Sentenze recenti ripartizione spese condominiali

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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI NOCERA INFERIORE II SEZIONE CIVILE in composizione monocratica e nella persona del dott.ssa Martina Fusco, in funzione di giudice unico, pronuncia ai sensi dell'art. 281-sexies c.p.c. la seguente SENTENZA nella controversia civile iscritta al n. 2926 del Ruolo Generale Affari Contenziosi dell'anno 2015, vertente TRA (...), elett.te dom. presso lo studio dell'avv. (...), dal quale è rapp.to e difeso, giusta procura in atti ATTORE E (...), in persona del legale rapp.tep.t., elett.te dom.to presso lo studio dell'avv. (...), dalla quale è rapp.to e difeso, giusta procura in atti CONVENUTO Oggetto: impugnativa delibera assembleare RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE La presente decisione è adottata ai sensi dell'art. 281-sexies c.p.c. e, quindi, è possibile prescindere dalle indicazioni contenute nell'art. 132 c.p.c. Infatti, l'art. 281-sexies c.p.c., consente al giudice di pronunciare la sentenza in udienza al termine della discussione dando lettura del dispositivo e delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, senza dover premettere le indicazioni richieste dal secondo comma dell'art. 132 c.p.c., perché esse si ricavano dal verbale dell'udienza di discussione sottoscritto dal giudice stesso. Pertanto, non è affetta da nullità la sentenza, resa nella forma predetta, che non contenga le indicazioni riguardanti il giudice e le parti, le eventuali conclusioni del P.M. e la concisa esposizione dei fatti e dei motivi della decisione (Cass. civ., Sez. III, 19 ottobre 2006, n. 22409). Ancora, in tale sentenza è superflua l'esposizione dello svolgimento del processo e delle conclusioni delle parti, quando questi siano ricostruibili dal verbale dell'udienza di discussione e da quelli che lo precedono (Cass. civ., Sez. III, 11 maggio 2012, n. 7268; Cass. civ., Sez. III, 15 dicembre 2011, n. 27002). Con atto di citazione regolarmente notificato, (...) impugnava la delibera assembleare del 13/02/2015 approvata dall'assemblea del (...), cui l'attore non aveva partecipato. A sostegno della propria domanda, in particolare, deduceva quale primo motivo di impugnazione, l'inadempimento dell'amministratore di condominio alla richiesta di consegna della documentazione richiesta; quale secondo motivo di impugnazione, allegava numerosi vizi della delibera impugnata - di approvazione del bilancio consuntivo. In particolare: - erronea applicazione dell'aliquota per la determinazione della rivalsa da addebitare, a titolo di contributo iscrizione Gestione Separata - Inps, per il compenso dell'amministratore; - erronea determinazione del compenso amministratore; - erronea rendicontazione della quota per la manutenzione ascensore Scala A; - erronea rendicontazione della quota per la pulizia Scala A e per la pulizia Piazzale; - erronea rendicontazione della quota dovuta per la verifica biennale dell'ascensore Scala A. Concludeva, quindi, chiedendo la declaratoria di nullità della delibera impugnata, con vittoria di spese. Si costituiva in giudizio il (...) convenuto, il quale, in persona del proprio amministratore e l.r.p.t, contestava tutto quanto ex adverso dedotto ed eccepito, ed in particolare rimarcava la legittimità di tutto gli addebiti rendicontati in bilancio; specificava, inoltre, che tutta la documentazione richiesta era stata in effetti consegnata all'attore. Concludeva, pertanto, per il rigetto della domanda, con vittoria di spese. Veniva espletata l'istruttoria ritenuta rilevante, ed in particolare veniva disposta CTU volta alla verifica della regolarità delle rendicontazioni effettuate in sede di bilancio approvato. Depositata la perizia, la causa veniva ritenuta matura per la decisione. L'udienza del 23/05/2024, disposta per la discussione ex art 281 sexies c.p.c., veniva sostituita dal deposito di note di trattazione scritta; nessuna delle parti costituite proponeva opposizione alla suddetta modalità di trattazione nel termine stabilito dalla legge e, anzi, entrambe depositavano note, in cui concludevano riportandosi a tutte le difese in atti. Il giudizio viene pertanto deciso con la presente pronuncia, allegata al provvedimento ex art 127 ter c.p.c.. Preliminarmente, non può dubitarsi della legittimazione attiva dell'attore; ed infatti, l'art. 63 co 4 delle disp. att. del codice civile stabilisce, nel caso di vendita di un immobile facente parte di condominio, la solidarietà dell'alienante e dell'acquirente rispetto ai debiti di natura condominiale relativi all'annualità in corso e a quella precedente alla data della vendita. Permane, pertanto, l'interesse dell'attore alla pronuncia in esame. Nel merito, la domanda va rigettata per le ragioni che qui si diranno. Quanto alla mancata consegna di documenti, va rilevato in primo luogo che per la costante giurisprudenza di legittimità "se ciascun comproprietario ha la facoltà di richiedere e di ottenere dall'amministratore del condominio l'esibizione dei documenti contabili in qualsiasi tempo e senza avere neppure l'onere di specificare le ragioni della richiesta finalizzata a prendere visione o estrarre copia dai documenti, è altresì certo che l'esercizio di tale facoltà non deve risultare di ostacolo all'attività di amministrazione, nè rivelarsi contraria ai principi di correttezza" (tra le altre, in questi termini, Cass. Civ. Sez. VI-2, 28/07/2020, n. 15996; Cass. Civ. Sez. 2, 21/09/2011 n. 19210; Cass. civ. Sez. 2, 29/11/2001, n. 15159). In sostanza, se è vero che in capo all'amministratore grava l'onere di esibizione dei documenti contabili, è anche vero che le richieste del singolo condomino non posso costituire violazione del principio di leale collaborazione tra le parti, rappresentando un ostacolo per lo svolgimento dell'attività dell'amministratore. Ebbene nel caso in esame, deve rilevarsi che l'amministratore, tenuto conto della puntuale richiesta da parte del (...) ha prontamente provveduto a rilasciare allo stesso copia della documentazione richiesta, necessaria alla verifica di quanto oggetto del bilancio consuntivo ad approvarsi. Irrilevanti, e contrarie al principio di buona fede, appaiono le ulteriori doglianze mosse dalla parte attrice, a fronte della consegna della documentazione. Quanto, infatti, al registro dell'anagrafe condominiale, l'amministratore ha prontamente provveduto alla consegna dell'elenco dei nominativi dei condomini e a fronte di ciò, l'attore non ha esplicitato le ragioni per cui la documentazione in effetti consegnata, non sarebbe stata idonea. Parimenti è a dirsi quanto al contratto di manutenzione ascensore: la documentazione consegnata, appare idonea, prima facie, alla verifica della rispondenza dei costi con la contabilizzazione operata in consuntivo, ragion per cui non si ravvisa l'incidenza della mancata consegna del contratto sulla validità della delibera assembleare. Ancora, infine, medesimo ragionamento è possibile operare in ordine alla mancata consegna della movimentazione del conto corrente condominiale in quanto dalla documentazione consegnata dall'amministratore è possibile rinvenire il complesso di rapporti dare-avere di cui il condominio era titolare all'epoca. Per altro, tutte le suddette conclusioni sono consolidate proprio dal comportamento dell'attore che, nell'avviare il presente procedimento, ha pedissequamente sottoposto a critica l'operato dell'amministratore proprio sulla base della documentazione dallo stesso pervenuta. Alla luce di ciò, deve senza dubbio ritenersi che la perduranza della richiesta da parte del (...), anche a seguito della consegna da parte dell'amministratore della documentazione, da cui emergono i dati necessari per una consapevole partecipazione all'assemblea di approvazione del consuntivo, rappresenti un ostacolo all'attività dell'amministratore, e una violazione del principio di correttezza, anche alla luce del rapporto di collaborazione verosimilmente richiesto nell'ambito dei rapporti condominiali. Venendo al merito, la questione è stata correttamente rimessa all'accertamento del consulente tecnico d'ufficio, cui è stato, in particolare, demandato, di verificare la rispondenza tra la documentazione contabile in atti e le risultanze del bilancio consuntivo approvato e oggetto di impugnativa. Quanto al primo punto contestato, è stato chiesto al consulente di accertare la regolarità della rivalsa esposta nel compenso amministratore rispetto alla deliberazione assembleare di conferimento dell'incarico. Il CTU sul punto ha in primo luogo premesso che "i professionisti che esercitano un'attività per la quale non è prevista un'apposita cassa di previdenza sono tenuti all'iscrizione alla gestione separata dell'Inps. La gestione separata è un regime contributivo che prevede il pagamento di un contributo annuo, calcolato in percentuale sul reddito imponibile del professionista (...) i soggetti tenuti all'iscrizione alla gestione separata, hanno la facoltà di addebitare in fattura al proprio committente una maggiorazione del 4% del compenso concordato, fermo restando che resta a suo carico l'obbligo del pagamento dei contributi Inps. Addebitando la rivalsa il professionista, in pratica, fa concorrere alla propria contribuzione previdenziale il soggetto committente, chiamato a versare il 4% del compenso, a titolo di rivalsa del contributo previdenziale Inps." Venendo al caso in esame, la consulente ha chiarito che dal consuntivo comparato dal 01/01/2014 al 31/12/2014, risulta un compenso all'amministratore del (...) per complessivi Euro 2.017,39 calcolando la rivalsa al 6% (Euro114,19) e quindi in violazione dell'indicazione normativa del 4%, articolo 1, comma 212, della Legge n. 622/1996: ne discende che il compenso base, senza rivalsa, è pari ad Euro 1.903,20. Calcolando, al contrario, la rivalsa al 4%, la stessa sarebbe pari Euro 76,13: la differenza totale ammonta, quindi, ad Euro38,06, di cui, a credito del condominio (...), Euro 1,48 (Millesimi 34,70 su 997,739). In ordine a tale conclusione, deve in primo luogo anticiparsi, come più in avanti si avrà modo di argomentare approfonditamente, che trattasi dell'unico punto rispetto al quale la CTU ha, in effetti, rilevato una incongruenza. Può, però, ritenersi, che tale incongruenza, per la sua entità minima, non può in alcun modo incidere sulla validità della delibera assembleare impugnata. Sul punto vale specificare che secondo la maggioritaria giurisprudenza di legittimità, "il condomino che intenda impugnare una delibera dell'assemblea, per l'assunta erroneità della disposta ripartizione delle spese, deve allegare e dimostrare di avervi interesse, il quale presuppone la derivazione dalla detta deliberazione di un apprezzabile pregiudizio personale, in termini di mutamento della sua posizione patrimoniale." Cass. civ. ordinanza n. 6128 del 09/03/2017. Per la scarsa entità della differenza sostanziale riscontrata (pari ad Euro 1.48), deve escludersi che il credito derivante possa comportare un apprezzabile mutamento della posizione patrimoniale dell'attore, con conseguente rigetto del relativo punto. Come anticipato, tutti gli altri punti della delibera impugnati, sono stati considerati validi dall'analisi del CTU. Quanto al secondo punto oggetto di contestazione, l'incongruenza degli importi fatturati nel registro di contabilità e nel consuntivo in ordine al compenso dell'amministratore, il CTU ha chiarito che "che il principio di competenza economica è una prassi amministrativa che consiste nel considerare, nel conto economico di un bilancio d'esercizio, solo i costi e i ricavi che si riferiscono e hanno effetto in quel periodo di tempo, a prescindere dalle manifestazioni finanziarie già avvenute o che devono ancora avvenire". Ciò posto, dal bilancio comparato dal 01/01/2014 al 31/12/2014 emerge un costo per compenso amministratore per Euro 2.017,39, che fa correttamente riferimento alle spese di competenza dell'esercizio: la somma non indicata nel registro di contabilità (in cui si fa riferimento solo alla somma di Euro 1.849,27) non è ivi annotata poiché nella compilazione del registro, si fa riferimento al principio di cassa, per cui mancano gli esborsi in effetti non ancora perfezionatisi. "Nel riepilogo finanziario/Stato Patrimoniale, invece, sono stati correttamente inseriti i costi di competenza dell'esercizio ma che alla data del riepilogo non risultano ancora pagati nella voce debiti v/fornitori. È corretto, pertanto, riportare tra i debiti verso fornitori l'importo di Euro 168,12 (ovvero Euro 2.017,39 - Euro 1.849,77). Gli importi sono stati correttamente ripartiti." Con riferimento al terzo punto oggetto di contestazione, la consulente ha chiarito che dalla documentazione in atti risultano tutti i giustificativi relativi alla voce "Manutenzione ordinaria Scala A" - per la cui indicazione specifica si rimanda al corpo della relazione peritale. Pertanto, l'importo di Euro 446,20 risulta correttamente giustificato e correttamente imputato. Parimenti, con riferimento al quarto punto oggetto di contestazione, inerente la spesa di pulizia della scala "A" e del piazzale, la consulente ha chiarito che dalla documentazione in atti risultano le seguenti fatture: - fattura n. 391 del 05/12/2014 relativa al servizio di pulizia per Euro 317,20; - fattura n. 25 del 02/01/2015 relativa al servizio di pulizia del mese di dicembre 2014 per Euro 317,20. Anche nel caso di specie l'amministratore di condominio non ha riportato nel registro di contabilità le voci di costo contestate in ragione dell'applicazione del principio di cassa, in quanto tali uscite non erano state ancora effettuate; le voci sono però presenti nel riepilogo finanziario/Stato Patrimoniale. Pertanto, anche tale importo risulta correttamente ripartito tra i condomini. Infine, con riferimento al quinto punto oggetto di contestazione, con riferimento alle spese di verifica biennale ascensore scala "A", il consulente ha chiarito che nella documentazione in atti risulta la fattura n. 5221 del 07/10/2014 della (...) s.p.a. di complessivi Euro 294,91 e relativa alla verifica periodica dell'impianto ascensore Scala A e (...). Dal bilancio comparato risulta che l'amministratore ha imputato tale costo di competenza dell'anno 2014 per il 50% alla: tabella B "Scala e Ascensore Scala A per Euro 152,25 e alla tabella B "Scala e Ascensore Scala B per Euro 152,25. Anche in questo caso, l'amministratore di condominio non ha riportato nel registro di contabilità la voce di costo contestata in ragione dell'applicazione del principio di cassa. Pertanto, anche il suddetto importo, è stato correttamente ripartito. Delle conclusioni cui è giunto il CTU nella propria relazione peritale non si ha alcun motivo di dubitare. Ed infatti, ferma la coerenza tra le premesse metodologiche e le conclusioni stesse, non può non sottolinearsi il chiaro riferimento a tutta la documentazione depositata in atti e, soprattutto, ai principi generali in materia di tenuta della contabilità applicabili al caso in esame. In particolare, in risposta alle contestazioni sollevate da parte attrice in sede di osservazioni, la dott. (...) ha rilevato che "l'art. 1130 bis c.c. dispone anche che nel registro di contabilità devono essere annotate le voci di entrate e di uscita (principio di cassa), per cui se ne deduce che al rendiconto condominiale si applica il criterio misto di cassa (per la tenuta del registro di contabilità) e di competenza (per la redazione del riepilogo finanziario). In tal senso Trib. Roma sentenze nn. 246/2019 e 1918/2019. Nel caso di specie l'amministratore di condominio non ha riportato nel registro di contabilità le voci di costo contestate poiché per il principio di cassa tali uscite non sono state ancora effettuate. Nel riepilogo finanziario/Stato Patrimoniale sono stati correttamente inseriti i costi di competenza dell'esercizio ma che alla data del riepilogo non risultano ancora pagati nella voce debiti v/fornitori." Proprio in applicazione dell'art. 1130 bis del Codice civile - a norma del quale "Il rendiconto condominiale contiene le voci di entrata e di uscita ed ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili ed alle eventuali riserve che devono essere espressi in modo da consentire l'immediata verifica. Si compone di un registro di contabilità, di un riepilogo finanziario, nonché di una nota sintetica esplicativa della gestione con l'indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti" -, pertanto, si impone, nell'ambito dei rapporti condominiali, l'utilizzo del criterio di cassa per la compilazione del registro di contabilità, senza, però, che l'applicazione del suddetto principio, possa incidere sulla ripartizione di tutte le spese di competenza dell'annualità in corso, laddove di tali spese vi sia idoneo giustificativo, pur non essendo stato già operato l'esborso pecuniario relativo. La domanda va, per tutte le ragioni anzidette, integralmente rigettata. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo ai sensi del DM 147/2022, secondo il valore della controversia, prendendo come riferimento i parametri minimi, stante l'assenza di questioni in fatto e in diritto di particolare complessità. Parimenti in capo all'attore soccombente vengono definitivamente poste le spese di CTU, come liquidate in separato decreto del 14/01/2021. P.Q.M. Il Tribunale di Nocera Inferiore, seconda sezione civile, in composizione monocratica, definitivamente pronunziando sulla domanda promossa come in epigrafe, disattesa ogni altra istanza ed eccezione, così provvede: a) rigetta la domanda; b) condanna parte attrice al pagamento, in favore di parte convenuta delle spese di lite, che liquida in complessivi Euro 1.278,00 oltre Iva e Cpa, come per legge, e rimb. spese forf. (nella misura del 15% del compenso); c) pone definitivamente in capo a parte attrice le spese di CTU, come liquidate in separato decreto. Depositato telematicamente in data 31 maggio 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE D'APPELLO DI VENEZIA SECONDA SEZIONE CIVILE Riunita in Camera di Consiglio in persona dei Signori Magistrati: Dottor Guido Santoro Presidente Dottor Dario Morsiani Consigliere Dottoressa Loretta Lenzi Giudice Aus.Est. ha pronunciato la seguente SENTENZA definitiva nella causa civile in grado di appello n. 924/22 R.G., posta in decisione all'udienza di precisazione delle conclusioni del 6.12.2023; promossa da: SUPERCONDOMINIO (...) (CF: (...)); rappresentato e difeso dall'Avv. (...) ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Verona, (...); appellante; contro: CONDOMINIO (...) (CF: (...)); rappresentato e difeso dall'Avv. (...) ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Verona, Via (...); appellato e appellante incidentale; In punto a: appello avverso la sentenza n. 712/2022 del Tribunale di Verona, depositata il 13 aprile 2022; Conclusioni nell'interesse dell'appellante: "Nel merito: in riforma dell'impugnata sentenza, accertarsi e dichiararsi la legittimazione passiva dell'amministratore del Cond. (...) in ordine alla notifica del DI opposto e per l'effetto confermarsi il DI n. 3228/20 emesso in data 27.10.2020 dal Tribunale di Verona per l'importo di Euro 5.991,59 oltre spese". Conclusioni nell'interesse dell'appellata: a) IN VIA PREGIUDIZIALE: dichiarare inammissibile l'appello interposto dal (...) (C.F. (...)), in persona dell'amministratore condominiale pro tempore, geom. (...), corrente in Verona, Via (...) per la non ragionevole probabilità di accoglimento ex art. 348 bis, comma 1, c.p.c.; b) IN VIA PREGIUDIZIALE E PRELIMINARE: dichiarare inammissibile e/o improcedibile l'appello interposto dal (...) (C.F. (...)), in persona dell'amministratore condominiale pro tempore, corrente in Verona, Via (...), per un difetto di costituzione dello stesso, per le motivazioni di cui alle note di prima udienza in atti, con le conseguenti determinazioni; C) IN VIA PRINCIPALE: NEL MERITO: respingere l'impugnazione proposta da parte appellante e comunque respingersi le domande tutte proposte dal condominio (...) (C.F. (...)), in persona dell'amministratore condominiale pro tempore, geom. (...), corrente in Verona, Via (...) confermando il capo della sentenza impugnata in cui si accoglie l'opposizione avverso il decreto ingiuntivo interposta da CONDOMINIO (...) (C.F. (...)), in persona dell'amministratrice condominiale pro tempore, dott.ssa (...), corrente in Verona, (...), per la carenza di legittimazione passiva del condominio "(...)", e di conseguenza dichiarare che nulla è dovuto da parte dello stesso in favore del supercondominio (...); D) IN VIA DI APPELLO INCIDENTALE: i) In parziale riforma della sentenza n. 712/2022 Sent., N. 9223/2020 R.G., del Tribunale di Verona, letta in udienza e depositata il 13 aprile 2022, notificata in data 14 aprile 2022, accertare e dichiarare in ogni caso l'improcedibilità della domanda monitoria promossa da (...), in persona dell'amministratore pro tempore, rubricata al n. 3228/2020, R. G. N. 7433/2020, repert. N. 3794/2020 del 27/10/2020, Tribunale di Verona, per le motivazioni emerse in corso di causa, e, per l'effetto, revocare e/o porre nel nulla e/o dichiarare privo di ogni effetto giuridico il citato decreto ingiuntivo telematico, condannando altresì il creditore ingiungente a rifondere al Condominio (...), in persona del legale rappresentante pro tempore, tutte le somme corrisposte a causa di detto procedimento ingiuntivo immediatamente esecutivo, oltre alla vittoria delle spese e delle competenze di lite in entrambi i gradi di giudizio, anche sulla base del principio che regola la cosiddetta "soccombenza virtuale", oltre rimborso forfettario spese generali, I.V.A., se dovuta, C.P.A., successive occorrende e, se del caso, condanna di controparte anche ai sensi delle disposizioni di cui all'art. 96, terzo comma, c.p.c., al pagamento di una ulteriore somma equitativamente determinata; ii) In parziale riforma della sentenza n. 712/2022 Sent., N. 9223/2020 R.G., del Tribunale di Verona, letta in udienza e depositata il 13 aprile 2022, notificata in data 14 aprile 2022, in conseguenza dell'accoglimento della presente opposizione a decreto ingiuntivo ex art. 645 c.p.c., condannarsi il supercondominio "(...)", in persona dell'amministratore pro tempore, a restituire al Condominio "(...)", in persona dell'amministratore pro tempore, la somma di Euro =7.526,53= dallo stesso corrisposta in ragione della provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo opposto e con animo di ripetizione, somma da integrare con gli interessi legali maturati e maturandi dalla data del pagamento sino al saldo effettivo; iii) In parziale riforma della sentenza n. 712/2022 Sent., N. 9223/2020 R.G., del Tribunale di Verona, letta in udienza e depositata il 13 aprile 2022, notificata in data 14 aprile 2022, per i motivi di cui al presente atto, condannarsi il supercondominio "(...)", in persona dell'amministratore pro tempore, all'integrale rifusione delle spese processuali del giudizio di primo grado e del procedimento di mediazione ex D.Lgs. n. 28/2010, ivi compresi i compensi, rimborso forfet. spese gen. 15%, CPA ed IVA (se dovuta); Con vittoria delle spese e delle competenze di lite, oltre a quelle del procedimento di mediazione ex D.Lgs. n. 28/2010, oltre rimborso forfettario spese generali, I.V.A., se dovuta, C.P.A., successive occorrende, anche sulla base del principio che regola la cosiddetta "soccombenza virtuale", e condanna di controparte anche ai sensi delle disposizioni di cui all'art. 96, terzo comma, c.p.c., al pagamento di una ulteriore somma equitativamente determinata". Concisa esposizione delle ragioni in fatto e diritto della decisione 1. Il Condominio (...) ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Verona il Supercondominio (...) per opporsi al decreto ingiuntivo che quest'ultimo aveva chiesto e ottenuto dal Tribunale di Verona contro l'attore opponente. Sosteneva il Condominio, fra l'altro, di non avere legittimazione passiva in relazione al recupero di credito di spese del supercondominio tramite la procedura monitoria. 2. Si costituiva in giudizio il Supercondominio insistendo per la conferma del decreto ingiuntivo, ma il Tribunale accoglieva l'eccezione di difetto di legittimazione passiva del Condominio (...), sulla base dei documenti depositati agli atti di causa, revocando il decreto ingiuntivo e compensando le spese del giudizio, in relazione alla complessità interpretativa degli artt. 1117 bis e 67 disp. att. del Codice Civile, come novellati nel 2012. 3. Contro la sentenza n. 712/2022 del Tribunale di Verona ha promosso appello il Supercondominio sostenendo due motivi di appello, entrambi per violazione di legge: "sul Supercondominio come ente sovraordinato ai singoli Condominii"; "sul pagamento dei contributi dovuti al Supercondominio per la gestione dei beni e servizi comuni ai condominii". Eccepiva altresì che l'amministratore del Condominio (...) non fosse munito di delibera condominiale per promuovere l'appello, eccezione che la Corte respingeva con propria ordinanza del 27.9.2022 ricordando "che la delibera condominiale con la quale si autorizza l'amministratore a promuovere un giudizio vale per tutti i gradi del giudizio stesso e conferisce quindi implicitamente la facoltà di proporre impugnazione...e che la procura rilasciata al difensore prevede espressamente il potere di impugnazione". 4. Si costituiva in giudizio il Condominio (...) il quale chiedeva la reiezione dell'appello e la riforma parziale della sentenza di primo grado deducendo appello incidentale, chiedendo: - dichiararsi l'improcedibilità delia causa per difetto di media conciliazione; - infondatezza della pretesa creditoria anche con riferimento al quantum preteso illegittima modifica della causa petendi e del petitum; - la restituzione della somma corrisposta al supercondominio in forza del decreto ingiuntivo e la rifusione delle spese di lite e mediazione che erano state compensate dal Tribunale; - compensazione delle spese legali; - condanna ex art. 96 3° comma cpc. Eccepiva altresì, l'inammissibilità dell'appello ex art. 348 bis cpc, eccezione che la Corte respinge in quanto deve ritenersi preclusa dall'ulteriore svolgimento del processo di appello, sancendo l'art. 348 ter c.p.c. che l'ordinanza di inammissibilità deve essere adottata "prima di procedere alla trattazione" e, dunque, non oltre l'udienza di cui all'art. 350 c.p.c. (cfr. Cass. 14696/2016). 5. La Corte esamina i motivi di appello principale. Il primo e il secondo motivo di appello principale, vengono trattati insieme perché connessi e sono infondati. Il Supercondominio non è un ente sovraordinato ai singoli Condominii, cioè non è un Condominio di Condominii come affermato da parte appellante. E' invece l'amministrazione delle parti comuni alle proprietà dei singoli condomini, che non afferiscano all'amministrazione condominiale dei loro beni. Sostiene infatti la Suprema Corte nella sentenza n. 22954/2022 che " il supercondominio, non è un ente di gestione che accorpa altri enti di gestione, cioè i condominii, ma è una comunione qualificata di cui fanno parte direttamente i condomini, ossia una collettività di condomini accomunati dal vincolo funzionale che ricorre tra parti comuni a più unità immobiliari o a più edifici ovvero a più condominii di unità immobiliari ex art. 1117 bis cc"; la stessa sentenza precisa che l'amministratore del Supercondominio ha il potere di chiedere direttamente il pagamento degli oneri ai singoli condomini, senza dover transitare per le assemblee e i bilanci condominiali, che non siano quelle del Supercondominio. Non esiste pertanto una supremazia del supercondominio nei confronti del Condominio, che consentirebbe al primo di riscuotere gli oneri condominiali attraverso i singoli enti di gestione. Pertanto, erroneamente parte appellante pretende di considerare il giudizio intentato davanti al Tribunale alla stregua di una qualsiasi opposizione a decreto ingiuntivo da parte di un condòmino moroso, che non abbia tuttavia impugnato le delibere di approvazione del rendiconto o del bilancio preventivo. I motivi di opposizione a decreto ingiuntivo e, in generale, i motivi di contestazione delle pretese avversarie da parte del Condominio (...) si fondano sul fatto che il Condominio "(...)" non è titolare di diritti su parti comuni del supercondominio "(...)" e pertanto, non essendo condòmino del supercondominio, esso non è obbligato a versare gli oneri supercondominiali. Che il supercondominio sia costituito da ciascuno dei proprietari di unità immobiliari poste nei fabbricati dei singoli condominii è assunto confermato dalla giurisprudenza e dalla Legge n. 220/2012 col conseguente inserimento dell'art. 1117-bis nel Codice civile. Se il legislatore avesse voluto riconoscere ai singoli enti condominiali la qualità di condòmini del supercondominio, avrebbe necessariamente attribuito loro una personalità giuridica, invece pacificamente esclusa anche dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. civ., SS.UU., n. 10934/2019). Il Condominio "(...)" non risulta titolare di alcun diritto di comproprietà sulle parti comuni del supercondominio "(...)". Del resto le singole unità immobiliari in supercondominio devono dotarsi di apposita tabella millesimale supercondominiale, ben distinta dalle tabelle millesimali di ciascun condominio e che indichi appunto la quota millesimale di ciascuna unità immobiliare rispetto all'intero supercondominio: tale necessità deriva dal combinato disposto degli artt. 1117-bis c.c. e 68 disp.att.cod.civ., ma anche da consolidata giurisprudenza (Cass. civ. n. 15262/2018: "laddove esiste un supercondominio, devono esistere due tabelle millesimali: la prima riguarda i millesimi supercondominiali e stabilisce la ripartizione della spesa tra i singoli condomini per la conservazione e il godimento delle parti comuni a tutti gli edifici; la seconda tabella è, invece, quella normale interna ad ogni edificio"). Pertanto, poiché l'obbligo di partecipare alle spese condominiali è connaturato alla titolarità reale ed effettiva del diritto, il Condominio "(...)" non è obbligato a pagare alcunché al supercondominio. La tesi di parte appellante, secondo la quale la ripartizione degli oneri supercondominiali andrebbe effettuata tra condominii, anziché tra condòmini, viene confutata dagli stessi documenti prodotti da controparte nel procedimento monitorio. Dai piani di ripartizione, infatti, emerge che alcune spese sono state attribuite personalmente a singoli condòmini, anziché ai condominii (cfr. doc. n. 3 del procedimento monitorio), e risulta altresì che, anche più recentemente, alcuni condòmini abbiano versato somme sul conto corrente del supercondominio "(...)", quindi con pagamento diretto (cfr. doc. n. 4, fascicolo di primo grado di parte appellata incidentale). Nessuna commistione può sussistere tra la gestione del condominio e quella del supercondominio, e ciascun condòmino deve necessariamente provvedere a versamenti separati: la quota destinata al proprio condominio andrà versata sul conto corrente del condominio; la quota destinata al proprio supercondominio, sul conto corrente del supercondominio. Nel caso che ci occupa va censurato il comportamento di parte appellante di onerare coattivamente il Condominio (...) a ripartire tra i propri condòmini la spesa loro attribuita sulla base dei rendiconti di gestione del supercondominio relativi agli anni 2016, 2017 e 2018, e del bilancio preventivo 2019. Infine, come confermato dalla recente sentenza Cass. civ. n. 22954/2022 l'amministratore del condominio (...) non ha legittimazione attiva in ordine al pagamento ed alla ripartizione delle spese supercondominiali tra i condòmini del condominio "(...)" e alla susseguente riscossione (artt. 1129, 1130 e 1131 c.c.). 