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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 94 del 2017, proposto da -OMISSIS- S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ma. Bu. Vi., Ma. Fr., con domicilio eletto presso lo studio dell'avvocato Ma. Bu. Vi. in Perugia, via (...); contro Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Perugia, domiciliataria ex lege in Perugia, via (...); nei confronti -OMISSIS- -OMISSIS- S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio; e con l'intervento di ad adiuvandum: -OMISSIS- S.r.l. unipersonale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Va. Pa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'annullamento del provvedimento emesso dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, prot. n. -OMISSIS- del -OMISSIS-, di diniego di accesso alle agevolazioni ex art. 14, comma 1, lett. c), del D.M. 592/2000, con riguardo ad un'attività di ricerca industriale Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 aprile 2024 la dott.ssa Elena Daniele e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO 1. -OMISSIS- s.r.l. in data -OMISSIS- presentava domanda di accesso alle agevolazioni di cui all'art. 14, comma 1, lett. c) del D.M. n. 593/2000, riconosciute in relazione alla "attribuzione di specifiche commesse o contratti per la realizzazione delle attività di cui al comma 6 del medesimo art. 14" - ovvero un'attività di ricerca industriale commissionata al laboratorio -OMISSIS- -OMISSIS- S.r.l. (già -OMISSIS- s.p.a.). Con nota prot. -OMISSIS-del -OMISSIS- il Ministero dell'Università e della Ricerca (di seguito "MIUR"), comunicava l'ammissibilità del progetto di ricerca ad una agevolazione complessiva di euro 206.582,75 nella forma del credito d'imposta, richiedendo quindi "ai fini dell'effettivo riconoscimento della predetta agevolazione" una serie di integrazioni documentali. 2. -OMISSIS- s.r.l. inviava il contratto di ricerca stipulato con -OMISSIS- s.p.a. in data -OMISSIS- con oggetto denominato come "Studi, analisi, ricerche, progettazioni e sviluppo sperimentale, volti al potenziamento dei servizi di ricerca industriale e di ingegneria integrata a favore delle p.m.i., anche in termini di strumentazioni, attrezzature e software, per conseguire un notevole miglioramento dei suddetti servizi forniti all'utenza nell'ottica dell'integrazione di sistemi aziendali"; il MIUR con nota del -OMISSIS- preavvisava la società circa la "...non accoglibilità del contratto stipulato con il -OMISSIS-oratorio -OMISSIS- s.p.a." in ragione del parere acquisito dal Gruppo di Lavoro incaricato dell'istruttoria, secondo cui "Dall'esame del documento tecnico allegato al contratto risulterebbe che il progetto si propone l'integrazione di energia geotermica con l'energia prodotta da motori a combustione interna o esterna tipo Stirling, alimentati da biogas prodotto da rifiuti organici di un edificio per coprire i fabbisogni energetici dell'edificio stesso. Il progetto, a partire dal suo titolo risulta generico, velleitario, inadeguato come presupposti, attività, contenuti e obiettivi e mancante in modo assoluto non solo dei requisiti scientifici ma anche dei presupposti tecnici necessari". -OMISSIS- provvedeva ad inviare le proprie osservazioni con missiva del -OMISSIS-, alla quale allegava documentazione integrativa; inoltre modificava il titolo del progetto. 3. In seguito il MIUR comunicava la sospensione della valutazione istruttoria delle varie domande di agevolazione a vario titolo connesse con il laboratorio -OMISSIS- -OMISSIS- S.r.l.; infatti l'Amministrazione il -OMISSIS- aveva effettuato una segnalazione alla Procura della Repubblica in merito ad eventuali illeciti o irregolarità emersi in seguito ad una serie di operazioni ritenute "sospette" dal Gruppo di Lavoro che si era trovato ad esaminare l'istruttoria di numerose domande di finanziamento in cui l'istante o il -OMISSIS-oratorio di ricerca -OMISSIS- -OMISSIS- (ex -OMISSIS- srl) erano alternativamente soggetto proponente la domanda di finanziamento ovvero laboratorio contraente del contratto di ricerca. In buona sostanza i due soggetti presentavano plurime domande di ammissione a finanziamento e si candidavano talvolta come -OMISSIS-oratorio, talvolta come soggetto beneficiario, quindi in alcuni casi la prima affidava commesse alla seconda e in altri viceversa. Da accertamenti risultava poi che il medesimo -OMISSIS- dal 2010 era stato Presidente del CdA del laboratorio contraente e Amministratore Unico della ricorrente, ed inoltre aveva incarichi sia nell'azienda Commissionaria che nel -OMISSIS-oratorio affidatario, cosi come alcuni suoi familiari. 4. Il MIUR, con nota prot. -OMISSIS- del -OMISSIS-2016 preannunciava, nuovamente, il rigetto della domanda di agevolazione segnalando: - che dopo il primo preavviso di non accoglibilità la società istante, in sede di invio di documentazione integrativa, aveva cambiato il titolo e l'oggetto del progetto e dunque quello originario doveva ritenersi abbandonato perché le relative criticità non erano state sanate; - in merito al nuovo progetto, che "Dalla documentazione integrativa trasmessa è evidente che essa tratta del tentativo di trasferire conoscenze tecnico scientifiche dal -OMISSIS-oratorio Affidatario al Soggetto Beneficiario, senza alcun ulteriore sforzo di ricerca industriale in quanto dagli obiettivi realizzativi e dalle attività svolte si è in presenza di una palese ed evidentissima attività di progettazione e sviluppo industriale. Infatti, tutta la documentazione non evidenzia significativi elementi di innovatività scientifica e tecnologica riconducibili ad attività di Ricerca Industriale. Le attività descritte si configurano palesemente come una concretizzazione di metodi e tecniche presenti allo stato dell'arte ai fini della realizzazione del nuovo progetto e non possono che considerarsi di prevalente ricerca industriale. (..) I brevetti allegati sono, altresì, una evidenza ulteriore che il progetto tratta della concretizzazione di conoscenze già note e, non sono in alcun modo, nel caso di specie, evidenza del fatto che l'attività svolta nell'ambito del progetto sia di prevalente Ricerca industriale. Anche il nuovo progetto presentato, seppur dal punto di vista della creatività appare di un qualche interesse, non ha alcun elemento caratterizzante che lo configuri come progetto a contenuti di prevalente Ricerca Industriale ma piuttosto esso appare essere in tutta la sua descrizione un esempio di progettazione creativa e sviluppo industriale con al più elementi di sviluppo sperimentale. (..) In definitiva, alla luce di quanto sopra descritto, anche la documentazione presentata per il progetto dal nuovo titolo è tale da potersi considerare correlata ad una iniziativa di progettazione, sviluppo industriale e, al più, con presenza di attività di sviluppo sperimentale; essa è assolutamente carente di tutte le caratteristiche che ragionevolmente possono far ritenere la stessa di prevalente Ricerca Industriale.". 5. -OMISSIS- s.r.l. presentava le proprie osservazioni il -OMISSIS- 2016, alle quali allegava anche la rendicontazione relativa alle spese del progetto di ricerca per il quale è stata richiesta l'agevolazione di che trattasi, nonché documentazione relativa ai brevetti riconosciuti in riferimento alla stessa attività oggetto di finanziamento. 6. In data -OMISSIS- 2016 seguiva il provvedimento definitivo, con il quale il MIUR comunicava la non accoglibilità dell'istanza di agevolazioni, facendo altresì riferimento al verbale della Commissione del -OMISSIS- 2016 e affermando che dalla documentazione integrativa presentata emergeva palese "che l'attività di ricerca presentata, non solo non è assolutamente di prevalente ricerca industriale, ma alla luce dei fatti rilevati, dalla carenza documentale e dall'analisi del materiale prodotto, non vi è alcuna prova che essa sia stata svolta, anzi tutt'altro. In ogni caso l'eventuale attività di ricerca industriale svolta non è in alcun modo documentata. Del resto lo sviluppo di un brevetto già depositato non richiede, in gran parte dei casi, prevalenza di attività di ricerca industriale (che magari è stata già svolta precedentemente alla domanda di brevetto) ma solo sviluppo industriale (attività routinaria di aziende di progettazione e di laboratori di ricerca) e/o sviluppo pre- competitivo (...) in ogni caso non erano presenti nella documentazione di rito e non sono presenti nella documentazione successivamente prodotta, elementi che possano far ritenere che sia stata svolta attività di ricerca industriale per "sviluppare" tale brevetto". 7. -OMISSIS- ha impugnato il provvedimento del -OMISSIS- 2016 articolando tre motivi di impugnazione. 7.1. Con un primo motivo si censura la violazione dell'art. 10 bis della l. 241/90 e il difetto di motivazione, oltre all'asserita violazione del principio di partecipazione e della leale collaborazione tra cittadino e P.A., affermando che l'esito finale di non finanziabilità sarebbe stato reso sulla base di un parere del Gruppo di esperti del -OMISSIS- 2016, quindi successivo al preavviso di rigetto, che la ricorrente aveva potuto conoscere solo in sede di provvedimento negativo finale, così impedendo il contraddittorio su tale ultimo parere; inoltre l'Amministrazione non avrebbe in alcun modo controdedotto in merito alle osservazioni presentate dalla ricorrente il -OMISSIS- 2016. 7.2. Con un secondo motivo si asserisce la violazione degli artt. 3 e 6 del d.lgs. 297 del 27 luglio 1999, degli artt. 3, 5 e 7 del decreto interministeriale n. 275 del 22 luglio 1998, e degli artt. 2 e 14 del d.m. 593 dell'08 agosto 2000; nonché infine la violazione del principio dell'affidamento. Dal quadro normativo sopra richiamato emergerebbe che il Ministero aveva escluso da finanziamento il progetto della ricorrente operando illegittimamente un inedito controllo sul contenuto del contratto allorchè il progetto era già stato ritenuto ammissibile: la verifica sul contenuto del contratto di ricerca sarebbe non già condizione per l'ammissibilità della domanda bensì soltanto per la liquidazione del beneficio, perché l'ammissibilità del progetto avrebbe dovuto essere deliberata solo sulla base della domanda, avendo la procedura di verifica carattere esclusivamente automatico. Inoltre la scelta di non finanziare il progetto sarebbe stata presa dal Ministero "appiattendosi" sui pareri espressi rispettivamente il -OMISSIS-2016 e il successivo -OMISSIS- dal Gruppo di Esperti, nonostante tale organo non abbia alcuna competenza circa la valutazione dei progetti di ricerca, né sarebbe prevista per legge l'emissione di un suo parere nell'ambito della procedura di che trattasi. 7.3. Infine con il terzo motivo la ricorrente censura il difetto di motivazione, la violazione del principio dell'affidamento, l'eccesso di potere per sviamento, il travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, l'ingiustizia manifesta. Innanzitutto poiché la domanda di finanziamento sarebbe stata presentata ai sensi dell'art. 2 del D.M. 593 del 2002 sarebbero senz'altro ammissibili le attività di ricerca industriale non esclusiva, come quella in oggetto. Inoltre già dal titolo del progetto emergerebbe pacificamente che il progetto presentato da -OMISSIS- avrebbe carattere di ricerca industriale; il rilascio dei brevetti depositati nel procedimento dimostrerebbe peraltro come l'attività di ricerca per la quale è stata richiesta l'agevolazione rientrerebbe pienamente tra quelle ammissibili perché attesterebbe che il risultato della ricerca è dotato di novità, originalità ed industrialità anche ai sensi del Codice della Proprietà Industriale. Infine il medesimo rilascio di detti brevetti dimostrerebbe che l'attività di ricerca sia stata effettivamente svolta, in contrasto con quanto ritenuto dal MIUR nel provvedimento definitivo. 8. La ricorrente con atto di cessione del -OMISSIS- 2017 ha ceduto a -OMISSIS- s.r.l.s. l'intero ramo di azienda inerente i Servizi di Progettazione di Ingegneria Integrata, con tutti i cespiti occorrenti per lo svolgimento dell'attività aziendale ceduta. Quindi la cessionaria ha notificato il -OMISSIS-2020 e depositato nel presente giudizio il successivo 28 agosto atto di intervento ad adiuvandum, precisando che secondo la prevalente giurisprudenza, in conformità alle previsioni di cui all'art. 2558 c.c., la cessione del complesso dei beni funzionalmente organizzati per l'esercizio di un'impresa determina l'automatico subentro del cessionario nella titolarità dei rapporti contrattuali - di carattere non personale - che attengono all'azienda ceduta. Pertanto la cessionaria sarebbe dotata di legittimazione ad intervenire nel presente giudizio in quanto titolare nei confronti del MIUR del diritto di credito al finanziamento oggetto del presente giudizio. 9. Si è costituito il giudizio il Ministero dell'Istruzione e della ricerca, che ha eccepito il difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo, trattandosi di domanda di contributo economico soggetto a procedura di valutazione automatica, nella cui valutazione la P.A. era priva di discrezionalità, dovendo limitarsi ad accertare la ricorrenza dei presupposti di legge. Quindi l'Amministrazione ha contestato la legittimazione all'intervento di -OMISSIS- srl, in quanto la cessione di azienda è avvenuta in epoca successiva all'emanazione del provvedimento impugnato, che aveva escluso il sorgere del credito: discende da ciò che il credito non può essere stato trasferito nel patrimonio della cessionaria perché inesistente nel patrimonio della cedente. Al contrario se la società fosse effettivamente titolare del diritto di credito sarebbe cointeressata, quindi avrebbe dovuto impugnare il provvedimento del -OMISSIS- 2016 autonomamente. Nel merito la difesa erariale confutava partitamente i singoli motivi di impugnazione. 10. Nel frattempo era emerso che il Sig. -OMISSIS-, legale rappresentante di -OMISSIS- srl e di -OMISSIS-srls, in concorso con altri soggetti tra cui il figlio -OMISSIS-, era stato rinviato a giudizio avanti al Tribunale di Perugia (R.G.N.R. -OMISSIS-/13) per il reato di cui all'640 bis c.p. (truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche) integrato mediante presentazione di domande di finanziamenti per attività di ricerca in concreto mai svolta nonchè emissione di fatture per operazioni inesistenti. Da documentazione versata in atti risultava che nel maggio 2018 il predetto procedimento si trovava nella fase dell'udienza preliminare. 11. Con sentenza n. -OMISSIS- 2018 il Tribunale di Perugia ha dichiarato il fallimento della ricorrente, evento poi dichiarato nel presente giudizio con memoria del 21 settembre 2020; questo Tar con sentenza n. -OMISSIS- 2020 ha dichiarato l'interruzione del processo con decorrenza dalla data in cui la parte ha fatto la dichiarazione nella memoria, ovvero il 21 settembre 2020. 12. -OMISSIS-, interveniente ad adiuvandum, ha riassunto il processo con atto notificato in data 27 dicembre 2020 e depositato il 5 gennaio del 2021; senonchè il Tar Umbria con sentenza n. -OMISSIS- 2022 ha dichiarato l'estinzione del processo per mancata riassunzione nel termine perentorio di 90 giorni decorrenti dalla data di conoscenza legale dell'evento interruttivo, ovvero dalla memoria del 21 settembre 2020. 13. A seguito di appello, il Consiglio di Stato con sentenza n. -OMISSIS- 2023 ha riformato la sentenza di primo grado in punto di decorrenza dell'interruzione del processo, considerando che "a seguito dell'intervenuto mutamento del quadro normativo verificatosi a far tempo dal 1° settembre 2021, per l'entrata in vigore dell'art. 143, comma 3, del d.lgs. n. 14/2019 (Codice della crisi dell'impresa e dell'insolvenza, in attuazione della l. n. 155/2017), il quale ha previsto che a seguito dell'apertura della liquidazione giudiziale (già dichiarazione di fallimento), il termine per la riassunzione del processo interrotto decorre da quando l'interruzione è dichiarata dal giudice." Sulla base di tale principio la conoscenza legale dell'evento interruttivo doveva ritenersi fissata non già dalla data di deposito della memoria della ricorrente, bensì dalla pubblicazione della sentenza con cui il Tar Umbria aveva dichiarato l'interruzione, ovvero il -OMISSIS-: rispetto a tale data la riassunzione doveva ritenersi sicuramente tempestiva. Il Consiglio di Stato ha ritenuto altresì che, vertendosi in uno dei casi tassativi di rimessione in primo grado, "All'esito del rinvio, pertanto, il primo giudice andrà a esaminare per la prima volta tutte le altre questioni di rito e di merito, compresa quella della possibilità, per l'interveniente ad adiuvandum, di riassumere il giudizio interrotto", ed ha rimesso il processo al Tar Umbria. 14. In vista della discussione del ricorso le parti hanno depositato memorie. All'udienza pubblica del 9 aprile 2024, uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale, la causa è stata trattenuta in decisione. DIRITTO 1. Deve essere disattesa l'eccezione di difetto di giurisdizione spiegata dalla difesa erariale sul presupposto che, essendo il contributo disciplinato direttamente dalla legge, all'Amministrazione è demandato esclusivamente il compito di accertare la sussistenza dei presupposti specificamente indicati dalla normativa, senza spendita di alcun potere discrezionale. Sul punto è noto l'orientamento giurisprudenziale in tema di contributi pubblici secondo cui la controversia deve essere devoluta al Giudice Ordinario quando il finanziamento è riconosciuto direttamente dalla legge, ed alla Pubblica Amministrazione è demandato soltanto il compito di verificare l'effettiva esistenza dei relativi presupposti senza procedere ad alcun apprezzamento discrezionale circa l'an, il quid, il quomodo dell'erogazione, ovvero qualora la vertenza attenga alla fase di erogazione o di ripetizione del contributo sul presupposto di un addotto inadempimento dei beneficiari alle condizioni statuite in sede di lex specialis, in quanto in tal caso il privato è titolare di un diritto soggettivo perfetto, come tale tutelabile dinanzi al giudice ordinario, attenendo la controversia alla fase esecutiva del rapporto di sovvenzione e all'inadempimento degli obblighi cui è subordinato il concreto provvedimento di attribuzione; al contrario è configurabile una situazione soggettiva d'interesse legittimo, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo, ove la questione riguardi una fase procedimentale precedente al provvedimento discrezionale attributivo del beneficio, oppure quando, a seguito della concessione del beneficio, il provvedimento sia annullato o revocato per vizi di legittimità o per contrasto iniziale con il pubblico interesse (cfr. fra le tante, T.A.R. Marche, sez. I, 27 febbraio 2024, n. 187, T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, 04 dicembre 2023, n. 6660, T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 05 giugno 2023, n. 1383). Nel caso de quo è oggetto di contenzioso il provvedimento con cui si dichiarava la "non accoglibilità del contratto" ovvero in buona sostanza la non meritevolezza del progetto, principalmente perché l'attività oggetto del contratto di ricerca non era stata ritenuta di ricerca industriale, bensì di mero sviluppo industriale, oltre alle perplessità circa l'effettivo svolgimento dell'attività . Trattavasi evidentemente di valutazione di merito, non a caso svolta dalla Commissione di esperti istituita con Decreto del MIUR n. -OMISSIS- 2005, collegio che quindi valutava il contenuto del progetto in maniera approfondita facendo uso anche di discrezionalità tecnica. Deve quindi confermarsi la giurisdizione del presente Giudice, trovandosi la società ricorrente in posizione di interesse legittimo rispetto all'erogazione di un contributo la cui attribuzione dipende da provvedimenti discrezionali. 2. Come chiarito dal Consiglio di Stato, che riteneva la riassunzione del processo tempestiva, va preliminarmente esaminata la questione della legittimazione dell'interveniente a riassumere il processo interrotto, giacchè se si ritenesse che l'interveniente fosse carente di tale potere, il processo dovrebbe dichiararsi estinto, con la conseguente perdita di interesse alla delibazione delle ulteriori questioni. 2.1. Secondo un orientamento "Nel processo amministrativo, chi sia intervenuto "ad adiuvandum" non può ampliare la materia del contendere e non può sottoporre al collegio istanze processuali autonome e diverse da quelle del ricorrente in ordine allo svolgimento del giudizio. Pertanto sono inammissibili le istanze processuali dell'interventore relative allo spostamento della udienza, formulate sotto forma di istanza di differimento dell'udienza al 28.9.2023 e di anticipazione al 14.9.2023, e le istanze inerenti la composizione del Collegio giudicante, sottoposte in data anteriore alle istanze analoghe di parte ricorrente, come già osservato con i decreti presidenziali 13.9.2023 nn. 3752 e 3753." (Cons. Stato, sez. V, 22 settembre 2023, n. 8487). Dunque l'interventore ad adiuvandum non potendo estendere l'oggetto del processo non potrebbe neppure riassumere il processo interrotto in assenza di iniziativa delle altre parti costituite. 2.2. Senonchè lo scrutinio della sussistenza della legittimazione dell'interveniente alla riassunzione del processo presuppone la qualificazione dell'effettiva tipologia dell'intervento spiegato da -OMISSIS-, che sebbene espressamente qualificato ad adiuvandum dalla parte non ne presenta i requisiti di sostanza. Nel processo amministrativo è espressamente contemplato l'intervento volontario oppure jussu iudicis del controinteressato pretermesso (art. 28 primo comma cod. proc. amm.) ovvero l'intervento di chi vanta un interesse dipendente dalla posizione giuridica di un'altra parte e ne sostiene o avversa le ragioni (intervento ad adiuvandum o ad opponendum). In particolare "l'intervento ad adiuvandum può essere svolto da colui il quale vanti una posizione di fatto, dipendente o collegata alla situazione fatta valere con il ricorso principale (cd. intervento adesivo-dipendente), escludendosi invece tale possibilità nei riguardi del cointeressato (cd. intervento autonomo/principale), cioè di colui il quale vanti un interesse personale e diretto all'impugnazione del provvedimento oggetto di censura" (Cons. Stato, sez. III, 04 aprile 2023, n. 3442). In altri termini le condizioni che legittimano la proposizione dell'intervento adesivo sono rappresentate: dalla alterità dell'interesse vantato rispetto a quello che legittimerebbe alla proposizione del ricorso in via principale, visto che l'intervento è volto a tutelare un interesse diverso, ma collegato, rispetto a quello fatto valere dal ricorrente principale - cosicchè la posizione dell'interessato è meramente accessoria e subordinata rispetto a quella della parte principale - e dalla configurabilità di un vantaggio derivante, anche in via mediata e indiretta, dall'accoglimento del ricorso principale. E', pertanto, inammissibile l'intervento ad adiuvandum promosso da chi sia ex se legittimato a proporre direttamente il ricorso giurisdizionale in via principale, considerato che in tale ipotesi l'interveniente non fa valere un mero interesse di fatto, bensì un interesse personale all'impugnazione di provvedimenti immediatamente lesivi, che deve essere azionato mediante proposizione di ricorso principale nei prescritti termini decadenziali. (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 20 settembre 2022, n. 8114, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 10 marzo 2023, n. 4169, T.A.R. Umbria, 05 luglio 2023, n. 435). 2.3. -OMISSIS-srl, pur potendo identificare il proprio interesse in senso tecnico come dipendente e/o collegato a quello del ricorrente principale - dato che, quale cessionario di azienda della ricorrente deriva il proprio interesse dal contratto di cessione con quest'ultima - e dunque potendo definirsi in astratto quale interveniente ad adiuvandum, non vanta un interesse indiretto all'accoglimento del ricorso, nè ha una posizione diversa ma collegata al ricorrente principale, ma ha precisamente il medesimo interesse di quest'ultimo. La società interveniente, quale successore a titolo particolare nel diritto (rectius, nell'interesse) controverso, all'esito della cessione è l'unico titolare di tale interesse perché -OMISSIS- si è disfatta in suo favore del relativo ramo di azienda. L'interveniente può qualificarsi quale cointeressata all'impugnazione principale, sebbene in via solamente successiva, poiché quale potenziale destinataria del finanziamento in seguito alla cessione di azienda si trova ora nell'identica posizione della ricorrente, ma non era onerata dell'impugnativa del provvedimento nei termini - come opinato dalla difesa erariale - perché essendo stata operata la cessione solo successivamente, allora non era portatrice di alcun interesse neppure di mero fatto all'impugnazione. Dunque deve dichiararsi la legittimazione di -OMISSIS-ad intervenire nel presente processo quale successore a titolo particolare di -OMISSIS- srl, ed in virtù di tale interesse qualificato all'annullamento del provvedimento impugnato era senz'altro legittimata a riassumere il processo interrotto perché abilitata alle medesima facoltà spettanti alle altre parti processuali. 3. Ciò chiarito deve procedersi all'esame del merito del ricorso, che si appalesa integralmente infondato. 4. Non può essere condiviso il primo gruppo di censure, incentrato sulla presunta obliterazione delle garanzie procedimentali correlate al preavviso di rigetto, unitamente all'asserita omessa valutazione delle osservazioni della parte privata con riguardo al contenuto del provvedimento finale. 4.1. Innanzitutto, non corrisponde al vero che il provvedimento finale sarebbe stato adottato sulla base del verbale del gruppo di lavoro del -OMISSIS- 2016 - dunque in una riunione successiva all'invio del preavviso di rigetto - recante motivazioni nuove e non condivise con la ricorrente, che sulle stesse avrebbe dovuto potersi difendere prima dell'adozione del provvedimento di diniego definitivo. Il preavviso di diniego del -OMISSIS-2016 era basato principalmente su tre ragioni: a) le perplessità sul ruolo di amministratore/socio svolto dallo stesso soggetto (-OMISSIS-) sia nella società beneficiaria del contributo sia nel laboratorio affidatario, i quali enti in altre domande di finanziamento si scambiavano i ruoli; b) la riconducibilità delle attività svolte a mera progettazione e sviluppo industriale, senza alcun significativo elemento di innovatività scientifica e tecnologica che afferisse alla richiesta attività di ricerca industriale; c) l'irrilevanza sotto il precedente profilo dei brevetti ottenuti dalla ricorrente nel medesimo campo oggetto di ricerca, brevetti che anzi confermavano l'assenza di attività originale ulteriore rispetto ai brevetti stessi. Tali argomenti erano i medesimi su cui si basava anche il provvedimento finale di rigetto e su cui aveva abbondantemente interloquito la ricorrente nelle osservazioni dell'ottobre 2016, senza apportare alcun elemento che inducesse il Ministero a determinarsi differentemente. 4.2. Peraltro il contenuto del verbale del gruppo degli esperti non introduceva alcun sostanziale elemento di novità rispetto a quanto già oggetto di discussione tra le parti, dato che oltre a specificare ulteriormente il concetto di ricerca industriale e il contenuto della circolare 2474 del 2005 sullo svolgimento dell'istruttoria dei progetti - di cui si dirà infra - il Gruppo di lavoro svolgeva alcune osservazioni sul contenuto della relazione illustrativa inviata da -OMISSIS- nel 2011 (in risposta al primo preavviso di rigetto) sostenendo che detto scritto era una sorta di "collage" di testi scientifici e tesi di laurea reperibili in argomento sul web, e che non apportava alcun elemento di novità idoneo a dimostrare l'esistenza di effettiva ricerca industriale. In conclusione l'interlocuzione tra il Ministero e la parte privata era stata varia ed approfondita, e comunque le osservazioni critiche del Gruppo di lavoro attenevano a difetti strutturali del progetto, certamente non superabili con l'eventuale presentazione di deduzioni difensive già comunque presentate in precedenza sui medesimi argomenti. 5. Non è meritevole di positiva valutazione neppure il secondo motivo di ricorso laddove pretende di trarre dalla normativa applicabile argomenti a favore dell'esercizio da parte del Gruppo di lavoro di un controllo non previsto dalla lex specialis che aveva portato all'esclusione del progetto della ricorrente in seguito ad una valutazione sul contenuto del contratto di ricerca, mentre secondo la ricorrente l'ammissibilità del progetto avrebbe dovuto essere riconosciuta solo sulla base delle mere dichiarazioni della ricorrente, o comunque della comprova dell'avvenuta stipulazione del contratto senza poterne valutare i contenuti. 5.1. Il D.M 275 del 1998 agli artt. 4 e 5 opera una scansione ben precisa degli adempimenti procedurali prodromici all'ammissibilità a finanziamento del contratto di ricerca: - scaduti i termini per la presentazione delle domande, il Ministero controlla il contenuto delle dichiarazioni entro i 60 giorni successivi e la formazione di un elenco dei soggetti ammissibili sulla base delle eventuali priorità ; - i soggetti collocati nell'elenco entro i 30 giorni successivi inviano al Ministero copia dei contratti di ricerca ovvero in alternativa una dichiarazione, sottoscritta dal legale rappresentante della beneficiaria del finanziamento, attestante l'avvenuta stipula del contratto con i laboratori di ricerca o altri soggetti, di cui vanno indicati gli estremi identificativi, oltre all'attività di ricerca oggetto del contratto; - solo sulla base delle sopra indicate comunicazioni o documentazioni il MIUR forma l'elenco dei soggetti beneficiari, che pubblica nella Gazzetta Ufficiale, dandone comunicazione anche per via telematica ai soggetti medesimi. E' vero che il procedimento di cui sopra non contempla espressamente alcuna forma di controllo approfondito da svolgersi in via preventiva sul contenuto del contratto, ma ai sensi dell'art. 7 sono previste forme di controllo e di monitoraggio a campione che successivamente potranno portare alla revoca del beneficio. 5.2. Non può tuttavia condividersi l'interpretazione di tali disposizioni secondo cui il contenuto del contratto di ricerca condizionerebbe non l'ammissibilità della domanda bensì solo la liquidazione del beneficio: è evidente il palese contrasto con il buon andamento della PA e l'economia degli atti giuridici di una lex specialis che per ipotesi consentisse, in assenza di idonee verifiche, di attribuire un beneficio economico ad un progetto non meritevole - salvo il recupero delle provvidenze in un secondo momento all'esito di un controllo più approfondito - con l'evidente rischio di non recuperare in seguito soldi pubblici messi a disposizione in carenza di adeguata istruttoria. 5.3. Proprio per porre rimedio all'inadeguatezza di un'istruttoria di progetti spesso scientificamente complessi operata mediante procedura standardizzata, nel 2005 con Decreto del MIUR n. 3247/Ric del 6 dicembre 2005, è stato istituito formalmente un Gruppo di Lavoro incaricato di esaminare la documentazione trasmessa dai soggetti proponenti nell'ambito delle domande di agevolazione "ai fini del più efficace svolgimento delle complessive attività di selezione, controllo e monitoraggio, previste ai sensi dell'art. 14 del decreto ministeriale n. 593 dell'8 agosto 2000, comma 2, è istituito uno specifico Gruppo di esperti con il compito di assicurare il necessario supporto alle attività di competenza del Ministero". Quanto invece alla necessità "di rendere più efficace l'attività di individuazione delle richieste ammissibili alla concessione delle agevolazioni descritte" con la circolare n. 2474 del 17 ottobre 2005, pubblicata sulla G.U. n. 251 del 27 ottobre 2005, è stata modificata la fase di valutazione preventiva dell'ammissibilità delle domande che ha previsto - per l'agevolazione di interesse nella presente sede - l'obbligo di invio nella fase antecedente alla formazione dell'elenco delle domande finanziabili del contratto di ricerca che dovrà obbligatoriamente contenere: l'indicazione dettagliata e motivata della criticità tecnico- scientifica dell'iniziativa, la descrizione dettagliata degli obiettivi, attività e programma delle attività, il diagramma temporale dell'iniziativa, il quadro economico dettagliato dei costi, le modalità di pagamento, oltre a numerose altre informazioni sull'altro contraente. 5.4. Quindi nel 2007 la domanda di finanziamento presentata dalla ricorrente era sottoposta all'approfondita istruttoria preventiva svolta dal Gruppo di esperti all'uopo nominato, e sulla base di tali parametri il progetto presentato da -OMISSIS- veniva ritenuto incompleto, non conforme agli obiettivi e quindi non accoglibile. Né poteva ritenersi sorto alcun legittimo affidamento della ricorrente all'erogazione del beneficio, dato che l'ammissibilità solo provvisoria del progetto era stata deliberata in assenza di controlli documentali, al cui invio era seguito subito, già nel gennaio 2011, il preavviso di diniego dell'accoglibilità della misura. 6. Anche il terzo motivo deve essere respinto. 6.1. La domanda di ammissione a beneficio è stata presentata ai sensi del D.M. 593 del 2002 che all'art. 2 comma 2 prevede: "L'intervento di sostegno può estendersi anche a non preponderanti attività di sviluppo precompetitivo consistenti nella concretizzazione dei risultati delle attività di ricerca industriale in un piano, un progetto o un disegno relativo a prodotti, processi produttivi o servizi nuovi, modificati, migliorati, siano essi destinati alla vendita o all'utilizzazione, compresa la creazione di un primo prototipo non idoneo a fini commerciali" tuttavia tale previsione va letta in combinato disposto con il comma 3, che prevede che le predette "attività di sviluppo precompetitivo sono ammissibili purché necessarie alla validazione dei risultati delle attività di ricerca industriale". Quindi non solo le attività di ricerca industriale devono sussistere, ma devono essere altresì preponderanti, perché le eventuali attività di sviluppo precompetitivo devono avere valenza strettamente ancillare rispetto alla ricerca industriale. Già da tale considerazione discenderebbe il rigetto di tale motivo di censura, dato che non è controverso che la ricerca industriale non fosse preponderante nel progetto in esame, ma il Gruppo di esperti ha ritenuto completamente assente tale attività dal contratto di ricerca, che involgerebbe al più attività di sviluppo industriale. 6.2. Peraltro rispetto a tale valutazione caratterizzata da discrezionalità tecnica, il sindacato di questo Tribunale deve arrestarsi al riscontro di eventuali elementi sintomatici di illogicità, irragionevolezza, travisamento, che appaiono palesemente assenti nel caso de quo e del resto non sono stati neppure enunciati in maniera specifica dalla ricorrente. Né il titolo del progetto di ricerca né l'avvenuta presentazione di una domanda di brevetto in materia analoga bastavano a dimostrare che trattavasi di attività di ricerca industriale, come ritenuto in maniera ragionevole dal Gruppo di esperti che sul punto ha motivato diffusamente. E' pienamente condivisibile il ragionamento per cui, se una domanda di brevetto riguarda una determinata attività di ricerca, allorchè tale brevetto sia rilasciato la ricerca è evidentemente conclusa e quella stessa attività non può costituire l'oggetto di un ulteriore contratto di ricerca da finanziarsi con il beneficio in contestazione, ma al più, come ritenuto dall'Amministrazione può implicare attività ulteriore di mero sviluppo industriale. Peraltro è la stessa ricorrente ad ammettere l'identità dell'attività oggetto di brevetto e di quella oggetto del contratto di ricerca, allorchè sostiene che la prova dell'effettuazione dell'attività di ricerca industriale assegnata a -OMISSIS- -OMISSIS- è l'avvenuto rilascio del brevetto. Dunque la domanda di agevolazione è diretta a finanziare non una nuova attività di ricerca, ma attività già svolta e oggetto di privativa, ed è stata correttamente ritenuta non ammissibile dall'Amministrazione. 6.3. Le osservazioni della Commissione di esperti in merito alla mancata documentazione dell'effettuazione dell'attività di ricerca non sono neppure confutate in maniera convincente né nel ricorso né nelle osservazioni del 2016: d'altro canto il documento denominato "relazione dettagliata delle attività svolte" datata -OMISSIS- 2012, che avrebbe dovuto, a ricerca conclusa, dare conto dei costi delle attività e dei risultati raggiunti non conteneva nulla di tutto ciò, ma si limitava a riportare stralci di documenti scientifici collazionati, ed in punto di costi riferiva dell'avvenuta emissione di una serie di fatture da parte del laboratorio contraente senza una specifica analisi degli importi. 7. Il ricorso deve essere conclusivamente respinto. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Umbria Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Condanna la ricorrente e l'interveniente ad adiuvandum in solido al pagamento delle spese di lite in favore del Ministero, che si liquidano complessivamente in euro 2.000 (duemila/00), oltre agli oneri ed accessori di legge. Nulla per la controinteressata non costituita. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte ricorrente e le altre parti di causa. Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 9 aprile 2024 con l'intervento dei magistrati: Pierfrancesco Ungari - Presidente Davide De Grazia - Primo Referendario Elena Daniele - Referendario, Estensore

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Quinta Ter ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 6799 del 2017, proposto da Ac. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Gi. Sg., Ch. To., Gi. Co., Fe. Bu. e Pa. Za., con domicilio eletto presso lo studio Gi. Co., in Roma, via (...); contro Gse - Gestore dei Servizi Energetici S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Gi. Fr., Ma. An. Fa. e An. Pu., con domicilio eletto presso lo studio Gi. Fr., in Roma, via (...); per l'annullamento - della comunicazione adottata dal Gestore dei Servizi Energetici - GSE S.p.A. (di seguito, il "GSE") in data 12 aprile 2017 (prot. n. GSE/P020170030833), notificata alla ricorrente mediante raccomandata a.r. in data 19 aprile 2017, avente il seguente oggetto: "Rigetto della Proposta di progetto e di Programma di Misura (PPPM) n. 0093053032416T022, presentata da Ac. S.p.A."; - nonché di ogni altro atto preparatorio, presupposto, antecedente, conseguente e comunque connesso. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Gse - Gestore dei Servizi Energetici S.p.A.; Visti tutti gli atti della causa; Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.; Relatore all'udienza straordinaria del giorno 17 maggio 2024 il dott. Alfredo Giuseppe Allegretta e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO Con ricorso notificato in data 21.06.2017 e depositato in Segreteria in data 18.7.2017, la società Ac. S.p.A. adiva il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sede di Roma, al fine di ottenere le pronunce meglio indicate in oggetto. Esponeva in fatto di esercitare attività di distribuzione di energia elettrica e gas naturale e di rientrare, ai sensi della normativa di settore, nella categoria dei "soggetti obbligati" a conseguire, in termini di certificati bianchi, degli obiettivi quantitativi nazionali annui di incremento dell'efficienza energetica. In data 30.9.2016 presentava al G.S.E. una specifica istanza per il riconoscimento dei certificati bianchi con riferimento alla Proposta di Progetto e di Programma di Misura n. 0093053032416T022, relativa ad interventi di efficientamento energetico degli impianti di illuminazione pubblica del Comune di Modena. Precisava che, la realizzazione del progetto di efficientamento veniva affidata alla società He. Lu. S.r.l., la quale - parimenti alla ricorrente - veniva indicata come società controllata al 100% dalla He. S.p.A. In data 4.11.2016, la società incaricata dal G.S.E. - Ricerca sul Sistema Energetico R.S.E. S.p.A. - inviava alla ricorrente una richiesta di integrazione e di chiarimenti (prot. n. 16082045) con la quale le veniva chiesto di fornire alcune informazioni aggiuntive in merito alla descrizione dell'intervento e alla periodicità di invio delle "Richieste di Verifica e Certificazione dei Risparmi", nonché di produrre documentazione aggiuntiva relativa ai certificati di collaudo; seguiva il riscontro della ricorrente in data 25.11.2016. In data 5.1.2017 il G.S.E. notificava all'istante il preavviso di rigetto evidenziando che: i. "la documentazione non consente di verificare che le condizioni di illuminamento nella situazione ex ante e in quella ex post, per ogni impianto oggetto d'intervento e in base alla classe illuminotecnica identificata, rispettino i livelli minimi previsti dalla normativa vigente per l'illuminazione pubblica (es. UNI 11248) (...)"; ii. "dalla documentazione trasmessa non è possibile verificare che il posizionamento dei misuratori tenga conto dei consumi delle sole apparecchiature per l'illuminazione (...)"; iii. "la documentazione non consente di verificare la conformità del progetto alle previsioni normative previste dall'art. 6, comma 2 del succitato D.M. (i.e. Decreto 28.12.2012) che limita, a partire dal 1° gennaio 2014, l'accesso al meccanismo dei certificati bianchi ai progetti ancora da realizzarsi o in corso di realizzazione . In particolare, non è stata fornita documentazione (...) che permetta di verificare che alla data di presentazione della PPPM, ovvero il 30/09/2016, l'installazione delle lampade sia stata completata o abbia iniziato a generare risparmi di energia primaria". In data 19.1.2017 la ricorrente presentava le proprie osservazioni avverso il preavviso di rigetto cui faceva seguito, in data 28.2.2017, un contatto telefonico con il referente tecnico del G.S.E.; all'esito di tale interlocuzione venivano prodotte ulteriori osservazioni tecniche da parte della Ac. S.p.A., trasmesse in data 15.3.2017. Con provvedimento notificato in data 19.4.2017, qui prioritariamente impugnato, il G.S.E. respingeva l'istanza presentata dalla ricorrente ritenendo che la proposta progettuale non fosse conforme al decreto ministeriale del 28 dicembre 2012. In particolare, rilevava che: i. "dalla documentazione fornita la società realizzatrice dell'intervento, He. Lu. S.r.l., non è una società partecipata o controllata, ovvero operante in affiliazione commerciale, ad Ac. S.p.A. essendo quest'ultima un soggetto obbligato che può realizzare progetti relativi ad interventi di efficientamento dei servizi post-contatore avvalendosi di società separate, partecipate o controllate, ovvero operanti in affiliazione commerciale, ai sensi dell'articolo 1, comma 34, della Legge n. 239 del 2004 e come modificato dall'art. 4 del D.L. n. 10 del 2007"; ii. "dalla documentazione trasmessa risulta che i risparmi generati dall'intervento non sono addizionali, poiché si sarebbero comunque verificati per effetto dell'evoluzione tecnologica, normativa e del mercato. In particolare, dal documento 'Integrazione Volontaria PPPM Modena 3 rev_15 03 17' (in allegato) risulta che le condizioni di illuminamento nella configurazione ante operam non rispettano livelli minimi previsti dalla normativa vigente per l'illuminazione pubblica previsti dalla UNI 11248. Si specifica che nel caso in cui, nella situazione ex ante, il livello di illuminamento medio di ciascuna area oggetto di intervento sia inferiore rispetto quello minimo previsto dalla succitata norma tecnica, l'intervento si configurerebbe in parte come un adeguamento normativo". Avverso tali esiti provvedimentali la società ricorrente insorgeva eccependo: i. "Eccesso di potere per irragionevolezza, illogicità e disparità di trattamento. eccesso di potere per difetto e carenza di istruttoria"; ii. "Violazione e falsa applicazione delle linee guida EEN 9/11. eccesso di potere per travisamento ed erronea valutazione dei fatti, carenza di istruttoria, illogicità e disparità di trattamento". In data 22.9.2017 si costituiva in giudizio il Gestore dei Servizi Energetici. All'udienza del 17.5.2024, previo scambio di memorie e uditi i difensori come da verbale, la causa veniva definitivamente posta in decisione. Tutto ciò premesso, il ricorso è infondato nel merito e, pertanto, non può essere accolto. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente si doleva dell'illegittimità del provvedimento di rigetto nella parte in cui il G.S.E. riteneva che la società realizzatrice dell'intervento - He. Lu. S.r.l. - non fosse una società partecipata, controllata o in affiliazione commerciale della stessa ricorrente. Come è noto, a livello ordinamentale generale, con il D.lgs. 16 marzo 1999, n. 79 veniva data attuazione nel nostro ordinamento alla direttiva 96/92/CE, recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica, prevedendo nei confronti dei distributori misure di incremento dell'efficienza negli usi finali dell'energia, secondo obiettivi quantitativi determinati. La normativa si assestava per il tramite di diversi decreti ministeriali e, con decreto dell'11 gennaio 2017, il Ministero dello Sviluppo Economico provvedeva alla determinazione degli obiettivi quantitativi nazionali di risparmio energetico per le imprese di distribuzione dell'energia elettrica e del gas relativamente agli anni dal 2017 al 2020. I soggetti obbligati venivano individuati nei distributori di energia elettrica e di gas naturale con più di 50.000 clienti finali connessi alla propria rete di distribuzione, prevedendo che i progetti e i relativi interventi di efficientamento potessero essere da questi realizzati: "a) mediante azioni dirette dei soggetti obbligati, o dalle società da essi controllate o controllanti, ai sensi dell'art. 1, comma 34, della legge n. 239 del 2004 e successive modificazioni; b) mediante azioni delle imprese di distribuzione dell'energia elettrica e del gas naturale non soggette all'obbligo; c) da soggetti sia pubblici che privati che, per tutta la durata della vita utile dell'intervento presentato, sono in possesso della certificazione secondo la norma UNI CEI 11352, o hanno nominato un esperto in gestione dell'energia certificato secondo la norma UNI CEI 11339, o sono in possesso di un sistema di gestione dell'energia certificato in conformità alla norma ISO 50001. Nel caso in cui il soggetto titolare del progetto e il soggetto proponente non coincidano, tale certificazione è richiesta per il solo soggetto proponente". Ebbene, nel caso di specie, non consta che la S.r.l. He. Lu., individuata quale realizzatrice del progetto di efficientamento, sia una società controllata, controllante ovvero in affiliazione commerciale dell'effettivo soggetto obbligato, ossia l'odierna ricorrente. Ciò che emerge, infatti, è che la S.r.l. He. Lu., così anche la S.p.A. Ac., sono società entrambe controllate al 100% dalla S.p.a. He.. L'interpretazione estensiva che la ricorrente tenta di attribuire ad un chiarimento del G.S.E. in materia è del tutto fuorviante. Tale chiarimento, nel disporre che gli interventi di efficientamento energetico possono essere realizzati per il tramite di "società separate, partecipate o controllate, ovvero in affiliazione commerciale", deve ritenersi frutto di un'interpretazione (tutt'al più ) sistematica del D.M. dell'11 gennaio 2017 e dell'art. 1, comma 34, della legge n. 239/2004. Invero, tale ultima disposizione ha dato la possibilità alle imprese operanti nei settori della vendita, del trasporto e della distribuzione dell'energia elettrica e del gas naturale, che abbiano in concessione o in affidamento la gestione dei servizi pubblici locali ovvero la gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni infrastrutturali, di svolgere attività nel settore verticalmente collegato o contiguo dei servizi post-contatore di installazione, assistenza e manutenzione nei confronti dei medesimi utenti finali del servizio pubblico, "avvalendosi di società separate, partecipate o controllate, ovvero operanti in affiliazione commerciale". Il D.M. in oggetto, nel menzionare tale comma - "mediante azioni dirette dei soggetti obbligati, o dalle società da essi controllate o controllanti, ai sensi dell'art. 1, comma 34, della legge n. 239 del 2004 e successive modificazioni" - altro non fa che dar atto che gli interventi di efficientamento possono essere presentati sia per azioni dirette relative alle proprie reti elettriche e/o di gas naturale sia per interventi riconducibili al settore verticalmente collegato o contiguo dei servizi post contatore di installazione, assistenza e manutenzione nei confronti dei medesimi utenti finali dei soggetti obbligati, avvalendosi di società separate, partecipate o controllate, ovvero operanti in affiliazione commerciale. Dunque, alcuna portata estensiva ai "gruppi societari" - in disparte, comunque, ogni considerazione circa la legittimità di una siffatta asserita estensione ad opera del G.S.E. - può attribuirsi al chiarimento summenzionato. Con riguardo a tale profilo di doglianza, non merita apprezzamento la circostanza in base alla quale, in fase endoprocedimentale il G.S.E. non avrebbe "mai formulato alcuna richiesta di chiarimento e/o integrazione documentale in ordine ai rapporti societari sussistenti tra la Ricorrente ed He. Lu.". Invero, ciò che la ricorrente eccepiva riguardava essenzialmente la violazione del principio di corrispondenza tra preavviso di rigetto e provvedimento conclusivo, che, come più volte affermato in giurisprudenza, "si ha nella fattispecie in cui le ragioni espresse nel primo siano incompatibili o del tutto difformi da quelle poste a fondamento del secondo" (cfr. T.A.R. Lazio, sentenza n. 6432 del 22 marzo 2024; Consiglio di Stato, sentenza n. 9988 del 19 ottobre 2023). A tal riguardo, la giurisprudenza del Consiglio di Stato - cui il Collegio ritiene di dover dare continuità - è orientata nel ritenere che la difformità tra il preavviso di rigetto ed il provvedimento finale è irrilevante, laddove quest'ultimo non poteva essere diverso qualsiasi fosse stato l'apporto del privato, anche in ragione della sufficienza dei motivi sui quali si era formato il contraddittorio per determinare il rigetto dell'istanza; di talché, l'aggiunta di un ulteriore ragione per denegare un provvedimento autorizzativo non incide sul diritto al contraddittorio (da ultimo, in senso conforme: Consiglio di Stato, sentenza n. 3972 del 26 marzo 2024). Quanto sopra argomentano basta a destituire di fondamento il primo motivo di ricorso, in quanto infondato. Sebbene l'esame delle ulteriori censure sia superfluo - in applicazione della regola giurisprudenziale secondo la quale nei casi di atti plurimotivati, la riconosciuta legittimità in sede giurisdizionale di una delle ragioni poste a sostegno di un siffatto provvedimento è sufficiente a sorreggerlo (Consiglio di Stato, sentenza n. 4649 del 16 giugno 2021) - le medesime sono, in ogni caso, infondate. Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente denunciava il provvedimento di rigetto ritenendolo erroneo nella parte in cui sosteneva che i risparmi generati dall'intervento non sarebbero addizionali, posto che si sarebbero comunque verificati per effetto dell'evoluzione tecnologica, normativa e del mercato; oltre che per aver ritenuto che le condizioni di illuminamento nella configurazione ante operam non rispettassero i livelli minimi previsti dalla normativa vigente per l'illuminazione pubblica di cui alla UNI 11248 e che, pertanto, l'intervento proposto dalla ricorrente si configurerebbe in parte come un adeguamento normativo. In relazione a tale profilo di doglianza, deve preliminarmente rilevarsi che, "la valutazione del Gestore circa l'assenza di addizionalità costituisce esercizio di discrezionalità tecnica cosicché il sindacato del giudice amministrativo sulla stessa, avendo pur sempre ad oggetto la legittimità e non il merito, è limitato al riscontro del vizio di illegittimità per violazione delle regole procedurali e di eccesso di potere per manifesta illogicità, irrazionalità, irragionevolezza, ovvero altrettanto palese e manifesto travisamento dei fatti" (cfr. T.A.R. Lazio, sentenza n. 7388 del 25 maggio 2022; T.A.R. Lazio, sentenza n. 2296 del 28 febbraio 2022; Consiglio di Stato, parere n. 1999/2020). Ebbene, il meccanismo di incentivazione fondato sul rilascio dei c.d. "certificati bianchi", ovvero "titoli di efficienza energetica" (TEE), assume a suo fondamento il requisito dell'addizionalità dei risparmi, da intendersi in termini non meramente legati all'evoluzione tecnologica, ma estesi anche ai profili economici e di sviluppo infrastrutturale sottesi alla messa in atto dell'intervento. Talché, devono essere escluse dal sostegno gli interventi che si sarebbero dovuti realizzare per effetto di obblighi normativi. Gli interventi suscettibili di incentivazione sono, quindi, quelli concretamente aggiuntivi rispetto a quelli che si sarebbero realizzati in assenza dell'incentivazione - e, dunque, aggiuntivi rispetto al mero adeguamento normativo - al contrario, se non lo fossero, finirebbero per configurare un sussidio all'impresa da parte dello Stato, ossia un aiuto di Stato, evidentemente lesivo della concorrenza (Consiglio di Stato, sentenza n. 5095 del 23 maggio 2023). Sotto il profilo tecnico, la ricorrente in occasione della trasmissione della validazione dei calcoli illuminotecnici nella situazione ex ante, affermava che "la verifica delle condizioni di illuminamento nella situazione ex ante, oltre a non essere tecnicamente percorribile, non è utile ai fini della determinazione dei risparmi addizionali oggetto della PPPM". La mancata dimostrazione circa la pregressa situazione dell'impianto oggetto di intervento veniva, altresì, confermata in sede di ricorso ove affermava che "uno dei principali impedimenti alla verifica delle situazioni pre-intervento è costituito dalla mancata disponibilità nei programmi di calcolo utilizzati per l'elaborazione dei calcoli illuminotecnici di dati specifici relativi a lampade obsolete quali quelle preesistenti alla PPPM Modena 3". Sul punto, sono condivisibili le argomentazioni del G.S.E., secondo cui il rilascio dei certificati avviene in misura proporzionale alla quantità di risparmio netto conseguito, da intendersi - in applicazione delle Linee Guida della competente Autorità EEN 9/11 - come "il risparmio lordo, depurato dei risparmi energetici non addizionali, cioè di quei risparmi energetici che si stima si sarebbero comunque verificati, anche in assenza di un intervento o di un progetto, per effetto dell'evoluzione tecnologica, normativa e del mercato". E dunque, il risparmio netto corrisponde alla sottrazione dal risparmio lordo (differenza tra i consumi ex ante e consumi ex post) dei risparmi (non addizionali) che, in assenza dell'intervento, si sarebbero comunque realizzati per effetto dell'evoluzione tecnologica, normativa e di mercato. Emerge chiaramente, quindi, che la valutazione della situazione ex ante costituisca condicio sine qua non dei successivi calcoli relativi all'effettivo risparmio addizionale ai fini dell'approvazione del PPPM, con la conseguenza che in assenza di tale rigorosa prova di un fatto preesistente il progetto non può essere approvato e non se ne possono ritrarre le conseguenti utilità . Nel complesso, dunque, sono legittime e condividibili le conclusioni a cui è pervenuto il G.S.E., il quale, nell'esercizio del suo potere tecnico discrezionale (di per sé sindacabile nel suo esercizio solo in caso di manifesta irrazionalità o irragionevolezza), non poneva concretamente in essere un'attività amministrativa censurabile da questo Tribunale con riguardo alle doglianze prospettate dalla ricorrente. In conclusione, per le ragioni illustrate il ricorso va respinto, essendo infondate nel merito le censure con esso introdotte. Da ultimo, tenuto conto delle peculiarità in fatto del caso in esame, sussistono i presupposti di legge per disporre la compensazione delle spese del presente giudizio. P.Q.M. il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sede di Roma, Sezione V Ter, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 maggio 2024 con l'intervento dei magistrati: Alfredo Giuseppe Allegretta - Presidente, Estensore Ida Tascone - Referendario Andrea Gana - Referendario

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DE GREGORIO Eduardo - Presidente Dott. DE MARZO Giuseppe - Consigliere Dott. SESSA Renata - Consigliere Dott. PILLA Egle - Consigliere Dott. BORRELLI Paola - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 14/03/2022 della CORTE APPELLO di L'AQUILA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere PAOLA BORRELLI; lette le conclusioni del Procuratore generale PAOLA MASTROBEERARDINO, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso; lette le conclusioni dell'Avv. (OMISSIS), per il ricorrente, che ha insistito per l'accoglimento del ricorso allegando consulenza tecnica di parte. RITENUTO IN FATTO 1. La pronunzia impugnata e' stata deliberata dalla Corte di appello di L'Aquila il 14 marzo 2022 che, in parziale riforma della sentenza di condanna in abbreviato del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pescara per tre fatti di bancarotta fraudolenta, ha assolto (OMISSIS) dalle distrazioni sub A) concernenti erogazioni riscontrate da fatture e dalla bancarotta fraudolenta distrattiva di cui al capo B), con conseguente riduzione della pena principale e di quelle accessorie di cui all'articolo 216, ultimo comma, L. Fall. A seguito della riforma in appello, (OMISSIS) - quale amministratore ufficiale e poi amministratore di fatto della societa' "(OMISSIS)", dichiarata fallita dal Tribunale di Pescara il (OMISSIS) - e' stato riconosciuto responsabile di: bancarotta fraudolenta distrattiva per plurime erogazioni di denaro sine causa a favore di altrettante societa' (tutte in qualche modo riferibili a (OMISSIS) stesso o alla moglie (OMISSIS)) e a favore di (OMISSIS); bancarotta fraudolenta documentale in relazione alla societa' di cui sopra. 2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato con il ministero del proprio difensore. 2.1. Il primo motivo di ricorso lamenta violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla conferma della condanna per il reato di cui al capo A) (la bancarotta fraudolenta distrattiva). Esordisce il ricorrente precisando che, per le operazioni definite "commerciali", vi era stata assoluzione in appello, sicche' le censure sono dirette solo alle operazioni di finanziamento. Si precisa, altresi', nel ricorso che le societa' coinvolte in queste ultime operazioni facevano parte di un gruppo riconducibile al (OMISSIS), la cui esistenza era stata ritenuta sia dalla Guardia di Finanza che dal curatore nella sua relazione ex articolo 33 L.F. ed e' avvalorata dalla previsione di cui all'articolo 2 lettera h) Decreto Legislativo n. 194 del 2019. Ne consegue che l'affermazione della Corte di appello secondo cui tale gruppo non esisteva e' del tutto priva di fondamento ed e' apodittica. (OMISSIS) aveva, per tutte le societa', un ruolo direttivo e amministrativo, diretto o indiretto, del tutto predominante e la valutazione dei vantaggi compensativi andava fatta tenendo conto della realta' di gruppo. La pretesa insussistenza di vantaggi compensativi non e' accompagnata -prosegue il ricorso - da un ragionamento che abbia tenuto conto delle allegazioni della difesa, sia attraverso la propria consulenza tecnica sia nell'atto di appello, ed e' anch'essa apodittica. Il ricorrente, quindi, affronta la ritenuta insussistenza di "un saldo finale positivo" dell'operazione, che - sostiene - va individuato tenendo conto della logica di gruppo ed attraverso una valutazione prognostica ex ante ed in concreto che si concluda con la concreta e fondata preveclibilita' di vantaggi compensativi per la societa' apparentemente depauperata. Su tale punto vi sarebbe difetto di motivazione. La difesa del ricorrente - si legge altresi' nel ricorso - aveva indicato fin da subito quale fosse il vantaggio compensativo, inquadrando i finanziamenti nella realta' di gruppo, ma la Corte territoriale ha negato questa prospettiva, riguardando le operazioni in maniera atomistica, ed ha concluso per un giudizio di "alta verosimiglianza" della finalita' depauperativa, che non si attaglia ad una condanna. Segue un'indicazione dei singoli vantaggi compensativi: l'autofinanziamento ha garantito, nelle intenzioni dell'imprenditore, la sopravvivenza del gruppo e della fallita in quella determinata realta' storica perche' la "(OMISSIS)" dipendeva dalle altre societa' del gruppo, che ne gestivano i servizi amministrativi, di sviluppo e ricerca di mercato, manutenzione a acquisizione punti vendita e che erogavano servizi finanziari. Tanto e' vero che vi era tale interdipendenza che, una volta fallita la prima societa' del gruppo, sono fallite tutte le altre; in ordine ai quattro finanziamenti a favore di (OMISSIS) s.r.l., la difesa ha dimostrato che essi erano finalizzati all'acquisto della sede della societa' (OMISSIS), presso la quale era collocata anche la sede della fallita; il finanziamento a favore di (OMISSIS) s.r.l. era stato erogato per salvare detta societa' - ed il suo know how e le sue maestranze specializzate - che si occupava dell'allestimento e della manutenzione dei punti vendita; i due finanziamenti a (OMISSIS) s.r.l., come documentato dalla difesa, sono in corso di restituzione; i tre finanziamenti a favore di (OMISSIS) s.r.l. erano giustificati da un'operazione di acquisizione di detta societa' nell'interesse della fallita, realizzata attraverso la societa' finanziaria del gruppo (OMISSIS) s.r.l.; l'affermazione dell'amministratore di (OMISSIS) - di non avere avuto rapporti con la fallita - si riferisce al momento antecedente all'acquisizione della stessa; i due finanziamenti elargiti a (OMISSIS) s.r.l. costituivano un'immissione di liquidita' della societa' capogruppo; quanto ai compensi erogati a favore di (OMISSIS), per due di essi la difesa aveva allegato delibera sociale che li autorizzava nella misura di 150.000 Euro. Complessivamente l'imputato aveva ricevuto 134.000 Euro (anche se nel capo di imputazione e' scritto 137.350). Il ricorrente infine sottolinea che la Corte di appello ha erroneamente valorizzato in malam partem il passaggio di somme dalle societa' (OMISSIS) e (OMISSIS) alla moglie dell'imputato, (OMISSIS), ancorche' dette erogazioni appartenessero a realta' societarie sconosciute e il curatore della prima non avesse rilevato profili di illegittimita'. 2.2. Il secondo motivo di ricorso lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla bancarotta fraudollenta documentale di cui al capo C). Sostiene il ricorrente che, benche' la Corte di merito abbia circoscritto il novero dei documenti che egli e' accusato di non aver consegnato, le conclusioni cui e' giunta sono comunque erronee. In primo luogo, i Giudici di appello non hanno considerato che i documenti che si assumono non consegnati sono stati, invece, posti nella disponibilita' della curatela, come si legge nella consulenza tecnica della difesa. Il ricorrente allora - limitando l'attenzione ai libri contabili a cui la Corte territoriale ha circoscritto la responsabilita' - riporta quanto sostenuto nel gravame di merito, vale a dire che: - il libro inventari 2011 era stato acquisito dalla Guardia di Finanza (acquisendolo direttamente dalla tenutaria della scritture contabili SEAM), . il libro inventari 2013 si trovava all'interno degli uffici della fallita, le cui chiavi erano state consegnate al curatore il 12 marzo 2015, il quale, tuttavia, non vi si era mai recato, ma aveva incaricato una societa' di trasporto di consegnargli i documenti. Inoltre il curatore non aveva ne' effettuato l'inventario ne' aveva inviato richieste di riscontro all'imputato. - Il libro inventari del 2015 non poteva essere consegnato in quanto il fallimento e' avvenuto il (OMISSIS), quando non erano maturati i termini di cui all'articolo 2217 c.c. (come era per il libro inventari 2014, per cui era stata contraddittoriamente esclusa la responsabilita' dell'imputato). - Per la corrispondenza commerciale costituita dalle fatture relative agli anni 2011-2013, i contratti commerciali, gli estratti conto e i cedolini paga, il ricorrente trascrive un passaggio della consulenza di parte, in cui si sostiene che il curatore, ancorche' informato dall'amministratore, non si era recato presso lo studio di due professionisti che detenevano la documentazione relativa ai dipendenti e quella fiscale. Ne' aveva verificato che, nell'ufficio della fallita, di cui gli erano state consegnate le chiavi il 12 marzo 2015, vi fossero le fatture e i documenti contabili. La Corte di appello ha ritenuto erroneamente che l'obbligo di consegna di cui all'articolo 86 L.F. debba intendersi come consegna fisica e materiale, mentre in realta' si tratta di "messa a disposizione". Un secondo aspetto su cui il ricorrente si concentra e' quello della mancanza di motivazione quanto al requisito dell'impossibilita' di ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari a cui la Corte di appello - come il Giudice di prime cure - non aveva dedicato alcuna argomentazione. 2.3. Il terzo motivo di ricorso denunzia violazione di legge e vizio di motivazione quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche ancorche', nell'atto di appello, fossero stati indicati diversi parametri positivi, del tutto ignorati dai Giudici di appello, che hanno giustificato il diniego con mere frasi di stile. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso e' solo parzialmente fondato, sicche' si impone l'annullamento della sentenza impugnata quanto alla bancarotta fraudolenta documentale e l'inammissibilita' dell'impugnativa nel resto. 1. Quanto al primo motivo di ricorso - quello che concerne la bancarotta fraudolenta distrattiva - il ricorso e' inammissibile. 1.1. Poiche' l'impugnativa fonda sul tema dei vantaggi compensativi, il Collegio ricorda che - secondo gli insegnamenti di questa Corte - laddove venga agitato, a discolpa di attivita' depauperative, l'argomento suddetto e', in primo luogo, onere di chi ne sostenga l'esistenza dimostrare che la condotta si inserisce nell'ambito di una realta' di gruppo; cio' non e', tuttavia, sufficiente, giacche', per escludere la natura distrattiva di un'operazione tra societa' appartenenti ad un gruppo, non basta allegare tale natura intrinseca, dovendo invece l'interessato fornire l'ulteriore dimostrazione del vantaggio compensativo ritratto dalla societa' che subisce il depauperamento in favore degli interessi complessivi del gruppo societario cui essa appartiene. In altri termini, deve essere allegata dall'imputato, a fronte della natura oggettivamente distrattiva dell'operazione, l'esistenza di uno specifico vantaggio derivante dall'atto di disposizione patrimoniale, complessivamente riferibile al gruppo ma altresi' produttivo per la fallita di benefici, sia pure indiretti, i quali si rivelino concretamente idonei a compensare efficacemente gli effetti immediatamente negativi dell'operazione stessa che derivino anche in favore della fallita (Sez. 5, n. 47216 del 10/06/2019, Zanoni, Rv. 277545; Sez. 5, n. 31997 del 06/03/2018, Vannini e altri, Rv. 273635; Sez. 5, n. 16206 del 02/03/2017, Magno, Rv. 269702; Sez. 5, n. 46689 del 30/06/2016, P.G. e altro in proc. Coatti e altri, Rv. 268675; Sez. 5, n. 8253 del 26/06/2015, dep. 2016, Rv. 271149, Moroni e altri; Sez. 5, n. 49787 del 05/06/2013, Bellemans, Rv. 257562; Sez. 5, n. 29036 del 09/05/2012, Cecchi Gori, Rv. 253031; Sez. 5, n. 48518 del 06/10/2011, Plebani, Rv. 251536). Sotto il profilo soggettivo, in capo all'autore del fatto deve sussistere la ragionevole previsione che la condotta non avra' la capacita' di incidere sulle ragioni dei creditori della societa' depauperata (Sez. 5 Bellemans, cit.). Muovendo da questa cornice teorica, si osserva, in primo luogo, che il ricorrente, al di la' della pretesa esistenza del gruppo, afferma apoditticamente l'esistenza di vantaggi compensativi, ma poi non chiarisce quale sia, in concreto, il saldo positivo dell'operazione per la "(OMISSIS)". Le indicazioni fornite societa' per societa', infatti, attengono a vantaggi del tutto privi di concretezza economica e legati a mere prospettive di presunte e vaghe utilita' indirette rinvenibili per la fallita. Peraltro, la direttrice critica del ricorrente trascura una premessa essenziale che la Corte di merito ha posto a base del giudizio di fraudolenza delle operazioni, vale a dire che i finanziamenti si collocavano in anni in cui erano evidenti le difficolta' finanziarie della fallita (tanto che, nel 2013 - 2014 la societa' aveva operato a capitale sociale azzerato), il che le colloca in una prospettiva di stridente estraneita' rispetto a qualsiasi logica imprenditoriale. Va, poi, ulteriormente osservato, a riprova dell'irrilevan2:a a discarico delle argomentazioni agitate dal ricorrente, che: - quanto alla (OMISSIS), e' lo stesso ricorrente che nulla osserva in punto di vantaggi compensativi, salvo la circostanza che il finanziamento e' in corso di restituzione, il che non ha alcun rilievo scagionante; - la pretesa neutralita' dei passaggi di somme tra la (OMISSIS) e la (OMISSIS) a favore della moglie dell'imputato non tiene conto che la Corte distrettuale ha ricollegato tali passaggi alle somme che erano precedentemente pervenute dalla fallita alle predette societa', evidenziando un filo rosso che univa le operazioni e che riconduce il flusso di denaro ad un soggetto molto vicino all'imputato e le rende, quindi, fortemente anomale. - ancora, sempre quanto alla (OMISSIS), la sentenza impugnata annota una circostanza che il ricorso non prova neanche a contestare, vale a dire che il finanziamento era tanto piu' anomalo se si tiene conto che la (OMISSIS), al 2012, era gia' in debito con la "(OMISSIS)" per 120.000 Euro. - La pretesa riferibilita' delle dichiarazioni del legale rappresentante della (OMISSIS) s.r.l. - che aveva affermato di non avere mai avuto rapporti economici e commerciali con la "(OMISSIS)" -- ad un momento diverso da quello in cui si stava concretando l'acquisizione della societa' da parte della fallita e' un'affermazione in fatto. Quanto ad altre operazioni, il ricorrente o non ne parla affatto oppure mira ad una lettura alternativa e soggettivamente orientata del compendio probatorio. 1.2. Venendo ai presunti compensi come amministratore percepiti da (OMISSIS), il ricorso non si confronta con due affermazioni della Corte territoriale, che rendono bene l'idea della fraudolenza dei relativi prelievi. Da una parte, la circostanza che il prelievo per Euro 43.304 era privo di giustificazione e, quanto alla restante somma di Euro 96.050, che, ancorche' tale compenso fosse stato deliberato, esso era del tutto sproporzionato sia rispetto al periodo di tempo a cui si riferiva (i mesi che vanno da meta' marzo ai primi di settembre 2014), sia rispetto al compenso - 6000 eurc - corrisposto al precedente amministratore unico. La Corte di merito, quindi, ha fatto leva su un parametro, quello della non congruita' della somma corrisposta all'imputato quale compenso come amministratore della societa', a prescindere dalla circostanza che tale compenso fosse stato deliberato, che va ritenuto condizione essenziale onde reputare -r distrattivo il prelievo della somma. A riprova di questa riflessione, va rilevato come la giuris,Drudenza di questa Corte in tema di distinguo tra bancarotta fraudolenta distruttiva e bancarotta preferenziale circa il compenso dell'amministratore (tema, peraltro, non agitato dal ricorrente), ha individuato sempre, come presupposto per ritenere che il credito fosse dovuto e, quindi, per accedere alla fattispecie meno grave, che la somma corrisposta fosse congrua rispetto al lavoro svolto (Sez. 5, n. 32378 del 12/04/2018, Fagiolo, Rv. 273576; Sez. 5, n. 48017 del 10/07/2015, Fenili, Rv. 266311; Sez. 5, n. 21570 del 16/04/2010, Di Carlo, Rv. 247964; Sez. 5, n. 48280 del 10/11/2004, Andreotti, Rv. 230513). 2. Il ricorso e', invece, fondato, quando affronta le argomentazioni adoperate dalla Corte di merito per respingere il motivo di ricorso relativo alla bancarotta fraudolenta documentale. La sentenza impugnata, infatti, benche' abbia circoscritta la responsabilita' per l'omessa consegna solo ad alcune delle scritture, si e' aff(OMISSIS)ta, quanto ad alcune delle altre, ad osservazioni lap(OMISSIS)rie, che non soddisfano il dovere argomentativo che grava sul Giudice di appello. Una premessa, tuttavia, si impone, al fine di circoscrivere/K la censura del Collegio rispetto alla motivazione spesa. Non si ritiene censurabile, infatti, quel tratto della motivazione che concerne il dovere dell'imprenditore fallito di "consegnare" le scritture al curatore una volta appreso della sentenza dichiarativa di fallimento. In questo senso, va osservato che l'articolo 86 L.F. prescrive che "Devono essere consegnate al curatore (.1 le scritture contabili e ogni altra documentazione dal medesimo richiesta o acquisita se non ancora depositate in cancelleria". La disposizione utilizza un verbo, "consegnare", che rimanda direttamente ad un'attivita' di materiale aff(OMISSIS)mento delle scritture al curatore, che e' anche nella logica tendenziale del sistema, che prevede un onere di diligenza dell'imprenditore fallito per agevolare le operazioni concorsuali. Al dovere di "consegna", dunque, non puo' sostituirsi la mera indicazione del luogo ove le scritture sono conservate ovvero del nominativo dei professionisti che hanno in carico la documentazione, in quanto deve essere il fallito, in una interlocuzione fattiva con il curatore, ad assicurargli materialmente la disponibilita' della documentazione contabile e di quant'altro sia necessario per lo svolgimento delle attivita' concorsuali. Cio' posto, la censura coglie tuttavia nei segno per alcune scritture, rispetto alle quali il ricorrente ha lamentato l'inesigibilita' dell'obbligo di consegna con specifiche doglianze contenute nell'atto di appello, che sono, tuttavia, rimaste inascoltate. Ci si riferisce all'impossibilita' di deposito del libro inventari 2015 giacche' il fallimento e' stato dichiarato il (OMISSIS) e l'articolo 221.7, comma 3, c.c., prevede che "L'inventario deve essere sottoscritto dall'imprenditore entro tre mesi dal termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi ai fini delle imposte dirette", termine che l'appellante aveva indicato come non spirato al momento della dichiarazione di fallimento. Un'altra falla motivazionale si coglie rispetto al motivo di appello che aveva segnalato che il libro inventari 2012 era stato acquisito dalla Guardia di Finanza. Si tratta di lacune che hanno un'incidenza sulla tenuta della sentenza impugnata ancorche' riguardino singoli aspetti della conferma della sentenza di prime cure per la bancarotta fraudolenta documentale, nella misura in cui l'eventuale ridimensionamento della responsabilita' per deCo reato potrebbe condurre ad un ridimensionamento del trattamento sanzionatorio. 3. La sentenza impugnata, dunque, assorbito il terzo motivo di ricorso sulle circostanze attenuanti generiche, va annullata con rinvio alla Corte di appello di Perugia affinche' affronti i temi pretermessi" mentre, per il resto, il ricorso va dichiarato inammissibile. P. Q. M. annulla la sentenza impugnata limitatamente alla bancarotta fraudolenta documentale, con rinvio per nuovo giudizio alla Corte d'appello di Perugia. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. PICCIALLI Patrizia - Presidente Dott. VIGNALE Lucia - Consigliere Dott. BRUNO Mariarosaria - Consigliere Dott. CENCI Daniele - Consigliere Dott. MARI Attilio - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D'APPELLO DI PALERMO; nel procedimento a carico di: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); inoltre: PARTI CIVILI; avverso la sentenza del 14/01/2022 della CORTE APPELLO di PALERMO; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere DANIELE CENCI; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Gen. Dott. LUCA TAMPIERI, che ha chiesto l'annullamento con rinvio della sentenza. udito il Difensore: e' presente l'Avv. Giovanni CASTRONOVO, del Foro di PALERMO, in difesa delle PARTI CIVILI (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS) Per (OMISSIS) sono presenti i Difensori, Avv. (OMISSIS) e (OMISSIS), entrambi del Foro di AGRIGENTO. L'Avv. (OMISSIS) chiede di confermare la sentenza impugnata o, in subordine, di annullare la stessa, per intervenuta prescrizione; l'Avv.ssa (OMISSIS) si associa. RITENUTO IN FATTO 1.La Corte di appello di Palermo il 14 gennaio 2022, in integrale riforma della sentenza, appellata dall'imputato, con la quale il Tribunale di Agrigento il 19 dicembre 2019, all'esito del dibattimento, ha riconosciuto (OMISSIS) responsabile del reato di omicidio colposo, con violazione della disciplina anti-infortunistica, fatto commesso il (OMISSIS) - decesso avvenuto il 24 ottobre 2010, in conseguenza condannandolo alla pena ritenuta di giustizia, oltre al risarcimento dei danni, in forma generic:a, alle parti civili, ed applicando sanzioni ai sensi della L. 8 giugno 2001, n. 231, alla s.r.l. "(OMISSIS)", ha invece assolto l'imputato per insussistenza del fatto e ha revocato sia le statuizioni civili sia le sanzioni irrogate all'ente. 2. I fatti, in estrema sintesi. Nel tardo pomeriggio del (OMISSIS) il meccanico (OMISSIS) e' stato trovato a terra sul pavimento dell'officina della "(OMISSIS)" scarl, con amplissima parte del corpo ustionata: trasportato di urgenza con eliambulanza in Ospedale specializzato, e' morto otto giorni dopo. Al momento dell'arrivo dei soccorritori, alle ore 19.42, nell'officina era in corso un incendio, localizzato nel veicolo sollevato sul ponte e nella parte alta dell'immobile, come riferito dai Vigili del fuoco intervenuti. 2.1. Ha ritenuto il Tribunale che il meccanico quel giorno si trovasse all'interno della cabina di guida di un furgone Fiat Ducato, collocato in alto su di un ponte sollevatore, intento ad effettuare riparazioni inerenti alla frizione del cambio, tramite una doppia saldatura: dal basso, cioe' stando in piedi a terra, attraverso la saldatrice a filo continuo, e dall'alto, cioe' agendo all'interno dell'abitacolo, in posizione accovacciata, con il cannello a gas. Trovandosi, appunto, dentro il veicolo, essendovi entrato da un finestrino abbassato, l'operaio ha acceso con fiamma libera un attrezzo per la saldatura munito di cartuccia contenente GPL, da cui in precedenza era uscito del gas, cosi' provocando un'esplosione e, quindi, un incendio che si e' subito propagato alle parti incendiabili del veicolo (plastiche, imbottiture, moquette ed alla zona alta della pareti dell'immobile: le fiamme hanno determinato lesioni gravissime (ustioni circa al 95% del corpo), che hanno causato, malgrado i tempestivi soccorsi, la morte dell'uomo, otto giorni dopo. 2.2. (OMISSIS) e' stato riconosciuto colpevole, in veste di legale rappresentante della s.r.l. "(OMISSIS)", essendosi ritenuta la vittima solo apparentemente socio-lavoratore della "(OMISSIS)" scarl, appaltatrice di servizi dalla "(OMISSIS)", ma priva di effettiva capacita' imprenditoriale e, in realta', alla luce di svariati indici fattuali, analiticamente indicati in sentenza (alle pp. 51-62), dipendente di fatto di tale societa', sotto plurimi profili, analiticamente sviluppati nella decisione di primo grado (pp. 64-70), per avere (OMISSIS) omesso ogni valutazione circa l'effettivo rischio di quell'impresa e per avere omesso o inadeguatamente effettuata la doverosa formazione ed informazione del lavoratore. 2.3. La Corte di appello, come accennato, ha integralmente riformato la sentenza ritenendo, in buona sostanza, esistenti plurime e serie lacune nella ricostruzione degli accadimenti (circa le modalita' di introduzione della vittima nell'abitacolo dell'auto e di uscita dallo stesso; circa l'assenza di lesioni da esplosione sul corpo del malcapitato; circa la idoneita' del "cannellino" ad effettuare l'attivita' che la persona offesa stava svolgendo; circa la ragione per cui la vittima non indossasse la maschera "da saldatore" di cui pure era munita rispetto alle operazioni da svolgersi, essendo stata la maschera rinvenuta su una sedia, ne' la tuta ignifuga), lacune tali da non potersi escludere che il lavoratore abbia posto in essere un comportamento abnorme: si legge, infatti, nella sentenza impugnata, alla p. 7, che "le predette criticita' impediscono di recepire come attendibile la ricostruzione della dinamica dell'evento descrita nella sentenza impugnata (...): il che (...) non consente di escludere la tesi dell'abnormita' dell'atto del lavoratore". Si e' ritenuto, inoltre (p. 8 della decisione), non superato nel caso di specie il canone dell'"oltre ogni ragionevole dubbio" per la conferma della condanna. 3.Tanto premesso, ricorre per la cassazione della sentenza il Procuratore Generale della Corte di appello di Palermo, affidandosi ad un solo, complessivo, motivo con il quale denunzia violazione di legge, anche sotto il profilo della mancanza di motivazione, e vizio di motivazione, che sarebbe contraddittoria ed illogica. In particolare, il ricorrente lamenta la illegittimita' ed erroneita' del ribaltamento della decisione in difetto di una confutazione, specifica e completa, delle argomentazioni della sentenza di primo grado, senza disattendere in maniera argomentata le prove raccolte e peraltro in mancanza di elementi probatori sopravvenuti o nuovi. La Corte di appello, ad avviso del ricorrente, avrebbe trasc:urato il contenuto delle dichiarazioni dei colleghi di lavoro della vittima, tra cui (OMISSIS), secondo cui spesso (OMISSIS)entrava, sia pure con difficolta', dal finestrino dei furgoni sopraelevati sul ponte per effettuare riparazioni e quel giorno stava effettuando una lavorazione che richiedeva di agire sia dal basso che dall'alto. Inoltre, segnala criticamente il Requirente che la consulenza dell'ing. (OMISSIS) ha posto in luce reiterate e gravissime violazioni della disciplina in tema di sicurezza e gravi carenze informative nei confronti dei lavoratori. Sottolinea, infine, che le lesioni alle mani e alle zone genitali, secondo quanto ritenuto dalla consulente di parte (OMISSIS), sono compatibili con la posizione accovacciata che (OMISSIS) aveva all'interno del veicolo al momento del fatto e che il consulente tecnico (OMISSIS) ha spiegato perche', nonostante l'avvenuta esplosione, sul corpo della vittima non siano state trovate lesioni da esplosione. Si chiede, dunque, l'annullamento della sentenza impugnata. 4. Il P.G. della S.C. nella requisitoria scritta del 29 marzo 2023 ha domandato annullarsi con' rinvio la sentenza impugnata. 5. Con ampia memoria del 5 aprile 2023 (OMISSIS) e la soc. "(OMISSIS)" hanno chiesto dichiararsi inammissibile o, c:omunque, rigettarsi il ricorso del P.G., sviluppando due temi. In primo luogo, hanno sottolineato le ragioni di fatto per cui la vittima non poteva trovarsi dentro il veicolo al momento dell'incendio, la stranezza e, anzi, la inspiegabilita' dell'assenza di ferite da taglio o di graffi sul corpo dell'uomo, ove lo stesso sia uscito attraverso finestrini rotti pero' l'esplosione, l'assenza di segni di saldatura sul furgone, proponendo la tesi che si stata la vittima, che era in officina fuori da un giorno lavorativo (sabato pomeriggio) e senza tuta, a manomettere volontariamente la bomboletta del gas e cio' per auto-procurarsi un infortunio e cosi' ottenere del denaro, essendo probabile che la stessa abbia in precedenza perso soldi al video-poker, senza essere poi in grado di controllare le conseguenze distruttive del suo agire scellerato. In ogni caso - prosegue la memoria - ne' l'imputato persona fisica ne' la societa' "(OMISSIS)" sarebbero mai stati i datori di lavoro della vittima. E' stata tempestivamente domandata la discussione orale del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1.Premesso che il reato contestato si prescrivera' non prima del 24 ottobre 2025 (fatto del 24 ottobre 2010 + 15 anni, oltre ai periodi di sospensione di cui si da' atto alle pp. 1 e ss. della decisione di primo grado), il ricorso e' fondato e deve essere accolto, per le seguenti ragioni. 2. A fronte di una sentenza di primo grado ampia (77 pagine) e molto analitica, la decisione impugnata si limita a qualche stringata considerazione (pp. 5-8), in buona sostanza affermando che, non essendo certa, ad avviso della Corte di merito, la dinamica del sinistro, non potrebbe escludersi un comportamento abnorme del lavoratore. L'argomentare della Corte di merito si pone,o' pero', in netto contrasto con due consolidati principi di diritto cui occorre invece dare continuita': i'l primo, che sottolinea la speciale forza persuasiva che deve avere la sentenza di riforma (v., ex plurimis, Sez. 2, n. 50643 del 18/11/2014, PC in proc Fu e altri, Rv. 261327, secondo cui "In tema di motivazione della sentenza, il giudice di appello che riformi la decisione di condanna pronunciata in primo grado, nella specie pervenendo a una sentenza di assoluzione, deve, sulla base di uno sviluppo argomentativo che si confronti con le ragioni addotte a sostegno del "decisum" impugnato, metterne in luce le carenze o le aporie, che ne giustificano l'integrale riforma"; Sez. 3, n. 6880 del 26/10/2016, dep. 2017, P.G. in proc. Decreto Legge n., Rv. 269523, secondo cui "li giudice di appello che, riformando integralmente la sentenza di condanna di primo grado, assolve l'imputato per contraddittorieta' del quadro probatorio, ha un dovere di motivazione "rafforzata", consistente nell'obbligo di offrire un autonomo ragionamento che non si limiti ad una valutazione soltanto numerica degli elementi di prova contrapposti, ma consideri anche il peso, inteso come capacita' dimostrativa, degli stessi"; e, soprattutto, Sez. U, n. 1480Euro) del 21/12/2017, dep. 2018, P.G. in proc. Troise, Rv. 272430, che ha puntualizzato che "Il giudice d'appello che riformi in senso assolutorio la sentenza di condanna di primo grado non ha l'obbligo di rinnovare l'istruzione dibattimentale mediante l'esame dei soggetti che hanno reso dichiarazioni ritenute decisive, ma deve offrire una motivazione puntuale e adeguata, che fornisca una razionale giustificazione della difforme conclusione adottata, anche riassumendo, se necessario, la prova dichiarativa decisiva"); ed il secondo, in tema di accertamento della abnormita' della condotta del lavoratore e delle lacune datoriali in tema di sicurezza: e' affermazione costante e condivisibile quella secondo cui "In tema di infortuni sul lavoro, perche' possa ritenersi che il comportamento negligente, imprudente e imperito del lavoratore, pur tenuto in esplicazione delle mansioni allo stesso affidate, costituisca concretizzazione di un "rischio eccentrico", con esclusione della responsabilita' del garante, e' necessario che questi abbia posto in essere anche le cautele che sono finalizzate proprio alla disciplina e governo del rischio di comportamento imprudente, cosi' che, solo in questo caso, l'evento verificatosi potra' essere ricondotto alla negligenza del lavoratore, piuttosto che al comportamento del garante. (Fattispecie in tema di omicidio colposo, in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilita' del datore di lavoro in quanto la mancata attuazione delle prescrizioni contenute nel Pos e la mancata informazione del lavoratore avevano determinato l'assenza delle cautele volte a governare anche il rischio di imprudente esecuzione dei compiti assegnati al lavoratore infortunato)" (Sez. 4, n. 27871 del 20/03/2019, Simeone, Rv. 276242; nello stesso senso, tra le numerose: Sez. 4, n. 7364 del 14/01/2014, Scarselli, Rv. 259321, secondo cui "In tema di infortuni sul lavoro, non vale a escludere la responsabilita' del datore di lavoro il comportamento negligente del lavoratore infortunato che abbia dato occasione all'evento, quando questo sia da ricondurre comunque all'insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio derivante dal richiamato comportamento imprudente. (Fattispecie relativa alle lesioni "da caduta" riportate da un lavoratore nel corso di lavorazioni in alta quota, in relazione alla quale la Corte ha ritenuto confiqurabile la responsabilita' del datore di lavoro che non aveva predisposto un'idonea impalcatura - "trabattello" nonostante il lavoratore avesse concorso all'evento, non facendo uso dei tiranti di sicurezza)"; Sez. 4, n. 37986 del 27/06/2012, Battafarano, Rv. 254365, secondo cui "In tema di infortuni sul lavoro, il datore di lavoro" in quanto titolare di una posizione di garanzia in ordine all'incolumita' fisica dei lavoratori, ha il dovere di accertarsi del rispetto dei presidi antinfortunistici vigilando sulla sussistenza e persistenza delle condizioni di sicurezza ed esigendo dagli stessi lavoratori il rispetto delle regole di cautela, sicche' la sua responsabilita' puo' essere esclusa, per causa sopravvenuta, solo in virtu' di un comportamento del lavoratore avente i caratteri dell'eccezionalita', dell'abnormita' e, comunque, dell'esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle precise direttive organizzative ricevute, connotandosi come del tutto imprevedibile o inopinabile. (In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di merito ha affermato la responsabilita' in ordine al reato di cui all'articolo 590, comma 3, cod. peti. - dell'imputato, legale rappresentante di una s.a.s., per non avere adeguatamente informato il lavoratore, il quale aveva ingerito del detersivo contenuto in una bottiglia non contrassegnata, ritenendo trattarsi di acqua minerale)"; e Sez. 4, n. 10121 del 23/01/2007, Masi e altro, Rv. 236109, secondo cui "In tema di infortuni sul lavoro, l'eventuale colpa concorrente dei lavoratori non puo' spiegare alcun effetto esimente per i soggetti aventi l'obbligo di garantire la sicurezza e che si siano resi responsabili di violazioni di prescrizioni in materia antinfortunistica. (Nella fattispecie, la Corte ha ritenuto provata la responsabilita' del datore di lavoro che non aveva sufficientemente istruito il lavoratore sull'uso della macchina)"). 3. A cio' si aggiunga che il passaggio motivazionale che caratterizza p. 7 della sentenza impugnata, secondo cui "/e predette criticita' impediscono di recepire come attendibile la ricostruzione della dinamica dell'evento descritta nella sentenza impugnata (...) il che (...) non consente di escludere la tesi dell'abnormita' dell'atto del lavoratore", sottende il tema, di fondamentale importanza nel caso di specie, dei poteri/doveri del giudice nell'accertamento di fatti che esulino dalle conoscenze, per cosi' dire, "ordinarie" ma che richiedano specifiche competenze tecniche o scientifiche. 3.1. Al riguardo appare opportuno richiamare alcune considerazioni gia' svolte dalla S.C. nella parte motiva (sub nn. 2, 3 e 4 del "considerato in diritto", pp. 12-19) di Sez. 4, n. 36149 del 07/07/2021, Righi ed alto, non mass., ed inoltre, e specialmente, in quella (sub nn. 5.1, 5.2, 5.3 e 5.4 del "considerato in diritto", pp. 9-14) di Sez. 4, n. 2474 del 15/10/2021, dep. 2022, Masturzo, Rv. 282612, la cui massima ufficiale recita: "Il giudice d'appello che riformi in senso assolutorio la sentenza di condanna di primo grado sulla base del medesimo compendio probatorio, pur non essendo obbligato alla rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, e' tenuto ad offrire una motivazione puntuale e adeguata che dia razionale giustificazione della difforme decisione adottata, indicando in maniera approfondita e diffusa gli argomenti, specie se di carattere tecnico-scientifico, idonei a confutare le valutazioni del giudice di primo grado". Occorre prendere le mosse dall'articolo 220, comma 1, c.p.p., che recita: "La perizia e' ammessa quando occorre svolgere indagini o acquisire dati o valutazioni che richiedono specifiche competenze tecniche, scientifiche o artistiche". 3.2. Dal tenore testuale della norma si ricava agevolmente che, nella sistematica del codice di rito, il ricorso alla perizia e' rimesso alla valutazione discrezionale del giudice: ed infatti "La perizia e' un mezzo di prova essenzialmente discrezionale, essendo rimessa al giudice di merito, anche in presenza di pareri tecnici e documenti medici prodotti dalla difesa, la valutazione della necessita' di disporre indagini specifiche. Non e', pertanto, sindacabile in sede di legittimita', se sorretto da adeguata motivazione, il convincimento espresso da quel giudice circa l'esistenza di elementi tali da escludere la situazione che l'accertamento peritale richiesto dovrebbe dimostrare" (tradizionale insegnamento di Sez. 1, n. 7570 del 09/06/1993, Nastasi ed altro, Rv. 194776; esattamente in termini, Sez. 5, n. 1476 del 10/12/1997, dep. 1998, Illiano ed altri, Rv. 209805; Sez. 6, n. 34089 del 07/07/2003, Bombino, Rv. 226330; nello stesso senso, ossia che spetta al giudice del merito, fornendo naturalmente motivazione, che, se adeguata, risulta insindacabile in sede di legittimita', valutare le risultanze processuali e la necessita' o meno di una perizia, v., tra le altre, Sez. 6, n. 456 del 21/09/2012, dep. 2013, Cena e altri, Rv. 254226; Sez. 6, n. 43526 del 03/10/2012, Ritorto e altri, Rv. 253707; Sez. 4, n. 7444 del 17/01/2013, Sciarra, Rv. 255152; Sez. 2, n. 52517 del 03/11/2016, Russo, Rv. 268815; sino a Sez. U, n. 39476 del 23/03/2017, A ed altro, Rv. 270936). Valutazione discrezionale - si e' detto - che non e' sinonimo, pero', di valutazione capricciosa. Ed infatti la S.C. ha in piu' occasioni evidenziato che prudente apprezzamento e libero convincimento del giudice non equivalgono certo ad arbitrium merum (tra le numerose, v., assai autorevolmente, Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, P.G., R.C., Espenhahn e altri, sub n. 9.5. del "considerato in diritto", p. 96). 3.3. La questione che viene in luce, quindi, e' quella dell'acquisizione al processo di informazioni scientifiche e tecniche attendibili, a proposito della quale si e' - assai condivisibilmente - precisato quanto segue (Se2:. 4, n. 16237 del 29/01/2013, Cantore, Rv. 255105): "Questa Suprema Corte (Sez. IV, 17 settembre 2010, n. 43786, Cozzini, Rv. 248943) ha gia' avuto modo di porre in luce i pericoli che incombono in questo campo: la mancanza di cultura scientifica dei giudici, gli interessi che talvolta stanno dietro le opinioni degli esperti, le negoziazioni informali oppure occulte tra i membri di una comunita' scientifica; la provvisorieta' e mutabilita' delle opinioni scientifiche; addirittura, in qualche caso, la manipolazione dei dati; la presenza di pseudoscienza in realta' priva dei necessari connotati di rigore; gli interessi dei committenti delle ricerche. Tale situazione rende chiaro che il giudice non puo' certamente assumere un ruolo passivo di fronte allo scenario del sapere scientifico, ma deve svolgere un penetrante ruolo critico, divenendo (come e' stato suggestivamente affermato) custode del metodo scientifico. Si e' pure posto in luce che il primo e piu' indiscusso strumento per determinare il grado di affidabilita' delle informazioni scientifiche che vengono utilizzate nel processo e' costituto dall'apprezzamento in ordine alla qualificazione professionale ed all'indipendenza di giudizio dell'esperto. Tuttavia, cio' puo' non bastare. Infatti non si tratta tanto di comprendere quale sia il pur qualificato punto di vista del singolo studioso, quanto piuttosto di definire, ben piu' ampiamente, quale sia lo stato complessivo delle conoscenze accreditate. Pertanto, per valutare l'attendibilita' di una tesi occorre esaminare gli studi che la sorreggono; l'ampiezza, la rigorosita', l"oggettivita' delle ricerche; il grado di consenso che l'elaborazione teorica raccoglie nella comunita' scientifica. Inoltre, e' di preminente rilievo l'identita', l'autorita' indiscussa, l'indipendenza del soggetto che gestisce la ricerca, le finalita' per le quali si muove. Insomma, dopo aver valutato l'affidabilita' metodologica e l'integrita' delle intenzioni, occorre infine tirare le fila e valutare se esista una teoria sufficientemente affidabile ed in grado di fornire concrete, significative ed attendibili informazioni idonee a sorreggere l'argomentazione probatoria inerente allo specifico caso esaminato. Naturalmente, il giudice di merito non dispone delle conoscenze e delle competenze per esperire un'indagine siffatta: le informazioni relative alle differenti teorie, alle diverse scuole di pensiero, dovranno essere veicolate nel processo dagli esperti. Costoro, come si e' accennato, non dovranno essere chiamati ad esprimere (solo) il loro personale seppur qualificato giudizio, quanto piuttosto a delineare lo scenario degli studi ed a fornire gli elementi di giudizio che consentano al giudice di comprendere se, ponderate le diverse rappresentazioni scientifiche del problema, vi sia conoscenza scientifica in grado di guidare affidabilmente l'indagine. Di tale indagine il giudice e' infine chiamato a dar conto in motivazione, esplicitando le informazioni scientifiche disponibili e fornendo razionale spiegazione, in modo completo e comprensibile a tutti, dell'apprezzamento compiuto. Si tratta di indagine afferente alla sfera del fatto e dunque rimessa alla valutazione del giudice di merito; mentre il controllo' di legittimita' attiene solo alla razionalita' ed alla rigorosita' dell'apprezzamento compiuto. Alla stregua di quanto precede risulta chiarito e nobilmente enfatizzato il ruolo di peritus peritorum tradizionalmente conferito al giudice. Nessuna rivendicazione di potere e di supremazia. Piuttosto, l'indicazione di un metodo. Il giudice, con l'aiuto degli esperti, individua il sapere accreditato che puo' orientare la decisione e ne fa uso oculato, metabolizzando la complessita' e pervenendo ad una spiegazione degli eventi che risulti comprensibile da chiunque, conforme a ragione ed umanamente plausibile: il piu' alto ed impegnativo compito conferitogli dalla professione di tecnico del giudizio. Il perito non e' piu' (non avrebbe mai dovuto esserlo) l'arbitro che decide il processo, ma l'esperto che espone al giudice il quadro del sapere scientifico nell'ambito cui il giudizio si interessa, spiegando quale sia lo stato del dibattito nel caso in cui vi sia incertezza sull'affidabilita' degli enunciati della scienza o della tecnologia. Tutto cio' ha a che fare con I temi della legalita', della determinatezza e della colpevolezza. Si vuol dire che l'ontologica "terzieta'" del sapere scientifico accreditato e' lo strumento a disposizione del giudice e delle parti per conferire oggettivita' e concretezza al precetto ed al giudizio di rimprovero personale". Infatti gia' la sentenza (espressamente richiamata, come si e' visto, dal precedente di legittimita' appena citato) di Sez. 4, n. 43786 del 17/09/2010, Cozzini ed altri, aveva preso posizione, ancora con maggiore approfondimento argomentativo, sul tema della centralita' del sapere scientifico, sulle modalita' di introduzione dello stesso nel processo, sul significato da attribuire al tradizionale brocardo iudex peritus peritorum e sul ruolo del giudice, vero e proprio "custode e garante della scientificita' della conoscenza fattuale espressa dal processo" (cfr. punti nn. 14-17 dei "motivi della decisione", pp. 36-50): nell'occasione la Corte di legittimita', tra l'altro, aveva posto in luce che, in tema di utilizzazione del sapere scientifico nel processo penale, "occorre in primo luogo considerare che il problema della prova scientifica prende corpo quando l'inferenza probatoria che e' alla base dell'accertamento del fatto non puo' essere articolata sulla base di conoscenze ordinarie, del sapere diffuso" e che la valutazione delle emergenze istruttorie "attiene al fatto, e' al servizio dell'attendibilita' dell'argomentazione probatoria ed e' dunque rimessa al giudice di merito che di:Spone, soprattutto attraverso la perizia, degli strumenti per accedere al mondo della scienza. Al contrario, il controllo che la Corte Suprema e' chiamato ad esercitare attiene alla razionalita' delle valutazioni che a tale riguardo il giudice di merito esprime"" (cosi' sub n. 14, pp. 36-37 di Sez. 4, n. 43786 del 17/09/2010, Cozzini ed altri, cit.). Si tratta di condivisibili affermazioni, peraltro recentemente ribadite (Sez. 4, n. 54795 del 13/07/2017, Grossi, Rv. 271668, sub nn. 2 e 3 del "considerato in diritto", pp. 4 e ss.): "(...) l'articolo 220 c.p.p. prevede l'espletamento della perizia ogniqualvolta sia necessario svolgere indagini o acquisire dati o valutazioni che richiedano specifiche competenze di natura tecnica. La specificita' delle competenze va rapportata alle conoscenze ordinarie dell'uomo medio. La perizia va dunque disposta allorche' occorrano competenze che esulano dal patrimonio conoscitivo dell'uomo medio, in un dato momento storico e in un dato contesto sociale (Cass., Sez. 1, n. 11706 dell'11-11-1993, Rv. 196075). Lo svolgimento di indagini comprende la ricerca e l'estrapolazione di dati da una determinata realta' fenomenica nonche' la loro analisi e rielaborazione critica. L'acquisizione di dati implica la rilevazione, selezione e organizzazione di dati gia' esistenti, in modo funzionale rispetto alle richieste del giudice. L'acquisizione di valutazioni comprende l'individuazione ed enunciazione di nozioni e di regole tecniche, di leggi scientifiche, di massime di esperienza e di inferenze fondate su dati gia' acquisiti mediante altri mezzi di prova o direttamente ottenuti attraverso le operazioni peritali. E' vero pertanto che l'ammissione della perizia e' rimessa ad una valutazione discrezionale del giudice (Cass., Sez. 6, n. 34089 del 7-7-2003; Sez. 5, n. 22770 del 15-4-2004). Tuttavia non si puo' prescindere dal rilievo che la perizia rappresenta un indispensabile strumento probatorio, allorche' si accerti il ricorrere del presupposto inerente alla specificita' delle competenze occorrenti per l'acquisizione e la valutazione di dati, perfino laddove il giudice possieda le specifiche conoscenze dell'esperto, perche' l'eventuale impiego, ad opera del giudicante, della sua scienza privata costituirebbe una violazione del principio del contraddittorio e del diritto delle parti sia di vedere applicato un metodo scientifico sia di interloquire sulla validita' dello stesso (Cass., Sez. 5, n. 9047 del 15-6-1999, Rv. 214295). L'ontologica terzieta' del sapere scientifico accreditato e' lo strumento a disposizione del giudice e delle parti per conferire oggettivita' e concretezza al precetto e al giudizio di rimprovero personale. E' ben vero infatti che al giudice e' attribuito il ruolo di peritus peritorum. Ma cio' non lo autorizza affatto ad intraprendere un percorso avulso dal sapere scientifico, avventurandosi in opinabili valutazioni personali, sostituendosi agli esperti e ignorando ogni contributo conoscitivo di matrice tecnico-scientifica. Il ruolo di peritus peritorum abilita invece il giudice a individuare, con l'aiuto dell'esperto, il sapere accreditato che puo' orientare la decisione e a farne un uso oculato, pervenendo a una spiegazione razionale dell'evento. Il perito non -e' l'arbitro che decide il processo ma l'esperto che espone al giudice il quadro del sapere scientifico nell'ambito fenomenologico al quale attiene il giudizio, spiegando quale sia lo stato del dibattito, nel caso in cui vi sia incertezza sull'affidabilita' degli enunciati a cui e' possibile addivenire, sulla base delle conoscenze scientifiche e tecnologiche disponibili in un dato momento storico. Tocchera' poi al giudice tirare le fila e valutare se si sia addivenuti a una spiegazione dell'eziologia dell'evento e delle dinamiche in esso sfociate sufficientemente affidabile e in grado di fornire concrete, significative ed attendibili informazioni, che possano supportare adeguatamente l'argomentazione probatoria inerente allo specifico caso esaminato. Il sapere scientifico costituisce infatti un indispensabile strumento al servizio del giudice di merito, il quale dovra' pero' valutare l'autorita' scientifica dell'esperto nonche' comprendere se gli enunciati che vengono proposti trovino comune accettazione nell'ambito della comunita' scientifica (Cass., Sez. 4, n. 43796 del 17-9-2010, Rv. 248943). Il giudice deve dunque esaminare le basi fattuali sulle quali le argomentazioni del perito sono state condotte; l'ampiezza, la rigorosita' e l'oggettivita' della ricerca; l'attitudine esplicativa dell'elaborazione teorica nonche' il grado di consenso che le tesi sostenute dall'esperto raccolgono nell'ambito della comunita' scientifica (Cass., Sez. 4, n. 18678 del 14-3-2012, Rv. 252621), fermo rimanendo che, ai fini della ricostruzione del nesso causale, e' utilizzabile anche una legge scientifica che non sia unanimemente riconosciuta, essendo sufficiente il ricorso alle acquisizioni maggiormente accolte o generalmente condivise, attesa la diffusa consapevolezza della relativita' e mutabilita' delle conoscenze scientifiche (Sez. U., 25-1-2005, Rv. 230317; Cass., Sez. 4, n. 36280 del 21-6-2012, Rv. 253565). Di tale indagine il giudice e' chiamato a dar conto in motivazione, esplicitando le informazioni scientifiche disponibili e utilizzate e fornendo una razionale giustificazione, in modo completo e, il piu' possibile, comprensibile a tutti, dell'apprezzamento compiuto. Si tratta di accertamenti e valutazioni di fatto, insindacabili in cassazione, ove sorretti da congrua motivazione, poiche' il giudizio di legittimita' non puo' che incentrarsi esclusivamente sulla razionalita', completezza e rigore metodologico del predetto apprezzamento. Il giudice di legittimita', infatti, non e' giudice del sapere scientifico e non detiene proprie conoscenze privilegiate (Cass., Sez. 4, n. 1826 del 19-10-2017), di talche' esso non puo', ad esempio, essere chiAmato a decidere se una legge scientifica, di cui si postuli l'utilizzabilita' nell'inferenza probatoria, sia o meno fondata (Cass., Sez. 4, n. 43786 del 17-9-2010, cit.) La Corte di cassazione ha invece il compito di valutare la correttezza metodologica dell'approccio del giudice di merito al sapere tecnico scientifico, che riguarda la preliminare e indispensabile verifica critica in ordine all'affidabilita' delle informazioni che utilizza ai fini della spiegazione del fatto (Cass., Sez. 4, n. 42128 del 30-9-2008)". 