto, per i motivi esposti in narrativa, inesistente e pertanto non dovuto; - CONDANNARE la convenuta - opposta al risarcimento del danno ex Art. 96 C.P.C. per il tenuto contegno profondamente lesivo dei principi di buona fede contrattuale che devono animare le parti nonché per l'evidente abuso in mala fede e con colpa grave dello strumento processuale; - Con vittoria di spese e compensi di lite dei quali i difensori si dichiarano distrattari. IN VIA ISTRUTTORIA: Previa remissione della causa in istruttoria, chiede ammettersi prova per testi sui capitoli tutti, nessuno escluso, di cui alla narrativa dell'atto di citazione in opposizione da ritenersi qui integralmente riportati in forma positiva - espunti giudizi e valutazioni -preceduti dalla locuzione "vero che". Chiede, inoltre, chiedersi prova testimoniale sui seguenti capitoli di prova: 1) "vero che la sig.ra G. S. nel periodo 2019-2024 ha trovato e/o ricercato una occupazione lavorativa"; 2) "vero che la sig.ra G. ha richiesto al sig. F. di dichiararsi debitore nei suoi confronti dicendogli che le poteva essere utile far valere dei diritti di credito nei confronti del F. medesimo che era assoggettato all'esecuzione immobiliare Tribunale di Bologna n. 754/2017 Es. Imm."; 3) "vero che a seguito della richiesta di cui al capitolo che precede, la sig.ra G. predispose la scrittura privata datata 8/6/2020 che le viene rammostrata e che riconosce nel documento n.5 di parte opponente"; 4) "vero che la sig.ra G. dal 2019 a tutt'oggi ha continuamente fatto pressioni nei confronti del sig. F. per ottenere da quest'ultimo somme di denaro". Si indicano come testi i signori: - B. F., Bologna; - D. Gherardi, Bologna; - F. M., Bologna" Per la convenuta opposta: "Il patrocinio dell'opposta G., facendo seguito alle deduzioni già all'udienza del l'08.5.24 precisa le conclusioni come in memoria di replica istruttoria ex art. 183 c. 6 n. 3 c.p.c. ed in comparsa di costituzione, segnalando che è emersa in sede istruttoria la percezione da parte G. di Euro 3.925,70 - a seguito della vendita forzata dell'abitazione familiare di proprietà di controparte F. nella procedura r.g.e. Trib. Bo. 754/17- che va decurtata dalla sorte indicata nelle conclusioni della comparsa di costituzione di parte G., sorte pretesa che, pertanto, da Euro 40.000 originari è ora pari ad Euro 36.074,30. Peraltro, si segnala che alcuna attività di esecuzione si è compiuta in ragione del decreto ingiuntivo opposto che è immediatamente esecutivo. Inoltre, si evidenzia che proceduralmente ed ai fini dell'accoglimento delle domande di parte opposta Sig.ra G., si ritiene - e si conclude - che il decreto opposto da controparte vada revocato da sentenza che accolga le richieste di parte opposta Sig.ra G. recante solo l'importo di Euro 36.074,30 - invece che Euro 40.000 -, quale elemento di sorte capitale di condanna a carico dell'opponente controparte F. a cui aggiungere tutte le altre voci richieste in sede di comparsa di costituzione dell'opposta G.". Si richiamano la conclusioni di cui alla comparsa di risposta: "Per l'ingiungente G. (oggi convenuta) si rassegnano, pertanto, le seguenti conclusioni: - rigettare ogni avversa difesa ed istanza, anche con conferma dell'ingiunzione opposta da controparte, subordinatamente con condanna dell'opponente F. (attore nella presente fase di causa) di corrispondere a parte opposta G. (ingiungente nella monizione per cui è il presente giudizio) Euro 40.000 oltre interessi maturati e maturandi ex lege dall'emissione dell'ingiunzione oggi gravata sino al saldo (anche al tasso conseguente alla pendenza di lite giudiziaria); - in ogni caso: con ogni più ampia riserva, vinte le spese di lite e con richiesta di liquidazione dell'attività per gratuito patrocinio nella misura ritenuta di legge dal Giudice in favore dell'Avv. P. M. patrocinatore di parte G., nonché con condanna di controparte per responsabilità aggravata, anche per le affermazioni palesemente contraddittorie e la rilettura degli atti non conforme al contenuto degli stessi con rimessione a giustizia circa la relativa misura". MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Richiamati atti e documenti di causa, noti alle parti; rilevato che l'attore non ha fornito prova scritta a sostegno dell'opposizione; esaminate le conclusioni finali in epigrafe trascritte; si osserva quanto segue. 2. L'opposizione avverso il decreto ingiuntivo 7 aprile 2023 n. 1858 esecutivo ex art. 642 c.p.c. (emesso, su ricorso depositato il 1 dicembre 2022 che non risulta preceduto la richiesta stragiudiziale, per la somma capitale di euro 40.000,00 oltre accessori) proposta da M. F. con citazione notificata via PEC il 30 maggio 2023 all'ex coniuge S. G. (costituitasi il 27 luglio 2023), va respinta per infondatezza dei motivi dedotti dall'opponente, benché il decreto opposto vada revocato come richiesto, da ultimo, dalla stessa convenuta, avendo essa dato atto, esaurita l'istruttoria, che il debito era inferiore a quello oggetto di ricorso (si richiamano in proposito le conclusioni finali della convenuta). 2.1. La domanda monitoria proposta dall'odierna convenuta si fonda sulla scrittura privata 8 giugno 2020, recante riconoscimento di debito da parte dell'odierno attore e nella quale si legge: "(...) PREMESSO IN FATTO - che nell'ambito della separazione consensuale omologata il 7 luglio 2017 tra i coniugi F. e G. gli stessi pattuivano che: - la figlia della coppia, B., sarebbe stata collocata presso la madre nella casa familiare di X, Via ...4; - il sig. F. avrebbe versato un mantenimento per la figlia di Euro 300 mensili; - Nell'ipotesi di trasferimento a Bologna di moglie e figlia il F., alla data del trasferimento dalla casa coniugale si obbliga a trasferire l'usufrutto a S. G. per una durata non inferiore a 5 anni (clausola 11a verb. Sep), con diritto della Signora G. di locare l'appartamento a terzi (clausola 11c verb. Sep) e, a decorrere dal percepimento dei canoni di locazione il F. avrebbe cessato di corrisponderle l'importo di Euro 300,00 mensili, o a versare la differenza tra il canone percepito e l'importo di Euro 300,00 qualora l'importo del canone percepito fosse stato inferiore (clausola 11c verb. Sep); - in esecuzione dei predetti accordi raggiunti in sede di separazione, F. cedeva gratuitamente e trasferiva a S. G. l'usufrutto vitalizio sulla casa familiare per la durata di anni 8 in data 8 agosto 2017; - successivamente il sig. F. subiva il pignoramento immobiliare n. 754/2017 promosso da Intesa San Paolo Group per mancato pagamento delle rate del mutuo contratto per l'acquisto della casa familiare. Nell'ambito della procedura l'immobile è stato venduto mediante asta giudiziaria ed attualmente è fissata udienza, al 26.6.20, per la precisazione del credito e distribuzione delle somme; - a partire dal 2018 il sig. F., assieme alla figlia B. , si trasferiva nella casa locata dalla nonna paterna, in Via ... , provvedendo dunque lo stesso al mantenimento diretto della figlia, presso di lui collocata; - la signora G., nel mese di novembre/dicembre 2019 sporgeva denuncia ai danni del sig. F. per mancato pagamento dell'assegno di mantenimento della figlia B. e notificava al sig. F. atto di precetto per il pagamento, a titolo di mantenimento, della somma di Euro 10.709,38 che non veniva opposto; - successivamente la signora G. interveniva nel pignoramento immobiliare per la predetta somma privilegiata, oltre che alla somma di Euro 80.000 pari al valore forfettario del diritto di usufrutto non goduto. Tutto ciò premesso - il signor F. si impegna a non opporsi alla precisazione del credito della moglie; - il sig. F., con la sottoscrizione della presente, si riconosce debitore nei confronti della moglie della somma di Euro 40.000 a titolo di mancato godimento dell'usufrutto e di risarcimento del danno dalla stessa patito, da versarsi in rate mensili di Euro 200; - il sig. F. si impegna a versare alla moglie, entro il giorno 5 di ogni mese sul di lei conto corrente, a partire dal corrente mese di giugno - qualora egli non l'abbia già fatto - la somma di Euro 300 mensili a titolo di mantenimento in favore della stessa sino a che la moglie non avrà reperito una attività lavorativa che le consenta l'autosufficienza; - la signora G. si impegna a ritirare immediatamente la querela presentata ai danni del sig. F., rinunciando sin da ora a costituirsi parte civile in un eventuale procedimento penale nei confronti del marito per le circostanze denunciate". 2.2. Come pacifico in atti e riscontrato dai documenti acquisiti: a) in attuazione dei patti raggiunti in sede di separazione consensuale (verbale 7 giugno 2017) omologata con decreto 7 luglio 2017, con atto redatto dal notaio P. M. data 3 agosto 2017 denominato "trasferimento in esecuzione di accordi contenuti nel verbale di separazione consensuale" l'attore aveva costituito in favore della convenuta "a titolo gratuito" l'usufrutto per la durata di (almeno) otto anni sull'immobile in X già adibito a casa familiare ("(...) F. M., in esecuzione dei predetti accordi in sede di separazione, cede e trasferisce a titolo gratuito a G. S. che accetta ed acquista l'usufrutto per la durata di anni 8 (otto) da oggi o se successivo a detto termine fino al raggiungimento dell'autosufficienza economica della figlia minore F. B., della porzione di villetta trifamiliare (...)"): l'immobile era gravato da ipoteca iscritta il 17 novembre 2003 a garanzia di mutuo concesso all'attore da un istituto bancario di originari euro 120.000 (come si legge nell'atto notarile 3 agosto 2017, "F. M. dichiara che sull'immobile in oggetto grava l'ipoteca (...) che la parte acquirente dichiara di tollerare, ben sapendo che, ai sensi e alle condizioni di cui agli artt. 2858 c.c. e seguenti, in caso di mancato pagamento del debito garantito la Banca può promuovere esecuzione forzata sul bene acquistato col presente atto"); b) nel novembre 2017 su iniziativa del creditore ipotecario l'immobile in X già adibito a casa familiare, e sul quale era stato costituito l'usufrutto in favore di S. G., è stato colpito da pignoramento (doc. 9 di parte convenuta): come riportato anche nella scrittura privata 8 giugno 2020, nell'esecuzione immobiliare n. 754/2017 R.G. contro M. F. è intervenuta anche l'odierna convenuta sia quale creditrice di somme a titolo di concorso nel mantenimento della figlia (per tale credito al debitore era stato notificato precetto non opposto) sia quale titolare di diritto di usufrutto sull'immobile pignorato (art. 2812 c.c.; v. anche la proposta di piano di riparto 15 giugno 2020 elaborata dall'esperto contabile ausiliario del giudice dell'esecuzione, doc. 6 di parte attrice); c) la prima udienza per l'autorizzazione alla vendita nell'esecuzione immobiliare n. 754/2017 R.G. si è tenuta l'11 marzo 2019; la scrittura privata 8 giugno 2020 è stata sottoscritta dalle parti dopo la vendita forzata dell'immobile pignorato (il decreto di trasferimento era stato il 12 marzo 2020) e prima dell'udienza 26 giugno 2020 fissata per la precisazione dei crediti e la distribuzione del ricavato; con ordinanza 2 luglio 2020 il giudice dell'esecuzione ha dichiarato esaurita l'esecuzione immobiliare e ha ordina il pagamento delle somme come da progetto di distribuzione 15 giugno 2020, progetto che, per quanto qui rileva, prevedeva, una volta soddisfatti i crediti in prededuzione ed il credito assistito da ipoteca, l'attribuzione a S. G. della residua somma di euro 3.925,70 a parziale compensazione della perdita dell'usufrutto il cui valore era stato quantificato nel progetto di distribuzione in euro 72.000,00. Dalla lettura degli atti qui richiamati appare evidente che l'obbligazione assunta dall'attore verso la convenuta con la scrittura privata 8 giugno 2020 era volta a compensare la perdita economica subita da S. F. a seguito dell'estinzione dell'usufrutto costituito in suo favore solo pochi mesi prima del pignoramento (art. 2812, comma 2, c.c.). L'accordo documentato dalla scrittura privata ha natura transattiva in quanto, come si legge nelle premesse del testo, la convenuta era già intervenuta nell'esecuzione immobiliare affermandosi creditrice della "somma di Euro 80.000 pari al valore forfettario del diritto di usufrutto non goduto". Più che eloquente il passaggio in cui si afferma che "il sig. F., con la sottoscrizione della presente, si riconosce debitore nei confronti della moglie della somma di Euro 40.000 a titolo di mancato godimento dell'usufrutto e di risarcimento del danno dalla stessa patito, da versarsi in rate mensili di Euro 200", mentre l'inadempimento dell'attore ha determinato la decadenza dal beneficio del termine (in tal senso v. il ricorso per decreto ingiuntivo). 3. A sostegno dell'opposizione l'attore deduce la simulazione assoluta dell'accordo di cui alla scrittura privata 8 giugno 2020 perché "attesta un debito totalmente inesistente"; solleva eccezione di inadempimento adombrando una risoluzione per inadempimento della conventa: deduce la nullità dell'accordo sotto vari profili (illiceità della causa; frode alla legge; illiceità del motivo). 4. Così come proposta dall'attore, la prova per testi non può essere accolta, considerati le questioni controverse ed il fondamento della domanda monitoria: il capitolo 1 è generico e irrilevante ("vero che la sig.ra G. S. nel periodo 2019-2024 ha trovato e/o ricercato una occupazione lavorativa"); il capitolo 2 è generico e inammissibile nella parte in cui contrasta col tenore dell'accordo 8 giugno 2020 ("vero che la sig.ra G. ha richiesto al sig. F. di dichiararsi debitore nei suoi confronti dicendogli che le poteva essere utile far valere dei diritti di credito nei confronti del F. medesimo che era assoggettato all'esecuzione immobiliare Tribunale di Bologna n. 754/2017 Es. Imm."); il cap. 3 è irrilevante e inammissibile nella parte in cui si pone in collegamento col capitolo precedente ("vero che a seguito della richiesta di cui al capitolo che precede, la sig.ra G. predispose la scrittura privata datata 8/6/2020 che le viene rammostrata e che riconosce nel documento n. 5 di parte opponente"); il cap. 4 è generico e irrilevante ("vero che la sig.ra G. dal 2019 a tutt'oggi ha continuamente fatto pressioni nei confronti del sig. F. per ottenere da quest'ultimo somme di denaro"). 5. Non vi è alcuna prova (l'attore non l'ha fornita, art. 1417 c.c.) dell'accordo simulatorio sottostante alla scrittura privata 8 giugno 2020 posta a base del ricorso per decreto ingiuntivo e che, invero, richiama, ponendosi con essi in relazione, i patti conclusi in sede di separazione consensuale, l'atto attuativo 3 agosto 2017, le vicende relative all'esecuzione forzata sull'immobile già adibito a casa familiare. L'eccezione di simulazione assoluta è infondata. Da un lato, manca la prova dell'accordo simulatorio; dall'altro, sono pacifici i fatti posti a fondamento del credito della convenuta (in sintesi, l'estinzione del diritto di usufrutto per effetto dell'espropriazione immobiliare subita dall'attore, art. 2812 c.c.) il cui ammontare è stato definito dalla parti in via transattiva nella misura di euro 40.000,00. 6. L'opponente non ha provato fatti idonei a giustificare la risoluzione dell'accordo consacrato nella scrittura privata 8 giugno 2020: da un lato, non vi è alcun immediato nesso di corrispettività tra l'obbligazione assunta da M. F., previo riconoscimento del proprio debito nella misura di euro 40.000,00 "a titolo di mancato godimento dell'usufrutto e di risarcimento del danno dalla stessa (G., n.d.r.) patito", e l'impegno di S. G. a ritirare la querela presentata (pare a fine 2019) nei confronti dell'allora marito, essendo oltretutto pacifico che l'inadempimento di M. F. rispetto alle obbligazioni verso l'istituto bancario e la espropriazione immobiliare n. 754/17 R.G.E. hanno determinato l'estinzione del diritto di usufrutto, inopponibile al creditore ipotecario (Cass., sez. I, 27 marzo 1993, n. n. 3722), che era stato costituito in favore di S. G. per la durata di otto anni con l'atto pubblico 3 agosto 2017 a ministero notaio P. M. denominato "trasferimento in esecuzione di accordi contenuti nel verbale di separazione consensuale" (in altri termini, in sede di separazione consensuale, come da verbale 7 giugno 2017 omologato il 7 luglio 2017, M. F. aveva assunto una obbligazione attuata con l'atto pubblico 3 agosto 2017 ma di fatto il suo inadempimento verso l'istituto di credito, poi pignorante in forza di credito garantito da ipoteca iscritta nel 2003, ha precluso all'avente diritto S. G. la possibilità di godere dell'immobile in X già casa familiare); dall'altro, è pacifico che S. G., in conformità all'impegno assunto con la scrittura 8 giugno 2020, non si è costituita parte civile nel processo penale contro M. F., processo (n. 5530/20 R.G.N.R. - n. 1662/22 R.G. dibattimento) definito con sentenza di assoluzione sul presupposto che l'inadempimento di obbligazioni civili non integra di per sé gli estremi del reato di cui all'art. 570-bis c.p. (già art. 12-sex/'es, l. n. 898/1970) in relazione all'art. 570 c.p. (la sentenza Trib. Bologna, 27 febbraio - 28 marzo 2023 n. 965 è irrilevante in questa sede, tanto più che l'oggetto della presente causa non riguarda l'omesso versamento dell'assegno dovuto dal padre a titolo di contributo per il mantenimento della figlia come da accordi di separazione), mentre non vi è ragione di contestare all'odierna convenuta l'omessa rimessione di querela (le premesse della scrittura privata 8 giugno 2020 fanno riferimento ad una denuncia, la sentenza penale n. 965/2023 parla sia di querela presentata l'8 gennaio 2020 che di denuncia querela) perché condotta del tutto ininfluente rispetto all'esercizio dell'azione penale quando, come nel caso di specie, si verta in ipotesi di reato procedibile d'ufficio (cfr. Cass. pen., sez. VI, 30 gennaio - 24 febbraio 2020, n. 7277). 7. La questione relativa al contributo al mantenimento della figlia (nata il 7 maggio 2000, dunque ormai maggiorenne al tempo della scrittura 8 giugno 2020) non ha alcuna attinenza con l'obbligazione dedotta in giudizio, sorretta da una causa del tutto autonoma e meritevole di tutela, inerente al mancato godimento da parte della convenuta del diritto che l'attore le aveva riconosciuto in sede di separazione consensuale e volta appunto alla compensazione di quel mancato godimento mediante il pagamento di una somma di denaro (concordato nella misura di euro 40.000,00) di cui M. F. si è dichiarato debitore (v. supra; v. anche il verbale dell'udienza 2 marzo 2023 nel giudizio divorzile 14033/2022 R.G.). 8. Non vi è alcuna nullità dell'accordo sottostante l'impegno assunto da M. F. con la predetta scrittura 8 giugno 2020, accordo che trae origine dall'avventa estinzione del diritto di usufrutto alla costituzione del quale l'attore si era impegnato già in sede di separazione consensuale. 9. In conclusione, l'opposizione, così come proposta dall'attore, è infondata. 10. In comparsa di costituzione la convenuta ha chiesto la conferma del decreto ingiuntivo opposto o in subordine la condanna dell'attore al pagamento della somma di "Euro 40.000 oltre interessi maturati e maturandi ex lege dall'emissione dell'ingiunzione oggi gravata sino al saldo (anche al tasso conseguente alla pendenza di lite giudiziaria)". Nelle conclusioni finali la convenuta ha chiesto la revoca del decreto ingiuntivo e la condanna dell'attore al pagamento di una somma inferiore a quella oggetto di ingiunzione. Nell'esecuzione immobiliare n. 754/17 R.G.E., a seguito della vendita forzata (il decreto di trasferimento è stato emesso il 12 marzo 2020) e dell'approvazione del piano di riparto con ordinanza 7 luglio 2020 del giudice dell'esecuzione, la convenuta aveva ricevuto una somma di denaro (euro 3.925,70) a parziale soddisfacimento del credito da essa vantato in relazione all'estinzione del diritto di usufrutto. Come si legge nelle conclusioni finali, la convenuta chiede la revoca del decreto ingiuntivo con sentenza che condanni l'attore a pagare "solo l'importo di Euro 36.074,30 -invece che Euro 40.000 -, quale elemento di sorte capitale di condanna a carico dell'opponente controparte F. a cui aggiungere tutte le altre voci richieste in sede di comparsa di costituzione dell'opposta G.". Ne conseguono, da un lato, la revoca del decreto ingiuntivo limitatamente ai capi relativi all'ingiunzione di pagare "la somma di Euro 40.000,00" (capo 1) e "gli interessi come da domanda" (capo 2) (nel ricorso era chiesto il pagamento della "somma complessiva di Euro 40.000 oltre agli interessi maturati e maturandi ex lege dall'emissione dell'ingiunzione sino al saldo effettivo"), e non anche la condanna alle spese pronunciata in favore dell'erario (la ricorrente era stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato), capo rispetto al quale l'odierna convenuta non ha potere dispositivo; dall'altro, attese le conclusioni finali (che quanto agli accessori richiamano le conclusioni di cui alla comparsa di risposta), la condanna dell'attore al pagamento della somma di euro 36.074,30 oltre interessi legali da calcolarsi ai sensi dell'art. 1284, comma 4, c.c. dal 7 aprile 2023 sino al saldo. 11. Non vi sono i presupposti per la condanna dell'attore ex art. 96 c.p.c., come invece richiesto dalla convenuta in comparsa di risposta. 12. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo in favore dell'erario (artt. 133, d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115: "Il provvedimento che pone a carico della parte soccombente non ammessa al patrocinio la rifusione delle spese processuali a favore della parte ammessa dispone che il pagamento sia eseguito a favore dello Stato"), in quanto la convenuta è ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello Stato (v., fra le altre, Cass., sez. II, 19 gennaio 2021, n. 777). P.Q.M. Il Tribunale di Bologna in composizione monocratica, definitivamente pronunciando nel contraddittorio delle parti, ogni diversa domanda, istanza ed eccezione respinta: - rigetta l'opposizione avverso il decreto ingiuntivo 7 aprile 2023 n. 1858 proposta da F. M. contro G. S.; - revoca il decreto ingiuntivo 7 aprile 2023 n. 1858; - condanna F. M. a pagare a G. S. la somma di euro 36.074,30 oltre interessi legali da calcolarsi ai sensi dell'art. 1284, comma 4, c.c. dal 7 aprile 2023 sino al saldo; - rigetta la domanda di condanna ai sensi dell'art. 96 c.p.c. proposta da G. S. contro F. M.; - liquida le spese processuali a carico di F. M. in euro 3.809,00 per compenso, oltre rimborso forfettario 15%, oltra CPA e IVA come per legge. Bologna, 15 maggio 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MARINI Luigi - Presidente Dott. GENTILI Andrea - Consigliere Dott. CORBO Antonio - Consigliere Dott. MAGRO M.Betarice - rel. Consigliere Dott. ZUNICA Fabio - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 06/12/2021 del TRIBUNALE di CASTROVILLARI; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere MARIA BEATRICE MAGRO; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore DOMENICO SECCIA; che ha concluso chiedendo dichiararsi l'inammissibilita' del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 06/12/2021, il Tribunale di Castrovillari ha dichiarato non doversi procedere nei confronti degli imputati (OMISSIS), nella qualita' di Sindaco del Comune di Trebisacce, (OMISSIS), in qualita' di rappresentante dell'omonima ditta gestore del depuratore dal (OMISSIS), (OMISSIS), in qualita' di responsabile della gestione del predetto impianto da 31/07/2013 in poi, (OMISSIS), in qualita' di responsabile dell'Area Tecnica del Comune che aveva assunto la competenza sul servizio predetto, in ordine ai reati di cui al Decreto Legge n. 152 del 2006 articolo 256 e del Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 142, relativamente al deposito ed abbandono incontrollato di rifiuti costituiti dai fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue provenienti dalla pubblica fognatura ad opera dell'impianto di depurazione, perche' estinti per intervenuta prescrizione. 2. (OMISSIS), ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata deducendo violazione di legge e Wiizio della motivazione in ordine alla declaratoria di non punibilita' di cui all'articolo 129, comma 1, capoverso, c.p.p.. In particolare, il ricorrente ritiene che non sia stata correttamente motivata dal giudice di merito la mancata assoluzione per i reati di cui al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256 e Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 142. Il ricorrente rappresenta che il servizio di gestione dell'impianto di depurazione era stato affidato a ditta esterna specializzata dal Comune e pertanto non ne aveva alcuna gestione diretta. Dal contratto di appalto con allegato capitolato d'oneri si evince che la raccolta allo smaltimento e il conferimento in discarica, nel rispetto della normativa di riferimento, dei fanghi e dei materiali di risulta derivanti dai trattamenti di depurazione sono posti a carico dell'appaltatore (articolo 22. F capitolato d'oneri). Evidenzia che il Comune ha azionato un procedimento civile avverso la ditta gestrice dell'impianto per inadempimento contrattuale e per violazione del citato articolo 22 del capitolato. Inoltre, il Comune di Trebisacce ha affidato a soggetto esterno la delega per quanto riguarda le materie dell'ambiente, gestione dei rifiuti, impianto di depurazione e rete fognaria, con atto scritto del 2012 e nominato, fin dal 2008, come responsabile del servizio ambiente, tale (OMISSIS), affidando a questi i compiti inerenti alla controllo e gestione dell'impianto di depurazione. Dall'istruttoria dibattimentale, in particolare dalla deposizione del teste (OMISSIS), emergono elementi evidenti a discarico del ricorrente, in quanto gia' dal settembre 2013 gli scarichi erano stati regolarizzati. Da tutti i sudtgi atti processuali emerge in modo evidente che il sindaco, pur essendo titolare una posizione di garanzia in ordine al controllo sulla gestione dei rifiuti e dell'attivita' di smaltimento, soprattutto in situazioni contingibili ed urgenti, ha diligentemente adempiuto ai suoi doveri, posto che non si erano evidenziate situazioni di urgenza o emergenza. Pertanto, non puo' essere mosso alcun rimprovero ne' a titolo di dolo ne' a titolo di colpa, non essendosi verificata alcuna situazione di colpevole inerzia da parte del sindaco, ne' vi e' prova che vi fossero elementi di sospetto, non gravando sul sindaco compiti di gestione specifici concernenti l'omissione di controllo. 3. Il Procuratore generale presso questa Corte, con requisitoria scritta ha chiesto dichiararsi l'inammissibilita' del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' manifestamente infondato. Costituisce ius receptum il principio secondo il quale, in presenza di una causa di estinzione del reato, il giudice e' legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell'articolo 129 c.p.p., comma 2, soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l'esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell'imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, cosi' che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga piu' al concetto di "constatazione", ossia di percezione "ictu oculi", che a quello di "apprezzamento" e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessita' di accertamento o di approfondimento (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009 Ud. (dep. 15/09/2009), Tettamanti, Rv. 244274). Pertanto, si e' stabilito che la formula di proscioglimento nel merito prevale sulla dichiarazione di improcedibilita' per intervenuta prescrizione soltanto nel caso in cui sia rilevabile, con una mera attivita' ricognitiva, l'assoluta assenza della prova di colpevolezza a carico dell'imputato ovvero la prova positiva della sua innocenza, e non anche nel caso di mera contraddittorieta' o insufficienza della prova che richiede un apprezzamento ponderato tra opposte risultanze (Sez. 6, n. 10284 del 22/01/2014 Ud., Culicchia, Rv. 259445). Si ricorda, inoltre che, in tema di rifiuti, anche a seguito dell'entrata in vigore dell'ordinamento degli enti locali (Decreto Legislativo n. 267 del 2000 e successive integrazioni), che ha conferito ai dirigenti amministrativi autonomi poteri di organizzazione delle risorse, permane in capo al sindacoit sia il compito di programmazione dell'attivita' di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, sia il potere di intervento nelle situazioni contingibili e urgenti, sia il dovere di controllo sul corretto esercizio delle attivita' autorizzate (Sez.3, n. 19882 del 11/03/2009 Ud. (dep. 11/05/2009) Rv. 243717). La distinzione operata dall'articolo 107 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali fra i poteri di indirizzo e di controllo politico-amministrativo, demandati agli organi di governo, e i compiti di gestione attribuiti ai dirigenti, non esclude, in materia di rifiuti, il dovere di attivazione del sindaco allorche' gli siano note situazioni, non derivanti da contingenti ed occasionali emergenze tecnico-operative, che pongano in pericolo la salute delle persone o l'integrita' dell'ambiente (Sez, 3, n. 37544 del 27/06/2013 Ud. (dep. 13/09/2013) Rv. 256638). 