Sentenze recenti ripartizione spese condominiali

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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI NOCERA INFERIORE II SEZIONE CIVILE in composizione monocratica e nella persona del dott.ssa Martina Fusco, in funzione di giudice unico, pronuncia ai sensi dell'art. 281-sexies c.p.c. la seguente SENTENZA nella controversia civile iscritta al n. 2926 del Ruolo Generale Affari Contenziosi dell'anno 2015, vertente TRA (...), elett.te dom. presso lo studio dell'avv. (...), dal quale è rapp.to e difeso, giusta procura in atti ATTORE E (...), in persona del legale rapp.tep.t., elett.te dom.to presso lo studio dell'avv. (...), dalla quale è rapp.to e difeso, giusta procura in atti CONVENUTO Oggetto: impugnativa delibera assembleare RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE La presente decisione è adottata ai sensi dell'art. 281-sexies c.p.c. e, quindi, è possibile prescindere dalle indicazioni contenute nell'art. 132 c.p.c. Infatti, l'art. 281-sexies c.p.c., consente al giudice di pronunciare la sentenza in udienza al termine della discussione dando lettura del dispositivo e delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, senza dover premettere le indicazioni richieste dal secondo comma dell'art. 132 c.p.c., perché esse si ricavano dal verbale dell'udienza di discussione sottoscritto dal giudice stesso. Pertanto, non è affetta da nullità la sentenza, resa nella forma predetta, che non contenga le indicazioni riguardanti il giudice e le parti, le eventuali conclusioni del P.M. e la concisa esposizione dei fatti e dei motivi della decisione (Cass. civ., Sez. III, 19 ottobre 2006, n. 22409). Ancora, in tale sentenza è superflua l'esposizione dello svolgimento del processo e delle conclusioni delle parti, quando questi siano ricostruibili dal verbale dell'udienza di discussione e da quelli che lo precedono (Cass. civ., Sez. III, 11 maggio 2012, n. 7268; Cass. civ., Sez. III, 15 dicembre 2011, n. 27002). Con atto di citazione regolarmente notificato, (...) impugnava la delibera assembleare del 13/02/2015 approvata dall'assemblea del (...), cui l'attore non aveva partecipato. A sostegno della propria domanda, in particolare, deduceva quale primo motivo di impugnazione, l'inadempimento dell'amministratore di condominio alla richiesta di consegna della documentazione richiesta; quale secondo motivo di impugnazione, allegava numerosi vizi della delibera impugnata - di approvazione del bilancio consuntivo. In particolare: - erronea applicazione dell'aliquota per la determinazione della rivalsa da addebitare, a titolo di contributo iscrizione Gestione Separata - Inps, per il compenso dell'amministratore; - erronea determinazione del compenso amministratore; - erronea rendicontazione della quota per la manutenzione ascensore Scala A; - erronea rendicontazione della quota per la pulizia Scala A e per la pulizia Piazzale; - erronea rendicontazione della quota dovuta per la verifica biennale dell'ascensore Scala A. Concludeva, quindi, chiedendo la declaratoria di nullità della delibera impugnata, con vittoria di spese. Si costituiva in giudizio il (...) convenuto, il quale, in persona del proprio amministratore e l.r.p.t, contestava tutto quanto ex adverso dedotto ed eccepito, ed in particolare rimarcava la legittimità di tutto gli addebiti rendicontati in bilancio; specificava, inoltre, che tutta la documentazione richiesta era stata in effetti consegnata all'attore. Concludeva, pertanto, per il rigetto della domanda, con vittoria di spese. Veniva espletata l'istruttoria ritenuta rilevante, ed in particolare veniva disposta CTU volta alla verifica della regolarità delle rendicontazioni effettuate in sede di bilancio approvato. Depositata la perizia, la causa veniva ritenuta matura per la decisione. L'udienza del 23/05/2024, disposta per la discussione ex art 281 sexies c.p.c., veniva sostituita dal deposito di note di trattazione scritta; nessuna delle parti costituite proponeva opposizione alla suddetta modalità di trattazione nel termine stabilito dalla legge e, anzi, entrambe depositavano note, in cui concludevano riportandosi a tutte le difese in atti. Il giudizio viene pertanto deciso con la presente pronuncia, allegata al provvedimento ex art 127 ter c.p.c.. Preliminarmente, non può dubitarsi della legittimazione attiva dell'attore; ed infatti, l'art. 63 co 4 delle disp. att. del codice civile stabilisce, nel caso di vendita di un immobile facente parte di condominio, la solidarietà dell'alienante e dell'acquirente rispetto ai debiti di natura condominiale relativi all'annualità in corso e a quella precedente alla data della vendita. Permane, pertanto, l'interesse dell'attore alla pronuncia in esame. Nel merito, la domanda va rigettata per le ragioni che qui si diranno. Quanto alla mancata consegna di documenti, va rilevato in primo luogo che per la costante giurisprudenza di legittimità "se ciascun comproprietario ha la facoltà di richiedere e di ottenere dall'amministratore del condominio l'esibizione dei documenti contabili in qualsiasi tempo e senza avere neppure l'onere di specificare le ragioni della richiesta finalizzata a prendere visione o estrarre copia dai documenti, è altresì certo che l'esercizio di tale facoltà non deve risultare di ostacolo all'attività di amministrazione, nè rivelarsi contraria ai principi di correttezza" (tra le altre, in questi termini, Cass. Civ. Sez. VI-2, 28/07/2020, n. 15996; Cass. Civ. Sez. 2, 21/09/2011 n. 19210; Cass. civ. Sez. 2, 29/11/2001, n. 15159). In sostanza, se è vero che in capo all'amministratore grava l'onere di esibizione dei documenti contabili, è anche vero che le richieste del singolo condomino non posso costituire violazione del principio di leale collaborazione tra le parti, rappresentando un ostacolo per lo svolgimento dell'attività dell'amministratore. Ebbene nel caso in esame, deve rilevarsi che l'amministratore, tenuto conto della puntuale richiesta da parte del (...) ha prontamente provveduto a rilasciare allo stesso copia della documentazione richiesta, necessaria alla verifica di quanto oggetto del bilancio consuntivo ad approvarsi. Irrilevanti, e contrarie al principio di buona fede, appaiono le ulteriori doglianze mosse dalla parte attrice, a fronte della consegna della documentazione. Quanto, infatti, al registro dell'anagrafe condominiale, l'amministratore ha prontamente provveduto alla consegna dell'elenco dei nominativi dei condomini e a fronte di ciò, l'attore non ha esplicitato le ragioni per cui la documentazione in effetti consegnata, non sarebbe stata idonea. Parimenti è a dirsi quanto al contratto di manutenzione ascensore: la documentazione consegnata, appare idonea, prima facie, alla verifica della rispondenza dei costi con la contabilizzazione operata in consuntivo, ragion per cui non si ravvisa l'incidenza della mancata consegna del contratto sulla validità della delibera assembleare. Ancora, infine, medesimo ragionamento è possibile operare in ordine alla mancata consegna della movimentazione del conto corrente condominiale in quanto dalla documentazione consegnata dall'amministratore è possibile rinvenire il complesso di rapporti dare-avere di cui il condominio era titolare all'epoca. Per altro, tutte le suddette conclusioni sono consolidate proprio dal comportamento dell'attore che, nell'avviare il presente procedimento, ha pedissequamente sottoposto a critica l'operato dell'amministratore proprio sulla base della documentazione dallo stesso pervenuta. Alla luce di ciò, deve senza dubbio ritenersi che la perduranza della richiesta da parte del (...), anche a seguito della consegna da parte dell'amministratore della documentazione, da cui emergono i dati necessari per una consapevole partecipazione all'assemblea di approvazione del consuntivo, rappresenti un ostacolo all'attività dell'amministratore, e una violazione del principio di correttezza, anche alla luce del rapporto di collaborazione verosimilmente richiesto nell'ambito dei rapporti condominiali. Venendo al merito, la questione è stata correttamente rimessa all'accertamento del consulente tecnico d'ufficio, cui è stato, in particolare, demandato, di verificare la rispondenza tra la documentazione contabile in atti e le risultanze del bilancio consuntivo approvato e oggetto di impugnativa. Quanto al primo punto contestato, è stato chiesto al consulente di accertare la regolarità della rivalsa esposta nel compenso amministratore rispetto alla deliberazione assembleare di conferimento dell'incarico. Il CTU sul punto ha in primo luogo premesso che "i professionisti che esercitano un'attività per la quale non è prevista un'apposita cassa di previdenza sono tenuti all'iscrizione alla gestione separata dell'Inps. La gestione separata è un regime contributivo che prevede il pagamento di un contributo annuo, calcolato in percentuale sul reddito imponibile del professionista (...) i soggetti tenuti all'iscrizione alla gestione separata, hanno la facoltà di addebitare in fattura al proprio committente una maggiorazione del 4% del compenso concordato, fermo restando che resta a suo carico l'obbligo del pagamento dei contributi Inps. Addebitando la rivalsa il professionista, in pratica, fa concorrere alla propria contribuzione previdenziale il soggetto committente, chiamato a versare il 4% del compenso, a titolo di rivalsa del contributo previdenziale Inps." Venendo al caso in esame, la consulente ha chiarito che dal consuntivo comparato dal 01/01/2014 al 31/12/2014, risulta un compenso all'amministratore del (...) per complessivi Euro 2.017,39 calcolando la rivalsa al 6% (Euro114,19) e quindi in violazione dell'indicazione normativa del 4%, articolo 1, comma 212, della Legge n. 622/1996: ne discende che il compenso base, senza rivalsa, è pari ad Euro 1.903,20. Calcolando, al contrario, la rivalsa al 4%, la stessa sarebbe pari Euro 76,13: la differenza totale ammonta, quindi, ad Euro38,06, di cui, a credito del condominio (...), Euro 1,48 (Millesimi 34,70 su 997,739). In ordine a tale conclusione, deve in primo luogo anticiparsi, come più in avanti si avrà modo di argomentare approfonditamente, che trattasi dell'unico punto rispetto al quale la CTU ha, in effetti, rilevato una incongruenza. Può, però, ritenersi, che tale incongruenza, per la sua entità minima, non può in alcun modo incidere sulla validità della delibera assembleare impugnata. Sul punto vale specificare che secondo la maggioritaria giurisprudenza di legittimità, "il condomino che intenda impugnare una delibera dell'assemblea, per l'assunta erroneità della disposta ripartizione delle spese, deve allegare e dimostrare di avervi interesse, il quale presuppone la derivazione dalla detta deliberazione di un apprezzabile pregiudizio personale, in termini di mutamento della sua posizione patrimoniale." Cass. civ. ordinanza n. 6128 del 09/03/2017. Per la scarsa entità della differenza sostanziale riscontrata (pari ad Euro 1.48), deve escludersi che il credito derivante possa comportare un apprezzabile mutamento della posizione patrimoniale dell'attore, con conseguente rigetto del relativo punto. Come anticipato, tutti gli altri punti della delibera impugnati, sono stati considerati validi dall'analisi del CTU. Quanto al secondo punto oggetto di contestazione, l'incongruenza degli importi fatturati nel registro di contabilità e nel consuntivo in ordine al compenso dell'amministratore, il CTU ha chiarito che "che il principio di competenza economica è una prassi amministrativa che consiste nel considerare, nel conto economico di un bilancio d'esercizio, solo i costi e i ricavi che si riferiscono e hanno effetto in quel periodo di tempo, a prescindere dalle manifestazioni finanziarie già avvenute o che devono ancora avvenire". Ciò posto, dal bilancio comparato dal 01/01/2014 al 31/12/2014 emerge un costo per compenso amministratore per Euro 2.017,39, che fa correttamente riferimento alle spese di competenza dell'esercizio: la somma non indicata nel registro di contabilità (in cui si fa riferimento solo alla somma di Euro 1.849,27) non è ivi annotata poiché nella compilazione del registro, si fa riferimento al principio di cassa, per cui mancano gli esborsi in effetti non ancora perfezionatisi. "Nel riepilogo finanziario/Stato Patrimoniale, invece, sono stati correttamente inseriti i costi di competenza dell'esercizio ma che alla data del riepilogo non risultano ancora pagati nella voce debiti v/fornitori. È corretto, pertanto, riportare tra i debiti verso fornitori l'importo di Euro 168,12 (ovvero Euro 2.017,39 - Euro 1.849,77). Gli importi sono stati correttamente ripartiti." Con riferimento al terzo punto oggetto di contestazione, la consulente ha chiarito che dalla documentazione in atti risultano tutti i giustificativi relativi alla voce "Manutenzione ordinaria Scala A" - per la cui indicazione specifica si rimanda al corpo della relazione peritale. Pertanto, l'importo di Euro 446,20 risulta correttamente giustificato e correttamente imputato. Parimenti, con riferimento al quarto punto oggetto di contestazione, inerente la spesa di pulizia della scala "A" e del piazzale, la consulente ha chiarito che dalla documentazione in atti risultano le seguenti fatture: - fattura n. 391 del 05/12/2014 relativa al servizio di pulizia per Euro 317,20; - fattura n. 25 del 02/01/2015 relativa al servizio di pulizia del mese di dicembre 2014 per Euro 317,20. Anche nel caso di specie l'amministratore di condominio non ha riportato nel registro di contabilità le voci di costo contestate in ragione dell'applicazione del principio di cassa, in quanto tali uscite non erano state ancora effettuate; le voci sono però presenti nel riepilogo finanziario/Stato Patrimoniale. Pertanto, anche tale importo risulta correttamente ripartito tra i condomini. Infine, con riferimento al quinto punto oggetto di contestazione, con riferimento alle spese di verifica biennale ascensore scala "A", il consulente ha chiarito che nella documentazione in atti risulta la fattura n. 5221 del 07/10/2014 della (...) s.p.a. di complessivi Euro 294,91 e relativa alla verifica periodica dell'impianto ascensore Scala A e (...). Dal bilancio comparato risulta che l'amministratore ha imputato tale costo di competenza dell'anno 2014 per il 50% alla: tabella B "Scala e Ascensore Scala A per Euro 152,25 e alla tabella B "Scala e Ascensore Scala B per Euro 152,25. Anche in questo caso, l'amministratore di condominio non ha riportato nel registro di contabilità la voce di costo contestata in ragione dell'applicazione del principio di cassa. Pertanto, anche il suddetto importo, è stato correttamente ripartito. Delle conclusioni cui è giunto il CTU nella propria relazione peritale non si ha alcun motivo di dubitare. Ed infatti, ferma la coerenza tra le premesse metodologiche e le conclusioni stesse, non può non sottolinearsi il chiaro riferimento a tutta la documentazione depositata in atti e, soprattutto, ai principi generali in materia di tenuta della contabilità applicabili al caso in esame. In particolare, in risposta alle contestazioni sollevate da parte attrice in sede di osservazioni, la dott. (...) ha rilevato che "l'art. 1130 bis c.c. dispone anche che nel registro di contabilità devono essere annotate le voci di entrate e di uscita (principio di cassa), per cui se ne deduce che al rendiconto condominiale si applica il criterio misto di cassa (per la tenuta del registro di contabilità) e di competenza (per la redazione del riepilogo finanziario). In tal senso Trib. Roma sentenze nn. 246/2019 e 1918/2019. Nel caso di specie l'amministratore di condominio non ha riportato nel registro di contabilità le voci di costo contestate poiché per il principio di cassa tali uscite non sono state ancora effettuate. Nel riepilogo finanziario/Stato Patrimoniale sono stati correttamente inseriti i costi di competenza dell'esercizio ma che alla data del riepilogo non risultano ancora pagati nella voce debiti v/fornitori." Proprio in applicazione dell'art. 1130 bis del Codice civile - a norma del quale "Il rendiconto condominiale contiene le voci di entrata e di uscita ed ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili ed alle eventuali riserve che devono essere espressi in modo da consentire l'immediata verifica. Si compone di un registro di contabilità, di un riepilogo finanziario, nonché di una nota sintetica esplicativa della gestione con l'indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti" -, pertanto, si impone, nell'ambito dei rapporti condominiali, l'utilizzo del criterio di cassa per la compilazione del registro di contabilità, senza, però, che l'applicazione del suddetto principio, possa incidere sulla ripartizione di tutte le spese di competenza dell'annualità in corso, laddove di tali spese vi sia idoneo giustificativo, pur non essendo stato già operato l'esborso pecuniario relativo. La domanda va, per tutte le ragioni anzidette, integralmente rigettata. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo ai sensi del DM 147/2022, secondo il valore della controversia, prendendo come riferimento i parametri minimi, stante l'assenza di questioni in fatto e in diritto di particolare complessità. Parimenti in capo all'attore soccombente vengono definitivamente poste le spese di CTU, come liquidate in separato decreto del 14/01/2021. P.Q.M. Il Tribunale di Nocera Inferiore, seconda sezione civile, in composizione monocratica, definitivamente pronunziando sulla domanda promossa come in epigrafe, disattesa ogni altra istanza ed eccezione, così provvede: a) rigetta la domanda; b) condanna parte attrice al pagamento, in favore di parte convenuta delle spese di lite, che liquida in complessivi Euro 1.278,00 oltre Iva e Cpa, come per legge, e rimb. spese forf. (nella misura del 15% del compenso); c) pone definitivamente in capo a parte attrice le spese di CTU, come liquidate in separato decreto. Depositato telematicamente in data 31 maggio 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale di Napoli 4 SEZIONE CIVILE Il Giudice, dott. Roberta Di Clemente, ha pronunziato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 26525/2021 R. Gen.Aff.Cont. assegnata in decisione all'udienza del 22.01.2024 con la fissazione dei termini previsti dagli artt. 190 e 281quinquies, co. I, c.p.c. l'ultimo dei quali è scaduto il 15.04.2024 TRA Parte_i, c.f.:c.f._i, elett.te dom.to all'indirizzo telematico presso lo studio dell'Avv. MA.FR.LU., c.f.:c.f._2, dal quale è rappresentato e difeso in virtù di procura in atti - ATTORE- E Controparte_1, c.f.: P.IVA_1, sito in Napoli, all'indirizzo_i, in persona dell'amministratore p.t., elett.te dom.to alla(...) Indirizz_2 NAPOLI, presso lo studio dell'Avv. ME.MA., c.f.:c.f._3, dal quale è rappresentato e difeso in virtù di procura in atti - CONVENUTO- All'udienza del 22.01.2024, sostituita dal deposito di note scritte, le parti hanno rassegnato le seguenti conclusioni: "L'attore si riporta a tutte le proprie domande, deduzioni ed eccezioni ovunque e comunque formulate, intendendosi tale rinvio quale rinvio formale, materiale recettizio e, al contempo impugna e contesta tutto quanto prodotto, dedotto ed eccepito da controparte. Chiede che la causa sia decisa e si associa alla richiesta già formulata dal convenuto relativa alla concessione dei termini di cui all'art. 190 cpc per il deposito delle comparse conclusionale e delle memorie di replica". "In via assolutamente preliminare l'odierno convenuto chiede che l'on. Giudicante voglia dichiarare, con ogni statuizione ritenuta più opportuna e con ogni conseguenza di legge, l'improcedibilità e/o inammissibilità della citazione: a) in parte qua, per mancanza di connessione e/o simmetria tra la domanda di mediazione e la domanda giudiziale relativamente all'impugnativa del punto n. 4 all'o.d.g. in quanto, come estensivamente illustrato al punto n. 4) della comparsa di costituzione ed al punto n. 1) della prima memoria, la domanda giudiziale spiegata dal Sig. Pt_i contiene motivi non portati in mediazione; b) e/o per l'intervenuta decadenza del diritto di impugnare la deliberazione ex art. 1137 c.c. in quanto, secondo quanto illustrato al punto n. 4.2) della comparsa di costituzione, l'odierno attore non ha instaurato il presente giudizio entro i termini individuati al citato art. 1137 c.c.; c)e/o per carenza di legittimazione attiva dell'odierno attore, secondo quanto eccepito al punto n. 5) della comparsa di costituzione ed al punto n. 1) della seconda memoria istruttoria. In via ulteriormente preliminare, dichiarare con ogni statuizione più opportuna l'improcedibilità e/o l'inammissibilità della domanda nuova formulata dalla difesa di controparte con le note di trattazione scritta per l'udienza del 24.05.2022, per tutti i motivi esposti al punto n. 2) della seconda memoria istruttoria. Nel merito, per tutte le ragioni estensivamente illustrate con la comparsa di costituzione e con la seconda memoria istruttoria, dichiarare - con ogni statuizione ritenuta più opportuna -l'infondatezza della citazione cui si resiste confermando integralmente la deliberazione assembleare impugnata. In via del tutto subordinata, dichiarare l'intervenuta cessazione della materia del contendere alla luce di quanto illustrato al punto n. 7) della comparsa. Conseguenze di legge anche in ordine alle spese e condanna dell'attore ex art. 96 c.p.c." RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Va premesso che la presente sentenza è redatta senza lo svolgimento del processo in ossequio alla nuova formulazione degli artt. 132 comma 4 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. per effetto delle modifiche introdotte dagli artt. 45 e 52 dalla legge n. 69 del 18/6/09, in vigore dal 4.07.2009. Tanto premesso vanno esaminate, secondo l'ordine logico-giuridico le questioni preliminari e /o processuali e poi, solo se superate, andrà vagliato il merito della controversia. La legittimazione ad agire dell'attore. Ai fini che occupano va ricordato che l'istante, nella qualità non contestata oltre che documentalmente provata, di condomino del fabbricato sito in Napoli, alIndirizzo_3 (...) e, per i motivi esposti nell'atto introduttivo, oltre alla sospensiva della delibera assembleare del 25.04.2021, ha chiesto accertarsi e dichiararsi nulla e/o annullabile la predetta delibera, relativamente ai punti 4) e 5) dell'ordine del giorno ovvero, in linea subordinata, in relazione solo al punto 4 e/o al solo punto 5 all'o.d.g.; nel corpo dell'atto di citazione l'istante ha, altresì, dedotto, quali ulteriori vizi di invalidità della delibera: 1) la mancata indicazione delle quote millesimali di tutti i condomini presenti all'assemblea con la conseguente impossibilità di verifica della validità sia della costituzione della stessa che delle relative deliberazioni;2) la mancata indicazione nel verbale dei quorum deliberativi; 3) la mancata allegazione al verbale notificato all'istante in data delle note contenenti le dichiarazioni dell'attore da allegarsi al citato verbale di assemblea; 4) la mancata verbalizzazione dell'allontanamento dall'assemblea dell'attore subito dopo la consegna delle predetto note e, quindi, della sua mancata partecipazione alla discussione ed alla votazione in relazione ai punti all'o.d.g. Ebbene compete, in primo luogo, a chi scrive la qualificazione della domanda proposta (azione di nullità e/o azione di annullamento) sulla base dei vizi dedotti. E' noto che, secondo l'orientamento pacifico della Suprema Corte (cfr. Cass. S.U. 4806 del 7.03.2005; Cass. S.U n. 9839 del 4/04/2021): "In tema di condominio degli edifici, l'azione di annullamento delle delibere assembleari costituisce la regola generale, ai sensi dell'art. 1137 c.c., come modificato dall'art. 15 della l. n. 220 del 2012, mentre la categoria della nullità ha un'estensione residuale ed è rinvenibile nelle seguenti ipotesi: mancanza originaria degli elementi costitutivi essenziali, impossibilità dell'oggetto in senso materiale o giuridico -quest'ultima da valutarsi in relazione al "difetto assoluto di attribuzioni" -, contenuto illecito, ossia contrario a "norme imperative" o all'"ordine pubblico" o al "buon costume". Pertanto, sono nulle le deliberazioni con le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i generali criteri di ripartizione delle spese previsti dalla legge o dalla convenzione, da valere per il futuro, trattandosi di materia che esula dalle attribuzioni dell'assemblea previste dall'art. 1135, nn. 2) e 3), c.c., mentre sono meramente annullabili le deliberazioni aventi ad oggetto la ripartizione in concreto tra i condomini delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni adottate in violazione dei criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione stessi, trattandosi di deliberazioni assunte nell'esercizio di dette attribuzioni assembleari, cosicché la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza previsto dall'art. 1137, comma 2, c.c.". Orbene, essendo stati prospettati dall'attore solo vizi inerenti: 1) la regolare costituzione dell'assemblea ed il rispetto dei quorum deliberativi; 2) la conformità tra l'odg e i deliberati; tali motivi di censura vanno inquadrate nell'ambito dei vizi determinanti l'eventuale annullamento delle parti impugnate della delibera. Va, altresì, premesso che, rispetto all'azione di annullamento espletata, secondo l'orientamento consolidato della Suprema Corte (cfr. Cass. Sez. 2 n.5889 del 20.04.2001; Cass. Sez. 2 n.5611 del 26/02/2019):"In tema di impugnazione di delibere condominiali annullabili, la legittimazione ad agire spetta al condomino che sia stato assente all'assemblea nel corso della quale la delibera contestata è stata assunta o che, se presente, abbia espresso in merito il suo dissenso o si sia astenuto, ricadendo sullo stesso l'onere di provare tali circostanze. Il difetto di detta legittimazione può, invece, essere rilevato d'ufficio dal giudice ed il relativo accertamento non è soggetto a preclusioni, non potendosi accordare la facoltà di opporre la menzionata delibera a chi non ne abbia titolo". Secondo la prospettazione dell'attore, quest'ultimo, alle ore 11.18 dopo aver consegnato della documentazione all'assemblea per cui è causa, si sarebbe allontanato senza farvi più ritorno. Di conseguenza non avrebbe partecipato ad alcuna discussione e/o delibera dell'ordine del giorno. Di contro il convenuto ha eccepito l'inammissibilità dell'impugnativa dell'attore per carenza della sua legittimazione ad agire dal momento che il predetto sarebbe stato presente a tutte le votazioni e non avrebbe reso alcun voto contrario e/o di astensione. Ha, altresì, sottolineato la valenza probatoria del verbale dell'assemblea, svalutando il contenuto del documento all. n. 9 prodotto da controparte. Prima di passare alla disamina della questione relativa alla legittimazione ad agire di parte attrice, è opportuno, in questa sede, riportare alcuni passaggi del verbale dell'assemblea del 25.04.2021. Nella parte iniziale del predetto verbale, dopo il primo periodo del seguente tenore: " Il giorno 25 aprile 2021, alle ore 10.30, nel cortile del Controparte_i in rispetto della normativa vigente per il contenimento del Covid 19, sito in Napoli al (...) indirizzo_i, si sono riuniti i condomini dello stesso Controparte_i in seconda convocazione essendo andata deserta la prima per discute e deliberare sul seguente Ordine del Giorno:......" sono indicati analiticamente i signori e le signore presenti, di persona o rappresentati per delega, con affianco l'indicazione dei relativi millesimi di pertinenza. Tra i predetti è indicato anche l'attore con i relativi millesimi. Dopo tale elencazione e l'annotazione del raggiungimento del quorum costitutivo, dell'aggiunta della presenza di un altro condomino rappresentato per delega con l'annotazione dei relativi millesimi e della nomina del presidente e del segretario, nel verbale si legge: "il presidente, verificata la regolare convocazione, dichiara aperta l'assemblea e si dà luogo alla discussione all'O.d.G.. Alle 11.18 il condominio sig. Parte_i presenta in assemblea una mozione di annullabilità della presente convocazione in ordine a dei rilievi mossi ed annotati a seguito di documentazione copia 1 e copia 2 vengono allegati al presente verbale e formano documentazione allegata....." Nel seguito del verbale, se per un verso, in nessun passaggio viene indicato l'allontanamento dell'assemblea di (...) Pt_i, per un altro il suo nominativo non risulta più indicato tra i votanti. Resta, dunque, da stabilire se Parte_i sia stato effettivamente presente all'assemblea solo dalle ore 10.30 sino alle ore 11.18 in cui, dopo la consegna di documentazione, avrebbe lasciato definitivamente il consesso per non farvi più ritorno. Infatti, come già detto, solo in caso di sua assenza all'atto delle discussioni e delle relative deliberazioni può affermarsi la sua legittimazione ad impugnare la delibera in esame. Ai fini che occupano va ricordato che, secondo l'orientamento del tutto prevalente tra i Supremi Giudici: " Il verbale dell'assemblea condominiale offre una prova presuntiva dei fatti che afferma essersi in essa verificati, per modo che spetta al cp_i che impugna la deliberazione assembleare, contestando la rispondenza a verità di quanto riferito nel relativo verbale, provare il suo assunto (cfr. Cass. Sez. II set. 11526 del 13.10.1999; Cass. Sez. VI ord. 16774 del 12.08.2015)". In altre decisioni si ribadisce che: "il verbale di un'assemblea condominiale, munito di sottoscrizione del presidente e del segretario, ha natura di scrittura privata, sicché il valore di prova legale è limitato alla provenienza delle dichiarazioni dai sottoscrittori e non si estende al contenuto della scrittura medesima, per impugnare la cui veridicità non occorre la proposizione di querela di falso, potendosi far ricorso ad ogni mezzo di prova". (cfr..Cass. Sez. 6 ord. 11375 del 9.5.2017; Cass. Sez. 6 n. 2763 del 16.11.2017). Ebbene, sulla scorta di tali principi, ritiene la scrivente che l'attore abbia dimostrato il suo assunto e che, quindi, sussista la sua legittimazione ad impugnare la delibera in oggetto. Elementi di prova decisivi dell'assenza del Pt_i dall'assemblea dalle ore 11.30 in poi si traggono dalle concordanti ed esaustive deposizioni dei due testi escussi (Tes_i ed Testimone_2) dei quali solo la prima è legata da uno stretto rapporto di parentela con l'attore; motivo per il quale l'attendibilità delle sue affermazioni è stata vagliata con maggiore rigore. Ed invero la prima testimone ha, tra l'altro, dichiarato che il marito è stato presente all'assemblea di condominio dalle ore 10.30-10.45 fino alle ore 11.15-11.30 e, dopo quest'ultimo orario, di essere andata con lui a casa del comune amico Testimone_2 trattenendosi a casa sua per circa 30/40 minuti per poi andare a fare un giro a Torre Annunziata/Torre del Greco e di aver fatto rientro a casa verso le ore 13.40. Il secondo testimone ha confermato l'arrivo a casa sua dell'amico con la moglie intorno alle ore 11.30 del giorno dell'assemblea di condominio e la loro presenza a casa sua almeno fino alle ore 1212.30. Oltre alle concordanti dichiarazioni dei due testimoni a favore delle asserzioni dell'attore milita, oltre alle già menzionate carenze del verbale, la non contestata notifica del verbale di assemblea allo stesso in data 17.05.2021: adempimento previsto solo per i condomini assenti alla riunione. Per tutte le ragioni esposte va affermata la legittimazione attiva dell'attore. L'eccezione di improcedibilità e/o di inammissibilità della domanda attorea per decadenza del potere di impugnare ex art. 1137 c.c.. Nella comparsa di costituzione e nelle note per la prima udienza dell'8.03.2022 parte convenuta ha eccepito l'improcedibilità della domanda giudiziale perché nell'atto di citazione sarebbero indicati dei motivi non portati in mediazione. Nello specifico, come dedotto dal convenuto e come risulta dalla documentazione prodotta (cfr. all.1 prodotto l'8.03.2022 ed il 16.05.2022) l'attore ha presentato istanza di mediazione obbligatoria presso la D. srl al fine di procedere con l'impugnativa giudiziale della delibera assembleare per cui è causa per i seguenti motivi: 1) omessa verbalizzazione dell'allontanamento del Sig. Pt_i dalla relativa assemblea; 2) omessa discussione dei primi tre punti all'o.d.g.; 3) illegittimità delle deliberazioni assunte con la discussione del punto n. 5 all'o.d.g. (varie ed eventuali); 4) illegittimità della deliberazione assunta con la discussione del punto n. 4 all'o.d.g. per mancanza del quorum deliberativo previsto per Legge. In particolare, con riferimento a tale motivo, l'attore ha lamentato che "...Nel caso di specie, se si conteggiano i dissenzienti, si vedrà che il quorum non raggiunge i necessari 500 mm" 5) notifica del verbale incompleto in quanto mancante dell'allegato facente parte dello stesso ed indicato come mozione di annullamento; 6) convocazione non conforme al disposto di cui all'art. 66 disp att. c.c. Orbene, considerato che, per un verso, nell'atto di citazione non sono stati riprodotti alcuni motivi oggetto della mediazione (cfr. 6) e che, per un altro, con riferimento al punto 4) a fondamento della dedotta illegittimità della delibera risulta dedotto un motivo ulteriore e diverso rispetto a quello indicato in sede di mediazione, secondo la difesa di parte convenuta l'allargamento delle ragioni a base dell'impugnativa avrebbe determinato l'improcedibilità della domanda di annullamento della delibera in parte e, di conseguenza, l'inammissibilità della stessa per decadenza dal potere di impugnare ex art. 1137 c.c. Premesso che, come si ricava agevolmente dal raffronto tra i motivi dell'impugnativa della delibera indicati nell'istanza di mediazione e quelli indicati nell'atto di citazione, solo in relazione alla prospettata illegittimità della delibera con riferimento al punto 4 all'o.d.g. vi è difformità tra quanto esposto in sede di mediazione e quanto indicato nell'atto di citazione, la conseguenza di tale difformità può, al più, determinare la parziale - e non anche la totale - improcedibilità della domanda e, di conseguenza, l'inammissibilità della stessa per tardività solo in relazione all'impugnativa relativa al punto 4 all'o.d.g. Tanto premesso ritiene la scrivente l'eccezione fondata per le ragioni di seguito esposte. Nel caso in esame, trattandosi di una controversia in materia condominiale, si è in presenza di una delle materie per le quali, ai sensi dell'art. 5, comma 1-bis, D.Lgs. 28/2010 è prevista la mediazione obbligatoria ex lege, e per le quali, quindi, il previo esperimento del procedimento di mediazione costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Nel caso in esame la mediazione si è svolta ed ha avuto esito negativo (cfr. allegato 8 della produzione di parte). Posto ciò, poiché l'impugnazione della delibera assembleare è soggetta ad un termine di decadenza, è opportuno ricordare che tale termine viene interrotto dalla comunicazione, da parte dell'organismo ove è stata depositata l'istanza di mediazione e ove si svolge la procedura stragiudiziale oppure da parte dell'istante, dell'istanza medesima alla parte chiamata, e poi esso inizia a decorrere di nuovo dal deposito del verbale che chiude la procedura. Ebbene la questione inerente alla relazione che deve intercorrere, a livello di contenuto, tra l'istanza di mediazione e l'eventuale e successivo atto introduttivo del procedimento giudiziario impone, dunque, di richiamare l'attenzione su una specifica disposizione normativa del D.Lgs. 28/2010, ossia sull'art. 4. Tale disposizione è la prima, tra quelle facenti parte del tessuto normativo del succitato decreto legislativo, a dettare la disciplina del procedimento di mediazione e, in particolare, concerne l'accesso a tale procedura stragiudiziale e, di conseguenza, precisa due aspetti fondamentali quali l'individuazione dell'ambito territoriale di cui deve far parte l'organismo ove viene depositata l'istanza (o domanda) di mediazione nonché l'indicazione dei contenuti essenziali dell'istanza stessa. Al comma 1 dell'art. 4, si prevede che la domanda di mediazione concernente una delle controversie di cui all'art. 2 deve essere presentata depositando un'apposita istanza presso uno degli organismi del luogo del giudice territorialmente competente per la controversia stessa. La medesima previsione prende, inoltre, in considerazione l'ipotesi, che peraltro si verifica con una certa frequenza nella prassi, in cui siano depositate più domande di mediazione relative alla stessa controversia. In tale ipotesi, si fa riferimento ad un criterio di priorità temporale, in quanto si prevede che la mediazione si svolga innanzi all'organismo territorialmente competente ove è stata depositata la prima domanda. Al comma 2 dell'art. 4, di maggiore rilevanza per quanto riguarda la questione in esame, si specificano i contenuti essenziali dei quali l'istanza di mediazione non può mancare, ossia l'indicazione dell'organismo, delle parti, dell'oggetto e delle ragioni della pretesa. Il contenuto di tale previsione normativa è "praticamente equivalente" a quello dell'art. 125 c.p.c., concernente, in generale, i contenuti minimi che un atto promanante dalle parti deve avere. È però bene precisare, a tale proposito, che questa disposizione del codice di rito civile non riguarda una specifica tipologia di atto ma ha valenza generale. Per quanto concerne, nello specifico, l'atto di citazione, ad esempio, la disposizione codicistica di riferimento consiste nell'art. 163 c.p.c., mentre, per quanto concerne la comparsa di costituzione e risposta, si fa riferimento all'art. 167 c.p.c. Ciò premesso, ai sensi dell'art. 125, comma 1 c.p.c., salvo che la legge stabilisca diversamente, la citazione, il ricorso, la comparsa, il controricorso ed il precetto devono contenere l'indicazione dell'ufficio giudiziario, delle parti, dell'oggetto, delle ragioni della domanda nonché delle conclusioni. Fermo restando, quindi, che per ciascun tipo di atto processuale vi sono specifiche previsioni normative, risulta evidente come il contenuto dell'art. 4 D.Lgs. 28/2010 sia pressoché equivalente a quello dell'art. 125, facente parte del Libro I del Codice di rito civile. In base a tali premesse, a giudizio di chi scrive, l'applicazione dell'art. 4 implica che vi debba essere simmetria tra i fatti rappresentati in sede di mediazione e quanto esposto in sede processuale e che tale simmetria riguardi quantomeno i fatti principali. In caso contrario, dovrebbe essere dichiarata l'improcedibilità della domanda giudiziale. In particolare, l'art. 4 richiede espressamente, tra i contenuti essenziali della domanda di mediazione, le "ragioni della pretesa". Tale elemento contenutistico individuerebbe, evidentemente, una situazione ritenuta ingiusta dal punto di vista di parte istante e per la quale potrebbe poi essere promossa un'azione di merito. Non sono invece richiesti l'equivalente di un atto giudiziario sotto il profilo strettamente formale e nemmeno l'indicazione degli "elementi di diritto", come nel caso della citazione ex art. 163 c.p.c. o del ricorso ex art. 414 c.p.c. (e, ai sensi dell'art. 125 c.p.c., per gli atti in generale). In definitiva, quindi, l'istanza di mediazione deve ricalcare la futura domanda di merito, introducendo in sede di mediazione gli elementi fattuali che saranno introdotti in sede giudiziale, e ciò per un duplice ordine di ragioni, ossia: - consentire all'istituto giuridico della mediazione civile e commerciale di espletare la relativa funzione deflattiva; - porre l'altra parte, ovverossia parte chiamata in mediazione, nelle condizioni di conoscere la materia del contendere nonché di prendere adeguatamente posizione su di essa. Nel caso in esame l'istanza di mediazione, in relazione al punto 4 all'o.d.g. si basa su di un dato fattuale attinente alle modalità di formazione della volontà assembleare (mancato raggiungimento del quorum deliberativo) del tutto diverso da quello indicato nell'atto di citazione attinente al contenuto del deliberato (delega ad una commissione del potere deliberativo riservato all'assemblea). Dalla comparazione, a livello contenutistico, tra l'istanza di mediazione e la successiva domanda giudiziale, poi, in concreto proposta, dunque, si rileva agevolmente l'asimmetria tra i due atti, e da ciò derivano due conseguenze tra loro connesse: 1) che la mediazione non può considerarsi validamente svolta; 2) che non è stata impedita la decadenza dell'impugnazione della delibera condominiale, poiché tale impugnazione è soggetta ad un termine di decadenza che viene interrotto dalla comunicazione (da parte dell'organismo oppure direttamente a cura dell'istante stesso) dell'istanza di mediazione all'altra parte una sola volta soltanto ed inizia nuovamente a decorrere dalla data del deposito del verbale conclusivo di mediazione. Nel caso in esame, essendo stata la delibera notificata all'attore il 17.05.2021, non risulta rispettato il termine decadenziale di gg. 30 per la proposizione dell'impugnativa ex art. 1137 c.c. perché l'atto di citazione è stato notificato l'8.11.2021. Pertanto s'impone il rilievo di inammissibilità della domanda in relazione al punto 4 all'o.d.g per tardività dell'impugnazione. Ogni altra questione risulta assorbita. Merito della controversia Quanto ai restanti vizi dedotti da parte attrice, va, in primis, sottolineato che del tutto privi di fondamento risultano i motivi di censura della delibera in ordine alla mancata e/o incompleta indicazione dei millesimi dei presenti e/o dei votanti ai fini della verifica del raggiungimento dei quorum costitutivi e/o deliberativi. Ed invero, come in precedenza anticipato, per ciascun condominio risultano esattamente riportati nel verbale di assemblea i millesimi anche con riferimento ai punti oggetto di delibera. Parimenti infondata si appalesa la censura relativa alla mancata indicazione nel verbale dell'assenza di Parte_1 dopo le ore 11.18 dal momento che nel verbale risultano correttamente sottratti i millesimi del predetto ai fini della verifica del raggiungimento dei quorum ex art. 1136 c.c. Passando, infine, alla disamina dei motivi di censura in relazione al punto 5 all'o.d.g. (varie ed eventuali) va evidenziato che, secondo le deduzioni dell'attore, sebbene nell'ambito di tale punto all'o.d.g. possano essere effettuate attività di carattere interlocutorio e meramente organizzative del cp_i, quali avvisi, proposte, richieste e quant'altro, nel caso di specie, invece, sarebbero state assunte due decisioni, entrambe comportanti impegni di spesa a carico dei condomini; delibere che avrebbero richiesto ampia disamina nell'ambito di uno specifico ordine del giorno. In particolare, nelle varie ed eventuali, in primo luogo, nel verbale si legge testualmente: " Si autorizza, inoltre, l'amministratore a provvedere ad un posper l'incasso delle quote". Con tale delibera, sempre ad avviso dell'attore, si utilizza un termine e cioè "si autorizza" attribuendo allo stesso un carattere dispositivo avente contenuto vincolante per l'amministratore che avrebbe dovuto eseguire quanto deliberato. Ebbene, considerato che il POS bancario determina una spesa per il condominio ulteriore (seppure non esosa) in termini di gestione del terminale, commissioni, noleggio ecc. e che, in base alla normativa vigente non vi è un obbligo previsto ex-lege per l'amministratore di dotare il condominio di POS, la delibera sul punto sarebbe illegittima in quanto non preceduta da specifico o.d.g. Parimenti illegittima, sempre ad avviso dell'istante, sarebbe l'ulteriore deliberato del seguente tenore "...Si incarica inoltre l'amministratore a chiamare per le sostituzioni il signor Pt_2 (...), il quale ha già fatto delle sostituzioni nell'anno 2020..." Secondo l'attore, considerato che le "sostituzioni" cui si allude, sono quelle relative al portiere (nel parco esiste un regolare servizio di portierato) in quanto Parte_2 è stato in passato chiamato talvolta a sostituire il portiere in caso di assenza, in mancanza di un precedente deliberato assembleare relativo alle modalità di sostituzioni del portiere, si sarebbe dovuto rimettere alla volontà assembleare, con indicazione di uno specifico punto all'o.d.g, la scelta se, far gestire il servizio di portineria ad un terzo ovvero, lasciare la portineria chiusa senza custode. Secondo parte convenuta, per quanto concerne i rilievi mossi in merito alle sostituzioni del portiere, con la deliberazione impugnata non sarebbe stata decisa l'assunzione di un sostituto portiere, bensì sarebbe stato incaricato l'amministratore a "chiamare" il sig. Parte_2 il quale già in precedenti occasioni aveva svolto, quale dipendente di una ditta multiservizi, l'incarico di sostituzione dell'attuale portiere, al solo fine di avviare una fase esplorativa per verificare la sua eventuale disponibilità alla regolarizzazione della sua posizione di cd. sostituto portiere. Tale regolarizzazione, poi, era avvenuta in seguito alla specifica delibera del 23/06/2021, in cui sul punto 6 all'odg." Incarico per la sostituzione del portiere..." l'assemblea ha deliberato: ".Si passa al sesto punto all'OdG. Come suggerito dall'assemblea del 25/04/2021 e riproposto in questa sede, viene chiesto all'amministratore di convocare il Sig. Persona_i il quale dovrà assentire all'incarico di sostituto portiere con relativo contratto di incarico." Di conseguenza il deliberato di cui al verbale impugnato del 25.04.2021 poteva certamente essere inserito nelle cd. "varie ed eventuali" in quanto non contiene alcuna scelta definitiva dell'Assemblea in merito alla possibilità (o meno) di prevedere sostituzioni dell'attuale portiere. Piuttosto, tale decisione è stata assunta definitivamente dall'Assemblea con il suindicato deliberato del 23.06.2021. Per quanto concerne, poi, i rilievi mossi in merito al POS, il cp_i ha dedotto l'infondatezza delle pretese attorce per tre ordini di motivi: 1) con l'impugnata delibera non era stato approvato alcun preventivo, né era stato deliberato alcuno specifico e dettagliato impegno di spesa; piuttosto, era stata la stessa Assemblea condominiale a richiedere all'Amministratore di avviare una ricerca di mercato per la predisposizione di un POS per la riscossione delle quote; 2) la relativa spesa, seppur esigua, non era ancora stata messa a bilancio né era stato fatto il relativo riparto tra tutti i Condomini. In virtù della impugnata delibera, quindi, l'Amministratore aveva proceduto solo ad una ricerca di mercato al fine di raccogliere il miglior preventivo da sottoporre all'Assemblea con successiva delibera. In ogni caso, circostanza dirimente ai fini della decisione è che, quand'anche l'Amministratore avesse già imputato a bilancio la relativa spesa la stessa avrebbe un costo complessivo di Euro 29 + IVA (ossia di soli 33 centesimi a carico del sig. Pt_i), cui si aggiungerebbe un canone mensile complessivo di Euro 5.00. Così sinteticamente ricostruite le contrapposte deduzioni delle parti va ricordato che, secondo l'orientamento uniforme e consolidato tra i giudici di legittimità "in tema di deliberazioni dell'assemblea condominiale, ai fini della validità dell'ordine del giorno occorre che esso elenchi specificamente, sia pure in modo non analitico e minuzioso, tutti gli argomenti da trattare, sì da consentire a ciascun condomino di comprenderne esattamente il tenore e l'importanza, e di poter ponderatamente valutare l'atteggiamento da tenere, in relazione sia all'opportunità o meno di partecipare, sia alle eventuali obiezioni o suggerimenti da sottoporre ai partecipanti" (cfr. tra le altre Cass. n. 21449/2010). Orbene, se è indubbio che, in applicazione di tali condivisibili principi, la decisione relativa al punto dell'o.d.g. "varie ed eventuali" non può preludere ad alcuna decisione vera e propria, ma solo riguardare comunicazioni a scopo di informazione, suggerimenti e/o proposte per future assemblee e non anche decisioni che incidano direttamente sui diritti dei condomini sulle cose comuni, senza che gli stessi siano preavvertiti con uno specifico argomento posto all'ordine del giorno che consenta loro di valutare se partecipare o meno all'assemblea per far valere le proprie eventuali ragioni, ritiene, tuttavia, la scrivente che sia l'autorizzazione che l'incarico dati dall'assemblea all'amministratore, rispettivamente, di "provvedere ad un pos" per l'incasso delle quote e di "chiamare per le sostituzioni il sig. (...) Parte_2 " non abbiano contenuto direttamente deliberativo, non contenendo alcun espresso impegno di spesa, rappresentando, piuttosto, la manifestazione di una preventiva condivisione di futuri ed eventuali assunzioni di impegni di spesa- utili per la gestione di servizi condominiali-da sottoporre poi all'assemblea. D'altronde, per l'eventuale successivo utilizzo del pos non sono stati dimostrati esborsi di spesa da parte dell'amministratore e per quanto riguarda la sostituzione del custode la stessa difesa di parte ricorrente ha ammesso che, in passato pur in assenza di preventiva delibera, il condominio si era già rivolto a Parte_2 per le sostituzioni. Di conseguenza anche sotto tale aspetto l'incarico di "chiamare" il predetto ben può interpretarsi nel senso proposto dal cp_i convenuto cosi come, tra l'altro, confermato dal chiaro tenore della successiva delibera del 23.05.2021. Per tutte le ragioni esposte s'impone il rigetto della domanda anche in riferimento a tale motivo di censura. La regolamentazione delle spese processuali. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza ed, in assenza di nota spese si liquidano, d'ufficio, come da dispositivo sulla base dei criteri di cui al D.M. 55/2014, scaglione di riferimento per le cause di valore indeterminabile basso (compreso tra euro 26.000,01 ed euro 52.000,00 ed in relazione ai valori minimi relativi alle fasi di studio, introduttiva, trattazione e decisionale. La domanda del convenuto di condanna dell'attore al risarcimento dei danni per lite temeraria ex art 96 c.p.c. Ai fini della valutazione di tale domanda va ricordato che, secondo i Supremi Giudici "In tema di responsabilità processuale aggravata, il carattere temerario della lite, che costituisce presupposto della condanna al risarcimento dei danni, va ravvisato nella coscienza della infondatezza della domanda e delle tesi sostenute, ovvero nel difetto della normale diligenza per l'acquisizione di detta consapevolezza, non già nella mera opinabilità del diritto fatto valere" (cfr. Cass., Sez. II, 1° ottobre 2003, n. 14583; Cass., Sez. I, 21 luglio 2000, n. 9579; Cass. Sez. 1 n. 3664 del 9.02.2017). In altre decisioni si afferma che:" In materia di responsabilità processuale aggravata, condotte sintomatiche dell'elemento soggettivo della mala fede o della colpa grave non si ravvisano soltanto nella consapevolezza della infondatezza in iure della domanda, ma anche nella omessa deduzione di circostanze fattuali dirimenti ai fini della corretta ricostruzione della vicenda controversa cfr. Cass. Sez. 3 n. 4136 del 21.02.2018). Applicando i principi esposti al caso in esame, premesso che nessun elemento di prova è stato offerto a riscontro di un eventuale dolo nell'attività difensiva, espressa nel pieno rispetto delle forme e delle cadenze processuali, non può ritenersi dimostrata neppure colpa grave nell'esplicazione della predetta attività in quanto, per l'assenza di consolidati orientamenti giurisprudenziali, di merito e di legittimità, in merito a diverse questioni esaminate, la scelta di proporre l'odierno giudizio non può ritenersi del tutto avulsa dai principi generali in materia. P.Q.M. Il Tribunale - in persona del Giudice Unico dott.ssa Roberta Di Clemente - definitivamente pronunciando nella controversia come innanzi proposta, così provvede: dichiara inammissibile la domanda, in relazione al punto 4 all'o.d.g., per tardività dell'impugnazione; rigetta, nel resto, la domanda; condanna Parte_1 alla rifusione delle spese di costituzione e di rappresentanza in favore del Controparte_1 sito in Napoli all'indirizzo_i in persona dell'amministratore p.t.; spese liquidate in complessivi euro 3.972,00 (tremilanovecentosettantadue/00) oltre al 15% a titolo di rimborso forfettario per spese generali ed oltre IVA e CPA; rigetta la domanda del convenuto di condanna dell'attore al risarcimento dei danni per lite temeraria ex art 96 c.p.c. Così deciso in Napoli il 10 maggio 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI NAPOLI SESTA SEZIONE CIVILE in composizione monocratica, in persona del Giudice, Salvatore Di Lonardo, ha pronunziato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 36103/2018 del ruolo generale degli affari contenziosi dell'anno 2018; avente ad OGGETTO: "impugnazione delibera assembleare condominiale"; vertente TRA (...) entrambi rappresentati e difensi dall'Avv. (...); E (...), in persona del proprio amministratore, ing. (...), rappresentato e difeso dall'Avv. (...); CONCLUSIONI Come in atti. RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE (...) premesso di essere proprietari dell'unità (...), hanno impugnato la delibera assunta in seconda convocazione dall'assemblea condomini ile in data 15.10.2018, limitatamente all'approvazione del progetto per l'installazione dell'impianto ascensore ed al conseguente affidamento dell'appalto alla ditta (...). Tale deliberato è stato approvato da venti condomini (su ventiquattro), per un totale di 833,64 millesimi, con voto contrario degli attori. Nel processo si è costituito il convenuto (...), il quale - con istanza reiterata nella propria comparsa conclusionale depositata il 5 dicembre 2023 - ha chiesto, in via pregiudiziale, di dichiarare "l'improcedibilità della domanda giudiziale per genericità ed indeterminatezza della domanda formulata con l'esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione, per l'asimmetria e la diversa causa petendi tra dette domande". La questione è stata già decisa con ordinanza del 3 maggio 2019, nella quale si legge testualmente: "ritenuta infondata l'eccezione del Condominio convenuto relativa alla improcedibilità della domanda per l'asserita genericità ed asimmetria della stessa rispetto alla domanda oggetto dell'esperito tentativo obbligatorio di mediazione, in quanto, il verbale di chiusura della seconda procedura di mediazione, recante la data del 7.12.2018, indica espressamente l'oggetto della procedura de qua, "Impugnativa delibera assembleare", nonché le ragioni della pretesa, richiamando proprio il punto 1 dell'ODG relativo alla convocazione della assemblea condominiale del 15/10/2018, in cui si decideva e si votava a favore della installazione dell'impianto elevatore della quale discutono gli odierni attori, agendo in giudizio con la impugnazione della relativa delibera ("Impugnativa delibera assembleare del 15.10.2018 in quanto il punto 1 dell'odg che prevede l'installazione dell'ascensore viola le norme del c.c. e del regolamento condominiale che regolano la proprietà privata dei condomini"). Pur a prescindere dal valore sostanziale, di ordinanza o di sentenza, che si voglia riconoscere al suindicato provvedimento, lo stesso merita di essere qui integralmente condiviso, non avendo la parte, peraltro, prospettato argomentazioni che possano indurre a defletterne. Per ciò che concerne, invece, il merito del processo, il primo motivo di impugnazione attiene alla violazione degli artt. 3 e 17 del regolamento condominiale, i quali, però, non assumono nessuna rilevanza rispetto all'oggetto del deliberato: l'art. 3 si limita ad indicare le cose di proprietà comune; l'art. 17, invece, indica divieti del tutto estranei alla fattispecie in esame. In realtà, le disposizioni del regolamento condominiale sono richiamate perché gli attori ritengono violata la procedura prevista dall'art. 1117 ter c.c. Si legge in citazione: "Il (...) ha violato gli artt. 3 e 17 del predetto regolamento dove rispettivamente vengono individuate le parti comuni e posti i divieto al loro ingombro. Questo poiché l'art. 1117 ter c.c. al comma terzo prevede, a pena di nullità, che nella convocazione devono indicarsi le parti comuni oggetto dell'installazione ovvero del progetto esecutivo dell'impianto e la convocazione di tutti coloro che hanno diritti su quelle parti indivise". Ritiene questo Giudice che l'art. 1117 ter del codice civile è norma non applicabile nella fattispecie in esame; considerato, peraltro, che l'installazione dell'ascensore all'interno del (...), è opera favorita dal legislatore (arg. sulla base della legge n. 13/89). Nella piena consapevolezza delle difficoltà interpretative poste dalla summenzionata norma - in rapporto con la diversa disciplina dettata dal successivo art. 1120 per le innovazioni - deve ritenersi che, così come sostenutosi da una parte della dottrina, l'art. 1117 ter "riguarda particolari e complesse fattispecie condominiali di modifiche di destinazione d'uso che impongono, per soddisfare esigenze di interesse condominiale, all'assemblea di adottare delibere con un numero di voti che rappresenti i quattro quinti dei partecipanti al condominio e i quinti del valore dell'edificio. Ad un primo esame del nuovo art. 1117 ter si possono, quindi, configurare limitate ipotesi di applicazione (ad esempio, installazione di una piscina, di un campo di tennis o di calcio nell'area comune, modifica della destinazione pertinenziale dei locali adibiti ad alloggio del portiere, accorpamento di più edifici in un unico condominio). Non possono certamente farsi rientrare nella ipotesi di modificazione delle destinazioni d'uso da approvare con la maggioranza (quasi bulgara) dei quattro quinti le delibere di installazione ... di un ascensore...". Per vero, altra diversa opinione dottrinale individua in maniera precisa le differenze tra le "modifiche alla destinazione d'uso", di cui si occupa l'art. 1117 ter cit., e le "innovazioni tradizionali" disciplinate dall' art. 1120, le quali si distinguono, non solo per un aspetto formale (le differenti maggioranze prescritte), ma per il loro contenuto, "vale a dire per la possibilità di incidere sul godimento delle cose comune da parte dei singoli": "mentre le innovazioni tradizionali incontrano la barriera insuperabile della intangibilità del godimento da parte dei singoli, la circostanza che le modifiche alla destinazione d'uso possano privare dell'uso alcuni condomini si spiega con il contenuto di questi mutamenti, che non alterano la morfologia delle cose: vale a dire, che non alterano la struttura (materiale) di esse, ma afferiscono al solo godimento. L'ammissibilità delle modifiche alla destinazione d'uso, che rendono inservibili le parti comuni a taluni condomini, non raffigura una svista, o una contraddizione. Inserito nel sistema, il nuovo assetto si presenta come una scelta non irrazionale". La dottrina in esame, per meglio esplicitare il proprio pensiero, propone il seguente esempio: "la trasformazione del cortile in parcheggio per assegnare i posti auto ai condomini; oppure, con la stessa finalità, lo scavo del sottosuolo nel cortile per ricavare i box per le auto. Nel primo caso, la maggioranza qualificata può validamente deliberare, anche se la delibera rende impossibile l'uso di taluni condomini, perché i posti auto non risultano sufficienti, trattandosi di decisione che non incide sulla sostanza della cosa comune e che, pertanto, può essere rivista con diversa assegnazione dei posti auto, per sorteggio o con uso turnario. Nel secondo caso, invece, poiché l'entità materiale della res viene ad essere alterata in modo conclusivo, quando alcuni partecipanti vengono esclusi le innovazioni non possono essere approvate dalla maggioranza". All'evidenza, a prescindere dall'adesione all'uno o all'altro degli indirizzi suesposti, l'art. 1117 ter c.c. è norma estranea al caso in esame, rispetto al quale trova applicazione il regime delle innovazioni tradizionali e, pertanto, salvo quanto previsto con riferimento alle maggioranze contemplate dalla legge speciale, l'installazione di un ascensore a servizio di un edificio che in precedenza ne era sprovvisto deve essere astrattamente deliberata dall'assemblea con le maggioranze di cui agli artt. 1120, co. 1, e 1136, co. 5, c.c.; dunque, con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno i due terzi del valore dell'edificio. Peraltro, si è evidenziato come alla stregua di una lettura costituzionalmente orientata e in applicazione sia del principio di solidarietà condominiale che della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità 13 dicembre 2006, ratificata con l. 3 marzo 2009 n. 18, la deliberazione di installazione di ascensore con una maggioranza inferiore a quella prescritta dall'art. 1120, comma 1, c.c. è valida anche in mancanza di specificazione del fine di eliminazione delle barriere architettoniche ai sensi dell'art. 2 l. n. 13 del 1989 e, altresì, in assenza di disabili nell'edificio, in quanto nella stessa è immanente la finalità legittima di consentire l'accesso ai portatori di handicap senza difficoltà in tutti gli edifici e non solo presso la propria abitazione, essendo ostativo non il mero disagio bensì solo l'inservibilità della cosa comune al godimento e uso anche di un solo condomino, intesa come concreta inutilizzabilità secondo la sua naturale fruibilità, con la salvaguardia comunque del decoro architettonico e la sicurezza da valutare, però, nella loro essenzialità ed incidenza negativa non minimale (Cass. 18334/2012). Vieppiù, trattandosi di impianto suscettibile di utilizzazione separata, lo stesso può essere attuato anche a cura e spese di uno o di taluni condomini soltanto (con i limiti di cui all'articolo 1102), salvo il diritto degli altri di partecipare in qualunque tempo ai vantaggi della innovazione, contribuente (...) settembre 2017 n. 2071). Ulteriore motivo di impugnazione attiene alla mancanza del quorum richiesto dall'art. 1120 del codice civile. Trattasi, però, di motivo inammissibile, in quanto così genericamente dedotto: "è bene precisare che venivano conteggiati nella votazione anche condomini non interessati all'installazione ed esclusi dalla relativa ripartizione della spesa per la quota di pagamento. In effetti, il totale dei millesimi a favore dell'installazione dell'ascensore e paganti sono 606,58 per quindici condòmini su ventiquattro, salvo errori ed omissioni. Ordunque, ai fini del quorum necessario per votare tale innovazione mancano i millesimi richiesti dall'art. 1120 c.c. relativo alle innovazioni". Tale affermazione non consente - in difetto di ulteriori precisazioni - di smentire il diverso quorum di 861,29/1000 indicato nella delibera. Infine, gli attori si dolgono della lesione che il progetto del nuovo ascensore arreca alla loro proprietà. Nello specifico, l'impianto di cui trattasi, così come deliberato dall'assemblea, deve essere realizzato all'esterno, sul prospetto Nord - Ovest, nel retro dell'edificio (...) sull'area attualmente adibita a giardino, come meglio si evince dalla foto che segue. (...) e (...) denunciano la violazione delle distanze, in ragione della contiguità dell'ascensore alla finestra della loro cucina, e si lamentano della conseguente perdita di luce che ne seguirebbe, laddove venisse realizzato l'impianto, oltre che delle inevitabili immissisioni rumorose. Peraltro, considerato il punto di primo imbarco dell'ascensore, gli attori lamentano la violazione della loro privacy "il vano ascensore sarebbe prospeciente alla finestra dell'appartamento e, dunque, condomini e visitatori, nell'uso dell'ascensore, potrebbero guardare direttamente all'interno della abitazione, determinando un'invasione della privacy della famiglia (...) e condizionando così la libera vivibilità della loro quotidianità domestica". Infine, si legge in citazione che "i sigg. (...) ..., vedrebbero decrescere il valore economico del loro appartamento a causa dell'installazione dell'ascensore, oltre che per immissioni di rumori, vibrazioni, cattivi odori, problematiche termiche e onde elettromagnetiche, anche per il fatto che la loro proprietà è sita al pianterreno dello stabile". In alternativa, (...) e (...) hanno proposto una diversa collocazione dell'ascensore, sul lato Sud -Est del fabbricato, ove si trova l'ingresso della scala I. Rispetto a tali specifiche doglianze è stato nominato un CTU, al quale, tra gli altri accertamenti, è stato dato l'incarico di "verificare se il progetto alternativo prospettato dagli attori rappresenti valida alternativa sotto tutti i punti di vista anche in merito alle doglianze articolate rispetto al progetto del condominio". Sul punto, l'odierno giudicante ritiene di dover condividere quanto affermato dal (...): non è consentito in tal sede sindacare il merito della scelta tra l'uno o l'altro progetto, potendosi solo verificare la legittimità della volontà assembleare; per il che deve senz'altro escludersi che sia ravvisabile il vizio di eccesso di potere denunciato in citazione. Venendo all'impianto ascensore deliberato dall'assemblea, il CTU ha accertato che: - a) "la distanza tra la parete esterna della cabina ascensore e il filo esterno parete del vano finestra dell'ambiente cucina asservito all'appartamento posto al piano ammezzato di proprietà (...) è pari a ml = 2,92"; - b) "l'impianto ascensore previsto, del tipo panoramico con castelletto metallico e pannellature in cristallo di sicurezza trasparente, produce una minore luminosità sull'apertura del vano finestra "fi" dell'ambiente cucina asservito all'appartamento dei ricorrenti come segue: Sulla finestra "fi" la proiezione dell'impianto elevatore su tale vano incide per una larghezza pari a ml = 0,30 e, considerando la larghezza di apertura del vano, pari a ml 1,30, si ha una luminosità ridotta pari al 23%". Infine, il CTU ha verificato che l'impianto non rispetta le condizioni di accessibilità e di imbarco diretto per i disabili previste dalla legge 13/89. Orbene, poiché il nuovo ascensore deve essere realizzato all'esterno del fabbricato, con una struttura avente una propria consistenza, lo stesso non può essere considerato - come vorrebbe parte convenuta - un "volume tecnico" sottratto al rispetto delle distanze legali (si veda, Cass. 34461/2023, che ha ritenuto di dover correggere la motivazione della decisione impugnata ex art. 384 c.p.c., u.c., in quanto il dispositivo adottato era giustificato non in ragione della qualificazione dell'ascensore e della sua struttura prefabbricata di metallo e vetro come volume tecnico, ma in base alla normativa in tema di abbattimento delle barriere architettoniche). Conseguentemente, alla luce delle verifiche compiute dal CTU, può dirsi accertato che l'ascensore oggetto del deliberato assembleare, in quanto collocato a distanza inferiore a tre metri rispetto alla finestra del vano cucina degli attori, viola l'art. 907 c.c., quale norma applicabile anche nei rapporti tra condomini di un edificio (Cass. n. 10563 del 2001 e Cass. n. 23023 del 2000). Né, tale violazione può dirsi giustificata dalla normativa in materia di abbattimento delle barriere architettoniche, non risultando rispettate le relative condizioni di legge (non rilevano, rispetto alla decisione da assumere in questa sede, le eventuali conseguenze derivanti dagli incentivi del superbonus di cui fa menzione il convenuto nei propri atti difensivi). Orbene, non essendo l'impianto ascensore destinato all'abbattimento delle barriere architettoniche, la violazione della distanza prevista dall'art. 907 c.c. determina l'illegittimità della delibera assembleare, posto che se non possono essere lesi da delibere dell'assemblea condominiale, adottate a maggioranza, i diritti dei condomini attinenti alle cose comuni, a maggior ragione non possono essere lesi, da delibere non adottate all'unanimità, i diritti di ciascun condomino sulla porzione di proprietà esclusiva, indipendentemente da qualsiasi considerazione di eventuali utilità compensative. Né l'ascensore può essere considerato impianto indispensabile per un'effettiva abitabilità dell'appartamento, non avendo la medesima funzione degli impianti di luce, acqua, riscaldamento e similari, rispetto ai quali pure si ammette - in determinati limiti - la possibilità di derogare alla normativa sulle distanze. La delibera assembleare deve, per tale ragione, essere dichiarata nulla. In considerazione del fatto che non tutti i motivi di impugnazione si sono rivelati fondati, le spese di lite, ivi comprese quelle afferenti alla doppia fase cautelare, possono essere parzialmente compensate tra le parti. La compensazione va disposta nella misura del 30%, anche con riguardo all'espletata CTU, il cui costo risulta interamente anticipato in via provvisoria dagli attori nella misura di euro 3.924,63. Tra le spese di lite da liquidarsi in tal sede rientrano certamente quelle afferenti alla fase cautelare della sospensione della delibera (da determinare tenendo conto del risultato complessivo della causa, indipendentemente dalle ragioni specifiche del subprocedimento), ma non possono considerarsi quelle relative alla mediazione svoltasi con riguardo ad altra e diversa delibera assembleare. Devono essere riconosciute, invece, le spese inerenti alla seconda procedura di mediazione, recante la data del 7.12.2018, strumentalmente collegata al presente giudizio. P.Q.M. Il Tribunale di Napoli, in composizione monocratica, in persona del Giudice, Salvatore Di Lonardo, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, così provvede: - a) dichiara la nullità della delibera impugnata; - b) compensa per il 30% le spese di lite e pone il rimanente 70% a carico del convenuto, (...), che in tal parte liquida nella misura di euro 3.215,96 per esborsi (ivi comprese le spese di CTU) ed euro 7.700,00 per compenso professionale (di cui: euro 4.900,00 per il giudizio di merito; euro 1.050,00 per la fase di mediazione; euro 1.750,00 per la fase cautelare), oltre rimborso spese generali (15%), IVA e CPA come per legge. Così deciso il 23 maggio 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Napoli VI Sezione Civile, in persona del Giudice Unico Dott. Giovanni Giordano, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n.ro di R.G. 9938/2019 avente ad oggetto impugnativa delibera assemblea condominiale TRA Parte_1, res.te in Torre del Greco (NA) al lndirizzo_1 Cod. Fisc. C.F._1 elett.te dom.ta in Napoli alla (...) Indirizzo_2 presso lo studio dell'Avv. Cl.Fa. dal quale è rapp.ta e difesa per procura a margine dell'atto introduttivo del giudizio -ATTRICE - E Controparte_1 in persona dell'amministratore p.t., Cod. Fisc. P.IVA_1 elett.te dom.to in Caserta alla lndirizzo_3 presso lo studio dell'Avv. Fr.D. dal quale è rapp.to e difeso per procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta - CONVENUTO - Conclusioni: come da verbale del 27.10.2023. RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE Si richiamano gli atti delle parti ed i verbali di causa per quanto riguarda lo svolgimento del processo, in ossequio al disposto di cui all'art. 132 cpc.. Con atto di citazione ritualmente notificato Parte_1, dichiarandosi condomina nell'edificio in CP_1 al lndirizzo_4 dell'appartamento sito al piano secondo, conveniva in giudizio esso CP_1 al fine di sentir dichiarare la nullità, inefficacia, inopponibilità e/o l'annullabilità delle deliberazioni assunte sui capi 1) e 2) dell'O. d. G. dall'assemblea dei condomini tenutasi nella seduta del 05.02.2019, con vittoria di spese. Lamentava, essa attrice, con il primo motivo d'impugnazione, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1130 e 1130 bis c.c. essendo il rendiconto condominiale, tanto quello consuntivo per la gestione 2018 che quello preventivo per la gestione 2019, privi del registro di contabilità, non redatti in applicazione del criterio di cassa e non tenendo conto delle spese straordinarie sostenute; con il secondo motivo, lamentava la violazione dell'art. 1135, comma 1, n. 4 c.c. per non essere state riportate nella rendicontazione le voci relative a lavori di ristrutturazione straordinaria con la costituzione del relativo fondo speciale e riparto delle quote poste all'incasso o già incassate; con il terzo motivo, lamentava, infine, la partecipazione all'assemblea di soggetto non legittimato. Instauratosi il contraddittorio, si costituiva in giudizio il CP_1 il quale impugnava e contestava, punto per punto, tutto quanto ex adverso dedotto, prodotto ed eccepito, sia in fatto che in diritto, concludendo per il rigetto della domanda in quanto inammissibile ed infondata nel merito. Espletata la procedura di mediazione, su invito d'ufficio, con esito negativo, venivano concessi i termini ex art. 183 VI comma cpc, all'esito dei quali, ritenuta la causa matura per la decisione, veniva fissata udienza per le conclusioni, precisate le quali la causa veniva trattenuta in decisione con la concessione dei termini ex art. 190 cpc. Giova premettere che l'attrice ha chiesto dichiararsi nulla e/o annullare la delibera adottata nell'assemblea del 05.02 2019 sicchè s'impone la qualificazione della domanda, se di nullità e/o di annullabilità. Ebbene, secondo consolidato orientamento giurisprudenziale "in tema di condominio degli edifici, l'azione di annullamento delle delibere assembleari costituisce la regola generale, ai sensi dell'art. 1137 c.c. come modificato dall'art. 15 della l. n. 220 del 2012, mentre la categoria della nullità ha un'estensione residuale ed è rinvenibile nelle seguenti ipotesi: mancanza originaria degli elementi costitutivi essenziali, impossibilità dell'oggetto in senso materiale o giuridico - quest'ultima da valutarsi in relazione al "difetto assoluto di attribuzioni" -, contenuto illecito, ossia contrario a "norme imperative" o all"'ordine pubblico" o al "buon costume". Pertanto, sono nulle le deliberazioni con le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i generali criteri di ripartizione delle spese previste dalla legge o dalla convenzione, da valere per il futuro, trattandosi di materia che esula dalle attribuzioni dell'assemblea previste dall'art. 1135, nn.2) e 3), mentre sono meramente annullabili le deliberazioni aventi ad oggetto la ripartizione in concreto tra i condomini delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni adottate in violazione dei criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione stessi, trattandosi di deliberazioni assunte nell'esercizio di dette attribuzioni assembleari, cosicché la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza previsto dall'art. 1137, comma 2 c.c." (Cass. S. U. 9839/2021; Cass. S. U. 4806/2005). Inoltre, rispetto all'azione di annullamento, è costante l'orientamento secondo cui "In tema di impugnazione di delibere condominiali annullabili, la legittimazione ad agire spetta al condomino che sia stato assente all'assemblea nel corso della quale la delibera contestata è stata assunta o che, se presente, abbia espresso in merito il suo dissenso o si sia astenuto, ricadendo sullo stesso l'onere di provare tali circostanze. Il difetto di detta legittimazione può, invece, essere rilevato d'ufficio dal giudice ed il relativo accertamento non è soggetto a preclusioni, non potendosi accordare la facoltà di opporre la menzionata delibera a chi non ne abbia titolo." (Cass. Civ. 5611/2019; Cass. Civ. 5889/2001). Nel caso de quo, essendo stati prospettati dall'attrice solo vizi relativi alla redazione dei rendiconti consuntivo e preventivo nonché di regolare costituzione dell'assemblea, questi vanno inquadrati nell'ambito dei motivi di annullamento della delibera. Inoltre, incontestata è la qualità di condomina dell'attrice come risulta per tabulas la sua assenza dall'assemblea nel corso della quale veniva assunta la delibera de qua. Ne consegue, che deve riconoscersi in capo all'attrice la legittimazione a promuovere l'azione di annullamento della delibera in esame. La domanda, inoltre, è senz'altro ammissibile risultando l'atto introduttivo notificato al convenuto CP_1 in data 22.03.2019, ovvero entro il termine decadenziale di 30 giorni dalla comunicazione della delibera medesima - comunicazione avvenuta a mezzo racc.ta e ricevuta in data 23.02.2019 -, ex art. 1137 c.c., inoltre essa è, altresì, procedibile per l'esperita procedura di mediazione obbligatoria in corso di causa. Passando, quindi, all'esame del merito, va rilevato che solo i primi due motivi di impugnazione sono fondati e meritano accoglimento. Con i primi due motivi di impugnazione, che questo giudice ritiene possano essere esaminati congiuntamente, l'attrice lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1130 e 1130 bis nonché dell'art. 1135 c.c. n.4, essendo il rendiconto condominiale, tanto quello consuntivo per la gestione 2018 che quello preventivo per la gestione 2019, privi del registro di contabilità, non redatti in applicazione del criterio di cassa e per non essere state riportate nella rendicontazione le voci relative ai lavori di ristrutturazione straordinaria con la costituzione del relativo fondo speciale e riparto delle quote poste all'incasso o già incassate. Giova premettere, in termini generali, che fra gli obblighi principali dall'amministratore di condominio, il quale ricopre un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza, vi è quello di rendiconto di cui all'art. 1713 c.c.. Il rendiconto rappresenta il fulcro della gestione condominiale e risponde all'esigenza di porre i condomini in grado di sapere come effettivamente è stato speso il denaro da loro versato. Nella redazione del rendiconto, quindi, devono essere rispettate delle regole minime e necessarie di chiarezza ed intellegibilità. Se è pur vero, infatti, che non è necessario, ai fini della validità dell'approvazione del rendiconto, che le singole voci di entrate e di spesa, con relativa ripartizione, siano trascritte nel verbale di assemblea, tuttavia, affinchè possa ritenersi valida la delibera di approvazione di un rendiconto, è necessario che la relativa contabilità sia idonea a rendere intellegibili e chiare ai condomini le voci di entrata e di spesa, con le quote di ripartizione (Cass. Civ. 3892/2017). Per rendere intellegibile il rendiconto, quindi, occorre che sia tenuta una contabilità regolare, nella quale siano registrate cronologicamente le operazioni riguardanti la vita del condominio, con possibilità di verifica dei documenti e della giustificazione delle entrate e delle uscite della gestione condominiale (Cass. Civ. 3892/2017). La mancanza di registrazione contabile cronologica delle operazioni poste in essere, le quali conferiscono certezza e chiarezza al bilancio, così come la presenza di elementi che ne inficiano la veridicità, quali l'omissione o l'alterazione dei dati, determina l'illegittimità del bilancio e, conseguentemente, della delibera che l'abbia approvato. L'art. 1130 bis c.c., introdotto con la riforma attuata con la legge 220/2012, in vigore dal 18.06.2013, impone che il rendiconto condominiale sia composto da tre distinti documenti: il registro di contabilità, avente le caratteristiche proprie di un libro giornale e recante la menzione delle singole movimentazioni periodiche, incassi e pagamenti, in ordine cronologico; il riepilogo finanziario, avente le caratteristiche di uno stato patrimoniale, comprensivo delle poste attive e passive del patrimonio condominiale, ovvero in cui siano indicati i crediti ed i debiti verso condomini o fornitori, eventuali fondi/riserve, disponibilità in banca o presso gli uffici postali, integrato di un conto finanziario in cui indicare i valori relativi alla cassa iniziale e alle entrate da un lato e le spese e la cassa finale dal lato opposto; infine, la nota sintetica esplicativa della gestione con indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti. Secondo quanto stabilito dalla Cassazione con ordinanza n. 33038 del 20.12.2018, nel caso in cui il rendiconto sia privo del registro di contabilità, del riepilogo finanziario e della nota sintetica esplicativa, la collegata delibera di approvazione può essere oggetto di annullamento. Il Tribunale di Roma, con provvedimento del 02.10.2017, pienamente condiviso anche da questo giudice, ha avuto modo di affermare che, il rendiconto predisposto dall'amministratore risponde all'esigenza di porre i condomini in grado di sapere come sono stati spesi i soldi versati. Pertanto, pur non necessitando l'adozione di forme rigorose posto che non trovano applicazione nella materia condominiale le norme prescritte per i bilanci delle società è necessario che il rendiconto rifletta in maniera intellegibile la situazione contabile per raggiungere lo scopo di informazione al quale è preposto, contenendo una serie di riferimenti che sono necessari e/o opportuni quali: l'esposizione del conto corrente condominiale, la redazione di una situazione patrimoniale del condominio con l'indicazione degli eventuali residui attivi e passivi, l'elencazione di fondi di riserva obbligatori (ad esempio accantonamento per il fondo trattamento fine rapporto portiere) o deliberati dell'assemblea per motivi particolari (ad esempio fondo di cassa straordinario). Inoltre, l'amministratore dovrà, sempre indicare un elenco delle spese sostenute diviso per categorie secondo il criterio di ripartizione (come spese generali, acqua, riscaldamento ecc.), l'elenco delle quote incassate ed il piano di riparto che indichi per ogni condomino ed ogni categoria di spesa, il criterio di riparto e la quota a suo carico. La giurisprudenza di legittimità, infine, nell'interpretare l'art. 1130 bis c.c., dopo iniziali pronunce dove, nella redazione dei bilanci condominiali, non ha affermato in termini inequivoci l'obbligatorietà del principio di cassa, è giunta, tuttavia, ad affermare, ad essa conformandosi la prevalente giurisprudenza di merito, che il conto consuntivo della gestione condominiale non deve essere strutturato in base al principio della competenza, bensì a quello di cassa; l'inserimento della spesa va, pertanto, annotato in base alla data dell'effettivo pagamento, così come l'inserimento dell'entrata va annotato in base alla data dell'effettiva corresponsione. La mancata applicazione del criterio di cassa non rende intelligibile il bilancio e riscontrabili le voci di entrata e di spesa e le quote spettanti a ciascun condomino (Cass. Civ. 27639/2018). Solo per completezza espositiva, va rilevato, tuttavia, che in mancanza di un espresso divieto di utilizzazione del criterio di competenza, non è, in linea di principio, illegittima la sua utilizzazione per la redazione del rendiconto condominiale, a condizione che sia resa chiara ai condomini la conoscenza dell'esatta situazione patrimoniale del CP_1 e che nella nota sintetica esplicativa siano chiarite le apparenti discrasie correlate all'utilizzo del detto principio. Ove tali chiarimenti non siano resi, viene leso il diritto di informazione di ciascun condomino ed il vizio di formazione della volontà assembleare, che può essere fatto valere da ciascun condomino, rende annullabile la delibera adottata. Nel caso di specie, i rendiconti - ovvero il consuntivo di gestione 2018 come il preventivo di gestione 2019 - approvati dal convenuto CP_1 non sono conformi al disposto di cui all'art. 1130 bis, comma 1 c.c. difettando l'allegazione del registro di contabilità e della nota esplicativa, quali documenti necessari per la validità della deliberazione, riducendosi ad una mera elencazione di somme che non consente alcuna verifica dell'operato dell'amministratore. Inoltre, essi riportano voci prive di informazioni e riscontro di date e pagamenti, non consentendo di ricostruire i movimenti finanziari ed effettuare il controllo della disponibilità di cassa al termine dell'esercizio. Infine, il bilancio consuntivo esclude, di fatto, tutta la gestione delle spese relative alla manutenzione straordinaria del fabbricato, allo stato dei lavori, a quello dei pagamenti, dell'emissione delle quote, di quelle riscosse e di quelle ancora da riscuotere, nonchè, infine, della costituzione del fondo speciale, sebbene proprio il capo 1) dell'O. d. G. impugnato avesse ad oggetto l'approvazione anche del rendiconto della gestione contabile 2018 straordinaria. Il registro di contabilità e la nota esplicativa costituiscono componenti essenziali del rendiconto, perseguendo lo scopo di soddisfare l'interesse del condomino ad una conoscenza concreta dei reali elementi contabili recati dal bilancio, in modo da dissipare le insufficienze, le incertezze e le carenze di chiarezza in ordine ai dati del conto e consentire, così, in assemblea l'espressione di un voto cosciente e meditato. In altri termini, il registro di contabilità e la nota esplicativa costituiscono parti inscindibile del rendiconto, in quanto finalizzati ad una comprensione immediata della situazione patrimoniale ai fini della discussione e della partecipazione consapevole e tale inscindibilità non rappresenta un mero formalismo, quanto piuttosto un diritto dei condomini ad avere una gestione ispirata a criteri di trasparenza e, quindi, immediatamente verificabile anche da coloro che non abbiano capacità e conoscenza proprie degli addetti ai lavori. La mancanza di tali documenti, dunque, comporta l'annullabilità della deliberazione assembleare di approvazione. Con il terzo ed ultimo motivo d'impugnazione, l'attrice lamenta la partecipazione in assemblea di soggetto non legittimato tal Controparte_2 che, a suo dire, già nel lontano anno 2003 aveva alienato a tali (...) CP_3 e CP_4, la propria unità immobiliare facente parte del CP_1 convenuto, con la conseguenza che la delibera sarebbe nulla o annullabile non solo perché assunta con il voto del medesimo (...) CP_2 ma anche per la mancata convocazione degli effettivi condomini. E' appena il caso di osservare, in merito, che dall'esame del verbale di assemblea impugnato, contrariamente a quanto dall'attrice asserito, non risulta la partecipazione di Controparte_2 né che la delibera sia stata assunta con il suo voto favorevole sicchè si pone, invero, il solo problema, ai fini della validità della delibera assunta, della paventata mancata convocazione di tutti i condomini. E' noto l'orientamento giurisprudenziale, cui questo giudice aderisce, secondo cui a seguito della riforma che ritiene il deliberato annullabile in caso di omessa, tradiva o incompleta convocazione su istanza dei dissenzienti o degli assenti perché non ritualmente convocati, tale vizio possa essere eccepito solo da coloro nei confronti dei quali il vizio si è effettivamente verificato con conseguente carenza d'interesse, nella vicenda de qua, di sollevare una tale eccezione da parte dell'attrice trattandosi di vizio che non lo riguarda direttamente. Tale motivo d'impugnazione, quindi, non può trovare accoglimento. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate, come da dispositivo, in applicazione dei valori minimi dello scaglione di cui al D.M. di riferimento in considerazione della non complessità della vicenda. P.Q.M. il Tribunale di Napoli VI Sezione Civile, in composizione monocratica, reietta ogni contraria istanza ed eccezione, definitivamente pronunciando così provvede: 1) Accoglie la domanda e, per l'effetto, annulla la delibera assembleare del 05.02.2019 relativamente ai capi 1) e 2) dell'O. d. G.. 2) Condanna il Controparte_5 in CP_1 in persona dell'Amministratore p.t., al pagamento in favore dell'attrice delle spese di giudizio che si liquidano in Euro 550,00 per spese ed Euro 3.800,00 per competenze professionali oltre Spese Generali, IVA e CPA come per legge e se dovute. Così deciso in Napoli il 10 maggio 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI LECCO - sezione prima - in composizione monocratica, nella persona del Dott. Dario Colasanti, ha pronunziato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n. 852 del Ruolo Generale degli affari contenziosi civili dell'anno 2023 R.G., decisa a seguito della discussione orale avvenuta all'udienza del 08.05.2024, ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c., promossa da (...) in persona del legale rappresentate Dr. (...), con il patrocinio dell'avv. (...), RICORRENTE, contro (...) in persona dell'Amministratore pro tempore (...) (...) con il patrocinio dell'Avv. (...) RESISTENTE, che hanno reso le seguenti CONCLUSIONI RICORRENTE "Voglia il Giudice adito: previa sospensione, anche inaudita altera parte, delle delibere oggi impugnate: I. dichiarare nulle e/o inefficaci ovvero annullare le deliberazioni del Controparte 1 assunte in data 26.5.2021, con riferimento punto n.9 dell'OdG, e in data 03.05.2022, con riferimento al punto n.6 dell'OdG (entrambe aventi ad oggetto "Assegnazione dei posto auto"), per tutte le ragioni dedotte in narrativa; II. II. accertare e dichiarare il diritto dell'attrice (...) ad utilizzare i posti auto nel cortile comune del (...) conformemente al Regolamento di Condominio ed all'atto di compravendita stipulato con (...) in data 31/10/2012. Con vittoria di spese e competenze del presente giudizio." RESISTENTE "Piaccia all'Ill.mo Tribunale adito, rigettata ogni istanza, richiesta o eccezione, di rito o nel merito, così giudicare: Nel merito, in via principale: per tutte le ragioni, di fatto e di diritto, esposte nel presente atto, respingere, in quanto infondate, le domande della controparte; In ogni caso: con il favore delle spese di lite." RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO 1) Le difese delle parti e l'oggetto della decisione. Parte ricorrente, proprietaria di una unità immobiliare facente parte del (...) in forza dell'atto di compravendita dell'ottobre 2012, promuove l'odierno giudizio per impugnare due delibere assembleari, sostenendo che le stesse siano nulle e/o annullabili in quanto avrebbero disposto di fatto l'assegnazione di posti auto presenti nel cortile comune in uso e godimento esclusivo ad alcuni condomini, in pregiudizio di altri. Di conseguenza, ha concluso per la dichiarazione di nullità e/o annullabilità delle delibere limitatamente al punto 9 "assegnazione dei posti auto (...)" (delibera del 26.05.21) e punto 6 "assegnazione dei posti auto (...)" (delibera del 03.05.22) e per l'accertamento del diritto del (...) ricorrente all'utilizzo di due posti auto nel cortile comune, conformemente al regolamento condominiale. Il (...) resistente ha, di contro, negato l'interesse all'impugnazione delle due delibere assembleari, adottate solo al fine del riparto dei costi sulla base della mera ricognizione della situazione preesistente. Ha, comunque, sostenuto che l'assegnazione dei posti auto presenti all'interno del cortile condominiale è disciplinata dal combinato disposto del regolamento contrattuale e degli atti notarili di compravendita delle sole prime 6 unità alienate, con conseguente assegnazione solo ai proprietari di queste ultime, e non di quelle oggetto delle successive compravendite. Ha quindi chiesto il rigetto delle domande avversarie. Il ricorso è fondato e meritevole di accoglimento. 