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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Quinta Bis ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 5296 del 2019, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Gi.Sa., Ka.Ta., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Gi.Sa. in Parma, (...); contro Ministero dell'Interno, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (...); per l'annullamento del decreto emesso dal Ministero dell'Interno relativo all'istanza -OMISSIS- datato 17.01.2019 e notificato alla ricorrente in data 13.02.2019 mediante il quale veniva respinta l'istanza di concessione della cittadinanza italiana richiesta ai sensi dell'art. 9, comma 1, lettera f) della Legge 5 febbraio 1991 n. 92 Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 febbraio 2024 la dott.ssa Antonietta Giudice e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO I. - La ricorrente ha presentato istanza intesa ad ottenere la concessione della cittadinanza italiana, ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. f), della legge n. 91/1992, in data 3 febbraio 2014. II. - Esperita l’istruttoria di rito, l’Amministrazione con DM 17 gennaio 2019 ha respinto la domanda, previa comunicazione ex art. 10-bis della legge n. 241/1990 e a seguito del contraddittorio con l’interessata, essendo risultati a carico del figlio convivente i seguenti elementi di controindicazione: - in data 2.7.2005: indagato in stato di libertà dalla stazione CC di Omissisdalla Procura della Repubblica presso il Tribunale dei Minorenni di Bologna, per il reato di cui all’art. 110,624,625 n. 2, 61 n. 7 c.p. (furto aggravato in concorso); - in data 15.3.2008: notifica decreto divieto di ritorno nel Comune di Piacenza per anni tre, datato 27.2.2008 adottato dal Questore di Piacenza; - in data 25.2.2008: contestata violazione amministrativa dalla Prevenzione Generale e Soccorso Pubblico di Piacenza, per violazione dell’art. 688 c.p. (manifesta ubriachezza); - in data 25.02.2008: notizie di reato all’A.G. dalla Prevenzione Generale e Soccorso Pubblico di Piacenza per violazione dell’art. 582 e 588 c.p. (lesioni personali e rissa); - in data 11.11.2009: decreto penale del G.I.P. presso il Tribunale di Parma, divenuto esecutivo in data 18.12.2009, per il reato di cui all’art. 659, 175 c.p. (disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone). III. - Avverso il suddetto provvedimento di diniego la ricorrente insorge con l’odierno gravame, chiedendone l’annullamento, in quanto asseritamente affetto dai vizi di: 1. Eccesso di potere per incongrua e carente motivazione, travisamento dei fatti posti alla base del provvedimento di diniego; 2. Violazione dell’art. 3 della legge 7.8.1990, n. 241, provvedimento non sufficientemente motivato. La parte censura il provvedimento in quanto non adottato a seguito di una compiuta valutazione della posizione della richiedente che afferma di essere socialmente integrata nel tessuto sociale italiano di non aver subìto condanne penali e di non aver avuto alcun coinvolgimento nelle vicende penali dl figlio, il quale è in ogni caso in possesso di una carta di soggiorno di lungo periodo. IV. - Il Ministero dell’interno, costituito in giudizio per resistere al ricorso, ha depositato documenti del fascicolo del procedimento e una relazione difensiva, contestando nel merito le censure ex adverso svolte e concludendo per il rigetto della domanda di annullamento del diniego impugnato. V. - All’udienza pubblica del 28 febbraio 2024 la causa è stata trattenuta in decisione. DIRITTO I. - Il ricorso è infondato. II. - Il Collegio reputa utile una premessa di carattere teorico in ordine al potere attribuito all’amministrazione in materia, all’interesse pubblico protetto e alla natura del relativo provvedimento (vedi, da ultimo, TAR Lazio, sez. V bis, n. 2943, 2944, 2945, 3018 e 3471/2022). L'acquisizione dello status di cittadino italiano per naturalizzazione è oggetto di un provvedimento di concessione, che presuppone l'esplicarsi di un'amplissima discrezionalità in capo all'Amministrazione. Ciò si desume ictu oculi, dalla norma attributiva del potere, l’art. 9, comma 1, della legge n. 91/1992, a tenore del quale la cittadinanza "può" - e non "deve" - essere concessa. La dilatata discrezionalità in questo procedimento si estrinseca attraverso l’esercizio di un potere valutativo che si traduce in un apprezzamento di opportunità in ordine al definitivo inserimento dell'istante all'interno della comunità nazionale, apprezzamento influenzato e conformato dalla circostanza che al conferimento dello status civitatis è collegata una capacità giuridica speciale, propria del cittadino, che comporta non solo diritti - consistenti, sostanzialmente, oltre nel diritto di incolato, nei "diritti politici" di elettorato attivo e passivo (che consentono, mediante l’espressione del voto alle elezioni politiche, la partecipazione all’autodeterminazione della vita del Paese di cui si entra a far parte e la possibilità di assunzione di cariche pubbliche) - ma anche doveri nei confronti dello Stato-comunità - consistente nel dovere di difenderla anche a costo della propria vita in caso di guerra ("il sacro dovere di difendere la Patria" sancito, a carico dei soli cittadini, dall’art. 52 della Costituzione), nonché, in tempo di pace, nell'adempimento dei "doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale", consistenti nell’apportare il proprio attivo contributo alla Comunità di cui entra a far parte (art. 2 e 53 Cost.). A differenza dei normali procedimenti concessori, che esplicano i loro effetti esclusivamente sul piano di uno specifico rapporto Amministrazione/Amministrato, l’ammissione di un nuovo componente nell’elemento costitutivo dello Stato (Popolo), incide sul rapporto individuo/Stato-Comunità, con implicazioni d’ordine politico-amministrativo; si tratta, pertanto, di determinazioni che rappresentano un'esplicazione del potere sovrano dello Stato di ampliare il numero dei propri cittadini (vedi, da ultimo, Consiglio di Stato, sez. III, 7.1.2022 n. 104; cfr. Cons. Stato, AG, n. 9/1999; sez. IV n. 798/1999; n. 4460/2000; n. 195/2005; sez, I, n. 1796/2008; sez. VI, n. 3006/2011; Sez. III, n. 6374/2018; n. 1390/2019, n. 4121/2021; TAR Lazio, Sez. II quater, n. 10588 e 10590 del 2012; n. 3920/2013; 4199/2013). È stato, in proposito, anche osservato che il provvedimento di concessione della cittadinanza refluisce nel novero degli atti di alta amministrazione, che sottende una valutazione di opportunità politico-amministrativa, caratterizzata da un altissimo grado di discrezionalità nella valutazione dei fatti accertati e acquisiti al procedimento: l'interesse dell'istante ad ottenere la cittadinanza deve necessariamente coniugarsi con l'interesse pubblico ad inserire lo stesso a pieno titolo nella comunità nazionale. E se si considera il particolare atteggiarsi di siffatto interesse pubblico, avente natura "composita", in quanto coevamente teso alla tutela della sicurezza, della stabilità economico-sociale, del rispetto dell’identità nazionale, è facile comprendere il significativo condizionamento che ne deriva sul piano dell’agere del soggetto alla cui cura lo stesso è affidato. In questo quadro, pertanto, l’amministrazione ha il compito di verificare che nel soggetto istante risiedano e si concentrino le qualità ritenute necessarie per ottenere la cittadinanza, quali l’assenza di precedenti penali, la sussistenza di redditi sufficienti a sostenersi, una condotta di vita che esprime integrazione sociale e rispetto dei valori di convivenza civile. La concessione della cittadinanza deve rappresentare il suggello sul piano giuridico di un processo di integrazione che nei fatti sia già stato portato a compimento, la formalizzazione di una preesistente situazione di "cittadinanza sostanziale" che giustifica l’attribuzione dello status giuridico (in proposito, Tar Lazio, Sez. II quater, sent. n. 621/2016: "concessione che costituisce l’effetto della compiuta appartenenza alla comunità nazionale e non causa della stessa"). In altre parole, si tratta di valutare il possesso di ogni requisito atto ad assicurare l’inserimento in modo duraturo nella comunità, mediante un giudizio prognostico che escluda che il richiedente possa successivamente creare problemi all’ordine e alla sicurezza nazionale, disattendere le regole di civile convivenza ovvero violare i valori identitari dello Stato, gravare sulla finanza pubblica (cfr. ex multis, Tar Lazio, Roma, Sez. I ter, n. 3227 e n. 12006 del 2021 e sez. II quater, n. 12568/ 2009; Cons. Stato, sez. III, n. 104/2022; n. 4121/2021; n. 7036 e n. 8233 del 2020; n. 1930, n. 7122 e n. 2131 del 2019; n. 657/2017; n. 2601/2015; sez. VI, n. 3103/2006; n. 798/1999). III. - Se, dunque, il potere dell’Amministrazione ha natura discrezionale, il sindacato giurisdizionale sulla valutazione dell’effettiva e compiuta integrazione nella comunità nazionale deve essere contenuto entro i ristretti argini del controllo estrinseco e formale, esaurendosi nello scrutinio del vizio di eccesso di potere, nelle particolari figure sintomatiche dell’inadeguatezza del procedimento istruttorio, illogicità, contraddittorietà, ingiustizia manifesta, arbitrarietà, irragionevolezza della scelta adottata o difetto di motivazione, con preclusione di un’autonoma valutazione delle circostanze di fatto e di diritto oggetto del giudizio di idoneità richiesto per l’acquisizione dello status di cui è causa; il vaglio giurisdizionale non deve sconfinare nell’esame del merito della scelta adottata, riservata all’autonoma valutazione discrezionale dell’Amministrazione (ex multis, Cons. Stato, sez. III, 7.1.2022 n. 104; Sez. IV, n. 6473/2021; Sez. VI, n. 5913/2011; n. 4862/2010; n. 3456/2006; Tar Lazio, Sez. I ter, n. 3226/2021, Sez. II quater, n. 5665/2012). IV. - Alla luce del quadro ricostruito, questo Collegio ritiene che l’operato della p.a. sia immune dai vizi dedotti dalla parte che, in quanto strettamente connessi, possono essere trattati congiuntamente. Dalla lettura del provvedimento, il Collegio ritiene che sia possibile ricostruire, contrariamente a quanto dedotto nell’atto introduttivo del ricorso, il percorso logico-giuridico che ha condotto l’amministrazione - sulla base delle risultanze istruttorie raccolte, tenuto conto in particolare del rapporto informativo della Legione Carabinieri Emilia Romagna del 15 febbraio 2017 nonché del certificato del casellario giudiziale n. 2588349/2018/R - all’adozione di una determinazione sfavorevole per la richiedente, essendo stata profilata una situazione critica nell’ambito familiare. La determinazione avversata è fondata sulla rilevanza attribuita dall’amministrazione al rapporto di parentela stabile e al legame affettivo della richiedente con il figlio risultato incline a violare le regole di civile convivenza, in quanto suscettibile di suggerire scelte emotive volte ad agevolare, per mere ragioni di coinvolgimento affettivo-emotivo, comportamenti non aderenti ai valori della Repubblica. Ebbene in proposito, il Collegio ritiene utile evidenziare che all’autorità procedente nei procedimenti di concessione della cittadinanza si richiede di estendere la valutazione circa l'avvenuta integrazione dello straniero nella comunità nazionale sotto i molteplici profili della sua condizione lavorativa, economica, familiare e di irreprensibilità della condotta anche al nucleo familiare (cfr. Cons. Stato, sez. I, n. 2674/2018; Id., sez. I, n. 2660/2017, secondo cui la concessione della particolare capacità connessa allo status di cittadino impone che "si valutino, anche sotto il profilo indiziario, le prospettive di ottimale inserimento del soggetto interessato nel contesto sociale del paese ospitante, sotto il profilo dell’apporto lavorativo e del rispetto delle regole del paese stesso. E in tale ottica, non può ritenersi censurabile l’estensione della valutazione anzidetta al nucleo familiare"). D'altronde, come condivisibilmente rilevato da questo Tribunale (cfr. Sez. I ter n. 13300 del 10 dicembre 2020; Sez. II quater n. 1840 del 2 febbraio 2015), la natura altamente discrezionale del provvedimento di concessione della cittadinanza italiana per naturalizzazione, infatti, fa sì che possano essere presi in considerazione dall’amministrazione per le proprie determinazioni tutti gli aspetti, riguardanti l’istante, ritenuti indicativi della sua effettiva e piena integrazione (sull’estensione del giudizio di opportunità del rilascio dello status alla condotta del nucleo familiare dell’aspirante cittadino, Tar Lazio, Sez. V bis, n. 3673 del 6 marzo 2023, ha chiarito: "in tal modo evidenziando l’ambito soggettivo di tale valutazione, che non si limita alla sola persona del richiedente, ma investe la cerchia dei familiari, in quanto nucleo elementare in cui si forma, si sviluppa e si manifesta la personalità individuale e che, pertanto, costituisce "l’ambiente" in cui va particolarmente studiato il comportamento dei soggetti"). I comportamenti penalmente rilevanti anche dei familiari di primo grado, quando si tratta di familiari conviventi, dunque possono essere considerati al fine di motivare il diniego della cittadinanza italiana del padre, in quanto sono sintomatici della integrazione del nucleo familiare nel quale l’istante vive. I due aspetti della convivenza e dello stretto grado di parentela costituiscono, infatti, elementi significativi della sicura influenza svolta dal familiare, che abbia commesso reati, sull’istante o viceversa e dunque sono stati legittimamente valorizzati dalla amministrazione ai fini di una motivazione di rigetto della cittadinanza italiana. In particolare, nel caso di specie è venuta in emersione la riconducibilità al figlio di una pluralità di illeciti - furto aggravato in concorso di cui agli artt. 110, 624, 625 n. 2, 61 n. 7 c.p.; manifesta ubriachezza per violazione dell’art. 688 c.p.; lesioni personali e rissa per violazione dell’art. 582 e 588 c.p.; disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone per il reato di cui all’art. 659, 175 c.p. - commessi in un caso anche durante la minore età dello stesso e in ogni caso tutti verificatesi nel c.d. "periodo di osservazione", il decennio antecedente la domanda, in relazione al quale deve essere raccolto da parte della p.a. ogni elemento utile sul conto del richiedente lo status al fine della formulazione del giudizio prognostico di ottimale inserimento in maniera stabile nella comunità nazionale. Dette condotte contestate al figlio convivente, che sono anche sfociate in un provvedimento di condanna e in un provvedimento di divieto di ritorno nel Comune di Piacenza, sono da considerare, da un lato, violative di beni-interessi fondamentali per l’ordinamento - tra i quali l’integrità fisica e il patrimonio della persona, la tranquillità pubblica - tutelati in tutte le manifestazioni e in ogni momento della vita associativa dall’ordinamento italiano, dentro e fuori la famiglia, dall’altro, indicative - in ragione di una valutazione non atomistica delle stesse - di un cattivo rapporto ovvero mancato rispetto delle istituzioni dell’ordinamento in cui il nucleo familiare intende radicarsi; pertanto sono state, ad avviso del Collegio, non irragionevolmente ritenute rilevanti al fine della valutazione del livello di integrazione complessivo dei componenti della famiglia, nonché in generale ai fini della formulazione del giudizio di idoneità dell’aspirante cittadino, senza contare la possibilità dei benefici previsti dal legislatore in favore dei familiari conviventi del cittadino. V. - In altre parole, il diniego avversato - lungi peraltro dal violare il principio della personalità della responsabilità penale, vista la limitazione dei relativi effetti al piano amministrativo (cfr. Cons. Stato, sez. I, parere n. 316/2023: "Con il diniego della cittadinanza l’amministrazione non ha esteso al richiedente le conseguenze penali dei reati commessi da un membro del nucleo familiare, ma ha ritenuto di non potere escludere che i significativi precedenti penali dei figli siano indicativi di una situazione di insufficiente integrazione del nucleo familiare nella collettività nazionale e di una situazione di probabile rischio di conseguenze dannose per la stessa collettività ") - si innesta sul pericolo di danno alla comunità nazionale in conseguenza dell’applicazione dei benefici ai parenti del cittadino [cfr. Tar Lazio, sez. V bis, n. 3673/2023 citata: "il richiamo al principio della "responsabilità personale" risulta inconferente in quanto nel contenzioso sulla cittadinanza non viene in considerazione solo la condotta del richiedente, ma anche quella dell’intero nucleo familiare, apprezzato in un’ottica oggettiva, tenendo conto delle conseguenze negative che dalla "infelice" concessione della cittadinanza deriverebbero per l’intera collettività (la cui salvaguardia costituisce una finalità di valore preminente rispetto all’aspirazione dell’istante a prendere parte alla vita politica nazionale dato che questo è, in sostanza, il quid pluris conferito con il provvedimento di naturalizzazione)"]. I molteplici elementi di controindicazione emersi sul conto del figlio convivente della ricorrente, ricadenti nel c.d. "periodo di osservazione" (vale a dire all’interno dell’arco temporale, che coincide con il decennio antecedente la domanda, assunto dalla giurisprudenza prevalente quale frangente di riferimento per valutare l’effettiva integrazione in ragione dell’acquisizione e conservazione dei requisiti all’uopo richiesti: cfr. ex plurimis, Parere del Consiglio di Stato, sez. I, n. 635/2022; Tar Lazio, sez,. V bis, sentenza n. 9494/2023) si caratterizzano dunque nel loro complesso per il forte disvalore sociale, tanto da aver non irragionevolmente spinto la p.a. a determinarsi negativamente nella formulazione del giudizio prognostico di meritevolezza della cittadinanza della madre, avendo escluso l’opportunità rebus sic stantibus di concedere uno status giuridico irreversibile quale la cittadinanza, che postula non soltanto l’interesse da parte del richiedente e il suo inserimento nella collettività che lo ospita ma anche un interesse da parte di quest’ultima ad accogliere lo stesso. VI. - È opinione del Collegio, peraltro, che dette conclusioni sulla correttezza dell’operato della p.a. - che, previo contraddittorio con l’istante, non ha escluso il rischio di un danno alla collettività in conseguenza del rilascio del richiesto status a causa di quanto emerso sul conto del figlio della richiedente - non possono essere scalfite neppure alla luce dell’allegata stabile situazione economico-lavorativa dell’interessata. Sul punto questa Sezione, peraltro, ha più volte chiarito che lo stabile inserimento socio-economico non rappresenta un elemento degno di speciale merito, in grado di far venir meno i constatati motivi ostativi alla concessione dello status anelato, esso è solo il prerequisito della richiesta di cittadinanza, in quanto presupposto minimo per conservare il titolo di soggiorno, che autorizza la permanenza dello straniero sul territorio nazionale (ex multis, Tar Lazio, Sez. V bis, nn. 2945 e 4295 del 2022). L’inserimento sociale e professionale del richiedente rappresenta un elemento sintomatico di una raggiunta situazione di normalità che consente la permanenza dello straniero in Italia, ma non consiste in una particolare benemerenza tale da indurre la Pubblica Amministrazione a ritenere l’interesse pubblico ad integrare nella comunità nazionale un elemento anche ove residuino dubbi sull’effettiva condivisione dei valori fondamentali dell'ordinamento di cui egli chiede di far parte con il riconoscimento della cittadinanza. Neppure colgono nel segno le argomentazioni che fanno leva sull’avvenuto rilascio del permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo CE al figlio, in quanto il cittadino straniero lungosoggiornante nello Stato può essere comunque espulso ove ne ricorrano i presupposti e in questa prospettiva le vicende penali del figlio della richiedente possono assumere ulteriore rilevanza nell’ambito della valutazione del rilascio dello status in considerazione del combinato disposto degli artt. 19, comma 2, lett. c) e 30, comma 1, lett. c) del d.lgs. 25.07.1998, n. 286 e successive modificazioni ed integrazioni, secondo cui gli stranieri conviventi con parenti di nazionalità italiana non sono soggetti ad espulsione e possono ottenere un permesso di soggiorno per motivi familiari. VII. - In ogni caso, si tenga conto che il diniego della cittadinanza non preclude all’interessato di ripresentare l’istanza nel futuro (già dopo un anno dal primo rifiuto), per cui le conseguenze discendenti dal provvedimento negativo sono solo temporanee e non comportano alcuna "interferenza nella vita privata e familiare del ricorrente" (art. 8 CEDU, art. 7 Patto internazionale diritti civili e politici) - dato che l’interessato può continuare a rimanere in Italia ed a condurvi la propria esistenza alle medesime condizioni di prima. Quindi, per il provvedimento impugnato, con cui, nel bilanciamento degli interessi pubblici e privati in gioco, si è ritenuto recessivo l'interesse del privato ad essere ammesso come componente aggiuntivo del Popolo italiano, l’irragionevolezza è altresì esclusa alla luce della circostanza che il diniego di cittadinanza provoca il solo svantaggio temporale sopraindicato, il quale risulta "giustificato" ove si consideri la rilevanza degli interessi in gioco e l’irreversibilità degli effetti connessi alla concessione dello status di cittadino. Da tale punto di vista, infatti, risulta inopportuno ampliare la platea dei cittadini mediante l'inserimento di un nuovo componente ove sussistano dubbi sulla sua attitudine a rispettare i valori fondamentali per la comunità di cui diviene parte essenziale con piena partecipazione all’autodeterminazione delle scelte di natura politica. VIII. - Il Collegio, pertanto, ritiene, sulla scorta dei postulati enucleati, che le conclusioni a cui è giunta l’Amministrazione siano immuni dai vizi dedotti con i motivi di ricorso. IX. - In conclusione, per quanto osservato, il ricorso deve essere respinto perché infondato. X. - Sussistono giustificati motivi, tenuto conto della specificità della fattispecie trattata, per disporre la compensazione delle spese. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Quinta Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 febbraio 2024 con l'intervento dei magistrati: Floriana Rizzetto - Presidente Enrico Mattei - Consigliere Antonietta Giudice, Referendario, Estensore

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DE MARZO Giuseppe - Presidente Dott. CANANZI Francesco - Consigliere Dott. BRANCACCIO Matilde - Consigliere Dott. CUOCO Michele - Consigliere Dott. MAURO Anna - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato il (OMISSIS); (OMISSIS), nato il (OMISSIS); (OMISSIS), ANCHE PCN nato il (OMISSIS); (OMISSIS), nato il (OMISSIS); avverso la sentenza del 17/03/2022 della CORTE APPELLO di ANCONA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa MAURO ANNA; il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott.ssa LORI PERLA, ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per essere i reati estinti per intervenuta prescrizione; esaminata la memoria del difensore della parte civile e degli imputati. RITENUTO IN FATTO 1. Il Tribunale di Ancona, con sentenza del 10 settembre 2021 ha ritenuto la penale responsabilita' di (OMISSIS) e (OMISSIS) in ordine al reato di cui all'articolo 110 c.p., articolo 588 c.p., comma 2, (capo A) e li ha condannati alla pena di Euro 300,00 di multa, nonche' la penale responsabilita' di (OMISSIS) e (OMISSIS) in ordine al reato di cui all'articolo 110 c.p., articolo 588 c.p., comma 2, (capo A) e al reato di cui agli articoli 110, 582 c.p., articolo 576 c.p., n. 1, articolo 61 c.p., n. 2, (Capo B) e li ha condannati alla pena di mesi sei di reclusione ed Euro 250,00 di multa. La Corte d'appello di Ancona, con sentenza del 17 marzo 2022, ha confermato la decisione. 2. Hanno proposto ricorso per cassazione tutti gli imputati a mezzo dei rispettivi difensori di fiducia. Ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS). 3.1. Con il primo motivo, proposto per violazione della legge processuale, i ricorrenti censurano la decisione della Corte d'appello, assunta all'udienza del 17 marzo 2022, di rigettare l'istanza di rimessione in termini in relazione alla richiesta di discussione orale formulata il 10 marzo 2022. Evidenziano che la tardivita' della richiesta era da ricollegarsi al fatto che il 2 marzo 2022 era stata applicata al precedente difensore la misura cautelare degli arresti domiciliari e la sospensione dall'esercizio della professione e che l'istanza di rimessione nei termini era stata formulata dai nuovo difensore non appena gli imputati avevano avuto notizia del suddetto impedimento. 3.2. Con il secondo motivo deducono l'inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche in relazione agli articoli 157, 159 e 161 c.p., articolo 531 c.p.p., con riguardo al Decreto Legge n. 18 del 2020, articolo 83, commi 4 e 9, in merito all'omessa declaratoria di non doversi procedere per essere il reato estinto per intervenuto decorso del termine prescrizionale prima della sentenza impugnata e, precisamente, il 1 marzo 2022 e rappresentano che, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 140 del 6 luglio 2021, non devono considerarsi i periodi di sospensione discendenti dal rinvio delle udienze tra il maggio 2020 e il 30 giugno 2020 disposto con provvedimento del capo dell'ufficio giudiziario. 3.3. Con il terzo motivo deducono la mancanza, contraddittorieta' o manifesta illogicita' della motivazione con riferimento ai criteri richiesti per la valutazione di attendibilita' e credibilita' della prova testimoniale. 3.4. Con il quarto motivo lamentano la mancanza, contraddittorieta' o manifesta illogicita' della motivazione per non essere state concesse le attenuanti generiche con criterio ci prevalenza rispetto alle aggravanti contestate. 4. Ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS). 4.1. Con il primo motivo deducono l'inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche in relazione agli articoli 157, 159 e 161 c.p., articolo 531 c.p.p. con riguardo al Decreto Legge n. 18 del 2020, articolo 83, commi 4 e 9, e il difetto assoluto di motivazione in merito all'omessa declaratoria di non doversi procedere per essere il reato estinto per intervenuto decorso del termine prescrizionale prima della sentenza impugnata e, precisamente, il 1 marzo 2022. Anch'essi, come gli altri ricorrenti, rappresentano che, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 140 del 6 luglio 2021, non devono considerarsi i periodi di sospensione discendenti dal rinvio delle udienze tra il maggio 2020 e il 30 giugno 2020 disposto dai provvedimenti del capo dell'ufficio giudiziario. 4.2. Con il secondo motivo lamentano la mancanza, contraddittorieta' o manifesta logicita' della motivazione la' dove non sono state considerate, ritenendole inesistenti, le loro contestazioni in ordine alla configurabilita' del delitto di rissa. 4.3. Con il terzo motivo deducono la mancanza, contraddittorieta' o manifesta illogicita' della motivazione con riferimento ai criteri richiesti per la valutazione di attendibilita' e credibilita' della prova testimoniale. 4.4. Con il quarto motivo, proposto a norma dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera d), lamentano la violazione di legge la' dove non e' stata assunta una prova decisiva e non e' stata disposta, perche' ritenuta superflua, una consulenza medico-legale. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il comune motivo proposto da tutti i ricorrenti (secondo, per (OMISSIS) e (OMISSIS), e primo, per (OMISSIS) e (OMISSIS)), avente carattere assorbente, e' fondato e la sentenza deve essere annullata agli effetti penali senza rinvio, essendosi consumato, in relazione ai reati contestati, il termine prescrizionale prima della pronunzia della sentenza di appello. Ed invero, i fatti contestati (rissa aggravata e lesioni aggravate) risultano commessi il (OMISSIS); il termine massimo di prescrizione e' di sette anni e sei mesi per entrambi di delitti contestati e ad esso devono aggiungersi 125 giorni di sospensione (27 giorni dal 14 giugno 2014 all'11 luglio 2014 e 34 giorni dal 2 maggio 2018 al 6 giugno 2018, in entrambi i casi per adesione degli avvocati all'astensione dalle udienze, e 64 giorni Decreto Legge n. 18 del 2020, ex articolo 83, comma 4) non dovendosi computare, in considerazione di quanto stabilito dalla Corte costituzionale, con sentenza n. 140 del 6 luglio 2021, il tempo in cui il procedimento e' stato rinviato a seguito del provvedimento del Capo dell'ufficio giudiziario Decreto Legge n. 18 del 2020, ex articolo 83, comma 7, lettera g. I reati, dunque, risultano prescritti al 1 marzo 2022 e, quindi, prima della sentenza della Corte d'appello resa il 17 marzo 2022. Non ricorrendo le condizioni per rendere una pronunzia liberatoria ex articolo 129 c.p.p., atteso che non emergono dagli atti, in modo assolutamente non contestabile, circostanze idonee ad escludere l'esistenza dei fatti, la commissione dei medesimi da parte degli imputati e la loro rilevanza penale, la sentenza impugnata deve essere annullata agli effetti penali senza rinvio per prescrizione dei reati. 2. A seguito dell'annullamento senza rinvio agli effetti penale occorre quindi procedere unicamente alla valutazione dell'accaduto sotto il profilo civilistico avuto riguardo, nel caso di specie, alla richiesta risarcitoria avanzata nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) dalla parte civile (OMISSIS) che risulta avere riportato lesioni personali con prognosi di giorni 25. 3. I motivi di ricorso proposti da (OMISSIS) e (OMISSIS) sono tutti inammissibili. 3.1. Manifestamente infondato e' il primo motivo. Il Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23-bis prevede, infatti, che la richiesta di discussione orale nel processo d'appello sia formulata quindici giorni liberi prima dell'udienza. Nella vicenda che ci occupa, l'udienza in Corte d'appello era stata fissata per il 17 marzo 2022 e, pertanto, l'ultimo giorno utile per proporre l'istanza di trattazione orale e' da individuarsi nel 1 marzo 2022. Essendo stato il difensore di fiducia sospeso il 2 marzo 2022, siffatta istanza ben avrebbe potuto essere proposta tempestivamente. Ne deriva che correttamente non e' stata accolta l'istanza di rimessione nei termini avanza il 17 marzo 2022. 3.2. Parimenti inammissibile e' il terzo motivo di ricorso che, oltre ad essere aspecifico nella sua impostazione, tende ad una rivalutazione probatoria non ammissibile nella presente sede di legittimita'. I ricorrenti, infatti, sollecitano una valutazione sulla rilevanza ed attendibilita' delle fonti di prova laddove siffatto giudizio e' devoluto insindacabilmente ai giudici di merito e che la scelta da essi compiuta con riguardo alla prevalenza di taluni elementi probatori rispetto ad altri, ovvero alla fondatezza o attendibilita' degli assunti difensivi, ove sostenuta, come si riscontra nella sentenza impugnata, da motivazione sufficiente e logica, si sottrae, al sindacato di legittimita' (cfr., in motivazione, Sez. U, n. 22242 del 27/1/2011, Scibe', Rv. 249651). 3.3. Con l'ultimo motivo i ricorrenti lamentano il vizio di motivazione in ordine al giudizio di equivalenza tra le attenuanti generiche e le aggravanti contestate. Orbene, dall'esame della sentenza qui impugnata, non contestata in parte qua, non risulta che tale questione abbia costituito oggetto di specifico motivo di ricorso in appello. Ne deriva che il motivo proposto deve ritenersi inammissibile non essendo deducibili con il ricorso per Cassazione questioni che non abbiano costituito oggetto di motivi di gravame dovendosi evitare il rischio che, in sede di legittimita', sia annullato il provvedimento impugnato con riferimento a un punto della decisione rispetto al quale si configura a priori un inevitabile difetto di motivazione per essere stato intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice d'appello" (Sez. 2, n. 29707 dell'8/3/2017, Galdi, Rv. 270316). 4. All'inammissibilita' dei ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS) agli effetti civili consegue la condanna dei predetti, in solido tra loro, alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile che si liquidano in Euro 2.945,00, oltre accessori di legge. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, agli effetti penali, per essere i reati estinti per prescrizione. Dichiara inammissibili, agli effetti civili, i ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS), che condanna, in solido tra loro, alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile, liquidate in complessivi Euro 2.945,00 oltre accessori di legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. GALTERIO Donatella - Presidente Dott. GENTILI Andrea - Consigliere Dott. SCARCELLA Alessio - Consigliere Dott. MAGRO Maria Beatrice - Consigliere Dott. ZUNICA Fabio - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 01-04-2021 della Corte di appello, Sezione Minorenni, di Napoli; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Fabio Zunica; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.ssa Manuali Valentina, che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso; udito l'avvocato (OMISSIS), difensore di fiducia del ricorrente, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza emessa in data 24 giugno 2020, il G.U.P. del Tribunale per i Minorenni di Napoli condannava (OMISSIS) alla pena di 5 anni di reclusione e 20.000 Euro di multa, in quanto ritenuto colpevole di una pluralita' di episodi del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, commi 1 e 4, aggravati ai sensi della L. n. 203 del 1990, articolo 7 (capi A, B, C, D, E, F, G e H); fatti commessi in (OMISSIS) in epoca compresa tra il (OMISSIS) e il (OMISSIS), epoca di raggiungimento della maggiore eta' da parte del minore. Con sentenza del 1 aprile 2021, la Corte di appello di Napoli, Sezione per i Minorenni, in parziale riforma della decisione di primo grado, escludeva la sussistenza dell'aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7 e confermava nel resto la pronuncia del G.U.P., anche rispetto alla pena inflitta. 2. Avverso la pronuncia della Corte di appello partenopea, (OMISSIS), tramite i suoi difensori di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando quattro motivi. Con il primo, la difesa censura la mancata concessione della sospensione del processo con messa alla prova Decreto del Presidente della Repubblica n. 448 del 1988, ex articolo 28 avendo la Corte di appello omesso di considerare gli elementi positivi concernenti la personalita' del reo, avendo l'imputato reso confessione dei fatti a lui ascritti, manifestando distacco e resipiscenza rispetto alle condotte pregresse, mentre i fatti che avevano indotto a revocare la messa alla prova inizialmente concessa da G.U.P. sono ancora sub iudice, non essendo intervenuta alcuna condanna, ne' vi erano state specifiche violazioni delle prescrizioni imposte, risultando sul punto la motivazione carente e assertiva. Il secondo motivo e' dedicato alla mancata riqualificazione delle condotte contestate nella fattispecie di lieve entita' prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, comma 5, che ben poteva essere riconosciuta a fronte dell'esigua quantita' di stupefacente ceduto, della ristretta cerchia di acquirenti, nonche' della rudimentale organizzazione dei mezzi e delle risorse destinati a tale attivita', a cio' aggiungendosi che le cessioni avvenivano sempre in favore degli stessi soggetti, con proventi molto contenuti (10, 20 e 50 Euro), con modalita' per nulla insidiose. Con il terzo motivo, oggetto di doglianza e' il diniego delle attenuanti generiche, non avendo la Corte di appello apprezzato il reale ravvedimento di (OMISSIS), desumibile dall'ammissione degli addebiti a suo carico. Con il quarto motivo, e' stato infine censurato il trattamento sanzionatorio, sotto il duplice profilo del vizio di motivazione e della violazione degli articolo 81 e 133 c.p., osservandosi che i giudici di secondo grado, nonostante l'esclusione della sussistenza della circostanza aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7 hanno confermato la pena irrogata dal primo giudice, senza considerare che l'esclusione dell'aggravante rilevava non tanto in sede di bilanciamento, ma nell'ottica di un complessivo ridimensionamento del fatto; peraltro, non si e' tenuto conto che anche gli aumenti per i reati satellite sono stati determinati dal primo giudice in ragione del fatto che gli stessi erano aggravati ai sensi della L. n. 203 del 1991, articolo 7 per cui la pena non poteva essere lasciata invariata. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso e' infondato. 1. Iniziando dal primo motivo, occorre premettere che, inizialmente, il Tribunale per i Minorenni, all'udienza del 5 maggio 2019, aveva sospeso il processo per un anno, con affidamento dell'imputato ai servizi sociali minorili per lo svolgimento delle previste attivita' di osservazione, trattamento e sostegno; tuttavia, all'udienza del 10 giugno 2020, su richiesta del P.M., veniva revocata la sospensione del processo per messa alla prova, avendo il Tribunale evidenziato (pag. 45 della sentenza di primo grado) che, dopo l'avvio della messa alla prova, (OMISSIS) si e' reso protagonista di molti episodi negativi. In particolare, egli e' stato denunciato per porto di un tirapugni il (OMISSIS), mentre il (OMISSIS) e' stato coinvolto in una rissa; gli e' stato inoltre addebitato di avere introdotto lattine di birra, che di notte beveva, nella Comunita' di accoglienza dove era ospitato e di non avere partecipato alle attivita' formative propostegli dopo la pausa estiva (ripresa degli studi per conseguire il diploma alberghiero e corso per pizzaiolo), assumendo un atteggiamento insofferente e polemico. La decisione del primo giudice e' stata condivisa dalla Corte territoriale, che, nel rimarcare la genericita' della doglianza articolata nell'atto di appello, ha sottolineato la valenza negativa delle diverse condotte tenute dall'imputato, idonee a comprovare che questi ha inteso la messa alla prova non come un percorso di recupero, ma come una sorta di scorciatoia di cui approfittare per uscire il prima possibile dal processo. Orbene, l'impostazione dei giudici di merito, in quanto sorretta da una disamina razionale delle risultanze disponibili, peraltro non smentite, appare immune da censure, dovendosi precisare che le violazioni poste a base della revoca non sono state ne' isolate ne' lievi, unitariamente valutate, fermo restando che, come chiarito da questa Corte (cfr. Sez. 1, n. 11909 del 18/01/2019, Rv. 275060), in tema di sospensione del processo con messa alla prova nei confronti di imputato minorenne, e' legittima la revoca dell'ordinanza di sospensione fondata anche su un'unica trasgressione alle prescrizioni imposte, in quanto l'espressione "ripetute e gravi trasgressioni" di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 448 del 1988, articolo 28, comma 5, deve essere interpretata quale presupposto "sostanziale" del provvedimento, riferibile anche a una condotta isolata di tale qualita' e gravita' da escludere la possibilita' di una prognosi positiva sull'evoluzione della personalita' del minore, giudizio questo operato nel caso di specie in maniera tutt'altro che illogica. Di qui l'infondatezza della doglianza difensiva. 2. Alla medesima conclusione deve pervenirsi rispetto al secondo motivo. Ed invero, in senso ostativo al riconoscimento della fattispecie di lieve entita', la Corte di appello, sviluppando le gia' pertinenti considerazioni del Tribunale (pag. 45 della pronuncia di primo grado), ha valorizzato "le modalita' di vendita, ampiamente documentate, la varieta' delle sostanze smerciate, il radicamento in un ben preciso e fisso luogo di spaccio, l'impegno regolare e quasi quotidiano", osservando altresi' che "il numero delle persone impegnate, la suddivisione dei compiti, gli automatismi acquisiti denotano una collaudata e articolata organizzazione in una consolidata piazza di spaccio, tale da suscitare notevole allarme sociale" (pag. 9 della sentenza impugnata). Orbene, tale valutazione appare senz'altro legittima, ponendosi peraltro in sintonia con l'affermazione delle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 51063 del 27/09/2018, Rv. 274076, ricorrente Murolo), con cui si e' precisato che la valutazione degli indici di lieve entita' elencati dall'articolo 73, comma 5 deve essere complessiva, il che significa abbandonare l'idea che gli stessi possano essere utilizzati dal giudice alternativamente, riconoscendo o escludendo, cioe', la lieve entita' del fatto anche in presenza di un solo indicatore di segno positivo o negativo, a prescindere dalla considerazione degli altri. Ma, allo stesso tempo, cio' significa anche che tali indici non devono tutti indistintamente avere segno positivo o negativo, nel senso che il percorso tracciato dal legislatore impone di considerare anche la possibilita' che tra gli stessi si instaurino rapporti di compensazione e neutralizzazione in grado di consentire un giudizio unitario sulla concreta offensivita' del fatto anche quando le circostanze che lo caratterizzano risultano prima facie contraddittorie in tal senso; il percorso valutativo cosi' ricostruito si riflette nella motivazione della decisione, dovendo il giudice, nell'affermare o negare la tipicita' del fatto ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, comma 5, dimostrare, di avere vagliato tutti gli aspetti normativamente rilevanti, come avvenuto nel caso in esame. 3. Anche nella parte relativa al diniego delle attenuanti generiche, la sentenza impugnata resiste alle censure difensive. Occorre premettere che, secondo il costante orientamento di questa Corte (cfr. Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Rv. 271269 e Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Rv. 259899), in tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione e' insindacabile in sede di legittimita', purche' sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'articolo 133 c.p., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione. Nel motivare il diniego delle attenuanti generiche, non e' peraltro necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma e' sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione. Orbene, in applicazione di tale premessa interpretativa, devono escludersi il difetto o l'illogicita' della motivazione evocati dalla difesa, avendo i giudici di merito ragionevolmente rimarcato, in senso contrario al riconoscimento delle attenuanti generiche, il comportamento complessivo tenuto da (OMISSIS) in epoca successiva ai fatti di causa (condotte dello stesso genere per cui e' stato deferito all'Autorita' giudiziaria) e durante la messa alla prova (le violazioni prima richiamate), il che rivela una personalita' orientata verso uno stile di vita improntato a scelte delinquenziali, risultando a fronte di cio' soccombente l'ammissione degli addebiti dell'imputato, peraltro limitata a quanto gia' accertato dalle conversazioni intercettate, dai controlli della P.G. e dalle dichiarazioni degli assuntori, senza alcuna rivelazione delle fonti di approvvigionamento della droga. 4. Anche il quarto motivo non e' meritevole di accoglimento. La Corte di appello, infatti, ha precisato che l'esclusione dell'aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7 (ora 416 bis1 c.p.) non era destinata a incidere sulla pena in concreto, posto che la diminuente di cui all'articolo 98 c.p. era stata ritenuta comunque prevalente e aveva dato luogo alla relativa riduzione di pena. Ne', a prescindere da tale rilievo, e' stata ritenuta possibile una mitigazione della pena, avuto riguardo al numero degli episodi contestati, alla stabilita' dell'attivita' di spaccio, conosciuta anche fuori quartiere e fuori Comune, oltre che alla personalita' dell'imputato. Orbene, anche in tal caso si e' in presenza di considerazioni coerenti con le acquisizioni probatorie e non manifestamente illogiche, alle quali la difesa contrappone differenti valutazioni di merito, che tuttavia non possono avere ingresso in sede di legittimita'. 5. In conclusione, stante l'infondatezza delle doglianze sollevate, il ricorso di (OMISSIS) deve essere rigettato, senza che da cio' consegua la condanna al pagamento delle spese processuali, essendosi proceduto nei confronti di imputato minorenne. P.Q.M. Rigetta il ricorso. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita' e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52 in quanto imposto dalla legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROCCHI Giacomo - Presidente Dott. MASI Paola - rel. Consigliere Dott. LIUNI Teresa - Consigliere Dott. CURAMI Micaela Serena - Consigliere Dott. MAGI Raffaello - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 15/09/2022 della CORTE APP.SEZ.MINORENNI di NAPOLI; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere PAOLA MASI; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore GARGIULO RAFFAELE, che ha concluso chiedendo l'inammissibilita' del ricorso. udito il difensore. E' presente l'avvocato (OMISSIS) del foro di SANTA MARIA CAPUA VETERE in difesa di (OMISSIS), che conclude chiedendo l'accoglimento dei motivi di ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza emessa in data 15 settembre 2022 la Corte di appello di Napoli, sezione per i minorenni, confermando la sentenza di primo grado, ha condannato (OMISSIS) alla pena di quattro anni di reclusione per i reati di cui agli articoli 56 e 575 c.p. e L. n. 110 del 1975, articolo 4 da lui commessi in data (OMISSIS) compiendo atti idonei diretti a cagionare la morte di (OMISSIS) e (OMISSIS), dapprima aggredendoli con calci e pugni, insieme ad altri giovani dei quali era in compagnia, e poi colpendo (OMISSIS) almeno due volte con un coltello, cagionandogli, tra le altre, una ferita che provocava uno pneumotorace e richiedeva un intervento chirurgico di drenaggio pleurico per evitare il collasso del polmone. 1.1. La Corte di appello, ricostruita la vicenda, scaturita da un banale diverbio tra l'imputato e (OMISSIS) dopo il quale quest'ultimo, invitato dall'amico (OMISSIS) a fare pace con l'imputato, lo aveva invece colpito con un pugno al volto, scatenando cosi' la reazione del (OMISSIS) e dei suoi amici, consistita in percosse al (OMISSIS) e nelle coltellate al (OMISSIS), che si era frapposto per difendere l'amico, ha ribadito la sussistenza di entrambi i reati contestati e la responsabilita' per essi del (OMISSIS). Secondo la Corte di appello esse sono dimostrate dalle testimonianze acquisite, in particolare quella della persona offesa relativa al riconoscimento del suo aggressore, riconoscimento di cui e' stata ribadita la piena attendibilita', respingendo tutte le obiezioni della difesa. La Corte di appello ha confermato anche le ragioni della maggiore attendibilita' attribuita dal giudice di primo grado a dette testimonianze, rispetto alle dichiarazioni rese dall'imputato e dai testi della difesa, contraddittorie tra loro ed incoerenti quanto agli orari e alla conseguente localizzazione dell'imputato nel momento dello scontro fisico. La testimonianza della persona offesa e' stata invece ritenuta credibile, perche' il (OMISSIS) non si e' costituito parte civile e le sue dichiarazioni sono risultate attendibili intrinsecamente ed estrinsecamente, anche se poco supportate dalle dichiarazioni dei suoi amici, che non hanno saputo o voluto fornire elementi significativi di conoscenza; inoltre essa non puo' essere ritenuta smentita dal mancato rinvenimento, a casa dell'imputato, del coltello usato e dell'abbigliamento indossato al momento dell'aggressione. 1.2. La Corte ha respinto anche la richiesta di una riqualificazione del reato di tentato omicidio in quello di lesioni personali, ritenendo l'idoneita' degli atti e l'animus necandi dimostrati dall'uso di uno strumento tagliente, dalla dinamica del fatto, dalla reiterazione dei colpi inferti, dalle zone del corpo attinte, sia di fronte sia da tergo, dalle modalita' del fatto, tali da impedire meccanismi istintivi di autodifesa da parte della vittima. Questi elementi dimostrano la univocita' degli atti nonche' la consapevolezza ed intenzionalita' di provocare la morte della vittima, con dolo diretto, quanto meno alternativo. 1.3. La Corte ha respinto anche la richiesta di riconoscere l'attenuante della provocazione, in ragione della sproporzione tra il pugno inferto dal (OMISSIS) all'imputato, avvicinatosi per fare pace, e l'azione di quest'ultimo, che colpi' il (OMISSIS) con un coltello che, evidentemente, aveva portato con se' al fine di utilizzarlo. Infine la Corte ha respinto la richiesta di attenuazione della pena, ritenendo quella irrogata equa e proporzionata stante la gravita' dei fatti, che evidenziano una personalita' aggressiva e violenta dell'imputato, e stante la mancanza di resipiscenza o ravvedimento da parte di questi. 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), per mezzo del proprio difensore avv. (OMISSIS), articolando tre motivi. 2.1. Con il primo motivo, premessa un'ampia ricostruzione della vicenda, dei motivi di appello e della sentenza impugnata, censura la mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione, con violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e). La Corte di appello si e' limitata a giudicare condivisibili le argomentazioni del Tribunale, senza fornire un'adeguata motivazione in ordine alle doglianze difensive. In particolare ha ritenuto non viziato il riconoscimento dell'imputato da parte del (OMISSIS) e del (OMISSIS), senza tenere conto del fatto che il (OMISSIS) al momento del ricovero in ospedale ha detto di non conoscere il suo accoltellatore ed ha mutato versione, riconoscendo il (OMISSIS), dopo avere ricevuto sul cellulare una foto di quest'ultimo, acquisita da un parente asseritamente attraverso il profilo Instagram dell'imputato stesso; al (OMISSIS) e' stata mostrata, dai Carabinieri, la sola foto raffigurante il (OMISSIS), ed il riconoscimento da questi operato anche nell'udienza dibattimentale e' inficiata dal fatto che il (OMISSIS) era l'unico imputato presente in aula. Inoltre il (OMISSIS) ha fondato il riconoscimento su un particolare, il "naso bombato" dell'imputato, in realta' inesistente. La Corte di appello ha poi basato la valutazione di attendibilita' del (OMISSIS) sulla sua mancata costituzione quale parte civile, senza considerare che tale costituzione non e' possibile nel processo minorile, e non ha motivato in ordine alle condizioni psico-fisiche del (OMISSIS) e del (OMISSIS), benche' essi fossero alterati dall'alcool ed il (OMISSIS) anche fortemente arrabbiato, tanto da non ricordare le circostanze del fatto, e in ordine alle molte contraddizioni, incertezze ed omissioni presenti nelle varie dichiarazioni rese da questi due testimoni. Inoltre non ha valutato che gli agenti intervenuti hanno fornito elementi di riscontro alla versione dell'imputato, in quanto hanno dichiarato di non averlo visto sul luogo della rissa e dell'accoltellamento, che la perquisizione a casa sua ha avuto esito negativo, che la sua ex-fidanzata ha confermato la sua dichiarazione mentre la ragazza indicata dal (OMISSIS) come propria fidanzata ha del tutto smentito quest'ultimo. E' poi del tutto assente una motivazione in ordine al reato di cui alla L. n. 110 del 1975, articolo 4 e alle doglianze difensive, incentrate sul fatto che la condanna si basa solo sulla testimonianza del (OMISSIS), non essendo stata mai trovata la presunta arma utilizzata per il ferimento, e sul fatto che i medici hanno descritto le ferite riportate dal (OMISSIS) come "da punta o da taglio", senza che cio' dimostri che sono state inferte con un coltello, mentre la perquisizione a casa del (OMISSIS) ha dato esito negativo. 2.2. Con il secondo motivo il ricorrente sostiene la nullita' della sentenza, con violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), in ordine alla mancata derubricazione nel reato di lesioni volontarie. Anche su questo punto la Corte di appello si e' limitata a giudicare condivisibili le argomentazioni del Tribunale, senza fornire un'adeguata motivazione in ordine alle doglianze difensive circa la sussistenza di un animus necandi. In particolare la Corte ha fondato la sua valutazione sulle dichiarazioni del (OMISSIS), ha solo enunciato i criteri rilevatori del predetto animus senza poi valutarne la sussistenza, e non ha tenuto conto del fatto che il (OMISSIS) si era avvicinato al (OMISSIS) per fare pace e che la colluttazione e' iniziata solo a causa della condotta del (OMISSIS), che ha scatenato una rissa improvvisa e imprevedibile, circostanza che rende impossibile affermare che il (OMISSIS) abbia colpito, in quel frangente, con la volonta' di uccidere. Lo stesso (OMISSIS) ha detto di avere ricevuto i colpi involontariamente, solo perche' frappostosi tra l'imputato e il (OMISSIS), condotta che incide sulla dinamica dei fendenti e sulla loro idoneita' ad uccidere. Egli ha detto anche di essersi trovato a brevissima distanza dall'imputato, il quale avrebbe quindi potuto attingere zone piu' vitali, e di avere estratto da solo il coltello dal fianco, manovra che potrebbe avere peggiorato le sue condizioni. Inoltre, all'arrivo in ospedale, il giovane era lucido e cosciente, e pur necessitando dell'intervento chirurgico non era in pericolo di vita. 2.3. Infine con il terzo motivo di ricorso si lamenta il vizio di motivazione, ai Sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), in relazione al trattamento sanzionatorio. La Corte di appello non ha risposto in modo adeguato alle doglianze in merito al calcolo della pena, all'aumento per la continuazione e alla concessione delle attenuanti generiche, nonche' in merito alla concessione dell'attenuante della provocazione. E' invece dimostrato con certezza, per ammissione anche del (OMISSIS), che l'imputato si avvicino' al (OMISSIS) tenendo la mano, per fare pace, e che questi gli sferro' un pugno al volto, innescando la reazione impulsiva: sussiste quindi un evidente e immediato nesso di causalita' psicologica tra il fatto ingiusto subito e la reazione incontrollata del (OMISSIS). 3. Il Procuratore generale ha chiesto dichiararsi l'inammissibilita' del ricorso, per la manifesta infondatezza di tutti i motivi. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' fondato, nei limiti sotto precisati, e in tali limiti deve essere accolto. 