1.1. Nel caso in disamina, il ricorrente ha richiamato le risultanze dell'istruttoria dibattimentale, tra cui il contratto di capitolato d'appalto, l'atto di opposizione al decreto ingiuntivo contro la dotta appaltatrice, la delega esterna conferita a (OMISSIS), la dichiarazione del teste (OMISSIS), senza tuttavia allegare la suddetta documentazione al ricorso per cassazione, disattendendo quindi all'onere di allegazione. In ogni caso, si osserva che le doglianze articolate dal ricorrente imporrebbero una valutazione di merito in ordine alla sussistenza della configurazione del reato sotto il profilo soggettivo, del dolo o della colpa, trattandosi di contravvenzioni, onde verificare se nessun rimprovero, neppure a titolo di colpa, potesse essere mosso al Sindaco del Comune di Trebisacce, pur essendo egli titolare di una posizione di garanzia. Non, quindi, e' possibile, in questa sede, fare applicazione del disposto dell'articolo 129 cpv. c.p.p., comportando la valutazione afferente all'emergere, in termini di evidenza, di una delle situazioni ivi previste un apprezzamento di fatto precluso al giudice di legittimita'. Condivisibilmente, pertanto, il giudice di merito ha constatato che non emergono in modo immediato elementi inerenti all'insussistenza del fatto o riguardo all'innocenza dell'imputato tali da poter pronunciare sentenza di assoluzione. D'altro canto, in presenza dello spirare dei termini utili a dichiarare estinto il reato per intervenuta prescrizione e in difetto della rinunzia della relativa causa di estinzione, il giudice ha pronunciato sentenza di non doversi procedere. 3. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibole, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila, determinata secondo equita', in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MANNA Felice - Presidente Dott. FALASCHI Milena - Consigliere Dott. SCARPA Antonio - Consigliere Dott. BESSO MARCHEIS Chiara - Consigliere Dott. CAPONI Remo - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 35957/2018 proposto da: (OMISSIS), rappresentato e difeso dall'avvocato (OMISSIS); - ricorrente - contro (OMISSIS), rappresentato e difeso dall'avvocato (OMISSIS); - controricorrente - avverso la sentenza del TRIBUNALE DI TIVOLI n. 1290/2018 depositata il 24/09/2018; Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 16/05/2023 dal Consigliere Dott. REMO CAPONI. Lette le osservazioni del P.M., nella persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CENICCOLA Aldo, che ha concluso per l'accoglimento del primo motivo e l'assorbimento degli altri. FATTI DI CAUSA La cooperativa (OMISSIS) a r.l. edificava un villaggio composto da ville unifamiliari assegnate in proprieta' individuale ai soci e realizzava a tale scopo le opere di urbanizzazione primaria e secondaria (cedute poi al Comune di Guidonia). La gestione del comprensorio veniva curata dalla cooperativa fino al 2005, quando quest'ultima veniva commissariata dal Ministero delle attivita' produttive. Con dichiarazione dei commissari venivano individuate una serie di pertinenze e beni da intendersi gia' attribuiti in proprieta' pro quota ai soci assegnatari dei lotti, nonostante che di tale attribuzione non vi fosse menzione nei singoli atti di assegnazione. Nel 2007 230 comunisti ottenevano ex articolo 1105 c.c., u.c., la nomina di un amministratore giudiziale. Nel 2009 la cooperativa veniva posta in liquidazione coatta amministrativa. In qualita' di assuntore, la (OMISSIS) s.r.l., presentava una proposta di concordato e quindi la cooperativa invitava invano i soci di acquistare pro quota le pertinenze. Sorgevano poi una serie di dispute giudiziarie (alcune delle quali sono gia' giunte all'esame di questa Corte), originate dalle richieste rivolte agli assegnatari dei lotti di partecipare alle spese di manutenzione e gestione del comprensorio. Tra queste, si colloca l'attuale controversia. Nel 2012 (OMISSIS), proprietario di lotto immobiliare, proponeva dinanzi al Tribunale di Tivoli appello avverso la sentenza del Giudice di Pace di rigetto dell'opposizione a decreto ingiuntivo ottenuto nei suoi confronti dal (OMISSIS) ed avente ad oggetto il pagamento di una somma di denaro per la partecipazione alle spese di gestione dei beni ricadenti nella pretesa comunione tra tutti i proprietari di lotti immobiliari. Il Tribunale di Tivoli ha rigettato l'appello, confermando il decreto ingiuntivo. Ricorre in cassazione il debitore con cinque motivi. Resiste il creditore con controricorso, illustrato da memoria. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. - Con il primo motivo si censura ex articolo 2909 c.c., che il giudice di appello abbia rigettato l'eccezione di giudicato sull'inesistenza della comunione dei beni immobili e quindi abbia accertato la fondatezza della pretesa del creditore (d'ora in poi, anche: la Comunione) al pagamento delle spese di gestione della comunione. I motivi di ricorso successivi (secondo, terzo, quarto e quinto) sono diretti a far valere la sostanza del primo motivo (l'inesistenza di una comunione e quindi dell'obbligo di contribuire pro quota alle spese di gestione), sotto variegati profili. Si censura cosi' ex articoli 116 c.p.c., nonche' articoli 1350, 1100, 818 c.c., l'inesistenza di un titolo costitutivo della Comunione come distinta dall'originaria cooperativa (secondo motivo). Si censura poi ex articolo 116 c.p.c., nonche' articoli 1106, 2380 c.c., l'inefficacia del regolamento della Comunione (terzo motivo). Si denuncia inoltre ex articolo 2697 c.c., nonche' articoli 112, 113 c.p.c., l'omissione di pronuncia sull'eccezione di difetto di fornitura dei servizi (quarto motivo). Si denuncia infine ex articolo 1105 c.c., il difetto di rappresentanza processuale della Comunione (quinto motivo). 2. - Il primo motivo e' fondato. Il ricorrente allega una serie di giudicati inter partes, a partire da Tribunale di Tivoli 1493/2014, di annullamento di Delibera assembleare della Comunione, ove si e' ordinato al controricorrente di provvedere alla cancellazione degli attori (tra cui l'odierno ricorrente) dagli elenchi della Comunione, poiche' non vi e' prova dell'esistenza di una comunione che legittimi la pretesa di contribuire alle spese di gestione, senza che possa supplire il regolamento della Comunione, poiche' e' privo dell'adesione da parte degli attori. Parte censurata della sentenza: "Quanto alla giurisprudenza richiamata dall'appellante, pronunciata da questo Tribunale tra le stesse parti, la quale nega l'esistenza della Comunione, parte appellata ha rappresentato l'esistenza di opposto orientamento della Corte di appello e di Cassazione, nonche' chiarito che la declaratoria di inesistenza della Comunione contenuta in tali pronunce non ha efficacia di giudicato tra le parti in quanto costituisce mera eccezione riconvenzionale e non domanda riconvenzionale". Tale motivazione non e' condivisibile. In realta', le conclusioni degli attori nella causa decisa dalla pronuncia di accoglimento del Tribunale di Tivoli 1493/2014 sono formulate in termini sufficientemente ampi da consentire di vedere coperto dal giudicato non solo l'invalidita' della Delibera impugnata nel caso di specie, bensi' anche l'accertamento dell'inesistenza della comunione, in conformita' del resto con il risultato cui pervengono i precedenti di questa Corte, compreso Cass. 327/2017 che secondo il ricorrente (de relato, poiche' si cita un'affermazione del Trib. di Tivoli 503/2018) avrebbe affermato la sussistenza della comunione. In realta', quest'ultima pronuncia, al pari delle altre (tra cui Cass. 34827/2021), si e' parimenti riferita al giudicato di Tribunale di Tivoli 1493/2014 circa l'inesistenza di una comunione concernente le aree pertinenziali del (OMISSIS), con il conseguente accertamento del difetto del presupposto dell'obbligo di contribuire alle spese della relativa comunione. Il primo motivo e' accolto. 3. - L'accoglimento del primo motivo di ricorso determina l'assorbi-mento dei restanti motivi. Sussistono i presupposti per decidere nel merito, revocando il decreto ingiuntivo opposto. Spese liquidate in dispositivo. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decide nel merito, revocando il decreto ingiuntivo opposto; condanna la parte controcorrente al rimborso delle spese del processo in favore della parte controricorrente, che liquida in Euro 1.000 per il primo grado, Euro 1.500 per il secondo grado, Euro 1.500 oltre a Euro 200 per esborsi per il giudizio di cassazione, oltre - in ciascun grado - alle spese generali, pari al 15% sui compensi e agli accessori di legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CALVANESE Ersilia - Presidente Dott. GIORGI Maria - rel. Consigliere Dott. ROSATI Martino - Consigliere Dott. VIGNA Maria S. - Consigliere Dott. DI GERONIMO Paolo - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sui ricorsi proposti da: (OMISSIS) SRL; (OMISSIS) SPA; (OMISSIS) SPA; avverso il decreto del 03/10/2022 del Tribunale di Latina, sez. misure di prevenzione; Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Maria Silvia Giorgi; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Morosini Piergiorgio, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi. RITENUTO IN FATTO 1. (OMISSIS) s.r.l., cessionaria del credito chirografario per Euro 915.485,64 vantato dalla (OMISSIS) S.p.A. nei confronti del prevenuto Fabrizio Perrozzi, ricorre avverso il decreto in data 12 ottobre 2022 del Tribunale di Latina che ha rigettato l'opposizione proposta ai sensi del Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159, articolo 59, comma 9 (Codice antimafia) avverso il decreto col quale il Giudice delegato aveva formato e reso esecutivo lo stato passivo della procedura di prevenzione, escludendo tale credito. La ricorrente deduce la violazione di legge per avere il Tribunale illegittimamente ritenuto che il creditore istante avrebbe dovuto fornire la prova di avere previamente e negativamente escusso il patrimonio del proposto, nonche' per avere omesso la motivazione con riguardo alla natura funzionale del credito rispetto all'attivita' illecita dello stesso, ossia al presupposto del vincolo di strumentalita' di cui all'articolo 52, comma 1 lettera b) Decreto Legislativo cit., in assenza del quale non e' neppure richiesta al creditore la prova della buona fede. 2. (OMISSIS) s.r.l., cessionaria del credito chirografario per Euro 947.014,70 vantato dalla (OMISSIS) S.p.A. nei confronti della soc. (OMISSIS) s.r.l., ricorre avverso il medesimo decreto, che ha rigettato l'opposizione avverso il decreto col quale il Giudice delegato aveva formato e reso esecutivo lo stato passivo della procedura di prevenzione a carico di (OMISSIS), escludendo tale credito. La ricorrente, oltre a contestare l'affermata mancanza di buona fede della Banca, deduce la violazione di legge per avere il Tribunale illegittimamente omesso la motivazione con riguardo alla natura funzionale del credito rispetto all'attivita' illecita del prevenuto, ossia al presupposto del vincolo di strumentalita' di cui all'articolo 52, comma 1, lettera b) Decreto Legislativo cit., in assenza del quale non e' neppure richiesta al creditore la prova della buona fede. 3. (OMISSIS) S.p.A., cessionaria di crediti ipotecari e chirografari per Euro 1.354.194,00 e, rispettivamente, Euro 996.632,80 vantati dalla (OMISSIS) S.p.A. nei confronti della soc. (OMISSIS) s.r.l., ricorre avverso il medesimo decreto, che ha rigettato l'opposizione avverso il decreto col quale il giudice delegato aveva formato e reso esecutivo lo stato passivo della procedura di prevenzione a carico di (OMISSIS), escludendo tali crediti. La ricorrente, oltre a dedurre l'erroneita' dell'assunto del Tribunale per cui il creditore istante avrebbe dovuto fornire la prova di avere previamente e negativamente escusso il patrimonio del proposto, tramite la garanzia fideiussoria offerta dal terzo (OMISSIS), e a contestare l'affermata mancanza di buona fede, deduce la violazione di legge per avere il Tribunale illegittimamente omesso la motivazione con riguardo alla natura funzionale del credito rispetto all'attivita' illecita del prevenuto, ossia al presupposto del vincolo di strumentalita' di cui all'articolo 52, comma 1, lettera b) Decreto Legislativo cit., in assenza del quale non e' neppure richiesta al creditore la prova della buona fede. 4. (OMISSIS) S.p.A., cessionaria del credito ipotecario per Euro 2.000.000,00 vantato nei confronti della soc. (OMISSIS) S.p.A. e presidiato dall'ipoteca giudiziale iscritta il (OMISSIS) sui beni confiscati, ricorre avverso il medesimo decreto, che ha rigettato l'opposizione proposta ai sensi del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 59, comma 9, avverso il decreto col quale il giudice delegato aveva formato e reso esecutivo lo stato passivo della procedura di prevenzione a carico di (OMISSIS), escludendo tale credito sul rilievo del difetto della relativa documentazione. La ricorrente denunzia l'illegittimita' dell'affermazione del Tribunale per la quale sarebbe precluso al creditore istante produrre contestualmente all'opposizione la documentazione comprovante l'esistenza del credito, la cui fonte pure risultava gia' previamente identificata nell'originaria domanda di accertamento e di ammissione allo stato passivo. 5. Il Pubblico ministero ha concluso per il rigetto di tutti i ricorsi. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Premesso che con riguardo allo scrutinio di legittimita' delle decisioni rese ai sensi del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 59, comma 9, (Codice antimafia) non valgono le ordinarie limitazioni previste per il ricorso per cassazione in materia di prevenzione, sancite dagli articoli 10 e 2 7 stesso decreto che limitano i vizi deducibili alla mera violazione di legge (Sez. 6, n. 525 del 11/11/2022, dep. 2023, M.P.S. Leasing & Factoring S.p.a., Rv. 284106 e n. 28350 del 05/07/2020, Intesa Sanpaolo S.p.a., Rv. 279627), ritiene il Collegio che i ricorsi siano fondati e meritino accoglimento per le seguenti ragioni. 2. Con riferimento alle specifiche posizioni della soc. (OMISSIS) (quanto al credito chirografario nei confronti di (OMISSIS) per Euro 915.485,64) e della soc. (OMISSIS), risulta innanzitutto errato l'assunto pregiudiziale del Tribunale, per cui il creditore istante avrebbe dovuto fornire la prova di avere previamente escusso con esito negativo il patrimonio del proposto: la soc. (OMISSIS) "mediante concreti e rituali atti esecutivi" e la soc. (OMISSIS) tramite la garanzia offerta dal terzo fideiussore (OMISSIS). Alla stregua della stessa formulazione letterale dell'articolo 52, comma 1 Decreto Legislativo cit. la confisca non pregiudica i diritti di credito dei terzi alla duplice condizione: a) che il proposto non disponga di altri beni sui quali esercitare la garanzia patrimoniale idonea al soddisfacimento del credito, salvo che per i crediti assistiti da cause legittime di prelazione su beni sequestrati; b) che il credito non sia strumentale all'attivita' illecita o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego, sempre che il creditore dimostri la buona fede e l'inconsapevole affidamento. Sicche' la menzionata disposizione normativa non impone affatto al terzo creditore di escutere preliminarmente e infruttuosamente il patrimonio del proposto, ne' tantomeno quello del garante, perche' possa ritenersi legittimato a invocare la tutela del credito mediante la domanda di ammissione al passivo, se, come nella specie, sia incontroversa la prova dell'incapienza o insufficienza patrimoniale del proposto oltre i beni sottoposti alla misura di prevenzione: prova, questa, gia' acquisita nell'ambito della procedura di prevenzione e agli atti di causa. 3. Quanto alle altre censure avanzate con i due distinti ricorsi proposti da (OMISSIS) s.r.l. e con il ricorso proposto da (OMISSIS) S.p.A., va ribadito il principio di diritto, ripetutamente affermato da questa Corte (Sez. 6, n. 525/2023 del 11/11/2022, cit.; Sez. 2, nn. 17852 e 17853 del 28/01/2021, non mass.) per il quale l'articolo 52, comma 1, lettera b) citato Decreto Legislativo pretende propedeuticamente la dimostrazione della finalizzazione del credito all'esercizio dell'attivita' illecita che ha determinato la confisca di prevenzione o, comunque, a condotte immediatamente derivate in termini di "frutto o reimpiego". Per contro, solo se e quando sia stata fornita la prova della sussistenza del preliminare nesso funzionale nel periodo in cui si e' manifestata la pericolosita' sociale del debitore, sara' onere del creditore addurre la prova liberatoria della sua buona fede e cioe' della incolpevole ignoranza circa l'esistenza del medesimo vincolo di strumentalita'. In altre parole, vanno chiariti, a monte, i momenti di collegamento tra l'impresa che ne e' stata protagonista, il soggetto proposto e la pericolosita' di questi valorizzata a sostegno della confisca, snodi inferenziali imprescindibili dei successivi temi inerenti alla verifica della strumentalita' del credito e della buona fede del creditore istante, letti nella loro progressione logico-giuridica (Sez. 6, n. 525/2023 cit.; n. 12510 del 02/02/2022, Vieni, Rv. 283108; n. 27692 del 19/05/2021 e n. 28034 del 08/06/2021, non mass.; n. 55715 del 22/11/2017, Banca Popolare Di Sondrio S.c.p.a., Rv. 272232). 4. Tanto premesso in linea di diritto, le societa' ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno messo in rilievo e fondatamente eccepito come il Tribunale abbia omesso qualsiasi motivazione in ordine al necessario e propedeutico presupposto della dimostrazione del nesso di strumentalita' del credito rispetto all'attivita' illecita, sulla base della quale e' stata riconosciuta la pericolosita' sociale del proposto ed e' stato pronunciato il provvedimento di confisca. Il Tribunale si e' infatti soffermato esclusivamente sull'ulteriore e subvalente requisito della buona fede del creditore, la cui ritenuta assenza e' stata considerata idonea a legittimare l'esclusione del credito dallo stato passivo. Da cio' discende il vizio di violazione di legge, sia in ragione dell'omessa motivazione sul punto, sia (conseguentemente) in ragione dell'esclusione del credito dallo stato passivo senza la necessaria previa verifica dell'esistenza del rapporto di strumentalita', in considerazione della sua propedeuticita' rispetto alla verifica dell'ulteriore presupposto dell'affidamento colpevole. 5. Parimenti fondato appare il ricorso proposto dalla soc. (OMISSIS) S.p.A., cessionaria del credito ipotecario per Euro 2.000.000,00 vantato nei confronti della soc. (OMISSIS) S.p.A. e presidiato dall'ipoteca giudiziale iscritta il (OMISSIS) sui beni confiscati a seguito di decreto ingiuntivo del 15 gennaio 2008, laddove censura il rigetto dell'opposizione avverso l'avvenuta esclusione del credito dallo stato passivo da parte del giudice delegato, sul rilievo che "il creditore istante non ha depositato documentazione dalla quale risulti l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale sui beni oggetto della confisca di prevenzione". Invero, la domanda di ammissione del credito contiene, a norma dell'articolo 58, comma 2, lettera c) Decreto Legislativo cit., l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto che costituiscono la ragione della domanda, con i relativi documenti giustificativi. E pero', una volta indicati dall'istante con chiarezza gli estremi del credito assistito dall'iscrizione ipotecaria, la materiale produzione della relativa nota comprovante la sicura esistenza del credito - che ben poteva essere oggetto di "opportune informazioni" da parte del Giudice delegato gia' nell'udienza fissata per la verifica dei crediti, coerentemente con la natura pubblicistica del procedimento di prevenzione (ex articolo 59, comma 1 Decreto Legislativo cit.) - risulta essere stata effettivamente prodotta contestualmente all'atto di opposizione ai sensi dell'articolo 59, comma 6 Decreto Legislativo cit. L'articolo 58, comma 5-ter Decreto Legislativo cit., prevede che "l'amministratore giudiziario deposita il progetto di stato passivo almeno venti giorni prima dell'udienza fissata per la verifica dei crediti. I creditori e i titolari dei diritti sui beni oggetto di confisca possono presentare osservazioni scritte e depositare documentazioni aggiuntive, a pena di decadenza, fino a cinque giorni prima dell'udienza". Tale disposizione, attinente solo alla fase delle osservazioni al progetto di stato passivo depositato dall'amministratore giudiziario in vista della discussione all'udienza di verifica, va tuttavia raccordata con l'articolo 59, comna 8 che, con specifico riferimento all'udienza di discussione delle opposizioni ed impugnazioni, statuisce che "all'udienza ciascuna parte puo' svolgere, con l'assistenza del difensore, le proprie deduzioni e produrre documenti nuovi solo se prova di non esserne venuta in possesso tempestivamente per causa alla parte stessa non imputabile". Sicche' il divieto di produrre documenti nuovi riguarda esclusivamente l'udienza, in funzione di un leale contraddittorio previamente informato sui temi oggetto di allegazione e di prova; mentre non risulta prescritta alcuna preclusione circa la possibilita' di produrre documenti nuovi con l'atto di opposizione sino al limite della relativa udienza, dove siffatta produzione e' ammessa solo previa prova della non imputabilita' della causa dell'intempestivo possesso (conf. Sez. 2, 01/04/2022, n. 24311, Coscia, Rv. 283626-02). D'altra parte, il Giudice delegato, in questa tipologia di procedimento connotato dalla qualita' dell'istante di soggetto estraneo al giudizio di prevenzione, quando rilevi una originaria carenza probatoria che puo' agevolmente essere superata in ragione del riconoscimento e dell'esercizio di alcuni poteri officiosi, ha l'onere di indicare alla parte interessata l'esigenza di un approfondimento, eventualmente assegnando alla stessa un termine per provvedervi, cosi' da ridurre la possibilita' di una risposta reiettiva dell'istanza per aspetti formali agevolmente superabili (conf., per analoghe fattispecie, Sez. 1, n. 36462 del 09/04/2018, Italfondiario S.p.A., Rv. 273611; Sez. 6, n. 3364 del 12/01/2016, Italfondiario S.p.A., Rv. 265828). Il Giudice delegato aveva evidenziato, con puntuale motivazione, imprecisioni nella formulazione della domanda della soc. (OMISSIS) di ammissione al passivo, tuttavia pervenendo all'individuazione corretta del credito ipotecario originario (Euro 2.000.000,00), che la societa' ricorrente ha condiviso. Di talche' l'incompletezza del relativo onere informativo ben avrebbe potuto essere segnalata alla parte interessata, con eventuale assegnazione di un termine per l'integrazione necessaria. Va conseguentemente esclusa la tardivita' della produzione documentale effettuata dal creditore istante, come nel caso in esame, contestualmente all'atto di opposizione, peraltro al fine di comprovare l'effettiva esistenza di un credito che era stato gia' identificato in tutti i suoi estremi nella originaria domanda di ammissione sottoposta alla verifica del Giudice delegato. 6. Alla stregua delle suesposte considerazioni il decreto impugnato va annullato nei confronti delle societa' ricorrenti (OMISSIS) s.r.l., (OMISSIS) S.p.A. e (OMISSIS) S.p.A., con rinvio allo stesso Tribunale di Latina per nuova deliberazione in punto di effettiva sussistenza del descritto vincolo di strumentalita' e, subordinatamente, se esso, una volta oggettivamente riscontrato, fosse o meno ignorato in buona fede dalle suddette societa'. P.Q.M. Annulla il decreto impugnato e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Latina.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. D'ASCOLA Pasquale - Presidente Dott. PAPA Patrizia - Consigliere Dott. GIANNACCARI Rossana - rel. Consigliere Dott. CRISCUOLO Mauro - Consigliere Dott. CAPONI Remo - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 10314 del 2018 R.G. proposto da: (OMISSIS), domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato (OMISSIS) ((OMISSIS)); - ricorrente - contro (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS) ((OMISSIS)) rappresentato e difeso dall'avvocato (OMISSIS) ((OMISSIS)); -controricorrente- avverso ORDINANZA di TRIBUNALE TRENTO n. 2814 DEL 2017 depositata il 06/02/2018. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/01/2023 dal Consigliere ROSSANA GIANNACCARI. FATTI DI CAUSA 1.Il giudizio trae origine dal ricorso per decreto ingiuntivo proposto dall'Avv. (OMISSIS) per il pagamento dei compensi professionali in favore di (OMISSIS). 1.1.Il ricorrente espose di essere stato incaricato della difesa in un giudizio civile avente ad oggetto la responsabilita' professionale di alcuni sanitari e che aveva stipulato con (OMISSIS) un accordo per la determinazione del corrispettivo, che prevedeva l'applicazione dei valori medi ed il 10% del risultato conseguito; era poi intervenuto un ulteriore accordo con il quale era stato determinato in Euro 20.000,00 il corrispettivo dovuto al professionista; la parcella era stata sottoscritta da (OMISSIS), che aveva riconosciuto il debito in favore del professionista. 1.2.Segui' l'opposizione da parte di (OMISSIS), la quale dedusse, in via preliminare, l'improcedibilita' della domanda perche' non preceduta dal procedimento di negoziazione assistita. Nel merito, sostenne che la sottoscrizione della parcella non costituiva riconoscimento del debito e che il compenso doveva essere determinato secondo i parametri previsti dal DM 140 DEL 2012 e non dal DM 55 DEL 2014; inoltre, lo scaglione applicabile andava parametrato sulla base del risultato ottenuto e non sul valore della causa. 1.3.Il Tribunale di Trento, con ordinanza ex D. Lgs 150 del 2011 del 6.2.2019, articolo 14, rigetto' l'opposizione. 1.4.In primo luogo, il Tribunale ritenne infondata l'eccezione di improcedibilita' della domanda per non essere stata espletato il procedimento di negoziazione assistita ex Decreto Legge n. 132 del 2014, articolo 3, trattandosi di giudizio introdotto con decreto ingiuntivo. 1.5.Nel merito, il Tribunale accerto' che, pur applicando il DM 140 del 2012, il compenso spettante era leggermente superiore alle somme richieste dall'Avv. (OMISSIS); considerando, infatti, i valori medi di cui al DM 140/2012, sulla base dello scaglione tra Euro 100.000, 00 ed Euro 500.000,00 ed applicando l'aumento del 25% per la conciliazione e del 50% per la pluralita' di parti, si perveniva alla somma di Euro 20.374,00, superiore alla somma di Euro 20.000,00 richiesta dall'Avv. (OMISSIS). 2.Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso (OMISSIS) sulla base di tre motivi. 2.1.Ha resistito con controricorso l'Avv. (OMISSIS). RAGIONI DELLA DECISIONE 1.Va in primo luogo esaminata l'eccezione di inammissibilita' del ricorso per cassazione, previsto per la liquidazione dei compensi professionali di avvocato ex D.Lgs 150 del 2011, articolo 14, perche' il procedimento avrebbe ad oggetto non la mera determinazione del compenso ma l'accertamento della fonte dell'obbligazione, essendo stato contestato che l'obbligo di pagamento fosse riconducibile al primo accordo intercorso tra le parti o ad un accordo successivo. 1.1.L'eccezione e' infondata. 1.2.Le Sezioni Unite, con sentenza del 23.2.2018, n. 4485 hanno ritenuto applicabile il procedimento speciale previsto dal D. Lgs 150 del 2011, articolo 14 in tutte le controversie aventi ad oggetto il pagamento dei compensi professionali di avvocato, indipendentemente dal fatto si controverta sull'an debeatur, nell'ipotesi in cui il cliente sollevi contestazioni relative all'esistenza del rapporto. 1.3. Ne consegue che l'ordinanza del Tribunale, che ha seguito il rito speciale, doveva essere impugnata con ricorso per cassazione. 2.Il primo motivo di ricorso e' cosi' rubricato: " motivo di cassazione ex articolo 360 c.p.c., n. 5: omessa pronuncia circa la sussistenza del riconoscimento del debito"; la ricorrente deduce l'omessa pronuncia sui presupposti per l'emissione del decreto ingiuntivo in quanto l'accettazione della parcella, unitamente alla sua sottoscrizione, non costituirebbe riconoscimento del debito ma una mera attestazione della sua presa in visione e ritiro, tanto che l'importo richiesto sarebbe stato immediatamente contestato. La dichiarazione di accettazione avrebbe, pertanto, finalita' diverse dal riconoscimento del debito, con la conseguenza che non sussisterebbero i presupposti per l'emanazione del decreto ingiuntivo, peraltro dichiarato provvisoriamente esecutivo, senza che vi fosse il riconoscimento del debito. 2.1.Il motivo e' infondato sotto diversi profili. 2.2.In primo luogo, il Tribunale ha determinato il compenso non sulla base alla dichiarazione confessoria contenuta nella parcella sottoscritta dalla ricorrente, ma sulla base del Decreto Ministeriale n.140 del 2012. 2.3.Il motivo non coglie, pertanto, la ratio decidendi. 2.4.In secondo luogo, l'opposizione a decreto ingiuntivo introduce un procedimento ordinario a cognizione piena (articolo 645 c.p.c.) nel quale il giudice anche se abbia accertato essere stata emessa l'ingiunzione nella mancanza delle condizioni richieste dagli articoli 633 c.p.c. e ss., deve comunque pronunciare sul merito del diritto fatto valere dal creditore con la domanda di ingiunzione tenendo conto degli elementi probatori esibiti nel corso del giudizio, con salvezza delle ipotesi del difetto di competenza funzionale dell'organo che ha emesso l'ingiunzione o del difetto dei presupposti processuali, di pregiudiziali ed ostative ragioni preclusive della pronuncia del decreto stesso del quale il giudice dell'opposizione e' tenuto a dichiarare la nullita' (Cass. Civ., SEz. II, 12.3.2019, n. 7020; Cass. n. 4121/2001). 