2) Il regolamento condominiale del (...) la regolamentazione del diritto di uso del cortile interno. In primo luogo, si evidenzia che il regolamento condominiale del (...) (doc.11 ricorrente, doc. 5 resistente) ha ab origine natura contrattuale. La circostanza è pacifica, oltre che in punto di diritto, anche in quanto così indicato dalla stessa difesa di parte resistente: (...), prima di vendere le unità immobiliari "aveva predisposto il Regolamento Condominiale Contrattuale che ha successivamente richiamato ed allegato agli atti di vendita delle proprietà sopra descritte" (cfr. pag. 3 e pag. 6 comparsa di costituzione resistente), ed invero lo stesso è stato allegato e/o richiamato in tutti gli atti di compravendita (docc. 2-3-4-6-8-9 parte resistente). E' in ogni caso documentale che il regolamento contrattuale sia stato predisposto dall'originario proprietario di tutto lo stabile ((...)) e che lo stesso sia espressamente richiamato o allegato all'interno degli atti di acquisto delle singole unità immobiliari in atti. In quanto tale, è accettato dai singoli acquirenti in sede di compravendita e vincola i singoli condomini, sia gli originari proprietari che i loro aventi causa. In secondo luogo, il regolamento condominiale non attribuisce un diritto di uso esclusivo del cortile interno a singoli condomini, bensì disciplina le modalità di uso del bene comune, peraltro ponendo un limite e un vincolo al diritto di uso (n.d.r. non più di n.1 auto per ogni unità immobiliare). Invero il cortile interno "costituisce proprietà comune in modo inalienabile e indivisibile esclusa ogni rinuncia in favore di tutti i comproprietari" (art.2 del Regolamento) ed è un bene comune condominiale ai sensi dell'art. 1117 c.c. Al contempo, il medesimo Regolamento prevede che "I condomini potranno usufruire del cortile comune per parcheggiare n.1 auto per ogni unità immobiliare usando le debite accortezze per facilitare l'uso del cortile stesso da parte degli altri condomini e senza pregiudicare il libero accesso ai boxes" (cfr. art.2): il Regolamento indica quindi quali sono le parti dell'edificio di proprietà comune e le norme relative all'amministrazione e gestione della cosa comune, ma non prevede il diritto di uso esclusivo di una parte dell'edificio comune a favore di una proprietà esclusiva. In altri termini il regolamento de quo non costituisce un diritto reale (di uso esclusivo del cortile interno) in favore di singole unità immobiliari, bensì regolamenta il diritto di uso della cosa comune da parte di tutti i condomini, ovverosia che ogni unità immobiliare possa parcheggiare al massimo n.1 auto, onde non pregiudicare il pari diritto di uso della cosa comune da parte degli altri condomini, precisando altresì che debbano essere utilizzate le dovute accortezze, nel rispetto del pari diritto di uso. A ciò aggiungasi che l'uso del bene comune spetta a tutti, sicché, se il cortile interno adibito a parcheggio condominiale ha una capienza insufficiente per tutte le auto, come nel caso di specie in cui l'originaria unità immobiliare è stata frazionata in più unità e comunque in un numero di unità maggiore rispetto allo spazio presente nel cortile interno (che parte resistente indica in uno spazio utile per n. 6 autovetture), l'amministrazione condominiale, previa delibera, potrà al più indicare un'utilizzazione turnaria per permettere a tutti i condomini di fruire del bene comune in ugual modo. Ovverosia l'assemblea condominiale potrà al più deliberare per disciplinarne la modalità di godimento, nel rispetto però della regola ex art. 1102 c.c. Quindi, non si condivide la tesi del resistente nella parte in cui, richiamando il principio interpretativo di cui all'art. 1367 c.c., deduce che interpretare l'art. 2 del regolamento condominiale nel senso di concedere il diritto di uso a tutti gli acquirenti, significherebbe privare la clausola di significato; né è condivisibile la tesi per cui l'utilizzo del cortile sarebbe concesso solo ai proprietari delle unità di una scala condominiale e non a quelli della altre scale, in assenza di qualsiasi espressa previsione. Deve pertanto ritenersi che ogni condomino, e non solo i proprietari delle 6 unità immobiliari compravendute nei primi anni '90, abbia il diritto di parcheggiare n. 1 auto, e non più di n. 1 auto, per ogni singola unità immobiliare. (...) dà atto e documenta (cfr. atto di acquisto doc.1, pag. 3 della ricorrente) che l'ufficio di sua proprietà (sub) è stato ricavato dalla fusione di due unità (sub. e sub.). Alla luce della documentazione allegata e dell'assenza di specifica contestazione, deve pertanto ritenersi che il condomino proprietario del sub. abbia diritto a parcheggiare il numero massimo di 2 autovetture, in luogo di 1, non in deroga bensì ai sensi del Regolamento Condominiale. Ciò non significa che (...) vanti un diritto esclusivo in tal senso ma semplicemente che, in concorrenza con gli altri condomini, qualora trovi il posto libero potrà parcheggiare non più di due auto. 3) La natura dispositiva delle delibere condominiali. Le delibere assembleari sono state impugnate con riferimento ai seguenti punti all'ordine del giorno: 3.1. La delibera del 26.05.21 - Punto 9 OdG "Assegnazione dei posti auto e richieste de (...) per la posa di tettoie sopra la porta di ingresso: 1 tettoia lato strada e 1 cortile interno". Omettendo la parte relativa alla posa delle tettoie, non oggetto del presente giudizio, in merito all'assegnazione dei posti auto è stato verbalizzato quanto segue "Si discute in ordine a una possibile assegnazione dei posti auto. Si dà lettura di quanto discusso durante l'assemblea del 15.09.20 al punto 4. Il suddetto punto si considera riportato integralmente nel presente verbale e considerato come parte integrante dello stesso"; "Stante il fatto che i suddetti posti auto non sono condominiali ma solo degli intestatari (Sirio - Hypo - Rizzo Comito - Faulisi - (...) - (...)) gli stessi dovranno accordarsi per l'eventuale assegnazione" e "(...) l'accesso carraio al suddetto cortile è consentito solo ai suddetti condomini mentre tutti gli altri hanno diritto di accesso pedonale da altra zona del (...)". "Poiché si era deliberato di procedere all'elettrificazione del cancello carraio delle auto, l'assemblea delibera di rivedere il criterio di riparto utilizzato per la messa in opera del cancello carraio ed addebitare il costo dell'elettrificazione solo agli aventi diritto, stornando quanto hanno pagato gli altri"; e ancora "Pertanto i condomini conferiscono mandato all'Amministratore di comunicare alla ditta che esegue la manutenzione del cancello di modificare il codice del radio comando e di riprogrammare solo i telecomandi dei suddetti condomini; tale questione vale anche per il selettore del carraio che verrà sostituito e consegnata la chiave solo ai suddetti condomini". E' stata quindi messa in votazione la modifica del criterio di riparto delle spese per l'elettrificazione del cancello e il diritto di utilizzare il selettore e il radiocomando, con approvazione della delibera (n. 6 voti favorevoli dei presunti "intestatari" dei posti). 3.2. La delibera del 03.05.22, punto 6 dell'OdG "Assegnazione dei posti auto e richiesta (...) per la posa di tettoie sopra le porte di ingresso: 1 tettoia lato strada e 1 cortile interno. Per ciò che rileva in questa sede, è stato verbalizzato che "Viene sottoposta al vaglio dell'assemblea la proposta di considerare il cortile parte comune, mentre i posti auto sono in uso e godimento dei soli condomini Sirio - Hypo - Rizzo Comito - Faulisi - (...), fermo restando che la delibera viene assunta solo al fine del riparto dei costi, in quanto non è consentito all'assemblea di deliberare in merito alle rispettive proprietà". Delibera approvata con n.6 voti favorevoli. 3.3 Il giudicante non condivide la tesi del (...) nella parte in cui sostiene che le delibere di cui sopra i) descrivano una situazione di fatto e di diritto preesistente; ii) abbiano un valore meramente dichiarativo e iii) ineriscano solo la ripartizione delle spese connesse all'utilizzo del parcheggio. Innanzitutto, quanto alla situazione di fatto e di diritto preesistente, in ragione delle argomentazioni già ampiamente svolte, si deve ritenere che non v'è documento alcuno dal quale sia deducibile la volontà di limitare il diritto di uso del cortile interno per il parcheggio delle auto ai primi 6 acquirenti delle unità immobiliari. In secondo luogo, la natura dispositiva è icto oculi evidente già dall'oggetto dell'ordine del giorno "Assegnazione posti auto" Il contenuto dispositivo si evince sia nella parte in cui, da un lato, le delibere statuiscono un diverso criterio di riparto delle spese per l'utilizzo delle parti comuni, in deroga alla disciplina civilistica (addebitare il costo dell'elettrificazione solo agli aventi diritto, sottintendendo però che gli aventi diritto siano solo 6) e, d'altro lato, limitano il diritto di uso del bene comune ("modificare il codice del radio comando e di riprogrammare solo i telecomandi dei suddetti condomini; tale questione vale anche per il selettore del carraio che verrà sostituito e consegnata la chiave solo ai suddetti condomini "). Nella delibera del maggio 2022 l'assemblea si spinge oltre, mettendo ai voti la proposta di considerare il cortile parte comune, mentre i posti auto sono in uso e godimento" di alcuni condomini". E' evidente che in questo modo è stato precluso ad alcuni condomini il pieno godimento, nei termini stabiliti dal regolamento, del cortile condominiale e il riparto delle spese in deroga all'art. 1123 c.c. ne rappresenta esclusivamente un riflesso destinato alla caducazione. L'assemblea condominiale fa erroneamente proprie le deduzioni di cui alla relazione dell'Ing. (...) dell'1.09.20 (cfr. doc.3 della ricorrente), che contengono rilievi errati, tra i quali: "Negli atti notarili delle prime vendite (...) è scritto che ognuno di essi ha diritto ad un posto auto nel cortile che è proprietà comune, quindi in totale 6 posti auto" La circostanza non è vera e, in ogni caso il diritto di uso del cortile interno-bene comune per il parcheggio di n. 1 autovettura per ogni singola unità, non ha la propria fonte negli atti compravendita. E ancora "Come è possibile che il Notaio (...) (cfr. compravendita (...)) abbia venduto dei posti auto che non erano di proprietà della (...) nessun posto auto sito nel cortile condominiale è stato oggetto di compravendita. Entrambe le delibere devono quindi intendersi affette da nullità, come insegnato dalla Suprema corte nomofilattica (Cass. S.U. 4806/2005), per cui sono affette da tale tipo di invalidità le delibere che "incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni", come accade nel caso di specie in cui per alcuni condomini sono in toto preclusive dell'uso dei posti auto del cortile. La relativa impugnazione è, quindi, sottratta al termine di impugnazione di giorni trenta previsto dall'art. 1137 c.c.. 4) Le spese di lite. La soccombenza della parte resistente comporta la condanna alla refusione delle spese di lite nei confronti della ricorrente, quantificate come da dispositivo, facendo applicazione dei valori di cui al D.M. 55/2014 e ss.mm, per lo scaglione delle cause di valore indeterminabile, tenuto altresì conto dell'attività effettivamente espletata, e quindi in base a valori medi per la fase di studio e introduttiva, e minimi per la fase decisionale (con esclusione della fase istruttoria per cui non è stata svolta attività rilevante), oltre il rimborso delle relative spese vive, documentate in complessivi Euro 545,00. Si ritiene che la parte soccombente debba essere condannata a rimborsare alla ricorrente anche gli esborsi sostenuti per esperire la procedura di mediazione, nel caso di specie obbligatoria e, in quanto tale, condizione di procedibilità del presente giudizio di merito. Gli stessi, quantificati come da dispositivo, sono calcolati applicando i valori minimi per lo scaglione di valore indeterminabile ai sensi del DM. 55/14 e ss.mm. Nulla si liquida per le anticipazioni, in quanto non documentate. P.Q.M. definitivamente pronunciando nel merito del giudizio proposto da (...) (...) Contro (...) ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, ACCOGLIE il ricorso proposto dalla ricorrente nei confronti del resistente e, per l'effetto, DICHIARA - la nullità delle due delibere assembleari del (...) rispettivamente assunte in data 26 maggio 2021, limitatamente al punto 9 dell'Ordine del Giorno, e in data 3 maggio 2022, limitatamente al punto 6 dell'Ordine del Giorno, in ragione della fondatezza dei motivi di impugnazione; - il diritto di (...) nel senso di cui in motivazione, all'utilizzo del cortile comune per parcheggiare un massimo mapp. (...), sub (ex sub. e 719), conformemente a quanto previsto all'art.2, ultimo comma del Regolamento Condominiale. CONDANNA (...) a rifondere le spese del giudizio sostenute da (...) quantificate complessivamente in Euro 4.358,00 per compensi, oltre spese generali 10%, IVA e CPA, ed Euro 545,00 per spese non imponibili, e le spese del procedimento di mediazione, che si liquidano in Euro 804,00, oltre IVA CPA. MANDA alla Cancelleria per gli incombenti di competenza. Così deciso in Lecco 8 maggio 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE D'APPELLO DI VENEZIA SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dai Signori Magistrati Dott. Lisa Micochero Presidente Dott. Enrico Schiavon Consigliere Dott. Francesco Marchio Cons. Ausiliario rel. ed est. ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa civile in grado d'appello iscritta al n. 20 del Ruolo Generale dell'anno 2023. T R A (...) in persona del legale rappresentante (...) rappresentati e difesi dall'avv. (...) con domicilio eletto presso lo studio in Vicenza. PARTE APPELLANTE E (...), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avv. (...), con domicilio eletto presso il suo studio in Vicenza, (...) PARTE APPELLATA Oggetto della causa: appello avverso la sentenza n. 1815 del Tribunale di Vicenza pubblicata il 26/10/2022. Causa decisa nella camera di consiglio in data 11/4/2024. CONCLUSIONI Per la (...) appellante rigettata ogni contraria domanda ed eccezione, revocarsi, dichiararsi nullo e/o comunque privo di effetto il D.I. opposto per i motivi esposti in causa, previe le opportune declaratorie incidentali in ragione delle delibere condominiali "a monte" citate in atti o comunque menzionate in causa; spese e competenze di causa rifuse, con accessori, per entrambi i gradi di giudizio. In via istruttoria: si insiste sui rilevi di cui alla nota del CTP geom. (...), in atti, non condividendo le repliche del CTU. Per scrupolo difensivo, si chiede nuovamente ammettersi prova per testi sui seguenti capitoli: 1. vero che, durante l'esecuzione dei lavori oggetto della delibera del 08.04.2015, nel periodo primavera 2015 - gennaio 2016, mi recavo presso il cantiere e verificavo che in mia presenza le maestranze omettevano di collocare il "cappotto" e le guaine; 2. vero che, nel dicembre 2019, l'amministratore eseguiva un accesso presso il condominio recandosi sulle "terrazze" nonché effettuando verifiche sul cappotto esterno; 3. vero che attualmente, in caso di piogge abbondanti, si verificano percolamenti ed infiltrazioni nel CP_1 di cui è causa. Si indicano a testi: - geom. (...) detto (...). In subordine: riformarsi quanto meno i capi accessori relativi alla condanna, in particolare quanto alle spese processuali e non, punto 2, a, b, c, d, essendovi ragioni per una compensazione delle spese di lite e per non attribuire interamente agli appellanti le spese di CTP e CTU. Per la (...) appellata Voglia la Corte d'Appello adita, ogni contraria deduzione, eccezione, difesa disattesa: -in via preliminare dichiarare l'inammissibilità dell'appello ai sensi dell'art. 348-bis cpc (vecchio rito) per le ragioni esposte; - nel merito rigettare il proposto appello confermando la sentenza del Tribunale di Vicenza; - In ogni caso, con vittoria di competenze e spese di lite (comprese le spese di CTU e CTP del primo grado) di entrambi i gradi di giudizio e di ingiunzione; - in ragione della mala fede e colpa grave con cui è stata promossa la presente azione, condannare parte appellante ai sensi dell'art. 96 c.p.c.. FATTO E DIRITTO 1. Con atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo innanzi al Tribunale di Vicenza, (...) unitamente ai soci illimitatamente responsabili (...) convenivano in giudizio il (...) chiedendo che venisse dichiarato nullo e revocato il decreto ingiuntivo n. 904/19, emesso dal Tribunale di Vicenza per il pagamento di Euro 7.758,39 oltre spese e accessori. 1.1. Sostenevano gli opponenti: - la soc. (...) era proprietaria di una unità immobiliare nel (...) in Sovizzo (VI) al piano terra e con la deliberazione dell'assemblea dei condomini del 19/10/2018, posta a fondamento del decreto ingiuntivo, risultavano approvati a maggioranza il rendiconto consuntivo 2017, il bilancio dei lavori di manutenzione straordinaria 2015/17 e ripartizioni; - le spese straordinarie ripartite riguardavano l'installazione del cd. cappotto dal primo al terzo piano senza benefici per i negozi con vetrine al piano terra, come il negozio della parte opponente, e pertanto doveva ritenersi nulla la deliberazione del 19/10/2018 per violazione dei criteri previsti dall'art. 1123 c.c. senza l'unanimità necessaria. 2. Si costituiva il (...) resistendo alla domanda e chiedendone il rigetto. 3. Il Tribunale di Vicenza, istruita la causa con l'acquisizione di documenti e c.t.u., così disponeva: 1. rigetta l'opposizione e tuttavia revoca il decreto ingiuntivo n. 627 del 2019; 2. preso atto dei pagamenti intervenuti in corso di causa condanna gli opponenti a pagare al (...): a) euro 2.398,39, oltre interessi legali dal dovuto al saldo, b) le spese del procedimento monitorio, pari ad Euro 685,50 (di cui Euro 145,50 per spese e Euro540,00 per compensi) oltre accessori di legge, c) le spese processuali del presente giudizio sostenute da parte convenuta, pari ad euro 875 (fase di studio) 740 (fase introduttiva) 1600 (fase istruttoria) 1620 (fase decisoria), oltre IVA, cpa e spese forfettarie 15%; d) le spese di CT di parte convenuta, per euro 647,09, e di CTU, per euro 4.880,81. 4. Rilevava il Tribunale: - la deliberazione contestata, ma non impugnata dagli opponenti, doveva ritenersi "meramente annullabile e non nulla, in quanto si proponeva (a loro dire naturalmente) di disattendere i criteri "corretti" di ripartizione della spesa per il singolo caso"; - l'impugnazione perciò era da farsi entro il termine di decadenza e constatato che ciò non è avvenuto, aggiungeva il primo giudice, l'analisi "può certamente arrestarsi a questo punto senza doversi procedere oltre ad esaminare l'ulteriore motivo di parte convenuta (e che pure non appariva affatto infondato, alla luce della giurisprudenza corrente) secondo il quale, per la natura e la funzione del "cappotto", esso rappresenta (a prescindere da dove materialmente venga collocato) un'opera della quale l'intero edificio condominiale viene a beneficiare, in termini di protezione dagli agenti atmosferici e di coibentazione e di efficientamento energetico". 5. Per la riforma della sentenza proponevano appello (...) e (...) e (...). Si costituiva il (...) chiedendone il rigetto come da comparsa di costituzione e risposta. Precisate le conclusioni, la causa veniva trattenuta in decisione, con la concessione dei termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle repliche. 6. Lamentano gli appellanti: - in seguito all'opposizione al decreto ingiuntivo, erroneamente non sarebbe stata esaminata l'eccepita nullità della delibera su cui si fonda l'ingiunzione; - in particolare, sostengono gli appellanti, sarebbero state richieste dal (...) somme eccessive rispetto a quelle originariamente preventivate per i lavori straordinari; - l'importo complessivo sarebbe stato ripartito senza tener conto del criterio che sarebbe emerso dalla precedente consulenza tecnica, svolta in sede di procedimento di mediazione con il Condominio, sempre sulle spese straordinarie e poi concluso senza il raggiungimento di un accordo; - con la predetta delibera del 19/10/2018, invece, secondo gli appellanti in violazione del criterio di ripartizione previsto dall'art. 1123 c.c., sarebbero state addebitate spese per l'unità immobiliare di parte appellante al piano terra, negozio con vetrine, per l'installazione del cappotto "a partire dal primo piano e sino al terzo" e senza distinguere "quali spese sono inerenti alla facciata pura e semplice (ripartendo tale voce in proporzione ai millesimi di proprietà) e quali spese afferiscono invece - direttamente o indirettamente - al fatto che le facciate a partire dal piano primo sono rivestite dal c.d. cappotto" con applicazione del: "criterio di cui al comma 3 dell'art. 1123 c.c., non potendo ravvisarsi alcuna utilità derivanti dal citato cappotto alle unità site al piano terra"; - inoltre, aggiungono gli appellanti, anche ove il cappotto costituisca parte della facciata, erroneamente nella c.t.u. disposta dal giudice di primo grado non sarebbe stata considerata l'assenza di benefici per i negozi al piano terra; - in via subordinata, gli appellanti chiedono la compensazione delle spese di lite. 7. Le censure proposte dagli appellanti sono infondate per le assorbenti considerazioni che seguono. 7.1. Innanzitutto, appare utile ricordare che: - costituisce domanda nuova, e come tale è inammissibile, la domanda con cui si faccia valere un vizio della delibera diverso da quello fatto valere con l'atto introduttivo del giudizio: poiché alle delibere condominiali si applica il principio dettato in materia di contratti, secondo cui il potere attribuito al giudice dall'art. 1421 c.c., di rilevarne d'ufficio la nullità deve necessariamente coordinarsi con il principio della domanda ex art. 112 c.p.c., il giudice non può dichiarare d'ufficio la nullità della delibera sulla base di ragioni diverse da quelle originariamente poste dalla parte a fondamento della relativa impugnazione (Cass. 28734/2008); - è inammissibile ogni questione sollevata dall'appellante relativa al contenuto di documenti o fatti non allegati ritualmente e tempestivamente ex artt. 163 e 183 (nel testo vigente in ragione del tempo) nonché ex art. 345 c.p.c. (compresa ogni questione su pagamenti genericamente indicati, su nuove azioni che sarebbero state avviate successivamente o su eventuali vizi o difetti delle opere eseguite); - in ogni caso, si aggiunge per completezza, è incontroversa l'approvazione/ratifica da parte dell'assemblea dei condomini del consuntivo delle spese straordinarie in oggetto, mentre, in difetto di circostanziati elementi pregiudizievoli come nella specie, non è consentito un controllo sul merito della scelta operata dall'assemblea; controllo che esula dai limiti consentiti al sindacato giudiziale ex art. 1137 c.c.. 8. Così delimitato l'ambito dell'impugnazione, secondo la giurisprudenza di legittimità: - sono "meramente annullabili le deliberazioni aventi ad oggetto la ripartizione in concreto tra i condomini delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni adottate senza modificare i criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione, ma in violazione degli stessi, trattandosi di deliberazioni assunte nell'esercizio delle dette attribuzioni assembleari, che non sono contrarie a norme imperative, cosicché la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza previsto dall'art. 1137 c.c., comma 2"; - inoltre, "Nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice può sindacare sia la nullità dedotta dalla parte o rilevata d'ufficio della deliberazione assembleare, posta a fondamento dell'ingiunzione, sia l'annullabilità di tale deliberazione, a condizione che quest'ultima sia dedotta in via d'azione, mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell'atto di citazione, ai sensi dell'art. 1137, comma 2, c.c., nel termine perentorio ivi previsto, e non in via di eccezione" (cfr. Cass. S.U. 9839/2021). 8.1. Inoltre, sulla ripartizione delle spese per i lavori è stato affermato che: - in tema di condominio negli edifici, le parti dell'edificio ovvero le opere ed i manufatti "deputati a preservare l'edificio condominiale da agenti atmosferici e dalle infiltrazioni d'acqua, piovana o sotterranea, rientrano, per la loro funzione, fra le cose comuni, le cui spese di conservazione sono assoggettate alla ripartizione in misura proporzionale al valore delle singole proprietà esclusive, ai sensi della prima parte dell'art. 1123 cod. civ., non rientrando, per contro, fra quelle parti suscettibili di destinazione al servizio dei condomini in misura diversa, ovvero al godimento di alcuni condomini e non di altri, di cui all'art. 1123, secondo e terzo comma cod. civ." (cfr. Cass. 64/2013); - in particolare, "la realizzazione di un "cappotto termico" sulle superfici esterne dell'edificio condominiale non rientra tra le innovazioni voluttuarie o gravose di cui all'art. 1121 c.c., né configura una cosa che è destinata a servire i condomini in misura diversa, oppure solo una parte dell'intero fabbricato ma, in quanto finalizzata alla coibentazione dell'edificio condominiale ed al miglioramento della sua efficienza energetica, va ricompresa tra le opere destinate al vantaggio comune dei proprietari, inclusi quelli dei locali terranei; ne consegue che, ove la sua realizzazione sia deliberata dall'assemblea, trova applicazione l'art. 1123, comma 1, c.c. per il quale le spese sono sostenute da tutti i condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno" (cfr. Cass. 10371/2021). 8.2. Sullo stato dei luoghi e l'esecuzione dei lavori, dalla c.t.u. espletata in primo grado, per quel che rileva, è emerso: - il fabbricato al piano terra è composto da negozi con ampie vetrine e da una galleria centrale che porta ai tre vani scale, dal primo al quarto l'immobile è composto da abitazioni e un ufficio; - sull'esecuzione dei lavori straordinari ha accertato il consulente: "tutti i lavori per i quali è stato chiesto il pagamento sono stati effettivamente messi in opera", v. pag. 20 relazione c.t.u. del 23/3/21; - il c.d. "cappotto", ha aggiunto il c.t.u., costituisce "parte integrante dei muri maestri e delle facciate del fabbricato...è presente non solo sulle facciate dei piani dal 1° al 3° ma anche al piano terra, infatti anche le colonne sporgenti presenti su tutta l'altezza del fabbricato sono rivestite con il c.d. "cappotto", v. pag. 21-22 relazione c.t.u. del 23/3/21. 8.3. Nel caso in esame, pertanto, quanto contestato dall'opponente attiene alla ripartizione in concreto delle spese condominiali e si riflette nella eventuale annullabilità della delibera in data 19/10/2018 non impugnata, con conseguente inammissibilità di quanto dedotto in via di eccezione, e non con domanda riconvenzionale, quando era decorso il termine perentorio di 30 giorni indicato dall'art. 1137, comma 2, c.c.. In altre parole, anche ove emerso un errore di calcolo nella ripartizione dei contributi condominiali, circostanza nella fattispecie non idoneamente specificata e documentata, la doglianza avrebbe dovuto essere oggetto di domanda riconvenzionale in sede di opposizione al decreto ingiuntivo, invece, non proposta. 8.4. Sono ininfluenti o comunque non direttamente attinenti ai fini della decisione le richieste istruttorie della parte appellante. 9. Conseguentemente, anche quanto lamentato dagli appellanti sulla regolamentazione delle spese di lite da parte del giudice di primo grado non può essere accolto, visto l'esito complessivo e la sostanziale soccombenza degli opponenti. In seguito alla revoca del decreto ingiuntivo, condivisibilmente gli opponenti sono stati condannati alle spese del procedimento monitorio e del giudizio di opposizione, comprese le spese di c.t.p. e con spese di c.t.u., come traspare dal tenore complessivo della motivazione di rigetto dell'opposizione, poste definitivamente a carico degli opponenti. 10. La richiesta di risarcimento dei danni per violazione dell'art. 96 c.p.c. formulata dal (...) è infondata. La responsabilità processuale aggravata per lite temeraria, infatti, non può derivare dal solo fatto della prospettazione di tesi giuridiche riconosciute errate, occorrendo che l'altra parte deduca e dimostri nell'indicato comportamento della controparte la ricorrenza del dolo o della colpa grave. Non essendo emersi chiari e concordanti elementi in tal senso, la domanda deve essere rigettata. 11. In conclusione, l'appello proposto da (...) e (...) e (...) viene respinto con condanna alle spese di lite che vengono liquidate in favore del (...) come in dispositivo, tenuto conto dell'attività difensiva svolta. P.Q.M. La Corte d'Appello di Venezia, definitivamente pronunziando, respinta ogni contraria istanza, eccezione e difesa così provvede: 1) rigetta l'appello proposto da (...) e (...) e, per l'effetto, conferma la sentenza di primo grado; 2) rigetta la domanda ex art. 96 c.p.c.; 3) condanna gli appellanti in solido al pagamento delle spese di lite del grado che si liquidano complessivamente in Euro 3.397,00 oltre spese generali (15%) e oneri accessori come per legge in favore del (...) 4) dà atto che sussistono a carico della parte appellante i presupposti per l'applicazione dell'art. 13, comma 1, quater del d.p.r. n. 115 del 2002 (T.U. in materia di spese di giustizia). Cosi deliberato in data 11 aprile 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Bari, terza sezione civile, in composizione monocratica nella persona del Giudice dott. Giovanna Manca ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n.r.g. 11989/2017 avente ad oggetto "comunione e condominio, impugnazione delibera assembleare - spese condominiali" promossa DA (...) e (...), rappresentati e difesi dagli Avv.ti (...) ATTORI CONTRO (...) in persona dell'amministratore p.t., rappresentato e difeso dall'Avv. (...) CONVENUTO FATTO E DIRITTO Con atto di citazione notificato il 10.07.2017 (...) e (...) hanno convenuto in giudizio il (...), domandando di "dichiarare illegittimo, inesistente, nullo e/o annullabile, inefficace e quindi, annullare l'intero deliberato assunto in seconda convocazione in data 15.06.2017 dall'Assemblea del cd. (...) (...), con "condanna del convenuto alla soccombenza processuale, distraendo in favore dei sottoscritti avvocati-perché anticipatari-le spese e i compensi del presente giudizio...". In particolare, gli attori hanno dedotto: -di essere comproprietari pro indiviso dell'unità immobiliare sita in (...) alla (...) e di partecipare alla Comunione dei beni "impropriamente denominata Condominio di via (...) -Cassano delle Murge, composta da n. 13 abitazioni a schiera ognuna con ingresso autonomo"; - che la suddetta comunione è disciplinata da un regolamento di condominio, di natura non convenzionale ma approvato a maggioranza; - di avere la volontà di distaccarsi dal condominio; - di aver comunicato tale volontà al (...) e, a fronte dell'opposizione di quest'ultimo, di aver intrapreso procedura di media-conciliazione, conclusasi con esito negativo il 19.5.2017; - di aver ricevuto il 7.6.2017 l'avviso di convocazione di assemblea straordinaria, da tenersi nei giorni 14 e 15 giugno 2017 per deliberare sul seguente ordine del giorno " 1) richiesta da parte dei coniugi (...) a fuoriuscire dal Condominio con la partecipazione alle spese da confinanti esterni-decisioni in merito"; -di non aver preso parte all'assemblea e di aver ricevuto il 20.6.2017 fotocopia del verbale di Assemblea, tenutasi in seconda convocazione il 15.6.2017, al termine della quale l'organo assembleare rigettava la domanda di fuoriuscita dalla comunione. Gli attori hanno pertanto concluso come in epigrafe indicato. Instauratosi il contraddittorio, con comparsa di costituzione e risposta depositata il 4.1.2018 si è costituito in giudizio il (...), preliminarmente eccependo l'improcedibilità della domanda per omesso avvio della mediazione obbligatoria ai sensi del d.l. 21.6.2013 n. 69 convertito in legge n. 98/13 e, nel merito, domandando di accertare e dichiarare l'infondatezza delle pretese attoree in fatto e in diritto, con conseguente condanna degli attori al risarcimento del danno ex art. 96 c.p.c., il tutto con vittoria di spese, diritti ed onorari di causa in favore del difensore anticipatario. Esperita la procedura di mediazione obbligatoria, conclusasi con esito negativo, la causa, assegnati i termini ex art. 183, co. VI, c.p.c. è stata istruita a mezzo della documentazione depositata dalle parti. Quindi, all'udienza del 27.3.2024, fatte precisare le conclusioni, la causa è stata introitata per la decisione senza la concessione dei termini di legge ex art. 190 c.p.c., stante la rinuncia delle parti costituite. La domanda attorea deve essere accolta per le ragioni di seguito esposte. Gli attori hanno chiesto l'annullamento della delibera condominiale, assunta in data 15.6.2017 dall'assemblea, in quanto adottata in violazione dell'art. 14 comma 2 del regolamento di condominio e dell'art. 1105 comma 3 c.c.. Orbene, l'art. 14 comma 3 del citato regolamento condominiale (cfr. doc. 7 fascicolo parte attrice) prevede testualmente che "l'assemblea, sia ordinaria che straordinaria, è convocata mediante avviso individuale ai condomini, inviato a cura dell'amministratore con raccomandata postale o recapitata a mano, almeno dieci giorni prima della data fissata per l'adunanza". Come noto, a lume dell'art. 1138 c.c., qualora in un edificio il numero dei condomini sia superiore a dieci, è necessaria la predisposizione di un regolamento, il quale oltre a contenere le norme circa l'uso delle cose comuni, la ripartizione delle spese e per la tutela del decoro dell'edificio, disciplina pure l'attività amministrativa della cosa comune. Non appare superfluo evidenziare che, ai sensi del comma 3 dell'art. 1138 cit., le norme del regolamento non possono in alcun modo menomare i diritti di ciascun condomino, e in nessun caso derogare alle disposizioni degli articoli 1118, secondo comma, 1119, 1120, 1129, 1131, 1132, 1136 e 1137. Da tanto discende che il regolamento condominiale ben può derogare alle norme di legge, rientrando tale facoltà nell'alveo della libertà negoziale riconosciuta ai singoli, ad eccezione di quelle disposizioni che, per espresso dettato normativo, costituiscono norme inderogabili. Tra queste, così come enucleate dal comma 3 dell'art. 1138 c.c., sicuramente non rientra l'art. 66 disp. att. c.c., nella parte in cui prevede un termine entro cui la convocazione assembleare deve essere comunicata ai singoli condomini, a maggior ragione ove - come avvenuto nella specie - il regolamento stabilisca un termine più ampio - di giorni dieci e, dunque, in melius - rispetto a quello - di giorni cinque - previsto dall'art. 66 cit. Ora, è principio ormai consolidato quello secondo cui ogni condomino, avendo il diritto di intervenire all'assemblea, deve perciò essere messo in condizione di poterlo fare, con la conseguente necessità che l'avviso di convocazione, quale atto unilaterale recettizio, sia non solo inviato ma anche ricevuto nel termine stabilito dalla legge o, come nella specie, dal regolamento condominiale, avendo riguardo alla riunione dell'assemblea in prima convocazione. Deriva da quanto precede, pertanto, che il mancato rispetto di tale termine di ricezione dell'avviso da parte dell'avente diritto costituisce motivo di annullamento della delibera assembleare, ai sensi dell'articolo 1137 del Codice civile. Tale conclusione trova conforto, peraltro, nel testo ora vigente dell'articolo 66 comma 3 del Codice civile, il quale dispone che "in caso di omessa, tardiva o incompleta convocazione degli aventi diritto, la deliberazione assembleare è annullabile ai sensi dell'articolo 1137 del codice su istanza dei dissenzienti o assenti perché non ritualmente convocati". Facendo applicazione di tali coordinate ermeneutiche al caso di specie, la comunicazione della convocazione dell'assemblea è da ritenersi tardiva, e, per l'effetto, annullabile risultando pacifico che: (a) solo in data 7.6.2017 è stato recapitato a (...) l'avviso di convocazione dell'assemblea condominiale, che si sarebbe tenuta in prima convocazione il 14.6.2017 e in seconda convocazione il 15.6.2017, e dunque, con un preavviso di soli sei giorni, in spregio alla disposizione di cui all'art. 14 regolamento cit.; (b) gli attori non hanno preso parte all'assemblea e, dunque, in qualità di "assenti perché non ritualmente convocati", hanno diritto a chiederne l'annullamento. Donde l'accoglimento della spiegata domanda. La regolamentazione delle spese processuali segue il principio della soccombenza, sicché le spese del presente grado di giudizio vanno poste a carico del (...) (...) nella misura liquidata in dispositivo, facendo applicazione degli onorari medi, di cui al d.m. 55/2014, come modificato dal d.m. 147/2022, ridotti del 50% ai sensi dell'art. 4 stante la particolare semplicità delle questioni in fatto e diritto risolte. P.Q.M. Il Tribunale di Bari, terza sezione civile, in persona del Giudice Giovanna Manca definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da(...) e (...) nei confronti del (...), in persona dell'amministratore p.t., così provvede: 1) Accoglie la domanda e per l'effetto annulla la delibera assunta in seconda convocazione in data 15.06.2017 dall'Assemblea del cd. (...) (...) ; 2) Condanna il (...) alla rifusione delle spese di lite in favore degli attori, che si liquidano in complessivi Euro 2540,00 per compenso professionale ed Euro 518,00 a titolo di borsuali, oltre Iva, Cap e rimborso forfetario nella misura del 15% sulle voci come per legge. Così deciso in Bari il 19 aprile 2024

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE di GENOVA Sezione Lavoro Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Stefano Grillo ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. r.g. 4205/2023 promossa dal sig.: (...) e residente in Genova, (...) elettivamente domiciliato in Genova, (...), presso lo studio e la persona dell'Avv. Va.Ma., che lo rappresenta e difende in forza di mandato in calce al ricorso -ricorrente- CONTRO (...) in persona del suo Amministratore pro tempore e legale rappresentante Dott. (...) con studio in Genova (GE), (...), ed elettivamente domiciliata in Genova, (...) presso e nello studio dell'Avv. Ca.Pa., che la rappresenta e difende congiuntamente e disgiuntamente dall'Avv. Al.Lu., per mandato allegato alla memoria di costituzione -convenuta- Conclusioni delle parti RICORRENTE: "CHIEDE al Giudice adito in via principale di accertare la nullità del licenziamento per le circostanze dedotte in narrativa e quindi perché trattasi di licenziamento discriminatorio ovvero intimato in frode alla legge; ovvero perché intimato in mancanza dei poteri conferiti da valida delibera assembleare o in seguito a delibera affetta da vizi di nullità o illegittimità. Conseguentemente ai sensi dell'art. 2 D.Lgs. n. 23/2015, Voglia il Giudice adito annullare il licenziamento in esame e condannare la parte convenuta (...) (...) in persona dell'amministratore p.t. a riammettere in servizio o a ripristinare o a reintegrare il ricorrente nel suo posto di lavoro con condanna della stessa parte convenuta al pagamento in favore del ricorrente del risarcimento del danno pari a tutte le retribuzioni, maturate e maturande, dal licenziamento sino all'effettivo ripristino del rapporto di lavoro oltre ai contributi previdenziali ed assistenziali connessi In subordine: Voglia il Giudice accertare l'illegittimità del licenziamento perché infondato, perché privo di giusta causa o giustificato motivo con conseguente condanna della parte convenuta (...) (...) in persona dell'amministratore p.t. a pagare al ricorrente l'indennità risarcitoria connessa all'illegittimo licenziamento nella misura massima o altra meglio vista ai sensi dell'art. 3 comma n. 1 e art. 9 D.Lgs. n. 23/2015. In punto procedimento disciplinare: Voglia il Giudicante dichiarare l'inammissibilità e infondatezza degli addebiti elevati nei confronti del ricorrente, annullando, ove esistenti, eventuali sanzioni disciplinari con condanna della parte convenuta a rimborsare o restituire eventuali importi illegittimamente trattenuti. In ordine agli emolumenti retributivi: con riferimento al periodo lavorativo dedotto in causa e per l'intera sua durata o altra durata meglio accertata, previa applicazione dell'art. 36 Cost. e del ccnl Proprietari di Fabbricati, il ricorrente chiede la condanna della parte convenuta (...) in persona dell'amministratore p.t. a pagare al ricorrente stesso le somme che risulteranno dovute in corso di causa mediante ctu contabile a titolo di lavoro straordinario non pagato e delle indennità elencate in narrativa e non pagate, nonché il ricalcolo del complessivo trattamento retributivo riservato all'esponente in forza delle indennità omesse su tutti gli elementi diretti e differiti: retribuzione mensile, mensilità aggiuntiva, festività, ferie e permessi ed in subordine le differenze sui singoli ratei del Tfr. Con vittoria di spese, diritti ed onorari del presente giudizio da distrarsi in favore del difensore che se ne dichiara antistatario"; CONVENUTO: "Conclude Affinché il Tribunale Ill.mo di Genova, in composizione monocratica, Sezione Lavoro, In via principale, respinga il ricorso proposto dal sig. (...) in quanto infondato in fatto e diritto. Respinga le ulteriori domande ex adverso proposte in quanto infondate in fatte e diritto Vinte le spese". MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Con ricorso depositato telematicamente l'11.11.2023, il sig. (...) ha convenuto in giudizio il datore di lavoro, (...) in Genova (nel seguito, per brevità, anche solo il (...)"), per sentire: -accertare la nullità del licenziamento intimatogli, perché discriminatorio, ovvero in frode alla legge, o ancora comunicato in mancanza dei poteri conferiti da valida delibera assembleare o in seguito a delibera affetta da vizi di nullità o illegittimità; con conseguente reintegrazione nel posto di lavoro e condanna del convenuto al risarcimento del danno; o, in subordine, con condanna del convenuto al (solo) risarcimento del danno; -accertare l'illegittimità del medesimo licenziamento, perché infondato, privo di giusta causa o giustificato motivo, con conseguente condanna del convenuto al risarcimento del danno; -dichiarare l'inammissibilità e infondatezza degli addebiti elevati nei propri confronti, annullando, ove esistenti, eventuali sanzioni disciplinari con condanna del convenuto a rimborsare o restituire eventuali importi illegittimamente trattenuti; -condannare il convenuto, previa applicazione dell'art. 36 Cost. e del CCNL Proprietari di fabbricati, a pagargli le somme che risulteranno dovute in corso di causa a titolo di lavoro straordinario non pagato e delle indennità elencate in narrativa (principalmente, indennità per apertura e chiusura portone e per "ritiro raccomandate e pacchi") e non pagate, nonché al "ricalcolo del complessivo trattamento retributivo riservato all'esponente in forza delle indennità omesse su tutti gli elementi diretti e differiti: retribuzione mensile, mensilità aggiuntiva, festività, ferie e permessi ed in subordine le differenze sui singoli ratei del TFR". A fondamento delle proprie richieste, il ricorrente, portiere e custode condominiale con alloggio, liv. A4 del CCNL Proprietari di fabbricati, ha dedotto che: -con lettera del 6.4.2023 il Condominio (...) gli ha intimato il licenziamento alla scadenza del preavviso, prevista per il 15.4.2024, in quanto il 15.2.2023 l'assemblea condominiale avrebbe deliberato la soppressione del posto di lavoro; -il licenziamento è stato determinato dalla volontà di discriminarlo, quale lavoratore-genitore di un figlio gravemente disabile; ovvero con l'intento fraudolento di "esautorare un lavoratore il cui figlio è motivo di imbarazzo e fastidio per alcuno condomini"; -infatti, il proprio figlio (...) risulta invalido civile al 60% da marzo 2018, per disturbo schizotipico di personalità, deficit campimetrico con scotoma paracentrale-deficit visivo OS; sottoposto dal febbraio 2020 a ripetuti ricoveri in P.S., gli ultimi due nell'ottobre (2023) per ansia acuta, rimurginazioni ossessive, dubbia presenza di allucinazioni uditive; è seguito presso il SSM Asl 3 dalla curante dott.ssa (...) (v. in particolare doc. 11 e 12 ric.); -"molti condomini... erano infastiditi dal comportamento di (...) che dava spesso in escandescenze, alcuni riferivano di aver paura del ragazzo; altri si lamentavano dell'intervento dell'ambulanza o della polizia quando il ragazzo aggrediva il padre o rompeva mobili e suppellettili in casa, urlando e scagliandosi contro il padre"; di queste problematiche e doglianze si è fatto portavoce lo stesso Amministratore del Condominio, sig. (...); -in tale contesto sono maturati gli addebiti disciplinari, "come spinta ad esasperare il ricorrente per indurlo a dimettersi"; in particolare le contestazioni del 23.9.2020, relativa a scarsa pulizia, scarsa presenza in guardiola., e del 10.5.2023, relativa alla gestione delle luci dell'atrio condominiale, non seguite da sanzioni; -il licenziamento è altresì nullo "per carenza dei poteri in capo all'amministratore in mancanza dell'autorizzazione dell'assemblea o della maggioranza qualificata per assumere tale deliberazione che è l'atto presupposto per la successiva comunicazione del licenziamento." (il ricorrente contesta la delibera condominiale del 15.2.2023, menzionata nella lettera di licenziamento, quanto ad "esistenza, regolarità o legittimità dell'o.d.g., dei quorum di votazione, delle eventuali deleghe dei condomini ecc."); -il licenziamento è previo di giusta causa/giustificato motivo; -come da contratto, la portineria deve essere aperta dal lunedì al venerdì, dalle 8 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 19; il sabato dalle 9 alle 12; tuttavia, per poter svolgere le mansioni di pulizie e sorvegliare il portone, è sempre stato tenuto ad osservare, dal lunedì al venerdì mattina, il maggiore orario dalle 7 alle 12.30; -il lavoro straordinario diurno svolto non gli è mai stato retribuito; -il (...) gli avrebbe dovuto corrispondere le indennità per apertura e chiusura portone e la voce "ritiro raccomandate e pacchi" (pagata solo dal febbraio 2020) in luogo dell'indennità "distribuzione posta"; -il (...) gli ha corrisposto per diversi anni le indennità/voci "distribuzione posta", "reperibilità", "sostituzione luce", inserendole in busta paga tra le competenze lorde mensili, dunque senza che incidessero su 13.ma, ferie e TFR. L'Amministrazione del (...) si è ritualmente costituita in giudizio, chiedendo in via principale la reiezione del ricorso, in quanto infondato in fatto e in diritto. Secondo il convenuto, infatti: -le circostanze dedotte in ricorso sono assolutamente generiche, prive di riferimenti a tempi e/o persone, nonché non conformi al vero; -nessuna finalità discriminatoria può ritenersi sussistente, perché come documentalmente provato dai verbali assembleari prodotti, il "problema portineria" nel CONDOMINIO "... è presente quanto meno già dal 2005 ed è stato spesso oggetto di discussioni e contenziosi (tra condomini e condominio) relativamente alla opportunità o meno di conservare tale servizio ovvero dismetterlo" (sia prima dell'assunzione del ricorrente: v. ordini del giorno/delibere condominiali 2005, febbraio e marzo 2011, 2014, novembre e dicembre 2016, gennaio e ottobre 2017; sia dopo: v. delibere giugno 2021, giugno 2022 e, infine, 15.2.2023, con cui è stata decisa l'abolizione), tanto per i significativi costi connessi, quanto per i controversi criteri di ripartizione di essi"; -il motivo del cambiamento di posizione sul punto di alcuni condomini deve rinvenirsi nell'incremento delle spese a carico di essi, a seguito di contenzioso giudiziale; -comunque, "la volontà assembleare di un condominio, le cui scelte sono pacificamente insindacabili nel merito da parte del Giudice, altro non. (è) che la sommatoria delle volontà dei singoli condomini per cui controparte dovrebbe dimostrare la volontà, in capo ai singoli condomini favorevoli alla soppressione del servizio di portineria, di porre in essere un atto ritorsivo-discriminatorio volto a penalizzare il ricorrente"; -ne è seguita l'intimazione del licenziamento da parte dell'amministratore, delegato dall'assemblea condominiale; -unicamente al termine del periodo di preavviso (di 12 mesi) potrà verificarsi se il servizio di portineria verrà effettivamente soppresso, non potendo il Tribunale sindacare il merito della decisione assembleare; -se davvero si fossero voluti allontanare il ricorrente e il di lui figlio dall'alloggio condominiale, "l'Amministratore avrebbe ben potuto procedere disciplinarmente nei suoi confronti (le occasioni non sono comunque mancate) ovvero avrebbe potuto sostituire l'alloggio con la relativa indennità prevista dal CCNL, ovvero procedere ad una risoluzione del rapporto con una diversa motivazione (magari strumentale) e con un periodo di preavviso considerevolmente più corto"; il Condominio non avrebbe impiegato oltre tre anni "per risolvere un rapporto di lavoro assoggettato pacificamente a tutela obbligatoria"; -"le contestazioni disciplinari elevate, ma non portate a termine, confermano come il condominio, qualora avesse avuto una intenzione ritorsiva od espulsiva del ricorrente avrebbe ben potuto dar seguito alle stesse per giungere in tempi assai più rapidi al licenziamento del sig. (...)"; -il licenziamento è pertanto legittimo, in quanto conseguente alla scelta, non sindacabile, di sopprimere il servizio di portineria e conseguentemente il posto di lavoro occupato dal ricorrente; -non essendo mai stato erogato e/o applicato alcun provvedimento disciplinare conservativo, la domanda di annullamento proposta dovrà essere respinta; -sono altresì infondate le domande attrici relative alle differenze retributive, in quanto: il portone doveva essere aperto e chiuso in coincidenza con l'orario di lavoro del sig. (...) e pertanto aperto alle 8:00 (il sabato alle 9:00) e chiuso alle 19:00 (il sabato alle 12:00); mai l'Amministratore e/o i consiglieri hanno dato disposizione e/o autorizzato il ricorrente ad iniziare l'attività lavorativa alle ore 7:00; peraltro, l'attività di portierato è "attività discontinua e pertanto, in assenza di espressa richiesta del datore di lavoro, non può essere riconosciuto il lavoro eccedente l'ordinario orario contrattuale"; lo stesso CCNL non prevede il diritto alla retribuzione dello straordinario diurno eventualmente svolto dal portiere con alloggio; pertanto, non sono dovuti compensi per lavoro straordinario e neppure le indennità di apertura e chiusura del portone, che spettano nei soli casi in cui le operazioni non debbano avvenire durante l'orario di lavoro (art. 43 punto 6 e 7 del CCNL applicato); -per quanto concerne le indennità relative al ritiro raccomandate e pacchi, fino alla fine del 2019 era prevista unicamente l'indennità per ritiro raccomandate, nella misura pacificamente riconosciuta nelle buste paga (0,63 per abitazione); "a partire dal rinnovo del CCNL avvenuto con decorrenza dal gennaio 2020, le tabelle delle indennità hanno introdotto una nuova voce relativa all'indennità per il ritiro raccomandate e pacchi stabilita per i condomini ad uso prevalente abitativo pari ad Euro 1,00 per unità immobiliare, somma regolarmente riconosciuta al ricorrente"; -è altresì infondata la richiesta di differenze retributive a causa del mancato computo di alcune voci indennitarie nella 13A mensilità, nel TFR e in occasione delle ferie e permessi: analizzando le buste paga, se ne trae conferma che, "anche nel periodo in cui alcune voci indennitarie sono state inserite nella c.d. 