Sentenze recenti riscaldamento condominiale

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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni - Presidente Dott. ORILIA Lorenzo - Consigliere Dott. MOCCI Mauro - Consigliere Dott. ROLFI Federico - Consigliere Dott. CAPONI Remo - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 2036-2018 proposto da: (OMISSIS), rappresentato e difeso dall'avvocato (OMISSIS), domiciliato in (OMISSIS) presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS); - ricorrente - contro SUPERCONDOMINIO VIA (OMISSIS), rappresentato e difeso dall'avvocato (OMISSIS), domiciliato in (OMISSIS) presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS); -controricorrente- nonche' (OMISSIS); - intimata - avverso la sentenza della CORTE DI APPELLO DI BARI n. 917 DEL 2017 depositata il 13/07/2017. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/05/2023 dal consigliere REMO CAPONI. Lette le osservazioni del P.M., nella persona del sostituto procuratore generale, FULVIO TRONCONE, che ha concluso per il rigetto del ricorso. FATTI DI CAUSA Nel 2000 (OMISSIS) e (OMISSIS), separatamente, adivano il Tribunale di Trani (Sezione distaccata di Molfetta), per l'annullamento della delibera condominiale del 2000 con cui il Supercondominio di via (OMISSIS) aveva "revocato" un'esenzione dalle spese di esercizio e di consumo accordata di fatto a taluni condomini distaccatisi dall'impianto centralizzato di riscaldamento. Antefatti: nel 1989, due dei condomini avevano proposto la cessazione del servizio centralizzato di riscaldamento entro il 1992, senza prospettare le modalita' di trasformazione in impianti unifamiliari. Nel 1991 uno dei due condomini deliberava di compiere il distacco entro qualche mese. Viceversa, nel 1992 il Supercondominio decideva di proseguire nell'utilizzazione dell'impianto esistente. Nel 1993 i tre amministratori dei condomini concordavano di negare distacchi unilaterali intimando a chi si era gia' distaccato di riprendere a pagare interamente le quote per le spese del riscaldamento centralizzato. Seguono circa sette anni in cui tale intimazione non riceve seguito (nei confronti degli attori), finche' nel 2000, con la delibera impugnata, l'assemblea del Supercondominio decideva di non agire per il saldo delle spese pregresse, ma si determinava a non tollerare piu' in futuro esenzioni da parte dei condomini nel frattempo distaccatisi. In primo e in secondo grado le domande attoree venivano rigettate. Su ricorso in cassazione di (OMISSIS), Cass. 8727/2014 annullava la sentenza di appello sotto il profilo dell'omesso rilievo del litisconsorzio necessario processuale in relazione ad (OMISSIS) che non aveva partecipato al giudizio di appello, mentre dichiarava assorbito il secondo motivo di ricorso con il quale (OMISSIS) denunciava la violazione dell'articolo 1123 comma 2 e 3 c.c. Riassunto il processo in sede di rinvio, la Corte di appello rigettava l'appello e confermava di nuovo la pronuncia di primo grado di rigetto dell'impugnazione della delibera condominiale. Ricorre in cassazione (OMISSIS) con tre motivi, illustrati da memoria. Resiste il Supercondominio con controricorso. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. - In seguito alla l. n. 220 del 2012, il tema al centro del presente ricorso (il distacco di singoli condomini dall'impianto centralizzato di riscaldamento) riceve una distinta disciplina nell'articolo 1118 comma 4 c.c., che pero' non si applica ratione temporis alla presente controversia, in quanto instaurata anteriormente. 2. - Con il primo motivo si denuncia che il Supercondominio abbia errato nel ripartire le spese del riscaldamento centralizzato, che serve i singoli condomini in maniera diversa, cosicche' le spese sono da ripartire in proporzione dell'uso che ciascun condomino puo' farne (si denuncia violazione dell'articolo 1123 comma 2 e 3 c.c.). Inoltre, si censura che, al fine di rinunziare all'uso del riscaldamento centralizzato e di usufruire di un corrispondente sgravio di spese, il ricorrente sia stato gravato dell'onere di provare - attraverso informazione preventiva corredata da documentazione tecnica - che dal suo distacco dall'impianto di riscaldamento centralizzato non derivino notevoli squilibri o aggravi di spesa per gli altri condomini. Infatti, il criterio legale di ripartizione delle spese si fonda sul beneficio che dalle cose comuni puo' derivare ad ogni condomino, quando esse sono destinate a servire in maniera diversa, ossia e' basato sulla proporzione dell'uso che ciascuno e' posto in grado di fare. Cio' al fine di evitare l'indebito arricchimento dei condomini che beneficiano della cosa comune e vedano poi le spese ripartite anche a carico dei condomini che non ne possano usufruire. Nel caso di specie, e' da tenere conto che il ricorrente, abitante all'ul-timo piano dell'edificio, non poteva piu' usare il servizio di riscaldamento centralizzato a causa della corrosione delle diramazioni terminali. Infine, si censura che la Corte di appello, pur accertando che e' possibile un'opera di risanamento, non abbia rilevato la mancata previsione nella delibera impugnata di un intervento di riparazione del servizio di riscaldamento, affinche' tutti i condomini potessero trarne identicamente beneficio. Il primo motivo e' inammissibile. Esso non coglie la ratio decidendi, che e' fondamentalmente la seguente: l'obbligo del condomino di contribuire alle spese necessarie non solo alla conservazione, ma anche al godimento delle parti comuni dell'edificio, alla prestazione dei servizi nell'interesse comune e alle innovazioni deliberate dalla maggioranza trova la sua fonte nella comproprieta' delle parti comuni dell'edificio (articolo 1123 comma 1 c.c.). Ne segue che la semplice circostanza che l'impianto centralizzato di riscaldamento non eroghi sufficiente calore non puo' giustificare un esonero dal contributo, neanche per le sole spese di esercizio, poiche' il condomino non e' titolare di una pretesa a una prestazione sinallagmatica nei confronti del condominio e quindi non puo' sottrarsi dal contribuire alle spese allegando la mancata o insufficiente erogazione del servizio (cfr. per tutte Cass. SU 10492/1996, richiamata espressamente dalla sentenza, p. 14), essendo ben altri gli strumenti che l'ordinamento mette a disposizione per reagire all'inerzia manutentiva del condominio (in questo senso, cfr. anche le osservazioni del P.M.). A cio' si aggiunge che nel caso di specie "la prova orale (...) non ha (...) confermato la situazione d'irreversibile degrado che a dire del (OMISSIS) l'aveva indotto a distaccarsi dall'impianto centralizzato. Invero nella comunicazione del 22/06/1991 egli ha denunciato solo la difettosita' degli sfiatatoi dell'impianto. Le testimonianze (...) hanno fatto riferimento esclusivamente a fenomeni di corrosione e ruggine, ma (...) non emerge affatto che fosse impossibile un'agevole opera di risanamento" (p. 14). Inoltre, prosegue la Corte, non vi e' prova di insufficienza del potere di riscaldamento. Viceversa, i passi della sentenza aggrediti dal ricorrente costituiscono mere argomentazioni di rincalzo (che indubbiamente avrebbero trovato una collocazione migliore alla fine della motivazione). In conclusione, il primo motivo e' inammissibile. 3. - Con il secondo motivo si denuncia che la Corte di appello abbia errato nell'interpretare l'accordo intervenuto di fatto tra le parti sul distacco dal riscaldamento centralizzato dopo le deliberazioni dei singoli condomi'ni e la mancata realizzazione degli interventi di manutenzione sulle diramazioni terminali (si deduce violazione degli articoli 1322, 1362, 1366 c.c.). Si censura che la controversia sia stata inquadrata invece nell'ambito della disciplina ex l. 10-1991 (sul risparmio energetico e le fonti rinnovabili) concernente le maggioranze assembleari necessarie per l'installazione degli impianti unifamiliari, omettendo di rilevare che i condomini avevano tollerato per sette anni il mancato pagamento da parte degli attori delle spese relative all'uso del riscaldamento centralizzato per poi asserire contraddittoriamente che non avevano avuto consapevolezza dell'intervenuta adozione di criteri diversi. Si era cosi' perfezionato per fatti concludenti un accordo di scambio tra il mancato intervento di manutenzione e il mancato risarcimento dei danni all'appartamento, da un lato, e, dall'altro lato, la concessione del distacco dall'impianto di riscaldamento centralizzato (ne sarebbe un indizio anche il termine "revoca" impiegato nella delibera impugnata). Il secondo motivo e' infondato. La Corte di appello ben richiede l'unanimita' dei consensi per l'accordo derogatorio delle regole legislative di ripartizione delle spese e ben invoca a tale proposito Cass. 7884/1991. Secondo tale pronuncia, la disciplina della ripartizione delle spese condominiali puo' essere modificata da una nuova convenzione, la quale richiede il consenso di tutti i condomini, che puo' essere espresso anche per facta concludentia, consistenti in un comportamento dal quale possa inequivocabilmente desumersi, alla stregua del senso comune, una volonta' determinata, indirizzata ad uno specifico contenuto. Assume in questo contesto un carattere persuasivo anche il caso di specie sotteso a Cass. 7884/1991. Si trattava di un'applicazione di mutati criteri di ripartizione delle spese condominiali, distesasi lungo un arco di tempo pluriennale, in cui non si e' ravvisata la consapevolezza del mutamento dei criteri e delle relative tabelle millesimali, cosicche' si e' esclusa la formazione di un nuovo accordo per fatti concludenti. A completamento dell'argomentazione, la Corte di appello di Bari osserva che le delibere programmatiche relative alla cessazione del riscaldamento centralizzato non costituiscono prova della consapevolezza da parte dei condomini del distacco dal riscaldamento centralizzato operato da (OMISSIS) ne' indice inequivoco della loro volonta' di mutare la ripartizione delle spese di gestione. In conclusione, essendo la statuizione della Corte territoriale conforme a diritto, il secondo motivo e' rigettato. 4. - Con il terzo motivo si denuncia che la Corte di appello abbia violato l'articolo 1136 c.c., sul quorum per la validita' delle deliberazioni, con riferimento alla decisione adottata nel 1993 dagli amministratori responsabili dei tre plessi condominiali di negare distacchi unilaterali e di riservarsi di agire nei confronti di chi si era gia' distaccato. Anche questo motivo e' infondato. Il ricorrente mostra di fraintendere un passo di Cass. 8727/2014, poiche' attribuisce alla predetta pronuncia di cassazione con rinvio gia' intervenuta nel presente giudizio una statuizione di erroneita' del mancato rilievo dell'accordo per fatti concludenti tra (OMISSIS) e il Condominio, laddove invece la Corte aveva semplicemente riferito un'affermazione del ricorrente nell'esporre il secondo motivo di ricorso (poi assorbito). Dal chiarimento dell'equivoco segue che le indicazioni di Cass. 8727/2014 non sono state affatto disattese dalla Corte di appello. Inoltre e infine, la decisione adottata nel 1993 dai responsabili dei plessi condominiali e' semplicemente esecutiva della delibera del 1992 con cui il Supercondominio si era determinato a continuare a usare l'impianto di riscaldamento centralizzato. Fuori luogo e' l'invocazione della necessita' di una delibera condominiale. In conclusione, il terzo motivo e' rigettato e, con esso, e' rigettato il ricorso nel suo complesso. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo. Inoltre, ai sensi Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un'ulteriore somma pari al contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell'articolo 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio in favore del controricorrente, che liquida in Euro 4.000, oltre a Euro 200 per esborsi, alle spese generali, pari al 15% sui compensi e agli accessori di legge. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera del ricorrente, di un'ulteriore somma pari al contributo unificato previsto per il ricorso, se dovuto.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Corte D'Appello di Milano Sezione Terza Civile Nelle persone dei seguenti magistrati: Dott. Maria Grazia Federici Presidente Dott. Maria Paola Varani Consigliere Dott. Isabella Ciriaco Consigliere relatore ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa iscritta al numero di ruolo sopra riportato, promossa in grado d'Appello con atto di citazione notificato il 15/11/2021 avverso la sentenza del Tribunale di Milano n. 3112/2021, pubblicata il 14/04/2021, tra (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'Avv. (...), elettivamente domiciliato in (...), 20122, MILANO presso lo Studio dell'Avv. (...), giusta delega in atti; -appellante- CONTRO CONDOMINIO (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'Avv. (...), elettivamente domiciliato in PIAZZA (...), 20129, MILANO presso lo Studio dell'Avv. (...), giusta delega in atti; -appellato- OGGETTO: appello avverso sentenza in materia di "Condominio, impugnazione di delibera assembleare - spese condominiali". CONCLUSIONI: PER (...): "Voglia l'Ecc.ma Corte d'Appello adita, contrariis rejectis, in parziale riforma della sentenza n. 3112/21 pronunciata ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c. e pubblicata in data 14 aprile 2021, così giudicare: Nel merito: - dichiarare nulla e/o annullare la deliberazione di approvazione del rendiconto consuntivo al 31 dicembre 2018 assunta dall 'assemblea del 07 maggio 2021 del Condominio (...) per tutti motivi esposti in atti, con ogni statuizione conseguente; - condannare il Condominio (...) al risarcimento, in favore dell'attore, del danno emergente da questo subìto in misura pari alle spese dallo stesso sostenute per il procedimento di mediazione n. 22/2019 ed alle spese di assistenza legale ad esso relative, per un totale di complessivi Euro 4.308,61 o alla diversa somma che sarà ritenuta di giustizia, oltre interessi maturati e maturandi; In via istruttoria: Per il caso in cui il Collegio lo ritenesse utile o necessario, si insiste per l'ammissione della C.T.U. tecnico contabile richiesta in primo grado e non ammessa. Si chiede inoltre che non si tenga conto ai fini del decidere dei docc. da 13 a 141 avversari per i motivi di cui in atti. Con vittoria delle spese e competenze di entrambi i gradi di giudizio e con richiesta di condanna del Condominio alla restituzione delle spese di lite allo stesso corrisposte dall'odierno appellante in ottemperanza alla sentenza di primo grado". PER CONDOMINIO (...): "1) In via preliminare, dichiarare inammissibile l'appello proposto dal dott. (...) nel presente giudizio; 2) In via subordinata, nel merito, respingere, integralmente, l'appello proposto dal dott. (...); Con vittoria di spese e compensi difensivi. Si insiste, infine, affinché siano ammessi i seguenti mezzi di prova, già dedotti nella memoria ex art. 183 c. 6 n. 2 cpc, depositata dal condominio nel giudizio di primo grado e nella comparsa di costituzione e risposta, depositata nel presente giudizio d'appello: A) Ammettere prova orale per interrogatorio formale ed escussione dei testi, sui seguenti capitoli di prova: 1) "Vero che il rendiconto consuntivo, prodotto dal convenuto come doc. 1 - che si rammostra al teste - è stato esaminato e discusso nel corso dell'assemblea del condominio (...) di via (...), Milano, tenutasi in data 7 Maggio 2019, presso lo stabile di via (...), Milano"? Si indica, come testimone, il geom. (...), residente a Milano, in via Milani 8/a. B) Ordinare al rag. Riccardo Rosa, legale rappresentante dello Studio Rosa S.r.l., sito a Milano, in via Balduccio da Pisa 10, di esibire, nel presente giudizio, la perizia asseverata relativa alle condizioni di squilibrio termico dell'edificio di via (...), Milano. Si insiste, infine, per l'ammissione di ogni altro mezzo di prova, dedotto negli atti difensivi di parte appellata". MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione notificato il 4/10/2019 il Sig. (...), quale condomino del Condominio "(...)" sito in Milano, Via (...), chiedeva al Tribunale di Milano di dichiarare la nullità e/o l'annullabilità per violazione degli arti 1130 bis e 1130 n. 10 c.c. della delibera assembleare del 7/05/2019 relativamente al solo punto 1) dell'ordine del giorno, avente ad oggetto l'approvazione del rendiconto consuntivo gestione 2018; chiedeva, altresì, di condannare il Condominio al risarcimento del "danno emergente" in misura pari alle spese sostenute per il procedimento di mediazione n. 22/2019 non andato a buon fine ed alle relative spese di assistenza legale per complessivi Euro 4.308,61, oltre interessi maturati e maturandi. Si costituiva regolarmente in giudizio il Condominio eccependo, in via preliminare, il difetto di interesse ad agire del sig. (...) ex art. 101 c.p.c., stante l'"inesistenza" di una delibera impugnabile -essendosi l'assemblea riservata di verificare la gestione della precedente amministrazione- e chiedendo, nel merito, il rigetto di tutte le domande. Istruita la causa sulla base della sola documentazione in atti, il Tribunale decideva con sentenza ex art. 281 sexies c.p.c. n. 3112/2021, pubblicata il 14/04/2021, con la quale rigettava l'eccezione preliminare del Condominio di difetto di interesse ad agire del (...) in quanto l'assemblea aveva approvato a maggioranza il consuntivo anno 2018. Nel merito, invece, il primo Giudice rilevava che l'eccepita "parzialità" ed "incompletezza" del rendiconto -non riferito all'intera gestione 2018, bensì al solo periodo ottobre-dicembre 2018- non rientrava tra i vizi comportanti l'annullamento di una delibera condominiale, "essendo norma (n.d.r. l'art. 1130 n. 10 c.c.) volta a disciplinare le attribuzioni dell'amministratore, tra cui peraltro non rientra l'obbligo a recuperare giudizialmente documenti dall'ex amministratore se non previa autorizzazione assembleare". Riguardo all'eccepita violazione dell'art. 1130 bis c.c. per mancata allegazione dello stato patrimoniale e degli ulteriori elementi del rendiconto previsti ex lege, il Tribunale rilevava che lo stesso attore aveva dichiarato di aver ricevuto dall'amministratore, unitamente alla convocazione, i documenti di cui alla citata disposizione; che, tenuto conto della mancata richiesta all'amministratore da parte dell'attore -prima dell'assemblea del 7/05/2019- di accesso alla documentazione contabile, dall'esame del verbale della stessa emergeva la formulazione da parte del (...) di una serie di domande rispetto a singole poste di spesa inserite nel rendiconto, puntualmente riscontrate dall'amministratore "sia in relazione a singole voci del rendiconto in approvazione, che rispetto alle mancanze che qui l'attore eccepisce come vizi della delibera "; che i vizi eccepiti non rientravano tra quelli comportanti la nullità o l'annullabilità della delibera "avendo l'assemblea approvato con i quorum di legge il rendiconto presentato dall'amministratore"; che l'aver approvato un rendiconto in assenza di approvazione di quelli degli anni 2016 e 2017 non rientrava nella "competenza del Tribunale", essendo precluso qualsiasi sindacato del "merito" delle delibere condominiali, e che ogni aspetto relativo alla corretta gestione da parte dell'amministratore non "rientrava" "nei motivi di impugnazione della delibera". Quanto, infine, le ulteriori doglianze relative all'erronea ripartizione delle spese di riscaldamento a causa della violazione della norma tecnica UNI 10200, il Giudice di prime cure rilevava l'assenza di congrua motivazione, "non avendo l'attore allegato alcun dato comprovante l'esistenza di un errore od omissione causa di una diminuzione patrimoniale a suo carico". Avverso detta sentenza il Sig. (...) ha proposto tempestivo appello, deducendo un unico motivo articolato in più punti, con il quale ha lamentato: - la violazione dell'art. 1130 bis c.c. per la mancata allegazione al rendiconto dello stato patrimoniale e omessa indicazione degli ulteriori elementi "obbligatori" del rendiconto: i fondi e/o riserve condominiali, i rendiconti dei precedenti esercizi 2016-2017, il saldo del c/c bancario "iniziale", l'ammontare dei debiti del Condominio al 31/12/2018 e dei crediti dallo stesso vantati nei confronti dei singoli condomini per le spese da questi ultimi non pagate, i rapporti in corso e le liti pendenti (elementi cosi riassunti dall'appellante nella pag. 28 dell'appello); - la violazione dell'art. 1130 n. 10 c.c. per "parzialità' ed "incompletezza" del rendiconto non riferito all'intera gestione 2018, bensì al solo periodo ottobre-dicembre 2018; - la non conformità del rendiconto ai principi di "chiarezza", "veridicità", "intellegibilità" ed "immediata verificabilità" da parte di persona non esperta, con conseguente violazione degli artt. 1130 e 1130 bis c.c.; - la violazione del cd. "principio di cassa" per la mancata indicazione delle "entrate e uscite"; - la motivazione "illogica, errata e comunque insufficiente" della sentenza nella parte in cui aveva ritenuto infondata la doglianza relativa all'erronea ripartizione delle spese di riscaldamento per violazione della norma tecnica UNI 10200; - l'erroneo rigetto della domanda risarcitoria relativa al rimborso delle spese (anche legali) del procedimento di mediazione n. 22/2019 non andato a buon fine. Il Sig. (...) ha chiesto, quindi, la riforma dell'impugnata sentenza, con accoglimento delle conclusioni già rassegnate in primo grado. Si è regolarmente costituito nel giudizio così promosso il Condominio, eccependo, in via preliminare, l'inammissibilità dell'appello ex art. 342 c.p.c. e il difetto di interesse ad agire del (...) ex art. 101 c.p.c.; nel merito, ha chiesto il rigetto dell'appello in quanto infondato in fatto e in diritto con conseguente conferma dell'impugnata sentenza. Con ordinanza del 31/01/2023, precisate le conclusioni per via telematica ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c., la causa è stata assegnata in decisione, previa concessione alle parti dei termini di legge per il deposito degli scritti difensivi finali. Depositate le memorie difensive finali, la causa veniva poi discussa nella camera di consiglio del 04/05/2023. L'eccezione di inammissibilità dell'appello sollevata in via preliminare dal Condominio per dedotta totale carenza di motivi specifici di impugnazione e conseguente violazione dell'art. 342 c.p.c. va respinta. Infatti, è ormai consolidato l'orientamento giurisprudenziale di legittimità (che ha seguito il principio elaborato dalle SS.UU. della Corte di Cassazione con la sentenza n. 27199 del 16/11/2017), valido anche in seguito all'entrata in vigore del D.Lgs. 10 ottobre 2022 n. 149 (c.d. "Riforma Cartabia"), secondo cui, pur nel contesto dei vincoli di specificità imposti dall'art. 342 (nonché dall'art. 434) c.p.c. (nell'attuale più restrittivo testo formulato dal DD.L. 22/06/2012 n. 83 art. 54, conv. con modif. in L.7 agosto 2012 n. 134), la sostanza dell'atto debba comunque prevalere sulla forma, sicché, stante la permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello e la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata, non sono necessarie particolari forme sacramentali, ma si deve superare il formalismo fine a sé stesso e verificare se nella sostanza l'atto integri la ratio della norma, essendo sufficiente che l'impugnazione contenga una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze che li confutino, con prospettazione al contempo della diversa soluzione pretesa con l'impugnazione, e senza che possa richiedersi la redazione effettiva di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado. Nel presente atto d'appello, le difese enucleate nei motivi, quelle poste a fondamento della causapetendi ed il petitum consentono per lo più di comprendere quali sono le parti della sentenza che si intendono censurare e quale alternativa viene proposta alla decisione impugnata, e così di preservare l'impugnazione, nel complesso considerata, dalla censura di inammissibilità. E' infondata anche l'ulteriore eccezione preliminare sollevata dal Condominio di difetto di interesse ad agire del (...), in quanto, tenuto conto dell'approvazione a maggioranza della delibera di cui si discute, per costante giurisprudenza, "in tema di azione di annullamento delle deliberazioni delle assemblee condominiali, la legittimazione ad agire attribuita dall'art. 1137 c.c. ai condomini assenti e dissenzienti non è subordinata alla deduzione ed alla prova di uno specifico interesse diverso da quello alla rimozione dell'atto impugnato, essendo l'interesse ad agire, richiesto dall'art. 100 c.p.c. quale condizione dell'azione di annullamento anzidetta, costituito proprio dall'accertamento dei vizi formali di cui sono affette le deliberazioni" (Cass. n. 17294/2020). Nel merito, al di fuori del caso di omessa convocazione di un condomino (non dedotto nel presente giudizio) -che costituisce autonomo motivo di annullamento tramite l'esperimento di un'azione ad hoc e nei termini di legge (Cass. n. 17486/2006)- la deliberazione dell'assemblea condominiale può essere impugnata esclusivamente per vizi di legittimità (quali: l'irregolarità nella costituzione dell'assemblea, la violazione delle maggioranze previste per l'approvazione, i vizi formali, la violazione di prescrizioni legali e regolamentari, l'irregolarità nel procedimento di convocazione o di deliberazione in relazione all'oggetto ecc..). Relativamente al caso specifico della delibera assembleare di approvazione del rendiconto annuale dell'amministratore, la Suprema Corte ha precisato che "per il disposto degli artt. 1135 e 1137 cod. civ. (...) può essere impugnata dai condomini assenti e dissenzienti, nel termine stabilito dall'art. 1137, terzo comma, cod. civ., non per ragioni di merito, ma solo per ragioni di legittimità, restando esclusa una diversa forma di invalidazione ai sensi dell'art. 1418 cod. civ., non essendo consentito al singolo condomino rimettere in discussione i provvedimenti adottati dalla maggioranza se non nella forma dell'impugnazione della delibera, da considerare, perciò, annullabile " (Cass. n. 5254/2011); conclusione ribadita anche in un successivo arresto giurisprudenziale: "qualora la ripartizione delle spese condominiali sia avvenuta soltanto con l'approvazione del rendiconto annuale dell'amministratore, ai sensi dell'art. 1135, n. 3, c.c., l'obbligazione dei condomini di contribuire al pagamento delle stesse sorge soltanto dal momento della approvazione della delibera assembleare di ripartizione, che i condomini assenti o dissenzienti non potranno impugnare per ragioni di merito, perché non è consentito al singolo condomino rimettere in discussione, al momento del bilancio consuntivo, i provvedimenti della maggioranza che, tradottisi in delibere, avrebbero dovuto essere tempestivamente impugnati' (Cass. Ord. n. 20006/2020). Correlativamente, il sindacato dell'autorità giudiziaria sulla delibera assembleare impugnata non può estendersi alla valutazione del merito e al controllo della discrezionalità di cui dispone l'assemblea quale organo sovrano della volontà dei condomini, bensì deve limitarsi ad un mero riscontro di legittimità (Cass. n. 20135/2017; explurimis cfr. Cass. n. 15633/2012; Cass. n. 5061/2020). Inoltre, per la validità della delibera di approvazione del rendiconto condominiale, non è necessario che la relativa contabilità sia tenuta dall'amministratore con rigorose forme analoghe a quelle previste per i bilanci delle Società "essendo invece sufficiente che essa sia idonea a rendere intellegibile ai condomini le voci di entrata e di spesa, con le quote di ripartizione" (Cass. n. 1370/2023); pertanto, compete all'amministratore la scelta di come redigere il rendiconto, non solo secondo la propria diligenza professionale, ma anche secondo le dimensioni del Condominio, potendo adottare per quelli di modeste dimensioni un rendiconto meno analitico. Tanto ciò premesso, l'appellante -senza contestare la ricezione con l'avviso di convocazione dell'assemblea dei documenti indicati dal Tribunale in sentenza e senza dedurre alcun pregiudizio ipoteticamente derivatogli dall'approvazione del rendiconto- replica che i documenti trasmessi non sono completi, attendibili e veritieri, rimandando alle censure mosse nelle pagg. 3-7 dell'atto di citazione in primo grado (riportate letteralmente nelle pagg. 24-26 dell'atto di appello), e lamentando la conseguente violazione degli artt. 1130 bis e 1130 n. 10 c.c. e dei principi di "chiarezza", "veridicità", "intellegibilità", "immediata verificabilità" e "cassa". Trattasi, tuttavia, di censure generiche, prive di riferimenti concreti e relative al "merito" della deliberazione assembleare che, alla luce dei principi giurisprudenziali sopra richiamati, non comportano la nullità e/o l'annullabilità della medesima e che, per altro verso, precludono un esame da parte dell'Autorità giudiziaria. Inoltre, per la validità della delibera di approvazione del rendiconto condominiale non è necessario che la relativa contabilità sia tenuta dall'amministratore con rigorose forme analoghe a quelle previste per i bilanci delle società "essendo invece sufficiente che essa sia idonea a rendere intellegibile ai condomini le voci di entrata e di spesa, con le quote di ripartizione' (cfr. Cass. Civ. 11.01.2017 n. 454). Ad ogni modo, tenuto conto della discrezionalità in capo all'amministratore in merito alle concrete modalità di redazione del rendiconto condominiale, dall'esame dell'avviso di convocazione in atti si evince l'avvenuta allegazione della seguente documentazione: - la nota sintetica di gestione, che riepiloga i rapporti intrattenuti nel corso dell'esercizio, i criteri di redazione del bilancio, l'ammontare delle spese di gestione e le liti pendenti; - il "riepilogo finanziario di cassa" relativo al periodo 01/10/2018-31/12/2018, che riporta dettagliatamente gli importi incassati nel corso della gestione, i crediti vantati dal condominio, i debiti, le spese sostenute e il saldo del conto corrente bancario alla data di chiusura dell'esercizio; - il "registro di contabilità", riportante i movimenti bancari del periodo 01/10/201831/12/2018; - il "rendiconto consuntivo sintetico" e il "rendiconto consuntivo analitico", che indicano rispettivamente l'ammontare totale delle spese e le singole spese con specificazione del creditore e della causale dell'addebito al Condominio; - il "riparto consuntivo spese", che indica l'entità delle somme versate da ciascun condomino per il pagamento delle spese di gestione. Dall'esame degli atti e documenti indicati, tenuto conto del contenuto del rendiconto consuntivo redatto dall'amministratore accompagnato dalla nota sintetica esplicativa della gestione, dal registro di contabilità e dal riepilogo finanziario, emerge che le doglianze mosse si fondano sul dato meramente formale e non tiene conto dell'effettivo contenuto del rendiconto consuntivo in atti che, contrariamente all'assunto di parte appellante riguarda l'intera annualità e fornisce specifica indicazione dei versamenti effettivamente eseguiti dai condomini, le spese maturate nell'esercizio, nonché quelle effettivamente sostenute per il Condominio con individuazione dell'oggetto dei costi e del soggetto destinatario. D'altronde l'appellante non ha contestato la correttezza dei dati riportati né l'impossibilità di comprendere la suddivisione dei costi, ma si è limitato a dedurre mancanze o discrepanze puramente formali sconfessate dagli atti e dalle risultanze documentali, che palesano l'inammissibilità, prima che infondatezza della doglianza mossa, non avendo tra l'altro la parte dedotto alcun pregiudizio ipoteticamente derivatole dall'approvazione del suddetto bilancio. Preliminarmente, corre l'obbligo sottolineare, secondo quanto incontestatamente riferito dalla difesa dell'appellato che "l'esercizio 2018 è stato caratterizzato dalla repentina revoca del precedente amministratore, avvenuta nel mese di Ottobre e dalla conseguente nomina dello Studio (...) srl. L'amministratore subentrato, pertanto, non ha potuto fare altro che redigere il consuntivo, integrando i dati della sua gestione con quelli ricevuti dal predecessore, che non comprendevano ulteriori registri di contabilità"; da qui la chiara indicazione pure fornita ai condomini dal nuovo amministratore nell'avviso di convocazione dell'assemblea del 7.5.2019 che la certezza dei dati contabili attiene solo alla gestione del bimestre effettuata direttamente dal nuovo amministratore, mentre per i dati relativi alla gestione del precedente amministratore, pur riportate nel rendiconto, si riservava di effettuare una puntuale verifica all'esito della consegna della documentazione contabile, sino a quel momento non trasmessa dall'amministratore condominiale revocato. Fatta questa premessa, l'esame degli atti dimostra l'infondatezza dell'eccepita "mancanza" dello stato patrimoniale e del saldo del c/c "iniziale", e all'eccepita "incompletezza" del "registro di contabilità" -riportante i movimenti bancari del solo periodo 01/10/201831/12/2018- e del "riepilogo finanziario di cassa" - anch'esso relativo al solo periodo 01/10/2018-31/12/2018 anziché all'intera annualità- (pagg. 25-26 appello), atteso che nell'avviso di convocazione l'amministratore precisava che "nel rendiconto consuntivo analitico vengono evidenziate le spese sostenute dal precedente amministratore che, in fase di consegna, non ha elaborato la situazione patrimoniale né tantomeno il riepilogo finanziario: la mancanza di tali documenti contabili ci impedisce di sottoporvi la situazione patrimoniale aggiornata mentre alleghiamo il riepilogo finanziario che rispecchia unicamente i movimenti contabili effettuati dalla nostra amministrazione, che potrete agevolmente verificare nel registro di contabilità'; precisazione ribadita dall'amministratore -proprio in riscontro a una domanda di chiarimento del (...)- anche in sede di assemblea condominiale del 7/05/2019: "il riepilogo finanziario allegato alla convocazione tiene conto solamente degli importi inseriti a rendiconto gestiti dallo Studio (...) e transitati sull'attuale c/c bancario e non tiene conto degli importi inseriti a rendiconto ma gestiti dalla precedente amministrazione in quanto privi di conferme contabili conseguentemente alla mancata consegna della situazione patrimoniale e del riepilogo finanziario da parte del precedente amministratore". E' infondata anche la presunta "discrasia" -di cui si duole l'appellante nella pag. 25 dell'appello- tra i dati riportati nel "riepilogo finanziario" (attinente al bimestre ottobre/dicembre 2018) allegato all'avviso di convocazione e i dati riportati nel "riepilogo finanziario" allegato al verbale di assemblea (relativo all'intera annualità), avendo l'amministratore chiarito in sede di assemblea condominiale di "aver comunque elaborato un riepilogo finanziario (quello annuale- ndr) (che verrà consegnato col verbale) e che rispecchia esattamente tutti i movimenti contabili inseriti a rendiconto compresi quelli della precedente amministrazione, ma che detto riepilogo deve intendersi "con riserva " sempre in considerazione del fatto che la gestione della precedente amministrazione non è verificabile" (cfr. verbale assemblea condominiale 7.5.2019). Alla luce dei sopra richiamati chiarimenti resi dall'amministratore nelle note introduttive ed esplicative all'avviso di convocazione e nel verbale d'assemblea, pertanto, è del tutto pretestuosa e palesemente inconsistente anche la denunciata "parzialità" ed "incompletezza" del rendiconto asseritamente non riferito all'intera gestione 2018, bensì al solo periodo ottobre-dicembre 2018. Invece, sulla lamentata "inattendibilità" del rendiconto per l'omessa approvazione dei rendiconti degli anni precedenti, la Suprema Corte ha precisato che "nessuna norma codicistica detta, in tema di approvazione dei bilanci consuntivi del condominio, il principio dell'osservanza di una rigorosa sequenza temporale nell'esame dei vari rendiconti presentati dall'amministratore e relativi ai singoli periodi di esercizio in essi considerati, con la conseguenza che va ritenuta legittima la delibera assembleare che (in assenza di un esplicito divieto pattiziamente convenuto al momento della formazione del regolamento contrattuale) approvi il bilancio consuntivo senza prendere in esame la situazione finanziaria relativa al periodo precedente, atteso che i criteri di semplicità e snellezza che presiedono alle vicende dell'amministrazione condominiale consentono, senza concreti pregiudizi per la collettività dei comproprietari, finanche la possibilità di regolarizzazione successiva delle eventuali omissioni nell'approvazione dei rendiconti" (Cass. n. 8521/2017). La doglianza relativa all'erronea ripartizione delle spese di riscaldamento, infine, è del tutto generica -non avendo l'appellante dedotto la violazione delle regole codicistiche o regolamentari di riparto delle spese condominiali né di aver subito alcun pregiudizio patrimoniale- e irrilevante, in quanto dedotta, per stessa ammissione del (...), "non quale elemento di pregiudizio, ma quale ulteriore elemento a riprova della complessiva erroneità ed illegittimità del rendiconto" (pag. 29 appello). Per tutto quanto rilevato, nella redazione del rendiconto consultivo 2018 non si riscontra alcuna violazione degli artt. 1130 bis e 1130 n. 10 c.c. e nemmeno alcuna violazione dei principi di "chiarezza", "veridicità", "intellegibilità", "immediata verificabilità" e "cassa"; ne consegue che del tutto correttamente il primo Giudice ha rigettato la domanda di declaratoria della nullità e/o annullabilità della delibera assembleare del 7/05/2019 formulata dal (...). L'ulteriore domanda risarcitoria relativa al rimborso delle spese (anche legali) del procedimento di mediazione n. 22/2019 non andato a buon fine è assorbita dal rigetto della domanda principale che in questa sede si conferma. Alla luce di tutte le considerazioni sopra svolte, l'appello proposto da (...) va integralmente rigettato, con conferma della sentenza impugnata e condanna ex art. 91 c.p.c. dell'appellante soccombente al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, liquidate in dispositivo in base al valore della causa (pari all'intero valore del rendiconto approvato di Euro 101.142,49), ai valori medi previsti dal D.M. n. 147/2022, esclusa la fase istruttoria di fatto non svoltasi. Sussistono i presupposti di cui all'art. 13, c. 1 quater del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, per il versamento da parte dell'appellante dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione. P.Q.M. La Corte d'Appello di Milano, definitivamente pronunciando sull'appello proposto da (...) avverso la sentenza del Tribunale di Milano n. 3112/2021, pubblicata il 14/04/2021, così provvede: 1. Rigetta l'appello; 2. Condanna l'appellante a rifondere all'appellata le spese del presente grado di giudizio liquidate in complessivi Euro 9.991,00, pari ad Euro 2.977,00 per la fase di studio, Euro 1.911,00 per la fase introduttiva ed Euro 5.103,00 per la fase decisoria, oltre spese generali al 15%, CPA ed IVA come per legge; 3. dà atto che sussistono i presupposti per il versamento a carico dell'appellante dell'ulteriore importo pari al contributo unificato versato ex art. 13 c. 1 quater DPR n. 115/2002. Così deciso, in Milano il 4 maggio 2023. Depositata in Cancelleria il 1 giugno 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI LECCE PRIMA SEZIONE CIVILE in persona della dr.ssa Viviana Mele, quale giudice monocratico, ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile di secondo grado iscritta al n. 5778 del R.G.A.C.C. dell'anno 2022, trattenuta in decisione nell'udienza del 25/05/2023 e vertente TRA CONDOMINIO (...), in persona dell'Amministratore in carica rappresentato e difeso dall'avv. (...) APPELLANTE E (...), in persona del l.r. p.t. Rappresentata e difesa dall'avv. (...) APPELLATA Oggetto: Appello avverso la sentenza del Giudice di Pace di Lecce n. 4205/22 del 10.06.2022 Conclusioni delle parti: come da verbale di udienza del 25/05/2023 MOTIVI DELLA DELLA DECISIONE Con decreto ingiuntivo n. 2261/2020 del 30 novembre 2020, notificato in data 17 dicembre 2020, il giudice di pace di legge ha ingiunto ad (...) il pagamento di euro 1.595,42 oltre interessi e spese legali in favore del Condominio "(...)" di Nardò, per somme non corrisposte dell'assegnatario/occupante (...), relativamente a quote condominiali ordinarie e straordinarie scadute e non pagate, come da rendiconto del 31 dicembre 2019. (...) ha proposto opposizione avverso il citato decreto, eccependo l'esistenza di giudicato vincolante in ordine alla competenza e deducendo nel merito di essere privo di legittimazione passiva, in quanto si tratta di un ente di gestione costituito da assegnatari di alloggi popolari al quale non può applicarsi la disciplina ordinaria per l'amministrazione dei condomini. L'opponente ha altresì eccepito l'indeterminatezza del credito e ha chiesto la revoca del decreto ingiuntivo opposto. Con propria comparsa si è costituito Condominio (...), contestando le avverse deduzioni e rilevando che il Tribunale di Lecce, pronunciandosi in materia analoga, ha statuito l'obbligo di (...) di corrispondere all'amministrazione condominiale le somme non versate dai propri assegnatari occupanti, in ragione dell'applicazione della normativa generale in materia di condominio. La causa è stata istituita in forma documentale e si è conclusa con sentenza di accoglimento dell'opposizione, per difetto di legittimazione passiva della ingiunta. Condominio (...) ha proposto appello avverso la sentenza, eccependo l'errata valutazione della normativa vigente e l'omessa valutazione dei fatti e documenti di causa e rilevando che nella materia de qua è in questione un condominio e non un'autogestione, con conseguente necessaria applicazione della normativa codicistica. Esposto quanto sopra, l'appellante ha chiesto la riforma della sentenza impugnata. (...) si è costituita con propria memoria, resistendo all'appello e chiedendone il rigetto. La causa è stata istituita in forma documentale e con acquisizione del fascicolo di primo grado ed è stata trattenuta in decisione, con rinuncia ai termini per conclusionali e repliche. Come esposto in premessa, la controversia in esame ha ad oggetto l'opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto da Condominio (...) di Nardò contro (...) in merito ad oneri condominiali che non sono stati corrisposti dall'assegnatario/occupante (...). L'opponente ha sostenuto che, in virtù della normativa speciale esistente in materia e dell'articolo 36 L.R. n. 10/2014, la richiesta di pagamento deve essere rivolta esclusivamente all'assegnatario dell'alloggio e non ad (...). Il giudice di pace ha accolto l'opposizione, dichiarando di aderire alla giurisprudenza del Tribunale di Lecce, secondo cui la società opponente non può essere chiamata a rispondere delle quote dovute dagli assegnatari sulla base del mero rendiconto approvato dell'assemblea, anche in ragione della mancanza di prova di quanto dovuto. L'appellante ha contestato la ricostruzione offerta dal giudice di pace, evidenziando in primo luogo che nel caso di specie si è in presenza di un condominio e non di autogestione, in quanto (...) è proprietaria solo di alcune delle unità immobiliari inserite all'interno del condominio. L'appellante ha altresì ritenuto che il giudice di pace abbia omesso di considerare che la prova del credito era basata su delibera condominiale di approvazione del rendiconto annuale del 27 giugno 2020, mai impugnata da (...) e divenuta dunque definitiva. Quanto al primo motivo di opposizione, deve immediatamente evidenziarsi l'impossibilità di applicare al caso di specie la sentenza del Tribunale di Lecce n. 545 del 2021, richiamata dal Condominio tanto in primo quanto in secondo grado. In tale sentenza, infatti, il giudice estensore ha chiarito in più punti che l'applicazione della normativa ordinaria in materia di locazione e condominio derivava dalla circostanza che si trattava non già di alloggio assegnato regolarmente in locazione, ma di occupazione avvenuta sine titulo. In particolare, nell'ultimo capoverso della pagina 3 si legge: "in virtù del rinvio di cui all'articolo 36 u.c. L.R. n. 14/10, tale arresto deve trovare applicazione nel caso de quo, in cui i contributi ineriscono l'immobile di proprietà dell'appellante, ubicato nel condominio (...) sito in via (...) a Nardò (LE), occupato sine titulo da (...). Né può opporsi ...b) il disposto dell'articolo 36 comma due L.R. n. 14/10 ... considerato che trattasi di norma speciale (anche in deroga disposto dell'articolo 10 legge 392/78), di applicazione cioè limitata ai casi espressamente previsti (assegnazione in locazione di alloggi), giammai estensibile a quelli diversi (occupazione senza assegnazione), quale quello che qui ci occupa". Dalla lettura della sentenza emerge dunque chiaramente come il giudice abbia motivato espressamente in ragione dell'esistenza di un'occupazione senza assegnazione, a differenza del caso di specie, in cui il credito si riferisce a oneri condominiali non corrisposti da soggetto cui l'immobile è stato assegnato in locazione. Difatti, nella delibera posta a base del decreto ingiuntivo è espressamente precisato che si tratta di "assegnatario" moroso: il titolo azionato dall'ingiungente è quello dell'assegnazione in locazione e non dell'occupazione sine titulo. Né ha rilievo la circostanza che alcune unità immobiliari siano di proprietà di terzi e non di (...), come evidenziato nel primo motivo di appello. Si procede infatti dalla lettura dell'articolo 36 L.R. n. 14/10, rubricato "Attività in amministrazione condominiale", che dispone quanto segue: "1. È fatto divieto agli enti gestori di iniziare o di proseguire l'attività di amministrazione negli stabili ceduti in proprietà integralmente o in parte. L'ente gestore promuove gli atti preliminari per la costituzione dell'amministrazione condominiale. Dal momento della costituzione cessa per gli assegnatari in proprietà l'obbligo di corrispondere all'ente gestore le quote per le spese generali di amministrazione e manutenzione, fatta eccezione per quelli afferenti ai servizi di rendicontazione e di esazione delle rate di riscatto. 