Sentenze recenti resistenza a pubblico ufficiale

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  • 1 REPUBBLICA ITALIANA LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE TERZA SEZIONE CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati Oggetto Responsabilità civile per danno da animale selvatico GIACOMO TRAVAGLINO Presidente ENRICO SCODITTI Consigliere - Rel. CHIARA GRAZIOSI Consigliere ENZO VINCENTI Consigliere Cron. R.G.N. 4745/2020 PAOLO PORRECAConsigliere Ud.22/4/2024 PU Cron. R.G.N24493/2021 Ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 24493/2021 R.G. proposto da: ATC AMBITO TERRITORIALE DI CACCIA RAVENNA 3, elettivamente domiciliato in ROMA CORSO VITTORIO EMANUELE II 308, presso lo studio dell’avvocato RUFFOLO UGO (RFFGUO42D02I872U) che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato LOCCISANO VALTER (LCCVTR76B01I725W) -ricorrente- contro PAGLIAI ARMANDO E GIORGIO SS SOC. AGRICOLA AZIENDA AGRICOLA PAGLIAI, elettivamente domiciliato in Roma via delle Milizie 2 22, presso lo studio dell’avvocato ARONICA WALTER (RNCWTR80P23H501A) rappresentato e difeso dall'avvocato DOLCINI SILVIA (DLCSLV59H58D458J) -controricorrente- avverso SENTENZA di CORTE D'APPELLO BOLOGNA n. 1136/2021 depositata il 11/05/2021. Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 22/04/2024 dal Consigliere ENRICO SCODITTI; sentite le parti ed il Pubblico Ministero GIOVANNI BATTISTA NARDECCHIA. Fatti di causa 1. Con atto di citazione notificato in data 11 luglio 2012 l’Azienda Agricola Pagliai Armando e Giorgio s.s. convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Ravenna l'Ambito Territoriale di Caccia Ravenna 3 chiedendo il risarcimento del danno causato dall’azione di cinghiali e caprioli sui propri fondi coltivati siti nel Comune di Brisighella. Si costituì la parte convenuta chiedendo il rigetto della domanda. 2. Il Tribunale adito accolse la domanda, condannando il convenuto al risarcimento del danno nella misura di Euro 20.965,00, oltre accessori. 3. Avverso detta sentenza propose appello l’Ambito Territoriale. Si costituì la parte appellata chiedendo il rigetto dell’appello. 4. Con sentenza di data 11 maggio 2021 la Corte d’appello di Bologna rigettò l’appello. Osservò la corte territoriale, per quanto qui rileva, che, diversamente da quanto affermato da Cass. n. 2374 del 2016 in relazione ad un fatto accaduto nel 1997, in relazione al fatto in questione, verificatosi nel 2011, doveva aversi riguardo, ai fini del riconoscimento della sussistenza della legittimazione passiva del convenuto, alle modifiche intervenute prima con la legge regionale n. 3 6 del 2000, e poi con la legge regionale n. 16 del 2007, alla legge regionale n. 8 del 1994. In particolare, osservò quanto segue. «L’art. 17 della L.R. 8/1994 prevedeva nella formulazione originaria che gli oneri per il contributo al risarcimento dei danni arrecati alle produzioni agricole e alle opere approntate su terreni coltivati ed a pascolo dalle specie di fauna selvatica sono a carico delle Provincie, qualora siano provocati nelle zone di protezione, anche se in gestione convenzionata ovvero, per quanto di rilievo in questa sede, degli ambiti territoriali di caccia qualora si siano verificati nei fondi ivi compresi. Con la L.R. 6/2000 si è disposto che la legittimazione è degli ambiti territoriali di caccia, qualora gli eventi lesivi si siano verificati nei fondi ivi ricompresi, oppure delle Province, qualora siano provocati nelle zone di protezione di cui all'art. 19 e nei parchi e nelle riserve naturali regionali, comprese quelle aree contigue ai parchi dove non è consentito l'esercizio venatorio. Con L.R. 16/2007 si è provveduto a modificare ulteriormente la disciplina di cui trattasi confermando la legittimazione degli ambiti territoriale di caccia per le specie di cui si consente il prelievo venatorio, qualora gli eventi lesivi si siano verificati nei fondi ivi ricompresi». 5. Ha proposto ricorso per cassazione l'Ambito Territoriale di Caccia Ravenna 3 sulla base di un motivo. Resiste con controricorso la parte intimata. Il Pubblico Ministero ha presentato le conclusioni scritte, concludendo per l’accoglimento del ricorso. E’ stata depositata memoria di parte. Ragioni della decisione 1. Con il motivo di ricorso si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 26 legge n. 157 del 1992, 16, 17 e 18 legge regionale n. 8 del 1994, 111 Cost., 132 n. 4 e 118 att. cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che la corte territoriale ha ravvisato la sussistenza della legittimazione passiva in capo al ricorrente nonostante le modifiche richiamate alla 4 legge regionale non modificassero, per la parte rilevante, la legge regionale n. 8 del 1994, così come interpretata da Cass. n. 2375 del 2016, la quale aveva individuato nella Provincia il soggetto passivamente legittimato, posto che la lieve modifica intervenuta aveva toccato solo l’art. 17, il quale prevede, come affermato da Cass. n. 2375 del 2016, la ripartizione interna fra la Provincia e gli altri soggetti (fra cui l’Ambito Territoriale) degli oneri relativi ai contributi per il fondo regionale, previsto dall’art. 26 legge n. 157 del 1992 per i danni arrecati alle produzioni agricole dalle specie di fauna selvatica cacciabile. Aggiunge che la motivazione, alla luce di quanto osservato, risulta anche apparente. 1.1 Deve premettersi all’esame del motivo che il ricorrente ha depositato copia della sentenza impugnata, con asseverazione di autenticità, priva però dell’indicazione della data di pubblicazione (c.d. glifo). La questione, per come ha già trovato modo di declinarsi nella giurisprudenza di questa Corte, è riassumibile nei seguenti termini: se il deposito di sentenza digitale priva della stampigliatura (quest’ultima indicata, in taluni precedenti, atecnicamente come “glifo”), apposta in via automatica dal sistema informatico di gestione dei servizi di cancelleria, indicante la data di deposito ed il numero del provvedimento, valga o meno a soddisfare l’onere di deposito del provvedimento impugnato previsto a pena di improcedibilità dall’art. 369 c.p.c., ovvero, in assenza dei predetti dati, debba addivenirsi, altrimenti, ad una pronuncia di inammissibilità del ricorso per tardività, ove non si ritenga superata la c.d. prova di resistenza. 1.2. – Occorre, anzitutto, dare evidenza, in estrema sintesi, alle soluzioni (con gli argomenti che le sorreggono) sinora adottate dalla giurisprudenza di questa Corte, alla luce di una ricognizione di cui si fa carico, in modo ampio, la memoria del pubblico ministero e alla quale, dunque, giova richiamarsi. 5 1.2.1. – L’improcedibilità del ricorso per cassazione è stata dichiarata (tra le altre: Cass. n. 29803/2020, Cass. n. 5771/2023, Cass. n. 8535/2023, Cass. n. 10180/2023, Cass. n. 23694/2023, Cass. n. 25472/2023, Cass. n. 28035/2023, Cass. n. 36379/2023) nel caso in cui la sentenza impugnata, redatta in formato digitale, risulti priva dell’attestazione di cancelleria circa l’avvenuta pubblicazione, la relativa data e il conseguente numero di pubblicazione, sia perché i suddetti adempimenti sono gli unici che permettono alla Corte di controllare se e quando il provvedimento impugnato sia effettivamente venuto ad esistenza, sia perché la produzione di una copia della sentenza incerta nella data e priva del numero identificativo non consente di verificare la tempestività dell’impugnazione, né, in caso di accoglimento del ricorso, di formulare un corretto dispositivo che, coordinato con la motivazione, individui con esattezza il provvedimento cassato. In particolare, gli argomenti a sostegno dell’improcedibilità (Cass. n. 5771/2023) muovono dal rilievo che «la disposizione dell’art. 16- bis, comma 9-bis, del d.l. n. 179/2012 (convertito, con modificazioni, nella legge n. 221/2012) - introdotta dall’art. 52, comma 1, lett. a), del d.l. n. 90/2014 (convertito, con modificazioni, nella legge n. 114/2014) - che stabilisce la equivalenza all’originale delle copie informatiche, anche per immagine, dei provvedimenti del Giudice “anche se prive della firma digitale del cancelliere di attestazione di conformità all’originale”» attribuisce «al difensore il potere di certificazione pubblica delle “copie analogiche ed anche informatiche, anche per immagine, estratte dal fascicolo informatico” ma non anche la competenza amministrativa riservata al funzionario di Cancelleria relativa alla “pubblicazione” della sentenza». Si è, quindi, ritenuto che, “per quanto in linea generale sia possibile produrre in giudizio copie o duplicati del provvedimento impugnato estratti dal fascicolo telematico, attestando la conformità del relativo contenuto all’originale 6 contenuto nel predetto fascicolo, ai fini della procedibilità del ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 369 c.p.c. deve comunque trattarsi di copie o duplicati recanti l’attestazione di Cancelleria della pubblicazione del provvedimento, con la relativa data e il numero attribuito dal sistema”, altrimenti resterebbe preclusa alla Corte la verifica circa l’effettiva venuta ad esistenza del provvedimento impugnato e del suo numero identificativo. 1.2.2. – L’inammissibilità del ricorso è stata dichiarata (tra le altre: Cass. n. 18510/2023, Cass. n. 29263/2023, Cass. n. 36189/2023, Cass. n. 817/2024, Cass. n. 841/2024) nel caso in cui il ricorrente depositi un duplicato della sentenza telematica dal quale non si evince la data di pubblicazione e la notificazione del ricorso è avvenuta in una data che non risulta tempestiva - se calcolata in relazione al giorno della decisione indicato nel testo del provvedimento - rispetto al termine dell’art. 327, comma primo, c.p.c. Va, peraltro, posto in evidenza che, nel superare la soluzione dell’improcedibilità del ricorso, questa Corte, in base a questo orientamento, ha affermato (in un caso in cui ha avuto esito positivo la c.d. “prova di resistenza” sulla tempestività dell’impugnazione: Cass. n. 865/2024) che la «copia analogica prodotta, pur con le dette omissioni, non si può considerare come copia non autentica, in quanto risulta ─ e vi è in tal senso anche espressa asseverazione del Procuratore dello Stato resa ai sensi dell’art. 16-bis, comma 9-bis, 16- decies e 16-undecies d.l. n. 179 del 2012 ─ “tratta con modalità telematiche” e “conforme” allo “esemplare presente nel fascicolo informatico” come “reso disponibile dai servizi informatici e telematici del competente plesso giurisdizionale”, e, dunque, deve considerarsi conforme al documento informatico effettivamente presente nel fascicolo del giudizio di merito e, pertanto, autentica». 1.2.3. – Giova, altresì, dare conto che, sebbene in un caso di rigetto del ricorso in presenza di ragione più liquida di infondatezza dello 7 stesso (e superando in tal modo la depositata proposta di definizione accelerata nel senso della improcedibilità del ricorso), Cass. n. 5204/2024 - premesse le nozioni di “copia informatica di documento informatico” e di “duplicato informatico”, secondo le definizioni contenute nell’art. 1, comma 1, del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, e richiamate le disposizioni speciali per il processo civile in tema di attestazione di conformità - ha prospettato i seguenti interrogativi: a) «può il deposito di una tale copia ritenersi soddisfare l’onere, previsto all’art. 369, secondo comma, n. 2, c.p.c. … di depositare “copia autentica della sentenza”?»; b) “se sì, può la mancanza, nella copia informatica estratta dal fascicolo informatico e attestata conforme, delle indicazioni relative al numero e alla data di pubblicazione dal fascicolo informatico considerarsi causa di inammissibilità del ricorso per mancata prova della sua tempestività (salva la c.d. prova di resistenza …)?”; c) “accedendo a tale ultimo orientamento, può infine ritenersi utilmente e tempestivamente prodotta, a riprova dell’ammissibilità del ricorso, altra copia informatica, questa volta recante il c.d. glifo, successivamente al deposito ed alla comunicazione della proposta di definizione? Se sì, può essa ritenersi utilmente prodotta, come nella specie, al di là del termine di quindici giorni prima dell’udienza o dell’adunanza, fissato dall’art. 372, secondo comma, c.p.c.?”. 1.3. – Il Collegio ritiene che gli interrogativi posti da Cass. n. 5204/2024 trovino complessiva risposta nelle considerazioni che seguono. 1.3.1. - Le nozioni di “copia informatica” e di “duplicato informatico”. In base alle definizioni contenute nell’art. 1 del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell’amministrazione digitale: C.A.D.), applicabili anche al processo civile, in quanto compatibili e salvo che non sia diversamente disposto dalle disposizioni in materia di processo 8 telematico (art. 2, comma 6): a) la copia informatica di documento informatico: è il documento informatico avente contenuto identico a quello del documento da cui è tratto su supporto informatico con diversa sequenza di valori binari (lett. i-quater); b) il duplicato informatico: è il documento informatico ottenuto mediante la memorizzazione, sullo stesso dispositivo o su dispositivi diversi, della medesima sequenza di valori binari del documento originario (lett. 1- quinquies). Ai sensi dell’art. 23-bis del C.A.D.: «1. I duplicati informatici hanno il medesimo valore giuridico, ad ogni effetto di legge, del documento informatico da cui sono tratti, se prodotti in conformità alle Linee guida [i.e. le linee guida adottate dall’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) ai sensi dell’art. 71 C.A.D.]. Le copie e gli estratti informatici del documento informatico, se prodotti in conformità alle vigenti Linee guida, hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale da cui sono tratte se la loro conformità all’originale, in tutti le sue componenti, è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato o se la conformità non è espressamente disconosciuta. […]». Nozioni, queste, che sono riprese dalla citata Cass. n. 5204/2024 e che erano tenute ben presenti già da Cass. n. 27379/2022 (la quale ha confermato la decisione di merito che aveva dichiarato inammissibile per tardività l’impugnazione svolta nei confronti della sentenza di primo grado, sul presupposto che la notifica telematica della stessa, mediante duplicato informatico, era idonea a far decorrere il ‘termine breve’, pur non presentando segni grafici relativi all’apposizione della sottoscrizione del giudice), da cui è stato tratto il principio di diritto così massimato: “in tema di notificazione della sentenza con modalità telematica, occorre distinguere la copia informatica di un documento nativo digitale, la quale presenta segni grafici (generati dal programma ministeriale in uso alle cancellerie degli uffici giudiziari) che 9 rappresentano una mera attestazione della presenza della firma digitale apposta sull’originale di quel documento, dal duplicato informatico che, come si evince dagli artt. 1, lett. i) quinquies e 16-bis, comma 9 bis, del d.l. n. 179 del 2012, consiste in un documento informatico ottenuto mediante la memorizzazione, sullo stesso dispositivo o su dispositivi diversi, della medesima sequenza di valori binari del documento originario e la cui corrispondenza con quest’ultimo non emerge dall’uso di segni grafici - la firma digitale è infatti una sottoscrizione in bit la cui apposizione, presente nel file, è invisibile sull’atto analogico cartaceo - ma dall’uso di programmi che consentono di verificare e confrontare l’impronta del file originario con il duplicato”. 1.3.2. - Le attestazioni di conformità nel processo civile. La materia delle attestazioni di conformità trova espressa disciplina per il processo civile nelle disposizioni sul processo telematico, dapprima ai sensi degli artt. 16-bis, comma 9-bis, decies ed undecies, del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, nella legge 17 dicembre 2012, n. 221, ora (sostanzialmente) riproposti negli artt. 196-octies, 196 novies, 196 decies e 196 undecies disp. att. c.p.c. In sintesi, e per quel che qui rileva, è conferito al difensore il potere di estrarre con modalità telematiche duplicati, copie analogiche o informatiche di atti e provvedimenti contenuti nel fascicolo informatico e attestare la conformità delle copie estratte ai corrispondenti atti originali, mentre per il duplicato informatico (la cui equivalenza all’originale esclude la necessità di attestazione) si richiede che lo stesso venga prodotto mediante processi e strumenti che assicurino che il documento informatico ottenuto sullo stesso sistema di memorizzazione o su un sistema diverso contenga la stessa sequenza di bit del documento informatico di origine. 1.3.3. – La nozione di “contrassegno elettronico”, “timbro digitale”, “codice bidimensionale”, “glifo”. 10 Ai sensi dell’art. 23, comma 2-bis, C.A.D.: «Sulle copie analogiche di documenti informatici può essere apposto a stampa un contrassegno, sulla base dei criteri definiti con le Linee guida, tramite il quale è possibile accedere al documento informatico, ovvero verificare la corrispondenza allo stesso della copia analogica. Il contrassegno apposto ai sensi del primo periodo sostituisce a tutti gli effetti di legge la sottoscrizione autografa del pubblico ufficiale e non può essere richiesta la produzione di altra copia analogica con sottoscrizione autografa del medesimo documento informatico. I soggetti che procedono all’apposizione del contrassegno rendono disponibili gratuitamente sul proprio sito Internet istituzionale idonee soluzioni per la verifica del contrassegno medesimo». Nelle linee guida emanate dall’AgID con circolare n. 62 del 30 aprile 2013 si chiarisce che «Nei vari contesti il contrassegno generato elettronicamente può essere indicato, anche in relazione alle specificità dello scenario implementato, con termini differenti, quali “Contrassegno elettronico”, “Timbro digitale”, “Codice bidimensionale”, “Glifo”, termini che sono da intendersi come sinonimi». Nell’ambito delle predette linee guida, si precisa che «per contrassegno generato elettronicamente si intende una sequenza di bit, codificata mediante una tecnica grafica e idonea a rappresentare un documento amministrativo informatico o un suo estratto o una sua copia o un suo duplicato o i suoi dati identificativi. A tutti gli effetti di legge sostituisce la sottoscrizione autografa della copia analogica. Il contrassegno generato elettronicamente è rappresentato graficamente con tecnologie differenti, per leggere le quali può essere richiesto apposito software rilasciato dallo sviluppatore della soluzione». 1.4. – Ciò premesso, si osserva quanto segue. L’art. 369, secondo comma, n. 2, c.p.c., richiede il deposito di “copia autentica della decisione impugnata”. 11 Il provvedimento emesso come documento informatico e sottoscritto con firma digitale è depositato nel fascicolo tramite l’applicativo l’informatico, ai sensi dell’art. 15 del d.m. 21 febbraio 2011, n. 44. La pubblicazione avviene, dunque, non più attraverso la materiale apposizione del deposito e della relativa certificazione da parte del cancelliere, bensì attraverso l’accettazione del deposito telematico del provvedimento e l’attribuzione mediante il sistema informatico del numero identificativo e della data dell’adempimento, con inserimento nel fascicolo informatico e conseguente ostensibilità agli interessati (si veda anche Cass. n. 2829/2023). Ne consegue che, per effetto dell’attuazione del processo telematico, alla certificazione della cancelleria sull’unico originale in formato cartaceo è subentrata la registrazione automatica del documento informatico effettuata dal sistema informatico. Con l’accettazione del deposito telematico e l’attribuzione del numero cronologico, il provvedimento digitale è inserito nel fascicolo informatico e solo in esito alla pubblicazione informatizzata diventa consultabile da parte dei difensori, attraverso il portale dei servizi telematici di cui all’art. 6 del d.m. n. 44/2011, nella versione originale, rappresentata dal duplicato (che reca la firma digitale del magistrato), ovvero nella copia informatica, che reca la stampigliatura dei dati esterni della pubblicazione (vale a dire il numero di cronologico e la data di pubblicazione) come segno grafico apposto dal sistema per evidenziare l’avvenuto processamento informatico. Pertanto, nella differente realtà digitale il concetto di unico originale risulta sostanzialmente superato dalla possibilità di accedere al duplicato (che equivale all’originale), dovendosi, altresì, evidenziare che è l’accettazione dell’atto da parte del cancelliere a determinare l’inserimento del provvedimento nel fascicolo informatico, sicché resta 12 escluso che il difensore possa accedere al duplicato ovvero alla copia informatica se non è intervenuta la pubblicazione. E tanto emerge chiaramente anche dalla giurisprudenza di questa Corte, che collega la pubblicazione dei provvedimenti digitali al necessario presupposto che l’atto divenga visibile e consultabile dalle parti, cosicché non è sufficiente il mero deposito, ma occorre l’accettazione da parte della cancelleria - almeno fino a che i sistemi richiederanno l’intervento manuale – e, comunque, l’inserimento nei registri e l’assegnazione del numero cronologico (Cass. n. 24891/2018, Cass. n. 2362/2020, Cass. n. 2829/2023). Infatti, solo a seguito dell’avvenuta pubblicazione informatica, i difensori, accedendo al fascicolo informatico tramite il portale dei servizi telematici, possono scegliere se estrarre copia informatica del provvedimento, recante le indicazioni sulla data di pubblicazione e sul numero di cronologico, come stampigliatura apposta dal sistema informatico in esito all’accettazione dell’atto digitale da parte della cancelleria, ovvero se scaricare direttamente il duplicato informatico che, in quanto tale, non può recare alcuna sovrapposizione o annotazione che determinerebbe ipso facto l’alterazione dell’originale informatico (e la conseguente alterazione della sequenza di valori binari del documento originario). Non è, pertanto, sanzionabile con l’improcedibilità la scelta del difensore che, potendo optare tra il deposito del duplicato e la copia informatica(la cui apposta stampigliatura rappresenta soltanto un’evidenza grafica della registrazione informatizzata), si determini per il deposito del primo in quanto equivalente all’originale e, come tale, non necessitante di alcuna attestazione di conformità. Sicché, il concetto stesso di duplicato risulta assorbente rispetto al requisito di “copia autentica della sentenza o della decisione impugnata”, postulato dall’art. 369 c.p.c. 13 I dati relativi alla pubblicazione, se in contestazione ai fini della verifica della tempestività dell’impugnazione (e, dunque, là dove non evincibili tramite gli stessi sistemi informatici in uso a questa Corte), possono essere verificati attraverso la consultazione del fascicolo informatico del giudizio di merito acquisito d’ufficio ai sensi dell’art. 137-bis disp. att. c.p.c. per i giudizi introdotti con ricorso notificato a decorrere a decorrere dal 1° gennaio 2023 (art. 35, comma 5, del d.lgs. n. 149/2022). Quanto ai giudizi introdotti precedentemente, i dati relativi alla pubblicazione del provvedimento impugnato (quale documento nativo digitale), se necessario, possono essere verificati tramite richiesta di attestazione degli stessi alla cancelleria del giudice che ha emesso quel provvedimento, in presenza di istanza del ricorrente formulata ai sensi dell’art. 369, ultimo comma, c.p.c., nel testo antecedente alla abrogazione disposta dal d.lgs. n. 149/2022. Dati che sono presenti nel fascicolo informatico che la cancelleria deve tenere e conservare ai sensi art. 36, ultimo comma, disp. att. c.p.c. e dell’art. 9 del d.m. n. 44/2011. Quest’ultima disposizione precisa, infatti, che il predetto fascicolo contiene “i dati del procedimento medesimo da chiunque formati” (comma 1) e in modo tale da “garantire la facile reperibilità ed il collegamento degli atti ivi contenuti [anche] in relazione alla data di deposito” (comma 5). E una tale verifica officiosa si rende necessaria in quanto il ricorrente, con il deposito del duplicato informatico del provvedimento impugnato, ha pienamente assolto l’onere di cui all’art. 369, secondo comma, n. 2, c.p.c.; onere funzionale, in primo luogo, proprio a “consentire la verifica della tempestività dell’atto di impugnazione” (Cass., S.U., n. 8312/2019), la quale (è opportuno ribadire), in ambiente di processo telematico, è possibile solo attraverso i sistemi informatici in uso all’ufficio giudiziario. 14 Occorre, dunque, collocarsi nel cono d’ombra del principio di effettività della tutela giurisdizionale (artt. 24 e 111 Cost.; art. 47 della Carta di Nizza; art. 19 del Trattato sull’Unione europea; art. 6 CEDU), il quale, nella sua essenziale tensione verso una decisione di merito, richiede che eventuali restrizioni del diritto della parte all’accesso ad un tribunale siano ponderate attentamente alla luce dei criteri di ragionevolezza e proporzionalità (tra le tante: Cass., S.U., n. 10648/2017; Cass., S.U., n. 8950/2022; Cass., S.U., n. 28403/2023; Cass., S.U., n. 2075/2024; Cass., S.U., n. 6477/2024). Pertanto, va fatta applicazione del principio - già affermato da Cass., S.U., 25513/2016 in riferimento alla proposizione del ricorso per cassazione ex art. 348-ter, comma terzo, c.p.c. (e ribadito da Cass., S.U., n. 11850/2018, Cass., S.U., n. 8312/2019 e Cass., S.U., n. 21349/2022) - secondo il quale la Corte esercita il proprio potere officioso di controllo sulla tempestività dell’impugnazione ove il ricorrente abbia assolto l’onere di richiedere il fascicolo d’ufficio alla cancelleria del giudice a quo tramite l’istanza di cui all’ultimo comma dell’art. 369 c.p.c. 1.4.1. – Nel caso, invece, di deposito ex art. 369, secondo comma, n. 2, c.p.c., di copia analogica di duplicato informatico della decisione impugnata (ossia, tramite la stampa del file), rimane necessaria l’attestazione di conformità del difensore ai sensi del citato art. 16 bis, comma 9 bis, del d.l. n. 179/2012 (nei termini affermati da Cass., S.U., n. 8312/2019), non potendosi, in siffatta evenienza, apprezzare altrimenti la qualità di duplicato informatico che dal difensore medesimo sia stata predicata (atteso che la stampa di un documento informatico sottoscritto digitalmente non consente la verifica dell’apposizione della firma, ciò che, come detto, è possibile con i sistemi informatici in uso all’ufficio giudiziario). Tuttavia, all’interrogativo posto da Cass. n. 5204/2024 in ordine alla ritualità della copia autenticata così depositata, in quanto priva 15 delle indicazioni relative alla pubblicazione, si deve dare risposta positiva. Infatti, in quanto estratta dal fascicolo informatico ed attestata come conforme dal difensore, anche il deposito di una tale copia autenticata vale ad integrare il requisito richiesto dall’art. 369 c.p.c., così aprendosi la possibilità, pure in tale ipotesi, dell’accertamento officioso in ordine alla tempestività dell’impugnazione (ove in contestazione), tramite la richiesta alla cancelleria del giudice a quo di attestazione dei dati di pubblicazione del provvedimento. 1.5. – Devono, quindi, enunciarsi i seguenti principi di diritto: «a) in regime di deposito telematico degli atti, l’onere del deposito di copia autentica del provvedimento impugnato imposto, a pena di improcedibilità del ricorso dall’art. 369, secondo comma, n. 2, c.p.c., è assolto non solo dal deposito della relativa copia informatica, recante la stampigliatura solo rappresentativa dei dati esterni (numero cronologico e data) concernenti la sua pubblicazione, ma anche dal deposito del duplicato informatico di detto provvedimento, il quale ha il medesimo valore giuridico, ad ogni effetto di legge, dell’originale informatico e che, per sue caratteristiche intrinseche, non può recare alcuna sovrapposizione o annotazione (e, dunque, la stampigliatura presente nella copia informatica) che ne determinerebbe, di per sé, l’alterazione. Ne consegue che, ai fini della verifica della tempestività dell’impugnazione, i dati relativi alla pubblicazione, ove non evincibili tramite i sistemi informatici in uso alla Corte di cassazione e in contestazione, vanno attinti attraverso la consultazione del fascicolo di merito acquisito d’ufficio ai sensi dell’art. 137-bis c.p.c. per i giudizi introdotti con ricorso notificato a decorrere dal 1° gennaio 2023, ovvero, per i giudizi precedentemente introdotti, tramite richiesta di attestazione dei dati stessi alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, in presenza di istanza del ricorrente ai sensi 16 dell’art. 369, ultimo comma, c.p.c., nella formulazione antecedente all’abrogazione disposta dal d.lgs. n. 149 del 2022; b) nel regime in cui è consentito il deposito di copia analogica del provvedimento impugnato redatto come documento informatico nativo digitale e così depositato in via telematica, ove detta copia analogica sia tratta dal duplicato informatico depositato nel fascicolo informatico, l’onere di cui all’art. 369, secondo comma, n. 2, c.p.c., è assolto tramite l’attestazione di conformità della copia al duplicato apposta dal difensore. Ne consegue che, ai fini della verifica della tempestività dell’impugnazione, i dati relativi alla pubblicazione del provvedimento impugnato, ove in contestazione, vanno attinti tramite richiesta di attestazione dei dati stessi alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, in presenza di istanza del ricorrente ai sensi dell’art. 369, ultimo comma, c.p.c., nella formulazione antecedente all’abrogazione disposta dal d.lgs. n. 149 del 2022». 1.6. Nel caso di specie, a seguito del dato acquisito tramite cancelleria, la data di pubblicazione del provvedimento impugnato è 11 maggio 2021. Essendo stato il ricorso notificato in data 30 settembre 2021, risulta rispettato il termine semestrale per proporre l’impugnazione. 1.7. Ciò premesso, il motivo è fondato. Conformemente alle conclusioni del Pubblico Ministero, deve essere mantenuto l’indirizzo di questa Corte, espresso dalle pronunce n. 2374 del 2016 e n. 2375 del 2016, il cui principio di diritto è che, in relazione alla legge della Regione Emilia Romagna,l'amministrazione provinciale è l'unico soggetto legittimato passivamente a fronte di azioni proposte da terzi per ottenere la riparazione dei danni eventualmente provocati dalla fauna selvatica, a nulla rilevando la ripartizione di compiti interna alla Provincia stessa riguardo al peso economico derivante dall'obbligo 17 risarcitorio. La modifica legislativa, considerata dalla corte territoriale, è relativa solo alla ripartizione degli oneri relativi al fondo regionale. L’art. 17 legge regionale n. 8 del 1994, applicabile ratione temporis (in relazione al fatto verificatosi nel 2011) sulla base delle modifiche intervenute, prima con l’art. 14 della legge regionale n. 6 del 2000, e poi con l’art. 10 della legge regionale n. 16 del 2007, è il seguente: «Danni alle attività agricole 1. Gli oneri relativi ai contributi per i danni arrecati alle produzioni agricole e alle opere approntate sui terreni coltivati ed a pascolo dalle specie di fauna selvatica cacciabile o da sconosciuti nel corso dell'attività venatoria sono a carico: a) degli ambiti territoriali di caccia per le specie di cui si consente il prelievo venatorio, qualora si siano verificati nei fondi ivi ricompresi; b) dei titolari dei centri privati della fauna allo stato naturale di cui all'articolo 41 qualora si siano prodotti ad opera delle specie ammesse nei rispettivi piani produttivi o di gestione e delle aziende venatorie di cui all'articolo 43 per le specie di cui si autorizza il prelievo venatorio, nei fondi inclusi nelle rispettive strutture; c) dei proprietari o conduttori dei fondi rustici di cui ai commi 3 e 8 dell'art. 15 della legge statale, nonché dei titolari delle altre strutture territoriali private di cui al capo V, qualora si siano verificati nei rispettivi fondi; d) delle Province, qualora siano provocati nelle zone di protezione di cui all’art. 19 e nei parchi e nelle riserve naturali regionali, comprese quelle aree contigue ai parchi dove non è consentito l'esercizio venatorio. 2. Le Province concedono contributi per gli interventi di prevenzione e per l'indennizzo dei danni: a) provocati da specie cacciabili ai sensi del comma 1 lettera d); b) provocati nell'intero territorio agro-silvo-pastorale da specie protette, dal piccione di città (Columba livia, forma domestica) o da 18 specie il cui prelievo venatorio sia vietato, anche temporaneamente, per ragioni di pubblico interesse. 3. I contributi sono concessi entro i limiti di disponibilità delle risorse previste dall’art. 18, comma 1». La rilevanza della modifica legislativa al livello della ripartizione interna del peso economico derivante dall’obbligo di risarcire i danni da fauna selvatica, come risulta dal primo comma della disposizione citata, non incide sul principio di diritto enunciato dai richiamati precedenti di questa Corte, cui il Collegio presta continuità e rinvia, anche sul piano della motivazione, per quanto concerne l’individuazione del soggetto tenuto al risarcimento del danno, salva la modifica legislativa evidenziata sul piano del riparto interno. 1.8. Poiché non sono necessari altri accertamenti di fatto, la causa deve essere decisa nel merito con il rigetto della domanda. L’intervento della giurisprudenza determinante nel corso del processo costituisce ragione di compensazione delle spese dei gradi di merito e del giudizio di legittimità. P. Q. M. Accoglie il motivo di ricorso; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e, decidendo la causa nel merito, rigetta la domanda; dispone la compensazione delle spese dei gradi di merito e del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma il giorno 22 aprile 2024 Il consigliere estensore Dott. Enrico Scoditti Il Presidente Dott. Giacomo Travaglino 19