'parte bassa' della busta paga, le somme corrisposto a tale titolo erano ricomprese nella base imponibile del TFR, venivano corrisposte integralmente anche nei mesi in cui il ricorrente ha usufruito di ferie e/o permessi ed infine in occasione dell'erogazione della 13A mensilità la somma corrisposta veniva integrata di un importo denominato 'indennità per tredicesima' pari a quanto maturato a tale titolo". La causa è stata istruita documentalmente. E' stata poi discussa oralmente dai difensori delle parti, che hanno infine insistito nelle conclusioni di cui ai rispettivi atti. Nell'udienza del 12.4.2024, la vertenza è stata decisa come da dispositivo, di cui è stata data lettura. 2. Iniziando ad esaminare le questioni relative licenziamento, deve osservarsi che il ricorrente ne deduce la nullità o, comunque, l'invalidità, innanzitutto perché intimato dall'Amministratore senza l'autorizzazione dell'assemblea dei condomini, essendo inesistente, ovvero viziata, la delibera (di "soppressione del servizio di portineria") indicata nell'atto di recesso. Quindi, perché "discriminatorio, ovvero in frode alla legge". 3. L'esistenza della delibera dell'assemblea condominiale straordinaria, con cui è stata decisa la soppressione del servizio di portineria, è stata provata dal convenuto, che ha prodotto sub doc. 13 il relativo verbale, nel quale la decisione sul 1° punto dell'o.d.g., relativo alla "Dismissione servizio di portierato", risulta presa con la maggioranza di 19 voti (contro 13 contrari) e 633,351 millesimi (contro 321,69 contrari). Nel verbale si indica, quindi, che "L'assemblea, con m/m e 19 condomini su 32 presenti, delibera di dismettere il servizio di portierato incaricando l'amministratore di sentire il Consulente del lavoro per tutti gli adempimenti necessari ad ottenere quanto oggi deliberato". Con la produzione della delibera, è stata provata anche l'attribuzione all'Amministratore dei poteri per provvedere al licenziamento. Come da verbale d'udienza dell'11.3.2024, il difensore del ricorrente ha poi chiesto al Tribunale, nel corso del giudizio, di "... acquisire i rendiconti e i consuntivi degli ultimi due esercizi al fine di verificare se ed eventualmente con quanti millesimi i condomini (...) abbiano partecipato alle spese di portineria". Ha insistito, quindi, "... nella domanda relativa all'accertamento. (della) illegittimità/annullabilità della delibera assembleare del 15.2.23 ove i condomini (...) partecipavano all'assemblea con 127 millesimi e votavano sempre in forza di 127 millesimi il primo punto 'dismissione del portierato', laddove risulterebbe dal secondo punto che gli stessi dovevano eventualmente votare con 44 o 65 millesimi anziché 127. Da qui l'annullabilità dell'intera delibera in ordine al punto 1 e conseguentemente il profilarsi di nullità o illegittimità di tutti gli atti conseguenti e presupposti, tra cui l'intimazione del licenziamento". 3.1. Tuttavia, il vizio dell'annullabilità del negozio giuridico, secondo la disciplina generale di cui al codice civile (art. 1441 c.c., in materia di contratti, applicabile, ex art. 1324 c.c., anche agli atti unilaterali tra vivi aventi contenuto patrimoniale), può essere fatto valere (non, come quello di nullità, da chiunque vi abbia interesse), ma (solo) da colui nel cui interesse sia previsto dalla legge. E non può essere rilevato d'ufficio (a differenza della nullità). Nella disciplina del condominio, ai sensi dell'art. 1137 c.c., le deliberazioni dell'assemblea condominiale possono essere annullate solo dietro richiesta dei condomini assenti o dissenzienti. Secondo le indicazioni delle SS.UU. della Suprema Corte, "l'azione di annullamento delle delibere assembleari costituisce la regola generale, ai sensi dell'art. 1137 c.c., come modificato dall'art. 15 della l. n. 220 del 2012, mentre la categoria della nullità ha un'estensione residuale ed è rinvenibile nelle seguenti ipotesi: mancanza originaria degli elementi costitutivi essenziali, impossibilità dell'oggetto in senso materiale o giuridico - quest'ultima da valutarsi in relazione al "difetto assoluto di attribuzioni" -, contenuto illecito, ossia contrario a "norme imperative" o all'ordine pubblico" o al "buon costume". Pertanto, sono nulle le deliberazioni con le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i generali criteri di ripartizione delle spese previsti dalla legge o dalla convenzione, da valere per il futuro, trattandosi di materia che esula dalle attribuzioni dell'assemblea previste dall'art. 1135, nn. 2) e 3), c.c., mentre sono meramente annullabili le deliberazioni aventi ad oggetto la ripartizione in concreto tra i condomini delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni adottate in violazione dei criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione stessi, trattandosi di deliberazioni assunte nell'esercizio di dette attribuzioni assembleari, cosicché la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza previsto dall'art. 1137, comma 2, c.c." (Cass. Sez. Un. n. 9839/2021). Non solo. Secondo le SS.UU. la disposizione dell'art. 1137, secondo comma, c.c., "... descrive il "modello legal-tipico" tramite il quale l'annullabilità della deliberazione assembleare può essere dedotta dinanzi al giudice: tale modello è quello dell'azione di impugnativa, da esercitare mediante la proposizione di apposita domanda giudiziale. Ciò vuoi dire che l'annullabilità della deliberazione assembleare può essere fatta valere in giudizio soltanto attraverso l'esercizio dell'azione di annullamento; tale azione deve estrinsecarsi in una domanda che può essere proposta "in via principale", nell'ambito di autonomo giudizio, oppure "in via riconvenzionale", anche nell'ambito del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, sempreché il termine per l'esercizio dell'azione di annullamento non sia perento... 5.2.1. - In primo luogo, occorre chiedersi se l'annullabilità della deliberazione assembleare possa essere fatta valere, oltre che in via di azione, anche in via di eccezione, come è consentito per l'annullabilità relativa ai contratti (art. 1442, ultimo comma, cod. civ.). Per trovare risposta a tale quesito, è necessario muovere dal considerare la ratio della norma di cui all'art. 1137 cod. civ., ratio che va rinvenuta nella esigenza di assicurare certezza e stabilità ai rapporti condominiali, di modo che l'ente condominiale sia in grado di conseguire in concreto la sua istituzionale finalità, che è quella della conservazione e della gestione delle cose comuni nell'interesse della collettività dei partecipanti. Questa ratio legis spiega perché il legislatore, per un verso, ha stabilito che le deliberazioni adottate dall'assemblea "sono obbligatorie per tutti i condomini" (art. 1137, primo comma, cod. civ.), anche per gli assenti e per i dissenzienti, e, per altro verso, ha sancito il principio dell'esecutività delle deliberazioni dell'assemblea... Quanto detto impone di interpretare l'art. 1137, secondo comma, cod. civ., nel senso che l'annullabilità della deliberazione non può essere dedotta in via di eccezione, ma solo "in via di azione", ossia nella sola forma che consente una pronuncia di annullamento con efficacia nei confronti di tutti i condomini" (Cass. Sez. Un. n. 9839/2021, cit.). Pertanto, parte ricorrente non è certamente legittimata a far valere l'eventuale vizio d'annullabilità da essa invocato, potendolo solo, con domanda giudiziale d'annullamento, uno dei condomini assenti o dissenzienti. D'altra parte, anche "(q)ualora un servizio condominiale (nella specie: portierato) sia previsto nel regolamento di condominio, la sua soppressione comporta una modificazione del regolamento che deve essere approvata dall'assemblea con la maggioranza stabilita dall'art. 1136 comma secondo cod. civ. (maggioranza degli intervenuti che rappresenti almeno la metà del valore dell'edificio) richiamato dall'art. 1138 comma terzo" (Cass. n. 3708/1995; conf. Cass. n. 5400/1997 e n. 12481/2002). Condizione nella specie raggiunta. Non si comprende, dunque, quale utilità potrebbe avere acquisire le tabelle di riparto delle spese concernenti la portineria, atteso che ciò che rileva, ai fini dei poteri deliberativi, è il valore proporzionale delle unità immobiliari dei condomini intervenuti in rapporto al valore dell'intero edificio (v. Cass. n. 32569/2023). Per questo, la richiesta istruttoria attrice non è stata accolta. 3.2. Parte ricorrente, nel corso del giudizio, non ha ribadito le difese (peraltro assolutamente generiche) di cui al ricorso, in merito alla (asserita) nullità della delibera condominiale. Nell'atto introduttivo, il riferimento alla frode alla legge riguarda piuttosto il recesso datoriale. Vale comunque, ad escludere l'esistenza della frode, quanto si dirà nel seguito circa la carenza di elementi probatori che consentano di ritenere la delibera de qua conseguenza della situazione familiare del lavoratore e della disabilità del di lui figlio. Altre possibili ragioni di nullità della delibera non sono emerse in corso di giudizio. 4. Venendo all'aspetto della discriminatorietà del licenziamento, deve osservarsi innanzitutto che nelle difese attrici si delinea un'ipotesi di discriminazione diretta, in relazione al fattore di rischio costituito dalla condizione di disabilità (o handicap, che dir si voglia), non del lavoratore, ma di suo figlio (...). Può ritenersi pacifico, tra le parti, che quest'ultimo sia persona disabile, nei termini di cui all'art. 15 st. lav., innanzitutto a causa delle sue affezioni psichiche. Non sembra dubitabile che la tutela a fronte di detto fattore di rischio si estenda alla c.d. "discriminazione associata", che sussiste quando la disabilità riguarda non il lavoratore, ma una persona in stretto rapporto con questi. La tesi trova conferma nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui "... è indubbio... che la discriminazione possa rivolgersi anche verso persone diverse da quella interessata dal fattore di protezione e che essa ciononostante rilevi se finisca per comportare un trattamento sfavorevole quale effetto della situazione differenziale da proteggere: v. Corte di Giustizia 17 luglio 2008, n. 3030, (...) proprio in tema di discriminazione di genitori a causa della disabilità del figlio" (Cass. n. 24206/2020). Dunque, quanto meno astrattamente, l'odierno ricorrente può trovare tutela nella disciplina antidiscriminatoria, a fronte di un trattamento deteriore subito a cagione della disabilità del figlio, convivente presso l'alloggio condominiale in uso. E' ormai comunemente riconosciuto che "(l)a nullità del licenziamento discriminatorio discende direttamente dalla violazione di specifiche norme di diritto interno, quali l'art. 4 della l. n. 604 del 1966, l'art. 15 st. lav. e l'art. 3 della l. n. 108 del 1990, nonché di diritto europeo, quali quelle contenute nella direttiva n. 76/207/CEE sulle discriminazioni di genere... "; onde la fattispecie si differenzia dall'ipotesi del licenziamento ritorsivo, e "... non è necessaria la sussistenza di un motivo illecito determinante ex art. 1345 c.c...." (Cass. n. 6575/2016, secondo cui, inoltre e per le medesime ragioni, "... la natura discriminatoria (non)può essere esclusa dalla concorrenza di un'altra finalità, pur legittima, quale il motivo economico"). Secondo la S.C., "... affinché si verifichi una "discriminazione diretta", occorre che la condotta antidiscriminatoria abbia dato luogo a un trattamento svantaggioso per una persona: essa si configura quando, sulla base di uno dei motivi vietati, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un'altra in una posizione analoga. (...) Ora, è vero che il profilo soggettivo (dolo o colpa) nell'illecito discriminatorio non rileva, anche per il solo fatto della previsione di una risarcibilità del danno in presenza di una "discriminazione indiretta" - fattispecie ove una disposizione, un criterio, una prassi, di apparente neutralità, creano, in realtà, una discriminazione - cosicché devono ritenersi illeciti discriminatori tutte quelle condotte che, pur se prive delle caratteristiche di rimproverabilità e colpevolezza, siano produttive di una situazione di svantaggio per quei soggetti recanti determinate caratteristiche personali... La questione è quindi quella di verificare cosa occorra per integrare una condotta "oggettivamente discriminatoria". In generale, si riconosce che caratteristica determinante dell'illecito sia quella di creare un effetto di ingiustificata diseguaglianza, in quanto conseguenza immediata, diretta ed esclusiva di una determinata caratteristica della persona, che sia stata ritenuta rilevante dall'ordinamento come "fattore di rischio". A fronte di indizi offerti dall'attore in giudizio in ordine ad un tale trattamento deteriore collegabile ad un suo fattore di rischio, fonte di diseguaglianza, comportamento che si presume discriminatorio, il convenuto dovrà offrire elementi in grado di far acclarare l'insussistenza del fatto presunto a lui contestato, cioè la discriminazione, in quanto la medesima scelta sarebbe stata operata nei confronti di qualsiasi altra persona, che si fosse trovata nella stessa posizione. (...) E' stato evidenziato (cfr. Cass. 23338/2018, Cass. 1/2020), in ambito di controversie di lavoro, che le direttive in materia (quali quelle nn. 2000/78, così come le nn. 2006/54 e 2000/43), come interpretate della Corte di Giustizia, ed i decreti legislativi di recepimento impongono l'introduzione di un meccanismo di agevolazione probatoria o alleggerimento del carico probatorio gravante sull'attore, prevedendo che questi alleghi e dimostri circostanze di fatto dalle quali possa desumersi per inferenza che la discriminazione abbia avuto luogo, per far scattare l'onere per il convenuto di dimostrare l'insussistenza della discriminazione (cfr. Cass. n. 14206 del 2013, in materia di discriminazione di genere; Cass. 255432018, in ambito di discriminazione nel rapporto di lavoro)" (Cass. n. 7415/2022). Il fatto che, "... nel caso di discriminazione diretta la disparità di trattamento è determinata dalla condotta, nel caso di discriminazione indiretta la disparità vietata è l'effetto di un atto, di un patto, di una disposizione, di una prassi in sé legittima... (comporta) che, essendo diversi i presupposti di fatto e, conseguentemente, le allegazioni che devono sorreggere le rispettive azioni, viola il principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato il giudice che senza una specifica richiesta, ed in mancanza di specifiche allegazioni, pur nell'identità del "petitum", muti la "causa petendi" e qualifichi come diretta la discriminazione indiretta prospettata dalla parte" (Cass. n. 20204/2019). Nella specie, dunque, occorre verificare se il licenziamento de quo abbia dato luogo a discriminazione diretta, in quanto conseguenza immediata e diretta della condizione di disabilità del figlio del lavoratore. Parte ricorrente può beneficiare della menzionata "attenuazione" del proprio onere probatorio, cosicché, ai sensi dell'art. 4 l. 125/1991 e, oggi, dell'art. 28 D.Lgs. 150/2011, "... può limitarsi a fornire elementi di fatto... idonei a fondare, in termini precisi e concordanti, la presunzione dell'esistenza di atti o comportamenti discriminatori, spettando in tal caso al convenuto l'onere della prova sulla insussistenza della discriminazione" (Cass. n. 6575/2016, cit.). A ben vedere, la prospettazione attrice, in punto discriminatorietà del licenziamento, risulta ellittica, quanto meno una volta esclusa la pur dedotta "inesistenza" della delibera condominiale. Infatti, a fronte della decisione dell'assemblea di abolire il servizio di portineria, qualunque lavoratore con mansioni di portiere sarebbe stato licenziato, indipendentemente dal fattore di rischio. Dunque, l'invocata natura discriminatoria della "condotta" del (...) deve ritenersi (implicitamente) riferita, nella tesi attrice, alla decisione stessa di abolire il servizio. Né, peraltro, è stato dedotto dal ricorrente che il CONDOMINIO non intenda, in realtà, abolire la portineria (se non attraverso le difese - come visto infondate - in merito all'inesistenza della delibera dell'assemblea condominiale). Occorre verificare, allora, se gli indizi allegati dal ricorrente a sostegno di detta tesi risultino precisi e concordanti; in caso positivo, se il (...) abbia offerto la prova dell'insussistenza della discriminazione. Secondo i principi generali, perché le presunzioni semplici abbiano valore giuridico, ". è necessario che gli elementi presi in considerazione siano gravi, precisi e concordanti, ovvero devono essere tali da lasciar apparire l'esistenza del fatto ignoto come una conseguenza ragionevolmente probabile del fatto noto, dovendosi ravvisare una connessione tra i fatti accertati e quelli ignoti secondo le regole di esperienza che convincano di ciò, sia pure con qualche margine di opinabilità, senza che sia consentito al giudice, in mancanza di un fatto noto, fare riferimento ad un fatto presunto e far derivare da questo un'altra presunzione" (Cass. n. 14115/2006). Nella specie, può prescindersi dal requisito della gravità, ma non da quelli della precisione e della concordanza. Mentre "... il requisito della gravità è ravvisabile per il grado di convincimento che ciascun d'essi è idoneo a produrre ed, a tal fine, è necessario che l'esistenza del fatto ignoto sia allegato e dimostrato come dotato di ragionevole certezza, se pure probabilistica; il requisito della precisione impone che i fatti noti, dai quali muove il ragionamento probabilistico, e l'iter logico nel ragionamento stesso seguito non siano vaghi ma ben determinati nella loro realtà storica; in fine, il requisito, unificante, della concordanza richiede che il fatto ignoto sia desunto, salvo l'eccezionale caso d'un singolo elemento di gravità e precisione tali da essere di per sè solo esaustivamente ed incontrovertibilmente significativo, da una pluralità di fatti noti gravi e precisi univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza" (Cass. 19601/2004, ex pluribus). 4.1. Il ricorrente ha dedotto, invero piuttosto genericamente, alcune circostanze, per sostenere la propria tesi. Ha indicato in ricorso, in particolare, che: -il proprio figlio è "motivo di imbarazzo e fastidio per alcuno (dei) condomini"; -"molti condomini... erano infastiditi dal comportamento di (...) che dava spesso in escandescenze, alcuni riferivano di aver paura del ragazzo; altri si lamentavano dell'intervento dell'ambulanza o della polizia quando il ragazzo aggrediva il padre o rompeva mobili e suppellettili in casa, urlando e scagliandosi contro il padre"; -"i problemi famigliari del ricorrente sono sempre stati discussi nelle assemblee condominiali degli ultimi 2-3 anni dove molti condomini e l'amm.re (...) erano decisi a far dimettere il ricorrente o a trovare il modo per licenziare il sig. (...) a causa dei problemi di salute del figlio"; -"nel tempo aumentava il malumore di alcuni condomini tra cui la sig.ra (...) (ora ex condomina); quest'ultima era una tra le persone che cercava(no) di raccogliere i consensi, anche andando porta per porta a bussare ai vicini, perché non voleva che il sig. (...) e il figlio continuassero ad abitare nell'alloggio condominiale a causa delle scenate di rabbia del ragazzo"; -"nel corso dell'anno 2021 o 2022, la sig.ra (...) si era poi litigata con la sig.ra (...), perché quest'ultima aveva votato contro in assemblea nella votazione per il licenziamento del ricorrente"; -"di queste problematiche e doglianze si è fatto portavoce lo stesso Amministratore del Condominio, sig. (...) con lo stesso ricorrente in numerose occasioni, quando si recava nello stabile"; -"nel tempo lo stesso amm.re dott. (...) contattava telefonicamente la Dott.ssa (...) (medico del CSM che aveva in cura (...), presentandosi correttamente come l'amministratore del condominio ove stava lavorando il padre del paziente e chiedendo informazioni sullo stato di salute di (...) (ovviamente la dott.ssa (...) ascoltava senza commentare stante il segreto professionale). In occasione della conversazione telefonica, il dott. (...) riferiva alla dott.ssa (...) che molti condomini erano preoccupati per la condizione di salute del ragazzo, avvezzo a frequenti scatti d'ira, "scenate per strada" e davanti al portone e talvolta era dovuta (intervenire) la polizia"; -"la Dott.ssa (...) riceveva anche altre telefonate, questa volta direttamente da alcuni condomini che si lamentavano con il CSM spiegando che il ragazzo (...) creava problemi, era violento e irascibile, picchiava il padre e rompeva 'tutto' e molti condomini non lo volevano più lì"; -le contestazioni disciplinari di cui è stato destinatario, sono state utilizzate "come spinta ad esasperare il ricorrente per indurlo a dimettersi". Al fine di valutare dette deduzioni in fatto, occorre premettere che sono pacifici i comportamenti cui purtroppo il sig. (...) è indotto dalla malattia, talvolta violenti, in particolare nei confronti dei familiari, ma non solo, che hanno anche richiesto interventi della Forza pubblica e dei sanitari presso l'alloggio condominiale. Nella relazione del D.S.M. Asl 3, datata 31.8.2023 (doc. 11 ric.) si fa riferimento al "discontrollo degli impulsi (che) negli ultimi anni è andato configurandosi con tendenza alla disforia ed a reazioni aggressive circoscritte alle relazione familiari (con il padre, la nonna paterna) e sentimentali". A fronte di ciò, "la terapia prescritta, anche in forma depot, si è sempre dimostrata inefficace". Si accenna anche ad una relazione disfunzionale del paziente con una ragazza, a propria volta seguita dal S.S.M., ai cui comportamenti "manipolativi" il ragazzo "non sapeva opporsi se non in modo aggressivo e disforico". Ancora, vi si legge: "frequenti i diverbi anche per strada con comportamento aggressivo da parte del paziente ed intervento delle Forze dell'Ordine, frequenti le discussioni in casa, con momenti di grave agitazione psicomotoria, rotture di oggetti, discomportamentismi ed urla da parte di (...) che hanno creato disturbo ed insofferenza nei condomini tale da minacciare il licenziamento del padre (che è portinaio) e di conseguenza la perdita sia del lavoro che dell'alloggio. Il paziente, presumibilmente a causa dell'intenzione della curante di ricorrere ad un inserimento in comunità, ha interrotto nel luglio 2021 i rapporti con il servizio in accordo con il padre e per lungo tempo. Recentemente ha ripreso spontaneamente contatto con richiesta di aiuto, ma dopo brevissimo tempo si è rifiutato di venire ai colloqui e ha manifestato una sintomatologia a carattere persecutorio tale da essere ricoverato in ambito psichiatrico all'Osp. (...) e successivamente al (...). Anche dopo la dimissione il paziente si rifiuta di venire in servizio e di assumere qualsiasi terapia, al momento i contatti sono tenuti con la nonna che riferisce sull'andamento del quadro clinico, attualmente stabile". Ancora nell'udienza dell'8.4.2024 il ricorrente ha riferito che il figlio, dalla sera precedente, era ricoverato volontariamente (avendo accettato il ricovero) presso l'Ospedale Villa Scassi, a seguito di atteggiamenti incongrui e potenzialmente pericolosi nei confronti della nonna, per cui era stato necessario l'intervento della Guardia medica, richiesto tramite il 112. Non sembra che l'"attenzione" per i comportamenti del sig. (...), da parte dell'Amministratore e/o dei condomini, si sia concretizzata, nella stessa prospettazione attrice, (a) in fatti storici ben individuati, inoltre (b) interpretabili quali indici d'insofferenza verso padre e figlio e verso la loro presenza nel CONDOMINIO, nonché della volontà di estrometterli attraverso l'eliminazione del servizio, con conseguente licenziamento del portiere. 4.1.1. Sotto il primo aspetto, nessuna circostanza specifica, relativa ai condomini, cioè a coloro che hanno deciso la soppressione della portineria, è stata indicata dal ricorrente, che pure conosce, quanto meno, i condomini che abitano e/o lavorano nello stabile. Fa eccezione il riferimento alla sig.ra (...) della quale si afferma in ricorso che cercava di "raccogliere i consensi" degli alti condomini, su una soluzione (non meglio specificata) che "impedisse che il sig. (...) e il figlio continuassero ad abitare nell'alloggio condominiale a causa delle scenate di rabbia del ragazzo" (soluzione di per sé compatibile con iniziative diverse dall'abolizione del servizio e dal licenziamento del lavoratore). Si aggiunge, nell'atto introduttivo, che nel 2021 o nel 2022 la sig.ra (...) avrebbe litigato con altra condomina, sig.ra (...) "perché quest'ultima aveva votato contro in assemblea nella votazione per il licenziamento del ricorrente". In sede di libero interrogatorio si è cercato, dunque, di approfondire il tema relativo ai comportamenti dei condomini. I chiarimenti ottenuti hanno reso ancor più sfumate le circostanze prospettate nell'atto introduttivo e più labili i collegamenti tra esse e la situazione familiare del ricorrente. Il lavoratore, interpellato in merito, ha riferito infatti: "alcuni condomini mi hanno attaccato, in particolare per le situazioni relative a mio figlio e non solo"; "mi ha attaccato la sig.ra (...) cui non andava bene niente. Ad esempio se la caldaia non funzionava, me ne chiedeva conto e poi non credeva che avessi contattato il manutentore, ma affermava di averlo fatto lei. Per quanto riguarda i comportamenti di mio figlio, la (...) a volte mi diceva di aver sentito un po' di trambusto. Immagino che di tale situazione si lamentasse con l'amministratore e non direttamente con me. Infatti venivo chiamato dall'amministratore. L'amministratore ha ricevuto le lamentele della (...) relative alla caldaia, penso, perché poi me ne ha parlato"; "una volta sig.ra (...) altra condomina, si è lamentata con me perché a suo dire il cucciolo di cane che avevo preso per mio figlio, disturbava, guaendo. L'indomani è passato l'amministratore il quale educatamente mi ha detto che gli avevano riferito che il cane abbaiava. Io gli ho fatto notare che era solo un cucciolo e che se faceva un po' di rumore, ciò avveniva solo di giorno"; "alcuni condomini si sono lamentati per il fatto che il cucciolo si reca spesso dai vicini, passando per il cavedio. Il cane l'ho preso 3 anni fa. I vicini presso i quali si reca ne sono ben contenti e lo fanno giocare con il bambino. Si occupano loro di pulire dagli escrementi la loro parte di cavedio, che è delimitata da sbarre di ferro"; "la (...) mi rinfacciava spesso che io non adempievo correttamente ai miei doveri e che avrei dovuto riavviare la caldaia quando andava in blocco. Io l'ho fatto qualche volta, ma poi mi sono rifiutato perché lo ritenevo pericoloso e non mi ritenevo obbligato a farlo"; "l'amministratore mi ha riferito delle lamentele riguardo la caldaia ma non mi ha mai detto espressamente di occuparmene. È stata poi convocata un'assemblea che credo abbia deciso che non sia di mia competenza". Insomma, non sono emersi, (neppure) in libero interrogatorio, episodi specifici legati al fattore di rischio, ascrivibili a soggetti ben individuati; i fatti narrati sono stati ricollegati dallo stesso attore a motivi di "scontento" spesso diversi. Perfino le "lamentele" della sig.ra (...) concernenti i "comportamenti" del sig. (...), si limitano, nel racconto, ad un riferimento a un po' di "trambusto". A ben vedere, è stato più diretto e incisivo l'Amministratore del (...), che in sede di libero interrogatorio ha riferito che "la sig.ra (...) era consigliera del condominio e si è lamentata con... (lui) in diverse occasioni del ricorrente, principalmente per questioni relative al lavoro di quest'ultimo, ma talvolta anche per gli aspetti familiari". 4.1.2. Quanto fin qui osservato si riflette anche sul secondo aspetto in disamina, in quanto il ragionamento probabilistico (circa il collegamento tra la situazione familiare del ricorrente e la decisione dei condomini di abolire il servizio di portineria) risulta, in conseguenza, piuttosto vago: non emergono episodi di grave ed evidente insofferenza o di particolare timore da parte dei condomini, fermo restando che, alla luce di quanto premesso, qualche preoccupazione (per una situazione di salute e familiare davvero complicata, tale per cui i comportamenti disforici e inadeguati del sig. (...), connessi alla patologia, non si manifestavano neppure nel solo ambito domestico - v. supra), ben può comprendersi, anche da parte dell'Amministratore. Comunque, siccome la decisione di abolire il servizio di portineria non è ascrivibile all'Amministratore, le "preoccupazioni" dello stesso potrebbero al più rilevare quale indizio delle sollecitazioni ricevute dai condomini, fermo restando, però, che il giudice non può basare il proprio convincimento su una praesumptio de paesumpto. Neppure sono stati evidenziati o sono comunque emersi, richieste o tentativi di indurre il lavoratore a rinunciare all'alloggio, ovvero tentativi (infruttuosi) di licenziare il ricorrente a prescindere dall'abolizione del servizio. Si è già osservato, inoltre, come non siano state concretamente e specificamente prospettate la natura fittizia o simulata della delibera in questione e, quindi, l'inesistenza della volontà del (...) di rinunciare effettivamente alla portineria. Nell'accennata relazione del S.S.M. la curante, dopo aver descritto i diverbi, i comportamenti aggressivi, gli episodi di grave agitazione psicomotoria del paziente (...) (...), osserva che essi "hanno creato disturbo ed insofferenza nei condomini tale da minacciare il licenziamento del padre (che è portinaio) e di conseguenza la perdita sia del lavoro che dell'alloggio". Per la verità, al momento della redazione della relazione medica, il ricorrente era già stato licenziato (seppure con preavviso) a seguito della più volte citata delibera condominiale di abolizione del servizio. Nella relazione non si accenna a segnalazioni dirette da parte dei condomini, benché siano di competenza del Servizio (che può all'uopo avvalersi, tra l'altro, della professionalità degli assistenti sociali e degli educatori) le valutazioni in merito all'adeguatezza del contesto ambientale e socio-familiare del paziente e ai connessi pericoli, anche per i terzi. Infatti, "(i)l medico psichiatra è titolare di una posizione di garanzia che comprende un obbligo di controllo e di protezione del paziente, diretto a prevenire il pericolo di commissione di atti lesivi ai danni di terzi e di comportamenti pregiudizievoli per se stesso" (Cass. pen. n. 43476/2017). Che lo stesso S.S.M. ritenesse inadeguato il contesto di vita del sig. (...) è confermato, seppure indirettamente, dalla proposta (non accettata) d'inserimento in comunità terapeutica, cosicché eventuali "preoccupazioni" manifestate da condomini e Amministratore non sembrerebbero né ingiustificate, né estranee a finalità di tutela del "paziente" e della sua famiglia, oltre che altrui. Se ne deve trarre altresì che le indicazioni del sanitario (finalizzate alla promozione dell'inserimento in comunità) sono derivate da quanto appreso dai familiari del sig. (...) (...) e quindi, nel periodo più recente, dalla nonna. Il paziente, infatti, "d'accordo con il padre", ha interrotto per lungo tempo (a partire dal luglio 2021) i contatti con il S.S.M., che sono ripresi solo di recente e nel cui ambito la sola fonte di aggiornamento dalla parte del paziente risiede nei colloqui con la (anziana) nonna dello stesso (madre dell'odierno ricorrente), evidentemente informata solo per sommi capi della situazione lavorativa del proprio figlio. Del resto, dei litigi e dei comportamenti del sig. (...) nel contesto familiare difficilmente potrebbero avere riferito altre persone. Per altro verso, poiché neppure in sede di libero interrogatorio il ricorrente ha delineato rilevanti condotte dei condomini, indicative d'insofferenza e della volontà di licenziarlo a causa dei problemi del figlio, è ben difficile ipotizzare che egli ne abbia riferito al S.S.M. Ma i timori o i sospetti dei familiari del sig. (...) non possono costituire indizi "precisi". Può avere inciso, altresì, sulle indicazioni della curante, la conversazione con l'Amministratore del (...), probabilmente risalente a qualche anno prima (ne ha riferito l'Amministratore in libero interrogatorio, affermando: "ho contattato il curante presso il SSM del figlio del ricorrente perché ero preoccupato della situazione, che mi sembrava piuttosto complicata. Ero stato informato di un intervento dei sanitari e dei Carabinieri in occasione di un momento di difficoltà del figlio del ricorrente"). Come già accennato, tuttavia, tale iniziativa dell'Amministratore, soggetto non competente a deliberare, non costituisce indizio preciso della volontà dei condomini (rectius di alcuni di essi) di estromettere il ricorrente e il figlio per il tramite dell'abolizione della portineria. Comunque, le circostanze non indicano in modo chiaro che l'attenzione dell'Amministratore ed eventualmente dei condomini, per la situazione del sig. (...) (...), sia stata ispirata da finalità diverse da quelle che avrebbero mosso gli stessi soggetti a fronte di un condomino, un inquilino o un loro familiare, nella medesima condizione. E neppure che vi fosse, al momento della delibera assembleare, un significativo e diffuso livello di preoccupazione, tale da determinare i condomini a scelte "estreme". 4.2. Per quanto riguarda le contestazioni disciplinari, deve osservarsi che concernono formalmente condotte del lavoratore non connesse all'assistenza del figlio e alla situazione di questi, che una è addirittura successiva all'intimazione del licenziamento con preavviso (quando, nell'ottica attrice, il "risultato" voluto da controparte era ormai conseguito, anche se con decorrenza differita) e che ad esse non ha fatto seguito l'irrogazione di alcun tipo di sanzione disciplinare. Non sembra, dunque, che esse possano assumere il necessario valore indiziario e, tanto meno, che siano state utilizzate "come spinta ad esasperare il ricorrente per indurlo a dimettersi". Non per numero e frequenza (si tratta di due contestazioni, l'una a distanza di circa nove mesi dall'altra) e neppure per conseguenze (nessuna ne è derivata, all'esito delle giustificazioni). Certamente, non emerge alcun interesse del ricorrente ad impugnare le dette contestazioni. 4.3. Insomma, gli unici indizi dotati di una qualche precisione, circa il possibile nesso tra la situazione di disabilità del figlio convivente del ricorrente e la decisione condominiale di abolire la portineria (in quanto strumentale all'estromissione del portiere e del figlio dall'alloggio), potrebbero desumersi, al più, dal comportamento della condomina (...) quale riferito dall'Amministratore (farebbe comunque difetto una pluralità di indizi, concordanti). Deve ribadirsi, infatti, che la genericità delle deduzioni attrici non consentirebbe l'utile esperimento della prova testimoniale, il ricorso alla quale, invero, è stato escluso dalla stessa parte ricorrente, che ha ritenuto (al pari del convenuto) la causa sufficientemente istruita in relazione al licenziamento (v. verbali udienze 11.3.2024 e 8.4.2024). Il voto della predetta sig.ra (...) peraltro, non è stato decisivo in sede di adozione della delibera assembleare. Così stando le cose, non può ritenersi che la delibera sia stata conseguenza della condizione di rischio, proprio perché sarebbe stata adottata comunque, anche senza il voto della sig.ra (...) onde non emergono indizi precisi e concordanti dell'adozione di essa a causa della condizione di disabilità del sig. (...). 4.4. Gli elementi dedotti dal convenuto valgono ad indebolire ancor più il descritto quadro indiziario. Il (...), infatti, ha provato che le proposte e delibere in merito all'abolizione della portineria si sono susseguite a partire dal 2005 (mentre l'assunzione dell'odierno ricorrente risale al novembre 2017), senza che la proposta venisse approvata, ciò che è avvenuto solo il 15.2.2023. Insomma, la questione è stata oggetto di valutazione ripetutamente e per lunghi anni, indipendentemente dalla situazione familiare del ricorrente. Limitando l'analisi al periodo più recente, comunque anteriore all'assunzione del ricorrente, sono stati offerti in comunicazione i verbali delle assemblee condominiali del 16.6.2014 (votazione con millesimi 106,334 a favore soppressione); del 3.11.2016 (voti favorevoli alla soppressione 12, millesimi 309,396); del 13.12.2016 (nell'assemblea si è discusso nuovamente del tema, esaminando le contestazioni di un condomino circa il criterio di calcolo delle maggioranze necessarie per deliberare, adottato nella precedente assemblea, con conseguente rinvio di ogni decisione alla successiva assemblea del gennaio 2017); del 16.1.2017 (l'Amministratore vi ha riferito circa il parere legale riguardante il criterio di voto da adottare, onde l'assemblea ha adottato il "sistema capitario": ne sono risultati 9 voti favorevoli alla soppressione, 15 contrari); del 26.6.2017 (l'o.d.g. prevedeva nuovamente la "soppressione del servizio di portierato a modifica dell'attuale regolamento condominiale."; argomento la cui trattazione è stata rinviata all'esito dell'acquisizione di un parerepro veritate sulla natura contrattuale del regolamento condominiale). Parte convenuta ha altresì documentato e fatto constare, quanto alle delibere successive all'assunzione dell'odierno ricorrente, che l'assemblea del 30.6.2022 si è conclusa, ancora, con 15 voti contrari alla soppressione della portineria (442,097 mill.) e 7 favorevoli (169,449 mill.); quella del 15.2.2023, infine, ha approvato l'abolizione, con voto favorevole, per millesimi 633,351, di 19 condomini su 32; tra coloro che hanno votato per l'abolizione solo in tale ultima circostanza, cambiando opinione rispetto alla precedente assemblea, vi è tra l'altro (per delega) il condomino (...) con cui l'altra condomina (...) avrebbe "litigato", secondo parte attrice, perché il primo "aveva votato contro in assemblea nella votazione per il licenziamento del ricorrente". Se ne trae anche - a dimostrazione della non decisività del voto di (...) del 15.2.2023 - che (...) a espresso, peraltro per delega (cosicché neppure era presente e può avere svolto attività di proselitismo, almeno in quella sede), un solo voto, per millesimi 28,111. (...) rappresentata per delega anche nella precedente assemblea. Ancora, il contenzioso comprovato dal convenuto, relativo alla ripartizione delle spese per la portineria (v. doc. 14 conv., sentenza Tribunale di Genova del 2.1.2022, che ha escluso l'esistenza di un regolamento condominiale contrattuale atto a derogare alla disciplina codicistica ex art. 1123 c.c., in materia di riparto delle spese di portineria, fino ad allora effettuato "non proporzionalmente, bensì in misura fissa, e attribuendo una quota doppia per gli immobili adibiti ad ufficio") e atto a stravolgere gli oneri economici a carico dei singoli condomini, valutato unitamente al notorio mutamento delle condizioni socio economiche della zona ove il CONDOMINIO sorge e ai costi del servizio, offre riscontro di plausibili ragioni, alla base della deliberazione assembleare, estranee al fattore di rischio de quo. Tali elementi probatori vengono utilizzati, non per sostenere che il voto per l'abolizione della portineria sia stato determinato anche da ragioni economiche, ma per escludere, quanto meno guardando alla gran parte dei votanti a favore, che vi sia un nesso causale tra il loro voto e il fattore di rischio. 