2. Gli assegnatari in locazione di alloggi compresi negli stabili a regime condominiale hanno diritto di voto, in luogo dell'ente gestore, per le delibere relative alle spese e alle modalità di gestione dei servizi a rimborso, ivi compreso il riscaldamento, che sono tenuti a versare direttamente all'amministrazione del condominio. 3. Le norme di cui al comma 1 si applicano altresì agli assegnatari in locazione con patto di futura vendita. 4. Negli stabili ad amministrazione condominiale si applicano le norme dettate dall'ordinamento in materia". Dalla normativa richiamata emerge con evidenza come al comma 2 sia previsto che gli assegnatari in locazione di alloggi compresi negli stabili a regime condominiale sono tenuti a versare direttamente all'amministrazione del Condominio le spese. Quanto all'estensione della definizione "attività in amministrazione condominiale", va evidenziato che il comma 1 prevede espressamente che tali norme si applichino nel caso di stabili ceduti in proprietà integralmente o in parte. Diviene dunque irrilevante la presenza di unità immobiliare di proprietà di soggetti diversi da (...), in quanto tale possibilità è stata espressamente inclusa nell'ambito di applicazione dell'articolo 36 citato. Il comma quarto dell'articolo, avente chiaramente carattere residuale, rinvia alle norme in materia di condominio solo per gli aspetti non espressamente regolati dalla normativa speciale sopra menzionata. Risulta dunque infondato il motivo di appello basato sulla presenza di unità immobiliari di proprietà di terzi e l'ulteriore motivo basato sul richiamo a un precedente del Tribunale. È poi corretta la motivazione del Giudice di Pace, nella misura in cui ha ritenuto insussistente la prova del credito. La delibera assembleare posta a base del decreto ingiuntivo non può infatti essere impugnata da (...), che è priva di diritto di voto e della legittimazione all'opposizione. Difetta dunque un titolo opponibile all'appellata, come da giurisprudenza di questo tribunale depositata dalla stessa parte appellata e da normativa speciale sopra richiamata. In ragione di quanto sopra, poiché l'occupante è tenuto a corrispondere direttamente gli oneri all'amministrazione condominiale ed è l'unico legittimato a impugnare la delibera assembleare in materia, il Condominio dovrà rivolgere le proprie richieste direttamente all'assegnatario e non all'ente oggi ingiunto. Correttamente il giudice di pace ha dunque accolto l'opposizione. L'appello è pertanto respinto. Le spese di lite sono interamente compensate, in ragione della presenza di precedenti difformi - depositati da entrambe le parti - sulla materia. Ricorrono i presupposti per l'applicazione dell'art. 13 co. 1 quater TUSG. P.Q.M. Il Tribunale di Lecce - Prima Sezione Civile, definitivamente pronunciando nella causa N 5778/2022 RG, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa: a) Rigetta l'appello; b) Compensa interamente tra le parti le spese di lite; c) Dà atto della sussistenza dei presupposti per l'applicazione dell'art. 13 co. 1 quater TUSG. Lecce, 30 maggio 2023. Depositata in Cancelleria il 1 giugno 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO La Corte di Appello di Salerno, Sezione Civile, riunita in Camera di Consiglio nelle persone dei Sigg. Magistrati: 1) Dott. Bruno de Filippis Presidente relatore 2) Dott.ssa Maria Assunta Niccoli Consigliere 3) Dott.ssa Giulia Carleo Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa civile iscritta al n. 140/2019 Ruolo Generale relativa ad appello avverso la sentenza n. 2950/2018 del Tribunale di Salerno, Prima Sezione Civile, nella persona del G.O.T., Dott.ssa Irene Ada Giannuzzi, emessa il 30.07.2018 e pubblicata in data 02.08.2018, all'esito del procedimento n. 7372/2014 R.G., vertente TRA (...), nato ad Eboli (SA) il (...), rappresentato e difeso dall'avv. (...), giusto mandato in calce all'atto di appello, ed elettivamente domiciliato presso quest'ultima in Battipaglia, alla Via (...) APPELLANTE E CONDOMINIO (...), C.F. (...), in persona dell'Amministratore pro tempore, (...), con sede in Eboli (SA), alla Via (...), rappresentato e difeso dall'avv. (...), presso il quale elettivamente domicilia in Eboli, alla Via (...), giusto mandato allegato alla comparsa di costituzione e risposta in appello; APPELLATO SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione del 16.07.2014, (...) conveniva in giudizio il Condominio (...) al fine di ottenere la dichiarazione di nullità o, comunque, l'annullamento della delibera assembleare del 16.04.2014 nella parte in cui, nell'approvare il preventivo di spesa per l'anno 2014 in riferimento anche alle spese di riscaldamento centralizzato, prevedeva una quota preventiva a carico dell'attore pari ad Euro 332,14, senza tener conto del fatto che quest'ultimo aveva da tempo staccato il proprio impianto di riscaldamento e che, quindi, non era tenuto a concorrere alle spese per l'impianto centralizzato. A sostegno di ciò, l'attore affermava che "il diritto del Sig. (...) a non concorrere alle spese di riscaldamento centralizzato è implicitamente riconosciuto dal regolamento condominiale che prevede espressamente tale obbligo esclusivamente per i proprietari di appartamenti non abitati ed è rafforzato inoltre dal fatto che relativamente ad altro appartamento, sito al 4° piano del medesimo fabbricato, è stato accertato il distacco dall'impianto centrale di riscaldamento comporta una effettiva proporzionale riduzione delle spese di esercizio e non costituisce squilibrio in pregiudizio del regolare funzionamento dell'impianto centrale". Con comparsa di costituzione del 19.12.2014, si costituiva in giudizio il Condominio (...), il quale chiedeva il rigetto della domanda attorea perché inammissibile, improcedibile, generica ed infondata in fatto ed in diritto. A ciò parte convenuta premetteva che la pretesa non trovava alcun fondamento poiché "l'attore è perfettamente a conoscenza, per aver ricoperto la carica di Amministratorep.t. nell'anno 1999, che il comparente Condominio è dotato di regolamento interno il quale contiene le norme circa l'uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese. Infatti, all'art. 12, prevede il caso di distacco dall'impianto centralizzato con l'onere da parte del condomino richiedente del pagamento del 50% delle spese di esercizio. L'attore veniva autorizzato dal Condominio a distaccare il proprio impianto di riscaldamento nell'Assemblea del 12/11/99 con la condizione che a carico dello stesso rimanessero le spese previste dal regolamento condominiale. Tale delibera Assembleare non è stata impugnata dall'attore e, anzi, è stata rispettata dallo stesso fino ad oggi, senza riserva alcuna". In assenza di attività istruttoria, la causa veniva riservata in decisione, previa fissazione dei termini perentori ex art. 190 c.p.c. per il deposito delle relative comparse e memorie. In seguito alla trasmissione, avvenuta in data 28.06.2018, da parte della Cancelleria al Giudice di primo grado del fascicolo relativo alla causa in oggetto, quest'ultima veniva decisa con la sentenza n. 2950/2018, con la quale veniva rigettata la domanda attorea. In particolare, il Giudice di primo grado affermava che la partecipazione dell'attore alle spese del riscaldamento trovava fondamento sia nel regolamento condominiale che nella delibera assembleare del 12.11.1999, che autorizzava (...) al distacco dell'impianto di riscaldamento nel rispetto delle previsioni del suddetto regolamento, e che tale delibera non veniva mai impugnata dall'attore. Avverso la predetta sentenza proponeva appello, in data 25.01.2019, (...), il quale chiedeva alla Corte di Appello di Salerno di "1) riformare l'impugnata sentenza (...) e per l'effetto in accoglimento del presente appello, accogliere la domanda proposta dallo istante (...) (...) quindi dichiarare nulla o comunque annullare la delibera assembleare adottata in data 16.04.2014, comunicata in data 24.06.2014, relativamente alla parte in cui nell'approvare il preventivo di spesa per l'anno 2014, nella tabella "D" prevede una quota di Euro 332,14 a carico del sig. (...) a titolo di concorso di spesa per l'impianto di riscaldamento centralizzato; 2) condannare il condominio appellato al pagamento di spese ed onorari di entrambi i gradi di giudizio, di cui il sottoscritto avvocato chiede attribuzione. In via subordinata, nella denegata ipotesi di rigetto dell'appello, Piaccia allaEcc.ma Corte d'Appello adita dichiarare compensate le spese di entrambi i giudizi in considerazione della controvertibilità della questione ed in via gradata rideterminare le spese del giudizio di I grado poste a carico dell'appellante in misura non superiore ad Euro 630,00". A ciò parte appellante premetteva che l'art. 12 del regolamento di condominio prevedeva l'obbligo di contribuire alle spese di riscaldamento nella misura del 50% in capo ai proprietari degli appartamenti non abitati, disposizione che non trovava applicazione nel caso di specie, in quanto (...) occupava la parte di immobile insieme alla propria famiglia, con la conseguenza che "nel momento in cui il condomino (...) veniva autorizzato al distacco dal riscaldamento centrale, era tenuto, ai sensi dell'art. 1118 c.c., esclusivamente a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell'impianto e per la sua conservazione e messa a norma". Infatti, ad avviso di (...), la ratio della suddetta previsione risiedeva nel fatto che un appartamento non abitato, non generando calore, comporta un assorbimento maggiore del calore centralizzato, circostanza che non si verifica nell'ipotesi di appartamento abitato. In riferimento alla condanna alle spese di lite, l'appellante eccepiva la sproporzionata regolamentazione delle stesse, dal momento che "la controvertibilità della questione e soprattutto il rapporto di colleganza tra le parti avrebbe dovuto indurre il Tribunale quanto meno a compensare le spese di lite (...). Il valore della vertenza non era superiore ad Euro 333,00. Non si comprende quindi secondo quali parametri forensi e soprattutto di giustizia, l'attore sia stato condannato al pagamento della somma di Euro 1800,00, laddove il valore dell'attività svolta non superava Euro 630,00". Con comparsa di costituzione, depositata in data 04.05.2019, si costituiva nel secondo grado di giudizio il Condominio (...), chiedendo alla Corte di Appello di Salerno di rigettare l'appello proposto da (...) poiché inammissibile, improcedibile, improponibile, nonché infondato in fatto ed in diritto e, per l'effetto, confermare la sentenza di primo grado, condannando l'appellante al pagamento delle spese, diritti ed onorari del secondo grado di giudizio da attribuirsi al procuratore antistatario. A ciò parte appellata premetteva le difese già avanzate in primo grado, che, quindi, venivano singolarmente riproposte. Infine, all'udienza del 02.02.2023 la Corte di Appello di Salerno assegnava la causa a sentenza, concedendo i termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica. MOTIVI DELLA DECISIONE In riferimento al motivo di appello, in cui (...) eccepiva l'errata interpretazione delle norme del regolamento condominiale, occorre rilevare che nella delibera assembleare del 12.11.1999, in cui (...) veniva autorizzato a distaccare il proprio impianto di riscaldamento, veniva stabilito quanto segue: "L'Assemblea inoltre prende atto della richiesta di distacco dall'impianto centralizzato di riscaldamento dei condomini (...) e (...) e autorizza il distacco con invito all'amministratore a procedere: 1) rivisitazione delle tabelle condominiali tenendo conto che resta a carico dei distaccanti di quanto previsto dalla legge condominiale, 2) che il distacco deve avvenire a cura del richiedente con verifica dell'amministratore". Orbene, il riferimento alla rivisitazione delle tabelle condominiali manifesta la volontà del Condominio, accettata anche da (...), presente in assemblea, di continuare a considerare i distaccanti nelle spese d'uso dell'impianto di riscaldamento centralizzato. Pertanto, appare evidente che il condomino distaccatosi sia sottoposto ad una regola condominiale. Tuttavia, l'art. 12 del regolamento condominiale non prevede l'ipotesi di distacco del condomino, limitandosi, al primo comma, a disciplinare il concorso nelle spese relative all'impianto (ricostruzione totale o parziale dell'impianto, manutenzione ordinaria e straordinaria, conservazione ed esercizio) in ragione del volume di cui sono formati i rispettivi appartamenti o locali secondo le tabelle millesimali e, al secondo comma, a disciplinare il caso degli appartamenti non abitati, purché le stufe siano sigillate dall'amministrazione su richiesta scritta del condomino, che, in tal caso, pagherà solo il 50% della spesa. Infatti, nel Condominio, come sottolineato nella memoria di replica del 24.04.2023 da parte appellata, "vige una consuetudine, che prende spunto da una norma di regolamento interno, rispettata da tutti i condomini, che il distacco dall'impianto centralizzato comporta il pagamento del 50% delle spese di acquisto del combustibile (GAS) per il riscaldamento delle unità immobiliari. (...) In tale contesto qualsiasi intervento sulle tubazioni interne alle singole unità immobiliari (...) che si traduca in un distacco dall'impianto centralizzato è ritenuto potenzialmente idoneo ad alterare l'equilibrio termico, con pregiudizio per gli altri partecipanti al condominio (...)". Nel caso di specie, dunque, trova piena applicazione l'art. 1118 c.c., come modificato dalla legge n. 220/2012, il quale "consente al condomino di distaccarsi dall'impianto centralizzato - di riscaldamento o di raffreddamento - condominiale ove una siffatta condotta non determini notevoli squilibri di funzionamento dell'impianto stesso o aggravi di spesa per gli altri condomini, e dell'insussistenza di tali pregiudizi quel condomino deve fornire la prova, mediante preventiva informazione corredata da documentazione tecnica, salvo che l'assemblea condominiale abbia autorizzato il distacco sulla base di una propria, autonoma valutazione del loro non verificarsi" (Cass. Civ., sez. VI-2, sent. n. 22285/2016). In altri termini, spettava a (...) provare, mediante apposita perizia redatta da un tecnico abilitato o da un professionista iscritto in albi professionali competente in materia di trattamento degli impianti di riscaldamento, di non procurare un aggravio di spese agli altri condomini e di non determinare lo squilibrio termico dell'intero Condominio con il suo distacco, prova che, però, non veniva fornita. Inoltre, in ragione della suddetta consuetudine condominiale, si può ritenere che il condomino distaccatosi paghi per intero tutte le spese e, nella misura del 50%, quelle di esercizio dell'impianto di riscaldamento centralizzato, in quanto usufruirebbe del riscaldamento che dall'intero fabbricato, riscaldato, giunge al singolo appartamento. A tale proposito, la giurisprudenza di legittimità ha avuto occasione di chiarire che "In tema di condominio negli edifici, è valida la clausola del regolamento contrattuale che, in ipotesi di rinuncia o distacco dall'impianto di riscaldamento centralizzato, ponga, a carico del condomino rinunciante o distaccatosi, l'obbligo di contribuzione alle spese per il relativo uso in aggiunta a quelle, comunque dovute, per la sua conservazione, potendo i condomini regolare, mediante convenzione espressa, adottata all'unanimità, il contenuto dei loro diritti ed obblighi e, dunque, ferma l'indisponibilità del diritto al distacco, suddividere le spese relative all'impianto anche in deroga agli artt. 1123 e 1118 c.c., a ciò non ostando alcun vincolo pubblicistico di distribuzione di tali oneri condominiali dettato dall'esigenza dell'uso razionale delle risorse energetiche e del miglioramento delle condizioni di compatibilità ambientale. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito, che aveva affermato la legittimità di una deliberazione assembleare recettiva di una specifica clausola del regolamento contrattuale ed impositiva, a carico dei condomini distaccatisi dall'impianto centralizzato di riscaldamento, dell'"obbligo di pagare la metà del contributo" per l'uso dell'impianto medesimo)" (Cass. Civ., sez. II, ord. n. 12580/2017; Cass. Civ., sez. II, sent. n. 28051/2018). Pertanto, l'appello è infondato e non va accolto, con la conseguente conferma della sentenza di primo grado e la condanna di (...) alla rifusione delle spese di lite in favore del Condominio (...). P.Q.M. La Corte di Appello di Salerno, Seconda Sezione Civile, definitivamente pronunciando sull'appello proposto da (...) nei confronti del Condominio (...), avverso la sentenza del Tribunale di Salerno, Prima Sezione Civile, emessa in data 30.07.2018 e pubblicata in data 02.08.2018, in totale riforma di quest'ultima, così provvede: - Rigetta l'appello proposto avverso l'impugnata sentenza, che, per l'effetto, conferma integralmente; - Condanna (...) al pagamento delle spese di lite in favore del Condominio (...), che si liquidano in Euro 2.764,00 oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge, con attribuzione al procuratore dichiaratosi antistatario; - Dà atto della sussistenza dei presupposti perché la parte appellante sia tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione, ai sensi del comma 1 quater dell'art. 13 del D.P.R. n. 115 del 30.05.2002. Salerno, 25 maggio 2023. Depositata in Cancelleria il 26 maggio 2023.

  • TRIBUNALE DI SULMONA In Nome del Popolo Italiano Proc. n. 149/2022 R.G.A.C. Il Tribunale in composizione monocratica, in persona del giudice dr. Pierfilippo Mazzagreco, ha pronunciato la seguente SENTENZA nel procedimento vertente tra: (...), (...), (...), con l'avvocato (...) ATTORI contro CONDOMINIO (...) di Via (...) (già (...)) in Rivisondoli, con l'avvocato (...) CONVENUTO avente ad oggetto: impugnazione di delibera condominiale RAGIONI DELLA DECISIONE 1.1 Devono essere accolte le domande di annullamento parziale della delibera assembleare del convenuto Condominio del 19.8.2021 (punto 3): "Approvazione Bilancio Consuntivo 2020: rendiconto spese consuntive 2020, relativa ripartizione, saldi totali consuntivi al 31.12.2020, situazione patrimoniale contabile al 31.12.2020, presa d'atto ed approvazione delle specifiche note a margine dei documenti ove presenti (in allegato relativi documenti contabili e relazione al bilancio integrata con la nota esplicativa sintetica ex art 1130 bis cc); punto 5): "Approvazione bilancio preventivo 2021(provvisorio 2022): rendiconto spese preventive e relativa ripartizione, presa d'atto ed approvazione espressa delle specifiche note a margine dei documenti ove presenti (relativi documenti contabili allegati). c) "prospetto pagamento oneri condominiali 2021 e relative note" inviato unitamente al verbale di assemblea il 9.9.2021"). 1.2 Tutte le instanti imputano alla delibera impugnata (punto 3) di avere, in violazione delle tabelle millesimali allegate al trascritto regolamento condominiale dell'anno 1975, ripartito una quota del 30% delle spese di riscaldamento in base a criteri diversi da quelli risultanti dalle relative tabelle, includendovi i proprietari di unità legittimamente distaccate dall'impianto comune e includendo nella ripartizione quote relative a locali sottotetto non inclusi nella ripartizione tabellare. 1.3 La condomina (...) imputa altresì alla delibera (punto 5) di averle attribuito indebitamente una quota di spese, per di più duplicata, in relazione a due unità individuate come "interni box 33 e 34" non contemplate dalle predette tabelle. 2.1 In relazione al primo motivo dell'impugnativa deve premettersi come sia palesemente infondata l'insistita eccezione d'inammissibilità o di improcedibilità dell'impugnativa. 2.2 Intanto, l'assunto è contrario al consolidato insegnamento giurisprudenziale in materia (cfr., tra altre conformi, Cass., Sez. 2 -, Ordinanza n. 17294 del 19/08/2020 (Rv. 658893 - 01: "In tema di azione di annullamento delle deliberazioni delle assemblee condominiali, la legittimazione ad agire attribuita dall'art. 1137 c.c. ai condomini assenti e dissenzienti non è subordinata alla deduzione ed alla prova di uno specifico interesse diverso da quello alla rimozione dell'atto impugnato, essendo l'interesse ad agire, richiesto dall'art. 100 c.p.c. quale condizione dell'azione di annullamento anzidetta, costituito proprio dall'accertamento dei vizi formali di cui sono affette le deliberazioni'). 2.3 Inoltre e con più specifico riguardo ai termini dell'eccezione formulata, il condomino che impugna la delibera assembleare non è tenuto ad indicare quale sarebbe la delibera assembleare "corretta" (nella specie, quanto alla diversa ripartizione delle spese in questione), già per l'evidente ragione che la statuizione giudiziale richiesta non può che essere solo di annullamento o accertamento della nullità, ma non potrebbe, in questa materia, sostituirsi alla nuova deliberazione assembleare conseguente all'annullamento. 2.4 Ne segue che: l'interesse (ex art. 100 cod. proc. civ.) sussiste necessariamente, trattandosi di rimettere in discussione l'onere economico posto a carico del singolo; il preteso onere di allegare una diverso e specifico criterio di riparto si risolve in un onere di allegazione estraneo alla causa petendi ed alpetitum e non previsto dalla legge. 2.5 D'altra parte, le ragioni giuridiche che sostengono la domanda (annullamento della delibera di approvazione dei bilanci e di ripartizione delle spese) sono sufficientemente puntuali e chiare (mancata corrispondenza alle tabelle millesimali in essere e mai validamente modificate), per sfuggire al rimprovero di indeterminatezza o genericità. 3.1 Nel merito della prima questione, può farsi a meno di un'approfondita discussione della fondatezza dei presupposti da cui muove la difesa di parte convenuta, in particolare del rilievo della conformità del riparto della quota del 30% delle spese del riscaldamento centralizzato anche tra i condomini già distaccati, sul presupposto che tale quota è conforme alla previsione dell'art. 9, c. 5, lett. d), D.Lgs. n. 102/2014, che nella formulazione risultante dalla sostituzione operata dall' articolo 5, comma 1, lettera i), punto v, del Dlgs. 18 luglio 2016 n. 141, dispone(va): "... quando i condomini o gli edifici polifunzionali sono alimentati ... da sistemi comuni di ..., per la corretta suddivisione delle spese connesse al consumo di calore per il riscaldamento, il raffreddamento delle unità immobiliari e delle aree comuni, nonché per l'uso di acqua calda per il fabbisogno domestico, se prodotta in modo centralizzato, l'importo complessivo è suddiviso tra gli utenti finali, in base alla norma tecnica UNI 10200 e successive modifiche e aggiornamenti. Ove tale norma non sia applicabile o laddove siano comprovate, tramite apposita relazione tecnica asseverata, differenze di fabbisogno termico per metro quadro tra le unità immobiliari costituenti il condominio o l'edificio polifunzionale superiori al 50 per cento, è possibile suddividere l'importo complessivo tra gli utenti finali attribuendo una quota di almeno il 70 per cento agli effettivi prelievi volontari di energia termica. In tal caso gli importi rimanenti possono essere ripartiti, a titolo esemplificativo e non esaustivo, secondo i millesimi, i metri quadri o i metri cubi utili, oppure secondo le potenze installate ... " 3.2 L'equivoco in cui incorre il convenuto appare evidente anche a stare a detta formulazione (vigente fino al 29.12.2016 e dunque non applicabile alla specie) e sussiste comunque anche in relazione alla nuova formulazione della citata lettera d), applicabile dal 30.12.2016, come modificata dall'articolo 9, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 14 luglio 2020, n. 73 ("... d) quando i condomini agli edifici polifunzionali sono alimentati da teleriscaldamento o teleraffreddamento o da sistemi comuni di riscaldamento o raffreddamento, per la corretta suddivisione delle spese connesse al consumo di calore per il riscaldamento, il raffreddamento delle unità immobiliari e delle aree comuni, nonché per l'uso di acqua calda per il fabbisogno domestico, se prodotta in modo centralizzato, l'importo complessivo e' suddiviso tra gli utenti finali attribuendo una quota di almeno il 50per cento agli effettivi prelievi volontari di energia termica. In tal caso gli importi rimanenti possono essere ripartiti, a titolo esemplificativo e non esaustivo, secondo i millesimi, i metri quadri o i metri cubi utili, oppure secondo le potenze installate. E' fatta salva la possibilità, per la prima stagione termica successiva all'installazione dei dispositivi di cui al presente comma, che la suddivisione si determini in base ai soli millesimi di proprietà. ..."). 3.3 Infatti, ove pure si muova dalla premessa, effettivamente adottata da numerose pronunce di merito, che le citate disposizioni impongano di ripartire anche i c.d. costi involontari degli impianti di riscaldamento centralizzati tra i condomini che se ne siano distaccati (sia che li si debba annoverare tra i costi di conservazione espressamente previsti dall'art. 1118, u.c., cod. civ.; sia che le citate disposizioni si ritengano norme speciali sopravvenute) e che tale previsione renda inapplicabili tabelle che recano criteri contrari, non può sfuggirsi al rilievo che si tratta di criteri che non possono ispirare il riparto di dette spese, se non previa specifica delibera assembleare che stabilisca appunto i relativi criteri, adottando nuove ed adeguate tabelle millesimali. 3.4 Ciò è tanto più vero in casi come quello considerato, ove la tabella millesimale ha un ruolo valutativo connotato da discreti margini di apprezzamento. 3.5 Basti considerare che entrambe le ricordate formulazioni prevedevano varie possibilità di determinazione, previa ricognizione delle condizioni dello stabile, col limite, inderogabile solo nel minimo, della quota da attribuire ai consumi volontari (che all'epoca dell'approvazione dei riparti di spesa impugnati era già passato dal 70% al 50%) e con la possibilità di suddividere l'onere secondo una molteplicità di criteri, peraltro richiamati solo esemplificativamente e non esaustivamente ("... secondo i millesimi, i metri quadri o i metri cubi utili, oppure secondo le potente installate ..."). 3.6 Anche per chi muova dal duplice presupposto della necessaria partecipazione ai costi involontari connessi all'impianto centrale di riscaldamento dei condomini che se ne siano legittimamente distaccati e del carattere obbligatorio dell'adozione delle relative tabelle, risulta inammissibile una ripartizione di costi per esercizi specifici che ne prescinda. 4.1 La stessa considerazione (indefettibilità della discussione e dell'adozione di una delibera assembleare di modifica delle tabelle in vigore) s'impone rispetto all'altro profilo della questione, cioè la considerazione del volume dei sottotetti originariamente ignorati nella determinazione delle tabelle millesimali e successivamente resi abitabili, che hanno modificato la consistenza delle unità abitative sottostanti. 4.2 Sul punto il condominio ricorda che già l'assemblea condominiale del 13.8.2000 aveva approvato la proposta di non modificare le tabelle millesimali (calcolate in base alle superfici delle unità in proprietà esclusiva), ma di stabilire un "maggior contributo" a carico dei proprietari degli appartamenti in questione, "valutato ... in base al maggior volume", aggiungendo "ai millesimi un quid, calcolato rapportano il volume attualmente utilizzato a quello dell'abitazione originaria" (così la proposta che si legge nella lettera dell'ingegnere (...), approvata dall'assemblea). 4.3 Ma l'art. 69 disp. att. cod proc. civ. (sia nella formulazione originaria, sia in quella vigente dal 18.6.2013), però, nel consentire la modifica delle tabelle millesimali con la maggioranza prevista dall'articolo 1136, secondo comma, del codice, ... per le mutate condizioni di una parte dell'edificio, in conseguenza di sopraelevazione, di incremento di superfici o di incremento o diminuzione delle unità immobiliari, è alterato per più di un quinto il valore proporzionale dell'unità immobiliare anche di un solo condomino" non fa che evidenziare che il passaggio della delibera assembleare di modifica delle tabelle è pur sempre necessario per disattendere quelle preesistenti. 4.4 E non può certo sostenersi che con detta delibera si sia inteso introdurre una modifica delle tabelle, atteso che, come si legge nel verbale dell'assemblea, sul decimo punto all'ordine del giorno (Proposta di riparto spese condominiali dei "sottotetti") l'assemblea ha deliberato il maggior contributo per i "proprietari dei locali sottotetto che si sono allacciati all'impianto condominiale ... in via provvisoria e nelle more della redazione delle nuove tabelle m/m (millesimali) da deliberarsi". 4.5 S'impone poi un ulteriore considerazione, poiché il condominio convenuto insiste nella considerazione che le odierne instanti abbiano per lungo tempo disertato le assemblee condominiali e reiteratamente versato le quote ripartite in conformità delle medesime proporzioni di cui alla delibera impugnata. 4.6 Con ciò sembra volersi alludere alla possibilità di configurare un'approvazione delle modifiche delle tabelle millesimali per facta concludenza, ostativa alla legittimazione ad impugnare. In fatto, tale assunto è reso già altamente problematico proprio dalla previsione di successiva modificazione espressa, che confina le singole deliberazioni al ruolo di contingente criterio per singoli riparti. 4.7 Ma è proprio sul piano giuridico che la costruzione non persuade. 4.8 E' certamente vero che la giurisprudenza di legittimità in passato ha ammesso una simile evenienza (tra gli ultimi arresti adesivi a tale orientamento, cfr. Cass., Sez. 2, Sentenza n. 3245 del 10/02/2009, Rv. 606690 - 01: "In tema di condominio, le tabelle millesimali possono esistere (o non esistere) indipendentemente dal regolamento condominiale, la loro allegazione rappresentando un fatto meramente formale che non muta la natura ai entrambi gli atti, poiché i condomini, anche in mancanza ai tale regolamento, sono liberi di accordarsi tra loro ai fini della ripartizione di tutte o alcune delle spese comuni, purché sia rispettata, a norma dell'art. 1123 cod. civ., la quota posta a carico di ciascuno in proporzione al valore della rispettiva proprietà esclusiva. La formazione delle tabelle millesimali, inoltre, tranne quando queste siano state allegate ad un regolamento contrattuale, non richiede forma scritta "adsubstantiam", essendo desumibile anche da "facta concludentia"); ma è poi approdata alla diversa conclusione che "in tema di condominio, le tabelle millesimali possono esistere (o non esistere) indipendentemente dal regolamento condominiale, la loro allegazione rappresentando un fatto meramente formale che non muta la natura di entrambi gli atti. Nondimeno, in base al combinato disposto degli artt. 68 disp. att. c.c. e 1138 c.c., l'atto di approvazione (o di revisione) delle tabelle, avendo veste di deliberazione assembleare, deve rivestire la forma scritta "ad substantiam", dovendosi, conseguentemente, escludere approvazioni per "facta concludentia" (così Cass., Sez. 2 -, Sentenza n. 26042 del 15/10/2019, Rv. 655469 - 01, sulla base di una più completa ricognizione delle fonti e delle acquisizioni di Cass., S.U., n. 18477/2010; nella specie non rileva l'intervenuta modifica degli artt. 68 e 69 disp. att. trans. cod civ.). 5.1 Infine, deve essere accolta anche la doglianza che la sola (...) rivolge all'approvazione del consuntivo 2020 e del preventivo 2021 e "provvisorio 2022". 5.3 Il condominio assume che l'attribuzione di due quote millesimali discenderebbe dalla circostanza che al momento dell'approvazione delle tabelle vigenti il locale attualmente in proprietà di parte attrice risultava evidenziato con l'indicazione distinta di due box ("box 33 e 34"), la cui (necessariamente duplice) quota sarebbe quindi stata imputata all'unico locale risultanze dalla trasformazione dello stato originario. In proposito, non è chiaramente pertinente la circostanza, su cui insiste il condominio, che il dante causa di detto condomino non abbia evidenziato la sommatoria delle quote millesimali nell'atto di trasferimento del bene "trasfromato". 5.4 il problema e che nelle tabelle approvate al regolamento (che si assumono applicate con la delibera impugnata) non vi è alcuna indicazione (si fa riferimento alle unità elencate come "Cantinato Scala B) di siffatta numerazione, né i millesimi concretamente applicati dal condominio (e non solo la loro sommatoria) non corrispondono ad alcuna specifica indicazione di dette tabelle. 5.5 Sicché, anche facendo riferimento alle planimetrie allegate alla donazione da cui discende il diritto dell'attuale condomina, non solo non è dato sapere a quali indicazioni della tabella il "locale falegnameria", ma soprattutto quali sarebbero i millesimi corrispondenti secondo la tabella adottata dal condominio. 5.6 Pertanto - anche ove si volesse disattendere la ricostruzione offerta da (...) (gli originari subalterni 6 e 7 spettanti al dante causa sarebbero stati fusi solo nel 1997, generando i vari sub. attribuiti a ciascun cantinato, dei quali apparterrebbe all'interessata il sub 186, int. 13 - resterebbe insuperabile il rilievo che la ripartizione millesimale in capo alla parte attrice, recepita dalla delibera, non trova alcuna possibilità di raccordo con tabelle millesimali regolarmente approvate. 6.1 Le spese di lite seguono la soccombenza. 