1.1 Il primo motivo di ricorso e' infondato e deve essere rigettato. La sentenza impugnata, la cui motivazione si salda ed integra con quella dei giudici di primo grado, ha infatti fornito adeguata risposta alle censure esposte nell'atto di appello, con una valutazione conforme a quella resa dal Tribunale minorile e, come quella, non manifestamente illogica. La Corte di cassazione, in particolare nelle sentenze Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, Caradonna, Rv. 280747; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, O., Rv. 262965, ha chiarito che "in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicita', dalla sua contraddittorieta' (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo, sicche' sono inammissibili tutte le doglianze che "attaccano" la persuasivita', l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualita', la stessa illogicita' quando non manifesta, cosi' come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilita', della credibilita', dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento". Nel ricorso si sollecita, invece, la rivalutazione degli elementi di prova gia' esaminati, nelle due sentenze di merito, con motivazioni complete e non illogiche ne' apparenti, in particolare in ordine alla credibilita' della testimonianza del (OMISSIS) e del riconoscimento effettuato da lui e dal (OMISSIS) circa la persona del feritore. La correttezza ed attendibilita' del riconoscimento sono ampiamente valutate, in modo logico e completo, dalla pag. 6 alla pag. 12 della sentenza impugnata, respingendo i giudici ogni singola obiezione della difesa; ad esempio, in ordine al particolare del naso "bombato" che sarebbe errato, la Corte di appello lo ha descritto come un naso largo, importante, e non delicato e sottile. Queste obiezioni sono state riproposte nel primo motivo di ricorso senza confrontarsi con tale approfondita valutazione, richiedendo quindi, di fatto, una inammissibile rivalutazione di tale prova: in particolare non e' vero che la Corte di appello si sia limitata a giudicare condivisibili le argomentazioni esposte nella sentenza di primo grado perche', pur richiamando il contenuto di questa, ha fornito una motivazione autonoma, rinnovando la valutazione di attendibilita' attraverso l'esame delle prove e degli elementi di fatto, nuovamente illustrati. Anche le obiezioni relative alla scarsa credibilita' dei due testimoni dell'accusa a causa del loro stato di ebbrezza e delle contraddizioni tra le loro dichiarazioni sono state valutate in modo logico e autonomo, fondandosi su elementi oggettivi e spiegando che le contraddizioni sono solo apparenti, e in parte dovute allo stato di shock in cui le due giovani vittime, ed in particolare il (OMISSIS), si trovavano subito dopo il fatto. Non e' vero che la Corte di appello abbia trascurato gli elementi che riscontravano le dichiarazioni dell'imputato: alle pagg. da 12 a 14 della sentenza si evidenziano, infatti, le contraddizioni tra tali dichiarazioni e quelle della ex-fidanzata, mentre l'esito negativo della perquisizione a casa dell'imputato, effettuata a distanza di alcuni giorni dal fatto, correttamente non e' stata presa in considerazione come elemento di prova a favore o contro di lui. Non e' fondata l'obiezione circa la omessa motivazione in merito alla condanna per il reato di cui alla L. n. 110 del 1975, articolo 4 avendovi la Corte di appello provveduto alla pag. 22 della sentenza richiamando, con motivazione adeguata e sufficiente, le modalita' del ferimento e il complesso delle prove raccolte, ampiamente dimostrative del porto in luogo pubblico, da parte dell'imputato, di un'arma da taglio. 1.2. Anche il secondo motivo di ricorso e' infondato. La Corte di appello ha risposto in modo logico e approfondito alla censura circa la qualificazione giuridica del fatto, ribadendo che la sussistenza di un tentativo idoneo di omicidio e il relativo dolo omicidiario, quanto meno alternativo, sono dimostrati dall'uso di uno strumento tagliente, descritto dalla vittima come un coltello e comunque risultato tale dall'esame delle ferite da questa riportate; dalla dinamica dell'azione; dalla reiterazione dei colpi e della loro direzione verso zone vitali del corpo; dalla vicinanza tra l'aggressore e la vittima, quest'ultima sorpresa senza che potesse attivare meccanismi istintivi di autodifesa. La gravita' delle ferite inferte e la loro potenzialita' omicidiaria, poi, sono state correttamente ricavate dalle cartelle cliniche e dalle dichiarazioni dei medici intervenuti in soccorso della vittima; la sentenza, alla pag. 10, spiega anche la discrasia tra la iniziale diagnosi del medico del Pronto Soccorso e la ben piu' grave condizione di salute riscontrata dai medici intervenuti successivamente, i quali hanno esplicitamente dichiarato "seria e mortale" la situazione del (OMISSIS). Le censure mosse contro tale valutazione della Corte di appello attengono ad elementi irrilevanti, quali le iniziali ragioni dell'incontro tra il (OMISSIS) e il (OMISSIS), che aveva una finalita' di pacificazione, o il fatto che il (OMISSIS) non fosse probabilmente il destinatario dei fendenti, comunque inferti con estrema violenza e volontariamente dall'imputato contro chiunque gli si trovasse davanti in quel momento. Si tratta, quindi, di obiezioni che non scalfiscono la correttezza e logicita' della motivazione della sentenza. 1.3. Il terzo motivo di ricorso e' invece, in parte, fondato. E' infondata la censura, in realta' non motivata, circa la concessione delle attenuanti generiche, perche' esse sono state gia' concesse dal giudice di primo grado ed applicate in misura di poco inferiore al minimo. E' infondata anche la censura circa l'aumento di pena irrogato per la continuazione con il reato di cui al capo B), avendolo la Corte motivato in ragione della gravita' complessiva della condotta dell'imputato e della sua personalita' aggressiva. E' invece fondato il motivo relativo al mancato riconoscimento dell'attenuante della provocazione. La Corte di appello ha richiamato correttamente i presupposti applicativi di questa attenuante, come definiti dalla Corte di cassazione, ma poi ne ha escluso la sussistenza indicando, quale motivo ostativo al suo riconoscimento, "la evidente sproporzione tra la causa scatenante dell'azione... e l'azione stessa". Tale motivazione e' errata perche' la proporzionalita' tra il fatto ingiusto subito e la reazione aggressiva non e' compresa tra i requisiti di detta circostanza. La stessa massima citata dai giudici di appello precisa che il terzo presupposto richiesto e' il rapporto di causalita' psicologica e non di mera occasionalita' tra l'offesa e la reazione, "indipendentemente dalla proporzionalita' tra esse". La Corte di cassazione ha infatti chiarito che "La circostanza attenuante della provocazione, pur non richiedendo i requisiti di adeguatezza e proporzionalita', non e' configurabile laddove la sproporzione fra il fatto ingiusto altrui e il reato commesso sia talmente grave e macroscopica da escludere lo stato d'ira o il nesso causale fra il fatto ingiusto e l'ira" (sez. 5, n. 8945 del 19/01/2022, Rv. 282823), e che "Al fine della sussistenza dell'attenuante della provocazione, sebbene non occorra una vera e propria proporzione tra offesa e reazione, e' comunque necessario che la risposta sia adeguata alla gravita' del fatto ingiusto, in quanto avvinta allo stesso da un nesso causale, che deve escludersi in presenza di un'evidente sproporzione" (Sez. 1, n. 52766 del 13/06/2017, Rv. 271799). La sproporzione evidente e macroscopica tra l'azione e la reazione, cioe', puo' solo portare ad escludere il nesso di causalita' tra di esse o la sussistenza di uno stato d'ira determinato dal fatto ingiusto subito. Nel caso di specie, quindi, la Corte avrebbe dovuto valutare se e in che termini la ritenuta sproporzione tra il pugno ricevuto dal (OMISSIS) e i fendenti da questi sferrati, subito dopo, con un'arma da taglio poteva indurre ad escludere che la reazione dell'imputato fosse dovuta allo stato d'ira ingenerato dalla condotta altrui, ovvero ad escludere che la condotta altrui fosse la causa determinante del reato e non un mero pretesto per sfogare il proprio istinto criminale, tenuto conto della stretta vicinanza spazio-temporale tra le due condotte e della natura sicuramente ingiusta della condotta del (OMISSIS). 2. Il ricorso deve quindi essere accolto, nei limiti sopra precisati, e la sentenza deve essere annullata con riferimento alla concessione o meno dell'attenuante della provocazione, con rinvio alla Corte di appello di Napoli, sezione minorenni, per un nuovo giudizio sul punto, da svolgersi con piena liberta' valutativa, ma nel rispetto dei principi sopra puntualizzati. Deve conseguentemente essere annullato il punto relativo al trattamento sanzionatorio, che dovra' essere nuovamente valutato alla luce della decisione che verra' assunta. Il ricorso deve invece essere rigettato nel resto. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente all'attenuante della provocazione e al trattamento sanzionatorio con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Napoli, sezione minorenni in diversa composizione. Rigetta nel resto il ricorso. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita' e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52 in quanto imposto dalla legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. RAMACCI Luca - Presidente Dott. ACETO Aldo - Consigliere Dott. GENTILI Andrea - rel. Consigliere Dott. DI STASI Antonella - Consigliere Dott. MACRI' Ubalda - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sui ricorsi proposti da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza n. 148/2022 della Corte di appello di Perugia del 11 febbraio 2022; letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e i ricorsi introduttivi; sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Andrea GENTILI; letta la requisitoria scritta del PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. GIORDANO Luigi, il quale ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilita' di tutti i ricorsi; lette, altresi', le conclusioni scritte della costituita parte civile, rassegnate in data 2 febbraio 2023. RITENUTO IN FATTO Con sentenza emessa il 17 febbraio 2020, il Tribunale di Perugia ha condannato alla pena ritenuta di giustizia (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) per i reati di cui al capo A) dell'imputazione (previsti, quanto al primo episodio ivi descritto, dall'articolo 588 c.p., comma 2, e L. n. 401 del 1989, articolo 6-bis e, quanto al secondo episodio, dalla L. n. 401 del 1989, articolo 6-bis); (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) per i reati di cui al capo A) di imputazione ma limitatamente al solo primo episodio ivi descritto; (OMISSIS) e (OMISSIS) per i reati di cui al capo C) dell'imputazione (previsti dall'articolo 588 c.p., comma 2, e L. n. 401 del 1989, articolo 6-bis). La Corte d'Appello di Perugia, in data 11 febbraio 2022, ha parzialmente riformato la pronuncia di primo grado, disapplicando per (OMISSIS) e (OMISSIS) la contestata recidiva e conseguentemente rideterminando per detti imputati il trattamento sanzionatorio in anni 1 e mesi 2 di reclusione. La sentenza di secondo grado e' stata impugnata dal difensore di fiducia di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); il detto professionista ha proposto tre distinti ricorsi: il primo per il solo (OMISSIS); il secondo per (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), il terzo per il solo (OMISSIS). Nell'interesse di tutti i ricorrenti, ed esaurendo tale censura il contenuto sostanziale del ricorso sia del (OMISSIS) che del (OMISSIS), sono state dedotte l'erronea applicazione dell'articolo 159 c.p. e la manifesta contraddittorieta' ed illogicita' della motivazione sulla ritenuta operativita' della sospensione del corso della prescrizione per il periodo 23 marzo 2017 al 6 novembre 2017. Infatti, riferiscono i ricorrenti, all'udienza del 23 marzo 2017 il giudice, preso atto, da un lato, dell'adesione da parte delle difese all'astensione dalle udienze proclamata dalla categoria forense e, dall'altro, della necessita' di rinnovare la notifica ad una delle persone offese indicate nel decreto di citazione a giudizio, avrebbe illegittimamente dichiarato sospeso il termine di prescrizione sino all'udienza del 6 novembre 2017. In risposta alla doglianza con cui la circostanza era stata denunciata dinanzi alla Corte di appello di Perugia, il giudice di secondo grado avrebbe erroneamente ritenuto l'adesione delle difese all'astensione di categoria quale effettivo motivo di differimento dell'udienza, peraltro considerando, ancora erroneamente, la notifica di cui era stata disposta la rinnovazione destinata ad un testimone anziche' ad una delle persone offese. Con il secondo motivo del ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), e' stata denunciata la violazione dell'articolo 191 c.p.p. in quanto i fotogrammi utilizzati per il riconoscimento sarebbero stati illegittimamente acquisiti, poiche' ritagliati dall'originale della comunicazione della notizia di reato e contenenti, in alcuni casi, l'indicazione dei nominativi degli imputati; ne sarebbe derivata l'invalidita' del riconoscimento, peraltro operato senza preventiva descrizione degli individui da identificare. Sul punto, la motivazione del provvedimento impugnato risulterebbe apparente. Infine, con il terzo motivo del medesimo ricorso, sono state dedotte, con riferimento al secondo episodio descritto al capo A) dell'imputazione, la mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione sulla mancata qualificazione del fatto ai sensi dell'articolo 635 c.p., comma 1. In data 2 febbraio 2023 la difesa della costituita parte civile ha fatto pervenire una breve memoria, con la quale si opponeva all'accoglimento del ricorso, corredata da conclusioni scritte con le quali si chiedeva, anche, la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese di giudizio. CONSIDERATO IN DIRITTO I ricorsi proposti sono tutti inammissibili. Esaminando per primo il motivo, comune a tutti i ricorrenti, riguardante la illegittimita' della sentenza impugnata per erronea applicazione dell'articolo 159 c.p. e per un preteso vizio di motivazione, si rileva che si tratta di doglianza manifestamente infondata. Invero con essa i ricorrenti si dolgono del fatto che, alla udienza celebrata in data 23 marzo 2017 di fronte al Tribunale di Perugia, sia stata dichiarata la sospensione del termine prescrizionale dei reati contestati agli imputati sino alla data di celebrazione della udienza di rinvio, fissata al successivo 6 novembre 2017; ad avviso dei ricorrenti siffatta decisione, la cui validita' e' stata confermata in sede di gravame, sarebbe viziata in quanto essa sarebbe stata disposta, non in funzione della adesione da parte della difesa degli imputati alla astensione dalle udienze proclamata dalla categoria forense, come apparentemente risultante dal verbale di udienza, ma a cagione della mancata citazione per la ricordata udienza del 23 marzo 2017 di una delle parti offese di uno dei reati contestati, tale (OMISSIS). L'assunto e' privo di fondamento. Deve, preliminarmente osservarsi che, non essendo l'imputato portatore di un interesse giuridicamente tutelato a far valere la nullita' derivante dalla omessa citazione a giudizio della persona offesa, posto che questa e' esclusivamente destinata a rendere possibile, attraverso l'avvenuta informazione a detta persona offesa della fissazione del processo, la sua eventuale costituzione di parte civile (sul difetto di interesse dell'imputato ad eccepire la mancata citazione della persona offesa: Corte di cassazione, Sezione II penale, 20 dicembre 2019, n. 51556), deve ritenersi che questi non sia interessato a dedurre gli eventuali vizi derivanti da tale omessa citazione ne' egli puo', pertanto, giovarsi dell'eventuale differimento nella celebrazione del giudizio derivante dalla necessita' di rinnovare la citazione in questione. Deve, altresi', rilevarsi che nel caso di specie l'udienza del 23 marzo 2017 era stata rinviata, a prescindere della eventuale verifica da parte del giudice procedente della effettiva materiale presenza delle parti nell'aula ove il giudizio si sarebbe dovuto celebrare (in ordine alla legittimita' di tale operazione: Corte di cassazione, Sezione VI penale, 2 aprile 2019, n. 14396), a cagione della indiscussa proclamazione dello stato di agitazione da parte degli organismi rappresentativi della avvocatura privata, cui la difesa degli odierni ricorrenti aveva espressamente dichiarato di volere aderire. Tale prevalenza su ogni altro motivo di differimento del giudizio della astensione dalle udienze dei difensori delle parti impegnate nel giudizio e' stata in piu' occasioni affermata e ribadita dalla giurisprudenza di questa Corte, la quale ha osservato che determina la sospensione del corso della prescrizione, per tutta la durata dell'avvenuto rinvio, non essendo l'ipotesi ora in esame tale da costituire un "legittimo impedimento" da parte del difensore della parte in giudizio (in tale senso, fra le altre: Corte di cassazione, Sezione III penale, 24 febbraio 2023, n. 8171; idem Sezione III penale, 20 marzo 2015, n. 11671), il rinvio del procedimento dovuto alla adesione alla astensione dalle udienze indipendentemente dal fatto che nella medesima udienza sia stata riscontrata anche un'altra ragione di differimento della trattazione del processo, atteso che l'astensione del difensore determina l'arresto dell'udienza ancor prima che il giudice possa esercitare i suoi ordinari poteri processuali di conduzione dell'udienza (Corte di cassazione, Sezione II penale, 9 febbraio 2021, n. 5050); ne' una tale so (OMISSIS)one deve ritenersi contraddetta dal fatto che, nell'occasione in esame il giudice abbia disposto la rinnovazione della citazione per la udienza di rinvio nei confronti della persona offesa (OMISSIS) (in relazione al quale, giova per altro, sottolineare, non risulta che lo stesso abbia provveduto a costituirsi parte civile in danno di qualcuno degli odierni imputati, i quali, pertanto, di tale rinnovata citazione non hanno sofferto alcun pregiudizio), trattandosi di provvedimento meramente ordinatorio non espressione di una qualche potesta' giurisdizionale; manifestamente infondato e', pertanto, il vizio di violazione di legge allegato dalla difesa degli imputati; nessuna irregolare o errata applicazione normativa e' riscontrabile nelle decisioni, dapprima, del Tribunale perusino di sospendere il corso della prescrizione dei reati contestati in occasione del rinvio del procedimento disposto in data 23 marzo 2017 e, quindi, della Corte umbra nel confermare la correttezza di tale scelta, escludendo l'intervenuta maturazione della prescrizione dei reati contestati. Quanto alla pretesa contraddittorieta' della sentenza impugnata, gia' si e' segnalato come la stessa non sia evidenziabile, posto che, in termini di piena legittimita', il Tribunale, preso atto della dichiarazione di astensione dalle udienze fatta dal difensore degli imputati, ha provveduto al rinvio della trattazione del processo e congruamente la Corte distrettuale ha confermato tale sua decisione. Passando, questo punto, alla trattazione degli altri motivi di ricorso, comuni ai soli ricorrenti (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), si rileva che la prima di queste lagnanze, concernente la violazione dell'articolo 191 c.p.p., in quanto i fotogrammi utilizzati per il riconoscimento di costoro sarebbero stati ritagliati dall'originale della comunicazione della notizia di reato ed avrebbero contenuto, in alcuni casi, la indicazione dei nominativi degli imputati, e' ben vero che la comunicazione della notizia di reato, contenente la descrizione dello svolgimento delle indagini non rientra fra gli atti che, in assenza di accordo fra le parti, possono entrare a fare parte del fascicolo del dibattimento (Corte di cassazione, Sezione III penale, 13 giugno 2019, n. 26189), ma una tale restrizione non deve intendersi estensibile agli atti che costituiscono la documentazione dello svolgimento di un'attivita' irripetibile compiuta dalla Pg, rientrando fra questi anche i documenti fotografici riproducenti lo svolgimento di un determinato avvenimento i quali ben possono essere allegati al fascicolo del dibattimento e costituire, previa valutazione del giudice, legittima fonte di prova (cfr.: Corte di cassazione, Sezione III penale, 21 gennaio 2019, n. 2576). Quanto alla attendibilita' del riconoscimento fotografico degli imputati seppure questo non fosse stato preceduto da una qualche preventiva descrizione delle fattezze dei soggetti coinvolti nei disordini fra tifoserie da cui origina il presente giudizio, descrizione che, peraltro, non si caratterizza per essere un elemento incidente sulla astratta legittimita' del riconoscimento, nel senso che essa, sebbene in taluni casi opportuna, non costituisce, a pena di nullita' della ricognizione, un necessario antecedente di questa - la Corte di appello, con motivazione indubbiamente solida, ha osservato che gli imputati sono persone che, per la loro appartenenza alla tifoseria organizzata della squadra della A. c. Perugia calcio, sono ben note alle forze dell'ordine, per cui la loro individuazione 5ulla base della documentazione fotografica, come detto legittimamente acquisita agli atti del processo, appare adeguatamente tranquillizzante; essa, pertanto, trattandosi di valutazione di carattere fattuale, non e' suscettibile, una volta verificatane la congruita' logica, di un riesame in sede di legittimita'. Quanto alla circostanza che talune fotografie riportassero il nominativo del soggetto in esse riprodotto, si osserva la assoluta genericita' della contestazione, non essendo assolutamente precisato a quali immagini ed a quali imputati essa si riferisca. Con riferimento all'ultimo motivo di impugnazione comune ai soli ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS), riferito alla erronea qualificazione del secondo episodio loro attribuito nella descrizione contenuta sub a) del capo di imputazione, in quanto esso si sarebbe concretizzato nel solo lancio di oggetti e pietre verso i pullman all'interno dei quali si trovavano i sostenitori della squadra dell'Ascoli calcio nel mentre questi si allontanavano dallo stadio ove si era svolta la competizione sportiva, comportamento che, avrebbe avuto come sia corretta qualificazione giuridica quella del danneggiamento ai sensi dell'articolo 635 c.p., comma 1, oggetto, peraltro, di depenalizzazione, si osserva quanto segue. E', in primo luogo, dubbio l'interesse dei ricorrenti a fare valere il suddetto motivo di impugnazione; esso, infatti, trova la sua giustificazione, sotto il profilo dell'interesse ad agire, nella ritenuta qualificabilita', astratta, della condotta posta in essere nell'ambito del danneggiamento penalmente irrilevante. Ora, che la ipotesi di danneggiamento nella quale i ricorrenti vorrebbero che la loro condotta sia riqualificata sia stata oggetto di depenalizzazione e' cosa che la circostanza che i fatti di cui in imputazione siano avvenuti a margine di una manifestazione sportiva svolta in luogo pubblico o, quanto meno, aperto a pubblico rede, quanto meno, dubbia. E cio' di per se' escluderebbe l'interesse dei ricorrenti, posto che, la imputazione loro contestata, ove la stessa fosse arricchita anche del danneggiamento, essendo indiscussa la sussistenza, quanto meno con riferimento all'episodio contestato agli stessi quale momento iniziale della progressione criminosa della rissa, renderebbe la loro posizione non piu' lieve ma, semmai piu' grave data la attribuzione a costoro di un altro titolo di reato. Ma vi e', altresi', da osservare che l'articolata contestazione mossa agli attuali ricorrenti sub a) della rubrica elevata nei loro confronti, e valutata nella sua articolata complessita', sia pur ricondotta, quoad poenam, ad unita' per effetto della ritenuta continuazione dai giudice del merito, comprendeva anche la violazione della L. n. 401 del 1989, articolo 6-bis la cui oggettivita' e', fra l'altro, costituita proprio dal lancio di oggetti contundenti nei luoghi interessati da manifestazioni sportive "ovvero in quelli interessati alla sosta, al transito od al trasporto di coloro che partecipano od assistono alle manifestazioni medesime". Cio' posto, essendo indubbiamente riconducibile a tale fattispecie criminosa, regolarmente loro contestata nel capo di imputazione, la condotta ascritta agli imputati nel secondo degli episodi descritti sub a) del capo di imputazione, l'eventuale riconducibilita' di essa anche al danneggiamento laddove si ritenga, stante la diversita' del bene-interesse tutelato dalle due disposizioni (la sicurezza pubblica ed in particolare delle manifestazioni sportive dalla L. n. 401 del 1989, articolo 6-bis, comma 1, ed il patrimonio dall'articolo 635 c.p.), la possibilita' che le due disposizioni precettive e punitive concorrano fra loro, opinione che appare rafforzata anche dalla ritenuta necessita' dell'evento, costituito dalla distruzione, dispersione, deterioramento o comunque determinata inservibilita' di una cosa mobile od immobile altrui, nel reato di danneggiamento, laddove il reato previsto dalla L. n. 401 del 1989, articolo 6-bis e', invece, un reato di pericolo concreto (in ordine alla possibile concorrenza dei due reati, nel senso della esclusione, ma in base ad elementi che appaiono superati alla luce dell'attuale rapporto della dosimetria sanzionatoria applicabile ai due reati: Corte di cassazione, Sezione III penale, 1 dicembre 2014, n. 50004) - rende ancor meno giustificata l'esistenza di un reale interesse dei ricorrenti a fare valere la rivendicata qualificazione in termini, anche, di danneggiamento la condotta loro attribuita sub a) del capo di imputazione toro contestato. Per tutte le ragioni che precedono i ricorsi proposti devono, in conclusione, essere dichiarati inammissibili e i ricorrenti, visto l'articolo 616 c.p.p., vanno condannati al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende, oltre alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa in favore della costituita parte civile, liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Condanna, inoltre, gli imputati alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, che liquida in complessivi Euro 3686,00, oltre accessori di legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FIDELBO Giorgio - Presidente Dott. CAPOZZI Angelo - Consigliere Dott. CALVANESE Ersilia - Consigliere Dott. DI GERONIMO Paolo - Consigliere Dott. DI GIOVINE Ombret - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 06/02/2023 del Tribunale di Roma; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Ombretta di Giovine; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Perla Lori, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato. RITENUTO IN FATTO 1. Con l'ordinanza sopra indicata, il Tribunale di Roma,, in veste di giudice del riesame, accoglieva l'appello proposto del Pubblico Ministero, applicando a (OMISSIS), in relazione al delitto di maltrattamenti in famiglia (articolo 572 c.p.) a lui ascritto, le misure cautelari dell'allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento alla persona offesa alle persone offese (OMISSIS) e (OMISSIS), con dispositivo elettronico di controllo ex articolo 275-bis cod. proc. pen., prescrivendogli di mantenere dai predetti una distanza non inferiore a 200 metri e di ripristinarla immediatamente in caso di incontro casuale, e vietando al medesimo di comunicare con qualsiasi mezzo, anche telefonico, con gli stessi. 2. Avverso l'ordinanza ha presentato ricorso l'imputato, per il tramite del suo difensore, avvocato (OMISSIS), deducendo i seguenti motivi di ricorso. 2.1. Vizio della motivazione. Il quadro indiziario e' erroneamente fondato su dichiarazioni de relato, essendosi esclusa la presenza di testimoni diretti di un episodio di maltrattamenti che la persona offesa assume essere occorso durante una festa di matrimonio e che ha dato luogo alla querela, nonostante nella medesima querela la persona offesa avesse riferito di aver ricevuto dal marito due calci quando gli si era avvicinata per sedare la discussione insorta con altro invitato, in presenza anche di altre persone. L'inattendibilita' della persona offesa si desume anche dal fatto che la stessa, all'atto della remissione della querela, ammetteva come, al momento dei fatti, si trovasse in stato di ebbrezza e che l'increscioso episodio era isolato, al punto che il Giudice per le indagini preliminari, investito in data (OMISSIS), della richiesta di applicazione della misura cautelare, la respingeva proprio sulla base di tali dichiarazioni, avendo la donna non soltanto negato pregressi episodi di violenza ma anche confermato il clima sereno dei rapporti familiari. In maniera illogica, dunque, la Corte d'appello ritiene che la remissione della querela era stata indotta dalle minacce ricevute dal compagno. D'altronde, tali minacce sarebbero state proferite, a detta della persona offesa, nella stessa identica - e, dunque, sospetta - formulazione testuale anche prima che fosse presentata la querela, senza tuttavia, in tal caso, sortire effetti. Si aggiunge che in data (OMISSIS) e (OMISSIS), erano acquisite ulteriori sommarie informazioni dalla parte offesa la quale, nello spiegare che aveva ritirato la querela per il timore di eventuali ripercussioni, specificava le modalita' con cui si sarebbero verificati i maltrattamenti sulla sua persona sempre, pero', con riferimento agli anni passati, senza nulla aggiungere in merito a fatti nuovi. Ne' soccorrono, in tal senso, le dichiarazioni rese - ancora de relato - il (OMISSIS) dall'ex compagno della parte offesa, il quale ha usato parole testualmente sovrapponibili a quelle della persona offesa (il che destituisce di genuinita' il suo racconto), o le dichiarazioni rese dall'amica della persona offesa, la quale, sempre de relato, riferiva di sporadiche violenze verbali e non fisiche, tanto che, anche sulla base di tali informazioni, il Giudice per le indagini preliminari, il (OMISSIS), rigettava la richiesta di applicazione della misura cautelare. Nemmeno valgono quale riscontro alla dichiarazione della parte offesa le fotocopie annerite delle fotografie prodotte in originale al Tribunale di Rieti, che non recano data certa. Il provvedimento ritiene poi la detenzione di coltelli presso la casa familiare sintomatica della instaurazione di un regime di terrore da parl:e dell'indagato, ma non considera che i coltelli sono stati ritrovati dalla persona offesa in o' modo affatto casuale e che erano collocati in luogo sicuro, difficilmente raggiungibile, nonche' riposti in un fodero, anche al fine di evitare il pericolo per i minori presenti nell'abitazione. Quanto poi alle vessazioni che la persona offesa ha riferito avesse subito il figlio (OMISSIS), il riscontro e' individuato dall'ordinanza in una telefonata peraltro trascritta senza le dovute formalita' dai Carabinieri - ira il bambino e suo padre, ex compagno della persona offesa (nel corso della quale il primo lamentava di aver ricevuto un calcio dal ricorrente), senza valutare che un unico episodio non puo' essere ritenuto significativo della pericolosita' dell'indagato. Ancora, il provvedimento impugnato fa riferimento alle minacce che avrebbe subito il padre e la madre della persona offesa dell'indagato. Si tratta, tuttavia, di elementi emersi successivamente, che comunque nulla aggiungono al pregresso quadro istruttorio e che, come notato nella seconda ordinanza di rigetto dal Giudice per le indagini preliminari, nulla avevano a che fare con l'ipotesi di delitto per cui si procede. 2.2. Vizio di motivazione in relazione alle esigenze cautelari. Il Collegio ha ritenuto sussistente il pericolo concreto di inquinamento probatorio nonostante l'indagato non avesse coartato la persona offesa a ritrattare le proprie dichiarazioni, come anche dimostrato dal fatto che la remissione e' stata presentata per il tramite di un legale; ha, per contro, considerato la remissione significativa della coartazione subita. Il ricorrente rileva, inoltre: per un verso, che dubbia e indefinita e' la collocazione dei fatti riferiti dalla (sola) persona offesa; per altro verso, che quest'ultima, nonostante sia stata sentita in sommarie informazioni nei mesi di ottobre e novembre, nulla riferiva dei presunti maltrattamenti successivi alla querela, il che nega l'attualita' del pericolo,, dal momento che il trascorrere del tempo dalla commissione del reato rappresenta un elemento che concorre a fondare la concretezza del pericolo. Ed aggiunge che il provvedimento non motiva sul punto. Infine, e premesso che il pericolo di reiterazione del reato puo' essere desunto anche dai precedenti penali dell'indagato, nel ricorso si esclude sia sufficiente a fondare le esigenze cautelari evidenziate l'unica pregressa condanna, nel 2008, per reati della medesima specie, alla luce di un quadro indiziario fondato sul solo elemento oggettivo del rinvenimento di coltelli nella comune abitazione. 3. Il ricorrente presenta altresi' conclusioni in cui, in replica alla requisitoria scritta del Procuratore Generale, insiste per l'accoglimento del ricorso, ribadendo lao'scarsa credibilita' della persona offesa, ritenuta inattendibile in piu' occasioni dal giudice per le indagini preliminari e il cui narrato non ha trovato conforto in testimonianze oculari, e' stato dalla stessa smentito al momento della rimessione della querela e che, nonostante la persona offesa sia stata successivamente sentita a sommarie informazioni, non si e' arricchito di elementi ulteriori. 4. Il procedimento e' stato trattato nell'odierna udienza in camera di consiglio con le forme e con le modalita' di cui al del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, commi 8 e 9, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, i cui effetti sono stati prorogati da numerose successive disposizioni, da ultimo dal Decreto Legislativo n. 10 ottobre 2022, n. 150, articolo 94, comma 2, come introdotto dall'articolo 5-duodecies del Decreto Legge 31 ottobre 2022, n. 162, convertito dalla L. 30 dicembre 2022, n. 199. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' inammissibile, in quanto teso a sollecitare un apprezzamento del quadro indiziario e delle esigenze cautelari in senso diverso da quanto giudicato, con valutazione non sindacabile, dal Tribunale del riesame. Nel merito, appare anche manifestamente infondato. 2.1. Il ricorrente, infatti, enfatizza le ragioni per cui il Giudice per le indagini preliminari aveva respinto (da ultimo, il (OMISSIS)), la richiesta del pubblico ministero di applicare una misura cautelare, argomentando dalla ritenuta scarsa credibilita' della persona offesa, desunta, a sua volta, essenzialmente dal fatto che quest'ultima aveva sporto querela nei confronti del compagno il 28/08/2022, per poi rimetterla a distanza di soli tre giorni. Ed aggiunge che il Tribunale avrebbe basato il suo diverso giudizio soltanto su dichiarazioni "de relato", alcune all'evidenza previamente concordate, e su un unico dato oggettivo, rappresentato dalla detenzione di coltelli che, si assume, proprio per evitare usi impropri, venivano pero' conservati in apposito fodero e a tal fine nascosti. 2.1. Precisato che tale elemento sopravviene al compendio indiziario valutato dal Giudice per le indagini preliminari, essendo stato rappresentato dalla persona offesa il (OMISSIS), ed e' addotto, nell'economia dell'argomentazione, a supporto della sussistenza delle esigenze cautelari, invero, il Tribunale conformemente al consolidato insegnamento di legittimita' (Sez. U, n. 41461 del 19/7/2012, Bell'Arte, Rv. 253214) - fonda il suo convincimento sulla valutazione delle dichiarazioni della persona offesa, che reputa coerenti e concordanti, con motivazione completa, puntuale e coerente che, come tale, si sottrae al sindacato di questa Corte. Nella specie, i giudici ritengono coincidenti le dichiarazioni contenute nella querela e quelle rese dalla persona offesa in sommarie informazioni. Motivano in modo compiuto riguardo alla decisione della donna di rimettere la querela, chiarendo come la successiva ritrattazione, lungi dall'inficiarla, rafforzi la credibilita' della persona offesa, e ricostruisce, a tal fine, la scansione temporale delle dichiarazioni da questa rese. In particolare, i giudici rilevano che gia' nella querela - presentata agli agenti che erano intervenuti il giorno dei festeggiamenti per un matrimonio - la donna aveva precisato di essere stata vittima di episodi analoghi e che l'indagato maltrattava altresi' il figlio (anni 9), nato da una relazione precedente e che viveva con loro. Proseguono spiegando come sia vero che, tre giorni dopo, la persona offesa aveva presentato, tramite legale, remissione di querela, rappresentando nel contempo la presenza di sereni rapporti familiari. Ma aggiungono anche che, il (OMISSIS), sentita a sommarie informazioni testimoniali, la persona offesa ribadiva le iniziali dichiarazioni accusatorie, precisando che, qualche mese dopo l'inizio della convivenza, l'indagato aveva iniziato a picchiarla con schiaffi in volto e calci sul sedere alla presenza del figlio di nove anni e che tale situazione era peggiorata dopo la nascita della figlia; tornava in quella sede sulle offese rivolte usualmente dall'indagato nei confronti suoi e del figlio, spiegando che per questo il bambino era in cura dalla psicologa; aggiungeva di non aver mai denunciato il compagno per paura, sperando che le cose potessero cambiare. Nell'ordinanza si spiega inoltre che il (OMISSIS) la persona offesa veniva nuovamente sentita e che, in tale sede, "diversamente da quanto scritto dal gip": riferiva che, allorquando aveva presentato la querela, era presente anche l'indagato; affermava di aver ricevuto pressioni dal compagno perche' ritirasse la querela ripetendo i termini esatti della minaccia; ribadiva ancora una volta le accuse rivolte al compagno contestualizzando e specificando le condotte di maltrattamento subite nell'arco di tre anni (calci, schiaffi, insulti offensivi, danneggiamento della mobilia). Sempre in quell'occasione, la persona offesa aggiungeva che l'indagato, nel febbraio 2020, era sottoposto alla misura degli arresti domiciliari nella sua abitazione e in che in quel periodo era diventato ancor piu' violento. Descriveva, infine, in modo analitico le condotte violente, realizzate anche alla presenza del figlio, quando era al nono mese di gravidanza e quando la bambina aveva appena tre mesi 2.2. Il giudice del riesame non fonda peraltro la sua valutazione soltanto dalla credibilita' della persona offesa, come pure sarebbe stato sufficiente, ma richiama riscontri esterni alle dichiarazioni della stessa. Nella specie, precisa che dall'annotazione di polizia giudiziaria in data (OMISSIS) risulta che la persona offesa, ricevuta la convocazione della polizia giudiziaria, aveva dovuto concordare con i militari un orario ed inventare con l'indagato una scusa, aggiungendo che la donna aveva dovuto interrompere piu' volte l'audizione per tornare a casa per paura di una reazione da parte di lui; specifica come siano state acquisite foto a colori delle lesioni subite e foto che ritraevano la stanza dopo un litigio (con la mobilia danneggiata), e come sia irrilevante il fatto che tali foto non rechino data certa, dal momento che i maltrattamenti erano cominciati subito dopo l'inizio della relazione (2019) e si erano prolungati per tre anni; cita le dichiarazioni dell'amica della persona offesa e dell'ex compagno di lei, nonche' padre del bambino anch'egli maltrattato, il quale riferisce del calcio inferto al bambino dall'indagato. 2.3. Quanto poi all'episodio della festa di matrimonio, su cui molto insiste il ricorso, nel provvedimento impugnato si rappresenta che i militari del Nucleo radiomobile carabinieri di Roma, apprendevano, oltre che dalla persona offesa anche dagli astanti che la donna era stata aggredita dall'indagato. 2.4. Infine, l'ordinanza riferisce le dichiarazioni rese dal padre della persona offesa, riportate nel decreto del Tribunale civile di Rieti che - in data (OMISSIS) - ha adottato nei confronti del prevenuto ordini di protezione ai sensi degli articoli 342-bis e 342-ter c.c., avendo l'indagato minacciato lui e la moglie. In particolare, il padre della persona offesa ha anche detto che il bambino, anch'egli maltrattato, gli aveva parlato delle violenze subite dalla madre, per la cui l'incolumita' era preoccupato. 2.5. Il giudice del riesame prospettai, in definitiva, ampia e coerente giustificazione del superamento della diversa valutazione del Giudice per le indagini preliminari in ordine alla gravita' del quadro indiziario. 3. Considerazioni analoghe valgono quanto alle esigenze cautelari, il pericolo attuale e concreto di reiterazione del reato essendo stato dai giudici desunto dalla gravita' e dalle modalita' del fatto per cui si procede oltre che dalla personalita' dell'indagato, gia' condannato in via definitiva per maltrattamenti in famiglia e lesioni (per fatti dal 2005 al 2008) e che ha manifestato una personalita' incline alla violenza, come dimostrato, tra l'altro, dalla rissa in occasione dei festeggiamenti per il matrimonio e dal possesso dei coltelli. Al pericolo di reiterazione del reato e' accostato, peraltro, quello di inquinamento probatorio, per il rischio che, come gia' avvenuto in passato, l'indagato possa indurre la persona offesa a ritrattare o a ridimensionare le sue dichiarazioni. Sicche', anche sul punto delle esigenze cautelari, la motivazione risulta completa e tutt'altro che illogica. 4. All'inammissibilita' del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed a quella di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo fissare nella misura indicata in dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'articolo 28 reg. esec. disp. att. c.p.p..

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. GUARDIANO Alfredo - Presidente Dott. PISTORELLI Luca - Consigliere Dott. BELMONTE Maria T - rel. Consigliere Dott. ROMANO Michele - Consigliere Dott. MOROSINI Elisabetta - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 07/06/2022 della CORTE APPELLO di TRIESTE; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. MARIA TERESA BELMONTE; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. DI LEO GIOVANNI, che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Trieste, in parziale riforma della decisione del Tribunale di Pordenone - che aveva riconosciuto (OMISSIS) colpevole di rissa aggravata e delle conseguenti lesioni gravissime, cagionate a due cittadini americani che riportavano lo sfregio permanente del volto, condannandoli alla complessiva pena di anni due e mesi tre di reclusione - ha dichiarato estinto per intervenuta prescrizione il reato di rissa e ha, conseguentemente, rideterminato la pena in anni uno e mesi sei di reclusione per il residuo delitto di lesioni. 2. Ha proposto ricorso per cassazione l'avvocato (OMISSIS) che, nell'interesse dell'imputato, svolge quattro motivi. 2.1- Violazione dell'articolo 63 c.p.p. e inutilizzabilita' erga omnes delle dichiarazioni rese in fase di indagini dalle persone offese, che, in quanto gravemente indiziate ab initio della partecipazione alla rissa, ovvero per un reato colle;pato a quello di lesioni ascritto a (OMISSIS), avrebbero dovuto essere sentite con gli avvisi e le garanzie di legge, secondo i principi affermati da Sezioni Unite "Carpanelli" (Sez. Un. 1282 del 09/10/19%, dep. 1997). 2.2. Violazione dell'articolo 512 c.p.p. sostenendosi che le sommarie informazioni delle persone offese sarebbero state rese in assenza dei presupposti della imprevedibile irreperibilita' sopravvenuta; e, comunque, si denuncia il mancato espletamento, da parte dei giudici di merito, delle dovute ricerche finalizzate all'individuazione del domicilio attuale dei predetti dichiaranti, non essendo sufficienti le ricerche previste dall'articolo 159 c.p.p.. 2.3. violazione dell'articolo 116 c.p. per insussistenza dei presupposti del c.d. concorso anomalo nel reato di lesioni aggravate. In particolare, mancherebbe la volonta' dell'imputato di partecipare alla rissa, alla quale non ha fornito alcun contributo causale materiale e psicologico. 2.4. violazione del divieto di reformatio in pejus e vizi della motivazione in punto di dosimetria della pena. Posto che i due reati per cui il ricorrente ha subito condanna in primo grado sono risultati contestati in concorso formale (stante anche l'incompatibilita' logico - giuridica dell'istituto della continuazione con l'ipotesi di concorso anomalo), e che la Corte di appello ha dichiarato estinto il delitto di rissa, considerato dal primo giudice quale reato piu' grave rispetto alle lesioni personali, per cui il Tribunale aveva comminato la pena di mesi cinque di reclusione, si duole la Difesa ricorrente che, invece, la Corte di appello ha inflitto per le sole lesioni personali la ben superiore pena di anni uno e mesi sei di reclusione. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso risulta inammissibile. 1. E' manifestamente infondato, oltre che generico, il primo motivo. 1.1.Come ricordato dal ricorrente, le Sezioni Unite "Carpanelli" ebbero ad affermare che "le dichiarazioni della persona che fin dall'inizio avrebbe dovuto essere sentita come indagata o imputata sono inutilizzabili anche nei confronti dei terzi, sempre che provengano da soggetto a carico del quale gia' sussistevano indizi in ordine al medesimo reato ovvero a reato connesso o collegato con quello attribuito al terzo, per cui dette dichiarazioni egli avrebbe avuto il diritto di non rendere se fosse stato sentito come indagato o imputato"(Sez. U, n. 1282 del 09/10/1996 Ud. (dep. 13/02/1997) Rv. 206846). 1.2. Va, peraltro, annotato che, nella successiva giurisprudenza di legittimita', si sono registrati contrastanti approdi con riguardo alla questione concernente se la inutilizzabilita' delle dichiarazioni arese ai sensi dell'articolo 63 c.p.p., comma 2 nella fase delle indagini preliminari da chi avrebbe dovuto essere sentito sin dall'inizio dell'esame in qualita' di indagato o imputato di procedimento connesso o collegato a norma dell'articolo 371 c.p.p., comma 2, lettera b). Secondo un orientamento, affermato, da ultimo, da Sez. 3 -, n. 30922 del 18/09/2020 Rv. 280277, " L'inutilizzabilita' prevista dall'articolo 63, comma 2, c.p.p. ricorre anche in caso di dichiarazioni rese nella fase delle indagini da chi, sin dall'inizio dell'esame o dopo l'emersione di indizi a suo carico nel corso di tale atto, senza che lo stesso sia stato interrotto, avrebbe dovuto essere sentito in qualita' di indagato o imputato di reato connesso o di reato collegato a norma dell'articolo 371 c.p.p., comma 2, lettera b), (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto inutilizzabili le dichiarazioni di diverse persone offese di violenza sessuale rese senza garanzie difensive nonostante fosse noto agli inquirenti che i delitti erano stati commessi nel corso di controlli effettuati a seguito di furti compiuti dalle medesime).(conf. Sez. 2 n. 28942 del 24/09/2020 Rv. 279806) Altro orientamento afferma che Qe dichiarazioni rese innanzi alla polizia giudiziaria da una persona non sottoposta ad indagini, ed aventi carattere autoindiziante, non sono utilizzabili contro chi le ha rese ma sono pienamente utilizzabili contro i terzi, posto che la garanzia di cui all'articolo 63 c.p.p., comma 1, e' posta a tutela del solo dichiarante. (Sez. 2 n. 5823 del 26/11/2020, Rv. 280640; Conf. Sez. 3 - n. 1914 del 20/12/2018 (dep. 2019) Rv. 274343). Tuttavia, la questione e' mal posta. Nell'ipotesi in cui con il ricorso per cassazione si lamenti l'inutilizzabilita' di un elemento a carico, il motivo di impugnazione deve illustrare, a pena di inammissibilita' per aspecificita', l'incidenza dell'eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta "prova di resistenza", in quanto gli elementi di prova acquisiti illegittimamente diventano irrilevanti ed ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l'identico convincimento. (Sez. 2, n. 30271 del 11/05/2017 Rv. 270303). Prova di resistenza che, in realta', ha effettuato la stessa Corte di appello- e con cio' il ricorrente omette il dovuto confronto - giacche' ha ritenuto non decisive, ai fini della affermazione di responsabilita' le dichiarazioni delle due persone offese (pg. 7 della sentenza), avendo fondato la decisione su un piu' ampio compendio probatorio, costituito dalle dichiarazioni dei testimoni presenti alla rissa e dalle riprese video acquisite. La Corte di appello si e', dunque, correttamente determinata, dal momento che il giudice dell'impugnazione non e' tenuto a dichiarare preventivamente l'inutilizzabilita' della prova contestata qualora ritenga di poterne prescindere per la decisione, ricorrendo al cosiddetto "criterio di resistenza", applicabile anche nel giudizio di legittimita'. (Sez. 2, n. 30271 del 11/05/2017, Rv. 270303). 2. Resta assorbita, perche' allo stesso modo superflua, anche la questione posta con il secondo motivo, avente riguardo alla denunciata violazione dell'articolo 512 c.p.p.. stante, come detto, l'irrilevanza delle testimonianze delle due vittime. 3. Manifestamente rivalutativo, oltre che infondato, il terzo motivo, che pretende dal Giudice di legittimita' una rivisitazione del quadro fattuale e probatorio, operazione riservata, invece, al Giudice di merito, e non censurabile in questa sede, laddove, come nel caso di specie, il giudice abbia operato la propria valutazione rispettando i parametri della razionalita' e completezza. Il ricorso per cassazione che devolva il vizio c(motivazione e', infatti, ammissibile, quando rivolga le censure nei confronti della motivazione posta alla base della decisione, e non gia' nei confronti della valutazione probatoria sottesa, che, in quanto prerogativa del giudice di merito, e' estranea al perimetro cognitivo e valutativo della Corte di Cassazione, il cui controllo di legittimita' concerne H rapporto tra motivazione e decisione, e non gia' quello tra prova e decisione. Di contro, le censure prospettate in ricorso fanno riferimento alla ritenuta erroneita' e/o parzialita' della valutazione Drobatoria formulata dal giudice di merito e, di fatto, prospettano una lettura alternativa del compendio probatorio, sollecitando una rivalutazione nel merito non consentita in sede di legittimita', senza tenere conto che la Corte di appello ha ben illustrato gli elementi da cui ha tratto la partecipazione del (OMISSIS) alla rissa (per la natura particolarmente violenta della rissa, per l'utilizzo di strumenti d'offesa particolarmente insidiosi, e la natura interrazziale del conflitto, cfr. pg. 6), e le ragioni dell'inquadramento della responsabilita' nell'alveo del c.d. concorso anomalo (pg. 7), laddove afferma che "l'evento verificatosi rientrava in quelli che costituivano un prevedibile sviluppo della condotta base", risultando irrilevante la circostanza che siano stati altri, nelle medesime circostanze, a causare materialmente le lesioni gravi. 3.1. La responsabilita' per la partecipazione a una rissa aggravata da lesioni o morte, infatti, non esclude, a carico dei corrissanti non autori materiali ne' morali della lesione o dell'omicidio, la concorrente responsabilita', a titolo di concorso anomalo ex articolo 116 c.p. per questi ulteriori delitti, laddove le caratteristiche della contesa consentissero di prevedere tali sviluppi.Cio' che si e' verificato nel caso in esame, come correttamente osservato dalla Corte di appello, in cui le dimensioni del confronto, la durata, il numero e l'utilizzo di bottiglie appositamente rotte, rendevano prevedibile che la rissa sfociasse in offese gravi alla incolumita' dei partecipanti. 4. Manifestamente infondato anche il quarto motivo. Le sezioni unite hanno affermato che non viola il divieto di "reformatio in peius" previsto dall'articolo 597 c.p.p. il giudice dell'impugnazione che, quando muta la struttura del reato continuato (come avviene se la regiudicanda satellite diventa quella piu' grave o cambia la qualificazione giuridica di quest'ultima), apporta per uno dei fatti unificati dall'identita' del disegno criminoso un aumento maggiore rispetto a quello ritenuto dal primo giudice, pur non irrogando una pena complessivamente maggiore (Sez. U, n. 16208 del 27/03/2014 Ud. (dep. 14/04/2014) Rv. 258653). Il principio trova applicazione anche con riguardo al concorso formale di reati, per cui, pure si applica, in punto di determinazione del trattamento sanzionatorio, il criterio di calcolo del c.d. cumulo giudizio: la pena individuata, cioe', dal primo giudice con riguardo al delitto di lesioni, ritenuto meno grave rispetto alla rissa, era stata determinata in mesi cinque di reclusione, per effetto del predetto criterio. Nella sentenza impugnata, la Corte di appello, nel rivalutare la pena, in conseguenza della declaratoria di prescrizione del delitto piu' grave, l'ha contenuta, comunque, in misura inferiore a quella individuata dal primo giudice. 5. Alla declaratoria di inammissibilita' segue per legge (articolo 616 c.p.p.) la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonche', trattandosi di causa di inammissibilita' determinata da profili di colpa emergenti dal ricorso (Corte Costituzionale n. 186 del 7-13 giugno 2000), al versamento, in favore della Cassa delle Ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo fissare in Euro 3000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DI STEFANO Pierluigi - Presidente Dott. APRILE Ercole - Consigliere Dott. DE AMICIS Gaetano - Consigliere Dott. TRIPICCIONE Debora - rel. Consigliere Dott. DI GERONIMO Paolo - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso il decreto emesso il 16 settembre 2022 dalla Corte di appello di Caltanissetta; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Debora Tripiccione; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Pasquale Fimiani, che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. (OMISSIS), propone ricorso per cassazione avverso il decreto della Corte di appello di Caltanissetta che ha confermato il decreto con il quale e' stata applicata al ricorrente la misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno per la durata di due anni, con l'imposizione del pagamento di una cauzione di 500,00 Euro da versare alla Cassa delle Ammende. Deduce il vizio di violazione del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 4, comma 1, lettera c), censurando il giudizio di attualita' della pericolosita' in quanto ancorato, da un lato, a condotte risalenti nel tempo, e, dall'altro, al procedimento penale per maltrattamenti in danno della moglie che e' tuttora pendente e si inserisce in un contesto familiare connotato da animosita' e violenze reciproche. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' inammissibile in quanto fondato su un motivo generico e, comunque, non consentito in quanto; dietro la qualificazione della censura come violazione di legge, di fatto, si risolve nella prospettazione di un vizio della motivazione. Va, infatti, premesso che nel procedimento di prevenzione, il ricorso per cassazione e' ammesso soltanto per violazione di legge, secondo il disposto del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 10, comma 3. Il vizio di illogicita' o di contraddittorieta' della motivazione e', pertanto, escluso dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimita', potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso, poiche' qualificabile come violazione dell'obbligo di provvedere con decreto motivato imposto al giudice d'appello dal Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 10, comma 2, il caso di motivazione inesistente o meramente apparente (Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246). 