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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana Sezione Quarta ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 1126 del 2023, proposto da Vi. Br. e Gr. Ro., rappresentati e difesi dagli avvocati Or. Cu. e Mo. Ba., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell'Avvocato Or. Cu. in Firenze, (...); contro Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Fr. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in (...), largo (...); per l'annullamento del Decreto motivato di occupazione di urgenza del Comune di (omissis), Area Tecnica, a firma del Responsabile pro-tempore, Dr. Fa. Al., numero 1 del 25 gennaio 2023, notificato in data 3 febbraio 2023 (AG 78772644938-2 e AG 78772644931-4, emesso ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 22-bis del DPR numero 327 del 2001; nonché di tutti gli atti presupposti, connessi, conseguenti, ancorché incogniti, comprese le Delibere di approvazione del progetto della Giunta del Comune di (omissis) n. 123 del 17 novembre 2022 e n. 124 del 29 novembre 2022 e il silenzio sulla richiesta di annullamento in autotutela, con conseguente inefficacia del Verbale di immissione in possesso del 9 febbraio 2023. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis); Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 maggio 2024 il dott. Giovanni Ricchiuto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO I Sig. Vi. Br. e Gr. Ro. hanno impugnato con ricorso straordinario al Presidente della repubblica il decreto di occupazione di urgenza n. 1 del 25 gennaio 2023, emesso del Comune di (omissis), ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 22 bis del DPR n. 327/2001, nonché le precedenti delibere di approvazione del progetto della Giunta del Comune di (omissis) n. 123 del 17 novembre 2022 e n. 124 del 29 novembre 2022 e il silenzio sulla richiesta di annullamento in autotutela, con conseguente inefficacia del verbale di immissione in possesso del 9 febbraio 2023. Nel ricorso si è avuto modo di evidenziare che il terreno di cui sono proprietari gli attuali ricorrenti è ubicato nel Comune di (omissis), di cui al Foglio (omissis) del N.C.T., particella n. (omissis), ed è stato oggetto di una prima approvazione del progetto definitivo di cui alla delibera della Giunta Comunale n. 76 del 30 giugno 2022 e della deliberazione di avvio del procedimento, n. 100 del 27 settembre 2022, relativa alla realizzazione di un'area dedicata a sport equestri dove ricavare una pista per corse di cavalli e maneggio. Il relativo progetto è stato poi sostituito da un ulteriore progetto prima definitivo e poi esecutivo, contenuto rispettivamente nella delibera n. 123 e 124 del 17 novembre e del 29 novembre 2022, entrambe dirette a consentire la realizzazione di un'area dedicata a sport equestri dove ricavare una pista per corse di cavalli e maneggio, da utilizzare anche per la corsa del Palio delle Contrade. Detti provvedimenti prevedevano l'esproprio di una superficie 1310 mq e, quindi, di una parte del terreno così come previsto dal piano particellare, con la proposta di un'indennità provvisoria di 1310 euro, senza tuttavia specificare i parametri di riferimento. Il successivo decreto del 25 gennaio 2023, n. 1 ha così disposto l'occupazione anticipata di tutta la particella (omissis) per complessivi 2486 mq (senza che questo fosse previsto dalla dichiarazione di pubblica utilità di cui alla Delibera n. 123 del 17 novembre 2022) e un'indennità in via provvisoria per l'intera particella calcolata peraltro sempre per l'importo di Euro 1310,00. In particolare nell'impugnare i provvedimenti sopra citati si sostiene l'esistenza dei seguenti vizi: 1. la violazione degli artt. 1 e 3 della L. 7 agosto 1990, n. 241, degli articoli 20, 21 e 22-bis DPR 327 del 2001, degli artt. 41 e 42 Cost. e l'emergere di diversi profili di eccesso di potere, in quanto il decreto non comprende l'indicazione delle ragioni di urgenza essendo presente solo un generico rinvio alla necessità di rispettare i tempi del previsto finanziamento; 2. la violazione degli artt. 1, 3, 7 e 8 della L. 7 agosto 1990, n. 241, degli artt. 16 e 17 DPR 327 del 2001 e la violazione degli artt. 41 e 42 Cost., oltre vari profili di eccesso di potere, in quanto la delibera n. 123 del 17 novembre 2022 sarebbe stata approvata senza alcuna comunicazione di avvio del procedimento; una volta che è stato riapprovato il progetto definitivo con la delibera 123 del 17 novembre 2022, l'Amministrazione avrebbe dovuto comunicare il relativo avvio del procedimento ai ricorrenti; 3. la violazione degli artt. 1 e 3 L. 7 agosto 1990, n. 241 e l'eccesso di potere, in quanto il decreto n. 1 del 25 gennaio 2023, risulta divergere da quanto previsto dalla precedente delibera 123 del 17 novembre 2023 che non avrebbe legittimato un'occupazione sine titulo sull'intera particella; 4. l'eccesso di potere per irragionevolezza, contraddittorietà, la violazione del principio di proporzionalità e necessarietà e del principio del legittimo affidamento. Il Comune di (omissis) si è opposto al ricorso straordinario promosso dai ricorrenti che è stato poi trasposto presso questo Tribunale. Lo stesso Comune, nel costituirsi, ha eccepito l'inammissibilità del ricorso in quanto trasposto tardivamente e in violazione dei termini previsti dal combinato disposto di cui agli art. 11 e 119 del cpa. L'inammissibilità del ricorso sussisterebbe anche in considerazione di un altro profilo, in quanto sussisterebbe l'inammissibilità del ricorso per non essere stata impugnata tempestivamente la deliberazione di Giunta Comunale n. 123 del 17 novembre 2022, con la quale è stata dichiarata la pubblica utilità dell'opera. Nel merito si sono contestate le argomentazioni dedotte chiedendo il rigetto del ricorso. In particolare il Comune ha evidenziato che sussisterebbero le ragioni di urgenza alla base dell'adozione del provvedimento di occupazione in quanto nel mese di giugno 2023 sarebbero iniziate le attività prodromiche al Palio delle Contrade, la cui gara ufficiale è fissata per il 18 agosto 2023 e, ancora, in ragione della necessità di non perdere il finanziamento, per una quota pari ad euro 360.000,00 con contributo di Regione Toscana, nella parte in cui si richiede che i lavori devono essere terminati entro il 30/11/2023. Nel corso del giudizio tutte le parti hanno presentato memorie, anche in replica alle eccezioni dedotte. In particolare la ricorrente ha eccepito l'illegittimità costituzionale dell'art. 48 c.p.a. nella parte in cui prevede il termine di sessanta giorni per la trasposizione, perché laddove fosse interpretato come termine dimezzato sia per la notifica del ricorso che del relativo deposito si porrebbe in contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione. Detta interpretazione avrebbe l'effetto di costituire un'implicita abrogazione dell'art. 10 del DPR 1199 del 1971 che legittima i controinteressati e le Amministrazioni a proporre opposizione per la trasposizione in sede giurisdizionale. In questi termini, e all'udienza del 16 maggio 2024, il ricorso è stato trattenuto in decisione. DIRITTO 1. Il ricorso è irricevibile per tardività della trasposizione del ricorso straordinario in questa sede giurisdizionale, in violazione dei termini previsti dal combinato disposto degli art. 11 e 119 del cpa. 1.1 E' dirimente constatare che il presente giudizio rientra tra le controversie soggette alla dimidazione dei termini processuali di cui all'art. 119 c.p.a., nella parte in cui detta disposizione prevede che "le disposizioni di cui al presente articolo si applicano nei giudizi aventi ad oggetto le controversie relative a... f) i provvedimenti relativi alle procedure di occupazione e di espropriazione delle aree destinate all'esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità e i provvedimenti di espropriazione delle invenzioni adottati ai sensi del codice della proprietà industriale". In tali procedimenti (in questo senso è il comma 2) "tutti i termini processuali ordinari sono dimezzati salvo, nei giudizi di primo grado, quelli per la notificazione del ricorso introduttivo, del ricorso incidentale e dei motivi aggiunti, nonché quelli di cui all'articolo 62, comma 1, e quelli espressamente disciplinati nel presente articolo". 1.2 Ai fini di dimostrare la tardività della riassunzione è necessario premettere che il ricorso straordinario è stato notificato il 5 giugno 2023. L'Amministrazione si è opposta al ricorso straordinario con atto del 29 giugno 2023, notificato il 24 luglio 2023, mentre i ricorrenti hanno notificato e depositato il ricorso in riassunzione solo il 23 ottobre 2023, e, quindi, sessanta giorni dopo l'atto di opposizione, al netto della sospensione feriale. Tuttavia, stante la dimidiazione del termine per operare la trasposizione, la successiva notifica del presente ricorso sarebbe dovuta avvenire entro il 23 settembre 2024. 1.3 L'applicabilità del termine dimidiato di trenta giorni per effettuare la trasposizione in sede giurisdizionale di un ricorso al Presidente della Repubblica è stata sancita da un costante orientamento giurisprudenziale, nella parte in cui ha evidenziato che "ragioni di ordine logico, oltre che di sistematicità, impongono di ritenere applicabile la dimidiazione del termine anche nel caso della trasposizione... Alla stessa soluzione si addiviene anche in forza della lettura della norma alla luce della sua ratio, che è quella di garantire il diritto alla difesa, assicurando il mantenimento dell'ordinario termine decadenziale per esercitare l'accesso alla giustizia, nonostante il dimezzamento di tutti gli altri termini endogiudiziali, tra cui quello per la trasposizione. Essa, infatti, non integra una nuova esplicazione del diritto alla difesa, se non mediante la mera riassunzione, che non richiede alcun particolare adempimento giustificante l'equiparazione alla proposizione del ricorso e, dunque, il più lungo termine di sessanta giorni" (T.A.R. Lombardia, sezione staccata di Brescia, sent. n. 371 del 18 maggio 2020; T.A.R. Lombardia, sezione staccata di Brescia, sez. I, sent. n. 204 del 6 marzo 2023). 1.4 In altre pronunce è stato statuito che "...il termine per la trasposizione del ricorso straordinario al Capo dello Stato costituisce termine processuale, soggetto come tale a dimezzamento degli ordinari sessanta giorni, previsti dall'art. 10 d.p.r. 1199, a trenta (Cons. Stato, Sez. VI, 20 agosto 2019, n. 5771; T.A.R. Lazio, sez. I, sent. n. 7674 del 10 giugno 2022). Ancora più chiaramente si è sancito che per le materie soggette all'art. 119 c.p.a., il deposito dell'atto di costituzione, di cui all'art. 10 del d.P.R. n. 1199 del 1971, avanti al Tribunale deve eseguirsi nel termine dimidiato di 30 giorni (Cons. St., sez. VI, 20 agosto 2019, n. 5771). 1.5 L'art. 10 del d.P.R. n. 1199 del 1971 si limita a sancire l'obbligo di riproporre il ricorso davanti alla sede giudiziaria così come individuata, senza che lo stesso ricorso possa essere integrato o modificato nei motivi e nelle conclusioni, obbligando inoltre la stessa parte che intende riassumere il giudizio a notificare, alle altre parti e a pena di inammissibilità, il successivo avviso di voler insistere nel ricorso. 1.7 Ne consegue che l'atto di trasposizione in nessun modo può essere equiparato alla proposizione del ricorso già introdotto, così come nemmeno l'avviso di voler insistere nel ricorso può essere assimilato alla notificazione del ricorso introduttivo in primo grado (Cons. Stato, sez. VII, sent. n. 1443 del 9 febbraio 2023). 1.8 Si consideri, ancora, che secondo precedenti pronunce, quale che sia la sequenza degli adempimenti formali compiuti per la trasposizione del ricorso straordinario, deve essere osservato per entrambi gli adempimenti (deposito e notifica) il termine perentorio di trenta giorni, laddove risulti operante (come nel caso di specie) l'istituto della dimidiazione di cui all'art. 119, comma 2), termine quest'ultimo che decorre dal perfezionamento, per l'originario ricorrente, della notificazione dell'atto di opposizione (Cons. Stato, sez. IV, sent. n. 6124 del 26 ottobre 2018 Tar Lazio, Roma, Sez. Terza, 31 maggio 2023, n. 9253). 1.9 L'esistenza delle pronunce sopracitate, oltre il carattere inequivoco dell'art. 119 cpa, consente di ritenere insussistenti i presupposti dell'istituto dell'errore scusabile di cui all'art. 37 cpa, sussistendo la violazione dei termini per operare la trasposizione del ricorso presentato in sede amministrativa. 2. Le argomentazioni sopra citate e dirette a confermare il fondamento dell'eccezione di tardività del ricorso, sono sufficienti anche per ritenere insussistenti anche i profili di illegittimità costituzionale dell'art. 48 cpa. Il ricorrente sostiene che l'art. 48 c.p.a. sarebbe incostituzionale, laddove detta disposizione fosse interpretata applicando anche alla trasposizione e nelle materie di cui all'art. 119 il termine dimezzato, sia per la notifica che per il deposito del ricorso che si intende riassumere. Detta disposizione si porrebbe in contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, legittimando un'implicita abrogazione dell'art. 10 del DPR 1199 del 1971 nella parte in cui consente ai controinteressati e alle Amministrazioni di proporre opposizione e di consentire la trasposizione in sede giurisdizionale entro il termine di sessanta giorni. A parere del ricorrente, poiché l'abbreviazione dei termini disposta dall'art. 119 c.p.a. non riguarda il termine per la proposizione del ricorso (salvo le disposizioni specifiche dettate dall'art. 120, comma 2 e 5 per le materie di cui all'art. 119, lett. a)), è da ritenere che non si applichi nemmeno all'atto di trasposizione, in quanto esso includerebbe una domanda del soggetto interessato che sarebbe assimilabile al ricorso introduttivo. 2.1 Dette argomentazioni non sono condivisibili, non sussistendo i presupposti di sospetta incostituzionalità . 2.2 Le pronunce sopra citate hanno evidenziato come sussista una sostanziale differenza (per le caratteristiche proprie degli stessi atti) tra l'atto di proposizione del ricorso e la riassunzione a seguito dell'opposizione per la trasposizione in sede giudiziale. 2.3 La trasposizione di un ricorso in origine presentato innanzi al Presidente della Repubblica non integra una nuova esplicazione del diritto alla difesa, ma solo il compimento di alcuni adempimenti processuali, circostanza quest'ultima che è di ostacolo a consentire un'equiparazione con l'atto di proposizione del ricorso e, dunque, anche il termine proprio di quest'ultimo e pari a sessanta giorni. 2.4 Come si è avuto modo di anticipare è, infatti, con l'opposizione che si apre la fase del giudizio in sede giurisdizionale, circostanza quest'ultima che trova conferma proprio nel tenore dell'art. 10 del d.P.R. n. 1199 del 1971, laddove il Legislatore ha avuto modo di precisare che, con l'atto di trasposizione, ci si limita a riproporre il ricorso in origine presentato in sede amministrativa, senza che quest'ultimo possa essere integrato o modificato nei motivi e nelle conclusioni. 2.5 Si consideri, inoltre, che il ricorso straordinario è "alternativo" rispetto al ricorso giurisdizionale, secondo quanto previsto dall'art. 8 del d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199 e che, ancora, il ricorso straordinario diviene improcedibile qualora quest'ultimo sia stato erroneamente trasposto in sede giurisdizionale (in questo senso è l'art. 10 del d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199). 2.6 A conferma di dette considerazioni è possibile far riferimento anche alle conclusioni alle quali è pervenuta di recente l'Adunanza Plenaria n. 11/2024 che, pronunciandosi in merito alla natura del ricorso straordinario, lo ha qualificato come un rimedio "giustiziale alternativo a quello giurisdizionale, di cui condivide solo alcuni tratti strutturali e funzionali". 2.7 Ai fini di operare detta qualificazione l'Adunanza Plenaria ha considerato dirimente l'applicazione del principio di alternatività di cui all'art. 8 sopra citato, in quanto la scelta di optare per la trasposizione impedisce il proseguimento dell'esame della controversia innanzi al Presidente della Repubblica e, ciò, con l'effetto che "la decisione resa su ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, sebbene il giudizio fosse stato ritualmente trasposto in sede giurisdizionale, è nulla ai sensi dell'art. 21-septies del c.p.a., in quanto emanata in difetto assoluto di attribuzione". 2.8 Affermare di fatto l'esistenza di un'unica controversia che, iniziata presso una sede "giustiziale" prosegue (dopo l'opposizione) presso un organo giurisdizionale, ha l'effetto di confermare che l'atto di riassunzione non è suscettibile di essere equiparato all'originaria proposizione del ricorso già introdotto. Ne consegue che la trasposizione si sostanzia nel compimento di una serie di atti (deposito del ricorso e avviso) che hanno la sola finalità di consentire la prosecuzione di un giudizio di fatto già instaurato. 2.9 Ulteriore conseguenza è quella che deve ritenersi ammissibile (senza che risultino esistenti i dedotti profili di sospetta incostituzionalità ) anche la previsione di termini differenti e, quindi, sia per quanto riguarda l'iniziale proponimento di un ricorso sia, ancora, con riferimento all'atto di riassunzione in una sede giurisdizionale e, ciò, nelle materie di cui all'art. 119 c.pa. che risultano disciplinate da un rito che prevede la compressione e la riduzione di tutti i termini processuali. 3. Si consideri, da ultimo, che gli art. 48 e 119 cpa, nella parte in cui prevedono la dimidiazione dei termini in particolari materie come quella in esame e in quanto disposizioni contenute nel codice del processo del 2010, sono disposizioni successive che possono ben incidere su una disciplina speciale e ad esso antecedente, come è appunto il d.P.R. n. 1199 del 1971. 3.1 In conclusione il ricorso va dichiarato irricevibile ai sensi dell'art. 35 comma 1 lett. a), mentre la novità della fattispecie esaminata consente la compensazione delle spese di giudizio. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara irricevibile nei termini così precisati in parte motiva. Compensa le spese tra le parti costituite. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 16 maggio 2024 con l'intervento dei magistrati: Riccardo Giani - Presidente Giovanni Ricchiuto - Consigliere, Estensore Nicola Fenicia - Consigliere

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROSI Elisabetta - Presidente Dott. VERGA Giovanna - Consigliere Dott. PELLEGRINO Andrea - Consigliere Dott. PERROTTI Massimo - rel. Consigliere Dott. LEOPIZZI Alessandro - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 27/5/2021 della Corte di appello di Palermo; processo nel quale e' costituito parte civile 5MELIA Salvatore; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere Massimo Perrotti; udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. Giulio Romano, che ha chiesto il rigetto dei ricorsi proposti nell'interesse di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), la inammissibilita' del ricorso proposto nell'interesse del (OMISSIS); uditi i difensori dei ricorrenti: avv.to (OMISSIS) per (OMISSIS); avv.to (OMISSIS) per (OMISSIS), anche in sostituzione dell'avv. (OMISSIS), che hanno illustrato diffusamente i motivi di ricorso, dei quali hanno chiesto l'accoglimento, con il conseguente annullamento della sentenza impugnata. L'avvocato (OMISSIS) per (OMISSIS) ha inoltre chiesto l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, per essere il reato contestato estinto per intervenuta prescrizione. RITENUTO IN FATTO Si procede nei confronti dei ricorrenti: - (OMISSIS) e (OMISSIS), per concorso nel delitto di fraudolenta intestazione di beni e valori (articolo 512 bis c.p., capo B), in relazione alle quote sociali della (OMISSIS) s.r.l., delle quali il (OMISSIS) sarebbe titolare per un valore pari al conferimento di Euro centomila, attribuite fittiziamente al (OMISSIS) (titolare apparente), al fine di eludere i provvedimenti di confisca di prevenzione. Fatto commesso in (OMISSIS); (OMISSIS) e (OMISSIS), per il concorso nei delitti di estorsione consumata posti in continuazione (p.o. (OMISSIS)), aggravati dall'uso del metodo mafioso (capo E); fatti commessi in (OMISSIS), fino al (OMISSIS). All'esito del giudizio di primo grado (OMISSIS) e (OMISSIS) erano dichiarati responsabili dei reati di cui agli articoli cui agli articoli 81 cpv., 110, 512-bis c.p., loro contestati ai capi A) e B) della rubrica, unificati sotto il vincolo della continuazione; erano quindi condannati: (OMISSIS) alla pena di anni sei e mesi sei di reclusione, (OMISSIS) alla pena di anni cinque e mesi otto di reclusione; (OMISSIS) e (OMISSIS) erano dichiarati responsabili del reato di cui agli articoli 110, 81 cpv., 629, 416-bis.1. c.p., contestato al capo E) e ritenuta la continuazione interna, erano condannati alla pena di anni sette di reclusione ed Euro millesettecento di multa ciascuno, oltre le statuizioni accessorie e la condanna al risarcimento del danno nei confronti della parte civile. Si disponeva la confisca delle quote societarie di "(OMISSIS)" s.r.l. e "(OMISSIS)" s.r.l. sequestrate con provvedimento del 28 settembre 2017. La Corte palermitana, rinnovata l'istruttoria dibattimentale, con la sentenza impugnata, assolveva (OMISSIS) e (OMISSIS) dal reato loro ascritto in concorso al capo A), perche' il fatto non sussiste e, per l'effetto, riduceva per il reato di cui al capo B la pena inflitta a (OMISSIS) ad anni cinque di reclusione, anni quattro e mesi otto a (OMISSIS); riconosciute le circostanze attenuanti generiche a (OMISSIS) e (OMISSIS), riduceva la pena ad anni quattro, mesi sei di reclusione ed Euro millecento di multa ciascuno. Riduceva inoltre l'importo del risarcimento del danno, liquidato in favore della parte civile (OMISSIS) in Euro 10.000,00 in proprio ed Euro 5.000,00, in qualita' di legale rappresentante della (OMISSIS) s.r.l.. Alla riduzione della pena conseguiva l'eliminazione nei confronti del (OMISSIS), dello (OMISSIS) e del (OMISSIS) della pena accessoria della interdizione legale e la sostituzione della interdizione perpetua dai pubblici uffici con quella dell'interdizione per anni cinque. Revocava la confisca delle quote societarie di (OMISSIS) s.r.l. e ne disponeva la restituzione agli aventi diritto. La sentenza impugnata era nel resto confermata. Avverso tale pronuncia propongono ricorso gli imputati in epigrafe indicati, con atti sottoscritti dai rispettivi difensori di fiducia, deducendo a sostegno della impugnazione i seguenti motivi: 1. (OMISSIS), capo B; 1.1. violazione della legge penale incriminatrice in riferimento alla riconosciuta responsabilita' dell'imputato (articolo 606, comma 1, lettera b, c.p.p., in riferimento al delitto di cui all'articolo 512 bis c.p.); con i motivi di gravame spesi nel merito era stata dedotta la assoluta carenza dimostrativa del "trasferimento" delle quote sociali e, prima ancora, dell'acquisto delle medesime quote (per un valore corrispondente a centomila Euro) da parte del (OMISSIS); 1.2. vizio di motivazione per mancanza, contraddittorieta' testuale e travisamento della prova (articolo 606, comma 1, lettera e, c.p.p.) in ordine al ruolo di dominus di fatto della societa' la (OMISSIS) a r.I., per la manifesta ed irrisolta contraddizione tra le fonti dichiarative assunte nel processo e per la aperta inconciliabilita' delle dichiarazioni rese da costoro e le conversazioni intercettate intra alios, ove non e' traccia o e' traccia quanto mai equivoca della immissione di liquidita' nella predetta compagine sociale da parte del (OMISSIS); 1.3. violazione della legge penale e vizi esiziali di motivazione, per mancanza del segno grafico (articolo 606, comma 1, lettera b ed e, c.p.p.), quanto all'immotivato cospicuo allontanamento della sanzione irrogata dal minimo edittale, oltre che per l'immotivato rigetto del richiesto riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. 2. (OMISSIS), capo B, 2.1. omessa valutazione di prova decisiva e vizi esiziali di motivazione, per mancanza, manifesta illogicita' e travisamento delle prove del fatto (articolo 606, comma 1, lettera d ed e, c.p.p.), in relazione al ritenuto finanziamento del (OMISSIS) verso la societa' la (OMISSIS) a r.l.. La Corte territoriale ha sul puto ritenuto dimostrato (al di la' del ragionevole dubbio) il detto conferimento per contanti, sulla base della prova dichiarativa offerta in dibattimento da (OMISSIS) (ritenuto dalla difesa non costante nel dichiarato), senza motivare in ordine alla dedotta contraddizione e non continuita' della prova dichiarativa; travisando il contenuto della conversazione del 20 giugno 2016, intercettata tra (OMISSIS) e (OMISSIS); offrendo illogico accompagnamento argomentativo al rimborso spese ottenuto dal (OMISSIS) per l'acquisto (poche diecine di Euro) di pannelli per l'esercizio commerciale, equivocando sulle richieste di rimborso delle spese effettuate da (OMISSIS) per la societa', equivocando ancora sul ruolo del (OMISSIS), che operava su indicazioni del (OMISSIS) e non del (OMISSIS), la motivazione sui punti dedotti e' mancante e, quando appare, travisa apertamente il contenuto delle conversazioni; ignorando totalmente la relazione di consulenza tecnica " (OMISSIS)", che aveva minuziosamente ricostruito l'aspetto contabile e gli asseti societari della (OMISSIS) s.r.l.; confinando nell'oblio il contenuto della deposizione dibattimentale del 15Sammaritano, che aveva ricostruito le vicende negoziali poste a base dell'iniziativa commerciale; travisando totalmente e comunque non apprezzando il chiaro ed univoco contenuto della conversazione intercettata tra (OMISSIS) e (OMISSIS) il 16 aprile 2016 "non siamo soci, ma amici", cui la Corte attribuisce apoditticamente un significato depistante; equivocando sul significato della cessione alla (OMISSIS) mai realizzatosi; 2.2. vizi esiziali di motivazione in ordine alla stimata attendibilita' del narrato ed affidabilita' soggettiva del narrante (OMISSIS) sui poteri gestori attribuiti al (OMISSIS); 2.3. falsa applicazione della norma penale incriminatrice, per aver ritenuto rilevanti atti di gestione di fatto dell'attivita' commerciale gestita dalla societa' la (OMISSIS), laddove la norma incrimina atti di "trasferimento" e non di gestione amministrativa; 2.4. vizio di motivazione per mancanza del tratto grafico e violazione di legge in ordine alla dimensione sanzionatoria misurata in termini assai distanti dal minimo edittali e prossimi al massimo; i medesimi vizi attingono anche la decisione di non riconoscere le circostanze attenuanti generiche; 2.5. ancora, i medesimi vizi sono denunziati quanto alla durata della pena accessoria inferta, dovendosi procedere ad una lettura costituzionalmente orientata dell'articolo 29 c.p.; 2.6. sempre gli stessi vizi sono denunziati quanto alla valutazione di confisca delle quote della (OMISSIS); 2.7.-8. Gli ultimi due motivi sono dedicati alla denunzia della inosservanza della legge processale, non avendo la Corte apprezzato le nullita' della notifica degli avvisi di fissazione della udienza preliminare e del giudizio di appello, non operate presso il domicilio dichiarato dall'imputato all'atto della dimissione carceraria; 3.-4. (OMISSIS), (OMISSIS) capo E (motivi sovrapponibili); 3-4.1. violazione della legge penale e vizi di motivazione, per mancanza e illogicita' manifesta (articolo 606, comma 1, lettera b ed e, c.p.p.), la Corte territoriale nulla argomenta in ordine ai motivi di gravame spesi nel merito dal ricorrente per contestare la sussistenza di un preciso quadro probatorio posto a sostegno della decisione, tanto in ordine alla natura delle dazioni in denaro da (OMISSIS) a (OMISSIS), quanto sulla prova della minaccia (esplicita o implicita che essa fosse), per di piu' proveniente da soggetti che non paiono affatto mafiosamente qualificati; nessuna argomentazione accompagna il significato da attribuire alla interruzione, assolutamente spontanea e potestativa, delle dazioni di denaro dal (OMISSIS) al ricorrente. 3-4.2. Il medesimo deserto argomentativo viene dedotto con riferimento alla -aggravante del metodo mafioso, riconosciuta in assenza di qualsivoglia indice epifanico tratto dalla condotta o dalle qualita' soggettive degli agenti. 5. All'udienza del 10 marzo 2023 -respinta, come da verbale di udienza, l'istanza di differimento proposta dal difensore di (OMISSIS), che aveva rappresentato l'opportunita' di attendere l'esito della decisione della Corte di appello di Caltanissetta (riservata all'udienza camerale del 10 febbraio 2023) sulla richiesta di revoca della misura di prevenzione patrimoniale (confisca della societa' che gestiva il centro commerciale ove operava l'azienda rientrante nel patrimonio della societa', il cui fraudolento trasferimento e' contestato al capo B) resasi definitiva il 12 novembre 2022, atteso che la norma indicata al capo B (articolo 512 bis c.p.) incrimina il trasferimento di valori ad opera del soggetto obiettivamente sottoponibile a misura di prevenzione patrimoniale, a prescindere dalla effettiva applicazione della misura- sulle conclusioni rassegnate dalle parti, la Corte riservava la decisione in camera di consiglio, all'esito della quale dava lettura del dispositivo. CONSIDERATO IN DIRITTO Deve preliminarmente rilevarsi la manifesta infondatezza degli ultimi due motivi di ricorso proposti in rito (errores in procedendo, inosservanza della legge processuale posta a pena di nullita') dalla difesa di (OMISSIS). Sia il decreto di fissazione dell'udienza preliminare che l'avviso di fissazione della udienza di appello non risultano notificati presso il domicilio eletto dall'imputato; tuttavia, lo stesso e' stato presente sia nel corso del giudizio di primo grado, che in quello di appello. La notificazione ha pertanto raggiunto lo scopo ed ha consentito all'imputato di conoscere del processo e presenziare in udienza (Sez. 2, n. 48610 del 23/10/2019, Rv. 277932). Fondati sono i motivi di ricorso svolti nell'interesse di (OMISSIS) e (OMISSIS), tesi ad evidenziare deficit motivazionali esiziali della sentenza impugnata e falsa applicazione della legge penale nella identificazione degli elementi integranti il tipo oggetto di incriminazione; fondati sono, altresi', i motivi di ricorso svolti nell'interesse di (OMISSIS) e (OMISSIS), con i quali e' stata denunziata mera apparenza della motivazione che sostiene il riconoscimento della aggravante ad effetto speciale di cui all'articolo 416 bis. 1 c.p.. 1. Il processo prende le mosse dal sequestro di prevenzione, del 20 luglio 2012, relativo a sette societa' e relativi patrimoni, diciassette immobili e numerose altre disponibilita' finanziarie riferibili a (OMISSIS) (rinviato a giudizio per il reato di partecipazione ad associazione mafiosa e poi assolto, con sentenza irrevocabile) e ai suoi familiari; tra i beni sottoposti a vincolo era anche il centro commerciale della " (OMISSIS) e C." s.n.c., sito sulla (OMISSIS), a (OMISSIS), che constava di un supermercato e di una galleria di negozi. (OMISSIS) (assolto gia' in primo grado dai reati descritti ai capi C e D, non oggetto di impugnazione) veniva contestualmente nominato amministratore giudiziario. Il 31 luglio 2012 (OMISSIS) - con una prima comunicazione riservata - segnalava al Tribunale la presenza del (OMISSIS) all'interno dei locali oggetto di sequestro, nonostante le ripetute ammonizioni. Era quindi adottato un provvedimento inibitorio nei confronti del (OMISSIS), datato 3 agosto 2012, con cui si invitava anche l'amministratore giudiziario ad adottare tutte le misure necessarie per allontanare il (OMISSIS) dalla struttura. Frattanto il (OMISSIS) proponeva in affitto il centro commerciale, ricevendo un'offerta dalla "(OMISSIS)" s.r.l. per il supermercato e, successivamente, da "(OMISSIS)" s.r.l. per la galleria del centro commerciale. La "(OMISSIS)"s.r.l. era stata costituita il (OMISSIS), con un capitale di 10.000,00 Euro, da (OMISSIS) (con il 10%) moglie del (OMISSIS) - e (OMISSIS) (con il 90%), legale del medesimo (OMISSIS); a seguito di alcuni avvicendamenti societari, il capitale era stato poi ripartito come segue: 5.100,00 Euro venivano conferiti dalla "(OMISSIS)" S.p.a. - societa' riferibile alla famiglia (OMISSIS), imprenditori messinesi operanti nell'ambito della grande distribuzione a marchio "(OMISSIS)" - mentre la restante parte da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e "(OMISSIS)" s.r.l.; al 20 aprile 2016 il capitale sociale risultava essere stato aumentato a 200.000,00 Euro, detenuti dalla sola "(OMISSIS)" S.p.a., di cui venivano versati solo 50.000,00 Euro. "(OMISSIS)" s.r.l. era stata costituita il 20 maggio 2008 dall'imputato (OMISSIS), il quale deteneva e versava la meta' del capitale sociale (pari a 100.000,00 Euro), mentre la parte residua veniva conferita dalla societa' "(OMISSIS)" s.r.l.; quest'ultima, il 7.11.2012 cedeva dette quote a (OMISSIS) (il 20%), (OMISSIS) (il 20%) e (OMISSIS) (10%). La composizione societaria permaneva invariata, almeno, sino al 20 dicembre 2016, sebbene nel frattempo (OMISSIS) fosse divenuto amministratore della societa'. Il 6 febbraio 2013 era stipulato un contratto di affitto di ramo d'azienda fra la " (OMISSIS)" e la "(OMISSIS)", che aveva ad oggetto il supermercato del centro; tale negozio interveniva previa autorizzazione del Tribunale di Palermo, emessa il 4 marzo 2013; al momento della stipula, il rappresentante legale della "(OMISSIS)." era (OMISSIS). La consegna dei locali dall'amministrazione giudiziaria all'affittuaria veniva realizzata il 12 giugno 2013, mentre il rapporto cessava l'8 aprile 2016, con risoluzione consensuale fra le parti, atteso che il volume d'affari era insufficiente per far fronte agli elevati costi di gestione. Il 6 giugno 2013 veniva sottoscritto un contratto tra "(OMISSIS)" - nella persona del legale rappresentante (OMISSIS) - e la " (OMISSIS)" per l'affitto della Galleria; anche in questo caso, la stipula era stata preceduta da una relazione del (OMISSIS) e dalla autorizzazione del Tribunale. In data 8 aprile 2016, contestualmente alla risoluzione del rapporto con la "(OMISSIS).", veniva stipulato - previa autorizzazione del Tribunale di Palermo, del 10 marzo 2016- un nuovo contratto di affitto avente a oggetto il solo supermercato, con la societa' "(OMISSIS)" s.r.l., rappresentata da (OMISSIS). La societa' "(OMISSIS)" s.r.l. era stata costituita il (OMISSIS), con un capitale sociale di 10.000,00 Euro, conferito da "(OMISSIS)" (per 3.400,00 Euro) e in eguale misura (2.200,00 Euro) da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); sede della societa' era il (OMISSIS) di (OMISSIS), a (OMISSIS), luogo dove prima vi era una delle sedi della " (OMISSIS)", quando non era ancora sottoposta a sequestro. (OMISSIS), a seguito delle cessioni delle quote degli altri soci, il 29 aprile 2016 diveniva unica proprietaria di "(OMISSIS)". Con l'ingresso della "(OMISSIS)", il supermercato del "centro (OMISSIS)" revocava l'insegna "(OMISSIS)" riferibile a (OMISSIS). Nella direzione del "(OMISSIS)", dopo le dimissioni di (OMISSIS), rassegnate nel giugno 2016, alla "(OMISSIS)" succedeva la societa' "(OMISSIS)" s.r.l., il cui amministratore unico era (OMISSIS). In ultimo, con decreto del 16 marzo 2017, del Tribunale di (OMISSIS), i beni del (OMISSIS) sottoposti a vincolo con provvedimento del 24 luglio 2012, divenivano oggetto di confisca (della cui revoca si discute, in questi mesi, a seguito della assoluzione irrevocabile del (OMISSIS) dalla imputazione di partecipazione ad associazione mafiosa). Il Tribunale esponeva quindi il contenuto delle dichiarazioni di (OMISSIS), dalla cui denuncia (25 marzo 2016) il procedimento aveva avuto origine. Il (OMISSIS), in forza del contratto stipulato il 6 febbraio 2014 era amministratore della societa' "(OMISSIS)", direttore della galleria "(OMISSIS)" di (OMISSIS) e amministratore del condominio che ricomprendeva anche il supermercato in gestione alla "(OMISSIS)" ed aveva poi concluso i seguenti contratti con "(OMISSIS)", dunque, con il (OMISSIS): 1) il primo, in data 1 gennaio 2013, atteneva al solo progetto di "ricommercializzazione" del centro commerciale ed era stato stipulato tra "(OMISSIS)", quale mandante, e il (OMISSIS), quale mandatario, in quanto titolare della omonima ditta individuale; per quest'attivita', ogni nuovo commerciante poteva accordarsi col (OMISSIS) per corrispondergli una cifra una tantum, mentre la societa' mandante avrebbe corrisposto al mandatario il 5% "sul montante netto dei canoni"; 2) il secondo - del 6 febbraio 2014, anticipato da una proposta unilaterale del (OMISSIS) del primo febbraio - riguardava l'affidamento della gestione diretta della galleria affittata ad "(OMISSIS)", a cui (OMISSIS) era deputato, unitamente all'amministrazione del condominio con il supermercato. In questa sede, egli operava quale rappresentante legale della "(OMISSIS)" s.r.l.; 3) il terzo afferiva al subaffitto - da parte del (OMISSIS), sempre per "(OMISSIS)" del bar della galleria. Veniva stipulato il 29 gennaio 2015 e registrato il 2 febbraio 2015, con un canone mensile pattuito pari a Euro 1.000,00 fino al 31 luglio 2015, di Euro 1.500,00 fino al 31 gennaio 2016 e di Euro 2.000,00 dal 2 febbraio 2016 in poi. Cionondimeno, il rapporto cessava consensualmente con atto del 24 settembre 2015, registrato il 29 settembre 2015. Nell'aprile 2016 era stipulato un nuovo contratto di affitto avente ad oggetto il solo supermercato, con la societa' "(OMISSIS)" s.r.l., rappresentata da (OMISSIS). Dal gennaio 2015, ossia quando le attivita' al (OMISSIS) erano divenute le uniche alle quali egli si dedicava, il (OMISSIS) denunciava di avere ivi constatato la presenza del (OMISSIS), limitata inizialmente a tre quattro volte a settimana, "per una mezz'oretta" a inizio mattina, e successivamente, nel 2016, quando alla (OMISSIS). nella gestione del supermercato era succeduta la "(OMISSIS)" s.r.l., la presenza di (OMISSIS) si era fatta costante, ed aveva appreso da (OMISSIS) - marito di una commerciante della galleria, conosciuto come uomo di fiducia del (OMISSIS)- che la societa' era stata costituita da tre soci: oltre a (OMISSIS), vi era tale (OMISSIS) ed il medesimo (OMISSIS); essi, all'uopo, avevano conferito un capitale di 100.000,00 Euro l'uno. Il (OMISSIS) ricordava che (OMISSIS) era amico del (OMISSIS), con il quale si incontrava tutti i giorni al supermercato, ove i due discutevano quotidianamente e "alla luce del sole", della gestione dell'attivita' (parlando, ad esempio, della sistemazione della merce, delle luci e del personale). Tanto il (OMISSIS) quanto il (OMISSIS) proseguiva il teste (OMISSIS) -sempre ben edotto circa ogni questione attinente alla gestione, nonche' informato sulle riunioni con il (OMISSIS), pur non partecipandovi- si recavano nel suo ufficio per affrontare le questioni organizzative relative al centro commerciale; soprattutto il primo, anche in presenza del secondo, era solito impartirgli indicazioni sui bilanci della "(OMISSIS)". Affermava, inoltre, che il (OMISSIS), suo malgrado, aveva altresi' libero accesso a tutta la documentazione relativa al centro commerciale, che consultava liberamente presso l'ufficio del (OMISSIS). A partire dall'aprile 2016 poi, l'ufficio del (OMISSIS), senza il suo previo consenso o concerto, era stato trasferito presso il "(OMISSIS)" di (OMISSIS), a circa due km dal "(OMISSIS)"; il (OMISSIS) - presente anche il (OMISSIS) - gli aveva, infatti, comunicato che da quel momento effettivo "responsabile della galleria facente funzioni di direttore sarebbe stato il signor (OMISSIS)", mentre lui avrebbe dovuto "fare solo, testuali parole, quattro spettacolini...". Cio', ad ogni modo, aveva determinato l'insorgenza di conflitti fra (OMISSIS) e (OMISSIS), il quale aveva persino cominciato a diffamarlo, affermando pubblicamente che avesse distolto delle somme di pertinenza della "(OMISSIS)" e minacciando di denunciarlo; dopodiche' il (OMISSIS) gli aveva "ridotto lo stipendio" di circa mille Euro al mese. (OMISSIS) affermava che di tutte queste vicende, ed in particolare della costante presenza del (OMISSIS) presso il centro commerciale, aveva sempre informato il (OMISSIS). Specificava che a seguito delle accuse rivolte al (OMISSIS), con cui rapporti si andavano via via incrinando anche per la manifestata insofferenza del (OMISSIS) alla costante presenza del (OMISSIS) presso il centro commerciale, si erano tenuti alcuni incontri presso lo studio dell'amministratore giudiziario, ove presenti anche i legali del (OMISSIS) - si era dimostrata l'assoluta infondatezza delle accuse di distrazione di somme; piuttosto, gli eventuali ammanchi nelle casse della "(OMISSIS)" erano conseguenti ai mancati pagamenti degli oneri da parte di alcuni operatori commerciali della galleria. Riferiva che frattanto (OMISSIS) veniva trattato come effettivo proprietario ("veniva osannato da tutti") del centro commerciale; questi si era anche occupato della selezione di alcuni fornitori, tanto da determinare l'allontanamento del "braccio destro" del (OMISSIS) dal "(OMISSIS)", tale (OMISSIS), il quale si era rifiutato di operare ancora all'interno del centro, proprio per la costante presenza ed ingerenza del (OMISSIS). Elencava poi il Tribunale gli esiti degli accertamenti di PG ed in particolare gli esiti dei servizi di osservazione, che rilevavano la effettiva presenza del (OMISSIS) in sei occasioni nel 2016 ed in cinque occasioni nel 2017. Riportava, ancora, il Tribunale gli esiti delle dichiarazioni dei testi escussi, ossia dei soggetti vicini al (OMISSIS) ( (OMISSIS), (OMISSIS)), al (OMISSIS) ( (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)), degli esercenti del (OMISSIS) ( (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)), e dei dipendenti del centro commerciale "(OMISSIS)" ( (OMISSIS), (OMISSIS)). Il Tribunale riteneva che alle prove dichiarative si saldassero le numerose intercettazioni telefoniche ed ambientali, debitamente trascritte. Tra le numerose riportava quelle conversazioni nelle quali emergevano chiare le interlocuzioni tra (OMISSIS) e (OMISSIS), il cui oggetto era la gestione del (OMISSIS), dalle quali risultava inequivoco il fattivo contributo alla gestione prestato da quest'ultimo nel periodo dall'aprile al mese di ottobre del 2016. Riportava, ancora, le conversazioni intercorse tra il (OMISSIS) ed altri soggetti legati al centro Commerciale e tra questi il (OMISSIS), il (OMISSIS), l' (OMISSIS), il (OMISSIS), con i quali il primo si intratteneva su aspetti organizzativi o comunque legati alle attivita' del Centro commerciale, o nei quali i predetti coinvolgevano, ai medesimi fini, il (OMISSIS). Cosi' riassunte le risultanze processuali, dopo aver esposto le ragioni a discolpa, espresse nei relativi esami (di (OMISSIS), che non si e' sottoposto ad esame, con il consenso delle parti e' stato acquisito l'interrogatorio), quanto ai capi A) e B), il Tribunale concludeva che nel corso dell'istruttoria fosse emersa in modo incontrovertibile la titolarita' sostanziale, quantomeno pro quota in capo a (OMISSIS) tanto della societa' "(OMISSIS)", quanto della "(OMISSIS)". Faceva discendere tale convincimento anzitutto dal narrato del (OMISSIS) il cui contenuto suggellava il rinnovato e conclamato dominio del proposto sul "(OMISSIS)", consolidatosi a cavallo fra il 2015 e il principio dell'anno 2016, per trovare piena realizzazione nell'aprile dello stesso anno, a partire dalla risoluzione del contratto di affitto fra l'amministrazione giudiziaria e la "(OMISSIS).". Riteneva elemento di certo rilievo il conferimento di denaro (100.000,00 Euro), da parte del proposto, nelle casse di "(OMISSIS)". Sottolineava che di cio' si avrebbe contezza anzitutto sulla scorta delle dichiarazioni rese dal (OMISSIS) de relato, la quale aveva a sua volta appreso dal (OMISSIS) la qualita' di socio occulto del (OMISSIS); circostanza che riteneva corroborata da una delle piu' significative conversazioni captate, (n. 3659 del 20/6/2016), quando (OMISSIS) affermava: "l'incasso se lo dividono tutte... i due fratelli (ovverosia i (OMISSIS), ndr.) e i due soci (...) ma (OMISSIS) ha messo 100 mila Euro contanti". In merito, sottolineava come il (OMISSIS) - e solo lui - affermasse di aver appreso tale circostanza dal (OMISSIS), mentre (OMISSIS) si mostrava consapevole della cosa a prescindere dalle affermazioni del direttore (OMISSIS). Riteneva, inoltre, in merito al conferimento in questione, che nulla provasse la consulenza tecnica di parte (a firma del Dott. (OMISSIS)) che aveva esaminato partitamente i flussi di cassa di "(OMISSIS)", mentre poi nulla aveva detto in merito a "(OMISSIS)" se non affermare apoditticamente che il capitale era stato conferito solo dai soci. In ultimo, riteneva indicativo di un modus agendi illecito, la riscontrata circostanza di una sistematica attivita' di interposizione di persone nelle attivita' societarie che coinvolgevano il (OMISSIS) e i suoi familiari, sebbene solo l'imputato, fra essi, fosse - per sua stessa ammissione e come, ad ogni modo, emergeva dalle prove esaminate - effettivamente impegnato nell'attivita' di gestione delle medesime. Dalle intercettazioni captate emergeva poi l'esercizio da parte di (OMISSIS) di poteri e prerogative tipici del dominus in relazione al "(OMISSIS)" che non potevano confondersi con il sostegno assicurato ad un amico di vecchia data, ovvero con - l'aspettativa di rientrare in possesso dei propri beni. In dieci punti il Tribunale (pagg. 88-91 della sentenza) enucleava poi gli elementi probatori sintomatici della comune gestione tra il (OMISSIS) ed il (OMISSIS) con riferimento alle molteplici attivita' di gestione poste in essere da quest'ultimo. 1.2. La Corte palermitana, investita dalle impugnazioni delle parti, confermava l'accertamento della responsabilita' in ordine alla contestata fittizia intestazione a membri della famiglia (OMISSIS) della "(OMISSIS)" s.r.l., ritenendo non dirimenti gli argomenti di contrasto (alla ipotesi d'accusa) posti dalle difese con i motivi di gravame. In particolare, la Corte riteneva giuridicamente integrato il tipo, descritto dalla norma incriminatrice come "attribuzione fittizia della titolarita' o della disponibilita' di denaro, beni o altre utilita'", attesa la intervenuta dimostrazione processuale dell'affitto del ramo d'azienda (supermercato) alla "(OMISSIS)" s.r.l. (nel 2016), riconducibile per un terzo del capitale sociale a (OMISSIS), subentrata alla "Bi-.Mi." nella gestione dell'attivita' commerciale (pag. 32 sent. app. terzo cpv.). La Corte da', quindi, per assunto che la fattispecie incriminatrice resta integrata non solo dal perfezionamento di atti traslativi, ma anche dalla acquisizione della gestione di fatto di un bene-valore, ossia da un rapporto di mera signoria di fatto con esso, tale da ripristinare, attraverso la formale apparenza di terzieta' del bene, un rapporto diretto, ma non trasparente con il bene ablato. 2. Orbene, ritiene il Collegio che, per un verso, la sentenza impugnata non offra congrua risposta argomentativa ai travisamenti ed alle omissioni segnalati dalla difesa con i motivi di gravame, per altro verso la lettura del "tipo" offerta dalla Corte territoriale, in termini oppositivi a quelli proposti con gli argomenti di impugnazione, appare fuorviante e di fatto capovolge i termini della incriminazione: 2.1. Il primo punto critico della sentenza impugnata attiene alla stimata attendibilita' del narrato proveniente dal (OMISSIS) (direttore della struttura commerciale estromesso dalla gestione (OMISSIS)); aspetto questo meso pesantemente in discussione proprio in ordine alla sua fonte di conoscenza della circostanza che (OMISSIS) avrebbe conferito nella "(OMISSIS)" s.r.l. Euro 100.000 in moneta contante. Mentre nella denuncia presentata alla Guardia di Finanza (OMISSIS) dichiara che tale circostanza fosse oggetto di una sua supposizione, in dibattimento afferma che fonte di tale conoscenza era (OMISSIS). Chiamato a chiarire, (OMISSIS) afferma in dibattimento che la specifica circostanza, sebbene riferita oralmente, non era stata verbalizzata in sede di denunzia dall'uff.le di polizia giudiziaria. Costui, sentito in dibattimento, ha tuttavia chiarito che la denuncia fu presentata dal (OMISSIS) gia' scritta, mentre nei successivi incontri investigativi ogni affermazione del (OMISSIS) fu pedissequamente verbalizzata. La Corte di merito, investita con i motivi di gravame della non sanata discrasia in ordine alla fonte di conoscenza di quanto affermato da (OMISSIS), elude il tema. La motivazione e' dunque omessa su punto decisivo della valutazione di attendibilita' del narrato testimoniale. 2.2. Il secondo punto dolente riguarda la lettura offerta dalla Corte al segmento di dialogo intercettato il 20 giugno 2016 tra due addetti alla sicurezza del centro commerciale ( (OMISSIS) e (OMISSIS)). I due interloquiscono sulla voce corrente in ambito aziendale relativa al conferimento per contanti del (OMISSIS) nella "(OMISSIS)" s.r.l.; mentre (OMISSIS) certamente afferma di averlo appreso dal (OMISSIS) (dunque dalla stessa fonte incostante e contraddittoria di cui si e' detto al punto 2.1.), (OMISSIS) risponde "eh, lui dice cosi'", laddove per la Corte "lui" sarebbe lo stesso (OMISSIS), salvo poi precisare "ma non ne so niente". Orbene, al di la' della qualita' della informazione carpita attraverso lo strumento intercettivo (che non appare in se' idoneo a trasformare, come un moderno Re Mida, in "verbo rivelato" quella che sembra piu' una "voce corrente nel pubblico"), la Corte di merito non spiega affatto perche' quel "lui" sarebbe da individuare nello stesso (OMISSIS). La lettura che offre il giudice del merito del colloquio intercettato appare pertanto decisamente lontana dal senso comune della espressione fatto palese dal dialogo. Ricorre travisamento evidente della prova intercettiva (sul tema di recente v. Sez. 6, n. 7496 del 15/1/2021, ric. Padovano, in motiv. pag. 11-12), con la conseguente illogicita' manifesta della soluzione interpretativa eletta. 2.3. Ancora, manifestamente illogica e travisante appare la motivazione della Corte in ordine alle attivita' gestionali ed ai modestissimi acquisti anticipati per contanti dal (OMISSIS), per conto di (OMISSIS), dai quali la Corte argomenta (diversamente da quanto esprime la fonte intercettiva) un diretto ed intenso interessamento gestionale del (OMISSIS) nella (OMISSIS). 2.4. Del pari e' a dirsi per la assoluta svalutazione della consulenza (OMISSIS), svolta su incarico della difesa in primo grado. La relazione di c.t. riferiva della assoluta regolarita' contabile della documentazione esaminata e della assenza di indicazioni diverse da quelle trascritte in ordine al finanziamento delle quote sociali. La Corte ignora del tutto l'apporto consulenziale. Ne' da' conto di quanto riferito dal teste (OMISSIS), che aveva ricordato le circostanze del finanziamento (OMISSIS) ricevuto dalla societa' per intervenire nella amministrazione gestionale del supermercato. 2.5. Infine, la Corte svaluta il contenuto della conversazione intervenuta tra (OMISSIS) e (OMISSIS) (16/4/2016) nel corso della quale entrambi convengono sul fatto che, a dispetto delle voci correnti nel pubblico, "non siamo soci, ma solo amici...". Tale affermazione, a parere della Corte, non sarebbe genuina, ma usata dai conversanti proprio al fine di depistare l'azione degli inquirenti. Il che e' ben possibile, ma la Corte avrebbe dovuto anche spiegare su quale elemento informativo fondava tale convincimento; in primo luogo -perche' i colloquianti dovevano essere edotti dell'attivita' di captazione in corso. In assenza di indizi in proposito la svalutazione del dato probatorio appare frutto di mera illazione. 3. Detto della evidenza di plurimi vizi esiziali di motivazione che affliggono il sostegno argomentativo della decisione qui impugnata, va pure sgombrato il campo dalla ravvisata rilevanza decisiva (ove dimostrata) di atti gestionali ai fini della integrazione della condotta tipica. 3.1. L'articolo 512 bis c.p. -che, in virtu' del principio della "riserva di codice" enfaticamente scolpito all'articolo 3 bis del codice penale, ha avvinto alla sistematica codicistica il delitto gia' previsto dall'articolo 12 quinquies L. n. 356 del 1992- sanziona, salvo che il fatto non costituisca piu' grave reato, la condotta di "chiunque attribuisce fittiziamente ad altri la titolarita' o disponibilita' di denaro, beni o altre utilita' al fine di eludere.....". Dunque, a prescindere dal dolo specifico (eludere la mannaia delle misure di prevenzione patrimoniali: Sez. 6, n. 49832 del 19/4/2018, Rv. 274286; Sez. 2, n. 45080 del 14/10/2021, Rv. 282437) evidente nella fattispecie concreta, ove mai la condotta materiale fosse dimostrata, la descrizione della fattispecie astratta evoca un concetto di azione genericamente traslativa "attribuisce ad altri", sostenuta da intenti paludanti o comunque simulatori "fittiziamente", avente ad oggetto non solo diritti reali, ma "denaro, beni o altre utilita'", quindi certamente anche diritti di credito o quote di partecipazione ad enti o persone giuridiche. La descrizione, per quanto volutamente generica, non sembra pero' poter avvincere alla penalita' (secondo l'accezione minimalista di extrema ratio che informa di se' anche il principio della riserva di codice) anche gli atti di mera gestione, che nessun effetto traslativo producono (sul punto v. Sez. 2, n. 29633 del 28/5/2019, Rv. 276733), con essi infatti non si "attribuisce", ma al piu' si delega, si nomina, si conferisce mandato, cioe' si permane pur sempre nella titolarita' (di fatto e di diritto) del bene-valore. Se ne deduce che, a tutto voler concedere in ordine alla prova del fatto, l'aver assunto su di se' compiti gestionali non pare poter integrare il "tipo" recentemente avvinto alla sistematica codicistica (si veda, in tema di societa' commerciali aventi scopo di lucro: Sez. 3, n. 23335, del 28/1/2021, Rv. 281589; Sez. 2, n. 20769/2014, n. m.; Sez. 6, n. 37375/2014, Rv. 261655). 4. Ma vi e' di piu': nel giudizio di merito si assume dimostrato (con i limiti di cui si e' ampiamente discettato poco sopra) che l'agente ( (OMISSIS)) avesse assunto o volesse assumere (prendendo il sopravvento su (OMISSIS) e gli altri soci) la gestione operativa della societa' "(OMISSIS)", cosi' rendendo palese la sua qualita' di dominus del ramo d'azienda condotto dalla societa' della quale e' socio occulto (il che, per inciso, e' esattamente l'inverso di quanto la norma vorrebbe reprimere); tuttavia, a ben vedere, non e' questa la condotta che il legislatore intende sanzionare; il fatto-reato deve infatti ritenersi integrato quando il titolare del diritto sul bene-valore "attribuisce ad altri la titolarita' o la disponibilita'... ", e tanto non e' quanto accaduto, giacche' (anche a voler dar credito alle voci correnti nel pubblico) la societa' e' stata costituita prevalentemente con capitali appartenenti a persone diverse da (OMISSIS) (per 2/3), dunque si tratta di conferimenti effettivi e non fittizi (anche in ipotesi d'accusa), che non hanno prodotto alcuna "attribuzione" ad altri, non essendo neppure ipotizzato che i conferimenti altrui (quelli testimoniati dalle voci correnti nel pubblico) traessero fonte dalle disponibilita' finanziarie del (OMISSIS). Lo schermo nella intestazione di quote e rappresentanza delle compagini di fatto in titolarita' del soggetto passibile di prevenzione patrimoniale (Sez. 2, n. 45080, del 14/10/2021, Rv. 282437) non poteva dunque realizzarsi, neppure in ipotesi, per effetto della condotta contestata. 5. Ebbene, sugli argomenti sviluppati gia' nel merito con i motivi di gravame, la Corte territoriale si e' limitata a ripetere le non esaustive ragioni opposte in sentenza dal Tribunale, cosi' concretamente eludendo i temi oggetto di ragionevole impugnazione. 5.1. La fondatezza dei motivi di ricorso (assorbiti gli atri motivi che afferiscono alla misura sanzionatoria, principale ed accessoria) impone l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata, per nuovo giudizio, come per l'aggravante mafiosa contestata al capo E, ad altra sezione della Corte di appello di provenienza. 5.2. Deve respingersi la richiesta di annullamento tombale, avanzata dal difensore di (OMISSIS), in quanto il reato, contestato al capo B come consumato il (OMISSIS), si prescrivera' (in ragione delle due cause determinanti sospensione del corso della prescrizione, per 64 e 42 giorni) il 25 aprile del 2023, data successiva alla decisione. 6. Quanto alla fattispecie estorsiva descritta al capo E e contestata ad (OMISSIS) e (OMISSIS) in concorso, i motivi di ricorso spesi in tema di affermazione della responsabilita' per il fatto contestato attingono aspetti afferenti la valutazione della prova, attentamente scrutinati dalla Corte di merito nella conformita' verticale del giudizio di responsabilita'. E' rimasto nel merito accertato che la persona offesa (OMISSIS) ha, in diverse e cadenzate occasioni versato ai postulanti la somma mensile richiesta, che non poteva trovare altra lecita giustificazione. La ipotizzata regalia per la mediazione svolta nella individuazione del contraente (impresa di vigilanza) non risulta fondata che su mere ipotesi, non sostenute da alcuna decisiva persuasivita'. I motivi di ricorso spesi sul punto sono dunque inammissibili perche' con essi si prospetta alla Corte di legittimita' una differente ipotesi alternativa (Sez. 2, n. 3817 del 9/10/2019, dep. 2020, Rv. 278237). 6.1. Fondato e' viceversa il secondo motivo di ricorso proposto da entrambe le difese ( (OMISSIS) e (OMISSIS)) in relazione alla aggravante del metodo mafioso contestata al capo E. La Corte ha riconosciuto nella modalita' della domanda estorsiva (avente cadenza mensile e richiesta quale corrispettivo per assicurare all'imprenditore commerciale protezione nel territorio caratterizzato da alta densita' mafiosa, ancorche' proveniente da soggetti non legati ad alcuna consorteria mafiosa) i tratti del metodo mafioso; ma sul punto sembra ricorrere equivoco. La domanda estorsiva non sembrerebbe sostenuta dalla paventata "assicurazione" da rischi territoriali, ne' i postulanti avrebbero mai evocato una retrospettiva lugubre, dichiarando di agire su mandato di entita' diverse. Sul punto occorrera' dunque spendere un piu' profondo sforzo argomentativo, dovendo il giudice del merito almeno indagare sulla misura della coercizione avvertita dalla vittima, come proveniente solo da soggetti individuati o, piuttosto, da persone che spendevano una "potesta' impositiva territoriale" aliunde formata. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di (OMISSIS). Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS), limitatamente alla circostanza aggravante di cui all'articolo 416 bis.1 c.p. e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di (OMISSIS). Rigetta i ricorsi nel resto.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FIDELBO Giorgio - Presidente Dott. CAPOZZI Angelo - Consigliere Dott. CALVANESE Ersilia - Consigliere Dott. DI GERONIMO Paolo - rel. Consigliere Dott. DI GIOVINE Ombretta - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nata a (OMISSIS); avverso la sentenza emessa il 14/11/2022 dalla Corte di appello di Milano; visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione del consigliere Paolo Di Geronimo; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Perla Lori, che ha chiesto dichiararsi il ricorso inammissibile. RITENUTO IN FATTO 1. La Corte di appello di Milano confermava la condanna emessa nei confronti di (OMISSIS) in ordine al reato di concorso in corruzione, mantenendo ferma anche la confisca del profitto del reato determinato in Euro1.600,00. 2. Avverso tale sentenza il ricorrente propone tre motivi di impugnazione. 2.1. Con il primo motivo, deduce vizio di motivazione in ordine al mancato accoglimento della richiesta di derubricazione della corruzione nella meno grave fattispecie di cui all'articolo 346-bis c.p.. Sulla base dell'accertamento in fatto compiuto dai giudici di merito, sarebbe emerso che (OMISSIS), avendo conosciuto un agente di polizia addetto all'Ufficio immigrazione, si era limitato a mettere in contatto il predetto con alcuni immigrati che necessitavano di pratiche presso tale ufficio. Il ruolo del ricorrente, pertanto, era consistito esclusivamente nel facilitare il contatto tra gli immigrati e l'agente di polizia, essendo rimasto del tutto estraneo alle successive condotte corruttive poste in essere esclusivamente dal pubblico agente. In tale contesto, il ricorrente non aveva percepito alcuna quota del prezzo della corruzione, infatti, al (OMISSIS), erano state versate somme di circa Euro50/100 da parte degli immigrati a titolo di "mancia" per l'intermediazione con i pubblici agenti e non certo' il maggior importo di Euro400,00/1.000,00 indicato nel capo di imputazione. 2.2. Con il secondo motivo, si deduce vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell'attenuante di cui all'articolo 323-bis c.p., comma 2, nonostante il ricorrente avesse tenuto un comportamento processuale collaborativo e fondamentale per l'individuazione dei soggetti stranieri coinvolti nella vicenda che, altrimenti, non sarebbero stati agevolmente individuati. Inoltre, la gravita' complessiva della condotta addebitata al ricorrente era assolutamente modesta, specie se confrontata con i gravi fatti emersi nel corso dell'indagine a carico di plurimi pubblici ufficiali. 2.3. Con il terzo motivo, si deduce il vizio di motivazione in merito alla quantificazione della confisca, stabilita nella somma di Euro1.600,00, sul presupposto che le condotte relative ai coniugi egiziani (OMISSIS) e (OMISSIS), aventi ad oggetto il rinnovo del permesso di soggiorno, andrebbero considerati come un'unica "pratica". Peraltro, non risulterebbe giustificato il pagamento di una somma di denaro al solo fine di ottenere il celere disbrigo della pratica e, infine, non risulterebbe alcun contatto tra il ricorrente e la (OMISSIS). CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' manifestamente infondato. 2. Il primo motivo di ricorso tende a fornire una ricostruzione del fatto alternativa rispetto a quella concordemente offerta dai giudici di merito, al fine di addivenire alla derubricazione del reato nella meno grave fattispecie di cui all'articolo 346-bis c.p.. Nella motivazione resa dalla Corte di appello si descrive compiutamente la condotta del ricorrente, specificandosi che questi "prendeva i contatti con le persone extracomunitarie interessate e comunicava i loro nomi al pubblico ufficiale. Quest'ultimo, una volta ottenuto il permesso, contattava (OMISSIS) affinche' avvertisse lo straniero per il ritiro del documento e la consegna di una busta contenente la somma di denaro prezzo da pagare per l'illecita attivita' " (cosi' a p.13). Nel prosieguo della motivazione, la Corte di appello ribadisce che il pubblico ufficiale, a seguito dell'avvenuto rilascio del permesso di soggiorno, contattava gli stranieri tramite (OMISSIS), il quale si faceva consegnare il prezzo dell'accordo corruttivo, oscillante tra Euro400,00 ed Euro1.000,00, di cui una percentuale veniva trattenuta da (OMISSIS), quale remunerazione per la propria attivita'. Anche nella sentenza resa in primo grado, la condotta e' descritta in modo sostanzialmente identico, anche con riferimento all'importo corrisposto a (OMISSIS), dagli stranieri che viene indicato nella somma di quantomeno Euro400,00. 2.1. La ricostruzione in fatto, insuscettibile di rivalutazione in sede di legittimita', restituisce una condotta pienamente integrante il concorso nella corruzione, in luogo della diversa ipotesi del traffico di influenze. Il ricorrente, infatti, non si limitava affatto a porre in contatto il privato con il pubblico agente, restando estraneo all'accordo corruttivo, bensi' poneva in essere una condotta partecipativa, tant'e' che i privati interessati alle pratiche amministrative curate dai pubblici ufficiali corrotti corrispondevano direttamente a (OMISSIS), il prezzo della corruzione e solo dopo l'ottenimento dell'atto amministrativo (permesso di soggiorno o rinnovo dello stesso). Nel caso di specie, pertanto, la remunerazione percepita da (OMISSIS), non era finalizzata esclusivamente a remunerare la sua intermediazione, bensi' era causalmente dipendente dall'ottenimento delratto amministrativo da parte del pubblico ufficiale partecipe dell'accordo corruttivo. La giurisprudenza, occupandosi della delimitazione dei rapporti tra traffico di influenze illecite e concorso nella corruzione, ha chiarito che il reato di cui all'articolo 346 bis c.p., si differenzia, dal punto di vista strutturale, dalle fattispecie di corruzione per la connotazione causale del prezzo, finalizzato a retribuire soltanto l'opera di mediazione e non potendo, quindi, neppure in parte, essere destinato all'agente pubblico (Sez.6, n. 28978 edl 27/6/2013, Angeleri, Rv. 255618; Sez.6, n. 4113 del 14712/2016, dep.2017, Rigano, Rv. 269736; Sez.6, n. 18125 del 22/10/2019, dep. 2020, Bolla, Rv. 279555-08). Nel caso di specie, il ricorrente percepiva personalmente il prezzo della corruzione, con l'impegno di divedere l'importo con il pubblico agente, sicche' la condotta accertata rientra appieno nello schema corruttivo. 3. Il secondo motivo di ricorso, concernente l'omesso riconoscimento dell'attenuante di cui all'articolo 323-bis c.p., comma 2, e' manifestamente infondato, non confrontandosi con la motivazione resa dalla Corte d'appello. In motivazione si da' atto della sostanziale marginalita' del contributo offerto da (OMISSIS), atteso che il coinvolgimento degli stranieri dal medesimo indicati era gia' emerso in sede investigativa e, quindi, le dichiarazioni dell'imputato nulla avevano aggiunto all'impianto accusatorio. Per quanto concerne, invece, la complessiva valutazione di tenuita' della condotta, se ne evidenzia l'irrilevanza, avendo il ricorrente invocato l'attenuante di cui all'articolo 323-bis c.p. comma 2, che, a differenza di quanto previsto dal comma 1, non fa riferimento alla offensivita' del fatto. 4. Il terzo motivo di ricorso, relativo alla quantificazione del profitto del reato, stabilito in complessivi Euro1.600,00, e' aspecifico, posto che il ricorrente si limita a sollevare censure in punto di fatto, sostenendo che la pratica relativa al permesso di soggiorno richiesto dai coniugi egiziani (OMISSIS) e (OMISSIS) doveva considerarsi come unitaria e, quindi, non dar luogo ad una duplice dazione di denaro. Si tratta di doglianze del tutto generiche, fondate su una mera ricostruzione alternativa del fatto e che non si confronta con la concorde descrizione della condotta effettuata dai giudici di merito. 5. Alla luce di tali considerazioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CIAMPI Francesco Mari - Presidente Dott. FERRANTI Donatella - Consigliere Dott. VIGNALE Lucia - Consigliere Dott. CAPPELLO Gabriella - rel. Consigliere Dott. DAWAN Daniela - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 13/12/2021 della CORTE APPELLO di CATANZARO; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; svolta la relazione dal Consigliere Dr. GABRIELLA CAPPELLO'; udito il Procuratore generale, in persona del sostituto Dr. CASELLA Giuseppina, la quale ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio limitatamente ai capi 59, 60 e 62 per sopravvenuta improcedibilita' dell'azione penale; l'annullamento con rinvio limitatamente al capo 1) per i ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS) e il rigetto nel resto; udito, per la parte civile (OMISSIS), l'avv. (OMISSIS) del foro di Roma, sostituto processuale dell'avv. (OMISSIS) del foro di Castrovillari, come da delega ai sensi dell'articolo 102 c.p.p., depositata in udienza, la quale si e' riportata alle conclusioni e alla nota spese depositate in udienza; la stessa avv. (OMISSIS), quale sostituto processuale dell'avv. (OMISSIS) del foro di Castrovillari, per la parte civile Comune di (OMISSIS), in persona del sindaco pro tempore, ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi come da conclusioni e nota spese depositate in udienza; udito l'avv. (OMISSIS) del foro di Castrovillari, per (OMISSIS), il quale, illustrati i motivi di ricorso, ha insistito per l'accoglimento; lo stesso avv. (OMISSIS), quale sostituto processuale dell'avv. (OMISSIS) del foro di Castrovillari, per (OMISSIS) e (OMISSIS) e dell'avv. (OMISSIS) dello stesso foro, per (OMISSIS), come da deleghe ai sensi dell'articolo 102 c.p.p., depositate in udienza, si e' riportato al contenuto dei motivi di ricorso e ne ha chiesto l'accoglimento; udito l'avv. (OMISSIS) del foro di Rossano, per (OMISSIS), il quale, illustrati i punti salienti del ricorso, si e' riportato nel resto e ha chiesto l'annullamento della sentenza impugnata; udito l'avv. (OMISSIS) del foro di Castrovillari, per (OMISSIS) e (OMISSIS) classe (OMISSIS), il quale, illustrati i punti principali del ricorso, ne ha chiesto l'integrale accoglimento; lo stesso avv. (OMISSIS), quale sostituto processuale dell'avv. (OMISSIS) del foro di Rossano, per (OMISSIS), come da delega ai sensi dell'articolo 102 c.p.p., depositata in udienza, si e' riportato ai motivi di ricorso; udito l'avv. (OMISSIS) del foro di Cosenza, per (OMISSIS) classe (OMISSIS), il quale, sottolineati alcuni punti rilevanti dei motivi di ricorso, si e' riportato nel resto, insistendo per l'accoglimento. RITENUTO IN FATTO 1. La Corte d'appello di Catanzaro ha confermato la sentenza del GUP del Tribunale di Castrovillari, resa nei confronti di (OMISSIS) cl. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) cl. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). In particolare: (OMISSIS) classe (OMISSIS) era stato dichiarato colpevole delle imputazioni ascrittegli ai capi 1 5 7 8 9 10 - 11 - 12 - 13 - 14 - 15 - 16 - 17 - 18 - 19 - 20 - 21 - 22 - 24 - 25 - 26 - 27 - 31 - 32 - 33 - 41 - 52 - 53 - 54 - 59 - 60 - 62 - 63 - 66 - 67 - 68 - 74 - 75 - 76 e 79, unificate sotto il vincolo della continuazione, esclusa la sussistenza dell'aggravante dell'uso del mezzo insidioso, applicata la riduzione per il rito, e condannato alla pena di anni 12 e mesi 4 di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali e di custodia cautelare e assolto, invece, dall'imputazione ascrittagli al capo 64 per non aver commesso il fatto; (OMISSIS) era stato dichiarato colpevole delle imputazioni ascrittegli ai capi 1 - 24 - 33 - 59 - 60 - 62 - 63 - 65 - 66 - 67 - 68 - 69 - 70 - 71 - 72 - 73 e 78, unificate sotto il vincolo della continuazione, esclusa la sussistenza dell'aggravante dell'uso del mezzo insidioso e applicata la riduzione per il rito, e condannato alla pena complessiva di anni 11 e mesi 8 di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali e di custodia cautelare, essendo stato assolto, invece, dalle imputazioni ascrittegli ai capi 21-22 per non aver commesso il fatto; (OMISSIS) era stato dichiarato colpevole delle imputazioni ascrittegli, unificate sotto il vincolo della continuazione, riconosciute le contestate aggravanti e applicata la riduzione per il rito, e condannato alla pena di anni 5 e mesi 4 di reclusione ed Euro 2.400,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali e di custodia cautelare; (OMISSIS) classe (OMISSIS) era stato dichiarato colpevole delle imputazioni ascrittegli, unificate sotto il vincolo della continuazione, riconosciute le contestate aggravanti e applicata la riduzione per il rito, e condannato alla pena di anni 5 e mesi 2 di reclusione ed Euro 2.400,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali e di custodia cautelare; (OMISSIS) era stato dichiarato colpevole delle imputazioni ascrittegli, unificate sotto il vincolo della continuazione, riconosciute le contestate aggravanti e applicata la riduzione per il rito, e condannato alla pena di anni 5 di reclusione ed Euro 4.800.00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali e di custodia cautelare; (OMISSIS) era stato dichiarato colpevole delle imputazioni ascrittegli, unificate sotto il vincolo della continuazione, riconosciute le contestate aggravanti e applicata la riduzione per il rito, e condannato alla pena di anni 3 e mesi 4 di reclusione ed Euro 4.000,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali e di custodia cautelare; (OMISSIS) era stato dichiarato colpevole delle imputazioni ascrittegli, unificate sotto il vincolo della continuazione, riconosciute le contestate aggravanti e applicata la riduzione per il rito, e condannato alla pena di anni 2 e mesi 10 di reclusione ed Euro 2.200,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali e di custodia cautelate; (OMISSIS) era stato dichiarato colpevole delle imputazioni ascrittegli, unificate sotto il vincolo della continuazione, riconosciute le contestate aggravanti e applicata la riduzione per il rito, e condannato alla pena di anni 2 e mesi 4 di reclusione ed Euro 600,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali e di custodia cautelare; (OMISSIS) era stato dichiarato colpevole delle imputazioni ascrittegli, unificate sotto il vincolo della continuazione, riconosciute le contestate aggravanti e applicata la riduzione per il rito, e condannato alla pena di anni 2 e mesi 4 di reclusione ed Euro 1.400,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali. Inoltre, (OMISSIS) cl. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) cl. (OMISSIS) e (OMISSIS) erano stati dichiarati interdetti in perpetuo dai pubblici uffici, nonche' in stato di interdizione legale durante l'esecuzione della pena e tutti gli imputati condannati al risarcimento dei danni in favore del Comune di Corigliano Rossano da liquidarsi in separata sede, nonche' alle spese processuali sostenute dallo stesso; lo stesso (OMISSIS) cl. (OMISSIS) e (OMISSIS) anche al risarcimento dei danni in favore di (OMISSIS), nonche' alle spese processuali sostenute dallo stesso; sempre (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) erano stati condannati anche al risarcimento dei danni in favore di (OMISSIS), nonche' alle spese processuali sostenute dallo stesso. La vicenda trae origine da una complessa attivita' della polizia giudiziaria, la quale mediante sopralluoghi, riscontri dei tabulati telefonici, dei dati GPS e dei rilievi satellitari e' pervenuta all'identificazione di un'organizzazione dedita - a far data dal 2016 - ad un'attivita' sistematica di tagli abusivi di alberi appartenenti al demanio forestale dell'area boschiva del comune calabrese di Rossano, oltre che al compimento di reati strumentali al raggiungimento degli scopi associativi. 2. Avverso la sentenza hanno proposto ricorsi le difese degli gli imputati. 2.1. Il ricorso di (OMISSIS) cl. (OMISSIS) (avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS)). I difensori hanno formulato sette motivi. Con il primo, hanno dedotto i vizi di cui alle dell'articolo 606, c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e) con riferimento alla utilizzabilita' delle intercettazioni telefoniche autorizzate nell'ambito di procedimenti diversi e non connessi. Con l'atto d'appello si era eccepito che il procedimento era stato iscritto all'esito delle intercettazioni disposte in quello riguardante il tentato omicidio di (OMISSIS) del (OMISSIS), dalle quali, restando ignoti gli autori del delitto, erano stati tratti invece elementi per configurare l'esistenza del sodalizio " (OMISSIS)", dedito alla commissione di furti di legna. Nel presente procedimento erano, dunque, confluite le intercettazioni relative al tentato omicidio, al sequestro di persona da parte di ignoti ai danni di (OMISSIS), al tentato omicidio di (OMISSIS) e alla intimidazione posta in essere ai danni dei Carabinieri forestali; a sua volta, in alcuni di detti procedimenti erano confluiti gli esiti dell'attivita' captativa disposta in altri procedimenti. Con la conseguenza che, nel presente, sarebbero confluite intercettazioni disposte in relazione a notizie di reato derivanti da fatti storicamente diversi da quello oggetto dell'indagine in altro, differente, anche se connesso, procedimento. Solo forzatamente, il tentato omicidio di (OMISSIS) sarebbe stato inglobato nei reati-fine del sodalizio di che trattasi. La tesi accusatoria dell'identica matrice, pero', secondo la difesa sarebbe sconfessata dalla stessa rubrica, stante la eterogeneita' della causale del tentato omicidio e della tentata estorsione ai danni di (OMISSIS). Anche rispetto agli altri procedimenti, la difesa rileva la assoluta diversita' dell'oggetto, osservando, quanto al sequestro (OMISSIS), che esso molto probabilmente aveva riguardato una violenza sessuale. A fronte di tali rilievi, si oppone un silenzio motivazionale da parte della Corte territoriale. Con il secondo motivo, hanno dedotto violazione di legge e vizio della motivazione, quanto al mancato riconoscimento della ipotesi di concorso esterno nella associazione per delinquere. La Corte d'appello si sarebbe limitata a richiamare la sentenza appellata, le argomentazioni contenute nella sentenza appellata quanto ai tre requisiti per configurare il reato associativo senza rispondere, in maniera effettiva, ai rilievi difensivi sul punto. Si osserva, in particolare, che il (OMISSIS) e' stato indicato come leader, in assenza pero' di una struttura gerarchica; inoltre, si contesta la valenza assegnata a taluni dialoghi e si assume la insussistenza dell'elemento psicologico del reato. Secondo la difesa, gli inquirenti avrebbero, in sostanza, smascherato una pletora di reati, quasi tutti furti, neppure dimostrati e si allega una incongruenza, rappresentata dal fatto che l'altro presunto organizzatore, (OMISSIS), sarebbe rimasto estraneo ai reati piu' significativi (quali l'estorsione e il tentato omicidio), anche su tali punti rilevandosi un silenzio da parte dei giudici d'appello. Con il terzo motivo, hanno dedotto i vizi di cui alle dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e) questa volta avuto riguardo ai reati fine, rispetto ai quali, a fronte di specifiche censure, la Corte territoriale avrebbe omesso di motivare, limitandosi a confermare la sentenza appellata, senza giustificare il lungo lasso temporale, nel quale i reati sono stati collocati, senza alcun riscontro (OCP o sequestri di legna) e senza aver dato atto della localizzazione di una zona di taglio precisa o dell'esito di accertamenti sugli acquirenti o accertamenti comparativi tra la legna asseritamente tagliata, trafugata e venduta e le piante effettivamente recise. Sotto altro profilo e per altri capi d'imputazione, si contesta anche la valenza assegnata ad alcune intercettazioni (capi 14, 15 e 41), in assenza di riscontri oggettivi, oltre a rilevarsi la mancata risposta alle doglianze difensive con riferimento ai capi 59) e 60) e a rappresentarsi il difetto della prova della presenza dell'imputato in Acri nella notte tra il (OMISSIS), ritenendo i deducenti insufficientemente attendibile l'elemento dell'aggancio delle celle telefoniche, per come sarebbe dimostrato dalla ricostruzione fattuale contenuta nel ricorso. Con il quarto motivo, hanno dedotto analoghi vizi in relazione al reato di tentato omicidio ai danni di (OMISSIS), anche quanto alla omessa riqualificazione del fatto nel reato di tentativo di lesioni personali, rilevando che la Corte territoriale avrebbe ignorato la CTP versata in atti, in assenza di perizia o di consulenza del pubblico ministero e la circostanza che la stessa persona offesa aveva affermato di non avere sospetti su alcuno. Anche in questo caso, i deducenti operano una ricostruzione degli elementi fattuali che dovrebbe condurre alla dimostrazione della tesi difensiva e alla mancanza, dunque, di gravi, precisi e concordanti indizi di colpevolezza e di un fatto certo dal quale risalire alla asserita partecipazione dell'imputato al tentato omicidio di che trattasi. Sotto altro profilo, poi, si opera un richiamo alla perizia balistica sulla "rosata" rinvenuta sullo sportello dell'auto della vittima, sottolineandosi l'esito negativo dello STUB e della perquisizione locale. Analogo mancato riscontro avrebbero avuto le ipotesi della tentata estorsione, del danneggiamento e dell'incendio, anche in questo caso rilevandosi la negativita' degli esiti dello STUB e della perquisizione locale. Inoltre, si lamenta che i giudici d'appello non avrebbero preso in considerazione le doglianze difensive anche con riferimento alla premeditazione. Con il quinto motivo, hanno dedotto violazione di legge e vizio della motivazione quanto al delitto di estorsione di cui al capo 68 (c.d. guardiania). La decisione censurata si porrebbe in netto contrasto con il principio dell'oltre ogni ragionevole dubbio, essendo dubbio, intanto, che l'argomento trattato il 9 aprile 2018 da (OMISSIS) e (OMISSIS) fosse lo stesso (la guardiania) trattato nelle successive conversazioni, tenuto anche conto della genericita' del capo d'imputazione, nel quale sono descritte due condotte distinte (guardiania e taglio erba). La difesa, richiamati gli esiti probatori, in uno con le contestazioni difensive veicolate con l'appello, conclude nel senso che la sentenza appellata si sarebbe basata su mere presunzioni, laddove con quella d'appello i giudici si sarebbero limitati alla conferma di essa senza un minimo confronto con le deduzioni difensive. La inconsistenza della tesi accusatoria, poi, sarebbe definitivamente dimostrata dalle sommarie informazioni rese da (OMISSIS), proprietario di un villino con 3000 metri quadrati di terreno sul quale sono piantati vari alberi di altro fusto, il quale, pur avendo subito svariati furti negli anni, mai aveva sottoscritto contratti di vigilanza privata. Con il sesto motivo, hanno dedotto analoghi vizi quanto al reato di detenzione di arma da fuoco, opponendo l'errata valutazione degli elementi indiziari da parte dei giudici del merito. Infine, con un settimo motivo, hanno dedotto analoghi vizi, questa volta con riferimento al diniego delle generiche. 2.2. Il ricorso di (OMISSIS) (avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS)). Gli stessi difensori del precedente imputato hanno presentato un separato atto, con il quale hanno dedotto otto motivi. Il tenore del primo e del secondo motivo e' sostanzialmente analogo a quello del primo e del secondo motivo formulati nell'interesse di (OMISSIS) cl. (OMISSIS) e ad essi si rinvia per comodita' espositiva. Anche il terzo motivo e' sovrapponibile al terzo formulato nell'interesse di (OMISSIS) cl. (OMISSIS), fatte salve le distinzioni operate in relazione alle contestazioni riguardanti i singoli reati fine inerenti a tale imputato e, pertanto, anche in questo caso si rinvia al precedente ricorso per comodita' espositiva. Con il quarto motivo, hanno dedotto i vizi di cui alle dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e) in relazione ai reati di cui ai capi 65) e 66), anche con riferimento alla mancata riqualificazione del fatto nel reato di tentativo di lesioni personali. La Corte territoriale avrebbe valorizzato, quanto al tentativo di estorsione e al furto, solo intercettazioni, peraltro intercorse a mesi di distanza dai fatti, senza confrontarsi con il dato che, nel frattempo, erano girate voci ed erano state pubblicate notizie sui giornali locali. Si contesta la lettura delle conversazioni e si ribadisce la tesi per la quale si sarebbe trattato di vacue elucubrazioni mentali non significative da parte di un giovane che sa di essere indagato per tentato omicidio; non vi sarebbero elementi per sostenere il tentativo di estorsione per carenza della costrizione a fare o omettere qualcosa, unitamente alla finalita' dell'ingiusto profitto con altrui danno; in ogni caso, non sono state rinvenute tracce biologiche riconducibili all'imputato all'interno dell'azienda del (OMISSIS), quanto al tentativo di estorsione richiamandosi gli esiti negativi dello STUB e della perquisizione locale, quanto al tentato omicidio di (OMISSIS). Sotto altro profilo, poi, si opera anche in questo caso un richiamo alla perizia balistica sulla "rosata" rinvenuta sullo sportello dell'auto della vittima, sottolineandosi ancora una volta l'esito negativo dello STUB e della perquisizione locale. Analogo deficit motivazionale e' rilevato quanto alla chiesta derubricazione del fatto. Con il quinto motivo, hanno dedotto violazione di legge e vizio della motivazione quanto al reato di detenzione illegale di arma (capo 69): i giudici del gravame non avrebbero trattato le relative doglianze difensive, avendo pure ignorato la consulenza (OMISSIS). Con il sesto motivo, hanno dedotto violazione di legge e vizio della motivazione quanto al delitto di estorsione di cui al capo 68 (c.d. guardiania), svolgendo rilievi sostanzialmente sovrapponibili a quelli articolati con il quinto motivo formulato nell'interesse di (OMISSIS) cl. (OMISSIS), al quale si rinvia per comodita' espositiva, fatte salve le specificazioni necessitate dai diversi riferimenti operati alle pagine della sentenza impugnata, in relazione ai due diversi imputati. Con il settimo motivo, hanno dedotto analoghi vizi, quanto alla detenzione dell'arma da fuoco, anche in questo caso rilevandosi l'errata valutazione degli elementi indiziari. Infine, con l'ottavo motivo, hanno dedotto analoghi vizi, questa volta con riferimento al diniego delle generiche. 2.3. Il ricorso di (OMISSIS) (avv. (OMISSIS)). Va, intanto, rilevato che questo difensore propone la seguente articolazione delle censure: il motivo e' unico e con esso vengono dedotti i vizi di cui alle dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e) in relazione a tre distinti punti: I) l'inutilizzabilita' delle intercettazioni per violazione dell'articolo 267 c.p.p., articolo 268 c.p.p., comma 3 e articolo 270 c.p.p.; II) il reato associativo, sotto due distinti profili, vale a dire, la presunta appartenenza dell'imputato al sodalizio e il concorso nei reati fine; il trattamento sanzionatorio (III). Quanto al primo gruppo di doglianze e al primo rilievo, anche questa difesa censura la decisione nella parte in cui ha esaminato e rigettato la eccezione di inutilizzabilita' delle intercettazioni, assumendo la insufficienza del riferimento alla ritenuta connessione tra i procedimenti (quelli nei quali le intercettazioni sono state autorizzate e quello all'esame, nel quale sono state riversate), difettando nella specie un effettivo collegamento tra gli stessi, al (OMISSIS) essendo stata, peraltro, contestata una partecipazione non qualificata al sodalizio, condotta per la quale non e' neppure previsto l'arresto obbligatorio, dati i limiti di pena, a nulla rilevando la circostanza che siano successivamente emersi fatti di reato rientranti nella previsione dell'arresto obbligatorio. Quanto al delitto associativo, la difesa ha richiamato gli sviluppi procedimentali per affermare che gli elementi ritenuti sintomatici della sua intraneita' non si tradurrebbero in un apporto concreto al sodalizio, difettando i piu' elementari aspetti di una attiva e stabile partecipazione. Da quanto emerge dalle prove, il (OMISSIS) non avrebbe fornito contributi di sorta in favore del gruppo; non avrebbe ricevuto alcun beneficio concreto; non avrebbe avuto contatti con gli altri soggetti coinvolti, se non con i germani (OMISSIS) cl. (OMISSIS) e (OMISSIS); non avrebbe mai partecipato attivamente alle condotte contestategli. Egli, secondo la tesi accusatoria, avrebbe ricoperto un ruolo non qualificato, intrattenendo rapporti con gli apicali del sodalizio che, tuttavia, mai avrebbero ricevuto riscontro. L'intera valutazione giudiziale sarebbe frutto di un evidente, quanto grossolano errore di fondo: il (OMISSIS) sarebbe un intraneo poiche' colpevole di alcuni furti in concorso con i citati germani, ritenuti utili per i loro scopi, estranei invece al (OMISSIS). La difesa osserva che l'intero assunto accusatorio riguarda un presunto controllo di tale associazione sul territorio montano rossanese basato sui furti di legname e la successiva commercializzazione e la guardiania imposta alle abitazioni del medesimo territorio, oltre che su delitti di sangue e estorsivi che avrebbero consentito l'espansione dell'attivita' illecita. Tuttavia, il (OMISSIS) non avrebbe avuto a che fare con tutte queste attivita', essendogli contestato unicamente il concorso in furti e un singolo episodio di tentata estorsione, del tutto infondato. La maggior parte degli altri indagati non avrebbe avuto rapporti con il (OMISSIS), neppure fatto oggetto di riferimenti, a parte quelli della fidanzata del (OMISSIS), la quale di certo non avrebbe potuto fornire informazioni scevre da pregiudizi. Per giustificare il giudizio di colpevolezza per i reati fine, dunque, i giudici del merito si sarebbero affidati a presunzioni e continui rinvii alle posizioni degli altri coimputati. In particolare, quanto ai capi 59) e 60), si contesta la valorizzazione di alcuni dialoghi, dai quali, secondo la difesa, discenderebbe addirittura la prova che il (OMISSIS) era estraneo alla perpetrazione dei furti, contestandosi la rilevanza del dato inerente all'aggancio delle celle telefoniche, senza altro elemento dimostrativo della responsabilita', dato che il deducente definisce "flebile". Lo stesso dicasi per i restanti capi, rispetto ai quali, richiamata la sentenza censurata per interi stralci, si contesta la lettura dei dati probatori operata dai giudici territoriali. L'ultimo motivo riguarda, invece, il trattamento sanzionatorio, rispetto al quale si lamenta il diniego delle generiche (assumendosi l'esistenza di tutti gli elementi per la loro concessione), ma anche la inadeguatezza della motivazione in ordine alla determinazione della pena, essendosi i giudici scostati dal minimo edittale senza giustificare tale decisione, addirittura operando smisurati aumenti per la continuazione, senza indicare il criterio seguito. 2.4. Il ricorso di (OMISSIS) cl. (OMISSIS) (avv. (OMISSIS)). Si richiama la premessa operata con riferimento al ricorso del coimputato (OMISSIS) (motivo unico articolato su piu' punti), ma in questo ricorso vi sono errori nella numerazione (punto III erroneamente indicato come VIII). Il primo punto (inerente al tema della inutilizzabilita' delle intercettazioni) e' sovrapponibile a quello articolato nell'interesse del (OMISSIS) e ad esso si fa rinvio per comodita' espositiva. Quanto al secondo, esso riguarda il delitto associativo, rispetto al quale si assume l'inesistenza di concreti elementi idonei a fondare la responsabilita' dell'imputato a tale titolo, addirittura in posizione apicale, stante l'assenza di contatti con la gran parte dei presunti consociati, ad eccezione di quelli necessari alla commissione, ove provata, dei singoli delitti. Sotto altro profilo, si rileva, anche con riferimento a questo imputato, che la motivazione della sentenza censurata sarebbe solo apparente, avendo i giudici territoriali semplicemente e asetticamente confermato le considerazioni svolte dal primo giudice. L'intera valutazione partirebbe da un evidente e grossolano errore di fondo, l'aver cioe' ritenuto che il (OMISSIS) sia un associato in posizione addirittura verticistica per il sol fatto che costui sarebbe stato coinvolto in numerosi furti di legname per un periodo di circa sei mesi. La difesa si sofferma, poi, sulla distinzione tra reato associativo e il concorso in piu' reati, per concludere nel senso che l'intero assunto accusatorio verte su un presunto controllo da parte del sodalizio della montagna rossanese, derivante dai furti di legname e dalla successiva commercializzazione della refurtiva, ma anche da reati di sangue e estorsivi, attivita' con le quali nulla avrebbe avuto a che fare l'imputato. Non sussisterebbero contatti con (OMISSIS) o (OMISSIS), una condivisione della cassa comune, una pianificazione degli illeciti, contatti con altri sodali per la spartizione dei proventi dell'attivita' illecita, un sistema di direttive cui partecipi l'imputato o di rapporti con gli altri vertici. Si contestano gli elementi valorizzati dai giudici del merito (indicati alla pag. 20 del ricorso) e si rileva la palese inidoneita' dei riscontri di polizia giudiziaria, osservandosi che l'assenza delle piante nel territorio considerato era conseguenza anche di sottrazioni poste in essere da altri soggetti, addirittura estranei alla compagine associativa, con conseguente irrilevanza dell'argomento accusatorio che fa leva sulla riscontrata presenza dell'auto dell'imputato in prossimita' di tali luoghi. Inoltre, si considera irrilevante il compendio intercettativo, del quale si contesta il significato incriminante attribuito dagli inquirenti. Quanto al terzo punto, poi, vale a dire quello inerente al ruolo associativo, la difesa rileva che il (OMISSIS), anche a volerne ritenere l'intraneita' al sodalizio, avrebbe eseguito gli stessi compiti dei sodali, non emergendo che egli avesse un ruolo direttivo e neppure uno stato di assoggettamento dei sodali nei suoi confronti. Quanto, poi, ai reati fine, la difesa evidenzia la illogicita' delle contestazioni e la inidoneita' degli elementi raccolti a fondare la loro sussistenza, osservando che la Corte territoriale si sarebbe illogicamente adagiata sulla sentenza di primo grado nella quale, a sua volta, si erano valorizzati in chiave accusatoria gli esiti delle intercettazioni, l'acquisizione del tabulato GPS e gli esiti dei sopralluoghi eseguiti da personale NOR del Carabinieri di Rossano, la cui idoneita' probatoria viene contestata in ricorso, difettando prova che l'imputato abbia effettuato il taglio delle piante, che la legna consegnata in quei giorni fosse la stessa che si assume oggetto di precedente taglio e che gli stessi alberi della montagna rossanese, oggetto di sopralluogo effettuato dalla polizia giudiziaria dopo mesi, fossero gli stessi oggetto del taglio attribuito agli imputati. Inoltre, per il periodo dal 26/5/2018 in avanti difetterebbe anche un riscontro captativo. Di qui, l'asserito scarso rilievo dimostrativo delle evidenze rispetto ai reati fine di cui ai capi da 36) a 51) e, segnatamente, per i capi 36), da 24) a 58) e per il capo 49), in riferimento ai nn. 6 e 7, che sarebbero successivi al 26/5/2018 (momento di cessazione delle intercettazioni riguardanti l'imputato) e la contestazione del significato attribuito a taluni dialoghi, stralci dei quali sono riportati in ricorso e ritenuti dalla difesa privi di valenza incriminatrice. Infine, quanto al punto riguardante il trattamento sanzionatorio, la difesa riprende argomentazioni analoghe, in diritto e in fatto, a quelle svolte nell'interesse del (OMISSIS) e ad esse si rinvia. 2.5. Il ricorso di (OMISSIS) (avv. (OMISSIS)). Questa difesa ha formulato quattro motivi. Con il primo, ha dedotto errata applicazione delle legge penale e vizio della motivazione quanto alla ritenuta esistenza del sodalizio criminoso di cui al capo 1) della rubrica e al ruolo apicale dell'imputato, rilevando una distorsione e una pessima e contraddittoria lettura degli atti di causa da parte dei giudici del merito, in quanto le attivita' criminose ascritte al (OMISSIS), con particolare riferimento ai furti di legna, sarebbero in realta' riconducibili a un lasso temporale ininfluente ai fini associativi. Verrebbe cosi' meno, secondo la prospettazione difensiva, il carattere di stabilita' del gruppo e l'esistenza di un programma criminoso indeterminato, in singoli fatti rimandando semmai al concorso di persone nel reato continuato. Sotto altro profilo, poi, si rileva la insussistenza della qualifica apicale in capo al (OMISSIS), connotato che non potrebbe trarsi da sporadici contatti o dall'accordo intervenuto tra due concorrenti nel reato di furto. Con un secondo motivo, si rileva la insussistenza degli elementi costitutivi del reato di cui all'articolo 648 bis, c.p. (capo 61) della rubrica), essendo stati attribuiti all'imputato fatti privi di riscontro e, anzi, contraddetti dagli atti. Il deducente ripercorre la vicenda relativa alla disponibilita' del veicolo oggetto di furto, rispetto alla quale rileva la contraddittorieta' dell'assunto rinvenibile nella sentenza censurata, secondo cui la vettura sarebbe stata rubata proprio dal (OMISSIS) che, pertanto, non avrebbe potuto rispondere del delitto di riciclaggio dello stesso mezzo. Nella specie, le autovetture sarebbero state due, cioe' la NISSAN Patrol rubata ad (OMISSIS) da soggetti ben individuati, diversi dal (OMISSIS), e una NISSAN Patrol di sua proprieta', parcheggiata in una zona non meglio precisata della montagna rossanese e a tale seconda vettura avrebbero fatto riferimento gli interlocutori nella telefonata riportata a pag. 102 della motivazione della sentenza di primo grado. In ogni caso, anche a voler ritenere che il (OMISSIS) abbia consentito a terzi di usare la sua vettura e i relativi documenti e targa per apporli sull'auto rubata venduta da altri soggetti al (OMISSIS), mai tale attivita' potrebbe integrare, secondo il deducente, gli estremi del reato contestato, poiche' dai numeri di telaio emerge la legittima circolazione del mezzo e la sua non provenienza da delitto, atteso che gli stessi corrispondono a quel libretto e a quella targa. Pertanto, difetterebbero sia l'elemento oggettivo che quello soggettivo del reato. Con un terzo motivo, poi, ha dedotto difetto di motivazione in merito alla sussistenza del reato di cui al capo 15) della rubrica, vale a dire la ricettazione, non avendo i giudici territoriali preso in considerazione le argomentazioni addotte dalla difesa nell'atto di gravame. Con il quarto motivo, poi, si deducono violazione di legge e vizio della motivazione quanto alla ritenuta esistenza del reato di cui al capo 81), relativamente al reato di cui all'articolo 336, c.p., non avendo il (OMISSIS) formulato alcuna minaccia intesa a far desistere i Carabinieri forestali dall'attivita' investigativa svolta. 2.6. Il ricorso di (OMISSIS) (avv. (OMISSIS)). Questa difesa ha formulato tre motivi. Con il primo, ha dedotto vizio della motivazione in relazione al reato associativo, rilevando come essa non colga nel segno e sia contraddittoria con la premessa di partenza (la partecipazione dell'imputato, cioe', al taglio abusivo delle piante), al (OMISSIS) essendo stato contestato di aver messo a disposizione il proprio piazzale a (OMISSIS) cl. (OMISSIS) e (OMISSIS) cl. (OMISSIS) e di aver emesso fatture false, omettendosi di considerare che la disponibilita' era stata concessa a (OMISSIS) cl. (OMISSIS) solo in quanto fratello dell'imputato. Con un secondo motivo, ha dedotto analogo vizio, con riferimento sempre al capo 1) e anche al capo 55): i giudici territoriali hanno ritenuto una condotta di riciclaggio, nonostante la provenienza lecita della legna venduta e fatturata con le fatture nn. 1 e 2 del 2018, complessivamente per Euro 825,00, cifra la cui entita' si porrebbe gia' in contrasto con il principio di necessaria offensivita' della condotta. Infine, con il terzo motivo, deducendo erronea applicazione delle norme sul concorso di persone nel reato, la difesa contesta l'affermazione di responsabilita' per i reati fine, i furti di legna abusivamente tagliata, disconoscendo valenza dimostrativa attribuita al contenuto delle intercettazioni e rilevando che (OMISSIS) e (OMISSIS), oltre a essere fratelli, svolgono la stessa attivita', ossia il commercio di legna da ardere, il che consentirebbe di escludere, secondo il difensore, la consapevolezza in capo all'imputato della provenienza delittuosa del bene o dell'intenzione criminosa del correo. 2.7. Il ricorso di (OMISSIS) (avv. (OMISSIS)). Questa difesa ha formulato quattro motivi. Con il primo, ha dedotto violazione di legge e vizio della motivazione con riferimento alla ritenuta responsabilita' per il reato associativo. I giudici territoriali avrebbero omesso di confutare nel merito le argomentazioni addotte con i motivi d'appello, essendosi limitati a un richiamo delle conclusioni rassegnate dal primo giudice. Dopo anni di indagini, (OMISSIS) sarebbe apparso solo in tre circostanze, riferibili a fatti accaduti in un limitato arco temporale e, in tale periodo, egli si sarebbe limitato a svolgere attivita' di taglialegna. Da cio' il deducente rileva la inidoneita' degli elementi a sostenere un'accusa di partecipazione associativa. Egli sarebbe stato all'oscuro della intraneita' del (OMISSIS), avendolo sempre conosciuto come soggetto che esercitava attivita' di vendita di legname. Il difensore richiama poi la differenza tra delitto associativo e concorso di persone nel reato, rilevando che, nella specie, difetterebbero gli elementi costitutivi del primo. Con il secondo motivo, ha dedotto analoghi vizi con riferimento ai reati fine di cui capi 46), 50) e 51), rilevando che nessuna responsabilita' e' riconducibile all'imputato in merito ad essi, non avendo preso parte, materialmente e moralmente, a tali delitti. A tal fine, si contesta che possa ritenersi condotta di concorso il successivo depezzamento della legna, in esecuzione di un'attivita' lavorativa regolarmente retribuita, mancando elementi a riprova della sua consapevolezza circa la provenienza furtiva di essa. Con il terzo motivo, ha dedotto analoghi vizi con riferimento ai reati fine di cui ai capi 75), 76) e 77), rispettivamente aventi a oggetto furto di cavi elettrici, di 50 litri di gasolio e di uno specchietto retrovisore. I giudici d'appello avrebbero omesso di considerare l'assenza di elementi dai quali desumere la penale responsabilita' dell'imputato, trattandosi in ogni caso di tre furti aventi a oggetto beni di modico valore, cosicche' doveva essere riconosciuta l'attenuante di cui all'articolo 62 c.p., n. 4. Infine, con il quarto motivo, ha dedotto analoghi vizi, contestando il trattamento sanzionatorio, sia perche' la pena base e' stata stabilita in misura eccessiva, considerati l'apporto minimo dell'imputato, la tenuita' del danno asseritamente arrecato, la sua personalita' e la condotta successiva ai fatti. Sotto altro profilo, si contesta il diniego delle generiche e dell'attenuante della particolare tenuita' del danno, in entrambi i casi avendo la Corte d'appello motivato il relativo diniego attraverso mere clausole di stile. 