6.2 Esse sono liquidate in considerazione del fatto che la contestazione degli attori ha riguardato soltanto il loro personale debito e non mira ad un accertamento che operi direttamente anche nei confronti di tutti i condomini, sicché occorre aversi riguardo, per determinare il valore della causa, alle posizioni debitorie contestate, con applicazione del secondo scaglione della tabella n. 2 dell'Allegato al d.m. n. 55/2014, per tutte le fasi, e aumento del 60% ex art. 4, c. 2, del citato decreto. P.Q.M. Il Tribunale annulla le deliberazioni di cui ai punti nn. 3 e 5 della delibera approvata in data 19.8.2021 dall'assemblea del Condominio (...) di Via (...) in Rivisondoli. Condanna il Condominio a rimborsare le spese di lite, che si liquidano complessivamente per tutte le parti, in Euro 5.440,00 per compensi, oltre rimborso forfetario del 15% e di spese documentate per Euro 264,00. Sulmona, 27 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 27 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA SEZIONE QUINTA CIVILE in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott.ssa Maria Grazia Berti, ha pronunziato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n. 77374 del Ruolo Generale per l'anno 2018, TRA (...) (C. F. (...)) e (...) (C.F. (...)), elettivamente domiciliati in Roma, Via (...), presso lo studio dell'Avv. (...) come da procura in atti ATTORI E (...) (C.F. (...)), elettivamente domiciliata in Roma, Via (...) presso lo studio degli Avv.ti (...) come da procura in atti. CONVENUTO NONCHÉ' (...) S.P.A. (C.F: (...)), in persona del legale rappresentante p.t. elettivamente domiciliata in Roma, Via (...) presso lo studio dell'Avv. (...) come da procura in atti. TERZA CHIAMATA SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione ritualmente notificato, (...) e (...) hanno convenuto in giudizio (...) chiedendo di accogliere le seguenti conclusioni: "Voglia l'adito Giudice del Tribunale Civile di Roma, contrariis reiectis, sulla scorta delle istante, deduzioni ed eccezioni sopra rappresentate, in accoglimento della spiegata domanda: - già accertata la responsabilità della Sig.ra Flavia (...), per come sopra già (...)zzata, condannare la medesima al risarcimento dei danni determinati in complessivi euro 57.949,49 per le ragioni di cui in narrativa, e per come di seguito meglio determinati: - euro 10.076,96 a titolo di risarcimento danni per il ripristino delle superaci dell'appartamento; - euro 8.124,00per il restauro del mobilio danneggiato; - euro 3.748,56 quale importo complessivo liquidato al Consulente Tecnico per l'esperimento delle operazioni peritali; - euro 36.000,00 a titolo di risarcimento danni per il mancato godimento dell'immobile; ovvero della maggiore o minore somma che dovesse risultare di giustizia, sempre oltre interessi e rivalutazione come per legge sino all'effettivo soddisfo. Con vittoria di spese e competenze del giudizio.". A sostegno della domanda, assumevano di essere il primo nudo proprietario ed il secondo usufruttuario dell'immobile sito in Roma, Via (...) contraddistinto con il numero interno 8 (censito al N.C.E.U. del Comune di Roma al foglio n. (...), particella n. (...), subalterno 572) e che nel 2017, a seguito di copiose infiltrazioni d'acqua riscontrate all'interno del suddetto immobile e provenienti dal piano superiore di proprietà della convenuta, veniva avviato innanzi al Tribunale di Roma un procedimento di accertamento tecnico preventivo per verificare sia le cause delle infiltrazioni che i danni arrecati e la loro quantificazione. In suddetto procedimento veniva disposta ed eseguita consulenza tecnica d'ufficio con la quale veniva individuata la causa del danno nella rottura dell'impianto di riscaldamento/condizionamento nell'appartamento della Sig.ra (...). Il CTU provvedeva, pertanto, a quantificare il danno in euro 10.076,93 per il ripristino delle superfici dell'appartamento ed in euro 8.124,00 per il restauro del mobilio danneggiato. Tuttavia, nonostante la richiesta di pagamento spontaneo di tale somma alla convenuta, oltre alle spese della CTU, quest'ultima si rifiutava di provvedere e glia attori erano costretti a promuovere il presente giudizio per ottenere il ristoro dei danni subiti. Si è costituita (...) impugnando e contestando l'avversa domanda e chiedendo: "(A) in via preliminare, ai sensi dell'art. 269 c.p.c., autorizzare la convenuta a chiamare in causa le (...) S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede legale in Mogliano Veneto (TV), Via (...), CAP 31021 - C.F. (...), in virtù dell'obbligo contrattuale sulla stessa incombente e, conseguentemente, differire la prima udienza di comparizione allo scopo di consentire la citazione del terzo nel rispetto dei termini di cui all'art. 163 bis c.p.c. e la relativa costituzione in giudizio. (B) nel merito, accertare e dichiarare l'infondatezza in fatto ed in diritto della domanda di risarcimento proposta dagli odierni attori in punto di quantum per le argomentazioni svolte in atti e rideterminare l'importo dovuto agli attori secondo giustizia correggendo in ogni caso l'errore materiale contenuto nella perizia del CTU; (C) accertare e dichiarare in ogni caso che nulla è dovuto agli attori a titolo di mancato utilizzo del bene immobile di Via (...), int. 8; (D) in via subordinata accertare e dichiarare che gli attori hanno concorso a cagionare il danno da mancato utilizzo nella misura del 90% e, pertanto, diminuire secondo la suindicata percentuale il danno risarcibile agli stessi o nella misura ritenuta di giustizia; (E) IN OGNI CASO: dichiarare le (...) S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede legale in Mogliano Veneto (TV), Via (...), CAP 31021 - C.F. (...), tenuta a garantire e tenere indenne la convenuta (...) contro gli effetti dell'eventuale accoglimento delle domande attoree e, per l'effetto, condannarla a rifondere alla convenuta tutte quelle somme eventualmente accertate e/o liquidate in corso di causa in favore degli attori o, se del caso, al pagamento diretto di tali somme in favore degli odierni attori. Con vittoria di spese, competenze ed onorari di giudizio." Precisava la convenuta di aver immediatamente riparato il danno e di essersi attivata con la Compagnia di assicurazione del condominio, chiamata ad intervenire in garanzia per la polizza globale di fabbricato, la quale, già prima dell'avvio dell'ATP, provvedeva ad una costatazione amichevole del danno con emissione di quietanza di pagamento che, però, non veniva accettata dagli attori. Quanto al danno parte convenuta, pur riconoscendo che esso era stato generato -come accertato anche dal CTU in sede di ATP - dall'impianto centralizzato di riscaldamento e circuito refrigerante sito all'interno del proprio appartamento, ne contestava la somma liquidata dal CTU in sede di ATP, sia perché contenente un errore materiale, sia perché ritenuta eccessiva in ordine al calcolo del monte ore necessario per l'esecuzione delle opere. Inoltre, contestava la richiesta di risarcimento del danno per il mancato utilizzo dell'immobile non riconosciuta dal consulente in sede di accertamento tecnico preventivo e non provata. Disposta la chiamata in giudizio di (...) Spa, quest'ultima si costituiva in giudizio ed eccepiva in via preliminare la carenza di legittimazione passiva per l'inoperatività della polizza per danni relativi alle singole proprietà posto che il soggetto assicurato era il solo condominio e non i singoli condomini. Nel merito precisava che, in ogni caso, la domanda proposta dagli attori nei confronti della convenuta era diretta alla condanna ad un facere, (l'eliminazione delle cause di infiltrazione) e dunque, esulante dall'oggetto della garanzia. Inoltre, nel contestare le domande avanzate dagli attori, (...) S.p.A. eccepiva l'inopponibilità delle risultanze dell'accertamento tecnico preventivo in quanto non chiamata a partecipare al suddetto giudizio e concludeva chiedendo di " 1. dichiarare l'inammissibilità della domanda di manleva proposta nei confronti di (...) S.p.A. per carenza di legittimazione passiva e insussistenza di un obbligo nei confronti della sig.ra (...) e, pertanto, disporne l'estromissione; 2. in ogni caso respingere la domanda dei sig.ri (...) perché nulla, inammissibile ed infondata; 3. in via del tutto subordinata: escludere dalla eventuale manleva (art. 2.1. condizioni (...)) il risarcimento dei danni indiretti per il mancato guadagno dovuto alla mancata disponibilità dell'appartamento nonché i danni da umidità, stillicidio ed insalubrità dei locali; 4. pronunciare la non creduta condanna in manleva di (...), con esclusione della franchigia di Euro 400,00 e nei limiti tutti del contratto di assicurazione e del massimale di garanzia. Con vittoria di spese, competenze ed onorari." Assegnati i termini ex art. 183 c.p.c., sulla base dell'eccezione di inopponibilità della consulenza tecnica disposta in sede di ATP da parte della terza chiamata, veniva disposta ed espletata nuova consulenza tecnica e, all'esito, non ritenute necessarie e rilevanti ai fini decisori ed, in parte, inammissibili le ulteriori richieste istruttorie avanzate dalle parti (prova testimoniale e istanza ex art. 210 c.p.c.), la causa, matura per la decisione, è stata rinviata per la precisazione delle conclusioni all'udienza del 28 ottobre 2022. Precisate le conclusioni in detta udienza, la causa è stata trattenuta in decisione con concessione alle parti dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica. MOTIVI DELLA DECISIONE In via preliminare, va rigettata l'eccezione sollevata dalla convenuta (...) solo con la comparsa conclusionale in ordine alla carenza di legittimazione ad agire degli attori per non avere questi ultimi fornito la prova della proprietà del bene immobile per cui è causa. Giova premettere che l'eccezione di difetto di legittimazione attiva sollevata dalla convenuta deve qualificarsi in termini di difetto di titolarità del diritto da lato attivo tenuto conto dei principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità secondo i quali la legitimatio ad causam, nel suo duplice aspetto di legittimazione ad agire e a contraddire, consiste nella titolarità attiva e passiva dell'azione e sorge dalla correlazione configurabile tra i soggetti ed il rapporto giuridico dedotto nella domanda, in base alla quale si identificano le parti fra le quali può essere ammessa la statuizione del giudice, pervenendosi a riconoscerla per il solo fatto dell'affermazione della titolarità del diritto, sicché legittimato attivo è colui che si affermi titolare del diritto e legittimato passivo è colui nei confronti del quale la titolarità del diritto sia affermata. Diversamente, non attiene alla legittimazione, bensì al merito della lite, la questione relativa alla reale titolarità attiva o passiva del rapporto sostanziale dedotto in giudizio ed alla concreta identificazione dei soggetti di tale rapporto (cfr. ex multis, Cass. S.U. n. 2951/2016 e Cass. n. 11284/ 2010 e n. 13756/2006). Ora nella specie, trattandosi di azione non in tema di accertamento o negazione di diritti reali su beni immobili, bensì di un'azione diretta ad ottenere il risarcimento del danno derivante dal fatto illecito, la prova della legittimazione non è soggetta al particolare rigore previsto per le azioni a difesa della proprietà (c.d. probatio diabolica) o di accertamento dei diritti reali e può essere desunta dal giudicante da tutti gli elementi forniti dall'istruttoria vale a dire sulla base di qualsiasi elemento documentale e presuntivo sufficiente ad escludere un'erronea destinazione del pagamento dovuto. Nella specie, il comportamento tenuto dalle parti - in special modo, quello processuale tenuto dalla convenuta -, la documentazione fornita dagli attori (visure catastali aggiornate sebbene non probanti la proprietà del bene immobile), il rapporto materiale con la cosa, lasciano presumere la titolarità, dal lato attivo, degli attori del rapporto sostanziale controverso. Medesime considerazioni valgono anche per l'eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata in limine dalla terza chiamata (...) SpA in relazione alle pretese della convenuta nascenti dalla polizza assicurativa stipulata con il Condominio ed in cui risulta compresa l'unità abitativa di quest'ultima, per non essere, secondo la prospettazione della terza chiamata, le relative condizioni e la copertura assicurativa estensibile ai singoli condomini posto che contraente e beneficiario della polizza n. 312672758 è il solo Condominio e non i singoli condomini. Anche tale doglianza, non essendo attinente alla titolarità attiva e passiva dell'azione bensì la rapporto sostanziale controverso, va esaminata nel merito e non in rito per come si dirà nel prosieguo della motivazione. Sempre in via preliminare, quanto al thema decidendum, deve rilevarsi che parte attrice in sede di atto di citazione ha dedotto la responsabilità della convenuta per i danni cagionati dal sinistro occorso e ne ha chiesto il ristoro per la complessiva somma di " 57.949,49" specificando le singole voci in "- euro 10.076,96 a titolo di risarcimento danni per il ripristino delle superfici dell'appartamento; - euro 8.124,00 per il restauro del mobilio danneggiato; - euro 3.748,56 quale importo complessivo liquidato al Consulente Tecnico per l'esperimento delle operazioni peritali; - euro 36.000,00 a titolo di risarcimento danni per il mancato godimento dell'immobile". (v. conclusioni atto di citazione) È dunque evidente che le domande ritualmente formulate dagli attori attengono al risarcimento dei danni patiti nel proprio immobile e non la condanna ad un facere come prospettato dalla terza chiamata (...) S.p.A. Venendo al merito della domanda avanzata dagli attori, essa va accolta nei limiti di cui si dirà infra. Va premesso che parte convenuta non ha negato di essere responsabile delle infiltrazioni prodotte nell'appartamento degli attori, né ha contestato la ricostruzione del CTU circa la causa delle stesse, ma ha censurato la quantificazione del danno operata in sede di ATP nonché le ulteriori richieste risarcitone avanzate dagli attori in merito alla fruibilità dell'immobile. La causa delle infiltrazioni è stata individuata già in sede di ATP dall' Ing. (...) e confermata alche dal CTU nominato in questo giudizio, dott. (...), in una perdita delle tubazioni di collegamento dell'impianto termico e di condizionamento condominiale al fan coil presente nella proprietà privata della Sig.ra (...) in corrispondenza del suo mobiletto termico. La ricostruzione del consulente non è stata in alcun modo contestata dalla convenuta la quale non ha neanche ipotizzato una causa alternativa di provenienza delle infiltrazioni. Sussiste, dunque prova del danno, del nesso causale e della imputabilità alla convenuta non solo ai sensi della regola generale di cui all'art. 2043 c.c. ma anche ai sensi dell'art. 2051 c.c. essendo essa custode del proprio bene immobile. Il CTU ha poi descritto con precisione i danni causati dall'acqua all'appartamento degli attori pur precisando che al momento della visita l'immobile era stato perfettamente risanato ed alcuni mobili sostituiti. Ha evidenziato che i danni hanno interessato sia soffitti e pareti dell'immobile che gli arredi e sono stati così descritti: "Soffitti, pareti, pavimento e zoccolino del salone, con estensione della necessità del restauro anche al relativo disimpegno - un divano a due posti, dimensione circa cm 170x95xh51/83 - una poltrona, dimensione circa cm 74x75xh43/95 - un tavolo ovale in legno noce, dimensioni circa cm 125x105xh75 - una sedia in legno massello tinto noce con seduta in paglia di Vienna con cuscino - un tavolino da salotto con piano in cristallo e base in ferro e legno, dimensione circa cm 120x70xh50, che però risultò, ad un esame più accurato, solamente sporco" (cfr. pag. 15 CTU - Ing. (...)). Il Tribunale, inoltre, avuto riguardo agli elementi acquisiti nel corso dell'istruttoria, ritiene di condividere e far proprie le risultanze della espletata C.T.U. in merito alla liquidazione del danno. Per quanto riguarda alla spesa per le opere necessarie all'eliminazione dei danni provocati nell'appartamento degli attori e per il ripristino dell'immobile, il CTU ha quantificato in Euro 12.133,82 (+15% per coordinamento della sicurezza) oltre I.V.A. (22%), per un totale di Euro 17.023,75 I.V.A. inclusa; la stima è stata effettuata in base ad un computo metrico predisposto dal consulente, che ha individuato i prezzi dei materiali mediante la tariffa dei prezzi della Regione Lazio, edizione in vigore (2020) e ha desunto i costi della manodopera dal prezziario per il costo orario vigente nella Regione Lazio, come da pubblicazione del Provveditorato alle OO.PP. Ha ritenuto, inoltre, non essere né obbligatoria né necessaria la direzione dei lavori per la modesta entità dei lavori di manutenzione di natura ordinaria interna ma ha ritenuto di dover incrementare i costi materiali dei lavori per la quota da corrispondere al coordinatore della sicurezza, stimata in ragione del 15% del costo dei lavori. Per la spesa per ripristinare gli arredi, invece, il consulente ha richiamato esclusivamente la perizia svolta in ATP dall'Ing. (...) essendo intervenuta la sostituzione di buona parte del mobilito da parte degli attori e non essendo più possibile esprimere una diversa valutazione rispetto alle osservazioni compiute dal precedente CTU sulla base delle fotografie in atti. Ha quantificato pertanto, il costo complessivo in Euro 7.944,00 oltre I.V.A come da precedente perizia. Non sussistono invece i presupposti per riconoscere il danno non patrimoniale: da un lato, la lesione patita dagli attori non attiene ad un diritto fondamentale della persona protetto direttamente dalla Costituzione, bensì al diritto di proprietà, che la Costituzione disciplina nell'ambito dei rapporti economici; dall'altro, l'illecito non costituisce reato, con la conseguenza che non ricorre uno dei casi espressamente previsti dalla legge in cui il danneggiato ha diritto al ristoro del danno non patrimoniale (per un caso analogo, cfr. Cass. n. 4534 del 22.02.2017). Inoltre, anche a voler ritenere che l'illecito abbia leso, unitamente al diritto di proprietà, il "diritto al normale svolgimento della vita familiare all'interno della propria abitazione" e il "diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane" (vedi al riguardo Cass., sez. un., 01/02/2017, n.2611), occorre comunque considerare che alla base della pretesa risarcitoria degli attori, vi è un pregiudizio, quello di non aver potuto godere del salone della propria abitazione per un tempo limitato che, costituendo un mero disagio di natura temporanea, non assurge a danno non patrimoniale risarcibile. Invero, la Suprema Corte sui presupposti di risarcibilità del danno non patrimoniale ha chiarito, più volte che: "ai fini della risarcibilità del danno non patrimoniale è necessario: 1) che l'interesse leso, attinente a diritti inviolabili della persona, sia di rango costituzionale; 2) che sussista una lesione grave, con offesa che superi la soglia minima di tollerabilità; 3) che si tratti di danno non futile, cioè non consistente in meri disagi o fastidi; 4) che vi sia una specifica allegazione sulla natura e sulle caratteristiche del pregiudizio, non potendo mai ritenersi il danno in re ipsa" (cfr., ex multis, Cass. n. 29206 del 12/11/2019 e si veda anche Cass. n. 29832 del 19/12/2008, Cass. n. 20684 del 25/09/2009). Non possono, pertanto, essere trasfuse le conclusioni del CTU in merito ai danni prodotti sulla normale fruibilità del bene immobile considerato che mancano i presupposti per il riconoscimento di tale danno. Invero, da un attento esame degli atti di causa, si evince che l'accento posto alla base della domanda risarcitoria da parte degli attori attiene non tanto all'aspetto della normale fruizione e godimento del bene quanto piuttosto a quella connessa al danno patrimoniale da lesione del diritto di proprietà quale pregiudizio economico per il mancato utilizzo del bene (al pari di quello previsto per illegittima occupazione). La richiesta economica degli attori è stata, difatti, parametrata al valore locativo medio dell'appartamento sulla base di una stima contenuta in apposita relazione effettuata da un'Agenzia immobiliare che ha individuato il prezzo medio di locazione dell'immobile mentre nessun elemento, neanche deduttivo, è stato fornito in ordine a possibili disagi provocati dalla mancata fruizione di parte del bene immobile compromesso (ad esempio costi affrontati per alloggiare altrove, spese affrontate per il ripristino della situazione precedente al fine di garantire la normale fruizione del bene, etc.). Tra l'altro, i rilievi fotografici allegati agli elaborati peritali, se consentono di individuare l'area dell'appartamento, corrispondente al soggiorno, interessata da macchie di umidità, muffe e cedimento di intonaco che al momento dell'evento hanno reso l'ambiente inidoneo ad un normale uso (limitato e circoscritto al tempo necessario alla eliminazione della causa di infiltrazione), dall'altro non consentono di ritenere provato il danno per mancata fruizione di tali spazi domestici non essendo stata fornita dagli attori neanche la prova che tali ambienti al momento dell'evento fossero abitati ed utilizzati (non risulta neanche dedotta la circostanza, più volte contestata dalla convenuta, di quale forma di utilizzazione, diretta o indiretta, è stata fatta dell'immobile danneggiato nel periodo in questione). Sul danno in re ipsa che parte attrice ha più volte invocato e posto alla base della propria richiesta risarcitoria, la Cass. ha precisato che "l'esistenza di un danno in re ipsa costituisce oggetto di una presunzione iuris tantum, che poggia sul presupposto dell'utilità normalmente conseguibile dal proprietario nell'esercizio delle facoltà di godimento e di disponibilità del bene insite nel diritto dominicale" (v. Cassazione civile sez. II, 07/08/2012, n.14222), il che comporta che siffatto principio vada contemperato con il più recente indirizzo ermeneutico che "ritiene comunque necessario l'assolvimento da parte del danneggiato, quantomeno, di un onere di "allegazione" delle situazioni fattuali dimostrative dell'esistenza del danno c.d. conseguenza" in quanto diversamente il soggetto leso potrebbe ottenere un risarcimento abnorme anche non avendo subito, nel concreto, alcun pregiudizio (v. Cass. sez. III, n.15757/2015, Cass. n. 11203/2019 e Cass. n. 14268/2021e da ultimo Cass. SS. UU. n. 33645/2022 e S.S.U.U. n. 33659/2022). Ciò detto, questo giudice ritiene, relativamente al caso in esame, che gli attori non abbiano fornito alcuna dimostrazione della concreta possibilità di esercizio del diritto di godimento, diretto o indiretto (in quest'ultimo caso, mediante concessione del godimento ad altri dietro corrispettivo) né hanno adeguatamente allegato le circostanze idonee a fondarlo ma hanno semplicemente riportato in maniera indicativa il valore del canone di locazione. Parimenti, non hanno fornito alcuna prova del danno patrimoniale subito per non aver potuto utilizzare il bene in proprio, poiché non hanno fornito - né richiesto - alcuna prova del fatto inerente una personale e possibile utilizzazione. La domanda, va dunque, respinta. Quanto, infine alla chiamata in garanzia e alle eccezioni sollevate dalla Compagnia di assicurazione, che ritiene che la polizza non potrebbe garantire il singolo condomino ma solo il Condominio nella sua interezza, unico legittimato ad agire nei confronti della Compagnia di Assicurazioni, occorre osservare che dall'esame delle polizze assicurative n. 222672579 e n. 312672758 stipulate dal Condominio di Via Arcione n. 98 con le (...) S.p.A. e pacificamente operative, prodotte in atti dalla conventa, nonché dalle condizioni (...) di contratto risulta che: "se l'assicurazione è stipulata da un condominio per l'intera proprietà sono considerati terzi i singoli condomini ed i loro familiari e dipendenti ed è compresa nell'assicurazione la responsabilità di ciascun condomino verso gli altri condomini e verso la proprietà comune" (cfr. art. 11, pag. 18 delle condizioni (...) di polizza sub doc. 3 e art. 3.1 sub doc. 5, pag. 12). Nel caso di specie, dunque, alla luce delle condizioni di polizza, ogni singolo condomino danneggiato è terzo rispetto ad ogni altro condomino e l'estensione della garanzia appare chiara e ricomprende anche i danni derivanti dalle singole proprietà "verso gli altri condomini e verso la proprietà comune". Inoltre, secondo il tenore delle condizioni (...) di polizza, alla sezione C, relativa a "danni da acqua", l'art. 1.1 riferito al "Rischio assicurato" (di cui alla "sottosezione C1 -danni da acqua al fabbricato") prevede che: "La società risponde, fino alla somma indicata in polizza per il fabbricato, dei danni diretti e materiali al fabbricato stesso derivanti da spargimento d'acqua avvenuto a seguito di rottura accidentale degli impianti idrici, igienici, di riscaldamento o di condizionamento al servizio del fabbricato assicurato o del maggior fabbricato del quale lo stesso forma eventualmente parte" (cfr. doc. n. 5 cit.) per cui la fuoriuscita d'acqua dall'appartamento della convenuta (...) per la rottura accidentale delle tubazioni di collegamento dell'impianto termico e di condizionamento condominiale al fan coil presente nella proprietà privata in corrispondenza del suo mobiletto termico è un evento ricompreso in polizza ; ed ancora alla "sottosezione C2 - danni da acqua a terzi"(art. 1.2 - Rischio assicurato) è previsto che "/a Società si obbliga, fino a concorrenza delle somme indicate in polizza per la Sezione Responsabilità Civile e a termini degli art. 1.1 e 3.1 (n.d.r. come sopra richiamato) di tale sezione, a tenere indenne l'Assicurato di quanto questi, in qualità del proprietario del fabbricato assicurato, sia tenuto a pagare quale civilmente responsabile ai sensi di legge, a titolo di risarcimento (capitale, interessi e spese) di danni involontariamente cagionati a terzi, compresi i locatari, per morte, per lesioni personali e per danneggiamenti a cose ed animali in conseguenza di spargimenti di acqua verificatosi a seguito di rottura accidentale deli impianti idrici, igienici, di riscaldamento o di condizionamento al servizio del quale lo stesso forma eventualmente parte", per cui i danni materiali descritti nella CTU sono ricompresi nella polizza. Inoltre, a confutazione delle eccezioni sollevate dalla Compagnia di assicurazione, secondo quanto previsto in via generale nelle condizioni di polizza viene specificato essere contrante "il soggetto che stipula l'assicurazione" (nel caso di specie, il Condominio) mentre per assicurato va inteso "il soggetto il cui interesse è protetto dall'assicurazione". (e, nella specie, rientrano, per espressa indicazione contenuta nell'art. 3.1. citato, anche i singoli condomini). Orbene, contraente della predetta polizza è unicamente il Condominio stipulante, laddove, in considerazione della copertura conseguentemente offerta, comprensiva della responsabilità civile di ciascun condomino verso gli altri condomini delle unità immobiliari comprese nel Condominio, devono ritenersi assicurati anche i singoli condomini ovvero comunque i soggetti che abbiano in legittimo godimento le unità comprese nel condominio. Inoltre, è previsto nelle pattuizioni contenute in polizza che tanto il contraente che l'assicurato, in caso di sinistro, possono dare avviso scritto all'Agenzia alla quale è assegnata la polizza oppure alla Società e, inoltre, "l'assicurato deve in ogni caso, a pena di decadenza dal diritto di garanzia , far pervenire alla Società notizia di ogni atto a lui ritualmente notificato tramite ufficiale giudiziario" a conferma della legittimazione ad esercitare azioni, ragioni e diritti nascenti dalla polizza. In materia, la Suprema Corte ha chiaramente affermato che "la circostanza che il condominio sia un ente di gestione, sprovvisto di personalità giuridica, non comporta che, nel caso di polizza stipulata dal condominio in persona dell'amministratore, ciascun condomino possa sostituirsi all'amministratore stesso ed agire, nel proprio interesse, nei riguardi dell'assicuratore; la rappresentanza spetta, infatti, comunque all'amministratore ed il singolo condomino non può considerarsi singolarmente legittimato a rappresentare l'ente di gestione, contraente della polizza nell'interesse di tutti i partecipanti al condominio (tra le altre, cfr. Cass. 26 marzo 1996, n. 2678)" (Cass. civ. Sez. 3, Sentenza n. 4245 del 2009; v. anche Corte d'Appello di Milano, sentenza 4 maggio 2021, n. 1411). Diverso, però, è il caso come quello per cui è causa, in cui danneggiante e danneggiato siano i singoli condomini; per cui, nel caso in cui il risarcimento derivi ad un condomino per fatto imputabile all'altro condomino e il condomino danneggiante chieda di essere manlevato e tenuto indenne dalle pretese risarcitorie del condomino danneggiato, il Condominio non è chiamato né a partecipare né ad agire in via diretta nei confronti della Compagnia di assicurazione. Pertanto, la circostanza che la polizza assicurativa sia stata stipulata dal Condominio è assolutamente irrilevante ai fini dell'accoglimento della domanda di manleva. Ne consegue, in sintesi, la sussistenza del diritto di (...) ad essere manlevata e tenuta indenne dalle pretese svolte da parte attrice con riferimento ai danni subiti nel proprio appartamento come accertati dal CTU in complessivi euro 24.967,75 (I.V.A. inclusa). Dalla polizza prodotta dalla parte attrice emerge, però, una franchigia di euro 400,00 per cui, in accoglimento della domanda proposta, (...) SpA va pertanto condannata a manlevare la (...) delle somme che quest'ultima è tenuta a corrispondere a parte attrice, a titolo di risarcimento dei danni, con applicazione della franchigia di euro 400,00 in virtù della presente sentenza. La società di assicurazione va condannata a tenere indenne l'assicurato anche delle spese cd. di resistenza, di soccombenza e per la chiamata in causa. Le spese di lite, comprese quelle per la CTU, seguono la soccombenza della convenuta e, tenuto conto del rigetto di una delle domande proposte dagli attori, vanno ridotte nella misura di un terzo e liquidate come da dispositivo sulla base di quanto dispone il D.M. n. 55/14 e succ. modifiche Parte attrice ha, inoltre, diritto al rimborso delle spese pagate al CTU nell'ambito dell'accertamento tecnico preventivo proposto nei confronti del Condominio e della convenuta nella misura pari ad euro 3.748,56 quale importo complessivo liquidato al Consulente Tecnico per l'esperimento delle operazioni peritali. Infine, le spese di CTU del presente giudizio, già liquidate con separato decreto, vanno poste definitivamente a carico della parte convenuta. PQM Il Tribunale, definitamente pronunciando, disattesa o assorbita ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, così provvede: 1) in parziale accoglimento della domanda proposta dagli attori, accertata l'esclusiva responsabilità della convenuta (...) nella causazione dell'evento per cui è causa, per l'effetto, condanna quest'ultima al pagamento, in favore degli attori della somma di euro 24.967,75 (I.V.A. inclusa) a titolo di danni per il ripristino delle superfici dell'appartamento e a titolo di danni per il restauro del mobilio danneggiato oltre interessi legali dalla pubblicazione della presente sentenza al soddisfo; 2) rigetta la domanda di risarcimento del danno derivante dal mancato godimento dell'immobile; 3) condanna la convenuta (...) a pagare in favore degli attori la somma di euro 3.748,56 a titolo di rimborso del compenso da questi corrisposto al CTU nel giudizio ex art. 696 c.p.c. n. di r.g. 79349/2017; 4) condanna (...) al pagamento, in favore di parte attrice, delle spese di giudizio (ridotte di un terzo), che liquida in complessivi euro 4.408,90, di cui euro 855,00 per spese ed euro 3.553,90 per compensi, oltre rimborso spese (...), iva e cpa come per legge; 5) pone definitivamente a carico della convenuta (...) le spese per la ctu, così come liquidate nel corso del presente giudizio; 6) condanna (...) S.p.A. a manlevare e tenere indenne la convenuta (...) da quanto quest'ultima è tenuta a pagare agli attori, a titolo risarcitorio, con il limite della franchigia pari ad euro 400,00, nonché per spese legali e di CTU, in forza della presente sentenza; 7) condanna (...) S.p.A a pagare alla convenuta (...) le spese di giudizio, che liquida in complessivi euro 3.929,00, di cui euro 3.809,00 per compensi e euro 120,00 per esborsi, oltre spese (...), iva e cpa come per legge. Così deciso in Roma il 26 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di TORINO Ottava Sezione Civile Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Marco Ciccarelli ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 18482/2021 promossa da: CONDOMINIO (...) MONCALIERI (C.F. (...)) (...) (C.F. (...)) (...) (C.F. (...)) (...) (C.F. (...)) (...) (C.F. (...)) (...) (C.F. (...)) tutti rappresentati dall'avv. (...), in forza di procura allegata all'atto di citazione ATTORI contro SUPERCONDOMINIO (...) (C.F. (...)), rappresentato dall'avv. (...), in forza di procura allegata alla comparsa di risposta CONVENUTO Oggetto: impugnazione di delibera condominiale CONCLUSIONI CONDOMINIO (...) MONCALIERI "In via istruttoria - Ammettere, in quanto tempestivi e rilevanti, tutti i documenti già versati a margine del presente giudizio, con ciò intendendosi anche quelli acclusi al presente scritto, quali documenti formatisi successivamente allo spirare delle preclusioni istruttorie; - Con ogni più ampia riserva in materia istruttoria che si dovesse rendere necessaria a seguito delle eventuali istanze istruttorie avversarie; In via principale nel merito - Accertare e dichiarare la nullità e/o l'annullabilità delle delibere tutte assunte dall'assemblea ordinaria del Superconduzione (...) in data 5.5.2021 e di cui ai punti n. 1, 2 e 3 dell'ordine del giorno, così come inseriti a margine della convocazione del 9.4.2021; il tutto, sulla scorta delle argomentazioni di cui alla narrativa del presente atto; - Conseguentemente e, per l'effetto, dichiarare nulle e/o annullate le delibere impugnate, con l'ulteriore conseguenza di statuire la totale inefficacia delle stesse; - Si dichiara di non accettare alcun contraddittorio su eventuali domande nuove che dovessero essere interposte da parte convenuta all'atto della propria precisazione delle conclusioni. In ogni caso, con vittoria di spese, diritti ed onorari, oneri fiscali, rimborso forfetario nella misura del 15 % ed eventuali spese di C.T.U. e C.T.P." SUPERCONDOMINIO (...) "In via pregiudiziale: accertarsi e dichiararsi, per i motivi di cui in narrativa la carenza di legittimazione attiva in capo al geom. (...), amministratore pro tempore del Condominio (...) di Moncalieri e per l'effetto ordinarsi l'estromissione di questi dal presente procedimento. Sempre in via pregiudiziale: accertarsi e dichiararsi per i motivi di cui in narrativa la carenza di legittimazione attiva di tutti gli odierni attori in relazione alle delibere assunte nell'Assemblea del Supercondominio (...) del 05.05.2021 con il voto favorevole del loro rappresentante sig.ra (...) e per l'effetto respingere le domande formulate e formulande dagli odierni attori e confermare la nomina del sig. (...) quale amministratore del Supercondominio (...). In via preliminare: esperire il tentativo di conciliazione fra le parti. In via principale: per tutti i motivi, difese ed eccezioni in atti, respingere le domande tutte formulate e formulande dagli odierni attori, con l'atto di citazione de quo e conseguentemente assolvere il Supercondominio (...), c.f. (...), in persona dell'amministratore pro tempore sig. (...), da ogni e qualsiasi pretesa ex adverso. In ogni caso: con vittoria di spese, competenze ed onorari di causa, oltre indennità forfetaria nella misura del 15% degli imponibili ed oltre oneri fiscali C.P.A. ed I.V.A. come per legge". MOTIVI DELLA DECISIONE Allegazioni e domande delle parti I signori (...), (...), (...), (...) e (...), tutti condomini del CONDOMINIO di (...) in MONCALIERI, nonché lo stesso Condominio di Corso (...), impugnano la delibera assunta in data 5 maggio 2021 dall'assemblea del Supercondominio (...) convenuto, limitatamente ai punti 1, 2 e 3 dell'ordine del giorno. Gli attori allegano: a) che il condominio di corso (...) e i condomìni di via (...), di via (...) fanno parte del Supercondominio (...), condividendo i servizi di acqua, riscaldamento, energia elettrica delle corsie box e manutenzione cancelli carrai; b) che tutti i quattro condomìni sono stati amministrati per lunghissimo tempo (circa 50 anni) e fino al 2019 dal geom. (...) il quale, pur non essendo mai stato formalmente nominato amministratore del Supercondominio (...), ha di fatto e con modalità informali amministrato anche quest'ultimo; c) che il geom. (...) era solito ripartire "per edificio" le spese relative ai servizi condivisi, senza dettagliare i consumi e le quote di ciascuna unità immobiliare e comunicando al subcondominio attore ((...)) unicamente la somma da esso dovuta su ciascuna bolletta del supercondominio; d) che il geom. (...), con comunicazione del 9 aprile 2021, convocava l'assemblea ordinaria del Supercondominio per il giorno 5.5.21 per deliberare sui seguenti punti: 1) rendiconto spese gestione 2019/2020; 2) preventivo spese gestione 2020/2021; 3) nomina del nuovo amministratore; 4) varie ed eventuali; e) che la convocazione "perveniva in modo differente per ognuno dei singoli condomìni facenti parte del supercondominio": mentre infatti le convocazioni inviate ai condòmini degli edifici di corso (...) e a quelli di via (...) contenevano il riparto delle spese relative alle unità abitative del condominio di appartenenza (ma non quello afferente le unità degli altri condomìni), le convocazioni inviate ai condòmini degli altri due edifici (via (...) e via (...)) contenevano soltanto la complessiva somma dovuta dall'intero sub-condominio; f) che il 28 aprile 2021 si teneva l'assemblea del sub-condominio di corso (...) nel corso della quale: - era conferito alla sig.ra (...) il mandato di rappresentare il condominio all'assemblea del Supercondominio (...) del 5.5.21; - si deliberava di non approvare il rendiconto e il preventivo oggetto di tale assemblea e si incaricava pertanto la sig.ra (...) di esprimere voto contrario all'approvazione; - si dava mandato alla sig.ra (...) di votare, quale amministratore del Supercondominio, il geom. (...) (amministratore del Condominio di corso (...)); g) che, all'assemblea del supercondominio la sig.ra (...), agendo in difformità rispetto al mandato ricevuto, si asteneva sull'approvazione del consuntivo e del preventivo (che venivano così approvati grazie al voto favorevole degli altri partecipanti) e votava per la nomina ad amministratore di (...) (che veniva così nominato amministratore del Supercondominio (...)). Sulla scorta di queste premesse, gli attori deducono i seguenti motivi di invalidità della delibera: - nullità della convocazione assembleare, in quanto effettuata da soggetto (il geom. (...)) che non era stato mai nominato amministratore del Supercondominio (...); - violazione del mandato di voto da parte della sig.ra (...), rappresentante del condominio (...), all'assemblea del Supercondominio (...); violazione da apprezzarsi anche in relazione alla situazione di conflitto di interessi in cui versava la (...) rispetto al condominio di appartenenza, essendo morosa nel pagamento delle quote condominiali; - impossibilità di verifica dei conti posti alla base del consuntivo e del preventivo votati in assemblea, a causa delle modalità di gestione non trasparente tenuta negli anni dall'amministratore geom. (...); - mancata prova del potere rappresentativo in capo ai rappresentanti dei condomìni di via (...) e di via (...) che hanno preso parte all'assemblea supercondominiale del 5.5.21; - diversità dei documenti votati in assemblea dai rappresentanti dei quattro sub-condomìni, poiché i bilanci allegati alle convocazioni erano predisposti in modo diverso per i condòmini di ciascun sub-condominio (nei termini chiariti al punto e); - errori nelle modalità di calcolo e nei riparti. Il SUPERCONDOMINIO (...): - rileva che la presente impugnazione di delibera è fondata su circostanze nuove e motivi ulteriori rispetto a quelli prospettati dal condominio (...) in sede di mediazione, con conseguente improcedibilità della domanda; - eccepisce preliminarmente la carenza di legittimazione attiva dell'amministratore del condominio di corso (...), che non può impugnare le delibere del supercondominio; - non contesta specificamente le circostanze di fatto esposte alle lettere a) - g); - rileva che legittimato all'impugnazione è solo il condòmino assente o dissenziente e, pertanto, il condominio di corso (...) non può impugnare le delibere assunte con il suo voto favorevole (segnatamente quella di nomina dell'amministratore (...), votato in assemblea anche dalla sig.ra (...), rappresentante del condominio di corso (...)); - sostiene che il rappresentante del singolo condominio all'assemblea del supercondominio ha "pieni poteri" e ogni limite al suo potere di rappresentanza si considera come "non apposto", ai sensi dell'art. 67, comma 4, disp. att. c.c.; la condotta tenuta dalla sig.ra (...) potrà quindi avere rilevanza soltanto nei rapporti interni fra lei e il condominio di corso (...); - eccepisce la genericità del motivo di impugnazione fondato sull'impossibilità del controllo dei conti, che si riduce a una generica critica all'operato del geom. (...), ma non puntualizza né prova i vizi che inficiano il consuntivo e il preventivo approvati in assemblea; - eccepisce la carenza di legittimazione dell'attore a far valere vizi di rappresentanza in capo ai rappresentanti degli altri sub-condomìni; produce, in ogni caso, i verbali delle assemblee condominiali che hanno nominato rappresentati i sig.ri (...). Conclude per il rigetto delle domande. Esame delle domande 1. Va esaminata, in primo luogo, l'eccezione con cui il Supercondominio (...) deduce la violazione del divieto di mutatio libelli. Il convenuto infatti, attraverso questa eccezione, intende denunciare il difetto della condizione di procedibilità della mediazione, per avere gli attori introdotto una domanda diversa da quella oggetto del procedimento di mediazione. Sostiene al riguardo che "ad una sintetica (poche righe) descrizione dei motivi della controversia contenuta nella domanda di mediazione segue un atto di citazione di ben 51 pagine e 125 capi nel quale vengono riportate circostanze nuove e soprattutto vengono addotti motivi ulteriori e nuovi a fondamento dell'impugnazione della delibera assembleare". L'eccezione è infondata, poiché l'esame della domanda di mediazione (doc. 3 convenuto, p. 27) consente di apprezzare l'identità fra la controversia oggetto del presente procedimento e quella deferita in mediazione. In particolare, identico è il petitum, consistente nella richiesta di accertare l'invalidità della delibera assunta il 5.5.21; identiche sono le ragioni a fondamento della domanda, consistenti nelle violazioni che si sono sopra descritte. La maggior ampiezza della trattazione contenuta nell'atto di citazione, così come l'introduzione di nuove argomentazioni a supporto della dedotta invalidità, non determinano alcuna diversità fra le domande oggetto dei due procedimenti. La descrizione della domanda contenuta nell'istanza di mediazione permetteva infatti alla controparte di comprendere con chiarezza e univocità l'oggetto della lite e di difendersi adeguatamente nel procedimento. Deve concludersi che la condizione di procedibilità è stata rispettata. 