1.1 Cio' premesso, il decreto impugnato, una volta inquadrato il ricorrente nelle fattispecie di pericolosita' di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 4, comma 1, lettera c) e i-ter), con motivazione che non puo' ritenersi apparente, ha posto a fondamento del giudizio di attualita' della pericolosita' gli elementi desumibili dai numerosi precedenti penali e di polizia relativi anche a reati connotati dall'uso della violenza (in relazione ai quali il (OMISSIS) e' stato gia' sottoposto a misura di prevenzione personale con decreti del 20/4/2004 e del 14/6/2015 ed alla misura dell'ammonimento da parte del Questore di Enna per atti persecutori ai danni della moglie), e, da ultimo, dal procedimento penale pendente per il reato di maltrattamenti in danno della moglie. In particolare, la Corte territoriale ha considerato che anche successivamente all'ammonimento da parte del Questore, il (OMISSIS) e' stato denunciato per rissa e lesioni e, in data (OMISSIS), per il reato di maltrattamenti ai danni della moglie. Sulla base di tali specifici elementi di fatto, con i quali il ricorrente omette di confrontarsi, limitandosi a censurare genericamente ed in termini aspecifici, la legittimita' del giudizio espresso dalla Corte territoriale, e' stato ritenuto che il (OMISSIS), in ragione delle reiterate condotte violente tenute nel tempo e della sua insensibilita' alle misure precedentemente applicate, sia pericoloso per la sicurezza e la tranquillita' pubblica (Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 1, lettera c,). Si tratta di un giudizio che, in quanto ancorato a specifiche circostanze di fatto, appare incensurabile in questa Sede. 2. All'inammissibilita' del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila da versare in favore della Cassa delle Ammende, non potendosi ritenere che lo stesso abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita' (Corte Cost. n. 186 del 2000). P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. AGOSTINACCHIO Luigi - Presidente Dott. CIANFROCCA Pierluigi - Consigliere Dott. COSCIONI Giuseppe - Consigliere Dott. TUTINELLI Vince - rel. Consigliere Dott. SARACO Antonio - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS). avverso la sentenza del 17/02/2022 della CORTE APP.SEZ.MINORENNI di MESSINA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere VINCENZO TUTINELLP; il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore MASTROBERARDINO ha depositato memorie scritte; ha concluso chiedendo dichiaratosi inammissibile il ricorso. Il difensore ha depositato memorie e ha concluso insistendo per l'accoglimento del ricorso. Ricorso trattato con contraddittorio scritto ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8 e successivo Decreto Legge n. 198 del 2022, articolo 8. RITENUTO IN FATTO 1. Con il provvedimento impugnato la Corte di appello di Messina ha confermato la dichiarazione di penale responsabilita' dell'odierno ricorrente gia' pronunciata con sentenza in data 3 novembre 2021 dal GIP del Tribunale dei minorenni di Messina in relazione a fattispecie di incendio, interruzione di pubblico servizio e danneggiamento. 2. Propone ricorso per cassazione l'imputato (OMISSIS) con l'Avvocato (OMISSIS). 2.1. Con il primo motivo si lamenta violazione di legge in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche che la Corte d'appello ha fondato sulle dichiarazioni del teste DANZI, che aveva riferito di una manifestata soddisfazione da parte del ricorrente per le azioni di cui all'imputazione, posto che sarebbero state sottovalutate le dichiarazioni di (OMISSIS), il quale aveva detto che l'imputato non aveva mai assunto atteggiamenti violenti nei propri confronti e degli altri ospiti della struttura e malgrado cio' il suo comportamento ha causato un certo stato di agitazione in ragione dello stato di "collera violenta" dell'imputato medesimo. -/4, In sostanza, si ritiene che tali dichiarazioni confliggano le une con le altre e, quindi, non avrebbero potuto essere ritenute credibili. Del resto, anche la necessita' di supporto psicologico del minore da parte di specialisti, riferita nella relazione (OMISSIS), e il fatto che tale supporto non fosse stato garantito avrebbe dovuto portare, secondo parte ricorrente, alla concessione delle attenuanti generiche. Le medesime considerazioni sono avanzate dal ricorrente in relazione alla determinazione della pena, affermandosi, in sostanza, che il discostamento dai minimi non sarebbe nemmeno motivato. 2.2. Con il secondo motivo si lamenta che la Corte d'appello, da una parte, avrebbe evidenziato che il diniego della sospensione condizionale da parte del GIP sarebbe stato frutto di un'erronea lettura del certificato penale e che, dall'altra, non avrebbe concesso all'imputato la sospensione condizionale medesima, confermando la sentenza di primo grado. 3. La trattazione del ricorso e' avvenuta con le forme previste dal del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176. 3.1. Il Procuratore Generale - in persona del sostituto Paola Mastroberardino - ha depositato conclusioni scritte chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso. 3.2. Con memoria 16 gennaio 2023, la difesa del ricorrente ha concluso insistendo per l'accoglimento del ricorso.. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' inammissibile. 2. Il primo motivo di ricorso e' manifestamente infondato. 2.1. Il rigetto delle circostanze attenuanti generiche e' fondato su motivazione esente da manifesta illogicita' che, pertanto, e' insindacabile in cassazione (Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, Rv. 242419), dovendosi ribadire il principio affermato da questa Corte secondo cui non e' necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma e' sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti (nella specie: la gravita' dei fatti, la reiterazione degli stessi, il danno arrecato e la mancanza di alcun tipo di rivalutazione critica del proprio operato, circostanza, quest'ultima, che emerge palesemente dalla ricostruzione giudiziale e non risulta nemmeno attinta dai motivi di ricorso), rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n. 3609 del 18/1/2011, Sermone, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010, Giovane, Rv. 248244). 2.2. Anche la doglianza in punto pena risulta manifestamente infondata, potendo il giudice, ai fini della determinazione della pena e della valutazione delle circostanze attenuanti generiche, tenere conto di uno stesso elemento che abbia attitudine a influire su diversi aspetti della valutazione, ben potendo un dato polivalente essere utilizzato piu' volte sotto differenti profili per distinti fini, senza che cio' comporti lesione del principio del "ne bis in idem" (cfr. Sez. 2, Sent. n. 24995 del 14/05/2015 Rv. 264378). 3. Il secondo motivo di ricorso e' manifestamente infondato, posto che sussiste esplicita motivazione in relazione ai profili di un giudizio prognostico negativo in ordine alla personalita' dell'imputato in conseguenza della condotta tenuta in sede di messa alla prova e dei carichi pendenti per resistenza a pubblico ufficiale, rapina, rissa e lesioni, di cui uno successivo alla sentenza menzionata nel ricorso. Risulta tra l'altro dalla lettura del certificato penale in atti la presenza di condanne nel 2020 e nel 2021 relative a due fattispecie di ricettazione e a una interruzione di pubblico servizio che palesano il carattere logico e coerente del ragionamento giudiziale. 4. Alle suesposte considerazioni consegue la dichiarazione di inammissibilita' del ricorso. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita' e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n.196 del 2003, articolo 52, in quanto disposto d'ufficio e/o imposto dalla legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DI STEFANO Pierluigi - Presidente Dott. COSTANZO Angelo - Consigliere Dott. VILLONI Orlando - Consigliere Dott. GIORDANO Emilia - rel. Consigliere Dott. DI NICOLA T. Paola - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: 1. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 2. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 3. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 4. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 5. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 6. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 7. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 8. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 9. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 10. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 11. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 12. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 06/04/2022 della Corte di appello di Caltanissetta; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa GIORDANO Emilia Anna; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. LETTIERI Nicola che ha concluso chiedendo il rigetto di tutti i ricorsi; uditi, per le parti civili, i difensori avvocato (OMISSIS), in difesa della Confederazione Italiana del Lavoro Camera Del Lavoro e in qualita' di sostituto processuale dell'avvocato (OMISSIS) in difesa della Confederazione Generale Italiana del Lavoro, che si associa alla richiesta per la conferma delle statuizioni civili e deposito delle conclusioni e nota spese; l'avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e F.A.I Antiracket (OMISSIS) si associa alle richieste del PG, chiede l'inammissibilita' o in subordine il rigetto dei ricorsi, deposita conclusioni e nota spese; uditi, per i ricorrenti, l'avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS); l'avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS); l'avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS); l'avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche', in qualita' di sostituto processuale dell'avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS) e dell'avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS) e (OMISSIS); l'avvocato (OMISSIS), sostituto processuale dell'avvocato (OMISSIS) in difesa di (OMISSIS); l'avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS); l'avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS) e (OMISSIS) i quali insistono per l'accoglimento dei motivi di ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) impugnano la sentenza con la quale la Corte di appello di Caltanissetta ne ha confermato la condanna, con la diminuente del rito abbreviato, alla pena ritenuta di giustizia per i reati rispettivamente ascritti. Secondo le sentenze di merito, convergenti, a meno di aspetti del tutto marginali, nella ricostruzione dei fatti lungo una comune linea interpretativa, i risultati delle indagini hanno consentito di enucleare la esistenza di due associazioni a delinquere, una di stampo mafioso che si riconosce nella (OMISSIS) e l'altra dedicata alla commissione di reati in materia di sostanze stupefacenti, operanti in (OMISSIS) e altri comuni della provincia di Caltanissetta. Il capo dell'associazione mafiosa e' stato individuato in (OMISSIS) che, gia' condannato per omicidio, associazione mafiosa e altri reati di mafia, nel gennaio 2014 era tornato in liberta' riprendendo in mano le redini dell'associazione mafiosa e governando il gruppo dedito al traffico di droga coadiuvato, nel ruolo direttivo, dal fratello (OMISSIS), scarcerato qualche mese dopo (e nei confronti del quale si procede separatamente). La sentenza di primo grado ha individuato i connotati di stabilita', la struttura organizzativa e il programma criminoso dell'associazione di stampo mafioso, di cui al capo A), descrivendone le modalita' operative, mutuate dalla struttura madre "(OMISSIS)" e connotate dall'impiego della forza di intimidazione e delle conseguenti condizioni di assoggettamento ed omerta' che ne derivano. La struttura mafiosa era volta, secondo tale ricostruzione, alla commissione di delitti di vario genere e, in particolare, alla commissione di reati in materia di stupefacenti, attraverso la collegata struttura di cui al capo B) della rubrica, ma anche in ambiti diversi, mediante l'imposizione ai titolari di esercizi commerciali dell'acquisto di prodotti necessari per le loro attivita' dalle ditte create da (OMISSIS) e il reinvestimento in altre lecite attivita' dei proventi dei traffici e guadagni illeciti. Sono dunque connessi al reato associativo, i reati di estorsione e tentata estorsione, ma anche alcuni episodi intimidatori volti a creare il condizionamento per le successive imposizioni economiche, contestati a (OMISSIS) ai capi C), D), H) I) L), R) T), reati in materia di armi (capo S), e quelli di intestazione fittizia e autoriciclaggio sub capi HHH), in) e KKK). In relazione al reato associativo sub capo A) sono contestate le aggravanti di associazione armata (articolo 416-bis c.p., comma 4) e quella di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 6 per avere gli associati finanziato, in tutto o in parte, le attivita' economiche da controllare o controllate con il prezzo, il prodotto o il profitto di delitti. Le violente modalita' di imposizione che connotano le condotte estorsive, volte alla imposizione delle forniture del (OMISSIS), integrano la ricorrenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. sotto l'aspetto dell'impiego del metodo mafioso, nonche' la inequivoca direzione delle condotte al finanziamento delle attivita' dell'associazione, finalita' che appare ravvisabile anche in relazione ai reati di intestazione fittizia e alla gestione del traffico di droga, attraverso un gruppo di persone (tra i ricorrenti, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)) preposte alla gestione dei covi - ben tre ove venivano custodite droga e armi - e alle operazioni di acquisto della droga sui mercati disponibili (il napoletano, ma anche (OMISSIS)) (fra questi, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)). Anche con riguardo al reato associativo di cui al capo B) i giudici di merito hanno individuato e descritto le caratteristiche di stabilita' e la organizzazione di una struttura dedita all'acquisto, stoccaggio e smistamento dello stupefacente in favore di una vasta rete di acquirenti preposti alla vendita al dettaglio, settore nel quale erano attivi i ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS) (che non rispondono del reato associativo sub capo A). I ricorrenti contatti, personali e telefonici, oggetto di osservazione e intercettazione, fra i correi; l'utilizzo di un sistema di comunicazioni telefoniche con terminologia convenzionale; l'utilizzo di un sistema di schermatura, attraverso le intestazioni fittizie dei conti - operazione, questa, alla quale era inteso, in particolare, (OMISSIS) - costituiscono tutti elementi sintomatici della esistenza di una rodata struttura operativa, ancillare e servente rispetto alla struttura mafiosa, dedita alla commissione di reati in materia di stupefacenti, contestati ad alcuni ricorrenti, in particolare a (OMISSIS) (ai capi RR), SS), ad (OMISSIS), ai capi BB), DD), FF), GG), JJ), MM), al (OMISSIS), al capo NN. Questi, al capo QQ), (OMISSIS), ai capi W), TT) e VV) rispondono anche dei reati in materia di armi e relativa ricettazione. 2. Tutti i ricorrenti, con motivi sintetizzati ai sensi dell'articolo 173 disp. att. c.p.p. nei limiti strettamente indispensabili ai fini della motivazione, chiedono l'annullamento della sentenza impugnata denunciandone vizi di violazione di legge, processuale e sostanziale, e cumulativi vizi di motivazione. In particolare: 2.1 (OMISSIS) classe (OMISSIS) denuncia: Motivo 1: violazione di legge penale (articolo 416-bis c.p. e Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74) ed erronea interpretazione delle risultanze processuali, principalmente conversazioni aventi contenuto criptico e ricalcate sulla presenza del ricorrente nel cd. covo di via (OMISSIS) in quanto punto di approvvigionamento dello stupefacente. La saltuaria presenza dell'imputato in tale abitazione non giustifica razionalmente la condanna in mancanza di elementi dai quali inferire il contenuto degli incontri con riferimento all'oggetto ed allo scopo dei contatti con gli imputati (OMISSIS), (OMISSIS) e altri imputati anche tenuto conto che il ricorrente, assuntore di stupefacenti, si recava in via (OMISSIS) per acquisti a titolo personale. La Corte ha valorizzato, con riferimento alle conversazioni n. 2239 de118/04/2017 e 1159 del 18/2/2017 elementi generici, non riconducibili a sostanze stupefacenti; circostanze ambigue, come la sua presenza in via Tucidide, giustificata dal fatto che ivi si trovavano le abitazioni della madre e di un cugino del ricorrente. Quindi gli elementi valorizzati non consentono di individuare la condotta partecipativa e il contributo del ricorrente al reato associativo; Motivo 2: violazione di legge e vizio di motivazione per la mancata riqualificazione del reato ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, non essendo stato accertato il quantitativo degli approvvigionamenti in modo da ritenerlo cospicuo piuttosto che di modica entita'; 2.2 (OMISSIS) denuncia: Motivo n. 1: violazione di legge (articolo 111 Cost., articolo 125 c.p.p., comma 3, articoli 192, 533 c.p.p. e articolo 546 c.p.p., comma 1) e nullita' della sentenza che consiste nella mera trasposizione del contenuto dell'ordinanza di applicazione della misura cautelare, in assenza di confronto con i motivi di impugnazione e che, pertanto, si risolve in una motivazione apparente, in punto di responsabilita' dell'imputato; Motivo n. 2: cumulativi vizi di motivazione in ordine alla responsabilita' dell'imputato con riferimento alla sua partecipazione consapevole all'associazione di stampo mafioso, contestata al capo A) e sussistenza delle ritenute aggravanti. La sentenza impugnata, in linea con quella di primo grado, si affanna nella ricostruzione della "storicita'" del gruppo mafioso operante nella citta' di (OMISSIS) ma non compie un'accurata disamina della sussistenza, nel caso concreto, della esplicazione, in relazione ai cd. reati fine contestati, del metodo mafioso che costituisce l'in se del reato di cui all'articolo 416-bis c.p.. Difetta, nel caso in esame, qualsiasi elemento di collegamento tra l'associazione, oggetto di indagine, e la (OMISSIS) o le associazioni che l'avevano preceduta sul territorio di interesse e manca la prova della condotta di partecipazione del ricorrente, a lungo detenuto e nuovamente raggiunto dalla misura nel presente procedimento e destinatario di una sentenza irrevocabile (la n. 26 del 2019) che ha escluso proprio l'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. agganciata alle dichiarazioni, ritenute non credibili, degli stessi collaboratori, oggi, viceversa, ritenuti tali. Difetta, in relazione allo stesso reato associativo, la prova che si trattava di una struttura che si avvaleva del metodo mafioso. Le condotte accertate attraverso le intercettazioni, di cui non vengono specificamente analizzati i contenuti comunicativi, non sono idonee ad inferirne il contributo partecipativo che viene ricondotto alla presenza dell'imputato nel covo di via (OMISSIS) (frequentato in ragione delle sue amicizie extraconiugali), presenza che ne denota, al piu', rispetto alla droga ivi sequestrata, una fattispecie di connivenza non punibile e valorizzandone i rapporti con il cugino (OMISSIS), ovvero attraverso il coinvolgimento nei reati fine, ascritti ad altri imputati essendo del tutto neutri i contenuti dei suoi controlli in loro compagnia. L'altro pilastro della ricostruzione accusatoria si fonda sulle dichiarazioni dei collaboratori, (OMISSIS) e (OMISSIS), gia' ritenuti non attendibili nella sentenza indicata e di (OMISSIS), estraneo, per sua stessa ammissione, alle frequentazioni degli (OMISSIS). Tali dichiarazioni, con riguardo all'imputato, non hanno trovato riscontri nella frequentazione dei capi della cosca ma solo in quella del cugino e di altri presunti appartenenti. Nessun elemento rinvia, quanto all'imputato, ad episodi ulteriori e diversi da quelli in materia di stupefacenti. Insussistenti anche le aggravanti armata (articolo 416-bis c.p., comma 4) in mancanza di un collegamento funzionale della disponibilita' di armi con i reati oggetto dell'associazione e quella di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 6. Non vi e' in atti alcun riferimento ad attivita' economiche, ascrivibili all'imputato, collegabili finanziariamente a reddito guadagni derivanti dall'attivita' dell'associazione; Motivo n. 3: violazione di legge e mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza dell'aggravante di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articoli 14, 15 e 16. La Corte di appello, in forza del bilanciamento tra le circostanze, non ha motivato la sussistenza di tali aggravanti, dalle quali discendono pesanti conseguenze in sede di esecuzione. Nel caso in esame, in forza della sottoposizione dell'imputato a regime detentivo, il decreto di applicazione della sorveglianza speciale (emesso il 5 luglio 2000 e che si dice notificato a 19 anni dai fatti), e' rimasto "sospeso" e, pertanto, non era produttivo degli effetti giuridici presupposto dell'aggravante e, comunque, non era stato rinotificato dopo la scarcerazione; Motivo n. 4: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla partecipazione al reato associativo di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, peraltro insussistente non essendo comprovati gli elementi strutturali tipici di tale reato. Nel caso in esame ricorrono solo elementi negativi (mai operati sequestro, se non quello del covo di via (OMISSIS); mai sono stati sentiti gli acquirenti; mai e' stata individuata il tipo di sostanza; le perquisizioni si sono rivelate sempre negative; non e' provata la esistenza di una piazza di spaccio e nessun elemento in positivo coinvolge il ricorrente nella supposta attivita' di gestione dello spaccio; nessun elemento denota la sussistenza di un comune profitto). Generici sono gli elementi che, attraverso le intercettazioni, coinvolgono il ricorrente e, al piu', riconducibili ad una mera connivenza non punibile. Insussistenti sono le aggravanti di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. che richiede la consapevolezza dell'apporto a favore dell'associazione e quella del numero di persone nonche' della disponibilita' di armi. (OMISSIS), cugino del ricorrente e gia' condannato per reati di armi, in relazione a quelle rinvenute nel covo di via (OMISSIS), ha escluso il coinvolgimento nei fatti del ricorrente; Motivo n. 5: con riferimento al reato contestato al capo RR) (Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4, articolo 80, comma 2) la condanna del ricorrente non e' fondata su elementi si prova che ne denotino il coinvolgimento nella gestione del covo, quindi la disponibilita' dello stupefacente in esso rinvenuto in occasione dell'arresto di (OMISSIS), reo confesso, che ne ha escluso il coinvolgimento nei fatti. E', comunque, insussistente, non essendo provato il superamento del valore soglia di 4000 volte rispetto al valore drogante, della droga rinvenuta (kg. 52 di hashish) che e' risultata contenere principio attivo pari a gr. 15,077 ca. Ne' ricorrono i presupposti per la contestazione dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1, c.p.; Motivo n. 6: violazione di legge e vizio di motivazione sulla ritenuta sussistenza del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, e correlate aggravanti, ascrittogli al capo SS) della rubrica; Motivo n. 7: violazione di legge (L. n. 895 del 1967, articoli 2, 4 e 7 e L. n. 110 del 1975, articolo 23, commi 1, 3, 4) in relazione ai reati contestati ai capi W) e TT) tenuto conto dei principi sentenza delle Sezioni unite che hanno escluso il concorso materiale e formale tra i reati indicati, in presenza di armi comuni da sparo e clandestine. Anche in tale caso la condanna dell'imputato, al confronto con le dichiarazioni del (OMISSIS) che ne ha escluso ogni coinvolgimento nei fatti, e' immotivata. Illegittima per violazione di legge la contestazione dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis. 1 c.p.; Motivo n. 8: erronea applicazione della legge penale (articolo 648 c.p.) in relazione al reato di cui al Capo UU). La condanna dell'imputato, al confronto con le dichiarazioni del (OMISSIS) che ne ha escluso ogni coinvolgimento nei fatti, e' immotivata. Non e' comunque, provata la impossibilita' di ripristinare il numero seriale dell'arma; Motivo n. 9: violazione di legge per mancata sussunzione del fatto di cui al capo B) nella fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, in assenza di indici significativi della maggiore gravita' del reato; Motivo n. 10: cumulativi vizi di motivazione sula mancato giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti; Motivo n. 11: violazione di legge e vizio di motivazione sulla misura di aumento della pena per la continuazione fra reati, in relazione a quelli contesati ai capi A), W), RR) SS), TT) UU). Infine e' erronea all'applicazione della pena base che dovrebbe far riferimento, quanto al reato sub A) alla pena prevista in relazione a condotte dal 2012 al 2015 e tenuto conto che la fine delle indagini risale al 2017/2018. L' (OMISSIS) e' detenuto dai primi mesi del 2018 e non ci sono ulteriori elementi che ne collocano la sua presenza al di fuori dell'episodio di via (OMISSIS) (del 2017 e dell'arresto, nel 2018, per altro procedimento. Non sussistono, quindi, elementi per applicare una pena successiva al 2015, se non la fictio iuris della contestazione della permanenza. 2.3 (OMISSIS) denuncia: Motivo n. 1: nullita' della sentenza ex articolo 521 c.p.p. per la diversita' del fatto tra le condotte oggetto di contestazione (delitto di autoriciclaggio di cui al capo KKK) e intestazione fittizia, capo JJJ) quanto alla individuazione del tempus commissi delicti e della condotta erroneamente ricondotta, quanto al delitto JJJ), alla costituzione della societa' (OMISSIS) (avvenuta il 29 settembre 2014) e all'intervento di (OMISSIS) e (OMISSIS) e (OMISSIS) nella gestione della stagione invernale 2015/2016. Il tempus commissi delicti (prossimo e successivo al 29/09/2014) non coincide con quello per cui vi e' stata dichiarazione di responsabilita'; analogo vizio inficia la contestazione sub capo KKK; Motivo n. 2: erronea applicazione dell'articolo 512-bis c.p. perche' il delitto di autoriciclaggio non e' ricompreso tra i reati che possono essere agevolati attraverso il reato di intestazione fittizia. Sul punto la motivazione e' contraddittoria attribuendo ai concorrenti la partecipazione nel reato proprio e trascurando che, anche nel frangente relativo alla gestione della stagione 2015/2016, l'imputato aveva, comunque, investito propri capitali; Motivo n. 3: erronea applicazione dell'articolo 648-ter c.p. a carico dell'imputato, reato proprio perche' presuppone in capo a chi lo commette, la precedente commissione di reati da cui originano i proventi delittuosi riciclati). La Corte ha ritenuto configurabile, in relazione a tale fattispecie, il concorso dell'extraneus pur non essendo acclarata la provenienza delittuosa dei capitali investiti. La conversazione del 18 novembre 2015 (n. 8044) denota, inoltre, che non vi fu alcun investimento di capitali dal momento che (OMISSIS) incaricava (OMISSIS) di riferire al (OMISSIS) che non poteva emettere l'assegno e che voleva tirarsi fuori dalla vicenda. E' contraddittoria la valutazione della prova in relazione al contenuto delle conversazioni del 16/10/2015 e 19/5/2016. 2.4 (OMISSIS) denuncia: Motivo n. 1:: violazione di legge e cumulativi vizi di motivazione in ordine alla partecipazione del ricorrente all'associazione (OMISSIS) di cui al capo A) frutto della erronea valutazione delle dichiarazioni rese da (OMISSIS) che, esterno alla (OMISSIS), non poteva essere ritenuto attendibile sulla portata delle sue accuse che necessitavano di adeguato riscontro esterno anche in relazione al contributo partecipativo che non puo' essere fatto discendere dalla mera affiliazione, alla quale rinviano, quanto a (OMISSIS), le dichiarazioni del collaboratore. In relazione a tali dichiarazioni, in merito gli atti incendiari ed all'episodio ritorsivo in danno di (OMISSIS), fatti per i quali procedeva l'autorita' giudiziaria ordinaria, non e' spiegata in sentenza la veste del dichiarante (OMISSIS), che sarebbe stato presente ai fatti e, soprattutto, quale vizio di travisamento della prova, la Corte di merito non ha eseguito il debito confronto fra le dichiarazioni di (OMISSIS) (secondo il quale l'attentatore era una sola persona, (OMISSIS) che si trovava a bordo di una smart) e il frame sviluppato a pag. 440 dell'ordinanza cautelare, dal quale si rileva la presenza di piu' persone e che l'autovettura utilizzata non e' una Smarticolo In poche parole, la prova a carico del ricorrente si risolve nella mera indicazione del (OMISSIS) che lo individua come affiliato del clan; Motivo n. 2: violazione di legge e vizio di motivazione per la ritenuta sussistenza delle aggravanti di cui all'articolo 461-bis c.p., comma 2, in mancanza di elementi di riscontro al dictum del collaboratore. Il ruolo del ricorrente viene agganciato all'episodio della rissa presso il locale (OMISSIS) che vide coinvolto (OMISSIS), ma la cui frase rivela la mancanza di obbedienza interna al clan correlata al ruolo dell'imputato. Ne' la Corte individua ulteriori iniziative assunte dall'imputato. Anche gli alti episodi indicati dalla Corte sono neutri agli effetti della dimostrazione del ruolo verticistico dell'imputato quale quello in danno di (OMISSIS), rispetto al quale e' evidenziata la indifferenza dell'imputato; cosi' e' fallace l'argomentazione della Corte ricondotta all'episodio di aggressione ad alcuni operi della (OMISSIS). In caso di esclusione di siffatta aggravante si impone il ricalcolo della pena; Motivo n. 3: violazione di legge in relazione all'applicazione dell'aggravante di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 71 perche' l'imputato non e' mai stato effettivamente sottoposto alla misura di prevenzione: difetta, quindi, il presupposto per l'applicazione di detta aggravante; Motivo n. 4: violazione di legge e cumulativi vizi di motivazione in merito all'episodio del danneggiamento del Bar (OMISSIS) di cui al capo C). E' erronea la conclusione della Corte di appello in merito alla valutazione del danneggiamento al Bar (OMISSIS) e la Corte ha trascurato la valutazione delle dichiarazioni rese da (OMISSIS) che collegavano i fatti con riferimento all'acrimonia che il dichiarante poteva nutrire verso l'imputato dal momento che l'attivita' dell'imputato non era in concorrenza con quella del (OMISSIS) ma lo era quella del bar (OMISSIS), supportato dal (OMISSIS); Motivo n. 5: violazione di legge e vizio di motivazione nella ricostruzione in fatto in relazione al reato di estorsione di cui al capo D) in conseguenza della erronea interpretazione del contenuto della conversazione n. 1833 del 4/01/2019 tenuto conto che l'imputato non fece alcuna richiesta ai fratelli (OMISSIS) di acquisire prodotti che egli stesso commercializzava. La sentenza non valorizza i motivi di acrimonia nutriti dai denuncianti verso l'imputato per effetto del crollo del loro giro di affari dopo che l'imputato si era inserito nelle attivita' di vendita di alcolici e bibite; Motivo n. 6: violazione di legge e vizio di motivazione sulla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione ai reati di tentata estorsione aggravata e detenzione e porto di armi oggetto di contestazione ai capi H) ed I) in danno del bar (OMISSIS) e della pasticceria (OMISSIS). La Corte sviluppa le sue argomentazioni su mere impressioni o congetture (l'esito delle comparazioni balistiche su alcune armi appartenenti al (OMISSIS)) ed omette di valutare che nessun ordine era stato impartito dal (OMISSIS) e il contenuto delle captazioni, n. 45 del 24/3/2017 in cui (OMISSIS) parla con il padre che gli dice di lasciar perdere (OMISSIS) e della conversazione di (OMISSIS) che esterna alla figlia il sospetto che l'attentato fosse stato determinato dalla consegna delle immagini del sistema di sorveglianza in ordine a un tentato furto. Non e' motivata la ritenuta sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416.bis.1 c.p.; Motivo 7: violazione di legge e vizio di motivazione per la mancata valutazione, in punto di giudizio di attendibilita', delle dichiarazioni rese da (OMISSIS) che costituiscono la base probatoria del reto di cui al capo L). La Corte non ha verificato il plausibile movente del dichiarante avesse voluto tenere indenne da responsabilita' il fratello e non ha debitamente valutato le dichiarazioni della persona offesa che parlo' di insistenze (e non di minacce) dell'imputato. Anche in tal caso e' omessa la motivazione sulla sussistenza dell'aggravante speciale; Motivo n. 8: omessa motivazione sulla sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. in relazione al reato sub capo R); Motivo n. 9: violazione di legge e motivazione apparente sulla sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1. c.p. in relazione ai reati di cui ai capi S) e R), ricondotti dal Tribunale del Riesame ad un ambito familiare ed avendo pertanto escluso la finalita' di agevolazione dell'associazione; Motivo n. 10: violazione di legge e vizio di motivazione nonche' travisamento della prova, in relazione alla configurabilita' del reato di trasferimento fraudolento di valori di cui al capo JJJ): l'imputato non aveva motivo di ritenere che potesse essere applicata nei sui confronti la misura della sorveglianza speciale atteso che quella che gli era stata applicata con sentenza del 28 maggio 1999 nonche' la liberta' vigilata applicatagli con sentenza del 17 marzo erano state revocate dal Tribunale di Sorveglianza in data 6 marzo 2014 e 24 settembre 2015. Quanto ai reati di cui ai capi M) e KKK) la Corte omette di valutare le dichiarazioni di (OMISSIS) che ha riferito che, nel periodo in contestazione, il locale era gestito da persone diverse dal ricorrente ( (OMISSIS) e (OMISSIS)) e non dal (OMISSIS). Omessa e' la motivazione sulla sussistenza dell'aggravante dell'agevolazione mafiosa. Motivo n. 11: violazione di legge e cumulativi vizi di motivazione in ordina alla partecipazione del ricorrente all'associazione di cui al capo B) frutto della erronea valutazione delle dichiarazioni rese dal (OMISSIS) che sono prive di riscontri esterni che non rinvengono dalle conversazioni intercettate a carico dell'imputato indicate a pag. 16 e ss. - e dalle quali non emerge ne' la univoca riconducibilita' all'imputato ne' la Corte esamina ragioni per le quali i riferimenti alla carta di cui alle conversazioni intercettate possano far riferimento a stupefacenti; Motivo n. 12: violazione di legge per mancata sussunzione del fatto contestato al capo B), nella fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, in assenza di indici significativi della maggiore gravita' del reato; Motivo n. 13: violazione di legge e cumulativi vizi di motivazione per la mancata applicazione della continuazione esterna con i fatti di cui alla sentenza del 17 marzo 2000, per il reato di omicidio aggravato L. n. 203 del 1990, ex articolo 7 commesso il (OMISSIS) e alla sentenza del 28 maggio 1999 che ne attesta la partecipazione all'associazione (OMISSIS), clan (OMISSIS)- (OMISSIS) gia' nel lontano 1991. A fronte della richiesta in tal senso del procuratore generale sono illogiche le considerazioni della Corte che ha ritenuto carente la dimostrazione dell'unicita' del disegno criminoso valorizzando la discontinuita' temporale tenuto conto della risalente adesione alla (OMISSIS) del ricorrente, rispetto alla quale non ha mai receduto. Il difensore ha depositato una memoria alla quale allega la sentenza del Tribunale di Gela del 6 aprile 2022, intervenuta nel rito ordinario, con la quale a (OMISSIS), che versava nella medesima situazione di fatto, e' stata riconosciuta la continuazione esterna con le sentenze indicate sub motivo n. 13. Il difensore ha chiesto la esclusione, ai sensi dell'articolo 80 c.p.p., della costituita parte civile FAI, Antiracket (OMISSIS) Associazione (OMISSIS)" essendo intervenuta la cancellazione della predetta associazione dall'elenco dele Associazioni e Fondazioni antiracket e antiusura della Prefettura di Caltanissetta, come appreso dai giornali. Insiste sui motivi di ricorso e, in particolare sul motivo relativo alla contestazione del reato sub capo D), parti offese (OMISSIS), e con riferimento ai restanti reati. 2.5 (OMISSIS) denuncia: Motivo n. 1: violazione di legge e cumulativi vizi di motivazione per la ritenuta partecipazione del ricorrente all'associazione (OMISSIS) di cui al capo A) frutto della erronea valutazione delle prove e della generalizzazione di rapporti dell'imputato con il cugino, (OMISSIS), o di rapporti commerciali leciti (la vendita di un auto e non la vendita di armi o stupefacenti, equivocando sul tenore della conversazione n. 330 del 20/09/2016) con (OMISSIS) e con (OMISSIS), una sola conversazione (n. 889 del 3/10/2016) e generalizzando la rilevanza degli elementi di prova che rinviano ai reati in materia di stupefacenti. La Corte di merito ha sopravvalutato la valenza di tali elementi incorrendo, cosi', anche nel vizio di violazione del canone dell'oltre ogni ragionevole dubbio che deve connotare la valutazione, ai fini di condanna e che, con riguardo al reato associativo, postula l'accertamento della condivisione e contributo consapevole al programma associativo. Non emergono, dal compendio intercettativo, riferimenti degli altri imputati al ricorrente; il (OMISSIS) non fa riferimento alcuno dall'imputato che, prima delle descritte conversazioni, era "estraneo" a qualsiasi indagine e che e' scomparso, dopo tali intercettazioni, dalle investigazioni. La Corte di merito non ha valorizzato, incorrendo nel vizzo di violazione di legge in relazione all'articolo 192 c.p., comma 2, nessuno degli elementi a favore operando una lettura frammentaria e funzionale alla condanna dell'imputato; Motivo n. 2: violazione di legge e cumulativi vizi di motivazione per la ritenuta partecipazione del ricorrente all'associazione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 contestata al capo B). Anche in tale caso sono stati generalizzati gli sporadici contatti dell'imputato con (OMISSIS) e con (OMISSIS) per inferirne che egli gestisse il covo di via (OMISSIS). Contrasta con le conclusioni la unicita' dell'episodio oggetto di accertamento; la esistenza di un rapporto familiare del ricorrente con (OMISSIS); la unicita' del contatto con (OMISSIS). Motivo n. 3: erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione per la ritenuta sussistenza, con riguardo ai reati di cui ai capi B), NN), PP), QQ) dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. per le ragioni innanzi esposte: Motivo n. 4: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza del reato di cui all'articolo 648 c.p. in relazione alla detenzione di armi, sub capo QQ). E' frutto della generalizzazione che connota la motivazione di tutta la sentenza impugnata la prova del coinvolgimento dell'imputato nella detenzione delle armi ritrovate nel covo di via (OMISSIS). Le conclusioni della Corte di appello, come per le altre imputazioni, contrastano con lo stato di minorata abilita' fisica dell'imputato; non sono stati svolti accertamenti sulle impronte presenti sulle stesse; l'unicita' dell'episodio che lo coinvolge nella presenza nel covo; valorizzando la captazione ambientale (quella del 20/09/2016 n. 33) rispetto alla quale non vi certezza della riconducibilita' all'imputato; Motivo n. s: violazione di legge, con riferimento al reato sub capo PP) che, non compare nel decreto di citazione in appello, pur essendo motivata, a riguardo (pagg. 137, 243 e ss.) la responsabilita' del ricorrente. Tale carenza inficia di nullita' la sentenza impugnata. 2.6 (OMISSIS) denuncia: Motivo 1: violazione di legge e mancanza di motivazione (ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), articolo 121 c.p.p. e articolo 125 c.p.p., comma 3) per omesso esame della memoria difensiva depositata all'udienza del 6/04/2022; Motivo 2: violazione di legge e omessa motivazione sul motivo di appello che denunciava l'apoditticita' della sentenza di primo grado in quanto risultato della mera traslazione dell'ordinanza di applicazione della misura cautelare; la Corte di appello non ha fornito adeguata motivazione al motivo di appello traslando, nella propria motivazione, quella di primo grado; Motivo 3: violazione di legge e vizio di motivazione sulla ritenuta configurabilita' del concorso tra reati in relazione alle contestazioni associative di cui ai capi A) e B). La Corte di merito ha esaminato superficialmente le censure difensive ed ha sviluppato una motivazione "cumulativa" della responsabilita' degli imputati. Con i motivi aggiunti, in riferimento a tale motivo, premesso che all'imputato viene addebitata, con effetto sulla contestazione di entrambi i reati associativi, la gestione dei covi di via (OMISSIS) e via (OMISSIS), evidenzia che difettano gli elementi della sussistenza del reato associativo sub capo B), che presenta elementi specializzanti rispetto al reato di cui all'articolo 416-bis c.p. e, in particolare, della consapevolezza, in capo all'imputato, che il traffico fosse gestito dall'associazione mafiosa e quindi la consapevolezza di contribuire alla realizzazione delle finalita' tipiche. I locali erano frequentati da persone di famiglia. Difetta, inoltre, la prova dell'affiliazione al clan mafioso. Motivo 4: violazione di legge e vizio di motivazione sulla ritenuta configurabilita' della condotta partecipativa del ricorrente con riferimento ade entrambi i reati. La Corte, con motivazione apparente, struttura la condotta partecipativa sulla mera frequentazione con alcuni imputati senza confrontarsi anche con il contenuto delle conversazioni intercettate che, invece, denotano l'estraneita' del ricorrente al contesto associativo; valorizzando l'elenco degli ingressi del ricorrente allo stabile di via (OMISSIS) e il contenuto allusivo o criptico di altre conversazioni. La Corte trascura che l'imputato non si confrontava con imputati diversi da (OMISSIS) e (OMISSIS); Motivo 5: apparenza della motivazione sulla sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis. 1 c.p. in ragione dell'applicazione e bilanciamento delle generiche, aggravante ricostruita sulla mera appartenenza all'associazione mafiosa laddove la giurisprudenza richiede un quid pluris e, comunque, mutuandone le caratteristiche da quelle del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 con motivazione circolare e senza adeguata giustificazione logica; Motivo n. 6: violazione di legge e vizio di motivazione sul bilanciamento delle circostanze attenuanti generiche con la recidiva specifica reiterata e infraquinquennale che residua dalla esclusione delle rimanenti aggravanti e dosimetria della pena. Con i motivi aggiunti censura, altresi', l'eccessivo aumento di pena per la continuazione esterna in primo grado, tenuto conto della stessa natura dei reati e della misura di aumento per la continuazione interna e allega le note difensive gia' depositate all'udienza in appello del 5 aprile 2022. 2.7 (OMISSIS) denuncia: Motivo n. 1: violazione di legge e cumulativi vizi di motivazione in ordina alla partecipazione del ricorrente all'associazione (OMISSIS) di cui al capo A) frutto della erronea valutazione delle dichiarazioni rese dal (OMISSIS) che, esterno alla (OMISSIS), non poteva essere ritenuto attendibile sulla portata delle sue accuse e che necessitavano di adeguato riscontro esterno anche in relazione al contributo partecipativo che non puo' essere fatto discendere dalla mera affiliazione, alla quale rinviano le dichiarazioni del (OMISSIS) quanto al ricorrente. Tali dichiarazioni, in merito gli atti incendiari ed all'episodio ritorsivo in danno di (OMISSIS), fatti per i quali procedeva l'autorita' giudiziaria ordinaria, non e' spiegata in sentenza la veste del dichiarante (OMISSIS), che sarebbe stato presente ai fatti e, soprattutto, il dato rileva quale vizio di travisamento della prova, la Corte non ha proceduto al confronto fra le dichiarazioni di (OMISSIS) (secondo il quale l'attentatore era una sola persona, (OMISSIS) che si trovava a bordo di una smart) e il frame sviluppato a pag. 440 dell'ordinanza cautelare, dal quale si rileva la presenza di piu' persone a che l'autovettura utilizzata non e' una Smarticolo In poche parole, la prova a carico del ricorrente si risolve nella mera indicazione del (OMISSIS) che lo individua come affiliato del clan; Motivo n. 2: violazione di legge e vizio di motivazione per la ritenuta sussistenza delle aggravanti armata (articolo 416-bis c.p., comma 4) in mancanza di un collegamento funzionale della disponibilita' di armi con i reati oggetto dell'associazione: la Corte ha erroneamente valorizzato il contenuto di un'unica conversazione (8228 del 19/06/2016) che fa riferimento al coinvolgimento del ricorrente in una diatriba che lo opponeva, unitamente a (OMISSIS) e (OMISSIS), a (OMISSIS) ma la conversazione nulla dice sulla disponibilita' di un'arma da parte dell'imputato comprovando, anzi che il ricorrente alla ricerca di un'arma. Analoghi vizi inficiano la ritenuta sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416 bis c.p., comma 6: non vi e' in atti alcun riferimento ad attivita' economiche, ascrivibili all'imputato, collegabili finanziariamente a reddito guadagni derivanti dall'attivita' dell'associazione; Motivo n. 3: violazione di legge e cumulativi vizi di motivazione in ordine alla partecipazione del ricorrente all'associazione di cui al capo B) frutto della erronea valutazione delle dichiarazioni rese dal (OMISSIS) che sono prive di riscontri esterni che non rinvengono dalle conversazioni intercettate a carico dell'imputato indicate a pag. 9- e dalle quali non emerge alcun collegamento funzionale agli interessi del gruppo da parte dell'imputato. La sentenza impugnata non spiega in maniera convincente le ragioni per cui l'imputato non potesse ritenersi "autonomo" nella gestione dello spaccio e si rifugia dietro inesistenti massime di esperienza a fronte dei numerosi procedimenti penali presso la Procura di Gela riconducibili ad iniziative di spacciatori autonomi, anche a fronte dell'investimento di consistenti capitali. Non chiariscono il coinvolgimento del ricorrente nell'associazione le dichiarazioni dei collaboratori, (OMISSIS) e (OMISSIS) e lo iato temporale fra le conversazioni intercettate (alcune riferite al 2012, altre al 2016) e' significativo della mancanza di continuita' temporale fra le condotte. La sentenza impugnata incorre nel vizio di omessa pronuncia con riferimento al contenuto dell'ordinanza cautelare emessa nel procedimento penale n. 1455/2014, annullata dal Tribunale del riesame che escludeva, contrariamente all'affermazione che la zona (OMISSIS) costituisse la zona di spaccio del ricorrente, la gravita' indiziaria a carico del (OMISSIS). Ulteriore dato oggetto di travisamento e' rilevabile in relazione al provvedimento con il quale veniva disposta, a favore del (OMISSIS), la restituzione di somme sequestrategli in occasione del suo ferimento, il (OMISSIS), dato, questo, erroneamente valorizzato come riscontro anche in primo grado a carico del ricorrente. La sentenza impugnata non motiva la configurabilita' dell'aggravante dell'associazione armata, se non in termini apodittici e quella di cui all'articolo 416-bis. 1 c.p. e, comunque, omettendo il confronto con i motivi di appello sul punto; Motivo n. 4: violazione di legge per la mancata riqualificazione dei fatti ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1, reato che maggiormente si confa' alla individuazione del ricorrente come pusher per conto della (OMISSIS); Motivo n. 5 violazione di legge in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, per mancata sussunzione del fatto, nella fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, in assenza di indici significativi della maggiore gravita' del reato; Motivo n. 6 violazione di legge e cumulativi vizi di motivazione per la mancata applicazione della continuazione esterna con i fatti di cui alle sentenze del 9 aprile 2003; 14 marzo 2006 e 18 giugno 2003 (tutte di uffici minorili). A fronte della richiesta in tal senso del procuratore generale sono illogiche le considerazioni della Corte che ha ritenuto carente la dimostrazione dell'unicita' del disegno criminoso valorizzando la discontinuita' temporale tra i fatti tenuto conto che il ricorrente non ha commesso reati comuni ma solo tali reati che, con riferimento alle sentenze 28/2003 e 12/2006 sono aggravate dalla finalita' di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. a favore della (OMISSIS) a comprova della continuita' e unitarieta' dell'adesione dell'imputato alla (OMISSIS) anche da minorenne e senza soluzione di continuita', un elemento questo che prevale sull'apparente discontinuita' della condotta, riconducibile anche alle vicende cautelari che lo hanno visto coinvolto; Motivo n. 6: violazione di legge e vizio di motivazione nella determinazione del trattamento punitivo calibrato sul ruolo di partecipe con la pena di anni quindici di reclusione pur essendo stato escluso il ruolo di promotore, organizzatore e capo del gruppo dedito allo spaccio. La pena e' incongrua e immotivata perche' non calibrata attraverso indici personologici. Il difensore ha depositato una memoria alla quale allega la sentenza del Tribunale di (OMISSIS) del 6 aprile 2022, intervenuta nel rito ordinario, con la quale per (OMISSIS) e' stata riconosciuta la continuazione esterna con le sentenze indicate sub motivo n. 6. Ha chiesto la esclusione, ai sensi dell'articolo 80 c.p.p., della costituita parte civile FAI, Antiracket (OMISSIS) Associazione (OMISSIS)" essendo intervenuta la cancellazione della predetta associazione dall'elenco dele Associazioni e Fondazioni antiracket e antiusura della Prefettura di Caltanissetta, come appreso dai giornali. 2.8 (OMISSIS) denuncia: Motivo 1: violazione di legge, articolo 15 c.p. e del divieto di ne bis in idem sostanziale poiche' la medesima condotta di cassiere e/o gestore della movimentazione di un conto nella disponibilita' di (OMISSIS) e' oggetto di contestazione si in relazione al reato sub capo A), articolo 416-bis c.p. che di quello sub capo B), Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74. E' erronea e generica la motivazione sul punto della sentenza impugnata; Motivo 2: violazione di legge, in relazione all'articolo 603 c.p.p., comma 3 per la mancata risposta della Corte di Appello sulla richiesta di acquisizione di una prova decisiva, l'acquisizione della documentazione bancaria. Il giudizio di colpevolezza e' stato espresso sulla base del contenuto delle captazioni ma non e' stata acquisita la documentazione bancaria, afferente alla gestione del conto per accertare operazioni riconducibili all'imputato; Motivo 3: violazione di legge, ai fini della configurabilita' della condotta associativa di cui all'articolo 416-bis c.p. ricostruita sulla stregua di conversazioni intercettate valorizzandone, oltre alla gestione del conto, la partecipazione a spedizione punitive ricostruite sulla base di intercettazioni intercorse non il capo dell'associazione, (OMISSIS), ma solo con (OMISSIS). L'ordinanza cautelare aveva evidenziato che altri contatti non risultavano dai brogliacci e solo una decina erano intervenuti con (OMISSIS) sono valorizzati anche nella sentenza che, impropriamente, ne enfatizza numero e contenuto per inferirne la messa a disposizione del ricorrente; in presenza del contenuto ambiguo e della mancanza di riscontri, con riferimento alla partecipazione dell'imputato alla spedizione punitiva presso il (OMISSIS). Rileva che alcuno dei collaboratori ha fatto riferimento all'imputato come partecipe dell'associazione e, quindi, la carenza di elementi fattuali dai quali inferne la partecipazione all'associazione; Motivo n. 4: violazione di legge e vizio di motivazione perla mancata qualificazione del fatto come concorso esterno. La risposta della Corte di appello al rilievo difensivo non si confronta con i principi in materia tenuto conto dei modesti elementi che denoterebbe il coinvolgimento dell'imputato nelle attivita' della consorteria mafiosa; Motivo n. 5: violazione di legge e vizio di motivazione sulla ritenuta configurabilita' del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 in carenza di elementi idonei a denotarne il contributo associativo. Oltre alle incertezze sulla effettiva titolarita' e gestione del conto non si conoscono la destinazione del conto; mancano prove del suo collegamento con il capoclan e solo 4 operazioni sono individuate come sospette. Le condotte dell'imputato, contestate come in attuale permanenza, si arrestano, come da intercettazioni al 6 novembre 2015; Motivo n. 6: violazione di legge e' vizio di motivazione per la mancata riqualificazione del reato ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, non essendo stato accertato il quantitativo degli approvvigionamenti in modo da ritenerlo cospicuo e non di modica entita'; Motivo n. 7: violazione di legge e vizio di motivazione erronea applicazione dei criteri in materia di determinazione della pena, per insussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. e mancata applicazione dele circostanze attenuanti generiche. 