2.5.Correttamente, il Tribunale, indipendentemente dall'esistenza dei presupposti per l'emissione del decreto ingiuntivo, che era fondato sul riconoscimento del debito, ha esaminato il merito della pretesa fatta valere con la domanda di ingiunzione. 3.Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione del Decreto Legge n. 132 del 2014, articolo 3, in relazione all'articolo 360, comma 1, n. 3 e 5 c.p.c., per non avere il Tribunale dichiarato l'improcedibilita' della domanda per non essere stato esperito il procedimento di negoziazione assistita, considerato che non ricorrevano i presupposti per l'emissione del decreto ingiuntivo perche' non valido il riconoscimento del debito. 3.1.Il motivo e' infondato. 3.2.Ai sensi del Decreto Legge n. 132 del 2014, articolo 3, comma 3, lettera a), convertito nella L. n. 162 del 2014), nei procedimenti per ingiunzione la negoziazione assistita non e' obbligatoria ne' nella fase monitoria ne' nel successivo, eventuale giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo. 3.3.Esisteva, pertanto, una causa espressa di esclusione del procedimento di negoziazione assistita perche' il giudizio era stato introdotto con ricorso per decreto ingiuntivo, a nulla rilevando la circostanza che ricorressero o meno i presupposti per l'emissione del decreto ingiuntivo. 3.4. Le cause di esclusione dell'obbligatorieta' del procedimento di negoziazione assistita vanno valutate in astratto e non all'esito del giudizio di opposizione, secundum eventum litis. 3.5. Del resto, trattandosi di misura deflattiva, l'improcedibilita' della domanda determinerebbe un allungamento del giudizio in contrasto con lo scopo della normativa, tanto piu' dopo che il giudizio e' approdato innanzi ad un organo terzo, come il giudice. 3.6. Come osservato dalla Corte Costituzionale, con sentenza del 18.4.2019, n. 97, nella negoziazione assistita il ruolo di assistenza delle parti e' svolto dai difensori (a differenza della mediazione in cui tale compito e' svolto da un terzo indipendente), sicche' e' escluso l'obbligo di esperire la negoziazione assistita per alcuni procedimenti connotati da particolare celerita', come il procedimento di ingiunzione, in cui si determina subito il contatto diretto con il giudice. 4.Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 112 c.p.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per essere il Tribunale incorso nel vizio di extra ed ultra petizione in quanto avrebbe dovuto accertare se fosse vigente l'accordo transattivo, in forza del quale, i compensi erano stati determinati in Euro 20.000,00, oppure fosse ancora vigente il primo accordo, con il quale le parti facevano riferimento ai parametri di cui al Decreto Ministeriale n. 140 del 2012. 4.1. Il motivo e' infondato. 4.2.Il vizio di ultra o extra petizione si verifica quando il giudice pronuncia oltre i limiti delle pretese o delle eccezioni fatte valere dalle parti, ovvero su questioni estranee all'oggetto del giudizio e non rilevabili d'ufficio, attribuendo alla parte un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato; non ricorre invece tale violazione qualora il giudice renda la pronuncia richiesta in base ad una autonoma qualificazione giuridica dei fatti allegati, ad argomentazioni giuridiche diverse e a diversa valutazione delle prove, essendo il giudice libero di individuare l'esatta natura dell'azione, di porre alla base della pronuncia considerazioni di diritto diverse, di rilevare - indipendentemente dalla iniziativa della controparte - la mancanza degli elementi che caratterizzano l'efficacia costitutiva o estintiva di una pretesa della parte, attenendo cio' all'esatta applicazione della legge (Cass. Civ., Sez. I, 13.11.2018, n. 29200; Cass. Civ., Sez. III, 23.2.1998, n. 1940; Cass. Civ., Sez.I, 1.9.2003, n. 12750). 4.3.Il giudice di merito, nell'individuazione dell'oggetto della domanda deve, quindi, avere riguardo al contenuto sostanziale della pretesa fatta valere, come desumibile non solo dal tenore letterale degli atti ma anche dalla natura delle vicende dedotte e rappresentate dalla parte istante e dal provvedimento sollecitato in concreto, col il solo limite del rispetto del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato (Cass.. Civ., Sez. I, 28.1.2000, n. 961). 4.4.Nel caso di specie, l'Avv. (OMISSIS) ha agito per la liquidazione del compenso professionale, che ha determinato in Euro 20.000,00 sulla base della transazione ed il Tribunale ha condannato (OMISSIS) al pagamento della somma domandata, sia pur determinando il compenso sulla base di cui al DM 140 del 2012 invocato dalla ricorrente. 4.5.Ne consegue che all'Avv. (OMISSIS) non e' stato attribuito un bene diverso da quello domandato, ne' sussiste il vizio di extrapetizione nell'aver determinato il compenso considerando la maggiorazione per la pluralita' delle parti assistite e per aver definito il giudizio con una transazione. 5.Il ricorso va pertanto rigettato. 5.1.Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo. 6.Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita', che liquida in Euro 2200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da' atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria - Presidente Dott. GRASSO Giuseppe - Consigliere Dott. PICARO Vincenzo - Consigliere Dott. SCARPA Antonio - rel. Consigliere Dott. POLETTI Dianora - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 18331 DEL 2020 R.G. proposto da: (OMISSIS) S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall'avvocato (OMISSIS); -ricorrenti- contro (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS); -controricorrente- avverso l'ORDINANZA della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE n. 27491 DEL 2019 depositata il 28/10/2019. Viste le conclusioni motivate, ai sensi del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8-bis, convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020, n. 176 (applicabile a norma del del Decreto Legge 29 dicembre 2022, n. 198, articolo 8, comma 8, convertito con modificazioni nella L. 24 febbraio 2023, n. 14), formulate dal P.M. in persona della Sostituta Procuratore Generale ROSA MARIA DELL'ERBA; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/03/2023 dal Consigliere ANTONIO SCARPA; udito il P.M. in persona della Sostituta Procuratore Generale ROSA MARIA DELL'ERBA, la quale ha chiesto di revocare l'ordinanza nella parte in cui ha dichiarato inammissibile il quarto motivo del ricorso per cassazione e di rigettare il quarto motivo del medesimo ricorso; uditi gli Avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS). FATTI DI CAUSA 1. (OMISSIS) e la (OMISSIS) s.r.l. hanno proposto ricorso articolato in unico motivo per la revocazione della ordinanza n. 27491 del 2019 del 28 ottobre 2019. 2. (OMISSIS) si difende con controricorso. 3. Questa Corte, con l'ordinanza n. 27491 del 2019, rigetto' il ricorso di (OMISSIS) e della (OMISSIS) s.r.l. contro la sentenza n. 3465/2015 della Corte d'appello di Milano. La Corte di cassazione in particolare giudico' inammissibile il quarto motivo del ricorso per difetto del requisito di forma e contenuto di cui all'articolo 366, comma 1, n. 6, c.p.c., non essendo stato trascritto "il contenuto delle lettere di garanzia firmate dallo (OMISSIS)". 4. Su proposta del relatore, ai sensi degli articoli 391-bis, comma 4, e 380-bis, commi 1 e 2, c.p.c., che ravvisava la non inammissibilita' del ricorso, il presidente fissava con decreto l'adunanza della Corte perche' la controversia venisse trattata in camera di consiglio nell'osservanza delle citate disposizioni. All'esito dell'adunanza del 3 dicembre 2021, fu pronunciata ordinanza interlocutoria n. 5274 del 2022, la quale, ritenendo che il ricorso per la revocazione della ordinanza n. 27491 del 2019 non fosse inammissibile, ai sensi dell'articolo 391, comma 1, c.p.c., rimise la causa va percio' rimessa alla pubblica udienza della sezione semplice tabellarmente competente e rinviata a nuovo ruolo. 5. Il ricorso e' stato deciso procedendo nelle forme di cui al Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8-bis, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176 (applicabile a norma del Decreto Legge 29 dicembre 2022, n. 198, articolo 8, comma 8, convertito con modificazioni nella L. 24 febbraio 2023, n. 14), con istanza di discussione orale. Le parti hanno presentato memorie. MOTIVI DELLA DECISIONE 1.L'ordinanza revocanda ha rigettato il ricorso per cassazione di (OMISSIS) e la (OMISSIS) s.r.l. avverso la sentenza n. 3465 del 2015 della Corte d'appello di Milano, cosi' motivando: "1. La presente controversia trae origine da tre contratti preliminari di compravendita stipulati il 26/11/2008, con i quali la societa' (OMISSIS) s.r.l. si obbligo' a vendere a (OMISSIS), che si obbligo' ad acquistare, tre unita' immobiliari site in (OMISSIS). All'atto della stipulazione dei preliminari, il (OMISSIS) verso' alla promittente venditrice, a titolo di caparra ed acconto sul prezzo, la somma di un milione di Euro. Contestualmente, il (OMISSIS) chiese e ottenne da (OMISSIS) (amministratore e socio unico della (OMISSIS) s.r.l.) garanzia personale per l'adempimento, da parte della (OMISSIS), degli obblighi nascenti dai preliminari. A seguito della mancata stipulazione dei contratti definitivi di compravendita nei termini pattuiti, (OMISSIS) notifico' alla (OMISSIS) e all' (OMISSIS) atto stragiudiziale, col quale contesto' l'inadempimento della promittente venditrice, dichiaro' l'avvenuta risoluzione dei contratti per colpa della medesima e intimo' il pagamento del doppio della caparra ai sensi dell'articolo 1385 comma 2 c.c.; successivamente, chiese ed ottenne dal Tribunale di Milano l'emissione di un decreto che ingiunse alla societa' (OMISSIS) s.r.l. e ad (OMISSIS), il pagamento, in suo favore, della somma di due milioni di Euro (oltre accessori e interessi legali), corrispondente al doppio della caparra versata. La (OMISSIS) s.r.l. ed (OMISSIS) proposero separate opposizioni avverso il detto decreto ingiuntivo: la prima chiese la revoca del decreto, la pronuncia di risoluzione dei contratti preliminari per colpa del (OMISSIS), la declaratoria del proprio diritto di trattenere la caparra e la condanna del promissario acquirente al risarcimento dei danni; il secondo chiese la revoca del decreto ingiuntivo e la reiezione delle domande proposte nei suoi confronti. Nel costituirsi nei due giudizi di opposizione, il (OMISSIS) chiese la conferma del decreto ingiuntivo opposto e comunque la condanna dei convenuti-opponenti al pagamento in suo favore della somma di due milioni di Euro, pari al doppio della caparra versata. Riuniti i due giudizi di opposizione, il Tribunale di Milano, in parziale accoglimento delle domande del (OMISSIS), pronuncio' la risoluzione dei contratti per colpa della (OMISSIS) s.r.l. e condanno' quest'ultima e lo (OMISSIS), in solido, al pagamento, in favore del (OMISSIS), della somma di un milione di Euro, pari all'importo versato al promissario acquirente alla (OMISSIS) in sede di stipulazione dei preliminari. Ritenne il primo giudice che le somme versate dal (OMISSIS) alla (OMISSIS), all'atto della stipula dei preliminari, fossero state corrisposte a mero titolo di acconto e non a titolo di caparra. 2. - Sui gravami proposti in via principale da (OMISSIS) e in via incidentale dalla (OMISSIS) s.r.l. e da (OMISSIS), la Corte di Appello di Milano, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, dichiaro' il diritto del (OMISSIS) ad ottenere il doppio della caparra versata, condannando i convenuti al pagamento del residuo importo di un milione di Euro non ancora versato (un milione era stato gia' versato in esecuzione della sentenza di primo grado), maggiorato degli interessi legali. 3. - Per la cassazione della sentenza di appello hanno proposto ricorso la societa' (OMISSIS) s.r.l. e (OMISSIS) sulla base di quattro motivi. Ha resistito con controricorso (OMISSIS). 1.Con la memoria depositata in prossimita' dell'adunanza camerale, il controricorrente ha dedotto l'improcedibilita' del ricorso, ai sensi dell'articolo 369 c.p.c., per il mancato tempestivo deposito di copia della sentenza impugnata, notificata via pec, munita dell'attestazione di conformita' all'originale. Rileva la Corte che, dovendo il ricorso essere rigettato per infondatezza dei motivi (per le ragioni che andranno ad esporsi a par.2), la questione sollevata con l'eccezione in esame risulta assorbita; e cio' sulla base del principio della c.d. "ragione piu' liquida", per cui e' consentito al giudice esaminare i motivi, suscettibili di assicurare la definizione del giudizio, anche in presenza di una questione pregiudiziale (Sez. Un., n. 9936 del 08/05/2014; Sez. Un., n. 6826 del 22/03/2010; Sez. 6 - L, n. 12002 del 28/05/2014; Sez. 2, n. 2723 del 08/02/2010). 2. - Cio' premesso, puo' passarsi all'esame dei motivi. 2.1. - Col primo motivo (contrassegnato col n. 4), si deduce (ex articolo 360 c.p.c., n. 3) la violazione e la falsa applicazione degli articoli 1385 e 1457 c.c., per avere la Corte di Appello ritenuto possibile l'esercizio del diritto di recesso da parte del promissario acquirente, nonostante che il contratto si fosse gia' risolto di diritto per il mancato rispetto del termine essenziale pattuito. Il motivo e' inammissibile, in quanto la censura non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata. La Corte territoriale, infatti, non ha ritenuto che il contratto si fosse risolto di diritto per l'inutile decorso del termine essenziale, ma ha ritenuto che il promissario acquirente, invece di avvalersi della risoluzione di diritto, aveva inteso esercitare il diritto di recesso e chiedere il doppio della caparra. Tale statuizione e' conforme a diritto. Invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non v'e' ragione di discostarsi, la risoluzione del contratto di diritto per una delle cause previste dagli articoli 1454, 1455 e 1457 c.c., non preclude alla parte adempiente, nel caso in cui sia stata contrattualmente prevista una caparra confirmatoria, l'esercizio della facolta' di recesso ai sensi dell'articolo 1385 c.c. per ottenere, invece del risarcimento del danno, la ritenzione della caparra o la restituzione del suo doppio, poiche' dette domande hanno una minore ampiezza rispetto a quella di risoluzione e possono percio' essere proposte anche nel caso in cui si sia verificata di diritto la risoluzione stessa (Cass., Sez. 2, n. 14014 del 06/06/2017; Sez. 2, n. 26206 del 03/11/2017; Sez. 2, n. 21838 del 25/10/2010; Sez. 3, n. 1952 del 10/02/2003). 2.2. - Col secondo motivo (contrassegnato col n. 5), si deduce (ex articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5) la violazione e la falsa applicazione degli articoli 1385 e 1455 c.c. nonche' l'omesso esame di fatto decisivo, per avere la Corte di Appello omesso di valutare la condotta delle parti ai fini dell'accertamento della gravita' dell'inadempimento, fondando erroneamente la sua pronuncia sul carattere essenziale del termine pattuito. Il motivo non e' fondato. Premesso che, ai fini della legittimita' del recesso di cui all'articolo 1385 c.c., non e' sufficiente l'inadempimento, ma occorre anche la verifica circa la "non scarsa importanza" prevista dall'articolo 1455 c.c., dovendo il giudice tenere conto dell'effettiva incidenza dell'inadempimento sul sinallagma contrattuale (Cass., Sez. 6-2, n. 409 del 13/01/2012; Sez. 2, n. 21838 del 25/10/2010), questa Suprema Corte ha piu' volte affermato che, in materia di responsabilita' contrattuale, la valutazione della gravita' dell'inadempimento ai fini della risoluzione di un contratto a prestazioni corrispettive, ai sensi dell'articolo 1455 c.c., costituisce questione di fatto, la cui valutazione e' rimessa al prudente apprezzamento del giudice del merito, risultando insindacabile in sede di legittimita' ove sorretta da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici (Cass. Sez. 3, n. 6401 del 30/03/2015; Sez. 2, n. 12296 del 07/06/2011). Nella specie, la Corte territoriale ha spiegato che l'inadempimento della societa' (OMISSIS) deve ritenersi di non scarsa importanza, considerato che alla data fissata per la stipula degli atti definitivi gli immobili da trasferire risultavano ancora ipotecati. La motivazione della sentenza impugnata sul punto (p. 4) risulta immune da errori logici e giuridici e supera, pertanto, il vaglio di legittimita'. 2.3. - Col terzo motivo (contrassegnato col n. 6), si deduce la violazione e la falsa applicazione degli articoli 1362, 1363, 1455 c.c. e 112 c.p.c. (ex articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4), per avere la Corte di Appello erroneamente interpretato le "scritture integrative" stipulate tra il (OMISSIS) e l' (OMISSIS) (ritenendo che si trattasse di accordi indipendenti dai contratti preliminari di compravendita) e per avere pronunciato d'ufficio su eccezione di inadempimento non proposta dal (OMISSIS) nei confronti dell' (OMISSIS). La censura e' inammissibile per difetto di specificita' sotto il profilo dell'autosufficienza. Invero, i ricorrenti non trascrivono il contenuto delle scritture integrative in questione (se non in limitata e insufficiente misura nelle note alle pp. 17 e 18), non consentendo cosi' alla Corte di conoscere gli impegni assunti reciprocamente dalle parti e di svolgere l'invocato sindacato. 2.4. - Col quarto motivo (contrassegnato col n. 7), si deduce la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto (ex articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4), per avere la Corte di Appello erroneamente ritenuto che l' (OMISSIS) avesse prestato garanzia per l'adempimento di ogni obbligazione della (OMISSIS) s.r.l. nascente dai preliminari. Anche questo motivo e' inammissibile per difetto di specificita' sotto il profilo dell'autosufficienza. I ricorrenti non trascrivono il contenuto delle lettere di garanzia firmate dallo (OMISSIS), non consentendo cosi' alla Corte di svolgere il proprio sindacato e di valutare la fondatezza della censura (...)". 2. Il ricorso per revocazione deduce l'errore addebitato all'ordinanza n. 27491/2019 perche' il ricorso per cassazione, in relazione al quarto motivo, conteneva l'integrale trascrizione dei documenti sia nella parte espositiva sia nel contenuto della quarta censura. 3. Per consolidata interpretazione in materia di revocazione delle sentenze della Corte di cassazione, l'errore di fatto di cui all'articolo 395 n. 4, c.p.c. deve consistere in una disamina superficiale di dati di fatto che abbia quale conseguenza l'affermazione o la negazione di elementi decisivi per risolvere la questione, ovvero in un errore meramente percettivo, risultante in modo incontrovertibile dagli atti e tale da aver indotto il giudice a fondare la valutazione della situazione processuale sulla supposta inesistenza (od esistenza) di un fatto, positivamente acquisito (od escluso) nella realta' del processo, che, ove invece esattamente percepito, avrebbe determinato una diversa valutazione della situazione processuale. E' invece inammissibile il ricorso ex articolo 395, n. 4, c.p.c., ove vengano dedotti errori di giudizio concernenti i motivi di ricorso esaminati dalla sentenza della quale e' chiesta la revocazione, ovvero l'errata valutazione di fatti esattamente rappresentati o, ancora, l'omesso esame di atti difensivi, asseritamente contenenti argomentazioni giuridiche non valutate (Cass. 22/09/2014, n. 19926; Cass. 09/12/2013, n. 27451; Cass. Sez. Un. 28/05/2013, n. 13181; Cass. 12/12/2012, n. 22868; Cass. 18/01/2012, n. 714; Cass. Sez. Un. 30/10/2008, n. 26022). In particolare, e' consolidato l'orientamento giurisprudenziale secondo cui una sentenza della Corte di cassazione non possa essere impugnata per revocazione in base all'assunto che essa abbia male valutato i motivi di ricorso, perche' un vizio di questo tipo costituirebbe un errore di giudizio e non un errore di fatto ai sensi dell'articolo 395, comma 1, numero 4, c.p.c. (Cass. Sez. 6 - L, 03/04/2017, n. 8615; Cass. Sez. 6 - 3, 15/06/2012, n. 9835). Si e' altresi' gia' affermato che la configurabilita' dell'errore revocatorio sia del tutto da escludersi quando si prospetti che la decisione della Corte di cassazione sia conseguenza di una pretesa errata valutazione od interpretazione delle risultanze processuali, ovvero, in particolare di un errato giudizio espresso dalla sentenza di legittimita' sulla violazione del cosiddetto "principio di autosufficienza" in ordine ai motivi di ricorso, per omessa indicazione e trascrizione dei documenti su cui erano fondate le censure (Cass., Sez. 6 - 5, 31/08/2017, n. 20635; Cass. Sez. 2, 22/06/2007, n. 14608; Cass. Sez. 1, 23/05/2006, n. 12154). 3. L'ordinanza n. 27491 del 2019, della quale si domanda la revocazione, in ordine al quarto motivo di ricorso, con cui si sosteneva che l' (OMISSIS) non avesse prestato garanzia per l'adempimento di ogni obbligazione della (OMISSIS) s.r.l. nascente dai preliminari, ritenne la censura inammissibile per difetto di specificita', non avendo i ricorrenti trascritto il contenuto delle lettere di garanzia firmate dallo (OMISSIS). Dall'esame diretto del ricorso per cassazione, risulta tuttavia che in relazione al quarto motivo era stato trascritto in parte il contenuto delle "lettere di garanzia" firmate dall' (OMISSIS) (il controricorrente precisa che era stato riprodotto il testo di tredici righi su trentadue di tale documento), restando in ogni modo illustrata la parte rilevante e indicato specificamente l'atto. L'affermazione dell'impugnata ordinanza di questa Corte, secondo cui non era riportato in ricorso il contenuto delle lettere di garanzia, e', dunque, frutto di errore di fatto, che rende l'ordinanza n. 27491 del 2019 della Corte di cassazione suscettibile di revocazione ex articolo 391 bis c.p.c. L'errore di fatto dell'ordinanza impugnata attiene alla supposizione di inesistenza di un fatto (vale a dire, non aver riportato i ricorrenti, a sostegno della doglianza riguardante la garanzia prestata dall' (OMISSIS), il contenuto delle relative lettere inviate al (OMISSIS)) falsamente percepito, come emerge direttamente dal ricorso per cassazione; tale errore ha altresi' avuto carattere decisivo, in quanto ha costituire la ragione essenziale e determinante della pronuncia di inammissibilita' del quarto motivo di ricorso. Puo' costituire errore di fatto, suscettibile di revocazione ex articolo 391 bis c.p.c., la supposizione di inesistenza della specifica indicazione degli atti e documenti su cui poggia il ricorso per cassazione (Cass. Sez. 2, 16/01/2019, n. 975). 4. Rivelatosi l'errore di fatto ed individuate la parte dell'ordinanza n. 27491 del 2019 della Corte di cassazione da rescindersi nella decisione sul quarto motivo del ricorso per cassazione proposto da (OMISSIS) e la (OMISSIS) s.r.l. avverso la sentenza n. 3465/2015 della Corte d'appello di Milano, in quanto viziata dall'errore stesso, deve ora procedersi entro tali limiti al giudizio rescissorio. 5. Il quarto motivo del ricorso per cassazione proposto da (OMISSIS) e la (OMISSIS) s.r.l. contro la sentenza n. 3465/2015 della Corte d'appello di Milano e' infondato. Tale censura deduceva la violazione dell'articolo 132 c.p.c. e dell'articolo 111 Cost. per omessa motivazione, nonche' dell'articolo 112 c.p.c. e degli articoli 1362 e 1363 c.c., con riguardo alla condanna solidale dell' (OMISSIS) quale garante, sostenendo i ricorrenti che le garanzie prestate non operassero nel caso in esame. La sentenza della Corte d'appello (pagina 4) affermava che (OMISSIS) aveva rivolto la propria domanda monitoria nei confronti sia della promittente venditrice (OMISSIS) s.r.l., sia del garante (OMISSIS), per ottenerne la condanna solidale al risarcimento forfetariamente liquidato nei tre preliminari rimasti inadempiuti, espressamente richiamati nelle tre lettere costitutive di garanzia personale a carico dell' (OMISSIS) Non sussiste percio' la nullita' della sentenza, per violazione dell'articolo 132, comma 2, n. 4, c.p.c., non risultando omesse le argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni, in fatto e in diritto, della decisione di condanna di (OMISSIS). D'altro canto, la lamentata omessa pronuncia sul motivo di appello incidentale inerente alla condanna solidale dell' (OMISSIS) neppure potrebbe dirsi rilevante ai fini della cassazione della sentenza, involgendo una questione di diritto che non richiede ulteriori accertamenti di fatto (arg. da Cass. Sez. Unite, 02/02/2017, n. 2731). Il documento allegato prevedeva, invero, che l' (OMISSIS) prestasse garanzia per "tutte le obbligazioni della parte oggi promessa e domani definitiva venditrice" societa' (OMISSIS) s.r.l., come derivanti dalla scrittura privata stipulata in pari data. I criteri legali di ermeneutica contrattuale sono governati da un principio di gerarchia in forza del quale i canoni strettamente interpretativi - tra i quali risulta prioritario il canone fondato sul significato letterale delle parole - prevalgono su quelli interpretativi-integrativi. Deve pertanto affermarsi che, al pari di quanto evidentemente ritenuto della Corte d'appello, una fideiussione, rilasciata in occasione di un preliminare di vendita immobiliare e prestata a garanzia di "tutte le obbligazioni" della parte promittente venditrice, correttamente puo' essere intesa come riferibile anche all'obbligo di restituzione, in caso di inadempimento, del doppio della caparra ricevuta. 6. In definitiva, va accolto il ricorso per la revocazione dell'ordinanza n. 27491 del 2019 della Corte di cassazione, va revocata l'ordinanza impugnata nella parte in cui la stessa dichiarava inammissibile il quarto motivo del ricorso per cassazione proposto da (OMISSIS) e dalla (OMISSIS) s.r.l. avverso la sentenza n. 3465/2015 della Corte d'appello di Milano; va infine rigettato il quarto motivo del ricorso per cassazione proposto da (OMISSIS) e dalla (OMISSIS) s.r.l. contro la sentenza n. 3465/2015 della Corte d'appello di Milano. 7. Deve provvedersi al regolamento delle spese del giudizio di revocazione, comprensivo sia della fase rescindente che di quella rescissoria, ed autonomo rispetto a quello del giudizio in cui e' stata emessa la sentenza impugnata per revocazione (Cass. Sez. 2, 16/01/2019, n. 975; Cass. Sez. 2, 12/03/1969, n. 786). Le spese processuali del giudizio di revocazione possono essere compensate, in ragione delle esposte sopravvenienze procedimentali relative al quadro di riferimento della controversia. Sussistono i presupposti processuali per il versamento - ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, - da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l'impugnazione, se dovuto. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso per revocazione avverso l'ordinanza n. 27491 del 2019 della Corte di cassazione; revoca l'ordinanza impugnata nella parte in cui ha dichiarato inammissibile il quarto motivo del ricorso proposto da (OMISSIS) e dalla (OMISSIS) s.r.l. avverso la sentenza n. 3465/2015 della Corte d'appello di Milano; rigetta il quarto motivo del ricorso proposto da (OMISSIS) e dalla (OMISSIS) s.r.l. avverso la sentenza n. 3465/2015 della Corte d'appello di Milano; compensa per intero tra le parti le spese sostenute nel giudizio di revocazione. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da' atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MOGINI Stefano - Presidente Dott. MASI Paolo - rel. Consigliere Dott. CENTOFANTI Francesco - Consigliere Dott. APRILE Stefano - Consigliere Dott. MAGI Raffaello - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 07/06/2022 del TRIBUNALE di VERCELLI; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere PAOLA MASI; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore LUCIA ODELLO, che ha depositato requisitoria scritta chiedendo dichiararsi l'inammissibilita' del ricorso lette le conclusioni scritte depositate dal difensore della parte civile, avv. (OMISSIS); lette le conclusioni scritte depositate dai difensore dell'imputato, avv. (OMISSIS) e avv. (OMISSIS). RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza emessa in data 07 giugno 2022 il Tribunale di Vercelli ha condannato (OMISSIS), alla pena di 200 Euro di ammenda, con i doppi benefici di legge, e al risarcimento del danno in favore della parte civile, per il reato di cui all'articolo 660 c.p. da lui commesso dal (OMISSIS), cosi' riqualificando il reato originariamente contestato quale violazione dell'articolo 392 c.p., per avere molestato la conduttrice dell'immobile di proprieta' della societa' da lui amministrata, in parte a lei locato, staccando la corrente elettrica all'esercizio di parrucchiera di cui ella era titolare e impedendo la fornitura ad esso dell'energia elettrica, a fronte dell'asserito inadempimento degli obblighi contrattuali. Il Tribunale, respinta una eccezione relativa alla costituzione della parte civile per l'inapplicabilita' dell'articolo 75 c.p.p., e respinta successivamente un'istanza di rinvio per legittimo impedimento del difensore, ha ritenuto provato il fatto dalle testimonianze assunte, qualificandolo pero' come violazione dell'articolo 660 c.p.. 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), per mezzo del proprio difensore avv. (OMISSIS), articolando quattro motivi. 