2.8. Il ricorso di (OMISSIS) (avv. (OMISSIS)). Questa difesa ha formulato tre motivi che sono parzialmente sovrapponibili a quelli formulati nell'interesse di (OMISSIS). Con il primo, ha dedotto inosservanza o erronea applicazione della legge penale e vizio della motivazione con riferimento alla ritenuta responsabilita' per il reato associativo. I giudici territoriali avrebbero omesso di confutare nel merito le argomentazioni addotte con i motivi d'appello, essendosi limitati a un richiamo delle conclusioni rassegnate dal primo giudice. Nel materiale istruttorio non vi sarebbero elementi incriminanti rispetto all'imputato, tenuto conto del fatto che egli sarebbe apparso nell'indagine solo in relazione ai fatti contestati con i reati fine, nei quali sarebbe stato impegnato solo nell'attivita' di taglialegna e trasporto della stessa, oltre che nella commissione di alcuni furti. Da cio' il deducente rileva la inidoneita' degli elementi a sostenere un'accusa di partecipazione associativa. Egli sarebbe stato all'oscuro della intraneita' del (OMISSIS), avendolo sempre conosciuto come soggetto che esercitava attivita' di vendita di legname. Anche questa difesa richiama la distinzione tra reato associativo e concorso di persone nel reato, concludendo per il difetto degli elementi costitutivi del primo, avendo l'imputato svolto solo un'attivita' retribuita. Con il secondo motivo, ha dedotto analoghi vizi con riferimento ai reati fine, rilevando che nessuna responsabilita' puo' ascriversi all'imputato rispetto ad essi, non avendo preso parte, materialmente e moralmente, a tali delitti. A tal fine, si contesta, anche per questo imputato, che possa ritenersi condotta di concorso il successivo depezzamento della legna, in esecuzione di un'attivita' lavorativa regolarmente retribuita, mancando elementi comprovanti la consapevolezza della provenienza furtiva di essa. Con il terzo motivo sono stati dedotti analoghi vizi, di contenuto sovrapponibile al quarto motivo di ricorso proposto nell'interesse del coimputato (OMISSIS) e ad esso si rinvia per esigenze di sintesi espositiva. 2.9. Il ricorso di (OMISSIS) (avv. (OMISSIS)). Si tratta dello stesso difensore di (OMISSIS) e i due atti hanno contenuto sostanzialmente sovrapponibile, il che giustifica un rinvio al ricorso presentato nell'interesse del coimputato, fatti salvi i distinguo necessitati dalla posizione personale di ciascun imputato e alle contestazioni specificamente mosse, quanto a queste ribadendosi, anche per (OMISSIS), che il suo coinvolgimento sarebbe strettamente correlato allo svolgimento di una attivita' lavorativa regolarmente retribuita (depezzamento della legna), nella inconsapevolezza della sua provenienza furtiva. Quanto, poi, al delitto di ricettazione cui al capo 56), si rileva la insussistenza dello stesso, dovendo il soggetto attivo essere estraneo al delitto presupposto. Anche questo imputato contesta il trattamento sanzionatorio, formulando censure sovrapponibili a quelle svolte nell'interesse del coimputato (OMISSIS) e ad esse, pertanto, si rinvia. 3. La difesa della parte civile (OMISSIS), ammessa al beneficio del patrocinio dello Stato per i non abbienti, ha depositato conclusioni scritte, con le quali ha rilevato la inammissibilita' dei motivi, siccome proposti per sostenere insussistenti ragioni volte a prefigurare una rivalutazione e/o alternativa rilettura delle fonti probatorie, senza che siano state evidenziati specifici travisamenti delle evidenze probatorie. 4. La difesa di (OMISSIS) ha depositato motivi nuovi e aggiunti, sviluppando le argomentazioni svolte con il motivo n. 4 del ricorso, con riferimento alla qualificazione giuridica del tentato omicidio contestato al capo 66) in lesioni personali. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I ricorsi sono tutti inammissibili. 2. In via preliminare, va osservato quanto segue in ordine alla procedibilita' per alcuni reati di furto contestati agli imputati. Il Decreto Legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, articolo 2, comma 1, lettera i), del ha sostituito l'articolo 624 c.p., comma 3 prevedendo la punibilita' a querela della persona offesa, con alcune eccezioni (si procede, infatti, d'ufficio se la persona offesa e' incapace, per eta' o per infermita', ovvero se ricorre taluna delle circostanze di cui all'articolo 625, nn. 7, salvo che il fatto sia commesso su cose esposte alla pubblica fede, e 7-bis). L'articolo 85 del citato decreto (come modificato dalla L. 30 dicembre 2022, n. 199 di conversione del Decreto Legge 31 ottobre 2022, n. 162), poi, nel dettare disposizioni transitorie in materia di modifica del regime di procedibilita' ha stabilito che "Per i reati perseguibili a querela della persona offesa in base alle disposizioni del presente decreto, commessi prima della data di entrata in vigore dello stesso, il termine per la presentazione della querela decorre dalla predetta data, se la persona offesa ha avuto in precedenza notizia del fatto costituente reato". Nel caso di specie, tuttavia, l'eventuale difetto di querela non rileva. Trova, infatti, applicazione il principio gia' affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con riferimento ai reati divenuti perseguibili a querela per effetto del Decreto Legislativo 10 aprile 2018, n. 36. La disciplina transitoria prevedeva, in quel caso (Decreto Legislativo n. 36 del 2018, articolo 12, comma 2), che dovesse essere dato avviso alla persona offesa della possibilita' di proporre querela e il Supremo collegio ritenne che questo avviso non dovesse essere dato, nei giudizi pendenti in sede di legittimita', in casi di inammissibilita' del ricorso (Sez. U, n. 40150 del 21/6/2018, Salatino, Rv. 273551), essendosi spiegato "che l'articolo 129 c.p.p. non attribuisce al giudice un potere di giudizio ulteriore ed autonomo rispetto a quello gia' riconosciutogli dalle specifiche norme che regolano l'epilogo del processo, ma enuncia una regola di condotta rivolta al giudice che presuppone il pieno esercizio della giurisdizione. Non riveste, cioe', per quanto qui interessa, una valenza prioritaria rispetto alla disciplina della inammissibilita', attribuendo al giudice dell'impugnazione un autonomo spazio decisorio svincolato dalle forme e dalle regole che presidiano i diversi segmenti processuali, ma enuncia una regola di giudizio che deve essere adattata alla struttura del processo e che presuppone la proposizione di una valida impugnazione". L'argomentazione si attaglia perfettamente anche al caso in esame. Consente, infatti, di escludere che il procedimento sia "pendente" in presenza di un ricorso inammissibile. Come sottolineato anche dalla sentenza Sez. U Ricci del 2016, tale affermazione non e' in contrasto con i diritti fondamentali sul giusto processo garantiti dalla CEDU. E' onere della parte interessata, infatti, attivare correttamente il rapporto processuale di impugnazione, con la conseguenza che il mancato rispetto delle regole processuali paralizza i poteri cognitivi del giudice e non vengono percio' in considerazione l'equita' o la razionalita' del processo. Nel caso di specie, dunque, il mutato regime di procedibilita' del reato non ha rilevanza e non preclude la declaratoria di inammissibilita' dei ricorsi. 3. La Corte d'appello ha impostato la trattazione degli atti di gravame muovendo dalle singole posizioni. Pertanto, pare utile un preliminare richiamo alla ricostruzione dei fatti contenuta nella sentenza conforme di primo grado, con specifico riferimento al reato associativo del quale tutti rispondono. In quella sede, il primo giudice, nel disattendere le doglianze degli imputati intese a screditare la tesi accusatoria, quanto alla affectio societatis, aveva ritenuto la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie, come dimostrato dal combinato esito delle intercettazioni e dei dati di geolocalizzazione. Il compendio probatorio aveva consentito di accertare che i due (OMISSIS), (OMISSIS) e il (OMISSIS) si erano suddivisi le aree boschive demaniali sulle quali operare il taglio abusivo degli alberi (in molte intercettazioni si utilizzava, per esempio, l'espressione "da noi", con riferimento alla zona di pertinenza nella montagna rossanese; lo stesso tentato omicidio del (OMISSIS) era collegato alla minaccia che costui rappresentava per il consolidamento e l'espansione di tale dominio); che gli stessi si prestavano mutua assistenza in caso di necessita', collaborando nell'attivita' di taglio e nella successiva commercializzazione del legname; che si scambiavano informazioni sull'attivita' di controllo dei Carabinieri forestali; che utilizzavano appositi spiazzi per depositare e depezzare la legna, rubando fuoristrada da impiegare nel carico della legna stessa; che ognuno aveva un proprio ruolo, pur senza una vera e propria gerarchia, alcuni occupandosi prevalentemente dell'abbattimento, altri del depezzamento, altri mettendo a disposizione gli spiazzi per lo stoccaggio. Piu' nello specifico, quanto alla esistenza di un vincolo associativo stabile, il primo giudice ha affermato che l'incrocio di tali dati probatori aveva consentito di accertare che i sodali agivano in maniera sistematica, seguendo uno schema collaudato e non occasionale; quanto al programma criminoso, il compendio probatorio aveva dimostrato la realizzazione di una serie indeterminata di furti di mezzi e di legna, poi ricettata, ricavata dal sistematico abbattimento degli alberi delle aree boschive di riferimento, messa in atto per soddisfare la richiesta di legna, anche per interposta persona, agendo taluni quali intermediari con i clienti finali. Infine, quanto alla esistenza di una struttura organizzativa, sia pur minima, i dati fattuali avevano dimostrato l'esistenza di una vera e propria organizzazione imprenditoriale, di uomini e mezzi, finalizzata a tale attivita' illecita che aveva consentito agli imputati di acquisire una considerevole mole di clienti, tra i quali anche venditori di legna al dettaglio. In tale contesto, era emerso il ruolo di leader di (OMISSIS) classe (OMISSIS): pur in difetto di una vera e propria gerarchia, era emerso che costui aveva continuato l'attivita' del proprio padre, (OMISSIS), coordinando l'attivita' dei sodali, individuando le aree in cui effettuare i tagli abusivi, gli uomini e i mezzi da impiegare, occupandosi anche del trasporto e del deposito presso i piazzali messi a disposizione da altri sodali, come nel caso di (OMISSIS). Tra costoro, poi, un posto apicale era occupato dal (OMISSIS) classe (OMISSIS), avuto riguardo al notevolissimo numero di tagli dei quali si era occupato in prima persona, anche provvedendo a retribuire altri sodali, come nel caso di (OMISSIS), occupandosi della raccolta degli ordinativi dei parte dei clienti finali e recandosi in montagna per soddisfarli attraverso il taglio abusivo. Richiamati alcuni dialoghi ritenuti incriminanti e particolarmente significativi, il primo giudice ha dato conto degli accordi e delle attivita' illecite che i sodali programmavano e ponevano in essere al fine di raggiungere lo scopo sociale, con il coinvolgimento in prima persona di (OMISSIS) e (OMISSIS). Tra gli apicali, poi, spiccava anche il (OMISSIS): costui, in contatto costante con gli altri, era in grado di programmare i tagli, anche in funzione dei monitoraggi delle forze dell'ordine, dallo stesso minacciate (condotta di cui al capo 81), non gia' come singolo disturbato dall'attivita' di polizia, ma come esponente del gruppo (avendo egli parlato al plurale, anche in merito all'attribuzione dei propositi nutriti nei confronti delle forze dell'ordine). Le intercettazioni, inoltre, avevano confermato la disponibilita' di (OMISSIS) e (OMISSIS) a eseguire le disposizioni impartite dai vertici nell'attivita' di taglio, nel depezzamento e nella consegna del gruppo, quanto al (OMISSIS), essendo stato descritto il suo contributo nei furti dei mezzi, dei quali egli conosceva la destinazione (cioe' il trasporto della refurtiva) e nella tentata estorsione ai danni del (OMISSIS), colpevole di ostacolare il programma criminoso. In tale contesto, un significato particolare avevano assunto i furti di fuoristrada che erano trasportati in montagna e lasciati nell'area boschiva di (OMISSIS), sotto il controllo degli associati o presso capannoni usati per lo smontaggio delle targhe. I consociati si scambiavano, poi, informazioni in ordine ai controlli di polizia e si prestavano mutua assistenza: a tal fine, il primo giudice aveva richiamato alcune conversazioni (come quelle intrattenute da (OMISSIS) classe (OMISSIS) con (OMISSIS), in cui il primo si premurava, per esempio, di informare il secondo del rinvenimento di tracce di pneumatici verosimilmente appartenenti a vetture delle forze dell'ordine, consigliandogli di non recarsi in montagna, ma anche altri episodi debitamente descritti nella sentenza appellata). La dimostrazione della affectio era emersa anche da altri colloqui intercettati in carcere: i proventi dell'illecita attivita', per esempio, dovevano essere destinati anche al sostentamento dei familiari di (OMISSIS); i sodali si procuravano gli strumenti e i mezzi necessari per svolgere il lavoro; l'agire convergente verso il risultato programmato era emerso anche dall'utilizzo di attivita' lecite come schermo per l'attivita' criminosa (come nel caso di (OMISSIS), il quale, per l'appunto, era in grado di fornire, grazie all'attivita' di vendita al dettaglio di legna, documentazione utile a simulare la provenienza lecita del legname abusivamente tagliato); inoltre, i sodali si scambiavano i clienti in caso di problemi di alcuni di essi per la consegna della legna. 4. Le singole posizioni. 4.1. (OMISSIS) classe (OMISSIS) (capi: 1 (articolo 416 c.p., commi 1, 2 e 5, in posizione apicale, descritta al n. 2 della rubrica); 5, da 7 a 13 (articoli 110, 81 e 624 c.p., e articolo 625 c.p., nn. 2 e 7, furti di legna del demanio comunale, nel (OMISSIS)); 14 e 15 (articoli 110, 81 e 648 c.p., nel (OMISSIS)); da 16 a 22 (articoli 110, 81 e 624 c.p. e articolo 625 c.p., nn. 2 e 7, furti di legna del demanio comunale, nel (OMISSIS)); da 24 a 27 (articoli 110, 81 e 624 c.p. e articolo 625 c.p., nn. 2 e 7, furti legna demanio comunale, nel (OMISSIS)); da 31 a 33 (articoli 110, 81 e 624 c.p. e articolo 625 c.p., nn. 2 e 7, furti legna del comunale, nel (OMISSIS)); 41 (articoli 81 e 648 c.p., nel (OMISSIS)); da 52 a 54 (articoli 110, 81 e 624 e articolo 625 c.p., nn. 2 e 7, furti legna demanio comunale, (OMISSIS)); 59, 60, 62 e 63 (articoli 61 c.p., n. 2, articoli 81, 110 e 624 c.p., articolo 625 c.p., commi 1, 2, 5 e 7, furti autovetture NISSAN Patrol, di proprieta' di (OMISSIS), MITSUBISHI Pajero, di proprieta' di (OMISSIS), MITSUBISHI Pajero, di proprieta' di (OMISSIS), MITSUBISHI Pajero, di proprieta' di (OMISSIS), nel (OMISSIS)); 66 (articoli 110, 56 e 575 c.p., articolo 576 c.p., n. 1, in relazione all'articolo 61 n. 2, 576 n. 2, c.p., tentato omicidio di (OMISSIS), il 2 (OMISSIS)); 67 (articolo 61 c.p., n. 2, articoli 110 e 81 c.p. e L. n. 895 del 1967, articoli 2 e 4, in relazione all'articolo 7, stessa legge, come modificati dalla L. n. 497 del 1974, articoli 10, 12 e 14, detenzione e porto illegali di un fucile cal. 12, per commettere il tentato omicidio di cui al capo che precede, il 2 (OMISSIS)); 68 (articolo 61 c.p., n. 2, articoli 81 e 110 c.p., articolo 629 c.p., comma 2, con riferimento all'articolo 628 c.p., comma 1, estorsione ai danni dei proprietari di dieci immobili in c.da (OMISSIS) nella comunita' montana di (OMISSIS) per il servizio di "guardiania", nel maggio 2018); 74 (articoli 56, 110 e 624 bis c.p., e articolo 625 c.p., n. 2, tentato furto in abitazione ai danni di (OMISSIS) e (OMISSIS), nel marzo 2018); 75 (articoli 61 n. 5, 81, 110, 624 e 625, n. 2, 648 c.p., furto di cavi elettrici ai danni di (OMISSIS), nel (OMISSIS)); 76 (articolo 61 c.p., n. 5, articoli 110 e 624 c.p., e articolo 625 c.p., n. 2 e 5, furto di circa 50 litri di gasolio dal serbatoio di un escavatore presente in un cantiere edile, di due batterie in dotazione alla predetta macchina operatrice, di una cassetta con attrezzi e di una pompa del grasso, per un danno complessivo di circa Euro 2.000,00, (OMISSIS)); e 79 (articoli 81, 612 e 703 c.p., L. n. 895 del 1967, articoli 2 e 4, in relazione all'articolo 7 stessa legge, come modificati dalla L. n. 497 del 1974, articoli 10, 12 e 14, detenzione e porto illegali di un fucile cal. 28, nel (OMISSIS))). La Corte territoriale si occupa di questo imputato alle pagg. 43-55 della sentenza impugnata e risponde ai motivi di gravame formulati con l'appello, relativamente alla questione processuale inerente all'utilizzabilita' delle intercettazioni e ad alcune delle contestazioni (prima fra tutte quella associativa di cui al capo 1)). Quanto alla prima, ha ritenuto utilizzabili le intercettazioni (regolarmente autorizzate nel proc. n. 9/2018 R.G.N. R. relativo al tentato omicidio di (OMISSIS), delitto per la difesa assolutamente estraneo al sodalizio in contestazione e alle finalita' dell'asserito programma criminoso; nel proc. n. 5202/2016 relativo al sequestro di persona nei confronti di (OMISSIS); nel proc. n. 1733/2018 R.G.N. R., relativo al tentato omicidio di (OMISSIS); e nel proc. n. 2952/2017 R.G.N. R.) per infondatezza dell'eccezione, muovendo dalla conclusione che i procedimenti in questione erano strettamente connessi tra di loro ai sensi dell'articolo 12 c.p.p., siccome relativi a reati posti in essere per perseguire gli scopi dell'associazione a delinquere, esse risultando comunque indispensabili per accertare reati per i quali e' previsto l'obbligo di arresto in flagranza. La Corte territoriale ha poi richiamato il diritto vivente in materia di divieto di utilizzabilita' delle intercettazioni disposte in separati procedimenti, per affermare che, nella specie, esso non operava alla stregua delle considerazioni sopra svolte. Quanto, invece, ai motivi di merito, i giudici territoriali hanno ritenuto corretta la valutazione del compendio probatorio da parte del primo giudice, superando le censure difensive a mente delle quali sarebbero stati valorizzati elementi neutri (quali il legame di parentela esistente tra i (OMISSIS) e l'amicizia con i (OMISSIS)) e ritenuto contraddittoriamente l'imputato leader del sodalizio, in assenza di un'organizzazione gerarchica. Per i giudici d'appello, al contrario, erano esistenti gli elementi costitutivi del reato associativo (capo 1)), ritenuta l'infondatezza delle doglianze, anche in relazione ai singoli reati fine contestati. Piu' specificamente, confermato il giudizio del primo giudice quando alla conducenza degli elementi emersi dall'incrocio dei risultati delle intercettazioni e dei dati di geolocalizzazione, la Corte d'appello ne ha inferito la conferma dell'ipotesi accusatoria (per la quale l'odierno ricorrente aveva suddiviso, con (OMISSIS) e (OMISSIS), le aree boschive demaniali ove effettuare i tagli abusivi degli alberi); costoro avevano condiviso un forte legame di complicita' e mutuo soccorso in tutte le attivita' illecite oggetto del programma criminoso, ivi compreso lo scambio di informazioni utili alla realizzazione indisturbata di esso, condivisione emergente a chiare lettere dai dialoghi intercettati, stante l'utilizzo della locuzione "da noi" per indicare le singole aree d'interesse. Erano, dunque, esistenti gli elementi costitutivi del reato associativo, ovvero: un vincolo stabile, un programma criminoso tendenzialmente indeterminato e una struttura organizzativa idonea ed adeguata a realizzare gli obiettivi criminosi prefissati, ma anche il dolo del delitto, vale a dire la coscienza e volonta' di partecipare attivamente alla realizzazione del programma delinquenziale in modo stabile e permanente. E, pur riconoscendo che la commissione di uno o piu' delitti programmati dall'associazione non dimostra automaticamente l'adesione alla stessa, quei giudici hanno valorizzato la gran mole di reati fine posti in essere dai sodali, in termini coerenti con il programma criminoso, escludendo che la diversita' o contrapposizione degli scopi personali perseguiti dai componenti potesse eventualmente porsi quale ostacolo alla configurabilita' del reato, rilevando semmai quali motivi a delinquere. Attraverso tali coordinate, la Corte territoriale ha richiamato le singole censure, riferibili a specifici reati fine (quanto ai furti di legna essendosi invero la difesa limitata a ribadire la inutilizzabilita' degli esiti delle intercettazioni). Ha cosi' affermato, quanto ai tre episodi di ricettazione (capi 14),15) e 41)), che essi avevano tratto forte riscontro dagli esiti delle intercettazioni disposte in carcere, persino chiare nei loro contenuti (essendo emerso che (OMISSIS) e (OMISSIS) - nei primi giorni di (OMISSIS) - si erano occupati della vendita del legname accatastato da (OMISSIS) e, a tal fine, hanno richiamato singoli dialoghi incriminanti); allo stesso modo per i furti delle autovetture di cui ai capi 59) e 60), avendo il servizio di geolocalizzazione delle celle agganciate nella notte tra il 15 ed il 16 dicembre trovato riscontro, contrariamente agli assunti difensivi, nel contenuto di conversazioni con il (OMISSIS), il cui contenuto e' stato ritenuto inequivocabile, sebbene criptico, tenuto conto del servizio di polizia giudiziaria riportato nell'allegato n. 486 dell'informativa. Ha confutato l'argomento difensivo che faceva leva su una ricostruzione cronologica degli accadimenti, ritenuta incoerente con i dati acquisiti. Quanto al capo 62), i giudici d'appello hanno ritenuto sussistenti plurimi riscontri a conferma della penale responsabilita' dell'imputato, rilevando che la difesa aveva sminuito il corposo compendio intercettativo che, in realta', aveva consentito di monitorare in diretta l'illecita sottrazione del veicolo attraverso un'azione pianificata con (OMISSIS) che dava istruzioni al suo complice che lo seguiva in un'altra autovettura, ancora una volta il tutto oggetto di un servizio di OPC che aveva condotto all'individuazione dell'autovettura, riscontrato da altri dialoghi nei quali era emersa la destinazione allo smontaggio dei pezzi del mezzo rubato. Per il capo 63), inoltre, hanno affermato che le intercettazioni acquisite avevano dimostrato che il mezzo di proprieta' di (OMISSIS) era stato asportato dal (OMISSIS) ed occultato, come emerso dalle sue stesse affermazioni. Quanto ai delitti che hanno riguardato, invece, la vicenda coinvolgente (OMISSIS) (e, quindi, il suo tentato omicidio e la detenzione e porto illegali del fucile cal. 12, capi 66) e 67)), la Corte li ha ritenuti intanto espressione degli obiettivi espansionistici dei (OMISSIS) fino ai boschi di Longobucco, essendo stata accertata la inimicizia tra la famiglia della vittima e quella di (OMISSIS). Ha poi richiamato le captazioni ambientali del 4 e 6 aprile 2018, per rilevare come dalle stesse fosse emersa chiaramente la dichiarazione confessoria di (OMISSIS) in ordine al summenzionato tentato omicidio (" a me non mi arrestano a me.. a me sai che mi salva- Quella pistola che hanno trovato alla montagna.. perche' lo ho sparato con un fucile"... "quindi se lo avevo ammazzato prendevo l'ergastolo, se avevo ammazzato quella capra"). Le intercettazioni avevano dimostrato anche il coinvolgimento dell'imputato, atteso che i due fratelli erano stati insieme nell'occorso, il ricorrente avendo anche successivamente manifestato preoccupazioni per il suo futuro (il riferimento e', per la Corte territoriale, agli esiti dello stub e alla necessita' di tenere da parte dei soldi, nel caso di incarcerazione). Si richiamano, inoltre, le successive conversazioni con (OMISSIS), nelle quali questi lo invita a professarsi innocente, abbozzando un falso alibi e altri dialoghi di contenuto altrettanto incriminante, analiticamente indicati in sentenza, anche mediante richiami a quella appellata (la falsita' dell'alibi offerto essendo stata confermata anche dalla divergenza delle dichiarazioni rese dall'imputato e dal citato (OMISSIS) alla polizia giudiziaria, quest'ultimo avendo in definitiva preferito affermare di non ricordare se la mattina del 2 gennaio si trovasse con l'imputato, il quale aveva invece dichiarato di trovarsi in compagnia del (OMISSIS)). La Corte ha, peraltro, esaminato anche la nuova versione dei fatti, offerta dall'imputato (secondo la quale egli sarebbe stato vittima di una macchinazione ordita dal fratello (OMISSIS), che aveva anche tentato di ucciderlo), per affermare come la rete di contatti intercorsa tra i fratelli nell'anno 2018 fosse incoerente con tale prospettazione, rilevando anche che solo un coinvolgimento diretto e non alterabile poteva giustificare i timori esternati sull'esito delle investigazioni e, in particolare, dello stub, gli stessi risultando incoerenti con la tesi della macchinazione). La Corte ha pure svalutato la circostanza che la persona offesa fosse rimasta illesa (la stessa non avendo realizzato subito l'accaduto, poiche' il pallettone del fucile non aveva trapassato la portiera dell'autovettura) e che non fosse stato rinvenuto il fucile, ma anche il rilievo difensivo secondo il quale la rosata provocata non sarebbe stata compatibile con lo sparo di un fucile cal. 12, il semplice dato che il colpo non avesse superato la lamiera dello sportello costituendo evento fortuito che non escludeva l'idoneita' del tentativo, l'altezza da terra dei pallettoni riconducendo ad un tiro diretto alla parte centrale dell'autovettura ove sono allocati internamente la seduta del sedile e la parte bassa dello schienale, corrispondenti a una specifica zona del corpo del guidatore. Il che escluderebbe, per i giudici d'appello, la natura meramente intimidatoria dell'atto, atteso che la direzione dello sparo verso un'auto in corsa rende il comportamento idoneo ex ante a provocare la morte della persona offesa, l'esito essendo ascrivibile alla mira non perfetta di (OMISSIS) e non alla scelta intimidatoria dell'atto, tenuto conto della notevole potenzialita' lesiva dell'arma utilizzata (fucile) e della traiettoria degli spari, ma anche dei pregressi rapporti tra la famiglia del (OMISSIS) e del (OMISSIS) e delle stesse espressioni utilizzate dagli imputati nel corso delle conversazioni intercettate, indicative dell'esistenza di un dolo di particolare intensita'. In tale contesto, si era inserito anche il tentativo di estorsione perpetrata nel novembre del 2017 dai coimputati (OMISSIS) e (OMISSIS) ai danni del citato (OMISSIS) (capo 65)), attraverso il danneggiamento e l'incendio della sua azienda e l'uccisione di alcuni animali: esso era stato l'ultimo atto in termini di "avvertimento" nei confronti della persona offesa, come confermato ancora una volta dai dialoghi intercettati e richiamati nella sentenza impugnata ("uno che ha fatto un tentato omicidio, no che dopo tre mesi lo vanno ad arrestare...non e' un furto, e' un tentato omicidio"). Da cio' e' stata tratta anche la conferma del dolo di premeditazione, essendo emerso che gli imputati avevano un movente forte per eliminare la vittima designata, della quale conoscevano gli spostamenti, avevano spento i cellulari al momento del delitto per evitare di essere localizzati, si erano appostati armati di fucile in una strada percorsa dalla persona offesa, attingendola al momento del passaggio con un colpo d'arma da fuoco. La Corte ha ritenuto infondato, inoltre, con riferimento al capo 68), inerente alla c.d. "guardiania", le censure sulla ritenuta inattendibilita' della persona offesa della estorsione, (OMISSIS) (in quanto spaventato da possibili ritorsioni): la conclusione era corroborata ancora una volta dal contenuto dei dialoghi intercettati, richiamati nella sentenza censurata; e parimenti incontestabile e' stata ritenuta la corrispondenza del contenuto delle conversazioni intercorse tra il (OMISSIS) ed il (OMISSIS) con la denuncia dei (OMISSIS) (capo 74)) e con quella del (OMISSIS), quanto al capo 75), escludendo quei giudici che il riferimento allo stabile come immobile a un solo piano valesse in termini di mancata attinenza della conversazione al reato perpetrato. Ancora, quanto al capo 76), il quadro probatorio fornito dagli esiti captativi e' stato ritenuto idoneo a fondare la penale responsabilita' dell'imputato, stanti i chiari riferimenti al furto di gasolio in atto e quanto al capo 79), si e' rilevato che il mancato ritrovamento dell'arma utilizzata non incrinava la certezza dimostrativa assegnata al contenuto dell'intercettazione captata tra (OMISSIS) e (OMISSIS). Infine, quanto al trattamento sanzionatorio, i giudici d'appello hanno escluso elementi positivi valorizzabili, ritenendo la pena congrua rispetto alla gravita' della condotta, ripetuta nel tempo e caratterizzata da accurata concertazione, sintomatica di proclivita' a delinquere. 4.2. (OMISSIS) classe (OMISSIS) (capi: 1 (articolo 416 c.p., commi 1, 2 e 5, in posizione apicale, descritta al n. 3 della rubrica); 4 (articoli 81 e 648 c.p., ricettazione di legna trafugata al demanio comunale, nel dicembre 2016); 29 e 30 (articoli 110, 81 e 624 c.p. e articolo 625 c.p., nn. 2 e 7, furto di legna abusivamente tagliata, nel (OMISSIS)); da 32 a 40, 41 bis, da 43 a 51 (articoli 110, 81 e 624 c.p. e articolo 625 c.p., nn. 2 e 7, furti di legna del demanio comunale, nel (OMISSIS) e sino al luglio dello stesso anno); 62 (articolo 61 c.p., n. 2, articoli 110 e 624 c.p. e articolo 625 c.p., nn. 2, 5 e 7, furto della autovettura MITSUBISHI Pajero di proprieta' di (OMISSIS), il 13, 14 e 15 (OMISSIS)); 72 (articoli 81, 110, 624 bis e 625 n. 2, c.p., furto di circa 150 litri di gasolio contenuto in una cisterna interrata, all'interno di un'area di pertinenza dell'abitazione di (OMISSIS), concessa in locazione a (OMISSIS), (OMISSIS) e in data anche antecedente al 5 aprile 2018)). La Corte territoriale si occupa di questo imputato alle pagg. 37-42 della sentenza impugnata e risponde ai motivi di gravame formulati con l'appello, relativamente alla questione processuale inerente all'utilizzabilita' delle intercettazioni, proposta anche da questo ricorrente con i motivi d'appello e rigettata dalla Corte di merito alla stregua delle stesse considerazioni sopra riportate e ad alcune delle contestazioni (prima fra tutte quella associativa di cui al capo 1)). Anche in questo caso, i giudici territoriali hanno dato atto della circostanza che l'incrocio dei risultati delle intercettazioni e dei dati di geolocalizzazione aveva consentito di accertare la suddivisione tra gli imputati delle zone demaniali sulle quali operare i tagli abusivi di legname e la sussistenza dei connotati di un sodalizio criminoso nel cui programma rientrava l'illecita attivita' e quelle successive ad essa strettamente correlate. Nella specie, dalle conversazioni era emersa, in modo ritenuto incontrovertibile, sia l'attivita' di intermediazione dell'imputato nella vendita al cliente finale della legna trafugata, che i numerosissimi furti di legna, operato dai giudici d'appello per ciascuno un rinvio alle conversazioni di contenuto ritenuto incriminante. Sulla scorta delle incontestabili risultanze processuali, la Corte ha poi ritenuto l'imputato non meritevole del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, ostandovi la gravita' della condotta reiterata nel tempo all'interno di un ben organizzato circuito criminale e rilevato, in ogni caso, il difetto di specifiche allegazioni difensive alla luce del quale ha considerato soddisfatto l'onere motivazionale mediante il solo richiamo alla ritenuta assenza di elementi positivi. 4.3. (OMISSIS) (capi: 1 (articolo 416 c.p., commi 1, 2 e 5, con il ruolo descritto al n. 16 della rubrica); 59 e 60 (articolo 61 c.p., n. 2, articoli 110 e 624 c.p. e articolo 625 c.p., nn. 2, 5 e 7, furto delle autovetture NISSAN Patrol, una di proprieta' di (OMISSIS) e l'altra di proprieta' di (OMISSIS), il (OMISSIS); 65 (articoli 61 c.p., n. 2, articoli 81, 110 e 624 c.p., articolo 625 c.p., n. 2 e 8, articolo 424 c.p., articolo 638 c.p., comma 2, articoli 56 e 629 c.p., incendio, danneggiamento, furto di bestiame e altro e tentata estorsione ai danni di (OMISSIS), il (OMISSIS)); 69 (articolo 61 c.p., n. 5, articoli 81, 110 e 624 bis c.p., articolo 625 c.p., n. 2, furto di radio portatile, slittino attrezzi da giardinaggio, derrate alimentari e indumenti in danno di (OMISSIS); furto di un gruppo elettrogeno, due decespugliatori, una pompa con autoclave, un dvr con telecamere, un videoregistratore, un decoder digitale terrestre, un pannello solare con batterie, una batteria da 100 hp e un fucile cal. 12 illegalmente detenuto e risultato arma clandestina, il 6 e 7 aprile 2018); 70 (articoli 81 e 110, c.p. e L. n. 895 del 1967, articolo 2, in relazione all'articolo 7 della stessa legge, come modificati dalla L. n. 497 del 1974, articoli 10, 12 e 14, L. n. 110 del 1975, articolo 23 (porto illegale di fucile cal. 12, il (OMISSIS)); 71 (articolo 61 c.p., n. 1, 5, 7, articoli 81, 110 e 624 bis c.p., articolo 625 c.p., n. 2, articolo 423 c.p., articolo 425 c.p., n. 2, furti ai danni di (OMISSIS) e (OMISSIS), il 9 e 10 aprile 2018); e 80 (articolo 61 c.p., n. 2, articolo 544 ter c.p., L. n. 895 del 1967, articolo 2, in relazione all'articolo 7 stessa legge, modificati dalla L. n. 497 del 1974, articoli 10, 12 e 14, detenzione illegale di 4/5 fucili da caccia e cessione di uno a tale "(OMISSIS)" non identificato, il (OMISSIS))). La Corte territoriale si occupa di questo imputato alle pagg. 2-18 della sentenza impugnata e risponde ai motivi di gravame formulati con l'appello, relativamente alla questione processuale inerente all'utilizzabilita' delle intercettazioni, proposta anche da questo ricorrente con i motivi d'appello e rigettata dalla Corte di merito alla stregua delle stesse considerazioni sopra riportate e ad alcune delle contestazioni (prima fra tutte quella associativa di cui al capo 1)). Intanto, disattende la tesi difensiva per la quale l'imputato avrebbe avuto contatti solo con (OMISSIS) e (OMISSIS) cl. (OMISSIS) e non avrebbe partecipato attivamente al sodalizio, richiamandosi, quanto alla sussistenza del sodalizio, le considerazioni svolte con riferimento alle altre posizioni e precisandosi, per questo imputato, che le critiche difensive erano state solo genericamente formulate. Anche in questo caso, si e' operato un rinvio ai dati incrociati ricavati dalle intercettazioni e dai servizi di geolocalizzazione, l'intraneita' dell'imputato emergendo anche dal suo concorso nei furti dei fuoristrada, essenziali per la realizzazione dei tagli abusivi e delle finalita' associative. I contatti del (OMISSIS) con gli appartenenti al sodalizio sono stati ritenuti costanti e tali - per contenuti e forme - da implicare piena e consapevole condivisione ed adesione al comune programma criminoso. Quanto ai capi 59) e 60), in particolare, nel rispondere alle relative doglianze difensive, la Corte ha precisato che l'affermazione di penale responsabilita' si era basata non solo sugli esiti dei tabulati telefonici in atti, ma anche sui gravi e convergenti indizi di altra natura scaturiti nei confronti del (OMISSIS) (il contenuto delle conversazioni ritenute incriminanti, cioe', in uno con i riscontri dell'attivita' di polizia giudiziaria il tutto richiamato in sentenza). Quanto al furto dell'autovettura MITSUBISHI Pajero di (OMISSIS) (capo 60)), i giudici territoriali hanno precisato che, nonostante l'utilizzo di terminologia "criptica", era chiaramente intuibile che i conversanti si accingevano a disquisire di argomenti relativi ad attivita' illecite da loro commesse (operando un richiamo a interi stralci del dialogo in questione e ai relativi riscontri dei servizi di polizia giudiziaria, i giudici ritenendo che con il termine "vitello" i dialoganti avessero inteso riferirsi proprio al mezzo rubato). In merito, invece, al furto del NISSAN Patrol di (OMISSIS) avvenuto a (OMISSIS) nella notte tra il (OMISSIS) (capo 59)), la Corte procede alla esposizione degli elementi che hanno consentito di ricostruire i singoli passaggi della vicenda, ricavando la prova del concorso del (OMISSIS) nel delitto dai seguenti elementi: i tabulati del 16.12.2017 avevano dimostrato che l'imputato quella notte si era trovato nel comune di (OMISSIS) (CS) in compagnia dei fratelli (OMISSIS) cl. (OMISSIS) e (OMISSIS); gli esiti delle intercettazioni telefoniche, da cui era emerso che il (OMISSIS) era a conoscenza del fatto che (OMISSIS) e Luigi avevano in possesso un'autovettura di colore bianco indicata sempre con il termine "bicicletta bianca"; i dialoghi tra l'imputato e (OMISSIS) nella serata del 07.01.2018 e con (OMISSIS) cl. (OMISSIS), nel corso dei quali il (OMISSIS) era preoccupato, per il rischio di tenere la macchina nella montagna rossanese ("...ah, ma la bicicletta e' da te-... hai visto c'e' il vento, le cose, non e' malamente la'-...la bicicletta era qua al sicuro e la porta la', al dirupo mi senti-"), considerato che il giorno precedente i Carabinieri avevano rinvenuto nei boschi rossanesi l'autovettura fuoristrada MITSUBISHI Pajero asportata a (OMISSIS) (capo 60)); i riferimenti fatti dall'imputato "all'altra bicicletta" da cui si evinceva ulteriormente che (OMISSIS) era a conoscenza del possesso da parte di (OMISSIS) cl. (OMISSIS) e del fratello (OMISSIS) del NISSAN Patrol sottratto a (OMISSIS). Allo stesso modo, il compendio di indagine ed intercettativo relativo ai capi 70) e 71) e' stato ritenuto inequivocabile e supportato da idoneo riscontro. Il contenuto delle ambientali a bordo della FIAT Punto in uso a (OMISSIS) aveva confermato il coinvolgimento dell'imputato in ordine alle contestazioni mossegli (anche in questo caso viene operato un richiamo testuale ai dialoghi ritenuti pregnanti). Ancora, in aggiunta alle intercettazioni citate, la Corte di merito ha pure richiamato la circostanza che, la mattina del 7.4.2018, (OMISSIS) e la compagna (OMISSIS) avevano accompagnato presso il carcere di (OMISSIS) (OMISSIS) che doveva partecipare alle visite in programma di incontrare (OMISSIS), padre di (OMISSIS), che si trovava detenuto presso la predetta struttura. Il dialogo intercettato tra i primi due aveva consentito di apprendere elementi di alta valenza incriminatrice riguardanti anche il (OMISSIS) (in sostanza, il (OMISSIS) aveva riferito alla donna dei furti di bestiame perpetrati la notte precedente con il (OMISSIS)). Lo stesso, quanto al capo 71): le doglianze difensive tese a screditare il quadro probatorio sono state ancora una volta ritenute infondate alla luce delle disarmanti acquisizioni intercettative che avevano consentito di seguire in diretta l'attivita' illecita dei soggetti controllati. Anche la tentata estorsione ai danni di (OMISSIS), di cui al capo 65), e' stata ricostruita attraverso il richiamo alle conversazioni intercettate tra (OMISSIS) e (OMISSIS), laddove, per la detenzione abusiva di armi di cui al capo 80), la prova era stata principalmente tratta dalla dichiarazione confessoria del (OMISSIS) resa nel corso del colloquio intercettato nella FIAT Punto di (OMISSIS) nella notte tra il (OMISSIS), ma anche dalle successive captazioni (il tutto, ancora una volta, riportato nella sentenza impugnata). La Corte di merito, infine, ha disatteso le censure inerenti al trattamento sanzionatorio, giustificato dalla gravita' delle condotte reiterate nel tempo e tali da avere arrecato un apprezzabile nocumento al patrimonio boschivo, non ravvisando elementi positivi da valorizzare che neppure la difesa aveva esplicitato, essendosi limitata ad indicare l'atteggiamento collaborativo dell'imputato che aveva scelto il rito premiale. 4.4. (OMISSIS) (capi: 1 (articolo 416 c.p., commi 1, 2 e 5, con il ruolo descritto al n. 4 della rubrica); 22 e 24 (articoli 110, 81 e 624 c.p. e articolo 625 c.p., nn. 2 e 7, furti di legna del demanio comunale, nel (OMISSIS)); 33 (articoli 110, 81 e 624 c.p. e articolo 625 c.p., nn. 2 e 7, furti di legna del demanio comunale, nel (OMISSIS)); 59, 60, 62 e 63 (articolo 61 c.p., n. 2, articoli 81, 110 e 624 c.p., articolo 625 c.p., commi 1, 2, 5 e 7, furti autovetture NISSAN Patrol, di proprieta' di (OMISSIS), MITSUBISHI Pajero, di proprieta' di (OMISSIS), MITSUBISHI Pajero, di proprieta' di (OMISSIS), MITSUBISHI Pajero, di proprieta' di (OMISSIS), nel (OMISSIS)); 65 (articolo 61 c.p., n. 2, articoli 81, 110 e 624 c.p., articolo 625 c.p., n. 2 e 8, articolo 424 c.p., articolo 638 c.p., comma 2 e articoli 56 e 629 c.p., incendio, danneggiamento, furto di bestiame e altro e tentata estorsione ai danni di (OMISSIS), il (OMISSIS)); 66 (articoli 110, 56 e 575 c.p., articolo 576 c.p., n. 1, in relazione all'articolo 61 c.p., n. 2, articolo 576, n. 2, tentato omicidio di (OMISSIS), il 2 (OMISSIS)); 67 (articolo 61 c.p., n. 2, articoli 110 e 81 c.p. e L. n. 895 del 1967, articoli 2 e 4, in relazione all'articolo 7, stessa legge, come modificati dalla L. n. 497 del 1974, articoli 10, 12 e 14, detenzione e e porto illegali di un fucile cal. 12, per commettere il tentato omicidio di cui al capo che precede, il 2 (OMISSIS)); 68 (articolo 61 c.p., n. 2, articoli 81 e 110 c.p., articolo 629 c.p., comma 2, con riferimento all'articolo 628 c.p., comma 1, estorsione ai danni dei proprietari di dieci immobili in c.da (OMISSIS) nella comunita' montana di (OMISSIS) per il servizio di "guardiania", nel (OMISSIS)); 69 (articolo 61 c.p., n. 5, articoli 81, 110 e 624 bis c.p., articolo 625 c.p., n. 2, furto di radio portatile, slittino attrezzi da giardinaggio, derrate alimentari e indumenti in danno di (OMISSIS); furto di un gruppo elettrogeno, due decespugliatori, una pompa con autoclave, un dvr con telecamere, un videoregistratore, un decoder digitale terrestre, un pannello solare con batterie, una batteria da 100 hp e un fucile cal. 12 illegalmente detenuto e risultato arma clandestina, il (OMISSIS)); 70 (articoli 81 e 110 c.p. e L. n. 895 del 1967, articolo 2, in relazione all'articolo 7 della stessa legge, come modificati dalla L. n. 497 del 1974, articoli 10, 12 e 14, L. n. 110 del 1975, articolo 23 (porto illegale di fucile cal. 12, il (OMISSIS)); 71 (articoli 61 c.p., n. 1, 5, 7, articoli 81, 110 e 624 bis c.p., articolo 625 c.p., n. 2, articolo 423 c.p., articolo 425 c.p., n. 2, furti ai danni di (OMISSIS) e (OMISSIS), il 9 e 10 aprile 2018); 72 (articoli 81, 110, 624 bis e 625 n. 2, c.p., furto di circa 150 litri di gasolio contenuto in una cisterna interrata, all'interno di un'area di pertinenza dell'abitazione di (OMISSIS), concessa in locazione a (OMISSIS), (OMISSIS) e in data anche antecedente al 5 aprile 2018); 73 (articoli 56 e 110 c.p., articolo 112 c.p., comma 1 n. 4, articolo 624 bis c.p. e articolo 625 c.p., n. 2, tentativo di furto nell'abitazione di (OMISSIS), il (OMISSIS)); e 78 (articoli 81 e 624 bis c.p., articolo 625 c.p., n. 2, articolo 424 c.p. e articolo 425 c.p., n. 2, furto in abitazione ai danni di (OMISSIS) e incendio, nel (OMISSIS))). La Corte territoriale si occupa di questo imputato alle pagg. 55-71 della sentenza impugnata e risponde ai motivi di gravame formulati con l'appello, relativamente alla questione processuale inerente all'utilizzabilita' delle intercettazioni e ad alcune delle contestazioni (prima fra tutte quella associativa di cui al capo 1)). Operato un rinvio alle argomentazioni svolte dai giudici territoriali riguardo al tema processuale e alla sussistenza del sodalizio, la Corte di merito ha osservato, con specifico riferimento a questo imputato, come la sistematicita' nell'effettuazione degli tagli abusivi fosse ricavabile da numerose captazioni, puntualmente richiamate, anche mediante trascrizione di interi stralci ritenuti piu' pregnanti, con riferimento ai singoli capi d'imputazione, oggetto delle censure articolate dall'appellante. Cosi' per il capo 24), per il quale il richiamo e' alla conversazione n. 1255 del 19 (OMISSIS), da cui era emerso che l'imputato, unitamente al fratello (OMISSIS) e al (OMISSIS), quel pomeriggio sarebbero andati a lavorare, la consumazione del furto essendo poi confermata dalle successive vendite; per il capo 33), con richiamo alla conversazione n. 178 del 11 (OMISSIS), in cui i cugini omonimi di (OMISSIS) parlavano di un lavoro da terminare in montagna nel quale sarebbe stato coinvolto anche l'imputato; per i tre episodi di ricettazione, confermati dalle intercettazioni effettuate in carcere e delle quali si e' detto a proposito dell'imputato (OMISSIS) cl. (OMISSIS); per i furti di autovetture di cui ai capi 59) e 60), per i quali si richiamano le considerazioni svolte con riferimento al fratello (OMISSIS) e al (OMISSIS); per il capo 62), rispetto al quale la Corte ha richiamato plurimi riscontri a conferma della penale responsabilita' del prevenuto, tra cui la conversazione n. 304 del 14.01.2018 intrattenuta con il (OMISSIS) - nella notte tra il (OMISSIS) - nella quale il (OMISSIS) fa esplicito riferimento a un mezzo rubato; ma anche per il capo 63), rispetto al quale, le intercettazioni avevano consentito di accertare che il mezzo di proprieta' di (OMISSIS) era stato asportato e occultato anche dall'imputato, le cui affermazioni autoaccusatorie sono trascritte nella sentenza censurata. La Corte procede, dunque, a trattare le doglianze inerenti alle vicende che hanno riguardato la persona offesa (OMISSIS), rilevando come talune intercettazioni avessero valore di vera e propria confessione, avendo l'imputato pronunciato espressioni inequivoche in ordine al suo coinvolgimento nei fatti di cui al capo 65). Nel ricostruire l'intera vicenda, la Corte ha precisato che nella nottata tra il 23 ed il 24 novembre 2017, la vittima aveva subito un atto intimidatorio da parte di alcuni soggetti che, dopo essere entrati nella sua azienda agricola, avevano incendiato il casolare e un mezzo, danneggiando anche un altro il veicolo, asportando vari attrezzi agricoli, uccidendo capi di bestiame e rubandone altri. Un importante elemento a carico dell'imputato era stato tratto dal colloquio intercettato in data (OMISSIS) alle ore 15:44:53 a bordo dell'autovettura FIAT Punto targata CS556863: nel corso della conversazione, l'imputato aveva manifestato i dubbi di essere nuovamente convocato, dopo esserlo stato per il tentato omicidio del (OMISSIS), per altri accertamenti, anche mediante prelievo del DNA, con riferimento a questi altri fatti; sempre l'imputato, successivamente, aveva confidato alla propria compagna (OMISSIS) che avrebbe potuto essere riconvocato in caserma per il prelievo del suo DNA mediante tampone salivare, chiarendo che tale accertamento era riferito alle indagini relative a questi reati. Al dubbio della donna sul fatto che egli avesse potuto lasciare tracce salivari sul luogo del delitto, l'uomo aveva risposto di non avere sputato, ma di non ricordare se avesse gettato qualche mozzicone di sigaretta, non escludendo la possibilita' concreta di un suo arresto, ideando addirittura la fuga e manifestando una certa tranquillita' quanto al tentato omicidio, perche' gli inquirenti non avevano rinvenuto il fucile con il quale aveva sparato alla vittima. Anche in altra conversazione, poi, la coppia manifestava i propri timori riguardo alla posizione del (OMISSIS), cosi' confermandone il coinvolgimento nei medesimi fatti, l'intento omicidiario del (OMISSIS) e dell'imputato essendo emerso anche in altro dialogo del 6 aprile 2018, captato durante la commissione delle condotte illecite dei due poste in essere quella notte percorrendo la S.P. 188 del Comune di Longobucco: giunti nella localita' Conche nei pressi dell'intersezione con la strada vicinale che conduce all'azienda agricola di (OMISSIS), infatti, i due citavano alcuni capi di bestiame scorti proprio in prossimita' della strada e il (OMISSIS) riferiva all'imputato che si sarebbero dovuti organizzare un'altra sera e fare "la festa" al proprietario delle capre, ovvero il (OMISSIS), progettando addirittura di sparargli con il fucile appena rubato che, in quel momento, trasportavano in auto (presso l'abitazione del (OMISSIS), peraltro, veniva rinvenuta la motosega asportata all'interno dell'azienda della vittima nella serata del 24 novembre 2017 e riconosciuta come propria dalla stessa). Anche con il fratello l'imputato aveva confessato di avere appiccato l'incendio alla azienda della p.o., indicata con il nomignolo universalmente usato, cioe' "(OMISSIS)". Quanto, poi, al tentato omicidio, la Corte ha formulato le stesse considerazioni svolte per il fratello, richiamando la causale (le mire espansionistiche del sodalizio cioe') e l'inimicizia tra le due famiglie, dai dialoghi essendo pure emerso che i due fratelli conoscevano molto bene le abitudini dei rivali. Inoltre, il (OMISSIS), alle ore 18:32, veniva intercettato all'interno dell'autovettura FIAT Punto un colloquio intrattenuto tra l'imputato e la compagna, nel quale i due manifestavano i propri timori sul possibile arresto dell'uomo, dicendosi certi dell'esito positivo dello STUB, pur contando sul fatto che non era stato rivenuto il fucile. In altra conversazione, poi, egli aveva discusso con il (OMISSIS) delle pene per i delitti dagli stessi abitualmente commessi, e il (OMISSIS) spiegava al suo interlocutore che per un omicidio con premeditazione era prevista la pena dell'ergastolo, affermazione alla quale l'imputato replicava con un'altra dichiarazione confessoria ("quindi se lo avevo ammazzato prendevo l'ergastolo, se avevo ammazzato quella capra "). Anche in altri dialoghi gli interlocutori, tra i quali l'imputato, manifestavano preoccupazioni per un imminente arresto in relazione al tentato omicidio in questione, in alcuni avendo l'imputato esternato il suo rancore nei confronti della vittima. La Corte, all'esito della analitica rassegna dei dialoghi incriminanti ne ha riconosciuto la natura autoaccusatoria, tale da non consentire una lettura alternativa. Anche per questo imputato, poi, i giudici d'appello ribadiscono le argomentazioni in ordine alla direzione dei colpi, alla natura della rosata, concludendo per la idoneita' dell'azione a creare il concreto pericolo di incidenti stradali, anche mortali, al cui prodursi, quindi, sotto il profilo soggettivo, deve ritenersi diretta la volonta' dell'agente, superando, anche sotto tale aspetto, la lettura difensiva in chiave meramente intimidatoria, valutata la notevole potenzialita' lesiva dell'arma utilizzata (fucile) e l'indirizzo ad altezza d'uomo del pallettone, tenuto anche conto dei pregressi rapporti tra la famiglia del (OMISSIS) e del (OMISSIS) e delle espressioni utilizzate dagli imputati nel corso delle conversazioni intercettate, tali da confermare un dolo di particolare intensita'. In questo quadro, secondo la Corte territoriale, la tentata estorsione perpetrata ai danni di (OMISSIS) attraverso il danneggiamento e l'incendio della sua azienda e l'uccisione di alcuni suoi animali aveva rappresentato l'ultimo atto in termini di "avvertimento" nei confronti della persona offesa. Quanto, poi, alla premeditazione, la Corte ne ritiene la sussistenza, alla luce del forte movente, della conoscenza degli spostamenti della vittima designata; del fatto che i due imputati avessero spento i cellulari proprio nel momento del delitto per evitare di essere localizzati e si fossero appostati, armati di fucile, in una strada percorsa dalla persona offesa, attingendola al momento del passaggio con un colpo d'arma da fuoco. Quanto, invece, al reato di cui al capo 68), la c.d. "guardiania", si tratta della condotta estorsiva posta in essere nei confronti dei proprietari di dieci villette site nella c.da (OMISSIS) dei Santi dell'area montana di (OMISSIS) (Area urbana di Rossano), concretatasi nella minaccia di ritorsioni qualora i proprietari delle stesse, tra cui (OMISSIS) e (OMISSIS), non avessero provveduto al pagamento della quota di Euro 240,00 all'anno per il servizio di "guardiania" e ad assicurare la prelazione sull'esecuzione del taglio dell'erba annuale: la Corte, anche in questo caso, ha riconosciuto la chiara portata autoaccusatoria del contenuto dell'intercettazione del 9 aprile 2018, nel corso della quale l'imputato, a sostegno della propria caratura criminale, aveva ammesso all'interlocutore che anche lui svolgeva attivita' di guardiania in montagna su dieci ville, i cui proprietari lo pagavano regolarmente 240 Euro annui ciascuna, sul punto rilevando che la persona offesa (OMISSIS) aveva mostrato di relazionarsi con cautela con (OMISSIS) (cl. (OMISSIS)) per il timore di possibili ritorsioni, quanto alle dichiarazioni dalla stessa rese, secondo le quali egli non avrebbe ricevuto alcuna richiesta estorsiva, condividendo la Corte di merito le conclusioni del primo giudice, per le quali la vittima si era mostrata timorosa anche nella conversazione intercettata, soggiacendo da molti anni al servizio di guardiania impostogli, cosicche' la sua attendibilita' era fortemente condizionata dalla condizione di soggezione. Sui capi 69),70),71),72),73) e 78) (furti in abitazione), la Corte ha operato un rinvio alla sentenza appellata, replicando alle doglianze difensive, quanto al capo 69), osservando che la consumazione del reato era stata registrata in diretta e, quanto ai capi 71), 72) e 78), rilevando che non erano stati valorizzati solo i dati della geolocalizzazione, ma anche il contenuto delle conversazioni che aveva consentito di delineare plasticamente la consumazione dei furti. Le intercettazioni erano state peraltro riscontrate dalle rilevazioni GPS e dai sopralluoghi dei Carabinieri. Ha, poi, disatteso l'osservazione difensiva - espressa per il capo 78) - secondo cui per lo stesso fatto si sarebbe aperto il procedimento n. 1644/2017 R.G.N. R. - poi archiviato senza richiedere la riapertura delle indagini - affermando che si era trattato di procedimento contro ignoti. Infine, quanto al trattamento sanzionatorio, anche per questo imputato la Corte lo ha ritenuto congruo, in rapporto all'entita' dei fatti contestati, non potendosi riconoscere le circostanze attenuanti generiche per difetto di elementi valorizzabili in tal senso, la difesa essendosi limitata ad allegare il solo stato di incensuratezza dell'imputato. 4.5. (OMISSIS) (capi: 1 (articolo 416 c.p., commi 1, 2 e 5, in posizione apicale, descritta al n. 1 della rubrica); 8, da 10 a 13 (articoli 110, 81, 624 e 625, nn. 2 e 7, c.p., furti di legna del demanio comunale, nel dicembre 2016 e (OMISSIS)); 15 (articoli 110, 81 e 648 c.p., nel (OMISSIS)); da 16 a 19, 21 e 22 (articoli 110 e 81, articolo 624 e articolo 625 c.p., nn. 2 e 7, furti di legna del demanio comunale, nel (OMISSIS)); da 24 a 28 (articoli 110, 81 e 624 c.p. e art.625, nn. 2 e 7, c.p., furti di legna del demanio comunale, nel (OMISSIS) e ad agosto 2017); 61 (articolo 61 c.p., n. 2, articolo 648 bis c.p., relativamente al veicolo NISSAN Patrol, oggetto del furto perpetrato dai fratelli (OMISSIS) e dal (OMISSIS), di cui al capo 59), nel (OMISSIS); e 81 (articoli 8 cpv. c.p., articolo 61 c.p., comma 1, n. 2, articolo 336 c.p., ai danni di alcuni Carabinieri forestali, (OMISSIS))). La Corte territoriale si occupa di questo imputato alle pagg. 80-83 della sentenza impugnata. La difesa aveva rilevato che il suo ruolo associativo sarebbe stato ricavato dal contenuto di intercettazioni in dialetto stretto rossanese, contestandone la traduzione, altresi' evidenziando il ristretto arco temporale di presunta commissione dei reati contestatigli (da fine dicembre 2016 a fine (OMISSIS)) e l'esclusivita' dei rapporti con il (OMISSIS) cl. (OMISSIS), tanto che, su sedici capi di imputazione (relativi a furti di legname), nove lo vedrebbero coinvolto esclusivamente con costui, altri sei con (OMISSIS) in alcune circostanze, con (OMISSIS) in altre, e per gli episodi dell'agosto 2017 con (OMISSIS). Di contro, la Corte di merito ha ritenuto che dalle emergenze in atti si ricavasse il ruolo di organizzatore, proprio grazie ai contatti mantenuti con gli altri associati, soprattutto nel programmare i reati e nel garantire ai complici una copertura dalle attivita' di controllo dei Carabinieri forestali. Trattasi di ruolo che, per i giudici territoriali, presuppone una consapevole adesione al programma criminoso ed e' proprio lo stresso appellante a dare conferma di tale interazione, nell'ammettere il suo concorso nei singoli reati-fine, posti in essere con una pluralita' di associati. La Corte ha poi esaminato le singole contestazioni, per ciascuna richiamando il contenuto delle conversazioni pertinenti, dalle quali ha tratto, quanto al capo 15), l'impegno dell'imputato nella vendita del legname accatastato da (OMISSIS) in uno dei piazzali rientranti nella loro disponibilita'; per il capo 28), la responsabilita' per i plurimi furti unificati sotto il vincolo della continuazione, ma anche per la condotta di cui al capo 61), per la quale ha ritenuto le prove acquisite sufficienti a ritenere il (OMISSIS) responsabile del furto della Nissan avvenuto in (OMISSIS) il 15.1.2017. Dalle intercettazioni e dagli accertamenti di polizia giudiziaria, si era accertata la corrispondenza del mezzo sequestrato a (OMISSIS) (ignaro acquirente del veicolo con telaio contraffatto dal (OMISSIS)) con quello rubato nella notte tra il 15 ed il 16 dicembre 2017 allo (OMISSIS), essendo pure emerso che i documenti della vettura erano in possesso del (OMISSIS). Parimenti, quanto al capo 81), i giudici d'appello hanno ritenuto le censure difensive infondate: le affermazioni del (OMISSIS) ("noi sappiamo tutto...poco tempo fa mi sono incontrato con gli altri che proponevano di attuare una dimostrazione per gli assidui controlli nei boschi dell'ultimo periodo") erano tali da determinare una pressione sugli agenti onde farli desistere dall'attivita' di contrasto ai tagli abusivi della legna. Infine, quanto al trattamento sanzionatorio, la Corte ha negato il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, avuto riguardo alla gravita' della condotta reiterata nel tempo all'interno di un ben organizzato circuito criminale, ritenendo indimostrate e, comunque, non rilevanti, le pretese disagiate condizioni economiche del l'imputato, e smentita la dedotta lieve entita' del danno. Nella specie, la condotta doveva considerarsi spregevole per le sue proporzioni, avuto riguardo al pregiudizio provocato al patrimonio boschivo, difficilmente rimediabile. 4.6. (OMISSIS) (capi: 1 (articolo 416 c.p., commi 1, 2 e 5, con il ruolo descritto al n. 6 della rubrica); 42 (articolo 648, per avere ricevuto da (OMISSIS) cl. (OMISSIS) la legna provento del furto di cui al capo 41 bis, nel febbraio 2018); da 44 a 51 (articoli 110, 81 e 624 c.p. e articolo 625 c.p., nn. 2 e 7, furti di legna del demanio comunale, (OMISSIS)); 55 (articolo 61 c.p., n. 2, articoli 81 e 648 bis, per avere emesso documenti contabili attestanti false compravendite di legna, in modo da ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa delle legna rubata da (OMISSIS) cl. (OMISSIS) e venduta da questi a (OMISSIS) e altri clienti, il 26 e il 30 aprile 2018)). La Corte territoriale si occupa di questo imputato alle pagg. 18-37 della sentenza impugnata. La difesa aveva lamentato la carenza della prova circa gli elementi costitutivi della partecipazione al sodalizio sul piano oggettivo e soggettivo, contestando la valenza probatoria degli elementi utilizzati per fondare la penale responsabilita' per i reati fine. Richiamati, anche per questo imputato, gli elementi sui quali si e' fondato il riconoscimento degli elementi costitutivi del sodalizio, la Corte di merito ha esaminato le doglianze difensive relative ai singoli reati, ricavando la prova dell'accordo tra l'imputato e il fratello (OMISSIS) cl. (OMISSIS), in base al quale il primo si impegnava a rivendere la legna oggetto di furto ricevuta dal secondo in forza di uno schema collaudato per il quale il prevenuto metteva a disposizione il proprio piazzale sito in c.da (OMISSIS) per l'accatastamento della legna suddetta. Ma questo non era stato l'unico contributo dato dall'imputato al sodalizio: egli aveva contribuito alla realizzazione dei suoi scopi dissimulando la provenienza illecita della legna attraverso la predisposizione di fatture false, in quanto titolare di un'azienda agricola avente come ragione sociale, il "commercio al dettaglio di materiale legnoso e di combustibili". La consapevolezza della provenienza illecita del legname e della falsita' della fattura era derivata dall'assenza di ogni altra giustificazione lecita, operando, ancora una volta, la Corte territoriale, ampi richiami al contenuto dei dialoghi captati, dai quali erano emerse le richieste di emissione delle fatture per prevenire eventuali controlli delle forze dell'ordine; la considerazione dell'imputato come colui che predisponeva "le carte" (una di queste fatture di comodo essendo stata trovata all'interno del fuoristrada del (OMISSIS) cl. (OMISSIS), sequestrato in data 1.5.2018 dopo il tentato omicidio di cui rimaneva vittima); la sua totale disponibilita' alle esigenze del sodalizio, sia per la rivendita della legna abusivamente ottenuta, che per il suo accatastamento; ma anche il suo concorso nei reati di furto, avendo fornito al proprio fratello (OMISSIS) cl. (OMISSIS), il (OMISSIS), l'autocarro necessario per il trasporto della legna rubata, traendone diretto profitto; il suo impegno nell'accatastamento e spostamento del legname, nella ricezione degli ordinativi da parte dei clienti, anche in sinergia con altri associati, come nel caso di (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali effettuavano il taglio e preparavano la legna rubata da (OMISSIS) cl. (OMISSIS) per la successiva vendita a vari clienti, con l'utilizzo dell'autocarro di (OMISSIS). Entrambi i (OMISSIS) (padre e figlio) collaboravano con i germani (OMISSIS) alla preparazione della legna rubata per la successiva vendita. Sono numerosissimi i richiami alle captazioni e ai monitoraggi effettuati dalle forze dell'ordine, in relazione ai plurimi episodi in contestazione, da essi ricavandosi un modus operandi ripetitivo e collaudato tra i vari sodali. Quanto, poi, alle censure sulla pena, La Corte calabrese ha ritenuto di non poter riconoscere all'imputato le circostanze attenuanti generiche, ostandovi proprio la gravita' della condotta reiterata nel tempo e perpetrata all'interno di un ben organizzato circuito criminale, altresi' sottolineando quel giudice la genericita' della relativa richiesta difensiva. 4.7. (OMISSIS) (capi: 1 (articolo 416 c.p., commi 1, 2 e 5, con il ruolo descritto al n. 10 della rubrica); 8, 9 e 13(articoli 110 e 81 c.p., articolo 624 c.p. e articolo 625 c.p., nn. 2 e 7, furti di legna del demanio comunale, nel dicembre 2016 e (OMISSIS)); 62 e 63 (articolo 61 c.p., n. 2, articoli 110 e 624 c.p., articolo 625 c.p., commi 2, 5 e 7, furti della vettura MITSUBISHI Pajero di proprieta' di (OMISSIS) e della vettura MITSUBISHI Pajero di proprieta' di (OMISSIS), nel (OMISSIS)); 74 (articoli 56, 110 e 624 bis c.p. e articolo 625 c.p., n. 2, tentato furto in abitazione ai danni di (OMISSIS) e (OMISSIS), nel marzo 2018); 75 (articoli 61 c.p., n. 5, articoli 81, 110 e 624 c.p., e articolo 625 c.p., n. 2, articolo 648 c.p., furto di cavi elettrici ai danni di (OMISSIS), nel marzo e (OMISSIS)); 76 (articolo 61 c.p., n. 5, articoli 110 e 624 c.p., e articolo 625 c.p., n. 2 e 5, furto di circa 50 litri di gasolio dal serbatoio di un escavatore presente in un cantiere edile, di due batterie in dotazione alla predetta macchina operatrice, di una cassetta con attrezzi e di una pompa del grasso, per un danno complessivo di circa Euro 2.000,00, (OMISSIS)); 77 (articoli 110 e 81 c.p., articolo 61 c.p., n. 5, articolo 624 bis c.p., articolo 625 c.p., n. 2, furto di uno specchietto retrovisore di un'autovettura FIAT 500 L di (OMISSIS), all'interno del cortile di pertinenza della sua abitazione)). La Corte territoriale si occupa di questo imputato alle pagg. 77-80 della sentenza impugnata. La difesa aveva lamentato la erroneita', lacunosita' e (OMISSIS)ticita' della sentenza di primo grado, in relazione ai reati contestati e alle circostanze aggravanti. Il ruolo sarebbe stato quello di un "prestatore d'opera" saltuario, libero da ogni vincolo associativo o di soggezione. Richiamate le argomentazioni formulate dalla Corte territoriale quanto al reato associativo, si rileva come i giudici d'appello abbiano ritenuto l'inserimento del (OMISSIS) nell'associazione, ricavandone dimostrazione incontrovertibile dalle conversazioni analiticamente indicate nella sentenza. Da esse, era emersa la sua piena disponibilita' a collaborare nell'attivita' illecita del gruppo, coadiuvando (OMISSIS) cl. (OMISSIS), il quale lo indicava come soggetto che lo aiutava nel taglio. Dai dialoghi era pure emerso lo spirito di mutua collaborazione in quanto (OMISSIS) e (OMISSIS) si aggiornavano reciprocamente sull'attivita' di taglio illegale e il secondo riferiva di essere in procinto di effettuare un nuovo taglio con l'aiuto del (OMISSIS). Tale collaborazione non rientrava negli schemi di un rapporto lavorativo lecito come prospettato dalla difesa, evincendosi dai dialoghi la piena consapevolezza dell'imputato del modus operandi associativo, in uno con la finalita' dei furti dei fuoristrada ("questo non e' per una questione di soldi... lo prendono e ci lavorano hai capito- Ci caricano la legna se la portano al piazzale e ci lavorano sempre sulla montagna..hai capito- Non la scendono la macchina, non gli serve per soldi, serve per andare a tagliare la legna hai capito-"). Infine, quanto alle censure sul trattamento sanzionatorio, il giudice d'appello ha ritenuto insussistenti i presupposti per il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, la pena essendo stata valutata come congrua rispetto alla gravita' della condotta tenuta, ripetuta nel tempo e caratterizzata da accurata concertazione, sottolineando quei giudici, anche per questo imputato, che nel motivare il diniego delle attenuanti generiche, il giudice non deve prendere in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, essendo sufficiente un riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, essendosi la difesa limitata, dal canto suo, a una generica richiesta. 4.8. (OMISSIS) (capi: 1 (articolo 416 c.p., commi 1, 2 e 5, con il ruolo descritto al n. 11 della rubrica); 46, 50 e 51 (articoli 110, 81 e 624 e articolo 625 c.p., nn. 2 e 7, furto di legna del demanio comunale, nel marzo, aprile e (OMISSIS)); 75 (articolo 61 c.p., n. 5, articoli 81, 110 e 624 c.p., e articolo 625 c.p., n. 2, articolo 648 c.p., furto di cavi elettrici ai danni di (OMISSIS), nel marzo e (OMISSIS)); 76 (articoli 61 n. 5, 110, 624 e 625 n. 2 e 5, c.p., furto di circa 50 litri di gasolio dal serbatoio di un escavatore presente in un cantiere edile, di due batterie in dotazione alla predetta macchina operatrice, di una cassetta con attrezzi e di una pompa del grasso, per un danno complessivo che ammontava a circa Euro 2.000,00, (OMISSIS)); 77 (articoli 110 e 81 c.p., articolo 61 c.p., n. 5, articolo 624 bis c.p., e articolo 625 c.p., n. 2, furto di uno specchietto retrovisore di un'autovettura FIAT 500 L di (OMISSIS), all'interno del cortile di pertinenza della sua abitazione)). La Corte territoriale si occupa di questo imputato alle pagg. 71-75 della sentenza impugnata, negando valenza all'argomento difensivo per il quale difetterebbero gli elementi costitutivi del reato associativo, osservando che l'imputato si era relazionato, sia pure indirettamente, oltre che con (OMISSIS), suo vicino di casa, anche con gli altri esponenti del sodalizio. Proprio la ripetitivita' e portata degli episodi contestati e gli astuti accorgimenti ed espedienti utilizzati nella perpetrazione degli illeciti implicavano inequivocabilmente la consapevolezza di operare all'interno di un gruppo organizzato con finalita' illecite. Il coinvolgimento del (OMISSIS) nei reati di cui ai capi 46), 50) e 51) era stato ricavato dal contenuto del dialogo tra il medesimo e (OMISSIS) cl. (OMISSIS), nel quale si operava un riferimento alla "carta" redatta da (OMISSIS), il cui scopo era proprio quello di dissimulare l'origine illecita della legna. Egli, poi, rispondendo al telefono in uso a (OMISSIS), veniva messo a parte dal (OMISSIS) dell'arrivo di (OMISSIS) con il carico. La Corte evidenzia, peraltro, la circostanza che a rispondere sull'utenza di (OMISSIS) era stato l'imputato, a riprova della loro collaborazione nell'illecita attivita'. Inoltre, la consumazione dei reati di cui capi 50) e 51) era emersa in maniera che la Corte definisce "plastica", quanto al capo 75), rilevando come dalla ambientale del 5 aprile 2018 si ricavasse la realizzazione del programma delittuoso (furto cavi di rame della scuola sita in (OMISSIS) area urbana (OMISSIS), da parte del (OMISSIS) e di (OMISSIS) cl. (OMISSIS)), procedendo anche i questo caso a richiamare le captazioni ritenute rilevanti. Infine, quanto al trattamento sanzionatorio, anche per questo imputato la Corte d'appello ha ritenuto non riconoscibili le generiche, in difetto dei relativi presupposti, tenuto conto della gravita' della condotta, reiterata nel tempo all'interno di un ben organizzato circuito e della genericita' della relativa richiesta difensiva. 4.9. (OMISSIS) (capi: 1 (articolo 416 c.p., commi 1, 2 e 5, con il ruolo descritto al n. 12 della rubrica); 46, 48, 50 e 51 (articoli 110, 81 e 624 c.p. e articolo 625 c.p., nn. 2 e 7, furto di legna del demanio comunale, nel marzo, aprile e (OMISSIS)); 56 (articoli 110 e 648 c.p., ricettazione della legna rubata da (OMISSIS) cl. (OMISSIS) di cui al capo 36), nn. 1, 2 e 3, nel (OMISSIS)); 75 (articolo 61 c.p., n. 5, articoli 81, 110 e 624 c.p. e articolo 625 c.p., n. 2, articolo 648 c.p., furto di cavi elettrici ai danni di (OMISSIS), nel marzo e (OMISSIS)); 76 (articolo 61 c.p., n. 5, articoli 110 e 624 c.p. e articolo 625 c.p., n. 2 e 5, furto di circa 50 litri di gasolio dal serbatoio di un escavatore presente in un cantiere edile, di due batterie in dotazione alla predetta macchina operatrice, di una cassetta con attrezzi e di una pompa del grasso, per un danno complessivo che ammontava a circa Euro 2.000,00, (OMISSIS))). La Corte territoriale si occupa di questo imputato alle pagg. 75-77 della sentenza impugnata. La difesa aveva lamentato la erroneita', insufficienza e lacunosita' della sentenza di primo grado, in relazione ai reati contestati e alle circostanze aggravanti. Il ruolo sarebbe limitato a quattro occasioni, nelle quali egli avrebbe provveduto al taglio della legna dietro corrispettivo di una paga giornaliera, il che avrebbe escluso, nell'ottica difensiva, la sua partecipazione all'asserito cartello delinquenziale. La Corte ha ritenuto infondata la censura difensiva a mente della quale sarebbero difettati gli elementi costitutivi del reato associativo: anche per questo imputato, i giudici d'appello hanno evidenziato il fatto che egli si era relazionato sia pure indirettamente oltre che con il (OMISSIS), anche con gli altri esponenti del sodalizio, e che proprio la ripetitivita' e portata degli episodi contestati e tutti gli accorgimenti ed espedienti utilizzati nella perpetrazione degli illeciti ne avevano inequivocabilmente dimostrato la consapevolezza di operare in un gruppo organizzato con finalita' illecita. Anche per questo imputato si rinvia ai dialoghi dai quali era emerso il suo coinvolgimento sistematico nel succitato smercio (sul punto pare sufficiente un rinvio ai riferimenti fatti alla posizione del coimputato (OMISSIS)). Infine, anche per questo imputato valgono le medesime considerazioni svolte sul trattamento sanzionatorio. 5. Alcune premesse s'impongono per ribadire i principi ai quali questa Corte intende dare continuita', con riferimento, in primo luogo, all'estraneita' al vaglio di legittimita' degli aspetti del giudizio che si sostanzino nella valutazione e nell'apprezzamento del significato degli elementi probatori che attengono interamente al merito e non possono essere apprezzati dalla Corte di cassazione se non nei limiti in cui ne risulti viziato il percorso giustificativo della loro capacita' dimostrativa, con la conseguente inammissibilita' di censure che siano sostanzialmente intese a sollecitare una rivalutazione del risultato probatorio. Il principio costituisce, peraltro, diretto precipitato di quello altrettanto consolidato, per il quale sono precluse al giudice di legittimita' la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacita' esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (sez. 6 n. 47204 del 7/10/2015, Musso, Rv. 265482), stante la preclusione per questo giudice di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (sez. 6 n. 25255 del 14/2/2012, Minervini, Rv. 253099). Il tenore di alcuni motivi con i quali si e' lamentato un asserito "silenzio" motivazionale in ordine a specifiche osservazioni difensive impone, inoltre, di ricordare che - in sede di legittimita' - non e' censurabile una sentenza per il suo silenzio su una specifica deduzione prospettata con il gravame, quando risulti che la stessa sia stata disattesa dalla motivazione della sentenza complessivamente considerata (sez. 1 n. 27825 del 22/5/2013, Caniello, Rv. 256340; sez. 5 n. 6746 del 13/12/2018, dep. 2019, Curro', Rv. 275500). Nella specie, poi, va tenuto conto del fatto che le valutazioni dei giudici dei due gradi di merito sono sostanzialmente convergenti e, dunque, per orientamento altrettanto consolidato, la struttura giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo, allorquando i giudici del gravame, esaminando le censure proposte dall'appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice ed operando frequenti riferimenti ai passaggi logico giuridici della prima sentenza, concordino nell'analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione (sez. 3 n. 44418 del 16/7/2013, Argentieri, Rv, 257595; sez. 1 n. 1309 del 22/11/(OMISSIS), 1994, Rv. 197250), a maggior ragione allorche' i motivi di gravame non abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze gia' esaminate ed ampiamente chiarite nella decisione impugnata (sez. 3 n. 13926 del 1/12/2011, dep. 2012, Valerio, Rv. 252615). Il che e' avvenuto nel caso all'esame, nel quale la Corte ha operato frequenti rinvii alla sentenza appellata, nella quale numerosi dialoghi erano stati a loro volta richiamati a sostegno delle rassegnate conclusioni. Proprio con riferimento alla natura del compendio probatorio, deve poi rilevarsi con specifico riferimento alla lettura del contenuto dei dialoghi oggetto di intercettazione che l'interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimita' (Sez. U, n. 22471 del 26/2/2015, Sebbar, Rv. 263715). Tale interpretazione e valutazione costituisce per l'appunto questione di fatto, rimessa all'esclusiva competenza del giudice di merito, il cui apprezzamento non puo' essere sindacato in sede di legittimita', se non nei limiti della manifesta illogicita' e irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite (sez. 2 n. 50701 del 4/10/2016, D'Andrea, Rv. 268389). 6. I motivi inerenti alla utilizzabilita' delle intercettazioni (vale a dire il primo motivo dedotto nell'interesse degli imputati (OMISSIS) cl. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) cl. (OMISSIS)) sono manifestamente infondati. Le difese si sono limitate ad asserire l'assenza di una connessione tra i reati di cui ai procedimenti diversi e quelli oggetto del presente, senza confrontarsi con le affermazioni contenute gia' nella sentenza di primo grado. Lo stesso GUP aveva infatti risposto alla eccezione difensiva, ritenendo la connessione tra le vicende legate al tentato omicidio di (OMISSIS), al sequestro di persona di (OMISSIS), al tentato omicidio di (OMISSIS) e alla intimidazione ai danni dei Carabinieri forestali di (OMISSIS) e l'esistenza e gli scopi del sodalizio oggetto del presente procedimento, le intercettazioni risultando inoltre indispensabili per proseguire le indagini sui reati per cui si procede, passibili di arresto obbligatorio in flagranza. Ne' vale in contrario un richiamo alle Sezioni Unite Cavallo del 2020: quanto alla lettura dell'articolo 270 c.p.p., comma 1, il testo originario della norma in commento prevedeva che "I risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposti, salvo che risultino indispensabili per l'accertamento di delitti per i quali e' obbligatorio l'arresto in flagranza"; il testo modificato prevede, invece, che "I risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposti, salvo che risultino rilevanti e indispensabili per l'accertamento di delitti per i quali e' obbligatorio l'arresto in flagranza e dei reati di cui all'articolo 266, comma 1"; le Sezioni unite, con la sentenza n. 51/2020, chiamate a pronunciarsi sulla questione di diritto se il divieto di utilizzazione di cui all'articolo 270 cit. dei risultati delle intercettazioni in procedimenti diversi da quelli per i quali siano state disposte, riguardasse anche i reati non oggetto della intercettazione ab origine disposta e che, privi di collegamento strutturale, probatorio e finalistico con quelli gia' oggetto di essa, fossero emersi dalle stesse operazioni di intercettazione, hanno affermato che il divieto in esame, salvo che le intercettazioni risultino indispensabili per l'accertamento di delitti per i quali e' obbligatorio l'arresto in flagranza, non opera con riferimento ai risultati relativi a reati che risultino connessi, ai sensi dell'articolo 12 c.p.p., a quelli in relazione ai quali l'autorizzazione era stata ab origine disposta, sempreche' rientrino nei limiti di ammissibilita' previsti dalla legge. In quella sede, il Supremo organo di nomofilachia ha ritenuto di dover affrontare, in limine, un problema ritenuto utile a definire la portata della questione controversa rimessa alla sua cognizione, quello cioe' della necessita' o meno che il reato accertato sulla base dell'intercettazione autorizzata in specifica relazione ad altro reato rientri nei limiti di ammissibilita' del mezzo di ricerca della prova. E' lo stesso giudice di legittimita' a indicare la stretta connessione tra i due aspetti della questione. A tale preliminare quesito la Corte di cassazione ha dato risposta affermativa, sia pur in relazione a un testo normativo profondamente inciso dalla novella del 2020, ma la questione non esplica alcun riflesso nella trattazione dei motivi di ricorso. Rispetto ad essi, infatti, deve ribadirsi, secondo quanto affermato dal Supremo organo di nomofilachia, che e' decisivo il legame sostanziale tra il reato per il quale l'autorizzazione e' stata emessa e quello emerso grazie ai risultati dell'intercettazione stessa. Tale affermazione, peraltro, mantiene la sua inalterata vincolativita', non attenendo al diverso profilo della necessita' del "doppio filtro", ai fini della operativita' della deroga al divieto di cui all'articolo 270 novellato (punto gia' controverso, ma qui non rilevante e che, dopo la novella legislativa del 2019, deve ritenersi risolto nel senso dell'allargamento dell'area di operativita' della deroga al divieto generale di cui all'articolo 270 c.p.p., comma 1, la quale opera sia se il reato rientri nel novero dei delitti per i quali e' obbligatorio l'arresto in flagranza, che nel caso in cui esso rientri nell'elenco di cui all'articolo 266, c.p.p., sul punto, sez. 4, n. 7108 del 25/1/2022, Caggegi). Fatta tale premessa, la risposta dei giudici territoriali e' del tutto esaustiva sul piano della connessione tra i reati oggetto dei diversi procedimenti e quelli oggetto del presente, oltre che coerente con i principi teste' richiamati. Nel caso all'esame, infatti, e' stata congruamente motivata l'esistenza di una connessione "forte" tra i reati, sulla necessita' della quale mantengono efficacia i principi contenuti nella sentenza SUP Cavallo del 2020, con cio' essendo, da un lato, garantita la predeterminazione dei confini di operativita' delle deroghe al divieto di utilizzazione e, dall'altro, scongiurato, nell'ottica evidenziata dal Supremo organo di nomofilachia, il pericolo di autorizzazioni a disporre intercettazioni, per cosi' dire, "in bianco". Peraltro, anche a voler ritenere insussistente la necessaria connessione tra i fatti di cui al presente procedimento e quelli di cui ai procedimenti relativi al sequestro di persona di (OMISSIS) e al tentato omicidio di (OMISSIS) cl. (OMISSIS), per i quali le difese hanno enunciato causali alternative (nessun dubbio residuando, invece, quanto ai fatti di cui ai restanti procedimenti sopra elencati), deve rilevarsi la assoluta genericita' della doglianza difensiva. Sul punto, deve ribadirsi, infatti, il principio formulato in merito alla eccepita inutilizzabilita' di atti processuali, per il quale, in tema di ricorso per cassazione, e' onere della parte che la eccepisce indicare, pena l'inammissibilita' del ricorso per genericita' del motivo, gli atti specificamente affetti dal vizio e chiarirne altresi' l'incidenza sul complessivo compendio indiziario gia' valutato, si' da potersene inferire la decisivita' in riferimento al provvedimento impugnato (sez. 6, n. 1219 del 12/11/2019, dep. 2020, Cocciadiferro, Rv. 278123, in fattispecie relativa all'inutilizzabilita' delle dichiarazioni rese da persona imputata del medesimo reato in mancanza del previo avvertimento di cui all'articolo 64 c.p.p., comma 3, ma non valorizzate dal giudice di merito ai fini dell'affermazione di responsabilita'; sez. 5, n. 25082 del 27/2/2019, Baiano, Rv. 277608, con riferimento ai risultati delle intercettazioni; sez 6, n. 49970 del 19/10/2012, Muia', Rv. 254108, in tema di corrispondenza epistolare; sez. 5, n. 19553 del 25/3/2014, Naso, Rv. 260404, in materia di informative della polizia giudiziaria). Nella specie, le difese non hanno indicato specificamente i dialoghi, tra quelli confluiti nel presente procedimento, inerenti a intercettazioni autorizzate in altri, ne' precisato la loro incidenza sul ragionamento giustificativo dei giudici del merito a sostegno dell'accusa formulata nei confronti degli imputati, ma si sono limitate ad enunciare un difetto di connessione tra i vari episodi, sul quale, in ogni caso, consta anche una risposta da parte dei giudici di merito del tutto congrua, non contraddittoria e neppure manifestamente illogica. 7. Anche i rimanenti motivi sono tutti manifestamente infondati. La loro trattazione unitaria e' ampiamente giustificata dal comune approccio difensivo, inteso a rivisitare le prove, in particolare il contenuto delle intercettazioni, offrendone una lettura alternativa, ritenuta piu' convincente, operata peraltro attraverso la parcellizzazione dei risultati, al fine di scardinare l'impianto accusatorio e ricondurre la pletora di reati posti in essere nell'alveo di occasionali determinazioni criminose, perpetrate da piu' persone in concorso tra loro, asseritamente ignare di agire nell'interesse del gruppo e del suo consolidamento, ai fini del controllo illecito del territorio, oggetto della continuativa attivita' predatoria posta in essere. Le evidenziate incongruenze sono ampiamente superate dal confronto delle motivazioni delle due sentenze di merito, da leggersi doverosamente insieme, stante le comuni conclusioni rassegnate. La ricostruzione dei singoli episodi, la analitica descrizione dell'interagire dei vari consociati, la ripartizione dei rispettivi ruoli, in uno con la disponibilita' a intervenire in sostituzione gli uni degli altri sono state tratteggiate compiutamente nelle due sentenze e valutate tutt'altro che (OMISSIS)ticamente dai giudici d'appello, anche attraverso il richiamo ai dialoghi ritenuti di maggiore valenza esplicativa, rispetto ai quali le difese hanno omesso il necessario ed effettivo confronto. 8. Quanto, poi, al trattamento sanzionatorio, la risposta dei giudici di merito a giustificazione del diniego delle circostanze attenuanti generiche si regge, intanto, su elementi previsti tra i parametri legali di cui all'articolo 133 c.p., cioe' la gravita' della condotta (oggettivamente ricavabile dalla semplice descrizione delle azioni concertate), laddove le generiche censure difensive non si confrontano con il principio per il quale il riconoscimento di tali circostanze non costituisce un diritto dell'imputato, conseguente all'assenza di elementi negativi, ma richiede elementi di segno positivo (sez. 3, n. 24128 del 18/3/2021, De Crescenzo, Rv. 281590). Nella specie, i ricorrenti che hanno formulato motivo specifico sul punto sembrano non aver neppure tenuto conto della funzione del beneficio invocato e dei principi consolidati in giurisprudenza, in base ai quali, stante la ratio della disposizione di cui all'articolo 62 bis c.p., al giudice di merito non e' richiesto di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo sufficiente l'indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti (sez. 2 n. 3896 del 20/1/2016, Rv. 265826; sez. 7 n. 39396 del 27/5/2016, Rv. 268475; sez. 4 n. 23679 del 23/4/2013, Rv. 256201), rientrando gia' la stessa concessione di esse nell'ambito di un giudizio di fatto rimesso alla discrezionalita' del giudice, il cui esercizio deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l'adeguamento della pena alla gravita' effettiva del reato ed alla personalita' del reo (sez. 6 n. 41365 del 28/10/2010, Rv. 248737), non essendo neppure necessario esaminare tutti i parametri di cui all'articolo 133 c.p., ma sufficiente specificare a quale si sia inteso far riferimento (sez. 1 n. 33506 del 7/7/2010, Rv. 247959). Infine, a parte la genericita' del motivo formulato nell'interesse di (OMISSIS), che connota peraltro anche il corrispondente motivo d'appello, formulato in termini da configurarne gia' una inammissibilita' in quella sede, nessun elemento e' stato indicato dal deducente per delineare la asserita irrisorieta' del danno arrecato sulla quale possa apprezzarsi, dunque, un onere motivazionale del giudice di merito. In ogni caso, nei reati contro il patrimonio, per la configurabilita' dell'attenuante di cui si tratta, occorre che il pregiudizio cagionato sia lievissimo, ossia di valore economico pressoche' irrisorio, avendo riguardo non solo al valore in se' della cosa sottratta, ma anche agli ulteriori effetti pregiudizievoli che la persona offesa abbia subito (sez. 4 n. 6635 del 19/1/2017, Sicu, Rv. 269241; n. 8530 del 13/2/2015, Chiefari, Rv. 262450; sez. 5 n. 24003 del 14/1/2014, Lanzini, Rv. 260201). Nella specie, le condotte sistematiche si inseriscono in un contesto associativo rispetto al quale la configurabilita' dell'attenuante appare del tutto de-assiale. 9. Alla declaratoria di inammissibilita' segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragione di esonero in relazione alla causa di inammissibilita' (Corte Cost. n. 186/2000), nonche' alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile comune di (OMISSIS) nella persona del sindaco pro tempore, che liquida in Euro tremila, oltre accessori di legge. Gli imputati (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) cl. (OMISSIS), inoltre, vanno condannati anche alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile (OMISSIS), ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sara' liquidata dalla Corte di appello di Catanzaro, con separato decreto di pagamento ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articoli 82 e 83, disponendo il pagamento in favore dello Stato. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende nonche' alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile comune di (OMISSIS) nella persona del sindaco pro tempore, che liquida in Euro 3000,00, oltre accessori di legge. Condanna, inoltre, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) cl. 93 alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile (OMISSIS), ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sara' liquidata dalla Corte di appello di Catanzaro, con separato decreto di pagamento ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articoli 82 e 83, disponendo il pagamento in favore dello Stato.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. RICCIARELLI Massim - Presidente Dott. VIGNA Maria - Consigliere Dott. PATERNO' RADDUSA B - rel. Consigliere Dott. DI NICOLA T. Paola - Consigliere Dott. TRIPICCIONE Debora - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS) (OMISSIS), nato a (OMISSIS) Avverso il decreto della Corte di appello di Reggio Calabria del 22 aprile 2022; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Dr. Benedetto Paterno' Raddusa; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Riccardi Giuseppe, che ha concluso per l'annullamento con rinvio del provvedimento impugnato limitatamente alla posizione del terzo interessato; e la inammissibilita' del ricorso di (OMISSIS); letta la memoria trasmessa dalla difesa del proposto, con la quale e' stata ribadita la fondatezza dei rilievi posti a fondamento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con il decreto descritto in epigrafe la Corte di appello di Reggio Calabria ha parzialmente confermato la confisca di prevenzione disposta dal Tribunale locale in danno di (OMISSIS), soggetto ritenuto socialmente pericoloso ai sensi del combinato disposto di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 16, comma 1, comma 4, lettera a) e comma 1, lettera b). In particolare, a differenza di quanto ritenuto dal provvedimento appellato, la Corte territoriale ha delimitato il perimetro temporale della pericolosita', qualificata e generica, ascritta al proposto, non piu' estesa all'intero percorso di vita del ricorrente, bensi' circoscritta al periodo compreso tra il 2009 e il 2012; tanto in coincidenza con l'ambito temporale coperto dalle imputazioni mosse in danno del proposto, per concorso esterno ad associazione mafiosa e Diu' fatti di usura, accertati con sentenza passata in giudicato della Corte di appello di Milano che, confermando quella di primo grado, lo ha concilannato per tali reati. Cosi' delimitata l'area del presupposto soggettivo riscontrato a supporto della confisca, la Corte di appello di Reggio Calabria ha disposto la restituzione al ricorrente delle utilita' acquisite dal proposto in ambiti anteriori a tale perimetrazione temporale, confermando il provvedimento ablativo per quelle entrate nella disponibilita', diretta o indiretta del (OMISSIS), contestualmente o in tempi immediatamente limitrofi ai fatti ritenuti espressione della sua pericolosita' sociale.o' Tra questi ultimi, in particolare, e' stata confermata l'ablazione del saldo di un conto corrente (acceso presso una filiale di (OMISSIS) della (OMISSIS)) intestato al figlio del ricorrente, (OMISSIS). 2. Sono stati proposti autonomi ricorsi di legittimita' nell'interesse di (OMISSIS) e (OMISSIS), terzo interessato. 3. Ricorso proposto dalla difesa di (OMISSIS), integrato da motivi aggiunti depositati il 2 febbraio 2023. Con il ricorso si deducono cinque motivi. 3.1. Con il primo e il secondo motivo si lamenta violazione di legge e vizio integrale di motivazione in relazione ai presupposti costitutivi della confisca adottata, muovendo, in primo luogo, dal giudizio speso a conforto della pericolosita' sociale.: Pur avendo delimitato temporalmente l'area dei fatti ritenuti sintomatici della pericolosita' valorizzata a sostegno dell'ablazione, la Corte, secondo la difesa, avrebbe comunque disposto la confisca di beni acquisiti dal (OMISSIS) in momenti precedenti a tali ambiti temporali. Il tutto tradendo gli insegnamenti espressi dalle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 111 del 2018, Gattuso) per aver tralasciato di precisare quali siano state le condotte ascritte al ricorrente che, nell'ottica della ritenuta appartenenza mafiosa, potessero essere valorizzate in termini di contributi effettivi destinati a rafforzare la cosca di riferimento, cosi' da rendere apparente il giudizio speso sulla attualita' della pericolosita', unicamente desunta dalla tipologia della fattispecie incriminatrice contestata al ricorrente nel parallelo giudizio penale definito dalla Corte di appello di Milano. Parimenti privo di effettivi contenuti argomentativi, ad avviso della difesa, sarebbe anche il giudizio riferito alla pericolosita' generica, avendo la Corte del merito, senza seguire le indicazioni di principio tracciate dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 24 del 2019, trascurato di precisare quali siano i reati indicativi della relativa serialita' illecita di matrice lucro genetica e in che termini gli stessi abbiano inciso sulle condizioni vita e mantenimento del proposto a fronte delle potenzialita' reddituali dello stesso. 32. Con il terzo motivo e il quarto motivo la difesa lamenta la violazione della preclusione imposta nel caso dalla sentenza con la quale la Corte di appello di Milano, giudicando in sede penale dei fatti (nel processo denominato "(OMISSIS)") ora esclusivamente valorizzati a sostegno della pericolosita' sociale e dunque sulla base di una coincidente regiudicanda fattuale, ha disposto la restituzione all'imputato di molti dei beni in quella sede sequestrati e poi confiscati in primo grado ai sensi dell'articolo 240 bis c.p., coincidenti con quelli poi sottoposti alla confisca di prevenzione e solo in parte svincolati dal decreto ora gravato da ricorso. Ad avviso della difesa, la definitivita' della decisione assunta in sede penale, caduta sui medesimi beni e sugli stessi presupposti fondanti i due interventi ablativi, con riguardo, in particolare, al giudizio di sproporzione reddituale e a quello inerente alla correlazione temporale, avrebbe dovuto imporre al giudice della prevenzione di indicare con stringente puntualita' quali siano stati gli elementi valorizzati nel superare la preclusione imposta dalla decisione penale sulla misura reale, pervenendo ad una decisione opposta. Per contro, la risposta resa sul punto sarebbe espressione cli una motivazione meramente apparente, comunque fondata su aspetti non dirimenti rispetto all'autonoma valutazione assunta in sede di prevenzione; risposta del resto resa in contraddizione con gli stessi presupposti logici del ragionamento seguito con la decisione gravata, per avere la Corte del merito confermato la confisca di diversi prodotti finanziari e bancari acquisiti o comunque accesi prima del periodo di espressione della pericolosita' sociale del (OMISSIS) nei termini definiti dallo stesso decreto, peraltro trascurando le indicazioni difensive (supportate da diverse consulenze di parte) che ne rimarcavano la data di formazione in epoca certamente distante dai fatti valorizzati a sostegno della pericolosita' sociale. 3.3. Con l'ultimo motivo di ricorso si contesta, sotto il versante della ritenuta sproporzione reddituale, la pretermissione integrale del portato della consulenza di parte acquisita agli atti a firma del Dott. (OMISSIS); di quella a firma del Dott. (OMISSIS), diretta a mettere in evidenza l'andamento di alcuni conti correnti ascritti alla disponibilita' del proposto e a confermare il continuativo esercizio di attivita' imprenditoriale da parte della famiglia del (OMISSIS); delle vincite relative a giochi e scommesse, documentate tra dicembre 2011 e dicembre 2013 per piu' di 100.000 Euro. 3.4. Con i motivi aggiunti, sull'abbrivio delle violazioni di legge e del difetto integrale di motivazione gia' rassegnati dal ricorso, si evidenzia, in via di esempio, la certa riconducibilita' al periodo antecedente la pericolosita' sociale, della polizza postale richiamata alla pagina 158 del decreto, accesa nel 2006, solo trasformata nel 2013 in altra portante un diverso numero, come confermato dalla consulenza di parte a forma del dott. (OMISSIS); ancora, si rimarcano le emergenze della consulenza di parte dirette a rappresentare i movimenti registrati su diversi conti correnti accesi dal ricorrente sulla (OMISSIS) e sulla (OMISSIS) dal 2000 in poi; infine, si segnala l'integrale pretermissione del contenuto della consulenza di parte diretta ad evidenziare i costi di ristrutturazione di alcuni cespiti facenti parte del patrimonio immobiliare confiscato al (OMISSIS). 4. Ricorso del terzo interessato (OMISSIS). Si lamenta violazione di legge e difetto di motivazione in relazione alla effettiva titolarita' del rapporto di conto corrente meglio indicato nel ricorso, ascritto alla disponibilita' sostanziale del proposto per quanto acceso dal ricorrente. Il tutto trascurando di affrontare e superare le obiezioni della difesa del terzo rispetto alla titolarita' non solo formale del relativo rapporto, acceso dal ricorrente grazie alla provvista garantita da un assegno della madre tratto su altro conto corrente, intestato a quest'ultima, in origine sottoposto al vincolo e poi, nel relativo saldo, restituito alla predetta, perche' il rapporto era stato acceso allorquando il proposto era detenuto. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS) riposa su motivi quantomeno infondati e merita la reiezione; quello interposto nell'interesse di (OMISSIS) va invece accolto, con conseguente annullamento senza rinvio del provvedimento gravato. 2. La lettura delle due decisioni mette in evidenza che, in primo grado, il ricorrente e' stato ritenuto socialmente pericoloso sia perche' "appartenente", lungo il corso della sua esistenza/a diverse cosche di âEuroËœndrangheta e, in particolare, in epoca precedente al 2002, alle Cosche (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche', in tempi piu' recenti (e segnatamente lungo l'arco temporale compreso tra il 2009 e il 2012), alla locale di (OMISSIS), avente base a (OMISSIS) e inserita nella struttura regionale denominata la Lombarda, operativa nel territorio lombardo (tanto da venire condannato, in esito a tale procedimento, per concorso esterno); sia perche' protagonista abituale di condotte illecite di matrice lucro-genetica che ne garantivano essenzialmente la condotta di vita, le ultime quelle cristallizzate dalla condanna, resa nel medesimo procedimento, per tre fatti di usura aggravati ex articolo 416 bis.1 c.p.. Fatti, questi ultimi, ormai coperti dal giudicato perche' in punto di responsabilita' la relativa sentenza della Corte di appello di Milano e' stata confermata in sede di legittimita'. Da qui la ritenuta pericolosita' sociale del proposto, per un verso qualificata dall'appartenenza mafiosa ex Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 4, lettera a) e, per altro verso, generica perche' ricondotta all'ipotesi di cui all'articolo 1, lettera b), dello stesso decreto; la correlata estensione della pericolosita' qualificata all'intera esistenza in vita del ricorrente, ritenuto da sempre contiguo alla criminalita' organizzata; infine, la conseguente perimetrazione oggettiva della confisca, estesa sino a ricomprendere beni acquisiti dal ricorrente anche a notevole distanza dall'accertamento e diretta ad attingere beni immobili, quote sociali e rispettivi patrimoni aziendali, prodotti finanziarle e assicurativi nonche' il saldo di determinati rapporti di conto corrente, tutte utilita' ritenute quantomeno nella disponibilita' indiretta del proposto ma non supportate da una adeguatezza reddituale utile a giustificarne l'acquisizione. 3. La Corte di appello, accogliendo in parte il gravame proposto da (OMISSIS), ha invece circoscritto il periodo di espressione della pericolosita' sociale, qualificata e generica, del ricorrente ai soli ambiti temporali coperti dai fatti accertati nel corso dell'indagine "(OMISSIS)", sfociata nella citata condanna per concorso esterno e usura finalizzata alla agevolazione della cosca di riferimento. Da qui una diversa perimetrazione dei beni da confiscare, ridotti, in tesi, a solo quelli acquisiti lungo o a ridosso del periodo coperto -2009-2012 - dalla citata imputazione nel processo penale. In ragione di tale circoscritto ambito temporale della relativa pericolosita' sociale, sono rimasti confiscati alcuni prodotti finanziari e bancari (le somme vincolate sui depositi a tempo e i rapporti descritti alla pagina 157 del provvedimento gravato nonche' la polizza accesa presso (OMISSIS) Spa e le quote dei fondi "(OMISSIS)" descritti alla pagina 158); i saldi di diversi conti correnti, perche' la relativa accensione o accumulazione si sarebbe verificata in contiguita' temporale con i fatti espressione della pericolosita' sociale (pagina 157); le quote di comproprieta' e l'intera proprieta' di tre immobili (elencati a pagina 160 alla luce delle indicazioni argomentative spese alle pagine 154 e 155). 4. Con il primo due motivi del ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS) si contesta il giudizio svolto sulla pericolosita' sociale diretta a sostenere la confisca dei beni rimasti sottoposti al vincolo dopo il parziale annullamento del decreto appellato. Il ricorso, in parte qua, e' manifestamente infondato. 4.1. La pericolosita' del proposto, sia quella qualificata che quella ricondotta all'alveo dell'articolo 1, lettera b) del codice antimafia trova immediato e inequivoco conforto nelle risultanze probatorie cristallizzate a supporto della condanna del ricorrente, sul punto coperta da giudicato, resa dalla Corte di appello di Milano in data 19 luglio del 2016 e confermata dalla Cassazione (con sentenza del 29 settembre del 2017), per le imputazioni di cui agli articoli 110 e 416 bis c.p. nonche' per tre fatti di usura aggravati ai sensi dell'articolo 416 bis.1 c.p.. Tutte condotte, queste, realizzate nell'arco temporale compreso tra il 2009 e il 2012, riscontrate con la forza dirimente tipica dell'accertamento cognitivo pieno proprio del processo penale, che hanno consentito di descrivere il (OMISSIS), come messo ih evidenza dai giudici del merito, quale finanziatore esterno dell'attivita' di usura realizzata dal gruppo âEuroËœndranghetistico di riferimento, operativo nel territorio lombardo, fornendo allo stesso ingenti capitali da veicolare in tali iniziative illecite e al contempo prendendo direttamente parte a tre delle ipotesi di usura contestate in quel processo. 