2.9 (OMISSIS) denuncia: Motivo n. 1: violazione di legge, in relazione all'articolo 649 c.p.p. e al divieto di bis in idem sostanziale in relazione alla contestazione di concorso fra i reati di cui ai capi A), articolo 416-bis c.p. e capo B), Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, in carenza di elementi che rinviano, quanto al reato sub capo B), ad una fattispecie associativa potendo le condotte, in mancanza di prova dell'affectio societatis, ricondursi a episodi di spaccio, inidonei a configurare la fattispecie associativa. E' carente la prova della compartecipazione dell'imputato ad entrambe le compagini e, aspetto sottolineato con i motivi nuovi, la prova delle circostanze di fatto riconducibili agli elementi costitutivi dei due reati sottolineando come sia comune ad entrambi i reati associativi, la funzione di tutela del medesimo bene giuridico, riconducibile all'ordine pubblico; Motivo n. 2: violazione di legge penale sostanziale (articolo 416-bis c.p.). La sentenza impugnata, mera "riedizione" di quella di primo grado, ne condivide l'impostazione valorizzando episodi (l'atto ritorsivo in danno di (OMISSIS); l'episodio occorso presso il locale (OMISSIS); la conversazione tra il ricorrente e (OMISSIS) del 19/06/2016) inidonee a configurare gli elementi costitutivi del reato. Il primo episodio e' stato oggetto di diverso procedimento penale che non ne ha acclarato il movente ritorsivo e la connessione con finalita' agevolativa dell'associazione; ne e' incerta - perche' riportata solo dal collaboratore (OMISSIS), la presenza dell'imputato essendo smentite le dichiarazioni dalle risultanze, attestate dal sistema di videoripresa, sull'auto utilizzata. Sono equivoche le asserite affermazioni dell'imputato (intercettazione del 26/04/2016) che rinviano a tale fatto. La esistenza di rapporti di parentela con le persone che vi sono coinvolte esclude che possa conferirsi valenza indiziaria all'episodio (OMISSIS). Non sono conferenti i contatti del ricorrente con i coimputati che non trovano riscontro nei tabulati. Irrilevante l'ulteriore contenuto della conversazione del 19/04/2016 sui propositi di minaccia e tentato omicidio di (OMISSIS): si tratta di mero proposito e, come tale, irrilevante. Non sono acquisiti elementi positivi: il ricorrente non partecipa ne' al summit del 10/05/2016 ne' a quello del 1/12/2016 e sono carenti, se rapportati alla persona del ricorrente elementi che rinviano al contributo partecipativo ed alla consapevolezza dell'agente sul carattere mafioso del contesto nel quale si inseriscono suoi contatti personali, giustificati anche rapporti di parentela: non ricorrono, pertanto, gli indici di mafiosita' imposti dalla giurisprudenza; Motivo 3: violazione di legge sulla ritenuta configurabilita' delle aggravanti di cui all'articolo 416-bis c.p., commi 4 e 5, configurati con criteri di automaticita' rispetto alla natura mafiosa del gruppo. Con i motivi nuovi evidenzia che la sentenza impugnata nulla dice in merito alla concreta possibilita' di conoscenza, da parte del ricorrente, della disponibilita' delle armi che, peraltro, la sentenza impugnata riconduce al personale esclusiva disponibilita' dei partecipi che detenevano le armi stesse; Motivo n. 4: violazione di legge in relazione alla sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 6. La sentenza impugnata ha "enfatizzato" l'attivita' economica svolta da (OMISSIS) ma non reca alcun riferimento al reinvestimento delle utilita' procurate dalle attivita' illecite, che costituisce l'elemento indefettibile dell'aggravante, richiesto dalla giurisprudenza. Rileva, con i motivi nuovi che la sentenza impugnata non riesce a far transitare sulla posizione del ricorrente il contenuto dell'aggravante in parola che la giurisprudenza ha configurato non in termini di finanziamento di singole iniziative economiche ma in un intervento in strutture produttive dirette a prevalere, nel territorio di insediamento, su altre che offrano servizi. I giudici di merito hanno valorizzato, sulla base di criteri presuntivi, (piuttosto che in applicazione di massime costituenti fatto notorio) la mera appartenenza al sodalizio per inferirne la sussistenza dell'aggravante in capo all'agente in assenza di una verifica delle dimensioni delle attivita' economiche acquisite o sostenute attraverso le risorse illecite; Motivo n. 5: violazione di legge penale con riferimento alla configurabilita' della condotta partecipativa al reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74. Il ricorrente non e' stato coinvolto in altre indagini ((OMISSIS)) che si sono intersecate con le indagini del presente procedimento e che nell'ultima, vedono il ricorrente ancora sottoposto a procedimento penale per detenzione di stupefacenti costituiti da droghe leggere, la somma sequestrata in tale occasione, gli e' stata restituita. La Corte valorizza le dichiarazioni del (OMISSIS) prive di riscontri, non potendo ritenersi tali gli esiti della descritta indagine. Difettano le prove di un contributo partecipativo e la Corte non spiega la riconducibilita' degli elementi acquisiti alla fattispecie associativa, piuttosto che alla ricorrenza di concorso del ricorrente nel reato continuato di cessione; Motivo n. 6: violazione di legge, per la mancata riqualificazione del fatto si sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6. Le argomentazioni della Corte di merito sono, a tale riguardo, insufficienti. Motivo n. 7: violazione di legge per la mancata riqualificazione del fatto sub capo B) nel reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, tenuto conto dell'esito della perquisizione de 25/05/2016; violazione di legge in relazione alla ritenuta sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. in relazione al reato sub capo B), risultato di automatismo applicativo e non essendo ravvisabile nella condotta il metodo mafioso; Motivo n. 8: violazione di legge in relazione al diniego di applicazione delle circostanze attenuanti generiche: e' inadeguata ad assolvere l'onere motivazione in relazione ai criteri di cui all'articolo 133 c.p. il riferimento alla congruita' della pena. In data 11 marzo 2023 sono pervenuti "Motivi Nuovi" in sostanza reiterativi di quelli in atti. 2.10 (OMISSIS) denuncia: Motivo n. 1: violazione di legge e mancanza di motivazione (ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), articolo 121 c.p.p. e articolo 125 c.p.p., comma 3) per omesso esame della memoria difensiva depositata all'udienza del 6/04/2022; Motivo n. 2: violazione di legge e omessa motivazione sul motivo di appello che denunciava l'apoditticita' della sentenza di primo grado in quanto risultato della mera traslazione dell'ordinanza di applicazione della misura cautelare; la Corte di appello non ha fornito adeguata motivazione al motivo di appello traslando, nella propria motivazione, quella di primo grado; Motivo 3: violazione di legge e vizio di motivazione sulla ritenuta configurabilita' del concorso tra reati in relazione alle contestazioni associative di cui ai capi A) e B). La Corte di merito ha esaminato superficialmente le censure difensive ed ha sviluppato una motivazione "cumulativa" della responsabilita' degli imputati. Con i motivi aggiunti, in riferimento a tale motivo, premesso che all'imputato viene addebitata, con effetto sulla contestazione di entrambi i reati associativi, la gestione dei covi di via (OMISSIS) e via (OMISSIS), evidenzia che difettano gli elementi della sussistenza del reato associativo sub capo B), che presenta elementi specializzanti rispetto al reato di cui all'articolo 416-bis c.p. e, in particolare, della consapevolezza, in capo all'imputato, che il traffico fosse gestito dall'associazione mafiosa e quindi la consapevolezza di contribuire alla realizzazione delle finalita' tipiche. I locali erano frequentati da persone di famiglia. Difetta, inoltre, la prova dell'affiliazione al clan mafioso. Motivo 4: violazione di legge e vizio di motivazione sul punto della ritenuta configurabilita' della condotta partecipativa dell'imputato sia al clan camorristico che all'associazione dedita al traffico di stupefacenti: impropriamente la Corte ha valorizzato le dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS); ha ritenuto erroneamente sintomatica del contributo partecipativo la conversazione n. 2149 del 22/10/2016 nel corso della quale l'imputato prendeva le distanze dal duo (OMISSIS)- (OMISSIS) e valorizzato la conversazione intrattenuta dal ricorrente con (OMISSIS) nel corso della quale i due commentavano la diatriba tra (OMISSIS) e (OMISSIS). La sentenza non considera che l'imputato aveva preso le distanze dalla gestione dei covi di via (OMISSIS) e di via (OMISSIS). Non e' chiarito, perche' rimasto sconosciuto, il contenuto della presunta partecipazione del ricorrente a summit mafiosi; Motivo n. 5: apparenza della motivazione sulla sussistenza delle aggravanti di cui all'articolo 416-bis.1 c.p.; articolo 416-bis c.p., comma 6 e Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 71; Motivo n. 6: vizio di motivazione sull'applicazione delle circostanze attenuanti generiche che, escluse quelle speciali, andavano applicate con prevalenza sulla recidiva contestata e dosimetria della pena. 2.11 (OMISSIS) denuncia: 1. Motivo n. 1: cumulativi vizi di motivazione e vizio di violazione di legge (articolo 192 c.p.p. e articolo 416-bis c.p.) per la ritenuta sussistenza della condotta di partecipazione e adesione al programma associativo, anche sotto il profilo soggettivo sulla base del contenuto di intercettazioni telefoniche prive dei caratteri di chiarezza, decifrabilita' dei significati, assenza di ambiguita', viceversa tali da comportare il ragionevole dubbio sulla sussistenza dei presupposti materiale e giuridico del reato associativo. Il ricorrente esamina, in particolare, il contenuto delle conversazioni intercettate che fanno riferimento alla vicenda di (OMISSIS) - valorizzata per inferirne la partecipazione del ricorrente alla vita criminale della consorteria prendendo le difese del (OMISSIS), coinvolto in una rissa in occasione della quale (OMISSIS) era intervenuto in difesa del (OMISSIS), figliastro di (OMISSIS)). Il ricorrente denuncia il travisamento dei fatti nella interpretazione del contenuto della conversazione del 12 agosto 2014 durante la quale il ricorrente aveva lamentato il disinteresse di (OMISSIS), fratello (OMISSIS), mostrandosi deluso perche' la vicenda riguardava il "nipote" e palesando il timore di subire ritorsioni a causa del suo intervento e non a titolo di partecipazione alle vicende della consorteria: la conclusione della sentenza impugnata e' vieppiu' contraddetta dal proseguo della motivazione in cui si attribuisce rilievo ad altri aspetti parimenti contraddittorio quali la partecipazione dello (OMISSIS) ai preparativi per l'azione punitiva contro (OMISSIS) quale ritorsione per il ferimento di (OMISSIS). Rileva il ricorrente che i giudici del merito hanno affasciato le conversazioni intercettate (quella del 24 aprile 2016 nel corso della quale il ricorrente rassicurava l' (OMISSIS) sull'approntamento di un auto) con un equivoca conversazione intercettata in ambientale il 27 aprile 2016 - nel corso della quale il ricorrente rassicurava il suo interlocutore sul suo attivismo che arbitrariamente viene posta in correlazione con la pregressa intercettazione telefonica e con altra, intercettata il 26 aprile 2016 dalla quale sembra emergere (ma si tratta di conversazione fortemente disturbata) che il ricorrente si rechi a far visita al (OMISSIS) in ospedale, in nome della coesione del gruppo. Analoga erroneita' di interpretazione connota la lettura della conversazione del 7 maggio 206, in stretto dialetto gelese, e la arbitraria valorizzazione dei contatti del ricorrente con (OMISSIS) (oltre 1300 dal 23 agosto 2014 al 22 agosto 2015) e poi cessati e che andrebbero depurati di quelli solo in apparenza riferibili all'imputato che, in alcune occasioni, aveva prestato l'apparecchio ad altra persona e da quelli ascrittigli sol perche' il loquente viene chiamato con il nome (OMISSIS); valorizzando le dichiarazioni di (OMISSIS) inferendone che l'espressione "camminare" debba essere intesa come condotta partecipativa che, per altri, il (OMISSIS) ha, invece, indicato come "(OMISSIS)". Lo stesso collaboratore ha precisato che l'imputato si era poi allontanato dal (OMISSIS) per spacciare, attivita' che il ricorrente non svolgeva per conto ma con il beneplacito della (OMISSIS). Da qui il travisamento delle dichiarazioni del (OMISSIS). La Corte di appello, trascurando i rilievi difensivi, non aveva valorizzato l'attentato intimidatorio subito al (OMISSIS) (il (OMISSIS)) su mandato del (OMISSIS) come ritorsione per il mancato acquisto dei prodotti venduti dal (OMISSIS); essere stata vittima di intimidazioni mafiose anche la famiglia del ricorrente, il fratello (OMISSIS), in relazione alla gestione della discoteca (OMISSIS). Alcun elemento positivo di partecipazione al reato emerge a carico del ricorrente che e' estraneo ai summit mafiosi connessi alla gestione della plastica, perche' mai presente alle conversazioni intercettate; ne e' del tutto casuale la presenza a casa di (OMISSIS), immortalata dalle telecamere, perche' si era recato a casa di questi per consegnargli delle chiavi. Infine, in conversazioni intercettate fra altri soggetti ( (OMISSIS) e (OMISSIS)), cosi' nella conversazione del Di Maggio, risulta che i loquenti si interrogano sul se sia "(OMISSIS)"; Motivo 2: cumulativi vizi di motivazione e vizio di violazione di legge (articolo 192 c.p.p. e Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74) per la ritenuta sussistenza della condotta di partecipazione e adesione al programma associativo, anche sotto il profilo soggettivo sulla base del contenuto di intercettazioni telefoniche. La Corte ha valorizzato, per inferirne il contributo associativo del ricorrente, la semplice disponibilita' anche dello (OMISSIS) dell'utenza telefonica utilizzata nelle conversazioni con (OMISSIS), pur prescindendo dal contenuto delle conversazioni intercettate, ed il contenuto di conversazioni, quella del 31 marzo 2012 con il (OMISSIS), in assenza della individuazione dei soggetti ai quali si fa riferimento (il (OMISSIS)) e da intercettazioni ambientali dalle quali non emerge la esistenza di un vincolo permanente e di elementi che denotassero l'interno comune e strutturato (a tal riguardo segue elenco delle conversazioni); Motivo 3: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla interpretazione del contenuto della conversazione del 8 novembre 2015, intervenuta con (OMISSIS), valorizzata quale fondamento probatorio del reato di detenzione e porto di armi sub capo V) per l'impropria identificazione della persona di cui si parla nella conversazione con (OMISSIS), arrestato, per possesso di armi, il 23 ottobre 2014. Violazione di legge, articolo 192 c.p., comma 2, connota anche l'interpretazione della conversazione del 15 luglio 2016 per mancanza di chiarezza del contenuto: in realta' (OMISSIS) non aveva un'arma ma era interessato ad acquistarne una; Motivo n. 4: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla interpretazione delle conversazioni intercettate, in realta' prive dei connotati di chiarezza e decifrabilita' dei significativi e impropriamente ricondotte ad attivita' di spaccio, in relazione ai capi BB) ambientale del 7 dicembre 2016 intercorsa con (OMISSIS); in relazione al capo DD), conversazioni del 6 e 7 maggio 2016, per presunte cessioni a favore di (OMISSIS); in relazione al capo FF) conversazione del 6 ottobre 2014, con (OMISSIS); in relazione al capo GG) le intercettazioni, in ambientale, del 24 novembre 2014, intervenute con (OMISSIS); apparenza di motivazione per la mancata esclusione delle aggravanti di cui all'articolo 416-bis. 1 c.p. per i reati di cui all'articolo 73, comma 5 cit. ricondotta alla mera appartenenza al clan mafioso; alla mancata applicazione delle attenuanti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5 e articolo 74, comma 6, escluse, in presenza di droga parlata, sol perche' lo stupefacente era destinato al successivo spaccio e dei connotati, minimali, dell'attivita' di spaccio, descritti con i motivi di appello e rudimentalita' dell'associazione; Motivo 5: apparenza della motivazione connota anche la ritenuta sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. e dell'aggravante armata, ricostruite su quella della mafiosita' del gruppo e in mancanza di prova della "costante e non episodica" disponibilita' di armi che non e' suffragata dal mero risultato positivo delle perquisizioni dovendosi provare la destinazione delle armi alla realizzazione delle finalita' associative. 2.12 (OMISSIS) denuncia: Motivo n. 1: violazione di legge (Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 e articolo 416-bis c.p.), erronea applicazione della legge processuale e vizi di motivazione nell'apprezzamento delle risultanze processuali, le conversazioni captate (in particolare le conversazioni 2229 del 28/11/2015) interpretate in maniera illogica e fuorviante, ai fini della configurabilita' del reato ascrittogli al capo B) avendo ritenuto l'imputato erroneamente a disposizione del sodalizio criminoso della (OMISSIS) finalizzato al narcotraffico e direttamente coinvolto nei traffici e nella gestione del covo di Via (OMISSIS). Non si confronta, la sentenza impugnata, con le obiezioni difensive sul punto dell'interesse del ricorrente in merito all'arresto di (OMISSIS), sconosciuto al (OMISSIS); al linguaggio deferente verso lo (OMISSIS), in quanto suo datore di lavoro; alla genericita' dei riferimenti a pantaloni, patate e o altro erroneamente ricondotti a stupefacenti. E' stato travisato dalla Corte il contenuto delle conversazioni 37447 del 19/03/2016 e 4095 del 26 agosto 2016 e nessun elemento ne denota il contributo partecipativo all'associazione. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) in relazione all'aggravante di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2022, articolo 71, che va eliminata nonche' nei confronti di (OMISSIS) con riferimento al reato di cui alla L. n. 895 del 1967, articoli 2 e 7, come contestato al capo W), relativamente alla detenzione di arma comune da sparo perche' assorbito in quello di detenzione di arma clandestina oggetto di contestazione al capo TT) riqualificando, altresi', la condotta di detenzione di munizioni ai sensi dell'articolo 697 c.p. aggravato ai sensi dell'articolo 416-bis.1 c.p. con rinvio, per la rideterminazione della pena in relazione tale reato contravvenzionale alla Corte di Assise di Caltanissetta. Sono inammissibili nel resto i ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS). La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, nei confronti di (OMISSIS), in relazione al reato di cui all'articolo 648-ter c.p. riqualificato ai sensi dell'articolo 648-bis c.p.. Il ricorso di (OMISSIS) deve essere rigettato nel resto. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, in relazione al reato di cui al capo A), nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), per non avere commesso il fatto, con rideterminazione della pena, per ciascun imputato, come di seguito precisato. I ricorsi dei predetti imputati devono essere dichiarati inammissibili nel resto. Sono inammissibili i ricorsi proposti da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). 2.E' generico il primo motivo del ricorso di (OMISSIS) e il secondo motivo dei ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS) che denunciano la illegittimita' della sentenza impugnata in quanto mera riedizione, analogamente a quella di primo grado, dell'ordinanza di applicazione della misura di custodia cautelare e per carenza dell'esame dei motivi specifici devoluti al giudice dell'impugnazione. Ma tale rilievo e' anche manifestamente infondato. La sentenza impugnata ha correttamente disatteso le censure difensive proposte con riferimento alla "duplicazione" nella sentenza di primo grado dell'ordinanza cautelare evidenziandone la completa e analitica disamina delle prove e della loro interconnessione, non essendo invece necessaria, ai fini dell'osservanza dell'obbligo di motivazione, l'originalita' della scrittura, nozione alla quale sembrano riferirsi le deduzioni difensive. La sentenza impugnata, a propria volta, si sottrae, anche dal punto di vista stilistico, ai rilievi difensivi sol che si rifletta sul dato che i giudici di appello hanno efficacemente riassunto (in poco piu' di 150 pagine) la molto piu' ponderosa sentenza di primo grado, attraverso un'operazione selettiva che ha specificamente individuato, in fatto e in diritto, il nucleo delle contestazioni e delle condotte ascritte a ciascun imputato, nonche' i motivi di appello sugli specifici punti ma, soprattutto, sul dato che, in ragionato confronto critico con le censure difensive, la Corte di merito ha proceduto alla specifica analisi della posizione di ciascun imputato pervenendo a conclusioni logiche e corrette dal punto di vista giuridico sula base di precisi elementi in fatto dei quali con i ricorsi le difese propongono una lettura alternativa e parcellizzata, come meglio si dira' in prosieguo. La sentenza impugnata, pertanto, si sottrae a rilievi ed eccezioni involgenti la denuncia del vizio di omessa motivazione, motivazione apparente ovvero omesso esame dei rilievi difensivi oltre a porsi sul piano oggettivo della tecnica redazionale, come documento del tutto autonomo e nel quale sono confluiti gli esiti, selezionati con riferimento alla posizione di ciascun appellante, delle attivita' di polizia necessari ai fini della ricostruzione della responsabilita' degli imputati. E' altresi', manifestamente infondato il motivo comune di ricorso proposto dal (OMISSIS) e (OMISSIS), ribadito anche con la memoria depositata in vista dell'odierna udienza e concernente l'omesso esame della memoria difensiva depositata all'udienza del 6 aprile 2022, in quanto si trattava di censure reiterative di quelle proposte e compiutamente esaminate sicche' non rileva che a tale memoria non sia stato dato specifico risalto. Va, infine, precisato, in relazione alla denuncia del vizio di motivazione apparente, che propongono su specifici punti anche i motivi di altri ricorrenti, che tale vizio (che, come noto, si risolve in vizio di violazione di legge perche' la motivazione e', in tal caso, inesistente) e' sussistente solo quando la motivazione sia del tutto avulsa dalle risultanze processuali o si avvalga di argomentazioni di puro genere o di asserzioni apodittiche o di proposizioni prive di efficacia dimostrativa, cioe', in tutti i casi in cui il ragionamento espresso dal giudice a sostegno della decisione adottata sia soltanto fittizio e percio' sostanzialmente inesistente (Sez. 5, n. 9677 del 14/07/2014, dep. 2015, Vassallo, Rv. 263100). In generale lo sviluppo della sentenza di appello, soprattutto quando conforme a quella di primo grado e questa sia non meramente compilativa delle risultanze processuali ma, a propria volta, risultato di un dialettico confronto con gli argomenti difensivi nell'analisi del risultato di prova, non comporta che i giudici siano tenuti a compiere un'analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze, spieghino, in modo logico ed adeguato, le ragioni del convincimento, dimostrando che ogni fatto decisivo e' stato tenuto presente, si' da potersi considerare implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata. Ai fini della rilevanza del vizio di omessa motivazione e' indispensabile, e i ricorsi sono, invece, generici, che sia prospettata e dimostrata la rilevanza e decisivita', sull'esito della decisione, dell'omesso esame o specifica confutazione di argomentazioni difensive. Ne consegue la manifesta infondatezza, alla luce della complessiva motivazione dispiegata dalla Corte di territoriale (alle pagg. 197 e ss., descrivendo le modalita' e finalita' delle condotte illecite dell'imputato in quanto capo del clan) dei motivi di ricorso (motivi nn. 6, 7, 8, 9) proposti da (OMISSIS) nella parte in cui deduce la mancanza di motivazione sulla sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. in relazione ai reati-fine dei quali e' stato ritenuto responsabile. 3. Ritiene il Collegio, replicando l'iter seguito dalla Corte di merito perche' razionale e funzionale ai poteri di controllo rimessi alla Corte di Cassazione a fronte di motivi di ricorso che in buona parte riproducono (anche dal punto di vista grafico) i motivi di appello, che sono condivisibili le conclusioni alle quali i giudici di merito sono pervenuti sia nell'inquadramento in diritto che nelle implicazioni pratiche che sono state tratte sui temi devoluti. Si tratta di conclusioni in buona parte ineccepibili perche' corrispondenti ai consolidati principi elaborati, nelle specifiche materie, dalla giurisprudenza di legittimita' ed ai piu' recenti aggiornamenti che, su alcuni temi controversi, sono vi via intervenuti. Le risultanze processuali valorizzate dai giudici di merito, con decisioni conformi, discendono dal contenuto delle intercettazioni telefoniche, analizzate anche attraverso il contributo dei verbalizzanti che avevano effettuato le operazioni di ascolto e svolto indagini a riscontro, e dalle dichiarazioni rese da (OMISSIS), un affiliato dell'associazione mafiosa (OMISSIS), incaricato di compiti manuali e subalterni che, pertanto, aveva conoscenze limitate delle dinamiche interne e dei rapporti fra i componenti del gruppo. Seguendo lo schema logico della sentenza impugnata appare opportuno esaminare i temi comuni posti dai ricorsi sul tema della valutazione delle dichiarazioni dei collaboratori e della prova derivante da operazioni di intercettazione passando, poi, all'esame specifico dei motivi di ciascun ricorrente dopo avere esaminato le strutture associative di cui ai capi A) e B), sia con riferimento agli elementi costitutivi di ciascuna e delle rispettive aggravanti sia dei rapporti tra le fattispecie che i giudici del merito hanno ritenuto tra loro in continuazione, ai sensi dell'articolo 81 c.p., comma 2, individuando il reato piu' grave in quello di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74. 4. Sono manifestamente infondati i motivi di ricorso (motivo n. 1, (OMISSIS); motivi n. 1 e 3, (OMISSIS); motivo 4, (OMISSIS); motivo 5, (OMISSIS)) che denunciano vizio di violazione di legge in relazione all'articolo 192 c.p.p. nella valutazione delle dichiarazioni di (OMISSIS) . Nella sentenza impugnata e' sviluppata una premessa metodologica corretta ed in linea con i principi giurisprudenziali da ultimo richiamati nella sentenza a Sezioni Unite di questa Corte che ha operato una compiuta ricognizione del percorso argomentativo del giudice del merito sulle tappe che contrassegnano il procedimento di ricostruzione e valutazione delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Si fa riferimento al principio secondo cui nella valutazione della chiamata in correita' o in reita', il giudice, ancora prima di accertare l'esistenza di riscontri esterni, deve verificare la credibilita' soggettiva del dichiarante e l'attendibilita' oggettiva delle sue dichiarazioni, precisando che tale percorso valutativo non deve muoversi attraverso passaggi rigidamente separati, in quanto la credibilita' soggettiva del dichiarante e l'attendibilita' oggettiva del suo racconto devono essere vagliate unitariamente, non indicando l'articolo 192 c.p.p., comma 3, alcuna specifica tassativa sequenza logico-temporale (Sez. U, Sentenza n. 20804 del 29/11/2012, dep. 2013, Aquilina, Rv. 255145). Specifiche, in risposta alle deduzioni difensive dei singoli imputati, sono state le osservazioni con le quali la Corte di appello, in linea con le conclusioni del giudice dell'udienza preliminare, ha proceduto alla verifica di attendibilita' delle dichiarazioni di (OMISSIS), sia per quanto concerne l'associazione di cui al capo A), riguardanti l'operativita' del sodalizio e il ruolo dei singoli imputati, che il reato associativo di cui al capo B) procedendo, di volta in volta, al confronto con ulteriori evidenze di prova (le intercettazioni telefoniche o le risultanze dei servizi di videoripresa). Con argomentazioni logiche e ineccepibili i giudici del merito hanno valutato l'attendibilita' delle dichiarazioni esaminando anche la concreta incidenza, su tale giudizio, di marginali incongruenze di cui sono state fornite ragionevoli spiegazioni. Tanto e' a dirsi con riferimento alla ricostruzione da parte di (OMISSIS) del ferimento del (OMISSIS), attuato dal clan in chiave ritorsiva rispetto a quello di (OMISSIS), e in merito all'autovettura utilizzata per l'attentato che il dichiarante aveva detto essere stata una smarticolo La Corte di appello (v. pag. 196) ha, infatti, giustificato il motivo di confusione del (OMISSIS) evidenziando che questi aveva indicato un tipo di auto, effettivamente in uso al (OMISSIS) e che, anche a fronte della contestazione che l'auto era di tipo diverso, aveva insistito nel suo ricordo con atteggiamento che non era sintomatico di precostituzione dell'accusa, di malafede o di inattendibilita' ma di mera imprecisione del racconto e nel quale un dato noto al dichiarante era stato sovrapposto ad altro. Sono, dunque, da respingersi perche' generiche e manifestamente infondate quelle censure con le quali i ricorrenti hanno contestato un non corretto modo di procedere dei giudici del merito e l'inosservanza, in generale, della normativa e dei principi giurisprudenziali. Rimane ovviamente da valutare - e solo a questo piu' ristretto ambito vanno ricondotti i rilievi difensivi che saranno di seguito esaminati - l'avvenuto rispetto, per ogni posizione, dei criteri di valutazione correttamente enunciati e la rispondenza a logica delle operate valutazioni. 5. Un tema che sotto diverse prospettazioni, ritorna nei ricorsi e' quello della denuncia di violazione di legge (articolo 192 c.p.p.) in relazione all'applicazione delle coordinate normative che sovraintendono alla valutazione delle intercettazioni telefoniche e che, nel procedimento in esame, riproducono contatti tra gli imputati inerenti all'organizzazione dele attivita' connesse ad operazioni di acquisto, occultamento e organizzazione delle cessioni di droga. Secondo i ricorrenti tali risultanze necessitano di riscontri esterni, ma si tratta di una conclusione non condivisibile. E', invero, risalente l'affermazione che le dichiarazioni auto ed etero accusatorie registrate nel corso di attivita' di intercettazione regolarmente autorizzata hanno piena valenza probatoria e, pur dovendo essere attentamente interpretate e valutate, non necessitano degli elementi di corroborazione previsti dall'articolo 192 c.p.p., comma 3, (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263714). Le ulteriori censure difensive, inerenti alla chiarezza delle conversazioni intercettate, sono formulate in termini generici e non si confrontano con la ricostruzione dei giudici di merito che, viceversa, ne hanno confermato la chiarezza e la decifrabilita' dei significati e assenza di ambiguita', di modo che la ricostruzione del significato delle conversazioni non lasci margini di dubbio sul significato complessivo della conversazione. A ben vedere, le cesure difensive a tal riguardo, di seguito richiamate, lungi dal denotare la manifesta illogicita' del ragionamento probatorio, si risolvono nella richiesta di una valutazione alternativa, preclusa alla Corte di legittimita', sul merito delle risultanze di prova anche nella parte in cui attaccano il contenuto delle conversazioni intercettate con riferimento alla ricostruzione degli episodi minatori ed estorsivi ascritti agli imputati e, in particolare, a (OMISSIS). 6. Sono manifestamente infondati i motivi di ricorso sulla sussistenza e configurabilita' del reato associativo di cui all'articolo 416-bis c.p. contestato al capo A). Val bene esaminare, in via del tutto preliminare, il motivo di ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS) che propone un criterio interpretativo erroneo ai fini della configurabilita' del reato di cui all'articolo 416-bis c.p.. Il ricorrente, infatti, sulla scia delle problematiche interpretative che hanno riguardato la individuazione dei requisiti necessari ai fini della configurabilita' del reato associativo in relazione alle cd. nuove mafie - concetto riferibile anche a cellule associative di mafie cd. storiche radicatesi in ambienti lontani e diversi da quelle di tradizionale e risalente operativita' - ha riportato la giurisprudenza di questa Corte in materia. In realta' le sentenze che hanno esaminato la problematica hanno richiamato l'interprete ad una ricostruzione degli elementi costitutivi di tali gruppi associativi che richiede la dimostrazione dell'imprescindibile connotato dell'avvalersi del metodo mafioso; quindi, della prova che il sodalizio faccia effettivo, concreto, attuale e percepibile uso - ancorche' non necessariamente con metodi violenti o minacciosi - della suddetta forza. E' noto che il delitto di associazione per delinquere di tipo mafioso e' un reato a struttura mista che, rispetto al mero dato dell'organizzazione di una pluralita' di persone accomunate dalla volonta' di perseguire le finalita' illecite indicate dalla norma, si avvale, per il perseguimento dei suoi scopi, della condizione di assoggettamento e quella di omerta' cumulate fra loro le quali siano entrambe conseguenza della forza di intimidazione del vincolo associativo da cui derivano causalmente, aspetti, questi, che segnano la differenziazione di detta ipotesi criminosa dal delitto associativo puro. Per completare il quadro di riferimento giurisprudenziale in materia, tenuto conto delle particolarita' che emergono dalla concreta vicenda e della sicura affiliazione alla "(OMISSIS)" di (OMISSIS) attestata dalla sua condanna, va altresi' precisato che anche il tema della valenza dell'affiliazione ad un'associazione di tipo mafioso - oggetto di controversa interpretazione ai fini della ricostruzione del contributo partecipativo - e' stato affrontato e deciso dalle Sezioni Unite di questa Corte che hanno affermato che la condotta di partecipazione ad associazione di tipo mafioso si caratterizza per lo stabile inserimento dell'agente nella struttura organizzativa dell'associazione, idoneo, per le specifiche caratteristiche del caso concreto, ad attestare la sua "messa a disposizione" in favore del sodalizio per il perseguimento dei comuni fini criminosi (Sez. U, n. 36958 del 27/05/2021, Modaffari, Rv. 281889). In conclusione, l'affiliazione rituale puo' costituire grave indizio della condotta partecipativa, ove la stessa risulti, sulla base di consolidate e comprovate massime d'esperienza e degli elementi di contesto che ne evidenzino serieta' ed effettivita', espressione di un patto reciprocamente vincolante e produttivo di un'offerta di contribuzione permanente tra affiliato ed associazione. La struttura associativa descritta al capo A) della rubrica e' univocamente riconducibile ad una categoria concettuale non perfettamente sovrapponibile al fenomeno delle cc.dd. "nuove mafie": nel caso in esame, infatti, e le sentenze dei giudici del merito non hanno mancato di sottolineare questo dato, si e' in presenza dell'accertamento di operativita' di un clan gia' tradizionalmente operante (la (OMISSIS)) nell'area gelese che aveva acquisito nuova e intensa operativita' in forza del ritorno sulla scena di (OMISSIS) che, dopo diciannove anni di detenzione in carcere, era tornato in liberta'. La giurisprudenza ha precisato che, in questo caso, quando oggetto del giudizio sia l'accertamento relativo alla ricorrenza di nuova formazione in rapporto di continuita' con una cosca storica, oggetto di passati accertamenti irrevocabili, puo' prescindersi da specifici accertamenti in ordine all'esteriorizzazione del metodo mafioso solo in presenza di univoci elementi che dimostrino che la formazione oggetto di indagine sia priva di reali elementi di novita' (nei programmi, nella comunanza dei territori oggetto di azione, nella coincidenza dei soggetti coinvolti), e, come tale, continui ad operare su un determinato territorio, replicando o, comunque, sfruttando, un contesto riconducibile all'alveo dell'articolo 416-bis c.p., comma 3. L'affermazione si accompagna alla precisazione che tanto piu' e' sfumata l'indagine sull'effettivo ricorso ad attivita' o metodi improntati all'intimidazione e conseguente assoggettamento ed omerta', tanto piu' rigoroso e solida deve risultare acquisizione probatoria dimostrativa delle caratteristiche strutturali del sodalizio (Sez. 2, n. 38831 del 17/09/2021, Cicciu', Rv. 282199). L'accertamento giudiziale, in tal caso, ad avviso del Collegio, deve concentrarsi sulla verifica della capacita' intimidatoria del gruppo in quanto tale, non potendosi desumere la stessa dalla sola fama criminale del singolo associato. La sentenza di primo grado (pag. 19) ha descritto la struttura associativa sub capo A), indicata come "(OMISSIS)" gelese individuandone i requisiti strutturali sussumibili nel reato di cui all'articolo 416-bis c.p., innanzi precisati, desunti dalle modalita' operative della consorteria nel campo del traffico degli stupefacenti e nel controllo delle attivita' lecite, attraverso le estorsioni, e descrivendo altresi' la penetrazione di (OMISSIS) nel tessuto produttivo cittadino, aspetti che efficacemente denotano la vocazione al controllo del territorio attraverso la particolare intimidazione che promana dal vincolo associativo non solo del singolo ma del gruppo a questi facente capo. L'organizzazione, secondo la ricostruzione dei giudici di merito, aveva a disposizione un vero e proprio esercito (circa 500 leoni), giovani pronti a tutto per affermare l'egemonia del clan sul territorio, come rivelato da (OMISSIS) nel corso di una delle intercettazioni in carcere dove si trovava ristretto. La consorteria - prosegue la sentenza di primo grado - si rendeva responsabile di una seriale attivita' estorsiva messa in atto facendo pure ricorso a danneggiamenti incendiari e finalizzata a dare progressivo sviluppo ad iniziative commerciali che intraprendeva a mezzo di alcune societa' intestati a compiacenti prestanome e anche a donne degli stessi capomafia, societa' operanti nel settore della distribuzione di prodotti per la ristorazione (piatti e bicchieri di plastica nonche' materiale per il confezionamento), di prodotti alimentari (fornitura di cornetti imposta a bar ed esercizi pubblici di (OMISSIS)), nei settori della organizzazione di eventi in discoteca e in quello immobiliare. Anche la sentenza impugnata (pag. 1 e ss.) ha passato in rassegna numerosi episodi e spedizioni punitive in danno di componenti del clan o di gruppi avversi e si tratta di un aspetto che acquista rilevanza ai fini della ricostruzione della struttura operativa e della individuazione dei suoi componenti, come si dira' esaminando il coinvolgimento di alcuni dei ricorrenti nella ritorsione in danno di (OMISSIS) o' (OMISSIS), in quanto rivelatore dell'appartenenza al sodalizio - e ha illustrato alcuni episodi che registravano l'intervento di (OMISSIS) per risolvere questioni tra privati cittadini, anche sostituendosi alle autorita' di polizia, come quando alcuni cittadini si rivolgevano al vertice del clan o ai suoi uomini piu' vicini per il recupero di beni, aspetto, questo, di rilievo proprio ai fini della individuazione della incidenza della consorteria, attraverso il ricorso al metodo mafioso, nel territorio sfruttando la fama criminale e facendo ricorso a metodi violenti solo quando strettamente necessario. A questo riguardo sono descritti numerosi episodi che rivestono particolare importanza, ai fini della ritenuta sussistenza del reato associativo, perche' denotano la esteriorizzazione, nel contesto cittadino di riferimento, del potere mafioso al pari delle condotte estorsive (numerose e contestate ai capi C), D) I), L), che saranno nel prosieguo oggetto di analisi), anche queste di particolare rilevanza perche' emblematiche del controllo esercitato sulle attivita' economiche. La sentenza di primo grado (pag. 23) ha precisato come le intercettazioni avessero comprovato la esistenza di un'organizzazione composita nella quale accanto a soggetti che militavano nell'ala cd. criminale - quella che continuava ad essere predominante, occupandosi del traffico di droga; di estorsioni mediante danneggiamento, incendi e traffico di armi - potesse individuarsi un'ala prettamente imprenditoriale, facente a (OMISSIS), interessata all'esercizio di attivita' in vari settori economici anche in forza di imprese intestate a prestanome - all'imputato sono ascritti i reati "tipici" di tale modalita' operativa ai capi HHH), JJJ), KKK) - commessi comunque avvalendosi della forza di intimidazione che promana dal vincolo associativo funzionale a eliminare ogni forma di concorrenza nonche' ad imporre anche in maniera estremamente violenta la propria presenza sul territorio. L'associazione mafiosa capeggiata da (OMISSIS) si poneva, secondo la sintesi compiuta dai giudici del merito, in linea di continuita' con la risalente (OMISSIS) di cui aveva ereditato l'ambito di riferimento territoriale e le modalita' operative proseguendone ed attualizzandone, con il ricorso al metodo mafioso, le attivita' illecite nel settore degli stupefacenti e del controllo delle attivita' economiche. I giudici del merito hanno infatti descritto come si fosse formato, in anni risalenti, il gruppo della (OMISSIS) costituito da soggetti (cosiddetti posati) che non volendo piu' prendere ordine dai carismatici mafiosi di "cosa nostra" avevano deciso di dare vita ad una nuova organizzazione criminale speculare e contrapposta alla mafia tradizionale, che pero' ne replicava le modalita' organizzative, per esempio attraverso le affiliazioni degli adepti. E, tale organizzazione dopo una contrapposizione armata con "(OMISSIS)" era stata, infine, riconosciuta dagli stessi vertici di "(OMISSIS)" che avevano posto fine alla contrapposizione armata stimola stipulando con gli irriducibili nemici accordi finalizzati ad impedire la ripresa della mattanza che aveva contrassegnato gli anni 80 del secolo scorso. I collaboratori escussi avevano riferito come la (OMISSIS) fosse divenuta un'unica famiglia con quella di "(OMISSIS)" dovendo esserci tra loro fratellanza in modo da evitare il deflagrare di sanguinose faide. Raggiunta la pax mafiosa (la cd. pace di Riesi, nell'anno 1991), le due organizzazioni mafiose avevano continuato ad assicurarsi il controllo delle attivita' imprenditoriali e, mutuando modelli organizzativi istituzionali, avevano garantito il coordinamento delle rispettive attivita' istituendo una sorta di sala operativa, volta ad ottimizzare le energie e a dividere equamente i profitti. Emblematica, in questo senso, la vicenda denunciata dagli imprenditori di gelesi operativi nel settore della raccolta dei rifiuti che avevano dovuto ripetutamente versare a "(OMISSIS)" e (OMISSIS), operanti sinergicamente, ingenti somme di denaro, come accertato nel processo penale per tale fatto. Secondo la ricostruzione dei giudici di merito, nell'associazione (OMISSIS), per effetto della detenzione di alcuni esponenti di rilievo, fra questi l'odierno ricorrente, (OMISSIS), e la collaborazione di altri, si fosse determinato un vuoto di potere e come, una volta recuperata la liberta', (OMISSIS) aveva avviato sia azioni vendicative nei confronti di coloro che avevano contribuito all'arresto di uomini della consorteria e riaggregato nel gruppo sia coloro che gia' operavano all'interno del sodalizio, come (OMISSIS) e (OMISSIS), attivi nel settore degli stupefacenti sia persone, via via rimesse in liberta', tra i quali (OMISSIS), cugino di (OMISSIS), pure questo sodale, tutti operanti nel traffico di droga, rimasto fiorente nel corso degli anni, attivita', queste, ricostruite attraverso le intercettazioni disposte dopo pochi mesi dalla rimessione in liberta' di (OMISSIS) che avevano portato alla scoperta di tre basi logistiche (in via (OMISSIS); via (OMISSIS) e via (OMISSIS) della citta' di (OMISSIS)) dove venivano rinvenute droga e armi. Conclusivamente, la prospettiva esegetica a base della sentenza impugnata e di quella di primo grado e' condivisibile e corretta, perche' in linea con la cornice di riferimento ai fini della individuazione degli elementi strutturali del reato di cui all'articolo 416-bis c.p.. Con chiarezza gia' la sentenza di primo grado ha descritto una struttura nella quale erano individuabili i requisiti tipici del reato di cui all'articolo 416-bis c.p., disegno criminoso unitario; forza di intimidazione e, correlativamente, condizione di assoggettamento e omerta', dei quali la struttura associativa si avvaleva per il perseguimento delle finalita' e gli obiettivi dell'associazione, senza "acquietarsi" degli aspetti che, in linea di continuita' con il passato, ne denotavano la derivazione dal gruppo nel quale, prima del lungo periodo di carcerazione, aveva militato (OMISSIS), aspetto âââEurošÂ¬Ã‹Å"che pure non e' irrilevante ma che si salda alle piu' recenti acquisizioni in modo da escludere ogni automatismo nella sovrapposizione tra gruppi criminali egemoni nel territorio solo in forza della coincidenza dei soggetti coinvolti (nel caso (OMISSIS)) e fondato sull'avvalersi, in concreto, all'attualita' e nella percezione esterna, del metodo mafioso e con riferimento al periodo temporale oggetto di contestazione ai singoli imputati. 6.1. I ricorrenti (motivo 4 ricorso (OMISSIS); ma anche motivo 2 del ricorso (OMISSIS) e motivo 5, ricorso (OMISSIS)) hanno dedotto l'erronea applicazione dell'aggravante dell'associazione armata, di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 4. I giudici del merito, sulla scorta del rinvenimento di armi nella base logistica di via (OMISSIS) (sub capo W e PP), e degli episodi di danneggiamento con armi, contestati ai capi H), I), L), S) hanno fatto corretta applicazione dell'aggravante poiche' tale circostanza, di natura oggettiva, e' configurabile a carico di ogni partecipe che sia consapevole del possesso di armi da parte degli associati o lo ignori per colpa, accertamento per il quale assume rilievo anche il fatto notorio della stabile detenzione di tali strumenti di offesa da parte del sodalizio mafioso, riconducibile all'associazione mafiosa "(OMISSIS)" (cfr. Sez. 2, n. 50714 del 07/11/2019, Caputo, Rv. 278010), in forza dei descritti connotati storici di tale associazione, descritti al punto che precede, ma attualizzati dalle metodologie che, ripreso il controllo dell'organizzazione, (OMISSIS) aveva pienamente ripristinato. 6.2. Sono manifestamente infondati i motivi di ricorso (motivo 4, ricorso (OMISSIS); motivo 3 ricorso (OMISSIS); motivo 2, ricorso (OMISSIS)) che denunciano l'erronea applicazione dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 6. Anche con riferimento a detta aggravante, sulla scorta delle attivita' economiche intraprese da (OMISSIS) nelle quali si registrava anche il diretto coinvolgimento di altri sodali e della massima di esperienza enunciata nella giurisprudenza di questa Corte, e' stata correttamente ritenuta sussistente la circostanza aggravante di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 6, che si configura ove le attivita' economiche di cui gli associati intendano assumere o mantenere il controllo siano finanziate in tutto o in parte con il prezzo, il prodotto o il profitto di delitti. Anche questa aggravante, come quella armata, ha natura oggettiva e va riferita all'attivita' dell'associazione e non necessariamente alla condotta del singolo partecipe, il quale, nel caso di associazioni cd. storiche come mafia, camorra e âââEurošÂ¬Ã‹Å"ndrangheta, ne risponde per il solo fatto della partecipazione, ascritta a (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), dato che, appartenendo da anni al patrimonio conoscitivo comune che dette associazioni operano nel campo economico utilizzando ed investendo i profitti di delitti che tipicamente attuano in esecuzione del suo programma criminoso, un'ignoranza al riguardo in capo ad un soggetto che sia ad alcuna di tali associazioni affiliato e' inconcepibile (Sez. 2, n. 23890 del 01/04/2021, Aieta, Rv. 281463). 7. Sono manifestamente infondati i motivi di ricorso sviluppati da numerosi ricorrenti che, oltre alla insussistenza del contributo partecipativo, che sara' esaminato trattando le singole posizioni, contestano la configurabilita' del reato associativo di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, in relazione al reato di cui al capo B). Sono chiare le coordinate che delineano i requisiti della sussistenza del reato associativo per distinguerlo dal fenomeno del concorso nelle operazioni di acquisto, anche reiterate. L'esistenza di un'associazione a delinquere dedita al traffico di sostanze stupefacenti non puo' essere dedotta da un unico episodio, seppure rilevante, di acquisto di sostanze stupefacenti per la cessione a terzi, il quale puo' costituire indizio ma non prova piena dell'accordo finalizzato alla commissione di una pluralita' indistinta di reati in materia di stupefacenti (Sez. 4, n. 36341 del 15/05/2014, Savasta e altri, Rv. 260268) ne' l'attivita' di reiterate condotte di spaccio puo', da sola, costituire prova dell'integrazione del reato associativo, rappresentando al piu' indice sintomatico dell'esistenza dell'associazione, che pero' va accertata con riferimento all'accordo tra i sodali, alla struttura organizzativa ed alle affectio societatis (Sez. 6, n. 24379 del 04/02/2015, Bilacaj e altri, Rv. 264177). Con maggiore precisione questa Corte ai fini della configurabilita' del reato associativo ne ha descritto i requisiti imprescindibili nel senso che e' necessario: a) che almeno tre persone siano tra loro vincolate da un patto associativo (sorto anche in modo informale e non contestuale) avente ad oggetto un programma criminoso nel settore degli stupefacenti, da realizzare attraverso il coordinamento degli apporti personali; b) che il sodalizio abbia a disposizione, con sufficiente stabilita', risorse umane e materiali adeguate per una credibile attuazione del programma associativo; c) che ciascun associato, a conoscenza quantomeno dei tratti essenziali del sodalizio, si metta stabilmente a disposizione di quest'ultimo (Sez. 6, n. 7387 del 03/12/2013, dep. 2014, Pompei, Rv. 258796). Non esistono seri motivi per non concordare con le riportate enunciazioni di principio che, tuttavia, vanno coordinate con i reiterati arresti di questa Corte in materia di reati associativi che precisano come l'associazione penalmente rilevante non richieda necessariamente formalita' costitutive, divisione formale dei ruoli, organigramma imponente, strutture specificamente dedicate. Appare sufficiente, a questo fine, rammentare il principio secondo cui, per la configurabilita' dell'associazione dedita al narcotraffico non e' richiesta la presenza di una complessa e articolata organizzazione dotata di notevoli disponibilita' economiche, ma e' sufficiente l'esistenza di strutture, sia pure rudimentali, deducibili dalla predisposizione di mezzi, per il perseguimento del fine comune, create in modo da concretare un supporto stabile e duraturo alle singole deliberazioni criminose, con il contributo dei singoli associati (Sez. 6, n. 46301 del 30/10/2013, Corso e altri, Rv. 258165). In ogni caso, si afferma, l'associazione per delinquere e' un fatto materiale, con precise connotazioni strutturali, al quale si connettono pertinenti profili soggettivi e i cui profili di prova, involgono la individuazione di un patto e che questo abbia ad oggetto un determinato programma criminoso, da perseguire attraverso il coordinamento di singoli apporti personali. E', dunque, il patto che genera un vincolo e spetta al giudice, ai fini della pronuncia di condanna, l'accertamento del fatto in tutti gli elementi essenziali, come avvenimento storico definito e per cio' stesso distinto da fenomeni contigui - come il concorso di persone nel reato - e da situazioni penalmente irrilevanti e il giudizio di condanna presuppone l'accertamento del fatto in tutti gli elementi essenziali, come avvenimento storico. Sulla base di tali coordinate in diritto sono corrette le conclusioni alle quali sono pervenuti i giudici del merito applicandole al fenomeno descritto dal (OMISSIS) e sulla scorta delle risultanze delle operazioni di intercettazioni telefoniche e dei controlli che avevano condotto, nel volgere di pochi mesi, alla individuazione e sequestro di tre covi utilizzati dall'associazione per custodirvi droga e armi, in aggiunta ad esiti che documentano i contatti, anche telefonici e gestiti attraverso il ricorso a modalita' comunicative convenzionali e criptiche, fra i coimputati. Si tratta del sequestro di quasi 13 chilogrammi di marijuana e hashish, di una pistola cal. 7,65 e di una pistola con matricola abrasa, rinvenuti il g. 8 luglio 2016 nell'immobile di via (OMISSIS); del sequestro eseguito il l'8 novembre 2016 nell'immobile di via (OMISSIS), ove venivano rinvenuti 52 chilogrammi di hashish, 920 gr. di cocaina e una pistola con matricola abrasa (i fatti sono oggetto di contestazione ai capi NN), PP) e QQ) a (OMISSIS) e (OMISSIS) e ai capi RR), SS), TT) e UU) a (OMISSIS)); del sequestro in data 7 giugno 2017 di altra droga, rivenuta nell'immobile di via (OMISSIS), nella disponibilita' del coimputato (OMISSIS), immobile descritto come "luogo di incontro dei sodali e di spaccio di stupefacenti, ove venivano tagliati e confezionati". La sentenza impugnata (pag. 43) descrive anche il sistema economico adottato per il pagamento (uso di carte prepagate e poste pay; il coinvolgimento di un commercialista, (OMISSIS), al quale era attribuito il compito di creare un sistema di fatture, per coprire e giustificare le movimentazioni economiche facenti capo al (OMISSIS) e a (OMISSIS), separatamente processati; l'esistenza di una cassa comune). E' stato oggetto di particolare analisi nelle sentenze di merito, il sistema di acquisto e approvvigionamento della droga che viene ricostruito a partire dall'anno 2012 attraverso le risultanze delle operazioni di intercettazioni telefoniche che documentavano i contatti delle persone preposte, per conto della (OMISSIS), al reperimento delle sostanze stupefacenti attraverso vari e variegati canali: la sentenza impugnata, a questo riguardo, sintetizza quella di primo grado enucleando i passaggi nei quali sono coinvolti gli odierni ricorrenti, in particolare (OMISSIS) e (OMISSIS), ricostruendo anche le "specifiche" operazioni di acquisto e rifornimento e cessione. I due imputati sono stati individuati come il particolare anello di congiunzione tra l'associazione mafiosa e quella preposta alla gestione della droga. Le risultanze probatorie consentono di ritenere acquista la prova della esistenza di una stabile organizzazione, fotografata negli anni 2016 e 2017 con riferimento proprio alla individuazione di elementi strutturali inequivoci (i covi; il sistema per il pagamento), che qualificano l'aspetto organizzativo della struttura non le mere operazioni di rifornimento che pure sono significative e rilevanti, ai fini che ci occupano, quando, come nel caso in esame, la loro reiterazione nel tempo e ricorrenza, denotano la esistenza di una struttura che ne dirige e regola la dinamica, al di la' del variabile e contingente coinvolgimento dei singoli. Resta solo da aggiungere che, ai fini della ricostruzione del consapevole partecipativo, la partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di stupefacenti e' un reato a forma libera, la cui condotta costitutiva puo' realizzarsi in forme diverse, purche' si traduca in un apprezzabile contributo alla realizzazione degli scopi dell'organismo, posto che in tal modo si verifica la lesione degli interessi salvaguardati dalla norma incriminatrice (Sez. 3, n. 35975 del 26/05/2021, Caterino, Rv. 282139). A prescindere dalle modalita' di realizzazione del contributo (se ad esempio intervenuto nella fase di fornitura; nelle operazioni di acquisto; nelle altre operazioni connesse allo stoccaggio, conservazione e smercio) cio' che rileva e' che la condotta denoti un rilevante apporto causale al raggiungimento del fine di profitto perseguito dall'organizzazione, effettuato con la consapevolezza di fare parte di un gruppo dedito ad attivita' in materia di stupefacenti ed avvalendosi continuativamente delle sue risorse. 7.1. Le evidenze innanzi descritte (in particolare, gli esiti delle perquisizioni e sequestro eseguiti presso i covi di via (OMISSIS), e via (OMISSIS)) rendono manifestamente infondati i motivi di ricorso con i quali i ricorrenti contestano la ritenuta sussistenza della circostanza aggravante, di natura oggettiva, prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 4. Va - in premessa - ricordato che per la sussistenza dell'aggravante in questione, diversamente da quella analoga, ipotizzata dall'articolo 416-bis c.p., comma 4, e' richiesta unicamente la disponibilita' di armi e non anche la correlazione tra queste ultime e gli scopi perseguiti dall'associazione criminosa (cfr. Sez. 5, n. 11101 del 04/02/2015, Platania, Rv. 262714), con la conseguenza che e' sufficiente la consapevolezza, da parte del partecipe, che l'associazione sia armata, perche' gli sia imputabile l'aggravante dell'articolo 74, comma 4, Decreto del Presidente della Repubblica cit.. Cionondimeno tale aggravante puo' essere riconosciuta in capo ai partecipi del sodalizio solo se puo' postularsi una loro colpevolezza anche in relazione a tale aspetto, che richiede, in base a quanto previsto dall'articolo 59 c.p., comma 2, quantomeno un coefficiente di prevedibilita' concreta da parte loro della disponibilita' delle armi da parte dell'associazione (Sez. 6, n. 49458 del 21/10/2015, Arianiello, Rv. 266041). I Giudici del merito, con ineccepibili argomentazioni, sono pervenuti a ritenere sussistente l'aggravante in esame sottolineando la natura funzionale della detenzione delle armi alla struttura e organizzazione del traffico di droga e al coinvolgimento dei singoli imputati in attivita' collegate alla presenza e gestione dei covi, come si seguito precisato. 