6. La Corte osserva che avendo accertato la carenza di legittimazione passiva del Condominio (...), i motivi dell'appello incidentale risultano privi di interesse, fatta eccezione: -per la richiesta la restituzione della somma pagata in forza del decreto ingiuntivo opposto ed annullato dal Tribunale, domanda che va accolta; - per la richiesta di condanna ex art. 96 c.p.c. che non può trovare accoglimento, non versandosi in ipotesi di abuso del processo o di azione connotata da dolo o colpa grave: - per la richiesta di modifica della dichiarazione di compensazione fra le parti delle spese processuali, che va accolta, dovendosi fare applicazione della regola della soccombenza. 7. Le spese del grado di appello seguono la soccombenza e vengono liquidate, come quelle di primo grado, nel dispositivo, sulla base del DM 55/14 e novellazioni. P.Q.M. La Corte d'Appello di Venezia definitivamente pronunciando ogni altra domanda ed eccezione reietta, in parziale riforma dell'appellata sentenza come da motivazione, decide come segue: a) conferma la sentenza di primo grado nella parte in cui revoca il decreto ingiuntivo opposto per carenza di legittimazione passiva del Condominio (...) e, in parziale riforma dell'impugnata sentenza: condanna il Supercondominio (...) a restituire al Condominio (...) le somme corrisposte in forza del decreto ingiuntivo opposto e annullato, oltre interessi legali dal dì del pagamento fino a quello della restituzione; b) condanna il Supercondominio (...), appellante, alla rifusione delle spese legali di primo grado a favore del Condominio (...), liquidate in Euro 1.500, oltre il 15% per spese generali, CPA 4% ed IVA di legge, nonché il rimborso del contributo unificato e delle opere di mediazione; c) condanna il supercondominio appellante alla rifusione delle spese legali del grado di appello a favore del Condominio (...) che liquida in Euro 3.500, oltre il 15% per spese generali, CPA 4% ed IVA di legge. Dà atto della sussistenza del presupposto procedimentale di cui all'art. 13 co. 1 quater d.p.r. 115/2002 con riguardo all'appello principale. Così deciso in Venezia, lì 7 giugno 2023. Depositata in Cancelleria il 21 giugno 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni - Presidente Dott. ORILIA Lorenzo - Consigliere Dott. MOCCI Mauro - Consigliere Dott. ROLFI Federico - Consigliere Dott. CAPONI Remo - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 2036-2018 proposto da: (OMISSIS), rappresentato e difeso dall'avvocato (OMISSIS), domiciliato in (OMISSIS) presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS); - ricorrente - contro SUPERCONDOMINIO VIA (OMISSIS), rappresentato e difeso dall'avvocato (OMISSIS), domiciliato in (OMISSIS) presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS); -controricorrente- nonche' (OMISSIS); - intimata - avverso la sentenza della CORTE DI APPELLO DI BARI n. 917 DEL 2017 depositata il 13/07/2017. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/05/2023 dal consigliere REMO CAPONI. Lette le osservazioni del P.M., nella persona del sostituto procuratore generale, FULVIO TRONCONE, che ha concluso per il rigetto del ricorso. FATTI DI CAUSA Nel 2000 (OMISSIS) e (OMISSIS), separatamente, adivano il Tribunale di Trani (Sezione distaccata di Molfetta), per l'annullamento della delibera condominiale del 2000 con cui il Supercondominio di via (OMISSIS) aveva "revocato" un'esenzione dalle spese di esercizio e di consumo accordata di fatto a taluni condomini distaccatisi dall'impianto centralizzato di riscaldamento. Antefatti: nel 1989, due dei condomini avevano proposto la cessazione del servizio centralizzato di riscaldamento entro il 1992, senza prospettare le modalita' di trasformazione in impianti unifamiliari. Nel 1991 uno dei due condomini deliberava di compiere il distacco entro qualche mese. Viceversa, nel 1992 il Supercondominio decideva di proseguire nell'utilizzazione dell'impianto esistente. Nel 1993 i tre amministratori dei condomini concordavano di negare distacchi unilaterali intimando a chi si era gia' distaccato di riprendere a pagare interamente le quote per le spese del riscaldamento centralizzato. Seguono circa sette anni in cui tale intimazione non riceve seguito (nei confronti degli attori), finche' nel 2000, con la delibera impugnata, l'assemblea del Supercondominio decideva di non agire per il saldo delle spese pregresse, ma si determinava a non tollerare piu' in futuro esenzioni da parte dei condomini nel frattempo distaccatisi. In primo e in secondo grado le domande attoree venivano rigettate. Su ricorso in cassazione di (OMISSIS), Cass. 8727/2014 annullava la sentenza di appello sotto il profilo dell'omesso rilievo del litisconsorzio necessario processuale in relazione ad (OMISSIS) che non aveva partecipato al giudizio di appello, mentre dichiarava assorbito il secondo motivo di ricorso con il quale (OMISSIS) denunciava la violazione dell'articolo 1123 comma 2 e 3 c.c. Riassunto il processo in sede di rinvio, la Corte di appello rigettava l'appello e confermava di nuovo la pronuncia di primo grado di rigetto dell'impugnazione della delibera condominiale. Ricorre in cassazione (OMISSIS) con tre motivi, illustrati da memoria. Resiste il Supercondominio con controricorso. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. - In seguito alla l. n. 220 del 2012, il tema al centro del presente ricorso (il distacco di singoli condomini dall'impianto centralizzato di riscaldamento) riceve una distinta disciplina nell'articolo 1118 comma 4 c.c., che pero' non si applica ratione temporis alla presente controversia, in quanto instaurata anteriormente. 2. - Con il primo motivo si denuncia che il Supercondominio abbia errato nel ripartire le spese del riscaldamento centralizzato, che serve i singoli condomini in maniera diversa, cosicche' le spese sono da ripartire in proporzione dell'uso che ciascun condomino puo' farne (si denuncia violazione dell'articolo 1123 comma 2 e 3 c.c.). Inoltre, si censura che, al fine di rinunziare all'uso del riscaldamento centralizzato e di usufruire di un corrispondente sgravio di spese, il ricorrente sia stato gravato dell'onere di provare - attraverso informazione preventiva corredata da documentazione tecnica - che dal suo distacco dall'impianto di riscaldamento centralizzato non derivino notevoli squilibri o aggravi di spesa per gli altri condomini. Infatti, il criterio legale di ripartizione delle spese si fonda sul beneficio che dalle cose comuni puo' derivare ad ogni condomino, quando esse sono destinate a servire in maniera diversa, ossia e' basato sulla proporzione dell'uso che ciascuno e' posto in grado di fare. Cio' al fine di evitare l'indebito arricchimento dei condomini che beneficiano della cosa comune e vedano poi le spese ripartite anche a carico dei condomini che non ne possano usufruire. Nel caso di specie, e' da tenere conto che il ricorrente, abitante all'ul-timo piano dell'edificio, non poteva piu' usare il servizio di riscaldamento centralizzato a causa della corrosione delle diramazioni terminali. Infine, si censura che la Corte di appello, pur accertando che e' possibile un'opera di risanamento, non abbia rilevato la mancata previsione nella delibera impugnata di un intervento di riparazione del servizio di riscaldamento, affinche' tutti i condomini potessero trarne identicamente beneficio. Il primo motivo e' inammissibile. Esso non coglie la ratio decidendi, che e' fondamentalmente la seguente: l'obbligo del condomino di contribuire alle spese necessarie non solo alla conservazione, ma anche al godimento delle parti comuni dell'edificio, alla prestazione dei servizi nell'interesse comune e alle innovazioni deliberate dalla maggioranza trova la sua fonte nella comproprieta' delle parti comuni dell'edificio (articolo 1123 comma 1 c.c.). Ne segue che la semplice circostanza che l'impianto centralizzato di riscaldamento non eroghi sufficiente calore non puo' giustificare un esonero dal contributo, neanche per le sole spese di esercizio, poiche' il condomino non e' titolare di una pretesa a una prestazione sinallagmatica nei confronti del condominio e quindi non puo' sottrarsi dal contribuire alle spese allegando la mancata o insufficiente erogazione del servizio (cfr. per tutte Cass. SU 10492/1996, richiamata espressamente dalla sentenza, p. 14), essendo ben altri gli strumenti che l'ordinamento mette a disposizione per reagire all'inerzia manutentiva del condominio (in questo senso, cfr. anche le osservazioni del P.M.). A cio' si aggiunge che nel caso di specie "la prova orale (...) non ha (...) confermato la situazione d'irreversibile degrado che a dire del (OMISSIS) l'aveva indotto a distaccarsi dall'impianto centralizzato. Invero nella comunicazione del 22/06/1991 egli ha denunciato solo la difettosita' degli sfiatatoi dell'impianto. Le testimonianze (...) hanno fatto riferimento esclusivamente a fenomeni di corrosione e ruggine, ma (...) non emerge affatto che fosse impossibile un'agevole opera di risanamento" (p. 14). Inoltre, prosegue la Corte, non vi e' prova di insufficienza del potere di riscaldamento. Viceversa, i passi della sentenza aggrediti dal ricorrente costituiscono mere argomentazioni di rincalzo (che indubbiamente avrebbero trovato una collocazione migliore alla fine della motivazione). In conclusione, il primo motivo e' inammissibile. 3. - Con il secondo motivo si denuncia che la Corte di appello abbia errato nell'interpretare l'accordo intervenuto di fatto tra le parti sul distacco dal riscaldamento centralizzato dopo le deliberazioni dei singoli condomi'ni e la mancata realizzazione degli interventi di manutenzione sulle diramazioni terminali (si deduce violazione degli articoli 1322, 1362, 1366 c.c.). Si censura che la controversia sia stata inquadrata invece nell'ambito della disciplina ex l. 10-1991 (sul risparmio energetico e le fonti rinnovabili) concernente le maggioranze assembleari necessarie per l'installazione degli impianti unifamiliari, omettendo di rilevare che i condomini avevano tollerato per sette anni il mancato pagamento da parte degli attori delle spese relative all'uso del riscaldamento centralizzato per poi asserire contraddittoriamente che non avevano avuto consapevolezza dell'intervenuta adozione di criteri diversi. Si era cosi' perfezionato per fatti concludenti un accordo di scambio tra il mancato intervento di manutenzione e il mancato risarcimento dei danni all'appartamento, da un lato, e, dall'altro lato, la concessione del distacco dall'impianto di riscaldamento centralizzato (ne sarebbe un indizio anche il termine "revoca" impiegato nella delibera impugnata). Il secondo motivo e' infondato. La Corte di appello ben richiede l'unanimita' dei consensi per l'accordo derogatorio delle regole legislative di ripartizione delle spese e ben invoca a tale proposito Cass. 7884/1991. Secondo tale pronuncia, la disciplina della ripartizione delle spese condominiali puo' essere modificata da una nuova convenzione, la quale richiede il consenso di tutti i condomini, che puo' essere espresso anche per facta concludentia, consistenti in un comportamento dal quale possa inequivocabilmente desumersi, alla stregua del senso comune, una volonta' determinata, indirizzata ad uno specifico contenuto. Assume in questo contesto un carattere persuasivo anche il caso di specie sotteso a Cass. 7884/1991. Si trattava di un'applicazione di mutati criteri di ripartizione delle spese condominiali, distesasi lungo un arco di tempo pluriennale, in cui non si e' ravvisata la consapevolezza del mutamento dei criteri e delle relative tabelle millesimali, cosicche' si e' esclusa la formazione di un nuovo accordo per fatti concludenti. A completamento dell'argomentazione, la Corte di appello di Bari osserva che le delibere programmatiche relative alla cessazione del riscaldamento centralizzato non costituiscono prova della consapevolezza da parte dei condomini del distacco dal riscaldamento centralizzato operato da (OMISSIS) ne' indice inequivoco della loro volonta' di mutare la ripartizione delle spese di gestione. In conclusione, essendo la statuizione della Corte territoriale conforme a diritto, il secondo motivo e' rigettato. 4. - Con il terzo motivo si denuncia che la Corte di appello abbia violato l'articolo 1136 c.c., sul quorum per la validita' delle deliberazioni, con riferimento alla decisione adottata nel 1993 dagli amministratori responsabili dei tre plessi condominiali di negare distacchi unilaterali e di riservarsi di agire nei confronti di chi si era gia' distaccato. Anche questo motivo e' infondato. Il ricorrente mostra di fraintendere un passo di Cass. 8727/2014, poiche' attribuisce alla predetta pronuncia di cassazione con rinvio gia' intervenuta nel presente giudizio una statuizione di erroneita' del mancato rilievo dell'accordo per fatti concludenti tra (OMISSIS) e il Condominio, laddove invece la Corte aveva semplicemente riferito un'affermazione del ricorrente nell'esporre il secondo motivo di ricorso (poi assorbito). Dal chiarimento dell'equivoco segue che le indicazioni di Cass. 8727/2014 non sono state affatto disattese dalla Corte di appello. Inoltre e infine, la decisione adottata nel 1993 dai responsabili dei plessi condominiali e' semplicemente esecutiva della delibera del 1992 con cui il Supercondominio si era determinato a continuare a usare l'impianto di riscaldamento centralizzato. Fuori luogo e' l'invocazione della necessita' di una delibera condominiale. In conclusione, il terzo motivo e' rigettato e, con esso, e' rigettato il ricorso nel suo complesso. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo. Inoltre, ai sensi Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un'ulteriore somma pari al contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell'articolo 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio in favore del controricorrente, che liquida in Euro 4.000, oltre a Euro 200 per esborsi, alle spese generali, pari al 15% sui compensi e agli accessori di legge. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera del ricorrente, di un'ulteriore somma pari al contributo unificato previsto per il ricorso, se dovuto.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Corte D'Appello di Milano Sezione Terza Civile Nelle persone dei seguenti magistrati: Dott. Maria Grazia Federici Presidente Dott. Maria Paola Varani Consigliere Dott. Isabella Ciriaco Consigliere relatore ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa iscritta al numero di ruolo sopra riportato, promossa in grado d'Appello con atto di citazione notificato il 15/11/2021 avverso la sentenza del Tribunale di Milano n. 3112/2021, pubblicata il 14/04/2021, tra (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'Avv. (...), elettivamente domiciliato in (...), 20122, MILANO presso lo Studio dell'Avv. (...), giusta delega in atti; -appellante- CONTRO CONDOMINIO (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'Avv. (...), elettivamente domiciliato in PIAZZA (...), 20129, MILANO presso lo Studio dell'Avv. (...), giusta delega in atti; -appellato- OGGETTO: appello avverso sentenza in materia di "Condominio, impugnazione di delibera assembleare - spese condominiali". CONCLUSIONI: PER (...): "Voglia l'Ecc.ma Corte d'Appello adita, contrariis rejectis, in parziale riforma della sentenza n. 3112/21 pronunciata ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c. e pubblicata in data 14 aprile 2021, così giudicare: Nel merito: - dichiarare nulla e/o annullare la deliberazione di approvazione del rendiconto consuntivo al 31 dicembre 2018 assunta dall 'assemblea del 07 maggio 2021 del Condominio (...) per tutti motivi esposti in atti, con ogni statuizione conseguente; - condannare il Condominio (...) al risarcimento, in favore dell'attore, del danno emergente da questo subìto in misura pari alle spese dallo stesso sostenute per il procedimento di mediazione n. 22/2019 ed alle spese di assistenza legale ad esso relative, per un totale di complessivi Euro 4.308,61 o alla diversa somma che sarà ritenuta di giustizia, oltre interessi maturati e maturandi; In via istruttoria: Per il caso in cui il Collegio lo ritenesse utile o necessario, si insiste per l'ammissione della C.T.U. tecnico contabile richiesta in primo grado e non ammessa. Si chiede inoltre che non si tenga conto ai fini del decidere dei docc. da 13 a 141 avversari per i motivi di cui in atti. Con vittoria delle spese e competenze di entrambi i gradi di giudizio e con richiesta di condanna del Condominio alla restituzione delle spese di lite allo stesso corrisposte dall'odierno appellante in ottemperanza alla sentenza di primo grado". PER CONDOMINIO (...): "1) In via preliminare, dichiarare inammissibile l'appello proposto dal dott. (...) nel presente giudizio; 2) In via subordinata, nel merito, respingere, integralmente, l'appello proposto dal dott. (...); Con vittoria di spese e compensi difensivi. Si insiste, infine, affinché siano ammessi i seguenti mezzi di prova, già dedotti nella memoria ex art. 183 c. 6 n. 2 cpc, depositata dal condominio nel giudizio di primo grado e nella comparsa di costituzione e risposta, depositata nel presente giudizio d'appello: A) Ammettere prova orale per interrogatorio formale ed escussione dei testi, sui seguenti capitoli di prova: 1) "Vero che il rendiconto consuntivo, prodotto dal convenuto come doc. 1 - che si rammostra al teste - è stato esaminato e discusso nel corso dell'assemblea del condominio (...) di via (...), Milano, tenutasi in data 7 Maggio 2019, presso lo stabile di via (...), Milano"? Si indica, come testimone, il geom. (...), residente a Milano, in via Milani 8/a. B) Ordinare al rag. Riccardo Rosa, legale rappresentante dello Studio Rosa S.r.l., sito a Milano, in via Balduccio da Pisa 10, di esibire, nel presente giudizio, la perizia asseverata relativa alle condizioni di squilibrio termico dell'edificio di via (...), Milano. Si insiste, infine, per l'ammissione di ogni altro mezzo di prova, dedotto negli atti difensivi di parte appellata". MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione notificato il 4/10/2019 il Sig. (...), quale condomino del Condominio "(...)" sito in Milano, Via (...), chiedeva al Tribunale di Milano di dichiarare la nullità e/o l'annullabilità per violazione degli arti 1130 bis e 1130 n. 10 c.c. della delibera assembleare del 7/05/2019 relativamente al solo punto 1) dell'ordine del giorno, avente ad oggetto l'approvazione del rendiconto consuntivo gestione 2018; chiedeva, altresì, di condannare il Condominio al risarcimento del "danno emergente" in misura pari alle spese sostenute per il procedimento di mediazione n. 22/2019 non andato a buon fine ed alle relative spese di assistenza legale per complessivi Euro 4.308,61, oltre interessi maturati e maturandi. Si costituiva regolarmente in giudizio il Condominio eccependo, in via preliminare, il difetto di interesse ad agire del sig. (...) ex art. 101 c.p.c., stante l'"inesistenza" di una delibera impugnabile -essendosi l'assemblea riservata di verificare la gestione della precedente amministrazione- e chiedendo, nel merito, il rigetto di tutte le domande. Istruita la causa sulla base della sola documentazione in atti, il Tribunale decideva con sentenza ex art. 281 sexies c.p.c. n. 3112/2021, pubblicata il 14/04/2021, con la quale rigettava l'eccezione preliminare del Condominio di difetto di interesse ad agire del (...) in quanto l'assemblea aveva approvato a maggioranza il consuntivo anno 2018. Nel merito, invece, il primo Giudice rilevava che l'eccepita "parzialità" ed "incompletezza" del rendiconto -non riferito all'intera gestione 2018, bensì al solo periodo ottobre-dicembre 2018- non rientrava tra i vizi comportanti l'annullamento di una delibera condominiale, "essendo norma (n.d.r. l'art. 1130 n. 10 c.c.) volta a disciplinare le attribuzioni dell'amministratore, tra cui peraltro non rientra l'obbligo a recuperare giudizialmente documenti dall'ex amministratore se non previa autorizzazione assembleare". Riguardo all'eccepita violazione dell'art. 1130 bis c.c. per mancata allegazione dello stato patrimoniale e degli ulteriori elementi del rendiconto previsti ex lege, il Tribunale rilevava che lo stesso attore aveva dichiarato di aver ricevuto dall'amministratore, unitamente alla convocazione, i documenti di cui alla citata disposizione; che, tenuto conto della mancata richiesta all'amministratore da parte dell'attore -prima dell'assemblea del 7/05/2019- di accesso alla documentazione contabile, dall'esame del verbale della stessa emergeva la formulazione da parte del (...) di una serie di domande rispetto a singole poste di spesa inserite nel rendiconto, puntualmente riscontrate dall'amministratore "sia in relazione a singole voci del rendiconto in approvazione, che rispetto alle mancanze che qui l'attore eccepisce come vizi della delibera "; che i vizi eccepiti non rientravano tra quelli comportanti la nullità o l'annullabilità della delibera "avendo l'assemblea approvato con i quorum di legge il rendiconto presentato dall'amministratore"; che l'aver approvato un rendiconto in assenza di approvazione di quelli degli anni 2016 e 2017 non rientrava nella "competenza del Tribunale", essendo precluso qualsiasi sindacato del "merito" delle delibere condominiali, e che ogni aspetto relativo alla corretta gestione da parte dell'amministratore non "rientrava" "nei motivi di impugnazione della delibera". Quanto, infine, le ulteriori doglianze relative all'erronea ripartizione delle spese di riscaldamento a causa della violazione della norma tecnica UNI 10200, il Giudice di prime cure rilevava l'assenza di congrua motivazione, "non avendo l'attore allegato alcun dato comprovante l'esistenza di un errore od omissione causa di una diminuzione patrimoniale a suo carico". Avverso detta sentenza il Sig. (...) ha proposto tempestivo appello, deducendo un unico motivo articolato in più punti, con il quale ha lamentato: - la violazione dell'art. 1130 bis c.c. per la mancata allegazione al rendiconto dello stato patrimoniale e omessa indicazione degli ulteriori elementi "obbligatori" del rendiconto: i fondi e/o riserve condominiali, i rendiconti dei precedenti esercizi 2016-2017, il saldo del c/c bancario "iniziale", l'ammontare dei debiti del Condominio al 31/12/2018 e dei crediti dallo stesso vantati nei confronti dei singoli condomini per le spese da questi ultimi non pagate, i rapporti in corso e le liti pendenti (elementi cosi riassunti dall'appellante nella pag. 28 dell'appello); - la violazione dell'art. 1130 n. 10 c.c. per "parzialità' ed "incompletezza" del rendiconto non riferito all'intera gestione 2018, bensì al solo periodo ottobre-dicembre 2018; - la non conformità del rendiconto ai principi di "chiarezza", "veridicità", "intellegibilità" ed "immediata verificabilità" da parte di persona non esperta, con conseguente violazione degli artt. 1130 e 1130 bis c.c.; - la violazione del cd. "principio di cassa" per la mancata indicazione delle "entrate e uscite"; - la motivazione "illogica, errata e comunque insufficiente" della sentenza nella parte in cui aveva ritenuto infondata la doglianza relativa all'erronea ripartizione delle spese di riscaldamento per violazione della norma tecnica UNI 10200; - l'erroneo rigetto della domanda risarcitoria relativa al rimborso delle spese (anche legali) del procedimento di mediazione n. 22/2019 non andato a buon fine. Il Sig. (...) ha chiesto, quindi, la riforma dell'impugnata sentenza, con accoglimento delle conclusioni già rassegnate in primo grado. Si è regolarmente costituito nel giudizio così promosso il Condominio, eccependo, in via preliminare, l'inammissibilità dell'appello ex art. 342 c.p.c. e il difetto di interesse ad agire del (...) ex art. 101 c.p.c.; nel merito, ha chiesto il rigetto dell'appello in quanto infondato in fatto e in diritto con conseguente conferma dell'impugnata sentenza. Con ordinanza del 31/01/2023, precisate le conclusioni per via telematica ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c., la causa è stata assegnata in decisione, previa concessione alle parti dei termini di legge per il deposito degli scritti difensivi finali. Depositate le memorie difensive finali, la causa veniva poi discussa nella camera di consiglio del 04/05/2023. L'eccezione di inammissibilità dell'appello sollevata in via preliminare dal Condominio per dedotta totale carenza di motivi specifici di impugnazione e conseguente violazione dell'art. 342 c.p.c. va respinta. Infatti, è ormai consolidato l'orientamento giurisprudenziale di legittimità (che ha seguito il principio elaborato dalle SS.UU. della Corte di Cassazione con la sentenza n. 27199 del 16/11/2017), valido anche in seguito all'entrata in vigore del D.Lgs. 10 ottobre 2022 n. 149 (c.d. "Riforma Cartabia"), secondo cui, pur nel contesto dei vincoli di specificità imposti dall'art. 342 (nonché dall'art. 434) c.p.c. (nell'attuale più restrittivo testo formulato dal DD.L. 22/06/2012 n. 83 art. 54, conv. con modif. in L.7 agosto 2012 n. 134), la sostanza dell'atto debba comunque prevalere sulla forma, sicché, stante la permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello e la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata, non sono necessarie particolari forme sacramentali, ma si deve superare il formalismo fine a sé stesso e verificare se nella sostanza l'atto integri la ratio della norma, essendo sufficiente che l'impugnazione contenga una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze che li confutino, con prospettazione al contempo della diversa soluzione pretesa con l'impugnazione, e senza che possa richiedersi la redazione effettiva di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado. Nel presente atto d'appello, le difese enucleate nei motivi, quelle poste a fondamento della causapetendi ed il petitum consentono per lo più di comprendere quali sono le parti della sentenza che si intendono censurare e quale alternativa viene proposta alla decisione impugnata, e così di preservare l'impugnazione, nel complesso considerata, dalla censura di inammissibilità. E' infondata anche l'ulteriore eccezione preliminare sollevata dal Condominio di difetto di interesse ad agire del (...), in quanto, tenuto conto dell'approvazione a maggioranza della delibera di cui si discute, per costante giurisprudenza, "in tema di azione di annullamento delle deliberazioni delle assemblee condominiali, la legittimazione ad agire attribuita dall'art. 1137 c.c. ai condomini assenti e dissenzienti non è subordinata alla deduzione ed alla prova di uno specifico interesse diverso da quello alla rimozione dell'atto impugnato, essendo l'interesse ad agire, richiesto dall'art. 100 c.p.c. quale condizione dell'azione di annullamento anzidetta, costituito proprio dall'accertamento dei vizi formali di cui sono affette le deliberazioni" (Cass. n. 17294/2020). Nel merito, al di fuori del caso di omessa convocazione di un condomino (non dedotto nel presente giudizio) -che costituisce autonomo motivo di annullamento tramite l'esperimento di un'azione ad hoc e nei termini di legge (Cass. n. 17486/2006)- la deliberazione dell'assemblea condominiale può essere impugnata esclusivamente per vizi di legittimità (quali: l'irregolarità nella costituzione dell'assemblea, la violazione delle maggioranze previste per l'approvazione, i vizi formali, la violazione di prescrizioni legali e regolamentari, l'irregolarità nel procedimento di convocazione o di deliberazione in relazione all'oggetto ecc..). Relativamente al caso specifico della delibera assembleare di approvazione del rendiconto annuale dell'amministratore, la Suprema Corte ha precisato che "per il disposto degli artt. 1135 e 1137 cod. civ. (...) può essere impugnata dai condomini assenti e dissenzienti, nel termine stabilito dall'art. 1137, terzo comma, cod. civ., non per ragioni di merito, ma solo per ragioni di legittimità, restando esclusa una diversa forma di invalidazione ai sensi dell'art. 1418 cod. civ., non essendo consentito al singolo condomino rimettere in discussione i provvedimenti adottati dalla maggioranza se non nella forma dell'impugnazione della delibera, da considerare, perciò, annullabile " (Cass. n. 5254/2011); conclusione ribadita anche in un successivo arresto giurisprudenziale: "qualora la ripartizione delle spese condominiali sia avvenuta soltanto con l'approvazione del rendiconto annuale dell'amministratore, ai sensi dell'art. 1135, n. 3, c.c., l'obbligazione dei condomini di contribuire al pagamento delle stesse sorge soltanto dal momento della approvazione della delibera assembleare di ripartizione, che i condomini assenti o dissenzienti non potranno impugnare per ragioni di merito, perché non è consentito al singolo condomino rimettere in discussione, al momento del bilancio consuntivo, i provvedimenti della maggioranza che, tradottisi in delibere, avrebbero dovuto essere tempestivamente impugnati' (Cass. Ord. n. 20006/2020). Correlativamente, il sindacato dell'autorità giudiziaria sulla delibera assembleare impugnata non può estendersi alla valutazione del merito e al controllo della discrezionalità di cui dispone l'assemblea quale organo sovrano della volontà dei condomini, bensì deve limitarsi ad un mero riscontro di legittimità (Cass. n. 20135/2017; explurimis cfr. Cass. n. 15633/2012; Cass. n. 5061/2020). Inoltre, per la validità della delibera di approvazione del rendiconto condominiale, non è necessario che la relativa contabilità sia tenuta dall'amministratore con rigorose forme analoghe a quelle previste per i bilanci delle Società "essendo invece sufficiente che essa sia idonea a rendere intellegibile ai condomini le voci di entrata e di spesa, con le quote di ripartizione" (Cass. n. 1370/2023); pertanto, compete all'amministratore la scelta di come redigere il rendiconto, non solo secondo la propria diligenza professionale, ma anche secondo le dimensioni del Condominio, potendo adottare per quelli di modeste dimensioni un rendiconto meno analitico. Tanto ciò premesso, l'appellante -senza contestare la ricezione con l'avviso di convocazione dell'assemblea dei documenti indicati dal Tribunale in sentenza e senza dedurre alcun pregiudizio ipoteticamente derivatogli dall'approvazione del rendiconto- replica che i documenti trasmessi non sono completi, attendibili e veritieri, rimandando alle censure mosse nelle pagg. 3-7 dell'atto di citazione in primo grado (riportate letteralmente nelle pagg. 24-26 dell'atto di appello), e lamentando la conseguente violazione degli artt. 1130 bis e 1130 n. 10 c.c. e dei principi di "chiarezza", "veridicità", "intellegibilità", "immediata verificabilità" e "cassa". Trattasi, tuttavia, di censure generiche, prive di riferimenti concreti e relative al "merito" della deliberazione assembleare che, alla luce dei principi giurisprudenziali sopra richiamati, non comportano la nullità e/o l'annullabilità della medesima e che, per altro verso, precludono un esame da parte dell'Autorità giudiziaria. Inoltre, per la validità della delibera di approvazione del rendiconto condominiale non è necessario che la relativa contabilità sia tenuta dall'amministratore con rigorose forme analoghe a quelle previste per i bilanci delle società "essendo invece sufficiente