  • REPUBBLICA ITALIANA LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati Dott. FIDELBO Giorgio - Presidente Dott. GIORDANO Emilia Anna - Consigliere Dott. ROSATI Martino - Consigliere Dott. SILVESTRI Pietro - Consigliere Dott. D'ARCANGELO Fabrizio - Consigliere - Relatore ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da Ig.Gi. , nato a R il (Omissis); avverso l'ordinanza del 13/09/2023 emessa dal Tribunale di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Fabrizio D'Arcangelo; udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Silvia Salvadori, che ha concluso chiedendo l'inammissibilità del ricorso; udito il difensore, avvocato Vi.Ca., che ha insistito per l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con l'ordinanza impugnata, il Tribunale di Roma ha rigettato l'appello cautelare proposto avverso il provvedimento del 19 gennaio 2023 con il quale la Corte di Appello di Roma ha rigettato la richiesta di revoca dell'ordinanza di ripristino della misura cautelare della custodia in carcere disposta nei confronti di Ig.Gi. Il ricorrente è stato condannato, all'esito del giudizio di primo grado, alla pena di due anni e sei mesi di reclusione per il delitto di maltrattamenti in famiglia ai danni di Ki.He. , di lesioni personali ai danni della stessa e di resistenza a pubblico ufficiale. 2. L'avvocato Vi.Ca., nell'interesse dell'Ig.Gi. , ricorre avverso tale ordinanza e ne chiede l'annullamento. Con un unico motivo, il difensore censura la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari e all'adeguatezza della misura cautelare della custodia in carcere. Rileva il difensore che il Tribunale di Roma non avrebbe considerato che l'imputato, dopo la sentenza di condanna di primo grado, non ha tenuto condotte violente ai danni delle persone offese. Precisa, inoltre, il difensore che la persona offesa, nelle sommarie informazioni rese in data 26 novembre 2022, ha escluso che, in occasione dell'ultima violazione contestata del divieto di avvicinamento, l'imputato avesse usato violenza nei suoi confronti e ha precisato che era stata lei stessa a chiedergli di incontrarsi, per trascorre del tempo insieme e fargli conoscere il loro figlio, nato pochi mesi prima; la persona offesa, peraltro, avrebbe espresso "parere favorevole alla scarcerazione" del ricorrente, depositato personalmente in data 16 gennaio 2023 presso la cancelleria della Corte di appello di Roma. Ad avviso del difensore, dunque, anche in ragione dei sette mesi già trascorsi dall'imputato in carcere, non sussisterebbe più alcuna esigenza cautelare e, comunque, la misura della custodia cautelare in carcere si rivelerebbe, ormai, sproporzionata. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile in quanto in quanto i motivi proposti sono manifestamente infondati e, comunque, diversi da quelli consentiti dalla legge. 2. Con un unico motivo, il difensore censura congiuntamente la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari e all'adeguatezza della misura cautelare della custodia in carcere. 3. Il motivo è, tuttavia, inammissibile, in quanto si risolve nella confutazione in fatto delle argomentazioni espresse dal Tribunale di Roma, senza dimostrarne la manifesta illogicità, e, dunque, in una sollecitazione a pervenire a nuovo esame in ordine alle esigenze cautelari ravvisabile nel caso di specie. Occorre, tuttavia, rilevare che esula dalle funzioni della Corte di cassazione la valutazione della sussistenza o meno dei gravi indizi e delle esigenze cautelari, essendo questo compito primario ed esclusivo dei giudici di merito. Il ricorso per cassazione che deduca l'assenza esigenze cautelari è, dunque, ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito (ex plurimis: Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, Paviglianiti, Rv. 270628; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, Di Iasi, Rv. 269884 - 01). Muovendo da tali premesse, deve rilevarsi che il Tribunale di Roma ha argomentato congruamente la permanente attualità delle esigenze cautelari in ragione della propensione a delinquere del ricorrente e della sua acclarata e costante inaffidabilità, in ragione delle plurime violazioni accertate alla misura coercitiva del divieto di avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa. Il Tribunale ha rilevato, infatti, che l'imputato ha maltrattato la persona offesa e cagionato lesioni alla stessa nelle date del 15 settembre 2021, del 27 ottobre 2021, del 28 novembre 2021, del 15 dicembre 2021 e del 10 marzo 2022, quando, in occasione dell'arresto, ha commesso anche il reato di resistenza a pubblico ufficiale; ulteriori episodi di aggressività e di violenza nei confronti anche dei familiari della persona offesa erano stati denunciati dalla stessa in data 27 dicembre 2021 e in data 8 gennaio 2022. In data 24 novembre 2022, inoltre, l'imputato ha violato il divieto di avvicinamento impostogli dall'autorità giudiziaria, accettando di incontrare la persona offesa e trascorrendo con lei un giorno e una notte. Il Tribunale ha, inoltre, congruamente ritenuto che tali elementi siano così significativi da rendere subvalente il consenso della persona offesa all'ultimo incontro e l'assenza di violenza e di maltrattamenti da parte dell'imputato nel corso dello stesso. D'altra parte, il consenso della persona offesa all'incontro con l'imputato, sottoposto al divieto di avvicinamento di cui all'art. 282 - ter cod. proc. pen. , non elide la volontarietà della violazione accertata, né la giustifica, in quanto non può derogare alla misura coercitiva imposta dall'autorità giudiziaria. Nella valutazione, non certo illogica, del Tribunale, dunque, le reiterate condotte violente poste in essere dall'imputato, anche quando la persona offesa era in stato di gravidanza e nei confronti dei suoi famigliari, rendono necessario il ricorso ad un presidio cautelare non rimesso all'autodisciplina dell'imputato e l'unica misura coercitiva adeguata e proporzionata all'intensità delle esigenze cautelari ravvisate nel caso di specie è la custodia cautelare in carcere. 4. Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen. , al pagamento delle spese del procedimento. In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso siano stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata invia equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94, comma 1 - ter, disp. att. cod. proc. pen. Così deciso il 7 febbraio 2024. Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. COSTANZO Angelo - Presidente Dott. CRISCUOLO Anna - Consigliere Dott. RICCIARELLI Massimo - Consigliere Dott. CALVANESE Ersilia - Consigliere Dott. RICCIO Stefania - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Ancona il 05/07/2022; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Stefania Riccio; udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Giuseppe Riccardi, che ha concluso per l'accoglimento senza rinvio perche' il fatto non sussiste; udita la discussione del difensore, avv. (OMISSIS), che ha insistito per l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. (OMISSIS) ricorre avverso la sentenza con cui la Corte di appello di Ancona, in data 5 luglio 2022, ne ha confermato la condanna alla pena di mesi otto di reclusione pronunciata, in esito a rito abbreviato, dal Tribunale di Macerata il 25 novembre 2019 per i reati di evasione nonche' di resistenza - in motivazione riqualificato in quello di minaccia a pubblico ufficiale - riuniti nel vincolo della continuazione. Secondo la ricostruzione operata nelle conformi sentenze di merito, l'imputato, sottoposto alla misura della detenzione domiciliare, non apriva subito la porta ai Carabinieri portatisi presso la sua abitazione per eseguire un controllo, salvo palesarsi poco dopo in pigiama e pantofole, assumendo di non avere udito il suono del campanello; alla contestazione degli operanti, che preannunciavano di fare rapporto al Magistrato di sorveglianza, inveiva profferendo le espressioni: "...vado dal Giudice e vi faccio vedere io... voi non avete capito chi sono io, non sapete con chi avete a che fare...", seguendoli in strada. 2. Il ricorso proposto dal difensore di fiducia, avv. (OMISSIS), deduce tre motivi, di seguito sintetizzati nei limiti in c:ui e' strettamente necessario ai fini della motivazione ex articolo 173 disp. att. c.p.p.. 2.1 Con il primo, la difesa lamenta erronea applicazione dell'articolo 385 c.p. ed illogicita' motivazionale in relazione all'elemento psicologico del reato di evasione. E' pacifico che (OMISSIS) si trovasse nella propria abitazione all'atto del controllo e che ne sia uscito solo per perorare le proprie ragioni, seguendo in strada i militari che gli contestavano di avere aperto la porta di casa con ritardo, al fine di evitare una segnalazione al Tribunale di sorveglianza che egli percepiva come ingiusta, non essendo, a suo avviso, incorso in alcuna violazione. Tale allontanamento dal luogo di restrizione, di pochi minuti e di pochi metri (per lo piu' percorsi rimanendo all'interno degli spazi condominiali) ed avvenuto alla costante presenza dei Carabinieri, non concretizza - si sostiene - li alcuna elusione del regime prescrittivo degli arresti domiciliari e non e' sorretto dalla volonta' di violare il titolo custodiale. Su tali doglianze benche' ripetutamente formulate, le sentenze di primo e secondo grado sono silenti. 2.2. Con il secondo motivo, la difesa deduce inosservanza di norma processuale, in relazione alla mancata applicazione, ex officio, della causa di non punibilita' ex articolo 131-bis c.p.. La giurisprudenza di questa Corte ha evidenziato che, anche in assenza di richiesta di parte, sul giudice di merito grava l'obbligo di rilevare la particolare tenuita' del fatto ove ne ricorrano i presupposti e, nella specie, i Giudici di merito disponevano di elementi sufficienti a tal fine, stante la minima consistenza, per durata e distanza, dell'allontanamento dal luogo di restrizione (Sez. 6, n. 13219 del 26/03/2019). 2.3. Con il terzo motivo, la difesa si duole della inosservanza o erronea applicazione dell'articolo 337 c.p. e di illogicita' della motivazione. Non ha contenuto di minaccia l'affermazione del (OMISSIS) di rivolgersi al giudice per chiedere tutela verso quello che aveva percepito come un abuso di potere da parte dei militari operanti, non avendo lo stesso prospettato loro alcun danno ingiusto; tale non puo' essere considerato il promuovimento di un'azione giudiziaria, in quanto espressivo di un diritto anche costituzionalmente presidiato. Con le espressioni "ora vi faccio vedere io, non sapete con chi avete a che fare" egli si e' infine limitato a prospettare eventuali conseguenze di natura giudiziaria che non possono avere avuto alcuna valenza costrittiva o i.ntimidatrice per gli interlocutori, tanto piu' che, in ragione delle loro specifiche competenze, questi potevano rendersi conto della infondatezza della pretesa che si intendeva far valere nei loro confronti. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' fondato per i motivi di seguito indicati. 2. Difetta, anzitutto, la tipicita' oggettiva del reato di evasione. Come evidenziato dal Procuratore Generale nella sua requisitoria, questa Corte ha gia' avuto modo di evidenziare che ÃÆ'Æ'ÃâEuro 'ÃÆ'†'ÃÆ'Æ'âââEurošÂ¬Ã…¡ÃÆ'‚ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'Æ'ÃâEuro 'ÃÆ'‚ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'…ÃâEurošÃ‚¡ÃÆ'Æ'âââEurošÂ¬Ã…¡ÃÆ'‚ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'Æ'ÃâEuro 'ÃÆ'¢â‚¬ÃâEurošÃ‚¹ÃÆ'Æ'âââEurošÂ¬Ã‚¦"non integra il delitto di evasione la condotta di chi, trovandosi in stato di detenzione domiciliare, si allontani dalla propria abitazione per farsi trovare al di fuori di essa in attesa dei carabinieri, prontamente informati della sua intenzione di volere andare in carcere (Sez. 6, n. 44595 del 06/10/2015, Rv. 265451, che, in motivazione, ha escluso ogni offensivita' concreta, ex articolo 49, comma 2, c.p., nella condotta dell'imputato, mai sottrattosi alla possibilita' di controllo da parte dell'autorita' tenuta alla vigilanza). 3. Parimenti insussistente e' l'elemento psicologico del reato di evasione ipotizzato dall'accusa. Il dolo del reato di cui all'articolo 385 c.p.p. e' difatti generico e consiste nella consapevole violazione del divieto di lasciare il luogo di esecuzione della misura senza la prescritta autorizzazione, a nulla rilevando i motivi che hanno determinato la condotta dell'agente (Sez. 6, n. 10425 del 06/03/2012, Ghouila, Rv. 252288). Cio' posto, appare del tutto insussistente da parte di (OMISSIS) un simile atteggiamento della volonta', dal momento che l'allontanamento, di infima consistenza, dall'appartamento non sottende alcuna intenzione di sottrarsi alla esecuzione della misura e si e' svolto nell'ambito della sfera di controllo dei soggetti preposti alla vigilanza. 4. Il motivo inerente al reato di minaccia - nel quale e' stato riqualificato, solo in parte motiva, quello di resistenza - e' parimenti fondato. Ritiene il Collegio che non possa assumere valenza intimidatrice e, dunque, idoneita' a coartare la liberta' del pubblico agente nello svolgimento del suo servizio - che va valutata esclusivamente su base oggettiva, in ragione, cioe', delle modalita' e circostanze dell'azione - la preannunciata determinazione di adire il giudice. Si tratta di una prospettazione che non ha alcuna capacita' costrittiva della liberta' di determinazione e di azione dell'agente pubblico a cui venga rivolta pur quando la stessa sia palesemente infondata, e, anzi, tanto piu' allorquando sia tale e di cio' il destinatario sia consapevole" perdendo essa, in tal caso, ogni connotazione ritorsiva, e dunque minacciosa, anche soltanto implicita od obliqua (in questo senso, con riguardo alla prospettazione di adire il giudice civile, Sez. 6, n. 13156 del 4 marzo 2020; Sez. 6, n. 5300 del 12/01/2011, Moschella, Rv. 249475 (In applicazione di tale principio, la S.C. ha escluso il reato di cui all'articolo 336 c.p. nella presentazione di un atto di citazione in cui si ipotizzava una responsabilita' professionale a carico di un consulente tecnico del P.M., in modo da determinare una situazione di apparente incompatibilita' e condizionarne la testimonianza in dibattimento). Con riguardo alle ulteriori espressioni pronunciate all'indirizzo dei militari ("vi faccio vedere io...voi non avete capito chi sono io, non sapete con chi avete a che fare"), la giurisprudenza di legittimita' ha condivisibilmente affermato che non integra il delitto di cui all'articolo 336 c.p. la reazione genericamente minatoria del privato, mera espressione di sentimenti ostili non accompagnati dalla specifica prospettazione di un danno ingiusto, che sia sufficientemente concreta da risultare idonea a turbare il pubblico ufficiale nell'assolvimento dei suoi compiti istituzionali (Sez. 6, n. 6164 del 10/01/2011, Rv. 249376 in cui la Corte ha ritenuto non integrare l'elemento materiale del reato l'utilizzo di espressioni del tipo "ti sistemo io" e "se no te ne accorgi cosa succede"). 5. Da quanto precede, discende l'annullamento della sentenza perche' l'imputato va assolto per insussistenza dei fatti in addebito. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perche' i fatti non sussistono.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. PEZZULLO Rosa - Presidente Dott. PISTORELLI Luca - Consigliere Dott. SESSA Renata - Consigliere Dott. BRANCACCIO Matilde - rel. Consigliere Dott. CIRILLO Pierangelo - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: dalla parte civile (OMISSIS), ANCHE ILR nato a (OMISSIS); dalla parte civile (OMISSIS), ANCHE ILR nato a (OMISSIS); dalla parte civile (OMISSIS), ANCHE ILR nato a (OMISSIS); nel procedimento a carico di: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 04/11/2021 della CORTE APPELLO di BARI; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere MATILDE BRANCACCIO; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore VENEGONI ANDREA, che ha concluso chiedendo l'inammissibilita' o l'infondatezza del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza impugnata la Corte d'Appello di Bari, in riforma della decisione di primo grado del Tribunale di Foggia del 11.7.2019, ha assolto (OMISSIS) dai reati di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni aggravate, con formula "perche' il fatto non costituisce reato", ritenendo sussistente la scriminante della legittima difesa e revocando le statuizioni civili alle quali era stato condannato; la Corte ha confermato, invece, la sentenza di primo grado che aveva dichiarato non doversi procedere nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), agenti di polizia penitenziaria in servizio presso la casa circondariale di Lucera, per intervenuta prescrizione dei reati di concorso in abuso di mezzi di correzione (articolo 571 c.p.), abuso di autorita' contro detenuti (articolo 608 c.p.) e lesioni aggravate ai danni del predetto (OMISSIS), detenuto nel carcere suddetto. I reati, inizialmente oggetto di due distinti procedimenti, sono stati decisi in un unico contesto processuale, a seguito di riunione. I fatti risalgono al 12 gennaio 2011, giorno in cui, secondo quanto accertato nella sentenza d'appello, a seguito di alcune parole irrispettose ed ingiuriose utilizzate dal detenuto (OMISSIS) nei confronti dei tre agenti imputati - in particolare, secondo la contestazione, nei confronti dell'assistente capo (OMISSIS) -, costoro, spinti da un desiderio di ritorsione, portavano la vittima in una cella isolata, lo facevano denudare completamente e lo percuotevano violentemente con calci e pugni in ogni parte del corpo; alla difesa di (OMISSIS) corrispondeva un'escalation dell'aggressione, in cui, oltre alle gravi conseguenze di ematomi, emorragie oculari e tumefazioni causate al detenuto, anche gli agenti riportavano lesioni consistenti, chiaro esito della pesante colluttazione. 2. Hanno proposto ricorso dinanzi al Collegio (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), tramite il difensore di fiducia, nella doppia veste di imputati e parti civili, deducendo sette motivi distinti. 2.1. Il primo argomento di censura eccepisce difetto assoluto di motivazione del provvedimento impugnato rispetto ai motivi d'appello formulati dagli imputati nella loro qualita', con richiesta di assoluzione nel merito, pur non rinunciando alla prescrizione: la Corte d'Appello si sarebbe limitata a rispondere ai motivi di impugnazione dell'imputato (OMISSIS), dimenticando la posizione di imputati anche dei ricorrenti, nei confronti dei quali era intervenuta sentenza di prescrizione in primo grado, laconicamente confermata dalla sentenza di secondo grado. Si evocano alcuni dei punti motivazionali ai quali non si sarebbe data risposta: credibilita' della persona offesa; valenza della documentazione sanitaria relativa alle lesioni subite dagli imputati. 2.2. Il secondo motivo di ricorso denuncia vizio di motivazione quanto all'analisi complessiva del tessuto di prova; in particolare, il ricorso si sofferma sull'inattendibilita' della vittima (OMISSIS), coimputato per reati connessi, alla luce dei riscontri opposti alla sua ricostruzione, costituiti dalle lesioni riportate dagli agenti di polizia penitenziaria. Si mettono in risalto, tra l'altro, alcune asserite incongruenze delle dichiarazioni della vittima del reato, rispetto a dati di prova diversi, ad esempio relativi al giorno in cui (OMISSIS) sarebbe stato visitato dal medico della casa circondariale (se quello stesso dei fatti o quello successivo); oppure inerenti alla circostanza del riconoscimento degli imputati, avvenuto solo in udienza, il 2.6.2012, a distanza di un anno e mezzo dai fatti e nonostante inizialmente, nel corso dell'interrogatorio, il detenuto avesse riferito di non riuscire ad identificarli; ovvero ancora afferenti all'entita' delle lesioni riportate dagli agenti penitenziari imputati: la loro significativa gravita' contrasterebbe con una reazione solo difensiva da parte della vittima e con le dichiarazioni di alcuni altri agenti di polizia penitenziaria testimoni e del vice-comandante del carcere di Lucera. 2.3. Il terzo motivo eccepisce violazione di legge in relazione alla ritenuta sussistenza della scriminante della legittima difesa in favore di (OMISSIS), in relazione alla quale non vi sarebbe un evidente quadro di prova. 2.4. Il quarto motivo denuncia violazione di legge in relazione all'affermazione di responsabilita' per il delitto di cui all'articolo 571 c.p.: mancherebbe il dolo del reato, poiche' non e' ravvisabile alcun fine educativo perseguito attraverso la condotta di abuso di mezzi di correzione, poiche' la finalita' degli agenti imputati era solo quella di compiere un atto del proprio ufficio, vale a dire la contestazione disciplinare a (OMISSIS) per le frasi irrispettose pronunciate, in seguito sfociata in una loro difesa dall'aggressione del detenuto, tanto grave da aver determinato lesioni che hanno causato l'inidoneita' al servizio dell'agente (OMISSIS), in particolare. 2.5. La quinta ragione difensiva eccepisce violazione di legge in relazione alla ritenuta sussistenza del reato di cui all'articolo 608 c.p.; mancherebbe l'elemento materiale della condotta, costituito dall'alterare il trattamento legale del detenuto con misure abusive e vessazioni ingiustificate, non accertate e alla cui prova, anzi, si contrappongono, ancora una volta, le documentate, gravi lesioni riportate dagli agenti di polizia penitenziaria, segno della necessita' di difendersi da un'aggressione da parte loro. Si evoca, altresi', la duplicazione di imputazioni per un medesimo fatto, con difetto di contestazione dell'ipotesi di concorso formale eterogeneo tra reati. 2.6. Il sesto ed il settimo motivo di ricorso ripropongono le principali questioni difensive, dal punto di vista delle ragioni dei ricorrenti, questa volta quali parti civili in relazione alle imputazioni a carico di (OMISSIS), assolto dalla Corte d'Appello. In particolare, si evidenzia il problema dell'inattendibilita' del dichiarante, asserita sempre rispetto al contrappunto rappresentato dalla gravita' delle lesioni riportate dai ricorrenti, incompatibile con la dinamica dei fatti descritta dal detenuto e con la configurabilita' a suo favore della scriminante della legittima difesa. 3. Il PG ha depositato la requisitoria scritta con cui ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso o comunque per la sua infondatezza. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I ricorsi sono complessivamente inammissibili. 2. Tutti i motivi di censura proposti puntano a sostenere la tesi difensiva, rifiutata dalla sentenza di secondo grado, secondo cui gli imputati, agenti di polizia penitenziaria in servizio presso la casa circondariale di Lucera, stavano compiendo un atto del proprio ufficio, vale a dire la contestazione disciplinare a (OMISSIS) per le frasi irrispettose pronunciate, quando sarebbero stati aggrediti dal detenuto ed avrebbero, quindi, reagito per legittima difesa e riportare l'ordine. In vista di tale prospettazione difensiva, si rileggono le prove gia' selezionate dalla sentenza d'appello, omettendone o sottovalutandone alcune, al fine di giungere a scardinare il percorso motivazionale della decisione impugnata, invece logico e non scalfibile dalle richieste rivalutative, e dunque inammissibili, dei ricorrenti. Anzitutto, infatti, occorre ribadire che, nel giudizio di cassazione, sono precluse - a meno che non si rivelino fattori di manifesta illogicita' della motivazione del provvedimento impugnato - la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacita' esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (cfr., tra le piu' recenti, Sez. 6, n. 5465 del 4/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601; Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, Musso, Rv. 265482; vedi anche Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794; cfr. altresi' Sez. 2, n. 30918 del 7/5/2015, Falbo, Rv. 264441; Sez. U, n. 6402 del 30/4/1997, Dessimone, Rv. 207944). 2.1. In particolare, il primo motivo di censura e' generico e manifestamente infondato. Da un lato non vengono enunciati specificamente i punti dei motivi d'appello proposti dai ricorrenti in relazione ai quali si denuncia l'omessa risposta nel provvedimento impugnato; dall'altro, la ricostruzione della sentenza di secondo grado e' basata interamente sulla chiara indicazione della attendibilita' del racconto di (OMISSIS), riscontrata da testimonianze fondamentali, delle quali si da' ampiamente conto nella motivazione della decisione, sicche' anche il secondo motivo, dedicato specificamente a contestare la credibilita' ed attendibilita' della vittima del reato (in relazione alla cui reciproca imputazione la Corte d'Appello si e' determinata per l'assoluzione) si rivela manifestamente infondato. Il provvedimento impugnato ha ricostruito l'attendibilita' delle dichiarazioni di (OMISSIS), ritenendo da preferire la sua narrazione dell'accaduto piuttosto che quella dei ricorrenti, sulla base di dati processuali e logico-fattuali inequivoci, con i quali il ricorso neppure si confronta: - la fondamentale testimonianza di riscontro alle dichiarazioni della persona offesa-coimputato, fornita dalla psicologa del carcere, (OMISSIS), la quale ha raccontato di essere stata in contatto, il giorno dopo i fatti, con (OMISSIS) e di aver potuto constatare il suo stato confusionale, collegandolo ai segni delle pesanti percosse e lesioni subite, visibili sul suo viso e che pote' constatare direttamente, ascoltando la sua versione dell'accaduto, poi riferita in dibattimento in termini identici a quanto denunciato dalla vittima: una semplice offesa ad un agente - della quale si era subito scusato, temendo conseguenze disciplinari - aveva determinato la terribile punizione fisica inflittagli in una stanza appartata, in cui era stato denudato ed aggredito dagli imputati; la sua istintiva difesa, poi, aveva causato anche un accanimento del pestaggio nei suoi confronti. La sentenza impugnata sottolinea le dichiarazioni inequivoche della teste, che ha raccontato di aver visto la vittima particolarmente prostrata, ridotta ad avere "la faccia come un pallone e maschera di sangue", comparando la tranquilla situazione in cui l'aveva trovato, psicologicamente, poche ore prima con quella umiliante successiva al pestaggio (e che l'aveva cosi' preoccupata da chiedere al comandante della polizia penitenziaria di tenerlo in cella di isolamento, per la sua sicurezza); - le certificazioni mediche della casa circondariale di Foggia, in cui (OMISSIS) e' stato trasferito una settimana dopo i fatti, che hanno dato atto di lesioni talmente gravi e diffuse su tutto il corpo, dalla regione facciale all'emitorace sinistro, agli arti, con emorragie agli occhi, da riscontrare perfettamente le dichiarazioni del detenuto circa il vero e proprio pestaggio subito; - le testimonianze, tra gli altri, del compagno di cella della vittima, che lo aveva visto pieno di ematomi sul viso, anche se non aveva potuto parlargli poiche' (OMISSIS) era stato posto in isolamento; di un'infermiera e di un'assistente sociale del carcere di Lucera, che hanno dato atto delle visibili lesioni sul volto e sulla fronte del detenuto, richiamando quest'ultima anche il visibile sconcerto della psicologa (OMISSIS), che si era portata le mani al volto dopo aver constatato lo stato psico-fisico di (OMISSIS). Sulla base di tali dati, la sentenza d'appello ha evidentemente conferito credibilita' alla ricostruzione del detenuto circa il vero e proprio pestaggio subito per vendetta da parte degli agenti penitenziari, che volevano punirlo per aver osato essere verbalmente irriguardoso nei loro confronti. Quanto alla denunciata sottovalutazione delle lesioni gravi patite dai tre ricorrenti, nell'ambito della motivazione del provvedimento impugnato, il ricorso non si confronta con un argomento, anche questo essenziale, della sentenza: la potenza fisica della vittima abusata, che proprio perche' peculiare, e' riuscita a ribellarsi al pestaggio ritorsivo, provocando a sua volta lesioni ai tre agenti aggressori. Tra l'altro, (OMISSIS), confermando la propria credibilita', ha sempre ammesso di aver reagito violentemente per legittima difesa alla condotta aggressiva e brutale degli agenti. 2.2. Una volta sposata, del tutto logicamente e plausibilmente, la tesi della credibilita' del racconto del detenuto-vittima, la sentenza impugnata ha risposto adeguatamente, e di conseguenza, a tutte le censure difensive, riproposte nei motivi di ricorso, ritenendo configurabile la legittima difesa quale scriminante in suo favore, non applicabile viceversa - ai ricorrenti (terzo motivo), e concludendo per la sua assoluzione e per il rigetto delle istanze difensive di proscioglimento nel merito, confermando, cosi', la prescrizione delle condotte di reato, contestate ai sensi degli articoli 571 e 608 c.p. (quarto e quinto motivo di ricorso). Le richieste di rivedere tali approdi decisori della Corte territoriale, anche quanto alla configurabilita' delle fattispecie di reato di abuso di mezzi di correzione e abuso di autorita' su detenuti, si risolvono in una inammissibile istanza di rivalutare le prove secondo un diverso e piu' favorevole giudizio di merito nei confronti dei ricorrenti, i quali gia' hanno beneficiato della prescrizione e per i quali non si pongono, alla luce di quanto sinora affermato, questioni di pronunce assolutorie ex articolo 129 c.p.p.. In presenza di una causa di estinzione del reato il giudice e' legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell'articolo 129 c.p.p., comma 2, soltanto nel caso in cui le circostanze idonee ad escludere l'esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell'imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, al punto che la valutazione da compiersi in proposito appartiene piu' al concetto di "constatazione" (percezione ictu oculi), che a quello di "apprezzamento", incompatibile, dunque, con qualsiasi necessita' di accertamento o approfondimento (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettannanti, Rv. 244274); in altre parole, l'evidenza, richiesta dall'articolo 129 c.p.p., comma 2 presuppone la manifestazione di una verita' processuale cosi' chiara ed obiettiva da rendere superflua ogni dimostrazione oltre la correlazione ad un accertamento immediato, concretizzandosi cosi' addirittura in qualcosa di piu' di quanto la legge richiede per l'assoluzione ampia (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, in motivazione). 2.3. Nel caso dei ricorrenti, la presenza di una delle cause di proscioglimento previste dall'articolo 129 c.p.p. non emerge affatto in modo immediato e chiaro. In proposito, deve aggiungersi soltanto, quanto al delitto di abuso di mezzi di correzione o di disciplina, che si tratta di reato non necessariamente abituale, che puo' essere integrato anche da un unico atto espressivo dell'abuso (cfr., da ultimo, Sez. 6, n. 52542 del 27/9/2016, C., Rv. 268964, nonche' Sez. 5, n. 2100 del 15/12/2009, dep. 2010, Rv. 245926). La difesa, in proposito, non ha svolto obiezioni difensive in punto di dinamica concreta degli accadimenti e, quindi, di configurabilita' della disposizione incriminatrice nella presente fattispecie, anche rispetto al problema del concorso tra reati, avuto riguardo al delitto di cui all'articolo 608 c.p.; tanto e' sufficiente a ritenere corretta la decisione di conferma della statuizione di prescrizione del reato, essendosi gia' chiarita l'affidabilita' delle dichiarazioni della vittima detenuta, quanto all'obiezione difensiva di aver agito i ricorrenti solo per legittima difesa e non a fini (illegittimamente) disciplinari. 2.4. E' il caso di ricordare, inoltre, che il reato di cui all'articolo 608 c.p. e' integrato da condotte vessatorie perpetrate da agenti di polizia penitenziaria nei confronti di detenuti, le quali aggravino le condizioni della carcerazione, sottoponendoli a misure di rigore non consentite dalla legge e vessazioni, di guisa che la sfera di liberta' personale del soggetto passivo subisca un'ulteriore restrizione, oltre quella legale, che e' insita nella detenzione stessa (Sez. 5, n. 22203 del 19/01/2017, Tumbarello, Rv. 270049; Sez. 5, n. 29004 del 16/04/2012, Caramanico, Rv. 253312, Sez. 5 n. 31715 del 25/03/2004, Di Fant, Rv. 229320). Il Collegio ribadisce, altresi', nella fattispecie in esame - cosi' rispondendo all'ultima parte del quinto motivo di ricorso, ancor piu' ampiamente di quanto in modo generico e non chiaro si e' addotto rispetto alla "mancata contestazione del concorso formale tra reati" con riguardo all'articolo 571 c.p. - che il reato di lesioni personali concorre con il delitto di cui all'articolo 608 c.p., nel caso in cui gli atti di violenza fisica incidano sulla sfera di liberta' personale del soggetto passivo, determinandone una limitazione aggiuntiva rispetto a quella consentita (Sez. 5, n. 26022 del 19/4/2018, Di Bernardo, Rv. 273340). Nella specie, la contestazione di cui all'articolo 608 c.p. viene elevata al capo B) dell'imputazione, che descrive il fatto, conferendo materialita' alle "misure di rigore" attraverso il richiamo alla costrizione del detenuto all'interno di una cella di isolamento ed all'aggressione nei suoi confronti con calci e pugni in varie parti del corpo; il capo C), dedicato alla contestazione delle lesioni riportate dal detenuto, si diffonde nella loro descrizione; la sentenza impugnata, tutta, da' ampiamente conto della ricostruzione degli accadimenti, in senso coerente alle contestazioni, escludendo qualsiasi possibilita' di rilevare cause di proscioglimento ex articolo 129 c.p.p. e, anzi, esplicitamente rigettando la relativa richiesta assolutoria, con condanna alle spese del giudizio d'appello. Alla luce di tale ricostruzione, il Collegio ritiene che sussistano quelle "limitazioni aggiuntive della sfera liberta' personale" derivanti dagli atti di violenza fisica, idonee a configurare la tipicita' normativa descritta dall'articolo 608 c.p., avendo causato le violenze un evidente aggravamento delle condizioni di restrizione gia' connaturate allo stato detentivo, obbligando la vittima a subire una quota maggiore di coercizione della propria liberta'. Del resto, la fattispecie di reato prevista dagli articoli 582 e 585 c.p. e' posta a tutela dell'integrita' fisica individuale (il delitto di lesioni) e non copre il descritto quid pluris di afflittivita' (dal punto di vista dell'evento del reato) derivante dalla condotta in un caso come quello di specie. Non vi e' dubbio, per quanto sinora affermato, della solidita' dell'impostazione della Corte d'Appello, corrispondente alla giurisprudenza consolidata di questa Corte di legittimita', quanto alla richiesta di ottenere una pronuncia di proscioglimento ex articolo 129 c.p.p. in luogo di quella di prescrizione dei reati: il motivo di ricorso, nella parte in cui tenta di riscrivere l'accertamento di merito di quanto accaduto, sostenendo la versione degli imputati, e' inammissibile poiche' apodittico e non consentito in sede di legittimita' (cfr. par. 2). 3. Tutte le considerazioni di inammissibilita' del ricorso svolte valgono, infine, per i motivi di ricorso, speculari e formulati con argomenti per relationem, che i ricorrenti hanno proposto quali parti civili. 4. Alla declaratoria d'inammissibilita' del ricorso segue, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti che lo hanno proposto al pagamento delle spese processuali nonche', ravvisandosi profili di colpa relativi alla causa di inammissibilita' (cfr. sul punto Corte Cost. n. 186 del 2000), al versamento, a favore della Cassa delle Ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 3.000. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SIANI Vincenzo - Presidente Dott. BIANCHI Michele - rel. Consigliere Dott. CASA Filippo - Consigliere Dott. CALASELICE Barbara - Consigliere Dott. CENTONZE Alessandro - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), (CUI (OMISSIS)) nato il (OMISSIS); avverso la sentenza del 06/09/2022 del TRIBUNALE di LECCO; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. MICHELE BIANCHI; preso atto che il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. DALL'OLIO Marco, ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilita' del ricorso (con requisitoria scritta Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, ex articolo 23 e succ. mod). RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza in data 21 febbraio 2022 il Giudice di pace di Lecco ha dichiarato (OMISSIS) colpevole di inottemperanza al decreto di espulsione, condannandolo alla pena di Euro 15.000 di multa. Proposto appello dal difensore dell'imputato, con sentenza in data 6 settembre 2022 il Tribunale di Lecco ha confermato la sentenza di primo grado. 2. Il difensore di (OMISSIS) ha presentato ricorso per cassazione, chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata. Con il primo motivo viene denunciato difetto di motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio. Con il secondo motivo viene denunciata violazione di legge in ordine al mancato riconoscimento della continuazione con il reato giudicato con sentenza 26 marzo 2018 del Tribunale di Monza. Con il terzo motivo viene denunciato difetto di motivazione in relazione alle attenuanti generiche. 3. Il Procuratore generale ha chiesto la dichiarazione di inammissibilita' del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Innanzitutto, va rilevato che la sentenza impugnata ha pronunciato, in grado di appello, sull'impugnazione di sentenza del Giudice di pace che aveva pronunciato condanna alla sola pena pecuniaria, senza alcuna statuizione civile connessa. Sentenza che, dunque, ai sensi del Decreto Legislativo n. 274 del 2000, articolo 376 era impugnabile solo con ricorso per cassazione. Va, quindi, pronunciato annullamento, senza rinvio, della sentenza impugnata. 2. L'atto di impugnazione proposto avverso la sentenza del Giudice di pace va qualificato come ricorso per cassazione, ed esaminato in questa sede. Va dichiarata l'inammissibilita' di detto ricorso. La difesa, con unico motivo, aveva denunciato l'assenza di motivazione della decisione di diniego del riconoscimento delle attenuanti generiche, che la difesa aveva chiesto valorizzando la "situazione sociale e sanitaria" dell'imputato, soggetto tossicodipendente. Il motivo e' manifestamente infondato. La sentenza, negando il riconoscimento delle attenuanti generiche, ha indicato una molteplicita' di dati incompatibili con un giudizio sul fatto in termini di minore gravita'. Infatti, risulta evidenziato che il fatto era stato accertato nel contesto dell'arresto nella flagranza di resistenza a pubblico ufficiale, che plurimi erano stati i decreti di espulsione emessi nei confronti dell'imputato, che aveva in diverse occasioni declinato diverse generalita' ed era gravato da plurimi precedenti penali. Elementi che univocamente danno conto, in termini esenti da vizi logici o giuridici, di un giudizio, in relazione ai parametri di cui all'articolo 133 c.p., nel senso di congruita' di una pena non inferiore al minimo edittale. 