7.2. Il motivo diretto a confutare la sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. in relazione al reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, sub capo B), comune alla maggior parte degli imputati che hanno avanzato, al riguardo, rilievi per lo piu' sovrapponibili, e' manifestamente infondato. L'aggravante in esame richiede che la condotta illecita sia posta in essere al fine specifico di favorire l'attivita' dell'associazione di tipo mafioso, sicche' alla oggettiva agevolazione della consorteria mafiosa determinata dalla condotta incriminata deve accompagnarsi il cosciente ed univoco intendimento del soggetto agente di agire proprio per il raggiungimento di tale specifico fine agevolatore (indirizzando ad esso la sua condotta): in buona sostanza non e' sufficiente la sola mera realizzazione di un contributo oggettivamente utile per l'operativita' del sodalizio mafioso. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno concluso la risalente discussione sulla natura dell'aggravante in esame affermandone la natura soggettiva trattandosi di aggravante che inerisce ai motivi a delinquere e precisando che tale aggravante si comunica al concorrente nel reato che, pur non animato da tale scopo, sia consapevole della finalita' agevolatrice perseguita dal compartecipe (Sez. U., n. 8545 del 19/12/2019, dep. 2020, Chioccini, Rv. 278734). A precisazione di tale connotato hanno rilevato come la forma aggravata in esame esige che l'agente deliberi l'attivita' illecita nella convinzione di apportare un vantaggio alla compagine associativa: e' necessario pero', affinche' l'aggravante non sia priva di offensivita', che tale rappresentazione si fondi su elementi concreti, inerenti, in via principale, all'esistenza di un gruppo associativo avente le caratteristiche di cui all'articolo 416-bis c.p. ed alla effettiva possibilita' che l'azione illecita si inscriva nelle possibili utilita', anche non essenziali al fine del raggiungimento dello scopo di tale compagine, secondo la valutazione del soggetto agente, non necessariamente coordinata con i componenti dell'associazione. Trattandosi invero di un'aggravante che colpisce la maggiore pericolosita' di una condotta, ove finalizzata all'agevolazione, e' necessario che la volizione che la caratterizza possa assumere un minimo di concretezza, anche attraverso una mera valutazione autonoma dell'agente, che non impone un raccordo o un coordinamento con i rappresentanti del gruppo e, soprattutto, non prevede che il fine rappresentato sia poi nel concreto raggiunto, pur essendo presenti tutti gli elementi di fatto, astrattamente idonei a tale scopo. Tale finalita', inoltre, non deve essere esclusiva, ben potendo accompagnarsi ad esigenze egoistiche quali, ad esempio, la volonta' di proporsi come elemento affidabile al fine dell'ammissione al gruppo o qualsiasi altra finalita' di vantaggio, assolutamente personale, che si coniughi con l'esigenza di agevolazione. La ricostruzione del motivo a delinquere in tal senso - si osserva - non e' mai esclusiva, poiche' plurimi possono essere gli stimoli all'azione; quel che rileva e' che tra questi sussistano elementi che consentono di ravvisare anche quello valutato necessario dalla norma incriminatrice essenziale alla configurazione del dolo intenzionale, La ricostruzione ermeneutica impone quindi un approccio alla fattispecie, che vada al di la' della classificazione formale, e l'intenzione dell'agente deve assumere una connotazione oggettiva, esplicitando gli effetti della condotta e comprende anche elementi di carattere obiettivo, "quali misuratori della specifica offensivita', e quali garanzie di un ordinamento che, per necessita' costituzionale, deve rimanere distante dai modelli del diritto penale dell'intenzione e del tipo d'autore" (Sez. 6, n. 28009 del 15/05/2014, Alberto, Rv. 260077). Ebbene: la consapevolezza di operare nell'ambito di un unico gruppo per il raggiungimento dello scopo comune, costituito dalla possibilita' di realizzare un sufficientemente tranquillo svolgimento dei traffici di droga in determinate zone e dal conseguimento da tali traffici. - per ciascuno degli imputati, come di seguito precisato - di un profitto seppure diversificato, e il diretto collegamento di ciascuno dei ricorrenti nelle operazioni di reperimento, acquisto e successivo smercio costituiscono elementi correttamente vagliati ai fini della ravvisabilita' della circostanza aggravante in questione e sulla base di elementi che dimostrano come il contributo oggettivamente agevolatore sia stato realizzato al fine specifico di favorire il detto sodalizio sulla base di rapporti diretti, continui e consolidati sia con i vertici dei sodalizi - nel caso (OMISSIS) - che con i soggetti preposti al reperimento della droga. Non solo, dunque, per gli imputati che erano anche affiliati al clan mafioso, come (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) ma anche per gli imputati che avevano con il clan rapporti consolidati e fiduciari essendo addetti proprio al reperimento, pagamento, conservazione e stoccaggio della droga ( (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) o in ragione dei compiti svolti quali addetti alla distribuzione dello stupefacente, come (OMISSIS) e (OMISSIS). 7.3. Le risultanze delle operazioni di perquisizione e sequestro; la capacita' finanziaria (nella sentenza impugnata sono descritte, per un breve periodo, operazioni di acquisto accendenti ad oltre 140.000,00 Euro; la diversificazione delle fonti di acquisto; l'ampio bacino di rifornimento su (OMISSIS)) sono ontologicamente incompatibili con l'applicazione alla fattispecie in esame della fattispecie incriminatrice prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 74, comma 6, configurabile a condizione che i sodali abbiano programmato esclusivamente la commissione di fatti di lieve entita', predisponendo modalita' strutturali e operative incompatibili con fatti di maggiore gravita' e che, in concreto, l'attivita' associativa si sia manifestata con condotte tutte rientranti nella previsione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, (Sez. 6, n. 1642 del 09/10/2019, dep. 2020, Degli Angioli, Rv. 278098). 7.4. La centralita' del descritto elemento organizzativo, descritto al punto 7. che precede, e' ostativa alla configurabilita' nei fatti accertati di condotte sussumibili nella fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, commessa in concorso e continuata, allegata da taluni dei ricorrenti. L'elemento differenziale tra l'ipotesi associativa Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ex articolo 74 e quella del concorso ai sensi dell'articolo 110 c.p. e articolo 73 del citato Decreto del Presidente della Repubblica risiede, infatti, principalmente nell'elemento organizzativo, in quanto la condotta punibile a titolo di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti non si riduce ad un semplice accordo delle volonta' (sul cui deficit probatorio si attarda la difesa di molti ricorrenti che allegano la mancanza di prova del pactum sceleris) ma consiste in un quid pluris, che si sostanzia nella predisposizione di una struttura organizzata stabile che consenta la realizzazione concreta del programma criminoso (Sez. 6, n. 27433 del 10/01/2017, Avellino, Rv. 270396). Da qui la infondatezza evidente dei motivi della difesa che attaccano le corrette - perche' rispondenti a logica e coordinate in diritto- conclusioni dei giudici del merito. 8. I ricorrenti (OMISSIS) (motivo n. 3), (OMISSIS) (motivo 1), (OMISSIS) (motivo n. 3) e (OMISSIS) (motivo n. 1) denunciano violazione di legge in relazione al divieto di bis in idem per la ritenuta configurabilita', in presenza di un medesimo fatto, del concorso formale tra i reati di cui ai capi A) e B): in buona sostanza, i ricorrenti sostengono che, in presenza dello stesso fatto materiale sono stati condannati per due fattispecie di reato. La Corte di appello di Caltanissetta ha esaminato (pag. 158 e ss.) il tema della configurabilita' e compatibilita' dei reati associativi di cui al capo A) - il reato di cui all'articolo 416-bis c.p., commi 2, 4, 5 e 6 ascritto a (OMISSIS), (OMISSIS), con il ruolo di capo del clan, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) e al capo B), Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, commi 1, 2, 3 e 4, ascritti ai medesimi ricorrenti (oltre che ad altri soggetti, in entrambi i casi e, in particolare, quanto al reato sub capo B, nel presente procedimento a (OMISSIS) e (OMISSIS)). In particolare, nel capo sub A) (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) vengono individuati come sodali di fiducia di (OMISSIS) (e del fratello (OMISSIS)) in quanto collaboravano per lo sviluppo dell'illecito commercio di droga riferito al clan sotto gli ordini e le direttive dei capi clan e assicuravano il controllo della gestione delle attivita' economiche gestite dal clan in vari settori, edilizia, fornitura di prodotti da bar e, fra questi, la gestione della discoteca (OMISSIS), collaborando anche alla partecipazione di atti di intimidazione e a spedizioni punitive volte ad assicurare la manifesta presenza del clan. Quanto a (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), ne e' evidenziato il ruolo di partecipi al clan in ordine al traffico organizzato di droga perche' fornivano il proprio contributo concorrendo nella gestione dei covi "(OMISSIS)" di via (OMISSIS) e via (OMISSIS) utilizzati dall'associazione mafiosa per la custodia di droga e armi a disposizione del clan. Quanto al (OMISSIS), gli viene contestata la collaborazione al clan oltre che in ordine al traffico di droga, al rafforzamento della associazione gestendo la movimentazione bancaria di un conto nella disponibilita' di (OMISSIS) (capo del clan, separatamente giudicato) per finanziare le attivita' illecite, fra cui il traffico di droga, oltre la partecipazione a spedizioni punitive. Il reato associativo sub capo A), e' contestato come commesso in (OMISSIS) e altri comuni della provincia di (OMISSIS) in permanenza almeno fino a maggio 2019. Al capo B) vengono piu' puntualmente descritte le attivita' di collaborazione svolte nel settore degli stupefacenti in particolare, il (OMISSIS) con ruolo di dirigente e organizzatore della struttura adibita allo spaccio con l'apporto di (OMISSIS), viene individuato come l'organizzatore delle forniture attraverso (OMISSIS) fino alla rimessione in liberta', il 27 gennaio 2014, di (OMISSIS); allo (OMISSIS) quello di partecipe essendosi occupato di acquisto della droga su varie piazze alla distribuzione e anche allo spaccio, nel periodo di gestione di (OMISSIS); quanto a (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), ne e' evidenziato il ruolo di partecipi al clan concorrendo nella gestione dei covi "(OMISSIS)" di via (OMISSIS) e via (OMISSIS) utilizzati dall'associazione mafiosa per la custodia di droga e armi a disposizione del clan; (OMISSIS) quale partecipe coinvolto nella traffico di droga sull'asse (OMISSIS) e cassiere della (OMISSIS); (OMISSIS), quale partecipe, perche' coinvolto nella spaccio e consegna. Il reato associativo sub capo B), e' contestato come commesso in (OMISSIS) e altri comuni della provincia di (OMISSIS) in permanenza almeno fino a maggio 2019 e, quanto a (OMISSIS) dal 2014 in permanenza almeno fino a maggio 2019. La sentenza impugnata ha ritenuto compatibile il concorso fra i due reati associativi, escludendo la violazione del divieto di bis in idem, mancando, nel rapporto tra le due fattispecie associative, piena coincidenza degli elementi costitutivi "in quanto la contestata associazione di cui all'articolo 416-bis c.p. persegue scopi criminosi - quale ad es. il controllo da acquisire anche attraverso metodi intimidatori, di alcuni settori commerciali nel territorio di (OMISSIS) - del tutto diversi dal traffico di stupefacenti, che costituisce un ambito di operativita' in se', autonomamente strutturato ma organico all'associazione". In tale ipotesi, rileva la Corte di appello, correttamente vengono applicati i principi del concorso formale e, a tal riguardo, ha richiamato principi affermati nella giurisprudenza di questa Corte secondo cui e' configurabile il concorso tra un'associazione di stampo mafioso e un'associazione per delinquere dotata di un'autonoma struttura organizzativa che, avvalendosi del contributo di sodali anche diversi dai soggetti affiliati al sodalizio mafioso, persegua un proprio programma delittuoso (nella specie, traffico di sostanze stupefacenti), dalla cui attuazione discende il concomitante conseguimento dell'interesse del clan (Sez. 2, n. 41736 del 09/04/2018, M, Rv. 274077). La Corte di appello ha richiamato altro ricorrente principio secondo cui i reati di associazione per delinquere, generica o di stampo mafioso, concorrono con il delitto di associazione per delinquere dedita al traffico di sostanze stupefacenti, anche quando la medesima associazione sia finalizzata alla commissione di reati concernenti il traffico degli stupefacenti e di reati diversi (Sez. 6, n. 46301 del 30/10/2013, Corso, Rv. 258163). In conclusione, e' stato ritenuto configurabile il concorso formale tra il reato associativo sub capo A) e quello sub capo B) e la conseguente punibilita' degli imputati per entrambi i reati dal momento che il programma del sodalizio mafioso (sub capo A) abbraccia sia il traffico di stupefacenti che altri reati. I due reati sono stati poi unificati ai sensi dell'articolo 81 c.p., comma 2, ricorrendo la continuazione e il trattamento punitivo e' stato individuato in quella previsto per il reato, piu' gravemente punito, di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74. Secondo la tesi difensiva, invece, per i ricorrenti (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) la condotta che viene in rilievo, nelle due contestazioni, e' la medesima ed e' quella relativa al supporto fornito al gruppo che si occupava di spaccio che, tuttavia, viene addebitata ai ricorrenti anche come condotta partecipativa al reato associativo sub capo A). La prospettazione difensiva, ad avviso del Collegio, e' fondata non emergendo, rispetto agli elementi addebitabili a ciascun ricorrente ai fini della partecipazione all'associazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti, indici ulteriori di partecipazione anche all'associazione mafiosa. Ne consegue l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata in relazione al reato sub capo A) ascritto ai predetti imputati, con formula per non avere commesso il fatto e conseguente rideterminazione della pena. Per tali ricorrenti i motivi relativi alla contestazione delle aggravanti sub articolo 416-bis c.p., commi 4 e 6, sono assorbiti. Nella prospettiva della Corte di merito, ha assunto rilievo, ai fini della individuazione dell'idem factum, il rapporto tra fattispecie legali, escludendo, in applicazione dei principi di cui all'articolo 15 c.p., che si versi in ipotesi di concorso apparente bensi' in presenza di concorso formale di reati in quanto nel rapporto tra le due fattispecie manca la piena coincidenza degli elementi costitutivi ed essendo volte alla tutela di beni giuridici differenti. Piu' complessa l'analisi condotta nella sentenza di primo grado strutturata, ai fini del concorso tra fattispecie, sul concreto apporto dei singoli (pagg. 1024). In particolare, in fatto, tale sentenza ha rilevato che: - i due sodalizi erano riconducibili alla medesima reggenza dei fratelli (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); - era ravvisabile una parziale, ma importante sovrapposizione fra i soggetti attivi nell'una e nell'altra consorteria, fra i quali (OMISSIS) e (OMISSIS) cui vengono attribuiti compiti organizzativi sia nel settore della droga che in quelli del controllo delle attivita' economiche o delle azioni di carattere intimidatorio; - l'attivita' del riciclaggio dei proventi derivanti dal traffico di droga come dimostrato dai flussi finanziari gestiti sul conto di (OMISSIS); - la circostanza che nelle basi logistiche di via (OMISSIS) e Via (OMISSIS) destinati alla custodia dello stupefacente - in cui erano coinvolti (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) - sono state rinvenute anche le armi a disposizione della "(OMISSIS)", evidentemente affidate alla custodia dei predetti indagati in quanto organici al sodalizio; - la circostanza che (OMISSIS) gestisse la movimentazione di un conto corrente bancario riconducibile a (OMISSIS) e non solo per finanziare gli approvvigionamenti di droga sul mercato catanese ma per qualsivoglia esigenza del capomafia; - i membri del gruppo dedito agli stupefacenti mostravano il chiaro assoggettamento gerarchico ai fratelli (OMISSIS). La sentenza di primo grado ha valorizzato, in particolare, l'accertata custodia, nei medesimi covi, di droga e armi, la cui custodia era diretta ad agevolare l'operativita' dell'associazione mafiosa. Rileva il Collegio che, tuttavia, le sentenze in esame non hanno esaminato il tema posto dalla difesa sotto la prospettiva del ne bis in idem connesso all'esame del concorso formale alla stregua dei principi recati dalla sentenza della Corte costituzionale n. 200 del 2016. Secondo le Sezioni Unite di questa Corte, ai fini della preclusione connessa al principio del ne bis in idem, l'identita' del fatto sussiste quando vi sia corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona (Sez. U, n. 34655 del 28/6/2005, P.G. in proc. Donati ed altro, Rv. 231799). Si tratta di un'affermazione indiscussa alla quale ha aderito anche la giurisprudenza costituzionale con la richiamata sentenza n. 200 del 31 maggio 2016 che ha dichiarato illegittimita' costituzionale dell'articolo 649 c.p.p. limitatamente alla parte in cui esclude la medesimezza del fatto di reato per la sola circostanza che ricorra un concorso formale di reati tra res indicata e res iudicanda, per contrasto con l'articolo 4 del Protocollo n. 7 alla CEDU, che vieta invece di procedere nuovamente quando il fatto storico e' il medesimo. Rispetto alla esegesi svolta dai giudici del merito l'eccezione proposta dai ricorrenti va esaminata tenuto conto della nozione di idem factum e dei suoi criteri di individuazione. Come ben evidenziato nella sentenza del Giudice delle leggi, ai fini dell'applicazione dell'articolo 81 c.p., l'interprete deve, infatti, prioritariamente sciogliere il nodo dell'eventuale concorso apparente delle norme incriminatrici, nel quale vengono in rilievo gli elementi del fatto materiale giuridicamente rilevanti, e, fra questi, l'evento del reato, concetto, questo, che possiede un'accezione non meramente empirica ed in cui assume rilievo anche l'interesse giuridico tutelato. Tale operazione non esaurisce l'esame dell'interprete ai fini dell'applicazione del divieto di bis in idem anche nell'ipotesi in cui si sia in presenza di fattispecie penali che, sul piano astratto, si pongono in concorso formale tra loro. Il punto controverso nella giurisprudenza di legittimita' - al di la' della nitidezza dell'affermazione di principio contenuto nella risalente sentenza Donati - e posto alla base della sentenza della Corte Costituzionale del 2016, si gioca, in particolare, sulla incidenza dell'evento naturalistico e/o giuridico del reato e dell'interesse giuridico oggetto di tutela nell'ordinamento sulla nozione di idem factum e, quindi, nel discernimento, del rilievo (del limite) della qualificazione giuridica (l'idem legale) rispetto alla nozione storico-naturalistica alla quale rinvia la nozione di idem factum, inequivocabilmente posta a base del Protocollo a n. 4 alla CEDU. Orbene, la pronuncia del Giudice delle leggi ha riscontrato l'erroneita' dell'opinione prevalente nella giurisprudenza che concentra l'attenzione sulla dimensione giuridica del fatto e consente la celebrazione di un nuovo giudizio nei confronti dello stesso imputato quando siano differenti le norme giuridiche che lo incriminano, dando luogo ad un'ipotesi di concorso formale. Sulla base delle sollecitazioni provenienti dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo (Grande Camera, 10/2/2009, Zolotoukhine contro Russia), la Corte costituzionale ha quindi ribadito la necessita' di prendere in considerazione il fatto naturalistico nella sua materialita' e concretezza, da individuarsi in base alle coordinate spazio-temporali della sua commissione. Il Giudice delle leggi ha osservato che: "Il fatto storico-naturalistico rileva, ai fini del divieto di bis in idem, secondo l'accezione che gli conferisce l'ordinamento, perche' l'approccio epistemologico fallisce nel descriverne un contorno identitario dal contenuto necessario. Fatto, in questa prospettiva, e' l'accadimento materiale, certamente affrancato dal giogo dell'inquadramento giuridico, ma pur sempre frutto di un'addizione di elementi la cui selezione e' condotta secondo criteri normativi. Non vi e', in altri termini, alcuna ragione logica per concludere che il fatto, pur assunto nella sola dimensione empirica, si restringa all'azione o all'omissione, e non comprenda, invece, anche l'oggetto fisico su cui cade il gesto, se non anche, al limite estremo della nozione, l'evento naturalistico che ne e' conseguito, ovvero la modificazione della realta' indotta dal comportamento dell'agente. E' chiaro che la scelta tra le possibili soluzioni qui riassunte e' di carattere normativo, perche' ognuna di esse e' compatibile con la concezione dell'idem factum. Questo non significa che le implicazioni giuridiche delle fattispecie poste a raffronto comportino il riemergere dell'idem legale. Esse, infatti, non possono avere alcun rilievo ai fini della decisione sulla medesimezza del fatto storico. Ad avere carattere giuridico e' la sola indicazione dei segmenti dell'accadimento naturalistico che l'interprete e' tenuto a prendere in considerazione per valutare la medesimezza del fatto". Si trae dalle affermazioni della Corte costituzionale la conseguenza che, sebbene non riconosciuto espressamente dalla lettera della Costituzione, il principio del ne bis in idem sia "immanente alla funzione ordinante cui la Carta ha dato vita, perche' non e' compatibile con tale funzione dell'ordinamento giuridico una normativa nel cui ambito la medesima situazione giuridica possa divenire oggetto di statuizioni giurisdizionali in perpetuo divenire. Nel diritto penale, la Corte Costituzionale ha da tempo arricchito la forza del divieto, proiettandolo da una dimensione correlata al valore obiettivo del giudicato (sentenze n. 6 e n. 69 del 1976, n. 1 del 1973 e n. 48 del 1967) fino a investire la sfera dei diritti dell'individuo, in quanto "principio di civilta' giuridica" (ordinanza n. 150 del 1995; inoltre, sentenze n. 284 del 2003 e n. 115 del 1987), oltretutto dotato di "forza espansiva" (sentenza n. 230 del 2004), e contraddistinto dalla natura di "garanzia" personale (sentenza n. 381 del 2006)". Proseguendo nella disamina dei principi e del loro bilanciamento, la Corte ha inoltre osservato come "le sempre opinabili considerazioni sugli interessi tutelati dalle norme incriminatrici, sui beni giuridici offesi, sulla natura giuridica dell'evento, sulle implicazioni penalistiche del fatto e su quant'altro concerne i diversi reati, oggetto dei successivi giudizi, non si confanno alla garanzia costituzionale e convenzionale del ne bis in idem e sono estranee al nostro ordinamento" concludendo "in definitiva l'esistenza o no di un concorso formale tra i reati oggetto della res iudicata e della res iudicanda e' un fattore ininfluente ai fini dell'applicazione dell'articolo 649 c.p.p., una volta che questa disposizione sia stata ricondotta a conformita' costituzionale, e l'ininfluenza gioca in entrambe le direzioni, perche' e' permesso, ma non e' prescritto al giudice di escludere la medesimezza del fatto, ove i reati siano stati eseguiti in concorso formale. Ai fini della decisione sull'applicabilita' del divieto di bis in idem rileva infatti solo il giudizio sul fatto storico". Riconducendola all'ipotesi classica dell'articolo 649 c.p.p. (in presenza, cioe' di un giudicato) E, con chiarezza, rispetto alla situazione rimessa al giudizio, concludeva nei senso che l'autorita' giudiziaria "sara' tenuta a porre a raffronto il fatto storico, secondo la conformazione identitaria che esso abbia acquisito all'esito del processo concluso con una pronuncia definitiva, con il fatto storico posto dal pubblico ministero a base della nuova imputazione. A tale scopo e' escluso che eserciti un condizionamento l'esistenza di un concorso formale, e con essa, ad esempio, l'insieme degli elementi indicati dal rimettente nel giudizio, principale quali la natura del reato; il bene giuridico tutelato; l'evento in senso giuridico". E', dunque, alla luce di tali coordinate che devono essere esaminate le argomentazioni svolte nella sentenza impugnata in risposta alle deduzioni difensive soprattutto nella parte in cui sono stati richiamati risalenti principi giurisprudenziali che devono essere attualizzati sulla scorta di questa nuova cornice che, al di la' di incertezze pure segnalate dalla dottrina, costituisce un imprescindibile punto di arrivo del sistema nella individuazione dell'idem factum come fatto storico, che va accertato, in riferimento alla singola posizione dell'imputato, con riferimento alle specifiche contestazioni potendo, invece, sicuramente escludersi l'idem factum in presenza di contestazioni di condotte che abbiano diversa perimetrazione temporale. Una simile evenienza, che sarebbe ostativa ex se all'applicazione del divieto di bis in idem, deve certamente escludersi, con riguardo alla posizione degli imputati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), con riferimento ai quali, i fatti oggetto di addebito nelle due contestazioni per reato associativo si concentrano (e coincidono) con le attivita' poste in essere negli anni 2015 e seguenti, oggetto di intercettazione. I giudici di appello hanno valorizzato, al fine di scongiurare il rischio di una inammissibile duplicazione di processo per i medesimi fatti, la diversita' dei ben giuridici oggetto dei reati ed hanno insistito sulla configurabilita' del concorso tra un'associazione di stampo mafioso e un'associazione per delinquere che, avvalendosi del contributo di sodali affiliati al sodalizio mafioso, persegue un programma delittuoso, imperniato sul traffico di stupefacenti, dalla cui attuazione discende il concomitante conseguimento dell'interesse del clan non potendo configurarsi la violazione del ne bis in idem, mancando, nel rapporto tra le due fattispecie associative, piena coincidenza degli elementi costitutivi. Ma non si tratta di una conclusione valida in generale e in astratto. Diversamente e' a dirsi, invece, quando, come nel caso in esame con riferimento ai ricorrenti (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), si registra una piena coincidenza e corrispondenza tra la condotta materiale oggetto di addebito, quali componenti dell'associazione dedita allo spaccio, e quella partecipativa degli imputati al reato associativo di cui al capo A), condotte materiali, storiche e fattuali perfettamente sovrapponibili. In tal caso si seguirebbe un approccio formalistico e si assumerebbe a parametro dell'idem factum una nozione astratta dell'evento limitandosi ad affermare che le condotte ledono beni giuridici non coincidenti anche perche' la tutela del bene salute, che rientra nello spettro di tutela della previsione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, si accompagna, anche in tale fattispecie incriminatrice, alla tutela del bene ordine pubblico. I fatti ricostruiti nella loro concreta dimensione fenomenica e materiale posti a base della dichiarazione di responsabilita' degli imputati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) non possono essere sussunti, ostandovi il divieto di bis in idem, nel reato sub capo A) non emergendo ulteriori indici della partecipazione al reato di mafia, ma esclusivamente in relazione al reato di cui al capo B) avendo fornito, come di seguito precisato, un apprezzabile e consapevole contributo al conseguimento delle finalita' tipiche dell'organizzazione intesa allo spaccio ancorche' asservita alla realizzazione del profitto a vantaggio dell'associazione mafiosa, aspetto, questo, che rientra nel focus soggettivo e oggettivo dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p.. Deve, infine, precisarsi che gli altri ricorrenti, anche in fattispecie apparentemente simili a quella di ricorrenti innanzi indicati, non hanno specificamente posto il tema della violazione del bis in idem limitandosi a contestare la configurabilita' dei reati e la sussunzione delle condotte accertate nelle fattispecie incriminatrici, anche contestandone il concorso, senza porre specificamente il tema della violazione di legge, in relazione all'articolo 649 c.p.p. che, pertanto, in applicazione principio devolutivo dell'impugnazione, non e' stata oggetto di esame. 9.Con riguardo ai motivi di ricorso che investono il trattamento sanzionatorio, perche' eccessivo; al diniego di applicazione delle circostanze attenuanti generiche; al giudizio di bilanciamento tra circostanze ordinarie e alla misura dell'aumento a titolo di continuazione fra reati prospettati sotto plurimi aspetti quali il vizio di violazione di legge, in relazione agli articoli 62-bis, 81 e 133 c.p., nonche' il vizio di motivazione, anche per omesso esame delle deduzioni difensive a riguardo, va, in generale, rilevato che si tratta della denuncia di vizi che involgono un profilo della regiudicanda, rimesso all'esclusivo apprezzamento del giudice di merito e sottratto a scrutinio di legittimita' quando risulti sorretto da esauriente e logica motivazione. Nel caso della sentenza in esame la motivazione risulta incentrata sul complessivo giudizio di gravita' dei fatti, i negativi precedenti penali, plurimi ed anche specifici, a carico degli imputati e, infine, il giudizio negativo sulla loro personalita', quale evincibile dai fatti e dalla loro dinamica, il piu' delle volte perdurante nel tempo e, dunque espressiva di un piu' elevato giudizio di pericolosita' sociale collegato alla capacita' a delinquere di ciascuno. Puo' ritenersi, pertanto, che la Corte territoriale ha fatto buon governo delle regole rimesse all'apprezzamento del giudice del merito nell'esercizio del potere sanzionatorio effettuando una globale valutazione del fatto e della personalita' dell'imputato, esprimendo sul punto una ragionata motivazione che non e' inficiata sol perche' il giudice non abbia preso in considerazione tutti i parametri indicati dall'articolo 133 c.p. purche', come nel caso in esame, abbia valorizzato anche aspetti soggettivi che orientano la scelta del trattamento punitivo. Al confronto con tali argomenti appaiono meramente assertivi, in chiave di pretesa minore gravita' del fatto, i motivi di ricorso che denunciano la eccessivita' della pena, ovvero la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, soffermandosi ora sull'"asprezza" del trattamento sanzionatorio ora evocando il contributo modesto o talvolta marginale, o addirittura lieve prestato al sodalizio ora il contenuto arco temporale dell'adesione al gruppo ora il comportamento processuale enucleando parametri di valutazione che non possiedono maggiore e o migliore efficacia dimostrativa della capacita' a delinquere degli imputati rispetto a quelli valorizzati dai giudici del merito. 10. Le posizioni dei singoli ricorrenti. 10.1. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile. I motivi di ricorso che contestano il giudizio di responsabilita' sono generici e consistono nella mera riproduzione dei motivi di impugnazione che la Corte di merito ha compiutamente esaminato facendo corretta applicazione delle coordinate ermeneutiche (descritte al punto 7. del Considerato in diritto) ai fini della configurabilita' del consapevole contributo partecipativo del ricorrente al reato associativo di cui al capo B). In particolare, non hanno fondamento le censure che contestano la "cripticita'" delle conversazioni intercettate e la erronea valutazione della "presenza", asseritamente saltuaria, del ricorrente nella base logistica di via (OMISSIS) e di quella di via (OMISSIS), presenze collegate, nella prospettazione difensiva, all'acquisto di stupefacenti dei quali il ricorrente e' assuntore e alla circostanza che egli si recava in via (OMISSIS) perche' ivi abitano i congiunti. La Corte di merito (pag. 172 e ss.) ha evidenziato come il ricorrente abbia fatto riferimento (cosi' con il ricorso) ad un'unica conversazione (in questa sede si tratta di due conversazioni del 18 febbraio 2017 e 8 aprile 2017) isolandole pero' dall'intero compendio intercettativo che comprende numerose conversazioni (a partire dal 27 settembre 2016) affatto riconducibili alla "mera frequentazione fra congiunti", con il cugino, (OMISSIS), o a frequentazioni con (OMISSIS) e (OMISSIS) determinate dall'acquisto di droga per uso personale. Risulta corretta l'affermazione della Corte di merito secondo la quale il ricorso al linguaggio criptico, immediatamente chiaro ai loquenti, denota il carattere illecito dell'oggetto delle conversazioni che devono essere correlate le une alle altre e con gli altri elementi acquisiti per inferirne il contenuto che, per quanto concerne i frequenti rapporti e contatti fra il ricorrente e i sodali dell'associazione, (OMISSIS) e (OMISSIS), preposti alle attivita' di organizzazione dello spaccio, non appare sovrapponibile a lecite attivita' occultando, viceversa, la gestione di affari illeciti ne' tale contenuto rimanda a mere operazioni di acquisto di droga da parte del ricorrente quanto piuttosto al suo coinvolgimento nelle operazioni di procacciamento della droga, consegna ai correi e, in altre circostanze, cessione a terzi. Ad affari illeciti inequivocabilmente rimanda la conversazione, intervenuta con (OMISSIS) il 18 febbraio 2017 nel corso della quale (OMISSIS) rimproverava il ricorrente per il ritardo ma gli raccomandava, con una certa insistenza - si precisa in sentenza - di stare attento e farsi un giro con un chiaro significato di controllare attivita' di polizia in corso e, cosi', ulteriori conversazioni e contatti con (OMISSIS) che ruotano intorno ad incontri per scambi di "cose" portate da (OMISSIS) al (OMISSIS); il coinvolgimento dell' (OMISSIS) in operazioni di "preventivi"; appuntamenti presso il "covo" (cosi' testualmente nelle conversazioni) e, infine, a dimostrazione della conoscenza, da parte del ricorrente, del sistema di gestione dei flussi facenti capo all'associazione, il contenuto della conversazione del 10 aprile 2017 che la Corte di appello legge in una a quella dell'8 aprile 2017 e dalle quali emerge il contrappunto mostrato dall'imputato in merito all'arrivo e ritardo di (OMISSIS), che gestiva i flussi del conto corrente in uso all'associazione, atteggiamento incompatibile con le asserite operazioni di acquisto di droga per uso personale. Ne' e' provata una causale lecita sottostante ai rapporti finanziari con il (OMISSIS). 10.1.1. Anche il secondo motivo di ricorso e' manifestamente infondato poiche' la sentenza impugnata, con riferimento alla qualificazione giuridica del fatto ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, ha evidenziato, rispetto alla deduzione difensiva che non era accertato il quantitativo degli approvvigionamenti di droga, che era, invece, accertata la capacita' di approvvigionamento continuo e sistematico di sostanze stupefacenti in piu' zone della Sicilia ed anche fuori da tale regione (in Campania), modalita' incompatibile con una organizzazione volta alla commissione di fatti di lieve entita'. 10.2. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio nei confronti di (OMISSIS) in relazione all'aggravante di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2022, articolo 71, che va eliminata, nonche' con riferimento al reato di cui alla L. n. 895 del 1967, articoli 2 e 7, come contestato al capo W), relativamente alla detenzione di arma comune da sparo perche' assorbito in quello di detenzione di arma clandestina oggetto di contestazione al capo TT) riqualificando, altresi', la condotta di detenzione di munizioni ai sensi dell'articolo 697 c.p. aggravato ai sensi dell'articolo 416-bis.1 c.p. con rinvio, per la rideterminazione della pena in relazione tale reato contravvenzionale alla Corte di Assise di Caltanissetta. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile nel resto. 10.2.1. Il secondo motivo di ricorso, di cui si e' (sopra al p. 6) denunciato l'errore metodologico con conseguente declaratoria di manifesta infondatezza e' anche generico perche' riproduce motivi di impugnazione che la Corte di merito, in linea con le valutazioni compiute nella sentenza di primo grado, ha compiutamente esaminato facendo corretta applicazione delle coordinate ermeneutiche (descritte al punto 7. del Considerato in diritto) ai fini della configurabilita' del consapevole contributo partecipativo del ricorrente al reato associativo di cui al capo A). Va solo precisato che, diversamente che per gli altri imputati in relazione ai quali e' stato esaminato il tema della violazione del divieto di ne bis in idem, il ricorrente non ha specificamente proposto tale motivo. Anche ai fini dell'esame del vizio di violazione di legge, il ricorso deve, infatti, essere specifico non essendo sufficiente, a connotarlo in termini di specificita', il mero richiamo al capo della decisione (nella specie, la condanna per il reato di cui al capo A) ma necessario il riferimento alle norme di legge che si assumono violate. La condanna del ricorrente per il reato associativo di cui al capo A) e' pienamente giustificata in ragione del suo contributo strutturato sulle condotte in materia di stupefacenti, traffico nel quale il ricorrente era versato. Il ricorrente ha evidenziato come, rispetto ad una contestazione che parte dall'anno 2012, non ne viene registrato alcun contributo fattivo tenuto conto del periodo di detenzione subito; che, in altro processo, e' stata esclusa a suo carico l'aggravante di cui all'articolo 416-bis. 1 c.p. contestatagli sulla base delle stesse dichiarazioni, valorizzate nella sentenza impugnata, dei pentiti. Il ricorrente, infine, ritiene che sia irrilevante la sua presenza nel "covo" di via (OMISSIS), giustificata dalle sue frequentazioni extra coniugali e non configurabile il coinvolgimento nei reati-fini dell'associazione, perche' sussumibili in una forma di connivenza non punibile o, comunque, estranei al suo contributo. La Corte di appello (pagg. 161 e ss.) pur dando atto della genericita' dei motivi di impugnazione, per il mancato confronto con le evidenze di prova illustrate nella sentenza di primo grado, ha ricostruito i colloqui (intercettati) del ricorrente intercorsi con (OMISSIS) e (OMISSIS) e ne ha ricostruito il rapporto a doppio filo con il (OMISSIS), rapporto che consente di approfondire, e conferire maggiore significato, alla presenza del ricorrente nel covo di via (OMISSIS) dove era in corso una intensa attivita' illecita che, secondo la sentenza impugnata, preoccupava (OMISSIS) che si riprometteva di parlare della cosa con (OMISSIS). La Corte di merito ha esaminato, inoltre, i rapporti del ricorrente con (OMISSIS), meglio descritti in prosieguo, riconducibili ad attivita' in materia di stupefacenti di cui il (OMISSIS) era fornitore e cessionario, non mancando di evidenziare che effettivamente (OMISSIS) non fa riferimento al ricorrente come partecipe del reato associativo, discrasia spiegata con il fatto che (OMISSIS) non aveva conoscenza, per la brevita' e caratteristiche della sua partecipazione dell'organigramma associativo, ma non certificativa della mancata partecipazione del ricorrente all'associazione stessa, secondo l'interpretazione proposta con il ricorso. Si sono illustrate ai punti 6.1. e 6.2 del Considerato in diritto le ragioni che hanno giustificato, secondo le corrette argomentazioni dei giudici del merito, la sussistenza delle aggravanti di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 4 e 6, con ragioni pienamente estensibili al ricorrente che, del resto, frequentava il covo di via (OMISSIS) dove, in esito alla irruzione dell'8 novembre 2016, venivano rinvenute droga e armi (una pistola cal. 7,65 e munizioni), argomento che refluisce anche in punto di responsabilita' del reato di cui al capo A) potendo ricondursi all'imputato la gestione del "covo" e di quanto in esso rinvenuto. 10.2.2. Il quarto motivo di ricorso e' generico e manifestamente infondato. Si sono illustrate, al punto 7. del Considerato in diritto, le ragioni per le quali la Corte di merito, con corrette argomentazioni giuridiche, ha ritenuto sussistente il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, in presenza della esistenza (comprovata dalle intercettazioni; dei servizi di osservazione; delle risultanze delle operazioni di perquisizione e sequestro) di una struttura operativa alla quale era riconducibile una seriale e continuativa attivita' di reperimento, acquisto, stoccaggio e vendita di stupefacenti, associazione alla quale e' riconducibile il contributo partecipativo dell'imputato piuttosto che l'ipotesi della "connivenza non punibile", allegata in ricorso. Infatti, la Corte (pag. 167) ha valorizzato i contatti del ricorrente con (OMISSIS) e, a comprova del contributo partecipativo dell'imputato, ha evidenziato la conversazione dell'8 ottobre 2016, in cui (OMISSIS), fratello di (OMISSIS), lamentava il comportamento di questi e di (OMISSIS) e il ricorrente lo rassicurava dicendogli che "avrebbe provveduto a metterli a posto". "Ricompaiono", osserva la sentenza di appello, "il linguaggio e le gerarchie tipiche dell'organizzazione mafiosa in cui l'imputato occupava un posto di rilievo tanto da poter intervenire su persone collocate ad un piu' basso livello dell'organizzazione piramidale". Inoltre, la Corte ne ha descritto il commento in occasione della perdita della droga, sequestrata nel covo di via (OMISSIS), sul mancato pagamento di questo dovuto al (OMISSIS), al quale il ricorrente si riprometteva di "rifilare un bel tappo" non pagandogli quanto ancora dovuto, proposito che ne esprimeva non solo la consapevolezza della perdita della droga ma la gestione, in prima persona, delle implicazioni di tale vicenda e dei suoi costi economici. Al di la' della sinteticita' della motivazione della Corte in merito alle aggravanti (del numero delle persone, coinvolte nel reato associativo sub capo B) e dell'automatica sussistenza anche dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. (in tal senso la sentenza impugnata a pag. 168) la ricostruzione svolta al punto 7.2 del Considerato in diritto e gli elementi in fatto illustrati nella sentenza impugnata danno pienamente conto della sussistenza degli elementi che integrano l'aggravante dell'agevolazione mafiosa a carico dell'imputato, ritenuto responsabile anche del reato di cui al capo A) e a pieno titolo coinvolto, con un ruolo affatto marginale, nella gestione del covo e nella rivendicazione delle conseguenze connesse alla perdita della droga. Manifestamente infondato il motivo di ricorso sub 9, con il quale il ricorrente censura la mancata riqualificazione del fatto ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6. A tal riguardo e' sufficiente richiamare le considerazioni svolte al punto 7.3 del Considerato in diritto, immediatamente applicabili all'imputato in ragione degli elementi quantitativi del traffico che concernono i reati ascrittigli ai capi RR) e SS). 10.2.3. (OMISSIS) risponde, altresi', del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4 e articolo 80 (capo RR); del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 (capo SS) e dei reati in materi di armi (contestati ai capi W), TT e UU) che fanno riferimento al rinvenimento di droga (52 chilogrammi di hashish; 920,2 gr. di cocaina; una pistola semiautomatica, con matricola abrasa, marca "Attila fleg" e 16 cartucce di vario genere nonche' materiale di taglio e confezionamento) in occasione della perquisizione eseguita l'8 novembre 2016 nel cd. covo di via (OMISSIS). A queste contestazioni fanno riferimento, in punto di responsabilita', configurabilita' dei reati e delle aggravanti, i motivi di ricorso sviluppati sub 5), 6) 7) e 8), motivi che involgono problematiche comuni e che, pertanto, possono essere trattati congiuntamente. Le prospettazioni difensive svolte dal ricorrente a confutazione del giudizio di colpevolezza per la riconducibilita' del possesso di droga (hashish e cocaina) e armi (l'occasionale presenza dell'imputato presso il covo, dovuta alla necessita' di riparare in un immobile per gestire le sue relazioni extraconiugali; la circostanza che (OMISSIS) lo avesse scagionato dall'essere correo nella detenzione) si risolvono in inammissibili motivi volti a contrastare le argomentazioni con le quali i giudici di merito hanno gia' disatteso le tesi della difesa escludendo che la presenza del ricorrente nel covo di via (OMISSIS) fosse tutt'altro che occasionale e la credibilita' del (OMISSIS), che lo ha scagionato. La sentenza impugnata ha evidenziato che l'irruzione era stata preceduta da osservazioni, durate circa una settimana, che constatavano la ricorrente presenza dell'imputato nel covo (v. pag. 878 della sentenza di primo grado in piu' occasioni, perlomeno il 31 ottobre, occasione in cui apre, con le chiavi in suo possesso, il portone dello stabile; il 2 novembre; il 3 novembre, anche in piu' occasioni, sempre utilizzando la chiave in suo possesso per aprire il portone e portando in mano un vasetto che sembrava contenere mannitolo; il 5, 6 e 7 novembre). Le valutazioni della Corte di merito, lungi dal connotarsi come manifestamente illogiche, sono precise, con riferimento alle circostanze di fatto che hanno accertato la ricorrente presenza dell'imputato nel covo di cui il ricorrente propone una diversa e alternativa lettura con un'operazione che non e' sperimentabile in questa sede anche tenuto conto che il legame di parentela dell'imputato con (OMISSIS) finisce con il condizionarne, in senso negativo, il giudizio di attendibilita'. Ma e' esaustiva, a smentita della riduttiva versione che il ricorrente propone, la circostanza che, come si e' anticipato trattando le sue argomentazioni difensive in relazione al reato associativo, l'imputato "rivendica", rovesciandole a danno del (OMISSIS), le conseguenze economiche negative della perdita della droga, un'operazione che puo' compiere solo il soggetto che ne aveva la disponibilita' e corrispondente al suo potere dispositivo. I motivi di ricorso che contestano la sussistenza delle aggravanti (quella di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80 in relazione al reato di cui al capo RR) e quella di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. per tutti i reati sono manifestamente infondati. L'applicazione dell'aggravante, nel caso in esame, a prescindere dall'ampiezza del superamento del valore soglia, appare pienamente giustificata, in relazione alla obiettiva gravita' del fatto, a fronte del numero davvero imponente di dosi (281.044) che potevano estrarsi dall'hashish caduto in sequestro. Sull'aggravante della finalita' agevolativa di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. si rinvia, fermi i requisiti per la configurabilita' dell'aggravante innanzi illustrati, alle circostanze di fatto ed alla intervenuta condanna, per il ricorrente, in relazione al reato di cui al capo A). Non hanno fondamento giuridico, le deduzioni difensive sulla configurabilita' e sussistenza del reato di cui all'articolo 648 c.p., fattispecie che e' ritenuta pacificamente sussistente in presenza di arma abrasa poiche' il possesso di un'arma clandestina integra di per se' la prova del delitto di ricettazione, poiche' l'abrasione della matricola, che priva l'arma medesima di numero e dei contrassegni di cui alla L. 18 aprile 1975, n. 110, articolo 11, essendo chiaramente finalizzata ad impedirne l'identificazione, dimostra, in mancanza di elementi contrari, il proposito di occultamento del possessore e la consapevolezza della provenienza illecita dell'arma (Sez. 1, n. 37016 del 28/05/2019, Spina, Rv. 276868). 10.2.4. E' fondato il motivo di ricorso sub 7, in merito al reato di detenzione dell'arma comune da sparo, ascritto al ricorrente al capo W), in applicazione della regula iuris secondo cui il reato di cui alla L. n. 895 del 1967, articoli 2 e 7 come sostituiti dalla L. n. 497 del 1974, articoli 10 e 14, deve ritenersi assorbito in quello di detenzione di arma clandestina, di cui alla L. 18 aprile 1975, n. 110, articolo 23, commi 1 e 3, per il quale e' intervenuta condanna al capo sub TT). Ne consegue la riqualificazione della detenzione delle munizioni indicata al capo W) ai sensi dell'articolo 697 c.p., aggravato ex articolo 416-bis 1, c.p. con rinvio per la rideterminazione della pena per detto reato, come ritenuto, ad altra Sezione della Corte di appello di Caltanissetta. Deve rilevarsi che la sentenza impugnata ha ricondotto a mesi uno di reclusione l'aumento di pena per il reato di cui al capo W), valorizzando anche la natura clandestina dell'arma, mentre per ciascuno dei reati sub capi RR), SS) e TT) ha determinato, per ciascuno, la pena di giorni dieci di reclusione. La pena per il reato contravvenzionale deve, pertanto, essere rideterminata con un'operazione che, involgendo una operazione di carattere discrezionale, non puo' essere compiuta da questa Corte. 10.2.5. E' fondato, ma in concreto privo di rilevanza sulla determinazione della pena il terzo motivo di ricorso. All'imputato sono state applicate, con giudizio di equivalenza, a meno che con l'aggravante ad effetto speciale di cui all'articolo 416-bis.1 c.p., le circostanze attenuanti generiche. La Corte di merito (pag. 169) ha ritenuto irrilevanti le aggravanti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80 in relazione alla detenzione dell'hashish e quella di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 71, non esaminandone la sussistenza perche' la questione era assorbita e sul rilievo che il giudizio di equivalenza andava confermato con riferimento alle circostanze non contestate (il Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80, in relazione alla detenzione di cocaina; quelle di cui all'articolo 416-bis c.p., commi 4 e 6, oltre alla recidiva specifica, reiterata e infraquinquennale). Premesso che, su piano ontologico, altra cosa, rispetto al giudizio di bilanciamento, e' la valutazione della sussistenza o meno di una circostanza aggravante, l'aggravante di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 71, non potrebbe ritenersi correttamente applicata in carenza dell'esame del motivo di impugnazione con il quale il ricorrente ne contestava la sussistenza. Ma, come anticipato, si tratta di un rilievo superato dall'operazione di determinazione della pena poiche' la Corte di merito (cfr. pag. 169) ha escluso la predetta aggravante (irrilevanti, le ragioni corrette o meno di tale affermazione) confermando il giudizio di bilanciamento "solo" con le residue aggravanti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80, in relazione alla detenzione di cocaina; quelle di cui all'articolo 416-bis c.p., commi 4 e 6, oltre alla recidiva specifica, reiterata e infraquinquennale. 10.2.6. Gli ulteriori rilievi difensivi, sulla mancata applicazione della prevalenza delle generiche; determinazione della pena per il reato sub capo A) e aumento per la continuazione (motivi sub 10) sono manifestamente infondati. Le argomentazioni della Corte di merito - l'oggettiva gravita' della condotta sub capo SS) per la tipologia e qualita' della droga detenuta (gr. 920 di cocaina); le considerazioni sulla personalita' criminologica dell'imputato, in ragione dei suoi precedenti; la misura di pena applicata in aumento per il capo A) (contenuta in mesi 5) di reclusione) non consentono di ritenere che il giudice abbia fatto malgoverno dei poteri discrezionali riconosciutigli dall'articolo 133 c.p. e men che mai che sia stata applicata la pena, prevista per la partecipazione all'associazione armata dopo l'aumento per le condotte successive al 2015. 10.3. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio nei confronti di (OMISSIS), in relazione al reato di cui agli articoli 110, 648-ter.1 c.p. riqualificato ai sensi dell'articolo 648-bis c.p.. Il ricorso di (OMISSIS) deve essere rigettato nel resto. 