2.1. Con il primo motivo eccepisce la violazione dell'articolo 75 c.p.p., articolo 2909 c.c. e articolo 653 c.p.c., per avere il giudice illegittimamente ammesso la costituzione di parte civile della persona offesa, qualificando erroneamente come di rito e non di merito la sentenza emessa dal Tribunale civile di Vercelli. La persona offesa (OMISSIS) ha proposto azione civile per il risarcimento dei danni asseritamente causati dall'imputato, ma il Tribunale di Vercelli l'ha respinta con la sentenza civile n. 188/2021, che va ritenuta una pronuncia anche di merito e non di mero rito. Infatti essa ha rilevato la tardivita' dell'opposizione al decreto ingiuntivo e l'ha dichiarata inammissibile, cosi' come ha dichiarato inammissibile la domanda riconvenzionale di riconoscimento del contro-credito, perche' non autonoma rispetto alla richiesta di revoca del decreto ingiuntivo, e ha specificato che il decreto ingiuntivo non opposto acquista efficacia di giudicato anche in ordine al titolo posto a fondamento della domanda, circa la inesistenza di fattori impeditivi, estintivi o modificativi del credito. Con tale motivazione il Tribunale civile ha deciso anche nel merito della domanda di risarcimento del danno avanzata dalla Bertaggia in via riconvenzionale, con pronuncia ormai passata in giudicato. 2.2. Con il secondo motivo eccepisce l'illegittimita' dell'ordinanza di reiezione della richiesta di rinvio per l'udienza del 15/03/2022. Il difensore aveva ricevuto gia' il 07/02/2022 la notifica del decreto di fissazione di un'udienza camerale davanti al Tribunale di sorveglianza di Brescia per il giorno 15/03/2022, data a cui, il giorno successivo, veniva rinviato il presente procedimento, ma in tale decreto non era specificato l'orario di chiamata, ed egli non aveva fatto presente, al Tribunale di Vercelli, la concomitanza dell'impegno professionale essendo astrattamente possibile presenziare ad entrambe le udienze. Solo il venerdi' 11/02/2022 gli era stato comunicato l'orario di trattazione del processo presso il Tribunale di sorveglianza di Brescia, orario che risultava non compatibile con quello di trattazione dell'udienza del processo presso il Tribunale di Vercelli, per cui la comunicazione dell'impedimento, avvenuta solo il successivo lunedi' 14/03/2022, benche' prossima all'udienza di cui si chiedeva il rinvio, era tempestiva, essendo tale impedimento sorto, in realta', solo il venerdi' precedente. Il Tribunale di Vercelli aveva ritenuto che l'impossibilita' di presenziare ad entrambe le udienze fosse prevedibile, data la distanza tra le due citta' e il tempo di circa due ore necessario per il trasferimento, ma se l'udienza a Brescia fosse stata fissata in prima mattina, o nel pomeriggio, sarebbe stato possibile per il difensore presenziare all'udienza davanti al Tribunale di Vercelli, in quanto fissata per le ore 12.30. Inoltre nell'istanza di rinvio egli aveva indicato l'impossibilita' di nominare un sostituto, pur non specificandone la ragione. Il Tribunale di Vercelli ha cosi' violato il diritto dell'imputato a difendersi, previsto dall'articolo 6 par. 3 della CEDU, in un'udienza in cui erano stati sentiti i testimoni dell'accusa e la parte civile, ed acquisiti vari documenti poi utilizzati per la decisione. 2.3. Con il terzo motivo di ricorso censura la mancanza, contraddittorieta' e manifesta illegittimita' della motivazione, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e) quanto all'attribuzione della responsabilita' penale all'imputato. La condanna si basa solo su elementi indiziari, come affermato dal giudice stesso, che non sono stati ben valutati. Il Tribunale non ha preso in esame la possibile causa alternativa dello staccarsi del contatore, quale la manomissione dell'impianto fotovoltaico. Inoltre una perizia avrebbe potuto dimostrare che l'assenza temporanea di energia elettrica puo' dipendere da molte cause, e non puo' essere attribuita con certezza ad una manomissione del sottocontatore, come ritenuto dal Tribunale sulla base solo della testimonianza dell'amministratore secondo cui il giorno successivo esso funzionava perfettamente. I contatori erano alloggiati in un locale a cui tutti gli utenti dell'immobile avevano accesso, anche la parte civile, tanto che in seguito ella stessa ne aveva sostituito la serratura. I testi dell'accusa hanno asserito che la corrente elettrica era mancata per molti giorni, mentre la sentenza ha ritenuto accertata la mancanza per un solo giorno. Il Tribunale, poi, ha erroneamente ritenuto utilizzabili le conversazioni per mezzo Whatsapp depositate dalla parte civile. La motivazione presenta quindi numerosi vizi nella valutazione delle prove, che inquinano la decisione finale. 2.4. Con il quarto motivo di ricorso censura la mancata assoluzione ai sensi dell'articolo 131-bis c.p.. Il comportamento dell'imputato, se provato, e' consistito nella sospensione della fornitura dell'energia elettrica per un solo giorno e ad un solo locale, ed egli non ha tenuto una condotta diretta ad aggravarne le conseguenze, come erroneamente ritenuto dalla sentenza impugnata. Il danno causato e' quindi, senza dubbio, esiguo. 3. Il Procuratore generale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso. 4. Il difensore della parte civile, avv. (OMISSIS), e i difensori dell'imputato, avv. (OMISSIS) e avv. (OMISSIS), hanno depositato conclusioni scritte, con le quali il primo insiste per la declaratoria di inammissibilita' o il rigetto del ricorso, senza richiedere la liquidazione delle proprie spese, ed i secondi insistono per il suo accoglimento. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' manifestamente infondato in tutti i suoi motivi, e deve percio' essere dichiarato inammissibile. 1.1. Il primo motivo e' manifestamente infondato. Il giudice ha spiegato in maniera ampia e corretta, con l'ordinanza emessa in udienza e riportata per intero nella sentenza impugnata, le ragioni della infondatezza della eccezione circa la costituzione di parte civile della persona offesa Bertaggia. Costei ha proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso per i crediti vantati dalla societa' dell' (OMISSIS), e nell'ambito del procedimento cosi' instaurato ha proposto domanda riconvenzionale di riconoscimento del proprio credito a titolo di risarcimento del danno causato con la condotta qui giudicata. Il giudice civile, pero', ha giudicato tardiva la proposizione dell'opposizione e l'ha respinta per mere ragioni di rito, senza valutare la fondatezza o meno della domanda riconvenzionale, essendo la prosecuzione del giudizio impedita dalla erroneita' della sua instaurazione. E' dunque evidente che la sentenza n. 188/2021 e' una sentenza di mero rito, con riferimento alla domanda di riconoscimento del diritto al risarcimento del danno. E' del tutto irrilevante il fatto che il credito portato nel decreto ingiuntivo sia stato dichiarato definitivo, perche' la sentenza che, ai sensi dell'articolo 75 c.p.p., impedisce la costituzione di parte civile e' quella che giudica, nel merito, la domanda della parte civile, e non la domanda dell'imputato. 1.2. Anche il secondo motivo di ricorso e' manifestamente infondato. Come ampiamente motivato dal giudice nella sua ordinanza, anche questa riportata per intero nel corpo della sentenza impugnata, la sussistenza di un diverso impegno professionale era nota al difensore quanto meno dal giorno precedente all'udienza tenuta davanti al Tribunale di Vercelli, udienza nella quale venne disposto il rinvio al giorno 15/03/2022 per lo svolgimento dell'attivita' istruttoria. La notevole distanza tra i due uffici giudiziari e la complessita' dell'udienza da tenere davanti al Tribunale di Vercelli rendevano ampiamente prevedibile l'impossibilita' di presenziare ad entrambe le udienze. Il difensore avrebbe dovuto, quindi, riferire subito la sussistenza di tale diverso impegno professionale, o quanto meno chiedere formalmente, al Tribunale di Vercelli e al Tribunale di sorveglianza di Brescia, di fissare le due udienze in orari tra loro compatibili. Il difensore, invece, ha atteso la fissazione dell'orario da parte del Tribunale di sorveglianza di Brescia, senza fare sollecitazioni o richieste, e pur avendo ricevuto la notizia di tale fissazione il giorno 11/03/2022 ha atteso fino al giorno 14/03/2022 per chiedere il rinvio dell'udienza fissata per il giorno successivo davanti al Tribunale di Vercelli. E' evidente la tardivita' della richiesta, atteso che la sovrapposizione dei due impegni professionali era gia' nota il giorno 08/02/2022. Inoltre e' corretto il rilievo del giudice circa la mancata indicazione della impossibilita' di servirsi di sostituti, non essendo sufficiente una generica e apodittica affermazione, priva di spiegazioni. La sentenza impugnata ha quindi applicato correttamente il consolidato principio secondo cui "L'impegno professionale del difensore in altro procedimento costituisce legittimo impedimento che da' luogo ad assoluta impossibilita' a comparire, ai sensi dell'articolo 420 ter c.p.p., comma 5, a condizione che il difensore: a) prospetti l'impedimento non appena conosciuta la contemporaneita' dei diversi impegni; b) indichi specificamente le ragioni che rendono essenziale l'espletamento della sua funzione nel diverso processo; c) rappresenti l'assenza in detto procedimento di altro codifensore che possa validamente difendere l'imputato; d) rappresenti l'impossibilita' di avvalersi di un sostituto ai sensi dell'articolo 102 c.p.p. sia nel processo a cui intende partecipare sia in quello di cui chiede il rinvio." (Sez. 6, n. 20130 del 04/03/2015, Rv. 263395). Il relativo motivo di ricorso e' percio' manifestamente infondato. 1.3. Il terzo motivo di ricorso e' manifestamente infondato perche' meramente ripetitivo e generico. Il ricorrente si limita a contestare singole prove e singole frasi della sentenza, mentre il giudice ha esaminato dettagliatamente tutte le prove e gli indizi e li ha valutati unitariamente, nelle pagine da 13 a 16, respingendo le varie obiezioni difensive, che vengono riproposte nel ricorso senza confrontarsi con la motivazione della sentenza, e sottolineando che l'imputato non ha fornito una valida spiegazione alternativa alla sua condotta, come riferita dai testi e come ricavabile dai messaggi rilevati dall'applicativo Whatsapp dei telefoni dei soggetti coinvolti. Da questa approfondita valutazione, il giudice ha ritenuto provata la sussistenza del reato e la responsabilita' dell'imputato per esso, oltre ogni ragionevole dubbio, e la sua conclusione e' logica e non contraddittoria. Si deve ricordare che la Corte di cassazione, in particolare nelle sentenze Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, Caradonna, Rv. 280747; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, 0., Rv. 262965, ha chiarito che "in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicita', dalla sua contraddittorieta' (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo, sicche' sono inammissibili tutte le doglianze che ‘attaccano' la persuasivita', l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualita', la stessa illogicita' quando non manifesta, cosi' come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilita', della credibilita', dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento". Anche in ordine all'utilizzo, quali indizi, delle conversazioni rilevate dall'applicativo Whatsapp, il giudice ha respinto l'obiezione della difesa con una motivazione approfondita e basata sui principi stabiliti dalla Corte di cassazione circa la loro natura di documenti, principi che ha applicato correttamente. Il loro contenuto, inoltre, e' stato confermato da chi li ha scritti o li ha ricevuti, mentre l'imputato non li ha ne' smentiti ne' interpretati diversamente. 1.4. Infine e' manifestamente infondato anche il quarto motivo di ricorso. Il giudice ha motivato in modo logico e approfondito la non applicabilita' dell'istituto di cui all'articolo 131-bis c.p., ritenendo che l'offesa arrecata con la condotta di reato non possa essere valutata "di particolare tenuita'", per le modalita' di tale condotta e per l'entita' del pericolo o del danno, come riferito dai testimoni, e sottolineando che l'imputato non ha allegato specifici elementi che orientino la valutazione verso la tenuita' del danno o dell'offesa. Anche nel ricorso l' (OMISSIS), si limita a contestare la valutazione del giudice sulla base della propria, personale ricostruzione del fatto, contrastante con l'esito delle prove come riportato nella sentenza stessa, senza confrontarsi con la motivazione della sentenza sul punto. 2. Sulla base di quanto esposto, il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile. Alla dichiarazione di inammissibilita' consegue, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita'", al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in Euro 3.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CRISCUOLO Anna - Presidente Dott. CALVANESE Ersil - Consigliere Dott. COSTANTINI Anton - Consigliere Dott. DI NICOLA TRAVAGLINI - rel. Consigliere Dott. SILVESTRI Pietr - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: Procuratore Generale presso la Corte d'appello di Bari; (OMISSIS), parte civile; (OMISSIS), parte civile; (OMISSIS), parte civile; (OMISSIS), parte civile; (OMISSIS), parte civile; (OMISSIS), parte civile; (OMISSIS), parte civile; (OMISSIS), parte civile; (OMISSIS), parte civile; (OMISSIS), parte civile; (OMISSIS), parte civile; (OMISSIS), parte civile; (OMISSIS), parte civile; (OMISSIS), parte civile; (OMISSIS), parte civile; nel procedimento a carico di: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 28/01/2022 della Corte di appello di Bari; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dalla Consigliera Dott. Paola Di Nicola Travaglini; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale Dott. Salvadori Silvia che ha concluso per l'annullamento della sentenza con rinvio; lette le conclusioni delle parti civili, tutte rappresentate dall'avvocato (OMISSIS), che hanno chiesto l'accoglimento del ricorso e del pagamento delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio; letta la memoria depositata dall'avvocato (OMISSIS), nell'interesse di (OMISSIS) in cui ha concluso per la declaratoria di inammissibilita' o per il rigetto dei ricorsi e per la carenza di legittimazione a costituirsi parte civile dei singoli consiglieri dell'ordine degli avvocati di (OMISSIS). RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Bari ha assolto per insussistenza del fatto (OMISSIS) dal delitto di calunnia ai danni di (OMISSIS) e dei componenti del Consiglio dell'ordire degli avvocati di Bari, cosi' riformando la sentenza del Tribunale di Bari di condanna alla pena di un anno e quattro mesi di reclusione e al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili da liquidarsi in separata sede. 2. Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso il Procuratore generale presso la Corte di appello di Bari e le parti civili costituite. 2.1. Il Procuratore generale presso la Corte di appello di Bari ha censurato la pronuncia per violazione di legge e vizio di motivazione in quanto, dopo avere dato atto che l'imputato aveva formalizzato il 10 giugno 2014 una denuncia nei confronti dell'avvocato (OMISSIS) e di tutti i componenti del Consiglio dell'ordine degli avvocati di (OMISSIS), contenente precise notitiae criminis, tale da originare un procedimento penale conclusosi con archiviazione, aveva ritenuto insussistente il fatto qualificando le accuse di (OMISSIS) assolutamente infondate, peraltro, senza neanche menzionare l'elemento soggettivo del delitto. 2.2. Le parti civili costituite, con atto sottoscritto dal difensore, hanno articolato un unico motivo di ricorso. Violazione di legge e vizio di motivazione, con riferimento agli articoli 546 c.p.p., lettera e) e articolo 530 c.p.p. e articolo 368 c.p. in quanto la sentenza, pur dando atto della dettagliata denuncia presentata da (OMISSIS), con l'indicazione di precisi reati ascritti ai singoli avvocati e ai componenti dell'intero Consiglio dell'ordine (oltre che della Giudice (OMISSIS)), ha illogicamente escluso la configurabilita' della calunnia, da un lato, ritenendo la querela priva del carattere di serieta' e, dall'altro lato, omettendo di considerare la comunicazione della notizia di reato del (OMISSIS), acquisita all'udienza del 9 ottobre 2019, in cui si dava atto delle corpose indagini svolte dai carabinieri, inclusi l'intervento presso la sede del Consiglio dell'ordine e la sottoposizione dei consiglieri ad un procedimento disciplinare. 3. Disposta la trattazione scritta del procedimento, ai sensi del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8, commi 8 e 9, successivamente convertito, le parti hanno concluso come indicato in epigrafe. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Si deve premettere che, nel caso di specie, il ricorso e' stato proposto non solo dalle parti civili, ma anche dal Procuratore generale, ovviamente ai soli fini penali, cosicche' non si pone il problema relativo al regime transitorio dell'articolo 573 c.p.p., comma 1-bis, (norma introdotta dal Decreto Legislativo n. 150 del 2022), sul quale prende attualmente questione dinanzi alle Sezioni unite, concernente le sentenze impugnate "ai soli effetti civili". 2. Il ricorso del Procuratore generale e' inammissibile. Il delitto di calunnia, commesso da (OMISSIS) il (OMISSIS), si e' prescritto il (OMISSIS), dopo la sentenza impugnata, in quanto ai sette anni e sei mesi previsti dagli articoli 157 e 161 c.p., deve essere aggiunto il periodo di sospensione della prescrizione pari a 7 mesi e 17 giorni per l'astensione degli avvocati in primo grado. Il Pubblico ministero, con ricorso depositato il 16 maggio 2022, intende ottenere l'annullamento della sentenza con rinvio. Si tratta di un risultato che non e' concretamente perseguibile poiche', stante la causa di estinzione del reato, non sono rilevabili, in sede di legittimita', vizi di motivazione della decisione impugnata in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l'obbligo di procedere alla declaratoria della prescrizione (Sez. U, n. 35490 del 28/5/2009, Tettamanti, Rv. 244275; Sez. 4, n. 23178 2016, Rv. 267940). In sostanza, secondo un orientamento maggioritario, a cui questo Collegio ritiene di aderire, l'impugnazione del pubblico ministero che censuri la pronuncia assolutoria di secondo grado per insussistenza del fatto per violazioni di legge e vizio di motivazione, e' inammissibile per difetto di interesse quando, nelle more, sia intervenuta la causa estintiva della prescrizione del reato, proprio perche' il mezzo di impugnazione deve perseguire un risultato non solo teoricamente corretto, ma anche praticamente favorevole, proprio per tutelare un interesse concreto (Sez. 4, n. 16029 del 28/2/2019, Briguglio, Rv. 275651). Ai fini di una diversa conclusione non rileva la presenza delle parti private che agiscono per il risarcimento del danno poiche', in forza di una consolidata giurisprudenza di questa Corte, "l'interesse di tali parti civili ad una pronuncia sui relativi interessi avrebbe legittimato un annullamento della sentenza di merito assolutoria, in presenza della sopravvenuta causa di estinzione, esclusivamente se il ricorso per cassazione fosse stato proposto, agli effetti della responsabilita' civile, da quelle parti, cui la legge riconosce il diritto ad una decisione incondizionata sulla propria domanda, giusta il combinato disposto degli articoli 576 e 622 c.p.p." (Sez. 1, n. 3083 del 23/9/2014, dep. 2015, Rv. 262181). 3. I ricorsi delle parti civili sono fondati. 3.1. Preliminarmente deve essere rigettata l'eccezione relativa all'assenza di legittimazione dei ricorrenti, consiglieri dell'ordine degli avvocati di (OMISSIS), sollevata da (OMISSIS), fondata sull'erroneo presupposto che non fossero stati direttamente denunciati. Al contrario, come scritto dal giudice di primo grado, nell'esposto di (OMISSIS) era stata usata la seguente espressione "dettaglio cosi' importante e penalmente rilevante coinvolgendo la responsabilita' dell'ordine degli avvocati", tanto che proprio i consiglieri avevano subito iniziative disciplinari e accertamenti di polizia giudiziaria presso il Consiglio dell'ordine. A prescindere da questo, il danneggiato dal reato ha sempre il diritto di ricorrere, per i danni eventualmente subiti, al giudice civile o puo' esercitare l'azione civile nel processo penale. Peraltro, nel caso in esame, la costituzione di parte civile dei consiglieri dell'ordine e' stata ammessa sia in primo che in secondo grado e la loro domanda e' stata accolta dal Tribunale per il risarcimento del danno non patrimoniale subito, ai sensi dell'articolo 185 c.p.. I consiglieri dell'ordine, in quanto parti civili costituite, hanno legittimamente proposto il presente ricorso ai sensi dell'articolo 576 c.p.p., che stabilisce il principio generale per cui la parte civile ha il diritto di impugnare la sentenza penale che non abbia accolto le sue conclusioni agli effetti civili non ostandovi il tipo di reato dal quale ha dimostrato di avere subito un danno. 3.2. La sentenza di primo grado, emessa dal Tribunale di Bari dopo un'articolata istruttoria, ha condannato (OMISSIS) alla pena di un anno e quattro mesi di reclusione oltre che al risarcimento dei danni ritenendo calunniosa la denuncia da questi presentata per i delitti di tentata estorsione, tentata truffa e tentata appropriazione indebita nei confronti dell'avvocato (OMISSIS) per avergli richiesto la liquidazione di una parcella in cui indicava la causa in cui lo aveva difeso come di "valore indeterminabile" anziche' "determinato" e per avere svolto gli atti esecutivi conseguenti al suo mancato pagamento. La condanna ha riguardato anche l'accusa rivolta da (OMISSIS) ai Consiglieri dell'ordine degli avvocati di (OMISSIS) per il delitto di cui all'articolo 361 c.p. per l'omesso inoltro all'Autorita' giudiziaria della sua denuncia nei confronti di (OMISSIS). Il Tribunale ha ritenuto calunniosa la condotta in quanto: la posizione dell'avvocato (OMISSIS) era stata archiviata e non aveva avuto seguito il procedimento disciplinare; tutte le doglianze relative alla parcella erano state rigettate in sede civile (opposizione decreto ingiuntivo e opposizione all'esecuzione) e, nella maggior parte dei casi, con condanna per lite temeraria; l'intero Consiglio dell'ordine degli avvocati di (OMISSIS), a seguito delle continue segnalazioni di (OMISSIS), in ogni riunione aveva dovuto discutere delle sue doglianze. 3.3. La Corte di appello, dopo avere escluso che le condotte dell'avvocato (OMISSIS) avessero assunto profili di illiceita' penale nei termini denunciati da (OMISSIS), avendo espletato il proprio mandato difensivo e la richiesta del pagamento degli onorari dovuti, ha ribaltato la condanna di primo grado assolvendo l'imputato in quanto la sua denuncia appariva "totalmente infondata e come tale non idonea ad avviare procedimenti penali", tanto da avere determinato l'archiviazione de plano del relativo procedimento, e priva del carattere della serieta', proprio perche' contrastante "con i piu' elementari principi della logica e del buon senso". 3.4. Nel ribaltare la decisione la Corte di appello non ha tenuto in alcun conto il compendio probatorio esaminato dal Tribunale e non ha confutato, in modo approfondito, come era tenuta, la sentenza di primo grado che su questo si era fondata, cosi' non rispettando il principio di diritto, valido anche rispetto alle parti civili ai fini delle domande risarcitorie, sancito da Sez. U, n. 14800 del 21/12/2017, dep. 2018, Troise, secondo cui "il giudice di appello che riforma in senso assolutorio la sentenza di condanna di primo grado non ha l'obbligo di rinnovare l'istruzione dibattimentale mediante l'esame dei soggetti che hanno reso dichiarazioni ritenute decisive, ma deve offrire una motivazione puntuale e adeguata, che fornisca una razionale giustificazione della difforme conclusione adottata, anche riassumendo, se necessario, la prova dichiarativa decisiva". 3.5. Premesso che, come e' noto, ai fini della configurabilita' del reato di calunnia, in quanto reato di pericolo, non e' richiesto l'inizio di un procedimento penale a carico del calunniato (Sez. 2, n. 14761 del 19/12/2017, Lusi, Rv. 272754), la Corte di appello ha erroneamente fondato l'insussistenza dell'elemento oggettivo sulla pronuncia di un decreto di archiviazione nei confronti di (OMISSIS), senza in alcun modo dare atto che, dalla sentenza di primo grado, risultasse un ricco materiale probatorio da cui emergeva che: a) la denuncia di (OMISSIS), diretta alla Procura della Repubblica, fosse a tal punto dettagliata e puntuale da avere determinato lo svolgimento delle attivita' investigative compendiate nella comunicazione della notizia di reato, con relativi allegati, acquisita all'udienza del 9 ottobre 2019; b) la denuncia fosse stata trasmessa da (OMISSIS) anche alla Procura generale, al Ministro della giustizia e al Consiglio dell'ordine degli avvocati; c) l'imputato avesse richiesto l'esercizio dell'azione disciplinare nei confronti del Presidente e del Segretario dell'allora Consiglio dell'ordine archiviata dal Consiglio distrettuale di disciplina di Lecce; d) quasi ogni riunione del Consiglio dell'ordine, a partire dal (OMISSIS), avesse ad oggetto richieste di (OMISSIS) tali da imporre ai Consiglieri di attivare polizze assicurative e di richiedere la presenza di un pubblico ministero. Proprio l'insieme di detti elementi, e le complessive modalita' dell'azione, unitamente al rigetto in sede civile di tutte le questioni proposte da (OMISSIS) in base alla denunciata falsita' della congruita' della parcella dell'avvocato, con condanna alle spese per lite temeraria, imponevano alla Corte di appello una piu' approfondita motivazione che, al contrario, si e' risolta nella laconica conclusione che la denuncia fosse "totalmente infondata" e comunque priva dei caratteri di serieta' e logicita', senza che ne venissero spiegate le ragioni. 3.6. Inoltre, nella sentenza impugnata, in ragione della ritenuta erronea assenza dell'elemento oggettivo del reato e' stato del tutto omesso l'esame del dolo sul quale il Tribunale aveva esposto, invece, plurimi argomenti proprio perche' nella calunnia questo si intreccia in modo stringente con il requisito oggettivo e puo' essere escluso solo quando vi sia un riconoscibile margine di serieta' delle accuse tale da ingenerare concretamente la presenza di condivisibili dubbi da parte di una persona di normale cultura e capacita' di discernimento, che si trovi nella medesima situazione di conoscenza (Sez.6, n. 12209 del 18/02/2020, Abbondanza, Rv. 278753). La decisione impugnata, in conclusione, non ha fornito l'obbligatoria motivazione rafforzata richiesta nella specie in quanto non ha delineato, come dovuto, le linee portanti del proprio alternativo ragionamento probatorio e non ha confutato, in modo specifico, i piu' rilevanti argomenti contenuti nella motivazione della sentenza di primo grado, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231679), fino a delineare una decisione, nuova e compiuta, che desse ragione delle difformi conclusioni. 4. Alla luce delle considerazioni esposte, il ricorso del Procuratore generale di Bari va dichiarato inammissibile e la sentenza della Corte di appello, inficiata dalle denunciate aporie, deve essere annullata con rinvio, limitatamente agli effetti civili, ai sensi dell'articolo 622 c.p.p., al giudice civile, competente per valore, in grado di appello (Sez. U, n. 40109 del 18/07/2013, Sciortinc, Rv. 256087 e Sez. U, n. 22065 del 28/01/2021, Cremonini, Rv. 281228), cui e' demandato di riesaminare i profili della decisione affetti dai vizi riscontrati e provvedere, altresi', alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimita'. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso del PG; annulla la sentenza impugnata, limitatamente agli effetti civili, con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DE STEFANO Franco - Presidente Dott. VALLE Cristiano - Consigliere Dott. TATANGELO Augusto - Consigliere Dott. PORRECA Paolo - Consigliere Dott. FANTICINI Giovanni - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 23128/2021 R.G. proposto da: (OMISSIS) S.R.L., rappresentata e difesa dall'avv. (OMISSIS), e dall'avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell'avv. (OMISSIS); - ricorrente - contro (OMISSIS) S.R.L., rappresentata e difesa dall'avv. (OMISSIS), dall'avv. (OMISSIS), e dall'avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell'avv. (OMISSIS); - controricorrente e ricorrente incidentale - avverso la sentenza n. 234/2021 della CORTE D'APPELLO di TRIESTE, depositata il 18/06/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/4/2023 dal Consigliere Dott. GIOVANNI FANTICINI; lette le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SOLDI ANNA MARIA, che ha chiesto che la Corte dichiari inammissibile il ricorso principale con conseguente assorbimento del ricorso incidentale; lette le memorie delle parti. FATTI DI CAUSA 1. In data 7/3/2013 la (OMISSIS) S.r.l. notificava alla propria debitrice (OMISSIS) S.r.l. il decreto n. 157 emesso dal Tribunale di La Spezia e recante ingiunzione di pagamento di Euro 92.140,08; in forza del provvedimento monitorio, non opposto, la creditrice promuoveva procedura espropriativa, in pendenza della quale la societa' debitrice veniva ammessa a procedura di concordato preventivo e, successivamente, dichiarata fallita. 