4.2. La lettura della decisione gravata lascia dunque emergere con immediatezza la sussistenza degli estremi utili all'appartenenza mafiosa rivendicata a sostegno della ritenuta pericolosita' qualificata: il concetto di "appartenenza" ad una associazione mafiosa, rilevante per l'applicazione delle misure di prevenzione, abbraccia, infatti, senza incertezze il ruolo di concorrente esterno nell'occasione ascritto al ricorrente perche' comprende,, come chiarito da questa corte (anche dalla Sentenza "Gattuso" delle sezioni unite richiamata nel ricorso) condotte che, sebbene non riconducibili alla "partecipazione", si sostanziano in un'azione, anche isolata, funzionale agli scopi associativi, con esclusione delle situazioni di mera contiguita' o di vicinanza al gruppo criminale, di certo non sanzionabili ai sensi del combinato disposto di cui agli articoli 110 e 416 bis c.p.. E sotto questo versante le doglianze prospettate dal ricorso sono manifestamente infondate: prescindendo dagli sviluppi argomentativi svolti dalla difesa e legati alle considerazioni di principio inerenti al tema della attualita' della pericolosita' sociale (nel caso manifestamente inconferenti, non essendo stata applicata alcuna misura personale), il lamentato difetto di motivazione - anche a voler trascurare i limiti devolutivi di cui all'articolo 10 del codice antimafia- appare evidentemente smentito dall'argomentare speso dal decreto gravato, la cui sinteticita' appare peraltro giustificata dalla incontrovertibile forza probatoria garantita dalle emergenze cristallizzate dal giudicato penale. 4.3. Ad una medesima conclusione si perviene in relazione alla pericolosita' generale legata alle condotte di usura: la non indifferente entita' dei capitali investiti nel finanziare le attivita' del gruppo, valutata alla luce della pluralita' dei fatti considerati e dell'apprezzabile arco temporale nel quale sono stati reiterati e letta in considerazione delle incapienze reddituali mese in evidenza dal giudizio di sproporzione funzionale alla confisca, lasciano coerentemente emergere una serialita' illecita di matrice lucro-genetica diretta a rappresentare una consistente ragione di mantenimento del ricorrente in quel determinato contesto temporale, sviluppatosi per quasi quattro anni. 5. Sono inammissibili e per piu' concorrenti ragioni le critiche dirette a contrastare il giudizio di sproporzione posto a fondamento della confisca. Il ricorso trascura integralmente un confronto critico diretto e immediato con le considerazioni svolte a sostegno del relativo giudizio dai giudici della prevenzione, sintetizzate, anche alla luce delle conclusioni acquisite grazie alla perizia integrativa disposta in secondo grado e in considerazione dei motivi di appello, alle pagine da 149 a 151 del decreto gravato. La difesa rivendica il mancato rilievo assegnato nella specie alle consulenze di parte allegate agli atti delle quali richiama astrattamente il contenuto senza mai, tuttavia, precisarne i punti destinati a mettere in crisi il motivare della decisione gravata in termini cosi' marcati da dare corpo a quel difetto integrale di motivazione tale da giustificare la violazione di legge unicamente prospettabile in questa sede. Laddove il rilievo assume toni di maggiore definizione critica (avuto riguardo al mancato apprezzamento dei capitali ricavati dalle "vincite" rivendicate dal ricorso), resta da dire che la censura, cio' malgrado, non solo non raggiunge comunque una soglia di specificita' tale da precluderne una valutazione ostativa pregiudiziale (perche' ancora una volta non si mette in evidenza in che termini la valorizzazione di tali importi avrebbe concretamente influito sul giudizio da rendere in tema di sproporzione); in ogni caso, non e' utilmente proponibile in questa sede, atteso che sul punto la Corte ha risposto con una motivazione (rimarcando l'assenza di elementi che possano comunque garantire con la dovuta chiarezza probatoria la puntuale identificazione nel proposto del soggetto che ebbe a vincere quelle somme per la ontologica connotazione della relativa fonte, che da conto della vincita ma non consente una puntuale individuazione dell'effettivo originario titolare di quella relativa posizione) che non e' manifestamente illogica e che dunque si pone del tutto al fuori dei rilievi prospettabili in questa sede in materia di prevenzione. 6. Il ricorso replica la censura, gia' prospettata in appello, della affermata preclusione ricavabile dal giudicato intervenuto, in materia penale, sulla confisca disposta, ex articolo 240 bis c.p. nel citato procedimento "(OMISSIS)", caduta sugli stessi beni attinti dalla misura ablativa ora contestata e fondata sui medesimi reati spia valorizzati, in sede di prevenzione, quali fatti sintomatici della pericolosita' sociale (li (OMISSIS). Il motivo non merita l'accoglimento. 6.1. Lo scrutinio della doglianza non puo' che muovere da taluni punti fermi, emersi dagli atti trasmessi, consultabili dalla Corte in ragione della natura processuale vizio prospettato. Il parallelo giudizio penale legato alle vicende messe in luce dall'indagine "(OMISSIS)" portava con se' anche l'applicazione di una misura reale destinata a colpire diverse:utilita' nella disponibilita' anche indiretta dell'odierno ricorrente. Interposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Milano che aveva confermato, in relazione alla confisca, il provvedimento appellato, questa Corte ha annullato la sola decisione relativa alla misura reale rinviando alla Corte del merito per una nuova valutazione sul punto. In sede di rinvio, la Corte di appello di Milano con sentenza del 1 ottobre 2018 ha parzialmente riformato la decisione di primo grado disponendo la restituzione di alcune utilita' confiscate, mentre il vincolo e' stato mantenuto sui saldi attivi dei rapporti bancari accesi presso la (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) sgr spa nonche' su un immobile acquisito nel 2010 e situato in Reggio Calabria. Per la quota parte di utilita' per le quali la confisca e' stata nuovamente confermata, la difesa del (OMISSIS) ha interposto un nuovo ricorso di legittimita' che ha portato (con la sentenza di questa Corte n. 34248 del 2020) ad un nuovo annullamento con rinvio limitatamente ai soli (saldi dei) conti correnti e alle quote del fondo d'investimento (OMISSIS) S.p.A.. 5.2. Va anche premesso che, in linea di principio, secondo le indicazioni interpretative offerte dalla giurisprudenza di questa Corte, puntualmente evocate dalla difesa, la definitivita' del provvedimento di revoca in sede penale di una misura patrimoniale ex Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12-sexies, oggi articolo 240 bis c.p., impedisce, in mancanza di fatti nuovi dedotti, l'adozione di un decreto di confisca nel procedimento di prevenzione avente ad oggetto i medesimi beni, a condizione che la decisione afferisca agli accertamenti in fatto relativi ai presupposti costitutivi comuni. Tale pregiudizialita' assume i toni della mera preclusione processuale, superabile in presenza di diversi elementi di giudizio valorizzati dal giudice potenzialmente vincolato dalla definitivita' di altra decisione di segno opposto; preclusione che da corpo a una ipotesi di error in procedendo, vizio che rende la Corte giudice del fatto e la legittima allo scrutinio degli atti, senza che tanto esoneri il ricorrente che intenda farla valere dalla puntuale indicazione e allegazione dei contenuti della decisione pregiudicante destinati a supportare la detta contestazione, rimarcandone la denunziata inconciliabilita' di giudizio su punti comuni. 5.3. Cio' premesso, e' incontrovertibile che proprio grazie alle valutazioni spese dal decreto gravato nel delimitare temporalmente l'area di espressione della pericolosita' sociale del proposto, e' da ritenersi pacifico il dato della piena coincidenza dei fatti valorizzati a sostegno dei presupposti soggettivi delle due misure reali, penale e di prevenzione. E' di tutta evidenza, tuttavia, che il positivo accoglimento della censura presupponeva a monte il puntuale riscontro della effettiva sovrapponibilita' delle regiudicande anche con riferimento ai beni confiscati, vieppiu' considerando che nel caso a mano, in esito ai rispettivi sviluppi processuali, sia nel processo penale che in quello di prevenzione, l'originario perimetro di operativita' delle rispettive confische e' progressivamente mutato. 5.4. Sotto quest'ultimo versante, va rimarcato che mentre il ricorso, sul punto, e' largamente deficitario (perche' apoditticamente la censure: muove dal presupposto della ritenuta coincidenza dei beni confiscati senza tuttavia fare riferimento specifico alle singole utilita' interessate da tale non consentita sovrapponibilita' di giudizio); di contro, la disamina resa d'ufficio da questa Corte, scrutinando gli atti trasmessi, porta a una soluzione di segno opposto rispetto alla prospettazione difensiva. Al fine, giova distinguere tra beni immobili e rapporti bancari/prodotti finanziari e assicurativi. 5.4.1. Rispetto ai primi, riguardo ai quali il ricorso peraltro difetta della dovuta specificita', la confisca di prevenzione risulta confermata limitatamente a soli tre beni (elencati alla pagina 160 del relativo dispositivo secondo le argomentazioni spese descritti ai primi due capoversi di pagina 154 e al primo capoverso di pagina 155); di questi cespiti, solo quello elencato per secondo risultava attinto dal sequestro penale, con confisca confermata anche in sede di rinvio e non piu' fatta oggetto di contesa (anche il nuovo annullamento reso in sede di legittimita' non considera beni immobili). Gli altri beni immobili confiscati in sede di prevenzione, in definitiva, non rientrano tra le utilita' restituite al ricorrente in esito al parziale annullamento della confisca ex articolo 240 bis c.p. (si vedano le pagine 8 e 9 del relativo provvedimento) ne' tra quelle coinvolte nel secondo intervento rescindente reso da questa Corte (che non ha riguardato cepsiti immobiliari). 5.4.2. Con riguardo alle somme di danaro coincidenti ai saldi dei conti correnti descritti dal dispositivo del decreto impugnato alla pagina 158 nonche' alle quote dei fondi (OMISSIS) e (OMISSIS) (sempre ivi descritte), la Corte di appello di Milano (in motivazione, pag. 10), in sede di rinvio, non ne ha disposto la restituzione. Vero e' che la relativa decisione, nuovamente impugnata in cassazione, e' stata, ancora una volta annullata limitatamente a queste utilita', ma in atti non risulta acquisita alcuna decisione definitiva sul punto, utile a radicare a rivendicata preclusione. Su questi beni, dunque, deve ritenersi non riscontrato il presupposto fondante della preclusione eccepita dalla difesa, id est l'acquisita dimostrazione di un giudicato inconciliabile, maturato in sede penale, gia' presente al momento della presente decisione. 5.4.3. Quanto agli altri beni oggetto della confisca ora portata all'attenzione della Corte, giova precisare che le sei utilita' descritte nel dispositivo del provvedimento impugnato alla pagina 157 (indicate come somme di danaro/non altrimenti precisate, derivanti da due conti correnti, due depositi bancari con somme vincolate a tempo e due rapporti inerenti titoli) non trovano riscontro immediato nel provvedimento restitutorio reso dalla Corte di appello in sede penale. Non rientrano, infatti, tra i prodotti descritti alla pagina 9 della detta sentenza (peraltro restituiti anche dal provvedimento gravato: cfr pag 155 ultimo capoverso). Per le connotazioni descrittive di riferimento e in considerazione del deficitario contenuto assunto dal ricorso in parte qua, non e' neppure possibile ricondurne il portato alle "polizze" intestate al ricorrente a accese nel 2008, cosi' genericamente descritte dal Tribunale di Milano, nel disporne la restituzione. Da qui la reiezione anche del motivo legato alla eccepita preclusione derivante dal giudicato formatosi nel parallelo processo penale. 6. Infine, quanto all'affermata contraddittorieta' tra la valutazione spesa nel delimitare temporalmente l'area coperta dalla pericolosita' del ricorrente e il momento di acquisizione delle relative utilita'" il ricorso e' inammissibile perche' generico, (Ndr: testo originale non comprensibile) degli elementi valorizzati dalla Corte e (Ndr: testo originale non comprensibile). La difesa limita la deduzione ai soli prodotti bancari o finanziari ma non fornisce alcun elemento per comprovare che la relativa accensione o l'attivita' di accumulazione si sarebbero verificate nella specie in epoca antecedente alle condotte sintomatiche della ritenuta pericolosita' sociale valorizzata dalla Corte del merito, aspetto solo affermato. Cori i motivi aggiunti viene fatto riferimento specifico ad uno dei prodotti in questione (la polizza di (OMISSIS) spa descritta alla pagina 158 del provvedimento gravato): ma anche sul punto il rilievo - ad avviso del quale la polizza in questione sarebbe stata emessa nel 2006 e non nel 2013 come ritenuto dal provvedimento gravato, cosi' da risultare incompatibile con la perimetrazione temporale della pericolosita' sociale circoscritta dalla stessa decisione impugnata - appare supportato da una mera affermazione labiale che, in quanto tale, non consente di mettere utilmente in discussione la decisione gravata. Da qui la reiezione del ricorso di (OMISSIS), cui consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. 7. Merita l'accoglimento il ricorso del terzo interessato. Non diversamente dalla decisione appellata, anche il decreto gravato non contiene argomentazioni a sostegno della riferibilita' sostanziale al proposto della utilita' in questione, intestata al ricorrente; e cio' malgrado i puntuali rilievi in tal senso formulati dalla difesa di (OMISSIS)- con i quali si stigmatizzava l'assenza di una valida motivazione resa sul punto dal Tribunale- integralmente pretermessi Il tenore complessivo delle due decisioni di merito impone, in parte qua, l'annullamento senza rinvio della decisione gravata. P.Q.M. Annulla senza rinvio il decreto impugnato nei confronti di (OMISSIS), relativamente al conto corrente n. (OMISSIS) acceso presso (OMISSIS), Filiale di (OMISSIS), intestato al ricorrente, di cui ordina la restituzione al predetto. Rigetta il ricorso di (OMISSIS) che condanna aa1 pagamento delle spese processuali.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DI STEFANO Pierluigi - Presidente Dott. CRISCUOLO Anna - rel. Consigliere Dott. AMOROSO Riccardo - Consigliere Dott. SILVESTRI Pietro - Consigliere Dott. DI GERONIMO Paolo - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 13/07/2022 della Corte d'appello di Lecce; letti gli atti, il ricorso e l'ordinanza impugnata; udita la relazione del Consigliere Dott.ssa CRISCUOLO Anna; lette le richieste del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa LORI Perla, che ha concluso per il rigetto del ricorso; letta la memoria di replica del difensore, avv. (OMISSIS), che ha concluso l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Il difensore di (OMISSIS) ha proposto ricorso avverso la sentenza in epigrafe con la quale la Corte d'appello di Lecce, in riforma di quella emessa il 20 giugno 2018 dal locale Tribunale, ha riqualificato le condotte ai danni dei figli minori ai sensi dell'articolo 570 c.p., comma 2, e con le riconosciute attenuanti generiche ha rideterminato la pena in mesi 4 di reclusione e 200 Euro di multa, confermando nel resto la sentenza appellata. Ne chiede l'annullamento per i motivi di seguito illustrati. 1.1 Con il primo motivo denuncia la violazione dell'articolo 157 c.p.p., comma 8-bis e articolo 161 c.p.p. e vizi della motivazione nonche' la nullita' delle ordinanze emesse il 27 aprile e il 13 luglio 2022. Deduce che la citazione in appello dell'imputato per l'udienza del 27 novembre 2019 veniva notificata ex articolo 157 c.p.p., comma 8-bis, al precedente difensore, nonostante il (OMISSIS) avesse eletto domicilio; l'udienza veniva rinviata d'ufficio al 28 aprile 2021 senza che ne fosse dato avviso all'imputato, ma al solo difensore, che nulla poteva eccepire all'udienza di rinvio perche' il procedimento non veniva trattato e rinviato fuori udienza al 27 aprile 2022 con decreto notificato al solo difensore di fiducia; in detta udienza il difensore sollevava l'eccezione, accolta dalla Corte di appello, che disponeva la notifica del verbale di udienza anche all'imputato, nuovamente effettuata presso il difensore ex articolo 157 c.p.p., comma 8-bis. Rinnovata l'eccezione con memoria depositata per l'udienza del 13 luglio 2022, la Corte di appello la rigettava con ordinanza motivata in modo illogico e contraddittorio, avendo in precedenza ritenuto fondata l'eccezione. La motivazione e' in contrasto con l'orientamento di legittimita' che in tali casi ritiene affetta da nullita' a regime intermedio la notificazione della citazione per il giudizio di appello presso il difensore ex articolo 157 c.p.p., comma 8- bis, anziche' presso il domicilio eletto o dichiarato dall'imputato. 1.2 Con il secondo motivo denuncia la violazione dell'articolo 570 c.p., comma 2, e L. n. 54 del 2006, articolo 3 nonche' vizi di motivazione per avere la Corte di appello ritenuto sussistente il concorso tra i reati e non l'assorbimento tra il delitto di cui all'articolo 3 L. cit. e la fattispecie prevista dall'articolo 570 c.p. senza fornire una adeguata spiegazione logico-giuridica a sostegno di detta soluzione, pur avendo dato atto degli orientamenti contrastanti sul punto. 1.3 Con il terzo motivo deduce il travisamento della prova e vizi della motivazione in relazione al reato di cui all'articolo 570 c.p.. La Corte di appello ha omesso di valutare i documenti allegati alla memoria prodotta dai quali risulta che l'imputato aveva adempiuto sino ad aprile 2014, nonostante avesse perso il lavoro sin dal 2011, sicche', pur essendo stata documentata la totale incapacita' economica dell'imputato, la Corte non ha tenuto conto di tutte le circostanze del caso concreto in presenza di una corresponsione parziale dell'assegno di mantenimento; ha travisato tre circostanze di fatto, in quanto le acquisizioni sono avvenute in un periodo non compreso nel capo di imputazione; gli immobili sono stati acquistati dalla compagna del ricorrente e le richieste di riduzione dell'assegno di mantenimento provano la volonta' di modulare il versamento dell'assegno alla mutata capacita' economica dell'imputato. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' infondato e va rigettato per le ragioni di seguito illustrate. 1.1 E' infondato il primo motivo con il quale si eccepisce l'omessa notificazione all'imputato della citazione in appello, eseguita presso il difensore anziche' presso il domicilio dichiarato. Precisato che si tratta di erronea citazione e non di omessa citazione dell'imputato, si versa in una ipotesi di nullita' relativa a regime intermedio, deducibile subito dopo la costituzione delle parti, risultando altrimenti sanata. Si e' infatti, affermato che la notifica del decreto di citazione a giudizio in luogo diverso dal domicilio dichiarato dall'imputato integra, ove non inidonea a determinare la conoscenza effettiva dell'atto, una nullita' solo relativa, che resta sanata se non eccepita immediatamente dopo l'accertamento della costituzione delle parti (Sez. 2, n. 50389 del 27/09/2019, Rv. 277808). Dall'esame degli atti, consentito dalla natura processuale dell'eccezione, e, in particolare, dall'ordinanza del 27 aprile 2022 risulta che il decreto di citazione in appello per la prima udienza del 27 novembre 2019 era stato notificato all'imputato in data 1 ottobre 2019 a mani proprie con conseguente insussistenza della eccepita nullita', trattandosi della forma di notificazione che assicura la piena conoscenza del procedimento e la possibilita' di parteciparvi. Il processo, rinviato ad altra data, a causa dell'emergenza sanitaria, aveva subito rinvii fuori udienza non notificati all'imputato, sicche' all'udienza del 27 aprile 2022, ritenuta fondata l'eccezione difensiva, la Corte di appello dispose il rinvio all'udienza del 13 luglio 2022 al fine di consentire la notifica del verbale all'appellante ai sensi dell'articolo 157 c.p.p., comma 8 bis, (cosi' testualmente) senza che il difensore di fiducia, presente, opponesse o eccepisce alcunche'. Ne deriva che la notifica effettuata presso il difensore di fiducia, dopo la regolarita' della prima notificazione, non integra la nullita' dedotta, in ragione del rapporto fiduciario con il difensore ne' risulta l'impossibilita'- peraltro, neppure prospettata- per il difensore di mantenere contatti con il proprio assistito, atteso che il difensore destinatario della notifica era difensore di fiducia dell'imputato. E' stata, infatti, ritenuta inammissibile, per difetto di specificita' del motivo, l'impugnazione (sia l'appello che il ricorso per cassazione) con cui si deduce la nullita' della notifica di un atto in ragione della sua effettuazione presso il difensore di fiducia e non al domicilio dichiarato dall'imputato, ove il ricorrente non abbia indicato il concreto pregiudizio derivato in ordine alla conoscenza dell'atto stesso e all'esercizio del diritto di difesa (cfr., per tutte, Sez. 6, n. 24741 del 4/1/2018, Micci, Rv. 273101), la' dove vi siano le condizioni concrete per ritenere, invece, come nel caso di specie, l'atto notificato idoneo ad aver raggiunto l'obiettivo di conoscenza del suo contenuto cui la notifica stessa era funzionale. 2. Anche il secondo motivo e' infondato. La Corte di appello ha riqualificato il fatto ascritto all'imputato nel reato di cui all'articolo 570 c.p., comma 2, con riguardo all'inadempimento nei confronti dei figli minori, il cui stato di bisogno e' presunto per legge, mentre ha ravvisato il reato di cui alla L. n. 54 del 2006, articolo 3 per l'omesso versamento dell'assegno stabilito in sede di separazione destinato alla moglie, escludendo la sussistenza di ulteriori condotte inquadrabili nell'articolo 570 c.p.. Nell'operare tale qualificazione ha correttamente dato atto dell'esistenza di orientamenti non uniformi sul punto (pag. 7-8), scegliendo di condividere l'orientamento piu' recente. La censura di contraddittorieta' della motivazione e' infondata, in quanto la difesa trascura che la riqualificazione riguarda l'omesso versamento dell'assegno di mantenimento solo nei confronti dei figli minori, essendo da esso derivata la mancanza dei mezzi di sussistenza per i beneficiari con conseguente assorbimento dell'ipotesi meno grave di cui alla L. n. 54 del 2006, articolo 3 nel piu' grave reato di cui all'articolo 570 c.p., comma 2, a differenza dell'inadempimento nei confronti del coniuge, integrante il reato di cui all'articolo 3 L. cit. oggi trasfuso nell'articolo 570-bis c.p., che non ha ad oggetto la prestazione dei mezzi di sussistenza, ma il solo inadempimento dell'obbligazione civile (Sez. 6 n. 4677 del 19/01/2021, M., non mass.). La valutazione e' in linea con l'orientamento piu' recente di questa Corte, che il collego condivide, secondo il quale la condotta del genitore separato che fa mancare i mezzi di sussistenza ai figli minori, omettendo di versare l'assegno di mantenimento, integra esclusivamente il reato di cui all'articolo 570 c.p., comma 2, n. 2, nel quale e' assorbita la violazione meno grave prevista dalla L. 1 dicembre 1970, n. 898, articolo 12-sexies, come richiamato dalla L. 8 febbraio 2006, n. 54, articolo 3, oggi confluita nell'articolo 570-bis c.p. (Sez. 6, n. 20013 del 10/03/2022, Rv. 283303; da ultimo Sez. 6, n. 9065 del 08/02/2023, M., Rv. 284274). E cio' in ragione dell'identita' del nucleo essenziale della condotta, cui sui aggiunge l'elemento specializzante costituito dal far mancare i mezzi di sussistenza ai beneficiari quale conseguenza del mancato versamento dell'assegno di mantenimento, circostanza che imprime all'inadempimento dell'obbligazione stabilita in sede civile una connotazione di maggiore gravita' della violazione dell'obbligo di assistenza, incombente sul genitore separato. 3. Il terzo motivo e' inammissibile, in quanto articolato in fatto e diretto a sollecitare una diversa valutazione delle risultanze probatorie, di cui solo formalmente si denuncia il travisamento. Il ricorso denuncia l'omessa considerazione di documentazione, invece valutata, per contestarne la lettura operata dai giudici di merito, continuando a sostenere che la documentazione prodotta dimostrava la totale incapacita' economica dell'imputato e l'inadempimento solo parziale. I giudici, invece, hanno dato atto delle circostanze dedotte e documentate, che hanno analizzato criticamente, rilevando che: a) le richieste di riduzione dell'assegno di mantenimento, pur comunicate alla persona offesa, non erano state accolte dal giudice civile, nonostante il dedotto peggioramento delle condizioni economiche del ricorrente, evidentemente non ravvisato, sicche' non era giustificata l'autoriduzione dell'importo da corrispondere; b) i versamenti parziali effettuati nel periodo oggetto di contestazione erano di gran lunga inferiori all'importo stabilito dal giudice civile e talmente modesti (100 Euro mensili) da risultare palesemente insufficienti per le esigenze primarie dei tre figli minori e della moglie (pag.5); c) le dedotte difficolta' economiche del ricorrente risultavano smentite sia dalle dichiarazioni della persona offesa, che aveva riferito della titolarita' di una quota ereditaria del valore di 45 mila Euro, dell'acquisto di due immobili, di cui era usufruttuario, e del possesso di un veicolo di grossa cilindrata, di cui era intestatario, avvenuti dopo il licenziamento, sia dalla documentazione prodotta (pag. 6). Considerato che all'obbligato non e' riconosciuto un potere di adeguamento dell'assegno in sostituzione della determinazione fatta dal giudice civile e che l'obbligo di adempiere non e' esigibile solo nel caso in cui l'obbligato versi in uno stato di impossibilita' di adempiere per ragioni a lui non imputabili, nel caso di specie e' stata ritenuta non provata la dedotta impossibilita' di adempiere dell'imputato per totale incapacita' economica, che, pur non dovendo coincidere con lo stato di indigenza, nel caso di specie e' risultata documentalmente smentita. Per le ragioni esposte il ricorso va rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalita' e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52 in quanto imposto dalla legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FIDELBO Giorgio - Presidente Dott. VIGNA Maria Sabina - Consigliere Dott. DI NICOLA Paola - Consigliere Dott. TRIPICCIONE Debora - rel. Consigliere Dott. D'ARCANGELO Fabrizio - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sui ricorsi proposti da: (OMISSIS) nato a (OMISSIS); (OMISSIS) nato a (OMISSIS); avverso il decreto emesso il 6 aprile 2022 dal Tribunale di Reggio Calabria; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere Debora Tripiccione; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Piergiorgio Morosini, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi. RITENUTO IN FATTO 1. Con il decreto impugnato il Tribunale di Reggio Calabria, Sezione misure di prevenzione, pronunciandosi sull'istanza dell'Agenzia Nazionale per l'amministrazione dei beni sequestrati e confiscati, nell'ambito del procedimento a carico, tra gli altri, di (OMISSIS) e (OMISSIS), ai sensi del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 48, comma 7-ter, ha disposto, per quanto rileva in questa Sede, la divisione dei terreni ubicati in (OMISSIS) iscritti al NCT al foglio (OMISSIS), secondo il progetto divisionale n. 2 redatto dal CTU, assegnando la quota A a (OMISSIS) e ponendo a carico di questo l'onere di corrispondere all'Agenzia il conguaglio di Euro 10.175,12, quantificato dal CTU; la divisione del complesso immobiliare ubicato in (OMISSIS), iscritto al (OMISSIS) e delle pertinenze iscritte al (OMISSIS), secondo il progetto divisionale n. 2 dell'integrazione peritale depositata dal CTU in data 24 maggio 2021, assegnando ad (OMISSIS) il sub. (OMISSIS) (deposito) per la quota del 100% e l'appartamento sito al primo piano per la quota del 100% con l'onere di corrispondere a titolo di conguaglio all'Agenzia la somma di Euro 71.100,00. 2. Propongono separati ricorsi per cassazione (OMISSIS) e (OMISSIS). 2.1 (OMISSIS) deduce la violazione del Decreto Legislativo n. 159 dl 2011, articolo 48, il travisamento della prova nonche' la manifesta illogicita' e contraddittorieta' della motivazione. Premesso che il terreno oggetto di divisione appartiene in quote uguali al ricorrente e all'Agenzia Nazionale, il ricorrente lamenta l'omesso accoglimento dell'istanza di acquisto dell'intera proprieta' del bene, da considerare non agevolmente divisibile secondo i criteri indicati dal decreto impugnato, con corresponsione di un conguaglio all'Agenzia Nazionale. Nel corpo del motivo si censurano, inoltre, le ragioni poste a fondamento di tale rigetto sia con riferimento al dissenso dell'Agenzia - a dire del ricorrente mai manifestato - in merito al conguaglio determinato dal CTU che alla necessita', non prevista dalla norma, che lo stesso fosse titolare di una quota di maggioranza. 2.2 (OMISSIS) deduce due motivi, tra loro logicamente connessi, con i quali denuncia vizi cumulativi di violazione di legge, omessa motivazione sulle risultanze della CTU ed omessa motivazione sulle soluzioni contenute nelle consulenze tecniche di parte (secondo motivo). La questione centrale intorno alla quale ruotano i due motivi attiene alla scelta del progetto di divisione n. 2, indicato dal CTU, in relazione al quale e' stato determinato un importo a carico del ricorrente a titolo di conguaglio senza considerare il credito a questo riconosciuto dallo stesso CTU di Euro 95.000 per le opere di completamento dell'edificio, i lavori di ripristino dei danni causati dalle infiltrazioni di acqua piovana, l'attivita' urbanistica in sanatoria, l'adeguamento sismico e l'agibilita' dell'edificio. Tenendo conto di tale credito, la relazione del CTU considerava un conguaglio pari a zero a carico del (OMISSIS), con un credito di 23.900 verso l'Agenzia Nazionale; di contro, il decreto impugnato ha erroneamente quantificato l'importo dovuto a titolo di conguaglio in Euro 71.000, omettendo di considerare quanto esposto dal CTU ed ha, altresi', omesso di motivare sul credito di Euro 23.900 che sarebbe maturato a favore del (OMISSIS) dalla scelta del progetto n. 2. Nel secondo motivo si denuncia, infine, l'omessa motivazione sulle diverse e piu' razionali soluzioni divisionali prospettate nella consulenza tecnica di parte. Si afferma, infatti, il carattere apparente dell'unica argomentazione adottata al riguardo dal Tribunale in merito alla difficile divisibilita' degli immobili. Manca, infine, nel provvedimento un riferimento alla corte esterna posta sul lato est del fabbricato. 3. Il Sostituto Procuratore Generale, nel concludere per il rigetto del ricorso, ha rilevato che i giudici di merito, nel procedere alla divisione dei beni e al conguaglio, hanno pienamente rispettato le norme di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 48, giustificando con dovizia di argomentazioni l'opzione effettuata sulla base di indicazioni adeguate e immuni da vizi logici, nonche' ancorate ai dati della consulenza tecnica d'ufficio. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Entrambi i ricorsi pongono come questione centrale la illegittimita' del rigetto dell'istanza di assegnazione esclusiva dei beni formulata da entrambi i ricorrenti. Cio' nella prospettiva, quanto ad (OMISSIS), della violazione del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 48, comma 7-ter, e, quanto a (OMISSIS), della omessa motivazione sulle proposte contenute nella consulenza tecnica di parte, una delle quali (soluzione A) contempla proprio l'assegnazione esclusiva del complesso immobiliare (secondo motivo di ricorso). Va, innanzitutto, premesso che, per quanto rileva in questa Sede, il provvedimento di confisca ha investito quote indivise dei beni di cui sono comproprietari i due ricorrenti e, specificamente, la meta' del terreno di cui e' comproprietario (OMISSIS) e i due terzi del compendio immobiliare di cui e' comproprietario (OMISSIS). Il decreto impugnato, nel ritenere detti beni indivisibili, ha rigettato le istanze di assegnazione formulate da entrambe i ricorrenti, sulla base di un duplice ordine di ragioni: a) la mancanza di accordo tra le parti; b) la circostanza che nessuno dei due ricorrenti e' titolare della quota di maggioranza. Cosi' facendo il tribunale e' incorso nella violazione dell'articolo 48, comma 7-ter, Decreto Legislativo cit. Tale norma contempla, infatti, quattro possibili soluzioni della procedura: a) la divisione del bene confiscato; b) l'assegnazione, su istanza di uno o piu' partecipanti in buona fede alla comunione, del bene immobile indivisibile con versamento dei conguagli; c) se non e' chiesta l'assegnazione, la vendita o, in alternativa, l'acquisizione del bene per intero al patrimonio dello Stato con versamento agli altri partecipanti alla comunione di una somma equivalente al valore determinato dal perito nominato dal tribunale; d) l'acquisizione del bene a titolo gratuito al patrimonio dello Stato nel caso in cui il partecipante alla comunione non dimostri la propria buona fede. Nella fattispecie in esame, dovendosi ritenere implicitamente accertata dal provvedimento impugnato, che nulla dice al riguardo, la buona fede dei ricorrenti, viene in rilievo la fattispecie sub b). La norma prevede, al riguardo, che qualora il bene risulti indivisibile, i partecipanti in buona fede possono chiedere l'assegnazione del bene oggetto di divisione, versando un conguaglio in favore degli aventi diritto nella misura determinata dal perito designato dal tribunale. Quando tale assegnazione e' richiesta da piu' partecipanti alla comunione, la norma prevede che si privilegi nell'assegnazione il titolare della quota maggiore o l'assegnazione in favore di piu' partecipanti se questi lo chiedono congiuntamente. Nel caso in cui, come nella fattispecie in esame, l'assegnazione sia richiesta solo da uno dei partecipanti alla comunione, la norma non richiede affatto, come erroneamente ritenuto dal Tribunale, che l'istante sia titolare di una quota maggioritaria del bene, ne', tantomeno, un accordo tra le parti, rilevando, ai fini della quantificazione del conguaglio, il valore determinato dal perito nominato dal tribunale (in relazione al quale, sulla base di specifiche censure delle parti, il giudice potra', eventualmente disporre ulteriori approfondimenti). Va, dunque, affermato il seguente principio di diritto: in tema di misure di confisca di prevenzione di quote di beni indivisibili, ai fini dell'accoglimento dell'istanza di assegnazione formulata dal terzo comproprietario in buona fede, non e' necessario che questo sia titolare di una quota maggioritaria del bene ne' tantomeno l'accordo con l'Agenzia Nazionale per l'amministrazione dei beni sequestrati e confiscati. 2. L'accoglimento della questione posta da (OMISSIS) con il secondo motivo di ricorso ha valenza assorbente rispetto all'esame del primo motivo di ricorso in relazione al quale va, comunque, rilevato che dal prospetto prodotto dal ricorrente sembrerebbe che effettivamente nulla doveva essere posto a suo carico a titolo di conguaglio in caso di scelta del progetto n. 2. 3. Alla luce delle considerazioni sopra esposte, va disposto l'annullamento del decreto impugnato con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Reggio Calabria in diversa composizione. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Reggio Calabria in diversa composizione.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROCCHI Giacomo - Presidente Dott. LIUNI Teresa - Consigliere Dott. SANTALUCIA Giuseppe - Consigliere Dott. RENOLDI Carlo - rel. Consigliere Dott. GALATI Vincenzo - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nata a (OMISSIS); avverso la sentenza della Corte di appello di Milano in data 19/09/2022; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Dr. Carlo Renoldi; letta la requisitoria scritta presentata ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8, con cui il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dr. Perelli Simone, ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; lette le conclusioni scritte presentate, ai sensi del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8, dagli avv.ti (OMISSIS) e Ma (OMISSIS), i quali hanno chiesto l'accoglimento del ricorso presentato nell'interesse dell'imputata. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del Tribunale di Milano in data 13/10/2021, (OMISSIS) fu condannata alla pena di 8 anni e 6 mesi di reclusione e di 601.100,00 Euro di multa in quanto riconosciuta colpevole dei reati di cui agli articoli 81, cpv. c.p. e Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 12, comma 1, previa esclusione per esso delle aggravanti contestate ai commi 3 e 3-bis del medesimo articolo, per avere compiuto, utilizzando l'utenza telematica contraddistinta dal n. (OMISSIS) (con l'utenza telefonica (OMISSIS) in uso all'imputata), atti diretti a procurare illegalmente l'ingresso e a favorire la permanenza nel territorio dello Stato di cittadini extracomunitari, presentando, attraverso l'inserimento di dati fittizi tramite un applicativo del Ministero dell'Interno ("(OMISSIS)"), false domande volte a consentire l'ingresso dei cittadini stranieri (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) (capo B); nonche' dei reati di cui al Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 12, commi 1 e 3, previa esclusione per esso dell'ulteriore aggravante contestata al comma 3-bis del medesimo articolo, limitatamente agli episodi concernenti il favoreggiamento nell'immigrazione illegale degli stranieri indicati ai nn. da 1 a 4, da 6 a 12, da 15 a 21, da 23 a 28, 30, da 32 a 35, ai nn. 40 e 45, da 50 a 53, ai nn. 57 e 58 della tabella allegata al capo D) e agli articoli 477 e 482 c.p., limitatamente agli episodi concernenti i falsi nullaosta relativi agli stranieri indicati ai numeri 3, 4, 8, 11, 12, 14, 15, da 18 a 25, da 32 a 36, 55 e 56 della tabella allegata al capo D), per avere compiuto atti diretti a procurare illegalmente l'ingresso nel territorio dello Stato di stranieri extracomunitari, inoltrando alle prefetture di Bolzano, Cremona, Verona, Mantova, Milano, Padova e Roma varie pratiche di richiesta di nullaosta per lavoro autonomo e subordinato di cittadini stranieri, attestando in tali istanze, contrariamente al vero, l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato o autonomo; fatti commessi in (OMISSIS). 2. Con sentenza in data 19/09/2022, la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha rideterminato, in considerazione delle condizioni personali dell'imputata, la pena inflittale in 7 anni, 4 mesi e 20 giorni di reclusione e in 600.660,00 Euro di multa. 3. Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione la stessa (OMISSIS) a mezzo dei difensori di fiducia, avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS), deducendo due distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex articolo 173 disp. att. c.p.p.. 3.1. Con il primo motivo, il ricorso lamenta, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), la inosservanza o erronea applicazione della legge penale, nonche' la mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in relazione alla sussistenza del reato di cui al Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 12, comma 1. In particolare, le sentenze di merito avrebbero errato nel ricondurre al concetto di "procurare l'ingresso" le richieste di nulla osta inoltrate per via telematica, non potendo le stesse considerarsi come atti idonei all'ingresso illegale dello straniero anche a fronte della insussistenza del contesto lavorativo dichiarato, che l'imputata non sarebbe stata tenuta a controllare, essendosi ella limitata a fornire agli stranieri un mero supporto tecnico-informatico, raccogliendo e collazionando la documentazione da loro fornita e provvedendo, poi, all'inoltro; tanto piu' che ella non sarebbe mai entrata in contatto con il datore di lavoro di riferimento (tale (OMISSIS)). Dunque, la Corte di appello di Milano avrebbe presunto la conoscenza in capo all'imputata della falsita' della documentazione, che si sarebbe, pero', rivelata tale soltanto successivamente; senza che, a tal fine, possa rilevare che la stessa fosse stata rinvenuta presso l'abitazione dell'imputata. Pertanto, le condotte in esame non avrebbero dovuto essere ritenute idonee a procurare un ingresso illegale degli stranieri, essendosi al cospetto di atti assolutamente prodromici. Tanto piu' che molte delle rimanenti pratiche di cui al capo D) di imputazione (dalla 1 alla 4, dalla 6 a 12, da 15 a 21, da 23 a 28, 30, da 32 a 35, 40, 45, da 50 a 53, 57 e 58), non sarebbero state segnalate e sarebbero state archiviate per fuori quota, sicche' non sarebbero state idonee a dare origine all'iter per il rilascio del permesso di soggiorno. Sotto altro profilo, la motivazione sarebbe illogica laddove la Corte territoriale avrebbe affermato che gli artifici utilizzati per l'avvio dell'iter per ottenere il titolo di soggiorno presupponevano l'assenza dei presupposti per la regolarita' della procedura, sicche' l'ingresso nel territorio degli stranieri privi di requisiti, perche' privi di un effettivo rapporto di lavoro, sarebbe stato comunque illecito. In realta': l'inoltro telematico mediante portale del Ministero delle richieste di nulla osta sarebbe stato l'iter previsto per ottenere l'ingresso degli stranieri nel territorio statale; l'imputata non sarebbe stata consapevole della falsita' di alcuni documenti inoltrati; l'insussistenza dell'attivita' lavorativa, necessaria per l'ingresso, sarebbe emersa successivamente all'inoltro delle richieste, dopo l'audizione del datore di lavoro. 3.2. Con il secondo motivo, il ricorso censura, ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), la inosservanza o erronea applicazione della legge penale, nonche' la mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in relazione all'esistenza dell'elemento soggettivo del reato di cui al capo D) limitatamente ai falsi nulla osta relativi agli stranieri indicati ai nn. 3, 4, 8, 11, 12, 14, 15, da 18 a 25, da 32 a 36, 55 e 56 della tabella allegata al capo D). La responsabilita' dell'imputata sarebbe stata affermata valorizzando il rinvenimento, presso il luogo in cui ella abitava in compagnia del suo compagno, (OMISSIS), di alcune fotocopie di nulla osta, che ella non avrebbe formato, limitandosi a raccogliere i documenti consegnati dagli stranieri per aiutarli nell'ottenimento del nulla osta, senza alcuna consapevolezza della falsita' dell'attestazione, successivamente rilevata. Peraltro, trattandosi di fotocopie di atti inesistenti, il delitto in esame dovrebbe essere escluso, avendo la giurisprudenza di legittimita' affermato che la formazione della copia di un atto inesistente non integra il reato di falsita' materiale, salvo che la copia assuma l'apparenza di un atto originale. Inoltre, dal momento che nessun nullaosta veniva emesso a seguito dell'inoltro delle predette istanze telematiche (come confermato dai testi escussi), mancherebbe la prova della consapevolezza in capo all'imputata della falsita' della documentazione fornita al Ministero. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' inammissibile. 2. Le sentenze di merito hanno concordemente evidenziato l'acquisizione di un solidissimo quadro probatorio in ordine ai profili di fatto della vicenda. Dagli accertamenti tecnici svolti sull'utenza telefonica e sul personal computer in uso all'imputata, confermati dagli esiti della perquisizione domiciliare effettuata in data 17/01/2017 presso la sua abitazione, e' emerso come ella si fosse resa responsabile dell'inserimento di dati fittizi in un applicativo del Ministero dell'Interno, riguardanti l'esistenza, esclusa da successivi accertamenti, di un rapporto di lavoro subordinato fra 3 stranieri extracomunitari e il titolare di un'azienda agricola, tale (OMISSIS); e cio' al fine di ottenere il rilascio del nulla osta necessario a consentire a tali soggetti l'ingresso in Italia e il successivo conseguimento di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Inoltre, dalle verifiche effettuate presso alcune prefetture (Bolzano, Milano, Verona, Mantova, Padova e Roma), era stato, altresi', accertato che (OMISSIS) aveva curato l'avvio, presso i relativi uffici immigrazione, di ulteriori pratiche di ingresso in Italia di cittadini stranieri, con l'inoltro di falsa documentazione diretta ad ottenere il rilascio dei nulla osta per motivi di lavoro autonomo e subordinato. Infine, in occasione della gia' citata perquisizione domiciliare, svolta in data (OMISSIS) presso l'abitazione della donna, era emersa, altresi', la presenza di numerosi documenti di nulla osta, a volte rinvenuti in fotocopia, altre volte come atti apparentemente originali, in altri casi ancora come copie provviste di attestazioni apparentemente autentiche di conformita' a un atto originale in realta' inesistente: documenti che, all'esito dei controlli effettuati presso le prefetture competenti, erano risultati il frutto di una totale falsificazione materiale, che i testi sentiti a dibattimento avevano riferito essere idonea a ingannare la pubblica fede, benche' in relazione a essi non fosse mai stata avanzata alcuna richiesta di nulla osta. 2.1. A partire da tali fatti, risultanti documentalmente e sostanzialmente non contestati, le sentenze di merito hanno, innanzitutto, ritenuto integrati, ai sensi degli articoli 477 e 482 c.p., i reati di falso materiale contestati al capo D), rispetto ai quali l'unico aspetto astrattamente controvertibile, una volta preso atto che i documenti, inesistenti, presentavano tuttavia "l'apparenza di un atto originale" (Sez. U, n. 35814 del 28/03/2019, Marcis, Rv. 276285-01), riguardava il profilo della consapevolezza della falsita' dei documenti de quibus. Profilo in relazione al quale, tuttavia, i Giudici di merito hanno richiamato un insieme di elementi di pregnante rilievo indiziario che, letti in una prospettiva globale e di reciproca interrelazione, hanno fornito univoco riscontro all'ipotesi accusatoria: la circostanza che (OMISSIS), che all'epoca dei fatti era solita presentarsi falsamente come avvocato, avesse nella disponibilita', presso la sua abitazione, "una quantita' impressionante di documenti di identita', istanze e falsi nullaosta relativi a pratiche di oltre 60 cittadini extracomunitari"; il fatto che ella avesse presentato, con identico modus operandi, numerose richieste di rilascio di nulla osta a varie prefetture utilizzando il personal computer a lei in uso, attraverso la rete internet attivata con un contratto a suo nome, mediante l'utilizzo di account di posta elettronica creati ad hoc e le cui password di accesso, in molti casi, erano costituiti da parole che richiamavano le generalita' della stessa (OMISSIS), e fornendo, spesso, quale recapito di riferimento, la propria utenza cellulare. 2.2. Quindi, le sentenze hanno concordemente ritenuto che l'attivita' consistita nell'inoltro delle istanze di nulla osta accompagnate da false informazioni circa l'esistenza di una possibilita' di costituire un rapporto di lavoro subordinato o autonomo fossero idonee a integrare la fattispecie contemplata dal Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 12. Sul punto, rispondendo alla censura difensiva svolta nell'atto di appello, secondo cui la procedura seguita sarebbe stata, in se', del tutto regolare, la Corte territoriale ha evidenziato come le modalita' con le quali l'imputata aveva dato corso alla stessa fossero, al contrario, assolutamente irregolari, avendo ella utilizzato falsa documentazione all'uopo predisposta (quali i fittizi documenti di identita' del datore di lavoro per i contratti di cui al capo B, i dati, inesatti, di datori di lavoro del tutto ignari, documenti apparentemente attestanti l'esistenza di un regolare contratto di lavoro); di tal che doveva ritenersi che la donna avesse utilizzato degli artifici per l'avvio dell'iter di ottenimento del titolo di soggiorno proprio in quanto i soggetti interessati non presentavano i requisiti per conseguirli legalmente, essendo privi di un effettivo rapporto di lavoro. Quindi, le due sentenze di merito hanno evidenziato come la giurisprudenza di legittimita' abbia ritenuto, a piu' riprese, che l'avvio di una pratica per il rilascio del nulla osta e, successivamente, del permesso di soggiorno con la falsa rappresentazione dei presupposti di fatto per il relativo ottenimento, si configuri come atto idoneo a procurare l'ingresso illegale dello straniero, con conseguente integrazione del delitto di cui al Decreto Legislativo n. n 286 del 1998, articolo 12 comma 1, (cfr. Sez. 1, n. 27106 del 16/06/2011, Giurato, Rv. 250803-01; Sez. 1, n. 20883 del 21/04/2010, Yaqub, Rv. 247421-01). E cio' in ragione della particolare struttura della fattispecie in contestazione, quale reato a forma libera, di pericolo e a consumazione anticipata, per la cui configurazione e' sufficiente il compimento di un qualunque atto diretto a procurare illegalmente l'ingresso in Italia di uno straniero, senza che sia necessario l'effettivo ingresso nel territorio dello Stato da parte di costui (v. Sez. 1, n. 33708 del 7/02/2018, Laguteta, Rv. 273848 - 01; Sez. 1, n. 45734 del 31/03/2017, Bouslim, Rv. 271127 - 01; Sez. 1, n. 40624 del 25/03/2014, Scarano, Rv. 259922 - 01; Sez. 1, n. 28819 del 22/05/2014, Pancini, Rv. 259915 - 01). 2.3. E anche con riferimento al tema difensivo, reiteratamente prospettato e oggi riproposto con il ricorso per cassazione, dell'inconsapevolezza, da parte dell'imputata, della falsita' dei dati utilizzati per l'ottenimento del permesso di soggiorno, le sentenze di merito hanno sostanzialmente ribadito gli stessi argomenti posti alla base della configurabilita' dei reati di falso materiale, ovvero che: i documenti relativi alle pratiche di cui a entrambi i capi della rubrica erano stati trovati presso l'abitazione dell'imputata insieme a decine di incartamenti redatti con le stesse modalita' e ad appunti a lei riconducibili; la mole della documentazione sequestrata nello stesso luogo, attinente procedure di ingresso della piu' varia natura per decine di cittadini stranieri, consentiva di ritenere che la condotta contestata fosse riconducibile a un'attivita' svolta in maniera professionale, come "uno specifico "servizio" fraudolento offerto dalla stessa", tenuto conto dell'inoltro delle domande da un indirizzo email riconducibile all'imputata, la quale figurava quale fittizio datore di lavoro in alcune pratiche, fondate su documentazione del tutto sovrapponibile all'altra. Un'attivita' quella svolta, connessa all'attivita' di avvocato con cui si presentava falsamente; e per la quale, gia' prima del gennaio 2017, era stata denunciata all'Autorita' giudiziaria per reati connessi alla gestione illegittima di pratiche dello stesso tipo. 3. A fronte di due sentenze di merito che, in punto di responsabilita', hanno concordemente dato atto, con motivazione congrua e logicamente ineccepibile, della sussistenza degli elementi costitutivi dei reati contestati, sotto il profilo sia dell'elemento materiale, sia dell'elemento soggettivo, atteso il carattere sostanzialmente fraudolento e ingannevole con le quali l'attivita' di gestione delle pratiche era stata realizzata, il ricorso si e' limitato a riproporre, con entrambi i motivi, le medesime ragioni, in fatto e in diritto, che erano state prospettate con l'atto di appello e che, correttamente, non sono state condivise da parte dei Giudici di merito. Ne consegue, pertanto, che il ricorso si connota in termini di sostanziale aspecificita' per quanto attiene alle questioni che riguardano la riferibilita' delle condotte contestate all'odierna imputata e la consapevolezza, in capo alla stessa, della falsita' dei dati utilizzati e della documentazione rinvenuta; e in termini di manifesta infondatezza, alla luce della copiosa giurisprudenza di legittimita' piu' sopra richiamata, in relazione al profilo della idoneita' delle condotte medesime a integrare le fattispecie contestate. 4. Sulla base delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita'", alla declaratoria dell'inammissibilita' medesima consegue, a norma dell'articolo 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento nonche' quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata in 3.000,00 Euro. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SABEONE Gerardo - Presidente Dott. CATENA Rossella - rel. Consigliere Dott. PISTORELLI Luca - Consigliere Dott. CAPUTO Angelo - Consigliere Dott. GIORDANO Rosaria - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna, emessa in data 03/11/2021; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa Rossella Catena; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Giuseppe Riccardi, che ha chiesto l'inammissibilita' del ricorso; letta la memoria dell'avv.to (OMISSIS), nell'interesse della parte civile, fallimento (OMISSIS) s.r.l., che ha chiesto il rigetto del ricorso ed ha inviato nota spese. RITENUTO IN FATTO 1.Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Bologna, in riforma della sentenza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Emilia in data 10/09/2019, con cui (OMISSIS), era stato condannato a pena di giustizia per il reato di bancarotta fraudolenta documentale, quale amministratore della (OMISSIS) s.r.l., dichiarata fallita in data (OMISSIS), dichiarava l'imputato, ai soli effetti civili, responsabile anche del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, condannandolo al risarcimento dei danni nei confronti della parte civile, da liquidarsi separatamente. 2. In data 07/01/2022 (OMISSIS) ricorre, a mezzo del difensore di fiducia avv.to (OMISSIS), deducendo due motivi, di seguito enunciati nei limiti di cui all'articolo 173, disp. att. c.p.p., comma 1. 2.1 vizio di motivazione, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., lettera e) non avendo la Corte di merito consideratore la nullita' della sentenza di primo grado per totale carenza di motivazione, anche tenuto conto del dato temporale delle condotte distrattive, poste in essere tre anni prima della dichiarazione di fallimento, epoca in cui la societa' era operativa e dotata di un cospicuo patrimonio, per cui le operazioni risultano prive di finalita' distrattiva ed erano da considerarsi normali operazioni di gestione; cio' senza contare che la societa' era titolare di tutte o quasi le quote delle altre societa' in cui erano convogliati i beni - pari al 100% dei (OMISSIS) s.r.l., all'83% di (OMISSIS) s.r.l. e al 17% delle Emmeffe s.r.l. -, non essendo stato affatto dimostrato che si trattasse di scatole vuote, posto che il valore delle quote non e' stato affatto veriFicato; in ogni caso, i beni non erano affatto fuoriusciti dal patrimonio della fallita, considerate le predette circostanze, il che dimostra anche l'assenza dell'elemento soggettivo del reato; 2.2. vizio di motivazione, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., lettera e), avendo l'imputato ricevuto tardivamente dai professionisti, ai quali le aveva consegnate, le scritture contabili, essendo, in ogni caso, il curatore riuscito a ricostruire il patrimonio della fallita ed il movimento degli affari. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso di (OMISSIS), e' manifestamente infondato, per le ragioni di seguito illustrate. 1.Va premesso che il primo motivo di ricorso risulta pedissequamente riproduttivo delle doglianze gia' poste a fondamento dell'appello. La condotta distrattiva ascritta all'imputato si era concretata nella distrazione dei beni di proprieta' della fallita, attraverso il conferimento di immobili per un complessivo valore di Euro 1.150.000,00, in parte quale quota di partecipazione ed in parte quale riserva da conferimento alla (OMISSIS) s.p.a., amministrata dal figlio dell'imputato ed alla (OMISSIS) s.r.l., amministrata dallo stesso (OMISSIS); l'azienda (OMISSIS), infine, era stata ceduta alla (OMISSIS) s.r.l., anch'essa amministrata dal (OMISSIS). La Corte di merito, nell'accogliere il gravarne ai fini civili, ha messo in risalto la natura depauperativa della condotta, posto che la stessa risultava priva di ogni ragione economica, avendo messo l'impresa nella impossibilita' di poter operare, peraltro in un contesto in cui, nel 2010, la fallita risultava gia' gravata da debiti per oltre quattro milioni di Euro, ed era stata oggetto anche di azioni monitorie da parte dei creditori. Pertanto, le considerazioni difensive risultano non solo generiche ed assertive in riferimento alla natura gestoria delle operazioni descritte ed alla circostanza che la (OMISSIS) s.r.l. disponesse di altri beni -, posto che non si confronta con le circostanze indicate dalla motivazione della sentenza impugnata, ma non considera neanche come, anche a prescindere dal fatto che le societa' cessionarie fossero o meno "scatole vuote", esse, in ogni caso, erano soggetti giuridici autonomi dalla (OMISSIS) s.r.l., con piena efficacia, quindi, dell'effetto traslativo. Cio' senza contare che, al contrario di quanto asserito dalla difesa, in tema di bancarotta per distrazione non solo l'elemento soggettivo e' costituito dal dolo generico, come piu' volte affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, ma proprio l'individuazione degli indici di fraudolenza necessari a concretare la pericolosita' del fatto consente - come messo in rilievo dalla sentenza impugnata - di sottolineare la rilevanza penale della condotta alla luce della condizione patrimoniale e finanziaria dell'azienda, oltre che alla cointeressenza dell'amministratore nelle altre imprese coinvolte nella cessione, elementi tutti che - con motivazione assolutamente immune da censure rilevabili nella presente sede processuale - hanno consentito di accertare, in capo all'agente, la consapevolezza e volonta' della condotta in concreto pericolosa, rispetto alla quale l'epoca della stessa appare in concreto irrilevante, posto che gia' risultavano emersi indici chiari della contrarieta' delle scelte imprenditoriali all'interesse del ceto creditorio (Sez. U, n. 22474 del 31/03/2016, Passarelli e altro, Rv. 266805; Sez. 5, n. 38396 del 23/06/2017, Sgaramella ed altro, Rv. 270763). 2. Quanto alla bancarotta documentale, la sentenza impugnata ha affermato come risultasse certa la circostanza che le scritture contabili fossero state tenute almeno fino al 26/02/2014, data della ricevuta di consegna all'imputato da parte del depositario delle stesse, (OMISSIS), che aveva confermato la circostanza; peraltro, l'imputato aveva espressamente dichiarato di essersi liberato della contabilita' dopo la dichiarazione di fallimento; nella ricevuta di consegna, infine, venivano indicate compiutamente le scritture contabili, la cui sottrazione all'accertamento degli organi fallimentari e' intervenuta in un contesto in cui, a fronte delle condotte distrattive accertate, la presenza delle scritture contabili ne avrebbe consentito agevolmente l'emersione. In tal senso, quindi, la sentenza impugnata non si e' affatto sottratta all'onere motivazione richiesto dalla ravvisata fattispecie, evidenziando come l'assenza dolosa delle scritture, impedendo di fare chiarezza sull'attivita' posta in essere dall'imputato nella gestione dell'impresa, fosse evidentemente preordinata al nocumento del ceto creditorio, non trovando, altrimenti, logica spiegazione la condotta del (OMISSIS), a fronte di documentazione fino al febbraio 2014 regolarmente tenuta presso il depositario e restituita in occasione della dichiarazione di fallimento, come chiarito dal teste (OMISSIS). Dalla declaratoria di inammissibilita' discende, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Nulla va liquidato per le spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, alla luce del principio di diritto illustrato dalle Sezioni Unite, secondo cui le spese indicate vanno liquidate purche' le memorie scritte della parte civile abbiano esplicato un concreto apporto, in termini di utile contributo alla decisione, tale non potendo qualificarsi una rnemoria generica e priva di argomentazioni dirette a contrastare la pretesa avversa (Sez. U, n. 877 del 14/07/2022, dep. 12/01/2023, Sacchettino Ciro, Rv. 282886, in motivazione). P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Nulla sulle spese in favore della parte civile.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MICCOLI Grazia - Presidente Dott. GUARDIANO Alfredo - Consigliere Dott. CANANZI Francesco - Consigliere Dott. PILLA Egle - Consigliere Dott. SGUBBI Vincenzo - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 26/10/2022 del GIP TRIBUNALE di ROMA; udita la relazione svolta dal Consigliere VINCENZO SGUBBI; sentite le conclusioni del PG che ha chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi. RITENUTO IN FATTO 1. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), ricorrono contro la sentenza di applicazione della pena pronunciata su loro richiesta nei loro confronti (e nei confronti di altri due imputati) dal Giudice per l'udienza preliminare del Tribunale di Roma il 26 ottobre 2022, per il delitto di bancarotta per distrazione contestato come commesso nell'ambito del fallimento della societa' (OMISSIS) s.p.a., dichiarato il (OMISSIS). Con riguardo agli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS), la pena e' stata applicata quale aumento ex articolo 81 c.p., comma 2, sulla pena applicata con precedente sentenza del Tribunale di Torre Annunziata per fatti di bancarotta commessi nell'ambito di una societa' di fatto della quale i due sono stati ritenuti soci, fallimento dichiarato il 9 maggio 2013. 2. Unico il motivo di doglianza enunciato nei due distinti ricorsi: la pena sarebbe illegale (e dunque si verserebbe in uno dei casi di ricorso tipizzati dall'articolo 448 c.p.p., comma 2-bis), poiche' il Giudice per le indagini preliminari avrebbe indebitamente ricusato di applicare l'articolo 129 c.p.p., in relazione all'articolo 649 stesso codice. I fatti contestati agli imputati nel procedimento conclusosi con sentenza di applicazione della pena sarebbero i medesimi gia' oggetto di archiviazione, ad opera del G.i.p. di Roma, in data 5 dicembre 2017. Tanto si desumerebbe dalla richiesta di archiviazione presentata dal pubblico ministero il 27 giugno 2016 che, pur riferita a fatti di bancarotta relativi al fallimento di diversa societa' del medesimo gruppo, avrebbe espressamente precisato che "quanto... ai procedimenti iscritti a seguito del fallimento delle societa' (OMISSIS) e (OMISSIS), deve rilevarsi l'assoluta identita' dei fatti oggetto di contestazione nell'ambito del procedimento definito dal Tribunale di Roma". 3. Il Procuratore generale ha concluso per iscritto chiedendo dichiararsi inammissibili i ricorsi, che conterrebbero motivi non consentiti ai sensi dell'articolo 448, comma 2-bis, c.p.p.. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Deve ritenersi che i ricorsi siano stati presentati per motivi consentiti. Essi infatti deducono che la pena sarebbe stata applicata, su richiesta delle parti, nonostante l'azione penale fosse gia' stata esercitata, in altro procedimento, per i medesimi fatti. Si verterebbe, in tal caso, in un'ipotesi di "pena illegale" che consentirebbe il ricorso per cassazione contro una sentenza di applicazione della pena, anche a tenore dell'articolo 448, comma 2-bis, c.p.p., norma introdotta della L. 23 giugno 2017 n. 103, articolo 1, comma 50, e che ha avuto l'effetto di limitare l'accesso al ricorso per cassazione nei confronti delle sentenze di "patteggiamento": "e' ammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza di patteggiamento, emessa in relazione al medesimo fatto per il quale l'azione penale sia stata gia' esercitata in diverso procedimento... risultando in tal caso illegale la pena applicata in violazione della preclusione di un secondo giudizio e rientrandosi, pertanto, nei casi tipizzati dall'articolo 448 c.p.p., comma 2-bis, per i quali il rimedio e' consentito" (Sez. 6, n. 34088 del 05/11/2020, Jarmouni, Rv. 280111). 2. Tuttavia, i ricorsi sono inammissibili in quanto manifestamente infondati. 2.1. Dagli atti allegati al ricorso si evince anzitutto che un primo procedimento penale ha portato alla sentenza menzionata nella richiesta di archiviazione citata nei ricorsi. Si tratta della sentenza pronunciata dal Tribunale di Roma l'11 luglio 2014, parzialmente riformata dalla Corte di appello di Roma in data 8 novembre 2017. Contro tale sentenza fu presentato ricorso per cassazione, deciso con sentenza n. 42749 del 4 luglio 2019 della Quinta Sezione penale, che - annullata senza rinvio la pronuncia impugnata limitatamente alla posizione di un'imputata nel frattempo deceduta - ha per il resto annullato con rinvio la sentenza di appello limitatamente al trattamento sanzionatorio, respingendo i ricorsi in punto affermazione di responsabilita'. La sentenza, che riguardava anche gli odierni ricorrenti, si riferiva - per usare le parole del decreto di archiviazione menzionato nei ricorsi, che ad essa fa riferimento - ad "una serie di reati, di ordine fallimentare, finanziario, tributario... commessi a margine del "crac" coinvolgente non meno di 13mila risparmiatori..., a seguito di un dissesto stimato di entita' non inferiore a un miliardo di Euro, in cui era incorsa la "(OMISSIS) s.p.a."". 2.2. La semplice lettura dei capi di imputazione contestati nel procedimento conclusosi con la sentenza di applicazione della pena oggi impugnata, che si riferiscono alla distrazione di somme dalla societa' (OMISSIS) al socio (OMISSIS) s.a. e ad alcuni degli odierni ricorrenti, non consente di ravvisare alcuna identita' rispetto alle complesse ed articolate accuse mosse nell'ambito del fallimento di una societa' diversa - nel processo che ha portato alla sentenza n. 42749/2019 della Corte di cassazione. In tal senso, del resto, si e' espressa chiaramente proprio la citata sentenza n. 42749/2019, allorche' ha precisato (pag. 29): "Il fallimento di (OMISSIS) s.p.a., conclusivamente, non riguarda la presente vicenda processuale, relativa al solo fallimento di (OMISSIS) s.p.a., seppure la ricostruzione fattuale dello stesso non poteva prescindere da una descrizione delle sue articolate componenti e delle plurime conseguenze da esse scaturenti, in considerazione della complessita' fisiologicamente discendente dal collegamento tra societa' del medesimo gruppo e dal coinvolgimento di esse nelle complesse operazioni poste in essere. Senza alcun dubbio, quindi, il versante della vicenda in riferimento alla (OMISSIS) s.p.a. - qui affrontato in funzione esclusivamente descrittiva - dovra' essere esaminato in separata ed appropriata sede processuale, se del caso, in relazione alle conseguenze da essa scaturenti per la (OMISSIS) s.p.a., laddove la presente sede processuale si e' occupata - come gia' detto - del solo versante inerente il fallimento di (OMISSIS) s.p.a.". 3. Il ricorso presentato nell'interesse degli imputati (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), ha messo in evidenza come, secondo la giurisprudenza della Corte EDU, il provvedimento di archiviazione non seguito dalla riapertura delle indagini vada considerato quale "decisione definitiva" in grado di rilevare ai fini dell'applicazione dell'articolo 649 c.p.p.. Si tratta, in altri termini, di definire il concetto di "bis", e certamente sul punto, ai fini che qui rilevano e senza operare alcun approfondimento in quanto non necessario, il provvedimento di archiviazione e' astrattamente idoneo a determinare quella preclusione processuale di cui si sono occupate le Sezioni unite nella nota sentenza n. 34655 del 28/06/2005, Donati, Rv. 231800, secondo cui non puo' essere nuovamente promossa l'azione penale per un fatto e contro una persona per i quali un processo gia' sia pendente, anche se in fase o grado diversi, nella stessa sede giudiziaria e su iniziativa del medesimo ufficio del pubblico ministero. 4. Nel caso di specie, non e' il concetto di "bis" ad essere carente, bensi' il contenuto dell'"idem". Gia' sono state richiamate le condivisibili affermazioni contenute sul punto nella sentenza che si e' occupata della bancarotta (OMISSIS) s.p.a.. Si deve aggiungere che l'ordinanza di archiviazione allegata ai ricorsi e menzionata a sostegno della tesi dei ricorrenti fornisce conferma alla tesi dell'insussistenza del bis in idem. L'ordinanza risponde ad una richiesta di archiviazione, presentata dal pubblico ministero nell'ambito di un procedimento che si riferiva ancora una volta alla (OMISSIS) s.p.a.: mentre si svolgeva il processo per le ipotizzate bancarotte, il pubblico ministero si stava occupando di ulteriori reati ipotizzati nell'ambito delle medesime vicende a carico delle medesime persone (articoli 640 e 646 c.p., in particolare) nonche' di ipotesi di reato commesse da soggetti terzi nell'ambito del medesimo fallimento (in particolare, membri del collegio sindacale, revisori dei conti, responsabili di istituti bancari). L'articolata ordinanza pronunciata dal G.i.p. di Roma in data 5 dicembre 2017 ha ordinato, ai sensi dell'articolo 409 c.p.p., comma 4, l'iscrizione nell'apposito registro dei membri del collegio sindacale, per le medesime ipotesi di reato formulate a carico degli amministratori, nonche' l'iscrizione di taluni intermediari bancari per il delitto di riciclaggio, disponendo l'archiviazione del procedimento nei confronti delle persone sottoposte ad indagini. Nulla autorizza a concludere, come vorrebbero i ricorrenti, che la frase inserita in calce alla motivazione della richiesta di archiviazione, nella parte in cui si riferisce al fallimento (OMISSIS) s.p.a., comporti addirittura la preclusione, in ragione dell'emissione di un provvedimento che ha recepito la richiesta, all'azione penale per fatti diversi, che mai sono stati contestati nel procedimento che ha portato alla richiesta di archiviazione ed al conseguente provvedimento del G.i.p. Ne', nelle 11 pagine di motivazione dell'ordinanza del G.i.p., si ravvisa un solo passaggio che autorizzi tale conclusione. 5. Occorre dunque confrontare semplicemente le ipotesi di reato ascritte agli odierni ricorrenti nel processo instaurato a seguito del fallimento della (OMISSIS) s.p.a. con quelle per le quali e' stata pronunciata, su loro richiesta, sentenza di applicazione della pena. 5.1. Questi, in sintesi, i capi di imputazione nel primo procedimento (come riprodotti nella citata sentenza n. 42749/2019 di questa Corte): "A) del reato di cui al Decreto Legislativo n. 385 del 1993, articolo 81, comma 2, articolo 110, c.p., articoli 11 e 30, perche', in concorso tra loro e con (OMISSIS) (deceduto), con piu' azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, acquisendo fondi - mediante la percezione di somme in contanti e di assegni intestati a (OMISSIS) e negoziati su conti correnti a lui intestati - da parte di risparmiatori ai quali venivano rilasciati certificati al portatore rappresentativi di presunte obbligazioni emesse dalla societa' (OMISSIS) s.p.a., firmati dallo (OMISSIS), nella qualita' di amministratore della societa', assumendosi cosi' l'obbligo del rimborso, in violazione della normativa dettata dal codice civile in materia di emissioni obbligazionarie (in special modo per quanto attiene al limite di emissione di cui all'articolo 2412 c.c.), effettuavano una raccolta abusiva del risparmio per un importo non inferiore ad Euro 647.900.502.000,00 come quantificato all'esito delle operazioni di "censimento" del debito maturato verso i risparmiatori. In (OMISSIS) dalla costituzione della societa' sino al gennaio 2012; D) del delitto di cui al Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267, articolo 110 c.p., articolo 216, comma 1 n. 1, articolo 219, comma 1, articolo 223 commi 1 e 2, nn. 1 e 2, perche', in concorso tra loro e con (OMISSIS), quest'ultimo in qualita' di amministratore unico sino al 03/02/2012 della (OMISSIS) s.p.a., dichiarata fallita in data (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) in qualita' di amministratori di fatto della medesima societa', nonche' della (OMISSIS) s.a., socio unico della (OMISSIS) s.p.a., (OMISSIS), nella qualita' di titolare del mandato fiduciario conferito alla fiduciaria (OMISSIS) s.p.a. che partecipa la (OMISSIS), a sua volta socio unico della (OMISSIS) s.p.a., (OMISSIS) e (OMISSIS), nella qualita' di disponenti rispettivamente dei trust (OMISSIS), (insieme a (OMISSIS)), (OMISSIS) e (OMISSIS), controllanti, rispettivamente, dalle societa' lussemburghesi (OMISSIS) s.a., (OMISSIS) s.a. e (OMISSIS) s.a., a loro volta titolari in maniera paritaria delle partecipazioni nella predetta societa' (OMISSIS) s.a., conferendo nella societa' interamente partecipata (OMISSIS) s.a., il ramo d'azienda costituito dalla flotta di proprieta' della (OMISSIS) s.p.a. (composta dalle navi denominate (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)16Della Gatta Luciana (OMISSIS)18Capitano Giovanni (OMISSIS)17Iuliano Raffaele), al valore di conferimento di Euro 153.644.730,00 e, successivamente, cedendo la societa' conferitaria alla (OMISSIS) s.a. per la somma di Euro 163.413.716,00, prezzo peraltro sottostimato rispetto al valore reale della citata flotta (per almeno 291 milioni di Euro circa), distraevano o comunque dissipavano le citate undici navi;... E) del delitto di cui al Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267, articolo 110 c.p., articolo 216, comma 1 n. 1, articolo 219, comma 1, articolo 223 commi 1 e 2, nn. 1 e 2, perche', in concorso tra loro e con (OMISSIS), quest'ultimo in qualita' di amministratore unico sino al 03/02/2012 della *(OMISSIS) s.p.a., dichiarata fallita in data (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) in qualita' di amministratori di fatto della medesima societa', nonche' della (OMISSIS) s.a., socio unico della (OMISSIS) s.p.a., (OMISSIS), nella qualita' di disponente del trust denominato (OMISSIS), controllante la societa' (OMISSIS), che partecipa la societa' lussemburghese (OMISSIS) s.a., proprietaria della (OMISSIS), socio unico della (OMISSIS) s.p.a., 4Della Gatta Micaela e (OMISSIS), nella qualita' di disponenti rispettivamente dei trust (OMISSIS) (insieme a (OMISSIS)), (OMISSIS) e (OMISSIS), controllanti, rispettivamente, dalle societa' lussemburghesi (OMISSIS) s.a., (OMISSIS) s.a. e (OMISSIS) sa., a loro volta titolari in maniera paritaria delle partecipazioni nella predetta societa' (OMISSIS) s.a., conferendo nella societa' interamente partecipata (OMISSIS) s.p.a. il ramo d'azienda costituito dalla residua flotta di proprieta' della (OMISSIS) s.p.a. (composta dalle navi denominate 20Lembo Stefania (OMISSIS)21Della Gatta Valeria), al valore di conferimento di Euro 27.338.569,19 e, successivamente, cedendo la societa' conferitaria alla (OMISSIS) s.p.a. allo stesso prezzo del valore di conferimento, distraevano le citate due navi... F) del delitto di cui al Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267 articolo 110 c.p., articolo 216, comma 1 n. 1, articolo 219, comma 1, articolo 223 commi 1 e 2, nn. 1 e 2, perche', in concorso tra loro e con (OMISSIS), quest'ultimo in qualita' di amministratore unico sino al (OMISSIS) della (OMISSIS) s.p.a., dichiarata fallita in data (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) in qualita' di amministratori di fatto della medesima societa', cedendo in data (OMISSIS) alla controllante (OMISSIS) s.p.a. i seguenti beni: -la partecipazione azionaria nella societa' lussemburghese (OMISSIS) s.a., composta da n. 324 azioni per il prezzo di Euro 13.500,000,00 (dando luogo ad una minusvalenza di Euro 2.000.000,00 considerato che la (OMISSIS) s.p.a. aveva acquistato lo stesso bene in data 29/03/2005 per la somma di Euro 15.500.000,00); - la partecipazione nella societa' (OMISSIS) s.r.l., costituita dall'unica quota del valore nominale di Euro 100.000, per il prezzo di Euro 5.315.000,00; - la partecipazione nella societa' (OMISSIS) s.r.l., costituita dalla quota del valore nominale di Euro 10.000, per il prezzo di Euro 60.000,00; - la partecipazione azionaria nella societa' (OMISSIS) s.p.a. composta da n. 59 azioni per il prezzo di Euro 250.000,00; - la partecipazione azionaria nella societa' (OMISSIS) s.p.a. composta da n. 642.782 azioni per il prezzo di Euro 1.685.000,00; - la partecipazione azionaria nella societa' (OMISSIS) s.p.a. composta da n. 38.910 azioni per il prezzo di Euro 1.000.000,00; - la partecipazione azionaria nella societa' (OMISSIS) s.p.a. composta da n. 1.501.685 azioni per il prezzo di Euro 11.550.000,00, e poi distribuendo la somma incassata, pari ad Euro 33.360.000,00 come dividendi, senza dar luogo ad accantonamento, distraevano dal patrimonio societario della (OMISSIS) s.p.a, i beni sopra indicati... G) del delitto di cui all' articolo 110 c.p., articolo 216, comma 1 n. 1, 219, comma 1, 223 comma 1 e comma 2, nn. 1 e 2, Regio Decreto 16/03/1942, n. 267 perche', in concorso tra loro e con (OMISSIS), quest'ultimo in qualita' di amministratore unico sino al 03/02/2012 della (OMISSIS) s.p.a., dichiarata fallita in data (OMISSIS), 14Lembo Giuseppe, (OMISSIS), (OMISSIS), in qualita' di amministratori di fatto della medesima societa', allo scopo di procurare a se' o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori, distruggevano o comunque sottraevano la documentazione cartacea, costituita dai fogli di cassa giornalieri, e la documentazione informatica, costituita dall'archivio dei dati inerenti la complessiva debitoria maturata dalla (OMISSIS) s.p.a. verso i risparmiatori che avevano acquistato i certificati al portatore di cui al capo A) e, comunque, non riportando nei bilanci ed in contabilita' la predetta esposizione debitoria - quantificata all'esito delle operazioni di censimento nella somma di Euro 647.900.502,00 - tenevano i libri e le altre scritture contabilii in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio societario o dei movimento degli affari. Con l'aggravante L.Fall., ex articolo 219 comma 1, per tutti gli imputati dei delitti di cui ai capi C), D), E), F), G), avendo causato un danno patrimoniale di rilevante gravita'. In (OMISSIS), fallimento dichiarato il (OMISSIS)". 5.2. Del tutto diversi i capi di imputazione contestati nel procedimento sfociato nella sentenza di applicazione della pena su richiesta: fatti contestati come commessi nell'ambito del fallimento della (OMISSIS) s.p.a., dichiarato il (OMISSIS), consistiti nella distrazione di "a. liquidita' per almeno 216 milioni di Euro, distribuita sotto forma di dividendi, fra il 2005 e il 2008, all'unico socio (OMISSIS) s.a., liquidita' da quest'ultimo riversata ai controllanti indiretti del trust...; b. il 22/7/05, liquidita' per Euro 141,6 mln, versata al socio (OMISSIS) s.a., dopo meno di un mese dal suo ingresso in societa', quale distribuzione della riserva da sovrapprezzo azioni; liquidita': in parte riveniente da finanziamento bancario per 158 milioni, con assunzione di garanzie ipotecarie a favore delle banche... girata da (OMISSIS) s.a. a (OMISSIS) s.p.a. quale parte del maggior prezzo di acquisto delle azioni (OMISSIS) spa; svantaggiosa operazione di sostituzione di mezzi propri... e straordinaria fuoriuscita di liquidita' con insostenibile indebitamento bancario; c. liquidita' per complessivi 11,181 milioni quali formali compensi ai dipendenti (OMISSIS): Euro 3,470 mln da Dicembre 2007 a dicembre 2012; (OMISSIS): Euro 3,485 da dicembre 2005 a dicembre 2012;... (OMISSIS): Euro 3,866 mln da dicembre 2005 a dicembre 2012 nonostante gli amministratori non avessero percepito alcun compenso. Con l'aggravante di cui alla L. Fall., articolo 219, comma 1, avendo cagionato un danno patrimoniale di rilevante gravita' (passivo 419,960 mln)". 6. Ed allora occorre conclusivamente ricordare che il termine "medesimo fatto", contenuto nel richiamato articolo 649 c.p.p., si riferisce al fatto tipico in tutti i suoi elementi costitutivi: condotta, evento e rapporto di causalita'. La giurisprudenza della Corte di Strasburgo richiama certo l'esigenza di un approccio ai singoli casi, valutando se i fatti all'origine del secondo reato siano identici o "sostanzialmente uguali" a quelli a fondamento del primo (Corte EDU, Grande Camera, 10/02/2009, Zolotukhine c. Russia); se siano riconducibili alla medesima "condotta" (Corte EDU 04/03/2014, Grande Stevens c. Italia); se siano tra loro "inestricabilmente connessi nel tempo e nello spazio", cioe' se vi sia "connessione sostanziale e nel tempo" dei fatti contestati (Corte EDU 16/04/2019, Bjarni Armannson c. Islanda). In una prospettiva tipicamente casistica come quella della giurisprudenza della Corte di Strasburgo, e' stato detto che la nozione di "same offence" ai sensi dell'articolo 4 del Protocollo n. 7 alla Convenzione Europea dei diritti dell'uomo va interpretata nel senso di rendere il diritto a non essere ri-giudicati "pratico ed effettivo" nelle condizioni attuali (Corte EDU 25/09/2009, Maresti c. Croazia). Ebbene, attenta dottrina ha posto in luce la circostanza per cui la nozione di "offence" (reato) pare essere incentrata - secondo l'interpretazione della Corte EDU - sulla condotta, laddove la nozione di "fatto" prevista dall'articolo 649 c.p.p. e' intesa - dalla giurisprudenza interna - come incentrata sugli elementi costitutivi del reato (cioe', dell'offence). L'apparente cortocircuito e' evitato dall'interpretazione della giurisprudenza, successiva alla sentenza n. 200/2016 della Corte costituzionale ed attenta alle sollecitazioni della Corte EDU, che invita a considerare il "fatto" come l'accadimento materiale, affrancato dal giogo dell'inquadramento giuridico. Occorre dunque procedere caso per caso a raffronto i diversi "fatti storici" contestati nei diversi procedimenti (per tutte v. Sez. 1, n. 42630 del 27/04/2022, Piccolomo, Rv. 283687 e Sez. 2, n. 52606 del 31/10/2018, Biancucci, Rv. 275518). Nella fattispecie concretamente sottoposta alla cognizione del collegio, e' evidente che si tratta di fatti diversi: diversa la compagine societaria coinvolta, diverso il fallimento, diverse le condotte contestate. 7. Alla declaratoria di inammissibilita' dei ricorsi consegue, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma, ritenuta congrua, di Euro tremila alla Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CASA Filippo - Presidente Dott. CALASELICE Barbara - Consigliere Dott. POSCIA Giorgio - rel. Consigliere Dott. CAPPUCCIO Daniele - Consigliere Dott. GALATI Vincenzo - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 16/07/2021 della CORTE APPELLO di LECCE; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. CAPPUCCIO DANIELE; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott.ssa CENICCOLA ELISABETTA, che ha concluso chiedendo: - per (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), dichiararsi l'inammissibilita' dei ricorsi; - per (OMISSIS), la rideterminazione della pena e l'inammissibilita' nel resto del ricorso; - per (OMISSIS), l'annullamento con rinvio limitatamente al capo C e il rigetto nel resto; - per i restanti ricorrenti, il rigetto dei ricorsi. uditi i difensori: avvocato (OMISSIS), difensore di (OMISSIS), il quale conclude riportandosi ai motivi di ricorso; - avvocato (OMISSIS), del foro di Roma, sostituto processuale dell'avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), il quale conclude chiedendo l'accoglimento dei motivi di ricorso; - avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), il quale conclude chiedendo l'accoglimento dei motivi dei ricorsi e deposita ulteriore memoria di udienza, reiterando l'eccezione di legittimita' costituzionale gia' sollevata preliminarmente; - avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), il quale conclude riportandosi ai motivi di ricorso; - avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), il quale conclude chiedendo l'accoglimento del ricorso; - avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), anche in qualita' di sostituto processuale dell'avvocato (OMISSIS), il quale conclude chiedendo l'accoglimento dei motivi di ricorso; - avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), (OMISSIS) e anche in qualita' di sostituto processuale dell'avvocato (OMISSIS), difensore di (OMISSIS), il quale conclude riportandosi ai motivi di ricorso; - avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), il quale conclude riportandosi ai motivi di ricorso e ne chiede l'accoglimento; - avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), il quale conclude chiedendo l'accoglimento dei motivi di ricorso; - avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), anche in qualita' di sostituto processuale dell'avvocato (OMISSIS), difensore di (OMISSIS) e (OMISSIS), il quale conclude insistendo nell'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Con sentenza del 16 luglio 2021 la Corte di appello di Lecce, pronunziandosi, in parziale riforma di quella emessa dal Giudice dell'udienza preliminare della stessa citta' il 17 dicembre 2019, sulle impugnazioni proposte, tra gli altri, da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), ha: assolto (OMISSIS) ed (OMISSIS) da alcuni addebiti; rideterminato le pene inflitte a (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); applicato a (OMISSIS) la pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici per cinque anni; rigettato gli appelli proposti da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Le menzionate sentenze sono state rese, all'esito di giudizio svoltosi nella forma del rito abbreviato, nell'ambito di un procedimento penale scaturito dall'indagine convenzionalmente nota come "Le Vele", avente ad oggetto l'attivita' di due associazioni a delinquere, mafiosa, l'una, finalizzata al narcotraffico, l'altra, oggetto di contestazione, rispettivamente, ai capi A) e B) della rubrica, ed una miriade di episodi qualificati ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73. 2. Premessa. La motivazione della sentenza impugnata si giova di una preliminare disamina di carattere generale, che verte su temi di interesse comune, relativi: all'apprezzamento delle fonti di prova, rappresentate, essenzialmente, dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, dagli esiti di diffusa attivita' di intercettazione telefonica ed ambientale e dai riscontri acquisiti grazie ad attivita' di polizia giudiziaria; alla sussistenza ed alle caratteristiche dei sodalizi criminosi; alle loro reciproche interazioni; all'eventuale qualificazione dei fatti Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, ex articolo 73 come di lieve entita'; all'applicabilita' delle circostanze attenuanti generiche ed al calcolo delle pene. Successivamente, la Corte di appello ha cura di esaminare le posizioni di ciascun imputato, alla luce delle risultanze del giudizio di primo grado e delle doglianze articolate con l'impugnazione. Tale tecnica redazionale consiglia di ancorare, anche in questa sede, la disamina dei motivi di ricorso - dei quali si dara' conto, in ossequio al disposto dell'articolo 173 disp. att. c.p.p., nei limiti strettamente necessari per la motivazione - alle posizioni individuali, operando, laddove necessario, gli opportuni rimandi. Ragioni di ordine sistematico e di economia processuale suggeriscono, nondimeno, di anticipare alcune generali considerazioni sul piano del metodo, dirette ad illustrare i criteri cui questo Collegio intende attenersi nella valutazione dei ricorsi proposti avverso la decisione della Corte territoriale. 2.1. Al riguardo, va precisato, innanzitutto, che nell'esaminare i motivi di impugnazione si procedera', all'occorrenza, ad una lettura integrata delle sentenze di primo e di secondo grado. I provvedimenti resi nelle fasi di merito integrano, infatti, una tipica ipotesi di c.d. "doppia conforme" sicche', secondo quanto chiarito dalla giurisprudenza di legittimita' (cfr., da ultimo, Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218), saldandosi quella di appello, nella sua struttura argomentativa, a quella di primo grado, sia attraverso ripetuti richiami a quest'ultima sia adottando gli stessi criteri nella valutazione delle prove, i provvedimenti possono essere letti congiuntamente, in vista del controllo di legittimita', costituendo un unico corpo decisionale (nello stesso senso, cfr. anche Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 257595; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, dep. 2012, Valerio, Rv. 252615; Sez. 3, n. 10163 del 01/02/2002, Lombardozzi, Rv. 221116). D'altro canto, a fronte dell'addebito, che molti ricorrenti muovono alla Corte di appello, relativo all'omissione di espresse risposte a tutte le doglianze compendiate nei motivi di appello, e' utile ricordare come, secondo un consolidato e condiviso indirizzo ermeneutico, "Nella motivazione della sentenza il giudice del gravame non e' tenuto a compiere un'analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una loro valutazione globale, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo, sicche' debbono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata" (Sez. 6, n. 34532 del 22/06/2021, Depretis, Rv. 281935 - 01; Sez. 6, n. 49970 del 19/10/2012, Muia', Rv. 254107 - 01). 2.2. Opportuno appare, inoltre, soffermarsi sui limiti del sindacato di legittimita' sulla motivazione dei provvedimenti oggetto di ricorso per cassazione, delineati dall'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e). Sul punto, e' necessario premettere, anzitutto, che il giudice della legittimita' non e' abilitato ad effettuare un'indagine sul discorso giustificativo della decisione, finalizzata a sovrapporre la propria valutazione a quella gia' effettuata dai giudici di merito, dovendo questa Corte limitarsi a verificare l'adeguatezza delle considerazioni svolte dal giudice di merito per giustificare il suo convincimento. Sono, pertanto, inammissibili le deduzioni critiche che si pongono in diretto confronto col materiale probatorio acquisito, sollecitandone un diverso apprezzamento da parte della Corte di cassazione, secondo lo schema tipico di un gravame di merito, il quale esula, tuttavia, dalle funzioni dello scrutinio di legittimita' (Sez. 6 n. 13442 dell'8/03/2016, De Angelis, Rv. 266924; Sez. 6 n. 43963 del 30/09/2013, Basile, Rv. 258153). Il sindacato demandato alla Corte di cassazione sulla motivazione della sentenza impugnata non puo', infatti, concernere ne' la ricostruzione del fatto, ne' il relativo apprezzamento, ma deve limitarsi al riscontro dell'esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilita' di una diretta rivisitazione delle acquisizioni processuali. Il controllo di legittimita' non e', in altri termini, diretto a sindacare l'intrinseca attendibilita' dei risultati dell'interpretazione delle prove, ne' a ripercorrere l'analisi ricostruttiva della vicenda processuale operata nei gradi anteriori, ma soltanto a verificare che gli elementi posti a base della decisione siano stati valutati seguendo le regole della logica e secondo linee giustificative adeguate, che rendano persuasive, sul piano della consequenzialita', le conclusioni tratte (Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074). La mancata rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali puo' essere dedotta quale motivo di ricorso qualora comporti il cosi' detto "travisamento della prova" (consistente nell'utilizzazione di un'informazione inesistente o nell'omissione della valutazione di una prova, accomunate dalla necessita' che il dato probatorio, travisato od omesso, abbia il carattere della decisivita' nell'ambito dell'apparato motivazionale sottoposto a critica), purche' siano indicate in maniera specifica ed inequivoca le prove che si pretende essere state travisate, nelle forme di volta in volta adeguate alla natura degli atti in considerazione, in modo da rendere possibile la loro lettura senza alcuna necessita' di ricerca da parte della Corte, e non ne sia effettuata una monca individuazione od un esame parcellizzato, e senza che l'esame abbia ad oggetto, invece che uno o piu' specifici atti del giudizio, il fatto nella sua interezza (Sez. 3, n. 38431 del 31/01/2018, Ndoja, Rv. 273911). Nel solco del richiamato indirizzo ermeneutico si innesta quello per il quale "Il vizio di travisamento della prova, desumibile dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti del processo specificamente indicati dal ricorrente, e', d'altro canto, ravvisabile ed efficace solo se l'errore accertato sia idoneo a disarticolare l'intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa dell'elemento frainteso o ignorato, fermi restando il limite del "devolutum" in caso di cosiddetta "doppia conforme" e l'intangibilita' della valutazione nel merito del risultato probatorio" (Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, S., Rv. 277758). Permane, al contrario, la non deducibilita', nel giudizio di legittimita', del travisamento del fatto, "stante la preclusione per la Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito" (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Ferri, Rv. 273217; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Minervini, Rv. 253099). La mancanza, l'illogicita' e la contraddittorieta' della motivazione, come vizi denunciabili in sede di legittimita', devono, peraltro, conseguire a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purche' il giudice di merito abbia spiegato le origini del maturato convincimento in modo logico ed adeguato e senza incorrere in vizi giuridici. 2.3. Da ultimo, essendo il compendio probatorio incentrato, come detto, su esiti di attivita' di intercettazione telefonica ed ambientale, e' utile richiamare il canonico orientamento di questa Corte, secondo cui, in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l'interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, e' questione di fatto rimessa all'apprezzamento del giudice di merito e si sottrae al giudizio di legittimita' se la valutazione risulta logica in rapporto alle massime di esperienza utilizzate e non inficiata da travisamenti (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715; Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, D'Andrea; Rv. 268389; Sez. 6, n. 46301 del 30/10/2013, Corso, Rv. 25816401). In sede di legittimita', infatti, e' possibile prospettare una interpretazione del significato di un'intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di merito soltanto in presenza del travisamento della prova, ovvero nel caso in cui il giudice di merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale, e la difformita' risulti decisiva e incontestabile (Sez. 3, n. 6722 del 21/11/2017, dep. 2018, Di Maro, Rv. 272558; Sez. 5, n. 7465 del 28/11/2013, dep. 2014, Rv. 259516; Sez. 6, n. 11189 del 08/03/2012, Asaro, Rv. 252190). Parimenti consolidato e' l'ulteriore orientamento della giurisprudenza di legittimita' stando al quale le dichiarazioni auto ed etero accusatorie registrate nel corso di attivita' di intercettazione regolarmente autorizzata hanno piena valenza probatoria e, pur dovendo essere attentamente interpretate e valutate, non necessitano degli elementi di corroborazione previsti dall'articolo 192 c.p.p., comma 3, (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263714; Sez. 5, n. 48286 del 12/07/2016, Cigliola, Rv. 268414). 3. Le posizioni individuali. (OMISSIS). E' stato condannato, in entrambi i gradi di giudizio, alla pena di quattro anni e due mesi di reclusione e 18.000 Euro di multa per avere acquistato, sino al dicembre 2015, da (OMISSIS) e (OMISSIS) varie partite di cocaina, del peso di 50-100 grammi alla volta, che egli avrebbe poi distribuito a terzi, in concorso con (OMISSIS) e (OMISSIS) (fatto contestato al capo P della rubrica). La prova dei fatti in contestazione e' tratta, in primis, dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS), il quale indica (OMISSIS) come uno dei soggetti che, da lui riforniti, si dedicavano allo spaccio di sostanza stupefacente in (OMISSIS), nella zona dell'(OMISSIS). 3.1. (OMISSIS) propone, con l'assistenza dell'avv. (OMISSIS), ricorso per cassazione affidato a tre motivi, con il primo dei quali deduce violazione della legge processuale e vizio di motivazione ascrivendo alla Corte di appello di avere affrontato il tema dell'attendibilita' di (OMISSIS), debitamente introdotto con i motivi di impugnazione, in modo stereotipato e sulla base di argomenti valevoli, indistintamente, per tutti i soggetti coinvolti. Cosi' facendo, obietta, i giudici di secondo grado - oltre ad omettere la dovuta considerazione dell'assenza di riscontri individualizzanti alle accuse di (OMISSIS) - avrebbero omesso di rispondere alla specifica doglianza difensiva concernente l'incidenza, sul complesso giudizio di affidabilita' del "pentito", della concomitanza tra l'avvio del suo percorso collaborativo, risalente al gennaio del 2016, e la gestione, da parte del chiamante in correita', di traffici criminosi che, proprio in relazione alla posizione di (OMISSIS) (il quale, tossicodipendente, si riforniva di stupefacente per soddisfare esigenze personali), si sarebbero protratti sino a quel periodo. Con il secondo motivo, il ricorrente eccepisce vizio di motivazione e violazione di legge per avere la Corte di appello trattato la doglianza vertente sulla lieve entita' delle condotte di narcotraffico in chiave collettiva e senza rivolgere autonoma considerazione alla sua posizione, cosi' come a quella dei coimputati. Per tale via, il giudice di merito si sarebbe addentrato lungo meandri argomentativi affetti da un irredimibile deficit razionale, legato alla diversita', per quantita' e qualita', delle sostanze stupefacenti indicate in ciascun capo di imputazione, ed avrebbe, per di piu', legato la valutazione al mero dato ponderale - persino in relazione a fatti la cui descrizione e' priva, sul punto, di utili riferimenti - trascurando, invece, gli altri indicatori all'uopo rilevanti, quali la modalita' della condotta e le circostanze dell'azione. Aggiunge, da un canto, che, nel caso di specie, non puo' escludersi, in assenza di accertamenti di natura tecnica, che la sostanza commerciata contenesse modeste percentuali di principio attivo, cio' che avrebbe dovuto indurre la Corte di appello, nell'ottica del favor rei (e tanto piu' in ragione della sua condizione di tossicomane, che lo ha portato a destinare al proprio consumo almeno parte della sostanza ricevuta da (OMISSIS)), a sancire la lieve entita' del fatto, e denuncia, dall'altro, l'illogicita' della menzione, da parte della Corte di appello e quale fattore esclusivo dell'invocata lieve entita', della "comprovata capacita' degli appellanti di diffondere in modo non occasionale la sostanza", che, per disposto normativo, non e' incompatibile con la qualificazione dei singoli fatti, persino se costantemente reiterati, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, comma 5. Ne', rileva, ancora, il ricorrente, puo' assegnarsi, nell'ottica della qualificazione giuridica, valenza decisiva all'inserimento delle condotte di piccolo spaccio al minuto in una piu' ampia cornice di carattere associativo, cui egli e' risultato estraneo. Con il terzo ed ultimo motivo, (OMISSIS) lamenta violazione di legge e vizio di motivazione per avere la Corte di appello disatteso l'impugnazione, in punto di diniego delle circostanze attenuanti generiche, sulla scorta di considerazioni generiche in quanto estese, cumulativamente, a tutti gli imputati e senza tener conto del suo, non particolarmente allarmante, profilo di personalita' (egli e', invero, incensurato) e della ridotta gravita' della condotta, aspetti che erano stati puntualmente e specificamente dedotti a sostegno della riforma della decisione di primo grado. 3.2. Le censure sono inammissibili perche' manifestamente infondate. La Corte di appello, alle pagg. 5-9 della sentenza impugnata, ha affrontato funditus, riprendendo quanto gia' affermato dal Giudice dell'udienza preliminare alle pagg. 27-29 della decisione di primo grado, il nodo dell'attendibilita' di (OMISSIS), che ha sciolto positivamente in considerazione: della genesi della collaborazione; della linearita' delle dichiarazioni; dell'assenza di ragioni tali da lasciare ipotizzare l'intenzionale ricorso alla calunnia; dell'acquisizione di convenienti riscontri di matrice esterna, nel caso di (OMISSIS) costituiti dalle conversazioni, dal tenore assolutamente eloquente, captate tra il 18 settembre ed il 16 dicembre 2015. Ha, al contempo, replicato all'obiezione mossa da (OMISSIS), che la ripropone con il primo motivo di ricorso per cassazione, vertente sulla stretta consequenzialita' temporale tra le attivita' illecite oggetto di contestazione, delle quali (OMISSIS) e' stato primario protagonista, che si spingono sino alla fine del 2015, e l'avvio, da parte del correo, del percorso di collaborazione con la giustizia, segnato dall'interrogatorio dell'11 gennaio 2016. I giudici di appello hanno spiegato, in proposito, che la successione degli eventi non e' caratterizzata dalla adombrata sovrapposizione di comportamenti, sintomo di opacita' nell'atteggiamento di (OMISSIS), il quale, piu' semplicemente, si e' determinato a riferire quanto a sua conoscenza alle autorita' in un frangente temporalmente posteriore, ancorche' contiguo, rispetto all'epoca dei delitti commessi sotto il suo impulso e con il suo concorso. Palesemente privo di pregio e', altresi', il secondo motivo, vertente sulla congruita' della motivazione sottesa al rigetto della doglianza concernente la qualificazione del fatto ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, comma 5. La Corte di appello ha affrontato la questione, in termini complessivi, alle pag. 19-21 della sentenza impugnata, richiamando i pertinenti indirizzi della giurisprudenza di legittimita' e stimando l'insussistenza, nella fattispecie, degli elementi di fatto al cui cospetto la condotta illecita puo' dirsi di lieve entita'. I rilievi svolti dai giudici di merito trovano, del resto, rispondenza nelle emergenze istruttorie relative all'azione di (OMISSIS), che mettono in luce un commercio reiterato (le intercettazioni documentano, invero, almeno tre transazioni, cosi' confermando quanto esposto da (OMISSIS)), e quindi non estemporaneo ne' occasionale, di partite di cocaina, il cui peso e' indicato dal collaboratore nell'ordine di 50-100 grammi per volta e dalla cui consegna sono generate, a carico dell'acquirente, obbligazioni pecuniarie stimabili nell'ordine delle centinaia o, addirittura, delle migliaia di Euro, dalle conversazioni evincendosi, in particolare, che (OMISSIS), in un caso, ha corrisposto 800 Euro e, in un altro, e' stato sollecitato al versamento di 1.500 Euro. Incensurabile appare, dunque, la decisione impugnata nella parte in cui ha escluso che i fatti commessi da (OMISSIS) fossero espressivi di ridotta offensivita'. L'ultimo motivo di ricorso verte sulla congruita' della motivazione adottata dai giudici di merito per escludere l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche, che l'imputato, si sostiene, avrebbe meritato perche' incensurato e, quindi, titolare di un profilo di personalita' non particolarmente allarmante. Cosi' facendo, invoca, a dispetto di quanto affermato, una diversa e piu' favorevole interpretazione di circostanze di fatto delle quali i giudici del merito hanno fornito una lettura aliena dall'ipotizzato travisamento della prova. Premesso che e' pacifico, in giurisprudenza, che "In tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione e' insindacabile in sede di legittimita', purche' sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'articolo 133 c.p., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione" (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269), va attestato che la Corte di appello ha indicato, alla pag. 22 della motivazione della sentenza impugnata, le ragioni che precludono, nei confronti di tutti gli imputati, la mitigazione del trattamento sanzionatorio, ravvisate, per quanto riguarda la posizione di (OMISSIS), nell'assenza di segno alcuno di resipiscenza o di altro elemento suscettibile di positiva valutazione e nell'omesso contributo alla ricostruzione dei fatti. Un iter argomentativo, quello sviluppato dalla Corte di appello, che si mantiene all'interno della fisiologica discrezionalita' e che non soffre delle incoerenze segnalate dal ricorrente il quale, va ancora una volta ribadito, sollecita un intervento che il giudice di legittimita' non puo' compiere al cospetto di una motivazione esente da vizi logici e che tiene debitamente conto delle conquiste processuali. Al riguardo, pertinente si rivela, del resto, il richiamo al condiviso indirizzo ermeneutico secondo cui "Al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice puo' limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall'articolo 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicche' anche un solo elemento attinente alla personalita' del colpevole o all'entita' del reato ed alle modalita' di esecuzione di esso puo' risultare all'uopo sufficiente" (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269) e "In tema di diniego della concessione delle attenuanti generiche, la "ratio" della disposizione di cui all'articolo 62 bis c.p. non impone al giudice di merito di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo, invece, sufficiente l'indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti" (Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, Rv. 265826). 