2. Sempre in via preliminare, il convenuto eccepisce la carenza di legittimazione attiva dell'amministratore, che non avrebbe titolo per impugnare la delibera del supercondominio. L'eccezione è inconferente: in primo luogo perché il geom. (...) non agisce personalmente ma quale amministratore del condominio di via (...). E' pacifico che l'amministratore non possa impugnare le delibere del condominio da lui amministrato, né quelle del supercondominio di cui quest'ultimo fa parte, poiché il diritto di impugnazione è attribuito dall'art. 1137 c.c. a "ogni condomino". Tuttavia, l'amministratore agisce qui in rappresentanza dell'intero condominio di corso (...), che - nell'assemblea del 31.5.21 - ha "approvato all'unanimità l'impugnativa in sede giudiziale di tutte e tre le delibere assunte dal supercondominio (...) in occasione dell'assemblea del 5/5/2021" e, all'uopo, ha conferito incarico all'avv. (...) (doc. 53 attore). L'eccezione avrebbe potuto semmai essere posta con riferimento alla legittimazione del condominio (inteso come collettività di tutti i condòmini, rappresentati in giudizio dall'amministratore) a impugnare la delibera del supercondominio. Ma sotto questo profilo l'eccezione non è stata formulata. In secondo luogo, l'eccezione è inconferente perché accanto al condominio di corso (...), rappresentato dall'amministratore, hanno personalmente agito (proponendo identica domanda di annullamento delle delibere) anche 5 condomini del medesimo condominio di corso (...). L'eventuale carenza di legittimazione del Condominio non avrebbe dunque alcuna conseguenza sull'esito della domanda; neppure in punto spese di lite, poiché il condominio e i condomini hanno agito congiuntamente, con unici atti difensivi e avvalendosi della medesima difesa tecnica. 3. Va esaminato per primo, in ordine logico, il motivo di impugnazione con cui gli attori fanno valere un vizio del procedimento di convocazione dell'assemblea del Supercondominio (...), poiché l'assemblea del 5.5.21 sarebbe stata convocata da un soggetto, il geom. (...), mai formalmente nominato amministratore del supercondominio. Il motivo è infondato per plurime ragioni: - perché il procedimento di convocazione è stato svolto e ha portato al regolare (sotto il profilo formale) svolgimento dell'assemblea del supercondominio, a cui hanno preso parte tutti i rappresentanti di ciascun sub-condominio; - perché gli attori non specificano sotto quale profilo la dedotta irregolarità della convocazione li avrebbe pregiudicati; - perché, a seguito della convocazione del geom. (...) si sono svolte regolari assemblee in tutti i condomini in vista della partecipazione all'assemblea del supercondominio, e in nessuna di queste assemblee è stato lamentato il difetto di legittimazione del (...) a convocare l'assemblea del Supercondominio; - perché il geom. (...) - come esplicitamente allegano gli stessi attori - ha svolto di fatto per anni (e svolgeva all'epoca della convocazione dell'assemblea di cui si discute) la funzione di amministratore del supercondominio; - infine, perché la convocazione dell'assemblea da parte di soggetto non legittimato non comporta, di per sé, l'invalidità delle delibere assunte qualora non ricorrano altri vizi del procedimento di convocazione o delle delibere adottate. 4. Gli attori impugnano tutte le delibere assunte dall'assemblea del supercondominio del 5.5.21: 1) approvazione del rendiconto 2019-2020 2) approvazione del preventivo 2020-2021 3) nomina di (...) quale nuovo amministratore del supercondominio. Il primo motivo di impugnazione da essi fatto valere investe tutte e tre le delibere e riguarda l'eccesso di potere e il conflitto di interessi della rappresentante del Condominio (...) nell'assemblea del Supercondominio (...): la sig.ra (...), infatti, ha votato in modo difforme rispetto alle indicazioni espresse dall'assemblea condominiale, poiché si è astenuta sull'approvazione del preventivo e del consuntivo, anziché esprimere voto contrario come deliberato dall'assemblea del Condominio (...); ed ha votato per la nomina ad amministratore di (...) anziché di (...), come indicato dall'assemblea del Condominio (...). E' opportuno evidenziare che l'unico motivo di invalidità addotto nei confronti della delibera di nomina dell'amministratore è quello appena esposto. Mentre, nei confronti delle delibere di approvazione del rendiconto e del preventivo gli attori fanno valere ulteriori e autonomi motivi di impugnazione. 5. La circostanza che la sig.ra (...) abbia tenuto, nell'assemblea del Supercondominio, una condotta in totale contrasto con le indicazioni ricevute dall'assemblea del Condominio (...), di cui era rappresentante, è pacifica ed emerge dal raffronto fra il verbale dell'assemblea del Condominio (...) in data 28.4.21 (doc. 39 attori) e il verbale dell'assemblea del Supercondominio (doc. 47 attori). Il Condominio (...), per le ragioni analiticamente indicate in tale verbale, aveva deliberato di non approvare il rendiconto 2019-2020 e la relativa tabella di riparto: "L'assemblea non approva il rendiconto spese del (...) gestione 1/5/2019 - 30/04/2020 e relativa tabella di riparto ad eccezione del Sig (...). Pertanto l'assemblea incarica la Signora (...) di non approvare il rendiconto spese (...)". Per le medesime ragioni, l'assemblea aveva deliberato di "non approvare il preventivo 2020/2021 (...). Pertanto l'assemblea incarica la Sig.ra (...) di non approvare il preventivo 2020/2021 del (...)". In merito alla nomina del nuovo amministratore del Supercondominio, "L'assemblea individua nel geom. (...) il nuovo amministratore". La sig.ra (...), in chiara difformità dalle indicazioni ricevute, nell'assemblea del Supercondominio si è astenuta dal voto sull'approvazione di consuntivo e preventivo; ed ha votato quale amministratore (...). Gli attori lamentano, sotto un primo profilo, la violazione degli obblighi del mandatario, il quale, ai sensi dell'art. 1711 c.c. "non può eccedere i limiti fissati nel mandato". Questo motivo di impugnazione è però infondato perché l'art. 67, comma 4, disp. att. c.c., con specifico riferimento alla figura dei rappresentanti dei condomìni nell'assemblea del supercondominio, dispone che "ogni limite o condizione al potere di rappresentanza si considera non apposto". Trattasi di norma speciale che, in funzione dell'esigenza, ritenuta prevalente, di celere e agevole svolgimento delle assemblee supercondominiali, impedisce che le assemblee dei sub-condomìni possano condizionare, con rilevanza esterna, il potere del loro rappresentante. E' una previsione coerente con il carattere unitario del voto del rappresentante, che esprime in maniera sintetica un unico voto (il cui peso è rapportato all'intera caratura millesimale del condominio rappresentato) senza possibilità di esprimere voti plurimi e contrastanti (corrispondenti a quelli dei singoli condòmini che hanno votato a favore o contro una determinata delibera). E' indubbio che nei rapporti fra il rappresentante e il condominio che l'ha nominato trovino piena applicazione le norme sulla responsabilità del mandatario, a cui rinvia lo stesso art. 67 disp. att. Tuttavia, la generale previsione dell'art. 1711 c.c. trova una deroga nella norma speciale sopra esaminata, la quale impedisce che i vincoli e le condizioni indicate dal condominio mandante, in essi comprese le indicazioni di voto, possano limitare il potere del rappresentante nell'assemblea del supercondominio. Per queste ragioni la circostanza che la sig.ra (...) abbia votato in modo difforme dalle indicazioni ricevute dall'assemblea del "suo" condominio non costituisce, di per sé, ragione di invalidità della delibera assunta dal supercondominio. 6. Gli attori sostengono tuttavia che l'espressione di voto da parte della sig.ra (...) in contrasto con le indicazioni ricevute dal suo condominio sia la manifestazione di un conflitto di interessi con il condominio mandante, che trova causa nella situazione di morosità in cui essa versava per il pagamento delle spese condominiali. Si riportano di seguito le difese degli attori: "Abbiamo già dedotto (quale circostanza mai specificatamente contestata da parte convenuta e, invero, anche abbondantemente dimostrata per tabulas) che la Sig.ra (...) risultava essere soggetto moroso nei confronti del condominio di Corso (...), essendosi verificato che l'amministratore di tale condominio, in corsa per la nomina di superamministratore in occasione dell'assemblea del 5.5.2021, le aveva già intimato il pagamento delle spese di gestione del riscaldamento. Si è, quindi, verificato che la (...), in sede di assemblea base, pur a fronte della propria posizione di soggetto moroso (e nella totale buona fede della compagine, la quale, a conferma dell'insussistenza di qualsivoglia pregiudizio le conferiva tale mandato), ha solo lasciato credere di poter assolvere il ruolo di rappresentante di Corso (...) in sede di superassemblea ordinaria, con, a questo punto, la riserva mentale di stravolgere tutte le indicazioni di voto ricevute, per il proprio tornaconto personale. Non è un caso, infatti, che in relazione ai conteggi che avrebbero dovuto essere approvati dai rappresentanti in occasione dell'assemblea del 5.5.2021, la Sig.ra (...) si sia astenuta, ben sapendo che la sua astensione avrebbe favorito, agevolandola, l'approvazione di tali conteggi, alla stessa favorevoli (proprio perché promananti da un soggetto che non le aveva mai chiesto il giusto in sede di gestione del riscaldamento, anzi, addirittura, attribuendole dei pagamenti, laddove la sua era una situazione di morosità conclamata). In relazione al punto dell'ordine del giorno afferente la nomina dell'amministratore, al contrario, la (...) non poteva permettersi di correre il rischio della nomina del Geom. (...), per le motivazioni già ampiamente dedotte in precedenza, motivo per cui quest'ultima si è fatta "parte diligente", votando Milano, delfino del Geom. (...)" (comparsa conclusionale p. 13). Si osserva, anzitutto, che le circostanze da cui si dovrebbe desumere il conflitto di interessi non trovano riscontro e sono del tutto ipotetiche. Gli attori riconoscono che, alla data dell'assemblea del 29.4.21, la sig.ra (...) era morosa nei confronti del condominio e che l'amministratore (...) ne era perfettamente al corrente. Affermano che "la (...), in sede di assemblea base,... ha solo lasciato credere di poter assolvere il ruolo di rappresentante di Corso (...) in sede di superassemblea ordinaria, con, a questo punto, la riserva mentale di stravolgere tutte le indicazioni di voto ricevute". Tuttavia, dal verbale assembleare non si evince alcuna condotta decettiva della (...), né alcun elemento da cui desumere che essa abbia assunto l'incarico con la riserva mentale di contravvenire alle indicazioni di voto. Dunque, il condominio (...) ha valutato e ritenuto che la situazione di morosità in cui versava la (...) non fosse di impedimento alla sua nomina a rappresentante nell'assemblea del supercondominio. In secondo luogo, la situazione di conflitto di interessi del rappresentante è contemplata dall'art. 1394 c.c., che prevede l'annullabilità del contratto concluso dal rappresentante "se il conflitto era conosciuto o riconoscibile dal terzo". Ora, a prescindere dalla dubbia applicabilità di questa norma al caso che ci occupa - in cui non si discute della validità di un contratto concluso dal rappresentante, ma della sua espressione di voto in una assemblea di condominio - resta il fatto che gli attori non hanno allegato né provato alcun elemento per dimostrare che "il terzo" fosse a conoscenza del conflitto di interessi fra la (...) e il condominio (...). Anche perché, in questo caso, il terzo è un supercondominio, una entità rispetto alla quale è quantomai arduo ricondurre stati soggettivi quali la "conoscenza" o la "riconoscibilità". Infine, per invalidare il voto espresso dalla (...) nell'assemblea del supercondominio occorrerebbe, semmai, dimostrare l'esistenza di un conflitto di interesse fra la (...) e il supercondominio; dedurre, cioè, che essa ha votato per soddisfare un interesse proprio, del tutto estraneo alla sua condizione di partecipante al supercondominio. Questo profilo di conflitto non è stato mai allegato. Secondo la prospettazione degli attori, infatti, il conflitto sussiste fra la (...) e il sub-condominio (...) che l'ha nominata sua rappresentante. Questo conflitto, ove dimostrato, potrebbe comportare l'invalidità della delibera dell'assemblea del Condominio (...) del 28.4.21, che ha nominato la (...) rappresentante (delibera mai impugnata), non della delibera dell'assemblea supercondominiale in cui il rappresentante ha espresso il proprio voto. In definitiva, si ritiene che il dedotto conflitto di interessi, oltre a non essere dimostrato, sia irrilevante al fine della chiesta pronuncia di invalidità della delibera assunta dal Supercondominio. 7. Le considerazioni esposte inducono il rigetto della impugnazione della delibera di nomina di (...) quale amministratore del Supercondominio, impugnazione fondata - come già detto - unicamente sulla violazione del mandato da parte della sig.ra (...) e sul suo conflitto di interessi. Resta dunque assorbita la questione, sollevata dal supercondominio convenuto, della legittimazione dei condomini attori a impugnare la delibera approvata col voto favorevole del loro rappresentante. 8. Occorre ora esaminare i motivi di invalidità - per così dire "intrinseca" - della delibera impugnata; che riguardano i punti 1 e 2 dell'o.d.g., cioè l'approvazione del rendiconto di gestione 1.5.2019 - 30.4.2020 con il relativo riparto; e l'approvazione del preventivo spese per la gestione 1.5.2020 - 30.4.2021. Gli attori sostengono che i bilanci del Supercondominio predisposti dal geom. (...) (amministratore di fatto del supercondominio Centro (...) fino alla delibera di nomina di nuovo amministratore del 5.5.21) e approvati dall'assemblea non permettono il controllo della contabilità condominiale, anche perché limitati a una ripartizione "per edificio" dei complessivi costi, senza dettaglio per singole unità abitative. Deducono, inoltre, che i piani di riparto allegati al rendiconto fossero stati (dal geom. (...)) predisposti in modo differente per i condòmini facenti parte degli edifici di (...) e di via (...), e per quelli facenti parte degli edifici di via (...). Infatti, il primo gruppo di condòmini ha ricevuto, unitamente alla convocazione per l'assemblea del 5.5.21, il rendiconto e il riparto relativo alle singole unità abitative del proprio condominio; mentre il secondo gruppo di condòmini ha ricevuto soltanto il rendiconto e il riparto delle spese per edifici. Questo divergente contenuto della convocazione è - secondo gli attori - di per sé causa di invalidità della delibera, poiché non vi è coincidenza fra l'oggetto della delibera sottoposto a ciascuno dei condomìni facenti parte del Supercondominio Centro (...). Questi motivi di impugnazione sono fondati. L'art. 1130-bis c.c., applicabile anche ai supercondomini in virtù del rinvio di cui all'art. 1117-bis c.c., prevede che il rendiconto condominiale debba contenere le voci di entrata e di uscita e ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili e alle eventuali riserve, che devono essere espressi in modo da consentirne l'immediata verifica. Prevede altresì che il rendiconto sia composto dal registro di contabilità, dal riepilogo finanziario e da una nota sintetica esplicativa. La spesa risultante dal rendiconto "è ripartita fra tutti i condomini sulla base dei millesimi di proprietà". La previsione è diretta a soddisfare un'esigenza di trasparenza nella gestione, che permetta a ogni condomino di conoscere, non soltanto la propria situazione, ma anche quella degli altri partecipanti. E' onere del condominio, in persona dell'amministratore, dare la prova che il bilancio risponde alle prescrizioni dell'art. 1130-bis. Nel caso in esame: - il Supercondominio Centro (...) non ha dato la prova che il rendiconto 2019-2020 approvato nell'assemblea si componesse dei documenti prescritti; il verbale di assemblea da esso prodotto (doc. 2) non contiene allegati; il verbale prodotto dagli attori (doc. 47) reca in allegato soltanto una ripartizione delle spese fra i 4 condomìni che costituiscono il Supercondominio Centro Sangone; - non è contestato dal supercondominio convenuto che le convocazioni per l'assemblea del 5.5.21 non contenessero il riparto delle spese fra tutti i condòmini del Supercondominio Centro (...); né è contestato che le sole convocazioni indirizzate ai condòmini facenti parte degli edifici di corso (...) e di via (...) contenessero il riparto delle spese fra i soli condòmini di questi edifici; è quindi pacifico che i rendiconti, sulla cui base le assemblee dei singoli sub-condomìni hanno valutato se approvare o non approvare i bilanci, fossero stati redatti in modo diverso in relazione al condominio destinatario. E' opportuno chiarire che i partecipanti al supercondominio non sono i singoli condomìni, bensì i proprietari delle unità immobiliari facenti parte di ciascun sub-condominio. Rispetto alle "parti" o ai "servizi" condivisi fra più edifici o condomìni - condivisione che determina ipso facto l'esistenza del supercondominio - i proprietari delle singole unità immobiliari si atteggiano in modo del tutto uguale a quello dei condòmini di un singolo edificio. Le specificità previste dall'art. 67 disp. att. riguardano unicamente il funzionamento di alcune assemblee del supercondominio (quelle per la gestione ordinaria e per la nomina dell'amministratore nei supercondomini con più di 60 partecipanti) e non determinano uno stravolgimento dell'assetto proprietario né delle regole che presidiano il funzionamento del condominio. Ciò significa che rispetto alle parti e ai servizi "in supercondominio" (e come tali gestiti dal supercondominio) ogni singolo partecipante ha diritto di conoscere la ripartizione globale delle spese, cioè fra tutti i partecipanti al supercondominio, e non soltanto quella relativa all'unità immobiliare (sub-condominio) di cui fa parte. Una simile, parziale, rappresentazione delle spese sarebbe inevitabilmente monca, lo priverebbe della visione di insieme e della possibilità di verificare la correttezza del riparto. Per questa ragione le doglianze degli attori in merito all'irregolarità del rendiconto 2019-20 e, conseguentemente, del preventivo 2020-21, approvati dall'assemblea del 5.5.21, sono fondate. I documenti esaminati e approvati non rendono intellegibile e verificabile il riparto applicato, violando i principi di trasparenza previsti dall'art. 1130-bis c.c. Tanto più questi principi risultano violati in quanto i documenti di bilancio inviati ai condòmini sono stati redatti in modo diverso a seconda dell'edificio di appartenenza. Ma - va detto - la violazione del principio di verificabilità sussiste anche per quei partecipanti che hanno ricevuto il riparto delle spese relative al proprio edificio. Perché, si ribadisce, il riparto avrebbe dovuto riguardare ogni unità immobiliare facente parte del supercondominio. In definitiva, le delibere di approvazione dei bilanci consuntivo e preventivo vanno annullate poiché i documenti approvati sono redatti in modo non conforme alle prescrizioni dell'art. 1130-bis c.c. e, non contenendo il riparto completo delle spese addebitate, violano i principi di trasparenza e verificabilità del rendiconto. 9. Va da ultimo esaminato il motivo di impugnazione con cui gli attori deducono la carenza di potere rappresentativo nell'assemblea del Supercondominio dei rappresentanti dei sub-condomini di via (...). Sul punto va rilevata, in primo, luogo, la carenza di legittimazione a far valere un vizio che soltanto i rappresentati (cioè i condomìni ora citati) avrebbero potuto rilevare. In secondo luogo, il Supercondominio convenuto ha prodotto i verbali di nomina di (...), rappresentante del Condominio di via (...) (doc. 5); e di (...), rappresentante del Condominio di (...) (doc. 6). 10. Alla luce delle considerazioni che precedono, la domanda va accolta limitatamente all'impugnazione dei punti 1 e 2 dell'o.d.g. (approvazione consuntivo 2019-2020 e preventivo 20202021), che vanno annullate. Va invece respinta la domanda di nullità o annullamento della delibera di nomina dell'amministratore (...). 11. Tenuto conto dell'accoglimento parziale (limitatamente a due punti sui tre impugnati), si ravvisano i presupposti per compensare le spese del giudizio in misura di un quarto (1/4). La restante parte delle spese va posta a carico del Supercondominio convenuto. Le spese vengono liquidate come segue, sulla base dei parametri di cui alla Tabella A allegata al D.M. Giustizia n. 55/2014 (come aggiornato con DM 147/2022). Ai fini della liquidazione fra il minimo e il massimo previsti dallo scaglione di riferimento, si tiene conto dell'importanza del procedimento, della complessità e del numero delle questioni trattate, nonché del pregio dell'attività difensiva, desunto anche dalle tecniche redazionali degli atti difensivi - fase di studio Euro 1.701 - fase introduttiva Euro 1.204 - fase decisoria Euro 2.905 E dunque in totale Euro 5.810, oltre Euro 585,74 per spese; spese generali, IVA e CPA come per legge. Oltre alle spese del procedimento di mediazione (sola fase di attivazione) pari a Euro 536. Non si ravvisano i presupposti per l'applicazione dell'art. 4 comma 2 DM 55/2014 (possibilità di aumento in caso di difesa di più soggetti), considerata l'identica posizione delle parti attrici e l'assenza di difese differenziate in relazione a ciascun soggetto. P.Q.M. Il Tribunale di Torino, definitivamente pronunciando sulla domanda come sopra proposta, così provvede: annulla la delibera assunta in data 5.5.2021 dall'assemblea del SUPERCONDOMINIO (...), limitatamente ai punti 1 (approvazione consuntivo 2019-20 e relativo riparto) e 2 (approvazione preventivo 2020-2021) dell'o.d.g. rigetta ogni altra domanda delle parti; compensa le spese del giudizio in misura di un quarto (1/4) e condanna il SUPERCONDOMINIO (...) al rimborso della restante parte (3/4) di dette spese favore degli attori, liquidandole, per il loro intero ammontare, in Euro 5.810, oltre Euro 585,74 per spese vive; spese generali, IVA e CPA come per legge; oltre Euro 536 per il procedimento di mediazione. Torino, 14 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 17 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO CORTE D'APPELLO DI NAPOLI SESTA SEZIONE CIVILE La Corte d'Appello di Napoli, nelle persone dei seguenti magistrati: dott.ssa Assunta d'Amore - Presidente dott. Giorgio Sensale - Consigliere dott. Fabio Magistro - Consigliere relatore ha pronunciato la seguente SENTENZA nelle cause civili riunite iscritte ai numeri 867/2020 e 1023/2020 R.G. - aventi ad oggetto appelli proposti avverso la sentenza n. 2545/2019, emessa dal Tribunale di Torre Annunziata in data 21.11.2019, nel procedimento n. 3947/2016 - vertenti tra (...) spa (C.F. (...)), in persona del lr. p.t., rappresentato e difeso dall'Avv.to Er.Au., elettivamente dom.to presso lo studio del proprio difensore, in Napoli, Via (...); appellante nel giudizio 867/2020-appellata nel giudizio 1023/2020 e (...) (C.F. (...) ), rapp.ta e difesa dall'Avv.to Vi.Li., elettivamente dom.ta presso lo studio del proprio difensore in Napoli, Centro (...); appellata nel giudizio n. 867/2020 - appellante nel giudizio 1023/2020 nonché (...) (C.F. (...) ), rapp.to e difeso dall'Avv.to Do.De., elettivamente dom.to presso lo studio del proprio difensore in Castellammare di Stabia (NA), Via (...); appellato in entrambi giudizi riuniti RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Premessa (...), nel giudizio di primo grado, deduceva che: a) in data 22.01.2009, mentre si accingeva ad uscire dal negozio di abbigliamento denominato "(...)", ubicato in P., Via C. A., T. 13, scivolava e cadeva al suolo sul pavimento completamente bagnato; b) il pavimento posto alle sue spalle era stato lavato con acqua e sapone e non asciugato; c) non vi era alcun segnale di pericolo e la scivolosità del pavimento non era percepibile. Secondo l'attrice, vi era responsabilità contrattuale del titolare del negozio, Sig. (...), ai sensi degli artt. 1176 e 1218 c.c., nonché responsabilità extracontrattuale ai sensi dell'art. 2051 c.c., quale custode, ad ai sensi dell'art. 2050 c.c. ed in ogni caso in forza degli artt. 2043 e 2049 c.c.. Ciò posto, (...) citava in giudizio (...) per sentirlo dichiarare responsabile del descritto sinistro - in via principale a titolo contrattuale ed in via subordinata a titolo extracontrattuale - e per l'effetto sentirlo condannare al risarcimento dei danni. Parte attrice ha chiesto: "A. con sentenza non definitiva: - accogliere la domanda attrice; - dichiarare in via principale l'inadempimento contrattuale del Sig. (...) ex artt. 1175, 1176, 2 comma, 1218, 1228 e 2 D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206; - dichiarare solo in via gradata la responsabilità oggettiva extracontrattuale del Sig. (...) ex art. 2051 c.c., in ordine alla produzione dell'evento dannoso per cui è causa; - dichiarare solo in via ancor più gradata la responsabilità oggettiva extracontrattuale del Sig. (...) ex art. 2050 c.c., in ordine alla produzione dell'evento dannoso per cui è causa; - dichiarare solo in via ancor più gradata la responsabilità extracontrattuale del Sig. (...) ex artt. 2043 e 2049 c.c., in ordine alla produzione dell'evento dannoso per cui è causa; - dichiarare solo in via ancor più gradata l'inadempimento contrattuale e/o la responsabilità extracontrattuale in ordine alla produzione dell'evento dannoso per cui è causa in base a qualsiasi altra norma dell'ordinamento; - condannare genericamente il Sig. (...) e, in caso di chiamata in causa di eventuali imprese di assicurazione o di loro costituzione volontaria ed in caso di inerzia dell'assicurato, condannare genericamente e direttamente anche tali imprese di assicurazione, ex art. 1917, 2 comma, ultima parte, c.c. ed eventualmente previa surroga nei diritti dell'assicurato, ex art. 2900 c.c., al risarcimento in favore dell'istante dei danni tutti subiti; - condannare, altresì, il Sig. (...) e, in caso di chiamata in causa di eventuali imprese di assicurazione o di loro costituzione volontaria ed in caso di inerzia dell'assicurato, condannare direttamente anche tali imprese di assicurazione, ex art. 1917, 2 comma, ultima parte, c.c. ed eventualmente previa surroga nei diritti dell'assicurato, exart. 2900 c.c., al pagamento in favore dell'istante di una provvisionale, ex art. 278, 2 comma, c.p.c., nella misura che verrà ritenuta secondo giustizia; - rinviare alla sentenza definitiva la liquidazione delle spese di lite; B. con successiva sentenza definitiva: - condannare il Sig. (...) e, in caso di chiamata in causa di eventuali imprese di assicurazione o di loro costituzione volontaria, ed in caso di inerzia dell'assicurato, condannare direttamente anche tali imprese di assicurazione, ex art. 1917, 2 comma, ultima parte, c.c. ed eventualmente previa surroga nei diritti dell'assicurato, ex art. 2900 c.c.: - al risarcimento in favore dell'istante dei danni tutti subiti quali quelli patrimoniali: lucro cessante da inabilità permanente e/o emergente da perdita di possibilità passata, attuale e futura (c. detta perdita di chance), lucro cessante da inabilità temporanea e/o emergente da perdita di possibilità (c. detta perdita di chance), passato e futuro, emergente, passato e futuro per spese vive sostenute e da sostenersi; non patrimoniali: biologico da invalidità permanente e da invalidità temporanea, passato e futuro, alla vita di relazione, alla veste estetica, alla sfera sessuale, morale, esistenziale, alla vita privata, al rapporto familiare e, comunque, per la lesione dei valori/interessi giuridicamente protetti e dei personalissimi diritti umani inviolabili e/o fondamentali, costituzionalmente protetti, ecc. (in breve: nessuno escluso od eccettuato anche se qui non espressamente richiamato), nella misura che verrà ritenuta secondo giustizia, il tutto, in ogni caso, oltre rivalutazione monetaria da determinarsi in base agli indici Istat dall'evento al soddisfo ed oltre danno da ritardo e, cioè, lucro cessante, da liquidarsi sotto forma di interessi al tasso legale di cui all'art. 1284, 4 comma, c.c. e D.Lgs. 9 ottobre 2002, n. 231, ovvero nella diversa misura percentuale che verrà ritenuta secondo giustizia, anno per anno sulle somme via via rivalutate dall'evento al soddisfo sia per le qualità soggettive dell'istante che, quale abituale risparmiatore, reinveste il proprio denaro secondo le più attuali e convenienti forme di investimento, sia per la consistenza dell'importo dovuto, con prevedibile impiego fruttifero; - al pagamento in favore dell'istante della parcella del sottoscritto 29 difensore, comprensiva dei costi anticipati e di quella del C.T. medico di parte, che lo stesso dovrà erogare per l'assistenza legale e medica in sede stragiudiziale, nella misura prevista dagli attuali parametri professionali per le prestazioni di assistenza stragiudiziale (tabella 25 dei compensi), o nella diversa misura che verrà ritenuta secondo giustizia, oltre le maggiorazioni di legge sui compensi per assistenza plurima, per assistenza contro più parti, spese generali, I.V.A. e C.A., con distrazione, ex art. 93 c.p.c., in favore del sottoscritto difensore avv. (...) che ha anticipato le spese e non ha riscosso i compensi, oltre: in via principale interessi al tasso legale di cui all'art. 1284, 4 comma, c.c. e D.Lgs. 9 ottobre 2002, n. 231 dalla data odierna o da quella che verrà ritenuta secondo giustizia, al soddisfo; in via gradata, interessi moratori dalla data odierna o da quella che verrà ritenuta secondo giustizia, al soddisfo e maggior danno (da svalutazione monetaria) di cui all'art. 1224, 2 comma, c.c., nella misura pari alla eventuale differenza,a decorrere dalla data di insorgenza della mora, tra il tasso del rendimento medio annuo netto dei titoli di Stato di durata non superiore a dodici mesi ed il saggio degli interessi legali determinato per ogni anno ai sensi dell'art. 1284, 1 comma, c.c. ovvero nella misura che verrà ritenuta secondo giustizia; - al pagamento in favore dell'istante delle spese e compensi (oltre che della fase stragiudiziale, anche) del presente giudizio oltre le maggiorazioni di legge sui compensi per assistenza 30 plurima, in caso di costituzione di più parti tra parte convenuta e/o parti chiamate in causa e/o parti interventrici per assistenza contro più parti, spese generali, I.V.A. e C.A. con distrazione, ex art. 93 c.p.c., in favore del sottoscritto difensore avv. (...) che ha anticipato le spese e non ha riscosso i compensi; - disporre, ex art. 120 c.p.c., adeguate forme di pubblicità dell'emananda sentenza a spese del Sig. (...), o di chi di ragione, sia mediante la sua pubblicazione su varie testate giornalistiche e quotidiani nazionali, quali, a titolo esemplificativo e non tassativo: Il Corriere della Sera, Repubblica, Il Giornale, Libero, Il Mattino, (...), ecc., sia mediante comunicazione da parte di emittenti radiofoniche e televisive, pubbliche e/o private ...". Si costituiva (...), che allegava di essere assicurato per la responsabilità civile con la società (...) s.p.a., e pertanto chiedeva, in via principale, il pagamento diretto ad opera dell'impresa di assicurazione-chiamata in causa (ex art. 1917, 2 comma, c.c.) di tutte le somme eventualmente dovute all'attrice, nonché, in via gradata, di essere manlevato e tenuto indenne dall'impresa di assicurazione, ex art. 1917, 1 comma, c.c., da tutte le somme eventualmente dovute alla Signora F.. Autorizzata la chiamata in causa, la Compagnia di assicurazione si costituiva in giudizio e contestava la fondatezza sia della domanda attorea che di quella di garanzia. Espletato approfondimento istruttorio, anche tecnico, il Tribunale ha ritenuto che la domanda spiegata dall'attrice andasse ricondotta nell'ambito di operatività della norma contenuta nell'art. 2051 c.c. ed ha così disposto: - "accoglie la domanda attorea e per l'effetto, accertata la responsabilità di (...) nel verificarsi dell'evento lesivo dedotto in lite ex art. 2051 c.c., a) condanna (...) al pagamento in favore di (...) della complessiva somma di Euro 29.047,00 oltre la rivalutazione e gli interessi, come in parte motiva. Sulla somma così ottenuta vanno applicati gli interessi legali dalla presente pronuncia al saldo. b) condanna (...) al pagamento in favore di (...) delle spese di lite che si liquidano in Euro 7.200,00 per competenze professionali ed Euro 843,66 per spese oltre accessori come per legge, con attribuzione ai difensori di parte attrice per dichiaratone anticipo; c) pone le spese di c.t.u. in via definitiva a carico del convenuto; d) condanna la (...) s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., al pagamento in via diretta in favore dell'attrice, ai sensi del II comma dell'art. 1917 c.c., di tutte le somme di cui ai capi a), b) e c); e) condanna la (...) s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., al pagamento, in favore (...) delle spese di giudizio che si liquidano in Euro 5.000,00 per competenze ed Euro 239,00 per spese, oltre accessori come per legge". Avverso l'indicata pronuncia, sia la Compagnia che (...) hanno promosso appello, con impugnazioni separate, poi riunite, ex art. 335 c.p.c., all'udienza del 6.11.2020. Si procederà pertanto con l'esame delle due impugnazioni, con l'avvertenza che ogni statuizione non oggetto di univoca impugnazione deve reputarsi coperta dal giudicato. 2. L'impugnazione promossa dalla (...) spa L'appello (giudizio 867/2020), sufficientemente specifico, è stato promosso in data 26.2.2020 a fronte della pubblicazione della sentenza in data 21.11.2019. La Compagnia ha poi provveduto a costituirsi in giudizio il 3.3.2020. La società assicuratrice ha censurato la sentenza deducendo: 1) l'erronea valutazione del Tribunale nel ritenere operativa la garanzia; 2) la non verosimiglianza delle dichiarazioni rese dai testi escussi; 3) la non operatività dell'art. 2051 c.c.; 4) la mancata dimostrazione del rapporto causale, atteso che l'istante era già affetta da patologia al femore, per cui, ad avviso dell'appellante, non fu la caduta a provocare la rottura del femore, ma il contrario; 5) l'eccessiva quantificazione del danno ad opera del Consulente nominato. La Compagnia ha quindi dedotto l'inoperatività e l'esclusione della garanzia assicurativa, atteso che l'evento dannoso non era inquadrabile in un evento involontario ed accidentale e non era ricompreso nei rischi previsti in polizza. Inoltre, sempre secondo l'appellante, le caratteristiche dell'infortunio escludevano i requisiti dell'involontarietà e dell'accidentalità, ma rivestivano, invece, le caratteristiche di un danno provocato dalla compartecipazione del danneggiato e dell'assicurato. Questo poiché, in ragione delle modalità dell'incidente descritte in citazione (presenza di pavimento bagnato ed iniziativa del danneggiato), l'evento costituiva una conseguenza pressoché certa. Inoltre, ad avviso della Compagnia, la fattispecie rientrerebbe "nelle ipotesi di danni derivanti da spargimento di acqua, compresi solo se conseguenti a rotture degli impianti idrici o di riscaldamento?". Nessune di queste deduzioni si reputa condivisibile. L'art. 1.1., comma 1, lett. A, delle condizioni di polizza così dispone: "A) Responsabilità Civile verso terzi. La Società, si obbliga a tenere indenne, fino alla concorrenza delle somme indicale in polizza, l'Assicurato di quanto questi sia tenuto a pagare, quale civilmente responsabile ai sensi di legge, a titolo di risarcimento (capitale, interessi e spese) di danni involontariamente cagionati a terzi per morte, lesioni personali e danneggiamenti a cose, in conseguenza di un fatto accidentale verificatosi in relazione all'esercizio dell'attività commerciale identificata in polizza dal codice di attività, avente ubicazione come indicato nella stessa, svolta altresì in eventuali depositi serventi in via accessoria l'esercizio commerciale assicurato". Nella specie, la teste S.D., escussa all'udienza del 18.01.2018, e che si trovava in compagnia dell'istante all'interno del locale commerciale, ha dichiarato: "?eravamo in prossimità della cassa e, dopo che la (...) aveva pagato, si è girata diretta verso l'uscita ed è subito scivolata per terra fratturandosi una gamba. Ci siamo rese conto che il pavimento era bagnato ed era anche scivoloso perché c'era una ragazza che era intenta a lavarlo. Ricordo che si trattava di un pavimento di colore chiaro fatto di maioliche ed il negozio era dotato di normale illuminazione. Nel mentre eravamo voltate verso la cassa per pagare non avevamo avuto la possibilità di vedere che erano iniziate le operazioni di pulizia e la mia amica è caduta dopo essersi girata verso l'uscita ed aver effettuato un solo passo. E' stata subito soccorsa sia dal titolare del negozio di nome Vincenzo, che era presente, sia da me che dal marito (...) che è accorso dentro il negozio; preciso che al momento della caduta il marito della (...) era fuori al negozio a parlare con un amico (...). La (...) è stata poi soccorsa dal 118. Preciso che il pavimento era bagnato nella sua interezza tanto che anche noi avevamo difficoltà a camminare e che si vedeva la schiuma del sapone sia sul pavimento stesso sia sul secchio contenente l'acqua per lavarlo ... al momento dell'evento non c'era alcun segnale ad indicare che il pavimento era bagnato ...". Il teste (...), escusso all'udienza del 30.01.2018, ha riferito: "preciso che io mi trovavo fuori al negozio, all'altezza della porta, con il viso rivolto verso l'interno del negozio, quando ho visto l'attrice cadere nel mentre usciva. Ho visto l'attrice scivolare nei pressi della cassa ed era in compagnia di un'altra amica (...). Dopo la caduta, io mi sono avvicinato e ho notato che il pavimento era bagnato, come se fosse stato lavato; Tuttavia io non ho visto alcuno provvedere a lavare il pavimento nell'immediato, non ricordo di aver visto secchi con l'acqua. Al momento della caduta era presente anche il titolare del negozio, (...). Non c'era alcuna segnalazione del pavimento bagnato. Dopo la caduta abbiamo provato a far rialzare l'attrice ma non ci siamo riusciti in quanto lamentava dolore, precisamente alla gamba sinistra, abbiamo pertanto chiamato il 118 ... al momento della caduta, all'interno del negozio non vi erano altri clienti oltre la forte e la sua amica" (sull'attendibilità dei testi, subito infra). Orbene, non solo la prima teste ha dichiarato che si trattò di evento improvviso, ma neppure può essere messa in dubbio la circostanza che, nella specie, l'evento è certamente imputabile al titolare del negozio, in ragione del fatto che questi aveva comunque consentito il lavaggio del pavimento (evidentemente ad opera di propri incaricati), nel momento in cui vi erano avventori all'interno dell'esercizio commerciale. A tanto segue che la deduzione di inoperatività della garanzia non può cogliere nel segno, trattandosi di fatto sì accidentale, ma comunque causalmente riconducibile a comportamento colposo (commissivo od omissivo che sia) del titolare dell'esercizio. Si è ad esempio sostenuto che l'assicurazione della responsabilità civile, mentre non può concernere fatti meramente accidentali, dovuti, cioè, a caso fortuito o forza maggiore, dai quali non sorge responsabilità, per la sua stessa natura importa necessariamente l'estensione ai fatti colposi, restando escluso, in mancanza di espresse clausole limitative del rischio, che la garanzia assicurativa non copra alcune forme di colpa. Pertanto la clausola della polizza stipulata da un condominio, la quale preveda la copertura dei danni "involontariamente cagionati a terzi in conseguenza di un fatto accidentale", senza contenere alcuna limitazione con riguardo a determinati gradi di colpa, fa ritenere operante la garanzia anche in ipotesi di comportamento gravemente colposo dell'assicurato (nella specie, per il difetto di manutenzione di una tubazione idrica condominiale), con la sola eccezione delle condotte dolose (Cass. civ. Sez. III Sent., 26/02/2013, n. 4799; cfr. anche Cass. civ., VI, 11/08/2017, n. 20070). Neppure si reputa possa operare la lettera e) delle "Estensioni di polizza", che prevede che "i danni derivanti da spargimento di acqua sono compresi solo se conseguenti a rotture degli impianti idrici o di riscaldamento". Nella specie, la presenza di acqua è condizione che si pone necessariamente sullo sfondo, o comunque è uno degli elementi che ha contribuito a cagionare l'evento, unitamente al comportamento umano di rendere il pavimento bagnato - e dunque pericoloso - ma non è essa stessa fonte diretta di danni. In tema di responsabilità per danni da cose in custodia, qualora il danno non derivi da un dinamismo interno della "res", in relazione alla sua struttura o funzionamento, ma presupponga un intervento umano che si unisca al modo d'essere della cosa inerte, il danneggiato può provare il nesso causale tra evento dannoso e bene in custodia unicamente dimostrando l'obiettiva situazione di pericolosità dello stato dei luoghi, tale da rendere probabile, se non inevitabile, il danno stesso (Cass. civ. Sez. VI - 3 Ord., 20/10/2015, n. 21212 cfr. anche Corte d'Appello Bari Sez. III Sent., 11/01/2023). E nella specie si è detto come l'istante in primo grado abbia senz'altro dimostrato l'intrinseca pericolosità della cosa con la quale ha interagito, nonché l'obiettiva insidiosità dello scenario in cui si è verificato il