2. Il 31/3/2015 la (OMISSIS) S.r.l. (in seguito, divenuta (OMISSIS) S.r.l.) acquistava dal Fallimento della (OMISSIS) S.r.l. l'azienda di cui l'acquirente era stata in precedenza affittuaria; tale vendita era conclusa tramite accordo col curatore fallimentare e con richiamo del diritto di opzione di vendita concesso al momento della stipula del contratto d'affitto con la societa' in bonis. 3. Ravvisando un subingresso della cessionaria nel debito della cedente a norma dell'articolo 2560 c.c., comma 2, la (OMISSIS) intimava alla (OMISSIS) il pagamento dell'importo (aggiornato all'attualita') del menzionato decreto ingiuntivo. 4. La (OMISSIS) proponeva opposizione ex articolo 615 c.p.c., comma 1, al precetto intimatole, deducendo che il titolo esecutivo, emesso contro la (OMISSIS) (poi fallita), non poteva essere impiegato nei suoi confronti, sia perche' il trasferimento dell'azienda era avvenuto nell'ambito della procedura concorsuale, con conseguente applicabilita' della L.Fall., articolo 105, sia perche' la responsabilita' del cessionario era condizionata al fatto che il debito risultasse dai libri contabili obbligatori (di cui l'opponente non era in possesso), circostanza della cui dimostrazione era onerata la creditrice opposta. 5. Il Tribunale di Gorizia, sospesa l'efficacia esecutiva del titolo, respinte le istanze istruttorie dell'opposta (che aveva formulato istanza ex articolo 210 c.p.c.), con la sentenza n. 219 del 19/6/2019 accoglieva l'opposizione, perche' la (OMISSIS) aveva omesso di provare che il debito fosse effettivamente risultante dai libri contabili della (OMISSIS). 6. La sentenza era fatta oggetto d'impugnazione della (OMISSIS) (che, con l'appello principale, deduceva la violazione dell'articolo 210 c.p.c.) e della (OMISSIS) (che proponeva appello incidentale condizionato); con la sentenza n. 234 del 18/6/2021, la Corte d'appello di Trieste respingeva il gravame, affermando che la responsabilita' dell'acquirente per i debiti relativi all'esercizio dell'azienda sorti anteriormente alla cessione era esclusa dalla L.Fall., articolo 105 (non risultando una "diversa convenzione"), disposizione applicabile anche nel caso in esame in quanto il trasferimento era avvenuto in base ad un accordo transattivo stipulato con la curatela fallimentare previo parere favorevole del comitato dei creditori e del giudice delegato. 7. Avverso tale decisione la (OMISSIS) proponeva ricorso per cassazione, basato su cinque motivi; resisteva con controricorso la (OMISSIS), che proponeva ricorso incidentale condizionato, affidato a quattro motivi. 8. Per la trattazione della controversia e' stata successivamente fissata l'udienza pubblica del 18/4/2023; il ricorso e' stato trattato e deciso in camera di consiglio - in base alla disciplina dettata dal Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8-bis, inserito dalla Legge di conversione n. 176 del 2020 e successivamente piu' volte prorogato - senza l'intervento del Procuratore Generale e dei difensori delle parti, non avendo nessuno degli interessati avanzato una tempestiva richiesta di discussione orale. 9. Nelle sue conclusioni motivate scritte il Pubblico Ministero concludeva per l'inammissibilita' del ricorso principale, con conseguente assorbimento dell'impugnazione incidentale. 10. Le parti depositavano memorie ex articolo 378 c.p.c. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Col primo motivo del ricorso, formulato ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la (OMISSIS) denuncia la nullita' della sentenza impugnata per violazione degli articoli 112, 115, 342, 345 e 346 c.p.c., avendo la Corte d'appello di Trieste rigettato l'appello sulla base del rilievo (ex officio e senza impugnazione dell'appellata) di una ragione di fondatezza dell'opposizione che il giudice di primo grado aveva, invece, ritenuto infondata, attribuendosi cosi' la prerogativa di correggere la motivazione della sentenza di prime cure. La ricorrente sostiene che il giudice d'appello non ha il potere di correggere la motivazione del giudice di primo grado, essendo tale potere riservato alla Corte di legittimita'; il giudice di secondo grado, percio', non potrebbe rilevare vizi o errori della pronuncia impugnata senza riformarla e, comunque, entro i limiti delle censure delle parti; ne' si puo' ritenere che la Corte d'appello di Trieste abbia operato entro i confini dell'appello incidentale condizionato della (OMISSIS), perche' il suo esame avrebbe comportato un preliminare vaglio di fondatezza dell'impugnazione della (OMISSIS). 2. Il motivo e' infondato. 3. Come correttamente rilevato dal Pubblico Ministero, "il rigetto dell'appello principale non e' stato disposto in relazione a motivi non dedotti, ma in virtu' di un diverso inquadramento giuridico della fattispecie compiuto, senza immutare i fatti posti a fondamento della domanda giudiziale dall'opponente". Percio', conformemente a quanto gia' statuito da questa Corte, "In tema di giudizio di appello, il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, come il principio del tantum devolutum quantum appellatum, non osta a che il giudice renda la pronuncia richiesta in base ad una ricostruzione dei fatti autonoma rispetto a quella prospettata dalle parti, ovvero in base alla qualificazione giuridica dei fatti medesimi ed all'applicazione di una norma giuridica diverse da quelle invocate dall'istante, ne' incorre nella violazione di tale principio il giudice d'appello che, rimanendo nell'ambito del petitum e della causa petendi, confermi la decisione impugnata sulla base di ragioni diverse da quelle adottate dal giudice di primo grado o formulate dalle parti, mettendo in rilievo nella motivazione elementi di fatto risultanti dagli atti ma non considerati o non espressamente menzionati dal primo giudice" (Cass., Sez. 6-L, Ordinanza n. 513 del 11/01/2019, Rv. 652131-01; in precedenza, analogamente, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 20652 del 25/09/2009, Rv. 609719-01). 4. Col secondo e il terzo motivo, entrambi formulati ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la ricorrente denuncia la nullita' della sentenza impugnata: - per violazione degli articoli 615, 100, 112, 163, 165 e 183 c.p.c.: la ricorrente sostiene che siano state tardivamente introdotte - con la memoria ex articolo 183 c.p.c., comma 6, n. 2, dell'opponente - circostanze di fatto, considerate decisive dalla Corte d'appello, riguardanti l'esperimento di una procedura competitiva anteriormente alla cessione d'azienda in favore della (OMISSIS); cosi' facendo, l'odierna controricorrente avrebbe inammissibilmente introdotto una nuova e differente ragione di opposizione, perche' "diverso e', infatti, sostenere, come controparte aveva fatto nell'atto di opposizione, che alla cessione d'azienda in questione si applica la deroga posta dalla L.Fall., articolo 105 all'articolo 2560 c.c., comma 2, poiche' il cedente e' nella fattispecie un fallimento, e sostenere, come controparte stessa ha poi fatto nella memoria istruttoria, che la ragione di tale deroga sta nel fatto che la cessione e' avvenuta all'esito di una procedura competitiva ai sensi della L.Fall., articolo 107 ".; - per violazione degli articoli 115, 116, 163, 165 e 183 c.p.c.: si contesta l'ammissibilita' dei documenti prodotti con la citata memoria ex articolo 183 c.p.c., comma 6, n. 2, dell'opponente, in quanto volti a provare circostanze tardivamente introdotte nel giudizio ed estranee alle ragioni di opposizione tempestivamente avanzate. 5. Le censure sono inammissibili per plurime ragioni. In primis, si rileva la violazione dell'articolo 366 c.p.c., dato che il ricorso manca della completa esposizione delle ragioni di opposizione originariamente avanzate e nella memoria ex articolo 183 c.p.c., comma 6, n. 1, (con la quale e' consentito precisare la domanda iniziale, anche introducendo fatti secondari) e, dunque, non consente alla Corte di esaminare se quanto riportato nella memoria istruttoria abbia (oppure no) attinenza con le precedenti difese tempestivamente svolte. In secondo luogo, i motivi non sono concludenti, perche' - anche se dichiaratamente tesi a incidere su elementi asseritamente decisivi della sentenza - sono in realta' inidonei a scalfire la ratio decidendi (a pag. 8 della sentenza impugnata) secondo cui "a norma della L.Fall., articolo 105 e' "esclusa" la responsabilita' dell'acquirente per i debiti relativi all'esercizio delle aziende cedute sorti prima del trasferimento "salva diversa convenzione" e, inoltre, il curatore puo' comunque procedere alla cessione delle attivita' e passivita' dell'azienda o dei suoi rami "esclusa" in tale evenienza la responsabilita' dell'alienante". In altri termini, anche a voler ritenere tardivamente introdotte e, dunque, inammissibili le circostanze che invece sono state prese in considerazione dalla Corte d'appello triestina, le stesse non assumono carattere di decisivita' (vieppiu' alla luce di quanto sara' esposto in relazione al quarto motivo). 6. Col quarto motivo, formulato ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si deduce la violazione o falsa applicazione degli articoli 2560 e 2697 c.c., L.Fall., articoli 105 e 107, per avere la Corte territoriale escluso la responsabilita' solidale dell'acquirente per debiti aziendali affermando che la cessione dell'azienda dal Fallimento (OMISSIS) S.r.l. a (OMISSIS) S.r.l. soggiace alla deroga stabilita dalla L.Fall., articolo 105 per le vendite competitive in sede concorsuale, sebbene la stessa si sia conclusa senza esperimento di una gara e, anzi, in forza di accoglimento, da parte della curatela, dell'offerta irrevocabile d'acquisto formulata dall'affittuaria alla societa' (OMISSIS), allora in bonis. 7. Con la censura in esame la ricorrente interpreta la L.Fall., articolo 105, comma 4, nel senso che l'esclusione della responsabilita' dell'acquirente dell'azienda per i debiti aziendali sorti prima del trasferimento trova applicazione solo in caso di vendita competitiva, a norma della L.Fall., articolo 107 (disposizione richiamata nel citato articolo 105, comma 2), con la conseguenza che, in caso di alienazione priva delle caratteristiche indicate dalla menzionata norma, il terzo potrebbe agire in executivis nei confronti dell'acquirente ex articolo 2560 c.c. 8. La tesi, per quanto suggestiva, e' infondata, sia perche' fornisce una lettura restrittiva della L.Fall., articolo 105, comma 4, sia perche' esula dal sindacato del giudice dell'opposizione all'esecuzione ogni valutazione sulla "sufficiente competitivita'" dell'alienazione dell'azienda compiuta dal curatore (posto che eventuali doglianze sono di esclusivo appannaggio del giudice fallimentare). 9. la L.Fall., articolo 105, comma 4, detta una regola - di carattere generale, in quanto conforme all'effetto purgativo caratteristico delle vendite forzate - secondo cui l'acquirente non risponde dei debiti pregressi, pur se iscritti nelle scritture contabili, in deroga all'articolo 2560 c.c., comma 2, a meno che gli stessi non vengano ceduti in base ad un'esplicita pattuizione; la norma mira, evidentemente, a favorire le alienazioni delle aziende che, se eccessivamente indebitate, non risulterebbero appetibili sul mercato. 10. Proprio la condizione "salva diversa convenzione" (nell'incipit della norma) dimostra che la liberazione dell'acquirente dai debiti antecedenti costituisce la norma, alla quale e' consentito derogare attraverso una deroga specifica e di natura pattizia, il che induce a concludere che anche le alienazioni concluse per contratto sono, di regola, assoggettate proprio alla disposizione della L.Fall., articolo 105, comma 4. 11. E' pur vero che, in linea con la riforma della Legge Fallimentare del Decreto Legislativo n. 5 del 2006, il legislatore ha improntato le modalita' di cessione dell'azienda del fallito a criteri di massima elasticita' analoghi a quelli del novellato L.Fall., articolo 107. Quest'ultima disposizione attribuisce al curatore la scelta delle forme da adottare, potendosi procedere anche ad alienazione preceduta da trattative ristrette, a vendita mediante commissionario o all'asta o senza incanto, ma, nonostante l'ampia gamma di modalita' a disposizione del curatore, la L.Fall., articolo 107 impone, quale regola, il ricorso a procedure competitive. Tuttavia, un'eventuale violazione di tale norma, anche sotto il profilo dell'inadeguato carattere competitivo delle operazioni espletate, va fatta valere nell'ambito della procedura concorsuale e coi rimedi previsti, dovendosi escludere l'ammissibilita' di un sindacato extrafallimentare riguardante il rispetto delle regole di alienazione dei beni del fallito, per di piu' da parte del giudice dell'esecuzione, cui e' istituzionalmente preclusa (salve tassative eccezioni che qui non ricorrono) la cognizione del merito di qualunque provvedimento giurisdizionale posto a base del processo esecutivo. Ad analoga conclusione deve giungersi rispetto alle conseguenze derivanti dalla vendita L.Fall., ex articolo 107 compiuta dagli organi della procedura concorsuale, dato che ogni sindacato sull'effetto purgativo dei gravami L.Fall., ex articolo 108 e' comunque demandato al giudice di detta procedura, con la conseguenza che non occorre, dunque, prendere posizione rispetto al possibile contrasto tra le affermazioni di Cass., Sez. 1, Sentenza n. 3310 del 08/02/2017, Rv. 643868-02, e di Cass., Sez. 1, Sentenza n. 23139 del 22/10/2020, Rv. 659118-01. 12. Anche in base a quanto fin qui argomentato, pertanto, si deve escludere non solo che l'eventuale violazione nel procedimento di alienazione dell'azienda possa essere vagliata da un giudice estraneo alla procedura concorsuale, ma pure che, in ogni caso, la stessa possa riverberarsi sulla validita' dell'atto negoziale posto in essere sulla sua base e sulle conseguenze che la legge - segnatamente la L.Fall., articolo 105, comma 4, - ad esso attribuisce; diversamente opinando risulterebbe minato l'affidamento del soggetto che acquista l'azienda dagli organi fallimentari, proprio in contrasto con la ratio che presidia la norma succitata. 13. Per quanto esposto, la cessione di azienda da parte del curatore del Fallimento (OMISSIS) S.r.l. alla (OMISSIS) S.r.l. - ancorche' derivante da procedura non competitiva (come sostiene l'odierna ricorrente) e in mancanza di denunce di vizi del procedimento di vendita al giudice della procedura concorsuale - rientra entro il perimetro della L.Fall., articolo 105 e determina l'effetto purgativo dei debiti pregressi previsto dal comma 4 della menzionata disposizione, senza che possa in alcun modo farsi derivare dalla (inammissibilmente) prospettata violazione del combinato disposto della L.Fall., articolo 105, comma 2 e articolo 107 la natura "privatistica" dell'alienazione e, dunque, l'applicabilita' dell'articolo 2560 c.c., comma 2. 14. In altre parole, e' del tutto irrilevante che la cessione dell'azienda sia avvenuta in esito a una procedura competitiva o per effetto di un accordo transattivo con la curatela fallimentare, poiche' a detto trasferimento si applica comunque la L.Fall., articolo 105, comma 4, e, quindi, l'acquirente - in assenza di una diversa convenzione - non risponde dei debiti aziendali sorti antecedentemente. 15. Col quinto motivo, formulato ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, si denuncia l'omesso esame di fatti decisivi e di prove agli atti, per avere la Corte d'appello compiuto una ricostruzione delle vicende negoziali oggetto di causa utilizzando documenti inammissibili, travisando il contenuto degli atti e omettendo di rilevare che dagli stessi risultava che la vendita di azienda conclusa dal Fallimento non era avvenuta all'esito di una procedura competitiva L.Fall., ex articoli 105-107. 16. Il motivo e' palesemente inammissibile, sia perche' l'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 non consente di denunciare l'omesso esame di prove, sia perche' si sottopongono alla Corte di legittimita' circostanze fattuali asseritamente risultanti da documenti richiedendo un loro riesame, per di piu' diretto, contrapposto a quello svolto nel merito, sia perche', alla luce di quanto illustrato in precedenza, e' del tutto irrilevante quali siano le concrete modalita' di espletamento delle operazioni che hanno condotto all'alienazione de qua, dovendo alla stessa comunque applicarsi la L.Fall., articolo 105. 17. In definitiva, il ricorso di (OMISSIS) dev'essere rigettato; cio' esime dall'esame delle censure svolte col ricorso incidentale di (OMISSIS), esplicitamente condizionato all'accoglimento dell'impugnazione principale. 18. Al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimita', che sono liquidate, secondo i parametri normativi, nella misura indicata nel dispositivo. 19. Va dato atto, infine, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis. P.Q.M. La Corte: rigetta il ricorso principale; dichiara assorbito il ricorso incidentale; condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese di questo giudizio, liquidate in Euro 7.500,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre ad accessori di legge; ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da' atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis qualora dovuto.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DE GREGORIO Eduardo - Presidente Dott. CATENA Rossella - Consigliere Dott. GUARDIANO Alfredo - Consigliere Dott. PILLA Egle - rel. Consigliere Dott. FRANCOLINI Giovanni - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 06/06/2022 della CORTE APPELLO di SALERNO; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; Udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. EGLE PILLA; Letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione Dr. MASTROBERARDINO PAOLA che ha concluso chiedendo l'inammissibilita' dei ricorsi. Lette la memoria e le conclusioni del difensore di fiducia, avv. (OMISSIS), per la parte civile, pervenute rispettivamente in data 2 e 8 febbraio 2023, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi e per la condanna alle spese in favore della parte civile come da nota depositata. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 6 giugno 2022 la Corte di appello di Salerno ha confermato la sentenza pronunciata in data 4 giugno 2021 dal Tribunale cittadino in composizione monocratica nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) con la quale ha condannato gli imputati per i reati di cui ai capi A) e B) (articoli 110 e 491 in rel. agli articoli 476 e 482 c.p.; articoli 110 e 482 in rel. all'articolo 476 c.p.), riconosciuto il vincolo della continuazione tra i reati alla pena di anni uno di reclusione ciascuno condizionalmente sospesa, oltre statuizioni accessorie e risarcimento del danno nei confronti della costituita parte civile. Ai ricorrenti e' contestato di avere, in concorso, formato due cambiali da 10.000,00 Euro ciascuna, con la firma falsamente apposta da (OMISSIS) depositata nel corso di un giudizio civile di opposizione a decreto ingiuntivo (capo A) e di avere formato una falsa comparsa di costituzione e risposta in data 26 maggio 2017, nel medesimo giudizio, con la falsa firma dell'avv. (OMISSIS) e con la sua falsa autentica di firma nella procura alle liti in calce all'atto. 2. Avverso la decisione della Corte di Appello hanno proposto ricorso gli imputati, attraverso il comune difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all'articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1. 2.1. Con il primo motivo, e' stata dedotta la mancata assunzione di una prova decisiva quando la parte ne ha fatto richiesta limitatamente ai casi di cui all'articolo 495 c.p.p., comma 2. Lamenta la difesa che nel corso del giudizio di primo e secondo grado era stata richiesta una perizia calligrafica ai sensi dell'articolo 220 c.p.p. per dimostrare la assoluta estraneita' degli imputati alla falsificazione, falsificazione agli stessi attribuita sulla base delle dichiarazioni della persona offesa. Sul rigetto della richiesta la sentenza impugnata non ha fornito adeguata risposta. 2.2. Con il secondo motivo e' stato dedotto vizio di motivazione quanto all'accertamento della penale responsabilita' degli imputati. La sentenza impugnata, lamenta la difesa, si rivela contraddittoria e illogica allorquando afferma che, pur non essendovi prova che siano stati loro a confezionare materialmente i documenti, erano comunque consapevoli che si stavano avvalendo di atti falsi. 2.3. Con il terzo motivo e' stato dedotto vizio di motivazione e travisamento della prova. Le dichiarazioni dei testi (OMISSIS) e (OMISSIS) sono state travisate, in quanto dalla deposizione delle stesse non si evince la colpevolezza degli imputati. 2.4. Con il quarto motivo e' stata dedotta violazione di legge in relazione alla qualificazione giuridica del reato sub B). Lamenta la difesa che la falsificazione della comparsa di costituzione e risposta e' da ricondurre in falso in scrittura privata ai sensi dell'articolo 485 c.p. reato depenalizzato con la conseguente necessita' di annullare la sentenza sullo specifico capo. CONSIDERATO IN DIRITTO I ricorsi sono inammissibili. 1.Il primo motivo risulta manifestamente infondato in quanto non si confronta con la sentenza impugnata la quale con motivazione logica e non contraddittoria ha chiarito perche' non fossero necessari accertamenti peritali sulla falsita' materiale dei plurimi documenti: l'accertamento della falsita' materiale dei documenti non appare decisiva dal momento che gli imputati (che verosimilmente non hanno falsificato di persona le firme) si sono avvalsi di documenti redatti da terzi, con la consapevolezza della loro falsita' e a fine di interesse personale. 1.2. Il secondo motivo e' manifestamente infondato anche in questo caso non confrontandosi con le logiche motivazioni della sentenza, strettamente legate peraltro all'inammissibilita' del primo motivo. Il concorso dei ricorrenti sussiste inequivocabilmente quanto meno sotto il profilo morale considerato che il comportamento degli imputati ha provocato il proposito preventivo e il disegno criminoso dell'autore materiale ed ha rappresentato un contributo causale determinante, nonche' la volonta' di cooperare per il raggiungimento dello scopo penalmente illecito. 1.3. Il terzo motivo e' generico essendosi la difesa limitata a dedurre il vizio di travisamento della prova in relazione ai contributi dichiarativi di (OMISSIS) e (OMISSIS) senza in alcun modo indicare in che cosa sarebbe consistito l'invocato travisamento. 1.4. Il quarto motivo e' inedito e comunque manifestamente infondato. Contrariamente a quanto sostiene la difesa dei ricorrenti quanto alla riconducibilita' della falsita' della comparsa di costituzione e risposta del 26.5.2017 nel reato di cui all'articolo 485 c.p. (depenalizzato dal Decreto Legislativo n. 6 del 2016), va evidenziato che dalla condotta descritta nel capo di imputazione di cui al capo B) gli imputati ebbero a falsificare la comparsa di costituzione e risposta depositata nell'ambito di un processo civile, redigendola in luogo dell'avvocato (OMISSIS) e apponendovi la falsa sottoscrizione di questi, (anche la procura alle liti apparentemente dai medesimi rilasciata all'avv. (OMISSIS), recante la falsa autentica della loro sottoscrizione da parte di quest'ultimo. L'autentica della firma costituisce un atto pubblico, posto che al momento della sottoscrizione della procura da parte del cliente, il difensore assume la veste di pubblico ufficiale, il quale certifica che la firma e' stata apposta da quel determinato soggetto. Pertanto, sia la sottoscrizione del cliente che la certificazione fatta dal difensore fanno piena prova fino a querela di falso. La falsificazione materiale di tale procura autenticata commessa da soggetti privati e' certamente punita dagli articoli 476 e 482 c.p., mentre l'uso di tale atto falso e' punito per effetto della previsione dell'articolo 489 c.p.. La comparsa di costituzione, atto difensivo recante la falsa sottoscrizione del difensore, una volta confluita nel processo assume valore di atto pubblico; ne deriva che, analogamente, la sua falsificazione ad opera del privato rende configurabile la fattispecie contestata. 2.Alla declaratoria di inammissibilita' dei ricorsi consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e alla corresponsione di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, somma che si ritiene equo determinare in Euro 3.000,00. 3. Quanto alla liquidazione delle spese processuali in favore della parte civile, le stesse possono essere liquidate in ossequio alle indicazioni delle S.U. n. 877 del 14/07/2022, (2023), Sacchettino, Rv.283886 le quali hanno stabilito che, con riferimento al giudizio di legittimita' celebrato con rito camerale non partecipato, nella vigenza della normativa introdotta per contrastare l'emergenza epidemiologica da Covid-19, la giurisprudenza di legittimita' (Sez. 2, n. 24619 del 02/07/2020, Puma, Rv. 279551-01) la parte civile, pur in difetto di richiesta di trattazione orale, ha diritto di ottenere la liquidazione delle spese processuali purche' abbia effettivamente esplicato, anche solo attraverso memorie scritte, un'attivita' diretta a contrastare l'avversa pretesa a tutela dei propri interessi di natura civile risarcitoria, fornendo un utile contributo alla decisione. 3.1. Nel caso in esame, la liquidazione delle spese processali riferibili alla fase di legittimita' in favore della parte civile e' dovuta nei limiti di cui alla parte dispositiva, avendo essa fornito il suo contributo con il deposito di memoria difensiva precedentemente alle conclusioni scritte e alla nota spese. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna, inoltre, gli imputati alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, che liquida in complessivi Euro 4.000,00, oltre accessori di legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. RICCIARELLI Massimo - Presidente Dott. VIGNA Maria Sabin - Consigliere Dott. RADDUSA P. Benedetto - Consigliere Dott. DI NICOLA T. Paola - rel. Consigliere Dott. TRIPICCIONE Debora - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: 1. (OMISSIS), nato il (OMISSIS); 2. Fallimento (OMISSIS) srl; 3. (OMISSIS), nato il 04/06/1963 a Castell'Umberto; 4. (OMISSIS) Spa; 5. (OMISSIS) srl; 6. (OMISSIS) srl; avverso il decreto del 28 marzo 2022 del Tribunale di Roma; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dalla Consigliera Paola Di Nicola Travaglini; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Luigi Orsi, che ha concluso per l'annullamento con rinvio del provvedimento impugnato in relazione ai ricorsi di (OMISSIS) srl; (OMISSIS) srl (con riguardo alle censure svolte con i motivi dal secondo al settimo); di (OMISSIS) Spa e di Fallimento (OMISSIS) srl e per rigetto degli altri ricorsi. RITENUTO IN FATTO 1. Con il decreto indicato in epigrafe, la Sezione specializzata - Misure di Prevenzione del Tribunale di Roma -, per quanto rileva in questa sede, ha rigettato ex articolo 59 del Decreto Legislativo n. 159 del 2011 le opposizioni presentate da taluni creditori avverso l'esclusione dallo stato passivo, formato dal Giudice delegato, con riguardo a varie societa' sottoposte alla confisca di prevenzione, disposta nei confronti di (OMISSIS). 2. Avverso il menzionato decreto hanno proposto ricorso, ai sensi dell'articolo 59, comma 9, Decreto Legislativo n. 159 del 2011, i suddetti opponenti. 3. Il ricorso di (OMISSIS). 3.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge in relazione al combinato disposto degli articoli 58 e 59 Decreto Legislativo n. 159 del 2011 e dell'articolo 34 c.p.p. ritenendo la Presidente del collegio e relatrice incompatibile a decidere il provvedimento impugnato, in forza della giurisprudenza sul punto, avendo applicato la misura di prevenzione, personale e patrimoniale, a (OMISSIS), cosi' esaminando anche la posizione di (OMISSIS), alle pagg. 12 e ss. del provvedimento, in quanto concorrente del proposto, ed esprimendo una valutazione di merito nell'ambito del medesimo procedimento. 3.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al combinato disposto degli articoli 58 e 59 Decreto Legislativo n. 159 del 2011 e dell'articolo 125 c.p.p. in quanto il decreto del Tribunale, con argomentazione manifestamente illogica e travisando circostanze decisive, aveva erroneamente ritenuto che i contratti preliminari di vendita, recanti la data del 31 marzo 2011, stipulati per l'acquisto di immobili in (OMISSIS) e conclusi tra il ricorrente e la societa' (OMISSIS) srl, per i quali (OMISSIS) vanta un credito di Euro 1.580.000 quale restituzione di importi versati, fossero contratti privi di data certa e l'acquirente non fosse in buona fede nonostante fosse stato l'unico ad essere inciso nel proprio diritto. 4.Il ricorso del Fallimento (OMISSIS) srl. Con un unico motivo di ricorso deduce violazione di legge in relazione al combinato disposto degli articoli 2697 c.c. e 165, comma 4, Decreto del Presidente della Repubblica n. 554 del 1999, in quanto il decreto del Tribunale, ritenendo tutto il credito privo di certezza, e dunque necessitante di un accertamento giudiziario in sede civile, non aveva considerato che la direzione dei lavori, in ottemperanza a detta ultima disposizione, avesse espresso valutazione positiva di consenso alle riserve iscritte dall'appaltatore ente pubblico con cio' rendendo certo il credito e riconoscendo il debito nella misura di Euro 46.872,39 per la riserva n. 8, in luogo dei richiesti Euro 55.535,79, nel termine di legge di 15 giorni dalla formulazione delle riserve, come risulta dal registro della contabilita' alla data del 30 aprile 2013, antecedente al decreto di confisca del Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.l., originario esecutore dell'appalto da cui origina il credito. Il committente ente pubblico ha riconosciuto il credito, tanto da realizzare il requisito della certezza. 