che essa sia idonea a rendere intellegibile ai condomini le voci di entrata e di spesa, con le quote di ripartizione' (cfr. Cass. Civ. 11.01.2017 n. 454). Ad ogni modo, tenuto conto della discrezionalità in capo all'amministratore in merito alle concrete modalità di redazione del rendiconto condominiale, dall'esame dell'avviso di convocazione in atti si evince l'avvenuta allegazione della seguente documentazione: - la nota sintetica di gestione, che riepiloga i rapporti intrattenuti nel corso dell'esercizio, i criteri di redazione del bilancio, l'ammontare delle spese di gestione e le liti pendenti; - il "riepilogo finanziario di cassa" relativo al periodo 01/10/2018-31/12/2018, che riporta dettagliatamente gli importi incassati nel corso della gestione, i crediti vantati dal condominio, i debiti, le spese sostenute e il saldo del conto corrente bancario alla data di chiusura dell'esercizio; - il "registro di contabilità", riportante i movimenti bancari del periodo 01/10/201831/12/2018; - il "rendiconto consuntivo sintetico" e il "rendiconto consuntivo analitico", che indicano rispettivamente l'ammontare totale delle spese e le singole spese con specificazione del creditore e della causale dell'addebito al Condominio; - il "riparto consuntivo spese", che indica l'entità delle somme versate da ciascun condomino per il pagamento delle spese di gestione. Dall'esame degli atti e documenti indicati, tenuto conto del contenuto del rendiconto consuntivo redatto dall'amministratore accompagnato dalla nota sintetica esplicativa della gestione, dal registro di contabilità e dal riepilogo finanziario, emerge che le doglianze mosse si fondano sul dato meramente formale e non tiene conto dell'effettivo contenuto del rendiconto consuntivo in atti che, contrariamente all'assunto di parte appellante riguarda l'intera annualità e fornisce specifica indicazione dei versamenti effettivamente eseguiti dai condomini, le spese maturate nell'esercizio, nonché quelle effettivamente sostenute per il Condominio con individuazione dell'oggetto dei costi e del soggetto destinatario. D'altronde l'appellante non ha contestato la correttezza dei dati riportati né l'impossibilità di comprendere la suddivisione dei costi, ma si è limitato a dedurre mancanze o discrepanze puramente formali sconfessate dagli atti e dalle risultanze documentali, che palesano l'inammissibilità, prima che infondatezza della doglianza mossa, non avendo tra l'altro la parte dedotto alcun pregiudizio ipoteticamente derivatole dall'approvazione del suddetto bilancio. Preliminarmente, corre l'obbligo sottolineare, secondo quanto incontestatamente riferito dalla difesa dell'appellato che "l'esercizio 2018 è stato caratterizzato dalla repentina revoca del precedente amministratore, avvenuta nel mese di Ottobre e dalla conseguente nomina dello Studio (...) srl. L'amministratore subentrato, pertanto, non ha potuto fare altro che redigere il consuntivo, integrando i dati della sua gestione con quelli ricevuti dal predecessore, che non comprendevano ulteriori registri di contabilità"; da qui la chiara indicazione pure fornita ai condomini dal nuovo amministratore nell'avviso di convocazione dell'assemblea del 7.5.2019 che la certezza dei dati contabili attiene solo alla gestione del bimestre effettuata direttamente dal nuovo amministratore, mentre per i dati relativi alla gestione del precedente amministratore, pur riportate nel rendiconto, si riservava di effettuare una puntuale verifica all'esito della consegna della documentazione contabile, sino a quel momento non trasmessa dall'amministratore condominiale revocato. Fatta questa premessa, l'esame degli atti dimostra l'infondatezza dell'eccepita "mancanza" dello stato patrimoniale e del saldo del c/c "iniziale", e all'eccepita "incompletezza" del "registro di contabilità" -riportante i movimenti bancari del solo periodo 01/10/201831/12/2018- e del "riepilogo finanziario di cassa" - anch'esso relativo al solo periodo 01/10/2018-31/12/2018 anziché all'intera annualità- (pagg. 25-26 appello), atteso che nell'avviso di convocazione l'amministratore precisava che "nel rendiconto consuntivo analitico vengono evidenziate le spese sostenute dal precedente amministratore che, in fase di consegna, non ha elaborato la situazione patrimoniale né tantomeno il riepilogo finanziario: la mancanza di tali documenti contabili ci impedisce di sottoporvi la situazione patrimoniale aggiornata mentre alleghiamo il riepilogo finanziario che rispecchia unicamente i movimenti contabili effettuati dalla nostra amministrazione, che potrete agevolmente verificare nel registro di contabilità'; precisazione ribadita dall'amministratore -proprio in riscontro a una domanda di chiarimento del (...)- anche in sede di assemblea condominiale del 7/05/2019: "il riepilogo finanziario allegato alla convocazione tiene conto solamente degli importi inseriti a rendiconto gestiti dallo Studio (...) e transitati sull'attuale c/c bancario e non tiene conto degli importi inseriti a rendiconto ma gestiti dalla precedente amministrazione in quanto privi di conferme contabili conseguentemente alla mancata consegna della situazione patrimoniale e del riepilogo finanziario da parte del precedente amministratore". E' infondata anche la presunta "discrasia" -di cui si duole l'appellante nella pag. 25 dell'appello- tra i dati riportati nel "riepilogo finanziario" (attinente al bimestre ottobre/dicembre 2018) allegato all'avviso di convocazione e i dati riportati nel "riepilogo finanziario" allegato al verbale di assemblea (relativo all'intera annualità), avendo l'amministratore chiarito in sede di assemblea condominiale di "aver comunque elaborato un riepilogo finanziario (quello annuale- ndr) (che verrà consegnato col verbale) e che rispecchia esattamente tutti i movimenti contabili inseriti a rendiconto compresi quelli della precedente amministrazione, ma che detto riepilogo deve intendersi "con riserva " sempre in considerazione del fatto che la gestione della precedente amministrazione non è verificabile" (cfr. verbale assemblea condominiale 7.5.2019). Alla luce dei sopra richiamati chiarimenti resi dall'amministratore nelle note introduttive ed esplicative all'avviso di convocazione e nel verbale d'assemblea, pertanto, è del tutto pretestuosa e palesemente inconsistente anche la denunciata "parzialità" ed "incompletezza" del rendiconto asseritamente non riferito all'intera gestione 2018, bensì al solo periodo ottobre-dicembre 2018. Invece, sulla lamentata "inattendibilità" del rendiconto per l'omessa approvazione dei rendiconti degli anni precedenti, la Suprema Corte ha precisato che "nessuna norma codicistica detta, in tema di approvazione dei bilanci consuntivi del condominio, il principio dell'osservanza di una rigorosa sequenza temporale nell'esame dei vari rendiconti presentati dall'amministratore e relativi ai singoli periodi di esercizio in essi considerati, con la conseguenza che va ritenuta legittima la delibera assembleare che (in assenza di un esplicito divieto pattiziamente convenuto al momento della formazione del regolamento contrattuale) approvi il bilancio consuntivo senza prendere in esame la situazione finanziaria relativa al periodo precedente, atteso che i criteri di semplicità e snellezza che presiedono alle vicende dell'amministrazione condominiale consentono, senza concreti pregiudizi per la collettività dei comproprietari, finanche la possibilità di regolarizzazione successiva delle eventuali omissioni nell'approvazione dei rendiconti" (Cass. n. 8521/2017). La doglianza relativa all'erronea ripartizione delle spese di riscaldamento, infine, è del tutto generica -non avendo l'appellante dedotto la violazione delle regole codicistiche o regolamentari di riparto delle spese condominiali né di aver subito alcun pregiudizio patrimoniale- e irrilevante, in quanto dedotta, per stessa ammissione del (...), "non quale elemento di pregiudizio, ma quale ulteriore elemento a riprova della complessiva erroneità ed illegittimità del rendiconto" (pag. 29 appello). Per tutto quanto rilevato, nella redazione del rendiconto consultivo 2018 non si riscontra alcuna violazione degli artt. 1130 bis e 1130 n. 10 c.c. e nemmeno alcuna violazione dei principi di "chiarezza", "veridicità", "intellegibilità", "immediata verificabilità" e "cassa"; ne consegue che del tutto correttamente il primo Giudice ha rigettato la domanda di declaratoria della nullità e/o annullabilità della delibera assembleare del 7/05/2019 formulata dal (...). L'ulteriore domanda risarcitoria relativa al rimborso delle spese (anche legali) del procedimento di mediazione n. 22/2019 non andato a buon fine è assorbita dal rigetto della domanda principale che in questa sede si conferma. Alla luce di tutte le considerazioni sopra svolte, l'appello proposto da (...) va integralmente rigettato, con conferma della sentenza impugnata e condanna ex art. 91 c.p.c. dell'appellante soccombente al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, liquidate in dispositivo in base al valore della causa (pari all'intero valore del rendiconto approvato di Euro 101.142,49), ai valori medi previsti dal D.M. n. 147/2022, esclusa la fase istruttoria di fatto non svoltasi. Sussistono i presupposti di cui all'art. 13, c. 1 quater del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, per il versamento da parte dell'appellante dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione. P.Q.M. La Corte d'Appello di Milano, definitivamente pronunciando sull'appello proposto da (...) avverso la sentenza del Tribunale di Milano n. 3112/2021, pubblicata il 14/04/2021, così provvede: 1. Rigetta l'appello; 2. Condanna l'appellante a rifondere all'appellata le spese del presente grado di giudizio liquidate in complessivi Euro 9.991,00, pari ad Euro 2.977,00 per la fase di studio, Euro 1.911,00 per la fase introduttiva ed Euro 5.103,00 per la fase decisoria, oltre spese generali al 15%, CPA ed IVA come per legge; 3. dà atto che sussistono i presupposti per il versamento a carico dell'appellante dell'ulteriore importo pari al contributo unificato versato ex art. 13 c. 1 quater DPR n. 115/2002. Così deciso, in Milano il 4 maggio 2023. Depositata in Cancelleria il 1 giugno 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MANNA Felice - Presidente Dott. CARRATO Aldo - Consigliere Dott. FALASCHI Milena - rel. Consigliere Dott. SCARPA Antonio - Consigliere Dott. AMATO Cristina - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso 17562-2018 proposto da: (OMISSIS), rappresentata e difesa, giusta procura speciale in calce al ricorso, dall'avvocato (OMISSIS), del foro di Milano ed elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS); - ricorrente - contro CONDOMINIO DI (OMISSIS), in persona dell'Amministratore pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato (OMISSIS), e dal prof. avv. (OMISSIS), entrambi del foro di Milano, come da procura speciale in calce al controricorso ed elettivamente domiciliato in (OMISSIS) presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS); - controricorrente - avverso la sentenza n. 5079/2017 della Corte di appello di Milano, pubblicata il 4 dicembre 2017; udita la relazione della causa svolta nell'udienza pubblica del 7 dicembre 2022 dal Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Basile Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Il Condominio di (OMISSIS) chiedeva ed otteneva dal Tribunale di Milano decreto ingiuntivo n. 20716/2014 per Euro 9.479,90 emesso nei confronti della condomina (OMISSIS) per oneri condominiali non corrisposti. L'intimata proponeva opposizione avverso l'ingiunzione, dinanzi al medesimo Tribunale, che veniva respinta, con sentenza n. 7625 del 2016 risultando provate le voci di spesa dalla documentazione allegata al monitorio, trattandosi di spese condominiali, ordinarie e straordinarie, indicate nel consuntivo 2012-2013, nel preventivo 2013-2014 e nei relativi stati di riparto nonche' nel conto preventivo relativo alla nuova centrale termica e dai verbali delle assemblee condominiali tenutesi l'11.03.2013 e il 16.12.2013, dove erano state approvate, rispettivamente, le spese straordinarie per la riqualificazione della centrale termica e per essere il verbale dell'adunanza condominiale redatto nel registro dei verbali che ai sensi dell'articolo 2375 c.c. rimaneva depositato presso l'ufficio, inviate le copie alle parti, non provata dalla condomina la difformita' della copia all'originale. In virtu' di rituale impugnazione interposta dalla (OMISSIS), la Corte di appello di Milano, nella resistenza del Condominio appellato, rigettava l'appello e per l'effetto confermava la decisione gravata. A sostegno della decisione adottata il giudice dell'impugnazione rilevava che correttamente il giudice di prime cure aveva esaminato gli atti contenuti nel fascicolo di parte appellata, che seppure depositato soltanto alcuni giorni prima dell'udienza fissata per la discussione orale ex articolo 281 sexies c.p.c. e comunque scaduto il termine assegnato per il deposito, si trattava di un termine meramente ordinatorio, non trovando nella specie applicazione l'articolo 169 c.p.c., ma la liberta' delle forme di trattazione. Aggiungeva che il difensore, ai sensi dell'articolo 14 della disciplina dell'ordinamento forense, poteva farsi sostituire in udienza da altro avvocato anche per delega verbale. Nel merito, la documentazione allegata costituiva prova del credito azionato ai sensi dell'articolo 63 disp. att. c.c.; del resto la delibera approvata dall'assemblea condominiale, contenente le spese ed il loro riparto e non impugnata, costituiva titolo di credito e di per se' prova dell'esistenza di detto credito che legittimava la concessione del decreto ingiuntivo. Dagli stati di riparto risultavano, altresi', i saldi passivi della condomina per gli esercizi precedenti. Per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Milano ha proposto ricorso l'originaria opponente, sulla base di sette motivi, cui ha resistito con controricorso il Condominio. Posto in discussione il ricorso per la decisione allo stato degli atti all'udienza pubblica del 7 dicembre 2022, ai sensi del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8, conv. in L. n. 176 del 2020, in prossimita' della quale e' stata depositata dal sostituto procuratore generale, Dott. Tommaso Basile, memoria con la quale ha rassegnato le conclusioni nel senso del rigetto del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO Per un'ordinata trattazione occorre esaminare preliminarmente l'eccezione di inammissibilita' dedotta nel controricorso per violazione dell'articolo 366 c.p.c., comma 1 n. 3. L'eccezione e' infondata. Come statuito da questa Corte, "il ricorso per cassazione deve essere redatto in conformita' ai principi di chiarezza e sinteticita' espositiva, occorrendo che il ricorrente selezioni i profili di fatto e di diritto della vicenda "sub iudice" posti a fondamento delle doglianze proposte, in modo da offrire al giudice di legittimita' una concisa rappresentazione dell'intera vicenda giudiziaria e delle questioni giuridiche prospettate e non risolte o risolte in maniera non condivisa, per poi esporre le ragioni delle critiche nell'ambito della tipologia dei vizi elencata dall'articolo 360 c.p.c.; tuttavia l'inosservanza di tali doveri puo' condurre ad una declaratoria di inammissibilita' dell'impugnazione soltanto quando si risolva in una esposizione oscura o lacunosa dei fatti di causa o pregiudichi l'intelligibilita' delle censure mosse alla sentenza gravata, cosi' violando i requisiti di contenuto-forma stabiliti dall'articolo 366 c.p.c., nn. 3 e 4" (Cass., Sez. Un., n. 37552 del 2021). Si e' anche precisato che non e' causa di inammissibilita' l'inserimento nel corpo del ricorso di copie fotostatiche o scannerizzate di atti relativi al giudizio di merito, qualora la riproduzione integrale di essi sia preceduta da una chiara sintesi dei punti rilevanti per la risoluzione della questione dedotta (v. Cass., Sez. Un., n. 4324 del 2014). Il ricorso in esame contiene una adeguata esposizione dei fatti di causa e delle questioni giuridiche sollevate e risolte in primo e in secondo grado; comprende, inoltre, ampie argomentazioni sui dedotti vizi di violazione delle norme specificamente invocate. Si sottrae pertanto alle censure mosse ai sensi del citato articolo 366 c.p.c. Venendo al merito, con il primo motivo la condomina lamenta la violazione, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, degli articoli 169 e 281 sexies c.p.c., dell'articolo 77 disp. att. c.c., oltre ad asserita violazione della legge per mancato rispetto del contraddittorio e violazione dell'articolo 111 Cost. per avere la Corte di merito ritenuta logica e corretta la motivazione quanto alla non perentorieta' del termine per il deposito del fascicolo di parte in vista dell'udienza ex articolo 281 sexies c.p.c. La censura e' infondata. Lo schema procedimentale che consente la decisione della controversia ex articolo 281 sexies c.p.c., ora anche in appello a seguito dell'introduzione dell'ultimo comma dell'articolo 352 c.p.c. ad opera della L. n. 183 del 2011, articolo 27, comma 1 lettera d) (norma gia' vigente alla data in cui e' intervenuta la decisione gravata), non contempla come obbligatorio un termine per il deposito del fascicolo di parte ovvero il preventivo scambio di scritti conclusionali, come invece previsto nel diverso modulo procedimentale di cui ai precedenti commi dell'articolo 352 c.p.c. Del resto, i moduli decisori sono quelli previsti dalla legge e non contempla elementi spuri, come la perentorieta' del termine entro il quale, a norma dell'articolo 169 c.p.c., comma 2, deve avvenire il deposito del fascicolo di parte ritirato al momento della precisazione delle conclusioni, che va riferita solo alla fase decisoria di primo grado e non puo' in alcun modo operare una volta che il procedimento si trovi in grado di appello, per cui la sua inosservanza produce effetti limitati alla decisione del giudice di prime cure, sicche' il deposito del fascicolo nel giudizio di appello non costituisce introduzione di nuove prove documentali, sempre che i documenti contenuti nel fascicolo siano stati prodotti, nel giudizio di primo grado, nell'osservanza delle preclusioni probatorie risultanti dagli articoli 165 e 166 c.p.c. (Cass. n. 28462 del 2013; Cass. 29309 del 2017). Ne consegue che il richiamo all'articolo 169 c.p.c. deve ritenersi improprio, anche perche' previsto per la trattazione scritta, diversamente dal caso in esame in cui si e' in presenza di trattazione orale. In tal senso valga il richiamo a quanto affermato da Cass. n. 26030 del 2014 che ha statuito che nel caso di mancata restituzione del fascicolo di parte, ritualmente ritirato, entro il termine previsto dall'articolo 190 c.p.c., il giudice di primo grado deve decidere la causa prescindendo dai documenti in esso contenuti, ma la parte ha la facolta', alla stregua dell'articolo 345 c.p.c., di produrre nuovamente in grado di appello i documenti non esaminati nella decisione appellata, i quali, se ed in quanto ritualmente prodotti in primo grado, non sono qualificabili come "nuovi". Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione della L. n. 247 del 2012, articolo 14, comma 4 - in riferimento all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 4 - per avere partecipato alla discussione della controversia per il Condominio un legale privo di delega. Nella sostanza viene denunziata l'omessa menzione nel verbale di udienza del 16.06.2016 della presenza dell'avv. (OMISSIS), quale sostituta in forza di delega verbale dell'avv. (OMISSIS). Anche il secondo mezzo e' privo di rilievo. Come dedotto dalla stessa ricorrente, il verbale di udienza indica soltanto che sono presenti le parti, senza ulteriori specificazioni circa la qualita' dei rispettivi difensori o di semplici sostituti. Orbene, l'eventuale abuso compiuto dall'avv. (OMISSIS) non e' invocabile dalla ricorrente a sostegno della denunciata nullita' della sentenza, atteso che anche l'eventuale difetto di legittimazione del sostituto, ove privo di delega, e' deducibile soltanto dalla parte il cui procuratore sia stato irregolarmente sostituito (cfr, Cass. n. 12597 del 2001; Cass. n. 1574 del 1996; Cass. n. 12784 del 1995). Del resto, come affermato dal massimo consesso nomofilattico (Cass. Sez. Un., n. 289 del 1999), la delega conferita dal difensore ad un collega perche' lo sostituisca in udienza rappresenta senza dubbio un atto tipico di attivita' professionale indirizzato all'espletamento dell'incarico ricevuto dal cliente, essendo evidente che il sostituto il quale interviene nel processo in virtu' di nient'altro che di detta delega, cioe' senza aver ricevuto direttamente alcun mandato dalla parte, non opera per se' ma solo quale longa manus del sostituito e che, quindi, l'attivita' processuale da lui svolta e' riconducibile soltanto all'esercizio professionale di quest'ultimo ed e' come se fosse svolta dallo stesso. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la carenza dei presupposti per l'emissione del decreto in mancanza di prova scritta - difetto di firma dei verbali prodotti e nullita' delle delibere, con violazione degli articoli 633 e 634 c.p.c. e dell'articolo 1421 c.c., ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., n. 3, n. 4 e n. 5 non potendo essere la prova scritta del presunto credito da parte del Condominio costituita da copia del verbale dichiarata conforme all'originale dall'amministratore non avendo questi potere certificativo al riguardo. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia l'omessa motivazione sull'accertamento della reale posizione debitoria della (OMISSIS) ed insussistenza della prova della posizione debitoria della medesima, con violazione dell'articolo 1135 c.c. in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3 e n. 5 anche per insufficiente motivazione. Le due censure - da trattare unitariamente per la evidente connessione argomentativa che le avvince - sono in parte infondate e in parte inammissibili. Le determinazioni prese dai condomini in assemblea sono da considerare, a tutti gli effetti, come veri e propri atti negoziali, ovvero come coacervo di dichiarazioni individuali, espressione in quanto tale non della volonta' dell'assemblea, bensi' della maggioranza in essa formatasi, e quindi atto dell'organizzazione condominiale. La delibera costituisce, in sostanza, un momento della gestione condominiale, e in tal senso il problema della sua validita' o invalidita' e' correlato alle ripercussioni che essa ha sulla medesima gestione. Oggetto del giudizio di validita' ex articolo 1137 c.c. e' percio' il valore organizzativo della deliberazione, dovendosi accertare se quel valore merita di essere conservato o va, piuttosto, eliminato con la sentenza di annullamento o con la declaratoria di nullita'. La valenza organizzativa emergente dal testo della delibera dell'assemblea costituisce, allora, il coefficiente determinante nella scelta tra la sanzione invalidante e la contrapposta esigenza di stabilita' delle deliberazioni in seno alla compagine condominiale e di certezza dei rapporti giuridici instaurati per decisione dell'organo collegiale. Come da ultimo ulteriormente precisato in Cass. Sez. Unite, 14 aprile 2021, n. 9839, avendosi riguardo a giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice puo' sindacare sia la nullita' dedotta dalla parte o rilevata d'ufficio della deliberazione assembleare posta a fondamento dell'ingiunzione, sia l'annullabilita' di tale deliberazione, a condizione che quest'ultima sia dedotta in via d'azione, mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell'atto di citazione, ai sensi dell'articolo 1137 c.c., comma 2, e non in via di eccezione. Nel caso in esame, la Corte di appello di Milano, premesso che il decreto ingiuntivo e' stato emesso sulla base delle spese ordinarie e straordinarie indicate nel consuntivo 2012/2013, nel preventivo 2013/2014 e nei relativi stati di riparto, oltre che nel conto di gestione relativo alla nuova centrale termica e annesso riparto, conti approvati dalle Delib. condominiali 11 marzo 2013 e del 16 dicembre 2013, atti tutti regolarmente depositati e posti a fondamento del procedimento monitorio ex articolo 63 disp. att. c.c., ha esplicitato che esse non sono state impugnate dalla (OMISSIS) (v. pag. 4, ultima parte penultimo capoverso). La Corte distrettuale ha, dunque, fatto buon governo dei principi sopra enunciati e nessuna puo' essere mossa al riguardo. Lo stesso articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 - denunciato con il quarto mezzo - concerne, comunque, il vizio specifico relativo all'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che il difetto di elementi istruttori non integra, di per se', il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora i fatti storici, rilevanti in causa, siano stati comunque presi in considerazione dal giudice, ancorche' la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. Un., n. 8053 del 2014). I due motivi di ricorso allegano, piuttosto, dati di fatto (sovente senza precisare il "come" e il "quando" fossero stati tempestivamente dedotti gia' nel giudizio di primo, prima della maturazione delle preclusioni, senza cosi' rispettare la previsione dell'articolo 366 c.p.c., comma 1 n. 6), al malcelato fine di sollecitare una rivalutazione delle risultanze probatorie nel senso piu' favorevole alle tesi difensive del ricorrente, il che suppone un accesso diretto agli atti e una loro delibazione, attivita' non consentita in sede di legittimita'. Con il quinto motivo la condomina deduce l'insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia relativo alla mancata ammissione della c.t.u. richiesta dall'appellante, con violazione degli articoli 191 e 61 c.p.c. in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3 e n. 5 per non essere comprensibile come nell'arco di poco piu' di un anno e mezzo si sia raggiunta la somma ingiunta stante la modesta dimensione degli immobili, complessivamente di circa 100 mq. Il mezzo e' inammissibile perche' la sentenza impugnata ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte di legittimita'. Come piu' volte ribadito da questa Corte, la consulenza tecnica d'ufficio non e' mezzo istruttorio in senso proprio, avendo la finalita' di coadiuvare il giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitino di specifiche conoscenze, con la conseguenza che il suddetto mezzo di indagine non puo' essere utilizzato al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume, ed e' quindi legittimamente negata qualora la parte tenda con essa a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerte di prova, ovvero di compiere una indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati (cfr, ex plurimis, Cass. n. 10373 del 2019; Cass. n. 30218 del 2017). Con il sesto motivo la ricorrente, quanto alle spese del giudizio, denuncia la mancata partecipazione alla procedura di mediazione dell'Amministratore del Condominio, in particolare non avrebbe neanche effettuato la messa in mora della stessa ex articolo 1229 c.c. Il motivo e' infondato, in quanto dalle stesse circostanze dedotte nella censura risulta che la mediazione fra le parti vi e' stata (v. pag. 19 del ricorso), ma non e' andata a buon fine per non avere il rappresentante del Condominio transatto la lite per mancata accettazione del pagamento rateizzato del credito preteso, come proposto dalla condomina. In tal senso l'esito della mediazione puo' incidere - come asserito dalla stessa ricorrente - solo sulla liquidazione delle spese di lite. Con il settimo motivo la ricorrente assume che qualificando la sentenza di primo grado come dichiarativa, doveva essere ritenuta provvisoriamente esecutiva solo con riferimento alla statuizione condannatoria del capo relativo alle spese di lite, mentre gli effetti costituitivi e dichiarativi divenivano tali solo con il passaggio in giudicato, ragione per la quale non poteva essere avviata azione esecutiva se non sulla base del minor importo, contestato, relativo alle spese di giudizio. Anche siffatta censura non puo' trovare ingresso. Premesso che l'obbligo di ciascun condomino di contribuire alle spese necessarie per la conservazione delle parti comuni e per l'esercizio dei servizi condominiali deriva dalla titolarita' del diritto reale sullo immobile e integra un'obbligazione "propter rem" preesistente all'approvazione, da parte dell'assemblea, dello stato di ripartizione il quale, percio', non ha valore costitutivo ma soltanto dichiarativo del relativo credito del condominio in rapporto alla quota di contribuzione dovuta dal singolo partecipante alla comunione. Ne consegue che, come gia' ritenuto da questa Corte (Cass. n. 24171 del 2020) il giudice dell'impugnazione, solo ove riformi (per ragioni di rito o di merito) la decisione gravata, ha il potere, ma non l'obbligo, purche' ne ricorrano i presupposti e non siano necessari accertamenti in fatto che comportino un ampliamento del "thema decidendum", di pronunciarsi d'ufficio sui conseguenti effetti restitutori e/o ripristinatori poiche' - come si evince dagli articoli 389 e 402 c.p.c. - tali effetti non discendono "ipso facto" dalla sentenza riformata o cassata, con la conseguenza che la parte interessata puo' proporre la relativa domanda in sede di impugnazione ovvero instaurando un autonomo giudizio. Ne' la ricorrente chiarisce la ragione di siffatta doglianza, non avendo neanche dedotto l'introduzione di un giudizio di esecuzione da parte del Condominio, che comunque troverebbe il suo fondamento nella presente pronuncia. In conclusione, il ricorso va rigettato. Ne consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese sostenute dalla controricorrente nel presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo. Poiche' il ricorso e' stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed e' rigettato, sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilita' 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater del testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13 - della sussistenza dell'obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alla rifusione in favore del controricorrente delle spese di legittimita' che liquida in complessivi Euro 2.600,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% e agli accessori di legge. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MANNA Felice - Presidente Dott. CARRATO Aldo - Consigliere Dott. FALASCHI Milena - Consigliere Dott. SCARPA Antonio - Consigliere Dott. CAPONI Remo - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 16629-2018 proposto da: (OMISSIS), domiciliata in Roma, Viale Giuseppe Mazzini 142, presso lo studio dell'avvocato VINCENZO ALBERTO PENNISI, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato RICCARDO BONSIGNORE ZANGHI'; - ricorrente - contro (OMISSIS), domiciliato in Roma, presso la cancelleria della Corte di cassazione, rappresentato e difeso dall'avvocato REMO DE NARD; - controricorrente - nonche' CONDOMINIO (OMISSIS), domiciliato in Roma, presso la cancelleria della Corte di cassazione, rappresentato e difeso dall'avvocato BARBARA COTRUFO; - controricorrente - avverso la sentenza della CORTE DI APPELLO VENEZIA n. 2748-2017, depositata il 28/11/2017. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/12/2022 dal consigliere REMO CAPONI. Lette le conclusioni del P.M., nella persona del Sostituto Procuratore Generale LUISA DE RENZIS, che ha concluso per il rigetto del ricorso. FATTI DI CAUSA Con citazione del 6/12/2013, (OMISSIS), proprietaria di un'unita' immobiliare nel Condominio (OMISSIS), conveniva il Condominio e l'amministratore, (OMISSIS) dinanzi al Tribunale di Padova, per impugnare le delibere condominiali del 12/03/2013, che ordinava un divieto di parcheggio nel cortile, e del 26/09/2013, che applicava sanzioni nei confronti dell'attrice per la violazione del divieto. Inoltre, l'attrice domandava la condanna in solido del Condominio e dell'amministratore al risarcimento dei danni cagionati dalle due delibere, nonche' la revoca dell'amministratore per irregolarita' nello svolgimento dell'incarico. Il Condominio domandava ingiunzione ex articolo 186-ter c.p.c. per il pagamento di spese condominiali. Con pronuncia conforme in primo e in secondo grado, veniva accolta l'istanza di ingiunzione e dichiarata inammissibile la domanda di revoca dell'amministratore, mentre le altre domande attoree venivano rigettate. Ricorre in cassazione l'attrice con cinque motivi, illustrati da memoria. Resistono i convenuti con distinti controricorsi, rispettivamente illustrati da memoria. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. - Con il primo motivo, proposto ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., n. 4, si deduce violazione degli articoli 132, comma 2, n. 4 c.p.c. e 118, comma 1 disp. att. c.p.c. e Cost., 111, per avere la Corte d'appello di Venezia stilato la sentenza a mano in calligrafia di difficile lettura e per buona parte incomprensibile, con conseguente incertezza su tutti i capi. Il primo motivo e' infondato. Non esiste (ne' sarebbe configurabile ex articolo 156, comma 2 c.p.c.) alcuna comminatoria di nullita' della sentenza per essere essa stata scritta a mano, purche' il testo sia comprensibile; quindi, idoneo a raggiungere il suo scopo, come si puo' desumere dalla formulazione dei successivi motivi di ricorso (cfr. Cass. 6307-2020, 5869/2018). In conclusione, il primo motivo e' rigettato. 2. - Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell'articolo 360, n. 3, 4 e 5 c.p.c., si deduce: (a) violazione degli articoli 1117, 1120, comma 4, 1138, comma 4 c.c.; (b) falsa applicazione degli articoli 1137, comma 2, 1102 c.c.; (c) violazione dell'articolo 1105, comma 3 c.c., dell'articolo 115 c.p.c. e dell'articolo 66, n. 3 disp. att. c.c., per avere la Corte d'appello, anche in conseguenza di un'erronea inversione dell'onere della prova, omesso l'esame di fatti decisivi per il giudizio. Il secondo motivo e' articolato in profili di censura promiscui. Cio' non costituisce, di per se', ragione d'inammissibilita', poiche' la formulazione permette in concreto di cogliere le doglianze (cfr. Cass. SU 9100-2015). Peraltro, il secondo motivo non e' fondato. Nel complesso dei suoi profili, esso ruota intorno ad un nucleo centrale: la decisione dell'assemblea condominiale di vietare il parcheggio nel cortile sarebbe immotivata e violerebbe il diritto della ricorrente di godimento della cosa comune. L'assunto contrasta con il principio di diritto desumibile dalla giurisprudenza di legittimita' secondo il quale le determinazioni dell'assemblea condominiale relative alla limitazione paritaria dell'uso del cortile come parcheggio, come quelle che viceversa assegnano posti auto ai singoli condomini, non alterano la destinazione della cosa comune, ma si limitano a renderne piu' ordinato e razionale l'uso paritario secondo le rispettive circostanze, cosicche' tali delibere non richiedono maggioranze qualificate (cfr. Cass. 6573/2015, 9877/2012). Nel caso di specie, il divieto di parcheggio era diretto a garantire che tutti i condomini potessero usare il cortile, limitando la sosta a mezz'ora per carico e scarico, evitando cosi' che il parcheggio permanente di un condomino impedisse o limitasse l'uso da parte degli altri, in considerazione delle limitate dimensioni del cortile. Inoltre, l'articolazione delle varie censure rende evidente l'inammissibile tentativo della parte ricorrente di sovrapporre il proprio apprezzamento della situazione di fatto rilevante a quello del giudice di merito, che non esibisce profili di censura in sede di giudizio di legittimita'. In conclusione, il secondo motivo e' rigettato. 3. - Col terzo motivo, proposto ai sensi dell'articolo 360, n. 3, 4 e 5, si deduce la nullita' della sentenza o del procedimento per violazione e falsa applicazione degli articoli 1123, 1130, 1135 c.c., 63 disp. att. c.c., 633, 642 e 115 c.p.c. per avere la Corte d'appello confermato l'ingiunzione di pagamento delle spese condominiali in mancanza della notifica dell'avviso di convocazione dell'assemblea e del verbale della medesima, sicche' il credito sarebbe privo dei requisiti di liquidita', certezza ed esigibilita'. Il terzo motivo non e' fondato. Se vi e' un piano di ripartizione delle spese approvato dall'assemblea ed e' accertata la morosita' di un condomino nel pagamento, il credito ha i requisiti della certezza, liquidita' ed esigibilita'. Inoltre, l'omessa convocazione di un condomino in assemblea, cosi' come il difetto di comunicazione delle decisioni adottate, sono motivi di annullamento delle relative delibere, da far valere con l'impugnazione nel termine di 30 giorni ex articolo 1137 c.c. Ne consegue che, decorso tale termine, i vizi non possono essere eccepiti successivamente per opporsi all'ingiunzione richiesta dall'amministratore. In conclusione, il terzo motivo e' rigettato. 4. - Col quarto motivo, si deduce la nullita' del procedimento e della sentenza per violazione e falsa applicazione degli articoli 1105, ult. co. c.c., 50 bis ult. co. c.p.c., nonche' degli articoli 737 e 50 c.p.c., per non avere la Corte d'appello disposto la traslazione del giudizio in relazione alla domanda di revoca dell'amministratore, presentata dalla medesima ricorrente in sede contenziosa. Il motivo e' infondato. La revoca dell'amministratore e' un provvedimento da adottare in sede di giurisdizione non contenziosa, poiche' e' diretto a gestire interessi (del condominio), non a risolvere controversie su diritti soggettivi (o status). Pertanto, la correlativa istanza, se proposta in sede contenziosa, e' inammissibile, senza possibilita' di traslare il giudizio in sede non contenziosa, che dovra' essere adita ex novo in modo autonomo. Corretta e' pertanto la decisione impugnata. In conclusione, il quarto motivo e' rigettato. 5. - Col quinto motivo, si contesta genericamente la condanna alle spese ex articolo 91 c.p.c.. Del quinto motivo e' da dichiarare l'inammissibilita' per difetto di specificita' ex articolo 366, n. 4 c.p.c.. 6. - L'inammissibilita' o infondatezza di ogni motivo su cui il ricorso si fonda determina l'infondatezza di quest'ultimo nel suo complesso. Pertanto, il ricorso deve essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo. Inoltre, ai sensi Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla l. 228/12, articolo 1, comma 17, si da' atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera della parte ricorrente, dell'ulteriore somma pari al contributo unificato per il ricorso a norma dell'articolo 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio, che liquida - in favore di ciascuna delle due parti controricorrenti - in 3.000 Euro, oltre a 200,00 Euro per esborsi, alle spese generali, pari al 15% sui compensi e agli accessori di legge. Sussistono i presupposti per il versamento, ad opera della parte ricorrente, dell'ulteriore somma pari a quella dovuta per il ricorso, se dovuto.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MANNA Felice - Presidente Dott. CARRATO Aldo - Consigliere Dott. FALASCHI Milena - Consigliere Dott. SCARPA Antonio - Consigliere Dott. CAPONI Remo - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 16950-2018, proposto da: (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione, domiciliata in Roma, Via Archimede n. 112, presso lo studio dell'avvocato FABRIZIO PAVAROTTI, rappresentata e difesa dagli avvocati ALBERTO GIUSEPPE PREDIERI, MARCO BISCEGLIA; - ricorrente - contro (OMISSIS) s.p.a., domiciliata in Roma, Largo Amilcare Ponchielli 6, presso lo studio dell'avvocato DOMENICO RECCIA rappresentato e difeso dall'avvocato PAOLA GIOVANNINI; - controricorrente - avverso la sentenza della CORTE DI APPELLO DI MILANO n. 2147-2017, depositata il 18/05/2017. Udita la relazione svolta nella udienza pubblica del 07/12/2022 dal Consigliere REMO CAPONI. Udito il P.M. nella persona del Sostituto Procuratore Generale LUISA DE RENZIS, che ha concluso per l'inammissibilita', in subordine per il rigetto del ricorso. Uditi l'avvocato MARCO BISCEGLIA per la parte ricorrente e l'avvocato DOMENICO RECCIA per la parte controricorrente. FATTI DI CAUSA La societa' (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione ricorre nei confronti di (OMISSIS) s.p.a. per la cassazione della sentenza n. 2147-2017 emessa dalla Corte di appello di Milano, pubblicata il 18/05/2017. La controversia concerne l'anticipazione da parte della (OMISSIS) s.r.l. - in qualita' di condomina del Condominio (OMISSIS) (in provincia di (OMISSIS)) - del pagamento di spese straordinarie per il rifacimento di tetto, facciate ed impianti del Condominio, anticipazione di cui la predetta societa' riteneva di poter chiedere il rimborso pro quota, nella misura di Euro 43.925,49, a (OMISSIS) s.p.a., in qualita' di altra condomina, sulla base di una delibera condominiale del 2/02/2006. (OMISSIS) riteneva di non dover rimborsare. Pertanto (OMISSIS) conveniva in giudizio nel 2010 (OMISSIS) dinanzi al Tribunale di Sondrio per sentirla condannare al rimborso, oltre che al maggior danno ex articolo 1224 c.c. In primo grado, le domande venivano accolte, mentre veniva rigettata la domanda riconvenzionale di (OMISSIS) diretta ad ottenere il pagamento dell'indennita' ex articolo 1127 c.c. per la sopraelevazione dell'ultimo piano dell'edificio condominiale, effettuata dalla (OMISSIS) per il recupero del sottotetto di sua proprieta'. Le domande dell'attrice sono state rigettate in secondo grado, sul presupposto che le spese de quibus non erano state autorizzate da parte dell'assemblea condominiale. Ricorre in cassazione (OMISSIS) con nove motivi, illustrati da memoria, per un valore di Euro 68.039,23. Resiste (OMISSIS) con controricorso. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. - Il primo e il secondo motivo si riferiscono alla motivazione relativa alle spese per il tetto. Con il primo, ex articolo 360 c.p.c., n. 5, si deduce manifesta fallacia e incongruita' della motivazione e/o omesso esame circa fatti decisivi. Con il secondo, proposto ex articolo 360 c.p.c., n. 4 in subordine al rigetto del primo si deduce violazione dell'articolo 116 c.p.c.. Il terzo e quarto motivo si riferiscono alla motivazione relativa alle spese per gli impianti termico ed elettrico. Con il terzo, ex articolo 360 c.p.c., n. 5, si deduce manifesta fallacia e incongruita' della motivazione e/o omesso esame circa fatti decisivi. Con il quarto, proposto ex articolo 360 c.p.c., n. 4 in subordine al rigetto del terzo, si deduce violazione dell'articolo 116 c.p.c.. Il quinto e sesto motivo si riferiscono alla motivazione relativa alle spese per la facciata. Con il quinto, ex articolo 360 c.p.c., n. 5, si deduce manifesta fallacia e incongruita' della motivazione e/o omesso esame circa fatti decisivi. Con il sesto, proposto ex articolo 360 c.p.c., n. 4 in subordine al rigetto del quinto, si deduce violazione dell'articolo 116 c.p.c.. 2. - I primi sei motivi possono essere esaminati contestualmente, a cagione della identica struttura che li percorre trasversalmente, nonche' dell'identico obiettivo al centro di tutti i motivi: la critica della motivazione con cui la sentenza impugnata, interpretando la delibera assembleare del 2/2/2006, ha escluso il diritto della (OMISSIS) di richiedere alla (OMISSIS) il rimborso pro quota delle spese de quibus. I primi sei motivi sono infondati. La sentenza muove da una piana interpretazione dell'articolo 1134 c.c., nella sua versione previgente, trattandosi di una controversia anteriore alla riforma del 2012: il condomino che ha fatto spese per le cose comuni senza autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente, cioe' che le opere da lui finanziate anticipatamente siano da eseguire senza la dilazione necessaria ad ottenere l'autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea; cio' al fine che il condomino eviti un possibile nocumento a se', a terzi od alla cosa comune (cosi', tra le altre, Cass. 18759/2016). Ne' - aggiunge la sentenza impugnata - il condomino che, in tale contesto, abbia corrisposto a terzi il corrispettivo per l'esecuzione delle opere ha diritto di regresso nei confronti degli altri condomini limitatamente alla loro rispettiva quota millesimale, non potendosi egli avvalere nemmeno della surrogazione legale ex articolo 1203 c. c., poiche' non era tenuto "con altri o per altri" al pagamento del debito (cfr. Cass. 13505/2019). A tale premessa in diritto si aggiunge un dato di fatto incontestato nella fattispecie: i lavori in discussione - prevalentemente riguardanti proprieta' esclusive della (OMISSIS) o di unico interesse di quest'ultima ed in tale ottica autorizzati dagli altri condomini - non erano urgenti a tal punto da giustificare, per le parti comuni, l'intervento della (OMISSIS) s.r.l. in via di sostituzione (cfr. sentenza impugnata, p. 12). Ne discende il carattere centrale della menzionata questione di interpretazione della delibera assembleare del 2/2/2006. Conviene muovere dai passi rilevanti di quest'ultima, per come sono riportati dalla sentenza impugnata (p. 11 s.). Il Condominio aveva stabilito: (a) al punto 5, di incaricare un professionista affinche' provvedesse alle incombenze per la messa a norma degli impianti termico ed elettrico precisando che, prima di dar corso ai lavori, l'amministratore avrebbe inviato ai condomini il preventivo di spesa al fine di sentirne autorizzare l'esecuzione; (b) al punto 6, che ogni eventuale maggiore spesa straordinaria per il tetto - ai fini del recupero del sottotetto di proprieta' esclusiva di (OMISSIS) - sarebbe stata integralmente sostenuta da quest'ultima, ancorche' autorizzata dagli altri condomini all'esecuzione dei lavori (ivi anche il richiamo a quanto gia' in precedenza deliberato circa gli interventi da compiere per eliminare le infiltrazioni esistenti, nonche' la precisazione che l'amministratore vi avrebbe proceduto non appena le condizioni climatiche lo avessero consentito); (c) al punto 7, di autorizzare (OMISSIS) a presentare alle autorita' competenti il progetto per la manutenzione straordinaria comprensivo del parziale rifacimento degli elementi architettonici e decorativi delle facciate, anche questa volta con spesa integralmente a carico di (OMISSIS); inoltre, una volta approvato, il progetto sarebbe stato presentato in assemblea prima dell'esecuzione dei lavori, di cui Banca Intesa (ora (OMISSIS)) aveva autorizzato l'effettuazione previa visione del progetto, riservandosi di contribuire alla spesa, con la sua quota millesimale, sull'intero costo o su parte di esso. Nel corso di tale assemblea, conclude la sentenza impugnata: " (OMISSIS) s.p.a. non si era obbligata a rimborsare alcunche' a (OMISSIS) s.r.l., a nulla valendo che la stessa si fosse riservata, a lavori ultimati, di valutare se ed in che misura contribuirvi (...). Non si scorge, poi, nelle delibere adottate che i condomini avessero deciso di evitare, una volta terminati i lavori, di approvare con apposita, successiva, assemblea la conseguente spesa a consuntivo ed il relativo riparto. Pertanto, (OMISSIS) s.r.l. non aveva titolo per agire direttamente verso (OMISSIS) s.p.a. per ottenere, nemmeno pro quota, il rimborso delle spese in discussione. Ulteriore conferma di quanto detto si rinviene anche nel verbale dell'assemblea del 13/12/2006 (...), in cui, assente la banca, al punto 6, avente quale oggetto l'approvazione del rendiconto delle opere di manutenzione straordinaria in questione, senza alcuna formale delibera al riguardo, l'attuale appellata aveva chiesto al Condominio (e non a (OMISSIS)) di provvedere al pagamento della rimanente quota a carico di quel condomino, dalla stessa unilateralmente calcolato, secondo i millesimi amministrativi di gestione (...), cui aveva fatto riscontro la promessa da parte del Condominio stesso che avrebbe provveduto immediatamente a chiedere all'odierno appellante la suddetta quota. Cio' riprova che la stessa (OMISSIS) s.r.l. era ben consapevole di non aver titolo per pretendere direttamente da (OMISSIS) alcuna somma. Ne' a diversa soluzione si perviene esaminando il verbale della successiva assemblea del 21/1/2008 (...), in cui il funzionario dell'istituto di credito oggi appellante, pur presente, si era limitato - e salva rettifica - a proporre, con riferimento al rendiconto dei lavori in questione, una soluzione conciliatoria per definire la questione relativa all'addebito di dette spese, pro quota, alla banca, senza che si addivenisse ad alcuna delibera al riguardo". Dinanzi ad una motivazione cosi' articolata, non fanno breccia le censure della ricorrente sotto il profilo dell'omesso esame di fatto decisivo. Infatti, l'apprezzamento del giudice di merito e' censurabile in sede di legittimita' solo nei casi in cui la motivazione - secondo i canoni dettati da Cass. SU 8053/2014 - sia assente, apparente, incomprensibile o irriducibilmente contraddittoria: in sintesi, sia talmente inadeguata da non consentire di ricostruire l'iter logico seguito dal giudice. Pertanto, non vi e' spazio per una critica ad opera della parte ricorrente che si sostanzi - come e' accaduto nel caso di specie - nella mera contrapposizione di una differente ricostruzione dei fatti. Ne' migliore sorte hanno le parallele censure svolte sotto il profilo della violazione dell'articolo 116 c.p.c. Dall'impiego legislativo dell'aggettivo possessivo "suo" discende logicamente che le parti non possono pretendere di sostituire il loro apprezzamento a quello del giudice di merito, ne' chiedere alla Corte di cassazione di fare altrettanto. Costoro possono unicamente sollecitare quest'ultima, attraverso censure puntuali, rigorosamente specificate e circostanziate, a controllare che il giudice di merito non abbia travalicato il limite esterno segnato dalla "prudenza", richiamato parimenti dall'articolo 116 c.p.c. Nessun siffatto travalicamento vi e' stato nemmeno sentenza impugnata, nemmeno con riferimento al rinvio - sul quale insiste la ricorrente - operato dalla delibera del 2/2/2006 a "quanto gia' in precedenza deliberato circa gli interventi da compiere per eliminare le infiltrazioni esistenti". Si tratta infatti di un rinvio di contenuto generico, dal quale e' corretto che non si possa dedurre alcunche' di effettivamente persuasivo nel giudizio sull'esistenza della pretesa della (OMISSIS) di ottenere da (OMISSIS) il rimborso pro quota delle spese. In conclusione, i primi sei motivi sono rigettati. 3. - Con il settimo motivo, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, si deduce violazione degli articoli 1353 e 1123 c.p.c., con riferimento alla motivazione relativa alle spese per la facciata, per avere la Corte di appello ritenuto che (OMISSIS) non fosse obbligata a rimborsare tali spese alla (OMISSIS). Il passo della sentenza criticato (p. 12) e' il seguente: " (OMISSIS) non si era obbligata a rimborsare alcunche' a (OMISSIS) s.r.l., a nulla valendo che la stessa si fosse riservata, a lavori ultimati, di valutare se ed in che misura contribuirvi". L'argomentazione critica e' la seguente: la riserva menzionata e' una condizione meramente potestativa, la quale - essendo nulla - non e' in grado di sottrarre la situazione alla regola ex articolo 1123 c.c. di ripartizione proporzionale delle spese condominiali. L'argomentazione e' infondata. Se l'assemblea condominiale autorizza un condomino ad effettuare lavori a sue spese sulle cose comuni, cio' equivale a negare il rimborso. Inoltre, l'assemblea non e' la sede affinche' un condomino presti il consenso a rimborsare a titolo personale le spese affrontate parimenti a titolo personale da un altro condomino. Se cio' accade, siamo fuori dal campo di applicazione dell'articolo 1123 c.c. (oltre che dell'articolo 1134 c.c.). In conclusione, il settimo motivo e' rigettato. 4. - L'ottavo e il nono motivo s'indirizzano alla motivazione relativa alle spese per il tetto, gli impianti termico ed elettrico e la facciata. Tali motivi sono proposti in subordine all'accertamento di inesistenza della delibera di approvazione delle spese straordinarie di rifacimento del tetto, delle facciate e degli impianti. Con l'ottavo, ex articolo 360 c.p.c., n. 5, si deduce omesso esame circa un fatto decisivo, cioe' l'accettazione delle spese de quibus da parte di (OMISSIS) con comportamento concludente. Con il nono, proposto ex articolo 360 c.p.c., n. 4 in subordine al rigetto dell'ottavo, si deduce violazione dell'articolo 112 c.p.c., per omessa pronuncia sull'argomentazione della (OMISSIS) relativa all'accettazione delle spese da parte di (OMISSIS) con comportamento concludente. I due motivi si esaminano contestualmente per connessione logica. Il passo della sentenza criticato (p. 13 s.) e' il seguente: "Non puo' certo ritenersi che l'appellante ( (OMISSIS)) avesse accettato di pagare quanto preteso da (OMISSIS) s.r.l. per facta concludentia contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, per non aver riscontrato le richieste di pagamento avanzate nei suoi confronti, considerato che, come noto, il silenzio non puo' assurgere a manifestazione negoziale se non in presenza di una specifica previsione normativa, nella fattispecie non sussistente, che faccia derivare dalla mancata dichiarazione specifiche conseguenze, alternativamente, di assenso o rifiuto o quando fra le parti vi sia una consuetudine, nel caso che ci occupa non riscontrata, per la quale dal silenzio si debba desumere una concreta espressione di volonta', a tacere del rilievo che dalla documentazione in atti prodotta da entrambe le parti gia' piu' sopra richiamata risulta che la banca in diverse occasioni avesse manifestato la propria contraria opinione al riguardo". In relazione all'ottavo motivo, tale motivazione e' effettiva, comprensibile, non irriducibilmente contraddittoria. Non presenta quindi gli estremi che conducono alla cassazione ex articolo 360 c.p.c., n. 5, per come concretizzati da Cass. SU 8053/2014, cit. L'ottavo motivo e' infondato. In relazione al nono motivo, l'argomentazione della (OMISSIS) relativa all'accettazione delle spese da parte di (OMISSIS) con comportamento concludente non e' ne' una domanda, ne' un'eccezione. La censura di violazione dell'articolo 112 c.p.c. e' fuori luogo. Si tratta appunto di un'argomentazione a sostegno della domanda di rimborso, che e' stata rigettata. Il nono motivo e' infondato. In conclusione, l'ottavo e il nono motivo sono rigettati. 5. - L'infondatezza di ogni motivo determina il rigetto del ricorso nel suo complesso. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo. Sussistono i presupposti per il versamento, ad opera della parte ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio in favore della parte controricorrente, che liquida in Euro 7.000,00, oltre a Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali, pari al 15% sui compensi, ed accessori di legge. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore somma pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dell'articolo 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MANNA Felice - Presidente Dott. SCARPA Antonio - Consigliere Dott. GIANNACCARI Rosanna - rel. Consigliere Dott. BESSO MARCHEIS Chiara - Consigliere Dott. ROLFI Federico V. A. - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 25711/2017 R.G. proposto da: (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato AURELI MICHELE, ( (OMISSIS)) che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato BRUSCIA PIETRO, ( (OMISSIS)); - ricorrente - contro CONDOMINIO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato CALDERARA GIANLUCA, ( (OMISSIS)) che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato MALACARNE SILVIA, ( (OMISSIS)); - controricorrente - avverso SENTENZA di CORTE D'APPELLO SEZ.DIST. DI BOLZANO n. 86/2017 depositata il 24/06/2017; Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/10/2022 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI. FATTI DI CAUSA Con atto di citazione notificato il 28.11.2011, (OMISSIS) cito' in giudizio il "Condominio (OMISSIS)" in (OMISSIS) per chiedere l'annullamento della Delib. condominiale assunta all'assemblea 24 ottobre 2011 nella parte in cui era stato approvato il rendiconto consuntivo per l'esercizio (OMISSIS), con particolare riferimento alla suddivisione delle spese di rifacimento dell'ascensore. Sostenne l'attore che il regolamento di condominio non contemplava l'ipotesi della sostituzione dell'ascensore, riferendosi l'articolo 7, comma 2, lettera e) alla sola ipotesi della "manutenzione, riparazione ed esercizio degli ascensori", ragione per la quale andavano applicati i criteri di riparto previsti dall'articolo 1124 c.c., posto che la tabella ascensore faceva riferimento alla sola altezza di ciascun piano, ossia ad uno solo dei due criteri indicati in via concorrente dall'articolo 1124 c.c. Il Tribunale di Bolzano respinse la domanda sul presupposto che il rifacimento dell'ascensore costituisse non innovazione ma manutenzione straordinaria ed applico' l'articolo 7, lettera e) del regolamento, che, a differenza dell'articolo 7, lettera a), si riferiva specificamente ai criteri di riparto delle spese per gli ascensori. (OMISSIS) propose appello, deducendo che il regolamento non aveva natura contrattuale e che l'articolo 7, lettera e) non prevedeva l'ipotesi della sostituzione dell'ascensore, non trattandosi di manutenzione del bene comune, sicche' doveva trovare applicazione l'articolo 1124 c.c. Si costitui' il condominio per resistere alla domanda. La Corte d'Appello di Trento rigetto' l'appello. In primo luogo, la corte di merito rilevo' che il primo giudice aveva ritenuto che il regolamento avesse natura contrattuale e, poiche' nessuna delle parti aveva impugnato la sentenza su tale punto, si era formato il giudicato. Quanto al rifacimento dell'ascensore, si trattava non di innovazione ma di intervento di manutenzione straordinaria, disciplinato dal regolamento del condominio e segnatamente dall'articolo 7, lettera e), il quale prevede che " le spese per la manutenzione riparazione ed esercizio degli ascensori saranno ripartiti tra i potenziali usufruenti secondo il piano divisionale redatto dal perito compilatore della tabella millesimale". Non si applicava, invece, l'articolo 7, lettera a) che si riferiva a "scale, soffitti e solai" e non agli ascensori. Avverso tale provvedimento propone ricorso in Cassazione (OMISSIS) sulla base di nove motivi. Il condominio (OMISSIS) resiste con controricorso. In prossimita' dell'udienza, il controricorrente ha depositato memorie illustrative. Il Procuratore Generale nella persona del Dott. Alessandro Pepe ha chiesto il rigetto del ricorso. RAGIONI DELLA DECISIONE Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli articolo 329 c.p.c., comma 2, articolo 342 c.p.c., commi 1 e 2, articoli 324, 99, 115 c.p.c., articoli 2909, 2730, 2733, 2735 c.c., articoli 228, 229 c.p.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3, per avere la corte di merito erroneamente ritenuto che si era formato il giudicato interno sulla natura contrattuale del regolamento condominiale in quanto la statuizione contenuta nella sentenza di primo grado non era stata impugnata. Tale statuizione, secondo il ricorrente, non costituirebbe un capo autonomo di sentenza, suscettibile di formare oggetto di giudicato interno perche' non risolverebbe una questione controversa e non avrebbe un'autonomia decisoria. Considerato che la natura eventualmente contrattuale del regolamento sarebbe favorevole al condominio, l'affermazione che si trattasse di regolamento non contrattuale costituirebbe una confessione stragiudiziale o comunque una circostanza non contestata. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la nullita' della sentenza per contrasto con l'articolo 112 c.p.c. in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 4" perche' la Corte d'appello avrebbe avere ritenuto coperta da giudicato interno la natura non contrattuale del regolamento, decidendo oltre i limiti della domanda. Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la "violazione e falsa applicazione articolo 115 c.p.c.; principio judex iuxta alligata et probata iudicare debet", dell'articolo 2697 c.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3, in quanto sarebbe stato onere del ricorrente provare l'origine assembleare del regolamento e perche' la Corte distrettuale non avrebbe considerato il fatto non contestato circa la natura non contrattuale del regolamento condominiale. Con il quarto motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli articolo 12 preleggi, degli articolo 115 c.p.c., articoli 1124, 1136 e 1138 c.c., degli articoli 2730, 2733 c.c., articolo 229 c.p.c. e articolo 735 c.c., nonche' dell'articolo 7, lettera e), del Regolamento di Condominio, in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3; la censura ripropone gli argomenti, gia' esposti nei precedenti motivi. Il ricorrente ritiene di non dover provare che il regolamento fosse di origine non contrattuale perche' si tratterebbe di circostanza pacifica che non provenisse dall'unico originario proprietario dell'edificio ed accettato dai singoli acquirenti ma che trovasse la fonte nell'assemblea. Sarebbe errata, pertanto, l'affermazione della Corte di merito secondo cui il regolamento "parrebbe" di natura contrattuale nonostante fosse privo firma e data in quanto tale circostanza deporrebbe nel senso dell'approvazione del regolamento in assemblea, indipendentemente dall'espresso richiamo nei titoli di proprieta'. Tali clausole avrebbero la natura di clausole di stile, usualmente inserite in tutti gli schemi di regolamento di condominio. Con il quinto motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell'articolo 1124 c.c., comma 1; dell'articolo 7, lettera e), del Regolamento di Condominio; degli articoli 12 e 14 preleggi; degli articoli 1362, 1363, 1364, 1366 c.c., degli articoli 1120 e 1121 c.c. in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3; il ricorrente contesta l'affermazione della corte di merito secondo cui il regolamento di condominio, sia contrattuale che assembleare, possa introdurre deroghe all'articolo 1124 c.c., salvo che non si tratti di innovazioni previste dall'articolo 1120 c.c. e 1121 c.c. Nel caso di specie, peraltro l'articolo 7, lettera e) del regolamento di condominio si riferirebbe all'ipotesi di manutenzione dell'ascensore e non all'ipotesi di sostituzione dell'ascensore, in relazione al quale andrebbe applicato l'articolo 7, lettera a), che, pur riferendosi alle scale andrebbe esteso agli ascensori, secondo l'interpretazione analogica adottata dalla giurisprudenza. Con il sesto motivo di ricorso, si deduce la nullita' della sentenza, ai sensi dell'articolo 112 c.p.