4. (OMISSIS). E' stato condannato, in secondo grado, alla pena di quattro anni di reclusione e 14.000 Euro di multa per avere partecipato, insieme a (OMISSIS) e (OMISSIS), a numerose transazioni di cocaina, nella misura di 500-1000 grammi per volta (capo G) e, in una specifica occasione, di circa 1.500 grammi, nonche' per avere acquistato, da (OMISSIS) e per il tramite di (OMISSIS), alcune partite di hashish (capo G1). Ha rinunziato, nel corso del giudizio di appello, ai motivi di impugnazione diversi da quelli attinenti al trattamento sanzionatorio. 4.1. Propone, con il ministero dell'avv. (OMISSIS), ricorso per cassazione affidato a due motivi, con il primo dei quali ascrive alla Corte di appello, in chiave di violazione di legge e vizio di motivazione, di avere erroneamente ritenuto che la formulata, parziale rinunzia ai motivi di impugnazione si estendesse anche a quelli afferenti qualificazione giuridica dei fatti accertati - che, in realta', attengono al trattamento sanzionatorio e, pertanto, devono intendersi esclusi dalla rinunzia - e di avere, quindi, indebitamente omesso di vagliare le doglianze articolate con l'atto di appello in ordine alla qualificazione del fatto ai sensi del comma 4, quanto alla natura della sostanza commerciata, e comma 5, in relazione alla lieve entita', del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73. Rileva, a questo proposito, che i fatti avrebbero dovuto essere ricondotti all'ipotesi di lieve entita' in ragione della mancanza di dati certi in ordine alla quantita' e alla natura della sostanza stupefacente ed in ossequio, pertanto, al canone in dubio pro reo; obietta, ulteriormente, che egli, lungi dal poter contare su un'ampia struttura che gli consentisse di creare una fitta rete di rapporti commerciali per lo spaccio di sostanze stupefacenti, ricorreva, piuttosto, a mezzi domestici e grossolani, sintomatici dell'assenza di una vera e propria organizzazione, sicche' illogico si palesa, anche sotto questo aspetto, il richiamo, da parte della Corte di appello, a considerazioni dedicate, in modo indistinto e cumulativo, alla totalita' degli imputati. Con il secondo ed ultimo motivo, (OMISSIS) eccepisce vizio di motivazione per avere la Corte di appello, a seguito dell'applicazione delle circostanze attenuanti generiche, ridotto la pena base e non anche quella stabilita a titolo di continuazione interna (cioe' per i residui episodi contestati al capo G) ed esterna (ovvero per i fatti contestati sub G1). 4.2. All'udienza del 17 novembre il ricorrente ha eccepito, tramite il difensore ed in via subordinata rispetto alla principale richiesta di rinvio della trattazione dei ricorsi, l'illegittimita' costituzionale del Decreto Legge 31 ottobre 2022, articolo 6, per contrasto con l'articolo 73, comma 3, articolo 77, articoli 3 e 117 Cost., nella parte in cui ha differito l'entrata in vigore della normativa che, tra l'altro, incide sul regime di procedibilita' di taluni reati. Il Collegio la ha dichiarata inammissibile, con provvedimento reso a verbale, con il quale ha, al contempo, disatteso la richiesta di differimento dell'udienza, mutuata da tutti i difensori presenti. Nel rassegnare le conclusioni, il difensore di (OMISSIS) ha reiterato, anche nell'interesse di (OMISSIS), l'eccezione di legittimita' costituzionale del citato articolo 6 deducendo, stavolta, l'irragionevolezza del differimento, con disposizione di urgenza, della disciplina che amplia l'ambito di applicazione delle sanzioni sostitutive previste dalla L. 24 novembre 1981, n. 689. Trattasi, deve nondimeno rilevarsi, di questione inammissibile perche' introdotta sul postulato - meramente enunciato e non assistito dal benche' minimo sostegno argomentativo - dell'insussistenza di ragioni di straordinaria necessita' ed urgenza, che il legislatore ha, invece, rinvenuto nell'esigenza di informare a canoni di razionalita' la programmazione e l'attuazione degli interventi di supporto al piu' ampio ricorso alle misure alternative alla detenzione, avuto riguardo, in particolare, ad una misura transitoria, quale il Decreto Legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, articolo 95, presumibilmente suscettibile di determinare la concentrazione di un elevato numero di istanze in un arco temporale circoscritto. 4.3. Il ricorso e' manifestamente infondato. La giurisprudenza di legittimita' e' ferma nel ritenere che "La rinuncia parziale ai motivi d'appello determina il passaggio in giudicato della sentenza gravata limitatamente ai capi oggetto di rinuncia, onde e' inammissibile il ricorso per cassazione con il quale si propongono censure attinenti ai motivi d'appello rinunciati e non possono essere rilevate d'ufficio le questioni relative ai medesimi motivi. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto preclusa la possibilita' di proporre o rilevare d'ufficio, in sede di legittimita', questioni attinenti alla qualificazione giuridica dei fatti, avendo l'imputato rinunciato ai motivi di appello relativi all'affermazione della responsabilita' penale)" (Sez. 2, n. 47698 del 18/09/2019, Amabile, Rv. 278006 - 01). L'applicazione di tale condiviso principio conduce a smentire l'assunto formulato, con il primo motivo, dal ricorrente, il quale riporta alla macroarea del trattamento sanzionatorio la tematica della qualificazione giuridica della condotta che, in realta', investe la responsabilita' dell'imputato e solo in via indiretta la determinazione della pena, sicche' deve logicamente inferirsi che (OMISSIS), all'atto di formalizzare la rinunzia ai motivi di appello diversi da quelli relativi al trattamento sanzionatorio, tenne fermi esclusivamente quelli che investivano l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche e la concreta commisurazione della pena base e degli aumenti per la continuazione. Per quanto concerne il secondo motivo, occorre innanzitutto ricordare, in diritto, che "In tema di divieto di "reformatio in peius", il giudice di appello che, accogliendo il motivo di gravame proposto dal solo imputato riguardante una regiudicanda integrata da piu' reati unificati dal vincolo della continuazione, riconosca l'esistenza di una circostanza attenuante in precedenza negata ed influente sia sulla pena base che su altri elementi rilevanti per il calcolo, deve necessariamente ridurre la pena complessivamente inflitta con riferimento al reato base e ai reati satellite salvo che per questi ultimi venga confermato, con adeguata motivazione, l'aumento in precedenza disposto e fermo restando che il risultato finale dell'operazione si concluda con l'irrogazione di una pena complessiva corrispondentemente diminuita rispetto a quella in precedenza irrogata" (Sez. 3, Sentenza n. 3214 del 22/10/2014, dep. 2015, A., Rv. 262021 - 01; Sez. 2, n. 45973 del 18/10/2013, A., Rv. 257522 - 01; Sez. 6, n. 45866 del 15/05/2012, Costanzo, Rv. 254129 - 01). Nel caso di specie, il giudice di appello si e' orientato, a dispetto di quanto eccepito dal ricorrente, in ossequio al predetto canone ermeneutico giacche', dopo avere ridotto la pena base per il piu' grave degli episodi contestati a (OMISSIS) al capo G) (da sei anni di reclusione e 25.822 Euro di multa a quattro anni di reclusione e 18.000 Euro di multa), ha applicato, per la continuazione interna al capo G), l'aumento di un anno di reclusione e 2.000 Euro di multa, inferiore, nella parte pecuniaria, a quello stabilito del Giudice dell'udienza preliminare (un anno di reclusione e 4.178 Euro di multa), nonche', per la continuazione con il reato di cui al capo G1), l'aumento di un anno di reclusione e 1.000 Euro di multa, pure inferiore, nella parte pecuniaria, a quello stabilito del Giudice dell'udienza preliminare (un anno di reclusione e 3.000 Euro di multa). 5. (OMISSIS). E' stato condannato, in entrambi i gradi di giudizio, alla pena, condizionalmente sospesa, di un anno e otto mesi di reclusione e 4.000 Euro di multa per avere acquistato, unitamente a (OMISSIS) e (OMISSIS), tre kg. di marijuana, ceduti da (OMISSIS) e (OMISSIS), per il tramite di (OMISSIS) ed il prezzo di 10.000 Euro (episodio contestato al capo 12). La prova del fatto viene tratta, oltre che dalle dichiarazioni accusatorie di (OMISSIS) - il quale ha riferito di avere ceduto 5 kg. di "erba", consegnata da un soggetto di nazionalita' albanese, a (OMISSIS) e (OMISSIS), che la hanno pagata in contanti al prezzo di 2.400 Euro al kg. - dalle conversazioni intercettate, nelle quali (OMISSIS) e' stato identificato grazie all'indicazione del nome di battesimo e del rapporto di parentela con lo zio (OMISSIS). 5.1. (OMISSIS) propone, con il patrocinio dell'avv. (OMISSIS), ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. Con il primo motivo, lamenta violazione di legge e vizio di motivazione per essere i giudici di merito pervenuti a conclusioni manifestamente illogiche in ordine: alla sua identificazione, operata sulla base di elementi privi di effettiva attitudine dimostrativa; alla qualita' della sostanza stupefacente trafficata ed alla sua quantita', profilo su cui, peraltro, si registra una notevole divergenza tra le informazioni offerte da (OMISSIS) e quelle tratte dalle intercettazioni; alle modalita' esecutive del reato, ovvero al tempo ed al luogo della cessione, al pagamento del prezzo, all'intervento di (OMISSIS), alla corresponsione in suo favore dell'aggio indicato nella misura di 250 Euro. Il ricorrente obietta, precipuamente, che, discorrendosi di "droga parlata", l'affermazione della penale responsabilita' avrebbe dovuto essere preceduta da un accertamento ben piu' solido in ordine agli elementi costitutivi del reato ipotizzato e del ruolo svolto di ciascuno dei soggetti coinvolti. Con il secondo motivo, denuncia carenza di motivazione e violazione di legge in ordine all'omessa qualificazione del fatto ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, comma 5, che avrebbe dovuto discendere dall'assenza di precise cognizioni in merito a quantita' e potenzialita' stupefacente della sostanza che si assume essere stata oggetto di illecito commercio. Con il terzo motivo, si duole dell'omessa applicazione delle circostanze attenuanti generiche, che egli avrebbe meritato perche' incensurato e coinvolto, per di piu' in misura del tutto marginale, in un unico episodio, che impegna, peraltro, un torno di tempo assai circoscritto. Con il quarto motivo, lamenta che, pur a fronte della contestazione di un unico fatto illecito, sia stata applicata la disciplina del reato continuato. 5.2. I primi tre motivi sono infondati. 5.2.1. La Corte di appello e' pervenuta all'identificazione di (OMISSIS) sulla scorta di quanto narrato da (OMISSIS) a (OMISSIS), coinvolto nel traffico illecito e zio dell'odierno ricorrente, in ordine alla destinazione allo "zio" di parte della somma che " (OMISSIS)", soggetto che si serviva dell'utenza (OMISSIS) e, secondo quanto emerso dalle indagini, concorrente nel reato, aveva tratto da una transazione illecita. Il ricorrente contesta la valenza indiziaria delle parole di (OMISSIS), delle quali i giudici di merito hanno, tuttavia, offerto una interpretazione che sfugge al sindacato di legittimita' nella parte in cui assume che (OMISSIS), nel rivolgersi a (OMISSIS), abbia inteso individuare in lui - che di (OMISSIS) e' effettivamente zio - lo "zio" cui " (OMISSIS)", a questo punto logicamente individuato nell'odierno ricorrente, ha inteso riversare (tramite lo stesso (OMISSIS) che, in quel frangente, stava consegnando a (OMISSIS), su incarico di " (OMISSIS)", il denaro) il profitto dell'azione criminosa. Tanto, peraltro, in coerenza con le dichiarazioni rese da (OMISSIS), evocate anche nel ricorso di (OMISSIS), espressamente indicato dal collaboratore di giustizia come destinatario di una partita di "erba" da lui trafficata, che concorrono ad attestare la correttezza dell'operata identificazione. Tetragone alle obiezioni difensive sono, del pari, le considerazioni che la Corte di appello dedica alle coordinate del reato, ricavate: dall'impiego di linguaggio criptico (si pensi, tra l'altro, all'incongruo riferimento ad una "macchina" "bella" o "blindata") sintomatico dell'oggetto illecito della transazione; dal riferimento, nelle conversazioni intercorse tra gli acquirenti, alla ferma volonta' di acquistare, disponendo della relativa provvista economica, tre kg. di sostanza stupefacente; dalla reiterata menzione, nelle conversazioni analiticamente riportate dal Giudice dell'udienza preliminare alle pagg. 89-93 della sentenza di primo grado, di valori quantitativi coerenti con l'individuazione in tre kg. di marijuana dell'oggetto della compravendita ed in 10.000 Euro del prezzo corrisposto; dalla ricostruzione, in termini non manifestamente illogici ne' contraddittori e, per le ragioni illustrate al paragrafo 2, qui insindacabili, delle modalita' di svolgimento della vicenda. Ancor piu' rilevante appare, nell'ottica considerata, la complessiva sovrapponibilita' tra l'esegesi dell'episodio compiuta dai giudici di merito e le dichiarazioni rese, al riguardo, da (OMISSIS) il quale, pur indicando quantita' e prezzo non corrispondenti (5 kg., per il prezzo di 2.400 Euro al kg, anziche' 3 kg., per un controvalore di 10.000 Euro), ha confermato, nell'interrogatorio dell'8 febbraio 2016, di avere rifornito (OMISSIS) di marijuana, cosi' offrendo una chiave di lettura della vicenda sicuramente utile a fugare le perplessita' espresse dal ricorrente. A fronte di un apparato argomentativo esente da tangibili falle razionali e coerente con le emergenze istruttorie, il ricorrente articola, infatti, censure che, per quanto radicali, non si emancipano da una prospettiva finalizzata alla rivalutazione di un compendio indiziario, ovvero a stimolare un'operazione che, per le ragioni gia' esposte, e' inibita al giudice di legittimita', abilitato alla cassazione delle decisioni di merito solo al cospetto di profili di manifesta illogicita' e contraddittorieta', nel caso di specie insussistenti. 5.2.2. Le conclusioni raggiunte dalla Corte di appello in ordine a natura, quantita' e valore della sostanza stupefacente acquistata da (OMISSIS) valgono, in uno, ad attestare l'infondatezza del secondo motivo di ricorso, che non tiene conto di quanto statuito dalla Corte di appello alle pagg. 19-21 della sentenza impugnata, in termini complessivi ma che senz'altro si attagliano alla posizione dell'imputato de quo agitur, in ordine, tra l'altro, all'incidenza, sull'apprezzamento del coefficiente di offensivita' del fatto, del dato ponderale che, nel caso in esame, e' tanto rilevante - secondo quanto confermato, del resto, dal valore della sostanza stupefacente - da escludere, a prescindere dalla determinazione del grado di purezza, cioe' dalla percentuale di principio attivo in essa contenuto, la qualificazione del fatto come di lieve entita'. 5.2.3. Il terzo motivo di ricorso verte sulla congruita' della motivazione adottata dai giudici di merito per escludere l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche, che l'imputato, si sostiene, avrebbe meritato perche' incensurato e per la marginalita', nell'economia complessiva dell'indagine, del ruolo da lui svolto, peraltro in un torno di tempo assai ristretto. Cosi' facendo, invoca, a dispetto di quanto affermato, una diversa e piu' favorevole interpretazione di circostanze di fatto delle quali i giudici del merito hanno fornito una lettura aliena dall'ipotizzato travisamento della prova. Premesso che e' pacifico, in giurisprudenza, che "In tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione e' insindacabile in sede di legittimita', purche' sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'articolo 133 c.p., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione" (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269), va attestato che la Corte di appello ha indicato, alla pag. 22 della motivazione della sentenza impugnata, le ragioni che precludono, nei confronti di tutti gli imputati, la mitigazione del trattamento sanzionatorio, ravvisate, per quanto riguarda la posizione di (OMISSIS), nell'assenza di segno alcuno di resipiscenza o di altro elemento suscettibile di positiva valutazione e nell'omesso contributo alla ricostruzione dei fatti. Un iter argomentativo, quello sviluppato dalla Corte di appello, che si mantiene all'interno della fisiologica discrezionalita' e che non soffre delle incoerenze segnalate dal ricorrente il quale, va ancora una volta ribadito, sollecita un intervento che il giudice di legittimita' non puo' compiere al cospetto di una motivazione esente da vizi logici e che tiene debitamente conto delle conquiste processuali. Al riguardo, pertinente si rivela, del resto, il richiamo al condiviso indirizzo ermeneutico secondo cui "Al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice puo' limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall'articolo 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicche' anche un solo elemento attinente alla personalita' del colpevole o all'entita' del reato ed alle modalita' di esecuzione di esso puo' risultare all'uopo sufficiente" (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv, 279549; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269) e "In tema di diniego della concessione delle attenuanti generiche, la "ratio" della disposizione di cui all'articolo 62 bis c.p. non impone al giudice di merito di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo, invece, sufficiente l'indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti" (Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, Rv. 265826). 5.3. Il quarto ed ultimo motivo di ricorso e', invece, fondato. (OMISSIS) e' stato tratto a giudizio e condannato per avere posto essere una condotta che, stando alla descrizione operata al capo 12), si e' esaurita nell'acquisto e nella ricezione di una partita di marijuana destinata alla cessione a terzi. Appare, pertanto, del tutto evidente che il riferimento, in rubrica, all'articolo 81 c.p., comma 2, ed alla pluralita' di azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, non puo' che attenere - dal punto di vista logico, prima ancora che letterale, ed a prescindere dalla sua pertinenza - agli imputati, quale (OMISSIS), che, diversamente da (OMISSIS), rispondono sia della detenzione illecita che della cessione della sostanza stupefacente. Coglie, quindi, nel segno il ricorrente nel lamentare l'illegittimita' dell'operato aumento per la continuazione, cui va posto rimedio mediante l'annullamento senza rinvio, limitatamente a detto profilo, della sentenza impugnato, con eliminazione della menzionata quota di pena - fissata, gia' dal primo giudice ed al lordo della riduzione per la scelta del rito abbreviato, in sei mesi di reclusione e 836 Euro di multa - e rideterminazione della sanzione in un anno e quattro mesi di reclusione e 3.442,66 Euro di multa (pena base: due anni di reclusione e 5.164 Euro di multa, ridotta di un terzo ex articolo 442 c.p.p.). 6. (OMISSIS). E' stato condannato, in entrambi i gradi di giudizio, alla pena di sei anni ed otto mesi di reclusione per la partecipazione all'associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico contestata al capo B) della rubrica. Identificato nel soggetto indicato, nelle conversazioni intercettate, come il "cinese", la sentenza impugnata ne tratteggia i legami con (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) e valorizza la portata probatoria di dialoghi dal tenore allusivo, dei quali egli e' protagonista o nei quali egli viene menzionato. 6.1. Propone, con l'assistenza dell'avv. (OMISSIS), ricorso per cassazione articolato su due motivi, con il primo dei quali deduce violazione di legge e vizio di motivazione sul rilievo dell'inidoneita' degli elementi raccolti a suo carico ad attestarne, con il prescritto coefficiente di certezza, la militanza associativa. L'ipotesi accusatoria, che gli assegna compiti di distribuzione di sostanze stupefacenti per conto di (OMISSIS), sarebbe, nota il ricorrente, inconsistente, vista l'assenza di espliciti elementi di colpevolezza in ordine a qualsivoglia ipotesi concreta di cessione: egli non risponde, invero, di reati-fine, rientranti nel programma criminoso del sodalizio del quale avrebbe fatto parte, cio' che, tanto piu' in ragione dell'assenza di dichiarazione rese a suo carico dal collaboratore di giustizia (OMISSIS), avrebbe imposto particolare rigore nell'accertamento degli elementi costitutivi del reato oggetto di addebito. I giudici di merito, continua il ricorrente, si sono limitati ad analizzare le conversazioni intercettate, senza dar conto dell'esito infruttuoso dei controlli effettuati dalle forze dell'ordine su luoghi e persone e, dunque, della carenza di validi riscontri all'ipotesi investigativa. Con il secondo motivo, lamenta, ancora, violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche, giustificato sulla base di considerazioni illogiche perche' collegate esclusivamente, al suo curriculum criminale e senza tenere nella dovuta considerazione, per contro, la specificita' del contributo da lui offerto alla causa associativa. 6.2. Il ricorso e' inammissibile perche' imperniato su contestazioni manifestamente infondate o non consentite. La Corte di appello, alle pagg. 10-17 della sentenza impugnata, ha respinto le obiezioni mosse dagli imputati che sono stati condannati per aver fatto parte dell'associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico contestata al capo B) della rubrica. Ha, in specie, ritenuto che le emergenze istruttorie attestino, in primo luogo, la riconducibilita' del fenomeno illecito oggetto di osservazione al paradigma descritto dal Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 74, ricostruito in ossequio agli indici enucleati, nel tempo, dalla giurisprudenza di legittimita'. Ha ricordato, in fatto, che l'indagine ha messo in luce la circolarita' dei rapporti tra (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche' quelli tra (OMISSIS) ed i fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS), oltre che la costante presenza di (OMISSIS), braccio destro di (OMISSIS) e fedele esecutore delle sue disposizioni. Ha aggiunto che la multilateralita' delle relazioni tra i soggetti coinvolti ha reso evidente a ciascuno di loro che l'attivita' posta in essere andava ad iscriversi nella piu' vasta cornice dell'azione coordinata di un gruppo organizzato e che l'emersione, in alcuni casi, di stabili conti di dare ed avere tra i fornitori dell'associazione e la preferenza manifestata per l'immediata regolazione, in contanti, delle transazioni costituiscono ulteriore riscontro della dimensione permanente e collettiva degli illeciti accertati. La compagine, in altri termini, operava, secondo la prospettiva delineata dai giudici di merito, affidando la responsabilita' dei contatti con i fornitori a (OMISSIS), coadiuvato da (OMISSIS), a (OMISSIS), il quale si avvaleva di (OMISSIS) e (OMISSIS), ed ai germani (OMISSIS), assistiti da correi la cui posizione e' stata separatamente definita. Tangibile era, d'altro canto, il tratto organizzativo, connesso alla continuita' degli approvvigionamenti, garantiti da una pluralita' di canali, e dell'attivita' di distribuzione, resa possibile dalle collaterali operazioni finalizzate alla custodia dello stupefacente e seguita dalle iniziative propedeutiche al recupero dei crediti maturati ed all'avvio di nuovi investimenti; il tutto, in un contesto segnato dalla limitata autonomia dei singoli, chiamati a rendere conto ai referenti di ogni, anche minimo, cambio di programma e pronti a recepire le direttive o concordare le future strategie. Con precipuo riferimento a (OMISSIS), la Corte salentina ha posto l'accento sulle conversazioni attestanti la sua familiarita' con (OMISSIS), su incarico del quale egli non esita a curare il recupero di crediti derivanti da pregresse transazioni di stupefacente, dei quali (OMISSIS) deve, a sua volta, dar conto a (OMISSIS). (OMISSIS) e', al contempo, legato a (OMISSIS), il quale si rivolge nei suoi confronti con toni di perentorieta' tale da lasciare trasparire un chiaro rapporto di subordinazione gerarchica. Il dialogo intercorso tra (OMISSIS) e (OMISSIS) all'esito della perquisizione subita dal primo il 29 ottobre 2015 attesta, poi, il comune coinvolgimento in attivita' tali da suscitare l'interesse degli investigatori. Il percorso argomentativo che ha condotto i giudici di merito ad inferire la partecipazione associativa di (OMISSIS) si giova, dunque, della considerazione, per un verso, della figura di (OMISSIS), attivo componente del sodalizio e gestore, in posizione di responsabilita', di almeno una parte dei traffici del gruppo, per la cui conduzione si avvale, tra gli altri, di (OMISSIS) - il quale, si rammenta, e' stato condannato anche per un'ipotesi Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, ex articolo 73 - che, a sua volta, opera in sostanziale simbiosi con (OMISSIS). La sinergica valutazione di tali elementi con la riscontrata esistenza di rapporti, pure di presumibile natura illecita, tra (OMISSIS) e (OMISSIS) - il quale, come confermato anche da (OMISSIS), e' pure a pieno titolo intraneo alla compagine criminosa - supporta, dunque, la convinzione, espressa dai giudici di merito, che l'imputato sia stato stabilmente inserito in essa, con piena coscienza dell'esistenza del gruppo e dei connessi profili organizzativi, ed animato da sicura affectio societatis. La Corte di appello e' pervenuta a conclusioni aliene da travisamenti di emergenze istruttorie che sono state interpretate in modo non manifestamente illogico ne' contraddittorio, senza, per contro, debordare dai poteri riconosciuti, in via esclusiva, al giudice di merito. Rebus sic stantibus, il ricorrente articola, con il primo motivo, obiezioni che non valgono ad incrinare la tenuta logica del provvedimento impugnato. Evidenzia, in primo luogo, l'assenza di prova in ordine alla commissione di reati-fine, circostanza che, in linea di principio, non osta all'affermazione della penale responsabilita' per quello associativo e che, in ipotesi, puo' ben discendere dalla frammentarieta' delle informazioni assunte circa la condotta illecita dell'imputato che, non rapportabili, con il prescritto coefficiente di certezza, ad uno o piu' specifici delitti Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, ex articolo 73, sono, nondimeno, ad un esame congiunto, dimostrativi, al di la' di ogni ragionevole dubbio, di sicura militanza associativa. Rimarca, ulteriormente, che (OMISSIS) non ha reso dichiarazioni accusatorie a suo carico, cio' che, pero', puo' agevolmente spiegarsi con l'articolata composizione della consorteria, ramificata in piu' sottogruppi, e la peculiare natura dell'ausilio prestato da (OMISSIS), in posizione defilata ed in combutta, principalmente, con l'alter ego (OMISSIS) e con (OMISSIS). 6.3. Il secondo ed ultimo motivo di ricorso verte sulla congruita' della motivazione adottata dai giudici di merito per escludere l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche, che l'imputato, si sostiene, avrebbe meritato per avere offerto all'associazione un ridotto contributo causale. Cosi' facendo, invoca, a dispetto di quanto affermato, una diversa e piu' favorevole interpretazione di circostanze di fatto delle quali i giudici del merito hanno fornito una lettura aliena dall'ipotizzato travisamento della prova. Premesso che e' pacifico, in giurisprudenza, che "In tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione e' insindacabile in sede di legittimita', purche' sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'articolo 133 c.p., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione" (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269), va attestato che la Corte di appello ha indicato, alla pag. 22 della motivazione della sentenza impugnata, le ragioni che precludono, nei confronti di tutti gli imputati, la mitigazione del trattamento sanzionatorio, ravvisate, per quanto riguarda la posizione di (OMISSIS), nell'assenza di segno alcuno di resipiscenza o di altro elemento suscettibile di positiva valutazione e nell'omesso contributo alla ricostruzione dei fatti, nonche' nelle negative indicazioni che si traggono dal certificato del casellario giudiziale, che reca menzione di condanne espressive di particolare proclivita' a delinquere. Un iter argomentativo, quello sviluppato dalla Corte di appello, che si mantiene all'interno della fisiologica discrezionalita' e che non soffre delle incoerenze segnalate dal ricorrente il quale, va ancora una volta ribadito, sollecita un intervento che il giudice di legittimita' non puo' compiere al cospetto di una motivazione esente da vizi logici e che tiene debitamente conto delle conquiste processuali. Al riguardo, pertinente si rivela, del resto, il richiamo al condiviso indirizzo ermeneutico secondo cui "Al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice puo' limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall'articolo 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicche' anche un solo elemento attinente alla personalita' del colpevole o all'entita' del reato ed alle modalita' di esecuzione di esso puo' risultare all'uopo sufficiente" (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269) e "In tema di diniego della concessione delle attenuanti generiche, la "ratio" della disposizione di cui all'articolo 62 bis c.p. non impone al giudice di merito di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo, invece, sufficiente l'indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti" (Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, Rv. 265826). 7. (OMISSIS). E' stato condannato, in appello, alla pena di sette anni di reclusione e 29.503 Euro di multa, per avere acquistato, per tutto il 2015 e con cadenza di una fornitura ogni venti giorni circa, partite di cocaina, del peso di circa 200 grammi per volta, da (OMISSIS) e (OMISSIS) (fatto contestato al capo N). A suo carico, si pongono: le dichiarazioni di (OMISSIS); l'operata identificazione mediante riconoscimento fotografico; l'esito dell'espletata attivita' di intercettazione. 7.1. (OMISSIS) propone, con il ministero dell'avv. (OMISSIS), ricorso per cassazione strutturato su tre motivi, ulteriormente sviluppati con la memoria del 4 ottobre 2022, sottoscritta anche dall'avv. (OMISSIS). Con il primo motivo, eccepisce violazione di legge e vizio di motivazione per essere i giudici di merito pervenuti all'affermazione della sua penale responsabilita' sulla base di un'identificazione affidata ad argomenti tutt'altro che convincenti e delle inattendibili propalazioni di (OMISSIS), che si assumono riscontrate dal coinvolgimento nelle operazioni illecite di soggetto, il cognato (OMISSIS), che e' stato assolto. Aggiunge che, discutendosi, nel caso di specie, di droga c.d. "parlata" (posto che i riferimenti tratti dalla prova dichiarativa e dalle captazioni non sono stati suffragati dal rinvenimento delle sostanze che, stando alla prospettazione accusatoria, sarebbero state oggetto dei traffici illeciti), l'affermazione della penale responsabilita' avrebbe dovuto essere preceduta dall'acquisizione di precise informazioni in ordine alla quantita' ed alla qualita' della sostanza trafficata, all'effettiva conclusione dell'accordo ed alla sua esecuzione, dati che non risultano, invece, disponibili. Obietta che il riconoscimento effettuato dal collaboratore (OMISSIS), nell'incertezza dei dati offerti a riscontro, non consente di ritenere specifico elemento di prova la sua chiamata in correita'. Rileva che la sentenza d'appello, inoltre, dedica una parte generale della motivazione all'attendibilita' dei collaboratori, cio' che, sufficiente per la chiamata in correita' in relazione al reato associativo, non lo e', tuttavia, per i singoli episodi di detenzione, che richiedono piu' pregnanti elementi di riscontro. D'altro canto, la Corte territoriale non si e' confrontata, a dire del ricorrente, con le doglianze contenute nell'atto di appello. La difesa aveva, invero, contestato l'identificazione di (OMISSIS), in quanto non vi erano conversazioni intercorse sull'utenza a lui attribuita; ne', dal contenuto degli SMS, era stato possibile cogliere elementi a lui riconducibili. L'affermazione, poi, secondo cui il contenuto dei messaggi di testo scambiati tra l'utenza di (OMISSIS) e quella (OMISSIS) (che si assume essere stata in uso a (OMISSIS)) avrebbe anticipato il successivo incontro, attestato dal servizio di osservazione, trova contraddizione nel fatto che l'utenza in uso a (OMISSIS) risultava interessata, nel medesimo contesto temporale, da molti altri messaggi e conversazioni, sicche' non e' possibile collegare con certezza l'utenza (OMISSIS) e il relativo scambio di messaggi con (OMISSIS) - peraltro di contenuto ambiguo e mai suffragato dall'esito di sequestri o pedinamenti - con l'incontro avvenuto in Via (OMISSIS). Il ricorrente nota, d'altro canto, di avere a piu' riprese affermato, nel corso del procedimento di primo grado, di aver incontrato (OMISSIS) - il quale, al tempo, si occupava di commercio di automobili e motocicli - in vista dell'acquisto di un veicolo. Nell'atto di appello era stata, altresi', richiamata la giurisprudenza secondo cui, in caso di droga c.d. "parlata", non devono esserci dubbi sull'attribuzione all'imputato dell'utenza intercettata; gli SMS, del resto, avrebbero dovuto rilevare la conclusione del contratto di cessione della sostanza stupefacente, non essendo, a tal fine, sufficienti le conversazioni aventi ad oggetto l'appuntamento tra imputato e interlocutore, id est meri contatti preliminari ad una transazione in ordine alla cui conclusione mancano, in definitiva, tranquillizzanti elementi di prova. Gli argomenti sviluppati con l'atto di impugnazione concorrevano, dunque, nel suffragare l'insufficienza delle dichiarazioni di (OMISSIS) ai fini dell'affermazione di responsabilita' di (OMISSIS). A fronte, invero, dell'affermazione, da parte del giudice di primo grado, dell'idoneita' delle affermazioni tratte dalle intercettazioni a riscontrare le dichiarazioni di (OMISSIS), si era ulteriormente obiettato che appariva contraddittorio applicare a (OMISSIS) un criterio interpretativo opposto rispetto a quello utilizzato per vagliare la posizione del cognato (OMISSIS), assolto gia' all'esito del giudizio di primo grado in ragione della carenza di prova in ordine all'identificazione di quell'imputato come protagonista dei dialoghi di valenza indiziaria. Con il secondo motivo, (OMISSIS) si duole, ancora nell'ottica della violazione di legge e del vizio di motivazione, del rigetto dei motivi di appello relativi alla qualificazione giuridica del fatto ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, commi 4 e/o 5, che, sostiene, avrebbe dovuto essere operata in dipendenza della carenza di dati certi circa natura e quantita' della sostanza stupefacente. Con il terzo motivo, (OMISSIS) impugna la decisione impugnata con riferimento al trattamento sanzionatorio e, precipuamente, alla legittimita', sindacata sempre in chiave sia di violazione di legge che di vizio di motivazione, del diniego delle circostanze attenuanti generiche e dell'applicazione dell'aumento per la recidiva. Nel caso di specie, i giudici di merito avrebbero, infatti, immotivatamente applicato la recidiva reiterata, cosi' impedendo di calibrare la sanzione sull'effettiva portata della condotta realizzata e dando luogo ad un'inaccettabile disparita' di trattamento rispetto ai coimputati. La decisione, inoltre, non si confronterebbe con i principi giurisprudenziali in materia di circostanze attenuanti generiche e dosimetria della pena, secondo cui il giudice, qualora voglia discostarsi dal minimo edittale, deve indicare specificamente quali tra i criteri di cui all'articolo 133 c.p. sono stati ritenuti rilevanti ai fini di tale giudizio, potendosi giustificare espressioni sintetiche solo in caso di irrogazione di una pena assai prossima al minimo edittale. 7.2. Il ricorso e' infondato e, pertanto, passibile di rigetto. (OMISSIS) e' raggiunto dalle dichiarazioni accusatorie di (OMISSIS) - della cui generale ed intrinseca credibilita' si e' gia' detto - che lo ha indicato, riconoscendolo in fotografia, quale soggetto che, in compagnia del cognato (OMISSIS), si era portato, in piu' occasioni, presso la sua abitazione per rifornirsi di cocaina, ceduta al prezzo di 44-45 mila Euro al chilogrammo, con la frequenza di una volta ogni 20-30 giorni e di 200 grammi per volta. Trattandosi di una chiamata di correo, per quanto affidabile (stanti, tra l'altro, l'effettivita' del rapporto di affinita' tra (OMISSIS) e (OMISSIS) ed il positivo esito del riconoscimento fotografico), la Corte di appello ha approfondito il tema dei riscontri di fonte esterna alle accuse del collaboratore di giustizia, che ha rinvenuto nelle comunicazioni telefoniche, soprattutto di messaggistica, che (OMISSIS) ha scambiato tra il 3 ottobre ed il 25 novembre 2015, con un soggetto insieme al quale egli gestiva un intenso commercio, ragionevolmente avente ad oggetto sostanza stupefacente, secondo quanto emerge dalla trascrizione e dai commenti operati alle pagg. 150-154 della sentenza di primo grado. Che tale soggetto, il quale disponeva delle utenze (OMISSIS) e (OMISSIS), fosse proprio (OMISSIS) e' dimostrato, secondo la Corte di appello, non solo dal fatto che, in un messaggio, costui si presenti come "gluca" ma anche, e soprattutto, dalla coincidenza tra la sequenza dei messaggi registrati tra il 20 ed il 23 ottobre 2015, dai quali si evinceva che la persona da identificare sarebbe giunta in Frigole, presso l'abitazione di (OMISSIS), intorno alle ore 10:30 del 23 ottobre 2015, e l'esito del servizio di osservazione parallelamente effettuato dalla polizia giudiziaria, che noto' l'arrivo di (OMISSIS), in compagnia di una donna, alle ore 10:50, a casa di (OMISSIS), al cui interno egli si intrattenne per circa quindici minuti. Il percorso argomentativo seguito dalla Corte di appello e' nitido e stringente e resiste a tutte le obiezioni del ricorrente, che si appuntano su profili del tutto inidonei ad intaccarne la linearita'. La circostanza, segnalata in ricorso, che "l'utenza in uso al (OMISSIS) risultava interessata da numerosissimi ulteriori messaggi e conversazioni, di modo che non v'era assolutamente alcuna possibilita' di porre con certezza in collegamento la citata utenza telefonica con l'incontro avvenuto in Via (OMISSIS)", si palesa, invero, irrimediabilmente generica, perche' non si confronta con la riscontrata, eloquente corrispondenza tra il messaggio inviato dall'utenza (OMISSIS) alle ore 9:32 del 23 ottobre 2015, che preannunciava l'arrivo del mittente per le 10:30, e l'individuazione di (OMISSIS) in (OMISSIS) alle ore 10:50 ed omette di indicare se e quali, tra i soggetti e le utenze in contatto con (OMISSIS), avessero trasmesso analoga comunicazione. Sfornita del benche' minimo riscontro la tesi secondo cui (OMISSIS), quella mattina, si e' portato in (OMISSIS) perche' interessato all'acquisto di un veicolo, il riferimento all'equivocita', non superata da tranquillizzanti conferme di natura obiettiva, delle comunicazioni che impegnano la posizione del ricorrente sconta un approccio al materiale probatorio non condivisibile, che trascura la possibilita' di interpretare le informazioni restituite dalle intercettazioni nella chiave di lettura offerta dalle dichiarazioni di (OMISSIS), che esse riscontrano ab externo, cosi' fornendo la definitiva dimostrazione della storicita' delle cessioni evocate, in termini tutt'altro che evanescenti, dal collaboratore di giustizia. Ne', per revocare in dubbio la solidita' delle conclusioni raggiunte dai giudici di merito, vale porre l'accento sull'assoluzione di (OMISSIS), cognato e concorrente di (OMISSIS), imposta, in forza della regola sancita dall'articolo 192 c.p.p., comma 3, dall'assenza di riscontri individualizzanti alle, pur credibili, propalazioni accusatorie di (OMISSIS) che, nel caso dell'odierno ricorrente, hanno, invece, trovato conferma negli esiti delle menzionate intercettazioni, sicche' del tutto insussistente si rivela la contraddizione segnalata da (OMISSIS) ancora con la piu' recente memoria. 7.3. Parimenti infondato e' il secondo motivo di ricorso, afferente alla qualificazione giuridica della condotta in contestazione. Per quanto concerne, invero, la qualita' della sostanza commerciata, le dichiarazioni di (OMISSIS), che ha descritto un traffico di cocaina, risultano confermate dai sequestri effettuati nell'ambito del presente procedimento (si pensi a quelli operati in pregiudizio, rispettivamente, di (OMISSIS), arrestato, nell'ottobre 2015, nella flagrante disponibilita' di 426 grammi di cocaina, (OMISSIS) e (OMISSIS)), che hanno avuto costantemente ad oggetto - con l'unica eccezione di un episodio, che, pero', ha visto il coinvolgimento di alcuni soggetti, (OMISSIS) e (OMISSIS), che non appartengono al novero di coloro che sono stati tratti a giudizio in questa sede - droga c.d. "pesante", si' da giustificare, sul piano sia logico che storico, l'inquadramento della vicenda contestata a (OMISSIS) in adesione alla prospettazione del collaboratore di giustizia. Con riferimento, poi, al coefficiente di offensivita' del fatto, la reiterazione dei rifornimenti, attestata dalla distribuzione dei contatti documentati dalle intercettazioni nell'arco di quasi due mesi, e la dimensione economica del traffico, emergente dalle dichiarazioni di (OMISSIS), sostengono la decisione impugnata nella parte in cui esclude l'inquadramento del fatto ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, comma 5. 7.4. Prive di pregio sono, da ultimo, le doglianze che si appuntano sul trattamento sanzionatorio. La Corte di appello ha, infatti, compiutamente spiegato perche' (OMISSIS), gia' gravato da plurime condanne per delitto, abbia, nell'occasione, mostrato piu' accentuata colpevolezza e maggiore pericolosita' nel rendersi autore di attivita' criminosa non occasionale e, per di piu', favorita dalla contiguita' con ambienti dediti stabilmente a gravi reati, anche di natura associativa, onde insussistente appare il lamentato difetto di motivazione. In relazione, da ultimo, al diniego delle circostanze attenuanti generiche, valgono - in assenza di segni di resipiscenza o di altri elementi suscettibili di favorevole valutazione e tenuto conto, anzi, del nutrito curriculum criminale dell'imputato - i rilievi svolti all'atto dell'esame delle posizioni di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). 8. (OMISSIS). E' stato condannato alla pena di otto anni e sei mesi di reclusione per i reati di associazione mafiosa (capo A), associazione finalizzata al narcotraffico (capo B), nonche' per avere acquistato sostanze stupefacenti (eroina, cocaina e marijuana) fornite da (OMISSIS) e cedute a (OMISSIS) (capo C). (OMISSIS) e' indicato da (OMISSIS) quale componente del gruppo mafioso facente capo a (OMISSIS); riscontro alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia si rinviene nella vicenda inerente alla riscossione dei crediti vantati da (OMISSIS), zia del pentito (OMISSIS), le cui dichiarazioni si saldano con quelle di (OMISSIS) che, secondo i giudici di merito, appaiono ulteriormente riscontrate (quantomeno a livello obiettivo) dall'effettivita' del danneggiamento, mediante esplosione di colpi di pistola, di un televisore collocato all'interno della sala giochi gestita dalla sorella e dal cognato di (OMISSIS), a dire del quale (OMISSIS) avrebbe partecipato all'atto intimidatorio. Per quanto concerne l'associazione finalizzata al narcotraffico, i giudici di merito hanno valorizzato l'apporto di (OMISSIS) e gli esiti delle intercettazioni, da cui emerge che (OMISSIS), operando all'interno del clan guidato da (OMISSIS), avrebbe coordinato un sottogruppo, del quale avrebbero fatto parte (OMISSIS) e (OMISSIS) e che agiva in sinergia con i fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS). In ordine, infine, al capo C), hanno ritenuto provata la sola cessione di cocaina (fatto qualificato quindi, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, comma 1, anziche' del comma 4) in favore di (OMISSIS). 8.1. (OMISSIS) propone, con il ministero degli avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS), ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. Con il primo motivo, eccepisce violazione di legge e vizio di motivazione per avere la Corte di appello confermato la sua penale responsabilita' in relazione ad entrambi i reati associativi sulla base dei medesimi elementi e, specificamente, attraverso una illogica ed apodittica ricostruzione della vicenda afferente al recupero dei crediti vantati da (OMISSIS) la quale, osserva, avrebbe smentito - rendendo dichiarazioni che non sarebbero state condizionate, diversamente da quanto ritenuto dai giudici di merito, dal supposto e, in realta', inesistente clima di omerta' - il nipote (OMISSIS) all'atto di riferire di avere conosciuto (OMISSIS), del quale si era servita per alcuni lavori, e non anche (OMISSIS). Lamenta, pertanto, che le contestazioni associative siano, in sostanza, reciprocamente sovrapponibili, anche in termini di compendio indiziario di riferimento, sicche' e' palese che ci si trovi al cospetto di una ingiustificata duplicazione di addebiti, e che la Corte di appello si e', in sostanza, acriticamente adagiata sulla ricostruzione operata dal giudice di primo grado, senza tenere conto delle obiezioni gia' mosse con l'atto di appello. Con il secondo motivo, (OMISSIS) deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al diniego della censura relativa alla qualificazione del fatto di cui al capo C) come di lieve entita', che e' stata disattesa sulla base di circostanze generalmente riferite a tutte le imputazioni e non estensibili all'unico episodio di cui (OMISSIS) e' chiamato a rispondere, in ordine al quale nulla e' dato conoscersi sotto il profilo quantitativo. Con il terzo motivo, il ricorrente contesta, in chiave di violazione della legge processuale e vizio di motivazione, il giudizio di attendibilita' che Giudice dell'udienza preliminare e Corte di appello hanno concordemente riservato a (OMISSIS) senza considerare che egli, nell'originaria dichiarazione dell'11 gennaio 2016, nulla aveva detto circa l'intervento di (OMISSIS) nel recupero dei crediti vantati dalla zia di (OMISSIS) e che le sue dichiarazioni relative al gruppo (OMISSIS), al quale (OMISSIS) sarebbe organico e che sarebbe dedito al narcotraffico ed alle estorsioni (attivita' illecita i cui profitti sarebbero, almeno in parte, destinati al sostentamento dei sodali detenuti e delle loro famiglie), sono rimaste sfornite di qualsiasi riscontro. Con il quarto ed ultimo motivo, (OMISSIS) eccepisce violazione di legge e vizio di motivazione per avere la Corte di appello indebitamente rigettato il motivato di impugnazione afferente all'errata individuazione, da parte del Giudice dell'udienza preliminare ed a seguito del riconoscimento della continuazione, del reato piu' grave, che ha inciso sulla complessiva determinazione del trattamento sanzionatorio. 8.2. Il primo motivo e' parzialmente fondato. 8.2.1. La Corte di appello e', invero, pervenuta all'affermazione della penale responsabilita' di (OMISSIS) in ordine al delitto di associazione finalizzata al narcotraffico attraverso l'integrale richiamo alle osservazioni svolte, in proposito, alle pagg. 158-164 della sentenza di primo grado, dedicate all'illustrazione degli elementi, tratti dagli esiti delle intercettazioni e dell'attivita' di polizia giudiziaria e coerenti, quanto alla familiarita' di (OMISSIS) con il narcotraffico, con le dichiarazioni di (OMISSIS). Trattasi di un compendio indiziario che, come gia' notato nell'esaminare il ricorso di (OMISSIS), ha consentito ai giudici di merito di tratteggiare la struttura ed il modus operandi della compagine criminosa indicata al capo B) della rubrica, in seno alla quale (OMISSIS), responsabile dell'articolazione interna composta anche da (OMISSIS) e (OMISSIS), risulta avere un ruolo di spicco, testimoniato, tra l'altro, dalla frenesia dei contatti con fornitori e collaboratori e dal raccordo operativo con le cellule, pure inserite nella consorteria Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, ex articolo 74 facenti capo, rispettivamente, a (OMISSIS) ed ai fratelli (OMISSIS). Con riferimento a tale addebito, la censura sollevata con il ricorso si palesa manifestamente generica, in quanto ascrive alla Corte di appello di essersi acriticamente adagiata sulle conclusioni raggiunte dal Giudice dell'udienza preliminare senza, al contempo, indicare quali specifici aspetti, gia' segnalati con i motivi di appello, sarebbero stati ingiustificatamente negletti. 8.2.2. La doglianza si rivela, al contrario, fondata nella parte dedicata alla contestazione elevata, nei confronti, tra gli altri, di (OMISSIS) ai sensi dell'articolo 416-bis c.p.. Al capo A) si assume che (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) avrebbero militato nella "(OMISSIS)" e, in particolare: i primi tre, nella costola capeggiata da (OMISSIS); il quarto, in quella guidata da (OMISSIS) e (OMISSIS). Nell'ambito di tale imputazione, (OMISSIS) e' indicato quale soggetto "formalmente affiliato, dedito al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti, al sostentamento dei detenuti e dei sodali, ad assicurare il controllo del territorio e disponibile ad eseguire azioni violente, minacciose o comunque costituenti estrinsecazione del metodo mafioso dell'organizzazione di appartenenza". La Corte di appello ha mutuato, per quanto concerne l'esistenza dell'associazione mafiosa e la sua articolazione interna, i rilievi svolti dal Giudice dell'udienza preliminare che, non essendo stati sottoposti a revisione critica, possono quindi dirsi incontroversi, discutendosi, piuttosto, dell'attitudine delle emergenze istruttorie ad attestare, al di la' di ogni ragionevole dubbio, l'appartenenza di (OMISSIS) al gruppo. Sul punto, rileva la chiamata in correita' di (OMISSIS) il quale, nel confessare la propria affiliazione al clan imperniato sulla figura di (OMISSIS), ha inserito l'odierno ricorrente nel novero dei partecipi. (OMISSIS), peraltro, nell'interrogatorio del 16 marzo 2016, ha narrato quanto accaduto quattro giorni prima, quando (OMISSIS), presentatosi, unitamente ad altre due persone, presso la sala giochi gestita dalla sorella di (OMISSIS) e dal compagno, si sarebbe reso autore di un grave atto intimidatorio, chiaramente espressivo della intraneita' mafiosa dell'imputato. Le propalazioni accusatorie di (OMISSIS) si saldano, nella ricostruzione della Corte di appello, con quelle di (OMISSIS), altro collaboratore di giustizia, il quale ha riferito dell'iniziativa che (OMISSIS) avrebbe assunto insieme a (OMISSIS), consistita nell'intromettersi, su mandato di (OMISSIS) ed a scopo di trarre illecito profitto, nella riscossione dei crediti che (OMISSIS) vantava nei confronti di tale (OMISSIS). Le dichiarazioni di (OMISSIS), in certa misura riscontrate da quelle di (OMISSIS), il quale ha confermato di avere, in una occasione, consegnato 4.000 Euro a (OMISSIS), presentatosi a nome di (OMISSIS), sono state, invece, smentite dalla zia, che ha negato persino di conoscere l'imputato. I giudici di merito hanno, nondimeno, ritenuto l'inattendibilita' di (OMISSIS), il cui narrato hanno stimato frutto del clima di intimidazione ed omerta' generato dalla pressione della compagine criminosa e, per essa, dai suoi esponenti. In questa direzione, hanno valorizzato la presenza, all'interno dell'abitazione della donna, in occasione di un accesso, ad altri fini, delle forze dell'ordine, di (OMISSIS), fratello di (OMISSIS), in relazione alla quale la (OMISSIS) ha offerto una giustificazione - avere ella incaricato (OMISSIS) di imprecisati lavori di ristrutturazione - che si e' rivelata priva di riscontri di sorta. L'episodio, evocativo dell'immanenza del dominio mafioso del clan (OMISSIS) sul territorio e della caratura criminale di (OMISSIS), confermerebbe dunque, ab extrinseco, la veridicita' di quanto esposto da (OMISSIS) nell'assegnare all'imputato il ruolo di stabile componente dell'associazione ex articolo 416-bis c.p., reso concreto dalla partecipazione al raid punitivo presso l'esercizio commerciale della sorella. Il ragionamento svolto dalla Corte di appello, chiamata a vagliare l'impugnazione presentata, sul punto, da (OMISSIS), appare incompleto e, pero', affetto da grave carenza logica nella parte in cui perviene alla formulazione di un giudizio di totale inattendibilita' della persona offesa sulla base di argomenti - l'obiettiva inverosimiglianza del suo racconto ed il riscontro rappresentato dalla presenza, in casa sua, di (OMISSIS) - che, per quanto rafforzati dalle dichiarazioni di (OMISSIS), aventi portata individualizzante nei confronti di (OMISSIS) e, in minor misura, da quelle di (OMISSIS), avrebbero dovuto trovare completamento con la disamina del residuo, ma tutt'altro che marginale, profilo, attinente alla responsabilita' concorsuale di (OMISSIS), che (OMISSIS), riferendo cio' che egli assume essergli stato confidato dalla zia, indica come coautore di plurime minacce in danno di (OMISSIS) e (OMISSIS) ed il quale, nondimeno, non risulta avere reso, al riguardo e per quanto consta, esaustive dichiarazioni (egli riferisce, invero, solo della ripartizione con i fratelli (OMISSIS) della somma consegnata da (OMISSIS)). Il vaglio dell'impugnazione deve, pertanto, tener conto, con precipuo riferimento all'addebito di associazione mafiosa: che la (OMISSIS) ha decisamente escluso di avere subito l'illecita intromissione di (OMISSIS), che ha detto di non conoscere; che anche (OMISSIS) ha taciuto in ordine alle pressioni che - a dire di (OMISSIS) - (OMISSIS) e (OMISSIS) avrebbero esercitato a loro danno in piu' circostanze; che, sempre stando al narrato di (OMISSIS), (OMISSIS) avrebbe accompagnato (OMISSIS) anche nell'attivita' di esazione presso (OMISSIS). Le precedenti considerazioni rendono tangibile, a giudizio del Collegio, il deficit razionale della motivazione del provvedimento impugnato, tale da imporre l'annullamento, limitatamente al capo A) dell'imputazione, della sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Lecce in vista di un nuovo giudizio sul medesimo capo che, libero nell'esito e preceduto, se del caso, dalle opportune integrazioni istruttorie, sia emendato dal vizio teste' riscontrato. 8.3. Il secondo motivo di ricorso e' infondato. (OMISSIS) e' stato, infatti, condannato, al capo C), per avere ceduto sostanza stupefacente a (OMISSIS), condotta che, a prescindere dall'assenza di precise informazioni in ordine a numero ed entita' delle transazioni illecite ed all'effettiva potenzialita' stupefacente della droga trafficata, non puo' essere ritenuta, come correttamente statuito dalla Corte di appello, di lieve entita' in quanto costituente un tassello di una piu' vasta attivita' criminosa, svolta sfruttando la piattaforma organizzativa nella quale (OMISSIS) era introdotto con ruolo di rilievo, tanto da rendersi protagonista, nel medesimo contesto spazio-temporale, di ulteriori, gravi episodi, quale quello, espressamente richiamato al capo C) e separatamente contestato, che gli e' valso, il 14 ottobre 2015, l'arresto in flagranza di detenzione di 426 grammi di cocaina. 8.4. La disamina del terzo motivo del ricorso di (OMISSIS), afferente alla credibilita' delle dichiarazioni rese a suo carico da (OMISSIS), si giova di quanto sopra rilevato a proposito del primo. Il fatto, invero, che il collaboratore di giustizia, latore di un apporto che, nella sua generalita', ha superato, come sopra gia' esposto, il vaglio di attendibilita', non abbia riferito alcunche' in merito all'azione vessatoria eseguita in danno di (OMISSIS) ed in spregio al di lei nipote (OMISSIS), non incide sull'apprezzamento del compendio probatorio attinente alla posizione di (OMISSIS) in seno all'associazione finalizzata al narcotraffico, la cui solidita' discende da autonomi e corposi elementi indizianti. Nella diversa prospettiva dell'accertamento della militanza mafiosa di (OMISSIS), l'oggettiva modestia del portato dichiarativo di (OMISSIS) sulla vicenda che ha coinvolto (OMISSIS) assume, si e' detto, rilevanza non minimale e, anzi, potenzialmente decisiva, cio' che ha determinato l'annullamento, sul punto, della sentenza impugnata. In questa sede, deve soltanto aggiungersi che il dato oggetto di segnalazione non si traduce, automaticamente, in sintomo di inattendibilita', giacche', per quanto consta, (OMISSIS) non e' stato specificamente sollecitato a riferire su quell'argomento: profilo, questo, che, ininfluente, si ribadisce, in vista della delibazione della legittimita' della decisione impugnata in relazione al reato di associazione finalizzata al narcotraffico, potra' eventualmente essere approfondito e chiarito nel giudizio di rinvio. 8.4. L'ultimo motivo e' fondato. Il primo giudice ha determinato la pena sul presupposto, errato, della maggiore gravita' del reato di associazione mafiosa rispetto a quello sanzionato dal Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 74. Tanto non si e' tradotto in un vulnus, neanche potenziale, per l'imputato in relazione alla pena base che, anche in caso di corretta individuazione della fattispecie piu' grave, non avrebbe potuto essere quantificata, avuto riguardo ai limiti edittali previsti dal Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 74, in misura inferiore a quella, dieci anni di reclusione, stabilita dal Giudice dell'udienza preliminare. L'ortodossia del procedimento di commisurazione della pena avrebbe, invece, potuto incidere, almeno teoricamente, sulla quantificazione degli aumenti per la continuazione, frutto di una discrezionalita' che, in linea di principio, puo' diversamente atteggiarsi con riferimento a ciascun reato. La sentenza annullata deve essere, pertanto annullata su questo specifico profilo, demandandosi al giudice del rinvio - a prescindere dalle conclusioni cui perverra' in ordine alla militanza mafiosa di (OMISSIS) - una nuova determinazione del trattamento sanzionatorio, che prenda le mosse dalla individuazione, quale reato piu' grave, del delitto di associazione finalizzata al narcotraffico. 9. (OMISSIS). E' stato condannato alla pena di sette anni di reclusione per i reati, di natura associativa, di cui ai capi A) e B), nonche' per una miriade di reati-fine Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, ex articolo 73. Propone, con il ministero dell'avv. (OMISSIS), ricorso per cassazione vertente su un unico motivo, con il quale lamenta violazione di legge e vizio di motivazione per avere la Corte di appello disatteso il motivo di impugnazione afferente al diniego delle circostanze attenuanti generiche quantunque, come gia' evidenziato con l'atto di appello, gia' in fase di indagini, egli avesse ammesso la propria responsabilita' per i reati che, in quel frangente, gli erano stati contestati e per ulteriori episodi, per i quali, invece, egli, all'epoca non era ancora indagato. Il ricorrente, nel ricordare di avere intrapreso un positivo percorso riabilitativo, sottolinea la natura non utilitaristica della collaborazione intrapresa, da ascriversi, piuttosto, ad una definitiva scelta di vita. Lamenta che i giudici di merito abbiano, per contro, assegnato preponderante rilevanza alla gravita' degli addebiti ed ai suoi precedenti penali, cosi' ancorando la valutazione al suo passato deviante piu' che al regime di vita post delictum. Tanto, a dispetto dell'importanza della dissociazione dal clan, dalla quale sono scaturite dichiarazioni che si sono rivelate decisive per la condanna degli odierni imputati. 9.1. Il ricorso e' inammissibile perche' vertente su censure manifestamente infondate. Secondo il preferibile indirizzo della giurisprudenza di legittimita', "In tema di reati di criminalita' organizzata, la concessione delle attenuanti generiche e dell'attenuante di cui al Decreto Legge 13 maggio 1991, n. 152, articolo 8, convertito in L. 12 luglio 1991, n. 203, si fondano su distinti e diversi presupposti, sicche' le prime non escludono, ma nemmeno necessariamente implicano, l'applicazione della seconda, poiche' l'articolo 62-bis c.p. attribuisce al giudice la facolta' di cogliere, sulla base di numerosi e diversificati dati sintomatici (motivi che hanno determinato il reato, circostanze che lo hanno accompagnato, danno cagionato, condotta tenuta "post delictum"), gli elementi che possono condurre ad attenuare la pena edittale, mentre l'attenuante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 8 e' conseguenza del valido contributo fornito dall'imputato allo sviluppo delle indagini allo scopo di evitare le ulteriori conseguenze della attivita' delittuosa" (Sez. 2, n. 27808 del 14/03/2019, Furnari, Rv. 276111). Tanto, in applicazione del piu' generale principio per cui "gli elementi costitutivi di una circostanza attenuante, comune o speciale, ben possono essere valutati anche ai fini del piu' ampio giudizio che concerne il riconoscimento delle attenuanti generiche di cui all'articolo 62-bis c.p." (Sez. 3, n. 10084 del 21/11/2019, dep. 2020, Solarino, Rv. 278535), ed in dissenso, invece, dall'opposto orientamento che esclude la possibilita' di utilizzare gli elementi posti a fondamento della concessione della circostanza attenuante ad effetto speciale di cui al Decreto Legge 13 maggio 1991, n. 152, articolo 8, convertito dalla L. 12 luglio 1991, n. 203 (cosiddetta attenuante della "dissociazione attuosa") per giustificare anche il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche (Sez. 6, n. 43890 del 21/06/2017, Aruta, Rv. 271099; Sez. 6, n. 49820 del 05/12/2013, Billizzi, Rv. 258136). La Corte di appello, determinatasi in ossequio al principio teste' delineato, e' pervenuta al rigetto del motivo di impugnazione, proposto da (OMISSIS), concernente il diniego delle circostanze attenuanti generiche, sulla scorta di un percorso argomentativo autonomo ed esente da vizi. Il ricorrente, invero - nel sostenere che la pena avrebbe dovuto essere ulteriormente ridotta in ragione della scelta di vita da lui operata, tradottasi nello spontaneo e definitivo allontanamento dal contesto criminale di appartenenza, frutto di autentica resipiscenza anziche' di calcoli utilitaristici - invoca, a dispetto di quanto affermato, una diversa e piu' favorevole interpretazione di circostanze di fatto delle quali i giudici del merito hanno fornito una lettura aliena dall'ipotizzato travisamento della prova. Premesso che e' pacifico, in giurisprudenza, che "In tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione e' insindacabile in sede di legittimita', purche' sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'articolo 133 c.p., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione" (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269), va attestato che la Corte di appello ha specificato, alle pagg. 123-124 della motivazione della sentenza impugnata, che ostativi all'applicazione delle circostanze attenuanti generiche sono sia il nutrito curriculum criminale dell'imputato che l'assunzione, in seno al sodalizio criminoso, di un ruolo di rilievo. La Corte di appello, al contempo, ha precisato che gli elementi evidenziati dal ricorrente - la completezza e la sincerita' della sua confessione; il contegno pienamente collaborativo serbato in sede processuale; la primaria rilevanza dell'apporto fornito; l'abbandono delle logiche devianti che lo hanno portato a militare nel sodalizio mafioso - hanno trovato congruo riconoscimento con l'applicazione dell'attenuante speciale e rilevato, ulteriormente, che la dimensione etica della pratica opzione per la legalita' non puo' essere, oltre un certo limite, esaltata, atteso che lo stesso (OMISSIS) non ha avuto remore nell'ammettere dell'esservi stato spinto, all'origine, dalla necessita' di sottrarsi all'adempimento delle obbligazioni contratte all'atto dell'acquisto di partite di sostanza stupefacente. Un iter argomentativo, quello sviluppato dalla Corte di appello, che si mantiene all'interno della fisiologica discrezionalita' e che non soffre delle incoerenze segnalate dal ricorrente il quale, va ancora una volta ribadito, sollecita un intervento che il giudice di legittimita' non puo' compiere al cospetto di una motivazione esente da vizi logici e che tiene debitamente conto delle conquiste processuali. Al riguardo, pertinente si rivela, del resto, il richiamo al condiviso indirizzo ermeneutico secondo cui "Al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice puo' limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall'articolo 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicche' anche un solo elemento attinente alla personalita' del colpevole o all'entita' del reato ed alle modalita' di esecuzione di esso puo' risultare all'uopo sufficiente" (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269). e "In tema di diniego della concessione delle attenuanti generiche, la "ratio" della disposizione di cui all'articolo 62 bis c.p. non impone al giudice di merito di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo, invece, sufficiente l'indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti" (Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, Rv. 265826). 10. (OMISSIS). E' stato condannato, in appello, alla pena - frutto anche dell'applicazione della recidiva qualificata - di dodici anni, nove mesi e dieci giorni di reclusione per il delitto di associazione mafiosa (capo A), perche' partecipe al sodalizio finalizzato al narcotraffico (capo B) e per i relativi reati-fine ascrittigli ai capi D2) e D3). Al pari del fratello (OMISSIS), vanta una condanna definitiva per il reato sanzionato dall'articolo 416-bis c.p.; (OMISSIS) e (OMISSIS) ne assumono, concordemente, la militanza nel clan facente capo a (OMISSIS); a suo carico si pone la partecipazione, enunciata da (OMISSIS), alla ripartizione della somma consegnata dal soggetto che, avendo acquistato un esercizio commerciale, era rimasto debitore nei confronti della venditrice (OMISSIS), zia di (OMISSIS). La Corte di appello osserva, tra l'altro, che la sua intraneita' al sodalizio mafioso non trova ostacolo nel fatto che, per un certo torno di tempo, egli e' rimasto recluso. Per quanto concerne i reati-fine, (OMISSIS) e' stato assolto, in appello, da quelli ascrittigli ai capi D) e D1), per carenza di riscontri individualizzanti alla parola di (OMISSIS), riscontri che, invece, la Corte salentina ha ritenuto presenti, traendoli dalle intercettazioni telefoniche, in relazione ai reati di cui ai capi D2) - afferente alla detenzione illecita ed alla cessione delle sostanze stupefacenti sequestrata, in distinte occasioni, a (OMISSIS) e a (OMISSIS) - e D3), relativo, invece, all'acquisto della droga fornita da (OMISSIS). 10.1. (OMISSIS) articola, con l'assistenza degli avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS), ricorso per cassazione strutturato su dieci motivi, con i quali deduce violazione di legge sostanziale e processuale e vizio di motivazione. Con il primo motivo, eccepisce che la prova della sua partecipazione all'associazione mafiosa e' tratta, in via esclusiva, dalla precedente condanna e dal narrato dei collaboratori di giustizia, essendo, a tal fine, del tutto irrilevanti le conversazioni intercettate, che la Corte di appello evoca in termini generici e privi di specifici riferimenti alla sua partecipazione alla compagine criminosa. Obietta, al riguardo, che la Corte territoriale si e' limitata a riprodurre la decisione di primo grado, cui ha aderito in termini apodittici, ed ha omesso, per contro, di analizzare le censura, analiticamente svolta con i motivi di appello, con i quali era stata contestata, in primo luogo, l'attitudine degli scarni elementi acquisiti a comprovare l'attuale esistenza e la vitalita' dell'ipotizzato, ed in realta' inesistente, sodalizio. Con il secondo motivo, si duole dell'applicazione dell'aggravante dell'essere l'associazione armata, che la Corte di appello ha compiuto sulla base di elementi, relativi alla posizione di (OMISSIS), del tutto inidonei a configurarla, almeno stando all'interpretazione che ne fornisce la giurisprudenza di legittimita', in chiave, soprattutto, di collegamento finalistico tra la disponibilita' delle armi ed il conseguimento dello scopo associativo. Con il terzo motivo, (OMISSIS) lamenta la violazione, nella delibazione del contributo di (OMISSIS), dei criteri indicati all'articolo 192 c.p.p., comma 3. Ascrive alla Corte di appello, in proposito, di avere omesso di analizzare accuratamente l'affidabilita' del collaboratore, realizzando un mero collage dei verbali da lui sottoscritti e trascurando di fornire un seppur minimo apporto critico in riferimento alle censure mosse dalla difesa e di apprezzare l'esistenza dei necessari riscontri esterni. Con il quarto motivo, il ricorrente rileva, quanto all'addebito Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, ex articolo 74, la carenza della prova che, al di la' della commissione, in concorso tra una pluralita' di soggetti, di alcuni ipotesi qualificabili ai sensi del precedente articolo 73, sia stata costituita una struttura stabile, dotata di un'organizzazione, sia pure rudimentale, e che nella sentenza impugnata difetta, del pari, l'enucleazione dei connotati della sua partecipazione. Opina che il giudice di merito, in un processo basato quasi esclusivamente su droga c.d. "parlata", ha fatto ricorso a piene mani ad illazioni, deduzioni, supposizioni ed offerto una lettura in chiave accusatoria di circostanze, quali, ad esempio, i rapporti che egli ha intrattenuto con (OMISSIS) e (OMISSIS), che, in realta', trovano autonoma e distinta genesi. Con il quinto ed il sesto motivo, eccepisce, specificamente, che i giudici di merito non hanno chiarito se egli ha ricoperto, in seno al sodalizio finalizzato al narcotraffico, compiti organizzativi e decisionali o, al contrario, meramente esecutivi, ne', piu' in generale, hanno indicato, con sufficiente nitore, le coordinate del suo apporto partecipativo. Taccia, vieppiu', di illogicita' l'interpretazione che la Corte di appello ha compiuto di conversazioni che, rettamente intese, si rivelano, a suo modo di vedere, neutre nell'ottica investigativa, perche', da un canto, non aventi ad oggetto il commercio di sostanze stupefacenti e, dall'altro, silenti in ordine alla sua partecipazione criminosa anche perche' intrattenute con persone che, pure raggiunte dall'interesse degli investigatori, sono state, all'esito del presente procedimento penale, liberate da ogni addebito. Con il settimo motivo, (OMISSIS) ascrive alla Corte di appello di avere ingiustificatamente disatteso la richiesta di qualificazione dei fatti ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 74, comma 6, e articolo 73, comma 5. Con l'ottavo motivo, deduce l'inidoneita' delle conversazioni captate a convincere, con precipuo riferimento agli episodi contestati ai capi D2) e D3), che l'oggetto dei traffici era effettivamente costituito da sostanze stupefacenti. Nota, in proposito, che uniche fonti probatorie a sostegno di tali imputazioni sono rappresentate da intercettazioni telefoniche che, oltre a non essere riscontrate da sequestri, perquisizioni o servizi di osservazione, lasciano spazio a diverse ricostruzioni del fatto e che, di conseguenza, non possono essere legittimamente lette in combinazione con le propalazioni accusatorie di (OMISSIS), che la stessa Corte di appello, incorrendo in evidente contraddizione interna, ha ritenuto, con riferimento ai reati ascrittigli ai capi D) e D1), non assistite dalle necessarie conferme di fonte esterna e, percio', non idonee a giustificare l'affermazione della sua penale responsabilita' in ordine a tali fattispecie criminose. Con il nono ed il decimo motivo, (OMISSIS) ascrive alla Corte di appello di avere indebitamente rigettato la proposta impugnazione con riferimento al diniego delle circostanze attenuanti generiche ed all'applicazione della recidiva che, contraddittoriamente ed in palese spregio al principio di parita' di trattamento, e' stata invece esclusa per il fratello (OMISSIS). 10.2. Il primo motivo di ricorso e' fondato e merita, pertanto, accoglimento, con conseguente assorbimento del secondo. In relazione all'addebito, mosso a (OMISSIS), di partecipazione ad associazione mafiosa, vengono in rilievo le dichiarazioni di (OMISSIS) e (OMISSIS), coerenti nell'affermare l'affiliazione dell'imputato alla compagine guidata da (OMISSIS), dato che trova conferma nella sua pregressa condanna per il delitto sanzionato dall'articolo 416-bis c.p., pronunciata dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Lecce con sentenza del 18 ottobre 2014. Le predette circostanze, aventi una sicura valenza indiziante, devono essere, tuttavia, apprezzate in combinazione con l'individuazione degli elementi dimostrativi della protrazione, in epoca successiva a quella di formazione del precedente giudicato, del contributo di (OMISSIS) all'azione del sodalizio mafioso del quale egli e' stato, in passato, componente. Sul punto, (OMISSIS) ha asserito che la compagine e' attiva, oltre che nel traffico di sostanze stupefacenti, nel settore delle estorsioni e che i profitti in tal modo ricavati vengono destinati, in parte, nel mantenimento degli accoliti detenuti e dei loro familiari, per poi aggiungere, quanto ai germani (OMISSIS), di avere ripartito con loro la somma portata dalla cambiale sottoscritta ricevuta da (OMISSIS) in favore di (OMISSIS) e da lui arbitrariamente riscossa. Con specifico riferimento alla posizione di (OMISSIS), (OMISSIS) ha aggiunto di avergli, in una determinata occasione, consegnato, su sua richiesta e con la consueta collaborazione di (OMISSIS), un borsone contenente un fucile da caccia ed una pistola, entrambi non funzionanti, gia' appartenute a (OMISSIS). A fronte delle obiezioni sollevate dall'imputato, il quale ha posto l'accento sulla necessita' di enucleare, con sufficiente precisione, le condotte espressive di militanza mafiosa - e non solo di appartenenza ad una consorteria Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, ex articolo 74 - e di collocarle in un frangente temporale posteriore rispetto al periodo coperto dal pregresso accertamento irrevocabile, decisivo appare l'apprezzamento della vicenda, narrata da (OMISSIS), afferente alla forzata distrazione di parte del credito vantato dalla zia che, come gia' statuito all'atto di delibare il ricorso di (OMISSIS), e' stata illustrata e vagliata dalla Corte di appello in termini non alieni da profili di manifesta illogicita'. Sotto altro, connesso aspetto, dall'indicazione, da parte di entrambi i collaboratori di giustizia, di due diverse compagini, alle quali sarebbe stati legati, rispettivamente, (OMISSIS) e (OMISSIS), discende la necessita', in vista della piu' completa delibazione del compendio istruttorio, di chiarire se, e fino a che punto, esse si siano poste in rapporto di reciproca autonomia ovvero se essere debbano, comunque, intendersi alla stregua di articolazioni interne ad un unico aggregato delinquenziale. Si impone, pertanto, l'annullamento, nei confronti di (OMISSIS) e limitatamente al capo A), della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di appello di Lecce in vista di un nuovo giudizio su tale capo che, libero nell'esito, sia emendato dal vizio segnalato. 10.3. I residui motivi di ricorso sono, invece, infondati. Si e' gia' detto, trattando le posizioni di altri associati, che la Corte di appello, alle pagg. 10-17 della sentenza impugnata, ha respinto le obiezioni mosse dagli imputati che sono stati condannati per aver fatto parte dell'associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico contestata al capo B) della rubrica. Ha, in specie, ritenuto che le emergenze istruttorie attestino, in primo luogo, la riconducibilita' del fenomeno illecito oggetto di osservazione al paradigma descritto dal Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 74, ricostruito in ossequio agli indici enucleati, nel tempo, dalla giurisprudenza di legittimita'. Ha ricordato, in fatto, che l'indagine ha messo in luce la circolarita' dei rapporti tra (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche' quelli tra (OMISSIS) ed i fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS), oltre che la costante presenza di (OMISSIS), braccio destro di (OMISSIS) e fedele esecutore delle sue disposizioni. Ha aggiunto che la multilateralita' delle relazioni tra i soggetti coinvolti ha reso evidente a ciascuno di loro che l'attivita' posta in essere andava ad iscriversi nella piu' vasta cornice dell'azione coordinata di un gruppo organizzato e che l'emersione, in alcuni casi, di stabili conti di dare ed avere tra i fornitori dell'associazione e la preferenza manifestata per l'immediata regolazione, in contanti, delle transazioni costituiscono ulteriore riscontro della dimensione permanente e collettiva degli illeciti accertati. La compagine, in altri termini, operava, secondo la prospettiva delineata dai giudici di merito, affidando la responsabilita' dei contatti con i fornitori a (OMISSIS), coadiuvato da (OMISSIS), a (OMISSIS), il quale si avvaleva di (OMISSIS) e (OMISSIS), ed ai germani (OMISSIS), assistiti da correi la cui posizione e' stata separatamente definita. Tangibile era, d'altro canto, il tratto organizzativo, connesso alla continuita' degli approvvigionamenti, garantiti da una pluralita' di canali, e dell'attivita' di distribuzione, resa possibile dalle collaterali operazioni finalizzate alla custodia dello stupefacente e seguita dalle iniziative propedeutiche al recupero dei crediti maturati ed all'avvio di nuovi investimenti; il tutto, in un contesto segnato dalla limitata autonomia dei singoli, chiamati a rendere conto ai referenti di ogni, anche minimo, cambio di programma e pronti a recepire le direttive o concordare le future strategie. Con precipuo riferimento a (OMISSIS), la Corte salentina ha posto l'accento sulle conversazioni attestanti la sua consuetudine con (OMISSIS), con il quale intrattiene rapporti che non si prestano ad essere iscritti nella sola cornice della parentela che lega i due imputati, nonche' sulla mole di contatti intercorsi con (OMISSIS) che, per la frequenza ed il tenore delle conversazioni, valgono a riscontrare, dall'esterno, le dichiarazioni accusatorie del collaboratore di giustizia, della cui attendibilita', a dispetto di quanto obiettato dal ricorrente, non v'e' ragione - stando a quanto concordemente argomentato, in termini che sfuggono alla censura del giudice di legittimita', dai giudici di merito - di dubitare. La stabile militanza di (OMISSIS), con ruolo protagonistico ancorche' non propriamente apicale, nella societas sceleris le cui coordinate essenziali sono state tratteggiate da (OMISSIS) e' ulteriormente attestata dalle vicende contestate ai capi D3) e D2) che vedono (OMISSIS), nel primo caso, curare, con successo, il reperimento di una fornitura di sostanza stupefacente, garantita infine, dopo alcune difficolta' iniziali, da (OMISSIS), e, nel secondo, interloquire, tra ottobre e novembre 2015, con vari soggetti, subito dopo i sequestri di cocaina eseguiti in pregiudizio di (OMISSIS) e, poi, di (OMISSIS), in termini tali da lasciare chiaramente intendere, come efficacemente illustrato dalla Corte di appello alle pagg. 116-117 della sentenza impugnata, che quei traffici erano stati da lui organizzati e gestiti. I giudici di merito hanno, dunque, supportato la decisione con un apparato argomentativo tetragono alle censure articolate dal ricorrente, il quale si limita, con un approccio di stampo confutativo che si e' detto non essere idoneo a provare l'intervento demolitorio della Corte di cassazione, a estrapolare, dal complessivo compendio indiziario, singoli elementi, tratti in primo luogo dalle espletate intercettazioni, dei quali propone una diversa esegesi, senza con cio' individuare significative crepe nell'iter motivazionale che sorregge il provvedimento impugnato. Tanto, vieppiu', con riferimento ai profili sui quali si appuntano le censure articolate dal ricorrente e che, precipuamente, attengono, oltre che ai temi gia' affrontati: - all'attribuzione a (OMISSIS), in seno all'associazione Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, ex articolo 74, di un ruolo sufficientemente delineato, anche attraverso la descrizione della natura e della dimensione dei suoi rapporti con fornitori e collaboratori; - all'impossibilita' di ricondurre fenomeni delinquenziali quali quelli oggetto di osservazione, caratterizzati dall'intensa attivita' di procacciamento e distribuzione di sostanze stupefacenti, il piu' delle volte di tipo c.d. "pesante" e del valore stimabile nell'ordine, quantomeno, delle decine di migliaia di Euro, al rango di illeciti di offensivita' tanto ridotta da giustificarne la qualificazione, rispettivamente ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 74, comma 6, e articolo 73, comma 5; conclusione, questa, che a maggior ragione deve essere affermata in relazione alla posizione di (OMISSIS), che e' stato condannato per il concorso nella detenzione illecita di quantitativi tutt'altro che minimali di eroina, secondo quanto risulta dagli esiti delle analisi eseguite sulla sostanza in sequestro e non solo, come da lui eccepito, dai dialoghi captati; - all'assenza di contraddizione tra l'affermazione della penale responsabilita' di (OMISSIS) per alcuni dei reati-fine ascrittigli e l'assoluzione per altri, correttamente statuita in dipendenza della carenza, in quei casi, di riscontri alle dichiarazioni accusatorie di (OMISSIS), la cui credibilita' non e' stata in alcun modo messa in discussione. Privi di pregio sono, da ultimo, i motivi di ricorso che si appuntano sul trattamento sanzionatorio. La Corte di appello, invero, ha preso spunto dalle pregresse, numerose condanne irrevocabili subite da (OMISSIS) e, in particolare, dal precedente specifico, per ritenere, in replica alle obiezioni articolate, con l'impugnazione, in relazione all'applicazione dell'aumento di pena per la recidiva qualificata - e, va qui opportunamente aggiunto a confutazione della doglianza vertente sul diniego delle circostanze attenuanti generiche, con espressioni senz'altro idonei a giustificare detta statuizione - che: "...e' fondato considerare che i reati oggetto del presente giudizio siano espressione di una specifica proclivita' a delinquere riemersa e concretizzata in relazione alla intolleranza a seguire i modelli legali di civile convivenza" essendo "evidente che le pregresse violazioni bene possono essere considerate stimolo ulteriore alla trasgressione di rilevanza penale". Ha, quindi, inferito che "Al momento dei fatti oggetto del giudizio l' (OMISSIS) era, dunque, in condizione di conoscere tutte le conseguenze penali delle proprie condotte e, quindi, anche il proprio "status" di recidivo reiterato", onde "La commissione dei nuovi delitti puo' adeguatamente essere ritenuta espressione di una perdurante inclinazione al delitto". Cio' posto, indiscutibile appare l'attitudine delle considerazioni svolte dalla Corte di appello a soddisfare l'obbligo di motivazione gravante sul giudice di merito che intenda orientare la propria discrezionalita' nel senso di applicare l'aumento di pena previsto per la recidiva. La residua censura del ricorrente, il quale si rammarica di essere stato discriminato rispetto al fratello (OMISSIS), il quale, benche', come lui, condannato per associazione mafiosa nel procedimento c.d. "Eclissi", non ha patito, a tate titolo, alcun aggravamento del carico sanzionatorio, appare, del pari, manifestamente infondato, avuto riguardo alla diversita' dei presupposti, sotto il versante sia del curriculum criminale dei germani che delle condotte da loro poste in essere ed accertate nell'ambito del presente procedimento. 11. (OMISSIS). E' stato condannato, in appello, alla pena di otto anni di reclusione per la partecipazione alle associazioni, mafiosa, l'una, finalizzata al narcotraffico, l'altra, oggetto di addebito ai capi A) e B) della rubrica. 11.1. Articola, con il patrocinio dell'avv. (OMISSIS), ricorso per cassazione vertente su tre motivi, cui si aggiunge quello nuovo introdotto con l'atto depositato il 31 ottobre 2022. Con il primo motivo, lamenta che i giudici di merito siano pervenuti all'affermazione della sua penale responsabilita' in ordine ad entrambe le contestazioni associative valorizzando le dichiarazioni di (OMISSIS) e (OMISSIS), del tutto insufficienti a comprovare la sussistenza degli elementi costitutivi dei reati de quibus agitur. In proposito, evidenzia, tra l'altro: che i collaboratori di giustizia non hanno indicato il momento in cui egli avrebbe aderito ai sodalizi criminosi guidati da (OMISSIS); che l'ipotesi di accusa e' contraddetta dall'assenza di accertamento in ordine alla commissione, da parte sua, di reati-fine dell'una o dell'altra consorteria, nonche' dall'omessa indicazione delle condotte attraverso le quali la supposta militanza associativa avrebbe trovato concretizzazione; che, per quanto concerne il suo interessamento a vicende di narcotraffico, egli si e' limitato a svolgere, in favore dell'amico (OMISSIS) ed a titolo personale, un intervento di mediazione finalizzato a calmierare le pretese dei fornitori della sostanza stupefacente, originari di (OMISSIS), che reclamavano l'adempimento dei debiti contratti da (OMISSIS), il quale, di rimando, invocava, per suo tramite, una dilazione, per come univocamente confermato da alcune conversazioni che, debitamente sottoposte all'attenzione della Corte di appello, sono state ingiustificatamente trascurate dai giudici di merito. Con il secondo motivo, (OMISSIS) eccepisce vizio di motivazione per avere la Corte di appello acriticamente recepito la statuizione del Giudice dell'udienza preliminare senza replicare alle argomentazioni sottese all'atto di impugnazione. Con il terzo motivo, deduce, ancora, vizio di motivazione per avere la Corte di appello orientato la decisione sul rilievo della sua precedente condanna per il reato di associazione mafiosa, di per se' priva, in assenza di elementi sintomatici della rinnovata, stabile adesione a consorterie criminali, a supportare le ipotesi di accusa. Con il motivo nuovo, (OMISSIS) si duole, in chiave sia di violazione di legge che di vizio di motivazione, dei criteri seguiti dai giudici di merito nella determinazione della pena e, in particolare, dell'errata individuazione, quale reato piu' grave, di quello di associazione mafiosa cui consegue, nella prospettiva dell'esecuzione della sanzione, un trattamento deteriore, trovandosi egli nella condizione di patire detenzione per un reato ostativo per un periodo piu' lungo di quanto sarebbe accaduto qualora, correttamente applicata la disciplina sulla continuazione, fosse stata riconosciuta la maggiore gravita' del reato di associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico. 11.2. I motivi di ricorso sono infondati nelle parti afferente alla congruita' della motivazione sottesa al rigetto, ad opera della Corte di appello, dell'impugnazione proposta in merito all'appartenenza di (OMISSIS) all'associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico. Si e' sopra gia' chiarito, trattando le posizioni di altri imputati ( (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)) che l'architettura della sentenza impugnata e' piu' che solida nella parte in cui, vagliando sinergicamente i contributi orali, in primis quello di (OMISSIS), gli esiti dell'attivita' di intercettazione telefonica ed ambientale e quelli della tradizionale azione di polizia giudiziaria (perquisizioni, sequestri, pedinamenti, ecc.), ha avallato l'ipotesi di accusa, che riconduce il dinamismo del gruppo di narcotrafficanti stanziato nella provincia salentina ad un paradigma francamente associativo. Per quanto concerne, piu' specificamente, la posizione di (OMISSIS), rilevano le dichiarazioni di (OMISSIS), il quale lo indica come soggetto che, unitamente al fratello, e' stato con lui impegnato nel commercio della cocaina e con il quale ha intrattenuto relazioni basate sulla reciprocita' degli approvvigionamenti ("...quando lo ero sprovvisto erano i due fratelli a consegnarmela in quantitativi di 200/300 grammi, stessa cosa che facevo lo quando erano loro ad essere sprovvisti..."). Le propalazioni accusatorie di (OMISSIS) hanno trovato pieno riscontro nelle eseguite captazioni che, come rilevato anche nella disamina dei ricorsi di altri imputati, danno conto dei rapporti intrattenuti da (OMISSIS) con (OMISSIS) e (OMISSIS): eloquente, al riguardo, si rivela il dialogo intercorso tra (OMISSIS) e (OMISSIS) a ridosso dell'arresto di (OMISSIS), evento che genero' una fibrillazione spiegabile, in assenza di diversa, plausibile giustificazione, solo in ragione del comune coinvolgimento negli affari illeciti connessi alla detenzione di quella partita di sostanza stupefacente. Similmente, gli sforzi profusi da (OMISSIS) per consentire a (OMISSIS) di ottenere una dilazione nell'adempimento del debito contratto, per l'acquisto di una partita di droga, con alcuni fornitori originari di (OMISSIS) costituiscono, ad onta delle obiezioni mosse dal ricorrente, conferma dell'esistenza, tra i due, di una solidarieta' che travalica l'ambito interpersonale per iscriversi in una cornice di stampo associativo. Se a cio' si aggiunge che le accuse di (OMISSIS) hanno trovato ampia conferma nelle conversazioni (cfr. la sentenza di primo grado, pagg. 53-60) che attestano la frequenza dei contatti ed il comune interessamento ad attivita' illecita (significativo appare, in proposito, il fatto che (OMISSIS) non abbia esitato, pur di incontrare (OMISSIS), a violare reiteratamente gli obblighi connessi al regime di detenzione domiciliare, cui egli era sottoposto, allontanandosi dal comune di Lecce per recarsi in (OMISSIS), ove (OMISSIS) era domiciliato), e' agevole concludere nel senso dell'inidoneita' delle considerazioni critiche svolta dal ricorrente ad incrinare la tenuta razionale delle argomentazioni che hanno condotto i giudici di merito, con decisione conforme, a ritenere la sua militanza associativa. 11.3. A conclusioni diverse deve pervenirsi, invece, con riferimento all'addebito, mosso a (OMISSIS), di partecipazione ad associazione mafiosa. Rilevano, in proposito, le dichiarazioni di (OMISSIS) e (OMISSIS), coerenti nell'affermare l'affiliazione dell'imputato alla compagine guidata da (OMISSIS), dato che trova conferma nella sua pregressa condanna per il delitto sanzionato dall'articolo 416-bis c.p., pronunciata dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Lecce con sentenza del 18 ottobre 2014. Le predette circostanze, aventi una sicura valenza indiziante, devono essere, tuttavia, apprezzate in combinazione con l'individuazione degli elementi dimostrativi della protrazione, in epoca successiva a quella di formazione del precedente giudicato, del contributo di (OMISSIS) all'azione del sodalizio mafioso del quale egli e' stato, in passato, componente. Sul punto, (OMISSIS) ha asserito che la compagine e' attiva, oltre che nel traffico di sostanze stupefacenti, nel settore delle estorsioni e che i profitti in tal modo ricavati vengono destinati, in parte, nel mantenimento degli accoliti detenuti e dei loro familiari, per poi aggiungere, quanto ai germani (OMISSIS), di avere ripartito con loro la somma portata dalla cambiale sottoscritta ricevuta da (OMISSIS) in favore di (OMISSIS) e da lui arbitrariamente riscossa. A fronte delle obiezioni sollevate dall'imputato, il quale ha posto l'accento sulla necessita' di enucleare, con sufficiente precisione, le condotte espressive di militanza mafiosa - e non solo di appartenenza ad una consorteria Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, ex articolo 74 - e di collocarle in un frangente temporale posteriore rispetto al periodo coperto dal pregresso accertamento irrevocabile, decisivo appare l'apprezzamento della vicenda, narrata da (OMISSIS), afferente alla forzata distrazione di parte del credito vantato dalla zia che, come gia' statuito all'atto di delibare il ricorso di (OMISSIS), e' stata illustrata e vagliata dalla Corte di appello in termini non alieni da profili di manifesta illogicita'. Sotto altro, connesso aspetto, dall'indicazione, da parte di entrambi i collaboratori di giustizia, di due diverse compagini, alle quali sarebbe stati legati, rispettivamente, (OMISSIS) e (OMISSIS), discende la necessita', in vista della piu' completa delibazione del compendio istruttorio, di chiarire se, e fino a che punto, esse si siano poste in rapporto di reciproca autonomia ovvero se essere debbano, comunque, intendersi alla stregua di articolazioni interne ad un unico aggregato delinquenziale. Si impone, pertanto, l'annullamento, nei confronti di (OMISSIS) e limitatamente al capo A), della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di appello di Lecce in vista di un nuovo giudizio su tale capo che, libero nell'esito, sia emendato dal vizio segnalato. 11.4. Inammissibile appare, da ultimo, il motivo nuovo, afferente a questione - l'erronea assunzione, quale reato-base sul quale operare il calcolo della pena per il reato continuato, del delitto sanzionato dall'articolo 416-bis c.p. - non introdotta con l'appello ne' con il ricorso per cassazione e che, per di piu', integra un'ipotesi di illegittima determinazione, anziche' di illegalita', della pena. Per completezza, occorre segnalare, in replica ad argomento ulteriormente addotto dal ricorrente a sostegno della censura, che entrambe le fattispecie de quibus agitur sono ricomprese nel novero di quelle soggette alla disciplina prevista dalla L. 26 luglio 1975, n. 354, articolo 4-bis, comma 1, onde infondato e' l'assunto secondo cui l'errore nella commisurazione del trattamento sanzionatorio si sarebbe tradotto nella restrizione all'accesso alle misure alternative alla detenzione. 12. (OMISSIS). E' stato condannato, in entrambi i gradi di giudizio, alla pena di quattro anni, cinque mesi e dieci giorni di reclusione e 19.000 Euro di multa per i reati di cui ai capi E) ed E1). Risponde di due vicende distinte: in un caso, si assume che (OMISSIS) e (OMISSIS) abbiano, in diverse occasioni (prima di Pasqua e dopo l'estate del 2015), consegnato a (OMISSIS), nel secondo caso tramite (OMISSIS), altrettante partite di cocaina; nell'altro, si ascrive a (OMISSIS) di avere, invece, comprato da (OMISSIS) un quantitativo di hashish, consegnato, more solito, da (OMISSIS). Il compendio probatorio riposa, per un verso, sulle dichiarazioni accusatorie di (OMISSIS) e, per l'altro, sul riscontro offerto dalle comunicazioni (messaggi, per lo piu') censurate, che danno conto dell'esistenza, tra i due, di rapporti che i giudici di merito interpretano in chiave univocamente illecita. 12.1. (OMISSIS) propone, tramite l'avv. (OMISSIS), ricorso per cassazione affidato ad un unico, complesso motivo, che e' formulato nella prospettiva sia della violazione di legge, sostanziale e processuale, che del vizio di motivazione, attiene alla responsabilita' e si incentra su obiezioni che investono, tra l'altro: - l'anomala evoluzione delle dichiarazioni di (OMISSIS) che, il 27 aprile 2016, non lo ha riconosciuto in fotografia ed ha escluso di avere avuto rapporti illeciti con (OMISSIS) e (OMISSIS) e, il successivo 30 giugno, ha reso, invece, dichiarazioni univocamente accusatorie nei confronti di entrambi; (OMISSIS), quindi, e' stato autore di un narrato quantomeno incostante, che avrebbe meritato maggiore impegno valutativo da parte dei giudici di merito i quali, pur dando congrua spiegazione dell'iniziale esito negativo del riconoscimento, nulla hanno detto sul fatto che, in prima battuta, (OMISSIS) ha escluso di avere intrattenuto rapporti illeciti con (OMISSIS) e (OMISSIS); - la contraddittorieta' tra la condanna di (OMISSIS) e l'assoluzione di (OMISSIS), che, a dire di (OMISSIS), avrebbe concorso con lui nell'attivita' criminosa; - l'illogicita' dell'attribuzione di valore confermativo, per il solo (OMISSIS) (e non anche, ribadisce, per (OMISSIS)), a messaggi privi di percepibili riferimenti di natura illecita e suscettibili di diversa e neutra interpretazione, carente ogni riferimento alla sostanza stupefacente che sarebbe stata trafficata e considerato, vieppiu', che (OMISSIS) e (OMISSIS) avevo motivo di conoscersi e frequentarsi in ragione della pregressa, comune detenzione di (OMISSIS) e (OMISSIS), fratello di (OMISSIS); - la necessita' di improntare la verifica giudiziale, al cospetto di droga c.d. "parlata", a canoni marcatamente garantistici, cioe' improntati a particolare attenzione e rigore. 12.2. Il ricorso e' fondato e merita, pertanto, accoglimento, non rinvenendosi, nella sentenza impugnata, un sufficiente apparato argomentativo a sostegno del rigetto dei motivi di impugnazione concernenti, da un canto, l'attendibilita' delle dichiarazioni accusatorie rese da (OMISSIS) e, dall'altro, la difformita' delle valutazioni operate dal Giudice dell'udienza preliminare in ordine alle rispettive posizioni di (OMISSIS) e (OMISSIS). 12.2.1. Sotto il primo punto di vista, avendo l'imputato segnalato, con l'atto di appello, la patente discrasia tra quanto dichiarato, il 27 aprile 2016 e, poi, il 30 giugno dello stesso anno, dal collaboratore di giustizia, la Corte di appello ha spiegato che l'esito negativo dell'originario riconoscimento fotografico dell'imputato era stato condizionato dalla sottoposizione in visione a (OMISSIS) di una immagine che, in realta', ritraeva altra persona. Per questa via, ha superato una delle rilevate incongruenze senza, pero', pronunziarsi sull'altra, che, nel riguardare, primariamente, la responsabilita' di (OMISSIS), refluisce, in modo indiretto ma nondimeno univoco, sull'apprezzamento di quella di (OMISSIS). Il 27 aprile 2016, invero, (OMISSIS), invitato a visionare la fotografia ritraente (OMISSIS), affermo': "...riconosco (OMISSIS) di (OMISSIS), che si occupa di compravendita di auto usate, che e' venuto a trovarmi spesso a casa ed al quale ho ceduto una moto e una macchina. (OMISSIS) si accompagnava spesso a (OMISSIS)", per poi aggiungere, lapidariamente: "Con dette persone non ho mai avuto rapporti di natura illecita". Ora, posto che, il 30 giugno 2016, (OMISSIS) si e', invece, dilungato nel riferire, con dovizia di dettagli, delle forniture di cocaina ricevuta da (OMISSIS), con la fattiva cooperazione di (OMISSIS), palpabile si palesa il diametrale ed insanabile contrasto tra le dichiarazioni rese, nel corso del tempo, da (OMISSIS), che pure e' stato ritenuto, con argomentazioni che si e' gia' detto essere scevre, in linea generale, da vizi rilevabili in sede di legittimita'. Al cospetto di una tale situazione, la Corte di appello avrebbe dovuto farsi carico di risolvere la questione, ricorrendo, se del caso, ad opportuni approfondimenti istruttori, precipuamente al fine di contestualizzare il tenore delle primigenie dichiarazioni e, in ultimo, di chiarire se la difformita', in chiave diacronica, del narrato del collaboratore sia indice o meno di sua ridotta attendibilita'. L'assenza, nella sentenza impugnata, di qualsivoglia osservazione al riguardo incide sulla complessiva tenuta logica della decisione, che si regge sul rilascio a (OMISSIS) di una patente di affidabilita' che, in questo caso come in ogni altro, deve essere sottoposta, all'occorrenza, a prova di resistenza. 