10.3.1 Non e' fondata ed e' stata correttamente impostata nella sentenza impugnata (pag. 180 e ss.) la censura del ricorrente sulla pretesa diversita' dei fatti contestatigli ai capi JJJ), relativo alla intestazione fittizia della societa' (OMISSIS) (costituita il 29 settembre 2014) e le condotte di autoriciclaggio (articolo 648-ter.1 c.p.) ascrittegli al capo KKK). Il tema, cosi' come proposto, e' estraneo alla fattispecie processuale della diversita' del fatto e rimanda, invece, alla valutazione delle risultanze probatorie acquisite attraverso le operazioni di intercettazioni telefoniche, eseguite nel periodo 6 ottobre 2015/19 maggio 2016, che sono effettivamente successive alla costituzione della societa' (OMISSIS) s.r.l.s. di cui era formalmente unico titolare (al 100% delle quote) (OMISSIS), figlio del ricorrente e amministratrice la moglie del ricorrente ( (OMISSIS)). Le conversazioni intercettate sono, tuttavia, utili per comprovare l'operazione di ingresso, nel capitale della societa' gia' costituita nel 2014, di (OMISSIS) e (OMISSIS) e le attivita' di gestione della discoteca (OMISSIS), riconducibili sia all'odierno ricorrente che a (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) nel periodo autunno/inverno 2015. (OMISSIS) (e non il figlio, titolare formale delle quote societarie) e' l'autore dei contatti funzionali alle operazioni necessarie per realizzare l'ingresso occulto dei (OMISSIS) nel capitale sociale della (OMISSIS) s.r.l. ed e' il soggetto che aveva perfetta conoscenza della identita' dei soci e delle loro caratteristiche soggettive e, quindi, pienamente consapevole che le operazioni svolte erano funzionali a celare l'ingresso dei soci nel capitale sociale al fine di eludere l'applicazione di misure di prevenzione patrimoniale. In poche parole, l'imputato s(e' adoperato per portare a termine le operazioni di ingresso di nuovi soci nella societa' del figlio, gia' operativa, lasciandone immutata la titolarita' formale in capo a (OMISSIS) che acquistava, cosi' il ruolo di soggetto interposto. La sentenza impugnata, a questo fine, ha riprodotto le conversazioni intercettate che documentano le operazioni di trasferimento di denaro verso l'imputato finalizzate all'ingresso nel capitale sociale: di rilievo, ai fini che ci occupano, quella del 16 ottobre 2015, nel corso della quale, dopo alcune conversazioni in cui si discuteva espressamente della regolarizzazione cartolare della societa', (OMISSIS) comunicava a (OMISSIS) l'avvenuta consegna del denaro all'imputato. Questa e' solo la prima di una serie di conversazioni dalle quali emergono le richieste di consegna di denaro, per partecipare alla titolarita' della societa' e, infine, anche alla gestione, richieste avanzate da (OMISSIS) a (OMISSIS) e da questi "girate" a (OMISSIS). Rileva la Corte di appello come non si sia trattato di un investimento ingente e, del resto, le questioni ben presto insorte fra (OMISSIS) e i fratelli (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), avevano riguardato i mancati stellari introiti che gli investitori si erano immaginati e che non trovavano corrispondenza negli incassi effettivi. Le questioni culminavano nell'aggressione a mano armata consumata da (OMISSIS) ai danni di (OMISSIS), riprodotta nella conversazione intercettata il 19 maggio 2016 (pagg. 216 e ss. della sentenza impugnata). La conversazione segue quelle, di cui e' spesso autore (OMISSIS), sui mancati introiti (sperati) dalla gestione della discoteca e la pretesa di (OMISSIS) di avere in restituzione le somme sborsate. Nel corso della conversazione del 19 maggio 2016, (OMISSIS) intimava a (OMISSIS) di fargli avere indietro i soldi perche' aveva un assegno in scadenza aggiungendo che, se fosse andato protestato, lo avrebbe distrutto e gli avrebbe sparato quattro colpi. Premesso che il reato di trasferimento fraudolento di valori di cui all'articolo 512-bis c.p., funzionale all'operazione di ingresso dei fratelli (OMISSIS) nella societa' (OMISSIS) s.r.l. cosi' schermata, ha natura istantanea con effetti permanenti, il reato e' configurabile non solo in fase di creazione ab origine di una societa' ma anche nel caso di operazioni economiche volte a realizzare una modifica della compagine sociale attraverso il conferimento di capitali, compagine in cui subentra un nuovo soggetto. Le operazioni di intercettazione documentano inequivocabilmente, il riferimento al subingresso nelle quote societarie - ovviamente mascherato e non dichiarato - di (OMISSIS) e (OMISSIS), con perfetta sovrapposizione alla contestazione, che reca l'indicazione della commissione del fatto in epoca prossima e successiva al 29 settembre 2014, data di costituzione della societa', e sino al novembre 2015. Come noto, il delitto di trasferimento fraudolento di valori di cui all'articolo 512-bis c.p. non ha natura di reato plurisoggettivo improprio, ma rappresenta una fattispecie a forma libera in cui la condotta di concorso puo' realizzarsi attraverso forme variegate: nel caso in esame, l'imputato, che non era il titolare interposto del bene, ha fornito il suo contributo consapevole alla consumazione del reato occupandosi delle operazioni funzionali alla realizzazione dell'ingresso, schermato, dei (OMISSIS) nella titolarita' della societa' (che restava formalmente intestata al figlio e non modificata) al fine di eludere misure ablatorie delle quali i (OMISSIS) potevano essere destinatari. Anche se le successive operazioni commerciali risultanti dalle intercettazioni, che attengono alla normale dinamica societaria nelle quali il ricorrente e' pure coinvolto, non sono direttamente riferibili alla commissione del reato, ormai perfezionatosi, esse sono nondimeno rilevanti a comprova dell'effettivita' dell'ingerimento del (OMISSIS) nella gestione dell'attivita' economica facente capo alla societa', per come si evince dai contatti frequenti con (OMISSIS) per seguire l'organizzazione delle serate danzanti, e che corrispondono all'esercizio effettivo dei poteri gestori derivanti dalla partecipazione alla societa'. 10.3.2. Da tanto consegue anche la infondatezza del secondo motivo di ricorso proposto da (OMISSIS) poiche' appaiono pienamente integrati, attraverso le descritte condotte sorrette dal necessario coefficiente psicologico, tutti gli elementi costitutivi del reato al cui perfezionamento non osta che l'imputato avesse comunque investito nell'iniziativa proprie somme. 10.3.3. E', inoltre, accertato dalle conversazioni innanzi riportate che l'imputato ha ricevuto dai fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS) e impiegato nel finanziamento della societa' e nella gestione delle attivita' economiche facenti capo alla (OMISSIS) s.r.l. somme di denaro, per lo piu' in contante o costituite da assegni sottoscritti da altre persone, derivanti dalle illecite attivita' dei fratelli (OMISSIS) in quanto provento dei guadagni di traffico di stupefacenti o altre attivita' illecite, illecite attivita' alle quali l'imputato era estraneo, come precisato fin dal capo di imputazione. Tale condotta integra, piuttosto che il concorso nel delitto di autoriciclaggio, ascrivibile a (OMISSIS) che, nella partecipazione alla societa' aveva investito i guadagni derivatigli dalle illecite attivita' svolte con il traffico di droga ed estorsioni, il reato di riciclaggio previsto dall'articolo 648-ter c.p.. Il reato di cui all'articolo 648-ter.1 c.p. e' un delitto a forma libera realizzabile attraverso condotte caratterizzate da un tipico effetto dissimulatorio e finalizzate ad ostacolare l'accertamento o l'astratta individuabilita' dell'origine delittuosa del denaro, dei beni o delle altre utilita' che si intendono occultare. E' un reato proprio, attribuibile, cioe' al soggetto che abbia commesso il reato presupposto, fonte degli illeciti guadagni poi reinvestiti. Si e', tuttavia, discusso in ordine alla qualificazione giuridica della condotta posta in essere dal soggetto extraneus (ovvero che non abbia commesso, ne' concorso a commettere, il delitto non colposo presupposto), il quale abbia fornito un contributo concorsuale causalmente rilevante alla condotta di autoriciclaggio posta in essere dal soggetto intraneus. (ovvero che abbia commesso o concorso a commettere il delitto non colposo presupposto). E', questo, un tema controverso al quale la giurisprudenza di questa Corte ha dato una risposta non univoca, come precisato anche nella sentenza impugnata. Il Collegio ritiene di aderire all'orientamento secondo cui in tema di autoriciclaggio, il soggetto che, non avendo concorso nel delitto-presupposto non colposo, ponga in essere la condotta tipica di autoriciclaggio o contribuisca alla realizzazione da parte dell'autore del reato - presupposto delle condotte indicate dall'articolo 648-ter.1 c.p., risponde di riciclaggio e non di concorso nel delitto di autoriciclaggio essendo questo configurabile solo nei confronti dell'intraneus. (Sez. 2, n. 17235 del 17/01/2018, Tucci, Rv. 272652). Risolutivo, nel percorso ermeneutico tracciato da tale decisione ai fini della qualificazione giuridica della condotta, il rilievo che per il soggetto che non abbia preso parte al reato-presupposto, ed abbia successivamente posto in essere una condotta lato sensu riciclatoria (tipica, ex articolo 648-ter.1 c.p., od anche atipica), agendo in concorso con l'intraneus chiamato a rispondere di autoriciclaggio sarebbe sottoposto ad un trattamento punitivo meno severo ma, soprattutto, il rilievo che la condotta dell'extraneus, che pacificamente prima della introduzione del reato di autoriciclaggio si riteneva integrasse il delitto di cui all'articolo 648-ter c.p. sarebbe sostanzialmente abrogata. D'altro canto, prima dell'introduzione dell'articolo 648-ter.1 c.p. nessun dubbio era mai stato nutrito con riferimento alla configurabilita' del reato previsto e punito dall'articolo 648-bis c.p. in casi nei quali l'autore del delitto-presupposto, pur non punibile, avesse fornito un contributo rilevante alla condotta tipica del riciclatore extraneus; ed, invero, il concorso nell'attivita' riciclatoria del soggetto responsabile del reato presupposto e', secondo l'id quod plerumque accidit, ordinario (essendo naturale che la predetta attivita' illecita venga generalmente ordita su impulso e nell'interesse di quest'ultimo); Le operazioni di intercettazione documentano che il ricorrente ha ricevuto le somme di denaro, funzionali a realizzare il subingresso nelle quote societarie, di (OMISSIS) e (OMISSIS), e altre somme per la gestione della societa', condotte integrano quella di riciclaggio essendo pienamente consapevole della provenienza delle somme dalle attivita' illecite di (OMISSIS). L'operazione di qualificazione giuridica, sulla base di questi elementi di fatto ben noti all'imputato, non comporta lesione dei diritti di difesa ne' la modifica del trattamento punitivo che, del resto, il ricorrente non ha contestato. 10.4. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio nei confronti di (OMISSIS) in relazione all'aggravante di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2022, articolo 71, aggravante che va eliminata senza che da tale modifica derivi la necessita' di procedere alla revisione del trattamento punitivo. Il ricorso di (OMISSIS) e', nel resto, inammissibile perche' proposto per motivi generici sia per aspecificita', in quanto non si confrontano con la ricostruzione delle risultanze probatorie compiuta nella sentenza impugnata sia perche' meramente riproduttivo di argomentazioni, sulla configurabilita' dei reati e del contributo del ricorrente, sia perche' propone, di tali risultanze, una rivalutazione essenzialmente di merito, in assenza di evidenti illogicita' della motivazione della sentenza impugnata che alle pagg. 187 e ss. ha puntualmente esaminato tutte le deduzioni difensive. Anche le ulteriori argomentazioni difensive svolte con la memoria ex articolo 611 c.p.p. replicano i medesimi vizi quando non sono indeducibili, come quella che concerne la richiesta di esclusione della parte civile F.A.I.- Antiracket (OMISSIS) Associazione (OMISSIS) in quanto priva di qualsiasi evidenza documentale a sostegno. 10.4.1. Il primo motivo di ricorso e' generico e manifestamente infondato. Il ricorso si concentra sul giudizio di inattendibilita' delle dichiarazioni rese da (OMISSIS), aspetto sul quale, in aggiunta alle argomentazioni sviluppate al punto 4. del Considerato in diritto, va solo rilevato che la Corte di merito ha precisamente circoscritto la rilevanza del contributo dichiarativo del (OMISSIS) evitando di generalizzarne la valenza (al ruolo dell'imputato, per es. o ad aspetti che esulavano da quelli che il (OMISSIS) aveva descritto per avervi preso parte) e valorizzandoli con riferimento alla diretta conoscenza del dichiarante la cui partecipazione a episodi specifici (l'attentato incendiario al bar "(OMISSIS)") ha trovato precisi riscontri nelle dichiarazioni rese dal titolare dell'esercizio, (OMISSIS), "divenuto" cliente del (OMISSIS) a seguito delle insistenti richieste dell'imputato. Correttamente, poi, la Corte di appello ha ritenuto irrilevante che per taluni degli episodi oggi addebitati al ricorrente abbia proceduto, in fase di indagini, l'autorita' giudiziaria ordinaria, iter affatto incompatibile con il procedere delle acquisizioni investigative, anche attraverso le operazioni di intercettazioni e la loro pubblicazione in fasi successive. Ne' possono ascriversi a mendacio aspetti del racconto del (OMISSIS) non collimanti con la riproduzione (oggettiva) dell'evento del ferimento di (OMISSIS) ricondotte a marginali discrasie che non inficiano il giudizio di attendibilita' o la ricostruzione dei fatti e la loro ascrivibilita' agli autori materiali o individuabili come mandanti ( (OMISSIS) non era presente ne' al ferimento di (OMISSIS) ne' alla spedizione punitiva in danno di (OMISSIS)): la sentenza impugnata, sulla scorta delle intercettazioni e, in particolare di quella del 25 aprile 2016, ha ricostruito, attraverso la viva voce dell'imputato, sia la sua presenza presso l'ospedale dove era stato ricoverato (OMISSIS) che le successive iniziative intraprese per ritorsione, contro il (OMISSIS). 10.4.2. Anche il secondo motivo di ricorso, relativo alla ritenuta sussistenza della qualificata condotta di direzione del sodalizio ascritta all'imputato - che e' in realta' figura autonoma di reato e non circostanza aggravante della condotta di partecipazione di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 1 - e' caratterizzato da strutturale indeterminatezza e genericita': il ricorrente esamina le risultanze processuali offrendone una valutazione riduttiva con riferimento agli episodi (la rissa presso il locale "(OMISSIS)" in cui era rimasto coinvolto (OMISSIS); l'episodio " (OMISSIS)" l'aggressione agli operai (OMISSIS)), ma omette il confronto con le complessive argomentazioni della Corte di appello che ha contestualizzato la rissa al locale "(OMISSIS)" come un vero e proprio scontro tra "personaggi" appartenenti a diversi clan mafiosi e ha valorizzato l'interesse mostrato dal (OMISSIS) (conversazione del 16 novembre 206 intervenuta con (OMISSIS)) volto a conoscere esattamente quali fossero state le parole pronunciate da (OMISSIS) (negate dal (OMISSIS)) secondo cui (OMISSIS) ne aveva contestato l'autorita' (...a mia un minni futti i (OMISSIS)), la reazione violenta dell'imputato e le successive iniziative (la convocazione di uno dei partecipi, (OMISSIS)) per conoscere la dinamica della rissa e dispiegare un intervento volto alla riportare la calma, anche a costo di qualche "schiaffo". Non e' manifestamente illogica la conclusione che, in relazione a tale ultimo episodio, trae la sentenza impugnata quando osserva che (OMISSIS), in forza della propria autorevolezza e carisma aveva organizzato un incontro per comporre un confitto, riportando cosi' la calma tra i corrissanti, il che corrisponde proprio al ruolo di un capo ed ai poteri che questi esercita nella vita del gruppo criminale e rapporto tra partecipi e tra costoro e i terzi. La sentenza impugnata ha esaminato anche le ulteriori deduzioni difensive che sottolineavano la estraneita' del ricorrente ad una vicenda che aveva coinvolto il nipote, (OMISSIS) (il fatto sorprende anche (OMISSIS) che, invece, era intervenuto a difesa dello (OMISSIS)) e, anche in tale caso, i giudici di merito hanno evidenziato come, a prescindere dalle concrete ragioni che avevano determinato il disinteresse di (OMISSIS), cio' che rilevava era la "sorpresa" dei sodali per il suo mancato intervento che era proprio quello che si attendeva dal capo del gruppo. E, evidenziano i giudici, non si trattava di interventi attesi per il risalente carisma del (OMISSIS) - che, invece, in altri episodi, non immediatamente riconducibili a fatti di mafia come l'aggressione a utenti della strada, per questioni di traffico; l'aggressione agli operai della (OMISSIS) interviene rivelando un tratto caratteriale, violento e autoritario - ma proprio di interventi funzionali e corrispondenti a quelli del capo del clan, perfettamente sovrapponibili a quelli esercitati in occasione del ferimento di (OMISSIS), per conoscerne le ragioni e apprestare i rimedi. Le conclusioni dei giudici di merito che hanno individuato in (OMISSIS) il "capo" dell'associazione ne hanno descritto il ruolo direttivo sulla base di corretti presupposti fattuali e di ineccepibili argomentazioni giuridiche poiche' "capo" e' non solo il vertice dell'organizzazione, quando questo esista, ma anche colui che abbia incarichi direttivi e risolutivi nella vita del gruppo criminale e nel suo esplicarsi quotidiano in relazione ai propositi delinquenziali realizzati (Sez. 2, n. 7839 del 12/02/2021, Serio, Rv. 280890). La riconducibilita' a (OMISSIS) del ruolo di capo dell'organizzazione ma anche dominus delle ditte utilizzate per la fornitura di merce consente, infine, di ricondurre all'imputato la circostanza aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. sia con riferimento alla finalita' agevolativa del clan che del metodo mafioso, contestata in relazione a tutti i reati-fine ascritti a (OMISSIS) ai capi da C) a T), aggravanti imputabili al ricorrente sia dal punto di vista soggettivo che oggettivo in quanto le condotte sono volte immediatamente al rafforzamento del suo potere e idonee, in concreto, a evocare, nei confronti dei consociati, la forza intimidatrice tipica dell'agire mafioso funzionale a una piu' agevole e sicura consumazione del reato. Con riferimento alle condotte estorsive, non e' superfluo richiamare le dichiarazioni rese da (OMISSIS), persona offesa del reato sub capo L), reato commesso il (OMISSIS), secondo le quali si era diffusa, tra i commercianti di (OMISSIS), "la voce che se prendevi il materiale che (OMISSIS) ti proponeva non si andava incontro a incendi, o danneggiamenti di altra natura": una voce notoria ma evocata di volta in volta attraverso le "proposte" di fornitura avanzate dall'imputato o da suoi emissari ai titolari di esercizi commerciali interessati, quali (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) o suggerita dai coevi attentati con esplosione di colpi di arma da fuoco contro i negozi (persone offese (OMISSIS) e (OMISSIS)). 10.4.3. Il motivo di ricorso che contesta il giudizio di colpevolezza in relazione al reato di tentata estorsione di cui al capo C) - in danno di (OMISSIS), titolare della pasticceria "(OMISSIS)" - si sviluppa attraverso valutazioni di puro merito perche' imperniate sul giudizio di attendibilita' delle dichiarazioni di (OMISSIS), animato da acrimonia, si sostiene, contro il ricorrente, perche' la ditta del (OMISSIS) riforniva un concorrente del (OMISSIS), il bar (OMISSIS). Le dichiarazioni del (OMISSIS), al quale l'imputato aveva tentato di imporre la fornitura dei prodotti di confezionamento che (OMISSIS) gia' acquistava con un buon prezzo presso altri rivenditori accompagnate dalle parole "cu mangia assai s' affuca" sono state del tutto logicamente valorizzate come un avvertimento con una portata intimidatoria ben colta dal (OMISSIS), che conosceva anche lo spessore criminale e mafioso del (OMISSIS). Inconferente, rispetto alla fattispecie in esame, la denuncia del vizio di travisamento della prova dichiarativa ovvero omesso esame delle deduzioni difensive, in merito al verbale di sommarie informazioni del (OMISSIS), nel quale sarebbe incorsa la sentenza impugnata, vizio smentito dalla precisa ricostruzione in fatto sia del contenuto dichiarativo del (OMISSIS) che del denunciato profilo di "concorrenza", che i giudici del merito non hanno ricondotto al rapporto (OMISSIS)- (OMISSIS), ma proprio alla ditta (OMISSIS) sulla base del rapporto di frequentazione dell'imputato con (OMISSIS), titolare del bar (OMISSIS), come riferito dal (OMISSIS). Vi e', dunque, piena corrispondenza tra il senso probatorio della dichiarazione, quale ricostruito in sentenza, e il contenuto complessivo della dichiarazione stessa. 10.4.4. Anche le censure difensive in merito alla motivazione con la quale la Corte di appello ha confermato il giudizio di colpevolezza in relazione al reato di estorsione di cui al capo D), in danno di (OMISSIS) e (OMISSIS), titolari del bar Milano, per imporre loro l'acquisto di prodotti di pasticceria presso la (OMISSIS) di (OMISSIS) in cui lavorava (OMISSIS), cognato di, (OMISSIS), si sviluppano attraverso valutazioni di puro fatto perche' imperniate sul giudizio di attendibilita' delle dichiarazioni sottoposte ad attento scrutinio dalle sentenze di merito che hanno, altresi', ricostruito l'iter della dichiarazioni rese dai (OMISSIS) valorizzando, a comprova dell'attendibilita' sulle intimazioni ricevute, il contenuto delle intercettazioni. Solo a fronte di tali contestazioni i (OMISSIS) avevano ammesso di avere subito le pressioni del ricorrente che, con atteggiamento deciso e tale da non ammettere obiezioni o repliche, aveva imposto la propria fornitura, facendo, cosi', valere il proprio carisma mafioso con connotazioni della condotta correttamente sussunte nell'aggravante del metodo mafioso ritenute idonee, in concreto, a evocare, nei confronti delle persone offese, poi costituitesi parti civili, la forza intimidatrice tipica dell'agire mafioso. 10.4.5 E' generico il motivo di ricorso sub 6) che contesta la motivazione con o' la quale e' stato confermato il giudizio di colpevolezza di (OMISSIS) in relazione ai reati di tentata estorsione aggravata e detenzione porto di armi contestati ai capi H) ed I) in danno, rispettivamente, di (OMISSIS), titolare del bar (OMISSIS) e di (OMISSIS), titolare della pasticceria (OMISSIS), individuando nel ricorrente il mandate del danneggiamento, mediante esplosione di colpi d'ama da fuoco, delle vetrine dei negozi materialmente eseguito, e con la stessa arma, da (OMISSIS). In entrambi i casi, le vittime dei danneggiamenti, (OMISSIS) e (OMISSIS), riconducono alla fornitura dei prodotti il movente dei danneggiamenti. La (OMISSIS), in particolare, conversando con la figlia, non manca di ricondurre il danneggiamento alla visita di (OMISSIS) che, nei giorni precedenti, le aveva proposto l'acquisto di vassoi e altri prodotti, cioe' i prodotti commercializzati dal (OMISSIS), circostanza che la stessa aveva, invece, taciuto agli inquirenti. Contiguita' temporale e comuni modalita' sono stati, nella immediatezza, evidenziati anche da (OMISSIS) nelle conversazioni intercettate e nelle quali fa velato riferimento all'acquisto di forniture: si tratta degli stessi elementi che, senza evidenti cadute logiche, anche i giudici del merito hanno valorizzato, unitamente alla identita' dell'esecutore materiale, per ricondurre ad unico mandante, (OMISSIS), i due episodi, conclusioni genericamente contestate dal ricorso che propone una inammissibile lettura frazionata e decontestualizzata delle conversazioni suggerendo la individuazione di una pista alternativa. 10.4.6. E' generico e manifestamente infondato il motivo di ricorso sub 7) che contesta la motivazione in punto di condanna per i reati di danneggiamento seguito da incendio e estorsione aggravata in danno del bar "(OMISSIS)" (capo L) sulla scorta delle dichiarazioni rese da (OMISSIS), che, su mandato di (OMISSIS), era stato esecutore materiale di un atto intimidatorio (l'incendio del laboratorio del bar) e dalla persona offesa dal reato, (OMISSIS) che aveva descritto come, dopo l'atto intimidatorio, (OMISSIS) fosse tornato alla carica per la fornitura di prodotti di plastica, alfine commissionatagli. Non aveva mancato, (OMISSIS), poi costituitosi parte civile, di riferire che, nel frattempo si era diffusa, tra i commercianti di (OMISSIS), "la voce che se prendevi il materiale che (OMISSIS) ti proponeva non si andava incontro a incendi, o danneggiamenti di altra natura". Anche a questo riguardo, le valutazioni delle convergenti dichiarazioni di (OMISSIS) e del (OMISSIS) offrono una solida base indiziaria correttamente valorizzata e che rimanda immediatamente alla condotta estorsiva e alle aggravanti del metodo e dell'agevolazione mafiosa. 10.4.7 E' Manifestamente infondato il motivo di ricorso sub 8 che contesta la mancanza di motivazione in relazione all'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. per il reato sub capo R), il reato di tentata violenza privata in danno di (OMISSIS): la struttura della motivazione della sentenza impugnata e le argomentazioni svolte alle pagg. 208 e ss. esimevano dalla replica, per ciascuno dei reati sovrapponibili nella loro dinamica intimidatoria - sulla sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p.. 10.4.8. E' aspecifica la censura del ricorrente sulla mancata esclusione dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. in relazione ai reati di cui ai capi S), reati in materia di armi, e T), minaccia aggravata, perche' trattasi di reati commessi in un contesto familiare il che', secondo la prospettazione del ricorrente, escluderebbe, come gia' opinato dal Tribunale del riesame che aveva escluso l'aggravante, la finalita' agevolativa dell'associazione. La Corte di appello, con argomentazioni prive di illogicita', ha ritenuto configurabile nelle modalita' della condotta per le sue particolari connotazioni (clandestinita'; uso di arma; aggressione all'abitazione personale della vittima e conseguente carica intimidatoria della condotta), il metodo mafioso con conseguente irrilevanza della finalita' agevolativa verso l'associazione, contestata con il ricorso. 10.4.9. Il motivo 9 del ricorso, in relazione ai reati di cui all'articolo 512-bis c.p. (capo HHH, relativo alla fittizia attribuzione di proprieta' delle ditte individuali (OMISSIS), (OMISSIS) s.r.l.s e (OMISSIS) s.r.l.s; DJ) fittizia attribuzione della titolarita' della societa' (OMISSIS) s.r.l.; KKK), articolo 648-ter.1 c.p., in relazione al reinvestimento di capitali illeciti nella societa' (OMISSIS) s.r.l.s.) e' complessivamente indeterminato, generico perche' articolato in fatto e manifestamente infondato. Le sentenze di merito hanno esaminato (cfr. la sintetica ricostruzione a pag. 209 della sentenza impugnata) la vicenda costitutiva delle ditte e delle societa' con attribuzione della titolarita' in capo a (OMISSIS), coniuge del ricorrente. Ma, come ben osservato, era riconducibile a (OMISSIS) solo la veste formale delle societa' poiche', invece, era proprio (OMISSIS) ad occuparsi della reale attivita' economica: ne sono buon esempio, secondo i giudici di merito, le condanne per i reati estorsivi e le condotte di danneggiamento che dimostrano la politica di espansione commerciale seguita di (OMISSIS) e il contenuto delle intercettazioni, sia di quelle con gli operai incaricati di consegne che quelle che ne comprovano l'ingerimento nelle operazioni di fatturazione: emblematica quella del 21 novembre 2018 in cui l'imputato e' pronto ad avvedersi di un errore nella fatturazione ad un panificio, piuttosto che al (OMISSIS). Ma di interesse, a questi fini, anche il contenuto di quella del 21 agosto 2015 nella quale il ricorrente comunicava a (OMISSIS) di essere soddisfatto di un affare appena concluso e contabilizzava in 27/28 locali quelli gia' acquisiti, quindi le conversazioni nel corso delle quali l'imputato rivendica il successo delle iniziative imprenditoriali che va allestendo. Il ricorrente contesta il giudizio di responsabilita' sul rilievo che, essendogli state revocate la misura di prevenzione e la misura di sicurezza della liberta' vigilata all'atto della lunga carcerazione subita, non temeva ulteriori iniziative giudiziarie a suo carico: ma, come gia', rilevato nella sentenza impugnata, si tratta di un rilievo manifestamente infondato. Il reato di cui all'articolo 512-bis c.p. sorretto dal dolo specifico, puo' essere commesso anche da chi non sia ancora sottoposto a misure di prevenzione patrimoniali e ancora prima che il relativo procedimento sia iniziato, occorrendo solo, ai fini della configurabilita' del dolo specifico di eludere le disposizioni di legge in materia di prevenzione patrimoniale, che l'interessato possa fondatamente presumere l'avvio di detto procedimento (Sez. 5, n. 1886 del 07/12/2021, Delli Carri, Rv. 282645), evento che, osserva la Corte di appello, le condanne non solo per il reato di omicidio ma soprattutto per quello di cui all'articolo 416-bis c.p. rendevano tutt'altro che imprevedibile all'esito della scarcerazione dal momento che la lunga detenzione aveva solo escluso l'attualita' del giudizio di pericolosita' sociale. Era, viceversa, indispensabile per l'imputato l'occultamento di tutte le sue iniziative economiche che avrebbero, dopo la lunga detenzione, immediatamente creato sospetti, in mancanza dello svolgimento di lecita attivita' lavorativa, sulla provenienza delle somme investite. Le operazioni di intercettazioni telefoniche, eseguite nel periodo 6 ottobre 2015/19 maggio 2016, che sono effettivamente successive alla costituzione della societa' (OMISSIS) s.r.l.s. di cui era formalmente unico titolare (al 100% delle quote) (OMISSIS), figlio di (OMISSIS) e amministratrice la moglie di questi comprovano l'operazione di ingresso, nel capitale della societa' del ricorrente e del fratello (OMISSIS), gestite attraverso (OMISSIS), direttamente con (OMISSIS). Si tratta di conversazioni che documentano proprio le operazioni di trasferimento di denaro finalizzate all'ingresso nel capitale sociale: di rilievo, in tal senso, quella del 16 ottobre 2015, nel corso della quale dopo alcune conversazioni in cui si discuteva espressamente della regolarizzazione cartolare della societa' e (OMISSIS) comunicava a (OMISSIS) l'avvenuta consegna del denaro a (OMISSIS). Un'operazione riconducibile anche all'odierno ricorrente che, in mancanza degli introiti che si era ripromesso di conseguire, e' autore diretto della minaccia (documentata dalla intercettazione del 19 maggio 2016) con la quale intimava a (OMISSIS) di fargli avere indietro i soldi perche' aveva un assegno in scadenza aggiungendo che, se fosse andato protestato, lo avrebbe distrutto e gli avrebbe sparato quattro colpi. Irrilevante, dunque, rispetto al thema probandum, la circostanza, riferita da (OMISSIS), che dal 2014 al 2015 la discoteca era "gestita" da (OMISSIS) e dal figlio (OMISSIS), tanto piu' che oggetto di queste iniziative economiche era la gestione di eventi "stagionali". La sentenza impugnata ha analizzato (cfr. pag. 211) specifiche evidenze di prova (il contenuto della conversazione del 22 febbraio 2017, intervenuta con (OMISSIS) ma anche altre conversazioni con clienti e con incaricati della consegna) attraverso le quali ha esaminato - strutturandone la configurabilita' rispetto alle condotte in esame - la ricorrenza del metodo mafioso che il ricorrente contesta con affermazioni indeterminate e meramente evocative del vizio di omessa motivazione. Per tale aspetto, si rinvia a quanto gia' precisato al punto 10.4.2 che precede. 10.4.10. Sono generiche e versate in fatto le censure difensive sulla sussistenza della prova della partecipazione del ricorrente al reato di cui al capo B). Il ricorrente contesta il giudizio di attendibilita' formulato sulle dichiarazioni rese da (OMISSIS) - che lo ha indicato come capo della "(OMISSIS)" anche in relazione ai traffici di stupefacenti pur evidenziandone il ruolo "defilato" che manteneva - e deduce che le conversazioni che lo vedono interessato come loquente non sono significative di un suo diretto inserimento nel traffico di droga e che non sono univocamente a lui riconducibili altri riferimenti, evincibili dalle conversazioni intercorse fra soggetti diversi anche quando evocano il nome di (OMISSIS), dal momento che non ne viene indicato il cognome. Quanto al (OMISSIS) vanno richiamate le osservazioni svolte al punto 4. del Considerato in diritto posta la precisazione che il contenuto delle sue dichiarazioni ha trovato riscontro significativo sia nella ricostruzione delle triangolazioni dei rapporti dell'imputato con gli altri ricorrenti, preposti alla gestione diretta del settore nel quale, effettivamente, il ricorrente non appare direttamente coinvolto (non viene, ad es. mai notato nei pressi dei covi) sia nel contenuto delle conversazioni e nella lettura sinottica e incrociata della conversazioni intercettate e dei messaggi che le hanno precedute e accompagnate. La Corte di appello (pag. 222) ha descritto l'operazione di acquisto di droga effettuata il 24 ottobre da parte di (OMISSIS) e (OMISSIS) recatisi a Palermo per perfezionare l'acquisto, preceduta dai contatti con i quali (OMISSIS) conveniva l'incontro con (OMISSIS) e accompagnata, durante il viaggio a Palermo e al rientro, da numerose conversazioni nelle quali (OMISSIS) si informava del viaggio e del suo esito. Uno schema che viene replicato, preceduto dalle chiamate di (OMISSIS) e seguito dalla visita a casa di (OMISSIS), in occasione di altro viaggio a Catania presso (OMISSIS), effettuato il 28 novembre 2014. Sulla scorta della significativita' di questi elementi ne risulta consolidata l'interpretazione dei giudici di appello secondo cui (OMISSIS) al quale, piu' volte i correi avevano fatto riferimento nel corso delle conversazioni, fosse proprio l'imputato e si tratta di conversazioni rilevanti per la inerenza dei riferimenti al traffico di droga. In tal senso e' stato valorizzato il riferimento di (OMISSIS) alla fine della carta nel corso della telefonata con (OMISSIS) del 19 marzo 2015; il riferimento al ricorrente ( (OMISSIS), nel corso della conversazione del 22 ottobre 2016 tra (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), in cui (OMISSIS) contesta a (OMISSIS), rispetto al prezzo di vendita della droga, che proprio (OMISSIS) lo aveva autorizzato e che ora detta condizioni diverse; quella del 7 novembre 2016 in cui (OMISSIS) lamenta con (OMISSIS), entrambi erano gestori del covo di via (OMISSIS), che si stava esagerando e che la cosa doveva essere segnalata a (OMISSIS) che e' poi univocamente individuabile come il ricorrente nella conversazione (del 30 settembre 2016) quando i due ne evocano le gesta criminali consistite nell'aggressione degli operai della (OMISSIS). Non occorre aggiungere altro rispetto alle valutazioni con le quali, al punto 7.3 del Considerato in diritto, e' stata ritenuta correttamente esclusa dalla Corte di appello la configurabilita' nei fatti, cosi' come accertati, della fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, disattendendo, cosi', il motivo di ricorso sub 12. 10.4.11. Sono ineccepibili le argomentazioni con le quali la Corte di appello ha respinto la richiesta di applicazione della continuazione esterna tra i fatti del presente procedimento e quelli oggetto delle sentenze del 17 marzo 2000 (relativa al reato di omicidio) e del 28 maggio 1999 con le quali il ricorrente era stato condannato per il reato di cui all'articolo 416-bis c.p. in relazione alla partecipazione alla (OMISSIS). La Corte di appello ha valorizzato il lungo iato temporale tra le risalenti condanne e i fatti odierni, inframmezzati dalla lunga detenzione durata diciannove anni, ed ha ritenuto che la "costante e mai interrotta partecipazione al fenomeno mafioso" cui fa riferimento il difensore non costituisca indice univoco e apprezzabile del medesimo disegno criminoso piuttosto che espressione di una personalita' delinquenziale, incline alla commissione di reati, tanto sul corretto presupposto che l'identita' del disegno criminoso comporta una unitaria deliberazione, sin dall'inizio, per conseguire un determinato fine. La Corte di appello ha richiamato un principio secondo cui ai fini della configurabilita' del vincolo della continuazione tra reati di associazione per delinquere di stampo mafioso non e' sufficiente il riferimento alla tipologia del reato ed all'omogeneita' delle condotte, ma occorre una specifica indagine sulla natura dei vari sodalizi, sulla loro concreta operativita' e sulla loro continuita' nel tempo, al fine di accertare l'unicita' del momento deliberativo e la sua successiva attuazione attraverso la progressiva appartenenza del soggetto ad una pluralita' di organizzazioni ovvero ad una medesima organizzazione (Sez. 6, n. 51906 del 15/09/2017, Carpentieri, Rv. 271569). Alla stregua di tale principio non puo' essere valorizzata l'operativita' nel medesimo ambito territoriale ma vanno altresi' considerate le modifiche intervenute nel tempo quanto alla compagine sociale ed al programma delinquenziale, per effetto di circostanze contingenti ed occasionali, non preventivabili al momento dell'iniziale affiliazione del ricorrente e che, con riferimento ai fatti per i quali si procede, sono approdati all'ingerimento dell'imputato nel traffico di sostanze stupefacenti. Come si e' evidenziato al punto 3. del Considerato in diritto, la "(OMISSIS)" gelese alla quale aveva aderito l'imputato era stata coinvolta in una vera e propria guerra di mafia con "(OMISSIS)" e nel corso degli anni ne sono mutate compagini, progetti e finalita' di volta in volta perseguite e il ritorno sulla scena dell'imputato ha coinciso non solo con una riaggregazione dei vecchi esponenti ma con una "rinnovata" riorganizzazione di cui sono esempio l'immissione di nuove leve; lo sviluppo del traffico di sostanze stupefacenti e, soprattutto il "nuovo volto", versato nel settore imprenditoriale, che (OMISSIS) si e' dato inserendosi di prima mano nel settore produttivo: un programma delinquenziale concreto che nulla aveva a che fare con le modalita' della partecipazione del ricorrente alla vecchia "(OMISSIS)" alla quale si riferiscono le risalenti condanne e che trova ulteriore e insuperabile conferma sul rilievo che non e' provato che tale settore rientrasse nel focus della condotta di partecipazione del ricorrente alla vecchia "(OMISSIS)". E' superfluo aggiungere che e' irrilevante la circostanza che per il fratello altro giudice del merito abbia, invece, ritenuto sussistente la continuazione cd. esterna. 10.4.11. E' fondato, ma in concreto privo di rilevanza sulla determinazione della pena il terzo motivo di ricorso che concerne la ritenuta sussistenza dell'aggravante di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 71, sulla cui condizione di applicabilita' la Corte di merito non si e' pronunciata. Premesso che, su piano ontologico, altra cosa, rispetto al giudizio di bilanciamento, e' la valutazione della sussistenza o meno di una circostanza aggravante, l'aggravante di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 71, non potrebbe ritenersi correttamente applicata in carenza dell'esame del motivo di impugnazione con il quale il ricorrente ne contestava la sussistenza. Ma, come anticipato, si tratta di un motivo superato dalle modalita' della determinazione della pena poiche' la Corte di merito (cfr. pag. 269) ha escluso la gia' menzionata aggravante (irrilevanti, le ragioni corrette o meno di tale affermazione) e, correggendo il calcolo della pena, ha individuato in quella di anni 24 di reclusione la pena inflitta all'imputato e applicato l'aumento per la sola circostanza ad effetto speciale di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. oltre all'aumento per la continuazione fra reati di fatto. Tale aggravante va, pertanto, solo formalmente esclusa. 10.5. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, in relazione al reato di cui al capo A) nei confronti di (OMISSIS) per non avere commesso il fatto, con rideterminazione della pena come di seguito precisato. Il ricorso e' inammissibile nel resto. 10.5.1. E' manifestamente infondato il motivo di ricorso con il quale il ricorrente denuncia la nullita' della sentenza impugnata sul rilievo che, nel decreto di citazione notificatogli in appello, non compariva la indicazione del capo PP) che, per vero, e' omesso anche nella intestazione della sentenza impugnata. La nullita' del decreto di citazione al giudizio di appello e' integrata, per espressa previsione, solo dalla omessa indicazione degli atti rilevanti ai fini della vocatio in iudicium (articolo 601 c.p.p., comma 6 in rel. all'articolo 429 c.p.p., comma 1, lettera f)). In ogni caso la carenza di tale indicazione non e' idonea ad integrare alcuna violazione dei diritti di difesa qualora l'enunciazione dei fatti e delle circostanze ascritte all'imputato, rilevanti ai fini della decisione, possa essere desunta dal contenuto complessivo della motivazione come, nel caso in esame, evincibile dalla intestazione della sentenza di primo grado; dalla motivazione di tale sentenza e dal dispositivo di conferma della sentenza emesso dalla Corte di appello. 10.5.2. E' fondato il primo motivo di ricorso relativo ai cumulativi vizi di motivazione che inficiano la condanna del ricorrente per il reato associativo di cui al capo A) e che, in assenza di ulteriori elementi che ne denotino la partecipazione al sodalizio mafioso appare ricalcata su quella di partecipazione all'associazione dedita allo smercio di sostanze stupefacenti senza la individuazione di altri elementi che denotino la partecipazione dell'imputato anche alla "(OMISSIS)". 10.5.3. Il secondo motivo di ricorso e', invece, generico e manifestamente infondato. La Corte di appello (cfr. pag. 242 della sentenza impugnata) ha ricostruito a carico dell'imputato l'episodio del 7 luglio 2016, quando il ricorrente disabile e alla guida dell'autovettura munita di dispositivi atti a consentire la guida a portatori di handicap, sopraggiungeva in via (OMISSIS) dove il cugino e coimputato, (OMISSIS), scendeva dall'auto con la quale era a propria volta giunto sul posto e prelevava dall'auto del (OMISSIS) un sacco che veniva poi portato presso il covo dove, il giorno successivo, veniva sequestrato. Il sacco risultava contenere oltre dodici chilogrammi di hashish e una pistola, cal. 7,65, fatti, questi, oggetto delle contestazioni ascritte all'imputato ai capi NN) (la detenzione dello stupefacente), PP), relativo alla detenzione dell'arma avente matricola abrasa, QQ), relativamente al reato di ricettazione dell'arma clandestina. Nel covo veniva rinvenuta anche un'altra arma, la cui detenzione non e' ascritta al ricorrente. Sono state, inoltre, intercettate le conversazioni del ricorrente con (OMISSIS). Il convergente risultato di prova ha fondato le conclusioni della Corte di ritenere (OMISSIS) partecipe dell'associazione anche perche' il contenuto dei dialoghi intrattenuti dal ricorrente con (OMISSIS), in cui si faceva frequente riferimento alla vendita di una punto a favore di altro soggetto e di cui non sono stati trovati riscontri documentali, e' stato ritenuto univocamente riconducibile alla cessione della droga nella quale si era interposto l'odierno imputato, che l'aveva consegnata al (OMISSIS). Grava, infine, sull'imputato, il contenuto di una conversazione del 20 settembre 2016 nel corso della quale (OMISSIS) si rammaricava con il (OMISSIS) per la perdita di due pistole aggiungendo che, con quello che aveva fatto, voleva garantirsi una base economica, ma che gli era andata male. La sentenza impugnata ha evidenziato che, a prescindere dal riferimento alle due pistole trovate in via (OMISSIS), il ricorrente lamentasse l'esito negativo di tutta l'operazione nella quale era stato coinvolto, operazione il cui esito negativo (val bene ricordarlo) ritorna anche nelle conversazioni altri imputati, come (OMISSIS), che fa riferimento proprio alla impossibilita' di pagare il (OMISSIS) (e alla sua intenzione di addebitare a questi il costo dell'operazione) di quanto fornito, visto quanto successo. Le descritte evidenze - di cui il ricorrente fornisce una lettura alternativa, ma indimostrata sulla causale lecita dei suoi rapporti con (OMISSIS) - non rendono manifestamente illogica la conclusione della Corte sul coinvolgimento dello (OMISSIS) nell'operazione di fornitura della droga, funzionale, attraverso le descritte modalita' del trasporto con un'auto speciale, ad evitare i controlli di polizia ma ritenuta non occasionale sulla scorta degli ulteriori elementi che denotano i rapporti del ricorrente con il cugino, (OMISSIS) e con (OMISSIS). 10.5.4. Sono aspecifiche, e ricostruite come direttamente derivanti dalla mancanza di elementi significativi sul coinvolgimento dell'imputato nel gruppo associativo viceversa accertato, le censure di cui al motivo sub 3 che contestano la sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis. 1 c.p. in relazione ai reati di cui ai capi B), NN), PP) e QQ). 10.5.5. Tendono ad una alternativa valutazione delle risultanze di merito i rilievi del ricorrente sul coinvolgimento nella detenzione della pistola rinvenuta proprio nel sacco consegnato presso il covo di via (OMISSIS), come innanzi ricostruita e sulla scorta della individuazione del ricorrente come la persona impegnata nella conversazione del 20 settembre 2016 con (OMISSIS), contestata in termini meramente assertivi, nonche' sulla configurabilita' del reato di cui all'articolo 648 c.p. in presenza di arma avente matricola abrasa poiche' il possesso di un'arma clandestina integra di per se' la prova del delitto di ricettazione (Sez. 1, n. 37016 del 28/05/2019, Spina, Rv. 276868). 10.5.6. L'annullamento della statuizione di condanna, in relazione al capo A) impone la rideterminazione della pena alla quale puo' procedere questa Corte elidendo, rispetto alla immutata pena base che, con giudizio di bilanciamento delle circostanze aggravanti ordinarie e aumento per quella ad effetto speciale di cui all'articolo 416-bis. 1 c.p. e' stata determinata in anni otto, mesi dieci e giorni venti di reclusione, l'aumento praticato per la continuazione con il reato di cui all'articolo 416-bis c.p. e, quindi, la pena di mesi sei e giorni dieci di reclusione. La pena finale, con l'aumento per la continuazione dei residui reati e la diminuente del rito e' quella di anni sei, mesi uno e giorni ventitre' di reclusione. 10.6. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, in relazione al reato di cui al capo A) nei confronti di (OMISSIS) per non avere commesso il fatto, con rideterminazione della pena come di seguito precisato. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile nel resto. 10.6.1. E' fondato, alla stregua dei rilievi esposti al punto 8. del Considerato in diritto, il primo motivo di ricorso relativo alla denuncia del vizio di violazione di legge, per violazione del divieto di bis in idem, in relazione al reato associativo di cui al capo A) poiche' la condotta ascrittagli, in assenza di ulteriori elementi che ne denotino la partecipazione al sodalizio mafioso, appare ricalcata su quella di partecipazione all'associazione dedita allo smercio di sostanze stupefacenti. 10.6.2. E', invece, manifestamente infondato, oltre che aspecifico nella sua formulazione, il quarto motivo di ricorso in merito alla valutazione della prova della partecipazione del ricorrente al reato di cui al capo B): la Corte di appello esclusa la rilevanza della "mancata "conoscenza, da parte di (OMISSIS), delle attivita' dell'associazione in merito al traffico di stupefacenti ha, invece, valorizzato quale sintomatica del consapevole apporto dell'imputato al sodalizio criminoso dedito al traffico di droga e capeggiato da (OMISSIS) il contenuto della conversazione del 7 novembre 2016 (intercorsa tra il ricorrente e (OMISSIS)) nel corso della quale il (OMISSIS) segnala la necessita' di dire o, comunque, far sapere a " (OMISSIS)" che si stava esagerando, cosa che, alle insistenze del (OMISSIS), (OMISSIS) sosteneva avrebbe fatto nel pomeriggio e prospettando che, comunque, sarebbe stato opportuno "spostarsi o scendere", con evidenti riferimenti ad una diversa modalita' di organizzazione delle attivita' di conservazione della droga. A comprova della solidita' del rapporto del ricorrente con (OMISSIS) e rilevanza del ruolo del ricorrente, con argomentazioni privi di evidenti vizi logici, la sentenza impugnata ha altresi' valorizzato le numerose visite del ricorrente anche al covo di via (OMISSIS), luogo di custodia della droga e il contenuto di altra conversazione del 22 settembre 2016, intrattenuta con (OMISSIS) in cui i due conversanti discutono di guadagno che, ragionevolmente, la Corte ha ricondotto ai proventi delle attivita' illecite in cui i due erano coinvolti. Al di la' del denunciato tenore criptico del contenuto delle conversazioni sono eloquenti, nel descritto complessivo quadro probatorio che ne chiarisce i riferimenti, secondo le logiche conclusioni che ne trae la sentenza impugnata, le risultanze che comprovano la presenza del ricorrente nella base logistica; i suoi rapporti con (OMISSIS); i contatti con (OMISSIS) e il rapporto con (OMISSIS), descritto al punto che precede trattando la posizione del (OMISSIS) in occasione del trasporto del sacco (contenente droga e pistola nel covo di via (OMISSIS)), elementi che rinviano univocamente alla conoscenza dei sodali e a contatti funzionali ad allestire e organizzare, la base logistica in vista delle attivita' di cessione e, quindi, elementi che efficacemente denotano l'inserimento del ricorrente nel contesto associativo. 10.6.3. Logicamente ineccepibile e completa nella ricostruzione dei presupposti di atto, da qui la infondatezza del motivo di ricorso n. 5, la motivazione della sentenza impugnata sull'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p., che residua anche dopo la esclusione della colpevolezza del ricorrente dal reato di cui al capo A), come illustrato al punto 7.2 del Considerato in diritto. 10.6.4. Non e' suscettibile di censura il mancato giudizio di prevalenza delle pur concesse circostanze attenuanti generiche in relazione al negativo giudizio sulla personalita' del ricorrente evincibile dai suoi precedenti, motivazione, questa, adeguata a giustificare la scelta punitiva anche con riferimento all'aumento per la continuazione, in anni quattro e mesi due di reclusione, pienamente rapportato alla gravita' dei fatti. 10.6.5. L'annullamento della statuizione di condanna, in relazione al capo A) impone la rideterminazione della pena alla quale puo' procedere questa Corte elidendo, rispetto alla immutata pena base che, con giudizio di bilanciamento delle circostanze aggravanti ordinarie e aumento per quella ad effetto speciale di cui all'articolo 416-bis. 1 c.p. e' stata determinata in anni otto, mesi dieci e giorni venti di reclusione, l'aumento praticato per la continuazione con il reato di cui all'articolo 416-bis c.p. e, quindi, la pena di mesi sei e giorni dieci di reclusione. La pena finale, con l'aumento per la continuazione dei residui reati e la diminuente del rito e' quella di anni undici e mesi dieci di reclusione. 10.7. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile perche' proposto per motivi generici sia per aspecificita', in quanto non si confrontano con la ricostruzione delle risultanze probatorie compiuta nella sentenza impugnata, sia perche' propone, di tali risultanze, una rivalutazione di merito, in assenza di evidenti illogicita' della motivazione della sentenza impugnata che alle pagg. 187 e ss. ha puntualmente esaminato tutte le deduzioni difensive. I giudici di appello, in risposta alle deduzioni difensive, hanno sviluppato un'argomentazione corretta da punto di vista giuridico esaminando l'aspetto del contributo partecipativo dell'imputato sia al reato associativo sub capo A) che di quello ascrittogli al capo B). Anche le ulteriori argomentazioni difensive svolte con la memoria ex articolo 611 c.p.p. replicano i medesimi vizi quando non sono indeducibili, come quella che concerne la richiesta di esclusione della parte civile F.A.I.- Antiracket (OMISSIS) Associazione (OMISSIS) che e' indimostrata limitandosi a evocare, ai fini della dedotta carenza di legittimazione, mere notizie di stampa. 10.7.1. In particolare, con riferimento al reato di cui al capo A), il primo motivo di ricorso si concentra sul giudizio di inattendibilita' delle dichiarazioni rese da (OMISSIS), aspetto sul quale, in aggiunta alle argomentazioni sviluppate al 4 del Considerato in diritto, va solo rilevato che la Corte di merito ha precisamente circoscritto la rilevanza del contributo dichiarativo del (OMISSIS) evitando di generalizzarne la valenza (al ruolo dell'imputato, per es.). Il ricorrente ha insistito sulla circostanza che le risultanze del sistema di videoripresa in atti avevano "smentito" le dichiarazioni del (OMISSIS) in merito all'aggressione di (OMISSIS), alla identificazione dell'attentatore ( (OMISSIS)) che si sarebbe trovato a bordo di una smart risultando, invece, la presenza di piu' persone e l'utilizzazione di una vettura diversa. Le specifiche valutazioni sul punto ad opera della Corte di merito, che non ha mancato di confrontarsi con tale contrasto, escludono che, con riferimento all'esercizio dei poteri discrezionali del giudice nella valutazione della prova, possa venire in rilievo il vizio di travisamento della prova, dedotto dal ricorrente, che e' nozione precisa riconducibile al senso intrinseco della singola dichiarazione assunta e quello che il giudice ne abbia inopinatamente tratto ed e' pertanto da escludere che integri il suddetto vizio un presunto errore nella valutazione del significato probatorio della dichiarazione medesima (Sez. 5, n. 9338 del 12/12/2012, dep. 2013, Maggio, Rv. 255087). Significativamente, invece, quale prova della condotta di partecipazione al reato associativo sub capo A), la Corte di appello ha valorizzato a carico del ricorrente le iniziative intraprese dai correi per l'immediata ritorsione contro l'autore del suo ferimento, individuato in (OMISSIS) e univocamente ritenute espressive della solidarieta' che si instaura tra i componenti di un sodalizio, nel caso mafioso. 10.7.2. Anche il secondo motivo di ricorso, relativo alla ritenuta sussistenza dell'aggravante armata di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 4, e di quella di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 6, e' versato in fatto in quanto sollecita, al fin di escludere la sussistenza dell'aggravante, la rilettura di una conversazione intercettata (del 19 giugno 2016) sulla disponibilita' o meno di un'arma da parte dell'imputato in occasione dell'aggressione di (OMISSIS). Ma il motivo di ricorso e' anche manifestamente infondato poiche', come si e' anticipato al punto 6.1 del Considerato in diritto, l'aggravante armata non postula che l'arma sia nella specifica disponibilita' del singolo partecipe. Sull'aggravante di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 6, si rinvia, invece, a quanto precisato nella parte generale (6.2 del Considerato in diritto) non essendo allegato elementi ulteriori dal ricorrente. 