5. Sulla base degli stessi ragionamenti, può confutarsi la tesi, prospettata da parte attrice, della frode alla legge, a fronte di una decisione, in merito alla soppressione della portineria, che non è risultata strumentale e di un licenziamento che è ad essa conseguente. 6. Il ricorrente ha anche affermato che il licenziamento sarebbe "privo di giusta causa o giustificato motivo". L'esistenza di un'eventuale giusta causa non è mai stata invocata da controparte, che ha intimato il licenziamento (doc. 7 ric.) e si è difesa in giudizio, ricollegando il recesso all'abolizione della portineria. Che la soppressione del portierato possa dare luogo a giustificato motivo del licenziamento del portiere, è peraltro comunemente ritenuto in giurisprudenza (cfr. Cass. n. 15934/2020; Cass. n. 88/2002, secondo cui integra soppressione della posizione lavorativa del portiere, la decisione di rinunciare al servizio reso "secondo il modulo del rapporto di lavoro subordinato", pur a fronte della successiva reintroduzione in forme diverse; Cass. n. 14949/2009, secondo cui "il... licenziamento, intimato per intervenuta soppressione del posto di lavoro, è valido in quanto assistito da giustificato motivo oggettivo, la cui validità è contestata dal lavoratore, ma non può essere rimessa in discussione perché non risulta che la citata soppressione del posto non abbia avuto seguito."). Nella specie, come già osservato, non vi sono indici della non effettività della decisione condominiale di abolire il servizio di portineria (indici che conforterebbero, come pure indicato, la tesi attrice della strumentalità della decisione) ed è inoltre pacifico che non sussistano possibilità di "ripescaggio", trattandosi dell'unica posizione lavorativa del (...). Anche tale difesa attrice, pertanto, risulta infondata, a fronte di un licenziamento intimato per (effettivo) g.m.o. 7. Anche le domande relative alle differenze retributive possono essere decise allo stato degli atti e debbono essere respinte. Infatti, il ricorrente, molto sinceramente, ha riferito, in sede di libero interrogatorio: "io la mattina mi sveglio molto presto e quindi attorno alle 7 apro il portone. Si tratta di una mia iniziativa, non mi è mai stato chiesto, ma io mi annoio e non saprei cosa fare". Ne risulta evidente, dunque, che alcun tipo di richiesta in tal senso è mai stata rivolta al ricorrente e, d'altra parte, è ragionevole ritenere che l'Amministratore non avesse neppure contezza di tale circostanza. Ne consegue che alcun compenso per lavoro straordinario (svolto tra le 7 e le 8 del mattino) è dovuto al ricorrente. Tale conclusione, peraltro, deriva altresì dalle previsioni del CCNL pacificamente applicabile al rapporto, che riconosce ai portieri con alloggio il diritto alla retribuzione del solo lavoro straordinario domenicale, festivo e notturno, prevedendo invece, per le prestazioni diurne, il diritto al recupero (v. artt. 43, 45, 48 CCNL 2019, doc. 18 conv., e CCNL 2013, doc. 1 ric.). Del resto, ai sensi dell'art. 16 D.Lgs. n. 66/2003, dipende dalla disciplina di maggior favore stabilita dal singolo CCNL, ogni deroga all'esclusione dall'ambito di applicazione della disciplina della durata settimanale dell'orario di lavoro, delle "occupazioni che richiedono un lavoro discontinuo o di semplice attesa o custodia elencate nella tabella approvata con regio decreto 6 dicembre 1923, n. 2657, e successive modificazioni ed integrazioni, alle condizioni ivi previste" (tabella che, al n. 3, prevede i "portinai"). E' pertanto consentita l'indicata regolamentazione, da parte del CCNL de quo, del lavoro straordinario diurno (che in assenza delle previsioni contrattuali collettive, non rileverebbe affatto). 7.1. Per quanto attiene alle indennità di apertura e/o chiusura del portone (art. 43.7 del CCNL e rinnovo), esse sono dovute solo se gli orari delle operazioni non coincidono (per disposizione datoriale) con l'inizio e il termine dell'orario di lavoro. Il fatto che l'orario di apertura del portone non coincidesse con quello d'inizio dell'attività lavorativa sarebbe dipeso, secondo la prospettazione del ricorrente (v. libero interrogatorio) - come già osservato - da una sua autonoma iniziativa, senza alcuna imposizione datoriale. Pertanto, l'indennità non può ritenersi dovuta. 7.2. Riguardo alle indennità relative al ritiro di raccomandate e pacchi, trova conferma, nelle produzioni documentali (docc. 1, 2, 3 ric.; docc. 16, 17, 18 conv.), quanto indicato dal convenuto nella propria memoria di costituzione, cioè che fino alla fine del 2019 era prevista dal CCNL vigente unicamente l'indennità per ritiro raccomandate, nella misura di euro 0,63 per condomino, nei condomini ad uso prevalentemente abitativo (uso che può ritenersi pacifico); solo il rinnovo, con decorrenza gennaio 2020, ha introdotto la nuova indennità per il ritiro di raccomandate e pacchi, pari ad euro 1,00 per unità immobiliare, nei condomini ad uso prevalente abitativo, corrisposta al ricorrente a partire dalla busta paga di febbraio 2020, con arretrati del mese precedente (euro 11,84) (v. doc. 6 ric.). 7.3. Infine, non trova alcun riscontro la circostanza, asserita dal ricorrente, peraltro in modo generico, secondo cui il "pagamento" delle varie indennità "nella voce competenze lorde mensili" ha comportato che di esse non si è tenuto conto ai fini del calcolo del TFR e degli istituti retributivi indiretti. Infatti, è agevole ricavare dalle buste paga agli atti (doc. 6 ric.) che la retribuzione utile per il calcolo del TFR, di cui alle stesse, comprende gl'importi di tutte le indennità riconosciute (indicate nell'ambito degli "elementi della retribuzione" o meno; è quest'ultimo il caso dell'indennità di reperibilità); altrettanto si desume dalle buste paga relative alla tredicesima mensilità, quest'ultima quantificata sulla base degli "elementi della retribuzione" e comprendente anche l'"indennità per tredicesima". Ne risulta, altresì, che le indennità sono state corrisposte, per intero, nei periodi di fruizione delle ferie. Il ricorso, pertanto, è totalmente infondato. 8. Le peculiarità della vicenda e la particolare novità della questione, sotto l'aspetto della valutazione della discriminatorietà di una delibera condominiale di abolizione del servizio di portineria con conseguente licenziamento del portiere, rendono equa l'integrale compensazione, tra le parti, delle spese di lite. P.Q.M. Il Giudice, definitivamente pronunciando, respinta ogni diversa deduzione, eccezione e conclusione, respinge il ricorso; compensa integralmente, tra le parti, le spese di lite. Riserva il deposito della motivazione nel termine di giorni 60. Genova, il 12 aprile 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI BENEVENTO I SEZIONE CIVILE in persona del giudice unico, dott. (...), ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 3533/2022 r.g.a.c., avente ad oggetto: impugnazione di delibera condominiale TRA (...), elettivamente domiciliate in Benevento, al viale (...), presso lo studio dell'avv. (...), dalla quale sono rapp.te e difese, giusta procura in atti ATTRICI E CONDOMINIO (...), con sede in Benevento al viale (...), in persona dell'amministratore pro tempore, elettivamente domiciliato in Benevento, al viale (...), presso lo studio dell'avv. (...), dal quale è rapp.to e difeso, giusta procura in atti CONVENUTO CONCLUSIONI: come da note scritte depositate in vista dell'udienza figurata del 25.1.2024. MOTIVI DELLA DECISIONE Con atto di citazione ritualmente notificato, le attrici predette, in qualità di proprietarie di unità immobiliari nel Condominio (...), sito in Benevento al viale (...), hanno convenuto in giudizio il Condominio medesimo, impugnando il deliberato assembleare del 27.6.2022 per 1) inesistenza della convocazione e del relativo verbale, violazione del regolamento condominiale per mancato rispetto del termine di 15 giorni tra la convocazione e il giorno fissato per l'assemblea e, altresì, per omessa sottoscrizione del verbale da parte di almeno un condomino; 2) carenza del quorum di 500 millesimi per deliberare i lavori straordinari; 3) inesattezza del bilancio per mancato passaggio di consegne dei documenti condominiali e confusione delle spese attribuite agli immobili; 4) lesione del diritto ad una partecipazione informata, essendosi deliberato in merito al generico punto "varie ed eventuali. Per questi motivi hanno chiesto, previa sospensiva, di accertare e dichiarare l'invalidità della delibera impugnata. Si è costituito il Condominio, il quale ha eccepito l'inammissibilità dell'azione per carenza di interesse ad agire e l'infondatezza delle doglianze avverse. Senonché, assegnati i termini istruttori, la causa è stata rinviata per conclusioni e assegnata a sentenza con i termini di cui all'art. 190 c.p.c.. Il Tribunale osserva. Ai fini che qui interessano, deve rammentarsi che, secondo l'indirizzo facente capo alla nota sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 4806/2005, "in tema di condominio negli edifici, debbono qualificarsi nulle le delibere dell'assemblea condominiale prive degli elementi essenziali, le delibere con oggetto impossibile o illecito (contrario all'ordine pubblico, alla morale o al buon costume), le delibere con oggetto che non rientra nella competenza dell'assemblea, le delibere che incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini, le delibere comunque invalide in relazione all'oggetto; debbono, invece, qualificarsi annullabili le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell'assemblea, quelle adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell'assemblea, quelle genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione, quelle che violano norme richiedenti qualificate maggioranze in relazione all'oggetto". Tali coordinate ermeneutiche sono state, tuttavia, in parte precisate dalle medesime Sezioni Unite, che, con sentenza n. 9839 del 14 aprile 2021, hanno relegato, con riguardo alle deliberazioni dell'assemblea dei condomini, la categoria giuridica della nullità ad un ambito applicativo del tutto residuale rispetto alla generale categoria della annullabilità. In particolare, secondo tale pronuncia, sono affette da nullità, deducibile in ogni tempo, le deliberazioni dell'assemblea in caso di: 1) mancanza originaria degli elementi costitutivi essenziali (volontà della maggioranza, oggetto, causa, forma), tale da determinare la deficienza strutturale della deliberazione: è il caso, ad es., della deliberazione adottata senza la votazione dell'assemblea; o della deliberazione priva di oggetto, ossia mancante di un reale decisum ovvero con un oggetto non determinato nè determinabile; o della deliberazione priva di causa, carente cioè di una ragione pratica giustificativa della stessa che sia meritevole di tutela giuridica; o della deliberazione non risultante dal verbale dell'assemblea, sprovvista perciò della necessaria forma scritta; 2) impossibilità dell'oggetto, in senso materiale o in senso giuridico, da intendersi riferito al contenuto (c.d. decisum) della deliberazione, l'impossibilità materiale da valutarsi con riferimento alla concreta possibilità di dare attuazione a quanto deliberato, mentre l'impossibilità giuridica da valutarsi in relazione alle "attribuzioni" proprie dell'assemblea (c.d. difetto assoluto di attribuzione); 3) illiceità del contenuto (art. 1343 c.c.), nel senso che il decisum risulta contrario a norme imperative (individuate, quanto al condominio negli edifici, dagli artt. 1138, co. 4, c.c. e 72 disp. att. c.c.), all'ordine pubblico o al buon costume. Al di fuori di tali ipotesi, le deliberazioni assembleari adottate in violazione di norme di legge o del regolamento condominiale, sia che presentino vizi di forma, afferenti, cioè, alle regole procedimentali dettate per la loro formazione, sia che presentino vizi di sostanza, afferenti, cioè, al contenuto del deliberato (es. in punto di ripartizione delle spese), sono semplicemente annullabili e l'azione di annullamento deve essere esercitata da ogni condomino assente, dissenziente o astenuto nel termine perentorio di trenta giorni, che decorre per i dissenzienti o astenuti dalla data della deliberazione e per gli assenti dalla data di comunicazione della delibera (art. 1137, co. 2, c.c.). Orbene, nel caso che occupa è fondato il motivo, con assorbimento degli altri, inerente alla mancanza di convocazione delle condomine attrici per l'adunanza del 26.6.2022 (27.6.2022 in seconda convocazione). A norma dell'art. 66 disp. att. c.c., l'avviso di convocazione, contenente specifica indicazione dell'ordine del giorno, deve essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per l'adunanza in prima convocazione, a mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano, e deve contenere l'indicazione del luogo e dell'ora della riunione o, se prevista in modalità di videoconferenza, della piattaforma elettronica sulla quale si terrà la riunione e dell'ora della stessa. In caso di omessa, tardiva o incompleta convocazione degli aventi diritto, la deliberazione assembleare è annullabile ai sensi dell'articolo 1137 del codice su istanza dei dissenzienti o assenti perché non ritualmente convocati. Tale norma è qualificata come inderogabile (quantomeno in peius) dall'art. 72 disp. att. c.c.. Orbene, nel caso di specie, come si evince dagli stessi allegati prodotti dal Condominio convenuto, la convocazione per l'adunanza, mentre per la Saviano non ha proprio avuto luogo, per la (...) è avvenuta su mail ordinaria, come tale inidonea secondo la tassativa indicazione contenuta nell'art. 66 disp. att. c.c., a convocare le condomine, rimaste, peraltro, assenti (Trib. Sulmona, 3 dicembre 2020, n. 243; Trib. Bari, 30 giugno 2023, n. 2666; Trib. Roma, 9 ottobre 2023, n. 14299). A nulla vale la considerazione per cui nell'anagrafe condominiale risultino forniti dalle attrici, oltre agli indirizzi di residenza, anche quelli di mail ordinaria, dal momento che non vi è alcuna richiesta espressa - la sola che, secondo un certo indirizzo giurisprudenziale (App. Brescia, sez. II, 3 gennaio 2019, n. 4; Trib. Roma, sez. V, 10 gennaio 2023, n. 356), validerebbe tale forma di conoscenza - a ricevere le convocazioni su tale posta. Diverso sarebbe stato, invece, il caso in cui le attrici avessero presenziato le adunanze senza nulla eccepire a verbale, nel qual caso il vizio sarebbe rimasto pacificamente sanato (Trib. Roma, sez. V, 12 maggio 2023, n. 7545; Trib. Napoli, 30 gennaio 2024, n. 1222). In conclusioni, la domanda va accolta, con annullamento della deliberazione dell'assemblea del Condominio (...) del 27.6.2022. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano, in base ai parametri di cui al d.m. 147/2022 (scaglione indeterminabile basso), ai valori minimi, stante l'assoluta facilità, nonché serialità, delle questioni trattate, e con esclusione della fase istruttoria non espletata. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni contraria o diversa istanza e deduzione rigettata e disattesa, così provvede: 1. accoglie la domanda e, per l'effetto, annulla la deliberazione dell'assemblea del 27.6.2022; 2. condanna il Condominio convenuto al pagamento, in favore delle attrici, delle spese di lite, che liquida in Euro 545,00 per esborsi ed Euro 2.906,00 per compensi, oltre iva, cpa e rimb. forf. nella misura di legge. Benevento, 16 aprile 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE D'APPELLO DI ANCONA Seconda sezione civile riunita in camera di consiglio con l'intervento dei Sigg.ri Magistrati Dott.ssa Maria Ida Ercoli - Presidente Dott.ssa Cecilia L.C. Bellucci - Consigliere Dott. Federico D'Incecco - Cons. Ausil. Relatore ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa civile in grado di appello iscritta al n. 924 del Ruolo Generale per gli affari contenziosi dell'anno 2020 e promossa DA Dr. Ce.Ta. (Cod. Fisc. (...)), rappresentato e difeso, per procura speciale allegata all'atto di citazione in appello, dall'Avv. Gi.Pi., del Foro di Macerata, e con lo stesso elettivamente domiciliato in Ancona, alla Via (...), presso e nello studio dell'Avv. An.Bo., Appellante CONTRO Condominio in Via Ca., 80, di M., conosciuto come Condominio M., (P. Iva (...)), in persona dell'Amministratore pro-tempore, rappresentato e difeso, per procura speciale allegata alla comparsa di costituzione in appello, dall'Avv. Ma.Mi., del Foro di Macerata, presso il cui studio in Tolentino, alla Via (...) è elettivamente domiciliato, Appellato Oggetto: appello avverso la sentenza n. 615/2020 del Tribunale Civile di Macerata, datata e pubblicata il 20.07.2020, notificata il successivo 21.07.2020, relativa al procedimento civile N. 2806/2018, in materia: diritti reali - possesso - trascrizioni; oggetto: altri rapporti condominiali (richiesta rimborso spese di rifacimento lastrico solare). FATTI DI CAUSA Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., in data 25.09.2018, e relativo decreto di fissazione udienza del 18.10.2018, il Dr. Ce.Ta. agiva in giudizio nei confronti del Condominio in Via Ca., 80, di M. (meglio conosciuto come Condominio M.), per ottenere il rimborso, ai sensi e per gli effetti dell'art. 1126 c.c. e come per legge, della quota parte di spesa a carico di quest'ultimo e anticipata da esso ricorrente, pari a Euro 13.350,00, o all'altra conforme a giustizia, oltre interessi e rivalutazione monetaria a decorrere dal 01.08.2016 al saldo effettivo, chiedendo, in subordine, di ordinare il pagamento del predetto importo o di quello diverso di giustizia, sempre maggiorato di interessi e rivalutazione monetaria, e, se del caso, la chiamata in causa della ditta Ed. S.r.l.. Con vittoria di spese e competenze, sia processuali che della fase di mediazione, e condanna al risarcimento del danno ex art. 96 c.p.c., o ad altro titolo eventualmente individuato nella condotta tenuta dal Condominio o dai singoli condòmini per averlo costretto a promuovere l'azione giudiziaria, escludendo dal relativo riparto la propria posizione. A sostegno della domanda, il ricorrente poneva di aver eseguito, sul lastrico solare condominiale ma di uso esclusivo al proprio immobile, interventi urgenti di riparazione e ricostruzione, resi necessari a seguito delle richieste rivolte in tal senso dalla Sig.ra D.M., proprietaria dell'appartamento al piano inferiore, la quale lamentava il verificarsi di infiltrazioni a partire dal 2015; situazione di cui esso T., tramite l'Amministratore che effettuava diversi sopralluoghi alla presenza di tecnici all'uopo incaricati, provvedeva a informare i condòmini, ciononostante rimasti inerti, cosicché lo stesso, raggiunto da nuove diffide della D.M., relative all'aggravamento delle suddette infiltrazioni, incaricava la ditta Ed. S.r.l. in modo da risolvere urgentemente il problema, corrispondendole, a lavori ultimati nel giugno 2016, il rispettivo importo di Euro 13.350,00 oggetto della richiesta di rimborso della quota a carico del condominio. Il condominio convenuto, costituitosi in giudizio, oltre a contestare ogni addebito di inerzia a carico dei condòmini e dedurre che l'iniziativa intrapresa dal ricorrente fosse del tutto arbitraria, per essere stato invitato a desistere dal dare inizio agli interventi ripristinatori in precedenza sollecitati dalla D.M., stante la convocazione dell'assemblea condominiale al riguardo, come da missive agli atti, concludeva, in via preliminare, per la dichiarazione di nullità del ricorso, attesa l'omessa indicazione dei convenuti e, sempre preliminarmente ma in via gradata, per la modifica del rito con fissazione dell'udienza ex art. 183 c.p.c., avendo, lo stesso T., formulato richieste istruttorie, nonché, in via principale e nel merito, per il rigetto della domanda, infondata in fatto e in diritto oltre che sprovvista di prova e, infine, per la condanna del ricorrente, ai sensi dell'art. 96 c.p.c., al risarcimento del danno a titolo di lite temeraria, da liquidarsi in via equitativa. Con comparsa datata 15.01.2019, si costituiva, altresì, in giudizio, tramite procura speciale conferita al medesimo difensore del ricorrente, la Ed. S.r.l. in persona del legale rappresentante, Ing. G.C., la quale svolgeva intervento adesivo dipendente e conseguente alla posizione del T. onde tutelare la propria, ossia quella di creditore dell'importo menzionato nell'atto introduttivo, dovutole dal Condominio a titolo di saldo dei lavori eseguiti sul lastrico solare, riportandosi a tutti gli scritti, difese e documenti prodotti dallo stesso T., oltre a precisare (a fronte di quanto contestato dal Condominio circa l'intestazione portata nelle fatture n.d.r.) che essa e la C. S.r.l. erano due società in associazione di impresa permanente, amministrata dal suddetto Ing. C., anche socio di maggioranza, e, infine, dedurre di essersi ripetutamente messa a disposizione della D.M., per eliminare le lamentate macchie di umidità e infiltrazioni, la quale, però, non vi aveva acconsentito. Disposto il mutamento del rito, da sommario in ordinario, ed espletati i conseguenti incombenti, quindi escussi due soli testi tra quelli ammessi a deporre, nonché fissata, ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c., l'udienza per la precisazione delle rispettive conclusioni e contestuale discussione, il Tribunale, con la sentenza in epigrafe, respingeva la domanda avanzata dal T. condannandolo al pagamento, in favore del condominio convenuto, delle spese del giudizio liquidate in Euro 4.835,00, oltre al 15% per rimborso forfettario, I.v.a. e C.p.a. come per legge. La pronuncia muoveva dalla considerazione che le risultanze istruttorie e la documentazione prodotta dal ricorrente non avevano offerto alcuna prova oggettiva dello stato dei luoghi precedente alla riparazione, così da non dimostrare "l'urgenza degli interventi eseguiti, né l'effettiva necessità e consistenza degli stessi, né la congruità dei costi pretesi", e che tale carenza non poteva essere colmata tramite l'ammissione della richiesta Ce.Ta.U., perché meramente esplorativa e superflua in assenza di dati sicuri sulla condizione in cui versava il lastrico solare prima degli interventi. "A tali assorbenti considerazioni", il Giudice riteneva doversi aggiungere quanto emerso dalla documentazione di parte convenuta in riferimento alle decisioni assunte dal Condominio, ovvero che: - nell'assemblea tenutasi il 16.09.2015, presente il Tallé, erano state deliberate "all'unanimità", sia la spesa per i lavori di sistemazione del lastrico solare, il quale arrecava danni alla proprietà D.M., sia la relativa ripartizione, come da punto 7 all'o.d.g., laddove i condòmini chiedevano di confrontare dei preventivi in quella successiva e, nel frattempo, di effettuare le ricerche e i sondaggi volti ad accertare la natura del danno (doc. 1 comparsa di costituzione convenuto); - nel verbale assembleare del 06.06.2016, oltre alla rettifica del punto 1 all'o.d.g., poiché gli interventi sul terrazzo a uso esclusivo del T. avevano avuto inizio, senza autorizzazione del Condominio, il 31.05.2016, alla relazione dell'Amministratore circa le verifiche svolte e le problematiche relative al lastrico, e alla doglianza della D.M., la quale lamentava essersi verificate ulteriori infiltrazioni nel proprio appartamento a seguito di detti lavori, comprovate dalle riprese fotografiche effettuate dallo stesso Amministratore, i condòmini si erano riservati "di valutare nella prossima assemblea ordinaria 2017" se accettare, "sulla spesa preventivata dalla proprietà T., di circa Euro 12.000,00 + iva o sulla base di migliori offerte che dovessero pervenire in corso di gestione per la stessa tipologia di lavorazioni, la ripartizione del 75% a carico della proprietà T. e di un 25% a carico dei condòmini sottostanti", ivi deliberando che la suddetta accettazione sarebbe stata "vincolata alla volontà dei condòmini, alla corretta esecuzione dei lavori, alla ripartizione a carico degli stessi e alla sistemazione dei danni presenti all'interno della proprietà D.M." (doc. 2 stesso atto difensivo); - nell'assemblea in data 18.07.2017, al punto 6 dell'o.d.g., dopo aver evidenziato di non essere stato ancora corrisposto, alla D.M., il danno causato dalle infiltrazioni verificatesi durante gli interventi "di rifacimento del lastrico di proprietà T.", veniva assunta la delibera secondo cui "essendo il rimborso dei danni una delle condizioni necessarie al riconoscimento, da parte del condominio, della quota parte del 25% sull'importo preventivato di Euro 12.000,00= + iva e dato il tempo trascorso senza una risposta positiva della ditta esecutrice dell'intervento, in merito ai rimborsi i condòmini unanimi decidono di non riconoscere nessuna cifra alla ditta esecutrice dell'intervento" bensì "di utilizzare l'importo previsto per il rimborso dei danni lamentati dalla proprietà D.M." (doc. 5 comparsa di costituzione convenuto). Osservava, inoltre, il Giudice che non avendo, il T., impugnato le predette, ultime due delibere, le stesse fossero divenute definitive, per poi rilevare la derogabilità di quanto disciplinato dall'art. 1126 c.c. in ordine alla ripartizione delle spese relative al rifacimento del lastrico solare, poiché non rientrante tra quelli indicati nell'art. 1138 c.c., così da risultare "valida e legittima" quella assunta con Delib. del 06 giugno 2016 "(75% del costo a carico del T. e 25% a carico dei condòmini sottostanti)", come ribadita nelle successive, ricordando, infine, anche l'avvenuta approvazione, nell'assemblea del 04.09.2017 (doc. 6 comparsa di costituzione), "delle tabelle millesimali di ripartizione, tra i condòmini tenuti, delle spese di rifacimento del lastrico di proprietà del T., nonché della spesa complessiva a carico del condominio, nella misura di Euro 3.300.00" riconosciuti in favore della D.M. a titolo di danni conseguenti ai ricordati lavori. Il Dr. Ce.Ta. impugnava tempestivamente la predetta decisione, prospettando le ragioni di doglianza riportate in parte motiva, conveniva, infatti, in giudizio, il Condominio di Via Ca., 80, in M., chiedendo, alla Corte adita, in riforma della sentenza appellata e in accoglimento delle domande da esso avanzate nel precedente grado di giudizio: a) di dichiarare il predetto Condominio, in persona dell'Amministratore Geom. M.L., e i relativi condòmini, obbligati e debitori in solido, secondo le ripartizioni di legge, al rimborso e pagamento in proprio favore, dell'importo di Euro 13.350,00 o in quello diverso conforme a giustizia, oltre interessi e rivalutazione monetaria a decorrere dal 08.08.2016 al saldo; b) in subordine, stante l'intervento adesivo dipendente, in giudizio, della ditta esecutrice dei lavori, Ed. S.r.l., ancora in attesa di riscossione della somma di Euro 5.000,00 sulla somma ancora in sofferenza di 13.350,00, di disporre la ripartizione degli importi tra esso odierno appellante e l'Impresa suddetta secondo le modalità ritenute maggiormente conformi a giustizia, quindi condannare i condòmini obbligati e debitori in solido, al pagamento del dovuto, oltre interessi e rivalutazione monetaria, come per legge, riportandosi, quanto alla posizione della Ed. S.r.l., alle conclusioni rassegnate nell'atto di intervento in primo grado. Con vittoria di spese e competenze del doppio grado processuale e del procedimento di mediazione, oltre al risarcimento del danno ex art. 96 c.p.c., o ad altro titolo individuato nella condotta tenuta da controparte; c) in via istruttoria: di disporre la prosecuzione della prova o il rinnovo della stessa sui capitoli tutti come articolati e con i testi indicati, anche a riprova, nell'atto introduttivo del giudizio in primo grado e nelle memorie ex art. 183, comma 6, nn. 2 e 3, nonché l'ammissione della Ce.Ta.U., pure richiesta, per accertare la congruità dei prezzi praticati dalla ditta Ed. S.r.l. e riportati nel preventivo e nei documenti contabili agli atti, prodotti e depositata nel fascicolo di primo grado al n. 18 del rispettivo elenco. Nel costituirsi in appello, il Condominio di Via Ca., 80, in M. (Condominio M.), ne eccepiva "nullità" per violazione dell'art. 342 c.p.c., soprattutto quanto alla Ed. S.r.l., sulla duplice considerazione dell'omessa deduzione di motivi e della mancanza di procura alle liti, come tale insanabile, oltre a contestare, ai sensi dell'art. 345 c.p.c., l'avvenuta allegazione, da parte appellante, di nuovi documenti, nello stesso atto "indicati ai punti 5 - 6 e 7, senza aver fornito la prova del caso fortuito o forza maggiore impeditivi della produzione nel precedente grado ", concludendo per l'inammissibilità e comunque per il rigetto del proposto gravame, con conferma integrale della sentenza impugnata e "vittoria delle competenze di giudizio". Secondo l'appellato, l'infondatezza delle contestazioni mosse da controparte avverso la decisione di primo grado, e, ancor prima, delle richieste da questi avanzate in tal sede, deriverebbe dall'essere intervenute, sulla questione, varie decisioni assembleari assunte ad ampia maggioranza o all'unanimità, oltre che divenute non più discutibili in mancanza di impugnativa dei relativi verbali; pertanto esso Condominio non sarebbe tenuto a versare alcun importo all'odierno appellante sia per la mancata ricorrenza, nel caso di specie, dell'ipotesi di cui all'art. 1134 c.c., sia per avere, con riferimento alla manutenzione del lastrico solare, deliberato la spesa e la sua precisa ripartizione, in legittima deroga all'art. 1126 c.c., come risultante dai ricordati verbali, rispettivamente datati 16.09.2015, 06.06.2016 e 18.07.2017, nei quali veniva stabilito di ricercare le cause delle infiltrazioni e di suddividere il costo della riparazione in misura del 25% a proprio carico e del restante 75% a carico del T., a condizione (n.d.r. non verificatasi), del ripristino o rimborso dei danni occorsi all'appartamento di C.D.M.. Circa, poi, la somma richiesta in restituzione dall'appellante, il Condominio, oltre a negarne la debenza nel merito, ribadiva "che l'Assemblea condominiale aveva accettato il preventivo di Euro 12.000,00 + Iva, contestando decisamente ogni ulteriore e diversa pretesa, come esattamente indicato nel verbale dell'adunanza del 22.09.2016 e del successivo del 07.10.2016", laddove ci si opponeva ai "conteggi del consuntivo", per la non rispondenza delle superfici dall'intervento rispetto a quelle effettive del lastrico, la quantificazione di lavorazioni extra già conteggiate nello stesso o, ancora, l'inserimento di costi pure ivi previsti, tant'è che, "per mero scrupolo", erano state interpellate altre ditte, le quali "offrivano la loro prestazione a prezzi più bassi", segnalando, infine, alcune "anomalie", consistenti nell'indicazione, "sul cartello inerente i dati dei lavori, installato fuori dal cantiere" (ossia sul lastrico solare), della Ditta esecutrice, con ragione sociale di C. S.r.l., quando poi era la Ed. S.r.l. ad aver emesso una prima fattura, recante il totale della spesa, in favore del T., tale da consentirgli di usufruire degli sgravi fiscali, e una successiva, di importo inferiore, intestata a esso Condominio e dal medesimo "immediatamente contestata". Quindi la causa, sulle conclusioni delle parti come in epigrafe precisate, veniva trattenuta in decisione, concedendo alle parti i termini di cui all'art. 190 c.p.c., all'udienza del 21.09.2022. RAGIONI DELLA DECISIONE Il Dr. Ce.Ta., a sostegno del proposto gravame, poneva i seguenti motivi: 1) "violazione ed erronea applicazione dell'art. 112 c.p.c.". In primo luogo, l'appellante contestava l'incipit motivazionale della sentenza secondo cui non sarebbe stata offerta, da esso ricorrente in primo grado, la prova oggettiva dello stato dei luoghi precedente alla riparazione, né della necessità e urgenza degli interventi, contraddicendo non solo le dichiarazioni dei testi e le stesse ammissioni di controparte, bensì anche i fatti, le risultanze, gli accordi e i nulla osta conseguenti ai sopralluoghi effettuati. In particolare, evidenziava come proprio i due testi escussi, peraltro indicati da ambedue i contendenti (a fronte di altri che, sebbene ammessi a deporre, non venivano ascoltati dal Giudice senza alcun cenno in proposito), avessero confermato la rispettiva partecipazione ai sopralluoghi, nella cui sede le parti, i rispettivi tecnici e gli addetti alle opere edilizie, verificato il ristagno di acqua tra la guaina e il massetto, convenivano sulla necessità di intervenire mediante rifacimento di quest'ultimo e della pavimentazione previo isolamento. Infatti, il teste M.S., oltre a riferire di essere stato presente durante i predetti sopralluoghi, poiché conduttore in locazione dell'appartamento che accede al lastrico solare in questione, dichiarava di sapere sia delle richieste precedenti, rivolte dalla D.M. affinché venissero eseguite con urgenza le riparazioni, sia dei successivi solleciti in tal senso, lamentando l'aggravarsi delle infiltrazioni nella propria unità abitativa, e l'altro testimone, Geom. E.Z., intervenuto per conto del Condominio e su incarico dell'Amministratore, previa conferma dei diversi sopralluoghi alla presenza del Dr. T. e dell'Amministratore condominiale, Geom. L., precisava che in occasione di un sondaggio effettuato prima dell'inizio dei lavori, venne riscontrato un importante ristagno di acqua nel pacchetto di isolamento tra il solaio e il pavimento. Tali risultanze, pertanto, comproverebbero non solo lo stato dei luoghi antecedente ai lavori di cui si discute, bensì anche l'urgenza degli interventi eseguiti. 2) Inutilità di ogni riferimento, in sentenza, circa l'ammissione della Ce.Ta.U.. Riguardo all'affermazione del Giudice, secondo cui la Ce.Ta.U., richiesta dal ricorrente, sarebbe stata superflua e meramente esplorativa, attesa la carenza probatoria circa l'effettiva condizione del lastrico solare prima della riparazione, il Dr. T. deduceva che, invece, proprio in ragione di quanto emerso a tale proposito dalla svolta istruttoria orale, la stessa consulenza avrebbe avuto l'unica funzione di valutare, se del caso, la congruità dei prezzi praticati dalla ditta esecutrice dei lavori, anzi del solo costo della pavimentazione, giacché, per il resto, non vi erano state contestazioni, tanto che, come da corrispondenza intercorsa con la Ed. S.r.l., l'Amministratore condominiale aveva dato il nulla osta per gli interventi, la metratura e la fatturazione, trattandosi di lavori riguardanti le parti comuni dell'edificio e, quindi, eseguiti nell'interesse di tutti i condòmini, ricordando, poi, l'avvenuta costituzione volontaria di detta Impresa nel precedente grado di giudizio, al duplice fine di rappresentare la propria posizione creditoria, non avendo ancora percepito il saldo, in uno con la disponibilità di presenziare all'eventuale Ce.Ta.U. avente a oggetto i prezzi da essa praticati. 3) "motivazione illogica e apparente". Oltre a evidenziare che dal verbale assembleare del 16.09.2015 non si evincesse affatto, come, invece, sostenuto in sentenza, l'essere state deliberate, all'unanimità del condòmini, sia la spesa per i lavori sul lastrico solare, sia la relativa ripartizione, avendo essi, in quella sede, semplicemente preso atto della necessità di intervenire perché si verificavano danni nella proprietà D.M. "(e per la verità anche di altro condòmino)" e, quindi, di confrontare dei preventivi e svolgere dei sondaggi i quali soli vennero effettuati con gli esiti riferiti dal teste Z., tecnico incaricato dal Condominio, mentre alcun preventivo risultava acquisito ed esaminato nella successiva assemblea, tenutasi il 06.06.2016, laddove, per quanto di interesse dell'appellante, si leggeva che l'Amministratore provvedeva a relazionare gli stessi condòmini "... sulle risultanze delle verifiche eseguite e delle problematiche ..." di cui, però, non era dato sapere, così come per i danni dalla D.M. riferiti all'appena iniziato rifacimento del lastrico, rimasti del tutto sconosciuti in mancanza di scritti, preventivi o diffide, utili "a ragionare" con l'Impresa ed eventuale, rispettiva Compagnia di Assicurazioni, in modo da trovare una soluzione. Per il resto, invece, la stessa assemblea del 06.06.2016, si era riservata di valutare una eventuale diversa ripartizione della spesa sul preventivo di Euro 12.000,00 + Iva (con esclusione della pavimentazione) o sulla base di migliori offerte, in realtà mai pervenute, poiché evidentemente non richieste, addirittura vincolando ogni decisione in proposito alla volontà dei condòmini, alla corretta esecuzione dei lavori e al risarcimento del danno alla D.M., senza minimamente attivarsi per la risoluzione dei problemi sul lastrico solare, riguardanti tutti loro e non solo il T., per poi giungere alla successiva assemblea del 18.07.2017 "(neppure valida in assenza della maggioranza)" in cui si diceva che non sarebbe stato corrisposto alcunché in riferimento al ricordato preventivo di Euro 12.000,00 + Iva, adducendo il mancato ristoro del danno alla proprietà D.M. nonostante l'assenza di alcun riscontro circa il relativo ammontare, ma comunque destinando, a tale titolo, "l'importo previsto" del quale, ancora una volta, non è stato dato conoscere l'ammontare. Pertanto, poiché il Giudice, in sentenza, si era limitato a riportare detti verbali assembleari quali argomentazioni fondanti la propria decisione, la stessa pronuncia si rivelerebbe affetta da motivazione illogica e apparente, considerata, altresì, l'incomprensibile successiva disquisizione sulla possibilità di deroga alla ripartizione della spesa prevista dall'art. 1226 c.c., la quale, come verificato dalla disamina dei ricordati verbali, non risulta essere stata adottata dai condòmini ma che, per converso, costituirebbe riconoscimento di debito. In chiusura del motivo d'appello, il T. sottolineava non potersi configurare alla stregua di motivazione, neanche l'apodittico richiamo alla delibera assunta nell'assemblea condominiale del 04.09.2017, di corrispondere alla D.M. la somma di Euro 3.300,00, poiché estraneo al "thema decidendum", relativo alla circostanza che a fronte dei lavori eseguiti, se ne sarebbe dovuta accertare l'urgenza o meno, ovvero se gli stesso fossero stati concordati tra le parti; ulteriore ragione valevole a dimostrare la non rispondenza, della decisione impugnata, alla realtà dei fatti e alla domanda proposta dall'attore, con conseguente motivazione incongrua e apparente. 4) "condanna alle spese". Infine, l'appellante criticava la condanna alle spese processuali, disposta a proprio, sia quanto al relativo ammontare, poiché non rispondenti alle tariffe professionali, sia per non avere tenuto conto della condotta assunta dal convenuto Condominio, il quale, opponendosi fermamente alle richieste attoree, si sarebbe sottratto alla propria responsabilità e obbligazione solidale, trattandosi di opere riguardanti beni e interessi comuni a tutti i partecipanti. Il proposto appello è fondato, viene, quindi, accolto per le ragioni che seguono. Preliminarmente, si respinge l'eccezione, sollevata dall'appellato condominio, di inammissibilità del proposto gravame per violazione dell'art. 342 c.p.c., poiché, come da univoco orientamento della Suprema Corte, ai fini dell'ammissibilità dell'impugnazione è sufficiente che la stessa contenga una chiara individuazione delle questioni e dei punti criticati della sentenza appellata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando, alla parte volitiva, una parte argomentativa che vada a confutare e contestare le ragioni addotte dal primo Giudice, senza la necessità di utilizzare formule sacramentali o redigere un progetto alternativo di decisione, tenuto conto della permanente natura di "revisio prioris instantiae" del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata (cfr. tra le altre: Cass. Civ. 27.06.2018 n. 16914; Cass. Civ. 17.01.2018 n. 932; Cass. Civ. 14.09.2017 n. 21336; Cass. Civ. SS.UU. 16.11.2016 n. 27199). Infatti, dalla lettura dell'atto introduttivo della causa in esame si evincono, con chiarezza, sia le statuizioni impugnate, sia l'esposizione delle ragioni addotte dal T. a sostegno del proposto gravame. Quanto, invece, al rilievo di inammissibilità, sollevato con riferimento alle richieste avanzate nell'odierno giudizio da Ed. S.r.l., lo stesso è sicuramente accoglibile considerato che la Ed. S.r.l., non risulta aver reiterato, nel presente grado, a seguito del rigetto della domanda di primo grado, l'intervento adesivo dipendente effettuato in primo grado a mezzo dell'Avv. Gi.Pi. al quale, infatti, non risulta essere stata rilasciata apposita procura alle liti. Si rivela, altresì, fondata e, quindi, meritevole di accoglimento, l'eccepita violazione, da parte del T., del divieto di produrre nuovi documenti in appello, previsto dall'art. 345, comma 3, c.p.c., trattandosi di documentazione che, formatasi precedentemente allo spirare dei termini relativi alle preclusioni istruttorie, stabiliti dall'art. 183, comma 6, c.p.c., avrebbe dovuto essere depositata con le memorie deputate alla cristallizzazione del "thema probandum", da cui l'inammissibilità, nel presente grado di giudizio, degli allegati sub. nn. (...), (...) e (...) dell'atto di impugnazione. Nel merito, per meglio inquadrare giuridicamente la vicenda in esame, è opportuno premettere che, così come il tetto, anche il lastrico solare, ossia la superficie piana con funzione di copertura dell'edificio condominiale, o di una parte di esso, e, quindi, di protezione delle unità sottostanti, benché a uso esclusivo del proprietario dell'appartamento cui accede, comporta il concorrente obbligo di custodia, ex art. 2051 c.c., per quest'ultimo, di controllo necessario alla conservazione delle parti comuni, ai sensi dell'art. 1130 c.c., comma 1, n. 4, a carico dell'Amministrazione condominiale, e di provvedere alle opere di manutenzione straordinaria, in virtù dell'art. 1135 c.c., comma 1, n. 4, c.c., incombente all'assemblea dei condòmini (cfr. Cass. Civ. SS.UU. 10.05.2016 n. 9449; Cass. Civ. 05.11.2021 n. 32103). A ciò consegue che dei danni da infiltrazioni in uno o più immobili posti al piano inferiore del lastrico solare, di uso non comune a tutti i condòmini, rispondono sia il titolare del diritto di utilizzo esclusivo dello stesso, sia il condominio (salva la rigorosa prova contraria dell'imputabilità dell'occorso all'uno o all'altro), sulla base del criterio stabilito dall'art. 1126 c.c., il quale, come noto, pone le spese della relativa riparazione e ricostruzione in misura di 1/3 a carico del primo e dei restanti 2/3 a carico dei condòmini cui il lastrico funge da copertura, ossia di coloro intestatari delle porzioni immobiliari incluse nella sottostante colonna verticale, ciascuno in proporzione al valore millesimale di rispettiva proprietà, poiché il fondamento di tale obbligo risiede non già nel diritto dominicale sul lastrico, bensì nel principio di contribuzione alle suddette spese in ragione dell'utilità che il bene, oggetto di manutenzione, fornisce ai loro appartamenti (cfr. Cass. Civ. 11.01.2022 n. 516; Cass. Civ. 22.11.2021 n. 35957; Cass. Civ. 21.07.2021 n. 20914; Cass. Civ. 14.06.2021 n. 16741; Cass. Civ. 11.03.2021 n. 6816; Cass. Civ. 17.01.2020 n. 951; Cass. Civ. 09.01.2017 n. 199; già cit. Cass. Civ. SS.UU. 10.05.2016 n. 9449). Le precedenti osservazioni in diritto devono, poi, essere valutate con riferimento al caso in cui, come quello in esame, il condòmino, utilizzatore a titolo esclusivo del lastrico solare abbia provveduto, in seguito delle denunce di infiltrazioni nell'appartamento sottostante e i reiterati solleciti, risarcitori e di ripristino, al medesimo rivolti dal rispettivo proprietario, a farvi eseguire i lavori di risanamento in assenza della preventiva autorizzazione assembleare, chiedendo al Condominio il rimborso dei relativi costi. Anche a tale riguardo, occorre muovere dall'interpretazione fornita dalla giurisprudenza di legittimità in ordine alla norma contenuta nell'art. 1134 c.c., secondo cui il diritto del singolo partecipante a ottenere la restituzione delle spese anticipate per la conservazione di parti comuni, senza prima aver ottenuto l'assenso dell'organo deliberativo, è subordinato alla dimostrazione, di spettanza del richiedente, che l'esecuzione delle opere, onde evitare un possibile, o "ragionevolmente imminente" danno a sé, a terzi o alla cosa comune, non poteva ritardarsi nell'attesa del benestare da parte dell'Amministratore o dell'assemblea, e, pertanto, alla prova dell'urgenza di intervenire (cfr. Cass. Civ. 20.06.2022 n. 19864; Cass. Civ. 18.02.2022 n. 5465; Cass. Civ. 06.10.2021 n. 27106; Cass. Civ. 30.04.2021 n. 11463; Cass. Civ. 28.02.2018 n. 4684; Cass. Civ. 16.11.2017 n. 27235; Cass. Civ. 08.06.2017 n. 14326). Ebbene, le doglianze prospettate dall'odierno appellante nei primi tre motivi d'impugnazione - da trattarsi congiuntamente in quanto connessi -, analizzate sulla scorta dei richiamati principi di diritto, si rivelano meritevoli di apprezzamento poiché, sia la documentazione acquisita agli atti, sia le emergenze della svolta istruttoria orale, conducono a poter ritenere raggiunta la prova non solo dello stato dei luoghi precedente agli interventi effettuati dalla Ed. S.r.l., ma anche della necessità di non ritardare ulteriormente detti lavori per evitare l'aggravamento della situazione già ripetutamente lamentata dalla condòmina D.M. - peraltro nei soli confronti del proprietario del lastrico come fosse l'unico responsabile -, considerato che nell'assemblea del 16.09.2015, contrariamente all'affermazione riportata in sentenza, non risulta essere stata adottata alcuna delibera in ordine all'esecuzione delle opere di manutenzione di