3. Va, quindi, pronunciato annullamento, senza rinvio, della sentenza impugnata e, qualificato come ricorso per cassazione l'appello proposto dall'imputato avverso la sentenza del Giudice di pace di Lecco in data 21.02.2022, va dichiarato inammissibile il ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e, qualificato come ricorso per cassazione l'appello proposto dall'imputato avverso la sentenza del Giudice di pace di Lecco in data 21.02.2022, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. PEZZULLO Rosa - Presidente Dott. GUARDIANO Alfred - rel. Consigliere Dott. SCORDAMAGLIA Irene - Consigliere Dott. CUOCO Michele - Consigliere Dott. CIRILLO Pierangelo - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 10/11/2022 della CORTE APP. SEZ. MINORENNI di CAGLIARI; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. GUARDIANO ALFREDO; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott.ssa TASSONE KATE; udito il difensore. IN FATTO E IN DIRITTO 1. Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Cagliari, in parziale riforma della sentenza con cui il tribunale per i minorenni di Cagliari, in data 26.4.2022, aveva condannato (OMISSIS) alla pena ritenuta di giustizia, in relazione ai reati ascrittigli ai capi a); b); c) e d) dell'imputazione, assolveva l'imputato dal reato di cui al capo a), con conseguente rideterminazione dell'entita' del trattamento sanzionatorio in senso a lui favorevole, confermando nel resto la sentenza impugnata. I fatti per cui si procede possono sintetizzarsi nei seguenti termini. Il (OMISSIS), unitamente al coimputato (OMISSIS), non appellante, venne sorpreso a bordo di un'autovettura, oggetto di furto consumato un mese prima, dai componenti di una pattuglia dei CC., che, insospettiti dalle manovre pericolose del veicolo in questione, si erano lanciati al suo inseguimento, attivando i dispositivi di sicurezza e di illuminazione in dotazione all'auto di servizio, che, nel corso dell'operazione, era stata speronata per due volte dall'autovettura di cui si e' detto, circostanza in conseguenza della quale gli agenti operanti avevano riportato lesioni personali e l'auto di servizio era stata danneggiata. La corsa dell'autoveicolo dove viaggiavano gli imputati si era conclusa contro un albero, con i due occupanti che erano fuggiti a piedi, lasciando le loro impronte sullo specchietto retrovisore interno (il (OMISSIS)) e sull'esterno dell'autovettura (il (OMISSIS) grazie alle quali le forze dell'ordine erano riuscite a identificarli. 2. Avverso la sentenza del tribunale, di cui chiede l'annullamento, ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, lamentando: violazione di legge e vizio di motivazione, in quanto la corte territoriale, con motivazione contraddittoria, ha assolto il (OMISSIS) dal reato di ricettazione, affermando che, pur essendo dimostrata la sua presenza sull'autovettura oggetto di furto, non vi era la prova che egli fosse consapevole della provenienza illecita del veicolo, mentre ne ha confermato la penale responsabilita' per i concorrenti reati di danneggiamento e lesioni personali (gli unici sui quali si concentrano i rilievi critici del ricorrente), pur in assenza di prova di un concorso del (OMISSIS) nelle suddette condotte illecite, addebitabili, nella prospettiva difensiva, al solo conducente dell'autoveicolo, concorso che non puo' desumersi dalla circostanza che l'imputato si sia dato alla fuga e non abbia fornito alcuna spiegazione del suo comportamento, posto che, ove anche il ricorrente non si fosse dato alla fuga ma si fosse fermato a fornire spiegazioni ai pubblici ufficiali, i due reati in esame sarebbero stati comunque configurabili, dal momento che la guida pericolosa e le conseguenze annesse e' stata posta in essere unicamente dal (OMISSIS), risalendo, peraltro, a un momento antecedente rispetto a quello in cui il (OMISSIS) si sarebbe dato alla fuga. 3. Con requisitoria scritta del 20.2.2023, depositata sulla base della previsione del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8, che consente la trattazione orale in Udienza pubblica solo dei ricorsi per i quali tale modalita' di celebrazione e' stata specificamente richiesta da una delle parti, i cui effetti sono stati prorogati fino al 31 dicembre 2022, per effetto del Decreto Legge 30 dicembre 2021, n. 228, articolo 16, comma 1, convertito con modificazioni dalla L. 25 febbraio 2022, n. 15 il sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione, chiede che il ricorso venga rigettato. Con conclusioni scritte del 6.2.2023, il difensore di fiducia dell'imputato insiste per l'accoglimento del ricorso. 4. Premesso che i reati per cui si procede sono perseguibili d'ufficio anche dopo l'entrata in vigore del Decreto Legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, il ricorso va dichiarato inammissibile. 5. Non considera, invero, il ricorrente che in tema di giudizio di cassazione, sono precluse al giudice di legittimita' la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacita' esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (cfr. Cass., Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Rv. 265482). Ed invero, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza della Suprema Corte, anche a seguito della modifica apportata all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), dalla L. n. 46 del 2006, resta non deducibile nel giudizio di legittimita' il travisamento del fatto, stante la preclusione per la Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito. In questa sede di legittimita', infatti, e' precluso il percorso argomentativo seguito dal ricorrente negli indicati motivi, che si risolvono in una mera e del tutto generica lettura alternativa o rivalutazione del compendio probatorio, posto che, in tal caso, si demanderebbe alla Cassazione il compimento di un'operazione estranea al giudizio di legittimita', quale e' quella di reinterpretazione degli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione (cfr. ex plurimis, Cass., sez. 6, 22/01/2014, n. 10289; Cass., Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Rv. 273217; Cass., Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Rv. 253099; Cass., Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, Rv. 277758). In altri termini, il dissentire dalla ricostruzione compiuta dai giudici di merito e il voler sostituire ad essa una propria versione dei fatti, costituisce una mera censura di fatto sul profilo specifico dell'affermazione di responsabilita' dell'imputato, anche se celata sotto le vesti di pretesi vizi di motivazione o di violazione di legge penale, in realta' non configurabili nel caso in esame, posto che il giudice di secondo grado ha fondato la propria decisione su di un esaustivo percorso argomentativo, contraddistinto da intrinseca coerenza logica, come si vedra' nel prosieguo della trattazione. Come precisato dalla giurisprudenza di legittimita' in un condivisibile arresto il ricorso per cassazione con cui si lamenta la mancanza, contraddittorieta' o manifesta illogicita' della motivazione per l'omessa valutazione di circostanze acquisite agli atti non puo' limitarsi, pena l'inammissibilita', ad addurre l'esistenza di atti processuali non esplicitamente presi in considerazione nella motivazione del provvedimento impugnato ovvero non correttamente od adeguatamente interpretati dal giudicante, ma deve, invece, a) identificare l'atto processuale cui fa riferimento; b) individuare l'elemento fattuale o il dato probatorio che da tale atto emerge e che risulta incompatibile con la ricostruzione svolta nella sentenza; c) dare la prova della verita' dell'elemento fattuale o del dato probatorio invocato nonche' della effettiva esistenza dell'atto processuale su cui tale prova si fonda; d) indicare le ragioni per cui l'atto inficia e compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l'intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale "incompatibilita'" all'interno dell'impianto argomentativo del provvedimento impugnato (cfr. Cass. Sez. 3, n. 2039 del 02/02/2018, Rv. 274816). Tale percorso argomentativo, con particolare riferimento all'individuazione dell'elemento fattuale o del dato probatorio emergente da un atto processuale, incompatibile con la ricostruzione svolta nella sentenza, tale, come si e' detto, da inficiare e compromettere, in modo decisivo, la tenuta logica e l'intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale "incompatibilita'" all'interno dell'impianto argomentativo del provvedimento impugnato, non si rinviene nel ricorso di cui si discute, con il quale, in definitiva, l'imputato si limita a proporre una versione dei fatti alternativa. Inoltre, tenuto conto che il (OMISSIS) e' stato ritenuto responsabile del reato di cui agli articoli 110 e 337 c.p., di cui al capo b) dell'imputazione, in relazione al quale nessun rilievo critico e' stato svolto dal ricorrente, pur essendo intervenuta sentenza di assoluzione per il delitto di ricettazione dell'autovettura a bordo della quale il prevenuto era stato sorpreso dalle forze dell'ordine, difettando la prova del dolo, gli ulteriori reati, in tutta evidenza collegati a quello di resistenza a pubblico ufficiale, in quanto posti in essere allo scopo di sottrarsi al controllo degli agenti operanti - e' stata, infatti, contestata e ritenuta, per entrambi i reati la circostanza aggravante di cui all'articolo 61 c.p., n. 2), in relazione al reato di cui al capo b) - giustificano l'affermazione di responsabilita' del ricorrente anche per tali ultimi reati, secondo le regole ordinarie in materia di concorso di persone nel reato, avendo egli fornito un contributo, quanto meno in termini di concorso morale, al rafforzamento del proposito criminoso del concorrente, nella consumazione del delitto di resistenza a pubblico ufficiale e degli ulteriori reati a esso connessi. Come affermato, infatti, dalla giurisprudenza di legittimita', non configura il concorso cosiddetto "anomalo" di cui all'articolo 116 c.p., ma rientra nella comune disciplina del concorso di persone l'ipotesi in cui vengano commessi reati ulteriori rispetto a quello programmato, sia pure ad esso collegati. (Fattispecie in cui all'accordo fra i correi per commettere un furto hanno fatto seguito gli ulteriori reati di resistenza a pubblico ufficiale, lesioni e danneggiamento, commessi durante la fuga a seguito di un intervento della polizia giudiziaria: cfr. Sez. 6, n. 25446 del 02/05/2013, Rv. 255474). Sicche' i motivi di ricorso appaiono anche manifestamente infondati. Va, infine, disposta l'omissione delle generalita' e degli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento, ai sensi del Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n. 196, articolo 52, comma 5. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita' e gli altri dati identificativi a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52, in quanto imposto dalla legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CRISCUOLO Anna - Presidente Dott. CALVANESE Ersilia - Consigliere Dott. COSTANTINI Antonio - rel. Consigliere Dott. DI NICOLA T. Paola - Consigliere Dott. SILVESTRI Pietro - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 17/09/2021 della Corte di appello di Firenze; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Antonio Costantini; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Salvadori Silvia, che ha concluso chiedendo l'inammissibilita' del ricorso di (OMISSIS) ed il rigetto del ricorso di (OMISSIS); uditi i difensori, avv. (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), che ha insistito per l'accoglimento del ricorso, rilevando l'intervenuta prescrizione dei reati, avv. (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), chiede l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. (OMISSIS) e (OMISSIS), per il tramite dei rispettivi difensori, ricorrono avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze che, in riforma della sentenza del Tribunale di Firenze che aveva assolto gli imputati per insussistenza del fatto, ha condannato (OMISSIS) alla pena di nove mesi e quindici giorni di reclusione e (OMISSIS) alla pena di sei mesi e quindici giorni di reclusione in quanto ritenuti responsabili di aver offeso l'onore e il prestigio oltre che minacciato, in luogo pubblico ed in presenza di piu' persone, il Capotreno (OMISSIS) al fine di impedirgli di compiere l'attivita' di verifica dei titoli di viaggio sul treno "Intercity" durante la tratta (OMISSIS) in data (OMISSIS). Secondo la ricostruzione accolta dalla Corte di appello, i ricorrenti, richiesti del biglietto a bordo del treno, dapprima tergiversavano, per poi dichiarare di esserne sprovvisti, pretendendo da parte del (OMISSIS), addetto al controllo, che il verbale venisse redatto una volta giunti a destinazione (Bolzano). Il controllore procedeva invece a redigere l'atto, allertando la Polizia nella stazione ove la stessa si rendeva disponibile per far scendere i passeggeri che, una volta visti arrivare detti pubblici ufficiali saliti a bordo del treno nella stazione di Firenze (OMISSIS), rivolgevano al controllore le minacce contestate, occasione in cui il (OMISSIS) mimava di rivolgere un pugno in direzione dell'operante ed affermando il (OMISSIS) (testualmente) "ora che scendo ti spacco la capoccia". 2. La difesa di (OMISSIS) articola vari motivi che possono essere enunciati in numero di sei. 2.1. Si deduce la nullita' della sentenza ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c), per omessa notifica del decreto di citazione a giudizio, nonche' nullita' della notifica del verbale di udienza del 29 febbraio 2016 per violazione dell'articolo 161 c.p.p.. Contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte di appello, che ha ritenuto di rigettare identica questione, l'avviso di conclusione delle indagini preliminari era stato notificato "per posta e non a mani" presso la precedente residenza del ricorrente in (OMISSIS) circostanza che implicava la mancata conoscenza per omessa notifica per compiuta giacenza del decreto di citazione a giudizio inviato allo stesso indirizzo un anno dopo il trasferimento; l'unica elezione di domicilio effettuata dal (OMISSIS) risulta quella avvenuta con il deposito dell'atto all'udienza del 29 febbraio 2016 da parte dell'Avv. (OMISSIS), nominato difensore di fiducia. La difesa deduce, inoltre, l'omessa notifica del verbale con cui era stata modificata la data della contestazione dei delitti di cui al presente procedimento che, rimasta ineseguita per irreperibilita' del destinatario, doveva essere eseguita mediante consegna di copia al difensore ex articolo 161 c.p.p., comma 4, e non ex articolo 157 c.p.p., comma 8; a differenza di quanto affermato in sentenza la variazione del tempus commissi delicti che ha formato oggetto di comunicazione costituisce circostanza rilevante tale da implicare la nullita' della decisione ex articolo 522 c.p.p. in quanto idonea ad incidere sulle scelte difensive visto che (OMISSIS) non aveva usufruito di alcun treno sulla tratta (OMISSIS) in data corrispondente a quella inizialmente indicata in contestazione. 2.2. La difesa deduce la violazione del principio di necessaria correlazione tra accusa e difesa; la Corte di appello ha ritenuto il ricorrente responsabile del delitto di resistenza a pubblico ufficiale per aver impedito l'attivita' del Capo Treno diretta a far scendere dal treno i ricorrenti in quanto passeggeri sprovvisti di biglietto (atto, peraltro, di competenza delle Forze dell'ordine, e non del Capotreno), a fronte di contestazione che prevedeva l'impedimento in merito all'attivita' rivolta alla verifica dei titoli di viaggio. 2.3. Il ricorrente deduce violazione di legge ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) in relazione all'articolo 337 c.p.; la Corte di appello ha ritenuto integrato il reato di resistenza a pubblico ufficiale nonostante la persona offesa non avesse tale qualifica in quanto "Capo Servizio Treno" e non "Capotreno" con conseguente carenza dei poteri autoritativi o certificativi finalizzati all'espletamento dell'attivita' - asseritamente ostacolata - di invito rivolto ai passeggeri non paganti di scendere dal treno. 2.4. Il ricorrente deduce violazione di legge ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), in relazione all'articolo 341-bis c.p. avendo la Corte di merito erroneamente ritenuto integrato il reato di oltraggio a pubblico ufficiale nonostante la persona offesa non rivestisse tale qualifica, la condotta non risulti compiuta in luogo pubblico o aperto al pubblico, in quanto verificatasi all'interno di una carrozza chiusa e non alla presenza di piu' persone. 2.5. Si deducono vizi di motivazione ex articoli 606 c.p.p., comma 1, lettera e), in ordine all'intervento delle forze dell'ordine. La testimonianza della persona offesa risulterebbe in contrasto con quanto contenuto nella nota inviata dalla Polizia Ferroviaria della Stazione (OMISSIS) di Firenze che ha negato un intervento su richiesta del Capotreno. 2.6. Con l'ultimo motivo si censura la mancata applicazione dell'esimente di cui all'articolo 393-bis c.p. nonostante sussistesse prova che la persona offesa avesse dato causa al reato di cui all'articolo 337 c.p. eccedendo le proprie attribuzioni in occasione della richiesta di intervento delle forze dell'ordine ad identificazione dei passeggeri ormai compiuta. 3. (OMISSIS) propone due motivi di ricorso. 3.1. Con il primo motivo si deducono violazione di legge e vizi di motivazione ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), in relazione agli articolo 337 e 341-bis c.p.. All'esito della difforme sentenza di condanna su gravame del Procuratore generale, la motivazione omette di rendere una motivazione in forma rafforzato, non confutando i punti essenziali valorizzati invece dalla sentenza di primo grado la' dove ha valorizzato l'assenza di condotte impeditive dell'esercizio della funzione svolta dal capotreno che portava regolarmente a conclusione l'attivita' di verifica dei titoli di viaggio. La Corte di appello non ha adeguatamente confutato, inoltre gli aspetti messi in evidenza e valorizzati dal Giudice di primo grado nella parte in cui ha rilevato che l'azione non si fosse svolta in luogo pubblico o aperto al pubblico, ha escluso che fossero presenti altre persone, oltre agli interessati, smentendo che la parte offesa, quale capotreno, possedesse la qualifica richiesta dalla norma. La ritenuta responsabilita' si pone in contrasto con le dichiarazioni della persona offesa dalle quali emerge che aveva potuto redigere il verbale tanto da essere stato invitato in tal senso dagli stessi ricorrenti. Priva di riscontro sarebbe, infatti, l'affermazione contenuta nella decisione impugnata secondo cui (OMISSIS) e (OMISSIS) avrebbero preteso la compilazione dell'atto solo una volta giunti a destinazione. La Corte di merito, errando nell'interpretazione delle dichiarazioni, ha travisato le stesse ed operato una differente ricostruzione della vicenda secondo cui la condotta minacciosa sarebbe stata realizzata all'atto dell'intervento delle forze dell'ordine, ma che non risulta abbiano redatto alcuna annotazione o verbalizzazione in merito all'intervento. 3.2. Con il secondo motivo si deducono vizi di motivazione e violazione di legge ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), in relazione alla richiesta di sospensione condizionale della pena che e' rimasta priva di vaglio e di concessione delle circostanze attenuanti generiche, per la cui negazione si rendeva una motivazione apparente in quanto su formule di stile. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. La sentenza deve essere annullata senza rinvio nei confronti di (OMISSIS) per intervenuta prescrizione in ordine al delitto di resistenza a pubblico ufficiale, mentre deve essere disposto l'annullamento senza rinvio perche' il fatto non sussiste relativamente al delitto di cui all'articolo 341-bis c.p. contestato ad entrambi i ricorrenti e dichiarato inammissibile il ricorso di (OMISSIS) quanto al residuo reato di resistenza a pubblico ufficiale con conseguente rideterminazione della pena. 2. Il Collegio reputa opportuno prendere le mosse dalla ritenuta responsabilita' dei ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS) in ordine al delitto di cui all'articolo 341-bis c.p. la cui insussistenza per carenza di uno dei presupposti della fattispecie risulta di tale evidenza da prevalere sulla necessita' di dichiarare l'intervenuta prescrizione (per (OMISSIS) in data 16 luglio 2022 e per (OMISSIS) il 17 gennaio 2021, data anteriore alla stessa sentenza di appello che ne ha accertato la responsabilita' (ma non dedotta in quella sede di merito) ex articolo 129 c.p.p.. 2.1. Ed invero avverso i rilievi dei ricorrenti che evidenziavano come il delitto in esame non fosse stato realizzato in luogo aperto al pubblico ed alla presenza di piu' persone, la sentenza risponde, con riferimento all'aspetto del numero dei soggetti presenti, valorizzando il dato connesso alla presenza di un altro soggetto che viaggiava, privo di titolo, unitamente ai due ricorrenti, e dei due pubblici ufficiali appartenenti alla Polizia Ferroviaria intervenuti a richiesta del controllore (punto 5, pag. 5 sentenza impugnata). 2.2. Cosi' facendo, la Corte territoriale ha errato nella interpretazione dell'articolo 341-bis c.p. con particolare riferimento al principio di diritto ormai consolidato espresso dalla giurisprudenza di legittimita' secondo cui, ai fini dell'integrazione del delitto di oltraggio la condotta offensiva del pubblico ufficiale deve avvenire alla presenza di almeno due persone, tra le quali non possono essere computate quelle che, pur non direttamente attinti dall'offesa, assistano alla stessa nello svolgimento delle loro funzioni, essendo integrato il requisito della pluralita' di persone unicamente da persone estranee alla pubblica amministrazione (ossia dai "civili"), ovvero da persone che, pur rivestendo la qualifica di pubblico ufficiale, siano presenti in quel determinato contesto spazio-temporale non per lo stesso motivo d'ufficio in relazione al quale la condotta oltraggiosa sia posta in essere dall'agente (Sez. 6, n. 6604 del 18/01/2022, Pagliari, Rv. 282999). Conforme risulta il precedente di questa Corte che, proprio in una ipotesi analoga a quella sottoposta a scrutinio, ha escluso la sussistenza del reato allorche' le offese, rivolte ad un appartenente alle forze dell'ordine, erano state compiute dinanzi a due agenti intervenuti a supporto del primo e, quindi, nell'esercizio delle proprie funzioni (Sez. 6, n. 30136 del 09/06/2021, Leocata, Rv. 281838). 2.3. La presenza di altri soggetti appartenenti alle forze di polizia che comunque si trovavano nel luogo del commesso reato in quanto chiamati proprio in ausilio all'espletamento della funzione connessa alla complessiva attivita' di controllo dei titoli di viaggio esercitata dal capotreno non puo' essere incluso tra quelle "piu' persone" necessarie ai fini della integrazione del delitto in esame. Esclusi, pertanto, dal novero delle persone idonee a costituire le "piu' persone" ciascun concorrente, il capotreno quale persona offesa ed i due appartenenti alla Polizia Ferroviaria, rilevata la sola presenza del compagno di viaggio dei ricorrenti, rimasto estraneo ad ogni condotta di reato, viene meno un elemento costitutivo necessario ai fini dell'integrazione della fattispecie di cui all'articolo 341-bis c.p. con conseguente necessita' di disporre l'annullamento senza rinvio in parte qua della sentenza impugnata perche' il fatto non sussiste. 3. Inammissibili risultano le residue censure del ricorso di (OMISSIS) afferenti al delitto di resistenza a pubblico ufficiale. 3.1. Il primo motivo con cui si deducono plurimi ed eterogenei vizi di natura processuale e' manifestamente infondato. 3.1.1. Tale si rivela la parte del primo motivo con cui la difesa deduce la nullita' della sentenza di primo grado in ragione dell'omessa notifica della citazione a giudizio. Deve in via preliminare osservarsi che la nullita' assoluta e insanabile prevista dall'articolo 179 c.p.p. ricorre solo nel caso in cui la notificazione della citazione sia stata omessa o quando, essendo stata eseguita in forme diverse da quelle prescritte, risulti inidonea a determinare la conoscenza effettiva dell'atto da parte dell'imputato (Sez. U, n. 7697 del 24/11/2016, dep. 2017, Amato, Rv. 269028 - 01). La citata decisione assunta da questa Corte nel suo piu' prestigioso consesso ha puntualizzato come la notifica in un luogo che non consente all'imputato di venire a conoscenza della contestazione e della conseguente citazione a giudizio comporta una nullita' assoluta ed insanabile della vocatio in iudicium, che non puo' essere sostituita dalla notifica al difensore di fiducia o di ufficio. Pertanto, quando emerge che la notifica non ha prodotto i suoi effetti lasciando la parte sostanzialmente all'oscuro della progressione del procedimento deve essere disposta la correlata regressione del procedimento. Cio' premesso, sulla base degli atti a cui questa Corte ha accesso quando viene dedotto un error in procedendo (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092), emerge che l'indirizzo presso cui era stata effettuata la notifica della citazione a giudizio corrisponde al luogo ove l'ufficiale postale aveva in precedenza notificato l'avviso di conclusione delle indagini preliminari ex articolo 415-bis c.p.. Detto avviso, seppure notificato presso il luogo in cui, dalle risultanze anagrafiche emerge fosse emigrato il precedente dal 13 maggio 2014, veniva comunque recapitato al destinatario "a mani proprie" il 29 luglio 2014. L'operativita' della disciplina prevista dall'articolo 161 c.p.p., comma 2, autorizza, invero, le successive notifiche, compresa la citazione a giudizio, nel luogo in cui e' stata recapitato il primo atto, salvo il caso in cui ci sia stata un'elezione o dichiarazione di domicilio che nel caso di specie non risulta sia stata effettuata. Ed infatti, nonostante con la comunicazione dell'avviso di cui all'articolo 415-bis c.p.p. il ricorrente fosse stato espressamente invitato ad eleggere domicilio ai sensi dell'articolo 161 c.p.p. per le successive notificazioni, con l'avvertimento di dover comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato o eletto e che, in caso di mancanza, d'insufficienza o di inidoneita' della dichiarazione o della elezione, le successive notifiche sarebbero state eseguite nel luogo in cui era stato notificato il primo atto, ovvero - nel caso di impossibilita' - al suo difensore, il (OMISSIS) ometteva ogni dichiarazione o elezione di domicilio che interveniva solo durante la celebrazione del processo in primo grado all'udienza del 29 febbraio 2016, allorche' il difensore depositava la nomina di fiducia del (OMISSIS) con contestuale elezione di domicilio presso la sua residenza in (OMISSIS). Cio' posto, nessun rilievo assume la circostanza che il ricorrente prospetti, in sede di gravame ed in questa sede, che il successivo atto di citazione sia stato notificato per mezzo della compiuta giacenza presso un indirizzo in cui non risultava piu' residente, visto che proprio la regolare notifica a "mani proprie", come osservato dalla Corte territoriale, dell'avviso ex articolo 415-bis c.p. in assenza di alcuna elezione o dichiarazione di domicilio, rendeva formalmente corretta la successiva notifica, compiuta presso lo stesso indirizzo determinato ex articolo 161 c.p.p., comma 2, in concreto avvenuta per compiuta giacenza. Ne' risulta che nel corso del processo celebratosi dinanzi al Tribunale di Firenze la difesa del ricorrente, sia di ufficio che - successivamente - di fiducia, abbia ma eccepito la regolarita' della notifica effettuata per mezzo di raccomandata consegnata a mani del destinatario presso l'indirizzo di (OMISSIS) dell'avviso ex articolo 415-bis c.p.p. Eventuali vizi connessi alla notifica all'imputato dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari, non integrando una nullita' assoluta e insanabile, costituisce una nullita' a regime intermedio che deve essere eccepita o rilevata di ufficio fino alla deliberazione della sentenza di primo grado (Sez. 1, n. 47529 del 02/12/2008, Barcellona, Rv. 242075). La circostanza che il ricorrente avesse avuto diretta conoscenza della intervenuta nomina del difensore di ufficio fin dal momento della notifica dell'avviso ex articolo 415-bis c.p.p. gli consentiva di avere ogni notizia in ordine al procedimento in corso se solo avesse avuto - in concreto - interesse. E' pur vero che permane in capo al giudice di merito la possibilita', a prescindere da un onere di diligenza che incombe sull'imputato ed al di fuori di ogni presunzione, al cospetto dell'imputato dichiarato assente nel rispetto delle prescrizioni di cui all'articolo 420-bis c.p.p., di verificare le allegazioni che depongano per l'ignoranza del processo a lui non imputabile (in tal senso si esprime apertamente Sez. U, n. 15498 del 26/11/2020, dep. 2021, Lovric, Rv. 280931), ma la circostanza che il ricorrente abbia inteso, seppure a processo in corso, nominare un difensore di fiducia ed eleggere domicilio fa ritenere come la notifica della citazione a giudizio avvenuta in maniera formalmente corretta, per le ragioni sopra espresse, attraverso la "compiuta giacenza", risultava essere sostanzialmente conosciuta dal ricorrente. 3.1.2. Manifestamente infondata risulta la parte del primo motivo con cui si deduce l'omessa notifica del verbale con cui era stata modificata la data della contestazione dei delitti. Corretta risulta l'affermazione della Corte di appello che ha ritenuto determinante il fatto che tutti i dati contenuti nell'imputazione, quali, il treno sui cui viaggiava il ricorrente, il nome della persona offesa e del concorrente consentissero di ritenere, a prescindere dalla errata indicazione della data, quale fosse il contenuto della contestazione tanto che la notifica dell'imputazione, avvenuto per mero scrupolo, non fosse necessaria. Al riguardo, risulta ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo cui la sola difforme indicazione della data del commesso reato, allorche' non comporti alcuna significativa modifica della contestazione immutata nei suoi tratti essenziali, cosi' da non incidere sulla possibilita' di individuazione del fatto da parte dell'imputato e sul conseguente esercizio del diritto di difesa, non costituisce modifica dell'imputazione, rilevante ex articolo 516 c.p.p. (Sez. 5, n. 48879 del 17/09/2018, L., Rv. 274159 - 02). Il ricorrente, a fronte di corretta motivazione resa dalla Corte di appello sul punto, rileva un'apodittica lesione al diritto di difesa nella parte in cui gli sarebbe stato impedito di comprendere il fatto da cui difendersi, evenienza esclusa dalle stesse eccezioni sollevate anche in appello e pedisseque reiterazioni effettuate in sede di legittimita' da cui si desume come la consistenza del fatto fosse senz'altro nota alle parti. 3.2. Manifestamente infondata risulta la dedotta violazione del principio di necessaria correlazione tra accusa e difesa, la rappresentata carenza di qualifica soggettiva di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio del capotreno e prospettata sussistenza dell'esimente di cui all'articolo 393-bis c.p. (sub 2.2., 2.3 e 2.6 del "ritenuto in fatto"). 3.2.1. La Corte di appello ha evidenziato come il comportamento del ricorrente fosse corrispondente alla imputazione, visto che anche la condotta tesa a far scendere dal treno i viaggiatori privi di biglietti alla prima stazione utile - se del caso con l'ausilio della forza pubblica - rientrava nella complessiva condotta afferente alla verifica dei titoli di viaggio. I Giudici di merito hanno valorizzato le dichiarazioni della parte offesa (OMISSIS) che ha esplicitato l'ambito delle proprie competenze in merito all'intervento operato in occasione dell'attivita' di verifica dei titoli di viaggio; la Corte territoriale ha, inoltre, fatto riferimento al Decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 753, articolo 23 che disciplina i poteri e le modalita' di esercizio da parte del personale di bordo delle "FS". La citata normativa, da un canto, conferma l'esattezza delle dichiarazioni della parte offesa, sotto altro profilo, evidenzia la natura pubblicistica della funzione esercitata in detto contesto dal capotreno, smentendo le censure atte a negare il possesso della qualifica soggettiva del medesimo, mentre, sotto altro aspetto ancora, palesa la manifesta infondatezza della dedotta sussistenza della scriminante ex articolo 393-bis c.p. sul presupposto dell'assenza di attribuzione del potere di far scendere dal treno il soggetto privo di idoneo titolo di viaggio anche avvalendosi della forza pubblica. 3.2.2. Generica, invero, risulta l'ipotizzata insussistenza di un potere di richiedere l'ausilio della forza pubblica tale da determinare un abuso da parte della persona offesa ed una legittima reazione minacciosa e violenta in capo all'agente; l'affermazione non e' supportata da alcuna evidenza, visto che il potere di ricorrere all'ausilio delle forze dell'ordine al fine di far osservare le norme di legge risulta operazione percorribile anche dal privato cittadino e, a maggior ragione, dal pubblico ufficiale nell'espletamento della funzione svolta. 3.2.3. Manifestamente infondata risulta la contestata qualifica soggettiva del capotreno tale da escludere l'integrazione del reato, visto che ormai datata e consolidata giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto che ai fini della individuazione della qualita' di pubblico ufficiale, nessuna incidenza ha avuto la trasformazione in s.p.a. dell'Ente delle (OMISSIS) che ha conservato l'originaria natura pubblicistica, con conseguente mantenimento della qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio dei dipendenti delle "FF.SS." con particolare riferimento alla figura del capotreno addetto al controllo del biglietto ferroviario in quanto abilitato alla constatazione dei fatti ed alla relativa verbalizzazione con identificazione del viaggiatore nell'ambito dell'attivita' di accertamento delle infrazioni alla polizia dei trasporti (Sez. 1, n. 10027 del 22/06/2000, Aalam, Rv. 217952 - 01). Questa Corte ha, infatti, osservato che la qualita' di incaricato di pubblico servizio del dipendente di " (OMISSIS) S.p.A." deve essere accertata da parte del giudice di merito esclusivamente sulla base del criterio funzionale di cui agli articoli 357 e 358 c.p. (Sez. 5, n. 47044 del 10/07/2019, Lauro, Rv. 277839; Sez. 5, Sentenza n. 23465 del 26/04/2005, Laghi, Rv. 231929; quanto alla qualifica del personale di " (OMISSIS) s.p.a." che sia incaricato del controllo dei biglietti di linea, cfr., altresi', Sez. 6, n. 15113 del 17/03/2016, Totta, Rv. 267311; Sez. 1, n. 38389 del 18/09/2009, Novello, Rv. 244747). 3.2.4. Scarso pregio assume la dedotta esclusione della qualifica in ragione del profilo di "Capo Servizio Treno" della parte offesa visto che il rilievo assume valenza meramente lessicale nella parte in cui, senza in alcun modo negare la sussistenza dei poteri secondo il criterio funzionale di cui agli articoli 357 e 358 c.p., tende a far discendere effetti sulla qualifica soggettiva dalla mera denominazione dell'inquadramento professionale che lega la parte offesa all'ente di appartenenza, circostanza che non risulta significativa ai fini del legittimo esercizio delle funzioni di capotreno in concreto avvenuta conformemente alla norma sopra richiamata. 3.3. Attinge al precluso merito il motivo con cui il ricorrente rileva un contrasto tra le dichiarazioni di (OMISSIS) e la nota inviata dalla Polizia Ferroviaria della Stazione (OMISSIS) di Firenze che ha negato un intervento sul treno in cui si sono svolti i fatti. I Giudici di merito hanno rilevato come la stessa nota non potesse assumere alcuna rilevanza in merito allo svolgimento dei fatti per come rappresentati da (OMISSIS), in quanto chiaramente frutto di una carenza di coordinamento da parte del personale di polizia in servizio presso le due distinte stazioni interessate ((OMISSIS)), al contempo rilevando come neppure i ricorrenti avessero negato l'intervento da parte della polizia ferroviaria come riferito dal teste (OMISSIS) sulla cui autenticita' nessun rilievo era stato prospettato dalle difese. 4. L'annullamento senza rinvio della decisione impugnata limitatamente alla contestata condotta di oltraggio ex articolo 341-bis c.p., comporta la necessita' di rideterminare la pena nei confronti di (OMISSIS) quanto al residuo reato di resistenza a pubblico ufficiale; non essendo necessari accertamenti di fatto, la rideterminazione puo' essere effettuata dal Collegio ex articolo 620 c.p.p., comma 1, lettera l), sulla base delle statuizioni del giudice di merito con la elisione di quindici giorni di reclusione dalla pena complessivamente irrogata dalla Corte di appello, cosi' pervenendo alla pena finale di nove mesi di reclusione. 