5. Il ricorso di (OMISSIS). Con un unico motivo di ricorso deduce violazione dil legge e vizio di motivazione in relazione al combinato disposto degli articoli 58 e 59 Decreto Legislativo n. 159 del 2011 e dell'articolo 99 legge fallimentare in quanto il decreto impugnato, a fronte di un credito contenuto nella scheda riepilogativa allegata all'istanza di ammissione al passivo e di cui era stata documentalmente dimostrata l'anteriorita', oltre che la buona fede e l'assenza di connivenza con l'attivita' del proposto, aveva erroneamente ritenuto che l'istanza fosse priva dell'indicazione dell'importo richiesto, in adesione ad una interpretazione formalistica dell'articolo 58 Decreto Legislativo n. 159 del 2011. 6. Il ricorso di (OMISSIS) Spa, mandataria dell'istituto di credito ipotecario (OMISSIS) srl. 6.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli articoli 112 e 115 c.p.p.. La societa' premette di agire non in proprio, ma quale mandataria dell'istituto di credito ipotecario (OMISSIS) srl in virtu' di procura speciale del Notaio (OMISSIS) di (OMISSIS) (all. 2 del ricorso), in relazione al credito vantato dall'istituto bancario nei confronti del Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.l. Il Tribunale le aveva negato la legittimazione ritenendo erroneamente che in sede di verifica dei crediti avesse agito ex articolo 58 Decreto Legislativo n. 159 del 2011 in qualita' di cessionaria del credito originariamente vantato dalla banca (OMISSIS) S.p.A. nei confronti del Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.l. in forza del contratto di mutuo del 2 novembre 2006; mentre in sede di opposizione, ex articolo 59 Decreto Legislativo n. 159 del 2011, avesse agito solo quale mandataria di (OMISSIS) srl. Infatti, dai documenti in atti risulta che: l'istanza ex articolo 58 Decreto Legislativo n. 159 del 2011 e' stata depositata il 02/05/2019 dalla (OMISSIS) Spa, in qualita' di mandataria e procuratrice speciale di (OMISSIS) srl; mentre (OMISSIS) Spa era solo procuratrice speciale di (OMISSIS) srl per la successiva fase dell'opposizione ex articolo 59 Decreto Legislativo n. 159 del 2011. 6.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli articoli 2697 c.c., 50 e 58 L. n. 130 del 1999, 111 e 115 c.p.c. per avere il Tribunale negato la legittimazione attiva della (OMISSIS) srl a richiedere l'ammissione del credito, quale titolare di quello cedutole dalla Banca (OMISSIS), per assenza di prova dell'avvenuta cessione nonostante: a) il decreto del Tribunale di Roma del 16 febbraio 2021 avesse ammesso il credito per Euro 89.631,83, cosi' riconoscendone la legittimazione; b) l'opponente. avesse fornito l'intera documentazione (elencata a pagina 13 del ricorso) e comunque risultasse dall'avviso di cessione pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. 6.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla mancata rilevazione della buona fede della (OMISSIS) srl e dell'inconsapevole affidamento. Il ricorso censura il Tribunale per avere omesso qualsiasi valutazione sul merito dell'opposizione presentata per contestare il difetto di buona fede dell'istituto di credito ritenuta nel provvedimento di rigetto di ammissione al passivo. Infatti, la Banca Antonveneta, che aveva concesso il mutuo di credito fondiario al Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.l. prima della fusione per incorporazione con la banca (OMISSIS), che a sua volta aveva ceduto il portafoglio alla (OMISSIS) srl, non aveva avuto alcun rapporto con il proposto che, peraltro, non aveva mai ricoperto cariche all'interno del Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.l. Inoltre, il provvedimento impugnato non aveva valutato e accertato la strumentalita' del credito cosi' disattendendo la giurisprudenza sul punto. Infine, la ricorrente ritiene di avere puntualmente dimostrato la buona fede della (OMISSIS) srl che aveva adempiuto agli obblighi di istruzione della pratica di concessione del mutuo dalla quale non erano emersi elementi dubbi sull'affidabilita' del Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.l. e di Larnbiase, proprio alla luce della documentazione da questi prodotta e specificamente indicata, non avendo peraltro i poteri di indagine degli organi inquirenti per svolgere accertamenti. 6.4. Violazione d legge e vizio di motivazione per mancata argomentazione circa la strumentalita' del credito. 7. Il ricorso di (OMISSIS) srl. 7.1. Con il primo motivo di ricorso deduce violazione di legge in relazione all'articolo 59, comma 8, Decreto Legislativo n. 159 del 2011 in quanto il provvedimento che ha definito la procedura e' datato 28 marzo 2022 mentre la trattazione dell'opposizione allo stato passivo, inizialmente fissata per detta data, era stata rinviata, per legittimo impedimento del giudice relatore, all'udienza del 23 maggio 2022 in cui la difesa aveva svolto le deduzioni di cui al verbale. 7.2. Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione per travisamento. Il ricorso censura il Tribunale per avere respinto l'opposizione della societa' per assenza di data certa della cessione del credito del 15 maggio 2013, in forza della quale (OMISSIS) srl aveva acquistato dalla cedente (OMISSIS) il credito oggetto della domanda di ammissione al passivo del Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.l. Al contrario, (OMISSIS) srl, unitamente alla domanda di ammissione al passivo, aveva prodotto l'atto pubblico notarile del 31 luglio 2013 da cui risultava che (OMISSIS) avesse gia' ceduto il proprio credito nei confronti di (OMISSIS) srl, atto da ritenersi equipollente a quelli previsti dall'articolo 2704 c.c. 7.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge in relazione all'articolo 1264 c.c. che, diversamente da quanto sostenuto dal provvedimento impugnato, non subordina l'efficacia della cessione del credito alla sua notificazione al debitore sebbene, nella specie, questa fosse stata eseguita nei confronti del Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.l. 7.4. Con il quarto motivo deduce violazione di legge in relazione all'articolo 112 c.p.p. in quanto il Tribunale, con un vizio di ultrapetizione, aveva rilevato d'ufficio l'inopponibilita' della cessione del credito nonostante si trattasse di un'eccezione in senso stretto che avrebbe potuto far valere soltanto l'Amministratore giudiziario, parte interessata, che invece non lo aveva fatto. 7.5. Con il quinto motivo deduce violazione di legge in relazione agli articoli 1988, 2710, 2697, 1218 c.c. e 115 c.p.p. in quanto il Tribunale aveva escluso il credito vantato dalla societa' nei confronti del Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.I., pari ad Euro 3.455.873,65, a titolo di riserve ritualmente iscritte nel registro di contabilita' ed inerenti al contratto di appalto aggiudicato per i lavori di riqualificazione del centro storico di Sassari, eseguiti da (OMISSIS), in quanto aveva ritenuto non sufficiente l'iscrizione delle riserve alla luce di un precedente giurisprudenziale non conferente, vertendosi nel caso in esame in ipotesi di responsabilita' da inadempimento ex articolo 1218 c.c. Invero, la societa' ricorrente aveva pienamente assolto al proprio onere probatorio dimostrando: a) la fonte negoziale (delibera consortile del 27 ottobre 2006 e atto notarile di assegnazione del 24 novembre 2006) con documenti dimostrativi dell'affidamento dei lavori dal Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.l. alla consorziata (OMISSIS); b) l'espletamento delle prestazioni che legittimavano le sue pretese economiche, comprovate da scritture contabili ric:omprese nell'alveo dell'articolo 2710 c.c. quali il certificato di ultimazione dei lavori del 17 dicembre 2010 e il certificato di collaudo del 12 dicembre 2011; c) l'inadempimento del Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.l. che non aveva pagato nulla. Le riserve iscritte da (OMISSIS) nei registri di contabilita', inoltre, erano state sottoscritte dal Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.l senza alcuna contestazione, in tal modo riconoscendo il credito successivamente ceduto a (OMISSIS) srl, con conseguente inversione dell'onere della prova da porsi definitivamente a carico del Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.l. 7.6. Con il sesto motivo deduce vizio di motivazione con riferimento a) alla sollevata eccezione preliminare di nullita' dello stato passivo alla quale il provvedimento impugnato aveva risposto con un richiamo generico al parere dell'amministratore giudiziario, senza scrutinare le allegazioni della ricorrente; b) ai crediti di (OMISSIS) nei confronti del Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.l. relativi ad un credito di Euro 357.774,58 (in relazione ad appalti per i quali erano state emesse regolari fatture) e ad un credito di Euro 289.697,38 relativo a consulenze fittizie fatturate dal Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.I nei confronti di (OMISSIS) ed illegittimamente compensati. 7.7. Con il settimo motivo la difesa lamenta la mancata assunzione di una prova decisiva e vizio di motivazione quanto alla ignorata richiesta istruttoria di ordinare al Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.l la contabilita' dimostrativa. 8.11 ricorso di (OMISSIS) srl. 8.1. Il primo motivo censura il decreto impugnato per avere applicato retroattivamente l'articolo 52 Decreto Legislativo n. 159 del 2011 nella sua attuale formulazione, sebbene il contratto e l'attivita' di progettazione della societa' fossero avvenuti tra il 2013 e il 2014 e dunque nella vigenza della disciplina antecedente che faceva salvi i diritti dei terzi creditori, laddove il credito non fosse strumentale all'illecito, a meno che il creditore dimostrasse di avere ignorato in buona fede il nesso di strumentalita'. 8.2. Con il secondo motivo di ricorso deduce vizio di motivazione in quanto il Tribunale aveva ritenuto, apoditticamente, la strumentalita' del credito di (OMISSIS) srl e l'assenza di buona fede del creditore. La qualita' di (OMISSIS), legale rappresentante della societa' istante, quale prestanome del (OMISSIS) (destinatario della confisca) era stata desunta dal contenuto del decreto di confisca, ritenuto definitivo nonostante risulti proposto ricorso alla Corte EDU. Il Tribunale, inoltre, non aveva tenuto conto della sentenza assolutoria per insussistenza del fatto, emessa nei confronti di (OMISSIS), dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, irrevocabile il 14 maggio 2021, in cui era imputato quale legale rappresentante della (OMISSIS) srl, in concorso col proposto (OMISSIS), amministratore di fatto della citata Societa'. Infine, l'assunto della strumentalita' del credito di (OMISSIS) srl era illogico rispetto alla riconosciuta buona fede della Banca Intesa Sanpaolo che aveva finanziato l'intera operazione immobiliare di costruzione di un villaggio turistico in Sicilia realizzata da (OMISSIS) srl, societa' di cui lo (OMISSIS) era legale rappresentante. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Le presenti opposizioni allo stato passivo riguardano le domande di ammissione al credito presentate dai terzi creditori delle societa' sottoposte a confisca, fra l'altro il Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.I., nell'ambito del procedimento di prevenzione nei confronti di (OMISSIS), per i cui vizi denunciati, ai sensi del Decreto Legislativo n. 159 del 2011 articolo 59, comma 7, non si applicano le ordinarie limitazioni previste per il ricorso in cassazione in materia di misure di prevenzione, cosi' che possono essere dedotti vizi diversi da quelli della mera violazione di legge (Sez. 6, n. 28350 del 15/07/2020, Intesa Sanpaolo, Rv. 279627). 2. Per ragioni di logica espositiva vengono affrontati prima i motivi di ricorso proposti da Fallimento (OMISSIS) srl e (OMISSIS) srl, le cui pretese riguardano il riconoscimento di un credito fondato su una riserva apposta in un appalto di lavori pubblici, in quanto pongono questioni che, pur diverse, rendono opportuna una premessa ricostruttiva comune, utile per risolverle. 2.1. Lo strumento della riserva, previsto gia' dall'articolo 54 del Regio Decreto 25 maggio 1895, n. 350 (Regolamento sui lavori pubblici), successivamente riprodotto negli articoli 164 e ss. del Decreto del Presidente della Repubblica n. 554 del 1999, ha lo scopo di consentire alle stazioni appaltanti di tenere sotto costante controllo l'andamento della spesa relativamente alla realizzazione delle opere pubbliche e di permettere alla parte privata di avanzare richieste per compensi, risarcimenti o indennizzi relativi ai lavori eseguiti. L'articolo 31 del Decreto Ministeriale n. 19 aprile 2000, n. 145 (Regolamento recante il capitolato generale d'appalto dei lavori pubblici, ai sensi dell'articolo 3, comma 5, della L. 11 febbraio 1994, n. 109) prevede (articolo 31) che "1.L'appaltatore e' sempre tenuto ad uniformarsi alle disposizioni del direttore dei lavori, senza poter sospendere o ritardare il regolare sviluppo dei lavori, quale che sia la contestazione o la riserva che egli iscriva negli atti contabili. 2 Le riserve devono essere iscritte a pena di decadenza sul primo atto dell'appalto idoneo a riceverle, successivo all'insorgenza o alla cessazione del fatto che ha determinato il pregiudizio dell'appaltatore... Le riserve non espressamente confermate sul conto finale si intendono abbandonate. 3.Le riserve devono essere formulate in modo specifico ed indicare con precisione le ragioni sulle quali esse si fondano. In particolare, le riserve devono contenere a pena di inammissibilita' la precisa quantificazione delle somme che l'appaltatore ritiene gli siano dovute; qualora l'esplicazione e la quantificazione non siano possibili al momento della formulazione della riserva, l'appaltatore ha l'onere di provvedervi, sempre a pena di decadenza, entro il termine di quindici giorni fissato dall'articolo 165, comma 3, del regolamento". Inoltre, l'articolo 190, comma 3, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 207 dei 2010 (Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante "Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE", applicabile ratione temporis al rapporto contrattuale che occupa le ricorrenti) definisce le richieste dell'appaltatore domande e utilizza il termine riserva quando, al momento della sottoscrizione degli atti contabili, l'appaltatore non sia in grado di formulare e quantificare le proprie domande ("Se l'esecutore, ha firmato con riserva, qualora l'esplicazione e la quantificazione non siano possibili al momento della formulazione della stessa, egli esplica, a pena di decadenza, nel termine di quindici giorni, le sue riserve, scrivendo e firmando nel registro le corrispondenti domande di indennita' e indicando con precisione le cifre di compenso cui crede aver dritto, e le ragioni di ciascuna domanda"). Le domande formulate con le riserve si risolvono quindi in una richiesta di rettifica della contabilita' e della sua integrazione con le somme e per i titoli che l'appaltatore ha l'onere di specificare. Si tratta di domande il cui oggetto son pretese di natura patrimoniale e, ove non accolte, possono dar luogo ad un procedimento contenzioso. 2.2. In tema di appalto di opere pubbliche, l'appaltatore che intenda richiedere maggiori compensi, corrispettivi, rimborsi, indennizzi o risarcimenti, per imprevisti emersi in stretta connessione alla tipologia dei lavori affidati o di altri fatti comunque incidenti sulle originarie previsioni contrattuali (per esempio: la necessita' di lavorazioni aggiuntive; gli aumenti dei costi di produzione per carenze od errori commessi in sede di progettazione; la sospensione dei lavori per cause imputabili all'appaltante, con connesse maggiori spese di cantiere, ecc.), che hanno determinato esborsi superiori a quanto originariamente pattuito deve, a pena di decadenza, rispettare i seguenti requisiti formali previsti dalla legge: a) iscrivere tempestivamente apposita riserva nel registro di contabilita'; b) provvedervi entro il momento della prima annotazione successiva all'insorgenza della situazione integranti la fonte delle vantata in regioni; c) esplicarle entro 15 giorni; d) confermarle nel conto finale (tra le tante, Sez. 1 civ., n. 27451 del 20/09/2022, Rv. 665691; Sez. 1 civ., n. 22840 del 09/11/2016, ord. Sez. 1 civ. n. 11188 del 09/05/2018, Rv. 648925). 2.3. Poiche' la riserva e' essenzialmente un espediente tecnico, che consente all'appaltatore di firmare i documenti contabili facendo salve le domande di maggiori compensi rispetto a quelli determinati nella contabilita' dei lavori, essa non e' costitutiva di un diritto ma si configura come una mera "pretesa" soggetta alle forme sopra indicate (articolo 164 Decreto del Presidente della Repubblica n. 554 del 1999; articolo 31 Decreto Ministeriale n. 145 del 2000; articolo 190 Decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010) non sostituibili da atti equipollenti, quali l'invio di una lettera o di una diffida o il riconoscimento, al di fuori di una riserva, da parte della direzione lavori delle ragioni dell'appaltatore (Sez. 1 civ., n. 17702 del 02/09/2005 Rv. 587082; Sez. 1 civ., n. 1458 del 18/04/1975, Rv.375024). La ratio dell'iscrizione delle riserve, secondo la Corte costituzionale, e' infatti quella di consentire "un monitoraggio costante, da parte della stazione appaltante, sull'esecuzione del contratto e, per questo, e' stata configurata quale onere per l'appaltatore, che intenda far valere pretese nei confronti del committente, onere il cui mancato rispetto e' sanzionato con la decadenza dalle relative azioni (articolo 190 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010)" (Corte Cost., sent. n. 109 del 2021). Ma il suo scopo e' anche quello di assicurare la continuazione dell'opera, rimandando ad un momento successivo la risoluzione delle controversie tra le parti sulle pretese dell'appaltatore relative a costi o oneri aggiuntivi, evitando ulteriori sospensioni dei lavori (Sez. 1 civ., n. 15693 del 12/06/2008,). Dunque, l'iscrizione delle riserve sul registro di contabilita', sottoposta ad inderogabili oneri formali, e' condizione necessaria ma non sufficiente per la loro efficacia essendo indispensabile, a questo fine, anche la conferma all'atto della sottoscrizione sul conto finale (Sez.1 Civ., n. 22840 del 09/11/2016, Rv.642403). In sostanza, l'scrizione della riserva, quale mera "pretesa" impone comunque all'appaltatore che intenda far valere il proprio diritto in giudizio di provare i fatti che ne costituiscono il fondamento secondo gli ordinari criteri di cui all'articolo 2697 c.c. (Sez. 1 civ., n. 19802 del 04/10/2016, Rv.641840). Ad ulteriore conferma dell'inidoneita' dell'iscrizione a riserva ad assumere efficacia costitutiva del diritto si puo' richiamare la giurisprudenza della Corte di cassazione civile sulla decorrenza degli interessi. Questi, infatti, essendo interessi corrispettivi, ex articolo 1281 c.c., decorrono dal momento in cui l'obbligazione assume il carattere di liquidita' e non sono quindi dovuti dalla data di formulazione della riserva, che "si esaurisce nella quantificazione di una pretesa di integrazione del corrispettivo e non implica un immediato soddisfacimento, ma resta soggetta, ad un successivo procedimento di verifica", ma vanno liquidati dalla data di costituzione in mora del debitore costituita, in assenza di precedenti atti di richiesta, dalla data di notifica dell'atto introduttivo del giudizio (Sez. 1 civ., ord. n. 727 del 15/01/2020, Rv. 656765 e Sez. 1 civ., n. 3768 del 21/02/2006, Rv. 586985). 2.4. Il riconoscimento delle richieste dell'appaltatore, che attraverso le iscrizioni delle riserve, come scritto, avanza mere pretese, puo' avvenire soltanto nelle forme previste dalla legge, cioe' attraverso i rimedi alternativi previsti prima dagli articoli 239 e ss Decreto Legislativo n. 163 del 2006 e poi dagli articoli 204 e ss Decreto Legislativo n. 50 del 2016 (accordo bonario, transazione, ecc.) oppure tramite l'accertamento giudiziale. 2.5. Quando l'appaltatore e' un consorzio, che a sua volta fa eseguire i lavori ad una consorziata, nasce una triangolazione con l'ente appaltante che puo' essere configurato gia' nel patto consortile tra consorzio e consorziata. Il consorzio puo' partecipare alla gara d'appalto in proprio ed eseguire in proprio le prestazioni oppure indicare per quali consorziate concorre, designandole anche con indicazione specifica delle loro prestazioni (articolo 48 Decreto Legislativo n. 50 dl 2016). La valutazione nel merito di detti atti (patto consortile, tipo di offerta del consorzio nella gara pubblica, indicazione o meno delle consorziate, ecc.) costituiscono presupposti imprescindibili sia per stabilire se assuma o meno rilevanza esterna il negozio tra consorzio stabile e consorziata esecutrice, sia se avvenga o meno "il ribaltamento" integrale o parziale dei costi o dei ricavi derivanti dai lavori svolti dalla consorziata che ha eseguito i lavori (Sez. U. civ., n. 12190 del 14/06/2016, Rv. 630970). 3.Il ricorso di Fallimento (OMISSIS) srl e' fondato. Cosi' delineati i tratti principali della disciplina e' possibile esaminare il motivo di ricorso avverso il provvedimento impugnato che non ha riconosciuto l'intero diritto di credito del terzo da inquadrare, preliminarmente, nel suo preciso sviluppo e nella sua entita'. 3.1. Con contratto del 12 settembre 2007 il Commissario delegato per l'emergenza socio-idrografica del fiume (OMISSIS) aveva affidato l'esecuzione dell'appalto di opere pubbliche di completamento della rete fognaria del Comune di (OMISSIS) al Consorzio (OMISSIS) Scarl che, nel 2011, aveva comunicato la variazione societaria in capo alla (OMISSIS) Spa, propria consorziata, successivamente sostituita con la ditta esecutrice dei lavori, (OMISSIS) srl, anch'essa consorziata, odierna ricorrente. Si era costituito, dunque, un rapporto trilatero tra l'ente pubblico/appaltatore, il Consorzio (OMISSIS) Scarl/affidatario dei lavori, la consorziata (OMISSIS) srl/esecutrice dei lavori. Quest'uitima, per i lavori effettuati alla data dell'11. aprile 2013, aveva comunicato al Consorzio (OMISSIS) Scarl riserve iscritte in contabilita', per maggiori oneri e costi, per un ammontare complessivo di Euro 7.304.221,72, invano richieste dal Consorzio (OMISSIS) Scarl all'ente pubblico committente. Con raccomandata del 24 giugno 2016 la (OMISSIS) srl, al fine di ottenere il pagamento del credito, aveva attivato la procedura di composizione bonaria del contenzioso ex articolo 205 Decreto Legislativo n. 50 del 2016, di cui al par. 2.4., nei confronti del Consorzio (OMISSIS) Scarl, ma questa non si era conclusa in quanto il citato Consorzio era stato attinto da interdittiva antimafia del 27 settembre 2013. La consorziata (OMISSIS) srl aveva quindi formulato istanza tardiva di accertamento del- credito vantato nei confronti del Consorzio. 3.2. Il provvedimento impugnato ha accolto l'opposizione allo stato passivo con riferimento alla somma di Euro 367.403,14 e l'ha rigettata per la somma di Euro 7.304.221,72 trattandosi di riserva iscritta dal Consorzio (OMISSIS) Scarl nella propria contabilita' con riferimento ai lavori di appalto, ma da non ritenersi fatto costitutivo del diritto al compenso. In questa sede agisce il fallimento della (OMISSIS) srl, fallita con sentenza del 21 settembre 2021, chiedendo l'ammissione al passivo per la minore somma di Euro 46.872,39 in quanto riconosciuta dal committente ente pubblico tramite la valutazione positiva del direttore dei lavori. Al riguardo il ricorrente richiama e allega il riconoscimento di debito dell'ente pubblico relativo alla riserva n. 8, con sottoscrizione del direttore dei lavori (OMISSIS), per la minore somma in questa sede richiesta, gia' allegata nel fascicolo dell'opposizione. Il provvedimento impugnato si limita, come ricordato, a rigettare l'opposizione dell'intero credito sul presupposto che "la mera iscrizione della riserva nella contabilita' non puo' ritenersi fatto costitutivo del diritto al compenso; non e' certo", ma non affronta il tema del riconoscimento di debito da parte dell'ente pubblico che e' stato ribadito, in sede di ricorso, seppur limitatamente all'importo di Euro 46.872,39 per il quale risulta un principio di allegazione attraverso il richiamo a un documento che lo comproverebbe. L'omessa motivazione sul punto impone l'annullamento con rinvio. Il Tribunale dovra' colmare il difetto di motivazione esaminando la rilevanza del documento prodotto dal fallimento (OMISSIS) srl, tenuto conto dei principi che presiedono alla disciplina sui contratti di appalto pubblico ma anche di quelli che ineriscono ai rapporti tra consorzio e consorziata, dovendosi rilevare che nel caso di specie l'elemento valorizzato dalla ricorrente non si risolve in un generico riconoscimento da parte del direttore dei lavori ma in una definita e puntuale delimitazione da parte di quest'ultimo della pretesa formulata, formulata a fronte di riserve di cui non si contesta la validita' formale, e valorizzabile dunque ai fini dell'assolvimento all'onere probatorio. Deve ritenersi assorbita ogni questione in merito alla verifica della buona fede, gia' riconosciuta in sede di opposizione con riferimento ad altro credito vantato dalla (OMISSIS) srl, oggi fallimento (OMISSIS) srl. 4. Il ricorso di (OMISSIS) srl e' fondato nei limiti di seguito indicati. 4..1. Il primo motivo di ricorso e' manifestamente infondalo. Dalla lettura degli atti, consentita in ragione dell'eccezione svolta, risulta che il riferimento, contenuto nel decreto, alla data del 28 marzo 2022 quale o' udienza in cui il collegio si era riservato di decidere, e' un mero refuso in quanto, come rappresenta la stessa difesa a pag. 7 dei ricorso, l'udienza del 28 marzo 2022 era stata fissata per la trattazione congiunta delle opposizione allo stato passivo e poi era stata differita, per legittimo impedimento del giudice relatore, al 23 maggio 2022, udienza nella quale, come riconosce la stessa ricorrente, il difensore aveva insistito per l'accoglimento dell'opposizione e, dunque, i suoi argomenti, cosi' come quelli degli altri, erano stati puntualmente esaminati. 4.2. Il secondo motivo di ricorso e' fondato. 4.2.1. E' necessario premettere che con contratto del 15 maggio 2013 la societa' costruttrice (OMISSIS), consorziata al Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.I., aveva ceduto alla societa' (OMISSIS) srl tutti i diritti, inclusi quelli di credito, derivanti dal contratto di appalto stipulato tra il Comune di Sassari e il Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.I., oggetto di confisca, per lavori svolti all'aeroporto di (OMISSIS). Il credito vantato dalla societa' costruttrice (OMISSIS),, nei confronti del Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.I., era pari ad Euro 4.103.345,6 di cui Euro 3.455. 873,65 a titolo di riserve iscritte nel registro di contabilita' per i lavori eseguiti ed Euro 357.774,98 quale credito residuo fondato su fatture. 