12.2.2. Per quanto attiene, poi, all'interpretazione delle conversazioni intercettate, utilizzate a riscontro delle accuse di (OMISSIS), la Corte di appello e' incorsa in plurimi ed evidenti momenti di manifesta illogicita' e contraddittorieta'. A fronte della doglianza afferente alla difformita' delle decisioni adottate dal Giudice dell'udienza preliminare nei confronti, rispettivamente, di (OMISSIS) e (OMISSIS), la Corte di appello ha rilevato che "se il primo giudice ha ritenuto non adeguatamente riscontrate le dichiarazioni eteroaccusatorie del (OMISSIS) nei confronti dello (OMISSIS), al contrario le risultanze dell'attivita' captativa, ad avviso della Corte, sono idonee a fungere "da sponda" alla chiamata operata nei confronti del (OMISSIS)". Al riguardo, ha osservato, sulla premessa dell'elevata attendibilita' intrinseca del narrato di (OMISSIS), che l'attinenza delle conversazioni captate a transazioni illecite, aventi ad oggetto sostanza stupefacente, e' comprovata dall'utilizzo di un linguaggio criptico, del quale il ricorrente non ha fornito una lettura alternativa lecita, e che il tenore complessivo dei dialoghi rimanda, piuttosto, all'esistenza di una situazione debitoria, in capo a (OMISSIS), della quale questi, riferendo all'autorita', non ha fatto mistero. Ha, per altro verso, stimato l'inattendibilita' della giustificazione offerta da (OMISSIS), il quale ha sostenuto che (OMISSIS) gli aveva richiesto di agevolare, in virtu' della propria attivita' lavorativa (egli e', infatti, dipendente di una struttura sanitaria brindisina), il contatto con uno specialista che potesse esaminare i risultati della radiografia eseguita alla gamba. Le considerazioni svolte dalla Corte di appello, in se' apparentemente rispondenti ad ordinari canoni razionali, scontano, tuttavia, l'omesso confronto con quelle che il Giudice dell'udienza preliminare, all'interno del medesimo provvedimento giudiziario, ha dedicato alla contestazione mossa a (OMISSIS) il quale, stando all'impostazione accusatoria, avrebbe assunto, in prima persona, la gestione delle forniture eseguite con la collaborazione, con ruolo vicario e, sostanzialmente, di trait d'union, di (OMISSIS). Alle pagg. 231-235 della sentenza di primo grado, il Giudice dell'udienza preliminare e' pervenuto, con generale riferimento alle conversazioni che, quanto alla posizione di (OMISSIS), confermano la sincerita' di (OMISSIS), e che sono intercorse tra (OMISSIS) e (OMISSIS), a tutt'altre conclusioni, affermando che "In realta', al di la' del contributo dichiarativo fornito dal (OMISSIS), l'attenta lettura proprio di quelle conversazioni ritenute "assolutamente certe nel loro contenuto circa la natura illecita delle attivita' poste in essere" conduce in una direzione opposta, trattandosi di conversazioni asignificative con riguardo al loro contenuto e non supportate da alcun riscontro, quindi assolutamente inservibili sul piano probatorio". Il predetto, ed assai severo, giudizio espresso dal Giudice dell'udienza preliminare e' stato, poscia, sviluppato in relazione ai singoli contatti, che quel giudice stima non ricollegabili, con il sufficiente margine di certezza, a traffici di sostanza stupefacente e che, anzi, sono, nella sua prospettiva, suscettibili di differente interpretazione, avuto riguardo alle attivita' professionali di (OMISSIS) e (OMISSIS) e, vieppiu', alla concreta possibilita' che le trattative documentate dai messaggi di testo avessero ad oggetto l'acquisto di tre autovetture. Ora, avendo (OMISSIS) posto l'accento, con l'atto di appello, sulla assoluta inconciliabilita' tra le argomentazioni sottese, da un lato, alla sua condanna e, dall'altro, all'assoluzione di (OMISSIS), la Corte di appello avrebbe avuto l'onere di apprestare, in replica alle specifiche deduzioni svolte con l'atto di appello (e riportate nel corpo del ricorso per cassazione) una risposta analitica e completa che, con riferimento a ciascuna delle comunicazioni addotte, nel caso dell'odierno ricorrente, a riscontro delle dichiarazioni di (OMISSIS) e ritenute, per (OMISSIS), non idonee a convalidare l'impostazione accusatoria, si facesse carico di vagliare le obiezioni difensive e, in ultimo, di verificare se, a dispetto di quanto statuito per (OMISSIS), i fatti contestati a (OMISSIS) possano dirsi accertati al di la' di ogni ragionevole dubbio. Le precedenti considerazioni impongono, in definitiva, l'annullamento della sentenza impugnata, limitatamente alla posizione di (OMISSIS), con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Lecce per un nuovo giudizio sul punto che, libero nell'esito, sia esente dai vizi riscontrati. 13. (OMISSIS). E' stato condannato, in appello, alla pena di tre anni e quattro mesi di reclusione e 13.333 Euro di multa, per avere partecipato, insieme a (OMISSIS) e (OMISSIS), a numerose transazioni di cocaina, nella misura di 5001000 grammi per volta (capo G) e, in una specifica occasione, di circa 1.500 grammi. Ha rinunziato, nel corso del giudizio di appello, ai motivi di impugnazione diversi da quelli attinenti al trattamento sanzionatorio. 4.1. Propone, con il ministero dell'avv. (OMISSIS), ricorso per cassazione affidato a due motivi, con il primo dei quali ascrive alla Corte di appello, in chiave di violazione di legge e vizio di motivazione, di avere erroneamente ritenuto che la formulata, parziale rinunzia ai motivi di impugnazione si estendesse anche a quelli afferenti "la qualificazione giuridica dei fatti accertati - che, in realta', attengono al trattamento sanzionatorio e, pertanto, devono intendersi esclusi dalla rinunzia - e di avere, quindi, indebitamente omesso di vagliare le doglianze articolate con l'atto di appello in ordine alla qualificazione del fatto ai sensi del comma 4, quanto alla natura della sostanza commerciata, e comma 5, in relazione alla lieve entita', del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73. Rileva, a questo proposito, che i fatti avrebbero dovuto essere ricondotti all'ipotesi di lieve entita' in ragione della mancanza di dati certi in ordine alla quantita' e alla natura della sostanza stupefacente ed in ossequio, pertanto, al canone in dubio pro reo; obietta, ulteriormente, che egli, lungi dall'essere munito di un'ampia struttura che gli consentisse di creare una fitta rete di rapporti commerciali per lo spaccio di sostanze stupefacenti, ricorreva, piuttosto, a mezzi domestici e grossolani, sintomatici dell'assenza di una vera e propria organizzazione, sicche' illogico si palesa, anche sotto questo aspetto, il richiamo, da parte della Corte di appello, a considerazioni dedicate, in modo indistinto e cumulativo, alla totalita' degli imputati. Con il secondo ed ultimo motivo, (OMISSIS) eccepisce vizio di motivazione per avere la Corte di appello, a seguito dell'applicazione delle circostanze attenuanti generiche, ridotto la pena base e non anche quella stabilita a titolo di continuazione interna, cioe' per i residui episodi contestati al capo G), per di piu' indicando, in motivazione, una pena finale superiore, nella porzione pecuniaria, a quella stabilita in dispositivo. 4.2. All'udienza del 17 novembre il ricorrente ha eccepito, tramite il difensore ed in via subordinata rispetto alla principale richiesta di rinvio della trattazione dei ricorsi, l'illegittimita' costituzionale del Decreto Legge 31 ottobre 2022, articolo 6, per contrasto con l'articolo 73, comma 3, articolo 77, articoli 3 e 117 Cost., nella parte in cui ha differito l'entrata in vigore della normativa che, tra l'altro, incide sul regime di procedibilita' di taluni reati. Il Collegio la ha dichiarata inammissibile, con provvedimento reso a verbale, con il quale ha, al contempo, disatteso la richiesta di differimento dell'udienza, mutuata da tutti i difensori presenti. Nel rassegnare le conclusioni, il difensore di (OMISSIS) ha reiterato, anche nell'interesse di (OMISSIS), l'eccezione di legittimita' costituzionale del citato articolo 6 deducendo, stavolta, l'irragionevolezza del differimento, con disposizione di urgenza, della disciplina che amplia l'ambito di applicazione delle sanzioni sostitutive previste dalla L. 24 novembre 1981, n. 689. Trattasi, deve nondimeno rilevarsi, di questione inammissibile perche' introdotta sul postulato - meramente enunciato e non assistito dal benche' minimo sostegno argomentativo - dell'insussistenza di ragioni di straordinaria necessita' ed urgenza, che il legislatore ha, invece, rinvenuto nell'esigenza di informare a canoni di razionalita' la programmazione e l'attuazione degli interventi di supporto al piu' ampio ricorso alle misure alternative alla detenzione e, in particolare, ad una misura transitoria, quale il Decreto Legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, articolo 95, presumibilmente suscettibile di determinare la concentrazione di un elevato numero di istanze in un arco temporale circoscritto. 4.3. Il ricorso e' manifestamente infondato. La giurisprudenza di legittimita' e' ferma nel ritenere che "La rinuncia parziale ai motivi d'appello determina il passaggio in giudicato della sentenza gravata limitatamente ai capi oggetto di rinuncia, onde e' inammissibile il ricorso per cassazione con il quale si propongono censure attinenti ai motivi d'appello rinunciati e non possono essere rilevate d'ufficio le questioni relative ai medesimi motivi. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto preclusa la possibilita' di proporre o rilevare d'ufficio, in sede di legittimita', questioni attinenti alla qualificazione giuridica dei fatti, avendo l'imputato rinunciato ai motivi di appello relativi all'affermazione della responsabilita' penale)" (Sez. 2, n. 47698 del 18/09/2019, Amabile, Rv. 278006 - 01). L'applicazione di tale condiviso principio conduce a smentire l'assunto formulato, con il primo motivo, dal ricorrente, il quale riporta alla macroarea del trattamento sanzionatorio la tematica della qualificazione giuridica della condotta che, in realta', investe la responsabilita' dell'imputato e solo in via indiretta la determinazione della pena, sicche' deve logicamente inferirsi che (OMISSIS), all'atto di formalizzare la rinunzia ai motivi di appello diversi da quelli relativi al trattamento sanzionatorio, tenne fermi esclusivamente quelli che investivano l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche e la concreta commisurazione della pena base e degli aumenti per la continuazione. Per quanto concerne il secondo motivo, occorre innanzitutto ricordare, in diritto, che "In tema di divieto di "reformatio in peius", il giudice di appello che, accogliendo il motivo di gravame proposto dal solo imputato riguardante una regiudicanda integrata da piu' reati unificati dal vincolo della continuazione, riconosca l'esistenza di una circostanza attenuante in precedenza negata ed influente sia sulla pena base che su altri elementi rilevanti per il calcolo, deve necessariamente ridurre la pena complessivamente inflitta con riferimento al reato base e ai reati satelliti, salvo che per questi ultimi venga confermato, con adeguata motivazione, l'aumento in precedenza disposto e fermo restando che il risultato finale dell'operazione si concluda con l'irrogazione di una pena complessiva corrispondentemente diminuita rispetto a quella in precedenza irrogata" (Sez. 3, Sentenza n. 3214 del 22/10/2014, dep. 2015, A., Rv. 262021 - 01; Sez. 2, n. 45973 del 18/10/2013, A., Rv. 257522 - 01; Sez. 6, n. 45866 del 15/05/2012, Costanzo, Rv. 254129 - 01). Nel caso di specie, il giudice di appello si e' orientato, a dispetto di quanto eccepito dal ricorrente, in ossequio al predetto canone ermeneutico giacche', dopo avere ridotto la pena base per il piu' grave degli episodi contestati a (OMISSIS) al capo G) (da sei anni di reclusione e 25.822 Euro di multa a quattro anni di reclusione e 18.000 Euro di multa), ha applicato, per la continuazione interna al capo G), l'aumento di un anno di reclusione e 2.000 Euro di multa, inferiore, nella parte pecuniaria, a quello stabilito del Giudice dell'udienza preliminare (un anno di reclusione e 4.178 Euro di multa). Ininfluente, rispetto alla articolata censura, e', infine, la discrasia nella commisurazione della pena pecuniaria applicata a (OMISSIS), all'esito di tutte le operazioni di calcolo, correttamente fissata, nel dispositivo (cui, ovviamente, va assegnata prevalenza), in 13.333 Euro, laddove in motivazione, per un mero refuso, e' indicata la cifra di 14.000 Euro (peraltro, superiore a quella effettiva, si' da escludere l'interesse dell'imputato a far valere la difformita'). 14. (OMISSIS). E' stato condannato, in entrambi i gradi di giudizio, alla pena di sette anni e due mesi di reclusione per la partecipazione all'associazione finalizzata al narcotraffico contestata al capo B) e la cessione di sostanza stupefacente di varia natura in favore di (OMISSIS) e (OMISSIS) e di (OMISSIS). 14.1. Articola, con l'assistenza degli avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS), ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, con i quali lamenta, costantemente, violazione di legge sostanziale e processuale e vizio di motivazione. Con il primo motivo, si duole che la Corte di appello abbia indebitamente disatteso le censure articolate con l'impugnazione ed afferenti sia alla sussistenza dell'ipotizzata compagine criminale ed alla sua partecipazione, i cui contorni, peraltro, non sono, a suo modo di vedere, compiutamente delineati. Rileva, in specie, che l'assunto secondo cui egli avrebbe svolto, dalla base insistente nella sua abitazione di Via Siracusa in Lecce, attivita' di spaccio al minuto, quale fidato collaboratore di (OMISSIS), a lui sovraordinato, si risolve in una mera illazione, non suffragata da convenienti riscontri. Rilegge i rapporti con (OMISSIS) alla luce della parentela che li lega e giustifica - in via alternativa rispetto all'ipotesi di accusa - la frequentazione dell'abitazione del cugino. Segnala che l'esito negativo delle eseguite perquisizioni concorre nel privare la ricostruzione in chiave illecita dei suoi rapporti con (OMISSIS) di concreti addentellati sul piano fattuale. Il ricorrente - dopo avere notato come coerente con la sua estraneita' alla supposta associazione a delinquere e' il fatto che egli non sia stato raggiunto dalle accuse dei collaboratori di giustizia (OMISSIS) e (OMISSIS), pure prodighi di informazioni in merito all'attivita' illecita condotta da (OMISSIS), al cui fianco egli avrebbe stabilmente operato - rilegge gli elementi raccolti in ordine al rapporto con (OMISSIS), da un canto, e (OMISSIS), dall'altro, in un'ottica lecita, opposta a quella privilegiata dai giudici di merito. Allo stesso modo, eccepisce che il presunto intervento della madre, che si ipotizza finalizzato ad evitare che le forze dell'ordine trovassero lo stupefacente da lui detenuto e che concorre, secondo i giudici di merito, a dimostrare la fondatezza dell'impostazione accusatoria, e' smentito, oltre che dall'assenza di riscontri sul piano fattuale, dall'omesso coinvolgimento della donna nel presente procedimento penale, cui ella e' rimasta, per quanto consta, estranea. Obietta, in conclusione, che a suo carico si pongono, in definitiva, meri indizi, rimasti allo stadio embrionale e, comunque, non idonei a dimostrare, al di la' di ogni ragionevole dubbio, la sua stabile militanza associativa. Con il secondo motivo, (OMISSIS) ascrive alla Corte di appello di avere ingiustificatamente disatteso la richiesta di qualificazione dei fatti ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 74, comma 6, e articolo 73, comma 5. Con il terzo motivo, dedicato al reato-fine di cui al capo C) della rubrica, (OMISSIS) rivolge le proprie critiche alle conclusioni raggiunte dai giudici di merito e segnala, in specie, la contraddittorieta' dell'affermazione della sua responsabilita', a fronte dell'assoluzione, per quei fatti, di (OMISSIS) e (OMISSIS), Ribadisce, per altro verso, di avere intrattenuto con (OMISSIS) e (OMISSIS) rapporti di natura lecita, in quanto collegati a prestazioni di lavoro da lui svolto per conto dei due, l'uno titolare di un ristorante, l'altro giostraio ambulante. Con il quarto ed ultimo motivo, deduce l'illegittimita' del diniego delle circostanze attenuanti generiche e della irrogazione di una pena sproporzionata per eccesso rispetto alle condotte accertate. 14.2. Il ricorso e' inammissibile perche' vertente su motivi manifestamente infondati o non consentiti. La Corte di appello, orientandosi in continuita' con quanto gia' stabilito dal Giudice dell'udienza preliminare, ha mutuato il convincimento espresso dalla pubblica accusa in merito all'inquadramento del fenomeno delinquenziale oggetto di osservazione in una cornice schiettamente associativa, aspetto sul quale vanno ribadite, in questa sede, le argomentazioni spese all'atto della disamina del ricorso presentato da (OMISSIS), senz'altro utili in funzione del vaglio anche della posizione assunta, in seno al medesimo consesso, da (OMISSIS). La Corte di appello, alle pagg. 10-17 della sentenza impugnata, ha, infatti, respinto le obiezioni mosse dagli imputati che sono stati condannati per aver fatto parte dell'associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico contestata al capo B) della rubrica. Ha, in specie, ritenuto che le emergenze istruttorie attestino, in primo luogo, la riconducibilita' del fenomeno illecito oggetto di osservazione al paradigma descritto dal Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 74, ricostruito in ossequio agli indici enucleati, nel tempo, dalla giurisprudenza di legittimita'. Ha ricordato, in fatto, che l'indagine ha messo in luce la circolarita' dei rapporti tra (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche' quelli tra (OMISSIS) ed i fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS), oltre che la costante presenza di (OMISSIS), braccio destro di (OMISSIS) e fedele esecutore delle sue disposizioni. Ha aggiunto che la multilateralita' delle relazioni tra i soggetti coinvolti ha reso evidente a ciascuno di loro che l'attivita' posta in essere andava ad iscriversi nella piu' vasta cornice dell'azione coordinata di un gruppo organizzato e che l'emersione, in alcuni casi, di stabili conti di dare ed avere tra i fornitori dell'associazione e la preferenza manifestata per l'immediata regolazione, in contanti, delle transazioni costituiscono ulteriore riscontro della dimensione permanente e collettiva degli illeciti accertati. La compagine, in altri termini, operava, secondo la prospettiva delineata dai giudici di merito, affidando la responsabilita' dei contatti con i fornitori a (OMISSIS), coadiuvato da (OMISSIS), a (OMISSIS), il quale si avvaleva di (OMISSIS) e (OMISSIS), ed ai germani (OMISSIS), assistiti da correi la cui posizione e' stata separatamente definita. Tangibile era, d'altro canto, il tratto organizzativo, connesso alla continuita' degli approvvigionamenti, garantiti da una pluralita' di canali, e dell'attivita' di distribuzione, resa possibile dalle collaterali operazioni finalizzate alla custodia dello stupefacente e seguita dalle iniziative propedeutiche al recupero dei crediti maturati ed all'avvio di nuovi investimenti; il tutto, in un contesto segnato dalla limitata autonomia dei singoli, chiamati a rendere conto ai referenti di ogni, anche minimo, cambio di programma e pronti a recepire le direttive o concordare le future strategie. Con precipuo riferimento a (OMISSIS), la Corte salentina ha posto l'accento sulle conversazioni attestanti la sua familiarita', da un canto, con (OMISSIS), titolare di un ruolo sovraordinato e, in quanto tale, abilitato a rivolgergli ordini e, se del caso, reprimende, e, dall'altro, (OMISSIS), che egli, specularmente, incarica del recupero di crediti derivanti da pregresse transazioni di stupefacente, dei quali (OMISSIS) deve, a sua volta, dar conto a (OMISSIS). Il dialogo intercorso tra (OMISSIS) e (OMISSIS) all'esito della perquisizione subita dal primo il 29 ottobre 2015 attesta, poi, il comune coinvolgimento in attivita' tali da suscitare l'interesse degli investigatori. Il percorso argomentativo che ha condotto i giudici di merito ad inferire la partecipazione associativa di (OMISSIS) si giova, pertanto, della considerazione, per un verso, della figura di (OMISSIS), attivo componente del sodalizio e gestore, in posizione di responsabilita', di almeno una parte dei traffici del gruppo, per la cui conduzione si avvale, tra gli altri, della sua cooperazione. La sinergica valutazione di tali elementi con la riscontrata esistenza di rapporti, pure di presumibile natura illecita, tra (OMISSIS) e (OMISSIS) - lui pure a pieno titolo inserito nella compagine criminosa - supporta, dunque, la convinzione, espressa dai giudici di merito, che l'imputato sia stato stabilmente inserito in essa, con piena coscienza dell'esistenza del gruppo e dei connessi profili organizzativi, ed animato da sicura affectio societatis. La Corte di appello e' pervenuta a conclusioni aliene da travisamenti di emergenze istruttorie che sono state interpretate in modo non manifestamente illogico ne' contraddittorio, senza, per contro, debordare dai poteri riconosciuti, in via esclusiva, al giudice di merito. Rebus sic stantibus, il ricorrente articola, con il primo motivo, censure che non valgono ad incrinare la tenuta logica del provvedimento impugnato e che si dipanano lungo il sentiero della rivalutazione critica di emergenze istruttorie che, gia' sottoposte allo scrutinio di entrambi i giudici di merito, sono state interpretate in pieno ossequio a canoni razionali e che, per di piu', trovano ulteriore suggello, quanto al suo fattivo coinvolgimento nell'illecita attivita' di narcotraffico, nelle emergenze istruttorie che attengono, in particolare, al reato-fine ascritto a (OMISSIS) al capo C). L'architettura della critica difensiva si regge, in altri termini, sulla proposizione, per ciascuno degli elementi cui i giudici di merito hanno riconosciuto valenza indiziante, di obiezioni che si basano su possibili letture alternative o, piu' spesso, sulla ridotta valenza dimostrativa di ciascun indizio, ovvero su un approccio che, frutto della segmentazione e della separata considerazione del materiale disponibile, rinunzia a cogliere le reciproche interconnessioni tra le tessere del mosaico, che, opportunamente incastonate, tratteggiano un panorama complessivo idoneo ad attestare la sussistenza degli elementi costitutivi del delitto contestato. E' questa la luce attraverso la quale devono essere filtrate le obiezioni che (OMISSIS) riserva, via via: alla iscrizione dei rapporti con il cugino (OMISSIS) all'interno di dinamiche di tipo parentale anziche' delinquenziale; all'assenza di riscontri costituiti dal sequestro, in suo pregiudizio, di sostanze stupefacenti; al fatto che egli, a differenza di (OMISSIS), non e' stato inserito da (OMISSIS) e (OMISSIS) nel novero dei soggetti dediti al narcotraffico, circostanza che, va specificamente replicato, e' agevolmente spiegabile in ragione della peculiarita' del ruolo svolto da (OMISSIS) in seno al gruppo, concretatosi nell'affiancamento di (OMISSIS), leader di un sottogruppo, a sua volta posto in connessione, tramite (OMISSIS), con le altre cellule appartenenti alla stessa entita'. Non meritano miglior sorte le insistite obiezioni che il ricorrente dedica alle singole conversazioni - senza, peraltro, corredare le censure con la loro allegazione o integrale trascrizione, cio' che, come meglio chiarito nell'esame del ricorso di (OMISSIS), le rende irrimediabilmente generiche e, quindi, per cio' solo inammissibili - e che, attenendo al merito dell'imputazione piu' che alla sussistenza di uno dei vizi tassativamente indicati all'articolo 606 c.p.p. (come, d'altro canto, sembra desumersi dal fatto che il ricorrente, alla pag. 14 del libello introduttivo del presente giudizio, sembra rivolgersi alla Corte di appello per chiedere l'assoluzione dall'addebito associativo), sono senz'altro inidonee ad eccitare i poteri censori del giudice di legittimita'. Parimenti privo di pregio e' il secondo motivo, volto a reiterare doglianze, afferenti alla lieve entita' dei fatti accertati e, di conseguenza, alla minore offensivita' del reato necessariamente plurisoggettivo, che non trovano conforto nelle emergenze istruttorie, stando all'esegesi, logicamente sostenibile, che ne compiono i giudici di merito, concordi nel descrivere un fenomeno che, per la diffusivita' e la capillarita' dell'attivita' di distribuzione e rifornimento, la reiterazione delle forniture, la stabilita' dei rapporti tra i soggetti coinvolti, la forte solidarieta' interna, appare sintomatico di un vulnus tutt'altro che minimale ai beni - la salute pubblica, in primis - oggetto della tutela penale. Manifestamente infondato e', del pari, il terzo motivo. La Corte di appello da', in primo luogo, atto della correttezza delle considerazioni svolte dal primo giudice in ordine alla assidua dedizione di (OMISSIS) alla cessione a terzi dello stupefacente affidatogli, a tal fine, da (OMISSIS), sempre pronto a spronare il pusher a maggiore solerzia nel sollecito smistamento dei quantitativi assegnatigli e, ancor piu', nell'esazione dei crediti derivati dalla vendita. La stretta solidarieta' tra (OMISSIS) e (OMISSIS), la sicura dedizione di entrambi, sia pure con una diversa collocazione gerarchica, a traffici di sostanze stupefacenti (e' utile ricordare, sul punto, che la decriptazione dell'oggetto dei dialoghi che coinvolgono (OMISSIS) e' agevolata dal riscontro costituito dal sequestro, nell'ottobre del 2015, cioe' nel periodo clou dell'indagine i cui esiti sono compendiati nel presente procedimento, del consistente quantitativo di cocaina, del peso di 426 grammi, di cui egli aveva la contingente disponibilita') fornisce ai giudici di merito il destro per interpretare in chiave illecita le vicende, contestate al capo C), che vedono (OMISSIS) impegnato a rifornire (OMISSIS) e (OMISSIS) e (OMISSIS). A questo proposito, il ricorrente, seguendo, ancora una volta, un'impostazione ispirata alla contro-argomentazione, pone l'accento su aspetti e questioni non idonei ad intaccare la coerenza del ragionamento sviluppato dalla Corte di appello. Sottolinea, in particolare, che sia (OMISSIS) che (OMISSIS) sono stati assolti dal reato loro contestato al capo C), esito processuale che, tuttavia, non e' stato determinato dal riconoscimento dell'insussistenza dell'addebito ma, piuttosto, dall'assenza di prova piana in ordine al loro coinvolgimento nella distribuzione al minuto dello stupefacente in favore di acquirenti che avevano in (OMISSIS) il loro diretto e primario punto di riferimento. Evidenzia che dalle conversazioni intercettate emerge soltanto che egli e' entrato in contatto con taluni soggetti, con i quali ha fissato incontri per ragioni che sono rimaste ignote, cosi' trascurando che, come detto, le ragioni sottese alla fissazione degli appuntamenti sono state ricostruite alla luce della complessiva considerazione dell'attivita' illecita da lui svolta in combutta con i soggetti sopra indicati, e del suo stabile inserimento in una compagine criminale dedita al narcotraffico. Ricorda di avere offerto una spiegazione alternativa dei rapporti intrattenuti sia con i (OMISSIS) che con (OMISSIS) che, pero', la Corte di appello, con argomentazioni ineccepibili, ha stimato del tutto inattendibile, non avendo egli fornito la benche' minima prova di avere, in quel periodo, lavorato, anche occasionalmente, alle dipendenze dei primi o aiutato il secondo nel montaggio e nel trasporto delle giostre da lui gestite. In relazione, infine, al diniego delle circostanze attenuanti generiche ed alla commisurazione del trattamento sanzionatorio, valgono - in assenza di segni di resipiscenza o di altri elementi suscettibili di favorevole valutazione e tenuto conto, anzi, che l'elevato livello di coinvolgimento di (OMISSIS) nelle dinamiche delinquenziali portate alla luce nel presente procedimento appare espressivo di non marginale proclivita' al crimine - i rilievi svolti all'atto dell'esame delle posizioni, tra le altre, di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). 15. (OMISSIS). E' stato condannato, in entrambi i gradi di giudizio, alla pena di quattro anni e sei mesi di reclusione e 20.000 Euro di multa per i reati di cui ai capi L) e L1). Risponde di due episodi, risalenti, rispettivamente, al 14 ed al 17 novembre 2015, afferenti alla detenzione illecita ed alla cessione di grossi quantitativi di cocaina che, tramite (OMISSIS) e (OMISSIS), sarebbero pervenuti, almeno in parte, nella disponibilita' di (OMISSIS). 15.1. Propone, con il ministero degli avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS), ricorso per cassazione vertente su due motivi, in entrambi i casi lamentando violazione di legge e vizio di motivazione. Con il primo motivo, deduce l'illegittimita' della decisione impugnata nella parte in cui assevera sia l'attendibilita' di (OMISSIS) che l'attitudine delle conversazioni intercettate a fungere da elemento di riscontro, addebitando alla Corte di appello di avere trascurato, al riguardo, lo sfasamento dei tempi e l'equivocita' delle comunicazioni, di avere indugiato nell'illogica ricostruzione che lo vede portarsi presso l'abitazione del correo, per trattare argomenti illeciti, in compagnia di moglie e figlia, e di essersi affidata, in ultima analisi, ad illazioni non adeguatamente riscontrate sul piano fattuale. Con il secondo motivo, si duole del diniego delle circostanze attenuanti generiche che egli avrebbe, ove si fosse tenuto adeguatamente conto di tutti i fatti all'uopo rilevanti, meritato. 15.2. Il ricorso e' imperniato su motivi infondati; nondimeno, deve accogliersi, in forza dell'effetto estensivo dell'impugnazione ex articolo 587 c.p.p., comma 1, ed in ragione della natura non esclusivamente personale della doglianza, quello, espressamente articolato dal correo (OMISSIS), vertente sulla duplicazione delle sanzioni, in relazione a ciascuno dei capi di imputazione, per le rispettive fattispecie di detenzione e di cessione. 15.2.1. La Corte di appello, nel trattare l'impugnazione proposta da (OMISSIS), ha dato atto, in primis, delle dichiarazioni rese da (OMISSIS), il quale ha riferito (cfr. sentenza di primo grado, pagg. 203-205) di avere da lui acquistato, in due distinte occasioni, cocaina del peso di un chilogrammo, una volta, e di un chilogrammo e mezzo, l'altra e specificato, tra l'altro, di non avere incontrato di persona, in quelle circostanze, (OMISSIS), il quale si era servito, all'uopo, del suo collaboratore (OMISSIS), e che alla transazione illecita avevano cooperato anche, a vario titolo, (OMISSIS), il di lui genero (OMISSIS) e (OMISSIS). I giudici di merito hanno, in proposito, ritenuto che la narrazione di (OMISSIS) sia intrinsecamente attendibile e debitamente riscontrata, ab externo, dalle conversazioni intercettate, con riferimento: alla familiarita' tra il collaboratore di giustizia (il quale ha esposto che, nell'estate del 2015, recatosi a casa sua, ove egli scontava una pena in regime di detenzione domiciliare, il correo si era dichiarato disponibile a soddisfare ogni sua esigenza) e (OMISSIS), confermata dalle conversazioni intercettate, che recano traccia dell'accenno, da parte di (OMISSIS), alla visita di (OMISSIS) che, il 16 ottobre 2015, era andato a trovarlo, con moglie e figlia; alla stretta relazione tra (OMISSIS) e (OMISSIS), attestata dalle frequenti comunicazioni tra i due, sovente afferenti alla conduzione di affari dall'oggetto non esplicitamente indicato, nonche' ai contatti, coevi alle vicende di interesse processuale, tra (OMISSIS), da un canto, e (OMISSIS) e (OMISSIS), dall'altro; alla ricostruzione dei due distinti episodi in contestazione, attuativi di un unico accordo criminoso, che ha contemplato una prima consegna, concordata e programmata il 9 novembre 2015 ed eseguita il 14 novembre 2015 (quella indicata al capo L, documentata dalle conversazioni trascritte alle pagg. 71-73 della sentenza impugnata) ed eseguita da (OMISSIS) in favore di (OMISSIS) e (OMISSIS), ed un secondo incontro, finalizzato all'ulteriore cessione, consumata il 17 novembre 2015, secondo quanto emerso dalle conversazioni, riportate alle pagg. 73-76, captate il 16 ed il 17 novembre 2015. La nitida ed univoca chiamata in correita' del collaboratore di giustizia ha, quindi, trovato riscontro nelle conversazioni sovra richiamate, che, secondo i giudici di merito, rassicurano circa la sua sincerita' nell'esporre dei traffici condotti unitamente a (OMISSIS). 15.2.2. Al cospetto di un iter argomentativo coerente, lineare e scevro da fratture razionali, il ricorrente si colloca, con il primo motivo, in una prospettiva di sterile confutazione, protesa a negare la piena attitudine probatoria degli elementi valorizzati dai giudici di merito. Eccepisce, quanto all'incontro tra (OMISSIS) e (OMISSIS), che la presenza, nella circostanza, della moglie e della figlia del primo rende poco plausibile che, come apoditticamente ritenuto dalla Corte di appello, il meeting abbia rappresentato, per i due, occasione propizia per intavolare trattive finalizzate ad operazioni di cessione di consistenti partite di sostanze stupefacente. Osserva che le informazioni restituite dalle captazioni non offrono alcuna certezza in ordine al suo diretto e personale coinvolgimento nelle supposte operazioni criminose, ne' circa l'illiceita' dei rapporti da lui intrattenuti con (OMISSIS), ovvero in merito all'avere egli dato il la alle transazioni che sarebbero state eseguite per mano dello stesso (OMISSIS) nonche', dal lato degli acquirenti, da (OMISSIS) e (OMISSIS). Segnala che le indicazioni cronologiche e quantitative emergenti dalle conversazioni intercettate non coincidono con le corrispondenti indicazioni di (OMISSIS), il cui narrato si palesa, anche per questa ragione, inidoneo a sorreggere l'ipotesi di accusa. Cosi' facendo, il ricorrente abbraccia una prospettiva che, nell'apprezzare, sminuendola, la valenza di ciascun elemento indiziario, e segnatamente di quelli tratti dalla prova tecnica, finisce con il perdere di vista la costruzione del ragionamento seguito dalla Corte di appello, che muove dal contributo di (OMISSIS), che stima pienamente credibile, ed utilizza, in funzione di controllo esterno ed in pieno ossequio, dal punto di vista metodologico, alle prescrizioni dell'articolo 192 c.p.p., comma 3, gli esiti delle captazioni in chiave di riscontro esterno, prescindendo, con operazione giuridicamente ineccepibile, dal verificare l'autonoma attitudine probatoria di quanto appreso dagli ascolti. Fallaci si palesano, dunque, le obiezioni che si appuntano sull'assenza di diretta prova certa in ordine al contenuto dei dialoghi intercorsi tra (OMISSIS) e (OMISSIS) in occasione di un incontro che, cio' che piu' conta in questa sede, il primo ha descritto in termini che, quanto alla storicita' della relazione amicale con l'odierno ricorrente, risultano pienamente confermati dalle intercettazioni. Alle medesime conclusioni deve pervenirsi in ordine alle conversazioni richiamate dalla Corte di appello che, a prescindere dalla precisa corrispondenza delle indicazioni quantitative, sono idonee a riscontrare le accuse di (OMISSIS) in ordine sia alle vicende di interesse processuale, complessivamente intese, ed al ruolo assunto, in quel contesto, da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che, in chiave individualizzante, alla posizione, defilata ma, non per questo, meno protagonistica, di (OMISSIS), desunta, tra l'altro, dai rapporti con (OMISSIS) e dal tenore delle affermazioni scambiate da (OMISSIS) e (OMISSIS) subito dopo l'incontro con il fornitore dello stupefacente svolto in localita' coincidente proprio con l'abitazione di (OMISSIS). La sentenza impugnata appare, sotto questo profilo, resistente alle obiezioni difensive perche' frutto di fedele applicazione del principio di diritto, da tempo cristallizzato dalla giurisprudenza di legittimita', secondo cui "In tema di chiamata in correita', i riscontri dei quali necessita la narrazione, possono essere costituiti da qualsiasi elemento o dato probatorio, sia rappresentativo che logico, a condizione che sia indipendente e, quindi, anche da altre chiamate in correita', purche' la conoscenza del fatto da provare sia autonoma e non appresa dalla fonte che occorre riscontrare, ed a condizione che abbia valenza individualizzante, dovendo cioe' riguardare non soltanto il fatto-reato, ma anche la riferibilita' dello stesso all'imputato, mentre non e' richiesto che i riscontri abbiano lo spessore di una prova "autosufficiente" perche', in caso contrario, la chiamata non avrebbe alcun rilievo, in quanto la prova si fonderebbe su tali elementi esterni e non sulla chiamata di correita'" (Sez. 2, n. 35923 del 11/07/2019, Campo, Rv. 276744 - 01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, Cariolo, Rv. 260607 - 01; Sez. 1, n. 1263 del 20/10/2006, dep. 2007, Alabiso, Rv. 235800 - 01). 15.2.3. In relazione, da ultimo, al diniego delle circostanze attenuanti generiche, valgono - in assenza di segni di resipiscenza o di altri elementi suscettibili di favorevole valutazione e tenuto conto, anzi, dell'essere (OMISSIS) gravato da precedenti condanne, anche per reati di notevole offensivita', espressivi di non marginale proclivita' al crimine - i rilievi svolti all'atto dell'esame delle posizioni, tra le altre, di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). 15.2.4. La sentenza impugnata va, invece, annullata limitatamente alla separata contestazione, in relazione a ciascuna delle vicende oggetto di addebito, della condotta di detenzione e di quella di cessione, che i giudici di merito hanno reputato espressive di diversa, concorrente offensivita', tale da legittimare, per ciascuna di esse, la configurazione di una autonoma fattispecie criminosa e, riconosciuta la loro riconducibilita' ad un unico disegno criminoso, l'applicazione della disciplina del reato continuato. Al riguardo, premesso che, per quanto consta, nel caso concreto non e' possibile distinguere, dal punto di vista fattuale, la transazione illecita dalla condotta di detenzione che ne costituisce imprescindibile presupposto logico, pertinente appare il richiamo al consolidato e condiviso indirizzo ermeneutico secondo cui "In materia di reati concernenti sostanze stupefacenti, in presenza di piu' condotte riconducibili a quelle descritte dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, quando unico e' il fatto concreto che integra contestualmente piu' azioni tipiche alternative, le condotte illecite minori perdono la loro individualita' e vengono assorbite nell'ipotesi piu' grave; quando invece le differenti azioni tipiche sono distinte sul piano ontologico, cronologico e psicologico, esse costituiscono distinti reati concorrenti materialmente" (Sez. 6, n. 22549 del 28/03/2017, Ghitti, Rv. 270266 - 01; Sez. 3, n. 8163 del 26/11/2009, dep. 2010, Merano, Rv. 246211 - 01). Dal disposto annullamento non segue il rinvio, potendosi, gia' in questa sede, procedere alla rideterminazione della pena mediante eliminazione degli aumenti per la continuazione c.d. "interna" a ciascuno dei due capi, stabilita, per il capo L), in tre mesi di reclusione e 1.178 Euro di multa, e, per il capo L1), in tre mesi di reclusione e 1.500 Euro di multa. La sanzione deve essere, pertanto, cosi' rideterminata: pena base per il capo L): anni 6 di reclusione ed Euro 25.822 di multa, aumentata di 3 mesi di reclusione ed Euro 1.500 di multa per la continuazione con il capo L1); pena totale: anni 6 e mesi 3 di reclusione ed Euro 27.322 di multa, ridotta, per la scelta del rito abbreviato, a quattro e due mesi di reclusione e 18.214,66 Euro di multa. 16. (OMISSIS). E' stato condannato, in entrambi i gradi di giudizio, alla pena di otto anni e dieci mesi di reclusione per il delitto di associazione finalizzata al narcotraffico e per numerosi episodi qualificati ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73. E' il corriere che, per conto di (OMISSIS), si occupa di prelevare e consegnare quantitativi di droga. Raggiunto dalle accuse di (OMISSIS), risulta coinvolto: - nella detenzione di due quantitativi di hashish, ceduti da (OMISSIS) a (OMISSIS), l'uno del valore di cinquemila Euro, l'altro del peso di 2,900 kg. (capo Gl, condotte risalenti, rispettivamente al 3 ottobre ed all'1 novembre 2015); - nella cessione di grossi quantitativi di droga di varia natura (hashish, marijuana, cocaina a (OMISSIS) (capi H e H1, epoca di consumazione: (OMISSIS)); - nella cessione a (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) di tre kg. di marijuana (capo 12, fatto risalente al (OMISSIS)); - nell'acquisto di un kg. di cocaina da (OMISSIS) e (OMISSIS), tramite (OMISSIS) e (OMISSIS) (capo L1, fatto commesso il (OMISSIS)); - nell'acquisto di quantitativi di cocaina da (OMISSIS) (capo M, fatto commesso tra (OMISSIS)); - nella cessione di vari quantitativi di cocaina a (OMISSIS) e (OMISSIS) (capo N, esteso a tutto il 2015); - nella cessione di vari quantitativi di cocaina in favore di (OMISSIS) (capo P, condotta protrattasi sino a dicembre 2015). I giudici di merito ne ritengono la militanza associativa in ragione della partecipazione ad una miriade di reati-fine, della strettissima solidarieta' con (OMISSIS), nonche' della dimostrata consapevolezza dell'esistenza di un'organizzazione facente capo a (OMISSIS) ed ai fratelli (OMISSIS). 16.1. (OMISSIS) propone, con il patrocinio dell'avv. (OMISSIS), ricorso per cassazione articolato su cinque motivi. Con il primo motivo, lamenta vizio di motivazione per avere la Corte di appello omesso di spiegare le ragioni sottese al rigetto dell'obiezione, mossa sia in primo che secondo grado, vertente sull'omessa trascrizione di conversazioni intercorse tra soggetti che parlavano stretto dialetto salentino, peraltro nelle sue diverse declinazioni, nonche' sull'arbitraria traduzione in lingua italiana delle conversazioni medesime, sostanzialmente stravolte nel loro significato. Con il secondo motivo, deduce violazione di legge per avere la Corte di appello disatteso l'impugnazione in relazione all'addebito associativo pur in carenza di precise informazioni circa il ruolo che egli avrebbe svolto in seno alla consorteria criminale e, prima ancora, la stabilita' dei suoi rapporti con essa. Nota, vieppiu', che il fallimentare esito dell'operazioni di acquisto di un kg. di cocaina dimostra che tale compagine non era in grado di produrre risultati significativi dal punto di vista economico. Contesta l'identificazione, operata grazie all'appellativo " (OMISSIS)" che, pero', non lo ha mai contraddistinto, essendo egli chiamato, invece, " (OMISSIS)" e rileva che le accuse mosse a suo carico da (OMISSIS) - il quale, peraltro, non lo inserisce nel novero dei soggetti intranei al sodalizio dedito al narcotraffico -trovano plateale smentita nel fatto che egli non e' chiamato a rispondere di alcun reato in combutta con i germani (OMISSIS), insieme ai quali si assume, nondimeno, che egli abbia operato. Con il terzo motivo, (OMISSIS) eccepisce violazione di legge con riferimento all'omessa qualificazione della condotta associativa ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 74, comma 6. Con il quarto motivo, lamenta, ancora, violazione di legge per avere la Corte di appello indebitamente ritenuto, pur in assenza di congrui riscontri di natura obiettiva, anche in ordine alla percentuale di principio attivo contenuta nella droga commerciata e sulla base degli elementi tratti esclusivamente dalle intercettazioni e dalla parola di (OMISSIS), che le conversazioni captate abbiano avuto realmente ad oggetto sostanza stupefacente e che le condotte accertate, e qualificate ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, non possano essere reputate di lieve entita'. Con il quinto ed ultimo motivo, si duole dell'omessa applicazione delle circostanze attenuanti generiche, che egli avrebbe meritato, sostiene, per la modestia del curriculum criminale ed il buon comportamento post delictum, e della fissazione di aumenti per la continuazione sproporzionati per eccesso rispetto all'obiettiva dimensione degli illeciti commessi. 16.2. Il ricorso e' inammissibile perche' incentrato su censure manifestamente infondate o non consentite. Per quanto concerne l'omessa trascrizione delle conversazioni intercettate, va, innanzitutto, ricordato, con la giurisprudenza di legittimita', che "L'omessa trascrizione delle conversazioni registrate nella fase delle indagini preliminari, senza che le parti ne abbiano fatto richiesta, non determina alcuna inutilizzabilita' dei risultati del mezzo di ricerca della prova, ne' una nullita' di ordine generale, ai sensi dell'articolo 178 c.p.p., della sentenza emessa all'esito di rito abbreviato che si fondi sugli stessi, costituendo la trascrizione effettuata con le forme della perizia la mera trasposizione grafica del contenuto dei dialoghi captati" (Sez. 3, n. 7392 del 19/12/2018, dep. 2019, Monterisi, Rv. 275852 - 01), avuto riguardo, vieppiu', al fatto che la prova e' costituita dalla bobina o dalla cassetta (Sez. 1, n. 41632 del 03/05/2019, Chan Wantong, Rv. 277139 - 01; Sez. 3, n. 2507 del 28/10/2021, dep. 2022, Schiariti, Rv. 282696 - 01). Escluso che la sentenza impugnata possa dirsi viziata in ragione dell'omessa trascrizione, in se', delle conversazioni, le ulteriori obiezioni articolate, sul punto, dal ricorrente si palesano del tutto inconsistenti ed aspecifiche, perche', come gia' puntualmente sancito, con opportune citazioni giurisprudenziali, dalla Corte di appello alle pagg. 79-80 della sentenza impugnata, formulate in chiave ipotetica e non affiancate da precisi riferimenti a parole, frasi o brani oggetto di travisamento. Non dissimili sono i rilievi che si impongono in relazione al secondo ed al terzo motivo, con i quali (OMISSIS) svolge considerazioni, afferenti alla sussistenza dell'associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico ed alla sua stabile militanza in tale compagine, che non si emancipano da un approccio ispirato alla confutazione ed alla proposizione di letture alternative di emergenze istruttorie delle quali giudici di merito hanno offerto una interpretazione esente da qualsivoglia frattura razionale. La Corte di appello ha - come gia' detto all'atto di delibare i ricorsi di altri imputati - debitamente tratteggiato le coordinate di una compagine criminale che, imperniata su una pluralita' di sottogruppi, operanti in parziale autonomia ma strettamente interconnessi tra di loro, ha curato, in un lasso temporale significativo, l'approvvigionamento e la distribuzione, sul territorio di Lecce e della sua provincia, di consistenti partite di droga di varia natura (cocaina, soprattutto), attivita' posta in essere grazie ad una struttura relativamente stabile, che contemplava anche una, almeno tendenziale, ripartizione dei ruoli, ed alla cospicua disponibilita' di uomini, mezzi, fonti di finanziamento. In questo contesto si inserisce la figura di (OMISSIS), chiamato in causa da (OMISSIS), di cui e' fidato collaboratore e su cui incarico provvede, a seconda dei casi, al trasporto dello stupefacente oppure a garantire, in altra forma, ausilio sul piano logistico, ed autore di numerosi e gravi reati-fine. A quest'ultimo proposito, il ricorrente, con il quarto motivo, si limita ad eccepire, in modo tangibilmente ed inesorabilmente generico, il difetto di prova in ordine all'oggetto dei dialoghi registrati ed a quantita', qualita' e purezza della sostanza trafficata, cosi' rinunziando a confrontarsi con il piu' ampio e composito ragionamento svolto dai giudici di merito che, partendo dall'apporto del collaboratore di giustizia, hanno ricostruito le singole vicende in termini coerenti con l'ipotesi di accusa ed incompatibili con l'apprezzamento della ridotta offensivita' dei fatti oggetto di addebito. La partecipazione ai predetti episodi criminosi costituisce, sotto altro aspetto, primario riscontro alla tesi, la cui fondatezza i giudici di merito hanno sancito, spendendo argomenti ineccepibili, che assegna a (OMISSIS) la veste di stabile partecipe del gruppo, consapevole della dimensione collettiva dell'attivita' illecita cui egli contribuisce e mosso da sicura affectio societatis. La solidita' delle conclusioni raggiunte da Giudice dell'udienza preliminare e Corte di appello non e' minimamente intaccata dalle obiezioni del ricorrente, che si appuntano su singoli e non decisivi profili, quali quelli afferenti: all'essere egli identificato con un determinato diminutivo (che non elide il fortissimo elemento costituito dall'intestazione alla figlia delle utenze telefoniche sulle quali sono state registrate le conversazioni delle quali egli e' indicato come protagonista): all'incertezza di un riconoscimento (che si giova, in realta', di una pluralita' di convergenti elementi) affidato alla sola familiarita' degli investigatori con la sua voce; all'assenza di contestazioni che lo vedano rispondere di reati-fine in concorso con i fratelli (OMISSIS) (circostanza che non incide, sminuendola, sull'asserzione di (OMISSIS), di indubbia rilevanza in ottica associativa e non necessariamente legata a specifici addebiti, a dire del quale (OMISSIS) curava la consegna della droga che egli forniva agli (OMISSIS)); al negativo risultato, sul piano economico, di una determinata transazione (che non esclude la complessiva attitudine dei traffici accertati a generare, in capo ai responsabili, lauti guadagni). Rebus sic stantibus, del tutto infondata appare la doglianza difensiva che verte sull'omessa riqualificazione del reato associativo ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 74, comma 6. In relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche, valgono - in assenza di segni di resipiscenza o di altri elementi suscettibili di favorevole valutazione e tenuto conto, anzi, che l'elevato livello di coinvolgimento di (OMISSIS) nelle dinamiche delinquenziali portate alla luce nel presente procedimento appare espressivo di non marginale proclivita' al crimine - i rilievi svolti all'atto dell'esame delle posizioni, tra le altre, di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Il ricorrente deduce, infine, la sproporzione per eccesso della misura degli aumenti per la continuazione, contenuta, per sua stessa ammissione, nel range previsto dal legislatore, senza in alcun modo irrobustire con argomentazioni in fatto ed in diritto una doglianza che, per questa ragione, si mantiene largamente al di sotto della soglia di ammissibilita'. 17. (OMISSIS). E' stato condannato, in grado di appello, alla pena di un anno ed otto mesi di reclusione e 667 Euro di multa perche' ritenuto responsabile del reato contestatogli al capo D3), consistito nella reiterata cessione, tra il 23 ed il 24 settembre 2015, a (OMISSIS) e (OMISSIS) di sostanza stupefacente di tipo imprecisato, fatto la cui prova e' affidata in via esclusiva all'espletata attivita' di intercettazione. 17.1. (OMISSIS) propone, con l'assistenza dell'avv. (OMISSIS), ricorso per cassazione vertente su due motivi, con il primo dei quali eccepisce vizio di motivazione per avere la Corte di appello ricostruito le vicende oggetto di addebito travisando i dati disponibili che, con riferimento all'episodio del 23 settembre 2015, non dimostrano, a suo modo di vedere, che, in quella giornata, ebbe luogo la ventilata consegna, da parte sua, di sostanze stupefacenti. Aggiunge, in relazione alla vicenda del giorno seguente, che (OMISSIS) e (OMISSIS) discutono di un soggetto, del quale non conoscono i recapiti, che non puo' essere identificato con lui, coinvolto solo in ragione del fugace contatto con (OMISSIS), con il quale egli concorda, per le ore 19:00, un incontro al Bar Sport sulla cui finalita' ed il cui esito nulla e' dato sapere. Evidenzia, dunque, la fragilita' dell'ipotesi di accusa, non suffragata da elementi che, sul piano obiettivo, confortino l'illazione che individua l'oggetto dei dialoghi captati in una o piu' transazioni di sostanza stupefacente che (OMISSIS) - fornitore pronto a venire in ausilio dei correi, alle prese con la contingente impossibilita' ad approvvigionarsi tramite altri canali e che, tuttavia, non e' mai stato chiamato in causa dal collaboratore di giustizia (OMISSIS) - avrebbe procurato e consegnato agli acquirenti. Ulteriori segni dell'inconsistenza del compendio indiziario raccolto a suo carico si rinvengono, prosegue il ricorrente, nella sporadicita' dei contatti con (OMISSIS) e (OMISSIS), circoscritti ad appena due giorni, e nell'omessa esecuzione di servizi di osservazione atti a confermare la conclusione dell'accordo illecito e la sua esecuzione. Cio' che resta, rileva, sono alcune conversazioni, dal tenore fortemente equivoco, del tutto inidonee a dimostrare che egli abbia detenuto sostanza stupefacente e la abbia ceduta ai presunti correi. Con il secondo ed ultimo motivo, (OMISSIS) eccepisce violazione di legge in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche e di quella del danno patrimoniale di particolare tenuita'. Rileva, in proposito, che la Corte territoriale gli ha irrogato una pena eccessiva e sproporzionata rispetto all'effettiva portata dei fatti contestati, senza operare la necessaria individualizzazione della pena ne' considerare, specificamente, la marginalita' e l'occasionalita' del suo coinvolgimento e la minima offensivita', in termini quantitativi, della condotta illecita da lui posta in essere, tale da legittimare l'applicazione dell'attenuante prevista dall'articolo 62 c.p., n. 4). 17.2. Il ricorso e' inammissibile perche' incentrato su censure manifestamente infondate o non consentite. 17.2.1. La Corte di appello ha preso le mosse dalle conversazioni del 22 settembre 2015, che mettono in luce la difficolta' di (OMISSIS) a tenere fede all'impegno preso con (OMISSIS), cui egli ha promesso la consegna di una partita di sostanza stupefacente, da reperire grazie all'ausilio di fornitori brindisini che, pero', non erano stati in grado di dar seguito a quanto convenuto. (OMISSIS), a quel punto, si rivolge, tramite (OMISSIS), a (OMISSIS), indicato come il "gemello" (l'imputato ha, in effetti, un gemello di nome (OMISSIS)), che si professa disponibile alla transazione, cui viene dato immediato corso nella stessa serata del 23 settembre 2015. Il giorno seguente, (OMISSIS) viene nuovamente contattato per una nuova consegna, in funzione della quale fissa con (OMISSIS) un appuntamento per le ore 19:00. Cio' posto, il ricorrente affida la confutazione della ricostruzione della vicenda operata dalla Corte di appello alla diversa interpretazione di alcune tra le conversazioni ivi indicate, che reputa prive della necessaria univocita' in ordine alla storicita' delle presunte transazioni illecite, alla determinazione del loro oggetto, all'individuazione del fornitore. La censura e', nondimeno, generica, perche' sostenuta dalla trascrizione, in molti casi neanche integrale, di una parte delle conversazioni utilizzate dagli investigatori (restano escluse, in particolare, quelle di cui ai progressivi nn. 638, 647 e 675) e non anche dalla produzione dei relativi allegati all'informativa di reato, tutti indicati nelle decisioni di merito (cfr., in specie, la sentenza di primo grado, pagg. 155-156), cio' che, di fatto, impedisce la verifica dell'effettiva sussistenza dei denunciati profili di manifesta illogicita'. Pertinente si palesa, sul punto, il richiamo all'indirizzo ermeneutico secondo cui "In tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili, per violazione del principio di autosufficienza e per genericita', i motivi che deducano il vizio di manifesta illogicita' o contraddittorieta' della motivazione e, pur richiamando atti specificamente indicati, non contengano la loro integrale trascrizione o allegazione" (Sez. 2, n. 20677 del 11/04/2017, Schioppo, Rv. 270071; Sez. 4, n. 46979 del 10/11/2015, Bregamotti, Rv. 265053; Sez. 1, n. 23308 del 18/11/2014, dep. 2015, Savasta, Rv. 263601). 17.2.2. In relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche, valgono - in assenza di segni di resipiscenza o di altri elementi suscettibili di favorevole valutazione e tenuto conto, anzi, dell'essere (OMISSIS) gravato da precedenti condanne, espressive di non marginale proclivita' al crimine - i rilievi svolti all'atto dell'esame delle posizioni, tra le altre, di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Sul punto, appare opportuno, in replica alle obiezioni svolte con il secondo motivo di ricorso, aggiungere, da un canto, che il trattamento sanzionatorio, parametrato al minimo edittale, non appare ictu oculi sproporzionato per eccesso rispetto all'entita' dei fatti in contestazione, rappresentati da una duplice fornitura, nel giro di appena ventiquattro ore di sostanza stupefacente, e, dall'altro, che ineccepibili sono le considerazioni che la Corte di appello ha dedicato all'impossibilita' di ritenere la speciale tenuita' dell'evento dannoso o pericoloso (l'offesa alla salute pubblica) conseguito alla commissione, da parte di (OMISSIS), dei reati ascrittigli e, quindi, di applicare, nei suoi confronti, la circostanza attenuante prevista dall'articolo 62 c.p., n. 4. 18. (OMISSIS). E' stata condannata, in entrambi i gradi di giudizio, alla pena di quattro anni e due mesi di reclusione e 28.000 Euro di multa per il reato di cui al capo O). Ella avrebbe, da febbraio a dicembre 2015, cooperato alla distribuzione al minuto di cocaina che piu' volte, in partite di circa cinquanta grammi per volta, avrebbe, al pari di (OMISSIS), acquistato da (OMISSIS) (che la chiama in correita') e (OMISSIS). 18.1. (OMISSIS) articola, con il ministero degli avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS), ricorso per cassazione imperniato su tre motivi. Con il primo motivo, lamenta vizio di motivazione per essere i giudici di merito pervenuti all'affermazione della sua penale responsabilita' sulla base delle dichiarazioni accusatorie di (OMISSIS) che, tuttavia, non possono dirsi adeguatamente riscontrate, come, peraltro, indirettamente ma univocamente dimostrato dall'assoluzione dei presunti correi (OMISSIS) e (OMISSIS), decisione che si pone in rapporto di evidente contraddizione con quella resa nei suoi confronti. Ricorda di avere profuso, con riferimento anche all'attitudine delle conversazioni captate a confermare quanto esposto dal collaboratore di giustizia, ampio impegno nella redazione dell'atto di appello, svolgendo considerazioni che la Corte salentina ha, nondimeno, ingiustificatamente trascurato. Segnala, in particolare, che gli elementi ricavati dalle intercettazioni non possono essere legittimamente addotti a riscontro delle parole di (OMISSIS), il quale, contrariamente a quanto emerso, le ha addebitato il coinvolgimento nell'attivita' di approvvigionamento di cocaina, con frequenza mensile, nella misura circa cinquanta grammi per volta e per il periodo intercorso tra febbraio e dicembre del 2015. Con il secondo motivo, eccepisce violazione di legge e vizio di motivazione per avere la Corte di appello indebitamente disatteso la censura vertente sulla qualificazione giuridica del fatto ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, comma 1, anziche' del comma 5, che sarebbe stata imposta dall'assenza di precise informazioni in ordine alla quantita' della sostanza trafficata ed alla percentuale di principio attivo in essa contenuta. Lamenta, in proposito, che la Corte territoriale, mal interpretando le pertinenti disposizioni di legge e l'esegesi compiuta, in relazione ad essi, dalla giurisprudenza di legittimita', ha erroneamente valorizzato il dato della non occasionalita' della condotta illecita che, in realta', non osta, in se', al riconoscimento della lieve entita' del fatto. Osserva, in particolare, che, qualora si ritenesse che la configurabilita' dell'ipotesi meno grave presuppone l'episodicita' dell'attivita' criminale, il reato minore sarebbe difficilmente configurabile, poiche', se lo spaccio e' finalizzato all'arricchimento di chi se ne rende responsabile, e' piu' che plausibile che la condotta di cessione al minuto si inserisca in una serie di reati analoghi, posti in essere al precipuo scopo di rendere profittevole l'attivita'. Con il terzo motivo, (OMISSIS) deduce vizio di motivazione con riferimento al diniego delle circostanze attenuanti generiche, che la Corte di appello ha giustificato sulla base del solo precedente specifico dal quale ella e' gravata e senza tener conto delle circostanze di senso contrario debitamente evidenziate con l'atto di appello, quale l'assenza di carichi pendenti e di condanne per fatti successivi a quelli in contestazione. 18.2. Il ricorso e' inammissibile perche' vertente su doglianza manifestamente infondate o non consentite. 18.2.1. La Corte di appello, nel trattare l'impugnazione proposta dalla (OMISSIS), ha dato atto, in primis, delle dichiarazioni rese da (OMISSIS), che ha riferito di averla rifornita, per un certo periodo, di partite di cocaina, del peso di circa cinquanta grammi ciascuna, che ella riceveva in conto vendita per poi distribuirle soprattutto nei locali e nelle discoteche della provincia di Lecce. La nitida ed univoca chiamata in correita' del collaboratore di giustizia ha trovato riscontro nelle conversazioni intercettate a partire dal settembre 2015, dalle quali i giudici di merito (cfr. pagg. 101-103 della sentenza impugnata) hanno tratto il convincimento secondo cui i frequenti contatti tra i due, con l'episodica partecipazione di (OMISSIS), fido collaboratore di (OMISSIS) nell'attivita' di narcotraffico, erano finalizzati al reperimento ed alla consegna di sostanza stupefacente. La Corte di appello ha valorizzato, a questo proposito: la personalita' dei soggetti coinvolti; la loro assidua frequentazione in una zona, la piazzetta (OMISSIS), notoriamente teatro di attivita' di spaccio; la cripticita' delle conversazioni, contenenti soventi allusioni al desiderio della donna di procurarsi qualcosa che (OMISSIS) non e' sempre e' in grado di fornirle; l'assenza di spiegazioni alternative, neppure prospettate dalla (OMISSIS), che concorre ad accreditare la ricostruzione operata dagli investigatori in ordine alle ragioni sottese alle conversazioni intercettate ed alla natura degli scambi in essere preannunciati o richiesti e da attribuire alle captazioni attitudine al riscontro delle propalazioni del collaboratore di giustizia. Al cospetto di un iter argomentativo coerente, lineare e scevro da fratture razionali, la ricorrente si colloca, con il primo motivo, in una prospettiva di sterile confutazione, che si appunta, per un verso, sull'assoluzione dei correi Secondo e (OMISSIS) che, deve tuttavia replicarsi, non e' discesa dall'attribuzione a (OMISSIS) di una patente di inaffidabilita' ma, piuttosto, dalla inidoneita' delle captazioni a fungere da riscontri individualizzanti nei confronti di quegli imputati (cfr. la sentenza di primo grado, pagg. 226-230, per la (OMISSIS), e 215, quanto a (OMISSIS)). Non merita miglior sorte l'ulteriore obiezione mossa dalla ricorrente, concernente la non corrispondenza tra l'indicazione quantitativa di (OMISSIS) e le informazioni restituite dalle intercettazioni che, e' facile replicare, rilevano in quanto confermano, dall'esterno, l'attendibilita' della chiamata in correita', attestando che (OMISSIS) e la (OMISSIS) erano impegnati, nell'autunno del 2015, in attivita' coincidente con quella descritta dal collaboratore. L'attitudine delle conversazioni registrate a fungere da riscontro individualizzante, con riferimento sia al fatto in contestazione che alla persona che si assume esserne stata autrice, non e', in altre parole, minimamente sminuita dall'assenza, nei dialoghi riportati dalla Corte di appello, di esplicite indicazioni in ordine alla qualita' ed alla quantita' della sostanza trattata, dati che, invece, si ricavano dalle dichiarazioni di (OMISSIS). La sentenza impugnata appare, sotto questo profilo, resistente alle obiezioni difensive perche' frutto di fedele applicazione del principio di diritto, da tempo cristallizzato dalla giurisprudenza di legittimita', secondo cui "In tema di chiamata in correita', i riscontri dei quali necessita la narrazione, possono essere costituiti da qualsiasi elemento o dato probatorio, sia rappresentativo che logico, a condizione che sia indipendente e, quindi, anche da altre chiamate in correita', purche' la conoscenza del fatto da provare sia autonoma e non appresa dalla fonte che occorre riscontrare, ed a condizione che abbia valenza individualizzante, dovendo cioe' riguardare non soltanto il fatto-reato, ma anche la riferibilita' dello stesso all'imputato, mentre non e' richiesto che i riscontri abbiano lo spessore di una prova "autosufficiente" perche', in caso contrario, la chiamata non avrebbe alcun rilievo, in quanto la prova si fonderebbe su tali elementi esterni e non sulla chiamata di correita'" (Sez. 2, n. 35923 del 11/07/2019, Campo, Rv. 276744 - 01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, Cariolo, Rv. 260607 - 01; Sez. 1, n. 1263 del 20/10/2006, dep. 2007, Alabiso, Rv. 235800 - 01). 18.2.2. Parimenti inammissibile e' il secondo motivo di ricorso, con il quale la (OMISSIS) contesta il percorso argomentativo attraverso il quale la Corte di appello e' pervenuta al rigetto della richiesta di riqualificazione della condotta nella meno grave ipotesi del fatto di lieve entita'. Sul punto, e' sufficiente rinviare a quanto gia' ampiamente esposto all'atto del vaglio di analoghe censure articolate da altri ricorrenti ed aggiungere, con specifico riferimento alla posizione della (OMISSIS), che i giudici di merito hanno ritenuto, in termini alieni da qualsivoglia deficit logico e perfettamente aderenti alle evidenze disponibili, che la reiterazione della ricezione, in un consistente lasso temporale, di quantitativi non minimali di sostanza stupefacente, da destinare ad un'attivita' di spaccio capillare e continuativa, ed il raccordo dell'azione criminosa con l'operativita' di una compagine organizzata e di soggetti, quale (OMISSIS), che si sono dimostrati capaci di garantire un adeguato flusso di rifornimento concorrono nel precludere la qualificazione del fatto in termini di ridotta offensivita'. 18.2.3. In relazione, da ultimo, al diniego delle circostanze attenuanti generiche, valgono - in assenza di segni di resipiscenza o di altri elementi suscettibili di favorevole valutazione e tenuto conto, anzi, dell'essere (OMISSIS) gravata da un precedente specifico, espressivo di non marginale proclivita' al crimine - i rilievi svolti all'atto dell'esame delle posizioni, tra le altre, di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). 19. (OMISSIS). E' stato condannato, in entrambi i gradi di giudizio, alla pena di quattro anni e sei mesi di reclusione e 20.000 Euro di multa per i reati di cui ai capi L) e L1), dei quali gia' si e' detto all'atto della disamina del ricorso di (OMISSIS), in concorso con il quale (OMISSIS) avrebbe ceduto a (OMISSIS) e (OMISSIS) un quantitativo non modico di cocaina, il 14 novembre 2015, e, quindi, due chilogrammi della stessa sostanza, a distanza di appena tre giorni. 19.1. (OMISSIS), rappresentato dall'avv. (OMISSIS), sviluppa tre motivi di ricorso, con i quali eccepisce, costantemente, violazione di legge e vizio di motivazione. Con il primo motivo, lamenta che la Corte di appello abbia omesso di rispondere alle molteplici e radicali obiezioni sollevate in relazione ai capisaldi dell'impostazione accusatoria, a partire dalla razionalita' del procedimento attraverso il quale si e' pervenuti alla sua identificazione e dal giudizio di attendibilita' del quale (OMISSIS) e' stato, al riguardo, gratificato. Sottopone, quindi, a stringente revisione critica la ricostruzione di vicende dei quali gli stessi investigatori, in altra parte dell'informativa, hanno offerto un'opposta lettura, e che sconta, peraltro, l'assenza di prova certa della conclusione dell'accordo e dell'effettiva consegna della sostanza stupefacente. Con il secondo motivo, (OMISSIS) deduce l'illegittimita' della qualificazione dei fatti ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, comma 1, anziche' dei successivi commi 4 e/o 5, che sarebbe stata imposta dalla mancanza di dati certi circa natura e quantita' della sostanza stupefacente, nonche' dal rilievo che egli, lungi dal poter contare su un'ampia struttura organizzativa, ricorreva a mezzi domestici e grossolani. Con il terzo ed ultimo motivo, il ricorrente si duole del diniego delle circostanze attenuanti generiche che egli avrebbe, ove si fosse tenuto adeguatamente conto di tutti i fatti all'uopo rilevanti e, in particolare, della sua condizione di pregressa incensuratezza, meritato; eccepisce, ulteriormente, l'arbitrarieta' della duplicazione, mediante applicazione di aumenti a titolo di continuazione, delle pene irrogate per condotte, quali quelle di detenzione e cessione, che, nel caso concreto, non hanno autonoma e distinta offensivita'. 19.2. Il ricorso e' imperniato su motivi infondati, fatte eccezione per quello vertente sulla duplicazione delle sanzioni, in relazione a ciascuno dei capi di imputazione, per le rispettive fattispecie di detenzione e di cessione, che deve, invece, essere accolto. 19.2.1. In linea generale, puo' rinviarsi, per la descrizione delle vicende illecite alle quali (OMISSIS) avrebbe contribuito, a quanto sopra esposto nell'esame del ricorso di (OMISSIS), atteso che, in quelle occasioni, (OMISSIS) avrebbe agito quale longa manus di (OMISSIS). (OMISSIS), con il ricorso per cassazione, ripropone, innanzitutto, le obiezioni gia' svolte davanti alla Corte di appello con riferimento alla certezza della sua identificazione, questione che, deve tuttavia replicarsi, i giudici di merito hanno trattato funditus e con argomenti calzanti ed appropriati. La Corte di appello ha, in specie, osservato che la descrizione operata da (OMISSIS) - a dire del quale il trafficante che agiva su mandato di (OMISSIS) si chiamava (OMISSIS) (come l'imputato), era un po' piu' alto di lui ed aveva circa quarant'anni ( (OMISSIS), al tempo, era trentaseienne) - ha trovato pieno avallo nel residuo compendio istruttorio, giacche' il soggetto che, utilizzando due diverse utenze, ha interloquito a piu' riprese con (OMISSIS) e (OMISSIS) e' stato compiutamente identificato in (OMISSIS) grazie al servizio di osservazione eseguito il 16 novembre 2015. In tale occasione, invero, gli investigatori riconobbero de visu, avendone pregressa conoscenza, (OMISSIS) quale soggetto che, giunto a bordo della Mercedes intestata proprio a (OMISSIS), si incontro' con (OMISSIS) e (OMISSIS) e intrattenne con loro conversazioni, captate all'interno del veicolo nella disponibilita' di questi ultimi, di elevatissima valenza indiziante. Considerato che l'accertamento compiuto il 16 novembre 2015 ha consentito agli investigatori di ricostruire - grazie alla titolarita' delle utenze ed alla distinzione, con successiva associazione, delle voci dei parlatori - la partecipazione di (OMISSIS) anche ai fatti dei giorni precedenti, di assoluta fragilita' si palesano le censure che il ricorrente dedica alla consistenza delle indicazioni offerte da (OMISSIS) in merito all'identita' del braccio destro di (OMISSIS) ed alla complessiva attivita' che ha consentito di pervenire alla compiuta (ed in effetti incontrovertibile) sua identificazione. Non merita miglior sorte la residua doglianza sviluppata, con il primo motivo, dal ricorrente, il quale reitera - per di piu' senza corredare il suo dire con l'allegazione o l'integrale riproduzione delle evocate emergenze istruttorie, cio' che rende la censura, per questa parte, generica per carenza di autosufficienza - le obiezioni riferite all'anomala contestazione, in immediata successione, di reati che vedono (OMISSIS), da un parte, e (OMISSIS) e (OMISSIS), dall'altra, assumere, reciprocamente e nel giro di pochi giorni, le opposte vesti di venditori ed acquirenti che, gia' sottoposte all'attenzione della Corte di appello, sono state da quel giudice disattese (cfr., in particolare, pagg. 92-93 della sentenza impugnata) in forza di considerazioni scevre da tangibili fratture razionali, con le quali il ricorrente omette di confrontarsi. 19.2.2. Parimenti infondato e' il secondo motivo di ricorso, afferente alla qualificazione giuridica della condotta in contestazione. Per quanto concerne la qualita' della sostanza commerciata, le dichiarazioni di (OMISSIS), che ha descritto un traffico di cocaina, risultano confermate dai sequestri effettuati nell'ambito del presente procedimento (si pensi a quelli operati in pregiudizio, rispettivamente, di (OMISSIS), arrestato, nell'ottobre 2015, nella flagrante disponibilita' di 426 grammi di cocaina, (OMISSIS) e (OMISSIS)), che hanno avuto costantemente ad oggetto - con l'unica eccezione di un episodio, che, pero', ha visto il coinvolgimento di alcuni soggetti, (OMISSIS) e (OMISSIS), che non appartengono al novero di coloro che sono stati tratti a giudizio in questa sede - droga c.d. "pesante", si' da giustificare, sul piano sia logico che storico, l'inquadramento della vicenda contestata a (OMISSIS) in adesione alla prospettazione del collaboratore di giustizia, che, come acutamente osservato dalla Corte di appello, trova ulteriore conferma nell'univoco accenno, operato da (OMISSIS) in un contesto dialettico di chiaro tenore illecito, alla "bianca", termine che, nel gergo dei narcotrafficanti, identifica la cocaina. Con riferimento, poi, al coefficiente di offensivita' del fatto, la reiterazione dei rifornimenti, il considerevole dato ponderale e la dimensione economica del traffico, emergente dalle dichiarazioni di (OMISSIS) e confermata dalle conversazioni intercettate, sostengono la decisione impugnata nella parte in cui esclude, a prescindere dalla determinazione del grado di purezza della sostanza commerciata, cioe' dalla percentuale di principio attivo in essa contenuto, l'inquadramento del fatto ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, comma 5. 19.2.3. In relazione, da ultimo, al diniego delle circostanze attenuanti generiche, valgono - in assenza di segni di resipiscenza o di altri elementi suscettibili di favorevole valutazione e a dispetto dell'assenza di precedenti condanne, elemento in se' privo di rilevanza decisiva, tanto piu' al cospetto di una condotta criminosa di notevole gravita' - i rilievi svolti all'atto dell'esame delle posizioni, tra le altre, di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). 19.2.4. La sentenza impugnata va, invece, annullata limitatamente alla separata contestazione, in relazione a ciascuna delle vicende oggetto di addebito, della condotta di detenzione e di quella di cessione, che i giudici di merito hanno reputato espressive di diversa, concorrente offensivita', tale da legittimare, per ciascuna di esse, la configurazione di una autonoma fattispecie criminosa e, riconosciuta la loro riconducibilita' ad un unico disegno criminoso, l'applicazione della disciplina del reato continuato. Al riguardo, premesso che, per quanto consta, nel caso concreto non e' possibile distinguere, dal punto di vista fattuale, la transazione illecita dalla condotta di detenzione che nel costituisce imprescindibile presupposto logico, pertinente appare il richiamo al consolidato e condiviso indirizzo ermeneutico secondo cui "In materia di reati concernenti sostanze stupefacenti, in presenza di piu' condotte riconducibili a quelle descritte dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, quando unico e' il fatto concreto che integra contestualmente piu' azioni tipiche alternative, le condotte illecite minori perdono la loro individualita' e vengono assorbite nell'ipotesi piu' grave; quando invece le differenti azioni tipiche sono distinte sul piano ontologico, cronologico e psicologico, esse costituiscono distinti reati concorrenti materialmente" (Sez. 6, n. 22549 del 28/03/2017, Ghitti, Rv. 270266 - 01; Sez. 3, n. 8163 del 26/11/2009, dep. 2010, Merano, Rv. 246211 - 01). Dal disposto annullamento non segue il rinvio, potendosi, gia' in questa sede, procedere alla rideterminazione della pena mediante eliminazione degli aumenti per la continuazione c.d. "interna" a ciascuno dei due capi, stabilita, per il capo L), in tre mesi di reclusione e 1.178 Euro di multa, e, per il capo L1), in due mesi di reclusione e 1.500 Euro di multa. La sanzione deve essere, pertanto, cosi' rideterminata: pena base per il capo L): anni 6 di reclusione ed Euro 25.822 di multa, aumentata di 4 mesi di reclusione ed Euro 1.500 di multa per la continuazione con il capo L1); pena totale: sei anni e quattro mesi di reclusione e 27.322 Euro di multa, ridotta, per la scelta del rito abbreviato, a quattro, due mesi e venti giorni di reclusione e 18.214,66 Euro di multa. 20. Dal rigetto del ricorso discende la condanna di (OMISSIS) al pagamento delle spese processuali ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., comma 1, primo periodo. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale, rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita'", alla declaratoria dell'inammissibilita' dei ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) consegue, a norma dell'articolo 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento nonche' quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in 3.000,00 Euro. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), limitatamente al reato di cui al capo A) e al trattamento sanzionatorio, con rinvio per nuovo giudizio su tali punti ad altra sezione della Corte di appello di Lecce. Rigetta nel resto il ricorso di (OMISSIS). Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), limitatamente al reato di cui al capo A) e al trattamento sanzionatorio, con rinvio per nuovo giudizio su tali punti ad altra sezione della Corte di appello di Lecce. Rigetta nel resto il ricorso di (OMISSIS). Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), limitatamente al reato di cui al capo A) e al trattamento sanzionatorio, con rinvio per nuovo giudizio su tali punti ad altra sezione della Corte di appello di Lecce. Rigetta nel resto il ricorso di (OMISSIS). Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Lecce. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), limitatamente all'aumento per la continuazione, che elimina, e ridetermina la pena in un anno e quattro mesi di reclusione e 3.442,66 Euro di multa. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso di (OMISSIS). Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS), limitatamente all'aumento per la continuazione interna ai reati di cui ai capi L) e L1), che elimina, e ridetermina la pena, nei confronti di (OMISSIS), in quattro anni e due mesi di reclusione e 18.214,66 Euro di multa e, nei confronti di (OMISSIS), in quattro anni, due mesi e venti giorni di reclusione e 18.214,66 Euro di multa. Rigetta nel resto i ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS). Rigetta il ricorso di (OMISSIS), che condanna al pagamento delle spese processuali. Dichiara inammissibili i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CATENA Rossella - Presidente Dott. BELMONTE Maria T. - rel. Consigliere Dott. CAPUTO Angelo - Consigliere Dott. FRANCOLINI Giovanni - Consigliere Dott. GIORDANO Rosaria - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso il DECRETO del 01/02/2022 della CORTE di APPELLO di MILANO; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Maria Teresa BELMONTE; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore generale, Dott. SENATORE Vincenzo, che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso; Letta la memoria depositata dall'avvocato (OMISSIS), nell'interesse del ricorrente (OMISSIS), in replica alle conclusioni del Procuratore Generale, con cui insiste nei motivi di ricorso, e conclude per l'accoglimento. RITENUTO IN FATTO 1. Il Tribunale di Milano, Sezione Misure di prevenzione, con provvedimento del 21 marzo 2019 disponeva la confisca di prevenzione, nei confronti di (OMISSIS) e della moglie (OMISSIS), in relazione a una pluralita' di beni, costituiti dal saldo attivo di un conto corrente presso (OMISSIS) intestato a (OMISSIS), da due polizze assicurative accese da (OMISSIS), dalla somma di Euro 60.000,00 in contanti rivenuta all'interno di un cassetta di sicurezza intestata a (OMISSIS), nonche' dall'intero capitale sociale della (OMISSIS) s.r.l. intestato a (OMISSIS), con il relativo complesso aziendale, del quale risultavano far parte anche diversi immobili specificatamente individuati gia' in sede di sequestro (in totale 10 cespiti). 1.1. La Corte di appello di Milano, con decreto del 30 gennaio 2020, riformava parzialmente il decreto del primo giudice fissando la data di inizio della pericolosita' del (OMISSIS) all'agosto 2010, e, conseguentemente, revocando la confisca in relazione all'immobile sito in (OMISSIS), e al saldo attivo del rapporto bancario presso (OMISSIS) intestata a (OMISSIS), in quanto precedenti a tale epoca, confermando nel resto la decisione del primo giudice. 1.2. La Corte di Cassazione - I sezione - con sentenza n. 12035/2021 del 28/01/2021, ha annullato con rinvio il provvedimento della Corte di appello, limitatamente alla confisca delle quote della societa' (OMISSIS) s.r.l. e del relativo complesso aziendale, comprensivo di plurimi cespiti specificamente indicati nel decreto del Tribunale di Milano, ad eccezione dell'immobile sito in (OMISSIS), gia' restituito dalla Corte di appello. Confermava, invece, la misura ablatoria adottata in primo grado con riferimento ai restanti beni. Piu' precisamente, la Corte di cassazione ha ritenuto corretta la valutazione dei Giudici di secondo grado, che, con riguardo alla pericolosita' del proposto - rappresentata dalla sua appartenenza alla locale della âEuroËœndrangheta di Giussano, come acclarata con sentenza di condanna irrevocabile per il delitto di cui all'articolo 416-bis c.p. ed altri connessi reati - accoglievano i rilievi difensivi secondo cui il momento iniziale di tale pericolosita' doveva postergarsi all'(OMISSIS), quando (OMISSIS), secondo quanto accertato in sede penale, era entrato a far parte di detta âEuroËœlocale'; mentre, disattendevano le altre censure che intendevano porre un termine finale alla medesima pericolosita', facendolo coincidere con la data (OMISSIS) in cui (OMISSIS) era stato arrestato, per rimanere in seguito sottoposto alla custodia cautelare, all'esecuzione della pena detentiva inflitta per i reati di cui sopra e, infine, all'affidamento in prova. Allo stesso modo, il Giudice di legittimita' ha convalidato la valutazione dei Giudici merito quanto alla ravvisata sproporzione con riferimento all'attivo di conto corrente, alle polizze assicurative, e al danaro contante rinvenuto nella cassetta di sicurezza intestata alla (OMISSIS). Per le quote sociali della (OMISSIS) s.r.l. e il relativo compendio immobiliare, invece, la Corte di cassazione ha osservato che la societa' e' stata costituita in data 08 marzo 2010, con conferimento da parte del proposto, in quota pari al 95% del capitale, del valore della ditta individuale (OMISSIS), la cui attivita' era iniziata nel (OMISSIS) (dunque, prima dell'inizio della, pericolosita'); la restante parte veniva conferita in danaro dalla moglie, (OMISSIS), con Euro 1000,00 in contanti. Con la sentenza rescindente e' stata censurata l'ordinanza della Corte di appello per avere omesso di verificare se gli acquisti fossero stati affrontati con immissioni da parte del proposto (cosi' da ritenersi ingiustificate) oppure con il ricorso a finanziamento bancario e servendosi degli introiti provenienti dall'esercizio dell'attivita' imprenditoriale. Inoltre, osservava la Corte di cassazione, con riguardo agli immobili ubicati in Trezzano del Naviglio, non era stato svolto alcun approfondimento circa la titolarita' dell'altra societa' comparsa nella vicenda ( (OMISSIS) s.r.l.), idoneo a confrontarsi con le deduzioni difensive che configuravano una piu' ampia ricostruzione dell'iniziativa imprenditoriale. 1.3. In sede di rinvio, con il decreto impugnato, la Corte di appello di Milano ha riformato parzialmente quello del Tribunale meneghino, del 21 marzo 2019, revocando la misura di prevenzione patrimoniale della confisca ivi disposta nei confronti dei coniugi (OMISSIS) - (OMISSIS) limitatamente al 100% delle quote della societa' (OMISSIS) s.r.l. con sede in (OMISSIS), e, quanto al relativo compendio aziendale, ha disposto la revoca della misura ablativa solo con riguardo al capannone artigianale sito in (OMISSIS), in quanto bene acquistato da (OMISSIS) nel (OMISSIS) quando il proposto si trovava gia' in stato di custodia cautelare in carcere, riscattando per la somma di Euro 18.449,68 un contratto di leasing, e ne ha ordinato la restituzione agli aventi diritto. Nel resto, con riguardo agli altri immobili acquistati tra l'(OMISSIS) e il (OMISSIS), ovvero nel periodo di massima espressione della pericolosita' sociale del (OMISSIS), ha confermato il primo provvedimento del Tribunale, ritenendo gli acquisti sproporzionati rispetto ai redditi del proposto. 2. Ha proposto ricorso per cassazione il proposto (OMISSIS) per il tramite dei difensori di fiducia, avvocati (OMISSIS), e (OMISSIS), i quali si affidano a quattro motivi. 2.1. Con il primo motivo, denunciano violazione del Decreto Legislativo n. 159 del 2011 e motivazione carente o solo apparente in relazione agli acquisti immobiliari effettuati dalla societa' (OMISSIS) s.r.l., sostenendo che la Corte di appello avrebbe operato un'arbitraria trasformazione dell'onere di allegazione - spettante alla difesa - in onere di prova sulla legittima provenienza del bene, ricadente sull'Accusa. In particolare, la Corte di appello avrebbe omesso di valutare la memoria difensiva dell'appellante, correlata a una consulenza tecnica gia' depositata in precedenza, e di tenere conto degli allegati alla relazione di consulenza, dello statuto della societa' (che da' conto dell'oggetto sociale costituito da locazione non finanziaria e affittanza di beni immobili di proprieta' sociale) e dei contratti di affitto regolarmente registrati. Viene segnalata la contraddizione interna al provvedimento impugnato che, per un verso, riconosce il volume di affari, superiore a centomila Euro, prodotto dalla societa' negli anni (OMISSIS), e, dall'altro, denuncia la non tracciabilita' degli introiti a titolo di fitto. 3.2. Con il secondo motivo, e' denunciata violazione di legge, sub specie di motivazione apparente, con riguardo agli acquisti degli immobili siti in (OMISSIS). 3.3. Il terzo motivo lamenta violazione dell'articolo 24 codice antimafia con riguardo alla valutazione del requisito della sproporzione, in quanto non correlata all'epoca degli acquisti. 3.4. L'ultimo motivo denuncia ancora violazione dell'articolo 24 cit. quanto alla valutazione del requisito della correlazione temporale in ordine all'acquisto immobiliare avvenuto il (OMISSIS), ovvero pochi mesi dopo l'inizio della pericolosita' ((OMISSIS)), per come fissata dalla stessa Corte di appello alla luce del principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite Spinelli, omettendo di considerare come, del tutto ragionevolmente, l'acquisto fosse stato affrontato con provvista formatasi prima dell'inizio dell'illecita attivita' del proposto. 3. Con l'unico, articolato, motivo formulato nell'interesse di (OMISSIS), quale terza interessata, il difensore fiduciario, avvocato (OMISSIS), denuncia violazione degli articoli 111 - 125 Cost. - articolo 627 c.p.p., comma 3, del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articoli 7 e 24. La Corte di appello avrebbe motivato solo in apparenza la sussistenza dei presupposti giustificativi della confisca per ciascuno dei cespiti oggetto del provvedimento ablativo, lamentando la mancata valutazione della memoria difensiva e degli atti allegati, delle deposizioni di persone informate sui fatti escusse dalla polizia giudiziaria, e atti pubblici registrati. Per altro verso, la motivazione del provvedimento impugnato denuncia illogicita' e incongruenze; inoltre, ci si duole dell'operata inversione dell'onere della prova. CONSIDERATO IN DIRITTO I ricorsi risultano entrambi inammissibilmente proposti. 1.Occorre ricordare, in premessa, come la giurisprudenza di questa Corte abbia da tempo messo in luce la circostanza che, nel procedimento di prevenzione, il ricorso per cassazione e' ammesso soltanto per violazione di legge, secondo il disposto dell'articolo 10, comma 3 del codice antimafia (Decreto Legislativo n. 159 del 2011), che ripropone sul punto la disciplina gia' contenuta nella L. 27 dicembre 1956, n. 1423, articolo 4 richiamato dalla L. 31 maggio 1965, n. 575, articolo 3 ter, comma 2, con la conseguenza che, in sede di legittimita', non e' deducibile il vizio di motivazione, a meno che questa non sia del tutto carente, o presenti difetti tali da renderla meramente apparente e in realta' inesistente, ossia priva dei requisiti minimi di coerenza, di completezza e di logicita'; ovvero, quando la motivazione stessa si ponga come assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice di merito, oppure, ancora, allorche' le linee argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici da fare risultare oscure le ragioni che hanno giustificato la decisione della misura (ex plurimis, Sez. 6, n. 35044, del 8/03/2007, dep. 18/09/2007, Bruno, Rv. 237277, indirizzo costante, cfr. da ultimo Sez. 2 n. 20968 del 06/07/2020, Rv. 279435). La limitazione del ricorso alla sola "violazione di legge" e' stata tra l'altro riconosciuta dalla Corte Costituzionale non irragionevole (sent. n. 321 del 2004 in tema di misure di prevenzione personale nonche', con riferimento alle misure di prevenzione patrimoniali, Corte Cost. 9 giugno 2015 n. 106), data la peculiarita'' del procedimento di prevenzione, sia sul piano processuale che su quello sostanziale (Sez. 6, n. 38471 del 13/10/2010 Rv. 248797). 1.1. Questo vuoi dire che e' possibile svolgere, in sede di legittimita', il controllo inerente all'esatta applicazione della legge, sui provvedimenti applicativi della misura di prevenzione, ove si profili la totale esclusione di argomentazione su un elemento costitutivo della fattispecie che legittima l'applicazione della misura, o nel caso di motivazione apparente, perche' il decreto omette del tutto di confrontarsi con un elemento potenzialmente decisivo prospettato da una parte che, singolarmente considerato, sarebbe tale da poter determinare un esito opposto del giudizio (Sez. 6, n. 33705 del 15/06/2016, Rv. 270080), configurandosi, in caso di radicale mancanza di argomentazione su punto essenziale, la nullita' del provvedimento ai sensi delle disposizioni di cui agli articoli 111 Cost., comma 6; articolo 125 c.p.p., comma 3; Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159, articolo 7, comma 1 poiche' l'apparato giustificativo costituisce l'essenza indefettibile del provvedimento giurisdizionale (Sez. U. Gattuso, n. 111/2018 in motivazione; conf. Sez. 5, n. 12374 del 14/12/2017 Cc. (dep. 16/03/2018) Rv. 272608). Mentre, non puo' essere proposta come vizio di motivazione mancante o apparente la deduzione di sottovalutazione di argomenti difensivi che, in realta', siano stati presi in considerazione dal giudice o, comunque, risultino assorbiti dalle argomentazioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (Sez. U. n. 33451 del 29/5/2014, Repaci e altri Rv 260246). 2. Cio' posto, in linea teorica, si osserva che, nel caso in esame, la Corte di appello si e' attenuta alle indicazioni provenienti dalla sentenza rescindente colmando le lacune segnalate in quella sede, coerentemente, revocando la confisca nei confronti della totalita' delle quote della societa' (OMISSIS) s.r.l., in quanto costituita prima dell'inizio della pericolosita' del proposto, per come individuata dagli stessi giudici di merito, altresi', disponendo, per le stesse ragioni, quanto al compendio immobiliare della stessa societa', la revoca della misura ablativa con riguardo al capannone artigianale sito in (OMISSIS), in quanto bene acquistato da (OMISSIS) nel (OMISSIS), ovvero, quando il proposto si trovava gia' in stato di custodia cautelare in carcere. 2.1. Per gli altri cespiti immobiliari facenti capo alla societa', la Corte di appello, confrontandosi puntualmente con le doglianze della Difesa, ha escluso che la mera circostanza del ricorso al finanziamento bancario possa costituire decisivo elemento dimostrativo della legittimita' della provvista impegnata per gli acquisti, facendo corretta applicazione di un condiviso principio di diritto secondo cui, in tema di misure di prevenzione patrimoniali, la presunzione relativa di illecita accumulazione, fondata sulla sproporzione dei beni confiscati e sull'assenza di prova della loro legittima provenienza, opera anche nel caso in cui l'acquisto del bene confiscato sia avvenuto mediante ricorso al credito bancario, posto che tale finanziamento deve essere rimborsato ed ha un costo, sicche' e' in relazione a tale onere finanziario che deve essere valutata l'eventuale incapienza di risorse lecite da parte del prevenuto e del suo nucleo familiare (Sez. 5, n. 33038 del 08/06/2017, Rv. 271217). La Corte di appello ha, sul punto, posto in luce la mancata documentazione delle modalita' di rimborso delle rate del mutuo contratto per gli acquisti immobiliari, l'assenza di tracciamento delle somme asseritamente introitate a titolo di affitto e del contestuale pagamento delle rate di mutuo. 3. Nessuna inversione dell'onere della prova - come denunciato dai ricorrenti - si e' verificata nel caso in esame. Come e' noto, in tema di confisca di prevenzione, anche a seguito delle modifiche apportate alla L. n. 575 del 1965, articolo 2 ter, comma 3, primo periodo, dalla L. 24 luglio 2008, n. 125, spetta alla parte pubblica l'onere della prova della sproporzione tra beni patrimoniali e capacita' reddituale del soggetto nonche' della illecita provenienza dei beni, dimostrabile anche in base a presunzioni, mentre e' riconosciuta al proposto la facolta' di offrire prova contraria (Sez. U, n. 4880 del 26/06/2014 Cc. (dep. 02/02/2015), Spinelli e altro, Rv. 262606). 3.1. Ebbene, lungi dall'avere riversato sui ricorrenti l'onere della prova, il provvedimento impugnato, ha specificamente enunciato i plurimi elementi di fatto dai quali ha tratto la ragionevole presunzione della illecita provenienza della provvista impiegata per fronteggiare gli acquisti dei beni confiscati, ovvero: la disponibilita' di redditi ufficiali modesti, a fronte di un elevate tenore di vita, con conseguente impossibilita' per i coniugi ricorrenti di realizzare, negli anni precedenti gli acquisti, un risparmio sufficiente; il modestissimo volume di affari della (OMISSIS), e la scarsa redditivita' della impresa individuale del (OMISSIS), (OMISSIS); l'assorbimento dei redditi disponibili per fronteggiare altri acquisti in costanza di pericolosita' sociale, non attinti dal provvedimento di confisca, ma incidenti sulle gia' scarse disponibilita' economiche del nucleo familiare. Sono state evidenziati, a proposito dell'operazione immobiliare che ha portato all'acquisto di quattro unita' immobiliari ubicati in (OMISSIS) del valore di oltre quattrocentomila Euro, i contenuti di intercettazioni che davano conto del coinvolgimento diretto del ricorrente nella attivita' della locale di (OMISSIS) e del suo intento di "forzare" situazioni a proprio vantaggio, se non per realizzare vere e proprie estorsioni", e l'evidente antieconomicita' dell'operazione per le altre societa' coinvolte nell'operazione; ancora, sono stati segnalati elementi sintomatici di presumibile attivita' di riciclaggio e di false fatturazioni realizzate attraverso la (OMISSIS) s.r.l. "che hanno con ogni probabilita' inquinato almeno in parte, la provvista effettiva su cui si sono fondate le acquisizioni immobiliari teste' ricostruite". 4. Sono molti gli elementi sui quali si fonda il ragionevole convincimento della Corte di appello della illecita provenienza della provvista necessaria per far fronte a plurimi acquisti immobiliari in un ristretto arco temporale, e il provvedimento ne ha dato atto con puntuale motivazione, affatto illogica o contraddittoria, e neppure, come si denuncia, apparente, dal momento che vi e' ampio confronto con le deduzioni difensive. Al cospetto di un congruo corredo argomentativo, che non denuncia evidenti illogicita', le critiche dei ricorrenti si risolvono in una censura al percorso logico ricostruttivo, segnalando contraddizioni interne e illogicita' argomentative che, tuttavia, come premesso, esulano dal perimetro valutativo del Giudice di legittimita' chiamato a pronunciarsi in tema di misure di prevenzione. 4.1. L'ordinanza impugnata contiene ampia e specifica motivazione sui punti devoluti dalla sentenza rescindente e pertinente confronto con le censure difensive, tale da sottrarsi alle censure dei ricorrenti, che, come detto, svolgono motivi che attingono il merito della valutazione e vizi della motivazione, inammissibili in questa sede, anche laddove lamentano l'irragionevolezza della argomentazione con la quale la Corte di appello ha confermato il provvedimento di confisca in relazione all'acquisto immobiliare effettuato poco dopo l'inizio del periodo di pericolosita', trattandosi, all'evidenza, della denuncia di una illogicita' argomentativa non riconducibile alla violazione di legge. 5. Alla declaratoria di inammissibilita' segue per legge (articolo 616 c.p.p.) la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonche', trattandosi di causa di inammissibilita' determinata da profili di colpa emergenti dal ricorso (Corte Costituzionale n. 186 del 7-13 giugno 2000), al versamento, in favore della Cassa delle Ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo fissare in Euro 3000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DIOTALLEVI Giovanni - Presidente Dott. DI PAOLA Sergio - Consigliere Dott. MESSINI D'AGO.P. - rel. Consigliere Dott. PELLEGRINO Andrea - Consigliere Dott. AIELLI Lucia - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 01/10/2021 della CORTE DI APPELLO DI MILANO; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Piero MESSINI D'AGOSTINI; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Ettore PEDICINI, che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso; uditi i difensori delle parti civili avv. (OMISSIS) (per (OMISSIS), in proprio e quale legale rappresentante della (OMISSIS) s.r.l.), avv. (OMISSIS) (per (OMISSIS), quale erede universale di (OMISSIS)), avv. (OMISSIS) (per (OMISSIS)), avv. (OMISSIS), (per (OMISSIS) s.r.l.), i quali depositano conclusioni scritte e nota spese, chiedendo la inammissibilita' o il rigetto del ricorso; udito il difensore dell'imputato avv. (OMISSIS), anche in sostituzione dell'avv. (OMISSIS), che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza emessa il 24 gennaio 2020 il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Milano, ad esito del giudizio abbreviato condizionato all'esame del teste (OMISSIS), condannava (OMISSIS), alla pena ritenuta di giustizia, ritenendolo responsabile del reato di truffa aggravata continuata, e lo assolveva, invece, per i delitti di reimpiego e autoriciclaggio per non aver commesso il fatto. La Corte di appello di Milano, con sentenza emessa il 1 ottobre 2021, in parziale riforma della decisione di primo grado, esclusa l'aggravante ex articolo 640 c.p., comma 2, n. 2-bis, e riconosciute, in accoglimento dell'appello del pubblico ministero, quelle di cui agli articoli 61 c.p., comma 1, nn. 2 e 11, oltre alla circostanza prevista dal n. 7 dello stesso articolo, rideterminava la pena in due anni e sei mesi di reclusione e 1.200,00 Euro di multa. Secondo la tesi accusatoria, recepita dai giudici di merito, l'imputato - nella qualita' di Direttore Generale, membro del Comitato Investimenti e poi gestore di fatto di (OMISSIS) - aveva concorso con altri in una condotta decettiva, consistita nella costituzione del Fondo Immobiliare speculativo denominato (OMISSIS), mediante l'inserimento di immobili sopravvalutati e societa' in conflitto di interessi con la stessa (OMISSIS), nonche' nella stipulazione di accordi con (OMISSIS) S.A., aventi ad oggetto l'acquisto di sedici quote del fondo suddetto, a fronte dell'emissione di un prestito obbligazionario di pari importo. In particolare, venivano indotti in errore, da un lato, (OMISSIS), (OMISSIS), (in proprio e quale legale rappresentante della (OMISSIS) s.r.l.) e (OMISSIS), i quali, pur non presentando i requisiti per poter essere definiti clientela professionale, acquistavano le suddette quote; dall'altro lato, 117 clienti retai/ della (OMISSIS), i quali, non adeguatamente informati del contenuto e della rischiosita' delle operazioni, sottoscrivevano le obbligazioni (OMISSIS) per complessivi Euro 6.400.000, in violazione del Regolamento del Fondo e del c.d. Regolamento Consob, in assenza dei requisiti richiesti. Gli autori degli artifizi e raggiri, tra cui l'imputato, ottenevano un ingiusto vantaggio patrimoniale rappresentato da ingenti provviste finanziarie per realizzare la costituzione del Fondo, cagionando ai clienti un danno consistente nell'esposizione a plurimi fattori di rischio, nonche' rilevanti perdite quantificate in Euro 6.500.000, pari all'intero investimento fatto nel fondo (OMISSIS), a seguito della dismissione del bond (OMISSIS) S.A. 2. Ha proposto ricorso (OMISSIS), a mezzo del proprio difensore, chiedendo l'annullamento della sentenza per violazione della legge penale e/o processuale e vizio motivazionale in relazione a otto diversi profili della decisione, evidenziati in altrettanti motivi. 2.1. Violazione degli articoli 63, 191, 266, 270 e 271 c.p.p. per inosservanza dei divieti probatori stabiliti dalla legge in ordine all'utilizzo delle intercettazioni provenienti da altro procedimento e delle dichiarazioni rese da soggetti che avrebbero dovuto essere sentiti in qualita' di indagati. In primo luogo, con illogica motivazione, il giudice di appello ha escluso la inutilizzabilita', ai sensi degli articoli 266, 270 e 271 c.p.p., delle intercettazioni disposte dal G.i.p. nell'ambito di altro procedimento avente ad oggetto il titolo di reato ex articolo 416 c.p., considerato che il reato di truffa aggravata non rientra fra quelli per i quali sono consentite le operazioni di captazione e che il reato associativo e' stato poi ritenuto insussistente, e non soltanto derubricato, da parte prima del G.i.p. con l'ordinanza cautelare, poi dello stesso organo d'accusa con la richiesta di rinvio a giudizio. In secondo luogo, la Corte territoriale, aderendo alla valutazione del G.u.p., ha nella sostanza omesso di motivare in ordine al motivo di gravame riguardante la inutilizzabilita', ai sensi dell'articolo 63 c.p.p., comma 2, delle dichiarazioni di soggetti sentiti non come indagati ma quali persone informate sui fatti, nonostante sussistessero a loro carico gravi indizi di reita'. 