4. Ebbene, nel caso in esame i giudici di merito non hanno fatto buon governo dei principi appena esposti. L'apparato logico posti a base della sentenza impugnate non e' esente da un grave vizio logico, quello di considerare, per cosi' dire, ex se "prevalente" il convincimento maturato dal Giudice del grado di impugnazione rispetto a quello del Tribunale, senza considerare che "il giudice di appello, che ripete tutti i poteri decisori da quello di primo grado, e non ha di per se', in base alla sua costituzione e all'ordinamento giudiziario, una "autorevolezza maggiore" di quello" (cosi' Sez. U, n. 27620 del 28/04/20:16, Dasgupta, Rv. 267487, sub n. 8.1. del "considerato in diritto", p. 12) e, peraltro, senza avvertire la necessita' di introdurre nel processo apporti probatori tecnico-scientifici indipendenti ma appoggiandosi soltanto sull'opinione di quelli, tra i vari consulenti che hanno contribuito all'istruttoria (per il P.M., i cc.tt. ing. (OMISSIS), esperto in sicurezza, e la Dott.ssa (OMISSIS), medico legale; per la Difesa, l'ing. (OMISSIS), esperto in sicurezza sul lavoro e prevenzione incendi, e i dottori (OMISSIS), medico legale, e (OMISSIS), specialista in medicina del lavoro), stimati - soggettivamente - piu' convincenti. Si impone, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata affinche' la Corte di appello, eventualmente rinnovata l'istruttoria anche attraverso l'eventuale acquisizione di sapere tecnico-scientifico, ricostruisca la dinamica degli accadimenti, traendone, nella sua autonomia valutativa, le necessarie conseguenze. 5. Infine, un cenno alla memoria del 5 aprile 2023 nell'interesse dell'imputato e della societa' "(OMISSIS)": non solo e' costruita in fatto ma la lunghezza dell'intervento in questione, svolto ad adiuvandum rispetto alla sentenza impugnata, fa ulteriormente emergere, a contrario, la poverta' di argomenti che connota la decisione di appello. 6. Consegue l'annullamento della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d'appello di Palermo, altra Sezione, per nuovo giudizio. Il Giudice del rinvio provvedera' alla regolamentazione delle spese tra le parti anche in relazione al presente giudizio di legittimita'. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia alia Corte d'appello di Palermo, altra Sezione, per nuovo giudizio, cui demanda altresi' la liquidazione delle spese tra le parti per questo giudizio di legittimita'.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SIANI Vincenzo - Presidente Dott. BIANCHI Michele - rel. Consigliere Dott. CASA Filippo - Consigliere Dott. CALASELICE Barbara - Consigliere Dott. CENTONZE Alessandro - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sui ricorsi proposti da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 28/06/2022 della CORTE APPELLO di SALERNO; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. MICHELE BIANCHI; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. DALL'OLIO Marco, che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio relativamente a (OMISSIS) e (OMISSIS) limitatamente all'aggravante della premeditazione, quanto a (OMISSIS) relativamente alla responsabilita' per entrambi i capi ad esso ascritti; il rigetto degli ulteriori motivi di ricorso e la declaratoria d'irrevocabilita' della sentenza relativamente ai capi c) e d) ascritti a (OMISSIS); uditi i difensori: E' presente l'avvocato (OMISSIS), del foro di ROMA, quale sostituto processuale dell'avvocato (OMISSIS), del foro di SALERNO in difesa di (OMISSIS), e (OMISSIS), giusta delega depositata in udienza, che conclude chiedendo l'accoglimento dei motivi di ricorso. E' presente l'avvocato (OMISSIS), del foro di SALERNO in difesa di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) che conclude chiedendo l'accoglimento dei motivi di ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) sono ascritti i reati di concorso nel tentato omicidio di (OMISSIS) (capo 1) e di concorso nel porto illegale di pistola calibro 22 (capo 2); fatti commessi in (OMISSIS). Nei confronti di (OMISSIS) sono ascritti il reato di detenzione illegale di munizioni per arma comune da sparo (capo 3) e di una munizione per arma da guerra (capo 4); fatti accertati in (OMISSIS) il (OMISSIS). Con sentenza in data 14 luglio 2021 il Tribunale di Salerno ha dichiarato (OMISSIS) colpevole di tutti i reati ascritti, esclusa l'aggravante della premeditazione ascritta al capo 1, condannandolo alla pena di anni sette e mesi sei di reclusione; ha assolto (OMISSIS) e (OMISSIS) dai reati ascritti per non aver commesso il fatto. Proposto appello dal pubblico ministero e dalla difesa di (OMISSIS), la Corte di appello di Salerno, con sentenza in data 28 giugno 2022, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato (OMISSIS) e (OMISSIS) colpevoli dei reati loro ascritti e, riconosciute, per tutti, l'aggravante della premeditazione e le attenuanti generiche equivalenti, li ha condannati, ciascuno, alla pena di anni sette e mesi sei di reclusione, con conferma nel resto. La sera del (OMISSIS), attorno alle ore 19.30, auto Fiat punto, condotta da (OMISSIS) e con a bordo (OMISSIS), giungeva presso un bar di (OMISSIS); (OMISSIS), che si trovava fuori dal bar, alla vista dell'auto con i (OMISSIS) - suoi parenti - si allontanava salendo a bordo della sua auto Citroen Cl; effettuata manovra per allontanarsi, l'auto veniva attinta da un colpo di arma da fuoco sparato da (OMISSIS), che era sceso dalla auto; (OMISSIS) riusciva ad allontanarsi. Nell'immediatezza venivano rinvenuti in loco tre bossoli calibro 22, e a casa di (OMISSIS) veniva rinvenuta pistola calibro 22 e le munizioni elencate ai capi 3 e 4. Tramite accertamenti tecnici veniva riscontrata la compatibilita' dei tre bossoli con l'arma sequestrata a (OMISSIS). L'auto Citroen e' stata colpita nella fiancata sinistra, nella parte posteriore, ad una altezza di cm 70 da terra. Quanto a (OMISSIS), la persona offesa ha dichiarato che lo stesso era alla guida dell'auto Fiat punto e che, negli attimi in cui (OMISSIS) era sceso dall'auto ed aveva estratto la pistola, il figlio (OMISSIS) lo aveva incitato dicendo "Vai spara spara". (OMISSIS) ha confermato la prima circostanza, negando pero' di aver saputo che il padre avesse portato con se' la pistola. Quanto a (OMISSIS), la persona offesa ha riferito che egli era a bordo della Fiat punto, seduto nel divano posteriore, da dove non si era mai mosso. L'imputato ha negato la circostanza, affermando che, in quell'orario, si era trovato altrove con amici. Quanto al movente del fatto, si accertava che la sera precedente (OMISSIS) era stato aggredito, riportando lesioni personali, ad opera - secondo quanto dichiarato dall'imputato menzionato - di (OMISSIS), ed aveva riferito l'episodio al padre e al fratello (OMISSIS). (OMISSIS) ha dichiarato di aver avuto intenzione di affrontare (OMISSIS) in ragione di quanto accaduto al figlio (OMISSIS) la sera precedente. Entrambe le sentenze di merito hanno ritenuto che l'azione compiuta da (OMISSIS) - esplosione di tre colpi di arma da fuoco in direzione dell'auto condotta da (OMISSIS) - integrasse la fattispecie ascritta al capo 1, risultando la volonta' di uccidere dalla direzione degli spari ed anche l'oggettivita' del fatto, trattandosi di condotta idonea a cagionare la morte ed univocamente diretta ad essa. La sentenza di primo grado aveva ritenuto non provato che (OMISSIS) avesse, sin dal momento nel quale era uscito alla ricerca del (OMISSIS), avuto l'intenzione di ucciderlo - il che ha portato ad escludere l'aggravante della premeditazione -, come non vi era prova che i figli (OMISSIS) e (OMISSIS) fossero consapevoli che il padre (OMISSIS) avesse preso con se' la pistola. Di conseguenza, ha ritenuto che (OMISSIS) - impregiudicato l'accertamento in fatto circa la sua presenza o meno all'interno della fiat Punto non avesse concorso nel fatto. Quanto a (OMISSIS), e' stato ritenuto che l'elemento di accusa costituito dall'affermazione della vittima, esaminata quale indagato di reato connesso per l'aggressione della sera precedente, secondo la quale (OMISSIS) avesse incitato il padre a sparare - non avesse trovato il necessario riscontro. Inoltre, stante l'iniziale volonta' di ritorsione, al piu', lesiva dell'incolumita' del (OMISSIS), e l'ignoranza del fatto che il padre si fosse armato, e' stato ritenuto che l'esplosione dei colpi di pistola fosse evento per i due figli imprevedibile, con conseguente esclusione anche del titolo di responsabilita' ai sensi dell'articolo 116 c.p.. La sentenza di appello - quanto al momento di insorgenza del dolo omicidiario - ha ritenuto che fosse insorto sin dal momento nel quale era stata decisa la cosi' detta spedizione punitiva, circostanza desumibile dalle modalita' di organizzazione dell'agguato, ed ha quindi ritenuto sussistente l'aggravante della premeditazione. Con riguardo a (OMISSIS), si e' ritenuto che quanto dichiarato dalla persona offesa avesse trovato conferma da (OMISSIS) - che aveva riferito di aver appreso dal fratello (OMISSIS) che (OMISSIS) aveva gridato al padre "vai, vai" -, trattandosi comunque di incitamento a quello che il padre, estratta la pistola, chiaramente voleva fare. Dunque, (OMISSIS) - che non e' rimasto sorpreso a vedere la pistola sapeva che il padre era armato ed aveva agito in perfetta coordinazione, e cio' provava la "previa pianificazione dell'azione criminosa"; infine, con l'incitamento aveva realizzato ulteriore condotta di rafforzamento del proposito omicidiario. Viene accertata la presenza di (OMISSIS) nell'auto, per averlo affermato la vittima e risultando falso l'alibi, secondo quanto prospettato dal pubblico ministero nell'atto di impugnazione. La Corte territoriale ha, quindi, ritenuto che (OMISSIS) conosceva la volonta' di uccidere dei correi e vi aveva ha dato concorso salendo in auto e cosi' costituendo "costante memento" della vendetta da attuare. 2. I difensori degli imputati hanno presentato, con distinti atti, ricorso per cassazione, chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata. 2.1. (OMISSIS). Con il primo motivo vengono denunciati violazione di legge e difetto di motivazione del giudizio in ordine al capo 1, sia quanto al dolo che all'elemento oggettivo del reato. L'unico colpo di arma da fuoco che aveva attinto la carrozzeria dell'auto non aveva messo in pericolo la vita della persona offesa. In relazione a tale colpo, non vi era un accertamento sicuro in ordine ad "angolo, direzione e distanza del tiro". Le dichiarazioni di (OMISSIS), sulla finalita' intenzione solo intimidatoria dell'azione, trovano conferma nei dati oggettivi, e non sono smentite dalla vittima. Non vi erano elementi per individuare la traiettoria degli altri colpi, andati tutti a vuoto. L'imputato aveva reso confessione, spiegando, in termini attendibili, di aver voluto solo minacciare la vittima al fine di dare risposta a quanto era accaduto al figlio (OMISSIS) la sera precedente. Con il secondo motivo viene denunciato difetto di motivazione del giudizio sulla premeditazione, del diniego dell'attenuante della provocazione e del giudizio di comparazione tra circostanze. Non vi era alcuna prova di un accordo sulla detenzione ed utilizzo della pistola. Il fatto era stato determinato dai contrasti tra i rispettivi nuclei familiari, esasperati dalla recente aggressione contro il figlio (OMISSIS). Riconosciute le attenuanti generiche, ne era stata ritenuta l'equivalenza rispetto alla circostanza aggravante, senza alcuna motivazione circa l'esclusione del giudizio di prevalenza, che la difesa aveva chiesto e motivato. 2.2. (OMISSIS) e (OMISSIS). 2.2.1. L'avvocato (OMISSIS), difensore di (OMISSIS) e (OMISSIS), ha presentato atto di impugnazione comune ad entrambe le posizioni. Con il primo motivo viene denunciato difetto di motivazione della decisione di condanna che aveva riformato integralmente quella assolutoria pronunciata dal Tribunale. Il giudice di appello, in violazione dell'articolo 603 c.p.p., aveva proceduto ad una rinnovazione dell'istruttoria solo formale, avendo limitato l'esame dei testi alla conferma delle dichiarazioni rese in primo grado, e parziale, perche' non erano stati esaminati ne' il maresciallo (OMISSIS) ne' i consulenti (OMISSIS) e (OMISSIS). Con il secondo motivo viene denunciata assenza di motivazione in ordine alla valutazione di attendibilita' delle dichiarazioni di (OMISSIS), che non aveva dato alcuna indicazione precisa circa le modalita' dell'azione di (OMISSIS), ne' circa la direzione degli spari, aveva riferito particolari, relativi alla persona di (OMISSIS), che erano risultati non corrispondenti alla realta', aveva descritto in termini contraddittori quanto accaduto la sera precedente. La difesa, nel giudizio di appello, aveva argomento, con memoria, sulla non attendibilita' della persona offesa, ma il secondo giudice non si e' confrontato con le deduzioni difensive. Con il terzo motivo viene denunciato difetto di motivazione del giudizio sulla condotta di (OMISSIS) e sull'elemento soggettivo, ricostruiti sulla base delle dichiarazioni della persona offesa e della teste de relato (OMISSIS), dichiarazioni che non erano state oggetto di adeguata valutazione secondo i canoni previsti dall'articolo 192 c.p.p.. Con il quarto motivo vengono denunciati violazione di legge e difetto di motivazione del giudizio di penale responsabilita' nei confronti di (OMISSIS). In ordine all'accertamento circa la presenza o meno del ricorrente in auto assieme al padre (OMISSIS) e al fratello (OMISSIS), la sentenza di appello ha riformato la sentenza di primo grado, recependo in maniera acritica i rilievi dell'appellante pubblico ministero e senza confrontarsi con quanto dedotto dalla difesa, con memoria, sul punto. Con il quinto motivo vengono denunciati violazione di legge e difetto di motivazione in relazione alla qualificazione giuridica del capo 1, da ritenere fattispecie di minaccia aggravata, alla qualificazione del concorso ai sensi dell'articolo 116 c.p., al riconoscimento dell'attenuante della provocazione e al giudizio di comparazione tra circostanze. 2.2.2. L'avvocato (OMISSIS), difensore di (OMISSIS) e (OMISSIS), ha presentato due distinti atti di impugnazioni. (OMISSIS). Con il primo motivo viene denunciato difetto di motivazione in ordine all'accertamento della condotta dell'imputato. Con il secondo motivo viene denunciata la violazione dell'articolo 116 c.p. e vizio della motivazione per l'esclusione, in ogni caso, del concorso anomalo. Il coimputato (OMISSIS) aveva agito con dolo d'impeto, incompatibile con la premeditazione e con l'attribuzione al ricorrente di un titolo di responsabilita' concorsuale ai sensi dell'articolo 110 c.p.. (OMISSIS). Con il primo motivo viene denunciato difetto di motivazione in ordine all'accertamento del comportamento tenuto dall'imputato. Quanto alla presenza del ricorrente sul luogo e al momento del fatto, il secondo giudice aveva aderito ai rilievi del pubblico ministero senza alcuna giustificazione. Quanto all'elemento soggettivo, la sentenza impugnata non aveva giustificato l'accertamento circa la risalente insorgenza, in capo a (OMISSIS), ne' aveva motivato, se non con mere congetture, l'adesione di (OMISSIS) a tale volonta'. Infine, purante congetturale era anche la motivazione circa la valenza concorsuale della condotta del ricorrente. Con il secondo motivo viene denunciata la violazione dell'articolo 116 c.p. e vizio della motivazione per l'esclusione, in ogni caso, del concorso anomalo. Il coimputato (OMISSIS) aveva agito con dolo d'impeto, incompatibile con la premeditazione e con l'attribuzione al ricorrente di un titolo di responsabilita' concorsuale ai sensi dell'articolo 110 c.p.. 3. Il Procuratore generale ha chiesto l'annullamento, con rinvio, della sentenza impugnata limitatamente alle posizioni di (OMISSIS) e (OMISSIS). Vi e' memoria dell'avvocato (OMISSIS), difensore di tutti i ricorrenti. CONSIDERATO IN DIRITTO La sentenza impugnata va annullata, nei limiti e per le ragioni di seguito esposti. 1. I ricorsi, articolati anche con diversi atti relativi alla medesima posizione processuale, censurano la sentenza impugnata, che a sua volta aveva, in relazione a diversi punti della decisione, riformato la sentenza di primo grado, in relazione a tutti i punti della decisione relativa all'imputazione di tentato omicidio (capo 1), cui e' connessa quella di porto illegale di pistola (capo 2) che e' oggetto di contestazione solo con riguardo alla posizione di (OMISSIS) e (OMISSIS). L'esame dei motivi di ricorso muovera' dai punti della decisione che, all'esito del giudizio di appello, sono stati decisi con giudizio conforme delle sentenze di merito. 2. Le decisioni di primo e secondo grado hanno ritenuto, con valutazioni conformi, la responsabilita' di (OMISSIS) in relazione alla imputazione di cui ai capi 1 e 2. Incontestata la ricostruzione del fatto - (OMISSIS) e (OMISSIS), in auto, si erano recati nel locale dove sapevano che avrebbero trovato (OMISSIS), e, una volta avvedutisi che il (OMISSIS) si allontanava in auto, avevano cercato di bloccarlo e (OMISSIS) aveva esploso tre colpi di pistola, uno dei quali aveva attinto l'auto del (OMISSIS) le sentenze hanno ritenuto che (OMISSIS) avesse voluto uccidere (OMISSIS) e che la condotta presentasse i requisiti oggettivi integranti la fattispecie di tentato omicidio. Il primo motivo del ricorso del difensore di (OMISSIS) propone censura motivazionale sia con riguardo al giudizio sulla sussistenza dell'elemento oggettivo della fattispecie di tentato omicidio sia in relazione all'accertamento dell'elemento soggettivo del reato. 2.1. Incontestato che (OMISSIS) aveva esploso tre colpi di pistola e che solo uno di essi aveva colpito l'auto a bordo della quale (OMISSIS) si stava allontanando, la difesa ha censurato la motivazione che aveva ritenuto integrati, nella descritta condotta, sia l'idoneita' degli atti che la loro direzione univoca a cagionare la morte del conducente dell'auto. Dai dati oggettivi disponibili - costituiti dal punto di impatto del proiettile contro la carrozzeria, ad una altezza dal suolo di centimetri 70 - la difesa desume, come evidenza incontrovertibile, che l'imputato avesse mirato verso il basso e avesse sparato un colpo che non avrebbe potuto porre in pericolo la vita del (OMISSIS), e dal contesto - costituito dalla prossimita' tra sparatore e auto, dal numero di colpi disponibili e dal fatto che solo un colpo aveva attinto l'auto ritiene apprezzabile come l'azione di (OMISSIS) fosse compatibile anche con un intento di bloccare la fuga del (OMISSIS) ovvero di intimidirlo. Il motivo e' infondato. Quanto alla direzione dell'unico colpo che aveva attinto la carrozzeria dell'auto, il secondo giudice ha rilevato che non era stato un colpo di rimbalzo da terra, che era stata colpita la fiancata sinistra (lato conducente) e che l'impatto era avvenuto a cm 70 da terra, altezza compatibile con l'addome del guidatore. Il giudizio in ordine alla idoneita' degli atti e alla direzione degli stessi va compiuto ex ante in relazione ai dati oggettivi del contesto dell'azione. Da questo punto di vista, non v'e' dubbio che le sentenze di merito hanno dato motivazione che risulta incensurabile al sindacato di legittimita'. Lo sparo di un colpo di arma da fuoco che attinge la fiancata sinistra di un'auto in fuga e' condotta idonea a colpire il conducente e a provocarne la morte, ed e', altresi', diretta univocamente a quel fine, essendo le ipotesi alternative dell'atto solo intimidatorio ovvero dell'atto finalizzato a impedire la fuga dell'auto insostenibili, a fronte di un colpo sparato con braccio parallelo alla sede stradale, e non verso l'alto, e diretto verso il posto guida, e non verso i pneumatici. 2.2. Con riguardo all'elemento soggettivo del reato, il motivo articola la censura motivazionale in relazione ai dati rivelati dalla confessione resa dall'imputato (OMISSIS), il quale aveva riferito di essere andato alla ricerca di (OMISSIS) per avere un chiarimento su quanto era successo il giorno precedente con il figlio (OMISSIS) e per dargli una lezione, di essersi fatto accompagnare dal figlio (OMISSIS) perche' non in grado di guidare l'auto, di aver preso con se' per potersi difendere nel caso ce ne fosse stato bisogno, di aver, infine, sparato verso terra, in direzione delle ruote per intimidazione. Il motivo, in parte qua, ha contenuto di merito. La difesa, infatti, sottopone al vaglio del collegio la diversa prospettazione data dal ricorrente stesso e le argomentazioni svolte dalla difesa tecnica con memoria depositata in giudizio, senza pero' confrontarsi con le evidenze oggettive che i giudici del merito hanno valorizzato: la circostanza di essersi messo alla ricerca del (OMISSIS) presso un pubblico esercizio al fine di "dare una lezione" e armato di arma comune da sparo; l'aver, poi, effettivamente sparato, mentre l'avversario fuggiva, non con direzione verso l'alto e attingendo l'auto non ai pneumatici, ma proprio sul lato del conducente. Incontestate circostanze che danno contezza, con motivazione esente da vizi logici o giuridici, della volonta' omicidiaria che ha animato il ricorrente al momento degli spari di arma da fuoco. 3. La sentenza di appello ha riformato la sentenza di primo grado, quanto al capo 1, in relazione a tutti gli imputati, seppur sotto diversi profili. 3.1. Con riguardo alla posizione di (OMISSIS), la sentenza di appello, in riforma di quella del Tribunale, ha ritenuto sussistente la circostanza aggravante della premeditazione. Va premesso che la giurisprudenza e' consolidata nel senso che "elementi costitutivi della circostanza aggravante della premeditazione sono un apprezzabile intervallo temporale tra l'insorgenza del proposito criminoso e l'attuazione di esso, tale da consentire una ponderata riflessione circa l'opportunita' del recesso (elemento di natura cronologica) e la ferma risoluzione criminosa perdurante senza soluzione di continuita' nell'animo dell'agente fino alla commissione del crimine (elemento di natura ideologica)" (Sez. U, n. 337 del 18/12/2008, Antonucci, Rv. 241575). Si e' anche precisato che la menzionata circostanza aggravante non puo' essere riscontrata in presenza di una mera preordinazione del fatto: "In tema di omicidio, la mera preordinazione del delitto, intesa come apprestamento dei mezzi minimi necessari all'esecuzione, nella fase a quest'ultima immediatamente precedente, non e' sufficiente a integrare l'aggravante della premeditazione, che postula invece il radicamento e la persistenza costante, per un apprezzabile lasso di tempo, nella psiche del reo del proposito omicida, del quale sono sintomi il previo studio delle occasioni e dell'opportunita' per l'attuazione, un'adeguata organizzazione di mezzi e la predisposizione delle modalita' esecutive" (Sez. 1, n. 37825 del 29/04/2022, TISCORNIA, Rv. 283512). La sentenza di primo grado, alla pagina 18, aveva osservato che dell'ipotesi accusatoria recepita dalla imputazione - secondo la quale gli imputati avevano ideato, sin dalla sera precedente, di realizzare un agguato mortale nei confronti del (OMISSIS) per vendicare l'aggressione a (OMISSIS) - "L'unico elemento, certamente significativo ma non univoco in tal senso, e' dato chiaramente dal fatto che (OMISSIS) si mise in macchina alla ricerca del (OMISSIS) portando con se' una pistola carica", ed aveva quindi ritenuto che fosse dubbio, e dunque non provato, che la volonta' omicida fosse sorta assieme alla volonta' di rivalersi contro l'aggressore. Proposto sul punto appello del pubblico ministero, la sentenza impugnata, dopo aver motivato l'accertamento in ordine alla condivisione da parte di (OMISSIS), di un progetto omicidiario gia' pianificato col padre, ha rilevato che "poteva spiegarsi con un dolo d'impeto, sull'onda dell'indignazione per l'aggressione appena subita da (OMISSIS), la spedizione punitiva della sera prima; a distanza di un giorno, pero'... la persistenza dell'intento omicida e I organizzazione dell'agguato rendono manifesta la sussistenza della contestata aggravante della premeditazione". La censura proposta col secondo motivo del difensore di (OMISSIS) e', in parte qua, fondata. Invero, e' privo di motivazione l'accertamento secondo il quale il proposito omicidiario sarebbe sorto gia' la sera precedente e si sarebbe mantenuto per tutta la giornata successiva, sino al momento esecutivo. Se e' incontestato, risultando anche dalle dichiarazioni di (OMISSIS) riportate dalla difesa, che gia' la sera del (OMISSIS), vanamente, (OMISSIS) e (OMISSIS) si erano messi alla ricerca di (OMISSIS) per rispondere all'aggressione subita da (OMISSIS) e che altrettanto avevano intenzione di fare la sera del (OMISSIS), non viene indicato alcun elemento probatorio significativo del fatto che il proposito omicidiario era insorto sin dalla sera del (OMISSIS). In particolare, quanto al porto di pistola, non viene indicato alcun dato significativo del fatto che anche la sera precedente (OMISSIS) era uscito alla ricerca di (OMISSIS), portando con se' l'arma. La circostanza relativa al coordinamento, in corso di esecuzione, tra (OMISSIS) e (OMISSIS) e' significativo di un cosi' detto previo concerto, ma nulla dice in ordine al momento in cui il proposito omicidiario fosse sorto in capo a (OMISSIS). La sentenza di appello, dunque, finisce per assimilare la decisione di "rispondere" all'aggressione subita da (OMISSIS) alla decisione di uccidere l'aggressore, ma di tale identificazione non prospetta alcun dato significativo. In relazione al punto della decisione concernente la sussistenza in capo all'imputato (OMISSIS) della circostanza aggravante della premeditazione va, dunque, pronunciato annullamento con rinvio per nuovo giudizio. 3.2. Con riguardo alla posizione di (OMISSIS), che il primo giudice aveva assolto per non aver commesso il fatto, il giudice di appello ha affermato la penale responsabilita' in ordine ai capi 1, con l'aggravante della premeditazione, e 2. In particolare, il Tribunale aveva ritenuto che non vi fossero elementi significativi del fatto che (OMISSIS) aveva condiviso col padre il proposito omicidiario ne' nella fase di ricerca del (OMISSIS) ne' nel contesto dell'azione posta in essere da (OMISSIS). Il secondo giudice, alle pagine 9 e 10, ha valorizzato la condotta tenuta da (OMISSIS) nei momenti che hanno segnato l'individuazione del (OMISSIS), evidenziando che l'imputato aveva agito, coordinandosi col padre, per bloccare il fuggitivo, non si era affatto sorpreso nel vedere il padre armato di pistola e quindi l'aveva incitato a sparare contro l'auto in fuga. La difesa del ricorrente, con distinti atti dei difensori, ha censurato il giudizio sia sotto il profilo processuale, per la violazione dell'obbligo di rinnovazione dell'istruttoria nel caso di riforma della pronuncia assolutoria, che in relazione alla motivazione dell'accertamento compiuto. 3.2.1. In relazione alla prima censura, ne va dichiarata l'infondatezza. La menzionata norma processuale, nel testo vigente all'epoca della decisione di appello, poneva un obbligo di rinnovazione dell'istruttoria nel caso di impugnazione del pubblico ministero, di una sentenza assolutoria, "per motivi attinenti la valutazione della prova dichiarativa". La giurisprudenza ha precisato l'ambito della rinnovazione deve investire tutte le fonti dichiarative coinvolte nel contrasto valutativo e non puo' limitarsi alla selezione di una delle medesime (Sez. 1, n. 41358 del 29/04/2022, CIANCIO, Rv. 283678), ma non vi un obbligo di rinnovazione generale dell'istruttoria dibattimentale svolta in primo grado. La Corte territoriale ha proceduto alla rinnovazione dell'istruttoria, ma, secondo la censura della difesa, non aveva assunto il teste maresciallo (OMISSIS) ne' i consulenti (OMISSIS) e (OMISSIS). Prove che non risultano essere oggetto della valutazione probatoria censurata dall'appellante pubblico ministero e rispetto alle quali, dunque, non vi era alcun obbligo di rinnovazione. Il motivo ha aggiunto che la Corte territoriale si sarebbe limitata a sollecitare ai dichiaranti la conferma di quanto gia' dichiarato, di tal che il compendio dichiarativo disponibile non sarebbe mutato nel giudizio di appello, con conseguente violazione della regola di giudizio dell'al di la' di ogni ragionevole dubbio. Il motivo, in parte qua, e' manifestamente infondato. La ratio dell'obbligo di rinnovazione dell'istruttoria in caso di impugnazione della sentenza assolutoria per motivi attinenti alla valutazione di prova dichiarativa non risiede in un divieto di reformatio in pejus nel caso di compendio probatorio immutato, bensi' nella ritenuta necessita' che una diversa valutazione della prova dichiarativa, che porti al cosi' detto ribaltamento in appello della assoluzione pronunciata in primo grado, sia fondata sulla rinnovata assunzione, nel contraddittorio, della prova medesima. Si deve poi aggiungere che la censurata, dalla difesa, modalita' di esame non rende invalido l'atto istruttorio, che e' stato assunto nel contraddittorio delle parti, le quali hanno avuto la facolta' di esaminare il dichiarante. 3.2.2. Nel merito della posizione di (OMISSIS), la sentenza di primo grado (pagina 21) era giunta ad pronuncia assolutoria rispetto all'imputazione di concorso in tentato omicidio e di concorso nel porto illegale di pistola, sul rilievo che, da una parte, non vi era prova che l'imputato fosse consapevole che il padre avesse con se' l'arma da fuoco ne' che il proposito omicidiario fosse insorto, in alcuno, prima del concitato frangente nel quale (OMISSIS) cerca di sfuggire agli avversari e (OMISSIS) estrae l'arma e spara, e, dall'altra, che, applicando la regola probatoria di cui all'articolo 192 c.p.p., comma 3, l'accusa formulata dalla vittima - secondo il quale (OMISSIS) aveva incitato il padre a sparare non era provata, mancando i necessari riscontri esterni. In particolare, la testimonianza di (OMISSIS), che aveva riferito la medesima circostanza, non era prova diretta del fatto, in quanto la teste non era stata presente ed aveva dichiarato solo quanto appreso, ex post, dal fratello (OMISSIS), ne' poteva valere come riscontro a quanto dichiarato dalla persona offesa, che la fonte di quanto riferito dalla teste. Il secondo giudice, riformando integralmente, sul punto, la sentenza di primo grado, ha ritenuto (pagine 9 e 10) che l'imputato avesse aderito al programmato agguato mortale nei confronti del (OMISSIS) e vi avesse contribuito sia conducendo l'auto per raggiungere la vittima designata sia coordinandosi col padre nel momento dell'avvistamento della vittima sia, infine, incitando il padre a sparare ("Vai, spara, spara"). La decisione impugnata risulta viziata sia in relazione alla motivazione degli accertamenti in fatto sia in ordine alla definizione del titolo di partecipazione concorsuale alla cui stregua valutare la posizione dell'imputato (OMISSIS). Quanto allo specifico proposito omicidiario, si e' gia' rilevato, con riguardo alla posizione di (OMISSIS), che la volonta' di partecipare ad un incontro col (OMISSIS) nella prospettiva di chiarire quanto accaduto la sera precedente e di "pareggiare" il conto - prospettiva pacificamente ammessa sia da (OMISSIS) che dal figlio (OMISSIS) - non e', di per se', comprensiva anche della volonta' di uccidere il (OMISSIS), atteggiamento della volonta' specifico e distinto da quello di "dare una lezione" al (OMISSIS). Dunque, anche con riguardo al ricorrente (OMISSIS), l'accertamento, compiuto dal secondo giudice, di quanto si siano detti ovvero abbiano fatto insieme gli imputati sino alla partenza per la ricerca, la sera del (OMISSIS), del (OMISSIS) risulta privo di una effettiva motivazione sotto il profilo della verifica dell'eventuale insorgenza e condivisione, gia' in quella fase, del proposito omicidiario. Con riguardo alla condotta tenuta da (OMISSIS) nel contesto del fatto, e' pacifico che egli si era messo alla guida dell'auto e che, vista la manovra di fuga messa in atto dal (OMISSIS), si era attivato per impedirla. La sentenza di appello - in cio' compiendo un accertamento in fatto che il primo giudice aveva escluso - ha ritenuto (pagina 9) provato che, in quel frangente, (OMISSIS) aveva notato che il padre, uscito dall'auto, aveva impugnato la pistola e lo aveva incitato ad usarla. L'attribuzione all'imputato (OMISSIS) di una condotta di incitamento allo sparo - indubbiamente, idonea a configurare un contributo morale di rilievo concorsuale - viene fondata, dal secondo giudice, sulle parole di (OMISSIS) e della di lui sorella (OMISSIS): il primo aveva riferito di aver udito (OMISSIS) gridare "Vai, spara, spara", la seconda "che il ragazzo disse nell'occasione o "spara" o "vai", a sostanziale conferma del racconto della persona offesa". Dunque, laddove il primo giudice aveva rilevato che solo la persona offesa era fonte diretta della circostanza, mentre la di lui sorella aveva riferito quanto appreso, successivamente, dal fratello (OMISSIS), non essendo stata ella presente al fatto, il secondo giudice considera (OMISSIS) come teste diretto del fatto, senza peraltro dare contezza dei dati che lo consentirebbero. Tanto piu' che la qualifica di (OMISSIS) come teste de relato dalla persona offesa era stata decisiva nella valutazione della prova del fatto. Infatti, essendo la persona offesa soggetto indagato di reato connesso le sue dichiarazioni sono state valutate secondo la regola probatoria dettata dall'articolo 192 c.p.p., comma 3, e ritenute non utilizzabili in quanto prive di riscontri esterni. Dunque, anche l'accertamento compiuto dal giudice di appello in ordine alla condotta di (OMISSIS) nel contesto del fatto risulta privo di effettiva motivazione. Si deve, infine, precisare che le rilevate carenze motivazionali rilevano ai fini del giudizio sul titolo della responsabilita', se ai sensi dell'articolo 110 c.p. ovvero ai sensi dell'articolo 116 c.p.. Infatti, e' incontestato che (OMISSIS) e (OMISSIS) avessero concordato di andare ad incontrare (OMISSIS) per chiarire quanto accaduto la sera precedente e "pareggiare" il conto, con una volonta', dunque, di aggressione nei confronti di colui che la sera precedente aveva aggredito il fratello e figlio (OMISSIS). Inoltre, altro dato fattuale pacifico e' il ruolo di (OMISSIS) come conducente dell'auto e supporto per rallentare la fuga di (OMISSIS), condotte oggettivamente in nesso causale con l'azione omicidiaria messa in atto da (OMISSIS). Ora, questi dati sono significativi di responsabilita' concorsuale di (OMISSIS) in ordine all'imputazione di tentato omicidio ai sensi dell'articolo 116 c.p.. La norma, infatti, definisce una speciale responsabilita' concorsuale per il concorrente che ha previsto e voluto un reato, ma ha oggettivamente concorso in altro reato, la cui azione tipica e' commessa da un concorrente, che costituisca sviluppo prevedibile - ma non previsto - dell'azione criminosa concordata. La norma di cui al capoverso della disposizione citata prevede, poi, una diminuente di pena nel caso in cui il reato non previsto, ma prevedibile sia piu' grave di quello voluto. Si deve precisare che la sentenza di primo grado, sul punto, aveva, alla pagina 21, dato erronea applicazione dei principi in materia di imputazione soggettiva della fattispecie concorsuale, osservando che doveva essere esclusa l'ipotesi del cosi' detto concorso anomalo, ai sensi dell'articolo 116 c.p., mancando "alcuna prova certa che i figli sapessero del porto dell'arma da parte del padre". Infatti, partecipare ad una cosi' detta spedizione punitiva assieme a soggetto armato di pistola significa prevederne l'utilizzo e accettarne le conseguenze, e dunque anche l'omicidio dell'avversario. Condizione soggettiva che giustifica l'imputazione del piu' grave delitto di omicidio o tentato omicidio a titolo di compartecipazione dolosa ai sensi dell'articolo 110 c.p.. L'imputazione soggettiva ai sensi dell'articolo 116 c.p., invece, presuppone che il reato commesso, da una parte, non sia stato voluto da un concorrente, nemmeno a titolo di dolo eventuale, e, dall'altra, che sia in nesso oggettivo con la condotta del concorrente e costituisca sviluppo prevedibile dell'azione criminosa concordata. Dunque, le censurate carenze motivazionali, interessanti la posizione di (OMISSIS), rilevano ai fini della qualificazione dell'imputazione soggettiva se ai sensi dell'articolo 110 ovvero articolo 116 c.p.. 3.3. Anche in relazione alla posizione di (OMISSIS) la sentenza di appello ha riformato integralmente quella di primo grado. Il Tribunale di Salerno aveva ritenuto che, impregiudicato l'accertamento in ordine alla presenza di (OMISSIS) in auto assieme al fratello (OMISSIS) e al padre (OMISSIS), (OMISSIS) non fosse a conoscenza del fatto che il padre aveva con se' una pistola e non avesse dato alcun contributo al fatto, risultando accertata, al piu', la sua mera presenza inerte sul sedile posteriore dell'auto. La sentenza di appello, invece, ha ritenuto, alla pagina 10, provata la presenza di (OMISSIS) a bordo dell'auto al momento del fatto, la sua condivisione soggettiva del proposito omicidiario, il suo contributo concorsuale a livello morale "per il costante memento che costituiva agli occhi del padre della necessita' di ottenere vendetta". I dati fattuali, sul cui accertamento il giudice di appello ha fondato la riforma della pronuncia assolutoria, risultano privi di motivazione. Quanto alla presenza di (OMISSIS) a bordo dell'auto al momento del fatto, il primo giudice si era limitato a dare contezza del contrasto di prove sul punto: la presenza era stata affermata dalla persona offesa, ma negata da (OMISSIS), il quale aveva dato contezza di quanto compiuto nell'orario del fatto (l'alibi), circostanze sulle quali erano stati assunti testimoni. Il secondo giudice, invecet formulato un accertamento positivo, fondato sulle dichiarazioni della persona offesa e sulla, di converso, accertata falsita' dell'alibi fornito dall'imputato. Ora, l'accertata falsita' di un alibi, che e' dato diverso dall'assenza di prova di un alibi, non e' circostanza probatoriamente neutra, in quanto fonda l'argomento logico, valorizzabile a livello indiziario, dell'interesse dell'imputato a rappresentare in termini diversi dalla realta' i suoi movimenti al momento del fatto. In ordine a tale dato probatorio la sentenza di appello non motiva l'accertamento compiuto, in quanto si limita, alla pagina 10, a richiamare integralmente "le ragioni analiticamente esposte nell'atto di impugnazione, che sarebbe superfluo ripercorrere". La motivazione per relationem e' consentita in relazione ad atti del procedimento che abbiano un contenuto essenzialmente descrittivo o ricostruttivo della realta' oggetto di condivisione, ma non anche quando si faccia rinvio a documenti complessi e contenenti aspetti valutativi (Sez. 5, n. 24460 del 08/02/2019, FOFFO, Rv. 276770). Nel caso in esame, la sentenza di appello ha richiamato un atto di parte, che, per sua natura, e' valutativo delle emergenze probatorie e che, nei giudizi di impugnazione, puo' essere anche integralmente condiviso dal giudice, il quale, comunque, e' tenuto a motivare tale giudizio. Quanto alla consapevole adesione di (OMISSIS) al proposito omicidiario, valgono i rilievi gia' compiuti in relazione alle posizioni dei coimputati. Si deve aggiungere che, quanto all'antefatto, le sentenze danno atto che (OMISSIS), la sera precedente, aveva informato i familiari di quanto gli era occorso, ma non viene indicato alcun altro elemento di fatto rilevante, se non la presenza in auto al momento della sparatoria, circostanza di cui si e' gia' detto. Il giudizio formulato dal giudice di appello, a pagina 10, risulta, dunque, privo di motivazione, siccome fondato su una congettura: "e' impossibile che solo lui, che era tra l'atro il soggetto da vendicare, non sapesse delle intenzioni del padre e della concertazione dell'azione criminosa". Le rilevate carenze motivazionali impongono l'annullamento della sentenza impugnata in relazione alla posizione di (OMISSIS). 4. Dunque, va pronunciato annullamento della sentenza impugnata, quanto a (OMISSIS), quanto a (OMISSIS), limitatamente all'applicazione del concorso ai sensi dell'articolo 116 c.p., e quanto a (OMISSIS), limitatamente all'aggravante della premeditazione, con rinvio per nuovo giudizio sui rispettivi capi e punti alla Corte di appello di Napoli. Il giudice del rinvio, senza vincoli nel merito, e' tenuto a compiere nuovo giudizio evitando le rilevate carenze motivazionali. I motivi di ricorso concernenti il diniego dell'attenuante della provocazione e il giudizio di comparazione tra circostanze sono assorbiti in relazione a tutti i ricorrenti; sono assorbiti anche i motivi sull'aggravante della premeditazione proposti dai ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS); e', infine, assorbito il motivo, proposto da (OMISSIS), concernente l'applicazione dell'articolo 116 c.p.. Nel resto i ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS) sono infondati e vanno respinti. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata, quanto a (OMISSIS); annulla la sentenza impugnata, quanto a (OMISSIS)i, limitatamente all'applicazione del concorso ex articolo 116 c.p.; annulla la sentenza impugnata, quanto a (OMISSIS), limitatamente all'aggravante della premeditazione. Rinvia per nuovo giudizio sui rispettivi capi e punti alla Corte di appello di Napoli. Rigetta nel resto i ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS). Visto l'articolo 624 c.p.p. dichiara l'irrevocabilita' della sentenza in ordine all'affermazione della penale responsabilita' di (OMISSIS) in riferimento ai reati di cui ai capi 2, 3 e 4.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DE GREGORIO Eduardo - Presidente Dott. CATENA Rossella - Consigliere Dott. GUARDIANO Alfredo - Consigliere Dott. PILLA Egle - Consigliere Dott. FRANCOLINI Giovanni - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 28/04/2021 della CORTE APPELLO di MILANO; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere GIOVANNI FRANCOLINI; uditi il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione MASTROBERARDINO PAOLA, che ha chiesto il rigetto del ricorso riportandosi alla requisitoria scritta gia' depositata, e l'avvocato (OMISSIS) che, nell'interesse del ricorrente, si e' riportato ai motivi di ricorso e ha insistito per l'accoglimento dello stesso. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 28 aprile 2021, la Corte di appello di Milano - a seguito del gravame interposto nell'interesse di (OMISSIS) - in parziale riforma della pronuncia in data 12 maggio 2017 del Tribunale di Milano, ha rideterminato in mitius la durata delle pene accessorie fallimentari irrogate all'imputato e ha confermato nel resto la sentenza di primo grado che ne aveva affermato la responsabilita' per il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, con l'aggravante di aver cagionato un danno patrimoniale di rilevante gravita'. 2. Avverso la sentenza di secondo grado il difensore dell'imputato ha proposto ricorso per cassazione, formulando due motivi (di seguito enunciati, nei limiti di cui all'articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1). 2.1. Con il primo motivo - sub specie dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c), e' stata prospettata la violazione dell'articolo 125 c.p.p., comma 3, articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera e), articolo 587 c.p.p., comma 1, in ragione dell'omessa motivazione - ad avviso della difesa, apparente - sulle argomentazioni difensive presentate nell'atto di appello del coimputato (quale concorrente del (OMISSIS)), i cui effetti dovrebbero estendersi - indipendentemente da ogni attivita' processuale - nei confronti del ricorrente proprio ai sensi del richiamato articolo 587, trattandosi di motivi non esclusivamente personali ed avendo la difesa del (OMISSIS) aderito ai motivi di gravame del coimputato con memoria ex articolo 121 c.p.p. (depositata il 24 febbraio 2021). 2.2. Con il secondo motivo sono stati denunciati la violazione dell'articolo 236, comma 2, n. 1, L.F. in relazione all'articolo 223, comma 2, n. 2, articolo 216, comma 1, n. 1, e articolo 219, comma 1, della stessa legge e la manifesta illogicita' della motivazione in ordine all'affermazione di responsabilita' dell'imputato (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e)). Ad avviso della difesa, la Corte territoriale - peraltro senza indicare puntualmente gli elementi relativi alla condotta del ricorrente se non sulla scorta di mere supposizioni - in violazione dei principi piu' di recente posti dalla giurisprudenza (che ha ormai chiarito come la bancarotta per distrazione sia un reato di pericolo concreto) e per vero secondo una prospettiva erronea piu' in generale sotto il profilo della dogmatica del reato - ha attribuito centralita' alla condotta materiale dell'odierno ricorrente (segnatamente, allorche' ha affermato che il dissesto non e' elemento oggettivo della fattispecie, ma elemento ad esso estraneo che non deve essere investito dall'elemento soggettivo), finendo col ritenere che possono essere punite a titolo di bancarotta distrattiva anche condotte non concretamente pericolose nel momento in cui sono state poste in essere, a nulla rilevando che si collochino in momenti anteriori all'insolvenza e persino alla crisi dell'impresa; in tal modo, avrebbe argomentato sulla scorta di una presunzione di pericolo delle condotte e della conseguente presunzione di responsabilita', senza verificare se al momento del fatto all'agente potesse attribuirsi la chiara percezione di un pericolo concreto e attuale e non della mera possibilita' di una lesione dell'interesse tutelato. In altri termini, in ossequio pure ai principi costituzionali, avrebbe dovuto compiersi un giudizio ex ante per verificare se la condotta contestata al (OMISSIS) (in concorso con altri) fosse ex se in atto pericolosa per la garanzia dei creditori; e verificare attraverso un giudizio ex post se essa - avuto riguardo al complessivo contesto aziendale - avesse concretamente inciso sugli interessi dei creditori; e solo qualora anche tale accertamento avesse dato esito positivo avrebbe potuto ritenersi la sussistenza del reato. Altrimenti la condotta asseritamente posta in essere dal ricorrente avrebbe dovuto sussumersi nell'ipotesi di cui all'articolo 2634 c.c. (che incrimina l'infedelta' patrimoniale) per cui peraltro non e' mai stata sporta querela dai soggetti legittimati (ossia dai soci della (OMISSIS)). CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso e' inammissibile. 1. Il primo motivo e' manifestamente infondato. Le Sezioni Unite hanno gia' chiarito che: "il fenomeno processuale dell'estensione dell'impugnazione in favore del coimputato non impugnante (o l'impugnazione del quale sia stata dichiarata inammissibile), di cui all'articolo 587 c.p.p., opera di diritto come rimedio straordinario che, al verificarsi dell'evento consistente nel riconoscimento, in sede di giudizio conclusivo sul gravame, del motivo non esclusivamente personale dedotto dall'imputato diligente, e' idoneo a revocare il giudicato in favore del non impugnante, rendendo questi partecipe del beneficio conseguito dal coimputato; ne deriva conseguentemente che, fino a quando non si sia verificato tale effetto risolutivo, il predetto fenomeno processuale non spiega influenza alcuna sulla esecutorieta' della sentenza relativa al rapporto processuale individuo-concernente il non impugnante od equiparato" (Sez. U, n. 9 del 24/03/1995, Cacciapuoto, Rv. 201304 - 01; cfr. pure Sez. U, n. 3391 del 26/10/2017 - dep. 2018, Visconti, Rv. 271539 - 01; Sez. U, n. 30347 del 12/07/2007, Aguneche, Rv. 236756 - 01; cfr. pure Sez. 5, n. 15446 del 17/02/2004, Koshi, Rv. 228758 - 01). Infatti, l'estensione dell'impugnazione - preordinata "ad impedire il verificarsi di situazioni di ingiustificata disparita'" (Sez. 5, n. 15446/2004, cit.), ossia "dettata dall'esigenza di evitare disarmonie di trattamento tra soggetti in identica posizione, taluno dei quali abbia con esito favorevole proposto valida impugnazione" (Sez. U, n. 3391/2018, cit.) - consegue dal "riconoscimento, in sede di giudizio conclusivo sull'impugnazione, della fondatezza del motivo non esclusivamente personale dedotto dall'impugnante diligente" (Sez. U, n. 9/1995, cit.; Sez. U, n. 30347/2007, cit.)" e fintantoche' detto "evento" non si verifichi "l'impugnazione altrui non spiega influenza alcuna" sul rapporto processuale concernente il coimputato (Sez. U, n. 3391/2018, cit.). Ne deriva che l'effetto estensivo non puo' derivare da un'impugnazione la cui fondatezza non sia stata vagliata e affermata, anche solo - come nella specie - per ragioni processuali come la morte di chi l'aveva proposta in costanza del giudizio di impugnazione. Ne' puo' pervenirsi a conclusioni diverse in ragione dell'adesione (prospettata della difesa del (OMISSIS)), tramite una memoria ex articolo 121 c.p.p., ai motivi di gravame proposti dal coimputato deceduto, che non ha inerenza con il rimedio straordinario dell'effetto estensivo. Al riguardo, basti allora aggiungere che tali allegazioni avrebbero potuto avere incidenza sull'obbligo di motivazione del giudice su motivi di gravame ritualmente proposti (peraltro, sempreche' con la memoria non fossero stati introdotti nova rispetto all'atto di appello, che sono consentiti - per quel che qui rileva - entro i limiti contenutistici previsti dal rito: cfr. Sez. 6, n. 36206 del 30/09/2020, Tobi, Rv. 280294 - 01: "in materia di impugnazioni, la facolta' del ricorrente di presentare motivi nuovi incontra il limite del necessario riferimento ai motivi principali, di cui i primi devono rappresentare mero sviluppo o migliore esposizione, ma sempre ricollegabili ai capi e ai punti gia' dedotti, sicche' sono ammissibili soltanto motivi aggiunti con i quali si alleghino ragioni di carattere giuridico diverse o ulteriori, ma non anche motivi con i quali si intenda allargare l'ambito del predetto petitum, introducendo censure non tempestivamente formalizzate entro i termini per l'impugnazione"; cfr. pure Sez. 6, n. 5447 del 06/10/2020 - dep. 2021, Paun, Rv. 280783 01). Tuttavia, sotto tale ultimo profilo il ricorso e' generico, avendo fatto mero rimando alla memoria con la quale si sarebbe aderito alle censure del coimputato e ad escludere in maniera meramente assertiva che l'impugnazione altrui non fosse fondata su motivi esclusivamente personali (cfr. Sez. 5, n. 24437 del 17/01/2019, Armeli, Rv. 276511 - 01; cfr. Sez. 3, n. 8065 del 21/09/2018 - dep. 2019, C., Rv. 275853 - 02; cfr. pure Sez. 3, n. 35964 del 04/11/2014 - dep. 2015, B., Rv. 264879 - 01). 2. Il secondo motivo e' inammissibile. Il (OMISSIS) e' stato ritenuto responsabile del delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione dei beni della (OMISSIS) S.p.A., in particolare per avere, in concorso con (OMISSIS) (amministratore dei fatto dell'ente e gia' vicepresidente del consiglio di amministrazione e amministratore delegato), ottenuto la disponibilita' di Euro 2.000.000 (derivanti da una linea di credito concessa alla (OMISSIS) SA, societa' riferibile al (OMISSIS), garantita da un pegno, poi in effetti escusso, concesso dalla (OMISSIS) senza corrispettivo nonostante essa non intrattenesse alcun rapporto commerciale con la (OMISSIS)) nonche' per aver incassato ulteriori somme indebitamente erogate dalla (OMISSIS) (al (OMISSIS) e al (OMISSIS), a quest'ultimo quale retribuzione del suo agire in favore del primo). La Corte di merito - per quel che qui rileva - ha evidenziato come le operazioni in discorso abbiano determinato l'uscita dalle casse sociali di Euro 2.600.000 senza alcuna giustificazione ed ha esposto (alla luce del compendio in atti e, in particolare, di quanto emerso dai messaggi di posta elettronica acquisiti) e che fosse stato orchestrato tutto per favorire il (OMISSIS) (rimarcando pure il ruolo svolto - di concerto con gli imputati - da (OMISSIS), direttore della filiale di (OMISSIS) dalla Banca creditrice), attribuendo espressamente al ricorrente la piena consapevolezza di beneficiare indebitamente di somme "con pari danno per la societa' che le pagava". Ne deriva che la decisione e' conforme alla giurisprudenza di questa Corte, atteso che: - "il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale prefallimentare e' un reato di pericolo concreto, in quanto l'atto di depauperamento, incidendo negativamente sulla consistenza del patrimonio sociale, deve essere idoneo a creare un pericolo per il soddisfacimento delle ragioni creditorie, che deve permanere fino al tempo che precede l'apertura della procedura fallimentare" (Sez. 5, n. 50081 del 14/09/2017, Zazzini, Rv. 271437 - 01); - "in tema di bancarotta fraudolenta per distrazione, l'accertamento dell'elemento oggettivo della concreta pericolosita' del fatto distrattivo e del dolo generico deve valorizzare la ricerca di "indici di fraudolenza", rinvenibili, ad esempio, nella disamina della condotta alla luce della condizione patrimoniale e finanziaria dell'azienda, nel contesto in cui l'impresa ha operato, avuto riguardo a cointeressenze dell'amministratore rispetto ad altre imprese coinvolte, nella irriducibile estraneita' del fatto generatore dello squilibrio tra attivita' e passivita' rispetto a canoni di ragionevolezza imprenditoriale, necessari a dar corpo, da un lato, alla prognosi postuma di concreta messa in pericolo dell'integrita' del patrimonio dell'impresa, funzionale ad assicurare la garanzia dei creditori, e, dall'altro, all'accertamento in capo all'agente della consapevolezza e volonta' della condotta in concreto pericolosa" (Sez. 5, n. 38396 del 23/06/2017, Sgaramella, Rv. 270763 - 01); - "in tema di concorso nel delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, il dolo del concorrente extraneus nel reato proprio dell'amministratore consiste nella volontarieta' della propria condotta di apporto a quella dell'intraneus, con la consapevolezza che essa determina un depauperamento del patrimonio sociale ai danni dei creditori, non essendo, invece, richiesta la specifica conoscenza del dissesto della societa' che puo' rilevare sul piano probatorio quale indice significativo della rappresentazione della pericolosita' della condotta per gli interessi dei creditori" (Sez. 5, n. 4710 del 14/10/2019 - dep. 2020, Falcioni, Rv. 278156 - 02; cfr. pure Sez. 5, n. 38396/2017, cit.); - nei termini sopra esposti, la sentenza impugnata ha chiaramente indicato gli indici che ha ritenuto dimostrativi della sussistenza dell'elemento oggettivo (parlando apertis verbis per vero, di un vero e proprio danno patito dalla societa') e del dolo del reato (segnatamente, in capo al (OMISSIS)). Per le ragioni rappresentate, non ha allora inficiato la correttezza della statuizione di merito e non ha avuto influenza sul dispositivo e, dunque, non determina in alcun modo l'annullamento della sentenza l'assunto - che pure e' esposto nel provvedimento impugnato secondo cui sarebbe "del tutto ininfluente qualsivoglia prevedibilita' ex ante degli esiti della condotta illecita", dovendosi in questa sede solo procedere in parte qua alla rettifica nei termini appena esposti (articolo 619 c.p.p., comma 1; cfr. Sez. U, n. 9973 del 24/06/1998, Kremi, Rv. 211072 - 01). E il ricorso e' - come anticipato - inammissibile poiche' difetta nella necessaria specificita', non confrontandosi compiutamente con l'iter argomentativo della sentenza impugnata (cfr. Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584 - 01) nonche' censurandolo in maniera assertiva sotto il profilo degli elementi posti a sostegno di esso, senza neppure addurre il travisamento della prova (cfr. Sez. 2, n. 46288 del 28/06/2016, Musa, Rv. 268360 - 01). Non occorre, allora, dilungarsi per evidenziare che esso e' manifestamente infondato nella parte in cui ha subordinato al sussistenza del reato alla verifica attraverso un giudizio ex post della concreta incidenza dei fatti sugli interessi dei creditori, bastando ribadire che - come gia' esposto - il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e' configurato secondo il paradigma del pericolo concreto, venendo dunque in rilievo - sub specie della medesima incriminazione - l'atto depauperativo idoneo a "creare un vulnus all'integrita' della garanzia dei creditori in caso di apertura della procedura concorsuale" (cfr., per tutte, pure Sez. 5, n. 38396/2017, cit.). 3. Ai sensi dell'articolo 616 c.p.p. deve disporsi la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in Euro tremila, atteso che l'evidente inammissibilita' dell'impugnazione impone di attribuirgli profili di colpa (cfr. Corte Cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, Failla, Rv. 267585 - 01). P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. TARDIO Angela - Presidente Dott. TALERICO Palma - Consigliere Dott. CALASELICE Barbara - rel. Consigliere Dott. RUSSO Carmine - Consigliere Dott. GALATI Vincenzo - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sui ricorsi proposti da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 04/11/2021 della CORTE ASSISE APPELLO di NAPOLI; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. BARBARA CALASELICE; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. LOY MARIA FRANCESCA, che ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla posizione di (OMISSIS) per il reato di cui al capo a), per non aver commesso il fatto; escludere l'aggravante della premeditazione per il reato di cui al capo a) per (OMISSIS); trasmettere gli atti alla Corte di Assise di Appello di Napoli per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio per il reato di cui al capo b) per entrambi gli imputati. Uditi i difensori: avv. (OMISSIS), difensore di (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso; avv. (OMISSIS), difensore di (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l'accoglimento dei motivi di ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza impugnata la Corte d'assise d'appello di Napoli ha riformato la condanna, emessa dalla Corte d'assise in sede, in data 12 maggio 2020, nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS), dichiarando non doversi procedere nei confronti di entrambi, in relazione al reato di cui al capo C), con rideterminazione della pena irrogata in quella di anni dodici mesi nove di reclusione per il primo e rideterminando, per il secondo, la durata dell'isolamento diurno in quella di anni uno mesi due, confermando nel resto l'impugnata sentenza. 1.1. La Corte d'assise di primo grado aveva reputato gli imputati colpevoli dei reati loro ascritti, ritenuta assorbita la circostanza aggravante di cui al capo B), prevista dall'articolo 577 c.p., comma 1, n. 4, in quella di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7 e aveva pronunciato condanna, concesse le circostanze attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti, l'attenuante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p., comma 3, nonche', al solo (OMISSIS), quella di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 8 nei confronti di (OMISSIS) alla pena dell'ergastolo con isolamento diurno per anni uno e mesi sei e di (OMISSIS) a quella di anni tredici di reclusione, oltre pene accessorie. 1.1. Si tratta della contestazione dei reati di cui al capo A) (articoli 81, comma 2, articolo 110, articolo 112, n. 1 articolo 575, articolo 577 c.p., n. 3 e 4), ascritto a (OMISSIS) quale mandante e organizzatore e a (OMISSIS) per il supporto logistico fornito al commando, relativo all'omicidio pluriaggravato nei confronti di (OMISSIS) detto (OMISSIS), con la circostanza aggravante del concorso di piu' di cinque persone riunite, della premeditazione, dei motivi abietti, al fine di affermare la supremazia dell'organizzazione camorristica denominata clan (OMISSIS). Il delitto di cui al capo B) (articoli 56, 110, 575, 577, n. 3 e 4, articolo 61 c.p., n. 1 L. n. 203 del 1991, articolo 7), ascritto agli imputati, (OMISSIS) quale mandante e organizzatore e a (OMISSIS), quale localizzatore della vittima, in concorso con altri, attiene al tentato omicidio di (OMISSIS), attuato attraverso l'esplosione al suo indirizzo di piu' colpi di arma da fuoco, evento non verificatosi per fatto indipendente dalla propria volonta' (n.d.r.: secondo la contestazione perche' la vittima designata viaggiava a bordo di vettura assieme alla moglie e alla figlia di pochi mesi, dunque per evitare di attingere anche costoro nell'esecuzione dell'agguato, cui i giudici di merito aggiungono la fuga della vittima che approfittava dell'esitazione dei sicari, per la presenza di estranei nell'auto della vittima designata). 2. Avverso il descritto provvedimento hanno proposto distinti, tempestivi ricorsi gli imputati, per il tramite dei rispettivi difensori, denunciando i vizi di seguito riassunti, nei limiti di cui all'articolo 173 disp. att. c.p.p.. 2.1. (OMISSIS), per il tramite dei difensori, (OMISSIS) ed (OMISSIS), denuncia quattro vizi. 2.1.1. Con il primo motivo si denuncia inosservanza ed erronea applicazione dell'articolo 597 c.p.p. articolo 192 c.p.p., commi 3 e 4, articolo 110, 116, comma 2, 575, 577, n. 3, 62-bis, 69, 132 e articolo 133 c.p., violazione di legge e vizio di motivazione. Si denuncia la mancanza di motivazione in ordine a giudizio di affidabilita' dei collaboratori di giustizia, nonche' circa la dedotta carenza della cd. convergenza del molteplice. Si deduce vizio di motivazione circa il contributo causale offerto da (OMISSIS), in relazione al delitto di cui al capo A), contraddittorieta' della motivazione riguardo alla premeditazione e alla configurabilita' dell'articolo 116 c.p., comma 2, nonche', quanto al capo B), circa l'esclusione della desistenza volontaria o del ravvedimento operoso. Sotto il primo profilo la difesa evidenzia che la Corte d'assise d'appello nega qualsiasi incidenza sul proprio giudizio, rispetto alle pronunce del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli, del 17 luglio 2019, quanto alle posizioni di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche' di quella di secondo grado, del 19 novembre 2020, che ha escluso la circostanza aggravante della premeditazione e ha assolto (OMISSIS) per non aver commesso il fatto, trattandosi, per la sentenza impugnata, di decisione non ancora irrevocabile. Invece, la difesa, in sede di appello aveva devoluto anche il tema del diverso contenuto delle argomentazioni della motivazione della citata pronuncia d'appello del 19 novembre 2020, tema del tutto trascurato dalla Corte territoriale. La sentenza impugnata, comunque, secondo il ricorrente, fonda la conferma di quella di primo grado sulla valutazione delle dichiarazioni accusatorie di (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS) (OMISSIS) secondo il ricorrente: -attribuisce solo ad (OMISSIS) il mandato omicidiario, intuendo soltanto la partecipazione di (OMISSIS); -nel descrivere la riunione degli affiliati in cui (OMISSIS) era presente, non indica la presenza del gruppo facente parte a (OMISSIS); -riconosce di aver preso, direttamente, la decisione di coinvolgere anche il gruppo di (OMISSIS) e di (OMISSIS), che garanti' l'appoggio anche degli esponenti della fazione (OMISSIS). Si riportano, a pag. 11 e sgg., stralci delle dichiarazioni di (OMISSIS), dai quali, in definitiva, secondo la difesa, risulterebbe che l'iniziativa di coinvolgere anche (OMISSIS) era stata dello stesso (OMISSIS), ma era intervenuta soltanto dopo che era gia' stata assunta la decisione di eliminare (OMISSIS), onde assicurare ausilio all'esecuzione del delitto, appoggio, poi, mai piu' prestato materialmente. Quanto al collaboratore (OMISSIS) (le cui dichiarazioni erano state riportate nei motivi nuovi), la difesa deduce che si tratta di dichiarazioni che non collimerebbero con quelle di (OMISSIS), posto che, secondo (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS) incontrarono (OMISSIS) assieme al quale avevano deciso l'eliminazione di (OMISSIS) ( (OMISSIS)) per dare subito un segnale a (OMISSIS). Si tratta di dichiarazioni non convergenti con quelle di (OMISSIS), che ha escluso di aver parlato con (OMISSIS) e (OMISSIS) e la presenza di (OMISSIS) all'incontro con il gruppo del (OMISSIS), argomento contenuto nei motivi di appello, che sarebbe stato trascurato dalla Corte territoriale. (OMISSIS), poi, secondo la difesa, come dedotto con i motivi nuovi, concorda con la versione di (OMISSIS); afferma di aver assunto la decisione di eliminare (OMISSIS) e di aver convocato il (OMISSIS), per l'esecuzione dell'omicidio, senza aver mai affermato di aver assunto detta decisione con (OMISSIS), se non in una dichiarazione spontanea, del 3 marzo 2020, peraltro generica quanto alle circostanze temporali e di spazio della comune deliberazione. (OMISSIS), poi, a parere della difesa, non fornirebbe alcun contributo per il ruolo di (OMISSIS) quale mandante, perche' non al corrente, nel dettaglio, di come e quando era stata assunta la decisione dell'eliminazione di (OMISSIS), ma riferisce della circostanza che l'uccisione di (OMISSIS) era stata deliberata dopo l'agguato fallito a (OMISSIS). Quanto a (OMISSIS) (i cui verbali di interrogatorio sono stati acquisiti e si e' proceduto all'esame integrativo all'udienza del 28 maggio 2019), la difesa deduce che questi avrebbe reso dichiarazioni (riportate per estratto in nota a pag. 15 e ss. del ricorso) tra loro contraddittorie. (OMISSIS) infatti, in un primo momento, avrebbe escluso la partecipazione di (OMISSIS) alla fase organizzativa del delitto di (OMISSIS), affermando poi, successivamente, che le riunioni per organizzare l'agguato erano gia' iniziate e che, a seguito di uno specifico episodio, avvenuto una settimana prima dell'omicidio (un uomo di (OMISSIS), (OMISSIS), aveva schiaffeggiato (OMISSIS) su un cantiere di interesse di (OMISSIS)), (OMISSIS) aveva compulsato (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) mandando l'"imbasciata" che (OMISSIS) doveva essere ammazzato. Si tratta di episodio riferito anche da (OMISSIS), ma, secondo il ricorrente, in termini non sovrapponibili al narrato di (OMISSIS). (OMISSIS), secondo la difesa, poi (cfr. dichiarazioni acquisite su accordo delle parti) ha reso affermazioni riportate per stralcio a pag. 19 e ss. del ricorso, secondo le quali questi aveva appreso proprio da (OMISSIS) in relazione all'agguato fallito che lo (OMISSIS), dopo aver fatto fuoco, aveva detto di lasciare stare perche' nella vettura ci stavano le creature. Con riferimento al collaboratore (OMISSIS), si riporta stralcio delle dichiarazioni rese nel corso del procedimento celebrato dinanzi alla Corte d'assise di Santa Maria Capua Vetere, ove i verbali di dichiarazioni erano stati acquisiti su accordo delle parti (cfr. pag. 20 del ricorso); quanto a (OMISSIS), si riportano a pag. 21 stralci di verbali di dichiarazioni acquisite su accordo delle parti nel procedimento svolto dinanzi alla Corte d'assise di Santa Maria Capua Vetere. Circa le dichiarazioni de relato rese da (OMISSIS) (cfr. nota della pag. 22 del ricorso)" si assume che queste non convergerebbero con il contenuto delle affermazioni di (OMISSIS), indicando (OMISSIS) come responsabile per la zona di (OMISSIS) e l'esistenza di un incontro in cui (OMISSIS) aveva reso un apprezzamento sgarbato, nei confronti di (OMISSIS), riportato a quest'ultimo da (OMISSIS). (OMISSIS), quindi, dopo un appuntamento con altri reggenti avrebbe deciso di dare un segnale forte. 2.1.2. Con il secondo motivo si contesta la manifesta illogicita' della declaratoria di inammissibilita' pronunciata dalla Corte territoriale circa i motivi di appello nuovi, che hanno riguardato la circostanza aggravante della premeditazione e l'applicazione dell'articolo 116 c.p., comma 2 nonche' l'applicazione dell'articolo 56, commi 3 e 4, in quanto indicati dalla Corte come motivi non contenuti nell'appello principale, che conterrebbe soltanto la richiesta di assoluzione di (OMISSIS). Si tratta, invece, di censure ammissibili, a parere del ricorrente, in quanto contenute, all'interno della piu' ampia richiesta assolutoria, perche' dirette a dare al fatto una diversa qualificazione giuridica che ben avrebbe potuto essere verificata di ufficio, richiamando, sul punto precedente di legittimita' indicato come in termini (Sez. 5, n. 4124 del 14/12/2016). Si riportano a pag. 27 e ss. del ricorso, stralci delle deposizioni dei collaboratori (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) dalle quali emergerebbe, in modo convergente, che unico destinatario del mandato omicidiario era stato (OMISSIS) e che (OMISSIS) era stato ucciso, come da deliberazione facente capo a (OMISSIS), per la ragione che questi si era presentato presso il cantiere ove aveva dato uno schiaffo a (OMISSIS). Sicche' si sarebbe trattato, per la difesa, di evento ulteriore e diverso rispetto a quello voluto, perfezionatosi solo nella forma del tentativo. Si chiede, comunque, di applicare l'articolo 116 c.p., comma 2, esclusa, rispetto al fatto piu' grave, la circostanza aggravante della premeditazione che, invece, la Corte d'assise d'appello conferma condividendo la motivazione del primo giudice. 2.1.3. Con il terzo motivo si deduce che, con riferimento al capo B), tutti i dichiaranti sarebbero concordi nel reputare come volontario l'abbandono dell'azione omicidiaria, a causa della presenza di bambini nella vettura di (OMISSIS). (OMISSIS) aveva esploso un colpo di arma da fuoco che, pero', aveva attinto la vettura nella parte anteriore e immediatamente dopo, secondo tutti i dichiaranti al corrente delle circostanze dell'accaduto, accortisi della presenza nella vettura della moglie della vittima designata e sui sedili posteriori di almeno un bambino, veniva abbandonato il proposito omicidiario. Si richiamano precedenti di legittimita' che si esprimono nel senso che ricorre la fattispecie della desistenza volontaria quando la mancata consumazione del delitto dipende da spontaneita', non legata ad alcuna necessita' ma operata liberamente e indipendentemente da circostanze esterne, tali da rendere irrealizzabile la condotta. In ogni caso i correi si sarebbero attivati per scongiurare l'evento. 2.1.4. Con il quarto motivo si assume, circa i rilievi del vizio di motivazione in ordine agli articoli 132, 133, 62-bis e 69 c.p. che la Corte avrebbe omesso di rispondere alla richiesta difensiva. 2.2. (OMISSIS), per il tramite del difensore, avv. (OMISSIS), denuncia due vizi. 2.2.1. Con il primo motivo si deduce violazione di legge in relazione all'articolo 178 c.p.p., comma 1, lettera c) in merito all'omessa partecipazione dell'imputato all'udienza del 28 ottobre 2021 e con riferimento all'ordinanza resa in quell'udienza, con correlato vizio di motivazione. All'udienza del 28 ottobre 2021, la difesa eccepiva l'impedimento a comparire dell'imputato per la sua omessa presenza perche', sottoposto a programma di protezione, non ne era stata disposta la traduzione. La Corte d'assise d'appello respingeva l'eccezione, assumendo che (OMISSIS), per il procedimento in corso, risultava libero e non era piu' sottoposto a programma di protezione; di qui la circostanza che, a parere della Corte procedente, la mancata partecipazione sarebbe stata da ascriversi ad una scelta volontaria dell'imputato. Si osserva che il programma speciale di protezione in atto per (OMISSIS) risulta revocato il 3 marzo 2021, ma con il medesimo provvedimento di revoca si disponeva, comunque, a suo carico, permanendo esigenze di sicurezza del collaboratore di giustizia, l'adozione di misure ordinarie di tutela, nella competenza dell'Autorita' provinciale di pubblica sicurezza. Di conseguenza, pur mutata l'autorita' preposta competente, in sostanza (OMISSIS) era, alla data dell'udienza indicata, comunque, sottoposto a tutela per effetto di programma di protezione ordinario, in forza del quale era comunque limitata la sua liberta' di circolazione e movimento dalla localita' protetta, tanto che, anche nell'avviso di fissazione del giudizio di appello, l'imputato risultava domiciliato presso il Servizio centrale di protezione di Roma. Sotto tale profilo, dunque, si evidenzia che l'autorita' giudiziaria procedente, a prescindere dallo status detentionis, avrebbe dovuto attivarsi presso il Servizio centrale di protezione e consentire all'imputato di partecipare all'udienza, richiamando un precedente in termini (Sez. 2, Rv. 282352) che ne afferma il diritto nel caso in cui il collaboratore abbia manifestato la volonta' di partecipare all'udienza. Tanto, come del resto avvenuto per la precedente udienza del 26 ottobre 2021, avendo in tal modo l'imputato mostrato interesse a partecipare al processo a suo carico, anche se il giorno prima, aveva fatto pervenire una rinuncia a comparire per ragioni di salute, datata 25 ottobre 2021. Si tratta, peraltro, di rinuncia valevole, a parere del ricorrente, per la singola udienza del 26 ottobre 2021, che non avrebbe esonerato la Corte d'assise d'appello dall'onere di apprestare misure idonee a consentire, al collaboratore di giustizia, di partecipare alla successiva udienza del 28 ottobre. 2.2.2. Con il secondo motivo si deduce inosservanza ed erronea applicazione degli articoli 110, 40, 116 c.p. in ordine al nesso di causalita' e all'elemento soggettivo di cui al capo A, con correlato vizio di motivazione. Il movente del tentato omicidio (OMISSIS), di cui al capo B, consiste nell'iniziativa di (OMISSIS) di costituire un gruppo autonomo rispetto al clan (OMISSIS), operante in (OMISSIS), senza corrispondere al sodalizio le somme pretese nell'ambito di quel territorio. La decisione di eliminare (OMISSIS) deve ascriversi, secondo i provvedimenti di merito, ai capi storici del clan, (OMISSIS) e (OMISSIS), all'epoca latitanti. (OMISSIS) ammette di aver preso parte a riunioni in cui si pianificava, tramite portavoce dei vertici del sodalizio, di uccidere (OMISSIS) e chiunque del suo gruppo stesse con lui, ma riferisce di aver saputo dell'omicidio (OMISSIS) soltanto dopo, trattandosi di atto avvenuto secondo una decisione adottata sul momento. (OMISSIS), secondo la difesa, avrebbe comunque, limitato il suo apporto a fornire notizie sugli spostamenti di (OMISSIS) non anche di (OMISSIS), ucciso in quanto notato da uno dei sicari, in un autolavaggio, nella strada percorsa dal commando, dopo l'agguato fallito nei confronti di (OMISSIS) e nel fare ritorno verso (OMISSIS). Si sottolinea che la motivazione e' effettivamente lacunosa, quanto al nesso causale della condotta di (OMISSIS), consistita nell'individuazione degli spostamenti della vittima e a localizzarla, rispetto alla morte di (OMISSIS), tenuto conto che il ruolo di "specchiettista" si era limitato alla persona del (OMISSIS), vittima designata. La pronuncia manca di prendere in esame, a parere del ricorrente, il contributo causale assunto da (OMISSIS) con riferimento alla morte di (OMISSIS), decisa in modo estemporaneo, fondando detto nesso soltanto sulla partecipazione di (OMISSIS) alle riunioni ove era stato deciso con un mandato "aperto" che si dovevano eliminare anche gli appartenenti al gruppo di (OMISSIS) (come era (OMISSIS)). Su tale punto, la motivazione sarebbe laconica e generica quanto all'apporto causale rispetto allo specifico fatto omicidiario, peraltro, deciso in modo estemporaneo senza una preventiva organizzazione, dunque frutto di una decisione improvvisa e contingente. Ne' si ravviserebbe la spiegazione di come le due condotte siano state collegate e senza soluzione di continuita', in maniera tale da costituire un unicum logico-fattuale. Sull'elemento soggettivo si osserva, poi, che vi e' motivazione del tutto omessa, posto che l'eliminazione di (OMISSIS) era avvenuta a seguito di avvistamento occasionale della vittima, senza che siano espresse le ragioni per le quali la condotta del commando dovesse configurarsi quale sviluppo logico e prevedibile della prima condotta, non andata a buon fine, trattandosi di omicidio che aveva avuto quale vittima una persona che non era in compagnia di (OMISSIS) e che era stato, colpita sulla base di una determinazione autonoma dei partecipi al commando. 3. Il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, M.F. Loy, ha fatto pervenire requisitoria scritta con la quale ha concluso chiedendo di annullare senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente alla posizione di (OMISSIS), per il reato di cui al capo A), per non avere commesso il fatto, escludere la circostanza aggravante della premeditazione per il reato di cui al capo B) per (OMISSIS), trasmettere gli atti alla Corte d'Assise d'Appello di Napoli per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio per il reato di cui al capo B) per entrambi gli imputati. 3.1. Le difese hanno chiesto tempestivamente la trattazione orale. 3.2.L'avv. (OMISSIS) ha fatto pervenire motivi nuovi con p.e.c. del 28 luglio 2022, con i quali ha dedotto l'inosservanza ed erronea applicazione dell'articolo 157 c.p. in relazione al reato di cui al capo B). Si tratta di richiesta non avanzata in sede di appello ne' con il ricorso per cassazione, ma che potrebbe essere esaminata, a parere del ricorrente, ove la Corte di cassazione ritenesse fondati i motivi prospettati (richiamando Sez. U, ricorrente Ricci). Si deduce che il reato e' prescritto in data 20 luglio 2016, prima dell'emissione della sentenza di secondo grado, ritenendo applicabile, perche' piu' favorevole in ragione della data di commissione del fatto, la normativa vigente prima della riforma della prescrizione del 5 dicembre 2005. Si tratta di delitto di omicidio tentato, per il quale sono state ritenute le circostanze attenuanti equivalenti alle aggravanti, con ulteriore applicazione della circostanza attenuante speciale di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 8. Si considera il giudizio di bilanciamento e la successiva riduzione per effetto della circostanza attenuante di cui all'articolo 8 cit., cosi' pervenendo alla pena massima di anni dieci mesi otto di reclusione. Sicche', per effetto della formulazione previgente dell'articolo 157 c.p. tenuto conto della data del fatto ((OMISSIS)), antecedente alla riforma di cui alla L. 5 dicembre 2005, si dovrebbe tenere conto, ai fini della prescrizione, del periodo di anni quindici, a decorrere dal (OMISSIS), esclusi atti interruttivi per essere il primo di questi collocato in data 10 novembre 2016 (interrogatorio del collaboratore), cioe' quando la prescrizione era gia' maturata. 3.3.All'esito della discussione orale, alla odierna udienza le parti presenti hanno concluso nel senso precisato in epigrafe. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso proposto da (OMISSIS) e' infondato e deve essere rigettato, mentre quello di (OMISSIS) e' fondato nei limiti appresso indicati. 1. Il primo motivo proposto nell'interesse di (OMISSIS) e' inammissibile. 1.1.Invero, quanto al primo aspetto devoluto, si censura il giudizio di affidabilita' e credibilita' dei dichiaranti, collaboratori di giustizia e, comunque, si prospetta una lettura alternativa delle dichiarazioni rese e recepite nel provvedimento di secondo grado (pag. 33 e ss.), tanto che se ne riportano stralci o estratti, invitando alla rilettura, nel senso prospettato dal ricorrente, onde apprezzarne l'effettivo contenuto, nonche' la rilevata divergenza tra talune dichiarazioni, meglio specificate nel ricorso. L'operazione che si sollecita, pur se puntualmente indicata, per ciascuna delle dichiarazioni che si reputano erroneamente interpretate dalla Corte territoriale, segnalando anche punti di contrasto tra i collaboratori, e' inibita a questa Corte. Invero, l'esito del giudizio di responsabilita' fondato, come nel caso in esame, su motivazione non manifestamente illogica ne' contraddittoria del giudice di appello, oltre che corretta quanto alla valutazione delle chiamate in correita' o reita', non puo' essere invalidato da prospettazioni alternative del ricorrente, che si risolvano in una rilettura degli elementi posti a fondamento della decisione, ovvero nell'autonoma assunzione di diversi parametri di ricostruzione e di valutazione anche dell'attendibilita' o credibilita' dei dichiaranti, da preferirsi a quelli adottati dai giudici di merito, perche' indicati come piu' plausibili, o perche' assertivamente dotati di una migliore capacita' probatoria (Sez. U, n. 2110 del 23/11/1995, Fachini, Rv. 203767; Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Rv. 207944; Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794; Sez. 6, n. 456 del 21/09/2012, dep. 2013, Cena, Rv. 254226). Inoltre, si propone una valutazione parcellizzata delle fonti di prova richiamate peraltro, per estratto, non consentendo cosi' la complessiva valutazione della forza scardinante dell'argomento dedotto, rispetto alla ricostruzione recepita nella sentenza impugnata. Il ricorrente, poi, muove dalla considerazione dei vari elementi di prova in una prospettiva atomistica ed indipendente dal necessario raffronto con il complessivo compendio probatorio, valorizzato dalle concordi pronunce di merito (Sez. 6, n. 45249 del 08/11/2012, Cimini, Rv. 254274), laddove e' solo l'esame di tale compendio entro il quale ogni elemento e' contestualizzato che consente di verificare la consistenza e la decisivita' degli elementi medesimi, oppure la loro ininfluenza ai fini della compattezza logica dell'impianto argomentativo della motivazione (Sez. 2, n. 18163 del 22/04/2008, Ferdico, Rv. 239789), posto che nella valutazione complessiva ciascun indizio si somma e si integra con gli altri, cosi' che l'insieme puo' assumere quel pregnante ed univoco significato dimostrativo che consente di ritenere provato il fatto (Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992, Musumeci, Rv. 191230). Si tratta, infine, di censure che non riescono a disarticolare il complessivo compendio probatorio a carico, tenuto conto della motivazione esauriente e priva di illogicita' manifesta della Corte territoriale (cfr. pag. 33 e ss.) quanto alla valutazione delle dichiarazioni eteroaccusatorie dei collaboratori di giustizia, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), reputate convergenti e reciprocamente riscontrare, sul ruolo di mandante assunto da (OMISSIS). Anzi, si rileva che la motivazione rende conto della convergenza delle dichiarazioni, degli elementi di riscontro, nonche' svolge, puntualmente, l'esame della credibilita' dei chiamanti. Con riferimento alle dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS) la pronuncia espone, con ragionamento articolato, che il coinvolgimento dello (OMISSIS) non si ricavava da una mera illazione del dichiarante, tenuto conto che la partecipazione alle deliberazioni era avvenuta anche perche' era proprio (OMISSIS) che voleva la morte di (OMISSIS), appartenente al gruppo di (OMISSIS) (cfr. pag. 15 e ss.), specificando che (OMISSIS) partecipava alle riunioni per lo stesso (OMISSIS), in quanto all'epoca latitante. Inoltre, anche (OMISSIS) secondo la ricostruzione dei giudici di secondo grado, ha dichiarato che nelle riunioni organizzative, cui lui stesso aveva partecipato, in cui era stata presa la decisione di uccidere tutti gli esponenti del gruppo facente capo a (OMISSIS); ruolo di mandante era rivestito da (OMISSIS) e (OMISSIS), entrambi latitanti e rappresentati da terzi ( (OMISSIS) e (OMISSIS): cfr. pag. 20). Del pari, risultano indicati dallo stesso (OMISSIS) i nomi delle persone da uccidere, perche' facenti parte del gruppo del (OMISSIS), da punire in quanto avevano dato luogo a un gruppo autonomo rispetto ai casalesi. Sul punto la Corte mostra di aver fatto buon governo dei principi sanciti da questa Corte nella sua piu' autorevole composizione (Sez. U, n. 20804 del 29/11/2012, dep. 2013, Aquilina, Rv. 255143) vagliando l'autonomia delle plurime chiamate, la loro indipendenza, la credibilita' soggettiva di ciascuna chiamata e l'intrinseca attendibilita' delle dichiarazioni, in quanto considerate specifiche, costanti e coerenti, oltre che del tutto convergenti sul nucleo centrale del narrato. 1.2. Il secondo motivo e' infondato. Invero, i motivi di appello, nuovi rispetto a quelli principali sono inammissibili, secondo consolidata giurisprudenza di legittimita' (Sez. 6, n. 5447 del 06/10/2020, dep. 2021, Rv. 280783; Sez. 2, n. 53630 del 17/11/2016, Rv. 268980), quando non hanno ad oggetto i capi o i punti della decisione enunciati nell'originario atto di impugnazione, a norma dell'articolo 581 c.p.p., comma 1, lettera a), essendo necessaria una connessione funzionale tra i motivi nuovi e quelli originariamente devoluti con il gravame. Tanto premesso, il Collegio osserva che va ritenuto afferente a distinte statuizioni il motivo relativo alla generale affermazione della responsabilita' dell'imputato, investita dall'appello originario e quello, nuovo, relativo alla configurabilita' di una circostanza aggravante, all'applicazione dell'articolo 116 c.p., comma 2, e all'applicazione dei commi 3 e 4 per la fattispecie tentata di cui al capo B), con conseguente inammissibilita' di questi ultimi. Peraltro, deve essere osservato che, comunque, la sussistenza della circostanza aggravante della premeditazione e' correttamente motivata dalla Corte d'assise d'appello, con ragionamento senz'altro da condividere, pur alla luce della intervenuta esclusione, con pronuncia definitiva, per gli esecutori materiali della indicata circostanza aggravante. Invero, il Procuratore generale nelle richieste ha assunto che e' escludere la premeditazione, con riferimento al delitto tentato sub B), onde equiparare la posizione di (OMISSIS) rispetto a quella degli esecutori materiali, giudicati separatamente, per i quali e' stata pronunciata l'esclusione del dolo di premeditazione, con impostazione condivisa dalla Corte di cassazione, investita dell'impugnazione proposta dalla parte pubblica. Sostiene il Sostituto Procuratore generale che, nel procedimento a carico degli appartenenti al "gruppo di fuoco" (composto da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)), la circostanza aggravante in parola e' stata esclusa proprio per la mancanza di pianificazione dell'aggressione ai danni di (OMISSIS) e tale valutazione e' stata considerata corretta, in punto di qualificazione giuridica, dalla pronuncia di questa Corte di cassazione (n. 17467 del 2022) che, sul punto, ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal Procuratore generale presso la Corte di appello. Tuttavia, la Corte territoriale evidenzia che, diversamente da quanto avvenuto per gli esecutori materiali, per i quali in sostanza si ravvisa una determinazione estemporanea dell'azione ai danni di (OMISSIS), sostanzialmente (OMISSIS) e (OMISSIS) avevano deliberato a monte l'eliminazione di (OMISSIS) e di tutti i facenti parte del suo gruppo (cfr. pag. 39 della sentenza impugnata). In definitiva, secondo la ricostruzione recepita dalla Corte d'assise di appello, con ragionamento non manifestamente illogico e immune da censure di ogni tipo, anche se (OMISSIS) doveva considerarsi obiettivo primario dell'agguato organizzato, il mandato conferito doveva considerarsi "aperto" alla generale evenienza di uccidere qualsiasi altro componente del suo gruppo, come (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS). Detto ragionamento appare del tutto in linea con l'orientamento tradizionale di questa Corte di legittimita', in tema di premeditazione, qualora la circostanza aggravante sia contestata al mandante del delitto di omicidio. E' noto, in via generale, che la premeditazione e' circostanza aggravante caratterizzata dal perdurare, nell'animo del soggetto, senza soluzione di continuita' fino alla commissione del reato, di una risoluzione criminosa ferma ed irrevocabile, nonche' da altro requisito, rappresentato dal trascorrere di un intervallo di tempo apprezzabile, fra l'insorgenza e l'attuazione di tale proposito, in concreto sufficiente a far riflettere l'agente sulla decisione presa e a consentire il prevalere dei motivi inibitori su quelli a delinquere (tra le altre, Sez. 5, n. 26406 del 11/03/2014, Morfei, Rv. 260219). Con riferimento alla posizione del mandante, pero', e' stato ribadito recentemente il tradizionale orientamento, cui il Collegio intende dare continuita' peraltro perfettamente aderente alla posizione di (OMISSIS), secondo il quale, in tema di premeditazione, il mandato a uccidere affidato dal soggetto apicale di un'associazione mafiosa a taluni affiliati, con delega all'organizzazione del delitto e alla scelta dei tempi e dei modi per la sua esecuzione, ove resti fermo e non sia modificato nel tempo l'ordine impartito, e' idoneo a integrare gli elementi costitutivi, cronologico e ideologico, della circostanza aggravante de qua (Sez. 1, n. 28567 del 07/04/2022, Rv. 283357; conf.: Sez. 1, n. 106 del 1988, dep. 1989, Rv. 180284). Sicche', qualora il soggetto agente deliberi di non uccidere personalmente, ma ne affidi l'incarico ad altri, la circostanza aggravante in parola deve essere ritenuta sempre sussistente, salvi i casi eccezionali, da provarsi a cura dello stesso imputato, in cui chi ha conferito il mandato omicidiario diventi oscillante quanto alle determinazioni o, addirittura, revochi la disposizione, circostanze di fatto che non ricorrono nel caso in esame, alla stregua della ricostruzione operata dai convergenti provvedimenti di merito che rende conto di una costante direttiva, tenuta ferma nel tempo, all'eliminazione di appartenenti al gruppo di nuova formazione. 1.3. Il terzo motivo e' infondato. Corretta e' la qualificazione giuridica della condotta in addebito, in relazione al capo B). La motivazione del provvedimento censurato spiega, con ragionamento lineare e logico, tratto dal convergente narrato dei collaboratori, che, in definitiva, l'azione delittuosa sfuma perche' la vittima designata, (OMISSIS), riesce a sottrarsi all'azione del commando e a scappare (cfr. pag. 39 e ss.). Anzi, la vittima designata, proprio approfittando dell'esitazione dovuta all'esclamazione di (OMISSIS) circa la presenza nella vettura delle creature, richiamata dalla stessa difesa del ricorrente, riesce, dandosi alla fuga, a sottrarsi all'azione omicidiaria programmata ai suoi danni. Cio' comporta che deve essere condivisa la soluzione cui e' giunta la Corte territoriale, nella parte in cui ha escluso (cfr. pag. 40) che vi sia stata desistenza o recesso attivo, tenuto conto che la persona offesa, approfittando della momentanea confusione, determinata nel commando dalla presenza di estranei in auto (moglie e almeno un figlio della persona offesa), si era data alla fuga e gli esecutori materiali non erano riusciti a raggiungerla. Tale conclusione e' conforme alla costante giurisprudenza di legittimita' secondo la quale, ai fini della configurabilita' della desistenza dal tentativo, la scelta di non proseguire nell'azione criminosa deve essere non necessitata, ma operata in una situazione di liberta' interiore, indipendente da fattori esterni idonei a menomare la libera determinazione dell'agente, situazione di fatto non ricorrente nel caso al vaglio (tra le altre, Sez. 2, n. 7036 del 29/01/2014, Canade', Rv. 258791; Sez. 2, n. 18385 del 05/04/2013, Pesce, Rv. 255919). Corretta e', poi, anche l'esclusione del recesso attivo, il quale non ricorre, mancando l'impedimento volontario dell'evento. Questo, invero, presuppone che, ad attivita' criminosa compiuta, mentre e' in svolgimento l'ormai autonomo processo naturale (in rapporto necessario di causa ed effetto tra una determinata condotta ed un determinato effetto) l'agente si riattiva, interrompendo tale processo, cosi' da impedire il verificarsi dell'evento (Sez. 1, n. 40936 del 08/10/2009, Amato de Serpis, Rv. 245560). Nella specie, invece, l'impedimento dell'evento, secondo la ricostruzione in fatto dei giudici di merito, non rivedibile in questa sede, non dipende da condotta riferibile agli esecutori materiali della condotta, ma a fattore contingente. 1.4. Il quarto motivo e' inammissibile, posto che si tratta di censura che non si illustra e che, in definitiva, risulta soltanto enunciata senza che sia spiegate, puntualmente, come richiesto per la necessaria specificita' che deve assistere il ricorso per cassazione (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822), le ragioni della critica, cosa si tendeva ad ottenere in sede di gravame, nonche' le ragioni in fatto e in diritto, poste a base del motivo di ricorso. 2. Il ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS) e' fondato, nei limiti appresso indicati. 2.1. Il primo motivo e' infondato. L'esame degli atti, doveroso in considerazione della natura dell'eccezione proposta (nel senso che, in materia processuale, la Corte di cassazione e' anche giudice del fatto, cioe', nella ricerca degli eventuali errores in procedendo, opportunamente denunciati con specifico motivo di ricorso, occorre verificare, ex actis, l'osservanza della legge processuale: Sez. U., n. 42792 del 31/10/2001, Rv 220092), ha consentito di rilevare che (OMISSIS), all'udienza del 28 ottobre 2021, non risultava presente ma che l'imputato, in quella data, non era detenuto per il processo in corso a suo carico (cfr. verbale di udienza). Inoltre, viene dato atto a verbale che l'imputato non risultava sottoposto a programma speciale di protezione, che era stato assente alla precedente udienza, del 26 ottobre 2021, per ragioni collegate alla somministrazione del vaccino contro il virus Covid-19 e che aveva fatto pervenire rinuncia, a mezzo del Servizio centrale di protezione, al videocollegamento (cfr. p.e.c. del 25 ottobre 2021). Infine, si rileva che, come da verbale di udienza, (OMISSIS) risultava domiciliato, non presso il Servizio centrale di protezione, ma presso un indirizzo di una localita' campana (cfr. allegato al verbale di udienza del 4 novembre 2021). Lo stralcio della comunicazione ministeriale, riportata nella sentenza censurata a pag. 3 in nota, poi rende conto che, nei confronti di (OMISSIS), era stato revocato il programma speciale di protezione e che questi, non era piu' sottoposto a misure tutorie, revocate in data 3 marzo 2021, per la contravvenzione a specifiche clausole del programma da parte dell'imputato. Del resto, dalla lettura del verbale dell'udienza del 28 ottobre 2021, si ricava che, rispetto alla mancata comparizione di (OMISSIS), non era stato eccepito alcun impedimento a comparire, ma erano state chieste notizie, dalla difesa, sulla traduzione. La Corte territoriale, poi, motiva correttamente, con ordinanza resa a verbale, ritenendo volontaria l'assenza dal procedimento, trattandosi di imputato a piede libero, non sottoposto a programma di protezione speciale che, peraltro, alla stregua degli atti trasmessi, non risultava aver avanzato istanze dirette all'Autorita' giudiziaria, quanto alla sua esigenza di comparire. Del resto, e' noto che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la nullita' assoluta ed insanabile, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, riguardante l'omessa attivazione, da parte del Servizio Centrale di protezione, del servizio di accompagnamento dell'imputato sottoposto a programma di protezione, riguarda colui che abbia manifestato, anche solo per facta concludentia, la volonta' di partecipare all'udienza, trattandosi di misura necessaria a garantire la sicurezza degli spostamenti e l'incolumita' del soggetto protetto. Non ricorrono detti presupposti nella specie, ove non risulta in atto misura di protezione alla data dell'udienza, ne' risulta manifestata la volonta' di partecipare all'udienza. Sicche', corretta appare la costituzione delle parti all'udienza del 28 ottobre 2021, di cui la difesa si duole con il primo motivo di ricorso e infondata l'eccezione di nullita' prospettata. 2.2. Il secondo motivo di ricorso e' fondato. Come correttamente rilevato dal Sostituto Procuratore generale e dalla difesa, la formale contestazione mossa ad (OMISSIS) in ordine al capo A), consiste nell'aver localizzato la vittima (OMISSIS), assieme a (OMISSIS). In definitiva, si osserva che, in relazione alle due condotte ascritte al ricorrente, risulta al di la' di ogni ragionevole dubbio che (OMISSIS) ha svolto il ruolo di specchiettista soltanto nel secondo delitto, quello commesso ai danni di (OMISSIS), per aver consentito al gruppo di fuoco di individuarlo. Con riferimento alla condotta posta in essere ai danni di (OMISSIS), invece, risulta, dalla motivazione del provvedimento censurato, che il commando, una volta fallito l'agguato ai danni di (OMISSIS), si era determinato all'azione per aver notato (OMISSIS) presso un autolavaggio, dove era stato inseguito e ucciso, secondo una decisione non propiziata da alcuna segnalazione ad hoc, attuata dall'imputato. Emerge, inoltre, che (OMISSIS), con riferimento al delitto contestato al capo A), abbia partecipato a riunioni organizzative dell'agguato, delle quali rende conto anche nelle sue dichiarazioni autoaccusatorie. Risulta, inoltre, che, nei confronti del concorrente nel reato (OMISSIS), e' stata pronunciata definitiva sentenza di assoluzione dalla medesima condotta, ascritta al ricorrente. 2.2.1.Si impone, dunque, l'annullamento della sentenza impugnata per nuovo giudizio in relazione al capo A), perche' il giudice del rinvio si confronti, con piena autonomia di giudizio, con la pronunciata assoluzione del concorrente nel reato e rivaluti, alla luce anche di tale significativa emergenza istruttoria sopravvenuta, la posizione di (OMISSIS) in ordine alla sua partecipazione al delitto ai danni di (OMISSIS). Va, pertanto, disposto l'annullamento della sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della Corte di assise di appello di Napoli, per nuovo giudizio sul capo A), limitatamente alla posizione di (OMISSIS) e, conseguentemente, sul trattamento sanzionatorio nei confronti del medesimo (OMISSIS), ove l'esito del giudizio di rinvio incida sulla responsabilita' dell'imputato per il reato sub A). 2.2.2. E' appena il caso di osservare che il motivo nuovo di ricorso tempestivamente proposto dalla difesa, non e' ammissibile. Invero, non potendo operare, per effetto dell'avvenuto riconoscimento all' (OMISSIS) della circostanza di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 8 ai fini del calcolo del termine di prescrizione, la circostanza aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7 (cfr. Sez. 1, n. 26826 del 5/05/2011, Rv. 250795), e' noto che quest'ultima non puo' considerarsi anche per quanto concerne la previsione di cui all'articolo 161 c.p., comma 2, che esclude il limite della prescrizione massima per interruzione per i reati di cui all'articolo 51 c.p.p., comma 3-bis e 3-quater. Tuttavia, il motivo proposto e' inammissibile per aspecificita' e difetto di autosufficienza. Ne' la censura e' idonea a far attivare i poteri istruttori ufficiosi della Corte nella parte in cui nega la sussistenza di atti interruttivi, ai fini del decorso del termine massimo di prescrizione, anteriori all'interrogatorio di (OMISSIS), intervenuto, secondo quanto dedotto ma non documentato dalla difesa, in data (OMISSIS). Invero, gli atti di indagine non sono presenti in quelli a disposizione di questa Corte, trattandosi di procedimento definito con il rito ordinario, onde poter procedere alla verifica circa la (dedotta) insussistenza di atti interruttivi pregressi, in relazione al corso della prescrizione, tenuto conto che la difesa eccepisce che la prescrizione per il reato di cui al capo B, sarebbe maturata ben prima della sentenza di secondo grado. Sarebbe preliminare, infatti, la verifica della progressione di tutti gli atti onde esaminare l'esistenza di quelli interruttivi, verifica, dunque, da riservare necessariamente al giudizio di rinvio, dovendo svolgersi, sul punto, attivita' di merito in ordine a quelli indicati dal difensore - in assenza di produzione documentale ad hoc - come iniziati, nel presente procedimento, soltanto con l'interrogatorio di (OMISSIS) del (OMISSIS). Tanto, anche alla luce dell'esame dell'atto depositato dall'istante, da cui risulta che (OMISSIS) e' gia' indicato come detenuto in regime di cui all'articolo 41-bis ord. pen. e come indagato. 