sinistro. Le dichiarazioni rese dai testi escussi si reputano inoltre assolutamente verosimili. Si tratta di dichiarazioni complessivamente genuine. Ad esempio, la dichiarazione del teste A. di non avere visto secchi o personale intento a lavare il pavimento, non esclude che quest'attività ci sia stata, potendo, il predetto teste, che si trovava comunque all'esterno del negozio, non essersi accorto della presenza citata, anche in ragione della concitazione del momento. E contrariamente a quanto sostenuto dall'appellante, neppure può essere sottaciuta la rilevanza della documentazione relativa al ricovero di (...) in data 22.01.2009, e cioè lo stesso giorno del sinistro, presso l'Ospedale di Castellammare di Stabia, con diagnosi di "frattura trocanterica collo femore". Nel referto si legge: "riferisce caduta in un negozio a causa del pavimento bagnato". Si tratta di circostanza che quantomeno colora di genuinità le dichiarazioni rese dai testi. Di contro, si reputa non possa condurre al risultato sperato dalla Compagnia la deduzione di quest'ultima inerente all'atteggiamento processuale posto in essere da (...). L'appellate vorrebbe fare conseguire alla mancata contestazione, da parte del predetto (...), definita poco chiara (cfr. pag. 10 dell'appello), elementi da considerare ai fini del rigetto della domanda originaria. La mancata contestazione - si badi - è atteggiamento che va sì valorizzato, ma, nel senso richiesto dall'art. 115, primo comma, c.p.c., unicamente in favore della parte attrice in primo grado e non certo per ritenere sussistente una non meglio precisata comunanza di interessi e di volontà esistenti tra attore e convenuto (cfr. pag. 11 dell'impugnazione), deduzione, quest'ultima, fondata su mere asserzioni. Quanto poi alla dedotta erronea applicazione dell'art. 2051 c.c., vale richiamare il principio a tenore del quale, nell'ipotesi di caduta all'interno di un esercizio commerciale a causa del pavimento bagnato (per lo sgocciolamento degli ombrelli dei clienti), la mera disattenzione della vittima non integra caso fortuito ex art. 2051 c.c., in quanto il custode, per superare la presunzione di colpa a proprio carico, è tenuto a dimostrare di avere adottato tutte le misure idonee a prevenire i danni derivanti dalla cosa divenuta pericolosa per la situazione atmosferica e per la contestuale presenza di numerose persone nei locali (Cass. civ. Sez. III Sent., 27/06/2016, n. 13222). In ragione della descrizione dell'evento operata dai testi escussi ed in forza dei principi appena indicati, neppure può trovare applicazione l'art. 1227 c.c. Per quanto riguarda poi l'accertamento medico operato, e dunque il rapporto di causalità accertato, nonché la quantificazione del danno, il Consulente nominato, nella sua relazione, ha scritto: "in occasione dell'incidente occorso del 22 gennaio 2009 presso l'esercizio commerciale "(...)" a P. (...), per una caduta al suolo dovuto alla presenza del pavimento bagnato e scivoloso, la signora (...) ha riportato una frattura composta sottotrocanterica del femore sinistro su esiti di un recente intervento chirurgico di courettage e borraggio con cemento acrilico di un condrosarcoma mixoide grado 1. Alla lesione fratturativa subita dalla signora (...), da ritenersi di tipo patologico, avendo il trauma agito su un "locus minoris resistentiae" dell'osso e che, molto verosimilmente in un soggetto normale, per la sua stessa età e costituzione muscolo scheletrica, non avrebbe determinato una frattura ossea, al termine del trattamento chirurgico-ortopedico di osteosintesi con innesti ossei e placca-lama e viti, ancora in situ, resosi indispensabile, ed anche dopo la fase riabilitativa assistita, non documentata agliatti, sono comunque residuate delle sequele soggettive ed obiettive clinico funzionali e strumentali su riportate, di significativo rilievo nella complessiva valutazione medico legale, che, per essere ancora apprezzabili, a notevolissima distanza di tempo dall'evento traumatico, possono ormai essere considerate come stabilizzate ed inemendabili. Esse allo stato attuale, devono essere valutate alla stregua di veri postumi permanenti, con un tasso tabellare globale, se si tiene conto della reale incidenza della menomazione residuata sulla complessiva integrità psicofisica del soggetto, molto attivo e motivato, seppure con un con stato anteriore osteo articolate osteoarticolare non perfettamente integro, per recenti esiti di chirurgia ortopedica, in riferimento anche alla sua sfera individuale relazionale, nonché all'espletamento delle normali attività quotidiane della stessa, dell'otto virgola cinque per cento. Accertatasi la sussistenza del nesso di causalità tra il tipo di sinistro verificatosi, non assumendo rilievo quanto riportato in anamnesi in occasione del suo ricovero del 23.1.2009 presso l'IOR di Bologna alla luce delle prove testimoniali in precedenza raccolte in sede dibattimentale, lesioni ex novo determinatesi e la menomazione poi stabilizzatasi, essendo sufficientemente rispettati tutti i criteri di valutazione tecnica dello stesso, dopo studio attento e critico della documentazione sanitaria allegata agli atti, si può ragionevolmente affermare che il periodo di inabilità temporanea totale, relativamente alla fase del trattamento chirurgico ortopedico in senso stretto ha avuto la complessiva durata di 40 giorni ...". Il CTU ha poi concluso ritenendo, appunto, che la signora (...), in occasione dell'incidente del 22 gennaio 2009, "ha riportato una frattura composta sottotrocanterica del femore sinistro su esiti di recente intervento chirurgico di courettage e borraggio con cemento acrilico per condrosarcoma mixoide grado 1, poi operata di osteosintesi con placca-lama e viti ed innesti ossei". Il CTU, in sede di risposte alle osservazioni, ha anche avuto modo di evidenziare che "risulta comunque accertata la sussistenza del nesso di causalità tra il tipo di sinistro verificatosi, non assumendo rilievo la discordanza tra quanto riferito in occasione delle prime cure ricevute dalla periziata del 22 gennaio 2009 presso il pronto soccorso del presidio ospedaliero di Castellammare di Stabia e di quanto poi riportato in anamnesi in occasione del successivo ricovero del 23 gennaio 2009 presso l'IOR di Bologna alla luce delle prove testimonianze in precedenza raccolta in sede dibattimentale, le lesioni ex novo determinatesi e la menomazione poi stabilizzatasi, essendo sufficientemente rispettati tutti i criteri di valutazione tecnica dello stesso ...". Seppure il Tecnico abbia reso valutazioni a lui non spettanti (con il richiamo alle prove testimoniali), si è già detto della valutazione di genuinità in ordine alle dichiarazioni rese dai testi escussi nel corso del giudizio di primo grado. E vale altresì richiamare quanto sostenuto, in maniera condivisibile, dal Giudice di prime cure: "invero la compagnia di assicurazioni, terza chiamata in causa, nel contestare la veridicità del fatto storico allegato dall'attrice, assume che la frattura femorale occorsa alla (...) si verificò per cedimento strutturale della lesione osteosarcomatosa precedentemente svuotata e riempita con cemento "poiché vi fu l'inosservanza delle prescrizioni mediche che imponevano alla signora (...) il divieto di carico", eccependo che sostanzialmente la caduta occorsa all'attrice fu determinata dalla grave patologia da cui affetta e che le avrebbe impedito di caricare l'arto. In merito si osserva che si è già innanzi rilevato che il fatto costitutivo della domanda attorea deve ritenersi provato, sia perché non contestato dal convenuto, sia alla luce delle dichiarazioni dei testi escussi e del referto del Pronto Soccorso dell'Ospedale di Castellammare di Stabia; tanto chiarito si rileva che il consulente ha ben evidenziato che la caduta patita ha determinato una frattura ossea proprio in virtù della patologia oncologica da cui era stata affetta la (...), avendo il trauma agito su un locus minoris resistentiae dell'osso che molto probabilmente in un soggetto normale non avrebbe determinato quegli esiti. Del resto non vi è assolutamente prova di quanto allegato dalla compagnia di assicurazioni in ordine alla mancata osservanza da parte della (...) delle prescrizioni sul divieto di carico, né tantomeno vi è allegazione e prova che al momento del sinistro la stessa stesse trasportando pesi che non poteva sorreggere. Si osserva altresì che quanto riportato in anamnesi nel diario clinico relativo al ricovero della (...) presso l'ospedale Rizzoli di Bologna, non appare neanche incompatibile con quanto allegato in citazione dall'attrice; nel detto diario clinico, con riferimento alla data del 23.01.2009 si legge infatti "..due giorni fa riferisce di aver caricato sull'arto operato con sensazione di cedimento, successiva caduta e comparsa di dolore e limitazione funzionale" (cfr cartella clinica allegato 22 produzione attorea); mentre nel rapporto denunzia di PS n. (...) ore 22.24, redatto al momento del ricovero della (...) presso l'Ospedale Rizzoli si legge "... due giorni fa caduta accidentale con dolore ed impotenza funzionale anca sinistra, viene con RX che mostrano quadro di frattura del femore prossimale a livello della lesione" (cfr cartella clinica allegato 22 produzione attorea). Ebbene nel dato riportato nulla è dettagliato in ordine al contesto spazio-temporale ed alle modalità delle riferita "successiva caduta", o anche "caduta accidentale" sicché alla luce di quanto riportato nel referto ospedaliero dell'Ospedale San Leonardo di Castellammare di Stabia del 22.01.2009 e delle dichiarazioni dei testi (cui si aggiunge quella stragiudiziale dello stesso convenuto, cfr denunzia di sinistro del 6.3.2009 allegato 17 produzione attorea) non vi è motivo per negare che la (...) in data 22.01.2009 cadeva in quanto scivolava su pavimento bagnato". In ogni caso, nella diagnosi di dimissione del 13.12.2008 dell'Ospedale di Rimini, dove la Signora (...) fu operata, si suggerisce un divieto di carico per 30 giorni utili, a fronte del sinistro verificatosi in data 22.1.2009 (e dunque successivamente al decorso dei trenta giorni). Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dall'appellante, alcuna confessione può reputarsi sussistente nelle dichiarazioni riportate nel diario clinico del 23.1.2009 presso l'Ospedale di Bologna. In detto diario si legge: "raccordo anamnestico: 40 giorni fa operata dal Prof. (...) di curettage e boraggio con cemento. Due giorni fa riferisce di aver caricato sull'arto operato con sensazione di cedimento, successiva caduta e comparsa di dolore e limitazione funzionale". Si tratta, appunto, di mera sensazione di cedimento, ma nulla di maggiormente specifico e probante. Infine, va detto che la valutazione tecnica inerente alla quantificazione dei danni resa dal Consulente tecnico d'ufficio, anche a seguito di chiarimenti forniti all'udienza del 28.2.2019, è stata recepita dal Tribunale, mentre la Compagnia, ad avviso della Corte, non ha univocamente censurato tutte le valutazioni tecniche rese (cfr. pagine 25 e ss. dell'appello), deducendo un presunto difetto di motivazione, per cui, quantomeno da questo limitato punto di vista, la censura si reputa inammissibile. Le considerazioni sin qui fatte assorbono ogni altra questione prospettata o prospettabile. Pertanto, per tutti i riferiti motivi, autonomamente e complessivamente considerati, l'appello proposto dalla Compagnia di assicurazione va disatteso. 3. L'impugnazione promossa da (...) Anche quest'impugnazione (giudizio n. 1023/2020) è sufficientemente specifica ed è stata promossa in data 6.3.2020 a fronte della notificazione della sentenza in data 26.2.2020, unitamente all'appello principale, per come dedotto dalla difesa di (...), che ha poi provveduto a costituirsi in giudizio il 10.3.2020. (...), con il primo motivo, ha impugnato la decisione nella parte in cui il giudice di primo grado "ha liquidato il danno non patrimoniale da invalidità permanente: - semplicemente quantificando il danno sulla scorta del mero grado differenziale di I.P. dell'8,5%; - senza tener conto dell'I.P. complessiva da cui è affetta del 15,5%, di cui il 7% pregresso ed il residuo 8,5% attribuibile alle lesioni subite nell'evento de quo; - nell'incongrua misura Euro 18.847,00 ...". L'appellante ha quindi lamentato "l'incongrua liquidazione del danno non patrimoniale differenziale da invalidità permanente; - l'errata liquidazione del danno non patrimoniale differenziale da invalidità permanente operata sulla scorta del mero grado differenziale di I.P.; - la mancata liquidazione del danno differenziale sulla scorta dei valori monetari e, pertanto, tenendo conto della percentuale di I.P. complessiva residuata e della percentuale di I.P. pregressa ...". Ad avviso dell'appellante, la liquidazione su soggetto già infortunato avrebbe dovuto essere fatta nel seguente modo: dapprima quantificando il danno non patrimoniale sulla scorta della complessiva percentuale di invalidità permanente residuata alla ricorrente - comprensiva sia di quella pregressa, sia di quella derivante dall'evento lesivo - per poi conteggiare il predetto danno sulla scorta della percentuale di invalidità permanente di cui era già portatrice. Successivamente, ad avviso dell'appellante, andava operata la sottrazione tra i due valori monetari al fine di ottenere la differenza, costituente il danno non patrimoniale differenziale dovuto. Questa censura coglie nel segno. Secondo l'insegnamento della Suprema Corte, in tema di liquidazione del danno alla salute, l'apprezzamento delle menomazioni preesistenti "concorrenti" in capo al danneggiato rispetto al maggior danno causato dall'illecito va compiuto stimando, prima, in punti percentuali l'invalidità complessiva, risultante cioè dalla menomazione preesistente sommata a quella causata dall'illecito e poi quella preesistente all'illecito, convertendo entrambe le percentuali in una somma di denaro, con la precisazione che in tutti quei casi in cui le patologie pregresse non impedivano al danneggiato di condurre una vita normale lo stato di invalidità anteriore al sinistro dovrà essere considerato pari al cento per cento; procedendo infine a sottrarre dal valore monetario dell'invalidità complessivamente accertata quello corrispondente al grado di invalidità preesistente, fermo restando l'esercizio del potere discrezionale del giudice di liquidare il danno in via equitativa secondo la cd. equità giudiziale correttiva od integrativa, ove lo impongano le circostanze del caso concreto (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione con la quale il giudice di appello aveva accertato che il danneggiato, a causa del sinistro stradale occorsogli, aveva patito conseguenze dannose che avevano reso più penosa la menomazione preesistente di cui era portatore e aveva correttamente precisato che ai fini del calcolo del danno la sottrazione doveva essere operata non già tra i diversi gradi di invalidità permanente, bensì tra i corrispondenti valori monetari) (Cass. civ. Sez. III Sent., 11/11/2019, n. 28986). Ciò detto appare corretto il calcolo operato dall'appellante a pag. 10 dell'impugnazione, in quanto, effettivamente, il danno non patrimoniale complessivo da invalidità permanente, tenendo conto delle tabelle milanesi al 2018 e richiamate dal Tribunale, nonché dell'età dell'istante al momento dell'evento, va calcolato in Euro 47.533,00 (con decimale arrotondato: Euro 3.650,78, quale media matematica tra il valore punto di Euro 3.570,33 previsto per il 15% ed il valore punto di Euro 3.731,23 per il 16%, moltiplicato per 15,5 punti percentuali, nonché per il coefficiente demoltiplicatore dello 0,840, corrispondente all'età di 33 dell'istante al momento del sinistro). Il danno non patrimoniale da invalidità permanente pregressa, invece, sempre tenuto conto delle predette tabelle, d'età dell'appellante, della percentuale di cui era già portatrice - e cioè del 7 % - è di Euro 13.036,00 (con decimale arrotondato). Dunque, il danno da liquidare, nella specie, è di Euro 34.497,00 (euro 47.533,00 - Euro 13.036,00), per cui all'istante va riconosciuto l'indicato importo. A tanto segue il riconoscimento, quale pregiudizio complessivo subito dall'attrice, in valori monetari, di Euro 44.697.00 Euro 10.200,00 per invalidità temporanea, già riconosciuti dal giudice di prime cure (cfr. pag. 8 della sentenza impugnata) + Euro 34.497,00. Orbene, tenuto conto dei motivi d'appello, (...) va condannato al pagamento, in favore di (...), della complessiva somma di Euro 44.697,00, oltre la rivalutazione e gli interessi, come in parte motiva. Sulla somma così ottenuta vanno applicati gli interessi legali dalla presente pronuncia al saldo, come statuito dal Tribunale, seppure con la modifica del quantum appena operata. Naturalmente, dell'obbligo di pagamento di questa somma, (...) dovrà essere manlevato dalla Compagnia, secondo quanto previsto nel capo d) del dispositivo della sentenza resa dal Tribunale. Con il secondo e terzo motivo, l'appellante ha censurato la decisione nella parte in cui il Tribunale non ha considerato ed in ogni caso non ha riconosciuto l'aumento previsto dal comma 2 dell'art. 4 del D.M. n. 55 del 2014 per l'ipotesi in cui il difensore assista il cliente nei confronti di più parti. Anche questa censura va accolta. Il comma 2 dell'art. 4 del D.M. n. 55 del 2014, ratione temporis vigente, stabilisce che "quando in una causa l'avvocato assiste più soggetti aventi la stessa posizione processuale, il compenso unico può di regola essere aumentato per ogni soggetto oltre il primo nella misura del 30 per cento, fino a un massimo di dieci soggetti, e del 10 per cento per ogni soggetto oltre i primi dieci, fino a un massimo di trenta. La disposizione di cui al periodo precedente si applica quando più cause vengono riunite, dal momento dell'avvenuta riunione e nel caso in cui l'avvocato assiste un solo soggetto contro più soggetti". Si è ad esempio sostenuto, seppure per regolare la prima delle ipotesi previste dalla norma (e nella formulazione ancora precedente), che in caso di difesa di più parti aventi identica posizione processuale e costituite con lo stesso avvocato, è riconosciuta al giudice la facoltà di aumentare il compenso unico per ogni soggetto oltre il primo nella misura del 20 per cento, fino a un massimo di dieci soggetti, ai sensi dell'art. 4, comma 2, prima parte, del D.M. n. 55 del 2014, in modo discrezionale, dovendo il giudice motivare, sia nell'evenienza in cui ritenga di riconoscere l'aumento, sia nell'evenienza contraria (Cass. civ. Sez. VI - 2 Ord., 14/12/2022, n. 36509). Come accennato, il compenso dell'avvocato può essere aumentato del 30% non solo quando in una causa l'avvocato assiste più soggetti aventi la stessa posizione processuale ma anche nel caso in cui l'avvocato assiste un solo soggetto contro più soggetti (Cass. civ. Sez. II Ord., 17/03/2023, n. 7774). Nella specie, si reputa doveroso riconoscere l'importo indicato, in ragione della diversità delle posizioni naturalmente assunte sia dal garante che dal garantito. Anche questi due motivi vanno quindi accolti. 4. Considerazioni conclusive e spese La sentenza va quindi riformata nei limiti sin qui indicati, con conseguente parziale incisione dei capi a) e b) del dispositivo, nonché conferma dei restanti capi (che vengono riportati nel presente dispositivo per esigenze espositive, tenuto conto del principio secondo cui la sentenza d'appello, anche se confermativa, si sostituisce totalmente a quella di primo grado: Cass. civ. Sez. I, 11/04/2018, n. 9001). Il giudice di appello, allorché riforma in tutto o in parte la sentenza impugnata, deve procedere d'ufficio ad una nuova regolamentazione delle intere spese processuali, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, poiché l'onere delle stesse deve essere attribuito e ripartito tenendo presente l'esito complessivo della controversia (Cass. civ., Sez. III, 04/06/2007, n. 12963). Nondimeno, la modifica dell'importo riconosciuto in favore di (...) non influenza lo scaglione di riferimento, per cui le spese del primo grado vanno incise limitatamente alla maggiorazione richiesta. Le spese del presente grado seguono la soccombenza degli appellati, si liquidano in dispositivo e vanno distratte in favore del difensore di (...), come richiesto. In applicazione di quanto previsto dal comma 2 dell'art. 1917 c.c., queste somme dovranno comunque essere versate dalla Compagnia. Vanno infine riconosciute, per il presente grado, alla difesa di (...), le maggiorazioni previste sia dal citato comma 2 dell'art. 4 D.M. n. 55 del 2014, trattandosi di posizioni, come visto, differenziate, che quelle previste dal comma 1 bis, per effetto dei richiami ipertestuali. Il principio della soccombenza va applicato anche nei rapporti tra (...) e la Compagnia, con distrazione delle spese in favore del difensore. Vanno anche qui riconosciute, per il presente grado, alla difesa di (...), le maggiorazioni previste dal comma 2 dell'art. 4 D.M. n. 55 del 2014, trattandosi di posizioni, come visto, differenziate, ma non quelle stabilite dal comma 1 bis, non reputandosi che gli atti siano stati redatti con tecniche informatiche sufficientemente idonee ad agevolarne la consultazione o la fruizione. Infine, va chiarito che, sempre in applicazione del secondo comma dell'art. 4 citato, in caso di riunione di più cause, la liquidazione dei compensi per l'attività svolta prima della riunione deve essere separatamente liquidata per ciascuna causa in relazione all'attività prestata in ciascuna di esse, mentre, per la fase successiva alla riunione, può essere liquidato un compenso unico sul quale è facoltà del giudice applicare la maggiorazione in presenza dei presupposti previsti dalla tariffa (cfr. Cass. civ. Sez. I Ord., 28/05/2018, n. 13276; Cass. civ. Sez. VI - 2, Ord., 31-05-2022, n. 17693). Pertanto, ferma la maggiorazione già riconosciuta, vanno riconosciuti separatamente i compensi inerenti alla fase di studio ed introduttiva, atteso che il procedimento n. 1023/2020 è stato trasmesso dalla quarta sezione della Corte, senza preventivo svolgimento di significativa attività, all'intestata sezione, con provvedimento del 23/26.6.2020 (la riunione, come visto, è avvenuta in data 6.11.2020). Infine, tenuto conto delle richieste, va detto che all'avvocato sono dovute, oltre al rimborso delle spese documentate e di quelle forfettarie generali (non strettamente inerenti alla singola pratica ma necessarie per la conduzione dello studio), altre spese che sfuggono ad una precisa elencazione ma che di fatto sono sostenute dal professionista nello svolgimento del singolo incarico (tra le quali, gli esborsi per gli spostamenti necessari per raggiungere l'Ufficio giudiziario in occasione delle udienze o degli adempimenti di cancelleria, diversi da quelli per viaggio e trasferta di cui all'art. 27 del D.M. n. 55 del 2014, i costi per fotocopie, per l'invio di email o per comunicazioni telefoniche inerenti l'incarico e sostenuti fuori dallo studio); tali spese sono liquidabili in via equitativa per l'impossibilità o la rilevante difficoltà di provare il loro preciso ammontare nonché in considerazione della loro effettiva ricorrenza secondo l'"id quod plerumque accidit" (Cass. civ. Sez. Unite Sent., 27/11/2019, n. 31030). Ai sensi di quanto previsto dall'art. 1-quater dell'art. 13 del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, così come inserito dall' art. 1, comma 17, L. 24 dicembre 2012, n. 228 ed applicabile, ai sensi del successivo art. 18, dal trentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge, "quando l'impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l'ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1-bis. Il giudice dà atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l'obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso". La Compagnia va dunque dichiarata tenuta al versamento. P.Q.M. La Corte d'appello di Napoli, definitivamente decidendo, sugli appelli proposti avverso la sentenza n 2545/2019, emessa dal Tribunale di Torre Annunziata in data 21.11.2019 nel procedimento n. 3947/2016, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, così provvede: - rigetta l'appello proposto dalla (...) spa; - accoglie per quanto di ragione l'appello promosso da (...) ed in parziale riforma dell'impugnata sentenza: a)condanna (...) al pagamento in favore di (...) della complessiva somma di euro44,697,00oltre la rivalutazione e gli interessi, come in parte motiva (della sentenza di primo grado). Sulla somma così ottenuta vanno applicati gli interessi legali dalla presente pronuncia al saldo; b)condanna (...) al pagamento, in favore di (...), delle spese di lite che si liquidano ineuro 9.360,00per competenze professionali ed Euro 843,66 per spese oltre accessori come per legge, con distrazione in favore del difensore; c)pone le spese di c.t.u. in via definitiva a carico del convenuto; d)condanna la (...) s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., al pagamento in via diretta in favore dell'attrice, ai sensi del II comma dell'art. 1917 c.c., di tutte le somme di cui ai capi a), b) e c); e)condanna la (...) s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., al pagamento, in favore di (...) delle spese di giudizio che si liquidano in Euro 5.000,00 per competenze ed Euro 239,00 per spese, oltre accessori come per legge; - condanna la (...) spa e (...), in solido tra loro, al pagamento delle spese di lite sostenute da (...) nel presente grado di giudizio, che liquida in Euro 1.008,5 per spese ed Euro 20.360,79 per compensi (euro 3.476,00 per fase di studio e fase introduttiva per il giudizio 1023/20 + Euro 16.884,79 - di cui Euro 9.991,00, aumentato del 30 %, ex art. 4, commi 1 bis e 2, D.M. n. 55 del 2014 - per il giudizio 867/20), oltre rimborso forfettario nella misura del 15 % sui compensi, iva e c.p.a. come legge, con distrazione delle spese, ex art. 93 c.p.c., in favore del difensore; - condanna, in ogni caso, la (...) spa al pagamento in via diretta, in favore dell'attrice, ex art. 1917, comma 2, c.c., delle somme indicate al capo che precede e dovute anche da (...); - condanna la (...) spa al pagamento delle spese di lite sostenute da (...) nel presente grado di giudizio, che liquida in Euro 200,00 per spese ed Euro 16.464,3 per compensi (euro 3.476,00 per fase di studio e fase introduttiva per il giudizio 1023/20 + Euro 12.988,3 - di cui Euro 9.991,00, aumentato del 30%, ex art. 4, comma 1 bis, D.M. n. 55 del 2014 - per il giudizio 867/20), oltre rimborso forfettario nella misura del 15% sui compensi, iva e c.p.a. come legge, con distrazione delle spese, ex art. 93 c.p.c., in favore del difensore; - dà atto della sussistenza dei presupposti per ritenere la (...) spa tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione. Così deciso in Napoli il 6 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 12 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO La Corte d'Appello di Milano, Sezione Terza Civile composta dai magistrati Dott. Roberto Aponte - Presidente Dott. Alessandro Bondì - Consigliere Dott. Licinia Petrella - Consigliere relatore ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al numero di ruolo sopra riportato promossa in grado d'appello da (...) C.F. (...) (...) C.F. (...) ), con il patrocinio degli Avv.ti Ga.Pi. e Pa.Mo., elettivamente domiciliati in Milano, presso lo studio del primo sito in Via (...), come da procura in atti. - appellanti - contro CONDOMINIO DI VIA (...), M. (C.F. (...)), in persona del suo Amministratore Rag. (...) (C.F. (...) ), con il patrocinio dell'Avv. Fa.Di., elettivamente domiciliato in Milano, presso lo studio sito Via (...), come da procura in atti. - appellato - OGGETTO: appello avverso la sentenza resa nel procedimento recante n. R.G. 50900/2017 dal Tribunale di Milano n. 3420/2021 pubblicata in data 23.04.2021 in materia di "tabelle millesimali". RAGIONI DI FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Con atto di citazione notificato il 27.10.2017, il Sig. (...) e la Sig.ra (...) convenivano in giudizio il Condominio di Via (...) - M. (di seguito anche solo "Condominio") per sentire accertare e dichiarare ai sensi dell'art. 69 disp. att. c.c. la revisione delle tabelle millesimali in uso, stante la loro erroneità, iniquità e la conseguente non attualità, previa ammissione di C.T.U. volta alla revisione, rettifica e/o modifica delle tabelle medesime. A sostegno delle domande formulate in giudizio, gli attori assumevano che vi fosse un errore nell'attribuzione originaria dei millesimi alla loro proprietà e, comunque, la sussistenza delle condizioni giustificatrici per la determinazione giudiziale delle tabelle millesimali, in conseguenza di: erronea e illegittima ripartizione delle spese per scale ed ascensore, mancata attribuzione di valori millesimali a unità immobiliari di proprietà di altro condomino, fusioni, frazionamenti e variazioni di destinazione d'uso di unità immobiliari all'interno del Condominio. Si costituiva in giudizio il Condominio chiedendo, in via preliminare, la sospensione del giudizio ex art. 295 c.p.c. in attesa della decisione della causa R.G.N. 12905/2016 pendente dinanzi al Tribunale di Milano e la declaratoria di improcedibilità delle domande attoree per mancato esperimento della mediazione obbligatoria; nel merito, in via principale, il Condominio chiedeva il rigetto delle domande in quanto infondate in fatto e in diritto, nonché, in via subordinata, la modifica delle attuali tabelle millesimali come ritenuto di giustizia. Dopo aver tentato la composizione stragiudiziale della lite ed aver esperito infruttuosamente la mediazione incardinata a seguito di ordine giudiziale, il giudizio veniva sospeso su istanza delle parti in attesa della definizione della causa R.G. 12905/2016, incardinata dinanzi al Tribunale di Milano avente a oggetto, tra l'altro, l'accertamento del diritto di proprietà comune o privata della porzione di terrazzo sita al sesto piano dell'edificio condominiale. Detto giudizio veniva poi definito con sentenza n. 4038/2019 che confermava la proprietà condominiale di detta porzione di terrazzo. Quindi, su istanza degli attori, veniva disposta la riassunzione in prosecuzione del presente giudizio, definito in primo grado con sentenza pronunciata ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c.. 2. Il Tribunale di Milano, con sentenza n. 3420/2021, rigettava tutte le domande, condannando gli attori al rimborso delle spese in favore del Condominio. Avverso detta pronuncia, i Sig.ri L. e D.D., hanno proposto appello deducendo tre motivi. Con il primo motivo gli appellanti denunciano la violazione e/o la falsa applicazione dell'art. 1123 c.c. e dell'art. 69 disp. att. c.c., nonché l'errata motivazione della sentenza in punto di asserita validità, efficacia, non erroneità delle tabelle millesimali attualmente utilizzate dal Condominio Via C. T. 24 - M. e asserita insussistenza di alcun errore nell'attribuzione originaria dei millesimi alla proprietà degli odierni appellanti. Gli appellanti lamentano che il Tribunale avrebbe dato per scontato che le tabelle millesimali in uso fossero quelle "approvate il 4/07/1961 dalla assemblea condominiale in sostituzione di quelle allegate al regolamento contrattuale del 1956" nonostante la contestazione degli appellanti in ordine alla valenza del documento prodotto sub (...)) dal Condomino (documento denominato "tabelle in uso"), contenente il bilancio consuntivo gestione 2016/2017 dal quale si desumono i criteri utilizzati per il riparto. Tale documento, secondo gli appellanti, non costituirebbe valida prova circa l'attuale esistenza delle "tabelle in uso" né, tanto meno, circa la corrispondenza dei millesimi di proprietà attribuiti alle singole unità immobiliari rispetto ai millesimi indicati nelle tabelle approvate in data 4.07.1961, risultando tale documento semplicemente un estratto della ripartizione delle spese ordinarie redatto dall'amministrazione condominiale. A sostegno del motivo, gli appellanti chiedono di produrre in questa fase di giudizio copia della delibera condominiale del 4.7.1961 (assumendo l'ammissibilità di tale produzione poiché si tratterebbe di documento di cui gli appellanti sarebbero venuti in possesso solo dopo la pronuncia della sentenza di primo grado), documento che sarebbe stato "sorprendentemente non acquisito da parte del Tribunale". La lettura di tale documento avrebbe consentito al Tribunale - secondo i condòmini appellanti - di verificare come le tabelle approvate in data 4.07.1961 prevedessero esclusivamente la ripartizione millesimale relativa a proprietà, riscaldamento e ascensore, e non anche la ripartizione relativa a spese generali, varie, acqua e "Sp.Leg.escl.Pos. 4/S e "Sp.Leg.escl.Pos.7/S" (come erroneamente indicato nella sentenza di primo grado sulla base del doc. 6 fascicolo primo grado Condominio). In secondo luogo, avrebbe consentito al Giudice di primo grado di verificare una palese discordanza tra i millesimi attribuiti in tale documento alla proprietà (...) - subalterno (...) (precedente proprietario dell'unità immobiliare sita al piano primo dello stabile condominiale, successivamente venduta agli odierni appellanti), i millesimi risultanti nel rogito di compravendita del 05.01.1972 a ministero del Notaio Dott. (...) (prodotto sub doc. 1 fascicolo di primo grado attori) e i millesimi indicati invece nel doc. 6 avversario denominato "tabelle in uso". Infine, in terzo luogo, il Tribunale di Milano avrebbe potuto acclarare anche d'ufficio l'invalidità (rectius, nullità) della delibera assembleare del 04.07/05.07.1961 poiché, in spregio alla giurisprudenza di quel tempo (modificatasi poi a seguito della riforma) tale delibera era stata assunta non con l'unanimità dei consensi (ovvero con la totalità dei millesimi di proprietà), bensì con la semplice unanimità dei presenti a tale assemblea (pari a 793,36 mm), ovvero a maggioranza, con conseguente nullità della delibera stessa. Gli appellanti censurano, ancora, la affermata validità ed efficacia delle tabelle millesimali in uso, motivata dal Tribunale dal fatto che le stesse fossero da sempre utilizzate e non risultando "in atti impugnative delle delibere di approvazione dei bilanci ... né decisioni giudiziali che le abbiano poste in discussione" e perché frutto di comportamenti ripetitivi ed univoci posti in essere da tutti i condomini. Così motivando, il Tribunale avrebbe inammissibilmente affermato, secondo gli appellanti, una sorta di automatica accettazione dei criteri utilizzati. Rileva il collegio che la produzione del doc. 2) effettuata in questa sede deve essere dichiarata inammissibile, mancando i presupposti legittimanti di cui all'art. 345 c.p.c., secondo cui, nel giudizio di appello, "non sono ammessi nuovi mezzi di prova e non possono essere prodotti nuovi documenti (...) salvo che la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile". Nel caso di specie i deducenti nulla riferiscono in relazione alle circostanze che avrebbero reso impossibile (per causa a loro non imputabile) la produzione in primo grado del documento 2), limitandosi ad affermare di esserne venuti in possesso "dopo la sentenza di primo grado", evidentemente essendosi attivati solo tardivamente per la acquisizione/produzione del documento, comportamento a loro imputabile. Del resto gli appellanti hanno fatto più volte riferimento nelle loro difese in primo grado a tale documento, il che potrebbe addirittura far ritenere che il documento fosse già in loro possesso. Ugualmente deve essere dichiarato inammissibile il motivo nella parte in cui, sulla base di tale produzione, viene sviluppato per la prima volta in questa fase di giudizio, ampliando inammissibilmente il tema di indagine, l'argomento della nullità/invalidità della delibera condominiale con cui, nel 1961, vennero adottate le tabelle in uso, così asseritamente modificando le precedenti tabelle allegate al regolamento condominiale approvato nel 1956 (tabelle della cui esistenza e contenuto, peraltro, manca qualsiasi prova in atti). La domanda, peraltro, non potrebbe trovare accoglimento, in assenza della valida produzione del documento contenente il verbale di assemblea ove la delibera di cui si assume la nullità è stata adottata, in assenza di qualsiasi onere di acquisizione "officiosa" di tale documento, cui fanno del tutto impropriamente riferimento gli appellanti, in violazione del principio dispositivo di cui all'art. 115 c.p.c.. Pertanto, in punto di validità "formale" delle tabelle in uso, si presenta corretta la prospettazione del giudice di prime cure che - sul punto - ha così statuito: "nel caso di specie può legittimamente ritenersi che la ripetitività e l'univocità del comportamento tenuto da tutti i condomini, quantomeno dal 1961 e quindi pacificamente per quasi 60 anni, denoti chiaramente la volontà di accettare i valori millesimali in uso in quel lasso di tempo e, nello specifico, quelli attribuiti alla proprietà degli attori, nonché di uniformarsi agli stessi" (sentenza impugnata, pag. 4). Le tabelle attualmente in uso risultano approvate da tutti i condòmini, compresi gli appellanti, per facta concludentia, con una convenzione di natura contrattuale - che non richiede la forma scritta - protrattasi per almeno 60 anni, nel corso dei quali gli stessi appellanti (e i loro danti causa) hanno partecipato alle delibere di ripartizione delle spese condominiali secondo tali criteri, non opponendosi né impugnando successivamente le stesse. Infine, si rileva che comunque, in vigenza della normativa precedente alla riforma, la sentenza Cassazione Civile a Sezioni Unite, 9 agosto 2010, n.18477, aveva confermato e cristallizzato l'orientamento di merito già prevalente che riteneva sufficiente, per modificare le tabelle millesimali di un condominio, la maggioranza qualificata di cui all'art. 1136, comma 2, c.c.. Con il secondo motivo di appello gli appellanti denunciano la violazione e/o la falsa applicazione dell'art. 69 disp. att. c.c. e dell'art. 2697 c.c. nonché l'errata motivazione della sentenza nella parte in cui ha escluso rilevanza probatoria all'elaborato tecnico redatto dal tecnico di parte geom. A.G. (prodotto sub (...)) fascicolo appellanti) nonché in punto di asserita mancanza di prova in ordine all'erroneità delle tabelle millesimali attualmente in uso al Condominio Via C. T. 24 - M. e all'erroneità del valore di 241 millesimi attribuito all'unità "negozio" di proprietà degli odierni appellanti. Il Tribunale ha ritenuto, in particolare, che la consulenza di parte non consentisse di dedurre "alcun elemento a sostegno della esistenza dell'asserito errore" trattandosi di "una semplice prospettazione di osservazioni ed ipotesi e indicazione di nuovi valori millesimali da attribuire alle proprietà presenti nel condominio, senza alcun apprezzabile riferimento alle tabelle in uso e alla esistenza di errori". Assumono gli appellanti, che il Tribunale non avrebbe considerato che l'errore determinante la revisione delle tabelle millesimali ai sensi dell'art. 69 disp. att. c.c. sarebbe costituito dall'obiettiva divergenza fra il valore effettivo delle unità immobiliari e quello tabellarmente previsto, evidenziata nella tabella allegata alla relazione del Geom. (...). Secondo la prospettazione degli appellanti, il Tribunale avrebbe dovuto quindi adeguatamente verificare come l'elaborato del geom. (...), già da una semplice lettura, evidenziasse numerose anomalie, che un eventuale Consulente Tecnico nominato dal Tribunale avrebbe potuto a sua volta accertare e constatare e quindi risolvere, proponendo egli stesso una propria elaborazione basata su effettivi e puntuali rilievi dello stato dei luoghi. Anche per quanto attiene alle spese per ascensore, i deducenti deducono che il Tribunale avrebbe omesso di considerare le discrepanze in essere, con variazioni dei valori millesimali sostanziali. In particolare, censurano le conclusioni del Tribunale che si è limitato a rilevare come l'ascensore fosse già presente all'epoca delle nuove tabelle (1961). A tale proposito, specificano gli appellanti che l'eccezione per cui le tabelle non avrebbero considerato l'installazione dell'ascensore all'interno del Condominio non era riferita ai valori millesimali di ascensore, quanto ai valori millesimali di proprietà, dovendosi considerare che, nel caso in cui in un condominio sia installato un ascensore, il valore dei millesimi di proprietà varia in maniera inversa, ovvero i millesimi aumentano man mano che si sale di piano e ciò in quanto pur essendo maggiore il pregio dell'unità immobiliare posta ai piani alti, se questa è raggiungibile solo a piedi, tale pregio viene meno. Secondo la tesi dei sig.ri (...), una più accorta analisi della relazione del geom. (...) e dei relativi allegati avrebbe permesso al Tribunale di Milano di rilevare le discrepanze in essere, analiticamente riportate in atti. Anche tale secondo motivo di appello non può trovare accoglimento. Deve innanzi tutto considerarsi che la revisione delle tabelle millesimali, a mente dell'art. 69 disp. att., può essere richiesta solo in due casi: ove i valori millesimali siano conseguenza di un errore ovvero ove siano mutate le condizioni dell'immobile, precisandosi, in questa ipotesi, che la mutazione deve comportare un'alterazione