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 4, per non avere la Corte d'appello pronunciato sulla domanda proposta dal (OMISSIS), volta ad ottenere l'annullamento della delibera assembleare in quanto l'articolo 7, lettera e) del regolamento non si riferirebbe alle ipotesi di sostituzione dell'ascensore. Con il settimo motivo di ricorso, si deduce il vizio di motivazione in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 5 perche' la Corte d'appello, utilizzando argomenti dubitativi ed affermazioni incerte, avrebbe reso una motivazione apparente e non congrua. Con l'ottavo motivo di ricorso, si deduce la nullita' della sentenza, ai sensi dell'articolo 112 c.p.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 4, per non avere la corte di merito pronunciato sulla domanda con la quale era stata chiesta la mancata inclusione, nel regolamento condominiale, delle spese di rifacimento dell'ascensore in quanto il regolamento prevederebbe le spese di manutenzione, riparazione ed esercizio. Con il nono motivo di ricorso, si censura la sentenza della Corte d'appello per "violazione e falsa applicazione dei principi generali dell'ordinamento; degli articoli 12 e 14 preleggi; dell'articolo 1124, 2730 e 2735 c.c.; degli articoli 1362, 1363, 1364, 1366 c.c. in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3" perche' la Corte di merito avrebbe interpretato il regolamento in modo contrario alla volonta' dei condomini, che non avrebbero tra le spese di manutenzione anche il caso di sostituzione dell'ascensore. I motivi, che per la loro connessione vanno trattati congiuntamente, sono infondati ma la motivazione deve essere corretta ai sensi dell'articolo 384 c.p.c. Il giudicato interno non si forma sulle affermazioni contenute nella sentenza che costituiscano argomentazioni fattuali o giuridiche ma sui capi della decisione risolutivi di questioni controverse che, dotate di propria individualita' ed autonomia, integrino una decisione del tutto indipendente (Cassazione civile sez. I, 15/12/2021, n. 40276; Cass. 21556/2017). Ne consegue che non puo' dirsi formato il giudicato interno sulla natura contrattuale o meno del regolamento condominiale, trattandosi di argomento funzionale alla decisione sulla domanda di annullamento della delibera assembleare, che costituisce il capo della decisione su cui si e' formato il giudicato. Parimenti, la natura non contrattuale del regolamento condominiale non puo' costituire confessione stragiudiziale, ne' fatto non contestato perche' sostenuto da entrambe le parti. La confessione puo' essere resa e avere ad oggetto solo fatti obiettivi che cadono sotto la percezione del confitente, ma non puo' riguardare ne' la qualificazione giuridica di un fatto ne' l'effetto che la legge fa conseguire a una determinata azione. Parimenti, il principio di non contestazione opera rispetto ai fatti costitutivi, modificativi o estintivi del diritto azionato e non anche in relazione alle valutazioni di carattere giuridico, che sono affidate al giudice. Cio' posto la corte di merito, ha, in primo luogo, tratteggiato la distinzione tra "regolamento contrattuale" (proveniente dall'unico originario proprietario dell'edificio successivamente caduto in condominio ed accettato dai singoli acquirenti nel contratto d'acquisto o con atto separato), "regolamento contrattuale di origine interna" (adottato in sede assembleare con consenso totalitario) e "regolamento assembleare (adottato con la maggioranza prevista dall'articolo 1138 c.c.). I regolamenti condominiali, qualunque sia la natura, possono derogare ai criteri di riparto delle spese previsti dagli articoli 1123 c.c. e 1124 c.c. Il regolamento contrattuale puo' derogare alla disciplina codicistica, con esclusione delle ipotesi richiamate dall'articolo 1138 c.c., comma 4, tra le quali non rientrano i criteri di riparto delle spese di cui agli articoli 1123 c.c. e 1124 c.c. L'articolo 1123 c.c., nel disciplinare i criteri di ripartizione delle spese necessarie per la conservazione ed il godimento delle parti comuni, prevede espressamente che i condomini possano adottare una "diversa convenzione". Quanto all'articolo 1124 c.c., che stabilisce i criteri per la manutenzione e sostituzione delle scale (nella formulazione, applicabile ratione temporis anteriore alla riforma della L. n. 220 del 2012), la giurisprudenza di questa Corte e' pacifica nell'affermare l'applicazione, in via analogica, dell'articolo 1124 c.c. agli ascensori e, conseguentemente, esclude che si tratti di norma inderogabile attraverso un accordo tra condomini (Cass.2883/99 e Cass. 5479/91). Anche nel regolamento di natura assembleare e' possibile introdurre modifiche al sistema legale di ripartizione delle spese, qualora, ai sensi dell'articolo 1123 c.c., si tratti di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, secondo la proporzione dell'uso che ciascuno puo' fare, sicche' e' anche legittima la deroga assembleare all'articolo 1124 c.c., laddove, pur senza considerare millesimi di proprieta', si basi sul maggiore o minore uso fattone dai condomini. Nel caso di specie, il "regolamento contrattuale di origine interna" nascente dall'approvazione unanime di tutti i condomini, deroga all'articolo 1124 c.c., in quanto l'articolo 7, lettera e) stabilisce il riparto delle spese ascensore in base al solo criterio della "proporzionale altezza di ciascun piano al suolo", abbandonando l'altro criterio, stabilito in via concorrente, in ragione della meta', dall'articolo 1124 c.c. ovvero quello del "valore dei singoli piani o porzione di piano". Ne' rileva la circostanza che si trattasse di sostituzione dell'ascensore e non di mera manutenzione. La giurisprudenza di questa Corte e' consolidata nell'affermare, nella vigenza della disciplina antecedente alla riformulazione dell'articolo 1124 c.c., ratione temporis applicabile, che a differenza dell'installazione "ex novo" di un ascensore in un edificio in condominio (le cui spese vanno suddivise secondo l'articolo 1123 c.c., ossia proporzionalmente al valore della proprieta' di ciascun condomino, quelle relative alla manutenzione e ricostruzione dell'ascensore gia' esistente vanno ripartite ai sensi dell'articolo 1124 c.c. (Cass. Civ., Sez. II, 4.9.2017, n. 20713, non massimata; Cass. 25.3.2004, n. 5975; Cass. Civ., Sez. II, 17.2.2005, n. 3264). Come tutti i criteri legali di ripartizione delle spese condominiali, anche quello di ripartizione delle spese di manutenzione e sostituzione degli ascensori puo' essere derogato, ma la relativa convenzione modificatrice della disciplina legale di ripartizione deve essere contenuta o nel regolamento condominiale (che percio' si definisce "di natura contrattuale"), o in una deliberazione dell'assemblea che venga approvata all'unanimita', ovvero col consenso di tutti i condomini (Cass. Sez. II, 4.8.2016, n. 16321; Cass. Civ., Sez. II, 17.1.2003, n. 641; Cass. Civ., Sez. II, 19.3.2010, n. 6714) Nel caso di specie, nell'ambito dell'attivita' interpretativa riservata al giudice di merito, la Corte di merito ha ritenuto applicabile l'articolo 7, lettera e) del regolamento condominiale, che disciplina le "spese per la manutenzione, riparazione ed esercizio degli ascensori", ritenendo che la norma si riferisse specificamente alle spese riguardanti l'ascensore laddove l'articolo 7, lettera a) del regolamento regola le spese di manutenzione, sia ordinaria che straordinaria, delle scale, dei soffitti e dei solai. Come osservato dal Procuratore Generale la "ricostruzione" e' una forma di manutenzione straordinaria e anche di riparazione perche' non altera la destinazione del bene ascensore, e, attraverso la sostituzione rende funzionante e nuovo il bene stesso. E' stata quindi correttamente utilizzata, ai fini del riparto delle spese, la tabella ascensore allegata al regolamento condominiale. Vanno, infine, disattese le censure attinenti all'errata interpretazione del regolamento contrattuale, trattandosi di interpretazione plausibile alla quale il ricorrente intende sostituire una diversa interpretazione a lui piu' favorevole, senza contestare la violazione dei criteri ermeneutici. Del tutto insussistente sono le censure relative alla nullita' della sentenza per violazione dell'articolo 112 c.p.c., sotto i diversi profili di mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato ed ultrapetizione, avendo la Corte di merito pronunciato sulla domanda di annullamento della delibera. Il ricorso va pertanto rigettato. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita', che liquida in Euro 5000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da' atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE D'APPELLO DI MILANO Sezione Terza Civile nelle persone dei seguenti magistrati: dr.ssa Irene Formaggia Presidente dr.ssa Maura Caterina Barberis Consigliere rel. dr.ssa Maria Carla Rossi Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. r.g. 2680/2021 promossa in grado d'appello da (...) (C.F: (...)) rappresentato e difeso dell'Avv. (...) ed elettivamente domiciliato in Milano presso lo studio sito in (...), come da procura in atti. - appellante - contro CONDOMINIO DI MILANO, (...), (C.F: (...)) - appellato contumace - OGGETTO: appello avverso la sentenza resa nel procedimento recante n. R.G. 13492/2020 dal Tribunale di Milano n. 6022/2021 pubblicata in data 06.07.2021 e notificata in data 20.07.2021, in materia di "Comunione e condominio, impugnazione di delibera assembleare - spese condominiali". CONCLUSIONI: per (...): "Voglia l'Ecc.ma Corte d'Appello adita, contrariis reiectis: - IN VIA PREGIUDIZIALE E CA UTELARE sospendere e/o revocare la provvisoria esecutorietà della sentenza n. 6022/2021, pubblicata il 06/07/2021, Repert. n. 5947/2021 del 08/07/2021, resa dal Tribunale di Milano, Sezione Tredicesima Civile, Giudice Dott. Pietro Paolo Pisani, nel giudizio rubricato al n. di R.G. 13492/2020, notificata in data 20.07.2021, ivi impugnata per i motivi tutti meglio dedotti nel presente atto; - NEL MERITO accogliere per i motivi tutti dedotti in narrativa il proposto appello e, per l'effetto, in riforma della sentenza n. 6022/2021, pubblicata il 06/07/2021, Repert. n. 5947/2021 del 08/07/2021, resa dal Tribunale di Milano, Sezione Tredicesima Civile, Giudice Dott. Pietro Paolo Pisani, nel giudizio rubricato al n. di R.G. 13492/2020, accogliere le conclusioni avanzate in prime cure nel merito e in via principale che qui si riportano: "previa ogni necessaria declaratoria in fatto e in diritto, nel merito - accertare e dichiarare l'annullamento e/o la nullità della delibera assunta all'esito dell'Assemblea del Condominio di (...) in Milano del 16.11.2017 in relazione ai punti VI. (e VIII.) impugnati, per tutti i motivi esposti in narrativa; - il tutto con vittoria di onorari, 15% di spese generali, spese e accessori come per legge", con richiesta di dichiarare tardivo ed inammissibile l'intervento ad adiuvandum del condomino (...). Con ogni più ampia riserva di ulteriormente dedurre e produrre. Con vittoria di spese e onorari anche del presente giudizio di appello" RAGIONI DI FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE La presente controversia prende origine dalla impugnativa, proposta dal Sig. (...), della delibera assembleare del Condominio di (...), dinanzi al Giudice di Pace di Milano, per la sua asserita nullità e/o annullabilità con riferimento ai punti n. VI e VIII del suo O.d.g. aventi ad oggetto rispettivamente la decisione di: "affittare l'ex canna di caduta rifiuti al locale (...) per Euro 1.200,00 all'anno affinché possa inserirvi una canna fumaria" e di approvare "il conto consuntivo 2016/2017 per Euro 131.816,17 e la sua ripartizione". Iscritto il procedimento a ruolo con il n. R.G. 25626/2018, si costituiva in giudizio il Condominio di Viale Papiniano, 57 (d'ora innanzi solo "Condominio") e spiegava intervento il singolo condomino (...), ad adiuvandum del Condominio. Il Giudice di Pace di Milano, con sentenza n. 12412/2019, dichiarava la propria incompetenza per materia in favore del Tribunale di Milano e concedeva all'attore il termine di legge per la riassunzione della causa. L'attore provvedeva ritualmente alla riassunzione del giudizio solo nei confronti del Condominio, chiedendo in ogni caso dichiararsi l'inammissibilità dell'intervento spiegato dal condomino (...) e riproponendo solo la domanda relativa al punto VI dell'O.d.g. assembleare. Il Condominio, tempestivamente costituitosi, contestava tutto quanto ex adverso dedotto ed eccepito, in quanto ritenuto infondato in fatto ed in diritto, chiedendone l'integrale rigetto. All'esito della prima udienza venivano rigettate le richieste di mezzi istruttori e ritenuta la causa matura per la decisione, precisate le conclusioni, la causa veniva rinviata ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c. con termine per il deposito di note conclusionali. A seguito dei depositi e della discussione orale il Giudicante pronunciava la sentenza n. 6022/2021 con cui rigettava tutte le domande dell'attore; condannava lo stesso a corrispondere al convenuto Condominio le spese e competenze di lite e di mediazione, liquidate in Euro.4.000,00 per compensi, oltre alle spese generali nella misura del 15% dei compensi ed a cpa e Iva di legge. Noè Ambrogio proponeva appello chiedendo la riforma della sentenza impugnata, come da conclusioni riportate in epigrafe, citando in giudizio sia il Condominio che ad (...) (a quest'ultimo notificando l'atto d'appello personalmente). Il Condominio non si costituiva, al pari di (...): dichiarata la loro contumacia e la causa matura per la decisione, la causa veniva trattenuta in decisione con concessione dei termini ordinari per il deposito degli scritti difensivi finali. Con unico motivo di appello, articolato in più punti, l'appellante censura l'inclusione della fattispecie de qua nelle materie in cui sarebbe ammissibile una deliberazione condominiale assunta a maggioranza semplice a norma dell'art. 1102 c.c. In particolare, secondo la prospettazione di parte appellante, il Giudice di prime cure non avrebbe considerato che la 'condotta caduta rifiuti' rappresenta un bene comune potenzialmente funzionante, anche se non utilizzata per la chiusura temporanea degli sportelli. Il suo diverso utilizzo (allocazione di una canna fumaria) rientrerebbe pertanto nelle modifiche previste dall'art. 1120 c.c. e, pertanto, approvabili solo con le maggioranze di cui all'art. 1136 c.c., vale a dire due terzi del valore del condominio: il Tribunale avrebbe d'altronde trascurato il fatto che la modifica renderebbe impossibile l'utilizzo del bene comune da parte di qualsiasi condomino (essendo il kebab (...) estraneo al condominio), il pregiudizio da ciò derivante alla sicurezza dello stabile (alla luce al disposto dell'art. 1117 ter c.c., ultimo comma che vieta le modificazioni delle destinazioni d'uso che possono recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato o che ne alterino il decoro architettonico, considerato che la delibera era stata assunta senza che fossero state nemmeno indicate le caratteristiche della canna fumaria) e la contrarietà di quanto autorizzato con la delibera all'art. 5 del regolamento condominiale (divieto di occupazione degli enti comuni, anche in via temporanea). In via preliminare, va rilevato come la sentenza di primo grado non sia stata resa nei confronti di (...). Questo, come si è detto, era infatti intervenuto ad adiuvandum del Condominio nella prima fase (avanti il Giudice di Pace) del giudizio di primo grado, senza che la causa fosse poi stata riassunta nei suoi confronti avanti al Tribunale (come ben possibile, non trattandosi di litisconsorte necessario): ne discende l'irrilevanza della irrituale notifica dell'atto d'appello eseguita allo stesso personalmente, mentre la revoca della sua dichiarazione di contumacia è la conseguenza necessaria del difetto della sua qualità di parte. Nel merito, è opportuno innanzitutto ricordare che "costituisce innovazione ex art. 1120 cod. civ. non qualsiasi modificazione della cosa comune, ma solamente quella che alteri l'entità materiale del bene operandone la trasformazione, ovvero determini la trasformazione della sua destinazione, nel senso che detto bene presenti, a seguito delle opere eseguite una diversa consistenza materiale, ovvero sia utilizzato per fini diversi da quelli precedenti l'esecuzione delle opere. Ove invece, la modificazione della cosa comune non assuma tale rilievo, ma risponda allo scopo di un uso del bene più intenso e proficuo, si versa nell'ambito dell'art. 1102 cod. civ., che pur dettato in materia di comunione in generale, è applicabile in materia di condominio degli edifici per il richiamo contenuto nell'art. 1139 cod. civ." (Cass. n. 945 del 2013; Cass. n. 240 del 1997; Cass. n. 2940 del 1963). Il contenuto della delibera in oggetto non consiste nell'approvazione di innovazioni o nell'impedimento al diritto dei condomini di beneficiare del servizio comune di smaltimento dei rifiuti attraverso la condotta in questione, in quanto tale servizio risulta ormai dismesso da diversi anni, in virtù di precedente delibera condominiale mai impugnata e di conseguente sigillatura delle aperture per lo scarico dei rifiuti. Pertanto, può dirsi rientrante nella competenza dell'assemblea il potere di deliberare a maggioranza la destinazione di un bene comune, allo stato in alcun modo utilizzato e di cui è stata definitivamente abbandonata la funzione originaria. La locazione per l'inserimento di una canna fumaria è del tutto rispettosa del principio di uso paritetico dei beni comuni, assicurando a tutti i condomini la percezione del canone di affitto pari ad euro 1.200,00, da suddividersi fra gli stessi: tutto ciò in difetto di qualsiasi possibilità di uso diverso prospettata dall'appellante. L'art.5 del Regolamento condominiale, poi, attiene all'ipotesi di mera occupazione da parte di chiunque di aree comuni, all' evidenza diversa da quella in cui tale occupazione avvenga sulla base di un titolo autorizzativo proveniente dalla stessa assemblea condominiale. Quanto alla paventata pericolosità dell'installazione della canna fumaria nel cavedio adibito al servizio rifiuti, è evidente che a ciò il conduttore debba procedere nel rispetto delle regole dell'arte e delle norme legali e regolamentari vigenti, cosicché tale condizione deve considerarsi automaticamente inserita nel contratto. L'appello deve pertanto essere respinto: la contumacia dell'appellato esclude qualsiasi statuizione in punto di spese processuali. P.Q.M. La Corte d'Appello di Milano, definitivamente pronunciando sull'appello proposto da (...) avverso la sentenza del Tribunale di Milano n. 6022/2021 pubblicata in data 6 luglio 2021, così provvede: - Dichiara non costituito il rapporto processuale con (...) e revoca la sua dichiarazione di contumacia; - rigetta l'appello; - nulla per le spese; - dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico di parte appellante, dell'ulteriore importo pari al contributo unificato versato ex. art. 13 comma 1 quater DPR 30.05.2002 n. 115. Così deciso in Milano il 20 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO La Corte di Appello di Palermo, II Sezione Civile, composta dai signori: 1) Dott. Giuseppe Lupo Presidente 2) Dott. Virginia Marletta Consigliere relatore ed estensore 2) Dott. Sebastiana Ciardo Consigliere riunita in Camera di Consiglio, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 813/2020, posta in decisione in data 22.4.2022, per la quale è stata disposta la trattazione scritta, ai sensi dell'art. 221, commi 2 e 4 del D.L. n. 34/2020, convertito con L. 77/2020; dell'art. 23 D.L. 137/2020 convertito con L. 176/2020; dell'art. 7 D.L. 105/2021 convertito con la L. 126/2021; dall'art. 16 D.L. 228/2021 convertito con L 15/2022-15/2022 - promossa in questo grado DA (...) (C.F. (...)), nata (...), con il patrocinio dell'Avv. LIOTTA LEONARDA e con elezione di domicilio in via (...) PALERMO presso il medesimo difensore APPELLANTE CONTRO CONDOMINIO VIA (...) 94, IN PERSONA DELL'AMMINISTRATORE PRO TEMPORE RAG. (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'Avv. CA.GI. e con elezione di domicilio in via (...) PALERMO presso il medesimo difensore APPELLATO CONCLUSIONI DELLE PARTI Le parti hanno concluso come da note per la trattazione scritta inviate e depositate in via telematica. RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione ritualmente notificato, (...) proponeva opposizione al decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo n. 5462/2017, notificatole in data 10.10.2017, con cui il Tribunale di Palermo ingiungeva alla stessa il pagamento, a favore del Condominio di Via (...) n. 94, in persona dell'amministratore pro tempore, della somma di Euro 11.927,08 per quote condominiali maturate e non pagate relative all'unità immobiliare di sua proprietà (Scala A Piano 2 Interno 9P), oltre agli interessi e alle spese della procedura. Si costituiva nel giudizio il Condominio opposto, in persona dell'amministratore pro tempore, chiedendo il rigetto dell'opposizione e la conferma del decreto ingiuntivo emesso. Con sentenza n. 1266/2020 pubblicata in data 7.4.2020, il Tribunale di Palermo rigettava l'opposizione proposta, confermando il decreto ingiuntivo opposto e condannando l'opponente al pagamento delle spese del giudizio. Avverso la suddetta sentenza proponeva appello la (...), al quale resisteva il Condomini. Disposta la trattazione scritta, in data 22.4.2022 sulle note depositate telematicamente, la causa veniva posta in decisione. Con il primo motivo di appello la (...) lamenta che il giudice di prime cure ha ritenuto superfluo l'accertamento dell'autenticità della firma della ricorrente sul documento di consegna delle copie delle delibere assembleari. Più nello specifico, parte appellante evidenzia che nel giudizio di primo grado sarebbe stata raggiunta la prova che la documentazione per cui è stato emesso il decreto ingiuntivo non è mai stata ricevuta dalla (...), avendo quest'ultima disconosciuto, già alla prima udienza di comparizione tenutasi i data 09.03.2018, la firma apposta sulla ricevuta di ritorno, contestando altresì la conformità agli originali dei documenti prodotti telematicamente dalla parte opposta. In conseguenza di ciò, la nota di comunicazione - consistente in una lettera datata 14/04/2017, portante intestazione "Studio Saldì Azzolini srl" e attestante la trasmissione del verbale di assemblea del 29.03.2017 nonché dello stato patrimoniale iniziale al 01.01.2017 con riparto di accantonamento fondo straordinario - non avrebbe dovuto essere utilizzata come documento comprovante la certezza e l'esigibilità del credito ingiunto, a nulla rilevando che la delibera di approvazione di tali spese sia stata o meno impugnata dall'odierna appellante, come invece ritenuto dal giudice nel ragionamento logico-giuridico che ha portato al rigetto dell'opposizione. Con il secondo motivo di appello, logicamente connesso al primo, parte appellante contesta il rigetto dell'eccezione sollevata in primo grado sull'omessa approvazione del piano di ripartizione delle spese. Sotto tale profilo, parte appellante evidenzia che, se da un lato, il condominio non ha attivato il procedimento di verifica delle firme contestate e disconosciute dall'appellante, dall'altro, parte appellante ha invece puntualmente e dettagliatamente contestato la documentazione prodotta dal condominio. La stessa rileva, ancora, che nel giudizio di primo grado è rimasta incontestata la circostanza che gli allegati del ricorso per decreto ingiuntivo, i verbali di assemblea, i rendiconti e le tabelle di ripartizione delle spese tra i condomini non sarebbero in alcun modo riconducibili a quelle spese che si adducono approvate all'unanimità, sia nella delibera assembleare del 29.03.2017 (all. n. 3 atto di citazione) sia nella delibera assembleare del 02.12.2016 (all. n. 7 atto di citazione). In subordine, con il terzo motivo di appello, parte appellante chiede la riforma della sentenza impugnata sotto il profilo delle spese del giudizio, ritenute sproporzionate rispetto ai parametri previsti dal D.M. 55/2014 in considerazione del fatto che l'attività istruttoria svolta sia nel procedimento monitorio, che in quello di merito, è stata puramente documentale. I primi due motivi di gravame, logicamente connessi, vanno rigettati in quanto infondati. Occorre preliminarmente evidenziare che il disconoscimento della firma della (...) apposta sulla ricevuta di avvenuta consegna n. 17 27393 del 14.04.2017, risulta tardivo poiché effettuato, per la prima volta, alla prima udienza di merito del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo in data 9.3.2018. Ed infatti, dalle risultanze e dagli atti del primo grado, è emerso che il documento in questione è stato prodotto per la prima volta, nel corso del procedimento di inibitoria (quest'ultimo recante R.G. n. 19828/2017sub-1, instaurato in conseguenza dell'istanza di sospensiva formulata dall'opponente nell'atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo e concluso con il rigetto dell'istanza stessa), in data 5.1.2018; tuttavia, all'udienza del 6.3.2018, dello stesso sub procedimento di inibitoria, la (...), benché il documento oggetto del successivo disconoscimento si trovasse già all'interno del fascicolo, non si preoccupava di sollevare tale eccezione, così riconoscendo tacitamente la sottoscrizione sull'avviso di ricevimento della raccomandata. Invero, nel silenzio della norma in merito ai modi e ai termini in cui deve avvenire il disconoscimento, è applicabile la disciplina degli artt. 214 e 215 c.p.c., con la conseguenza che la copia fotostatica non autenticata si ha per riconosciuta - tanto nella sua conformità all'originale quanto nella scrittura e sottoscrizione - se la parte comparsa non la disconosca, in modo formale, e quindi specifico e non equivoco, alla prima udienza ovvero nella prima risposta successiva alla sua produzione (v. Cass. n. 19680.2008; Cass. n. 3695.2007). Sotto altro profilo, si evidenzia l'infondatezza della contestazione della conformità all'originale dei documenti prodotti in copia dal condominio. Ed invero, secondo costante orientamento giurisprudenziale, il disconoscimento della conformità all'originale della copia fotostatica dei verbali assembleari prodotti in giudizio dal Condominio, operato per la prima volta dall'attrice alla prima udienza di comparizione del 9.3.2018, non soddisfa gli oneri deduttivi che, in ossequio alla più recente giurisprudenza, devono essere assolti affinché esso possa dirsi efficace. Per aversi disconoscimento idoneo, infatti, si richiede che la parte, nei modi e termini di legge, renda una dichiarazione che - pur sprovvista di forme particolari - evidenzi in modo chiaro ed inequivoco gli elementi differenziali del documento prodotto rispetto all'originale di cui si assume sia copia, senza che possano considerarsi sufficienti, ai fini del ridimensionamento dell'efficacia probatoria, contestazioni generiche o onnicomprensive (cfr. in tal senso Cass. n. 28096.2009). Si è al riguardo affermato che agli effetti dell'art. 2719 c.c. il disconoscimento deve contenere la menzione delle parti in cui la copia sia materialmente contraffatta rispetto all'originale, oppure l'indicazione delle parti mancanti e il loro contenuto o delle parti aggiunte; a seconda dei casi, poi, la parte che disconosce deve anche offrire elementi, almeno indiziari, sul diverso contenuto che il documento presenta nella versione originale, senza, per l'appunto, che possa valere il ricorso a clausole di stile e generiche (v. Cass. n. 16557.2019, in motivazione; Cass. n. 27633.2018; Cass n. 29993.2017). Nella specie, non risulta che l'attrice abbia assolto l'onere di disconoscimento quale sopra delineato, avendo affidato la contestazione di conformità ad una dichiarazione priva della dovuta chiarezza e specificità. Pertanto, bene ha motivato il primo Giudice, nella parte in cui evidenzia che "non avendo contestato l'esistenza delle delibere assunte dall'assemblea condominiale, ma soltanto la conformità alle stesse dei documenti prodotti e non avendo proposto impugnazione avverso le delibere dell'assemblea condominiale, al fine di contestare le decisioni riguardanti i lavori straordinari da effettuare nelle parti comuni e la relativa ripartizione delle spese tra i condomini, tali delibere possono considerarsi ormai efficaci e la loro validità non può costituire oggetto del presente giudizio". Il Giudice di primo grado ha correttamente ritenuto che la signora (...), non avendo mai proceduto ad impugnare le delibere condominiali ai sensi dell'articolo 1173 cod. civ., ha lasciato scadere il termine per l'impugnazione, e, pertanto, le suddette delibere sono divenute definitivamente efficaci. In questo senso, l'accertamento dell'autenticità della firma della ricorrente non ha più alcuna rilevanza ai fini della decisione. Per quanto attiene, poi, al profilo della mancata approvazione del piano di ripartizione delle spese, tale censura appare infondata e pretestuosa. Rilevata la generica e non puntuale contestazione della documentazione prodotta dal Condominio, si rileva che dagli atti del fascicolo emerge che quest'ultimo ha allegato le delibere di approvazione dei lavori straordinari concernenti l'androne, le scale e l'ascensore e della costituzione del corrispondente fondo di accantonamento per la somma indicata, nonché la quota spettante alla (...). Ed invero, chiaramente si evince che la quota della (...) viene calcolata sulla scorta del prospetto indicato nella tabella (di cui all'allegato 1 della produzione di parte appellata) denominata "ripartizione della spesa - accantonamento fondo straordinario". Tale tabella contiene chiaramente l'indicazione dell'importo destinato ai lavori di manutenzione dell'androne e delle scale dell'immobile suddiviso per i singoli condomini in base alle rispettive quote millesimali. Per quanto riguarda l'odierna appellante, proprietaria per 214,610 mill., la somma relativa all'esecuzione di tali lavori veniva quantificata in complessivi 16.994,37 Euro. La somma ingiunta alla (...) viene analiticamente descritta dalla "scheda personale" riepilogativa del credito (allegato 6 fascicolo di primo grado) ove si distinguono altrettanto chiaramente le singole voci attinenti tanto al debito relativo alla gestione pregressa quanto a quelle relative alle spese di ordinaria e straordinaria amministrazione, suddivise per i singoli trimestri di competenza (ove rientrano quelle approvate per i lavori di manutenzione delle scale e dell'androne dell'immobile). Di contro, non solo la contestazione della (...) appare del tutto generica e pretestuosa, ma sono rimasti indimostrati la dedotta impugnazione delle già menzionate delibere, nonché il pagamento delle somme ingiunte. A tal uopo appare assolutamente dirimente il consolidato orientamento giurisprudenziale, già evidenziato nella statuizione del Giudice di prime cure, secondo cui "in tema di riscossione degli oneri condominiali, non costituisce motivo di revoca dell'ingiunzione, ottenuta sulla base della delibera di approvazione di una spesa, la mancata approvazione del relativo stato di riparto, atteso che le spese deliberate dall'assemblea si ripartiscono tra i condomini secondo le tabelle millesimali, ai sensi dell'art. 1123 c.c., cosicché ricorrono le condizioni di liquidità ed esigibilità del credito che consentono al condominio di richiederne il pagamento con procedura monitoria nei confronti del singolo condomino". Anche il terzo motivo relativo alla riforma delle spese va rigettato. I compensi professionali liquidati dal Giudice di prime cure in favore del Condominio appaiono, invero, perfettamente in linea con i parametri ministeriali ed assolutamente proporzionati, anche tenendo conto della fase istruttoria espletata che, seppur cartolare, rappresenta sempre e comunque una voce di cui tener conto nel calcolo di liquidazione delle spese. In conclusione, l'appello va integralmente respinto. Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in complessivi Euro 5.600,00 per compensi, oltre oneri forfetari, CPA e IVA; Visto l'art. 13 D.P.R. 115/2002 (come modificato dall'art. 1 commi 17 e 18 della L. 228/2012, in vigore dal 31.1.2013), si deve dare atto della sussistenza dei presupposti, a carico dell'appellante, dell'obbligo di pagare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello corrisposto per l'impugnazione. P.Q.M. La Corte, definitivamente pronunciando, nel contraddittorio delle parti, a) rigetta l'appello proposto da (...), nei confronti del Condominio di via (...) 94, avverso la sentenza n. 1266/2020 emessa dal Tribunale di Palermo in data 7.4.2020; b) condanna (...) al pagamento, in favore del Condominio di via (...) n. 94, delle spese di questo grado del giudizio, che liquida in complessivi Euro 5.600,00, oltre spese generali, CPA e IVA come per legge; c) dichiara la sussistenza dei presupposti per l'applicazione dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. 115/2002 a carico dell'appellante. Così deciso in Palermo l'11 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 2 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MANNA Felice - Presidente Dott. SCARPA Antonio - Consigliere Dott. GIANNACCARI Rossana - rel. Consigliere Dott. ROLFI Federico V. A. - Consigliere Dott. BESSO MARCHEIS Chiara - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 25205/2017 R.G. proposto da: (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS)) rappresentato e difeso dall'avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS)); -ricorrente- contro CONDOMINIO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS)) che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS)); -controricorrente- nonche' contro (OMISSIS); - intimato - avverso SENTENZA di CORTE D'APPELLO MILANO n. 3302/2017 depositata il 14/07/2017. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/10/2022 dal Consigliere ROSSANA GIANNACCARI. FATTI DI CAUSA 1. (OMISSIS), proprietaria di un appartamento sito al sesto piano dello stabile condominiale di Via (OMISSIS) a Milano, in virtu' di decreto di trasferimento in sede di procedura fallimentare, impugno' la delibera condominiale del (OMISSIS), chiedendo dichiararsi la nullita' nella parte in cui erano state approvate le nuove tabelle millesimali nonche' il consuntivo della gestione 2011-12 ed il preventivo del 2012-2013. 1.1.Con il medesimo atto, (OMISSIS) evoco' in giudizio il condomino (OMISSIS). 1.2. Il Condominio di Via (OMISSIS) si costitui' per resistere alla domanda mentre (OMISSIS) rimase contumace. 1.3. Il Tribunale di Milano rigetto' l'impugnazione sul rilievo che le tabelle condominiali non avessero natura contrattuale e potessero essere modificate con la maggioranza qualificata di cui all'articolo 1136, comma 2 c.c. 1.4. La (OMISSIS) propose appello e dedusse di non aver prestato il consenso alla redazione delle nuove tabelle millesimali, in quanto, nel corso dell'assemblea del (OMISSIS), si era riservata di esprimere il proprio gradimento sulla nomina del tecnico incaricato di redigere le tabelle millesimali. 1.5. La (OMISSIS) contesto' che le originarie tabelle allegate al regolamento condominiale non avessero natura contrattuale in quanto il regolamento prevedeva criteri specifici per il riparto delle spese sicche' esse non erano modificabili con la maggioranza sancita dall'articolo 1136 2 co, c.c.; i contesto' l'erroneita' delle superfici attribuite alla sua proprieta' rispetto a quelle originariamente previste nelle tabelle allegate al regolamento condominiale. Infine, l'appellante censuro' la decisione di primo grado per non avere il Tribunale esaminato i motivi di impugnazione relativi alla mancanza di informazione circa l'oggetto della delibera impugnata nonche' per aver erroneamente attribuito la superficie di due cantine e per aver utilizzato il criterio millesimale invece di quello della cubatura per le spese di riscaldamento. 1.6. La Corte d'appello di Milano, con sentenza del 14.7.2017, confermo' la sentenza del Tribunale. 1.7. La Corte di merito ritenne che la (OMISSIS) avesse espresso il consenso con âEuroËœvoto favorevole' alla modifica delle tabelle, ponendo la riserva solo sull'individuazione del tecnico. Con riferimento poi alla natura contrattuale delle tabelle, la Corte rilevava come tale deduzione dovesse essere riferita non gia' alla delibera impugnata (quella del (OMISSIS)) ma alla delibera del (OMISSIS), con cui la (OMISSIS) aveva espresso la volonta' di modifica delle tabelle, delibera non espressamente impugnata. In ogni caso, la natura contrattuale del regolamento condominiale non si estendeva alle tabelle millesimali, la cui finalita' era quella di tradurre la proprieta' in frazioni millesimali. Viziata di genericita' veniva considerata la doglianza relativa all'eccesso di potere della decisione di primo grado poiche' l'appellante non aveva fornito alcun elemento logico-probatorio si' da ritenere che la delibera fosse arbitrariamente e fraudolentemente preordinata al perseguimento di interessi divergenti e volutamente lesivi degli interessi dei condomini; in ogni caso, l'eccesso di potere quale titolo per la caducazione della delibera era stato dedotto per la prima volta in appello, in violazione dell'articolo 345 c.p.c. Riguardo alle tabelle millesimali annesse al regolamento di condominio, la Corte d'Appello valuto' che vi era discrepanza delle risultanze della perizia con i dati relativi alle originali tabelle del 1964, cui conseguiva la necessita' di una riforma delle tabelle. I rilievi dell'appellante sull'erroneita' delle nuove tabelle risultavano generici e senza alcuna esauriente indicazione della specifica entita' dell'eventuale difformita' rispetto alla situazione reale. Anche la deduzione circa l'incompletezza delle informazioni era generica per non avere la (OMISSIS) allegato quali fossero gli elementi informativi mancanti. In relazioni ai subalterni 2) (omogeneita' delle tabelle) e 3) (erronea attribuzione delle cantine),le deduzioni erano ripetitive e nuove rispetto a quanto dedotto in primo grado. 2.Per la cassazione della sentenza d'appello ha proposto ricorso (OMISSIS) sulla base di otto motivi. 2.1. Il Condominio di via (OMISSIS) ha resistito con controricorso; 2.2. In prossimita' dell'udienza le parti hanno depositato memorie illustrative. 2.3. Il Procuratore Generale nella persona del Dott. Alessandro Pepe ha chiesto il rigetto del ricorso. RAGIONI DELLA DECISIONE 1.Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione o falsa applicazione dell'articolo 1136 c.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la corte Corte d'appello ritenuto che sussistesse la volonta' della ricorrente di modificare le tabelle millesimali, senza tenere conto che nel corso dell'assemblea del (OMISSIS), il consenso alla revisione delle tabelle sarebbe stato espresso a condizione che il tecnico nominato fosse di suo gradimento. 2.Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione o falsa applicazione dell'articolo 100 c.p.c. per avere la Corte di merito ritenuto che dovesse essere impugnata la delibera del (OMISSIS), con cui il condominio aveva deliberato di procedere alla redazione di nuove tabelle e non quella, poi del (OMISSIS) di approvazione delle tabelle modificate; al contrario, la lesione del diritto si sarebbe effettivamente determinata con l'individuazione dei millesimi attribuiti. 2.1.I motivi, che per la loro connessione vanno trattati congiuntamente sono infondati ma la motivazione deve essere corretta. 2.2.La lesione del diritto del condomino sorge con la definitiva approvazione delle tabelle in cui vengono stabiliti i nuovi criteri di riparto delle spese, sulla base dei millesimi attribuiti al singolo condomino sicche' non e' corretto quanto affermato dalla Corte di merito, secondo cui avrebbe dovuto essere impugnata la delibera del (OMISSIS), con cui la (OMISSIS) aveva espresso la volonta' di modifica delle tabelle. 2.3. Tuttavia, e' dirimente osservare, ai fini del rigetto del ricorso, che, come correttamente si afferma nella sentenza impugnata, l'approvazione all'unanimita' non era necessaria in quanto la natura contrattuale del regolamento condominiale non si estende alle tabelle millesimali, le cui finalita' e' quella di tradurre la proprieta' in frazioni millesimali (Cassazione civile sez. un., 09/08/2010, n. 18477). 2.4. E' stato piu' volte affermato da questa Corte che, in tema di condominio, l'atto di approvazione delle tabelle millesimali, al pari di quello di revisione delle stesse, non ha natura negoziale, con la conseguenza che il medesimo non deve essere approvato con il consenso unanime dei condomini, essendo a tal fine sufficiente la maggioranza qualificata di cui all'articolo 1136 comma 2 c.c. (Cassazione civile sez. II, 25/10/2018, n. 27159; Cassazione civile sez. II, 10/03/2020, n. 6735). 2.5.Tale principio e' stato affermato con nitidezza nella recente pronuncia delle Sezioni Unite del 14.4.2021, n. 9839, con riferimento sia all'atto di approvazione delle tabelle millesimali che a quello di revisione delle stesse; e', infatti, sufficiente la maggioranza qualificata di cui all'articolo 1136, comma 2, c.c., ogni qual volta l'approvazione o la revisione avvengano con funzione meramente ricognitiva dei valori e dei criteri stabiliti dalla legge; viceversa, la tabella da cui risulti espressamente che si sia inteso derogare al regime legale di ripartizione delle spese, ovvero approvare quella "diversa convenzione", di cui all'articolo 1123, comma 1, c.c., rivelando la sua natura contrattuale, necessita dell'approvazione unanime dei condomini. 2.6.Nel caso in esame, non e' stato espressamente dedotto che le nuove tabelle derogassero al regime convenzionale di ripartizione delle spese, essendosi la ricorrente limitata ad affermare in via generica che le nuove tabelle erano errate nelle misurazioni concrete e nei presupposti di calcolo. 3.Con il terzo motivo di ricorso, si deduce l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti per non avere la Corte d'appello motivato sulla necessita' di una delibera totalitaria in presenza della modifica dei criteri di ripartizione delle spese condominiali e sulla effettiva consistenza delle varie unita' immobiliari. 3.1.Il motivo e' inammissibile, in quanto, trattandosi di un'ipotesi di doppia conforme, la sentenza non e' impugnabile per vizio di motivazione ai sensi dell'articolo 348 ter, comma V c.p.c. 4.Con il quarto motivo di ricorso, si deduce la violazione articolo 112 c.p.c. e degli articoli 68 e 69 delle Disp. Att. Cod. Civ. per avere la Corte d'appello ritenuto che sussistesse un errore nelle tabelle originarie, errore la cui presenza legittimava la riforma delle tabelle poi impugnate. La Corte di merito non avrebbe considerato che l'errore, qualora sussistente, avrebbe dovuto riguardare tutte le unita' immobiliari. 5.Con il settimo motivo di ricorso, si deduce la violazione dell'articolo 1135 c.c. e dell'articolo 112 c.p.c. perche' la delibera impugnata nella nuova ripartizione millesimale avrebbe attribuito alla ricorrente due cantine invece di quella sola di cui sarebbe proprietaria. 6.Con l'ottavo motivo di ricorso, si deduce la violazione degli articoli 112 c.p.c. e 69 delle Disp. Att. Cod. Civ. perche' sarebbe stato adottato un errato criterio di ripartizione delle spese. 6.1.I motivi, che per la loro connessione vanno trattati congiuntamente, sono inammissibili in quanto la ricorrente contesta accertamenti di fatto svolti dal giudice di merito, insindacabili in sede di legittimita', ne' il ricorrente allega che vi era stata una modificazione dei criteri di riparto delle spese. 7.Con il quinto motivo di ricorso, deducendo la violazione dell'articolo 112 c.p.c. e dell'articolo 68 delle disp. att. c.c., si contesta la decisione della Corte d'appello di attribuire efficacia provvisoria alla delibera. 7.1.Il motivo e' inammissibile in quanto e' impugnato per cassazione un provvedimento avente natura provvisoria ed interinale. 8.Con il sesto motivo di ricorso, si deduce la violazione dell'articolo 66 Disp. Att. Cod. Civ., per avere la Corte di merito erroneamente rigettato il motivo di impugnazione della delibera fondato sulla mancata informazione ai condomini delle nuove tabelle millesimali poiche' esse non sarebbero state allegate all'avviso di convocazione dell'assemblea. 8.1.Il motivo e' inammissibile per genericita' in quanto la ricorrente si limita a contestare la violazione del diritto di informazione senza confrontarsi con l'affermazione della Corte di merito, secondo cui la deduzione circa l'incompletezza delle informazioni era generica per non avere la (OMISSIS) allegato quali fossero gli elementi informativi mancanti. 9.Il ricorso va pertanto rigettato. 9.1. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo. 9.2. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, , va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita', che liquida in Euro 5000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da' atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE D'APPELLO DI MILANO SEZIONE SECONDA CIVILE nelle persone dei seguenti magistrati: dr. Gabriella Anna Maria Schiaffino - Presidente dr. Cesira D'Anella - Consigliere dr. Maria Elena Catalano - Consigliere rel. ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. r.g. 1476/2022 promossa in grado d'appello DA (...) (C.F. (...) ), elettivamente domiciliato in VIA (...) 20052 MONZA presso lo studio dell'avv. ZI.AN., che lo rappresenta e difende come da delega in atti, APPELLANTE CONTRO (...) (C.F. (...) ), elettivamente domiciliato in VIA (...) 20135 MILANO presso lo studio dell'avv. CO.LU., che lo rappresenta e difende come da delega in atti, APPELLATO avente ad oggetto: Proprietà SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione ritualmente notificato la sig.ra (...) conveniva in giudizio, avanti il Tribunale di Monza, la sig.ra (...), chiedendo la condanna di quest'ultima al rilascio dell'immobile sito in M., Via (...) n. 7, oltre alle relative pertinenze. Chiedeva, altresì, il risarcimento del danno, quantificato nella somma pari a 48.332,85 Euro, quale indennità di abusiva occupazione dell'immobile e nella somma pari a 11.538,27 Euro, a titolo oneri e spese condominiali. Allegava in fatto: - di essere proprietaria del predetto immobile, sito in M., Via (...) n. 7, oltre alle relative pertinenze; - che tale immobile veniva occupato dalla convenuta, senza titolo alcuno, a partire dal mese di marzo 2014. Si costituiva in giudizio (...), eccependo - di essere comproprietaria dell'appartamento contiguo a quello oggetto di causa insieme all'ex-marito, fratello dell'odierna attrice, acquistato in convenzione con il Comune di Monza; - che gli allora coniugi, non potendo acquistare un secondo immobile in convenzione con il Comune, decidevano di intestare l'immobile all'odierna attrice, in accordo con quest'ultima, la quale, pertanto, risulta formalmente proprietaria di un immobile acquistato con denaro (anche) della convenuta; - che, in ogni caso, tale appartamento era sempre stato nella disponibilità della famiglia della convenuta, e quindi anche di quest'ultima, tant'è che, nel corso degli anni, avevano apportato modifiche strutturali (inglobando un'intera stanza di esso nella contigua casa coniugale); avevano goduto dei frutti dell'immobile, ponendolo in locazione; avevano contratto un mutuo destinato a sostenere le spese di manutenzione straordinaria dell'immobile oggetto di causa, oltre a quelle relative all'immobile destinato a casa coniugale; - che, avendo l'ex marito interrotto i pagamenti del mutuo richiesto per i due immobili, la sig. (...) aveva smesso, a sua volta, di contribuire per quello da lei abitato, oggetto di causa. Concludeva chiedendo al tribunale il rigetto della domande avversarie, previa declaratoria della legittimità dell'occupazione delle unità immobiliari di cui all'atto di citazione. Il Tribunale - analizzava gli oneri probatori rispettivamente gravanti sulle parti in causa: "da un lato spettava alla parte attrice di dimostrare (se contestata) la proprietà dell'immobile per cui è contendere, nonché la sua occupazione da parte della convenuta; dall'altro, per il principio di naturale libertà del diritto reale di proprietà, da pesi e vincoli, spettava poi alla convenuta, dedotta occupante, di eccepire e dimostrare di non avere la detenzione dell'immobile o, in alternativa, di detenere l'immobile in virtù di un titolo che la legittimasse a tanto"; - constatava la mancata contestazione della circostanza per cui la sig.ra (...) fosse proprietaria dell'immobile oggetto del giudizio; - constatava, altresì, come fosse pacifico tra le parti che la sig.ra (...) avesse occupato (e ivi ancora risiedesse) l'immobile, a partire dal marzo 2014. - constatava, ancora, come parte convenuta non avesse dimostrato di essere in possesso di un titolo che la legittimasse a conservare la detenzione dell'immobile. - constatava, infine, la circostanza per cui parte attrice nulla avesse dimostrato e/o allegato con riferimento al pregiudizio patrimoniale (fondante la richiesta di indennità di occupazione) asseritamente subito, né sotto il profilo dell'an, né sotto il profilo del quantum. Similmente accadeva con riferimento alla richiesta di rimborso delle spese condominiali. Il Tribunale, definitivamente pronunciandosi, così decideva: "- accoglie per quanto di ragione la domanda svolta, nella citazione introduttiva della lite, da (...) ai danni di (...) e per l'effetto condanna la convenuta a rilasciare immediatamente, libero da persone e cose, in favore della parte ricorrente l'immobile in M., via (...) n.7, oltre alle relative pertinenze; - rigetta le altre domande proposte da (...) ai danni di (...); - dichiara integralmente compensate tra le parti le spese di lite". Appello La sig.ra (...) propone appello avverso la sentenza n. 765/2022 pubblicata in data 24/03/2022, per i seguenti motivi: 1) mancato riconoscimento dell'indennità di occupazione dell'immobile (e relative pertinenze). 2) mancato riconoscimento della domanda di rimborso degli oneri accessori 3) mancato riconoscimento della richiesta di rimborso delle imposte comunali. 4) errata definizione del regime delle spese processuali. L'appellata, (...), eccepisce l'inammissibilità, nonché l'infondatezza dell'appello e ne chiede il rigetto. Precisate le conclusioni, la causa viene trattenuta in decisione con concessione dei termini per il deposito delle comparse conclusionali e repliche. La causa viene decisa nella camera di consiglio del 21.12.2022. MOTIVI DELLA DECISIONE Con riferimento al primo motivo di appello, la Corte è chiamata ad esprimersi sulla seguente questione: mancato riconoscimento dell'indennità di occupazione dell'immobile (e relative pertinenze). L'appellante impugna la sentenza nella parte in cui respingeva la richiesta di condanna all'indennità di occupazione, ritenendo indimostrata la circostanza per cui l'indisponibilità dell'immobile avesse arrecato un nocumento patrimoniale all'attrice. Impugna la sentenza anche nella parte in cui il Tribunale stabiliva che il pregiudizio allegato dall'allora parte attrice sarebbe stato quantificato in assenza di alcun riferimento a circostanze concrete relative alle condizioni dell'immobile, alle sue potenzialità di utilizzo e/o a occasioni di concessione in locazione del bene a terzi. L'appellante, sul punto, contesta la violazione dell'art. 115, comma uno, c.p.c., in quanto controparte mai contestava il quantum dell'indennità di occupazione richiesta, né i criteri posti a suo fondamento. Sottolinea, altresì, come in primo grado avesse presentato numerosi elementi probatori, tra cui la perizia di parte (doc. 11 fascicolo parte attrice), fondante le proprie stime sui valori locatizi in riferimento ai criteri medi per una abitazione di tipo economico, tratti dalla banca dati dell'Agenzia delle Entrate. L'esame di questi elementi avrebbe dovuto portare il Tribunale a riconoscere detta indennità o ad ammettere CTU. L'appellante contesta anche l'asserita mancata prova della volontà di locare il bene, posto che ragionevolmente la proprietaria, una volta privata della disponibilità del bene, non avrebbe in ogni caso potuto proporre la propria abitazione in locazione, né avrebbe potuto, a maggior ragione, sottoscrivere un contratto in tal senso, per un bene già occupato da terzi. In tal caso, infatti la stessa sarebbe diventata a sua volta inadempiente nei confronti di potenziali conduttori. Sul punto, richiama orientamenti atti a ritenere che vi sia un danno "in re ipsa" collegato all'accertata indisponibilità del bene e alla natura fruttifera di quest'ultimo. L'appellante, infine, richiama i parametri e i calcoli svolti in sede di giudizio di primo grado, finalizzati alla quantificazione del danno subito, chiedendone l'attualizzazione. L'appellata contesta quanto affermato da controparte con riferimento alla mancata contestazione delle allegazioni da quest'ultima svolte in primo grado, per due ordini di ragioni. - Il rigetto della domanda attorea dipendeva esclusivamente dalla mancanza di prova del pregiudizio subito dall'allora parte attrice. In questo senso, la mancata contestazione del quantum della pretesa da parte dell'allora convenuta non può, di per sé, (e non poteva) sollevare parte attrice dal preciso onere di provare i fatti posti a fondamento del diritto fatto valere in giudizio. - In ogni caso, la circostanza per cui l'odierna appellata non avrebbe contestato il quantum della pretesa di controparte è inveritiera, tenuto conto che l'allora convenuta contestava in radice la fondatezza della predetta pretesa, ossia - ab origine e in modo assorbente - l'an con riferimento alla sussistenza di un diritto all'indennità di occupazione. L'appellata, in ogni caso, sottolinea come la prova dell'an non possa essere fornita attraverso l'indicazione dei parametri utilizzati per il calcolo della somma richiesta, afferendo tali elementi in via esclusiva al logicamente successivo profilo del quantum debeatur. Né i precedenti giurisprudenziali citati da controparte, volti ad accertare un danno "in re ipsa" scaturente dalla semplice indisponibilità del bene, potrebbero trovare spazio nel caso in esame, posta la sostanziale assenza di interesse della proprietaria - allora attrice - all'occupazione dell'immobile e/o alla sua locazione. Disinteresse che, sottolinea controparte, si sarebbe protratto per anni, di fatto escludendo qualsivoglia presunzione in senso contrario. L'appellata, infine, sottolinea come una eventuale condanna al pagamento dell'indennità di occupazione non potrebbe venir pronunciata fino alla liberazione dell'immobile, costituendo altrimenti una "condanna per il futuro". LA CORTE OSSERVA quanto segue. Il motivo è fondato. Con riferimento al caso che ci occupa assume valore imprescindibile la recentissima pronuncia della Cassazione, Sezioni Unite, n. 33645/2022 che si passerà di seguito, brevemente, ad esaminare. La Suprema Corte, rispondendo all'esigenza di fare chiarezza sul profilo - critico e a lungo controverso - della natura del danno da occupazione abusiva di immobile, arriva con questa pronuncia a stabilire che quest'ultimo non debba ritenersi ancorato alla "cosa" oggetto di indebita occupazione ma, al contrario, si ricolleghi specificamente al diritto di godere in modo pieno ed esclusivo di quest'ultima. In questo senso, quindi, il danno risarcibile sarebbe rappresentato dalla specifica possibilità di esercizio del diritto di godere che è andata persa quale conseguenza immediata e diretta della violazione, cagionata dall'occupazione abusiva, del "diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo" stabilendo, al contrario, la discontinuità fra il fatto costitutivo dell'azione di rivendicazione e quello dell'azione risarcitoria, al fine di preservare la distinzione tra tutela reale (già fornita dalla condanna al rilascio della "cosa" occupata) e tutela risarcitoria. La fattispecie presa in esame dalla Suprema Corte prevede una precisa e consequenziale ripartizione dell'onere probatorio, gravante alternativamente sul proprietario e sull'occupante del bene conteso. In questo senso, ai fini del riconoscimento della domanda di risarcimento del danno da mancato godimento del bene, graverà necessariamente sull'attore l'onere di supportare la propria pretesa con contestuale sufficiente prova della concreta perdita della possibilità di esercizio del corrispondente diritto, non potendo essere considerato, tuttavia, mancato godimento la mera inerzia del proprietario, da valutarsi, al contrario, alla stregua di una manifestazione del contenuto di tale diritto sul piano astratto. Specularmente, in tutti i casi in cui, correttamente, l'attore alleghi in giudizio d'aver subito un danno da mancato godimento per causa diversa dalla sua volontà, unico strumento a disposizione di controparte per superare la presunzione di tale danno sarà quello della contestazione specifica, ossia la dimostrazione della circostanza per cui il proprietario mai avrebbe concretamente esercitato il diritto di godimento sulla cosa occupata. Solo in presenza di contestazione specifica sul punto, quindi, l'attore si vedrà a sua volta e nuovamente onerato della prova dello specifico godimento perso, anche mediante l'allegazione di circostanze che rientrano nella comune esperienza e/o di presunzioni. Definiti i limiti di sussistenza del danno e specificato il regime dell'onere probatorio, la Suprema Corte si occupa, infine, di definire i criteri sulla base dei quali debba essere valutata questa particolare categoria di danno, in tutti i casi in cui esso non sia determinato nel suo preciso ammontare. Più specificamente, si afferma che tale danno possa essere valutato equitativamente, secondo quanto previsto ex art. 1226 c.c., "attingendo al parametro del canone locativo di mercato quale valore economico del godimento nell'ambito di un contratto tipizzato dalla legge, come la locazione, che fa proprio del canone il valore del godimento della cosa". Tutto ciò premesso, passando ora all'esame del caso che ci occupa, pare opportuno preliminarmente valutare la sussistenza e l'entità del danno da mancato godimento del bene, anche alla luce della condotta tenuta dalla proprietaria del medesimo, sig.ra (...). Così come emerso dalle prove documentali allegate in giudizio, l'occupazione abusiva dell'immobile aveva inizio nel marzo 2014. Solo nel 2020, tuttavia, la sig.ra (...) procedeva contro la sig.ra (...), al fine di veder rilasciato l'immobile di sua proprietà. (...), infatti, privi di prova gli asseriti, e generici, anteriori tentativi di sollecito in tal senso. Ciò detto e tenuto conto di quanto precedentemente richiamato con riferimento alla pronuncia della Suprema Corte, deve pertanto ritenersi escluso il danno da mancato godimento del bene dal momento dell'inizio dell'occupazione, sino all'anno 2020, posto che non può essere risarcito il mancato uso dell'immobile da parte del proprietario qualora questo non-uso non dipenda da altra causa se non l'inerzia di quest'ultimo. Tale inerzia del proprietario del bene deve essere, in questo senso, intesa come manifestazione di una libera scelta, del tutto compatibile con il diritto di godere (e, quindi, al contrario, anche di non servirsi) della cosa oggetto di occupazione. Specularmente risulta, invece, sussistente un danno da mancato godimento del bene, riconosciuto "in re ipsa", tenuto conto della concreta impossibilità di utilizzo del bene per causa diversa dalla volontà del proprietario, a partire dal 28.7.2020. Infatti, a partire da quel momento la proprietaria, sig.ra (...), manifestava compiutamente la propria volontà di far valere il proprio "diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo" e, ciò nonostante, l'occupante, sig.ra (...), non provvedeva a rilasciare l'immobile. Nè, sul punto, (...) provvedeva a fornire contestazione specifica, atta a superare la presunzione del danno lamentato dalla proprietaria. Pertanto, riconosciuta la sussistenza del danno subito dalla sig.ra (...) a partire dall'agosto dell'anno 2020, quest'ultimo dovrà essere calcolato, anche in via equitativa, prendendo come riferimento il parametro del canone locativo medio di mercato per le annualità decorrenti dal 2020 al momento dell'effettivo rilascio dell'immobile per cui è causa. Si evidenzia -come già detto- che solo dal 28.8.2020 risulta che parte attrice in primo grado abbia richiesto (tramite PEC) la liberazione dell'immobile, invitando la controparte alla mediazione. Non risultano provate in atti precedenti richieste di restituzione del bene occupato e il capitolo di prova n. 5, articolato dall'odierna appellante sul punto, risulta assolutamente generico e inammissibile. Il calcolo dell'indennità, tenuto conto dell'ubicazione, delle caratteristiche del bene e delle quotazioni immobiliari dell'Agenzia delle Entrate, prodotte dall'attrice in primo grado e non contestate da (...), viene effettuato moltiplicando i mq catastali dell'appartamento, del box e del posto auto (tutti non contestati), per il valore locatizio mensile al mq., individuato dall'Agenzia delle Entrate. Appartamento mq 97 x 5,05= 489,85 mensile Box mq 14 x 4,35= 60.9 mensile Posto auto interrato mq 11 x 3,5=38,5 mensile Giungendo a determinare una indennità di occupazione mensile di Euro 589,25 Euro al mese. Tale indennità mensile è dovuta dall'agosto 2020 sino al rilascio, oltre interessi. Sull'importo dell'indennità per l'occupazione sine titulo sono dovuti gli interessi di mora al saggio legale dalla scadenza di ogni mensilità al saldo, mentre non è dovuta rivalutazione in quanto non si tratta di debito di valore. Da ciò consegue, in riforma della sentenza di primo grado la condanna dell'appellata al pagamento in favore di parte appellante di un'indennità mensile di Euro 589,25, dall'agosto 2020 sino al rilascio, oltre interessi legali. Con riferimento al secondo motivo di appello, la Corte è chiamata ad esprimersi sulla seguente questione: mancato riconoscimento della domanda di rimborso degli oneri accessori. L'appellante impugna la sentenza nella parte in cui il Tribunale non le riconosceva il rimborso delle somme versate a titolo di spese condominiali a partire dal momento in cui controparte ne aveva abusivamente occupato l'immobile. Ciò, nonostante lo stesso Tribunale avesse affermato che "invero, ... la convenuta non abbia contestato il mancato pagamento degli oneri condominiali, ed anzi abbia espressamente confermato di non avere pagato le somme indicate dall'attrice ...". Data, ancora una volta, la mancata contestazione di controparte sul punto, l'allora attrice doveva considerarsi esonerata dalla dimostrazione del pagamento dei predetti oneri condominiali. In ogni caso, l'allora attrice aveva allegato in giudizio due distinte dichiarazioni dell'Amministratore del condominio, Rag. C.G., costituenti quietanza e riconoscimento sia dell'avvenuto pagamento, sia della circostanza per cui a pagare questi ultimi fosse stata la proprietaria e non l'occupante. Tali circostanze non venivano, ancora una volta, fatte oggetto di contestazione alcuna dall'allora convenuta in primo grado. L'odierna appellante insiste, quindi, nella richiesta di assunzione della testimonianza del Rag. (...) e/o del Rag. (...), suo collaboratore e nel riconoscimento