4.2.2. Il Tribunale ha respinto l'opposizione della societa' (OMISSIS) srl per l'ammissione del credito di Euro 4.103.345,6 per l'assenza di data certa della cessione del credito del 15 maggio 2013, in forza della quale (OMISSIS) srl aveva acquistato dalla cedente (OMISSIS) srl il credito oggetto della domanda di ammissione al passivo del Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.i. L'argomento del Tribunale e' che l'atto pubblico notarile del 31 luglio 2013, da cui risultava che (OMISSIS) avesse gia' ceduto il proprio credito nei confronti di (OMISSIS) srl, non fosse equipollente agli atti previsti dall'articolo 2704 c.c. e che "la cessione tra (OMISSIS) srl e (OMISSIS) srl allegata in atti e' priva di data certa". Premesso che la questione della data certa non era stata oggetto di opposizione, in quanto il Giudice delegato nel rigettare la richiesta di ammissione del credito non aveva menzionato l'assenza di tale presupposto, l'argomento del Tribunale non e' corretto. Al fine dell'opponibilita' del credito alla procedura concorsuale e dell'ammissione del credito allo stato passivo l'articolo 52, comma 1, Decreto Legislativo n. 159 del 2011 stabilisce che la confisca non pregiudica i diritti di credito dei terzi che risultano "aventi data certa", anteriore al sequestro. Per l'individuazione della "data certa" della scrittura privata nei confronti dei terzi soccorre la disciplina civilistica di cui all'articolo 2704 c.c. per come interpretato dalla giurisprudenza civile di legittimita' che ha contribuito a delineare l'ambito della disposizione. L'articolo 2704 c.c., che non contiene un'elencazione tassativa di fatti in base ai quali la data di una scrittura privata non autenticata possa ritenersi certa, consente al giudice di merito di valutare, con il suo prudente apprezzamento, caso per caso, la sussistenza di un fatto, diverso dalla registrazione, che sia idonea a dimostrare con certezza, secondo l'allegazione della parte, l'anteriorita' della formazione del documento rispetto ad una data determinata (Sez. 6 civ., n. 17926 del 12/09/2016, Rv. 641344, Sez. 1 civ., n. 23425 del 17/11/2016, Rv. 642656; Sez. 5, n. 22618 del 07/03/2022, Gruppo e Ceramiche, Rv. 283137) restando, invece, affidata alle regole del diritto comune la prova del momento in cui un rapporto contrattuale ha avuto inizio, come pure quella della sua effettiva durata. Al di la' del fatto che la questione inerisce al diritto di credito tra l'originario creditore e il proposto o terzo intestatario, in ogni caso, nella specie, vi e' la prova della cessione del credito avvenuta con atto pubblico notarile del 31 luglio 2013 cioe' un atto che e' pacificamente equipollente a quelli previsti dall'articolo 2704 c.c. 4.3. Il terzo ed il quinto motivo di ricorso, esaminabili congiuntamente, sono anch'essi fondati. Il Tribunale ha escluso l'opponibilita' alla procedura del credito di Euro 3.455.873,65 sotto due profili: a) per omessa notifica della cessione agli enti debitori; b) per assenza di prova che le riserve iscritte in contabilita' fossero state accettate dal Comune di (OMISSIS). Va premesso che cosi' come precisato per il fallimento (OMISSIS) srl ai parr. 2.1. e ss e 3.1. e ss., anche qui si e' costituito a monte un rapporto trilatero tra l'ente pubblico/appaltatore, il Consorzio (OMISSIS) Scarl/affidatario dei lavori, la consorziata (OMISSIS) srl /esecutrice dei lavori. A seguito della cessione del credito vantato da (OMISSIS) srl a favore della (OMISSIS) srl, quest'ultima si e' sostituita alla consorziata quale titolare del diritto di credito vantato nei confronti del Consorzio (OMISSIS) Scarl. In presenza della situazione contrattuale ora descritta nessun rilievo assumono i sintetici argomenti utilizzati dal Tribunale per rigettare l'opposizione. L'omessa notifica all'ente pubblico della cessione del c:redito e' elemento estraneo al credito azionato che riguarda soltanto il rapporto tra Consorzio (OMISSIS) Scarl e la consorziata (OMISSIS) srl ed oggi la cessionaria (OMISSIS), al di la' di elementi documentali, a partire dall'offerta della gara d'appalto da parte del Consorzio (OMISSIS) Scarl, da cui poter o meno desumere la valenza esterna del rapporto tra Consorzio ed esecutrice dei lavori. E' dunque errato l'apodittico richiamo operato dal Tribunale alla necessita' della notifica all'ente pubblico debitore, come previsto dalla scrittura privata tra (OMISSIS) srl e (OMISSIS), e l'assunto dell'inopponibilita' della cessione del credito al Consorzio (OMISSIS) Scarl e quindi alla procedura, ai sensi dell'articolo 1264 c.c., in quanto si confonde il rapporto tra Consorzio ed ente pubblico con il rapporto tra Consorzio e consorziata (OMISSIS) srl, esecutrice dei lavori, il cui credito e' oggi azionato dalla cessionaria (OMISSIS) che ha acquisito tutti i diritti vantati dalla cedente nei confronti del Consorzio. 4.4. Il motivo di ricorso riguardante l'iscrizione delle riserve e' anche esso fondato alla luce degli argomenti di cui ai parr. 2.1. e ss. cui si rinvia. Il provvedimento impugnato si e' limitato a rigettare l'opposizione sul presupposto che la mera iscrizione della riserva nella contabilita' non possa ritenersi fatto costitutivo del diritto di credito, ma non ha affrontato il tema della complessiva consistenza e valenza probatoria delle allegazioni prodotte a sostegno del diritto di cui (OMISSIS) srl chiedeva il riconoscimento ovverosia la fonte negoziale, i documenti circa l'affidamento dei lavori, l'espletamento di questi, il certificato di ultimazione e il certificato di collaudo, la sottoscrizione del Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.l. senza contestazioni e l'inadempimento di quest'ultimo. La sostanziale mancanza di motivazione sul punto impone l'annullamento e un nuovo esame in sede di rinvio. Il Tribunale dovra' colmare il difetto di motivazione esaminando la rilevanza dei documenti prodotti dalla ricorrente e delle relative argomentazioni, trattandosi di accertare il credito vantato dalla ricorrente nei confronti del Consorzio per fatti costitutivi pacificamente anteriori al sequestro, sulla base di elementi che, pur inserendosi nel quadro di un appalto pubblico, sono comunque primariamente riferibili al rapporto tra parte creditrice e parte debitrice, la quale ha semmai l'onere di dar conto di elementi idonei a contrastare la pretesa creditoria, illustrando fra l'altro le ragioni della rilevanza, nello specifico quadro dei rapporti inter partes, del mancato riconoscimento delle riserve da parte dell'ente pubblico e i motivi per cui tale riconoscimento non e' stato ottenuto. Qualora dunque il Tribunale ritenga rilevanti i documenti sopra menzionati al fine di suffragare la pretesa, dovra' comunque provvedere all'accertamento giudiziario, di sua competenza, occorrendo inoltre la verifica dei presupposti di cui all'articolo 52, comma 1, lettera b) Decreto Legislativo n. 159 del 2011. 4.5. Il quarto motivo e' assorbito da quello precedente. 4.6. Il sesto e il settimo motivo di ricorso sono fondati. Il Tribunale ha rigettato l'istanza di ammissione di (OMISSIS) srl in relazione al credito di Euro 357.774,98 (non derivante da contratto di appalto di opere pubbliche) vantato nei confronti del Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.l. da (OMISSIS) in forza di fatture che dalla contabilita' del Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.l. risultano pagate e, in parte, compensato con debiti di (OMISSIS) per attivita' di consulenza. La ricorrente aveva contestato davanti. al Tribunale le fatture, sostenendone la fittizieta', e aveva chiesto di assumere una prova ritenuta decisiva, quale quella di ordinare al Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.l la contabilita' dimostrativa. Poiche' su questo il Tribunale si limita ad una motivazione generica, nel presupposto della valenza dirimente delle ragioni pregiudiziali di rigetto dell'opposizione, risultate in realta' non giustificate, deve disporsi l'annullamento del provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale che dovra' specificamente valutate le deduzioni della ricorrente. 5. Il ricorso di (OMISSIS) e' fondato. Il ricorrente, in sede di opposizione, ha chiesto l'ammissione allo stato passivo del credito vantato nei confronti del Consorzio (OMISSIS) di Euro 18.520,22 a titolo di compenso quale professionista incaricato dalla societa' per attivita' di direzione tecnica, progettazione e consulenza tecnica di parte in un giudizio civile. Il Tribunale ha rigettato la domanda in ragione dell'avvenuto deposito, da parte di (OMISSIS), di una domanda priva della determinazione dell'importo del credito che era indicato solo nella scheda contabile riepilogativa allegata, in violazione dell'articolo 58, comma 2 lettera b), Decreto Legislativo n. 159 del 2011. Si tratta di un'interpretazione formalistica della norma in quanto nell'originaria istanza di ammissione al passivo era richiesto il riconoscimento del credito con rinvio all'allegato da cui risultava l'importo, cosicche' non puo' dirsi che esso non fosse indicato soltanto per mancata sua trascrizione. Ne consegue l'annullamento del provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale, che dovra' chiarire anche in quali termini il credito preteso dal (OMISSIS) sia maturato, per il totale o per parte del quantum richiesto, prima o dopo il provvedimento di sequestro del 18 giugno 2015, oltre che i presupposti di cui all'articolo 52 Decreto Legislativo n. 159 del 2011. 6.11 ricorso di (OMISSIS) Spa, mandataria dell'istituto di credito ipotecario (OMISSIS) srl, e' fondato. 6.1. La societa' premette di agire non in proprio, ma quale mandataria dell'istituto di credito ipotecario (OMISSIS) srl in virtu' di procura speciale del Notaio (OMISSIS) di (OMISSIS) (all. 2 del ricorso), in relazione al credito vantato dall'istituto bancario nei confronti del Consorzio (OMISSIS), oggetto di confisca, in forza di contratto di mutuo del 2 novembre 2006 stipulato dalla (OMISSIS), successivamente fusa per incorporazione nella Banca (OMISSIS) che, a sua volta, cedeva il portafoglio crediti, incluso quello oggetto della domanda di verifica, a (OMISSIS) srl con cessione pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. Il motivo e' fondato in quanto il Tribunale, nella parte descrittiva del provvedimento, dopo avere denominato l'opponente semplicemente "(OMISSIS)" (senza indicare se (OMISSIS) Spa o (OMISSIS) Spa), ha operato la seguente scissione della sua posizione in questi termini: in sede di verifica dei crediti ex articolo 58 Decreto Legislativo n. 159 del 2011 (OMISSIS) C:redit Solutions Spa aveva agito in qualita' di cessionaria del credito vantato dalla banca (OMISSIS) S.p.A. nei confronti del Consorzio (OMISSIS) Scarl e ceduto a (OMISSIS) srl; in sede di opposizione ex articolo 59 Decreto Legislativo n.:159 del 2011 (OMISSIS) Spa aveva agito solo quale mandataria di (OMISSIS) srl. Si tratta di una scissione che non corrisponde ai documenti in atti dai quali, al contrario, risulta che: 1) l'istanza ex articolo 58 Decreto Legislativo n. 159 del 2011 e' stata depositata il 02/05/2019 dalla (OMISSIS) Spa, in qualita' di mandataria e procuratrice speciale di (OMISSIS) srl; 2) per la successiva fase dell'opposizione ex articolo 59 Decreto Legislativo n. 159 del 2011 l'odierna opponente, (OMISSIS) Spa, ha agito solo quale procuratrice speciale di (OMISSIS) srl; 3) in data 08/07/2019 (OMISSIS) srl con atto notarile ha revocato a (OMISSIS) Spa la qualita' di mandataria e procuratrice speciale conferendole solo a (OMISSIS) Spa. Detto ultimo documento risulta essere stato allegato al ricorso in opposizione del 17 marzo 2021 dunque a disposizione del Tribunale che non vi ha fatto menzione. Ne consegue che (OMISSIS) Spa e' legittimata a proporre opposizione quale procuratrice speciale di (OMISSIS) srl. 6.2. Anche il secondo motivo e' fondato. 6.2.1. Il Tribunale ha negato la legittimazione attiva della (OMISSIS) srl a richiedere l'ammissione del credito, quale titolare di quello cedutole dalla Banca (OMISSIS), per "insufficienza della documentazione relativa alla cessione". Si tratta di un mero inciso che, in quanto tale, costituisce motivazione apparente perche' opera un mero rinvio alle "considerazioni svolte in sede di verifica" e non esamina i plurimi motivi posti dall'opposizione. Ne consegue l'annullamento con rinvio del provvedimento impugnato per omessa motivazione. 6.3. Gli ulteriori motivi di ricorso, concernenti la strumentalita' del credito e la buona fede dell'istituto di credito, sono assorbiti dall'accoglimento dei motivi che precedono. 7. Il ricorso di (OMISSIS) srl e' infondato. 7.1. I motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente. E' necessario preliminarmente operare un inquadramento di carattere generale dei presupposti richiesti dall'articolo 52, comma 1, lett.b) Decreto Legislativo n. 159 del 2011. 7.1.1. E' noto che il Decreto Legislativo n. 159 del 2011 ha innovativamente introdotto il principio per cui la confisca non pregiudica i diritti di credito dei terzi che risultino da atti aventi data certa anteriore al sequestro e ha esteso la tutela che prima era riconosciuta dalla giurisprudenza ai soli titolari di diritti reali di garanzia. L'articolo 52 Decreto Legislativo n. 159 del 2011 indica i presupposti per ottenere il riconoscimento del credito (nei limiti previsti dall'articolo 53, Decreto Legislativo n. 159 del 2011 e attraverso il procedimento di cui agli articoli 57 e ss.) prevedendo alla lettera b), nel testo originario (in vigore fino alle modifiche apportate dalla L. n. 161/2017) " che il credito non sia strumentale all'attivita' illecita o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego, a meno che il creditore dimostri di avere ignorato in buona fede il nesso di strumentalita'". La giurisprudenza di questa Corte si e' gradualmente consolidata nell'interpretazione del presupposto ora indicato, affermando che, in materia di misure di prevenzione patrimoniali, l'articolo 52 Decreto Legislativo n. 159 del 2011 esclude ogni pregiudizio dei diritti di credito dei terzi, preesistenti al sequestro, a meno che non risulti accertata la strumentalita' del credito rispetto all'attivita' illecita del proposto, e solo in questo caso il creditore che intenda far valere il proprio diritto ha l'onere di dimostrare l'ignoranza in buona fede di tale nesso di strumentalita' (Sez. 6, n. 36690 del 30/06/2015, Banca (OMISSIS) S.p.a., Rv. 265606). Quindi, per escludere l'ammissione allo stato passivo di un credito sorto anteriormente al sequestro, il Tribunale e' tenuto innanzitutto a fornire analitica dimostrazione che il credito sia strumentale all'attivita' illecita del soggetto pericoloso o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego. Una volta dimostrato tale nesso, il creditore puo' provare di averlo ignorato in buona fede (Sez. 5, n. 1869 del 17/11/2021, Rv. 282734, Sez. 6, n. 28034 del 8/6/2021, Greco, non massimata; Sez. 1, n. 39148 del 13/04/2017, De Luca, Rv. 271190; Sez. 6, n. 55715 del 22/11/2017, Banca Popolare Di Sondrio S.c.p.a., Rv. 272232). La strumentalita', dunque, costituisce la precondizione per il successivo scrutinio circa la buona fede del creditore. Per operare detto duplice accertamento il Tribunale deve partire dall'esame del ruolo e delle condotte illecite poste in essere dal proposto. Quando la confisca coinvolge imprese, individuali o collettive, al fine di verificare la menzionata strumentalita' e' necessario: a) stabilire i legami tra il proposto e il creditore e le loro eventuali cointeressenze; b) ricostruire la relativa vicenda negoziale, evidenziando gli elementi, in fatto, che consentono di pervenire a detta conclusione. 7.1.2. La questione, che si pone nel caso in esame, e' se l'accertamento della strumentalita' del credito, rispetto all'attivita' del prevenuto,, possa presumersi, fino a prova contraria, allorche' vi sia coincidenza temporale tra l'insorgenza del credito e l'accertata pericolosita' sociale del proposto. La giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto che l'incrementata disponibilita' di mezzi finanziari sia senz'altro idonea ad agevolare, pur indirettamente, la realizzazione di attivita' illecite (Sez. 6, n. 14143 del 06/02/2019, Banca Monte Paschi di Siena, Rv. 275533; Sez.5, n. 1869 del 17/11/2021, Rv. 282734). Si e' ritenuto, altresi', pur non valorizzando direttamente la presunzione indicata, che l'onere di dimostrare la strumentalita' del credito si moduli in modo diverso, a seconda delle dinamiche in fatto sottostanti la situazione in esame, anche ricorrendo a presunzioni semplici, rivenienti da elementi sintomatici dell'attivita' illecita del proposto gia' presenti nel momento in cui e' sorto il credito o nel corso di snodi di rilievo del relativo rapporto obbligatorio. Poiche' si tratta di presunzioni semplici il provvedimento le deve esplicitare e dare sempre conto quantomeno del potenziale collegamento tra le ragioni dell'applicazione della confisca e la finalizzazione del credito in contestazione, avendo riguardo al ruolo e alle cointeressenze del proposto (in termini, Sez. 6, n. 28034 del 8/6/2021, Greco, non massimata). 7.1.3. A questo punto il terzo creditore ha l'onere di provare di avere ignorato in buona fede tale nesso di strumentalita', prestando un affidamento incolpevole nella relativa operazione negoziale. L'articolo 52, comma 3, Decreto Legislativo n. 159 del 2011 indica anche i criteri in base ai quali valutare la buona fede, precisando che il giudice deve 1:enere conto "delle condizioni delle parti, dei rapporti personali e patrimoniali tra le stesse e del tipo di attivita' svolta dal creditore, anche con riferimento al ramo di attivita', alla sussistenza di particolari obblighi di diligenza nella fase preconl:rattuale nonche', in caso di enti, alle dimensioni degli stessi". Si e' condivisibilmente affermato che tale onere non e' separato, ma strettamente legato al profilo della strumentalita' - o meno - dell'operazione creditizia accertabile attraverso l'esame: della condizione soggettiva del terzo, degli elementi di fatto esistenti al sorgere e allo sviluppo del rapporto negoziale, dei rapporti tra le parti. Si tratta di condizioni rilevanti per valutare l'assolvimento dell'onere della buona fede da parte del creditore (Sez. 6, n. 28034 del 8/6/2021, Greco, non massimata). 7.1.4. La buona fede puo' ritenersi pacificamente esclusa nel caso di comprovata collusione del terzo nell'attivita' criminosa (ad esempio: quando sia coindagato o coimputato con questi, risulti intestatario fittizio dei suoi beni, ecc.) mentre puo' dirsi riconosciuta quando risulti una credibile inconsapevolezza delle attivita' svolte dal proposto, potendo soccorrere quella che in termini civilistici costituisce la tutela dell'affidamento incolpevole, espressamente richiamata dal legislatore. Il Tribunale, per accertarla deve operare un'indagine caso per caso e puo' escluderla nei confronti: a) di chi sia stato negligente (ad esempio per avere trascurato in modo evidente gli obblighi derivanti dal codice civile); b) di chi non abbia osservato comuni norme di prudenza affidandosi alla rnera apparenza dei fatti (Sez. 6, n. 28034 del 8/6/2021, Greco, non massimata; Sez. 6, n. 50018 del 17/09/2015, Intesa Sanpaolo S.p.a., Rv. 265930; Sez. 2, n. 50770 del 29/01/2015, Island Refinancing S.r.l., Rv. 263297). 7.2. Il primo motivo di ricorso e' manifestamente infondato. La censura riguarda l'erronea applicazione retroattiva da parte del Tribunale dell'articolo 52, comma 1, lettera b) Decreto Legislativo n. 159 del 2011 che a seguito della L. n. 161/2017 ha assunto la seguente formulazione "b) che il credito non sia strumentale all'attivita' illecita o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego, sempre che il creditore dimostri di avere ignorato in buona fede il nesso di strumentalita'". Le originarie parole "a meno che" sono state sostituite con "sempre che". Sostiene il ricorrente che il Tribunale, applicando la nuova formulazione della norma, avrebbe valutato esclusivamente il requisito della buona fede del creditore e non anche quello della strumentalita' del credito all'attivita' illecita del proposto, in quanto la modifica ha comportato un aggravamento dell'onere probatorio del terzo senza richiedere il previo accertamento della strumentalita' del credito. Il provvedimento impugnato, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, per quanto si dira' nel paragrafo che segue, ha valutato entrambi i requisiti operando un adeguato accertamento sia della mancanza di buona fede della societa' creditrice che del requisito della strumentalita' del credito all'attivita' illecita del proposto. Per quanto possa affermarsi che la nuova formulazione dell'articolo 52, comma 1, lettera b), Decreto Legislativo n. 159 del 2011 sia applicabile nel caso di verifica dello stato passivo eseguita in epoca successiva alla sua entrata in vigore (sul punto Sez. 6, n. 26751 del 16/06/2021, Banco BPM, non massimata), in ogni caso il tipo di valutazione del Tribunale, in realta' tale da dar conto di entrambi i profili, rende il tema evocato nel motivo di ricorso in concreto irrilevante. 7.3. Il secondo motivo di ricorso e' infondato. 7.3.1. Va prima inquadrata la vicenda contrattuale. Il credito, di cui la (OMISSIS) srl ha chiesto il riconoscimento, trae origine dalla scrittura privata del 26 aprile 2013, sottoscritta con (OMISSIS) ((OMISSIS)), o'per la redazione del progetto di riqualificazione e gestione dell'omonimo immobile. A causa dell'omesso pagamento da parte della (OMISSIS) del prezzo pattuito per l'attivita' compiuta (OMISSIS) srl otteneva un decreto ingiuntivo in forza del quale chiedeva l'ammissione del credito di Euro 767.053,39 in quanto, nelle more, la societa' (OMISSIS) era stata ceduta al Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.l, oggetto dell'odierna ablazione. In base alla ricostruzione contenuta nel decreto di confisca (le cui pagine da 44 a 63 descrivono la posizione di (OMISSIS)), correttamente richiamata dal Tribunale che, in parte, ne sintetizza il contenuto anche con rinvio al decreto del Giudice delegato, cosi' delineando i collegamenti di cui dare conto ai fini della sussistenza dei presupposti richiesti dall'articolo 52, comma 1, lettera b) Decreto Legislativo n. 159 del 2011, risulta attestato il fatto che (OMISSIS), legale rappresentante della societa' (OMISSIS) srl, svolgesse usualmente il ruolo di prestanome per conto del proposto (OMISSIS) in diverse societa' facenti capo a questi. Il Tribunale, in primo luogo, richiama il coinvolgimento di (OMISSIS) nelle vicende del Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.l, di (OMISSIS) srl e di (OMISSIS) ((OMISSIS)), tutte oggetto di confisca, anche alla luce delle dichiarazioni del commercialista del Gruppo (OMISSIS). In secondo luogo, illustra il decreto di confisca, divenuto definitivo, che dava conto di come la (OMISSIS) ((OMISSIS)) fosse stata oggetto di cessione in favore del Consorzio (OMISSIS) proprio su pressione del proposto, divenuto creditore per 2 milioni cli Euro di (OMISSIS), gia' amministratore di (OMISSIS), costretto dal (OMISSIS) a dimettersi per sostituirlo proprio con (OMISSIS). Attraverso detta operazione, non contestata, era confermata la qualita' di prestanome rivestita da (OMISSIS) per conto del proposto. Inoltre, il Tribunale aveva dato atto anche che il (OMISSIS) aveva dichiarato di avere sottoscritto effetti cambiari su richiesta del (OMISSIS), poi portati allo sconto in parte con la firma di girata dello studio (OMISSIS) e associati. In forza di detti elementi si era ritenuta provata la mancanza dei presupposti per l'ammissione del credito della (OMISSIS) srl proprio perche': a) il legale rappresentante (OMISSIS) aveva svolto il ruolo sopra descritto di prestanome nelle attivita' criminose del (OMISSIS); b) tra il Consorzio (OMISSIS) S.c.a r.1, nucleo dell'attivita', anche economica, del proposto, e la (OMISSIS), societa' dell'odierno ricorrente, che vi aveva fatto confluire i propri crediti tramite (OMISSIS) srl, vi era un collegamento immanente. A ben guardare l'inserimento di (OMISSIS) nella diretta orbita del proposto in stretta correlazione con l'ambito di operativita' del predetto, che ne connotava la pericolosita', era tale da dimostrare la strumentalita' del credito, in funzione degli interessi propri del proposto, e nel contempo lo stretto rapporto intercorrente tra il proposto e (OMISSIS) precludeva il riconoscimento in capo a quest'ultimo della pur invocata buona fede. Il motivo di ricorso non si confronta con la puntuale ricostruzione, ora sinteticamente ripercorsa, in forza della quale (OMISSIS) e' riconosciuto espressamente prestanome per conto del (OMISSIS), fra l'altro in Investimento1 srl (societa' diversa dall'odierna ricorrente), e con il contenuto del decreto di confisca, richiamato dal provvedimento impugnato, dal quale risulta la richiesta di rinvio a giudizio nel proc. n. 44616/2010 RGNR per concorso col proposto nel delitto di usura ai danni dei citato (OMISSIS), esercizio abusivo del credito, riciclaggio e intestazione fittizia di beni. 7.3.2. Del tutto inconferente l'assunto dell'inutilizzabilita' del decreto di confisca, stante il proposto ricorso alla Corte EDU, in quanto e' proprio la sua definitivita' a costituirne presupposto. 7.3.3. Altrettanto infondata la censura per omessa motivazione, da parte del provvedimento impugnato, in ordine alla rilevanza della sentenza assolutoria per insussistenza del fatto, emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, irrevocabile il 14 maggio 2021, nei confronti di (OMISSIS), con riferimento a due reati tributari contestatigli quale legale rappresentante della (OMISSIS) srl, in concorso col proposto (OMISSIS), amministratore di fatto della societa', che escluderebbero la sua qualita' di prestanome. Va premesso che non sono stati forniti specifici elementi per ritenere rilevante l'omissione valutativa, che puo' dar luogo a vizio deducibile con ricorso allorche' la stessa riguardi un profilo decisivo, in quanto di immediata, oggettiva ed univoca valenza esplicativa e dunque idonea a disarticolare il costrutto argomentativo per l'intrinseca incompatibilita' degli enunciati (Sez.5, n. 8450 del 14/10/2019, dep. 2020, Gammone, Rv.278795). In ogni caso, il riferimento alla sentenza di assoluzione, relativa esclusivamente a due contestazioni di reati tributari commessi negli anni 2011 e 2012 e riportata solo limitatamente ai capi di im(OMISSIS)azione, senza alcun riferimento al contenuto della motivazione, non si confronta con la ritenuta contiguita' tra il proposto e (OMISSIS), ampiamente motivata dal Tribunale attraverso plurimi elementi di fatto puntualmente indicati e in precedenza riportati. 7.3.4. Infine, il riferimento alla illogicita' della decisione del provvedimento impugnato, per avere ammesso, in sede di opposizione, il credito vantato dalla (OMISSIS) s.p.a. in relazione al credito vantato nei confronti della societa' (OMISSIS) srl introduce un tema irrilevante, riguardando altra societa' rispetto a quella istante (Sviluppo Investimento srl). Peraltro, il Tribunale ha ammesso detto credito, pur in presenza dell'accertata strumentalita' del credito, ritenendo provata la buona fede. 8. Il ricorso di (OMISSIS) e' manifestamente infondato. 8.1. Il primo motivo, sulla composizione del collegio giudicante del provvedimento impugnato, riguarda la presunta incompatibilita' della Presidente per avere emesso la misura di prevenzione, personale e patrimoniale, nei confronti del proposto, (OMISSIS), con esame della posizione del ricorrente. Va premesso che la disciplina dell'accertamento dei diritti di terzi nelle procedure di prevenzione non prevede norme che stabiliscano detta incompatibilita'. Deve aggiungersi che il giudizio pregiudicante e quello asseritamente pregiudicato risultano avere oggetto e presupposti del tutto diversi, giacche' a seguito di opposizione dei creditori allo stato passivo si ha riguardo alla tutela dei coinvolti dalla misura di prevenzione patrimoniale, disciplinata dagli articoli 52 e ss del Decreto Legislativo n. 159 del 2011. E' comunque dirimente il fatto che per far valere una causa di incompatibilita' e' comunque necessario denunciarla con la dichiarazione di ricusazione, in assenza della quale non e' ravvisabile alcun profilo di nullita' (Sez. 1, n. 35216 del 19/04/2018, Illiano, Rv. 273852). 8.2. Il secondo motivo di ricorso e' generico. (OMISSIS) ha chiesto l'ammissione allo stato passivo della societa' (OMISSIS) srl, oggetto di confisca, sostenendo di vantare da questa un credito di Euro 1.580.000 quale restituzione di importi versati a seguito della stipula di contratti preliminari di vendita per l'acquisto di immobili in (OMISSIS). Il provvedimento impugnato ha correttamente respinto l'opposizione ritenendo non sussistente il presupposto per il riconoscimento del credito previsto dall'articolo 52, comma 1 lettera b), Decreto Legislativo n. 159 del 2011, stante l'accertamento sia della strumentalita' del credito rispetto all'attivita' illecita del proposto, (OMISSIS), sia della mancanza di buona fede del creditore. Infatti, (OMISSIS) non solo risulta coindagato con il proposto per alcune fattispecie di reato, ma aveva perfetta conoscenza che questi fosse il vero dominus della promissaria venditrice societa' (OMISSIS) srl. Su tale punto il ricorso nulla deduce limitandosi ad affermare, in termini apodittici, di essere in "indiscussa buona fede" senza confrontarsi con i dati di fatto riportati dal Tribunale. 9. In conclusione, alla luce degli argomenti che precedono, il decreto impugnato deve essere annullato nei confronti di (OMISSIS) srl, di (OMISSIS), di (OMISSIS) Spa e, limitatamente all'importo di Euro 46.872,39, nei confronti di Fallimento (OMISSIS) srl, con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Roma. Il ricorso di (OMISSIS) va dichiarato inammissibile con condanna al pagamento delle spese processuali e della somma, ritenuta equa in rapporto al sottostante profilo di colpa, di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Il ricorso di (OMISSIS) srl va rigettato con condanna al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Annulla il decreto impugnato nei confronti di (OMISSIS) srl, di (OMISSIS), di (OMISSIS) Spa e limitatamente all'importo di Euro 46.872,39, nei confronti di Fallimento (OMISSIS) srl, e rinvia per nuovo giudizio nei confronti dei predetti ricorrenti al Tribunale di Roma. Dichiara inammissibile il ricorso di (OMISSIS) che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Rigetta il ricorso di (OMISSIS) srl, che condanna al pagamento delle spese processuali.