2.2. Violazione degli articoli 81, comma 2, 110 e 640 c.p. in ordine all'affermazione di responsabilita' del ricorrente per il delitto di truffa, avuto riguardo alla ritenuta sussistenza di artifici e raggiri nella costituzione del Fondo SRRE: la Corte ha omesso di motivare su punti decisivi della controversia, travisando il risultato probatorio (in particolare su quanto emerso dalle prove documentali offerte dalla difesa) e ha violato norme giuridiche extra-penali di cui si doveva tener conto nell'applicazione della fattispecie incriminatrice (Decreto Legge 31 maggio 2010, n. 78, articolo 32; Regolamento Banca d'Italia sulla gestione collettiva del risparmio 2013; Decreto Ministeriale n. MEF del 24 maggio 1999, n. 228, articolo 17). In particolare, del Decreto Legge n. 78 del 2010, articolo 32, diversamente da quanto ipotizzato dai giudici di merito, prescrive non una pluralita' di soggetti apportanti immobili, bensi' una pluralita' di investitori, requisito che, nel caso di specie, risultava pienamente soddisfatto. Contrariamente a quanto affermato dalla sentenza impugnata, non vi fu alcuna sopravvalutazione degli asset immobiliari confluiti nel Fondo e non sono riscontrabili irregolarita' nelle valutazioni condotte dall'esperto indipendente IL PUNTO ne' conflitti di interesse (non quello riferito a detto esperto in relazione ai beni da stimare ne' quello ritenuto in ragione dell'affidamento della due diligence inerente all'apporto di un immobile di proprieta' della (OMISSIS) s.r.l. al Prof. (OMISSIS), amministratore non di tale societa', bensi' della New (OMISSIS)). 2.3. Violazione dell' articolo 81, comma 2, articoli 110 e 640 c.p., Regolamento Consob n. 16190 del 29 ottobre 2007, articolo 1 Decreto Ministeriale n. MEF 5 marzo 2015 n. 30, in ordine all'affermazione di responsabilita' dell'imputato per il reato di truffa, avuto riguardo alla ritenuta sussistenza di artifici e raggiri e alla conseguente induzione in errore dei signori (OMISSIS), (OMISSIS) (quale amministratore della societa' Master) e (OMISSIS) nell'acquisto delle quote del Fondo immobiliare SRRE, in violazione di norme giuridiche di cui si doveva tener conto nell'applicazione della legge penale, con motivazione omessa e/o illogica su punti decisivi della controversia. La Corte territoriale ha osservato che il Regolamento Consob, adottato con delib. n. 16190 del 2007, al momento della costituzione del Fondo nel 2013, aveva abrogato il Decreto Ministeriale 24 maggio 1999, n. 228, quando invece i due regimi normativi sono stati oggetto di applicazione congiunta, ma su due piani distinti, fino al 2015: prima di quella data l'investimento nelle quote del Fondo immobiliare SRRE non richiedeva l'obbligo in capo al gestore di verificare l'appartenenza del cliente alla categoria dei "clienti professionali" (essendo la valutazione di adeguatezza MiFID attinente alla linea di gestione patrimoniale sottoscritta dal cliente), bensi' soltanto la dichiarazione di essere "investitore qualificato", cioe' un investitore in possesso dei requisiti di cui all'articolo 1 del citato Decreto Ministeriale n., dichiarazione che le persone offese sottoscrissero, tra l'altro interagendo direttamente con i soli promotori. Di conseguenza, non puo' ritenersi disatteso alcun obbligo informativo ne' da parte del ricorrente ne' da parte della (OMISSIS); non e' pertinente la giurisprudenza richiamata nella sentenza impugnata, riguardante il servizio di negoziazione dei titoli e non quello di gestione patrimoniale, nell'ambito del quale intervenne la sottoscrizione delle quote del Fondo. 2.4. Violazione degli articoli 110 e 640 c.p., in relazione all'affermazione di responsabilita' del ricorrente per il delitto di truffa a titolo di concorso, in ragione del suo asserito apporto causale negli investimenti dei signori (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) nelle quote del Fondo SRRE, in violazione della legge penale, previa motivazione omessa e/o illogica su punti decisivi della controversia e travisamento del risultato probatorio. La prova della partecipazione di (OMISSIS) all'attivita' di investimento e' stata erroneamente desunta dal ruolo da questi ricoperto in relazione alla costituzione del Fondo, in quanto in questo modo scelte relative a operazioni riservate, per legge e per contratto, al gestore sono state addebitate, a chi, invece, semplicemente ha predisposto gli strumenti finanziari su cui ricadeva l'investimento, con una confusione di due piani ben distinti. La Corte territoriale e' incorsa in un vizio metodologico consistito nell'avere ascritto a (OMISSIS) un concreto contributo causale alla decisione di investire in virtu' soltanto della sua consapevolezza delle iniziative assunte da altri soggetti. 2.5. Violazione degli articoli 110 e 640 c.p., del Regolamento congiunto Banca d'Italia-Consob del 2007 e dell'articolo 22 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF), per avere la sentenza impugnata affermato la penale responsabilita' del ricorrente per il delitto di truffa a titolo di concorso e in particolare la sussistenza di artifici e raggiri con riferimento all'emissione obbligazionaria da parte di (OMISSIS), in ragione del suo preteso apporto causale nell'acquisto delle obbligazioni TRE, da parte di 117 clienti di (OMISSIS), in violazione della legge penale e di altre norme di cui si doveva tener conto, previa motivazione omessa e/o illogica su punti decisivi della controversia e travisamento del risultato probatorio. L'imputato non forni' alcun concreto apporto alla realizzazione del delitto contestato, in primo luogo perche' non faceva parte, nel periodo dell'investimento de quo, del Comitato Investimenti, e in secondo luogo perche' il suo presunto ruolo non puo' essere desunto sulla base di "una verifica probatoria apodittica e sostanzialmente autoreferente" secondo cui chi predispone strumenti finanziari o accordi con l'emittente dei titoli obbligazionari debba essere per cio' stesso ritenuto responsabile delle successive scelte di investimento operate dal privato o dal suo gestore individuale. Occorre considerare, infatti, che il ricorrente, in qualita' di Direttore Generale, non interveniva nel collocamento diretto dei bond, limitandosi - come emerge dalle e-mail indicate dalla difesa - a prospettare dati attinenti a profili regolamentari e contrattuali; non e' stata poi correttamente interpretata la normativa relativa al conflitto di interessi, che non vieta tout court l'investimento in conflitto, ma lo subordina invece all'onere di una corretta gestione e comunicazione di precise informazioni, la cui obbligatorieta' ricorre, tra l'altro, solo qualora, a contrario rispetto al caso di specie, non vengano adottate misure organizzative sufficienti a evitare che si verifichi il rischio di nuocere agli interessi dei clienti. Non e' poi individuabile una induzione in errore della clientela, cosi' come deve escludersi la presunta elusione del divieto di utilizzo delle gestioni patrimoniali per acquistare le obbligazioni TRE, poiche' nella situazione di cui si tratta non viene in considerazione alcuna decisione assunta dal cliente a seguito di una specifica proposta effettuata dall'intermediario; rilevano, infatti, attivita' finanziarie che nel contesto di contratti di gestione del risparmio, se eseguite sulla base di una cornice ben determinata e dei parametri fissati all'interno del mandato discrezionale conferito dai clienti sottoscrittori alla SGR, sono per definizione adeguate e da configurarsi come ordinarie operazioni di acquisto titoli, la cui conclusione non necessita di un'apposita e preventiva autorizzazione. Inoltre, non essendo stati acquisiti al fascicolo processuale i contratti delle 117 presunte persone offese, corrispondenti ai titolari di altrettante posizioni investite nelle obbligazioni TRE, deve ritenersi che, oltre a risultare indimostrata l'omessa profilatura MiFID, sia anche impossibile affermare che gli asseriti rischi dei titoli acquistati non fossero rispondenti alla tipologia di rischio che la stessa clientela si era resa disponibile ad assumere in base alla linea di gestione concordemente individuata. Nessuno di detti soggetti, peraltro, ha mai sporto denuncia-querela per i fatti di cui si tratta ne' si e' mai costituito parte civile nel presente processo avanzando pretese risarcitorie nei confronti del ricorrente in relazione ai titoli in questione. 2.6. Violazione degli articoli 110 e 640 c.p., per avere la Corte di appello confermato la sussistenza del danno e dell'ingiusto profitto e, pertanto, la configurabilita' del delitto di truffa, in violazione della legge penale, previa motivazione omessa e/o illogica su punti decisivi della controversia con travisamento del risultato probatorio. Considerata la tipologia di contratto (servizio di gestione patrimoniale) sottesa all'investimento nel Fondo SRRE o alle obbligazioni (OMISSIS), non e' neppure ipotizzabile una condotta induttiva, astrattamente configurabile, invece, nell'ambito dei diversi servizi di consulenza e raccolta ordini e/o di consulenza ed esecuzione di ordini per conto dei clienti. Ne consegue che le operazioni contestate non integrano atti di disposizione patrimoniale ex articolo 640 c.p. in senso proprio, bensi' atti esecutivi di un accordo con il quale il cliente autorizzava il gestore a compiere tutte le operazioni finanziarie coerenti con la linea di gestione concordemente individuata. La sentenza impugnata, citando le disposizioni del TUF asseritamente violate e la giurisprudenza civile di legittimita' sugli obblighi informativi dell'intermediario, ha erroneamente presupposto, cosi' come il primo giudice, la prestazione di un servizio di consulenza, nel quale alla proposta della SIM fa seguito il consenso del risparmiatore. La Corte di appello, pur formalmente aderendo alla concezione patrimonialistica del danno, di fatto lo ha ancorato alla semplice stipulazione dei contratti de quibus e alle modalita' con cui erano state eseguite le attivita' di investimento, ritenute inosservanti di non precisati obblighi informativi circa la presenza di eventuali rischi. In questo modo, pero', la truffa e' stata trasformata, in contrasto con il principio di legalita', da reato di danno a reato di pericolo. Tale fattispecie, invero, ha una struttura normativa che richiede l'effettivo verificarsi della deminutio patrimoni e dell'ingiusto profitto, quali oggetto di rappresentazione e volizione ex ante da parte dell'agente, risultando cosi' incompatibile con il mero rischio di verificazione dell'evento, che, per quanto riguarda titoli finanziari, caratterizzati ontologicamente dall-alea" legata al mutevole andamento del mercato, deve consistere nella concreta perdita definitiva del capitale investito. In particolare, i giudici di merito hanno erroneamente identificato il danno conseguente all'investimento nelle obbligazioni TRE nel rischio liquidita' e nel rischio emittente, quando e' stato dimostrato che nessun danno e' stato cagionato ai 117 mandati di gestione patrimoniale investiti in dette obbligazioni, in quanto la successiva vendita e' avvenuta al medesimo o piu' alto prezzo di acquisto e dopo l'incasso delle cedole del 3%; inoltre, la Corte di appello, come gia' il G.u.p., ha considerato il decremento del Fondo SRRE come una perdita definitiva da parte dei clienti acquirenti, quando invece esso ha una durata ventennale e solo nell'anno 2033 il valore del NAV (valore netto della quota) potra' considerarsi definitivo e, con esso, l'eventuale perdita o utile dell'investimento. Con riferimento all'ingiusto profitto, poi, deve tenersi conto che nessun vantaggio patrimoniale ha tratto la SGR dall'avvio del Fondo SRRE, in quanto le relative commissioni di gestione incassate sono state inferiori ai costi sostenuti, e che, parimenti, l'investimento nelle obbligazioni TRE non ha comportato alcun aumento delle suddette commissioni, in assenza di versamenti aggiuntivi da parte dei 117 clienti. Inoltre, il potenziale danno causato dall'attuale status di liquidazione giudiziale del fondo (OMISSIS) riguarda solo ventitre' clienti per un totale di 902.000 Euro, pari al controvalore delle vendite delle obbligazioni TRE concluse con Nesso Fund in concomitanza con l'investimento effettuato da (OMISSIS) per conto degli stessi clienti in (OMISSIS), e non tutti i 117 mandati per complessivi 6.500.000 Euro, operazione di reinvestimento cui non aveva partecipato il ricorrente, per questa ragione assolto dai reati di reimpiego e autoriciclaggio contestati al capo B). 2.7. Violazione degli articoli 640 c.p. e 167 T.U.F. e motivazione apparente in ordine alla qualificazione giuridica dei fatti contestati come truffa e non gia' come gestione infedele, reato previsto dalla norma speciale. Nel caso di specie, poiche' gli artifizi e raggiri, quid pluris connotante la truffa in senso distintivo rispetto alla gestione infedele, coinciderebbero esclusivamente con la pretesa inosservanza delle disposizioni normative regolanti l'attivita' di gestione finanziaria, deve ritenersi integrata la seconda fattispecie incriminatrice anziche' la prima. 2.8. Violazione degli articoli 61 c.p., comma 1, nn. 2 e 11, per avere la sentenza impugnata affermato la sussistenza delle circostanze aggravanti in violazione della legge penale, previa motivazione illogica. Nel primo caso la sentenza non ha individuato in modo chiaro quale sia il reato prodromico e quale il successivo delitto commesso per assicurare il profitto, l'impunita' o il prodotto derivante dall'altro; nel secondo caso, invece, non sono state indicate le evidenze dimostrative dell'abuso di prestazione d'opera, con conseguente approfittamento della fiducia riposta dai clienti di SOFIA nei suoi promotori, quale quid pluris (elemento circostanziale aggravante) rispetto ai pretesi artifizi posti in essere (elemento costitutivo del delitto di truffa). 3. Con memoria in data 3 marzo 2023, i difensori del ricorrente hanno osservato che nelle more e' sopravvenuta l'estinzione del reato di truffa continuata per intervenuta prescrizione. Premesso che gli atti di disposizione patrimoniale, indicati nell'ipotesi accusatoria quali presupposti dei reati ascritti nel capo A), consistono in atti esecutivi di relativi servizi di gestione, avendo le parti stipulato contratti in forza dei quali, a fronte di un unico versamento di somme di denaro, l'autore del reato effettua l'investimento, sarebbe al piu' astrattamente configurabile una truffa con natura istantanea e non a consumazione prolungata, mancando l'elemento costitutivo dei periodici versamenti di somme scaglionate nel tempo. Poiche' il tempus commissi delicti va individuato nel "momento della diminuzione patrimoniale e dell'ingiustificato arricchimento", ne consegue che, considerando il periodo di sospensione legato all'emergenza pandemica, quanto agli investimenti dei signori (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) nelle quote del Fondo immobiliare SRRE, conclusi in date 1/7/2013, 21/5/2014 e 9/4/2015, i termini di prescrizione risultano decorsi, rispettivamente, il 6/3/2021, il 24/1/2022 e il 12/12/2022. Per quanto concerne, invece, le operazioni di acquisto delle obbligazioni TRE, protrattesi dal 31/7/2013 al 6/05/2015, individuata in tale ultima data il dies a quo della decorrenza della prescrizione per gli acquisti piu' recenti, deve dichiararsi spirato il termine al 9/1/2023. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. In considerazione dell'ammissibilita' del ricorso, in ragione della fondatezza del sesto motivo, riguardante la sussistenza del danno e dell'ingiusto profitto, va dichiarata la estinzione del reato continuato di truffa aggravata per intervenuta prescrizione. Premesso che non rilevano le modifiche in tema di prescrizione e improcedibilita', apportate rispettivamente dalla L. 9 gennaio 2019, n. 3, e dalla L. 27 settembre 2021, n. 134, riguardanti i reati commessi dal 1 gennaio 2020, si osserva, quanto alle date di consumazione dei vari reati di truffa, che la indicazione finale contenuta nel capo d'imputazione ("dal gennaio al dicembre 2016") e' generica ed errata, se solo si considera che le truffe, reato presupposto del delitto di riciclaggio di cui al capo B), commesso "dal febbraio al settembre 2015", sarebbero state in ipotesi realizzate in epoca successiva, il che, ovviamente, non puo' essere. Dalla ricostruzione dei fatti delle due sentenze di merito, sulla base peraltro di dati documentali pacifici, richiamati nella memoria difensiva, non contrastata neppure sul punto dalla pubblica accusa e dalle parti civili, si evince che le truffe furono effettivamente consumate nelle date indicate in detta memoria. Considerato il periodo di sospensione della prescrizione di sessantaquattro giorni legato all'emergenza pandemica, prevista del Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18, articolo 83, comma 4, (convertito, con modificazioni, nella L. 24 aprile 2020, n. 27), la prescrizione, per l'ultima condotta contestata, e' maturata il 9 gennaio 2023. 2. In presenza delle parti civili, tuttavia, questa Corte non puo' immediatamente dichiarare l'estinzione del reato per sopravvenuta prescrizione, limitandosi ad escludere la possibilita' di un piu' favorevole proscioglimento per ragioni di merito ex articolo 129 c.p.p., poiche' il ricorso dell'imputato in ordine all'affermazione di responsabilita' impone la valutazione del compendio probatorio "a cognizione piena". Tuttavia, la natura del vizio in questa sede rilevato (difetto motivazionale in ordine a un elemento costitutivo del reato), nei termini in cui verra' di seguito illustrato, impone una sintetica trattazione degli altri motivi di ricorso, rimanendo evidentemente assorbiti quelli in tema di qualificazione giuridica del fatto e di circostanze aggravanti. Infatti, le censure proposte dal ricorrente, fondate essenzialmente su vizi della motivazione o su violazioni di legge non radicalmente preclusive della configurabilita' del reato, non consentirebbero in ogni caso una pronunzia di annullamento senza rinvio per insussistenza del fatto (o per esclusione della partecipazione del ricorrente), dovendo dunque prevalere in questa sede il rilievo della intervenuta prescrizione. Nel contempo, il suddetto vizio motivazionale rileva, evidentemente, anche in ordine alla stessa sussistenza dell'illecito civile, cosicche' non possono in questa sede trovare direttamente conferma le statuizioni civili, sostanziatesi peraltro in una generica condanna al risarcimento del danno che avrebbe comunque comportato la riassunzione del processo avanti il giudice civile. Il rilievo risulta necessario in quanto la Corte costituzionale, nella sentenza n. 182 del 30 luglio 2021, ha affermato che il giudice dell'impugnazione penale, nel decidere sulla domanda risarcitoria in presenza di un reato estinto per prescrizione (articolo 578 c.p.p.), "non e' chiamato a verificare se si sia integrata la fattispecie penale tipica contemplata dalla norma incriminatrice, in cui si iscrive il fatto di reato di volta in volta contestato; egli deve invece accertare se sia integrata la fattispecie civilistica dell'illecito aquiliano (articolo 2043 c.c.)", seguendo "il criterio del "piu' probabile che non" o della "probabilita' prevalente" che consente di ritenere adeguatamente dimostrata (e dunque processualmente provata) una determinata ipotesi fattuale se essa, avuto riguardo ai complessivi risultati delle prove dichiarative e documentali, appare piu' probabile di ogni altra ipotesi e in particolare dell'ipotesi contraria", principio questo recepito nella successiva giurisprudenza di legittimita' (Sez. 2, n. 11808 del 14/01/2022, Restaino, Rv. 283377-01 e Sez. 4, n. 37193 del 15/09/2022, Ciccarelli, Rv. 283739-01). Del resto, la giurisprudenza di legittimita' civile e' ormai consolidata nel ritenere che, nell'ipotesi di cassazione della sentenza penale di assoluzione ai soli effetti civili, il giudizio di rinvio ex articolo 622 c.p.p., e' deputato all'accertamento dell'illecito civile quale fattispecie autonoma da quella penale, in ragione della necessita' di rispettare il diritto alla presunzione di non colpevolezza (declinato dalla giurisprudenza della Corte EDU e da quella della Corte di giustizia dell'Unione Europea come diritto della persona a non essere presentata come colpevole nelle decisioni successive a quella penale che la abbia prosciolta), sicche' in esso trovano applicazione le regole processuali e probatorie e i criteri di giudizio propri del processo civile, restando precluso l'accertamento, in via incidentale, della responsabilita' penale del convenuto (da ultimo cfr., ad es., Sez. 3 civ., n. 30496 del 18/10/2022, Rv. 666267), tant'e' che la parte civile assumera' la veste di attore-danneggiato e l'imputato quella di convenuto-danneggiante (Sez. 6 civ., n. 1754 del 20/01/2022, Rv. 663856). 3. Nella giurisprudenza civile e' altresi' costante l'affermazione del principio secondo il quale nel giudizio di rinvio ex articolo 622 c.p.p., il giudice civile, oltre a scrutinare la regiudicanda secondo i canoni di giudizio che gli sono propri, potra' attingere al materiale probatorio raccolto nel corso del processo penale conservando comunque tutte le facolta' che gli competono merito, relative ai poteri di indagine e di autonoma valutazione raccolte nel suddetto processo penale (cfr., ad es., Sez. 3 civ., n. 8997 del 21/03/2022, Rv. 664579; Sez. 3 civ., n. 28011 del 14/10/2021, Rv. 662576; Sez. 3 civ., n. 517 del 15/01/2020, Rv. 656811). E' poi significativo il fatto che, coerentemente ai ricordati principi, dell'articolo 573 c.p.p., comma 1-bis, (introdotto dal Decreto Legge 10 ottobre 2022, n. 150, articolo 33, comma 1, lettera a), a decorrere dal 30 dicembre 2022, ai sensi dal Decreto Legge 31 ottobre 2022, n. 162, articolo 6, convertito con modificazioni nella L. 30 dicembre 2022, n. 199), prevede ora che "(q)uando la sentenza e' impugnata per i soli interessi civili, il giudice d'appello e la Corte di cassazione, se l'impugnazione non e' inammissibile, rinviano per la prosecuzione, rispettivamente, al giudice o alla sezione civile competente, che decide sulle questioni civili utilizzando le prove acquisite nel processo penale e quelle eventualmente acquisite nel giudizio civile". Proprio in ragione dell'utilizzo da parte del giudice civile delle prove assunte nel processo penale, debbono essere esaminate le eccezioni di rito proposte con il primo motivo di ricorso. 3.1. Quanto agli esiti delle intercettazioni, la difesa del ricorrente ha invocato il principio statuito dalle Sezioni Unite della Suprema Corte, secondo il quale l'utilizzabilita' dei risultati delle intercettazioni per la prova di reati diversi da quello per il quale sono state autorizzate, legati da una connessione sostanziale, presuppone che detti reati, anche nell'ambito del medesimo procedimento, rientrino nei limiti di ammissibilita' previsti dall'articolo 266 c.p.p. (Sez. U, n. 51 del 28/11/2019, dep. 2020, Cavallo, Rv. 277395), condizione non sussistente per il delitto de quo. In questo caso, tuttavia, detto principio - come osservato nella sentenza impugnata - non e' pertinente, non essendosi in presenza di diversi fatti-reato connessi bensi' di un fatto-reato per il quale erano state autorizzate le operazioni di captazione (associazione per delinquere finalizzata alla commissione di truffe), che in sede cautelare ha mutato qualificazione giuridica, essendo stata ritenuta sussistente la sola fattispecie concorsuale ex articolo 110 c.p., nella consumazione delle truffe, in assenza dei presupposti per ritenere il reato associativo: il G.i.p., infatti, ritenne configurabile una ipotesi di concorso di persone "nella commissione di un'unica articolata truffa realizzata attraverso piu' operazioni protratte nel tempo e legate da un medesimo disegno criminoso", in assenza, invece, di un sodalizio operante con stabilita' e con una precisa ripartizione dei ruoli, sulla base di un accordo protratto nel tempo con la necessaria caratteristica di indeterminatezza. Risultano ancora valide, allora, le argomentazioni espresse sul tema da questa Corte, in una risalente pronuncia, con la quale si affermo' che sono utilizzabili i risultati delle intercettazioni disposte in riferimento a un titolo di reato per il quale le medesime sono consentite, anche quando al fatto venga successivamente attribuita una diversa qualificazione giuridica, con la conseguente mutazione del titolo in quello di un reato per cui non sarebbe stato invece possibile autorizzare le operazioni di intercettazione. In detta sentenza si preciso' anche che, ove gli elementi addotti dal pubblico ministero a sostegno della richiesta di intercettazione siano chiaramente riferibili a una ipotesi di reato non annoverabile nell'elenco dell'articolo 266 c.p.p. e ciononostante il giudice abbia ugualmente autorizzato l'attivita' captativa, sarebbe "certo possibile all'imputato farne questione in ogni successiva fase o grado del procedimento. E se la doglianza e' fondata, le intercettazioni dovranno essere dichiarate inutilizzabili; per effetto pero' non di una mutata "qualificazione giuridica del fatto" ma dell'errore commesso dal giudice al momento del decreto autorizzativo, da apprezzare con valutazione "ora per allora" e tenendo presente che esso deve risultare evidente e incontrovertibile, sulla base degli elementi investigativi, portati illo tempore a conoscenza del giudice e tenuto conto della inevitabile fluidita' delle ipotesi criminose in un momento normalmente posto alle prime battute dell'attivita' investigativa" (cosi' Sez. 6, n. 50072 del 20/10/2009, Bassi, Rv. 245699; in senso conforme v. Sez. 1, n. 24163 del 19/05/2010, Satta, Rv. 247943). Anche da ultimo la Corte di cassazione ha ribadito che 0-ciAM inutilizzabilita' sono tassativamente indicate dall'articolo 271 cod. pr diversa qualificazione giuridica nella fase successiva all'ese, operazioni non rientra tra queste" (Sez. 1, n. 12749 del 19/03/2021, Cusumano, Rv. 280981). Con altra recente pronuncia, adesiva alla giurisprudenza sino ad ora richiamata, e' stato efficacemente osservato che, in caso di modifica, a seguito delle captazioni, della qualificazione giuridica del fatto-reato autorizzato in altro reato non autorizzabile, l'inutilizzabilita' delle intercettazioni opera solo se i presupposti per disporre il mezzo di ricerca della prova mancassero gia' al momento in cui il procedimento autorizzativo si e' compiuto e perfezionato attraverso il controllo del giudice. I risultati della captazione correttamente autorizzata restano invece immuni rispetto al successivo sviluppo fisiologico del procedimento, atteso che in tal caso non rileva la sopravvenuta mancanza del presupposto legittimante per effetto della riqualificazione del fatto autorizzato (Sez. 6, n. 23148 del 20/01/2021, Bozzini, Rv. 281501). Occorre distinguere, dunque, il caso in cui il giudice e' tenuto a non autorizzare l'intercettazione, in mancanza di una corrispondenza fra il reato ipotizzato e le risultanze delle indagini, da quello in cui vi e' corrispondenza tra quanto si richiede e cio' che emerge dalle indagini in ordine al fatto reato per cui si procede, ma l'addebito si modifica per motivi sopravvenuti fisiologici, legati cioe' alla naturale evoluzione del procedimento che puo' determinare una modifica del fatto storico e della sua qualificazione giuridica. In questo modo si scongiurano eventuali abusi, configurabili mediante il ricorso pretestuoso alla descrizione di un fatto-reato autorizzabile al fine di aggirare i limiti legali stabiliti dagli articoli 266 e 267 del codice di rito. Nel caso specifico la difesa non ha denunciato l'errore iniziale del G.I.P., ma si e' limitata a osservare che per il reato per il quale vi e' stata condanna ad esito del giudizio di primo grado non sarebbe stato possibile autorizzare le operazioni di captazione. E' fondato, inoltre, anche l'ulteriore rilievo espresso dalle parti civili in ordine alla inammissibilita' del motivo per genericita': secondo un consolidato principio espresso da questa Corte, anche a Sezioni Unite (Sez. U, n. 23868 del 23/04/2009, Fruci, Rv. 243416), "nei casi in cui con il ricorso per cassazione si lamenti l'inutilizzabilita' o la nullita' di una prova dalla quale siano stati desunti elementi a carico, il motivo di ricorso deve illustrare, a pena di inammissibilita' per aspecificita', l'incidenza dell'eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta "prova di resistenza", essendo in ogni caso necessario valutare se le residue risultanze, nonostante l'espunzione di quella inutilizzabile, risultino sufficienti a giustificare l'identico convincimento; gli elementi di prova acquisiti illegittimamente diventano irrilevanti ed ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l'identico convincimento" (cosi' Sez. 2, n. 30271 del 11/05/2017, De Matteis, Rv. 270303; in senso conforme, ex plurimis, cfr. Sez. 2, n. 31823 del 06/10/2020, Lucamarini, Rv. 279829; Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, La Gumina, Rv. 269218; Sez. 3, n. 3207 del 02/10/2014, Calabrese, Rv. 262011; Sez. 6, n. 18764 del 05/02/2014, Barilari, Rv. 259452). Il ricorso non ha adempiuto detto onere, considerato anche che nella motivazione della sentenza impugnata vi e' un riferimento del tutto marginale alle risultanze delle intercettazioni, a fronte di prove dichiarative e documentali sulle quali e' stata nella sostanza fondata da entrambi i giudici di merito l'affermazione di responsabilita'. 3.2. Generica e priva di fondamento e' anche la doglianza che la difesa ha formulato con riferimento ad una presunta violazione dell'articolo 63 c.p.p. senza aver adempiuto all'onere di allegazione di dati fattuali in termini tali da consentire un efficace esercizio del sindacato di legittimita' da parte di questa Corte. Con riferimento ai soggetti diversi dal teste (OMISSIS), il ricorso si e' limitato a lamentare genericamente che non si sarebbe "verificato se, all'epoca della loro audizione, fossero emersi indizi a loro carico", mentre - quanto a (OMISSIS), - va evidenziato anche che lo stesso imputato ha condizionato la richiesta di giudizio abbreviato, poi ammesso, all'esame del dichiarante quale testimone, con cio' di fatto smentendo la fondatezza del motivo proposto in appello, peraltro anche in questo caso genericamente. Trattandosi di una questione di diritto, correttamente risolta dalla Corte territoriale, non e' neppure proponibile una censura sulla motivazione, in quanto il vizio di motivazione denunciabile nel giudizio di legittimita' e' solo quello attinente alle questioni di fatto e non anche di diritto, giacche' ove queste ultime, anche se in maniera immotivata o contraddittoriamente od illogicamente motivata, siano comunque esattamente risolte, non puo' sussistere ragione alcuna di doglianza, mentre, viceversa, ove tale soluzione non sia giuridicamente corretta, poco importa se e quali argomenti la sorreggano. Ne consegue che non puo' invocarsi in sede di legittimita' il difetto di motivazione se, stante la infondatezza dell'eccezione, il giudice non si sia soffermato sulla stessa nel discorso argomentativo a supporto della decisione adottata (Sez. 4, n. 47842 del 05/10/2018, L., Rv. 274035; Sez. 2, n. 19696 del 20/05/2010, Maugeri, Rv. 247123; Sez. 2, n. 30686 del 02/07/2009, Civitelli, Rv. 244731; Sez. 2, n. 3706 del 21/01/2009, Haggag, Rv. 242634). Con una risalente pronuncia le Sezioni Unite di questa Corte, risolvendo altra questione, avevano gia' affermato che "la soluzione da dare alle questioni di diritto, processuali o sostanziali che siano, non attiene pero' al contesto della giustificazione, ma al contesto della decisione, sicche' quello che importa per la validita' della sentenza e' soltanto la correttezza di questa" (Sez. U, n. 155 del 29/09/2011, Rossi, Rv. 251495). Il principio e' stato da ultimo ribadito dalle stesse Sezioni Unite (Sez. U, n. 24591 del 16/07/2020, Filardo, Rv. 280027-05). 4. In relazione ai motivi (dal secondo al quinto), inerenti alla sussistenza di artifici e raggiri nella costituzione del Fondo SRRE e nella conseguente induzione in errore delle persone offese nell'acquisto delle quote del suddetto fondo nonche' nella emissione obbligazionaria da parte di (OMISSIS) e a quelli riguardanti l'apporto causale del ricorrente nell'acquisto delle quote e delle obbligazioni, va ricordato che l'imputato e' stato condannato nei due gradi di giudizio con conforme decisione. E' opportuno ricordare, allora, che la sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico complessivo corpo argomentativo, quando le due decisioni di merito - come nel caso di specie -concordano nell'analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni e, a maggior ragione, quando i motivi di appello non abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze gia' esaminate e ampiamente chiarite nella sentenza di primo grado (Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992, Musumeci, Rv. 191229; Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 257595; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, dep. 2012, Valerio, Rv. 252615; piu' di recente v. Sez. 2, n. 22066 del 02/03/2021, Bonfirraro, non mass. sul punto). Nell'analoga ricostruzione dei giudici di merito, la vicenda della costituzione del Fondo Immobiliare speculativo denominato (OMISSIS) e del successivo acquisto di sedici quote da parte di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), (in proprio e quale legale rappresentante della (OMISSIS) s.r.l.) vide (OMISSIS) svolgere un ruolo di primissimo piano, essendo stato detto fondo, nella sostanza, "una sua creazione". Sul punto le dichiarazioni del teste (OMISSIS) e dei promotori sono state ritenute decisive nelle sentenze di merito, contrastate sul punto nel ricorso sulla base di una diversa lettura e considerazione delle dichiarazioni testimoniali. E' preclusa, pero', a questa Corte la possibilita' di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch'essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilita' delle fonti di prova (Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, Dos Santos, Rv. 283370; Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Ferri, Rv. 273217; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Minervini, Rv. 253099). Una valutazione in punto di fatto, poi, e' stata inammissibilmente sollecitata anche in ordine all'elemento determinante - secondo i giudici di merito - ai fini della ritenuta sussistenza degli artifici e raggiri e della conseguente induzione in errore delle suddette persone offese, costituitesi parti civili: si tratta del conferimento nel fondo degli immobili da parte della (OMISSIS) s.p.a. (e di altra societa' dalla stessa controllata al 100%) a un valore superiore al 30% di quello reale, senza alcuna plausibile giustificazione, come emerso, oltre che dalle dichiarazioni di (OMISSIS), e dei promotori, dalle consulenze tecniche dei funzionari della Banca d'Italia, dalle relazioni della CONSOB e dagli accertamenti svolti dalla Guardia di Finanza, risultanze probatorie richiamate nella pronuncia impugnata e piu' analiticamente evidenziate nella sentenza di primo grado, quanto alla stima degli immobili conferiti e al loro valore effettivo (pag. 18). L'acquisto di quote di un Fondo nel quale erano conferiti immobili sovrastimati, circostanza ignota agli acquirenti, e' di per se' produttiva di danno, cio' indipendentemente dalla successiva svalutazione delle quote, peraltro accertata sulla base di dati obiettivi dai giudici di merito. Anche in relazione alla vicenda relativa alla delibera della emissione obbligazionaria da parte di (OMISSIS), cui fece seguito la sottoscrizione di obbligazioni da parte di 117 clienti della (OMISSIS), le sentenze di merito hanno richiamato gli esiti delle relazioni ispettive della Banca d'Italia, che avevano evidenziato un conflitto d'interessi in relazione all'affidamento dell'incarico di consulenza per la realizzazione della suddetta emissione nonche' l'assenza di adeguate comunicazioni agli stessi clienti, i cui portafogli erano stati investiti nei bond TRE. 5. Proprio in relazione a questa ultima vicenda, tuttavia, a fronte di articolati motivi di appello con i quali si era sostenuto che nessun danno era stato causato ai 117 mandati di gestione patrimoniale investiti in dette obbligazioni (poiche' la successiva vendita sarebbe avvenuta al medesimo o piu' alto prezzo di acquisto e dopo l'incasso delle cedole del 3%), la Corte di appello non ha colmato la lacuna motivazionale della prima sentenza sul punto (v. pag. 67), essendosi limitata a richiamare soltanto "quanto affermato dalla Banca d'Italia nelle relazioni ispettive, che evidenziavano il rischio liquidita' (il titolo aveva un taglio minimo di 100, non era quotato e non aveva mercato secondario), il rischio emittente ( (OMISSIS) era una societa' priva di rating e dalle dimensioni ridotte) e il rischio estensione da 5 a 10 anni della data di rimborso, di perdita di capitale investito" (pag. 36). Con una risalente pronunzia le Sezioni Unite di questa Corte statuirono che la truffa e' reato istantaneo e di danno, che si perfeziona nel momento in cui alla realizzazione della condotta tipica da parte dell'autore abbia fatto seguito la deminutio patrimonii del soggetto passivo; pertanto, nella ipotesi di truffa contrattuale il reato si consuma non gia' quando il soggetto passivo assume, per effetto di artifici o raggiri, l'obbligazione della datio di un bene economico, ma nel momento in cui si realizza l'effettivo conseguimento del bene da parte dell'agente e la definitiva perdita dello stesso da parte del raggirato (Sez. U, n. 1 del 16/12/1998, dep. 1999, Cellammare, Rv. 212079). Richiamando anche la posizione all'epoca gia' condivisa da larga parte della dottrina e della giurisprudenza di legittimita', le Sezioni Unite ribadirono che, "oltre alla realizzazione della condotta tipica da parte dell'autore, e' necessario, ai fini dell'integrazione del reato di truffa, che si verifichi anche un'effettiva deminutio patrimonii, intesa in senso strettamente economico, del soggetto passivo", escludendo radicalmente che la truffa potesse configurare un "reato di pericolo, poiche', a differenza di altre ipotesi criminose che pure offendono il patrimonio per le quali basta una situazione di pericolo, l'evento consumativo risulta esplicitamente tipizzato in forma di conseguimento del profitto con il danno altrui, elementi questi dell'arricchimento e del depauperamento che sono collegati tra loro in modo da costituire concettualmente due aspetti di un'unica realta'". Rimarcarono le Sezioni Unite che "l'opportunita' di agganciare in modo rigoroso al verificarsi di un danno economico-patrimoniale la repressione penale di comportamenti che ledono la liberta' negoziale consente di limitare l'area dell'intervento penale rispetto a quella del diritto civile. L'opposta opinione, tendendo a trasformare il delitto di truffa, contro la lettera e la chiara voluntas legis, in reato di attentato alla sola liberta' di consenso della vittima nei negozi patrimoniali e di mero pericolo per l'integrita' del patrimonio di questa, opera in realta' un'inammissibile dilatazione dell'ambito di applicazione della norma incriminatrice, la quale, invece, espressamente richiede uno specifico ed effettivo danno di indole patrimoniale, ovvero un reale depauperamento economico del soggetto passivo del reato, nella forma del danno emergente o del lucro cessante". La successiva giurisprudenza ha recepito questo orientamento, divenuto dunque consolidato, precisando altresi' che, al fine di accertare quando si e' prodotto l'effettivo pregiudizio del raggirato in correlazione al conseguimento dell'ingiusto profitto da parte dell'agente, occorre considerare le peculiarita' del singolo accordo valutando le modalita' e i tempi delle condotte (cfr., ad es., Sez. U, n. 18 del 21/06/2000, Franzo, Rv. 216429; Sez. 2, n. 22957 del 03/03/2021, Bellini, Rv. 281455; Sez. 2, n. 12791 del 25/02/2021, Artico, Rv. 281000; Sez. 2, n. 27833 del 07/05/2019, De Marco, Rv. 276665; Sez. 2, n. 17322 del 18/01/2019, Creo, Rv. 276420; Sez. 2, n. 23080 del 09/05/2018, Di Battista, Rv. 272946; Sez. 2, n. 11102 del 14/02/2017, Giannelli, Rv. 269688). Alla luce di questi principi e' chiaramente rilevabile il denunciato vizio motivazionale, in quanto, con riferimento alla vicenda relativa alla delibera della emissione obbligazionaria da parte di (OMISSIS), la sentenza impugnata, al pari di quella di primo grado, ha evocato solo un fattore di "rischio" e quindi un pericolo, non gia' un danno, una effettiva deminutio patrimonii per i 117 clienti della (OMISSIS). 6. Dichiarata la prescrizione del reato, la sentenza di appello, pertanto, va annullata con rinvio ai sensi dell'articolo 622 del codice di rito. Richiamando una precedente pronuncia di questa Corte nella sua massima composizione nomofilattica (Sez. U, n. 40109 del 18/07/2013, Sciortino, Rv. 256087), le Sezioni Unite hanno di recente ribadito che, una volta rilevata e dichiarata l'estinzione del reato per prescrizione, non puo' residuare alcuno spazio per ulteriori pronunce del giudice penale e non ha piu' ragion d'essere la speciale competenza promiscua (penale e civile) attribuita al giudice penale in conseguenza della costituzione di parte civile, venendo meno quell'interesse penalistico alla vicenda che giustifica il permanere delle questioni in sede penale (Sez. U, n. 22065 del 28/01/2021, Cremonini, Rv. 281228). Il giudice civile, ad esito della risoluzione della controversia, provvedera' al regolamento delle spese sostenute dalle parti anche in questo grado del giudizio. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali, perche' il reato e' estinto per prescrizione. Annulla altresi' la sentenza impugnata agli effetti civili con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui rimette anche la liquidazione delle spese tra le parti del presente giudizio.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DIOTALLEVI Giovanni - Presidente Dott. AGOSTINACCHIO Luigi - Consigliere Dott. PARDO Ignazio - Consigliere Dott. CIANFROCCA Pierlui - rel.Consigliere Dott. ARIOLLI Giovanni - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato in (OMISSIS); (OMISSIS), nato a Napoli il 20.6.1978; contro la sentenza della Corte di Appello di Napoli del 30.11.1921; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Pierluigi Cianfrocca; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Piergiorgio Morosini, che ha concluso per il rigetto di tutti i ricorsi; udito l'Avv. (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)o e (OMISSIS), che si riporta ai motivi di ricorso chiedendo l'annullamento, senza rinvio, della sentenza impugnata quanto ai capi 2) e 9); in difesa di (OMISSIS), si riporta al ricorso; udito l'Avv. (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS) e (OMISSIS), il quale si riporta ai motivi di ricorso chiedendo il rinvio dell'udienza a data successiva al 31.3.2023, alla luce della sopravvenuta procedibilita' a querela dei reati di cui ai capi 2) e 9) e, in subordine, l'annullamento, senza rinvio, della sentenza impugnata; udito l'Avv. (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), che conclude per l'accoglimento dei motivi di ricorso e, in particolare, per l'annullamento, senza rinvio, della sentenza impugnata quanto ai capi 2) e 9). RITENUTO IN FATTO 1. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) erano stati chiamati a rispondere, unitamente a (OMISSIS), di delitto di associazione a delinquere finalizzato alla commissione di furti e rapine con la tecnica del "buco", oltre che, di volta in volta in concorso, di diversi episodi di rapina, tentata rapina, furto aggravato, porto d'arma ed altro; con sentenza del 18.9.2020, il GUP presso il Tribunale di Napoli aveva riconosciuto (OMISSIS) responsabile dei reati di cui ai capi 1), 2), 4), 6), 7), 8) e 9) della rubrica e lo aveva condannato alla pena complessiva di anni 13 di reclusione ed Euro 8.000 di multa; (OMISSIS), responsabile dei reati di cui ai capi 1), 2), 4), 6), 7), 8) e 9), e lo aveva condannato alla pena complessiva di anni 12 di reclusione ed Euro 12.000 di multa; (OMISSIS) responsabile dei reati di cui ai capi 1), 2), 4), 6), 8), e 9) della rubrica, e lo aveva condannato alla pena complessiva di anni 9 e mesi 8 di reclusione ed Euro 6.000 di multa; (OMISSIS), responsabile dei reati di cui ai capi 1), 2), 4), 6), 7), 8) e 9) della rubrica e lo aveva condannato alla pena complessiva di anni 9 di reclusione ed Euro 6.000 di multa; (OMISSIS) responsabile dei reati di cui ai capi 6) e 7) della rubrica, e lo aveva condannato alla pena di anni 9 di reclusione ed Euro 4.000 di multa; (OMISSIS) responsabile dei reati di cui ai capi 2), 6) e 7) della rubrica, e lo aveva condannato alla pena complessiva di anni 8 e mesi 8 di reclusione ed Euro 4.000 di multa; (OMISSIS), responsabile dei reati di cui ai capi 1), 4) e 8) della rubrica, e lo aveva condannato alla pena di anni 8 di reclusione ed Euro 4.000 di multa; (OMISSIS), responsabile dei reati di cui ai capi 2), 4), 8) e 9) della rubrica, e lo aveva condannato alla pena di anni 8 di reclusione ed Euro 4.000 di multa; (OMISSIS) responsabile dei reati di cui ai capi 6) e 7) della rubrica, e lo aveva condannato alla pena di anni 7 di reclusione ed Euro 2.000 di multa; (OMISSIS) responsabile dei reati di cui ai capi 6) e 7) della rubrica, e lo aveva condannato alla pena di anni 6 di reclusione ed Euro 2.000 di multa; (OMISSIS), responsabile del reato di cui al capo 9) e lo aveva condannato alla pena di anni 3 e mesi 3 di reclusione ed Euro 600 di multa; (OMISSIS) responsabile del reati di cui al capo 4) e lo aveva condannato alla pena di anni 6 di reclusione ed Euro 2.000 di multa; 2. la Corte di appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha ridotto la pena nei confronti di (OMISSIS) ad anni 12 di reclusione ed Euro 6.000 di multa; ha ridotto la pena nei confronti di (OMISSIS) ad anni 10 e mesi 4 di reclusione ed Euro 2.500 di multa; ha ridotto la pena nei confronti di (OMISSIS) ad anni 8 e mesi 8 di reclusione ed Euro 2.200 di multa; ha ridotto la pena nei confronti di (OMISSIS) ad anni 8 di reclusione ed Euro 2.200 di multa; ha ridotto la pena nei confronti di (OMISSIS) ad anni 7 mesi 8 di reclusione ed Euro 3.000 di multa; ha ridotto la pena nei confronti di (OMISSIS) ad anni 7 e mesi 6 di reclusione ed Euro 3.200 di multa; ha ridotto la pena nei confronti di (OMISSIS) ad anni 6 e mesi 8 di reclusione ed Euro 1.800 di multa; ha ridotto la pena nei confronti di (OMISSIS) ad anni 8 e mesi 8 di reclusione ed Euro 3.800 di multa; ha ridotto la pena nei confronti di (OMISSIS) ad anni 8 di reclusione ed Euro 3.200 di multa; ha ridotto la pena nei confronti di (OMISSIS) ad anni 5 e mesi 4 di reclusione ed Euro 2.000 di multa; ha ridotto la pena nei confronti di (OMISSIS) ad anni 5 e mesi 10 di reclusione ed Euro 2.000 di multa; ha escluso la recidiva per (OMISSIS) ed ha rideterminato la pena per il reato di cui al capo 9), ad anni 2 di reclusione ed Euro 400 di multa, con revoca della pena accessoria della interdizione temporanea dai pubblici uffici; 3. ricorrono per cassazione: 3.1 (OMISSIS), con ricorso a firma dell'Avv. (OMISSIS) deducendo la nullita' della sentenza impugnata ai sensi dell'articolo 606, lettera b), c), d), e) c.p.p.; violazione degli articoli 133 e 62-bis c.p., vizio di motivazione: rileva come non possa condividersi il diniego delle attenuanti generiche avendo i giudici di appello escluso la possibilita' di valutare positivamente elementi idonei ad attenuare la pena, alla luce di fattori e situazioni non contemplate nell'articolo 133 c.p.; segnala, a tal proposito, la condotta processuale tenuta dall'imputato ed improntata ad assoluta lealta', con la disponibilita' a farsi giudicare allo stato degli atti ed a rinunciare ai motivi di appello articolati in punto di responsabilita'; osserva che, a fronte di cio', la Corte di appello si e' limitata a ridurre la pena di soli 4 mesi al fine di adeguarla a quella inflitta al coimputato, esercitando la propria discrezionalita' in termini non adeguatamente motivati; 3.2 (OMISSIS), con ricorso a firma dell'Avv. (OMISSIS), premettendo che, in appello, la difesa aveva rinunciato ai motivi di gravame ad eccezione di quelli relativi alla recidiva, al riconoscimento della attenuante di cui all'articolo 114 c.p., agli aumenti per la continuazione ed alle attenuanti generiche, deduce: 3.2.1 violazione di legge e vizio di motivazione per erronea applicazione dell'articolo 99 c.p. e mancanza, contraddittorieta' o manifesta illogicita' della motivazione: rileva che la Corte di appello ha ritenuto di poter superare le argomentazioni difensive evocando il curriculum criminale dell'imputato mentre l'onere motivazionale avrebbe dovuto investire la gravita' dell'illecito e la valutazione della sua continuita' con le precedenti condanne, cosi' da giustificare un aggravamento della pena alla luce della ritenuta maggiore attitudine a delinquere; 3.2.2 violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all'articolo 114 c.p.: richiama la scarna motivazione con cui la Corte di appello ha disatteso la doglianza difensiva e che, per altro verso, non risulta in linea con i criteri dettati dalla giurisprudenza della S.C., che non consentono di risolvere la questione attraverso il richiamato parallelismo con altro soggetto coinvolto nella vicenda in esame; 3.2.3 violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all'articolo 62-bis c.p.: richiamata la ratio delle attenuanti generiche e l'onere motivazionale imposto al giudice di merito, rileva che la rinuncia ai motivi di appello avrebbe meritato una valutazione diversa, al fine di rendere la pena equa rispetto al fatto e idonea rispetto alla sua finalita' educativa; 3.2.4 vizio di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio: denuncia la insussistenza della motivazione sugli aumenti di pena per la continuazione avendo peraltro il giudice di merito omesso di indicare quale fosse la aggravante su cui era stato operato l'aumento ai sensi dell'articolo 63, comma 4 c.p., oltre che di stabilire il singolo aumento per ciascun reato posto in continuazione; 3.3 (OMISSIS), con ricorso a firma dell'Avv. (OMISSIS), deducendo violazione di legge in relazione all'articolo 133 c.p. e difetto di motivazione sul trattamento sanzionatorio: rileva che la motivazione della sentenza impugnata ha omesso di valutare le condizioni per riconoscere le attenuanti generiche eventualmente nella loro massima operativita' ed espansione e, pertanto, risulta meramente apparente perche' scollegata dai motivi di gravame, avendo percio' contravvenuto al dovere del giudice di merito di dare conto delle modalita' di esercizio del proprio potere discrezionale; 3.4 (OMISSIS), con ricorso a firma dell'Avv. (OMISSIS), deducendo, nullita' della sentenza per mancanza, contraddittorieta' o manifesta illogicita' della motivazione: rileva che la sentenza impugnata e' carente di motivazione essendosi limitata a rinviare al contenuto di quella di primo grado a sua volta palesemente errata nella indicazione della pena-base per il delitto di cui al capo 6), come emerge dalla lettura delle pagg. 106 e 107 della sentenza del GUP che, nel far riferimento al minimo edittale, lo aveva individuato in misura ben superiore; segnala, inoltre, che il ruolo del ricorrente (addetto allo scavo), la piena confessione resa nel giudizio di primo grado e, infine, la sua incensuratezza, erano elementi idonei a giustificare il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche; 3.5 (OMISSIS), con ricorso a firma dell'Avv. (OMISSIS), deducendo: 3.5.1 mancanza di motivazione quanto alla pena-base: rileva che la sentenza impugnata ha escluso di poter attribuire rilevanza alla intervenuta confessione ritenendo che essa fosse intervenuta in presenza di una prova granitica ma, in tal modo, non tenendone conto ai fini della qualificazione giuridica del fatto di cui al capo 1) su cui, pure, era stato articolato un motivo di gravame oggetto di rinuncia; segnala, inoltre, come la Corte avrebbe dovuto considerare la condotta processuale al fine di rivalutare la scelta del primo giudice di determinare la pena-base in termini prossimi al doppio del minimo edittale; 3.5.2 mancanza di motivazione in ordine agli aumenti per la continuazione ed alla mancata concessione delle attenuanti generiche: segnala che con l'atto di appello erano stati censurati gli aumenti per la continuazione appena ritoccati nella sentenza di appello senza tener conto delle delicate situazioni di salute in cui versa il ricorrente e testimoniate dalla perizia medico-legale svolta in primo grado ed allegata ricorso; 3.6 (OMISSIS), con ricorso a firma dell'Avv. (OMISSIS), deducendo nullita' della sentenza per contraddittorieta' e illogicita': rileva che, con l'atto di appello, la difesa si era doluta della mancata considerazione della condotta effettivamente tenuta dal ricorrente e del suo profilo soggettivo anche dal punto di vista della condotta processuale ed aveva sottolineato la difformita' di trattamento in relazione agli altri coimputati; aggiunge che la Corte di appello ha dovuto riconoscere, da un lato, la scarsa rilevanza dell'unico precedente e, dall'altro, la irragionevolezza di un unico aumento, per la continuazione per il capo 8), ma non, invece, per gli altri capi di imputazione; nel contempo, la Corte ha dovuto operare una considerevole riduzione dell'ulteriore aumento ex articolo 63, comma 4, c.p. laddove sarebbe stato necessario intervenire anche sulla pena-base per il capo 6); evidenzia l'errore in cui e' incorsa la Corte di appello nell'affermare che il (OMISSIS) aveva confessato nel corso del giudizio di primo grado laddove la confessione era invece intervenuta durante le indagini preliminari e, tuttavia, infliggendo al ricorrente una pena superiore a quella di altri che avevano serbato una condotta processuale ben differente; segnala la irragionevolezza della decisione sulla pena inflitta per il capo 4), con un aumento di due anni di reclusione; richiama la dinamica della rapina compendiata al capo 4), organizzata dal (OMISSIS), dal (OMISSIS), dal (OMISSIS) e dal 9Rajola ma, poi, eseguita da un altro gruppo laddove, tuttavia, il (OMISSIS) ha avuto due anni di aumento, pari al doppio di altri, come il (OMISSIS); aggiunge, ancora, che la Corte ha operato un modesto aumento ai sensi dell'articolo 63, comma 4, cod pen. omettendo tuttavia di diminuire la pena per il capo 6); 3.7 (OMISSIS) e (OMISSIS), con ricorso a firma dell'Avv. (OMISSIS), deducendo violazione di legge in riferimento al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e vizio di motivazione con riguardo alla entita' della pena ed al diniego della esclusione della contestata recidiva: richiama la motivazione con cui la Corte di appello ha negato il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche con una argomentazione di natura oggettiva che non ha dato conto delle specifiche ragioni a sostegno della decisione relativamente ai (OMISSIS) finendo, cosi', per dar luogo ad una motivazione sostanzialmente apparente; sottolinea come la rinuncia ai motivi di gravame doveva essere intesa non soltanto ai fini della resipiscenza ma, anche, della efficacia deflattiva ai fini del giudizio; segnala che la giurisprudenza di legittimita' ha ritenuto le attenuanti generiche concedibili anche in presenza di precedenti giudiziari a carico; denunzia l'ulteriore profilo di omessa motivazione quanto al diniego della esclusione della recidiva, la cui generalizzata facoltativita' avrebbe imposto un onere motivazionale effettivo; 3.8 (OMISSIS), con ricorso a firma dell'Avv. (OMISSIS), deducendo vizio di motivazione: in relazione al mancato riconoscimento dell'attenuante di cui all'articolo 114 c.p.: rileva cbd il diniego dell'attenuante e' intervenuto in forza di un vero e proprio travisamento della prova, ovvero sulla scorta del generico riferimento alle conversazioni intercettate e senza scalfire le argomentazioni difensive che, invece, avevano dimostrato la coerenza del ruolo ricoperto dal ricorrente con i principi dettati dalla giurisprudenza di legittimita'; in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche: segnala che, sul punto, la Corte di appello si e' limitata ad una valutazione complessiva senza procedere ad una considerazione specifica della posizione del ricorrente, tanto piu' necessaria quanto piu' difformi erano le responsabilita' ed i ruoli assunti dai vari imputati con la conseguente necessita' di individualizzare il trattamento sanzionatorio; sottolinea come la Corte avrebbe dovuto tener conto della figura del ricorrente, della sua inesperienza ma, anche, del suo sincero ravvedimento culminato con la rinuncia ai motivi di appello sulla responsabilita'; in relazione uIla mancata esclusione della recidiva: segnala che la mancata esclusione della recidiva e' stato motivato, dalla Corte di appello, non tanto in considerazione dei precedenti penali del ricorrente ma della gravita' oggettiva del fatto e del modus agendi tenuto nella vicenda in esame omettendo, tuttavia, ogni analisi circa la sua idoneita' a rivelare una maggiore capacita' a delinquere del reo, tale da giustificare l'aggravamento di pena, sfuggendo, percio', all'onere motivazionale imposto dalla giurisprudenza di legittimita'; in relazione alla dosimetria della pena: rileva che la pena inflitta avrebbe dovuto essere piu' mite, nel rispetto dei principi di equita' e giustizia sostanziale avendo la Corte ignorato il contributo fornito dal ricorrente con la scelta del rito abbreviato; 3.9 (OMISSIS), con ricorso a firma dell'Avv. (OMISSIS), deducendo: erronea applicazione della legge penale con riferimento al mancato riconoscimento della attenuante di cui all'articolo 114 c.p.: motivazione mancante ed erronea applicazione della legge penale con riferimento alla entita' della pena, agli aumenti per la recidiva: rileva che la sentenza impugnata non ha affrontato le censure articolate, in maniera tutt'altro che generica, con l'atto di appello in punto di quantificazione della pena e trattamento sanzionatorio, alla luce della scelta del ricorrente di accedere al rito abbreviato ed al suo ruolo obiettivamente marginale nella vicenda in esame; denunzia l'assenza di reale motivazione circa il mancato riconoscimento della attenuante di cui all'articolo 114 c.p., in contrasto con gli elementi restituiti dalla istruttoria; segnala come la mancata esclusione della recidiva sia fondata sup/ un travisamento del fatto e della prova e, per altro verso, sull'assenza di un apparato motivazionale imposto dalla natura facoltativa dell'aggravamento di pena conseguente; 3.10 (OMISSIS), con ricorso a firma dell'Avv. (OMISSIS), deducendo: 3.10.1 parziale illogicita' della sentenza e mancanza di motivazione quanto alla pena irrogata: richiama la motivazione con cui la Corte di appello ha rideterminato la pena inflitta al ricorrente evidenziandone la illogicita' per avere condiviso la pena-base a fronte della mancata indicazione dell'aumento per la recidiva; aggiunge che, alla luce degli elevatissimi minimi edittali stabiliti per la rapina pluriaggravata dalle disposizioni appena entrate in vigore al momento del fatto portavano a ritenere illogico ed immotivato il generico riferimento alle gravi e serie modalita' del fatto ed alla indicazione di una pena inferiore alla media edittale; 3.10.2 motivazione in ordine agli aumenti per la continuazione: rileva come la Corte di appello abbia quantificato l'aumento per lil reato associativo sulla scorta di quello operato per gli altri partecipi laddove il limitato numero di reati-fine portata, piuttosto, 3 ritenere la condotta del ricorrente limitata nel tempo e pressoche' occasionale; 3.10.3 mancanza di motivazione quanto al diniego delle attenuanti generiche: rileva come la Corte abbia negato le circostanze attenuanti generiche facendo leva sulla pericolosita' dell'imputato e sui suoi precedenti penali ignorando invece la situazione familiare del (OMISSIS), padre di un figlio portatore di handicap e gravemente malato, e percio' quantomeno concausa delle scelte del (OMISSIS); 3.11 (OMISSIS), con ricorso a firma dell'Avv. (OMISSIS), deducendo violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche: rileva come la sentenza impugnata non abbia motivato sul diniego delle attenuanti generiche se non attraverso il richiamo al contenuto di una intercettazione telefonica accomunante la posizione del ricorrente con quella del (OMISSIS) omettendo di prendere in esame le doglianze difensive avanzate con riguardo alla specifica posizione del (OMISSIS). 4. la difesa del (OMISSIS) ha trasmesso una memoria difensiva con le proprie conclusioni ed allegando le "denunce orali" delle persone offese per i reati di cui ai capi 2) e 9), oggi procedibili soltanto a querela di parte. non ritualmente impugnata quantomeno con riguardo a siffatte ipotesi di reato; CONSIDERATO IN DIRITTO I ricorsi sono, tutti, inammissibili in quanto articolati su censure manifestamente infondate o, in ogni caso, non consentite in questa sede. 1. La sopravvenuta procedibilita' a querela dei reati di cui ai capi 2) e 9) della rubrica Prima ancora di passare in rassegna i singoli ricorsi e le ragioni che portano a ritenerne la inammissibilita', e' tuttavia opportuno soffermarsi, sia pure brevemente, sulla questione della procedibilita' dell'azione penale in relazione a quelle fattispecie di reato - per le quali e' intervenuta condanna in primo ed in secondo grado - ma su cui ha inciso il mutamento del regime di procedibilita' introdotto dal Decreto Legislativo 150 del 2022 (cd. "riforma Cartabia"); e', infatti, sul presupposto della assenza della condizione di procedibilita' della querela che alcune delle difese hanno concluso per l'annullamento della sentenza impugnata quanto ai capi 2) e 9) relativi, per l'appunto, ad ipotesi di furto aggravato divenute procedibili, con decorrenza dalla data di entrata in vigore (peraltro "differita" dal DL 162 del 31.10.2022 convertito nella L. 199 del 30.12.2022) della novella; altra difesa aveva in ogni caso sollecitato il differimento del processo oltre la data, individuata dallo stesso legislatore, all'articolo 85 del Decreto Legislativo n. 150, al 31.3.2023, quale termine ultimo per la proposizione della querela per i reati divenuti procedibili ad istanza di parte. Ebbene: rileva il collegio che, quanto agli effetti del nuovo intervento legislativo sul regime di procedibilita' per diverse ipotesi di reato, deve trovare applicazione il principio che fu affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con riferimento ai reati divenuti perseguibili a querela per effetto del Decreto Legislativo n.. 10 aprile 2018, n. 36. In quel caso, la (diversa) disciplina transitoria prevedeva, come e' noto, che dovesse essere dato avviso alla persona offesa della possibilita' di proporre querela e, tuttavia, si ritenne che questo avviso non dovesse intervenire, nei giudizi pendenti in sede di legittimita', in casi di inammissibilita' del ricorso (Sez. U, n. 40150 del 21/06/2018, Salatino, Rv. 273551). Nell'occasione, si ebbe modo di rilevare "che l'articolo 129 c.p.p. non attribuisce al giudice un potere di giudizio ulteriore ed autonomo rispetto a quello gia' riconosciutogli dalle specifiche norme che regolano l'epilogo del processo, ma enuncia una regola di condotta rivolta al giudice che presuppone il pieno esercizio della giurisdizione" per cui "non riveste, cioe', per quanto qui interessa, una valenza prioritaria rispetto alla disciplina della inammissibilita', attribuendo al giudice dell'impugnazione un autonomo spazio decisorio svincolato dalle forme e dalle regole che presidiano i diversi segmenti processuali, ma enuncia una regola di giudizio che deve essere adattata alla struttura del processo e che presuppone la proposizione di una valida impugnazione". L'argomentazione e' certamente replicabile anche con la introduzione, con il Decreto Legislativo 150 del 2022, della procedibilita' a querela per una (nuova e piu' ampia) serie di ipotesi delittuose dovendosi, anche in tal caso, ribadire che la "pendenza" del processo, cui consegue l'obbligo del giudice di rilevare, anche in sede di legittimita', il difetto di querela, e' legata alla corretta instaurazione del contraddittorio che, come e' noto, non puo' dirsi intervenuta in presenza di un ricorso inammissibile non soltanto per ragioni di natura formale ma, anche, per la manifesta infondatezza o genericita' delle doglianze (cfr., Sez. U, n. 23428 del 22/03/2005, Bracale, Rv. 231164 01; Sez. U, n. 12602 ael 17/12/2015, (OMISSIS), Rv. 266818 - 01), con conseguente impossibilita', da parte del giudice di attivare i propri poteri cognitivi anche di natura officiosa. D'altra parte, e' pacifico che la sopravvenuta procedibilita' a querela non e' equiparabile ad una abolitio criminis dovendosi percio' escludere che il giudice dell'esecuzione possa prenderne atto revocando la condanna per difetto di querela (cfr., in tal senso, Sez. 1, n. 1628 del 03/12/2019, dep. 2020, Cela, Rv. 277925 e, con specifico riferimento alla novella del 202, Sez. 5 -, n. 5223 del 17/01/2023, Colombo, Rv. 284176 - 01 in cui, nel ribadire che, nei giudizi pendenti in sede di legittimita', l'improcedibilita' per mancanza di querela, necessaria per reati divenuti procedibili a querela a seguito dell'entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 10 ottobre 2022, n. 150, non prevale sull'inammissibilita' del ricorso, la Corte ha nuovamente sottolineato la diversita' dell'ipotesi di "abolitio criminis", dal momento che la improcedibilita' "sopravvenuta" non e' idonea a incidere sul cd. giudicato sostanziale). Ne' puo' militare in senso diverso la previsione della disciplina transitoria dettata dall'articolo 85 Decreto Legislativo n. 150/2022 in cui il legislatore si e' limitato a prevedere una generale restituzione nel termine per proporre querela in ordine ai reati in precedenza procedibili d'ufficio, con decorrenza dalla data di entrata in vigore della riforma, in applicazione della clausola "di riserva" contemplata dall'articolo 124 comma 2 c.p.. Tanto premesso, stante la inammissibilita' dei ricorsi, per le ragioni che verranno specificate di seguito e con riferimento a ciascuno dei ricorrenti, non vi e' spazio alcuno ne' per rilevare la carenza della causa di procedibilita' per i furti aggravati ne', comunque, per accedere alla richiesta di differimento del processo ad una data successiva alla scadenza del termine per la proposizione della querela: la ragione, come e' opportuno ribadire, e', in entrambi i casi, l'intervenuto passaggio in giudicato della sentenza di appello in data antecedente la entrata in vigore della riforma e, in particolare, coincidente con la data della decisione non correttamente impugnata in quest:, sede. 2. Considerazioni generali Come pacificamente risulta dal contenuto dei ricorsi e dal tenore delle doglianze, oltre che dalla lettura della sentenza di appello (cfr., ivi, pagg. 16-17), tutti gli odierni ricorrenti hanno, variamente, ammesso l'addebito, rinunciato ai motivi sulla responsabilita' ed insistito, in sostanza, sulle sole censure relative al trattamento sanzionatorio. Non e' inutile, percio', anche per evitare ripetizioni ed appesantimenti, premettere qualche considerazione di carattere generale. 2.1 A tal proposito, va infatti opportunamente ribadito che la graduazione della pena, in tutte le sue componenti, rientra nella discrezionalita' del giudice di merito, che l'ha esercitata, sia per fissare la pena base che per l'aumento operato per la continuazione, in aderenza ai principi enunciati negli articoli 132 e 133 c.p., risultando percio' non consentita le la censura che nel giudizio di cassazione miri, di fatto, ad una nuova valutazione della sua congruita' e la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (cfr., tra le tante. Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Mastro, Rv. 271243); Su un piano generale, ancora, e' assolutamente consolidato il principio secondo il quale nel caso in cui venga irrogata una pena di gran lunga piu' vicina al minimo che al massimo edittale, il mero richiamo ai "criteri di cui all'articolo 133 c.p. " realizza una motivazione sufficiente per dar conto dell'adeguatezza della pena all'entita' del fatto; invero, l'obbligo della motivazione, in ordine alla congruita' della pena inflitta, tanto piu' si attenua quanto piu' la pena, in concreto irrogata, si avvicina al minimo edittale (cfr., in tal senso, tra le tante, Sez. 1, n. 6677 del 05/05/1995, Brachet, Rv.201537; Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, Taurasi, Rv. 256464). Per contro, quanto piu' il giudice intenda discostarsi dal minimo edittale, tanto piu' ha il dovere di dare ragione del corretto esercizio del proprio potere discrezionale, indicando specificamente, fra i criteri oggettivi e soggettivi enunciati dall'articolo 133 c.p., quelli ritenuti rilevanti ai fini di tale giudizio (cfr., ancora, Sez. 6, n. 35346 del 12/06/2008, Bonarrigo, Rv. 241189; Sez. 5, n. 511 del 26/11/1996, dep. 1997, Curcillo, 207497). Si e', inoltre, ritenuto che l'impegno motivazionale debba tener conto, quale parametro di riferimento, la media edittale; si e' affermato che, nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale, non e' necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, essendo sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all'articolo 133 c.p. (cfr., Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015, Scaramozzino, Rv. 265283; Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, Del Papa, Rv. 276288, in cui la Corte ha peraltro precisato che la media edittale deve essere calcolata non dimezzando il massimo edittale previsto per il reato, ma dividendo per due il numero di mesi o anni che separano il minimo dal massimo edittale ed aggiungendo il risultato cosi' ottenuto al minimo). Diversament% l'irrogazione di una pena base pari o superiore alla media edittale richiede una specifica motivazione in ordine ai criteri soggettivi ed oggettivi elencati dall'articolo 133 c.p., valutati ed apprezzati tenendo conto della funzione rieducativa, retributiva e preventiva della pena (cfr., Sez. 3, n. 10095 del 10/01/2013, Monterosso, Rv. 255153; conf., Sez. 5, n. 35100 del 27/06/2019, Torre, Rv. 276932). A maggior ragione, l'irrogazione della pena in una misura prossima al massimo edittale rende necessaria una specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantita' di pena irrogata, non essendo sufficienti a dare conto dell'impiego dei criteri di cui all'articolo 133 c.p. le espressioni dei tipo: "pena congrua", "pena equa" o "congruo aumento", come pure il richiamo alla gravita' del reato o alla capacita' a delinquere (cfr., Sez. 4, n. 27959 del 18/06/2013, Pasquali, Rv. 258356). Tali principi, inoltre, sono stati ribaditi anche con ri'guardo alle pene accessorie per le quali e' previsto un minimo ed un massimo, ricorrendo un obbligo di motivazione specifica e dovendo essere esclusa una necessaria correlazione con quella della pena principale (cfr., Sez. 3, n. 41061 del 20/06/2019, Paterno', Rv. 277972, in relazione alle pene accessorie di cui all'articolo 12 del Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74). Si e' chiarito che se la durata della pena accessoria e' determinata in misura superiore alla media edittale e' necessaria, allora, una specifica motivazione in ordine ai criteri soggettivi ed oggettivi di cui all'articolo 133 c.p., tenendo conto della funzione rieducativa, retributiva e preventiva della pena, ed ancor piu' ove sussista divaricazione nel trattamento sanzionatorio complessivo tra pena principale, irrogata nel minimo, e pene accessorie fissate nel massimo (cfr., Sez. 5, n. 1947 del 03/11/2020, dep. 2021, Maddem, Rv. 280668, in tema di pene accessorie fallimentari). 2.2 Come ricordato dalle SS.UU. nella sentenza "Pizzone", principi non dissimili sono stati affermati con riguardo alle pene determinate in aumento, per la continuazione, per i reati "satellite"; i giudici del supremo collegio hanno infatti richiamato e condiviso Sez. 3, n. 24979 del 22/12/2017, dep. 2018, F., non massimata sul punto, in cui si era spiegato chei "se per i reati satellite e' irrogata una pena notevolmente inferiore al minimo edittale della fattispecie legale di reato, l'obbligo di motivazione si riduce, mentre, qualora la pena coincida con il minimo edittale della fattispecie legale di reato o addirittura lo superi, l'obbligo motivazionale si fa piu' stringente ed il giudice deve dare conto specificamente del criterio adottato, tanto piu' quando abbia determinato la pena base per il reato ritenuto piu' grave applicando il minimo edittale e/o quando abbia applicato una misura di pena in aumento sproporzionata, pur in presenza delle medesime fattispecie di reato". In definitiva, la associazione di una pena base determinata nella misura minima edittale ed un aumento per la continuazione di entita' esigua esclude l'abuso del potere discrezionale conferito dall'articolo 132 c.p. e dimostra, per implicito, che e' stat:: operata la valutazione degli elementi obiettivi e subiettivi del reato risultanti dal contesto complessivo della decisione. Qualora, per contro, la pena per il reato piu' grave sia stata quantificata in termini prossimi o coincidenti con il minimo edittale ma quella fissata in aumento per la continuazione sia tale da configurare, sia pure in astratto, una ipotesi di cumulo materiale dei reati, l'obbligo motivazionale del giudice si fa piu' stringente, dovendo egli specificare dettagliatamente le ragioni che lo hanno indotto a tale decisione. Con specifico riguardo agli aumenti per la continuazione, le SS.UU, hanno quindi fatto presente che "... stabilire relazioni traducibili in formule matematiche non e' possibile" potendo percio' "... essere condiviso il realistico giudizio espresso da Sez. 6, n. 8156 del 12/01/1996, Moscato, Rv. 205540: nella determinazione della pena base per il calcolo del trattamento sanzionatorio il grado di scostamento dal minimo edittale, che progressivamente accentua il dovere per il giudice di specifica motivazione, non puo' essere fissato in una soglia precisa, ancorche' sia ragionevole reputa ce non bisognevoli di una motivazione particolarmente specifica e dettagliata le pene all'interno dell'intervallo compreso tra il minimo e il medio edittale"; di conseguenza "... nel (OMISSIS) del reato continuato, individuare i valori che indiziano di sproporzione le pene inflitte non risulta possibile; ma e' praticabile la via della indicazione di cio' che attraverso la motivazione deve essere assicurato: che risultino rispettati i limiti previsti dall'articolo 81 c.p.; che non si sia operato surrettiziamente un cumulo materiale di pene; che sia stato rispettato, ove ravvisabile, il rapporto di proporzione tra le pene, riflesso anche della relazione interna agli illeciti accertati". Si e' affermato che "... di una pena non si puo' affermare o negare l'esattezza; ma si puo' riconoscere o criticare la ragionevolezza, intesa come relazione di coerenza tra la specie (si pensi alle pene alternative) e la misura della sanzione individuate e gli elementi che devono essere presi in considerazione per la determinazione della pena" (cfr., ancora, Sez. U - n. 47127 del 24/06/2021, Pizzone, Rv. 282269 - 01). 2.3 Quanto al profilo, pure comune a diversi ricorsi, del diniego delle circostanze attenuanti generiche, non e' inutile ribadire che "le attenuanti generiche non possono essere intese come oggetto di benevola e discrezionale "concessione" del giudice, ma come il riconoscimento di situazioni non contemplate specificamente, non comprese cioe' tra le circostanze da valutare ai sensi dell'articolo 133 c.p., che presentano tuttavia connotazioni tanto rilevanti e speciali da esigere una piu' incisiva, particolare, considerazione ai fini della quantificazione della pena" (cfr., Sez. 2, n. 14307 del 14.3.2017, Musumeci; Sez. 2, n. 30228 del 5.6.2014, Vernucci); in definitiva, quindi, "la concessione delle attenuanti generiche deve essere fondata sull'accertamento di situazioni idonee a giustificare un trattamento di speciale benevolenza in favore dell'imputato; ne consegue che, quando la relativa richiesta non specifica gli elementi e le circostanze che, sottoposte alla valutazione del giudice, possano convincerlo della fondatezza e legittimita' dell'istanza, l'onere di motivazione del diniego dell'attenuante e' soddisfatto con il solo richiamo alla ritenuta assenza dagli atti di elementi positivi su cui fondare il riconoscimento del beneficio" (cfr., Sez. 3, n. 9836 del 17/11/2015, Piliero, Rv. 266460 01; Sez. 3 -, n. 54179 del 17/07/2018, D., Rv. 275440 - 01). Ed e' inoltre appena il caso di ricordare che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, non deve necessariamente prendere in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, essendo sufficiente che egli faccia riferimento a quelli da lui ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo in tal modo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (cfr., Sez. 2 -, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549 - 02; Sez. 3 -, n. 1913 del 20/12/2018, Carillo, Rv. 275509 - 03; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269 - 01; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, Rv. 265826 - 01). Ed e' proprio alla luce di tali premesse in diritto che la Corte di appello, correttamente, datici atto della generalizzata richiesta di riconoscimento delle attenuanti generiche legata all'atteggiamento processuale di ammissione degli addebiti intervenuta, per quasi tutti gli imputati, nel corso del giudizio di appello ha sostenuto che "... nel caso di specie non vi e' alcun elemento per accogliere tale richiesta difensiva, assumendo l'intervenuta rinuncia un ruolo del tutto marginale nell'economia complessiva dell'odierno giudizio, a fronte delle oggettive gravissime modalita' dei fatti e dei plurimi precedenti specifici di quasi tutti gli imputati" (cfr., pag. 10 della sentenza impugnata). I giudici di merito hanno percio' congruamente sottolineato che "... nel caso di specie, le modalita' dei fatti, accuratamente organizzate, e la perpetrazione dei delitti fine con modalita' certamente gravi e spregiudicate... impediscono in radice di ravvisare le invocate circostanze attenuanti generiche, tanto piu' in considerazione del fatto che la maggior parte degli appellanti sono gravati da serie precedenti condanne, che danno conto di una personalita' oggettivamente allarmante, trattandosi di soggetti stabilmente dediti al delitto" e che "... nessun contributo dal punto di vista probatorio e' pervenuto alla ricostruzione dei fatti dalle suddette confessioni, stante le pacifiche e univoche risultanze dell'attivita' investigativa" (cfr., ivi, pag. 11). 2.4 Il collegio, inoltre, condivide e ribadisce il principio secondo cui l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche non puo' fondarsi sulla scelta da parte dell'imputato di definire il processo nelle forme del rito abbreviato, che implica "ex lege" l'applicazione di una predeterminata riduzione della pena, poiche' in caso contrario la stessa circostanza comporterebbe due distinte determinazioni favorevoli all'imputato (cfr., Sez. 3 -, n. 46463 del 17/09/2019, Di Puccio, Rv. 277271 - 01; Sez. 2, n. 24312 del 25/03/2014, Diana, Rv. 260012 - 01; Sez. 4, n. 6220 del 19/12/2008, Lanza, Rv. 242861 01; Sez. 4, n. 17537 del 01/04/2008, Kalile, Rv. 240394 - 01). 2.5, Va inoltre rilevato che la rinuncia ai motivi d'appello non costituisce di per se', anche per via della reintroduzione del cd. patteggiamento in appello, ragione sufficiente per il riconoscimento all'imputato delle circostanze attenuanti generiche, potendo, al piu', essere valutata in rapporto alla condotta successiva al reato di cui all'articolo 133, comma 2, n. 3, c.p., come espressione di una ridotta capacita' a delinquere, sempreche' non emergano elementi di segno contrario (cfr., Sez. 2 -, n. 35534 del 06/07/2021, Ronchi, Rv. 281943 - 01; conf., tra le non massimate, Sez. 1, n. 9149 del 12.12.2022, Santaniello; Sez. 2, n. 9050 del 2.2.2023, Liso; Sez. 2. n. 49540 del 7.12.2022, Perrone; Sez. 3, n. 18518 dell'8.2.2022, Musco). 2.6 Del pari, va ribadita la affermazione, risalente e consolidata nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, in tema di concorso di persone nel reato, ai fini dell'integrazione della circostanza attenuante della minima partecipazione di cui all'articolo 114 c.p., non e' sufficiente una minore efficacia causale dell'attivita' prestata da un correo rispetto a quella realizzata dagli altri, in quanto e' necessario che il contributo dato si sia concretizzato nell'assunzione di un ruolo di rilevanza del tutto marginale, ossia di efficacia causale cosi' lieve rispetto all'evento da risultare trascurabile nell'economia generale dell'"iter" criminoso (cfr., Sez. 6 -, n. 34539 del 23/06/2021, I., Rv. 281857 - 01; Sez. 2, n. 835 del 18/12/2012, Modafferi, Rv. 254051 01; Sez. 5, n. 21082 del 13/04/2004, Terreno Rv. 229201 - 01). 2.7 Da ultimo, trattandosi di una censura formulata da diversi ricorrenti, vale la pena di ribadire che in tema di ricorso per cassazione, il diverso trattamento sanzionatorio riservato, nel medesimo procedimento, ad altri imputati, anche se correi, non implica un vizio di motivazione della sentenza, salvo che il giudizio di merito sul diverso trattamento di situazione prospettata come identica sia sostenuto da asserzioni irragionevoli o paradossali (cfr.,Sez. 3 -, n. 9450 del 24/02/2022,Palladino,Rv. 28283901;Sez. 3, n. 27115 del 19/02/2015,La Penna,Rv. 26402001;Sez. 6, n. 21838 del 23/05/2012, Giovane, Rv. 252880 - 01). 3.1 (OMISSIS). (OMISSIS) e' stato riconosciuto responsabile dei reati di cui ai capi 1), 4) e 8) della rubrica ed era stato condannato, in primo grado, alla pena di anni 8 di reclusione ed Euro 4.000 di multa; all'udienza del 16.9.2021, come si rileva dalla lettura della sentenza di appello, il ricorrente ha "... ammesso l'addebito ed ha rinunciato ai motivi di appello ad eccezione di quelli relativi al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ed al trattamento sanzionatorio" (pag. 6 della sentenza di appello). Il ricorrente ha articolato un unico motivo di ricorso sul diniego delle circostanze attenuanti generiche e sulla entita' della pena che, tuttavia, la Corte di appello ha escluso, nei suoi confronti, con motivazione che non si presta ai rilievi sollevati dalla difesa e che, invero, si risolvono in considerazioni sostanzialmente di merito che non trovano cittadinanza in questa sede. La Corte di appello ha richiamato, in primo luogo, il delitto di cui al capo 4) per sottolineare la "... laboriosa e pervicace organizzazione della condotta illecita e delle oggettive allarmanti modalita' del fatto per essere stati gli imputati armati ed avere espressamente minacciato la direttrice e de dipendenti dell'ufficio postale" (cfr., pag. 11 della sentenza impugnata). Una volta fatto riferimento alle considerazioni di carattere generale di cui alle pagg. 10 e 11, ed aggiunto che il (OMISSIS), all'interno del gruppo, era un personaggio sicuramente di spicco, ha riepilogato la valutazione operata dal GUP ed ha sottolineato che "... la gravita' dei fatti ascritti al prevenuto al capo 4), la considerazione del suo ruolo nella vicenda e la sua allarmante personalita', sono gli elementi che... giustificano l'irrogazione di un trattamento sanzionatorio certamente superiore al minimo edittale (nonche' superiore a quello del (OMISSIS))" specificando, percio', "... che la pena base... va quantificata in anni 8 di reclusione ed Euro 3.000 di multa e aumentata ex articolo 63 comma 4 c.p.p. di anni 1 di reclusione ed Euro 4.500 di multa"; secondo la Corte l'aumento per il capo 1) e' adeguato mentre l'aumento per il capo 8) (416 cp) va ridotto per adeguarlo a quello di (OMISSIS) (anni 1 e mesi 6 di reclusione). 3.2 (OMISSIS). (OMISSIS) e' stato riconosciuto responsabile dei reati di cui ai capi 1), 2), 4), 6), 8), e 9) della rubrica ed il GUP lo aveva condannato alla pena complessiva di anni 9 e mesi 8 di reclusione ed Euro 6.000 di multa. Il ricorrente, in appello, ha ammesso gli addebiti ed ha rinunciato ai motivi di appello "ad eccezione di quello relativo al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, all'esclusione della recidiva ed al trattamento sanzionatorio" (cfr., pag. 6 della sentenza impugnata). La difesa del (OMISSIS) ha articolato tre motivi di ricorso. 3.2.1 Il primo motivo, concernente il ritenuto vizio di motivazione sulla recidiva, e' manifestamente infondato: la Corte di appello, infatti, sia pure sinteticamente, ha motivato, sul punto, facendo riferimento, in primo luogo, ai precedenti penali del (OMISSIS), gravato da condanne per furto aggravato, contrabbando e resistenza a pubblico ufficiale "... a far data dagli anni sessanta" e, poi, alla natura dei fatti per cui si procede che, per come strutturati, ha giudicato indubbiamente "... indicativi della sua accentuata pericolosita'" (cfr., pag. 15 della sentenza). In tal modo, percio', la Corte ha dimostrato di aver tenuto conto della concreta significativita' del nuovo episodio in rapporto alla natura e al tempo di commissione dei reati precedenti, avuto altresi' riguardo ai parametri di cui all'articolo 133 c.p., sotto il profilo della piu' accentuata colpevolezza e della maggiore pericolosita' del reo (cfr., Sez. 3 -, n. 30591 del 08/06/2022, Garzena, Rv. 283414 - 01). 3.2.2 Quanto al secondo motivo, incentrato sul diniego della attenuante di cui all'articolo 114 c.p., e' sufficiente rilevare come la Corte abbia, sia pure indirettamente, motivato, ma in termini che non possono essere oggetto di censura in sede di legittimita', in quanto allineata sui principi sopra richiamati ed esprimendo una valutazione di fatto, con riferimento alla posizione di rilievo del (OMISSIS) all'interno del gruppo. 3.2.3 Altrettanto incensurabile e' la valutazione operata dalla Corte sul diniego delle circostanze attenuanti generiche su cui i giudici del gravame di merito hanno motivato, in via generale, nei termini sopra richiamati e, comunque, vagliando la specifica posizione del (OMISSIS), ha richiamato gli "innumerevoli" precedenti penali e, per l'appunto, il ruolo significativo da lui ricoperto ed evidenziato dal tenore delle conversazioni telefoniche intercettate (cfr., pag. 15 della sentenza) con cui, peraltro, il ricorso non si confronta. 3.2.4 Manifestamente infondato e' anche il quarto motivo del ricorso, atteso che, dalla lettura delle due sentenze di merito, si evince che il reato su cui era stata calcolata la pena-base e' quello di cui al capo 6) (cfr., infatti, pag. 100 della sentenza del GUP); e' agevole, inoltre, comprendere che l'ulteriore aumento operato per la seconda aggravante speciale ai sensi del comma 4 dell'articolo 63 c.p. aveva avuto Ld oggetto la recidiva (cfr., ancora, su questo punto specifico, pag. 101 della sentenza del GUP). Per altro verso, osserva il collegio che gli aumenti sono stati contenuti in termini tali da non richiedere un reale supporto motivazionale, alla luce dei criteri e dei principi sopra richiamati: ad ogni modo, la Corte di appello ha giudicato congrui gli aumenti per la rapina di cui al capo 4), quello per la rapina tentata di cui al capo 1) e quella per reato di cui al capo 7) (facendo riferimento a quanto gia' detto per il (OMISSIS)); in ordine al reato associativo, inoltre, era stato effettuato un aumento simile a quello operato per gli altri, sicche' la motivazione non presenta profili di manifesta illogicita'. 3.3 (OMISSIS). (OMISSIS) e' stato riconosciuto responsabile del delitto di rapina pluriaggravata di cui capo 4) ed era stato condannato dal GUP alla pena di anni 6 di reclusione ed Euro 2.000 di multa. Il ricorrente ha rinunciato la motivo n. 1 del suo atto di appello, ovvero alle doglianze articolate in punto di responsabilita' (cfr., pag. 6 della sentenza qui impugnata). Il ricorso proposto nell'interesse del (OMISSIS) attiene al trattamento sanzionatorio ed al diniego delle circostanze attenuanti generiche ed e', a sua volta, inammissibile. La Corte di appello, infatti, ha trattato della posizione del (OMISSIS) (cfr., pagg. 22-23 della sentenza) motivando in primo luogo sulla recidiva e, poi, sulla rivisitazione della pena cui ha provveduto sulla scorta della posizione subordinata dal ricorrente come risultante dal tenore delle intercettazioni. In punto di quantificazione della pena, peraltro, e' sufficiente rilevare come la Corte sia partita da una misura prossima al minimo edittale per la rapina aggravata operando, poi, l'aumento ulteriore (su cui non vi e' ricorso) ai sensi dell'articolo 63, comma 4, c.p. e, infine, applicando la riduzione per la scelta del rito abbreviato. Vero che i giudici di secondo grado non hanno specificamente motivato sul diniego delle attenuanti generiche: e, tuttavia, se, per un verso, e' possibile far riferimento al tenore complessivo della motivazione (con particolare riguardo alle considerazioni generali di cui si e' fatto cenno in precedenza), per altro verso non si puo' non rilevare la assoluta genericita' del motivo di appello che era stato articolato sul punto e formulato in evidente dispregio dei criteri di cui all'articolo 581 c.p.p.. 3.4 (OMISSIS). (OMISSIS) e' stato riconosciuto responsabile dei fatti di reati di cui ai capi 1), 2), 4), 6), 7), 8) e 9) della rubrica ed era stato condannato, dal GUP, alla pena complessiva di anni 9 di reclusione ed Euro 6.000 di multa. Anche il (OMISSIS) ha ammesso l'addebito ed ha rinunciato ai motivi di appello "... ad eccezione di quelli relativi al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ed al trattamento sanzionatorio" (cfr., pag. 6 della sentenza impugnata). Il ricorso del (OMISSIS) e' articolato su un unico motivo, attinente al trattamento sanzionatorio, ed e' manifestamente infondato. La Corte di appello, infatti, ha trattato la posizione del ricorrente (cfr., pagg. 15-16 della sentenza) segnalando che egli era l'unico non recidivo tra gli imputati e confesso sin dal primo grado. Ha tuttavia congruamente ed esaustivamente motivato sul diniego delle circostanze attenuanti generiche facendo riferimento alla oggettiva gravita' dei fatti e sulla sua responsabilita' in una serie di reati nei sei mesi di monitoraggio da parte degli investigatori. Ha dunque condiviso le considerazioni del GUP ai fini della determinazione della pena-base, quantificata in misura superiore al minimo edittale e che il GUP aveva individuato in anni 9 di reclusione ed Euro 3.000 di multa in relazione al capo 6), a tal fine evidenziando come la confessione del (OMISSIS) fosse intervenuta su un compendio probatorio gia' completo. In ogni (OMISSIS), la Corte ha ridotto la pena-base (per la rapina pluriaggravata e, percio', in termini prossimi al minimo edittale) da 9 a 8 anni (su un minimo di 7 per la rapina pluriaggravata come introdotto dalla L. 26 aprile 2019 n. 36) ed Euro 2.000 di multa. 3.5 (OMISSIS). (OMISSIS) e' stato riconosciuto responsabile dei reati di cui ai capi 1), 2), 4), 6), 7), 8) e 9) della rubrica ed era stato condannato, dal GUP, alla pena complessiva di anni 13 di reclusione ed Euro 8.000 di multa. In appello, il difensore di fiducia dell'imputato ha prodotto e depositato una dichiarazione del (OMISSIS) di piena ammissione degli addebiti e, per conto del suo assistito, ha rinunciato - munito a tal fine di procura speciale - ai motivi di appello salvo quelli di cui alla lettera D) della impugnazione che (cfr., pagg. 11-14 dell'atto di appello) riguardava il contenimento della pena nel minimo edittale previa concessione delle attenuanti generiche e riduzione degli aumenti per la continuazione e la recidiva. 3.5.1 Con il primo motivo del ricorso il (OMISSIS) lamenta il difetto di motivazione della sentenza impugnata quanto alla determinazione della pena-base: 3.5.2 Il secondo motivo del ricorso denunzia invece difetto di motivazione sugli aumenti per la continuazione e sul diniego delle circostanze attenuanti generiche. Il ricorso e' manifestamente infondato avendo la Corte di appello dato conto, in primo luogo, delle ragioni del diniego delle circostanze attenuanti generiche congruamente motivando la propria decisione con riguardo, per un verso, alla gravita' oggettiva dei fatti e, per altro verso, alla personalita' del (OMISSIS) avendo evidenziato la posizione apicale dal ricorrente, il quale tramandava agli accoliti i "segreti del mestiere". In merito, poi, alla quantificazione della pena-base, i giudici di secondo grado hanno puntualmente tenuto conto della intervenuta confessione del l'imputato avendo tuttavia segnalato che essa era intervenuta su un compendio probatorio gia' inoppugnabile (cfr., sul punto, anche pagg. 61 e ssgg. della sentenza del GUP) e, per altro verso, sul rilievo secondo cui gli era il "dominus" dell'intera operazione. Tanto premesso, la Corte ha comunque rideterminato la pena per il capo 6) in anni 11 di reclusione ed Euro 3.000 di multa su cui ha operato un ulteriore aumento, sino ad anni 12 di reclusione ed Euro 4.000 dio multa, per la recidiva specifica (ai sensi dell'articolo 63 comma 4 c.p.), sui cui presupposti ha pure adeguatamente motivato escludendo dal computo il reato per il quale era intervenuta la estinzione della pena detentiva ed ogni effetto penale all'esito del positivo affidamento in prova. Non ha mancato di motivare sugli aumenti per la continuazione, obiettivamente molesti, ed operati per i reati di cui ai capi 4), 1), ed ha rideterminato gli altri aumenti, riducendoli rispetto al primo grado anche se superiori per il (OMISSIS) rispetto agli altri sodali. 3.6 (OMISSIS). (OMISSIS) era stato riconosciuto responsabile dei reati dei reati di cui ai capi 1), 2), 4), 6), 7), 8) e 9), ed era stato condannato, in primo grado, alla pena complessiva di anni 12 di reclusione ed Euro 12.000 di multa. L'appello del (OMISSIS) aveva avuto ad oggetto esclusivamente il trattamento sanzionatorio che la difesa aveva giudicato sproporzionato rispetto al suo ruolo, che si assumeva come "marginale" e di mera "manovalanza"; il ricorrente, in appello, ha in ogni (OMISSIS) ammesso l'addebito "... ed ha invocato clemenza" (cfr., pag. 6 della sentenza impugnata). Con l'unico motivo di ricorso, la difesa del ricorrente formula una serie di rilievi che, in gran parte, propongono questioni non scrutinabili in questa sede in quanto, lungi dall'evidenziare profili di manifesta illogicita' o errori di diritto, finiscono per lamentare l'eccessivita' della pena inflitta e degli aumenti per la continuazione, facendo generico riferimento alla personalita' dell'imputato ed al ruolo marginale da costui assunto nella vicenda ma che gli avrebbe comportato una risposta sanzionatoria superiore rispetto a quella di altri coimputati cui era stato riservato un trattamento piu' mite. La Corte di appello, invero, ha motivato in maniera congrua e puntuale sul ruolo rivestito dal (OMISSIS) nella rapina di cui al capo 6), facendo specifico riferimento al contenuto delle conversazioni intercorse e, dunque, fondando al sua valutazione su elementi di fatto con i quali il ricorso non si confronta. Altrettanto congrua e' la motivazione con cui la Corte ha argomentato sulla recidiva che ha confermato sulla considerazione che, partendo dall'unico precedente per detenzione e porto di arma clandestina e ricettazione, il (OMISSIS) avrebbe invece aderito ad un sodalizio professionalmente dedito a reati contro il patrimonio dimostrando, in tal modo, di avere intrapreso un percorso di evoluzione ingravescente della sua pericolosita' criminale. 3.7 (OMISSIS). (OMISSIS) e' stato riconosciuto responsabile dei reati di cui ai capi 2), 6) e 7) della rubrica ed era stato condannato, in primo grado, alla pena complessiva di anni 8 e mesi 8 di reclusione ed Euro 4.000 di multa. Nel corso del giudizio di appello (cfr., pag. 6 della sentenza qui impugnata) ha rinunciato ai motivi di gravame con cui aveva chiesto la assoluzione. Con un unico articolato motivo di ricorso, la difesa del (OMISSIS) lamenta violazione di legge con riferimento al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ed al diniego della esclusione della recidiva. Si tratta di censure inammissibili in quanto fondate sulla deduzione di un presunto difetto di motivazione della sentenza impugnata in merito alla censura che, su tali punti, era stata articolata con l'atto di appello. Ma e' proprio la lettura dell'atto di appello che porta ad escludere che la Corte territoriale fosse tenuta a fornire una reale risposta rispetto a censure che erano state articolate in termini del tutto generici: sia per quanto concerne il diniego delle circostanze attenuanti generiche (cfr., pagg. 8-9), con cui la difesa si e' dilungata a discettare in merito alla ratio dell'istituto lamentando, inoltre, il difetto di motivazione della sentenza impugnata, senza, tuttavia, addurre alcun elemento in grado di essere valorizzato positivamente ai fini di una soluzione differente. Analogamente, per quanto concerne - peraltro - il solo (OMISSIS): la sentenza di primo grado, infatti (cfr., ivi, pag. 108), aveva motivato sia per quanto concerne la esistenza (non contestata) dei precedenti penali presupposto della recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale sia, poi, sulla rilevanza di questi ultimi e sulla loro relazione con il nuovo reato (cfr., ivi: "... considerato che commissione del nuovo reato, implicante un"ulteriore innalzamento del livello di offesa, dimostra ci-ara:mente che le pene fino ad oggi espiate non hanno sortito alcun effetto rieducativo ed e', quindi, dimostrazione tangibile della sua maggiore capacita' a delinquere"). A fronte di siffatta motivazione, l'atto di appello (cfr., pag. 7) aveva laconicamente (ed erroneamente) sostenuto che il primo giudice aveva valorizzato soltanto l'esistenza di precedenti penali risalenti nel tempo, risultando, per questa ragione, generico. E' pacifico, d'altro canto, che l'inammissibilita' dell'atto di appello per difetto di specificita' dei motivi, che la Corte territoriale erroneamente non ha qualificato come tale, puo' essere rilevata anche in Cassazione ai sensi dell'articolo 591, comma 4, c.p.p. (cfr., per tutte, Sez. 2, n. 36111 del 09/06/2017, P., Rv. 271193 - 01) e che, di conseguenza, deve ritenersi inammissibile, per carenza d'interesse, il ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado che non abbia preso in considerazione un motivo di appello inammissibile "ah origine" per manifesta infondatezza, in quanto l'eventuale accoglimento della doglianza non sortirebbe alcun esito favorevole in sede di giudizio di rinvio (cfr., in tal senso, Sez. 2 -, n. 35949 del 20/06/2019,Liberti,Rv. 27674501;Sez. 3 -, n. 46588 del 03/10/2019,Bercigli,Rv. 27728101;Sez. 6, n. 47722 del 06/10/2015, Arcone, Rv. 265878 - 01). 3.8 (OMISSIS). (OMISSIS) e' stato riconosciuto responsabile dei reati di cui ai capi 6) e 7) della rubrica, ed era stato condannato, in primo grado, alla pena complessiva di anni 7 di reclusione ed Euro 2.000 di multa. Nel corso del giudizio di appello, anche il (OMISSIS) ha ammesso l'addebito ed ha rinunciato al motivo di appello articolato sub 1, sulla responsabilita' (cfr., pagg. 1-6 dell'atto di gravame). 3.8.1 II primo motivo del ricorso, incentrato sul diniego della attenuante di cui all'articolo 114 c.p., e' manifestamente infondato. Richiamate le considerazioni svolte in via di premessa al punto 2.6 della presente motivazione, va rilevato che la Corte di appello ha puntualmente motivato (cfr., pag. 20) sul ruolo disimpegnato nell'occasione dal (OMISSIS) e sulla conseguente impossibilita' di ridimensionarne la portata sino al punto da poterla considerare di minima importanza. E', peraltro, appena il (OMISSIS) di ribadire, con la costante giurisprudenza di questa Corte, che non puo' essere ritenuta e riconosciuta l'attenuante della partecipazione di minima importanza in favore di colui che, nella commissione di un furto o di una rapina, abbia svolto la funzione di "palo", in quanto il suo contributo, anche se di importanza minore rispetto a quella dei correi, facilita la realizzazione dell'attivita' criminosa, rafforzando l'efficienza dell'opera degli esecutori materiali e garantendo loro l'impunita' (cfr., tra le altre, Sez. 5 -, n. 21469 del 25/02/2021, Stefani, Rv. 281312 02; Sez. 2 -, n. 21453 del 05/03/2019, Vitiello, Rv. 275817 01; Sez. 2, n. 46588 de' 29/11/2011, EI Sayed, Rv. 251223 - 01). 3.8.2 Manifestamente infondato e' anche il secondo motivo, relativo al diniego delle circostanze attenuanti generiche, avendo la Corte di appello preso in esame le argomentazioni difensive sviluppate nell'atto di gravame ma che, con valutazione di merito, incensurabile in questa sede, ha tuttavia stimato non decisive per superare la gravita' dell'episodio cui il ricorrente aveva preso parte e la delicatezza del suolo ricoperto dai ricorrente e di cui - alla luce delle intercettazioni - era pure ben consapevole. 3.8.3 Stessa sorte merita il terzo motivo del ricorso, avendo la Corte di appello anche in tal (OMISSIS) motivato con puntualita' ed accuratezza: in particolare (cfr., pag. 20 della sentenza impugnata) ha congruamente considerato che la partecipazione ad una operazione "in grande stile" da parte di chi era gia' gravato da molti precedenti penali, testimoniava "... un momento di crescita criminale e conseguente accentuata pericolosita'" (cfr., ivi). 