del rimborso per quanto già versato e da versarsi, incluso di interessi di legge da ciascun esborso al saldo. L'appellante, in subordine, chiede la riforma della sentenza nella parte in cui non ha riconosciuto neppure la minor somma di 1.533,03 Euro che, tuttavia, lo stesso Tribunale aveva ritenuto provata. L'appellata contesta l'affermazione di controparte, volta a sostenere che, in assenza di specifica contestazione relativa all'an ed al quantum debeatur, il Tribunale avrebbe dovuto accogliere la domanda formulata dall'allora attrice. Sul punto afferma, al contrario, come la mancata contestazione non sollevi la parte dall'onere di provare i fatti posti a fondamento del diritto fatto valere in giudizio. Con riferimento al caso in esame, infatti, l'allora parte attrice non dava prova né del titolo fondante la propria pretesa, né della quantificazione degli oneri condominiali per cui chiedeva il rimborso. Tale prova si sarebbe potuta raggiungere esclusivamente attraverso prova documentale, allegando in giudizio i bilanci (preventivi e consuntivi) così come approvati in assemblea. Tali i limiti stabiliti per espressa previsione dell'art. 2726 c.c.. Né, in ogni caso, la dichiarazione dell'Amministratore può essere considerata quietanza, posto che tale atto unilaterale, per essere valido, deve necessariamente provenire dal creditore. L'appellata, parimenti, contesta la pretesa svolta in via subordinata da controparte, posto che anche in quel caso il Tribunale, constatata la mancanza di prova con riferimento al titolo fondante la pretesa attorea. LA CORTE OSSERVA quanto segue. Sull'effettivo pagamento delle spese condominiali da parte dell'appellante, nel periodo di occupazione, pare preliminarmente opportuno evidenziare come, secondo quanto espressamente previsto dall'art. 2726 c.c., sia possibile ricorrere a prova testimoniale. solo in caso di assoluta impossibilità di provare diversamente l'avvenuto pagamento del debito, Tuttavia, l'ammissibilità della prova testimoniale è lasciata alla libera e ponderata valutazione del giudice, che dovrà valutare se, in concreto, non vi sia altro - e più efficace - strumento di prova nella disponibilità del debitore. In questo senso, non si ravvede la ragione per cui la sig.ra (...), proprietaria dell'immobile per cui è causa e asseritamente unica adempiente per le obbligazioni pecuniarie sollecitate dall'amministratore di condominio, non potesse allegare in giudizio la prova di un esborso tramite un bonifico e/o un prelievo dal proprio conto corrente e/o altra prova documentale dell'avvenuto pagamento delle spese condominiali di cui chiede il rimborso, posta l'asserita regolarità dei versamenti e la vicinanza con la realtà condominiale cui appartiene. Né può essere considerata alla stregua di quietanza di pagamento la dichiarazione attestante il saldo delle predette spese resa da parte dell'amministratore di condominio, posto che tale atto integra la fattispecie della confessione stragiudiziale di terzo e, pertanto, assume valore di mero elemento indiziario. Parte attrice, pertanto, come statuito dal primo giudice non fornisce piena e compiuta prova del pagamento delle spese condominiali. Con riferimento all'assegno prodotto sub doc.16 dall'attrice in primo grado per l'importo di Euro 1.533,00, intestato al Condominio e sottoscritto da (...), si osserva che verosimilmente il suddetto importo è riferibile alle prime due rate del "2021/22", come indicato nella ricevuta dell'amministratore del condominio. La prima rata di Euro 442,79 e la seconda rata di Euro 1090,24. Peraltro, dalle diciture dei documenti prodotti (doc. 15 e doc. 17) relativi a tali rate si evince che (solo) la prima rata è "in acconto" e che nella seconda è contenuto un conguaglio (non meglio identificato) di Euro 711,72. Risultano, altresì, poco comprensibili e non spiegate anche le indicazioni di cui al doc. 17 denominato "Preventivo Gestione 2021/2022", ove oltre alla prima rata di acconto sono previste altre tre rate nella misura percentuale del 34 % del residuo, del 33% del residuo e del 33 % del residuo (totale delle percentuali pari a 100%). Risultano perciò 4 rate annuali che superano la percentuale dell'intero (100%). In altri termini, il doc. 17 prodotto dalla difesa di parte attrice non chiarisce in alcun modo a cosa sia effettivamente riferibile l'importo di Euro 1.533,00 contenuto nell'assegno prodotto in copia sub doc. 16. Mancano agli atti la produzione dei bilanci preventivi e consuntivi approvati dall'assemblea condominiale, del periodo dal 1.8.2020 in poi, che avrebbero consentito all'appellante di fornire giustificazione del titolo delle sue pretese (tenuto conto altresì che la Corte ha riconosciuto dovuta l'indennità solo a partire dal 1.8.2020 e non prima di tale data). La Corte, definitivamente decidendo, per le ragioni sopra esposte, rigetta il presente motivo di appello. Con riferimento al terzo motivo di appello, la Corte è chiamata ad esprimersi sulla seguente questione: mancato riconoscimento della richiesta di rimborso delle imposte comunali. L'appellante contesta la mancata pronuncia del Tribunale, con riferimento alla propria richiesta di rimborso della TARI per gli anni dal 2014 al 2017 e per le annualità 2020 e 2021, per un importo complessivo pari a 896,00 Euro, come da avvisi e modelli F24 allegati in giudizio. S.E. come, anche in questo caso, controparte non abbia mosso contestazioni sul punto. Evidenzia, altresì, come la natura stessa dell'imposta in esame imponga che essa sia dovuta dal concreto possessore/utilizzatore del bene e non, acriticamente, dal proprietario, richiamando giurisprudenza sul punto. L'appellata eccepisce la tardività della domanda di restituzione dell'imposta TARI, posto che l'allora attrice ne faceva richiesta solo in sede di memorie istruttorie. LA CORTE OSSERVA quanto segue Preliminare ed assorbente, sotto questo profilo, l'eccezione sollevata da (...) di tardività della domanda di restituzione dell'imposta TARI: eccezione riconosciuta da questa Corte fondata. La Corte, definitivamente decidendo, per le ragioni sopra esposte, rigetta il presente motivo di appello. Con riferimento al quarto motivo di appello, la Corte è chiamata ad esprimersi sulla seguente questione: errata definizione del regime delle spese processuali. L'appellante impugna la sentenza nella parte in cui, in nome di una soccombenza reciproca, compensava le spese del giudizio tra le parti. Sul punto, sottolinea come il Tribunale avesse accolto - riconoscendone la fondatezza - la domanda principale svolta dall'allora parte attrice, condannando la convenuta all'immediato rilascio dell'immobile oggetto del giudizio, avendo accertato l'occupazione abusiva dell'immobile da parte della convenuta a partire dal marzo 2014. Di contro venivano rigettate tutte le eccezioni ex adverso svolte in ordine ad una asserita e presunta interposizione fittizia di persona e/o di simulazione. Di conseguenza il Tribunale avrebbe dovuto almeno compensare parzialmente (della metà) le spese e provvedere alla liquidazione della quota restante a carico della sig.ra (...), integralmente soccombente con riferimento al profilo dell'occupazione abusiva. L'appellante richiede, inoltre, il rimborso delle spese di mediazione e quelle sostenute con riferimento alla perizia giurata di parte, ante causam, così come risultanti dai docc. 8, 9, 12 e 22). L'appellata ribadisce la circostanza per cui il Tribunale, accolta la domanda attorea di restituzione dell'immobile, rigettava ogni altra domanda presentata in via principale dalla parte. Da ciò risulterebbe evidente la reciproca soccombenza delle parti e la correttezza della sentenza con riferimento alla integrale compensazione delle spese di lite, non potendo trovare accoglimento il criterio ex adverso sostenuto, con riferimento al presunto "peso" delle singole domande, tenuto anche conto della circostanza per cui l'allora parte attrice le proponeva tutte in via principale. LA CORTE OSSERVA quanto segue. In tema di liquidazione delle spese processuali in caso di riforma totale o parziale della sentenza di primo grado, è costante nella giurisprudenza di legittimità l'affermazione del principio secondo cui il giudice di appello, allorché riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, deve procedere d'ufficio, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, ad un nuovo regolamento delle spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l'esito complessivo della lite poiché la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base ad un criterio unitario e globale (c.f.r., tra le ultime, Cass. civile, sez. VI, ord. 4 aprile 2018, n. 8400; Cass. civile, sez. III, ord. 22 agosto 2018, n. 20920). Le spese di lite, perciò, seguono la sostanziale soccombenza di (...), occupante abusiva condannata al rilascio dell'immobile oltre al pagamento di un'indennità di occupazione, e sono liquidate nei valori medi come in dispositivo, tenuto conto del valore indeterminato della controversia e della sua complessità bassa, ex D.M. n. 147 del 2022 (con esclusione della fase istruttoria in appello). P.Q.M. La Corte d'Appello di Milano, definitivamente pronunciando, così dispone: 1. accoglie parzialmente l'appello proposto da (...) avverso la sentenza n. 765/2022, pubblicata il 24.03.2022, a conclusione del giudizio RG n. 5404/2021, e in parziale riforma, 2. condanna (...) al pagamento in favore di (...) per l'occupazione abusiva di un'indennità pari a Euro 584,94 mensili a decorrere dal 1.8.2020 al rilascio, oltre interessi come in motivazione; 3. condanna (...) al pagamento in favore di (...) delle spese processuali di primo grado liquidate in Euro 793,00 per spese e Euro 7.616,00 per compensi, oltre IVA, CPA e 15% spese generali e per il secondo grado in Euro 1.165,00 per spese e Euro 6946,00 per onorari, oltre IVA, CPA e 15% spese generali. 4. conferma per il resto l'impugnata sentenza. Così deciso in Milano il 21 dicembre 2022. Depositata in Cancelleria il 25 gennaio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO CORTE DI APPELLO DI NAPOLI IX SEZIONE CIVILE riunita in camera di consiglio in persona dei magistrati: - dott. Eugenio Forgillo - Presidente rel./est.- - dott. Pasquale Maria Cristiano - Consigliere - - dott.ssa Natalia Ceccarelli - Consigliere - ha pronunciato la seguente SENTENZA resa nel processo civile di appello iscritto al n. 2190/2020 del Ruolo Generale degli Affari civili contenziosi, avverso la sentenza del Tribunale di Napoli n. 2362/2020 del 5.3.2020, avente ad oggetto opposizione a decreto ingiuntivo e vertente: TRA (...) S.R.L. (c.f. (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, come da procura depositata telematicamente e da ritenersi apposta in calce all'atto di citazione in appello, dall'Avv. Ma.Co. (c.f. (...)), presso il cui studio elettivamente domicilia in Napoli, alla via (...); APPELLANTE E (...) S.R.L. (c.f. (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura depositata telematicamente in allegato alla comparsa di costituzione, dagli Avv.ti Ca.Ca. (c.f. (...)) e Al.Ca. (c.f. (...)), con i quali elettivamente domicilia in Napoli, alla via (...) APPELLATA SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E CONCLUSIONI DELLE PARTI Con decreto ingiuntivo n. 6156/2016, emesso in data 12.9.2016, su ricorso della (...) s.r.l. il Tribunale di Napoli ingiungeva alla società (...) s.r.l. il pagamento della somma di Euro 6.125,00 oltre interessi al saggio legale e spese della procedura monitoria, a titolo di corrispettivo dovuto, in qualità di condomino, per l'esecuzione di lavori di manutenzione svolti dalla società istante presso il fabbricato del Condominio sito in N. alla via S. d'A. n. 29. La ricorrente esponeva di aver stipulato, in data 17.03.2014, un contratto di appalto con il citato Condominio, avente ad oggetto l'esecuzione di lavori di manutenzione straordinaria delle facciate dello stabile. Rappresentava altresì che, a causa dell'inadempimento da parte di alcuni condomini, il Condominio committente si era reso moroso nel pagamento delle rate pattuite e che, pertanto, il relativo amministratore aveva provveduto a inviare alla società appaltatrice un prospetto contabile con indicazione dei condomini morosi e dell'ammontare del debito di ciascuno di essi. Precisava infine che, sulla base di tale elenco, la (...) risultava morosa della somma di Euro.6.125,00 per non aver provveduto al pagamento di n. (...) rate condominiali e, pertanto, chiedeva emettersi ingiunzione di pagamento nei relativi confronti per la predetta somma. Ottenuto il decreto ingiuntivo in data 12.09.2016, poi notificato il 20.9.2016, proponeva tempestiva opposizione l'ingiunta (...), eccependo l'insussistenza del credito. Nello specifico, l'opponente rappresentava di aver già subito altra ingiunzione per il medesimo titolo da parte del Condominio, deduceva l'insufficienza della documentazione prodotta in fase monitoria ai fini della prova della sussistenza del credito e, infine, faceva rilevare che la facciata prospiciente il proprio locale non era stata interessata da alcun lavoro di rifacimento. Si costituiva l'opposta, impugnando tutte le eccezioni avverse e ribadendo, altresì, di essere l'unico soggetto munito di legittimazione attiva ai fini della riscossione del credito ingiunto. Con ordinanza resa in data 9.3.2017 veniva rigettata la richiesta di concessione della provvisoria esecuzione del decreto monitorio opposto avanzata dalla (...) e, precisate le conclusioni, la causa veniva assegnata in decisione con la concessione dei termini per memorie conclusionali e repliche. In esito, il Tribunale pronunciava l'appellata sentenza, n. 2362/2020 del 5.3.2020, con la quale accoglieva l'opposizione proposta e revocava il provvedimento opposto, condannando (...) al pagamento delle spese di lite liquidate complessivamente in Euro 150,00 per esborsi e Euro 2.738,00 per compensi, oltre accessori. Nella specie, il Tribunale riteneva non sufficientemente provata la domanda creditoria, a tal fine rilevando che dai documenti prodotti dalla società ricorrente, segnatamente il contratto di appalto, le tabelle millesimali relative al fabbricato, un sollecito di pagamento e la lettera di messa in mora trasmessa alla (...), non potesse ricavarsi alcuna evidenza probatoria in ordine all'effettiva entità della morosità addebitabile alla società condomina. Proponeva dunque il presente appello la società (...), contestando l'erronea valutazione delle risultanze istruttorie e la mancanza di un'adeguata motivazione. In particolare, l'appellante faceva rilevare il contrasto tra l'accertamento del Giudice di prime cure e i principi in materia di onere probatorio nella parte in cui il Tribunale aveva ritenuto non provata, sulla scorta della documentazione prodotta dall'opposta, la pretesa creditoria azionata. Rassegnava pertanto le seguenti conclusioni: "1) Accogliere l'appello cosi come proposto in quanto fondato in fatto e in diritto e riformare la sentenza di primo grado 2362/2020 resa dal Tribunale di Napoli in data 05/03/2020 pubblicata in pari data e notificata da controparte in data 18/05/2020; rigettare l'opposizione al decreto ingiuntivo come proposto dalla (...) srl e dichiarare valido ed efficace il decreto ingiuntivo n.6156/2016; 2) Condannare l'appellata al pagamento di spese diritti ed onorari del doppio grado di giudizio". Si costituiva in data 8.10.2020 l'appellata (...) che, premessa l'inammissibilità del gravame in quanto non rispettoso dei criteri dettati dall'art. 342 c.p.c., concludeva chiedendo il rigetto dell'appello, anche ai sensi dell'art. 348bis c.p.c., con vittoria delle spese di lite. Acquisito il fascicolo d'ufficio del primo grado, anche in forma cartacea, all'esito dell'udienza del 5.7.2022, tenutasi nelle forme della trattazione scritta ex art. 221 comma 4 D.L. n. 34 del 2020, il Collegio assegnava la causa in decisione, con concessione alle parti dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. calcolati a decorrere dalla data di comunicazione alle parti del provvedimento. Con ordinanza del 17.11.2022, a seguito di istanza di parte appellante, la Corte, rilevato il ritardo nella comunicazione del provvedimento di rimessione in decisione, avvenuta soltanto in data 17.8.2022, e rilevata altresì l'erronea rimessione del fascicolo al relatore in momento anteriore alla scadenza del termine per il deposito degli scritti conclusionali, assegnava alle parti ulteriori tredici giorni per il deposito telematico delle memorie di replica. MOTIVI DELLA DECISIONE Scaduto in data 30.11.2022 il termine nuovamente assegnato alle parti per il deposito delle memorie di replica, la causa può essere decisa come segue. Va preliminarmente disattesa l'eccezione di inammissibilità del gravame articolata dall'appellata (...), rispondendo l'articolazione dell'atto di appello, contrariamente all'assunto della appellata, al requisito di specificità richiesto dalla norma. Difatti, premesso l'insegnamento della Suprema Corte secondo cui l'art. 342 c.p.c. non impone l'utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, né la trascrizione totale o parziale della sentenza appellata (Cass. Sez. Un. n. 27199/2017, nonché Cass. n. 13535/2018), rileva questo Collegio come l'appellante non abbia omesso di indicare le ragioni per cui ritiene debba essere modificata la ricostruzione operata dal giudice di primo grado, sottoponendo a una critica sufficientemente specifica le argomentazioni a sostegno nella decisione impugnata, ciò anche previa trascrizione dei passi non condivisi e mediante l'esposizione dei motivi di dissenso che, alla stregua delle risultanze documentali specificamente richiamate, imporrebbero una diversa decisione. Nel merito l'appello è fondato e va pertanto accolto per quanto di ragione. La sentenza impugnata appare infatti censurabile in punto di applicazione dei principi operanti in materia di riparto dell'onere probatorio tra creditore e debitore tanto con riferimento alla natura contrattuale dell'azione esperita, quanto riguardo alla particolare dinamica dei rapporti scaturenti tra il terzo creditore e il condomino moroso per le obbligazioni assunte dal Condominio. Come è noto, secondo l'indirizzo consolidatosi a partire dalla pronuncia a Sezioni Unite, n. 13533/2001, il creditore che agisca per l'esecuzione del contratto, la sua risoluzione o il risarcimento dei danni subiti, ha il solo onere di provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto e il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento del convenuto, cui spetta invece l'onere di provare il fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento, ovvero il mancato adempimento per causa a sé non imputabile (in senso conforme, ex plurimis, Cass. n. 3373/2010, n. 23759/2016, n. 18858/2018, n. 3587/2021 e n. 12719/2021). A tale conclusione conduce, in particolare, il principio della cd. riferibilità o vicinanza della prova in base al quale la distribuzione degli oneri probatori supera l'orizzonte discretivo tra fatti costitutivi ed estintivi o impeditivi del diritto, per tener conto della effettiva disponibilità dei mezzi di prova affinché l'esercizio dei diritti non risulti impossibile o eccessivamente difficoltoso, circostanza che ricorrerebbe ove fosse richiesta la prova del fatto negativo dell'altrui inadempimento. In applicazione di analogo principio la Suprema Corte ha tracciato, sia pur con riferimento alla fase esecutiva, i limiti dell'onere probatorio gravante sul creditore che intenda agire nei confronti del singolo condomino moroso, avendo particolare riguardo alla misura della quota millesimale a questi spettante. In particolare, premessa la natura parziaria dell'obbligazione condominiale e la possibilità per il terzo creditore di azionare il titolo ottenuto nei confronti del condominio nei riguardi del singolo condomino, la Corte di Cassazione ha affermato che va certamente escluso che il creditore del condominio ... sia anche onerato della prova della misura della quota millesimale spettante a ciascuno di tali singoli condomini (onere peraltro di difficile attuazione, specie prima dell'entrata in vigore del nuovo testo della disposizione di cui all'art. 63 disp. att. c.c. ... che impone all'amministratore di fornire ai creditori "i dati dei condomini morosi"). L'utilizzabilità del titolo esecutivo formatosi nei confronti del condominio per promuovere l'esecuzione forzata contro i singoli condomini implica di per sé esclusivamente l'onere, per il creditore procedente, di dimostrare la legittimazione passiva, sul piano esecutivo, dei condomini aggrediti, e cioè la loro qualità di condomini. Per quanto attiene alla misura della rispettiva quota millesimale, deve invece ritenersi sufficiente una mera allegazione da parte dell'intimante: il condomino cui sia eventualmente richiesto il pagamento di un importo eccedente quello della sua quota potrà proporre opposizione all'esecuzione, ma in tale sede sarà suo onere dimostrare l'esatta misura di detta quota. Tale ultima conclusione, ritiene la Corte di legittimità, trova poi ulteriore conferma anche nel cd. principio di riferibilità o vicinanza della prova, essendo palese la maggiore prossimità e la riferibilità al singolo condomino del fatto (impeditivo/modificativo) in questione, e cioè la misura della sua quota condominiale e, di converso, le difficoltà per il creditore di venire a conoscenza di esso (difficoltà solo attenuate dal già richiamato disposto del nuovo testo dell'art. 63 disp. att. c.c., peraltro entrato in vigore successivamente ai fatti di causa) (Cassazione ord. n. 22856/2017). Così premesse le coordinate giurisprudenziali in tema di riparto dell'onere probatorio, va rilevato che la sentenza impugnata non si è conformata ai principi fin qui esposti, in quanto, ritenuto fosse onere del creditore intimante dimostrare la quota di partecipazione al Condominio della società opponente, ha dichiarato l'inidoneità, a tal fine, del prospetto contabile prodotto da (...) e delle tabelle millesimali da questa allegate nel giudizio di opposizione. Difatti, anche a voler ritenere che gravi sul creditore che intenda agire direttamente pro quota nei confronti del singolo condomino la prova dell'avvenuto riparto della spesa condominiale secondo il criterio concretamente applicabile, va affermato che resta in ogni caso onere del condomino ingiunto, ove intenda contestare tale riparto, fornire gli elementi dai quali desumerne l'erroneità o l'inapplicabilità. Nella fattispecie al vaglio il contratto di appalto, all'art. 15, prevede che l'Impresa appaltatrice dichiara espressamente di rinunciare sin da ora alla solidarietà passiva tra condomini, ciascuno dei quali sarà tenuto al pagamento soltanto della propria quota, come risultante dal regolamento di condominio e relative tabelle di ripartizione (tab A) ovvero su altri sistemi di riparto che l'assemblea nelle more dovesse approvare e che l'amministratore invierà a mezzo A/R. Ne consegue che ai fini della determinazione della quota di spettanza di ciascun condomino assumono rilevanza, in assenza di allegazione di un ulteriore piano di riparto specificamente approvato dall'assemblea per la spesa in oggetto, le tabelle millesimali di cui al regolamento condominiale. Del resto, l'obbligo di contribuzione del condomino alle spese dell'ente, e, conseguentemente, l'obbligazione pro quota di questo verso il terzo, sorge al momento dell'approvazione della spesa, mentre l'eventuale successiva approvazione del piano di riparto assume valore meramente dichiarativo, valendo essa a esprimere una ripartizione già esistente secondo i criteri di calcolo stabiliti dalla legge o convenzionalmente individuati (in tal senso Cass. ord. n. 20003/2020: se, allora, l'approvazione assembleare dell'intervento, ove si tratti lavori di manutenzione straordinaria, ha valore costitutivo della obbligazione di contribuzione alle relative spese, la ripartizione, che indica il contributo di ciascuno, ha valore puramente dichiarativo, in quanto serve solo ad esprimere in precisi termini aritmetici un già preesistente rapporto di valore, secondo i criteri di calcolo stabiliti dalla legge (o da un'eventuale convenzione)). Nel caso in esame va rilevato che, a fronte della produzione del titolo contrattuale e del prospetto contabile riportante la quota di spettanza dell'intimata, rilasciato su carta intestata dell'amministrazione condominiale, l'odierna appellata (...) si è limitata a eccepire l'insufficienza della documentazione offerta, allegando, quali fatti estintivi dell'altrui pretesa, la non riferibilità dei lavori eseguiti alla facciata prospiciente i propri locali, l'esistenza di altro procedimento monitorio avviato nei propri confronti dal Condominio per le medesime causali, e l'inapplicabilità delle tabelle millesimali nelle quali all'immobile, erroneamente classificato come esercizio commerciale di tipo C/1, sono attribuiti millesimi in eccesso. L'appellata non ha invece mai contestato la propria morosità circa le rate addebitatele, circostanza peraltro corroborata dall'esistenza di analoga domanda di pagamento azionata dal Condominio, né la quota calcolata dall'appaltatrice (...) in ragione delle tabelle millesimali accluse alla produzione della stessa (...) e alle quali il contratto di appalto fa espresso riferimento, rilevando esclusivamente la scarsa intelligibilità e l'erroneità, in radice, delle stesse. Orbene, premesso che la facciata di prospetto di un edificio costituisce una delle strutture essenziali dello stabile unitariamente considerato, sicché, nell'ipotesi di condominialità del fabbricato, ricade necessariamente fra le parti oggetto di comunione dei condomini che ne devono sostenere le spese in misura proporzionale al valore delle rispettive proprietà (Cass. n. 20003/2020), va rilevata l'inopponibilità alla (...) delle dedotte anomalie delle tabelle millesimali, rientranti nella competenza gestoria dell'assemblea dei condomini e dunque afferenti esclusivamente ai rapporti interni tra la (...) e il Condominio, non chiamato in causa nel presente giudizio. Quanto all'eccezione relativa all'esistenza di analogo procedimento azionato dal Condominio per il pagamento di nove delle venticinque rate oggetto del presente giudizio, si osserva che, pur essendo i due giudizi inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo e fondati, in ultima analisi, sullo stesso fatto costitutivo, la questione non può costituire oggetto di delibazione in questa sede, non avendo alcuna delle parti allegato se si sia formato nell'ambito di tale procedimento un giudicato o, in ogni caso, se l'importo ingiunto dal Condominio sia stato in esito corrisposto dalla (...). Analogamente è a dirsi riguardo all'ulteriore domanda di pagamento azionata in via monitoria dalla (...) per la somma di Euro 137.690,63 nei confronti del Condominio, giudizio che risulta allo stato definito con la sentenza n. 636/2021 del 21.01.2021 del Tribunale di Napoli con la quale veniva accolta solo parzialmente l'opposizione spiegata dal Condominio. Rilevato infatti che non è stato allegato dalla (...) alcun pagamento eseguito nelle more in favore del Condominio, e rilevato altresì che, come da prospetto in atti, alla data del 31.12.2021 la società ancora presentava un'esposizione debitoria nei confronti della compagine condominiale di Euro 9.108,00, l'asserita duplicazione della domanda, peraltro non riscontrabile sulla base documentazione disponibile riguardo alle somme dovute dall'appellata, non può produrre conseguenze in ordine alla fondatezza della pretesa creditoria vantata dalla C.. Né la condotta dell'appellante può essere in questa sede censurata come abusiva dello strumento processuale, atteso che, come di recente ribadito dalla Corte di Cassazione nell'ordinanza n. 12140/2020, il presupposto per potere applicare il divieto di "frazionamento" del credito per abuso del diritto (in particolare per violazione dell'obbligo di buona fede e correttezza nel promuovere un giudizio), e cioè il divieto per il creditore di parcellizzare l'azione in plurime domande (Cass. S.U. 23726/2007), è costituito dal passaggio in giudicato della decisione concernente la prima domanda, ossia quella in questa sede oggetto di scrutinio. Per tutto quanto sopra esposto, l'appello va accolto con conseguente condanna dell'appellata (...) al pagamento della somma di Euro 6.125,00 di cui al decreto ingiuntivo opposto e successivamente revocato dalla sentenza appellata, oltre interessi al saggio legale a far data dalla domanda giudiziale proposta con il ricorso monitorio (considerato a tal riguardo che la lettera di messa in mora del 21.6.2016 prodotta in atti non veniva recapitata dall'incaricato del servizio postale per trasferimento del destinatario). Le spese di lite seguono la soccombenza sostanziale dell'appellata e vanno determinate, tenuto conto dell'accoglimento dell'appello, anche con riferimento al giudizio di primo grado, ivi inclusa la fase monitoria. Alla liquidazione si procede facendo applicazione delle tariffe per le cause di valore sino a Euro 26.000,00 di cui al D.M. n. 55 del 2014, come modificato dal D.M. n. 147 del 2022, con applicazione dei valori minimi in ragione delle questioni affrontate e del valore della domanda prossimo al minimo dello scaglione di riferimento, nonché con espunzione, per il giudizio di appello, della fase istruttoria non svolta. P.Q.M. La Corte di Appello di Napoli, Nona Sezione Civile, definitivamente pronunciando sull'appello proposto da (...) s.r.l. avverso la sentenza del Tribunale di Napoli n. 2362/2020, nei confronti della società (...) s.r.l., ogni ulteriore istanza rigettata e disattesa, così provvede: - accoglie l'appello e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, condanna la (...) s.r.l., in persona del l.r.p.t., al pagamento in favore della (...) s.r.l. della somma di Euro 6.125,00, oltre interessi legali dalla domanda fino al soddisfo; - condanna la (...) s.r.l., in persona del l.r.p.t., al pagamento in favore della (...) s.r.l. delle spese di lite che si liquidano in Euro 123,50 per esborsi e Euro 2.540,00 per compensi per il giudizio di primo grado e Euro 355,50 per esborsi e Euro 3.966,00 per compensi per il giudizio di appello, oltre IVA e CPA, se dovute, oltre rimb. forf. come per legge nella misura del 15% dei compensi. Così deciso in Napoli il 24 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 25 gennaio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MANNA Felice - Presidente Dott. CARRATO Aldo - Consigliere Dott. FALASCHI Milena - Consigliere Dott. SCARPA Antonio - rel. Consigliere Dott. AMATO Cristina - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso 4983-2018 proposto da: CONDOMINIO (OMISSIS), rappresentato e difeso dall'avvocato (OMISSIS); - ricorrente - contro CONDOMINIO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS); - controricorrente - avverso la sentenza n. 1432/2017 del TRIBUNALE di TORINO, depositata il 16/03/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/12/2022 dal Consigliere ANTONIO SCARPA. viste le conclusioni motivate, ai sensi del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8-bis, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, formulate dal P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale BASILE TOMMASO, il quale ha chiesto il rigetto del ricorso. FATTI DI CAUSA Il Condominio (OMISSIS) ha proposto ricorso, articolato in due motivi, ai sensi dell'articolo 348 ter c.p.c., comma 3, avverso la sentenza n. 1432/2017 del Tribunale di Torino, depositata il 16 marzo 2017. La Corte d'appello di Torino, con ordinanza comunicata il 4 dicembre 2017, aveva dichiarato l'inammissibilita' dell'appello proposto dal Condominio (OMISSIS) ai sensi dell'articolo 348 bis c.p.c.. Resiste con controricorso il Condominio (OMISSIS) di Torino. Il giudizio ha ad oggetto l'opposizione al decreto ingiuntivo per la riscossione di spese condominiali dell'importo di Euro 10.743,75, coma da bilancio preventivo 2013, intimato dal Condominio (OMISSIS) di Torino al Condominio (OMISSIS). Con l'opposizione proposta, il Condominio (OMISSIS) aveva "negato di essere condomino del Condominio (OMISSIS)" e di non essere percio' tenuto al pagamento della somma ingiunta. Il Tribunale di Torino affermo' che "non vi e' alcuna preclusione a che un Condominio, caratterizzato dall'esistenza (di) proprieta' comuni, sia a propria volta un condomino di un piu' ampio Condominio caratterizzato dalla presenza di parti dello stabile comune sia al primo Condominio che di altri condomini". Il Tribunale diede a tal fine rilievo al "regolamento del Condominio (OMISSIS)", accettato dagli acquirenti, che all'articolo 4 riconosce ai Condomini di (OMISSIS) la comproprieta' del 50% della rampa al civico n. (OMISSIS) di (OMISSIS) e del cortile a cielo aperto messo al piano interrato primo". Ancora, la sentenza di primo grado fece riferimento alle due "scritture ricognitive" del 22 dicembre 1998 e del 22 aprile 1999. Anche l'articolo 3, lettera b) del regolamento avrebbe confermato la "doppia natura della superficie scoperta". Pertanto, secondo il giudice di primo grado, "una parte comune del Condominio (OMISSIS)", cioe' l'area che funge sia da cortile dello stabile sia da pavimento del primo piano interrato ove si trovano le autorimesse, sarebbe al contempo "parte comune del fabbricato del Condominio di (OMISSIS)". Nello stesso senso si spiegherebbe, secondo il Tribunale di Torino, l'articolo 9 del regolamento del Condominio (OMISSIS), che prevede la ripartizione tra le sole unita' immobiliari ricadenti nei Condomini di (OMISSIS), di (OMISSIS) e di via (OMISSIS) le rispettive spese. La sentenza di primo grado affermo', infine, che la deliberazione assembleare del 24 aprile 2013, su cui fondava il decreto ingiuntivo, non era stata tempestivamente impugnata ai sensi dell'articolo 1137 c.c. dal Condominio (OMISSIS). La Corte d'appello di Torino ha poi dichiarato inammissibile l'appello ai sensi dell'articolo 348 bis c.p.c., ribadendo l'asserto che, alla luce dei documenti prodotti, il Condominio (OMISSIS) risulti in parte compreso nel Condominio (OMISSIS). Il ricorso e' stato deciso in camera di consiglio procedendo nelle forme di cui al Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8-bis, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176. Il ricorrente ha presentato memoria. MOTIVI DELLA DECISIONE 1.Il primo motivo del Condominio (OMISSIS)Corso Francia(OMISSIS)353(OMISSIS) lamenta l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, nonche' la violazione e falsa applicazione degli articoli 1117, 1123, 1125, 1135, 1362, 1363 e 1367 c.c. La censura espone che le tabelle millesimali dei condomini in lite non contemplano quote spettanti al condominio autorimesse. Si illustrano le regole sul funzionamento del cd. supercondominio e si ribadisce che il Condominio (OMISSIS) non e' condomino del Condominio (OMISSIS). Il secondo motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 1100, 1104, 1117, 1123, 1135, 1137, 1138, 1362, 1363 e 1367 c.c., nonche' degli articoli 112 e 115 c.p.c., ed ancora la "insufficiente motivazione". La complessa censura, che si sviluppa da pagina 19 a pagina 30 del ricorso, contesta l'esistenza di un "rapporto di natura reale" tra il Condominio (OMISSIS) e il Condominio (OMISSIS) e si sofferma sulla struttura del complesso immobiliare, sempre per escludere che potesse essere emesso nei confronti del condominio delle autorimesse un decreto ingiuntivo ai sensi dell'articolo 63 disp. att. c.c. in favore del Condominio (OMISSIS), per carenza della qualita' di "condomino". I due motivi, giacche' connessi, verranno esaminati congiuntamente. 