detto lastrico solare, bensì solo rimandato ad altra assemblea il confronto di preventivi "per la sistemazione del terrazzo di proprietà del T. che arreca danni alla proprietà D.M." e, nel frattempo, richiesto all'Amministratore di ricercarne le cause, le quali, a seguito dei diversi sopralluoghi effettuati alla presenza delle parti interessate (cfr. dichiarazioni dei testi S. e Z.; verbale assembleare del 06.06.2016), venivano individuate in "un importante ristagno di acqua" rinvenuto "nel pacchetto di isolamento", ossia al di sotto della pavimentazione del lastrico e tra la stessa e il solaio dell'immobile al piano inferiore (cfr. circostanza riferita, all'udienza del 25.11.2019, dal testimone di parte convenuta, Geom. Z., tecnico incaricato dal condominio). Quindi, specialmente per quanto attiene al requisito dell'urgenza, richiesto dall'art. 1134 c.c. quale condizione per riconoscere, all'odierno appellante, il rimborso delle spese anticipate a fronte degli interventi manutentivi in discussione, lo stesso, oltre che dall'avvenuto riscontro, in sede di sopralluoghi, della condizione di evidente ammaloramento in cui versava il lastrico solare "de qua", si evince proprio dalla circostanza, ripetutamente denunciata dalla condòmina del sottostante appartamento, che le infiltrazioni di acqua, iniziate già nel 2015, stessero provocando "danni sempre più rilevanti", come da diffida a firma C.D.M., in data 05.05.2016 (cfr. doc. 11 fascicolo attore in primo grado) tanto da aver determinato il T. a intervenire per impedirne un aggravio ulteriore, tenuto conto, altresì, che anche nelle successive assemblee, anziché considerare la concorrente responsabilità del condominio in ordine alla manutenzione del lastrico solare, ivi compresa quella della stessa D.M., ovvero l'obbligo di cooperare per la conservazione del bene comune, poiché recante utilità strumentale al godimento degli immobili sottostanti, veniva principalmente sottolineato doversi provvedere al risarcimento del danno in favore di quest'ultima, l'ammontare del quale neanche risulta documentato agli atti. Circa l'importo da rimborsare al T., risulta documentato "per tabulas" che quest'ultimo, a fronte della fattura n. (...), in data 01.07.2016, della Ed. S.r.l., per un totale di Euro 20.026,47, I.v.a. al 10% compresa (cfr. doc. 18 fascicolo ricorrente in primo grado), ha versato, alla stessa società, mediante bonifici rispettivamente datati 04.07.2016, 02.09.2016, 23.11.2016 e 22.03.2017 (cfr. doc. 18/b estratto bancario bonifici), la somma complessiva di Euro 15.025,00, da cui, detratta la quota di 1/3 (Euro 6.675,00) posta a proprio carico ex art. 1126 c.c., si perviene a individuare in Euro 8.350,00, oltre interessi legali dalla data della domanda la saldo effettivo, l'ammontare del rimborso dovuto dal condominio, mentre non può riconoscersi il pagamento di Euro 5.000,00, pure richiesto dall'odierno appellante, non avendolo, egli, anticipato alla Ditta esecutrice dei lavori. Riguardo, poi, alla ripartizione di detta somma tra i condòmini proprietari delle unità abitative sottostanti il lastrico solare - da effettuarsi in proporzione al rispettivo valore millesimale -, non vi è ragione per discostarsi dal criterio legale stabilito dall'art. 1126 c.c. (il quale, lo si ricorda, ne pone 1/3 a carico del proprietario esclusivo dell'immobile contiguo al lastrico solare e i rimanenti 2/3 a carico dei titolari delle unità abitative sottostanti, in proporzione del rispettivo valore millesimale), stante l'indiscusso orientamento giurisprudenziale di legittimità che, al contrario dell'assunto contenuto nella pronuncia impugnata, secondo cui l'assemblea dei condòmini, può, all'unanimità, derogare a tale criterio, ne prescrive, invece, la possibilità di modifica solo su base negoziale (cfr. per tutte: Cass. Civ. 23.03.2016 n. 5814). Ciò poiché, ai sensi dell'art. 1135 c.c., le attribuzioni assembleari sono circoscritte alla verifica e applicazione dei criteri previsti per legge, non comprendendo, quindi, il potere di introdurre deroghe ai parametri normativi di riparto delle spese, con conseguente nullità della delibera sul punto, anche ove adottata all'unanimità, posto che la fissazione di criteri di spesa diversi da quelli legali incide sul valore della proprietà esclusiva di ciascun condòmino, tanto da necessitare di una base convenzionale (cfr. Cass. Civ. 23.12.2011 n. 28679), la quale non può essere riconosciuta alle tabelle millesimali di natura "deliberativa", non fondata, quanto alla sua approvazione, sul consenso unanime dei partecipanti (cfr. Cass. Civ. SS.UU. 09.08.2010 n. 18477), né la totalità di essi può conferire valore negoziale a qualcosa che tale non è, come, appunto, nessuna delle delibere richiamate nella sentenza appellata, evidentemente mancanti della espressa manifestazione della volontà, da parte di tutti i condòmini, di stipulare un negozio dispositivo dei loro diritti nel senso modificativo sopra illustrato, tenuto conto dell'assenza, tra i punti all'o.d.g., dello specifico argomento da sottoporre all'espressa approvazione dell'assemblea plenaria, convocata esclusivamente per discutere sulle "1) Ricerche delle cause delle infiltrazioni del lastrico solare; 2) Verifica dei danni; 3) Varie ed eventuali" (cfr. copia verbale assembleare del 06.06.2016 agli atti). Per completezza, è, inoltre, opportuno rilevare la non attinenza, rispetto alla questione appena esaminata, della pronuncia n. 1992/2020 della Suprema Corte - citata nella gravata decisione a supporto del rilievo secondo cui l'assemblea condominiale del 06.06.2016 avrebbe validamente deliberato di derogare al disposto dell'art. 1126 c.c. - in quanto riferita al diverso caso del "quorum" deliberativo richiesto per la modifica del criterio di riparto delle spese relative al lastrico, contenuto in una clausola non contrattuale del regolamento condominiale predisposto dal proprietario originario dello stabile (e allegato agli atti di acquisto delle singole unità immobiliari), ossia di quelle clausole che si limitano a disciplinare l'uso dei beni comuni e non già a incidere sui diritti di proprietà esclusiva, per modificare le quali, lo si ricorda, occorre una convenzione negoziale appositamente conclusa tra tutti i condòmini; tant'è che proprio nella parte motiva di detta richiamata pronuncia giurisprudenziale, la modifica assunta dai condòmini secondo la maggioranza stabilita dall'art. 1136, comma 2, c.c. aveva avuto a oggetto la clausola di natura non contrattuale, presente nel regolamento condominiale, di ripartizione delle spese ai sensi dell'art. 1123 c.c., in favore del criterio legale stabilito dall'art. 1126 c.c.. Ragioni tutte dalle quali deriva la fondatezza delle doglianze prospettate nei motivi d'impugnazione. Alla luce delle precedenti argomentazioni e in osservanza tanto della normativa in materia, quanto dei richiamati orientamenti giurisprudenziali di legittimità, l'intestata Corte accoglie l'appello. Le spese di lite, di ambedue i gradi di giudizio, seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte d'Appello di Ancona, definitivamente pronunciando sull'appello proposto dal Dr. Ce.Ta. nei confronti del Condominio di Via Ca., 80, in M. (conosciuto come Condominio M.), nonché avverso la sentenza n. 615/2020 del Tribunale Civile di Macerata, datata e depositata il 20.07.2020, ogni diversa domanda, eccezione, richiesta ed istanza disattesa o assorbita, così provvede: - accoglie l'appello e, per l'effetto, in riforma della pronuncia del Tribunale Civile di Macerata n. 615/2020, resa e depositata il 20.07.2020, riconosciuto il diritto dell'appellante al rimborso della quota parte delle spese da questi anticipate a fronte degli interventi di straordinaria manutenzione del lastrico solare, di proprietà esclusiva dello stesso e con funzione di copertura delle unità abitative sottostanti, condanna l'appellato Condominio, in persona dell'Amministratore, al pagamento in favore del Dr. Ce.Ta., della somma di Euro 8.350,00, oltre interessi legali dalla domanda al saldo; - condanna, altresì, il Condominio di Via Ca., 80, in M. (Condominio M.) a rifondere all'appellante le spese di lite del doppio grado di giudizio che si liquidano, quanto al primo, in complessivi Euro 4.980,50, di cui Euro 145,50 per esborsi, Euro 875,00 per la fase di studio, Euro 740,00 per la fase introduttiva, Euro 1.600,00 per la fase istruttoria ed Euro 1.620,00 per la fase decisionale, oltre al 15% di rimborso spese generali, I.v.a. e C.p.a., come per legge e, quanto al presente grado, in complessivi Euro 2.982,50, di cui Euro 382,50 per esborsi, Euro 700,00 per la fase di studio, Euro 500,00 per la fase introduttiva ed Euro 1.400,00 per la fase decisionale, oltre al 15% di rimborso spese generali, I.v.a. e C.p.a. come per legge. Così deciso in Ancona il 20 settembre 2023. Depositata in Cancelleria il 17 aprile 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI TERAMO La giudice onoraria presso il Tribunale di Teramo, dott.ssa (...), in funzione di giudice monocratica, all'esito della camera di consiglio, ha pronunciato la sentenza che segue mediante lettura del dispositivo e delle ragioni di fatto e dritto della decisione facenti parte integrante del presente verbale di causa, sentenza riservata all'udienza dell'11 aprile 2024, nella causa civile iscritta al n.1833/2023 R.G.C.A. e vertente tra (...), residente in (...) elettivamente domiciliato in (...) alla (...) presso lo studio delle avv.te (...) e (...) che lo rappresentano e difendono giusta procura in calce all'atto di citazione del 12.7.2023- Opponente contro (...) in persona dell'amministratore p.t. (...) in persona del suo legale rappresentante dott. (...), con sede in (...) ivi elettivamente domiciliato alla (...), presso e nello studio dell'Avv. (...) che lo appresenta e difende giusta procura allegata alla comparsa di costituzione e risposta- Convenuto Nonché (...), residente in (...) Convenuta contumace. OGGETTO: impugnativa delibera condominiale. RAGIONI DI FATO E DI DIRITIO DELLA DECISIONE Con atto del 12.7.2023, il sig. (...) citava in giudizio il (...) in persona del suo amministratore pro tempore, formulando le seguenti conclusioni: "a) accertare e dichiarare la nullità delle delibere dell'Assemblea del (...) di (...) in data 8/6/2023 e in data 7/7/2023, ovvero pronunciare l'annullamento delle stesse per le causali tutte di cui alla narrativa, con ogni conseguente ed opportuna statuizione; b) in ogni caso, accertare e dichiarare e comunque pronunciare l'esclusione del sig. (...) dalla ripartizione delle spese e dal pagamento di quota con riferimento a lavori e interventi genericamente e/o illegittimamente deliberati, relativi a modificazioni e/o innovazioni di carattere voluttuario, insuscettibili di utilizzazione separata e/o con particolare gravosità della spesa in rapporto alle condizioni e all'importanza del fabbricato condominiale, con ogni conseguente ed opportuna statuizione in ordine all'imputazione di tutte le spese sui soli condomini interessati; c) con vittoria di spese e competenze di lite, rimborso forfettario del 15% sulle competenze, IVA e CPA come per legge.". A sostengo della domanda l'attore deduceva: di essere proprietario di una unità immobiliare facente parte di un fabbricato sito in (...) realizzato negli anni 1973-1976 e accatastato come "casalbergo"; che, attraverso varie delibere adottate, in date diverse, l'assemblea condominiale aveva deciso l'esecuzione di lavori finalizzati ad un "adeguamento" o "miglioramento" sismico, indicati dal tecnico ing. (...) senza la necessaria definizione degli interventi, delle modalità di esecuzione e dei relativi costi; che, con deliberazione in data 8.6.2023 l'assemblea condominiale aveva confermato "la volontà di procedere con i lavori progettati dall'ingegnere (...) e già approvati alle precedenti sedute" ed aveva invitato il tecnico a trasmettere un computo metrico definitivo "parzialmente modificato ed integrato con alcune lavorazioni che si rendono necessarie a seguito dei nuovi sopralluoghi effettuati e dalle verifiche sul cemento armato per poter procedere alla gara di affidamento lavori", precisando altresì che l'amministratore avrebbe provveduto "ad inviare la ripartizione delle spese e l'iban su cui versare la somma derivante dal primo computo salvo conguaglio con le modifiche al computo metrico proposte dall'ing. (...); che, con successiva deliberazione in data 7.7.2023, incurante della richiesta di rinvio della seduta formulata dall'attore e delle censure mosse, attraverso un elaborato di parte, all'opera professionale dell'ing. (...) l'assemblea aveva approvato a maggioranza "il progetto di sisma bonus ed il relativo computo", come predisposti dal tecnico ed inviati dall'Amministratore a tutti condomini con mail del 4.7.2023; di non aver partecipato alle assemblee, ma di aver espresso più volte il proprio dissenso all'effettuazione di lavori e alla realizzazione di opere in regime di c.d. super-bonus 110%; di aver attivato, contestualmente alla notifica dell'atto introduttivo, il procedimento di mediazione dinanzi all'Organismo di Mediazione del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Teramo (Proc. N. 246/2023); che i motivi di impugnazione erano sostanzialmente: 1) nullità/annullabilità delle delibere in quanto concernenti decisioni su argomenti estranei all'ordine del giorno, eccesso di potere, violazione degli artt. 1136-1137 c.c. e 66 disp. att. c.c.; secondo le prospettazioni attoree, con la delibera in data 8.6.2023, l'assemblea aveva conferito un nuovo mandato all'ing. (...) per la predisposizione di un computo metrico "definitivo", modificato e integrato con ulteriori lavorazioni rese necessarie all'esito di nuovi sopralluoghi e nuove verifiche sul cemento armato, laddove l'avviso di convocazione prevedeva soltanto la comunicazione di aggiornamenti sui lavori "sisma bonus", sulla sanatoria del fabbricato condominiale e sui contenzioni in corso; con la successiva delibera del 7.7.2023, era stato conferito all'ing. (...) il nuovo incarico per la "sanatoria paesaggistica", laddove l'avviso di convocazione prevedeva soltanto l'esame e l'approvazione del progetto definitivo "sisma bonus"; 2) nullità/annullabilità delle delibere in quanto prive di oggetto e/o con oggetto impossibile, non determinato né determinabile, eccesso di potere, violazione dell'art. 1120 c.c.; con la delibera in data 8.6.2023 era stato affidato al tecnico un incarico assolutamente indeterminato (predisposizione di un computo metrico definitivo per i lavori di adeguamento o miglioramento sismico, modificato e integrato con "alcune lavorazioni"), senza un preventivo studio di fattibilità tecnico-giuridica, senza una descrizione dei lavori da progettare e delle varie soluzioni operative, senza indicazione delle modalità di svolgimento e dei diversi gradi di invasività anche sulle proprietà esclusive; con la successiva delibera del 7.7.2023, erano stati approvati elaborati progettuali e un computo metrico che prevedeva l'esecuzione di opere e lavori diversi rispetto a quelli già licenziati precedenza dall'assemblea condominiale (computo metrico approvato nella seduta del 5.4.2023), con ciò generando incertezza sui lavori effettivamente da eseguire e sui relativi costi; veniva inoltre lamentata la violazione degli artt. 1120 e 1121 c.c. posto che i lavori deliberati non erano stati indicati in modo specifico e che, trattandosi di innovazione voluttuaria (nel senso di non necessaria, non essendoci criticità strutturali e/o di sicurezza sismica nel fabbricato condominiale) o comunque comportante una spesa molto gravosa, la relativa deliberazione assembleare poteva considerarsi legittima soltanto nell'ipotesi in cui la maggioranza dei condomini che l'aveva deliberata o accettata avesse dichiarato di essere disponibile a sopportarne integralmente la spesa; 3) violazione degli artt. 1117 e 1135 c.c., violazione dell'art. 1117 ter c.c.; le tavole progettuali e il computo metrico approvati dall'assemblea condominiale nella seduta del 7.7.2023 lasciavano chiaramente intendere che i lavori riguardassero non soltanto le parti comuni dell'edificio, ma anche le porzioni di proprietà esclusiva dei singoli condomini, con la conseguenza che sarebbe stato necessario il consenso unanime di tutti i proprietari (che, nel caso di specie, non c'era stato); 4) violazione degli artt. 1120 e 1135 c.c.; con le delibere impugnate l'assemblea aveva approvato lavori di adeguamento o miglioramento sismico che avrebbero potuto pregiudicare il decoro architettonico dell'edificio condominiale. Il (...) si costituiva in giudizio, contestando la domanda attrice e chiedendone l'integrale rigetto. Spiegava, in particolare, che le delibere impugnate presentavano un ordine del giorno completo e puntuale; che la volontà dell'assemblea condominiale era stata chiara ed univoca, dal momento che nella seduta deU'S.6.2023 era stata espressa la volontà di confermare i lavori già deliberati nella precedente riunione del 5.4.2023 e il tecnico era stato invitato a predisporre il computo metrico definitivo che sarebbe stato approvato (come in effetti era stato approvato) nella successiva seduta del 7.7.2023; che era stata adottata correttamente la decisione di approvare il progetto sisma bonus ed il relativo computo metrico delibera del 7.7.2023), nel rispetto delle prescritte maggioranze e dei quorum di costituzione dell'assemblea, rispondenti alla volontà della maggioranza dei condomini; che i verbali erano stati redatti in forma sintetica ma comunque completa e comprensibile; che la documentazione messa a disposizione di tutti i condomini prima della seduta del 7.7.2023 era dirimente e chiara; che i lavori deliberati erano comunque necessari, essendo l'immobile condominiale "affetto da problematiche strutturali che minano finanche la stabilità dell'intero edificio", paventando l'ing. (...) anche il "rischio crollo"; che gli interventi approvati dall'assemblea riguardavano soltanto le parti comuni, senza alcuna intromissione nelle proprietà esclusive; che la volontà espressa dalla maggioranza, secondo le previsioni di cui all'art. 119, comma 9 bis del D.L. n. 34/2020, vincolava necessariamente anche il condomino dissenziente; che, infine, la problematica del decoro architettonico era ancora di là da venire, posto che le decisioni assunte riguardavano s0ltanto aspetti "tecnici" e di sicurezza del fabbricato. Il (...) convenuto rassegnava le seguenti conclusioni: "Piaccia all'On. Tribunale adito, respinta ogni contraria istanza, eccezione e deduzione: 1) Rigettare la domanda attrice; 2) Condannare parte attrice al pagamento delle spese, diritti ed onorari del presente giudizio". Non si costituiva l'altra parte convenuta (a soli fini conoscitivi) sig.ra (...). Così costituitosi il contraddittorio, in corso di causa veniva instaurato procedimento ex (...) 1). Nominato il CTU nella persona dell'ing. (...) e sottoposti i quesiti suggeriti dalle parti (udienza del 31.7.2023), l'ausiliare provvedeva al deposito dell'elaborato definitivo in data 10.2.2024. La causa veniva istruita documentalmente (all'esito delle memorie e ex art. 171 ter c.p.c. depositate dalle parti; la difesa attorea produceva anche la documentazione comprovante il regolare espletamento e l'esito negativo del procedimento di mediazione) e perveniva all'udienza dell"11.4.2024 per la precisazione delle conclusioni e contestuale discussione orale. ln via preliminare si dichiara la contumacia della sig.ra (...), regolarmente citata e non costituita. In via preliminare e istruttoria, si dispone l'acquisizione e si dichiara la piena utilizzabilità, ai fini della, decisione dell'elaborato peritale acquisito nel procedimento ex artt. 696-696 bis c.p.c. in corso di causa. Nel merito, la domanda è fondata e va accolta nel senso e nei limiti di cui appresso. 1. In tema di condominio negli edifici, bisogna distinguere le delibere nulle da quelle annullabili: debbono qualificarsi nulle le delibere dell'assemblea condominiale prive degli elementi essenziali, le delibere con oggetto impossibile o illecito (contrario all'ordine pubblico, alla morale o al buon costume), le delibere con oggetto che non rientra nella competenza dell'assemblea, le delibere che incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini, le delibere comunque invalide in relazione all'oggetto; sono invece annullabili le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell'assemblea, quelle adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell'assemblea, quelle genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione (cfr., per tutte, Cass. Civ. S.U. n. 4806/2005; conf. Cass. Civ. n. 17014/2010; Cass. Civ. n. 27016/2011; si veda anche Trib. Roma 16/12/2020 n. 17997). Passando quindi all'esame dei motivi di impugnazione delle delibere assembleari oggetto di causa, in relazione alla prima censura svolta dall'attore bisogna innanzitutto premettere che la deliberazione assunta su argomento non compreso nell'ordine del giorno comunicato ai condomini (al pari della mancata comunicazione dell'ordine del giorno), in quanto vizio del procedimento collegiale comporta non la nullità, ma la semplice annullabilità delle delibere (cfr. Cass. Civ. n. 31/2000). Nella fattispecie concreta, sia la decisione di eseguire "ulteriori lavori", con conseguente incarico all'ing. (...) di redigere un nuovo computo metrico "definitivo" (delibera in data 8.6.2024) e sia la decisione di affidare al tecnico l'incarico per la "sanatoria paesaggistica" (delibera del 7.7.2023) non so io coerenti con l'ordine del giorno indicato nelle rispettive convocazioni, posto eh la seduta dell'8.6.2023 era finalizzata alla comunicazione di "aggiornamenti amministratore" sui lavori "sisma bonus", sulla sanatoria del fabbricato condominiale e sui contenziosi in corso, mentre la seduta del successivo 7.7.2023 era stata fissata soltanto per l'esame e l'approvazione del progetto definitivo. Nella prima delle riunioni sopra indicate, l'assemblea condominiale avrebbe dovuto valutare le notizie fomite dall'amministratore e sulla base di queste, ove emersa la necessità di assumere ulteriori decisioni sull'ampliamento o sulla modifica dei lavori già deliberati in precedenza, avrebbe dovuto rinviare ad una nuova seduta per dar modo a tutti i condomini di prendere cognizione delle circostanze riferite in sede assembleare ed assumere le conseguenti determinazioni (partecipare o non partecipare alla successiva assemblea, approvare o non approvare i nuovi interventi); né è possibile affermare che la decisione di eseguire ulteriori lavori sia consequenziale alle informazioni fomite nel corso della riunione, posto che in delibera si parla di "nuovi sopralluoghi effettuati" e di "verifiche sul cemento armato", ma non si spiega affatto quali siano stati gli elementi emersi da tali attività (peraltro genericamente indicate) e i motivi per i quali sia scaturita la necessità di procedere alla redazione di un computo metrico "definitivo", parzialmente modificato e integrato. Nella successiva seduta del 7.7.2023, nel corso della quale l'assemblea avrebbe dovuto discutere ed assumere decisioni sul nuovo computo metrico redatto dall'ing. (...) è stato attribuito al medesimo un incarico completamente diverso (per la "sanatoria paesaggistica") del quale non viene fatta menzione nell'ordine del giorno. È vero che, per garantire una partecipazione informata dei condomini all'assemblea, è sufficiente che nell'avviso di convocazione gli argomenti da trattare siano indicati nell'ordine del giorno in termini sintetici ed essenziali, tali da essere comprensibili, senza necessità di prefigurare lo sviluppo della discussione e il risultato dell'esame dei singoli punti da parte dell'assemblea (cfr. Trib. Vicenza 10.4.202 n. 631; Trib. Roma 9.10.2023 n. 14299), ma è altrettanto innegabile che l'ordine del giorno deve consentire a ciascun condominio di comprendere esattamente il tenore e l'importanza degli argomenti da trattare, in modo da poter ponderatamente valutare l'atteggiamento da tenere, in relazione sia all'opportunità o meno di partecipare, sia alle eventuali obiezioni o suggerimenti da sottoporre ai partecipanti (cfr.Trib. Firenze 27.1.2021 n. 167). Quindi, pur non essendo possibile prestabilire lo sviluppo e l'esito finale della discussione, l'ordine del giorno dovrebbe comunque delineare i confini di massima della delibera che l'assemblea può validamente assumere; possono considerarsi legittime decisioni strettamente consequenziali, ma non si può consentire all'assemblea condominiale di assumere, sempre e comunque, decisioni che si traducano in atti di straordinaria amministrazione e che comportino anche spese di rilevante importo (come nel caso di specie), se tutti i condomini non vengono preventivamente informati e messi in condizione di autodeterminarsi. Si deve concludere, pertanto, per l'annullabilità in parte qua di entrambe le delibere in contestazione (delibera 8.6.2023: conferimento incarico all'ing. (...) di redigere un nuovo computo metrico "definitivo"; delibera 7.7.2023: conferimento incarico allo stesso tecnico per la "sanatoria paesaggistica") in quanto adottate su argomenti che non erano all'ordine del giorno. 2. La prima censura non esaurisce i profili di illegittimità delle delibere in questione. Con specifico riferimento alla delibera assembleare in data 8.6.2023, risulta evidente come la stessa, pur esprimendo la naturale prosecuzione della volontà già espressa nella precedente seduta del 5.4.2023 (approvazione del primo computo metrico redatto dall'ing. (...) per intervento di "adeguamento" o "miglioramento" sismico del fabbricato condominiale), non abbia specificato alcunché sui nuovi sopralluoghi e sulle ulteriori verifiche sul cemento armato e, soprattutto, anche a voler soprassedere sull'opportunità cli mia qualche descrizione (anche sintetica) dei controlli asseritamente effettuati, non abbia neppure accennato ai risultati dei medesimi e alle necessità che ne sarebbero derivate, parlando genericamente di "modifica" e di "integrazione" del computo metrico già approvato con alcune "lavorazioni". Allo stato, tenuto anche conto delle difese svolte dal (...) convenuto (che non ha fornito elementi utili per delineare un contenuto della delibera assembleare più preciso rispetto a quello risultante dal verbale), non è dato sapere (non risulta neppure una descrizione di massima) quali siano le ulteriori lavorazioni ritenute necessarie dall'assemblea all'esito degli aggiornamenti forniti e discussi nella seduta dell'8.6.2023. Il verbale di assemblea costituisce il resoconto ufficiale della riunione di condominio; esso rappresenta una delle prescrizioni di forma che devono essere osservate al pari delle altre formalità richieste dal procedimento collegiale (avviso di convocazione, ordine del giorno, costituzione, discussione, votazione, ecc.) e la cui inosservanza importa l'impugnabilità della delibera, in quanto non resa in conformità alla legge (art. 1137 c.c.). Oltre agli elementi per così dire formali (luogo, data e ora di apertura dell'assemblea, ordine del giorno, indicazione dei condomini, indicazione del valore millesimale di ciascun partecipante all'assemblea, ecc.), il verbale deve contenere la sintesi della discussione e della decisione su ciascun argomento posto all'ordine del giorno. Pur non sussistendo prescrizioni vincolanti per la redazione del verbale assembleare (la disciplina è simile a quella del verbale di assemblea dei soci della società per azioni) e pur potendo essere predisposto in forma sintetica senza l'obbligatorietà del rispetto di schemi o forme, una volta che l'assemblea sia stata convocata, occorre dare conto, tramite la verbalizzazione, di tutte le attività compiute, anche se le stesse non si sono perfezionate o non sono state adottate delle deliberazioni, allo scopo di permettere a tutti i condomini, compresi quelle dissenzienti ed assenti, di controllare lo svolgimento del procedimento collegiale e di assumere le opportune iniziative e ciò proprio al fine di dare certezza a tutti i condomini della attività svolte durante l'assemblea (cfr. Cass. civ. n. 5014/1999; Trib. Taranto 15.3.2016 n. 903). È stato anche precisato che costituisce una garanzia per tutti i condomini la circostanza per cui il verbale contenga un compendio delle discussioni svolte nell'assemblea; tra l'altro, le delibere assembleari devono essere interpretate secondo canoni ermeneutici stabiliti dagli artt. 1362 e segg. c.c., secondo il senso letterale delle affermazioni e, solo ove questo sia insufficiente, si può consentire il ricorso ad altri criteri interpretativi sussidiari indicati dalla legge, tra cui il comportamento delle parti e il principio della conservazione degli effetti dell'atto (cfr. Trib. Roma 5.8.2020 n. 11396, inedita). L'estrema genericità del verbale si traduce, in mancanza di ulteriori elementi utili a superare tale criticità, nel vizio di genericità della delibera assembleare. Trattasi, quindi, di deliberazione dal contenuto indeterminato e inattuabile, tant'è che, per quanto si dirà anche in prosieguo, il nuovo computo metrico approvato nella seduta del 7.7.2023 non è affatto integrativo rispetto a quello approvato con la delibera del 5.4.2023, ma è un documento attraverso il quale è stato sottoposto all'approvazione dell'assemblea un intervento completamente diverso e non è dato sapere se di questo si sia effettivamente discusso, sia pure a grandi linee, anche ella seduta dell'8.6.2023. Sotto tale profilo, la delibera in data 8.6.2023 deve essere annullata. 3. Nella seduta del 7.7.2023, l'assemblea condominiale ha approvato "il progetto sisma bonus ed il relativo computo", ovvero le tavole progettuali e il computo denominato "Computo metrico cerchiatura pilastri etc." inviati dall'amministratore a tutti i condomini con mail (posta ordinaria) in data 4.7.2023. Il tecnico ha proposto e l'assemblea ha approvato un intervento che prevede la "cerchiatura" dei pilastri con applicazione di barre di acciaio, inserimento di piastre in acciaio tra pilastri e travi oltre alla fasciatura antiribaltamento delle tamponature, per l'importo di Euro. 597.877,17 (e un totale, comprensivo di IVA, spese tecniche ed oneri di legge, pari ad Euro. 770.663,67). Come già anticipato, si tratta di lavori differenti rispetto a quelli elencati nel "Computo metrico Sisma Bonus No Eco" approvato dall'assemblea condominiale nella seduta del 5.4.2023 (sul punto, a parte le inequivoche risultanze istruttorie - è sufficiente mettere a confronto i due computi metrici -, deve essere anche considerata la completa assenza di contestazioni da parte del (...) a fronte delle allegazioni di parte attrice) e che comportano un costo sensibilmente superiore. Con riferimento alla delibera in data 7.7.2023 l'attore ha lamentato: a) la violazione degli artt. 1120 e 1121 c.c., trattandosi di innovazione di carattere voluttuario o con una spesa particolarmente gravosa in rapporto alle condizioni e all'importanza dell'edificio condominiale; b) la violazione degli artt. 1117 e 1135 c.c. per essere stati approvati interventi che non riguardano soltanto le parti comuni del fabbricato, ma anche le proprietà esclusive dei singoli condomini; c) la violazione degli artt. 1120 e 1135 c.c. per essere stati approvati interventi che possono pregiudicare il decoro architettonico dell'edificio condominiale. Per quanto attiene al primo aspetto, bisogna preliminarmente stabilire se l'intervento approvato, sia che si tratti in un semplice intervento di "rinforzo locale" - punto 8.4.1 delle NTC 2018, D.M. 17.1.2018 in G.U. n. 42 in data 20.2.2018 -, sia che possa qualificarsi come "miglioramento sismico" - punto 8.4.2 delle NTC 2018 - (escludendo, invece, che si tratti di un vero e proprio "adeguamento" - art. 8.4.3 delle NTC 2018, come spiegato dal CTU ing. (...) nell'elaborato acquisito nel procedimento ex artt. 696-696 bis c.p.c. in corso di causa, le cui valutazioni e conclusioni vengono integralmente condivise in quanto congrue, coerenti ed immuni da vizi logici), possa o meno considerarsi come "necessario" in considerazione delle specifiche condizioni in cui versa il fabbricato, come descritte dal CTU. Sul punto, giova ricordare che l'innovazione voluttuaria è quella che non riveste carattere di necessità e non procrastinabilità; essa può comunque essere approvata dall'assemblea condominiale, ma anche laddove si tratti di innovazione favorita (per la quale, ai sensi del comma 2 dell'art. 1120 c.c., è sufficiente un quorum inferiore per la deliberazione), sarà comunque necessario rispettare il meccanismo disciplinato dall'art. 1121 c.c., distinguendo tra opere, impianti e manufatti suscettibili di utilizzazione separata (per quali il condomino dissenziente viene esonerato da qualsiasi contributo alla pesa) e opere, impianti e manufatti per i quali l'utilizzazione separata non è possibile e, quindi, l'innovazione è consentita soltanto nell'ipotesi in cui la maggioranza dei condomini che l'ha deliberata o accettata sia anche disposta a sopportarne integralmente la spesa. Ciò in quanto le innovazioni voluttuarie o gravose non costituiscono un tertium genus rispetto a quelle ordinarie (comma 1, art. 1120 c.c.) o a quelle favorite (comma 2, art. 1120 c.c.), ma la voluttuarietà o la gravosità sono caratteristiche che tutte le innovazioni (sia ordinarie che favorite) possono assumere in rapporto alla condizione e all'importanza dell'edificio. Anche i quorum deliberativi ridotti previsti dall'art. 119 del D.L. n. 34/2020, convertito in L. n. 77/2020, vanno necessariamente coordinati con la normativa codicistica relativa ai poteri o, meglio, alle attribuzioni, dell'assemblea condominiale (cfr., da ultimo, Tribunale di Teramo 19.3.2024 n. 311, inedita). Nella fattispecie che ci occupa, il CTU ing. (...) ha concluso che il complesso residenziale non presenta un quadro fessurativo apprezzabile riferito agli elementi strutturali del telaio resistente in cemento armato, né tantomeno cedimenti strutturali o gravi indebolimenti o pericolo di crollo imminente; l'ausiliare, inoltre, ha spiegato che sui fabbricati esistenti alla data di entrata in vigore delle NTC 2018 sono possibili lavori sia di miglioramento che di adeguamento sismico, secondo le citate NTC 2018 e su libera scelta dei proprietari, ma non sussiste alcun obbligo, con l'ulteriore conseguenza che non esiste un'attività "minima" da eseguire. Viene meno, quindi, la motivazione della delibera adottata dall'assemblea condominiale nella seduta del 5.4.2023 (intervento di sisma-bonus "assolutamente necessario per garantire l'agibilità dell'edificio nonché la sicurezza delle persone"), ripresa e confermata nelle successive delibere in data 8.6.2023 e 7.7.2023, non essendoci pericolo né per il fabbricato né per i suoi occupanti né per soggetti terzi. L'intervento (di rinforzo locale o di miglioramento sismico) non è quindi obbligatorio, né necessario né urgente. L'innovazione è voluttuaria o, più precisamente, deve ritenersi un'innovazione favorita (che può essere decisa con un quorum deliberativo ridotto, anche per effetto delle previsioni di cui all'art. 119 del D.L. n. 34/2020, convertito in L. n. 77/2020), ma con carattere voluttuario. Né si deve cadere nella tentazione di enfatizzare l'aggettivo "auspicabile" utilizzato dal CTU in riferimento all'intervento proposto dall'ing. (...) e approvato dall'assemblea condominiale: le innovazioni previste dal comma 2 dell'art. 1120 c.c., così come elle incentivate dalla normativa sul c.d. Superbonus 110%, sono tutte auspicabili perché finalizzate a migliorare le prestazioni energetiche e la risposta alle sollecitazioni sismiche di un patrimonio edilizio obsoleto, realizzato in (...), per la massima parte, in epoca antecedente ai primi provvedimenti normativi per il risparmio energetico e ben prima delle nuove regole tecniche per le costruzioni in zona sismica. Il favor verso questa tipologia di interventi è previsto dalla legge, ma questo non significa che siano state sovvertite e superate le regole civilistiche sui compiti e sulle attribuzioni dell'assemblea di condominio; detto in altri termini, l'approvazione può senz'altro intervenire con il quorum agevolato, ma restano fermi tutti gli ulteriori limiti ai poteri dell'assemblea condominiale. Va aggiunto, inoltre, che l'innovazione deliberata dall'assemblea condominiale nella seduta del 7.7.2023 comporta anche una spesa particolarmente gravosa, in rapporto alle condizioni e all'importanza del fabbricato condominiale. Risulta, infatti, dalla documentazione prodotta dall'attore (si veda, in particolare, la CILAS depositata al (...) con gli elaborati allegati) che l'intervento di cerchiatura dei pilastri e di fasciatura antiribaltamento delle tamponature, con un costo già aumentato dopo l'approvazione (si veda il computo metrico denominato "Sismabonus rev. 1 21.11.2023 Computo metrico cerchiatura pilastri etc. ("sismabonus")" approvato dall'assemblea nella seduta del 30.11.2023), comporterà per il fabbricato un beneficio limitatissimo, rappresentato dal passaggio di una sola classe di rischio sismico (dalla classe G alla classe F), ferma restando la necessità di eseguire tutti gli ulteriori interventi indicati come necessari dal CTU per la manutenzione straordinaria (che, come sottolineato dall'ausiliare, è cosa diversa rispetto al "miglioramento sismico"). Così l'intervento di rinforzo locale o di miglioramento sismico poteva essere deliberato dall'assemblea condominiale con la maggioranza concretamente espressa, ma doveva anche essere contestualmente manifestata la volontà dei condomini favorevoli a sostenere per intero la relativa spesa, escludendo dalla contribuzione i condomini dissenzienti. Tale passaggio è completamente mancato e, quindi, l'innovazione non può ritenersi consentita e la delibera in data 7.7.2023 deve essere annullata anche sotto tale profilo. Per i lavori già avviati (come risulta anche dalla CTU e dai relativi allegati), l'attore deve essere escluso dalla ripartizione delle spese e dal pagamento della quota corrispondente ai millesimi di proprietà, avendo formulato espressa domanda in tal senso. Infine, dall'esame delle tavole progettuali e del computo metrico approvati con la menzionata delibera in data 7.7.2023, dalla lettura dell'ordine di servizio n. 1 in data 21.11.2023 dell'ing. (...) e della (...) con i relativi allegati depositata presso il (...) (documenti prodotti dall'attore e non contestati dal (...) convenuto), risulta chiaramente che i lavori deliberati (intervento di rinforzo locale o di miglioramento sismico) coinvolgono non soltanto le parti comuni dell'edificio, ma anche le porzioni di proprietà esclusiva dei singoli condomini. In particolare, si legge nella CILA-Superbonus che i lavori "riguardano sia parti comuni di un fabbricato condominiale sia parti dell'immobile di proprietà di singoli condomini" (si veda a pag. 2); nella TAV 2A è riportata la pianta del piano rialzato del fabbricato e sono evidenziati i pilastri insistenti nell'unità immobiliare del sig. (...) sui quali dovrebbe essere realizzata la cerchiatura di rinforzo, ma in nessun elaborato e in nessun computo vengono descritti e quantificati i lavori commessi che dovranno necessariamente interessare l'appartamento al suo interno. Nell'"ordine di servizio" n. 1 del 21/11/2023, l'ing. (...) ha ordinato all'Amministratore di mettere a disposizione le singole unità immobiliari. Come recentemente statuito dall'intestato Tribunale in altra controversia, l'assemblea condominiale non può perseguire finalità extra-condominiali e neppure può occuparsi dei beni appartenenti in proprietà esclusiva singoli condomini o a terzi, giacché qualsiasi decisione che non attenga alle parti comuni dell'edificio non può essere adottata seguendo il metodo decisionale dell'assemblea, che è il metodo della maggioranza, ma esige il ricorso al metodo contrattuale, fondato sul consenso dei singoli proprietari esclusivi. Invero, il potere deliberativo dell'assemblea in tanto sussiste in quanto l'assemblea si mantenga all'interno delle proprie attribuzioni, ove l'assemblea straripi dalle attribuzioni ad essa conferite dalla legge, la deliberazione avrà un oggetto giuridicamente impossibile e risulterà viziata da difetto assoluto di attribuzioni (Trib. Teramo n. 311/2024 cit.; conforme Trib. Cosenza 2.3.2023 n. 374). Sul punto, la giurisprudenza di legittimità ha stabilito che: "in tema di condominio di edifici, i poteri dell'assemblea, i quali sono fissati tassativamente dal codice (art. 1135 c.c.), non possono invadere la sfera di proprietà dei singoli condomini, sia in ordine alle cose comuni che a quelle esclusive" (cfr. Cass. Civ. n. 5657/2015; nello stesso senso Cass. Civ. n. 14300/2020; Cass. Civ. n. 26468/2007). I poteri spettanti all'Assemblea possono essere esercitati solo in relazione alle cose comuni e debbono essere contenuti in limiti tali da non implicare una invasione nella sfera di proprietà esclusiva del singolo condomino. Le deliberazioni che dispongano innovazioni o lavori sulle porzioni di proprietà esclusiva non sono semplicemente annullabili, ma addirittura nulle. Come è noto, l'art. 119, comma 9 bis del D.L. n. 34/2020 (convertito in L. n. 77/2020) prevede che le decisioni per la realizzazione degli interventi agevolabili con il c.d. Super-bonus (Sisma-bonus ed Eco-bonus) possono essere approvati in assemblea condominiale con la maggioranza dei presenti che rappresentino almeno un terzo del valore dell'edificio. L'assemblea, tuttavia, ha il potere di deliberare a maggioranza solo per interventi che coinvolgono le parti comuni dell'edificio, ma non può decidere a maggioranza in merito ad interventi che coinvolgono le singole unità immobiliari in proprietà esclusiva; per ovviare a tale inconveniente e permettere quindi di effettuare interventi anche nei singoli appartamenti, è necessario il consenso unanime di tutti i proprietari. I pilastri e le facciate del fabbricato sono sicuramente parti comuni (art. 1117 c.c.), ma per deliberare legittimamente dei lavori su tali porzioni, laddove si debba intervenire anche nelle proprietà private dei singoli condomini è necessario il consenso degli interessati. La giurisprudenza, di legittimità e di merito, ha più volte affermato che la delibera con la quale, senza il consenso del proprietario esclusivo, venga approvata l'esecuzione di lavori (anche di carattere generale, nell'interesse dell'intero condominio) che incidono su le proprietà individuali, è affetta da nullità assoluta, deducibile in ogni tempo; è stato altresì precisato che la nullità sussiste anche nell'ipotesi in cui i lavori appaiano necessari ed urgenti perché, se manca il consenso del proprietario esclusivo, la valutazione delle condizioni che giustifica :io l'intervento del condominio sulla proprietà del singolo condomino, non può essere rimessa ad una delle due parti interessate, ma deve formare oggetto di apposito giudizio (cfr. Cass. Civ. n. 14300/2020 cit.; Cass. Civ. n. 4726/2016; Cass. Civ. n. 13116/1997; si vedano anche, con specifico riferimento ai lavori in regime di c.d. Superbonus 110%, Trib. Milano, Sez. XIII, Ord. 30/9/2021; Trib. Roma 16.10.2020 n. 17997). Nel caso di specie, non è mai stata espressamente sottoposta all'approvazione dei condomini la possibilità che i lavori in regime di c.d. Superbonus 110% (e, in particolare, di rinforzo locale o di miglioramento sismico) si estendessero anche alle parti private, limitandosi l'assemblea ad approvare il computo metrico predisposto dall'ing. (...) non risulta mai acquisito il consenso dei condomini ad intervenire sulle porzioni di proprietà esclusiva (il tecnico ha emesso un ordine di servizio per conseguire la disponibilità dei singoli appartamenti); vi è ferma opposizione da parte del condomino (...). Quindi, anche laddove possa (ipoteticamente) ravvisarsi una vera e propria necessità degli interventi di cui al computo metrico approvato con la delibera in data 7.7.2023 (necessità esclusa dall'elaborato peritale del CTU ing. (...), per poter eseguire i lavori all'interno delle proprietà esclusive di quei condomini che non hanno prestato il proprio consenso (manifestando il diniego in assemblea o attraverso la tempestiva impugnazione della delibera, come ha fatto il sig. (...), non è sufficiente la decisione adottata con il quorum ridotto di cui al D.L. n. 34/2020 (convertito in L. n. 77/2020), ma è necessaria una specifica pronuncia giudiziale. Ne consegue la radicale nullità della deliberazione del 7.7.2023 per violazione dell'art. 1135 c.c. e per difetto assoluto di attribuzioni. La nullità può essere affermata anche sotto un ultimo profilo. L'assemblea condominiale ha approvato il computo metrico predisposto dall'ing. (...) senza fare alcun cenno all'estetica del fabbricato, tenuto anche conto dell'esistenza di un vincolo paesaggistico (circostanza pacifica). La salvaguardia dell'euritmia e del decoro architettonico del fabbricato condominiale non può essere rinviata ad un momento successivo all'esecuzione dei lavori (di rinforzo strutturale o di miglioramento sismico), come sostenuto dal (...) ma deve necessariamente essere verificata e programmata ex ante (si pensi, ad esempio, all'inevitabile aumento della sezione dei pilastri in conseguenza dell'intervento di cerchiatura oppure alla riduzione della superficie dei balconi a seguito del posizionamento delle reti antiribaltamento), con indicazioni puntuali alla Ditta appaltatrice. La maggioranza semplice richiesta dalla vigente normativa per la deliberazione degli interventi di riqualificazione energetica e di adeguamento sismico non consente di approvare lavori ed opere che possano in qualche modo pregiudicare il decoro architettonico dell'edificio condominiale. Secondo la S.C., il decoro architettonico corrisponde all'estetica complessiva data dall'insieme delle linee e strutture ornamentali che ne costituiscono la nota dominante ed imprimono alle varie parti dell'edificio, nonché all'edificio stesso nel suo insieme, una sua determinata, armonica fisionomia, senza che occorra che si tratti di edificio di particolare pregio artistico (cfr. Cass. Civ. n. 28908/2023; Cass. Civ. n. 23510/2023; Cass. Civ. Ord. n. 14598/2021; Cass. Civ. n. 18928/2020; Cass. Civ. n. 1286/2010). In buona sostanza, il decoro dell'edificio condominiale corrisponde al suo armonico aspetto esteriore, all'estetica del fabbricato. Il decoro architettonico non riguarda solamente i palazzi di pregio, potendosi trovare in ogni edificio nel quale possa individuarsi una linea armonica, sia pure estremamente semplice, che ne caratterizzi la fisionomia. Esso costituisce un limite invalicabile alle opere che i condomini possono realizzare, sia sulle singole proprietà private e sia sulle parti comuni: il divieto di innovazioni lesive del decoro architettonico previsto dall'ultimo comma dell'art. 1120 c.c., è incondizionato e consente anche ad un solo condomino di esprimere il proprio dissenso e di agire per il ripristino delle caratteristiche originarie del fabbricato (cfr. Cass. Civ. n. 851/2007). L'esecuzione di lavori che alterano, ledono e comunque pregiudicano m modo significativo il decoro architettonico esistente "può essere validamente deliberata dall'Assemblea condominiale soltanto all' unanimità. Ma nel caso di specie, la problematica non è stata neppure affrontata, con il rischio concreto che, al termine dei lavori, i condomini non possano fare altro che constatare l'alterazione grave e ormai definitiva dell'euritmia del fabbricato, la cui sorte è stata, di fatto, illegittimamente decisa da soggetti estranei a) (...) Ogni altra questione rimane assorbita. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo, in applicazione delle tabelle allegate al D.M. n. 55/2014 e ss.mm.ii., valore indeterminabile, tenendo conto della particolare complessità di tutte le questioni affrontate e del fatto che la fase istruttoria è da considerare assorbita dal procedimento di accertamento tecnico preventivo in corso di causa. P.Q.M. la giudice onoraria presso il Tribunale di Teramo, in funzione di giudice monocratica, definitivamente pronunciando sulla domanda avanzata da (...) contro (...) e (...) disattesa ogni contraria istanza ed eccezione, cosi provvede: -accoglie la domanda attrice e, per l'effetto, annulla le deliberazioni adottate dall'assemblea ordinaria del (...) di (...) dell'8.6.2023 -PUNTO 4 del verbale e dichiara la nullità delle deliberazioni adottate dall'assemblea straordinaria del medesimo (...) di (...) del 7.7.2023 - PUNTO 1 del verbale; -dichiara l'esclusione di (...) dalla ripartizione delle spese e dal pagamento di quota con riferimento agli interventi approvati con le deliberazioni adottate dall'assemblea straordinaria del (...) di (...) del 7.7.2023 (PUNTO 1 del verbale), in quanto relativi a innovazione di carattere voluttuario, insuscettibile di utilizzazione separata e con spesa gravosa in rapporto alle condizioni e all'importanza del fabbricato condominiale; -condanna il (...) di (...) alla rifusione delle spese e competenze di lite in favore dell'attore che liquida in complessivi Euro.12.831,00, di cui Euro.3.600,00 per competenze relative al procedimento ex artt. 696-696 bis c.p.c., oltre ad Euro.286,00 per rimborso spese non imponibili, Euro.8.400,00 per competenze relative al presente giudizio oltre ad Euro.545,00 per rimborso spese non imponibili, oltre al rimborso forfettario 15% sulle sole competenze, IVA e CPA come per legge; -pone definitivamente a carico del (...) le spese di CTU come liquidate in separato decreto; -nulla per la posizione della sig.ra (...) Sentenza resa ex articolo 281 sexies c.p.c., pubblicata mediante allegazione al verbale di udienza odierna, in (...) l'11 aprile 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di BARI SEZIONE TERZA CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Lidia del Monaco ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente SENTENZA nella causa civile di II grado iscritta al n. r.g. 1527/2016 promossa da: (...) in con il patrocinio dell'avv. (...) -appellante- Contro (...), con il patrocinio dell'avv.to (...) (...), contumace -appellati - CONCLUSIONI le parti hanno concluso come da verbale di udienza del 10.4.2024 da intendersi quivi integralmente richiamato e trascritto Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Si procede alla redazione della presente sentenza senza la parte sullo svolgimento del processo ai sensi dell'art. 45 c. 17 L. n. 69/2009. Nei limiti di quanto strettamente rileva ai fini della decisione (cfr. il combinato disposto degli artt. 132 co. 2 n. 4 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c.), le posizioni delle parti e l'iter del processo possono sinteticamente riepilogarsi come segue. Con atto di citazione notificato il 27.1.2016 il (...) sito in (...) ha proposto appello avverso la sentenza n.1934/15 depositata dal Giudice di Pace di Bari il 30.06.2015 che ha accolto l'opposizione proposta da (...) avverso il decreto ingiuntivo n. 2037/2012 ottenuto dall'odierno appellante per l'importo di euro 1.006,55, oltre accessori e spese della procedura, per oneri condominiali non pagati. Parte appellante, a sostegno del gravame, ha dedotto la erroneità della motivazione adottata dal Giudice di prime cure per violazione del principio regolatore della materia di cui all'art. 1294 c.c., ritenendo, dunque, errata la qualificazione parziaria dell'obbligazione. Si è costituito in giudizio (...) con comparsa depositata il 13.9.2016 resistendo al gravame e insistendo per il rigetto dello stesso. I restanti appellanti, nonostante la rituale notifica dell'atto introduttivo, non si sono costituiti in giudizio, motivo per il quale ne è stata dichiarata la contumacia. Acquisito il fascicolo di Ufficio del primo grado di giudizio, all'udienza del 10.4.2024 la causa, matura per la decisione, è stata definita ai sensi del disposto di cui all'art. 281 sexies c.p.c. previo deposito di note conclusive autorizzate a cui ha proceduto il solo (...) in data 8.2.2024. L'appello non è meritevole di accoglimento. La vicenda in esame trae origine dalla approvazione, ad opera del (...) il 26.1.2012 dei consuntivi relativi al periodo gennaio 2004 - dicembre 2011. Il 24.4.2009 interveniva il decesso dell'originario proprietario dell'immobile sito in detto (...) gli succedevano gli odierni appellati. Il (...) consapevole del decesso del (...) ma non notiziato della identità di tutti gli eredi di quest'ultimo, agiva innanzi al Giudice di pace nei confronti del solo (...) il quale, costituendosi in giudizio eccepiva, anche, la parziarietà della obbligazione. Il Giudice di pace autorizzava la evocazione in giudizio di(...); accoglieva, dunque, la opposizione spiegata da (...) e rigettava la domanda di condanna solidale degli eredi avanzata dal (...) al momento della integrazione del contraddittorio. Ora, la tesi sostenuta dal (...) in ragione della quale la ripartizione pro quota delle spese comuni riguarderebbe i soli rapporti interni tra i comunisti, non implicando la parziarietà dell'obbligazione nei rapporti esterni con il creditore, è priva di fondamento. Ai fini della responsabilità delle obbligazioni verso il condominio, deve valorizzarsi il momento di insorgenza del debito. Per i debiti maturati prima della morte del de cuius, gli eredi sono chiamati a corrispondere una somma pari alla loro quota di proprietà. A tal proposito è stato osservato che nei rapporti interni fra coeredi trova applicazione la regola contenuta nell'art. 752 c.c.; i rapporti con i creditori sono disciplinati dall'art. 754 c.c. che afferma la divisibilità del debito secondo la consistenza della quota attribuita: il coerede convenuto per il pagamento di un debito ereditario ha l'onere di indicare al creditore questa sua condizione di coobbligato passivo entro i limiti della propria quota (App. Cagliari 4 gennaio 2018, n. 9). Per gli oneri condominiali maturati dal momento dell'accettazione di eredità gli eredi devono essere considerati alla stregua di qualunque comproprietario e quindi come coobbligati in solido verso il condominio. L'obbligazione concernente il pagamento di spese condominiali relative ad una unità immobiliare ricevuta per successione è di natura indivisibile, se e fino a quando indivisa resta la proprietà cui la stessa afferisce. Come tale, siffatta obbligazione è soggetta all'applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 1317 e 1294 c.c. in forza del quale i comproprietari rispondono solidalmente del debito di cui trattasi (Cass, civ., sez. II, 21 ottobre 2011, n. 21907). Il (...) appellante al momento della costituzione nel giudizio di opposizione celebrato innanzi al Giudice di pace ha perseguito, seppur a seguito della eccezione spiegata da (...) a domandare il rigetto della opposizione con conseguente conferma del titolo monitorio. Autorizzata l'estensione del contraddittorio, il creditore opposto chiedeva la condanna di tutti gli eredi di (...) al pagamento in solido dell'importo oggetto della iniziativa avanzata in sede monitoria. Resistevano alla domanda (...) e (...). Ora, è incontestato che (...) sino al momento del decesso (aprile 2009), fosse il solo (...) a seguito dell'exitus gli succedevano gli odierni appellati. Non è dirimente, ai fini della decisione, la data di approvazione dei consuntivi afferenti ad un considerevole lasso temporale (delibera del 26 gennaio 2012 di approvazione dei bilanci relativi al periodo decorrente dal gennaio 2004 al dicembre 2011); l'obbligazione al pagamento degli oneri di gestione nasce ex lege nel momento in cui l'attività viene effettivamente compiuta dall'amministratore. Orbene, innanzi al Giudice di pace l'opposto non adempiva compiutamente all'onere di allegazione su di sé gravante. Il (...) creditore, a seguito della opposizione avanzata da (...) - il quale eccepiva di non poter essere il destinatario della richiesta di pagamento dell'intera debitoria - avrebbe dovuto verificare quale fosse quella maturata in epoca precedente ed in epoca successiva al decesso di (...) indicando i relativi importi. L'odierno appellante istava, invece, dapprima per il rigetto della opposizione e, successivamente alla integrazione del contraddittorio, per la condanna solidale degli eredi evocati al pagamento della intera somma. Solo al momento della proposizione del gravame l'appellante ha valorizzato la "ammissione del debito del sig. (...) per ottenere il pagamento di " quelle somme di cui lo stesso (...) dichiara di essere debitore"; richiesta, questa, non avanzata nel corso del primo grado di giudizio e, comunque, formulata in assenza di indicazione di quale fosse il debito di cui questi avrebbe dovuto rispondere pro quota e dell'ulteriore rispetto al quale potesse ritenersi condebitore solidale. Preme evidenziare che nel corso della udienza celebrata il 14.6.2013 - precedente, dunque, alla integrazione del contraddittorio - l'allora opponente "non sussistendo un vincolo di solidarietà passiva tra gli stessi (eredi)" chiedeva che fosse quantificata "dall'opposto la quota spettante al sig. (...). Il (...) creditore non procedeva - né allora, né in seguito - a fornire elementi utili alla individuazione delle somme istate, sulla scorta delle specificazioni previamente indicate. Sul punto, la pronuncia gravata dà atto di quanto è desumibile dagli atti di causa; il giudice di prime cure si è espresso, sul punto, nei termini di seguito riportati "Allo stato degli atti quindi per le ragioni esposte va revocato il decreto ingiuntivo opposto, ma non può darsi luogo ad alcuna pronuncia di condanna al pagamento nei confronti dell'opponente e dei chiamati in causa quali coeredi, non avendo l'istruttoria svolta consentito di accertare in che misura ogni coerede è tenuto al pagamento della somma oggetto della procedura monitoria". Si ravvisano i presupposti per la compensazione integrale delle spese del giudizio di appello dovendosi ritenere che la vicenda posta alla base della iniziativa processuale consegua ad una situazione di originaria incertezza correlata alla mancata comunicazione, ad opera degli odierni appellati, dei dati utili all'aggiornamento della anagrafe condominiale. Si dà atto della ricorrenza dei presupposti di cui all'art. 13 c. 1 quater del DPR n. 115/2002 per il versamento da parte del (...) sito in (...) un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione P.Q.M. il Tribunale, in funzione di giudice di appello, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: - rigetta l'appello; - compensa integralmente le spese di lite; - dà atto della ricorrenza dei presupposti di cui all'art. 13 c. 1 quater del DPR 115/2002 per il versamento da parte del (...) di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi del disposto di cui all'art. 13 c. 1 quater del DPR n. 115/2002. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza. Bari, 10 aprile 2024

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI AVELLINO Il Tribunale di Avellino, Prima Sezione Civile, in composizione monocratica, nella persona del Giudice Unico dott.ssa Valentina Pierri ha pronunziato la seguente SENTENZA nelle cause civili riunite iscritte ai nn. 4284/2020 e 4458/2020 R.G., aventi ad oggetto "Impugnazione di delibera di assemblea condominiale" e vertente TRA Parte_l, C.F. C.F._1 rappresentato e difeso, anche con poteri disgiunti, dall'Avv. Lu.Te. e dall'Avv. Ub.De.; Attore nel proc. 4284/2020 RG E Controparte_l C.F. C.F._2 rappresentato e difeso dall'Avv. Fe.Ra.; Attore nel proc. 4458/2020 RG E Controparte_2 di Indirizzo_1 in ATRIPALDA, Cod. Fisc.: P.IVA_1 in persona dell'amministratore p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Di.Al.; Convenuto in entrambi i giudizi riuniti Conclusioni: come da verbale di udienza del 13.9.2023, qui da intendersi integralmente riportato e trascritto. Motivazioni in fatto e in diritto della decisione Con atto di citazione ritualmente notificato, iscritto al n. 4284/2020 RG, Parte_1, in qualità di condomino del Controparte_2 sito in Atripalda (AV) alla (...) Indirizzo_1, conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Avellino il predetto Condominio al fine di ottenere la declaratoria di nullità ovvero l'annullamento delle deliberazioni assunte dall'assemblea condominiale del 25.06.2020, o quanto meno delle deliberazioni di cui ai punti 4) e 5) dell'ordine del giorno. All'uopo, l'attore deduceva: a) la violazione dell'art. 1137 comma 2 c.c. per impossibilità di accertare il quorum deliberativo di cui all'art. 1136 c.c., per mancata indicazione, nel verbale dell'adunanza, di alcuna indicazione in merito ai valori delle quote di ciascun condomino partecipante all'assemblea; b) la nullità della deliberazione di cui al punto 4) per illegittimo addebito di spese relative alla sanatoria di opere murarie realizzate in difformità dal progetto approvato nelle unità di proprietà esclusiva di singoli condomini; c) la nullità della deliberazione di cui al punto 5) all'ordine del giorno per illegittima imposizione di servitù di scarico sulle unità immobiliari di proprietà esclusiva dell'attore. Instaurato il contraddittorio, con comparsa di costituzione e risposta depositata in data 7.02.2021, si costituiva in giudizio il Controparte_2 il quale si opponeva all'impugnativa deducendo a propria volta la carenza di interesse ad agire dell'attore per le seguenti motivazioni: a) in relazione alla mancata indicazione del quorum deliberativo, che la verifica della correttezza formale della deliberazione è riservata dalla legge al Presidente dell'assemblea (con eventuale configurabilità di una sua responsabilità in caso contrario) e che lo stesso attore, nella specie, aveva partecipato attivamente all'assemblea prendendo parte a tutte le decisioni, pur dissentendo, senza mai rilevare la carenza del quorum deliberativo; b) quanto alla nullità del punto 5) dell'o.d.g. (illegittima imposizione di servitù di scarico sulle unità di proprietà esclusiva dell'attore), che il CP_2 aveva assunto una posizione contraddittoria, giacché, in sede di assemblea, aveva chiesto di dare attuazione all'accordo sottoscritto dalle parti in data 10.1.2009 (che prevedeva, tra l'altro, l'installazione di 12 pluviali), e che, in ogni caso, nella fase esecutiva dei lavori deliberati, il Direttore dei lavori aveva adottato soluzioni tecniche per escludere la lamentata imposizione e l'aggravio di spesa, prevedendo anche la possibilità per il condomino dissenziente di allacciarsi alle reti ora presenti, qualora lo decidesse in futuro, senza pregiudizio per gli altri condomini; c) quanto alla nullità della delibera di cui al punto 4 (illegittimo addebito di spese afferenti alle unità esclusive dei singoli condomini), che il pagamento della somma di Euro 1.000,00 (Euro 250,00 per il CP_2 come per gli altri sottoscrittori dell'accordo del 10.01.2009) era dovuta al Comune di Atripalda a titolo di sanzione per la difformità urbanistica e che l'esecuzione di tale adempimento aveva consentito il rinnovo dei titoli abilitativi per la prosecuzione dei lavori di completamento dell'intero fabbricato e non delle singole proprietà, con evidente vantaggio anche per il condomino dissenziente. Concludeva, pertanto, per la declaratoria di "carenza di interesse del sig. Parte_1 (...) che non ha determinato alcun danno alla parte che lo contesta" e, in via subordinata e nel merito, per il rigetto della domanda in quanto infondata. Nelle more del giudizio, con atto di citazione ritualmente notificato, iscritto al n. 4458/2020 RG, anche il condomino Controparte_1 conveniva in giudizio il Controparte_2 (...) chiedendo di "accertare e dichiarare nulla e/o annullare la delibera dell'assemblea del 25/6/2020 adottata dal Controparte_3 relativamente ai punti 2), 3), 4) e 5) all'ordine del giorno. All'uopo, Controparte_1 - premesso di aver espresso, unitamente al germano Parte_l in sede assembleare voto contrario a ciascuna deliberazione - contestava: "I) la violazione dell'art. 1136 comma 7° c.c. in quanto il processo verbale della delibera impugnata non era stato preceduto né da un verbale di assemblea di prima convocazione, né tantomeno conteneva un riferimento all'assemblea di prima convocazione andata deserta; II) la violazione dell'art. 67 disp.att. c.c. che vieta il conferimento di deleghe all'amministratore, laddove nel caso di specie, la "maggioranza" aveva approvato la delibera proprio grazie ai voti espressi per delega dall'amministratore; III) la violazione dell'art. 1136 c.c. per assoluta indeterminatezza del quorum; IV) la violazione dell'art. 1123 c.c. per avere l'assemblea approvato una ripartizione millesimale delle spese relative a parti comuni in contrasto con la ripartizione delle spese convenzionale stabilita all'unanimità nella scrittura privata del 10/01/2009, oltre che errata; V) la violazione dell'art. 1123 c.c. per avere l'assemblea approvato l'illegittima ripartizione tra i condomini di spese relative a proprietà individuali (computo metrico del geom. Per_l e oneri per la regolarizzazione urbanistica di difformità riguardanti proprietà individuali); VI) la nullità della delibera per avere l'assemblea approvato il progetto redatto dal geom. Per_l nel quale sono previste colonne fecali e pluviali nuove rispetto al progetto originario con la realizzazione di una servitù di scarico sulle unità di proprietà dell'attore e senza il suo consenso. Con comparsa di costituzione e risposta depositata in data 7.02.2021, si costituiva in giudizio il Controparte_2 eccependo, in via preliminare, l'improcedibilità dell'azione per mancato esatto esperimento del procedimento di mediazione obbligatoria e nel merito il difetto di legittimazione passiva e/o la carenza di interesse dell'attore. Assumeva in particolare: - che per le presunte violazioni contestate in relazione alle modalità di redazione del verbale doveva ritenersi unico responsabile lo stesso attore in qualità di Presidente dell'assemblea condominiale e redattore del verbale impugnato; - che, con riferimento alla ripartizione delle spese, l'assemblea non si era discostata da quanto previsto dalla scrittura privata del 10.01.2009 circa i lavori deliberati e riferibili alla scrittura privata predetta mentre la tabella millesimale era stata approvata per la ripartizione delle altre spese non riconducibili alla scrittura privata del 10.1.2009. Contestava inoltre la dedotta violazione dell'art. 1123 c.c. nonché la nullità della delibera per illegittima imposizione di servitù. Disposta la riunione dei procedimenti, rigettata l'istanza di sospensione della delibera con ordinanza confermata in sede di reclamo (proc. 1841/2021 RG), disposta ed espletata la CTU, all'udienza del 13.9.2023, sulle conclusioni precisate dalle parti, il Giudice assegnava le cause riunite in decisione con concessione dei termini ai sensi dell'art. 190 c.p.c. 1.- Preliminarmente, va rilevato che l'eccezione di improcedibilità dell'azione sollevata dal CP_2 convenuto con riferimento all'impugnativa introdotta da Controparte_1 non è stata reiterata in sede di precisazione delle conclusioni né in sede di comparsa conclusionale e pertanto deve intendersi rinunciata. Va peraltro osservato che, ai sensi dell'art. 4 comma 2 del D.Lgs. 28/2010 e ss.mm., "La domanda di mediazione deve indicare l'organismo, le parti, l'oggetto e le ragioni della pretesa". Nel caso di specie, avuto riguardo al petitum ed alla causa petendi, ritiene il Tribunale che sussiste simmetria tra i fatti rappresentati in sede di mediazione e quanto esposto in sede processuale, giacché tale simmetria concerne gli elementi principali posti a fondamento della domanda e nulla esclude che, in sede processuale, l'impugnativa possa essere dettagliata attraverso una più specifica articolazione dei motivi, soprattutto con riferimento ai profili di carattere essenzialmente giuridico (cfr. Trib. Verona, 26.4.2021). 2.- Va altresì disattesa l'eccezione sollevata dal CP_2 convenuto in relazione alla presunta carenza di interesse degli attori rispetto alle formulate impugnative. Occorre rammentare quanto recentemente affermato dalla Suprema Corte di Cassazione, la quale ha ribadito che "in tema di azione di annullamento delle deliberazioni delle assemblee condominiali, la legittimazione ad agire attribuita dall'art. 1137 c.c. ai condomini assenti e dissenzienti non è subordinata alla deduzione ed alla prova di uno specifico interesse diverso da quello alla rimozione dell'atto impugnato, essendo l'interesse ad agire, richiesto dall'art. 100 c.p.c. quale condizione dell'azione di annullamento anzidetta, costituito proprio dall'accertamento dei vizi formali di cui sono affette le deliberazioni" (Cass. 17294/2020; in senso conforme, Cass. 9544/2023, in cui, con specifico riferimento al valore economico del pregiudizio dedotto, si sancisce che "in tema di condominio negli edifici, sussiste l'interesse del CP_2 a promuovere l'azione di annullamento di una delibera condominiale avente ad oggetto crediti del medesimo di valore minimo, in quanto dal principio che la giurisdizione è risorsa statuale limitata - potendo la legge limitare, espressamente o implicitamente, il ricorso ad essa onde garantire la durata ragionevole del processo ex artt. 111 Cost. e 6 CEDU - non può, tuttavia, derivare il potere del giudice di stabilire limitazioni all'accesso al giudizio di legittimità, posto che nel nostro ordinamento la giurisdizione si attua mediante il giusto processo ed è sempre ammesso il diritto di ricorrere per cassazione avverso le sentenze per violazione di legge; diritto il cui esercizio non dipende dal valore economico della controversia, soprattutto ove la predetta azione miri ad una verifica giudiziale della correttezza del "modus operandi" dell'amministratore nella generale iscrizione dei pagamenti in bilancio"). Nella specie, sussiste la legittimazione degli attori, condomini dissenzienti, rispetto dell'impugnativa delle deliberazioni assunte così come appare chiaro il loro interesse alla rimozione dell'atto, non solo per i vizi di legittimità dedotti ma anche in ragione della censurata ripartizione delle spese ed alle dedotte limitazioni di godimento alle rispettive proprietà individuali. 3.- Occorre ora esaminare le singole violazioni contestate ed, in primo luogo, quelle che investono la validità dell'intera delibera. 3.1- Quanto al motivo di impugnazione riferito alla mancata verbalizzazione dell'adunanza tenutasi in prima convocazione (come formulato dall'attore Controparte_l, lo stesso non è fondato giacché il CP_2 convenuto ha prodotto in giudizio il verbale dell'assemblea tenutasi in prima convocazione in data 24.6.2020 e allegato alla convocazione per il giorno 25.6.2020. 3.2- Va, parimenti, respinta la doglianza formulata da entrambi gli attori riferita alla mancata indicazione delle quote millesimali dei singoli condomini partecipanti. Dagli atti di causa e dalla stessa disamina del verbale di delibera impugnato, risulta che, al momento dell'adozione della predetta deliberazione, le tabelle millesimali non erano state ancora adottate dal CP_2 tant'è che la loro approvazione era prevista al punto 3) dell'o.d.g. Deve dunque farsi applicazione del principio di diritto per cui "l'assenza delle tabelle millesimali non influisce sulla validità delle delibere se, ai fini della decisione, viene individuato un valore da attribuire alle unità immobiliari in rapporto al valore dell'edificio. La delibera potrà essere invece oggetto di annullamento, qualora il condòmino impugnante provi che il valore proporzionale dei condòmini presenti, rispetto all'intero edificio, era inferiore alle maggioranze richieste dall'art. 1136 c.c." (Cass. 3295/2023; Cass. 2406/2024). Il criterio di identificazione delle quote di partecipazione al condominio, derivando dal rapporto tra il valore dell'intero edificio e quello relativo alla proprietà del singolo, esiste, dunque, prima ed indipendentemente dalla formazione della tabella dei millesimi - la cui esistenza non costituisce perciò requisito di validità delle delibere assembleari - e consente sempre di valutare anche "a posteriori" in giudizio se le maggioranze richieste per la validità della costituzione dell'assemblea e delle relative deliberazioni siano state raggiunte, in quanto la tabella anzidetta agevola, ma non condiziona lo svolgimento dell'assemblea e, in genere, la gestione del condominio (così Cass. Sez. 6 - 2, 09/08/2011, n. 17115; Cass. Sez. 2, 17/02/2005, n. 3264). La regola in tema di impugnazione della deliberazione dell'assemblea condominiale è che l'onere di provare il vizio di contrarietà alla legge o al regolamento di condominio, da cui deriva l'invalidità della stessa, grava sul condomino che la impugna (Cass. n. 28262 del 2023; n. 3295 del 2023). In assenza di valide tabelle millesimali, spettava perciò agli odierni attori provare che le deliberazioni adottate dall'assemblea del 25.6.2020 fossero viziate con riguardo alla carenza dei quorum stabiliti dall'art. 1136 c.c., alla stregua del valore proporzionale delle unità immobiliari dei condomini intervenuti in rapporto al valore dell'intero complesso di unità immobiliari, edifici o condomìni aventi quella o quelle parti comuni in discussione. Tale onere non è stato assolto. Non può invero ritenersi sufficiente il riferimento alle quote di compartecipazione stabilite al 25% per ciascun germano CP_2 nella scrittura privata per notar Per_2 del 2009; dall'elenco dei condomini riportato nel verbale di assemblea del 25.6.2020 risulta che nel condominio sono subentrati, successivamente alla scrittura del 2009, ulteriori soggetti rispetto ai quattro germani originari proprietari (segnatamente, Controparte_3, CP_4 Persona_3 e Persona_4); agli atti non vi è evidenzia delle quote titolarità di tali soggetti e, ciò che più rileva, non vi è evidenza da quali dei germani CP_2 essi abbiano acquistato la rispettiva proprietà; non può dunque ritenersi comprovato che i germani Parte_1 e CP_1 (...) fossero, all'atto dell'approvazione del verbale del 25.6.2020, ancora titolari del 50%. La doglianza va pertanto respinta. 3.3- Va parimenti respinta l'impugnazione formulata dal solo Controparte_1 in merito alla dedotta violazione dell'art. 67 disp. att. c.c. che vieta il conferimento di deleghe all'amministratore, laddove nel caso di specie, la "maggioranza" avrebbe approvato la delibera proprio grazie ai voti espressi per delega dall'amministratore. Non ignora il giudicante che, per effetto della riforma adottata con la legge n.220/2012, il conferimento di deleghe di voto in assemblea all'amministratore è stato in ogni caso e senza eccezioni vietato dall'art. 67, quarto comma, disp. att. c.c. ("all'amministratore non possono essere conferite deleghe per la partecipazione a qualunque assemblea"). Se il divieto è violato, la relativa delibera è annullabile e impugnabile ai sensi dell'articolo 1137 c.c. Il condomino che agisce per l'annullamento deve, però, dimostrare che la delibera è stata illegittimamente votata dall'amministratore e tale voto è stato determinante per l'approvazione. Tale prova, nel caso in esame, non è stata offerta, in quanto, pur escludendo il voto dei condomini che hanno conferito illegittime deleghe all'amministratore Persona_5 (ovvero CP_3 (...) e Persona_6, le deliberazioni impugnate sono state approvate comunque con il voto favorevole di 4 condomini su 6. Esclusa la fondatezza delle doglianze formali relative a tutte le deliberazioni assunte in data 25.6.2020, occorre ora esaminare i motivi di impugnazione formulati da ciascun attore in relazione ai singoli punti all'o.d.g. 4.- E' fondato il motivo di impugnazione sollevato da entrambi gli attori con riferimento al punto 4 dell'o.d.g. per avere l'assemblea approvato l'illegittima ripartizione tra i condomini di spese relative a proprietà individuali (oneri per la regolarizzazione urbanistica di difformità riguardanti proprietà individuali) e per l'impossibilità dell'oggetto (presentazione di CILA in sanatoria per opere realizzate in proprietà individuali). Occorre prendere le mosse dal tenore letterale dell'argomento posto all'o.d.g. In sede assembleare, il geom. Per_l, tecnico incaricato dall'amministratore, presente in assemblea, chiariva "che la situazione urbanistica del fabbricato risale alla concessione n. 1842/2004 e pertanto tutti i frazionamenti catastali resisi necessari per il detto atto di donazione e divisione per notar Per_2 non risultano censiti urbanisticamente al Comune e pertanto necessita la presentazione di una pratica in sanatoria per la regolarizzazione dei detti subalterni' (v. p. 7 del verbale). Gli attori sostengono che, poiché alcune porzioni di proprietà esclusiva, comprese nel fabbricato, sono state realizzate in difformità dal progetto approvato (con Permesso a Costruire n. 1842/2004), l'assemblea ne avrebbe illegittimamente deliberato la sanatoria, nominando il geom. cp_5 (...) per l'istruzione della relativa pratica presso il Comune di Atripalda, pur trattandosi, tuttavia, di problematiche afferenti alle proprietà esclusive dei singoli condomini, con conseguente nullità della deliberazione per impossibilità dell'oggetto. Il motivo è fondato. Non vi è dubbio, ad avviso di questo giudicante, che l'assemblea condominiale non ha competenze in ordine alla "sanatoria" di opere effettuate nelle proprietà esclusive dei singoli condomini, in quanto compete a ciascuno di essi decidere se attivarsi per ottenerne la regolarizzazione urbanistica ovvero procedere alla riduzione in pristino. L'assemblea condominiale può deliberare soltanto le spese che riguardano la gestione, la manutenzione e la conservazione delle parti comuni di un condominio (ad es. la richiesta di sanatoria per opere eseguite su parti comuni), e giammai le spese individuali attribuibili ad un singolo condomino né può assumere determinazioni al posto del singolo condomino, come invece accaduto nella specie, laddove l'assemblea ha dato incarico al geom. Per_l per la presentazione della Pt_2 in sanatoria anche per i condomini odierni attori, addebitando ad essi pro quota l'esborso richiesto, sebbene gli stessi fossero contrari alla sanatoria delle opere difformi eseguite nelle rispettive proprietà giacché ritenute pregiudicanti. L'impugnativa va dunque accolta. 5.- Entrambi gli attori dei giudizi riuniti deducono la nullità della delibera assunta in relazione al punto 5) dell'ordine del giorno per le limitazioni al godimento - correlate alla previsione di pluviali e colonne fecali- imposte alle unità immobiliari di proprietà esclusiva degli attori senza il loro consenso. Orbene, all'esito dell'istruttoria espletata a mezzo di CTU, la doglianza è risultata fondata e, conseguentemente, va dichiarata la nullità della deliberazione di cui al punto 5) dell'o.d.g. Vanno richiamate le condivisibili conclusioni della CTU redatta dall'Ing. Per_7 la quale, in relazione al progetto dei lavori a farsi e, in particolare, alle tavole allegate alla convocazione per l'assemblea del 25.6.2020 -in disparte ogni valutazione in ordine allo stato dei luoghi riscontrato e alle opere effettivamente realizzate, profili che non rilevano nella presente sede - ha riscontrato, con specifico riferimento alle unità immobiliari degli attori (le sole che rilevano nella presente sede), quanto segue: "...Le pluviali previste al piano terra, risultando in numero elevato, limitano il godimento delle unità immobiliari di proprietà Controparte_3, Pt_1 _ CP_1 ed Per_6 condizionando le distribuzioni degli spazi interni. Per quanto concerne le colonne fecali... al piano terzo: - la posizione delle fecali dell'u.i. C8 (Controparte_1 non risultano funzionali per l'u.i. servita; l'u.i. C9 (Controparte_1 è carente per l'allaccio degli scarichi della cucina. Al Piano primo: ...Nelle u.i. C6 (Controparte_1 e B6 Parte_1) non sono state previste fecali. Al piano terra: Per le u.i. B4, B5 (Parte_1) e D3 (Persona_6) non sono previste fecali, tuttavia, B5 e D3 potrebbero collegarsi alle fecali dell u.i. adiacenti. L'u.i. B4 resta priva di previsione di fecale. Le criticità rilevate e brevemente esposte risultano lesive per le proprietà richiamate, traducendosi nel godimento non ottimale delle unità immobiliari. Le colonne fecali previste in posizione non ottimale sono diversamente allocabili. Le colonne assenti, inoltre, possono essere integrate". Costituisce principio consolidato in giurisprudenza quello per cui sono affette da nullità le deliberazioni che vanno incidere sui diritti individuali del singolo condomino attraverso un mutamento del valore della parte di edificio di sua esclusiva proprietà, giacché eventuali modificazioni possono conseguire soltanto da una convenzione cui egli aderisca. In mancanza di tale consenso, la deliberazione è nulla, non rilevando ai fini della predetta declaratoria che, in fase esecutiva, siano state apportate modificazioni al progetto deliberato nell'assemblea del 25.6.2020. Né argomento in senso contrario può trarsi dalla scrittura per notaio Per_2 del 2009 giacché essa spiega effetti nei rapporti interni tra i quattro germani originari proprietari del fabbricato e non rispetto all'attuale compagine condominiale ed, inoltre, secondo quanto riscontrato dal CTU (cfr. p. 31 della relazione peritale, ove si legge: "Alla data di sottoscrizione della scrittura privata, il titolo edilizio vigente risultava il Pdc 1842/2004 che contemplava una situazione progettuale differente da quella odierna.."), essa si riferisce al completamento dei lavori comuni secondo il progetto originario (PdC 1842/04) e non al (diverso) progetto deliberato in data 25.6.2020. 6.- E', infine, fondato il motivo di impugnazione sollevato dal solo Controparte_1 in relazione alle deliberazione assunta rispetto al punto 3) dell'o.d.g. L'assemblea ha approvato "le quote millesimali redatte dal geom. Per_1 " facendole "proprie _per la ripartizione dei lavori a ... farsi del computo metrico". L'attore deduce l'illegittimità della deliberazione sia perché in contrasto con la ripartizione convenzionale delle spese prevista nella scrittura privata per notar Per_2 del 10/01/2009 sia perché le tabelle sarebbero errate nelle modalità di calcolo dei coefficienti adottate. Entrambe le doglianze sono fondate. Quanto alle tabelle millesimali, si condividono sul punto le osservazioni del CTU, il quale, a p. 31, precisa: "... il Geom. CP_5 su incarico dell'assemblea ha redatto le tabelle millesimali sulla scorta delle previsioni di progetto allegate ai titoli abilitativi richiesti in data successiva alla scrittura privata. Si precisa che i millesimi rappresentano una "quota" proporzionale al valore del bene di cui ciascun condomino è titolare in rapporto all'intero stabile. Il criterio alla base della redazione delle tabelle millesimali, per quanto condivisibile tecnicamente, di fatto costituisce una forzatura per le seguenti motivazioni: - Tiene conto di previsioni di progetto ad oggi non realizzate (cambi di destinazione, distribuzioni interne, ecc.); - Molte unità immobiliari sono prive di tramezzature; - Quantifica, attraverso la quota millesimale, un valore che auspicabilmente, forse, in futuro l'unità immobiliare potrà avere". Sussiste altresì la violazione dell'art. 1123 c.c.. Tale norma prevede che la ripartizione delle spese comuni siano sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione. Orbene, nella specie, è documentalmente comprovato che i germani Parte_l, Per_6 Per_5 e CP_1 convenzionalmente stabilirono che la partecipazione alla spesa occorrente per il completamento delle parti comuni sarebbe avvenuta nella misura del 25% ciascuno. Anche il CTU aderisce a tale valutazione affermando che "la ripartizione delle spese, se effettuata sulla base delle quote millesimali, non sia corretta". Deve dunque escludersi che l'assemblea potesse adottare come criterio di ripartizione delle spese riferite ai lavori di completamento un criterio difforme da quello previsto dalla convenzione del 2009 e, segnatamente, le tabelle millesimali predisposte dal geom. Per_l. 7.- Il condomino Controparte_1 impugna la delibera del 25.6.2020 con riferimento al punto 2) dell'ordine del giorno, deducendo che l'assemblea avrebbe approvato, con il computo metrico redatto dal geom. Per_l, la ripartizione di spese che afferiscono ad opere da realizzarsi nelle proprietà esclusive di alcuni condomini ed a loro esclusivo beneficio ed, in particolare, secondo quanto desumibile dall'atto introduttivo del giudizio n. 4458/2020 RG,: - una rampa garage che serve altro fabbricato contiguo; - il maggior costo delle colonne fecali e dell'impianto citofonico (e di tutti i relativi sottoservizi) che servono le dette diverse unità abitative realizzate dal Controparte_6 nel sottotetto; - la canna fumaria prevista al piano terra identificato con la sigla A4, sempre di proprietà di (...) Per_5 A fronte di tale prospettazione, il CP_2 convenuto ha replicato che "Non vi sono spese attribuite per lavori da effettuarsi in proprietà esclusive. Invero, la rampa di accesso al piano interrato, di cui lamenta il sig. Controparte_1 è di esclusiva proprietà del CP_2. Mentre il varco effettuato, con l'abbattimento di un muro della corsia, utile per uscire dal piano interrato attraverso una seconda rampa è di proprietà di un altro corpo di fabbrica come si può evincere dall'atto di divisione per Notaio Per_2 del 13.01.2009, non è assolutamente riportato nel computo metrico come costo". Ora, a fronte della contestazione specifica del CP_2 convenuto - il quale ha espressamente escluso che il computo metrico preveda lavori da effettuarsi in proprietà esclusiva - ritiene il Tribunale che era onere del CP_2 impugnante comprovare la fondatezza della doglianza formulata. Tale onere non è stato assolto. Invero, pur non essendo stato il profilo in esame rimesso alla verifica del CTU, esso non risulta supportato da sufficiente riscontro probatorio. Il CTP Ing. Per_8 nella sua relazione di parte, invero, contesta la circostanza che con la CILA approvata dall'assemblea sia stata richiesta la sanatoria di opere eseguite nelle proprietà esclusive ma non afferma in alcun modo che il computo metrico approvato al punto 2) dell'o.d.g. prevede la ripartizione tra i condomini di lavori da eseguirsi in proprietà esclusive (cfr. p. 8 della CTP, ove si legge: "...Inoltre, molti lavori (ndr. di cui alla CILA) non riguardano opere condominiali ma opere interne alle singole proprietà (tra l'altro la messa in opera di una canna fumaria al piano primo in proprietà esclusiva Persona_5), nonché tante altre, comunque non condominiali. Circa la citata canna fumaria ci si riserva di approfondire e contestare eventuali danni che potrebbero essere arrecati ai committenti atteso che dalla documentazione presentata non è univocamente definita la posizione della citata canna all'esterno (né la sua altezza e sezione) in quanto mancano i relativi elaborati grafici). 8.- In definitiva, in parziale accoglimento dell'impugnativa formulata da entrambi i condomini attori, va dichiarata nulla la deliberazione assunta in relazione ai punti 4) e 5) dell'o.d.g. nonché, in parziale accoglimento dell'impugnativa formulata dal CP_2 Controparte_l va altresì annullata la deliberazione assunta in relazione al punto 3) dell'o.d.g. per violazione dell'art. 1123 c.c. Vanno invece respinti tutti gli altri motivi di impugnativa formulati. 9- Tenuto conto dell'esito dei giudizi e dell'accoglimento parziale dei motivi di impugnazione avanzati, valutata altresì la soccombenza degli attori nella fase di reclamo proposta ai sensi dell'art. 669 terdecies c.p.c., sussistono i presupposti per compensare per 1/3 le spese di lite di ciascun giudizio (comprensive delle spese relative alla fase di reclamo), ponendo i residui 2/3 a carico del CP_2 convenuto. In ragione del principio di causalità e degli esiti dell'accertamento espletato, le spese di CTU vanno poste interamente a carico del CP_2 convenuto. PQM Il Tribunale di Avellino, in composizione monocratica nella persona della dr.ssa Valentina Pierri, definitivamente pronunciando nell'ambito dei giudizi riuniti n. 4284/2020 e 4458/2020 RG, ogni contraria o diversa istanza e deduzione rigettata e disattesa, così provvede: 1) accoglie parzialmente le impugnative proposte e, per l'effetto, annulla la delibera assunta dal CP_2 convenuto in data 25 giugno 2020 limitatamente ai punti 3) 4) e 5) dell'ordine del giorno; 2) compensa per 1/3 le spese di lite nell'ambito del giudizio n. 4284/2020 RG e condanna il CP_2 convenuto, in persona dell'amministratore p.t., al pagamento, in favore dell'attore Parte_l, del residuo 2/3 delle spese processuali, che liquida in Euro 186,00 per spese vive ed Euro 3.384,66, oltre rimborso spese generali, iva e cpa come per legge; 3) compensa per 1/3 le spese di lite nell'ambito del giudizio n. 4458/2020 RG e condanna il CP_2 convenuto, in persona dell'amministratore p.t., al pagamento, in favore dell'attore Controparte_l del residuo 2/3 delle spese processuali, che liquida in Euro 186,00 per spese vive ed Euro 3.384,66, oltre rimborso spese generali, iva e cpa come per legge; 4) pone le spese di CTU a definitivo carico di parte convenuta. Così deciso in Avellino, 8 aprile 2024