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MESSINI D'AGOSTINI Piero - Presidente Dott. AGOSTINACCHIO Luigi - Consigliere Dott. COSCIONI Giusep - Consigliere Dott. PERROTTI M - rel. Consigliere Dott. NICASTRO G. - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nata a (OMISSIS) - parte civile; avverso la sentenza emessa in data 19/5/2021 dalla Corte di appello di Venezia; nel procedimento a carico di: (OMISSIS), n. a (OMISSIS); visti gli atti, il provvedimento impugnato, il ricorso e le note aggiunte in data 3 febbraio 2023; udita la relazione svolta dal consigliere Dr. Massimo Perrotti; udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott.ssa Costantini Francesca, che ha chiesto il rigetto del ricorso; udito il difensore della parte civile (OMISSIS), avv. (OMISSIS), che ha insistito per l'annullamento della sentenza impugnata, come da conclusioni scritte depositate in udienza, in uno alla nota spese; udito il difensore dell'imputato, avv. (OMISSIS), che ha chiesto dichiararsi l'inammissibilita' del ricorso proposto dalla parte civile, ricordando che in caso diverso, ai sensi del novellato articolo 573 c.p.p., comma 1 bis il Collegio avrebbe dovuto rimettere le parti innanzi alla competente sezione civile della Cassazione per il prosieguo, senza quindi pronunziare annullamento della sentenza impugnata. RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Venezia, rigettando l'appello della parte civile ed il ricorso per cassazione (convertito in appello) proposto dal Pubblico ministero, confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Verona in data 19 dicembre 2017, che aveva assolto l'imputato dai reati di estorsione, consumata e tentata, posti in continuazione (cosi' modificata, nel corso del giudizio di primo grado, l'originaria contestazione del delitto di usura), consistente nell'avere avviato ad esecuzione, con precetto in data 12 febbraio 2010 e conseguente pignoramento, il decreto ingiuntivo esecutivo, emesso il 23 maggio 2005 anche nei confronti della odierna parte civile e da questa tardivamente opposto; tanto nella consapevolezza della "ingiustizia" sostanziale del profitto perseguito e del danno provocato, in quanto nel giudizio di cognizione conseguente alla tempestiva opposizione, proposta da altri debitori al provvedimento monitorio esecutivo, era rimasta accertata la sproporzione della clausola penale attivata dal creditore; inoltre, in separato giudizio, il Tribunale di Verona, con ordinanza n. 73/2015, dichiarava (con provvedimento non definitivo, poi ribaltato in appello) che (OMISSIS) nulla doveva al creditore in forza del decreto ingiuntivo n. 2036 del 23 maggio 2005. 2. Avverso detta sentenza la parte civile ha proposto ricorso (ai soli effetti civili, ex articolo 573 c.p.p., comma 1, articolo 576 c.p.p., comma 1, primo periodo, seconda ipotesi) con atto sottoscritto dal difensore e procuratore speciale, articolando in tre punti i motivi di doglianza: 2.1. inosservanza ed erronea applicazione della legge penale (articolo 606, comma 1, lettera b, in relazione alla fattispecie incriminatrice, articolo 629 c.p.), attesa la evidente ingiustizia della pretesa patrimoniale agita in giudizio ed avviata ad esecuzione con la notifica del precetto (clausola penale apposta al contratto di locazione di azienda, avente ad oggetto l'attivita' commerciale di bar sita in (OMISSIS), di entita' macroscopicamente sproporzionata, come tale riconosciuta nel giudizio civile di cognizione promosso dagli altri contraenti con la tempestiva opposizione al provvedimento monitorio adottato dal giudice civile su ricorso dell'imputato); 2.2. il medesimo vizio viene dedotto anche in riferimento alla omessa diversa qualificazione (usura per sproporzione, di cui all'articolo 644 c.p., comma 3, secondo periodo) del fatto contestato come estorsione, avendo chiaramente errato la Corte nell'escludere che la condotta in fatto contestata potesse qualificarsi anche come usura, attesa la evidente sproporzione della entita' della clausola penale pattuita ed attivata col decreto ingiuntivo posto in esecuzione rispetto alla entita' del danno da omesso o ritardato pagamento degli oneri derivanti dal contratto di locazione commerciale. 2.3. Vizi esiziali nella motivazione della sentenza impugnata quanto alla decisione assunta nel merito, dovendo ritenersi viceversa provati il tentativo ed il perfezionamento (quanto alle somme gia' ingiustamente percepite) del reato di estorsione; ricorre, infatti, la minaccia nell'intimare e prospettare la messa in esecuzione del decreto ingiuntivo non opposto tempestivamente dal debitore; si e' realizzato (in parte) e si pretende, comunque, di realizzare, attraverso il pignoramento, un profitto ingiusto, atteso che l'entita' della clausola era macroscopicamente sproporzionata rispetto al "valore" dell'inadempimento; ricorre altresi' il corrispondente danno della (OMISSIS), costretta a subire azione esecutiva per un debito inesistente o comunque immensamente piu' ridotto di quanto ipotizzato dal creditore. In ragione di questi motivi la parte civile ricorrente chiede l'annullamento della sentenza impugnata. 2.4. Con nota del 3 febbraio 2023, la parte civile accompagnava il deposito di un documento pervenuto alla ricorrente con il quale l'imputato insisteva nel minacciare l'integrale pretesa esecutiva di quanto oggetto di precetto. 3. All'udienza del 14 febbraio 2023, sulle conclusioni rassegnate dalle parti, il Collegio decideva come da dispositivo in ragione delle seguenti argomentazioni. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso proposto dalla parte civile e' inammissibile per la manifesta infondatezza dei motivi. 1.1. Quanto ad astratto interesse della parte civile alla impugnazione, in presenza della conformita' "verticale" delle due pronunce assolutorie di merito, il vigente codice di rito (articolo 576 c.p.p., comma 1, seconda parte) esclude che possa essere intaccato l'accertamento penale, in mancanza di impugnazione del Pubblico ministero, ma non esclude che, fuori dai casi di inammissibilita' della impugnazione, in accoglimento del ricorso della sola parte civile, si rinnovi (oggi necessariamente nella sede civile, anche in fase rescindente) il giudizio sui fatti posti a base della decisione di proscioglimento, al fine di valutare la sussistenza di una responsabilita' per fatto illecito (Corte Cost. sent. n. 182/2021) e di ottenere un diverso accertamento che rimuova quello preclusivo del successivo esercizio dell'azione civile o, comunque, pregiudizievole per i suoi interessi civili e cio' all'evidente fine di rendere effettivi i diritti della vittima anche in fase di impugnazione. Va, tuttavia, precisato che la suddetta impugnazione, sebbene presupponga l'accertamento del fatto illecito produttivo di danno, quale logico presupposto -della condanna alle restituzioni e al risarcimento del danno, non-potra' comunque condurre, ove accolta, ad una modifica della decisione penale, sulla quale si e' formato il giudicato (Sez. 4, n. 37193 del 15/9/2022, Rv. 283739; Sez. 2, n. 11808 del 2022, Rv. 283377). Si puo', quindi, affermare che la normativa processuale vigente ha scelto l'autonomia dei giudizi sui due distinti profili di responsabilita', civile e penale: l'impugnazione proposta ai soli effetti civili non puo' incidere sulla decisione del giudice del grado precedente in merito alla responsabilita' penale del reo, ma il giudice dell'impugnazione, dovendo decidere su una domanda civile necessariamente dipendente da un accertamento sul fatto illecito extracontrattuale (articolo 2043 c.c.), puo', seppure in via incidentale, statuire in modo difforme sul fatto oggetto di imputazione, ritenendolo sussistente e causalmente riconducibile alla condotta del soggetto prosciolto in sede penale. 1.2. Cio' posto in tema di astratto interesse alla impugnazione della parte civile, tuttavia, certamente infondati, in forma manifesta ed in misura palese, sono tutti i motivi di ricorso. 2. La giurisprudenza di questa Corte, che in questa sede va ribadita, e' costante nel riconoscere che "Le pretese giudiziali, o comunque quelle di cui venga prospettato l'azionamento in giudizio, possono costituire strumento di consumazione del delitto di estorsione solo se siano dirette a conseguire vantaggi strutturalmente estranei ai rapporti giuridici sui quali l'azione viene innestata. In pratica, la pretesa giudiziale e/o il procedimento strumentale alla sua attuazione devono essere indirizzati verso scopi estranei al rapporto dedotto nella lite, in modo da rendersi strumenti di attribuzione di un profitto in alcun modo riferibile alla causa petendi ostentata in giudizio. Si verifica allora una deviazione degli ordinari strumenti di tutela giudiziale, che vengono posti obliquamente a servizio di pretese che non sono semplicemente infondate, bensi' vietate o comunque non munite di azione in sede giudiziale. L'infondatezza della pretesa, anche quando sia consapevole e assecondata da un comportamento processuale temerario, non basta a determinare la fattispecie estorsiva, che altrimenti si dovrebbe configurare in una buona percentuale dell'intera litigiosita' civile; occorre invece che l'obiettivo prefissato dall'agente sia esplicitamente vietato dall'ordinamento giuridico, cosi' da potersi qualificare ingiusto - ai sensi dell'articolo 629 c.p., per il profitto che l'agente ne ritrarrebbe" (Sez. 2, n. 5241 del 17/1/2007, n. m.). In altri termini, la minaccia - ancorche' non penalmente apprezzabile quando e' legittima e tende a realizzare un diritto riconosciuto e tutelato dall'ordinamento giuridico - diventa contra ius e, quindi, sussumibile nel paradigma del delitto di estorsione, quando l'agente, pur avvalendosi di mezzi giuridici legittimi, li utilizzi per ottenere scopi in concreto non consentiti o risultati giuridicamente non dovuti, o per soddisfare scopi personali non conformi a giustizia realizzando, quindi, un profitto "ingiusto" perche' indebito e coartato (Sez. 2, n. 48733 del 29/11/2012, Rv. 23844; Sez. 6, n. 47895 del 19/06/2014, Rv. 261217; conf. n. 17754/2013 Rv. 256219; n. 119/2009 Rv. 246306; n. 36942/2003 Rv. 227317; n. 39903/2004 Rv. 230139; n. 12444/1990 Rv. 214407; n. 3380/1992 Rv. 189680). 2.1. Nella fattispecie, entrambi i giudici di merito hanno ritenuto che la vicenda processuale rientrasse in una fisiologica dinamica processuale (decreto ingiuntivo non opposto tempestivamente dal debitore e dunque divenuto irretrattabile, su cui si e' innestato l'avvio della procedura esecutiva avviata con la notifica del precetto e l'esecuzione del pignoramento) in cui l'azione aveva fondamento contrattuale (stipula in forma pubblica alla presenza delle parti e del commercialista della parte conduttrice), le cui clausole erano state espressamente approvate dalle parti: di conseguenza appare del tutto irrilevante, nella sede penale, l'esito del giudizio civile attivato per effetto della tempestiva opposizione al decreto ingiuntivo proposta dagli altri debitori, proprio perche' la pretesa dell'imputato -fondata sulla emissione di un decreto ingiuntivo non opposto tempestivamente- non solo non era finalizzata ad ottenere fini vietati dall'ordinamento giuridico, ma certamente non era sorretta da dolo di estorsione o di "scrocchio". 2.2. Quanto alla sollecitata (con il terzo motivo di gravame speso nel merito) differente qualificazione del fatto in termini di usura invece che di estorsione, la Corte territoriale attentamente rileva che, piu' di una differente qualificazione del fatto, si sarebbe trattato (per la differente morfologia delle condotte) del riconoscimento di un fatto diverso, con la conseguente necessaria restituzione degli atti al pubblico ministero per il rinnovato esercizio dell'azione penale. In ogni caso, argomenta ancora la Corte di Venezia, per riconoscere l'ipotesi di usura occorrerebbe comunque "sganciare il precetto dal decreto ingiuntivo e dalle ragioni del credito, che riguarda non controprestazioni ma sanzioni civili", il che, anche a parere di questo Collegio, vale a collocare il fatto ipotizzato fuori dal "tipo" descritto ed incriminato all'articolo 644 c.p., comma 3 trattandosi di vicende debitorie che si sono sviluppate fuori dal "recinto" del sinallagma e che, per l'appunto, riguardano l'entita' della sanzione civile pattuita consensualmente. 2.3. Il terzo motivo di ricorso -peraltro meramente reiterativo delle medesime questioni di fatto gia' ampiamente dibattute in entrambi i gradi di merito e decise in modo conforme, disattendendo, in modo incensurabile, tutte le doglianze dedotte dalla parte civile- e' del pari inammissibile, giacche' tende, al fine, ad accreditare un principio che contrasta con l'ermeneusi costante di questa Corte, in quanto la pretesa a base contrattuale azionata non e' certamente qualificabile contra ius qualora l'agente, avvalendosi peraltro di mezzi processuali previsti e disciplinati dall'ordinamento, li utilizzi per conseguire un diritto riconosciuto dalla giurisdizione e, dunque non per guadagnare vantaggi strutturalmente estranei al rapporto giuridico controverso o comunque non dovuti nell'"an" o nel "quantum" o perche' finalizzati, strumentalmente, ad ottenere scopi diversi e non consentiti rispetto a quelli per cui il diritto e' riconosciuto e tutelato - e, al fine, per realizzare un profitto ingiusto (Sez. 2, n. 34242 del 11/7/2018, Rv. 273542; Sez. 2, n. 9948 del 23/1/2020, Rv. 279211; Sez. 2, n. 48733 del 29/11/2012, Rv. 253844). 3. Alla riconosciuta inammissibilita' del ricorso segue la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. GIORDANO Emilia - Presidente Dott. GALLUCCI E. - rel. Consigliere Dott. VIGNA Maria S - Consigliere Dott. PATERNO' RADDUSA B. - Consigliere Dott. SILVESTRI Pietro - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: Procuratore della Repubblica del Tribunale di Trani; avverso l'ordinanza emessa dal Tribunale di Trani il 04/05/2022 nel procedimento penale nei riguardi di: (OMISSIS), nato ad (OMISSIS); visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere, Dott. Pietro Silvestri; udito il Sostituto Procuratore Generale, Dott. Angelillis Ciro, che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio della impugnata ordinanza previa riqualificazione del fatto come abuso d'ufficio; udito l'avv. (OMISSIS), difensore dell'indagato anche in sostituzione dell'avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Il Tribunale di Trani ha annullato il decreto con cui e' stato disposto il sequestro probatorio di una serie di beni, fra cui denaro, nei riguardi di (OMISSIS), indagato per il reato di concussione. (OMISSIS), abusando della qualita' e dei poteri di ufficiale giudiziario, avrebbe costretto (OMISSIS), debitore esecutato, a consegnarli indebitamente beni ed altre utilita'; in particolare, incaricato di eseguire il pignoramento dei beni nell'ambito di una determinata procedura esecutiva, dapprima avrebbe proposto al debitore ed al creditore, (OMISSIS), di assumere egli la veste di garante del credito e di negoziare una soluzione bonaria, ottenendo a tal fine la somma di 1.000 Euro da (OMISSIS), e, successivamente, avrebbe consigliato a questi di fare opposizione al decreto ingiuntivo - asserendo falsamente che le firme apposte sulle fatture fossero false - ed infine avrebbe prospettato allo stesso (OMISSIS) un esito sfavorevole della procedura esecutiva - omettendo di citare la predisposizione del creditore ad una soluzione bonaria della controversia -; in tale contesto, attraverso frasi come "tu hai la moglie che ti crea problemi, tua madre e tuo padre che ti creano problemi, e tu la vita te la uccidi, allora sai che sta di nuovo, datti un pizzico e buonanotte", avrebbe costretto lo stesso (OMISSIS) a fornirgli beni, consistiti in alcune taniche di olio di oliva, ed a sottoscrivere un mandato difensivo in favore di un difensore, poi risultato essere sua nipote e, dunque, prefigurando conseguenze sfavorevoli in caso in cui (OMISSIS) non avesse aderito alle sue richieste. Nei riguardi di (OMISSIS) era stata disposta la misura cautelare degli arresti domiciliari poi annullata dal Tribunale del riesame per assenza dei gravi indizi di colpevolezza; la Corte di Cassazione con la sentenza n. 49329 del 29/09/2022, ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica del Tribunale di Trani. 2. Ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trani articolando tre motivi. 2.1. Con il primo si deduce violazione di legge per essersi limitato il Tribunale, al fine di verificare la sussistenza del fumus commissi delicti, a recepire l'ordinanza con cui e' stata annullato il titolo cautelare personale e dunque a fare riferimento, come parametro valutativo, alla insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e non al fumus commissi delicti. Il Tribunale, si aggiunge, non avrebbe compiuto nessuna valutazione prognostica sulla idoneita' dei beni sequestrati a dimostrare l'ipotesi accusatoria; il Giudice si sarebbe cioe' limitato a valutare la fattispecie concreta facendo riferimento agli elementi disponibili al momento della decisione. 2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge nella parte in cui il titolo cautelare e' stato annullato, da una parte, sulla base dell'assunto secondo cui le condotte non sarebbero state nemmeno implicitamente minatorie e, dall'altra, perche' non sarebbe nemmeno configurabile un danno ingiusto derivante dall'intervento dell'indagato. Assume il Procuratore ricorrente che non sarebbero stati in realta' considerati elementi comprovanti l'esistenza almeno di una minaccia implicita, consistita nella particolare insistenza manifestata da (OMISSIS) al fine di ottenere il profitto indebito e nella frase minatoria, riportata nella imputazione; detta frase avrebbe dovuto essere valutata in relazione alla resistenza opposta dallo stesso (OMISSIS) alla richiesta di restituzione del denaro a (OMISSIS): una resistenza, che, contrariamente a quanto sostenuto dal Tribunale, emergerebbe da una conversazione, della quale si riporta un passo, tra Tisci, cioe' il creditore procedente, e lo stesso (OMISSIS). Sarebbe altresi' viziata l'affermazione del Tribunale relativa alla inconfigurabilita' di un danno ingiusto, costituito invece dalla impossibilita' da parte di (OMISSIS) di gestire in modo autonomo la procedura - anche attraverso la possibilita' di un accordo con il creditore - a causa della ingerenza del (OMISSIS) e del ruolo di dominus da questi assunto. Nel caso di specie, (OMISSIS) al fine di evitare di essere sottoposto alla esecuzione per l'intero debito, avrebbe accettato di soggiacere alle pretese del (OMISSIS). La coazione emergerebbe chiaramente dal contenuto di una conversazione intercorsa tra (OMISSIS) e (OMISSIS) nel corso della quale "riferendosi a (OMISSIS)" (cosi' il ricorso), il primo avrebbe riferito "io sto morto e ti mi finisci di uccidere... ragazzo che lo soldi non ne ho". 2.3. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge in relazione alla omessa riqualificazione del fatto nel reato di cui all'articolo 319 quater c.p.. Si assume che il Tribunale, esclusa la configurabilita' della concussione, avrebbe comunque dovuto ricondurre i fatti alla fattispecie prevista dall'articolo 319 quater c.p.. In tale contesto si valorizza la resistenza che (OMISSIS) avrebbe opposto alla richiesta di restituzione del denaro ricevuto dopo che (OMISSIS) aveva raggiunto personalmente un accordo con il creditore (si indica al riguardo una conversazione intercettata); ne' sarebbe stato adeguatamente considerato il rilievo che nella vicenda assume il conferimento del mandato difensivo alla nipote dell'indagato. L'ordinanza sarebbe viziata anche nella parte in cui si e' ritenuto che la dazione delle taniche di olio non fosse correlata con il compimento di atti dell'ufficio, potendo, a dire del Tribunale, essere espressione solo di una impropria attivita' di intermediazione. Si tratterebbe di una affermazione distonica rispetto alla decisione del (OMISSIS) di munirsi di un registratore in occasione della consegna delle taniche di olio; dalla registrazione del dialogo emergerebbe in modo inequivoco la correlazione tra la dazione e l'interessamento del (OMISSIS) per condizionare l'esito della procedura esecutiva, che si sarebbe realizzata con una strumentalizzazione dei poteri al fine di pregiudicare gli interessi del creditore. Dunque, un fatto riconducibile quantomeno al delitto di induzione indebita a dare o promettere. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' inammissibile. 2. Il primo motivo e' inammissibile per manifesta infondatezza. 2.1. Il sequestro probatorio deve essere motivato e la motivazione del provvedimento deve necessariamente dare conto innanzitutto del "fumus commissi delicti" in relazione al quale si procede. Cio' che deve essere spiegato dall'Autorita' giudiziaria procedente e' la configurabilita' del reato ipotizzato in relazione alla congruita' degli elementi rappresentati, non certo nella prospettiva di un giudizio di merito sulla concreta fondatezza dell'accusa ovvero in funzione prospettica sulla capacita' dimostrativa potenziale di cio' che potrebbe essere il contenuto delle cose sequestrate, bensi' con esclusivo riferimento alla idoneita' degli elementi su cui si fonda la notizia di reato in modo da chiarire la ragione per cui e' utile l'espletamento di ulteriori indagini per acquisire prove del fatto, non altrimenti esperibili senza la sottrazione del bene all'indagato o il trasferimento di esso nella disponibilita' dell'autorita' giudiziaria (Sez. U., n. 23 del 20/11/1996, Bassi, Rv. 206657; tra le tante, Sez. 5, n. 13594 del 22/02/2015, Gattuso, Rv. 262898, secondo cui l'obbligo di motivazione che deve sorreggere, a pena di nullita', il decreto di sequestro probatorio in ordine alla ragione per cui i beni possono considerarsi il corpo del reato ovvero cose ad esso pertinenti ed alla concreta finalita' probatoria perseguita, con l'apposizione del vincolo reale, deve essere modulato da parte del pubblico ministero in relazione al fatto ipotizzato, al tipo di illecito cui in concreto il fatto e' ricondotto, alla relazione che le cose presentano con il reato, nonche' alla natura del bene che si intende sequestrare; Sez. 2, n. 25320 del 05/05/2016, Bulgarella, Rv. 267007). Ancorche' non debba tradursi in un sindacato sulla concreta fondatezza dell'accusa, cio' che deve essere verificata e' la possibilita' concreta, al momento in cui il vincolo probatorio e' disposto, di sussumere il fatto in una determinata ipotesi di reato, non potendosi ritenere sufficiente la mera "postulazione" della sua esistenza da parte del Pubblico Ministero ovvero la prospettazione esplorativa di indagine rispetto ad una notizia di reato. L'Autorita' Giudiziaria, tenuto conto dello stato del procedimento, deve rappresentare le concrete risultanze processuali e la situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti, spiegando la congruenza dell'ipotesi di reato prospettata rispetto ai fatti che si intendono accertare. Qualsiasi sia l'indirizzo giurisprudenziale che si intenda recepire sul quantum di motivazione sia necessaria e sufficiente in tema di verifica del "fumus delicti", non vi e' dubbio che un'ipotesi astratta di reato deve essere configurata al momento in cui la misura e' disposta, atteso che cio' solo consente di verificare la causa giustificatrice per la quale si sottopone a sequestro un determinato bene ed il nesso di pertinenza probatoria tra quel bene ed il reato fondato. 2.2. In tale contesto, il motivo di ricorso rivela la sua strutturale inammissibilita' perche' sostanzialmente volto a differire ingiustificatamente ad un momento successivo il sindacato sulla sussistenza del fumus commissi delicti; un sindacato che, a dire del Procuratore ricorrente, dovrebbe essere compiuto non sulla base degli elementi esistenti al momento in cui la misura e' disposta, e dunque al momento in cui i diritti individuali sono limitati, ma sulla base di una prognosi prospettica, cioe' sulla base della potenzialita' dimostrativa che le cose sequestrate avrebbero ai fini della prova del reato ipotizzato. Un sequestro che, in ragione della possibilita' di acquisire elementi "probatori" pertinenti a riempire di contenuti l'ipotesi accusatoria e alla originaria notizia di reato, dovrebbe di per se' sempre considerarsi legittimo. Si tratta di una impostazione non condivisibile perche' fondata su una inammissibile valutazione postuma della legittimita' del vincolo e della sussistenza dei requisiti legittimanti il sequestro e, in particolare, del fumus commissi delicti che, diversamente dagli assunti del ricorrente, non puo' dipendere dall'esito, piu' o meno favorevole alla prospettiva accusatoria dell'apprensione, dalla "fruttuosita'" del sequestro dal punto di vista investigativo, dallo utilita' di cio' che e' sequestrato rispetto allo sviluppo delle indagini. 3. E' inammissibile anche il secondo motivo di ricorso. Quanto al denaro, il ricorso e' silente e non e' dunque chiaro ne' se quel denaro debba qualificarsi in termini di prezzo o di profitto derivante dall'ipotizzato reato, ne', soprattutto, quale sia l'esigenza probatoria sottesa al sequestro, cioe' perche' il sequestro dei quel denaro dovrebbe consentire di provare i fatti di reato contestati. Un sequestro, quello del denaro, che nella specie assume una funzione latamente preventiva che, tuttavia, non avrebbe potuto legittimare l'adozione di un sequestro probatorio. Piu' in generale, quanto alle altre cose sequestrate, il Tribunale del riesame, pur richiamando l'ordinanza con cui il Tribunale di Bari ha annullato il titolo cautelare personale, ha ricostruito con chiarezza, senza contraddizioni e con un percorso argomentativo logico i fatti e spiegato, quanto all'ipotizzato reato di concussione, le ragioni per le quali non e' ravvisabile nella condotta dell'indagato il requisito della minaccia e, piu' in generale, una condotta costrittiva, atteso che nella fattispecie si sarebbe al piu' realizzato un "esercizio abusivo di attivita' di intermediazione nella definizione transattiva della fase esecutiva del pignoramento". Rispetto a tale adeguata trama argomentativa, il motivo di ricorso e' inammissibile perche', al di la' del riferimento formale al vizio di violazione di legge, e' costruito postulando un vizio di motivazione, non deducibile, una non corretta valutazione del materiale investigativo ed e' volto a sollecitare una diversa valutazione della portata indiziaria dei singoli elementi, senza nemmeno spiegare in concreto in cosa sarebbe consistito l'abuso costrittivo, non potendo questo rinvenirsi nella ipotizzata "insistenza" della richiesta. 4. Non diversamente, e' inammissibile anche il terzo motivo di ricorso che ha una valenza prospettica ed esplorativa e pretende di porre a fondamento del sequestro non solo una diversa qualificazione giuridica dello stesso fatto, ma, in realta', un fatto strutturalmente diverso, finendo per chiedere alla Corte una ricostruzione degli accadimenti e dei requisiti di fattispecie non consentita e un sindacato sul significato indiziario degli elementi di indagine, che potra' essere compiuta nel corso del procedimento. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso.

Ricerca rapida tra migliaia di sentenze
Trova facilmente ciò che stai cercando in pochi istanti. La nostra vasta banca dati è costantemente aggiornata e ti consente di effettuare ricerche veloci e precise.
Trova il riferimento esatto della sentenza
Addio a filtri di ricerca complicati e interfacce difficili da navigare. Utilizza una singola barra di ricerca per trovare precisamente ciò che ti serve all'interno delle sentenze.
Prova il potente motore semantico
La ricerca semantica tiene conto del significato implicito delle parole, del contesto e delle relazioni tra i concetti per fornire risultati più accurati e pertinenti.
Tribunale Milano Tribunale Roma Tribunale Napoli Tribunale Torino Tribunale Palermo Tribunale Bari Tribunale Bergamo Tribunale Brescia Tribunale Cagliari Tribunale Catania Tribunale Chieti Tribunale Cremona Tribunale Firenze Tribunale Forlì Tribunale Benevento Tribunale Verbania Tribunale Cassino Tribunale Ferrara Tribunale Pistoia Tribunale Matera Tribunale Spoleto Tribunale Genova Tribunale La Spezia Tribunale Ivrea Tribunale Siracusa Tribunale Sassari Tribunale Savona Tribunale Lanciano Tribunale Lecce Tribunale Modena Tribunale Potenza Tribunale Avellino Tribunale Velletri Tribunale Monza Tribunale Piacenza Tribunale Pordenone Tribunale Prato Tribunale Reggio Calabria Tribunale Treviso Tribunale Lecco Tribunale Como Tribunale Reggio Emilia Tribunale Foggia Tribunale Messina Tribunale Rieti Tribunale Macerata Tribunale Civitavecchia Tribunale Pavia Tribunale Parma Tribunale Agrigento Tribunale Massa Carrara Tribunale Novara Tribunale Nocera Inferiore Tribunale Busto Arsizio Tribunale Ragusa Tribunale Pisa Tribunale Udine Tribunale Salerno Tribunale Verona Tribunale Venezia Tribunale Rovereto Tribunale Latina Tribunale Vicenza Tribunale Perugia Tribunale Brindisi Tribunale Mantova Tribunale Taranto Tribunale Biella Tribunale Gela Tribunale Caltanissetta Tribunale Teramo Tribunale Nola Tribunale Oristano Tribunale Rovigo Tribunale Tivoli Tribunale Viterbo Tribunale Castrovillari Tribunale Enna Tribunale Cosenza Tribunale Santa Maria Capua Vetere Tribunale Bologna Tribunale Imperia Tribunale Barcellona Pozzo di Gotto Tribunale Trento Tribunale Ravenna Tribunale Siena Tribunale Alessandria Tribunale Belluno Tribunale Frosinone Tribunale Avezzano Tribunale Padova Tribunale L'Aquila Tribunale Terni Tribunale Crotone Tribunale Trani Tribunale Vibo Valentia Tribunale Sulmona Tribunale Grosseto Tribunale Sondrio Tribunale Catanzaro Tribunale Ancona Tribunale Rimini Tribunale Pesaro Tribunale Locri Tribunale Vasto Tribunale Gorizia Tribunale Patti Tribunale Lucca Tribunale Urbino Tribunale Varese Tribunale Pescara Tribunale Aosta Tribunale Trapani Tribunale Marsala Tribunale Ascoli Piceno Tribunale Termini Imerese Tribunale Ortona Tribunale Lodi Tribunale Trieste Tribunale Campobasso

Un nuovo modo di esercitare la professione

Offriamo agli avvocati gli strumenti più efficienti e a costi contenuti.