3.Segue il rigetto del ricorso proposto da (OMISSIS), con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, mentre va disposto l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata, nei confronti di (OMISSIS), per nuovo giudizio nei limiti indicati nella parte motiva. P.Q.M. Rigetta il ricorso di (OMISSIS) che condanna al pagamento delle spese processuali. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di assise di appello di Napoli.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. VESSICHELLI Maria - Presidente Dott. BELMONTE T.Maria - rel. Consigliere Dott. DE MARZO Giuseppe - Consigliere Dott. BORRELLI Paola - Consigliere Dott. BRANCACCIO Matilde - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: - (OMISSIS) nato a (OMISSIS); - Procuratore generale preso la corte d'appello nel procedimento a carico di: - (OMISSIS) nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); inoltre: BANCA UNICREDIT, parte civile mìnoin rirorrente; ASSOCIAZIONE (OMISSIS)" parte civile non ricorrente; PRESIDENZA CONSIGLIO MINISTRI - MINISTERO INTERNO, parte civile non ricorrente. avverso la sentenza del 29/09/2020 della CORTE APPELLO di NAPOLI visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere MARIA TERESA BELMONTE; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Il Procuratore generale in persona del Sostituto, Pasquale SERRAO D'AQUINO, conclude per l'inammissibilita' per carenza di interesse del ricorso proposto in difesa di (OMISSIS); con riferimento al ricorso del Procuratore Generale di Napoli, per l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), e per il rigetto del ricorso nei confronti di (OMISSIS). L'avvocato (OMISSIS), in difesa della parte civile BANCA UNICREDIT, deposita nota spese e conclusioni alle quali si riporta. L'avvocato (OMISSIS), per l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, in difesa della parte civile PRESIDENZA CONSIGLIO MINISTRI - MINISTERO INTERNO, deposita conclusioni. Gli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), comuni difensori di (OMISSIS), chiedono l'inammissibilita' per carenza di interesse, in subordine il rigetto, del ricorso del Procuratore Generale della Corte d'Appello di Napoli. Gli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), codifensori di (OMISSIS), chiedono il rigetto, in subordine, lainammissibilita', del ricorso del Procuratore Generale e la conferma della sentenza impugnata. L'avvocato (OMISSIS), anche quale sostituto processuale del codifensore (OMISSIS), nell' interesse di (OMISSIS), relativamente al primo motivo di ricorso, chiede l'accoglimento, in subordine la trasmissione degli atti alle Sezioni Unite per dirimere il contrasto tra sezioni civili e penali sul punto; chiede il rigetto delle richieste delle costituite parti civili; si riporta ai motivi di ricorso e insiste per l'accoglimento dello stesso; deposita copia della memoria inviata a mezzo pec il (OMISSIS). RITENUTO IN FATTO 1.II Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, con sentenza del 21 aprile 2017, aveva dichiarato - (OMISSIS) colpevole del reato a lui ascritto al capo K1 (limitatamente alla fattispecie tentata di cui all' articolo 56 - articolo 648 ter c.p.), condannandolo alla pena di anni cinque di reclusione ed Euro tremila di multa, con le pene accessorie di legge, nonche' al risarcimento del danno in favore delle costituite parti civili - Banca Unicredit, "Associazione (OMISSIS), Associazione e sindacati insieme per la legalita' e lo sviluppo", e "Presidenza del Consiglio dei Ministri". - (OMISSIS) colpevole del reato a lui ascritto al capo U), riqualificando ai sensi dell'articolo 648 c.p. l'originaria imputazione di reimpiego di beni provenienza illecita (articolo 648 ter), in relazione a una polizza fidejussoria risultata falsa, altresi', escludendo la circostanza aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7 e condannandolo alla pena di anni cinque di reclusione ed Euro tremila di multa, con le pene accessorie di legge, nonche' al risarcimento del danno in favore della parte civile - Banca Unicredit. Rileva, altresi', ricordare che il Tribunale aveva pronunciato sentenza di non doversi procedere nei confronti di (OMISSIS) per il reato di cui al capo S) (truffa aggravata ai danni di Unicredit), per intervenuta prescrizione, esclusa la circostanza aggravate di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7, mentre lo aveva assolto, per non aver commesso il fatto, dal delitto sub Kl. - (OMISSIS) colpevole del delitto di cui al capo A), di cui agli articoli 110 - 416-bis c.p., cosi' riqualificata la originaria imputazione di partecipazione all'associazione di stampo mafioso denominata "clan dei casalesi", condannandolo, previa esclusione della circostanza aggravante di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 6, alla pena di ani nove di reclusione con le pene accessorie di legge. 1.1. La Corte di appello di Napoli, con la sentenza impugnata, in parziale riforma della decisione di prime cure, per quanto qui rileva: - ha assolto (OMISSIS) dal delitto sub K1) per non aver commesso il fatto, ai sensi dell'articolo 530 cpv. c.p.; - ha assolto (OMISSIS) dal delitto sub A), perche' il fatto non sussiste, ai sensi dell'articolo 530 cpv. c.p.; - ha assolto (OMISSIS) dal delitto sub U) perche' il fatto non costituisce reato, ai sensi dell'articolo 530 cpv. c.p., e ha confermato la decisione di prime cure quanto al delitto sub S) (proscioglimento per prescrizione), per cui l'imputato aveva proposto impugnazione per conseguire una statuizione piu' favorevole. 1.2. Secondo la ricostruzione di merito, i fatti in esame si inseriscono in un'ampia vicenda processuale, articolatasi in plurimi procedimenti, avente riguardo alle condotte poste in essere negli anni finali del decennio scorso da affiliati all'associazione camorristica denominata ‘clan dei casalesi', nella sua (OMISSIS) - in territorio di (OMISSIS) - le quali hanno disvelato anche contatti del contesto camorrista con ambiti politici e imprenditoriali. Dalle indagini condotte dalla Procura distrettuale di Napoli, e' emerso il sistematico inquinamento corruttivo - mafioso delle competizioni elettorali per il rinnovo dell'amministrazione comunale di (OMISSIS), sia nel 2007 che nel 2010, condotte funzionali al reimpiego di cospicui capitali illeciti da parte delle famiglie (OMISSIS) - (OMISSIS) e (OMISSIS) nella grande speculazione urbanistica finanziaria costituita dalla realizzazione - in realta' poi fallita - del centro commerciale ‘Il (OMISSIS)' che sarebbe dovuto sorgere tra i comuni di (OMISSIS) e (OMISSIS); erano emerse, inoltre, per quanto qui rileva, le condotte funzionali al controllo illecito del mercato della produzione e della distribuzione del calcestruzzo in provincia di Caserta, poste in essere da esponenti del predetto clan in accordo con un ristretto cartello di imprenditori collusi: a tale ultimo ambito attiene la posizione di (OMISSIS). 1.2.1. La vicenda giudiziaria di (OMISSIS) e (OMISSIS), invece, si inquadra in quella del centro commerciale, per la cui realizzazione era stata presentata, in origine, domanda da parte di una societa' di Milano ( (OMISSIS)), che poco dopo, aveva ceduto un ramo di azienda in favore della societa' (OMISSIS) - in realta' risultata essere una scatola vuota, con un capitale di 10.000, del tutto inadeguata e priva di risorse rispetto alla progettata realizzazione del centro commerciale che richiedeva un impegno economico di svariati milioni di Euro. Inoltre, la (OMISSIS) faceva capo di fatto, attraverso i suoi legali rappresentanti (la moglie e il cognato del coimputato (OMISSIS), non ricorrente), a (OMISSIS), imprenditore colluso con il clan dei Casalesi, nelle more deceduto, il quale, nel tentativo di procurarsi un ingente finanziamento sia per l'acquisto dei terreni che per la costruzione del centro commerciale, aveva conosciuto il direttore della filiale di Unicredit di Roma Tiburtina - (OMISSIS) -, da cui aveva ricevuto nel 2006 la disponibilita' a un finanziamento dell'opera edilizia, a 15 anni, per 13 milioni di Euro, dietro presentazione di una fidejussione per la erogazione della tranche iniziale di 5.500.000 di Euro; fidejussione dell'importo di otto milioni di Euro che la (OMISSIS) ottenne nel (OMISSIS), apparentemente rilasciata da Monte Paschi di Siena e completa di autentica notarile, che, tuttavia, risulto', alcuni mesi dopo, integralmente contraffatta, in quanto mai rilasciata ne' autenticata, come da querela sporta dal notaio. Alla vicenda relativa alla contraffazione della polizza e al suo uso e' riconducibile quella giudiziaria di (OMISSIS) e di (OMISSIS). In particolare, la polizza contraffatta venne utilizzata dal coimputato (OMISSIS) per ottenere il finanziamento da Unicredit - filiale di Roma Tiburtina, senza essere preceduta dagli ordinari preventivi controlli bancari per operazioni di tal genere, e cio' - secondo l'ottica accusatoria - sarebbe dipeso dal fatto che il direttore della filiale, (OMISSIS), aveva ricevuto pressioni in tal senso dall'allora deputato di Forza Italia, (OMISSIS), che sarebbe stato il referente politico del clan dei casalesi. In relazione a tale operazione: - e' stato contestato il reato di truffa in danno di Unicredit al capo S) della rubrica (contestato a (OMISSIS)); - per l'impiego della polizza fidejussoria nella pratica di concessione del finanziamento in favore della (OMISSIS) s.r.l., la contestazione e' compendiata nel capo U (contestato al solo (OMISSIS) e derubricato dalla Corte di appello nel delitto di cui all'articolo 648 c.p.); - per il reimpiego di capitali illeciti e' stato contestato (tra gli altri, a (OMISSIS) e (OMISSIS)) il capo Kl, (ritenuto dal Tribunale nella sola fattispecie tentata). 1.2.2. La fattispecie associativa, oggetto del capo A), e' quella in cui si inserisce la posizione di (OMISSIS), al quale e' stata contestata la partecipazione al sodalizio denominato ‘clan dei Casalesi' poi derubricata in concorso esterno dal Tribunale). Secondo l'Accusa, (OMISSIS) era uno storico imprenditore del settore del calcestruzzo da sempre legato alla criminalita' organizzata e da questa protetto, nel senso che il sodalizio criminoso imponeva alle imprese edili impiegate nell'attivita' edilizia sul territorio di riferimento di rifornirsi presso la ditta di (OMISSIS) per la fornitura di calcestruzzo. 2. Ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Napoli, nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS), assolti dalla Corte di appello, rispettivamente, il primo, dal reato sub K1), e (OMISSIS) dal reato sub A). Il ricorso e' affidato a sette motivi. I primi cinque motivi riguardano la posizione di (OMISSIS); con i primi quattro, vengono denunciati vizi della motivazione, anche per travisamento della prova. 2.1. Con il primo motivo, ci si duole del travisamento per omissione nella valutazione delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), tutti strettamente legati a (OMISSIS), esponente di spicco del sodalizio, a sua volta, determinatosi alla collaborazione giudiziaria successivamente alla sentenza di primo grado, ed escusso dalla Corte di appello durante il giudizio di appello. Lamenta, in particolare, il P.G., una valutazione parcellizzata delle propalazioni dei collaboratori. Ha premesso il ricorrente che la sentenza di primo grado aveva riconosciuto la colpevolezza di (OMISSIS), anche sulla base delle dichiarazioni dei predetti collaboranti, i quali avevano riferito che la realizzazione del centro commerciale era ‘affare' dei (OMISSIS) e dei (OMISSIS) (tra loro parenti), di cui Di Canterino era un mero prestanome; che (OMISSIS) era intervenuto recandosi a Roma presso la filiale ‘Unicredit' di Tiburtina, diretta da (OMISSIS), per ottenere il finanziamento (poi effettivamente autorizzato dall'istituto bancario a distanza di breve tempo), cosi' risolvendo quello che si era presentato come l'unico vero problema che (OMISSIS), per la (OMISSIS) s.r.l., aveva dovuto affrontare, dal momento che la parte amministrativa non ne aveva dato (cosi' (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)); che il clan era direttamente interessato alla realizzazione del centro commerciale per tre ordini di ragioni: incassare le estorsioni ai danni degli esercizi commerciali del centro commerciale, beneficiare del ritorno di immagine ed economico derivante dalla presenza di un siffatto centro nel paese di (OMISSIS), conseguendone enorme profitto, assicurare posti di lavoro ai cittadini di (OMISSIS) nel centro ( (OMISSIS)- (OMISSIS)); che, della vicenda, si stava occupando, su delega di (OMISSIS) e Massimo (OMISSIS), il direttore dell'U.T.C. del Comune di (OMISSIS) ((OMISSIS)) per il tramite di (OMISSIS), (Sindaco di (OMISSIS)) e di (OMISSIS). Si duole che tali fonti siano state del tutto eluse dalla Corte di appello, pur riferendosi i collaboranti a fonti qualificate, come (OMISSIS) e (OMISSIS) e lo stesso (OMISSIS), cosi' come del tutto eluso risulterebbe lo scrutinio della convergenza del molteplice nelle dichiarazioni in atti - secondo le quali l'affare illecito del clan era affare della famiglia (OMISSIS), attuato per conto degli (OMISSIS), compiuto per mezzo dell'imprenditore (OMISSIS), con l'apporto di (OMISSIS), a tanto interessato, sia per ragioni politiche sia per i suoi legami con il clan che lo sosteneva elettoralmente e di cui era espressione. Inoltre, la Corte di appello avrebbe omesso di valutare le dichiarazioni dei predetti collaboratori sia ai fini del giudizio di attendibilita' intrinseca del narrato di (OMISSIS), che per conseguirne riscontri con riferimento alla posizione dell'imputato. 2.2. Il secondo motivo si muove nella medesima ottica, denunciando l'omesso scrutinio delle intercettazioni, che pure la Corte di appello ha posto alla base del ribaltamento assolutorio, tuttavia, senza considerare e valutare tutte le intercettazioni, nel loro dipanarsi cronologico e nel collegamento che le avvince. In tal senso, viene dedotto il vizio di contraddittorieta' della motivazione, giacche' la Corte di appello non si sarebbe attenuta alla regola di giudizio, che pure ha evocato, limitandosi a una delibazione solo parziale e orientata del compendio dimostrativo. Vengono, quindi, indicate le intercettazioni, successive all'incontro presso Unicredit Roma Tiburtina del febbraio 2007, che sarebbero dimostrative della partecipazione del (OMISSIS) all'affare illecito del centro commerciale, e circa il senso dell'incontro presso l'Istituto bancario, a differenza di quanto rilevato dalla Corte di appello che, sul punto, ha omesso ogni considerazione. Le intercettazioni individuate dal ricorrente darebbero, dunque, conto della non occasionalita' dell'intervento del (OMISSIS) presso Unicredit sia prima dell'incontro in banca, che successivamente. 2.3. Con il terzo motivo, si deduce che la Corte territoriale sarebbe incorsa in un travisamento per omissione, laddove, nella sentenza impugnata, non e' stata compiuta alcuna valutazione delle intercettazioni, diverse da quelle che si riferiscono all'incontro presso Unicredit del (OMISSIS) che, invece, sono state considerate dal Tribunale per giungere alla affermazione di responsabilita', e che chiamano in causa il (OMISSIS), quale protagonista dell'affare del centro commerciale, sul quale poter fare affidamento, egli interessandosi costantemente e fungendo da garante. Anche tali intercettazioni sono trascritte nel ricorso. 2.4. Con il quarto motivo, vengono evidenziate le illogicita' che affliggono la motivazione della sentenza impugnata laddove espone, con motivazione che il ricorrente giudica estremamente sintetica, le ragioni dell'approdo assolutorio. In particolare, viene censurato l'assunto dal quale e' partita la Corte di appello, ovvero le carenze della fonte di prova costituita dal collaboratore di giustizia (OMISSIS), in relazione al cui propalato, pur ritenendosi superato positivamente il vaglio di attendibilita', la Corte ha dato atto di "plurimi profili di perplessita' quanto alla esistenza di riscontri con riguardo alle dichiarazioni rese a carico del (OMISSIS) che - si ribadisce - sono le uniche che interessano in questa sede, dovendo rilevarsi che la ricostruzione dei fatti che si ricava dal compendio delle interazioni stride con il narrato del collaboratore". Il ricorrente procede, quindi, a evidenziare le aporie della motivazione con riguardo alle cinque circostanze, enunciate a pg. 25 e 26 della sentenza impugnata, su cui la Corte di appello ha fondato il ribaltamento, giacche', anche in tal caso, la valutazione e' frutto di travisamento: ci si riferisce alle affermazioni che: - (OMISSIS) non conoscesse (OMISSIS) e gli altri funzionari Unicredit Roma; - che "la patica di erogazione del finanziamento era gia' avviata e prossima alla chiusura gia' qualche giorno dell'incontro del 7 febbraio 2007 e che era stato lo (OMISSIS) a proporre che essa venisse anticipata a mezzo ‘telex' della fidejussione e non con la regolare procedura dello swift"; - che la riunione alla quale partecipo' il (OMISSIS) aveva una ragione esclusivamente politica (promuovere la candidatura del cognato dello (OMISSIS)), come si evince dalla circostanza che inizialmente si era parlato di un incontro presso sedi o segreterie politiche a Caserta; - che "dal tenore letterale delle conversazioni intercettate si desume una sorta di fastidio del (OMISSIS) per tale incontro e perle insistenze del (OMISSIS) e che addirittura, quando il (OMISSIS) pero' di incontrarlo di persona questi non gli consenti' neanche di interloquire". - che la scoperta della falsita' della fidejussione non provoco' alcuna reazione negativa di (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS), che "pure ci aveva messo la faccia". In realta', tutte tali affermazioni - che hanno portato alla assoluzione dell'imputato per insufficienza della prova, ai sensi dell'articolo 530 cpv. c.p. - sarebbero smentite - secondo il ricorrente - dal compendio probatorio, come specificamente evocato in ricorso, da cui si desume, piuttosto, l'interesse di (OMISSIS) a conoscere (OMISSIS), politico influente, anche perche' sollecitato dal cognato (avvocato (OMISSIS)), interessato a una candidatura nel partito di cui il (OMISSIS) era esponente; che (OMISSIS) era consapevole della capacita' di (OMISSIS) di potere influire in ambito bancario per sbloccare la pratica di finanziamento; che l'intervento di (OMISSIS) era necessario a garantire il buon esito della fidejussione della cui irregolarita', prima ancora della falsita', era ben consapevole (OMISSIS), che, per come emerge dalle intercettazioni, accetto' la procedura cartacea irregolare grazie all'intervento di (OMISSIS); che la riunione non ebbe un carattere esclusivamente politico, giacche', dalle prove acquisite nel processo e ignorate dalla Corte di merito, emerge l'interesse del (OMISSIS) alla sponsorizzazione della candidatura del (OMISSIS) come correlato al finanziamento al (OMISSIS); d'altro canto, le elezioni regionali a cui ci si riferisce, si sarebbero tenute tre anni dopo; non e' dato comprendere, inoltre, secondo il Procuratore impugnante, da quali intercettazioni la Corte di merito abbia tratto l'impressione del fastidio del (OMISSIS) per l'incontro del febbraio 2007; infine, (OMISSIS) non poteva avere alcuna reazione eclatante nei confronti di (OMISSIS), una volta scoperta la falsita' della fidejussione, dal momento che quest'ultimo garanti' con la banca il finanziamento in favore di imprenditori privi di mezzi propri. 2.5. Con il quinto motivo, viene denunciata violazione e falsa applicazione dell'articolo 648-ter c.p.p.. Premette il ricorrente che la Corte di appello e' pervenuta al verdetto assolutorio anche per la carenza dell'effetto dissimulatorio, che sarebbe tipico anche della fattispecie di reimpiego qui contestata, non risultando un particolare intento di occultamento delle condotte del (OMISSIS), cosicche', verrebbe a mancare, sotto il profilo dell'elemento soggettivo, l'univocita' richiesta per la punibilita' del delitto nella forma tentata, sostiene il ricorrente che trattasi di interpretazione ingiustificatamente restrittiva, e, comunque, di motivazione illogica e contraddittoria, dal momento che la stessa Corte di appello da' per scontato che la realizzazione del centro commerciale rappresentasse una "ghiotta occasione per realizzare gli affari del clan dei casalesi". 2.6. Con il sesto motivo, relativo alla posizione di (OMISSIS), viene denunciata illogicita' manifesta della motivazione e travisamento della prova, con riguardo all'assoluzione dell'imputato dal reato di cui al capo A). Posto che il Tribunale aveva ritenuto dimostrato l'inserimento dello (OMISSIS) nel sistema di controllo delle attivita' economiche e, in specie, del nevralgico settore della fornitura di calcestruzzo, in cui il contributo rafforzativo dello (OMISSIS) veniva individuato nell'elargizione di somme di danaro che l'imprenditore versava al clan quale quota delle forniture di calcestruzzo che lo stesso clan gli consentiva di acquisire, e che la assoluzione si e' fondata sulla ritenuta genericita' delle dichiarazioni accusatorie dei collaboratori di giustizia (OMISSIS) e (OMISSIS), si duole il Procuratore ricorrente del travisamento nel quale sarebbe incorsa la Corte di appello nella valutazione delle dichiarazioni collaborative. In particolare, lamenta che la Corte di appello ha ritenuto (OMISSIS) inattendibile perche' non aveva saputo riconoscere lo (OMISSIS), senza considerare che con lui l'imputato non si era mai incontrato, avendo avuto solo contatti telefonici; tautologica, invece, la motivazione con la quale la Corte di appello ha censurato la genericita' delle dichiarazioni di (OMISSIS) e (OMISSIS), invece, specifiche e dettagliate. 2.7. Con il settimo motivo, e' denunciata la inutilizzabilita' delle dichiarazioni apparentemente rese da (OMISSIS), e utilizzate dalla Corte di appello in violazione dell'articolo 513 c.p.p., nonche' vizi della motivazione anche per travisamento della prova, quanto alla valutazione delle dichiarazioni di (OMISSIS). Premesso che la Corte di appello ha sostenuto che le dichiarazioni di (OMISSIS) sarebbero smentite dal propalato di (OMISSIS), osserva il ricorrente he, tuttavia, le dichiarazioni in questione erano state allegate a una memoria conclusionale prodotta alla Corte di appello con PEC del (OMISSIS) dai difensori di (OMISSIS), quando era gia' terminata l'istruttoria dibattimentale, e, quindi, del tutto inutilizzabili, in quanto sottratte al contraddittorio. Inoltre, il verbale cosi' acquisito dalla Corte di appello risulta essere, in realta', il frutto dell'assemblaggio di due diversi interrogatori, in cui risultano mancanti le parti in cui il collaboratore (OMISSIS) fa riferimento a (OMISSIS), confermando, quanto riferito dal (OMISSIS), ovvero che (OMISSIS) fosse un fornitore di cemento, legato al clan dei casalesi. Quindi, in sintesi, la Corte di appello, nel definire la posizione di (OMISSIS), ha utilizzato una fonte di prova mai acquisita ritualmente agli atti del processo; ha utilizzato un verbale assemblato arbitrariamente; ha fatto un uso parziale del propalato dello (OMISSIS). 3. Il ricorso di (OMISSIS), affidato al difensore di fiducia, avvocato (OMISSIS), e' articolato in 4 motivi. 3.1. Il primo motivo attiene alla ricettazione contestata al capo U), e denuncia erronea applicazione dell'articolo 530 c.p.p. e correlati vizi della motivazione. Premette che sussiste l'interesse ai fini civilistici al ricorso avverso sentenza non pienamente liberatoria quanto all'accertamento della sussistenza del fatto e della responsabilita'; che l'imputazione afferisce alla ricezione e al successivo reimpiego della fidejussione poi risultata contraffatta, apparentemente rilasciata dal M.P.S. per un importo di 8 milioni di Euro, a garanzia del finanziamento richiesto da (OMISSIS) s.r.l. a Unicredit per 5,5 milioni di Euro. Tanto premesso, si duole il ricorrente dell'illogicita' del ragionamento giustificativo offerto dalla Corte di appello a sostegno di un verdetto assolutorio reso ai sensi dell'articolo 530 c.p.p., comma 2, giacche' la stessa sentenza ammette che (OMISSIS) ignorava, al momento della ricezione del documento - il 19 febbraio 2007 -che si trattasse di una polizza interamente falsificata e, addirittura, recante una falsa autenticazione notarile, concludendo nel senso della "assenza di prova della colpevolezza della sussistenza del cd. reato presupposto". L'acclarata assenza dell'elemento soggettivo rende inadeguata la pronuncia assolutoria con la formula individuata dalla Corte di appello. 3.2. Con il secondo motivo - che attiene alla truffa ai danni di Unicredit contestata al capo S) lamenta la Difesa che la Corte di appello ha escluso il pronunciamento assolutorio invocato con il gravame, sul rilievo della mancata rinuncia alla prescrizione, con motivazione contraddittoria, giacche' la stessa Corte, per il capo U, pure esso da tempo prescritto, ha, invece, ritenuto di pronunciare assoluzione nel merito. D'altro canto, si osserva come gli artifici e i raggiri descritti nel capo di imputazione non abbiano trovato conferma nel dibattimento, giacche' l'unica condotta artificiosa che gli e' imputata e' quella di avere ricevuto la polizza, ovvero la condotta contestata sub U), da cui e' stato pero' assolto. In ogni caso, "la gestione disinvolta della pratica" e le "plurime irregolarita' amministrative" sarebbero imputabili allo (OMISSIS), quali rilievi meramente disciplinari, e, in ultima analisi, la contestata truffa non potrebbe essere ascritta al ricorrente quantomeno sotto il profilo soggettivo, stante l'acclarata mancanza di consapevolezza in capo a (OMISSIS), della falsita' della polizza fidejussoria, che porta a escludere che l'imputato si sia potuto rappresentare, anche solo in termini ipotetici, il rischio di danno patrimoniale per la banca. 3.3. Con il terzo motivo - che attinge le statuizioni civili - vengono svolte quattro doglianze, denunciandosi inosservanza degli articoli 535 - 538 - 578 c.p.p.. 3.3.1. La Corte di appello non avrebbe potuto confermare le statuizioni risarcitorie in relazione al capo S), per cui gia' in primo grado era stato pronunciato il proscioglimento per intervenuta prescrizione. Infatti la Corte di appello, pur avendo assolto l'imputato dal delitto di ricettazione sub U), ha confermato le statuizioni risarcitorie di primo grado, in favore di Unicredit, "limitatamente al danno derivante dal reato di cui al capo 5", laddove nel caso di specie e' mancata una condanna, neppure genericamente intervenuta, alle restituzioni o al risarcimento che, in primo grado, non poteva che avere riferimento al solo delitto, per cui vi fu condanna, di cui al capo U). La conferma da parte della sentenza impugnata afferisce, dunque, a statuizioni civili che il Tribunale non ha mai pronunciato. 3.3.2. Analoghe considerazioni valgono per la condanna alla rifusione, in favore della parte civile, delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nei due gradi di giudizio. 3.3.3. Viene evocata la questione recentemente rimessa al vaglio (OMISSIS) costituzionale quanto alla legittimita' costituzionale dell'articolo 578 c.p., che, nell'interpretazione avallata dalle Sezioni Unite ‘Milanesi', consente che la sentenza dichiarativa della prescrizione pronunciata solo in grado di appello - a differenza di quella pronunciata in primo grado - sia di fatto equiparata alla condanna, con potenziale contrasto con la presunzione di innocenza di cui all'articolo 6 CEDU. 3.4. Infine, ci si duole dell'omessa revoca della condanna al pagamento delle spese processuali, comminate in primo grado in relazione al capo U, per cui (OMISSIS), subi' condanna, che avrebbe dovuto seguire il pronunciamento assolutorio per tale imputazione, da parte (OMISSIS) di appello. 4. Hanno depositato memoria i difensori di (OMISSIS), avvocati prof. (OMISSIS) e (OMISSIS) i quali eccepiscono, in primo luogo, la sopravvenuta carenza di interesse del Procuratore impugnante per essere maturata, alla data del (OMISSIS), la prescrizione del reato di cui al capo Kl, considerate le sospensioni del termine, che assommano a giorni 281 (mesi nove giorni undici). 4.1. A confutazione del primo motivo di ricorso, deducono la non decisivita' del portato dichiarativo dei collaboratori di giustizia, che si assume pretermesso nella sentenza impugnata: quanto a (OMISSIS) e (OMISSIS) perche' lo ha escluso questa Corte di legittimita' nella sentenza che ha definito il giudizio abbreviato nei confronti dei coimputati, e che e' espressamente richiamata a costituirne parte integrante nella sentenza impugnata; per (OMISSIS) e (OMISSIS), il cui contributo collaborativo e' successivo, giacche' il loro portato conoscitivo si arresta al 2005; viene, in ogni caso, eccepito il difetto di autosufficienza per omessa allegazione o trasposizione grafica nel testo del ricorso, dei verbali dichiarativi che si assumono pretermessi. 4.2. Viene, poi, analogamente, eccepita la non dimostrata decisivita' delle intercettazioni valorizzate dal P.G. nel secondo motivo, che vengono passate in rassegna e di volta confutate nell'interpretazione che ne e' fornita dal P.G.. 4.3. Si censura la inammissibile istanza rivalutativa formulata con il terzo motivo, che pretende di porre in discussione la ricostruzione in fatto dei giudici di merito, e si confutano punto per punto le deduzioni del ricorrente formulate nel quarto motivo, circa le aporie argomentative dalle quali sarebbe afflitta la sentenza impugnata, cosi' come si sottolinea, con riguardo al delitto di cui all'articolo 648 ter c.p., di cui il ricorrente denuncia l'erronea applicazione, che il clan dei casalesi - per quanto riferito dal suo esponente di vertice, (OMISSIS)- non forni' alcun apporto economico, avendo, anzi, concordato, e in parte ricevuto, una tangente dagli imprenditori interessati; in ogni caso, non v'e' traccia del contributo concorsuale del (OMISSIS). 5. I difensori di (OMISSIS)- avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS) - hanno depositato memoria integrativa. In primo luogo, premettono come il loro assistito, all'attuale eta' di 81 anni, risulti immune da precedenti, ovvero incensurato, per contestare la affermazione contenuta nella sentenza impugnata, che egli fosse soggetto che - anche in virtu' di una precedente condanna-risultava vicino al clan dei casalesi: egli, infatti, nel processo Spartacus I, e' stato assolto dalla imputazione associativa, dalla Corte di appello, nel processo bis celebrato in sede di rinvio. Viene richiamata la testimonianza di un ufficiale di polizia giudiziaria che ha riferito del ruolo di agente provocatore svolto dallo (OMISSIS), per sventare una attivita' estorsiva ai danni del figlio da parte di esponenti del clan dei casalesi; inoltre, si sottolinea come nel periodo di interesse lo (OMISSIS), non era titolare di alcuna attivita' imprenditoriale. Vengono poi ripercorse le singole doglianze formulate in ricorso con riguardo alla valenza dichiarativa dei collaboratori giustizia, smentite, nell'ottica difensiva, dalle argomentazioni svolte dalla Corte di appello a fondamento del verdetto assolutorio, da cui emerge la carenza di contributo decisivo proveniente da quelle propalazioni. Con riguardo ai verbali delle dichiarazioni di (OMISSIS) -depositati in uno alla memoria conclusiva della Difesa - si premette l'errore materiale in cui e' incorsa la Difesa, e di cui e' fatta emenda, quanto alla indicazione della data dei verbali stessi, per poi chiarire che il verbale in questione e' quello del (OMISSIS) e non quello del (OMISSIS) come erroneamente indicato all'atto del deposito, e, che esso era stato gia' allegato alla memoria del (OMISSIS); in ogni caso, non vi fu alcun assemblaggio arbitrario di verbali dichiarativi. Quanto al merito, da tali dichiarazioni emergerebbe la mancata conferma da parte di (OMISSIS) della versione sostenuta da (OMISSIS), circa il coinvolgimento dello (OMISSIS) nella fornitura del calcestruzzo, avendo il collaboratore fatto riferimento a un altro imprenditore. E, comunque, come si e' detto, il contrasto tra le dichiarazioni dei due collaboratori e' emerso, non dal deposito difensivo del luglio 2020, ma in virtu' della produzione avvenuta il (OMISSIS). Concludono per il rigetto del ricorso, anche per mancata prospettazione della decisivita' della eventuale necessaria nuova escussione del collaboratore (OMISSIS), in caso di annullamento. 6. Ha depositato memoria integrativa il difensore di (OMISSIS), in data 27 febbraio 2023, con la quale e' posta la questione dell'interesse a impugnare una sentenza assolutoria con la formula di cui all'articolo 530 c.p.p., comma 2, al fine di tutelarsi dagli eventuali riflessi giuridici negativi che potrebbero derivarne, nei contenziosi extrapenali con l'istituto di credito, e, in particolare, quelli concernenti la sua responsabilita' in ambito disciplinare e nelle controversie di lavoro, dall'adozione d'una formula decisoria meno ampia in ordine alla prova della sussistenza del dolo (anche nella sua forma eventuale). In tal senso, osserva che si sono espresse, da tempo, le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, affermando che: "la concretezza dell'interesse puo' ravvisarsi (...)non solo quando l'imputato, attraverso l'impugnazione, si riprometta di conseguire effetti penali piu' vantaggiosi (come, ad esempio, l'assoluzione o la mitigazione del trattamento sanzionato-rio), ma anche quando miri ad evitare conseguenze extrapenali pregiudizievoli ovvero ad assicurarsi effetti extrapenali piu' favorevoli, come quelli che l'ordinamento rispettivamente fa derivare dal giudicato delle sentenze di condanna o di assoluzione nei giudizi di danno (articoli 651 e 652 c.p.p.) o in altri giudizi civili o amministrativi (articolo 654 c.p.p.) e dal giudicato di assoluzione nei giudizi disciplinari (articolo 653 c.p.p.)(SS.UU. 29 maggio 2008, n40049, Guerra.; conf. Sez. 6, 30 marzo 1995, n. 6989, Stella, m. 201953)". Tuttavia, osserva il ricorrente, in varie circostanze le sezioni semplici si sono espresse (ancorche' riferendosi principalmente all'ipotesi di assoluzione perche' "il fatto non sussiste" o "per non aver commesso il fatto"), in dissenso con tale orientamento, dichiarando tout court l'inammissibilita' "per carenza di concreto interesse" del ricorso proposto avverso la sentenza emessa ex articolo 530 c.p.p., 2 comma, "in quanto tale formula non comporta una minore pregnanza della pronuncia assolutoria ai sensi dell'articolo 530 c.p.p., comma 1, anche in ordine agli effetti extrapenali". Senonche' tali conclusioni sono state reiteratamente sconfessate dalle sezioni civili del Supremo Collegio, le quali hanno piu' volte ribadito, anche di recente, nell'ambito di diversi contenziosi attivati all'esito di decisioni assolutorie ex articolo 530 c.p.p., comma 2, che "il giudicato di assoluzione ha effetto preclusivo nel giudizio civile solo quando contenga un effettivo e specifico accertamento circa l'insussistenza o del fatto o della partecipazione dell'imputato e non anche quando l'assoluzione sia determinata dall'accertamento dell'insussistenza di sufficienti elementi di prova circa la commissione del fatto o l'attribuibilita' di esso all'imputato e,cioe', quando l'assoluzione sia stata pro-nunziata a norma dell'articolo 530 c.p.p., comma 2" Alla luce di tali contrastanti orientamenti giurisprudenziali, la Difesa di (OMISSIS), chiede rimettersi alle Sezioni Unite la relativa questione: ove il Collegio ritenga di non poter prendere in esame, in via pregiudiziale, il ricorso sullo specifico punto postulando un'eventuale carenza d'interesse, appaiono sussistere le condizioni che impongono, sullo specifico punto, ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 618, commi 1 el-bis, c.p.p., la rimessione della relativa decisione alle Sezioni Unite. CONSIDERATO IN DIRITTO 1.11 ricorso del Procuratore Generale nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) non e' fondato e va rigettato. Il ricorso di (OMISSIS) e' fondato, limitatamente alle statuizioni civili, che devono essere eliminate; nel resto, risulta inammissibile. 2. Ricorso c/ (OMISSIS). 2.1.Come si e' premesso, il ricorrente ha dedotto, con i primi quattro motivi del proprio ricorso, dedicati alla posizione di (OMISSIS), il vizio di travisamento della prova, in specie, delle fonti dichiarative. 2.2. Giova, dunque, ricordare, in via del tutto preliminare, che il vizio di travisamento della prova, deducibile dinanzi al Giudice di legittimita', ai sensi dell'articolo 606 comma 1 lettera e), concerne esclusivamente l'errore cosiddetto revocatorio, che, cadendo sul significante e non sul significato della prova, si traduce nell'utilizzo di una prova inesistente per effetto di una errata percezione di quanto riportato dall'atto istruttorio (Sez. 5, n. 18542 del 21/01/2011, Carone, Rv. 250168). L'innovazione legislativa e' orientata, infatti, ad evitare il rischio di una condanna fondata su prove inesistenti o su elementi il cui risultato probatorio e' inequivocabilmente e incontestabilmente diverso da quello ritenuto dal giudice di merito. Sono i casi classici della "prova inventata" (il giudice utilizza come prova decisiva le dichiarazioni di un teste che non e' mai stato esaminato) o della prova che il giudice interpreta erroneamente (il teste ha detto "nero" e il giudice afferma che ha detto "bianco"). Il concetto di "travisamento della prova" e' ben distinto dal "travisamento del fatto", perche' non richiede una rivalutazione del compendio probatorio, ma si limita a prendere atto di una indiscutibile difformita' tra decisione, esistenza delle prove e risultato di prova. Come e' stato affermato in dottrina, "nel travisamento del fatto il giudice di legittimita' deve conoscere il contesto processuale, laddove nel travisamento della prova deve conoscere solo l'atto che veicola la prova". La nuova disciplina prevista dalla L. n. 46 del 2006 ha avuto l'effetto, quindi, di riportare nell'ambito del vizio di motivazione anche il cd. "travisamento della prova" nei casi in cui, dal solo esame dell'atto specificamente indicato, emerga il vizio di motivazione che, ovviamente, deve avere carattere di decisivita' (in questo senso gia' subito dopo l'entrata in vigore della legge si e' espresso, in piu' occasioni, il giudice di legittimita': Cass., sez. 1, 14 luglio 2006 n. 25117, rv. 234167; sez. 2, 24 maggio 2006 n. 19850, rv. 234163; sez. 4, 28 aprile 2006 n. 20245, rv. 234099; sez. 2, 23 marzo 2006 n. 13994, rv. 233460.) Il principio affermato e', dunque, che la Corte di cassazione - investita di un ricorso che indichi in modo specifico come il giudice di merito abbia (non erroneamente interpretato ma) indiscutibilmente travisato una prova decisiva acquisita al processo ovvero omesso di considerare circostanze decisive risultanti da atti specificamente indicati - possa, negli stretti limiti della censura dedotta, verificare l'eventuale esistenza di una palese e non controvertibile difformita' tra i risultati obiettivamente derivanti dall'assunzione della prova e quelli che il giudice di merito ne abbia inopinatamente tratto ovvero verificare l'esistenza della decisiva difformita' (Sez. 4, n. 14732 del 01/03/2011 Rv. 250133; Sez. 4, n. 1219 del 14/09/2017 (dep. 2018) Rv. 271702; Sez. 5, n. 8188 del 04/12/2017 (dep. 2018) Rv. 272406), ed e', pertanto, da escludere che integri il suddetto vizio un presunto errore nella valutazione del significato probatorio della dichiarazione medesima (Sez. 5, n. 9338 del 12/12/2012 (dep. 2013) Rv. 255087). E' chiaro, allora, che non e' prospettabile nel giudizio di legittimita' un'interpretazione del significato di una fonte di prova diversa da quella proposta dal giudice di merito, salvo che ricorra l'ipotesi del travisamento della prova, cioe' si versi nel caso in cui il giudice di merito indichi il contenuto di un atto in modo difforme da quello reale, e la difformita' risulti decisiva e incontestabile (Sez. 5, n. 7465 del 28/11/2013 (dep. 2014) Rv. 259516; Sez. 6, n. 11189 del 08/03/2012, Rv. 252190). Il vizio di travisamento della prova deducibile in cassazione, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., lettera e), puo' essere desunto non solo dal testo del provvedimento impugnato ma anche da altri atti del processo specificamente indicati ed e' configurabile quando si introduce nella motivazione una informazione rilevante che non esiste nel processo o quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia. (Sez. 2 n. 27929 del 12/06/2019, Rv. 276567 in una fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio la decisione di assoluzione dal reato di estorsione aggravata dal metodo mafioso ai danni di un liquidatore del Fondo di garanzia per le vittime della strada, per omessa valutazione di prove a carico astrattamente idonee a confermare l'ipotesi accusatoria, desumibili dall'intercettazione di conversazioni tra l'imputato, collega della persona offesa, ed i correi e dal rinvenimento presso l'abitazione di un coimputato di documenti al primo ricollegabili). 2.3. Fatta tale premessa, va ricordato che (OMISSIS) e' chiamato a rispondere, "quale referente politico nazionale del clan dei casalesi nonche' sostenitore attraverso le attivita' illecite descritte nei precedenti capi di imputazione", di avere "compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco a consentire al clan dei casalesi, alle sue articolazioni imprenditoriali e alle famiglie (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) l'impiego di capitali di illecita provenienza ex articolo 416-bis c.p. - in quanto provento delle attivita' criminali svolte dal clan dei casalesi e dalle citate famiglie camorristiche - sia nella realizzazione delle opere necessarie per la costruzione del centro commerciale, sia nella acquisizione della totalita' o di parte delle attivita' commerciali e dei servizi (ristorazione, parcheggi, pulizia ecc.) relativi a detto centro commerciale". Va altresi' considerato che le attivita' illecite descritte nei capi di imputazione P) e R), originariamente contestati anche al (OMISSIS), avevano riguardo alle condotte di falso ideologico, corruzione e abuso di ufficio(capo P) e violazione del Testo Unico bancario(capo R), e da esse il ricorrente venne prosciolto per non aver commesso il fatto gia' in sede di udienza preliminare (quanto al capo R e alla contestazione di falso con sentenza n. 3020 del 20/11/2012), e poi dal Tribunale di Santa Maria C.V. dai restanti reati di corruzione, in esso assorbito l'abuso di ufficio, sempre contestati sub P). Si tratta della contestazione di plurime condotte illecite finalizzate a condizionare le scelte amministrative e urbanistiche del Comune di (OMISSIS) inducendolo ad approvare il progetto di realizzazione del centro commerciale, nonche' della violazione del Testo Unico bancario onde condizionare l'iter di rilascio del finanziamento da parte di Unicredit, nonostante le difficolta' economiche e finanziarie della societa' richiedente (OMISSIS) s.r.l.. 2.4. Venendo ai fatti di cui al capo K1, a cui si riferisce il ricorso in esame - per il quale, si ricorda, il Tribunale aveva ritenuto sussistente esclusivamente la fattispecie tentata di cui agli articoli 56-648-ter c.p., aggravata ai sensi dell'articolo 7 L. n. 203 del 1991, pervenendo alla affermazione di responsabilita' per tale reato nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), poi, tutti assolti dalla Corte di appello con la sentenza impugnata va considerato che non possono trovare ingresso nel giudizio di legittimita' le censure che, pur ponendo in luce alcune aporie della sentenza impugnata - la quale, seppur sinteticamente, ha illustrato le ragioni del proprio diverso convincimento, rispetto alla sentenza di primo grado - si sviluppino tendenzialmente sul piano del fatto e sono tese a sovrapporre un'interpretazione delle risultanze probatorie diversa da quella recepita dal decidente di merito, piu' che a rilevare un vizio rientrante nella rosa di quelli delineati nell'articolo 606 c.p.p.: il che fuoriesce dal perimetro del sindacato rimesso a questo giudice di legittimita'. Secondo la linea interpretativa da tempo tracciata, infatti, l'epilogo decisorio non puo' essere invalidato da prospettazioni alternative che si risolvano in una "mirata rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell'autonoma assunzione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, da preferirsi a quelli adottati dal giudice del merito, perche' illustrati come maggiormente plausibili, o perche' assertivamente dotati di una migliore capacita' esplicativa nel contesto in cui la condotta delittuosa si e' in concreto realizzata (Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482; Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, Bosco, Rv. 234148; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, De Vita, Rv. 235507). 2.4.1. Allo stesso modo non potra' tenersi conto degli argomenti spesi nella sede cautelare, sia dai giudici di merito che in sede di legittimita', nella fase cautelare, a cui pure il ricorrente fa richiamo per trarne argomenti di supporto al prospettato travisamento della prova da parte (OMISSIS) di appello. Si tratta, tuttavia, di un modus procedendi che, oltre a sorvolare sulle regole di giudizio che governano la formazione della prova, oblitera le concrete dinamiche evolutive del processo che, va evidenziato, ha condotto, finora, alla assoluzione dei coimputati del (OMISSIS) nel capo K1, nonche' alla piena assoluzione del ricorrente per gli altri due reati per i quali era imputato nel processo (capi P e R), condotte che, pure, secondo l'editto accusatorio qui in esame, costituirebbero il presupposto del tentativo di reimpiego contestato sub K1 (in tal senso la locuzione "attraverso le attivita' illecite descritte nei precedenti capi di imputazione"). Ancora, nel giudizio di secondo grado, e' sopravvenuto il pentimento di (OMISSIS), tant'e' che la Corte di appello ha rinnovato l'istruttoria assumendo le dichiarazioni del collaboratore, che formano oggetto del vaglio (OMISSIS) di appello. 2.4.2. Deve essere anche evidenziato, anche ai fini sella autosufficienza del ricorso, che non risultano allegati al ricorso i verbali delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che si assumono non valutate dalla Corte di appello, (sez. 5 n. 8188 del 04/12/2017; sez. 3 n. 19957 del 21/09/2016). Infatti, nel ricorso, sono riportati solo stralci della sentenza di primo grado riassuntivi delle dichiarazioni dei collaboratori, ritenute rilevanti nell'ottica argomentativa del Tribunale, peraltro arbitrariamente selezionati dal Procuratore impugnante. 2.4.3. Ancora, poiche' nella vicenda processuale in esame viene in rilievo la tematica della valutazione della prova indiziaria, in primo luogo, il Collegio ricorda che vi e' ontologica differenza tra prova e indizio, costituita dal fatto che, mentre la prima, in quanto si ricollega direttamente al fatto storico oggetto di accertamento, e' idonea ad attribuire carattere di certezza allo stesso, l'indizio, isolatamente considerato, fornisce solo una traccia indicativa di un percorso logico argomentativo, suscettibile di avere diversi possibili scenari, e, come tale, non puo' mai essere qualificato in termini di certezza con riferimento al fatto da provare. La differenza tra indizio e prova non risiede nella tipologia del mezzo da cui deriva l'inferenza logica che costituisce il loro carattere comune, ma nei contenuti che essi esprimono e rappresentano (Sez. 2, n. 14704 del 22/4/2020, Bekaj, Rv. 279408; Sez. 5, n. 16397 del 21/2/2014, Maggi, Rv. 259551). Sin dalla pronuncia delle Sezioni Unite Mannino (Sez. U, n. 33748 del 12/7/2005, Rv. 231678), la giurisprudenza di legittimita' ha focalizzato la sua attenzione sulla necessita', in tema di valutazione della prova indiziaria, che il metodo ermeneutico da adottare debba essere quello che ruota intorno ad una lettura unitaria e complessiva dell'intero compendio probatorio; una lettura unitaria, pero', che non si esaurisce in una mera sommatoria degli indizi e non puo' percio' prescindere dall'operazione propedeutica, costituita dal valutare ogni prova indiziaria singolarmente, ciascuna nella propria valenza qualitativa e nel grado di precisione e gravita', per poi valorizzarla, ove ne ricorrano i presupposti, in una prospettiva globale e unitaria, tendente a porne in luce i collegamenti e la confluenza in un medesimo contesto dimostrativo (sulla natura bifasica della verifica sulla valenza della prova indiziaria, cfr. Sez. 1, n. 1790 del 30/11/2017, dep. 2018, Mangafic, Rv. 272026). Viene bandita, pertanto, qualsiasi valutazione atomistica e parcellizzata degli indizi, che, valutati dapprima nella loro individualita' per verificarne la certezza (nel senso che deve trattarsi di fatti realmente esistenti e non solo verosimili o supposti) e l'intrinseca valenza dimostrativa (di norma solo possibilistica), successivamente vanno raccolti in senso logico attraverso un esame globale degli elementi certi, risolvendo eventuali ambiguita' e consentendo di attribuire il reato all'imputato "al di la' di ogni ragionevole dubbio" e, cioe', con un alto grado di credibilita' razionale, sussistente anche qualora le ipotesi alternative, pur astrattamente formulabili, siano prive di qualsiasi concreto riscontro nelle risultanze processuali ed estranee all'ordine naturale delle cose e della normale razionalita' umana (cfr. Sez. 1, n. 20461 del 12/4/2016, Graziadei, Rv. 266941; Sez. 1, n. 8863 del 18/11/2020, dep. 2021, S., Rv. 280605). Rileva, quindi, anche nella ricerca del canone valutativo della prova indiziaria, il richiamo al principio dell'oltre ogni ragionevole dubbio, che costituisce un modello ermeneutico non solo per la motivazione della decisione, ma anche in prospettiva probatoria. Ai sensi dell'articolo 192 c.p.p., comma 2 gli indizi devono essere: - gravi, ossia consistenti, resistenti alle obiezioni e dotati di capacita' dimostrativa in relazione al "thema probandum"; - precisi, ossia specifici, univoci e non suscettibili di diversa interpretazione altrettanto o piu' verosimile; - concordanti, ossia convergenti e non contrastanti tra loro e con gli altri dati ed elementi certi (per tali definizioni consolidate, cfr. tra le piu' recenti, Sez. 5, n. 1987 del 11/12/2020, dep. 2021, Piras, Rv. 280414). La concordanza presuppone, ovviamente, una qualche molteplicita' di indizi. E tuttavia, il requisito della molteplicita' e quello della gravita' sono tra loro collegati e si completano a vicenda, nel senso che, in presenza di indizi poco significativi, puo' assumere rilievo l'elevato numero degli stessi, quando una sola possibile e' la ricostruzione comune a tutti; mentre, in presenza di indizi particolarmente gravi, puo' essere sufficiente un loro numero ridotto per il raggiungimento della prova del fatto (Sez. 2, n. 35827 del 12/7/2019, Matasaru, Rv.276743; Sez. 5, n. 36152 del 30/4/2019, Barone, Rv. 277529). Tra le due estreme ipotesi logiche suddette, tuttavia, vi e' un'ampia "terra di mezzo", in cui si muovono piu' frequentemente i processi a prova indiziaria, nella quale la molteplicita' non raggiunge la soglia di tranquillita' probatoria dell'elevato numero di indizi non molto significativi, fermandosi ad un numero multiplo, ma non cosi' consistente e soprattutto, spesso, non perfettamente collimante, e la gravita' non connota i pochi indizi eventualmente piu' significativi presenti (Sez. 5 n. 25272 del 19/04/2021, Rv. 28146802). In questa dimensione fenomenica e logica si inserisce anche il quadro indiziario che caratterizza il processo a carico di (OMISSIS): indizi suggestivi, ben valorizzati dal Giudice di primo grado, ma non ritenuti dalla Corte di appello gravi nel senso di univocamente diretti alla dimostrazione del thema probandum, invece, necessariamente da collegare tra loro, e ad eventuali ulteriori fattori di valenza logico- fattuale utile alla prova inferenziale che da un fatto noto muove per la ricostruzione del fatto ignoto, in cui si concretizza ontologicamente l'indizio. 2.5. Poste tali necessarie coordinate ermeneutiche, e procedendo alla valutazione dei motivi di ricorso, si ricorda che la Corte di appello, dopo la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, con l'esame del neo collaboratore di giustizia (OMISSIS), ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di (OMISSIS), deceduto nelle more del giudizio di secondo grado, e ha assolto gli altri tre imputati (residuati dalle precedenti decisioni del GUP di Napoli e del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, le quali avevano molto ridimensionato sotto il profilo soggettivo la contestazione della fattispecie concorsuale in esame), per non aver commesso il fatto ai sensi dell'articolo 530 c.p.p., comma 2. Quanto agli altri originari coimputati del reato contestato sub K1, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) sono stati definitivamente assolti, nel rito abbreviato per il quale avevano optato, dalla Corte di cassazione (sentenza n. 44522/2018), per non aver commesso il fatto, non essendo emerso il loro concreto contributo alla realizzazione dell'operazione di reimpiego di capitali illeciti del clan. Analogamente, era stata gia' esclusa la responsabilita' degli altri numerosi coimputati: per alcuni, dal G.U.P. di Napoli, per altri, dal Tribunale in primo grado (salvo che per (OMISSIS), per cui la Corte di cassazione con la predetta sentenza ha disposto l'annullamento con rinvio con riguardo alla prova della provenienza illecita del denaro utilizzato e alla prova del contributo soggettivo; per (OMISSIS), che ha rinunciato ai motivi di appello). 2.5.1. Con riguardo alla posizione di (OMISSIS), come ha osservato la Corte di appello, la affermazione di responsabilita' del (OMISSIS), da parte del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, era stata fondata sulle seguenti fonti di prova: - intercettazione del marzo 2006 in cui (OMISSIS) parlando con i suoi familiari fa riferimento al coinvolgimento del ricorrente nell'operazione commerciale, affermando che la spartizione delle future attivita' commerciali era stata gia' decisa tra gli esponenti della criminalita' locale; - conversazioni intercettate sull'utenza in uso al (OMISSIS) nel mese di febbraio 2007, da cui emerge che il (OMISSIS) si reco', il (OMISSIS), presso la sede della filiale di Roma Tiburtina di Unicredit diretta da (OMISSIS) per incontrare, su sollecitazione di quest'ultimo, (OMISSIS), anch'egli parlamentare e cognato dello (OMISSIS)., avendo escluso la matrice esclusivamente politica di quell'incontro, sostenuta dalla Difesa, concorrendo il vero motivo dell'incontro costituito dalla necessita' di ottenere il finanziamento, poi effettivamente erogato pochi giorni dopo dalla banca Unicredit, a testimonianza del decisivo intervento del (OMISSIS) per la progressione nella realizzazione della operazione illecita programmata. - dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. 2.5.2. Ha, poi, premesso la Corte di appello che il clan era interessato alla realizzazione del centro commerciale, operazione voluta e perseguita dal (OMISSIS), che si era speso personalmente per ottenere il finanziamento bancario, ma l'interesse dell'organizzazione criminale non riguardava la fase iniziale del progetto - essendo pacifico che, per l'acquisto del terreno, non furono impiegati capitali del clan, che venne affrontato con il finanziamento erogato da Unicredit - quanto quello successivo dell'affidamento dei lavori in subappalto a imprese del clan e quello finale in cui tutte le attivita' ivi svolte sarebbero state di esclusiva pertinenza del sodalizio che in tal modo avrebbe riciclato i propri proventi illeciti (in tal senso le convergenti dichiarazioni dei collaboratori di giustizia a riscontro della conversazione del marzo 2006). Nel delineare il thema probandum, afferente al contributo causalmente e soggettivamente rilevante e univocamente rivolto alla realizzazione del programmato reimpiego di capitali illeciti, offerto dal (OMISSIS), la Corte di appello ha valutato il sopravvenuto apporto dichiarativo di (OMISSIS), il quale, si legge in sentenza, ha dichiarato di avere assunto la reggenza del clan dopo la carcerazione dello zio (OMISSIS), e di essere stato informato dai suoi sodali del progetto di realizzazione del centro commerciale e dell'interesse nel progetto della famiglia (OMISSIS), e di avere anche appreso che il referente politico dell'operazione era il (OMISSIS), interessatosi sin dall'inizio dell'operazione, anche procurando l'istituto bancario che avrebbe dovuto erogare il finanziamento, tant'e' che, quando insorsero delle difficolta', (OMISSIS) si rivolse al (OMISSIS), affinche' chiedesse a (OMISSIS) di intervenire presso la banca e ottenere la effettiva erogazione del finanziamento. Cio' posto, la Corte di appello ha osservato che "la ricostruzione dei fatti che si ricava dal compendio delle intercettazioni stride con il narrato del collaboratore". Infatti, contrariamente a quanto riferito dal collaboratore, il Giudice a quo rileva che, dalle intercettazioni, emerge che: - (OMISSIS) non conosceva ne' (OMISSIS) ne' il direttore della sede centrale Unicredit ne' altri funzionari di quella banca; - la pratica di erogazione del finanziamento era gia' avviata e prossima alla chiusura gia' qualche giorno prima del 7 febbraio 2007, e che era stato (OMISSIS) a proporre che essa venisse anticipata a mezzo telex della fidejussione, superando la regolare procedura dello " swift"; - che l'erogazione del finanziamento dipese da lungaggini correlate proprio alla trasmissione del documento cartaceo e all'elusione del sistema "swift"; - l'unico intoppo proveniente da Unicredit insorse solo la sera del 19 febbraio 2007, quando il funzionario bancario deputato ad esprimersi sulla fattibilita' del finanziamento, espresse parere negativo per le criticita' dell'operazione dovute a dubbi sulla fidejussione cartacea allegata alla e. pratica, parere (non vincolante) che, pure, non sorti' alcun effetto, dal momento che il finanziamento venne erogato su parere favorevole del direttore, il giorno seguente, pur corredato di clausola di verifica della fidejussione. Quanto alle motivazioni dell'incontro, lo stesso Tribunale - continua la Corte di appello - aveva dato atto che almeno inizialmente, come emerge dalle intercettazioni (pg. 30 e ss. della sentenza impugnata), esse erano esclusivamente politiche, in quanto l'incontro era finalizzato a fare incontrare (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), anche se il Giudice di primo grado aveva ritenuto concorrente anche l'interesse a favorire la erogazione del finanziamento, stante l'inverosimiglianza di un incontro di natura politica presso una filiale di banca, oltretutto con il coinvolgimento di un soggetto del tutto estraneo alla politica quale era lo (OMISSIS). La Corte di appello ha, sul punto, osservato che le intercettazioni: - danno conto dell'originario motivo dell'incontro, appunto di natura politica, tanto che inizialmente esso doveva tenersi a Caserta presso la sede del partito, poi essendo stato concordato lo spostamento su Roma su espressa richiesta di (OMISSIS), interessato, anche lui, come il cognato (OMISSIS), a conoscere il parlamentare e a mostrarsi disponibile per futuri finanziamenti analoghi a quelli gia' in corso per il (OMISSIS); - rimandano una sorta di fastidio di (OMISSIS) per tale incontro e per le insistenze del (OMISSIS) e che egli rifiuto' immediatamente la richiesta di (OMISSIS) di incontrarlo di persona; - fanno emergere il personale interesse del (OMISSIS) alla partecipazione del (OMISSIS) all'incontro; - fanno emergere che, quando si rese palese a tutti la falsita' della polizza fidejussoria, nell'estate del 2007, e l'operazione falli', non vi fu alcun intervento dell'imputato ne' si sono registrate recriminazioni di sorta nei suoi confronti da parte dello (OMISSIS) che, nell'ottica accusatoria, sarebbe colui che si sarebbe indotto a erogare il finanziamento per le pressioni del (OMISSIS), erogando una polizza cartacea, e che avrebbe avuto ragione di manifestare il suo disappunto invece mai emerso nelle tante conversazioni intercettate con il (OMISSIS) e il (OMISSIS). In definitiva, secondo la Corte di appello, in occasione di quell'incontro del (OMISSIS): - (OMISSIS) si rese disponibile ad accontentare il cognato, (OMISSIS), esponente politico del suo stesso partito, che era particolarmente interessato alla realizzazione del centro commerciale, in quanto, impegnato nella campagna elettorale per l'elezione a Sindaco, aveva promesso posti di lavoro presso il centro commerciale; - l'incontro aveva motivazioni politiche, in quanto, in particolare, mirava a soddisfare sia la richiesta di (OMISSIS) di avvicinarsi al (OMISSIS), che l'interesse di (OMISSIS) a prendere diretto contatto con il parlamentare, per mettersi in mostra spendendo l'impegno profuso per il finanziamento e anche in vista di future iniziative che avrebbero potuto agevolare la sua carriera; - non vi e' alcun elemento di prova che consenta di affermare che, alla data del (OMISSIS), fossero stati frapposti ostacoli al finanziamento da parte della Banca, tali da rendere necessario l'intervento del (OMISSIS), anzi essendosi dimostrato lo (OMISSIS), fin dall'inizio, disponibile a favorire l'operazione; - quando emerse a distanza di qualche mese la falsita' della polizza fidejussoria apparentemente rilasciata da MPS, di cui (OMISSIS) e lo stesso (OMISSIS) erano all'oscuro, (OMISSIS) ebbe modo di esprimere la sua rabbia nei confronti del (OMISSIS), mai facendo riferimento, nelle conversazioni intercettate, al (OMISSIS). 2.5.3. Alla luce di tali elementi, il Giudice a quo ha escluso che possano ravvisarsi nella condotta dell'imputato i necessari requisiti di idoneita' causale e di univocita' previsti dall'articolo 56 c.p., dal momento che, operando la dovuta valutazione ex ante, e, quindi, rapportando la condotta dell'imputato all'incontro del 07 febbraio 2007, a Roma presso Unicredit, la Corte ha escluso che, a quel tempo, potesse concretamente ipotizzarsi che il finanziamento non sarebbe stato erogato a causa della falsita' della polizza fidejussoria, circostanza di cui lo stesso (OMISSIS) ha avuto cognizione solo successivamente. E, comunque, sul versante della univocita', ha osservato come la concorrenza pacifica della motivazione politica alla base dell'incontro non consenta di ravvisare in capo al prevenuto il contributo univocamente rivolto a un risultato illecito di cui fosse consapevole, conformemente al giudizio espresso da questa Corte nella sentenza assolutoria emessa nei confronti del coimputato (OMISSIS), che fu uno degli organizzatori di quell'incontro. Infine - a conforto ulteriore della statuizione assolutoria - la Corte di appello ha osservato come l'effetto dissimulatorio, che connota specificamente la condotta di cui all'articolo 648 ter c.p., finalizzata a ostacolare l'accertamento o l'astratta individuabilita' dell'origine delittuosa del denaro od egli altri beni e utilita' che si intendono occultare, debba essere ricercato attraverso l'impiego di denaro o di altri beni in attivita' economiche e finanziarie con la consapevolezza della illiceita' della suddetta provenienza e dell'intento di occultamento, rilevando l'insussistenza di elementi che consentano di ritenere che (OMISSIS) fosse consapevole di consentire alla criminalita' il reimpiego di capitali illeciti, ritraibile alla fine, secondo la sentenza impugnata, in assenza di altri dati concreti, solo dai rapporti di parentela della sua famiglia con il capoclan (OMISSIS), nonche' dalle parole dei collaboratori che hanno riferito di strette cointeressenze economiche della famiglia (OMISSIS) con quella dei (OMISSIS). Come si e' premesso tale ultimo aspetto e' fatto oggetto del quinto motivo di ricorso. 2.6. E' con riferimento a tale motivazione e al suo specifico esito decisorio che va condotto il vaglio dei motivi di ricorso, in relazione ai quali va valutato se essi - denunciando, come si e' premesso, vizi della motivazione anche per travisamento - risultino scardinanti rispetto alla trama argomentativa sviluppata dalla Corte di appello, con riguardo all'unica, residuale, ipotesi di reato sub kl, con cui si contesta al (OMISSIS) di avere esercitato la sua influenza per il rilascio del finanziamento bancario necessario alla societa' (OMISSIS) s.r.l. per l'acquisto dei terreni da destinare alla realizzazione del centro commerciale "Il (OMISSIS)", in tal modo offrendo il proprio contributo causale e consapevole idoneo alla realizzazione del programmato reimpiego di capitali illeciti. 2.6.1. Con il primo motivo di ricorso, il Procuratore impugnante si duole dell'omessa valutazione delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), richiamando, sul punto, le valutazioni operate dal Tribunale. Posto che il primo e' stato uno dei reggenti del clan, lasciando le consegne a (OMISSIS) che (OMISSIS) ha sempre avuto un ruolo di rilievo nell'organizzazione, e che (OMISSIS) e (OMISSIS) erano fidati collaboratori di (OMISSIS), il ricorrente si concentra, infatti, sulla motivazione della sentenza di primo grado che, appunto, aveva valorizzato tali contributi dichiarativi, avendo essi, in modo convergente, in particolare (OMISSIS) e (OMISSIS), indicato il Centro commerciale come "affare del clan", anche individuando specificamente il contributo di (OMISSIS). E' bene brevemente ricordare che, (OMISSIS) ha riferito di essere a conoscenza, per quanto riferitogli da (OMISSIS) e (OMISSIS), che il centro, nato da un'idea di (OMISSIS), era un affare pure delle famiglie (OMISSIS) e (OMISSIS), tra loro imparentate, di cui il (OMISSIS) era un mero prestanome, secondo opinione diffusa tra i sodali (" e comunque noi ce lo dicevamo") e che il ricorrente aveva rapporti con una banca sita a Roma, che doveva agevolare i necessari finanziamenti e che di tanto egli si stava occupando in prima persona, partecipando anche a incontri svoltisi a Roma. (OMISSIS), che indica ugualmente quale sua fonte di conoscenza (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali avevano riferito notizie analoghe a quelle di cui parla (OMISSIS), quanto alla genesi del centro e all'interesse dei (OMISSIS) e dei (OMISSIS), e al coinvolgimento diretto dell'imputato nella fase di gestione del finanziamento, ha, altresi', ricordato come il Dott. (OMISSIS) gia' nell'autunno del 2003 gli avesse chiaramente detto, a fronte di sue preoccupazioni sulla realizzazione del Centro, di stare tranquillo perche' "abbiamo (OMISSIS) alle spalle", intendendo riferirsi al (OMISSIS); che, quando si era verificato un intoppo nella pratica del finanziamento, nel 2004 - 2005, (OMISSIS) gli aveva riferito dell'intervento del (OMISSIS) presso una sede romana di Unicredit o Credem. (OMISSIS), come riporta sempre la sentenza di primo grado, ha indicato in (OMISSIS) la fonte che gli aveva descritto il Cacciapuoti come il soggetto che si era occupato di assicurare il buon andamento della pratica amministrativa, altresi' ricordando di avere parlato con il capoclan del coinvolgimento del (OMISSIS). (OMISSIS), invece, ha indicato in (OMISSIS) e (OMISSIS) le sue fonti di conoscenza e ha riferito che, del centro, si stava interessando un ingegnere, a tanto delegato da Cristiano e (OMISSIS). Come si e' detto, il ricorrente si duole che, di tali fonti probatorie, decisive nella ricostruzione del quadro probatorio relativamente alla realizzazione del centro commerciale e al coinvolgimento nelle condotte illecite del (OMISSIS), la Corte territoriale non abbia tenuto conto, concentrandosi sulle propalazioni di (OMISSIS), che, sempre nell'ottica del ricorrente, sarebbero state anche valutate in maniera incompleta dalla Corte di appello, obliterando le dichiarazioni, tutte convergenti quanto al coinvolgimento e al ruolo del (OMISSIS) nell'affare illecito di quattro collaboratori di giustizia, in tal modo privandosi anche di elementi di riscontro alle dichiarazioni dello (OMISSIS). Le osservazioni del ricorrente, tuttavia, non colgono nel segno. Anche se, come dice il ricorrente, "la Corte di appello ha inspiegabilmente omesso di valutare fonti di prova", concentrando la propria valutazione sul narrato di (OMISSIS),effettivamente omettendo qualsiasi riferimento al contributo dichiarativo degli altri quattro collaboratori, con cui si era misurato, invece, il Giudice di primo grado, nondimeno, nel ricorso, non si spiega sotto quale profilo il piu' attento esame invocato delle propalazioni dei collaboratori avrebbero potuto condurre a un esito decisorio differente che, va ricordato, e' stato assunto dalla Corte di appello ai sensi dell'articolo 530 c.p.p., , dal momento che la sentenza impugnata ha rilevato elementi di contraddittorieta' tra le fonti di prova dichiarativa e il compendio intercettivo, nel senso che, a fronte della narrazione sostanzialmente concorde dei collaboratori di giustizia circa la sponsorizzazione da parte della famiglia (OMISSIS) alla realizzazione del progetto imprenditoriale, e il diretto coinvolgimento del ricorrente presso l'istituto bancario che avrebbe dovuto erogare il finanziamento, le intercettazioni - puntualmente indicate nella sentenza impugnata - rimandano a uno scenario alternativo, che: porta a escludere che il (OMISSIS) avesse conoscenze all'interno dell'istituto bancario Unicredit a cui era stato chiesto il finanziamento (in effetti, dalle intercettazioni riportate nella sentenza impugnata, emerge che egli non abbia neppure cognizione dell'ubicazione della filiale presso cui dovra' recarsi); fa emergere, sotto il profilo cronologico, che l'intervento del (OMISSIS) si sarebbe registrato in un momento in cui neppure si prospettavano difficolta' nel rilascio del finanziamento da parte di (OMISSIS), che era l'interlocutore di (OMISSIS) e di (OMISSIS) all'interno dell'istituto bancario e che stava seguendo la pratica, e quindi, senza che ne emergesse la reale necessita'; pone in luce, quanto alla causale, una originaria ragione del tutto diversa dalla prospettata illecita interferenza nelle dinamiche bancarie, alla base di quell'incontro, invece, di natura politica, tanto che fino a due giorni primo si era concordato di incontrarsi presso la sede del partito di (OMISSIS), a Caserta. In un tale contesto, del quale e' stata evidenziata, nella sentenza impugnata, la non rassicurante tenuta logica della ricostruzione proveniente dalla sentenza di primo grado, il tema della convergenza del molteplice, che il Procuratore ricorrente assume essere stato obliterato dalla Corte di appello, non ha ragion d'essere, proprio perche' il Giudice territoriale ha ravvisato un quadro probatoriomroulla univoco con riguardo alla posizione del (OMISSIS), e, alla fine, ha ritenuto non confortate dalle intercettazioni le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia con riferimento al ruolo da loro attribuito al (OMISSIS), quanto alla sua affermata interferenza nel rilascio del finanziamento. Come e' noto, nella giurisprudenza di questa Corte, si e' affermato che la credibilita' di un collaboratore di giustizia, anche non coimputato o non indagato nello stesso procedimento, puo' essere affermata anche quando ha acquisito le notizie propalate nell'ambito della sfera di criminalita' organizzata in cui sia inserito, purche' venga accertata l'intrinseca attendibilita' delle sue dichiarazioni, nonche' la sussistenza di riscontri esterni, i quali, in caso di piu' chiamate convergenti, possono anche consistere nella circostanza che le dichiarazioni riconducano, anche se in modo non sovrapponibile, il fatto all'imputato, essendo sufficiente la confluenza su comportamenti riferiti alla sua persona e alle imputazioni a lui attribuite, cioe' l'idoneita' delle dichiarazioni a riscontrarsi reciprocamente nell'ambito della cosiddetta " convergenza del molteplice". (Sez. 1, n. 31695 del 23/06/2010 Rv. 248013). Ed e' stata ritenuta rispettosa dei principi normativi di cui all'articolo 192 c.p.p., l'utilizzazione di convergenti dichiarazioni accusatorie "de relato", purche' le stesse si inseriscano in un quadro probatorio ovvero indiziario comunque apprezzabile, si caratterizzino nello specifico per credibilita' ed affidabilita' e purche' il rigoroso controllo del sapere dei dichiaranti investa tutti i momenti dell'acquisizione conoscitiva e tutti i personaggi che l'hanno resa possibile. (In motivazione, la Corte ha precisato che negare rilevanza probatoria alla chiamata indiretta riscontrata da chiamata della medesima natura darebbe luogo ad una sorta di valutazione legale della portata probatoria di un fatto comunque rilevante, in contrasto al principio del libero convincimento del giudice- (Sez. 1, n. 34525 del 28/02/2012 Rv. 252937). Si tratta di principi accreditati anche dalle Sezioni Unite di questa Corte che, nella sentenza ‘Aquilina', hanno affermato come "La chiamata in correita' o in reita' "de relato", anche se non asseverata dalla fonte diretta, il cui esame risulti impossibile, puo' avere come unico riscontro, ai fini della prova della responsabilita' penale dell'accusato, altra o altre chiamate di analogo tenore, purche' siano rispettate le seguenti condizioni: a) risulti positivamente effettuata la valutazione della credibilita' soggettiva di ciascun dichiarante e dell'attendibilita' intrinseca di ogni singola dichiarazione, in base ai criteri della specificita', della coerenza, della costanza, della spontaneita'; b) siano accertati i rapporti personali fra il dichiarante e la fonte diretta, per inferirne dati sintomatici della corrispondenza al vero di quanto dalla seconda confidato al primo; c) vi sia la convergenza delle varie chiamate, che devono riscontrarsi reciprocamente in maniera individualizzante, in relazione a circostanze rilevanti del "thema probandum"; d) vi sia l'indipendenza delle chiamate, nel senso che non devono rivelarsi frutto di eventuali intese fraudolente; e) sussista l'autonomia genetica delle chiamate, vale a dire la loro derivazione da fonti di informazione diverse (Sez. U, n. 20804 del 29/11/2012 Ud. (dep. 14/05/2013) Rv. 255143). E', invece, proprio per la non ravvisata convergenza delle varie chiamate sul fondamentale thema del ruolo dell'imputato, esse non riscontrandosi reciprocamente in maniera individualizzante, che la Corte di appello e' pervenuta all'approdo assolutorio, dopo avere preso atto della contraddittorieta' delle fonti di prova. Legittimo, allora, il dubbio (OMISSIS) di appello che, chiamata a valutare le informazioni provenienti dalle diverse fonti di prova, ne ha lumeggiato adeguatamente le contraddizioni registratesi su alcuni elementi oggettivamente dirimenti, pervenendo al verdetto assolutorio, in applicazione della regola di giudizio dell'al di la' del ragionevole dubbio. Tanto piu' che, come ha segnalato la stessa sentenza impugnata, (OMISSIS), era stato gia' assolto da ogni altra imputazione, anche da quelle le cui condotte apparivano propedeutiche rispetto all'ipotizzato suo coinvolgimento nella finalita' di reinvestimento di proventi illeciti qui in discussione, e che anche tutti gli altri attori della vicenda del finanziamento erano stati gia' raggiunti da analogo esito liberatorio. 2.6.2. Analoghe considerazioni possono svolgersi anche con riguardo al secondo motivo, con il quale il ricorrente si duole del travisamento per omissione nel quale sarebbe incorsa la Corte di appello, mancando di valutare le conversazioni intercettate successivamente all'incontro del 07 febbraio 2007, presso Unicredit Roma, aventi riferimento alle motivazioni che l'avevano determinato. Va qui ricordato che, in tema di valutazione del contenuto di intercettazioni, la censura di diritto puo' riguardare soltanto la logica della chiave interpretativa (Sez. 5, n. 3643 del 14/07/1997, Rv. 209620), pertanto, l'interpretazione del linguaggio e del contenuto delle conversazioni costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, e si sottrae al sindacato di legittimita' se tale valutazione e' motivata in conformita' ai criteri della logica e delle massime di esperienza. Si tratta di un principio ormai consolidato, accreditato anche dall'approdo delle Sezioni Unite ‘Sebbar' (sez. un. 22471 del 26/02/2015 Ud. (dep. 28/05/2015), Rv. 263715, cosi' massimata: "In tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l'interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimita'" - Conforme la successiva giurisprudenza, cfr. Sez. 3, n. 35593 del 17/05/2016, Rv. 267650, Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, Rv. 268389; Sez. 3 n. 44938 del 05/10/2021, Rv. 282337). Nel ribadire tale principio, e' stato chiarito (Sez. 6, n. 35680 del 10/06/2005 Rv. 23257601), che il giudice di merito deve accertare che il significato delle conversazioni intercettate sia connotato dai caratteri di chiarezza, decifrabilita' dei significati, assenza di ambiguita', in modo che la ricostruzione del contenuto delle conversazioni non lasci margini di dubbio sul significato complessivo dei colloqui intercettati (conf. Sez. 6, n. 15396 del 11/12/2007 (dep. 2008) Rv. 239636). Ed e' proprio una rilettura del contenuto delle conversazioni intercettate che il Procuratore impugnante propugna con il secondo motivo di ricorso, al fine di trarne il significato dell'interessamento del (OMISSIS) al buon esito della pratica bancaria di finanziamento, che e' un tema che la Corte di appello non ha affatto tralasciato, giacche', indipendentemente da un esplicito confronto con le conversazioni segnalate nel ricorso, successive all'incontro del 7 febbraio 2007, ha, pero', posto in evidenza come non fosse stata raggiunta la prova rassicurante in ordine alla circostanza che, effettivamente, il (OMISSIS) si fosse speso per favorire il finanziamento, non essendosene, in realta', neppure verificata la necessita', stante la dimostrata disponibilita' della banca ad erogarlo, e comunque, "non essendo emersa la possibilita' di ravvisare in capo al prevenuto la ricorrenza di un contributo univocamente rivolto alla realizzazione di un risultato illecito di cui fosse consapevole", anche sottolineando come anche (OMISSIS) i,--- e (OMISSIS) fossero stati gia' assolti dallo stesso reato, rilievi con i quali il ricorrente neppure si misura, pretendendo una rivalutazione del quadro probatorio, anche riguardo a profili gia' coperti da giudicato assolutorio, senza pero' spiegare quale decisivo contributo provenga dalle evocate conversazioni capace di sovvertire l'esito assolutorio cosi' come giustificato dalla sentenza impugnata,. 2.6.3. Non coglie nel segno neppure il terzo motivo, sia per la sua genericita', sia perche' si rivolge al Giudice di legittimita' una non consentita istanza rivalutativa, laddove esso prospetta una diversa interpretazione delle intercettazioni telefoniche, ma, soprattutto, perche' vorrebbe introdurre una non consentita interferenza con il giudicato formatosi sulle condotte convogliate nel capo P), per cui (OMISSIS) ha riportato piena assoluzione. 2.6.4. Infondato anche il quarto motivo, con il quale il ricorrente si prova a smentire le affermazioni (OMISSIS) di appello, relativamente a cinque circostanze specifiche che hanno condotto il Giudice di secondo grado al pronunciamento assolutorio. Ancora una volta, il motivo presenta accenti precipuamente rivalutativi, laddove richiede al Giudice di legittimita' di rileggere il testo delle intercettazioni onde smentire la ricostruzione, non manifestamente illogica, che ne ha operato il Giudice di merito, propugnandone una alternativa. In particolare, si sostiene che: - e' vero che (OMISSIS) non conoscesse (OMISSIS), ma quest'ultimo conosceva l'imputato, affermazione che, oltre all'intrinseco limite logico, plasticamente rappresentato nella memoria difensiva depositata nell'interesse del ricorrente, mira, inammissibilmente, a ridiscutere la valutazione (OMISSIS) di appello, circa la totale, reciproca, estraneita' di (OMISSIS) e (OMISSIS), incontratisi per la prima volta il (OMISSIS); - non e' vero che non fossero stati frapposti ostacoli al finanziamento, perche', invece, (OMISSIS) era consapevole che la trasmissione in via cartacea della fidejussione rilasciata da altra banca era incompatibile con le prassi bancarie basate sul circuito "swift", tanto desumendosi sia dalle intercettazioni, neglette dalla Corte di appello, che dalla relazione del consulente bancario: da qui, secondo il ricorrente, la rilevanza causale dell'intervento di (OMISSIS) sul finanziamento a beneficio della societa' nell'orbita del clan e circa il tema della mancanza di garanzie alla data del 07 febbraio 2007. L'osservazione - anch' essa afferente al merito della valutazione - risulta alla fine anche generica, giacche' il ricorrente non specifica da quale passaggio delle conversazioni richiamate nel ricorso si desumerebbe che l'aggiramento della pratica ordinaria mediante circuito "swift" sarebbe stato favorito dall'intervento di (OMISSIS): - non e' vero che l'incontro del (OMISSIS) ebbe una motivazione politica, ricostruzione che sarebbe smentita dai commenti successivi all'incontro tra (OMISSIS) e (OMISSIS), afferenti al buon esito del finanziamento che sarebbe stato emesso il giorno successivo, a cui aveva condotto la presenza di (OMISSIS). Anche in tal caso, si mira, evidentemente, a sconfessare con alternative valutazioni, il ragionamento probatorio (OMISSIS) di appello che trova solido aggancio nelle conversazioni propedeutiche a quell'incontro specificamente richiamate) on si comprende da quali conversazioni la Corte di appello abbia tratto il ‘fastidio' dimostrato da (OMISSIS) per l'incontro del (OMISSIS); anche questa e' un' osservazione non certo decisiva, di cui e', invece, evidente la assoluta genericita', e comunque, emerge anche in questo caso un tentativo di infiltrarsi nelle maglie della valutazione di merito) del tutto illogica la considerazione (OMISSIS) di appello circa l'assenza di reazioni da parte di (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS), una volta acquisita la falsita' della polizza, illogicita' che, tuttavia, la parte ricorrente, anche in questo caso, fonda su una spiegazione alternativa dei fatti. 2.7. I quattro motivi di ricorso con i quali viene denunciato il travisamento della prova, per quanto si e' osservato, risultano, in conclusione, infondati non essendo stato individuato un argomento, o comunque un ragionamento probatorio effettivamente disarticolante rispetto alla ricostruzione operata dalla Corte di appello, che l'ha condotta, con argomenti che non evidenziano i limiti logici denunciati dal ricorrente, a ritenere non raggiunto il necessario, rassicurante, grado di certezza processuale che puo' fondare un'affermazione di responsabilita'. 2.8. Infondato, infine, anche il quinto motivo di ricorso, dal momento che la Corte di appello ha ulteriormente argomentato le ragioni del proprio convincimento in merito alla mancata dimostrazione della consapevolezza del (OMISSIS) di favorire il reinvestimento di capitali illeciti, facendo corretta applicazione del principio di diritto a tenore del quale il reato di reimpiego di denaro, beni o utilita' di provenienza delittuosa, previsto dall'articolo 648-ter c.p., e' un delitto a forma libera realizzabile attraverso condotte caratterizzate da un tipico effetto dissimulatorio, in quanto dirette ad ostacolare l'accertamento sull'origine delittuosa di denaro, beni o altre utilita', o l'astratta individuabilita' della loro origine delittuosa (Sez. 2 n. 26796 del 10/06/2021 Rv. 281552; Sez. 6, n. 13085 del 03/10/2013 (dep. 2014) Rv. 259477), essendo costituito, sotto il profilo soggettivo, il dolo del delitto di cui all'articolo 648-ter c.p. dalla coscienza e volonta' di destinare ad un impiego economicamente utile i capitali illeciti, unitamente alla consapevolezza, anche solo generica, della loro provenienza delittuosa. (Sez. 2 n. 43387 del 08/10/2019, Rv. 27799703). La Corte di appello, tuttavia, ha escluso che, dal compendio probatorio, fosse desumibile, nell'intervento del (OMISSIS), la consapevolezza di consentire alla criminalita' organizzata il reimpiego di capitali illeciti, con argomenti (pg. 70) che non evidenziano le illogicita' denunciate in ricorso. 2.9. Va, infine, dato atto della infondatezza dell'eccezione di prescrizione del reato veicolata con la memoria depositata dai difensori di (OMISSIS). Il delitto contestato sub K1, come commesso fino al 2010, nella sua versione tentata (articoli 56 - 648 ter c.p.: e' punito con la detenzione fino a otto anni (operata la riduzione di un terzo sulla pena massima per il delitto consumato, pari a 12 anni); aumentata della meta' per la circostanza aggravante a effetto speciale di cui Alla L. n. 203 del 1991, articolo 7: 12 anni; aumentata ancora ai sensi dell'articolo 161 c.p., aggiunte le sospensioni verificatesi nel giudizio di merito, pari a gg. 281. La prescrizione non e', 3. Ricorso (OMISSIS). 3.1. (OMISSIS) e' stato assolto, dalla Corte di appello di Napoli, dal reato di cui all' articolo 110 - articolo 416 bis c.p., quale concorrente esterno, nella sua veste di imprenditore colluso, con il clan "dei casalesi", come da contestazione sub A). Il suo contributo era stato individuato nell'avere consentito al clan il controllo delle attivita' economiche del nevralgico settore delle forniture di calcestruzzo, avendo rafforzato l'attivita' del sodalizio versando somme di danaro, quali quote delle forniture di calcestruzzo che il gruppo gli consentiva di acquisire. Le fonti di prova a suo carico sono costituite dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, ritenute convergenti dal Giudice di primo grado, che valorizzava, in specie, quelle di (OMISSIS) e di (OMISSIS), confortate da quanto riferito da (OMISSIS). Secondo il giudizio (OMISSIS) di appello, tali fonti dichiarative, "pur coincidendo su alcuni aspetti, e, in particolare, sulla circostanza che "l'impresa della "famiglia (OMISSIS)" fosse collusa con il suddetto clan e che egli rivestisse tale qualita'", non appaiono sufficientemente specifiche "sia con riguardo ai profili temporali, che come e' intuibile nel presente procedimento richiedono un rigoroso accertamento - sia con riguardo alla esatta identificazione dell'odierno imputato e del ruolo da lui svolto - atteso che in alcuni casi essi si riferiscono al di lui figlio e alla sua attivita' imprenditoriale", risentendo della risalente conoscenza personale con alcuni esponenti storici del clan e dell'essere stato titolare in passato di un'impresa edile (pg. 87). Tale preliminare valutazione trova, nel prosieguo della trama argomentativa sviluppata dalla sentenza impugnata, una specifica indicazione dei punti critici ravvisati dalla Corte di appello in ciascuna delle dichiarazioni valorizzate dal Giudice di primo grado. E' stata, inoltre, evidenziata l'incongruenza logica della circostanza, documentata dalla Difesa e giudizialmente acclarata, di essersi - (OMISSIS) - reso disponibile nel 2009 a collaborare con le Forze dell'ordine per sventare un'attivita' estorsiva ai danni del proprio figlio, posta in atto da un esponente della fazione (OMISSIS) del medesimo clan "dei casalesi", fungendo da agente provocatore e contribuendo all'affermazione di responsabilita', con il ruolo, dell'imputato, di soggetto protetto dalla criminalita'. Infine, in sintesi, secondo la Corte di appello, la mancanza di formale titolarita' di impresa edile in capo all'imputato avrebbe richiesto una precisa individuazione delle condotte a lui ascritte, onde estrapolarne il ruolo rivestito, in tal senso, reputandosi insufficiente la mera circostanza, concordemente riferita dai collaboratori, della collusione con il clan della famiglia (OMISSIS), laddove, invece, non risulta indicata alcuna utilita' che lo (OMISSIS) avrebbe ricevuto dalla mediazione camorristica. Sul punto, va evidenziata che risulta allegata la sentenza resa nel processo Spartacus I, conclusosi con piena assoluzione del ricorrente dal delitto di concorso esterno in quella sede contestatogli sempre in correlazione alle forniture di calcestruzzo; d'altro canto, come dedotto dalla Difesa, il ricorrente e' stato assolto anche in altri processi che pure lo avevano visto coinvolto in analoghe vesti, tant'e' che, appunto, egli risulta incensurato. 3.2. Secondo il Procuratore generale ricorrente, la Corte di appello avrebbe travisato le prove dichiarative, utilizzando una fonte dichiarativa mai acquisita ritualmente al processo (dichiarazioni rese da (OMISSIS) al P.M. di Napoli). La valutazione del ricorrente non e' corretta. Preme rilevare che e' dirimente, ai fini del rigetto del ricorso con riguardo alla posizione di (OMISSIS), la constatazione che il P.G. non aggredisce il punto nodale dell'assoluzione, che e' quello della genericita' delle accuse formulate dai collaboratori di giustizia, rispetto al quale il ricorrente non obietta nulla di cosi' decisivo da risultare capace di sovvertire la valutazione della sentenza impugnata. 3.2.1. Non per (OMISSIS), il cui propalato nei confronti dello (OMISSIS) la sentenza impugnata ha ritenuto generico per mancata specificazione temporale dell'epoca degli incontri e perche' "con tali dichiarazioni stride la circostanza che egli non ha riconosciuto l'imputato in sede di ricognizione fotografica". Quanto a tale ultimo profilo - su cui si sono appuntate in particolare le censure del ricorrente, che lamenta un vizio argomentativo nella parte della sentenza che non avrebbe considerato che il mancato riconoscimento fotografico dello (OMISSIS) da parte del collaboratore era dipeso dalla circostanza della mancanza di conoscenza fisica tra i due - si osserva, tuttavia, che la sentenza di primo grado, riportando la sintesi delle dichiarazioni del (OMISSIS), ha fatto riferimento a plurimi incontri che il collaboratore ha riferito di avere avuto personalmente con (OMISSIS), e cio' priva di consistenza l'obiezione del ricorrente. D'altro canto, la Corte di appello ha osservato come (OMISSIS) non sia stato piu' titolare di imprese edili dal 1997, a seguito della misura di prevenzione disposta nei suoi confronti, e che il soggetto titolare dell'azienda era a quel tempo il figlio, al quale vennero affidati dal collaboratore i lavori per la realizzazione di un appartamento in (OMISSIS), di proprieta' del padre dello stesso (OMISSIS), mentre non appare dirimente la circostanza, sottolineata nel ricorso, che, per quanto riferito dal collaboratore, questi venne contattato da (OMISSIS) che l'avrebbe rassicurato sulla fornitura del cemento, mancando elementi di prova dimostrativi di un diretto coinvolgimento dell'imputato e, comunque, della esistenza di un rapporto sinallagmatico con il clan, che, alla fine, resterebbe affidato alla mera disponibilita' assicurata dallo (OMISSIS) per la fornitura di calcestruzzo per la realizzazione dell'abitazione del (OMISSIS). Correttamente, dunque, la Corte di appello ha escluso che il propalato del (OMISSIS) fosse dotato di specifica tenuta dimostrativa del diretto e personale coinvolgimento dello (OMISSIS) nelle attivita' gestite oramai da anni dai suoi figli, mancando un apporto efficace nell'enucieare il contributo effettivo fornito dal ricorrente, piuttosto, venendo in rilievo, dal racconto del collaborante, per quanto qui interessa, meri e generici riferimenti al coinvolgimento della azienda di famiglia nell'affare del calcestruzzo gestito dal clan. 3.2.2. Neppure colgono nel segno le censure alla valutazione probatoria delle dichiarazioni di (OMISSIS) e (OMISSIS). Quanto al primo, il ricorrente si limita a richiamare, per contrastare le affermazioni (OMISSIS) di appello, le dichiarazioni, riportate nella sentenza di primo grado, che avrebbero dato vita a un narrato dettagliato e specifico, con riferimento alla vicenda della realizzazione degli appartamenti in zona Casaluce. Ancor piu' genericamente, viene esposta la censura alla valutazione probatoria delle propalazioni del (OMISSIS). Osserva il Collegio che, in entrambi i casi, manca una effettiva argomentazione critica della decisione, che viene censurata facendo ricorso al raffronto con la sentenza di primo grado, dalla quale la Corte di appello si e' dissociata in modo argomentato, senza, tuttavia, formulare obiezioni specifiche e capaci di scardinare l'impianto decisorio della sentenza impugnata, che, va sempre tenuto a mente, e' giunta all'approdo assolutorio con la formula di cui al dell'articolo 530 c.p.p., comma 2, ovvero facendo applicazione criterio di giudizio dell'al di la' del ragionevole dubbio. Invero, con riguardo alle dichiarazioni di (OMISSIS), le deduzioni del ricorrente non si misurano con l'osservazione della sentenza impugnata che gli appartamenti da realizzare a (OMISSIS) "non vennero realizzati e che nessun elemento proviene dai soggetti che sarebbero stati vittima di tale estorsione", quest'ultima riferita a quanto dichiarato da entrambi i collaboratori sul fatto che fosse stato "imposto agli imprenditori - i fratelli (OMISSIS) di (OMISSIS) - il pagamento di una tangente estorsiva nonche' l'obbligo di rifornirsi presso la ditta dello (OMISSIS) per l'acquisto del calcestruzzo". Dunque, la Corte di appello, non solo ha rilevato come gli appartamenti non vennero mai realizzati, ma ha anche sottolineato come neppure gli imprenditori estorti avessero reso dichiarazioni significative, nell'ottica accusatoria, a carico dello (OMISSIS). 3.2.3. Un ulteriore elemento di perplessita' e' stato evidenziato dalla sentenza impugnata facendo riferimento alle dichiarazioni di (OMISSIS) - che si e' determinato alla collaborazione giudiziaria durante il giudizio di merito ed e' stato escusso dalla Corte di appello. Questi, ha osservato la Corte territoriale, pur essendo il reggente del tempo, non ha reso dichiarazioni accusatorie nei confronti dello (OMISSIS), avendo, piuttosto, ricordato che, per la realizzazione dei predetti appartamenti, era stata proposta un'altra ditta. Diversamente, quindi, da quanto dichiarato da (OMISSIS), il quale aveva riferito di un rapporto diretto di tipo collusivo dello (OMISSIS) con lo (OMISSIS), citando proprio la vicenda la programmata fornitura di calcestruzzo per l'intervento edilizio in Casaluce. Come si e' detto, secondo il ricorrente, le dichiarazioni rese da (OMISSIS) sarebbero state acquisite agli atti in violazione dell'articolo 513 c.p.p. Osserva, innanzi tutto, il Collegio che, nel giudizio di appello, l'acquisizione di documenti e' senz'altro rituale senza che sia necessaria un'apposita ordinanza che disponga a tal fine la rinnovazione parziale del dibattimento (Cass., Sez. 6, 24/11/1993, De Carolis, rv. 197263; Sez. 1, 23/9/1998,Cassandra, rv. 212121; Sez. 6, 10/7/2000, D'Ambrosio, rv. 217993; Sez. 6, 2/2/2004, Agate, rv. 228657), purche' il documento venga legittimamente acquisito al fascicolo per il dibattimento nel contraddittorio fra le parti, derivandone ex adverso, in caso di privata conoscenza del giudice non mediata dalla partecipazione dialettica delle parti alla formazione della prova, l'inutilizzabilita' probatoria dello stesso ai fini della deliberazione secondo il chiaro disposto dell'articolo 526 comma 1 c.p.p. (Sez. Un. Mannino cit., in motivazione). Nel merito, tuttavia, l'eccezione risulta smentita dalle deduzioni difensive che hanno chiarito, con la memoria depositata in atti, come, in realta', il verbale delle dichiarazioni rese da (OMISSIS) in data (OMISSIS) fosse stato gia' allegato alla memoria depositata il (OMISSIS) e come erroneamente la Difesa avesse indicato, nella successiva memoria del luglio 2020, un verbale del (OMISSIS), in luogo di quello, effettivamente allegato, del (OMISSIS). In sostanza, il verbale delle dichiarazioni di (OMISSIS) rese in altro procedimento era stato gia' acquisito all'incarto processuale fin dal novembre 2019. Tanto chiarito, si osserva come, effettivamente, le dichiarazioni rese dallo (OMISSIS) in merito alla circostanza che, in relazione agli appartamenti di Casaluce - contrariamente a quanto affermato da (OMISSIS) - la fornitura di calcestruzzo sarebbe stata assicurata da altra ditta, lungi dal convergere con quelle del (OMISSIS), le smentiscono proprio con riguardo al ruolo da questi assegnato allo lodo. Dal canto suo, il Procuratore impugnante, che sostiene esservi stata una produzione parziale, da parte della Difesa, delle dichiarazioni rese dallo (OMISSIS) con riferimento alla posizione di (OMISSIS), non si e' curato di allegare la versione integrale del verbale delle dichiarazioni rese dal collaboratore sul profilo in esame, e neppure ha specificamente allegato le ragioni del decisivo contributo proveniente dalle parti obliterate dalla Corte territoriale. 3.3. In conclusione, cio' che ha indotto la Corte di appello alla pronuncia assolutoria e', come si legge in sentenza, la contraddittorieta' delle fonti di prova dichiarativa, e, dunque, l'impossibilita' di ravvisare una oggettiva e apprezzabile convergenza di tali dichiarazioni. Nel caso di specie, cioe', non puo' parlarsi di concordanza delle fonti sulla figura dello (OMISSIS): non sui suoi rapporti con il clan, con cui contrasta oggettivamente la vicenda che lo ha visto protagonista di una collaborazione con le forze dell'ordine, cosi' come le assoluzioni conseguite nel corso degli anni per analoghi fatti e il formale allontanamento, da tempo, dall'attivita' imprenditoriale; non in merito al ruolo avuto dallo (OMISSIS) nel progetto di realizzazione degli appartamenti in Casaluce, per cui viene in rilievo la mancata realizzazione degli appartamenti, il mancato riconoscimento fotografico da parte di chi lo accusava assumendo di averlo piu' volte incontrato, la genericita' dei riferimenti alla famiglia (OMISSIS). 4. Per concludere la parte dedicata alla valutazione del ricorso del Procuratore generale di Napoli, vale la pena sottolineare che il sindacato di legittimita' non ha per oggetto la revisione del giudizio di merito, bensi' la verifica della struttura logica del provvedimento e non puo', quindi, estendersi all'esame ed alla valutazione degli elementi di fatto acquisiti al processo, riservati alla competenza del giudice di merito, rispetto alla quale la Suprema Corte non ha alcun potere di sostituzione al fine della ricerca di una diversa ricostruzione dei fatti in vista di una decisione alternativa. Ne' la Suprema Corte puo' trarre valutazioni autonome dalle prove o dalle fonti di prova, neppure se riprodotte nel provvedimento impugnato. Invero, solo l'argomentazione critica che si fonda sugli elementi di prova e sulle fonti indiziarie contenuta nel provvedimento impugnato puo' essere sottoposto al controllo del giudice di legittimita', al quale spetta di verificarne la rispondenza alle regole della logica, oltre che del diritto, e all'esigenza della completezza espositiva (Sez. 6, n. 40609 del 01/10/2008, Ciavarella, Rv. 241214). Non e' dunque sufficiente che gli atti del processo invocati dal ricorrente siano semplicemente "contrastanti" con particolari accertamenti e valutazioni del giudicante e con la sua ricostruzione complessiva e finale dei fatti e delle responsabilita' ne' che siano astrattamente idonei a fornire una ricostruzione piu' persuasiva di quella fatta propria dal giudicante. Ogni giudizio, infatti, implica l'analisi di un complesso di elementi di segno non univoco e l'individuazione, nel loro ambito, di quei dati che - per essere obiettivamente piu' significativi, coerenti tra loro e convergenti verso un'unica spiegazione - sono in grado di superare obiezioni e dati di segno contrario, di fondare il convincimento del giudice e di consentirne la rappresentazione, in termini chiari e comprensibili, ad un pubblico composto da lettori razionali del provvedimento. E', invece, necessario che gli atti del processo richiamati dal ricorrente per sostenere l'esistenza di un vizio della motivazione siano autonomamente dotati di una forza esplicativa o dimostrativa tale che la loro rappresentazione sia in grado di disarticolare l'intero ragionamento svolto dal giudicante e determini al suo interno radicali incompatibilita', cosi' da vanificare o da rendere manifestamente incongrua o contraddittoria la motivazione. Pertanto, nel rammentare che la Corte di Cassazione e' giudice della motivazione, non gia' della decisione, ed esclusa l'ammissibilita' di una rivalutazione del compendio probatorio, va al contrario evidenziato che la sentenza impugnata ha fornito logica e coerente motivazione in ordine alla ricostruzione dei fatti, con argomentazioni prive di illogicita' (tantomeno manifeste) e di contraddittorieta', elementi che consentono alla sentenza impugnata di superare il vaglio di legittimita' nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS). 5. Ricorso di (OMISSIS). 5.1.Preliminarmente deve essere dato atto della tardivita' della memoria depositata dalla Difesa nell'interesse dell'imputato, in data 27 febbraio 2023, circostanza che esime la Corte di cassazione dal prenderla in considerazione. Infatti, posto che i termini di cui all'articolo 611 c.p.p. relativamente al procedimento in camera di consiglio sono applicabili anche ai procedimenti in udienza pubblica (Sez. 2 - n. 10255 del 29/11/2019 Ud. (dep. 16/03/2020) Rv. 27874506), nel caso in cui le memorie e le produzioni difensive siano depositate in violazione dei termini di quindici e cinque giorni "liberi" prima dell'udienza, esse risultano inutilizzabili, non potendo essere esaminate dalla Corte di cassazione ai fini della decisione (Sez. 4, n. 49392 del 23/10/2018, Rv. 274040; Sez. 1, n. 13597 del 22/11/2016 (dep. 2017) Rv. 269673), 5.2. Con riguardo al reato di cui al capo U, il ricorrente invoca la piu' favorevole formula assolutoria ai sensi dell'articolo 530 c.p.p., comma 1, deducendo un interesse civilistico; sostiene, infatti, che, in presenza della costituzione di parte civile, sussisterebbe la condizione affinche' la sentenza penale di assoluzione produca gli effetti extrapenali che gli sono propri, alla luce del principio giurisprudenziale secondo cui, ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 652 (nell'ambito del giudizio civile di danno) e 654 (nell'ambito degli altri giudizi civili) "il giudicato di assoluzione fa stato solo quando contenga un effettivo accertamento circa l'insussistenza o del fatto o della partecipazione dell'imputato e non anche quando l'assoluzione sia determinata dall'accertamento dell'insussistenza di sufficienti elementi di prova circa la commissione del fatto o l'attribuibilita' di esso all'imputato e cioe' l'assoluzione sia stata pronunciata a norma dell'articolo 530 c.p.p., comma 2". 