5. In merito alla dedotta prescrizione in sede di discussione da parte della difesa di (OMISSIS) deve osservarsi che la rilevata inammissibilita' delle censure in merito alla responsabilita' per il delitto di resistenza a pubblico ufficiale preclude ogni possibilita' sia di far valere sia di rilevare di ufficio, ai sensi dell'articolo 129 cod. proc. pen., l'estinzione del reato per prescrizione, maturata in data posteriore alla pronunzia della sentenza di appello (Sez. U, n. 23428 del 22/03/2005, Bracale, Rv. 231164). Nondimeno, il Collegio osserva che il termine di prescrizione e' pari ad anni undici e mesi tre ai sensi dell'articolo 161 c.p., comma 2, (in ragione della contestata recidiva), a cui devono essere aggiunti quelli per la sospensione del procedimento per oltre 200 giorni, cosi' determinandosi la sua maturazione a far data da ottobre del 2024. 6. L'infondatezza del ricorso in ordine al delitto di cui all'articolo 337 c.p. contestato a (OMISSIS), impone la declaratoria di prescrizione ai sensi dell'articolo 129 c.p. non risultando dalla decisione impugnata, che ha dato conto delle ragioni che facevano ritenere integrato il delitto ai danni del capotreno oggetto delle minacce poste in essere in concorso con (OMISSIS), l'evidenza di una causa di proscioglimento piu' favorevole per il ricorrente. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) limitatamente al reato di cui all'articolo 341 bis c.p. perche' il fatto non sussiste e quanto al reato di cui all'articolo 337 c.p. perche' estinto per prescrizione. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) limitatamente al reato di cui all'articolo 341 bis c.p. perche' il fatto non sussiste e dichiara inammissibile nel resto il ricorso, rideterminando la pena in mesi nove di reclusione.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CASA Filippo - Presidente Dott. LIUNI Teresa - Consigliere Dott. ALIFFI Francesco - Consigliere Dott. TOSCANI Eva - Consigliere Dott. RUSSO Carmine - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 21/09/2022 del TRIBUNALE di LATINA; udita la relazione svolta dal Consigliere CARMINE RUSSO; lette le conclusioni del PG, Ettore Pedicini, che ha chiesto la inammissibilita' del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con l'ordinanza in epigrafe, emessa il 21 settembre 2022, il Tribunale di Latina, in funzione di giudice dell'esecuzione, ha rigettato l'istanza avanzata nell'interesse di (OMISSIS) di applicazione della disciplina della continuazione tra i reati giudicati dalle seguenti sentenze di condanna emesse nei suoi confronti: 1) Sentenza della Corte di appello di Roma il 16 aprile 2021, irrevocabile il 30 marzo 2022, che ha riformato in punto di pena la sentenza del Gup del Tribunale di Latina del 22 dicembre 2020, di condanna alla pena di anni 2 e mesi 8 e giorni 20 di reclusione ed egro 800,00 di multa, in relazione ai reati di cui all'articolo 628 c.p., comma 1, e comma 3, n. 1, L. n. 110 del 1975, articolo 4 commessi l'(OMISSIS); 2) Sentenza della Corte di appello di Roma il 7 settembre 2021, irrevocabile il 29 aprile 2022, che ha riformato in punto di pena la pronuncia del Tribunale di Latina del 11 novembre 2020, di condanna alla pena di anni 1, mesi 8 di reclusione, in relazione ai reati di cui agli articoli 337, 582 e 585 c.p., commesso in (OMISSIS). Il giudice dell'esecuzione ha ritenuto l'insussistenza delle condizioni legittimanti l'applicazione della continuazione in ragione della notevole distanza temporale intercorrente tra i reati (quasi un anno) e del periodo di custodia cautelare intervenuto tra la data di commissione degli stessi. Il Tribunale ha ritenuto altresi' ostative al riconoscimento del vincolo unitario una serie di circostanze caratterizzanti le suddette violazioni, quali la natura disomogenea, la diversa finalita' perseguita (di lucro, quanto alla rapina, di impedimento del compimento di atti d'ufficio da parte della PG per cio' che concerne i reati di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni aggravate), nonche' il diverso grado di organizzazione delle azioni criminose (in relazione a tale ultimo aspetto, si era evidenziato che la rapina era stata oggetto di una preventiva e accurata organizzazione da parte di (OMISSIS), mentre i reati sub 2) apparivano all'evidenza frutto di determinazioni estemporanee). Infine, il Tribunale ha negato la rilevanza dell'evocato disturbo della personalita' quale unitario movente delle condotte criminose, atteso che, con riferimento ai reati di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni aggravate, l'incidenza di tale disturbo sulla capacita' di intendere e di volere del condannato era stata esclusa dai periti nominati nel corso del giudizio; invero, le problematiche psichiatriche del condannato erano state valutate solo in punto di dosimetria della pena, nella valutazione della sua personalita' ex articolo 133 c.p.. 2. Avverso tale decisione ha proposto ricorso (OMISSIS), per mezzo del difensore, adducendo un unico motivo con cui denuncia violazione di legge sostanziale e processuale in relazione all'articolo 81 c.p. e articolo 671 c.p.p. e difetto di motivazione. In primo luogo, il ricorrente si duole che il giudice dell'esecuzione abbia escluso l'evenienza del medesimo disegno criminoso argomentando sulla base della sola sentenza sub 2), al fine di sostenere che la patologia psichiatrica che lo affligge non sia all'origine della sua determinazione criminosa Tale conclusione sarebbe smentita dalla stessa lettura della prima sentenza sub 1), in cui si da' atto di come la perizia psichiatrica espletata nel corso del giudizio avesse accertato una ridotta capacita' di intendere e di volere dell'imputato, affetto da personalita' schizoide e disturbo del comportamento antisociale, aggravati da tossicodipendenza ed alcolismo. Dunque, la Corte territoriale avrebbe ritenuto (OMISSIS) parzialmente incapace di intendere e di volere all'epoca dei fatti, sia per la condizione di uso di sostanze che per la condizione psichica di base, riconoscendo altresi' la natura non estemporanea ed occasionale delle condotte criminose dallo stesso commesse. Si censura inoltre l'omessa considerazione degli ulteriori indici sintomatici della continuazione emergenti nel caso sub iudice e, specificamente, la comune finalita' perseguita mediante la commissione dei reati: invero, se e' pacifico che i delitti sub 1) hanno finalita' di lucro (rapina), anche quelli sub 2) si connotano per la medesima finalita' dal momento che sono stati perpetrati in conseguenza della commissione di un altro reato a scopo di lucro, vale a dire un'aggressione a scopo di rapina posta in essere poco prima, con l'arrivo entro brevissimo tempo della polizia giudiziaria. Parimenti, per cio' che concerne l'altro indice valorizzato dal giudice in senso negativo all'accoglimento dell'istanza ovvero la preventiva organizzazione del solo reato di rapina, risultando i reati sub 2) frutto di determinazioni estemporanee, tale assunto risulta confutato da quanto sopra evidenziato con riguardo alla valutazione di non occasionalita' delle condotte, effettuata dalla Corte distrettuale nel procedimento sub 1) sulla scorta delle conclusioni dei periti. E ancora, il ricorrente stigmatizza l'ordinanza gravata per non aver considerato il breve lasso temporale che separa la commissione dei reati, giacche' i fatti di cui alla sentenza sub 2) sono stati posti in essere a meno di un anno di distanza da quelli per i quali e' intervenuta la condanna sub 2). In conclusione, il Tribunale non avrebbe fatto buon governo dei principi enucleati dalla giurisprudenza in materia di continuazione, non procedendo alla dovuta valutazione unitaria tutti gli indici rivelatori dell'unicita' del disegno criminoso prospettati dall'istante, ed escludendo a priori l'influenza della condizione psicologica del ricorrente sulla sua risoluzione criminosa, sebbene l'esistenza di tale condizione sia stata riscontrata in entrambi i procedimenti. A dire della difesa, nonostante l'incidenza dei disturbi di personalita' del ricorrente sulla sua capacita' di intendere e di volere all'epoca dei fatti sub 2), ai fini dell'affermazione della sua colpevolezza, sia stata esclusa dal giudice del merito, tali disturbi possono tuttavia costituire oggetto di valutazione in sede di richiesta di applicazione della disciplina della continuazione, al fine di valutare se la consumazione degli illeciti sia ad essi riconducibile. 3. Con. requisitoria scritta, il Procuratore Generale, Dott. Ettore Pedicini, ha chiesto la declaratoria di inammissibilita' del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' infondato. Questa Corte ha piu' volte affermato, in tema di reato continuato, che il giudice dell'esecuzione, nel valutare l'unicita' del disegno criminoso, non puo' attribuire rilievo ad un programma di attivita' delinquenziale che sia meramente generico, essendo invece necessaria la individuazione, fin dalla commissione del primo episodio, di tutti i successivi, almeno nelle loro connotazioni fondamentali, con deliberazione, dunque, di carattere non generico, ma generale (Sez. 1, n. 37555 del 13/11/2015, dep. 2016, Bottari, Rv. 267596). L'esistenza di un medesimo disegno criminoso va desunta da elementi indizianti quali l'unitarieta' del contesto e della spinta a delinquere, la brevita' del lasso temporale che separa i diversi episodi, l'identica natura dei reati, l'analogia del modus operandi e la costante compartecipazione dei medesimi soggetti (Sez. 5, n. 1766 del 06/07/2015 - dep. 2016, Esposti e altro, Rv. 266413) L'identita' del disegno criminoso deve essere negata qualora, malgrado la contiguita' spazio-temporale ed il nesso funzionale tra le diverse fattispecie incriminatrici, la successione degli episodi sia tale da escludere la preventiva programmazione dei reati ed emerga, invece, l'occasionalita' di quelli compiuti successivamente rispetto a quello cronologicamente anteriori (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074). Cio' premesso, il ricorso deduce anzitutto che, al contrario di quanto sostenuto nella ordinanza impugnata, i reati oggetto della istanza non sarebbero stati dettati da differenti motivi a delinquere, perche' anche l'episodio di resistenza e lesioni si inserirebbe in un tentativo di rapina non portato a termine, talche' entrambi i fatti sarebbero espressione della finalita' di commissione di reati predatori. Si tratta di argomento non idoneo a disarticolare il percorso logico della ordinanza impugnata, perche', come correttamente notato dal giudice dell'esecuzione, i reati di resistenza e lesioni sono frutto della situazione estemporanea avvenuta in occasione dell'intervento di polizia giudiziaria e sono difficilmente programmabili in anticipo, sia pure "nelle linee essenziali" (cfr. Sez. U. Gargiulo sopra citata). Il ricorso deduce ancora che il giudice dell'esecuzione non avrebbe valutato correttamente la limitata distanza temporale tra i due episodi criminosi, ma una distanza di undici mesi tra due diversi fatti di reato non e' una distanza cosi' esigua da introdurre vizi di logicita' nel ragionamento della ordinanza impugnata, talche' l'argomento speso in ricorso, lungi dall'individuare un vizio di illogicita' della motivazione, si risolve in una richiesta di rivalutazione della decisione del giudice del merito. Il ricorso sostiene ancora che non sarebbe stato valutato adeguatamente l'eventuale elemento unificatore costituito dalla patologia psichiatrica di cui soffre il condannato. Anche questo argomento, pero', non e' fondato, perche' il giudice dell'esecuzione ha valutato l'esistenza dei disturbi psichici del condannato, evidenziando, pero', l'assenza, nel caso specifico, di elementi idonei a suffragare l'assunto difensivo circa l'incidenza di tali disturbi sulla determinazione a commettere i singoli reati e sulla individuazione di un filo conduttore tra essi. n definitiva, il ricorso e' infondato. 2. Ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., comma 1, alla decisione consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BONI Monica - Presidente Dott. LIUNI Teresa - Consigliere Dott. CAPPUCCIO Daniele - Consigliere Dott. MONACO Marco Mar - rel. Consigliere Dott. RUSSO Carmine - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato il (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 27/09/2022 del TRIB. SORVEGLIANZA di BRESCIA; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. MONACO MARCO MARIA; lette le conclusioni del Procuratore Generale, Sost. Proc. Gen. Dott.ssa GUERRA MARIAELENA, per il rigetto; lette le conclusioni dell'avv. (OMISSIS) che insiste per l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Il Tribunale di Sorveglianza di Brescia, con ordinanza in data 27/9/2022, depositata l'11/10/2022, ha rigettato l'istanza di affidamento in prova al servizio sociale proposta da (OMISSIS). 2. Il Tribunale ha dato atto che il condannato in data 14 agosto 2022 e' stato arrestato in flagranza dai Carabinieri di Jesolo per i reati di resistenza a pubblico ufficiale, lesioni personali e furto aggravato e che in data 15 agosto 2022 l'arresto e' stato convalidato ed e' stata disposta la misura della custodia cautelare in carcere. A fronte di tale elemento sopravvenuto il Tribunale ha ritenuto che la misura richiesta fosse incompatibile con il regime di detenzione in atto e, sotto altro e generale profilo, ha comunque evidenziato come il condannato non sia meritevole del beneficio invocato in considerazione del fatto che la recente commissione di delitti depone per l'assoluta inaffidabilita' dello stesso ed evidenzia il rischio di recidivanza. 3. Avverso il provvedimento ha presentato ricorso il condannato che, a mezzo del difensore ha dedotto i seguenti motivi. 3.1. Violazione di legge in relazione all'articolo 178 c.p.p., comma 1, lettera c), articoli 179 e 678 c.p.p. e articoli 45 bis e 146 bis disp. att. c.p.p. e alla normativa comunitaria con riferimento alla mancata partecipazione del condannato all'udienza. 4. In data 9 dicembre 2022 sono pervenute in cancelleria le conclusioni con le quali il Procuratore Generale, Sost. Proc. Gen. Guerra Mariaelena, ha chiesto che il ricorso sia rigettato. 5. In data 8 febbraio 2023 e' pervenuta una memoria con la quale l'avv. (OMISSIS) insiste per l'accoglimento del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso e' infondato. 1. Nell'unico motivo la difesa deduce la violazione di legge in relazione all'articolo 178 c.p.p., comma 1, lettera c), articoli 179 e 678 c.p.p. e articoli 45 bis e 146 bis disp. att. c.p.p. e alla normativa comunitaria con riferimento alla mancata partecipazione del condannato all'udienza evidenziando che il difensore, con due distinte comunicazioni, aveva fatto presente che il proprio assistito, ristretto durante il procedimento di sorveglianza, aveva richiesto di partecipare all'udienza. Come risulterebbe dagli atti, infatti, il difensore aveva, dapprima, con comunicazione del 23 settembre 2022 inviata alla casa circondariale e, poi, con richiesta del 26 settembre 2022, manifestato la volonta' del ricorrente di partecipare all'udienza, anche a mezzo di collegamento da remoto. La doglianza e' infondata. Nel procedimento di sorveglianza, disciplinato dall'articolo 666 c.p.p. in virtu' del richiamo contenuto nell'articolo 678 c.p.p., come evidenziato dal Procuratore generale richiamando i consolidati principi enucleati da questa Corte, mentre la partecipazione del difensore e del pubblico ministero all'udienza camerale fissata per la trattazione e' prevista come necessaria, quella dell'interessato e', invece, subordinata alla richiesta dello stesso d'essere sentito personalmente. Se questi e' detenuto o internato in un istituto fuori dalla circoscrizione del giudice, tra l'altro, lo stesso - salvo che il giudice ritenga di doverlo sentire personalmente e ne disponga la traduzione - e' ascoltato dal magistrato di sorveglianza del luogo, prima del giorno dell'udienza. In conseguenza la mancata traduzione ed audizione dell'interessato che non ha fatto espressa richiesta di essere sentito non e' causa di nullita' del procedimento camerale (cfr. Sez. 1, n. 37232 del 9/5/2014, Minasi, n. m.; Sez. 1, n. 2905de1 24/09/1990, Curti, Rv. 185449 -01) ne' rileva il suo legittimo impedimento a comparire, a meno che egli abbia preventivamente richiesto di essere sentito personalmente (Sez. 1, n. 1913 del 23/10/2020, dep. 2021, Di Bari, Rv. 280299 -01). A fronte di quanto previsto dal combinato disposto dell'articolo 678 c.p.p., comma 3.2. e articolo 123 c.p.p., comma 1 la richiesta di volersi avvalere della facolta' partecipare all'udienza deve essere presentata dal condannato attraverso il direttore del carcere (cfr. Sez. 6, n. 56453 del 21/11/2018, Yarish, Rv. 274688 01; Sez. 1, Sentenza n. 50456 del 16/05/2017, Parashiv, Rv, 271479 - 01) e, comunque, anche se diversamente proposta o manifestata, deve pervenire in tempo utile (cfr. Sez. U, n. 35399 del 24/06/2010, F., Rv. 247836 - 01). 2. Nel caso di specie, come anche evidenziato dal difensore nell'atto di ricorso e per quanto risulta dagli atti: - in data 23 settembre 2022 il difensore ha inviato una mail alla Casa Circondariale di (OMISSIS) con la quale ha chiesto alla direzione del carcere di informare il sig. (OMISSIS) della fissazione dell'udienza del 27/9/2022 e di "presentare richiesta per partecipare all'udienza personalmente o tramite collegamento audiovisivo", mail questa trasmessa solo per conoscenza anche al Tribunale di Sorveglianza; -in data 26 settembre 2022 la difesa, in assenza di risposta, ha inviato una comunicazione, a mezzo pec, con la quale ha formalmente richiesto che il proprio assistito venisse tradotto ovvero che venisse predisposto il collegamento audiovisivo con il detenuto; - in data 27 settembre 2022 il difensore, presente in udienza, ha richiesto un differimento dell'udienza al fine di far partecipare il proprio assistito all'udienza; - il Tribunale di Sorveglianza, a scioglimento della riserva, ha rigettato la richiesta di concessione della misura alternativa alla decisione. 2.1. La mail inviata il 23 settembre 2022 dal difensore alla direzione del carcere non conteneva la richiesta di partecipare all'udienza. La stessa, infatti, era formulata esclusivamente quale richiesta di informare il proprio assistito della prossima celebrazione dell'udienza e di presentare la richiesta di partecipare personalmente. 2.2. La richiesta fatta pervenire in data 26 settembre 2022 dal difensore, cosi' come anche la successiva richiesta di differimento proposta in udienza, pure volendo prescindere dal fatto che non sono state presentate personalmente dal condannato, sono tardive. Il giorno immediatamente precedente e quello in cui e' stata celebrata l'udienza, senza che sia stata peraltro illustrata alcuna ragione che possa avere impedito al condannato di presentare personalmente la richiesta, infatti, non risulta essere stata proposta in tempo utile per disporre la traduzione o anche soltanto la partecipazione a distanza del detenuto. 3. Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DI SALVO Emanuele - Presidente Dott. SERRAO Eugenia - Consigliere Dott. BRUNO Mariorosa - rel. Consigliere Dott. MARI Attilio - Consigliere Dott. D'ANDREA Alessandro - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza dei 24/02/2022 della CORTE APPELLO di CATANZARO visti oh atro, provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere (OMISSIS); udito i- Pubblico Minstero in persona dei Sostituto Procuratore VINCENZO SENATORE che ha conciuso chiedendo. RITENUTO IN FATTO 1. La Corte di appello di Catanzaro, con sentenza del 24/2/2022, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, ha rideterminato la pena inflitta a (OMISSIS) e (OMISSIS), in quella di anni 2, mesi 6, giorni 6 di reclusione ed Euro 1.711,00 di (-imita per i reati di furto aggravato (articoli 624, 625, comma 1, n. 2 c.p.), resistenza e lesioni in danno del personale di Polizia di Stato (articoli 337; 582, 585, articolo 576, comma 1, n. 1 e articolo 61 c.p., comma 1, n. 2). Avverso ia sentenza di cui sopra hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati, a mezzo dei rispettivi difensori, articolando le seguenti ragioni di doglianza. Il ricorso presentato nell'interesse di (OMISSIS), consta di cinque motivi. I) Con ii primo motivo eccepisce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 625 c.p., comma 1, n. 2. La Corte di merito, lamenta il ricorrente, si e' limitata a sostenere che sia intervenuta la "forzatura" della serratura dell'automezzo, senza verificare, come richiesto dalla giurisprudenza di legittimita', se il gesto aboia effettivamente provocato la rottura, il guasto, il danneggiamento o la trasformazione della cosa altrui, tale da determinare la necessita' di un'azione di ripristino della funzionalita' della cosa. II) Con il secondo motivo lamenta violazione di legge e viio di motivazione in relazione alia mancata riqualificazione del delitto di furto nella fattispecie del tentativo. La motivazione offerta sul punto dalla Corte di merito sarebbe del tutto insoddisfacente. L'autista del camion, alla stregua delle risultanze in atti, non ha mai perso il controllo sulle cose ed i ricorrenti non hanno mai conseguito l'autonomo possesso di esse. III) Con i; terzo motivo lamenta carenza di motivazione in relazione alla mancata applicazione dell'articolo 131-bis c.p. rispetto ai delitti contestati ai capi b) e c) della rubrica, riguardanti la resistenza e le lesioni a pubblico ufficiale, La Corte di merito si e' sofferrnata escluiiiii/arne.nte sulla i;applicabilita' della norma in esame con riferimento ai reato di furto aggravato, per superamento del limite edittale, nulla argomentando in ord,ne alla concedibilita' dei beneficio in relazione ai reati di lesioni e resistenza a P.U. IV) Con il quarto motivo lamenta violazione di legge e`l, vizio di motivazione con riguardo alla ritenuta applicazione della recidiva qualificata. V) Con il quinto motivo lamenta l'assenza di motivazione n ordine al diniego della concessione delle circostanze attenuanti generiche. Il ricorso presentato nell'interesse di (OMISSIS), consta di quattro motivi. I) Con il primo motivo ia difesa lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell'articolo 131-bis c.p.. M Con il secondo motivo eccepisce il vizio di motivazione in relazione all'affermazione della penale responsabilita' dell'imputato anche sotto il profilo del travisamento delle prove. III) Con il terzo motivo si segnala la violazione dell'articolo 111 Cost., essendosi la Corte di merito sottratta al generale obbligo di motivazione dei provvedimenti di natura giurisdizionale. IV) Con il quarto motivo lamenta violazione di legge in relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. Il P.G. presso la Corte di Cassazione, con requisitoria scritta ha concluso chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio alla Corte di merito. La difesa di (OMISSIS), con memoria datata 23/2/23, ha chiesto l'accoglimento integrale dei motivi di ricorso. Sempre la difesa di (OMISSIS), con memoria datata 7/3/23, ha chiesto che la sentenza impugnata sia annullata senza rinvio per improcedibilita' del delitto di furto contestato al capo a) della rubrica per difetto di querela. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I ricorsi proposti sono inammissibili. Quanto alla posizione di (OMISSIS) si osserva quanto segue. Il primo motivo di ricorso, nel quale si critica la motivazione offerta dalla Corte di merito in ordine al riconoscimento dell'aggravante di cui all'articolo 625 c.p., comma 1, n. 2, e' manifestamente infondato. La Corte di merito, argomentando congruamente sui punto, ha evidenziato come il conducente del furgone su cui era riposta l'attrezzatura sottratta abbia dichiarato che era stato "forzato'. il cilindretto dello sportello posteriore del furgone. La forzatura, sinonimo di effrazione, implica l'impiego di una energia fisica che altera la cosa e la danneggia. La persona offesa, nell'indicare con precisione che la forzatura aveva riguardato il cilindretto della chiusura dello sportello posteriore, ha evidentemente consta-tO, un'alterazione nel punto in cui sono intervenuti gli autori del furto. 2. Il secondo motivo di ricorso e' del pari inammissibile. La Corte di merito ha offerto congrua motivazione in ordine alla ricorrenza della fattispecie del furto, ponendo in rilievo, dopo attenta analisi del fatto, che gli imputati si sono impossessati dell'attrezzatura della pe-sona offesa dopo averla asportata dal camion e caricata sulla loro auto. Il fa:tc che siano stati immediatamente inseguiti dal personale di polizia non esclude la consumazione del reato, in quanto il criterio distintivo tra consumazione e tentativo risiede nella circostanza che l'imputato abbia avuto, sia pure per brevissimo tempo, la disponibilita' della res furtiva (cfr., ex; nultis, Sez. 5, n. 33605 del 17/06/2022, Rv. 283544: "Il reato di furto si consuma quando ii bene trafugato passa, anche se per breve tempo e nello stesso luogo in cui e' stato sottratto, sotto il dominio esclusivo dell'agente, sicche' sono irrilevanti sia il fatto che la "res furtiva" rimanga nella sfera di vigilanza della persona offesa, con ia possibilita' del suo pronto recupero, sia la durata del possesso, sia, infine, le modalita' di custodia e di trasporto. (Fattispecie relativa ad agente che, subito dopo essersi impossessato di un telefono cellulare, strappandolo dalle mani della persona offesa, veniva inseguito e bloccato dalla polizia giudiziaria, che, in modo casuale ed estemporaneo, aveva osservato a distanza la perpetrazione del delitto). (Conf.: Sez. 4, n. 4743 del 1995, Rv. 201870-01)"; Sez. 5, Sentenza n. 48880 del 17/09/2018, Rv. 274016 - 01:" Integra il reato di furto nella forma consumata la condotta di colui che, subito dopo essersi impossessato di 85 litri di gasolio, sottratti con un tubo dal serbatoio di una scuola materna, venga bloccato dalla polizia giudiziaria che lo aveva osservato a distanza, in quanto il criterio distintivo tra consumazione e tentativo risiede nella circostanza che l'imputato consegua, anche se per breve tempo, la piena, autonoma ed effettiva disponibilita' della refurtiva"). 3. I motivi di doglianza illustrati nel ricorso in relazione alla ricorrenza del furto nella forma tentata sono versati in fatto; la difesa tende a prospettare una diversa interpretazione delle emergenze probatorie ed un'alternativa ricostruzione della vicenda. Coree e noto, in tema di giudizio di cassazione, sono precluse ai giudice di legittimita' la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacita' esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (da ultimo Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 11/02/2021, Rv. 280601). 4. Manifestamente infondato e' il motivo riguardante la mancata applicazione della causa di non punibilita' di cui all'articolo 131-bis c.p. in relazione ai reati di resistenza e lesioni a P.U. La difesa lamenta che giudice non si sia pronunciato in relazione ai fatti di cui ai capi b) e c) della rubrica, sebbene nell'atto di appel o avesse invocato l'applicazione dell'istituto anche con riferimento alle fattispecie ivi contestate. Occorre subito rilevare come il reato di cui all'articolo 337 c.p., per espressa previsione normativa, sia escluso dal novero di quelli peri quali e' applicabile il beneficio. L'esclusione e' stata ribadita anche nel testo novellato dal Decreto Legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, articolo 1, comma 1, lettera c), n. 1. In ordine alle restanti fattispecie (furto aggravato e lesioni a pubblico ufficiale) e' ricavabile dalla motivazione della sentenza un giudizio di elevata gravita' e pericolosita' delle condotte poste in essere dagli imputati, inconciliabile con il requisito della particolare tenuita' del fatto. Nel passaggio motivazionale dedicato al trattamento sanzionatorio, la Corte di merito si esprime nei seguenti termini:"nel caso di specie, la condotta posta in essere dagli odierni appellanti e' stata contraddistinta da un'elevata gravita' del fatto, in quanto, oltre all'ingente valore degli attrezzi da lavoro rubati, con la successiva fuga e correlativo inseguimento hanno generato una grave situazione di pericolo, non solo per l'incolumita' degli altri conducenti e passanti, bensi' anche per quella degli agenti operanti". Secondo consolidato orientamento della Corte di legittimita' "In tema di "particolare tenuita' del fatto", la motivazione puo' risultare anche implicitamente dall'argomentazione con la quale il giudice d'appello, per valutare la congruita' del trattamento sanzionatorio irrogato dal giudice di primo grado, abbia considerato gli indici di gravita' oggettiva del reato e il grado di colpevolezza dell'imputato, alla stregua dell'articolo 133 c.p." (cosi' Sez. 4, n. 27595 del 11/05/2022, Omogiate, Rv. 283420). La valutazione espressa dai giudici di merito sulla offensivita' delle condotte supera ogni obiezione scaturente dalla circostanza che la Corte territoriale, nel respingere la richiesta di applicazione dell'istituto, abbia fatto riferimento, in relazione ai reato di furto aggravato, al superamento del limite edittale previsto dall'articolo 131-bis c.p. nella formulazione vigente all'atto della emanazione della sentenza. Il nuovo articolo 131-bis, c.p., come modificato dal Decreto Legislativo n. 150 del 2022, articolo 1, comma 1, lettera c), n. 1), in vigore dal in vigore dal 30 dicembre 2022 per effetto della proroga disposta dal decreto--L. 31 ottobre 2022, n. 162, prevede l'applicabilita' generalizzata del beneficio a tutti i reati puniti con pena minima pari o inferiore a due anni, essendo stato escluso il riferimento al limite massimo presente nella formulazione anteriore alle modifiche introdotte con la legge citata. La natura sostanziale riconosciuta all'istituto determina la sua retroattivita' e la rilevabilita' d'ufficio da parte di questa Corte di legittimita', come gia' puntualizzato in diverse pronunce emesse all'indomani della entrata in vigore della legge (cfr. Sez. 6, n. 7573 del 27/01/2023, Arz.aroli, Rv. 284241, cosi' massimata:"La causa di non punibilita' per la particolare tenuita' del fatto di cui all'articolo 131-bis c.p., come novellato dall'articolo 1, comma 1, lettera c), 10 ottobre 2022, n. 150, in quanto istil:uto di natura sostanziale, trova applicazione anche nei giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della modifica, relativi a reati commessi in precedenza"). Sebbene la Corte territoriale abbia incentrato il rigetto della richiesta difensiva sulla base del superamento dei imiti edittaii previsti dall'articolo 131-bis c.p. in allora vigenti con riferimento al reato di cui all'articolo 624 c.p., articolo 625 c.p., comma 1, n. 2 la valutazione in ordine alla gravita' dei fatti espressa in motivazione rende inoperante l'applicazione dell'istituto anche a seguito della rimodulazione della norma. 5. Le doglianze riguardanti l'applicazione della ritenuta recidiva sono prive di pregio. La motivazione offerta dai giudici di merito e' adegua-:a e rispettosa dei principi stabiliti in questa sede. Nessuna violazione di legge o vizio della motivazione e' individuabile nelle argomentazioni a sostegno del decisum. La puntuale analisi dei precedenti annoverati dall'imputato e della gravita' dei fatti per cui si procede ha indotto la Corte di merito a ritenere che gli episodi delittuosi sub iudice siano espressione di una piu' accentuata colpevolezza e di maggiore pericolosita' sociale (in argomento si veda Sez. 6, n. 14550 del 15/03/2011, Bouzid, Rv. 250039:"L'applicazione dell'aumento di pena per effetto della recidiva facoltativa attiene all'esercizio di un potere discrezionale del giudice, del quale deve essere fornita adeguata motivazione, con particolare riguardo all'apprezzamento dell'idoneita' della nuova condotta criminosa in contestazione a rivelare la maggior capacita' a delinquere del reo (Fattispecie relativa ad un'ipotesi di recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale)"). Parimenti inammissibili sono le doglianze in tema di mancato riconoscimento delle circostanze attenuant generiche. In proposito e sufficiente rammentare come la ratio dell'istituto non imponga ai giudice di merito di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo, invece, sufficiente l'indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti (cfr., ex multis, Sez. 2, n. 239C3 del 15/07/2020, Rv. 279549:"Al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice puo' limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall'articolo 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicche' anche un solo elemento attinente alla personalita' del colpevole o all'entita' del reato ed alle modalita' di esecuzione di esso puo' risultare all'uopo sufficiente"). 6. Dei pari inammissibile e' ricorso proposto da (OMISSIS). Le doglianze riguardanti l'affermazione di penale responsabilita' dell'imputato, l'asserito travisamento della prova e la carenza di motivazione della sentenza impugnata, sono del tutto sprovviste di argomentazioni a sostegno e non si confrontano con l'esauriente discorso giustificativo della sentenza. La mancanza di specificita' dei motivi va valutata e ritenuta non solo in considerazione della loro genericita', intesa come indeterminatezza o astrattezza, ma anche per la mancanza di una effettiva correlazione tra le ragioni argomentative svolte nella decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, dal momento che il ricorso non puo' ignorare la motivazione del provvedimento impugnato che viene censurato senza cadere nel vizio di specificita', che conduce, a norma dell'articolo 591 comma 1, lettera c:), c.p.p., alla inammissibilita' della impugnazione (in tal senso Sez. 5, n. 28011 del 15/2/2013, Sammarco, Rv. 255568; Sez. 4, n. 18826 del 9/2/2012, Pezzo, Rv. 253849; Sez. 2, n. 19951 del 15/5/2008, Lo Piccolo, Rv. 240109; Sez. 4, n. 34270 dei 30/2007, Scicchitano, Rv. 236945; sez. 1, n. 39593 dei 30/9/2004, Burzotta, Rv. 230634; Sez. 4, n. 15497 del 22/2/2002, Palma, Rv. 221693). In ordine al mancato riconoscimento dell'istituto di cui all'articolo 131-bis c.p. tsi richiamano le argomentazioni svolte in precedenza (si veda paragrafo 4 della parte in diritto). 7. Quanto alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, i rilievi difensivi si appalesano dei tutto generici. La decisione e' assistita da conferente apparato argornentativo, nella quale e' stata posta in evidenza la negativa personalita' dell'imputato, gravato da molteplici precedenti penali anche specifici, e a gravita' dei fatti di cui si e' reso responsabile. E' d'uopo rilevare, oltre a quanto gia' detto in precedenza sull'argomento, che le attenuanti generiche non possono essere intese corno oggetto di benevola e discrezionale "concessione" del giudice (cosi' Sez. 2, n. 30228 del 05/06/2014, Vernucci, Rv. 260054). 8. La declaratoria d'inammissibilita' dei ricorsi preclude ogni questione riguardante l'applicabilita' al caso in esame della procedibilita' a querela del furto contestato, previsto dal Decreto Legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, articolo 625 c.p., comma 3, come introdotto dal articolo 2 lettera i) in vigore dal 30 dicembre 2022 per effetto della proroga disposta dal Decreto Legge 31 ottobre 2022, n. 162. Si estendono, invero, al caso in esame i principi gia' espressi dalle Sezioni Unite ric. Salatino nella ipotesi di reati per i quali la legge abbia introdotto il regime della procedibilita' a querela, in base ai quali ia declaratoria d'inammissibilita' del ricorso, precludendo la costituzione di un valido rapporto processuale, prevale su una serie di eventi processuali successivi, quali il venire a maturazione del termine di prescrizione e la introduzione del regime della procedibilita' a querela (cfr. Sez. U, n. 40150 del 21/06/2018, Salatino, Rv. 273551 - 01, che, in relazione ai reati divenuti perseguibili a querela per effetto del Decreto Legislativo 10 aprile 2018, n. 36, ha cosi' stabilito:"In tema di condizioni di procedibilita', con riferimento ai reati divenuti perseguibili a querela per effetto del Decreto Legislativo 10 aprile 2018, n. 36 ed ai giudizi pendenti in sede di legittimita', l'inammissibilita' del ricorso esclude che debba darsi alla persona offesa l'avviso previsto dall'articolo 12, comma 2, del predetto decreto per l'eventuale esercizio del diritto di querela"). Tale orientamento ha trovato recenti conferme in plurime pronunce emesse da questa Corte all'indomani della entrata in vigore della riforma (si veda in argomento Sez. 5, n. 5223 del 17/01/2023, Rv. 284176, cosi' massimata:"Nei giudizi pendenti in sede di legittimita', l'improcedibilita' per mancanza di querela, necessaria per reati divenuti procedibili a querela a seguito dell'entrata in vigore del Decreto Legislativo 10 ottobre 2022. n. 150, non prevale sull'inammissibilita' del ricorso, poiche', diversamente dall'ipotesi di "abolitio criminis", non e' idonea a incidere sul cd. giudicato sostanziale (Fattispecie di furto aggravato ai sensi dell' articolo 61 c.p., comma 1, n. 5). Non rileva, quindi, che in relazione al reato di furto la parte offesa non abbia inteso orenorre querela. 