di almeno un quinto del valore proporzionale dell'unità immobiliare di un singolo condomino. In base ai principi generali sulla ripartizione dell'onere probatorio, spetta a chi agisce in giudizio per richiedere la revisione delle tabelle dimostrare l'esistenza di uno o entrambi i presupposti indicati. Gli odierni appellanti hanno fondato la loro domanda sull'allegata esistenza di errori, allegando altresì modifiche nelle unità immobiliari che avrebbero comportato alterazioni maggiori di un quinto. Avendo riguardo ai profili critici dedotti, deve tenersi presente che la revisione in conseguenza di errore si riferisce a ipotesi di errore, anche nell'interesse di un solo condòmino, che evidenzi un'obiettiva divergenza tra il valore effettivo delle singole unità immobiliari e il valore proporzionale ad esse attribuito nelle tabelle (cfr. Cass. 4421/01; Cass. 15094/00; Cass. SS.UU. 6222/97). La giurisprudenza ha chiarito che non ogni tipo di errore può giustificare la revisione, potendosi dar luogo ad essa unicamente in presenza di errori essenziali, che attengano alla determinazione degli elementi necessari per il calcolo del valore dei singoli appartamenti (quali l'estensione, l'altezza, l'ubicazione, ecc.), non rilevando, al contrario, a tale fine, gli errori di fatto o di diritto. Ne consegue che non può attribuirsi valore di errore essenziale ad errori determinati soltanto dalla adozione di criteri più o meno soggettivi (vari coefficienti), stante la discrezionalità insita nella loro applicazione. Alla luce di tale premessa e dei principi che, secondo la giurisprudenza di legittimità, presiedono la revisione delle tabelle, deve confermarsi in questa sede la valutazione operata dal Tribunale in ordine alla inidoneità della consulenza di parte redatta dal geom. (...) a fornire prova dell'esistenza di errori essenziali determinanti, nel senso sopra chiarito. Di tale inidoneità, del resto, sembrano essere consapevoli anche gli appellanti che reiterano, in questa sede, la richiesta di ammissione di una c.t.u. volta alla revisione, rettifica e/o modifica delle tabelle millesimali in uso. Dalla lettura dell'elaborato tecnico si apprende che l'incarico ricevuto dal geometra (...) è stato quello di una "valutazione tecnico preventiva sullo stato dell'arte delle tabelle millesimali in uso" ed eventualmente "una valutazione sommaria di quello che potrebbe scaturire da un puntuale preciso rifacimento dei valori millesimali". Ciò premesso, il tecnico ha evidenziato che le spese sostenute per scale ascensore, vengono ripartite utilizzando l'apposita tabella, che "non sembrerebbe" rispettare i termini fissati in materia dalle vigenti norme (artt.1123 e seguenti c.c.). Il tecnico ha inoltre rilevato che il riparto delle spese "non sembrerebbe" attribuire alcuna spesa al locale deposito censito al sub (...) e non considerare la fusione di due unità residenziali al terzo piano nonché il cambio di destinazione d'uso di unità al primo piano, pur precisando lo stesso tecnico che tali modifiche non hanno alterato in maniera "vistosa" il numero delle unità costituenti il condominio. Tali modifiche, ritenute dal tecnico idonee a mutare un diverso uso che ciascun partecipante al condominio fa o potrebbe fare della cosa comune, giustificherebbero un diverso criterio di ripartizione, diverso criterio che il tecnico elabora, pur evidenziando che trattasi di ricostruzione gravata "da alcuni difetti di impianto", superabili solo con l'accesso diretto alle unità che compongono il condominio. All'elaborato è allegato un prospetto intestato "tabella generale millesimi di proprietà e ripartizione spese condominiali" recante l'indicazione di valori dei millesimi di proprietà e dei millesimi "di gestione" per spese generali, acqua, scale e ascensore, diversi da quelli attualmente in uso, senza alcuna indicazione né dei criteri utilizzati per pervenire a tali diversi valori né degli eventuali errori riscontrati nella determinazione dei millesimi di proprietà né, infine, dei coefficienti utilizzati per la determinazione delle tabelle millesimali (essendo noto che, nella redazione di tali tabelle, vi è discrezionalità tecnica determinata dall'utilizzo di diversi coefficienti che possono differentemente incidere sulla determinazione dei valori millesimali). Alla luce di tali circostanze si deve condividere la valutazione operata dal primo giudice in ordine all'impossibilità di trarre da tale elaborato argomenti a sostegno delle prospettazioni degli appellanti. Gli odierni appellanti non hanno fornito prova dell'esistenza dei presuppost sopra richiamati, giustificanti la richiesta di revisione. Le lacune probatorie sono evidenti sol che si consideri che gli appellanti assumono che vi sarebbe stata nel 1961 una illegittima modifica di originarie tabelle contrattuali, senza fornire prova, nel presente giudizio, né del contenuto delle prime tabelle (avendo prodotto unicamente atti di acquisto in cui si fa riferimento a un "regolamento di condominio" non presente in atti) né delle modifiche successive (stante l'inammissibile produzione della delibera adottata nel 1961). Ne consegue che, nel presente giudizio, le uniche tabelle condominiali sono quelle in uso, ricavabili dal documento 2) prodotto dal Condominio. Orbene, in relazione ai criteri ivi adottati, gli appellanti hanno dedotto, quanto alle tabelle di proprietà, che non sarebbero "plausibili" i valori indicati (pag. 22 atto di appello) limitandosi a riportare l'elenco delle unità immobiliari e il relativo valore millesimale. Dall'esame di tali dati, non è dato riscontrare alcuna violazione al criterio utilizzato per la determinazione delle tabelle di proprietà (rapporto superficie proprietà privata con superficie complessiva), risultando al contrario l'attribuzione di un medesimo valore millesimale a immobili aventi la medesima metratura, indice di congruità. Errano gli appellanti ove affermano che le tabelle di proprietà dovrebbero tenere in considerazione la presenza dell'ascensore che inciderebbe sui millesimi di proprietà delle unità immobiliari poste ai piani alti in quanto tale circostanza è idonea a incidere unicamente sulle diverse tabelle millesimali di gestione. Quanto alla ipotizzata mancata considerazione nel riparto spese di un locale deposito di proprietà (...), il condominio ha precisato che il deposito cantina a servizio del negozio è compreso nei complessivi 103 millesimi attribuiti alla proprietà, come indicati alla riga 11 del prospetto spese. Ciò appare del tutto plausibile se è vero che gli stessi appellanti denunciamo come eccessivo il valore millesimale attribuito al negozio, valore che ben potrebbe quindi riferirsi anche alla cantina/deposito annessa. I riferiti frazionamenti o accorpamenti di appartamenti non sono idonei ad incidere sulle tabelle millesimali né di proprietà né di gestione, fatta salva l'eventuale diversa intestazione delle unità immobiliari derivanti dai frazionamenti. Ugualmente non incide sulle tabelle di proprietà la modifica di destinazione d'uso di una unità immobiliare, potendo al più influire ove ne sussistano i presupposti, su sui criteri di ripartizione delle spese. Quanto alla mancata attribuzione di millesimi a subalterno di proprietà condominiale, si osserva che i valori millesimali attengono alle unità immobiliari di proprietà esclusiva, determinando la quota dei diritti (e dei rispettivi oneri) del singolo sui beni comuni condominiali. La circostanza che il subalterno di proprietà condominiale possa in futuro essere locato a terzi, con necessità di quantificare le relative spese è circostanza futura e incerta, al cui verificarsi il condominio potrà delibererà i criteri utilizzabili senza che ciò giustifichi la necessità di attribuire sin da ora un valore millesimale di gestione a tale immobile. Con il terzo motivo di appello gli appellanti denunciano la violazione dell'art. 91 c.p.c. in punto di condanna alle spese evidenziando che il procedimento di mediazione n. 1858/18 Rg. A.M. (per il quale il Tribunale ha condannato i sig.ri L. e D.D. al pagamento delle spese e competenze di mediazione) non si è utilmente svolto per la mancata comparizione del Condominio all'incontro dell' 11.07.2018. Deducono gli appellanti che, a fronte della mancata partecipazione del Condominio al procedimento di mediazione, il Tribunale avrebbe dovuto desumere argomenti di prova ai sensi dell'art. 116, comma 2 c.p.c. a sfavore del Condominio medesimo, nonché valutare tale comportamento ai fini della liquidazione delle spese a favore degli attori. Anche tale ultimo motivo di appello non può essere condiviso. Invero, il riferimento alla mediazione sembrerebbe da intendersi quale mero refuso, in quanto l'importo complessivamente liquidato risulta inferiore ai parametri medi per le cause di valore indeterminato di bassa difficoltà e ciò porterebbe a escludere che siano state computate spese di mediazione nell'importo complessivo liquidato. La lettura della motivazione, peraltro, consente di affermare che nessun rimborso di spese vive di mediazione è stata inserito nella liquidazione, ma soltanto l'importo di Euro 4.800,00 complessivi a titolo di compensi di lite. In ogni caso vi è da rilevare che le spese di mediazione obbligatoria graverebbero in ogni caso sulla parte soccombente e, quindi, sugli odierni appellanti. 3. In base al principio della soccombenza gli appellanti devono essere condannati al rimborso delle spese anche del presente grado, liquidate, visto il vigente D.M. n. 147 del 13 agosto 2022, avuto riguardo al valore della causa (indeterminabile-media complessità) e alle attività professionali svolte in complessivi Euro 8.470,00 (di cui Euro 2.518,00 per la fase di studio, Euro 1.665,00 per la fase introduttiva, Euro 4.287,00 per la fase decisionale, in assenza di fase istruttoria). Ai sensi dell'art. 13 comma 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte degli appellanti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'atto di appello. P.Q.M. La Corte d'Appello definitivamente pronunciando sull'appello proposto da (...) ed (...) contro la sentenza del Tribunale di Milano n. 3420/2021 1. rigetta l'appello; 2. condanna (...) ed (...) al rimborso delle spese del presente grado di giudizio in favore del CONDOMINIO DI VIA C. T. 24, M. liquidate in Euro 8.470,00, oltre 15% per rimborso spese forfettarie e accessori di legge; 3. ai sensi dell'art. 13 comma 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte degli appellanti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'atto di appello. Così deciso in Milano il 20 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 15 marzo 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE D'APPELLO DI MILANO SEZIONE QUARTA CIVILE nelle persone dei seguenti magistrati: dr. Vinicia Licia Serena Calendino - Presidente dr. Anna Mantovani - Consigliere dr. Francesca Maria Mammone - Consigliere rel. ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. r.g. 1573/2021 promossa in grado d'appello DA (...) S.R.L. (C.F. e P.I. (...)), rappresentata e difesa dall'avv. Maria Cr.Pr. (C.F. (...) ), ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, in Milano, Piazza (...); APPELLANTE CONTRO CONDOMINIO VIA (...) (C.F. (...)), rappresentato e difeso dall'avv. Lu.Pa. (C.F. (...) ), ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Milano, P.zza (...); APPELLATO E CONTRO (...) S.R.L. IN LIQUIDAZIONE (C.F. (...) ); APPELLATA- CONTUMACE Avente ad oggetto: appalto e altre ipotesi ex art. 1655 e ss. c.c. (ivi compresa l'azione ex art. 1669 c.c.) MOTIVI DELLA DECISIONE Il giudizio di primo grado Il Condominio, via (...) n. 3, M., con contratto di appalto in data 29 giugno 2012 incaricava la società (...) s.r.l. della trasformazione e riqualificazione della centrale termica del condominio in impianto di trigenerazione sulla base di un progetto elaborato dalla società (...) s.r.l. nella prospettiva di conseguire, scontati i costi di realizzazione dell'impianto, un significativo risparmio energetico. Il nuovo impianto entrava in funzione nella stagione 2012-2013 e, a dire del Condominio, evidenziava da subito problemi di funzionamento; inoltre, non consentiva di realizzare i risultati sperati. Il Condominio promuoveva quindi un accertamento tecnico preventivo atto a verificare le caratteristiche dell'impianto e, successivamente, conveniva in giudizio davanti il tribunale di (...) ed (...). Chiedeva, nei confronti della prima, la condanna all'eliminazione dei vizi dell'opera e, in alternativa, al pagamento della somma di Euro 30.000 necessaria allo scopo, nonché la condanna alla consegna di documentazione tecnica mancante ed al completamento dell'iter amministrativo presso i Vigili del fuoco e l'Agenzia delle dogane, oltre che al risarcimento dei danni. Quanto ad (...), il Condominio (...), sul presupposto che detta società avesse redatto sia il preventivo delle opere da realizzare sia il progetto, chiedeva al Tribunale adito di accertarne la responsabilità per essere stato indotto in errore sul rapporto costi/benefici che avrebbe potuto conseguire dall'istallazione dell'impianto e di condannarla al risarcimento dei danni conseguenti, che quantificava in Euro123.259,20. Nel giudizio si costituivano entrambe le società convenute, chiedendo il rigetto delle domande, eccependo, tra l'altro, la decadenza dalla garanzia per vizi e la prescrizione dell'azione. (...) s.r.l., in via riconvenzionale, chiedeva la condanna del Condominio al pagamento della somma di Euro 8.091,42, oltre IVA, quale saldo del corrispettivo pattuito per l'appalto. Con sentenza n. 2624/2021 pubblicata il 29.03.2021, il Tribunale di Milano, accogliendo parzialmente le domande proposte dal Condominio ed accertato l'adempimento inesatto dell'appaltatore, condannava (...) s.r.l. all'eliminazione dei vizi ed a consegnare all'attore la documentazione mancante, nonché a risarcirle i danni patiti per la riscontrata difformità tra i benefici conseguiti ed i risparmi prospettati, liquidati in Euro73.955,52. Respingeva, invece, tutte le domande proposte dal Condominio nei confronti di (...) s.r.l., ritenendo che non si fosse instaurato con tale società alcun rapporto e che l'unico ruolo nella vicenda fosse stato quello di consulente di (...) s.r.l.. L'appello I. Il procedimento Con atto di citazione notificato in data 13/05/2021 (...) s.r.l. ha proposto appello contro detta sentenza in forza dei seguenti cinque motivi, sui quali si tornerà diffusamente in seguito: I. "erronea valutazione dei fatti, dei documenti in atti e delle risultanze istruttorie"; II. "omesso e insufficiente esame di un punto decisivo della controversia con particolare riferimento alla decadenza del condominio attoreo, ai sensi dell'art. 1667, II comma, c.c. stante la tardività della denuncia dei pretesi vizi, nonché la dichiarazione ex art. 1667, III comma, c.c. della prescrizione dell'azione intrapresa dal condominio nei confronti della società (...)"; III. "violazione del principio di diritto di cui all'art. 112 c.p.c. per vizio ultra-petizione"; IV. "omesso esame e mancata valutazione della domanda riconvenzionale"; V. "contraddittorio esame di un punto decisivo della controversia con particolare riferimento all'erroneità fuorviante e alle carenze delle risultanze dell'ATP e delle successive integrazioni del ctu in spregio alle indicazioni del tribunale". La società appellante ha domandato, in totale riforma della sentenza impugnata, il rigetto delle domande proposte nei suoi confronti e la condanna del Condominio al pagamento del corrispettivo dell'appalto. Nel giudizio, si è costituito il Condominio, eccependo preliminarmente l'inammissibilità dell'appello ai sensi degli artt. 342 e 348 bis c.p.c. e, nel merito, la sua infondatezza. (...) s.r.l. in liquidazione non si è costituita ed è stata dichiarata contumace all'udienza del 16/12/2021. Questa Corte, disposta la trattazione scritta del procedimento ai sensi dell'art. 83, D.L. n. 18 del 2020, il 17.11.2022 ha trattenuto la causa in decisione e la sentenza, scaduti i termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle repliche, è stata deliberata nella camera di consiglio odierna. MOTIVI DELLA DECISIONE Le questioni preliminari Preliminarmente, deve essere disattesa l'eccezione proposta dal Condominio appellato ai sensi dell'art. 342 c.p.c. Alla luce dell'ampia interpretazione, ispirata a criteri di conservazione processuale, fornita della norma dalla Corte di cassazione con sentenza n. 2143/15, l'atto introduttivo, letto nel suo complesso, consente infatti di desumere senza incertezze quali parti della sentenza di primo grado s'intenda censurare, quali sono le circostanze da cui derivano le dedotte violazioni di legge e la loro rilevanza e quali siano le modifiche richieste. Parimenti infondata è l'eccezione ex art. 348 bis c.p.c., che deve essere intesa restrittivamente, nel senso di circoscrivere l'operatività del filtro ai soli appelli pretestuosi o manifestamente infondati, giacché tale evenienza pacificamente non ricorre nel caso di specie, come meglio evidenziato nel prosieguo. Sempre in via preliminare, va accolta l'istanza di rimessione in termini dell'appellante per il deposito della comparsa conclusionale, effettuato il 19 gennaio 2023, poiché, come emerge dalla documentazione allegata all'istanza, il deposito correttamente eseguito il 16 gennaio 2023 entro le ore 24.00 non è andato a buon fine solo a causa di un malfunzionamento del sistema informatico che ha consentito a (...) di depositare i documenti allegati all'atto, ma non l'atto stesso. Sono comunque inutilizzabili i documenti che l'appellante ha allegato alla comparsa conclusionale - fatta eccezione per quelli funzionali alla rimessione in termini-, essendo noto il principio giurisprudenziale secondo il quale "la produzione di nuovi documenti in appello è ammissibile, ai sensi dell'art. 345, comma 3, c.p.c. nella formulazione successiva alla novella attuata mediante la L. n. 69 del 2009, a condizione che la parte dimostri di non avere potuto produrli prima per causa a sé non imputabile ovvero che essi, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado, siano indispensabili per la decisione, purché tali documenti siano prodotti, a pena di decadenza, mediante specifica indicazione nell'atto introduttivo del secondo grado di giudizio, salvo che la loro formazione sia successiva e la loro produzione si renda necessaria in ragione dello sviluppo assunto dal processo; tale produzione è, però, comunque preclusa una volta che la causa sia stata rimessa in decisione e non può essere pertanto effettuata in comparsa conclusionale" (cfr., Cass., Sez. 2 - , Ordinanza n. 12574 del 10/05/2019 - Rv. 654179 - 01). Va detto, infine, che è stato certamente tardivo il deposito della comparsa conclusionale da parte del Condominio, senza tuttavia che la tardività incida sull'ammissibilità della memoria di replica, perché è pacifico in giurisprudenza il principio secondo il quale: "nel processo civile, una volta rimessa la causa in decisione la parte può depositare la memoria di replica prevista dall'art. 190 c.p.c., anche se prima non ha depositato la comparsa conclusionale, non essendovi alcuna norma nel codice di rito che condizioni il diritto di replica all'avvenuta illustrazione delle proprie difese mediante la detta comparsa" (Cass. civ., ord., 15/09/2022, n. 27220; così anche Cass., ord. n. 2976 del 07/02/2020; Cass. n. 6439 del 17/03/2009 e Cass. n. 4211 del 25/03/2002). Il merito Con il primo motivo di appello, la società appellante si è doluta del mal governo dei principi in materia di riparto dell'onere probatorio da parte del primo giudice, che ne ha affermato la responsabilità nei confronti del Condominio per "difformità di ordine tecnico, autorizzativo amministrativo e di rappresentazione della valutazione economica dell'intervento, di carenza progettuale e mancanza di direzione dei lavori" unicamente sulla base della relazione redatta dal consulente d'ufficio nel procedimento di accertamento tecnico preventivo. Detta relazione, prodotta come allegato all'atto introduttivo del giudizio, sarebbe stata tardivamente acquisita e sarebbe gravemente deficitaria dal punto di vista contenutistico. Tuttavia, la richiesta di acquisizione del fascicolo dell'accertamento tecnico preventivo è stata formulata dal Condominio nell'atto di citazione (si veda la pagina 25 di tale atto); inoltre, ai sensi dell'art. 696 c.p.c., la funzione dell'accertamento tecnico preventivo è proprio quella di consentire la verifica dello stato dei luoghi, della qualità e della condizione di cose, sì che legittimamente il giudice vi ha fatto riferimento per l'accertamento dell'esistenza dei vizi denunciati dal committente. Del resto, è pacifico che il giudice possa ricorrere alla consulenza tecnica d'ufficio -anche al di fuori dell'ambito dei procedimenti di istruzione preventiva- non solo per meglio valutare i fatti accertati o dati per esistenti (consulente deducente), ma anche per accertare i fatti stessi (consulente percipiente). In tal caso, è necessario e sufficiente che la parte deduca il fatto che pone a fondamento del suo diritto e che il giudice ritenga che l'accertamento richieda specifiche cognizioni tecniche (cfr. Cass. ord. n. 3717/2019). Dal punto di vista contenutistico, poi, è decisivo il fatto che la società appellante, non indichi nel dettaglio quali errori il consulente incaricato abbia commesso, sia di carattere percettivo che valutativo, per di più dolendosi di carenze che, come si vedrà, attengono ad aspetti dei quali (...) non deve rispondere. Dunque, sotto questo profilo, il motivo è infondato. Sostiene poi (...) di essersi legittimamente disinteressata della direzione lavori -che è uno degli addebiti formulati dal Condominio- poiché tale incarico sarebbe stato conferito ad altra società, (...). I documenti in atti dimostrano il contrario. L'incarico conferito alla società appaltatrice prevedeva espressamente la direzione dei lavori. Il preventivo in data 27 giugno 2012, redatto da (...), dà conto, senza esplicitarne le ragioni, di un identico sconto del 5% accordato dall'appaltatore sia sull'importo richiesto per l'esecuzione dell'impianto che su quello richiesto per la progettazione e l'attività di direzione dei lavori, che, conseguentemente, non è stata per nulla esclusa dall'oggetto del contratto (cfr. doc. 3 del fascicolo di primo grado del Condominio). Inoltre, non risulta che HQ si sia mai qualificata come direttore dei lavori: anzi, il 20 luglio 2012, nel richiedere ad (...) alcuni documenti, la società precisava di non essere stata chiamata a svolgere un "vero e proprio ruolo di DL", ma di consulente del codominio (cfr. doc. 17 del fascicolo di (...)). Nello stesso senso, il legale del Condominio, nella raccomandata in data 23 febbraio 2015 chiariva che l'ente aveva incaricato (...), quale proprio "tecnico di fiducia" di "illustrare i risultati derivanti dall'analisi dell'impianto di trigenerazione in corso di realizzazione, e di seguire lo stato di avanzamento dei lavori stessi" (cfr. doc. 5 dell'appellato). Il fatto poi che il committente, pur avendo conferito all'appaltatore il ruolo di direttore dei lavori, avesse deciso di far supervisionare i lavori da un tecnico di sua fiducia non può essere considerato come causa di esonero di (...) dall'esecuzione delle prestazioni contrattualmente a suo carico. Ancora, assume (...) di aver consegnato tutta la documentazione mancante nel corso del procedimento di accertamento tecnico preventivo, come dimostrerebbe la documentazione in atti (e, in particolare, i docc. 18-29 allegati alla memoria istruttoria del fasc. primo grado di (...); doc. 32 fasc. convenuta (...); pag. 12 e 13 della relazione preliminare ctu). Peraltro, evidenzia che, ove davvero vi fossero state le carenze denunciate dal Condominio ed affermate dal consulente (che ha riferito della "carente o non completa documentazione sia tecnica -progettuale realizzativa, sia tecnica- amministrativa- autorizzativa"), l'impianto non avrebbe potuto neanche essere avviato (ciò di cui, in effetti, si è stupito anche il consulente tecnico - cfr. pag. 6 della relazione). Ebbene anche sotto tale profilo, la doglianza -in parte riproposta con il quinto motivo di appello non merita accoglimento, poiché contraddetta dagli atti di causa. Vero è che (...) ha provveduto a fornire parte della documentazione orginariamente mancante nel corso delle operazioni peritali, ma è altrettanto vero, come si evince dal verbale redatto il 7.03.2016 dal consulente d'ufficio in contraddittorio con i consulenti di parte, che a quella data restavano da completare: - "l'iter presso vv.f. completamento istanza scia e attestazione della conformità antincendio; l'iter presso Agenzia delle Dogane per ufficializzazione/riduzione accisa sul gas del cogeneratore" (cfr., pag. 15 della relazione del ctu). E non consta che (...), alla quale spettava provare di avere redatto e completato le pratiche amministrative a suo carico, vi abbia successivamente provveduto. Infine, quanto alle componenti impiantistiche mancanti, l'appellante ammette le carenze riscontrate, ma le addebita al Condominio, poiché sarebbe stato l'amministratore a ordinare di non procedere all'installazione dei "vari contatori di calore", come sarebbe stato confermato dai testimoni sentiti all'udienza del 2.12.2019. Infatti, il teste (...) ha dichiarato che "per quello che mi risulta fu l'Amministratore del Condominio (...) che disse a (...), perché noi prendevamo gli ordine dall'amministratore medesimo, di non istallare il contabilizzatore di calore" e (...) che "l'Amministratore del Condominio (...), non ricordo in che data, ci disse di non istallare il contabilizzatore di calore, contamegavat, nella centrale termica; nulla so invece dell'istallazione delle valvole". Ora, a prescindere dal rilievo che l'ingerenza dell'amministratore del condominio risulta accertata solo per il contabilizzatore di calore e non per le altre carenze accertate dal consulente d'ufficio, è sufficiente rammentare che l'appaltatore è "sempre tenuto a controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bontà del progetto e delle istruzioni impartite dal committente. Ove queste siano errate, sarà esente da responsabilità solo dimostrando di essere stato indotto ad eseguirle quale nudus minister" (cfr. Cass., ordinanza n. 17819/21), sì che l'aver eseguito le direttive dell'amministratore condominiale senza sollevare obiezioni non solo non giustifica l'inesatto adempimento di (...), ma rafforza il giudizio negativo sul suo operato, per aver consentito ad un soggetto privo delle necessarie competenze tecniche di impartire direttive sull'esecuzione dei lavori, in difformità dalle previsioni di progetto e dalle regole della buona tecnica. Anche sotto questo profilo va perciò affermata l'infondatezza del motivo e delle analoghe doglianze svolte con il quinto motivo di appello. Con il secondo motivo di appello l'appellante, che in primo grado ha eccepito la decadenza del Condominio dalla garanzia per vizi ai sensi dell'art. 1667, comma terzo, c.c. e l'intervenuta prescrizione dell'azione intrapresa, ha riproposto tali eccezioni, in verità senza formulare critiche specifiche alle ragioni per le quali il primo giudice le ha respinte, limitandosi a sostenere, ancora una volta, che il Condominio avrebbe denunciato tardivamente i vizi dell'impianto. Più esattamente, secondo l'appaltatore, atteso che le carenze documentali e costruttive relative all'impianto lamentate dal committente erano di immediata percezione, il committente avrebbe dovuto contestarle immediatamente. Ciò tanto più in considerazione del fatto che il Condominio era coadiuvato da (...), dotata delle competenze tecniche necessarie per verificare immediatamente lo stato dei lavori svolti e la completezza della documentazione. In conclusione, secondo (...), considerato che l'impianto fu consegnato a fine 2012 e la denuncia dei vizi fu effettuata il 23.02.2015 l'ente sarebbe decaduto dalla garanzia per vizi; inoltre, la relativa azione si sarebbe prescritta nel dicembre 2014. Tale ragionamento è privo di pregio. Anzitutto, come correttamente evidenziato dal giudice di primo grado, i vizi e le difformità in questione non possono essere considerati "palesi", ovvero immediatamente percepibili, indipendentemente dalle maggiori o minori cognizioni tecniche del committente, giacché "nella valutazione della riconoscibilità dei vizi non si deve fare astratto riferimento alla speciale competenza di un esperto dell'arte" (cfr., Cass., civ., 18.03.1968, n. 875). Costituisce infatti ius receptum il principio secondo il quale "In tema di garanzia per gravi difetti dell'opera ai sensi dell'art. 1669 cod. civ., il termine per la relativa denunzia non inizia a decorrere finché il committente non abbia conoscenza sicura dei difetti e tale consapevolezza non può ritenersi raggiunta sino a quando non si sia manifestata la gravità dei difetti medesimi e non si sia acquisita, in ragione degli effettuati accertamenti tecnici, la piena comprensione del fenomeno e la chiara individuazione ed imputazione delle sue cause, non potendosi onerare il danneggiato della proposizione di azioni generiche a carattere esplorativo." (cfr., ex plurimis, Cass. n. 1463/2008). E, nella fattispecie in esame, è certo, ad avviso di questa Corte, che ai fini di un'oggettiva conoscenza, sia le carenze documentali che quelle inerenti all'installazione dell'impianto, necessitassero di un accertamento tecnico, nel caso di specie rappresentato dalla "relazione preliminare" del 20 gennaio 2015, redatta dalla società (...) su incarico del Condominio (cfr. doc. 4 del fascicolo di primo grado dell'ente). Ciò risulta, sotto il primo profilo, dalla mole e dall'elevato contenuto tecnico della documentazione relativa all'impianto, quali emersi proprio nel corso delle operazioni peritali: infatti, la verifica della completezza di tale documentazione ha richiesto un accurato esame congiunto da parte del consulente d'ufficio e dei consulenti di parte nel corso di ben tre sopralluoghi (il 4 aprile, il 19 luglio ed il 12 settembre 2016 - cfr. le pagine 12 e 13 della relazione), sicché è palese che le originarie carenze non potessero essere immediatamente rilevate dal committente. Sotto il secondo profilo, è la tipologia in sé delle carenze riscontrate -si tratta della mancanza di componenti di un sofisticato impianto di riscaldamento- che ne esclude la riconoscibilità ictu oculi e rende evidente la necessità di un'indagine tecnica per comprendere le cause del cattivo funzionamento dell'impianto. Sotto questo profilo, peraltro, l'assunto di (...), secondo cui non è vero che l'impianto avrebbe da subito manifestato problemi di funzionamento, a maggior ragione contrasta con la tesi dell'immediata riconoscibilità dei vizi. In definitiva, è corretto far decorrere il termine decadenziale di cui all'art.1667, comma terzo c.c., dal giorno in cui il committente ha avuto la conoscenza dei vizi, che nel caso di specie coincide con la data in cui è stata consegnata al Condominio la relazione tecnica preliminare dell'ing. (...) sopra citata; la missiva del 23.02.2015 rappresenta perciò denuncia tempestiva dei vizi. Del pari infondata è l'eccezione di prescrizione dell'azione di garanzia, introdotta con atto di citazione del 20.10.2017, poiché il relativo termine decorre dalla data della scoperta dei vizi (si veda, ex plurimis, Cass. n. 26233/2013), in considerazione del fatto, come già detto dal primo giudice, che "la prescrizione è stata interrotta per effetto dell'accertamento tecnico preventivo instaurato ad opera del Condominio odierno attore con ricorso depositato il 20.11.2015" e che il corso della prescrizione "è altresì rimasto sospeso sino alla conclusione del procedimento, ritualmente coincidente con il deposito della relazione del consulente nominato, il 01.12.2016 (v. Cass. civ. Sez. II Ord., 07/05/2020, n. 8637)". Chiarita la natura dei vizi oggetto di causa nei termini di "vizi occulti", è poi del tutto privo di pregio l'assunto dell'appellante secondo il quale il giudice di primo grado avrebbe dovuto esonerarlo da responsabilità per i vizi e le difformità riscontrate per avere il Condominio accettato tacitamente l'opera mediante la corresponsione quasi integrale del corrispettivo pattuito, atteso che tale principio di diritto non può trovare applicazione in quanto enunciato dalla Suprema Corte nella sentenza richiamata da (...) nell'atto di appello in riferimento a fattispecie inerenti "vizi palesi". È fondato invece, il terzo motivo di appello, con il quale la parte appellante denuncia un vizio di ultra-petizione in cui è incorso il giudice di primo grado condannandola al risarcimento dei danni a favore del Condominio di Euro73.955,52 per la difformità tra i benefici ed i risparmi prospettati nella proposta e nel progetto di (...) fatto proprio dall'appaltatrice ed i vantaggi quelli reali (importo calcolato tenendo conto che il risparmio annuale realmente ottenibile in una stagione standard è di Euro 8.217,28 e non di Euro 20.289 come prospettato al committente, sicché, a nove anni dall'installazione dell'impianto, la differenza sarebbe pari ad Euro 73.955,52), sebbene la relativa domanda risarcitoria fosse stata formulata solo nei confronti di (...). Orbene, la lettura delle conclusioni riportate in atto di citazione di primo grado, fedelmente trascritte anche nella sentenza impugnata (pagine 7 e 8), restituisce senza ambiguità la svista in cui è incorso il Tribunale. Il Condominio, infatti, ha domandato nei confronti di (...): 1) l'accertamento dei vizi di installazione indicati ai punti da i) a xii) e la condanna dell'appaltatore ad emendare l'opera o a corrispondere Euro30.000 per la loro eliminazione; 2) l'accertamento della mancata consegna della documentazione tecnica e del mancato completamento dei necessari iter amministrativi, con condanna dell'appaltatore a provvedervi; 3) infine, di "condannare la società (...) s.r.l., ... al risarcimento di tutti i danni patiti e patiendi dall'attore C.M. 3, ut supra, poiché derivanti dai difetti dell'opera commessa in appalto e dalle carenze tecnico/amministrative relative, nella misura che verrà quantificata dal Giudice in via equitativa" (la sottolineatura è dell'ufficio), palesemente limitando la pretesa risarcitoria ai danni conseguenti ai vizi di installazione ed alle carenze documentali denunciate. L'odierna parte appellata, invece, ha imputato esclusivamente ad (...) di averla indotta in errore prospettandole un'analisi costi/benefici errata ed ha domandato, solo nei confronti della citata società, di "accertare e dichiarare che esiste una difformità tra i benefici ed i risparmi annui prospettati dalla convenuta (...) S.r.l. in liquidazione ... al Condominio attore ed i risparmi effettivi realizzati da quest'ultimo, pari ad Euro 8.217,28 annui e, per l'effetto, condannare la società (...) S.r.l. in liquidazione ... al risarcimento di tutti i danni patiti e patiendi dall'attore Condominio (...) 3, ut supra, poiché derivanti da tale errata prospettazione costi-benefici, danni che, per i motivi ed i conteggi esposti in narrativa, si quantificano in complessivi Euro 123.259,20". È certo, quindi, che il giudicante abbia sovrapposto le domande, ed abbia accolto, nei confronti di (...), una domanda proposta solo nei confronti dell'altro convenuto: in sostanza, avendo escluso che tra il committente ed (...) siano intercorsi rapporti giuridicamente rilevanti, il tribunale ha ritenuto automaticamente ascrivibili all'appaltatore tutti gli addebiti formulati dal Condominio nei confronti della suddetta società. Ciò che però, in mancanza di espressa domanda, non è consentito, sì che si impone la riforma parziale della sentenza di primo grado. L'accertamento dell'inesistenza dell'obbligo risarcitorio di (...) nei confronti del Condominio per i mancati risparmi realizzati rende poi superfluo interrogarsi sulla spettanza degli accessori del credito risarcitorio ed affrontare le doglianze di ordine tecnico relative alle denunciate lacune dell'indagine peritale nell'analisi del rapporto costi-benefici dell'impianto di riscaldamento sviluppate con il quinto motivo di appello. Infine, con il quarto motivo di appello (...) ha lamentato l'omessa pronuncia da parte del tribunale sulla domanda riconvenzionale proposta in primo grado nei confronti dell'odierno appellato, di pagamento della somma di Euro8.091,42 più iva ed interessi, a titolo di saldo del prezzo dell'appalto. La domanda, richiamata anche nelle premesse della sentenza impugnata, risulta essere stata tempestivamente proposta, senza che il primo giudice l'abbia esplicitamente esaminata e respinta. Il quantum della pretesa creditoria non è in contestazione tra le parti, atteso che il Condominio ha giustificato il proprio inadempimento unicamente invocando l'art. 1460 c.c.. La disposizione citata, tuttavia, consente di sospendere l'adempimento, ma non di sottrarvisi definitivamente (si veda Cass. n. 8760/2019), sicché, nel caso in esame, poiché non è stata formulata alcuna domanda volta alla risoluzione del contratto, (...) ha diritto al pagamento del saldo. La società appellante ha titolo per pretendere gli interessi richiesti su tale somma solo dalla data della presente sentenza, che rende immediatamente esigibili le obbligazioni gravanti sul committente e sull'appaltatore (cfr. Cass. n.5734/2019 per l'affermazione del principio secondo il quale quando il committente "rilevi l'esistenza di vizi e ne domandi l'eliminazione diretta da parte dell'appaltatore, oltre a richiedere il risarcimento del danno per l'inesatto adempimento, il credito di quest'ultimo per il corrispettivo permane, ma il mancato pagamento dell'appaltante non può ritenersi causa di debenza degli interessi, neppure ai sensi dell'art. 4 del D.Lgs. n. 231 del 2002, se non dalla data della sentenza per effetto della quale il credito diviene liquido ed esigibile"). Anche sotto questo profilo, quindi, la sentenza appellata deve essere riformata. Solo per completezza d'esposizione si segnala che non è possibile esaminare in questa sede la censura riguardante l'ammontare del compenso liquidato al consulente tecnico d'ufficio che, se ritenuto eccessivo, avrebbe dovuto essere contestato ai sensi dell'art. 170 D.P.R. n. 115 del 2002. In punto spese, è consolidato il principio di diritto secondo cui "in base al principio fissato dall'art. 336 c.p.c., comma 1, secondo il quale la riforma della sentenza ha effetto anche sulle parti dipendenti dalla parte riformata (cosiddetto effetto espansivo interno), la riforma, anche parziale, della sentenza di primo grado determina la caducazione ex lege della statuizione sulle spese e il correlativo dovere, per il giudice d'appello, di provvedere d'ufficio ad un nuovo regolamento delle stesse." (Cass. n. 13059 del 2007, ex multis). A seguito del parziale accoglimento dell'appello, occorre quindi provvedere ad una nuova regolamentazione delle spese del procedimento di accertamento tecnico preventivo, del giudizio di primo grado, oltre che, ovviamente, alla disciplina di quelle del secondo grado. La reciproca e parziale soccombenza delle parti costituite giustifica una compensazione delle spese di lite in misura che appare equo stabilire nel 50%, con condanna di (...), la cui soccombenza è prevalente, al pagamento della residua metà, liquidata come in dispositivo, sempre secondo i criteri stabiliti dal D.M. n. 147 del 2022, tenuto conto dell'ammontare del credito riconosciuto al danneggiato e che, in questo grado, non vi è stata fase istruttoria. Anche le spese liquidate al consulente d'ufficio restano definitivamente a carico del Condominio (...) 3 e di (...) s.r.l., ciascuna in misura della metà. Nulla per le spese nel rapporto con l'appellata contumace. Naturalmente, la parte appellata dovrà restituire la differenza tra la maggior somma ricevuta da (...) in dipendenza della sentenza di primo grado, indicata dall'appellante in complessivi Euro96.621,28 e quella accertata come dovuta in questa sede. P.Q.M. La Corte di appello di Milano, definitivamente decidendo, ogni diversa e contraria istanza disattesa: 1. in parziale accoglimento dell'appello proposto da (...) s.r.l. contro la sentenza n. 2624/2021 del Tribunale di Milano, pubblicata il 29 marzo 2021, che, per il resto, conferma: a. accerta e dichiara non dovuta da (...) s.r.l. al Condominio (...) 3, M., la somma di Euro73.955,52 oltre accessori; b. condanna il Condominio di via (...) n. 3 a pagare a (...) s.r.l. Euro8.091,42 più iva, oltre interessi ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2001 dalla data della presente sentenza al saldo effettivo; 2. condanna il Condominio di via (...) n. 3, alla restituzione a (...) s.r.l. della differenza tra quanto complessivamente ricevuto in esecuzione della sentenza di primo grado e quanto complessivamente dovuto sulla base della presente sentenza, oltre gli interessi al tasso legale dalla data del pagamento al saldo effettivo; 3. compensa nella misura del 50% le spese di lite e condanna la società appellante a rifondere al Condominio appellato la restante metà delle stesse, che determina, per l'accertamento tecnico preventivo, in Euro 1.389 per spese ed Euro 1.050 per compensi, per il giudizio di primo grado, in Euro 400 per spese ed in Euro 5.000 per compensi e, per l'appello, in Euro 4.550 per compensi, oltre 15% per rimborso spese generali, iva (se dovuta), cpa come per legge; 4. pone definitivamente a carico di Condominio di via (...) 