5.2.1. La deduzione e' del tutto infondata. Il presupposto di ogni impugnazione e' l'interesse richiesto dall'articolo 568 c.p.p., comma 4, che sussiste solo se il gravame sia idoneo a determinare, attraverso l'eliminazione di un provvedimento pregiudizievole, una situazione pratica piu' vantaggiosa per l'impugnante rispetto a quella esistente (Sez. U, n. 42 del 13/12/1995, Timpani, Rv. 203093). Come chiarito dalle sezioni Unite Massaria, la valutazione dell'interesse ad impugnare, sussistente allorche' il gravame sia in concreto idoneo a determinare, con l'eliminazione del provvedimento impugnato, una situazione pratica piu' favorevole per l'impugnante, va operata con riferimento alla prospettazione rappresentata nel mezzo di impugnazione e non alla effettiva fondatezza della pretesa azionata (Sez. U, n. 28911 del 28/03/2019 Ud. (dep. 03/07/2019) Rv. 27595302). Nel caso di specie si tratta di valutare la sussistenza, o meno, dell'interesse dell'imputato a impugnare la sentenza di proscioglimento pronunciata con la formula "perche' il fatto non costituisce reato" al fine di ottenere l'assoluzione ai sensi dell'articolo 530 c.p.p., comma 1. Ora, con riguardo alla questione della riconoscibilita', al ricorrente, dell'intesse ad impugnare la sentenza con le piu' favorevoli formule "perche' il fatto non sussiste" o "perche' l'imputato non ha commesso il fatto", di gran lunga maggioritario e' l'orientamento secondo cui sussiste l'interesse dell'imputato all'impugnazione della sentenza di assoluzione, pronunciata con la formula "perche' il fatto non costituisce reato", al fine di ottenere la piu' ampia formula liberatoria "perche' il fatto non sussiste", considerato che, a parte le conseguenze di natura morale, l'interesse giuridico risiede nei diversi e piu' favorevoli effetti che gli articoli 652 e 653 c.p.p., connettono alla seconda nei giudizi civili o amministrativi di risarcimento del danno e nel giudizio disciplinare (Sez. U, n. 40049 del 29/05/2008 Ud. (dep. 28/10/2008), P.G. in proc. Guerra, Rv. 240814; conf. Sez. 5 n. 29377 del 29/05/2019 Rv. 276524; conf. Sez. 6, n. 49831 del 19/04/2018, Annese, Rv. 274285; conf., ex plurimis, Sez. 6, n. 16843 del 01/03/2018, Acquavella, Rv. 273178; Sez. 4, n. 26109 del 05/05/2016, Delle Foglie, Rv. 268996; Sez. 6, n. 41706 del 27/09/2013 Presutto, Rv. 256921; Sez. 4, n. 46849 del 03/11/2011, Di Carlantonio, Rv. 252150; Sez. 2, n. 33847 del 18/05/2010, De Filippis, Rv. 248127). Tale principio non e' tuttavia applicabile al caso di specie. Nell'interesse di (OMISSIS), infatti, il ricorso, come si e' detto, mira a conseguire, non gia' una diversa e' piu' favorevole formula assolutoria, ovvero la sostituzione della formula "perche' il fatto non sussiste" con quella pronunciata dalla Corte di appello "perche' il fatto non costituisce reato", ma- ferma la medesima formula - l'interesse rappresentato con il ricorso e' quello di conseguire la pronuncia ai sensi del comma 1, invece dell'articolo 530 c.p.p., comma 2. Tale prospettazione non integra, pero', un concreto interesse all'impugnazione, giacche', a prescindere dall'ampiezza liberatoria della formula assolutoria, vi e' che, quella con la quale (OMISSIS) e' stato assolto dal reato di cui al capo U - "perche' il fatto non costituisce reato", che la Difesa ricorrente neppure contesta -, consentirebbe, in ogni caso, alla parte civile di far valere le proprie ragioni, anche nel caso in cui si addivenisse alla assoluzione nei termini invocati nel ricorso. Costituisce, invero, jus receptum nella giurisprudenza di questa Corte, dopo l'arresto delle Sezioni Unite Negri, che la parte civile e' legittimata a proporre appello avverso la sentenza di primo grado di assoluzione dell'imputato perche' il fatto non sussiste, al fine di chiedere al giudice dell'impugnazione di affermare la responsabilita' dell'imputato, sia pure incidentalmente, e ai soli fini dell'accoglimento della domanda di risarcimento del danno, ancorche' in mancanza di precedente statuizione sul punto, ferma restando, nel caso di appello della sola parte civile, l'intangibilita' delle statuizioni penali (Sez. U. n. 25083 del 2006, Negri, Rv. 233918; Sez. 3 n. 3083 del 18/10/2016, Rv. 268894). Per quanto riguarda, invece, la impugnabilita' della sentenza di proscioglimento intervenuta con la formula "perche' il fatto non costituisce reato" (come nel caso di specie), la piu' recente giurisprudenza di legittimita' ritiene sussistente l'interesse della parte civile a impugnare la decisione assolutoria pronunciata con detta formula, in quanto le limitazioni all'efficacia del giudicato previste dall'articolo 652 c.p.p. non incidono sulla estensione del diritto all'impugnazione ad essa riconosciuto in termini generali nel processo penale dall'articolo 576 c.p.p., imponendosi, altrimenti, alla stessa di rinunciare agli esiti dell'accertamento compiuto nel processo penale e di riavviare ab initio l'accertamento in sede civile, con conseguente allungamento dei tempi processuali (Sez. 4, n. 14194 del 18/03/2021, Sisti, Rv. 281016-01; Sez. 6, n. 36526 del 28/10/2020, Pilato, Rv. 280182-02; Sez. 2, n. 10638 del 30/01/2020 Enderlin, Rv. 278519-01; Sez. 4, n. 10114 del 21/11/2019, dep. 2020, Zanini, Rv. 278643-01; Sez. 5, n. 27318 del 07/03/2019, Marzuoli, Rv. 276640-01). L'orientamento e' aderente anche ai principi di recente espressi dalle Sezioni Unite nella sentenza ‘Massaria' (Sez. U, n. 28911 del 28/03/2019, Rv. 275953-01), che ha ribadito il principio gia' affermato in altra precedente pronunzia del medesimo Consesso (Sez. U, n. 40049 del 29/05/2008, Guerra, Rv. 240815, non mass. sul punto), secondo il quale il danneggiato, avendo con la costituzione di parte civile inteso trasferire in sede penale l'azione civile di danno, ha "interesse ad ottenere nel giudizio penale il massimo di quanto puo' essergli riconosciuto", cosicche', non gli si puo' negare l'interesse a impugnare la decisione di proscioglimento, anche quando questa manchi di efficacia preclusiva. Ne consegue - a fronte dell'impossibilita' di conseguire un risultato pratico piu' favorevole, in ragione della prospettazione data nel ricorso dalla parte, - la insussistenza dell'interesse a impugnare, che rende il motivo inammissibile. 5.3. Il secondo motivo - relativo alla truffa ai danni Unicredit, reato per il quale vi e' stata declaratoria di prescrizione gia' in primo grado, confermata dalla Corte di appello, e per cui la Difesa di (OMISSIS) invoca l'assoluzione - risulta inammissibile. 5.3.1. Secondo l'orientamento affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, in presenza di una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di legittimita' vizi di motivazione della sentenza impugnata, in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l'obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244275), peraltro, nel caso in scrutinio, gia' dichiarata fin dalla sentenza di primo grado. Nella medesima pronuncia, il massimo consesso nomofilattico ha, altresi', affermato che, in presenza di una causa di estinzione del reato, il giudice e' legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell'articolo 129 c.p.p., comma 2, soltanto nei caso in cui le circostanze idonee a escludere l'esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell'imputato, e la sua rilevanza penale, emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, cosi' che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga piu' al concetto di "contestazione", ossia di percezione ictu oculi, che a quello di "apprezzamento" e sia, quindi, incompatibile con qualsiasi necessita' di accertamento o di approfondimento (Sez. U. Tettamanti). Cio' che e' riscontrabile nel caso di specie, in cui la Corte di Appello, con argomenti logici e giuridicamente corretti, ha desunto la responsabilita' dell'imputato rimarcando il dato delle plurime irregolarita', di cui si e' dato conto nella sentenza di primo grado, che condussero, di fatto, la banca ad erogare la prima tranche di un finanziamento per un'operazione commerciale caratterizzata da plurime criticita' (ben evidenziate dal funzionario deputato a esprimere il parere di fattibilita', Conteduca) e senza concrete e adeguate garanzie per la banca Unicredit (pg. 80). Tanto e' sufficiente per la declaratoria di inammissibilita' del ricorso, in quanto si limita a riproporre vizi gia' denunciati in sede di appello e adeguatamente vagliati dalla Corte di merito, che ha motivato, non solo facendo riferimento alla mancata rinuncia alla prescrizione, come sembra sostenere la Difesa ricorrente, ma anche con il richiamo ad argomenti di merito. Poiche' la decisione (OMISSIS) di appello non e' aggredita con la prospettazione di vizi che facciano emergere l'innocenza dell'imputato, limitandosi il ricorrente a una generica contestazione circa il richiamo per relationem effettuato dalla Corte di appello alla sentenza di primo grado, la decisione (OMISSIS), di appello non si rivela affatto erronea. 5.4. E' invece fondato il terzo motivo di ricorso. 4.4.1. Invero, come si e' detto, in relazione al reato rubricato sub S), gia' in primo grado era stata dichiarata la prescrizione, poi confermata dalla Corte di appello. Questo vuol dire che ne' il primo giudice ne' la Corte di appello hanno mai pronunciato le statuizioni civili in favore di Unicredit, cosicche', erroneamente, la sentenza impugnata ha ritenuto di confermare le "statuizioni civili della sentenza di primo grado limitatamente al danno derivante dal reato di cui al capo S)" (pg. 81). Detta affermazione risulta erronea, cosi' come, in parte qua, la relativa statuizione, espressa con la generica formula "conferma nel resto" contenuta nel dispositivo. La condanna al risarcimento dei danni in favore di Unicredit, correlata al reato di cui al capo S, deve essere, dunque, eliminata. 4.4.2. Analogo discorso vale per il capo U, per il quale (OMISSIS) era stato condannato in primo grado, anche al risarcimento dei danni in favore della parte civile Unicredit, nonche' alla rifusione delle spese di quel giudizio, venendo poi assolto nel giudizio di appello; conseguentemente, le statuizioni civili relative a tale capo devono intendersi revocate, cosi' come la "condanna alle spese sostenute dalla parte civile Banca "Unicredit" per il presente grado di giudizio" (pg. 81), dal momento che, ai sensi dell'articolo 535 c.p.p., la condanna dell'imputato alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile presuppone la pronuncia della sentenza di condanna che, appunto, nel giudizio di appello e' venuta meno. Dunque, le statuizioni civili connesse alla condanna in primo grado per il delitto sub U (sia la condanna risarcitoria che quella al rimborso delle spese di assistenza e costituzione nel giudizio di primo grado della parte civile Unicredit), cosi' come la condanna alle spese sostenute dalla parte civile Banca Unicredit per il giudizio di appello (pg. 81 della sentenza impugnata), venendo meno le prime a seguito dell'assoluzione, e mancando il presupposto della condanna per le seconde, devono essere eliminate. 6. L'epilogo del presente scrutinio di legittimita' e' l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), limitatamente alle statuizioni civili, che devono essere eliminate; nel resto il ricorso di (OMISSIS) va dichiarato inammissibile, mentre deve essere rigettato il ricorso del Procuratore generale di Napoli nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS). P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, nei confronti di (OMISSIS) limitatamente alle statuizioni civili, che elimina. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto. Rigetta il ricorso del P.G.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. IMPERIALI Luciano - Presidente Dott. DI PAOLA Sergio - Consigliere Dott. DE SANTIS Annamaria - rel. Consigliere Dott. AIELLI Lucia - Consigliere Dott. RECCHIONE Sandra - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), n. a (OMISSIS); avverso la sentenza resa dalla Corte di Appello di Roma l'11/3/2022; dato atto che si e' proceduto a trattazione con contraddittorio cartolare ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8, e del Decreto Legge n. 198 del 2022, articolo 8; visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione del Cons. Anna Maria De Santis; letta la requisitoria del Sost. Proc. Gen., Dott. Vincenzo Senatore, che ha concluso per l'annullamento con rinvio per la rideterminazione della pena, previa riqualificazione dei fatti come tentativo di riciclaggio. RITENUTO IN FATTO 1.Con l'impugnata sentenza la Corte d'Appello di Roma, per quanto in questa sede rileva, confermava la decisione del locale Tribunale che, in data 13/2/2019, aveva riconosciuto il (OMISSIS) responsabile del delitto di riciclaggio di un'autovettura, condannandolo alla pena di anni due, mesi otto di reclusione ed Euro 2mila di multa. 2. Ha proposto ricorso per Cassazione il difensore dell'imputato, il quale ha dedotto: 2.1 la violazione di legge e il vizio di motivazione con riguardo alla mancata derubricazione del delitto contestato nella fattispecie di ricettazione. Secondo il difensore lo smontaggio dei pezzi di un'autovettura provento di furto, non contraddistinti da un numero di serie, non e' attivita' tipica destinata a disperdere le tracce del bene ma strumento per la ricettazione dei singoli componenti. Si tratta, infatti, come segnalato dalla giurisprudenza di merito, di attivita' conseguente alla gia' perfezionata condotta di ricettazione, preordinata all'acquisizione dei componenti da commercializzare; 2.2 la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento della fattispecie tentata. Secondo il difensore, poiche' gli imputati sono stati colti mentre era in corso lo smontaggio del veicolo e non vi e' stata alcuna difficolta' ad identificare il mezzo, la Corte avrebbe dovuto riqualificare il fatto ex articolo 56 c.p.. Non appare, infatti, condivisibile il richiamo dei giudici d'appello alle pronunzie di legittimita' che configurano il riciclaggio quale fattispecie a consumazione anticipata. CONSIDERATO IN DIRITTO 1.Il primo motivo in ordine alla qualificazione del fatto alla stregua del delitto di ricettazione e' manifestamente infondato. La giurisprudenza di legittimita' e' costante e consolidata nel ritenere che integra il delitto di riciclaggio lo smontaggio e la successiva vendita, o riutilizzo in altro modo, dei singoli pezzi di un'autovettura di provenienza delittuosa, pur se non muniti di codici identificativi suscettibili di alterazione, in ragione della idoneita' dell'indicata condotta ad ottenere l'occultamento della provenienza del bene (Sez. 2, n. 15092 del 02/04/2007, Rv. 236354 01; n. 12766 del 11/03/2011, Rv. 249678-01; nello stesso senso successivamente anche Sez. 2, n. 11277 del 04/03/2022, Rv. 282820-01; n. 35439 del 15/06/2021, Rv. 281963 01, n. 37559 del 30/05/2019, Rv. 277080-01). 2. Il secondo motivo e' fondato e merita accoglimento. La ricomprensione del delitto di riciclaggio nella categoria dei reati a consumazione anticipata affermata dalla Corte di merito sulla scorta di alcune pronunzie di legittimita' e la conseguente esclusione della possibilita' di configurare il tentativo non appare condivisibile. Questa Corte ha precisato in epoca risalente che il testo dell'articolo 648 bis c.p., introdotto dalla L. n. 55 del 1990, articolo 23 ha ridisegnato la fattispecie abbandonando la configurazione - tipica di reato a consumazione anticipata - della materialita' del reato come fatti o atti diretti alla sostituzione di denaro o altre utilita' provenienti da particolari, gravi delitti. La fattispecie in quella sede prevista, di cui l'attuale costituisce evoluzione normativa, infatti, si articolava in due ipotesi fattuali: la prima consistente nella sostituzione del denaro o delle altre utilita' provenienti da specifici delitti; la seconda configurata come formula di chiusura, incriminando qualsiasi condotta - distinta dalla sostituzione - tale da frapporre ostacoli all'identificazione del denaro, dei valori o altro di provenienza illecita specifica (Sez. 1, n. 7558 del 29/03/1993, Rv. 194767; Sez. 5. n. 17694 del 14/1/2010, Rv. 247220). 2.1 Il reato di riciclaggio venne introdotto nel nostro ordinamento dal Decreto Legge 21 marzo 1978, n. 59, conv. nella L. 18 maggio 1978, n. 191, che inseriva nel codice penale l'articolo 648 bis con la rubrica "Sostituzione di denaro o di valori provenienti da rapina aggravata, estorsione aggravata o sequestro di persona a scopo di estorsione". Si trattava, come osservato dalla dottrina, di una tipica figura di reato a consumazione anticipata, con il quale venivano puniti gli atti diretti a sostituire denaro proveniente da quegli unici tre delitti individuati dal legislatore, non essendo necessario, ai fini della consumazione del reato, l'avvenuta effettiva sostituzione del denaro e un simile assetto della fattispecie delittuosa precludeva all'evidenza la configurabilita' del tentativo. La fattispecie venne, poi, completamente rimodulata con la L. 19 marzo 1990, n. 55, articolo 23, con la specifica previsione ai fini della consumazione del reato dell'effettiva sostituzione del denaro, beni o altre utilita' provenienti da un piu' ampio ma sempre predeterminato catalogo di delitti, e con l'inserimento tra le condotte sanzionate anche di quelle costituenti ostacolo all'identificazione della provenienza delittuosa del bene. Quindi, in adempimento agli obblighi derivanti per lo Stato italiano dall'adesione alla Convenzione sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato, approvata nell'ambito del Consiglio d'Europa in data 8/11/1990, si perveniva con L. n. 328 del 1993 alla formulazione della norma attualmente vigente, caratterizzata dall'inserimento nel novero dei reati presupposto del riciclaggio di tutti i delitti non colposi e dal significativo ampliamento delle condotte concretamente sanzionabili, fino ad includervi tutte le operazioni volte ad ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa del denaro, dei beni o delle altre utilita' oggetto del reato. La giurisprudenza successiva alla cennata novella aveva precisato che con riguardo ad entrambe le ipotesi previste dalla disposizione incriminatrice e' astrattamente configurabile il tentativo poiche' il delitto previsto dall'articolo 648 bis c.p. costituisce "una fattispecie di reato a forma libera attraverso la quale il legislatore intende perseguire un ampio spettro di condotte inclusivo di tutte quelle attivita' dirette a neutralizzare o comunque ad intralciare l'accertamento dell'origine illecita dei proventi ricavati dalle attivita' delittuose. Cio' vale, in particolare, con riguardo a tutte quelle fattispecie in cui sugli stessi beni vengano poste in essere molteplici e successive operazioni di sostituzione volte a fare disperdere l'origine illecita degli stessi; si tratta del cosiddetto riciclaggio indiretto che viene a costituire in concreto un ulteriore ostacolo alla tracciabilita' della provenienza dei beni e quindi non puo' che integrare l'elemento materiale del delitto di cui all'articolo 648 bis c.p. nella sua attuale formulazione anche sotto la forma del tentativo (Sez. 2, n. 1960 del 11/12/2014, dep. 2015, Rv. 262505 - 01). 2.1 In base all'attuale disciplina il riciclaggio e' configurato dal legislatore come reato a piu' fattispecie, che si consuma con la sostituzione, il trasferimento o altre operazioni atte ad ostacolare l'identificazione dei proventi da reato. Si tratta in tutte le ipotesi di condotte positive, che postulano un facere, le quali nell'architettura normativa devono essere idonee ad intralciare, seppure non ad impedire in modo definitivo, l'identificazione della provenienza illecita del bene. L'uso della formula "in modo da ostacolare l'identificazione della provenienza" di danaro e altri beni, che ha dato luogo a non pochi dubbi interpretativi, non pare univocamente indicativo di un arretramento della soglia di punibilita' in quanto esprime una specifica e oggettiva connotazione qualitativa della condotta consistente nella concreta attitudine della stessa ad ostacolare l'individuazione della provenienza dei beni. In tal senso si giustifica l'ascrizione, propugnata da parte della dottrina, del delitto nella categoria dei reati di pura condotta, in cui le azioni astrattamente neutre della sostituzione, trasferimento o operazioni analoghe si espongono a sanzione in ragione dell'intrinseca e concreta capacita' di dissimulare l'origine delittuosa del bene. La necessita' che la qualita' decettiva dell'azione sia parametrata in termini di idoneita' causale rispetto al fine - che resta estraneo alla struttura di fattispecie - impone di escludere che l'ostacolo all'individuazione della provenienza del bene costituisca l'evento ulteriore e naturalistico verso cui tende finalisticamente la volonta' dell'agente, trattandosi in realta' di una connotazione modale che sottolinea la qualita' dissimulatoria dell'azione e segnala la necessita' di un'aggressione al bene tutelato in termini di pericolo concreto, secondo i parametri di offensivita' costituzionalmente predicati. 2.2 Deve ulteriormente osservarsi che, anche a voler accedere alla tesi accreditata dalla Corte di merito, se e' pacifico che ogniqualvolta la fattispecie di reato sia costruita in termini che prescindono dalla lesione del bene giuridico protetto si assiste, in diversa e variegata misura, all'anticipazione della soglia di punibilita', non puo' con pari sicurezza e fondamento giuridico affermarsi che in ogni caso di arretramento della soglia di rilevanza penale della condotta risulti preclusa la configurabilita' del tentativo. La fattispecie di riciclaggio presenta ipotesi criminose che la giurisprudenza di legittimita' riconosce suscettibili di permanenza e di esecuzione con modalita' frammentarie e progressive (Sez. 2, n. 29611 del 27/04/2016, Rv. 267511-01; n. 7257 del 13/11/2019, dep. 2020, Rv. 27837401; n. 38105 del 08/04/2021, Rv. 282019-01), valorizzando la possibilita' naturalistica che le operazioni di trasformazione, sostituzione o d'altro genere abbiano uno sviluppo fattuale e temporale, sicche' risponde ad un criterio di ragionevolezza il riconoscimento della possibilita' che, avuto riguardo al concreto atteggiarsi della fattispecie, l'azione, pur caratterizzata da idoneita' ed univocita', non abbia attinto l'esito di un concreto ed effettivo intralcio all'identificazione della provenienza del bene. 3. L'analisi delle fattispecie analoghe a quella a giudizio mostra come la diversita' di opinioni circa la natura giuridica della fattispecie non trovi corrispondenza nella specificita' delle situazioni analizzate. Secondo le sentenze ritenute espressione dell'orientamento che nega la configurabilita' del tentativo il delitto di riciclaggio, in quanto fattispecie a consumazione anticipata, si perfeziona con il mero compimento di attivita' volte ad ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa del denaro, dei beni e altre utilita' sicche' risponde del delitto consumato e non tentato di riciclaggio il soggetto sorpreso dalla polizia giudiziaria nell'atto di smontare un'autovettura rubata. Tuttavia la sentenza Sez. 2, n. 5505 del 22/10/2013, dep. 2014, Rv. 258340 - 01, che ha dato origine al filone interpretativo, aveva ad oggetto lo smontaggio di un'autovettura rubata della quale, al momento dell'intervento della polizia giudiziaria, l'imputato aveva gia' manomesso varie parti, tra cui le targhe, "condotta quest'ultima che, unitamente all'alterazione dei numeri di serie del telaio costituisce atto tipico di riciclaggio". Analogamente nell'ipotesi scrutinata da Sez. 2, n. 35439 del 15/06/2021, Rv. 281963 - 01 la consumazione della fattispecie e' stata ritenuta in un caso in cui la P.g. era intervenuta mentre era in corso la cannibalizzazione di un veicolo rubato, cui era stata gia' asportata la targa anteriore. Vi si legge "dunque, gli imputati avevano gia' manomesso varie parti del veicolo rubato e la relativa targa, condotta quest'ultima che costituisce atto tipico di "riciclaggio" (nella forma consumata) essendo gia' intervenuta una separazione fisica tra il veicolo inteso nella sua completezza funzionale ed alcuni pezzi dello stesso (in particolare la targa) indubbiamente idonei ad identificarne la provenienza". La pronunzia di Sez. 2, n. 11277 del 04/03/2022, Rv. 282820 - 01 ha ad oggetto un caso nel quale la P.g aveva constatato il gia' avvenuto smontaggio di targhe e blocco motore, ovvero di elementi fondamentali per l'identificazione del bene con conseguente dimostrazione dell'avvenuta consumazione della fattispecie. Di contro si e' ritenuto, in fattispecie nella quale le operazioni di smontaggio delle diverse componenti del veicolo erano state interrotte prima che si determinasse la perdita della connessione con i dati identificativi del mezzo, che risponde del delitto tentato di riciclaggio il soggetto sorpreso dalla polizia giudiziaria nell'atto di smontare un motociclo, in quanto la fattispecie di cui all'articolo 648-bis c.p., nella vigente formulazione, non e' costruita come delitto a consumazione anticipata (Sez. 2, n. 55416 del 30/10/2018, Rv. 274254-01; nello stesso senso Sez. 2 n. 46285/22 del 13/10/22 non mass.; n. 20979/21 del 28/4/21, non mass.; inoltre in tema di riciclaggio di valuta estera, Sez. 1, n. 22437 del 22/02/2022, Rv. 283183 - 01). 3.1 La giurisprudenza di questa Corte non ha mancato di sottolineare in molte delle pronunzie richiamate, che, al di la' dell'astratta qualificazione della fattispecie, appare dirimente il concreto atteggiarsi della regiudicanda, dovendo aversi riguardo, al fine della consumazione del reato, in caso di destrutturazione di un autoveicolo al momento in cui il bene e' stato privato dei dati identificativi che consentono un diretto ed immediato collegamento dello stesso con il proprietario, quali la rimozione delle targhe, l'alterazione del numero di telaio, l'asportazione del motore ovvero il completo smontaggio, che impedisce di avere contezza dei caratteri distintivi del mezzo (quali marca, modello, cilindrata). E', infatti, la dispersione delle informazioni che individualizzano il bene e lo rendono tracciabile quanto a costruzione, immatricolazione e proprieta' che identifica la consumazione dell'illecito. 4. Alla luce delle considerazioni che precedono la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte d'Appello di Roma che, facendo applicazione dei principi richiamati, dovra' nuovamente valutare le censure difensive in punto di configurabilita' del delitto tentato. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di Appello di Roma.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CASA Filippo - Presidente Dott. FIORDALISI Domenico - Consigliere Dott. CENTOFANTI Francesco - Consigliere Dott. CENTONZE Alessand - rel. Consigliere Dott. FILOCAMO Fulvio - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: 1) (OMISSIS), nato il (OMISSIS); 2) (OMISSIS), nato il (OMISSIS); 3) (OMISSIS), nato il (OMISSIS); 4) (OMISSIS), nato il (OMISSIS); Avverso la sentenza emessa il 16/12/2021 dalla Corte di assise di appello di Lecce; Sentita la relazione del Consigliere Dott. CENTONZE Alessandro; Sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale Dott. ROMANO Giulio, che ha chiesto il rigetto del ricorso per tutti gli imputati; Sentite nell'interesse delle parti civili le seguenti conclusioni: l'avvocato (OMISSIS), nell'interesse da (OMISSIS) e (OMISSIS), che ha concluso come da comparsa conclusionale e note spese; l'avvocato (OMISSIS), nell'interesse di (OMISSIS), che ha concluso come da comparsa conclusionale e note spese; Sentite, nell'interesse degli imputati le seguenti conclusioni: l'avvocato (OMISSIS), nell'interesse di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che ha chiesto l'accoglimento del ricorso; l'avvocato (OMISSIS) e l'avvocato (OMISSIS), nell'interesse di (OMISSIS), che hanno chiesto l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza emessa il 26 novembre 2020 la Corte di assise di Lecce giudicava gli imputati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) colpevoli dei reati rispettivamente ascrittigli ai capi A (articolo 110 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, comma 1, articolo 74, commi 1, 2, 4, Testo Unico stup.) e C (articoli 110, 575 c.p., articolo 577 c.p., comma 1, nn. 3, 4, articolo 61 c.p., comma 1, n. 2, L. 2 ottobre 1967, n. 895, articoli 2, 4). Conseguiva a tali statuizioni la condanna degli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS), ritenuti colpevoli dei reati ascrittigli ai capi A e C, alla pena dell'ergastolo con isolamento diurno per la durata di diciotto mesi. Conseguiva, inoltre, a tali statuizioni la condanna degli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS) per il reato di cui al capo A, riconosciuto al primo il ruolo di promotore e al secondo il ruolo di partecipe della consorteria oggetto di contestazione, per effetto della quale venivano irrogate a (OMISSIS) la pena di ventiquattro anni di reclusione e a (OMISSIS) Oh pena di quattordici anni di reclusione. Conseguiva, ulteriormente, a tali statuizioni la condanna degli imputati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) alle pene accessorie di legge, al pagamento delle spese processuali e al pagamento delle spese di mantenimento durante la custodia cautelare in carcere. L'imputato (OMISSIS), infine, veniva assolto dal reato di cui al capo B (articolo 81 c.p., comma 2, articoli 110, 56, 575 c.p., articolo 577 c.p., comma 1, nn. 3, 4, articolo 61 c.p., comma 1, n. 2, L. n. 895 del 1967, articoli 2, 4), per il quale era l'unico soggetto imputato di tale delitto. 2. Con sentenza emessa il 16 dicembre 2021 la Corte di assise appello di Lecce, pronunciandosi sulle impugnazioni proposte dagli imputati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), in riforma della decisione appellata, riqualificava il reato contestato a (OMISSIS) al capo A, ai sensi dell'articolo 74, comma 2, Testo Unico stup., rideterminando, conseguentemente, il trattamento sanzionatorio irrogato nei suoi confronti in quattordici anni di reclusione. La sentenza di primo grado, nel resto, veniva confermata, con la condanna degli appellanti (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) al pagamento delle ulteriori spese processuali. 3. Occorre premettere che i fatti di reati)contestati a (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) riguardano la sfera di operativita' della consorteria di cui al capo A, alla luce della quale deve essere esaminato il reato contestato al capo C, che costituisce una vicenda criminosa collegata, maturata a margine delle attivita' illecite poste in essere nel mercato degli stupefacenti di (OMISSIS), nel quale operavano gli imputati. Tanto premesso, innanzitutto, occorre soffermarsi sulle condotte illecite riconducibili alla sfera di operativita' dell'organizzazione criminale, egemonizzata dalla famiglia (OMISSIS), dedita sul territorio di (OMISSIS) al traffico di sostanze stupefacenti, con particolare riferimento alla cocaina e alla marijuana con le modalita' descritte al capo A, ai sensi dell'articolo 74, commi 2, 4, Testo Unico stup. Questa consorteria, come detto, era attiva nell'area salentina di (OMISSIS) ed era egemonizzata dalla famiglia (OMISSIS), della quale, tra gli altri, facevano parte gli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS). In tale ambito, veniva riconosciuto un ruolo di spicco a (OMISSIS), pur ridimensionato nel giudizio di appello, evidenziandosi che il ricorrente, unitamente ai suoi familiari, si occupava della gestione degli spacciatori riconducibili alla consorteria di cui al capo A, avvalendosi del supporto operativo di diversi affiliati, tra cui gli imputati (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che si avvalevano del contributo di altri consociati, per i quali si procedeva in separata sede. Si consideri, in proposito, che, nel corso delle indagini preliminari, l'attenzione degli investigatori si concentrava sulle attivita' illecite poste in essere dal sodalizio di cui al capo A, consentendo di ricostruire le ramificazioni delle attivita' di spaccio di sostanze stupefacenti gestite dall'organizzazione melissanese, che, come si e' detto, era egemonizzata dalla famiglia (OMISSIS) e dai suoi componenti, tra cui (OMISSIS) e (OMISSIS). Occorre precisare, ulteriormente, che al fine di eseguire un monitoraggio costante delle attivita' del sodalizio in esame, si attivava un servizio di intercettazione, coordinato dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Lecce, svolto per diversi mesi, da cui emergeva un elevato numero di transazioni illecite, aventi per oggetto l'acquisto e la cessione di cocaina e marijuana, dalle quali derivava un consistente volume di affari, gestiti sotto il controllo della famiglia (OMISSIS). Le attivita' monitorate si svolgevano con modalita' peculiari, attraverso la collaborazione di alcuni spacciatori, collegati al sodalizio di cui al capo A, il cui ruolo, fin da subito, appariva agli investigatori indispensabile per la vendita della cocaina e della marijuana, evidenziando una gestione coordinata del mercato degli stupefacenti melissanese. Le operazioni di monitoraggio condotte dalla Compagnia dei Carabinieri di Casarano, al contempo, consentivano di riscontrare il contenuto delle intercettazioni registrate nel corso delle indagini preliminari, che era corroborato dalle verifiche investigative effettuate a seguito delle attivita' di ascolto delle captazioni. Secondo i Giudici di merito leccesi, il sodalizio criminale di cui al capo A era egemonizzato dalla famiglia (OMISSIS), che si avvaleva per il controllo del mercato degli stupefacenti locale di una rete ramificata di soggetti, che comprendeva, tra gli altri, gli imputati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Deve, anche, precisarsi che, in origine, le attivita' d'indagine coinvolgevano un numero piu' elevato di soggetti, tra cui (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), per i quali si procedeva separatamente, con le forme del giudizio abbreviato, che si concludeva con l'assoluzione degli imputati dai reati ascrittigli per l'insussistenza del fatto, pronunciata dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Lecce con sentenza del 20 ottobre 2020. La famiglia (OMISSIS), quindi, gestiva il mercato degli stupefacenti melissanese, dopo averlo suddiviso in diverse zone di spaccio; di queste, alcune erano riservate alla gestione diretta dei suoi associati, altre erano affidate a soggetti collegati ma non affiliati al gruppo, che corrispondevano un compenso ai vertici della consorteria. Questi soggetti, sotto il controllo diretto della famiglia (OMISSIS), si occupavano di individuare i luoghi del territorio melissanese dove effettuare la cessione delle singole partite di cocaina e di marijuana, selezionando, d'intesa con i vertici della consorteria di cui al capo A della rubrica, le modalita' con cui svolgere le attivita' di spaccio. 3.1. In questo, articolato, contesto, maturava la decisione di eseguire l'omicidio di (OMISSIS), contestato al capo C ai soli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS). Si contestava, in particolare, a (OMISSIS) e ad (OMISSIS), al capo C, ai sensi degli articoli 110, 575 c.p., articolo 577 c.p., comma 1, nn. 3 e 4, articolo 61 c.p., comma 1, n. 2, L. n. 895 del 1967, articoli 2, 4, di avere provocato la morte di (OMISSIS) nella tarda serata del (OMISSIS), dopo le ore 23, contro il quale veniva esploso un colpo di pistola calibro 9, che, attingendo alla testa la persona offesa, ne provocava la morte. Secondo l'originaria ipotesi accusatoria, tale episodio criminoso costituiva la dimostrazione del controllo del mercato degli stupefacenti melissanese da parte dal sodalizio di cui al capo A, che non esitava a ricorrere alle forme piu' efferate di intimidazione nei casi di comportamenti disomogenei rispetto alle direttive impartite dai vertici consortili; il che costituiva un'ulteriore conferma della complessita' e della ramificazione delle attivita' delinquenziali poste in essere dal gruppo criminale in esame, sotto la guida della famiglia (OMISSIS). Si riteneva, infatti, che nell'ipotesi contestata a (OMISSIS) e (OMISSIS) al capo C, la decisione di attentare alla vita di (OMISSIS) discendeva dalla scelta della persona offesa di svolgere un'attivita' di spaccio parallela a quella gestita dalla consorteria di cui al capo A, in violazione delle indicazioni fornite dalla famiglia (OMISSIS) e nonostante gli avvertimenti che le erano stati inviati. L'omicidio di (OMISSIS), secondo la ricostruzione medico-legale eseguita dal dottor (OMISSIS), veniva eseguito la sera del (OMISSIS), tra le ore 23 e le ore 23.45. Questo dato tanatologico era corroborato dal fatto che l'ultima conversazione telefonica della vittima veniva registrata alle ore 23.01 del (OMISSIS), quando la stessa rispondeva alla chiamata ricevuta da (OMISSIS), che, esaminata dalla Corte di assise di Lecce, confermava di avere contattato telefonicamente la persona offesa. In questa cornice, il nucleo essenziale del giudizio di responsabilita' formulato nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) per il reato di cui al capo C era costituito dalle intercettazioni registrate nel corso delle indagini preliminari, nelle fasi che precedevano e seguivano all'esecuzione dell'agguato, la cui interpretazione, nella direzione recepita nelle sentenze di merito, si riteneva corroborata dall'allontanamento degli imputati da (OMISSIS) per tutta la notte successiva all'assassinio; allontanamento che si concludeva quando, la mattina del 25 ottobre 2018, gli imputati erano fermati dai Carabinieri della Compagnia di Casarano, mentre, a bordo di un'autovettura Renault Modus, noleggiata il giorno prima dell'omicidio di (OMISSIS), si dirigevano verso l'abitazione di (OMISSIS). Tali elementi processuali, a loro volta, si ritenevano corroborati dalle ulteriori acquisizioni probatorie, tra cui si attribuiva rilievo pregnante agli esiti delle prove stub eseguite la mattina del 25 ottobre 2018, dopo il fermo degli imputati. L'espletamento delle prove stub, in particolare, consentiva di repertare alcuni residui da sparo sulle mani di (OMISSIS); sul sedile anteriore dell'autovettura Renault Modus dove era posizionato (OMISSIS) al momento del fermo da parte dei Carabinieri; all'interno dell'autovettura Fiat Bravo nella disponibilita' di (OMISSIS), che era stata parcheggiata presso l'abitazione della cognata, (OMISSIS), nella tarda serata dell'omicidio. 3.2. Sulla scorta di questa ricostruzione degli accadimenti criminosi gli imputati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) venivano condannati alle pene di cui in premessa. 4. Avverso la sentenza di appello gli imputati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), a mezzo dei rispettivi difensori, proponevano separati ricorsi per cassazione, dei quali occorre dare partitamente conto. 4.1. L'imputato (OMISSIS), a mezzo dell'avvocato (OMISSIS), proponeva ricorso per cassazione, articolando tre motivi di ricorso. Con il primo motivo si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, in riferimento agli articoli 74 Testo Unico stup., articoli 187, 192, 238-bis c.p.p., conseguenti al fatto che la condanna di (OMISSIS) per il reato di cui al capo A era intervenuta in contrasto con la decisione pronunciata dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Lecce il 27 ottobre 2020 nell'ambito del procedimento n. 5831/2019 R.G. G.I.P., con cui, all'esito di giudizio abbreviato, gli imputati erano stati assolti dal delitto associativo di cui all'articolo 74, commi 2, 4, Testo Unico stup., del quale erano ritenuti correi dell'imputato, per l'insussistenza del delitto associativo. Con tale pronuncia, in particolare, il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Lecce aveva assolto gli imputati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) dal reato ascrittogli al capo A - che nella fase delle indagini preliminari era contestato, quali coindagati, anche a (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) - per l'insussistenza del fatto, sulla base di un compendio probatorio parzialmente sovrapponibile. Con il secondo motivo si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione del provvedimento impugnato, in riferimento all'articolo 192 c.p.p. e articolo 74 Testo Unico stup., per non avere la Corte di assise di appello di Lecce dato esaustivo conto del giudizio di colpevolezza formulato nei confronti di (OMISSIS) per il reato di cui al capo A, che si poneva in contrasto con gli esiti delle intercettazioni acquisite nel corso delle indagini preliminari, che imponevano di escludere il coinvolgimento dell'imputato nelle attivita' consortili contestate. Si deduceva, in proposito, che la lettura delle intercettazioni, relative alla posizione di (OMISSIS), derivava da un'errata applicazione dei parametri previsti dall'articolo 192 c.p.p. in materia di valutazione delle fonti di prova, risultando il giudizio formulato nei confronti del ricorrente contraddetto dalle emergenze processuali, anche in considerazione del fatto che l'imputato risultava registrato in un'unica captazione, dalla quale non emergeva il suo coinvolgimento in transazioni illecite relative al mercato degli stupefacenti melissanese. Con il terzo motivo si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, in riferimento all'articolo 133 c.p. e articolo 74, comma 4, Testo Unico stup., per non avere la Corte territoriale escluso l'aggravante dello stesso articolo 74, comma 4 - la cui sussistenza era smentita dalle emergenze processuali - e mitigato il trattamento sanzionatorio irrogato al ricorrente nel giudizio di primo grado, quantificato in quattordici anni di reclusione. Le considerazioni esposte imponevano l'annullamento della sentenza impugnata nell'interesse di (OMISSIS). 4.2. L'imputato (OMISSIS), a mezzo dell'avvocato (OMISSIS), proponeva ricorso per cassazione, articolando quattro motivi. Con il primo motivo, prospettato in termini sovrapponibili al secondo motivo del ricorso di (OMISSIS), si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione del provvedimento impugnato, in riferimento all'articolo 192 c.p.p. e articolo 74 Testo Unico stup., per non avere la Corte di merito dato esaustivo conto del giudizio di colpevolezza formulato nei confronti di (OMISSIS) per il reato di cui al capo A, che si poneva in contrasto con gli esiti delle intercettazioni acquisite nel corso delle indagini preliminari, che imponevano di escludere il coinvolgimento dell'imputato nelle attivita' consortili contestate. Con il secondo motivo si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, in riferimento agli articoli 187, 192 c.p.p., articolo 74, comma 2, Testo Unico stup., per non avere la Corte territoriale dato adeguato conto delle ragioni che non consentivano l'espletamento di una perizia fonica, ex articolo 603 c.p.p., che avrebbe consentito di accertare l'erronea identificazione di (OMISSIS) quale soggetto coinvolto nelle intercettazioni acquisite nel corso delle indagini preliminari, che costituivano il nucleo essenziale del giudizio di colpevolezza formulato nei suoi confronti. Con il terzo motivo si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, per essere la decisione in esame priva di un percorso argomentativo esplicativo delle ragioni che non consentivano la riqualificazione del reato di cui al capo A ex articolo 74, comma 6, Testo Unico stup., che, viceversa, si imponeva alla luce del ruolo modesto ricoperto dal ricorrente nell'ambiente della tossicodipendenza melissanese. Con il quarto motivo si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione del provvedimento impugnato, in riferimento agli articoli 62-bis, 81, 133 c.p., articolo 74, comma 4, Testo Unico stup., per non avere la decisione censurata dato opportuno conto delle ragioni che imponevano di ritenere connotato da proporzionalita' il trattamento sanzionatorio irrogato a (OMISSIS) - quantificato in quattordici anni di reclusione - e non consentivano il riconoscimento delle attenuanti generiche, che si imponeva alla luce delle circostanze di tempo e di luogo in cui erano maturati gli accadimenti criminosi e della modesta caratura criminale del ricorrente. Le considerazioni esposte imponevano l'annullamento della sentenza impugnata nell'interesse di (OMISSIS). 4.3. L'imputato (OMISSIS), a mezzo dell'avvocato (OMISSIS), proponeva ricorso per cassazione, articolando quattro motivi. Con il primo motivo si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, in riferimento all'articolo 178 c.p.p., comma 1, lettera c), articoli 180, 181 c.p.p., articolo 24 Cost., articolo 6 CEDU, conseguenti al mancato deposito della copia integrale delle registrazioni digitali delle intercettazioni svolte nel corso delle indagini preliminari, contestualmente all'avviso ex articolo 415-bis c.p.p., che aveva determinato un pregiudizio irreparabile alle prerogative difensive di (OMISSIS) e la nullita' assoluta di tali elementi probatori, che costituivano il nucleo essenziale della pronuncia censurata. Con il secondo motivo, prospettato in termini assimilabili al primo motivo del ricorso di (OMISSIS), si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, in riferimento all'articolo 74 Testo Unico stup., articoli 187, 192, 238-bis c.p.p., conseguenti al fatto che la condanna di (OMISSIS) per il reato di cui al capo A era intervenuta in contrasto con la decisione pronunciata dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Lecce il 27 ottobre 2020 nel procedimento n. 5831/2019 R.G. G.I.P., con cui, all'esito di giudizio abbreviato, gli imputati erano stati assolti dal delitto associativo di cui all'articolo 74, commi 2, 4, Testo Unico stup., del quale erano ritenuti correi dell'imputato, per l'insussistenza del delitto associativo. Con il terzo motivo, prospettato in termini sovrapponibili al secondo motivo del ricorso di (OMISSIS), si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione del provvedimento impugnato, in riferimento all'articolo 192 c.p.p. e articolo 74 Testo Unico stup., per non avere la Corte di assise di appello di Lecce dato esaustivo conto del giudizio di colpevolezza formulato nei confronti di (OMISSIS) per il reato di cui al capo A, che si poneva in contrasto con gli esiti delle intercettazioni acquisite nel corso delle indagini preliminari, che imponevano di escludere il coinvolgimento dell'imputato nelle attivita' consortili contestate. Con il quarto motivo si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, in riferimento agli articoli 575, 577 c.p., articolo 192 c.p.p., comma 2, per non avere la Corte territoriale dato adeguato conto degli elementi probatori sulla base dei quali era stato formulato il giudizio di colpevolezza nei confronti di (OMISSIS) per il reato di cui al capo C, che non poteva essere espresso alla luce delle intercettazioni acquisite nel corso delle indagini preliminari, che apparivano sprovviste di univocita' probatoria nei confronti del ricorrente. Ne' il contenuto di tali captazioni poteva ritenersi corroborato dagli esiti, asseritamente positivi, dei rilievi stub eseguiti nei confronti del ricorrente, atteso che la loro attendibilita' scientifica postulava il loro espletamento entro il termine massimo di sei ore dall'utilizzo dell'arma usata per commettere l'omicidio di (OMISSIS); mentre, nel caso di specie, i rilievi erano stati effettuati dai Carabinieri della Compagnia di Casarano a distanza di oltre tre ore da tale termine, rendendo l'esito delle verifiche inattendibile e irrilevante ai fini del giudizio di colpevolezza censurato. Le considerazioni esposte imponevano l'annullamento della sentenza impugnata nell'interesse di (OMISSIS). 4.4. L'imputato (OMISSIS), a mezzo dell'avvocato (OMISSIS) e dell'avvocato (OMISSIS), proponeva ricorso per cassazione, articolando due motivi. Con il primo motivo, prospettato in termini sovrapponibili al secondo motivo del ricorso di (OMISSIS), si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione del provvedimento impugnato, in riferimento all'articolo 192 c.p.p. e articolo 74 Testo Unico stup., per non avere la Corte di assise di appello di Lecce dato esaustivo conto del giudizio di colpevolezza formulato nei confronti di (OMISSIS) per il reato di cui al capo A, che si poneva in contrasto con gli esiti delle intercettazioni acquisite nel corso delle indagini preliminari, che imponevano di escludere il coinvolgimento dell'imputato nelle attivita' consortili contestate. Con il secondo motivo si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, per non avere la Corte di merito dato adeguato conto degli elementi probatori sulla base dei quali era stato formulato il giudizio di colpevolezza nei confronti di (OMISSIS) per il reato di cui al capo C, che non poteva essere espresso sulla base delle intercettazioni acquisite nel corso delle indagini preliminari, sprovviste di univocita' probatoria. Si denunciava, al contempo, che la Corte territoriale non aveva dato opportuno conto delle ragioni che non consentivano di ritenere necessaria ai fini della decisione, relativamente al reato di cui al capo C, l'escussione ex articolo 603 c.p.p. del teste (OMISSIS), che avrebbe consentito di escludere il coinvolgimento di (OMISSIS) nell'esecuzione dell'omicidio in esame. Le considerazioni esposte imponevano l'annullamento della sentenza impugnata di (OMISSIS). CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I ricorsi proposti dagli imputati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) devono essere esaminati separatamente. 2. Deve ritenersi fondato il ricorso dell'imputato (OMISSIS), proposto a mezzo dell'avvocato (OMISSIS), articolato in tre motivi. 2.1. Deve ritenersi fondato il primo motivo, con cui si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, in riferimento all'articolo 74 Testo Unico stup., articoli 187, 192, 238-bis c.p.p., conseguenti al fatto che la condanna di (OMISSIS) per il reato di cui al capo A era intervenuta in contrasto con la decisione pronunciata dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Lecce il 27 ottobre 2020 nell'ambito del procedimento n. 5831/2019 R.G. G.I.P., con cui, all'esito di giudizio abbreviato, gli imputati erano stati assolti dal delitto associativo di cui all'articolo 74, commi 2, 4, Testo Unico stup., del quale erano ritenuti correi dell'imputato, per l'insussistenza del delitto associativo. Secondo la difesa del ricorrente, nel procedimento parallelo, celebrato con le forme del rito abbreviato, nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), originariamente coindagati di (OMISSIS) nel reato di cui al capo A, gli imputati erano stati assolti per l'insussistenza del fatto, sconfessando l'impostazione accusatoria e imponendo una complessiva rivalutazione del compendio probatorio. L'invocata rivalutazione si imponeva alla luce del fatto che l'assoluzione era intervenuta sulla base delle stesse intercettazioni utilizzate per formulare il giudizio di colpevolezza nei confronti del ricorrente (OMISSIS). Osserva il Collegio che, con la pronuncia richiamata, erano stati assolti gli originari coindagati di (OMISSIS) per l'insussistenza dei fatti di reato di cui al capo A, sulla base di un compendio probatorio parzialmente sovrapponibile a quello in esame, non comprendendo lo stesso le fonti di prova acquisite nei confronti degli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS) per l'ipotesi delittuosa ascritta al capo C. Occorre, in proposito, evidenziare che la condotta associativa giudicata dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Lecce e' astrattamente sovrapponibile a quella oggetto di vaglio, risultando i comportamenti in esame riconducibili a un medesimo ambito criminale, relativo al mercato degli stupefacenti melissanese egemonizzato dalla famiglia (OMISSIS), nel quale sia gli imputati del presente procedimento sia gli imputati del procedimento n. 5831/2019 R.G. G.I.P. gravitavano. Queste conclusioni, dunque, discendono dal fatto che con la sentenza del 20 ottobre 2020, sopra citata, venivano assolti gli imputati del reato di cui al capo A, che, in origine, erano coindagati di (OMISSIS). Gli elementi di astratta sovrapponibilita' dei due procedimenti, invero, sembrano emergere sia sotto il profilo oggettivo sia sotto il profilo soggettivo, atteso che i soggetti imputati nei due ambiti processuali, che nella fase delle indagini preliminari erano coindagati, gravitavano nello stesso contesto consortile ed erano coinvolti nel medesimo settore criminale, egemonizzato dalla famiglia (OMISSIS), relativo alle attivita' di spaccio di cocaina e marijuana svolte sul territorio di (OMISSIS). L'astratta sovrapponibilita' delle condotte associative, quindi, non e' controversa e assume un rilievo ancora piu' significativo alla luce dell'esito processuale contrapposto dei due procedimenti; sovrapponibilita', che, naturalmente, non esclude la possibilita' che i soggetti giudicati nei due procedimenti partecipassero al medesimo consesso con ruoli e sfere di influenza criminale differenti e che, proprio in ragione di tale differenziazione, venivano giudicati con esiti antitetici. A fronte di tali, irrisolte, discrasie processuali, la Corte territoriale, senza dare analiticamente conto delle circostanze di tempo e di luogo nelle quali si erano concretizzati i contributi associativi degli imputati dei due procedimenti, nel passaggio motivazionale esplicitato a pagina 54 della sentenza impugnata, si limitava ad affermare che gli appellanti - nel caso di specie rappresentati da (OMISSIS) e (OMISSIS) - nulla opponevano "con riferimento all'esistenza dell'associazione, limitandosi a negare la loro partecipazione alla stessa (...) e ad evidenziare, che i coimputati giudicati con rito abbreviato sono stati tutti assolti perche' il fatto non sussiste, dato, questo, irrilevante, stante l'autonomia dei due giudizi". La Corte di assise di appello di Lecce, pertanto, presupposta l'unicita' del sodalizio criminale melissanese di cui al capo A, peraltro attestata dall'origine comune dei due procedimenti nella fase delle indagini preliminari, non poteva limitarsi a richiamare, sic et simpliciter, l'autonomia dei due giudizi, ma avrebbe dovuto chiarire se, nel caso di specie, ci si trovava di fronte a una sovrapponibilita' delle fonti di prova acquisite nei due ambiti processuali e se tale, eventuale, condizione esplicava i suoi effetti nei confronti di (OMISSIS) e degli altri imputati di questo processo. Ne' si poteva trascurare che, secondo quanto accertato nel giudizio abbreviato celebrato nei confronti degli originari coindagati di (OMISSIS), l'assoluzione veniva pronunciata Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Lecce per l'insussistenza del delitto associativo ascritto al capo A, ex articolo 74, commi 2, 4, Testo Unico stup., atteso che la stessa fattispecie e' contestata agli imputati del presente procedimento. Basti, in proposito, considerare che, secondo il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Lecce, l'assoluzione degli imputati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) si giustificava per l'assenza di elementi sintomatici dell'esistenza della consorteria contestata al capo A, non essendo emerse spartizioni di aree dove esercitare lo spaccio; non essendo stati accertati viaggi per procurarsi la sostanza stupefacente da immettere sul mercato della tossicodipendenza di (OMISSIS); non essendo stato dimostrato che i componenti del sodalizio utilizzassero mezzi comuni per realizzare gli spostamenti necessari allo svolgimento dell'attivita' consortile; non essendo state sequestrate somme di denaro frutto delle transazioni illecite svolte dai sodali del gruppo egemonizzato dalla famiglia (OMISSIS). Queste considerazioni impongono un nuovo intervento chiarificatore della Corte di assise appello di Lecce, finalizzato a verificare se l'apporto consortile fornito da (OMISSIS) e dagli imputati giudicati nel presente procedimento, tenuto conto degli elementi di astratta sovrapponibilita' richiamati, possa essere ricondotto a un unico accordo criminoso, come ritenuto nella sentenza impugnata, ovvero debba essere ricondotto a differenti ruoli, svolti in ambiti omogenei territorialmente ed eterogenei operativamente; il che consentirebbe di giustificare gli esiti antitetici ai quali si perveniva nei due giudizi, su cui, allo stato, la motivazione del provvedimento censurato non e' adeguata, non chiarendo le ragioni delle contrapposte conclusioni, a fronte di un compendio probatorio originariamente unitario e, almeno astrattamente, omogeneo. Nel compiere gli accertamenti demandati da questo Collegio, la Corte di rinvio dovra' tenere conto delle risultanze processuali richiamate, che dovranno essere valutate nel rispetto della giurisprudenza di legittimita' consolidata, secondo cui nelle ipotesi di applicazione del principio del ne bis in idem a reati associativi, per "escludere la medesimezza del fatto, non rilevano ne', dal punto di vista del soggetto, eventuali mutamenti nelle modalita' di partecipazione (attivita' e ruoli), ne', dal punto di vista dell'organizzazione, eventuali mutamenti in ordine ai suoi equilibri interni in relazione al numero dei componenti, ma e' necessario accertare che il soggetto sia passato ad una diversa organizzazione criminale ovvero che si sia verificata una successione nelle attivita' criminali tra organismi diversi, sia pure con lo stesso nome ed operanti nello stesso territorio" (Sez. 1, n. 2260 dell'08/11/2013, dep. 2014, Imperio, Rv. 258750-01). Si consideri, ulteriormente, che, nei casi di applicazione del principio del ne bis in idem a delitti associativi, per "escludere la medesimezza del fatto, non rilevano i mutamenti delle modalita' di partecipazione associativa, la modifica dell'oggetto del programma criminoso o del numero degli affiliati, ma cio' che risulta dai suoi elementi costitutivi, rappresentati dalla condotta, dall'evento e dal nesso di causalita'" (Sez. 1, n. 4984 dell'01/12/2021, dep. 2022, Barattolo, Rv. 287721-01). Ne' potrebbe essere diversamente, atteso che, per valutare l'identita' processuale di un delitto associativo, rilevante ex articolo 649 c.p.p., per medesimo fatto deve intendersi quello risultante dai suoi elementi costitutivi, rappresentati dalla condotta, dall'evento e dal nesso di causalita', rispetto ai quali non assumono un rilievo decisivo ne' i mutamenti delle modalita' della partecipazione consortile ne' l'ampliamento dell'oggetto del programma criminoso o del numero degli affiliati (Sez. 2, n. 1144 del 06/12/2018, Delle Vergini, Rv. 275068-01; Sez. 5, n. 50496 del 19/06/2018, Bosica, Rv. 274448-01; Sez. 6, n. 48691 del 05/10/2016, Ricciarelli, Rv. 268226-01; Sez. 2, n. 8697 del 18/01/2005, Romito, Rv. 230791-01). Ci si trova, del resto, di fronte a un'ipotesi di identita' processuale tra due fatti di reato, rilevante ai sensi dell'articolo 649 c.p.p., solo in presenza di una medesima condotta illecita, risultante dai suoi elementi costitutivi, rappresentati dalla condotta, dall'evento e dal nesso di causalita', rispetto ai quali assumono un rilievo decisivo il contesto nel quale l'azione criminosa si sviluppa e i soggetti che risultano coinvolti nei due ambiti processuali. Sul punto, non si puo' che richiamare l'arresto chiarificatore delle Sezioni Unite, tuttora insuperato, secondo cui: "Ai fini della preclusione connessa al principio "ne bis in idem", l'identita' del fatto sussiste quando vi sia corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona" (Sez. U, n. 34655 del 28/96/2005, Donati, Rv. 231799-01). 2.1.1. Le conclusioni esposte nel paragrafo precedente postulano la risoluzione di un'ulteriore questione, relativa all'estensione degli effetti della pronuncia di annullamento formulata in accoglimento del primo motivo del ricorso di (OMISSIS) ai coimputati del ricorrente - (OMISSIS) e (OMISSIS) - ai quali e' contestato il capo A della rubrica e che, a differenza di (OMISSIS), non hanno proposto analoga doglianza. A tale quesito occorre fornire risposta positiva. Osserva, in proposito, il Collegio che il principio stabilito dall'articolo 587 c.p.p., comma 1, - a tenore del quale: "Nel caso di concorso di piu' persone in uno stesso reato, l'impugnazione proposta da uno degli imputati, purche' non fondata su motivi esclusivamente personali, giova anche agli altri imputati" - riguarda l'estensione all'imputato non impugnante degli effetti derivanti dall'accoglimento di una doglianza di natura oggettiva, analoga a quella formulata da (OMISSIS) e (OMISSIS), con le modalita' che si sono richiamate, che non comporta, in quanto tale, alcun automatismo nell'estensione dei motivi dell'impugnazione da un imputato all'altro. Allo scopo di inquadrare il principio previsto dall'articolo 587 c.p.p., comma 1, appare indispensabile richiamare la giurisprudenza consolidata di questa Corte, secondo cui: "Il principio previsto dall'articolo 587 c.p.p. riguarda l'estensione, all'imputato non impugnante sul punto, degli effetti favorevoli derivanti dall'accoglimento del motivo di natura oggettiva dedotto dal coimputato, ma non implica l'estensione da un coimputato all'altro dei motivi di impugnazione, con conseguente dovere da parte del giudice di esaminarli" (Sez. 6, n. 21739 del 29/01/2016, Tarantini, Rv. 266917-01; si vedano in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 3, n. 55001 del 18/07/2018, Cante, Rv. 274213-01; Sez. 6, n. 20511 del 16/01/2018, Talotta, Rv. 261697-01; Sez. 1, n. 44319 del 30/09/2014, Gargiulo, Rv. 261697-01). Ne discende che, laddove l'impugnazione riguarda un motivo non esclusivamente personale ed e' estensibile all'imputato non impugnante - come nel caso di (OMISSIS) e (OMISSIS) -l'estensione opera sul piano degli effetti processuali. Si integra, in questo modo, una sorta di restituzione nel termine e si riapre autonomamente il giudizio sul punto della decisione al quale si riferisce il motivo comune altrui, rappresentato, nel nostro caso, dalla sovrapponibilita' degli ambiti decisori del presente procedimento e del procedimento n. 5831/2019 R.G. G.I.P., all'esito del quale il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Lecce, con sentenza del 20 ottobre 2020, assolveva gli imputati dal reato loro ascritto al capo A per l'insussistenza del fatto. La finalita' dell'istituto di cui all'articolo 587 c.p.p., dunque, e' di natura tendenzialmente sostanziale, riguardando la necessita' di evitare giudicati penali contrastanti e di privilegiare esigenze di giustizia, estendendo al soggetto che non impugni la sentenza ovvero che la impugni per motivi diversi la possibilita' di svolgere difese sul punto nella fase di gravame, come affermato da questa Corte, secondo cui l'effetto "estensivo dell'impugnazione, in caso di accoglimento di un motivo di ricorso per cassazione non esclusivamente personale, giova anche nei confronti del coimputato che ha proposto ricorso per motivi diversi da quelli accolti, con conseguente applicabilita' della disciplina prevista dall'articolo 627 c.p.p., comma 5" (Sez. 6, n. 46202 del 02/10/2013, Serio, Rv. 258155-01). Pertanto, l'estensione degli effetti del motivo proposto da (OMISSIS) e (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS), che non avevano proposto analoga doglianza, discende dalla natura oggettiva e non esclusivamente personale della censura difensiva sollevata, che comporta l'annullamento della sentenza impugnata per tutti gli imputati ai quali e' contestato il capo A. 2.1.2. Le considerazioni esposte impongono di ribadire la fondatezza del primo motivo di ricorso, con il conseguente rinvio della sentenza impugnata per nuovo giudizio, sul punto, nei termini di cui in dispositivo. 2.2. Resta assorbito nella doglianza oggetto di accoglimento il secondo motivo, con cui si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione del provvedimento impugnato, per non avere la Corte di assise di appello di Lecce dato esaustivo conto del giudizio di colpevolezza formulato nei confronti di (OMISSIS) per il reato di cui al capo A, che si poneva in contrasto con gli esiti delle intercettazioni acquisite nel corso delle indagini preliminari, che imponevano di escludere il coinvolgimento dell'imputato nelle attivita' consortili contestate. Il vaglio di questa doglianza, invero, postula la risoluzione della questione della sovrapponibilita' del compendio probatorio acquisito in questo procedimento e di quello posto a fondamento della sentenza emessa dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Lecce il 20 ottobre 2020 nel procedimento n. 5831/2019 R.G. G.I.P., che, a sua volta, e' collegata al problema dell'autonomia dei due giudizi, affermata assertivamente nella decisione impugnata e censurato con il primo motivo del ricorso in esame. 2.3. Resta, parimenti, assorbito nella doglianza oggetto di accoglimento il terzo motivo con cui si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, per non avere la Corte territoriale escluso l'aggravante dell'articolo 74, comma 4, Testo Unico stup. - la cui sussistenza era smentita dalle emergenze processuali - e mitigato il trattamento sanzionatorio irrogato all'imputato nel giudizio di primo grado, quantificato in quattordici anni di reclusione. L'assorbimento di tale doglianza nel primo motivo si fonda sulle stesse ragioni esaminate con riferimento al secondo motivo del ricorso oggetto di vaglio, esposte nel paragrafo 2.2, cui si deve rinviare, per la compiuta ricognizione degli argomenti che impongono di ritenere assorbita la censura difensiva in esame. 2.4. Le considerazioni esposte impongono l'annullamento della sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), relativamente al reato di cui al capo A, con il conseguente rinvio per nuovo giudizio, su tale capo, nei termini di cui in dispositivo. 3. Deve ritenersi fondato il ricorso dell'imputato (OMISSIS), proposto a mezzo dell'avvocato (OMISSIS), articolato in quattro motivi. Occorre premettere che il ricorso in esame e' fondato, in conseguenza dell'estensione degli effetti del motivo proposto da (OMISSIS) e (OMISSIS) - riguardante la sovrapponibilita' del compendio probatorio acquisito nel presente procedimento e di quello relativo al procedimento n. 5831/2019 R.G. G.I.P. - nei confronti di (OMISSIS), che non aveva proposto analoga doglianza, ex articolo 587 c.p.p.. Su questi profili ermeneutici, in termini generali, ci si e' gia' soffermati nel paragrafo 2.1.1, al quale si deve rinviare. 3.1. Tanto premesso, deve ritenersi assorbito nelle ragioni che impongono l'accoglimento del ricorso, il primo motivo, prospettato in termini sovrapponibili al secondo motivo dell'impugnazione di (OMISSIS), con cui si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione del provvedimento impugnato, in riferimento all'articolo 192 c.p.p. e articolo 74 Testo Unico stup., per non avere la Corte di assise di appello di Lecce dato esaustivo conto del giudizio di colpevolezza formulato nei confronti di (OMISSIS) per il reato di cui al capo A, che si poneva in contrasto con gli esiti delle intercettazioni acquisite nel corso delle indagini preliminari, che imponevano di escludere il coinvolgimento dell'imputato nelle attivita' consortili contestate. Non puo', in proposito, non rilevarsi, in linea con quanto si e' affermato nel paragrafo 2.2, nell'esaminare il secondo motivo del ricorso di (OMISSIS), cui si deve rinviare, che il vaglio di questa doglianza postula la risoluzione della questione della sovrapponibilita' del compendio probatorio di questo procedimento e di quello acquisito nel procedimento n. 5831/2019 R.G. G.I.P., che, a sua volta, e' collegata al problema dell'autonomia dei due giudizi, affermata in termini incongrui nella sentenza impugnata. Ne discende l'assorbimento di questa doglianza nelle ragioni che impongono l'accoglimento del secondo motivo del ricorso di (OMISSIS), i cui effetti si estendono ad (OMISSIS) ex articolo 587 c.p.p., per le considerazioni esposte nel paragrafo 2.2, al quale occorre rinviare ulteriormente, per la compiuta ricognizione degli argomenti che impongono di ritenere assorbita la censura difensiva in esame. 3.2. Resta, parimenti, assorbito nelle ragioni che impongono l'accoglimento del ricorso, ai sensi dell'articolo 587 c.p.p., il secondo motivo, con cui si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, per non avere la Corte di merito dato adeguato conto delle ragioni che non consentivano l'espletamento di una perizia fonica, ex articolo 603 c.p.p., che avrebbe consentito di accertare l'erronea identificazione di (OMISSIS) quale soggetto coinvolto nelle intercettazioni acquisite nel corso delle indagini preliminari, che costituivano il nucleo essenziale del giudizio di colpevolezza formulato nei confronti dell'imputato. L'assorbimento di questa doglianza nelle ragioni che impongono l'accoglimento del ricorso discende dall'estensione degli effetti del ricorso proposto da (OMISSIS) ad (OMISSIS), che impone una rivalutazione complessiva del compendio probatorio su cui si fondava il giudizio di colpevolezza formulato dalla Corte di merito, in linea con quanto si e' affermato nel paragrafo 2.1.1, cui si rinvia ulteriormente. 3.3. Resta, ulteriormente, assorbito nelle ragioni che impongono l'accoglimento del ricorso, ex articolo 587 c.p.p., il terzo motivo, con cui si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, per essere la decisione in esame priva di un percorso argomentativo esplicativo delle ragioni che non consentivano la riqualificazione del reato di cui al capo A della rubrica ex articolo 74, comma 6, Testo Unico stup., che, viceversa, si imponeva alla luce del ruolo modesto ricoperto dal ricorrente nell'ambiente criminale melissanese. Anche in questo caso, l'assorbimento della doglianza in esame nelle ragioni che impongono l'accoglimento del ricorso discende dall'estensione degli effetti dell'impugnazione proposta da (OMISSIS) ad (OMISSIS), che impongono una rivalutazione complessiva del compendio probatorio su cui si fondava il giudizio di colpevolezza formulato dalla Corte di merito - incidente sulla riqualificazione del reato di cui al capo A, invocata ex articolo 74, comma 6, Testo Unico -, in linea con quanto affermato nel paragrafo 2.1.1, al quale si deve rinviare ulteriormente. 3.4. Resta, infine, assorbito nelle ragioni che impongono l'accoglimento del ricorso, ai sensi dell'articolo 587 c.p.p., il quarto motivo, con cui si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione del provvedimento impugnato, per non avere la decisione censurata dato opportuno conto delle ragioni che imponevano di ritenere connotato da proporzionalita' il trattamento sanzionatorio irrogato e non consentivano il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, la cui concessione si imponeva alla luce delle circostanze di tempo e di luogo in cui erano maturati gli accadimenti criminosi e della modesta caratura criminale di (OMISSIS). Non si puo', in proposito, non ribadire che l'assorbimento di questa doglianza nelle ragioni che impongono l'accoglimento del ricorso deriva dall'estensione degli effetti dell'impugnazione proposta da (OMISSIS) ad (OMISSIS), che impone una rivalutazione complessiva del compendio probatorio su cui si fondava il giudizio di colpevolezza formulato dalla Corte territoriale - che e' incidente sulla proporzionalita' del trattamento sanzionatorio irrogato all'imputato, quantificato in quattordici anni di reclusione -, in linea con quanto si e' affermato nel paragrafo 2.1.1, in termini generali, al quale si deve rinviare ulteriormente. 3.5. Le considerazioni esposte impongono l'annullamento della sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), relativamente al reato di cui al capo A, con il conseguente rinvio per nuovo giudizio su tale capo, nei termini di cui in dispositivo. 4. Deve ritenersi parzialmente fondato il ricorso di (OMISSIS), proposto a mezzo dell'avvocato (OMISSIS), articolato in quattro motivi. 4.1. Deve ritenersi infondato il primo motivo, con cui si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, in riferimento all'articolo 178 c.p.p., comma 1, lettera c), articoli 180, 181 c.p.p., articolo 24 Cost., articolo 6 CEDU, conseguenti al mancato deposito della copia integrale delle registrazioni digitali delle intercettazioni svolte nel corso delle indagini preliminari, contestualmente all'avviso ex articolo 415-bis c.p.p., che aveva determinato un pregiudizio irreparabile alle prerogative difensive di (OMISSIS) e la nullita' assoluta degli elementi probatori di natura captativa, che costituivano il nucleo essenziale della pronuncia censurata. Osserva il Collegio che la soluzione proposta dalla Corte di assise di appello di Lecce, in linea con la decisione adottata dalla Corte di assise di Lecce, trae il suo fondamento dalla giurisprudenza di legittimita' consolidata, secondo cui l'articolo 268 c.p.p. regola il diritto al rilascio di copia delle registrazioni digitali delle captazioni acquisite nel corso delle indagini preliminari nella consapevolezza del "pericolo connesso alla diffusione delle tracce foniche o video, sotto forma di copia digitale o informatica" (Sez. 6, n. 16583 del 28/03/2019, A., Rv. 27572501). L'articolo 268 c.p.p., quindi, pospone l'esercizio di tale, pur irrinunciabile, diritto alla fase successiva all'individuazione delle intercettazioni rilevanti e all'esclusione di quelle lesive dei terzi coinvolti, atteso che, solo a partire da tale momento processuale, vi e' un margine di garanzia che l'eventuale diffusione di tracce foniche, sotto forma di copia informatica, non possa pregiudicare l'eventuale sviluppo delle indagini, che impongono la sottoposizione di tale prerogativa difensiva a precisi limiti, sui quali si impone un rigoroso controllo giurisdizionale. Si consideri, ulteriormente, che il mancato rilascio delle copie informatiche delle registrazioni delle intercettazioni, in assenza di disposizioni che prevedano una specifica sanzione di nullita', non determina un'invalidita' incidente sulla regolarita' del mezzo di prova esperito, riguardando un fatto successivo alla sua formazione. Ne consegue che, in questi casi, l'assenza di specifiche sanzioni processuali non consente di ricondurre la mancata estrazione delle copie informatiche dell'intero compendio probatorio costituito dalle intercettazioni alle ipotesi di nullita', assoluta e insanabile, invocate dalla difesa del ricorrente ex articolo 178 c.p.p., comma 1, lettera c). A queste considerazioni deve aggiungersi che la difesa di (OMISSIS) non poteva limitarsi a censurare, sic et simpliciter, l'omesso deposito di tutte le copie informatiche delle intercettazioni, ma avrebbe dovuto indicare analiticamente le conseguenze concrete che la mancata disponibilita' processuale delle registrazioni digitali aveva prodotto sull'esercizio delle sue prerogative difensive e sull'esito del processo penale che riguardava l'imputato. Sul punto, non si puo' che richiamare la giurisprudenza di questa Corte, che si ribadisce, secondo cui: "Il diritto del difensore di ascoltare le registrazioni di conversazioni o comunicazioni intercettate e di estrarre copia dei file audio, dopo il deposito effettuato ai sensi dell'articolo 268 c.p.p., comma 4, non e' suscettibile di limitazione ne' e' subordinato ad autorizzazione, per cui ogni compressione di tale diritto da' luogo alla nullita' di ordine generale a regime intermedio prevista dall'articolo 178, lettera c), c.p.p. " (Sez. 6, n. 41362 del 11/07/2013, Drago, Rv. 25780401; si veda, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 4, n. 57195 del 15/11/2017, Zekti, Rv. 271701-01). L'infondatezza della doglianza, dunque, discende dal fatto che la difesa di (OMISSIS) tende a ottenere il rilascio delle copie informatiche di tutte le intercettazioni acquisite nel corso delle indagini preliminari, senza indicare alcuna specifica finalita' difensiva, con la conseguenza che da una tale, generica e indistinta, richiesta non puo' farsi discendere alcuna conseguenza sanzionatoria, che, peraltro, non trova copertura nella previsione dell'articolo 178 c.p.p., comma 1, lettera c), impropriamente richiamata nell'interesse del ricorrente a sostegno delle sue argomentazioni. Non puo', pertanto, non ribadirsi, in linea con le conclusioni alle quali giungeva la Corte di assise di appello di Lecce, che nei giudizi di merito veniva data piena disponibilita', oltre che per l'ascolto di singole conversazioni, per il rilascio di copie mirate delle intercettazioni, con la conseguenza che nessun pregiudizio alle prerogative difensive del ricorrente puo' rilevarsi nel comportamento processuale assunto dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Lecce, nei cui uffici erano depositate le registrazioni digitali controverse. Le considerazioni esposte impongono di ribadire l'infondatezza della doglianza esaminata. 4.2. Deve, invece, ritenersi fondato il secondo motivo, prospettato in termini assimilabili al primo motivo del ricorso di (OMISSIS), con cui si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, in riferimento all'articolo 74 Testo Unico stup., articoli 187, 192, 238-bis c.p.p., conseguenti al fatto che la condanna di (OMISSIS) per il reato di cui al capo A era intervenuta in contrasto con la decisione pronunciata dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Lecce il 20 ottobre 2020 nel procedimento n. 5831/2019 R.G. G.I.P., con cui, all'esito di giudizio abbreviato, gli imputati erano stati assolti dal delitto associativo di cui all'articolo 74, commi 2, 4, Testo Unico stup., del quale erano ritenuti correi dell'imputato, per l'insussistenza del delitto associativo. Si tratta, come si e' detto, di una doglianza che veniva prospettata in termini assimilabili al primo motivo del ricorso di (OMISSIS), sul quale ci si e' gia' diffusamente soffermati nel paragrafo 2.1, al quale occorre rinviare per la compiuta disamina delle censure che vi sono sottese - riguardanti la sovrapponibilita' del compendio probatorio acquisito nel presente procedimento e di quello relativo al procedimento n. 5831/2019 R.G. G.I.P. -, di cui si deve ribadire la fondatezza. Le considerazioni esposte impongono di ribadire la fondatezza del secondo motivo di ricorso, con il conseguente rinvio della sentenza impugnata per nuovo giudizio, sul punto, nei termini di cui in dispositivo. 4.3. Resta assorbito nella doglianza oggetto di accoglimento il terzo motivo, prospettato in termini sovrapponibili al secondo motivo del ricorso di (OMISSIS), con cui si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione del provvedimento impugnato, per non avere la Corte di assise di appello di Lecce dato esaustivo conto del giudizio di colpevolezza formulato nei confronti di (OMISSIS) per il reato di cui al capo A della rubrica, che si poneva in contrasto con gli esiti delle intercettazioni acquisite nel corso delle indagini preliminari, che imponevano di escludere il coinvolgimento dell'imputato nelle attivita' consortili contestate. Si tratta di una doglianza che, come detto, veniva prospettata in termini sovrapponibili al secondo motivo del ricorso di (OMISSIS), la cui fondatezza discende dalle considerazioni espresse nel paragrafo 2.2, al quale occorre rinviare, senza soffermarsi ulteriormente sulle ragioni che impongono di ritenere fondata la censura difensiva in esame. 4.4. Deve, infine, ritenersi infondato il quarto motivo, con cui si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, in riferimento agli articoli 575, 577 c.p., articolo 192 c.p.p., comma 2, per non avere la Corte territoriale dato adeguato conto degli elementi probatori sulla base dei quali era stato formulato il giudizio di colpevolezza nei confronti di (OMISSIS) per il reato di al capo C, che non poteva essere espresso alla luce delle intercettazioni acquisite nel corso delle indagini preliminari, che apparivano sprovviste di univocita' probatoria nei confronti del ricorrente. Si deduceva, al contempo, che il contenuto delle intercettazioni non poteva ritenersi corroborato dagli esiti, asseritamente positivi, dei rilievi stub effettuati nei confronti del ricorrente, atteso che l'attendibilita' scientifica di tale mezzo di prova postulava il suo espletamento entro il termine di sei ore dall'utilizzo dell'arma usata per commettere l'omicidio di (OMISSIS); condizione cronologica, questa, non riscontrabile nel caso in esame. I rilievi stub, infatti, erano stati eseguiti nei confronti dell'imputato dopo oltre tre ore da tale termine, rendendo l'esito della verifica inattendibile scientificamente e irrilevante ai fini della formulazione del giudizio di colpevolezza censurato. Osserva, in proposito, il Collegio che il nucleo probatorio essenziale su cui la Corte di assise di appello di Lecce fondava la conferma del giudizio di colpevolezza formulato nei confronti di (OMISSIS), relativamente all'ipotesi delittuosa di cui al capo C, e' costituito dagli esiti delle attivita' di intercettazione svolte nel corso delle indagini preliminari, passati analiticamente in rassegna nella decisione impugnata, che venivano correlati ai risultati delle verifiche investigative eseguite nell'immediatezza dei fatti. Tra queste captazioni, innanzitutto, occorre richiamare quelle citate dalla Corte di merito con riferimento alla posizione di (OMISSIS), tra le quali, seguendo l'ordine di esposizione della sentenza impugnata, occorre richiamare l'intercettazione registrata il (OMISSIS), alle ore 21.26, tra (OMISSIS) e (OMISSIS); l'intercettazione registrata il (OMISSIS), alle ore 21.39, tra (OMISSIS) e (OMISSIS); l'intercettazione registrata il (OMISSIS), alle ore 23.07, tra (OMISSIS) e (OMISSIS); l'intercettazione registrata il (OMISSIS), alle ore 23.07, tra (OMISSIS) e (OMISSIS); l'intercettazione registrata il 24 ottobre 2018, alle ore 23.10, tra (OMISSIS) e (OMISSIS), il fratello della compagna, (OMISSIS); l'intercettazione registrata il 24 ottobre 2018, alle ore 23.13, tra (OMISSIS) e (OMISSIS); l'intercettazione registrata il (OMISSIS), alle ore 23.15, tra (OMISSIS) e la compagna, (OMISSIS). Occorre, inoltre, occorre richiamare le captazioni citate dalla Corte territoriale con riferimento alla posizione dell'imputato (OMISSIS), tra le quali, seguendo l'ordine di esposizione della decisione censurata, occorre richiamare l'intercettazione registrata il (OMISSIS), alle ore 21.26, tra (OMISSIS) e (OMISSIS); l'intercettazione registrata il (OMISSIS), alle ore 21.39, tra (OMISSIS) e (OMISSIS); l'intercettazione registrata il (OMISSIS), alle ore 22.25, tra (OMISSIS) e la figlia, Sofia (OMISSIS); l'intercettazione registrata il (OMISSIS), alle ore 22.36, tra (OMISSIS) e la figlia, (OMISSIS); l'intercettazione registrata il (OMISSIS), alle ore 23.09, tra (OMISSIS) e la moglie, (OMISSIS); l'intercettazione registrata il (OMISSIS), alle ore 23.22, tra (OMISSIS) e la cognata, (OMISSIS). Di queste risultanze captative la Corte di merito forniva un'interpretazione ineccepibile, inserendole in un compendio probatorio che consentiva di ritenere dimostrato il coinvolgimento di (OMISSIS) e (OMISSIS) nell'esecuzione dell'omicidio di (OMISSIS), che costituiva il frutto della conoscenza personale degli accadimenti criminosi acquisita dagli imputati, per avere partecipato alle operazioni che si concludevano con l'uccisione della vittima e alle attivita' svolte dopo l'omicidio, finalizzate all'occultamento delle possibili tracce del loro coinvolgimento nell'agguato mortale, allontanandosi da (OMISSIS) a bordo di un'autovettura noleggiata. Questa certezza processuale derivava dal tenore dei colloqui richiamati, il cui contenuto risultava univocamente orientato in senso sfavorevole al ricorrente e a (OMISSIS), consentendo di corroborare l'ipotesi del loro coinvolgimento personale nell'esecuzione dell'omicidio in esame, reso evidente dalle febbrili conversazioni nelle quali gli imputati si trovavano coinvolti, nell'immediatezza dei fatti, nell'arco temporale compreso tra le ore 23.07 e le ore 23.22 del (OMISSIS), nel quale si registravano tredici comunicazioni. La collocazione oraria di queste conversazioni, peraltro, assume un rilievo probatorio pregnante, anche alla luce del fatto che l'omicidio di (OMISSIS), secondo la ricostruzione medico-legale eseguita dal dottor (OMISSIS), veniva eseguito la sera del (OMISSIS), tra le ore 23 e le ore 23.45. Appare, in proposito, opportuno richiamare il passaggio motivazionale esplicitato a pagina 131 del provvedimento impugnato, in cui la Corte di assise di appello di Lecce evidenziava conclusivamente che "sono gli imputati che avvisano altri dell'accaduto e non il contrario"; informazioni che, all'evidenza, i ricorrenti erano in grado di fornire ai loro interlocutori per avere preso parte personalmente all'omicidio di (OMISSIS). Gli esiti di tali captazioni, dunque, corroboravano l'ipotesi accusatoria, secondo cui l'omicidio di (OMISSIS) era stata eseguito da (OMISSIS) e (OMISSIS) poco dopo le ore 23 del (OMISSIS) e traeva origine dalle tensioni sviluppatesi nel mercato degli stupefacenti melissanese, nel quale gli imputati e la vittima gravitavano. Ne' e' possibile dubitare del coinvolgimento personale di (OMISSIS) e (OMISSIS) nelle attivita' frenetiche che precedevano e seguivano l'omicidio di (OMISSIS), emergendo tale dato probatorio dalla sequenza cronologica delle captazioni che si sono richiamate, compresa tra l'intercettazione registrata il 23 luglio 2018, alle ore 21.26 tra (OMISSIS) e (OMISSIS) - che precedeva l'esecuzione dell'agguato - e l'intercettazione registrata il 24 luglio 2018, alle ore 23.22, tra (OMISSIS) e la cognata, (OMISSIS), nella quale l'imputato forniva all'interlocutrice indicazioni sul parcheggio dell'autovettura Fiat Bravo, che era nella sua disponibilita'. Tali, convergenti, elementi probatori assumevano un rilievo sintomatico ancora piu' stringente, alla luce del fatto che le utenze telefoniche di (OMISSIS) e (OMISSIS), nelle ore successive all'esecuzione dell'omicidio di (OMISSIS), dopo l'intercettazione delle ore 23.22, sopra citata, apparivano muoversi contestualmente, venendo registrate lungo lo stesso itinerario coperto dalle relative celle telematiche. Venivano, infatti, registrati gli spostamenti congiunti delle due utenze telefoniche, a (OMISSIS), in cui nelle prime ore del mattino successivo all'attentato mortale, i due imputati venivano controllati a bordo di un'autovettura Renault Modus - che era stata noleggiata il 23 luglio 2018, il giorno prima dell'omicidio di (OMISSIS) -, con la quale erano appena giunti sotto l'abitazione di (OMISSIS), dove i Carabinieri della Compagnia di Casarano, che conducevano le indagini, erano appostati in attesa del loro arrivo, li sottoponevano a fermo. La circostanza che gli imputati erano stati assieme nelle ore successive all'omicidio, del resto, e' avvalorata dal ritrovamento all'interno dell'autovettura Renault Modus, al momento del fermo di polizia, di due scontrini fiscali; uno rilasciato alle 0.18 del 25 luglio 2018 presso il (OMISSIS) e l'altro rilasciato alle ore 1.38 dello stesso giorno presso l'(OMISSIS)" di (OMISSIS). Questi spostamenti, al contempo, costituivano la dimostrazione dell'atteggiamento di (OMISSIS) e (OMISSIS) finalizzato a precostituirsi un alibi, recandosi, tra l'altro, a (OMISSIS) e a Lecce, allo scopo di rappresentare la loro assenza dal territorio di (OMISSIS), nel periodo immediatamente successivo all'omicidio di (OMISSIS). Il compendio probatorio, inoltre, veniva corroborato dagli esiti dei rilievi stub eseguiti nella prima fase delle indagini preliminari, al momento del fermo degli imputati da parte dei Carabinieri della Compagnia di Casarano, avvenuto la mattina del 25 luglio 2008, con le modalita' di cui si e' detto. In particolare, i rilievi stub, eseguiti a distanza di circa nove ore dal momento dell'assassinio di (OMISSIS), consentivano di rinvenire residui da sparo sulle mani di (OMISSIS); sul sedile anteriore dell'autovettura Renault Modus dove era seduto (OMISSIS) al momento del fermo; all'interno dell'autovettura Fiat Bravo, che, nella tarda serata dell'omicidio, (OMISSIS) aveva parcheggiato davanti all'abitazione della cognata (OMISSIS). A ben vedere, la circostanza che gli imputati venivano sottoposti a controllo la mattina del 25 luglio 2018, mentre si trovavano a bordo dell'autovettura Renault Modus noleggiata il 23 luglio 2018, assume un elevato rilievo corroborativo dell'ipotesi accusatoria, proprio alla luce del ritrovamento di residui da sparo all'interno del veicolo; dato, quest'ultimo, che assume una valenza certamente maggiore rispetto al ritrovamento di analoghi residui all'interno della Fiat Bravo parcheggiata davanti all'abitazione di (OMISSIS), nella tarda serata del (OMISSIS), atteso che nei giudizi di merito non si faceva piena chiarezza sull'utilizzo di questa vettura nel giorno dell'omicidio di (OMISSIS). Deve, per altro verso, evidenziarsi che il rinvenimento di particelle da sparo all'esito delle prove stub eseguite nell'immediatezza dei fatti, seppure non poteva ritenersi astrattamente esente da contaminazioni, atteso che i prelievi venivano eseguiti a distanza di tre ore dal limite massimo stabilito dalla comunita' scientifica per garantire l'attendibilita' dei rilievi espletati, assumeva un elevato valore sintomatico, se esaminato in correlazione con gli altri elementi probatori acquisiti nel corso delle indagini preliminari; tutti orientati in senso sfavorevole a (OMISSIS) e (OMISSIS). D'altra parte, l'ipotesi di una contaminazione dei reperti, prospettata dal consulente tecnico di parte, il generale (OMISSIS), sembra collocarsi su un piano meramente congetturale, atteso che, secondo quanto accertato nei giudizi di merito, i militari che avevano eseguito i rilievi stub dopo il fermo degli imputati non avevano preso parte, per un lungo arco temporale precedente, ad alcuna esercitazione di tiro e non avevano utilizzato, per qualsivoglia ragione, le armi in dotazione. Si tratta, dunque, di una prospettazione rilevante su un piano tendenzialmente accademico, come correttamente evidenziato dalla Corte di merito, che ne escludeva la plausibilita', sul piano concreto, alla luce delle emergenze probatorie, che si orientavano univocamente contro (OMISSIS) e (OMISSIS), attese le modalita' con cui i residui da sparo venivano repertati all'esito delle prove stub eseguite la mattina del 25 luglio 2018, che imponevano di ritenere altamente improbabile l'ipotesi di una contaminazione dei reperti acquisiti dai Carabinieri della Compagnia di Casarano. Appaiono, pertanto, pienamente condivisibili le conclusioni alle quali giungeva la Corte di assise di appello di Lecce, che, nel passaggio motivazionale esplicitato nelle pagine 150 e 151, osservava che "l'esito positivo dello stub sulle mani di (OMISSIS); l'esito positivo dello stub all'interno dell'autovettura Fiat Bravo, pacificamente in uso al (OMISSIS), e dell'autovettura Renault Modus, a bordo della quale venivano bloccati entrambi gli imputati la mattina successiva all'omicidio; le febbrili chiamate effettuate da entrambi gli imputati sin dalle 23.07 (...) con cui annunciavano la morte del (OMISSIS) e impartivano direttive a familiari e sodali, in assenza di comunicazioni di altri nei loro confronti; l'alibi falso del (OMISSIS); l'allontanamento, rimasto privo di spiegazione, per tutta la notte di entrambi gli imputati (...) costituiscono indizi gravi, precisi e concordanti a loro carico, dovendosene necessariamente desumere, in assenza di ipotesi alternative lecite, che (OMISSIS) e (OMISSIS) siano gli autori dell'omicidio contestato". 4.4.1. Occorre, a questo punto, soffermarsi sulla questione, strettamente correlata alle doglianze esaminate nel paragrafo precedente, che veniva prospettata in termini analoghi nel ricorso di (OMISSIS), dell'assenza di premeditazione dell'agguato nel quale veniva ucciso (OMISSIS), che si riteneva corroborata dalle emergenze probatorie. Non occorre, invero, soffermarsi ulteriormente sugli scenari che inducevano la Corte di merito a ricondurre l'assassinio di (OMISSIS) nell'ambito delle tensioni maturate in seno al mercato degli stupefacenti melissanese nel quale maturava la decisione di uccidere la persona offesa, passati in rassegna nel paragrafo 4.4, cui si deve rinviare, alla luce dei quali deve ribadirsi che l'azione di (OMISSIS) e (OMISSIS) si inseriva in un progetto criminoso sedimentato, relativamente al quale non e' possibile distinguere, se non artificiosamente, le varie fasi in cui si sviluppava l'azione omicida concretizzatasi nella sera del (OMISSIS). Rispetto a tale pianificazione, non assume un rilievo decisivo la mancata individuazione delle ragioni che avevano indotto i sicari a intervenire proprio in quella parte della giornata del (OMISSIS), inserendosi la loro decisione in una programmazione criminosa accurata, sviluppatasi nel contesto di fibrillazione maturato in seno al mercato degli stupefacenti melissanese, egemonizzato dalla famiglia (OMISSIS). Non e', dunque, possibile ipotizzare, a sostegno dell'assenza di premeditazione nel comportamento criminoso di (OMISSIS) - e di (OMISSIS), che, ai presenti fini, e' sovrapponibile a quella del ricorrente - la natura, non preventivamente concertata del suo apporto concorsuale, dovendosi evidenziare che, per ipotizzare un siffatto contributo, occorreva che la condotta dei sicari si fosse presentata come assolutamente occasionale rispetto alla programmazione dell'uccisione di (OMISSIS); connotazione, questa, che non e' certamente ravvisabile nel ruolo esecutivo del ricorrente, inserito in un progetto criminoso sedimentato in un ampio arco temporale, rispetto al quale l'uccisione della vittima costituiva l'epilogo, quasi inevitabile, delle tensioni maturate tra la persona offesa e la famiglia (OMISSIS), che prescinde dalla mancata individuazione delle ragioni che inducevano ad agire nella tarda serata del (OMISSIS). Si muove, del resto, in questa direzione, l'utilizzo dell'autovettura Renault Modus, che era stata noleggiata il 23 luglio 2018 e che sarebbe stata restituita, secondo quanto concordato contrattualmente il 26 luglio 2018, a distanza di due giorni dall'esecuzione dell'omicidio di (OMISSIS), che trova la sua giustificazione unicamente nella programmazione criminosa, accuratamente predisposta dai sicari. L'impiego dell'autovettura noleggiata, peraltro, assume un rilievo probatorio ancora piu' pregnante, nella cornice probatoria prefigurata dalla Corte di assise di appello di Lecce, alla luce del fatto che il veicolo in questione veniva utilizzato dai sicari per allontanarsi da (OMISSIS) nella tarda serata del (OMISSIS) e farvi ritorno la mattina dopo, quando gli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS) venivano fermati, a bordo dello stesso mezzo, dai Carabinieri della Compagnia di Casarano. Occorre, pertanto, ribadire che le evidenze processuali e il contesto criminale, collegato al mercato degli stupefacenti melissanese, nel quale maturava la decisione di uccidere (OMISSIS), smentiscono l'estemporaneita' dell'azione omicida, che appare priva delle connotazioni di occasionalita' invocate dalla difesa del ricorrente, imponendo, al contrario, il riconoscimento dell'aggravante di cui all'articolo 577 c.p., comma 1, n. 3, che deve essere ricostruita in termini oggettivi, tenendo conto della sedimentazione nel tempo del progetto criminoso, di cui i sicari avevano piena consapevolezza, rispetto al quale la scelta di intervenire nella tarda serata del (OMISSIS) non assume un valore decisivo ai fini della formulazione del giudizio di colpevolezza censurato. Il riconoscimento circostanziale, dunque, appare pienamente rispettoso del compendio probatorio acquisito nei confronti degli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS) e conforme alla giurisprudenza consolidata di questa Corte, secondo cui: "Elementi costitutivi della circostanza aggravante della premeditazione sono un apprezzabile intervallo temporale tra l'insorgenza del proposito criminoso e l'attuazione di esso, tale da consentire una ponderata riflessione circa l'opportunita' del recesso (elemento di natura cronologica) e la ferma risoluzione criminosa perdurante senza soluzione di continuita' nell'animo dell'agente fino alla commissione del crimine (elemento di natura ideologica)" (Sez. U, n. 337 del 18/12/2008, dep. 2009, Antonucci, Rv. 241575-01). Si tratta, del resto, di un orientamento ermeneutico che si inserisce nel solco di un filone giurisprudenziale risalente nel tempo, tuttora insuperato, che si attaglia perfettamente all'ipotesi omicidiaria che si sta considerando, che e' possibile esplicitare richiamando il seguente principio di diritto: "In tema di omicidio, dalla preordinazione del crimine, concernente le modalita' di esecuzione di esso, che non e' da sola sufficiente a denotarne la premeditazione, possono essere tratti elementi sintomatici idonei ad una corretta individuazione e qualificazione del dolo del soggetto agente, con la conseguenza che la causale del fatto, la preordinazione accurata dei mezzi per porlo in essere, la ricerca della occasione piu' favorevole per realizzarlo e le modalita' di esecuzione del delitto sono fatti oggettivi dai quali il giudice di merito puo', con adeguata motivazione, desumere la sussistenza o meno della circostanza aggravante prevista dall'articolo 577 c.p., comma 1 n. 3" (Sez. 1, n. 4956 del 15/03/1993, Ardito, Rv. 194557-01). In questa cornice, appaiono pienamente condivisibili le conclusioni alle perveniva la Corte di merito, che nel passaggio motivazionale esplicitato a pagina 127, osservava: "Ricorrono dunque. (...) le diverse componenti della premeditazione: quella cronologica, avendo gli imputati avuto a disposizione un apprezzabile periodo di tempo tra risoluzione criminosa ed azione, sufficiente a farli riflettere sulla decisione presa; basti pensare alle precedenti circostanze in cui avevano piu' volte intimato agli antagonisti di "andare via" e di non ostacolare la loro egemonia nell'attivita' di spaccio di stupefacenti in quella zona (...); sussistendo inoltre la componente psicologica consistente nel perdurare nella risoluzione criminosa ferma ed irrevocabile, chiusa ad ogni resipiscenza". 4.4.2. A queste, pur dirimenti, considerazioni, deve aggiungersi che, nella valutazione del contenuto delle intercettazioni telefoniche o ambientali, gli indizi raccolti in tale ambito possono costituire fonte probatoria diretta e non devono necessariamente trovare riscontro in altri elementi esterni, qualora siano gravi, precisi e concordanti, fermo restando che l'interpretazione del linguaggio e del contenuto delle captazioni che si sono richiamate nel paragrafo precedente, che fanno espressamente riferimento a (OMISSIS), costituisce una questione meramente fattuale, rimessa alla valutazione del giudice di merito, che si sottrae al sindacato di legittimita', se motivata in conformita' ai criteri della logica e delle massime di esperienza, alla verifica dei quali il Collegio si deve attenere (Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, D'Andrea, Rv. 268389-01; Sez. 6, n. 46301 del 30/10/2013, Corso, Rv. 258164-01; Sez. 6, n. 15396 dell'11/12/2007, dep. 2008, Sitzia, Rv. 239636-01). Ne discende che non e' possibile operare una reinterpretazione complessiva del contenuto di tali conversazioni in sede di legittimita', sulla scorta di quanto prospettato dalla difesa di (OMISSIS), pur pregevolmente, essendo una siffatta operazione di ermeneutica processuale preclusa a questo Collegio, conformemente al seguente principio di diritto: "In materia di intercettazioni telefoniche, costituisce questione di fatto, rimessa all'esclusiva competenza del giudice di merito, l'interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non puo' essere sindacato in sede di legittimita' se non nei limiti della manifesta illogicita' ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite" (Sez. 2, n. 35181 del 22/05/2013, Vecchio, Rv. 257784-01; si vedano, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 3, n. 35593 del 17/05/2016, Folino, Rv. 267650-01; Sez. 1, n. 3643 del 26/05/1997, Scotto, v. 208254-01). In questo contesto, occorre ribadire il consolidato principio di diritto secondo cui, a seguito della riformulazione normativa dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), mentre e' consentito dedurre con il ricorso per cassazione il vizio di travisamento della prova, non e' consentito dedurre il vizio di travisamento del fatto, stante la preclusione per il giudice di legittimita' di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella che e' stata compiuta nei giudizi di merito. Se cosi' non fosse, si domanderebbe a questa Corte il compimento di un'operazione estranea al giudizio di legittimita', come quella della reinterpretazione degli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione (Sez. 3, n. 39729 del 18/06/2009, Belluccia, Rv. 244623-01; Sez. 5, n. 39048 del 25/09/2007, Casavola, Rv. 238215-01; Sez. 1, n. 25117 del 14/07/2006, Stojanovic, Rv. 234167-01). Discorso, questo, che vale anche con riferimento alla lettura del contenuto delle conversazioni e delle comunicazioni captate durante le indagini preliminari, rispetto alle quali e' stato tratteggiato, sia nel ricorso di (OMISSIS) sia nel ricorso di (OMISSIS), in termini sostanzialmente assimilabili, un mero problema di interpretazione delle frasi e del linguaggio usato dai soggetti interessati a quelle intercettazioni, che costituisce una questione esclusivamente fattuale, rimessa all'apprezzamento del giudice di merito, che si sottrae al giudizio di legittimita' se e nella misura in cui le valutazioni effettuate in concreto risultino logiche e coerenti in rapporto alle massime di esperienza utilizzate per l'interpretazione delle captazioni. Sul punto, allo scopo di circoscrivere con maggiore puntualita' gli ambiti di intervento del giudice di legittimita' in relazione all'operazione di ermeneutica processuale compiuta dai Giudici di merito leccesi sui risultati delle intercettazioni oggetto di vaglio, si ritiene utile richiamare il seguente principio di diritto: "In tema di valutazione della prova, con riferimento ai risultati delle intercettazioni di comunicazioni, il giudice di merito deve accertare che il significato delle conversazioni intercettate sia connotato dai caratteri di chiarezza, decifrabilita' dei significati e assenza di ambiguita', di modo che la ricostruzione del significato delle conversazioni non lasci margini di dubbio sul significato complessivo della conversazione" (Sez. 6, n. 29530 del 03/05/2006, Rispoli, Rv. 235088-01; si vedano, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 6, n. 5224 del 02/10/2019, Acampa, Rv. 278611-01; Sez. 5, n. 48286 del 12/07/2016, Cigliola, Rv. 268414-01; Sez. 6, n. 17619 dell'08/01/2008, Gionta, Rv. 239724-01). Questa posizione ermeneutica, da ultimo, e' stata ribadita dalle Sezioni Unite, secondo cui: "In tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l'interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimita'" (Sez. U, n. 22741 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715-01). 