10.7.3. Il terzo e quarto motivo di ricorso possono essere esaminati congiuntamente. Il ricorrente sostiene che e' stato ritenuto responsabile del reato associativo di cui al capo B) solo sulla scorta delle dichiarazioni rese da (OMISSIS) . Tali dichiarazioni non sono state riscontrate e i giudici del merito non hanno esaminato le risultanze processuali (le intercettazioni telefoniche; il suo coinvolgimento in attivita' di spaccio; l'enorme iato temporale delle stesse intercettazioni) omettendo anche la valutazione dell'ordinanza cautelare intervenuta in altro procedimento (e poi annullata) che ne indicava la zona di spaccio nel quartiere (OMISSIS) e la circostanza, incompatibile con la sua condotta partecipativa, che in occasione del suo ferimento gli era stata sequestrata una somma di denaro, perche' sospetta di provenire da spaccio, poi restituitagli. Il ricorso prosegue con la indicazione di tutti gli elementi ostativi all'affermazione del suo coinvolgimento nell'attivita' di spaccio quali la mancata presenza intorno ai covi e il contenuto delle conversazioni che non ne denotano la condivisione dello spaccio ma, al piu', meri contatti con alcuni dei coimputati. Le modalita' di valutazione del compendio indiziario proposte nel ricorso non possono essere seguite perche' decontestualizzate e perche' non si confrontano con il tenore e contenuto della contestazione neppure con riferimento alla sua perimetrazione temporale che viene indicata come risalante all'anno 2012 e ricostruite sulla base delle dichiarazioni dei collaboratori (OMISSIS) e (OMISSIS) e sulle risultanze di operazioni di intercettazioni anche precedenti quelle disposte nel presente procedimento, dopo la scarcerazione di (OMISSIS). Le dichiarazioni del (OMISSIS), sul fatto che (OMISSIS) si rifornisse da (OMISSIS), un fornitore operante in Sicilia dal napoletano, suo territorio di provenienza, e in commercio anche con esponenti di "(OMISSIS)" per cessioni di droga, hanno trovato riscontro nel contenuto delle coeve intercettazioni (risalenti al 21 aprile 2012 a seguire) e nella circostanza che proprio in una di queste, (OMISSIS), contrattando l'acquisto di una partita di droga, dal (OMISSIS), facesse riferimento a tale (OMISSIS) (individuato in (OMISSIS)): un elemento correttamente valorizzato come sintomatico del fatto che il ricorrente non agisse per suo conto ma in rappresentanza della (OMISSIS). Non era stata quella ora indicata l'unica operazione conclusa dal ricorrente che, anche in occasione di altra operazione (del 23 aprile 2012) aveva fatto riferimento alla necessita' di rifornimento dei "carusi" e l'interesse dell'imputato (conversazione del 28 aprile 2012) a venire a conoscenza della tipologia di droga che (OMISSIS) aveva consegnato a "(OMISSIS)". Le conversazioni intercettate, che consentono anche di individuare pacificamente l' (OMISSIS) in (OMISSIS) (in quanto contattato direttamente dal (OMISSIS) per avere il numero di telefono del (OMISSIS)) si sono susseguite per alcuni mesi e sono emblematiche, secondo la logica inferenza che ne hanno tratto i giudici merito che ne hanno esaminato il contenuto in piu' occasioni riferito ad interessi di terzi soggetti anche contrapposti al (OMISSIS), ad interventi del ricorrente funzionali a reperire droga per la "(OMISSIS)" e non per la sua autonoma attivita' di pusher, un ruolo confermato dal (OMISSIS) (intercettazione del 19 maggio 2012) quando ricostruiva le sue attivita' di rifornimento a due famiglie e a due capi zona, parlando dei problemi di questa sua attivita' e indicando uno dei due in (OMISSIS) (che e' poi il nome di battesimo del ricorrente) e precisandone modalita' di incontro e conoscenza (in un carcere nel quale era detenuto lo zio di (OMISSIS), cioe' (OMISSIS)), riscontrate dalle indagini svolte. La Corte di merito ha esaminato anche le risultanze processuali, relative ai procedimenti richiamati dalla difesa, ma ne ha disatteso le conclusioni favorevoli al ricorrente sul rilievo che la restituzione della somma sequestrata il (OMISSIS), in occasione del controllo che aveva portato in effetti al sequestro di droga materialmente detenuta dal solo (OMISSIS), non aveva tenuto conto delle risultanze delle intercettazioni che, viceversa, comprovavano il contatto fra i due come finalizzato ad una cessione a favore dell'odierno ricorrente. Cosi' la ragione della disponibilita' della somma sequestrata al (OMISSIS) in occasione del ferimento, era stata oggetto di spiegazione alternativa, che il ricorrente si era peritato di formulare nel relativo procedimento, laddove le intercettazioni documentavano l'allestimento di "spiegazioni" che, non irragionevolmente, la Corte ha ritenuto false confermando, cosi', il sospetto della provenienza illecita. Ne' risultano manifestamente illogiche, sulla base di tali elementi processualmente acquisiti, le conclusioni della Corte di appello nella parte in cui hanno valorizzato i contatti telefonici e personali intercorsi con (OMISSIS), gestore di uno dei covi ove erano custoditi droga e armi. Sono manifestamente infondati, sulla scorta di quanto si e' illustrato ai punti 7.1 e 7.2 del Considerato in diritto, i motivi di ricorso sulla "apoditticita'" della motivazione della sentenza impugnata sulle aggravanti dell'associazione armata e di quella di cui all'articolo 461-bis.1. c.p. (motivo 3, in fine) vieppiu' alla luce del ruolo del ricorrente in entrambi i gruppi nonche' i motivi di ricorso - motivi 4 e 5-meramente assertivi, sulla configurabilita' nei fatti del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73. Le evidenze di prova non comprovano il ruolo di pusher ma, come si e' illustrato, quello di procacciatore di stupefacenti per conto della "(OMISSIS)" ne' che si versi in ipotesi di associazione esclusivamente finalizzata alla commissione di fatti lievi. 10.7.5. Manifestamente infondato il motivo che contesta la determinazione della pena in anni quindici di reclusione perche' non coincidente con il minimo edittale. La Corte di merito ha, infatti, "personalizzato" il giudizio proprio richiamando specifici indici attitudinali e criminologici dell'imputato evidenziandone il ruolo "centrale" calibrato sulla sua "serieta'" espressa in un settore centrale dell'associazione mafiosa quale quello di procurare la droga da immettere sul mercato. 10.7.6. Ineccepibili anche le argomentazioni con le quali la Corte di appello ha disatteso la richiesta di continuazione fra i fatti oggetto del presente giudizio e le precedenti condanne non ravvisando elementi significativi del medesimo disegno fra i vecchi fatti di spaccio e il reato associativo sul rilievo che la medesima indole dei reati non e' da se dimostrativa dell'unicita' e anteriorita' dell'ideazione che, invero, appare del tutto priva di una base ragionevole tenuto conto che, diversamente dai casi in cui tale unificazione viene riconosciuta, nel caso in esame occorrerebbe presumere che, gia' al momento in cui, da minore, cedeva droga, l'imputato si prefiggeva di far parte dell'associazione (OMISSIS) e di quella dedita allo spaccio, poi delineatasi nelle sue componenti soggettive e dinamiche associative, a enorme distanza dai fatti commessi dall'imputato. 10.8. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, in relazione al reato di cui al capo A) nei confronti di (OMISSIS), per non avere commesso il fatto in accoglimento del primo motivo di ricorso nel quale sono assorbiti il terzo, quarto e settimo motivo di ricorso, e rideterminazione della pena come di seguito precisato. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile nel resto. 10.9.1. E' manifestamente infondato il secondo motivo di ricorso che denuncia la mancata risposta della Corte di appello in relazione alla richiesta di acquisizione di una prova decisiva, costituita dalla documentazione bancaria. Nel giudizio abbreviato d'appello le parti sono titolari di una mera facolta' di sollecitazione del potere di integrazione istruttoria, esercitabile dal giudice "ex officio" nei limiti della assoluta necessita' ai sensi dell'articolo 603 c.p.p., comma 3, atteso che in sede di appello non puo' riconoscersi alle parti la titolarita' di un diritto alla raccolta della prova in termini diversi e piu' ampi rispetto a quelli che incidono su tale facolta' nel giudizio di primo grado. (Sez. 2, n. 5629 del 30/11/2021, Granato, Rv. 282585): ne' sono evincibili contraddizioni o carenze di motivazione tali che la stessa mancanza di motivazione si traduce in un vulnus del giudizio in tema di responsabilita' fondato su dati evincibili dalle intercettazioni che ne rivelano il fattivo contributo in una delle operazioni economiche di interesse del sodalizio. 10.8.2. E' fondato, alla stregua dei rilievi esposti al punto 8. del Considerato in diritto, il quarto motivo di ricorso relativo al vizio di violazione di legge derivante dalla violazione del divieto di bis in idem, in relazione al reato associativo di cui al capo A) poiche' la condotta ascrittagli, in assenza di ulteriori elementi che ne denotino la partecipazione al sodalizio mafioso, appare ricalcata su quella di partecipazione all'associazione dedita allo smercio di sostanze stupefacenti. Restano assorbiti gli ulteriori motivi di ricorso sull'aggravante di detto reato (motivo sub 5). 10.8.3. Lo stesso motivo, invece, e' manifestamente infondato, oltre che aspecifico nella sua formulazione, in merito alla prova della partecipazione del ricorrente al reato di cui al capo B). Le argomentazioni difensive sono volte ad un'alternativa ricostruzione e rivalutazione degli elementi di prova. La Corte di merito ha valorizzato la disponibilita' dell'imputato a rendersi titolare del conto corrente e una delle operazioni ricostruite (cfr. pag. 271 della sentenza impugnata) e' inequivocabilmente ricondotto all'operazione di acquisto di droga nelle operazioni intercorse con il (OMISSIS). Il 28 novembre 2014. Plurimi sono anche gli elementi valorizzati che inquadrano il ricorrente come persona di fiducia di (OMISSIS) (separatamente giudicato) uomo di vertice del clan con il quale il ricorrente e' impegnato in alcune conversazioni che ne documentano l'attivita' di capo della squadretta di picchiatori a disposizione dei fratelli (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) (la Corte di merito richiama il contenuto, chiaro, delle conversazioni del 21 settembre 2015, 21 e 22 settembre 2015). 10.8.4. Sono ineccepibili, da qui la infondatezza del motivo di ricorso n. 6, le argomentazioni della sentenza impugnata sulla impossibilita' di configurare il reato associativo ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, come precisato al punto 7.3 del Considerato in diritto e sulla sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. che residua anche dopo la esclusione della colpevolezza del ricorrente dal reato di cui al capo A), come illustrato al punto 7.2 del Considerato in diritto. 10.8.5. L'annullamento della statuizione di condanna, in relazione al capo A) impone la rideterminazione della pena alla quale puo' procedere questa Corte elidendo, rispetto alla immutata pena base che, con giudizio di bilanciamento delle circostanze aggravanti ordinarie e aumento per quella ad effetto speciale di cui all'articolo 416-bis. 1 c.p. e' stata determinata in anni tredici e mesi quattro, l'aumento praticato per la continuazione con il reato di cui all'articolo 416-bis c.p. e, quindi, la pena di mesi sei e giorni dieci di reclusione. La pena finale, con l'aumento per la continuazione dei residui reati e la diminuente del rito e' quella di anni otto, mesi dieci e giorni venti di reclusione. 10.9. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, in relazione al reato di cui al capo A) nei confronti di (OMISSIS) per non avere commesso il fatto, con rideterminazione della pena come di seguito precisato. Il ricorso e', nel resto, inammissibile. La posizione del ricorrente, in relazione al reato sub capo A) e' stata esaminata al punto 8 del Considerato in diritto, a cui si rinvia, in accoglimento del primo motivo di ricorso. Restano, pertanto, assorbiti i motivi sub 2,3 e 4. 10.9.1 Il motivo di ricorso sub 5), relativo alla condanna per il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 e' generico e manifestamente infondato. La sentenza di appello, che rinvia alle comuni posizioni di (OMISSIS) e (OMISSIS), ne ha evidenziato il ruolo emerso in occasione dell'episodio di ritorsione verso (OMISSIS), a seguito dell'aggressione a (OMISSIS), cugino del ricorrente che, come precisa la sentenza impugnata (pag. 239) rientrava nella sfera di controllo del cugino. Il rapporto di parentela con la vittima del ferimento, tenuto conto dei sodali che concorrono alla organizzazione della e' stata correttamente ritenuta espressive della solidarieta' che si instaura tra i componenti del sodalizio e dell'attivita' che in esso il ricorrente svolgeva. A pag. 96 i giudici di appello nel illustrano l'inserimento nel settore dello spaccio documentato sia dall'inserimento dell'imputato nell'indagine, denominata (OMISSIS), che nelle intercettazioni del periodo 15 maggio/26 giugno 2016, elemento che si salda al contributo dichiarativo di (OMISSIS), che lo ha indicato come partecipe. 10.9.2. Ineccepibile, da qui la infondatezza del motivo di ricorso n. 6, la motivazione della sentenza impugnata sulla impossibilita' di configurare il reato associativo ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, evocata dal ricorrente ma non configurabile in relazione ad una organizzazione che, come quella in esame, si occupava del rifornimento su piu' piazze e movimentava i quantitativi caduti in sequestro in occasione delle perquisizioni dei covi. 10.9.3. Non e' suscettibile di censura il mancato giudizio di prevalenza delle pur concesse circostanze attenuanti generiche in relazione al negativo giudizio sulla personalita' del ricorrente evincibile dai suoi precedenti, motivazione, questa, adeguata a giustificar e la scelta sanzionatoria. 10.9.4. L'annullamento della statuizione di condanna, in relazione al capo A) impone la rideterminazione della pena alla quale puo' procedere questa Corte elidendo, rispetto alla immutata pena base che, con giudizio di bilanciamento delle circostanze aggravanti ordinarie e aumento per quella ad effetto speciale di cui all'articolo 416-bis. 1 c.p. e' stato determinato in tredici e mesi quattro, l'aumento praticato per la continuazione con il reato di cui all'articolo 416-bis c.p. e, quindi, la pena di mesi sei di reclusione. La pena finale, con l'aumento per la continuazione dei residui reati e la diminuente del rito e' quella di anni otto, mesi dieci e giorni venti di reclusione. 10.10. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, in relazione al reato di cui al capo A) nei confronti di (OMISSIS) per non avere commesso il fatto, con rideterminazione della pena, come di seguito precisato. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile nel resto. 10.10.1. E' fondato, alla stregua dei rilievi esposti al punto 8. del Considerato in diritto, il quinto motivo di ricorso relativo al vizio di violazione di legge derivante dalla violazione del divieto di bis in idem, in relazione al reato associativo di cui al capo A) poiche' la condotta ascrittagli, in assenza di ulteriori elementi che ne denotino la partecipazione al sodalizio mafioso, appare ricalcata su quella di partecipazione all'associazione dedita allo smercio di sostanze stupefacenti. Restano assorbiti gli ulteriori motivi di ricorso sull'aggravante di detto reato. Lo stesso motivo, invece, e' manifestamente infondato, oltre che aspecifico nella sua formulazione, in merito alla prova della partecipazione del ricorrente al reato di cui al capo B): la Corte esclusa la rilevanza della "mancata "conoscenza, da parte di (OMISSIS), delle attivita' dell'associazione in merito al traffico di stupefacenti ha, invece, valorizzato quale sintomatica del consapevole apporto dell'imputato al sodalizio criminoso capeggiato da (OMISSIS) e dedito al traffico di droga il contenuto della conversazione del 22 ottobre 2016 (intercorsa tra il ricorrente e (OMISSIS)) spiegando come il contenuto della conversazione non fosse espressivo di una presa di distanza da (OMISSIS) ma fosse relativo ad una discussione sul prezzo al quale l'imputato avrebbe dovuto attenersi nella vendita, "regola" che ne denota la piena conoscenza della dinamiche interne al gruppo e, pertanto, espressiva della sua partecipazione. Il ricorrente propone una lettura alternativa del contenuto della conversazione intercettata che la Corte di merito ha ricostruito adeguatamente offrendone una spiegazione logica e in linea con il suo tenore letterale. 10.10.2. Sono ineccepibili, da qui la infondatezza del motivo di ricorso n. 6, le argomentazioni della sentenza impugnata sulla impossibilita' di configurare il reato associativo ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, come precisato al punto 7.3 del Considerato in diritto e sulla sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. che residua anche dopo la esclusione della colpevolezza del ricorrente dal reato di cui al capo A), come illustrato al punto 7.2 del Considerato in diritto. 10.10.3. Non e' suscettibile di censura il mancato giudizio di prevalenza delle pur concesse circostanze attenuanti generiche in relazione al negativo giudizio sulla personalita' del ricorrente evincibile dai suoi precedenti, motivazione, questa, logica e concludente ai fini della motivazione della scelta punitiva. 10.10.4. L'annullamento della statuizione di condanna, in relazione al capo A) impone la rideterminazione della pena alla quale puo' procedere questa Corte elidendo, rispetto alla immutata pena base che, con giudizio di bilanciamento delle circostanze aggravanti ordinarie e aumento per quella ad effetto speciale di cui all'articolo 416-bis. 1 c.p. e' stata determinata anni tredici e mesi quattro di reclusione, l'aumento praticato per la continuazione con il reato di cui all'articolo 416-bis c.p. e, quindi, la pena di mesi sei e giorni dieci di reclusione. La pena finale, con l'aumento per la continuazione dei residui reati e la diminuente del rito e' quella di anni otto, mesi dieci e giorni venti di reclusione. 10.11. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile perche' proposto per motivi generici e manifestamente infondati. Il primo motivo di ricorso, per contestare il giudizio di responsabilita' del reato associativo sub capo A), propone una inammissibile rilettura delle conversazioni intercettate, di contenuto chiaro anche quando in dialetto gelese - afferma la sentenza impugnata - e di cui viene proposta una lettura ineccepibile, dal punto di vista logico, nella ricostruzione degli episodi, e della loro valenza, ai fini della ritenuta condotta partecipativa quale quello che registra il coinvolgimento nell'aggressione e ferimento di (OMISSIS), per ritorsione e vendetta a seguito di quello di (OMISSIS). A questo riguardo la Corte di appello (pag. 281 e ss. della sentenza impugnata) ha valorizzato il contenuto delle conversazioni intercettate il 24 e 27 aprile 2016 (questa omessa nella ricostruzione difensiva) leggendole in sequenza temporale e con preciso riferimento al contenuto (che e', dunque chiaro), valorizzandone a capacita' dimostrativa ai fini della prova del reato associativo poiche' il contenuto delle conversazioni non va limitato al coinvolgimento del ricorrente nel procacciamento dell'auto (documentato dalla conversazione del 24 aprile) ma anche al condiviso progetto ritorsivo in danno del (OMISSIS) quale emerge dalla "rivendicazione" che, in chiave polemica con l'atteggiamento di (OMISSIS) (che dice di armarsi e partire, rimanendo fuori dalle operazioni) l'odierno ricorrente ha fatto nella conversazione del 27 aprile 2016: Ne' depotenzia la valenza del suo impegno a favore del gruppo la circostanza che nell'anno 2016 si fosse ormai consumato il rapporto personale con (OMISSIS). I giudici di appello hanno, infatti, rilevato come a partire dal 22 agosto 2015 non fossero stati piu' registrati contatti telefonici (prima addirittura frenetici e interrotti, si precisa in sentenza, per questioni di donne e tradimenti), una interruzione che "spiega" le ragioni di acrimonia verso (OMISSIS), registrate anche in occasione della vicenda (OMISSIS) per la quale (OMISSIS) contestava a (OMISSIS) il mancato intervento a favore del nipote, ma non anche quelli di solidarieta' mafiosa di cui e' emblematica la vicenda del ferimento del (OMISSIS) e del suo coinvolgimento nella "punizione" ritorsiva. Emblematica della rilevanza di tale vicenda per l'associazione ed il vincolo di solidarieta' mafiosa che collegava gli imputati, la circostanza che (OMISSIS) assicurasse la sorveglianza al degente e i contatti personali con (OMISSIS) intrattenuti dal ricorrente anche dopo il ferimento ma anche i timori connessi alla collaborazione dei (OMISSIS) (le cui dichiarazioni, secondo il ricorrente, avevano determinato le perquisizioni che avevano comportato il sequestro di una somma a casa dello stesso (OMISSIS)). Sostiene il ricorrente che la Corte ha equivocato le dichiarazioni di (OMISSIS) che, in contrapposizione ad altri soggetti indicati come "(OMISSIS)", si era limitato a indicarlo come una persona che "camminava" con gli (OMISSIS). L'espressione non e' di per se' significativa della portata che il ricorrente vi collega. Come si e' detto, la Corte di merito ha ricostruito l'evoluzione del rapporto dell'imputato con (OMISSIS) passato da un intenso rapporto di frequentazione, risalente agli anni 2014 e 2105, alle condotte estorsive subite dallo (OMISSIS) (al (OMISSIS), capo H, reato commesso il (OMISSIS), ascritto a (OMISSIS)) e dal fratello, (OMISSIS) (si tratta del reato di tentata violenza privata ascritto a (OMISSIS) al capo R), commesso a dicembre 2018). Una evoluzione, riconducibile all'equilibrio dei poteri a proprio favore imposto da (OMISSIS) e che non smentisce la comune affiliazione del ricorrente alla "(OMISSIS)" perlomeno negli anni dal 2014 al 2016, periodo a cui si riferisce la vicenda (OMISSIS), le conversazioni intercettate e in parallelo con il coinvolgimento dello (OMISSIS) nella gestione del parcheggio della discoteca (OMISSIS). Emblematico il commento al riguardo di (OMISSIS) che, secondo la ricostruzione della sentenza impugnata, a chi gli faceva notare la gelosia o invidia dello (OMISSIS), rispondeva che questi aveva potuto aprire il (OMISSIS). 10.10.1. Anche il secondo motivo di ricorso, che si dilunga nell'analisi delle conversazioni irrilevanti ai fini della prova del reato di partecipazione all'associazione dedita allo spaccio, e' generico e manifestamente infondato. Gia' la Corte di appello (pag. 285 della sentenza impugnata) ha indicato il ricorso dell'imputato come un chiaro esempio di impugnazione generica perche' concentrato sulla tesi degli acquisti per uso personale che lo (OMISSIS) avrebbe fatto e sul contenuto equivoco dei riferimenti nelle conversazioni intercettate a prodotti alimentari aveva, invece, trascurato che il compendio probatorio valorizzato fin dalla sentenza di primo grado ne delineava a i rapporti con i fornitori di droga del clan, (OMISSIS) e (OMISSIS), nell'anno 2012, sull'asse (OMISSIS), nel quale erano inseriti anche (OMISSIS) e (OMISSIS); nel periodo successivo, anno 2014, sull'asse (OMISSIS), con forniture assicurate da (OMISSIS) Traina, operazioni nelle quali veniva parimenti registrato il coinvolgimento di (OMISSIS) e dei fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS) e, sempre nell'anno 2014, con forniture da Catania, attraverso (OMISSIS), compagno di detenzione di (OMISSIS) e per conto del quale, come emissario, agiva il cugino, (OMISSIS). Sempre all'anno 2014 risalivano i contatti del ricorrente per forniture di cocaina da (OMISSIS) e di acquisti, attraverso il canale ragusano, da (OMISSIS) e da (OMISSIS), operante sulla piazza di Niscemi: le correlative complesse operazioni sono state esaminate nella sentenza di primo grado (che ha dedicato un corposo capitolo alla ricostruzione delle attivita' in materia di stupefacenti) ma che sono state sintetizzate, trattando la posizione dei singoli imputati che rispondono del reato associativo, anche nella sentenza di appello (alle pagg. 280 e ss). Come si e' detto esaminando la posizione di (OMISSIS), la Corte di appello ha valorizzato il contenuto di risalenti intercettazioni (effettuate fin dall'anno 2012) dalle quali emergeva il ruolo del ricorrente nelle trattative per la fornitura di droga agli "(OMISSIS)": inequivoco, secondo la sentenza impugnata il contenuto della trattativa sul prezzo della droga evincibile dalla conversazione intercettata il 2 aprile 2012 nel corso della quale (OMISSIS) si dice preoccupato della situazione conflittuale che sembrava delinearsi tra la "(OMISSIS)" (equiparata agli scissionisti napoletani) e "(OMISSIS)" e le conversazioni del 13 aprile 2012 nel corso delle quali, prima parlando con il ricorrente poi con altro interlocutore, (OMISSIS) lamenta il ritardo nei pagamenti. Dalle conversazioni del 24 ottobre 2014 emergono, invece, i contatti del ricorrente con (OMISSIS) in un contesto nel quale chiaramente (OMISSIS), che si trovava in auto con (OMISSIS), indicava lo scopo del viaggio in quello di prendere dell'hashish con una operazione che era preceduta da scambio di messaggi e incontri con (OMISSIS) e seguita direttamente da (OMISSIS) che si informava dei movimenti del ricorrente. (OMISSIS) viene chiaramente indicato da (OMISSIS) come suo emissario nei contatti con (OMISSIS) (conversazione del 12 novembre 2014) e la sentenza impugnata ricostruisce almeno tre viaggi del ricorrente a Catania per fornirsi di droga (oltre a quello del 22 novembre il viaggio del 27 novembre e 12 dicembre): anche in relazione a tali viaggi la sentenza impugnata descrive i contatti preliminari con il fornitore, gestiti da (OMISSIS); il viaggio, giustificato, in termini criptici, da operazioni del tutto inconferenti con la finalita' effettiva e il cui raggiungimento era comprovato da conversazioni successive che indicavano la natura della merce trattata (in occasione del viaggio del 12 dicembre e' proprio ricorrente ad affermare che e' in possesso di un tipo di sostanza, indicata come "pongo" cioe' un tipo di hashish, di provenienza marocchina molto morbido e facilmente modellabile), operazioni che, evidenzia la sentenza impugnata, venivano seguite dai fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS). In parallelo, ma con modalita' sovrapponibili che registravano, in alcune operazioni, la presenza di (OMISSIS) e (OMISSIS), i viaggi a Catania, presso (OMISSIS), per procurarsi sostanza stupefacente tipo cocaina. Si tratta delle conversazioni del 22 dicembre 2014, 18 gennaio e 25 gennaio 2015 che registrano in alcune occasioni anche la presenza di (OMISSIS), operazioni proseguite anche nei mesi estivi del 2016 e nell'autunno 2016. Nell'estate e autunno del 2015 (conversazioni del 23 agosto 2015; 19 settembre e 18 novembre 2015) sono intercettate le conversazioni intercorse con (OMISSIS) il cui oggetto e' sempre relativo a questioni di droga con relativi rifornimenti e pagamenti e rilevanti perche' dal loro contenuto (al netto di quelle relative agli appuntamenti e modalita' di contatti) rileva per il riferimento a peso, qualita' e prezzo della droga (particolarmente significativa, in questo senso la conversazione del 23 agosto 2015 illustrata a pag. 295 della sentenza impugnata di inequivoco contenuto). Non meno chiari i contatti del ricorrente, intercettati nell'anno 2017, con (OMISSIS), uno dei personaggi centrali nell'organizzazione dello spaccio a (OMISSIS) e piu' volte arrestato per spaccio di droga. Un compendio probatorio che rende del tutto priva di fondamento la richiesta di sussumere i fatti nella fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6. Pienamente sussistenti, invece, le aggravanti dell'associazione armata e di quella di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. alla luce delle descritte evidenze di prova e delle coordinate in diritto, tracciate ai punti 7.2 e 7.3 del Considerato in diritto. 10.11.2. Sono generiche le argomentazioni difensive svolte con il motivo n. 4 in relazione ai reati in materia di stupefacenti contestati ai capi BB), Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1, riferito all'acquisto da (OMISSIS) di un non meglio precisato quantitativo di cocaina, in Catania e (OMISSIS) il 6 dicembre 2016; DD), Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1, in relazione all'acquisto di un non meglio precisato quantitativi di cocaina da (OMISSIS) reato commesso in (OMISSIS); FF) Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1, accertato in (OMISSIS); GG) Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1, in concorso con (OMISSIS), per la detenzione illecita di un non meglio precisato quantitativo di droga al fine di cessione, condotta accertata in (OMISSIS) il 24 novembre 2014. La ricostruzione dei fatti (alle pagg. 296 e ss. della sentenza impugnata) e' stata sviluppata secondo una modalita' che individua, per ciascun reato, il contenuto delle correlative intercettazioni telefoniche o ambientali, di cui il ricorrente contesta la chiarezza e decifrabilita' del significato con argomentazioni che si rivelano generiche e che, premessa per ciascuna, la perfetta ricostruzione del contenuto (oggetto di pressoche' riproduzione testuale nella sentenza impugnata) sono, in realta', volte ad una alternativa ricostruzione del contenuto. Cosi', con riferimento al capo BB) la sentenza impugnata (pag. 292) riporta la conversazione, intercettata in ambientale tra il ricorrente e (OMISSIS) nel corso della quale si riferisce ad un pezzo che sembra "neve" e ne decanta la qualita' precisando di averla ricevuta, il giorno primo da (OMISSIS); quanto al capo DD) la sentenza impugnata ripercorre il contenuto delle conversazioni intercorse il 6 e 7 maggio 2016 con (OMISSIS) sull'appuntamento convenuto e modalita' di prelievo dell' (OMISSIS) attraverso i "carusi"; i contatti con (OMISSIS) e il riferimento a consegne di the e fattura che sono immediatamente evocativi di uno scambio il cui tenore non puo' che rinviare alla merce di cui il 6 ottobre 2014 l'imputato si interessava e, cioe' cocaina di cui l'imputato doveva liberarsi prima di un controllo (questo con riferimento al capo FF). I motivi di ricorso, con riferimento agli ulteriori reati sub capi GG), 3)), MM) sono apodittici e si limitano ad una generica censura di vizio di motivazione della sentenza impugnata. Il descritto contesto di acquisto e consistenza giustifica la conclusione della Corte di appello di non poter sussumere i fatti nella fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5 ma anche la mancata esclusione dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. sub specie di agevolazione dell'associazione mafiosa nella quale, come precisato, era parte integrante il ricorrente. 10.11.4 Il ricorrente censura l'affermazione di responsabilita' in relazione al reato sub capo V) per illecita detenzione di armi non meglio identificate, condotta accertata in epoca antecedente al 8 novembre 2015: anche con riguardo a tale motivo di ricorso la censura difensiva si risolve in una inammissibile richiesta di lettura alternativa della conversazioni intercettate (quella del 25 luglio 2016 che va posta in relazione ad una pregressa conversazione con (OMISSIS)) di cui la sentenza impugnata ha fornito una valutazione logica e coerente con il contenuto delle conversazioni stesse. 10.11. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile. I motivi di ricorso che contestano il giudizio di responsabilita' in ordine al reato sub capo B) sono generici e consistono nella mera riproduzione dei motivi di appello che la Corte di merito, in linea con le valutazioni compiute nella sentenza di primo grado, ha compiutamente esaminato facendo corretta applicazione delle coordinate ermeneutiche (descritte al punto 7.1 del Considerato in diritto) ai fini della configurabilita' del consapevole contributo partecipativo del ricorrente al reato associativo. In particolare, non hanno fondamento le censure che contestano la "cripticita'" delle conversazioni intercettate e la erronea valutazione della "presenza", asseritamente saltuaria, del ricorrente nella base logistica di via (OMISSIS), genericamente contestate allegando la interpretazione "illogica e fuorviante" delle conversazioni che lo coinvolgono. La Corte di merito (pag. 304 e ss.) ha evidenziato come il ricorrente abbia fatto riferimento solo ad alcune delle conversazioni intercettate (quelle del 18 febbraio 2017 e 8 aprile 2017) isolandole pero' dall'intero compendio intercettativo che ha consentito di ricostruire la partecipazione del ricorrente al viaggio a (OMISSIS), collegato all'acquisto di droga, partecipazione emersa non solo dal contenuto della conversazione intercettata il 1 dicembre 2015 - e che denota la partecipazione anche di altri soggetti smentendo, cosi', la tesi difensiva che il ricorrente si rapportava solo con (OMISSIS), suo datore di lavoro - ma anche quella del 3 dicembre 2015 - in ambientale, presenti oltre al ricorrente (OMISSIS) e (OMISSIS)- in cui e' chiaro l'oggetto dell'acquisto (sette pani di hashish) convenuto con l'interlocutore e da quella del 19 marzo 2016 da cui risulta che il ricorrente accettava la richiesta dello (OMISSIS) di mettersi addosso la droga per occultarla. Il ricorrente propone, di tale conversazione, una lettura "depotenziata" evadendo, pero' il significato che l'incombente sottendeva. Le intercettazioni comprendono numerose conversazioni (a partire dal 27 settembre 2016) affatto riconducibili alla "mera frequentazione fra congiunti", con (OMISSIS), suo cugino, o a frequentazioni con (OMISSIS) e (OMISSIS), riconducibili all'acquisto di droga per uso personale. Appare corretta l'affermazione della Corte di merito secondo la quale il ricorso al linguaggio criptico, immediatamente chiaro ai loquenti, denota il carattere illecito dell'oggetto delle conversazioni che devono essere correlate le une alle altre e con gli altri elementi acquisiti per inferirne il contenuto che, per quanto concerne i frequenti rapporti e contatti fra il ricorrente e i sodali dell'associazione, (OMISSIS) e (OMISSIS), non appare sovrapponibile a lecite attivita' occultando, viceversa, la gestione di affari illeciti. Ne' tale contenuto rimanda a operazioni di acquisto di droga da parte del ricorrente quanto piuttosto al suo coinvolgimento nelle operazioni di procacciamento della droga, consegna ai correi e, in altre circostanze, cessione a terzi, attivita' stabilmente svolte e, pertanto, funzionali al raggiungimento delle finalita' dell'associazione con la piena consapevolezza da parte dell'imputato di concorrere alla realizzazione delle finalita' del gruppo stesso. 11. Alla inammissibilita' dei ricorsi proposti da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma, liquidata come in dispositivo, a favore della Cassa delle Ammende. Segue alla conferma della sentenza, la condanna (OMISSIS) e (OMISSIS) al pagamento delle spese sostenute dalle parti civili Confederazione generale italiana del lavoro e Confederazione generale Camera del Lavoro della provincia di Caltanissetta che liquida in complessivi Euro 3686 oltre accessori di legge; la condanna (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) al pagamento delle spese sostenute dalla parte civile FAI antiracket (OMISSIS) che liquida in complessivi Euro 3686 oltre accessori di legge; la condanna di (OMISSIS) al pagamento delle spese sostenute dalle parti civili (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) che liquida in complessivi Euro 3686 oltre accessori di legge. Compensa per il resto le spese nei confronti delle parti civili, tenuto conto del parziale esito assolutorio. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) in relazione alla aggravante di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 71, aggravante che elimina. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) con riferimento al reato di cui alla L. n. 895 del 1967, articoli 2 e 7 come contestato al capo W) relativamente al reato di detenzione di arma comune da sparo, reato da ritenersi assorbito in quello di detenzione di arma clandestina di cui alla L. n. 110 del 1975, articolo 23, commi 1 e 3, di cui al capo TT) e riqualifica la detenzione delle munizioni ai sensi dell'articolo 697 c.p. aggravato ai sensi dell'articolo 416-bis.1 c.p. con rinvio per rideterminazione della pena per tale ultimo reato, come ritenuto, ad altra sezione della corte di appello di Caltanissetta. Dichiara inammissibili nel resto i ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS). Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) riqualificato il reato di cui al capo KKK) come reato p. e p. dall'articolo 648-bis c.p. Rigetta nel resto il suo ricorso. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) in relazione al reato di cui al capo A) per non avere commesso il fatto e, per l'effetto, elimina la pena di mesi sei di reclusione e, con la diminuente del rito, determina la pena finale in anni sei, mesi uno e giorni ventitre' di reclusione. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) in relazione al reato di cui al capo A) per non avere commesso il fatto e, per l'effetto, elimina la pena di mesi sei di reclusione e, con la diminuente del rito, determina la pena finale in anni undici e mesi dieci di reclusione. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) in relazione al reato di cui al capo A) per non avere commesso il fatto e, per l'effetto, elimina la pena di mesi sei di reclusione e, con la diminuente del rito, determina la pena finale in anni otto, mesi dieci e giorni venti di reclusione. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) in relazione al reato di cui al capo A) per non avere commesso il fatto e, per l'effetto, elimina la pena di mesi sei di reclusione e, con la diminuente del rito, determina la pena finale in anni otto, mesi dieci e giorni venti di reclusione. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) in relazione al reato di cui al capo A) per non avere commesso il fatto e, per l'effetto, elimina la pena di mesi sei di reclusione e, con la diminuente del rito, determina la pena finale in anni otto, mesi dieci e giorni venti di reclusione. Dichiara inammissibili nel resto i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Dichiara inammissibili i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Condanna (OMISSIS) e (OMISSIS) al pagamento delle spese sostenute dalle parti civili CGIL Confederazione Generale Italiana del Lavoro e CGIL Confederazione generale - Camera Del Lavoro della Provincia di Caltanissetta che liquida in complessivi Euro 3686 oltre accessori di legge. Condanna (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) al pagamento delle spese sostenute dalla parte civile F.A.I Antiracket (OMISSIS) che liquida in complessivi Euro 3686 oltre accessori di legge. Condanna (OMISSIS) al pagamento delle spese sostenute dalle parti civili (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) che liquida in complessivi Euro 3686 oltre accessori di legge. Compensa per il resto le spese nei confronti delle parti civili.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROCCHI Giacomo - Presidente Dott. LIUNI Teresa - Consigliere Dott. SANTALUCIA Giuseppe - Consigliere Dott. RENOLDI Carlo - rel. Consigliere Dott. GALATI Vincenzo - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS), avverso l'ordinanza del Tribunale per i Minorenni di Catanzaro in data 6/12/2022; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Carlo Renoldi; udita la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Simone Perelli, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; udito, per l'indagato, l'avv. (OMISSIS), che ha concluso riportandosi ai motivi del ricorso e chiedendo l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata. RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza in data 6/12/2022, il Tribunale per i Minorenni di Catanzaro, in funzione di Tribunale del riesame, ha rigettato l'impugnazione avverso l'ordinanza emessa il 15/11/2022 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale per i Minorenni di Catanzaro con la quale era stata disposta la misura cautelare del collocamento in comunita' nei confronti di (OMISSIS), gravemente indiziato di tentato omicidio, aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi, ai danni di (OMISSIS), colpito al corpo e a un braccio con alcune coltellate per vendicare uno schiaffo inferto all'indagato a causa di un suo approccio con (OMISSIS), fidanzata della persona offesa. 1.1. Secondo il Collegio, il primo Giudice aveva correttamente ravvisato i gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti contestati a partire da una valutazione congrua delle emergenze investigative, costituite: dalle dichiarazioni rese dalla vittima, (OMISSIS), circa le modalita' dell'aggressione ad opera di (OMISSIS), che lo aveva contattato mediante l'applicazione whattsapp per chiedergli un appuntamento (circostanza poi riscontrata dalla visione dei relativi screenshot); dagli esiti del sopralluogo sul luogo del delitto, ove erano state rilevate numerose tracce ematiche; dalle immagini sulle fasi iniziali dell'aggressione tratte dall'impianto di video-sorveglianza privato dell'abitazione di (OMISSIS); dall'apporto dichiarativo di alcune persone informate sui fatti ( (OMISSIS), (OMISSIS)) e dalle risultanze degli accertamenti sanitari compiuti sulla vittima nell'immediatezza dei fatti. Detti elementi, secondo il Tribunale, erano stati valutati criticamente, nell'ambito di un apprezzamento globale del compendio probatorio, anche in rapporto alle circostanze a discarico dedotte dall'indagato in occasione del suo interrogatorio. In tale frangente, (OMISSIS), aveva reso una versione dei fatti diretta ad accreditare la tesi di una sua azione difensiva rispetto all'aggressione asseritamente portata da (OMISSIS) o, comunque, rispetto all'atteggiamento provocatorio che sarebbe stato assunto da quest'ultimo. Tale versione, tuttavia, era stata ritenuta in contrasto con le dichiarazioni testimoniali e con i dati di prova generica acquisiti nel corso delle investigazioni (costituiti in primis dalle immagini di videosorveglianza), che avevano consentito di escludere sia una situazione di "attualita' del pericolo" derivante dalla condotta di (OMISSIS), che si trovava a mani nude, sia la necessita' di reagire da parte di (OMISSIS), il quale avrebbe potuto sporgere querela per la percossa ricevuta e avrebbe potuto allontanarsi dal presunto aggressore senza alcun pregiudizio. 1.2. Quanto alla configurabilita' del tentato omicidio, il Collegio ha evidenziato: la natura dell'arma portata sul luogo, la pluralita' dei colpi inferti, la volonta' aggressiva dell'indagato, recatosi armato a un appuntamento che aveva chiesto alla vittima al fine di vendicare l'affronto subito, la presenza di ferite da punta all'emitorace sinistro (in corrispondenza del polmone) e al fianco sinistro (in corrispondenza degli organi intra-addominali), ovvero in zone corporee sede di organi vitali. Elementi idonei a configurare tanto l'elemento materiale, quanto quello soggettivo. A questo riguardo, l'ordinanza impugnata ha ritenuto di ravvisare la sussistenza del cd. animus necandi o, quantomeno, dello stato soggettivo di chi agisce volendo alternativamente ferire o uccidere (cd. dolo alternativo). Infatti, anche considerando che (OMISSIS) avesse agito con la mera intenzione di ferire la vittima, la circostanza che egli si fosse certamente rappresentato la probabile morte di (OMISSIS), ha indotto il Tribunale a ritenere dimostrato, sia pure entro i limiti propri della fase cautelare, che egli abbia voluto ugualmente proseguire nella sua azione, volendo indifferentemente realizzare la morte o il ferimento della vittima. L'ordinanza ha, poi, passato in rassegna gli elementi di fatto che hanno consentito di ritenere sussistenti le aggravanti della premeditazione e dei futili motivi, costituiti, rispettivamente, dalla richiesta di appuntamento e dalla successiva presentazione all'incontro armato di coltello, indicative di una programmazione dell'azione aggressiva, intervenuta dopo un apprezzabile intervallo temporale tra l'insorgenza del proposito criminoso e l'attuazione di esso, mantenuta nonostante l'incontro con le famiglie per riappacificare i due giovani, nonche', quanto alla seconda aggravante, dalla presenza di un movente del tutto sproporzionato rispetto all'azione criminosa realizzata. L'ordinanza del riesame ha, infine, confermato il giudizio sulle esigenze cautelari connesse al concreto pericolo, per le specifiche modalita' del fatto e la violenta personalita' dell'indagato, che costui possa reiterare le condotte illecite, anche tenuto conto della sua recente partecipazione a una violenta rissa sfociata in lesioni personali, indicativa della sua inclinazione a Risolvere i conflitti con la violenza. E ha condiviso il giudizio secondo cui il collocamento in comunita' possa favorire, grazie all'intervento di personale professionalmente qualificato, il consolidarsi di un percorso di autentica riflessione sulla gravita' del delitto commesso, ammesso solo parzialmente (avendo il giovane sempre ribadito il carattere difensivo della sua condotta), anche in rapporto a un percorso educativo problematico, connotato da una frequenza scolastica all'insegna del mancato rispetto delle regole disciplinari e tenuto conto dell'incapacita' dimostrata dal nucleo familiare di riferimento ad assicurare l'assimilazione, nel ragazzo, del valore del rispetto della persona. 2. (OMISSIS), ha proposto ricorso per cassazione avverso il predetto provvedimento per mezzo del difensore di fiducia, avv. (OMISSIS), deducendo sei distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex articolo 173 disp. att. c.p.p.. 2.1. Con il primo motivo, il ricorso lamenta, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c) ed e), la inosservanza o erronea applicazione dell'articolo 292, comma 2, lettera c) e articolo 125 c.p.p., comma 3, nonche' la mancanza, apparenza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in relazione alla mancanza di autonoma valutazione da parte del Giudice della cautela degli elementi di posti a sostegno della misura cautelare. 2.2. Con il secondo motivo, il ricorso censura, ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c) ed e), la inosservanza o erronea applicazione Decreto del Presidente della Repubblica n. 448 del 1988, articolo 9, artt.178 e 180 c.p.p. in ragione dell'omessa indagine sulle condizioni personali, familiari, sociali e ambientali del minore, che secondo la giurisprudenza integrerebbe una nullita' a regime intermedio. Nel respingere l'eccezione, l'ordinanza impugnata si limiterebbe, in maniera del tutto carente, a fare riferimento a generici accertamenti svolti dalla polizia giudiziaria in merito ai precedenti di polizia del padre del ragazzo e al suo profitto scolastico, omettendo di pronunciarsi su tutte le altri condizioni. 2.3. Con il terzo motivo, il ricorso denuncia, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), la inosservanza o erronea applicazione degli articoli 52, 56 e 575 c.p. e articoli 273 e 192 c.p.p., nonche' la mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in relazione alla mancata valutazione delle memorie ex articolo 121 c.p.p., depositate dalla difesa all'udienza del 6/12/2022 e alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di tentato omicidio, non essendo stati valutati i parametri dell'azione (quali: i mezzi usati, la direzione e l'intensita' dei colpi, la distanza del bersaglio, la parte del corpo attinta, le situazioni di tempo e di luogo dell'azione cruenta) rilevanti ai fini di stabilire la sussistenza della volonta' di uccidere. In particolare, l'avere cercato un appuntamento, anche se con finalita' aggressiva, non significherebbe, per cio' solo, che (OMISSIS) volesse uccidere (OMISSIS); e cio' anche considerando che, all'incontro, egli si era recato con un coltello, atteso che il giovane avrebbe potuto avere l'intenzione di impaurire il rivale, cagionargli delle lesioni, accreditarsi con gli amici, mostrando loro che non aveva timore. I Giudici di merito avrebbero travisato le prove, considerata la relazione della consulenza di parte, a firma della Dott.ssa Bisogni, che aveva concluso per l'inesistenza di postumi invalidanti e che nessun pericolo di vita aveva corso (OMISSIS) in occasione del suo ferimento, secondo quanto confermato dal Dott. (OMISSIS), medico chirurgo presso l'ospedale di Vibo Valentia, le cui dichiarazioni sarebbero state sottoposte a un illegittimo frazionamento. E cio' renderebbe meramente ipotetiche le considerazioni riportate a pag. 5 dell'ordinanza impugnata, secondo cui, se le ferite fossero state piu' profonde, esse avrebbero potuto compromettere la funzionalita' degli organi interni. Inoltre, il fatto che il luogo dell'incontro, fissato da (OMISSIS), era la piazza del paese, luogo molto frequentato, dimostrerebbe che l'indagato non intendeva uccidere (OMISSIS), posto che, ove questo fosse stato il suo obiettivo, avrebbe scelto un luogo piu' isolato. Inoltre, dalle immagini emergerebbe che era stato (OMISSIS) ad aggredire (OMISSIS), come confermato dai segni sul corpo del minorenne fotografati dalla polizia giudiziaria la sera stessa; ne' la circostanza sarebbe esclusa dal fatto che (OMISSIS) si era protetto con il braccio sinistro, dal momento che egli avrebbe attaccato un avversario in possesso di un'arma bianca. E il fatto, riferito da (OMISSIS), che (OMISSIS) "era sconvolto" dopo aver ferito (OMISSIS), dimostrerebbe ulteriormente che il giovane non intendeva ucciderlo. Illogica sarebbe, poi, la motivazione nella parte in cui riterrebbe che (OMISSIS), solo perche' disarmato, non potesse assumere un contegno aggressivo, anche considerata la sproporzione fisica tra i due riferita a pag. 3 dell'ordinanza. E del resto, a pag. 4 nell'annotazione di polizia giudiziaria dell'1/11/2022 a firma del maresciallo (OMISSIS), si riferirebbe che (OMISSIS) aveva attaccato per primo (OMISSIS), come specificato a pag. 5 dei motivi di riesame, senza che di cio' sia stato dato conto in motivazione. In ultimo, si osserva che l'ordinanza impugnata avrebbe omesso di motivare sulle ragioni per le quali (OMISSIS), avendo intenzione di ferire (OMISSIS), avrebbe accettato anche il verificarsi dell'evento morte. 2.4. Con il quarto motivo, il ricorso deduce, ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), la inosservanza o erronea applicazione dell'articolo 577 c.p., comma 1, n. 3, e dell' articolo 125, comma 3, articolo 192 e articolo 292 c.p.p., comma 2, nonche' la mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in relazione alla riconosciuta aggravante della premeditazione, ritenuta a partire dalla permanenza della deliberazione delittuosa dal momento dello schiaffo inferto all'indagato, senza che l'ordinanza indichi l'atto istruttorio da cui emergerebbe tale assunto e senza rispondere alla deduzione difensiva secondo cui (OMISSIS), avrebbe maturato la propria deliberazione delittuosa nel momento in cui aveva lasciato l'azienda del padre, mezz'ora prima circa della lite. Sotto altro profilo, si deduce l'omessa risposta rispetto a una serie di censure contenute nei motivi di riesame (realizzazione del delitto con un mezzo non particolarmente micidiale, incompatibile con il dolo nella sua massima espressione; le ferite lievissime inferte; l'assenza di progettazione, dimostrata dall'esecuzione del delitto nel centro del paese, in presenza di numerose persone e della videocamera; l'esibizione dell'arma, tale da consentire la fuga o la difesa della persona offesa, tale da elevare le probabilita' di fallimento dell'azione; le inverosimili dichiarazioni rese da (OMISSIS) nell'immediatezza dei fatti alla polizia giudiziaria, indicative di una mancata programmazione). Ancora, l'ordinanza impugnata avrebbe operato una confusione tra preordinazione e premeditazione, essendo la prima pacificamente insufficiente a integrare la seconda, che postula il radicamento e la persistenza costante, per un apprezzabile lasso di tempo, del proposito omicida. 2.5. Con il quinto motivo, il ricorso lamenta, ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), la inosservanza o erronea applicazione della legge penale, nonche' la mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in relazione al mancato riconoscimento dell'attenuante della "provocazione" e al riconoscimento dei motivi futili. Quanto alla prima, (OMISSIS) avrebbe pacificamente "agito in stato di ira, determinato da un fatto ingiusto altrui", costituito dallo schiaffo ("mancata") ingiustamente ricevuto da (OMISSIS) nella pubblica piazza del paese. Quanto ai secondi, l'ordinanza non si sarebbe confrontata con quanto dedotto con i motivi di riesame in ordine alla circostanza che il delitto avesse trovato fondamento nell'immaturita' e nell'emozionalita' dell'adolescenza, che nel caso di un reato commesso da un minore deve essere adeguatamente valorizzata. Fermo restando che quand'anche la causale fosse rinvenuta nella vendetta, essa non potrebbe indurre a quel profondo senso di ripugnanza e di disprezzo richiesto per la configurazione dell'aggravante in parola. 2.6. Con il sesto motivo, il ricorso lamenta, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c) ed e), la inosservanza o erronea applicazione dell' articolo 274 c.p.p., commi 1, lettera c), e al Decreto del Presidente della Repubblica n. 448 del 1988, articoli 2, 21 e 22,e dell' articolo 125, comma 3, articolo 192 e articolo 292 c.p.p., comma 2, nonche' la mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in relazione alle esigenze cautelari, che i(Tribunale ravviserebbe a partire dal recente coinvolgimento del giovane in una violenta rissa sfociata in lesioni personali, indicativo dell'inclinazione del medesimo a Risolvere con la violenza i diverbi. Episodio che, opina la difesa, in assenza di un pronunciamento da parte di un Giudice, avrebbe dovuto essere vagliato dal Tribunale acquisendo il relativo compendio probatorio. Sotto diverso profilo, l'ordinanza non motiverebbe adeguatamente in relazione alla ritenuta inidoneita' del nucleo familiare a consentire l'applicazione della misura della permanenza in casa; e cio' benche' la difesa avesse evidenziato come i familiari, nell'immediatezza della prima lite, si fossero immediatamente recati a casa di (OMISSIS) per far riappacificare i due giovani e avessero condotto i(ragazzo, nell'immediatezza dell'aggressione, presso la locale Stazione dei Carabinieri in un momento in cui egli non era stato ancora individuato come autore del ferimento, manifestando un atteggiamento per nulla compiacente nei suoi confronti. Analoga superficiale svalutazione verrebbe compiuta in relazione a quanto documentato dalla difesa in relazione a(fatto che i genitori si fossero attivati per porre riparo allo scarso rendimento scolastico del giovane e che avessero educato i(minore ai valori cristiani e dello sport. Travisato sarebbe, poi, l'atteggiamento collaborativo del minore, ritenuto parzialmente ammissivo, laddove (OMISSIS), avrebbe successivamente, in sede di interrogatorio di garanzia, reso dichiarazioni di chiaro tenore autoaccusatorio. E oggetto di travisamento sarebbe, ancora, quanto da lui dichiarato in merito alla legittima difesa, mai rivendicata, essendosi il giovane limitato ad affermare di essersi semplicemente difeso; circostanza peraltro confermata dall'annotazione di polizia giudiziaria dell'1/11/2022 a firma del maresciallo (OMISSIS). Manifesta illogicita' e contraddittorieta' della motivazione riguarderebbero, infine, l'assenza di una reale resipiscenza in capo all'indagato, giustificata con l'assenza di una confessione, ritenuta non necessaria per la sospensione del processo con messa alla prova e, in ogni caso, da valutarsi in maniera non astratta, con riferimento alla spontaneita', aderenza al reale, riscontro in altri atti processuali, immutazione del vero. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' parzialmente fondato e, pertanto, deve essere accolto per quanto di ragione. 2. Con il primo motivo di censura, la difesa deduce che il Giudice per le indagini preliminari abbia riproposto, con la tecnica del "copia/incolla", il contenuto della richiesta di misura cautelare, senza operare alcuna autonoma valutazione degli elementi posti a sostegno della stessa e senza esplicitare le ragioni per le quali abbia ritenuto di condividere la valutazione del Pubblico ministero. 2.1. Le argomentazioni difensive sono, tuttavia, infondate. Ritiene, infatti, il Collegio, dalla lettura degli atti in questione, che, pur in presenza di una sostanziale riproposizione dei contenuti della richiesta di misura cautelare avanzata dal Pubblico ministero, il provvedimento genetico abbia, comunque, preso in rassegna tutti gli elementi significativi ai fini del giudizio sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari esistenti a carico di (OMISSIS), articolando la necessaria valutazione critica degli elementi stessi, anche in rapporto alla versione offerta dall'indagato, sottoposta a specifico vaglio e superata con argomenti logicamente convincenti e pienamente congrui rispetto al compendio indiziario. Non si e', quindi, al cospetto di una motivazione inesistente o apparente, sicche' in ogni caso, il tessuto argomentativo del provvedimento genetico ben avrebbe potuto essere integrato dal Collegio del riesame (ex plurimis Sez. 6, n. 10590 del 13/12/2017, dep. 2018, Liccardo, Rv. 272596 - 01), come effettivamente avvenuto nella specie, avendo l'ordinanza qui impugnata affrontato tutti gli aspetti rilevanti della vicenda cautelare, senza che, sul punto, il ricorso abbia, del resto, mosso convincenti osservazioni critiche (v. infra sui singoli passaggi). 3. Infondato e', anche, il secondo motivo di doglianza, relativo alla omessa indagine sulle condizioni personali, familiari, sociali e ambientali del minore richiesta dal Decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448, articolo 9. 