3 e di (...) s.r.l., ciascuno per la metà, le spese di ctu, come liquidate in causa; 5. nulla per le spese di questo grado nel rapporto con l'appellata contumace. Così deciso in Milano il 15 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 15 marzo 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA - Sezione VI civile- Il Tribunale di Roma, in persona del giudice dott. Roberto Valentino, all'udienza del 10/02/2023, all'esito della discussione orale, ha pronunciato la seguente SENTENZA (ex art. 429 comma 1 c.p.c.) nella causa civile di primo grado iscritta al n.33179 del Registro Generale Affari Contenziosi dell'anno 2022 , avente ad oggetto "intimazione di sfratto per morosità - uso abitativo" pendente tra (...) (c.f. (...)) elett.te dom.to in Via (...) presso lo studio dell'Avv. An.Sp., che lo rappresenta e difende giusta procura in atti attore e (...) (CF (...)), rappresentato e difeso, in virtù di procura in atti dagli Avvocati Sa.GA. ed Em.MA. ed elettivamente domiciliato presso il loro studio in Roma alla Via (...) convenuto MOTIVI DELLA DECISIONE 1. fatti controversi. Con atto di citazione ritualmente notificato, (...) intimava ad (...) lo sfratto per morosità dall'immobile ad uso abitativo sito in R. Via L. C. nr. 19 int. 16, concesso in locazione con contratto ex art. 2 comma 3 L. n. 431 del 1998 del L. 14 gennaio 2021 e registrato il 19/01/2021 al nr. 520 serie T3, al canone mensile attuale di Euro. 1.400,00, denunciando che il conduttore, al 18/02/22 come da nota dell'Amministrazione, si era reso moroso nel pagamento delle spese afferenti ad oneri condominiali per Euro. 2.280,87 (saldo 2020 di Euro. 1.057,87 - n. 4 ratei del 2021 per totali Euro. 1.223,00) oltre Euro. 1.457,28 per riscaldamento esercizio anni 2020/21 (saldo anno 2020 di Euro. 589,28 - n. 6 rate con decorrenza 1/11/20 e scadenza 01/04/21 di Euro. 66,00 cadauna per totale Euro. 396,00) ed esercizio anni 2021/22 (n. 4 rate con decorrenza 01/11/21 e scadenza 01/02/22 di Euro. 118,00 cadauna per totali Euro. 472,00) e così per un totale dovuto complessivo di Euro. 3.738,15. Per queste ragioni, chiedeva al tribunale di convalidare lo sfratto intimato e di emettere - in caso di opposizione - ordinanza di rilascio provvisoriamente esecutiva, ex art. 665 c.p.c., pronunciando nel merito la risoluzione del contratto per inadempimento; ril tutto col favore delle spese di lite. Si costituiva in giudizio l'intimato, opponendosi alla convalida dello sfratto ed eccependo, rilevando, in particolare, come l'azione di sfratto proposta fosse: 1) improcedibile poiché gli importi indicati dalla proprietà in relazione al contratto vigente sono inferiori ai due canoni di cui all'art. 5 L. n. 392 del 1978; 2) improcedibile poiché la richiesta di informazioni/documentazioni delle somme dovute con criterio di riparto di cui alla mail di questa difesa del 11/3/2022 è stata totalmente disattesa da parte intimante; 3) improcedibile poiché al momento della notifica dello sfratto non erano trascorsi i 60 giorni dalla trasmissione della documentazione (incompleta) avvenuta in data 17/3/2022; 4) nel merito poiché la richiesta ex adverso formulata comprende somme relative a precedente contratto nonché parzialmente ad oneri ordinari e di riscaldamento di spettanza della proprietà nonché oneri straordinari (lastrico solare) di esclusiva spettanza della proprietà; e per l'effetto concludendo per il rigetto tanto dell'intimazione che dell'azione di risoluzione per inadempimento come proposte. All'esito dell'udienza di convalida, il tribunale rigettava la domanda di rilascio dell'immobile e disponeva il mutamento del rito. Esperita senza esito la procedura di mediazione obbligatoria, la discussione della causa veniva fissata all'udienza del 10 febbraio 2023, all'esito della quale si dava lettura del dispositivo della presente sentenza. 2. merito della lite. La domanda di risoluzione contrattuale svolta dagli attori a motivo dell'inadempimento del convenuto non merita accoglimento, per quanto di seguito considerato. E' noto che, secondo l'insegnamento della giurisprudenza di legittimità che si è consolidata dopo la nota pronunzia delle Sezioni Unite n.13533.2001, "in tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l'adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento" (così da ultimo Cass. n.15659.2011; conf. Cass. n.3373.2010; Cass. n.9351.2007; Cass. n.6205.2010; v. infine Cass. n.20288.2011: "il creditore che agisce per il pagamento di un suo credito è tenuto unicamente a fornire la prova del rapporto o del titolo dal quale deriva il suo diritto e non anche a provare il mancato pagamento, poiché il pagamento integra un fatto estintivo, la cui prova incombe al debitore che l'eccepisca"). Nella fattispecie, l'attore ha prodotto in giudizio il contratto di locazione concluso con il conduttore, a termini del quale quest'ultimo si impegnava al pagamento del corrispettivo mensile di Euro 1.400,00 mensili e degli oneri accessori, non liquidati forfetariamente in contratto (se non per una quota di Euro 120,00 salvo conguaglio ed oltre alle spese di riscaldamento e le utenze) e subordinati, ai sensi del disposto dell'art.4 del regolamento, "all'indicazione specifica delle spese anzidette e dei criteri di ripartizione" al conduttore. Le parti hanno convenuto che il pagamento di tali spese avvenisse "in sede di consuntivo" ed "entro sessanta giorni dalla richiesta". Ai fini della decisione della presente controversia, risulta assorbente di ogni altra questione sollevata dalle parti esaminare come si atteggi nel nostro ordinamento il credito del locatore per mancato pagamento di oneri condominiali da parte del conduttore. Nella disciplina codicistica, l' art. 63 disp. att. c.c. recita: "Per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea, l'amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, ed è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi". La norma citata completa e rende attuale il disposto dell'art. 1130, primo comma n. 3, c.c. che dispone: "L'amministratore di condominio deve riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione delle parti comuni dell'edificio e per l'esercizio dei servizi comuni". Ne consegue quindi che, nell'ipotesi di mancato pagamento di oneri condominiali, unico legittimato attivo a proporre la relativa domanda sia il Condominio stesso, il quale potrà rivolgere la propria pretesa unicamente nei confronti del condomino moroso, da individuarsi nell'effettivo proprietario dell'immobile e non nel conduttore. L'applicazione di tale principio comporta risvolti importantissimi nell'atteggiarsi dei rapporti tra il locatore ed il conduttore, atteso che, come confermato dal celebre arresto della Suprema Corte (Cass. 10 novembre 2016 n. 22899), il credito che il locatore intenda far valere nei confronti del conduttore che non abbia provveduto al pagamento degli oneri condominiali gravanti sull'immobile concesso in locazione si atteggia a vero e proprio "credito di ripetizione" di quanto il locatore/proprietario abbia preventivamente corrisposto al Condominio (come detto, unico legittimato ad agire per il recupero delle somme approvate nel rendiconto condominiale), come tale sottoposto ad un rigoroso onere della prova. Ne consegue che, nel caso in cui gli oneri accessori non siano già predeterminati in contratto "ma debbano essere calcolati in base ai criteri di riparto adottati in sede di bilancio preventivo e consuntivo deliberato dalla assemblea dei condomini, e siano dovuti dal conduttore "a rimborso" dei pagamenti effettuati dal locatore, l'onere della prova del credito gravante sul locatore dovrà ritenersi assolto - in caso di contestazione da parte del conduttore delle singole voci dovute o della inesatta applicazione dei criteri di ripartizione ed erroneità dei conteggi, o della inesistenza delle spese sostenute dal locatore - se siano prodotte in giudizio le delibere condominiali approvative dei criteri di riparto delle spese ed i documenti dimostrativi degli esborsi effettivamente sostenuti e richiesti a rimborso" (nella giurisprudenza di merito, in senso assolutamente conforme, si legga Tribunale ordinario di Milano - sez. XIII civ.- sentenza n. 2218 del 16-03-2022). Il diritto di rivalsa del locatore, in caso di contestazione da parte del conduttore, deve essere oggetto di specifica prova a carico del locatore; in altre parole qualora il conduttore sia convenuto in giudizio per il mancato pagamento di oneri condominiali e contesti che il locatore abbia effettivamente sopportato le spese di cui chiede il rimborso o ne abbia effettuato una corretta ripartizione, è lo stesso locatore, ai sensi dell'art. 2697 c.c., a dover fornire la prova dei fatti costitutivi del proprio diritto. Non è quindi sufficiente che egli dimostri di avere inviato al conduttore la distinta analitica delle spese in ottemperanza a quanto previsto dall'art. 9 della L. n. 392 del 1978, invio peraltro necessario per la costituzione in mora del conduttore e per la decorrenza del bimestre ai fini della risoluzione del contratto, ma deve anche dimostrare l'esistenza del proprio credito, l'ammontare e i criteri di ripartizione del rimborso richiesto (Cass. civ., sez. III, 28/09/2010, n. 20348). Gli oneri accessori vanno naturalmente corrisposti solo nel caso in cui i servizi siano effettivamente resi, essendo il conduttore legittimato a opporsi al pagamento quando gli stessi siano prestati in maniera inadeguata. Se quindi è vero che può legittimamente riconoscersi al locatore la facoltà di richiedere al conduttore il rimborso delle spese sostenute per il godimento della res locata (a prescindere dalla natura condominiale dello stabile ove trovasi l'appartamento), è anche vero che tale diritto compete a condizione che le spese siano state effettivamente sostenute. Nel caso di specie, il locatore non ha provato di aver effettuato il previo pagamento nei confronti del condominio (e non ha assolto all'onere della prova relativo all'effettivo esborso delle spese accessorie) con la conseguenza che non può vantare alcun diritto di ripetizione. Non configurandosi quindi alcun inadempimento nel comportamento del conduttore, la domanda di risoluzione del contratto di locazione deve essere rigettata. Conclusivamente, si provvede come in dispositivo. Il governo delle spese segue la soccombenza e va regolato come in dispositivo, applicando alla fattispecie i parametri medi previsti dal D.M. n. 147 del 2022 per lo scaglione fino a Euro 5.200,00 per le sole fasi di studio, introduttiva e decisionale, in assenza di istruttoria. PER QUESTI MOTIVI il Tribunale di Roma, definitivamente pronunziando nella causa civile di primo grado, indicata in epigrafe, ogni diversa istanza, deduzione ed eccezione disattesa, così provvede: - respinge la domanda di risoluzione per inadempimento svolta da (...) nei confronti di (...) in riferimento al contratto di locazione avente ad oggetto l'immobile ad uso abitativo sito in R. Via L. C. n. 19 int. 16, stipulato il 14/01/2021 e registrato il 19/01/2021 al n. 520 serie T3, stante l'assenza di alcuna morosità; - condanna (...) a rifondere a (...) le spese di lite, che liquida in Euro 1.701,00 per compensi legali, oltre spese generali al 15%, iva e cpa come per legge, con attribuzione agli Avvocati Sa.GA. ed Em.MA. dichiaratisi antistatari. Così deciso in Roma il 10 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 10 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA SEZIONE QUINTA CIVILE in persona del dr. Lorenzo Pontecorvo ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n. 27435 del Ruolo Generale per l'anno 2021, trattenuta in decisione all'udienza del 19 ottobre 2022 e vertente TRA (...), elett.te dom.to in Roma, Via (...), presso lo studio dell'avv. (...) che lo rappresenta e difende insieme all'avv.to (...) per delega in atti. - OPPONENTE - E (...) e (...) elettivamente domiciliati in Roma, Viale (...), presso lo studio dell'Avvocato (...), che li rappresenta e difende per delega in atti. - OPPOSTO - Conclusioni: le parti hanno concluso come in atti. Svolgimento del processo Con citazione ritualmente notificata (...) amministratore pro tempore del Condominio "(...)" di Via (...), ha proposto opposizione avverso il decreto n. 4105/2021 emesso dal Tribunale di Roma in data 25 febbraio 2021 all'esito del procedimento Nrg 10607/21, che ha ingiunto la consegna in favore di (...) e (...), proprietari dell'unità immobiliare sita all'interno 2 scala AI41-U, del complesso condominiale "(...)" di Via (...), la seguente documentazione: 1) la fattura Enigas di Euro 54.907,48 relativa al bilancio riscaldamento 2012/2013; 2) i bonifici di pagamento dell'importo di cui alla suddetta fattura; 3) Fattura di Euro 141.222,72 del 14 luglio 2015 emessa da Enigas quale credito in favore del Condominio; 4) l'estratto del conto corrente condominiale dal 1 luglio 2007 al 31 dicembre 2011 e dal 1 gennaio 2016 al 31 dicembre 2020; 5) il registro contabilità dal 1 gennaio 2007 al 31 dicembre 2011 e dal 1 gennaio 2016 al 31 dicembre 2020; 6) i bonifici di pagamento in favore della (...) delle rate dei lavori di rifacimento dei balconi; 7) le fatture ed i bonifici relativi alla spesa dei lavori di installazione delle valvole per la contabilizzazione del calore completati nel 2015; 8) le fatture relative al rendiconto riscaldamento esercizio 2018/2019 (ad eccezione di quelle emesse da Enigas e da Vlutermo); 9) l'esito dell'esposto del 20 aprile 2012 all'Autorità garante per l'Energia Elettrica e il gas; 10) la documentazione relativa alla causa intercorsa tra il condominio e la società (...). Tale documentazione era stata richiesta al fine di procedere alla revisione contabile della gestione riscaldamento per gli anni dal 2012 al 2015. A sostegno dell'opposizione ha premesso che gli opponenti avevano in precedenza avviato l'accertamento tecnico contabile preventivo ai fini della composizione bonaria della lite pendente presso il questo Tribunale con NRG 65026/2017 e che nelle more della procedura in data 2 febbraio 2018 si era tenuta l'assemblea del supercondominio nel corso della quale i condomini avevano approvato i rendiconti della gestione ordinaria e delle relative ripartizioni per gli esercizi dal 1 ottobre 2010 al 30 settembre 2017, delibera questa che era stata impugnata dai coniugi (...) con giudizio definito in primo grado dal tribunale con sentenza del 3 ottobre 2019 oggetto di appello. Ha altresì riferito che gli stessi opponenti avevano proposto nei suoi confronti un ulteriore giudizio pendente dinanzi al tribunale di Roma con il Nrg 7894/2020 al fine del chiesto accertamento della non veridicità dei bilanci relativi al servizio di riscaldamento. Con specifico riguardo alla documentazione oggetto della ingiunzione opposta ha dedotto di aver sempre allegato ad ogni convocazione di assemblea la documentazione necessaria al fine di poter rendere edotti i condomini su ciò di cui si andava a discutere e che la fattura M156614500 del 14 luglio 2015, richiesta nel decreto ingiuntivo opposto, era stata inviata dall'amministratore in data 31 ottobre 2016. Ha inoltre rilevato che il CTU della causa promossa dagli odierni opposti di cui al NRG 65026/2017 aveva preso in considerazione tutte le fatture relative al bilancio riscaldamento 2012 e 2013 nonché le fatture Enigas del 2015 e che tutte le fatture oggetto di ingiunzione inerenti il riscaldamento del Condominio "(...)" sarebbero già nella disponibilità degli odierni opponenti, come si evincerebbe dal verbale del CTU relativo alla causa per accertamento tecnico preventivo. Ha altresì evidenziato che nel 2016, a seguito dell'ulteriore richiesta di documentazione proveniente dall'Avv. (...), aveva inviato una quantità considerevole di documenti, con riguardo ai quali era stato specificato che quelli relativi alla causa (...) richiesti con il decreto ingiuntivo opposto - in ragione delle dimensioni del file da 50 MB, che impediva il suo invio per posta elettronica - avrebbero potuto essere specificamente individuati in modo da consentire l'invio dei soli documenti necessari. Nel rilevare che tale comunicazione era rimasta priva di riscontro ha allegato il documento 13 che proverebbe l'invio dei giustificativi e relative fatture degli anni 2012, 2013, 2014, 2015 tra i quali vi sarebbe anche la fattura n. M156614500 di Euro 141.222,72 richiesta nuovamente con il decreto ingiuntivo opposto. Si sono costituiti (...) e (...) escludendo che la documentazione, oggetto del provvedimento monitorio fosse stata loro consegnata in sede di convocazione assembleare o in altre occasioni. Hanno pertanto concluso per il rigetto dell'opposizione. La causa è stata trattenuta in decisione all'udienza in epigrafe indicata. Motivi della decisione E' da rilevare che nel caso in esame la richiesta di documenti è stata formulata da un condomino nei confronti di un amministratore in carica. E' quindi da premettere che in tema di lamentata omessa informazione spetta a ciascun comproprietario il potere di chiedere e di ottenere dall'amministratore del condominio l'esibizione dei documenti contabili in qualsiasi tempo e senza specificare le ragioni della richiesta, ma la Suprema Corte ha precisato che l'esercizio di tale facoltà non deve risultare di ostacolo all'attività di amministrazione, essere contraria ai principi di correttezza o risolversi in un onere economico per il condominio (v. Cass. 4445/2020; Cass. 19210/2011, Cass. 15159/2001, Cass. 8460/1998). Tali pronunzie evidenziano che l'obbligo dell'amministratore di fornire informazioni ai condòmini non è senza limiti, perché l'interesse alla buona amministrazione del Condominio osta a che l'amministratore sia tenuto a distogliersi dallo svolgimento delle proprie funzioni per assecondare richieste reiterate e non finalizzate a soddisfare autentiche esigenze informative. Riguardo poi alla pretesa di consegna della documentazione richiesta - nel caso in esame a mezzo di decreto ingiuntivo - si può osservare che l'istanza, non essendo limitata alla semplice visione dei documenti presso lo studio dell'amministratore, comporta per l'amministrazione un onere di ricerca dei documenti stessi e costi per la copia. (l'opponente ha evidenziato che il Condominio (...) n. 246 è un supercondominio composto da 311 condomini). Si deve a questo proposito osservare che ciascun condomino ha un diritto di "prendere visione" e di "estrarre copia" della documentazione condominiale, ma tale diritto va esercitato presso i locali ove si trovano gli stessi documenti, nei giorni e negli orari prestabiliti dall'amministratore (v. art. 1129 co. 2° e 1130 bis co. 1° c.c.). Ritenere pertanto che un condomino abbia "tout court" il diritto di esigere dall'amministratore che quest'ultimo proceda alla ricerca, alla copia ed all'invio di documenti, oltre a non trovare fondamento normativo, confligge con tali limiti (l'obbligo di consegna è invece ipotizzabile nei confronti dell'amministratore uscente ai sensi dell'art.1129 c.c. in forza del proprio ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza che a norma dell'art.1713 c.c., impone all'amministratore una volta scaduto il mandato di restituire all'amministratore subentrante i documenti concernenti la gestione). Ne deriva pertanto che, ai fini del ricorso allo strumento del decreto ingiuntivo, è necessario che il condomino abbia formalizzato una richiesta di accesso e che, a fronte di tale richiesta, l'amministratore sia rimasto inerte, inadempiente o abbia opposto un rifiuto. E' escluso pertanto che nell'ipotesi in esame si possa ricorre ad una ingiunzione che imponga all'amministratore in carica la consegna di documentazione non avendo i condomini opposti provato di aver formulato istanze di accesso presso lo studio dell'amministratore al fine di poter prendere visione della documentazione richiesta. Emerge, invece, che gli opposti avevano formalizzato esclusivamente richieste di consegna di atti come anche precisato in sede monitoria "..7 Con periodiche comunicazioni, trasmesse, all'amministrazione condominiale, anche tramite il sottoscritto avvocato, gli odierni ricorrenti formulavano richiesta di specifica documentazione condominiale, di natura contabile; 8. In ultimo, con comunicazione del 3 gennaio 2021, gli odierni ricorrenti reiteravano richiesta della documentazione, già reclamata in data 22/12/2019, in data 16/01/2020, in data 20/05/2020, in data 23/05/2020; 9. Nello specifico, veniva richiesta la fattura Enigas di Euro 54.907,48 relativa al bilancio riscaldamento esercizio 2012/2013, i bonifici di pagamento dell'importo di cui alla suddetta fattura, la fattura di Euro 141.222,72 del 14/07/2015 emessa da Enigas quale credito in favore del condominio, l'estratto del conto corrente postale condominiale dal 01/01/2007 al 31/12/2011 e dal 01/01/2016 al 31/12/2020, il registro di contabilità dal 01/01/2007 al 31/12/2011 e dal 01/01/2016 al 31/12/2020, i bonifici di pagamento in favore della (...) delle rate dei lavori di rifacimento dei balconi, fatture e bonifici relativi alla spesa dei lavori di installazione delle valvole per la contabilizzazione del calore completati nel 2015, le fatture relative al rendiconto riscaldamento esercizio 2018/2019 (ad eccezione di quelle emesse da Enigas e da (...)), l'esito dell'esposto del 20.04.2012 all'Autorità Garante per l'Energia Elettrica e il Gas, la documentazione relativa alla causa intercorsa tra il condominio e la società (...).." Resta pertanto confermata la circostanza che nessuna richiesta di accesso era stata in concreto formalizzata. Sotto un ulteriore profilo è da considerare che la documentazione di cui si richiede l'accesso e l'estrazione di copia deve essere individuata con precisione e ne deve essere provata l'esistenza, o quantomeno deve poter essere dedotta sulla base di presunzioni dotate dei caratteri previsti dall'art. 2729 c.c.. E' quindi da rilevare che con specifico riguardo ai documenti richiesti ai punti 1, 2 e 9 del ricorso per decreto ingiuntivo (fattura Enigas di Euro 54.907,48 relativa al bilancio riscaldamento 2012/2013, bonifici di pagamento dell'importo di cui alla suddetta fattura nonchè l'esito dell'esposto del 20.04.2012 all'Autorità Garante per l'Energia Elettrica e il Gas) la parte opponente ha precisato (in sede di prima memoria istruttoria) che la fattura ENIGAS (bilancio riscaldamento 2012/2013) di Euro 54.907,48, non esiste e che non potevano pertanto esserci i bonifici relativi a tale fattura. Ha in particolare precisato che l'amministratore del Condominio aveva semplicemente effettuato un conteggio sulla base del consumo di 54.580 msc, non fatturati, al costo medio di 1,006 Metri Cubi come media sulla base di precedenti fatture e che successivamente erano stati effettuati i conteggi per 111.392 msc ed era stata emessa la fattura ENIGAS per 56.812 Metri cubi. Ha al riguardo richiamato la situazione contabile al 23 ottobre 2013 come ricostruita nella CTU di cui all'allegato 1 alla citazione in opposizione nonché il documento 7 allegato all'atto di citazione in opposizione che riportano gli estremi del Conto Enigas sui pagamenti effettuati evidenziando che i documenti erano presenti ed erano stati valutati nel giudizio per accertamento tecnico preventivo RGN: 65026/2017, nello specifico: la fattura da Euro 7.262,45 e relativo pagamento del 17 gennaio 2014 in acconto ad Euro 54.907,48, la fattura da Euro 17.699,08 e relativo pagamento del 25 gennaio 2014 in acconto al pagamento di Euro 54.907,48 e la fattura di Euro 25.302,12 e relativo pagamento del 19 febbraio 2014 in acconto al pagamento di euro 54.907,48. Ha inoltre evidenziato che nella stessa situazione contabile alla riga 7, si riscontra l'importo di Euro 54.907,48 pari a: - 4.643,83 quale acconto fattura M146412129 pari a Euro 41.968,05 pagato in data 5 giugno2014. Con riguardo al "esito dell'esposto del 20 aprile 2012 all'Autorità garante per l'Energia Elettrica e il gas" ha evidenziato che tale esposto era rimasto senza esiti non essendo stata fornita alcuna risposta. Pertanto, alla luce di una tale ricostruzione - in nessun modo contestata dalla parte opposta - l'amministratore opponente non sarebbe comunque tenuto a consegnare la documentazione come descritta ai punti 1), 2) e 9) del ricorso monitorio. Parte opponente ha sostenuto di aver già trasmesso il documento di cui al punto 3 - Fattura (2015) di ENIGAS per Euro 141.222,72 - e richiama al riguardo il documento 13 allegato all'atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo. Anche su tale punto nessuna specifica contestazione risulta formalizzata. Ne deriva che la parte opponente non sarebbe comunque tenuta a trasmettere copia della Fattura (2015) di ENIGAS per Euro 141.222,72. L'amministratore ha sostenuto di aver già fornito i documenti di cui al punto 4) del ricorso, segnatamente copie dell'estratto del conto corrente postale dal 2007 al 2011 e dal 2016 al 2020, rilevando, con riguardo al periodo 2007/2011, che erano trascorsi oltre 10 anni. E' su tale questione da rilevare che l'obbligo di conservazione dei documenti è stato normativamente introdotto dall'art. 1130 bis c.c., introdotto dalla L. n. 220 del 2012, che prevede l'obbligo di conservazione delle scritture e dei documenti giustificativi per dieci anni dalla data della relativa registrazione e che gli opposti nulla hanno osservato con riguardo all'intervenuto invio dell'estratto relativo ai soli anni dal 2016 al 2020. Anche in questo caso pertanto non è comunque ipotizzabile alcun obbligo di consegna. Parte opponente ha evidenziato che i documenti richiesti al punto 6 del ricorso per decreto ingiuntivo riguardano bonifici effettuati in favore della (...) effettuati oltre 10 anni fa e che l'amministratore non è tenuto più ad averli. Considerato che la parte opposta nulla ha osservato al riguardo anche tale documentazione non deve essere consegnata. L'opponente assume di aver già trasmesso la documentazione di cui al punto 7) concernente le fatture ed i bilanci relativi alla spesa dei lavori di installazione delle valvole per la contabilizzazione del calore. A tale riguardo ha rilevato di aver trasmesso i documenti in data 3 giugno 2020 richiamando al riguardo il doc. 3. Ha altresì allegato la pec, con conferma di avvenuta ricezione, nella quale espressamente vengono indicate ed allegate le dichiarazioni, l'estratto conto, le fatture e i bonifici della società (...), nonché l'estratto conto, le fatture ed i bonifici della società (...) concernenti la gestione, la installazione delle valvole e la contabilizzazione del calore. Considerato pertanto che con riguardo a tali chiarimenti la parte opposta nulla ha osservato tale documentazione non deve essere consegnata. Parte opponente ha sostenuto di aver già inviato con pec del 2 gennaio 2020 i documenti richiesti al punto 8 del ricorso per decreto ingiuntivo (fatture 2018/2019 per l'esercizio riscaldamento) richiamando a sostegno di tale tesi il documento 4. Tale pec richiama effettivamente tali fatture e non risulta oggetto di specifica contestazione da parte degli opponenti. Ne deriva che anche tale documentazione non deve essere consegnata. Con riguardo alla documentazione richiesta al punto 5 del ricorso per decreto ingiuntivo (registro contabilità dal 1 gennaio 2007 al 31 dicembre 2011 e dal 1 gennaio 2016 al 31 dicembre 2020) l'opponente ha rilevato che il registro di contabilità non era previsto sino al 2012 e che pertanto, quale amministratore non saprebbe cosa consegnare per gli anni 2007/2011. Ha inoltre, rilevato che la documentazione relativa alle annualità successive sono a disposizione di ogni condomino che faccia richiesta di prendere visione. Con riguardo, infine, alla documentazione concernente la causa tra il Condominio e la (...), di cui al punto 10, l'opponente ha prodotto una email del 30 aprile 2016 dalla quale risulta la trasmissione di un file zip contenente la documentazione relativa alla causa nonché una successiva mail del 6 giugno 2018 con cui viene evidenziato che l'eventuale mancata ricezione della documentazione in precedenza inviata avrebbe potuto derivare dalle rilevanti dimensioni dei file (50 mb). E', quindi da ribadire con riguardo alla documentazione di cui ai punti 5 e 10 - la cui richiesta è sostanzialmente finalizzata ad una generale ricognizione della gestione - che nessuna istanza di accesso risulta formalizzata. L'opposizione deve essere pertanto accolta. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Tali spese sono da distrarsi in favore degli avvocati (...) che si sono dichiarati antistatari. P.Q.M il Tribunale definitivamente pronunciando così provvede: - revoca il decreto ingiuntivo n. 4105/2021 emesso dal Tribunale di Roma in data 25 febbraio all'esito del procedimento Nrg 10607/21; - condanna (...) e (...) al pagamento delle spese di lite in favore di (...) che si liquidano in euro 280,00 per spese ed in euro 3.900,00 per compensi, oltre accessori come per legge. Tali spese sono da distrarsi in favore degli avvocati (...) e (...) che si sono dichiarati antistatari. Così deciso in Roma il 10 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 10 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO OTTAVA SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Luisa Vigone ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 2376/2020 promossa da: (...), C.F. (...) , con l'Avv. VA.MA., C.F. (...) , con l'Avv. RI.AN. ATTORE/I contro CONDOMINIO RESIDENZA (...) VIA (...), VIA S. 19 B. R. TO, C.F. (...), con l'Avv. MA.MA. CONVENUTO/I MOTIVI IN FATTO E DIRITTO Con atto di citazione notificato il 22/01/2020 i signori (...) e (...) convenivano in giudizio il (...), in persona dell'amministratore pro tempore, chiedendo a questo Tribunale la dichiarazione di nullità e/o annullabilità, illegittimità e comunque la giuridica inefficacia della deliberazione condominiale assunta al punto 1) dell'ordine del giorno dall'assemblea tenutasi in data 21/11/2019 relativa all'approvazione della nuove tabelle millesimali. Gli attori deducevano di essere comproprietari dal 2010 nel Condominio convenuto di una unità immobiliare nonché delle soffitte soprastanti collegate tramite una scala a chiocciola interna all'abitazione e di una ulteriore soffitta non collegata con l'alloggio. Assumevamo altresì che in data 21/11/2019 (doc. n. 1) l'assemblea condominiale, riunita in seconda convocazione (presenti condomini rappresentanti mm 771,26), approvava con il favore di mm. 704,16, nuove tabelle millesimali in violazione del disposto dell'art. 69 disp. att. c.c.. Si costituiva in giudizio il Condominio convenuto chiedendo il rigetto della domanda avversaria, deducendo la piena validità della delibera assunta in ossequio del disposto di cui all'art. 69 c. 1 n. 2) disp. att. c.c.. All'udienza del 30/09/2020 tenutasi in forma figurata, questo Giudice concedeva i termini per memorie ex art. 183 c.p.c., che venivano ritualmente depositate dalle parti, e rinviava all'udienza del 11/02/2021. Alla predetta udienza parte attrice chiedeva fissarsi udienza di precisazione delle conclusioni, mentre parte convenuta chiedeva ammettersi le prove dedotte con propria memoria ex art. 183 c. 6 n. 2) c.p.c.. A scioglimento della riserva assunta, stante la natura documentale del procedimento, le istanze di prove venivano rigettate e fissata udienza di precisazione conclusioni al 25/11/2021, ove venivano concessi i termini ex art. 190 c.p.c.. A seguito del deposito degli atti conclusivi decedeva il difensore di parte attrice; pertanto, a mente del disposto dell'art. 301 c.p.c., si dichiarava l'interruzione del processo e parte convenuta provvedeva alla riassunzione del processo. Veniva quindi fissata nuova udienza alla quale, alla presenza dei nuovi difensori costituiti per gli attori, venivano precisate le conclusioni e fissati nuovi termini per comparse conclusionali e repliche. Gli attori precisavano come da comparsa conclusionale 22/01/2022 chiedendo "in via pregiudiziale: dichiarata la carenza di legittimazione processuale dell'amministratore in quanto non munito di autorizzazione dichiarare la nullità della sua costituzione in giudizio e della costituzione in giudizio del condominio con ogni conseguente provvedimento anche in ordine alla mancata partecipazione al procedimento di mediazione per il medesimo motivo nel merito: dichiarare la nullità e/o annullabilità, l'illegittimità e comunque la giuridica inefficacia della deliberazione condominiale assunta al punto 1) dell'ordine del giorno dall'assemblea tenutasi in data 21/11/2019 relativa all'approvazione della nuove tabelle millesimali e conseguentemente annullarla con ogni consequenziale provvedimento. Con il favore delle spese e degli onorari di difesa, spese successive, rimborso forfetario, IVA e CPA del presente giudizio e della spese e compensi del procedimento di mediazione. Dichiarare tenuto e condannare il condominio convenuto al risarcimento dei danni, ove il Tribunale ne ravvisi gli estremi, a sensi dell'art. 96 comma 3 c.p.c.". Il convenuto precisava come da foglio precisazione conclusioni 19/11/21 reiterando le proprie istanze istruttorie e, nel merito, "in via principale, - respingere l'avversaria domanda e, per l'effetto, confermare la validità ed efficacia della delibera assunta dal Condominio in data 21/11/2019, al punto 1) dell'ordine del giorno avente ad oggetto l'approvazione delle nuove tabelle millesimali. - con vittoria di spese e competenze professionali di difesa, oltre a rimborso ex art. 2 D.M. n. 55 del 2014, c.p.a. 4% ed I.V.A. 22/ rifusi. - con richiesta di incremento della liquidazione nella misura del 30%, ai sensi dell'art. 4, comma 1 bis, D.M. n. 55 del 2014, per l'avvenuto utilizzo, nella redazione degli atti, delle tecniche informatiche idonee ad agevolare la navigazione all'interno dell'atto, la ricerca testuale all'interno dell'atto e dei documenti allegati". 1. La questione pregiudiziale sollevata da parte attrice - altresì concretizzatasi in una sollecitazione dei poteri d'ufficio di questo giudice - inerente il difetto di legittimazione processuale dell'amministratore del Condominio convenuto in assenza di specifica autorizzazione dell'assemblea è infondata e, pertanto, deve essere rigettata per i motivi che seguono. E' noto che l'amministratore di condominio può agire in giudizio, o esservi convenuto, in tutte le materie che riguardano le parti comuni dell'edificio e, più in generale, per le materie indicate nell'art. 1130 c.c., senza autorizzazione da parte dell'assemblea dei condomini. A specificazione di quanto disposto dall'art. 1130 c.c. è intervenuta, a più riprese e con orientamento unanime, la Suprema Corte, che da ultimo ha affermato: "va data continuità alla giurisprudenza di questa corte (n. 1451 del 2014, n. 10865 del 2016 e n. 16260 del 2016) che - precisando la portata di sez. un. n. 18331 del 2010 - afferma che l'amministratore di condominio, senza necessità di autorizzazione o ratifica dell'assemblea, può proporre opposizione a decreto ingiuntivo nonchè impugnare sentenze per tutte le controversie che rientrino nell'ambito delle sue attribuzioni ex art. 1130 c.c., (...) ovvero resistere all'impugnazione della delib. assembleare" Cass. civ., Sez. II, Sent., 16/10/2017, n. 24302. Va pertanto affermato come l'amministratore di condominio non necessiti di specifica delibera assembleare autorizzativa al fine di "difendere" una delibera di assemblea condominiale. Adabundantiam parte convenuta ha inoltre documentato (docc. nn. 13 e 14) l'informativa in merito al presente giudizio fornita ai condomini, i quali hanno ratificato e confermato il mandato difensivo (cfr. verbale 30/06/2020). Da ultimo si sottolinea sul punto l'inconferenza della giurisprudenza segnalata da parte attrice nel verbale di udienza in data 11/02/2021. Segnatamente la Cass. civ., Sez. II, Sentenza, 21/05/2018, n. 12525 si riferisce a crediti contestati del precedente amministratore revocato, ritenuta dalla Suprema Corte materia non rientrante tra quelle per le quali è autonomamente legittimato ad agire ai sensi degli artt. 1130 e 1131, comma 1, c.c.. 2. Quanto alle istanze istruttorie richiamate in sede di precisazione conclusioni da parte convenuta si osserva come la presente procedura sia idonea ad essere decisa sulla base della sola documentazione versata in atti dalle parti, non necessitando ulteriore attività. Sulle ragioni di rigetto delle istanze di cui alla memoria ex art. 183, comma 6, n. 2 del convenuto datata 04/12/2020 si richiama integralmente il contenuto dell'ordinanza 16/02/2021. 3. Nel merito la domanda attorea è infondata e va rigettata per i seguenti motivi. Dalle emergenze documentali in atti è possibile ricostruire come segue i fatti di causa: - Gli attori acquistavano in data 12/05/2010 l'immobile sito in R. (T.), via R. n. 1, identificato catastalmente al "F. 15 - Part. (...) - Sub. (...)" con rogito Notaio (...) Rep. (...) e Racc. (...) (doc. n. 3 parte convenuta); - il predetto atto pubblico descriveva l'immobile de quo come segue: "a) al piano quinto e sesto (sesto e settimo fuori terra): alloggio disposto su due piani composto di salone, cucina, tre camere, servizi e terrazzo al piano quinto e locale lavanderia, locale stireria, locale gioco bimbi e servizi al piano sesto, il tutto collegato da scala interna"; - il venditore dell'immobile, Signora (...), otteneva in data 10/05/2010 Concessione edilizia in sanatoria n. 4070 (doc. n. 4 parte convenuta) del Comune di Rivoli avente ad oggetto la regolarizzazione della situazione di fatto conseguente alla "...difformità da concessione edilizia dell'unità immobiliare sita al piano 5 (6 f.t.) del sottotetto ad uso accessorio ...; - In data 02/12/2015 (doc. n. 5 parte convenuta) il geom. (...), incaricato dal Condominio, redigeva una relazione avente ad oggetto la "sussistenza delle condizioni per la modifica delle tabelle per la ripartizione delle spese". L'unità immobiliare degli attori al piano quinto, risultava composta da soggiorno, cucina, due bagni, 3 camere, terrazzo e 2 balconi; al sesto piano 4 locali che, all'epoca del sopralluogo, si presentavano in stato semi grezzo, dotati di infissi e di una serpentina a pavimento per il riscaldamento. La superficie commerciale dell'unità complessiva risultava di mq. Commerciali 238,14 (di cui mq. 188,94 al piano quinto). Dava altresì atto dell'avvenuto deposito di Comunicazione di Inizio Lavori del 14/7/2010 inerente "modifiche alle tramezzature interne al quinto e sesto piano, rifacimento parziale pavimenti, nuovi rivestimenti e sanitari nei bagni, verifica ed integrazione degli impianti idrico e termico". Il tecnico perveniva quindi alla seguente conclusione: "Dalle stime elaborate è emerso che il cambio di destinazione d'uso delle mansarde con accorporo della superficie agli alloggi del quinto piano ha determinato un incremento di valore delle unità immobiliari in misura superiore ad un quinto del valore iniziale,ovvero del valore in base al quale sono state elaborate le tabelle di riparto spese attualmente in vigore"; - il Condominio affidava quindi la determinazione delle nuove tabelle al geom. (...) (docc. nn. 7, 8, 9 parte convenuta) che predisponeva l'elaborato oggetto dell'approvazione assembleare di cui al presente procedimento; - l'assemblea riunita in data 21/11/2019 (doc. n. 1 parte attrice) deliberava (con il voto favorevole di 34 condomini - pari a mm. 704,16 - su 36 presenti) l'adozione delle nuove tabelle a far data dalla gestione 19/20, in luogo di quelle (doc. n. 10 parte convenuta) originariamente allegate al Regolamento del Condominio (doc. n. 11 parte convenuta); - detta variazione si concretizzava per gli attori in un incremento della superficie abitativa da mq 188,94 a mq 238,14, stante l'applicazione alla superficie delle soffitte, per la determinazione del valore millesimale, del coefficiente residenziale 0,90 in luogo di quello accessorio 0,35. Alla luce della situazione di fatto, come sovra descritta e documentata in atti e, stanti le conclusioni rispettivamente rassegnate dalle parti, in punto diritto devesi valutare il profilo della legittimità dell'impugnata deliberazione in conformità ai principi di cui all'art. 69 disp. att. c.c.. Ed invero gli attori impugnavano la delibera di approvazione delle tabelle - con conseguente vaglio di questo giudice esclusivamente incentrato sulla legittimità della delibera stessa - e non le tabelle millesimali, restando pertanto esclusa dall'oggetto del presente giudizio qualsivoglia valutazione legata al procedimento di formazione delle stesse o gli eventuali vizi/errori insiti nel calcolo tecnico operato dal Geom. (...). La Suprema Corte sul punto ha statuito che "l'impugnazione della tabella è cosa diversa dalla impugnazione della delibera che modifica la tabella. L'impugnazione della delibera, infatti, non trae fondamento dall'errore iniziale o dalla sopravvenuta sproporzione dei valori del prospetto, ma dai vizi concernenti l'atto e la sua formazione. Precisato che la domanda giudiziale diretta ad impugnare la tabella millesimale configura una azione diversa rispetto alla domanda concernente l'impugnazione della delibera assembleare che modifica la tabella, diversa nelle due ipotesi è anche la legittimazione passiva. Come già affermato da questa Corte (Sez. 2, 15 aprile 1994, n. 3542), l'impugnazione della delibera che modifica la tabella va infatti proposta contro l'amministratore del condominio, perché questi è sempre legittimato a resistere contro l'impugnazione delle deliberazioni assunte dall'assemblea" (Cass. civ., Sez. II, Sent., 11/07/2012, n. 11757). "La domanda di revisione delle tabelle millesimali, allegate ad un regolamento di condominio avente natura contrattuale", invece "esorbita dall'ambito delle attribuzioni dell'amministratore e va proposta in contraddittorio di tutti i condomini, riguardando la modifica dei diritti riconosciuti ai singoli da tale regolamento" (Cass. civ., Sez. II, Sentenza, 22/10/2014, n. 22464). Sono pertanto del tutto irrilevanti ed estranee all'oggetto del giudizio tutte le deduzioni di parte attrice volte a far emergere incongruenze nella relazione del geometra incaricato e nella conseguente valutazione delle nuove tabelle millesimali. La domanda di parte attrice non può trovare accoglimento risultando pienamente legittima la delibera adottata nonché condivisibili le difese svolte dal Condominio convenuto. Risulta dagli atti che l'adozione delle nuove tabelle conseguiva agli interventi di ristrutturazione succedutisi nella proprietà degli attori, dapprima ad opera della signora (...) (doc. n. 4 parte convenuta) e successivamente per mano degli stessi attori (doc. n. 6 parte convenuta), e non in ragione di un errore nelle originarie tabelle allegate al Regolamento del Condominio (come ravvisato dalla difesa attorea). Segnatamente le mansarde, mere pertinenze dell'immobile a mente delle tabelle millesimali originarie, ad opera degli interventi edilizi di cui sopra, di fatto mutavano destinazione, ampliavano l'estensione e la superficie commerciale dell'immobile e divenivano locali residenziali, parte integrante dell'immobile. Si realizzava quindi "un incremento di valore delle unità immobiliari in misura superiore ad un quinto del valore iniziale" (cfr. relazione geom. (...) del 02/12/2015 - doc. n. 5 parte convenuta). Invero dalla lettura della pag. 7 del doc. n. 5 di parte convenuta risulta che alle mansarde degli attori, aventi superficie complessiva di mq. 89,45, cui originariamente era attribuito il coefficiente di 0,35 (quali mere pertinenze), si applicava il coefficiente di destinazione 0,90 (ambienti abitativi destinati a servizi e ripostigli), stante appunto la realizzazione nelle stesse di un locale lavanderia, un locale stireria, un locale gioco bimbi ed un locale per servizi igienici (come peraltro confermato dal tenore del rogito notarile di acquisto dell'immobile (doc. n. 3 parte convenuta). E' quindi legittima la rettifica o modifica dei valori millesimali con la maggioranza prevista dall'articolo 1136 c.c, secondo comma (pienamente rispettata nel caso de quo in cui la delibera oggetto di impugnazione è stata assunta con il voto favorevole di 34 condomini - pari a mm. 704,16 - su 36 presenti) essendosi realizzata l'alterazione per più di un quinto del valore proporzionale dell'unità immobiliare degli attori rispetto alle tabelle millesimali originarie, che rispecchiavano una situazione di fatto notevolmente diversa da quella attuale. Per completezza di esposizione deve affermarsi come non sia condivisibile la tesi di parte convenuta che rinviene, nella condotta dei condomini che hanno saldato i contributi condominiali secondo la tabelle approvate a maggioranza, un'accettazione tacita delle tabelle stesse. Ed invero a tale conclusione potrebbe giungersi esclusivamente in caso di assenza o partecipazione con il voto favorevole alle delibere adottate. "Il consenso non potrebbe, invece, dedursi dal comportamento tenuto da quei condomini che nella assemblea abbiano già espresso dissenso dalla approvazione delle tabelle millesimali, in quanto, in presenza della loro esplicita volontà, non è lecito ricercare una contraria volontà tacita o presunta che sulla prima dovrebbe prevalere (sent. 9 febbraio 1985 n. 1057; nel senso che i condomini, partecipando alle assemblee per tre anni ed effettuando i pagamenti in conformità delle nuove tabelle, non manifestano per facta concludentia quel consenso che avevano espressamente negato in occasione della relativa delibera condominiale cfr. sent. 28 aprile 2005 n. 8863) o dal comportamento degli acquirenti (sent. 9 agosto 1996 n. 7359)" (Cass. civ., Sez. Unite, Sent., (data ud. 06/07/2010) 09/08/2010, n. 18477). 