2. Il controricorrente sostiene che il ricorso e' inammissibile o comunque infondato, atteso che: e' invalida la Delib. dell'assemblea del Condominio (OMISSIS) di autorizzazione al promovimento del ricorso per cassazione; e' percio' invalida la procura speciale rilasciata dall'amministratore; non sono stati indicati i motivi di appello che hanno portato alla declaratoria di inammissibilita' ai sensi dell'articolo 348 bis c.p.c.; sussiste l'inammissibilita' del motivo ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 agli effetti dell'articolo 348 ter c.p.c., comma 4; vengono dedotte dal ricorrente questioni di fatto; in ogni caso il Condominio (OMISSIS) ben poteva avvalersi dello strumento di cui all'articolo 63 disp. att. c.c. nei confronti del Condominio (OMISSIS), facendo questo parte del primo in forza della comproprieta' di una rampa e di un cortile, come dimostra la documentazione prodotta. 3. Devono dapprima affrontarsi le eccezioni del controricorrente. 3.1. Innanzitutto, la necessita' dell'autorizzazione o della ratifica assembleare per la costituzione in giudizio dell'amministratore va riferita soltanto alle cause che esorbitano dalle attribuzioni dell'amministratore, ai sensi dell'articolo 1131 c.c., commi 2 e 3, L'amministratore di condominio non ha allora necessita' di autorizzazione o ratifica dell'assemblea per proporre opposizione a decreto ingiuntivo avente ad oggetto il pagamento preteso nei confronti del condominio da un terzo creditore (cfr. Cass. Sez. 2, 03/08/2016, n. 16260). Parimenti, in tali controversie l'amministratore del condominio puo' impugnare la sentenza sfavorevole senza la preventiva autorizzazione dell'assemblea, sicche' nessuna rilevanza hanno i rilievi del controricorrente sulla autorizzazione a proporre il ricorso per cassazione contenuta nella Delib. assemblea 31 gennaio 2018 del Condominio (OMISSIS) e sulla conseguente procura rilasciata dall'amministratore. Ancor piu' recisamente, il controricorrente non ha legittimazione alcuna a far valere vizi di annullabilita' della deliberazione assembleare autorizzativa del Condominio (OMISSIS). Nella memoria presentata ai sensi dell'articolo 378 c.p.c. il Condominio (OMISSIS) di (OMISSIS) ha comunque richiamato la deliberazione assembleare del 13 luglio 2022 prodotta con la memoria di nomina del nuovo difensore del 21 ottobre 2022. 3.2. Opera effettivamente la previsione d'inammissibilita' del ricorso per cassazione, di cui all'articolo 348 ter c.p.c., comma 4, che esclude che possa essere impugnato ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 il provvedimento di primo grado allorche' sia pronunciata l'inammissibilita' dell'appello ai sensi dell'articolo 348 bis c.p.c.. 3.3. Nella vigenza del testo dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non e' comunque piu' configurabile il vizio di insufficiente o contraddittoria motivazione della sentenza, restando denunciabile per cassazione la nullita' della stessa per violazione dell'articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, nei casi di "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", "motivazione apparente", "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile". 3.4. Il ricorso per cassazione proposto dal Condominio (OMISSIS)Corso Francia(OMISSIS)353(OMISSIS) avverso la sentenza di primo grado adempie al requisito di ammissibilita' di cui all'articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 3, facendo espressa menzione (pagina 12 e seguenti) dei motivi di appello e della motivazione dell'ordinanza ex articolo 348-bis c.p.c.. 3.5. I due motivi di ricorso indicano tredici norme di diritto come violate o falsamente applicate, ai fini del vizio previsto dall'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, senza peraltro dedurre con riguardo a ciascuna di esse specifiche argomentazioni, intese a dimostrare in qual modo determinate affermazioni, contenute nella sentenza gravata, debbano ritenersi in contrasto con ciascuna delle norme individuate dal ricorrente come regolatrici della fattispecie. Spetta non di meno a questa Corte, nell'esercizio del potere di qualificazione in diritto della domanda definita e dei fatti comunque accertati nelle fasi di merito, per come esposti nel ricorso per cassazione e nella stessa sentenza impugnata, verificare la fondatezza della questione nei due motivi di ricorso, con riguardo particolare alla legittimazione di un "supercondominio" ad intimare all'amministratore di un condominio in esso compreso un decreto ingiuntivo per la riscossione dei contributi relativi alla conservazione delle parti comuni ad entrambi. 3.6. Devono ancora farsi altre due premesse argomentative. 3.6.1. Avendosi riguardo a giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, potrebbe rilevare il principio secondo cui il giudice puo' sindacare tanto la nullita' dedotta dalla parte o rilevata d'ufficio della deliberazione assembleare posta a fondamento dell'ingiunzione, quanto l'annullabilita' di tale deliberazione, a condizione che quest'ultima sia dedotta in via d'azione, mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell'atto di citazione, ai sensi dell'articolo 1137 c.c., comma 2, e non in via di eccezione (Cass. Sez. Unite, 14/04/2021, n. 9839). Nel caso in esame, il Tribunale di Torino ha proprio evidenziato che la deliberazione assembleare del 24 aprile 2013, su cui fondava il decreto ingiuntivo, non era stata tempestivamente impugnata ai sensi dell'articolo 1137 c.c. dal Condominio (OMISSIS). Cio' che e' tuttavia messo in discussione in causa non e' la validita' della deliberazione di ripartizione delle spese su cui fonda il decreto ingiuntivo opposto, sotto il profilo della violazione dei criteri di suddivisione previsti dalla legge o dalla convenzione ex articolo 1123 c.c., quanto la legittimazione passiva del Condominio (OMISSIS) rispetto all'ingiunzione di pagamento ex articolo 63 disp. att. c.c. domandata dal Condominio (OMISSIS). 3.6.2. Peraltro, nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, la questione dell'appartenenza, o meno, di una o piu' unita' immobiliare di proprieta' esclusiva ad un condominio edilizio, ovvero della titolarita' comune o individuale di una porzione dell'edificio, in quanto inerente all'esistenza del rapporto di condominialita' ex articolo 1117 c.c., puo' formare oggetto di un accertamento meramente incidentale, funzionale alla decisione della sola causa sulla pretesa di pagamento delle spese, ma privo - in assenza di esplicita domanda di una delle parti ai sensi dell'articolo 34 c.p.c. - di efficacia di giudicato in ordine all'estensione dei diritti reali dei singoli, svolgendosi il giudizio, ai sensi dell'articolo 1130 c.c., n. 3) e articolo 1131 c.c., nei confronti dell'amministratore del condominio, senza la partecipazione, quali legittimati passivi, di tutti i condomini in una situazione di litisconsorzio necessario (cosi' da ultimo Cass. Sez. 2, 28/03/2022, n. 9976, non massimata; arg. anche da Cass. Sez. 2, 22/11/2021, n. 35794; Cass. Sez. 6 - 2, 21/02/2020, n. 4697; si veda altresi' Cass. 18/04/2003, n. 6328, proprio in fattispecie di "condominio autonomo" del piano destinato ad autorimesse; Cass. Sez. 2, 01/04/1999, n. 3119). Cio' comporta che l'accertamento della contemporanea appartenenza di parti comuni al Condominio (OMISSIS) ed al Condominio di (OMISSIS), che il Tribunale di Torino ha compiuto nel presente giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, non travalica l'interesse relativo a questa causa e non puo' percio' influire altresi' su liti diverse insorte o che insorgeranno fra le stesse parti. 3.7. Torna ora utile richiamare il consolidato orientamento giurisprudenziale (formatosi con riguardo a fattispecie cui, come quella in esame, non era applicabile ratione temporis la disciplina normativa poi introdotta dalla L. n. 220 del 2012, mediante l'articolo 1117-bis c.c. e articolo 67 disp. att. c.c., commi 3 e 4), secondo il quale il cosiddetto supercondominio viene in essere "ipso iure et facto", ove il titolo non disponga altrimenti, in presenza di beni o servizi comuni a piu' condomini autonomi, dai quali rimane, tuttavia, distinto; sicche' il potere degli amministratori di ciascun condominio di compiere gli atti indicati dagli articoli 1130 e 1131 c.c. e' limitato alla facolta' di agire o resistere in giudizio con riferimento ai soli beni comuni all'edificio amministrato e non a quelli facenti parte del complesso immobiliare composto da piu' condomi'ni, che deve essere gestito attraverso le deliberazioni e gli atti assunti dai propri organi, quali l'assemblea di tutti i proprietari e l'amministratore del supercondominio, ove sia stato nominato (Cass. Sez. 2, 20/12/2021, n. 40857; Cass. Sez. 2, 28/01/2019, n. 2279; Cass. Sez. 2, 26/08/2013, n. 19558). 3.8. Questa Corte, con la recente ordinanza Cass. Sez. 2, 22/07/2022, n. 22954 (non massimata), decidendo in analoga fattispecie, ha cosi' affermato che "legittimati passivi al pagamento delle quote relative ai beni avvinti da un vincolo supercondominiale sono i singoli condomini e non i condomini". 3.8.1. Tale conclusione va certamente ribadita. 3.8.1.1. L'articolo 1118 c.c. vincola ciascun condomino all'obbligo di contribuire alle spese per la partecipazione alle spese per la conservazione delle parti comuni. L'articolo 1123 c.c., comma 1, pone a carico dei condomini, in misura proporzionale al valore della proprieta' di ciascuno, le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza. L'articolo 68 disp. att. c.c. dispone che, ove non precisato dal titolo ai sensi dell'articolo 1118, per gli effetti indicati dagli articoli 1123, 1124, 1126 e 1136 c.c., il valore proporzionale di ciascuna unita' immobiliare e' espresso in millesimi in apposita tabella allegata al regolamento di condominio. Il vigente articolo 67 disp. att. c.c., comma 3 prevede, infine, quando i partecipanti al supercondominio siano piu' di sessanta, la designazione di un rappresentante all'assemblea per ciascun condominio, ma soltanto per la gestione ordinaria delle parti comuni ai distinti condominii e per la nomina dell'amministratore, e non dunque con compiti generali di rappresentanza sostanziale e processuale dei partecipanti al singolo condominio. 3.8.1.2. In presenza di un "supercondominio", ovvero di piu' condominii di unita' immobiliari o di edifici che abbiano parti comuni ai sensi dell'articolo 1117 c.c., trovano applicazione le disposizioni di cui al Libro Terzo, Titolo VII, capo II, del codice civile. Ne consegue che ciascun condomino e' obbligato a contribuire alle spese per la conservazione e per il godimento delle parti comuni e per la prestazione dei servizi comuni a piu' condominii di unita' immobiliari o di edifici in misura proporzionale al valore millesimale della proprieta' del singolo partecipante, sicche' l'amministratore del supercondominio puo' ottenere un decreto di ingiunzione per la riscossione dei contributi, ai sensi dell'articolo 63 disp. att. c.c., comma 1 unicamente nei confronti di ciascun partecipante, mentre e' esclusa un'azione diretta nei confronti dell'amministratore del singolo condominio in rappresentanza dei rispettivi condomini e per l'importo globale delle somme individualmente dovute da questi ultimi, come avvenuto nella specie con il decreto ingiuntivo intimato dal Condominio (OMISSIS) al Condominio (OMISSIS). 4. Va pertanto enunciato il seguente principio: in presenza di un "supercondominio", ciascun condomino e' obbligato a contribuire alle spese per la conservazione e per il godimento delle parti comuni e per la prestazione dei servizi comuni a piu' condominii di unita' immobiliari o di edifici in misura proporzionale al valore millesimale della proprieta' del singolo partecipante, sicche' l'amministratore del supercondominio puo' ottenere un decreto di ingiunzione per la riscossione dei contributi, ai sensi dell'articolo 63 disp. att. c.c., comma 1 unicamente nei confronti di ciascun partecipante, mentre e' esclusa un'azione diretta nei confronti dell'amministratore del singolo condominio in rappresentanza dei rispettivi condomini per il complessivo importo spettante a questi ultimi. 5. Conseguono l'accoglimento del ricorso, nonche' la cassazione della sentenza impugnata in relazione alla censura accolta, con rinvio, ai sensi dell'articolo 383 c.p.c., comma 4, alla Corte d'appello di Torino in diversa composizione, la quale pronuncera' sull'appello tenendo conto dei rilievi svolti ed uniformandosi all'enunciato principio, e provvedera' anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d'appello di Torino, in diversa composizione.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria - Presidente Dott. CARRATO Aldo Consiglie - Dott. PAPA Patrizia - rel. Consigliere Dott. SCARPA Antonio - Consigliere Dott. CAPONI Remo - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso 11181-2017 proposto da: (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell'avv. (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avv. (OMISSIS) e (OMISSIS), come da procura in calce al ricorso, con indicazione dell'indirizzo pec; - ricorrente - contro (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore; - intimato - avverso la sentenza n. 511/2016 della CORTE D'APPELLO sez.dist. di (OMISSIS), depositata il 14/10/2016; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24/06/2022 dal consigliere Dott. PATRIZIA PAPA; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ROSA MARIA DELL'ERBA che ha chiesto il rigetto della decisione. FATTI DI CAUSA 1. In accoglimento dell'impugnazione proposta da (OMISSIS) con ricorso del 1/7/2010, il Tribunale di (OMISSIS) dichiaro' la nullita' delle delibere assembleari del (OMISSIS), in (OMISSIS), adottate in data 8/2/2007, 3/5/2007 e 16/12/2008, relativamente alla decisione di realizzare i lavori di ristrutturazione della facciata dello stabile condominiale, compresi i terrazzini in proprieta' esclusiva e i ballatoi e alla approvazione della ripartizione delle relative spese, anche per la parte concernente gli interventi su terrazzini e ballatoi: sostenne che le prime due delibere dell'8/2/2007 e del 3/5/2007 fossero "nulle per impossibilita' dell'oggetto perche' assunte in pregiudizio della sicurezza del fabbricato e per illiceita' dell'oggetto posto che, tramite esse, l'assemblea... (aveva) approvato la realizzazione di opere edili in aperta violazione di legge di carattere imperativo finalizzate a garantire l'incolumita' delle persone"; con queste delibere era stato infatti deciso di far realizzare opere in cemento armato sulla base di un computo metrico e di una relazione tecnica sottoscritte da un geometra e di affidare la direzione dei lavori ad altro geometra, in violazione del Regio Decreto 11 febbraio 1929, n. 274, articolo 16, lettera M). In accoglimento dell'appello proposto dal Condominio, la Corte d'appello di (OMISSIS), con sentenza n. 511/2016 pubblicata in data 14/10/2016, in riforma della sentenza di primo grado, dichiaro' la nullita' soltanto parziale delle delibere assembleari dell'8/2/2007 e del 16/12/2008 limitatamente, per la prima delibera, al conferimento dell'incarico di direttore dei lavori al geom. (OMISSIS) e, per la seconda delibera, alla ripartizione della relativa spesa tra tutti i condomini, rigettando per il resto l'impugnazione. In particolare, la Corte territoriale rilevo' che, nell'assemblea dell'8/2/2007, erano stati raccolti otto preventivi ed era stata costituita una commissione di condomini, integrata dal direttore dei lavori, per la scelta del preventivo da approvare e questa commissione aveva poi adottato la delibera del 3/5/2007, proponendo l'affidamento dell'incarico all'impresa (OMISSIS) s.r.l.; la delibera di ratifica di tale scelta e di approvazione della ripartizione provvisoria delle spese relative ai lavori di ristrutturazione della facciata, nonche' il riepilogo provvisorio delle spese e l'assegnazione dell'incarico all'impresa suddetta era stata invece adottata con delibera condominiale del 19/6/2007, non impugnata dalla condomina (OMISSIS). Per quel che qui ancora rileva, quindi, la Corte confermo' la parziale nullita' della delibera assunta in data 8/2/2007 per nullita' dell'oggetto, in conseguenza della nullita' del contratto di prestazione d'opera, poi stipulato in data 10/11/07, con cui era stata conferita la direzione dei lavori ad un geometra invece che ad un ingegnere, nonche' della delibera del 16/12/2008 che aveva ripartito tra tutti i condomini la spesa per il relativo compenso. Per la cassazione di tale sentenza (OMISSIS) ha proposto ricorso sulla base di cinque motivi; il Condominio non ha svolto difese. RAGIONI IN DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Con il primo motivo, la ricorrente ha prospettato la violazione dell'articolo 1137 c.c. in relazione all'articolo 360 comma I n. 5 c.p.c., per avere la Corte d'Appello omesso la valutazione delle cause di nullita' della delibera condominiale assunta in data 8/2/2007 per impossibilita' ed illiceita' dell'oggetto nella parte in cui si e' stata approvata l'esecuzione delle opere di rifacimento della facciata condominiale includenti i terrazzini aggettanti in cemento armato, senza considerare che prima ancora dell'affidamento della direzione dei lavori ad un geometra, era stata ugualmente illegittima la decisione di fare realizzare quelle opere, implicanti strutture aggettanti in cemento armato, sulla scorta di calcoli e relazioni tecniche a firma di un geometra. Con il secondo motivo, la ricorrente ha lamentato la violazione dell'articolo 1137 c.c. in relazione all'articolo 360 comma I n. 5 c.p.c. per avere la Corte d'Appello omesso di valutare le cause di nullita' della delibera condominiale del 16/12/2008 nella parte in cui e' stata approvata la ripartizione delle somme richieste per l'esecuzione delle opere di rifacimento della facciata condominiale includenti i terrazzini aggettanti in cemento armato nonostante la nullita' del contratto di appalto in relazione al vizio evidenziato con il primo motivo. Con il terzo motivo, (OMISSIS) ha censurato la sentenza d'appello per violazione degli articoli 1316 e 1418 c.c., per avere la Corte d'Appello di (OMISSIS) omesso di pronunciare la nullita' della delibera condominiale del 16/12/2008 nella parte in cui ha approvato la ripartizione delle somme richieste per le opere di rifacimento dei terrazzini aggettanti in cemento armato, ritenendo che l'avere espresso un voto favorevole all'approvazione fosse incompatibile con la deduzione del vizio, laddove la nullita' del contratto di appalto a cui inerivano le spese ripartite, conseguente alla violazione di norme di carattere imperativo, era certamente rilevabile d'ufficio e non sanabile dalla volonta' dei condomini. Con il quarto motivo, la ricorrente ha dedotto la violazione degli articoli 1316 e 1418 c.c. in relazione all'articolo 360 comma I n. 5 c.p.c., per avere omesso la Corte d'Appello di (OMISSIS) di pronunciare in ordine alla nullita' della delibera condominiale in data 16/12/2008 nella parte in cui approvava la ripartizione delle somme richieste per le opere di rifacimento dei terrazzini aggettanti in cemento armato realizzate in esecuzione del contratto d'appalto, senza rilevare la nullita' di quest'ultimo per violazione della legge 05/11/1971 n. 1086,articolo 4, secondo cui "le opere... devono essere denunciate dal costruttore all'ufficio del genio civile, competente per territorio, prima del loro inizio", atteso che dalla comunicazione del 30/10/2013, inviata alla (OMISSIS) a mezzo fax e versata a verbale del (OMISSIS), non risultava "depositata nessuna pratica"; la Corte territoriale, pertanto, non avrebbe rilevato l'assenza di concessione edilizia. Con il quinto motivo, (OMISSIS) ha, infine, eccepito la violazione dell'articolo 112 c.p.c. in relazione all'articolo 360 comma I n. 4 c.p.c. per avere la Corte d'Appello di (OMISSIS), dichiarando la nullita' soltanto parziale della delibera del 16/12/2008 di ripartizione delle spese, omesso di pronunciarsi sulla inapplicabilita' dell'articolo 63 disp. att. c.c. (nella formulazione ratione temporis applicabile, antecedente alle modifiche apportate dalla l. n. 220 del 2012) alle somme richieste per l'esecuzione delle opere di rifacimento dei terrazzini aggettanti in cemento armato in quanto di proprieta' del singolo condomino e non costituenti spese condominiali. 2. I primi quattro motivi - che possono essere trattati congiuntamente per continuita' di argomentazione - sono fondati. E' opportuno premettere e ribadire, per quel che ancora qui rileva, che le S.U. di questa Corte, con sentenza n. 9839 del 14/04/2021 hanno precisato che l'articolo 1137 c.c., per sua formulazione non consente di ritenere che la categoria della nullita' delle deliberazioni condominiali sia interamente espunta dalla materia delle deliberazioni dell'assemblea dei condomini, neppure dopo la riforma del 2013. Esistono infatti categorie, nel mondo del diritto, che non sono monopolio del legislatore, ma scaturiscono spontaneamente dal sistema giuridico, al di fuori e prima della legge: accanto alle ipotesi di annullamento, pertanto, devono essere mantenute, quali nullita', le ipotesi residuali in cui sussistano quei vizi talmente radicali "da privare la deliberazione di cittadinanza nel modo giuridico". E' questo il caso della "impossibilita' dell'oggetto, in senso materiale o in senso giuridico", da intendersi riferito al contenuto (c.d. decisum) della deliberazione. L'impossibilita' materiale dell'oggetto della deliberazione va valutata con riferimento alla concreta possibilita' di dare attuazione a quanto deliberato; l'impossibilita' giuridica dell'oggetto, invece, va valutata in relazione alle "attribuzioni" proprie dell'assemblea. In ordine all'impossibilita' giuridica dell'oggetto, vale la pena di osservare che l'assemblea, quale organo deliberativo della collettivita' condominiale, puo' occuparsi solo della gestione dei beni e dei servizi comuni; essa e' abilitata ad adottare qualunque provvedimento, anche non previsto dalla legge o dal regolamento di condominio (avendo le attribuzioni indicate dall'articolo 1135 c.c. carattere meramente esemplificativo), purche' destinato alla gestione delle cose e dei servizi comuni. Percio', l'assemblea non puo' perseguire finalita' extracondominiali e non puo' occuparsi dei beni appartenenti in proprieta' esclusiva ai singoli condomini, perche' qualsiasi decisione che non attenga alle parti comuni dell'edificio non puo' essere adottata seguendo il metodo decisionale dell'assemblea, che e' il metodo della maggioranza, ma esige il ricorso al metodo contrattuale, fondato sul consenso dei singoli proprietari esclusivi. Allo stesso modo residua quale nullita' l'ipotesi della "illiceita'" che ricorre quando la deliberazione condominiale, seppure adottata nell'ambito delle attribuzioni dell'assemblea, risulti avere un "contenuto illecito" (articolo 1343 c.c.), nel senso che il decisum risulta contrario a "norme imperative, all'ordine pubblico o al buon costume". Sono pure nulle, pertanto, le deliberazioni assembleari che abbiano un contenuto contrario a quelle norme non derogabili dalla volonta' dei privati, poste a tutela degli interessi generali della collettivita' sociale o di interessi particolari che l'ordinamento reputa indisponibili, assicurandone comunque la tutela. La ricorrente (OMISSIS) ha prospettato al Tribunale prima e, poi, alla Corte d'appello un vizio del contratto di appalto per la realizzazione della ricostruzione dei balconi aggettanti in cemento armato consistente nella redazione "del computo metrico" e della "relazione tecnica" ad opera di un geometra, in violazione del Regio Decreto 11 febbraio 1929,articolo 16, lettera M), n. 274; ha rilevato altresi' che la delibera condominiale del 16/12/2008 ha approvato uno stato di ripartizione contenente anche le spese relative ai lavori effettuati sulle parti non comuni, ma in proprieta' individuale (i terrazzini) come tali anche escluse dalla previsione dell'articolo 63 disp. att. c.c. (nella formulazione "ratione temporis" applicabile, antecedente alle modifiche apportate dalla l. n. 220 del 2012). La Corte d'appello, riformando la pronuncia di nullita' del Tribunale, pur riconoscendo che la tipologia di opere appaltate esorbitava dalla competenza di un geometra quanto a direzione dei lavori, non ha esaminato il profilo di invalidita' della delibera dell'8/2/2007 e, poi, del 16/12/2008 che ha provveduto alla ripartizione delle spese come prospettato rispetto alla prospettata progettazione da parte di un geometra: omettendo questa verifica, non si e' confrontata con il principio per cui, a norma dell'articolo 16, lettera m), Regio Decreto 11 febbraio 1929, n. 274, non modificato dalla L. n. 1068 del 1971, la competenza dei geometri e' limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l'adozione - anche parziale - di strutture in cemento armato e, in via d'eccezione, si estende anche a queste strutture, a norma della lettera l) del medesimo articolo, soltanto con riguardo alle piccole costruzioni accessorie nell'ambito degli edifici rurali o destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone; e', infatti, riservata agli ingegneri la competenza per le costruzioni civili, anche modeste, che adottino strutture in cemento armato (Sez. 2, Sentenza n. 18038 del 02/09/2011; Sez. 2, Sentenza n. 19292 del 07/09/2009; Sez. 2, Sentenza n. 17028 del 26/07/2006). In tal senso, sarebbe stato invece necessario verificare se effettivamente fosse stato un geometra a provvedere alla redazione della relazione tecnica (non rilevando in se', invece, la redazione del solo computo metrico, in quanto operazione di mera definizione dei costi di costruzione) e se la tipologia di opere appaltate esorbitasse dalla competenza della figura professionale incaricata anche per l'affidamento della progettazione. Allo stesso modo la Corte d'appello ha omesso di accertare se la tipologia di opere appaltate fosse sussumibile nella previsione dell'articolo 6 del D.P.R 6 giugno 2001 n. 380, di qualificare quindi tali opere come di manutenzione straordinaria o di ristrutturazione e di verificare, sulla scorta degli elementi istruttori acquisiti in primo grado e qui riprodotti con il quarto motivo di ricorso, se la realizzazione dei lavori risultasse regolarmente denunciata o assentita, per escludere altro profilo di nullita' del contratto di appalto per contrarieta' a norma imperativa. La sentenza impugnata, pertanto, deve essere cassata, con rinvio alla Corte d'appello di Cagliari sez. di (OMISSIS) in diversa composizione perche' provveda alle verifiche suesposte. Dall'accoglimento dei primi quattro motivi deriva l'assorbimento del quinto, concernente l'applicazione dell'articolo 63 disp. att. c.c. anche alle spese relative alle opere realizzate sulle porzioni dell'immobile in proprieta' esclusiva, atteso il nesso di stretta dipendenza tra la questione della nullita' dell'oggetto e la questione della ripartizione delle spese. 3. Decidendo in rinvio, la Corte d'appello di Cagliari sez. di (OMISSIS) statuira' anche sulle spese di legittimita'. P.Q.M. accoglie i primi quattro motivi di ricorso, assorbendo il quinto; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d'appello di Cagliari, sez. di (OMISSIS) in diversa composizione anche per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimita'.

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