9. Consegue alla declaratoria d'inammissibilita' dei ricorsi la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonche', a norma dell'articolo 616 c.p.p., a versamento della somma di Euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa d'inammissibilita' (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/6/2000). P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CAPOZZI Angelo - Presidente Dott. GALLUCCI Enrico - Consigliere Dott. ROSATI Martino - Consigliere Dott. VIGNA Maria S. - Consigliere Dott. SILVESTRI Pietro - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), alias (OMISSIS), nato in (OMISSIS); avverso l'ordinanza emessa dal Tribunale di Genova il 02/01/2023; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere, Dott. Pietro Silvestri; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, Dott. Piccirillo Raffaele, che ha chiesto il rigetto del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Il Tribunale di Genova, in sede di appello cautelare, ha confermato l'ordinanza con cui il Tribunale, su richiesta di aggravamento del Pubblico Ministero, aveva sostituito nei confronti di (OMISSIS) la misura del divieto di dimora nel Comune di (OMISSIS) con quella della custodia in carcere. L'imputato e' gravemente indiziato dei delitti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, comma 5, e di resistenza a pubblico ufficiale; l'aggravamento della misura e' stato disposto per essere stato fermato il ricorrente il (OMISSIS) nei pressi della stazione di Genova, dunque in violazione del divieto di dimora, e per aver fornito nella occasione generalita' diverse da quelle riferite al momento dell'arresto - e in sede di udienza di convalida dell'arresto - peri reati per i quali si procede. 2. E' stato proposto ricorso per cassazione ed e' stato articolato un unico motivo con cui si deduce violazione di legge e vizio di motivazione. Si assume, da una parte, che l'imputato, allorche' fu fermato il 07/12/2022, esibi' documenti (permesso di soggiorno portoghese e passaporto senegalese) sulla cui autenticita' la polizia non ebbe dubbi e, quindi, non sarebbe esatta l'affermazione del Tribunale secondo cui il ricorrente avrebbe voluto rendere difficile la propria identificazione, e, dall'altra, che (OMISSIS) era in possesso di tre biglietti di treno in quanto in procinto di trasferirsi in (OMISSIS) - via Milano- e sarebbe stato fermato proprio quando era sul punto di partire per Milano. Dunque, si evidenzia, l'imputato aveva intenzione di adempiere alle prescrizioni relative al divieto di dimora a (OMISSIS). In tale quadro di riferimento, si sostiene, l'articolo 276 c.p.p. attribuisce al giudice un potere discrezionale volto a verificare in concreto se la trasgressione abbia reso manifesta l'inidoneita' della misura in atto a salvaguardare le esigenze cautelari e, in particolare, l'inconciliabilita' della vecchia misura e l'adeguatezza della nuova. Detta valutazione dovrebbe essere compiuta facendo riferimento al tipo di comportamento in concreto tenuto al fine di verificare se esso sia sintomatico di una maggiore pericolosita': dunque una valutazione della gravita' dell'inadempimento. Nel caso di specie, il Tribunale non avrebbe fatto corretta applicazione dei principi indicati perche' la condotta non sarebbe stata in contrasto con le specifiche finalita' della misura cui l'imputato era stato sottoposto e cio' che sarebbe rimproverato sarebbe sostanzialmente il fatto di avere documentato generalita' diverse da quelle precedenti, senza, tuttavia, tener conto che nella occasione erano state indicate generalita' genuine. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' fondato. 2. Dall'ordinanza impugnata emerge come il Tribunale abbia ritenuto aggravate le esigenze cautelar' sul presupposto oggettivo che l'imputato fu trovato, a distanza di circa un mese, nel comune di (OMISSIS), cioe' nel comune in cui gli era stato fatto divieto di dimorare, e che nella occasione egli mostro' documenti diversi ma veritieri (cosi' il Tribunale) rispetto alle generalita' fornite al momento dell'arresto. 3. Sul tema e' consolidato il principio per cui la previsione dell'articolo 276 c.p.p., comma 1 in linea con la legge delega, rifugge da qualsiasi logica di automatismo in quanto e' espressamente previsto che, in caso di inosservanza delle prescrizioni imposte, il giudice "puo'" sostituire o cumulare la misura applicata con altra piu' grave. La mera trasgressione di una prescrizione, quindi, non determina l'automatica sostituzione della misura in corso con una misura piu' grave o il cumulo tra diverse misure, dovendosi piuttosto valutare quelle trasgressioni che, per loro caratteristiche oggettive e soggettive, siano tali da far ritenere non piu' sufficiente l'originaria misura a fronteggiare la mutata situazione cautelare. Il giudice cioe' deve accertare che una trasgressione vi sia stata e, posto che vi sia stata, deve tenere conto in concreto "dell'entita', dei motivi e delle circostanze della violazione", esercitando in tal modo il proprio potere discrezionale nell'applicazione sempre della misura piu' adeguata al caso di specie (cfr., tra le altre, Sez. 5, n. 489 del 02/07/2014, dep. 2015, Ivanciu, Rv. 262209). Come chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 4932 del 18/12/2008, dep. 2009, Giannone, Rv. 242028, nelle ipotesi previste dall'articolo 276 c.p.p. non vengono in discussione i due piu' significativi elementi, che costituiscono i presupposti fondamentali per l'applicazione di una misura cautelare ovvero i gravi indizi di colpevolezza e le esigenze cautelari, ma unicamente l'adeguatezza della misura. Escluso il carattere sanzionatorio della previsione dell'articolo 276 c.p.p., se ne e' individuata la ratio nel principio di adeguatezza, di cui detta norma costituisce specifica attuazione, diretta a regolare le conseguenze dell'inosservanza delle prescrizioni imposte con la misura cautelare al fine di adattarla alla mutata situazione in presenza di trasgressioni, che, per le loro caratteristiche oggettive e soggettive, siano tali da far ritenere non piu' sufficiente l'originaria misura a fronteggiare le esigenze cautelari. Il principio di adeguatezza, che si ricollega a quello di gradualita' delle misure cautelari, deve essere osservato durante tutto l'iter cautelare, dalla richiesta di applicazione della cautela, alla istanza di revoca o sostituzione; l'articolo 277 c.p.p. dispone in tal senso che le modalita' di esecuzione delle misure devono salvaguardare i diritti delle persone ad esse sottoposte, il cui esercizio non sia incompatibile con le esigenze cautelari del caso concreto. La vicenda cautelare presuppone cioe' una visione unitaria e diacronica dei presupposti che la legittimano, nel senso che le condizioni cui l'ordinamento subordina l'applicabilita' di una determinata misura devono sussistere non soltanto all'atto della applicazione del provvedimento cautelare, ma anche per tutta la durata della relativa applicazione. Adeguatezza e proporzionalita' devono quindi assistere la misura, "quella" specifica misura, non soltanto nella fase genetica, ma per l'intero arco della sua "vita" nel processo, giacche', ove cosi' non fosse, si assisterebbe ad una compressione della liberta' personale qualitativamente o quantitativamente inadeguata alla funzione che essa deve soddisfare con evidente compromissione del quadro costituzionale di cui si e' innanzi detto (cosi' testualmente, Sez. U., n. 16085 del 31/03/2011, Khalil, Rv. 249324). 4. Nel caso di specie, il Tribunale non ha fatto corretta applicazione dei principi indicati. Non e' chiara la ragione per cui l'avere fornito l'imputato, diversamente da quanto avesse fatto in precedenza, documenti veritieri assuma rilievo per inferire un mutamento peggiorativo del quadro cautelare e, in particolare, l'esistenza di una trasgressione rivelatrice della esigenza della sopravvenuta inadeguatezza della misura genetica e della necessita di una nuova e piu' afflittiva misura cautelare. Una circostanza, quella della indicazione di un documento genuino, sopravenuta e in realta' non sfavorevole all'imputato, essendo irrilevante il fatto che al momento degli arresti domiciliari il ricorrente avesse fornito generalita' diverse. Ne', sotto altro profilo, e' chiaro nel ragionamento del Tribunale perche' sarebbe irrilevante la circostanza per cui l'imputato fu fermato nei pressi della stazione ferroviaria di (OMISSIS) con biglietti comprovanti la sua intenzione di lasciare il luogo in cui gli era stato fatto divieto di dimorare. Si tratta anche in questo caso di una circostanza che, ai sensi dell'articolo 276 c.p.p., rileva sulla valutazione dei motivi e sulla entita' della ipotizzata trasgressione. Su punto l'ordinanza e' viziata e deve essere annullata. Il Tribunale, facendo applicazione dei principi indicati, valutera' se ed in che limiti vi siano le condizioni per sostituire, ai sensi dell'articolo 276 c.p.p., l'originaria misura del divieto di dimora con quella della custodia in carcere. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di (OMISSIS) ai sensi dell'articolo 309 c.p.p., comma 7. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. PETRUZZELLIS Anna - Presidente Dott. COSTANZO Angelo - Consigliere Dott. DI NICOLA T. Paola - Consigliere Dott. DI GERONIMO Paolo - Consigliere Dott. D'ARCANGELO Fabrizio rel. Consiglie - N. 42196/2022 ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Piacenza; nel procedimento a carico di: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS) (CUI (OMISSIS)), nato in (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); e da (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 5 agosto 2022 emessa dal Tribunale di Bologna; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere Fabrizio D'Arcangelo; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Venegoni Andrea, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Piacenza e di annullare con rinvio l'ordinanza impugnata in accoglimento del ricorso del (OMISSIS); uditi gli avvocati (OMISSIS), nell'interesse di (OMISSIS), (OMISSIS) nell'interesse di (OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS), in sostituzione dell'avvocato (OMISSIS), nell'interesse del (OMISSIS), dell' (OMISSIS), dello (OMISSIS) e del (OMISSIS), che hanno chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Piacenza; udito l'avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l'accoglimento del ricorso proposto nell'interesse del (OMISSIS); RITENUTO IN FATTO 1. Con l'ordinanza impugnata il Tribunale di Bologna, accogliendo le richieste di riesame proposte da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) ha annullato, limitatamente al delitto di associazione a delinquere contestato al capo 1), l'ordinanza emessa in data 11 luglio 2022 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Piacenza, revocando nei loro confronti la misura coercitiva degli arresti domiciliari e disponendo, in relazioni agli ulteriori delitti ai medesimi contestati, l'applicazione della misura dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Al capo 1) dell'imputazione cautelare si contesta ad (OMISSIS), quale coordinatore nazionale dei SI COBAS e (OMISSIS), quale membro del coordinamento nazionale del SI COBAS, a (OMISSIS) e (OMISSIS), quali membri del coordinamento provinciale del SI COBAS, di essersi associati al fine di commettere piu' delitti di violenza privata, di resistenza a pubblico ufficiale, di interruzione di pubblico servizio e di sabotaggio. Secondo l'ipotesi di accusa, i medesimi, nel tentativo di fare proseliti tra i lavoratori del settore della logistica di Piacenza, avrebbero dato inizio ad un conflitto con altra sigla sindacale di base, l'USB, provocando scontri con la parte datoriale, avviando attivita' di picchettaggio illegale e scontri con le forze dell'ordine, avrebbero occupato la sede stradale, avrebbero posto in essere una sistematica attivita' di sabotaggio, istigando i lavoratori a forme illecite di lotta sindacale, al fine di ottenere concessioni dalla parte datoriale. Il Tribunale del riesame ha escluso la sussistenza del delitto associativo contestato al capo 1), in quanto, pur essendo astrattamente ipotizzabile la creazione di un'associazione criminale all'interno di un'associazione (OMISSIS) ad opera di alcuni soltanto dei suoi componenti, nel caso di specie i reati indicati come reati-fine sarebbero, in realta', reati-mezzo. Il fine dell'associazione per delinquere contestata dall'accusa non sarebbe stato costituito dalla commissione di reati di violenza privata, ma dal conseguimento degli scopi tipici di qualsiasi associazione sindacale. Nel caso di specie, dunque, l'associazione per delinquere avrebbe le stesse finalita' del sindacato; il Tribunale ha, inoltre, rilevato la sussistenza di difficolta' di raggiungere a prova nel caso concreto di una simile costruzione accusatoria, in quanto l'ipotizzato programma criminoso tende a confondersi con le specifiche finalita' del sindacato, senza lasciar comprendere quando la condotta di ciascuno dei ricorrenti-associati sia finalizzata a interessi individuali di profitto e di potere e quando, invece, costituisca lotta, anche dura, per ottenere migliori condizioni di lavoro. Il Tribunale del riesame, dunque, ha ritenuto l'insufficienza degli elementi probatori raccolti a dimostrare la ricorrenza degli elementi costitutivi del delitto di cui all'articolo 416 c.p., in generale e con riferimento alle singole posizioni. 2. Il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Piacenza e l'avvocato (OMISSIS) nell'interesse del (OMISSIS) hanno presentato ricorso avverso tale ordinanza, chiedendone l'annullamento 3. Il Pubblico Ministero del Tribunale di Piacenza ricorre per cassazione avverso tale ordinanza limitatamente alle posizioni di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) e con riferimento esclusivo al delitto di associazione a delinquere contestato al capo 1). Il Pubblico Ministero ricorrente, con unico motivo, deduce la violazione dell'articolo 416 c.p. con riferimento al delitto contestato al capo 1) e la manifesta illogicita' e la contraddittorieta' della motivazione sul punto. La parte ricorrente contesta l'assunto dell'ordinanza impugnata secondo il quale non sarebbe possibile configurare il delitto di cui all'articolo 416 c.p. nel caso in cui gli associati siano esponenti di un sindacato e commettano i delitti nel contesto dell'attivita' sindacale stessa. Rileva il Pubblico Ministero che il Tribunale del riesame avrebbe, infatti, confuso il fine dell'associazione a delinquere con i motivi a delinquere e non vi sarebbe sovrapposizione tra associazione sindacale e associazione a delinquere, in quanto a solo quattro membri della prima, che avrebbero esorbitato il limite dell'agire scriminato, sarebbe stato contestato tale reato. Il fine lecito perseguito, inoltre, non potrebbe scriminare il carattere illecito dell'attivita' posta in essere per perseguirlo. Deduce, inoltre, il Pubblico Ministero ricorrente la sussistenza della gravita' indiziaria sia quanto all'esistenza in concreto di tale associazione a delinquere, che alle condotte di partecipazione contestate ai singoli indagati e contesta l'illogicita' della motivazione dell'ordinanza impugnata in relazione a ciascun indagato. 4. L'avvocato (OMISSIS), difensore di (OMISSIS), con unico motivo di ricorso, deduce la mancanza di motivazione e la violazione dell'articolo 309 c.p.p., comma 9, Premette il difensore che il Tribunale di Bologna, in parziale accoglimento della richiesta di riesame, ha ritenuto sussistente la gravita' indiziaria nei confronti dell'indagato solo in relazione ai delitti contestati ai capi 14) e 46) e ha disposto la sostituzione della misura coercitiva originariamente applicata del divieto di dimora nel Comune di Piacenza con quella dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria tre giorni alla settimana. Eccepisce, tuttavia, il difensore che l'articolo 309 c.p.p., comma 9, in caso di accoglimento della richiesta di riesame, consente al Tribunale di modificare l'ordinanza cautelare solo in senso favorevole all'indagato e nel caso di specie la modifica disposta, comportando la modifica da un obbligo di non fare a un obbligo di fare, avrebbe comportato una maggiore compressione della liberta' personale del ricorrente. Il divieto di dimora nel territorio di una provincia ove il (OMISSIS) non risiede, ne' esercita attivita' lavorativa sarebbe, infatti, stato riformato nell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria tre volte a settimana. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I ricorsi devono essere dichiarati inammissibile, in quanto i motivi proposti sono manifestamente infondati e, comunque, diversi da quelli consentiti dalla legge. 2. Con unico motivo il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Piacenza censura, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), la violazione dell'articolo 416 c.p. con riferimento al delitto contestato al capo 1) e la manifesta illogicita' e la contraddittorieta' della motivazione sul punto. 3. Il motivo e' inammissibile. Il Tribunale del riesame ha escluso la gravita' indiziaria non solo in ragione della ritenuta difficolta' di configurare un'associazione a delinquere in costanza dell'attivita' di una associazione sindacale, ma anche in ragione della ritenuta insufficienza degli elementi indiziari acquisiti a dimostrare, nei limiti delibatori propri della sede cautelare, la sussistenza del delitto di associazione a delinquere contestata in relazione a ciascun indagato. Il ricorso del Pubblico Ministero deduce la piena ammissibilita' sul piano giuridico di un'associazione a delinquere tra soggetti che svolgono attivita' sindacale, esorbitando il limite dell'esercizio dell'attivita' scriminata a livello costituzionale, e propone una estesissima disamina degli elementi probatori raccolti nel corso delle indagini nei confronti dei ricorrenti. La disamina di questi elementi indiziari, tuttavia, involge valutazioni di merito che non sono consentite nel giudizio di legittimita', in quanto si risolve in un esame diretto degli elementi di prova raccolti. Il Procuratore ricorrente, dunque, nel prospettare la manifesta illogicita' della motivazione dell'ordinanza impugnata, propone, in realta', una lettura alternativa di ciascuno degli elementi probatori posti a fondamento della stessa. Esula, tuttavia, dai poteri della Corte di cassazione quello di una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione e' riservata in via esclusiva al giudice di merito senza che possa integrare vizio di legittimita' la mera prospettazione di una diversa valutazione delle risultanze processuali ritenute dal ricorrente piu' adeguate (Sez. U, n. 6402 del 2/07/1997, Dessimone, Rv. 207944). Sono, infatti, precluse al giudice di legittimita' la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacita' esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6, n. 5456 del 4/11/2020, F., Rv. 280601-1; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482). 4. Con unico motivo l'avvocato Losco, nell'interesse del (OMISSIS), deduce la mancanza di motivazione e la violazione dell'articolo 309 c.p.p., comma 9. 5. Il motivo e' manifestamente infondato. Il Tribunale di Bologna, in accoglimento della richiesta di riesame proposta dal (OMISSIS), ha sostituito la misura coercitiva originariamente applicata del divieto di dimora nel Comune di Piacenza con quella dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria tre giorni alla settimana. Il divieto di dimora, nel disegno sistematico del codice di rito, che disciplina le singole misure coercitive agli articoli 281-285 c.p.p. secondo una linea di crescente incidenza sulla liberta' personale, e' maggiormente afflittivo dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. L'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, del resto, limita la liberta' personale del soggetto che vi e' sottoposto l'indagato solo nel momento della sua esecuzione, mentre il divieto di dimora e' permanentemente conformativo della liberta' personale, per tutto il tempo della sua efficacia. Nel caso di specie, peraltro, la deduzione che il (OMISSIS) non risiede, ne' esercita attivita' lavorativa nella provincia di Piacenza e' una deduzione di fatto, che inammissibilmente e' stata introdotta per la prima volta nel giudizio di legittimita'. 6. Alla stregua di tali rilievi entrambi i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili. Il ricorrente (OMISSIS) deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento. In virtu' delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi e' ragione di ritenere che il ricorso siano stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita'", deve, altresi', disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila Euro in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna (OMISSIS) al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BELTRANI Sergio - Presidente Dott. PARDO Ignazio - Consigliere Dott. PACILLI G. Anna R. - Consigliere Dott. D'AURIA Donato - Consigliere Dott. NICASTRO Giuseppe - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 13/07/2022 della Corte d'appello di Napoli; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. MARINELLI FELICETTA, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile; udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. GIUSEPPE NICASTRO. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 13/07/2022, la Corte d'appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza del 15/09/2021 del G.i.p. del Tribunale di Napoli, emessa in esito a giudizio abbreviato, esclusa la contestata recidiva, confermava la condanna di (OMISSIS) per i reati di rapina e di tentata rapina pluriaggravate (ai sensi dell'articolo 61 c.p., n. 5, e articolo 628 c.p., comma 3, n. 3-bis) ai danni, rispettivamente, di (OMISSIS) e di (OMISSIS), nonche' di lesioni personali aggravate (ai sensi dell'articolo 61, n. 2, c.p.) ai danni delle stesse due donne, e rideterminava la pena irrogata in tre anni e otto mesi di reclusione ed Euro 2.000,00 di multa. Secondo i capi d'imputazione, i predetti reati erano stati contestati all' (OMISSIS): a) quelli di rapina e di tentata rapina pluriaggravate, "perche' in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, per procurarsi un ingiusto profitto, mediante violenza consistita nell'affiancare con la propria autovettura (OMISSIS) e (OMISSIS) che percorrevano a piedi viale (OMISSIS) e, subito dopo essere repentinamente sceso, nel rincorrere e spingere da dietro (OMISSIS) che, nel rovinare a terra travolgeva la compagna (OMISSIS), si impossessava della borsa, di un telefono cellulare marca Apple iPhone 11 Pro e altri effetti personali di (OMISSIS) e, al contempo, compiva atti idonei e diretti in modo non equivoco ad impossessarsi della borsa e degli effetti di (OMISSIS), non essendosi verificato l'evento per la resistenza della vittima e l'intervento dei Carabinieri che costringevano alla fuga l'aggressore. Con le aggravanti di aver commesso il fatto approfittando di circostanze di tempo luogo e di persona tali da ostacolare la pubblica e privata difesa, avendo agito in luogo isolato, di notte e in giornata festiva, ai danni di vittime dalla giovanissima eta' (nate nel 2002)" (capo A); b) quelli di lesioni personali, "poiche' al fine di commettere il reato indicato al capo precedente, e con le condotte violente ivi descritte, cagionava a (OMISSIS), lesioni personali consistite contusioni ed escoriazioni alle mani e al gomito; nonche' lesioni personali alla (OMISSIS) consistite contusioni ed escoriazioni alle mani, all'anca e al gomito giudicate guaribili per entrambe in 2 gg s.c." (capo B). 2. Avverso l'indicata sentenza della Corte d'appello di Napoli, ha proposto ricorso per cassazione, per il tramite del proprio difensore, (OMISSIS), affidato a un unico motivo, con il quale deduce "violazione dell'articolo 606 c.p.p., lettera c) ed e), in relazione all'articolo 628 c.p., comma 3, n. 3 bis", con riguardo al "vizio di motivazione/violazione di legge, in relazione alla ritenuta sussistenza dell'aggravante della minorata difesa ex articolo 628 c.p., comma 3, n. 3 bis". Il ricorrente lamenta che la Corte d'appello di Napoli, non tenendo compiutamente conto delle doglianze formulate al riguardo nel proprio atto di appello, avrebbe ritenuto la sussistenza della menzionata aggravante limitandosi a valorizzare la circostanza che il fatto era stato commesso di notte (elemento che, di per se', non sarebbe sufficiente a integrare l'aggravante) e l'inconferente circostanza che la condotta era stata posta in essere nei confronti di giovani donne che stavano rincasando (elemento che "al piu' poteva escluderla la circostanza"), senza considerare gli elementi, che erano stati evidenziati nell'atto di appello, che "il fatto fu commesso nei pressi di un presidio delle Forze dell'Ordine, munito di telecamere, e che l'imputato fu fermato proprio da un ufficiale di polizia giudiziaria nell'immediatezza dei fatti, proprio per la vicinanza del locus commissi delitti prescelto dall'imputato, rispetto alla Caserma dei carabinieri" e senza "chiarire da quali elementi, ulteriori rispetto alla commissione del fatto nottetempo, abbia desunto gli indici sintomatici di una maggiore oggettiva situazione di vulnerabilita' delle persone offese". CONSIDERATO IN DIRITTO 1. L'unico motivo e' manifestamente infondato. 1.1. Le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno chiarito che, ai fini dell'integrazione della circostanza aggravante della minorata difesa, prevista dall'articolo 61 c.p., comma 1, n. 5, be circostanze di tempo, di luogo o di persona, di cui l'agente abbia profittato, devono tradursi, in concreto, in una particolare situazione di vulnerabilita' del soggetto passivo del reato, non essendo sufficiente l'idoneita' astratta delle predette condizioni a favorire la commissione dello stesso (Sez. U, n. 40275 del 15/07/2021, Cardellini, Rv. 282095-02). 1.2. Nel caso in esame, le conformi sentenze dei giudici di merito (si vedano la pag. 3 della sentenza di primo grado e la pagina 5 dell'impugnata sentenza di secondo grado) hanno evidenziato come l' (OMISSIS) avesse approfittato della circostanza di luogo costituita dal fatto che i reati di rapina e di tentata rapina furono da lui commessi in un luogo che, a causa dell'orario notturno, era totalmente isolato - cio' che, evidentemente, aveva posto le due giovani vittime in una situazione di particolare vulnerabilita' - e come anche la vicinanza di una caserma dei Carabinieri non fosse risultata idonea a neutralizzare l'ostacolo alla pubblica e privata difesa derivante dalla menzionata circostanza, tanto che neppure il Carabiniere che era affacciato al balcone della predetta caserma aveva potuto impedire la consumazione del reato. Tale motivazione appare evidentemente rispettosa del ricordato principio, affermato dalle Sezioni unite della Corte di cassazione, oltre che pienamente logica, sicche' si sottrae palesemente alle censure sollevate dal ricorrente con il motivo di ricorso. 2. Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., comma 1, al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della cassa delle ammende. Sentenza a motivazione semplificata.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. RAGO Geppino - Presidente Dott. IMPERIALI Luciano - Consigliere Dott. AGOSTINACCHIO Luigi - rel. Consigliere Dott. PELLEGRINO Andrea - Consigliere Dott. SGADARI Giuseppe - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 19/01/2022 della CORTE DI APPELLO DI CATANZARO; PARTI CIVILI: Comune di (OMISSIS) - Regione (OMISSIS); Esaminati gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi, trattati con contraddittorio orale; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. AGOSTINACCHIO LUIGI; sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CIMMINO Alessandro, che ha chiesto dichiararsi l'inammissibilita' dei ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); rigettarsi i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); sentiti i difensori presenti, Avv. (OMISSIS) del foro di Crotone per il (OMISSIS) e il (OMISSIS) e, per quest'ultimo, in sostituzione anche dell'Avv. (OMISSIS) del foro di Crotone; Avv. (OMISSIS) del foro di Catanzaro per il (OMISSIS); Avv. (OMISSIS) del foro di Roma per (OMISSIS) e (OMISSIS); Avv. (OMISSIS) del foro di Catanzaro per il (OMISSIS) e, in qualita' di sostituto processuale dell'avv. (OMISSIS) del foro di Catanzaro, per (OMISSIS) e (OMISSIS): concludono riportandosi ai motivi e chiedendo l'accoglimento dei rispettivi ricorsi. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 19/01/2022 la Corte di Appello di Catanzaro riformava parzialmente la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Crotone in data 24/06/2020 con riferimento alla sola posizione di (OMISSIS) riducendo la pena ai sensi dell'articolo 599 bis c.p.p., confermando, invece, nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) in relazione ai seguenti reati, cosi' come contestati: capo 1 - associazione a delinquere di stampo mafioso denominata âEuroËœndrangheta, articolazione territoriale di (OMISSIS), clan (OMISSIS) ( (OMISSIS) con il ruolo di "capo locale"; (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), con il ruolo di partecipe); capo 2 - porto e detenzione di armi da sparo L. n. 895 del 1967, ex articoli 2, 4 e 7, con l'aggravante dell'agevolazione mafiosa ex articolo 416 bis.1 c.p. ( (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)); capi 3, 4, 6, 7, 8 - vari episodi di danneggiamento aggravati anche dal metodo mafioso ex articolo 416 bis.1 c.p. ( (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), cosi' come a ciascuno di essi attribuiti); capi 5 e 9 - tentata estorsione (cosi' riqualificata l'originaria imputazione) aggravata anche dal metodo mafioso ex articolo 416 bis.1 c.p. ( (OMISSIS)); capo 10 - abuso di ufficio ex articolo 323 c.p. ( (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)); capi 12 e 13 - falsita' ideologica ex articolo 479 c.p. ( (OMISSIS), (OMISSIS)). 2. In sintesi, secondo i giudici di merito, il processo, convenzionalmente definito "Trigarium", ha confermato l'esistenza, la perdurante e concreta operativita' (dal 2000 al 30 luglio 2018), la soggettiva composizione e l'indeterminato programma criminoso di una pericolosa associazione per delinquere di stampo mafioso, denominata âEuroËœndrangheta, radicata nel territorio della provincia di Crotone e del Comune di (OMISSIS). Alla guida di tale sodalizio vi era (OMISSIS); al medesimo clan appartenevano, in qualita' di partecipi, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS). Il programma associativo prevedeva - oltre i piani omicidiari per il controllo del territorio, oggetto di altro processo - la detenzione di armi, la commissione di una pluralita' di danneggiamenti preordinati al consolidamento della forza intimidatrice dell'associazione nonche' le estorsioni perpetrate nei confronti di soggetti che si erano rifiutati di sottostare alle richieste di (OMISSIS). Inoltre, nel generico programma del sodalizio rientravano anche l'abuso di ufficio contestato a (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) per il rilascio di un permesso di costruire relativo ad un immobile di proprieta' di (OMISSIS), su richiesta di permesso in sanatoria presentata dall'intestatario formale (OMISSIS). 2.1. Il quadro probatorio di riferimento e' costituito, in primo luogo, dalle chiamate in correita', dirette e de relato, del collaboratore di giustizia (OMISSIS); inoltre, dalle propalazioni di altri collaboratori di giustizia, ex affiliati di famiglie di âEuroËœndrangheta; infine, dalle risultanze di una capillare attivita' di intercettazioni, telefonica e ambientale, trascritte in forma peritale, nonche' dagli esiti delle operazioni di perquisizione e sequestro eseguite dalla polizia giudiziaria. 3. Avverso la decisione di secondo grado ricorrono i difensori di fiducia degli imputati, articolando i seguenti motivi di ricorso. 3.1. Nell'interesse di (OMISSIS) sono stati articolati tre motivi. Con i primi due si deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione, con riferimento all'articolo 192 c.p.p., articolo 530 c.p.p., comma 2, articolo 579 c.p.p. in relazione all'affermazione di responsabilita', rispettivamente, per i capi d'imputazione sub 8) e sub 10), censurandosi - per il capo 8) - la fragilita' del quadro probatorio di riferimento, costituito da captazioni ambientali e telefoniche, attestanti la presenza dell'imputato in occasione dei reati contestati ma non la partecipazione alle azioni delittuose (la mancanza di riscontri aveva determinato l'assoluzione da cinque ulteriori accuse, nonostante la chiamata in correita'); con specifico riferimento al capo 10), l'intestazione formale dell'immobile non implicava la partecipazione alla condotta illecita, in assenza di elementi significativi in tal senso. In relazione al profilo sanzionatorio, si eccepisce il riconoscimento delle circostanze aggravanti per il capo 8 (il danno di rilevante entita' e l'agevolazione mafiosa ex articolo 416 bis.1 c.p.) e l'ingiustificato diniego delle attenuanti; inoltre, il cumulo materiale fra i reati, con illogica esclusione della continuazione, trattandosi di imputazioni riferite al programma criminale dell'associazione mafiosa. 3.2. Nell'interesse di (OMISSIS) sono stati articolati sei motivi. Con il primo si lamenta l'omesso esame di una memoria difensiva depositata nel corso del giudizio di primo grado, questione sottoposta alla Corte di appello che aveva ritenuto generico il rilievo, nonostante si trattasse di un atto articolato in piu' punti. Gli ulteriori motivi (dal secondo al quinto), sono riferiti ai singoli capi per cui vi e' stata condanna, in relazione al duplice profilo della violazione di legge, sostanziale e processuale (articolo 192 c.p.p.), e del vizio di motivazione: per il capo 2), le dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS) non potevano ritenersi riscontrate dalle videoriprese del 24 settembre 2020, riferite ad un'unica occasione e non alla detenzione continuativa dell'arma, in mancanza altresi' di collegamento con la finalita' associativa e, quindi, della sussistenza dell'aggravante ex articolo 416 bis.1 c.p.. per i capi 3), 4), 6) e 8), relativi ai vari episodi di danneggiamento, la sentenza impugnata presentava illogicita' nella valutazione del compendio probatorio (per le condotte in danno di (OMISSIS), capi 3 e 6; per l'incendio della pala meccanica di (OMISSIS), capo 4, e del furgone della ditta di (OMISSIS), capo 8), in quanto le dichiarazioni di (OMISSIS) non si erano confrontate con le prove presentate dalla difesa, con apodittica riconducibilita' delle vicende alla consorteria anziche' a questioni personali); per i capi 10) e 12), circa il concorso nell'abuso di ufficio e il falso ideologico, il vizio logico consisteva nell'attribuzione del ruolo di sostanziale beneficiario della condotta del pubblico ufficiale, pur non essendosi mai interfacciato con i pubblici ufficiali (OMISSIS) e (OMISSIS), senza mostrare particolare interesse per le sorti del manufatto; inoltre, il coinvolgimento del cognato (OMISSIS), anch'egli privo della qualifica necessaria di imprenditore agricolo, era all'evidenza irragionevole. per il capo 1), le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia erano inidonee a delineare la condotta associativa, con ruolo verticistico ( (OMISSIS) aveva una conoscenza indiretta dei fatti, (OMISSIS) era privo di specificita' sulla collocazione temporale degli eventi, (OMISSIS) non era credibile perche' smentito da risultanze documentali e dalla testimonianza del maresciallo (OMISSIS), (OMISSIS) non era credibile per le contraddizioni riscontrate dalla difesa e per la pedissequa ripetizione di quanto gia' accertato dai Carabinieri); in particolare, la Corte di appello aveva collegato la supremazia del clan (OMISSIS) alla contrapposizione con la famiglia dei (OMISSIS), pervenendo a conclusioni illogiche allorche' aveva fissato il momento iniziale della condotta associativa al 2014, mentre la morte del reggente (OMISSIS) era avvenuta nel (OMISSIS), senza delineare, in ogni caso, attivita' delittuose astrattamente riconducibili all'associazione e i presupposti per il riconoscimento dell'aggravante della detenzione di armi nell'interesse del gruppo. Con l'ultimo motivo si censura il trattamento sanzionatorio, in relazione al riconoscimento della recidiva, al diniego delle circostanze attenuanti generiche ed alla determinazione della pena, senza adeguata motivazione; inoltre, si eccepisce l'incostituzionalita' della L. n. 92 del 2012, articolo 2, comma 58 nella parte in cui prevede la revoca delle prestazioni assistenziali e previdenziali nei confronti dei condannati per il delitto di cui all'articolo 416 bis c.p. - misura applicata al (OMISSIS) - per violazione degli articoli 2, 3 e 38 Cost. sul diritto all'assistenza, garantito agli individui che necessitino di mezzi per sopravvivere. 