4. In punto spese non vi è motivo di derogare al principio della soccombenza, stante il fatto che l'individuazione del soccombente si compie in base al principio della causalità, con la conseguenza che la parte obbligata a rimborsare alle altre le spese anticipate nel processo è quella che, con il comportamento tenuto fuori del processo, ovvero con il darvi inizio o resistervi, abbia dato causa al processo o al suo protrarsi (Cass. Ord. Sez 6 n. 9035/2019; Cass. n. 25111 del 27/11/2006). Pertanto le spese di lite, da porsi a carico di parte attrice, si determinano tenuto conto dei parametri previsti dal D.M. n. 147 del 2022, secondo i seguenti valori di liquidazione previsti nello scaglione di valore indeterminabile - complessità bassa, in base ai valori medi - tenuto conto del valore e della complessità della procedura, per tutte le fasi processuali effettivamente svolte: Euro 1.701,00 Fase di studio della controversia, valore medio; Euro 1.204,00 Fase introduttiva del giudizio, valore medio; Euro 1.806,00 Fase istruttoria/trattazione del giudizio, valore medio; Euro 2.905,00 Fase decisionale, valore medio; per complessivi Euro 7.616,00 oltre 15% per rimborso forfettario spese generali oltre C.P.A. e IVA (se detraibile) sugli importi imponibili come per legge. 5. La domanda di parte attrice volta alla condanna del condominio ex art. 96 c. 3 c.p.c., integrante un potere discrezionale del Giudice e non un obbligo (Cass. Civ. Ord. 01/03/2022, n. 6730), viene assorbita dalla soccombenza della stessa parte richiedente, cui le spese processuali sono poste a carico. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: RIGETTA la domanda di parte attrice; CONDANNA parte attrice, a rimborsare a parte convenuta le spese di lite, che si liquidano in Euro 7.616,00 per compensi, oltre 15% per rimborso forfettario spese generali oltre C.P.A. e IVA (se non detraibile) sugli importi imponibili come per legge Si comunichi Così deciso in Torino il 9 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 9 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO SEZIONE DECIMA CIVILE nella persona del Giudice dott. Annamaria Salerno ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 20112/2020 promossa da: (...) (C.F. (...)), rappresentata e difesa dall'avv. Al.Bi. ed elettivamente domiciliata presso il suo studio legale in Milano, viale (...), come da procura in atti ATTORE contro CONDOMINIO (...) (C.F. (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Ma.Fa. ed elettivamente domiciliato presso il suo studio legale in Saronno, via (...), come da procura in atti CONVENUTO CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Con atto di citazione ritualmente notificato (...), proprietaria di un immobile ad uso abitativo sito in L., via V., n. 3, conveniva in giudizio il Condominio (...) deducendo la sua responsabilità ex artt. 2043 e 2051 c.c. in quanto custode dei beni condominiali che sarebbero causa dei fenomeni infiltrativi-condensativi presenti nel proprio appartamento. In particolare l'attrice allegava e deduceva: che con ricorso ex art. 696 bis c.p.c., incardinato dinanzi al Tribunale di Milano, sezione decima civile (dott. (...)), chiedeva disporsi una consulenza a fini conciliativi; che, all'esito delle operazioni peritali, il c.t.u. nominato, arch. (...), accertava che la causa dei fenomeni lamentati fosse riconducibile esclusivamente alle modalità di utilizzo dell'appartamento sia in relazione al riscaldamento che all'arieggiamento; che la c.t.u. effettuata ante causam oltre ad essere erronea, superficiale, deficitiaria e non corroborata da prove tecniche, sarebbe altresì affetta da nullità per lesione del contraddittorio in quanto il c.t.u. non avrebbe sempre informato le parti e i loro difensori delle date di espletamento delle operazioni peritali; che all'esito dell'a.t.p. l'attrice aveva commissionato una nuova consulenza di parte con ispezione termografica e analisi igrometrica dalla quale si evince la responsabilità dell'ente di gestione convenuto tenuto sia al risarcimento dei danni patiti, sia a porre in essere ogni necessario lavoro manutentivo secondo indicazioni della designanda CTU utile ad eliminare radicalmente la problematica sofferta dall'attore. Si costituiva in giudizio il Condominio (...) eccependo preliminarmente l'improcedibilità della domanda per mancato esperimento della mediazione; nel merito chiedeva il rigetto integrale delle domande attoree e chiedeva condannarsi l'attore ex art. 96 c.p.c.. La causa veniva istruita con accertamenti tecnici affidati all'ing. (...). All'esito delle operazioni peritali, ritenuta la causa matura per la decisione, veniva fissata udienza di precisazione delle conclusioni per il giorno 15.09.2022. A quest'ultima udienza, celebrata nelle forme della c.d. trattazione scritta ex art. 221 D.L. n. 34 del 2020 e succ. modifiche, le parti precisavano le conclusioni ed il giudice tratteneva la causa in decisione, assegnando alle stesse i termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica. 2. La domanda risarcitoria formulata da parte attrice è sussumibile nel disposto di cui all'art. 2051 c.c., azione di responsabilità extracontrattuale da cose in custodia. 2.1. Giova premettere che secondo l'indirizzo della giurisprudenza della Corte di legittimità, ormai consolidatosi, la responsabilità in tema di danni da cose in custodia è di natura oggettiva e si fonda non su un comportamento od un'attività del custode, bensì su una relazione intercorrente tra questi e la cosa dannosa; conseguentemente il fondamento della stessa è costituito dal rischio che grava sul custode per i danni prodotti dalla cosa che non dipendano da caso fortuito ed il profilo del comportamento del custode è del tutto estraneo alla struttura della fattispecie sopracitata. La radicale oggettivazione dell'ipotesi normativa, insita nella prospettiva adottata - che consente di ritenere trattasi di rischio da custodia (e non di colpa nella custodia) e di presunzione di responsabilità (e non di colpa presunta) - comporta che la responsabilità in questione non esige, per essere affermata, un'attività o una condotta colposa del custode, di talché, in definitiva, il custode negligente non risponde in modo diverso dal custode perito e prudente, se la cosa ha provocato danni a terzi (cfr., ex multis, Cass. civ. 19 febbraio 2008, n. 4279). Il predetto inquadramento normativo riflette peculiari conseguenze in punto di onere probatorio gravante sulle parti: invero il danneggiato, per ottenere il risarcimento da parte del custode, deve dimostrare unicamente l'esistenza del danno e la sua derivazione causale dalla cosa. Al custode, per contro, per andare esente da responsabilità non sarà sufficiente provare la propria diligenza nella custodia, ma dovrà provare che il danno è derivato da caso fortuito (cfr. Cass. civ. 25 luglio 2008, n. 20427). 2.2. Declinando i predetti principi alla fattispecie in esame, deve rilevarsi che parte attrice non ha provato in giudizio la riconducibilità eziologica dei lamentati fenomeni infiltrativi-condensativi alla res posta nella sfera di custodia condominiale. Preliminarmente, quanto all'eccepita nullità della c.t.u. svolta ante causam, affidata all'arch. (...) ed acquisita agli atti, deve rilevarsi che tale eccezione è del tutto priva di fondamento. Ed invero, con riguardo al primo profilo relativo alla lamentata lesione del contraddittorio "per non avere il CTU sempre informato le parti e i loro difensori delle date di espletamento delle operazioni peritali" (v. atto di citazione, p. 5), deve rilevarsi: che dall'esame dei verbali delle operazioni peritali si evince che all'udienza di conferimento dell'incarico nella quale è stata indicata la data di inizio delle operazioni peritali (27.11.2018) fosse presente personalmente la parte ricorrente, (...) (v. verbale di udienza del 14.11.2018); che in data 4.10.2018 parte ricorrente nominava quale suo c.t.p. il geometra Ra. (v. doc. 4 e 5, fasc. att.); che tale consulente ha presenziato a tutti gli incontri fissati per lo svolgimento delle operazioni peritali (v. verbali del 13.12.2018, 15.1.2019, 6.2.2019 e 3.4.2019: docc. 3, 6, 7 e 8, fasc. att.) e che il c.t.u. ha replicato puntualmente alle osservazioni tecniche avanzate dal geometra Ra. per parte ricorrente nella relazione peritale definitiva (v. p. 2 ss. relazione peritale). Al riguardo deve rammentarsi che l'orientamento consolidato della Suprema Corte è nel senso che "l'omissione (anche di una) di simili comunicazioni, induce la nullità della consulenza stessa soltanto qualora, con riguardo alle circostanze del caso concreto, essa abbia pregiudicato il diritto di difesa per non essere state le parti anzidette poste in grado di intervenire alle operazioni, onde la riferita nullità non si verifica qualora risulti che le medesime parti, con avviso anche verbale o in qualsiasi altro modo, siano state egualmente in grado di assistere all'indagine o di esplicare in essa le attività ritenute convenienti" (cfr. ex multis Cass. civ. 10054/2010). Con riguardo alla dedotta nullità per avere il c.t.u. "finanche violato le tempistiche assegnate dal magistrato per il deposito dell'elaborato" (v. atto di citazione, p. 6), deve rilevarsi che risulta agli atti (v. doc. 5, 10 e 11, fasc. conv.) che il Consulente avesse ritualmente formulato richiesta di proroga dei termini concessi, accordata dal Giudice designato con decreto del 22.02.2019 (v. doc. 11, fasc. conv.), e dunque alcun profilo di invalidità della consulenza può ravvisarsi nemmeno in relazione a tale profilo. Avuto riguardo alla dedotta nullità per avere il C.T.U. acquisito - con l'assenso dei consulenti di parte - documenti non prodotti dalle parti (con particolare riferimento alle tabelle dei consumi di riscaldamento del (...)), deve rilevarsi che l'eccezione è stata sollevata per la prima volta da parte attrice in sede di memoria ex art. 183, comma VI, n. 3 c.p.c. e dunque tardivamente trattandosi di nullità relativa (cfr. ex multis Cass. civ. 15747/2018). Ciò posto, deve ulteriormente rilevarsi che la c.t.u. espletata ante causam risulta comunque superata dalla consulenza tecnica svolta nel presente giudizio ed affidata all'ing. (...), unica c.t.u. posta a fondamento del presente giudizio. Ebbene, con riguardo agli accertamenti tecnici compiuti nel presente giudizio, il tecnico nominato, coadiuvato dall'ausiliario esperto termotecnico arch. (...), ha, in primo luogo, rilevato l'assenza di infiltrazioni (v. relazione peritale, p. 8) e la presenza di muffe e umidità, in misura peraltro corrispondente a quelle già riscontrate nel corso delle operazioni peritali svolte ante causam (v. relazione peritale, pp. 11 ss.), e ha accertato la loro riconducibilità eziologica alla presenza di aria interna più umida e/o livelli di temperatura ambientale più bassi rispetto ai valori mediamente previsti che dipendono dall'uso e dalla gestione dell'immobile da parte dell'utilizzatore e non, invece, come dedotto, a res condominiale. In particolare, il c.t.u., dopo avere accertato lo stato dell'immobile, verificato che non vi fossero infiltrazioni attraverso i muri perimetrali esterni e rilevate le muffe variamente diffuse all'interno dell'immobile (ampiamente descritte al paragrafo 4 della relazione peritale cui si rinvia), ha svolto un'analisi dei fenomeni di degrado anche con riferimento al progetto di isolamento termico dell'involucro depositato con la Relazione ex L. n. 10 del 1991. Ha affermato il c.t.u. che è stata, infatti, "verificata sia la congruità della relazione di calcolo delle dispersioni termiche allegata al progetto del fabbricato, sia la relativa progettazione dell'involucro edilizio che è conforme a quanto rilevato nello stato attuale. Inoltre, sono state condotte delle verifiche numeriche con il ricorso di simulazioni agli elementi finiti per individuare la causa che determina le muffe rilevate nel corso delle operazioni peritali ... all'esito delle analisi, è stato verificato che l'involucro esterno del fabbricato (l'insieme delle superfici esterne che delimitano l'appartamento) è stato progettato coerentemente con la norma tecnica dell'epoca che consentiva la mancata correzione dei nodi costruttivi che possono costituire dei "ponti termici" ... Per quanto attiene al sistema di riscaldamento installato (pannelli radianti a pavimento) questo risulta essere una delle migliori soluzioni per il comfort abitativo in termini di uniformità di distribuzione del flusso di calore e di percezione dell'utenza. Per quanto attiene alle muffe rilevate sulle pareti e sui soffitti è risultato che sono conseguenza della formazione di umidità da condensa superficiale. ... I risultati delle verifiche svolte hanno consentito di accertare che l'involucro dell'edificio, pur presentando delle problematiche connesse alla presenza di ponti termici non corretti, rispetta comunque il progetto e la normativa vigente al tempo della sua edificazione e che, in condizioni standard di temperatura e di umidità dell'aria interna, risulta comunque in grado di impedire la formazione di muffe. In considerazione di quanto sopra, l'unica ragione tecnica che può spiegare la formazione delle muffe nell'appartamento dell'attrice è la presenza di aria interna più umida e/o livelli di temperatura ambientale più bassi rispetto ai valori mediamente previsti. La presenza di alti livelli di umidità nell'aria e la gestione delle temperature ambientali dipende dall'uso e dalla gestione dell'immobile da parte dell'utilizzatore e non è imputabile all'immobile o all'edificio condominiale" (v. relazione peritale, p. 22 ss.). Il Consulente dell'Ufficio ha dunque chiaramente esplicato le ragioni tecniche che hanno condotto alla riconducibilità dei fenomeni al solo uso e gestione dell'immobile da parte dell'attrice e ha esaurientemente risposto alle osservazioni tecniche avanzate dal c.t.p. attoreo con motivazioni che devono ritenersi condivisibili dal Tribunale in quanto immuni da vizi logici ed avvalorate da valutazioni di indubbio valore scientifico (v. pp. 31 ss.). Ed infatti, prive di pregio sono le doglianze in ordine alle modalità di indagine e alle strumentazioni utilizzate dal CTU tenuto conto che le analisi sono state condotte dal c.t.u. esperto in materia infiltrativa con l'ausilio di ulteriore esperto termotecnico, arch. (...), regolarmente autorizzato dal Giudice, consulente per l'efficienza energetica, nonché ispettore CENED - Area 2, avendo superato l'esame per la costituzione di un elenco di professionisti per l'affidamento di incarichi per le attività di accertamento sugli attestati di prestazione energetica (APE), bandito da ILSPA -Infrastrutture Lombarde (v. relazione peritale, p. 33) e che parte ricorrente non ha addotto motivi tecnici tali da poter inficiare le risultanze di cui alle analisi compiute. Parimenti infondate sono le deduzioni di parte attrice, avanzate in sede di scritti conclusivi, laddove la difesa attorea afferma che (anche) la c.t.u. dell'ing. (...) sarebbe non attendibile tenuto conto dell'alterazione dello stato dei luoghi (ovvero dei lavori eseguiti dal Condominio, ultimati il 23.7.2020, di messa in sicurezza e di risanamento conservativo delle facciate ordinati dal Comune di Limbiate e deliberati dalle assemblee condominiali tenutesi il 3.10.2019 ed il 26.11.2019 anche per uniformare l'aspetto estetico dell'edificio rispetto alle opere di risanamento eseguite sulle altre facciate: v. comparsa di costituzione e risposta del Condominio, p. 14 e docc. nn. 20-26, fasc. conv.): ed invero, come accertato dal c.t.u., "dal confronto tra lo stato dell'appartamento leggibile nei fotogrammi in atti del giugno 2018 e lo stato attuale anno dei sopralluoghi eseguiti dal c.t.u. (...): 2021, dopo il 2018 non risulta che siano proliferate ulteriori muffe e in generale lo stato degli ammaloramenti non ha subito modifiche" (v. relazione peritale, p. 25 ss.). Dall'esame della documentazione fotografica di cui alla relazione peritale (v. pp. 25 ss.) si evince infatti che la situazione interna dell'immobile nell'anno 2018, dunque prima dell'esecuzione dei lavori eseguiti dal Condominio, non è risultata modificata nel 2021 (anno degli accertamenti eseguiti dal c.t.u. ing. (...)), né in senso peggiorativo, né migliorativo. Parimenti priva di pregio è la doglianza in ordine all'erroneità degli accertamenti circa l'assenza di infiltrazioni in quanto "le precipitazioni intercorse sono state sporadiche e non continuative, così da non poter garantire con assoluta certezza l'eventuale presenza di infiltrazioni" (v. p. 9 della comparsa conclusionale). Al riguardo il c.t.u. ha puntualmente replicato, in sede di risposta alle osservazioni tecniche del c.t.p. di parte convenuta, con motivazione del tutto condivisibile, nei seguenti termini: "Il CTU risponde che in atti non vi sono documenti che dimostrino l'esistenza di infiltrazioni d'acqua dalle murature di facciata prima dell'inizio delle operazioni. Nel corso dei due sopralluoghi effettuati dal CTU non sono stati rilevati segni di infiltrazioni e neppure dopo i sopralluoghi sono pervenute al CTU segnalazioni di infiltrazioni dalle murature di facciata. Si aggiunge che al III Verbale (All. 5) si è constatato pacificamente che "Nel giorno del sopralluogo, nonostante le precipitazioni meteoriche intercorse dalla data dell'ultimo sopralluogo svolto in settembre non si riscontravano evidenze di infiltrazioni attraverso le facciate esterne". Nessuna contestazione è stata espressa dalla parte attrice e dal proprio CTP" (v. relazione peritale, p. 31). Alla luce delle superiori considerazioni, deve pertanto ritenersi, in applicazione del principio della preponderanza dell'evidenza o "del più probabile che non", che la causa esclusiva che ha determinato i fenomeni infiltrativi-condensativi lamentati dall'attrice è da rinvenirsi nel solo comportamento dell'attrice e dunque alcun profilo di responsabilità civile può imputarsi in capo all'ente di gestione convenuto in difetto di prova del nesso eziologico tra eventi lesivi e res condominiale. 2.3. Le domande attoree formulate ex artt. 2051 c.c. e 2043 c.c. nei confronti del Condominio (...) devono dunque essere integralmente rigettate. 3. Quanto, invece, alla condanna dell'attrice per responsabilità aggravata ai sensi del primo comma dell'art. 96 c.p.c., deve ritenersi l'insussistenza dei presupposti del predetto disposto normativo, atteso che l'operatività del primo comma dell'art. 96 c.p.c. richiede, oltre che la ricorrenza del dolo o della colpa grave della condotta processuale, altresì che l'istante deduca e dimostri - ciò che nel caso di specie non è accaduto - la concreta ed effettiva esistenza di un danno in conseguenza del comportamento processuale della parte medesima, pregiudizio che non può ritenersi sussistente in re ipsa (cfr. ex multis, Cass., 15 aprile 2013, n. 9080). Ciò posto, non può tuttavia non rilevarsi come, nella specie, il comportamento processuale tenuto da parte attrice assuma rilevanza ai fini dell'applicabilità del terzo comma dell'art. 96 c.p.c., dal quale deve escludersi la necessità dell'adduzione e della prova del danno di controparte, come peraltro ben lumeggiato dai lavori preparatori e ripetutamente chiarito dalla Suprema Corte, anche a sezioni unite (cfr., da ultimo, Cass. civ., sez. un., 9912/2018), elemento, come detto, invece indispensabile per la condanna ai sensi dei primi due commi dell'art. 96 c.p.c., tant'è che la condanna al pagamento della somma equitativamente determinata, ai sensi dell'art. 96, comma III, c.p.c. è stata ritenuta connotata da natura sanzionatoria e officiosa, sicché essa presuppone l'accertamento del solo elemento soggettivo della mala fede o colpa grave della parte soccombente (Cass. 11 febbraio 2014 n. 3003), trovando il suo fondamento in quell'abuso del processo che, anche nel caso in cui non abbia cagionato danni alla controparte, ha comunque generato un pregiudizio al sistema processuale (in questi termini, da ultimo, Cass. civ. 7901/2018). Orbene, la responsabilità aggravata ai sensi del terzo comma dell'art. 96 c.p.c., che non richiede né la domanda di parte, né la prova del danno, esige, pur sempre, sul piano soggettivo, la sussistenza e l'apprezzamento della mala fede o della colpa grave della parte soccombente che può ravvisata nella coscienza dell'infondatezza della domanda (mala fede) o nella violazione del grado minimo di diligenza volta all'acquisizione di detta coscienza (colpa grave) che consente, dunque, di avvertire facilmente l'infondatezza o l'inammissibilità della propria domanda, non essendo sufficiente la mera infondatezza, anche manifesta, delle tesi prospettate (Cass. Sez. Un. 11 dicembre 2007 n. 25831; Cass. 18 gennaio 2010 n. 654) e deve coinvolgere l'esercizio dell'azione processuale nel suo complesso, cosicché possa considerarsi meritevole di sanzione l'abuso dello strumento processuale in sé, anche a prescindere dal danno procurato alla controparte e da una sua richiesta, al fine di contemperare le esigenze di deflazione del contenzioso pretestuoso con la tutela del diritto di azione (Cass. 19 aprile 2016 n. 7726). Declinando i predetti principi alla fattispecie de qua, deve rilevarsi che la considerazione che l'attrice abbia agito nella formulazione della domanda sulla scorta di argomenti che sono risultati contraddetti dalla c.t.u. svolta ante causam rispetto alla quale ha proposto un'eccezione di nullità del procedimento in relazione a vizi procedurali nemmeno risultati fondati e nell'aver tacciato di insufficienza, incoerenza, illogicità e lacunosità la c.t.u. dell'arch. C. (probabilmente poiché le conclusioni risultavano ad essa sfavorevoli), le cui valutazioni sono state poi confermate anche da altro c.t.u. dell'intestato Tribunale all'esito di puntuali e approfondite verifiche, peraltro già affermate dal perito della (...) s.p.a. anteriormente al procedimento di istruzione preventiva (v. doc. 16, fasc. conv.), e, ancora, che l'attrice, pur all'esito degli accertamenti compiuti nel corso del presente giudizio, abbia insistito nell'accoglimento delle conclusioni, inducono a ritenere il comportamento processuale di parte attrice connotato quanto meno da colpa grave, avendo la stessa omesso di osservare la diligenza richiesta nella verificazione dei presupposti per la proposizione della domanda giudiziale, diligenza che avrebbe consentito di avvedersi della infondatezza della propria pretesa e, dunque, dell'imprudente esercizio dell'azione (cfr. Cass. civ. 327 del 2010). Non osta all'adozione della condanna ai sensi dell'art. 96, III comma, c.p.c la circostanza che il giudizio abbia avuto una durata contenuta, atteso che l'iniziativa giudiziaria dell'attrice ha avuto comunque l'effetto di distrarre tempo e risorse - di per sé limitate - alla trattazione di altri giudizi, così arrecando una "offesa alla giurisdizione" (in questi termini Corte cost., sentenza 23 giugno 2016 n. 152), nonché l'effetto di coinvolgere il soggetto convenuto in defatiganti attività processuali. La somma che si stima adeguata a sanzionare tale condotta, avuto riguardo al ravvisato elemento soggettivo e tenuto conto della durata del giudizio, è quella di un terzo dell'importo riconosciuto a titolo di spese di lite del presente giudizio di merito, esclusi gli accessori. 4. Quanto al regolamento delle spese di lite, le stesse seguono il principio di soccombenza e sono liquidate ex D.M. n. 55 del 2014 e succ. modifiche come in dispositivo, tenuto conto del valore della domanda e dell'effettiva attività difensiva espletata sia con riguardo al presente giudizio che al giudizio promosso ante causam ex art. 696 bis c.p.c.; parimenti, le spese di c.t.u., già liquidate con separato decreto di pagamento, seguono il principio di soccombenza e vengono definitivamente poste a carico di parte attrice. P.Q.M. Il Tribunale di Milano, sezione decima civile, definitivamente pronunciando nella causa civile di cui in epigrafe, ogni diversa istanza, difesa, eccezione e deduzione disattesa, così provvede: - rigetta le domande formulate da (...) nei confronti del Condominio V.; - condanna (...) a rifondere le spese di lite nei confronti del Condominio (...) liquidate complessivamente in Euro 4.237,00 per compensi del presente giudizio ed Euro 1.907,00 per compensi del procedimento di istruzione preventiva, oltre spese generali, Iva e c.p.a. come per legge; - condanna (...) ex art. 96, III comma, c.p.c. a pagare a parte convenuta Condominio (...) la somma di Euro 1.412,00; - pone definitivamente a carico di (...) le spese di consulenza tecnica d'ufficio, già liquidate in corso di giudizio con separato decreto di pagamento. Così deciso in Milano il 2 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 3 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MANNA Felice - Presidente Dott. SCARPA Antonio - Consigliere Dott. GIANNACCARI Rossana - rel. Consigliere Dott. ROLFI Federico V. A. - Consigliere Dott. BESSO MARCHEIS Chiara - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 25205/2017 R.G. proposto da: (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS)) rappresentato e difeso dall'avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS)); -ricorrente- contro CONDOMINIO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS)) che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS)); -controricorrente- nonche' contro (OMISSIS); - intimato - avverso SENTENZA di CORTE D'APPELLO MILANO n. 3302/2017 depositata il 14/07/2017. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/10/2022 dal Consigliere ROSSANA GIANNACCARI. FATTI DI CAUSA 1. (OMISSIS), proprietaria di un appartamento sito al sesto piano dello stabile condominiale di Via (OMISSIS) a Milano, in virtu' di decreto di trasferimento in sede di procedura fallimentare, impugno' la delibera condominiale del (OMISSIS), chiedendo dichiararsi la nullita' nella parte in cui erano state approvate le nuove tabelle millesimali nonche' il consuntivo della gestione 2011-12 ed il preventivo del 2012-2013. 1.1.Con il medesimo atto, (OMISSIS) evoco' in giudizio il condomino (OMISSIS). 1.2. Il Condominio di Via (OMISSIS) si costitui' per resistere alla domanda mentre (OMISSIS) rimase contumace. 1.3. Il Tribunale di Milano rigetto' l'impugnazione sul rilievo che le tabelle condominiali non avessero natura contrattuale e potessero essere modificate con la maggioranza qualificata di cui all'articolo 1136, comma 2 c.c. 1.4. La (OMISSIS) propose appello e dedusse di non aver prestato il consenso alla redazione delle nuove tabelle millesimali, in quanto, nel corso dell'assemblea del (OMISSIS), si era riservata di esprimere il proprio gradimento sulla nomina del tecnico incaricato di redigere le tabelle millesimali. 1.5. La (OMISSIS) contesto' che le originarie tabelle allegate al regolamento condominiale non avessero natura contrattuale in quanto il regolamento prevedeva criteri specifici per il riparto delle spese sicche' esse non erano modificabili con la maggioranza sancita dall'articolo 1136 2 co, c.c.; i contesto' l'erroneita' delle superfici attribuite alla sua proprieta' rispetto a quelle originariamente previste nelle tabelle allegate al regolamento condominiale. Infine, l'appellante censuro' la decisione di primo grado per non avere il Tribunale esaminato i motivi di impugnazione relativi alla mancanza di informazione circa l'oggetto della delibera impugnata nonche' per aver erroneamente attribuito la superficie di due cantine e per aver utilizzato il criterio millesimale invece di quello della cubatura per le spese di riscaldamento. 1.6. La Corte d'appello di Milano, con sentenza del 14.7.2017, confermo' la sentenza del Tribunale. 1.7. La Corte di merito ritenne che la (OMISSIS) avesse espresso il consenso con âEuroËœvoto favorevole' alla modifica delle tabelle, ponendo la riserva solo sull'individuazione del tecnico. Con riferimento poi alla natura contrattuale delle tabelle, la Corte rilevava come tale deduzione dovesse essere riferita non gia' alla delibera impugnata (quella del (OMISSIS)) ma alla delibera del (OMISSIS), con cui la (OMISSIS) aveva espresso la volonta' di modifica delle tabelle, delibera non espressamente impugnata. In ogni caso, la natura contrattuale del regolamento condominiale non si estendeva alle tabelle millesimali, la cui finalita' era quella di tradurre la proprieta' in frazioni millesimali. Viziata di genericita' veniva considerata la doglianza relativa all'eccesso di potere della decisione di primo grado poiche' l'appellante non aveva fornito alcun elemento logico-probatorio si' da ritenere che la delibera fosse arbitrariamente e fraudolentemente preordinata al perseguimento di interessi divergenti e volutamente lesivi degli interessi dei condomini; in ogni caso, l'eccesso di potere quale titolo per la caducazione della delibera era stato dedotto per la prima volta in appello, in violazione dell'articolo 345 c.p.c. Riguardo alle tabelle millesimali annesse al regolamento di condominio, la Corte d'Appello valuto' che vi era discrepanza delle risultanze della perizia con i dati relativi alle originali tabelle del 1964, cui conseguiva la necessita' di una riforma delle tabelle. I rilievi dell'appellante sull'erroneita' delle nuove tabelle risultavano generici e senza alcuna esauriente indicazione della specifica entita' dell'eventuale difformita' rispetto alla situazione reale. Anche la deduzione circa l'incompletezza delle informazioni era generica per non avere la (OMISSIS) allegato quali fossero gli elementi informativi mancanti. In relazioni ai subalterni 2) (omogeneita' delle tabelle) e 3) (erronea attribuzione delle cantine),le deduzioni erano ripetitive e nuove rispetto a quanto dedotto in primo grado. 2.Per la cassazione della sentenza d'appello ha proposto ricorso (OMISSIS) sulla base di otto motivi. 2.1. Il Condominio di via (OMISSIS) ha resistito con controricorso; 2.2. In prossimita' dell'udienza le parti hanno depositato memorie illustrative. 2.3. Il Procuratore Generale nella persona del Dott. Alessandro Pepe ha chiesto il rigetto del ricorso. RAGIONI DELLA DECISIONE 1.Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione o falsa applicazione dell'articolo 1136 c.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la corte Corte d'appello ritenuto che sussistesse la volonta' della ricorrente di modificare le tabelle millesimali, senza tenere conto che nel corso dell'assemblea del (OMISSIS), il consenso alla revisione delle tabelle sarebbe stato espresso a condizione che il tecnico nominato fosse di suo gradimento. 2.Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione o falsa applicazione dell'articolo 100 c.p.c. per avere la Corte di merito ritenuto che dovesse essere impugnata la delibera del (OMISSIS), con cui il condominio aveva deliberato di procedere alla redazione di nuove tabelle e non quella, poi del (OMISSIS) di approvazione delle tabelle modificate; al contrario, la lesione del diritto si sarebbe effettivamente determinata con l'individuazione dei millesimi attribuiti. 2.1.I motivi, che per la loro connessione vanno trattati congiuntamente sono infondati ma la motivazione deve essere corretta. 2.2.La lesione del diritto del condomino sorge con la definitiva approvazione delle tabelle in cui vengono stabiliti i nuovi criteri di riparto delle spese, sulla base dei millesimi attribuiti al singolo condomino sicche' non e' corretto quanto affermato dalla Corte di merito, secondo cui avrebbe dovuto essere impugnata la delibera del (OMISSIS), con cui la (OMISSIS) aveva espresso la volonta' di modifica delle tabelle. 2.3. Tuttavia, e' dirimente osservare, ai fini del rigetto del ricorso, che, come correttamente si afferma nella sentenza impugnata, l'approvazione all'unanimita' non era necessaria in quanto la natura contrattuale del regolamento condominiale non si estende alle tabelle millesimali, le cui finalita' e' quella di tradurre la proprieta' in frazioni millesimali (Cassazione civile sez. un., 09/08/2010, n. 18477). 2.4. E' stato piu' volte affermato da questa Corte che, in tema di condominio, l'atto di approvazione delle tabelle millesimali, al pari di quello di revisione delle stesse, non ha natura negoziale, con la conseguenza che il medesimo non deve essere approvato con il consenso unanime dei condomini, essendo a tal fine sufficiente la maggioranza qualificata di cui all'articolo 1136 comma 2 c.c. (Cassazione civile sez. II, 25/10/2018, n. 27159; Cassazione civile sez. II, 10/03/2020, n. 6735). 2.5.Tale principio e' stato affermato con nitidezza nella recente pronuncia delle Sezioni Unite del 14.4.2021, n. 9839, con riferimento sia all'atto di approvazione delle tabelle millesimali che a quello di revisione delle stesse; e', infatti, sufficiente la maggioranza qualificata di cui all'articolo 1136, comma 2, c.c., ogni qual volta l'approvazione o la revisione avvengano con funzione meramente ricognitiva dei valori e dei criteri stabiliti dalla legge; viceversa, la tabella da cui risulti espressamente che si sia inteso derogare al regime legale di ripartizione delle spese, ovvero approvare quella "diversa convenzione", di cui all'articolo 1123, comma 1, c.c., rivelando la sua natura contrattuale, necessita dell'approvazione unanime dei condomini. 2.6.Nel caso in esame, non e' stato espressamente dedotto che le nuove tabelle derogassero al regime convenzionale di ripartizione delle spese, essendosi la ricorrente limitata ad affermare in via generica che le nuove tabelle erano errate nelle misurazioni concrete e nei presupposti di calcolo. 3.Con il terzo motivo di ricorso, si deduce l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti per non avere la Corte d'appello motivato sulla necessita' di una delibera totalitaria in presenza della modifica dei criteri di ripartizione delle spese condominiali e sulla effettiva consistenza delle varie unita' immobiliari. 3.1.Il motivo e' inammissibile, in quanto, trattandosi di un'ipotesi di doppia conforme, la sentenza non e' impugnabile per vizio di motivazione ai sensi dell'articolo 348 ter, comma V c.p.c. 4.Con il quarto motivo di ricorso, si deduce la violazione articolo 112 c.p.c. e degli articoli 68 e 69 delle Disp. Att. Cod. Civ. per avere la Corte d'appello ritenuto che sussistesse un errore nelle tabelle originarie, errore la cui presenza legittimava la riforma delle tabelle poi impugnate. La Corte di merito non avrebbe considerato che l'errore, qualora sussistente, avrebbe dovuto riguardare tutte le unita' immobiliari. 5.Con il settimo motivo di ricorso, si deduce la violazione dell'articolo 1135 c.c. e dell'articolo 112 c.p.c. perche' la delibera impugnata nella nuova ripartizione millesimale avrebbe attribuito alla ricorrente due cantine invece di quella sola di cui sarebbe proprietaria. 6.Con l'ottavo motivo di ricorso, si deduce la violazione degli articoli 112 c.p.c. e 69 delle Disp. Att. Cod. Civ. perche' sarebbe stato adottato un errato criterio di ripartizione delle spese. 6.1.I motivi, che per la loro connessione vanno trattati congiuntamente, sono inammissibili in quanto la ricorrente contesta accertamenti di fatto svolti dal giudice di merito, insindacabili in sede di legittimita', ne' il ricorrente allega che vi era stata una modificazione dei criteri di riparto delle spese. 7.Con il quinto motivo di ricorso, deducendo la violazione dell'articolo 112 c.p.c. e dell'articolo 68 delle disp. att. c.c., si contesta la decisione della Corte d'appello di attribuire efficacia provvisoria alla delibera. 7.1.Il motivo e' inammissibile in quanto e' impugnato per cassazione un provvedimento avente natura provvisoria ed interinale. 8.Con il sesto motivo di ricorso, si deduce la violazione dell'articolo 66 Disp. Att. Cod. Civ., per avere la Corte di merito erroneamente rigettato il motivo di impugnazione della delibera fondato sulla mancata informazione ai condomini delle nuove tabelle millesimali poiche' esse non sarebbero state allegate all'avviso di convocazione dell'assemblea. 8.1.Il motivo e' inammissibile per genericita' in quanto la ricorrente si limita a contestare la violazione del diritto di informazione senza confrontarsi con l'affermazione della Corte di merito, secondo cui la deduzione circa l'incompletezza delle informazioni era generica per non avere la (OMISSIS) allegato quali fossero gli elementi informativi mancanti. 9.Il ricorso va pertanto rigettato. 9.1. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo. 9.2. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, , va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita', che liquida in Euro 5000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da' atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

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