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Palermo - Seconda Sezione Civile, in persona del Giudice Unico dott.ssa Liana Pernice, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile in primo grado iscritta al n. 3313 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell'anno 2022 R.G. posta in deliberazione e decisa in data 4.4.2024 ex art. 281 sexies cod. proc. civ., avente ad oggetto "rapporti condominiali - risarcimento danni ex art. 2051 cod. civ." TRA (...) (cod. fisc. (...)), elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. (domicilio digitale: (...) che lo rappresenta e difende per procura ad litem in atti ATTORE E (...) (partita iva (...), in persona dell'amministratore, l. r. pro-tempore, elettivamente domiciliato presso io studio dell'avv. (...) (domicilio digitale: (...) che lo rappresenta e difende per procura ad litem in atti CONVENUTO RAGIONI DELLA DECISIONE 1. - Fatti controversi 1.1. - Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. dell'8.3.2022, notificato unitamente al decreto di fissazione di udienza il 19.4.2022, il sig. (...), nel convenire in giudizio innanzi il Tribunale di Palermo il (...) d'ora in avanti, più semplicemente, anche solo (...) ", premetteva per quanto qui di interesse: - di essere condomino del complesso condominiale convenuto in quanto proprietario (...) B, distinto nel NCEU di (...) al foglio (...), particella sub. (...), sottostante al lastrico condominiale; - che tale immobile presentava danni da infiltrazioni d'acqua piovana provenienti dalle coperture del fabbricato (...) , determinate dalla mancata manutenzione del tetto e dal cattivo stato dei pluviali, e manifestatesi a partire dal 2016; che le condizioni dell'immobile, i danni e le cause delle infiltrazioni erano state negate dall'amministratore condominiale pro tempore e successivamente dal Tribunale di Palermo accertate e quantificate in Euro 19.072,76 (comprensivi di IVA ed oneri tecnici) in sede di procedimento per ATP (n. 16977/2019 R.G.) nell'ambito del quale era stata disposta CTU (Arch. (...) , all'esito della quale il 70% del danno quantificato nell'intero in Euro 22.276,75 veniva posto a carico del (...) , mentre che il restante 30% era ricondotto a sua colpa; - che il (...) non aveva, tuttavia, provveduto a provvedere ai predetti lavori, mentre le condizioni dell'immobile si erano nelle more aggravate; - che aveva dovuto sostenere per il procedimento ex art. 696 bis c.p.c. la somma di Euro 6.990,36 ( di cui Euro 3.766,36 per spese legali, ed Euro 3.224,00 per compensi CTU Arch. (...) ; - di avere, infine, subito un danno morale (per lesioni psico-fisiche) di Euro 5.000. Chiedeva, sulla base delle superiori allegazioni, ex art. 2051 c.c. e comunque ex art. 2043 c.c., la condanna del convenuto a pagare in suo favore la complessiva somma di Euro 31.063,12 ossia Euro 19.072,76 + Euro 6.990,36 + Euro 5.000, oltre accessori e spese di lite. Nel costituirsi in giudizio, con comparsa di risposta del 12.5.2022, il (...) contestava le domande eccependo in via preliminare l'improcedibilità della domanda per omesso espletamento del procedimento mediazione e anche perché costituente una riproposizione di quelle già oggetto del ricorso ex art. 696 bis c.p.c. n. 16977/2019 R.G., con "..abuso degli strumenti processuali che l'ordinamento offre alla parte..". Nel merito, contestava le domande e ne chiedeva il rigetto adducendo che nessuna responsabilità, nemmeno da ritardo, poteva essere addebitata al (...), Respinta con ordinanza del 9.6.2022 l'eccezione di improcedibilità per omesso espletamento della mediazione, la causa - mutato con la medesima ordinanza il rito da sommario in ordinario - era istruita con la produzione offerta in comunicazione dalle parti e l'acquisizione della CTU (arch. Arch. (...) , espletata nell'ambito del proced. n. 16977/2019 R.G. Successivamente, era rinviata per discussione all'udienza del 4.4.2024 e, all'esito della camera di consiglio, decisa ex art. 281 sexies c.p.c. 2. Merito della lite. 2.1. - Va respinta, preliminarmente, l'eccezione sollevata dal convenuto di improponibilità delle domande sul rilievo che esse costituirebbero una riproposizione di quelle avanzate dall'attore mediante il ricorso ex art. 696 bis c.p.c. Occorre premettere che l'ordinamento con tale ultima disposizione consente alla parte di richiedere al giudice, anche in mancanza del presupposto dell'urgenza di cui all'art. 696 comma 1 c.p.c., l'espletamento di una CTU ante causam ai fini dell'accertamento e della relativa determinazione dei crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obblighi contrattuali o da fatto illecito. La disposizione prevede poi che il CTU tenti la conciliazione e che, laddove tale conciliazione non riesca, ciascuna parte possa chiedere che l'elaborato peritale sia acquisito agli atti del successivo giudizio di merito. Il procedimento ex art. 696 bis c.p.c. è, in altri termini, finalizzato non soltanto alla conciliazione della controversia ma anche ad anticipare un segmento istruttorio fondamentale per la risoluzione della futura causa di merito (cfr. Cass. n. 87/2021). Appare evidente, quindi, anche in considerazione della sua collocazione (sezione IV c.p.c. - Procedimenti di istruzione preventiva - procedimenti cautelari), la natura cautelare e strumentale del procedimento. Consegue, da quanto premesso, che non può in alcun modo configurarsi l'eccepita improcedibilità delle domande proposte oggi nel merito, con il ricorso ex art. 702 bis c.p.c., rispetto a quelle oggetto di ricorso ex art. 696 bis c.p.c., e tanto meno è rinvenibile il dedotto " abuso degli strumenti processuali". 2.2. - Nel merito, giova evidenziare che l'art. 2051 cod. civ., secondo un indirizzo giurisprudenziale consolidato, pone una vera e propria presunzione di responsabilità in capo a colui che ha in custodia la cosa che ha cagionato il danno. ".. La responsabilità ex art. 2051 cod. civ. ha carattere oggettivo e, perché possa configurarsi in concreto, è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno arrecato, senza che rilevi al riguardo la condotta dei custode e l'osservanza o meno di un obbligo di vigilanza, in quanto la nozione di custodia non presuppone né implica uno specifico obbligo di custodire analogo a quello previsto per il depositario e, d'altro canto, la funzione della predetta norma è quella di imputare la responsabilità a chi si trova nelle condizioni di controllare i rischi inerenti alla cosa; si considera custode chi di fatto ne controlla le modalità d'uso e di conservazione, e non necessariamente il proprietario o chi si trova con essa in relazione diretta....(Così, Cass. n. 26086/2005 ). La norma non si riferisce alla custodia nel senso contrattuale del termine, ma ad un effettivo potere fisico che implica il governo e l'uso della cosa e a cui sono riconducibili l'esigenza e l'onere della vigilanza affinché della cosa stessa, per sua natura o per particolari contingenze, non derivi danno ad altri (cfr. Cass. n. 1859/2000). E', in altri termini, custode chi si trovi nelle condizioni di controllare i rischi inerenti alla cosa, per effetto della disponibilità materiale di essa (cfr. Cass. n. 24530/2009; conf. Cass. civ. sez. un. n. 12019/1991). Chi è, dunque, nelle condizioni di controllare i rischi inerenti alla cosa per averne la disponibilità materiale, per andare esente da responsabilità deve fornire la prova liberatoria di cui all'art. 2051 cod. civ., rappresentata dal c.d. "caso fortuito", da intendersi come un fattore estraneo (che può essere rappresentato anche dal fatto dello stesso danneggiato) avente, per i suoi caratteri di imprevedibilità ed eccezionalità, un'efficacia causale tale da interrompere del tutto il nesso eziologico tra cosa ed evento (cfr. Cass. civ. n. 28811/2008 e n. 11227/2008). Nella specifica materia condominiale, poi, giova evidenziare che il (...) , quale custode dei beni e dei servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché tali cose non rechino pregiudizio ad alcuno, e risponde in base all'art. 2051 cod. civ. dei danni da questi cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini, ancorché tali danni siano causalmente imputabili altresì al concorso del fatto di un terzo. In tale ultima ipotesi si configura la situazione di un medesimo danno (nella specie da infiltrazioni all'immobile) provocato da più soggetti per effetto di diversi titoli di responsabilità (la responsabilità del (...) per la custodia dei beni e dei servizi comuni e la responsabilità del singolo proprietario per la custodia dell'unità immobiliare allo stesso appartenente). Tale fattispecie dà luogo ad una situazione di solidarietà impropria, in quanto relativa a rapporti eziologicamente ricollegati a distinti titoli extracontrattuali. La corresponsabilità in solido, ex art. 2055 cod. civ., comporta che la domanda del proprietario dell'appartamento danneggiato va intesa sempre come volta a conseguire l'intero risarcimento da ciascuno dei coobbligati in ragione del comune contributo causale alla determinazione del danno. Se ne deduce che al condomino, che agisca chiedendo l'integrale risarcimento dei danni nei confronti del solo Condominio, non può essere negato il risarcimento a motivo del concorrente apporto causale imputabile al condomino proprietario individuale della unità immobiliare in parola, posto che nella specie trova applicazione, appunto, non l'art. 1227 comma 1 cod. civ., bensì l'art. 2055 cod. civ., che prevede la responsabilità solidale degli autori del danno (cfr. ex plurimis Cass. n. 7044/2020 Ord.; Cass. n. 6665/2009; Cass. n. 15291/2011), in un'ottica di rafforzamento del credito, che evita al creditore di dovere agire coattivamente contro tutti i debitori pro quota (cfr. Cass. n. 1674/2015). Con riferimento specifico ai danni che una porzione di proprietà esclusiva, compresa in un edificio condominiale, subisca - come accertato nella specie - per effetto dell'inadempimento dell'obbligo gravante sul (...) di (...) e di eseguire le necessarie opere di riparazione e di manutenzione, deve riconoscersi al titolare di detta porzione la possibilità di esperire azione risarcitoria contro il medesimo OMISSIS in base all'art. 2051 cod. civ., e cioè in relazione alla ricollegabilità di tali danni all'inosservanza da parte del (...) medesimo di provvedere, quale custode, ad eliminare le caratteristiche dannose della cosa (cfr. Cass. n. 28253/2023), salva, poi, nei rapporti interni la ripartizione tra tutti i condomini (compreso quindi il (...) danneggiato) della somma sborsata secondo i criteri di cui (nella fattispecie in esame) all'art.1226 cod. civ. Ciò premesso, il CTU arch. (...) nel proced. ex art. 696 bis c.p.c. n. 16977/2019 R.G. del Tribunale di Palermo svoltosi tra le medesime odierne parti ha accertato che: - l'appartamento di proprietà dell'attore, indentificato al foglio (...), particella (...) B, sottostante al lastrico condominiale; - durante i sopralluoghi sono stati riscontrati all'interno dell'appartamento dell'attore criticità dovute al distacco di porzioni di copriferro e/o pignatte e/o strato di intonaco per effetto del rigonfiamento dei ferri di armatura contenuti nelle strutture del solaio di copertura; - gli ammaloramenti (lesioni, macchie di umidità, infiltrazioni e gocciolamenti) sono state riscontrate nel portico e in maniera principale nelle due porzioni di esso chiuse a veranda (veranda lato cucina e veranda lato salone); - i fenomeni umidiferi lamentati sono imputabili in massima parte a una inidonea tenuta all'acqua del sistema di isolamento del lastrico solare e solo in minima parte a una non più efficiente tenuta delle sigillature degli infissi delle verande dell'appartamento di proprietà dell'attore; - le lesioni di travi e pilastri del porticato e il suono sordo riscontrato su alcune porzioni di intradosso di solai sono dovuti a vetustà e all'assenza di manutenzione del lastrico solare e delle strutture verticali del portico; - che al fine di eliminare le cause degli ammaloramenti riscontrati e a ripristinare lo status quo ante dell'immobile dell'attore sono necessari tutta una serie di opere (agli infissi, a travi e pilastri, al lastrico solare, agli intradossi solai, etc.) descritti nella relazione tecnica di perizia (cfr. in particolare, "riepilogo conclusivo" punto 7, cui integralmente si rimanda per esigenze di economicità espositiva), con un costo di Euro 22.276,75 , comprensivi di IVA e competenze tecniche per la direzione dei lavori e sicurezza; - che il 30% di tale importo va fatto carico all'attore e il restante 70% pari ad Euro 19.072,76 ( nei limiti oggettivi, comunque, della domanda) va posto a carico del (...). Orbene, alla luce di quanto sopra accertato e concluso dal CTU, - all'esito di scrupolose indagine tecniche e immuni da vizi logico giuridici non scalfite dalle osservazioni formulate dalle parti, e per tali motivi dal Tribunale condivise - deve ritenersi accertata e ritenuta la responsabilità del (...) , inadempiente all'obbligo sullo stesso gravante di deliberare e di eseguire le necessarie opere di riparazione e di manutenzione delle parti comuni (e in particolare il lastrico solare). Con la conseguenza che esso va condannato a corrispondere all'attore per le sopra indicate ragioni la somma di Euro 19.072,76 pari al 70% del costo delle opere e degli interventi edilizi necessari per il ripristino dello status quo ante e la normale fruibilità dell'immobile. Sulla predetta somma, già in valore monetario attuale, vanno riconosciuti gli interessi legale a decorrere dalla domanda sino al soddisfo. 2.3. - Il (...) va poi condannato a rifondere all'attore la somma di Euro 3.224,00 per compensi liquidati in favore del CTU Arch. (...) nel procedimento ex art. 696 bis c.p.c. n. 16977/2019 R.G. del Tribunale di Palermo. 2.4. - Va respinta, invece, in difetto di specifica allegazione e, soprattutto, prova, la domanda risarcitoria avanzata dall'attore per asserito danno morale subito. 3. - Spese. In applicazione del principio della soccombenza, il (...) va condannato a pagare in favore dell'attore le spese di lite relativo al presente giudizio, unitamente a quelle dall'attore sostenute nel giudizio ex art. 696 bis c.p.c. n. 16977/2019 R.G. Tribunale di Palermo, nella misura indicata in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, nella causa civile in primo grado indicata in epigrafe, ogni diversa istanza, deduzione ed eccezione disattesa: - in parziale accoglimento delle domande avanzate da (...) con il ricorso ex art. 702 bis c.p.c. introduttivo del giudizio, condanna per le causali di cui in motivazione il (...) , in persona del l.r. pro tempore, a corrispondere in favore dell' attore la somma di Euro 19.072,76 con gli interessi al saggio legale a decorrere dalla domanda giudiziale sino al soddisfo; -condanna il (...) a rifondere all'attore per le causali di cui in motivazione, la somma di Euro 3.224,00, per compensi liquidati in favore del CTU Arch. (...) nel procedimento ex art. 696 bis c.p.c. n. 16977/2019 R.G. del Tribunale di Palermo; - rigetta le residue domande risarcitorie spiegata dall'attore; - condanna il (...) a rifondere all'attore le spese di lite che liquida, per il giudizio ex art. 696 bis c.p.c. n. 16977/2019 R.G., in Euro 3.086,00, di cui Euro 286,00 per esborsi, oltre spese generali iva e cpa, e, per il presente giudizio, in Euro 3.086,00, di cui Euro 286,00 per esborsi, oltre spese generali iva e epa. Così deciso in Palermo il 4 aprile 2024. Depositata in Cancelleria il 4 aprile 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI MILANO TREDICESIMA SEZIONE CIVILE Il Tribunale, in composizione monocratica, nella persona del giudice Dott. Pietro Paolo Pisani ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al N. 44479/2022 R.G. promossa da: (...) (C.F. (...)) e (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. (...) e dell'avv. (...), elettivamente domiciliate in (...) 20122 (...) presso il difensore avv. (...) ATTORI E (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. (...), elettivamente domiciliato in (...) 20121 (...) presso il difensore avv. (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. (...), elettivamente domiciliato in (...) presso il difensore avv. (...) CONVENUTI - OGGETTO: impugnativa di delibera assembleare ex art. 1137, II comma c.c.. - CONCLUSIONI DELLE PARTI: come da verbale di causa del 19/03/2024 e in formato digitale depositate nel fascicolo telematico. SVOLGIMENTO IN FATTO DEL PROCESSO omissis ex art. 58 co. 2 L. 69/2009 e art. 132 c.p.c. novellato Per quanto riguarda domande, eccezioni e richieste conclusive delle parti, si rinvia agli atti processuali delle medesime ed ai verbali delle udienze, attesa la modificazione dell'art. 132 n. 4 c.p.c. con la legge 69/2009, che esclude una lunga e particolareggiata esposizione di tutte le vicende processuali anteriori alla decisione. MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto notificato in data 4/11/2022, le attrici (...) e (...) impugnavano la delibera Assembleare del 13/07/2022 del (...) in (...), con riferimento al suo punto 3 dell'Odg; proponevano azione di responsabilità nei confronti dell'Amministratore pro tempore del (...) , (...) nonché chiedevano la riunione del presente giudizio a quello RG 22831/2022 pendente davanti a questa sezione del Tribunale di Milano e Giudice. Entrambe le parti convenute si costituivano in giudizio e contestavano le domande attoree, chiedendone il rigetto ed, in particolare, poi, il (...) eccepiva l'incompetenza per valore del giudice adito e formulava domanda riconvenzionale di condanna delle attrici al pagamento delle spese conseguenti alle iniziative giudiziali delle attrici, per complessivi Euro 865,72; mentre l' (...) formulava domanda riconvenzionale di condanna al risarcimento dei danni per lite temeraria ex art. 96 cpc. All'esito della prima udienza, disattesa la richiesta di riunione dei giudizi, venivano assegnati alle parti i termini ex art. 183, comma VI, C.p.c.. Effettuati i depositi delle memorie istruttorie, all'esito della successiva udienza ed a scioglimento della riserva presa in tale occasione, venivano rigettate la eccezione di tardività del deposito delle memorie dei convenuti e le istanze istruttorie orali formulate da parte convenuta (...) e quella di acquisizione documentale formulata da parte attrice. La causa veniva quindi rinviata per la precisazione delle conclusioni e una volta precisate le stesse, la causa veniva poi rinviata per la discussione ex art. 281 sexies C.p.c.. Oggi, dopo la discussione orale, la causa viene decisa con la presente sentenza, con lettura, in udienza, del dispositivo e di sintetica motivazione, ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c.. Preliminarmente va ritenuto che la decisione deve essere circoscritta alle sole domande, eccezioni e conclusioni formulate dalle parti entro il primo termine ex art. 183 VI comma cpc, rimanendo inammissibili ed irrilevanti a tale fine ogni ulteriore domanda, eccezione, allegazione e conclusione formulata irritualmente e tardivamente, successivamente. Preliminarmente va disattesa nuovamente la eccezione di tardività del deposito delle memorie dei convenuti reiterata da parte attrice nelle sue conclusioni senza addurre motivazioni ulteriori idonee a modificare il contenuto della ordinanza del 04/10/2023, che va pertanto confermata. Preliminarmente ancora va esaminata la eccezione pregiudiziale di incompetenza per valore di questo giudice formulata dal (...). Eccepisce difatti il (...) che i lavori oggetto della delibera impugnata hanno un costo di circa Euro 8.000,00 (iva inclusa) a cui si aggiunge il compenso dell'amministratore che è pari al 2% e, quindi, a Euro 160,00; mentre, avendo le attrici circa 250 millesimi di proprietà totale, il valore della loro contribuzione alla spesa è di circa Euro 2.500,00, con conseguente competenza del Giudice di Pace, in luogo del Tribunale adito. Le attrici hanno contestato detta eccezione e va osservato che, nel caso in esame, le stesse, con riferimento alla delibera impugnata ne hanno eccepito la invalidità per: difetto di informazione; mancanza di una effettiva deliberazione; nonché mancanza del quorum deliberativo. Deve richiamarsi sul punto l'orientamento giurisprudenziale che, recentemente (Cass. Sez. 2, 7 luglio 2021, n. 19250), ha sostenuto convincentemente che la domanda di impugnazione di delibera assembleare introdotta dal singolo condomino, anche ai fini della stima del valore della causa, non può intendersi ristretta all'accertamento della validità del rapporto parziale che lega l'attore al condominio e dunque al solo importo contestato, ma si estende necessariamente alla validità dell'intera deliberazione e dunque all'intero ammontare della spesa, giacché l'effetto caducatorio dell'impugnata deliberazione dell'assemblea condominiale, derivante dalla sentenza con la quale ne viene dichiarata la nullità o l'annullamento, opera nei confronti di tutti i condomini, anche se non abbiano partecipato direttamente al giudizio promosso da uno o da alcuni di loro. Così anche Cass. Sez. 6 - 2, 20 luglio 2020, n. 15434, ha deciso che, quando sia chiesto l'annullamento di una deliberazione dell'assemblea condominiale, ove il vizio abbia carattere meramente formale e la delibera impugnata non abbia "ex se" alcuna incidenza diretta sul patrimonio dell'attore, la domanda giudiziale appartiene alla competenza residuale del tribunale, non avendo ad oggetto la lesione di un interesse suscettibile di essere quantificato in una somma di denaro per il danno ingiustamente subito ovvero per la maggior spesa indebitamente imposta (cfr. sul punto anche: Cass., Sez. 2, 21/3/2022 n. 9068/2022). Anche nel caso in esame, quindi, attesi i motivi di impugnazione, deve aderirsi all'ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, di recente ribadito da Cass. Sez. 6 - 2, n. 1711/2023 del 20/01/2023, secondo cui, in tema di competenza per valore, l'art. 12, comma 1, c.p.c. - per il quale "il valore delle cause relative all'esistenza, alla validità o alla risoluzione di un rapporto giuridico obbligatorio si determina in base a quella parte del rapporto che è in contestazione" - subisce deroga nell'ipotesi in cui il giudice sia chiamato ad esaminare, con efficacia di giudicato, le questioni relative all'esistenza o alla validità del rapporto che va, pertanto, interamente preso in considerazione ai fini della determinazione del valore della causa (cfr. Cass., n. 9068/2022, Cass., n. 19250/2021). Con la conseguenza che la eccezione di incompetenza formulata da parte convenuta va rigettata rientrando il presente giudizio nella competenza del Tribunale per i rilievi in fatto e diritto sopra operati. Nel merito della controversia sui motivi di impugnazione, va poi preliminarmente osservato che, in linea di principio, sulle decisioni dell'assemblea del condominio non può esercitarsi il sindacato giudiziale in sede di impugnativa di delibera perché, come è noto, "in tema di condomini negli edifici, il sindacato dell'autorità giudiziaria sulle delibere assembleari non può estendersi alla valutazione del merito e al controllo della discrezionalità di cui dispone l'assemblea, quale organo sovrano della volontà dei condòmini, ma deve limitarsi ad un riscontro di legittimità" (da ultimo Cass. 17.8.2017 n. 20135). Se dunque non è possibile in questa sede valutare nel merito quanto delibato e deliberato dalla assemblea condominiale ai fini della eccepita illegittimità delle delibere impugnate, l'esame dei motivi di impugnativa prescinderà da tutte le doglianze non attinenti profili di illegittimità per contrarietà alla legge o al regolamento condominiale. In particolare non si esamineranno, poi, ai fini della valutazione della legittimità delle delibere impugnate né le doglianze rivolte dall'attrice verso l'operato della amministrazione condominiale, che sono inammissibili in questa sede perché esiste una specifica azione per ottenere la revoca dell'amministratore di condominio in conseguenza dei suoi eventuali inadempimenti contrattuali, che deve essere proposta con altro rito e davanti al Tribunale in composizione collegiale e non monocratica, come invece è la presente. In disparte rimangono quindi, ai fini della decisione sulla impugnativa delle delibere, anche gli eccepiti, eventuali, illeciti contrattuali o extracontrattuali dello stesso amministratore, atteso che l'assemblea è soggetto ed organo del tutto distinto e diverso dall'organo amministrativo e le sue determinazioni sono diretta espressione della volontà del condominio quale insieme dei condomini. Ancora, va osservato poi che non verranno esaminati i numerosi e plurimi richiami effettuati negli atti difensivi di questa procedura ad altri e diversi giudizi, alle domande in essi svolte ed ai documenti in essi allegati relativi ad altre e diverse delibere assembleari e del tutto estranei al presente procedimento. Preliminarmente, infine, vanno rigettate le istanze istruttorie reiterate dalle attrici e già oggetto di decisione di rigetto in sede di esame istruttorio, atteso che le stesse non hanno addotto elementi ulteriori rispetto a quelli già disattesi e, comunque, sono superflue ai fini della decisione della causa, per quanto di seguito rilevato e ritenuto. Ciò posto, nell'ordine dei motivi impugnazione dato da parte attrice, va rilevato e ritenuto quanto segue. - Primo motivo di censura relativo alla delibera assembleare del 13/07/2022 relativo al punto 3) del suo ordine del giorno, inerente "Discussione e delibere relative rifacimento copertura area scala comune/contatori/casellario postale". Le attrici hanno allegato nel presente giudizio di non essere state adeguatamente informate sull'argomento all'ordine del giorno, dopo averlo eccepito anche nel verbale assembleare. In particolare le stesse sostengono di non essere state adeguatamente informate, prima della decisione, dell'importo totale dell'appalto, del capitolato, del computo metrico, dei prezzi unitari, delle offerte di più imprese, della quota a carico del condominio. Dalla lettura dell'avviso di convocazione dell'assemblea risulta riportato nell'ordine del giorno che oggetto della discussione e deliberazione sarebbe stato il "rifacimento copertura area scala comune/contatori/ casellario postale"; mentre dalla lettura del verbale risulta che è stato illustrato il preventivo della ditta poi scelta dai condomini, le modalità dell'intervento, i costi ed la ripartizione degli stessi, - per millesimi di proprietà tra tutti i condomini -, con discussione su questi punti tra i condomini e con autorizzazione all'amministratore ad emettere le relative rate con riferimento all'importo approvato. Inoltre risulta che le attrici, già prima della assemblea, con loro comunicazione poi allegata al verbale assembleare (doc. 2 all. 2 attrici) hanno svolto una serie di osservazioni in ordine alle modalità di esecuzione dei lavori che dimostrano che le stesse erano informate in merito agli interventi dai seguirsi. Va detto che, a termini dell'art. 66 III comma disp. att. C.c., l'amministratore di condominio in occasione della convocazione di assemblea condominiale ha solo l'obbligo di inviare ai condomini la convocazione contenente la indicazione del luogo e dell'ora della riunione e la specifica indicazione dell'ordine del giorno; mentre, ai sensi dell'art. 1129, II comma c.c. e 1130 bis, I comma c.c. deve mettere a disposizione dei condomini la documentazione condominiale e nello specifico quella inerente gli argomenti oggetto di convocazione assembleare, consentendo sempre l'esame e la estrazione di copia dei documenti ai condomini, a loro richiesta ed a loro spese. Con la conseguenza che, come osservato dalla giurisprudenza più recente della Corte di Cassazione (cfr. Cassazione sentenza n. 25693/2018), (v. Cass. n.21966/2017 e Cass. n. 15587/2018, ord.) se l'obbligo di preventiva informazione dei condomini in ordine al contenuto degli argomenti posti all'ordine del giorno dell'assemblea risponde alla finalità di far conoscere ai convocati, sia pure in termini non analitici e minuziosi, l'oggetto essenziale dei temi da esaminare, in modo da consentire loro di partecipare consapevolmente alla relativa deliberazione (già, in questi termini, cfr. Cass. n. 63/2006), è poi onere del condomino interessato, ove intenda avere a disposizione i dati specifici e la documentazione relativa alla materia su cui decidere, attivarsi per visionarla presso l'amministratore stesso ed eventualmente farsene rilasciare copia a proprie spese (Cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1544 del 28/01/2004; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 12650 del 19/05/2008). Ciò posto in punto di diritto in ordine agli obblighi di informativa ai fini della convocazione e tenuta della assemblea condominiale, va osservato che nel caso in esame, per quanto sopra rilevato, non emerge l'eccepito difetto ed il conseguente vizio di legittimità e la domanda attrice sul punto va rigettata. - Secondo motivo di censura relativo alla delibera assembleare del 13/07/2022 relativo al punto 3) del suo ordine del giorno sopra richiamato. Si dolgono poi le attrici che all'amministratore sarebbe stato attribuito un compenso extra per questi lavori pari al 2% degli stessi che non avrebbe mai formato oggetto né di discussione, nè di decisione. Eccepisce di contro il (...) che in tale occasione l'amministratore avrebbe soltanto precisato a verbale che, trattandosi di attività esorbitante quella ordinaria si sarebbe applicato il compenso già previsto dalle condizioni economiche del rapporto di amministrazione approvate dal condominio al momento della sua nomina. La eccezione è fondata. Va premesso in punto di diritto che, come è noto, l'amministratore di condominio configura un ufficio di diritto privato, che è assimilabile, pur con tratti distintivi in ordine alle modalità di costituzione ed al contenuto "sociale" della gestione, al mandato con rappresentanza, con la conseguente applicabilità, nei rapporti tra l'amministratore e ciascuno dei condomini, delle disposizioni sul mandato (tra le altre: Cass., Sez. 2, 16 agosto 2000, n. 10815; Cass., Sez. 2, 9 giugno 2000, n. 7891; Cass., Sez. 2, 12 febbraio 1997, n. 1286). Per quanto rileva ai fini del presente giudizio, va poi osservato che, anche in esecuzione del detto rapporto di mandato, nessuna obbligazione, ovviamente di natura contrattuale, può essere posta in essere a carico del condominio se non da questo, attraverso la deliberazione dell'organo collegiale, preventivamente approvata o successivamente ratificata; e nulla può esser considerato approvato se i soggetti titolari del diritto di decidere non ne hanno avuto alcuna informazione e notizia. Ciò posto in punto di diritto va evidenziato che, in fatto, è provato in atti che, al momento del conferimento dell'incarico di amministrazione la assemblea ha riconosciuto all'amministratore il compenso pari al 2% sulla spesa sostenuta per eventuali opere straordinarie, come da proposta in atti ed alla discussione ed approvazione di detta nomina e dei compensi hanno partecipato anche le attrici che hanno votato a favore (doc.3 convenuto condominio; doc 6 convenuto amministratore). Ne consegue che il compenso in esame risulta esser conforme a quello approvato dal (...) per i lavori straordinari quali quelli oggetto di delibera e che la doglianza formulata dalle attrici, tenuto conto dei principi sopra richiamati non è fondata e la relativa domanda va rigettata non essendo emerso il vizio di legittimità lamentato. - Terzo motivo di censura relativo alla delibera assembleare del 13/07/2022 relativo al punto 3) del suo ordine del giorno sopra richiamato. Parte attrice ha poi sostenuto la illegittimità della delibera asserendo che nel verbale non sarebbe stato specificato il quorum deliberativo. Dalla semplice lettura del verbale assembleare risulta che contro la delibera si sono espresse solo le attrici, indicate nominativamente, mentre a favore della delibera si sono espressi tutti gli altri presenti alla assemblea che, seppure non sono stati indicati nominativamente in questo punto del verbale, risultavano essere stati individuati nell'elenco dei condomini partecipanti all'assemblea che è inserito nel verbale con specifica indicazione dei loro nominativi e dei millesimi agli stessi attribuiti. Con la conseguenza che essendo ricavabili i nomi dei favorevoli ed i millesimi agli stessi attribuiti dal contesto della delibera presa con riferimento al punto in esame raffrontato al suddetto elenco dei condomini partecipanti alla assemblea, è possibile la verifica dell'esistenza delle maggioranze previste dall'articolo 1136 c.c. per la validità della loro approvazione (cfr.: Cass. civ. Sez. II, 31/03/2015, n. 6552; Cass. Civ. n. 18192 del 10/08/2009; Cass. Civ. n. 24132 del 13/11/2009). Per l'effetto, in particolare, emerge quindi che a favore si sono espressi 11 condomini dei 13 presenti, rappresentanti millesimi 810,40. Ne consegue il rigetto della domanda attorea non essendo emerso il motivo di invalidità della delibera impugnata, invocato dalle attrici. - Quarto motivo di censura relativo alla delibera assembleare del 13/07/2022 relativo al punto 3) del suo ordine del giorno sopra richiamato. Si dolgono poi le attrici che con la delibera impugnata sono state poste a loro carico spese che invece sono dovute perché relative ad un bene, il tetto di copertura della scala A che non è comune a tutti i condomini, con conseguente esistenza di un condominio parziale con riferimento allo stesso. Eccepiscono in particolare, in punto di fatto, che esisterebbero delle tabelle parziali, le cosiddette "tabelle coperture", allegate al regolamento condominiale predisposto dai proprietari originari del 1990, dalle quali risulterebbe che i mappali (...), di proprietà esclusiva (...) e (...), di proprietà (...) sarebbero esclusi dalla imputazione di spesa della copertura del mappale (...) corrispondente a quella del tetto che funge da copertura della scala A. Eccepisce di contro il (...) che la porzione di tetto in esame ed oggetto della delibera coprirebbe servizi e beni comuni e nello specifico: il deposito-parcheggio delle biciclette, i contatori elettrici di tutti gli appartamenti del condominio, le cassette postali di tutti gli appartamenti del condominio e l'accesso alle cantine condominiali, dove si trovano anche i contatori dell'acqua di tutti i condomini. Come è noto, con riguardo ai beni comuni in condominio, l'art. 1117 c.c. pone una presunzione di condominialità per i beni in esso indicati, la cui elencazione non è tassativa ma meramente esemplificativa dei beni da considerare oggetto di comunione, in quanto la natura condominiale o meno del bene deriva sia dall'attitudine oggettiva del bene al godimento comune, sia dalla concreta destinazione del medesimo al servizio comune, laddove tali parti siano necessarie quindi, per l'esistenza dell'edificio stesso, ovvero, siano permanentemente destinate all'uso o al godimento comune. Tale presunzione può essere superata solo dalla prova di un titolo contrario, che non può essere data dalla mancata menzione di uno di tali beni tra le parti comuni dell'edificio o se la cosa, per obbiettive caratteristiche strutturali, serve in modo esclusivo all'uso o al godimento di una parte dell'immobile, giacché la destinazione particolare del bene prevale sull'attribuzione legale, alla stessa stregua del titolo contrario. (Cfr.: Cass. civ., Sez. II, 26/07/2012, n. 13262; Cass. civ., Sez. II, 27/05/2011, n. 11812; Cass. civ., Sez. II, 02/08/2010,n.17993; Cass. civ.,Sez. II, 28/02/2007, n.4787). Al fine di verificare se un bene risulti servente ed accessorio nei confronti soltanto di alcune unità di un più ampio complesso immobiliare e conseguentemente nei riguardi di alcuni soltanto dei gruppi di condomini, risulta fondamentale la ricerca di quali siano tutte le effettive utilità che quel bene è in grado di generare in favore dei singoli componenti la compagine condominiale. Ciò posto, in punto di fatto va osservato che le circostanze di fatto evidenziate dal condominio sono pacifiche e tenuto conto della documentazione, anche fotografica, allegata in atti, la porzione di tetto interessata dai lavori approvati con la delibera impugnata risulta essere destinata a servizio di tutti i condomini. Con la conseguenza che la stessa seppure non espressamente menzionata nel regolamento di condominio deve considerarsi rientrante tra i beni comuni condominiali ai fini della sua manutenzione e della ripartizione delle relative spese, attesa l'obiettiva destinazione della stessa all'uso comune. Mentre a nulla rileva ai fini in esame quanto evidenziato dalle attrici in merito alle tabelle allegate al regolamento condominiale poiché che le stesse, in mancanza di specifiche disposizioni regolamentari sul punto o di accordi pattizi tra tutti i condomini, non possono da sole validamente derogare ai principi posti dall'art.1123, in tema di ripartizione delle spese condominiali. Come è noto, difatti, "i criteri di ripartizione delle spese condominiali, stabiliti dall'articolo 1123 c.c., possono essere derogati, come prevede la stessa norma, e la relativa convenzione modificatrice della disciplina legale di ripartizione può essere contenuta sia nel regolamento condominiale "di natura contrattuale", ovvero in una deliberazione dell'assemblea che venga approvata all'unanimità, o col consenso di tutti i condomini" (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 641 del 17/01/2003). Una simile convenzione non emerge nel caso in esame per quanto allegato in atti, con la conseguenza che per quella porzione di tetto deve applicarsi il dettato dell'articolo 1123, comma 1 c.c. in tema di ripartizione delle spese comuni tra tutti i condomini. Ne consegue che la doglianza in esame va disattesa e la relativa domanda rigettata, non essendo emerso il vizio di legittimità lamentato. - La asserita responsabilità dell'amministratore (...) Le attrici hanno asserito la suddetta responsabilità per inadempimento contrattuale in conseguenza delle violazioni di legge che avrebbe commesso con riferimento alla delibera in esame. Posto che tali doglianze, al più, rileverebbero ai fini dell'eventuale esame di una istanza di revoca dell'amministratore da formulare nella sede giudiziaria competente, va ritenuto che ai sensi dell'art. 2697 cc, anche per quanto rilevato all'esito dei motivi impugnativa, parte attrice non ha dato prova di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie di danno dalla stessa invocata. In particolare, da un lato non ha dato prova dell'esistenza dell'inadempimento per quanto allegato, provato e accertato in atti in merito ai motivi di impugnativa; d'altra parte, comunque, non ha dato prova del danno subito e tantomeno del nesso causale tra gli asseriti inadempimenti e quest'ultimo. Ne consegue il rigetto della domanda in esame. Vanno poi esaminate le domande riconvenzionali dei convenuti svolte nei confronti delle attrici. - Domanda riconvenzionale del (...) di rimborso delle spese per la partecipazione alla procedura di mediazione, causate dalle attrici. Asserisce il (...) di aver ricevuto un danno a causa delle spese sostenute per i compensi dovuti all'amministratore per la partecipazione alle mediazioni; nonché di quelle relative alla stessa procedura di mediazione e per i compensi per l'attività legale. Allega e prova il (...) sul punto che l'amministratore ha diritto a percepire dal (...) un compenso orario di Euro 50,00, oltre accessori, per la sua partecipazione agli incontri di mediazione e che, con riferimento al procedimento di mediazione svolto con riferimento al presente giudizio, l'amministratore ha preso parte ai relativi incontri per un'ora ed il compenso maturato è quindi stato pari ad Euro 63,44 compresi accessori. Atteso l'esito del presente giudizio, la domanda di rimborso di queste spese è fondata e va accolta trattandosi di attività e spese resesi necessarie a seguito delle domande di parte attrice, rivelatesi infondate. Gli importi richiesti sono congrui attesi i compensi approvati dal (...) al momento del conferimento dell'incarico di amministrazione, come da proposta in atti sopra richiamata. Conseguentemente le attrici, in solido tra di loro, vanno condannate alla rifusione al (...) convenuto della somma suddetta, a titolo di risarcimento del danno subito. Somma che va maggiorata di interessi legali determinati ai sensi dell'art.1284, I comma, c.c. a decorrere dall'esborso di dette somme e fino al momento della proposizione della presente domanda giudiziale; nonché gli interessi legali determinati ai sensi dell'art.1284 IV comma, c.c. dal momento della proposizione della presente domanda giudiziale e fino al saldo effettivo. Invece, per quanto riguarda la domanda di condanna delle attrici al pagamento delle spese legali, stragiudiziali, giudiziali e di mediazione, la stessa verrà esaminata e decisa solo all'esito dell'esame di tutte le altre domande ai fini di una valutazione complessiva sulle spese di lite. - Domanda di cancellazione delle espressioni ritenute offensive formulata dalle attrici e domanda risarcitoria ex art. 89 cpc e/o art. 598 c.p.a. Le attrici hanno chiesto disporsi la cancellazione, ai sensi dell'art. 89 c.p.c., della seguente frase contenuta nella comparsa del convenuto (...), ritenendola offensiva: (pag. 4) "litigiosità endocondominiale, animata dalla moltitudine patologica di iniziative processuali promosse dalla signora (...) talora coinvolgendo nella propria deriva giudiziale anche la condomina (...). Dall'esame della stessa, non estrapolata dal contesto delle difese in punto di fatto svolte dal (...), va ritenuto che non sussistono i presupposti di cui all'articolo 89 c.p.c. con riferimento alle doglianze rese da parte attrice, atteso che nelle espressioni oggetto di esame non si rileva un esclusivo intento offensivo nei confronti della controparte. Le stesse di conseguenza appaiono semmai rivolte a dimostrare, attraverso una valutazione negativa del comportamento della controparte, la scarsa attendibilità delle sue affermazioni e costituiscono uno strumento per indirizzare la decisione del giudice, in accordo all'insegnamento giurisprudenziale espresso in materia dalla Corte di cassazione (Cass. civ., Sez. I, 26/11/2013, n. 26417; Cass. civ., Sez. III, 25/06/2013, n. 15885; Cass. civ., Sez. III, 06/12/2011, n. 26195; Cass. civ., Sez. III, 22/06/2009, n. 14552). Ne consegue che va esclusa la cancellazione delle espressioni in questione e disattesa l'istanza di parte attrice sul punto, nonché rigettata la conseguente domanda risarcitoria. - Domanda formulata dal convenuto (...) ex art. 96 cpc. Il convenuto (...) ha chiesto condannarsi le attrici al risarcimento del danno ai sensi dell'art. 96 cpc. Tale richiesta va disattesa sia per mancanza di prova rigorosa del danno subito, richiesta nell'ipotesi di cui comma I di tale norma, c.p.c., sia per mancanza dei presupposti sanzionatori di cui al III comma della stessa. Come è noto, con riferimento a tale ultima ipotesi, la norma richiamata ha introdotto un meccanismo che, deve ritenersi non solo e non tanto risarcitorio, quanto anche e soprattutto sanzionatorio (in virtù della finalità di scoraggiare l'abuso del processo e preservare la funzionalità del sistema giustizia), e come tale sottratto (a differenza dell'ipotesi di cui all'art. 96, comma I, c.p.c.) dalla rigorosa prova del danno, essendo lo stesso condizionato unicamente all'accertamento di una condotta di grave negligenza o addirittura malafede processuale della parte (cfr. Tribunale di Varese 21 - 22 gennaio 2011; Trib. di Piacenza 22 novembre 2010; Tribunale di Piacenza, 7 dicembre 2010; Trib. Verona 20 settembre 2010; Trib. Milano 29 agosto 2009). Scopo della norma è dunque la repressione del danno che viene arrecato direttamente alla controparte (si pensi all'allungamento della tempistica nell'esercizio dei propri diritti ma si pensi - nel caso delle imprese - alla necessità di affrontare oneri aggiuntivi, quale l'appostamento di un "fondo rischi" per i crediti incagliati o in sofferenza, oppure l'incremento delle difficoltà e dei costi dell'accesso al finanziamento bancario, ad esempio, con lo strumento delle anticipazioni su fatture), ma indirettamente anche all'erario con la congestione degli uffici giudiziari e l'incremento del rischio del superamento della canone costituzionale della ragionevole durata del processo con ricadute anche di tipo risarcitorio, stante il pericolo di condanna dello Stato alla corresponsione dell'indennizzo ex lege 89/2001. Nella specie, per quanto in atti, non si ritiene che l'atteggiamento processuale di parte attrice mediante la proposizione delle proprie domande ed eccezioni abbia comportato danni irreparabili in capo all'altra parte e ciò tenuto conto anche della durata del processo; nè che si ravvisino sintomi di una grave negligenza nell'utilizzo dello strumento processuale medesimo. Di qui il rigetto della domanda in esame. Infine, ogni altra domanda ed eccezione, sollevata nel merito del giudizio rimane assorbita o disattesa, in applicazione del principio processuale della "ragione più liquida" (Cass. Sez. U, n. 9936 del 08/05/2014; Cass. n. 12002 del 28/05/2014; Cass. civ. Sez. V Ord., 08/06/2018, n. 15008) . Tenuto conto dell'esito del presente giudizio, tutte le spese e competenze di giudizio e di mediazione, ai sensi dell'art. 91 cpc, vanno poste a carico delle attrici, in solido tra di loro ed a favore dei convenuti e le stesse, determinate sulla scorta dei parametri dettati del D.M. Giustizia 55 del 10/03/2014, in considerazione del valore della domanda, si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale, in composizione monocratica, ogni altra domanda ed istanza disattesa, rigettata o assorbita, così provvede, come in motivazione. - Rigetta tutte le domande delle attrici (...) e (...) - Accoglie la domanda riconvenzionale del convenuto (...) (...) e, per l'effetto, condanna le attrici (...) e (...) in solido tra di loro, a corrispondere allo stesso convenuto (...) l'importo Euro 63,44 compresi accessori, a titolo di risarcimento del danno subito. Somma che va maggiorata di interessi legali determinati ai sensi dell'art. 1284, I comma, c.c. a decorrere dall'esborso di dette somme e fino al momento della proposizione della presente domanda giudiziale; nonché gli interessi legali determinati ai sensi dell'art.1284 IV comma, c.c. dal momento della proposizione della presente domanda giudiziale e fino al saldo effettivo. - Rigetta la domanda formulata dal convenuto (...) ex art. 96 cpc. - Condanna le attrici (...) e (...) in solido tra di loro, a corrispondere al convenuto (...) in (...), tutte le spese e competenze di giudizio e di mediazione, liquidate in Euro 48,80 per spese vive ed Euro 7.500,00 per compensi di giudizio e di mediazione, oltre alle spese generali nella misura del 15% dei compensi, cpa e Iva come per legge. - Condanna le attrici (...) e (...) in solido tra di loro, a corrispondere al convenuto (...) tutte le spese e competenze di giudizio e di mediazione, liquidate in Euro 7.500,00 per compensi di giudizio e di mediazione, oltre alle spese generali nella misura del 15% dei compensi, cpa e Iva come per legge. Sentenza immediatamente esecutiva, resa ex art. 281 sexies c.p.c. e pubblicata mediante lettura in udienza ed allegazione al verbale. Così deciso in Milano il 4 aprile 2024. Depositata in Cancelleria il 4 aprile 2024.

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