3.8.4 il quarto motivo di ricorso si risolve, in realta', non gia' in una censura riconducibile al novero di quelle definite dall'articolo 606 c.p.p. quanto, semmai, in una istanza di ridimensionamento della pena che, come tale, non puo' trovare ingresso in questa sede. 3.9 (OMISSIS). (OMISSIS) e' stato riconosciuto responsabile dei reati di cui ai capi 6) e 7) della rubrica, ed il giudice di primo grado lo aveva condannato alla pena di anni 9 di reclusione ed Euro 4.000 di multa. Anche (OMISSIS), peraltro, ha rinunciato al primo motivo dell'appello a firma dell'Avv. (OMISSIS) ed ai motivi assolutori dell'appello redatto dall'Avv. (OMISSIS). Con il ricorso comune a (OMISSIS), la difesa censura la sentenza impugnata quanto al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche su cui, invero, la Corte territoriale ha motivato in termini puntuali e congrui facendo riferimento alle modalita' del fatto ed al ruolo centrale assunto dall'odierno ricorrente il quale "... venne riconosciuto dagli operanti nel rapinatore con il volto travisato che, alla loro vista, afferro' lo sfortunato dipendente della gioielleria, (OMISSIS), utilizzandolo come scudo, minaccio' ripetutamente di ucciderlo e lo trascino' con se' nel cunicolo durante la fuga" segnalando anche la condotta successiva dell'imputato "... il quale, scovato dalle forze dell'ordine la sera stessa in cui aveva perpetrato la rapina, si diede alla fuga sui tetti" riuscendo a sfuggire alla cattura per vari mesi (cfr., pag. 18 della sentenza). Quanto alla recidiva, il ricorso lamenta un difetto di motivazione relativamente al solo (OMISSIS) su cui si e' gia' avuto modo di intrattenersi vagliando la posizione di quest'ultimo. 3.10 (OMISSIS). (OMISSIS), a sua volta, e' stato riconosciuto responsabile dei reati di cui ai capi 6) e 7) della rubrica, ed era stato condannato, dal primo giudice, alla pena complessiva di anni 6 di reclusione ed Euro 2.000 di multa. Anche il (OMISSIS), nel giudizio di appello, ha ammesso l'addebito rinunciando ai motivi di gravame diversi da quelli relativi alla quantificazione della pena ed al diniego delle circostanze attenuanti generiche. Le doglianze formulate nell'unico motivo del pur articolato ricorso proposto nell'interesse del (OMISSIS) sono manifestamente infondate. La Corte di appello, infatti, con riguardo al rilievo concernente l'omesso riconoscimento dell'attenuante di cui all'articolo 114 c.p., ha motivato (cfr., pag. 21) facendo riferimento alla collaborazione ed al ruolo che il (OMISSIS) aveva assunto e disimpegnato sin dalla fase di preparazione della rapina, avendo accompagnato i sodali presso il proprio appartamento di (OMISSIS), che sarebbe stato utilizzato subito dopo l'impresa criminosa offrendo, in tal modo, un contributo complessivamente significativo e certamente non riducibile alla nozione di "minima entita'". Del pari, i giudici di secondo grado hanno motivato in merito ai criteri sottesi alla rideterminazione della pena (operando, peraltro, una "differenziazione significativa" rispetto ai complici w parametrando la pena-base sul minimo edittale di anni 7 di reclusione aumentata ex 63 comma 4 c.p.) ed alle ragioni che avevano portato a giustificare la impossibilita' di riconoscere all'imputato le circostanze attenuanti generiche. 3.11 (OMISSIS). (OMISSIS) e' stato riconosciuto responsabile dei reati di cui ai capi 2), 4), 8) e 9) della rubrica, ed era stato condannato, in primo grado, alla pena di anni 8 di reclusione ed Euro 4.000 di multa. Nel corso del giudizio di appello anche il (OMISSIS) ha ammesso gli addebiti e rinunciato ai motivi di appello salvo quelli articolati sub 6 dell'atto di gravame (cfr., pagg. 7-11: "contenimento della pena nei minimi edittali previa concessione delle circostanze generiche nella massima estensione, esclusione della recidiva ed aumento minimo per la continuazione"). La difesa di (OMISSIS) ha articolato tre motivi di ricorso tutti, invero, manifestamente infondati. 3.11.1 Il primo motivo, infatti, pur facendo riferimento ad un profilo di "parziale illogicita'" della sentenza, finisce, in realta', per lamentare l'eccessivita' della pena non riuscendo, tuttavia, ad evidenziare aspetti di manifesta illogicita' della motivazione ovvero errori di diritto: la Corte di appello, infatti, ha motivato (cfr., pag. 17 della sentenza impugnata) sulle modalita' di determinazione della pena-base operata dal primo giudice sul capo 4), in termini superiori al minimo edittale (alla luce delle gravi modalita' del fatto) ma, comunque, inferiori alla media edittale. 3.10.Il Manifestamente infondato e' anche il secondo motivo, con cui la difesa lamenta la incongruita' degli aumenti per la continuazione che la Corte di appello ha quantificato in termini analoghi a quelli degli altri sodali nonostante il ricorrente sia stato condannato per un numero limitato di reati-fine sicche', secondo tale prospettazione, la sua partecipazione al sodalizio avrebbe avuto una durata inferiore a quella degli altri. L'argomentazione e' essa stessa illogica e, a ben guardare, viziata da un evidente errore di diritto essendo assolutamente errato collegare la durata della adesione al sodalizio al numero di reati-fine commessi in esecuzione del programma delittuoso: e' pacifico e consolidato, infatti, il principio per cui la commissione dei "reati-fine", di qualunque tipo essa sia, non e' necessaria ne' ai fini della configurabilita' dell'associazione ne' ai fini della prova della sussistenza della condotta di partecipazione (cfr., Sez. 4 -, n. 11470 del 09/03/2021, Scarcello, Rv. 280703 - 02; Sez. 3, n. 9459 del 06/11/2015, Venere, Rv. 266710 - 01; Sez. 3, n. 40749 del 05/03/2015, Sabella, Rv. 264826 - 01; Sez. 2, n. 24194 del 16/03/2010, Bilancia Rv. 247660 - 01) non potendo, percio', a maggior ragione, e da quello stesso dato, trarre argomenti per risalire alla sua durata. 3.11.3 La Corte di appello ha, inoltre, congruamente motivato in ordine al dinego delle circostanze attenuanti generiche valorizzando, a tal fine, la compenetrazione del (OMISSIS) nella compagine, i precedenti per rapina e gli altri due per evasione (che ha giudicato espressione di una personalita' trasgressiva e violenta che ha evidentemente ritenuto prevalente rispetto alle pur segnalate condizioni di difficolta' familiare) e, ai fini della conferma della applicazione della recidiva, l'ingresso nel sodalizio ed il livello di fiducia riposta in lui dai vertici, correttamente e linearmente stimati quale espressione della sua accentuata pericolosita' criminale. 3.12 (OMISSIS). (OMISSIS) e' stato riconosciuto responsabile del reato di cui al capo 9) ed era stato ccndannato, in primo grado, alla pena di anni 3 e mesi 3 di reclusione ed Euro 600 di multa. Nel corso del giudizio di appello il difensore del (OMISSIS) ha prodotto una dichiarazione, a firma di quest'ultimo, di ammissione delle proprie responsabilita' ed una procura con cui ha in parte rinunciato ai motivi di appello limitando le doglianze al trattamento sanzionatorio. Tanto premesso, il ricorso, che lamenta violazione di legge e vizio di motivazione sul diniego delle circostanze attenuanti generiche, e' manifestamente infondato. La Corte di appello, infatti, ha vagliato la posizione del ricorrente (cfr., pagg. 23-24 della sentenza) evidenziando come costui fosse il basista della furto aggravato di cui al capo 9) della rubrica ed evidenziando, quanto alla richiesta di riconoscimento delle attenuanti generiche, la gravita' oggettiva del fatto, la organizzazione preventiva dell'impresa ed il suo ruolo decisivo, avendo egli - come si evince dalle intercettazioni - insistito perche' il furto fosse portato a termine il piu' presto possibile, con la prospettiva di incamerare una cospicua quota del bottino; ha inoltre spiegato, con valutazione tipicamente "di merito" insuscettibile di censura in questa sede, che siffatti elementi dovevano ritenersi prevalenti sulla ammissione di responsabilita', intervenuta, peraltro, in presenza di prove schiaccianti. 4. L'inammissibilita' dei ricorsi comporta la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., della somma - che si stima equa - di Euro 3.000 in favore della Cassa delle Ammende, non ravvisandosi ragione alcuna d'esonero. P.Q.M. dichiara inammissibili i ricorsi e condanna l'ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MOGINI Stefano - Presidente Dott. SANTALUCIA Giuseppe - Consigliere Dott. DI GIURO Gaetano - Consigliere Dott. MAGI Raffaello - Consigliere Dott. RUSSO Carmine - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 21/07/2021 della CORTE APPELLO di CATANZARO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Carmine Russo; udito il Procuratore Generale, Marco Dall'Olio, che ha concluso chiedendo il rigetto di tutti i motivi di ricorso; uditi i difensori che concludono nei modi indicati di seguito: L'Avv. (OMISSIS) conclude chiedendo l'accoglimento del ricorso. L'Avv. (OMISSIS) conclude chiedendo l'accoglimento dei motivi di ricorso e in subordine raccoglimento del motivo subordinato. L'Avv. (OMISSIS) conclude chiedendo raccoglimento del ricorso. L'Avv. (OMISSIS) conclude chiedendo l'accoglimento del ricorso. L'Avv. (OMISSIS) conclude chiedendo l'accoglimento del ricorso. L'Avv. (OMISSIS) conclude chiedendo raccoglimento del ricorso. L'Avv. (OMISSIS) conclude chiedendo l'accoglimento del ricorso. L'Avv. (OMISSIS) conclude chiedendo raccoglimento dei motivi di ricorso. L'Avv. (OMISSIS) conclude chiedendo l'accoglimento del ricorso. L'Avv. (OMISSIS) conclude chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata senza rinvio. Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 24 ottobre 2019 il Tribunale di Crotone, in rito ordinario, ha condannato, per cio' che rileva ai fini di questo giudizio: (OMISSIS) alla pena di 7 anni ed 8 mesi di reclusione per i reati degli articoli 74 d.p.r 9 ottobre 1990, n. 309 (capo n. 15 della imputazione) e 73 stesso decreto (capo n. 36); (OMISSIS) alla pena di 12 anni di reclusione per il reato di cui all'articolo 416-bis c.p. (capo n. 1); (OMISSIS) alla pena di 16 anni e 9 mesi di reclusione per il reato dell'articolo 74 Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 (capo n. 15); (OMISSIS) alla pena di 16 anni e 9 mesi di reclusione per il reato dell'articolo 74 Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 (capo n. 15); (OMISSIS) alla pena di 14 anni di reclusione per i reati dell'articolo 74 Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 (capo n. 15), degli articoli 73 stesso decreto (capi nn. 31, 32, 33); (OMISSIS) alla pena di 10 anni e 6 mesi di reclusione per i reati dell'articolo 74 Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 (capo n. 15) e dell'articolo 73 stesso decreto (capo n. 32); (OMISSIS) alla pena di 20 anni di reclusione e 4.000 Euro di multa per i reati degli articoli 416-bis c.p. (capo n. 1) e degli articoli 56 e 629 c.p. (capi nn. 12 e 14); (OMISSIS) alla pena di 18 anni di reclusione per il reato dell'articolo 416-bis c.p. (capo n. 1); (OMISSIS) alla pena di 2 anni di reclusione e 2.000 Euro di multa per il reato degli articoli 56 e 629 c.p. (capo n. 12); (OMISSIS) alla pena di 6 anni e 6 mesi di reclusione e 10.000 Euro di multa per i reati dell'articolo 73 d,p.r. n. 309 del 1990 (capi nn. 24 e 25); (OMISSIS) alla pena di 9 anni di reclusione per il reato dell'articolo 74 Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 (capo n. 15); (OMISSIS) alla pena di 10 anni e 6 mesi di reclusione per il reato dell'articolo 74 Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 (capo n. 15). Con sentenza del 21 luglio 2021 la Corte di appello di Catanzaro, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha rideterminato la pena nei confronti di (OMISSIS) in 17 anni di reclusione, e nei confronti di (OMISSIS) in 1 anno, 5 mesi e 23 giorni di reclusione e 1.333 Euro di multa, concedendo a quest'ultimo la sospensione condiz39Ionale, e confermato per il resto la sentenza di primo grado. 2. Avverso il predetto provvedimento hanno proposto ricorso gli imputati, per il tramite dei rispettivi difensori, con i seguenti motivi di seguito descritti nei limiti strettamente necessari ex articolo 173 disp. att. c.p.p.. 2.1. Ricorso nell'interesse di (OMISSIS) Con il primo motivo deduce error in procedendo e travisamento delle conclusioni della perizia in punto di capacita' di partecipare al processo e di imputabilita' della imputata al momento del fatto; si evidenzia che il perito ha concluso per l'esistenza di un disturbo di personalita' borderline e per la vulnerabilita' della imputata che la rendevano potenzialmente soggetto passivo di sollecitazioni esterne; i risultati della perizia sarebbero confortati dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS), che e' stato amante, e che si e' assunto le responsabilita' di averla coinvolta nel crimine. Con il secondo motivo deduce erronea applicazione della legge penale e motivazione manifestamente illogica o contraddittoria in punto di responsabilita' per il reato associativo del capo n..15, in quanto la responsabilita' sarebbe stata desunta dalla partecipazione ad un unico reato-fine, ed in quanto la imputata non avrebbe avuto coscienza di partecipare ad una organizzazione stabilmente finalizzata al commercio di stupefacenti. Con il terzo motivo lamenta erronea applicazione della legge penale e motivazione manifestamente illogica o contraddittoria in punto di responsabilita' per il reato di spaccio di cui al capo n. 36, in quanto la responsabilita' sarebbe stata desunta dalla mera partecipazione della imputata al viaggio in auto con cui lo stupefacente fu portato a (OMISSIS), ma in quel viaggio il soggetto incaricato del trasporto era (OMISSIS) e nessun incarico illecito aveva ricevuto la imputata, cui puo' essere contestata al piu' una connivenza passiva non punibile. Con il quarto motivo -deduce erronea applicazione della legge penale e motivazione manifestamente illogica o contraddittoria in punto di mancata rilevazione della imputabilita' per vizio totale di mente, e si torna sugli argomenti esposti nel primo motivo, evidenziando che l'imputata era in terapia psichiatrica, ha posto in essere tentativi di suicidio, e nel periodo dei fatti abusava anche di alcool e stupefacenti. 2.2. Ricorso nell'interesse di (OMISSIS); sono stati depositati due atti di ricorso. 2.2.1 Nel primo atto di ricorso in ordine temporale si deduce quanto segue. Con il primo motivo erronea applicazione della legge penale in punto di responsabilita' per il reato associativo di cui al capo n. 1, di cui, a giudizio del ricorrente, non sussisterebbero gli elementi costitutivi per l'occas39Ionalita' della condotta dell'imputato e la sua estraneita' rispetto a contesti associativi; in particolare, si spiega che e' vero che l'imputato ha avvicinato i capi del locale di (OMISSIS) ma lo ha fatto per chiedere aiuto per un problema concreto che aveva avuto con un socio in affari, ma alla richiesta di mettersi a disposizione ha sempre dato risposta negativa; e' anche vero che in alcune conversazioni intercettate l'imputato si sarebbe vantato di disporre di macchinette per le bonifiche da microspie e schede telefoniche coperte, ma si tratterebbe di vanterie; in definitiva, non vi sarebbe prova di alcun contributo causale all'efficienza dell'associazione dato dall'imputato, evidenziando anche che nonostante la ritenuta qualifica di esperto finanziario della consorteria nessun investimento ha effettuato la consorteria tramite l'imputato. Con il secondo motivo deduce erronea applicazione della legge penale, in punto di mancata riqualificazione del fatto in concorso esterno nel reato associativo, atteso che al piu' dovrebbe ritenersi che l'imputato abbia fornito un contributo causale dall'esterno di un sodalizio cui non e' mai stato legato da affectio societatis, purche', pero', si provi che vi sia stato un contributo causale dell'imputato accertato ex post. Con il terzo motivo lamenta erronea applicazione della legge penale in punto di ritenuta responsabilita' per l'aggravante dei commi 4 e 5 per la natura armata dell'associazione, aggravante applicata all'imputato in modo meccanicistico senza che vi sia prova che lo stesso avesse consapevolezza dell'esistenza in capo agli associati di armi di alcun tipo. Con il quarto motivo deduce erronea applicazione della legge penale in punto di diniego delle attenuanti generiche, motivate con un riferimento generico alla gravita' dei fatti, e senza prendere in esame tutti i parametri di valutazione, tra cui verrebbe in rilievo la marginalita' della posizione del ricorrente. Con il quarto motivo deduce erronea applicazione della legge penale in punto di applicazione all'imputato della formulazione dell'articolo 416-bis coda pen. successivo alla riforma della L. 27 maggio 2015 n. 69, laddove avrebbe dovuto essergli applicato il testo antecedente piu' favorevole attesa, in presenza di una imputazione a contestazione aperta, la mancanza di condotte post entrata in vigore della legge, non avendo rilievo le intercettazioni valorizzate dal giudice in sentenza relative all'agosto 2015 che non hanno rilievo criminale. 2.2.2. Nel secondo atto di ricorso in ordine temporale si deduce quanto segue. Nel primo motivo si propone la questione della insussistenza della partecipazione all'associazione criminosa. Nel secondo motivo si deduce l'insussistenza in ogni caso dell'elemento soggettivo del reato. Nel terzo motivo ci si lamenta della mancata concessione all'imputato delle attenuanti generiche. 2.3. Ricorso nell'interesse. di (OMISSIS); Con il primo motivo deduce erronea applicazione della legge penale e motivazione manifestamente illogica o contraddittoria, in punto di riconoscimento della responsabilita' per il reato associativo del capo n. 15, evidenziando che la responsabilita' e' stata ricavata senza che all'imputato sia contestato neanche un reato fine; che la responsabilita' e' stata ricavata soltanto dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS), ma tali dichiarazioni avrebbero la caratteristica di essere estremamente generiche, anche con riferimento ai periodi in cui sarebbe avvenuta la collaborazione all'associazione, periodi che in parte si sovrapporrebbero con periodo di detenzione del ricorrente; in ogni caso, il collaboratore difetterebbe di credibilita' intrinseca, avendo iniziato a collaborare in periodo di detenzione e con riferite fragilita' psicologiche, mancherebbero anche i riscontri esterni, tali non essendo la certa conoscenza e frequentazione tra i due, in quanto si puo' essere vicini ad una persona senza essere coinvolti nei suoi traffici criminali, e non essendo un riscontro neanche la conversazione intercettata del 22 febbraio 2011 che non ha comunque un contenuto criminale, in ogni caso, si evidenzia che i contatti sono stato documentati solo con l' (OMISSIS), e non con gli altri soggetti asseritamente associati; dell'associazione mancherebbe in ogni caso un organigramma, una indicazione. della linea di comando, e sarebbe sfuggente anche il ruolo specifico del ricorrente, indicato come fornitore/acquirente delle partite di stupefacente, essendo anomalo che una persona acquisti da una associazione di cui fa parte e poi rivenda per conto proprio. Con il secondo motivo deduce erronea applicazione della legge penale e motivazione manifestamente illogica o contraddittoria, in punto di recidiva (riconosciuta soltanto in virtu' del precedenti penali e senza alcuna valutazione della maggiore capacita' criminale), mancata valutazione delle attenuanti generiche per il ruolo marginale (in ipotesi cada la preclusione dovuta alla recidiva), e pena applicata in concreto (in quanto il giudice e' partito da una pena base di 10 anni, molto superiore al limite edittale, senza adeguata motivazione). 2.4. Ricorso nell'interesse di (OMISSIS); Con il primo motivo deduce erronea applicazione della legge penale e motivazione manifestamente illogica o contraddittoria, in punto di riconoscimento della responsabilita' per il reato associativo del capo n. 15, evidenziando che la responsabilita' e' stata ricavata soltanto dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS), che le dichiarazioni non sono riscontrate, se non da due intercettazioni dal contenuto comunque equivoco, che anzi le dichiarazioni del collaboratore sono smentite dalle dichiarazioni di persone vicine a lui come (OMISSIS) e (OMISSIS) che hanno escluso di conoscere il ricorrente; che non risulta contatto con alcuno dei sodali diversi dal collaboratore, se non per un dialogo nell'auto di (OMISSIS), che in ogni caso manca qualsiasi prova di un programma generico volto alla commissione di un numero indeterminato di reato di spaccio e manca la prova della consapevolezza del ricorrente di partecipare ad una associazione. Con il secondo motivo deduce erronea applicazione della legge penale e motivazione manifestamente illogica o contraddittoria, in punto di recidiva, atteso che e' stata ritenuta la recidiva infraquinquennale in ragione di una sentenza di condanna (quella dell'8 luglio 2015) che pero' non era ancora intervenuta al momento di commissione del reato. 2.5. Ricorso nell'interesse di (OMISSIS); Con il primo motivo deduce motivazione manifestamente illogica o contraddittoria, in punto di riconoscimento della responsabilita' per il reato associativo del capo n. 15, evidenziando l'omessa motivazione o la motivazione apparente della Corte d'appello sulla ricostruzione alternativa del materiale investigativo proposto dalla difesa nei motivi di appello, in cui si evidenziava che la ricorrente era tossicodipendente ed aveva acquistato stupefacente in ragione di questa sua condizione, senza pero' che vi fosse prova della destinazione allo spaccio di quanto acquistato; la prova sarebbe stata ricavata dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS), che riferiva che la ricorrente vendeva per conto del gruppo criminale, ma queste dichiarazioni sono generiche, non sono riscontrate dal riconoscimento fotografico operato dalla compagna di (OMISSIS), (OMISSIS), in quanto la stessa si limita a riconoscere la ricorrente come persona che operava nel mondo dello stupefacente, il che e' incontestato attesa la tossicodipendenza, e perche' gli specifici fatti di spaccio accertati nei capi da n. 31 a 33 sono commessi nel corso di un solo mese, il che sarebbe in contrasto con la tesi della stabilita' del rapporto associativo. Con il secondo motivo deduce motivazione manifestamente illogica o contraddittoria, evidenziando che, anche con riferimento ai reati-fine, la responsabilita' e' stata tratta da conversazione con (OMISSIS) di per se' equivoca, perche' da' conto del fatto che la ricorrente abbia acquistato stupefacente ma non che l'abbia venduto, perche' la frase in cui la stessa chiedeva una consegna urgente perche' "tra un'ora mi viene qua la persona" non e' prova di spaccio in mancanza di riscontro successivo sull'avvenuta traditio. La difesa precisa anche espressamente di non impugnare la condanna per i capi nn. 32 e 33. Con il terzo motivo lamenta omessa motivazione sulla richiesta di riqualificare i fatti nella fattispecie dell'articolo 73 comma 5 Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, in quanto la risposta della Corte d'appello che si tratterebbe di "notevoli quantitativi" e' una mera clausola di stile. Con il quarto motivo deduce erronea applicazione della legge penale, in punto di ritenuta responsabilita' per l'aggravante del comma 3 dell'articolo 74 Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, atteso che non e' possibile imputare al tossicodipendente l'aumento di pena previsto per chi utilizza dei tossicodipendenti nella struttura dell'associazione, tale aumento e' stato ritenuto in giurisprudenza applicabile solo ai non tossicodipendenti, e quindi non alla ricorrente. 2.6. Ricorso nell'interesse di (OMISSIS); Con il primo motivo deduce erronea applicazione della legge penale e motivazione manifestamente illogica o contraddittoria, in punto di riconoscimento della sussistenza del reato associativo del capo n. 15, evidenziando che le dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS) sono inattendibili, e che le intercettazioni costituiscono prova solo dei reati-fine, che di per se' non sono sufficienti a ritenere provata anche l'associazione, di cui mancherebbero sufficiente stabilita' (lo stesso (OMISSIS) lascerebbe trapelare la totale disorganizzazione della struttura) e programma criminoso (si tratterebbe di mera "droga parlata"). Con il secondo motivo deduce erronea applicazione della legge penale e motivazione manifestamente illogica o contraddittoria, in punto di mancato riconoscimento della ipotesi lieve del comma 6 dell'articolo 74 per il reato associativo del capo n. 15, evidenziando che lo stesso collaboratore di giustizia (OMISSIS) ha parlato di quantita' di stupefacente di qualche chilogrammo alla volta, nella stessa imputazione si parla di quantita' imprecisate, la associazione aveva una scarsa struttura utilizzando autovetture occas39Ionali, l'unica modalita' di vendita provata era quella al minuto, indice di scarsa capacita' criminale, mancava una cassa comune, mancava la capacita' di incidere sul territorio di (OMISSIS) ove erano operanti ben altre organizzazioni. In ipotesi di derubricazione, si evidenzia l'avvenuta prescrizione del reato. Con il terzo motivo lamenta erronea applicazione della legge penale e motivazione manifestamente illogica o contraddittoria, in punto di riconoscimento della partecipazione del ricorrente all'associazione del capo n. 15, evidenziando che risulta dagli atti che il ricorrente ha avuto rapporti con alcuni dei coimputati solo per un periodo breve di circa cinque mesi tra dicembre 2010 e maggio 2011, insufficiente a ritenere la stabilita' della collaborazione con l'associazione, che i viaggi in (OMISSIS) di cui e' accusato avevano finalita' private perche' di essi ne parlava con la figlia, mentre non ne ha mai parlato con gli associati, che la sua conoscenza con il collaboratore di giustizia (OMISSIS) deriva dall'averlo ospitato in (OMISSIS) soltanto per fare un favore al suo amico (OMISSIS) che glielo aveva chiesto, che le dichiarazioni del collaboratore a suo carico che lo dipingono come una persona che, a richiesta, si prestava ad andare.a minacciare e picchiare per recuperare crediti, sono generiche ed inattendibili, si tratta di un collaboratore gia' giudicato inattendibile in altri processi, che dalle conversazioni intercettate non emergono riscontri, atteso che tali non sono il suo essersi prestato a difendere il suo amico (OMISSIS) da una minaccia essendosi limitato a riappacificare gli animi ed il suo essersi prestato ad aiutare la (OMISSIS) a recuperare un credito di 3.000 Euro che puo' avere altre spiegazioni. Con il quarto motivo deduce erronea applicazione della legge penale e motivazione manifestamente illogica o contraddittoria, in punto di riconoscimento della responsabilita' per il reato di spaccio del capo n. 32, in quanto sulla base degli indici dettati dalla giurisprudenza in tema di c.d. âEuroËœdroga parlata', non puo' dirsi pienamente provata ne' la disponibilita' della sostanza stupefacente in capo alla (OMISSIS), ne' l'effettiva consegna della stessa. Con il quinto motivo deduce erronea applicazione della legge penale e motivazione manifestamente illogica o contraddittoria, in punto di mancata derubricazione del fatto di cui al capo n, 32 nella ipotesi degli articoli 73, commi 1 e 4, Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, evidenziando che non vi e' prova in atti che lo stupefacente âEuroËœspacciato sia cocaina, come scritto in imputazione; la Corte d'appello avrebbe tratto la prova dal fatto che si parla di "assaggi" ma qualsiasi stupefacente puo' essere assaggiato. In caso di derubricazione in Gomma 4, si deduce l'intervenuta prescrizione. Con il sesto motivo deduce erronea applicazione della legge penale e motivazione manifestamente illogica o contraddittoria, in punto di mancata derubricazione del fatto di cui al capo n. 32 nella ipotesi degli articoli 73, commi 1 e 5, Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, evidenziando che non vi e' prova in atti, oltre che della tipologia, anche della quantita' dello stupefacente spacciato, e quindi, in mancanza di prova, avrebbe dovuto essere applicata la ipotesi piu' favorevole del comma 5. Con il settimo motivo deduce erronea applicazione della legge penale e motivazione manifestamente illogica o contraddittoria, in punto di mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, evidenziando che a sostegno depongono la condotta di vita anteatta, immune da precedenti, e la marginalita' del ruolo del ricorrente. 2.7. Ricorso nell'interesse di (OMISSIS); Con il primo motivo vizio di motivazione con riferimento alla identificazione del ricorrente nell'interlocutore di alcune delle telefonate intercettate; il Tribunale, infatti, si e' limitato a dare incarico per la trascrizione delle conversazioni ma non ha conferito anche incarico per la perizia fonica per la identificazione dei chiamanti; e' vero che il precedente difensore aveva in primo grado dato il consenso all'utilizzo delle schede della polizia giudiziaria sulla identificazione dei chiamanti, ma il consenso non puo' riguardare il metodo con cui la stessa polizia giudiziaria era arrivata alla identificazione che era errato, illogico ed aberrante. Si censura anche una annotazione integrativa redatta il 17 aprile 2018, giorno successivo alla annotazione sui criteri di identificazione, ed in cui in modo improbabile un vice ispettore di polizia riferisce di aver riconosciuto in quella dell'imputato una voce di una conversazione di cinque anni prima. Con il secondo motivo deduce erronea applicazione della legge penale e motivazione manifestamente illogica o contraddittoria, in punto di esistenza di una associazione di cui all'articolo 416-bis c.p. che e' stata ricavata dalle dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS), che la Corte ha ritenuto riscontrate da quelle dell'altro collaboratore (OMISSIS) e da quelle della compagna di (OMISSIS), (OMISSIS), in contrasto con le dichiarazioni dei capi storici della âEuroËœndrangheta corleonese che riferiscono di non riconoscere in (OMISSIS) il capo della locale di (OMISSIS); va anche aggiunto che lo stesso (OMISSIS) riferisce che non ricorda se il ricorrente fu battezzato, in ogni caso non sarebbe dimostrato il vincolo associativo e la presenza di una struttura stabile. Con il terzo motivo lamenta erronea applicazione della legge penale, in punto di ritenuta esistenza dell'aggravante di cui al comma 4 dell'articolo 416-bis c.p., perche' l'associazione e' stata ritenuta armata nonostante non vi fosse prova della disponibilita' di armi. Con il quarto motivo deduce erronea applicazione della legge penale, in punto di ritenuta esistenza di un ruolo apicale in seno all'associazione, anziche' di mero partecipe alla stessa, ruolo apicale desunto dalle dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS) e del collaboratore (OMISSIS), ruolo apicale in definitiva non confermato da nessun riscontro. Con il quinto motivo deduce erronea applicazione della legge penale, in punto di ritenuta responsabilita' per il reato del capo 12, perche' non si comprende quale sia stata in concreto la condotta commessa dal ricorrente nel contesto dell'episodio estorsivo, la stessa persona offesa riferisce che quando il ricorrente frequentava il locale pagava regolarmente, per cui in definitiva il ricorrente e' condannato per responsabilita' da posizione. Inoltre, al piu' i fatti andavano riqualificati in danneggiamento. Con il sesto motivo deduce erronea applicazione della legge penale, in punto di ritenuta responsabilita' per il reato del capo 14, perche' questo tentativo di estorsione sarebbe rimasto allo stato sotto la soglia del tentativo punibile, essendo stata recapitata solo una proposta di assunzione di una persona, proposta rifiutata. Inoltre, non si comprende quale comportamento abbia tenuto il ricorrente, di cui nessuno riferisce. Con il settimo motivo deduce erronea applicazione della legge penale, in punto di ritenuta responsabilita' per l'aggravante dell'articolo 416-bis.1 c.p. nella sua componente oggettiva, riconosciuta sia per il reato del capo 12 che per il reato del capo 14, in' quanto non si comprende da cosa sia stata desunta posto che non e' stato usato un linguaggio mafioso, che manca un comportamento propriamente intimidatorio, e l'estorsore ha anche risarcito i danni. Con l'ottavo motivo deduce erronea applicazione della legge penale, in punto di ritenuta responsabilita' per l'aggravante dell'articolo 416-bis.1 c.p. nella sua componente finalistica, riconosciuta sia per il reato del capo 12 che per il reato del capo 14, in quanto il dolo di favorire l'associazione deve essere diretto, non potendo rilevare vantaggi indiretti o lo scopo di favorire un esponente della cosca. Con il nono motivo deduce erronea applicazione della legge penale, in punto di ritenuta esistenza dell'aggravante dell'articolo 628, comma 3, n. 3.c.p., in quanto all'epoca dei fatti il ricorrente non era persona sospettabile di âEuroËœndrangheta. o' Con il decimo motivo deduce erronea applicazione della legge penale, in punto di ritenuta esistenza della recidiva, desunta soltanto dai precedenti penali, in particolare per estorsione, senza un giudizio individualizzal:o sulla maggiore capacita' criminale. 2.8. Ricorso nell'interesse di (OMISSIS); Con il primo motivo nullita' della sentenza per mancata assunzione di prova decisiva costituita dall'assunzione delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS), collaboratore che aveva reso dichiarazioni nei confronti di (OMISSIS), dichiarazioni non credibili, avendo sbagliato anche altezza dell'imputato e sua residenza, in separato procedimento per la vicenda dell'omicidio (OMISSIS), che costituisce l'unico comportamento attribuito al ricorrente nel contesto dell'associazione. Con il secondo motivo deduce nullita' della sentenza per erronea applicazione della legge penale e motivazione manifestamente illogica o contraddittoria, perche' la Corte d'appello ha ritenuto convergenti sulla posizione del ricorrente le chiamate dei collaboratori (OMISSIS) e (OMISSIS), ma in esse in realta' vi sono divergenze in quanto sul mandante dell'omicidio (OMISSIS) si e' attribuito la paternita' della decisione mentre (OMISSIS) individua il mandante in tale (OMISSIS), sul movente (OMISSIS) indica la necessita' di evitare contrasti con i cirotani, mentre (OMISSIS) riferisce di una sovrapposizione delle piazze di spaccio, sul coesecutore che avrebbe affiancato il ricorrente (OMISSIS) indica tale (OMISSIS) e (OMISSIS) tale (OMISSIS), le dichiarazioni sono convergenti soltanto sul fatto che entrambi indicano il ricorrente come l'autore del reato che avrebbe esploso i colpi da arma da fuoco; i due collaboratori, inoltre, non renderebbero dichiarazioni autonome perche' proveniente dalla stessa fonte, che e' lo stesso ricorrente che ha riferito loro di ritorno dalla Calabria. Con il terzo motivo lamenta nullita' della sentenza per motivazione manifestamente illogica o contraddittoria in punto di responsabilita' per il reato associativo, atteso che il ricorrente non e' mai stato avvistato o fermato a (OMISSIS) e pasi limitrofi nel periodo dei fatti, e' sconosciuto all'autorita' di polizia del posto, e' sconosciuto anche a (OMISSIS) che pure e la convivente del collaboratore (OMISSIS), non vi sono riscontri negli aeroporti vici lo a (OMISSIS) di sue partenze per la (OMISSIS) al momento dei fatti, il ricorrente vive a (OMISSIS) e non risulta avere conoscenza degli organigrammi criminali della zona dei fatti. 2.9. Ricorso nell'interesse di (OMISSIS); Con il primo motivo deduce erronea applicazione della legge penale e motivazione manifestamente illogica o contraddittoria, in punto di ritenuta responsabilita' per il reato di tentata estorsione, in quanto sarebbe stata svalutata la dichiarazione della stessa vittima che riferisce che il ricorrente ha compiuto il danneggiamento mentre era ubriaco e chiedeva comunque di entrare nel locale, dichiarazione confortata da quella della moglie (OMISSIS) che effettuava il servizio di controllo degli ingressi al night club del marito, e non sarebbe stato tenuto in conto che nelle telefonate intercettate risulta che' fu il ricorrente a ricevere reiterate richieste di pagamento dalla vittima per il risarcimento dei danni cagIonati. Con il secondo motivo deduce erronea applicazione della legge penale e motivazione manifestamente illogica o contraddittoria in punto di ritenuta sussistenza dell'elemento soggettivo del reato, perche' non si comprende da quale elemento probatorio sia stato ricavato la circostanza che il ricorrente avesse ricevuto un mandato estorsivo. Con il terzo motivo lamenta erronea applicazione della legge penale e motivazione manifestamente illogica o contraddittoria in punto di mancata applicazione della disciplina della desistenza ex articolo 56, comma..3, c.p., che la Corte d'appello ha escluso perche' il reato non si sarebbe perfezionato per intervento di (OMISSIS) ed un altro soggetto che avevano il ruolo di protettori della vittima, ma non risulta alcun intervento di (OMISSIS) e la desistenza risulta dalle intercettazioni da cui emerge che il ricorrente era richiesto di pagare i danni. 2.10. Ricorso nell'interesse di (OMISSIS); Con il primo motivo deduce erronea applicazione della legge penale e di norma processuale e motivazione manifestamente illogica o contraddittoria, in punto di ritenuta responsabilita' del ricorrente per il reato del capo 24 in quanto di lui non parlano ne' il collaboratore di giustizia (OMISSIS) che ha fatto rinvenire lo stupefacente, ne' le conversazioni intercettate, mentre in ordine a quattro telefonate utilizzate come prova nei suoi confronti non e' noto quale sia il criterio in forza del quale sono state attribuite al ricorrente. Con il secondo motivo deduce erronea applicazione della legge penale e di norma processuale e motivazione manifestamente illogica o contraddittoria, in punto di ritenuta responsabilita' del ricorrente per il reato del capo 25 in quanto, relativamente alle tre telefonate utilizzate come prova nel suoi confronti, non e' noto quale sia il criterio in forza del quale sono state attribuite al ricorrente. Con il terzo motivo lamenta erronea applicazione della legge penale e motivazione manifestamente illogica o contraddittoria, in punto di mancata concessione delle attenuanti generiche che sarebbero state dovute per contributo marginale e comportamento processuale. 2.11. Ricorso nell'interesse di (OMISSIS). Con unico motivo deduce erronea applicazione della legge penale, in punto di ritenuta responsabilita' per il reato del capo 15, in quanto la responsabilita' si fonda essenzialmente sulle dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS), che la Corte di appello ha ritenuto riscontrate da quelle della compagna (OMISSIS), che pero' e' un riscontro debole essendo persona vicina allo stesso collaboratore, e dalle dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS), che pero' si limita a riferire che il ricorrente fosse persona dedita al traffico di stupefacenti, il che pero' e' irrilevante, in quanto non dice che si tratti proprio di quella associazione che gli e' stata contestata. Inoltre, i soggetti esterni all'associazione indicati nella imputazione come riferimenti del ricorrente (tali (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) non sono mai stati attinti da contestazioni o sono stati assolti. La stessa telefonata tra (OMISSIS) ed (OMISSIS) in cui si parlerebbe del ricorrente e' neutra perche' in essa si parla di un (OMISSIS) che pero' non e' detto sia il ricorrente e comunque non si parla esplicitamente di droga. 2.12. Ricorso nell'interesse di (OMISSIS) Con il primo motivo deduce erronea applicazione della legge penale e processuale, in quanto la sentenza di primo grado riporta a pagina 4 anche il capo di imputazione per il reato dell'articolo 41.6-bis cod. pen per cui non vi era stato rinvio a giudizio, non si tratterebbe di svista casuale ma del segno evidente di un pregiudizio che ha portato di fatto il ricorrente ad essere processato anche per l'articolo 416-bis cod. pen pur senza che sia mai stato vocato in ius per questo titolo; la circostanza che non sia stato condannato per tale reato e' marginale. Con il secondo motivo deduce mancata assunzione di prova decisiva, perche' la sentenza impugnata non avrebbe preso in considerazione un documento prodotto dalla difesa che dimostra che il ricorrente era stato condannato in (OMISSIS) alla pena di 4 anni di reclusione nel novembre 2007, da esso dovrebbe desumersi la latitanza del ricorrente in (OMISSIS) sino all'avvenuto arresto del (OMISSIS), la latitanza in (OMISSIS) renderebbe poco credibile le dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS) che attribuisce al ricorrente proprio il ruolo di corriere con il (OMISSIS) che sarebbe stato un comportamento rischioso, inoltre pretermette la battaglia del ricorrente per ottenere l'affido della figlia in (OMISSIS). Con il terzo motivo lamenta mancata assunzione di prova decisiva, perche' la Corte d'appello avrebbe respinto la richiesta di assunzione di due interrogatori resi dal collaboratore (OMISSIS) il 23 aprile 2012 ed il 16 maggio 2012, perche' avrebbero dovuto essere usati nell'esame e controesame, ma lo standard di decisione della o' rinnovazione dibattimentale ex articolo 603 c.p.p. avrebbe dovuto essere quello della incapacita' di decidere allo stato degli atti. Con il quarto motivo deduce erronea applicazione della legge penale e motivazione manifestamente illogica o contraddittoria, in punto di ritenuta responsabilita' per il reato del capo 15, in quanto la stessa e' stata desunta da dichiarazioni rese in dibattimento dal collaboratore (OMISSIS), che pero' nell'interrogatorio reso in indagini preliminari escludeva che il ricorrente trafficasse in stupefacenti, perche' nell'unica telefonata intercettata usata come prova non si parla mai di stupefacenti in quanto l'oggetto e' soltanto una richiesta di aiuto per un lavoro di buttafuori in un locale notturno, perche' in dibattimento il collaboratore (OMISSIS) fa del ricorrente anche un affiliato alla âEuroËœndrangheta, e perche' il riscontro fornito dalla compagna del collaboratore 3itaru (OMISSIS) costituito dal riconoscere il ricorrente in una foto segnaletica e ricordare che lo stesso era andato in (OMISSIS) a prendere cocaina e' generico, perche' la stessa mai riferisce che lo stesso avrebbe avuto addosso cocaina ne' l'abbia mai visto consegnarla ne' sa dove e quando lo stesso l'avrebbe comprata. Con il quinto motivo deduce erronea applicazione della legge penale in punto di mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e dl manciata riqualificazione della condotta nel reato di cui all'articolo 73, comma 5, Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990. 2.13. Motivi nuovi nell'interesse di (OMISSIS) Con il primo motivo si torna sulla questione della responsabilita' per il reato dell'articolo 416-bis c.p. e si ritiene di aggiungere argomenti alla luce della sentenza delle sezioni unite Modaffari, rilevando che il coinvolgimento del ricorrente e' determinato da un singolo episodio, la questione (OMISSIS), e non puo' ritenersi sufficiente ad integrare la condotta di partecipazione ad associazione mafiosa la collaborazione episodica, richiedendosi, invece, un'attivita' di carattere continuativo e fiduciario idonea a fornire un contributo causale e volontario alla realizzazione dei fini del sodalizio criminale. Con il primo motivo si torna sulla questione della mancata concessione delle attenuanti generiche, e si sostiene che la motivazione della Corte d'appello e' una clausola di stile, e che l'imputato le avrebbe meritate per incensuratezza, ruolo marginale, e comportamento dopo la commissione del reato. 2.14. Motivi nuovi nell'interesse di (OMISSIS) Con il primo motivo si torna sulla questione della condanna per il ruolo apicale, e non come semplice partecipe, dell'associazione ma non vi sarebbero elementi dai quali e' possibile desumere che l'odierno ricorrente abbia contribuito alla potenzialita' pericolosa del gruppo, egli non ha provocato ad esempio l'adesione di terzi all'associazione ed ai suoi scopi attraverso un'attivita' di diffusione del programma, ne' che abbia compiuto funzioni decis39Ionali, e che il richiamo generico alle dichiarazioni rese dal collaboratore di Giustizia (OMISSIS) che lo ha definito âEuro˜âEuroËœil numero uno" della organizzazione criminale di (OMISSIS) e di (OMISSIS) non possono giustificare una condanna per la condotta apicale. 3. Le difese degli imputati hanno chiesto la discussione orale. Il Procuratore generale, Dott. Marco Dall'Olio, ha concluso per il rigetto dei ricorsi. I difensori degli imputati, avv. (OMISSIS) per (OMISSIS), avv. (OMISSIS) per (OMISSIS), avv. (OMISSIS), tramite sostituto processuale, per (OMISSIS), avv. (OMISSIS), tramite sostituto processuale, per (OMISSIS), avv. (OMISSIS) per (OMISSIS), avv. (OMISSIS) per (OMISSIS), avv. (OMISSIS) per (OMISSIS) ed (OMISSIS), avv. (OMISSIS) per (OMISSIS) e (OMISSIS), avv. (OMISSIS) per (OMISSIS), avv. (OMISSIS) per (OMISSIS), hanno insistito per l'accoglimento del ricorso. Considerato in diritto E' fondato il ricorso presentato nell'interesse di (OMISSIS); tutti gli altri ricorsi, invece, sono infondati. 1. Ricorso nell'interesse di (OMISSIS) Il ricorso e' infondato. 1.1. Il primo ed il quarto motivo, dedicati entrambi all'asserito vizio della sentenza impugnata per illogica motivazione sulla sussistenza della capacita' di intendere e di volere della imputata al momento del fatto, sona infondati. Nei motivi di ricorso si evidenzia che il perito nominato nel corso del giudizio ha concluso per l'esistenza nella imputata di un disturbo di personalita' borderline, nonche' per la vulnerabilita' della stessa, circostanze che la rendevano soggetto passivo di potenziali sollecitazioni esterne idonee ad indirizzare il suo comportamento; si sostiene anche che i risultati della perizia sarebbero confortati dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS), che e' stato amante della imputata, e che si e' assunto la responsabilita' di averla coinvolta nel crimine. Nel quarto motivo si precisa anche che la imputata era dipendente da alcool e droghe al momento in cui avvenivano i fatti, il che ha ulteriormente contribuito a menomarne la capacita' di comprendere i crimini in cui era stata coinvolta dall'amante. La Corte d'appello ha risposto a questi argomenti proposti a suo tempo gia' nell'atto di appello, affermando che: "l'indicato disturbo, per sua natura e per come emerge dagli atti processuali, non integrava una infermita' che ha inciso sulle capacita' intellettive e volitive della donna menomandone o compromettendone le facolta' di giudizio e di discernimento. Anzi, le conversazioni intercettate rimandano l'immagine di una donna dotata di assoluto discernimento, pienamente consapevole delle proprie condotte ed assolutamente capace di autodeterminarsi". La risposta della Corte d'appello e' conforme agli orientamenti della giurisprudenza di legittimita', che ha ritenuto che "ai fini del riconoscimento del vizio totale o parziale di mente, anche i disturbi della personalita', che non sempre sono inquadrabili nel ristretto novero delle malattie mentali, possono rientrare nel concetto di "infermita'", purche' siano di consistenza, intensita' e gravita' tali da incidere concretamente sulla capacita' di intendere o di volere, escludendola o scemandola grandemente, e a condizione che sussista un nesso eziologico con la specifica condotta criminosa, per effetto del quale il fatto di reato sia ritenuto causalmente determinato dal disturbo mentale. Ne consegue che nessun rilievo, ai fini dell'imputabilita', deve essere dato ad altre anomalie caratteriali o alterazioni e disarmonie della personalita' che non presentino i caratteri sopra indicati, nonche' agli stati emotivi e pass39Ionali, salvo che questi ultimi non si inseriscano, eccez39Ionalmente, in un quadro piu' ampio di "infermita'" (Sez. U, Sentenza n. 9163 del 25/01/2005, (OMISSIS), Rv. 230317; per una riproposizione piu' recente della medesima sistematica v. Sez. 1, Sentenza n. 35842 del 16/04/20193ilazzeo, Rv. 276616: in tema di imputabilita', ai fini del riconoscimento del vizio totale o parziale di mente, possono rientrare nel concetto di "infermita'" anche i disturbi della personalita' o comunque tutte quelle anomalie psichiche non inquadrabili nel ristretto novero delle malattie mentali, purche' siano di consistenza, intensita' e gravita' tali da incidere concretamente sulla capacita' di intendere e di volere, escludendola o facendola scemare grandemente, e sussista un nesso eziologico tra disturbo mentale e condotta criminosa, mentre nessun rilievo deve riconoscersi ad altre anomalie caratteriali o alterazioni o disarmonie della personalita' prive dei caratteri predetti, nonche' agli stati emotivi e pass39Ionali che non si inseriscano, eccez39Ionalmente, in un quadro piu' ampio di infermita'). La Corte d'appello, quindi, non oblitera l'esistenza del disturbo di personalita', ma lo ritiene non di consistenza tale da integrare una condizione patologica che incida sulla capacita' di intendere e di volere al momento del fatto, secondo un giudizio che, come visto, e' ammesso dalla giurisprudenza di legittimita'. Inoltre, del tutto correttamente la motivazione della sentenza impugnata derubrica a "stati emotivi e pass39Ionali" inidonei ad incidere sulla capacita' di intendere e di volere la dipendenza della imputata dalla relazione affettiva con il collaboratore o quella da sostanze stupefacenti o alcooliche (Sez. 6, Sentenza n. 25252 del 03/05/2018, B., Rv. 273389: la situazione di tossicodipendenza che influisce sulla capacita' di intendere e di volere e' solo quella che, per il suo carattere ineliminabile e per l'impossibilita' di guarigione, provoca alterazioni patologiche permanenti, cioe' una patologia a livello cerebrale implicante psicopatie che permangono indipendentemente dal rinnovarsi di un'azione strettamente collegata all'assunzione di sostanze stupefacenti, tali da fare apparire indiscutibile che ci si trovi di fronte a una vera e propria malattia psichica"). Ne' costituisce passaggio illogico della motivazione la circostanza che la Corte d'appello abbia ricavato la sua conclusione, oltre che dalle affermazioni del perito, anche dagli ulteriori elementi di prova acquisiti in giudizio, ed, in particolare, dalle conversazioni intercettate, da cui ha tratto, dalla coerenza delle frasi pronunciate dall'imputata e dalla congruenza delle stesse con il contesto di fatto e le affermazioni dei suoi interlocutori, elementi di giudizio nel senso che la stessa fosse capace di comprendere cio' in cui era coinvolta e di volere i comportamenti che il suo amante (OMISSIS) le chiedeva di volta in volta di porre in essere. La valutazione del giudice sulla imputabilita' puo', infatti, essere tratta da tutto il materiale probatorio a sua disposizione. In definitiva, posto che nella decisione impugnata non s rinvengono i vizi logici dedotti in ricorso, va ricordato che "l'accertamento della capacita' di intendere e di volere dell'imputato costituisce questione di fatto la cui valutazione compete al giudice di merito e si sottrae al sindacato di legittimita' se esaurientemente motivata, anche con il solo richiamo alle valutazioni delle perizie, se immune da vizi logici e conforme ai criteri scientifici di tipo clinico e valutativo. (Sez. 1, Sentenza n. 11897 del 18/05/2018, dep. 2019, P., Rv. 276170), ed i motivi di ricorso che ne hanno riproposto la questione anche in sede di ricorso per cassazione devono, pertanto, essere giudicati infondati. 1.2. Non e' fondato neanche il secondo motivo, dedicato alla responsabilita' dell'imputata per il reato associativo di cui al capo n. 15, che sarebbe stata desunta dalla partecipazione ad un unico reato-fine. Nel motivo si sostiene, inoltre, che la imputata non avrebbe avuto coscienza di partecipare ad una organizzazione stabilmente finalizzata al commercio di stupefacenti. La giurisprudenza di legittimita' ha, in realta', piu' volte precisato che la partecipazione ad una associazione, purche' vi sia un contributo al rafforzamento del sodalizio criminoso, puo' avvenire anche quando risulti il coinvolgimento dell'imputato in un solo specifico reato-fine (Sez. 1, Sentenza n. 43850 del 03/07/2013, Durand, Rv. 257800: L'elemento oggettivo del reato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti prescinde dal numero di volte in cui il singolo partecipante ha personalmente agito, per cui il coinvolgimento in un solo episodio criminoso non e' incompatibile con l'affermata partecipazione dell'agente all'organizzazione di cui si e' consapevolmente servito per commettere il fatto. Fattispecie relativa al coinvolgimento in o' un unico episodio di programmato trasporto di un apprezzabile quantitativo di droga; conformi Sez. 3, Sentenza n. 36381 del 09/05/2019, Cruzado Ocaris, Rv. 276701; Sez. 6, Sentenza n. 1343 del 04/11/2015, dep. 2016, Policastri, Rv. 265890). La Corte d'appello ha in modo corretto tratto il contributo al rafforzamento del sodalizio evidenziando la presenza continua di (OMISSIS) nelle trattative per il commercio di stupefacente di fianco al suo amante (OMISSIS), ed aggiungendo che l'imputata "mette a disposizione del capo della associazione e dei suoi collaboratori la sua autovettura che e' praticamente il luogo sicuro in cui la medesima organizzazione stabilmente opera, atteso che al suo interno si svolgono le trattative, si contattano fornitori e acquirenti, si incontrano i sodali, si decidono le strategie di espansione del gruppo". Questa risposta e' coerente con gli esiti dell'istruttoria, in quanto a carico della imputata non e' stata ricostruita soltanto la vicenda del singolo trasporto di stupefacente a (OMISSIS) con (OMISSIS) per cui la stessa e' stata destinataria di specifica contestazione di reato-fine, ma anche i contatti prolungati con gli altri coimputati (OMISSIS) e (OMISSIS), che usavano lei per fare da tramite con (OMISSIS). Ed, infatti, coerentemente con gli esiti istruttori la Corte d'appello conclude che "la (OMISSIS) fosse in grado di decodificare alla perfezione senza sforzo anche i termini criptici e convenz39Ionali adoperati dagli altri associati" (si pensi, a titolo di esempio, alla richiesta rivolta all'imputata "digli che servono giubbotti pesanti"). Si tratta di argomenti di prova da cui in modo del tutto logico la Corte d'appello ha tratto la conclusione dello stabile coinvolgimento della stessa in un gruppo criminale organizzato, e della sua consapevolezza, anche soggettiva, di farne parte, gruppo in cui la imputata aveva un ruolo, per quanto subordinato, di esecutore di ordini o di tramite tra gli associati, che ne fanno comunque un soggetto che con la propria presenza ed i propri comportamenti ha rafforzato la operativita' dell'associazione. 1.3. E' infondato anche il terzo motivo, dedicato alla responsabilita' della imputata per il reato-fine di cui al capo n. 36. In esso si sostiene che la responsabilita' sarebbe stata desunta dalla mera partecipazione della imputata al viaggio in auto con cui lo stupefacente in disponibilita' dell'organizzazione fu trasportato a (OMISSIS), ma che in quel viaggio il soggetto incaricato del trasporto era (OMISSIS), mentre nessun incarico illecito aveva ricevuto la imputata, cui puo' essere contestata al piu' una connivenza passiva non punibile. La Corte d'appello risponde in modo molto articolato a questa deduzione difensiva, riportando alle pagine da 89 a 97 le fonti di prova esistenti sulla vicenda del trasporto di stupefacente a (OMISSIS), che consentono di delimitare bene i ruoli di ciascuno dei protagonisti della stessa, e conclude, quindi, nel senso della insostenibilita' della tesi della mera connivenza passiva, affermando che: "dalle intercettazioni sopra riportate e dalla ricostruzione dei fatti cosi' come operata attraverso le indagini tecniche egli accertamenti di p.g., non emerge una presenza meramente passiva della (OMISSIS), che secondo la difesa avvalorerebbe la tesi secondo cui il soggetto incaricato da (OMISSIS) del trasporto e del recupero del corrispettivo fosse il solo (OMISSIS), quanto piuttosto un ruolo attivo ed operativo della donna che si reca con il sodale (OMISSIS) su incarico dell' (OMISSIS) fino a (OMISSIS) mettendo a disposizione dell'associazione la propria autovettura da utilizzare per gli spostamenti ed il trasporto dello stupefacente". La risposta della Corte d'appello e', in effetti, coerente con le risultanze probatorie e non denota alcun travisamento del fatto, ne' per invenzione, ne' per omissione, essendo riportate in sentenza alcune conversazioni in cui parla (OMISSIS) in prima persona che mostra un interesse al buon esito della vendita ("speriamo che paga almeno quello che ha fatto ieri"; "prima magari di dargliela altra in mano") ed altre da cui e' legittimo inferire che a (OMISSIS) sia stato affidato il compito di riportare in (OMISSIS) i soldi ad (OMISSIS) (ad esempio, le conversazioni sempre riportate in sentenza, in cui (OMISSIS) dice "domani se non mi dai soldi...che quella martedi'...deve andare via", in cui la persona citata e' sicuramente l'imputata, perche' poi si aggiunge anche che le si deve pagare l'albergo, e dalle conversazioni riportate in sentenza risulta che in quei giorni a (OMISSIS) in camera d'albergo era sistemata proprio l'imputata). In definitiva, la risposta della Corte della presenza di un ruolo attivo, sia pure subordinato alle direttive di (OMISSIS), dell'imputata nella vicenda del trasporto e vendita di stupefacente e' congruente con le risultanze dell'istruttoria ed e' esente da vizi logici. 2. Ricorso nell'interesse di (OMISSIS) Il ricorso e' fondato. 2.1. Sono fondati, in particolare, il primo ed il secondo motivo di ricorso che devono essere letti e valutati congiuntamente. Nel primo motivo si deduce, infatti, che non sussisterebbero gli elementi costitutivi della partecipazione del ricorrente all'associazione a delinquere di tipo mafioso denominata locale di (OMISSIS) per l'occas39Ionalita' della frequentazione dell'imputato con alcuni dei suoi componenti e estraneita' dello stesso rispetto al contesto associativo, e nel secondo motivo si aggiunge che, al piu', il comportamento tenuto dall'imputato avrebbe dovuto essere scrutinato sotto il profilo del concorso esterno, di cui, pero', a quel punto la sentenza avrebbe dovuto farsi carico di verificare l'esistenza di tutti gli elementi costitutivi, tra cui quello della effettivita' del contributo causale fornito dall'esterno al sodalizio criminale. La sentenza impugnata, dopo una preliminare ricostruzione delle ragioni per cui (OMISSIS) ha ritenuto di avvicinare alcuni esponenti di vertice del clan di âEuroËœndrangheta operante nel territorio in cui viveva e dei contatti che questi ha intrattenuto con essi, ragioni che sono pacifiche perche' riportate in modo ampio nello stesso ricorso, ha tratto le conclusioni dal materiale probatorio a sua disposizione e ritenuto l'imputato responsabile della partecipazione all'associazione mafiosa con la seguente motivazione: "il (OMISSIS) deve ritenersi organicamente inserito nella cosca quale sodale, perfettamente a conoscenza delle logiche e delle dinamiche criminali dell'organizzazione, che ha lucidamente accettato, sia pure inizialmente per conseguire un utile personale, di instaurare con la cosca un rapporto sinallagmatico in virtu' del quale, in cambio di protezione e tutela, ha messo la propria persona e le sue conoscenze in materia finanziaria a disposizione della stessa organizzazione e dei suoi vertici, per conto dei quali, come sostanzialmente confessato al Pantusa, ha gestito e amministrato capitali e risorse finanziarie, compito di rilevanza fondamentale per l'intera organizzazione della quale ha certamente rafforzato le capacita' operative e le prospettive di accumulare e reinvestire illeciti profitti. Non puo', pertanto, procedersi alla richiesta riqualificazione della condotta dell'imputato nella fattispecie di cui agli articoli 110, 416 bis c.p., stante la acclarata compenetrazione organica dell'appellante nella cosca e, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa, la non occas39Ionalita' della condotta.". La sentenza della Corte d'appello, pertanto, ha ricostruito l'elemento oggettivo del reato associativo che ha ritenuto provato a carico dell'imputato nella instaurazione con la cosca di un rapporto sinallagmatico che lo ha portato a gestire ed amministrare capitali e risorse finanziarie per conto della stessa. Questa parte del percorso logico-argomentativo della Corte d'appello non resiste alle censure di illogicita' e contraddittorieta' che le sono state mosse. L'aver postulato, infatti, un rapporto di tipo sinallagmatico tra l'imputato e l'associazione indica, infatti, l'alterita' tra l'imputato e la cosca, e non la "compenetrazione organica dell'appellante nella cosca", come, invece, argomentato in sentenza; l'alterita' e' una caratteristica del concorso esterno, e non della partecipazione all'associazione criminale (cfr., per argomento in questo senso, Sez. 1, Sentenza n. 47054 del 16/11/2021, Coppola, Rv. 282455; Sez. 6, Sentenza n. 32384 del 27/03/2019, Putrino, Rv. 276474; Sez. 5, Sentenza n. 30133 del 05/06/2018, Bacchi, Rv. 273683; Sez. 5, Sentenza n. 47574 del 07/10/2016, Falco, Rv. 268403; Sez. 1, Ordinanza n. 11613 del 04/02/2005, Micari, Rv, 231630). E' vero che il percorso logico della pronuncia impugnata prosegue aggiungendo che il comportamento dell'imputato "ha certamente rafforzato le capacita' operative e le prospettive di accumulare e reinvestire illeciti profitti", ma di per se' il rafforzamento delle capacita' operative dell'associazione e' compatibile sia con la partecipazione dell'intraneus che con il concorso esterno. La sentenza si pone, in realta', il problema della possibile sussumibilita' del fatto sub articolo 110 e 416-bis c.p., ma, per escluderla, fa leva sulla "acclarata compenetrazione organica dell'appellante nella cosca" e sulla "non occas39Ionalita' della condotta", ma, posto che la prima espressione e' tautologica, la motivazione della esclusione del concorso esterno si regge allora essenzialmente sulla non occasIonalita' della condotta. La non occas39Ionalita' della condotta e' senz'altro un parametro di valutazione da cui inferire la stabilita' della partecipazione ad una associazione a delinquere (nel senso che la condotta di partecipazione ad associazione di tipo mafioso si caratterizzi per lo stabile inserimento dell'agente nella struttura organizzativa dell'associazione v., per tutte, Sez. U, Sentenza n. 36958 del 27/05/2021, Modaffari, Rv. 281889), ma di per se' non e' un parametro decisivo, perche' anche il concorso esterno puo' configurarsi come reato non occas39Ionale, o "di durata" (Sez. 5, Sentenza n. 35100 del 05/06/2013, Matacena, Rv. 255769; Sez. 5, Sentenza n. 15727 del 09/03/2012, Dell'Utri, Rv. 252329), talche' la non occas39Ionalita' e' compatibile anche con esso. La distinzione tra la partetipazione ad associazione mafiosa ed il concorso esterno alla stessa, infatti, non dipende dalla durata dei rapporti, che sono solo un indice da valutare, ed ha natura qualitativa, e non quantitativa (Sez. 2, Sentenza n. 34147 del 30/04/2015, PG in proc. Agostino, Rv. 264625), dipendendo, come detto, dalla organicita' o alterita' del rapporto tra il singolo e la consorteria. I confini tra la partecipazione all'associazione ed il concorso esterno sono stati delimitati dalla giurisprudenza di legittimita' che ha precisato che "assume il ruolo di "concorrente esterno" il soggetto che, non inserito stabilmente nella struttura organizzativa dell'associazione e privo dell"âEuroËœaffectio societatis", fornisce un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo, sempre che questo esplichi un'effettiva rilevanza causale e quindi si configuri come condizione necessaria per la conservazione o il rafforzamento delle capacita' operative dell'associazione (o, per quelle operanti su larga scala come "(OMISSIS)", di un suo particolare settore e ramo di attivita' o articolazione territoriale) e sia diretto alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso della medesima. In motivazione la Corte, rilevando come la efficienza causale in merito alla concreta realizzazione del fatto criminoso collettivo costituisca elemento essenziale e tipizzante della condotta concorsuale, di natura materiale o morale, ha specificato che non e' sufficiente una valutazione "ex ante" del contributo, risolta in termini di mera probabilita' di lesione del bene giuridico protetto, ma e' necessario un apprezzamento "ex post", in esito al quale sia dimostrata, alla stregua dei comuni canoni di "certezza processuale", l'elevata credibilita' raz39Ionale dell'ipotesi formulata in ordine alla reale efficacia condiz39Ionante della condotta atipica del concorrente" (Sez. U, Sentenza n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231671) mentre " la condotta di partecipazione e' riferibile a colui che si trovi in rapporto di stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare, piu' che uno "status" di appartenenza, un ruolo dinamico e funz39Ionale, in esplicazione del quale l'interessato "prende parte" al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione dell'ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi. In motivazione la Corte ha osservato che la partecipazione puo' essere desunta da indicatori fattuali dai quali, sulla base di attendibili regole di esperienza attinenti propriamente al fenomeno della criminalita' di stampo mafioso, possa logicamente inferirsi la appartenenza nel senso indicato, purche' si tratti di indizi gravi e precisi - tra i quali, esemplificando, i comportamenti tenuti nelle pregresse fasi di "osservazione" e "prova", l'affiliazione rituale, l'investitura della qualifica di "uomo d'onore", la commissione di delitti-scopo, oltre a molteplici, e pero' significativi "facta concludentia" -, idonei senza alcun automatismo probatorio a dare la sicura dimostrazione della costante permanenza del vincolo, con puntuale riferimento, peraltro, allo specifico periodo temporale considerato dall'imputazione" (ancora Sez. Unite n. 33748, Mannino, citata, rv. 231670). L'indagine sul dolo del concorrente esterno dovra', a sua volta, essere condotta alla luce della giurisprudenza di legittimita', che ha ritenuto che "ai fini della configurabilita', sul piano soggettivo, del concorso esterno nel delitto associativo non si richiede, in capo al concorrente, il dolo specifico proprio del partecipe, dolo che consiste nella consapevolezza di far parte dell'associazione e nella volonta' di contribuire a tenerla in vita e a farle raggiungere gli obiettivi che si e' prefissa, bensi' quello generico, consistente nella coscienza e volonta' di dare il proprio contributo al conseguimento degli scopi dell'associazione" (Sez. LI, Sentenza n. 30 del 27/09/1995, Mannino, Rv. 202904), e che ha precisato poi successivamente che "ai fini della configurabilita' del concorso esterno occorre che il dolo investa sia il fatto tipico oggetto della previsione incriminatrice, sia il contributo causale recato dalla condotta dell'agente alla conservazione o al rafforzamento dell'associazione, agendo l'interessato nella consapevolezza e volonta' di recare un contributo alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso del sodalizio. In motivazione la Corte ha precisato che deve escludersi la sufficienza del dolo. eventuale, inteso come mera accettazione da parte del concorrente esterno del rischio di verificazione dell'evento, ritenuto solamente probabile o possibile insieme ad altri risultati intenz39Ionalmente perseguiti (Sez. Unite n. 33748, Mannino, citata, rv. 231672; conforme Sez. 5, Sentenza n. 18256 del 10/01/2019, S.e.d.s. srl, Rv. 276768; nel senso che "in tema di concorso esterno in associazione di tipo mafioso, ai fini della configurabilita' del dolo, occorre che l'agente, pur in assenza dell'"affectio societatis" e, cioe', della volonta' di far parte dell'associazione, sia consapevole dell'esistenza della stessa e del contributo causale recato dalla propria condotta alla sua conservazione o al suo rafforzamento, agendo con la volonta' di fornire un apporto per la realizzazione, anche parziale, del programma criminoso del sodalizio, dovendo escludersi la sufficienza del dolo eventuale inteso come mera accettazione da parte del concorrente del rischio del verificarsi, insieme ad altri risultati intenz39Ionalmente perseguiti, dell'evento, ritenuto invece solamente probabile o possibile" v. Sez. 5, Sentenza n. 26589 del 23/02/2018, V., Rv. 273356; nel senso che "in tema di concorso esterno in associazione di tipo mafioso, ai fini della configurabilita' del dolo diretto occorre che l'agente, pur in assenza delraffectio societatis" e, cioe', della volonta' di far parte dell'associazione, sia consapevole dei metodi e dei fini della stessa nonche' dell'efficacia causale della propria attivita' di sostegno per la conservazione o il rafforzamento della struttura organizzativa, essendo a tal fine sufficiente che egli abbia previsto ed accettato tale effetto come risultato non solo possibile, bensi' certo, o comunque altamente probabile, della propria condotta. In motivazione, la Corte ha affermato che, ai predetti fini valutativi, si deve tener conto anche delle massime di esperienza desumibili, fra l'altro, dai rapporti intrattenuti con i membri del sodalizio a fini elettorali, dalla sua conoscenza del ruolo che i suddetti membri ricoprivano nell'ambito della cosca, nonche' dalle connotazioni qualitative e quantitative dell'attivita' prestata in favore dei singoli sodali o del sodalizio" (Sez. 2, Sentenza n. 18132 del 13/04/2016, PM in proc. Trematerra, Rv. 266907); nel senso che "in tema di concorso esterno in associazione di tipo mafioso, il rafforzamento del sodalizio cosi' come connotato dal suo programma delinquenziale, integrante l'evento del contributo causale del concorrente, e' oggetto di dolo generico, che deve atteggiarsi come diretto e non come meramente eventuale, nel senso che lo stesso puo' non aver rappresentato l'obiettivo unico o primario della condotta dell'imputato, ma questi deve averlo previsto, accettato e perseguito come risultato non sola possibile o probabile, bensi' certo o comunque altamente probabile della medesima condotta" (Sez. 5, Sentenza n. 15727 del 09/03/2012, Dell'Utri, Rv. 252330). La sentenza impugnata, che ha concluso nel senso della esistenza della partecipazione all'associazione, non si e' posta a quel punto il problema di sottoporre a verifica il compendio indiziario acquisito nei confronti di (OMISSIS) anche sotto il profilo della eventuale esistenza degli elementi costitutivi del concorso esterno, individuati dalla giurisprudenza di legittimita' consolidata, che ritiene che il concorrente esterno di un'associazione mafiosa sia "il soggetto che, non inserito stabilmente nella struttura organizzativa dell'associazione mafiosa e privo dell'affectio societatis (...), fornisce tuttavia un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo, sempre che questo abbia un'effettiva rilevanza causale ai fini della conservazione o del rafforzamento delle capacita' operative dell'associazione (...) e sia comunque diretto alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso della medesima" (Sez. U, Sentenza n. 33478 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 236584). Stabilendo che l'accertamento sul rafforzamento delle capacita' operative dell'associazione deve essere effettuato ex post, la sentenza Mannino ha, infatti, agganciato il concorso esterno allo statuto della causalita'. Trattandosi di un accertamento processuale che svolge una funzione di carattere selettivo delle condotte penalmente rilevanti, e', infatti, necessario che il contributo atipico sia considerato effettivamente idoneo ad aumentare la probabilita' o il rischio di realizzazione del fatto di reato, escludendone la rilevanza laddove si riveli "ininfluente o addirittura controproducente per la verificazione dell'evento lesivo" (Sez. U, n. 33478 del 12/07/2005, Mannino, cit.). Il confine tra le fattispecie della partecipazione all'associazione e del concorso esterno e' stato ulteriormente precisato con riferimento al caso, quale quello in esame, del contributo del professionista, che dovra' essere valutato alla luce del principio secondo cui "integra la condotta di "concorso esterno" l'attivita' del " professionista che fornisca un concreto, specifico e volontario contributo idoneo a conservare ovvero a rafforzare le capacita' operative del sodalizio, nella consapevolezza di favorirne, in tal modo, la realizzazione del programma criminoso" (Sez. 5, Sentenza n. 18020 del 10/02/2022, PG in proc. Laudani, Rv. 283371 - 02), con la precisazione che "In tema di concorso esterno in associazione mafiosa, l'efficienza causale del contributo arrecato dal professionista che, non inserito stabilmente nel tessuto organizzativo del sodalizio, presti la propria attivita' nell'interesse di esso, non richiede la compiuta realizzazione del risultato illecito finale perseguito, dall'associazione, assumendo rilievo la mera messa a disposizione dei sodali delle proprie competenze profess39Ionali e l'esecuzione puntuale delle prestazioni richieste, trattandosi di attivita' che comunque consolida e rafforza le capacita' operative dell'organizzazione" (Sez. 6, Sentenza n. 32902 del 23/06/2021, (OMISSIS), Rv. 281841). Quello che, pertanto, assume rilievo, ai fini della valutazione dell'atteggiamento dell'esponente del mondo profess39Ionale con cui il sodalizio criminale si rapporta, e' la valutazione della sua adesione al progetto di controllo illecito del territorio, per il quale e' indispensabile che il dolo del concorrente esterno "investa sia il fatto tipico oggetto della previsione incriminatrice, sia il contributo causale recato dalla condotta dell'agente alla conservazione o al rafforzamento dell'associazione, agendo l'interessato nella consapevolezza e volonta' di recare un contributo alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso del sodalizio" (ancora Sez. U, n. 33478 det12/07/2005, Mannino, cit.). La Corte di rinvio dovra' valutare non solo l'esistenza del contributo concorsuale, ma anche l'ipotesi partecipativa contestata. Nel caso in esame, l'accertamento compiuto dalla Corte di appello, che si e' fermato alla constatazione della esistenza della partecipazione all'associazione a delinquere, non si e' esteso a verificare ex post l'esistenza di questo contributo funz39Ionale di (OMISSIS) - alla luce del rapporto personale sicuramente esistente tra l'indagato e gli esponenti del locale di (OMISSIS) con cui si rapportava - mediante una verifica probatoria eseguita sull'efficienza causale del suo apporto concorsuale, effettuata mediante le regole tipiche dell'argomentare processuale. Nel giudizio di rinvio la Corte d'appello dovra', pertanto, compiere tale verifica congrua sulla rilevanza causale del contributo fornito da (OMISSIS) agli scopi illeciti e agli obiettivi strategici del sodalizio criminale, verifica da eseguire attraverso una valutazione del collegamento funz39Ionale dei comportamenti profess39Ionali, ed anche non strettamente profess39Ionali (si veda, ad esempio, la riferita disponibilita' di strumenti in grado di effettuare bonifiche' da microspie o la riferita disponibilita' di schede telefoniche intestate a prestanomi), dell'indagato con la sfera di operativita' del gruppo di âEuroËœndrangheta oggetto dell'accertamento giurisdiz39Ionale. La verifica sara' aperta in primo luogo alla possibilita' di individuare nel comportamento accertato la contestata condotta di partecipazione all'associazione criminale, partecipazione da valutare in base agli elementi caratteristici della stessa individuati dalla giurisprudenza di legittimita' sopra richiamata. Dalle considerazioni esposte consegue la fondatezza dei primi due motivi di ricorso, e l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio sul capo e sui profili critici segnalati, che dovra' svolgersi in coerente applicazione dei principi di diritto dettati dalle richiamate decisioni di legittimita', anche con riferimento alle specifiche censure del ricorrente, colmando, nella piena autonomia dei relativi apprezzamenti di merito le indicate lacune e discrasie della motivazione. Gli ulteriori motivi, contenuti nei due atti di ricorso, sono assorbiti. 3. Ricorso nell'interesse di (OMISSIS); Il ricorso e' infondato. 3.1. Il primo motivo deduce erronea applicazione della legge penale e motivazione manifestamente illogica o contraddittoria, in punto di riconoscimento della responsabilita' dell'imputato per il reato associativo del capo n. 15. II motivo sostiene che la responsabilita' e' stata ricavata soltanto dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS), di cui si censura la credibilita' intrinseca, avendo questi iniziato a collaborare in un periodo di detenzione e con riferite fragilita' psicologiche, e che, inoltre, mancherebbero i riscontri esterni individualizzanti idonei a corroborare tali dichiarazioni, in quanto la certa conoscenza e frequentazione trai due non e' un riscontro. La questione della credibilita' intrinseca del collaboratore (OMISSIS) e dell'attendibilita' delle sue dichiarazioni e' stata esaminata sia dalla sentenza di primo grado che da quella di appello. La Corte d'appello ha ritenuto che il materiale probatorio, costituito da intercettazioni e sequestri, che supporta le dichiarazioni del collaboratore "rende estremamente semplice la verifica del giudizio di intrinseca credibilita' delle dichiarazioni accusatorie di (OMISSIS), fornendo il medesimo, si ripete, una molteplicita' di dati univoci e chiari che disvelano con chiarezza l'esistenza della struttura organizzativa descritta dal collaboratore e, al contempo, permettono di assegnare a ciascuno degli odierni imputati quegli stessi ruoli e compiti indicati dal collaboratore di giustizia". La Corte d'appello spiega comunque che il collaboratore supera lo standard di credibilita', attesa l'assenza di motivi di astio nei confronti dei chiamati in correita', la circostanza che lo stesso abbia fornito elementi nuovi e sconosciuti, il fatto che si sia accusato nel corso della collaborazione di numerosi e gravissimi fatti delittuosi, la circostanza che, attraverso le sue dichiarazioni, sia stato possibile interpretare in modo coerente alcuni elementi, acquisiti prima dell'inizio della collaborazione, in particolare attraverso le attivita' di intercettazione svolte. A sostegno della credibilita' del collaboratore, inoltre, il giudice di primo grado aveva gia' evidenziato il modo in cui lo stesso ha risposto all'esame dibattimentale, in particolare la esposizione "chiara, precisa, puntuale, circostanziata, logica a tutte le domande rivoltegli", "la grande pacatezza", nonche' sul piano soggettivo la mancanza di atteggiamento di astio o rancore nei confronti delle persone coinvolte nelle dichiarazioni, l'essere stato valutate positivamente le dichiarazioni in altri giudizi, l'essere state riscontrare da intercettazioni, sequestro di armi e droga rinvenuti nei luoghi indicati dal collaboratore. Nella verifica della credibilita' il giudice di primo grado fa riferimento, da ultimo, anche alla prova dichiarativa costituita dalle dichiarazioni di (OMISSIS), altro collaboratore che riferisce della locale di (OMISSIS) per fatti relativi allo stesso periodo storico, e da quelle della compagna del collaboratore (OMISSIS), che riferisce delle conoscenze private dello stesso. Le conclusioni dei giudici del merito su credibilita' ed attendibilita' di (OMISSIS) sono conformi alle indicazioni della giurisprudenza di legittimita'. (OMISSIS) e', infatti, un chiamante in correita' che riferisce per lo piu', per cio' che interessa le posizioni coinvolte in questo processo, per conoscenza diretta, e non de relato; si tratta, quindi, della figura soggettiva che nella sistematica della pronuncia Sez. U, Sentenza n. 20804 del 29/11/2012, dep. 2013, Aquilina, Rv. 255145, gode dello standard di credibilita' maggiore. Il giudizio di credibilita' soggettiva e di attendibilita' oggettiva del collaboratore e', inoltre, correttamente motivato sul piano logico con la circostanza che le sue dichiarazioni abbiano trovato riscontro nei diversi sequestri cli stupefacente ed armi ottenuti grazie alle sue dichiarazioni. E' ulteriore argomento logico che sostiene il giudizio di credibilita' del collaboratore la circostanza che parte delle stesse vicende narrate da (OMISSIS) fossero gia' state acquisite alla investigazione perche' oggetto delle conversazioni intercettate. Ne' sono stati spesi argomenti in ricorso per contrastare la tesi dell'assenza di motivi di astio o rancore del collaboratore verso le persone coinvolte nelle dichiarazioni, talche' sotto questo rilevante profilo il ricorso si palesa parziale ed aspecifico. In definitiva, sul piano del giudizio di credibilita' del collaboratore le sentenze di entrambi i gradi del merito resistono alle critiche che sono state loro rivolte. Il motivo non e' fondato neanche in punto di asserita mancanza di riscontri individualizzanti a carico di (OMISSIS). La Corte d'appello ha ritenuto che le dichiarazioni di (OMISSIS) siano riscontrate in modo individualizzante nei confronti di (OMISSIS) dalla conversazione registrata in data 22 febbraio 2011, alle ore 17.45, all'interno dell'autovettura in uso ad (OMISSIS) intercorsa fra questi, (OMISSIS) ed il ricorrente (chiamato compare (OMISSIS)) e in seguito anche con il nipote di quest'ultimo chiamato espressamente (OMISSIS) o (OMISSIS), riportata alle pagg. 263 e 264 della sentenza di primo grado, il cui tenore, in effetti, e' inequivoco, trattandosi di uno spostamento effettuato con l'evidente fine di provvedere alla fornitura di sostanze stupefacenti le cui trattative erano in corso, come risulta dal riferimento a quantitativi, alla qualita' della sostanza, al costo della stessa. Nel motivo di ricorso la difesa del ricorrente sostiene che i giudici del merito si siano fatti accecare da questa conversazione, e non abbiano valutato che le dichiarazioni del collaboratore siano parzialmente smentite da due periodi di detenzione che ha affrontato il ricorrente. L'argomento, pero', non e' decisivo, perche' dalla stessa prospettazione del ricorso i periodi di detenzione del ricorrente vanno dal 1991 al 2002 e dal maggio 2009 al giugno 2010, e non toccano quindi i fatti per cui e' processo che sono successivi. E' vero che nelle sue dichiarazioni (OMISSIS) accenna anche ad attivita' criminali avvenute nel 2001, ma il rapido accenno del collaboratore ("quando mi hanno preso a maggio del 2001, a lui lo avevo lasciato fuori") non semplice, peraltro, da contestualizzare, non e' illogico non abbia avuto nel giudizio della Corte d'appello, attesa la lontananza temporale dal nucleo centrale dei fatti contestati, rilievo prevalente rispetto alla conversazione intercettata di cui si e' riportato sopra il riferimento, in cui e' lo stesso (OMISSIS) che parla di commercio di stupefacente, e che gia' di per se', piu' che mero elemento di riscontro, costituisce prova a carico nei suoi confronti. A differenza di quanto sostenuto in ricorso, non e' rilevante, inoltre, che la conversazione non abbia portato alla contestazione di un reato-fine, il che non inficia sul piano logico la circostanza che essa sia stata riconosciuta come indice chiaro del (Ndr: testo originale non comprensibile) coinvolgimento del ricorrente nel commercio di stupefacenti gestito dall'associazione. Ne' e'rilevante la mancanza o il numero limitato di contatti con sodali diversi da (OMISSIS), perche' non e' elemento necessario per la configurabilita' del reato associativo che gli associati si conoscano necessariamente tra loro (Sez. 6, Sentenza n. 11733 del 16/02/2012, Abboubi, Rv. 252232: Per la configurabilita' dell'associazione dedita al narcotraffico non e' richiesta la conoscenza reciproca fra tutti gli associati, essendo sufficiente la consapevolezza e la volonta' di partecipare, assieme ad almeno altre due persone aventi la stessa consapevolezza e volonta', ad una societa' criminosa strutturata e finalizzata secondo lo schema legale; Sez. 6, Sentenza n. 14223 del 03/06/1989, Spadano, Rv. 182338: Per la sussistenza dell'elemento soggettivo del reato di associazione per delinquere, previsto dall'articolo 75 della L. 22 dicembre 1975 n. 685, e' richiesta la consapevolezza e la volonta' di far parte dell'organizzazione, condividendone le finalita', con netta autonomia materiale e psicologica rispetto ai reati programmati. E' necessario e sufficiente che l'adesione si manifesti con contributi del singolo innestati nella struttura associativa, in vista del perseguimento dei suoi scopi, mentre non e' richiesto da parte di ogni partecipe la conoscenza di tutti i particolari della struttura organizzativa dell'associazione (persone e mezzi) e delle attivita' realizzate (quantitativi e ricavi dello spaccio); Sez. 2, Sentenza n. 4976 del 17/01/1997, P.M. e Accardo, Rv. 207845: La condotta di partecipazione all'associazione per delinquere di cui all'articolo 416-bis c.p. e' a forma libera, nel senso che il comportamento del partecipe puo' realizzarsi in forme e contenuti diversi, purche' si traduca in un contributo non marginale ma apprezzabile alla realizzazione degli scopi dell'organismo: in questo modo, infatti, si verifica la lesione degli interessi salvaguardati dalla norma incriminatrice, qualunque sia il ruolo assunto dall'agente nell'ambito dell'associazione; ne consegue che la condotta del partecipe puo' risultare variegata, differenziata, ovvero assumere connotazioni diverse, indipendenti da un formale atto di inserimento nel sodalizio, sicche' egli puo' anche non avere la conoscenza dei capi o degli altri affiliati essendo sufficiente che, anche in modo non rituale, di fatto si inserisca nel gruppo per realizzarne gli scopi, con la consapevolezza che il risultato viene perseguito con l'utilizzazione di metodi mafiosi). E non e' un elemento di illogicita' della sentenza la circostanza che non esistesse un organigramma della organizzazione, non essendo questo un elemento necessario di una struttura criminale. Non inficia, da ultimo, sul piano logico la sentenza impugnata l'aver costruito il ruolo del ricorrente come procacciatore dello stupefacente, ed a volte acquirente e rivenditore in proprio dello stesso, perche' la circostanza che l'imputato rivendesse anche in proprio non comporta l'estraneita' dello stesso alla struttura criminale essendo logicamente sostenibile la presenza anche di un profitto in proprio, e non soltanto come quota di quello del gruppo criminale. 3.2. Con il secondo motivo deduce erronea applicazione della legge penale e motivazione manifestamente illogica o contraddittoria, in punto di recidiva (riconosciuta soltanto in virtu' dei precedenti penali e senza alcuna valutazione della maggiore capacita' criminale), mancata valutazione delle attenuanti generiche per il ruolo marginale (in ipotesi cada la preclusione dovuta alla recidiva), e pena applicata in concreto (in quanto il giudice e' partito da una pena base di 10 anni, molto superiore al limite edittale, senza adeguata motivazione). Il motivo non e' fondato. In punto di recidiva la motivazione della pronuncia impugnata e' la seguente "l'imputato e' gravato da piu' condanne definitive per reati gravissimi e della stessa indole di quello per cui si procede, che, posti in correlazione a quello oggetto di giudizio, la partecipazione ad una pericolosissima associazione che, dotata di una stabile struttura organizzativa che, sotto la guida del capo (OMISSIS), ha per anni operato con profess39Ionalita' nel settore del traffico degli stupefacenti, manifestano indubbiamente una sua maggiore pericolosita' sociale". La motivazione e', pertanto, rispettosa dello standard motivaz39Ionale previsto dalla pronuncia Sez. U, Sentenza n. 35738 del 27/05/2010, P.G. in proc. Celibe, Rv. 247838, perche' da' adeguatamente conto dell'incremento di capacita' criminale conseguenza dei reati per cui l'imputato aveva riportato condanna. In punto di attenuanti generiche, la motivazione della sentenza impugnata sulla mancata concessione e' la seguente: "la gravita' dei fatti in contestazione ed i precedenti penali dell'imputato, non consentono il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e, comunque, non sono rilevabili elementi di segno positivo idonei a determinare l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche ". La motivazione e' stata ancorata, quindi, a parametri che trovano in effetti aggancio normativo nell'articolo 133, commi 1 e 2, c.p.. In punto di pena applicata in concreto, la motivazione della pronuncia di appello e' la seguente: "l'omessa illustrazione di motivi che indichino le ragioni per le quali la sanzione inflitta dal giudice di primo grado non sia conforme ai criteri indicati dall'articolo 133 c.p., rende Impossibile raccoglimento della richiesta di contenimento della pena inflitta all'imputato nel minimo edittale, avanzata dalla difesa, ritenendosi, d'altronde, del tutto congrua la pena irrogata dal primo giudice". Si tratta di motivazione conforme ai principi generali in punto di contenuto necessario dell'atto di appello, correttamente ritenuto generico, al fine di radicare il rapporto processuale di secondo grado (cfr. Sez. U, Sentenza n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268823), e che preclude l'ulteriore esame della censura in sede di legittimita'. 4. Ricorso nell'interesse di (OMISSIS); Il ricorso e' infondato. 4.1. Il primo motivo e' dedicato alla responsabilita' dell'imputato per il reato associativo del capo n. 15. In esso si deduce che il giudizio di responsabilita' e' stato fondato soltanto sulle dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS), che le dichiarazioni non sono riscontrate, se non da due intercettazioni dal contenuto comunque equivoco, e che anzi le dichiarazioni del collaboratore sono smentite dalle dichiarazioni di persone vicine a lui come (OMISSIS) e (OMISSIS) che hanno escluso di conoscere il ricorrente; non risulterebbero, d'altronde, contatti con sodali diversi dal collaboratore, se non per un dialogo nell'auto di (OMISSIS), in ogni caso mancherebbe qualsiasi prova di un programma generico volto alla commissione di un numero indeterminato di reato di spaccio e mancherebbe la prova della consapevolezza del ricorrente di partecipare ad una associazione. La motivazione della sentenza impugnata su questi argomenti gia' proposti in sede di appello e' la seguente: "l' (OMISSIS) ha reso nei confronti dell'appellante dichiarazioni precise, puntuali, circostanziate, costanti la cui intrinseca credibilita' oggettiva e soggettiva e' stata positivamente valutata dal primo giudice con giudizio pienamente condiviso da questa Corte. Quelle dichiarazioni sono riscontrate in modo individualizzante dalle emergenze delle intercettazioni (riportate e richiamate alle pagg. 252-257 della sentenza impugnata) e, in primo luogo, nella conversazione n. 173 captata il 5 febbraio 2011 a bordo dell'autovettura di (OMISSIS) all'interno della quale vi erano anche (OMISSIS) e (OMISSIS) (conversazione RIT 46/11, progr. n. 173, trascritta in forma peritale)". Nella individuazione dei riscontri esterni la sentenza impugnata richiama anche le "conversazioni intercettate tra (OMISSIS) e (OMISSIS), quelle tra (OMISSIS) e (OMISSIS) aventi ad oggetto un contrasto insorto tra il (OMISSIS) e (OMISSIS) in relazione al mancato pagamento di una fornitura di droga e per risolvere il quale viene incaricato da (OMISSIS) proprio (OMISSIS)". Si tratta di motivazione che resiste-alle censure che le vengono mosse nel ricorso. La correttezza sul piano logico del giudizio di credibilita' intrinseca ed attendibilita' estrinseca delle dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS) formulato dai giudici del merito e' stata gia' esaminata nel paragrafo 3.1. di questa sentenza, che affronta l'analogo motivo di ricorso proposto nel ricorso (OMISSIS), si fa rinvio, pertanto, a quanto osservato esaminando tale motivo dl ricorso. La circostanza, poi, che la (OMISSIS) non conoscesse l'imputato non e' idonea a disarticolare il percorso logico della pronuncia impugnata, perche' dimostra soltanto che lo stesso non frequentava il collaboratore nella vita privata, o che lo frequentava in altri ambiti della vita privata del collaboratore ( (OMISSIS) aveva conosciuto l'amante del collaboratore, (OMISSIS)r pure imputata in questo giudizio). E', invece, del tutto irrilevante che non lo conoscesse neanche (OMISSIS), che non e' neanche coimputato nel medesimo reato. In ogni caso, il giudizio della Corte d'appello ha una solida base nella conoscenza e nell'esistenza di accordi commerciali tra il collaboratore e (OMISSIS), che e' attestata dalle conversazioni intercettate in cui gli stessi colloquiano, talche' la deduzione di inattendibilita' del collaboratore perche' l'imputato (OMISSIS) non e' conosciuto da persone a lui vicine si scontra comunque con il dato obiettivo della esistenza di rapporti tra i due soggetti provato da altra fonte di prova. La circostanza poi che non risultino contatti con associati diversi dal collaboratore e da (OMISSIS) non e' di per se' decisivo, in quanto le organizzazioni criminali possono essere strutturate anche secondo modelli in cui il vertice della stessa intrattiene rapporti separati con i diversi associati fungendo da collante ed organizzatore dell'apporto fornito da ciascuno di essi (v. Sentenze n. 11733 del 16/02/2012, Abboubi n. 14223 del 03/06/1989, Spadano Sez. 2, Sentenza n. 4976 del 17/01/1997, P.M. e Accardo, citate sopra nel paragrafo 3.1.). Il motivo non e' fondato neanche nella parte in cui sostiene l'inesistenza di riscontri individualizzanti alle dichiarazioni del collaboratore sulla posizione di (OMISSIS). Si e' detto che la Corte d'appello ha ricavato l'esistenza di tali riscontri individualizzanti da diverse conversazioni intercettate, riportate dettagliatamente in sentenza. In ricorso si sostiene che tali conversazioni sono equivoche, ma, in realta', non si ritiene illogico che la Corte d'appello abbia considerato un riscontro individualizzante, ad esempio, la intercettazione ambientale del 5 febbraio 2011 in cui partecipano alla conversazione, oltre a (OMISSIS), il collaboratore e (OMISSIS), nella cui autovettura si svolge la scena, perche' i termini utilizzati dai conversanti sono palesemente quelli di una trattativa commerciale ("pagamento a uno e quattro"; "a seconda, a seconda la quantita'"; "ma mille e quattro e' assai"), per di piu', trattativa commerciale di una merce illecita (perche' per lo scambio viene formulata la proposta di non andare "all'(OMISSIS)...perche' troppe telecamere..."); La circostanza poi che la Corte d'appello abbia valorizzato anche il ruolo specifico che svolgeva (OMISSIS) nel contesto associativo, come soggetto deputato a tenere i profitti del reato (secondo le dichiarazioni del collaboratore), o incaricato della risoluzione delle controversie sui pagamenti (secondo alcune conversazioni intercettate), oltre che rendere evidente il ruolo di (OMISSIS) di fiduciario del capo della organizzazione, rende del tutto logica la conclusione che la Corte trae della consapevole stabile appartenenza dello stesso ad una organizzazione criminale. 4.2. Il secondo motivo e' dedicato alla recidiva. In esso si sostiene che e' stata ritenuta la recidiva infraquinquennale in ragione di una sentenza di condanna, quella dell'(OMISSIS), che pero' non era ancora intervenuta al momento di commissione del reato. Il motivo e' infondato, perche' fraintende il precedente penale di riferimento su cui la sentenza impugnata ha fondato il giudizio di esistenza della infraquinquennalita' della recidiva. Infatti, nella motivazione della sentenza si legge che "l'appello puo' accolto limitatamente alla ritenuta recidiva che puo' configurarsi soltanto come recidiva infraquinquennale e non anche specifica, posto che alla data del commesso reato l'imputato non aveva ancora riportato condanne in materia di stupefacenti". Proprio perche' la Corte d'appello ha scritto che "alla data del commesso reato l'imputato non aveva ancora riportato condanne in materia di stupefacenti", cio' vuoi dire che la condanna cui ha fatto riferimento per fondare una recidiva infraquinquennale, ma non specifica, non puo' essere quella cui si riferisce il ricorso, ma altra condanna con un oggetto diverso dai reati in materia di cessione di stupefacenti. Ed, in effetti, nel certificato penale dell'imputato si rinviene una condanna del Tribunale di Milano del 24 marzo 2009, irrevocabile il 1 ottobre 2009, per il delitto dell'allora vigente articolo 9, comma 2 L. 27 dicembre 1956; n. 1423, che, in ragione della data in cui si collocano le condotte attribuite all'imputato in questo processo, si presta a fondare un giudizio di infraquinquennalita' (Sez. 2, Sentenza n. 32785 del 13/07/2021, Amadasi, Rv. 281860: ai fini del riconoscimento della recidiva aggravata infraquinquennale il calcolo dei cinque anni va effettuato considerando come "dies a quo" non gia' la data di commissione dell'ultimo delitto antecedente a quello espressivo della recidiva, bensi' quella relativa al passaggio in giudicato della sentenza avente ad oggetto il medesimo reato presupposto), ma non un giudizio di specificita' della recidiva, quale quello che, in effetti, la Corte d'appello - rettificando la conclusione cui era giunto il giudice di primo grado che aveva valorizzato la sentenza in materia di spaccio per ritenere la recidiva non solo infraquinquennale ma anche specifica - ha correttamente tratto. 5. Ricorso nell'interesse di (OMISSIS); Il ricorso e' infondato. 5.1. Il primo motivo, dedicato alla responsabilita' per il reato associativo del capo n. 15, e' infondato. In esso si deduce che vi e' prova che la ricorrente abbia acquistato stupefacente, ma non che lo abbia destinato allo spaccio, in quanto la prova della destinazione allo spaccio consisterebbe soltanto nelle dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS), dichiarazioni generiche, e non riscontrate, e si deduce che comunque gli specifici fatti di spaccio contestati alla imputata nei capi da n. 31 a 33 sono commessi nel corso di un solo mese, il che sarebbe in contrasto con la tesi della stabilita' del rapporto associativo. La risposta della Corte d'appello a queste deduzioni difensive e' stata la seguente: "l'impianto probatorio fonda, in primo luogo, sulle dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS) che l'ha definita persona che "vendeva per noi, per il locale di (OMISSIS) e la maggior parte si riforniva da noi e in piu' era una persona di fiducia", precisando che la (OMISSIS), detta âEuroËœ (OMISSIS)' prendeva la cocaina per rivenderla agli spacciatori, per quelli che âEuroËœspacciavano poi al dettaglio". La sentenza impugnata poi aggiunge che "il collaboratore ha reso nei confronti dell'appellante dichiarazioni precise, puntuali, circostanziate, costanti la cui intrinseca credibilita' oggettiva e soggettiva deve essere positivamente valutata. Quelle dichiarazioni sono riscontrate in modo individualizzante dalle dichiarazioni rese nei confronti dell'imputata da (OMISSIS) che l'ha riconosciuta in foto e l'ha inditata come soggetto che si occupava del settore degli stupefacenti. Ulteriori e plurimi elementi di riscontro alle dichiarazioni del collaboratore sono costituiti dalle intercettazioni effettuate prima che l' (OMISSIS) iniziasse il suo percorso collaborativo e che sono poste anche a fondamento delle contestazioni dei reati fine di cui al capi 31), 32) e 33) della rubrica. Dunque, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa, l'adesione dell'imputata al sodalizio non fonda soltanto sull'accertata commissione dei reati fine, quanto su un molto piu' vasto ed articolato materiale probatorio che denota il pieno ed organico inserimento dell'imputata nella associazione in oggetto, l'apporto da lei fornito alla attuazione del programma delinquenziale della associazione medesima e la piena adesione al programma delittuoso". La risposta della sentenza impugnata e' priva di vizi logici ed esente da censure di travisamento delle evidenze probatorie. Il giudizio della Corte d'appello di credibilita' del collaboratore (OMISSIS) e' stato gia' scrutinato al punto 3.1. di questa sentenza, cui, pertanto, si fa rinvio. I riscontri individualizzanti relativi alla posizione di (OMISSIS), individuati dalla sentenza impugnata nelle dichiarazioni di (OMISSIS) ed in alcune conversazioni intercettate, sono esenti dalle censure formulate in ricorso, perche' le dichiarazioni della (OMISSIS) che definisce (OMISSIS) come una persona che si occupava di stupefacenti, oltre che essere certamente individualizzanti, perche' a lei senza alcun dubbio si riferiscono, hanno' un contenuto sufficientemente specifico per essere considerato un riscontro (un riscontro non deve essere una prova autonoma; la prova nei confronti di (OMISSIS) continua ad essere la chiamata in correita' del collaboratore, le dichiarazioni di (OMISSIS) servono soltanto a confermare dall'esterno questa chiamata). Inoltre, le conversazioni intercettate, tra cui soprattutto quella valorizzata dalla sentenza impugnata in cui la imputata pressa il suo interlocutore per ottenere subito la consegna dello stupefacente perche' "tra un'ora mi viene qua la persona", in base ai canoni della logica, in modo del tutto corretto, sono state ritenute dalla sentenza impugnata prove di una condotta di acquisto nello stupefacente finalizzata alla successiva rivendita senza che, a tal fine, sia necessaria anche la prova della avvenuta traditio. In ordine alla questione del periodo molto breve in cui durano i contatti della (OMISSIS) con gli associati, il che denoterebbe - a giudizio del ricorso - mancanza di stabilita' del rapporto con l'associazione, va osservato che si tratta di una circostanza che, dipendendo, in realta', anche da fattori esterni quali la durata della investigazione e della osservazione della imputata, in modo non illogico e' stata ritenuta non decisiva, atteso che in ogni caso "in tema di associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, ai fini della verifica degli elementi costitutivi della partecipazione al sodalizio, ed in particolare dell'"affectio" di ciascun aderente ad esso, non rileva la durata del periodo di osservazione delle condotte criminose, che puo' essere anche breve, purche' dagli elementi acquisiti possa inferirsi l'esistenza di un sistema collaudato al quale gli agenti abbiano fatto riferimento anche implicito, benche' per un periodo di tempo limitato" (Sez. 6, Sentenza n. 42937 del 23/09/2021, Sermone, Rv. 282122). In definitiva, il giudice della Corte d'appello di credibilita' del collaboratore, attendibilita' delle sue dichiarazioni ed esistenza di riscontri esterni individualizzanti alle sue dichiarazioni sulla posizione di (OMISSIS) e' esente da vizi logici, ed il motivo di ricorso deve essere rigettato. 