3.3. (OMISSIS), tramite lo stesso difensore di (OMISSIS), ha strutturato il ricorso in termini analoghi e, per certi aspetti, sovrapponibili. Con il primo motivo ha censurato l'omesso esame della memoria difensiva depositata in primo grado, con conseguente lesione del diritto di difesa. Con il secondo motivo, ha lamentato l'omessa assoluzione dal reato associativo sub 1, in ragione della contraddittorieta', genericita' e illogicita' delle propalazioni dei collaboratori di giustizia (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), con particolare riferimento alla collocazione temporale dei fatti, alla stregua di tutte le emergenze processuali, ivi comprese le intercettazioni, dalle quali non si evinceva una formale affiliazione ma, al piu', la messa a disposizione (ambasciate per conto del padre), senza offensivita' della condotta e, in ogni caso, riscontro della sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416 bis c.p., comma 4, sulla detenzione di armi nell'interesse dell'associazione; in relazione al capo 2), ha poi eccepito la violazione di legge sostanziale e processuale (articolo 192 c.p.p.) e il vizio di motivazione circa la detenzione e il porto di un fucile calibro 12, attesa l'inconsistenza del quadro probatorio, costituito dalle generiche dichiarazioni del correo (OMISSIS) sul punto e dalle risultanze del sistema di videosorveglianza, attestanti, in un'unica occasione, la disponibilita' occasionale all'interno di un'area privata, adibita ad abitazione. Il terzo motivo, infine, si riferisce al trattamento sanzionatorio, per rilievi sovrapponibili a quelli formulati con l'ultimo motivo di ricorso da (OMISSIS). 3.4. Nell'interesse di (OMISSIS) sono stati articolati sette motivi di ricorso. Primo motivo. Violazione degli articoli 46, 54 e 55 c.p. per il mancato riconoscimento delle cause di non punibilita' e dell'esimente; erronea valutazione delle dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS) attestanti in realta' il costringimento fisico e lo stato di necessita', in un contesto di soggezione nei confronti del noto âEuroËœndranghetista, sottovalutato dai giudici di merito, in contrasto con i principi giurisprudenziali a riguardo. Secondo motivo. Insussistenza della condotta di partecipazione e omessa o erronea interpretazione delle dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS), posto che l'accertamento si riferiva ad un periodo limitato di tempo (cinque mesi) e che la difesa aveva messo in evidenza le affermazioni dello stesso (OMISSIS) attestanti l'estraneita' a contesti devianti, senza riscontro da parte della corte territoriale. Terzo motivo. Omessa valutazione dell'avviso delle conclusioni delle indagini preliminari, notificato il 5 aprile 2019, per altro procedimento a carico del (OMISSIS), di (OMISSIS) e di altri otto indagati per aver costituito, nello stesso periodo, un'associazione a delinquere semplice, con lo scopo di commettere furti e danneggiamenti, con conseguente possibilita' di riqualificare i fatti ai sensi dell'articolo 416 c.p.. Quarto motivo, con riferimento ai capi 2, 3, 4, 6, 7, 8: travisamento della prova circa la detenzione dell'arma, alla quale era estraneo (capo 2); mancato esame delle censure difensive sulle dichiarazioni del collaboratore e sul significato delle conversazioni intercettate (capo 3); erronea valutazione della conversazione n. 112 dell'1 settembre 2019 (capo 4); illogica e contraddittoria motivazione sulla riconosciuta confusione del collaboratore nel raccontare i fatti e, al tempo stesso, sulle certezze riscontrate nel suo narrato (capo 6) nonche' sulla partecipazione concorsuale ai danneggiamenti di cui ai capi 7 e 8. Quinto motivo. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al riconoscimento dell'aggravante dell'articolo 416 bis.1 c.p. per i reati di cui ai capi 2, 3, 4, 6, 7 e 8, senza prova circa il dolo specifico di favorire l'associazione, emergendo, al contrario, un rapporto di amicizia con (OMISSIS). Sesto motivo. Violazione di legge (articolo 62 bis c.p.) e vizio di motivazione per l'ingiustificato diniego delle attenuanti generiche, senza riscontro delle argomentazioni difensive sugli elementi positivi di valutazione. Settimo motivo. Incongrua motivazione circa la determinazione della pena, sulla base della modifica apportata all'articolo 416 bis c.p., comma 5 in vigore dal 2015, laddove la condotta si era arrestata a dicembre 2014. 3.5. Con un unico e articolato motivo, (OMISSIS) ha eccepito la violazione dell'articolo 192 c.p.p., articolo 125 c.p.p., comma 3, articolo 546 c.p.p. e articolo 416 bis c.p. nonche' vizi della motivazione in ordine alla ritenuta responsabilita' per il reato associativo; erronea valutazione delle censure difensive. La condotta associativa dipenderebbe dalla ritenuta partecipazione, nel 2014, all'omicidio di (OMISSIS), oggetto tuttavia di altro procedimento, con conseguente illogicita' della decisione che faceva dipendere il giudizio di responsabilita' da un fatto incerto; inoltre, le dichiarazioni testimoniali del maresciallo (OMISSIS) e dei collaboratori (OMISSIS) e (OMISSIS) non erano univoche e la sentenza impugnata era affetta da vizio logico nella parte in cui attribuiva a (OMISSIS) il ruolo di supremazia nel controllo mafioso di (OMISSIS) dopo l'omicidio di (OMISSIS), pur essendo (OMISSIS) ancora in vita. In ogni caso, (OMISSIS) era inattendibile per le ragioni esposte in appello (tardivita' della collaborazione, quando aveva piena cognizione dei fatti attraverso il processo; dichiarazioni de relato circa l'incontro fra gli esponenti delle famiglie di âEuroËœndrangheta della provincia, avvenuto tra il 2005 e il 2007; incongruenze circa il rito di affiliazione), non esaminate dalla corte di merito, cosi' come carenti erano i riscontri esterni (il precedente giudiziario del ricorrente, la chiamata in reita' del (OMISSIS), le intercettazioni successive all'omicidio di (OMISSIS), la frequentazione di (OMISSIS) e del (OMISSIS)). 3.6. (OMISSIS) e (OMISSIS) - funzionari comunali, entrambi condannati alla stessa pena per il capo 10, esclusa l'aggravante di cui all'articolo 416 bis.1 c.p. - con separati atti, tramite il comune difensore di fiducia, hanno articolato un unico motivo di ricorso, con il quale hanno eccepito la violazione di legge (articolo 323 c.p.) e il vizio di motivazione con riferimento agli elementi costitutivi del reato di abuso di ufficio. In particolare, l'accusa riguardava le carenze istruttorie e le tempistiche anomale per il rilascio del permesso in sanatoria, riconducibili al rapporto dei ricorrenti con (OMISSIS), cosi' come riferito dal collaboratore (OMISSIS); si trattava dell'omessa verifica della qualifica soggettiva di imprenditore agricolo del richiedente, non prevista tuttavia dalle norme tecniche di attuazione del Comune di (OMISSIS) per la edificazione di nuove costruzioni in zona agricola, circostanza non considerata dalla Corte di appello, nonostante l'espressa deduzione degli appellanti, essendo altresi' irrilevante, ai fini della legittimita' e liceita' dell'atto, che l' (OMISSIS) fosse un prestanome. In ogni caso, i giudici di merito non avevano precisato in cosa consistessero le omissioni, riferite alle verifiche Legge Regionale n. 19 del 2002, ex articolo 52, ne' dimostrato l'esistenza di un accordo con il privato. Non poteva ritenersi integrata la cd. doppia ingiustizia, posto che alla condotta contestata non era conseguita una situazione antigiuridica: non era ravvisabile, cioe', il reato di cui all'articolo 323 c.p. in quanto, pur ipotizzandosi la violazione di norme di legge o di regolamento, il privato aveva comunque diritto al vantaggio attribuito dal provvedimento amministrativo (l'immobile, infatti, era stato dissequestrato per la conformita' alle previsioni urbanistiche). La difesa ha citato a riguardo l'orientamento giurisprudenziale in base al quale l'ingiustizia del danno o del vantaggio patrimoniale deve essere tale a prescindere dall'abuso perpetrato, stante la necessita' che il risultato della condotta corrisponda di per se' ad una situazione antigiuridica, senza considerare il mezzo con cui questa e' stata posta in essere. 3.7. (OMISSIS) con due motivi di ricorso ha censurato il trattamento sanzionatorio per la carenza di motivazione in ordine agli aumenti per la continuazione, in contrasto con la disciplina del reato continuato, posto che la pena base risultava raddoppiata, nonostante il percorso di collaborazione; in termini erronei, inoltre, era stata applicata la misura di sicurezza della liberta' vigilata, senza accertamento, previsto dall'articolo 697 c.p.p., della pericolosita' sociale, da ritenersi anzi esclusa per la resipiscenza rispetto al passato. 3.8. (OMISSIS), pur avendo definito la sua posizione ai sensi dell'articolo 599 bis c.p. ha eccepito la violazione di legge, sostenendo l'apparenza della motivazione sull'assenza dei presupposti che legittimano l'applicazione dell'articolo 129 c.p.p. nonche' sulla conformita' del concordato alle prove e ai criteri per la determinazione della pena. 3.9. Nell'interesse di (OMISSIS) e di (OMISSIS), tramite lo stesso difensore di fiducia, sono stati presentati separati ricorsi, con tematiche comuni. 3.9.1. Per il primo di tali imputati risultano articolati sei motivi. Primo motivo. Violazione dell'articolo 192 c.p.p., comma 3 circa la conferma della condanna per il capo 1. In termini acritici la corte territoriale aveva confermato il giudizio del tribunale, valorizzando le dichiarazioni di (OMISSIS) circa l'affiliazione, il ruolo di sostituto del (OMISSIS), la condivisione del programma delittuoso, senza riscontrarle con quelle accusatorie degli altri collaboratori ( (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)) e verificarne la concordanza sul nucleo essenziale del narrato. Inoltre, la partecipazione alla consorteria non poteva desumersi dalla condotta successiva all'omicidio del quale (OMISSIS) lo aveva accusato ne' in tal senso deponevano le conversazioni intercettate, riportate in sentenza, di contenuto neutro, attestanti il rapporto di familiarita' tra il ricorrente e la famiglia (OMISSIS). Secondo motivo. Violazione di legge penale (articolo 416 bis c.p.). L'unico elemento posto a fondamento della asserita condotta associativa era l'episodio delittuoso contestato in altro procedimento, attinente all'omicidio di (OMISSIS); per il resto, ciascuna delle vicende richiamate dai giudici di merito si collegava a rapporti personali e non gia' ad interessi della consorteria, in un contesto di frequentazione che non integrava alcuna fattispecie criminosa, cosi' come sostenuto dalla giurisprudenza di legittimita'. Anche l'attribuzione della dote di "santa", che trovava riscontro esclusivo nel propalato di (OMISSIS), non era in se' significativa, in mancanza di un concreto accertamento in ordine alla partecipazione protratta nel tempo. Terzo motivo. Violazione dell'articolo 192 c.p.p., comma 3 in relazione al capo 3. La Corte di appello aveva ritenuto che le dichiarazioni di (OMISSIS) fossero state riscontrate dall'intercettazione citata a pag. 213 della sentenza di primo grado, relativa alla programmazione di un incontro, senza altro aggiungere a riguardo, per cui l'elemento probatorio era del tutto inconferente. Quarto motivo. Violazione di legge penale sostanziale (articolo 416 bis.1 c.p.), sempre in relazione al capo 3, per la carenza di prova in ordine al dolo diretto ossia alla consapevolezza di agevolare l'affermazione sul territorio del clan (OMISSIS), rilievo sul quale la sentenza impugnata si era pronunciata con frasi di stile, senza valutare la tesi difensiva che riportava il concorso nel danneggiamento in danno del (OMISSIS) ad un interesse personale del (OMISSIS). Quinto motivo. Violazione di legge penale (articolo 416 bis c.p., comma 4). Il riconoscimento della circostanza aggravante si basava sulla contestazione della fattispecie sub 2, sull'omicidio (OMISSIS) e sul rinvenimento delle armi utilizzate, singoli episodi che non attestavano la riconducibilita' delle armi stesse al clan. Sesto motivo. Con riferimento al trattamento sanzionatorio, violazione di legge penale (articolo 99 c.p.), in quanto il riconoscimento della recidiva era stato effettuato alla stregua di presunzioni, derivanti dalle risultanze del casellario giudiziale, senza attenersi a parametri concreti di giudizio al fine di verificare l'accentuata pericolosita' sociale. 3.9.2. Nell'interesse di (OMISSIS) sono stati articolati sette motivi di ricorso. Primo motivo. Violazione di legge penale (articolo 416 bis c.p.), per mancanza di elementi a sostegno dell'affermazione di responsabilita' individuale si' che la motivazione era del tutto carente sulla individuazione della condotta partecipativa, in considerazione della assenza radicale di contributivi dichiarativi accusatori (eccetto quelli di (OMISSIS), condizionati da avversione nei confronti del padre del ricorrente, (OMISSIS)), della esiguita' dell'arco temporale (le indagini si riferivano ad un segmento dell'anno 2014), della inconcludenza dei dialoghi intercettati (relativi esclusivamente all'omicidio), dell'estraneita' ai reati fine, del tenore aspecifico dei contatti con (OMISSIS) (determinati da ragioni umanitarie per i problemi psichiatrici di quest'ultimo). In diritto, la sentenza impugnata non aveva definito le caratteristiche della condotta partecipativa, omettendo di considerare la mancata iniziazione e la insussistente permanenza del vincolo associativo; il ruolo dell'imputato, secondo la Corte di appello, era stato quello di referente del capo cosca nella trasmissione di messaggi, dei quali non erano noti, tuttavia, il contenuto e i destinatari, circostanza che ne escludeva la rilevanza penale. Secondo motivo. Violazione di legge penale (articolo 416 bis c.p., comma 4), perche' il processo non aveva fornito elementi a sostegno della disponibilita' di armi da parte dell'intero sodalizio e non gia' del solo (OMISSIS). Terzo motivo. Violazione di legge penale sostanziale (L. n. 865 del 1967, articoli 2, 4 nonche' articoli 43 e 110 c.p.) per l'assenza della condotta concorsuale e del dolo di concorso, con riferimento al capo 2 delle imputazioni (la presenza del ricorrente in data 24 settembre 2014 presso la proprieta' del (OMISSIS), mentre (OMISSIS), titolare di porto d'armi, brandiva il fucile da caccia, doveva ricondursi alla connivenza non punibile, rilievo non esaminato dal giudice di secondo grado). Inoltre, le due sentenze erano contraddittorie, perche', mentre il tribunale aveva rilevato una pluralita' di armi nella disponibilita' di (OMISSIS), la corte di appello aveva attribuito a costui il compito di istruttore verso appartenenti alla cosca, escludendo il dato numerico; in ogni caso, (OMISSIS) non era stato sempre presente nel corso di tali esercitazioni. Quarto motivo. Vizio di motivazione per illogicita' manifesta e travisamento della prova, con riferimento al capo 2, posto che il ricorrente era a conoscenza che (OMISSIS) era in possesso di porto d'armi per la pratica della caccia, cosi' escludendosi il concorso in una condotta illecita. Quinto motivo. Violazione di legge penale sostanziale (articolo 416 bis.1 c.p.) con omesso esame della censura di cui al punto 5 dell'atto di appello; il riconoscimento dell'aggravante era stato effettuato con violazione del criterio di imputazione soggettiva, attribuendosi alla disponibilita' del fucile da caccia da parte del solo (OMISSIS) valenza di accrescimento della potenzialita' mafiosa del gruppo. Sesto motivo. Violazione di legge penale (articolo 62 bis c.p.) per l'ingiustificato diniego delle circostanze attenuanti generiche., nonostante gli esigui presedenti penali e il leale comportamento processuale. Settimo motivo. Apparente motivazione in ordine alla censura sull'entita' degli aumenti di pena per la continuazione. Con motivi aggiunti, il difensore di (OMISSIS) ha insistito nei motivi di ricorso, rappresentando in particolare: con riferimento al capo 1), che la sentenza impugnata si connotava per astrattezza argomentativa, mancando l'esame delle allegazioni ed argomentazioni difensive sotto il profilo di corrispondenza alla fattispecie legale contestata dei fatti e delle prove; con riferimento alla circostanza aggravante di cui all'articolo 416 bis c.p., comma 4, che non vi erano elementi per sostenere che il sodalizio avesse la disponibilita' di armi e, particolarmente, per sostenere la disponibilita' di armi da parte del ricorrente, se non mera connivenza non punibile; con riferimento al capo 2), che non sussisteva riscontro del possesso di armi, se non del fucile che lo (OMISSIS) legittimamente deteneva. 3.10. Il ricorso di (OMISSIS) e' strutturato in tre motivi. Con il primo si eccepisce la violazione di legge penale (articolo 323 c.p.), con particolare riferimento alla sussistenza del requisito oggettivo della inosservanza di specifiche regole di condotta, espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalita', ai sensi del Decreto Legge 16 luglio 2020, n. 76, articolo 23, comma 1, e della ingiustizia del vantaggio o del danno; il vizio di motivazione in relazione al capo 10 della rubrica. La Corte di appello aveva condiviso la conclusione del tribunale secondo cui era integrata la condotta prevista e punita dall'attuale formulazione dell'articolo 323 c.p. perche' il permesso a costruire in sanatoria era stato rilasciato senza alcuna istruttoria, a prescindere dalla sua legittimita'. Il (OMISSIS), all'epoca responsabile dell'Ufficio Tecnico del Comune di (OMISSIS), aveva provveduto alla nomina di un responsabile del procedimento, nella persona di (OMISSIS), delegato ad espletare l'istruttoria del caso; aveva quindi adottato l'atto, il 18 dicembre 2014, sulla base dei documenti acquisiti e visionati, previo parere del tecnico comunale che non aveva ravvisato alcuna illegittimita', senza incorrere nelle violazioni sintetizzate nel capo d'imputazione. In particolare, non era tenuto a verificare la qualifica di imprenditore agricole del richiedente (OMISSIS), posto che cio' era previsto, ai sensi dell'articolo 15 del Piano Regolatore Generale del Comune, solo per le licenze di costruzione ai fini residenziali nelle zone agricole mentre, nel caso di specie, il permesso in sanatoria si riferiva a un immobile da adibire a ricovero di bestiame; inoltre, erano state rispettate le prescrizione di cui alla Legge Regionale Calabria n. 19 del 2002, articolo 52 sulla edificazione di nuove costruzioni rurali, si' che nessun rimprovero poteva essere mosso al responsabile del servizio tecnico la cui condotta non era stata in contrasto con l'interesse pubblico. Con il secondo motivo la violazione di legge ed il vizio di motivazione sono stati riferiti all'elemento soggettivo del reato ex articolo 323 c.p. non avendo i giudici di merito considerato la carenza di prova in ordine alla consapevolezza di agevolare (OMISSIS), persona mai contattata o conosciuta, e dell'apparente titolarita' dell' (OMISSIS), in considerazione altresi' delle altre circostanze evidenziate in appello dalla difesa (il collaboratore (OMISSIS) non aveva fatto alcun riferimento ad un coinvolgimento del (OMISSIS) nella vicenda, la pratica era stata evasa nei tempi fisiologici per un comune di piccole dimensioni, le conversazioni intercettate non erano significative). Con il terzo ed ultimo motivo si e' censurato il trattamento sanzionatorio per essere stata la pena determinata in misura superiore al minimo edittale, con ingiustificato diniego delle circostanze attenuanti generiche, nonostante l'assenza di precedenti penali, sintomatico di un tenore di vita esente da logiche criminali, e l'apprezzabile comportamento processuale. Con motivi aggiunti, il difensore del (OMISSIS) ha inteso evidenziare ulteriori vizi della sentenza impugnata in punto di accertamento del requisito della ingiustizia del vantaggio, insistendo per l'annullamento; in subordine, ha chiesto dichiararsi l'estinzione del reato per decorso del termine prescrizionale. 3.11. I difensori di (OMISSIS), condannato per i reati di danneggiamento aggravato di cui ai capi 7 e 8, hanno articolato quattro motivi di ricorso. Con il primo, coincidente con quello del coimputato (OMISSIS), si deduce violazione degli articoli 46, 54 e 55 c.p. per il mancato riconoscimento delle cause di non punibilita' e dell'esimente nonche' erronea valutazione delle dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS) attestanti in realta' il costringimento fisico e lo stato di necessita' per entrambi, in un contesto di soggezione nei confronti del noto âEuroËœndranghetista, sottovalutato dai giudici di merito, in contrasto con i principi giurisprudenziali a riguardo. Con il secondo motivo, si eccepisce la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine al riconoscimento dell'aggravante dell'articolo 416 bis.1 c.p. posto che il (OMISSIS), capo clan, e il sodale (OMISSIS) erano stati assolti dagli episodi di danneggiamento in questione, si' da risultare illogico riferire gli stessi alla cosca, in considerazione altresi' di quanto dichiarato dal collaboratore (OMISSIS) che aveva riferito che il (OMISSIS) si accompagnava a lui solo per amicizia. Con specifico riferimento al capo 8 - danneggiamento in danno di (OMISSIS) - la corte territoriale non aveva riscontrato i rilievi difensivi sulla mancanza di riscontri in ordine alla chiamata in correita' di (OMISSIS) (terzo motivo). Con l'ultimo motivo la censura e' riferita al diniego delle circostanze attenuanti generiche, nonostante gli elementi positivi di valutazione prospettati dalla difesa. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. In una prima valutazione di sintesi puo' affermarsi che i ricorsi aspirano a mettere in discussione la logicita' dell'apparato motivazionale della sentenza impugnata. In questa prospettiva il loro esame richiede alcune puntualizzazioni. 1.1. Innanzitutto, si osserva che l'esito conforme delle decisioni pronunciate nei due gradi di giudizio consente di operare la lettura congiunta delle sentenze di primo e secondo grado, trattandosi di motivazioni che si fondono in un unico corpo di argomenti a sostegno delle conclusioni raggiunte per il principio della c.d. doppia conforme - su cui, di recente, Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E, Rv. 277218 - con la conclusione che ove le decisioni di merito abbiano entrambe affermato la responsabilita' dell'imputato, "le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico e inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruita' della motivazione, tanto piu' ove i giudici dell'appello abbiano esaminato le censure con criteri omogenei a quelli usati dal giudice di primo grado e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese e ai passaggi logico-giuridici della decisione, sicche' le motivazioni delle sentenze dei due gradi di merito costituiscano una sola entita'" (in questi termini, nella motivazione, Sez. 2, n. 34891 del 16/05/2013, Vecchia, Rv. 256096). 1.2. In secondo luogo, va ribadito che nel caso di cd. doppia conforme il vizio del travisamento della prova puo' essere dedotto con il ricorso per cassazione ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti, con specifica deduzione, che il dato probatorio asseritamente travisato e' stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado, circostanza estranea ai ricorsi in oggetto. Tale ambito circoscritto di ammissibilita' costituisce corollario del piu' generale principio secondo cui il sindacato del giudice di legittimita' sulla motivazione del provvedimento impugnato deve essere volto a verificare che quest'ultima: a) sia "effettiva", ovvero realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata; b) non sia "manifestamente illogica", perche' sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell'applicazione delle regole della logica; c) non sia internamente "contraddittoria", ovvero esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilita' logiche tra le affermazioni in essa contenute; d) non risulti logicamente "incompatibile" con "altri atti del processo" (sez. 1, n. 41738 del 19/10/2011, Longo, Rv. 251516). 1.3. Nel tentativo di legittimare le censure alla motivazione, recuperando spazi non consentiti dall'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), alcuni difensori hanno eccepito l'erronea applicazione dell'articolo 192 c.p.p. in tema di valutazione delle prove si' da venire in rilievo la violazione di legge (sub specie di norma processuale) ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., lettera c) (in tal senso i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) - sia pure con riferimento all'articolo 125 c.p.p. -, (OMISSIS) - con riferimento anche all'articolo 546 c.p.p. -, (OMISSIS)). L'impostazione difensiva non si confronta tuttavia con l'insegnamento delle sezioni unite, secondo cui in tema di ricorso per cassazione, e' inammissibile il motivo con cui si deduca la violazione dell'articolo 192 c.p.p., anche se in relazione all'articolo 125 c.p.p. e articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera e), per censurare l'omessa o erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti o acquisibili, in quanto i limiti all'ammissibilita' delle doglianze connesse alla motivazione, fissati specificamente dall'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui alla lettera c) della medesima disposizione, nella parte in cui consente di dolersi dell'inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullita' (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, Filardo, rv. 280027 - 04). In altri casi, il vizio di motivazione e' ricondotto alla violazione di legge penale (sub lettera b dell'articolo 606 c.p.p.), con riferimento alla norma incriminatrice di riferimento, senza che le relative censure riguardino, tuttavia, l'interpretazione secondo diritto degli articoli di legge o l'applicazione di principi giurisprudenziali, lamentandosi, in definitiva, che la condotta non corrisponda alla fattispecie astratta, con argomentazioni di natura squisitamente fattuale che sfuggono al controllo riservato alla cassazione (emblematico, a riguardo, il ricorso di (OMISSIS)). Anche la violazione dell'articolo 323 c.p. - per i profili che saranno meglio evidenziati in seguito - pur riferendosi formalmente all'interpretazione della norma, cosi' come di recente riformata, prescinde, nei motivi di ricorsi, dagli accertamenti eseguiti in sede di merito, insistendosi nella tesi della legittimita' del provvedimento secondo dati fattuali che risultano smentiti dall'istruttoria espletata. 1.4. Va, infine, ribadito che il dubbio ragionevole di cui all'articolo 530 c.p.p., comma 1, - al quale pure si riferiscono vari ricorrenti - deve identificarsi in una ricostruzione della vicenda non solo astrattamente ipotizzabile in rerum natura, ma la cui plausibilita' nella fattispecie concreta risulti ancorata alle risultanze processuali, assunte nella loro oggettiva consistenza. E' dunque necessario che il dubbio ragionevole risponda non solo a criteri dotati di intrinseca razionalita', ma sia suscettibile di essere argomentato con ragioni verificabili alla stregua del materiale probatorio acquisito al processo (Sez. U, n. 14800 del 21/12/2017 - dep. 2018, Troise, Rv. 272430), non potendo il dubbio fondarsi su un'ipotesi del tutto congetturale, seppure plausibile (Sez. 3, n. 5602 del 21/01/2021, P. Rv. 281647 - 04). 2. In definitiva, in una visione di insieme, puo' ritenersi che tutti i ricorsi siano inammissibili, perche' presentati per motivi non consentiti e privi della specificita' necessaria ex articolo 581 c.p.p., comma 1, e articolo 591 c.p.p., comma 1, lettera c), in quanto reiterativi di doglianze gia' correttamente disattese dal Tribunale e ribadite dalla corte territoriale. Va considerata anche la diversa struttura delle sentenze di merito, avendo il tribunale incentrato l'analisi sulle posizioni processuali degli imputati, ricostruite attraverso un'ampia ed approfondita analisi delle risultanze probatorie, dichiarative e documentali, alla stregua dei capi di imputazione, a differenza della corte territoriale che ha esaminato i motivi di impugnazione rapportandoli alle fattispecie di reato, in ragione della natura concorsuale degli stessi, della identita' del quadro probatorio di riferimento e della analogia delle censure; tale tecnica redazionale puo' essere utilizzata anche in questa sede, per quanto riguarda il reato di omissione di atti di ufficio, con trattazione unitaria dei ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) nonche' del relativo motivo dei ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS). Per il resto, i singoli ricorsi attengono all'accertamento di responsabilita' ed al trattamento sanzionatorio, senza involgere questioni processuali. L'unica eccezione che puo' riferirsi ad un error in procedendo e' la lamentata lesione del diritto di difesa per l'omesso esame di una memoria difensiva depositata in primo grado (primo motivo dei ricorsi di (OMISSIS) e di (OMISSIS)). Va rilevato a riguardo che in tema di impugnazione, l'omessa considerazione da parte del giudice dell'impugnazione di una memoria difensiva, non comporta, per cio' solo, una nullita' per violazione del diritto di difesa, ma puo' determinare un vizio della motivazione, deducibile in sede di legittimita' purche', in virtu' del dovere di specificita' dei motivi di ricorso per cassazione, si rappresenti puntualmente la concreta idoneita' scardinante dei temi della memoria pretermessa rispetto alla pronunzia avversata, evidenziando il collegamento tra le difese della memoria e gli specifici profili di carenza, contraddittorieta' o manifesta illogicita' argomentativa della sentenza impugnata (sez. 3, n. 36688 del 06/06/2019, Rinaldi, Rv. 277667; sez. 5, sent. n. 17798 del 22/03/2019, Picardi, Rv. 276766); collegamento del tutto assente nella prospettazione della censura, da considerarsi pertanto generica. 3. Il reato di abuso di ufficio (capo 10): i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); il secondo motivo del ricorso di (OMISSIS) e il quarto motivo del ricorso di (OMISSIS). 3.1. Il delitto in oggetto e' stato contestato ai pubblici ufficiali (OMISSIS) e (OMISSIS), rispettivamente responsabile e funzionario dell'Ufficio tecnico del Comune di (OMISSIS), in concorso con i soggetti privati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Secondo i giudici di merito, il (OMISSIS) e lo (OMISSIS), nell'esercizio delle funzioni pubbliche di loro competenza, hanno concorso ad adottare un permesso di costruire in sanatoria - formalmente emessa nei confronti di (OMISSIS) - con il quale, aderendo in maniera passiva e acritica alle richieste di (OMISSIS) e dei suoi tecnici di fiducia (OMISSIS) e (OMISSIS), hanno illegittimamente sanato un abuso edilizio, in precedenza commesso dal (OMISSIS), consistente nella edificazione, senza alcun titolo abilitante, in una zona agricola, di un manufatto in cemento armato. Mentre (OMISSIS) in appello ha definito la sua posizione ai sensi dell'articolo 599 bis c.p.p., cosi' rendendo definitivo nei suoi confronti l'accertamento di responsabilita' in ordine al delitto di abuso di ufficio contestatogli, nella qualita' indicata (funzionario dell'ufficio tecnico, responsabile unico del procedimento amministrativo), in concorso anche con il (OMISSIS), il (OMISSIS) ed il (OMISSIS), questi ultimi hanno insistito per l'insussistenza dei requisiti previsti dall'articolo 323 c.p.. 3.2. In primo luogo, ritengono i ricorrenti (la censura assorbe il ricorso del (OMISSIS) e del (OMISSIS) e costituisce il primo motivo del ricorso del (OMISSIS)), difetterebbe l'elemento oggettivo: a) della violazione di specifiche regole di condotta, espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuano margini di discrezionalita', b) della ingiustizia del danno. I giudici di merito, ad avviso delle difese, non avrebbero considerato che non sussisteva nel caso di specie la cd. doppia ingiustizia della condotta e dell'evento, in quanto nessuna violazione di legge sarebbe stata commessa e le carenze istruttorie riscontrate inciderebbero semmai sulla liceita' ma non sulla legittimita' dell'atto, adottato, comunque, nel rispetto delle fonti normative (statali, regionali e comunali), senza alcun contrasto con l'interesse pubblico ed ingiusto vantaggio patrimoniale per il privato. 3.3. La questione e' stata prospettata negli stessi termini al giudice di appello. La motivazione della sentenza impugnata e la prospettazione difensiva si basano in realta' sulla stessa interpretazione giurisprudenziale della norma, secondo cui in tema di abuso di ufficio, la modifica introdotta con il Decreto Legge 16 luglio 2020, n. 76, articolo 23, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120, ha ristretto l'ambito applicativo dell'articolo 323 c.p., determinando l'"abolitio criminis" delle condotte, antecedenti all'entrata in vigore della riforma, realizzate mediante violazione di norme generali e astratte dalle quali non siano ricavabili regole di comportamento specifiche ed espresse, o che comunque lascino residuare margini di discrezionalita', sicche' deve escludersi che integri il reato la sola violazione dei principi di imparzialita' e buon andamento di cui all'articolo 97 Cost., comma 3, (da ultimo, sez. 6, n. 28402 del 10/06/2022, Bobbio, Rv. 283359). In realta', il principio di diritto era ben presente anche al giudice di primo grado (cfr. nota n. 185, pag. 509), il quale non aveva mancato di evidenziare che la novella legislativa era intervenuta nelle more della stesura dei motivi e che i fatti in ogni caso rientravano a pieno titolo nell'ambito di applicazione del delitto di abuso di ufficio nella sua attuale configurazione per la riscontrata violazione di norme di legge nell'esercizio del potere pubblico al fine di procurare al destinatario un ingiusto vantaggio patrimoniale; conclusione in seguito confermata dalla corte territoriale. I giudici di merito hanno ritenuto che, nel caso in esame, siano state violate norme generali ed astratte dalle quali erano ricavabili regole di comportamento specifiche ed espresse, senza margini di discrezionalita', la cui applicazione avrebbe determinato il diniego della concessione in sanatoria dell'immobile abusivamente realizzato e, per tale ragione, sottoposto a sequestro. Su ciascuna di tale violazione si e' soffermato, in particolare, il tribunale, con argomentazioni con le quali i ricorrenti hanno omesso di confrontarsi. 