4.4.3. Queste ragioni impongono di ribadire l'infondatezza del secondo motivo di ricorso. 4.5. Le considerazioni esposte impongono di ribadire la parziale fondatezza dell'impugnazione di (OMISSIS), in accoglimento del secondo motivo di ricorso, cui consegue l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata, nei termini di cui in dispositivo. L'atto di impugnazione proposto nell'interesse dell'imputato (OMISSIS), nel resto, deve essere rigettato. 5. Deve, infine, ritenersi parzialmente fondato il ricorso di (OMISSIS), proposto a mezzo dell'avvocato (OMISSIS) e dall'avvocato (OMISSIS), articolato in due motivi. 5.1. Deve ritenersi fondato il primo motivo, prospettato in termini sovrapponibili al secondo motivo del ricorso di (OMISSIS), con cui si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione del provvedimento impugnato, in riferimento all'articolo 192 c.p.p. e articolo 74 Testo Unico stup., per non avere la Corte di merito dato esaustivo conto del giudizio di colpevolezza formulato nei confronti di (OMISSIS) per il reato di cui al capo A, che si poneva in contrasto con gli esiti delle intercettazioni acquisite nel corso delle indagini preliminari, che imponevano di escludere il coinvolgimento dell'imputato nelle attivita' consortili contestate. Occorre, in proposito, ribadire, in linea con quanto si e' evidenziato nel paragrafo 2.2, nell'esaminare il secondo motivo del ricorso di (OMISSIS), cui si deve rinviare, che il vaglio di questa doglianza postula la risoluzione della questione della sovrapponibilita' del compendio probatorio di questo procedimento e di quello acquisito nel procedimento n. 5831/2019 R.G. G.I.P., che e' collegata al problema dell'autonomia dei due giudizi, affermata in termini assertivi nella decisione censurata. Ne discende l'assorbimento di questa doglianza nelle ragioni che impongono l'accoglimento del secondo motivo del ricorso di (OMISSIS), i cui effetti si estendono ad (OMISSIS), ai sensi dell'articolo 587 c.p.p., per le considerazioni esposte nel paragrafo 2.2, al quale occorre rinviare ulteriormente, per la compiuta ricognizione degli argomenti che impongono di ritenere assorbita la censura difensiva in esame. 5.2. Deve, invece, ritenersi infondato il secondo motivo di ricorso, con cui si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, per non avere la Corte di assise di appello di Lecce dato esaustivo conto degli elementi probatori sulla base dei quali era stato formulato il giudizio di colpevolezza nei confronti di (OMISSIS) per il reato di al capo C, che non poteva essere espresso sulla base delle intercettazioni acquisite nel corso delle indagini preliminari, sprovviste di univocita' probatoria. Si deduceva, al contempo, che la Corte territoriale non aveva dato adeguato conto delle ragioni che non consentivano di ritenere necessaria ai fini della decisione, relativamente al reato di cui al capo C, l'audizione ex articolo 603 c.p.p. del teste (OMISSIS), la cui escussione avrebbe consentito di escludere il coinvolgimento di (OMISSIS) nell'esecuzione dell'omicidio di (OMISSIS). 5.2.1. Osserva, innanzitutto, il collegio che la conferma del giudizio di colpevolezza formulata dalla Corte di merito nei confronti di (OMISSIS) discende dall'univocita' del compendio probatorio acquisito nei suoi confronti, su cui ci si e' analiticamente soffermati nel valutare la posizione del coimputato (OMISSIS), nei paragrafi 4.4, 4.4.1 e 4.4.2, ai quali occorre rinviare per la compiuta ricognizione delle ragioni che impongono di ritenere infondata la doglianza in esame. Non puo', in proposito, non ribadirsi che la posizione di (OMISSIS) e' sovrapponibile a quella di (OMISSIS), essendo i due imputati personalmente coinvolti nelle intercettazioni registrate nei segmenti temporali che precedeva e seguivano l'omicidio di (OMISSIS), captate tra le ore 21.26 e le ore 23.22 del (OMISSIS), sulle quali ci si e' soffermati nel paragrafo 4.4, al quale si deve rinviare ulteriormente. Tali conclusioni, peraltro, erano corroborate dal dato, processualmente incontroverso, secondo cui le utenze telefoniche di (OMISSIS) e (OMISSIS), nelle ore successive all'esecuzione dell'omicidio di (OMISSIS), si muovevano contestualmente, venendo registrate lungo lo stesso itinerario e coperto dalle relative celle telematiche, rendendo pressoche' certo che i due ricorrenti, dopo la realizzazione dell'agguato mortale erano stati assieme, fino a quando non venivano fermati la mattina successiva all'assassinio, il 25 luglio 2018, dai Carabinieri della Compagnia di Casarano. Si tenga, infine, presente, in linea con quanto si e' gia' affermato nel paragrafo 4.4, cui si rinvia ulteriormente, che le attivita' d'indagine venivano corroborate dagli esiti dei rilievi stub eseguiti il giorno dopo l'omicidio, che consentivano di accertare la presenza di residui da sparo sulle mani di (OMISSIS) e sul sedile anteriore del veicolo dove era seduto (OMISSIS) al momento del fermo dei due imputati da parte dei militari casaranesi; prova, questa, che, seppure non del tutto attendibile sul piano scientifico, attesi i tempi di espletamento dei rilievi, laddove valutata in correlazione con tutti gli altri elementi probatori, convergeva nei confronti di (OMISSIS) - e del coimputato (OMISSIS) -, imponendo di confermare il giudizio di responsabilita' formulato dalla Corte di merito. A queste, pur dirimenti, considerazioni, deve aggiungersi che l'ipotesi alternativa, prospettata in termini meramente ipotetici dalla difesa di (OMISSIS), finalizzata a escludere il suo coinvolgimento nell'omicidio di (OMISSIS) - che sarebbe stato commesso da terzi non identificati -, oltre che illogico e processualmente incongruo, si sarebbe posta in contrasto con la giurisprudenza consolidata di questa Corte, secondo cui: "In tema di valutazione della prova, il ricorso al criterio di verosimiglianza e alle massime d'esperienza conferisce al dato preso in esame valore di prova se puo' escludersi plausibilmente ogni spiegazione alternativa che invalidi l'ipotesi all'apparenza piu' verosimile, ponendosi, in caso contrario, tale dato come mero indizio da valutare insieme con gli altri elementi risultanti dagli atti" (Sez. 6, n. 5905 del 29/11/2011, dep. 2012, Brancucci, Rv. 252066-01; si vedano, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 4, n. 22790 del 13/04/2018, Mazzeo, Rv. 272995-01; Sez. 6, n. 36430 del 28/05/2014, Schembri, Rv. 260813-01; Sez. 2, n. 44048 del 13/10/2009, Cassarino, Rv. 245627-01). Questo orientamento ermeneutico, del resto, si inserisce in un filone giurisprudenziale ormai consolidato, in tema di ricorso al criterio di verosimiglianza e alle massime di esperienza, che e' possibile esplicitare richiamando il seguente principio di diritto: "Nella valutazione probatoria giudiziaria - cosi' come, secondo la piu' moderna epistemologia, in ogni procedimento di accertamento (scientifico, storico, etc.) - e' corretto e legittimo fare ricorso alla verosimiglianza ed alle massime di esperienza, ma, affinche' il giudizio di verosimiglianza conferisca al dato preso in esame valore di prova, e' necessario che si possa escludere plausibilmente ogni alternativa spiegazione che invalidi l'ipotesi all'apparenza piu' verosimile. Ove cosi' non sia, il suddetto dato si pone semplicemente come indizio da valutare insieme a tutti gli altri elementi risultanti dagli atti" (Sez. 1, n. 4652 del 21/10/2004, dep. 2005, Sala, Rv. 230873-01; si vedano, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 6, n. 49029 del 22/10/2014, Leone, Rv. 261220-01; Sez. 6, n. 31706 del 07/03/2003, Abbate, Rv. 228401-01; Sez. 1, n. 329 del 22/10/1990, dep. 1991, Grilli, Rv. 186149-01). 5.2.2. Parimenti infondata deve ritenersi la correlata censura difensiva, relativa alla mancata audizione del teste (OMISSIS) ex articolo 603 c.p.p., finalizzata a dimostrare l'erroneita' dell'individuazione di (OMISSIS) quale esecutore materiale dell'omicidio di (OMISSIS). Secondo la difesa del ricorrente, la rinnovazione parziale del dibattimento, finalizzata a escutere il teste (OMISSIS), era funzionale a conoscere le ragioni per le quali, in un orario concomitante con l'omicidio, lo stesso si sarebbe dovuto incontrare con (OMISSIS), avendogli inviato due messaggi, trasmessigli alle ore 21.17 e alle ore 21.21 del (OMISSIS), dal contenuto dei quali emergeva che i due soggetti avevano concordato un appuntamento per la tarda serata dell'omicidio, sul tenore del quale nei giudizi di merito non si era fatta chiarezza. Osserva, in proposito, il Collegio che il compendio probatorio acquisito nei giudizi di merito non consentiva di ritenere necessario l'esame del teste (OMISSIS), che peraltro non era stato nemmeno identificato nei giudizi di merito, invocato ai sensi dell'articolo 603 c.p.p., che postulava una rivalutazione complessiva degli accadimenti criminosi incompatibile con il compendio probatorio su cui ci si e' diffusamente nei paragrafi 4.4, 4.4.1 e 4.4.2, cui si rinvia ulteriormente. Rispetto a questa ricostruzione degli accadimenti criminosi l'espletamento di ulteriori verifiche dibattimentali, nel caso di specie incentrate sull'escussione del teste (OMISSIS), tenuto conto dell'univocita' del compendio probatorio acquisito nei giudizi di merito nei confronti dell'imputato (OMISSIS), non era idoneo a disarticolare il percorso argomentativo seguito dalla Corte di assise di appello di Lecce. Sul punto, non si puo' che richiamare il passaggio motivazionale della sentenza impugnata, esplicitato a pagina 128, in cui si evidenziava, con argomenti assolutamente pertinenti, anche alla luce delle considerazioni esposte nel paragrafo 5.2.1 (Sez. 6, n. 5905 del 29/11/2011, dep. 2012, Brancucci, cit.), cui si rinvia, che la ragione che non consentiva l'accoglimento della richiesta di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale ex articolo 603 c.p.p. era "costituita dalla certezza, al di la' di ogni ragionevole dubbio, che gli autori dell'omicidio siano gli odierni imputati, dovendosi immediatamente evidenziare che la Corte condivide integralmente il percorso motivazionale del primo giudice, che ha gia' fondatamente disatteso gran parte delle doglianze difensive". Pertanto, le richieste di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale formulate nel giudizio di secondo grado nell'interesse di (OMISSIS) non erano meritevoli di accoglimento, dovendosi ribadire, in linea con la giurisprudenza consolidata di questa Corte, che alla rinnovazione dell'istruzione dibattimentale si puo' ricorrere "solo quando il giudice ritenga "di non poter decidere allo stato degli atti", sussistendo tale impossibilita' unicamente quando i dati probatori gia' acquisiti siano incerti, nonche' quando l'incombente richiesto sia decisivo, nel senso che lo stesso possa eliminare le eventuali incertezze ovvero sia di per se' oggettivamente idoneo ad inficiare ogni altra risultanza" (Sez. 6, n. 20095 del 26/02/2013, dep. 09/05/2013, Ferrara, Rv. 256228-01). Non e', del resto, dubitabile che alla rinnovazione dell'istruzione nel giudizio di appello, disposta ex articolo 603 c.p.p., si puo' ricorrere solo quando il giudice ritenga che i dati probatori acquisiti nel giudizio di merito siano insufficienti e, per converso, che l'incombente richiesto sia decisivo, nel senso di eliminare le eventuali incertezze ovvero di inficiare ogni altra, contraria, risultanza, riguardante, nel caso di specie, gli autori dell'omicidio di (OMISSIS). La disposizione dell'articolo 603 c.p.p., dunque, consente al giudice, nel caso in cui la situazione processuale presenti effettivamente un significato incerto, al contrario di quanto riscontrabile con riferimento alla posizione di (OMISSIS), su cui convergeva il compendio probatorio acquisito nei giudizi di merito, gia' richiamato, di ammettere l'integrazione probatoria richiesta, sull'assunto che l'incombente istruttorio possa apportare un contributo considerevole e utile al processo, risolvendo i dubbi e consentendo una ricostruzione alternativa degli accadimenti criminosi, come costantemente affermato da questa Corte (Sez. 3, n. 35372 del 23/05/2007, Panozzo, Rv. 237410-01; Sez. 3, n. 21687 del 07/04/2004, Novarese, Rv. 228920-01; Sez. 3, n. 3348 del 13/11/2003, Pacca, Rv. 227494-01). 5.2.3. Queste ragioni impongono di ribadire l'infondatezza del secondo motivo del ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS). 5.3. Le considerazioni esposte impongono di ribadire la fondatezza del ricorso proposto da (OMISSIS) in accoglimento del primo motivo di ricorso, cui consegue l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata, nei termini di cui in dispositivo. L'atto di impugnazione proposto nell'interesse dell'imputato (OMISSIS), nel resto, deve essere rigettato. 6. Le considerazioni esposte impongono conclusivamente l'annullamento della sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo A, con il conseguente rinvio per nuovo giudizio su tale capo alla Corte di assise di appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto. Devono essere rigettati, nel resto, i ricorsi proposti dagli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS). Consegue a tali statuizioni processuali la condanna degli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS) alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute dalle parti civili (OMISSIS) e (OMISSIS), rappresentate dall'avv. Rocco Luigi Corvaglia, che si liquidano in complessivi Euro 7.000,00, oltre accessori di leggi, nonche' dalla parte civile (OMISSIS), rappresentata dall'avv. (OMISSIS), che si liquidano in complessivi Euro 4.500,00, oltre accessori di legge. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo A) con rinvio per nuovo giudizio su tale capo alla Corte di assise di appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto. Rigetta nel resto i ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS). Condanna (OMISSIS) e (OMISSIS) alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute dalle parti civili (OMISSIS) e (OMISSIS), rappresentate dall'avv. (OMISSIS), che liquida in complessivi Euro 7.000,00, oltre accessori di leggi, nonche' dalla parte civile (OMISSIS), rappresentato dall'avv. (OMISSIS), che liquida in complessivi Euro 4.500,00, oltre accessori di legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CIAMPI Francesco Maria - Presidente Dott. CAPPELLO Gabriella - Consigliere Dott. BRUNO Mariarosar - rel. Consigliere Dott. D'ANDREA Alessandro - Consigliere Dott. DAWAN Daniela - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 10/11/2022 del TRIB. LIBERTA' di CATANZARO; udita la relazione svolta dal Consigliere BRUNO MARIAROSARIA; lette le conclusioni del PG COSTANTINI FRANCESCA. RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza del 10/11/2022, il Tribunale di Catanzaro, provvedendo in sede di riesame ai sensi dell'articolo 309 c.p.p., ha parzialmente annullato l'ordinanza applicativa della misura cautelare della custodia in carcere emessa nei confronti di (OMISSIS) dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Cosenza per il delitto di omicidio volontario in danno di (OMISSIS) (capo a) della contestazione provvisoria) ed ha confermato la medesima ordinanza, emessa in data 20/10/22, per il reato di illecita detenzione e cessione di sostanza stupefacente del tipo marijuana al figlio minorenne (capo b) della contestazione). Alla stregua di quanto riportato in motivazione, ai fini che interessano in questa sede, il quadro cautelare gravemente indiziario confermato nella ordinanza del riesame in relazione al capo b) della rubrica si fonda sul compendio delle intercettazioni riversato in atti. Le intercettazioni, nel periodo da giugno ad agosto 2020, attivate nell'ambito delle indagini che avevano riguardato l'omicidio, rivelarono condotte continuative di cessione di sostanza stupefacente del tipo marijuana poste in essere dal ricorrente nei confronti del figlio (OMISSIS), minorenne. Le conversazioni, in cui si faceva anche esplicito riferimento alla sostanza stupefacente ("erba", "canne"), trovarono riscontro in un servizio di osservazione predisposto dalla polizia giudiziaria, culminato nel sequestro di grammi 2,80 di sostanza stupefacente del tipo marijuana trovata in possesso del minore. 2. Ha proposto ricorso per cassazione l'interessato, a mezzo dei suoi difensori, Avv. (OMISSIS) e (OMISSIS), articolando i motivi di doglianza di seguito sinteticamente illustrati. 1) Erronea applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1; vizio della motivazione in relazione al principio dell'autonoma valutazione del giudice; mancata riqualificazione del fatto contestato quale consumo "di gruppo". Si duole la difesa della qualificazione giuridica attribuita al fatto. La interpretazione delle conversazioni intercettate, unico elemento indiziario a carico del ricorrente, avrebbe dovuto indurre il Tribunale ad individuare in atti una ricostruzione alternativa della vicenda. Non e' sostenibile, alla stregua di quanto risulta dai dialoghi, che il ricorrente avesse la disponibilita' della sostanza stupefacente da cedere, al figlio. Nei colloqui intercettati, infatti, su richiesta del figlio, il ricorrente esortava (OMISSIS) a verificare personalmente se la sostanza fosse arrivata con espressioni criptiche ("vedi se hanno portato il mangiare al cane"; "vedi nella cassetta della posta se mi e' arrivata la raccomandata che oggi mi doveva arrivare"; "hai visto se il gelato te l'ha portato-"). Tali circostanze rivelano come il ricorrente si limitasse ad acquistare la sostanza stupefacente per i bisogni suoi e del figlio, senza avere un canale di approvvigionamento fisso. Non sono state valorizzate le emergenze investigative dalle quali chiaramente emerge come la condotta dell' (OMISSIS) si sia sostanziata in acquisti pero' conto di terzi, laddove lo stesso rende conto al figlio dell'entita' della spesa. Il tribunale avrebbe omesso qualsiasi analisi in ordine alla prospettazione dell'uso di gruppo, limitandosi ad affermare che la ricostruzione difensiva sarebbe non condivisibile, senza tuttavia chiarirne le ragioni. 2) Erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione in ordine alla mancata qualificazione del fatto ai sensi Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5. L'iter argomentativo seguito sul punto dal tribunale sarebbe contraddittorio. Da un lato si afferma che la sussistenza del comma 5 e' deducibile da plurimi elementi e, quindi, non solo dal dato quantitativo ma anche da quello qualitativo e da tutti i parametri richiamati dalla disposizione, dall'altro si sostiene che il quantitativo di droga ceduta sarebbe non esiguo e, pertanto, cio' denoterebbe una professionalita' nel reperimento della droga, una contiguita' con ambienti malavitosi dediti al narcotraffico con possibilita' di garantirsi il rifornimento di un quantitativo considerevole di sostanza, incompatibile con il riconoscimento del comma 5. Gli episodi contestati all' (OMISSIS) fra giugno ed agosto 2020 hanno ad oggetto quantitativi di sostanza senza dubbio modesti, come e' dato desumersi da plurimi elementi non considerati dal tribunale. Si sostiene in motivazione come il caso in esame non riguardi soltanto l'ipotesi della c.d. "droga parlata" in quanto il compendio delle intercettazioni sarebbe supportato e riscontrato dal sequestro operato ai danni dell' (OMISSIS) in data 29/8/2020. Giova rammentare come il riscontro in parola avrebbe consentito di accertare la presunta cessione di appena 2,8 grammi di sostanza stupefacente di tipo marijuana, quantitativo che, notoriamente, e' appena sufficiente per la realizzazione di una "canna". Analoghi quantitativi sarebbero stati ceduti nelle altre occasioni, come si desume da affermazioni del tipo "sono proprio piccole ", "ha portato una cacata" et similia. Anche a voler valorizzare i due episodi in cui l' (OMISSIS) avvertirebbe il figlio della consegna di un quantitativo maggiore con le espressioni "e seziona... che ci vuole domani sera gia' te lo dico", oppure "te la sei finita tutta, ora ci vuole domani", il riferimento e' evidenteme'nte ad un quantitativo comunque modesto. Altri due dati depongono a favore del riconoscimento del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5: il primo attiene alla mancata esecuzione, nell'unico episodio in cui vi e' stato sequestro, di qualsivoglia accertamento tecnico scientifico teso a quantificare il principio attivo della sostanza, unico elemento idoneo ad accertare senza ombra di dubbio il potenziale offensivo della sostanza; il secondo riguarda il contenuto delle intercettazioni, in cui si' parla di acquisti di quantita' modeste, i cui importi non superano trenta Euro. L'approvvigionamento pressoche' quotidiano e' notoriamente riconducibile ad un'abitualita' nel consumo e non necessariamente ad una professionalita' dell'agire. 3) Violazione di legge in relazione agli articoli 274 e 275 c.p.p.; vizio di motivazione. L'ordinanza del tribunale del riesame di Catanzaro sarebbe censurabile anche con riferimento ai profili specifici della sussistenza delle esigenze cautelari e dei criteri di scelta della misura da applicare. Giova rimarcare come, nell'originaria ordinanza custodiale, il Giudice per le indagini preliminari avesse formalmente disposto la misura per entrambi i fatti contestati; sostanzialmente, pero', aveva motivato la sussistenza delle esigenze cautelari in relazione alla vicenda relativa all'omicidio di (OMISSIS). Il tribunale del riesame, annullando l'ordinanza custodiale con riferimento al fatto omicidiario, integra con motivazione additiva le ragioni del primo giudice della cautela onde sostenere la permanenza in vinculis dell'odierno ricorrente. Pertanto motiva l'ordinanza impugnata sostenendo la ricorrenza del pericolo di reiterazione del reato, atteso il pessimo curriculum criminale dell'indagato nonche' il pericolo di inquinamento probatorio, potendo l' (OMISSIS) influenzare il figlio, inficiando cosi' l'acquisizione della prova in dibattimento. Il riferimento "al pessimo curriculum criminale dell' (OMISSIS)" e' un fuor d'opera. Allo stato, infatti, (OMISSIS) e' soggetto condannato con sentenza definitiva unicamente per la ricettazione e la detenzione di un'arma clandestina e non ha precedenti specifici per reati in materia di stupefacenti. Anche il riferimento al procedimento penale scaturito dall'operazione denominata "Gazze ladre", in cui e' indagato per reati di stupefacenti, si palesa, allo stato, come una mera suggestione. In relazione a tale procedimento, infatti, l'originaria contestazione per il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 e' venuta meno per effetto della pronuncia del- Tribunale del riesame di Catanzaro che ha escluso la gravita' indiziaria ritenendo l'ipotesi assimilabile, ancora una volta, ad un consumo di gruppo non punibile. Assolutamente suggestivo si rivela il riferimento alla presunta cessione di sostanza stupefacente da parte del ricorrente a (OMISSIS) durante la loro travagliata relazione: il tribunale non chiarisce da quale fonte abbia tratto tale informazione. Anche il pericolo di inquinamento probatorio e' argomento censurabile: l'articolo 274 c.p.p., comma 1, lettera a) si riferisce unicamente alla fase delle indagini preliminari, ormai conclusa nel presente caso. Il Tribunale ha anche omesso di motivare in ordine ai criteri di scelta della misura. La custodia in carcere non si giustifica, ben potendo le esigenze cautelari essere soddisfatte con l'applicazione della misura degli arresti domiciliari ed il ricorso al c.d. braccialetto elettronico. 2.1 L'Avv. (OMISSIS) ha depositato motivi aggiunti nei quali deduce quanto segue: 1) Violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c) ed e), in relazione all'articolo 125 c.p.p., comma 3; motivazione apparente del provvedimento impugnato ed omessa valutazione degli elementi decisivi in ordine all'asserita gravita' indiziaria. Il provvedimento del tribunale del riesame sarebbe solo apparentemente motivato in ordine alla sussistenza dellao'gravita' indiziaria del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73. Il Collegio, infatti, si e' solo apparentemente confrontato con gli elementi tipici della norma incriminatrice, omettendo di considerare elementi decisivi per l'accertamento del fatto sollecitati in sede di discussione. In particolare, non ha compiutamente motivato rispetto all'esclusione della ricorrenza del comma 5 della norma incriminatrice. L'ordinanza fa genericamente riferimento all'aspetto quantitativo, ritenuto "di non lieve entita'" senza esplicitarne le ragioni; illegittimamente desume il carattere della "professionalita' nel reperimento della droga" e la contiguita' ad "ambienti malavitosi del narcotraffico", desumendo tali circostanze dal dato quantitativo, senza mai accennare alle risultanze investigative. Da ultimo, menziona genericamente la reiterazione delle condotte, pur ammettendo che tale elemento non possa assurgere ad autonomo parametro per escludere l'attenuante della "lieve entita'" della cessione. Con riferimento alla continuita' delle dazioni, il tribunale ha omesso di considerare che, in relazione a molti degli episodi risultanti dal compendio intereettafivo, difetti la prova della cessione. Molteplici sono gli episodi in. cui la cessione e' riscontrata da un mero proposito di approvvigionamento ovvero dal mero riferimento ad un ipotetico soggetto terzo, rimasto del tutto sconosciuto, incaricato di consegnare la sostanza stupefacente. A tali ipotesi non seguono effettivi riscontri (servizi di O.c.p. o sequestri della sostanza). Sotto il profilo dell'elemento quantitativo, il Giudice estensore ha omesso di valutare i riferimenti contenuti nelle conversazioni intercettate dalle quali si evince l'inesistenza di una detenzione a fini di "riserva" da parte dell' (OMISSIS); l'unico assuntore con il quale il ricorrente si rapporta e' il figlio (OMISSIS). Inoltre, i quantitativi oggetto delle singole cessioni, anche complessivamente considerati, non superano la soglia di un quantitativo oltremodo modesto. 2) Violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), con riferimento al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 e articolo 192 c.p.p.. Si censura l'ordinanza impugnata nella parte in cui ha ritenuto l'aggravante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80 per essere state le cessioni rivolte a soggetto minore d'eta'. La condotta del ricorrente consisterebbe nel procurare ad altri lo stupefacente, essendosi sostanziata in una intermediazione nell'acquisto tra il soggetto detentore della sostanza ed il figlio. E' incontestato il fatto che (OMISSIS) non disponga di una propria autonoma riserva di sostanza stupefacente e che sia solito rivolgersi a terzi per la consegna al figlio; egualmente pacifico e' il fatto l' (OMISSIS) non provveda mai alla consegna della sostanza stupefacente e che egli si interessi solo di effettuare contatti preliminari, senza avere alcuna certezza in ordine alla effettiva consegna al figlio dello stupefacente. Con riferimento alla condotta dell'intermediazione all'acquisto la giurisprudenza di legittimita' ha stabilito che "affinche' sussista il delitto di offerta e messa in vendita e' necessario che l'agente abbia l'effettiva disponibilita' della sostanza, essendo questo il naturale presupposto dell'offerta in vendita (...) in caso contrario, sarebbe violato il principio di legalita' sancito dall'articolo 1 c.p. e quello di offensivita' che la norma sottende". Alla luce della citata ricostruzione, si eccepisce la violazione dell'articolo 192 c.p.p., per avere i giudici erroneamente valutato il compendio probatorio costituito dalle intercettazioni, non fornendo alcuna indicazione sui criteri adottati per ritenere raggiunta la prova della detenzione della sostanza stupefacente. 3) Violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), con riferimento al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 per il mancato riconoscimento dell'ipotesi del c.d. consumo di gruppo. Si eccepisce la falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, in ordine all'omessa valutazione di punti decisivi per l'accertamento del fatto e all'omessa indicazione dei criteri che hanno indotto il tribunale ad escludere l'ipotesi non punibile del consumo di gruppo della sostanza stupefacente. 4) Violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c), per inosservanza ed erronea applicazione di norme processuali con particolare riferimento agli' articoli 266, 270 e 335 c.p.p.. Si eccepisce l'inutilizzabilita' del compendio delle intercettazioni sulla base del quale e' stato contestato ad (OMISSIS) il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73. Per giurisprudenza costante, infatti, "in caso di modifica, a seguito delle captazioni, della qualificazione giuridica del fatto-reato autorizzato in altro reato non autorizzabile, l'inutilizzabilita' delle intercettazioni opera solo se i presupposti per disporre il mezzo di ricerca della prova mancassero gia' al momento in cui il procedimento autorizzativo si e' compiuto e perfezionato attraverso il controllo del giudice" (Sez. 6, n. 23244/21). Con riferimento al caso che occupa, e' d'uopo evidenziare come il primo provvedimento di richiesta e di autorizzazione alle operazioni di intercettazioni riferito alla fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 fosse motivato in relazione ad ipotesi delittuose che riguardavano la condotta di spaccio di lieve entita' ed il consumo di sostanza condiviso fra padre e figlio. Sin dall'origine, pertanto, il fatto di reato era stato inquadrato nell'ambito di cessioni di sostanza stupefacente di lieve entita': in presenza della specifica istanza di proroga, il G.i.p presso il Tribunale di Cosenza avrebbe dovuto vagliare l'ipotesi di reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5 e non autorizzare le intercettazioni per quello specifico fatto. 4) Violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b); inosservanza ed erronea applicazione degli articoli 335 e 407 c.p.p.. Le intercettazioni, costituenti unico elemento a carico dell' (OMISSIS) per il reato di cessione di stupefacenti vengono eseguite nell'ambito di un procedimento penale, recante il numero 602/2020, originariamente iscritto per il reato di cui all'articolo 575 c.p.. Non e' dato rinvenire in atti il formale provvedimento di iscrizione per il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, benche', gia' a far data marzo 2020, le risultanze investigative avessero evidenziato elementi sintomatici della possibile commissione di reati in materia di stupefacenti. Per questa ragione si eccepisce la falsa applicazione dell'articolo 335 c.p.p., comma 1, nella parte in cui impone al pubblico ministero di iscrivere "immediatamente", nell'apposito registro custodito presso l'ufficio, ogni notizia di reato che gli pervenga o che abbia acquisito di propria iniziativa,.nonche', contestualmente, o dal momento in cui risulta, il nome della persona alla quale il reato stesso e' attributo. Nel caso di specie, infatti, non solo non si riviene l'iscrizione a carico dell' (OMISSIS) per il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, ma si ritiene che anche l'iscrizione per il reato di cui all'articolo 575 sia stata ingiustificatamente ritardata onde prolungare illegittimamente la durata delle indagini preliminari. Ed invero, in data 29 ottobre 2018 perveniva al Sostituto Procuratore della Repubblica, per il tramite della Procura Generale della Repubblica di Catanzaro, denuncia anonima relativa al decesso di (OMISSIS) avvenuto in (OMISSIS). In ragione di tale anonima notizia iniziava un'attivita' investigativa tesa a "risalire all'autore dell'esposto"; gia' in data 20/12/2018 l'Ufficio di Procura evidenziava: "sebbene la figura di (OMISSIS) sia stata lambita dalle indagini dell'epoca vi sono margini per rinnovati approfondimenti investigativi potenzialmente idonei a far luce sull'omicidio di (OMISSIS), nella misura in cui i fatti riferiti dal delatore - soprattutto alla luce delle prime nuove risultanze acquisite e nelle more di ulteriori riscontri appaiono possedere i requisiti di una ragionevole coerenza e logicita'". Il provvedimento impugnato in-questa sede e' censurabile nella parte in cui ritiene utilizzabile il compendio delle intercettazioni assunto in violazione dell'articolo 335 c.p.p. perche' il P.M. non ha provveduto all'iscrizione del nominativo di (OMISSIS) nel registro degli indagati in data 3/1/2019 (data di riapertura delle indagini e di iscrizione del fascicolo contro ignoti di cui al n. 29/19 R.G.N. R. mod. 44) e non ha provveduto all'iscrizione della notizia di reato riguardante il delitto di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73. 5) Violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c); inosservanza ed erronea applicazione dell'articolo 406 c.p.p., comma 3. L'articolo 406 c.p.p., comma 5-bis, disciplina tassativamente i casi in cui l'Ufficio di Procura e' esentato dalla notifica della richiesta di proroga delle indagini preliminari: "Le disposizioni dei commi 3, 4 e 5 non si applicano, se si procede per taluno dei delitti indicati nell'articolo 51, comma 3-bis e nell'articolo 407, comma 2, lettera a), nn. 4 e 1bis. In tali casi il giudice provvede con ordinanza entro dieci giorni dalla presentazione della richiesta, dandone comunicazione al pubblico ministero". I delitti addebitati ad (OMISSIS) non sono contemplati nella citata norma. Le indagini di cui al procedimento penale n. 602/20 R.G.N. R. si sono protratte dal 19/2/2020 al 4/12/2022, senza tenere conto del procedimento penale n. 29/19 R.G.N. R. che ha avuto durata dal 3/1/2019 al 19/02/2020. Non risulta versata in atti alcuna notifica effettuata all'indagato allo spirare dei sei mesi o dell'anno dall'iscrizione dell'indagato nell'apposito registro, pertanto si insiste affinche' l'Ufficio di Procura voglia esibire le notifiche in questione. "Il Sostituto Procuratore ha inteso contestare nel medesimo procedimento n. 602/20 R.G.N. R. - i capi d'imputazione a) e b) nonostante l'evidente assenza di connessione ex articolo 12 c.p.p.. Ebbene, nel fascicolo d'indagine non emerge lo specifico provvedimento d'iscrizione a carico di (OMISSIS) per il delitto di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73. In assenza' di riferimenti ulteriori si deve ritenere che le vicende di cui al capo b) della imputazione siano soggette alle tempistiche relative al procedimento penale 602/2020 iscritto in data 19/2/2020. Si specifica che vi e' prova evidente che l'Ufficio di Procura, a far data dal 15 luglio 2020, avesse gia' individuato i gravi indizi di reita' per la fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 (tanto emerge dalla richiesta di proroga delle operazioni di intercettazione del 15/7/2020). Alla luce di tali evidenze, il P.M., in relazione alle condotte di cui al capo b) della rubrica, nell'ambito del procedimento penale n. 602/2020, iscritto in data 19/2/2020, avrebbe avuto lo specifico obbligo, ai sensi dell'articolo 406 c.p.p., di richiedere la proroga delle indagini e notificare la suddetta proroga all'indagato. Si eccepisce pertanto, la violazione dell'articolo 406 c.p.p., comma 3 e la conseguente inutilizzabilita' di tutti gli atti d'indagine successivi alla scadenza del termine delle indagini con riferimento al capo b) della rubrica. 6) Violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b); inosservanza ed erronea applicazione dell'articolo 415 c.p.p.. Non si rinviene nel fascicolo d'indagine, a decorrere da sei mesi dal 3 gennaio 2019, la richiesta del Pubblico Ministero di autorizzazione alla prosecuzione delle indagini. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza n. 13040 del 28 marzo 2006, Rv. 233197, hanno stabilito che e' legittima, da parte del G.I.P. che autorizza la prosecuzione delle indagini nei procedimenti contro ignoti, l'apposizione del termine di sei mesi di cui all'articolo 406 c.p.p., comma 2 bis. Si eccepisce pertanto la nullita' e l'inutilizzabilita' di tutti gli atti compiuti dopo la scadenza del termine delle indagini per mancanza della richiesta di proroga. 3. Il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione, con requisitoria scritta, ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso. I difensori del ricorrente hanno depositato memoria conclusiva nella quale, anche in replica alla requisitoria del Procuratore generala, richiamandosi ai motivi di ricorso, insistono nel richiedere il loro accoglimento. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile essendo l'ordinanza impugnata scevra dai vizi lamentati dai difensori. Il Tribunale del riesame ha adeguatamente vagliato tutte le censure difensive, evidenziando come, alla luce del tenore delle conversazioni captate e degli ulteriori riscontri emersi dall'attivita' di controllo effettuata dai Carabinieri, fosse emerso un quadro di gravita' indiziaria in ordine alla ripetuta cessione di sostanze stupefacenti da parte del ricorrente al figlio minore, idoneo a legittimare la misura cautelare adottata. L'ordinanza ha escluso il prospettato "consumo gruppo", avendo dedotto dalle intercettazioni come l' (OMISSIS) detenesse la sostanza stupefacente per conto proprio, destinandola successivamente al figlio, a cui era ceduta in dosi quotidiane su richiesta di quest'ultimo. Ha pertanto ravvisato nella condotta serbata dal ricorrente la fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 aggravata ai sensi dell'articolo 80, comma 1, lettera a) del citato decreto, attesa la minore eta' del figlio. Si tratta di valutazioni di merito non suscettibili di essere rivisitate in sede di legittimita', dovendosi rammentare come, in materia di intercettazioni di conversazioni, costituisca questione di fatto, rimessa. all'esclusiva competenza del giudice di merito, l'interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non puo' essere sindacato in sede di legittimita' se non -nei limiti della manifesta illogicita' ed irragionevolezza della motivazione con cui esse siano state recepite ed interpretate (si veda Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715: "In tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l'interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimita'"; Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, D'Andrea, Rv. 268389:"In materia di intercettazioni telefoniche, costituisce questione' di fatto, rimessa all'esclusiva competenza del giudice di merito, l'interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non puo' essere sindacato in sede di legittimita' se non nei limiti della manifesta illogicita' ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite. (Fattispecie in cui la S.C. ha rigettato la contestazione relativa alla ritenuta attendibilita' del contenuto delle captazioni, osservando che l'evidente impiego di particolari attenzioni e cautele nel parlare escludeva, logicamente, l'ipotesi difensiva di affermazioni rese volutamente false dai conversanti in quanto consapevoli di essere intercettati)"; Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, Gregoli, Rv. 282337:"In materia di intercettazioni telefoniche, costituisce questione di fatto, rimessa all'esclusiva competenza del giudice di merito, l'interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non puo' essere sindacato in sede di legittimita' se non nei limiti della manifesta illogicita' ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite"). Alla luce poi del consolidato principio per cui la lieve entita' del fatto puo' essere riconosciuta solo in ipotesi di minima offensivita' penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione. (mezzi, modalita', circostanze dell'azione), il tribunale del riesame ha congruamente motivato il diniego della sussumibilita' della vicenda sotto la fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5. A tal fine ha valorizzato la gravita' della complessiva condotta serbata del ricorrente, che ha ceduto al figlio un quantitativo complessivo di droga di non modesta entita', dimostrando contiguita' agli ambienti malavitosi del narcotraffico, agevolmente evincibile dalla possibilita' di un rapido e diuturno reperimento di sostanza stupefacente. La ricostruzione offerta e' rispondente ai principi stabiliti in sede di legittimita', in basi ai quali, ai fini della configurazione della fattispecie di lieve entita', nell'ambito di una valutazione complessiva di tutti i parametri indicati nella norma, e' possibile che uno o piu' di essi assumano un valore negativamente assorbente rispetto agli altri, con la conseguenza che ogni altra considerazione resta priva di- incidenza sul giudizio da compiersi (Sez. U, n. 35737 del 24/06/2010, Rico, Rv. 247911; Sez. U, n. 17 del 21/06/2000, Primavera, Rv. 216668; da ultimo Sez. U, n. 51063 del 27/09/2018, Murolo, Rv. 274076). 2. Tutto cio' premesso, venendo alle singole ragioni di doglianza, si osserva quanto segue. Nel primo motivo di ricorso e nel primo dei motivi aggiunti vengono svolte generiche censure in fatto, pretendendosi una rivisitazione del compendio indiziario attraverso una diversa interpretazione del contenuto delle conversazioni intercettate. La difesa assume come la condotta serbata dal ricorrente "sia quella tipica dell'acquirente e non quella di colui che cede sostanza stupefacente". L'assunto non trova riscontro nelle conversazioni citate nella ordinanza, nelle quali, al contrario, alla stregua di quanto illustrato in motivazione, si rinvengono significativi passaggi rivelatori delle continuative cessioni effettuate dal ricorrente. La logicita' e coerenza della ricostruzione offerta dal tribunale e' infine avvalorata dal conclusivo servizio di O.c.p. effettuato dai Carabinieri di Paola. In tale ultima circostanza il personale operante ha proceduto al sequestro della sostanza stupefacente che il padre aveva ceduto al figlio, assistendo all'incontro tra i due. E' bene ribadire che in tema di misure cautelari personali, allorche' sia denunciato, con ricorso per cassazione, il vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetti solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimita' ed ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni poste a fondamento del convincimento della ricorrenza della gravita' del quadro indiziario a carico dell'indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l'apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, P.M. in proc. Tiana, Rv. 25546001). Va inoltre precisato che, dal punto di vista indiziario, nella fase cautelare e' sufficiente il requisito della sola gravita' (articolo 273 c.p.p., comma 1), giacche' il comma 1 bis del citato articolo 273 (introdotto, appunto, dalla suddetta legge) richiama espressamente i soli commi 3 e 4, ma non il comma 2, dell'articolo 192 c.p.p., che prescrive la precisione e la concordanza accanto alla gravita' degli indizi: derivandone, quindi, che gli indizi, ai fini delle misure cautelari, non devono essere valutati secondo gli stessi criteri richiesti per il giudizio di merito dall'articolo 192 c.p.p., comma 2" e cioe' con i requisiti della gravita', della precisione e della concordanza (Sez. 4, n. 6660 del 24/01/2017, Pugiotto, Rv. 269179; Sez. 4, n. 37878 del 06/07/2007, Cuccaro, Rv. 237475). Il rilievo in ordine al prospettato "uso di gruppo" della sostanza e' parimenti inammissibile- (motivo primo di ricorso e terzo dei motivi aggiunti). Oltre a quanto gia' detto in premessa, occorre rilevare come l'ipotesi del "consumo di gruppo", secondo consolidato orientamento di questa Corte, si configuri solo nel caso in cui vi sia la prova rigorosa di un preliminare accordo per procedere all'acquisto ed al successivo consumo dello stupefacente (si veda Sez. 4, n. 24102 del 23/03/2018, Verdoscia, Rv. 272961:"Ricorre l'ipotesi di consumo di gruppo di sostanze stupefacenti, che implica l'irrilevanza penale del fatto, sia nell'ipotesi di acquisto congiunto, che in quella di mandato all'acquisto collettivo ad uno dei consumatori, a condizione che: a) l'acquirente sia uno degli assuntori; b) l'acquisto avvenga sin dall'inizio per conto degli altri componenti del gruppo; c) sia certa sin dall'inizio l'identita' dei mandanti e la loro manifesta volonta' di procurarsi la sostanza per mezzo di uno dei compartecipi, contribuendo anche finanziariamente all'acquisto"). Tali presupposti, come si legge in motivazione, mal si conciliano con il tenore delle conversazioni registrate, dalle quali risulta che il ricorrente acquistava per conto proprio la sostanza, cedendola al figlio su richiesta di quest'ultimo. Le argomentazioni a fondamento della esclusione della invocata ipotesi dell'uso di gruppo sono del tutto conferenti sul piano logico e non meritevoli di essere censurate nel presente ambito, in cui, come gia' posto in evidenza, il potere d'intervento della Corte di Cassazione e' limitato ai soli casi di motivazione manifestamente illogica o inesistente. L'assunto secondo il quale il ricorrente non ha mai avuto la disponibilita' della sostanza stupefacente e non ha mai provveduto direttamente alla cessione delle dosi (secondo dei motivi aggiunti) e' smentito dalla circostanza dell'accertata cessione caduta sotto la percezione delle forze dell'ordine in occasione del sequestro operato in data 28/8/2020. 3. Del pari inammissibili sono il secondo motivo di ricorso ed il primo dei motivi aggiunti, attinenti alla qualificazione giuridica del fatto. Si richiamano sul punto le argomentazioni svolte in premessa. Le doglianze sono versate in fatto, poiche' tendono a prospettare una difforme lettura delle emergenze processuali. 4. Quanto alle esigenze cautelari, la motivazione dell'ordinanza impugnata soddisfa pienamente i criteri imposti dalla disciplina che regola la materia, come innovata dalla L. n. 47 del 2015. In tema di misure cautelari personali, ai fini delle esigenze cautelari di cui all'articolo 274 c.p.p., comma 1, lettera c), il requisito della "concretezza" riguarda l'indicazione di elementi non meramente congetturali sulla base dei quali possa affermarsi che l'imputato, verificandosi l'occasione, possa facilmente commettere reati che offendono lo stesso bene giuridico di quello per cui si procede, mentre il requisito della "attualita'" sussiste in relazione alla riconosciuta esistenza di potenziali occasioni prossime favorevoli alla commissione di nuovi reati (Sez. 2, n. 47905 del 13/10/2016, Campo). Il pericolo di recidiva puo' dirsi attuale ogni qual volta sia possibile una prognosi in ordine alla ricaduta nel delitto che indichi la probabilita' di devianze prossime all'epoca in cui viene applicata la misura, seppur non specificatamente individuate, ne' tantomeno imminenti, ovvero immediate. Ne consegue che il relativo giudizio non richiede la previsione di una specifica occasione per delinquere, ma una valutazione prognostica fondata su elementi concreti, desunti sia dall'analisi della personalita' dell'indagato (valutabile anche attraverso le modalita' del fatto per cui si procede), sia dall'esame delle concrete condizioni di vita di quest'ultimo (Sez. 2, n. 47891 del 07/09/2016, Vicini e altri, Rv. 26836601). L'analisi della personalita' e delle concrete condizioni di vita dell'indagato deve indurre a ritenere probabile una ricaduta nel delitto "prossima" - anche se non specificamente individuata - all'epoca in cui la misura viene applicata; tuttavia la valutazione prognostica non puo' estendersi alla previsione di una "specifica occasione" per delinquere, che esula dalle facolta' del giudice (Sez. 2, n. 47619 del 19/10/2016, Esposito, Rv. 26850801). Ebbene, l'ordinanza impugnata ha fatto buon governo dei principi richiamati, sviluppando un iter argomentativo conciso, ma adeguato e puntuale con riferimento alle esigenze cautelari ritenute sussistenti nei confronti del ricorrente, traendo dalle modalita' del fatto e dalla condotta di vita del ricorrente gli elementi su cui fondare il giudizio circa il requisito dell'attualita' dell'esigenza di prevenzione del pericolo recidivante. In proposito ha messo in rilievo la gravita' ed" il carattere continuativo della condotta criminosa, i procedimenti disciplinari a cui il ricorrente e' stato sottoposto, il precedente annoverato per ricettazione e detenzione di un'arma clandestina, il suo coinvolgimento in indagini riguardanti il commercio di droga (operazione "Gazze ladre"). In relazione a tale ultima circostanza ha puntualizzato che, sebbene il fatto oggetto di indagini sia stato riqualificato in "uso di gruppo", da esso possono trarsi elementi che avvalorano il convincimento della contiguita' del ricorrente con ambienti malavitosi dediti al commercio di stupefacenti. Non e' suscettibile di disarticolare le argomentazioni illustrate dal tribunale a sostegno della ricorrenza delle esigenze cautelari il riferimento all'ulteriore elemento rappresentato dalla cessione di sostanze stupefacenti a (OMISSIS), elemento rispetto al quale la difesa lamenta la carenza di giustificazione. Ininfluenti ai fini della presente decisione risultano le' censure riguardanti la motivazione espressa dal tribunale in relazione al pericolo di inquinamento delle prove. Invero, in tema di misure cautelari, e' sufficiente l'esistenza di una sola delle esigenze cautelari contemplate nell'articolo 274 c.p.p. per giustificare il provvedimento del tribunale del riesame (Sez. 3, n. 15980 del 16/04/2020, Rafanelli, Rv. 278944: "In tema di misure cautelari personali, le esigenze cautelari relative al pericolo di inquinamento delle prove, di fuga e di reiterazione del reato previste dall'articolo 274 c.p.p. non devono necessariamente concorrere, bastando anche l'esistenza di una sola di esse per giustificare o confermare, in sede di riesame, l'adozione del provvedimento. (Nella specie la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione del tribunale del riesame che aveva confermato il provvedimento del giudice per le indagini preliminari facendo riferimento solo al pericolo di reiterazione del reato, senza alcun riferimento al pericolo di inquinamento probatorio al quale pure aveva fatto riferimento l'ordinanza impugnata). (Conf. n. 937/1993, Rv. 194729; n. 4829/1996, Rv. 203610)). Parimenti destituita di fondamento e' la doglianza riguardante la valutazione espressa dal Tribunale sull'adeguatezza della misura della custodia in carcere. Sul punto e' stata fornita congrua giustificazione (cfr. pag. 20 della ordinanza impugnata: "Le esigenze cautelari descritte non possono essere presidiate con misure meno afflittive, quali gli arresti domiciliari, poiche' l'indagato ha dato prova di non poter resistere ai propri impulsi criminali e, inoltre, e' necessario un suo drastico allontanamento dal contesto di narcotraffico che frequenta per rifornirsi di droga, che poi cede ad altri (oltre agli episodi indicati vi e' la testimonianza di (OMISSIS) che ha descritto un episodio in cui la droga era stata ceduta anche a due ragazze con cui i due cugini erano usciti a cena)"). Trattasi di ponderata valutazione che, in quanto congrua e non manifestamente illogica, non e' sindacabile in questa sede. 5. I motivi aggiunti, nella parte riguardante la prospettata violazione di norme processuali con particolare riferimento agli articoli 266, 270, 335, 406 e 415 c.p.p. (motivi IV, V, e VI) contengono censure del tutto nuove, che non rappresentano uno sviluppo o un approfondimento dei motivi di ricorso. La facolta' conferita al ricorrente dall'articolo 585 c.p.p., comma 4, deve trovare necessario riferimento nei motivi principali e. rappresentare soltanto uno sviluppo o una migliore e piu' dettagliata esposizione dei primi, anche per ragioni eventualmente non evidenziate in precedenza, ma sempre collegabili ai capi e punti gia' dedotti (Sez. 1, n. 46950 del 2 novembre 2004, Sisic, rv. 230181): ne consegue che motivi nuovi ammissibili sono soltanto quelli coi quali, a fondamento del petitum gia' proposto nei motivi principali d'impugnazione, si alleghino ragioni "giuridiche" diverse da quelle originarie, non potendo essere ammessa l'introduzione di censure nuove in deroga ai termini tassativi entro i quali il ricorso va presentato. I motivi nuovi proposti a sostegno dell'impugnazione devono, pertanto, avere ad oggetto, a pena di inammissibilita', i capi o i punti della decisione impugnata che sono stati enunciati nell'originario atto di impugnazione a norma dell'articolo 581 c.p.p., comma 1, lettera a), (Sez. 6, n. 73 del 21 settembre 2011, dep. 4 gennaio 2012, Agui', rv. 251780). 6. Consegue alla declaratoria d'inammissibilita' del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonche', a norma dell'articolo 616 c.p.p., al versamento della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa d'inammissibilita' (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/6/2000). Si dispongono gli adempimenti di cui all'articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter; si dispone l'oscuramento dati. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter. Oscuramento dati.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. AGOSTINACCHIO Luigi - Presidente Dott. BORSELLINO Maria Danie - Consigliere Dott. ARIOLLI Giovan - rel. Consigliere Dott. CERSOSIMO Emanuele - Consigliere Dott. SARACO Antonio - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato il (OMISSIS); (OMISSIS), nato il (OMISSIS); avverso la sentenza del 11/12/2020 della CORTE APPELLO di BARI; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. ARIOLLI GIOVANNI; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. SENATORE VINCENZO, che ha concluso per l'inammissibilita' dei ricorsi; uditi i Difensori: L'avvocato (OMISSIS) del foro di FOGGIA in difesa di (OMISSIS), dopo dibattimento, chiede l'accoglimento dei motivi di ricorso; L'avvocato (OMISSIS) del foro di FOGGIA in sostituzione dell'avvocato (OMISSIS) del foro di FOGGIA in difesa di (OMISSIS) e dell'avvocato (OMISSIS) del foro di FOGGIA in difesa di (OMISSIS) e (OMISSIS) insiste per l'accoglimento dei ricorsi; L'avvocato (OMISSIS) del foro di FOGGIA in sostituzione dell'avvocato (OMISSIS) del foro di FOGGIA in difesa di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) insiste per l'accoglimento dei ricorsi. L'avvocato (OMISSIS) del foro di ROMA in difesa di (OMISSIS), presente anche in sostituzione del codifensore avvocato (OMISSIS) del foro di BARI, insiste per l'accoglimento dei motivi di ricorso. RITENUTO IN FATTO (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) ricorrono avverso la sentenza della Corte di appello di Bari dell'11/12/2020, che, in parziale riforma della sentenza del Giudice per l'udienza preliminare del Tribunale di Bari, ha ridotto, per alcuni degli imputati, la pena inflitta in ordine ai reati loro rispettivamente ascritti, rideterminandola per altri. 1. Con distinti ricorsi, gli imputati deducono diversi motivi che, ai sensi dell'articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1, saranno enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione. 2. All'udienza del 29/03/2023, la Corte, sentite le parti, riconosciuto il legittimo impedimento dell'avv. (OMISSIS), difensore dei ricorrenti (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), rinviava il processo all'udienza del 29/03/2023, con sospensione dei termini di prescrizione. CONSIDERATO IN DIRITTO Ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS). 1. Illogicita' della motivazione in ordine alla sussistenza del reato associativo, che era stata tratta dalla Corte di merito sulla scorta di reati per cui e' intervenuta sentenza irrevocabile di assoluzione (delitti di rapina di cui ai capi 1) e 7) della rubrica). Peraltro, neppure poteva ritenersi certa la data di inizio dell'attivita' delittuosa, in quanto indicata con la rapina di cui al capo 1) ai danni della (OMISSIS) per cui gli imputati erano stati assolti, con ricadute sulla stabilita' e durata del vincolo, considerato che la contestazione e' elevata dal 24/07/2014 al luglio 2015. Si lamenta, poi, che gli elementi evocati non siano dimostrativi dell'esistenza di un sodalizio a delinquere. Altro profilo di illogicita' viene poi ravvisato nell'avere assolto i coimputati (OMISSIS) e (OMISSIS) dal reato associativo, sulla scorta di elementi indiziari ritenuti insufficiente a dimostrare l'affectio societatis, ma, al contempo, validi ad asseverare il coinvolgimento dei ricorrenti. 1. Il motivo e' manifestamente infondato. La giurisprudenza di legittimita' (di recente, Sez. 4, n. 11470 del 09/03/2021, Rv. 280703 - 02), in materia di reati associativi, ha affermato che la commissione dei "reati-fine", di qualunque tipo essa sia, non e' necessaria ne' ai fini della configurabilita' dell'associazione, ne' ai fini della prova della sussistenza della condotta di partecipazione. Tale principio risulta essere stato correttamente applicato dalle sentenze di merito, le quali hanno ampiamente motivo tanto in ordine agli elementi dimostrativi della esistenza di un gruppo stabilmente organizzato per la commissione di un indefinitivo numero di reati contro il patrimonio, quanto in ordine ai contributi rispettivamente prestati dagli odierni ricorrenti; spiegando altresi' perche' l'assoluzione degli imputati per i reati fine di cui ai capi 1) e 7) non abbia alcuna interferenza ai fini della prova della esistenza del gruppo e del vincolo, essendo stata determinata quanto al primo capo per la ritenuta insufficienza probatoria in ordine al singolo episodio di cui al capo 1) e, quanto al capo 7), per la ritenuta insussistenza del superamento della soglia del tentativo ex articolo 56 c.p., ancorche' in presenza di sicuri indici sintomatici della attivazione del gruppo criminoso. In particolare, si e' evidenziato come gli obiettivi volti alla commissione di ripetute rapine, chiaramente manifestati dai correi nel corso delle intercettazioni, facessero logicamente riferimento all'esistenza di un gruppo stabilmente organizzato dotato di uomini e mezzi, per come ricavato dal giudice del merito sulla scorta anche degli appostamenti, sopralluoghi, riunioni svolte e intese intervenute e in forza di un monitoraggio da parte della polizia giudiziaria che si e' protratto per un periodo significativo, cosi' dando ragionevolmente conto della persistenza del vincolo. Si sono, poi, individuate delle basi logistiche in cui i correi si riunivano, per come risulta dalla stretta contiguita' temporale tra le condotte volte ad organizzare le rapine ed il momento di ritrovo, unitamente anche al contenuto delle intercettazioni che a detti contesti fanno specifico riferimento. Si e' poi anche valorizzata la disponibilita' di mezzi, il chiaro riferimento ad una pluralita' di agenti, per come declinata nelle conversazioni ove piu' volte si fa espresso riferimento all'uso dell'appellativo plurale, la distribuzione di somme e la disponibilita' di armi essendosi rilevato, con argomentazione non affatto manifestamente illogica, come il compendio sequestrato ai correi (OMISSIS) e (OMISSIS) rinviasse, per numero e tipologia, ad un gruppo organizzato e fosse strumentale alla realizzazione di obiettivi criminali variegati e persistenti. inoltre, non privo di significato, e' anche l'essersi rapportati al cospetto di altre organizzazioni criminali, in forma unitaria (il riferimento e' alla ricerca del possibile delatore che aveva mandato a monte l'assalto al caveau della (OMISSIS) di (OMISSIS)). Valenza di merito, invece, hanno le doglianze volte a censurare, genericamente, la valenza dimostrativa degli elementi di prova declinati dai giudici di merito a sostegno dell'esistenza dell'ipotesi del concorso necessario e del coinvolgimento di ciascuno dei ricorrenti; infine, dalla lettura delle motivazioni che hanno portato i giudici ad escludere l'appartenenza al sodalizio di altri coimputati originariamente accusati di farne parte ( (OMISSIS) e (OMISSIS)), non si rinvengono ragioni comuni direttamente spendibili per gli altri, ne' che si siano utilizzati a carico dei ricorrenti prove invece ritenute non idonee nei confronti di altri. E tanto a prescindere dalla genericita' della censura articolata sul punto, priva dei necessari riferimenti probatori. 2. Illogicita' della motivazione in ordine al compendio probatorio posto a fondamento dell'affermazione di responsabilita' dell'imputato (OMISSIS) in ordine al delitto di concorso (con (OMISSIS)) nel porto e nella detenzione di armi di cui al capo 7-bis) della rubrica. Si censura l'univocita' dimostrativa e la logicita' delle conclusioni alle quali sono giunti i giudici di merito nell'affermare il coinvolgimento dell'imputato - a titolo di concorso - nel porto e nella detenzione delle armi rinvenute il 30 giugno 2015 all'interno di un autocarro. 2. Le sentenza di merito hanno illustrato la concatenazione degli elementi (gli episodi del 26 e del 30 giugno 2014, oggetto di videoregistrazione), spiegando perche' non vi possono essere dubbi sul piano logico - alla luce del complesso delle circostanze oggettive e soggettive che rendono razionalmente inverosimile ogni ipotesi alternativa - in ordine alla compartecipazione del ricorrente alla condotta di detenzione e porto di armi per la quale vi e' gia' stata condanna del concorrente (OMISSIS) in separato giudizio. In particolare, si e' valorizzato l'elemento relazionale intercorrente tra il ricorrente e il coimputato con i luoghi, i mezzi e l'autocarro ove sono state poi rinvenute le armi (ivi parcheggiato), alla luce, altresi', dello svolgimento, ad opera di entrambi, di azioni delittuose proprio con l'impiego di armi e di oggetti come quelli di cui all'imputazione. Rispetto a tale ricostruzione logico/fattuale, il motivo di ricorso si risolve in una contestazione del tutto carente sul piano dell'onere probatorio, gravante su chi lamenta il vizio motivazionale della sentenza sotto il profilo della manifesta illogicita', di indicare quale sia la tesi alternativa ragionevolmente postulabile trascurata dal giudice del merito, in grado di spiegare la condotta del ricorrente (per esempio, per come osservato dal P.G. nella memoria di udienza, indicando chi, al suo posto, avrebbe condotto la sua autovettura, alle prime ore dell'alba del 30 giugno 2014 e vi avrebbe poi fatto salire il coimputato separatamente giudicato). Al riguardo, la Corte di legittimita' ha affermato: - che "in sede di legittimita', perche' sia ravvisabile la manifesta illogicita' della motivazione ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), e' necessario che la ricostruzione dei fatti prospettata dall'imputato che intenda far valere l'esistenza di un ragionevole dubbio sulla sua colpevolezza, contrastante con il procedimento argomentativo seguito dal giudice, sia inconfutabile e non rappresentativa soltanto di un'ipotesi alternativa a quella ritenuta nella sentenza impugnata, dovendo il dubbio sulla corretta ricostruzione del fatto-reato nei suoi elementi oggettivo e soggettivo fare riferimento ad elementi sostenibili, cioe' desunti dai dati acquisiti al processo, e non meramente ipotetici o congetturali seppure plausibili" (ex multis, Sez. 2, n. 3817 del 09/10/2019, Rv. 278237 - 01); - e che "il dubbio idoneo ad introdurre un'ipotesi alternativa di ricostruzione dei fatti e' soltanto quello "ragionevole", ovvero quello che trova conforto nella logica, sicche', in caso di prospettazioni alternative, occorre comunque individuare gli elementi di conferma dell'ipotesi ricostruttiva accolta, non potendo il dubbio fondarsi su un'ipotesi del tutto congetturale, seppure plausibile" (da ultimo, Sez. 3, Sentenza n. 5602 del 21/01/2021, Rv. 281647 - 04). - e che "per il principio del libero convincimento del giudice, anche gli indizi e le presunzioni, al pari delle cosiddette prove critiche indirette, possono essere considerati idonei per un'affermazione di responsabilita', quando esattamente valutati nel loro nesso logico diano la certezza del fatto cui l'indagine e diretta" (Sez. n. 1612 dell'8/06/1976, dep. 1977, Rv. 135180 - 01). Il motivo e', dunque, manifestamente infondato. 3. Illogicita' della motivazione sulla valutazione degli elementi di prova a carico di (OMISSIS) dal reato di cui all'articolo 648-bis c.p., contestato al capo 13) della rubrica. La censura attiene alla tenuta logica della motivazione resa a giustificazione della discrasia temporale registratasi nello sviluppo della vicenda illecita, alla luce del tenore delle conversazioni registrate. 3. La doglianza e' manifestamente infondata, in quanto il rilievo della discrasia temporale evidenziata dalla difesa (di circa tre ore, ritenuta eccessiva per la consegna di un veicolo provento di furto) e' stato motivatamente disatteso dalla sentenza impugnata non solo fornendo una spiegazione, non manifestamente illogica, delle ragioni di tale "vacatio", ricondotta alla necessita' di completare le trattative nell'ambito di un'attivita' di riciclatore professionalmente svolta in modo organizzato, ma alla luce del contenuto delle conversazioni intercettate da cui risulta chiaro il riferimento, anche testuale, al veicolo di provenienza furtiva che il ricorrente, nella sua qualita', doveva ricevere, ai relativi fornitori ed al compenso pattuito. 4. Eccessivita' della pena e mancata concessione delle attenuanti generiche con giudizio di prevalenza. Omessa motivazione sul punto. La censura attiene alla "rigidita'" del trattamento sanzionatorio inflitto ed all'assenza di un'adeguata motivazione (vi era stata solo una lieve diminuzione per (OMISSIS) e le attenuanti generiche erano state riconosciute al solo (OMISSIS)). 4. La doglianza e' manifestamente infondata, non ravvisandosi alcuna violazione di legge ne' macroscopica illogicita' nel trattamento sanzionatorio, ed in particolare quanto al governo delle circostanze, sul quale vi e' in sentenza adeguata motivazione. 5. Omessa esclusione della recidiva qualificata, sul rilievo del comportamento processuale degli imputati e per la risalenza nel tempo dei precedenti penali. 5. Il motivo e' del tutto generico, difettando le necessarie allegazioni a supporto della doglianza svolta, anche tenuto conto che per alcuni imputati ( (OMISSIS)) la circostanza non e' stata contestata e/o applicata. 6. Violazione di legge e omessa motivazione in ordine "alla revoca della sospensione condizionale della pena concessa a (OMISSIS), nonche' a quello riconosciuto con sentenza del Tribunale di Napoli del 24/01/2017 (irrev. l'11/04/2017)". 6. Il motivo e' inammissibile, introducendosi dubbi di violazione di legge e di omessa motivazionale del tutto generici e privi di qualsiasi riferimento specifico ai presupposti della denunciata violazione (in particolare agli estremi identificativi della precedente condanna e al reato oggetto della stessa). I ricorsi vanno, pertanto, dichiarati inammissibili. Ricorso di (OMISSIS) (avv. (OMISSIS)) 1. Violazione dell'articolo 178 c.p.p., lettera c) e articolo 179 c.p.p.. Nullita' della sentenza per omessa notifica all'imputato detenuto del decreto di citazione di appello per l'udienza all'esito della quale e' stata emessa la sentenza impugnata. 1. Il motivo e' manifestamente infondato, in quanto la difesa ricorrente non si confronta con la disciplina emergenziale (Decreto Legge n. 18 del 2020, articolo 83 conv. L. n. 27 del 2020, integrato dal Decreto Legge n. 23 del 2020, articolo 36, commi 1 e 2, e dal Decreto Legge n. 28 del 2020) specificamente richiamata nel decreto di riassunzione del processo e di fissazione delle nuove udienze di trattazione dei giudizi penali dinanzi la Corte di appello che nel periodo in esame ha consentito che le comunicazioni e le notificazioni degli avvisi all'imputato fossero eseguiti mediante l'invio all'indirizzo di posta elettronica certificata di sistema del difensore di fiducia (di cui all'epoca era assistito l'imputato). Il ricorso e' quindi inammissibile. Ricorso di (OMISSIS). 1. Violazione dell'articolo 63 c.p. e articoli 178 e 546 c.p.p.. Dopo avere ricostruito il calcolo della pena operato dalla sentenza impugnata (che ha riconosciuto l'imputato colpevole dei reati di cui ai capi 11, 14, 15, 16, 17, 18, 19 e 20 della rubrica), si lamenta che la Corte d'appello abbia erroneamente applicato - in relazione al reato assunto quale piu' grave ex articolo 81 cpv. c.p. (articolo 648-bis c.p., comma 2) - un doppio aumento di pena ai sensi dell'articolo 648-bis c.p., comma 2 e articolo 99 c.p., comma 4, in violazione della regola del cumulo giuridico di cui all'articolo 63 c.p., comma 4. 1. Il motivo e' manifestamente fondato. Il criterio moderatore di cui all'articolo 63 c.p., comma 4, opera nel caso di concorso fra piu' circostanze aggravanti tra quelle indicate al precedente comma 3, ovvero quelle che stabiliscono una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato ovvero quelle ad effetto speciale: situazione diversa dalla odierna fattispecie, nella quale con la recidiva ex articolo 99 c.p., comma 4, concorre la circostanza, ad effetto comune, di cui all'articolo 648-bis c.p., comma 2, (nel senso che l'assimilazione della circostanza di carattere "indipendente" alle aggravanti ad effetto speciale opera, ai fini dell'applicazione della regola di cui al comma 4, soltanto quanto le prime comportino un aumento superiore ad un terzo, vedi Sez. 6, n. 52011 del 07/11/2019, Rv. 278055 - 02). Peraltro, anche a fare riferimento all'orientamento citato dal ricorrente (cfr. da ultimo Sez. 5, Sentenza n. 7574 del 15/01/2019, Rv. 275632 - 01), l'applicabilita' del criterio di cui all'articolo 63 c.p., comma 4, anche ai casi di concorso di una circostanza aggravante ad effetto speciale con una o piu' aggravanti ad effetto comune, opera solo quando la mancata applicazione di tale criterio farebbe si' che le circostanze ad effetto comune comportino un aumento di pena maggiore di quello derivante dalla ricorrenza di piu' circostanze aggravanti ad effetto speciale: situazione pacificamente non ravvisabile nella fattispecie in esame, alla luce degli aumenti concretamente stabiliti dalla Corte di merito. Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile. Ricorso di (OMISSIS). 1. violazione di legge in ordine al reato associativo di cui al capo 1) della rubrica, risultando la contestazione generica con riguardo al ruolo assunto da ciascun concorrente necessario. La sentenza impugnata aveva omesso di individualizzare il giudizio di responsabilita', ponendo gli imputati sullo stesso piano e non facendo emergere il contributo di ciascuno all'associazione. Si censura, poi, la valenza dimostrativa degli elementi indiziari assunti a fondamento dell'affermazione di responsabilita', anche con riguardo al contributo causale prestato dal ricorrente, tenuto conto che i reati fine non risultavano eseguiti e per quei reati fine gli imputati erano stati assolti. 2. Violazione di legge in ordine all'assenza dei requisiti dell'associazione per delinquere. Si era fatto riferimento a reati fine per cui vi era stata assoluzione (in particolare 1, 6 e 7 da cui il ricorrente era stato assolto) ovvero che non vedevano imputato il ricorrente (ad es. il capo 7-bis). Gli elementi probatori declinati dal giudice del merito (intercettazioni telefoniche, accertamenti di polizia giudiziaria, servizi di osservazione, ecc.) erano inidonei a provare la sussistenza della struttura associativa, anziche' dell'ipotesi alternativa del concorso di persone nel reato, privi di valenza individualizzante e dagli stessi non poteva ricavarsi la necessaria presenza dell'affectio societatis. 3. Violazione di legge (articolo 416 c.p. e articolo 192 c.p.p.) in relazione alla prova della partecipazione all'associazione per delinquere di cui al capo A) della rubrica. La censura attiene alla valenza dimostrativa, ai fini dell'integrazione della condotta di partecipazione al consesso delinquenziale, delle intercettazioni telefoniche richiamate dalla Corte territoriale. In particolare, si evidenzia come il materiale probatorio riguardi un solo reato, mai portato alla fase esecutiva ed una condotta materiale del ricorrente, quale quella di recuperare lei schede, fungibile e facilmente sostituibile, che non richiede l'impiego di mezzi propri dell'associazione. 4. Violazione di legge e vizio di motivazione, sotto il profilo della contraddittorieta', con riferimento all'assoluzione per tutti i reati fine ed alla condanna per il delitto associativo, stante la coincidenza tra il materiale raccolto su cui era stata fondata la pronuncia liberatoria e quello su cui, invece, era stata fondata la colpevolezza. 5. Violazione di legge ed omessa motivazione in ordine all'individuazione del ricorrente come interlocutore delle intercettazioni con altri coimputati, non emergendo dalla sentenza elementi dimostrativi della sua avvenuta identificazione (La censura risulta essere stata proposta a pag. 20 dell'atto di appello. Il ricorrente, in quella sede, si lamento' del fatto che l'identificazione dell'imputato ad opera della P.G. operante sarebbe avvenuto in quanto personaggio "noto", a fronte, tuttavia, di un curriculum penale assai datato risultando condannato per reati commessi 15 anni e mezzo e 12 anni prima rispetto alla formulazione dell'atto di appello. Inoltre, rilevo' come non si era neppure data risposta al riferimento, contenuto in atti, secondo cui l'imputato sarebbe stato riconosciuto in quanto indagato "contemporaneamente" ed intercettato in altra indagine tecniche come nell'ambito del processo relativo al capo 6) della rubrica. Nessuna risposta vi e' stata da parte della Corte di merito). 6. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla contestazione ed al riconoscimento della recidiva di cui all'articolo 99 c.p.p., comma 4, posto che il ricorrente non e' mai stato riconosciuto recidivo e, dunque, non puo' essere riconosciuto recidivo reiterato. 7. Violazione degli articoli 62-bis e 133 c.p. in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche. Non si era apprezzata la partecipazione marginale dell'imputato, i contatti sporadici con i sodali, l'assenza di ruolo all'interno del sodalizio, facendosi generico riferimento ad indici di gravita' del reato e di pericolosita' sociale. 1. Va disposto lo stralcio della posizione di (OMISSIS), in quanto la definizione del sesto motivo di ricorso, relativo ai presupposti per il riconoscimento della recidiva reiterata, e' oggetto di esame delle Sezioni unite, con udienza fissata per il 30/03/2023. Ricorso di (OMISSIS). 1. Inosservanza e/o erronea applicazione dell'articolo 521 c.p.p. mancata correlazione tra l'imputazione contestata e la sentenza. La censura si incentra sulla diversita' tra il ruolo concorsuale assegnato all'imputato nella realizzazione del tentativo di rapina ai danni del caveau dell'istituto di vigilanza (OMISSIS): a fronte di un capo di imputazione che lo additava di avere partecipato attivamente all'assalto, si era poi ritenuto che avesse fornito la sola base logistica. Ne' valeva fare riferimento alla conoscenza degli atti di indagine, per come argomentato dalla Corte di merito al fine di escludere la paventata violazione, in quanto era proprio in forza di tali atti - posti a fondamento della disposta cautela - che era stata elevata detta imputazione. 1. Il motivo e' generico. Secondo il costante orientamento di legittimita', al quale il Collegio intende aderire, il principio di correlazione tra contestazione e sentenza, funzionale alla salvaguardia del diritto di difesa dell'imputato, risulta violato solo quando il fatto ritenuto nella decisione si trova, rispetto a quello contestato, in rapporto di eterogeneita', ovvero quando il capo d'imputazione non contiene l'indicazione degli elementi costitutivi del reato ritenuto in sentenza, ne' consente di ricavarli in via induttiva (Sez. 6, n. 10140 del 18/2015, Rv. 262802). Inoltre, ai fini della valutazione di corrispondenza tra pronuncia e contestazione di cui all'articolo 521 c.p.p. deve tenersi anche conto non solo del fatto descritto in imputazione, ma anche di tutte le ulteriori risultanze probatorie portate a conoscenza dell'imputato e che hanno formato oggetto di sostanziale contestazione (nel caso in esame si e' anche proceduto col rito abbreviato), sicche' questi abbia avuto modo di esercitare le sue difese sul materiale probatorio posto a fondamento della decisione (Sez. 6, n. 47527 del 13/11/2013, Rv. 257278). Nel caso in esame, la Corte di merito ha superato la doglianza rilevando come l'imputato, a seguito dell'applicazione della misura cautelare, e' stato sottoposto ad interrogatorio e ha avuto dal primo momento accesso agli atti di indagine nell'ambito dei quali la sua condotta di concorso e' stata delineata in modo assolutamente chiaro e circostanziato, con possibilita' di difendersi. A diverse conclusioni giunge il ricorrente sostenendo che, invece, proprio quegli atti hanno determinato una contestazione di tipo "attivo" anziche' collaterale, ma nulla di tutto cio' e' in questa sede allegato, cosi' precludendo alla Corte di legittimita' di esercitare il suo controllo. Del resto, dalla motivazione della sentenza impugnata risulta che gli elementi di prova (s.i. accertamenti di P.G. e contenuto intercettivo) che hanno portato all'individuazione dell'imputato, quale concorrente che ha messo a disposizione la base logistica, sono atti di indagine presenti al momento dell'esercizio dell'azione penale e della scelta del rito abbreviato. Per completezza va sottolineata l'inammissibilita' della doglianza, pur formulata con il primo motivo, con cui si deduce:" violazione della legge penale - articolo 192 c.p.p. in tema di valutazione della prova", in quanto solo titolata e del tutto "eccentrica" rispetto al tema dedotto. 2. Vizio di motivazione in ordine all'affermazione di responsabilita'. Si lamenta la capacita' dimostrativa e la tenuta probatoria degli elementi declinati dalla Corte di appello a fondamento del giudizio di colpevolezza, con particolare riguardo alla consapevolezza del ricorrente di concorrere in una rapina. 2. Valgono per il secondo motivo le considerazioni espresse in occasione di precedenti denunce di vizio motivazionale, dovendosi evidenziare come le critiche formulate, lungi dal prospettare evidenti illogicita' attraverso la prospettazione di tesi alternative razionalmente praticabili, finiscono per chiamare questa Corte ad una mera e non consentita rilettura del materiale probatorio. Peraltro, a conforto del consapevole coinvolgimento del ricorrente nell'ordito contestato, depongono una seri di intercettazioni (pagg. 27-31) il cui contenuto - per certi versi definito anche confessorio - non si appalesa affatto distonico con il comportamento di colui che di quel programma criminoso ha fatto parte e che di certo, stante l'esclusione di profili di manifesta illogicita' nel significato che ne e' stato dai giudici di merito ricavato, non possono formare oggetto di interpretazione da parte della Corte di legittimita'. 3. Vizio di motivazione in ordine alla mancata esclusione delle aggravanti contestate, stante il contributo, di tipo collaterale, fornito dal ricorrente all'azione delittuosa che escluderebbe il necessario substrato soggettivo ai fini dell'imputazione delle aggravanti anche ex articolo 59 c.p.. 3. Manifestamente infondata e' la doglianza, atteso il ruolo di pieno compartecipe nella rapina, sebbene con compiti non immediatamente esecutivi, rivestito dal ricorrente, per come ampiamente illustrato dalla doppia sentenza di condanna. Peraltro, l'indicazione di contatti duraturi tra i correi e il rinvenimento nel capannone dei mezzi utilizzati per la rapina, compresi i chiodi a quattro punte, rinvia, al di la' di ogni ragionevole dubbio, alla consapevolezza delle modalita' con cui la rapina si sarebbe svolta, cosi' escludendosi, al contempo, una incolpevole ignoranza. 4. Vizio di motivazione in ordine all'esclusione dell'attenuante di cui all'articolo 114 c.p.. 4. Il motivo e' manifestamente infondato sotto due profili. 4.1. Ai fini del riconoscimento dell'attenuante della partecipazione di minima importanza al reato, la valutazione, anche implicita, delle condotte concorsuali non si traduce in una vera e propria comparazione fra di esse finalizzata a stabilire quale tra i correi abbia in misura maggiore o minore contribuito alla realizzazione dell'impresa criminosa, risolvendosi bensi' in un esame volto a stabilire se il contributo dato dal compartecipe si sia concretizzato nell'assunzione di un ruolo di efficacia causale cosi' lieve rispetto all'evento, da risultare trascurabile nell'economia generale dell'iter criminoso (Sez. 3, n. 9844 del 17/11/2015, dep. 2016, Rv. 266461). Fornire una base logistica per i mezzi da utilizzarsi per commettere la rapina assume un rilievo causale apprezzabile nell'economia della rapina perche' agevola la realizzazione del reato, rafforzandone le possibilita' di successo. 4.2. In tema di concorso di persone nel reato, la disposizione di cui all'articolo 114 c.p., comma 2, che esclude l'applicabilita' dell'attenuante della minima partecipazione nelle ipotesi di aggravamento del reato ai sensi dell'articolo 112 c.p. (numero dei concorrenti pari almeno a cinque), si riferisce anche a quelle ipotesi in cui il numero delle persone concorrenti sia considerato, da diversa norma, aggravante speciale di un determinato reato. (In applicazione di detto principio la Corte ha escluso che la predetta attenuante sia applicabile nel caso di rapina commessa da piu' persone riunite ed aggravata ai sensi dell'articolo 628 c.p., comma 3, n. 1). (Sez. 2, n. 6832 dell'8/5/1996, Rv. 205409; Sez. 2, n. 18540 del 19/4/2016, Rv. 266852). Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile. Ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS). 1. Violazione ed erronea applicazione degli articoli 192, 533, 535 c.p.p., articoli 62-bis, 69 e 133 c.p.; articoli 648-bis, 56-648-bis c.p., articolo 648-bis c.p., comma 2, e articolo 648 c.p. Carenza di motivazione. La censura investe l'affermazione di responsabilita' di entrami gli imputati e, in particolare, la motivazione che ne ha asseverato il concorso nell'attivita' di riciclaggio, difettando la necessaria efficienza causale nel determinismo produttivo dell'evento. Inoltre, si censura anche la mancata riqualificazione del fatto in ricettazione, stante l'assenza di prova di interventi manipolativi ovvero nell'ipotesi tentata del riciclaggio non essendosi ancora verificata la "perdita di traccia" dei veicoli. Si lamenta, infine, carenza motivazionale in ordine al trattamento sanzionatorio, con particolare riguardo alla posizione del (OMISSIS) (graduazione della pena) e al mancato giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche, operato, invece, in favore del coimputato, sussistendone le medesime ragioni. 1. Il motivo dedotto in ordine all'affermazione di responsabilita' e' del tutto generico, difettando qualsiasi confronto critico con l'intero complesso degli elementi probatori evidenziati dalla sentenza impugnata (e prima ancora dal GUP) a dimostrazione della responsabilita' dei ricorrenti per il reato di concorso, unitamente al coimputato (OMISSIS), in riciclaggio (sorpresi entrambi nella flagranza del reato). La prospettata riqualificazione sia in termini di tentativo che di ricettazione non si confronta con la sentenza impugnata che ha evidenziato come vennero accertate operazioni di smontaggio integrale di tutte le componenti delle auto indicate nel capo di imputazione e, al contempo, ne vennero incendiate le scocche. Nessun vizio, poi, e' ravvisabile a proposito del trattamento sanzionatorio; il giudizio di prevalenza operato in favore dei coimputato (OMISSIS) e' fondato su elementi di tipo individualizzante non comuni alla posizione del (OMISSIS), quali l'assenza di precedenti penali ed il ruolo marginale svolto nella vicenda. I ricorsi vanno, quindi, dichiarati inammissibili. 3. In conclusione, vanno dichiarati inammissibili i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); alla declaratoria di inammissibilita' dei ricorsi consegue, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila ciascuno in favore della Cassa per le ammende, cosi' determinata in ragione dei profili di inammissibilita' rilevati (Corte Cost., 13 giugno 2000 n. 186). P.Q.M. Dispone lo stralcio della posizione di (OMISSIS), in quanto la definizione del sesto motivo di ricorso, relativo ai presupposti per il riconoscimento della recidiva reiterata, e' oggetto di esame delle Sezioni unite, con udienza fissata per il 30/03/2023; previa formazione di separato fascicolo, rinvia a nuovo ruolo la trattazione del ricorso. Dichiara inammissibili i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DI STEFANO Pierluigi - Presidente Dott. COSTANZO Angelo - Consigliere Dott. VILLONI Orlando - Consigliere Dott. GIORDANO Emilia - rel. Consigliere Dott. DI NICOLA T. Paola - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: 1. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 2. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 3. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 4. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 5. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 6. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 7. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 8. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 9. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 10. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 11. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 12. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 06/04/2022 della Corte di appello di Caltanissetta; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa GIORDANO Emilia Anna; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. LETTIERI Nicola che ha concluso chiedendo il rigetto di tutti i ricorsi; uditi, per le parti civili, i difensori avvocato (OMISSIS), in difesa della Confederazione Italiana del Lavoro Camera Del Lavoro e in qualita' di sostituto processuale dell'avvocato (OMISSIS) in difesa della Confederazione Generale Italiana del Lavoro, che si associa alla richiesta per la conferma delle statuizioni civili e deposito delle conclusioni e nota spese; l'avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e F.A.I Antiracket (OMISSIS) si associa alle richieste del PG, chiede l'inammissibilita' o in subordine il rigetto dei ricorsi, deposita conclusioni e nota spese; uditi, per i ricorrenti, l'avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS); l'avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS); l'avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS); l'avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche', in qualita' di sostituto processuale dell'avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS) e dell'avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS) e (OMISSIS); l'avvocato (OMISSIS), sostituto processuale dell'avvocato (OMISSIS) in difesa di (OMISSIS); l'avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS); l'avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS) e (OMISSIS) i quali insistono per l'accoglimento dei motivi di ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) impugnano la sentenza con la quale la Corte di appello di Caltanissetta ne ha confermato la condanna, con la diminuente del rito abbreviato, alla pena ritenuta di giustizia per i reati rispettivamente ascritti. Secondo le sentenze di merito, convergenti, a meno di aspetti del tutto marginali, nella ricostruzione dei fatti lungo una comune linea interpretativa, i risultati delle indagini hanno consentito di enucleare la esistenza di due associazioni a delinquere, una di stampo mafioso che si riconosce nella (OMISSIS) e l'altra dedicata alla commissione di reati in materia di sostanze stupefacenti, operanti in (OMISSIS) e altri comuni della provincia di Caltanissetta. Il capo dell'associazione mafiosa e' stato individuato in (OMISSIS) che, gia' condannato per omicidio, associazione mafiosa e altri reati di mafia, nel gennaio 2014 era tornato in liberta' riprendendo in mano le redini dell'associazione mafiosa e governando il gruppo dedito al traffico di droga coadiuvato, nel ruolo direttivo, dal fratello (OMISSIS), scarcerato qualche mese dopo (e nei confronti del quale si procede separatamente). La sentenza di primo grado ha individuato i connotati di stabilita', la struttura organizzativa e il programma criminoso dell'associazione di stampo mafioso, di cui al capo A), descrivendone le modalita' operative, mutuate dalla struttura madre "(OMISSIS)" e connotate dall'impiego della forza di intimidazione e delle conseguenti condizioni di assoggettamento ed omerta' che ne derivano. La struttura mafiosa era volta, secondo tale ricostruzione, alla commissione di delitti di vario genere e, in particolare, alla commissione di reati in materia di stupefacenti, attraverso la collegata struttura di cui al capo B) della rubrica, ma anche in ambiti diversi, mediante l'imposizione ai titolari di esercizi commerciali dell'acquisto di prodotti necessari per le loro attivita' dalle ditte create da (OMISSIS) e il reinvestimento in altre lecite attivita' dei proventi dei traffici e guadagni illeciti. Sono dunque connessi al reato associativo, i reati di estorsione e tentata estorsione, ma anche alcuni episodi intimidatori volti a creare il condizionamento per le successive imposizioni economiche, contestati a (OMISSIS) ai capi C), D), H) I) L), R) T), reati in materia di armi (capo S), e quelli di intestazione fittizia e autoriciclaggio sub capi HHH), in) e KKK). In relazione al reato associativo sub capo A) sono contestate le aggravanti di associazione armata (articolo 416-bis c.p., comma 4) e quella di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 6 per avere gli associati finanziato, in tutto o in parte, le attivita' economiche da controllare o controllate con il prezzo, il prodotto o il profitto di delitti. Le violente modalita' di imposizione che connotano le condotte estorsive, volte alla imposizione delle forniture del (OMISSIS), integrano la ricorrenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. sotto l'aspetto dell'impiego del metodo mafioso, nonche' la inequivoca direzione delle condotte al finanziamento delle attivita' dell'associazione, finalita' che appare ravvisabile anche in relazione ai reati di intestazione fittizia e alla gestione del traffico di droga, attraverso un gruppo di persone (tra i ricorrenti, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)) preposte alla gestione dei covi - ben tre ove venivano custodite droga e armi - e alle operazioni di acquisto della droga sui mercati disponibili (il napoletano, ma anche (OMISSIS)) (fra questi, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)). Anche con riguardo al reato associativo di cui al capo B) i giudici di merito hanno individuato e descritto le caratteristiche di stabilita' e la organizzazione di una struttura dedita all'acquisto, stoccaggio e smistamento dello stupefacente in favore di una vasta rete di acquirenti preposti alla vendita al dettaglio, settore nel quale erano attivi i ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS) (che non rispondono del reato associativo sub capo A). I ricorrenti contatti, personali e telefonici, oggetto di osservazione e intercettazione, fra i correi; l'utilizzo di un sistema di comunicazioni telefoniche con terminologia convenzionale; l'utilizzo di un sistema di schermatura, attraverso le intestazioni fittizie dei conti - operazione, questa, alla quale era inteso, in particolare, (OMISSIS) - costituiscono tutti elementi sintomatici della esistenza di una rodata struttura operativa, ancillare e servente rispetto alla struttura mafiosa, dedita alla commissione di reati in materia di stupefacenti, contestati ad alcuni ricorrenti, in particolare a (OMISSIS) (ai capi RR), SS), ad (OMISSIS), ai capi BB), DD), FF), GG), JJ), MM), al (OMISSIS), al capo NN. Questi, al capo QQ), (OMISSIS), ai capi W), TT) e VV) rispondono anche dei reati in materia di armi e relativa ricettazione. 2. Tutti i ricorrenti, con motivi sintetizzati ai sensi dell'articolo 173 disp. att. c.p.p. nei limiti strettamente indispensabili ai fini della motivazione, chiedono l'annullamento della sentenza impugnata denunciandone vizi di violazione di legge, processuale e sostanziale, e cumulativi vizi di motivazione. In particolare: 2.1 (OMISSIS) classe (OMISSIS) denuncia: Motivo 1: violazione di legge penale (articolo 416-bis c.p. e Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74) ed erronea interpretazione delle risultanze processuali, principalmente conversazioni aventi contenuto criptico e ricalcate sulla presenza del ricorrente nel cd. covo di via (OMISSIS) in quanto punto di approvvigionamento dello stupefacente. La saltuaria presenza dell'imputato in tale abitazione non giustifica razionalmente la condanna in mancanza di elementi dai quali inferire il contenuto degli incontri con riferimento all'oggetto ed allo scopo dei contatti con gli imputati (OMISSIS), (OMISSIS) e altri imputati anche tenuto conto che il ricorrente, assuntore di stupefacenti, si recava in via (OMISSIS) per acquisti a titolo personale. La Corte ha valorizzato, con riferimento alle conversazioni n. 2239 de118/04/2017 e 1159 del 18/2/2017 elementi generici, non riconducibili a sostanze stupefacenti; circostanze ambigue, come la sua presenza in via Tucidide, giustificata dal fatto che ivi si trovavano le abitazioni della madre e di un cugino del ricorrente. Quindi gli elementi valorizzati non consentono di individuare la condotta partecipativa e il contributo del ricorrente al reato associativo; Motivo 2: violazione di legge e vizio di motivazione per la mancata riqualificazione del reato ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, non essendo stato accertato il quantitativo degli approvvigionamenti in modo da ritenerlo cospicuo piuttosto che di modica entita'; 2.2 (OMISSIS) denuncia: Motivo n. 1: violazione di legge (articolo 111 Cost., articolo 125 c.p.p., comma 3, articoli 192, 533 c.p.p. e articolo 546 c.p.p., comma 1) e nullita' della sentenza che consiste nella mera trasposizione del contenuto dell'ordinanza di applicazione della misura cautelare, in assenza di confronto con i motivi di impugnazione e che, pertanto, si risolve in una motivazione apparente, in punto di responsabilita' dell'imputato; Motivo n. 2: cumulativi vizi di motivazione in ordine alla responsabilita' dell'imputato con riferimento alla sua partecipazione consapevole all'associazione di stampo mafioso, contestata al capo A) e sussistenza delle ritenute aggravanti. La sentenza impugnata, in linea con quella di primo grado, si affanna nella ricostruzione della "storicita'" del gruppo mafioso operante nella citta' di (OMISSIS) ma non compie un'accurata disamina della sussistenza, nel caso concreto, della esplicazione, in relazione ai cd. reati fine contestati, del metodo mafioso che costituisce l'in se del reato di cui all'articolo 416-bis c.p.. Difetta, nel caso in esame, qualsiasi elemento di collegamento tra l'associazione, oggetto di indagine, e la (OMISSIS) o le associazioni che l'avevano preceduta sul territorio di interesse e manca la prova della condotta di partecipazione del ricorrente, a lungo detenuto e nuovamente raggiunto dalla misura nel presente procedimento e destinatario di una sentenza irrevocabile (la n. 26 del 2019) che ha escluso proprio l'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. agganciata alle dichiarazioni, ritenute non credibili, degli stessi collaboratori, oggi, viceversa, ritenuti tali. Difetta, in relazione allo stesso reato associativo, la prova che si trattava di una struttura che si avvaleva del metodo mafioso. Le condotte accertate attraverso le intercettazioni, di cui non vengono specificamente analizzati i contenuti comunicativi, non sono idonee ad inferirne il contributo partecipativo che viene ricondotto alla presenza dell'imputato nel covo di via (OMISSIS) (frequentato in ragione delle sue amicizie extraconiugali), presenza che ne denota, al piu', rispetto alla droga ivi sequestrata, una fattispecie di connivenza non punibile e valorizzandone i rapporti con il cugino (OMISSIS), ovvero attraverso il coinvolgimento nei reati fine, ascritti ad altri imputati essendo del tutto neutri i contenuti dei suoi controlli in loro compagnia. L'altro pilastro della ricostruzione accusatoria si fonda sulle dichiarazioni dei collaboratori, (OMISSIS) e (OMISSIS), gia' ritenuti non attendibili nella sentenza indicata e di (OMISSIS), estraneo, per sua stessa ammissione, alle frequentazioni degli (OMISSIS). Tali dichiarazioni, con riguardo all'imputato, non hanno trovato riscontri nella frequentazione dei capi della cosca ma solo in quella del cugino e di altri presunti appartenenti. Nessun elemento rinvia, quanto all'imputato, ad episodi ulteriori e diversi da quelli in materia di stupefacenti. Insussistenti anche le aggravanti armata (articolo 416-bis c.p., comma 4) in mancanza di un collegamento funzionale della disponibilita' di armi con i reati oggetto dell'associazione e quella di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 6. Non vi e' in atti alcun riferimento ad attivita' economiche, ascrivibili all'imputato, collegabili finanziariamente a reddito guadagni derivanti dall'attivita' dell'associazione; Motivo n. 3: violazione di legge e mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza dell'aggravante di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articoli 14, 15 e 16. La Corte di appello, in forza del bilanciamento tra le circostanze, non ha motivato la sussistenza di tali aggravanti, dalle quali discendono pesanti conseguenze in sede di esecuzione. Nel caso in esame, in forza della sottoposizione dell'imputato a regime detentivo, il decreto di applicazione della sorveglianza speciale (emesso il 5 luglio 2000 e che si dice notificato a 19 anni dai fatti), e' rimasto "sospeso" e, pertanto, non era produttivo degli effetti giuridici presupposto dell'aggravante e, comunque, non era stato rinotificato dopo la scarcerazione; Motivo n. 4: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla partecipazione al reato associativo di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, peraltro insussistente non essendo comprovati gli elementi strutturali tipici di tale reato. Nel caso in esame ricorrono solo elementi negativi (mai operati sequestro, se non quello del covo di via (OMISSIS); mai sono stati sentiti gli acquirenti; mai e' stata individuata il tipo di sostanza; le perquisizioni si sono rivelate sempre negative; non e' provata la esistenza di una piazza di spaccio e nessun elemento in positivo coinvolge il ricorrente nella supposta attivita' di gestione dello spaccio; nessun elemento denota la sussistenza di un comune profitto). Generici sono gli elementi che, attraverso le intercettazioni, coinvolgono il ricorrente e, al piu', riconducibili ad una mera connivenza non punibile. Insussistenti sono le aggravanti di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. che richiede la consapevolezza dell'apporto a favore dell'associazione e quella del numero di persone nonche' della disponibilita' di armi. (OMISSIS), cugino del ricorrente e gia' condannato per reati di armi, in relazione a quelle rinvenute nel covo di via (OMISSIS), ha escluso il coinvolgimento nei fatti del ricorrente; Motivo n. 5: con riferimento al reato contestato al capo RR) (Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4, articolo 80, comma 2) la condanna del ricorrente non e' fondata su elementi si prova che ne denotino il coinvolgimento nella gestione del covo, quindi la disponibilita' dello stupefacente in esso rinvenuto in occasione dell'arresto di (OMISSIS), reo confesso, che ne ha escluso il coinvolgimento nei fatti. E', comunque, insussistente, non essendo provato il superamento del valore soglia di 4000 volte rispetto al valore drogante, della droga rinvenuta (kg. 52 di hashish) che e' risultata contenere principio attivo pari a gr. 15,077 ca. Ne' ricorrono i presupposti per la contestazione dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1, c.p.; Motivo n. 6: violazione di legge e vizio di motivazione sulla ritenuta sussistenza del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, e correlate aggravanti, ascrittogli al capo SS) della rubrica; Motivo n. 7: violazione di legge (L. n. 895 del 1967, articoli 2, 4 e 7 e L. n. 110 del 1975, articolo 23, commi 1, 3, 4) in relazione ai reati contestati ai capi W) e TT) tenuto conto dei principi sentenza delle Sezioni unite che hanno escluso il concorso materiale e formale tra i reati indicati, in presenza di armi comuni da sparo e clandestine. Anche in tale caso la condanna dell'imputato, al confronto con le dichiarazioni del (OMISSIS) che ne ha escluso ogni coinvolgimento nei fatti, e' immotivata. Illegittima per violazione di legge la contestazione dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis. 1 c.p.; Motivo n. 8: erronea applicazione della legge penale (articolo 648 c.p.) in relazione al reato di cui al Capo UU). La condanna dell'imputato, al confronto con le dichiarazioni del (OMISSIS) che ne ha escluso ogni coinvolgimento nei fatti, e' immotivata. Non e' comunque, provata la impossibilita' di ripristinare il numero seriale dell'arma; Motivo n. 9: violazione di legge per mancata sussunzione del fatto di cui al capo B) nella fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, in assenza di indici significativi della maggiore gravita' del reato; Motivo n. 10: cumulativi vizi di motivazione sula mancato giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti; Motivo n. 11: violazione di legge e vizio di motivazione sulla misura di aumento della pena per la continuazione fra reati, in relazione a quelli contesati ai capi A), W), RR) SS), TT) UU). Infine e' erronea all'applicazione della pena base che dovrebbe far riferimento, quanto al reato sub A) alla pena prevista in relazione a condotte dal 2012 al 2015 e tenuto conto che la fine delle indagini risale al 2017/2018. L' (OMISSIS) e' detenuto dai primi mesi del 2018 e non ci sono ulteriori elementi che ne collocano la sua presenza al di fuori dell'episodio di via (OMISSIS) (del 2017 e dell'arresto, nel 2018, per altro procedimento. Non sussistono, quindi, elementi per applicare una pena successiva al 2015, se non la fictio iuris della contestazione della permanenza. 