5.2. Il secondo motivo, dedicato, a quanto e' dato di capire, alla responsabilita' per il reato-fine del capo n, 31 (il ricorso non indica in modo chiaro il capo della decisione impugnato, ma lo si puo' desumere a contrario dalla circostanza che la difesa precisa espressamente di non impugnare la condanna per i capi nn. 32 e 33), e' infondato. In esso si riprende un argomento gia' proposto nel precedente motivo di ricorso, e si sostiene che la responsabilita' per questo singolo episodio e' stata tratta da una conversazione di per se' equivoca, che da' conto del fatto che la ricorrente abbia acquistato stupefacente ma non che lo abbia anche venduto, perche' la frase in cui la stessa chiedeva una consegna urgente perche' "tra un'ora mi viene qua la persona" non e' prova di spaccio in mancanza di riscontro successivo sull'avvenuta traditio. Come si e' gia' detto al punto precedente, una conversazione, quale quella valorizzita dalla sentenza impugnata, in cui la imputata pressa il suo interlocutore per ottenere subito la consegna dello stupefacente perche' "tra un'ora mi viene qua la persona", in base ai canoni della logica, in modo del tutto corretto e' stata ritenuta dalla sentenza impugnata prova di una condotta di acquisto dello stupefacente finalizzata alla successiva rivendita, in presenza, peraltro, di dichiarazioni del collaboratore che riferisce che la imputata vendeva per conto dell'organizzazione, talche' la conclusione della sentenza impugnata che le conversazioni abbiano "univoco e chiarissimo significato e dimostrano, al di la' di ogni ragionevole dubbio, che la (OMISSIS) ha trattato con (OMISSIS) l'acquisto di sostanza stupefacente destinata alla cessione a terzi e di cui l'imputata aveva la disponibilita'" e' esente da vizi logici. 5.3. Il terzo motivo lamenta omessa motivazione sulla richiesta di riqualificare i fatti nella fattispecie dell'articolo 73 comma 5 Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, in quanto la risposta della Corte d'appello che si tratterebbe di "notevoli quantitativi" e' una mera clausola di stile. Il motivo e' manifestamente infondato. La motivazione della pronuncia di appello sul punto e' la seguente: "non puo' essere ritenuta l'ipotesi del comma 5 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 in considerazione del fatto che si e' trattato di una pluralita' di condotte, concentrate in un ristretto ambito temporale e geografico e connotate da identiche modalita' operative, di cessione di sostanze i cui notevoli quantitativi erano gestiti da una rete di soggetti che facevano capo, quale referente, all'imputata che, secondo le dichiarazioni dell' (OMISSIS) si approvvig39Ionava dalla locale di (OMISSIS) e vendeva la droga disponendo, sostanzialmente, di una rete di spacciatori al dettaglio". Il motivo di ricorso aggredisce questa parte della sentenza sostenendo che il controllo del giudice avrebbe dovuto concentrarsi sulle imputazioni contestate a (OMISSIS), ne avrebbe concluso che si tratta di vendita di piccole quantita' di stupefacente al dettaglio. In realta', non e' illogico che la pronuncia impugnata abbia valutato la condotta della ricorrente inserendola all'interno del contesto organizzativo in cui era inserita, e quindi alla sua vicinanza all'organizzazione criminale che le forniva lo stupefacente, nonche' alla sua capacita' di creare una rete organizzata di rivenditori al dettaglio per provvedere allo smercio dello stesso. Sul punto la pronuncia ha fatto corretta applicazione della giurisprudenza di legittimita' che attribuisce rilievo ai fini del riconoscimento del reato di cui all'articolo 73, comma 5 alle relazioni dell'agente con il mercato di riferimento ed alla rete organizzativa in cui lo stesso e' inserito (Sez. 4, Sentenza n. 476 del 25/11/2021, dep. 2022, Quaranta, Rv. 282704: In tema di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, ai fini della qualificazione dei singoli reati scopo come ipotesi di lieve entita' di cui all'articolo 73, comma 5, Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, puo' tenersi conto del dato quantitativo relativo agli approvvig39Ionamenti del gruppo, quale indice della finalizzazione degli stessi alla commissione di fatti non riconducibili allo spaccio di lieve entita', fatta salva l'autonomia della valutazione complessiva della pericolosita' delle singole condotte di cessione sulla base di tutti gli altri indici disponibili; Sez. 3, Sentenza n. 6871 del 08/07/2016, dep. 2017, Bandera, Rv. 269149: In materia di sostanze stupefacenti, la reiterazione nel tempo di una pluralita' di condotte di cessione della droga, pur non precludendo automaticamente al giudice di ravvisare il fatto di lieve entita', entra in considerazione nella valutazione di tutti i parametri dettati, in proposito, dall'articolo 73, comma 5, Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309; ne consegue che e' legittimo il mancato riconoscimento della lieve entita' qualora la singola cessione di una quantita' modica, o non accertata, di droga costituisca manifestazione effettiva di una piu' ampia e comprovata capacita' dell'autore di diffondere in modo non episodico, ne' occas39Ionale, sostanza stupefacente, non potendo la valutazione della offensivita' della condotta essere ancorata al solo dato statico della quantita' volta per volta ceduta, ma dovendo essere frutto di un giudizio piu' ampio che coinvolga ogni aspetto del fatto nella sua dimensione oggettiva). 5.4. Il quarto motivo, dedicato all'aggravante del comma 3 dell'articolo 74 Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, e' infondato. In esso si sostiene che non e' possibile applicare anche al tossicodipendente partecipe di una associazione ex articolo 74 l'aumento di pena previsto per chi utilizza dei tossicodipendenti nella struttura dell'associazione. La sentenza impugnata risponde a tale motivo di appello sostenendo che: "detta aggravante e' configurabile anche nei confronti dell'associato tossicodipendente, in quanto il requisito oggettivo di applicabilita' della circostanza e' esclusivamente costituito dal fatto che tra i partecipanti all'associazione vi siano persone dedite all'uso di sostanze stupefacenti, in considerazione della maggiore pericolosita' sociale di un'organizzazione criminosa che si avvalga della partecipazione di tossicodipendenti". La risposta della Corte d'appello e' conforme all'orientamento della giurisprudenza di legittimita', che ha ritenuto che "in materia di associazione finalizzata al traffico di droga, l'aggravante prevista dall'articolo 74, comma 3, Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e' configurabile anche nei confronti dell'associato tossicodipendente, in quanto il requisito oggettivo di applicabilita' della circostanza e' esclusivamente costituito dal fatto che tra i partecipanti all'associazione vi siano persone dedite all'uso di sostanze stupefacenti, in considerazione della maggiore pericolosita' sociale di un'organizzazione criminosa che si avvalga della Partecipazione di tossicodipendenti" (Sez. 6, Sentenza n. 13749 del 24/02/202, FeiMeri, Rv. 281499; Sez. 2, Sentenza n. 48924 del 11/10/2016, Adduci, Rv. 268527). La motivazione della Corte di appello resiste, pertanto, alle censure che le sono rivolte ed il relativo motivo di ricorso deve essere giudicato infondato. 6. Ricorso nell'interesse di (OMISSIS); Il ricorso e' infondato. 6.1. Il primo motivo e' dedicato alla responsabilita' per il reato associativo del capo n. 15. In esso si evidenzia che le dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS) sono inattendibili, che le intercettazioni costituiscono prova solo dei reati-fine, che di per se' non sono sufficienti a ritenere provata anche l'associazione, di cui mancherebbero sufficiente stabilita' e programma criminoso. Il motivo non e' fondato. Il giudizio della Corte d'appello di credibilita' ed attendibilita' delle dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS) e' stato gia' vagliato al punto 3.1. di questa sentenza, cui si fa rinvio. La Corte d'appello ha poi risposto anche alla deduzione contenuta nel motivo di appello, e riproposta in quello di ricorso, secondo cui le dichiarazioni di (OMISSIS), le intercettazioni e gli ulteriori elementi di prova non restituirebbero comunque la prova dell'esistenza di una struttura associativa, ma, al piu', soltanto di reati-fine. La sentenza impugnata risponde nella parte generale, dedicata alla preliminare ricognizione dell'esistenza o meno di una struttura associativa, ed afferma che "dall'istruttoria dibattimentale e' emerso che il programma delittuoso della "locale" di (OMISSIS) comprendeva anche il traffico di sostanze stupefacenti, di varia natura e tipologia, che veniva svolto in maniera stabile e profess39Ionale attraverso una struttura organizzativa a cio' preposta, la quale si sovrapponeva, distinguendosene, dalla parallela associazione âEuroËœndranghetistica di cui costituiva, appunto, una diversa forma di manifestazione, aventi precise e peculiari caratteristiche, oltre che uno specifico campo di azione. Tale struttura operava, infatti, non solo in quella porzione del territorio calabrese soggetta alla influenza del locale di (OMISSIS) (e quindi nell'area geografica c.d. (OMISSIS), a. cavallo tra le provincie di (OMISSIS) e (OMISSIS)), ma anche in Lombardia e precisamente nel Comune di (OMISSIS) ove, per lungo tempo, (OMISSIS) ha vissuto ed operato, nonche' nella citta' di (OMISSIS)". E' una conclusione coerente con le risultanze dell'istruttoria; e' vero, infatti, che da esse si puo' correttamente desumere che l'organizzazione era incentrata su (OMISSIS) e sulle persone che gli ruotavano attorno, ma, come rileva in modo del tutto logico la stessa Corte d'appello, un'associazione finalizzata al commercio di sostanze stupefacenti non richiede una complessa ed articolata organizzazione dotata di notevole disponibilita' economica e di imponenti strumenti operativi, essendo sufficiente l'esistenza di strutture sia pure rudimentali deducibili dalla predisposizione di mezzi, anche semplici ed elementari, per il perseguimento del fine comune. Nel caso in esame, nel senso della esistenza di una struttura organizzativa non e' illogico siano stati valorizzati nelle sentenze dei giudici del merito la durata prolungata dei contatti tra gli associati, l'esistenza o' di piu' fonti di approvvig39Ionamento, l'esistenza di piu' luoghi di spaccio, l'esistenza di diversi corrieri, la centralizzazione della destinazione dei proventi che finivano al contabile deputato a tenere i soldi. In questo contesto non e', pertanto, illogico che la sentenza impugnata abbia ritenuto rag (OMISSIS) la prova dell'esistenza di una stabile struttura organizzativa. 6.2. Il secondo motivo e' dedicato al mancato riconoscimento della ipotesi lieve del comma 6 dell'articolo 74 per il reato associativo del capo n. 15. In esso si deduce che lo stesso collaboratore di giustizia (OMISSIS) ha parlato nelle dichiarazioni rese di quantita' di stupefacente che di volta in volta erano pari a qualche chilogrammo, e che nella stessa imputazione si parla di quantita' imprecisate; si aggiunge che la associazione aveva una scarsa struttura utilizzando autovetture occas39Ionali, che l'unica modalita' di vendita provata era quella al minuto, indice di scarsa capacita' criminale, che mancava una cassa comune, che mancava la capacita' di incidere sul territorio di (OMISSIS) ove erano operanti ben altre organizzazioni. Il motivo non e' fondato. La motivazione della sentenza impugnata sul punto respinge l'analogo motivo di appello "in considerazione della capacita' operativa, dell'articolata organizzazione, della capacita' di approvvig39Ionamento continuo e sistematico di sostanze stupefacenti di diversa qualita', dell'articolato organigramma del gruppo, della posizione di controllo del mercato evidenziate dall'associazione in esame". La motivazione e' conforme alla giurisprudenza di legittimita', ed e' anzi sovrabbondante rispetto a cio' che richiede la stessa, che ammette l'attenuante del comma 6 solo per le associazioni che trafficano soltanto quantita' di stupefacente che rientrino nei limiti del comma 5 dell'articolo 73, ovvero, in definitiva, piccole strutture organizzate di spacciatori al dettaglio (Sez. 6, Sentenza n. 1642 del 09/10/2019, dep. 2020, PG in proc. Degli Angioli, Rv. 278098: "in tema di stupefacenti, la fattispecie associativa prevista dall'articolo 74, comma 6, Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e' configurabile a condizione che i sodali abbiano programmato esclusivamente la commissione di fatti di lieve entita', predisponendo modalita' strutturali e operative incompatibili con fatti di maggiore gravita' e che., in concreto, l'attivita' associativa si sia manifestata con condotte tutte rientranti nella previsione dell'articolo 73, comma 5, Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990. Fattispecie in cui la Corte ha confermato la condanna per l'associazione minore, evidenziando che il sodalizio si riforniva di eroina, sempre presso gli stessi fornitori, per quantitativi non eccedenti i 100 gr. per volta, in quanto non aveva capacita' finanziaria per acquisti maggiori, che non spacciava sostanze di tipo diverso, che non aveva, sul territorio di riferimento, una posizione di controllo del mercato, che presentava un organigramma estremamente ridotto e che gli associati erano gia' stati condannati in primo grado per fatti di droga di lieve entita'; conformi Sez. 3, Sentenza n. 44837 del 06/02/2018, Caprioli, Rv. 274696; Sez. 4, Sentenza n. 53568 del 05/10/2017, PG in proc. Perdo, Rv. 271708). Nel caso in esame, le quantita' di stupefacente che, secondo la stessa prospettazione contenuta nelle dichiarazioni di (OMISSIS) evidenziate in ricorso, si risolvevano in qualche chilogrammo alla volta sono gia' di per se' incompatibili con il riconoscimento della ipotesi lieve, che appare correttamente ritenuto dalla sentenza impugnata del tutto estraneo al gruppo criminoso oggetto di esame. 6.3. Il terzo motivo contesta il giudizio della Corte d'appello di riconoscimento della partecipazione del ricorrente all'associazione del capo n. 15. In esso si sostiene che risulta dagli atti che il ricorrente ha avuto rapporti con alcuni dei coimputati solo per un periodo breve di circa cinque mesi tra dicembre 2010 e maggio 2011, insufficiente a ritenere la stabilita' della collaborazione con l'associazione, che le dichiarazioni del collaboratore a suo carico sono generiche ed inattendibili, che si tratta di un collaboratore gia' giudicato inattendibile in altri processi, che dalle conversazioni intercettate non emergono riscontri. Il motivo non e' fondato. Il giudizio della Corte d'appello di credibilita' ed attendibilita' delle dichiarazioni del collaboratore e' stato gia' scrutinato in altra parte della sentenza, paragrafo 3.1., cui si fa rinvio. La sentenza resiste anche alla censura di genericita' delle dichiarazioni del collaboratore su (OMISSIS), perche' in presenza di dichiarazioni quali quelle indicate in sentenza (lo stesso "faceva da corriere", "era a disposizione sempre di noi, in, qualunque occasione, all'occorrenza lo mandavamo a chiamare" "sapevo che macchine sue non ne aveva, macchine sue non ne ha mai avute.. Ha sempre avuto macchine o di (OMISSIS) o mie o via dicendo. Le mettevamo noi a disposizione"), non e' illogico che la Corte d'appello le abbia considerate sufficientemente specifiche per fondare un giudizio di responsabilita'. Il ricorso contesta poi che sulla posizione di (OMISSIS) vi siano riscontri individualizzanti. La Corte d'appello ha ritenuto, invece, l'esistenza di tali riscontri, in particolare affermando che: "plurimi elementi di riscontro alle dichiarazioni del collaboratore sono costituiti dalle intercettazioni effettuate e poste a. fondamento delle contestazioni dei reati fine di cui al capo 32) per il quale l'imputato e' stato condannato, ed al capo 34) per il quale e' stata pronunciata sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione"; la sentenza impugnata aggiunge che riscontri individualizzanti si rinvengono anche nelle intercettazioni che dimostrerebbero "gli organici collegamenti del (OMISSIS) con altri componenti di rilievo del sodalizio e fra questi con (OMISSIS), indicato dall' (OMISSIS) come il sodale con cui il (OMISSIS) era solito relaz39Ionarsi, con (OMISSIS), con (OMISSIS), detto (OMISSIS), con (OMISSIS) e con (OMISSIS) le cui posizioni sono state definite con il rito abbreviato, con (OMISSIS)", nonche' "nei viaggi fatti dal (OMISSIS) in (OMISSIS) e in (OMISSIS) e dei quali ha riferito il collaboratore (OMISSIS), emergono dalle intercettazioni, in particolare dalle conversazioni captate il 23 ed il 25 febbraio 2011". In ricorso si sostiene che i viaggi in (OMISSIS) di cui l'imputato e' accusato avevano, in realta', finalita' private perche' di essi ne parlava con la figlia, mentre non ne ha mai parlato con gli associati, ma si tratta di deduzione che non e' in grado di scalfire le considerazioni effettuate nella sentenza impugnata; se il collaboratore dichiara che l'imputato si recava in (OMISSIS) per rifornire l'organizzazione di stupefacente, la circostanza che sia provato che il collaboratore effettivamente si e' recato in (OMISSIS) nel periodo indicato costituisce riscontro esterno individualizzante alle dichiarazioni del collaboratore, qualunque fosse lo scopo del viaggio, che peraltro poteva avere anche una doppia natura, personale e collegata agli scopi associativi. In ricorso si sostiene che la conoscenza di (OMISSIS) con il collaboratore di giustizia (OMISSIS) deriva dall'averlo ospitato in (OMISSIS) soltanto per fare un favore al comune amico (OMISSIS), ma si tratta di affermazione a sua volta non in grado di incidere sull'impianto accusatorio, perche' non e' importante quale sia stata l'origine del rapporto personale, costituendo riscontro, invece, la circostanza che le due persone si siano effettivamente conosciute e frequentate nei luoghi in cui vengono indicate essere state poste in essere le condotte criminose. In ricorso si sostiene che non e' un riscontro della partecipazione alla struttura associativa l'essersi prestato in una circostanza a difendere il suo amico (OMISSIS) ed in un'altra ad aiutare (OMISSIS) a recuperare un credito di 3.000 Euro, ma, in realta', si tratta di ulteriori circostanze idonee ad essere utilizzate come riscontri, in quanto nella sistematica della citata pronuncia delle Sezioni Unite Aquilina gli elementi che possono essere assunti come riscontro esterno sono liberi; in essa si legge, infatti, che "quanto alla tipologia e all'oggetto dei riscontri, la genericita' dell'espressione "altri elementi di prova" utilizzata dall'articolo 192, comma 3, c.p.p. legittima l'interpretazione secondo cui, in subiecta materia, vige il principio della "liberta' dei riscontri", nel senso che questi, non essendo predeterminati nella specie e nella qualita', possono essere di qualsiasi tipo e natura, ricomprendere non soltanto le prove storiche dirette, ma ogni altro elemento probatorio, anche indiretto, legittimamente acquisito al processo ed idoneo, anche sul piano della mera consequenzialita' logica, a corroborare, nell'ambito di una valutazione probatoria unitaria, il mezzo di prova ritenuto ex lege bisognoso di conferma". In definitiva, non e' illogico che nel percorso argomentativo della Corte di appello siano state valorizzate come riscontro esterno alle dichiarazioni eteroaccusatorie di (OMISSIS) le conversazioni captate nel corso delle intercettazioni in cui e' lo stesso (OMISSIS) a parlare ed a pronunciare frasi, quali, ad esempio, "e' una merda questa roba te l'avevo gia' detto" "Ti porto l'altra", o la conversazione captata sulla Mercedes Classe A targata (OMISSIS) in uso ad (OMISSIS), in cui (OMISSIS) riferisce di essere stato fermato dalla polizia in Germania per un controllo assicurativo, il che e' ulteriOre conferma delle dichiarazioni di (OMISSIS) sul fatto che (OMISSIS) facesse da corriere e che usasse autovetture messe a disposizione dall'organizzazione. La conclusione della sentenza impugnata sulla partecipazione di (OMISSIS) alla associazione e', pertanto, immune da vizi logici e supera le censure che le sono state mosse. 6.4. Il quarto motivo e' dedicato al riconoscimento della responsabilita', in concorso, per il reato-fine del capo n. 32. In esso si deduce che sulla base degli indici dettati dalla giurisprudenza in tema di c.d. âEuroËœdroga parlata', non puo' dirsi pienamente provata ne' la disponibilita' della sostanza stupefacente, ne' l'effettiva consegna dello stesso. Il motivo non e' fondato. La Corte d'appello risponde a questo argomento difensivo, affermando che: "dalle conversazioni intercorse tra la (OMISSIS) e (OMISSIS) emerge con chiarezza che i due facevano riferimento a transazioni positivamente concluse, comprovando il loro pregresso possesso di quantitativi destinati allo spaccio; cio' si desume agevolmente dalle interlocuzioni utilizzate e dal tenore volutamente, quanto inutilmente, criptico delle conversazioni nelle quali si parlava di "quarantino", di qualita', di assaggi, di soldi, in un contesto al quale non puo' attribuirsi nessun significato diverso da quello posto a base dell'impostazione accusatoria". Si tratta di una conclusione che e' conforme alle regole di valutazione della prova di cui all'articolo 192 c.p.p.; la circostanza che gli interlocutori parlino di "assaggi" vuole, infatti, dire che hanno avuto reale disponibilita' della sostanza; la circostanza che parlino di denaro vuol dire anche che l'hanno venduta, perche' il fornitore deve essere poi pagato in qualche modo. Pur nella condivisibilita' dell'impostazione su cui e' fondato il motivo di ricorso che evidenzia la natura indiziaria di questa accusa che dipende essenzialmente dalle intercettazioni, e che non trova riscontro in consequenziali sequestri dello stupefacente, non e' illogico che, in conformita' d'altronde ad indirizzo espresso dalla giurisprudenza di legittimita' (Sez. 2, Sentenza n. 53615 del 20/10/2016, Buonvi.cino, Rv. 268710: la prova dei reati di traffico e di detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti puo' essere desunta non soltanto dal sequestro o dal rinvenimento delle sostanze, ma anche dal contenuto di conversazioni intercettate), la sentenza impugnata abbia ritenuto questo materiale probatorio costituire gli indizi gravi, precisi e'concordanti dell'articolo 192, comma 2, c.p.p., da cui ha desunto la responsabilita' dell'imputato anche per questo reato-fine. Il motivo e', pertanto, infondato. 6.5. Il quinto motivo contesta la mancata derubricazione del fatto di cui al capo n. 32 nella ipotesi degli articoli 73, commi 1 e 4, Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, evidenziando che non vi e' prova in atti che lo stupefacente oggetto di spaccio sia proprio cocaina, come scritto in imputazione. Il motivo e' infondato. La motivazione della sentenza impugnata e' la seguente: "il riferimento a soldi, qualita' e "quarantino" sono tutti elementi che non lasciano dubbi in ordine al fatto che i contatti tra i due soggetti avessero ad oggetto sostanza stupefacente che, dal prezzo indicato nelle conversazioni medesime, era evidentemente droga pesante della natura indicata nel capo di Imputazione". In ricorso si sostiene che la sentenza impugnata avrebbe tratto la prova dal fatto che si parla di "assaggi" anche se qualsiasi stupefacente puo' essere assaggiato, e che anche il riferimento al denaro non e' univoco, mentre non si comprende da quale elemento probatorio derivi la conclusione che si tratta di cocaina. In realta', l'elemento decisivo da cui la sentenza impugnata ha desunto la natura della sostanza e' il prezzo pagato ("dal prezzo indicato nelle conversazioni medesime era evidentemente droga pesante") e dedurre la natura di una sostanza stupefacente dal prezzo del denaro cui viene contrattato non e' una conclusione illogica, mentre resta questione di fatto che esula dai poteri del giudice di legittimita', per il persistente divieto di rilettura e di re-interpretazione nel merito dell'elemento di prova (per una riproposizione recente v. Sez.,5, Sentenza n. 26455 del 09/06/2022, Dos Santos, Rv. 283370), la rilettura della valutazione della Corte d'appello sul prezzo dello stupefacente, in quanto elemento di fatto posto a fondamento della decisione. 6.6. Il sesto motivo contesta la mancata derubricazione del fatto di cui al capo n. 32 nella ipotesi degli articoli 73, commi 1 e 5, Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, evidenziando che non vi e' prova in atti, oltre che della tipologia, anche della quantita' dello stupefacente oggetto di spaccio, e quindi, in mancanza di prova, avrebbe dovuto essere applicata la ipotesi piu' favorevole del comma 5 dell'articolo 73. Il motivo e' infondato. La sentenza impugnata aveva escluso la possibilita' di riconoscere il fatto di lieve entita' sostenendo che "si e' trattato di una pluralita' di condotte, concentrate in un ristretto ambito temporale e geografico e connotate da identiche modalita' operative, di cessione di sostanze i cui notevoli quantitativi erano gestiti da una rete di soggetti che facevano capo, quale referente, anche all'imputato che, secondo le dichiarazioni dell' (OMISSIS) si approvvig39Ionava all'estero di grossi quantitativi di sostanza stupefacente di tipo pesante". Si tratta di risposta che e' congruente con le risultanze dell'istruttoria, e, quindi non suscettibile di essere censurata per travisamento, in quanto che si tratti di una pluralita' di condotte, e non di un singolo fatto di spaccio, emerge con evidenza dalle intercettazioni che riguardano diverse giornate e diverse contrattazioni. In un contesto di questo tipo non e', pertanto, illogica una motivazione quale quella della pronuncia impugnata che ha escluso la possibilita' che si trattasse di quantitativi o comunque di condotte idonee a rientrare nella lieve entita'. 6.7. Il settimo motivo e' dedicato al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche. In ricorso si evidenzia che a sostegno della richiesta deporrebbero la condotta di vita anteatta, immune da precedenti, e la marginalita' del ruolo del ricorrente. La sentenza impugnata ha ritenuto di non riconoscere le attenuanti in quanto "non sono rilevabili elementi di segno positivo idonei a determinare l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche richieste". In ricorso si individuano questi motivi nella marginalita' del ruolo del ricorrente, che pero' e' autoriferito, in quanto (OMISSIS), quale corriere che andava a prelevare droga all'estero, svolgeva una funzione essenziale nel contesto della operativita' della organizzazione. Inoltre, la condotta di vita anteatta non e' un parametro di valutazione sufficiente alla concessione delle attenuanti generiche in presenza di una norma quale quella dell'articolo 62-bis, comma 3, c.p. che prevede la impossibilita' di Motivare la concessione delle attenuanti generiche soltanto per la mancanza di condanne penali. In definitiva, il motivo di ricorso e' infondato. 7. Ricorso nell'interesse di (OMISSIS) Il ricorso e' infondato. 7.1. Il primo motivo deduce vizio di motivazione cori riferimento alla identificazione del ricorrente nell'interlocutore di alcune delle telefonate intercettate; in esso si sostiene che il Tribunale si sarebbe limitato a dare incarico per la trascrizione delle conversazioni ma non ha conferito anche incarico per la perizia fonica per la identificazione dei chiamanti, e che, pur se e' vero che il precedente difensore aveva in primo grado dato il consenso all'utilizzo delle schede della polizia giudiziaria sulla identificazione dei chiamanti, il consenso non puo', pero', riguardare il metodo con cui la stessa p.g. era arrivata alla identificazione, che era errato, illogico ed aberrante. Si censura anche una annotazione integrativa redatta il 17 aprile 2018, giorno successivo alla annotazione sui criteri di identificazione, ed in cui un vice ispettore di polizia riferisce di aver riconosciuto in quella dell'imputato una voce di una conversazione di cinque anni prima. Il motivo e' inammissibile. Dalla lettura dello stesso ricorso si comprende che il Tribunale ha dato incarico per la trascrizione delle conversazioni ma non ha conferito incarico per la perizia fonica per la identificazione dei chiamanti, perche' la difesa dell'imputato aveva accettato le schede di identificazione redatte dalla polizia giudiziaria. A seguito del cambiamento del difensore, nel corso della discussione in appello (quindi, non come motivo di appello, ma in una fase inoltrata del giudizio di appello) il nuovo difensore aveva chiesto di introdurre una consulenza fonica per sostenere che la voce che si ascoltava nelle intercettazioni non era quella dell'imputato. La Corte d'appello ha respinto la richiesta di acquisizione della consulenza fonica con la seguente motivazione: "nel giudizio di primo grado il difensore ha prestato il consenso all'acquisizione della nota n. 359/207-8-2008 del 31.3.2019 dei Carabinieri procedenti contenente l'indicazione, nelle varie conversazioni trascritte in forma peritale, dei nomi dei soggetti parlanti gia' identificati con le schede acquisite e cio' al fine di rendere maggiormente intellegibile il contenuto dell'elaborato peritale (v. pag. 33 della sentenza appellata); dunque, la difesa non ha mai contestato l'identificazione dei conversanti effettuata dalla polizia giudiziaria, ne' ha richiesto una perizia fonica nel giudizio di primo grado, ne' in quello di appello, anzi, ha acconsentito all'acquisizione delle schede redatte dalla p.g. e relative alle voci dei conversanti prestando, in tal modo, il consenso all'identificazione effettuata dalla p.g., ne' ha sollevato eccezioni nel corso delle operazioni peritali di trascrizione delle intercettazioni svolte nel contraddittorio tra le parti". Nel motivo di ricorso la richiesta di acquisizione della consulenza fonica presentata in appello si e' trasformata in vizio della pronuncia di secondo grado per travisamento delle risultanze probatorie in punto di identificazione del ricorrente come uno degli interlocutori delle conversazioni contestate. Il motivo, pero', e' inammissibile, perche' non proposto contro la sentenza di primo grado, che a questo punto doveva, secondo lo stesso percorso logico della difesa, essere portatrice del medesimo vizio. Ne' un motivo di appello non presentato a suo tempo puo' essere recuperato attraverso una richiesta di ingresso nel giudizio di appello di una prova quale la consulenza fonica in esame (ed il rigetto della stessa), perche' il rigetto della richiesta di acquisizione e' neutro ai fini del travisamento, peraltro predicato in modo del tutto generico ed apodittico, che, se vi e' stato, risale a questo punto al giudizio di primo grado. In ogni caso, va osservato che "nel giudizio di appello, la rinnovazione di una perizia puo' essere disposta soltanto se il giudice ritenga di non essere in grado di decidere allo stato degli atti. Fattispecie relativa alla richiesta di rinnovazione della perizia sulla capacita' del testimone ex articolo 196 c.p.p., in cui la S.C. ha precisato che la valutazione discrez39Ionale del giudice di appello sulla predetta richiesta, se logicamente e congruamente motivata, e' incensurabile in cassazione, in quanto costituente giudizio di fatto" (Sez. 3, Sentenza n. 7259 del 30/11/2017, dep. 2018, S., Rv. 273653). 7.2. Il secondo motivo deduce erronea applicazione della legge penale e motivazione manifestamente illogica o contraddittoria, in punto di esistenza di una associazione di cui all'articolo 416-bis c.p. e di partecipazione alla stessa del ricorrente. La esistenza di una associazione criminale in (OMISSIS), come articolazione locale di âEuroËœndrangheta, e' stata ricavata dalla Corte d'appello dalle sentenze gia' passate in giudicato che l'hanno attestata. La sentenza impugnata Scrive che: "sono numerose le sentenze, oggi definitive, prodotte dal P.M. nel giudizio di primo grado che hanno riconosciuto la nascita a partire dagli anni âEuroËœ80 e l'esistenza fino all'anno 2005 del sodalizio di âEuroËœndrangheta stanziato sul territorio di (OMISSIS) e comuni limitrofi ((OMISSIS)) inizialmente denominato "(OMISSIS)", con a capo (OMISSIS), con il quale si pone in continuita' quello operante negli anni successivi denominato "Locale di (OMISSIS)" con a capo (OMISSIS)". La pronuncia di primo grado e' piu' dettagliata e riferisce delle sorti di questo locale di (OMISSIS) dagli anni âEuroËœ80 sotto la guida di (OMISSIS), della successiva violenta faida che aveva portato il locale ad essere prima sospeso e poi riattivato sotto la guida di (OMISSIS). Il motivo di ricorso ritiene, invece, che (OMISSIS) non sia mai stato un capo della locale e sostiene siano state sottovalutate le dichiarazioni dei collaboratori (OMISSIS) e (OMISSIS) che non riconoscono (OMISSIS) come capo di questo locale. La Corte d'appello risponde a questo motivo mediante il rinvio alla parte generale della sentenza impugnata, in cui evidenzia che la riattivazione di una locale in (OMISSIS) guidata da (OMISSIS) e' attestata, in particolare, dalla sentenza del Tribunale di Catanzaro del 18 luglio 2013, irrevocabile il 17 febbraio 2015. In questo contesto non e' illogico che la sentenza impugnata abbia attribuito rilievo subvalente alle dichiarazioni dei due collaboratori citati nel motivo di ricorso. Va aggiunto che (OMISSIS) inizia a collaborare dopo essere stato attinto da ordinanza cautelare emessa nei suoi confronti in data 20 dicembre 2011 dal Tribunale di Catanzaro proprio per associazione ex articolo 416-bis c.p. quale capo locale della locale di (OMISSIS), cio' ad evidenziare che la prospettazione dell'esistenza di un locale a (OMISSIS) con a capo (OMISSIS) precede la collaborazione e non dipende solo dalle dichiarazioni del collaboratore. Va anche aggiunto che, almeno nel percorso logico della sentenza di primo grado, sono assunti come riscontri esterni alle dichiarazioni di (OMISSIS) anche i numerosi sequestri che portano a rinvenire in un casolare in un agro collinare, in due abitazioni, diverse armi comuni da sparo, una anche con matricola abrasa, una con il calcio tagliato all'altezza dell'impugnatura, e numerose cartucce, anche a pallettoni. Nel percorso logico della pronuncia sia di primo che di secondo grado, inoltre, hanno il rilievo di riscontri all'esistenza dell'associazione anche le dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS), che con un ruolo diverso pure ha confermato l'esistenza nel periodo in esame nel territorio di competenza di una struttura organizzativa criminale della tipologia di quelle di âEuroËœndrangheta. Il motivo di ricorso evidenzia che (OMISSIS) fatica a riconoscere in fotografia (OMISSIS), ma questo non incide sul percorso logico.della pronuncia impugnata, che valorizza la conoscenza che (OMISSIS) ha delle attivita' criminali del gruppo oggetto di investigazione (" (OMISSIS), organicamente inserito proprio nella âEuroËœndrina di (OMISSIS) e, quindi, a perfetta conoscenza di tutte le attivita' criminali svolte dall'imputato in seno a tale sodalizio, il quale ha riconosciuto l'importanza e il ruolo apicale ricoperto dall'appellante in seno al "gruppo dei (OMISSIS)" (pag. 31). Fa parte del percorso logico della sentenza impugnata anche la circostanza che (OMISSIS) abbia riferito in giudizio "delle attivita' di imposizione dei "servizi di ordine e sicurezza" poste in essere dallo (OMISSIS), unitamente a suo fratello (OMISSIS)" (sempre pag. 31 della sentenza), e "dei rapporti che l'imputato manteneva con gli (OMISSIS) di (OMISSIS)" (ancora pag. 31 della sentenza). Il motivo di ricorso si sofferma anche sulla questione della presenza dello (OMISSIS) alla riunione di (OMISSIS), sostiene che essa era indetta non per riti di affiliazione ma per risolvere problematiche insorte sul territorio, e che (OMISSIS) potrebbe essersi recato ad essa solo quale accompagnatore, aggiunge anche che il collaboratore (OMISSIS) ha riferito di non ricordare se in quell'occasione (OMISSIS) sia stato o meno battezzato. In realta', la circostanza che la riunione di (OMISSIS) sia stata indetta per risolvere problematiche insorte sul territorio e' introdotta in ricorso in violazione del principio di autosufficienza, cosi' come quella che (OMISSIS) possa essersi recato ad essa quale accompagnatore. La circostanza che in essa sia stato battezzato e' affrontata dalla pronuncia di appello che risponde a questo rilievo, rilevando "che il collaboratore (OMISSIS) ha riferito anche della formale affiliazione dello (OMISSIS) avvenuta nel corso di una riunione in (OMISSIS)" (pag. 33 della sentenza). Il motivo di ricorso evidenzia che (OMISSIS) abbia definito lo (OMISSIS) come un "bravo ragazzo", ma si tratta di rilievo non sufficiente a contrastare le considerazioni espresse dalla pronuncia impugnata, che sul punto evidenzia che "anche le dichiarazioni rese dalla testimone (OMISSIS) sono perfettamente convergenti con le accuse di "azionista e sodale di estrema fiducia" mosse all'imputato dall' (OMISSIS), in particolare con riferimento alla cena svoltasi dopo l'omicidio (OMISSIS) alla quale aveva preso parte anche lo (OMISSIS)" (pag. 31 della sentenza impugnata), dichiarazione che il ricorso illogicamente svaluta affermando sia stata effettuata solo dopo contestazione del pubblico ministero, e che la pronuncia impugnata mette in relazione con una conversazione intercettata "nel corso della quale il (OMISSIS) individuava nello (OMISSIS) il killer che aveva ucciso, insieme ad (OMISSIS), il (OMISSIS)" (sempre pag. 31). Il motivo di ricorso contesta anche che vi sia stata messa a disposizione del ricorrente nei confronti della struttura criminale, ma l'argomento non e' coerente con il contenuto della motivazione della pronuncia della Corte d'appello, che non parla mai di messa a disposizione con riferimento a (OMISSIS), soggetto che, almeno nella prospettazione recepita dalle pronunce di merito, era la persona che teneva i rapporti con i clan territoriali limitrofi, che riceveva il provento delle estorsioni nel territorio di competenza, che e' stato chiamato a collaborare alla realizzazione di un omicidio, e che piu' che essersi semplicemente messo a disposizione ha preso concretamente parte in modo stabile alle attivita' dell'organizzazione criminale. Nella sentenza impugnata vi sono, inoltre, alcuni ulteriori passaggi della motivazione che pure sostengono la decisione, e che non sono aggrediti in ricorso, quale il riferimento alla "conversazione del 23 dicembre 2008, intervenuta tra (OMISSIS) e (OMISSIS) (sodale gia' condannato anche per il delitto di cui all'articolo 416 bis c.p. nel separato giudizio abbreviato) conversazione nel corso della quale lo (OMISSIS), al tempo detenuto, viene chiaramente indicato come il sodale piu' autorevole di (OMISSIS), tanto e' vero che (OMISSIS) dice ad (OMISSIS) che avrebbe atteso la sua scarcerazione prima di riorganizzare le attivita' sul territorio" (pag. 32 della sentenza impugnata), o il riferimento alle "intercettazioni relative alle vicende estorsive di cui ai capi 12) e 14) e che confermano la fattiva commissione da parte dell'imputato di azioni finalizzate ad attuare i programmi delinquenziali delle associazioni, programmi che prevedevano, fra l'altro, proprio l'imposizione del servizio di security ai titolari di locali ubicati sul territorio" (pag. 32 della sentenza impugnata), nonche' il riferimento ad "ulteriori conversazioni dalle quali emerge, come lo (OMISSIS) fosse ritenuto sul territorio di (OMISSIS) il capo assoluto, l'autorita' alla quale appellarsi per risolvere problemi di varia natura ed origine" (sempre pag. 32), nonche' il riferimento alle "risultanze di alcune specifiche attivita' di-o.c.p. e di video sorveglianza, sulle quali hanno riferito in dibattimento i testi di p.g., eseguite nella fase delle indagini e che hanno permesso di documentare, non solo un importante summit di mafia verificatosi nel mese di luglio del 2013 nella zona (OMISSIS) denominata Localita' (OMISSIS), ma anche di seguire in diretta quelle visite agli (OMISSIS) e quegli incontri con (OMISSIS) e con altri esponenti dell'omonima cosca, riferiti da (OMISSIS), che lo (OMISSIS) era solito effettuare presso il bar di (OMISSIS)" (sempre pag. 32). Non confrontandosi in modo completo con il contenuto della pronuncia impugnata, il motivo di ricorso deve essere, pertanto, per questa parte, giudicato inammissibile per difetto del requisito di specificita'. 7.3. Il terzo motivo lamenta erronea applicazione della legge penale, in punto di ritenuta esistenza dell'aggravante di cui al comma 4 dell'articolo 416-bis c.p., perche' l'associazione e' stata ritenuta armata nonostante non vi fosse prova della disponibilita' di armi. Il motivo e' infondato. La Corte d'appello ha risposto a questo motivo rilevando che l'organizzazione disponeva sicuramente di armi, in quanto nella conversazione ambientale intercettata tra (OMISSIS) Saverio e (OMISSIS) si e' fatto riferimento all'imputato quale esecutore materiale dell'efferato omicidio (OMISSIS) e che il collaboratore (OMISSIS) e la testimone di giustizia (OMISSIS) hanno indicato lo (OMISSIS) come uno dei sodali preposti all'esecuzione dei piani omicidiari dell'associazione capeggiata dall' (OMISSIS). Nel motivo di ricorso si contesta che (OMISSIS) possa essere associato all'omicidio in questione, e che comunque nelle intercettazioni non vi e' traccia dell'utilizzo di armi ad opera dell'organizzazione. Il motivo non e' fondato, perche' la disponibilita' di armi in capo all'organizzazione e' provato in modo diretto dalle perquisizioni e sequestri, descritti partitamente nella sentenza di primo grado alle pagine 68 e 69 in cui, nei luoghi indicati da (OMISSIS), sono state rinvenute effettivamente delle armi da sparo e delle cartucce. La disponibilita' di armi in capo all'organizzazione e' anche provato in modo indiziario dalla commissione ad opera della stessa di fatti di sangue, in particolare dagli omicidi di cui si e' autoaccusato (OMISSIS) quale esecutore materiale o quale mandante, a nulla rilevando che ad esso sia associabile o meno (OMISSIS), posto che, ai fini del giudizio di cui al comma 4 dell'articolo 416-bis c.p., cio' che rileva e' la disponibilita' delle armi in capo alla struttura criminale, non in capo al singolo partecipante. 7.4. Il quarto motivo ed il motivo nuovo deducono erronea applicazione della legge penale, in punto di ritenuta esistenza di un ruolo apicale in seno all'associazione, ruolo apicale che sarebbe stato desunto dalle dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS) e del collaboratore (OMISSIS), che parlano della disponibilita' del ricorrente ad effettuare omicidi per conto dell'organizzazione, ma smentito dalla circostanza che mai il ricorrente e' stato iscritto per omicidio nel registro notizie di reato, ruolo apicale che in definitiva non e' confermato da nessun riscontro. Nel motivo nuovo si aggiunge che il ricorrente non ha provocato ad esempio l'adesione di terzi all'associazione ed ai suoi scopi attraverso un'attivita' di diffusione del programma, ne' che abbia compiuto funzioni decis39Ionali, e che il richiamo generico alle dichiarazioni rese dal collaboratore di Giustizia (OMISSIS) che lo ha definito "il numero uno" della organizzazione criminale di (OMISSIS) e di (OMISSIS) non puo' giustificare una condanna a titolo di organizzatore. La sentenza di appello ha attribuito a (OMISSIS) la qualifica di cui al comma 2 dell'articolo 416-bis c.p., considerandolo responsabile della `ndrina di (OMISSIS). La fonte di questa attribuzione sono le dichiarazioni di Olivetti, riscontrate da quelle del collaboratore di giustizia (OMISSIS), che la Corte di appello considera particolarmente attendibile su (OMISSIS) perche' organicamente inserito proprio nella âEuroËœndrina di (OMISSIS). La Corte di appello aggiunge poi che c'e' un ulteriore riscontro alla apicalita' della posizione di (OMISSIS) nel gruppo criminale nella intercettazione di una conversazione di (OMISSIS), il riconosciuto capo della âEuroËœndrina di (OMISSIS), che individuava nello (OMISSIS) il killer che aveva ucciso, insieme ad (OMISSIS), il (OMISSIS); la Corte d'appello indica un ulteriore riscontro a questa posizione apicale del ricorrente anche in una ulteriore conversazione in cui (OMISSIS) dice ad (OMISSIS) che avrebbe atteso la scarcerazione di (OMISSIS) prima di riorganizzare le attivita' sul territorio. Secondo un percorso logico sostanzialmente conforme, nella pronuncia di primo grado il Tribunale di (OMISSIS) aveva ritenuto che, sulla posizione apicale di (OMISSIS), il primo elemento di accusa era costituito dalla chiamata in correita' di (OMISSIS), che chiama (OMISSIS) il numero uno della âEuroËœndrina di (OMISSIS) a partire dalla morte dello zio (OMISSIS). Il Tribunale di (OMISSIS) aveva aggiunto che la chiamata era riscontrata da (OMISSIS), che pure attribuisce a (OMISSIS) un ruolo egemone nel gruppo dei sangiovannesi di cui fa parte anche il fratello di (OMISSIS), ed aveva richiamato anche la conversazione progressivo 4931 del 24 giugno 2014 in cui (OMISSIS), che era il capo della âEuroËœndrina di (OMISSIS), riferisce che (OMISSIS) era in predicato per assumere definitivamente la direzione della âEuroËœndrina di (OMISSIS). Sulla partecipazione all'omicidio (OMISSIS) il giudice di primo grado riporta, invece, le dichiarazioni di (OMISSIS) che dice che si trovarono a sera. con (OMISSIS), (OMISSIS) ed altri e da quello che i presenti dicevano capi' che stavano festeggiando la uccisione del macellaio (OMISSIS) e che (OMISSIS) faceva i complimenti a (OMISSIS) per il ruolo che aveva svolto, nonche' la conversazione intercettata progressivo 4027 del 20 dicembre 2013 tra (OMISSIS) e tale (OMISSIS) in cui il primo autorizza (OMISSIS) a tenere un'attivita' di vendita ambulante di generi alimentari a condizione che acquisti i prodotti da un soggetto indicato dallo stesso (OMISSIS). Nel motivo di ricorso si contesta che da questo materiale probatorio risultino comportamenti concreti in cui si sarebbe sostanziato questo ruolo di organizzatore dell'imputato. Il motivo e' sviluppato fondamentalmente in diritto senza una specifica contestazione degli elementi probatori da cui la sentenza impugnata ha tratto il giudizio di responsabilita' sulla posizione apicale di (OMISSIS) nella organizzazione criminale. Il motivo non prende posizione, infatti, sulla circostanza che (OMISSIS) sia stato indicato da (OMISSIS) come la persona che in occasione di una serie di furti avvenuti nel territorio di (OMISSIS) si e' recato ad (OMISSIS) a chiedere la cessazione del fenomeno ad una cosca che controllava il territorio cui apparteneva il soggetto che era accusato di averli perpetrati; il tenere contatti esterni con i gruppi criminali dei territori limitrofi e', infatti, una attivita' che e' indice di un ruolo apicale, cosi' come lo e' la circostanza, pure valorizzata in sentenza, che si chieda a (OMISSIS) l'autorizzazione a tenere un'attivita' di vendita ambulante di generi alimentari nel territorio di competenza, che e' una risposta anche al motivo nuovo laddove si dice che l'attivita' di (OMISSIS) non avrebbe provocato l'ingresso di altri soggetti nell'associazione, ma, in realta', ne ha comunque rafforzato la capacita' attrattiva nel momento in cui (OMISSIS) autorizza una persona a svolgere l'attivita' ambulante soltanto se si rifornira' da persona indicata dallo stesso. L'intenzione di attendere la scarcerazione di (OMISSIS) per ricostruire le attivita' criminali nel territorio che (OMISSIS) riferisce ad (OMISSIS) e', a sua volta, conferma della dichiarazione di (OMISSIS) sul ruolo apicale del ricorrente. Il ricorso non prova ad attaccare queste parti della pronuncia, e quindi non si confronta, in realta', pienamente con il percorso argomentativo del giudice del merito, che resiste, pertanto, alle critiche le sono state mosse, e che induce a ritenere manifestamente infondato il motivo di ricorso. - 7.5. Il quinto motivo deduce erronea applicazione della legge penale, in punto di ritenuta responsabilita' per il reato del capo 12, perche' non si comprende quale sia stata in concreto la condotta commessa dal ricorrente nel contesto dell'episodio estorsivo, la stessa persona offesa riferisce che quando il ricorrente frequentava il locale pagava regolarmente, per cui in definitiva il ricorrente e' condannato per responsabilita' da posizione. Inoltre, al piu' i fatti andrebbero riqualificati in danneggiamento. Il motivo e' infondato. Nel rispondere a questo motivo di appello, poi divenuto motivo di ricorso, la Corte d'appello rimanda ampiamente alla sentenza di primo grado, e spiega che nell'episodio contestato il ruolo di (OMISSIS) e' quello del mandante, in quanto (OMISSIS) commise il fatto di danneggiamento non perche' ubriaco ma perche' inviato da (OMISSIS) e (OMISSIS) che per tale azione gli avevano dato carta bianca. La sentenza di primo grado conferma e specifica ricostruendo il percorso della progettata estorsione al locale (OMISSIS) attraverso le conversazioni intercettate, da cui si comprende bene, senza che sul punto la sentenza possa essere tacciata di travisamento delle risultanze probatorie, che (OMISSIS) era âEuroËœstato inviato nel locale con un mandato specifico. In particolare, la pronuncia di primo grado evidenzia che alle 2.30 della notte del 28 luglio 2013 e' stata intercettata una conversazione in cui tale (OMISSIS) ricorda ad (OMISSIS) che ha avuto carta bianca, ed (OMISSIS) risponde che glielo ha detto lui quello che devo fare, e che poi alle 3.56 (OMISSIS) chiama (OMISSIS) e gli dice che e' stato cacciato fuori e chiede come si deve comportare e (OMISSIS) gli dice che deve fare come era stato deciso, ed alle 4.36 (OMISSIS) chiama sempre (OMISSIS) e dice che un tale (OMISSIS) dice che vuole vedere (OMISSIS). Nel percorso della sentenza impugnata emerge anche che dopo alcune ore alle 19.33 (OMISSIS) chiama sempre (OMISSIS) che gli chiede se lo ha detto a (OMISSIS), ed (OMISSIS) dice di si' e (OMISSIS) gli ha detto che ne risponde lui, e che (OMISSIS) chiama poi (OMISSIS) lo mette a conoscenza delle richieste di denaro di (OMISSIS) e (OMISSIS) gli risponde che va bene ma che non avrebbe corrisposto il denaro richiesto ("l'avanza"). Inoltre, come ulteriore elemento a carico la pronuncia di primo grado riporta anche le dichiarazioni di (OMISSIS) che riferisce di aver lavorato nel locale proprio su disposizione di (OMISSIS). Nel motivo di ricorso si sostiene che il (OMISSIS) di cui parlano gli interldcutori al telefono nella conversazione n. 6046 non e' (OMISSIS), ma, in realta', nella stessa sentenza e' scritto espressamente che il (OMISSIS) della telefonata n. 6046 e' (OMISSIS), ma cio' non incide sul percorso logico della decisione, in cui per la individuazicine di (OMISSIS) e' ritenuto decisivo che, come riportato sopra, quando il proprietario del locale ha chiesto di essere risarcito, (OMISSIS) chiami (OMISSIS) (nel ricorso non vi e' contestazione sulla circostanza che l'interlocutore sia proprio (OMISSIS) nella conversazione in esame) e lo metta a conoscenza delle richieste di denaro, e (OMISSIS) gli risponde che va bene e che "l'avanza" (pag. 84 della sentenza di primo grado). Non e' illogico che da questo materiale probatorio la pronuncia di primo grado, e poi quella confermativa della Corte d'appello, abbiano tratto la conclusione che il (OMISSIS) di cui si parla come mandante dell'azione criminosa sia proprio (OMISSIS). Non e' illogico, inoltre, che, a fronte del materiale probatorio costituito dalle conversazioni intercettate da cui si evince con evidenza che (OMISSIS) ha seguito la notte dei fatti un piano programmato su cui ha riferito prontamente al telefono ai suoi mandanti, la motivazione della sentenza impugnata abbia attribuito un rilievo subvalente alle dichiarazioni del titolare del locale e della moglie dello stesso sulla causa che avrebbe determinato (OMISSIS) a compiere il danneggiamento. La prova costituita dalle conversazioni intercettate restituisce, infatti, una fotografia degli eventi di quella notte che collide apertamente con la versione fornita dal titolare del locale e dalla moglie. La ponderazione degli elementi di prova, e la prevalenza dell'uno rispetto all'altro, e' apprezzamento di fatto che appartiene al giudice del merito, ma non e' in ogni caso illogico che nel caso in esame i giudici del merito, in doppia conforme, abbiano attribuito rilievo prevalente ad una prova (quella restituita dalle conversazioni intercettate) che fotografa la realta' degli eventi di quella notte in modo oggettivo rispetto ad una prova (quella delle dichiarazioni della vittima e della moglie) che passa attraverso un preliminare scrutinio di credibilita' soggettiva ed oggettiva di persone che, pur non essendosi costituite parte civili, avevano un interesse civilistico nella vicenda, interesse che hanno soddisfatto rivolgendosi direttamente alla controparte contro cui poi sono state chiamate a testimoniare. Non e', inoltre, illogico che alla luce del materiale probatorio evidenziato nella sentenza impugnata non sia stata accolta la richiesta di riqualificazione del fatto in danneggiamento, sia alla luce delle conversazioni intercettate da cui emerge il progetto criminoso come percepito dalla stessa vittima, sia alla luce delle dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS), pure riferite in sentenza, che inserisce la questione del danneggiamento nella non accettazione della sua presenza come dipendente del locale. 7.6. Il sesto motivo deduce erronea applicazione della legge penale, in punto di ritenuta responsabilita' per il reato del capo 14, perche' questo ulteriore tentativo di estorsione sarebbe rimasto allo stato sotto la soglia del tentativo punibile, essendo stata recapitata al locale solo una proposta di assunzione di una persona, proposta che e' stata rifiutata senza conseguenze per chi ha manifestato il rifiuto. Inoltre, secondo il motivo di ricorso, non si comprenderebbe quale comportamento abbia tenuto il ricorrente, di cui nessuno riferisce. Il motivo e' infondato. La sentenza di secondo grado effettua un ampio rinvio alla pronuncia di primo grado, che specifica che la tentata estorsione al (OMISSIS) e' stata ricostruita tramite le dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS), che riferisce in correita' di circostanze che conosce personalmente per esserne stato parte, nonche' tramite le intercettazioni, da cui emerge anche l'intervento in prima persona di (OMISSIS). Nel motivo di ricorso si sostiene che vi e' stata soltanto una proposta di effettuare un servizio di vigilanza che e' stata rifiutata, ma in realta' il percorso logico della sentenza di primo grado comprende anche degli elementi di prova su cui non si prende posizione in ricorso, quali l'intervento di un altro gruppo criminale che avrebbe dato protezione al locale contro la richiesta che era stata rivolta, intervento che si comprende da altra conversazione in cui (OMISSIS) riferisce a (OMISSIS) che il locale si e' messo sotto protezione di quelli di sotto; nel percorso logico della pronuncia di rimo grado trova posto anche il post factum costituito dalla conversazione in cui (OMISSIS), scontento dell'esito della vicenda, riferisce a (OMISSIS) che avrebbe richiesto comunque il compenso come se avesse svolto il servizio, pretesa che e' una evidente espressione di logica criminale e di rapporti di forza, e che in alcun modo puo' essere letta come una mera vicenda relativa ad un appalto di servizi assegnato ad altri, come pretende il ricorrente. 7.7. Il settimo motivo deduce erronea applicazione della legge penale, in punto di ritenuta responsabilita' per l'aggravante dell'articolo 416-6/5.1 c.p. nella sua componente oggettiva, riconosciuta sia per il reato del capo 12 che per il reato del capo 14, in quanto non si comprende da cosa sia stata desunta posto che non e' stato usato un linguaggio mafioso, che manca un comportamento propriamente intimidatorio, e l'estorsore ha anche risarcito i danni. Il motivo e' infondato. La Corte d'appello ritiene l'esistenza dell'aggravante per "il ruolo riconosciuto allo (OMISSIS) nell'associazione di âEuroËœndrangheta per cui si procede e perche' le vicende in esame sono connotate da un indubbio metodo mafioso e finalizzate ad agevolare le attivita' della âEuroËœndrina operante in (OMISSIS) della quale l'imputato faceva parte con ruolo apicale". In ricorso si sostiene che e' mancata una condotta propriamente intimidatoria causalmente connessa alla realizzazione del fatto-reato, ma nell'episodio sub 12 la condotta intimidatoria e' stata individuata dai giudici del merito ed e' il danneggiamento prodromico alla richiesta estorsiva (cfr. pagina 85 della sentenza di primo grado in cui, tirando le conclusioni sul materiale probatorio, si sostiene che esso "con assoluta certezza dimostra che (OMISSIS) si e' recato presso il night club di Pignanelli, ove ha posto in essere una pacifica condotta di danneggiamento") mentre nell'episodio sub 14 la condotta intimidatoria e' stata puntualmente individuata nelle pronunce di merito nella "imposizione della forzosa assunzione di (OMISSIS) come buttafuori" (pag. 95 della sentenza di primo grado), i giudici del merito hanno- ritenuto che "tale condotta, seppure non portata a compimento, e quindi correttamente contestata nella forma tentata, e' stata certamente in grado di incidere fortemente ed in maniera definitiva sulla liberta' d'impresa e sulla connessa liberta' di individuazione del personale dipendente che nel caso di specie ove il reato si fosse consumato, non sarebbe stato selez39Ionato secondo i criteri che regolano tali scelte nel mondo imprenditoriale, in ossequio a parametri di economicita', produttivita' e redditivita', ma esclusivamente in ragione delle condotte di intimidazione e costrizione poste in essere" (sempre pag. 95 citata). In modo non illogico, pertanto, sia il giudice di primo grado che quello d'appello sono pervenuti al giudizio di responsabilita' anche in ordine alla sussistenza dell'aggravante. 7.8. L'ottavo motivo deduce erronea applicazione della legge penale, in punto di ritenuta responsabilita' per l'aggravante dell'articolo 416-bis.1 c.p. nella sua componente finalistica, riconosciuta sia per il reato del capo 12 che per il reato del capo 14, in quanto il dolo di favorire l'associazione deve essere diretto, non potendo rilevare vantaggi indiretti o lo scopo di favorire un esponente della cosca. Il motivo e' infondato. Le Sezioni Unite hanno evidenziato che "possono sussistere plurimi motivi che determinano all'azione che, ove accertati, non depotenz ano la funzione intenz39Ionale della condotta richiesta dalla norma specifica" e che "essenziale alla configurazione del dolo intenz39Ionale e' la volizione da parte dell'agente, tra i motivi della sua condotta, della finalita' considerata dalla norma" (Sez. U, Sentenza n. 8545 del 19/12/2019, dep. 2020, Chioccini, Rv. 278734; cfr., sul punto, anche Sez. 6, Sentenza n. 24883 del 15/05/2019, Crocitta, Rv. 275988: In tema di favoreggiamento personale, e' configurabile l'aggravante dell'agevolazione mafiosa solo qualora risulti provato che la condotta sia caratterizzata dalla coscienza e volonta' di favorire, unitamente ai singoli indagati, anche le rispettive cosche di appartenenza; Sez. 5, Sentenza n. 28648 del 17/03/2016, Zindato, Rv. 267300: Ai fini della sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 7 Decreto Legge 13 maggio 1991, n. 152, conv. nella L. 12 luglio 1991, n. 203, e' necessario che la condotta di agevolazione sia finalizzata a far si' che l'associazione mafiosa nel suo insieme tragga beneficio dall'attivita' svolta, non essendo sufficiente che serva gli interessi dei singoli associati, pur se collocati ai vertici del sodalizio criminale). I giudici del merito hanno fatto buon governo di tali principi ritenendo che, a prescindere dalla circostanza che il beneficiario diretto del reato possa anche essere una singola persona fisica, i fatti accertati siano "espressione della pretesa di controllo delle attivita' economiche del territorio nutrita dallo (OMISSIS) quale esponente apicale del gruppo dei sangiovannesi" (pag. 87 della sentenza di primo grado). Infatti, favorire un esponente della associazione mafiosa significa in ogni caso favorire l'associazione in quanto tale, perche' cio' contribuisce alla assunzione di potere, di capacita' di contatti, ed, in qualche caso, anche di risorse finanziarie per l'organizzazione, ed, in ogni caso, in una logica di rapporti di forza che e' propria dell'equilibrio tra i gruppi criminali ed e' anche lo strumento attraverso cui i gruppi criminali riescono ad imporre la propria presenza sul territorio, rafforza l'immagine del gruppo e ne aumenta la capacita' attrattive nei confronti di altri potenziali sodali che possono essere tentati di affidarsi all'organizzazione per vedere realizzate le loro aspirazioni, in questo caso, di sistemazione lavorativa. 7.9. Il nono motivo deduce erronea applicazione della legge penale, in punto di ritenuta esistenza dell'aggravante dell'articolo 628, comma 3, n. 3 c.p., in quanto all'epoca dei fatti il ricorrente non era persona sospettabile di âEuroËœndrangheta. Il motivo e' infondato. Non e' rilevante che alla data in cui e' commesso il fatto il ricorrente fosse stato o meno gia' condannato per un delitto di criminalita' organizzata, perche' la norma si applica non a chi e' condannato, ma a chi "fa parte dell'associazione di cui all'articolo 416-bis". Nel motivo di ricorso si dice che alla data in cui e' commesso il fatto il ricorrente non fosse neanche sospettato di far parte dell'associazione di cui all'articolo 416bis c.p., ma l'accertamento sull'essere o meno sospettato di tale reato lo effettua la stessa sentenza di primo grado che prende posizione su questa aggravante e precisa che essa si puo' applicare a (OMISSIS) perche' con la stessa sentenza egli viene condannato per il reato di associazione mafiosa. In questo modo la pronuncia fa, in effetti, corretta e pedissequa applicazione dell'orientamento della giurisprudenza di legittimita' che ha ritenuto che "ai fini della configurabilita' della circostanza aggravante prevista dall'articolo 628, comma 3, n. 3, c.p., non e' necessario che l'appartenenza dell'agente a un'associazione di tipo mafioso sia accertata con sentenza definitiva, ma e' sufficiente che tale accertamento sia avvenuto nel contesto del provvedimento di merito in cui si applica la citata aggravante". (Sez. 2, Sentenza n. 33775 del 04/05/2016, Bianco, Rv. 267850). Il motivo, pertanto, deve essere respinto. 7.10. Il decimo motivo deduce erronea applicazione della legge penale, in punto di ritenuta esistenza della recidiva, desunta soltanto dai precedenti penali, in particolare per estorsione, senza un giudizio individualizzato sulla maggiore capacita' criminale. Il motivo e' infondato. Al di la' del fatto che in concreto la recidiva non ha esplicato effetto sulla pena principale, perche' e' ritenuta solo con riferimento alle tentate estorsioni, va evidenziato che la giurisprudenza di legittimita' ha ammesso che il giudizio sulla recidiva possa "essere adempiuto anche implicitamente" (Sez. 6, Sentenza n. 14937 del 14/03/2018, De Bellis, Rv. 272803) "ove si dia conto della ricorrenza dei requisiti di riprovevolezza della condotta e di pericolosita' del suo autore" (Sez. 6, Sentenza n. 20271 del 27/04/2016, Duse, Rv. 267130). Nel caso in esame, la sentenza impugnata contiene riferimenti alle "indiscusse capacita' criminali del ricorrente" (pag. 101 della sentenza di primo grado) o al suo "rilevante ruolo" ricoperto nell'organizzazione criminale (pag 35 della sentenza di secondo grado). 8. Ricorso nell'interesse di (OMISSIS); Il ricorso e' infondato. 8.1. Con il primo motivo si deduce nullita' della sentenza per mancata assunzione di prova decisiva che sarebbe costituita dall'assunzione delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS), collaboratore che aveva reso dichiarazioni nei confronti di (OMISSIS), in separato procedimento per l'omicidio (OMISSIS) che costituisce l'unico comportamento attribuito al ricorrente nel contesto dell'associazione. La Corte d'appello aveva risposto alla istanza difensiva di sentire il collaboratore (OMISSIS) nel seguente modo: "deve, innanzitutto, essere rigettata la richiesta di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale poiche' l'esame del collaboratore (OMISSIS) non appare rilevante ai fini della decisione. Dal verbale dell'interrogatorio reso dal (OMISSIS), il cui stralcio e' allegato ai motivi di appello, non solo non emerge l'estraneita' del (OMISSIS) al duplice omicidio (OMISSIS)/ (OMISSIS), atteso che il collaboratore lo indica tra i mandanti dell'omicidio, quanto non e' ravvisabile neppure contraddittorieta' rispetto al ruolo di mandante autoattribuitosi dall' (OMISSIS). Si tratta, invero, di dichiarazioni de relato del tutto generiche su fatti che il collaboratore avrebbe appreso da suo fratello mentre si trovava detenuto, e che non sono, comunque, inconciliabili con il ruolo di esecutore materiale dell'omicidio attribuito dall' (OMISSIS) al (OMISSIS), posto che il primo aveva inviato dal nord Italia in (OMISSIS) proprio il (OMISSIS) per informare (OMISSIS) della decisione presa di eliminare il (OMISSIS), ed il (OMISSIS) a sua volta aveva convocato (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) per studiare il piano delittuoso; di talche' la presenza del (OMISSIS) in (OMISSIS) e le informazioni da questi passate ai soggetti indicati poteva ben essere stata intesa, e quindi riferita al collaboratore (OMISSIS), come ordine impartito per l'esecuzione dell'omicidio senza essere a conoscenza del coinvolgimento, in qualita' di mandante, anche dell' (OMISSIS) che all'epoca dei fatti viveva al nord". Il motivo di ricorso attacca questa decisione, sostenendo che (OMISSIS) sia poco credibile, perche' sbaglia completamente l'altezza del 8Tassone (lo indica come 1.80, mentre sarebbe 1.60) e lo indica come residente a (OMISSIS) (mentre, in realta', vive ormai da anni in Lombardia). Queste deduzioni non contrastano la decisione della Corte d'appello, ed anzi in un certo senso rafforzano la conclusione della sentenza impugnata della l'inutilita' di sentire (OMISSIS). Il motivo di ricorso conforta la decisione della Corte d'appello nel momento in cui sostiene che (OMISSIS) sia anche poco credibile nel momento in cui attribuisce l'omicidio a (OMISSIS), mentre la tesi che, proprio perche' il collaboratore ne individua come autore una persona molto alta e residente in (OMISSIS), egli si possa riferire ad altra persona che ha conosciuto con il nome sbagliato, introduce un elemento che, piu' che congetturale, e' di mera confusione, e rende la prova costituita dalle dichiarazioni di (OMISSIS) inidonea ad essere sussunta sotto il paradigma della mancata assunzione di prova decisiva, che, per giurisprudenza consolidata, e' una "prova che, confrontata con le argomentazioni contenute nella motivazione, si riveli tale che, ove esperita, avrebbe sicuramente determinato una diversa pronuncia ovvero quella che, non assunta o non valutata, vizia la sentenza intaccandone la struttura portante. (Sez. 3, Sentenza n. 9878 del 21/01/2020, R., Rv. 278670; circa la svalutazione della prova dichiarativa quale prova decisiva ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera d), c.p.p. v. anche Sez. 5, Sentenza n. 37195 del 11/07/2019, D., Rv. 277035: la prova decisiva, la cui mancata assunzione puo' essere dedotta in sede di legittimita' a norma dell'articolo 606, comma 1, lettera d), c.p.p., deve avere ad oggetto un fatto certo nel suo accadimento e non puo' consistere in un mezzo di tipo dichiarativo, il cui risultato e' destinato ad essere vagliato per effettuare un confronto con gli altri elementi di prova acquisiti al fine di prospettare l'ipotesi di un astratto quadro storico valutativo favorevole al ricorrente). 8.2. Il secondo motivo deduce nullita' della sentenza per erronea applicazione della legge penale e motivazione manifestamente illogica o contraddittoria, perche' la Corte d'appello ha ritenuto convergenti sulla posizione del ricorrente le chiamate dei collaboratori (OMISSIS) e (OMISSIS), ma in esse, in realta', vi sarebbero divergenze perche', quanto al mandante dell'omicidio, (OMISSIS) si e' attribuito la paternita' della decisione mentre (OMISSIS) individua il mandante in tale (OMISSIS), sul movente (OMISSIS) indica la necessita' di evitare contrasti con i cirotani, mentre (OMISSIS) riferisce di una sovrapposizione delle piazze di spaccio, sul coesecutore che avrebbe affiancato il ricorrente (OMISSIS) indica tale (OMISSIS) e (OMISSIS) tale (OMISSIS). Le dichiarazioni sarebbero convergenti solo sul fatto che entrambi indicano il ricorrente come l'autore del reato che avrebbe esploso i colpi da arma da fuoco; i due collaboratori, inoltre, non renderebbero dichiarazioni autonome, perche' entrambi riferiscono, sia pure in modo diverso, quanto hanno appreso dalla stessa fonte, che e' lo stesso ricorrente. Il motivo e' infondato. La Corte d'appello ha risposto a questi argomenti rilevando che non vi sono reali contrasti tra le dichiarazioni dei due collaboratori e tra le due versioni del coinvolgimento di (OMISSIS) nell'omicidio: "entrambi i collaboratori hanno dichiarato che era stato il (OMISSIS) ad esplodere i colpi d'arma da fuoco all'indirizzo delle vittime e che l'omicidio era stato deliberato per contrasti insorti con esponenti di spicco della locale criminalita' e perche' il (OMISSIS), nonostante le raccomandazioni dell' (OMISSIS), aveva continuato a comportarsi con assoluta autonomia, mentre le difformita' evidenziate dalla difesa in ordine all'indicazione del mandante non sono di per se' idonee a privare della natura di riscontro individualizzante le dichiarazioni del (OMISSIS)". Il motivo di ricorso non riesce a scalfire il percorso argomentativo della Corte d'appello. Il fondamento della responsabilita' di (OMISSIS) per il reato associativo e' stato, infatti, individuato nelle dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS), che si autoattribuisce il ruolo di mandante dell'omicidio (cio' che in ricorso viene definita in modo piu' edulcorato come "imbasciata" ai soggetti in loco affinche' essi fossero resi edotti che era favorevole all'eliminazione di (OMISSIS), e che nella sostanza e' un mandato aperto o, se si preferisce, un mandato preliminare ad uccidere) ed indica in (OMISSIS) la persona cui lo ha commiss39Ionato. Il giudice di primo grado ha ritenuto tale comportamento idoneo a costituire prova della partecipazione di (OMISSIS) all'associazione in base alla regola di esperienza per cui un delitto di questo tipo da eseguire per conto dell'organizzazione mafiosa non viene affidato ad un componente estraneo all'organizzazione stessa. Questa chiamata di correo di (OMISSIS) e' stata ritenuta riscontrata dalle dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS), che riferisce di sapere, sia pure de relato, del coinvolgimento di (OMISSIS) nell'omicidio. Il motivo di ricorso censura che si verrebbe ad avere un riscontro che proviene dalla stessa fonte della chiamata in correita', perche' sia (OMISSIS) che (OMISSIS) riferiscono circostanze apprese da (OMISSIS), ma questo in realta' non e' del tutto vero, perche' (OMISSIS) riferisce per scienza diretta di aver incaricato (OMISSIS) dell'omicidio e delle sue causali, mentre riferisce de relato solo i particolari relativi all'esecuzione che ha appreso dallo stesso (OMISSIS). Il motivo di ricorso sostiene che vi sarebbero contraddizioni tra la chiamata in correita' di (OMISSIS) e la chiamata in reita' di (OMISSIS), ma le contraddizioni vertono su aspetti di dettaglio dell'esecuzione del crimine, che nel giudizio oggetto della sentenza impugnata sono del tutto irrilevanti, posto che in questo giudizio (OMISSIS) e' chiamato a rispondere di associazione a delinquere, e quindi cio' che rileva e' soltanto se egli ha ricevuto effettivamente il mandato omicidiario da (OMISSIS), come lo stesso collaboratore riferisce, perche' e' questo mandato che ne radica l'appartenenza all'associazione. Sulla esistenza del mandato, pur se aperto o preliminare, vi e' la chiamata in correita' di (OMISSIS), riscontrata dalla dichiarazione di (OMISSIS) che riferisce della confessione stragiudiziale ricevuta dallo stesso (OMISSIS) di essere stato l'autore dell'omicidio (dalla sentenza di primo grado si comprende, peraltro, che (OMISSIS) riferi' a (OMISSIS) anche di essere un appartenente alla âEuroËœndrangheta), e la ricostruzione della logica della sentenza impugnata resiste, pertanto, alle censure che le sono state mosse. 8.3. Il terzo motivo lamenta nullita' della sentenza per motivazione manifestamente illogica o contraddittoria in punto di responsabilita' per il reato associativo, atteso che il ricorrente non e' mai stato avvistato o fermato a (OMISSIS) e paesi limitrofi nel periodo dei fatti, e' sconosciuto all'autorita' di polizia del posto, e' sconosciuto anche a (OMISSIS) che pure e' la convivente del collaboratore (OMISSIS), non vi sono riscontri negli aeroporti vicino a (OMISSIS) di sue partenze per la (OMISSIS) al momento dei fatti, il ricorrente vive a (OMISSIS) e non risulta avere conoscenza degli organigrammi criminali della zona dei fatti. Il motivo e' inammissibile, perche' e' eccentrico rispetto al contenuto della sentenza impugnata che ha motivato la condanna di (OMISSIS) per il delitto associativo non per effetto di condotte connesse al controllo del territorio della cosca, ma in virtu' della partecipazione dello stesso all'omicidio (OMISSIS). Non rileva, pertanto, che il ricorrente non sia mai stato avvistato o fermato a (OMISSIS) e paesi limitrofi nel periodo dei fatti o che sia sconosciuto all'autorita' di polizia del posto o che non risultino partenze per la (OMISSIS), perche' questi argomenti non si confrontano con il contenuto della pronuncia impugnata. Ha un rilievo, invece, la circostanza che lo stesso non sia conosciuto da (OMISSIS), perche' cio' sta ad Indicare senz'altro che il rapporto del ricorrente con (OMISSIS) non e' passato attraverso una frequentazione continuativa, perche' altrimenti la compagna avrebbe conosciuto questa persona, ma si tratta in ogni caso di un elemento probatorio non decisivo, posto che l'appartenenza ad una associazione criminale non chiede necessariamente la frequentazione continuativa di uno o piu' dei suoi appartenenti, pur potendo la stessa costituirne un riscontro (Sez. 2, Sentenza n. 31541 del 30/05/2017, Abbamundo, Rv. 270468). 9. Ricorso nell'interesse di (OMISSIS); Il ricorso e' infondato. 9.1. Il primo motivo ed il secondo motivo, dedicati entrambi a contestare la responsabilita' per il reato di tentata estorsione in danno del locale (OMISSIS), e che devono essere esaminati con (OMISSIS)mente, sono infondati. Nel primo motivo si sostiene che sarebbero state svalutate le dichiarazioni rese in giudizio dal titolare del locale e dalla moglie di questi, che effettuava il servizio di controllo degli ingressi al night club del marito; entrambi hanno sostenuto in giudizio che il danneggiamento commesso da (OMISSIS) sarebbe stato dovuto al rifiuto di far entrare l'imputato a causa del suo stato di ubriachezza. Nel motivo si deduce anche che la sentenza non avrebbe tenuto in conto che nelle telefonate intercettate risulta che fu il ricorrente a ricevere reiterate richieste di pagamento dalla vittima per il risarcimento dei danni cag39Ionati. Nel secondo motivo si sostiene che manchino elementi probatori a sostegno della tesi che il ricorrente avesse ricevuto un mandato estorsivo. In realta', nessuno di questi argomenti e' idoneo a disarticolare il percorso logico della sentenza di secondo grado (la cui motivazione -sul punto effettua un ampio rinvio per relationem alla sentenza di primo grado, di cui sono citate espressamente anche le pagine che si intendono richiamate) in punto di ritenuta esistenza del tentativo di estorsione. Il giudizio sulla logicita' della ricostruzione operata dalla Corte d'appello della vicenda della tentata estorsione al locale (OMISSIS) e' stato effettuato nell'affrontare l'analogo motivo di ricorso presentato dal coimputato (OMISSIS) al paragrafo 7.5 di questa sentenza, cui pertanto si fa rinvio in punto di accertata esistenza di un mandato estorsivo. Non e' illogico, inoltre, che - a fronte del materiale probatorio costituito dalle conversazioni intercettate da cui si evince che (OMISSIS) ha seguito la notte dei fatti un piano programmato sulla cui attuazione riferiva prontamente al telefono ai suoi mandanti - la motivazione della sentenza impugnata abbia attribuito un rilievo subvalente alle dichiarazioni del titolare del locale e della moglie dello stesso in punto di scaturigine del danneggiamento. La prova costituita dalle conversazioni intercettate restituisce, infatti, una fotografia degli eventi di quella notte che collide apertamente con la versione fornita dal titolare del locale e dalla moglie. La ponderazione degli elementi di prova, e la prevalenza dell'uno rispetto all'altro, e' apprezzamento di fatto che appartiene al giudice del merito, ma non e' in ogni caso illogico che nel caso in esame i giudici del merito, in doppia conforme, abbiano attribuito rilievo prevalente ad una prova (quella restituita dalle conversazioni intercettate) che fotografa la realta' degli eventi di quella notte in modo oggettivo rispetto ad una prova (quella delle dichiarazioni della vittima e della moglie) che passa attraverso un preliminare scrutinio di credibilita' soggettiva ed oggettiva di persone che, pur non essendosi costituite parte civili, avevano un interesse civilistico nella vicenda che hanno soddisfatto rivolgendosi direttamente alla controparte contro cui poi sono state chiamate a testimoniare. - 9.2. Il terzo motivo censura la mancata applicazione alla vicenda del tentativo di estorsione della disciplina della desistenza di cui all'articolo 56, comma 3, c.p. In esso si deduce che la Corte d'appello ha escluso la desistenza, perche' l'estorsione non si sarebbe perfez39Ionata per intervento di (OMISSIS) ed un altro soggetto che avevano il ruolo di protettori della vittima, ma, in realta', non risulterebbe alcun intervento di (OMISSIS), ed anzi l'abbandono del proposito criminoso emergerebbe dalle intercettazioni. Il motivo e' infondata. Il giudizio sulla logicita' e congruenza con le risultanze istruttorie della ricostruzione in fatto dell'episodio operata dalla Corte d'appello e' stato effettuato nell'affrontare il motivo di ricorso presentato dal coimputato (OMISSIS) al punto 7.6. di questa sentenza, cui si fa rinvio. Una volta riconosciuta come logica la conclusione della Corte d'appello sull'esistenza di un intervento di terzi a protezione del locale che ha ostacolato l'azione criminosa, la successiva conclusione del giudice del merito sulla impossibilita' di applicare la norma sulla desistenza di cui all'articolo 56, comma 3, c.p. e' coerente con le risultanze della istruttoria, che disegnano un quadro che, piu' che abbandono del progetto criminoso, e' quello di non riuscita dello stesso (si ricorda, a conferma della inesistenza della desistenza, la conversazione intercettata gia' evidenziata al paragrafo 7.6., in cui il correo (OMISSIS), ancora dopo la serata in cui doveva essere svolta la prestazione lavorativa, sostiene che si fara' pagare come se avesse fatto il servizio). La desistenza, infatti, "deve essere il frutto di una scelta volontaria dell'agente, non riconducibile ad una causa indipendente dalla sua volonta' o necessitata da fattori esterni" (Sez. 3, Sentenza n. 17518 del 28/11/2018, dep. 2019, T., Rv. 275647; in particolare, con riferimento al reato di tentata estorsione v. Sez. 2, Sentenza n. 3793 del 11/09/2019, dep. 2020, Fichera, Rv. 277969: "in tema di estorsione va considerata integrata l'ipotesi tentata ed esclusa la desistenza quando la consegna della somma di denaro, costituente oggetto di una richiesta effettuata con violenza o minaccia, non abbia avuto luogo non per autonoma volonta' dell'imputato, bensi' per la ferma resistenza opposta dalla vittima"). 10. Ricorso nell'interesse di (OMISSIS); Il ricorso e' infondato. 10.1. Il primo motivo contesta la ritenuta responsabilita' del ricorrente per il reato del capo 24. In esso si evidenzia che di (OMISSIS) non parla mai il collaboratore di giustizia (OMISSIS) che ha fatto rinvenire lo stupefacente che ha originato poi il capo di imputazione, mentre in ordine alle conversazioni ambientali utilizzate come prova nei suoi confronti non e' noto quale sia il criterio in forza del quale sono state attribuite allo stesso. Il motivo e' infondato. Non e' illogico che la pronuncia di appello non abbia attribuito rilievo decisivo alla circostanza che di (OMISSIS) non parti il collaboratore (OMISSIS), perche' (OMISSIS) gia' in primo grado era stato assolto dall'accusa di essere uno dei componenti dell'associazione, (OMISSIS) e' rimasto coinvolto nel processo soltanto per la detenzione a fini di spaccio dei quantitativi di stupefacente indicati nei capi nn. 24 e 25; egli non ha, d'altronde, un collegamento diretto con (OMISSIS), ma soltanto con (OMISSIS), che aveva, invece, il contatto con (OMISSIS), ed, a quanto risulta dalle conversazioni intercettate, ne aveva anche favorito la latitanza ospitandolo con documenti falsi presso un suo agriturismo. L'attribuibilita' alla voce di (OMISSIS) delle conversazioni ambientali intercettate nell'autovettura di (OMISSIS) e' molto contestata dalla difesa, che afferma di non avere avuto sul punto adeguata risposta dalla Corte d'appello. La sentenza impugnata, in effetti, da' per scontata la attribuibilita' a (OMISSIS) di tali conversazioni e si appoggia sul punto alle conclusioni di quella di primo grado, di cui riporta diversi passaggi per esteso. La sentenza di primo grado e' piu' dettagliata e da' conto delle ragioni del coinvolgimento del (OMISSIS) nella vicenda riportando anche conversazioni telefoniche intrattenute tra questo e (OMISSIS) nel periodo in esame. Le conversazioni telefoniche intercettate sono, in effetti, piu' anodine rispetto alle ambientali, che sono, invece, molto piu' esplicite; al telefoni), infatti, (OMISSIS) e (OMISSIS) si limitano a prendere accordi per incontrarsi di persona, il che, peraltro, e' coerente con le loro preoccupazioni, che pure emergono dagli atti, secondo cui gli stessi avrebbero interesse a dispositivi per la bonifica delle conversazioni. Queste anodine conversazioni telefoniche, su cui la difesa, pero', non muove rilievi in ordine alla identificazione di (OMISSIS) come uno dei due interlocutori sono, pero', utili nella prospettiva accusatoria accolta dal giudice di primo grado, e poi confermata dal giudice di appello, di attribuire a (OMISSIS) anche le conversazioni ambientali che avvenivano nell'auto di (OMISSIS), atteso che il servizio di ascolto di una intercettazione ambientale comporta l'associazione di una voce ignota ad un nome tramite gli elementi noti a disposizione, tra cui vi e' senz'altro l'aver ascoltato la stessa voce in una conversazione telefonica attribuibile con certezza ad una persona identificata, o l'aver ascoltato in una conversazione telefonica tra due interlocutori riferimenti certi al contenuto di una conversazione ambientale intercettata o accordi per incontrarsi seguiti dall'incontro. In questo contesto, pertanto, non e' illogico che il giudice di primo grado, che ha assolto (OMISSIS) dalla contestazione del reato associativo sulla base delle stesse intercettazioni con cui gli ha attribuito, con giudizio confermato dalla Corte d'appello, i reati fine dei capi nn. 24 e 25 abbia ritenuto essere proprio (OMISSIS) il soggetto coinvolto in tali conversazioni ambientali, mentre la âEuroËœvalutazione nel merito delle fonti di prova resta estranea al giudizio di legittimita'. Una volta attribuite a (OMISSIS) le conversazioni ambientali intercettate, la deduzione della Corte d'appello sulla imputabilita' anche allo stesso della detenzione dello stupefacente rinvenuto in Castel(OMISSIS) occultato in alcuni fusti in acciaio e', pur se il terreno in cui era stato rinvenuto non dl proprieta' dello stesso, congruente con il contenuto di tali conversazioni, che sono in effetti sul punto molto esplicite. 10.2. Il secondo motivo e' dedicato alla ritenuta responsabilita' del ricorrente per il reato del capo 25 in quanto, relativamente alle tre telefonate utilizzate come prova nei suoi confronti, non e' noto quale sia il criterio in forza del quale sono state attribuite al ricorrente. Il motivo e' speculare al precedente, si differenzia solo per essere riferito al capo n. 25 della imputazione. Per esso valgono le stesse considerazioni appena espresse al punto 10.1, cui, pertanto, si fa rinvio. 10.3. Il terzo motivo contesta la mancata concessione delle attenuanti generiche che sarebbero state dovute per contributo marginale e comportamento processuale. Il motivo non e' fondato. La Corte d'appello ha ritenuto di non concedere le attenuanti generiche sull'assunto che non siano rilevabili elementi di segno positivo idonei al loro riconoscimento. Si tratta di un giudizio che non presenta profili di illogicita'. Nel motivo di ricorso si sostiene che gli elementi di segno positivo sarebbero il contributo marginale dell'imputato riconosciuto dalla stessa sentenza di primo grado che ha assolto (OMISSIS) dalla contestazione associativa (pag. 15 del ricorso) ed il comportamento processuale, ma la assoluzione dalla fattispecie associativa non comporta come consequenziale sul piano logico l'apprezzamento della marginalita' nel contributo causale dato ai due reati per cui (OMISSIS), invece, e' stato condannato, su cui in ricorso non sono spesi argomenti; la correttezza del comportamento processuale e', poi, una deduzione che nel caso in esame ha anche una vaghezza che la rende difficilmente apprezzabile, non essendo stato specificato in ricorso a cosa, in particolare, si riferisca. 11. Ricorso nell'interesse di (OMISSIS); Il ricorso e' infondato. Nell'unico motivo si censura la ritenuta responsabilita' per il reato del capo 15, evidenziando che la responsabilita' si fonderebbe essenzialmente sulle dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS), non sufficientemente riscontrate; si evidenzia anche che i soggetti esterni all'associazione indicati nella imputazione come riferimenti del ricorrente non sono mai stati attinti da contestazioni o sono stati assolti, e che la stessa telefonata tra (OMISSIS) ed (OMISSIS) assunta come indizio a carico non avrebbe un significato esplicito. Il motivo e' infondato. Il giudizio sulla valutazione della Corte d'appello in punto di credibilita' del collaboratore (OMISSIS) ed attendibilita' delle sue dichiarazioni e' gia' stato effettuato al paragrafo 3.1. di questa sentenza, cui si fa rinvio. Il motivo di ricorso contesta l'esistenza di riscontri individualizzanti sulla posizione del ricorrente. La sentenza impugnata individua l'esistenza di tali riscontri nella parte in cui afferma che: "la chiamata in correita' dell' (OMISSIS) in ordine alla partecipazione al traffico da parte dell'imputato ha trovato riscontro nelle convergenti dichiarazioni accusatorie di (OMISSIS) e (OMISSIS), oltre che in un ampio compendio intercettivo, anche il collaboratore di giustizia (OMISSIS), infatti, ha parlato del (OMISSIS) definendolo come un soggetto dedito allo spaccio di erba e fumo. La (OMISSIS), ha ricordato, invece, in cio' confermando appieno il racconto dell' (OMISSIS), di essere andata a (OMISSIS) casa di un tale (OMISSIS), detto âEuroËœ (OMISSIS)' e di avere li' trovato il (OMISSIS); da tale luogo, ha aggiunto, l' (OMISSIS), (OMISSIS), detto âEuroËœ (OMISSIS)' e (OMISSIS) erano poi partiti alla volta della Germania. Ulteriori elementi di riscontro sono, poi, costituti dalle intercettazioni poste a fondamento dei reati di cui ai capi 20) e 21) della rubrica". La motivazione della sentenza impugnata non presenta i profili di illogicita' censurati in ricorso. Non e' un profilo di illogicita' della pronuncia la circostanza che le dichiarazioni di (OMISSIS) siano un riscontro debole perche' provengono da persona vicina al collaboratore, in quanto (OMISSIS) riferisce un fatto (l'aver incontrato (OMISSIS) nella occasione precisata) di cui ha conoscenza diretta, e non per riferito dal collaboratore. Non e' un profilo di illogicita' della pronuncia la circostanza che (OMISSIS) parli del ricorrente come un soggetto genericamente coinvolto in attivita' di spaccio senza pero' indicare specificamente il collegamento con l'associazione. Come gia' precisato sopra, il riscontro esterno funge soltanto da parametro di conferma di una dichiarazione eteroaccusatoria proveniente da uno dei soggetti di cui all'articolo 192, comma 3, c.p.p., ma non deve avere il contenuto di una prova autonoma, perche' altrimenti sarebbe esso stesso prova; pertanto, nel caso in esame, posto che la fonte dl prova a carico del (OMISSIS) sono le dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS), la circostanza che il collaboratore (OMISSIS) ricordi il (OMISSIS) come una persona coinvolta nello spaccio di stupefacenti sono un riscontro sufficiente alle dichiarazioni del primo collaboratore secondo lo standard, gia' riferito sopra della piu' volte citata pronuncia delle Sezioni Unite Aquilina. Peraltro, nel caso in esame la Corte d'appello ha evidenziato anche l'ulteriore elemento di riscontro costituito dalle conversazioni intercettate in cui si parla del ricorrente, atteso che il " (OMISSIS), quello del lavaggio" di cui parlano (OMISSIS) ed (OMISSIS) e', in base all'utilizzo dei criteri della logica, associabile a (OMISSIS), persona che pacificamente i due interlocutori conoscono e di cui in atti si dice essere titolare di un autolavaggio in (OMISSIS). In questo contesto l'ulteriore censura contenuta in ricorso in cui si evidenzia che le persone che in imputazione si assumeva collegate a (OMISSIS) siano state prosciolte, pur corretta, non e' sufficiente a disarticolare il percorso logico-argomentativo della pronuncia impugnata. Il motivo e', pertanto, infondato. 12. Ricorso nell'interesse di (OMISSIS); Il ricorso e' infondato. 12.1. Il primo motivo sostiene che la sentenza di primo grado riporta a pagina 4 anche il capo di imputazione per il reato dell'articolo 416-bis cod. pen per cui non vi era stato rinvio a giudizio; non si tratterebbe, a giudizio del ricorrente, di una svista casuale ma del segno evidente di un pregiudizio che ha portato di fatto il ricorrente ad essere processato anche per l'articolo 416-bis cod. pen pur senza essere mai stato vocato in ius e condannato per questo titolo. Il motivo e' inammissibile. La sentenza impugnata non contiene condanna del ricorrente per il reato dell'articolo 416-bis c.p., come lo stesso ricorso, peraltro, ammette. Ne consegue che manca qualsiasi interesse all'impugnazione, perche' dall'eventuale accoglimento il ricorrente non trarrebbe alcun beneficio. Per il vero, vi e' un ulteriore profilo di inammissibilita' del motivo di ricorso; manca anche, infatti, a monte il capo della sentenza impugnato con questo motivo, posto che nessun capo della decisione e' dedicato alla condanna del ricorrente per la fattispecie penale indicata, e gia' di per se' la mancata indicazione del capo della decisione che viene aggredito con l'impugnazione costituisce causa autonoma di inammissibilita' del ricorso ex articolo 581 c.p.p.. 12.2. Il secondo motivo deduce che la sentenza impugnata non avrebbe preso in considerazione un documento prodotto dalla difesa, allegato anche al ricorso, in una versione in lingua fiamminga, ed in una versione in lingua italiana redatto âEuroËœda traduttore giurato. Questo estratto della decisione giudiziaria della Corte di appello di Anversa del 29 giugno 2007 documenterebbe che in quella data la Corte d'appello ha ordinato l'arresto immediato di (OMISSIS). (OMISSIS) era in quel periodo processato in (OMISSIS) e la condanna alla pena di 4 anni di reclusione era divenuta irrevocabile per effetto della reiezione del.ricorso in Cassazione il 27 novembre 2007, circostanza che si apprende sempre dai documenti allegati al ricorso. Da questi documenti dovrebbe desumersi la latitanza del ricorrente in (OMISSIS) tra il giugno 2007 e sino all'avvenuto arresto del (OMISSIS), il che renderebbe, nella prospettazione del ricorrente, poco credibile le dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS) che attribuisce al ricorrente proprio il ruolo di corriere con il (OMISSIS). Il motivo e' infondato. In esso si censura nella sostanza non una mancata assunzione di prova decisiva, perche' la prova, secondo la stessa prospettazione del ricorso, e' stata assunta, ma un travisamento per omissione, con riferimento alla mancata valutazione dei documenti del processo belga introdotti dalla difesa. Va osservato che il travisamento assume rilievo soltanto quando attiene a circostanza di fatto idonea, per la sua forza, a disarticolare il percorso logico della decisione impugnata. E, se si legge la sentenza impugnata, si puo' notare come il giudice del merito abbia attribuito a (OMISSIS) soprattutto il ruolo di organizzatore dei viaggi di stupefacente proveniente dal (OMISSIS) grazie ai contatti, anche familiari, di cui disponeva in quel paese e grazie alla copertura della sua attivita' di commercio di autovetture usate. La sentenza impugnata, infatti, a pag. 18 precisa il ruolo di (OMISSIS) in questi termini: "abitava a (OMISSIS) e aveva il fratello, i nipoti e anche parecchi cugini al confine dell'(OMISSIS), in (OMISSIS) ove parlano fiammingo", si occupava in genere di macchine di grossa cilindrata, anche rubate o a leasing che mandava all'estero, in particolare in (OMISSIS) e in (OMISSIS). Egli era, dunque, in grado di fare arrivare dal (OMISSIS) e dall'(OMISSIS) grossi quantitativi di stupefacente e, infatti, ha detto testualmente il collaboratore, "la maggior parte della droga la faceva arrivare lui". E' vero che la stessa pronuncia aggiunge a pag. 20 che il collaboratore (OMISSIS) ha indicato (OMISSIS) come "il sodale che, oltre a procurare i contatti con canali esteri di approvvig39Ionamento, era preposto alle funzioni specifiche di corriere, con il compito di portare in Italia rilevanti quantitativi di droga, prelevati in (OMISSIS) e (OMISSIS)", e che, pertanto, nell'impianto della sentenza impugnata (OMISSIS) non avrebbe soltanto il ruolo dell'organizzatore dei trasporti, ma anche quella di corriere. Anche se poi a pag. 74 della motivazione si torna a ritagliare a (OMISSIS) il ruolo dell'organizzatore del trasporto dall'estero, attribuendo il ruolo del corriere al coindagato (OMISSIS) ("il (OMISSIS) era in contatto con il coimputato (OMISSIS) che fungeva da corriere"). Il giudizio della Corte d'appello quantomeno sul ruolo di organizzatore dei trasporti dello stupefacente non e' Scalfito sul piano della congruenza logica dalle vicende giudiziarie dell'imputato in (OMISSIS), vicende che non gli hanno, peraltro, impedito di recarsi in Germania (un altro dei paesi coinvolti nel traffico, ove fu controllato (OMISSIS) in occasione di uno dei trasporti gia' valutati al punto 6.3 di questa sentenza) dove poi, in base agli stessi documenti prodotti in allegato al ricorso, emerge che egli fu arrestato il (OMISSIS), per poi essere estradato in (OMISSIS) il 10 luglio 2015. 12.3. Il terzo motivo lamenta mancata assunzione di prova decisiva, perche' la Corte d'appello avrebbe respinto la richiesta di assunzione di due interrogatori resi in fase di indagini dal collaboratore (OMISSIS) il 23 aprile 2012 ed il 16 maggio 2012. Il ricorso censura la motivazione della Corte d'appello, secondo cui essi avrebbero dovuto essere usati nell'esame e controesame, sostenendo che lo standard di decisione della rinnovazione dibattimentale ex articolo 603 c.p.p. avrebbe dovuto essere quello della incapacita' di decidere allo stato degli atti. Il motivo e' manifestamente infondato. La decisione della Corte d'appello e' corretta. L'interrogatorio reso in fase di indagini non e' un documento acquisibile ex articolo 234 c.p.p., ma un atto del procedimento, che non entra nel fascicolo del dibattimento ex articolo 431 c.p.p., salvo i casi previsti dagli articoli 503, 512 e 513 c.p.p., o salvo il consenso delle parti. La risposta della Corte d'appello e', quindi, che vi fosse una preclusione all'ingresso dell'atto nel fascicolo per il dibattimento che dipende dalla tipologia di atto che si chiede di acquisire, preclusione che sul piano logico viene prima della decisione ex articolo 603 c.p.p. sulla utilita' o meno dell'atto ai fini della decisione su cui e' impostato il motivo di ricorso, risposta che, come si e' esposto, e' perfettamente conforme al sistema processuale. 12.4. Il quarto motivo censurala valutazione della prova effettuata dalla Corte d'appello nel ritenere il ricorrente responsabile del reato associativo del capo 15. In esso si deduce che la responsabilita' e' stata desunta da dichiarazioni rese in dibattimento dal collaboratore (OMISSIS), che pero' nell'interrogatorio reso in indagini preliminari escludeva che il ricorrente trafficasse in stupefacenti, perche' nell'unica telefonata intercettata usata come prova non si parla mai di stupefacenti, in quanto l'oggetto e' soltanto una richiesta di aiuto per un lavoro di buttafuori in un locale notturno, perche' in dibattimento il collaboratore (OMISSIS) fa del ricorrente anche un affiliato alla âEuroËœndrangheta, e perche' il riscontro fornito dalla compagna del collaboratore (OMISSIS) costituito dal riconoscere il ricorrente in una fotosegnaletica e ricordare che lo stesso era andato in 13elgio a prendere cocaina e' generico, perche' la stessa mai riferisce che lo stesso avrebbe avuto addosso cocaina ne' l'abbia mai visto consegnarla ne' sa dove e quando lo stesso l'avrebbe comprata. Il motivo e' infondato. Il giudizio della Corte d'appello di credibilita' delle dichiarazioni rese dal collaboratore (OMISSIS) e' gia' stato scrutinato al paragrafo 3.1. di questa sentenza, cui si fa rinvio. L'argomento contenuto nel ricorso della parziale diversita' delle dichiarazioni rese dal collaboratore nell'interrogatorio reso durante le indagini e' processualmente non spendibile, perche' si tratta di atto non entrato nel fascicolo del dibattimento; se, invece, il verbale di interrogatorio e' stato usato per le contestazioni, nel motivo di ricorso avrebbe dovuto essere indicato in modo specifico quali sono le contestazioni rivolte al dichiarante nel corso dell'esame in dibattimento che ne avrebbero inficiato la credibilita'. I riscontri individualizzanti sulla posizione di (OMISSIS) sono stati individuati dal giudice d'appello nelle intercettazioni riportate nella sentenza di primo grado alle pagg. 206-207 e 272-277, e richiamate per relationem in quella di appello, e su cui peraltro non ci sono specifiche deduzioni nel motivo di ricorso. Il motivo di ricorso si e' soffermato molto sulla conversazione in cui (OMISSIS) chiede aiuto ad (OMISSIS) nel suo lavoro di buttafuori di un locale notturno, che la difesa legge come la prova dell'innocenza di (OMISSIS) che mai avrebbe potuto accettare un lavoro oneroso e poco pagato come quello del buttafuori se fosse stato realmente un trafficante internaz39Ionale di stupefacenti, e che la Corte d'appello ha considerato, invece, non incompatibile con quello di componente di una associazione ex articolo 74 Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990. La risposta della Corte d'appello non ha soddisfatto la difesa, che la apostrofa con una espressione colorita ed atecnica, insistendo per la sua censura. Va osservato, peraltro, che la conclusione della Corte d'appello non ha nulla di illogico, perche' proprio non si riesce a comprendere perche' lo svolgere un lavoro dipendente piuttosto faticoso (in questo caso, quello del buttafuori) dovrebbe essere incompatibile con l'attivita' criminale, posto che, secondo l'id quod plerumque accidit, molte persone dedite al crimine hanno anche una attivita' lavorativa lecita. E' in ogni caso un riscontro individualizzante sulla posizione del ricorrente anche la circostanza che (OMISSIS) abbia riconosciuto (OMISSIS) in individuazione fotografica precisando di sapere sul suo conto che questi era andato in (OMISSIS) a prendere della cocaina, circostanza non attaccata sotto questo profilo in ricorso, mentre non e' logico pretendere ai fini della natura individualizzante, come si sostiene in ricorso, che la dichiarante abbia visto (OMISSIS) con lo stupefacente tra le mani. 12.5. Il quinto motivo censura il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e la mancata riqualificazione della condotta nel reato di cui all'articolo 73, comma 5, Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990. Il motivo e' inammissibile per mancanza del requisito della specificita' estrinseca dei motivi di ricorso (cfr. Sez. U, Sentenza n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Gaitelli, Rv. 268823), in quanto esso e' meramente assertivo, e non contiene critiche al rag39Ionamento svolto dalla Corte d'appello nella sentenza con il cui contenuto non prova neanche a confrontarsi. 13. Ai sensi dell'articolo 616, comma 1, c.p.p., alla decisione consegue la condanna dei ricorrenti diversi da (OMISSIS) al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Catanzaro. Rigetta i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

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