3.3.1 In primo luogo, e' stato acclarato in sede di merito che presso il Comune di (OMISSIS) si richiedeva sempre a tutti i soggetti interessati ad ottenere il permesso di realizzare in zona agricola nuove costruzioni - siano esse di tipo residenziale che di altro genere - di documentare la propria qualifica di imprenditore agricolo, cosi' pacificamente interpretando la norma tecnica di attuazione; la palese insussistenza di tale requisito in capo all' (OMISSIS), avrebbe dovuto essere verificata in fase istruttoria e determinare il diniego del provvedimento (pag. 504 sentenza del tribunale); la corte di appello ha altresi' sottolineato come gia' nel precedente grado di giudizio si era evidenziata l'insufficienza di una visura riguardante la partita IVA a comprovare tale qualita', visura che peraltro era stata estratta in data 18 dicembre 2014, coincidente con quella di emissione del permesso in sanatoria (pag. 53 della sentenza di appello). La difesa non contesta la prima di tali circostanze, cosi' come acquisita peraltro dalla testimonianza del (OMISSIS), insistendo in un'interpretazione alternativa della disposizione tecnica di attuazione, in se' irrilevante, proprio perche' estranea all'ambito applicativo del Comune; inoltre, disquisisce in termini generici sulla qualifica di imprenditore agricolo del richiedente, senza fornire riscontri o superare in sede di merito le argomentazioni contrarie (pagine 491 e seguenti della sentenza del tribunale, paragrafo "Le prove a discarico"). Quanto al rilievo di carattere logico secondo cui non vi sarebbe stato motivo di far presentare l'istanza da un prestanome, posto che anche il (OMISSIS) non era imprenditore agricolo, e' evidente che cio' corrispondeva alla rappresentazione di una realta' fittizia, posto che, come argomentato dal tribunale, era risaputo che "al Comune di (OMISSIS) tutti facevano quello che voleva il (OMISSIS)" (in tal senso il collaboratore (OMISSIS), il quale non ha mancato di riferire come l' (OMISSIS) non avesse mai svolto attivita' imprenditoriale, essendo dedito, come lui, ad attivita' illecite - danneggiamenti e furti). Risulta in tal modo violato il Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 12, comma 1 che impone l'osservanza delle prescrizioni dello strumento urbanistico nel rilascio del permesso di costruire. 3.3.2. In secondo luogo, e' stata accertata l'inosservanza della Legge Regionale Calabria n. 19 del 2002, articolo 52 che impone al committente, nell'ipotesi di realizzazione di nuove costruzioni in zone agricole, di mantenere in produzione delle superfici fondiarie che assicurino la dimensione dell'unita' aziendale minima, si' che era onere dell'Ufficio Tecnico Comunale verificare la sussistenza di tale presupposto. Sostengono le difese - anche in tal caso reiterando in termini aspecifici una censura proposta in appello - che l'unita' aziendale minima deve essere almeno di diecimila metri e che la particella oggetto dell'intervento era ben quattro volte superiore, senza confrontarsi su quanto argomentato a riguardo dai giudici di merito che, sulla base del tenore letterale della norma, hanno evidenziato che il permesso di costruire per nuove zone rurali non era subordinato ad una questione di mera estensione del terreno oggetto dei lavori di edificazione (senz'altro piu' esteso dell'unita' dimensionale minima richiesta) ma era soggetto a ben altra prescrizione, oltre al recupero in via prioritaria delle strutture edilizie esistenti, ossia al mantenimento in produzione di superfici fondiarie che assicurino la dimensione dell'unita' aziendale minima, verificando cioe' "se l'istante era titolare di azienda, quale tipologia di impresa eserciti e quale tipologia di coltura debba impiantare o attivita' di allevamento debba svolgere e se la superficie fondiaria da utilizzarsi sia corrispondente al dimensionamento minimo dell'azienda tale da consentire alla stessa di poter operare" (pag. 506 della sentenza del tribunale): accertamento non espletato si' che anche per tale aspetto il permesso in sanatoria risulta emesso in violazione di legge. 3.3.3. Un'ulteriore violazione e' stata riscontrata nella omessa dichiarazione di doppia conformita' dell'abuso (id est delle legittime condizioni regolamentari urbanistiche sia al momento della realizzazione dell'abuso edilizio che nel momento in cui si richiede la sanatoria edilizia), imposta dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 36, sulla cui necessita' risulta che anche il (OMISSIS) abbia concordato in sede di esame dibattimentale; dichiarazione pacificamente mancante alla data di emissione del provvedimento - atto che chiude il procedimento amministrativo posto che quella rinvenuta risulta con annotazione di un giorno successivo, priva di protocollo e della firma del responsabile del procedimento (OMISSIS), formata all'evidente scopo di occultare la violazione della procedura di legge (pag. 505 della sentenza di primo grado). 3.4. Sempre sotto il profilo oggettivo, emerge con chiarezza anche il requisito dell'ingiusto vantaggio patrimoniale, riferito non soltanto alla acquisizione di beni materiali ma a qualsiasi accrescimento della situazione giuridico-soggettiva a favore di colui nel cui interesse l'atto e' stato posto in essere (sez. 3, n. 4140 del 13/12/2017, dep. 2018, Giugliano, Rv. 272113), con la conseguenza - ben evidenziata, in particolare, dal tribunale (pagine 510 e 511) - che il diritto a edificare, se illegittimamente attribuito, costituisce certamente un vantaggio suscettibile di essere valutato economicamente, a prescindere dalla sua effettiva attuazione. Anche l'illegittimo rilascio di un permesso in sanatoria e' stato ritenuto dalla giurisprudenza provvedimento che attribuisce una situazione economicamente vantaggiosa per il privato che, oltre a beneficiare del valore intrinseco del manufatto, puo' locarlo, alienarlo, e comunque usufruirne (in termini, la citata sent. n. 4140/2018). Nel caso di specie, quindi, i pubblici ufficiali, con la condotta contra legem, hanno attribuito un ingiusto vantaggio patrimoniale al (OMISSIS), derivante dall'illegittimo rilascio del titolo autorizzativo in sanatoria, con conseguente possibilita' di proseguire nell'edificazione. In conclusione, con precisione giuridica e aderenza alle risultanze istruttorie, i giudici di merito hanno ravvisto il requisito della "doppia ingiustizia", ricollegando il vantaggio per il privato al provvedimento adottato in violazione di legge ed alla attribuzione di un diritto che non spettava, suscettibile di valutazione economica. In conclusione, solo il rilascio dell'illegittimo permesso di costruire in sanatoria ha permesso il dissequestro del manufatto, che, in quanto abusivo, era stato posto sottoposto a sequestro preventivo. 3.5. Dal punto di vista soggettivo e del concorso nel reato dei suddetti imputati, il quadro istruttorio di riferimento e' articolato (pagine 455 e segg. della sentenza di primo grado, § Le risultanze probatorie; pagine 52 e seguenti della sentenza di appello) e valutato con rigore di analisi, si' che la motivazione si sottrae a censure sul piano logico. Sono stati riportati nella sentenza di primo grado i lunghi, espliciti ed univoci dialoghi captati che documentano il rapporto tra i tecnici (OMISSIS) e (OMISSIS), incaricati dal (OMISSIS) della presentazione dell'istanza, e i soggetti pubblici (OMISSIS) e (OMISSIS); conversazioni che in termini logici e plausibili smentiscono secondo i giudici di merito la sussistenza di semplici legami personali tra i protagonisti dei fatti e attestano l'asservimento delle funzioni pubbliche esercitate dal (OMISSIS) e dallo (OMISSIS) agli interessi del (OMISSIS) (si rinvia a tal fine alla sintesi delle intercettazioni piu' significative di cui alle pagine 500 e 501 della pronuncia di primo grado; in particolare, si richiama il tenore dei dialoghi fra il (OMISSIS) ed il (OMISSIS) nel corso dei quali gli stessi riconoscevano i rilevanti vizi da cui era affetta la pratica, per cui solo un'alterazione dei dati, idonea a disorientare i carabinieri, e un'istruttoria carente ne avrebbero assicurato l'esito positivo). La sentenza impugnata ha altresi' rilevato come le difese non si siano confrontate con il composito compendio probatorio, limitandosi a sminuire la condotta incriminata, riconducendola a prassi negligenti e superficiali, emergendo, al contrario, la totale commistione di ruoli tra i due tecnici privati e i funzionari pubblici (pertinente, in tal senso, il richiamo alle pagine 479 e seguenti della decisione del tribunale); ha ribadito il coinvolgimento diretto del (OMISSIS) nell'abuso edilizio e nel tentativo di porvi rimedio con l'intervento del (OMISSIS), il quale "ha palesemente dismesso i panni del funzionario pubblico, organizzando con il (OMISSIS) ed il (OMISSIS) il da farsi per ottenere il dissequestro (conversazione n. 184 del 10.12.2014)", in un contesto - restituito dalle intercettazioni, dalle chiamate in correita', dai riscontri documentali - attestante "come gli imputati si accordassero, si sentissero, si confrontassero su quello che accadeva e su come intervenire" (pag. 59). 3.5.1. Con specifico riferimento al (OMISSIS), il secondo motivo di ricorso si limita ad un elenco di circostanze che attesterebbero l'assenza della volonta' di arrecare un ingiusto vantaggio al (OMISSIS), in termini del tutto aspecifici, senza confrontarsi con le emergenze istruttorie al fine di disarticolare la pregnanza logica delle argomentazioni dei giudici di merito e a smentire la tesi che l'imputato, a seguito della nomina dello (OMISSIS) come responsabile del procedimento, si era limitato ad emettere il provvedimento finale; circostanza, quest'ultima, smentita sul piano fattuale dal contenuto delle intercettazioni, ma priva di rilevanza sul piano giuridico, posto che - come ribadito di recente dalla Corte - in tema di abuso di ufficio, integra la violazione di specifiche regole di condotta previste dalla legge, come richiesto dalla nuova formulazione dell'articolo 323 c.p. ad opera del Decreto Legge 16 luglio 2020, n. 76, articolo 16, convertito nella L. 11 settembre 2020, n. 120, l'inosservanza, da parte del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale, del dovere di vigilanza sull'attivita' urbanistico-edilizia, in quanto il Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, articolo 27, ne impone l'osservanza onde assicurare la conformita' dell'anzidetta attivita' alle norme di legge e di regolamento, alle prescrizioni degli strumenti urbanistici e alle modalita' fissate nei titoli abilitativi (sez. 3, n. 30586 del 08/06/2022, Avellone, Rv. 283588). 3.6. La posizione di (OMISSIS) e' stata esaminata dalla corte territoriale alle pagine 59 e 60, in relazione ai capi 10 e 12 (il falso ideologico, commesso in concorso con (OMISSIS), consistente nell'attestazione di conformita' allo strumento urbanistico vigente del progetto per ottenere il permesso in sanatoria), evidenziandosi come le argomentazioni difensive non si confrontassero con le intercettazioni dalle quali si evinceva non solo il suo reale interesse all'opera abusiva realizzata ma anche l'interazione con i funzionari pubblici e privati perche' il provvedimento amministrativo fosse rilasciato con la complicita' dei funzionari pubblici, in una sinergica azione di contrasto con gli accertamenti dei Carabinieri e le determinazioni dell'autorita' giudiziaria. Con il quarto motivo di ricorso, il (OMISSIS) reitera rilievi di merito, insiste nella estraneita' nel reato proprio e, soprattutto, continua a non confrontarsi con il contenuto delle intercettazioni - a fine di confutare la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata - si' che anche i riferimenti giurisprudenziali sul concorso dell'extraneus nel reato di abuso di ufficio risultano inconferenti. In relazione al reato sub 12, vale per il giudizio di cassazione quanto rilevato dalla Corte di appello allorche' ha confermato il giudizio di responsabilita' "non avendo la difesa articolato nessuna specifica censura", a fronte delle puntuali argomentazioni del Tribunale. 3.7. Anche il motivo di (OMISSIS) sul capo 10 e' generico, affermando il ricorrente che "della partecipazione consapevole nell'intero incarto processuale non vi e' traccia alcuna" e che "il solo fatto di essere l'intestatario (seppure fittizio) dell'immobile e della pratica in oggetto, non dimostra in alcun modo la consapevolezza di partecipare all'illecito iter", non parlando mai con gli impiegati comunali e non confrontandosi con altri circa l'esito della pratica. Indubbiamente, in tema di abuso di ufficio determinativo di un danno ingiusto nei confronti di terzi, per configurare il concorso dell'"extraneus" nel reato deve essere provata l'intesa intercorsa col pubblico funzionario o la sussistenza di pressioni o sollecitazioni dirette ad influenzarlo, desumibili dal contesto fattuale, dai rapporti personali tra le parti o da altri elementi oggettivi, non essendo a tal fine sufficiente la sola domanda del privato volta ad ottenere un atto illegittimo (sez. 6, n. 15837 del 20/12/2018, dep.2019, D'Alessio, Rv. 275540); nel caso di specie, tuttavia, come precisato dal Tribunale (pag. 509) e confermato in appello, l' (OMISSIS), cognato del (OMISSIS), agi' d'intesa con costui, prestandosi a documentare una falsa qualita' di imprenditore agricolo e a sottoscrivere la fraudolenta richiesta di sanatoria, nella consapevolezza che questo avrebbe consentito l'intenzionale strumentalizzazione dei poteri pubblici. L'affermazione di responsabilita' concorsuale non si e' basata, dunque, solo sulla mera presentazione dell'istanza ma sul ruolo di prestanome e sulla finalita' di permettere al (OMISSIS) di regolarizzare a qualsiasi costo la pratica di suo interesse, attraverso il diretto coinvolgimento dei pubblici ufficiali che avrebbero gestito la pratica e deciso in merito, in un contesto (quello dell'ufficio comunale) dove era noto che "al Comune di (OMISSIS) tutti facevano quello che voleva il (OMISSIS)" (dichiarazione del collaboratore (OMISSIS)). 3.8. L'ultimo motivo del ricorso del (OMISSIS) riguarda il trattamento sanzionatorio (entita' della pena, ritenuta sproporzionata, e diniego delle attenuanti generiche). Anche in tal caso i rilievi sono privi di aderenza alla realta' processuale ed alla motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui evidenzia come il giudice di primo grado abbia diversificato la pena per i concorrenti del reato di abuso di ufficio, irrogandone una piu' alta - e, comunque, sempre al di sotto della media edittale - proprio al (OMISSIS) ossia ad uno dei due pubblici ufficiali che maggiormente avrebbe dovuto garantire l'interesse pubblico senza piegarsi a quello antagonista del privato. In punto di circostanze ex articolo 62 bis c.p. e' sufficiente il richiamo alla personalita' negativa dell'imputato, cosi' come desumibile dalla gravita' dei fatti, in mancanza di significativi elementi positivi di valutazione (pag. 79 della sentenza di appello). 4. Gli ulteriori motivi di ricorso di (OMISSIS). Con il primo motivo il ricorrente ritiene insufficienti le prove in relazione alla condanna per il reato di danneggiamento di cui al capo 8), "basata non su convergenti elementi indiziari ma su meri elementi congetturali" (pag. 6 del ricorso), censurando l'illogicita' della motivazione e la violazione dell'articolo 192 c.p.p.. Trattasi di rilievi in fatto, generici nel riferimento al "materiale costituito da captazioni ambientali e telefoniche", che non si confrontano con le argomentazioni dei giudici di merito (pagina 50 della sentenza di appello; pagine da 242 a 248 della sentenza di primo di grado) che hanno ritenuto l' (OMISSIS) autore materiale del danneggiamento del furgone intestato alla (OMISSIS): in tal senso le dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS), i riscontri derivanti dalle registrazioni del sistema gps satellitare installato sull'autovettura del complice (OMISSIS), le intercettazioni riportate alle pagine da 245 a 247 della sentenza del tribunale nella quale si fece esplicito riferimento alla benzina, ad un incendio ed all'umore del mandante (OMISSIS). La valutazione di tali dati, correttamente riportati e interpretati secondo canoni logici, ha consentito di accertare che il (OMISSIS), il (OMISSIS), lo (OMISSIS) e l' (OMISSIS) si incontrarono e percorsero un tragitto all'interno dell'autovettura del (OMISSIS) per compiere un'azione criminosa nella notte tra il 24 e il 25 dicembre 2014; la stessa autovettura staziono' in prossimita' dell'abitazione del (OMISSIS), in un arco di tempo compatibile con l'orario del danneggiamento. Con il terzo motivo l'imputato censura il trattamento sanzionatorio per motivi in parte estranei all'appello e, quindi, non suscettibili di esame per la prima volta in cassazione (la mancata applicazione dell'istituto della continuazione fra i due reati per cui ha riportato condanna) e in parte generici (il diniego delle attenuanti e' stato giustificato per la gravita' dei fatti e la pregressa condanna per detenzione abusiva di munizioni, in assenza di elementi positivi di valutazione). 5. Gli ulteriori motivi di ricorso di (OMISSIS). Oltre che per i capi 10 e 12 delle imputazioni, oggetto della trattazione che precede, il (OMISSIS) ha riportato condanna per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, con il ruolo di capo (capo 1), per la violazione alla normativa sulle armi, per gli episodi di danneggiamento aggravato di cui ai capi 3, 4, 6, 8. I motivi di ricorso (secondo, terzo e quinto), ulteriori rispetto a quelli (primo e quarto) gia' esaminati, contestano l'accertamento di responsabilita' per profili di merito che attengono alla valutazione delle risultanze probatorie, con rilievi che esulano dal circoscritto ambito del giudizio di legittimita', cosi' come precisato in premessa, e che sono, peraltro, reiterativi e generici, privi cioe' di un effettivo confronto con la motivazione delle sentenze di primo e secondo grado. 5.1 Il secondo motivo propone una lettura alternativa delle risultanze delle videoriprese che confermano le dichiarazioni del collaboratore di giustizia, con riferimento al capo 2; il terzo motivo ritiene che i danneggiamenti in capo a (OMISSIS) (capi 3 e 6), a (OMISSIS) (capo 4), a (OMISSIS) (capo 8) si basano su una ricostruzione dei fatti che valorizza la chiamata in correita' dello (OMISSIS) senza soffermarsi sulle contraddizioni evidenziate dalla difesa e la mancanza di effettivi elementi di riscontro; il quinto motivo confuta, in relazione al capo 1, le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), sintetizzandole e richiamando principi giurisprudenziali a riguardo, nel tentativo di inficiare le conclusioni di merito attraverso una diversa lettura delle fonti probatorie (in particolare delle intercettazioni e di alcune testimonianze). E' sufficiente a tal fine rinviare alle pagine da 357 a 365 della sentenza di primo grado che delineano con estrema precisione il ruolo del (OMISSIS) quale capo della locale di (OMISSIS); ruolo riconosciuto dalla âEuroËœndrangheta crotonese. In tal senso non solo le dichiarazioni (riportate alle pagine 358 e 359) di quattro collaboratori, provenienti da diverse articolazioni âEuroËœndranghetistiche, ma anche il propalato di (OMISSIS) e (OMISSIS), oltre che quello interno di (OMISSIS), con indicazione di specifiche condotte (pagine 359 e 360), tipiche di un "capo mafia" (incontri per programmare omicidi, intimidazioni nei confronti della popolazione, controllo del territorio, celebrazioni di ceremonie di investitura, cura degli interessi della "famiglia" ecc.), con i riscontri forniti dalle intercettazioni - le piu' significative, relative alla decisione di uccidere (OMISSIS) - e dai numerosi reati, commessi in esecuzione dei suoi ordine. La corte di appello (pagine 60 e seguenti) ha ripercorso l'iter argomentativo del tribunale, sottolineando come le censure difensive tentassero di demolire la valenza di singoli elementi, tralasciando di considerare la visione globale del compendio probatorio; ha aggiunto altresi' che le dichiarazioni dello (OMISSIS), (OMISSIS) del tutto affidabile in quanto intranea al sodalizio, vicino al (OMISSIS), avevano avuto un'ulteriore conferma di credibilita' dalla Corte di Assise di Catanzaro che con sentenza del 31/03/2021 aveva condannato il (OMISSIS), in concorso con lo stesso (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), per l'omicidio di (OMISSIS), nell'ambito di un conflitto fra "famiglie". Per quanto riguardo il tempus commissi delicti, la corte territoriale ha riconosciuto la condotta associativa a partire dal 2014 (anziche' dal 2012), senza che tale limitazione rispetto al capo di accusa incida sull'accertamento di responsabilita' e sulle conseguenze sul piano sanzionatorio. 5.2. La condanna per i reati fine di cui ai capi 2, 3, 4, 6 e 8 si basa su prove correttamente valutate (pagine da 36 a 52 della sentenza di appello; pagine da 195 a 248 della sentenza di primo grado): il porto di arma comune da sparo (in tal senso le dichiarazioni dello (OMISSIS), le intercettazioni di riscontro); i vari episodi di danneggiamento (il propalato dello (OMISSIS), il narrato delle vittime spesso omertose -, le intercettazioni, significative per le rilevate finalita' ritorsive, nell'unicita' del contesto malavitoso, e per l'attribuzione all'imputato del ruolo di mandante). 5.3. L'ultimo motivo riguarda il trattamento sanzionatorio (diniego delle attenuanti, aumento per la recidiva reiterata, dosimetria della pena, incostituzionalita' della L. n. 92 del 2012, articolo 2). La pessima biografia penale, la gravita' dei fatti in oggetto e la particolare efferatezza dei crimini hanno giustificato il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche. Le altre questioni - puntualmente definite dal primo giudice - non sono state sottoposte al vaglio critico alla corte territoriale (cfr. settimo motivo, pag. 23 atto di appello) e non possono costituire, quindi, oggetto di impugnazione in cassazione. 6. Gli ulteriori motivi del ricorso di (OMISSIS). Il ricorrente, figlio di (OMISSIS), e' stato condannato per i reati di cui ai capi 1 e 2 e le censure attengono alla valutazione del compendio probatorio, per profili non consentiti in sede di legittimita', oltre che al trattamento sanzionatorio. 6.1. La condotta partecipativa al reato associativo (eseguiva le direttive del padre, assicurando i contatti tra costui - che, tendenzialmente, rimaneva in casa perche' sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S.. con obbligo di soggiorno - e l'esterno, facendosi portatore di ambasciate presso gli altri sodali), nell'ambito della cosca (OMISSIS), e' trattata alle pagine da 413 a 424 della sentenza di primo grado. Anche in questo caso, la trattazione della singola posizione segue il percorso motivazionale che parte delle prove documentali (sentenze e provvedimenti giurisdizionali) circa l'esistenza del sodalizio, si arricchisce delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, previo giudizio di credibilita' e di attendibilita' degli stessi, e si sofferma sulla realizzazione dei vari reati fine nell'unico contesto malavitoso. In tale articolato tessuto argomentativo, il ruolo di (OMISSIS) e' delineato innanzitutto dalle dichiarazioni di (OMISSIS), cosi' come acquisite all'udienza del 21 gennaio 2020, particolarmente significative nell'individuazione dei compiti svolti per conto del padre (ad esempio, la consegna delle armi per l'omicidio di (OMISSIS)); la chiamata in correita' e' confermata dalle convergenti dichiarazioni di (OMISSIS) e di (OMISSIS) oltre che dalle numerose intercettazioni riportate in sentenza, ritenute di per se' significative del carattere prevaricatore e aggressivo del (OMISSIS), del suo rapporto costante con i membri della cosca, dell'inserimento a pieno titolo nel sodalizio in quanto figlio del boss, delegato a risolvere una pluralita' di questioni. A fronte dei rilievi sulla valutazione delle prove, la Corte di appello (pagine 64 e seguenti) ha evidenziato come la difesa si fosse limitata a enfatizzare marginali incongruenze nel narrato dei collaboratori, spiegandone le ragioni, alla stregua dei dati istruttori, confermando il ruolo attivo e fiduciario per conto del padre - a prescindere da una formale investitura (battesimo) - riscontrato dalle intercettazioni telefoniche ed ambientali oltre che dal propalato dello (OMISSIS) e degli altri collaboratori. Il motivo di ricorso, a riguardo, reitera questioni riservate alla sede di merito, non riconducibili al travisamento della prova o alla manifesta illogicita'; si insiste nella alternativa e frammentaria lettura del dato probatorio, in particolare delle dichiarazioni dei collaboratori, ritenendo le discrasie del loro narrato non marginali, apprezzamento che si pone sul piano dell'opinabile ma non certamente dell'evidenza logica. E se i principi giurisprudenziali richiamati sono in se' corretti, la loro applicazione nel senso voluto dalla difesa acquisisce rilevanza solo se si accede ad un diverso apprezzamento delle prove (ad es. "le intercettazioni menzionate alle pagine 64 e 65 della sentenza impugnata non restituivano la prova tranquillizzante di una condotta manifestamente offensiva" - pag. 17 del ricorso), in relazione anche al periodo di partecipazione attiva all'associazione (due anni anziche' quattro); soprattutto, quei principi non valgono a sostenere la mancanza di "materialita' ed offensivita' della condotta", posto che cio' che emerge dalla struttura motivazionale delle sentenze di merito e' non gia' la mera affiliazione dell'imputato (pag. 20 del ricorso) ma lo stabile inserimento nella struttura associativa per il perseguimento dei comuni fini criminosi. 6.2. Ad uguale conclusione deve pervenirsi per la condanna per il reato sub 2, il porto di un fucile calibro 12, in concorso con (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Sostiene il ricorrente che le dichiarazioni di (OMISSIS) sul punto erano generiche e che il contenuto delle videoriprese del 24 settembre 2020 non avevano rilevanza ai fini della stabile relazione con l'arma e della disponibilita' di essa; le affermazioni dei giudici di merito si baserebbero pertanto su "mere illazioni o congetture" (pag. 22 del ricorso), senza considerare altresi' la natura privata del luogo ripreso dal sistema di telecamere. Priva di giustificazione sarebbe, infine, la ritenuta sussistenza dell'aggravante ex articolo 416 bis.1 c.p.. Le affermazioni contrastano con la ricostruzione della condotta delittuosa effettuata in sede di merito, con argomentazioni immuni da vizi logici, fondate sulle dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS) che aveva spiegato l'impiego dell'arma da parte del gruppo per esercitarsi; sulle riprese che lo ritraevano in compagnia del padre e dello stesso (OMISSIS), mentre si allontanavano con il fucile in mano a quest'ultimo; sulla conversazione intercettata nel corso della quale il ricorrente chiedeva al padre di avere l'arma per sparare (pagina 40 della sentenza impugnata). Il fine di agevolare l'associazione mafiosa facente capo a (OMISSIS) e' stato riscontrato in relazione a tutti i reati fine contestati (escluso quelli di cui ai capi 10, 12 e 13); in particolare, per quello in esame, posto che "il porto di armi, in generale, da parte dei consociati, si rendeva necessario per difendersi da una probabile vendetta della famiglia (OMISSIS)" (pag. 203 della sentenza di primo grado). 6.3. Per quanto attiene al trattamento sanzionatorio, valgono le stesse osservazioni relative a (OMISSIS): l'unico motivo devoluto in appello riguarda il diniego delle circostanze attenuanti generiche, non riconosciute per la personalita' negativa dell'imputato, desumibile dalla gravita' dei reati. Le altre censure riguardano questioni non sottoposte al vaglio del secondo giudice e, pertanto, non suscettibili di esame in sede di legittimita'. 7. (OMISSIS), condannato perche' partecipe del clan mafioso (OMISSIS) (capo 1) e per i reati fine di cui ai capi 2, 3, 4, 6, 7 e 8, con i primi cinque motivi di ricorso ha reiterato le eccezioni di merito gia' esaminate nei precedenti gradi di giudizio, insistendo nella erronea valutazione delle dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS) e nel mancato apprezzamento del ruolo di vittima di (OMISSIS), al quale era costretto accompagnarsi per commettere reati. 7.1. Anche in questo caso, la lettura - in realta' frammentaria e poco plausibile - del materiale probatorio si pone al di fuori del controllo di legittimita' sulla motivazione, ancorata a solide evidenze istruttorie e a congrue valutazioni giustificative del giudizio di colpevolezza. Valgono le seguenti brevi osservazioni: - il ruolo di partecipe, perche' esecutore delle direttive del (OMISSIS) per assicurare il controllo del territorio, ponendo in essere danneggiamenti e altri atti intimidatori volti ad affermare la forza dell'intimidazione nei confronti della locale popolazione, si basa sulle dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS), valutate in termini coerenti, e sulla chiamata in correita' nella commissione dei reati fine, aggravati dalla finalita' mafiosa, nella piena consapevolezza che gli ordini, ancorche' mediati dall'amico (OMISSIS), provenivano dal boss (pagine 435 e seguenti della sentenza di primo grado); - il ruolo dinamico e funzionale, significativo di una compenetrazione nel tessuto associativo, risulta confermato dai riscontri investigativi e dalle numerose intercettazioni telefoniche e ambientali, si' da doversi escludere le invocate esimenti e cause di non punibilita' (pagine 37 e 38 della sentenza di appello), prive di aderenza con la articolata motivazione del primo giudice (pagine 65 e seguenti, con riferimento agli episodi emblematici della forma di collaborazione volontaria con la cosca, senza alcuna costrizione o timore per la sua incolumita'); - la pendenza di altro procedimento penale, genericamente richiamato nel terzo motivo di ricorso, non e' idonea a negare la matrice mafiosa dei fatti, posto che solo le successive indagini della DDA avevano consentito di collegarli alla cosca (OMISSIS), cosi' come sottolineato dalla corte territoriale (pagina 66), in tal modo riscontrando la censura del (OMISSIS); - la sequenza di rilievi fattuali, riferiti a ciascuno dei reati fine, oggetto del quarto motivo di ricorso, si riducono ad una alternativa ricostruzione della condotta, basata su stralci di dichiarazioni dello (OMISSIS) e parti di conversazioni intercettate, nella pretesa di riscontro a qualsiasi diversa prospettazione, senza considerare che per la validita' della decisione non e' necessario che il giudice di merito sviluppi nella motivazione la specifica ed esplicita confutazione della tesi difensiva disattesa, essendo sufficiente che la sentenza evidenzi una ricostruzione dei fatti che conduca alla reiezione della deduzione implicitamente e senza lasciare spazio ad una valida alternativa; - la consapevole partecipazione del ricorrente ai suddetti reati e' stata ribadita dalla Corte di appello, con riferimento a riscontri istruttori spesso tralasciati dal (OMISSIS) (cosi' per il concorso nel porto di fucile, con riferimento alle immagini che lo ritraggono con l'arma e alle intercettazioni all'interno della sua vettura), che rendono certa, in particolare, l'esecuzione materiale dei danneggiamenti, negata su pretese incongruenze delle dichiarazioni del collaboratore e fraintendimenti nell'interpretazione dei dialoghi captati, confutate in termini adeguati dalla sentenza impugnata (paragrafi da 4, pag. 36, a 8, pag. 52, con riferimento alla puntuale ricostruzione delle condotte delittuose effettuata dal giudice di primo grado alle pagine da 196 a 242); - l'aggravante dell'articolo 416 bis.1 c.p. e' sempre collegata alla finalita' di rafforzamento della consorteria mafiosa e all'agevolazione della sua affermazione sul territorio, con l'impiego di armi, con spedizioni punitive tese a piegare la resistenza delle vittime (quinto motivo). 7.2. Il sesto ed il settimo motivo riguardano il trattamento sanzionatorio. Il diniego delle circostanze attenuanti generiche risulta ampiamente motivato per la mancanza di elementi positivi di valutazione a fronte della gravita' dei numerosi reati in questione. Quanto al trattamento sanzionatorio, la pena base per il capo 1) - dodici anni di reclusione - non risulta illegale per due ordini di ragione. Innanzitutto, l'appartenenza dell'imputato non risulta circoscritta ad un periodo diverso da quello oggetto di contestazione (fino al 2018), sebbene l'attivita' investigativa si riferisca ad un lasso di tempo precedente; ha sostenuto a riguardo la giurisprudenza - opportunamente richiamata dalla corte territoriale (pag. 76), con la quale il ricorrente omette di confrontarsi - che in presenza di una contestazione del delitto di partecipazione ad associazione di tipo mafioso in forma "chiusa", che abbracci un lungo arco temporale nel corso del quale sia intervenuta una modifica "in peius" del trattamento sanzionatorio (nella specie, la L. 27 maggio 2015, n. 69), l'applicazione della nuova cornice sanzionatoria non richiede la dimostrazione, da parte dell'accusa, che la condotta si sia protratta anche dopo detta modifica, in quanto, accertata l'esistenza della "offerta di contribuzione permanente" dell'affiliato all'associazione, questa deve ritenersi valida e produttiva di effetti fino alla dimostrazione del recesso spontaneo o provocato "ab externo" (sez. 2, sent. n. 1688 del 26/10/2021, dep. 2022, Giampa', Rv. 282516 03). 8. (OMISSIS), condannato perche' componente dell'associazione di âEuroËœndrangheta facente capo a (OMISSIS) e, quindi, per il capo 1 delle imputazioni, con un unico motivo di ricorso ha censurato la sentenza impugnata per "erronea valutazione probatoria e elusione delle censure difensive", e, quindi, anche in questo caso, riproponendo rilievi di merito, estranei alla sede di legittimita', e ravvisando incongruenze che non costituiscono - neanche nella prospettiva difensiva - vizi di evidente illogicita' e di travisamento delle prove acquisite. Insiste a lungo il ricorrente sulla circostanza che l'omicidio di (OMISSIS), oggetto di altro processo, sia stato definito in questo contesto processuale e valutato come prova decisiva a suo carico; riporta sintesi di varie dichiarazioni testimoniali (del maresciallo (OMISSIS), dei collaboratori (OMISSIS) e (OMISSIS), quest'ultimo ritenuto inattendibile, lamentando il mancato esame di scritti difensivi a riguardo), a sostegno della insussistenza della condotta partecipativa. Le sentenze di merito, al contrario, restituiscono una struttura argomentativa solida che attribuisce credibilita' alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS) - confermata, da ultimo, come indicato dal giudice di appello, dalla sentenza di condanna per l'omicidio (OMISSIS) - individuando sufficienti elementi di riscontro. L'imputato e' indicato come affiliato di lunga data, ritualmente battezzato con la dote "terza", all'indomani dell'omicidio di (OMISSIS), dallo stesso capo clan; si riporta altresi' che il collaboratore (OMISSIS) forni' nel corso della sua testimonianza particolari significativi circa la posizione del (OMISSIS) all'interno della cosca facente capo a (OMISSIS), incaricato da quest'ultimo di "tenere tutto in piedi" mentre era in carcere. Ulteriori riscontri sono stati indicati nel costante collegamento dell'imputato con la malavita locale, sulla base delle condanne riportate e della chiamata in correita' per l'ideazione e l'esecuzione materiale dell'omicidio del (OMISSIS), elemento quest'ultimo che contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa - non costituisce il fulcro della condanna del delitto associativo ma, nel ragionamento della sentenza impugnata, rafforza l'evidenza dell'appartenenza alla criminalita' organizzata, posto che anche le successive intercettazioni (pagina 380 della decisione di primo grado) avevano rivelato una contrapposizione fra clan e gli scontri del (OMISSIS) con "il morto" ( (OMISSIS)), a sostegno del gruppo mafioso di appartenenza. Deve sottolinearsi, infine, che la Corte di appello ha in termini esaurienti esaminato le riserve del (OMISSIS) sulle conclusioni del tribunale, sintetizzando il compendio probatorio a suo carico e ritenendolo solido, non senza evidenziare i numerosi dati che erano stati trascurati nella alternativa prospettazione difensiva (pagine da 67 a 69), si' che il motivo in esame risulta anche generico e reiterativo. 