2.3 (OMISSIS) denuncia: Motivo n. 1: nullita' della sentenza ex articolo 521 c.p.p. per la diversita' del fatto tra le condotte oggetto di contestazione (delitto di autoriciclaggio di cui al capo KKK) e intestazione fittizia, capo JJJ) quanto alla individuazione del tempus commissi delicti e della condotta erroneamente ricondotta, quanto al delitto JJJ), alla costituzione della societa' (OMISSIS) (avvenuta il 29 settembre 2014) e all'intervento di (OMISSIS) e (OMISSIS) e (OMISSIS) nella gestione della stagione invernale 2015/2016. Il tempus commissi delicti (prossimo e successivo al 29/09/2014) non coincide con quello per cui vi e' stata dichiarazione di responsabilita'; analogo vizio inficia la contestazione sub capo KKK; Motivo n. 2: erronea applicazione dell'articolo 512-bis c.p. perche' il delitto di autoriciclaggio non e' ricompreso tra i reati che possono essere agevolati attraverso il reato di intestazione fittizia. Sul punto la motivazione e' contraddittoria attribuendo ai concorrenti la partecipazione nel reato proprio e trascurando che, anche nel frangente relativo alla gestione della stagione 2015/2016, l'imputato aveva, comunque, investito propri capitali; Motivo n. 3: erronea applicazione dell'articolo 648-ter c.p. a carico dell'imputato, reato proprio perche' presuppone in capo a chi lo commette, la precedente commissione di reati da cui originano i proventi delittuosi riciclati). La Corte ha ritenuto configurabile, in relazione a tale fattispecie, il concorso dell'extraneus pur non essendo acclarata la provenienza delittuosa dei capitali investiti. La conversazione del 18 novembre 2015 (n. 8044) denota, inoltre, che non vi fu alcun investimento di capitali dal momento che (OMISSIS) incaricava (OMISSIS) di riferire al (OMISSIS) che non poteva emettere l'assegno e che voleva tirarsi fuori dalla vicenda. E' contraddittoria la valutazione della prova in relazione al contenuto delle conversazioni del 16/10/2015 e 19/5/2016. 2.4 (OMISSIS) denuncia: Motivo n. 1:: violazione di legge e cumulativi vizi di motivazione in ordine alla partecipazione del ricorrente all'associazione (OMISSIS) di cui al capo A) frutto della erronea valutazione delle dichiarazioni rese da (OMISSIS) che, esterno alla (OMISSIS), non poteva essere ritenuto attendibile sulla portata delle sue accuse che necessitavano di adeguato riscontro esterno anche in relazione al contributo partecipativo che non puo' essere fatto discendere dalla mera affiliazione, alla quale rinviano, quanto a (OMISSIS), le dichiarazioni del collaboratore. In relazione a tali dichiarazioni, in merito gli atti incendiari ed all'episodio ritorsivo in danno di (OMISSIS), fatti per i quali procedeva l'autorita' giudiziaria ordinaria, non e' spiegata in sentenza la veste del dichiarante (OMISSIS), che sarebbe stato presente ai fatti e, soprattutto, quale vizio di travisamento della prova, la Corte di merito non ha eseguito il debito confronto fra le dichiarazioni di (OMISSIS) (secondo il quale l'attentatore era una sola persona, (OMISSIS) che si trovava a bordo di una smart) e il frame sviluppato a pag. 440 dell'ordinanza cautelare, dal quale si rileva la presenza di piu' persone e che l'autovettura utilizzata non e' una Smarticolo In poche parole, la prova a carico del ricorrente si risolve nella mera indicazione del (OMISSIS) che lo individua come affiliato del clan; Motivo n. 2: violazione di legge e vizio di motivazione per la ritenuta sussistenza delle aggravanti di cui all'articolo 461-bis c.p., comma 2, in mancanza di elementi di riscontro al dictum del collaboratore. Il ruolo del ricorrente viene agganciato all'episodio della rissa presso il locale (OMISSIS) che vide coinvolto (OMISSIS), ma la cui frase rivela la mancanza di obbedienza interna al clan correlata al ruolo dell'imputato. Ne' la Corte individua ulteriori iniziative assunte dall'imputato. Anche gli alti episodi indicati dalla Corte sono neutri agli effetti della dimostrazione del ruolo verticistico dell'imputato quale quello in danno di (OMISSIS), rispetto al quale e' evidenziata la indifferenza dell'imputato; cosi' e' fallace l'argomentazione della Corte ricondotta all'episodio di aggressione ad alcuni operi della (OMISSIS). In caso di esclusione di siffatta aggravante si impone il ricalcolo della pena; Motivo n. 3: violazione di legge in relazione all'applicazione dell'aggravante di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 71 perche' l'imputato non e' mai stato effettivamente sottoposto alla misura di prevenzione: difetta, quindi, il presupposto per l'applicazione di detta aggravante; Motivo n. 4: violazione di legge e cumulativi vizi di motivazione in merito all'episodio del danneggiamento del Bar (OMISSIS) di cui al capo C). E' erronea la conclusione della Corte di appello in merito alla valutazione del danneggiamento al Bar (OMISSIS) e la Corte ha trascurato la valutazione delle dichiarazioni rese da (OMISSIS) che collegavano i fatti con riferimento all'acrimonia che il dichiarante poteva nutrire verso l'imputato dal momento che l'attivita' dell'imputato non era in concorrenza con quella del (OMISSIS) ma lo era quella del bar (OMISSIS), supportato dal (OMISSIS); Motivo n. 5: violazione di legge e vizio di motivazione nella ricostruzione in fatto in relazione al reato di estorsione di cui al capo D) in conseguenza della erronea interpretazione del contenuto della conversazione n. 1833 del 4/01/2019 tenuto conto che l'imputato non fece alcuna richiesta ai fratelli (OMISSIS) di acquisire prodotti che egli stesso commercializzava. La sentenza non valorizza i motivi di acrimonia nutriti dai denuncianti verso l'imputato per effetto del crollo del loro giro di affari dopo che l'imputato si era inserito nelle attivita' di vendita di alcolici e bibite; Motivo n. 6: violazione di legge e vizio di motivazione sulla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione ai reati di tentata estorsione aggravata e detenzione e porto di armi oggetto di contestazione ai capi H) ed I) in danno del bar (OMISSIS) e della pasticceria (OMISSIS). La Corte sviluppa le sue argomentazioni su mere impressioni o congetture (l'esito delle comparazioni balistiche su alcune armi appartenenti al (OMISSIS)) ed omette di valutare che nessun ordine era stato impartito dal (OMISSIS) e il contenuto delle captazioni, n. 45 del 24/3/2017 in cui (OMISSIS) parla con il padre che gli dice di lasciar perdere (OMISSIS) e della conversazione di (OMISSIS) che esterna alla figlia il sospetto che l'attentato fosse stato determinato dalla consegna delle immagini del sistema di sorveglianza in ordine a un tentato furto. Non e' motivata la ritenuta sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416.bis.1 c.p.; Motivo 7: violazione di legge e vizio di motivazione per la mancata valutazione, in punto di giudizio di attendibilita', delle dichiarazioni rese da (OMISSIS) che costituiscono la base probatoria del reto di cui al capo L). La Corte non ha verificato il plausibile movente del dichiarante avesse voluto tenere indenne da responsabilita' il fratello e non ha debitamente valutato le dichiarazioni della persona offesa che parlo' di insistenze (e non di minacce) dell'imputato. Anche in tal caso e' omessa la motivazione sulla sussistenza dell'aggravante speciale; Motivo n. 8: omessa motivazione sulla sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. in relazione al reato sub capo R); Motivo n. 9: violazione di legge e motivazione apparente sulla sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1. c.p. in relazione ai reati di cui ai capi S) e R), ricondotti dal Tribunale del Riesame ad un ambito familiare ed avendo pertanto escluso la finalita' di agevolazione dell'associazione; Motivo n. 10: violazione di legge e vizio di motivazione nonche' travisamento della prova, in relazione alla configurabilita' del reato di trasferimento fraudolento di valori di cui al capo JJJ): l'imputato non aveva motivo di ritenere che potesse essere applicata nei sui confronti la misura della sorveglianza speciale atteso che quella che gli era stata applicata con sentenza del 28 maggio 1999 nonche' la liberta' vigilata applicatagli con sentenza del 17 marzo erano state revocate dal Tribunale di Sorveglianza in data 6 marzo 2014 e 24 settembre 2015. Quanto ai reati di cui ai capi M) e KKK) la Corte omette di valutare le dichiarazioni di (OMISSIS) che ha riferito che, nel periodo in contestazione, il locale era gestito da persone diverse dal ricorrente ( (OMISSIS) e (OMISSIS)) e non dal (OMISSIS). Omessa e' la motivazione sulla sussistenza dell'aggravante dell'agevolazione mafiosa. Motivo n. 11: violazione di legge e cumulativi vizi di motivazione in ordina alla partecipazione del ricorrente all'associazione di cui al capo B) frutto della erronea valutazione delle dichiarazioni rese dal (OMISSIS) che sono prive di riscontri esterni che non rinvengono dalle conversazioni intercettate a carico dell'imputato indicate a pag. 16 e ss. - e dalle quali non emerge ne' la univoca riconducibilita' all'imputato ne' la Corte esamina ragioni per le quali i riferimenti alla carta di cui alle conversazioni intercettate possano far riferimento a stupefacenti; Motivo n. 12: violazione di legge per mancata sussunzione del fatto contestato al capo B), nella fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, in assenza di indici significativi della maggiore gravita' del reato; Motivo n. 13: violazione di legge e cumulativi vizi di motivazione per la mancata applicazione della continuazione esterna con i fatti di cui alla sentenza del 17 marzo 2000, per il reato di omicidio aggravato L. n. 203 del 1990, ex articolo 7 commesso il (OMISSIS) e alla sentenza del 28 maggio 1999 che ne attesta la partecipazione all'associazione (OMISSIS), clan (OMISSIS)- (OMISSIS) gia' nel lontano 1991. A fronte della richiesta in tal senso del procuratore generale sono illogiche le considerazioni della Corte che ha ritenuto carente la dimostrazione dell'unicita' del disegno criminoso valorizzando la discontinuita' temporale tenuto conto della risalente adesione alla (OMISSIS) del ricorrente, rispetto alla quale non ha mai receduto. Il difensore ha depositato una memoria alla quale allega la sentenza del Tribunale di Gela del 6 aprile 2022, intervenuta nel rito ordinario, con la quale a (OMISSIS), che versava nella medesima situazione di fatto, e' stata riconosciuta la continuazione esterna con le sentenze indicate sub motivo n. 13. Il difensore ha chiesto la esclusione, ai sensi dell'articolo 80 c.p.p., della costituita parte civile FAI, Antiracket (OMISSIS) Associazione (OMISSIS)" essendo intervenuta la cancellazione della predetta associazione dall'elenco dele Associazioni e Fondazioni antiracket e antiusura della Prefettura di Caltanissetta, come appreso dai giornali. Insiste sui motivi di ricorso e, in particolare sul motivo relativo alla contestazione del reato sub capo D), parti offese (OMISSIS), e con riferimento ai restanti reati. 2.5 (OMISSIS) denuncia: Motivo n. 1: violazione di legge e cumulativi vizi di motivazione per la ritenuta partecipazione del ricorrente all'associazione (OMISSIS) di cui al capo A) frutto della erronea valutazione delle prove e della generalizzazione di rapporti dell'imputato con il cugino, (OMISSIS), o di rapporti commerciali leciti (la vendita di un auto e non la vendita di armi o stupefacenti, equivocando sul tenore della conversazione n. 330 del 20/09/2016) con (OMISSIS) e con (OMISSIS), una sola conversazione (n. 889 del 3/10/2016) e generalizzando la rilevanza degli elementi di prova che rinviano ai reati in materia di stupefacenti. La Corte di merito ha sopravvalutato la valenza di tali elementi incorrendo, cosi', anche nel vizio di violazione del canone dell'oltre ogni ragionevole dubbio che deve connotare la valutazione, ai fini di condanna e che, con riguardo al reato associativo, postula l'accertamento della condivisione e contributo consapevole al programma associativo. Non emergono, dal compendio intercettativo, riferimenti degli altri imputati al ricorrente; il (OMISSIS) non fa riferimento alcuno dall'imputato che, prima delle descritte conversazioni, era "estraneo" a qualsiasi indagine e che e' scomparso, dopo tali intercettazioni, dalle investigazioni. La Corte di merito non ha valorizzato, incorrendo nel vizzo di violazione di legge in relazione all'articolo 192 c.p., comma 2, nessuno degli elementi a favore operando una lettura frammentaria e funzionale alla condanna dell'imputato; Motivo n. 2: violazione di legge e cumulativi vizi di motivazione per la ritenuta partecipazione del ricorrente all'associazione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 contestata al capo B). Anche in tale caso sono stati generalizzati gli sporadici contatti dell'imputato con (OMISSIS) e con (OMISSIS) per inferirne che egli gestisse il covo di via (OMISSIS). Contrasta con le conclusioni la unicita' dell'episodio oggetto di accertamento; la esistenza di un rapporto familiare del ricorrente con (OMISSIS); la unicita' del contatto con (OMISSIS). Motivo n. 3: erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione per la ritenuta sussistenza, con riguardo ai reati di cui ai capi B), NN), PP), QQ) dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. per le ragioni innanzi esposte: Motivo n. 4: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza del reato di cui all'articolo 648 c.p. in relazione alla detenzione di armi, sub capo QQ). E' frutto della generalizzazione che connota la motivazione di tutta la sentenza impugnata la prova del coinvolgimento dell'imputato nella detenzione delle armi ritrovate nel covo di via (OMISSIS). Le conclusioni della Corte di appello, come per le altre imputazioni, contrastano con lo stato di minorata abilita' fisica dell'imputato; non sono stati svolti accertamenti sulle impronte presenti sulle stesse; l'unicita' dell'episodio che lo coinvolge nella presenza nel covo; valorizzando la captazione ambientale (quella del 20/09/2016 n. 33) rispetto alla quale non vi certezza della riconducibilita' all'imputato; Motivo n. s: violazione di legge, con riferimento al reato sub capo PP) che, non compare nel decreto di citazione in appello, pur essendo motivata, a riguardo (pagg. 137, 243 e ss.) la responsabilita' del ricorrente. Tale carenza inficia di nullita' la sentenza impugnata. 2.6 (OMISSIS) denuncia: Motivo 1: violazione di legge e mancanza di motivazione (ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), articolo 121 c.p.p. e articolo 125 c.p.p., comma 3) per omesso esame della memoria difensiva depositata all'udienza del 6/04/2022; Motivo 2: violazione di legge e omessa motivazione sul motivo di appello che denunciava l'apoditticita' della sentenza di primo grado in quanto risultato della mera traslazione dell'ordinanza di applicazione della misura cautelare; la Corte di appello non ha fornito adeguata motivazione al motivo di appello traslando, nella propria motivazione, quella di primo grado; Motivo 3: violazione di legge e vizio di motivazione sulla ritenuta configurabilita' del concorso tra reati in relazione alle contestazioni associative di cui ai capi A) e B). La Corte di merito ha esaminato superficialmente le censure difensive ed ha sviluppato una motivazione "cumulativa" della responsabilita' degli imputati. Con i motivi aggiunti, in riferimento a tale motivo, premesso che all'imputato viene addebitata, con effetto sulla contestazione di entrambi i reati associativi, la gestione dei covi di via (OMISSIS) e via (OMISSIS), evidenzia che difettano gli elementi della sussistenza del reato associativo sub capo B), che presenta elementi specializzanti rispetto al reato di cui all'articolo 416-bis c.p. e, in particolare, della consapevolezza, in capo all'imputato, che il traffico fosse gestito dall'associazione mafiosa e quindi la consapevolezza di contribuire alla realizzazione delle finalita' tipiche. I locali erano frequentati da persone di famiglia. Difetta, inoltre, la prova dell'affiliazione al clan mafioso. Motivo 4: violazione di legge e vizio di motivazione sulla ritenuta configurabilita' della condotta partecipativa del ricorrente con riferimento ade entrambi i reati. La Corte, con motivazione apparente, struttura la condotta partecipativa sulla mera frequentazione con alcuni imputati senza confrontarsi anche con il contenuto delle conversazioni intercettate che, invece, denotano l'estraneita' del ricorrente al contesto associativo; valorizzando l'elenco degli ingressi del ricorrente allo stabile di via (OMISSIS) e il contenuto allusivo o criptico di altre conversazioni. La Corte trascura che l'imputato non si confrontava con imputati diversi da (OMISSIS) e (OMISSIS); Motivo 5: apparenza della motivazione sulla sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis. 1 c.p. in ragione dell'applicazione e bilanciamento delle generiche, aggravante ricostruita sulla mera appartenenza all'associazione mafiosa laddove la giurisprudenza richiede un quid pluris e, comunque, mutuandone le caratteristiche da quelle del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 con motivazione circolare e senza adeguata giustificazione logica; Motivo n. 6: violazione di legge e vizio di motivazione sul bilanciamento delle circostanze attenuanti generiche con la recidiva specifica reiterata e infraquinquennale che residua dalla esclusione delle rimanenti aggravanti e dosimetria della pena. Con i motivi aggiunti censura, altresi', l'eccessivo aumento di pena per la continuazione esterna in primo grado, tenuto conto della stessa natura dei reati e della misura di aumento per la continuazione interna e allega le note difensive gia' depositate all'udienza in appello del 5 aprile 2022. 2.7 (OMISSIS) denuncia: Motivo n. 1: violazione di legge e cumulativi vizi di motivazione in ordina alla partecipazione del ricorrente all'associazione (OMISSIS) di cui al capo A) frutto della erronea valutazione delle dichiarazioni rese dal (OMISSIS) che, esterno alla (OMISSIS), non poteva essere ritenuto attendibile sulla portata delle sue accuse e che necessitavano di adeguato riscontro esterno anche in relazione al contributo partecipativo che non puo' essere fatto discendere dalla mera affiliazione, alla quale rinviano le dichiarazioni del (OMISSIS) quanto al ricorrente. Tali dichiarazioni, in merito gli atti incendiari ed all'episodio ritorsivo in danno di (OMISSIS), fatti per i quali procedeva l'autorita' giudiziaria ordinaria, non e' spiegata in sentenza la veste del dichiarante (OMISSIS), che sarebbe stato presente ai fatti e, soprattutto, il dato rileva quale vizio di travisamento della prova, la Corte non ha proceduto al confronto fra le dichiarazioni di (OMISSIS) (secondo il quale l'attentatore era una sola persona, (OMISSIS) che si trovava a bordo di una smart) e il frame sviluppato a pag. 440 dell'ordinanza cautelare, dal quale si rileva la presenza di piu' persone a che l'autovettura utilizzata non e' una Smarticolo In poche parole, la prova a carico del ricorrente si risolve nella mera indicazione del (OMISSIS) che lo individua come affiliato del clan; Motivo n. 2: violazione di legge e vizio di motivazione per la ritenuta sussistenza delle aggravanti armata (articolo 416-bis c.p., comma 4) in mancanza di un collegamento funzionale della disponibilita' di armi con i reati oggetto dell'associazione: la Corte ha erroneamente valorizzato il contenuto di un'unica conversazione (8228 del 19/06/2016) che fa riferimento al coinvolgimento del ricorrente in una diatriba che lo opponeva, unitamente a (OMISSIS) e (OMISSIS), a (OMISSIS) ma la conversazione nulla dice sulla disponibilita' di un'arma da parte dell'imputato comprovando, anzi che il ricorrente alla ricerca di un'arma. Analoghi vizi inficiano la ritenuta sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416 bis c.p., comma 6: non vi e' in atti alcun riferimento ad attivita' economiche, ascrivibili all'imputato, collegabili finanziariamente a reddito guadagni derivanti dall'attivita' dell'associazione; Motivo n. 3: violazione di legge e cumulativi vizi di motivazione in ordine alla partecipazione del ricorrente all'associazione di cui al capo B) frutto della erronea valutazione delle dichiarazioni rese dal (OMISSIS) che sono prive di riscontri esterni che non rinvengono dalle conversazioni intercettate a carico dell'imputato indicate a pag. 9- e dalle quali non emerge alcun collegamento funzionale agli interessi del gruppo da parte dell'imputato. La sentenza impugnata non spiega in maniera convincente le ragioni per cui l'imputato non potesse ritenersi "autonomo" nella gestione dello spaccio e si rifugia dietro inesistenti massime di esperienza a fronte dei numerosi procedimenti penali presso la Procura di Gela riconducibili ad iniziative di spacciatori autonomi, anche a fronte dell'investimento di consistenti capitali. Non chiariscono il coinvolgimento del ricorrente nell'associazione le dichiarazioni dei collaboratori, (OMISSIS) e (OMISSIS) e lo iato temporale fra le conversazioni intercettate (alcune riferite al 2012, altre al 2016) e' significativo della mancanza di continuita' temporale fra le condotte. La sentenza impugnata incorre nel vizio di omessa pronuncia con riferimento al contenuto dell'ordinanza cautelare emessa nel procedimento penale n. 1455/2014, annullata dal Tribunale del riesame che escludeva, contrariamente all'affermazione che la zona (OMISSIS) costituisse la zona di spaccio del ricorrente, la gravita' indiziaria a carico del (OMISSIS). Ulteriore dato oggetto di travisamento e' rilevabile in relazione al provvedimento con il quale veniva disposta, a favore del (OMISSIS), la restituzione di somme sequestrategli in occasione del suo ferimento, il (OMISSIS), dato, questo, erroneamente valorizzato come riscontro anche in primo grado a carico del ricorrente. La sentenza impugnata non motiva la configurabilita' dell'aggravante dell'associazione armata, se non in termini apodittici e quella di cui all'articolo 416-bis. 1 c.p. e, comunque, omettendo il confronto con i motivi di appello sul punto; Motivo n. 4: violazione di legge per la mancata riqualificazione dei fatti ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1, reato che maggiormente si confa' alla individuazione del ricorrente come pusher per conto della (OMISSIS); Motivo n. 5 violazione di legge in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, per mancata sussunzione del fatto, nella fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, in assenza di indici significativi della maggiore gravita' del reato; Motivo n. 6 violazione di legge e cumulativi vizi di motivazione per la mancata applicazione della continuazione esterna con i fatti di cui alle sentenze del 9 aprile 2003; 14 marzo 2006 e 18 giugno 2003 (tutte di uffici minorili). A fronte della richiesta in tal senso del procuratore generale sono illogiche le considerazioni della Corte che ha ritenuto carente la dimostrazione dell'unicita' del disegno criminoso valorizzando la discontinuita' temporale tra i fatti tenuto conto che il ricorrente non ha commesso reati comuni ma solo tali reati che, con riferimento alle sentenze 28/2003 e 12/2006 sono aggravate dalla finalita' di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. a favore della (OMISSIS) a comprova della continuita' e unitarieta' dell'adesione dell'imputato alla (OMISSIS) anche da minorenne e senza soluzione di continuita', un elemento questo che prevale sull'apparente discontinuita' della condotta, riconducibile anche alle vicende cautelari che lo hanno visto coinvolto; Motivo n. 6: violazione di legge e vizio di motivazione nella determinazione del trattamento punitivo calibrato sul ruolo di partecipe con la pena di anni quindici di reclusione pur essendo stato escluso il ruolo di promotore, organizzatore e capo del gruppo dedito allo spaccio. La pena e' incongrua e immotivata perche' non calibrata attraverso indici personologici. Il difensore ha depositato una memoria alla quale allega la sentenza del Tribunale di (OMISSIS) del 6 aprile 2022, intervenuta nel rito ordinario, con la quale per (OMISSIS) e' stata riconosciuta la continuazione esterna con le sentenze indicate sub motivo n. 6. Ha chiesto la esclusione, ai sensi dell'articolo 80 c.p.p., della costituita parte civile FAI, Antiracket (OMISSIS) Associazione (OMISSIS)" essendo intervenuta la cancellazione della predetta associazione dall'elenco dele Associazioni e Fondazioni antiracket e antiusura della Prefettura di Caltanissetta, come appreso dai giornali. 2.8 (OMISSIS) denuncia: Motivo 1: violazione di legge, articolo 15 c.p. e del divieto di ne bis in idem sostanziale poiche' la medesima condotta di cassiere e/o gestore della movimentazione di un conto nella disponibilita' di (OMISSIS) e' oggetto di contestazione si in relazione al reato sub capo A), articolo 416-bis c.p. che di quello sub capo B), Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74. E' erronea e generica la motivazione sul punto della sentenza impugnata; Motivo 2: violazione di legge, in relazione all'articolo 603 c.p.p., comma 3 per la mancata risposta della Corte di Appello sulla richiesta di acquisizione di una prova decisiva, l'acquisizione della documentazione bancaria. Il giudizio di colpevolezza e' stato espresso sulla base del contenuto delle captazioni ma non e' stata acquisita la documentazione bancaria, afferente alla gestione del conto per accertare operazioni riconducibili all'imputato; Motivo 3: violazione di legge, ai fini della configurabilita' della condotta associativa di cui all'articolo 416-bis c.p. ricostruita sulla stregua di conversazioni intercettate valorizzandone, oltre alla gestione del conto, la partecipazione a spedizione punitive ricostruite sulla base di intercettazioni intercorse non il capo dell'associazione, (OMISSIS), ma solo con (OMISSIS). L'ordinanza cautelare aveva evidenziato che altri contatti non risultavano dai brogliacci e solo una decina erano intervenuti con (OMISSIS) sono valorizzati anche nella sentenza che, impropriamente, ne enfatizza numero e contenuto per inferirne la messa a disposizione del ricorrente; in presenza del contenuto ambiguo e della mancanza di riscontri, con riferimento alla partecipazione dell'imputato alla spedizione punitiva presso il (OMISSIS). Rileva che alcuno dei collaboratori ha fatto riferimento all'imputato come partecipe dell'associazione e, quindi, la carenza di elementi fattuali dai quali inferne la partecipazione all'associazione; Motivo n. 4: violazione di legge e vizio di motivazione perla mancata qualificazione del fatto come concorso esterno. La risposta della Corte di appello al rilievo difensivo non si confronta con i principi in materia tenuto conto dei modesti elementi che denoterebbe il coinvolgimento dell'imputato nelle attivita' della consorteria mafiosa; Motivo n. 5: violazione di legge e vizio di motivazione sulla ritenuta configurabilita' del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 in carenza di elementi idonei a denotarne il contributo associativo. Oltre alle incertezze sulla effettiva titolarita' e gestione del conto non si conoscono la destinazione del conto; mancano prove del suo collegamento con il capoclan e solo 4 operazioni sono individuate come sospette. Le condotte dell'imputato, contestate come in attuale permanenza, si arrestano, come da intercettazioni al 6 novembre 2015; Motivo n. 6: violazione di legge e' vizio di motivazione per la mancata riqualificazione del reato ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, non essendo stato accertato il quantitativo degli approvvigionamenti in modo da ritenerlo cospicuo e non di modica entita'; Motivo n. 7: violazione di legge e vizio di motivazione erronea applicazione dei criteri in materia di determinazione della pena, per insussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. e mancata applicazione dele circostanze attenuanti generiche. 2.9 (OMISSIS) denuncia: Motivo n. 1: violazione di legge, in relazione all'articolo 649 c.p.p. e al divieto di bis in idem sostanziale in relazione alla contestazione di concorso fra i reati di cui ai capi A), articolo 416-bis c.p. e capo B), Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, in carenza di elementi che rinviano, quanto al reato sub capo B), ad una fattispecie associativa potendo le condotte, in mancanza di prova dell'affectio societatis, ricondursi a episodi di spaccio, inidonei a configurare la fattispecie associativa. E' carente la prova della compartecipazione dell'imputato ad entrambe le compagini e, aspetto sottolineato con i motivi nuovi, la prova delle circostanze di fatto riconducibili agli elementi costitutivi dei due reati sottolineando come sia comune ad entrambi i reati associativi, la funzione di tutela del medesimo bene giuridico, riconducibile all'ordine pubblico; Motivo n. 2: violazione di legge penale sostanziale (articolo 416-bis c.p.). La sentenza impugnata, mera "riedizione" di quella di primo grado, ne condivide l'impostazione valorizzando episodi (l'atto ritorsivo in danno di (OMISSIS); l'episodio occorso presso il locale (OMISSIS); la conversazione tra il ricorrente e (OMISSIS) del 19/06/2016) inidonee a configurare gli elementi costitutivi del reato. Il primo episodio e' stato oggetto di diverso procedimento penale che non ne ha acclarato il movente ritorsivo e la connessione con finalita' agevolativa dell'associazione; ne e' incerta - perche' riportata solo dal collaboratore (OMISSIS), la presenza dell'imputato essendo smentite le dichiarazioni dalle risultanze, attestate dal sistema di videoripresa, sull'auto utilizzata. Sono equivoche le asserite affermazioni dell'imputato (intercettazione del 26/04/2016) che rinviano a tale fatto. La esistenza di rapporti di parentela con le persone che vi sono coinvolte esclude che possa conferirsi valenza indiziaria all'episodio (OMISSIS). Non sono conferenti i contatti del ricorrente con i coimputati che non trovano riscontro nei tabulati. Irrilevante l'ulteriore contenuto della conversazione del 19/04/2016 sui propositi di minaccia e tentato omicidio di (OMISSIS): si tratta di mero proposito e, come tale, irrilevante. Non sono acquisiti elementi positivi: il ricorrente non partecipa ne' al summit del 10/05/2016 ne' a quello del 1/12/2016 e sono carenti, se rapportati alla persona del ricorrente elementi che rinviano al contributo partecipativo ed alla consapevolezza dell'agente sul carattere mafioso del contesto nel quale si inseriscono suoi contatti personali, giustificati anche rapporti di parentela: non ricorrono, pertanto, gli indici di mafiosita' imposti dalla giurisprudenza; Motivo 3: violazione di legge sulla ritenuta configurabilita' delle aggravanti di cui all'articolo 416-bis c.p., commi 4 e 5, configurati con criteri di automaticita' rispetto alla natura mafiosa del gruppo. Con i motivi nuovi evidenzia che la sentenza impugnata nulla dice in merito alla concreta possibilita' di conoscenza, da parte del ricorrente, della disponibilita' delle armi che, peraltro, la sentenza impugnata riconduce al personale esclusiva disponibilita' dei partecipi che detenevano le armi stesse; Motivo n. 4: violazione di legge in relazione alla sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 6. La sentenza impugnata ha "enfatizzato" l'attivita' economica svolta da (OMISSIS) ma non reca alcun riferimento al reinvestimento delle utilita' procurate dalle attivita' illecite, che costituisce l'elemento indefettibile dell'aggravante, richiesto dalla giurisprudenza. Rileva, con i motivi nuovi che la sentenza impugnata non riesce a far transitare sulla posizione del ricorrente il contenuto dell'aggravante in parola che la giurisprudenza ha configurato non in termini di finanziamento di singole iniziative economiche ma in un intervento in strutture produttive dirette a prevalere, nel territorio di insediamento, su altre che offrano servizi. I giudici di merito hanno valorizzato, sulla base di criteri presuntivi, (piuttosto che in applicazione di massime costituenti fatto notorio) la mera appartenenza al sodalizio per inferirne la sussistenza dell'aggravante in capo all'agente in assenza di una verifica delle dimensioni delle attivita' economiche acquisite o sostenute attraverso le risorse illecite; Motivo n. 5: violazione di legge penale con riferimento alla configurabilita' della condotta partecipativa al reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74. Il ricorrente non e' stato coinvolto in altre indagini ((OMISSIS)) che si sono intersecate con le indagini del presente procedimento e che nell'ultima, vedono il ricorrente ancora sottoposto a procedimento penale per detenzione di stupefacenti costituiti da droghe leggere, la somma sequestrata in tale occasione, gli e' stata restituita. La Corte valorizza le dichiarazioni del (OMISSIS) prive di riscontri, non potendo ritenersi tali gli esiti della descritta indagine. Difettano le prove di un contributo partecipativo e la Corte non spiega la riconducibilita' degli elementi acquisiti alla fattispecie associativa, piuttosto che alla ricorrenza di concorso del ricorrente nel reato continuato di cessione; Motivo n. 6: violazione di legge, per la mancata riqualificazione del fatto si sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6. Le argomentazioni della Corte di merito sono, a tale riguardo, insufficienti. Motivo n. 7: violazione di legge per la mancata riqualificazione del fatto sub capo B) nel reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, tenuto conto dell'esito della perquisizione de 25/05/2016; violazione di legge in relazione alla ritenuta sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. in relazione al reato sub capo B), risultato di automatismo applicativo e non essendo ravvisabile nella condotta il metodo mafioso; Motivo n. 8: violazione di legge in relazione al diniego di applicazione delle circostanze attenuanti generiche: e' inadeguata ad assolvere l'onere motivazione in relazione ai criteri di cui all'articolo 133 c.p. il riferimento alla congruita' della pena. In data 11 marzo 2023 sono pervenuti "Motivi Nuovi" in sostanza reiterativi di quelli in atti. 2.10 (OMISSIS) denuncia: Motivo n. 1: violazione di legge e mancanza di motivazione (ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), articolo 121 c.p.p. e articolo 125 c.p.p., comma 3) per omesso esame della memoria difensiva depositata all'udienza del 6/04/2022; Motivo n. 2: violazione di legge e omessa motivazione sul motivo di appello che denunciava l'apoditticita' della sentenza di primo grado in quanto risultato della mera traslazione dell'ordinanza di applicazione della misura cautelare; la Corte di appello non ha fornito adeguata motivazione al motivo di appello traslando, nella propria motivazione, quella di primo grado; Motivo 3: violazione di legge e vizio di motivazione sulla ritenuta configurabilita' del concorso tra reati in relazione alle contestazioni associative di cui ai capi A) e B). La Corte di merito ha esaminato superficialmente le censure difensive ed ha sviluppato una motivazione "cumulativa" della responsabilita' degli imputati. Con i motivi aggiunti, in riferimento a tale motivo, premesso che all'imputato viene addebitata, con effetto sulla contestazione di entrambi i reati associativi, la gestione dei covi di via (OMISSIS) e via (OMISSIS), evidenzia che difettano gli elementi della sussistenza del reato associativo sub capo B), che presenta elementi specializzanti rispetto al reato di cui all'articolo 416-bis c.p. e, in particolare, della consapevolezza, in capo all'imputato, che il traffico fosse gestito dall'associazione mafiosa e quindi la consapevolezza di contribuire alla realizzazione delle finalita' tipiche. I locali erano frequentati da persone di famiglia. Difetta, inoltre, la prova dell'affiliazione al clan mafioso. Motivo 4: violazione di legge e vizio di motivazione sul punto della ritenuta configurabilita' della condotta partecipativa dell'imputato sia al clan camorristico che all'associazione dedita al traffico di stupefacenti: impropriamente la Corte ha valorizzato le dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS); ha ritenuto erroneamente sintomatica del contributo partecipativo la conversazione n. 2149 del 22/10/2016 nel corso della quale l'imputato prendeva le distanze dal duo (OMISSIS)- (OMISSIS) e valorizzato la conversazione intrattenuta dal ricorrente con (OMISSIS) nel corso della quale i due commentavano la diatriba tra (OMISSIS) e (OMISSIS). La sentenza non considera che l'imputato aveva preso le distanze dalla gestione dei covi di via (OMISSIS) e di via (OMISSIS). Non e' chiarito, perche' rimasto sconosciuto, il contenuto della presunta partecipazione del ricorrente a summit mafiosi; Motivo n. 5: apparenza della motivazione sulla sussistenza delle aggravanti di cui all'articolo 416-bis.1 c.p.; articolo 416-bis c.p., comma 6 e Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 71; Motivo n. 6: vizio di motivazione sull'applicazione delle circostanze attenuanti generiche che, escluse quelle speciali, andavano applicate con prevalenza sulla recidiva contestata e dosimetria della pena. 2.11 (OMISSIS) denuncia: 1. Motivo n. 1: cumulativi vizi di motivazione e vizio di violazione di legge (articolo 192 c.p.p. e articolo 416-bis c.p.) per la ritenuta sussistenza della condotta di partecipazione e adesione al programma associativo, anche sotto il profilo soggettivo sulla base del contenuto di intercettazioni telefoniche prive dei caratteri di chiarezza, decifrabilita' dei significati, assenza di ambiguita', viceversa tali da comportare il ragionevole dubbio sulla sussistenza dei presupposti materiale e giuridico del reato associativo. Il ricorrente esamina, in particolare, il contenuto delle conversazioni intercettate che fanno riferimento alla vicenda di (OMISSIS) - valorizzata per inferirne la partecipazione del ricorrente alla vita criminale della consorteria prendendo le difese del (OMISSIS), coinvolto in una rissa in occasione della quale (OMISSIS) era intervenuto in difesa del (OMISSIS), figliastro di (OMISSIS)). Il ricorrente denuncia il travisamento dei fatti nella interpretazione del contenuto della conversazione del 12 agosto 2014 durante la quale il ricorrente aveva lamentato il disinteresse di (OMISSIS), fratello (OMISSIS), mostrandosi deluso perche' la vicenda riguardava il "nipote" e palesando il timore di subire ritorsioni a causa del suo intervento e non a titolo di partecipazione alle vicende della consorteria: la conclusione della sentenza impugnata e' vieppiu' contraddetta dal proseguo della motivazione in cui si attribuisce rilievo ad altri aspetti parimenti contraddittorio quali la partecipazione dello (OMISSIS) ai preparativi per l'azione punitiva contro (OMISSIS) quale ritorsione per il ferimento di (OMISSIS). Rileva il ricorrente che i giudici del merito hanno affasciato le conversazioni intercettate (quella del 24 aprile 2016 nel corso della quale il ricorrente rassicurava l' (OMISSIS) sull'approntamento di un auto) con un equivoca conversazione intercettata in ambientale il 27 aprile 2016 - nel corso della quale il ricorrente rassicurava il suo interlocutore sul suo attivismo che arbitrariamente viene posta in correlazione con la pregressa intercettazione telefonica e con altra, intercettata il 26 aprile 2016 dalla quale sembra emergere (ma si tratta di conversazione fortemente disturbata) che il ricorrente si rechi a far visita al (OMISSIS) in ospedale, in nome della coesione del gruppo. Analoga erroneita' di interpretazione connota la lettura della conversazione del 7 maggio 206, in stretto dialetto gelese, e la arbitraria valorizzazione dei contatti del ricorrente con (OMISSIS) (oltre 1300 dal 23 agosto 2014 al 22 agosto 2015) e poi cessati e che andrebbero depurati di quelli solo in apparenza riferibili all'imputato che, in alcune occasioni, aveva prestato l'apparecchio ad altra persona e da quelli ascrittigli sol perche' il loquente viene chiamato con il nome (OMISSIS); valorizzando le dichiarazioni di (OMISSIS) inferendone che l'espressione "camminare" debba essere intesa come condotta partecipativa che, per altri, il (OMISSIS) ha, invece, indicato come "(OMISSIS)". Lo stesso collaboratore ha precisato che l'imputato si era poi allontanato dal (OMISSIS) per spacciare, attivita' che il ricorrente non svolgeva per conto ma con il beneplacito della (OMISSIS). Da qui il travisamento delle dichiarazioni del (OMISSIS). La Corte di appello, trascurando i rilievi difensivi, non aveva valorizzato l'attentato intimidatorio subito al (OMISSIS) (il (OMISSIS)) su mandato del (OMISSIS) come ritorsione per il mancato acquisto dei prodotti venduti dal (OMISSIS); essere stata vittima di intimidazioni mafiose anche la famiglia del ricorrente, il fratello (OMISSIS), in relazione alla gestione della discoteca (OMISSIS). Alcun elemento positivo di partecipazione al reato emerge a carico del ricorrente che e' estraneo ai summit mafiosi connessi alla gestione della plastica, perche' mai presente alle conversazioni intercettate; ne e' del tutto casuale la presenza a casa di (OMISSIS), immortalata dalle telecamere, perche' si era recato a casa di questi per consegnargli delle chiavi. Infine, in conversazioni intercettate fra altri soggetti ( (OMISSIS) e (OMISSIS)), cosi' nella conversazione del Di Maggio, risulta che i loquenti si interrogano sul se sia "(OMISSIS)"; Motivo 2: cumulativi vizi di motivazione e vizio di violazione di legge (articolo 192 c.p.p. e Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74) per la ritenuta sussistenza della condotta di partecipazione e adesione al programma associativo, anche sotto il profilo soggettivo sulla base del contenuto di intercettazioni telefoniche. La Corte ha valorizzato, per inferirne il contributo associativo del ricorrente, la semplice disponibilita' anche dello (OMISSIS) dell'utenza telefonica utilizzata nelle conversazioni con (OMISSIS), pur prescindendo dal contenuto delle conversazioni intercettate, ed il contenuto di conversazioni, quella del 31 marzo 2012 con il (OMISSIS), in assenza della individuazione dei soggetti ai quali si fa riferimento (il (OMISSIS)) e da intercettazioni ambientali dalle quali non emerge la esistenza di un vincolo permanente e di elementi che denotassero l'interno comune e strutturato (a tal riguardo segue elenco delle conversazioni); Motivo 3: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla interpretazione del contenuto della conversazione del 8 novembre 2015, intervenuta con (OMISSIS), valorizzata quale fondamento probatorio del reato di detenzione e porto di armi sub capo V) per l'impropria identificazione della persona di cui si parla nella conversazione con (OMISSIS), arrestato, per possesso di armi, il 23 ottobre 2014. Violazione di legge, articolo 192 c.p., comma 2, connota anche l'interpretazione della conversazione del 15 luglio 2016 per mancanza di chiarezza del contenuto: in realta' (OMISSIS) non aveva un'arma ma era interessato ad acquistarne una; Motivo n. 4: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla interpretazione delle conversazioni intercettate, in realta' prive dei connotati di chiarezza e decifrabilita' dei significativi e impropriamente ricondotte ad attivita' di spaccio, in relazione ai capi BB) ambientale del 7 dicembre 2016 intercorsa con (OMISSIS); in relazione al capo DD), conversazioni del 6 e 7 maggio 2016, per presunte cessioni a favore di (OMISSIS); in relazione al capo FF) conversazione del 6 ottobre 2014, con (OMISSIS); in relazione al capo GG) le intercettazioni, in ambientale, del 24 novembre 2014, intervenute con (OMISSIS); apparenza di motivazione per la mancata esclusione delle aggravanti di cui all'articolo 416-bis. 1 c.p. per i reati di cui all'articolo 73, comma 5 cit. ricondotta alla mera appartenenza al clan mafioso; alla mancata applicazione delle attenuanti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5 e articolo 74, comma 6, escluse, in presenza di droga parlata, sol perche' lo stupefacente era destinato al successivo spaccio e dei connotati, minimali, dell'attivita' di spaccio, descritti con i motivi di appello e rudimentalita' dell'associazione; Motivo 5: apparenza della motivazione connota anche la ritenuta sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. e dell'aggravante armata, ricostruite su quella della mafiosita' del gruppo e in mancanza di prova della "costante e non episodica" disponibilita' di armi che non e' suffragata dal mero risultato positivo delle perquisizioni dovendosi provare la destinazione delle armi alla realizzazione delle finalita' associative. 2.12 (OMISSIS) denuncia: Motivo n. 1: violazione di legge (Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 e articolo 416-bis c.p.), erronea applicazione della legge processuale e vizi di motivazione nell'apprezzamento delle risultanze processuali, le conversazioni captate (in particolare le conversazioni 2229 del 28/11/2015) interpretate in maniera illogica e fuorviante, ai fini della configurabilita' del reato ascrittogli al capo B) avendo ritenuto l'imputato erroneamente a disposizione del sodalizio criminoso della (OMISSIS) finalizzato al narcotraffico e direttamente coinvolto nei traffici e nella gestione del covo di Via (OMISSIS). Non si confronta, la sentenza impugnata, con le obiezioni difensive sul punto dell'interesse del ricorrente in merito all'arresto di (OMISSIS), sconosciuto al (OMISSIS); al linguaggio deferente verso lo (OMISSIS), in quanto suo datore di lavoro; alla genericita' dei riferimenti a pantaloni, patate e o altro erroneamente ricondotti a stupefacenti. E' stato travisato dalla Corte il contenuto delle conversazioni 37447 del 19/03/2016 e 4095 del 26 agosto 2016 e nessun elemento ne denota il contributo partecipativo all'associazione. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) in relazione all'aggravante di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2022, articolo 71, che va eliminata nonche' nei confronti di (OMISSIS) con riferimento al reato di cui alla L. n. 895 del 1967, articoli 2 e 7, come contestato al capo W), relativamente alla detenzione di arma comune da sparo perche' assorbito in quello di detenzione di arma clandestina oggetto di contestazione al capo TT) riqualificando, altresi', la condotta di detenzione di munizioni ai sensi dell'articolo 697 c.p. aggravato ai sensi dell'articolo 416-bis.1 c.p. con rinvio, per la rideterminazione della pena in relazione tale reato contravvenzionale alla Corte di Assise di Caltanissetta. Sono inammissibili nel resto i ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS). La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, nei confronti di (OMISSIS), in relazione al reato di cui all'articolo 648-ter c.p. riqualificato ai sensi dell'articolo 648-bis c.p.. Il ricorso di (OMISSIS) deve essere rigettato nel resto. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, in relazione al reato di cui al capo A), nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), per non avere commesso il fatto, con rideterminazione della pena, per ciascun imputato, come di seguito precisato. I ricorsi dei predetti imputati devono essere dichiarati inammissibili nel resto. Sono inammissibili i ricorsi proposti da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). 2.E' generico il primo motivo del ricorso di (OMISSIS) e il secondo motivo dei ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS) che denunciano la illegittimita' della sentenza impugnata in quanto mera riedizione, analogamente a quella di primo grado, dell'ordinanza di applicazione della misura di custodia cautelare e per carenza dell'esame dei motivi specifici devoluti al giudice dell'impugnazione. Ma tale rilievo e' anche manifestamente infondato. La sentenza impugnata ha correttamente disatteso le censure difensive proposte con riferimento alla "duplicazione" nella sentenza di primo grado dell'ordinanza cautelare evidenziandone la completa e analitica disamina delle prove e della loro interconnessione, non essendo invece necessaria, ai fini dell'osservanza dell'obbligo di motivazione, l'originalita' della scrittura, nozione alla quale sembrano riferirsi le deduzioni difensive. La sentenza impugnata, a propria volta, si sottrae, anche dal punto di vista stilistico, ai rilievi difensivi sol che si rifletta sul dato che i giudici di appello hanno efficacemente riassunto (in poco piu' di 150 pagine) la molto piu' ponderosa sentenza di primo grado, attraverso un'operazione selettiva che ha specificamente individuato, in fatto e in diritto, il nucleo delle contestazioni e delle condotte ascritte a ciascun imputato, nonche' i motivi di appello sugli specifici punti ma, soprattutto, sul dato che, in ragionato confronto critico con le censure difensive, la Corte di merito ha proceduto alla specifica analisi della posizione di ciascun imputato pervenendo a conclusioni logiche e corrette dal punto di vista giuridico sula base di precisi elementi in fatto dei quali con i ricorsi le difese propongono una lettura alternativa e parcellizzata, come meglio si dira' in prosieguo. La sentenza impugnata, pertanto, si sottrae a rilievi ed eccezioni involgenti la denuncia del vizio di omessa motivazione, motivazione apparente ovvero omesso esame dei rilievi difensivi oltre a porsi sul piano oggettivo della tecnica redazionale, come documento del tutto autonomo e nel quale sono confluiti gli esiti, selezionati con riferimento alla posizione di ciascun appellante, delle attivita' di polizia necessari ai fini della ricostruzione della responsabilita' degli imputati. E' altresi', manifestamente infondato il motivo comune di ricorso proposto dal (OMISSIS) e (OMISSIS), ribadito anche con la memoria depositata in vista dell'odierna udienza e concernente l'omesso esame della memoria difensiva depositata all'udienza del 6 aprile 2022, in quanto si trattava di censure reiterative di quelle proposte e compiutamente esaminate sicche' non rileva che a tale memoria non sia stato dato specifico risalto. Va, infine, precisato, in relazione alla denuncia del vizio di motivazione apparente, che propongono su specifici punti anche i motivi di altri ricorrenti, che tale vizio (che, come noto, si risolve in vizio di violazione di legge perche' la motivazione e', in tal caso, inesistente) e' sussistente solo quando la motivazione sia del tutto avulsa dalle risultanze processuali o si avvalga di argomentazioni di puro genere o di asserzioni apodittiche o di proposizioni prive di efficacia dimostrativa, cioe', in tutti i casi in cui il ragionamento espresso dal giudice a sostegno della decisione adottata sia soltanto fittizio e percio' sostanzialmente inesistente (Sez. 5, n. 9677 del 14/07/2014, dep. 2015, Vassallo, Rv. 263100). In generale lo sviluppo della sentenza di appello, soprattutto quando conforme a quella di primo grado e questa sia non meramente compilativa delle risultanze processuali ma, a propria volta, risultato di un dialettico confronto con gli argomenti difensivi nell'analisi del risultato di prova, non comporta che i giudici siano tenuti a compiere un'analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze, spieghino, in modo logico ed adeguato, le ragioni del convincimento, dimostrando che ogni fatto decisivo e' stato tenuto presente, si' da potersi considerare implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata. Ai fini della rilevanza del vizio di omessa motivazione e' indispensabile, e i ricorsi sono, invece, generici, che sia prospettata e dimostrata la rilevanza e decisivita', sull'esito della decisione, dell'omesso esame o specifica confutazione di argomentazioni difensive. Ne consegue la manifesta infondatezza, alla luce della complessiva motivazione dispiegata dalla Corte di territoriale (alle pagg. 197 e ss., descrivendo le modalita' e finalita' delle condotte illecite dell'imputato in quanto capo del clan) dei motivi di ricorso (motivi nn. 6, 7, 8, 9) proposti da (OMISSIS) nella parte in cui deduce la mancanza di motivazione sulla sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. in relazione ai reati-fine dei quali e' stato ritenuto responsabile. 3. Ritiene il Collegio, replicando l'iter seguito dalla Corte di merito perche' razionale e funzionale ai poteri di controllo rimessi alla Corte di Cassazione a fronte di motivi di ricorso che in buona parte riproducono (anche dal punto di vista grafico) i motivi di appello, che sono condivisibili le conclusioni alle quali i giudici di merito sono pervenuti sia nell'inquadramento in diritto che nelle implicazioni pratiche che sono state tratte sui temi devoluti. Si tratta di conclusioni in buona parte ineccepibili perche' corrispondenti ai consolidati principi elaborati, nelle specifiche materie, dalla giurisprudenza di legittimita' ed ai piu' recenti aggiornamenti che, su alcuni temi controversi, sono vi via intervenuti. Le risultanze processuali valorizzate dai giudici di merito, con decisioni conformi, discendono dal contenuto delle intercettazioni telefoniche, analizzate anche attraverso il contributo dei verbalizzanti che avevano effettuato le operazioni di ascolto e svolto indagini a riscontro, e dalle dichiarazioni rese da (OMISSIS), un affiliato dell'associazione mafiosa (OMISSIS), incaricato di compiti manuali e subalterni che, pertanto, aveva conoscenze limitate delle dinamiche interne e dei rapporti fra i componenti del gruppo. Seguendo lo schema logico della sentenza impugnata appare opportuno esaminare i temi comuni posti dai ricorsi sul tema della valutazione delle dichiarazioni dei collaboratori e della prova derivante da operazioni di intercettazione passando, poi, all'esame specifico dei motivi di ciascun ricorrente dopo avere esaminato le strutture associative di cui ai capi A) e B), sia con riferimento agli elementi costitutivi di ciascuna e delle rispettive aggravanti sia dei rapporti tra le fattispecie che i giudici del merito hanno ritenuto tra loro in continuazione, ai sensi dell'articolo 81 c.p., comma 2, individuando il reato piu' grave in quello di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74. 4. Sono manifestamente infondati i motivi di ricorso (motivo n. 1, (OMISSIS); motivi n. 1 e 3, (OMISSIS); motivo 4, (OMISSIS); motivo 5, (OMISSIS)) che denunciano vizio di violazione di legge in relazione all'articolo 192 c.p.p. nella valutazione delle dichiarazioni di (OMISSIS) . Nella sentenza impugnata e' sviluppata una premessa metodologica corretta ed in linea con i principi giurisprudenziali da ultimo richiamati nella sentenza a Sezioni Unite di questa Corte che ha operato una compiuta ricognizione del percorso argomentativo del giudice del merito sulle tappe che contrassegnano il procedimento di ricostruzione e valutazione delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Si fa riferimento al principio secondo cui nella valutazione della chiamata in correita' o in reita', il giudice, ancora prima di accertare l'esistenza di riscontri esterni, deve verificare la credibilita' soggettiva del dichiarante e l'attendibilita' oggettiva delle sue dichiarazioni, precisando che tale percorso valutativo non deve muoversi attraverso passaggi rigidamente separati, in quanto la credibilita' soggettiva del dichiarante e l'attendibilita' oggettiva del suo racconto devono essere vagliate unitariamente, non indicando l'articolo 192 c.p.p., comma 3, alcuna specifica tassativa sequenza logico-temporale (Sez. U, Sentenza n. 20804 del 29/11/2012, dep. 2013, Aquilina, Rv. 255145). Specifiche, in risposta alle deduzioni difensive dei singoli imputati, sono state le osservazioni con le quali la Corte di appello, in linea con le conclusioni del giudice dell'udienza preliminare, ha proceduto alla verifica di attendibilita' delle dichiarazioni di (OMISSIS), sia per quanto concerne l'associazione di cui al capo A), riguardanti l'operativita' del sodalizio e il ruolo dei singoli imputati, che il reato associativo di cui al capo B) procedendo, di volta in volta, al confronto con ulteriori evidenze di prova (le intercettazioni telefoniche o le risultanze dei servizi di videoripresa). Con argomentazioni logiche e ineccepibili i giudici del merito hanno valutato l'attendibilita' delle dichiarazioni esaminando anche la concreta incidenza, su tale giudizio, di marginali incongruenze di cui sono state fornite ragionevoli spiegazioni. Tanto e' a dirsi con riferimento alla ricostruzione da parte di (OMISSIS) del ferimento del (OMISSIS), attuato dal clan in chiave ritorsiva rispetto a quello di (OMISSIS), e in merito all'autovettura utilizzata per l'attentato che il dichiarante aveva detto essere stata una smarticolo La Corte di appello (v. pag. 196) ha, infatti, giustificato il motivo di confusione del (OMISSIS) evidenziando che questi aveva indicato un tipo di auto, effettivamente in uso al (OMISSIS) e che, anche a fronte della contestazione che l'auto era di tipo diverso, aveva insistito nel suo ricordo con atteggiamento che non era sintomatico di precostituzione dell'accusa, di malafede o di inattendibilita' ma di mera imprecisione del racconto e nel quale un dato noto al dichiarante era stato sovrapposto ad altro. Sono, dunque, da respingersi perche' generiche e manifestamente infondate quelle censure con le quali i ricorrenti hanno contestato un non corretto modo di procedere dei giudici del merito e l'inosservanza, in generale, della normativa e dei principi giurisprudenziali. Rimane ovviamente da valutare - e solo a questo piu' ristretto ambito vanno ricondotti i rilievi difensivi che saranno di seguito esaminati - l'avvenuto rispetto, per ogni posizione, dei criteri di valutazione correttamente enunciati e la rispondenza a logica delle operate valutazioni. 5. Un tema che sotto diverse prospettazioni, ritorna nei ricorsi e' quello della denuncia di violazione di legge (articolo 192 c.p.p.) in relazione all'applicazione delle coordinate normative che sovraintendono alla valutazione delle intercettazioni telefoniche e che, nel procedimento in esame, riproducono contatti tra gli imputati inerenti all'organizzazione dele attivita' connesse ad operazioni di acquisto, occultamento e organizzazione delle cessioni di droga. Secondo i ricorrenti tali risultanze necessitano di riscontri esterni, ma si tratta di una conclusione non condivisibile. E', invero, risalente l'affermazione che le dichiarazioni auto ed etero accusatorie registrate nel corso di attivita' di intercettazione regolarmente autorizzata hanno piena valenza probatoria e, pur dovendo essere attentamente interpretate e valutate, non necessitano degli elementi di corroborazione previsti dall'articolo 192 c.p.p., comma 3, (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263714). Le ulteriori censure difensive, inerenti alla chiarezza delle conversazioni intercettate, sono formulate in termini generici e non si confrontano con la ricostruzione dei giudici di merito che, viceversa, ne hanno confermato la chiarezza e la decifrabilita' dei significati e assenza di ambiguita', di modo che la ricostruzione del significato delle conversazioni non lasci margini di dubbio sul significato complessivo della conversazione. A ben vedere, le cesure difensive a tal riguardo, di seguito richiamate, lungi dal denotare la manifesta illogicita' del ragionamento probatorio, si risolvono nella richiesta di una valutazione alternativa, preclusa alla Corte di legittimita', sul merito delle risultanze di prova anche nella parte in cui attaccano il contenuto delle conversazioni intercettate con riferimento alla ricostruzione degli episodi minatori ed estorsivi ascritti agli imputati e, in particolare, a (OMISSIS). 6. Sono manifestamente infondati i motivi di ricorso sulla sussistenza e configurabilita' del reato associativo di cui all'articolo 416-bis c.p. contestato al capo A). Val bene esaminare, in via del tutto preliminare, il motivo di ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS) che propone un criterio interpretativo erroneo ai fini della configurabilita' del reato di cui all'articolo 416-bis c.p.. Il ricorrente, infatti, sulla scia delle problematiche interpretative che hanno riguardato la individuazione dei requisiti necessari ai fini della configurabilita' del reato associativo in relazione alle cd. nuove mafie - concetto riferibile anche a cellule associative di mafie cd. storiche radicatesi in ambienti lontani e diversi da quelle di tradizionale e risalente operativita' - ha riportato la giurisprudenza di questa Corte in materia. In realta' le sentenze che hanno esaminato la problematica hanno richiamato l'interprete ad una ricostruzione degli elementi costitutivi di tali gruppi associativi che richiede la dimostrazione dell'imprescindibile connotato dell'avvalersi del metodo mafioso; quindi, della prova che il sodalizio faccia effettivo, concreto, attuale e percepibile uso - ancorche' non necessariamente con metodi violenti o minacciosi - della suddetta forza. E' noto che il delitto di associazione per delinquere di tipo mafioso e' un reato a struttura mista che, rispetto al mero dato dell'organizzazione di una pluralita' di persone accomunate dalla volonta' di perseguire le finalita' illecite indicate dalla norma, si avvale, per il perseguimento dei suoi scopi, della condizione di assoggettamento e quella di omerta' cumulate fra loro le quali siano entrambe conseguenza della forza di intimidazione del vincolo associativo da cui derivano causalmente, aspetti, questi, che segnano la differenziazione di detta ipotesi criminosa dal delitto associativo puro. Per completare il quadro di riferimento giurisprudenziale in materia, tenuto conto delle particolarita' che emergono dalla concreta vicenda e della sicura affiliazione alla "(OMISSIS)" di (OMISSIS) attestata dalla sua condanna, va altresi' precisato che anche il tema della valenza dell'affiliazione ad un'associazione di tipo mafioso - oggetto di controversa interpretazione ai fini della ricostruzione del contributo partecipativo - e' stato affrontato e deciso dalle Sezioni Unite di questa Corte che hanno affermato che la condotta di partecipazione ad associazione di tipo mafioso si caratterizza per lo stabile inserimento dell'agente nella struttura organizzativa dell'associazione, idoneo, per le specifiche caratteristiche del caso concreto, ad attestare la sua "messa a disposizione" in favore del sodalizio per il perseguimento dei comuni fini criminosi (Sez. U, n. 36958 del 27/05/2021, Modaffari, Rv. 281889). In conclusione, l'affiliazione rituale puo' costituire grave indizio della condotta partecipativa, ove la stessa risulti, sulla base di consolidate e comprovate massime d'esperienza e degli elementi di contesto che ne evidenzino serieta' ed effettivita', espressione di un patto reciprocamente vincolante e produttivo di un'offerta di contribuzione permanente tra affiliato ed associazione. La struttura associativa descritta al capo A) della rubrica e' univocamente riconducibile ad una categoria concettuale non perfettamente sovrapponibile al fenomeno delle cc.dd. "nuove mafie": nel caso in esame, infatti, e le sentenze dei giudici del merito non hanno mancato di sottolineare questo dato, si e' in presenza dell'accertamento di operativita' di un clan gia' tradizionalmente operante (la (OMISSIS)) nell'area gelese che aveva acquisito nuova e intensa operativita' in forza del ritorno sulla scena di (OMISSIS) che, dopo diciannove anni di detenzione in carcere, era tornato in liberta'. La giurisprudenza ha precisato che, in questo caso, quando oggetto del giudizio sia l'accertamento relativo alla ricorrenza di nuova formazione in rapporto di continuita' con una cosca storica, oggetto di passati accertamenti irrevocabili, puo' prescindersi da specifici accertamenti in ordine all'esteriorizzazione del metodo mafioso solo in presenza di univoci elementi che dimostrino che la formazione oggetto di indagine sia priva di reali elementi di novita' (nei programmi, nella comunanza dei territori oggetto di azione, nella coincidenza dei soggetti coinvolti), e, come tale, continui ad operare su un determinato territorio, replicando o, comunque, sfruttando, un contesto riconducibile all'alveo dell'articolo 416-bis c.p., comma 3. L'affermazione si accompagna alla precisazione che tanto piu' e' sfumata l'indagine sull'effettivo ricorso ad attivita' o metodi improntati all'intimidazione e conseguente assoggettamento ed omerta', tanto piu' rigoroso e solida deve risultare acquisizione probatoria dimostrativa delle caratteristiche strutturali del sodalizio (Sez. 2, n. 38831 del 17/09/2021, Cicciu', Rv. 282199). L'accertamento giudiziale, in tal caso, ad avviso del Collegio, deve concentrarsi sulla verifica della capacita' intimidatoria del gruppo in quanto tale, non potendosi desumere la stessa dalla sola fama criminale del singolo associato. La sentenza di primo grado (pag. 19) ha descritto la struttura associativa sub capo A), indicata come "(OMISSIS)" gelese individuandone i requisiti strutturali sussumibili nel reato di cui all'articolo 416-bis c.p., innanzi precisati, desunti dalle modalita' operative della consorteria nel campo del traffico degli stupefacenti e nel controllo delle attivita' lecite, attraverso le estorsioni, e descrivendo altresi' la penetrazione di (OMISSIS) nel tessuto produttivo cittadino, aspetti che efficacemente denotano la vocazione al controllo del territorio attraverso la particolare intimidazione che promana dal vincolo associativo non solo del singolo ma del gruppo a questi facente capo. L'organizzazione, secondo la ricostruzione dei giudici di merito, aveva a disposizione un vero e proprio esercito (circa 500 leoni), giovani pronti a tutto per affermare l'egemonia del clan sul territorio, come rivelato da (OMISSIS) nel corso di una delle intercettazioni in carcere dove si trovava ristretto. La consorteria - prosegue la sentenza di primo grado - si rendeva responsabile di una seriale attivita' estorsiva messa in atto facendo pure ricorso a danneggiamenti incendiari e finalizzata a dare progressivo sviluppo ad iniziative commerciali che intraprendeva a mezzo di alcune societa' intestati a compiacenti prestanome e anche a donne degli stessi capomafia, societa' operanti nel settore della distribuzione di prodotti per la ristorazione (piatti e bicchieri di plastica nonche' materiale per il confezionamento), di prodotti alimentari (fornitura di cornetti imposta a bar ed esercizi pubblici di (OMISSIS)), nei settori della organizzazione di eventi in discoteca e in quello immobiliare. Anche la sentenza impugnata (pag. 1 e ss.) ha passato in rassegna numerosi episodi e spedizioni punitive in danno di componenti del clan o di gruppi avversi e si tratta di un aspetto che acquista rilevanza ai fini della ricostruzione della struttura operativa e della individuazione dei suoi componenti, come si dira' esaminando il coinvolgimento di alcuni dei ricorrenti nella ritorsione in danno di (OMISSIS) o' (OMISSIS), in quanto rivelatore dell'appartenenza al sodalizio - e ha illustrato alcuni episodi che registravano l'intervento di (OMISSIS) per risolvere questioni tra privati cittadini, anche sostituendosi alle autorita' di polizia, come quando alcuni cittadini si rivolgevano al vertice del clan o ai suoi uomini piu' vicini per il recupero di beni, aspetto, questo, di rilievo proprio ai fini della individuazione della incidenza della consorteria, attraverso il ricorso al metodo mafioso, nel territorio sfruttando la fama criminale e facendo ricorso a metodi violenti solo quando strettamente necessario. A questo riguardo sono descritti numerosi episodi che rivestono particolare importanza, ai fini della ritenuta sussistenza del reato associativo, perche' denotano la esteriorizzazione, nel contesto cittadino di riferimento, del potere mafioso al pari delle condotte estorsive (numerose e contestate ai capi C), D) I), L), che saranno nel prosieguo oggetto di analisi), anche queste di particolare rilevanza perche' emblematiche del controllo esercitato sulle attivita' economiche. La sentenza di primo grado (pag. 23) ha precisato come le intercettazioni avessero comprovato la esistenza di un'organizzazione composita nella quale accanto a soggetti che militavano nell'ala cd. criminale - quella che continuava ad essere predominante, occupandosi del traffico di droga; di estorsioni mediante danneggiamento, incendi e traffico di armi - potesse individuarsi un'ala prettamente imprenditoriale, facente a (OMISSIS), interessata all'esercizio di attivita' in vari settori economici anche in forza di imprese intestate a prestanome - all'imputato sono ascritti i reati "tipici" di tale modalita' operativa ai capi HHH), JJJ), KKK) - commessi comunque avvalendosi della forza di intimidazione che promana dal vincolo associativo funzionale a eliminare ogni forma di concorrenza nonche' ad imporre anche in maniera estremamente violenta la propria presenza sul territorio. L'associazione mafiosa capeggiata da (OMISSIS) si poneva, secondo la sintesi compiuta dai giudici del merito, in linea di continuita' con la risalente (OMISSIS) di cui aveva ereditato l'ambito di riferimento territoriale e le modalita' operative proseguendone ed attualizzandone, con il ricorso al metodo mafioso, le attivita' illecite nel settore degli stupefacenti e del controllo delle attivita' economiche. I giudici del merito hanno infatti descritto come si fosse formato, in anni risalenti, il gruppo della (OMISSIS) costituito da soggetti (cosiddetti posati) che non volendo piu' prendere ordine dai carismatici mafiosi di "cosa nostra" avevano deciso di dare vita ad una nuova organizzazione criminale speculare e contrapposta alla mafia tradizionale, che pero' ne replicava le modalita' organizzative, per esempio attraverso le affiliazioni degli adepti. E, tale organizzazione dopo una contrapposizione armata con "(OMISSIS)" era stata, infine, riconosciuta dagli stessi vertici di "(OMISSIS)" che avevano posto fine alla contrapposizione armata stimola stipulando con gli irriducibili nemici accordi finalizzati ad impedire la ripresa della mattanza che aveva contrassegnato gli anni 80 del secolo scorso. I collaboratori escussi avevano riferito come la (OMISSIS) fosse divenuta un'unica famiglia con quella di "(OMISSIS)" dovendo esserci tra loro fratellanza in modo da evitare il deflagrare di sanguinose faide. Raggiunta la pax mafiosa (la cd. pace di Riesi, nell'anno 1991), le due organizzazioni mafiose avevano continuato ad assicurarsi il controllo delle attivita' imprenditoriali e, mutuando modelli organizzativi istituzionali, avevano garantito il coordinamento delle rispettive attivita' istituendo una sorta di sala operativa, volta ad ottimizzare le energie e a dividere equamente i profitti. Emblematica, in questo senso, la vicenda denunciata dagli imprenditori di gelesi operativi nel settore della raccolta dei rifiuti che avevano dovuto ripetutamente versare a "(OMISSIS)" e (OMISSIS), operanti sinergicamente, ingenti somme di denaro, come accertato nel processo penale per tale fatto. Secondo la ricostruzione dei giudici di merito, nell'associazione (OMISSIS), per effetto della detenzione di alcuni esponenti di rilievo, fra questi l'odierno ricorrente, (OMISSIS), e la collaborazione di altri, si fosse determinato un vuoto di potere e come, una volta recuperata la liberta', (OMISSIS) aveva avviato sia azioni vendicative nei confronti di coloro che avevano contribuito all'arresto di uomini della consorteria e riaggregato nel gruppo sia coloro che gia' operavano all'interno del sodalizio, come (OMISSIS) e (OMISSIS), attivi nel settore degli stupefacenti sia persone, via via rimesse in liberta', tra i quali (OMISSIS), cugino di (OMISSIS), pure questo sodale, tutti operanti nel traffico di droga, rimasto fiorente nel corso degli anni, attivita', queste, ricostruite attraverso le intercettazioni disposte dopo pochi mesi dalla rimessione in liberta' di (OMISSIS) che avevano portato alla scoperta di tre basi logistiche (in via (OMISSIS); via (OMISSIS) e via (OMISSIS) della citta' di (OMISSIS)) dove venivano rinvenute droga e armi. Conclusivamente, la prospettiva esegetica a base della sentenza impugnata e di quella di primo grado e' condivisibile e corretta, perche' in linea con la cornice di riferimento ai fini della individuazione degli elementi strutturali del reato di cui all'articolo 416-bis c.p.. Con chiarezza gia' la sentenza di primo grado ha descritto una struttura nella quale erano individuabili i requisiti tipici del reato di cui all'articolo 416-bis c.p., disegno criminoso unitario; forza di intimidazione e, correlativamente, condizione di assoggettamento e omerta', dei quali la struttura associativa si avvaleva per il perseguimento delle finalita' e gli obiettivi dell'associazione, senza "acquietarsi" degli aspetti che, in linea di continuita' con il passato, ne denotavano la derivazione dal gruppo nel quale, prima del lungo periodo di carcerazione, aveva militato (OMISSIS), aspetto âââEurošÂ¬Ã‹Å"che pure non e' irrilevante ma che si salda alle piu' recenti acquisizioni in modo da escludere ogni automatismo nella sovrapposizione tra gruppi criminali egemoni nel territorio solo in forza della coincidenza dei soggetti coinvolti (nel caso (OMISSIS)) e fondato sull'avvalersi, in concreto, all'attualita' e nella percezione esterna, del metodo mafioso e con riferimento al periodo temporale oggetto di contestazione ai singoli imputati. 6.1. I ricorrenti (motivo 4 ricorso (OMISSIS); ma anche motivo 2 del ricorso (OMISSIS) e motivo 5, ricorso (OMISSIS)) hanno dedotto l'erronea applicazione dell'aggravante dell'associazione armata, di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 4. I giudici del merito, sulla scorta del rinvenimento di armi nella base logistica di via (OMISSIS) (sub capo W e PP), e degli episodi di danneggiamento con armi, contestati ai capi H), I), L), S) hanno fatto corretta applicazione dell'aggravante poiche' tale circostanza, di natura oggettiva, e' configurabile a carico di ogni partecipe che sia consapevole del possesso di armi da parte degli associati o lo ignori per colpa, accertamento per il quale assume rilievo anche il fatto notorio della stabile detenzione di tali strumenti di offesa da parte del sodalizio mafioso, riconducibile all'associazione mafiosa "(OMISSIS)" (cfr. Sez. 2, n. 50714 del 07/11/2019, Caputo, Rv. 278010), in forza dei descritti connotati storici di tale associazione, descritti al punto che precede, ma attualizzati dalle metodologie che, ripreso il controllo dell'organizzazione, (OMISSIS) aveva pienamente ripristinato. 6.2. Sono manifestamente infondati i motivi di ricorso (motivo 4, ricorso (OMISSIS); motivo 3 ricorso (OMISSIS); motivo 2, ricorso (OMISSIS)) che denunciano l'erronea applicazione dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 6. Anche con riferimento a detta aggravante, sulla scorta delle attivita' economiche intraprese da (OMISSIS) nelle quali si registrava anche il diretto coinvolgimento di altri sodali e della massima di esperienza enunciata nella giurisprudenza di questa Corte, e' stata correttamente ritenuta sussistente la circostanza aggravante di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 6, che si configura ove le attivita' economiche di cui gli associati intendano assumere o mantenere il controllo siano finanziate in tutto o in parte con il prezzo, il prodotto o il profitto di delitti. Anche questa aggravante, come quella armata, ha natura oggettiva e va riferita all'attivita' dell'associazione e non necessariamente alla condotta del singolo partecipe, il quale, nel caso di associazioni cd. storiche come mafia, camorra e âââEurošÂ¬Ã‹Å"ndrangheta, ne risponde per il solo fatto della partecipazione, ascritta a (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), dato che, appartenendo da anni al patrimonio conoscitivo comune che dette associazioni operano nel campo economico utilizzando ed investendo i profitti di delitti che tipicamente attuano in esecuzione del suo programma criminoso, un'ignoranza al riguardo in capo ad un soggetto che sia ad alcuna di tali associazioni affiliato e' inconcepibile (Sez. 2, n. 23890 del 01/04/2021, Aieta, Rv. 281463). 7. Sono manifestamente infondati i motivi di ricorso sviluppati da numerosi ricorrenti che, oltre alla insussistenza del contributo partecipativo, che sara' esaminato trattando le singole posizioni, contestano la configurabilita' del reato associativo di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, in relazione al reato di cui al capo B). Sono chiare le coordinate che delineano i requisiti della sussistenza del reato associativo per distinguerlo dal fenomeno del concorso nelle operazioni di acquisto, anche reiterate. L'esistenza di un'associazione a delinquere dedita al traffico di sostanze stupefacenti non puo' essere dedotta da un unico episodio, seppure rilevante, di acquisto di sostanze stupefacenti per la cessione a terzi, il quale puo' costituire indizio ma non prova piena dell'accordo finalizzato alla commissione di una pluralita' indistinta di reati in materia di stupefacenti (Sez. 4, n. 36341 del 15/05/2014, Savasta e altri, Rv. 260268) ne' l'attivita' di reiterate condotte di spaccio puo', da sola, costituire prova dell'integrazione del reato associativo, rappresentando al piu' indice sintomatico dell'esistenza dell'associazione, che pero' va accertata con riferimento all'accordo tra i sodali, alla struttura organizzativa ed alle affectio societatis (Sez. 6, n. 24379 del 04/02/2015, Bilacaj e altri, Rv. 264177). Con maggiore precisione questa Corte ai fini della configurabilita' del reato associativo ne ha descritto i requisiti imprescindibili nel senso che e' necessario: a) che almeno tre persone siano tra loro vincolate da un patto associativo (sorto anche in modo informale e non contestuale) avente ad oggetto un programma criminoso nel settore degli stupefacenti, da realizzare attraverso il coordinamento degli apporti personali; b) che il sodalizio abbia a disposizione, con sufficiente stabilita', risorse umane e materiali adeguate per una credibile attuazione del programma associativo; c) che ciascun associato, a conoscenza quantomeno dei tratti essenziali del sodalizio, si metta stabilmente a disposizione di quest'ultimo (Sez. 6, n. 7387 del 03/12/2013, dep. 2014, Pompei, Rv. 258796). Non esistono seri motivi per non concordare con le riportate enunciazioni di principio che, tuttavia, vanno coordinate con i reiterati arresti di questa Corte in materia di reati associativi che precisano come l'associazione penalmente rilevante non richieda necessariamente formalita' costitutive, divisione formale dei ruoli, organigramma imponente, strutture specificamente dedicate. Appare sufficiente, a questo fine, rammentare il principio secondo cui, per la configurabilita' dell'associazione dedita al narcotraffico non e' richiesta la presenza di una complessa e articolata organizzazione dotata di notevoli disponibilita' economiche, ma e' sufficiente l'esistenza di strutture, sia pure rudimentali, deducibili dalla predisposizione di mezzi, per il perseguimento del fine comune, create in modo da concretare un supporto stabile e duraturo alle singole deliberazioni criminose, con il contributo dei singoli associati (Sez. 6, n. 46301 del 30/10/2013, Corso e altri, Rv. 258165). In ogni caso, si afferma, l'associazione per delinquere e' un fatto materiale, con precise connotazioni strutturali, al quale si connettono pertinenti profili soggettivi e i cui profili di prova, involgono la individuazione di un patto e che questo abbia ad oggetto un determinato programma criminoso, da perseguire attraverso il coordinamento di singoli apporti personali. E', dunque, il patto che genera un vincolo e spetta al giudice, ai fini della pronuncia di condanna, l'accertamento del fatto in tutti gli elementi essenziali, come avvenimento storico definito e per cio' stesso distinto da fenomeni contigui - come il concorso di persone nel reato - e da situazioni penalmente irrilevanti e il giudizio di condanna presuppone l'accertamento del fatto in tutti gli elementi essenziali, come avvenimento storico. Sulla base di tali coordinate in diritto sono corrette le conclusioni alle quali sono pervenuti i giudici del merito applicandole al fenomeno descritto dal (OMISSIS) e sulla scorta delle risultanze delle operazioni di intercettazioni telefoniche e dei controlli che avevano condotto, nel volgere di pochi mesi, alla individuazione e sequestro di tre covi utilizzati dall'associazione per custodirvi droga e armi, in aggiunta ad esiti che documentano i contatti, anche telefonici e gestiti attraverso il ricorso a modalita' comunicative convenzionali e criptiche, fra i coimputati. Si tratta del sequestro di quasi 13 chilogrammi di marijuana e hashish, di una pistola cal. 7,65 e di una pistola con matricola abrasa, rinvenuti il g. 8 luglio 2016 nell'immobile di via (OMISSIS); del sequestro eseguito il l'8 novembre 2016 nell'immobile di via (OMISSIS), ove venivano rinvenuti 52 chilogrammi di hashish, 920 gr. di cocaina e una pistola con matricola abrasa (i fatti sono oggetto di contestazione ai capi NN), PP) e QQ) a (OMISSIS) e (OMISSIS) e ai capi RR), SS), TT) e UU) a (OMISSIS)); del sequestro in data 7 giugno 2017 di altra droga, rivenuta nell'immobile di via (OMISSIS), nella disponibilita' del coimputato (OMISSIS), immobile descritto come "luogo di incontro dei sodali e di spaccio di stupefacenti, ove venivano tagliati e confezionati". La sentenza impugnata (pag. 43) descrive anche il sistema economico adottato per il pagamento (uso di carte prepagate e poste pay; il coinvolgimento di un commercialista, (OMISSIS), al quale era attribuito il compito di creare un sistema di fatture, per coprire e giustificare le movimentazioni economiche facenti capo al (OMISSIS) e a (OMISSIS), separatamente processati; l'esistenza di una cassa comune). E' stato oggetto di particolare analisi nelle sentenze di merito, il sistema di acquisto e approvvigionamento della droga che viene ricostruito a partire dall'anno 2012 attraverso le risultanze delle operazioni di intercettazioni telefoniche che documentavano i contatti delle persone preposte, per conto della (OMISSIS), al reperimento delle sostanze stupefacenti attraverso vari e variegati canali: la sentenza impugnata, a questo riguardo, sintetizza quella di primo grado enucleando i passaggi nei quali sono coinvolti gli odierni ricorrenti, in particolare (OMISSIS) e (OMISSIS), ricostruendo anche le "specifiche" operazioni di acquisto e rifornimento e cessione. I due imputati sono stati individuati come il particolare anello di congiunzione tra l'associazione mafiosa e quella preposta alla gestione della droga. Le risultanze probatorie consentono di ritenere acquista la prova della esistenza di una stabile organizzazione, fotografata negli anni 2016 e 2017 con riferimento proprio alla individuazione di elementi strutturali inequivoci (i covi; il sistema per il pagamento), che qualificano l'aspetto organizzativo della struttura non le mere operazioni di rifornimento che pure sono significative e rilevanti, ai fini che ci occupano, quando, come nel caso in esame, la loro reiterazione nel tempo e ricorrenza, denotano la esistenza di una struttura che ne dirige e regola la dinamica, al di la' del variabile e contingente coinvolgimento dei singoli. Resta solo da aggiungere che, ai fini della ricostruzione del consapevole partecipativo, la partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di stupefacenti e' un reato a forma libera, la cui condotta costitutiva puo' realizzarsi in forme diverse, purche' si traduca in un apprezzabile contributo alla realizzazione degli scopi dell'organismo, posto che in tal modo si verifica la lesione degli interessi salvaguardati dalla norma incriminatrice (Sez. 3, n. 35975 del 26/05/2021, Caterino, Rv. 282139). A prescindere dalle modalita' di realizzazione del contributo (se ad esempio intervenuto nella fase di fornitura; nelle operazioni di acquisto; nelle altre operazioni connesse allo stoccaggio, conservazione e smercio) cio' che rileva e' che la condotta denoti un rilevante apporto causale al raggiungimento del fine di profitto perseguito dall'organizzazione, effettuato con la consapevolezza di fare parte di un gruppo dedito ad attivita' in materia di stupefacenti ed avvalendosi continuativamente delle sue risorse. 7.1. Le evidenze innanzi descritte (in particolare, gli esiti delle perquisizioni e sequestro eseguiti presso i covi di via (OMISSIS), e via (OMISSIS)) rendono manifestamente infondati i motivi di ricorso con i quali i ricorrenti contestano la ritenuta sussistenza della circostanza aggravante, di natura oggettiva, prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 4. Va - in premessa - ricordato che per la sussistenza dell'aggravante in questione, diversamente da quella analoga, ipotizzata dall'articolo 416-bis c.p., comma 4, e' richiesta unicamente la disponibilita' di armi e non anche la correlazione tra queste ultime e gli scopi perseguiti dall'associazione criminosa (cfr. Sez. 5, n. 11101 del 04/02/2015, Platania, Rv. 262714), con la conseguenza che e' sufficiente la consapevolezza, da parte del partecipe, che l'associazione sia armata, perche' gli sia imputabile l'aggravante dell'articolo 74, comma 4, Decreto del Presidente della Repubblica cit.. Cionondimeno tale aggravante puo' essere riconosciuta in capo ai partecipi del sodalizio solo se puo' postularsi una loro colpevolezza anche in relazione a tale aspetto, che richiede, in base a quanto previsto dall'articolo 59 c.p., comma 2, quantomeno un coefficiente di prevedibilita' concreta da parte loro della disponibilita' delle armi da parte dell'associazione (Sez. 6, n. 49458 del 21/10/2015, Arianiello, Rv. 266041). I Giudici del merito, con ineccepibili argomentazioni, sono pervenuti a ritenere sussistente l'aggravante in esame sottolineando la natura funzionale della detenzione delle armi alla struttura e organizzazione del traffico di droga e al coinvolgimento dei singoli imputati in attivita' collegate alla presenza e gestione dei covi, come si seguito precisato. 7.2. Il motivo diretto a confutare la sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. in relazione al reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, sub capo B), comune alla maggior parte degli imputati che hanno avanzato, al riguardo, rilievi per lo piu' sovrapponibili, e' manifestamente infondato. L'aggravante in esame richiede che la condotta illecita sia posta in essere al fine specifico di favorire l'attivita' dell'associazione di tipo mafioso, sicche' alla oggettiva agevolazione della consorteria mafiosa determinata dalla condotta incriminata deve accompagnarsi il cosciente ed univoco intendimento del soggetto agente di agire proprio per il raggiungimento di tale specifico fine agevolatore (indirizzando ad esso la sua condotta): in buona sostanza non e' sufficiente la sola mera realizzazione di un contributo oggettivamente utile per l'operativita' del sodalizio mafioso. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno concluso la risalente discussione sulla natura dell'aggravante in esame affermandone la natura soggettiva trattandosi di aggravante che inerisce ai motivi a delinquere e precisando che tale aggravante si comunica al concorrente nel reato che, pur non animato da tale scopo, sia consapevole della finalita' agevolatrice perseguita dal compartecipe (Sez. U., n. 8545 del 19/12/2019, dep. 2020, Chioccini, Rv. 278734). A precisazione di tale connotato hanno rilevato come la forma aggravata in esame esige che l'agente deliberi l'attivita' illecita nella convinzione di apportare un vantaggio alla compagine associativa: e' necessario pero', affinche' l'aggravante non sia priva di offensivita', che tale rappresentazione si fondi su elementi concreti, inerenti, in via principale, all'esistenza di un gruppo associativo avente le caratteristiche di cui all'articolo 416-bis c.p. ed alla effettiva possibilita' che l'azione illecita si inscriva nelle possibili utilita', anche non essenziali al fine del raggiungimento dello scopo di tale compagine, secondo la valutazione del soggetto agente, non necessariamente coordinata con i componenti dell'associazione. Trattandosi invero di un'aggravante che colpisce la maggiore pericolosita' di una condotta, ove finalizzata all'agevolazione, e' necessario che la volizione che la caratterizza possa assumere un minimo di concretezza, anche attraverso una mera valutazione autonoma dell'agente, che non impone un raccordo o un coordinamento con i rappresentanti del gruppo e, soprattutto, non prevede che il fine rappresentato sia poi nel concreto raggiunto, pur essendo presenti tutti gli elementi di fatto, astrattamente idonei a tale scopo. Tale finalita', inoltre, non deve essere esclusiva, ben potendo accompagnarsi ad esigenze egoistiche quali, ad esempio, la volonta' di proporsi come elemento affidabile al fine dell'ammissione al gruppo o qualsiasi altra finalita' di vantaggio, assolutamente personale, che si coniughi con l'esigenza di agevolazione. La ricostruzione del motivo a delinquere in tal senso - si osserva - non e' mai esclusiva, poiche' plurimi possono essere gli stimoli all'azione; quel che rileva e' che tra questi sussistano elementi che consentono di ravvisare anche quello valutato necessario dalla norma incriminatrice essenziale alla configurazione del dolo intenzionale, La ricostruzione ermeneutica impone quindi un approccio alla fattispecie, che vada al di la' della classificazione formale, e l'intenzione dell'agente deve assumere una connotazione oggettiva, esplicitando gli effetti della condotta e comprende anche elementi di carattere obiettivo, "quali misuratori della specifica offensivita', e quali garanzie di un ordinamento che, per necessita' costituzionale, deve rimanere distante dai modelli del diritto penale dell'intenzione e del tipo d'autore" (Sez. 6, n. 28009 del 15/05/2014, Alberto, Rv. 260077). Ebbene: la consapevolezza di operare nell'ambito di un unico gruppo per il raggiungimento dello scopo comune, costituito dalla possibilita' di realizzare un sufficientemente tranquillo svolgimento dei traffici di droga in determinate zone e dal conseguimento da tali traffici. - per ciascuno degli imputati, come di seguito precisato - di un profitto seppure diversificato, e il diretto collegamento di ciascuno dei ricorrenti nelle operazioni di reperimento, acquisto e successivo smercio costituiscono elementi correttamente vagliati ai fini della ravvisabilita' della circostanza aggravante in questione e sulla base di elementi che dimostrano come il contributo oggettivamente agevolatore sia stato realizzato al fine specifico di favorire il detto sodalizio sulla base di rapporti diretti, continui e consolidati sia con i vertici dei sodalizi - nel caso (OMISSIS) - che con i soggetti preposti al reperimento della droga. Non solo, dunque, per gli imputati che erano anche affiliati al clan mafioso, come (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) ma anche per gli imputati che avevano con il clan rapporti consolidati e fiduciari essendo addetti proprio al reperimento, pagamento, conservazione e stoccaggio della droga ( (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) o in ragione dei compiti svolti quali addetti alla distribuzione dello stupefacente, come (OMISSIS) e (OMISSIS). 7.3. Le risultanze delle operazioni di perquisizione e sequestro; la capacita' finanziaria (nella sentenza impugnata sono descritte, per un breve periodo, operazioni di acquisto accendenti ad oltre 140.000,00 Euro; la diversificazione delle fonti di acquisto; l'ampio bacino di rifornimento su (OMISSIS)) sono ontologicamente incompatibili con l'applicazione alla fattispecie in esame della fattispecie incriminatrice prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 74, comma 6, configurabile a condizione che i sodali abbiano programmato esclusivamente la commissione di fatti di lieve entita', predisponendo modalita' strutturali e operative incompatibili con fatti di maggiore gravita' e che, in concreto, l'attivita' associativa si sia manifestata con condotte tutte rientranti nella previsione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, (Sez. 6, n. 1642 del 09/10/2019, dep. 2020, Degli Angioli, Rv. 278098). 7.4. La centralita' del descritto elemento organizzativo, descritto al punto 7. che precede, e' ostativa alla configurabilita' nei fatti accertati di condotte sussumibili nella fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, commessa in concorso e continuata, allegata da taluni dei ricorrenti. L'elemento differenziale tra l'ipotesi associativa Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ex articolo 74 e quella del concorso ai sensi dell'articolo 110 c.p. e articolo 73 del citato Decreto del Presidente della Repubblica risiede, infatti, principalmente nell'elemento organizzativo, in quanto la condotta punibile a titolo di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti non si riduce ad un semplice accordo delle volonta' (sul cui deficit probatorio si attarda la difesa di molti ricorrenti che allegano la mancanza di prova del pactum sceleris) ma consiste in un quid pluris, che si sostanzia nella predisposizione di una struttura organizzata stabile che consenta la realizzazione concreta del programma criminoso (Sez. 6, n. 27433 del 10/01/2017, Avellino, Rv. 270396). Da qui la infondatezza evidente dei motivi della difesa che attaccano le corrette - perche' rispondenti a logica e coordinate in diritto- conclusioni dei giudici del merito. 