3.1. Tale disposizione, invero, stabilisce, al comma 1, che "il pubblico ministero e il giudice acquisiscono elementi circa le condizioni e le Risorse personali, familiari, sociali e ambientali del minorenne al fine di accertarne l'imputabilita' e il grado di responsabilita', valutare la rilevanza sociale del fatto nonche' disporre le adeguate misure penali e adottare gli eventuali provvedimenti civili"; e, al comma 2, che "agli stessi fini il pubblico ministero e il giudice possono sempre assumere informazioni da persone che abbiano avuto rapporti con il minorenne e sentire il parere di esperti, anche senza alcuna formalita'". E la mancata osservanza di tale disposizione configura, secondo la giurisprudenza di legittimita', una nullita' a regime intermedio ai sensi dell'articolo 178, c.p.p., lettera c), (Sez. 3, n. 46356 del 15/11/2016, dep. 2017, C., Rv. 271308 - 01; Sez. 4, n. 11884 del 12/10/1994, Jovanovic, Rv. 200405 - 01). 3.2. Nel caso di specie, tuttavia, pur in presenza di una stringata motivazione, i Giudici di merito hanno compiuto la valutazione richiesta, richiamando, a tal fine, gli accertamenti svolti dalla polizia giudiziaria in relazione "alle caratterizzazioni del minore" e il "profilo informativo", esistente in atti, relativo all'ambiente familiare, con particolare riguardo alla situazione dei genitori e al percorso scolastico del giovane. E del resto, tale valutazione appare pienamente congrua in rapporto alla fase processuale di riferimento, essendo del tutto ragionevole che, soprattutto nell'immediatezza dei fatti, la valutazione cautelare, pur orientandosi anche verso l'ambito personologico e socio-familiare dell'indagato, si appaghi dell'acquisizione di informazioni suscettibili di futuri approfondimenti, in ogni caso sufficienti a una prima ricognizione delle caratteristiche del soggetto e del suo contesto di riferimento, in attesa che, con l'ulteriore corso del procedimento, vengano compiuti tutte le piu' opportune ricognizioni ad opera delle strutture istituzionali, degli eventuali consulenti di parte o, se necessario, dei periti. 4. Il terzo motivo, con cui la difesa deduce la mancata valutazione degli argomenti difensivi in ordine all'insussistenza dell'elemento oggettivo e del dolo del tentato omicidio, e' manifestamente infondato. 4.1. Sotto il primo aspetto, relativo alla idoneita' e alla direzione non equivoca degli atti, la difesa lamenta che i Giudici di merito abbiano travisato la relazione della consulenza di parte, a firma della Dott.ssa Bisogni, che aveva concluso per l'inesistenza di postumi invalidanti e che nessun pericolo di vita aveva corso (OMISSIS) in occasione del suo ferimento; valutazione che sarebbe stata confermata dal Dott. (OMISSIS), medico chirurgo presso l'ospedale di Vibo Valentia, le cui dichiarazioni sarebbero state sottoposte a un illegittimo frazionamento. E' appena il caso di osservare, nondimeno, che secondo la giurisprudenza di legittimita', il requisito della idoneita' degli atti a determinare l'evento mortale deve essere valutato alla stregua di un giudizio di prognosi postuma, compiuto cioe' ex ante ovvero facendo riferimento alla situazione presentatasi all'agente al momento dell'azione, al fine di valutare se, in tale momento, potesse ritenersi probabile una sua evoluzione sino all'evento fatale. In altri termini, successivamente al mancato verificarsi della consumazione del reato voluto dall'agente, deve essere esperito un tipico giudizio controfattuale, realizzato riportando la sequenza criminosa al momento della estrinsecazione della condotta e ipotizzando se fosse probabile, in tale fase, la verificazione del risultato offensivo voluto, assumendo quale base del relativo giudizio il complesso delle circostanze conosciute o conoscibili dall'agente in quella fase dell'iter criminis (Sez. 1, n. 32851 del 10/6/2013, Ciancio Cateno, Rv. 256991-01; Sez. 2, n. 44148 del 7/7/2014, Guglielmino, Rv. 260855-01; Sez. 2, n. 36311 del 12/7/2019, Raicevic, Rv. 277032-01). Un criterio, quello appena esposto, che le ordinanze di merito hanno correttamente applicato al caso di specie, evidenziando come i colpi inferti dall'indagato, in quando diretti a raggiungere zone del corpo sede di organi vitali, dovessero ritenersi idonee, nell'accezione chiarita, a cagionare la morte della vittima, non verificatasi per cause del tutto indipendenti dal volere dell'aggressore. E del resto, va ribadito che ai fini della integrazione della fattispecie contestata non e' affatto rilevante la circostanza che la vittima sia stata realmente attinta dai colpi dell'aggressore, subendo un effettivo vulnus della propria integrita' psico-fisica (Sez. 1, n. 52043 del 10/6/2014, Vaghi, Rv. 261702), essendo, in realta', sufficiente, come gia' anticipato, che l'azione offensiva sia stata attuata in modo da configurare, secondo una valutazione prognostica riferita al momento in cui detta azione si dispiegava, il probabile conseguimento del risultato offensivo avuto di mira. 4.2. Quanto al secondo profilo, e' manifestamente infondata l'affermazione, contenuta nel ricorso, secondo cui il Tribunale non avrebbe sottoposto ad attento vaglio le circostanze dell'azione (quali: i mezzi usati, la direzione e l'intensita' dei colpi, la distanza del bersaglio, la parte del corpo attinta, le situazioni di tempo e di luogo dell'azione cruenta), rilevanti ai fini dello stabilire la sussistenza della volonta' di uccidere. Dalla piana lettura del provvedimento, infatti, si evince che proprio tali elementi sono stati presi in considerazione dal Tribunale per ricostruire l'elemento soggettivo del delitto contestato, con motivazione congrua e logica e pienamente aderente alla provvista probatoria (da cui e' emerso, in particolare, che i colpi, reiterati, erano stati sferrati al tronco della vittima, ove hanno sede molti organi vitali); motivazione la quale, pertanto, si sottrae a qualunque censura in questa sede, ove il Giudice di legittimita' deve procedere al controllo sulla corretta applicazione delle regole del ragionamento probatorio e sulla logicita' del relativo apparato argomentativo, senza compiere alcuna rivalutazione delle prove. Su tali premesse, non possono ritenersi consentite nemmeno le ulteriori osservazioni difensive che si incentrano sulla equivocita' della richiesta di appuntamento e della stessa presenza del coltello (che, deduce la difesa, sarebbero compatibili anche con un semplice dolo di lesioni) o che, in via controfattuale, evidenziano il luogo, assai frequentato, in cui era avvenuta l'aggressione: situazione asseritamente incompatibile con il dolo di omicidio. Tali considerazioni, a ben vedere, cercano di sollecitare l'adesione del Giudice di legittimita' a una ricostruzione alternativa del materiale probatorio e, soprattutto, prospettano una lettura atomistica e parcellizzata dei singoli elementi del compendio indiziario, cui la difesa annette una valenza asseritamente decisiva soltanto a condizione di omettere di considerare altri elementi, di rilievo essenziale e, come tali, ineludibili (e' il caso, appunto, delle parti del corpo attinte dai plurimi colpi sferrati dal giovane). E cio' e' a dirsi anche per quanto riferito da (OMISSIS), ovvero che (OMISSIS), dopo aver ferito (OMISSIS), "era sconvolto": circostanza che, anche secondo la logica comune, non ha certo, come unica spiegazione, che egli non intendesse uccidere il rivale. Manifestamente infondata, in ultimo, e' l'affermazione difensiva secondo cui l'ordinanza impugnata avrebbe omesso di motivare sulle ragioni per le quali (OMISSIS), avendo intenzione di ferire (OMISSIS), avrebbe accettato anche il verificarsi dell'evento morte, avendo l'ordinanza spiegato che proprio l'avere agito con una pluralita' di colpi inferti, con un mezzo idoneo, in sedi corporee dove si trovano organi vitali, dovesse ritenersi indicativa, secondo le comuni regole della logica, che egli avesse agito con una sostanziale indifferenza verso il risultato di una semplice offesa dell'integrita' fisica o della morte della vittima, che l'agente non poteva non avere previsto come del tutto probabile in relazione ai colpi inferti. 4.3. Quanto, ancora, agli argomenti con cui, all'interno del presente motivo, la difesa ipotizza, ancora, che l'indagato possa avere agito per rintuzzare l'aggressione portata da (OMISSIS), anche in questo caso le relative censure hanno carattere meramente rivalutativo, in particolare per quanto attiene al riferimento alle immagini, dalle quali emergerebbe la reale dinamica dei fatti. Un argomentare che, ancora una volta, sollecita una valutazione sottratta alla cognizione del Giudice di legittimita', al quale non e' ovviamente consentito accedere ad atti processuali per offrire una propria interpretazione dei fatti, rimessa alla esclusiva cognizione del Giudice di merito, il quale, nella specie, riferisce un dato che e' stato oggetto di diretto apprezzamento da parte del Collegio a partire dalle immagini dei filmati. Anche in tal caso, le ulteriori argomentazioni difensive (ovvero che (OMISSIS) avrebbe potuto assumere un contegno aggressivo, pur senza essere armato, in considerazione della sua maggiore prestanza fisica; o ancora che i segni sul corpo del minorenne dimostrerebbero che era stato aggredito dal rivale; o, infine, che (OMISSIS) era stato immortalato dalle immagini mentre si proteggeva con il braccio sinistro proprio perche' egli stava attaccando l'avversario, in possesso di un'arma bianca), introducono considerazioni che non possono scalfire la coerente e logica ricostruzione dei fatti compiuta dai due provvedimenti di merito e, in particolare, la interpretazione che gli stessi hanno offerto delle immagini tratte dall'impianto di video-sorveglianza, attestanti che l'azione di (OMISSIS) non era stata affatto difensiva. Infine, non autosufficiente, e quindi inammissibile, e' la censura con cui si deduce che a pag. 4 dell'annotazione di polizia giudiziaria dell'1/11/2022, a firma del maresciallo (OMISSIS), si riferirebbe che (OMISSIS), aveva attaccato per primo (OMISSIS). 5. Infondato e', ancora, il quarto motivo di censura, relativo alla configurabilita' della premeditazione, in relazione alla quale la difesa assume che la deliberazione delittuosa sarebbe insorta nel momento in cui aveva lasciato l'azienda del padre, mezz'ora prima circa della lite; ed evidenzia una serie di elementi indicativi dell'assenza di una efficace programmazione (ovvero: la realizzazione del delitto con un mezzo non particolarmente micidiale, incompatibile con il dolo nella sua massima espressione; le ferite lievissime inferte; l'assenza di progettazione dimostrata dalla sua esecuzione al centro del paese, in presenza di numerose persone e della videocamera; l'esibizione dell'arma, tale da consentire la fuga o la difesa della persona offesa, tale da elevare le probabilita' di fallimento dell'azione; le inverosimili dichiarazioni rese da (OMISSIS), nell'immediatezza dei fatti alla polizia giudiziaria, indicative di una mancata programmazione). 5.1. In realta', dopo avere richiamato i consolidati principi giurisprudenziali in materia di premeditazione in relazione alla necessaria presenza di un apprezzabile intervallo temporale tra l'insorgenza del proposito criminoso e l'attuazione di esso, tale da consentire una ponderata riflessione circa l'opportunita' del recesso e di una ferma Risoluzione criminosa perdurante senza soluzione di continuita' nell'animo dell'agente fino alla commissione del crimine (Sez. 5, n. 42576 del 3/06/2015, Procacci, Rv. 265149 - 01), l'ordinanza impugnata ne ha fatto corretta applicazione. I Giudici di merito, infatti, hanno evidenziato, in primo luogo, il movente, dichiarato dallo stesso indagato, il quale aveva detto al suo rivale che non si sarebbe tenuto "le mazzate", a riprova che la causale della sua condotta era da ricollegare allo schiaffo patito qualche giorno prima; movente che, se non e' da solo sufficiente a dimostrare o a escludere la premeditazione, tuttavia esso puo' costituire un elemento indiziante (Sez. 1, n. 345 del 3/12/1990, dep. 1991, Paviola, Rv. 186156-01). In secondo luogo, e' stata sottolineata la circostanza che egli avesse cercato il proprio interlocutore per fissare l'appuntamento nel corso del quale intendeva portare a termine la sua vendetta, con un intento che non era stato scalfito dal chiarimento con il rivale promosso dalle rispettive famiglie e, dunque, dall'apprezzabile intervallo temporale intercorso. Tale ricostruzione non viene messa in crisi dalle circostanze indicate dalla difesa, che sebbene indicative di una scarsa perizia nell'organizzazione del delitto, certamente compatibile con l'eta', non hanno alcuna valenza dimostrativa rispetto alla configurabilita' dell'aggravante e si fondano su apprezzamenti fattuali di natura essenzialmente confutativa rispetto alle opposte valutazioni espresse, non illogicamente, dall'ordinanza impugnata (e' il caso, ad esempio, della scarsa offensivita' del coltello, della sua esibizione alla vittima, della lievita' delle ferite ecc.). Cosi' come sfornita di qualunque aggancio con le risultanze istruttorie evincibili dal provvedimento impugnato e' l'affermazione difensiva secondo cui la deliberazione criminosa sarebbe insorta mezz'ora prima della lite. Al contrario, proprio la giustificazione espressa dall'interessato al momento dell'inizio della stessa, che andava ricondotta alle "mazzate" inferte all'indagato dalla persona offesa, ha consentito al Tribunale, in maniera niente affatto illogica, di riferire il momento della deliberazione a quello dello schiaffo subito da (OMISSIS). 6. Venendo, poi, al quinto motivo di ricorso, con esso la difesa lamenta, da un lato, il mancato riconoscimento della attenuante della provocazione e, sul versante opposto, la ritenuta configurabilita' dell'aggravante dei futili motivi. Quanto alla prima, va ricordato che la stessa ricorre quando, ai sensi dell'articolo 62 c.p., comma 1, n. 2, il soggetto abbia agito in stato d'ira determinato da un fatto ingiusto altrui. Nel caso di specie, pur essendo il movente riconducibile al fatto ingiusto altrui, osta alla configurabilita' dell'attenuante, come del resto osservato dall'ordinanza impugnata, la mancanza evidente del requisito della proporzione. Tale circostanza, dunque, non consente il riconoscimento dell'attenuante invocata (cosi' Sez. 5, n. 8945 del 19/01/2022, Mangano, Rv. 282823 - 01) ben piu' della premeditazione, la quale appare compatibile con la provocazione, atteso che quest'ultima non postula, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale, una stretta contestualita' tra lo schiaffo ricevuto e la reazione impulsiva (v. Sez. 1, n. 51041 del 08/10/2013, Mosca, Rv. 257877 - 01 in materia di provocazione "per accumulo"). Quanto, poi, alla futilita' dei motivi, va ricordato che secondo la giurisprudenza di legittimita', essa ricorre "quando la determinazione delittuosa sia stata causata da uno stimolo esterno cosi' lieve, banale e sproporzionato, rispetto alla gravita' del reato, da apparire, per la generalita' delle persone, assolutamente insufficiente a provocare l'azione delittuosa, tanto da poter essere riguardato, piu' che come causa determinante dell'evento, come pretesto o scusa perche' l'agente potesse dare sfogo al suo impulso criminale" (ex multis, Sez. 5, n. 41052 del 10/06/2014, Barnaba, Rv. 260360 - 01), ovvero "quando la determinazione criminosa sia stata causata da uno stimolo esterno cosi' lieve, banale e sproporzionato rispetto alla gravita' del reato, da apparire, secondo il comune modo di sentire, assolutamente insufficiente a provocare l'azione criminosa, tanto da potersi considerare, piu' che una causa determinante dell'evento, un mero pretesto per lo sfogo di un impulso criminale" (tra le tante, Sez. 1, n. 59 del 1/10/2013, dep. 2014, Femia, Rv. 258598 - 01). Una sproporzione che il Tribunale ha rinvenuto nel caso di specie, essendosi l'agente determinato a compiere l'azione in ragione di una causale non congrua. E tuttavia, l'ordinanza non appare avere valutato adeguatamente la circostanza che il reato sia stato commesso da un minore e, in particolare, che lo stesso possa avere avuto scaturigine dall'irrazionalita', dall'immaturita' o dall'emozionalita' tipiche dell'adolescenza, anche rispetto alla percezione del giudizio da parte della comunita' dei pari: una situazione che, ove provata, inciderebbe sicuramente sulla configurabilita' dell'aggravante (cosi' Sez. 1, n. 48162 del 7/11/2013, F., Rv. 257661 - 01). Sul punto, l'ordinanza appare non adeguatamente motivata e, pertanto, se ne impone l'annullamento limitatamente alla configurabilita' dell'aggravante in parola. 7. Con il sesto motivo, la difesa lamenta, innanzitutto, che l'ordinanza abbia valorizzato la recente denuncia per rissa, che avrebbe dovuto essere vagliata dal Tribunale acquisendo il relativo compendio probatorio. Quanto alla ritenuta inidoneita' del nucleo familiare, l'ordinanza non motiverebbe sulle iniziativa dei congiunti per far riappacificare i litiganti, per promuovere l'intervento dei Carabinieri dopo l'aggressione e per porre riparo allo scarso rendimento scolastico. Travisato sarebbe, poi, l'atteggiamento collaborativo del minore, ritenuto parzialmente ammissivo, laddove (OMISSIS), avrebbe successivamente, in sede di interrogatorio di garanzia, reso dichiarazioni di chiaro tenore autoaccusatorio. E travisato sarebbe, ancora, quanto dal medesimo dichiarato in merito alla legittima difesa, mai rivendicata, essendosi il giovane limitato ad affermare di essersi semplicemente difeso; circostanza peraltro confermata dall'annotazione di polizia giudiziaria dell'1/11/2022 a firma del Maresciallo (OMISSIS). Manifesta illogicita' e contraddittorieta' della motivazione riguarderebbero, infine, l'assenza di una reale resipiscenza in capo all'indagato, giustificata con l'assenza di una confessione, ritenuta non necessaria per la sospensione del processo con messa alla prova e da valutarsi in maniera non astratta, con riferimento alla spontaneita', aderenza al reale, riscontro in altri atti processuali, immutazione del vero. 7.1. Tanto premesso, osserva il Collegio che l'episodio relativo alla denuncia per rissa non assume carattere dirimente nella complessiva valutazione del Tribunale. E quanto al contesto familiare, l'ordinanza ha motivato la propria decisione, in maniera niente affatto illogica, attraverso il riferimento alla difficolta' del nucleo, pur a fronte di una apprezzabile iniziativa volta alla riappacificazione dei litiganti, a svolgere un ruolo educativo realmente efficace, tanto da rendere necessario il ricorso all'azione di educatori professionali. Quanto, poi, all'atteggiamento maturato dall'indagato rispetto al grave reato, non sussiste il prospettato vizio di motivazione, avendo l'ordinanza valorizzato, del tutto logicamente, il fatto che, pur in presenza di un quadro accusatorio granitico, egli sottovaluti ancora l'accaduto, presentando l'azione aggressiva come motivata da un'esigenza difensiva smentita dalle acquisizioni istruttorie. 8. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere accolto limitatamente alla configurabilita' dell'aggravante dei motivi futili, sicche' l'ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio, per nuovo giudizio sul punto, al Tribunale per i Minorenni di Catanzaro. Nel resto, il ricorso deve essere, invece, rigettato. 8.1. In caso di diffusione del presente provvedimento dovranno omettersi le generalita' e gli altri dati identificativi, secondo quanto imposto dalla legge a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata limitatamente all'aggravante dei motivi futili con rinvio per nuovo giudizio sul punto al Tribunale per i Minorenni di Catanzaro. Rigetta nel resto il ricorso. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita' e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52, in quanto imposto dalla legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CATENA Rossella - Presidente Dott. MICCOLI Grazia - Consigliere Dott. CANANZI Francesco - rel. Consigliere Dott. SGUBBI Vincenzo - Consigliere Dott. BIFULCO Daniela - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato il (OMISSIS); avverso la sentenza del 05/11/2021 della CORTE DI CASSAZIONE di ROMA; udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. CANANZI FRANCESCO; udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. MIGNOLO OLGA, che ha chiesto dichiararsi inammissibile del ricorso; udito l'avvocato (OMISSIS), in sostituzione degli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS) nell'interesse del ricorrente (OMISSIS), che ha illustrato i motivi di ricorso e ne ha chiesto l'accoglimento. RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza n. 1022, emessa il 5 novembre 2021 e depositata in data 25 febbraio 2022, la Corte di cassazione, Prima sezione penale, per quanto qui di interesse, dichiarava inammissibile il ricorso proposto per conto di (OMISSIS), avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli, che in data 6 febbraio 2020 ne aveva confermato la responsabilita' penale per il delitto di tentato omicidio di (OMISSIS). La Corte di cassazione rilevava come le sentenze di merito, in doppia conforme, avessero ritenuto comprovata la responsabilita' dell'imputato sulla scorta delle dichiarazioni della persona offesa, giudicate attendibili, oltre che confortate dalla documentazione sanitaria e dalle testimonianze di terze persone non interessate, fra i quali (OMISSIS) e (OMISSIS), che avevano riferito di aver visto una "zuffa" fra cittadini stranieri, alla quale avevano partecipato piu' persone. Avverso tale decisione della Corte di cassazione propongono ora ricorso straordinario ai sensi dell'articolo 625-bis c.p.p., per conto del (OMISSIS), i suoi difensori muniti di procura speciale. 2. Il ricorso per cassazione proposto nell'interesse di (OMISSIS) consta di unico motivo, enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall'articolo 173 disp. att. c.p.p.. 3. Il ricorrente, dopo avere definito l'ambito del giudizio, conseguente ad errore di natura percettiva, evidenzia come la Corte di cassazione sia incorsa in tale errore decisivo, in relazione al tema posto dal primo motivo dell'originario ricorso. Infatti, a fronte del dedotto travisamento della prova, la Corte di legittimita' riteneva logica la valutazione operata dai giudici di merito, che rilevavano come la "zuffa" indicata dal teste (OMISSIS) non risultasse essere stata tale da integrare la nozione di "rissa"; l'errore sarebbe consistito nel non aver valutato, da parte della Corte di legittimita', la dichiarazione di (OMISSIS), che invece avrebbe descritto una prima fase di discussione animata fra 5 o 6 albanesi, una degenerazione della discussione in una fase nella quale i contendenti, che (OMISSIS) non sapeva indicare come e se ripartiti, erano passati alle "vie di fatto", infine la presenza di sedie e bottiglie rotte e tracce di sangue all'esito della "zuffa". Tale dichiarazione di (OMISSIS) risulterebbe incompatibile con il narrato della persona offesa, che riferiva invece di una aggressione avvenuta senza alcun alterco preliminare e senza una ragione a lui nota. L'errore sarebbe relativo alla percezione di quanto contenuto nei verbali delle dichiarazioni della persona offesa e dei testi (OMISSIS) e (OMISSIS). Altro errore percettivo commesso dalla Corte di cassazione riguarderebbe la doglianza dell'omessa assunzione di prova decisiva, in quanto la Corte di appello non avrebbe acquisito la richiesta annotazione di polizia giudiziaria, al fine di procedere alla escussione dei verbalizzanti, dalla quale sarebbe risultata nelle prime fasi dell'indagine la reticenza del Vezi a fornire i nomi degli aggressori, con ricadute sulla sua attendibilita'. E bene la Corte di legittimita' avrebbe errato nel dichiarare inammissibile il ricorso anche sul punto, rilevando che la censura non era stata proposta in appello, il che non risponde al vero, cosi' da integrare l'errore percettivo. 4. Il ricorso e' stato trattato con l'intervento delle parti, a seguito di tempestiva istanza dei difensori, ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8, disciplina prorogata sino al 31 dicembre 2022 per effetto del Decreto Legge n. 105 del 2021, articolo 7, comma 1, la cui vigenza e' stata poi estesa in relazione alla trattazione dei ricorsi proposti entro il 30 giugno 2023 dal94 Decreto Legislativo 10 ottobre 2022, articolo come modificato dal Decreto Legge 31 ottobre 2022, n. 162, articolo 5-duodecies convertito con modificazioni dalla L. 30 dicembre 2022, n. 199. 5. Le parti hanno concluso come indicato in epigrafe. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' inammissibile. 2. Va premesso il costante insegnamento di questa Corte, per il quale l'errore di fatto verificatosi nel giudizio di legittimita' e oggetto del rimedio previsto dall'articolo 625-bis c.p.p. consiste in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui il giudice di legittimita' sia incorso nella lettura degli atti interni al giudizio stesso e connotato dall'influenza esercitata sul processo formativo della volonta', viziato dall'inesatta percezione delle risultanze processuali che abbia condotto a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso (Sez. Un., n. 16103 del 27 marzo 2002, Basile P, Rv. 221280). Ed in tal senso si e' altresi' precisato che, qualora la causa dell'errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, non e' configurabile un errore di fatto, bensi' di giudizio, come tale escluso dall'orizzonte del rimedio previsto dall'articolo 625-bis c.p.p. (Sez. Un., n. 37505 del 14 luglio 2011, Corsini, Rv. 250527). Infatti, il rimedio di cui all'articolo 625-bis c.p.p., puo' essere proposto solo nel caso di errore materiale o di fatto, e non per errore di diritto (Sez. 5, Sentenza n. 21939 del 17/04/2018, D'Agostino, Rv. 273062). 3. Tanto premesso nel caso in esame la Corte di cassazione sarebbe incorsa in due errori percettivi. 3.1 Quanto al primo, sarebbe relativo alla circostanza che la Corte prima ancora di valutare la coerenza e logicita' delle sentenze di merito, in doppia conforme, avrebbe letto in modo erroneo il contenuto dei verbali delle dichiarazioni della persona offesa e di (OMISSIS), veicolati per vizio di travisamento. A ben vedere, rileva questa Corte come la sentenza impugnata abbia escluso la dedotta incompatibilita' fra le versione resa dalla persona offesa e quanto riferito da (OMISSIS) e (OMISSIS) in ordine alla "zuffa" da loro narrata, tanto che la stessa Corte di legittimita' per un verso condivide la valutazione effettuata dal primo giudice di merito, che riteneva che la "zuffa" non fosse contrapposizione fra due gruppi e dunque integrante il delitto di rissa, bensi' un assembramento di persone, compatibile con la versione della persona offesa che riferiva di essere stato aggredito da piu' persone contestualmente; ma non solo, la Corte di legittimita' va ad analizzare direttamente le dichiarazioni di (OMISSIS) riportandone al fol. 9 anche un brano dal quale emergeva l'incertezza del (OMISSIS), dal quale traeva il coerente e logico convincimento che "la totale vaghezza delle informazioni fornite dal teste oculare su una circostanza cruciale per la ricostruzione e la qualificazione giuridica del fatto" non potevano ritenersi di tale affidabilita' da infirmare l'attendibilita' e la narrazione della persona offesa (OMISSIS). Pertanto non emerge assolutamente, anche dalla lettura del verbale delle dichiarazioni di (OMISSIS) allegato al presente ricorso, un errore percettivo, vertendosi invece in tema di valutazione operata prima dai giudici del merito e poi di verifica e valutazione della stessa da parte della Corte di cassazione, anche a fronte del sollevato vizio motivazionale per travisamento. 3.2 Quanto alla seconda ipotesi di errore percettivo, la stessa difetta di decisivita', requisito necessario per l'errore revocatorio. Se e' vero che con l'atto di appello era stata richiesta l'acquisizione della annotazione di polizia giudiziaria (foll. 4 e 7 dell'atto di appello) ai fini dell'escussione dei testimoni di polizia giudiziaria, e' anche vero che la sentenza ora impugnata al fol. 10 offre una ulteriore e diversa ratio decidendi affermando che "la persona offesa e' stata sottoposta ad esame dibattimentale nel contraddittorio delle parti e, dunque, li' ha potuto rispondere alle richiesta di chiarimenti della difesa dell'imputato", cosi' rappresentando la necessita' che la censura dovesse essere portata in relazione alle dichiarazioni sul punto di (OMISSIS) in sede dibattimentale, qualora fossero state a lui poste domande sul tema. In sostanza, si prospetta da parte della Corte di cassazione una ragione alternativa, relativa alla necessita' di ricondurre in sede dibattimentale in primo grado ogni questione di attendibilita', anche nel corso dell'esame del (OMISSIS) al fine di evidenziarne eventuali iniziali reticenze. Cio' risulta essere rispondente a un consolidato orientamento nell'interpretazione dell'articolo 603 c.p.p., nel senso che per un verso la rinnovazione dell'istruttoria nel giudizio di appello, attesa la presunzione di completezza dell'istruttoria espletata in primo grado, e' un istituto di carattere eccezionale al quale puo' farsi ricorso esclusivamente allorche' il giudice ritenga, nella sua discrezionalita', di non poter decidere allo stato degli atti (Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015 - dep. 25/03/2016, Ricci, Rv. 266820), tanto che il motivo di ricorso per cassazione consistente nella deduzione di mancata assunzione di una prova decisiva puo' essere proposto solo in relazione ai mezzi di prova di cui sia stata chiesta l'ammissione a norma dell'articolo 495 c.p.p., comma 2, sicche' esso non puo' essere validamente invocato quando il mezzo di prova, sollecitato dalla parte attraverso l'invito al giudice di merito ad avvalersi dei poteri discrezionali di integrazione probatoria di cui all'articolo 507, non sia stato dal giudice ritenuto necessario ai fini della decisione (Sez. 1, n. 16772 del 15/04/2010 - dep. 03/05/2010, Z., Rv. 246932), circostanze nel caso in esame non emerse. Per altro verso neanche si verte in tema di prove sopravvenute o scoperte dopo la sentenza di primo grado, che possono integrare violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera d) (Sez. 1, n. 3972 del 28/11/2013 - dep. 29/01/2014, Ingui', Rv. 25913601). Ne consegue che a fronte di una duplice ratio decidendi e' evidente che l'errore percettivo dedotto non risulti decisivo. 4. Ne consegue l'inammissibilita' del presente ricorso. 5. All'inammissibilita' del ricorso consegue la condanna della parte ricorrente, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p. (come modificato ex L. 23 giugno 2017, n. 103), al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, cosi' equitativamente determinata in relazione ai motivi di ricorso che inducono a ritenere la parte in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita' (Corte Cost. 13/6/2000 n. 186). P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CATENA Rossella - Presidente Dott. GUARDIANO Alfredo - Consigliere Dott. DE MARZO Giuseppe - rel. Consigliere Dott. CIRILLO Pierangelo - Consigliere Dott. FRANCOLINI Giovanni - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sui ricorsi proposti da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 20/10/2021 della CORTE APPELLO di BARI; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere DE MARZO GIUSEPPE; lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore generale, Dott. Giordano Luigi, il quale ha chiesto dichiararsi l'inammissibilita' dei ricorsi. RITENUTO IN FATTO 1. Per quanto ancora rileva e salve le precisazioni delle quali si dara' conto nell'esame dei motivi di ricorso, con sentenza del 20 ottobre 2021, la Corte d'appello di Bari ha confermato la decisione di primo grado, quanto all'affermazione di responsabilita' di varie persone delle quali si dira' subito in fra, in relazione al reato di cui all'articolo 588 c.p., primo e comma 2. 2. Nell'interesse degli imputati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), e' stato proposto ricorso per cassazione, affidato ai motivi di seguito enunciati nei limiti richiesti dall'articolo 173 disp. att. c.p.p.. 3. Ricorso (OMISSIS) e (OMISSIS). Con l'unico motivo di ricorso si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione all'affermazione di responsabilita' di (OMISSIS), ribadendo le doglianze, gia' sviluppate nell'atto di appello (e che, al termine dell'esposizione del motivo vengono indicate come estensibili anche all'altro ricorrente, (OMISSIS)), con le quali si era rilevato che l'imputato non aveva apportato alcun contributo causale, sia pure sul piano morale, all'azione. Si osserva: a) che la condotta del (OMISSIS) si era inserita in una parte dell'azione nella quale la rissa ancora non si era realizzata, essendo mancata la reazione dell'aggredito ( (OMISSIS)) e, quindi, il necessario scambio di colpi; b) che solo successivamente si sarebbe registrata la reazione dell'aggredito ma in un contesto nel quale il (OMISSIS) non tiene alcuna condotta idonea ad integrare il reato; c) che la sentenza impugnata, per colmare le indicate lacune, aveva tentato di collocare il (OMISSIS) nella zuffa che sarebbe seguita in altra area dello stadio, ma senza indicare alcun elementi a carico del medesimo; d) che i rilievi appena svolti incidono sull'elemento soggettivo del reato. Si insiste, in fine, nel rilievo dell'intervenuta prescrizione. 4. Ricorso (OMISSIS); Con l'unico motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, rilevando che gli elementi acquisiti non dimostravano la colpevolezza dell'imputato e che, in ogni caso, la pena avrebbe potuto essere ulteriormente diminuita. 5. Ricorso (OMISSIS); Con l'unico motivo del ricorso si lamentano vizi motivazionali, rilevando che la Corte territoriale gli aveva inflitto un trattamento deteriore rispetto agli altri imputati ai quali era stata ridotta la pena inflitta in ragione della rinuncia, operata anche dallo (OMISSIS), ai motivi di merito svolti con l'atto di appello: la sentenza impugnata, infatti, si era limitata ad escludere l'aumento di pena dipendente dall'illecito di cui al Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159, articolo 75, comma 2, limitatamente alla violazione della prescrizione di vivere onestamente, di rispettare le leggi dello Stato e di non dare ragione di sospetto, per il quale era intervenuta assoluzione, perche' il fatto non costituisce reato. 6. Ricorso (OMISSIS); 6.1. Con il primo motivo si lamentano vizi motivazionali, in relazione all'affermazione di responsabilita', difettando la prova di una condotta istigatoria che avesse prodotto l'effetto di sollecitare la partecipazione di altri soggetti alla rissa. 6.2. Con il secondo motivo si lamenta violazione di legge e, in particolare, dell'articolo 40 c.p., comma 1, sottolineando che la condotta era iniziata all'interno degli spalti ed era poi proseguita all'esterno, senza alcun mutamento dei soggetti coinvolti e senza alcun contributo efficiente del ricorrente. 7. Sono state trasmesse, ai sensi del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, conv. con L. 18 dicembre 2020, n. 176, le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore generale, Dott. Giordano Luigi, il quale ha chiesto dichiararsi l'inammissibilita' dei ricorsi. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Ricorso (OMISSIS) e (OMISSIS). Le doglianze sono inammissibili poiche', attraverso una valutazione atomistica dello sviluppo dell'azione, isolano singoli frammenti di un'aggressione che vede sin dall'inizio la consapevole e attiva partecipazione dei due (OMISSIS) rispetto ad un confronto tra opposte fazioni, iniziato sugli spalti e proseguito nell'area antistante (e proprio (OMISSIS) ha riconosciuto di essere stato colpito all'uscita dello stadio). L'inammissibilita' del ricorso per cassazione non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilita' di rilevare e dichiarare le cause di non punibilita' a norma dell'articolo 129 c.p.p. (Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, Decreto Legge n., Rv. 217266 - 01, proprio con riguardo alla prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso). 2. Ricorso (OMISSIS). Le doglianze espresse nell'interesse del (OMISSIS), che si e' vista applicare la pena oggetto del concordato concluso con il P.G., sono inammissibili. Infatti, secondo la granitica giurisprudenza di questa Corte, in tema di concordato in appello, sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex articolo 129 c.p.p. ed, altresi', a vizi attinenti alla determinazione della pena che non si siano trasfusi nella illegalita' della sanzione inflitta, in quanto non rientrante nei limiti edittali ovvero diversa dalla quella prevista dalla legge (Sez. 1, n. 944 del 23/10/2019, dep. 2020, M., Rv. 278170 - 01; v. anche, quanto ai motivi concernenti l'entita' della pena, Sez. 3, n. 19983 del 09/06/2020, Coppola, Rv. 279504 - 01). 3. Ricorso (OMISSIS). La doglianza e' inammissibile, dal momento che l'imputato, in primo grado, in relazione al delitto di cui al capo c) era stato condannato a due anni di reclusione e alla pena totale, tenuto conto della recidiva e del reato di cui al capo a), di tre anni e sei mesi. Come emerge dall'esame della sentenza di primo grado, l'aumento della recidiva, in primo grado, e' stato della meta', con la conseguenza che l'aumento per il reato di cui al capo a) risulta essere di sei mesi di reclusione, mentre, in secondo grado, l'aumento in continuazione e' contenuto in tre mesi. 4. Ricorso (OMISSIS). I due motivi di ricorso, esaminabili congiuntamente per la loro stretta connessione, sono inammissibili per il loro carattere reiterativo e perche', formulati in termini meramente assertivi, non si confrontano con la motivazione della sentenza impugnata, dalla quale emerge come sia le video-riprese sia le deposizioni degli agenti di p.s. abbiano confermato l'esistenza dell'ampio e ripetuto gesto con il quale il (OMISSIS) sollecito' con successo un gruppo di persone, che si trovavano in un anello superiore dello stadio, a scendere verso il punto dove si trovavano gli aggressori del (OMISSIS) per unirsi alla rissa in corso. 5. Alla pronuncia di inammissibilita' consegue, ex articolo 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonche' al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, appare equo determinare in Euro 3.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. PISTORELLI Luca - Presidente Dott. DE MARZO Giuseppe - Consigliere Dott. CANANZI F. - rel. Consigliere Dott. SCORDAMAGLIA Irene - Consigliere Dott. MAURO Anna - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 30/03/2022 della CORTE APPELLO di ROMA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. FRANCESCO CANANZI; lette la requisitoria e le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. EPIDENDIO TOMASO, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso; lette le conclusioni depositate dall'avvocato (OMISSIS), nell'interesse del ricorrente, con le quali anche in replica a quelle della Procura generale, ha illustrato i motivi di ricorso e ne ha chiesto l'accoglimento. RITENUTO IN FATTO 1. La Corte di appello di Roma, con la sentenza emessa a seguito di annullamento con rinvio - disposto da questa Corte di cassazione, Prima sezione penale, il 14 settembre 2021 con sentenza n. 806/2021 - confermava la sentenza del Tribunale di Velletri, che aveva accertato la responsabilita' penale di (OMISSIS) per il delitto di tentato omicidio commesso in danno di (OMISSIS). In particolare la Corte di legittimita' aveva annullato con rinvio la sentenza della Corte di appello di Roma solo in relazione all'iniziativa risarcitoria, assunta dal (OMISSIS) con la consegna di due assegni per un complessivo valore di 35 mila Euro e alla esibizione di una scrittura privata indicata come atto di transazione, rilevando come la Corte di merito nel primo giudizio avesse omesso una adeguata motivazione quanto alla richiesta di riconoscimento dell'attenuante del risarcimento del danno ex articolo 62 c.p., comma 1, n. 6). La Corte di appello, investita del giudizio rescissorio, ha confermato la sentenza del Tribunale di Velletri. 3. Il ricorso per cassazione proposto nell'interesse di (OMISSIS) consta di un unico motivo, enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall'articolo 173 disp. att. c.p.p.. 4. Il motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione, in quanto la Corte di appello, dopo avere escluso l'integralita' del risarcimento, ha pero' omesso di confrontarsi con la dichiarazione liberatoria della persona offesa. Per altro la Corte di appello ha richiamato le tabelle Inail per la invalidita' permanente riferita a infortuni sul lavoro e malattie professionali, non adeguata al caso in esame, come anche non rapportata all'anno 2008, come pure arbitraria risulterebbe la determinazione di Euro 70 al giorno, senza indicare quale sia la fonte. Infine, rispetto alla stima operata dalla Corte di appello, non e' stato tenuto in conto che lo stesso (OMISSIS) era indagato per il delitto di rissa, per cui anche ai fini della valutazione della integralita' del risarcimento del danno avrebbe dovuto trovare applicazione l'articolo 1227 c.c., per il concorso del fatto colposo del creditore. 5. Il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale, ha depositato requisitoria e conclusioni scritte - ai sensi del Decreto Legge n. 127 del 2020, articolo 23, comma 8, - con le quali ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso, ritenendo non arbitraria la valutazione della Corte territoriale, ne' tanto meno censurabile per altre ragioni la sentenza impugnata, data la differenza quantitativa fra quanto stimato dal Giudice del merito e quanto reso disponibile dall'imputato. 6. Il difensore del ricorrente ha con le conclusioni insistito per l'applicazione al caso di specie dell'articolo 1227 c.c., contestando le argomentazioni della Procura generale. 7. Il ricorso e' stato trattato senza intervento delle parti, ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8, disciplina prorogata sino al 31 dicembre 2022 per effetto del Decreto Legge n. 105 del 2021, articolo 7, comma 1, la cui vigenza e' stata poi estesa in relazione alla trattazione dei ricorsi proposti entro il 30 giugno 2023 dal Decreto Legislativo 10 ottobre 2022, articolo 94, come modificato dal Decreto Legge 31 ottobre 2022, n. 162, articolo 5-duodecies convertito con modificazioni dalla L. 30 dicembre 2022, n. 199. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' inammissibile. 2. Va premesso che ai fini dell'applicazione della circostanza attenuante di cui all'articolo 62 c.p., n. 6 e' necessario che il colpevole abbia provveduto, prima del giudizio, alla riparazione del danno mediante il risarcimento totale ed effettivo, non potendo ad esso supplire un ristoro parziale (Sez.2, n. 9535 del 11/02/2022, Cortiglia, Rv. 282793 - 01). La Corte di appello, quanto alla tempestivita' rilevava che con la sentenza rescindente era gia' stata ritenuta la sussistenza di tale presupposto. Diversamente riteneva che il versamento di 35mila Euro fosse ben lontano dalla valutazione del danno a risarcirsi stimato in oltre 82mila Euro. E bene, la Corte territoriale con la pronuncia impugnata si pone in sintonia con il principio per cui l'accordo transattivo, che venga ritenuto satisfattivo dalla parte privata, non vincola il giudice in merito al riconoscimento della invocata circostanza attenuante invocata. A tal proposito l'orientamento consolidato di questa Corte di legittimita' rileva come ai fini del riconoscimento dell'attenuante di cui all'articolo 62 c.p., comma 1, n. 6, la quietanza integralmente liberatoria rilasciata dalla parte offesa non e' "ex se" vincolante, essendo rimesso al sindacato del giudice l'apprezzamento dell'avvenuto ravvedimento del reo e della neutralizzazione della sua pericolosita' sociale, che l'integrale risarcimento del danno implica (Sez. 5, n. 116 del 08/10/2021, dep. 2022, Maier, Rv. 282424 01; Sez. 2, n. 51192 del 13/11/2019, C., Rv. 278368 - 02; Sez. 5, n. 44100 del 24/09/2019, Fukuta, Rv. 278315 - 01). Nello stesso senso e' stato affermato in modo condivisibile che la circostanza attenuante del risarcimento del danno, presupponendo che la riparazione del danno cagionato sia integrale, non sia configurabile a fronte di una transazione intervenuta tra le parti, il cui oggetto risarcitorio e' caratterizzato in se' dalla non integralita' (Sez. 3, n. 25326 del 19/02/2019, Perani, Rv. 276276 - 01). D'altro canto, il giudice puo' disattendere ogni atto negoziale, pur ritenuto satisfattivo dalla persona offesa, fornendo adeguata motivazione, senza che, peraltro, sia necessario procedere alla specifica quantificazione del danno astrattamente risarcibile mediante l'esame delle singole voci che lo compongono, allorche' l'accordo transattivo, a sua volta, non le contempli in modo analitico, ma si limiti ad indicare la somma complessivamente corrisposta a titolo di risarcimento (Sez. 3, n. 33795 del 21/04/2021, L., Rv. 281881 - 01): e nel caso in esame l'atto transattivo non reca alcun riferimento al criterio di valutazione del danno e alla conseguente determinazione del quantum debeatur. E dunque, manifestamente infondata e' la censura che la Corte territoriale non abbia tenuto in conto la scrittura transattiva, escludendone la decisivita' ai fini dell'accertamento della integralita' del risarcimento. La Corte di appello valuta la non integralita' del risarcimento con motivazione non manifestamente illogica o contraddittoria, anzi procedendo a una delibazione puntuale e richiamando criteri che fungono da parametro per identificare la quantificazione del risarcimento dovuto: la motivazione e' immune da vizi logici e da contraddizioni, come tale non sindacabile in questa sede. A tal riguardo deve inoltre condividersi quanto osservato dal Procuratore generale, che ha evidenziato come la "distanza" di oltre 50mila Euro fra quanto attribuito in risarcimento dell'imputato e quanto spettante alla parte offesa, esclude che diversi criteri di calcolo, per altro non proposti dal ricorrente in modo puntuale, o il ricorso alla attenuazione ai sensi dell'articolo 1227 c.c., possa ridurre di tale misura il risarcimento spettante, rendendo integrale quello pari a 35 mila Euro. 3. Ne consegue la inammissibilita' del ricorso. 4. All'inammissibilita' del ricorso consegue la condanna della parte ricorrente, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p. (come modificato ex L. 23 giugno 2017, n. 103), al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende, cosi' equitativamente determinata in relazione ai motivi di ricorso che inducono a ritenere la parte in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita' (Corte Cost. 13/6/2000 n. 186). P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DE GREGORIO Eduardo - Presidente Dott. BELMONTE T. Maria - rel. Consigliere Dott. DE MARZO Giuseppe - Consigliere Dott. BORRELLI Paola - Consigliere Dott. BRANCACCIO Matilde - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), (ANCHE QUALE PCN) nato in (OMISSIS); (OMISSIS) nato in (OMISSIS); (OMISSIS) nato in (OMISSIS); avverso la sentenza del 08/03/2022 della CORTE di APPELLO di L'AQUILA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Maria Teresa BELMONTE; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore generale, Pasquale SERRA D'AQUINO, che ha concluso per l'inammissibilita' dei ricorsi. letta la memoria dell'avvocato (OMISSIS) che, nell'interesse dei ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS), insiste nei motivi e conclude per l'annullamento della sentenza impugnata. Letta la memoria depositata dall'avvocato (OMISSIS), nell'interesse del ricorrente (OMISSIS), con cui insiste nei motivi di ricorso, e conclude per l'accoglimento, depositando anche nota spese della quale chiede la liquidazione quale parte civile. RITENUTO IN FATTO E CONSDIERATO IN DIRITTO 1. La Corte di appello di L'Aquila, con la sentenza impugnata, ha confermato la decisione del Tribunale di Pescara, che aveva dichiarato (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), colpevoli di rissa aggravata, nel corso della quale le parti civili costituite riportavano lesioni personali giudicate guaribili, per entrambe, in giorni cinque, condannandoli alla pena di Euro tremila cadauno, respingendo, tuttavia, la domanda di risarcimento del danno formulata dalle costituite parti civili, ritenendo che non fosse emersa, dall'istruttoria, l'identita' del corrissante - autore materiale della condotta lesiva ai loro danni. 2. Hanno proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) e (OMISSIS) con il ministero del medesimo difensore, avvocato (OMISSIS), che, con unico atto, formula tre motivi. 2.1. Vizi della motivazione in relazione alla affermazione di responsabilita', senza vaglio della alternativa tesi difensiva e con una acritica conferma della statuizione di primo grado. La sentenza si e' fondata sulle generiche affermazioni delli agenti di polizia intervenuti sul posto. 2.2. Con il secondo e il terzo motivo e' denunciata inosservanza dell'articolo 133 c.p. nella quantificazione della pena, senza adeguato vaglio degli elementi concreti del fatto, e dell'articolo 62 bis c.p., mancando una adeguata giustificazione della conferma del giudizio di mera equivalenza espresso dal primo giudice. 3. Propone ricorso anche (OMISSIS) che, con il ministero del difensore di fiducia, avvocato (OMISSIS), che si affida a due motivi. 3.1. Con il primo, denuncia violazione dell'articolo 603 c.p.p. per la mancata acquisizione della querela sporta da (OMISSIS) il cui contenuto non sarebbe corrispondente a quanto dichiarato dallo stesso nel dibattimento. Infatti, si sostiene, nella querela egli aveva chiaramente escluso ogni responsabilita' del (OMISSIS), che indicava come uno dei due malcapitati che erano stati aggrediti da altri connazionali, e che aveva accolto nel negozio dove si erano rifugiati prima dell'arrivo della polizia. In dibattimento, ha, invece, reso dichiarazioni salomoniche, riferendo comunque di averli messi fuori dal negozio. Ci si duole, dunque, della omessa statuizione sul primo motivo di appello, che lamentava violazione del diritto di difesa. 3.2. Vizi della motivazione sono dedotti con il secondo motivo nella parte in cui la Corte di appello ha escluso il ruolo di parte civile del ricorrente solo sulla base della non emersione della identita' certa dei corrissanti, laddove e' la stessa Corte territoriale a ricostruire i fatti nel senso che (OMISSIS) e (OMISSIS) si fossero trovati "soli contro tutti". I ricorsi sono tutti inammissibili. 4. Nell'interesse di (OMISSIS) e (OMISSIS) vengono prospettate censure del tutto generiche a fronte di una doppia conforme di merito e cioe' a due pronunzie, di primo e di secondo grado, che concordano nell'analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle conformi rispettive decisioni, con una struttura motivazionale della sentenza di appello che viene a saldarsi perfettamente con quella precedente, si' da costituire un corpo argomentativo uniforme e privo di lacune, in considerazione del fatto che entrambe le pronunzie hanno offerto una congrua e ragionevole giustificazione del giudizio di colpevolezza formulato nei confronti del ricorrente. Discende da tale evenienza, secondo una linea interpretativa in questa Sede da tempo tracciata, che l'esito del giudizio di responsabilita' non puo' certo essere invalidato - come pretendono i ricorrenti - da prospettazioni alternative, risolventisi in una "mirata rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell'autonoma assunzione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, da preferirsi a quelli adottati dal giudice del merito, perche' illustrati come maggiormente plausibili, o perche' assertivamente dotati di una migliore capacita' esplicativa nel contesto in cui la condotta delittuosa si e' in concreto realizzata (Sez. 6, n. 22256/2006, Rv. 234148; Sez. 1, n. 42369/2006, Rv. 235507). 4.1.La Corte di appello ha convalidato la decisione di primo grado, sia in ordine alla sussistenza del delitto di rissa che la quanto alla attribuibilita' del fatto agli odierni ricorrenti, richiamando le fonti dichiarative che danno conto della reciproca aggressione da parte di due gruppi contrapposti, conformemente a quanto appurato dalle Forze dell'Ordine intervenute, e della loro partecipazione al "groviglio di persone". 4.2. Parimenti generici gli altri due motivi, incentrati sul trattamento sanzionatorio, per cui la Corte di appello si e' espresso condividendo la valutazione di equivalenza delle circostanze in quanto parametrata alla concreta fattispecie. Le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimita' qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che, per giustificare la soluzione dell'equivalenza, si sia limitata a ritenerla la piu' idonea a realizzare l'adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, Contaldo, Rv. 245931). 5. Manifestamente infondato il ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS) dal momento che la querela a cui si riferisce il ricorrente e' quella sporta dal titolare dell'esercizio commerciale nel quale si rifugiarono due corrissanti. Si tratta di una prova testimoniale, ritualmente assunta, valendo la regu/a juris secondo cui il contenuto della querela puo' essere legittimamente utilizzato nel corso della deposizione quale "aiuto alla memoria" ex articolo 499 c.p.p., comma 5, trattandosi di dichiarazioni precedentemente rese dal testimone e contenute nel fascicolo del pubblico ministero (sez. 2 n. 16026 del 12/02/2020, Rv. 279226), mentre, nella prospettazione di parte, manca la allegazione della decisivita' della prova che si assume pretermessa, e, quindi, della sua idoneita' al ribaltamento della decisione di condanna. In tema di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, la riassunzione di prove gia' acquisite o l'assunzione di quelle nuove (comma 1) e' subordinata alla condizione che i dati probatori raccolti in precedenza siano incerti e che l'incombente processuale richiesto rivesta carattere di decisivita' (Sez. 3, n. 47963 del 13/09/2016, Rv. 268657): cosicche', nell'ipotesi di cui al comma 1 (richiesta di riassunzione di prove gia' acquisite e di assunzione di nuove prove) e dell'articolo 603 c.p.p. e' necessaria la dimostrazione, in positivo, della necessita' del mezzo di prova da assumere, onde superare la presunzione di completezza del compendio probatorio (Sez. 3, n. 13888 del 27/01/2017,Rv. 269334 -01). In ogni caso, la Corte di appello come detto ha ritenuto che, dalla ricostruzione dei fatti emersa nel giudizio, non v'e' dubbio che tutti abbiano partecipato alla rissa; da qui la implicita non decisivita' della richiesta istruttoria e la manifesta infondatezza anche del secondo motivo, peraltro inammissibilmente rivalutativo, che tende ad accreditare una ricostruzione dei fatti e delle responsabilita' che non trova spazio alcuno nella sentenza impugnata. 6. Alla declaratoria di inammissibilita' segue per legge (articolo 616 c.p.p.), la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonche', trattandosi di causa di inammissibilita' determinata da profili di colpa emergenti dal ricorso (Corte Costituzionale n. 186 del 7-13 giugno 2000), al versamento, in favore della Cassa delle Ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo fissare in Euro 3000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

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