9. (OMISSIS), condannato per i reati di cui ai capi da 1 a 9, ha censurato con un duplice motivo l'entita' della pena, in relazione sia agli aumenti disposti in continuazione per i singoli reati fine, ritenuti sproporzionati rispetto al reato piu' grave, sia per l'applicazione della misura di sicurezza della liberta' vigilata, in assenza del presupposto della pericolosita' sociale. Il primo motivo e' generico perche' non si confronta criticamente con la sentenza impugnata che ha rilevato come in maniera del tutto opportuna il giudice di prime cure ha proceduto innanzitutto a differenziare gli aumenti posti in continuazione, in ragione della diversa gravita' dei reati, e, in secondo luogo, a contenere le porzioni di pena in termini comunque esigui, trattandosi di delitti di particolare allarme sociale aggravati dall'articolo 416 bis. 1 c.p.. Il secondo motivo e' manifestamente infondato, in quanto il giudizio di pericolosita' - sotteso all'applicazione della misura di sicurezza della liberta' vigilata - si giustifica alla luce del percorso di collaborazione intrapreso in tempi recenti, a fronte di un passato criminale fortemente caratterizzato dall'appartenenza alla âEuroËœndrangheta; inoltre, espiata la pena detentiva, l'effettiva persistenza della pericolosita' stessa del condannato sara' vagliata dalla magistratura di sorveglianza, escludendosi automatismi (sez. 1, sent. n. 1027 del 31/10/2018, dep. 2019, Argento, Rv. 274790). 10. Il ricorso di (OMISSIS), che ha definito la sua posizione ai sensi dell'articolo 599 bis c.p.p., consiste di uno motivo, con il quale si censura la sentenza di secondo grado perche' priva di adeguata motivazione in ordine all'assenza dei presupposti che legittimano l'operativita' dell'articolo 129 c.p.p. oltre che agli altri elementi della pronuncia (validita' del concordato, dosimetria della pena). Il ricorso e' inammissibile. In tema di concordato in appello, infatti, e' ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ex articolo 599-bis c.p.p. che deduca motivi relativi alla formazione della volonta' della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex articolo 129 c.p.p. e, altresi', a vizi attinenti alla determinazione della pena che non si siano trasfusi nella illegalita' della sanzione inflitta, in quanto non rientrante nei limiti edittali ovvero diversa da quella prevista dalla legge (sez. 1, n. 944 del 23/10/2019, dep. 13/01/2020, M., Rv. 278170). 11. Nell'interesse di (OMISSIS) - condannato per i reati di cui ai capi 1, con il ruolo di partecipe, e 3 - sono stati articolati sei motivi di ricorso, il primo, il secondo e il terzo incentrati sulla violazione dell'articolo 192 c.p.p. e sul vizio di motivazione in relazione alla valutazione delle prove. 11.1. Il ricorrente ritiene, a riguardo, che: (capo 1) a) la sentenza di appello si sia uniformata in termini acritici alla pronuncia di primo grado; b) le affermazioni del collaboratore (OMISSIS) non erano state riscontrate nel loro nucleo essenziale da quelle degli altri collaboratori ed erano altresi' prive di riscontri individualizzanti, tali non potendosi ritenere le intercettazioni richiamate alle pagine 367 e seguenti della sentenza del tribunale, di contenuto "neutro" (capo 3),c) la conversazione intercettata, riportata a pag. 213, non riscontrava di per se' le propalazioni di (OMISSIS). Richiamati i principi di diritto sintetizzati nel primo paragrafo sui limiti del sindacato di legittimita', i motivi non sono consentiti e comunque risultano privi della specificita' necessaria ex articolo 581 c.p.p., comma 1, e articolo 591 c.p.p., comma 1, lettera c). Va precisato in primo luogo che la sentenza di appello, rispetto alle censure di merito, reiterate in questa sede, ha confermato le argomentazione della pronuncia di primo grado, evidenziando come l'appellante si fosse limitato ad una lettura opinabile e frammentaria del composito quadro istruttorio, incentrato sul narrato dei collaboratori di giustizia e sui riscontri individualizzanti, costituiti, in particolare, dalle intercettazioni telefoniche ed ambientali; la conferma della condanna non si pone in termini acritici, assumendo semmai connotazione di sintesi rispetto a questioni che erano state gia' sottoposte al vaglio del primo giudice e che, comunque, avevano trovato in quella sede un'esauriente trattazione. (OMISSIS) (pagine da 357 a 365 della sentenza di primo grado) e' stato ritenuto partecipe dell'associazione per delinquere di stampo mafioso denominata "cosca (OMISSIS)" con il ruolo di coadiutore del capo clan nella gestione del locale, provvedendo ad assicurare la comunicazione tra gli associati, a consentire la partecipazione alle riunioni e ad eseguire le direttive dei vertici, curando egli stesso l'esecuzione di quelle piu' importanti, specie nel contrasto dei soggetti delle cosche avverse. La ricostruzione in fatto della condotta delittuosa segue un percorso logico lineare: la principale (OMISSIS) accusatoria e' costituita dalle dichiarazioni di (OMISSIS), del (OMISSIS) e del (OMISSIS), che consentono anche di ricondurre l'omicidio di (OMISSIS) all'azione criminosa concorsuale del (OMISSIS), nell'attuazione del programma criminoso teso all'affermazione del sodalizio sul territorio. I riscontri derivanti dalle intercettazioni telefoniche, trascritte nei suoi contenuti essenziali e apprezzate nella loro valenza esplicativa, hanno evidenziato i rapporti che l'imputato intratteneva con i sodali, e, in particolare, con (OMISSIS), in una compartecipazione e familiarita' nel crimine di lunga data, secondo le risultanze dei rispettivi certificati penali; ulteriori elementi sono indicati nella rituale affiliazione, con la dote della "santa", e nella commissione del danneggiamento ai danni di (OMISSIS), inserito nella lunga sequenza dei reati fine. Tale delitto (capo 3), ascritto in concorso con esponenti di spicco del clan, denunciato dalla vittima del grave danneggiamento, consistito nel taglio di circa 75 piante di ulivo di quarant'anni di eta', all'interno di un terreno di sua proprieta', e' inquadrato nel contesto malavitoso facente capo al clan (OMISSIS) (in tal senso gli appostamenti rilevati dal sistema di gps; la volonta' di ritorsione nei suoi confronti e l'atteggiamento prevaricatore del (OMISSIS), esplicitati nelle conversazioni intercettate; l'obiettivo di costringere il (OMISSIS) a cedere un terreno, riferito dal collaboratore (OMISSIS) e riscontrato dalla successiva consegna del bene). La corte territoriale, riscontrando i motivi di appello, ha posto in relazione le censure con il quadro probatorio di riferimento, sottolineando i dati trascurati nella prospettazione difensiva e la solidita' dell'impianto accusatorio, con riferimento sia alla partecipazione mafiosa (pagine 66 e 67) sia al delitto di danneggiamento (pagine 43 e 44). I motivi di ricorso sono, dunque, aspecifici perche' insistono su alternative letture delle intercettazioni, attribuendo alle stesse significati privi di rilevanza; su incongruenze nel narrato dei collaboratori, pur a fronte di una sostanziale convergenza nell'individuazione della partecipazione e del ruolo del Marrazzo nella compagine associativa; su una confutazione parziale delle prove, posto che, contrariamente a quanto affermato con il secondo motivo, la condanna per il delitto ex articolo 416 bis c.p. non si fonda sulla vicenda omicidiaria ma, piu' in generale, su una messa a disposizione del sodalizio, individuata attraverso una serie di elementi, fra i quali l'eliminazione fisica del rappresentante della famiglia rivale. 11.2. Con il quarto e il quinto motivo il ricorrente reitera le censure in ordine al riconoscimento delle aggravanti di cui all'articolo 416 bis.1 c.p. e articolo 416 bis c.p., comma 4 in relazione, rispettivamente, ai reati sub 3 e sub 1. Si sostiene che "la motivazione...non da' conto del perche' l'azione posta in essere debba considerarsi come finalizzata ad agevolare la cosca", senza alcun effettivo confronto con quanto evidenziato dai giudici di merito circa la finalita' ritorsiva che ha mosso la condotta di (OMISSIS), di (OMISSIS), di (OMISSIS) e di (OMISSIS): il taglio delle 75 piante di ulivo ha all'evidenza comportato un dispiego di energie e di tempo per la sua organizzazione, per la perpetrazione in orario notturno, per l'utilizzo di motoseghe, giustificato dalla plausibile finalita' di agevolare e rafforzare la cosca (OMISSIS), mediante un atto manifestamente intimidatorio nei confronti di una persona, il (OMISSIS), che si era rifiutato di obbedire alla volonta' di (OMISSIS) e aveva manifestato l'intenzione di denunciare gli altri sodali per un precedente furto avvenuto in un suo terreno. Quanto all'aggravante dell'articolo 416 bis c.p., comma 4, i rilievi sono del pari generici e avulsi dal contesto motivazionale, avendo i giudici di merito specificamente ricondotto l'uso delle armi all'associazione, sia come strumento di difesa dagli attacchi della famiglia rivale nell'affermazione sul territorio (il fucile di cui al capo 2 era infatti a disposizione del gruppo malavitoso e utilizzato anche per l'addestramento dei consociati) sia come mezzo di sopraffazione (l'omicidio del capo clan dei (OMISSIS)) - pag. 71 della sentenza impugnata. L'imputato aveva la consapevolezza di far parte di un'associazione armata, conclusione che s'inserisce nell'articolato percorso motivazionale incentrato sulle risultanze delle prove assunte. 11.3. L'ultimo motivo riguarda l'applicazione della recidiva; ritiene il ricorrente che non sia stato adeguatamente motivato il giudizio di maggiore pericolosita'. In realta', il tribunale - come non ha mancato di rilevare la corte territoriale aveva sottolineato che l'analisi della biografia penale di (OMISSIS) dimostrava la sussistenza di una relazione qualificata tra i precedenti penali da cui l'imputato era gravato al tempo di commissione dei delitti in oggetto e questi ultimi; precedenti che, essendo anche di natura specifica rispetto a quelli in esame, attestavano il permanente rifiuto di uniformare la condotta alle regole del vivere civile, nonostante i lunghi periodi di detenzione e la sottoposizione alla sorveglianza speciale, privi di effetto dissuasivo, si' che la reiterazione nel criminale non si presentava occasionale. 12. Nell'interesse di (OMISSIS) - condannato per i capi 1, come partecipe, e 2 - sono stati articolati sette motivi di ricorso: il primo e il secondo motivo relativi all'affermazione di responsabilita' per il reato associativo; il secondo, il terzo, il quarto e il quinto al porto di arma; il sesto ed il settimo al trattamento sanzionatorio. 12.1. Circa la partecipazione al clan (OMISSIS), il ricorrente ritiene, con argomenti simili a quelli del padre (OMISSIS), che: a) la sentenza di appello si sia uniformata in termini acritici alla pronuncia di primo grado; b) le affermazioni del collaboratore (OMISSIS) non erano state riscontrate da altri contributi dichiarativi accusatori, in considerazione altresi' dell'esiguita' dell'arco temporale riscontrato dalle indagini (2014); le intercettazioni richiamate alle pagine 70 e seguenti della sentenza della corte territoriale non avevano valenza indiziante, in mancanza di responsabilita' per i reati fine contestati; i rapporti con (OMISSIS) erano stati caratterizzati da ragioni personali. Richiamati anche in questo caso i principi di diritto sintetizzati nel primo paragrafo sui limiti del sindacato di legittimita', i motivi non sono consentiti e comunque risultano privi della specificita' necessaria ex articolo 581 c.p.p., comma 1, e articolo 591 c.p.p., comma 1, lettera c). Va ribadito pure che la sentenza di appello, rispetto alle censure di merito, reiterate in questa sede, ha confermato il giudizio valutativo della pronuncia di primo grado, indicando gli elementi di prova e traendo conclusioni coerenti sul piano logico ed argomentativo (pagine 70 e seguenti); in particolare ha indicato le ragioni per le quali lo (OMISSIS) avesse reso dichiarazioni attendibili, senza essere mosso da ragioni di risentimento, allorche' aveva indicato il ricorrente come appartenente del sodalizio ("affiliato con noi"), partecipe degli obiettivi omicidiari per l'affermazione della cosca sul territorio. Gli elementi di riscontro risultano altresi' significativi, con plausibile lettura dei dialoghi intercettati, tesi a definire anche il ruolo di emissario del capo clan nella veicolazione dei messaggi agli altri sodali. L'operazione di sintesi effettuata dalla corte territoriale e' funzionale all'analisi dei motivi di appello, senza automatismi valutativi, a fronte peraltro di una disamina quanto mai ampia in primo grado delle questioni sottoposte al vaglio del giudice dell'impugnazione. Il tribunale (pagine 424 e seguenti), infatti, aveva riportato i punti fondamentali della testimonianza del collaboratore (OMISSIS), soffermandosi non soltanto sul coinvolgimento nell'omicidio di (OMISSIS), ma su una serie di altri dati e, in particolare, sulle intercettazioni attestanti la totale disponibilita' nei confronti del capo, nell'irrilevanza, in senso contrario, di quanto dichiarato dai testi presentati dalla difesa. In definitiva, le tesi alternative del ricorrente non inficiano l'impianto motivazionale della doppia conforme sentenza di condanna e la conclusione secondo cui l'appartenenza al sodalizio di (OMISSIS) e' confermata da elementi in tal senso univoci (i rapporti di stabile frequentazione con tutti i componenti della consorteria, il rispetto del vincolo gerarchico e la messa a disposizione nei confronti di (OMISSIS), la condotta agevolativa per l'eliminazione di rivali e l'affermazione della cosca, la commissione del reato fine sub 2 ossia il porto di arma in concorso con altri sodali). Quanto all'aggravante dell'articolo 416 bis c.p., comma 4, valgono le considerazioni effettuate sul punto con riferimento alla posizione di (OMISSIS): trattasi di rilievi generici e avulsi dal contesto motivazionale, avendo i giudici di merito specificamente ricondotto l'uso delle armi all'associazione, sia come strumento di difesa dagli attacchi della famiglia rivale nell'affermazione sul territorio (il fucile di cui al capo 2 era infatti a disposizione del gruppo malavitoso e utilizzato anche per l'addestramento dei consociati,) sia come mezzo di sopraffazione (l'omicidio del capo clan dei (OMISSIS)) - pag. 71 della sentenza impugnata. 12.2. Le intercettazioni riportate alle pagine 198 - 201 della sentenza di primo grado e le immagini estrapolate dalle riprese dell'impianto di videosorveglianza, cosi' come descritte, giustificano la penale responsabilita' concorsuale del ricorrente per il porto del fucile calibro 12, nella consapevolezza della mancanza di autorizzazione per la sua detenzione e per il trasporto in luogo pubblico, dovendosi ritenere del tutto congetturale la prospettata convinzione in senso contrario, smentita peraltro dalla effettiva illegittimita' del porto e dalle finalita' della condotta delittuosa. La Corte di appello ha ribadito la valenza probatoria delle riprese che ritraggono (OMISSIS) in compagnia dei complici che materialmente portavano l'arma, escludendo la tesi di una connivenza non punibile, posto che - come riferito dal collaboratore di giustizia - il fucile serviva per esercitarsi, nel timore di ritorsioni del gruppo avverso. La condivisa disponibilita' dell'arma e' stata posta a base della ritenuta sussistenza dell'aggravante della finalita' dell'agevolazione mafiosa, con argomentazione anche in questo caso immune da rilievi di carattere logico (potenziamento della caratura criminale dell'associazione perche' strumento di difesa e di aggressione, con l'obiettivo di rinsaldare il vincolo di solidarieta' fra gli associati e di favorire la realizzazione degli scopi illeciti - pag. 41 della sentenza impugnata). 12.3. Le censure relative al trattamento sanzionatorio sono oltremodo generiche, in quanto il diniego delle circostanze attenuanti generiche si basa su una pertinente valutazione (personalita' negativa desumibile dalla gravita' dei fatti) e l'aumento per la continuazione e' in se' contenuto, adeguato alla condotta contestata. 12.4. L'inammissibilita' dei motivi originari del ricorso per cassazione non puo' essere sanata dalla proposizione di motivi nuovi, atteso che si trasmette a questi ultimi il vizio radicale che inficia i motivi originari per l'imprescindibile vincolo di connessione esistente tra gli stessi e considerato anche che deve essere evitato il surrettizio spostamento in avanti dei termini di impugnazione (Sez. 5, n. 48044 del 02/07/2019, Di Giacinto, Rv. 277850). 13. Il ricorso di (OMISSIS), condannato per gli episodi di danneggiamento aggravato in concorso di cui ai capi 7 e 8, ripropone questioni esaminate correttamente dalla corte territoriale, con pertinenti riferimenti alla sentenza di primo grado, insistendosi nella tesi del mancato riconoscimento delle cause di non punibilita' e dell'esimente di cui all'articolo 54 c.p., della erronea valutazione delle dichiarazioni dello (OMISSIS), dell'ingiustificato riconoscimento dell'aggravante ex articolo 416 bis.1 c.p., della specificita' del motivo di appello in relazione al capo 8, del diniego non motivato delle circostanze attenuanti generiche. Oltre che reiterativi e generici, i motivi vertono su questioni in fatto, riservate all'accertamento del giudice di merito, che con rigore di analisi hanno evidenziato un quadro probatorio che, pur dimostrando gli stretti rapporti con (OMISSIS) e (OMISSIS), estrinsecati in attivita' delinquenziali, non ha consentito di accertare al di la' di ogni ragionevole dubbio l'appartenenza e la partecipazione alla cosca mafiosa. 13.1. Nell'ambito, tuttavia, della responsabilita' concorsuale sono stati indicati gli elementi di prova circa la diretta partecipazione alla condotta di cui ai capi 7 e 8, in danno, rispettivamente, di (OMISSIS) e (OMISSIS) (pagine da 233 a 248 della sentenza di primo grado). La ricostruzione di tali azioni delittuose, con l'individuazione del ruolo di ciascun concorrente, e' stata effettuata sulla base delle dichiarazioni auto ed etero accusatorie del collaboratore (OMISSIS), che ha circostanziato gli episodi, evidenziando mandante e finalita' delle aggressioni; hanno trovato conferma nelle intercettazioni ambientali e telefoniche, valutate in termini plausibili, e nelle indagini riferite in sede testimoniale dal maresciallo (OMISSIS). Correttamente e' stata ritenuta l'aggravante dell'agevolazione mafiosa, posto che il ricorrente, al pari dei correi, era consapevole che le intimidazioni erano state ordinate dal (OMISSIS) e che miravano allo stato di soggezione della popolazione di (OMISSIS). 13.2. La Corte di appello, confermando la valutazione del tribunale, previo richiamo ai dati istruttori e alle argomentazioni rilevanti, ha esaminato in termini esaurienti i motivi di impugnazione del (OMISSIS) - comuni al (OMISSIS) - alle pagine da 48 a 52, a ragione ravvisando la genericita' delle censure in relazione al capo 8, posto che anche in sede di legittimita' il ricorrente omette di allegare le specifiche censure che, omesse nella valutazione della corte, sarebbero state determinanti ai fini del decidere. Lo stato di sudditanza psicologica del ricorrente o la sussistenza di altre cause che abbiano potuto incidere sulla sua capacita' volitiva sono estranee al materiale probatorio, che rivela, anzi, capacita' di autodeterminazione ed un ruolo attivo nelle vicende per cui ha riportato condanna (pag. 79 della sentenza impugnata). 13.3. I gravi reati in questione sono stati ritenuti causa sufficiente di diniego delle attenuanti, sottolineandosi come i danneggiamenti hanno cagionato un danno patrimoniale di significativa entita' e generato, al contempo, rassegnazione delle vittime al consolidamento del potere mafioso. 14. In conclusione, tutti i ricorsi risultano inammissibili; ne consegue, a norma dell'articolo 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento ed al versamento a favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di Euro 3.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. AGOSTINACCHIO Luigi - Presidente Dott. BORSELLINO Maria Danie - Consigliere Dott. ARIOLLI Giovan - rel. Consigliere Dott. CERSOSIMO Emanuele - Consigliere Dott. SARACO Antonio - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato il (OMISSIS); avverso la sentenza del 12/01/2022 della CORTE APPELLO di NAPOLI visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere GIOVANNI ARIOLLI; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore VINCENZO SENATORE, il quale ha concluso per l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente al capo B) e per l'inammissibilita' nel resto. udito il difensore; L'avvocato DI (OMISSIS), in sostituzione dell'avvocato (OMISSIS) del foro di SANTA MARIA CAPUA VETERE in difesa di (OMISSIS), insiste per l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. (OMISSIS), (alias Lleshi Indrit) ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli del 12/01/2022, che ha confermato la sentenza del GUP del Tribunale di Napoli Nord con cui il ricorrente e' stato condannato alla pena di giustizia in ordine ai reati di cui alla rubrica. Al riguardo, articola sei motivi che, ai sensi dell'articolo 173, disp. att. c.p.p., comma 1, saranno enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione. 2. Il Pubblico ministero presso questa Corte, nella persona del Sostituto Procuratore generale Senatore Vincenzo, con requisitoria del 15/02/2023 valevole anche quale memoria, ha conc(uso: per l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente al delitto di cui al capo B) e per l'inammissibilita' nel resto del ricorso, con declaratoria di irrevocabilita' della condanna in relazione ai delitti di cui ai capi A), C), D), E), F), G), H), I). CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso e' fondato nei sensi di cui in motivazione. E', invece, inammissibile nel resto. 1. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione della legge processuale nel punto in cui la Corte di appello, ai fini della identificazione del ricorrente quale quarto concorrente nei reati contestati ai capi B), C), D) ed E), ha utilizzato a carico dell'imputato i tabulati telefonici relativi alla IMEI (OMISSIS), legittimamente acquisiti con decreto del Pubblico ministero per effetto del testo vigente del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 132, al momento della adozione del provvedimento, senza, tuttavia, procedere alla loro valutazione unitamente ad altri elementi di prova, cosi' come espressamente previsto dalla specifica disciplina transitoria contemplata dalla L. n. 178 del 2021, articolo 1, comma 1-bis. 1. Il motivo e' manifestamente infondato. Come si evince dalla lettura delle sentenze di merito, l'identificazione del ricorrente, quale quarto concorrente nei delitti di rapina impropria, resistenza a pubblico ufficiale, detenzione e porto illegale, nonche' ricettazione di arma, non e' avvenuta esclusivamente sulla base dei contenuti dei dati di traffico telefonico, bensi' in ragione della valorizzazione di una pluralita' di elementi, di carattere individualizzante ed obiettivo, che sono ampiamente descritti e valorizzati nella motivazione della sentenza impugnata (che richiama, con particolare riguardo all'inserimento nel gruppo del ricorrente, anche gli elementi puntualmente declinati al riguardo dal primo giudice). In particolare, si e' evidenziato come l'elemento cardine che consente di collegare l'imputato al gruppo dedito alla commissione di delitti di carattere "predatorio" sia costituito dalla presenza della documentazione e di un telefono, al medesimo riferibile, rinvenuta sul veicolo di appoggio utilizzato dai sodali per commettere i furti in abitazione, nonche' dall'esito positivo di un servizio di osservazione che ne accerta la presenza, qualche giorno prima, all'interno dell'auto A4 condotta dal coimputato Ruci, veicolo che sara' poi coinvolto al momento dell'arresto in flagranza dei complici, su cui verra' rinvenuta la refurtiva dei furti contestati al capo B). Inoltre, e' in forza dell'esito dei servizi di localizzazione gps che la polizia giudiziaria aveva montato sull'auto A4 (e non dunque di verifica dei dati di traffico telefonico) che e' stato anche ricavato il coinvolgimento del ricorrente nei reati di cui ai capi B), C), D) ed E) della rubrica, stante la stretta relazione logico-temporale tra detta autovettura e quella di appoggio, gia' utilizzata dal gruppo, su cui vennero rinvenuti, nel medesimo frangente e contesto, i documenti ed il telefono dell'imputato. Inoltre, il coinvolgimento dell'imputato negli altri reati di furto muove dalla riconducibilita' al telefono al medesimo riferibile dell'attivazione dei telefoni "citofono" poi utilizzati per commettere gli altri furti. E', dunque, in ragione dell'accertato rapporto con il Ruci e della sua presenza al momento della commissione dei tre furti di cui al capo B) e del successivo momento in cui i complici vengono arrestati in flagranza, che il giudice del merito ha potuto attribuire valenza univocamente illecita ai dati di traffico telefonico pure utilizzati a dimostrazione del concorso dell'imputato negli altri reati di furto. Risulta, pertanto, osservato il disposto della L. n. 178 del 2021, articolo 1, comma 1-bis. 2. Con il secondo motivo si eccepisce la violazione di legge ed il difetto di motivazione rispetto alla ritenuta sussistenza dell'associazione per delinquere (capo A) e non del concorso di persone nella commissione di una pluralita' di delitti avvinti dal medesimo disegno criminoso, non essendosi i giudici di merito soffermati sul requisito della indeterminatezza del programma criminoso e della stabilita' della organizzazione quali elementi costitutivi della associazione. 2. Il motivo e' manifestamente infondato. Al riguardo, va evidenziato che la Corte di appello ha valorizzato il dato della piu' ampia estensione delle condotte programmate dal gruppo rispetto ai reati scopo che sono stati contestati ed ha posto in risalto le specifiche modalita' delle condotte logicamente sintomatiche di una operativita' di carattere programmato e basata su una organizzazione che non presenta alcun connotato di estemporaneita'. A fronte di una motivazione logica, confortata dalle risultanze istruttorie, che vengono puntualmente richiamate alle pagine 21 e 22 della sentenza impugnata, le censure difensive in ordine alla sussistenza del delitto associativo, in quanto espressive di un mero dissenso rispetto alla valutazione del compendio probatorio, non possono trovare ingresso in questa sede. Del resto, sul tema la Corte di legittimita' ha affermato - con orientamento di cui i giudici di merito risultano avere fatto corretta applicazione - che in tema di associazione per delinquere e' consentito al giudice, pur nell'autonomia del reato mezzo rispetto ai reati fine, dedurre la prova dell'esistenza del sodalizio criminoso dalla commissione dei delitti rientranti nel programma comune e dalle loro modalita' esecutive, posto che attraverso essi si manifesta in concreto l'operativita' dell'associazione medesima (Sez. 2, n. 2740 del 19/12/2012, dep. 2013, Rv. 254233; Sez. 2, n. 19435 del 31/03/2016, Rv. 266670; da ultimo v. Sez. 1, n. 47347 del 08/09/2022, Portacci, non mass.; Sez. 2, n. 11287 del 03/02/2023, Di Noto, non mass.). 3. Con il terzo motivo si lamenta la violazione di legge rispetto al concorso del ricorrente nel reato di rapina impropria ed in quello connesso di resistenza a pubblico ufficiale, essendo, in fatto, stato accertato che egli non si e' reso autore della condotta materiale (capi B e C della rubrica). 3. La censura e' manifestamente infondata. 3.1. Quanto al concorso del ricorrente nel delitto di resistenza di cui al capo C), la doglianza si fonda su un'alternativa di merito - ossia che l'allontanamento dell'imputato si sarebbe verificato prima della condotta di reazione a danno dei verbalizzanti - che risulta, invece, essere stata motivatamente disattesa dalla sentenza impugnata. La Corte territoriale, infatti, mediante il richiamo delle relative fonti di prova, ha precisato come gli occupanti del veicolo (tra cui vi era anche il ricorrente) si lanciarono fuori dall'auto solo dopo che avvenne lo speronamento dell'autovettura di servizio della polizia giudiziaria che si era posta dietro alla stessa nel tentativo di bloccarne la marcia. La circostanza che l'imputato non abbia poi compiuto atti di violenza a danno dei verbalizzanti - non avendo partecipato alla colluttazione ingaggiata dai complici, una volta scesi dall'auto, con gli agenti - non assume decisivo rilievo ai fini dell'esclusione del concorso nel reato contestato. In tema di resistenza a pubblico ufficiale, integra l'elemento materiale della violenza la condotta del soggetto che si dia alla fuga, alla guida di una autovettura, non limitandosi a cercare di sottrarsi all'inseguimento, ma ponendo deliberatamente in pericolo, con una condotta di guida obiettivamente pericolosa, l'incolumita' personale degli agenti inseguitori o degli altri utenti della strada (Sez. F, n. 40 del 10/09/2013, dep. 2014, E., Rv. 257915 - 01; Sez. 2, n. 44860 del 17/10/2019, Besana, Rv. 277765 - 01). L'essersi l'imputato lestamente allontanato dopo la condotta di reazione intentata dal complice mediante lo speronamento dell'auto di servizio, da' ragionevolmente conto di come la materiale opposizione fosse condivisa da tutti i correi e costituisse attuazione di un disegno ben preciso costituito dal darsi in ogni caso alla fuga al fine di evitare l'arresto per i furti poco prima commessi e, quanto al ricorrente, anche al fine di essere identificato quale soggetto illegalmente presente sul territorio italiano. 3.2. Rispetto al reato di rapina impropria (capo B) la difesa deduce il vizio di motivazione, richiamando la decisione assunta dalla Corte di cassazione (Sez. 2, n. 23231 del 13/04/2022) con la quale e' stata annullata con rinvio la sentenza della Corte di appello di Napoli del 22/12/2020, emessa all'esito del procedimento nei confronti degli altri tre concorrenti nello stesso reato, sul rilievo che non e' stato adeguatamente precisato se ed in che modo sussiste il nesso di contestualita' dell'azione complessiva e della correlazione fra la condotta posta in danno degli operanti - configurante l'autonomo e concorrente delitto di resistenza a pubblico ufficiale - ed il furto realizzato in altro ambito temporale e spaziale. 3.2. La censura e' fondata. Anche nella impugnata sentenza, cosi' come nella sentenza della Corte di appello del 22/12/2020, che ha riguardato i coimputati giudicati separatamente, si registra una carenza motivazionale non essendo stato adeguatamente precisato se ed in che modo sussiste il nesso di contestualita' dell'azione complessiva e correlazione fra la condotta posta in danno degli operanti- configurante l'autonomo e concorrente delitto di resistenza a pubblico ufficiale - ed i furti realizzati in altro ambito temporale e spaziale. Si impone, pertanto, in relazione a tale punto, l'annullamento della sentenza impugnata nei termini indicati nella sentenza emessa da questa Corte (Sez. 2 n. 23231 del 13/04/2022) in relazione alla sentenza della Corte di Appello di Napoli riguardante i tre concorrenti nello stesso reato. 3.3. Rispetto al ritenuto concorso nei due delitti di rapina impropria e resistenza, la difesa evidenzia, altresi', quanto al coinvolgimento nella rapina impropria, l'omessa valutazione della sussistenza del concorso anomalo di persone, pur avendo i giudici di merito ipotizzato l'attribuzione del fatto all'imputato sulla base della conseguenzialita' logica e temporale della condotta di furto, con argomentazione in fatto compatibili esclusivamente con la fattispecie di cui all'articolo 116 c.p., secondo gli orientamenti sul tema espressi dalla giurisprudenza di legittimita'. 3.3. Il motivo resta assorbito dall'annullamento con rinvio disposto per vizio di motivazione in ordine alla sussistenza del reato piu' grave in relazione al quale e' articolata la doglianza di applicazione dell'attenuante speciale di cui all'articolo 116 c.p.. 4. Con il quarto motivo di ricorso si rileva la violazione dell'articolo 110 c.p. e, comunque, il vizio di motivazione in relazione al concorso dell'imputato nei reati di cui ai capi D) ed E), aventi ad oggetto la detenzione ed il porto illegale di un'arma, lamentando l'omessa indicazione di elementi dai quali desumere che anche quest'ultimo ne avesse avuto disponibilita'; in particolare, la difesa lamenta il fatto che, rispetto a tali reati, si sia avuta da parte della Corte territoriale una motivazione standardizzata, comune agli altri coimputati, senza tenere conto della particolare posizione assunta dal ricorrente rispetto alla vicenda in esame. 4. Il motivo e' manifestamente infondato. Le considerazioni svolte dalla difesa non si confrontano, invero, con i canoni ermeneutici espressi dalla giurisprudenza di legittimita' rispetto alla valutazione degli indizi; ed invero, puo' pervenirsi alle considerazioni esposte nel ricorso, circa la non sussistenza del concorso del ricorrente nei delitti di resistenza e di detenzione, porto e ricettazione di arma solo se la posizione di quest'ultimo sia astratta dal complessivo contesto nella quale era stata collocata sulla base di logiche e ben riscontrate considerazioni. In particolare, solo una valutazione parcellizzata dei singoli reati puo' condurre alla conclusione secondo cui il ricorrente non avrebbe concorso nei gia' menzionati reati. Si tratta, in realta', di una ricostruzione che dalla lettura delle sentenze di merito risulta non compatibile con le risultanze che emergono da una valutazione complessiva del compendio, dalle quali, al contrario, risalta il dato della presenza del ricorrente al momento del controllo, della sua fuga nel mentre il veicolo era ancora in movimento, della presenza dell'arma da attivita' delittuose prossime ai fatti e dalla stessa natura e dal rinvenimento della pistola unitamente alla dotazione da parte del gruppo degli arnesi destinati alla realizzazione dei furti, elementi che convergono logicamente in una disponibilita' condivisa tra i correi, nell'ambito di un ordito illecito di carattere organizzato, previamente concordato e del tutto aderente anche alla riconosciuta esistenza dell'ipotesi del concorso necessario che lega gli imputati. 5. Con il quinto motivo si denuncia la violazione di legge ed il vizio di motivazione rispetto alla declaratoria di inammissibilita' delle eccezioni formulate all'interno dei motivi nuovi rispetto alle ritenute aggravanti di cui all'articolo 625 c.p., n. 2 e 5, contestate rispetto ai reati di cui ai capi F), G), H), I). 5. Il quinto motivo di ricorso e' inammissibile. Correttamente la Corte territoriale ha rilevato l'inammissibilita' delle eccezioni relative alle aggravanti contestate, perche' proposte per la prima volta solo all'interno dei motivi nuovi. La sentenza impugnata, sul punto, si e' dunque conformata all'orientamento di legittimita' secondo cui "I motivi nuovi proposti a sostegno dell'impugnazione devono avere ad oggetto i capi o i punti della decisione enunciati nell'originario atto di impugnazione a norma dell'articolo 581 c.p.p., comma 1, lettera a), dovendosi ritenere afferente a distinte statuizioni il motivo relativo all'affermazione della responsabilita' dell'imputato, investita dall'appello originario, e quello inerente alla configurabilita' di un'aggravante, con conseguente inammissibilita' di quest'ultimo." (ex multis, Sez. 6, n. 5447 del 06/10/2020, dep. 2021, Paun, Rv. 280783 - 01). Quanto, poi, al rilievo che su tale questione la Corte territoriale avrebbe potuto decidere ex officio, non ponendosi il principio devolutivo in contrasto con il potere del giudice di appello di escludere le circostanze aggravanti se ne risultano insussistenti i presupposti, va al contempo evidenziata la genericita' della doglianza, in quanto il ricorrente ha omesso di indicare gli elementi che sarebbero a sostegno dell'invocata esclusione. 6. Con il sesto motivo si censura la determinazione degli aumenti di pena in relazione ai singoli reati posti in continuazione ed il diniego delle circostanze attenuanti generiche. 6. In ragione della ritenuta fondatezza del ricorso in relazione al delitto di cui al capo B), le eccezioni relative al trattamento sanzionatorio devono ritenersi assorbite. 7. In conclusione, va annullata la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo B) con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli per nuovo giudizio sul punto. Va, invece, dichiarato inammissibile il ricorso nel resto ed assorbite le censure in ordine al trattamento sanzionatorio e all'applicazione dell'attenuante speciale di cui all'articolo 116 c.p. in relazione al delitto di rapina impropria di cui al capo 13). Va, al contempo, dichiarata irrevocabile l'affermazione di responsabilita' dell'imputato in relazione agli altri reati non investiti dalla pronuncia di annullamento. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al capo B) con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto ed irrevocabile l'affermazione di responsabilita' per i residui reati.

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