8. I ricorrenti (OMISSIS) (motivo n. 3), (OMISSIS) (motivo 1), (OMISSIS) (motivo n. 3) e (OMISSIS) (motivo n. 1) denunciano violazione di legge in relazione al divieto di bis in idem per la ritenuta configurabilita', in presenza di un medesimo fatto, del concorso formale tra i reati di cui ai capi A) e B): in buona sostanza, i ricorrenti sostengono che, in presenza dello stesso fatto materiale sono stati condannati per due fattispecie di reato. La Corte di appello di Caltanissetta ha esaminato (pag. 158 e ss.) il tema della configurabilita' e compatibilita' dei reati associativi di cui al capo A) - il reato di cui all'articolo 416-bis c.p., commi 2, 4, 5 e 6 ascritto a (OMISSIS), (OMISSIS), con il ruolo di capo del clan, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) e al capo B), Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, commi 1, 2, 3 e 4, ascritti ai medesimi ricorrenti (oltre che ad altri soggetti, in entrambi i casi e, in particolare, quanto al reato sub capo B, nel presente procedimento a (OMISSIS) e (OMISSIS)). In particolare, nel capo sub A) (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) vengono individuati come sodali di fiducia di (OMISSIS) (e del fratello (OMISSIS)) in quanto collaboravano per lo sviluppo dell'illecito commercio di droga riferito al clan sotto gli ordini e le direttive dei capi clan e assicuravano il controllo della gestione delle attivita' economiche gestite dal clan in vari settori, edilizia, fornitura di prodotti da bar e, fra questi, la gestione della discoteca (OMISSIS), collaborando anche alla partecipazione di atti di intimidazione e a spedizioni punitive volte ad assicurare la manifesta presenza del clan. Quanto a (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), ne e' evidenziato il ruolo di partecipi al clan in ordine al traffico organizzato di droga perche' fornivano il proprio contributo concorrendo nella gestione dei covi "(OMISSIS)" di via (OMISSIS) e via (OMISSIS) utilizzati dall'associazione mafiosa per la custodia di droga e armi a disposizione del clan. Quanto al (OMISSIS), gli viene contestata la collaborazione al clan oltre che in ordine al traffico di droga, al rafforzamento della associazione gestendo la movimentazione bancaria di un conto nella disponibilita' di (OMISSIS) (capo del clan, separatamente giudicato) per finanziare le attivita' illecite, fra cui il traffico di droga, oltre la partecipazione a spedizioni punitive. Il reato associativo sub capo A), e' contestato come commesso in (OMISSIS) e altri comuni della provincia di (OMISSIS) in permanenza almeno fino a maggio 2019. Al capo B) vengono piu' puntualmente descritte le attivita' di collaborazione svolte nel settore degli stupefacenti in particolare, il (OMISSIS) con ruolo di dirigente e organizzatore della struttura adibita allo spaccio con l'apporto di (OMISSIS), viene individuato come l'organizzatore delle forniture attraverso (OMISSIS) fino alla rimessione in liberta', il 27 gennaio 2014, di (OMISSIS); allo (OMISSIS) quello di partecipe essendosi occupato di acquisto della droga su varie piazze alla distribuzione e anche allo spaccio, nel periodo di gestione di (OMISSIS); quanto a (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), ne e' evidenziato il ruolo di partecipi al clan concorrendo nella gestione dei covi "(OMISSIS)" di via (OMISSIS) e via (OMISSIS) utilizzati dall'associazione mafiosa per la custodia di droga e armi a disposizione del clan; (OMISSIS) quale partecipe coinvolto nella traffico di droga sull'asse (OMISSIS) e cassiere della (OMISSIS); (OMISSIS), quale partecipe, perche' coinvolto nella spaccio e consegna. Il reato associativo sub capo B), e' contestato come commesso in (OMISSIS) e altri comuni della provincia di (OMISSIS) in permanenza almeno fino a maggio 2019 e, quanto a (OMISSIS) dal 2014 in permanenza almeno fino a maggio 2019. La sentenza impugnata ha ritenuto compatibile il concorso fra i due reati associativi, escludendo la violazione del divieto di bis in idem, mancando, nel rapporto tra le due fattispecie associative, piena coincidenza degli elementi costitutivi "in quanto la contestata associazione di cui all'articolo 416-bis c.p. persegue scopi criminosi - quale ad es. il controllo da acquisire anche attraverso metodi intimidatori, di alcuni settori commerciali nel territorio di (OMISSIS) - del tutto diversi dal traffico di stupefacenti, che costituisce un ambito di operativita' in se', autonomamente strutturato ma organico all'associazione". In tale ipotesi, rileva la Corte di appello, correttamente vengono applicati i principi del concorso formale e, a tal riguardo, ha richiamato principi affermati nella giurisprudenza di questa Corte secondo cui e' configurabile il concorso tra un'associazione di stampo mafioso e un'associazione per delinquere dotata di un'autonoma struttura organizzativa che, avvalendosi del contributo di sodali anche diversi dai soggetti affiliati al sodalizio mafioso, persegua un proprio programma delittuoso (nella specie, traffico di sostanze stupefacenti), dalla cui attuazione discende il concomitante conseguimento dell'interesse del clan (Sez. 2, n. 41736 del 09/04/2018, M, Rv. 274077). La Corte di appello ha richiamato altro ricorrente principio secondo cui i reati di associazione per delinquere, generica o di stampo mafioso, concorrono con il delitto di associazione per delinquere dedita al traffico di sostanze stupefacenti, anche quando la medesima associazione sia finalizzata alla commissione di reati concernenti il traffico degli stupefacenti e di reati diversi (Sez. 6, n. 46301 del 30/10/2013, Corso, Rv. 258163). In conclusione, e' stato ritenuto configurabile il concorso formale tra il reato associativo sub capo A) e quello sub capo B) e la conseguente punibilita' degli imputati per entrambi i reati dal momento che il programma del sodalizio mafioso (sub capo A) abbraccia sia il traffico di stupefacenti che altri reati. I due reati sono stati poi unificati ai sensi dell'articolo 81 c.p., comma 2, ricorrendo la continuazione e il trattamento punitivo e' stato individuato in quella previsto per il reato, piu' gravemente punito, di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74. Secondo la tesi difensiva, invece, per i ricorrenti (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) la condotta che viene in rilievo, nelle due contestazioni, e' la medesima ed e' quella relativa al supporto fornito al gruppo che si occupava di spaccio che, tuttavia, viene addebitata ai ricorrenti anche come condotta partecipativa al reato associativo sub capo A). La prospettazione difensiva, ad avviso del Collegio, e' fondata non emergendo, rispetto agli elementi addebitabili a ciascun ricorrente ai fini della partecipazione all'associazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti, indici ulteriori di partecipazione anche all'associazione mafiosa. Ne consegue l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata in relazione al reato sub capo A) ascritto ai predetti imputati, con formula per non avere commesso il fatto e conseguente rideterminazione della pena. Per tali ricorrenti i motivi relativi alla contestazione delle aggravanti sub articolo 416-bis c.p., commi 4 e 6, sono assorbiti. Nella prospettiva della Corte di merito, ha assunto rilievo, ai fini della individuazione dell'idem factum, il rapporto tra fattispecie legali, escludendo, in applicazione dei principi di cui all'articolo 15 c.p., che si versi in ipotesi di concorso apparente bensi' in presenza di concorso formale di reati in quanto nel rapporto tra le due fattispecie manca la piena coincidenza degli elementi costitutivi ed essendo volte alla tutela di beni giuridici differenti. Piu' complessa l'analisi condotta nella sentenza di primo grado strutturata, ai fini del concorso tra fattispecie, sul concreto apporto dei singoli (pagg. 1024). In particolare, in fatto, tale sentenza ha rilevato che: - i due sodalizi erano riconducibili alla medesima reggenza dei fratelli (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); - era ravvisabile una parziale, ma importante sovrapposizione fra i soggetti attivi nell'una e nell'altra consorteria, fra i quali (OMISSIS) e (OMISSIS) cui vengono attribuiti compiti organizzativi sia nel settore della droga che in quelli del controllo delle attivita' economiche o delle azioni di carattere intimidatorio; - l'attivita' del riciclaggio dei proventi derivanti dal traffico di droga come dimostrato dai flussi finanziari gestiti sul conto di (OMISSIS); - la circostanza che nelle basi logistiche di via (OMISSIS) e Via (OMISSIS) destinati alla custodia dello stupefacente - in cui erano coinvolti (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) - sono state rinvenute anche le armi a disposizione della "(OMISSIS)", evidentemente affidate alla custodia dei predetti indagati in quanto organici al sodalizio; - la circostanza che (OMISSIS) gestisse la movimentazione di un conto corrente bancario riconducibile a (OMISSIS) e non solo per finanziare gli approvvigionamenti di droga sul mercato catanese ma per qualsivoglia esigenza del capomafia; - i membri del gruppo dedito agli stupefacenti mostravano il chiaro assoggettamento gerarchico ai fratelli (OMISSIS). La sentenza di primo grado ha valorizzato, in particolare, l'accertata custodia, nei medesimi covi, di droga e armi, la cui custodia era diretta ad agevolare l'operativita' dell'associazione mafiosa. Rileva il Collegio che, tuttavia, le sentenze in esame non hanno esaminato il tema posto dalla difesa sotto la prospettiva del ne bis in idem connesso all'esame del concorso formale alla stregua dei principi recati dalla sentenza della Corte costituzionale n. 200 del 2016. Secondo le Sezioni Unite di questa Corte, ai fini della preclusione connessa al principio del ne bis in idem, l'identita' del fatto sussiste quando vi sia corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona (Sez. U, n. 34655 del 28/6/2005, P.G. in proc. Donati ed altro, Rv. 231799). Si tratta di un'affermazione indiscussa alla quale ha aderito anche la giurisprudenza costituzionale con la richiamata sentenza n. 200 del 31 maggio 2016 che ha dichiarato illegittimita' costituzionale dell'articolo 649 c.p.p. limitatamente alla parte in cui esclude la medesimezza del fatto di reato per la sola circostanza che ricorra un concorso formale di reati tra res indicata e res iudicanda, per contrasto con l'articolo 4 del Protocollo n. 7 alla CEDU, che vieta invece di procedere nuovamente quando il fatto storico e' il medesimo. Rispetto alla esegesi svolta dai giudici del merito l'eccezione proposta dai ricorrenti va esaminata tenuto conto della nozione di idem factum e dei suoi criteri di individuazione. Come ben evidenziato nella sentenza del Giudice delle leggi, ai fini dell'applicazione dell'articolo 81 c.p., l'interprete deve, infatti, prioritariamente sciogliere il nodo dell'eventuale concorso apparente delle norme incriminatrici, nel quale vengono in rilievo gli elementi del fatto materiale giuridicamente rilevanti, e, fra questi, l'evento del reato, concetto, questo, che possiede un'accezione non meramente empirica ed in cui assume rilievo anche l'interesse giuridico tutelato. Tale operazione non esaurisce l'esame dell'interprete ai fini dell'applicazione del divieto di bis in idem anche nell'ipotesi in cui si sia in presenza di fattispecie penali che, sul piano astratto, si pongono in concorso formale tra loro. Il punto controverso nella giurisprudenza di legittimita' - al di la' della nitidezza dell'affermazione di principio contenuto nella risalente sentenza Donati - e posto alla base della sentenza della Corte Costituzionale del 2016, si gioca, in particolare, sulla incidenza dell'evento naturalistico e/o giuridico del reato e dell'interesse giuridico oggetto di tutela nell'ordinamento sulla nozione di idem factum e, quindi, nel discernimento, del rilievo (del limite) della qualificazione giuridica (l'idem legale) rispetto alla nozione storico-naturalistica alla quale rinvia la nozione di idem factum, inequivocabilmente posta a base del Protocollo a n. 4 alla CEDU. Orbene, la pronuncia del Giudice delle leggi ha riscontrato l'erroneita' dell'opinione prevalente nella giurisprudenza che concentra l'attenzione sulla dimensione giuridica del fatto e consente la celebrazione di un nuovo giudizio nei confronti dello stesso imputato quando siano differenti le norme giuridiche che lo incriminano, dando luogo ad un'ipotesi di concorso formale. Sulla base delle sollecitazioni provenienti dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo (Grande Camera, 10/2/2009, Zolotoukhine contro Russia), la Corte costituzionale ha quindi ribadito la necessita' di prendere in considerazione il fatto naturalistico nella sua materialita' e concretezza, da individuarsi in base alle coordinate spazio-temporali della sua commissione. Il Giudice delle leggi ha osservato che: "Il fatto storico-naturalistico rileva, ai fini del divieto di bis in idem, secondo l'accezione che gli conferisce l'ordinamento, perche' l'approccio epistemologico fallisce nel descriverne un contorno identitario dal contenuto necessario. Fatto, in questa prospettiva, e' l'accadimento materiale, certamente affrancato dal giogo dell'inquadramento giuridico, ma pur sempre frutto di un'addizione di elementi la cui selezione e' condotta secondo criteri normativi. Non vi e', in altri termini, alcuna ragione logica per concludere che il fatto, pur assunto nella sola dimensione empirica, si restringa all'azione o all'omissione, e non comprenda, invece, anche l'oggetto fisico su cui cade il gesto, se non anche, al limite estremo della nozione, l'evento naturalistico che ne e' conseguito, ovvero la modificazione della realta' indotta dal comportamento dell'agente. E' chiaro che la scelta tra le possibili soluzioni qui riassunte e' di carattere normativo, perche' ognuna di esse e' compatibile con la concezione dell'idem factum. Questo non significa che le implicazioni giuridiche delle fattispecie poste a raffronto comportino il riemergere dell'idem legale. Esse, infatti, non possono avere alcun rilievo ai fini della decisione sulla medesimezza del fatto storico. Ad avere carattere giuridico e' la sola indicazione dei segmenti dell'accadimento naturalistico che l'interprete e' tenuto a prendere in considerazione per valutare la medesimezza del fatto". Si trae dalle affermazioni della Corte costituzionale la conseguenza che, sebbene non riconosciuto espressamente dalla lettera della Costituzione, il principio del ne bis in idem sia "immanente alla funzione ordinante cui la Carta ha dato vita, perche' non e' compatibile con tale funzione dell'ordinamento giuridico una normativa nel cui ambito la medesima situazione giuridica possa divenire oggetto di statuizioni giurisdizionali in perpetuo divenire. Nel diritto penale, la Corte Costituzionale ha da tempo arricchito la forza del divieto, proiettandolo da una dimensione correlata al valore obiettivo del giudicato (sentenze n. 6 e n. 69 del 1976, n. 1 del 1973 e n. 48 del 1967) fino a investire la sfera dei diritti dell'individuo, in quanto "principio di civilta' giuridica" (ordinanza n. 150 del 1995; inoltre, sentenze n. 284 del 2003 e n. 115 del 1987), oltretutto dotato di "forza espansiva" (sentenza n. 230 del 2004), e contraddistinto dalla natura di "garanzia" personale (sentenza n. 381 del 2006)". Proseguendo nella disamina dei principi e del loro bilanciamento, la Corte ha inoltre osservato come "le sempre opinabili considerazioni sugli interessi tutelati dalle norme incriminatrici, sui beni giuridici offesi, sulla natura giuridica dell'evento, sulle implicazioni penalistiche del fatto e su quant'altro concerne i diversi reati, oggetto dei successivi giudizi, non si confanno alla garanzia costituzionale e convenzionale del ne bis in idem e sono estranee al nostro ordinamento" concludendo "in definitiva l'esistenza o no di un concorso formale tra i reati oggetto della res iudicata e della res iudicanda e' un fattore ininfluente ai fini dell'applicazione dell'articolo 649 c.p.p., una volta che questa disposizione sia stata ricondotta a conformita' costituzionale, e l'ininfluenza gioca in entrambe le direzioni, perche' e' permesso, ma non e' prescritto al giudice di escludere la medesimezza del fatto, ove i reati siano stati eseguiti in concorso formale. Ai fini della decisione sull'applicabilita' del divieto di bis in idem rileva infatti solo il giudizio sul fatto storico". Riconducendola all'ipotesi classica dell'articolo 649 c.p.p. (in presenza, cioe' di un giudicato) E, con chiarezza, rispetto alla situazione rimessa al giudizio, concludeva nei senso che l'autorita' giudiziaria "sara' tenuta a porre a raffronto il fatto storico, secondo la conformazione identitaria che esso abbia acquisito all'esito del processo concluso con una pronuncia definitiva, con il fatto storico posto dal pubblico ministero a base della nuova imputazione. A tale scopo e' escluso che eserciti un condizionamento l'esistenza di un concorso formale, e con essa, ad esempio, l'insieme degli elementi indicati dal rimettente nel giudizio, principale quali la natura del reato; il bene giuridico tutelato; l'evento in senso giuridico". E', dunque, alla luce di tali coordinate che devono essere esaminate le argomentazioni svolte nella sentenza impugnata in risposta alle deduzioni difensive soprattutto nella parte in cui sono stati richiamati risalenti principi giurisprudenziali che devono essere attualizzati sulla scorta di questa nuova cornice che, al di la' di incertezze pure segnalate dalla dottrina, costituisce un imprescindibile punto di arrivo del sistema nella individuazione dell'idem factum come fatto storico, che va accertato, in riferimento alla singola posizione dell'imputato, con riferimento alle specifiche contestazioni potendo, invece, sicuramente escludersi l'idem factum in presenza di contestazioni di condotte che abbiano diversa perimetrazione temporale. Una simile evenienza, che sarebbe ostativa ex se all'applicazione del divieto di bis in idem, deve certamente escludersi, con riguardo alla posizione degli imputati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), con riferimento ai quali, i fatti oggetto di addebito nelle due contestazioni per reato associativo si concentrano (e coincidono) con le attivita' poste in essere negli anni 2015 e seguenti, oggetto di intercettazione. I giudici di appello hanno valorizzato, al fine di scongiurare il rischio di una inammissibile duplicazione di processo per i medesimi fatti, la diversita' dei ben giuridici oggetto dei reati ed hanno insistito sulla configurabilita' del concorso tra un'associazione di stampo mafioso e un'associazione per delinquere che, avvalendosi del contributo di sodali affiliati al sodalizio mafioso, persegue un programma delittuoso, imperniato sul traffico di stupefacenti, dalla cui attuazione discende il concomitante conseguimento dell'interesse del clan non potendo configurarsi la violazione del ne bis in idem, mancando, nel rapporto tra le due fattispecie associative, piena coincidenza degli elementi costitutivi. Ma non si tratta di una conclusione valida in generale e in astratto. Diversamente e' a dirsi, invece, quando, come nel caso in esame con riferimento ai ricorrenti (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), si registra una piena coincidenza e corrispondenza tra la condotta materiale oggetto di addebito, quali componenti dell'associazione dedita allo spaccio, e quella partecipativa degli imputati al reato associativo di cui al capo A), condotte materiali, storiche e fattuali perfettamente sovrapponibili. In tal caso si seguirebbe un approccio formalistico e si assumerebbe a parametro dell'idem factum una nozione astratta dell'evento limitandosi ad affermare che le condotte ledono beni giuridici non coincidenti anche perche' la tutela del bene salute, che rientra nello spettro di tutela della previsione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, si accompagna, anche in tale fattispecie incriminatrice, alla tutela del bene ordine pubblico. I fatti ricostruiti nella loro concreta dimensione fenomenica e materiale posti a base della dichiarazione di responsabilita' degli imputati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) non possono essere sussunti, ostandovi il divieto di bis in idem, nel reato sub capo A) non emergendo ulteriori indici della partecipazione al reato di mafia, ma esclusivamente in relazione al reato di cui al capo B) avendo fornito, come di seguito precisato, un apprezzabile e consapevole contributo al conseguimento delle finalita' tipiche dell'organizzazione intesa allo spaccio ancorche' asservita alla realizzazione del profitto a vantaggio dell'associazione mafiosa, aspetto, questo, che rientra nel focus soggettivo e oggettivo dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p.. Deve, infine, precisarsi che gli altri ricorrenti, anche in fattispecie apparentemente simili a quella di ricorrenti innanzi indicati, non hanno specificamente posto il tema della violazione del bis in idem limitandosi a contestare la configurabilita' dei reati e la sussunzione delle condotte accertate nelle fattispecie incriminatrici, anche contestandone il concorso, senza porre specificamente il tema della violazione di legge, in relazione all'articolo 649 c.p.p. che, pertanto, in applicazione principio devolutivo dell'impugnazione, non e' stata oggetto di esame. 9.Con riguardo ai motivi di ricorso che investono il trattamento sanzionatorio, perche' eccessivo; al diniego di applicazione delle circostanze attenuanti generiche; al giudizio di bilanciamento tra circostanze ordinarie e alla misura dell'aumento a titolo di continuazione fra reati prospettati sotto plurimi aspetti quali il vizio di violazione di legge, in relazione agli articoli 62-bis, 81 e 133 c.p., nonche' il vizio di motivazione, anche per omesso esame delle deduzioni difensive a riguardo, va, in generale, rilevato che si tratta della denuncia di vizi che involgono un profilo della regiudicanda, rimesso all'esclusivo apprezzamento del giudice di merito e sottratto a scrutinio di legittimita' quando risulti sorretto da esauriente e logica motivazione. Nel caso della sentenza in esame la motivazione risulta incentrata sul complessivo giudizio di gravita' dei fatti, i negativi precedenti penali, plurimi ed anche specifici, a carico degli imputati e, infine, il giudizio negativo sulla loro personalita', quale evincibile dai fatti e dalla loro dinamica, il piu' delle volte perdurante nel tempo e, dunque espressiva di un piu' elevato giudizio di pericolosita' sociale collegato alla capacita' a delinquere di ciascuno. Puo' ritenersi, pertanto, che la Corte territoriale ha fatto buon governo delle regole rimesse all'apprezzamento del giudice del merito nell'esercizio del potere sanzionatorio effettuando una globale valutazione del fatto e della personalita' dell'imputato, esprimendo sul punto una ragionata motivazione che non e' inficiata sol perche' il giudice non abbia preso in considerazione tutti i parametri indicati dall'articolo 133 c.p. purche', come nel caso in esame, abbia valorizzato anche aspetti soggettivi che orientano la scelta del trattamento punitivo. Al confronto con tali argomenti appaiono meramente assertivi, in chiave di pretesa minore gravita' del fatto, i motivi di ricorso che denunciano la eccessivita' della pena, ovvero la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, soffermandosi ora sull'"asprezza" del trattamento sanzionatorio ora evocando il contributo modesto o talvolta marginale, o addirittura lieve prestato al sodalizio ora il contenuto arco temporale dell'adesione al gruppo ora il comportamento processuale enucleando parametri di valutazione che non possiedono maggiore e o migliore efficacia dimostrativa della capacita' a delinquere degli imputati rispetto a quelli valorizzati dai giudici del merito. 10. Le posizioni dei singoli ricorrenti. 10.1. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile. I motivi di ricorso che contestano il giudizio di responsabilita' sono generici e consistono nella mera riproduzione dei motivi di impugnazione che la Corte di merito ha compiutamente esaminato facendo corretta applicazione delle coordinate ermeneutiche (descritte al punto 7. del Considerato in diritto) ai fini della configurabilita' del consapevole contributo partecipativo del ricorrente al reato associativo di cui al capo B). In particolare, non hanno fondamento le censure che contestano la "cripticita'" delle conversazioni intercettate e la erronea valutazione della "presenza", asseritamente saltuaria, del ricorrente nella base logistica di via (OMISSIS) e di quella di via (OMISSIS), presenze collegate, nella prospettazione difensiva, all'acquisto di stupefacenti dei quali il ricorrente e' assuntore e alla circostanza che egli si recava in via (OMISSIS) perche' ivi abitano i congiunti. La Corte di merito (pag. 172 e ss.) ha evidenziato come il ricorrente abbia fatto riferimento (cosi' con il ricorso) ad un'unica conversazione (in questa sede si tratta di due conversazioni del 18 febbraio 2017 e 8 aprile 2017) isolandole pero' dall'intero compendio intercettativo che comprende numerose conversazioni (a partire dal 27 settembre 2016) affatto riconducibili alla "mera frequentazione fra congiunti", con il cugino, (OMISSIS), o a frequentazioni con (OMISSIS) e (OMISSIS) determinate dall'acquisto di droga per uso personale. Risulta corretta l'affermazione della Corte di merito secondo la quale il ricorso al linguaggio criptico, immediatamente chiaro ai loquenti, denota il carattere illecito dell'oggetto delle conversazioni che devono essere correlate le une alle altre e con gli altri elementi acquisiti per inferirne il contenuto che, per quanto concerne i frequenti rapporti e contatti fra il ricorrente e i sodali dell'associazione, (OMISSIS) e (OMISSIS), preposti alle attivita' di organizzazione dello spaccio, non appare sovrapponibile a lecite attivita' occultando, viceversa, la gestione di affari illeciti ne' tale contenuto rimanda a mere operazioni di acquisto di droga da parte del ricorrente quanto piuttosto al suo coinvolgimento nelle operazioni di procacciamento della droga, consegna ai correi e, in altre circostanze, cessione a terzi. Ad affari illeciti inequivocabilmente rimanda la conversazione, intervenuta con (OMISSIS) il 18 febbraio 2017 nel corso della quale (OMISSIS) rimproverava il ricorrente per il ritardo ma gli raccomandava, con una certa insistenza - si precisa in sentenza - di stare attento e farsi un giro con un chiaro significato di controllare attivita' di polizia in corso e, cosi', ulteriori conversazioni e contatti con (OMISSIS) che ruotano intorno ad incontri per scambi di "cose" portate da (OMISSIS) al (OMISSIS); il coinvolgimento dell' (OMISSIS) in operazioni di "preventivi"; appuntamenti presso il "covo" (cosi' testualmente nelle conversazioni) e, infine, a dimostrazione della conoscenza, da parte del ricorrente, del sistema di gestione dei flussi facenti capo all'associazione, il contenuto della conversazione del 10 aprile 2017 che la Corte di appello legge in una a quella dell'8 aprile 2017 e dalle quali emerge il contrappunto mostrato dall'imputato in merito all'arrivo e ritardo di (OMISSIS), che gestiva i flussi del conto corrente in uso all'associazione, atteggiamento incompatibile con le asserite operazioni di acquisto di droga per uso personale. Ne' e' provata una causale lecita sottostante ai rapporti finanziari con il (OMISSIS). 10.1.1. Anche il secondo motivo di ricorso e' manifestamente infondato poiche' la sentenza impugnata, con riferimento alla qualificazione giuridica del fatto ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, ha evidenziato, rispetto alla deduzione difensiva che non era accertato il quantitativo degli approvvigionamenti di droga, che era, invece, accertata la capacita' di approvvigionamento continuo e sistematico di sostanze stupefacenti in piu' zone della Sicilia ed anche fuori da tale regione (in Campania), modalita' incompatibile con una organizzazione volta alla commissione di fatti di lieve entita'. 10.2. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio nei confronti di (OMISSIS) in relazione all'aggravante di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2022, articolo 71, che va eliminata, nonche' con riferimento al reato di cui alla L. n. 895 del 1967, articoli 2 e 7, come contestato al capo W), relativamente alla detenzione di arma comune da sparo perche' assorbito in quello di detenzione di arma clandestina oggetto di contestazione al capo TT) riqualificando, altresi', la condotta di detenzione di munizioni ai sensi dell'articolo 697 c.p. aggravato ai sensi dell'articolo 416-bis.1 c.p. con rinvio, per la rideterminazione della pena in relazione tale reato contravvenzionale alla Corte di Assise di Caltanissetta. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile nel resto. 10.2.1. Il secondo motivo di ricorso, di cui si e' (sopra al p. 6) denunciato l'errore metodologico con conseguente declaratoria di manifesta infondatezza e' anche generico perche' riproduce motivi di impugnazione che la Corte di merito, in linea con le valutazioni compiute nella sentenza di primo grado, ha compiutamente esaminato facendo corretta applicazione delle coordinate ermeneutiche (descritte al punto 7. del Considerato in diritto) ai fini della configurabilita' del consapevole contributo partecipativo del ricorrente al reato associativo di cui al capo A). Va solo precisato che, diversamente che per gli altri imputati in relazione ai quali e' stato esaminato il tema della violazione del divieto di ne bis in idem, il ricorrente non ha specificamente proposto tale motivo. Anche ai fini dell'esame del vizio di violazione di legge, il ricorso deve, infatti, essere specifico non essendo sufficiente, a connotarlo in termini di specificita', il mero richiamo al capo della decisione (nella specie, la condanna per il reato di cui al capo A) ma necessario il riferimento alle norme di legge che si assumono violate. La condanna del ricorrente per il reato associativo di cui al capo A) e' pienamente giustificata in ragione del suo contributo strutturato sulle condotte in materia di stupefacenti, traffico nel quale il ricorrente era versato. Il ricorrente ha evidenziato come, rispetto ad una contestazione che parte dall'anno 2012, non ne viene registrato alcun contributo fattivo tenuto conto del periodo di detenzione subito; che, in altro processo, e' stata esclusa a suo carico l'aggravante di cui all'articolo 416-bis. 1 c.p. contestatagli sulla base delle stesse dichiarazioni, valorizzate nella sentenza impugnata, dei pentiti. Il ricorrente, infine, ritiene che sia irrilevante la sua presenza nel "covo" di via (OMISSIS), giustificata dalle sue frequentazioni extra coniugali e non configurabile il coinvolgimento nei reati-fini dell'associazione, perche' sussumibili in una forma di connivenza non punibile o, comunque, estranei al suo contributo. La Corte di appello (pagg. 161 e ss.) pur dando atto della genericita' dei motivi di impugnazione, per il mancato confronto con le evidenze di prova illustrate nella sentenza di primo grado, ha ricostruito i colloqui (intercettati) del ricorrente intercorsi con (OMISSIS) e (OMISSIS) e ne ha ricostruito il rapporto a doppio filo con il (OMISSIS), rapporto che consente di approfondire, e conferire maggiore significato, alla presenza del ricorrente nel covo di via (OMISSIS) dove era in corso una intensa attivita' illecita che, secondo la sentenza impugnata, preoccupava (OMISSIS) che si riprometteva di parlare della cosa con (OMISSIS). La Corte di merito ha esaminato, inoltre, i rapporti del ricorrente con (OMISSIS), meglio descritti in prosieguo, riconducibili ad attivita' in materia di stupefacenti di cui il (OMISSIS) era fornitore e cessionario, non mancando di evidenziare che effettivamente (OMISSIS) non fa riferimento al ricorrente come partecipe del reato associativo, discrasia spiegata con il fatto che (OMISSIS) non aveva conoscenza, per la brevita' e caratteristiche della sua partecipazione dell'organigramma associativo, ma non certificativa della mancata partecipazione del ricorrente all'associazione stessa, secondo l'interpretazione proposta con il ricorso. Si sono illustrate ai punti 6.1. e 6.2 del Considerato in diritto le ragioni che hanno giustificato, secondo le corrette argomentazioni dei giudici del merito, la sussistenza delle aggravanti di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 4 e 6, con ragioni pienamente estensibili al ricorrente che, del resto, frequentava il covo di via (OMISSIS) dove, in esito alla irruzione dell'8 novembre 2016, venivano rinvenute droga e armi (una pistola cal. 7,65 e munizioni), argomento che refluisce anche in punto di responsabilita' del reato di cui al capo A) potendo ricondursi all'imputato la gestione del "covo" e di quanto in esso rinvenuto. 10.2.2. Il quarto motivo di ricorso e' generico e manifestamente infondato. Si sono illustrate, al punto 7. del Considerato in diritto, le ragioni per le quali la Corte di merito, con corrette argomentazioni giuridiche, ha ritenuto sussistente il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, in presenza della esistenza (comprovata dalle intercettazioni; dei servizi di osservazione; delle risultanze delle operazioni di perquisizione e sequestro) di una struttura operativa alla quale era riconducibile una seriale e continuativa attivita' di reperimento, acquisto, stoccaggio e vendita di stupefacenti, associazione alla quale e' riconducibile il contributo partecipativo dell'imputato piuttosto che l'ipotesi della "connivenza non punibile", allegata in ricorso. Infatti, la Corte (pag. 167) ha valorizzato i contatti del ricorrente con (OMISSIS) e, a comprova del contributo partecipativo dell'imputato, ha evidenziato la conversazione dell'8 ottobre 2016, in cui (OMISSIS), fratello di (OMISSIS), lamentava il comportamento di questi e di (OMISSIS) e il ricorrente lo rassicurava dicendogli che "avrebbe provveduto a metterli a posto". "Ricompaiono", osserva la sentenza di appello, "il linguaggio e le gerarchie tipiche dell'organizzazione mafiosa in cui l'imputato occupava un posto di rilievo tanto da poter intervenire su persone collocate ad un piu' basso livello dell'organizzazione piramidale". Inoltre, la Corte ne ha descritto il commento in occasione della perdita della droga, sequestrata nel covo di via (OMISSIS), sul mancato pagamento di questo dovuto al (OMISSIS), al quale il ricorrente si riprometteva di "rifilare un bel tappo" non pagandogli quanto ancora dovuto, proposito che ne esprimeva non solo la consapevolezza della perdita della droga ma la gestione, in prima persona, delle implicazioni di tale vicenda e dei suoi costi economici. Al di la' della sinteticita' della motivazione della Corte in merito alle aggravanti (del numero delle persone, coinvolte nel reato associativo sub capo B) e dell'automatica sussistenza anche dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. (in tal senso la sentenza impugnata a pag. 168) la ricostruzione svolta al punto 7.2 del Considerato in diritto e gli elementi in fatto illustrati nella sentenza impugnata danno pienamente conto della sussistenza degli elementi che integrano l'aggravante dell'agevolazione mafiosa a carico dell'imputato, ritenuto responsabile anche del reato di cui al capo A) e a pieno titolo coinvolto, con un ruolo affatto marginale, nella gestione del covo e nella rivendicazione delle conseguenze connesse alla perdita della droga. Manifestamente infondato il motivo di ricorso sub 9, con il quale il ricorrente censura la mancata riqualificazione del fatto ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6. A tal riguardo e' sufficiente richiamare le considerazioni svolte al punto 7.3 del Considerato in diritto, immediatamente applicabili all'imputato in ragione degli elementi quantitativi del traffico che concernono i reati ascrittigli ai capi RR) e SS). 10.2.3. (OMISSIS) risponde, altresi', del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4 e articolo 80 (capo RR); del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 (capo SS) e dei reati in materi di armi (contestati ai capi W), TT e UU) che fanno riferimento al rinvenimento di droga (52 chilogrammi di hashish; 920,2 gr. di cocaina; una pistola semiautomatica, con matricola abrasa, marca "Attila fleg" e 16 cartucce di vario genere nonche' materiale di taglio e confezionamento) in occasione della perquisizione eseguita l'8 novembre 2016 nel cd. covo di via (OMISSIS). A queste contestazioni fanno riferimento, in punto di responsabilita', configurabilita' dei reati e delle aggravanti, i motivi di ricorso sviluppati sub 5), 6) 7) e 8), motivi che involgono problematiche comuni e che, pertanto, possono essere trattati congiuntamente. Le prospettazioni difensive svolte dal ricorrente a confutazione del giudizio di colpevolezza per la riconducibilita' del possesso di droga (hashish e cocaina) e armi (l'occasionale presenza dell'imputato presso il covo, dovuta alla necessita' di riparare in un immobile per gestire le sue relazioni extraconiugali; la circostanza che (OMISSIS) lo avesse scagionato dall'essere correo nella detenzione) si risolvono in inammissibili motivi volti a contrastare le argomentazioni con le quali i giudici di merito hanno gia' disatteso le tesi della difesa escludendo che la presenza del ricorrente nel covo di via (OMISSIS) fosse tutt'altro che occasionale e la credibilita' del (OMISSIS), che lo ha scagionato. La sentenza impugnata ha evidenziato che l'irruzione era stata preceduta da osservazioni, durate circa una settimana, che constatavano la ricorrente presenza dell'imputato nel covo (v. pag. 878 della sentenza di primo grado in piu' occasioni, perlomeno il 31 ottobre, occasione in cui apre, con le chiavi in suo possesso, il portone dello stabile; il 2 novembre; il 3 novembre, anche in piu' occasioni, sempre utilizzando la chiave in suo possesso per aprire il portone e portando in mano un vasetto che sembrava contenere mannitolo; il 5, 6 e 7 novembre). Le valutazioni della Corte di merito, lungi dal connotarsi come manifestamente illogiche, sono precise, con riferimento alle circostanze di fatto che hanno accertato la ricorrente presenza dell'imputato nel covo di cui il ricorrente propone una diversa e alternativa lettura con un'operazione che non e' sperimentabile in questa sede anche tenuto conto che il legame di parentela dell'imputato con (OMISSIS) finisce con il condizionarne, in senso negativo, il giudizio di attendibilita'. Ma e' esaustiva, a smentita della riduttiva versione che il ricorrente propone, la circostanza che, come si e' anticipato trattando le sue argomentazioni difensive in relazione al reato associativo, l'imputato "rivendica", rovesciandole a danno del (OMISSIS), le conseguenze economiche negative della perdita della droga, un'operazione che puo' compiere solo il soggetto che ne aveva la disponibilita' e corrispondente al suo potere dispositivo. I motivi di ricorso che contestano la sussistenza delle aggravanti (quella di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80 in relazione al reato di cui al capo RR) e quella di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. per tutti i reati sono manifestamente infondati. L'applicazione dell'aggravante, nel caso in esame, a prescindere dall'ampiezza del superamento del valore soglia, appare pienamente giustificata, in relazione alla obiettiva gravita' del fatto, a fronte del numero davvero imponente di dosi (281.044) che potevano estrarsi dall'hashish caduto in sequestro. Sull'aggravante della finalita' agevolativa di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. si rinvia, fermi i requisiti per la configurabilita' dell'aggravante innanzi illustrati, alle circostanze di fatto ed alla intervenuta condanna, per il ricorrente, in relazione al reato di cui al capo A). Non hanno fondamento giuridico, le deduzioni difensive sulla configurabilita' e sussistenza del reato di cui all'articolo 648 c.p., fattispecie che e' ritenuta pacificamente sussistente in presenza di arma abrasa poiche' il possesso di un'arma clandestina integra di per se' la prova del delitto di ricettazione, poiche' l'abrasione della matricola, che priva l'arma medesima di numero e dei contrassegni di cui alla L. 18 aprile 1975, n. 110, articolo 11, essendo chiaramente finalizzata ad impedirne l'identificazione, dimostra, in mancanza di elementi contrari, il proposito di occultamento del possessore e la consapevolezza della provenienza illecita dell'arma (Sez. 1, n. 37016 del 28/05/2019, Spina, Rv. 276868). 10.2.4. E' fondato il motivo di ricorso sub 7, in merito al reato di detenzione dell'arma comune da sparo, ascritto al ricorrente al capo W), in applicazione della regula iuris secondo cui il reato di cui alla L. n. 895 del 1967, articoli 2 e 7 come sostituiti dalla L. n. 497 del 1974, articoli 10 e 14, deve ritenersi assorbito in quello di detenzione di arma clandestina, di cui alla L. 18 aprile 1975, n. 110, articolo 23, commi 1 e 3, per il quale e' intervenuta condanna al capo sub TT). Ne consegue la riqualificazione della detenzione delle munizioni indicata al capo W) ai sensi dell'articolo 697 c.p., aggravato ex articolo 416-bis 1, c.p. con rinvio per la rideterminazione della pena per detto reato, come ritenuto, ad altra Sezione della Corte di appello di Caltanissetta. Deve rilevarsi che la sentenza impugnata ha ricondotto a mesi uno di reclusione l'aumento di pena per il reato di cui al capo W), valorizzando anche la natura clandestina dell'arma, mentre per ciascuno dei reati sub capi RR), SS) e TT) ha determinato, per ciascuno, la pena di giorni dieci di reclusione. La pena per il reato contravvenzionale deve, pertanto, essere rideterminata con un'operazione che, involgendo una operazione di carattere discrezionale, non puo' essere compiuta da questa Corte. 10.2.5. E' fondato, ma in concreto privo di rilevanza sulla determinazione della pena il terzo motivo di ricorso. All'imputato sono state applicate, con giudizio di equivalenza, a meno che con l'aggravante ad effetto speciale di cui all'articolo 416-bis.1 c.p., le circostanze attenuanti generiche. La Corte di merito (pag. 169) ha ritenuto irrilevanti le aggravanti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80 in relazione alla detenzione dell'hashish e quella di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 71, non esaminandone la sussistenza perche' la questione era assorbita e sul rilievo che il giudizio di equivalenza andava confermato con riferimento alle circostanze non contestate (il Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80, in relazione alla detenzione di cocaina; quelle di cui all'articolo 416-bis c.p., commi 4 e 6, oltre alla recidiva specifica, reiterata e infraquinquennale). Premesso che, su piano ontologico, altra cosa, rispetto al giudizio di bilanciamento, e' la valutazione della sussistenza o meno di una circostanza aggravante, l'aggravante di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 71, non potrebbe ritenersi correttamente applicata in carenza dell'esame del motivo di impugnazione con il quale il ricorrente ne contestava la sussistenza. Ma, come anticipato, si tratta di un rilievo superato dall'operazione di determinazione della pena poiche' la Corte di merito (cfr. pag. 169) ha escluso la predetta aggravante (irrilevanti, le ragioni corrette o meno di tale affermazione) confermando il giudizio di bilanciamento "solo" con le residue aggravanti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80, in relazione alla detenzione di cocaina; quelle di cui all'articolo 416-bis c.p., commi 4 e 6, oltre alla recidiva specifica, reiterata e infraquinquennale. 10.2.6. Gli ulteriori rilievi difensivi, sulla mancata applicazione della prevalenza delle generiche; determinazione della pena per il reato sub capo A) e aumento per la continuazione (motivi sub 10) sono manifestamente infondati. Le argomentazioni della Corte di merito - l'oggettiva gravita' della condotta sub capo SS) per la tipologia e qualita' della droga detenuta (gr. 920 di cocaina); le considerazioni sulla personalita' criminologica dell'imputato, in ragione dei suoi precedenti; la misura di pena applicata in aumento per il capo A) (contenuta in mesi 5) di reclusione) non consentono di ritenere che il giudice abbia fatto malgoverno dei poteri discrezionali riconosciutigli dall'articolo 133 c.p. e men che mai che sia stata applicata la pena, prevista per la partecipazione all'associazione armata dopo l'aumento per le condotte successive al 2015. 10.3. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio nei confronti di (OMISSIS), in relazione al reato di cui agli articoli 110, 648-ter.1 c.p. riqualificato ai sensi dell'articolo 648-bis c.p.. Il ricorso di (OMISSIS) deve essere rigettato nel resto. 10.3.1 Non e' fondata ed e' stata correttamente impostata nella sentenza impugnata (pag. 180 e ss.) la censura del ricorrente sulla pretesa diversita' dei fatti contestatigli ai capi JJJ), relativo alla intestazione fittizia della societa' (OMISSIS) (costituita il 29 settembre 2014) e le condotte di autoriciclaggio (articolo 648-ter.1 c.p.) ascrittegli al capo KKK). Il tema, cosi' come proposto, e' estraneo alla fattispecie processuale della diversita' del fatto e rimanda, invece, alla valutazione delle risultanze probatorie acquisite attraverso le operazioni di intercettazioni telefoniche, eseguite nel periodo 6 ottobre 2015/19 maggio 2016, che sono effettivamente successive alla costituzione della societa' (OMISSIS) s.r.l.s. di cui era formalmente unico titolare (al 100% delle quote) (OMISSIS), figlio del ricorrente e amministratrice la moglie del ricorrente ( (OMISSIS)). Le conversazioni intercettate sono, tuttavia, utili per comprovare l'operazione di ingresso, nel capitale della societa' gia' costituita nel 2014, di (OMISSIS) e (OMISSIS) e le attivita' di gestione della discoteca (OMISSIS), riconducibili sia all'odierno ricorrente che a (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) nel periodo autunno/inverno 2015. (OMISSIS) (e non il figlio, titolare formale delle quote societarie) e' l'autore dei contatti funzionali alle operazioni necessarie per realizzare l'ingresso occulto dei (OMISSIS) nel capitale sociale della (OMISSIS) s.r.l. ed e' il soggetto che aveva perfetta conoscenza della identita' dei soci e delle loro caratteristiche soggettive e, quindi, pienamente consapevole che le operazioni svolte erano funzionali a celare l'ingresso dei soci nel capitale sociale al fine di eludere l'applicazione di misure di prevenzione patrimoniale. In poche parole, l'imputato s(e' adoperato per portare a termine le operazioni di ingresso di nuovi soci nella societa' del figlio, gia' operativa, lasciandone immutata la titolarita' formale in capo a (OMISSIS) che acquistava, cosi' il ruolo di soggetto interposto. La sentenza impugnata, a questo fine, ha riprodotto le conversazioni intercettate che documentano le operazioni di trasferimento di denaro verso l'imputato finalizzate all'ingresso nel capitale sociale: di rilievo, ai fini che ci occupano, quella del 16 ottobre 2015, nel corso della quale, dopo alcune conversazioni in cui si discuteva espressamente della regolarizzazione cartolare della societa', (OMISSIS) comunicava a (OMISSIS) l'avvenuta consegna del denaro all'imputato. Questa e' solo la prima di una serie di conversazioni dalle quali emergono le richieste di consegna di denaro, per partecipare alla titolarita' della societa' e, infine, anche alla gestione, richieste avanzate da (OMISSIS) a (OMISSIS) e da questi "girate" a (OMISSIS). Rileva la Corte di appello come non si sia trattato di un investimento ingente e, del resto, le questioni ben presto insorte fra (OMISSIS) e i fratelli (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), avevano riguardato i mancati stellari introiti che gli investitori si erano immaginati e che non trovavano corrispondenza negli incassi effettivi. Le questioni culminavano nell'aggressione a mano armata consumata da (OMISSIS) ai danni di (OMISSIS), riprodotta nella conversazione intercettata il 19 maggio 2016 (pagg. 216 e ss. della sentenza impugnata). La conversazione segue quelle, di cui e' spesso autore (OMISSIS), sui mancati introiti (sperati) dalla gestione della discoteca e la pretesa di (OMISSIS) di avere in restituzione le somme sborsate. Nel corso della conversazione del 19 maggio 2016, (OMISSIS) intimava a (OMISSIS) di fargli avere indietro i soldi perche' aveva un assegno in scadenza aggiungendo che, se fosse andato protestato, lo avrebbe distrutto e gli avrebbe sparato quattro colpi. Premesso che il reato di trasferimento fraudolento di valori di cui all'articolo 512-bis c.p., funzionale all'operazione di ingresso dei fratelli (OMISSIS) nella societa' (OMISSIS) s.r.l. cosi' schermata, ha natura istantanea con effetti permanenti, il reato e' configurabile non solo in fase di creazione ab origine di una societa' ma anche nel caso di operazioni economiche volte a realizzare una modifica della compagine sociale attraverso il conferimento di capitali, compagine in cui subentra un nuovo soggetto. Le operazioni di intercettazione documentano inequivocabilmente, il riferimento al subingresso nelle quote societarie - ovviamente mascherato e non dichiarato - di (OMISSIS) e (OMISSIS), con perfetta sovrapposizione alla contestazione, che reca l'indicazione della commissione del fatto in epoca prossima e successiva al 29 settembre 2014, data di costituzione della societa', e sino al novembre 2015. Come noto, il delitto di trasferimento fraudolento di valori di cui all'articolo 512-bis c.p. non ha natura di reato plurisoggettivo improprio, ma rappresenta una fattispecie a forma libera in cui la condotta di concorso puo' realizzarsi attraverso forme variegate: nel caso in esame, l'imputato, che non era il titolare interposto del bene, ha fornito il suo contributo consapevole alla consumazione del reato occupandosi delle operazioni funzionali alla realizzazione dell'ingresso, schermato, dei (OMISSIS) nella titolarita' della societa' (che restava formalmente intestata al figlio e non modificata) al fine di eludere misure ablatorie delle quali i (OMISSIS) potevano essere destinatari. Anche se le successive operazioni commerciali risultanti dalle intercettazioni, che attengono alla normale dinamica societaria nelle quali il ricorrente e' pure coinvolto, non sono direttamente riferibili alla commissione del reato, ormai perfezionatosi, esse sono nondimeno rilevanti a comprova dell'effettivita' dell'ingerimento del (OMISSIS) nella gestione dell'attivita' economica facente capo alla societa', per come si evince dai contatti frequenti con (OMISSIS) per seguire l'organizzazione delle serate danzanti, e che corrispondono all'esercizio effettivo dei poteri gestori derivanti dalla partecipazione alla societa'. 10.3.2. Da tanto consegue anche la infondatezza del secondo motivo di ricorso proposto da (OMISSIS) poiche' appaiono pienamente integrati, attraverso le descritte condotte sorrette dal necessario coefficiente psicologico, tutti gli elementi costitutivi del reato al cui perfezionamento non osta che l'imputato avesse comunque investito nell'iniziativa proprie somme. 10.3.3. E', inoltre, accertato dalle conversazioni innanzi riportate che l'imputato ha ricevuto dai fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS) e impiegato nel finanziamento della societa' e nella gestione delle attivita' economiche facenti capo alla (OMISSIS) s.r.l. somme di denaro, per lo piu' in contante o costituite da assegni sottoscritti da altre persone, derivanti dalle illecite attivita' dei fratelli (OMISSIS) in quanto provento dei guadagni di traffico di stupefacenti o altre attivita' illecite, illecite attivita' alle quali l'imputato era estraneo, come precisato fin dal capo di imputazione. Tale condotta integra, piuttosto che il concorso nel delitto di autoriciclaggio, ascrivibile a (OMISSIS) che, nella partecipazione alla societa' aveva investito i guadagni derivatigli dalle illecite attivita' svolte con il traffico di droga ed estorsioni, il reato di riciclaggio previsto dall'articolo 648-ter c.p.. Il reato di cui all'articolo 648-ter.1 c.p. e' un delitto a forma libera realizzabile attraverso condotte caratterizzate da un tipico effetto dissimulatorio e finalizzate ad ostacolare l'accertamento o l'astratta individuabilita' dell'origine delittuosa del denaro, dei beni o delle altre utilita' che si intendono occultare. E' un reato proprio, attribuibile, cioe' al soggetto che abbia commesso il reato presupposto, fonte degli illeciti guadagni poi reinvestiti. Si e', tuttavia, discusso in ordine alla qualificazione giuridica della condotta posta in essere dal soggetto extraneus (ovvero che non abbia commesso, ne' concorso a commettere, il delitto non colposo presupposto), il quale abbia fornito un contributo concorsuale causalmente rilevante alla condotta di autoriciclaggio posta in essere dal soggetto intraneus. (ovvero che abbia commesso o concorso a commettere il delitto non colposo presupposto). E', questo, un tema controverso al quale la giurisprudenza di questa Corte ha dato una risposta non univoca, come precisato anche nella sentenza impugnata. Il Collegio ritiene di aderire all'orientamento secondo cui in tema di autoriciclaggio, il soggetto che, non avendo concorso nel delitto-presupposto non colposo, ponga in essere la condotta tipica di autoriciclaggio o contribuisca alla realizzazione da parte dell'autore del reato - presupposto delle condotte indicate dall'articolo 648-ter.1 c.p., risponde di riciclaggio e non di concorso nel delitto di autoriciclaggio essendo questo configurabile solo nei confronti dell'intraneus. (Sez. 2, n. 17235 del 17/01/2018, Tucci, Rv. 272652). Risolutivo, nel percorso ermeneutico tracciato da tale decisione ai fini della qualificazione giuridica della condotta, il rilievo che per il soggetto che non abbia preso parte al reato-presupposto, ed abbia successivamente posto in essere una condotta lato sensu riciclatoria (tipica, ex articolo 648-ter.1 c.p., od anche atipica), agendo in concorso con l'intraneus chiamato a rispondere di autoriciclaggio sarebbe sottoposto ad un trattamento punitivo meno severo ma, soprattutto, il rilievo che la condotta dell'extraneus, che pacificamente prima della introduzione del reato di autoriciclaggio si riteneva integrasse il delitto di cui all'articolo 648-ter c.p. sarebbe sostanzialmente abrogata. D'altro canto, prima dell'introduzione dell'articolo 648-ter.1 c.p. nessun dubbio era mai stato nutrito con riferimento alla configurabilita' del reato previsto e punito dall'articolo 648-bis c.p. in casi nei quali l'autore del delitto-presupposto, pur non punibile, avesse fornito un contributo rilevante alla condotta tipica del riciclatore extraneus; ed, invero, il concorso nell'attivita' riciclatoria del soggetto responsabile del reato presupposto e', secondo l'id quod plerumque accidit, ordinario (essendo naturale che la predetta attivita' illecita venga generalmente ordita su impulso e nell'interesse di quest'ultimo); Le operazioni di intercettazione documentano che il ricorrente ha ricevuto le somme di denaro, funzionali a realizzare il subingresso nelle quote societarie, di (OMISSIS) e (OMISSIS), e altre somme per la gestione della societa', condotte integrano quella di riciclaggio essendo pienamente consapevole della provenienza delle somme dalle attivita' illecite di (OMISSIS). L'operazione di qualificazione giuridica, sulla base di questi elementi di fatto ben noti all'imputato, non comporta lesione dei diritti di difesa ne' la modifica del trattamento punitivo che, del resto, il ricorrente non ha contestato. 10.4. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio nei confronti di (OMISSIS) in relazione all'aggravante di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2022, articolo 71, aggravante che va eliminata senza che da tale modifica derivi la necessita' di procedere alla revisione del trattamento punitivo. Il ricorso di (OMISSIS) e', nel resto, inammissibile perche' proposto per motivi generici sia per aspecificita', in quanto non si confrontano con la ricostruzione delle risultanze probatorie compiuta nella sentenza impugnata sia perche' meramente riproduttivo di argomentazioni, sulla configurabilita' dei reati e del contributo del ricorrente, sia perche' propone, di tali risultanze, una rivalutazione essenzialmente di merito, in assenza di evidenti illogicita' della motivazione della sentenza impugnata che alle pagg. 187 e ss. ha puntualmente esaminato tutte le deduzioni difensive. Anche le ulteriori argomentazioni difensive svolte con la memoria ex articolo 611 c.p.p. replicano i medesimi vizi quando non sono indeducibili, come quella che concerne la richiesta di esclusione della parte civile F.A.I.- Antiracket (OMISSIS) Associazione (OMISSIS) in quanto priva di qualsiasi evidenza documentale a sostegno. 10.4.1. Il primo motivo di ricorso e' generico e manifestamente infondato. Il ricorso si concentra sul giudizio di inattendibilita' delle dichiarazioni rese da (OMISSIS), aspetto sul quale, in aggiunta alle argomentazioni sviluppate al punto 4. del Considerato in diritto, va solo rilevato che la Corte di merito ha precisamente circoscritto la rilevanza del contributo dichiarativo del (OMISSIS) evitando di generalizzarne la valenza (al ruolo dell'imputato, per es. o ad aspetti che esulavano da quelli che il (OMISSIS) aveva descritto per avervi preso parte) e valorizzandoli con riferimento alla diretta conoscenza del dichiarante la cui partecipazione a episodi specifici (l'attentato incendiario al bar "(OMISSIS)") ha trovato precisi riscontri nelle dichiarazioni rese dal titolare dell'esercizio, (OMISSIS), "divenuto" cliente del (OMISSIS) a seguito delle insistenti richieste dell'imputato. Correttamente, poi, la Corte di appello ha ritenuto irrilevante che per taluni degli episodi oggi addebitati al ricorrente abbia proceduto, in fase di indagini, l'autorita' giudiziaria ordinaria, iter affatto incompatibile con il procedere delle acquisizioni investigative, anche attraverso le operazioni di intercettazioni e la loro pubblicazione in fasi successive. Ne' possono ascriversi a mendacio aspetti del racconto del (OMISSIS) non collimanti con la riproduzione (oggettiva) dell'evento del ferimento di (OMISSIS) ricondotte a marginali discrasie che non inficiano il giudizio di attendibilita' o la ricostruzione dei fatti e la loro ascrivibilita' agli autori materiali o individuabili come mandanti ( (OMISSIS) non era presente ne' al ferimento di (OMISSIS) ne' alla spedizione punitiva in danno di (OMISSIS)): la sentenza impugnata, sulla scorta delle intercettazioni e, in particolare di quella del 25 aprile 2016, ha ricostruito, attraverso la viva voce dell'imputato, sia la sua presenza presso l'ospedale dove era stato ricoverato (OMISSIS) che le successive iniziative intraprese per ritorsione, contro il (OMISSIS). 10.4.2. Anche il secondo motivo di ricorso, relativo alla ritenuta sussistenza della qualificata condotta di direzione del sodalizio ascritta all'imputato - che e' in realta' figura autonoma di reato e non circostanza aggravante della condotta di partecipazione di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 1 - e' caratterizzato da strutturale indeterminatezza e genericita': il ricorrente esamina le risultanze processuali offrendone una valutazione riduttiva con riferimento agli episodi (la rissa presso il locale "(OMISSIS)" in cui era rimasto coinvolto (OMISSIS); l'episodio " (OMISSIS)" l'aggressione agli operai (OMISSIS)), ma omette il confronto con le complessive argomentazioni della Corte di appello che ha contestualizzato la rissa al locale "(OMISSIS)" come un vero e proprio scontro tra "personaggi" appartenenti a diversi clan mafiosi e ha valorizzato l'interesse mostrato dal (OMISSIS) (conversazione del 16 novembre 206 intervenuta con (OMISSIS)) volto a conoscere esattamente quali fossero state le parole pronunciate da (OMISSIS) (negate dal (OMISSIS)) secondo cui (OMISSIS) ne aveva contestato l'autorita' (...a mia un minni futti i (OMISSIS)), la reazione violenta dell'imputato e le successive iniziative (la convocazione di uno dei partecipi, (OMISSIS)) per conoscere la dinamica della rissa e dispiegare un intervento volto alla riportare la calma, anche a costo di qualche "schiaffo". Non e' manifestamente illogica la conclusione che, in relazione a tale ultimo episodio, trae la sentenza impugnata quando osserva che (OMISSIS), in forza della propria autorevolezza e carisma aveva organizzato un incontro per comporre un confitto, riportando cosi' la calma tra i corrissanti, il che corrisponde proprio al ruolo di un capo ed ai poteri che questi esercita nella vita del gruppo criminale e rapporto tra partecipi e tra costoro e i terzi. La sentenza impugnata ha esaminato anche le ulteriori deduzioni difensive che sottolineavano la estraneita' del ricorrente ad una vicenda che aveva coinvolto il nipote, (OMISSIS) (il fatto sorprende anche (OMISSIS) che, invece, era intervenuto a difesa dello (OMISSIS)) e, anche in tale caso, i giudici di merito hanno evidenziato come, a prescindere dalle concrete ragioni che avevano determinato il disinteresse di (OMISSIS), cio' che rilevava era la "sorpresa" dei sodali per il suo mancato intervento che era proprio quello che si attendeva dal capo del gruppo. E, evidenziano i giudici, non si trattava di interventi attesi per il risalente carisma del (OMISSIS) - che, invece, in altri episodi, non immediatamente riconducibili a fatti di mafia come l'aggressione a utenti della strada, per questioni di traffico; l'aggressione agli operai della (OMISSIS) interviene rivelando un tratto caratteriale, violento e autoritario - ma proprio di interventi funzionali e corrispondenti a quelli del capo del clan, perfettamente sovrapponibili a quelli esercitati in occasione del ferimento di (OMISSIS), per conoscerne le ragioni e apprestare i rimedi. Le conclusioni dei giudici di merito che hanno individuato in (OMISSIS) il "capo" dell'associazione ne hanno descritto il ruolo direttivo sulla base di corretti presupposti fattuali e di ineccepibili argomentazioni giuridiche poiche' "capo" e' non solo il vertice dell'organizzazione, quando questo esista, ma anche colui che abbia incarichi direttivi e risolutivi nella vita del gruppo criminale e nel suo esplicarsi quotidiano in relazione ai propositi delinquenziali realizzati (Sez. 2, n. 7839 del 12/02/2021, Serio, Rv. 280890). La riconducibilita' a (OMISSIS) del ruolo di capo dell'organizzazione ma anche dominus delle ditte utilizzate per la fornitura di merce consente, infine, di ricondurre all'imputato la circostanza aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. sia con riferimento alla finalita' agevolativa del clan che del metodo mafioso, contestata in relazione a tutti i reati-fine ascritti a (OMISSIS) ai capi da C) a T), aggravanti imputabili al ricorrente sia dal punto di vista soggettivo che oggettivo in quanto le condotte sono volte immediatamente al rafforzamento del suo potere e idonee, in concreto, a evocare, nei confronti dei consociati, la forza intimidatrice tipica dell'agire mafioso funzionale a una piu' agevole e sicura consumazione del reato. Con riferimento alle condotte estorsive, non e' superfluo richiamare le dichiarazioni rese da (OMISSIS), persona offesa del reato sub capo L), reato commesso il (OMISSIS), secondo le quali si era diffusa, tra i commercianti di (OMISSIS), "la voce che se prendevi il materiale che (OMISSIS) ti proponeva non si andava incontro a incendi, o danneggiamenti di altra natura": una voce notoria ma evocata di volta in volta attraverso le "proposte" di fornitura avanzate dall'imputato o da suoi emissari ai titolari di esercizi commerciali interessati, quali (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) o suggerita dai coevi attentati con esplosione di colpi di arma da fuoco contro i negozi (persone offese (OMISSIS) e (OMISSIS)). 10.4.3. Il motivo di ricorso che contesta il giudizio di colpevolezza in relazione al reato di tentata estorsione di cui al capo C) - in danno di (OMISSIS), titolare della pasticceria "(OMISSIS)" - si sviluppa attraverso valutazioni di puro merito perche' imperniate sul giudizio di attendibilita' delle dichiarazioni di (OMISSIS), animato da acrimonia, si sostiene, contro il ricorrente, perche' la ditta del (OMISSIS) riforniva un concorrente del (OMISSIS), il bar (OMISSIS). Le dichiarazioni del (OMISSIS), al quale l'imputato aveva tentato di imporre la fornitura dei prodotti di confezionamento che (OMISSIS) gia' acquistava con un buon prezzo presso altri rivenditori accompagnate dalle parole "cu mangia assai s' affuca" sono state del tutto logicamente valorizzate come un avvertimento con una portata intimidatoria ben colta dal (OMISSIS), che conosceva anche lo spessore criminale e mafioso del (OMISSIS). Inconferente, rispetto alla fattispecie in esame, la denuncia del vizio di travisamento della prova dichiarativa ovvero omesso esame delle deduzioni difensive, in merito al verbale di sommarie informazioni del (OMISSIS), nel quale sarebbe incorsa la sentenza impugnata, vizio smentito dalla precisa ricostruzione in fatto sia del contenuto dichiarativo del (OMISSIS) che del denunciato profilo di "concorrenza", che i giudici del merito non hanno ricondotto al rapporto (OMISSIS)- (OMISSIS), ma proprio alla ditta (OMISSIS) sulla base del rapporto di frequentazione dell'imputato con (OMISSIS), titolare del bar (OMISSIS), come riferito dal (OMISSIS). Vi e', dunque, piena corrispondenza tra il senso probatorio della dichiarazione, quale ricostruito in sentenza, e il contenuto complessivo della dichiarazione stessa. 10.4.4. Anche le censure difensive in merito alla motivazione con la quale la Corte di appello ha confermato il giudizio di colpevolezza in relazione al reato di estorsione di cui al capo D), in danno di (OMISSIS) e (OMISSIS), titolari del bar Milano, per imporre loro l'acquisto di prodotti di pasticceria presso la (OMISSIS) di (OMISSIS) in cui lavorava (OMISSIS), cognato di, (OMISSIS), si sviluppano attraverso valutazioni di puro fatto perche' imperniate sul giudizio di attendibilita' delle dichiarazioni sottoposte ad attento scrutinio dalle sentenze di merito che hanno, altresi', ricostruito l'iter della dichiarazioni rese dai (OMISSIS) valorizzando, a comprova dell'attendibilita' sulle intimazioni ricevute, il contenuto delle intercettazioni. Solo a fronte di tali contestazioni i (OMISSIS) avevano ammesso di avere subito le pressioni del ricorrente che, con atteggiamento deciso e tale da non ammettere obiezioni o repliche, aveva imposto la propria fornitura, facendo, cosi', valere il proprio carisma mafioso con connotazioni della condotta correttamente sussunte nell'aggravante del metodo mafioso ritenute idonee, in concreto, a evocare, nei confronti delle persone offese, poi costituitesi parti civili, la forza intimidatrice tipica dell'agire mafioso. 10.4.5 E' generico il motivo di ricorso sub 6) che contesta la motivazione con o' la quale e' stato confermato il giudizio di colpevolezza di (OMISSIS) in relazione ai reati di tentata estorsione aggravata e detenzione porto di armi contestati ai capi H) ed I) in danno, rispettivamente, di (OMISSIS), titolare del bar (OMISSIS) e di (OMISSIS), titolare della pasticceria (OMISSIS), individuando nel ricorrente il mandate del danneggiamento, mediante esplosione di colpi d'ama da fuoco, delle vetrine dei negozi materialmente eseguito, e con la stessa arma, da (OMISSIS). In entrambi i casi, le vittime dei danneggiamenti, (OMISSIS) e (OMISSIS), riconducono alla fornitura dei prodotti il movente dei danneggiamenti. La (OMISSIS), in particolare, conversando con la figlia, non manca di ricondurre il danneggiamento alla visita di (OMISSIS) che, nei giorni precedenti, le aveva proposto l'acquisto di vassoi e altri prodotti, cioe' i prodotti commercializzati dal (OMISSIS), circostanza che la stessa aveva, invece, taciuto agli inquirenti. Contiguita' temporale e comuni modalita' sono stati, nella immediatezza, evidenziati anche da (OMISSIS) nelle conversazioni intercettate e nelle quali fa velato riferimento all'acquisto di forniture: si tratta degli stessi elementi che, senza evidenti cadute logiche, anche i giudici del merito hanno valorizzato, unitamente alla identita' dell'esecutore materiale, per ricondurre ad unico mandante, (OMISSIS), i due episodi, conclusioni genericamente contestate dal ricorso che propone una inammissibile lettura frazionata e decontestualizzata delle conversazioni suggerendo la individuazione di una pista alternativa. 10.4.6. E' generico e manifestamente infondato il motivo di ricorso sub 7) che contesta la motivazione in punto di condanna per i reati di danneggiamento seguito da incendio e estorsione aggravata in danno del bar "(OMISSIS)" (capo L) sulla scorta delle dichiarazioni rese da (OMISSIS), che, su mandato di (OMISSIS), era stato esecutore materiale di un atto intimidatorio (l'incendio del laboratorio del bar) e dalla persona offesa dal reato, (OMISSIS) che aveva descritto come, dopo l'atto intimidatorio, (OMISSIS) fosse tornato alla carica per la fornitura di prodotti di plastica, alfine commissionatagli. Non aveva mancato, (OMISSIS), poi costituitosi parte civile, di riferire che, nel frattempo si era diffusa, tra i commercianti di (OMISSIS), "la voce che se prendevi il materiale che (OMISSIS) ti proponeva non si andava incontro a incendi, o danneggiamenti di altra natura". Anche a questo riguardo, le valutazioni delle convergenti dichiarazioni di (OMISSIS) e del (OMISSIS) offrono una solida base indiziaria correttamente valorizzata e che rimanda immediatamente alla condotta estorsiva e alle aggravanti del metodo e dell'agevolazione mafiosa. 10.4.7 E' Manifestamente infondato il motivo di ricorso sub 8 che contesta la mancanza di motivazione in relazione all'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. per il reato sub capo R), il reato di tentata violenza privata in danno di (OMISSIS): la struttura della motivazione della sentenza impugnata e le argomentazioni svolte alle pagg. 208 e ss. esimevano dalla replica, per ciascuno dei reati sovrapponibili nella loro dinamica intimidatoria - sulla sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p.. 10.4.8. E' aspecifica la censura del ricorrente sulla mancata esclusione dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. in relazione ai reati di cui ai capi S), reati in materia di armi, e T), minaccia aggravata, perche' trattasi di reati commessi in un contesto familiare il che', secondo la prospettazione del ricorrente, escluderebbe, come gia' opinato dal Tribunale del riesame che aveva escluso l'aggravante, la finalita' agevolativa dell'associazione. La Corte di appello, con argomentazioni prive di illogicita', ha ritenuto configurabile nelle modalita' della condotta per le sue particolari connotazioni (clandestinita'; uso di arma; aggressione all'abitazione personale della vittima e conseguente carica intimidatoria della condotta), il metodo mafioso con conseguente irrilevanza della finalita' agevolativa verso l'associazione, contestata con il ricorso. 10.4.9. Il motivo 9 del ricorso, in relazione ai reati di cui all'articolo 512-bis c.p. (capo HHH, relativo alla fittizia attribuzione di proprieta' delle ditte individuali (OMISSIS), (OMISSIS) s.r.l.s e (OMISSIS) s.r.l.s; DJ) fittizia attribuzione della titolarita' della societa' (OMISSIS) s.r.l.; KKK), articolo 648-ter.1 c.p., in relazione al reinvestimento di capitali illeciti nella societa' (OMISSIS) s.r.l.s.) e' complessivamente indeterminato, generico perche' articolato in fatto e manifestamente infondato. Le sentenze di merito hanno esaminato (cfr. la sintetica ricostruzione a pag. 209 della sentenza impugnata) la vicenda costitutiva delle ditte e delle societa' con attribuzione della titolarita' in capo a (OMISSIS), coniuge del ricorrente. Ma, come ben osservato, era riconducibile a (OMISSIS) solo la veste formale delle societa' poiche', invece, era proprio (OMISSIS) ad occuparsi della reale attivita' economica: ne sono buon esempio, secondo i giudici di merito, le condanne per i reati estorsivi e le condotte di danneggiamento che dimostrano la politica di espansione commerciale seguita di (OMISSIS) e il contenuto delle intercettazioni, sia di quelle con gli operai incaricati di consegne che quelle che ne comprovano l'ingerimento nelle operazioni di fatturazione: emblematica quella del 21 novembre 2018 in cui l'imputato e' pronto ad avvedersi di un errore nella fatturazione ad un panificio, piuttosto che al (OMISSIS). Ma di interesse, a questi fini, anche il contenuto di quella del 21 agosto 2015 nella quale il ricorrente comunicava a (OMISSIS) di essere soddisfatto di un affare appena concluso e contabilizzava in 27/28 locali quelli gia' acquisiti, quindi le conversazioni nel corso delle quali l'imputato rivendica il successo delle iniziative imprenditoriali che va allestendo. Il ricorrente contesta il giudizio di responsabilita' sul rilievo che, essendogli state revocate la misura di prevenzione e la misura di sicurezza della liberta' vigilata all'atto della lunga carcerazione subita, non temeva ulteriori iniziative giudiziarie a suo carico: ma, come gia', rilevato nella sentenza impugnata, si tratta di un rilievo manifestamente infondato. Il reato di cui all'articolo 512-bis c.p. sorretto dal dolo specifico, puo' essere commesso anche da chi non sia ancora sottoposto a misure di prevenzione patrimoniali e ancora prima che il relativo procedimento sia iniziato, occorrendo solo, ai fini della configurabilita' del dolo specifico di eludere le disposizioni di legge in materia di prevenzione patrimoniale, che l'interessato possa fondatamente presumere l'avvio di detto procedimento (Sez. 5, n. 1886 del 07/12/2021, Delli Carri, Rv. 282645), evento che, osserva la Corte di appello, le condanne non solo per il reato di omicidio ma soprattutto per quello di cui all'articolo 416-bis c.p. rendevano tutt'altro che imprevedibile all'esito della scarcerazione dal momento che la lunga detenzione aveva solo escluso l'attualita' del giudizio di pericolosita' sociale. Era, viceversa, indispensabile per l'imputato l'occultamento di tutte le sue iniziative economiche che avrebbero, dopo la lunga detenzione, immediatamente creato sospetti, in mancanza dello svolgimento di lecita attivita' lavorativa, sulla provenienza delle somme investite. Le operazioni di intercettazioni telefoniche, eseguite nel periodo 6 ottobre 2015/19 maggio 2016, che sono effettivamente successive alla costituzione della societa' (OMISSIS) s.r.l.s. di cui era formalmente unico titolare (al 100% delle quote) (OMISSIS), figlio di (OMISSIS) e amministratrice la moglie di questi comprovano l'operazione di ingresso, nel capitale della societa' del ricorrente e del fratello (OMISSIS), gestite attraverso (OMISSIS), direttamente con (OMISSIS). Si tratta di conversazioni che documentano proprio le operazioni di trasferimento di denaro finalizzate all'ingresso nel capitale sociale: di rilievo, in tal senso, quella del 16 ottobre 2015, nel corso della quale dopo alcune conversazioni in cui si discuteva espressamente della regolarizzazione cartolare della societa' e (OMISSIS) comunicava a (OMISSIS) l'avvenuta consegna del denaro a (OMISSIS). Un'operazione riconducibile anche all'odierno ricorrente che, in mancanza degli introiti che si era ripromesso di conseguire, e' autore diretto della minaccia (documentata dalla intercettazione del 19 maggio 2016) con la quale intimava a (OMISSIS) di fargli avere indietro i soldi perche' aveva un assegno in scadenza aggiungendo che, se fosse andato protestato, lo avrebbe distrutto e gli avrebbe sparato quattro colpi. Irrilevante, dunque, rispetto al thema probandum, la circostanza, riferita da (OMISSIS), che dal 2014 al 2015 la discoteca era "gestita" da (OMISSIS) e dal figlio (OMISSIS), tanto piu' che oggetto di queste iniziative economiche era la gestione di eventi "stagionali". La sentenza impugnata ha analizzato (cfr. pag. 211) specifiche evidenze di prova (il contenuto della conversazione del 22 febbraio 2017, intervenuta con (OMISSIS) ma anche altre conversazioni con clienti e con incaricati della consegna) attraverso le quali ha esaminato - strutturandone la configurabilita' rispetto alle condotte in esame - la ricorrenza del metodo mafioso che il ricorrente contesta con affermazioni indeterminate e meramente evocative del vizio di omessa motivazione. Per tale aspetto, si rinvia a quanto gia' precisato al punto 10.4.2 che precede. 10.4.10. Sono generiche e versate in fatto le censure difensive sulla sussistenza della prova della partecipazione del ricorrente al reato di cui al capo B). Il ricorrente contesta il giudizio di attendibilita' formulato sulle dichiarazioni rese da (OMISSIS) - che lo ha indicato come capo della "(OMISSIS)" anche in relazione ai traffici di stupefacenti pur evidenziandone il ruolo "defilato" che manteneva - e deduce che le conversazioni che lo vedono interessato come loquente non sono significative di un suo diretto inserimento nel traffico di droga e che non sono univocamente a lui riconducibili altri riferimenti, evincibili dalle conversazioni intercorse fra soggetti diversi anche quando evocano il nome di (OMISSIS), dal momento che non ne viene indicato il cognome. Quanto al (OMISSIS) vanno richiamate le osservazioni svolte al punto 4. del Considerato in diritto posta la precisazione che il contenuto delle sue dichiarazioni ha trovato riscontro significativo sia nella ricostruzione delle triangolazioni dei rapporti dell'imputato con gli altri ricorrenti, preposti alla gestione diretta del settore nel quale, effettivamente, il ricorrente non appare direttamente coinvolto (non viene, ad es. mai notato nei pressi dei covi) sia nel contenuto delle conversazioni e nella lettura sinottica e incrociata della conversazioni intercettate e dei messaggi che le hanno precedute e accompagnate. La Corte di appello (pag. 222) ha descritto l'operazione di acquisto di droga effettuata il 24 ottobre da parte di (OMISSIS) e (OMISSIS) recatisi a Palermo per perfezionare l'acquisto, preceduta dai contatti con i quali (OMISSIS) conveniva l'incontro con (OMISSIS) e accompagnata, durante il viaggio a Palermo e al rientro, da numerose conversazioni nelle quali (OMISSIS) si informava del viaggio e del suo esito. Uno schema che viene replicato, preceduto dalle chiamate di (OMISSIS) e seguito dalla visita a casa di (OMISSIS), in occasione di altro viaggio a Catania presso (OMISSIS), effettuato il 28 novembre 2014. Sulla scorta della significativita' di questi elementi ne risulta consolidata l'interpretazione dei giudici di appello secondo cui (OMISSIS) al quale, piu' volte i correi avevano fatto riferimento nel corso delle conversazioni, fosse proprio l'imputato e si tratta di conversazioni rilevanti per la inerenza dei riferimenti al traffico di droga. In tal senso e' stato valorizzato il riferimento di (OMISSIS) alla fine della carta nel corso della telefonata con (OMISSIS) del 19 marzo 2015; il riferimento al ricorrente ( (OMISSIS), nel corso della conversazione del 22 ottobre 2016 tra (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), in cui (OMISSIS) contesta a (OMISSIS), rispetto al prezzo di vendita della droga, che proprio (OMISSIS) lo aveva autorizzato e che ora detta condizioni diverse; quella del 7 novembre 2016 in cui (OMISSIS) lamenta con (OMISSIS), entrambi erano gestori del covo di via (OMISSIS), che si stava esagerando e che la cosa doveva essere segnalata a (OMISSIS) che e' poi univocamente individuabile come il ricorrente nella conversazione (del 30 settembre 2016) quando i due ne evocano le gesta criminali consistite nell'aggressione degli operai della (OMISSIS). Non occorre aggiungere altro rispetto alle valutazioni con le quali, al punto 7.3 del Considerato in diritto, e' stata ritenuta correttamente esclusa dalla Corte di appello la configurabilita' nei fatti, cosi' come accertati, della fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, disattendendo, cosi', il motivo di ricorso sub 12. 10.4.11. Sono ineccepibili le argomentazioni con le quali la Corte di appello ha respinto la richiesta di applicazione della continuazione esterna tra i fatti del presente procedimento e quelli oggetto delle sentenze del 17 marzo 2000 (relativa al reato di omicidio) e del 28 maggio 1999 con le quali il ricorrente era stato condannato per il reato di cui all'articolo 416-bis c.p. in relazione alla partecipazione alla (OMISSIS). La Corte di appello ha valorizzato il lungo iato temporale tra le risalenti condanne e i fatti odierni, inframmezzati dalla lunga detenzione durata diciannove anni, ed ha ritenuto che la "costante e mai interrotta partecipazione al fenomeno mafioso" cui fa riferimento il difensore non costituisca indice univoco e apprezzabile del medesimo disegno criminoso piuttosto che espressione di una personalita' delinquenziale, incline alla commissione di reati, tanto sul corretto presupposto che l'identita' del disegno criminoso comporta una unitaria deliberazione, sin dall'inizio, per conseguire un determinato fine. La Corte di appello ha richiamato un principio secondo cui ai fini della configurabilita' del vincolo della continuazione tra reati di associazione per delinquere di stampo mafioso non e' sufficiente il riferimento alla tipologia del reato ed all'omogeneita' delle condotte, ma occorre una specifica indagine sulla natura dei vari sodalizi, sulla loro concreta operativita' e sulla loro continuita' nel tempo, al fine di accertare l'unicita' del momento deliberativo e la sua successiva attuazione attraverso la progressiva appartenenza del soggetto ad una pluralita' di organizzazioni ovvero ad una medesima organizzazione (Sez. 6, n. 51906 del 15/09/2017, Carpentieri, Rv. 271569). Alla stregua di tale principio non puo' essere valorizzata l'operativita' nel medesimo ambito territoriale ma vanno altresi' considerate le modifiche intervenute nel tempo quanto alla compagine sociale ed al programma delinquenziale, per effetto di circostanze contingenti ed occasionali, non preventivabili al momento dell'iniziale affiliazione del ricorrente e che, con riferimento ai fatti per i quali si procede, sono approdati all'ingerimento dell'imputato nel traffico di sostanze stupefacenti. Come si e' evidenziato al punto 3. del Considerato in diritto, la "(OMISSIS)" gelese alla quale aveva aderito l'imputato era stata coinvolta in una vera e propria guerra di mafia con "(OMISSIS)" e nel corso degli anni ne sono mutate compagini, progetti e finalita' di volta in volta perseguite e il ritorno sulla scena dell'imputato ha coinciso non solo con una riaggregazione dei vecchi esponenti ma con una "rinnovata" riorganizzazione di cui sono esempio l'immissione di nuove leve; lo sviluppo del traffico di sostanze stupefacenti e, soprattutto il "nuovo volto", versato nel settore imprenditoriale, che (OMISSIS) si e' dato inserendosi di prima mano nel settore produttivo: un programma delinquenziale concreto che nulla aveva a che fare con le modalita' della partecipazione del ricorrente alla vecchia "(OMISSIS)" alla quale si riferiscono le risalenti condanne e che trova ulteriore e insuperabile conferma sul rilievo che non e' provato che tale settore rientrasse nel focus della condotta di partecipazione del ricorrente alla vecchia "(OMISSIS)". E' superfluo aggiungere che e' irrilevante la circostanza che per il fratello altro giudice del merito abbia, invece, ritenuto sussistente la continuazione cd. esterna. 10.4.11. E' fondato, ma in concreto privo di rilevanza sulla determinazione della pena il terzo motivo di ricorso che concerne la ritenuta sussistenza dell'aggravante di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 71, sulla cui condizione di applicabilita' la Corte di merito non si e' pronunciata. Premesso che, su piano ontologico, altra cosa, rispetto al giudizio di bilanciamento, e' la valutazione della sussistenza o meno di una circostanza aggravante, l'aggravante di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 71, non potrebbe ritenersi correttamente applicata in carenza dell'esame del motivo di impugnazione con il quale il ricorrente ne contestava la sussistenza. Ma, come anticipato, si tratta di un motivo superato dalle modalita' della determinazione della pena poiche' la Corte di merito (cfr. pag. 269) ha escluso la gia' menzionata aggravante (irrilevanti, le ragioni corrette o meno di tale affermazione) e, correggendo il calcolo della pena, ha individuato in quella di anni 24 di reclusione la pena inflitta all'imputato e applicato l'aumento per la sola circostanza ad effetto speciale di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. oltre all'aumento per la continuazione fra reati di fatto. Tale aggravante va, pertanto, solo formalmente esclusa. 10.5. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, in relazione al reato di cui al capo A) nei confronti di (OMISSIS) per non avere commesso il fatto, con rideterminazione della pena come di seguito precisato. Il ricorso e' inammissibile nel resto. 10.5.1. E' manifestamente infondato il motivo di ricorso con il quale il ricorrente denuncia la nullita' della sentenza impugnata sul rilievo che, nel decreto di citazione notificatogli in appello, non compariva la indicazione del capo PP) che, per vero, e' omesso anche nella intestazione della sentenza impugnata. La nullita' del decreto di citazione al giudizio di appello e' integrata, per espressa previsione, solo dalla omessa indicazione degli atti rilevanti ai fini della vocatio in iudicium (articolo 601 c.p.p., comma 6 in rel. all'articolo 429 c.p.p., comma 1, lettera f)). In ogni caso la carenza di tale indicazione non e' idonea ad integrare alcuna violazione dei diritti di difesa qualora l'enunciazione dei fatti e delle circostanze ascritte all'imputato, rilevanti ai fini della decisione, possa essere desunta dal contenuto complessivo della motivazione come, nel caso in esame, evincibile dalla intestazione della sentenza di primo grado; dalla motivazione di tale sentenza e dal dispositivo di conferma della sentenza emesso dalla Corte di appello. 10.5.2. E' fondato il primo motivo di ricorso relativo ai cumulativi vizi di motivazione che inficiano la condanna del ricorrente per il reato associativo di cui al capo A) e che, in assenza di ulteriori elementi che ne denotino la partecipazione al sodalizio mafioso appare ricalcata su quella di partecipazione all'associazione dedita allo smercio di sostanze stupefacenti senza la individuazione di altri elementi che denotino la partecipazione dell'imputato anche alla "(OMISSIS)". 10.5.3. Il secondo motivo di ricorso e', invece, generico e manifestamente infondato. La Corte di appello (cfr. pag. 242 della sentenza impugnata) ha ricostruito a carico dell'imputato l'episodio del 7 luglio 2016, quando il ricorrente disabile e alla guida dell'autovettura munita di dispositivi atti a consentire la guida a portatori di handicap, sopraggiungeva in via (OMISSIS) dove il cugino e coimputato, (OMISSIS), scendeva dall'auto con la quale era a propria volta giunto sul posto e prelevava dall'auto del (OMISSIS) un sacco che veniva poi portato presso il covo dove, il giorno successivo, veniva sequestrato. Il sacco risultava contenere oltre dodici chilogrammi di hashish e una pistola, cal. 7,65, fatti, questi, oggetto delle contestazioni ascritte all'imputato ai capi NN) (la detenzione dello stupefacente), PP), relativo alla detenzione dell'arma avente matricola abrasa, QQ), relativamente al reato di ricettazione dell'arma clandestina. Nel covo veniva rinvenuta anche un'altra arma, la cui detenzione non e' ascritta al ricorrente. Sono state, inoltre, intercettate le conversazioni del ricorrente con (OMISSIS). Il convergente risultato di prova ha fondato le conclusioni della Corte di ritenere (OMISSIS) partecipe dell'associazione anche perche' il contenuto dei dialoghi intrattenuti dal ricorrente con (OMISSIS), in cui si faceva frequente riferimento alla vendita di una punto a favore di altro soggetto e di cui non sono stati trovati riscontri documentali, e' stato ritenuto univocamente riconducibile alla cessione della droga nella quale si era interposto l'odierno imputato, che l'aveva consegnata al (OMISSIS). Grava, infine, sull'imputato, il contenuto di una conversazione del 20 settembre 2016 nel corso della quale (OMISSIS) si rammaricava con il (OMISSIS) per la perdita di due pistole aggiungendo che, con quello che aveva fatto, voleva garantirsi una base economica, ma che gli era andata male. La sentenza impugnata ha evidenziato che, a prescindere dal riferimento alle due pistole trovate in via (OMISSIS), il ricorrente lamentasse l'esito negativo di tutta l'operazione nella quale era stato coinvolto, operazione il cui esito negativo (val bene ricordarlo) ritorna anche nelle conversazioni altri imputati, come (OMISSIS), che fa riferimento proprio alla impossibilita' di pagare il (OMISSIS) (e alla sua intenzione di addebitare a questi il costo dell'operazione) di quanto fornito, visto quanto successo. Le descritte evidenze - di cui il ricorrente fornisce una lettura alternativa, ma indimostrata sulla causale lecita dei suoi rapporti con (OMISSIS) - non rendono manifestamente illogica la conclusione della Corte sul coinvolgimento dello (OMISSIS) nell'operazione di fornitura della droga, funzionale, attraverso le descritte modalita' del trasporto con un'auto speciale, ad evitare i controlli di polizia ma ritenuta non occasionale sulla scorta degli ulteriori elementi che denotano i rapporti del ricorrente con il cugino, (OMISSIS) e con (OMISSIS). 10.5.4. Sono aspecifiche, e ricostruite come direttamente derivanti dalla mancanza di elementi significativi sul coinvolgimento dell'imputato nel gruppo associativo viceversa accertato, le censure di cui al motivo sub 3 che contestano la sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis. 1 c.p. in relazione ai reati di cui ai capi B), NN), PP) e QQ). 10.5.5. Tendono ad una alternativa valutazione delle risultanze di merito i rilievi del ricorrente sul coinvolgimento nella detenzione della pistola rinvenuta proprio nel sacco consegnato presso il covo di via (OMISSIS), come innanzi ricostruita e sulla scorta della individuazione del ricorrente come la persona impegnata nella conversazione del 20 settembre 2016 con (OMISSIS), contestata in termini meramente assertivi, nonche' sulla configurabilita' del reato di cui all'articolo 648 c.p. in presenza di arma avente matricola abrasa poiche' il possesso di un'arma clandestina integra di per se' la prova del delitto di ricettazione (Sez. 1, n. 37016 del 28/05/2019, Spina, Rv. 276868). 10.5.6. L'annullamento della statuizione di condanna, in relazione al capo A) impone la rideterminazione della pena alla quale puo' procedere questa Corte elidendo, rispetto alla immutata pena base che, con giudizio di bilanciamento delle circostanze aggravanti ordinarie e aumento per quella ad effetto speciale di cui all'articolo 416-bis. 1 c.p. e' stata determinata in anni otto, mesi dieci e giorni venti di reclusione, l'aumento praticato per la continuazione con il reato di cui all'articolo 416-bis c.p. e, quindi, la pena di mesi sei e giorni dieci di reclusione. La pena finale, con l'aumento per la continuazione dei residui reati e la diminuente del rito e' quella di anni sei, mesi uno e giorni ventitre' di reclusione. 10.6. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, in relazione al reato di cui al capo A) nei confronti di (OMISSIS) per non avere commesso il fatto, con rideterminazione della pena come di seguito precisato. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile nel resto. 10.6.1. E' fondato, alla stregua dei rilievi esposti al punto 8. del Considerato in diritto, il primo motivo di ricorso relativo alla denuncia del vizio di violazione di legge, per violazione del divieto di bis in idem, in relazione al reato associativo di cui al capo A) poiche' la condotta ascrittagli, in assenza di ulteriori elementi che ne denotino la partecipazione al sodalizio mafioso, appare ricalcata su quella di partecipazione all'associazione dedita allo smercio di sostanze stupefacenti. 10.6.2. E', invece, manifestamente infondato, oltre che aspecifico nella sua formulazione, il quarto motivo di ricorso in merito alla valutazione della prova della partecipazione del ricorrente al reato di cui al capo B): la Corte di appello esclusa la rilevanza della "mancata "conoscenza, da parte di (OMISSIS), delle attivita' dell'associazione in merito al traffico di stupefacenti ha, invece, valorizzato quale sintomatica del consapevole apporto dell'imputato al sodalizio criminoso dedito al traffico di droga e capeggiato da (OMISSIS) il contenuto della conversazione del 7 novembre 2016 (intercorsa tra il ricorrente e (OMISSIS)) nel corso della quale il (OMISSIS) segnala la necessita' di dire o, comunque, far sapere a " (OMISSIS)" che si stava esagerando, cosa che, alle insistenze del (OMISSIS), (OMISSIS) sosteneva avrebbe fatto nel pomeriggio e prospettando che, comunque, sarebbe stato opportuno "spostarsi o scendere", con evidenti riferimenti ad una diversa modalita' di organizzazione delle attivita' di conservazione della droga. A comprova della solidita' del rapporto del ricorrente con (OMISSIS) e rilevanza del ruolo del ricorrente, con argomentazioni privi di evidenti vizi logici, la sentenza impugnata ha altresi' valorizzato le numerose visite del ricorrente anche al covo di via (OMISSIS), luogo di custodia della droga e il contenuto di altra conversazione del 22 settembre 2016, intrattenuta con (OMISSIS) in cui i due conversanti discutono di guadagno che, ragionevolmente, la Corte ha ricondotto ai proventi delle attivita' illecite in cui i due erano coinvolti. Al di la' del denunciato tenore criptico del contenuto delle conversazioni sono eloquenti, nel descritto complessivo quadro probatorio che ne chiarisce i riferimenti, secondo le logiche conclusioni che ne trae la sentenza impugnata, le risultanze che comprovano la presenza del ricorrente nella base logistica; i suoi rapporti con (OMISSIS); i contatti con (OMISSIS) e il rapporto con (OMISSIS), descritto al punto che precede trattando la posizione del (OMISSIS) in occasione del trasporto del sacco (contenente droga e pistola nel covo di via (OMISSIS)), elementi che rinviano univocamente alla conoscenza dei sodali e a contatti funzionali ad allestire e organizzare, la base logistica in vista delle attivita' di cessione e, quindi, elementi che efficacemente denotano l'inserimento del ricorrente nel contesto associativo. 10.6.3. Logicamente ineccepibile e completa nella ricostruzione dei presupposti di atto, da qui la infondatezza del motivo di ricorso n. 5, la motivazione della sentenza impugnata sull'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p., che residua anche dopo la esclusione della colpevolezza del ricorrente dal reato di cui al capo A), come illustrato al punto 7.2 del Considerato in diritto. 10.6.4. Non e' suscettibile di censura il mancato giudizio di prevalenza delle pur concesse circostanze attenuanti generiche in relazione al negativo giudizio sulla personalita' del ricorrente evincibile dai suoi precedenti, motivazione, questa, adeguata a giustificare la scelta punitiva anche con riferimento all'aumento per la continuazione, in anni quattro e mesi due di reclusione, pienamente rapportato alla gravita' dei fatti. 10.6.5. L'annullamento della statuizione di condanna, in relazione al capo A) impone la rideterminazione della pena alla quale puo' procedere questa Corte elidendo, rispetto alla immutata pena base che, con giudizio di bilanciamento delle circostanze aggravanti ordinarie e aumento per quella ad effetto speciale di cui all'articolo 416-bis. 1 c.p. e' stata determinata in anni otto, mesi dieci e giorni venti di reclusione, l'aumento praticato per la continuazione con il reato di cui all'articolo 416-bis c.p. e, quindi, la pena di mesi sei e giorni dieci di reclusione. La pena finale, con l'aumento per la continuazione dei residui reati e la diminuente del rito e' quella di anni undici e mesi dieci di reclusione. 10.7. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile perche' proposto per motivi generici sia per aspecificita', in quanto non si confrontano con la ricostruzione delle risultanze probatorie compiuta nella sentenza impugnata, sia perche' propone, di tali risultanze, una rivalutazione di merito, in assenza di evidenti illogicita' della motivazione della sentenza impugnata che alle pagg. 187 e ss. ha puntualmente esaminato tutte le deduzioni difensive. I giudici di appello, in risposta alle deduzioni difensive, hanno sviluppato un'argomentazione corretta da punto di vista giuridico esaminando l'aspetto del contributo partecipativo dell'imputato sia al reato associativo sub capo A) che di quello ascrittogli al capo B). Anche le ulteriori argomentazioni difensive svolte con la memoria ex articolo 611 c.p.p. replicano i medesimi vizi quando non sono indeducibili, come quella che concerne la richiesta di esclusione della parte civile F.A.I.- Antiracket (OMISSIS) Associazione (OMISSIS) che e' indimostrata limitandosi a evocare, ai fini della dedotta carenza di legittimazione, mere notizie di stampa. 10.7.1. In particolare, con riferimento al reato di cui al capo A), il primo motivo di ricorso si concentra sul giudizio di inattendibilita' delle dichiarazioni rese da (OMISSIS), aspetto sul quale, in aggiunta alle argomentazioni sviluppate al 4 del Considerato in diritto, va solo rilevato che la Corte di merito ha precisamente circoscritto la rilevanza del contributo dichiarativo del (OMISSIS) evitando di generalizzarne la valenza (al ruolo dell'imputato, per es.). Il ricorrente ha insistito sulla circostanza che le risultanze del sistema di videoripresa in atti avevano "smentito" le dichiarazioni del (OMISSIS) in merito all'aggressione di (OMISSIS), alla identificazione dell'attentatore ( (OMISSIS)) che si sarebbe trovato a bordo di una smart risultando, invece, la presenza di piu' persone e l'utilizzazione di una vettura diversa. Le specifiche valutazioni sul punto ad opera della Corte di merito, che non ha mancato di confrontarsi con tale contrasto, escludono che, con riferimento all'esercizio dei poteri discrezionali del giudice nella valutazione della prova, possa venire in rilievo il vizio di travisamento della prova, dedotto dal ricorrente, che e' nozione precisa riconducibile al senso intrinseco della singola dichiarazione assunta e quello che il giudice ne abbia inopinatamente tratto ed e' pertanto da escludere che integri il suddetto vizio un presunto errore nella valutazione del significato probatorio della dichiarazione medesima (Sez. 5, n. 9338 del 12/12/2012, dep. 2013, Maggio, Rv. 255087). Significativamente, invece, quale prova della condotta di partecipazione al reato associativo sub capo A), la Corte di appello ha valorizzato a carico del ricorrente le iniziative intraprese dai correi per l'immediata ritorsione contro l'autore del suo ferimento, individuato in (OMISSIS) e univocamente ritenute espressive della solidarieta' che si instaura tra i componenti di un sodalizio, nel caso mafioso. 10.7.2. Anche il secondo motivo di ricorso, relativo alla ritenuta sussistenza dell'aggravante armata di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 4, e di quella di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 6, e' versato in fatto in quanto sollecita, al fin di escludere la sussistenza dell'aggravante, la rilettura di una conversazione intercettata (del 19 giugno 2016) sulla disponibilita' o meno di un'arma da parte dell'imputato in occasione dell'aggressione di (OMISSIS). Ma il motivo di ricorso e' anche manifestamente infondato poiche', come si e' anticipato al punto 6.1 del Considerato in diritto, l'aggravante armata non postula che l'arma sia nella specifica disponibilita' del singolo partecipe. Sull'aggravante di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 6, si rinvia, invece, a quanto precisato nella parte generale (6.2 del Considerato in diritto) non essendo allegato elementi ulteriori dal ricorrente. 10.7.3. Il terzo e quarto motivo di ricorso possono essere esaminati congiuntamente. Il ricorrente sostiene che e' stato ritenuto responsabile del reato associativo di cui al capo B) solo sulla scorta delle dichiarazioni rese da (OMISSIS) . Tali dichiarazioni non sono state riscontrate e i giudici del merito non hanno esaminato le risultanze processuali (le intercettazioni telefoniche; il suo coinvolgimento in attivita' di spaccio; l'enorme iato temporale delle stesse intercettazioni) omettendo anche la valutazione dell'ordinanza cautelare intervenuta in altro procedimento (e poi annullata) che ne indicava la zona di spaccio nel quartiere (OMISSIS) e la circostanza, incompatibile con la sua condotta partecipativa, che in occasione del suo ferimento gli era stata sequestrata una somma di denaro, perche' sospetta di provenire da spaccio, poi restituitagli. Il ricorso prosegue con la indicazione di tutti gli elementi ostativi all'affermazione del suo coinvolgimento nell'attivita' di spaccio quali la mancata presenza intorno ai covi e il contenuto delle conversazioni che non ne denotano la condivisione dello spaccio ma, al piu', meri contatti con alcuni dei coimputati. Le modalita' di valutazione del compendio indiziario proposte nel ricorso non possono essere seguite perche' decontestualizzate e perche' non si confrontano con il tenore e contenuto della contestazione neppure con riferimento alla sua perimetrazione temporale che viene indicata come risalante all'anno 2012 e ricostruite sulla base delle dichiarazioni dei collaboratori (OMISSIS) e (OMISSIS) e sulle risultanze di operazioni di intercettazioni anche precedenti quelle disposte nel presente procedimento, dopo la scarcerazione di (OMISSIS). Le dichiarazioni del (OMISSIS), sul fatto che (OMISSIS) si rifornisse da (OMISSIS), un fornitore operante in Sicilia dal napoletano, suo territorio di provenienza, e in commercio anche con esponenti di "(OMISSIS)" per cessioni di droga, hanno trovato riscontro nel contenuto delle coeve intercettazioni (risalenti al 21 aprile 2012 a seguire) e nella circostanza che proprio in una di queste, (OMISSIS), contrattando l'acquisto di una partita di droga, dal (OMISSIS), facesse riferimento a tale (OMISSIS) (individuato in (OMISSIS)): un elemento correttamente valorizzato come sintomatico del fatto che il ricorrente non agisse per suo conto ma in rappresentanza della (OMISSIS). Non era stata quella ora indicata l'unica operazione conclusa dal ricorrente che, anche in occasione di altra operazione (del 23 aprile 2012) aveva fatto riferimento alla necessita' di rifornimento dei "carusi" e l'interesse dell'imputato (conversazione del 28 aprile 2012) a venire a conoscenza della tipologia di droga che (OMISSIS) aveva consegnato a "(OMISSIS)". Le conversazioni intercettate, che consentono anche di individuare pacificamente l' (OMISSIS) in (OMISSIS) (in quanto contattato direttamente dal (OMISSIS) per avere il numero di telefono del (OMISSIS)) si sono susseguite per alcuni mesi e sono emblematiche, secondo la logica inferenza che ne hanno tratto i giudici merito che ne hanno esaminato il contenuto in piu' occasioni riferito ad interessi di terzi soggetti anche contrapposti al (OMISSIS), ad interventi del ricorrente funzionali a reperire droga per la "(OMISSIS)" e non per la sua autonoma attivita' di pusher, un ruolo confermato dal (OMISSIS) (intercettazione del 19 maggio 2012) quando ricostruiva le sue attivita' di rifornimento a due famiglie e a due capi zona, parlando dei problemi di questa sua attivita' e indicando uno dei due in (OMISSIS) (che e' poi il nome di battesimo del ricorrente) e precisandone modalita' di incontro e conoscenza (in un carcere nel quale era detenuto lo zio di (OMISSIS), cioe' (OMISSIS)), riscontrate dalle indagini svolte. La Corte di merito ha esaminato anche le risultanze processuali, relative ai procedimenti richiamati dalla difesa, ma ne ha disatteso le conclusioni favorevoli al ricorrente sul rilievo che la restituzione della somma sequestrata il (OMISSIS), in occasione del controllo che aveva portato in effetti al sequestro di droga materialmente detenuta dal solo (OMISSIS), non aveva tenuto conto delle risultanze delle intercettazioni che, viceversa, comprovavano il contatto fra i due come finalizzato ad una cessione a favore dell'odierno ricorrente. Cosi' la ragione della disponibilita' della somma sequestrata al (OMISSIS) in occasione del ferimento, era stata oggetto di spiegazione alternativa, che il ricorrente si era peritato di formulare nel relativo procedimento, laddove le intercettazioni documentavano l'allestimento di "spiegazioni" che, non irragionevolmente, la Corte ha ritenuto false confermando, cosi', il sospetto della provenienza illecita. Ne' risultano manifestamente illogiche, sulla base di tali elementi processualmente acquisiti, le conclusioni della Corte di appello nella parte in cui hanno valorizzato i contatti telefonici e personali intercorsi con (OMISSIS), gestore di uno dei covi ove erano custoditi droga e armi. Sono manifestamente infondati, sulla scorta di quanto si e' illustrato ai punti 7.1 e 7.2 del Considerato in diritto, i motivi di ricorso sulla "apoditticita'" della motivazione della sentenza impugnata sulle aggravanti dell'associazione armata e di quella di cui all'articolo 461-bis.1. c.p. (motivo 3, in fine) vieppiu' alla luce del ruolo del ricorrente in entrambi i gruppi nonche' i motivi di ricorso - motivi 4 e 5-meramente assertivi, sulla configurabilita' nei fatti del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73. Le evidenze di prova non comprovano il ruolo di pusher ma, come si e' illustrato, quello di procacciatore di stupefacenti per conto della "(OMISSIS)" ne' che si versi in ipotesi di associazione esclusivamente finalizzata alla commissione di fatti lievi. 10.7.5. Manifestamente infondato il motivo che contesta la determinazione della pena in anni quindici di reclusione perche' non coincidente con il minimo edittale. La Corte di merito ha, infatti, "personalizzato" il giudizio proprio richiamando specifici indici attitudinali e criminologici dell'imputato evidenziandone il ruolo "centrale" calibrato sulla sua "serieta'" espressa in un settore centrale dell'associazione mafiosa quale quello di procurare la droga da immettere sul mercato. 10.7.6. Ineccepibili anche le argomentazioni con le quali la Corte di appello ha disatteso la richiesta di continuazione fra i fatti oggetto del presente giudizio e le precedenti condanne non ravvisando elementi significativi del medesimo disegno fra i vecchi fatti di spaccio e il reato associativo sul rilievo che la medesima indole dei reati non e' da se dimostrativa dell'unicita' e anteriorita' dell'ideazione che, invero, appare del tutto priva di una base ragionevole tenuto conto che, diversamente dai casi in cui tale unificazione viene riconosciuta, nel caso in esame occorrerebbe presumere che, gia' al momento in cui, da minore, cedeva droga, l'imputato si prefiggeva di far parte dell'associazione (OMISSIS) e di quella dedita allo spaccio, poi delineatasi nelle sue componenti soggettive e dinamiche associative, a enorme distanza dai fatti commessi dall'imputato. 10.8. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, in relazione al reato di cui al capo A) nei confronti di (OMISSIS), per non avere commesso il fatto in accoglimento del primo motivo di ricorso nel quale sono assorbiti il terzo, quarto e settimo motivo di ricorso, e rideterminazione della pena come di seguito precisato. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile nel resto. 10.9.1. E' manifestamente infondato il secondo motivo di ricorso che denuncia la mancata risposta della Corte di appello in relazione alla richiesta di acquisizione di una prova decisiva, costituita dalla documentazione bancaria. Nel giudizio abbreviato d'appello le parti sono titolari di una mera facolta' di sollecitazione del potere di integrazione istruttoria, esercitabile dal giudice "ex officio" nei limiti della assoluta necessita' ai sensi dell'articolo 603 c.p.p., comma 3, atteso che in sede di appello non puo' riconoscersi alle parti la titolarita' di un diritto alla raccolta della prova in termini diversi e piu' ampi rispetto a quelli che incidono su tale facolta' nel giudizio di primo grado. (Sez. 2, n. 5629 del 30/11/2021, Granato, Rv. 282585): ne' sono evincibili contraddizioni o carenze di motivazione tali che la stessa mancanza di motivazione si traduce in un vulnus del giudizio in tema di responsabilita' fondato su dati evincibili dalle intercettazioni che ne rivelano il fattivo contributo in una delle operazioni economiche di interesse del sodalizio. 10.8.2. E' fondato, alla stregua dei rilievi esposti al punto 8. del Considerato in diritto, il quarto motivo di ricorso relativo al vizio di violazione di legge derivante dalla violazione del divieto di bis in idem, in relazione al reato associativo di cui al capo A) poiche' la condotta ascrittagli, in assenza di ulteriori elementi che ne denotino la partecipazione al sodalizio mafioso, appare ricalcata su quella di partecipazione all'associazione dedita allo smercio di sostanze stupefacenti. Restano assorbiti gli ulteriori motivi di ricorso sull'aggravante di detto reato (motivo sub 5). 10.8.3. Lo stesso motivo, invece, e' manifestamente infondato, oltre che aspecifico nella sua formulazione, in merito alla prova della partecipazione del ricorrente al reato di cui al capo B). Le argomentazioni difensive sono volte ad un'alternativa ricostruzione e rivalutazione degli elementi di prova. La Corte di merito ha valorizzato la disponibilita' dell'imputato a rendersi titolare del conto corrente e una delle operazioni ricostruite (cfr. pag. 271 della sentenza impugnata) e' inequivocabilmente ricondotto all'operazione di acquisto di droga nelle operazioni intercorse con il (OMISSIS). Il 28 novembre 2014. Plurimi sono anche gli elementi valorizzati che inquadrano il ricorrente come persona di fiducia di (OMISSIS) (separatamente giudicato) uomo di vertice del clan con il quale il ricorrente e' impegnato in alcune conversazioni che ne documentano l'attivita' di capo della squadretta di picchiatori a disposizione dei fratelli (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) (la Corte di merito richiama il contenuto, chiaro, delle conversazioni del 21 settembre 2015, 21 e 22 settembre 2015). 10.8.4. Sono ineccepibili, da qui la infondatezza del motivo di ricorso n. 6, le argomentazioni della sentenza impugnata sulla impossibilita' di configurare il reato associativo ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, come precisato al punto 7.3 del Considerato in diritto e sulla sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. che residua anche dopo la esclusione della colpevolezza del ricorrente dal reato di cui al capo A), come illustrato al punto 7.2 del Considerato in diritto. 10.8.5. L'annullamento della statuizione di condanna, in relazione al capo A) impone la rideterminazione della pena alla quale puo' procedere questa Corte elidendo, rispetto alla immutata pena base che, con giudizio di bilanciamento delle circostanze aggravanti ordinarie e aumento per quella ad effetto speciale di cui all'articolo 416-bis. 1 c.p. e' stata determinata in anni tredici e mesi quattro, l'aumento praticato per la continuazione con il reato di cui all'articolo 416-bis c.p. e, quindi, la pena di mesi sei e giorni dieci di reclusione. La pena finale, con l'aumento per la continuazione dei residui reati e la diminuente del rito e' quella di anni otto, mesi dieci e giorni venti di reclusione. 10.9. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, in relazione al reato di cui al capo A) nei confronti di (OMISSIS) per non avere commesso il fatto, con rideterminazione della pena come di seguito precisato. Il ricorso e', nel resto, inammissibile. La posizione del ricorrente, in relazione al reato sub capo A) e' stata esaminata al punto 8 del Considerato in diritto, a cui si rinvia, in accoglimento del primo motivo di ricorso. Restano, pertanto, assorbiti i motivi sub 2,3 e 4. 10.9.1 Il motivo di ricorso sub 5), relativo alla condanna per il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 e' generico e manifestamente infondato. La sentenza di appello, che rinvia alle comuni posizioni di (OMISSIS) e (OMISSIS), ne ha evidenziato il ruolo emerso in occasione dell'episodio di ritorsione verso (OMISSIS), a seguito dell'aggressione a (OMISSIS), cugino del ricorrente che, come precisa la sentenza impugnata (pag. 239) rientrava nella sfera di controllo del cugino. Il rapporto di parentela con la vittima del ferimento, tenuto conto dei sodali che concorrono alla organizzazione della e' stata correttamente ritenuta espressive della solidarieta' che si instaura tra i componenti del sodalizio e dell'attivita' che in esso il ricorrente svolgeva. A pag. 96 i giudici di appello nel illustrano l'inserimento nel settore dello spaccio documentato sia dall'inserimento dell'imputato nell'indagine, denominata (OMISSIS), che nelle intercettazioni del periodo 15 maggio/26 giugno 2016, elemento che si salda al contributo dichiarativo di (OMISSIS), che lo ha indicato come partecipe. 10.9.2. Ineccepibile, da qui la infondatezza del motivo di ricorso n. 6, la motivazione della sentenza impugnata sulla impossibilita' di configurare il reato associativo ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, evocata dal ricorrente ma non configurabile in relazione ad una organizzazione che, come quella in esame, si occupava del rifornimento su piu' piazze e movimentava i quantitativi caduti in sequestro in occasione delle perquisizioni dei covi. 10.9.3. Non e' suscettibile di censura il mancato giudizio di prevalenza delle pur concesse circostanze attenuanti generiche in relazione al negativo giudizio sulla personalita' del ricorrente evincibile dai suoi precedenti, motivazione, questa, adeguata a giustificar e la scelta sanzionatoria. 10.9.4. L'annullamento della statuizione di condanna, in relazione al capo A) impone la rideterminazione della pena alla quale puo' procedere questa Corte elidendo, rispetto alla immutata pena base che, con giudizio di bilanciamento delle circostanze aggravanti ordinarie e aumento per quella ad effetto speciale di cui all'articolo 416-bis. 1 c.p. e' stato determinato in tredici e mesi quattro, l'aumento praticato per la continuazione con il reato di cui all'articolo 416-bis c.p. e, quindi, la pena di mesi sei di reclusione. La pena finale, con l'aumento per la continuazione dei residui reati e la diminuente del rito e' quella di anni otto, mesi dieci e giorni venti di reclusione. 10.10. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, in relazione al reato di cui al capo A) nei confronti di (OMISSIS) per non avere commesso il fatto, con rideterminazione della pena, come di seguito precisato. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile nel resto. 10.10.1. E' fondato, alla stregua dei rilievi esposti al punto 8. del Considerato in diritto, il quinto motivo di ricorso relativo al vizio di violazione di legge derivante dalla violazione del divieto di bis in idem, in relazione al reato associativo di cui al capo A) poiche' la condotta ascrittagli, in assenza di ulteriori elementi che ne denotino la partecipazione al sodalizio mafioso, appare ricalcata su quella di partecipazione all'associazione dedita allo smercio di sostanze stupefacenti. Restano assorbiti gli ulteriori motivi di ricorso sull'aggravante di detto reato. Lo stesso motivo, invece, e' manifestamente infondato, oltre che aspecifico nella sua formulazione, in merito alla prova della partecipazione del ricorrente al reato di cui al capo B): la Corte esclusa la rilevanza della "mancata "conoscenza, da parte di (OMISSIS), delle attivita' dell'associazione in merito al traffico di stupefacenti ha, invece, valorizzato quale sintomatica del consapevole apporto dell'imputato al sodalizio criminoso capeggiato da (OMISSIS) e dedito al traffico di droga il contenuto della conversazione del 22 ottobre 2016 (intercorsa tra il ricorrente e (OMISSIS)) spiegando come il contenuto della conversazione non fosse espressivo di una presa di distanza da (OMISSIS) ma fosse relativo ad una discussione sul prezzo al quale l'imputato avrebbe dovuto attenersi nella vendita, "regola" che ne denota la piena conoscenza della dinamiche interne al gruppo e, pertanto, espressiva della sua partecipazione. Il ricorrente propone una lettura alternativa del contenuto della conversazione intercettata che la Corte di merito ha ricostruito adeguatamente offrendone una spiegazione logica e in linea con il suo tenore letterale. 10.10.2. Sono ineccepibili, da qui la infondatezza del motivo di ricorso n. 6, le argomentazioni della sentenza impugnata sulla impossibilita' di configurare il reato associativo ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, come precisato al punto 7.3 del Considerato in diritto e sulla sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. che residua anche dopo la esclusione della colpevolezza del ricorrente dal reato di cui al capo A), come illustrato al punto 7.2 del Considerato in diritto. 10.10.3. Non e' suscettibile di censura il mancato giudizio di prevalenza delle pur concesse circostanze attenuanti generiche in relazione al negativo giudizio sulla personalita' del ricorrente evincibile dai suoi precedenti, motivazione, questa, logica e concludente ai fini della motivazione della scelta punitiva. 10.10.4. L'annullamento della statuizione di condanna, in relazione al capo A) impone la rideterminazione della pena alla quale puo' procedere questa Corte elidendo, rispetto alla immutata pena base che, con giudizio di bilanciamento delle circostanze aggravanti ordinarie e aumento per quella ad effetto speciale di cui all'articolo 416-bis. 1 c.p. e' stata determinata anni tredici e mesi quattro di reclusione, l'aumento praticato per la continuazione con il reato di cui all'articolo 416-bis c.p. e, quindi, la pena di mesi sei e giorni dieci di reclusione. La pena finale, con l'aumento per la continuazione dei residui reati e la diminuente del rito e' quella di anni otto, mesi dieci e giorni venti di reclusione. 10.11. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile perche' proposto per motivi generici e manifestamente infondati. Il primo motivo di ricorso, per contestare il giudizio di responsabilita' del reato associativo sub capo A), propone una inammissibile rilettura delle conversazioni intercettate, di contenuto chiaro anche quando in dialetto gelese - afferma la sentenza impugnata - e di cui viene proposta una lettura ineccepibile, dal punto di vista logico, nella ricostruzione degli episodi, e della loro valenza, ai fini della ritenuta condotta partecipativa quale quello che registra il coinvolgimento nell'aggressione e ferimento di (OMISSIS), per ritorsione e vendetta a seguito di quello di (OMISSIS). A questo riguardo la Corte di appello (pag. 281 e ss. della sentenza impugnata) ha valorizzato il contenuto delle conversazioni intercettate il 24 e 27 aprile 2016 (questa omessa nella ricostruzione difensiva) leggendole in sequenza temporale e con preciso riferimento al contenuto (che e', dunque chiaro), valorizzandone a capacita' dimostrativa ai fini della prova del reato associativo poiche' il contenuto delle conversazioni non va limitato al coinvolgimento del ricorrente nel procacciamento dell'auto (documentato dalla conversazione del 24 aprile) ma anche al condiviso progetto ritorsivo in danno del (OMISSIS) quale emerge dalla "rivendicazione" che, in chiave polemica con l'atteggiamento di (OMISSIS) (che dice di armarsi e partire, rimanendo fuori dalle operazioni) l'odierno ricorrente ha fatto nella conversazione del 27 aprile 2016: Ne' depotenzia la valenza del suo impegno a favore del gruppo la circostanza che nell'anno 2016 si fosse ormai consumato il rapporto personale con (OMISSIS). I giudici di appello hanno, infatti, rilevato come a partire dal 22 agosto 2015 non fossero stati piu' registrati contatti telefonici (prima addirittura frenetici e interrotti, si precisa in sentenza, per questioni di donne e tradimenti), una interruzione che "spiega" le ragioni di acrimonia verso (OMISSIS), registrate anche in occasione della vicenda (OMISSIS) per la quale (OMISSIS) contestava a (OMISSIS) il mancato intervento a favore del nipote, ma non anche quelli di solidarieta' mafiosa di cui e' emblematica la vicenda del ferimento del (OMISSIS) e del suo coinvolgimento nella "punizione" ritorsiva. Emblematica della rilevanza di tale vicenda per l'associazione ed il vincolo di solidarieta' mafiosa che collegava gli imputati, la circostanza che (OMISSIS) assicurasse la sorveglianza al degente e i contatti personali con (OMISSIS) intrattenuti dal ricorrente anche dopo il ferimento ma anche i timori connessi alla collaborazione dei (OMISSIS) (le cui dichiarazioni, secondo il ricorrente, avevano determinato le perquisizioni che avevano comportato il sequestro di una somma a casa dello stesso (OMISSIS)). Sostiene il ricorrente che la Corte ha equivocato le dichiarazioni di (OMISSIS) che, in contrapposizione ad altri soggetti indicati come "(OMISSIS)", si era limitato a indicarlo come una persona che "camminava" con gli (OMISSIS). L'espressione non e' di per se' significativa della portata che il ricorrente vi collega. Come si e' detto, la Corte di merito ha ricostruito l'evoluzione del rapporto dell'imputato con (OMISSIS) passato da un intenso rapporto di frequentazione, risalente agli anni 2014 e 2105, alle condotte estorsive subite dallo (OMISSIS) (al (OMISSIS), capo H, reato commesso il (OMISSIS), ascritto a (OMISSIS)) e dal fratello, (OMISSIS) (si tratta del reato di tentata violenza privata ascritto a (OMISSIS) al capo R), commesso a dicembre 2018). Una evoluzione, riconducibile all'equilibrio dei poteri a proprio favore imposto da (OMISSIS) e che non smentisce la comune affiliazione del ricorrente alla "(OMISSIS)" perlomeno negli anni dal 2014 al 2016, periodo a cui si riferisce la vicenda (OMISSIS), le conversazioni intercettate e in parallelo con il coinvolgimento dello (OMISSIS) nella gestione del parcheggio della discoteca (OMISSIS). Emblematico il commento al riguardo di (OMISSIS) che, secondo la ricostruzione della sentenza impugnata, a chi gli faceva notare la gelosia o invidia dello (OMISSIS), rispondeva che questi aveva potuto aprire il (OMISSIS). 10.10.1. Anche il secondo motivo di ricorso, che si dilunga nell'analisi delle conversazioni irrilevanti ai fini della prova del reato di partecipazione all'associazione dedita allo spaccio, e' generico e manifestamente infondato. Gia' la Corte di appello (pag. 285 della sentenza impugnata) ha indicato il ricorso dell'imputato come un chiaro esempio di impugnazione generica perche' concentrato sulla tesi degli acquisti per uso personale che lo (OMISSIS) avrebbe fatto e sul contenuto equivoco dei riferimenti nelle conversazioni intercettate a prodotti alimentari aveva, invece, trascurato che il compendio probatorio valorizzato fin dalla sentenza di primo grado ne delineava a i rapporti con i fornitori di droga del clan, (OMISSIS) e (OMISSIS), nell'anno 2012, sull'asse (OMISSIS), nel quale erano inseriti anche (OMISSIS) e (OMISSIS); nel periodo successivo, anno 2014, sull'asse (OMISSIS), con forniture assicurate da (OMISSIS) Traina, operazioni nelle quali veniva parimenti registrato il coinvolgimento di (OMISSIS) e dei fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS) e, sempre nell'anno 2014, con forniture da Catania, attraverso (OMISSIS), compagno di detenzione di (OMISSIS) e per conto del quale, come emissario, agiva il cugino, (OMISSIS). Sempre all'anno 2014 risalivano i contatti del ricorrente per forniture di cocaina da (OMISSIS) e di acquisti, attraverso il canale ragusano, da (OMISSIS) e da (OMISSIS), operante sulla piazza di Niscemi: le correlative complesse operazioni sono state esaminate nella sentenza di primo grado (che ha dedicato un corposo capitolo alla ricostruzione delle attivita' in materia di stupefacenti) ma che sono state sintetizzate, trattando la posizione dei singoli imputati che rispondono del reato associativo, anche nella sentenza di appello (alle pagg. 280 e ss). Come si e' detto esaminando la posizione di (OMISSIS), la Corte di appello ha valorizzato il contenuto di risalenti intercettazioni (effettuate fin dall'anno 2012) dalle quali emergeva il ruolo del ricorrente nelle trattative per la fornitura di droga agli "(OMISSIS)": inequivoco, secondo la sentenza impugnata il contenuto della trattativa sul prezzo della droga evincibile dalla conversazione intercettata il 2 aprile 2012 nel corso della quale (OMISSIS) si dice preoccupato della situazione conflittuale che sembrava delinearsi tra la "(OMISSIS)" (equiparata agli scissionisti napoletani) e "(OMISSIS)" e le conversazioni del 13 aprile 2012 nel corso delle quali, prima parlando con il ricorrente poi con altro interlocutore, (OMISSIS) lamenta il ritardo nei pagamenti. Dalle conversazioni del 24 ottobre 2014 emergono, invece, i contatti del ricorrente con (OMISSIS) in un contesto nel quale chiaramente (OMISSIS), che si trovava in auto con (OMISSIS), indicava lo scopo del viaggio in quello di prendere dell'hashish con una operazione che era preceduta da scambio di messaggi e incontri con (OMISSIS) e seguita direttamente da (OMISSIS) che si informava dei movimenti del ricorrente. (OMISSIS) viene chiaramente indicato da (OMISSIS) come suo emissario nei contatti con (OMISSIS) (conversazione del 12 novembre 2014) e la sentenza impugnata ricostruisce almeno tre viaggi del ricorrente a Catania per fornirsi di droga (oltre a quello del 22 novembre il viaggio del 27 novembre e 12 dicembre): anche in relazione a tali viaggi la sentenza impugnata descrive i contatti preliminari con il fornitore, gestiti da (OMISSIS); il viaggio, giustificato, in termini criptici, da operazioni del tutto inconferenti con la finalita' effettiva e il cui raggiungimento era comprovato da conversazioni successive che indicavano la natura della merce trattata (in occasione del viaggio del 12 dicembre e' proprio ricorrente ad affermare che e' in possesso di un tipo di sostanza, indicata come "pongo" cioe' un tipo di hashish, di provenienza marocchina molto morbido e facilmente modellabile), operazioni che, evidenzia la sentenza impugnata, venivano seguite dai fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS). In parallelo, ma con modalita' sovrapponibili che registravano, in alcune operazioni, la presenza di (OMISSIS) e (OMISSIS), i viaggi a Catania, presso (OMISSIS), per procurarsi sostanza stupefacente tipo cocaina. Si tratta delle conversazioni del 22 dicembre 2014, 18 gennaio e 25 gennaio 2015 che registrano in alcune occasioni anche la presenza di (OMISSIS), operazioni proseguite anche nei mesi estivi del 2016 e nell'autunno 2016. Nell'estate e autunno del 2015 (conversazioni del 23 agosto 2015; 19 settembre e 18 novembre 2015) sono intercettate le conversazioni intercorse con (OMISSIS) il cui oggetto e' sempre relativo a questioni di droga con relativi rifornimenti e pagamenti e rilevanti perche' dal loro contenuto (al netto di quelle relative agli appuntamenti e modalita' di contatti) rileva per il riferimento a peso, qualita' e prezzo della droga (particolarmente significativa, in questo senso la conversazione del 23 agosto 2015 illustrata a pag. 295 della sentenza impugnata di inequivoco contenuto). Non meno chiari i contatti del ricorrente, intercettati nell'anno 2017, con (OMISSIS), uno dei personaggi centrali nell'organizzazione dello spaccio a (OMISSIS) e piu' volte arrestato per spaccio di droga. Un compendio probatorio che rende del tutto priva di fondamento la richiesta di sussumere i fatti nella fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6. Pienamente sussistenti, invece, le aggravanti dell'associazione armata e di quella di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. alla luce delle descritte evidenze di prova e delle coordinate in diritto, tracciate ai punti 7.2 e 7.3 del Considerato in diritto. 10.11.2. Sono generiche le argomentazioni difensive svolte con il motivo n. 4 in relazione ai reati in materia di stupefacenti contestati ai capi BB), Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1, riferito all'acquisto da (OMISSIS) di un non meglio precisato quantitativo di cocaina, in Catania e (OMISSIS) il 6 dicembre 2016; DD), Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1, in relazione all'acquisto di un non meglio precisato quantitativi di cocaina da (OMISSIS) reato commesso in (OMISSIS); FF) Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1, accertato in (OMISSIS); GG) Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1, in concorso con (OMISSIS), per la detenzione illecita di un non meglio precisato quantitativo di droga al fine di cessione, condotta accertata in (OMISSIS) il 24 novembre 2014. La ricostruzione dei fatti (alle pagg. 296 e ss. della sentenza impugnata) e' stata sviluppata secondo una modalita' che individua, per ciascun reato, il contenuto delle correlative intercettazioni telefoniche o ambientali, di cui il ricorrente contesta la chiarezza e decifrabilita' del significato con argomentazioni che si rivelano generiche e che, premessa per ciascuna, la perfetta ricostruzione del contenuto (oggetto di pressoche' riproduzione testuale nella sentenza impugnata) sono, in realta', volte ad una alternativa ricostruzione del contenuto. Cosi', con riferimento al capo BB) la sentenza impugnata (pag. 292) riporta la conversazione, intercettata in ambientale tra il ricorrente e (OMISSIS) nel corso della quale si riferisce ad un pezzo che sembra "neve" e ne decanta la qualita' precisando di averla ricevuta, il giorno primo da (OMISSIS); quanto al capo DD) la sentenza impugnata ripercorre il contenuto delle conversazioni intercorse il 6 e 7 maggio 2016 con (OMISSIS) sull'appuntamento convenuto e modalita' di prelievo dell' (OMISSIS) attraverso i "carusi"; i contatti con (OMISSIS) e il riferimento a consegne di the e fattura che sono immediatamente evocativi di uno scambio il cui tenore non puo' che rinviare alla merce di cui il 6 ottobre 2014 l'imputato si interessava e, cioe' cocaina di cui l'imputato doveva liberarsi prima di un controllo (questo con riferimento al capo FF). I motivi di ricorso, con riferimento agli ulteriori reati sub capi GG), 3)), MM) sono apodittici e si limitano ad una generica censura di vizio di motivazione della sentenza impugnata. Il descritto contesto di acquisto e consistenza giustifica la conclusione della Corte di appello di non poter sussumere i fatti nella fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5 ma anche la mancata esclusione dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. sub specie di agevolazione dell'associazione mafiosa nella quale, come precisato, era parte integrante il ricorrente. 10.11.4 Il ricorrente censura l'affermazione di responsabilita' in relazione al reato sub capo V) per illecita detenzione di armi non meglio identificate, condotta accertata in epoca antecedente al 8 novembre 2015: anche con riguardo a tale motivo di ricorso la censura difensiva si risolve in una inammissibile richiesta di lettura alternativa della conversazioni intercettate (quella del 25 luglio 2016 che va posta in relazione ad una pregressa conversazione con (OMISSIS)) di cui la sentenza impugnata ha fornito una valutazione logica e coerente con il contenuto delle conversazioni stesse. 10.11. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile. I motivi di ricorso che contestano il giudizio di responsabilita' in ordine al reato sub capo B) sono generici e consistono nella mera riproduzione dei motivi di appello che la Corte di merito, in linea con le valutazioni compiute nella sentenza di primo grado, ha compiutamente esaminato facendo corretta applicazione delle coordinate ermeneutiche (descritte al punto 7.1 del Considerato in diritto) ai fini della configurabilita' del consapevole contributo partecipativo del ricorrente al reato associativo. In particolare, non hanno fondamento le censure che contestano la "cripticita'" delle conversazioni intercettate e la erronea valutazione della "presenza", asseritamente saltuaria, del ricorrente nella base logistica di via (OMISSIS), genericamente contestate allegando la interpretazione "illogica e fuorviante" delle conversazioni che lo coinvolgono. La Corte di merito (pag. 304 e ss.) ha evidenziato come il ricorrente abbia fatto riferimento solo ad alcune delle conversazioni intercettate (quelle del 18 febbraio 2017 e 8 aprile 2017) isolandole pero' dall'intero compendio intercettativo che ha consentito di ricostruire la partecipazione del ricorrente al viaggio a (OMISSIS), collegato all'acquisto di droga, partecipazione emersa non solo dal contenuto della conversazione intercettata il 1 dicembre 2015 - e che denota la partecipazione anche di altri soggetti smentendo, cosi', la tesi difensiva che il ricorrente si rapportava solo con (OMISSIS), suo datore di lavoro - ma anche quella del 3 dicembre 2015 - in ambientale, presenti oltre al ricorrente (OMISSIS) e (OMISSIS)- in cui e' chiaro l'oggetto dell'acquisto (sette pani di hashish) convenuto con l'interlocutore e da quella del 19 marzo 2016 da cui risulta che il ricorrente accettava la richiesta dello (OMISSIS) di mettersi addosso la droga per occultarla. Il ricorrente propone, di tale conversazione, una lettura "depotenziata" evadendo, pero' il significato che l'incombente sottendeva. Le intercettazioni comprendono numerose conversazioni (a partire dal 27 settembre 2016) affatto riconducibili alla "mera frequentazione fra congiunti", con (OMISSIS), suo cugino, o a frequentazioni con (OMISSIS) e (OMISSIS), riconducibili all'acquisto di droga per uso personale. Appare corretta l'affermazione della Corte di merito secondo la quale il ricorso al linguaggio criptico, immediatamente chiaro ai loquenti, denota il carattere illecito dell'oggetto delle conversazioni che devono essere correlate le une alle altre e con gli altri elementi acquisiti per inferirne il contenuto che, per quanto concerne i frequenti rapporti e contatti fra il ricorrente e i sodali dell'associazione, (OMISSIS) e (OMISSIS), non appare sovrapponibile a lecite attivita' occultando, viceversa, la gestione di affari illeciti. Ne' tale contenuto rimanda a operazioni di acquisto di droga da parte del ricorrente quanto piuttosto al suo coinvolgimento nelle operazioni di procacciamento della droga, consegna ai correi e, in altre circostanze, cessione a terzi, attivita' stabilmente svolte e, pertanto, funzionali al raggiungimento delle finalita' dell'associazione con la piena consapevolezza da parte dell'imputato di concorrere alla realizzazione delle finalita' del gruppo stesso. 11. Alla inammissibilita' dei ricorsi proposti da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma, liquidata come in dispositivo, a favore della Cassa delle Ammende. Segue alla conferma della sentenza, la condanna (OMISSIS) e (OMISSIS) al pagamento delle spese sostenute dalle parti civili Confederazione generale italiana del lavoro e Confederazione generale Camera del Lavoro della provincia di Caltanissetta che liquida in complessivi Euro 3686 oltre accessori di legge; la condanna (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) al pagamento delle spese sostenute dalla parte civile FAI antiracket (OMISSIS) che liquida in complessivi Euro 3686 oltre accessori di legge; la condanna di (OMISSIS) al pagamento delle spese sostenute dalle parti civili (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) che liquida in complessivi Euro 3686 oltre accessori di legge. Compensa per il resto le spese nei confronti delle parti civili, tenuto conto del parziale esito assolutorio. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) in relazione alla aggravante di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 71, aggravante che elimina. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) con riferimento al reato di cui alla L. n. 895 del 1967, articoli 2 e 7 come contestato al capo W) relativamente al reato di detenzione di arma comune da sparo, reato da ritenersi assorbito in quello di detenzione di arma clandestina di cui alla L. n. 110 del 1975, articolo 23, commi 1 e 3, di cui al capo TT) e riqualifica la detenzione delle munizioni ai sensi dell'articolo 697 c.p. aggravato ai sensi dell'articolo 416-bis.1 c.p. con rinvio per rideterminazione della pena per tale ultimo reato, come ritenuto, ad altra sezione della corte di appello di Caltanissetta. Dichiara inammissibili nel resto i ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS). Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) riqualificato il reato di cui al capo KKK) come reato p. e p. dall'articolo 648-bis c.p. Rigetta nel resto il suo ricorso. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) in relazione al reato di cui al capo A) per non avere commesso il fatto e, per l'effetto, elimina la pena di mesi sei di reclusione e, con la diminuente del rito, determina la pena finale in anni sei, mesi uno e giorni ventitre' di reclusione. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) in relazione al reato di cui al capo A) per non avere commesso il fatto e, per l'effetto, elimina la pena di mesi sei di reclusione e, con la diminuente del rito, determina la pena finale in anni undici e mesi dieci di reclusione. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) in relazione al reato di cui al capo A) per non avere commesso il fatto e, per l'effetto, elimina la pena di mesi sei di reclusione e, con la diminuente del rito, determina la pena finale in anni otto, mesi dieci e giorni venti di reclusione. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) in relazione al reato di cui al capo A) per non avere commesso il fatto e, per l'effetto, elimina la pena di mesi sei di reclusione e, con la diminuente del rito, determina la pena finale in anni otto, mesi dieci e giorni venti di reclusione. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) in relazione al reato di cui al capo A) per non avere commesso il fatto e, per l'effetto, elimina la pena di mesi sei di reclusione e, con la diminuente del rito, determina la pena finale in anni otto, mesi dieci e giorni venti di reclusione. Dichiara inammissibili nel resto i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Dichiara inammissibili i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Condanna (OMISSIS) e (OMISSIS) al pagamento delle spese sostenute dalle parti civili CGIL Confederazione Generale Italiana del Lavoro e CGIL Confederazione generale - Camera Del Lavoro della Provincia di Caltanissetta che liquida in complessivi Euro 3686 oltre accessori di legge. Condanna (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) al pagamento delle spese sostenute dalla parte civile F.A.I Antiracket (OMISSIS) che liquida in complessivi Euro 3686 oltre accessori di legge. Condanna (OMISSIS) al pagamento delle spese sostenute dalle parti civili (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) che liquida in complessivi Euro 3686 oltre accessori di legge. Compensa per il resto le spese nei confronti delle parti civili.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. TARDIO Angela - Presidente Dott. BIANCHI Michele - Consigliere Dott. CENTOFANTI Francesco - Consigliere Dott. APRILE Stefano - Consigliere Dott. MAGI Raffaello - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS) nato a (OMISSIS); (OMISSIS) nato a (OMISSIS); (OMISSIS) nato a (OMISSIS); (OMISSIS) nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 21/07/2021 della CORTE APPELLO di PALERMO; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere RAFFAELLO MAGI; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore LUCA TAMPIERI, che conclude per la declaratoria d'inammissibilita' dei ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) e per il rigetto del ricorso di (OMISSIS); uditi i difensori: l'avv. (OMISSIS) conclude insistendo per l'accoglimento dei motivi di ricorso; l'avv. (OMISSIS) si riporta ai motivi di ricorso chiedendone l'accoglimento; in subordine reitera la richiesta di rinvio depositata a mezzo pec in data 9/12/2022; l'avv. (OMISSIS), conclude riportandosi ai motivi di ricorso e ne chiede raccoglimento; in via subordinata chiede il rinvio, associandosi alla richiesta dell'avv. (OMISSIS); l'avv. (OMISSIS) conclude riportandosi ai motivi di ricorso; L'avv. (OMISSIS) conclude insistendo per l'accoglimento dei motivi di ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Nel giudizio di primo grado, a seguito di rito abbreviato, con sentenza resa in data 8 luglio 2019, il GUP presso il Tribunale di Palermo ha dichiarato (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) colpevoli dei reati loro rispettivamente ascritti, riqualificata la condotta contestata al (OMISSIS), ai sensi dell'articolo 416 bis c.p., comma 1, escluse le circostanze aggravanti dell'articolo 416 bis c.p., commi 4 e 6, esclusa per (OMISSIS) la condotta del (OMISSIS) Il giudice condannava cosi' (OMISSIS) alla pena finale di anni diciotto di reclusione, riconoscendo la recidiva e unificando sotto il vincolo della continuazione il reato di cui al presente procedimento con i delitti gia' giudicati con sentenze irrevocabili emesse dalla Corte di Appello di Palermo nel 2006 e nel 2019. Condannava (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) alla pena finale di anni tre anni di reclusione ciascuno. 1.1 Gli imputati sono stati tratti a giudizio per le seguenti imputazioni: - (OMISSIS) per il delitto di cui all'articolo 416 bis c.p., commi 2, 3, 4, 6, per aver diretto il mandamento mafioso di Sambuca di Sicilia, e, dunque, avvalendosi insieme ad altri associati della forza intimidatoria del vincolo associativo, per commettere delitti e per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o il controllo di attivita' economiche, autorizzazioni, concessioni ed altro; - (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) per il delitto di cui all' articolo 81 cpv. e articolo 378, commi 1 e 2,e con il riconoscimento della circostanza aggravante di cui all'articolo 416 bis.1 c.p., per aver, con piu' azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, consapevoli dell'appartenenza del (OMISSIS), all'associazione mafiosa "(OMISSIS)" e del suo ruolo di Capo del mandamento di (OMISSIS), aiutato il medesimo a eludere le investigazioni dell'autorita', salvaguardandone gli spostamenti e la comunicazione e allertandolo piu' volte della presenza di telecamere di sorveglianza e di forze di Polizia in borghese sul territorio. 2. Le valutazioni espresse dalla Corte di Appello. 2.1. (OMISSIS); Con l'atto di appello, la Difesa ha chiesto l'assoluzione del (OMISSIS) per assenza di prova delle condotte a lui contestate. La Corte d'Appello, sul punto, richiama la motivazione della sentenza di primo grado che si esprime efficacemente circa il fatto che a carico del (OMISSIS) pesa il dato della sua militanza mafiosa accertata in successione temporale con due diverse sentenze irrevocabili di condanna, una del 2006 e una del 2019, relative ai processi "Cupola" e "Nuova Cupola", nei quali il (OMISSIS) e' stato dichiarato organicamente inserito nella consorteria mafiosa con un ruolo apicale e direttivo. L'accertamento processuale successivo - in tale chiave - diventa piu' semplice, in quanto basta verificare, sulla base di indicatori sintomatici e significativi, che l'inserimento mafioso del (OMISSIS) sia perdurato anche nel periodo di interesse: questi elementi di persistenza e continuita' sono asseverati sulla scorta di tutti gli elementi indicati nella sentenza di primo grado. Elementi probatori decisivi posti alla base della sentenza di primo grado sono le dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS): su queste si incentra l'atto di appello, volto a censurarne il giudizio di attendibilita' a cui e' giunto il giudice di prime cure. In particolare, la difesa ha evidenziato le imprecisioni (soprattutto con riferimento a date e luoghi) e le contraddizioni emergenti nelle dichiarazioni suddette. La Corte d'Appello ha ritenuto opportuno disporre con ordinanza l'audizione del collaboratore per ottenere chiarimenti, anche per soddisfare la richiesta istruttoria del Procuratore Generale. Tale audizione ha confermato le difficolta' del (OMISSIS) nel collocare i fatti in una precisa data, difficolta' dovuta ad un deficit mnemonico, ma allo stesso tempo ha evidenziato che lo stesso (OMISSIS) aveva vissuto i fatti che ha confermato anche in udienza e che hanno caratterizzato la sua militanza mafiosa. Inoltre, i fatti dichiarati da (OMISSIS) possono essere messi in ordine secondo una sequenza storica certa e ordinata, cosi' da colmare il gap dell'esatta collocazione temporale. Elementi a sostegno della credibilita' e attendibilita' del collaboratore sono ricavabili anche da altre sentenze e in ogni caso e' da considerare che il (OMISSIS) e' stato partecipe di situazioni che confermano inequivocabilmente la sua trascorsa intraneita' nell'organizzazione mafiosa. Cosi', se le dichiarazioni del (OMISSIS) sono per certi versi poco precise, cio' non significa che la sua ricostruzione dei fatti sia compromessa perche' frutto di ricordi inattendibili o menzogneri. Con riferimento al racconto da parte di (OMISSIS) di quello che e' l'episodio centrale di questa vicenda, ovvero l'improvvisa visita del (OMISSIS), per discutere della presunta relazione extraconiugale del (OMISSIS) con la moglie di altro associato, la Corte ritiene che questa vicenda, seppur ritenuta dallo stesso (OMISSIS) come priva di rilevanza effettiva, assuma invece un valore centrale nella misura in cui si trattava di un argomento di stringente rilevanza strategico/mafiosa, tale da necessitare dell'intervento di un membro di vertice del calibro di (OMISSIS): questo argomento confermava cosi' la perdurante militanza mafiosa del (OMISSIS) con il medesimo ruolo direttivo attribuitogli in forza delle due sentenze irrevocabili sopra richiamate. La Corte di merito richiama, inoltre, una serie di vicende che dimostrano la perdurante militanza del (OMISSIS) nella compagine associativa, nonche' il ruolo di comando che continuava a ricoprire. Tra queste vi sono le intercettazioni delle conversazioni avvenute in auto tra (OMISSIS) e la sua compagna, della conversazione tra se' e se' dello stesso (OMISSIS), della conversazione intercorsa tra la (OMISSIS) e suo marito, tra il (OMISSIS) e la moglie, e tra la (OMISSIS) e il (OMISSIS), compiutamente riportate nel testo della decisione. Altri elementi da cui si prende atto della perdurante militanza del (OMISSIS) sono le particolari cautele adottate dal suddetto per eludere le investigazioni e per evitare di essere intercettato o pedinato dopo la sua ultima scarcerazione. Pare evidente lo scrupolo profuso dal (OMISSIS) e dei suoi favoreggiatori nell'eludere le indagini e consentire al (OMISSIS) di continuare la sua attivita' delittuosa nel territorio di interesse. Si ritengono invece prive di fondamento le osservazioni della difesa che vorrebbero ricondurre queste cautele nell'ambito dell'irrilevanza penale o nell'ambito dell'esigenza di tutela della privacy. Vengono altresi' ritenute prive di fondamento le letture "minimizzanti" con riferimento agli appuntamenti del (OMISSIS) caratterizzati da cautele esasperate. Inoltre, valide conferme possono trarsi anche dai fatti dei coimputati che rispondo del reato aggravato e continuato di favoreggiamento. Con riferimento poi alla vicenda avente ad oggetto la ristrutturazione di oltre 30 alloggi a (OMISSIS), molteplici sono gli elementi, riportati in sentenza, da cui si attesterebbe l'ingerenza del (OMISSIS) nel garantire la concessione di appalto al (OMISSIS). Dalle intercettazioni delle conversazioni intercorse tra (OMISSIS) e (OMISSIS) emerge poi che il (OMISSIS), il quale non avrebbe alcun titolo lecito per occuparsi di queste faccende essendo un soggetto pregiudicato per mafia, assumeva specifiche iniziative dirette a condizionare l'esito di tali vicende (relative all'assegnazione di appalti) e decretando chi dovesse lavorare e chi no. Inoltre, pare aver propiziato l'incontro tra il (OMISSIS) e il (OMISSIS), in qualita' di responsabile del cantiere. Dalle intercettazioni emerge, quindi, il grado di intraneita' del (OMISSIS) nel sodalizio mafioso, nonche' il ruolo apicale mantenuto nell'organigramma. Dal complesso degli elementi probatori emerge l'attivismo del (OMISSIS) ed il suo ruolo a seguito della nomina di (OMISSIS) di Sicilia come "(OMISSIS)" e con riferimento alla realizzazione del c.d. paese albergo, vi sono dialoghi che non lasciano dubbi sull'ingerenza di questo esponente mafioso sulla societa' ar.l. " (OMISSIS)". Ulteriore vicenda e' quella relativa alle pressioni del (OMISSIS) sulle scelte aziendali della CCB, ditta specializzata in produzione di calcestruzzo. Nella sentenza di primo grado sono state esaminate intercettazioni e altri elementi probatori da cui emergeva che il (OMISSIS) era intervenuto affinche' la ditta acquistasse inerti dalla " (OMISSIS)", vicina al (OMISSIS) stesso, nonche' si adoperasse affinche' il trasporto venisse fatto avvalendosi dei mezzi di proprieta' del (OMISSIS). Agli stringati motivi proposti nell'atto di appello, la Corte, richiamando le intercettazioni e gli elementi probatori, afferma che la questione non puo' essere confinata nell'ambito dell'irrilevanza penale solo perche' sono mancate azioni violente o intimidatorie esplicite, dal momento che le condotte in questione assumono rilievo egualmente per asseverare il potere di ingerenza esercitato sistematicamente dal pregiudicato (OMISSIS) su queste dinamiche, accrescendo cosi' il suo potere mafioso e alterando gli equilibri del mercato locale. Tra le vicende che contribuiscono poi a delineare il "prestigio mafioso" del (OMISSIS), viene in rilievo l'episodio dell'agriturismo di (OMISSIS) (sintetizzato nella sentenza di primo grado), assunto come emblematico del ruolo del (OMISSIS) ‘nella sua posizione di "padre di paese", nonche' la capacita' di questi di comporre conflitti insorti in ordine a pretese economiche tra cittadini in specie nel territorio di (OMISSIS) di Sicilia, ruolo che rientra nelle prerogative di un capo mafia. La Corte, alla stregua delle considerazioni fin qui riassunte, disattendendo il principale motivo di gravame formulato nell'interesse del (OMISSIS), ritiene che debba essere confermata la colpevolezza in ordine al reato di cui al capo A, rammentando che, per le condanne irrevocabili gia' intervenute, e' sufficiente in questa sede una prova piu' contratta. La Corte motiva che la derubricazione operata dal giudice di primo grado non risulta dotata da convincente motivazione ed e' anzi contraddittoria e ritiene pertanto, di rimodulare l'imputazione ai sensi dell'articolo 416 bis c.p., comma 2, cosi' come originariamente contestato, accogliendo l'appello della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo. Con riferimento alla questione delle circostanze aggravanti di cui l'articolo 416 bis c.p., commi 4 e 6, proposta con i motivi di impugnazione della Procura Generale, deve innanzitutto essere superata l'eccezione della difesa secondo cui la scelta del rito abbreviato inibirebbe alla Pubblica accusa di impugnare per le aggravanti ai sensi dell'articolo 443 c.p.p., comma 3, tale infondatezza consegue a due considerazioni in punto di diritto avallate dalla Corte di Cassazione. La Corte d'Appello ritiene che sia ammissibile solo l'istanza riferita all'aggravante dell'associazione armata (comma 2, in relazione alla quale motiva che e' sufficiente che anche solo uno degli adepti abbia il possesso delle armi o delle materie esplodenti perche' l'aggravante si applichi nei confronti di tutti; carattere oggettivo giustificato anche dal fatto che apparirebbe non realistico concepire un associazione mafiosa non armata) e non anche quella diretta a riconoscere il controllo di attivita' economiche finanziate in tutto o in parte con il prezzo, il prodotto o il profitto di delitti (comma 6, ritiene la corte non siano ravvisabili elementi capaci di condurre ad un simile risultato, anche perche' quell'iniziativa del (OMISSIS), di acquisire un'ingerenza occulta tramite la (OMISSIS), nel campo dei servizi funebri si e' arrestata a uno stato embrionale). Alla luce di cio', la Corte realizza una rivisitazione in peius del trattamento sanzionatorio per effetto della riqualificazione della condotta ascritta al (OMISSIS), ai sensi dell'articolo 416 bis e per il riconoscimento della circostanza aggravante di cui al comma 2 della medesima disposizione. In via subordinata l'appellante aveva chiesto il riconoscimento delle attenuanti generiche ex 62 bis c.p., ma per la Corte l'imputato non e' in alcun modo meritevole di tali attenuanti invocate in assenza di alcun elemento a tal fine concretamente valorizzabile ed in presenza degli indici complessivamente altamente negativi gia' scrutinati. Per quanto riguarda gli effetti sanzionatori conseguenti all'appello del PM ed al parziale accoglimento dei motivi d'impugnazione del PG, si ritiene congrua la pena finale di anni quattordici e mesi otto di reclusione che, tenuto conto della continuazione ex articolo 81 cpv. c.p. con le due precedenti sentenze irrevocabili, si attesta sul valore complessivo di anni diciannove e mesi quattro di reclusione. 3.2. (OMISSIS). La Corte d'Appello ha confermato, nei confronti di (OMISSIS), la condanna per l'imputazione di cui all'articolo 378 c.p., con l'aggravante di cui al Decreto Legge 152 del 1991, articolo 7 anche alla luce dell'emersione delle strette cointeressenze anche imprenditoriali di questi con il (OMISSIS). Con il primo motivo di appello si e' dedotta l'irrilevanza del dialogo contenuto nell'intercettazione del 7.7.2016 tra la (OMISSIS) e la moglie del (OMISSIS). Secondo la Corte, le osservazioni della Difesa sono irrilevanti, anche in considerazione dello stretto legame intercorrente tra i soggetti della conversazione e il (OMISSIS), nonche' in considerazione del fatto che la stessa (OMISSIS) e' coinvolta nell'attivita' di favoreggiamento in favore di (OMISSIS) (e questa familiarita' con lui semmai accresce il peso specifico delle confidenze). Inoltre, la Corte evidenzia che non e' scomponendo l'intercettazione nelle sue parti che si puo' ottenere l'assoluzione di (OMISSIS), anche in considerazione che dai dialoghi affiora l'esplicito accostamento del (OMISSIS) con la "mafia". Pertanto, gli argomenti della difesa non scalfiscono il contenuto delle intercettazioni suddette. Con il secondo motivo di appello, la difesa ha prospettato l'eccessivita' della pena invocando le circostanze attenuanti generiche e adducendo anche che il giudice di prime cure avrebbe omesso di considerare ai fini del trattamento sanzionatorio l'esclusione dell'episodio del (OMISSIS). Secondo la Corte di merito l'appellante tuttavia - non e' meritevole di riconoscimento delle attenuanti, in assenza di elementi favorevoli sul fatto o sulla personalita'. Riguardo al secondo aspetto, la Corte chiarisce che l'episodio in parola non e' stato considerato affatto ai fini del calcolo della pena, con cui si e' determinata una pena anche troppo contenuta in rapporto alla capacita' di delinquere dell'imputato. 3.3. (OMISSIS) Con riferimento alla (OMISSIS), secondo la Corte di Appello la difesa propone un'analisi della sentenza che opera uno svilimento dei dati ed una parcellizzazione delle prove, cosi' da decontestualizzare gli elementi a carico. Tale approccio esegetico non e' condivisibile, anche perche', soprattutto con riferimento al reato di favoreggiamento, soltanto una valutazione d'insieme puo' restituire l'esatto significato della condotta dei singoli e per comprendere quale sia stata la rete di protezione intessuta attorno a (OMISSIS) per sviare le indagini. Con riferimento quindi anche alla (OMISSIS), la Corte richiama le considerazioni svolte in riferimento a molti degli episodi nella parte concernente il (OMISSIS); cio' non solo per delineare lo spessore mafioso di quest'ultimo, ma anche per delineare i rapporti che esistevano tra questo e la (OMISSIS) (le aveva proposto di aprire un'agenzia di pompe funebri). Con riferimento all'episodio relativo all'intercettazione in cui la (OMISSIS) e il (OMISSIS) avrebbero avvertito il (OMISSIS) della presenza di telecamere, l'appellante ritiene che i dialoghi in parola sarebbero stati oggetto di un'evidente decontestualizzazione, riferendosi in realta' quei commenti alla violazione della normativa sulla privacy: l'infondatezza di tali osservazioni discende, per la Corte, non solo dalla lettura testuale dei dialoghi ma anche da un'interpretazione di buon senso. Esiti non dissimili sono raggiunti con riferimento all'episodio relativo all'intercettazione in cui la (OMISSIS) si rifiuta di far fare una telefonata dal suo telefono a (OMISSIS) dicendogli che era sotto controllo. Inoltre, la Corte afferma che la conferma della colpevolezza della (OMISSIS) non puo' che portare a disattendere nettamente anche la richiesta; di cui al secondo motivo di-14-icoTso di impugnazione, diretta all'esclusione della c.d. aggravante mafiosa. Il giudice di primo grado ha, a parere della Corte d'appello, adeguatamente spiegato, per la (OMISSIS) e per i correi-coimputati che rispondono di favoreggiamento personale, quali benefici ha ottenuto il (OMISSIS) da tali condotte: si e' in presenza di un favoreggiamento realizzato a tutto tondo e posto in essere dalla (OMISSIS) in sinergia con (OMISSIS). In appello con quest'aggravante e' stata ripristinata l'originaria qualificazione del reato di cui dell'articolo 416 bis c.p., comma 2, ascritto al (OMISSIS), a conferma del suo perdurante ruolo di vertice. La condotta della (OMISSIS), sotto questo profilo, ha non solo favorito questo esponente mafioso, ma gli ha anche consentito di mantenere il suo ruolo di comandoy, e anche percio' il suo apporto non puo' essere sminuito ad una sfera personale. Secondo la Corte di merito, va altresi' esseri disattesa la richiesta di cui al terzo motivo di appello tendente ad ottenere le circostanze attenuanti generiche, dopo aver ribadito le considerazioni sulla ratio di quest'attenuante e aver constatato la mancanza di elementi favorevoli di giudizio in suo favore. 3.4. (OMISSIS). La Corte afferma anche in questo caso la necessita' di valutare nel loro insieme le risultanze processuali, senza addivenire a decontestualizzazioni improprie o a frazionamenti delle risultanze probatorie. (OMISSIS) e' chiamato a rispondere di tre fatti sintomatici verificatisi in tre date diverse. - in primo luogo, come emerge da un'intercettazione di una conversazione telefonica, (OMISSIS) metteva concretamente a disposizione del (OMISSIS) un immobile dove in realta' risultava residente il fratello disabile. Nell'atto d'appello, la Difesa ne propone una lettura edulcorata, segnalando che tale appartamento non sarebbe stato messo a disposizione come luogo da destinare agli incontri riservati del (OMISSIS), ma si trattava solo di discussioni private prive di rilevanza pratica. Per la Corte, di contro, non si capirebbe invece perche' il (OMISSIS) avrebbe allora dovuto mettere a conoscenza il (OMISSIS) di questa vicenda, se non per favorirlo. Peraltro, anche se il (OMISSIS) non avesse effettivamente utilizzato tale alloggio, la condotta di favoreggiamento personale sarebbe comunque integrata gia' alla stregua della consapevolezza del (OMISSIS) di poter disporre di tale immobile per le sue attivita' delittuose; - in secondo luogo, la seconda condotta consiste nel fatto che il (OMISSIS) si adoperava per bonificare l'autovettura, che utilizzava e a bordo della quale accompagnava il (OMISSIS), da microspie. Nell'atto di appello si e' sostenuto che non ci sarebbe certezza dell'attivita' di bonifica, la quale sarebbe stata ipotizzata solamente in termini dubitativi dagli inquirenti. Tale argomento va disatteso, in quanto e' necessario cogliere un significato dal tenore complessivo dell'accertamento esperito, dal quale si ha conferma che e' stata svolta una vera e propria attivita' di bonifica. Insufficienti sono altresi' le giustificazioni fornite dalla Difesa, come ad esempio il richiamo al dialogo tra (OMISSIS) e il figlio; - la terza condotta di cui deve rispondere consiste nelle varie soste, accertate tramite servizi di pedinamento, che pare siano state fatte da (OMISSIS) accompagnato da (OMISSIS) in una zona costeggiante il (OMISSIS) e il bosco della (OMISSIS). La Corte, oltre a richiamare le argomentazioni del capitolo relativo a (OMISSIS), risponde alla argomentazione difensiva, secondo cui il (OMISSIS) avrebbe solamente svolto "servizio Taxi" senza partecipare alle conversazioni, che se avesse anche preso effettivamente parte alla conversazione o svolto un ruolo piu' incisivo, allora la qualificazione del fatto di reato sarebbe senz'altro piu' grave del reato di favoreggiamento personale ex 378 c.p., finendo per configurarsi una partecipazione al sodalizio mafioso o un concorso ex articolo 110 e articolo 416 bis c.p.. Con riferimento all'aggravante di cui al Decreto Legge 152 del 1991, articolo 7, di cui l'appellante chiede l'esclusione col secondo motivo di impugnazione, anche ai sensi dell'articolo 522 c.p.p. per mancata contestazione, valgono le considerazioni gia' esposte nel capitolo su (OMISSIS), con l'aggiunta che la difesa del (OMISSIS), non ha nemmeno articolato degli specifici rilievi, insistendo su una presunta mancata correlazione tra accusa e sentenza che non trova riscontro nei dati fattuali e nel percorso processuale seguito. Anche con riferimento al trattamento sanzionatorio e alla richiesta di applicazione delle circostanze attenuanti generiche, la Corte richiama quanto detto nei capitoli che precedono, in riferimento agli altri coimputati. 4. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione - a mezzo del difensore - (OMISSIS), deducendo i seguenti motivi: 4.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione di legge penale e vizio di motivazione, in relazione all' articolo 125 c.p.p., comma 3, art.192, articolo 546 comma 1, lettera e), con specifico riferimento all'articolo 416 bis c.p.. Il ricorrente censura l'assenza, o comunque l'illogicita', della motivazione con cui la Corte d'Appello giustifica la conferma dell'affermazione di responsabilita' del (OMISSIS) in relazione al delitto di cui all'articolo 416 bis c.p.. Il ricorrente era gia' stato condannato con sentenza della Corte d'Appello di Palermo, divenuta irrevocabile nel 2006, nell'ambito del processo c.d. "Cupola", nonche' con sentenza della Corte d'Appello medesima, irrevocabile nel 2019, al termine del processo c.d. "Nuova Cupola". Nell'ambito del presente procedimento, invece, la responsabilita' del (OMISSIS) si e' basata sulle dichiarazioni etero-accusatorie del collaboratore di giustizia (OMISSIS), nonche' sulle risultanze di alcune intercettazioni che avrebbero consentito di dimostrare il suo perdurante protagonismo mafioso. Con riferimento alla valutazione relativa alle dichiarazioni di (OMISSIS), il ricorrente lamenta che la sentenza sia incorsa in una erronea lettura dell'articolo 192 c.p.p., comma 3, in quanto la verifica dell'attendibilita' del dichiarante non puo' arrestarsi al mero controllo della sua affidabilita' soggettiva, ma deve estendersi alla ricerca di elementi di riscontro, i quali in questo caso, per il ricorrente, mancano del tutto. Inoltre, per ammissione della stessa Corte, non si dispone di alcun dato in grado di dar conto delle ragioni, del contenuto e delle finalita' dell'asserito incontro tra i due. Per altro, da un riportato stralcio dell'esame del (OMISSIS), emergerebbe che la conversazione tra il (OMISSIS) e il (OMISSIS) avrebbe avuto ad oggetto solamente la domanda di quest'ultimo in merito alla relazione extraconiugale del (OMISSIS) con una certa donna: si censura, quindi,l'omessa illustrazione delle ragioni per le quali questo elemento, che la stessa sentenza qualifica come "una questione d'onore che rischiava di trascendere in modo violento", possa essere state ricondotto ad un contesto associativo di stampo mafioso, quando attiene invece ad un contesto del tutto avulso da logiche associative. Inoltre la Corte non avrebbe preso nella giusta e oggettiva considerazione diversi elementi emersi all'esito dell'audizione del (OMISSIS), o comunque li avrebbe disattesi senza aver adeguatamente motivato: in particolare, con riferimento alle lacunose e incerte risposte del teste, da cui si evincerebbe la fragilita' del racconto nonche' una molteplicita' di elementi a cui far riferimento per verificare l'attendibilita' e l'oggettiva bonta' di quelle dichiarazioni, la Corte avrebbe invece omesso di motivare sul punto: a) se per un verso, con riferimento agli incontri con un tale (OMISSIS), (OMISSIS) fornisce dichiarazioni molto precise e dettagliate, con riferimento alla dichiarazione dell'incontro con (OMISSIS), molteplici sono invece gli elementi incerti e imprecisi: difettano pero' elementi di riscontro per valutare l'attendibilita' di tali dichiarazioni, e inoltre resta comunque dubbia la veridicita' del fatto storico e la modalita' dell'avvenuto incontro; b) con riguardo alla datazione degli incontri tra (OMISSIS) e (OMISSIS), dalle dichiarazioni del teste emergono elementi contradditori tali da non far ritenere attendibili le sue dichiarazioni; c) con riguardo all'arco temporale in cui (OMISSIS) avrebbe svolto attivita' nell'ambito dell'associazione nella citta' di (OMISSIS), emerge ancora grande confusione e incertezza, peraltro non solamente con riferimento a date e periodi, ma anche con riguardo alla rappresentazione dei fatti medesimi. In particolare, l'asserito luogo dell'incontro non risulterebbe riscontrato da alcun altro elemento probatorio, cosi' come gli incontri che avrebbe avuto con (OMISSIS) in precedenza: pertanto, e' da ritenersi che gli elementi utilizzati dalla Corte per affermare la responsabilita' del (OMISSIS), ovvero i suoi precedenti penali e le dichiarazioni del (OMISSIS), risultano neutralizzati da molti elementi oggettivi e deduttivi offerti dalla difesa a riscontro delle incerte dichiarazioni rese dal (OMISSIS) che, se verificate e lette complessivamente e in termini oggettivi, avrebbero determinato la Corte ad attribuire valutazione diversa agli elementi acquisiti, sino a neutralizzare l'assunto accusatorio. Inoltre, la perdurante appartenenza mafiosa del (OMISSIS) e' stata ritenuta provata anche da ulteriori elementi indiziari, ovvero da una conversazione intercorsa tra (OMISSIS) e la sua compagna. In merito, la Difesa lamenta che anche in questo caso la Corte tace del tutto in merito alla sussistenza di elementi in grado di riscontrare quella che non puo' nemmeno chiamarsi una chiamata in correita' e/o una dichiarazione etero-accusatoria, non essendovi traccia in motivazione ne' della identita' della persona evocata, ne' del seguito effettivo di questo sfogo, non disponendosi di dati confermativi del fatto che un incontro su questo specifico tema sia effettivamente avvenuto tra (OMISSIS) e (OMISSIS), ne' delle iniziative assunte all'esito di questo incontro ai danni dell'ignota vittima. La medesima critica di neutralita' sul piano indiziario deve essere anche rivolta ad ulteriori elementi: la conversazione intercorsa tra la (OMISSIS) ed il marito, nell'autovettura della prima; la conversazione intercorsa tra (OMISSIS) e sua moglie, nell'autovettura in uso al primo; la conversazione intercorsa, nell'auto della (OMISSIS), tra quest'ultima e (OMISSIS); la circostanza rappresentata dall'incontro tra (OMISSIS) e il Dott. (OMISSIS), tra i quali vi sarebbero stati molteplici "abbracci qual segno di deferenza"; le presunte cautele impiegate da (OMISSIS) per sviare i temuti controlli investigativi, evitando di essere pedinato o intercettato dopo la sua ultima scarcerazione. Inoltre, la sentenza denota vizi di illogicita' anche con riferimento alla ricostruzione delle vicende dimostrative del preteso controllo delle attivita' economiche da parte del (OMISSIS). La Corte ha ritenuto che, pur in assenza di contestazioni di reati di scopo, sia stato provato l'esercizio da parte di (OMISSIS) di un potere penetrante e capillare in grado di condizionare la liberta' di iniziativa economica del territorio: conclusione desunta sulla base di una serie di vicende richiamate. Il vizio dedotto concerne la motivazione che, pur riconoscendo l'insussistenza di elementi dimostrativi di una qualsivoglia condotta delittuosa riferibile al ricorrente in merito a questa vicenda, ha tuttavia letto l'intero episodio come emblematico del prestigio mafioso del (OMISSIS), aderendo ancora una volta a una lettura solo formalistica del 416 bis c.p. e distonica rispetto alle recenti interpretazioni della Cassazione (si indica S.U. Modaffari n. 36958/2021), rimanendo del tutto silente sul ruolo che il (OMISSIS) avrebbe continuato a ricoprire all'interno della presunta associazione mafiosa, nonche' sul contributo che costui avrebbe fornito al rafforzamento delle capacita' organizzative dell'associazione. Inoltre, mancano la motivazione e i dati indiziari circa l'apprezzabile continuita' temporale della militanza associativa dell'esponente. Inoltre, il rapporto di appartenenza al sodalizio deve essere contrassegnato dalla concretezza dell'apporto del singolo e dalla sua riconoscibilita', "tale da far ritenere avvenuto il dato dell'inserimento attivo con carattere di stabilita' e consapevolezza oggettiva". In generale, con riferimento alle vicende indicate nel ricorso, le motivazioni si presentano sempre come congetturali e traggono conclusioni in riferimento all'appartenenza all'associazione da parte di (OMISSIS) basandosi su mere suggestioni investigative o elementi indiziari privi di riscontri. 4.2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione di legge penale e vizio di motivazione, in relazione all' articolo 125 c.p.p., comma 3, articolo 192 comma 3, articolo 546 comma 1, lettera e), con riferimento all'articolo 416 bis c.p., comma 2. La difesa deduce l'illogicita' della sentenza nella parte in cui, apoditticamente, accoglie l'atto di appello dell'Ufficio di Procura in punto di sussistenza dell'ipotesi di cui all'articolo 416 bis c.p., comma 2, riformando cosi' in peius la sentenza di primo grado. La motivazione risulta anche in questo caso sprovvista di elementi capaci di rappresentare i contenuti necessari a dimostrare la sussistenza della fattispecie di cui all'articolo 416 bis c.p., comma 2. 4.3. Con il terzo motivo di ricorso si deduce violazione di legge penale e vizio di motivazione, in relazione all' articolo 125 c.p.p., comma 3, articolo 192, articolo 546, comma 1, lettera e), con riferimento all'articolo 416 bis c.p., comma 4. Ulteriore doglianza si dirige alla sentenza nella parte in cui ravvisa, con motivazione inficiata da un'erronea interpretazione del quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento, l'aggravante di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 4, relativa alla disponibilita' di armi da parte del sodalizio, esclusa in primo grado dal GUP. Si tratta, in tesi, di una motivazione apparente: posto che, a detta del ricorrente, non e' dato riscontrare alcun elemento che deponga nel senso della consapevolezza da parte di (OMISSIS), di una simile disponibilita' di armi da parte di altri presunti solidali. Le affermazioni sono anche contrastate dal contrapposto principio secondo il quale, ai fini della configurabilita' dell'aggravante in parola. "non e' sufficiente che uno degli associati disponga di un'arma, perche' le armi devono essere a disposizione dei compartecipi del gruppo". La sentenza non avrebbe fatto quindi buon governo di questi principi, commettendo un errore interpretativo evidente, ovvero aver identificato la prova dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 4, con quella del "metodo mafioso" di cui al comma 3 della medesima disposizione. Sul punto si rileva quindi un vuoto motivazionale che si e' tentato di colmare ricorrendo a mere suggestioni ricavate dalla storia criminale di "(OMISSIS)", come se l'aggravante non richiedesse alcuna autonoma dimostrazione ne' sul piano della sua esistenza oggettiva ne' su quello della sua ascrivibilita' soggettiva ai partecipanti. 4.4. Con il quarto motivo di ricorso si deduce violazione di legge penale e vizio di motivazione, in relazione al riconoscimento della recidiva di cui all'articolo 99 c.p., comma 4. La Difesa sostiene che la sentenza e' viziata anche nella parte in cui ha confermato la sentenza di primo grado nella parte relativa all'applicazione della circostanza aggravante della recidiva reiterata, specifica e infraquinquiennale. La sentenza di Appello non avrebbe fatto corretta applicazione dei principi in tema di recidiva e avrebbe basato le sue conclusioni su un giudizio apodittico con cui si limitava a richiamare il capo di imputazione, cosi' che il capo di imputazione verrebbe a costituire prova auto evidente della meritevolezza dell'aggravante in esame. 4.4.1. La difesa ha presentato motivi aggiunti ex articolo 586 c.p.p., comma 4, col precipuo fine di argomentare quanto gia' affrontato nell'atto principale con il motivo n. 4 e, dunque, con riferimento al riconoscimento della continuazione tra i fatti oggetto del presente procedimento e quelli relativi a due sentenze passate in giudicato: piu' che al riconoscimento della continuazione tout court intesa, la difesa intende approfondire il computo della pena conseguente al suddetto riconoscimento previa esatta individuazione del reato piu' grave sul quale individuare la pena-base. Per il ricorrente si tratta di un computo errato in diritto in ordine a quello da ritenersi il reato piu' grave: la Corte ha ritenuto piu' grave il fatto del presente procedimento perche' mossa dall'assunto che questo andasse individuato con riferimento alla pena edittalmente prevista per lo stesso, mentre per il ricorrente la condotta di capo/promotore/organizzatore e' certamente ontologicamente piu' grave di quella di partecipe aggravato dalla sola recidiva. Per la Difesa, quindi, il reato piu' grave dovrebbe invece essere identificato in quello di cui alla sentenza n. 2, in ragione della concreta condotta allo stesso attribuita a prescindere dalla normativa in vigore e quindi della pena edittalmente prevista. Ritiene inoltre che il computo in parola debba avvenire R mezzo di calcolo in termini di pena edittale solo laddove non emerga chiaramente un rapporto di maggiore e minore gravita' tra i fatti, come avviene invece nel presente procedimento, risultando immediatamente la maggiore gravita' dei fatti di cui all'articolo 416-bis, comma 2, in luogo di quelli di cui al comma 1 della disposizione medesima. 4.5. Con il quinto motivo di ricorso si deduce violazione di legge penale e vizio di motivazione, in relazione ai criteri posti a fondamento del riconosciuto vincolo della continuazione ex articolo 81 c.p., comma 2. La difesa censura la sentenza nella parte in cui ha omesso di esporre le ragioni della quantificazione degli aumenti sanzionatori conseguenti al riconosciuto vincolo della continuazione tra il delitto per il quale qui si procede e quelli, omologhi quanto al nomen iuris, per i quali il (OMISSIS) e' gia' stato irrevocabilmente condannato. La Difesa richiama la sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 47127 del 2021 nella parte in cui afferma che il giudice, ove riconosca la continuazione tra reati, nel determinare la pena complessiva, oltre a individuare il reato piu' grave e stabilire per questo la pena-base, deve anche calcolare e motivare l'aumento di pena in modo distinto per ognuno dei reati satellite, discendendone cosi' un obbligo di motivazione ‘rafforzato". A tali principi, sanciti da questa giurisprudenza, la Corte non si sarebbe conformata. 4.6. Con il sesto motivo di ricorso si deduce, in estremo subordine, violazione di legge penale e vizio di motivazione, in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche di cui all'articolo 62 -bis, nonche' alla determinazione del trattamento sanzionatorio ex articolo 133 c.p.. La difesa deduce che il duplice vizio di legge0i motivazione della sentenza e' dovuto al fatto che il diniego delle circostanze attenuanti generiche non puo' essere giustificato dall'astratta gravita' del reato, la quale e' gia' presa in considerazione dal legislatore nella determinazione della pena edittale. La soluzione in merito al trattamento sanzionatorio della sentenza frustra l'esigenza di modulare la dosimetria della pena in ragione delle peculiari caratteristiche della condotta associativa, alla luce della durata, dell'intensita' e della funzionalita' dell'apporto fornito al sodalizio: esigenza del tutto trascurata dalla sentenza, che si e' limitata a motivare in termini apodittici e sbrigativi. 5. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione - a mezzo del difensore - (OMISSIS), articolando i seguenti motivi. 5.1. Al primo motivo di ricorso si deduce violazione di legge penale e delle norme processuali stabilite a pena nullita', in relazione agli articoli 521 e 516 c.p.p. La difesa deduce la assenza di correlazione tra sentenza e descrizione del fatto nella imputazione, nonche' la nullita' per difetto di contestazione. La Corte di secondo grado avrebbe fondato il proprio convincimento anche su episodi non contestati e/o su fatti oggetto di nuove contestazioni, sicche' risulta evidente l'inosservanza e la violazione di legge, in particolare del sistema di cui al Capo IV del codice a proposito delle nuove contestazioni in fatto. La Corte di merito avrebbe infatti utilizzato argomenti estranei al thema decidendum sfruttati in malam partem per giustificare la condanna. 5.2. Al secondo motivo di ricorso si deduce vizio di motivazione, anche in relazione all'articolo 533 c.p.p. per mancanza, illogicita' e contraddittorieta' della motivazione in ordine alla responsabilita' penale in ordine ai soli due episodi contestati (quello del (OMISSIS) concernente una conversazione tra la (OMISSIS) e la compagna del (OMISSIS) avente per oggetto il (OMISSIS) e quello del (OMISSIS) concernente una intercettazione ambientale di una conversazione tra il (OMISSIS) e la (OMISSIS))e per travisamento del fatto. In particolare, la difesa censura la sentenza impugnata per carenza e contraddittorieta' della motivazione in relazione ai due soli episodi oggetto dell'imputazione, sostenendo che la fattispecie delittuosa andava esclusa sia sotto il profilo oggettivo che sotto quello soggettivo. Il giudice sarebbe incorso in un travisamento di fatti e si sarebbe limitata a richiamare la motivazione di primo grado senza tuttavia argomentare in modo autonomo rispetto alle censure contenute nell'atto di appello. 5.3. Al terzo motivo di ricorso si deduce violazione di legge penale e vizio di motivazione, in riferimento alla ritenuta aggravante di cui all'articolo 416-bis, l c.p.. Secondo il ricorrente la condanna sarebbe errata sia per difetto di correlazione tra accusa e sentenza, sia perche' non sono stati enucleati e debitamente provati gli elementi essenziali della circostanza in parola: la Corte, infatti, ha affermato, facendo un salto logico e sommando elementi di per se' insignificanti, che essendo gia' stato condannato il (OMISSIS) per associazione mafiosa, il (OMISSIS) avendolo aiutato a eludere le investigazioni avrebbe automaticamente voluto favorire tutta la associazione. Richiamando giurisprudenza di legittimita', si ritiene che per configurare l'aggravante in parola la condotta debba essere "caratterizzata dalla coscienza e volonta' di favorire unitamente ai singoli indagati, anche le rispettive cosche di appartenenza". Inoltre, dalle indagini, non emergerebbero altri soggetti a cui contestare il reato di cui al 416- bis, quando per la sussistenza di un'associazione sono necessari almeno tre soggetti, da cui una motivazione del tutto mancante, o comunque illogica e in violazione di legge. 5.4. Al quarto motivo di ricorso si deduce violazione di legge penale e vizio di motivazione, in riferimento alle circostanze attenuanti generiche e al trattamento sanzionatorio. Anche in questo caso la Corte si sarebbe limitata ad una motivazione apparente sui motivi di appello proposti, ignorando i dati positivi offerti dalla difesa. 6. Avverso detta sentenza ha proposto, altresi', ricorso per cassazione - a mezzo del difensore - (OMISSIS), tramite i seguenti motivi: 6.1. Al primo motivo di ricorso si deduce la nullita' della sentenza per vizio di motivazione in ordine all'articolo 192 c.p.p., per travisamento della prova, con particolare riferimento agli esiti dell'elaborato peritale eseguito sulle intercettazioni. La ricorrente evidenzia che l'impianto probatorio a sostegno della motivazione e' rappresentato esclusivamente dall'esito delle intercettazioni telefoniche ed ambientali. La perizia trascrittiva sarebbe, tuttavia, stata trascurata. Il giudice del gravame ha infatti omesso di approcciarsi in modo critico alle motivazioni della sentenza di primo grado, riportando stralci della motivazione della prima sentenza e riproponendo passaggi di intercettazioni il cui contenuto si e' rivelato, all'esito dell'elaborato peritale, difforme dai brogliacci formati in sede di indagine. La corte ha quindi completamente travisato e ignorato gli esiti difformi della perizia, riportando in sentenza le medesime intercettazioni superate dall'appendice istruttoria tenutasi nel corso del secondo grado. Nella parte della intercettazione in cui gli interlocutori si pongono l'interrogativo della destinazione delle telecamere, la Corte commette un macroscopico vizio di travisamento della prova, incorrendo in un vero e proprio errore di sintassi argomentativa ignorando genericamente quanto addotto dalla difesa: al tenore letterale dell'intercettazione in parola, la Corte antepone, erroneamente a detta del ricorrente, una presunzione priva di riscontro (riguardante la sicura conoscenza della (OMISSIS) dell'attivita' investigativa in corso diretta nella direzione del (OMISSIS)), destituendo di rilevanza il contenuto stesso dell'accertamento peritale. Altro errore macroscopico si ravvisa, secondo la difesa, nella parte in cui, con riferimento all'episodio del 22.6.2017 (in cui la (OMISSIS), avrebbe detto a ‘lui' ( (OMISSIS)) "vedi... le telecamere", nel passaggio del brogliaccio relativo all'intercettazione in cui le parti parlano in riferimento ad un soggetto terzo che era stato informato di alcuni fatti, pur avendo affermato il perito che questo soggetto non fosse il (OMISSIS), ma il marito della (OMISSIS)"a Corte non considera il suddetto approdo peritale ma afferma che le parti si riferissero al (OMISSIS) stesso. Peraltro, il fatto che il soggetto cui si fa riferimento nella conversazione fosse il marito della (OMISSIS) e' un elemento di cruciale importanza, in quanto chiarirebbe che la (OMISSIS), non ha mai riferito al (OMISSIS) delle telecamere, e non vi sarebbe pertanto alcun favoreggiamento. Inoltre, nella conversazione si fa riferimento ad un certo Leonardo, che si ritiene essere il figlio di (OMISSIS), ma da questo la Corte fa discendere un senso diametralmente opposto a quello reale e sfavorevole alla (OMISSIS). Il travisamento della prova si fonda, dunque sulla parte di motivazione in cui la Corte trascura in maniera miope le risultanze dell'istruttoria dibattimentale, nella specie l'esito dell'elaborato peritale, formulando piuttosto una tesi alternativa, priva di senso logico e totalmente spuria rispetto allo stesso elaborato peritale. Con riferimento ad un altro episodio, verificatosi il 28.11.2017 (riguardante quanto appreso dagli inquirenti da un'intercettazione ambientale di una conversazione intercorsa tra la (OMISSIS) e (OMISSIS), e nella quale la (OMISSIS) si era rifiutata di far fare al (OMISSIS), una telefonata col suo telefono affermando che il suo telefono fosse sotto controllo per una non meglio specificata situazione). La difesa, al fine di contraddire l'assunto accusatorio, ha chiesto e ottenuto la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale al fine di acquisire il fascicolo delle indagini che aveva visto la (OMISSIS), imputata del reato di cui all'articolo 612-bis c.p. Tale richiesta era volta a evidenziare come la conversazione qui contestata fosse in realta' solamente un tentativo della (OMISSIS) di non compromettere la propria figura, stante la conoscenza della stessa di indagini a proprio carico. Anche in questo caso, secondo il ricorrente, la Corte ha travisato la prova e ne ha svalutato la capacita' dimostrativa, affermando che l'argomento difensivo "e' privo di rilevanza". La Corte ha cosi' travisato quanto emerso dall'acquisizione del fascicolo relativo alle indagini, il quale, secondo il ricorrente, avrebbe invece dimostrato che quanto detto dalla (OMISSIS), avrebbe avuto il solo obiettivo di tutelare la stessa da eventuali circostanze anomale che una simile chiamata telefonica avrebbe potuto determinare. Peraltro, sempre sul punto, la Corte motiva in modo contraddittorio, dando una duplice lettura del dato probatorio (il Giudice evidenzia prima che l'opposizione alla chiamata della (OMISSIS) era stata determinata dalla volonta' di evitare ogni coinvolgimento dell'imputato nelle investigazioni e poi che il motivo di tale rifiuto era invece legato al non voler essere pregiudicata dai contatti con l'imputato), ma valorizzando solamente quella affine all'assunto accusatorio e viceversa non valorizzando la lettura alternativa. 6.2. Al secondo motivo di ricorso si deduce violazione di legge penale e mancanza di motivazione. La violazione di legge e' lamentata con riferimento ad un terzo episodio, risalente al (OMISSIS), consistente in una conversazione captata a bordo dell'autovettura della (OMISSIS). Tale conversazione e' stata posta a fondamento dell'impianto accusatorio e ritenuta di particolare rilevanza in quanto idonea a integrare gli estremi del delitto contestato. Si assiste anche qui a un travisamento della prova con particolare riferimento agli esiti dell'elaborato peritale, laddove il Giudice riporta acriticamente gli estremi della motivazione della sentenza di primo grado, trascurando di riportare il contenuto integrale della conversazione e omettendo di contestualizzare quanto emerso nel corso dell'appendice istruttoria di secondo grado. Alcune delle frasi riprese, infatti, sono, a parere della difesa, state totalmente disancorate dalla intercettazione integrale facendole assumere un significato negativo e impedendo di apprezzarne il senso letterale. Dallo stralcio di conversazione riportato emergerebbe un riferimento delle parti a (OMISSIS). Se si riporta. invece anche la porzione di intercettazione precedente e' possibile apprezzare il senso reale della conversazione, ovvero il riferimento delle parti ad un politico locale. La Corte incorre in un errore macroscopico di valutazione della prova travisandone completamente il contenuto e collocandolo a pieno titolo nell'alveo del reato contestato. Ma la motivazione appare viziata laddove il Giudice, oltre ad incorrere in un'erronea valutazione delle prove, pone a fondamento della contestazione non dati oggettivi, bensi' un presunto "senso di frustrazione" percepito nelle parole della (OMISSIS), che dovrebbe divenire elemento oggettivo e soggettivo di riscontro del reato contestato, in quanto dimostrazione di consapevolezza (quando invece non identifica un elemento tipico del delitto di favoreggiamento). Inoltre, la Corte non avrebbe chiarito in cosa consisterebbe la condotta di favoreggiamento. Secondo la difesa, nel caso in parola difettano, in maniera macroscopica, tutti gli elementi richiesti dall'articolo 378 c.p., ovvero la consapevolezza che un delitto e' stato realizzato, la condotta diretta consapevolmente ad aiutare taluno ad eludere la sorveglianza e la consapevolezza della direzione delle indagini nei confronti del soggetto da favorire: cio', in primo luogo, perche' la conoscenza del reato nel caso di specie non puo' farsi discendere dalla mera pregressa conoscenza tra le parti; in secondo luogo perche', oltre ad escludersi la capacita' dell'episodio di favorire qualcuno anche astrattamente, difetta altresi' di altra funzionalita' alla realizzazione di qualsiasi condotta favoreggiatrice. 6.3. Al terzo motivo di ricorso si deduce erronea applicazione di legge e vizio di motivazione in riferimento al trattamento sanzionatorio. In proposito si afferma che la Corte di Appello ha confermato la sentenza di primo grado nella parte in cui e' stata negata alla (OMISSIS), la concessione delle circostanze attenuanti generiche con macroscopico errore di giudizio, con riferimento alla valutazione dei presupposti che il decidente deve valutare ai fini della concessione del beneficio invocato. In particolare, l'incensuratezza costituisce uno dei presupposti sulla base del quale, secondo la giurisprudenza della Cassazione, e' possibile fondare la concessione delle attenuanti generiche. Invece, la Corte lo ha addirittura valutato come elemento di segno contrario imprescindibile per la realizzazione del fatto contestato. Tale argomentazione appare, quindi, errata oltre che priva di ancoraggio normativo, riscontrandosi da sempre nella giurisprudenza di legittimita' una valorizzazione in senso positivo di questo elemento e non riscontrandosi invece significative valorizzazioni nel senso opposto. Il Giudice avrebbe quindi irragionevolmente fondato il diniego delle circostanze attenuanti generiche. 7. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione - a mezzo del difensore - (OMISSIS), deducendo i seguenti motivi: 7.1. Al primo motivo di ricorso si deduce vizio di motivazione, con riferimento al mancato apprezzamento di argomentazioni difensive. Dal capo d) dell'imputazione si evince che la condotta di favoreggiamento del (OMISSIS) poggerebbe su tre soli indizi, in quanto l'imputato avrebbe, in tre giorni distanti l'uno dall'altro, messo a disposizione del (OMISSIS) un immobile intestato al fratello disabile da destinare a incontri riservati, bonificato l'autovettura usata per accompagnare il (OMISSIS), offerto copertura al (OMISSIS) prima, durante e dopo un incontro riservato avvenuto in localita' (OMISSIS). Su questi tre punti la Corte si e' limitata a riportare testualmente la sentenza del GUP, omettendone una lettura autonoma e disattendendo i rilievi dell'imputato, mentre su altre argomentazioni decisive mancherebbe del tutto la motivazione. 7.2. Al secondo motivo di ricorso deduce inosservanza di norma processuale stabilita a pena di nullita', in relazione etc), alla mancata correlazione tra l'imputazione contestata e la sentenza e alla nullita' per difetto di contestazione, con riferimento all' articolo 516 c.p.p., e ss.. Il ricorrente contesta in primo luogo quanto detto dalla Corte di secondo grado in merito alla necessita' di valutare nel loro insieme le risultanze processuali del giudizio di appello senza addivenire a frazionamenti o decontestualizzazioni improprie delle risultanze probatorie: secondo la difesa, tale conclusione sarebbe priva di logicita' in quanto ogni coimputato dovrebbe rispondere per il solo fatto proprio. La Corte nella motivazione ha, in questo quadro, enfatizzato uno sfogo del (OMISSIS), avvenuto il (OMISSIS), in cui il (OMISSIS) parlando da solo avrebbe simulato una richiesta al (OMISSIS) poi in realta' mai rivolta a quest'ultimo: il richiamo a questo sfogo in sentenza per motivare la affermazione di responsabilita' non e', secondo la difesa, pertinente, anche perche' non corroborato dalle indagini posteriori. Altrettanto si sostiene in riferimento al riportato sfogo del (OMISSIS), con la sua compagna, il cui apprezzamento da parte della Corte e' ritenuto dalla Difesa del tutto illogico e in violazione di legge, oltre che estraneo al thema decidendum. Inoltre, con riferimento al ruolo di autista del (OMISSIS) ricoperto dal (OMISSIS) in piu' occasioni, la Corte avrebbe travisato i fatti, in quanto il (OMISSIS), lo avrebbe accompagnato nelle tre occasioni contestate, alla luce del sole, come se fosse un taxista. 7.3. Al terzo motivo di ricorso deduce violazione di legge e vizio di motivazione sempre in punto di responsabilita'. Con riferimento al primo addebito, relativo alla messa a disposizione del (OMISSIS) dell'alloggio del fratello di (OMISSIS), il ricorrente confida in un controllo di legittimita' sulle argomentazioni riportate in sentenza, ritenendo che le chiacchiere di un bracciante non possono assurgere a prova di un reato grave come quello in parola. Le motivazioni addotte dalla Corte d'Appello costituiscono per il ricorrente delle mere ipotesi che, seppur emerse da alcune conversazioni, non si sono effettivamente mai verificate. Con riferimento al secondo addebito, relativo alla bonifica dell'autovettura utilizzata per accompagnare il (OMISSIS), si rileva un primo evidente errore allorche' si afferma che il (OMISSIS) si recava a (OMISSIS), in compagnia del (OMISSIS), per bonificare l'autovettura, quando in realta' pare chiarito dal processo e dalla stessa sentenza che l'assunto non sia vero, e sia stato travisato dalla Corte. Quindi, con una serie di motivazioni la Corte afferma che la bonifica vi sia stata, mentre a detta del ricorrente non e' cosi': pertanto quest'ultimo chiede un controllo di legittimita' per sgomberare il campo da una accusa del tutto priva di fondamento. Con riferimento al terzo addebito, ovvero la "copertura" nella contrada di (OMISSIS), il (OMISSIS), avrebbe ricoperto il ruolo di mero autista, senza offrire copertura al (OMISSIS). Inoltre, si ricavano dati a discolpa del (OMISSIS), anche dal successivo e sincero colloquio intervenuto tra questi e suo figlio: in primo luogo si ricava che quanto emerso dal dialogo tra il (OMISSIS) e la compagnia non e' frutto di conoscenze riservate ai favoreggiatori, bensi' frutto di notizie e letture note a qualunque cittadino del luogo; in secondo luogo, pare che nell'accompagnarlo, il conduttore non sia venuto a sapere nulla ne' prima ne' dopo l'incontro. Manca quindi, o comunque e' illogica, la motivazione, e anche tale addebito non sarebbe attribuibile al (OMISSIS). 7.4. Al quarto motivo di ricorso si deduce vizio di motivazione in riferimento ai paragrafi IV, V e VI del primo motivo di appello. Nei detti paragrafi dell'atto di appello erano state dedotte altre ragioni per escludere la sussistenza del reato in parola. Rispettivamente: la non continuita' e attualita' della condotta, la mancanza di indizi gravi precisi e concordanti, le conclusioni sull'incertezza della prova. 7.5. Al quinto motivo di ricorso si deduce violazione di legge penale e vizio di motivazione, in relazione all'articolo 416-bis c.p., in ordine all'esclusione della contestata aggravante. Per confermare la sussistenza dell'aggravante, la Corte ha puntato sul dialogo tra (OMISSIS) e la compagna, nel corso del quale il ricorrente avrebbe accennato ad un asserito ruolo del (OMISSIS), che in realta' non e' sussistente. La Corte non avrebbe pero' fornito risposta all'interrogativo se l'autista (OMISSIS), avesse svolto un ruolo in favore del passeggero ovvero nell'interesse della presunta associazione. Peraltro, lo stesso giudice di prime cure si era accorto della "assenza di specifica contestazione in tal senso", ma aveva comunque ritenuto di applicare l'aggravante. La condanna e' da ritenersi pertanto errata sia per mancata correlazione tra accusa e sentenza, sia perche' non sono stati enucleati e debitamente provati gli elementi essenziali. Occorrerebbe la prova certa di una condotta materiale in favore dell'intera associazione e non soltanto di un associato, oltre alla necessaria coscienza e volonta' di favorire l'associazione "(OMISSIS)", mentre sul punto una motivazione e' del tutto mancante, o comunque illogica. 7.6. Al sesto motivo di ricorso si deduce violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al trattamento sanzionatorio. Il ricorrente afferma che la Corte non ha sostanzialmente risposto e motivato in ordine alle doglianze mosse con i motivi di appello. La difesa, infine, fa riferimento anche al fatto che il ricorrente, nelle more del primo e del secondo grado, e' stato anche sottoposto agli arresti domiciliari e poi scarcerato, e ha sempre mantenuto un comportamento ineccepibile durante il corso del procedimento, motivo per cui ritiene giusto, vista anche la sua posizione del tutto secondaria nel processo in corso, che si limiti a scontare un residuo di pena. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso proposto da (OMISSIS) e' infondato, per le ragioni che seguono. 2. Il primo motivo articola doglianze in punto di responsabilita' e va letto unitamente al secondo, che si dirige alla qualificazione giuridica. 2.1 Va premessa la illustrazione di alcuni principi di diritto in punto di vizio di motivazione, specie li' dove la critica si presenti - come nel caso in esame - diretta a neutralizzare la valenza argomentativa dei singoli elementi di prova. Il sistema processuale vigente offre una doppia fase di giudizio di merito intendendosi per tale quello idoneo ad operare la compiuta ricostruzione del fatto oggetto di giudizio - cui segue una fase di controllo il cui oggetto, perimetrato dai motivi legali di ricorso, consiste essenzialmente nella verifica della correttezza della decisione in diritto (corretta applicazione delle norme di diritto sostanziale, esistenza o meno di violazioni procedurali tali da importare nullita' o altra sanzione processuale non sanata) e nel controllo non gia' del ‘fatto' quanto della motivazione espressa a sostegno della sua ricostruzione (secondo i tradizionali canoni della assenza, manifesta illogicita' o contraddittorieta'). Si suole affermare che il giudizio di legittimita', pertanto, non si costruisce sull'esame delle possibilita' rappresentative - anche plausibili - del fatto, ma sulla opzione del fatto come recepita dal giudice di merito, nel senso che il controllo sulla corretta applicazione dei canoni logici e normativi che presidiano l'attribuzione del fatto all'imputato passa necessariamente attraverso l'analisi dello sviluppo motivazionale della decisione impugnata e della sua interna coerenza logico-giuridica, non essendo possibile compiere in sede di legittimita' "nuove" attribuzioni di significato o realizzare una diversa lettura dei medesimi dati dimostrativi e cio' anche nei casi in cui si ritenga preferibile una diversa lettura, maggiormente esplicativa, e sempre che non sia rilevabile un vizio tale da comportare l'annullamento (si veda, ex multis, Sez. VI n. 11194 del 8.3.2012, Lupo, Rv 252178). Non puo', dunque, prescindersi da un dato di fondo: la decisione di merito tende a porsi necessariamente come una adeguata e razionale sintesi dei temi dimostrativi emersi nel processo, attraverso un tentativo di organica reductio ad unum degli argomenti trattati sul quesito iniziale posto dalla formulazione della imputazione. In tale sua dimensione finalistica, se e' vero che sussiste l'obbligo normativo di esplicitare - in un modello dialettico - non soltanto le ragioni (e le prove) che sostengono la decisione presa ma anche quelle da cui e' stata dedotta la inattendibilita' delle ‘prove contrarie' (articolo 546 c.p.p., comma 1 lettera e), cio' non si traduce in un dovere di confutazione espressa - da parte del giudice di merito della valenza potenzialmente antagonista di ogni singolo elemento acquisito al processo, potendo emergere, nell'ambito della necessaria sintesi di cui sopra, la linea interpretativa della decisione tramite la valorizzazione di dati dal chiaro contenuto di asseverazione della opzione prescelta, il che consente di ritenere (anche in modo implicito) disattese argomentazioni diverse. Come e' stato efficacemente affermato gia' da Sez. V, n. 8411 del 21.5.1992 (rv 191487), il vizio di motivazione non puo', pertanto, essere ravvisato sulla base di una critica frammentaria dei singoli punti di essa; la sentenza, infatti, costituisce un tutto coerente ed organico, onde, ai fini del controllo critico sulla sussistenza di una valida motivazione, ogni punto di essa non puo' essere preso a se', ma va posto in relazione agli altri. 2.2 La premessa di cui sopra risulta necessaria proprio in ragione della tecnica di redazione del ricorso, che tende a ‘scomporre' la valenza indiziante dei singoli elementi di prova a carico del (OMISSIS), elementi che - seppur eterogenei - vanno sempre letti in modo congiunto e non atomistico. Con cio' si intende dire: a) che correttamente, in diritto, la decisione di secondo grado, a fronte di un duplice giudicato di condanna per il delitto di associazione mafiosa (con ruolo direttivo accertato sino al 2013) ha ritenuto di non poter prescindere, nell'esame dei dati probatori, da simili esiti (rilevanti ai sensi dell'articolo 238-bis c.p.p.), sicche' il tema di prova e' rappresentato dalla "continuita'" di un ruolo gia' ricoperto in passato dal (OMISSIS). Cio' se da un lato non comporta attenuazioni della presunzione di non colpevolezza (sul punto si concorda con il ricorrente), dall'altro consente di attribuire agli elementi di prova raccolti nel processo una eventuale valenza ‘sintomatica' della ri-assunzione (dopo il periodo di detenzione) di ‘quel'ruolo gia' ricoperto in precedenza dal (OMISSIS) medesimo; b) che correttamente, in diritto, la decisione di secondo grado ha posto in correlazione tra loro elementi di prova tratti da fonti diverse (dichiarazioni, captazioni di conversazioni, comportamenti), ma tutti ‘indicativi', in modo univoco, della perdurante influenza del (OMISSIS) sulle dinamiche relazionali ed economiche del territorio agrigentino in cui era rientrato ad abitare dopo la scarcerazione del (OMISSIS). Cio' perche' la dimostrazione del ruolo associativo in ambito mafioso (una volta accertata con precedenti giudicati la ricorrenza della compagine associativa in quanto tale, tema non oggetto di specifica doglianza difensiva) ben puo' derivare dall'analisi congiunta di singoli "segmenti fattuali" li' dove si tratti di episodi storici capaci di illustrare in concreto la capacita' del soggetto in questione di recare un apporto al sodalizio o, comunque, espressivi di un ruolo dirigenziale (si veda, in proposito, la consolidata affermazione secondo cui la prova di condotte partecipative o direttive ben puo' derivare da ‘indicatori logici', risalente a Sez. U Mannino del 2005). 2.3 In simile quadro, la fondatezza della doglianza difensiva, sia sulla responsabilita' che sulla qualificazione del ruolo direttivo del (OMISSIS), (secondo motivo), potrebbe essere affermata solo nel caso in cui le "circostanze fattuali" censite in sede di merito e ritenute indicative della "perduranza del ruolo",fossero, in realta', non dotate di alcuna attitudine indicativa, con scorretta attribuzione della valenza rappresentativa, sul piano della logica inferenziale. Ma cosi' non e', sia in riferimento ai singoli dati dimostrativi che in rapporto alla loro valutazione congiunta. In particolare: a) l'apporto dichiarativo reso dal (OMISSIS) e' stato sottoposto ad accurato vaglio critico da parte della Corte di Appello (che ha confermato i profili di attendibilita' intrinseca) ed e', sul piano logico, risultato idoneo ad offrire (anche in rapporto al periodo posteriore alla scarcerazione del (OMISSIS)) uno dei ‘segmenti fattuali' che concorrono a integrare la materialita' della condotta, rappresentato dall'interessamento del (OMISSIS) circa l'esistenza o meno della relazione sentimentale tra il (OMISSIS) e la moglie di altro affiliato. Si tratta di un elemento che correttamente, sul piano delle massime di esperienza relative al fenomeno mafioso, e' stato ritenuto significativo. Cio' perche' il sospetto circa l'esistenza della relazione creava attriti interni alla organizzazione (v. pag. 22 e ss. della sentenza impugnata) che solo un soggetto ‘di vertice' era legittimato a comporre; b) l'episodio in questione va letto congiuntamente agli altri elementi acquisiti che - contrariamente a quanto prospettato dalla difesa del ricorrente - offrono riscontro logico al ‘rinnovato attivismo mafioso' del (OMISSIS). Ci si riferisce, in particolare, alla captazione intervenuta in data 11 novembre 2018 tra (OMISSIS) Vito(OMISSIS)9Guarneri Antonina (durante la quale il (OMISSIS) indica il (OMISSIS) come capo di tutta la provincia di Agrigento), alla analoga considerazione del ruolo di vertice del (OMISSIS) espressa da 3SALVATO MARIA, in altra conversazione captata (in data (OMISSIS)), alla stessa realizzazione della "rete di protezione" che consentiva al (OMISSIS) di monitorare il territorio e spostarsi senza essere fermato dalle forze dell'ordine (si veda l'episodio del 1 marzo 2018 con acquisto del rilevatore di microspie), alla accertata influenza del (OMISSIS) sulla esecuzione di opere edilizie (episodi dell'interessamento in favore del 2TABONE (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS)1SUTERA (OMISSIS) (OMISSIS)1SUTERA (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS)1SUTERA (OMISSIS) (OMISSIS)2TABONE GIUSEPPE (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS)2TABONE (OMISSIS)1SUTERA (OMISSIS)10Rizzuto Calogero (OMISSIS)2TABONE (OMISSIS)1SUTERA (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS)3SALVATO MARIA (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS)3SALVATO (OMISSIS)2TABONE (OMISSIS)1SUTERA (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS)1SUTERA (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS)4VACCARO Vito (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS)1SUTERA (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS)4VACCARO (OMISSIS) (OMISSIS)4VACCARO (OMISSIS)1SUTERA (OMISSIS)1SUTERA (OMISSIS)4VACCARO (OMISSIS)1SUTERA (OMISSIS) (OMISSIS)4VACCARO (OMISSIS) (OMISSIS)4VACCARO (OMISSIS)1SUTERA (OMISSIS) (OMISSIS)1SUTERA (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS)1SUTERA LEO (OMISSIS) (OMISSIS)2TABONE GIUSEPPE (OMISSIS)3SALVATO MARIA(OMISSIS)4VACCARO Vito (OMISSIS)

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ANDREAZZA Gastone - Presidente Dott. ACETO Aldo - Consigliere Dott. SEMERARO Luca - Consigliere Dott. MACRI' Ubalda - rel. Consigliere Dott. ANDRONIO Alessandro M. - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nata a (OMISSIS); (OMISSIS), nata a (OMISSIS); avverso l'ordinanza in data 08/04/2022 del Tribunale di Venezia; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere Ubalda Macri'; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Felicetta Marinelli, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi; udito per la ricorrente (OMISSIS) l'avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l'accoglimento dei ricorsi. RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza in data 8 aprile 2022 il Tribunale del riesame di Venezia ha rigettato l'istanza di (OMISSIS) e (OMISSIS) avverso il decreto di sequestro preventivo emesso nell'ambito di un complesso procedimento relativo a un collaudato sistema fraudolento in cui erano coinvolti la (OMISSIS) e altri soggetti, realizzato attraverso societa' cartiere o con la compensazione del debito d'imposta con insussistenti crediti derivanti da un'attivita' di ricerca e sviluppo mai realizzata. 2. La (OMISSIS), che agisce in qualita' di terza intestataria dei beni sequestrati, ricorre per cassazione sulla base di due motivi. Con il primo deduce la violazione di norme processuali per omessa motivazione su un punto decisivo del tema cautelare. Sostiene che il sequestro era stato disposto sui beni, anche cointestati, del marito, per cui dovevano essere esclusi quelli conferiti nel fondo patrimoniale perche' di sua esclusiva proprieta'. Con il secondo deduce la violazione di legge e la violazione di norme processuali, perche' non era stata dimostrata la disponibilita' dei beni da parte del marito. 3. La (OMISSIS) invece ricorre per cassazione solo per la violazione di legge, mancando la motivazione del fumus dei reati contestati di cui agli articolo 2, 5, 8, 10-ter e 10-quater Decreto Legislativo n. 74 del 2000, sostenendo di essere amministratrice solo formale e di non avere consapevolezza dei reati altrui, lamentando l'omessa verifica della capienza patrimoniale della societa'. CONSIDERATO IN DIRITTO 4. Il ricorso della (OMISSIS) e' nel complesso infondato. L'articolo 12-bis Decreto Legislativo n. 74 del 2000 prevede la confisca diretta dei beni che costituiscono il profitto o il prezzo di uno dei delitti previsti dal decreto legislativo, salvo che appartengano a persona estranea al reato. Si considera "persona estranea al reato", colui che non abbia commesso il reato, non abbia tratto vantaggi dall'altrui attivita' criminosa e che sia in buona fede, non potendo conoscere, con l'uso della diligenza richiesta dalla situazione concreta, l'utilizzo del bene per fini illeciti (Sez. 3, n. 45558 del 16/11/2022, Poste Italiane, Rv. 284054 - 02; n. 42008 del 05/10/2022, Ricci, Rv. 283713 - 01; n. 42778 del 26/05/2017, Consoli, Rv. 271441; Sez. 1, n. 29197 del 17/06/2011, (OMISSIS) S.p.A., Rv. 250804-01). Nel caso in esame, il sequestro prodromico alla confisca e' stato disposto nei confronti dell'indagato (OMISSIS) ed esteso dal GIP anche ai beni cointestati con la moglie (OMISSIS). Il GIP ha ricostruito che dalle indagini era emerso che la (OMISSIS) era la diretta destinataria delle somme provento dell'evasione fiscale poiche' era stata formalmente assunta presso alcune delle societa' gestite dal marito, anche se non vi lavorava come dichiarazioni degli informatori, cio' nonostante era in possesso delle cosiddette "carte soldo" di varie societa' attraverso le quali percepiva circa 10.000 Euro mensili, era delegata a operare sui conti correnti, era titolare insieme al marito della procura irrevocabile a vendere la (OMISSIS). Percio' certamente non una "persona estranea al reato", bensi' una persona pienamente consapevole degli illeciti perpetrati dal marito da cui traeva vantaggi personali. Tale ricostruzione e' stata confermata dal Tribunale del riesame e non specificamente contestata dalla (OMISSIS) che ha focalizzato la sua difesa sulla titolarita' esclusiva dei beni immobili, ancorche' confluiti in fondo patrimoniale, e sull'assenza di motivazione della loro disponibilita' da parte del marito. Nella prospettiva del Tribunale del riesame, la costituzione del fondo patrimoniale e' elemento di per se' irrilevante, poiche' e' pacifica in giurisprudenza la sequestrabilita' dei relativi beni su cui e' impresso solo un vincolo di destinazione laddove il titolare ne conservi la disponibilita' (si veda tra le piu' recenti, Sez. 3, n. 23621 del 17/07/2020, Zamattio, Rv. 279824-01), e' invece rilevante la disponibilita' da parte del (OMISSIS) che e' stata desunta dalla stessa coabitazione, trattandosi della casa coniugale. La decisione e' in linea con il consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimita' secondo cui la disponibilita' non coincide con la proprieta' ma con il possesso (Sez. 3, n. 34602 del 31/03/2021, Roveta Emiliana', Rv. 282366-01). A differenza di quanto dedotto dalla difesa, vi e' la motivazione sulla disponibilita' sia nell'ordinanza del GIP che in quella del Tribunale del riesame, per cui la censura sollevata con il secondo motivo attiene piuttosto alla persuasivita' del percorso logico-argomentativo seguito, cio' che esula dalla cognizione del giudice di legittimita'. Con il primo motivo la difesa ha affermato la titolarita' esclusiva dei beni conferiti nel fondo patrimoniale perche' acquisiti in proprio, richiamando la tesi giurisprudenziale dell'irrilevanza del vincolo di destinazione rispetto alla proprieta'. Sul tema tuttavia va rimarcato, in aggiunta alle considerazioni svolte e di per se' decisive, che l'articolo 168 c.c. stabilisce che la proprieta' dei beni costituenti il fondo patrimoniale spetta a entrambi i coniugi, salvo che sia diversamente stabilito nell'atto di costituzione. Cio' comporta pacificamente nella giurisprudenza civile la legittimazione di entrambi i coniugi (anche di quello non originariamente proprietario) ad agire nonche' ad essere evocati in giudizio, operando il litisconsorzio necessario (tra le piu' recenti Sez. 6, ord., n. 5768 del 22702/2022, Rv. 664077-01). Percio', a differenza di quanto dedotto dalla ricorrente, i beni, anche se originariamente in proprieta' personale del coniuge non indagato, una volta conferiti nel fondo patrimoniale, entrano nella titolarita' di entrambi i coniugi e come tali possono essere appresi in seguito al procedimento penale a carico del coniuge indagato che ne abbia la disponibilita'. 5. Il ricorso della (OMISSIS) e' invece manifestamente infondato, perche' il Tribunale del riesame, non solo ha motivato in merito al fumus dei reati contestati, ma ha anche evidenziato che la ricorrente era l'amministratrice di diritto della societa' beneficiaria dei profitti illeciti, il che di per se' ne determinava la responsabilita', senza poi considerare l'ulteriore elemento della consapevolezza delle condotte illecite altrui e quindi la responsabilita' per concorso. La mera accettazione della carica attribuisce infatti all'amministratore di diritto i doveri di vigilanza e controllo, il cui mancato rispetto comporta una responsabilita' penale o a titolo di dolo generico, per la consapevolezza che dalla condotta omissiva possano scaturire gli eventi tipici del reato, o a titolo di dolo eventuale per la semplice accettazione del rischio che questi si verifichino (tra le piu' recenti, Sez. F., n. 42897 del 09/08/2018, C., Rv. 273939-02). Quanto al sequestro dei beni personali, a differenza di quanto dedotto dalla difesa, il Tribunale del riesame ha evidenziato che non risultava raggiunto l'ammontare del profitto dei reati grazie ai sequestri finalizzati alla confisca diretta, motivazione sufficiente in base alla cognizione sommaria di tale fase. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso di (OMISSIS) debba essere rigettato con conseguente condanna della ricorrente, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali e che il ricorso di (OMISSIS) debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per la ricorrente, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi e' ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita'", si dispone che la ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. Rigetta il ricorso di (OMISSIS) e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dichiara inammissibile il ricorso di (OMISSIS) che condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

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